Bleach X

di Bellatrixdulac
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Tempio di Besaid ***
Capitolo 2: *** Verso Kilika ***
Capitolo 3: *** La Sorella dell'Evocatore. ***



Capitolo 1
*** Il Tempio di Besaid ***


“Dovevate dirmi che ci avrebbe messo tutto questo tempo. È noioso. Che seccatura.”

Gin Ichimaru sbadigliò, stendendosi sugli scalini che portavano alla camera dell’Intercessore dove un’Evocatrice stava pregando affinché le venisse concesso un Eone, l’arma degli Evocatori di Spira.

Ichimaru non era un Evocatore. Non era neppure amico della persona che aveva accompagnato al Tempio di Besaid, luogo da cui avrebbe iniziato il suo Pellegrinaggio alla ricerca degli Eoni e, infine, dell’Eone Supremo. Toshiro Hitsugaya, che stava osservando Ichimaru dall’altra parte della stanza, non capiva neppure perchè Ichimaru avesse seguito l’Evocatrice e il suo gruppo da Bevelle, la capitale del continente di Spira. 

“Puoi tornare da dove siamo venuti,” suggerì Toshiro, senza neppure guardarlo, “torna all’entrata del tempio, esci nel villaggio, poi continua verso nord fino alla spiaggia. A quel punto non fermarti, continua a camminare fino a quando finalmente aff…”

“Su, su!” Matsumoto sorrise ad entrambi dal centro della stanza. “Non c’è bisogno di parlare così con Gin, Toshiro! Sta solo scherzando”

“No, è veramente noioso.” disse Gin. “L’Evocatrice poteva arrivare qui da sola. Non aveva nemmeno bisogno di noi”
“Allora...vai via!” Toshiro alzò la voce, che rimbombò nel tempio.
“Hitsugaya…” Kira Izuru si schiarì la voce. Il ragazzo era seduto in un angolo, le gambe premute contro il petto e il volto rivolto verso la porta in cui l’Evocatrice era scomparsa “Per favore, cerca di abbassare le voce. Gridare in un tempio servirà solo ad attirare la rabbia di Yevon e dell’Intercessore su di noi e su Momo. Come suoi guardiani, dobbiamo assicurarci che il suo viaggio sia sicuro, non rendere tutto più difficile.”

Toshiro alzò gli occhi al cielo. Come era stato convinto a partire per questo Pellegrinaggio, che lo avrebbe portato ad attraversare tutto il continente, circondato dai tre peggiori guardiani della storia? Giusto, perché era stata Momo Hinamori a chiederlo. Momo, l'Evocatrice nata e cresciuta nella capitale insieme a Toshiro voleva intraprendere il suo primo ed ultimo viaggio, Toshiro non poteva dirle di no.
Era successo un paio di mesi prima. Toshiro sapeva che Momo era stata addestrata ad essere un’Evocatrice sin dalla sua infanzia, ma non aveva mai pensato che alla fine la ragazza avrebbe realmente deciso di intraprendere il Pellegrinaggio. Così, quando Momo si era presentata alla sua porta pregandolo di partire con lei dopo solamente tre settimane, Toshiro era riuscito solo ad accettare, colto completamente di sorpresa. Non era stato capace di dire realmente quello che pensava fino al giorno seguente, quando si era presentato a casa di Momo per convincerla a lasciar perdere. Là aveva incontrato i tre guardiani che, oltre a lui, avrebbero dovuto proteggere l’Evocatrice fino all’ultima tappa del Pellegrinaggio.

Toshiro conosceva già tutti loro. Izuru Kira era un compagno di scuola di Momo e suo amico da anni. Matsumoto era stata una sorpresa: la donna faceva in qualche modo parte dello staff del tempio per cui tutti loro lavorano e, seppur era un’abile strega che aveva studiato come usare la magia, Toshiro la considerava troppo poco affidabile per prendere parte ad una missione del genere. Come Toshiro, Matsumoto Rangiku aveva iniziato la sua carriera al seguito di Isshin Kurosaki, probabilmente una delle persone più illustri di Bevelle. Sia la donna che Toshiro dovevano a lui il prestigio e fiducia che la gente di Bevelle riponeva in loro: in parte, il solo fatto di aver fatto la sua conoscenza era abbastanza da renderli famosi nei ranghi del Tempio di Bevelle ma, a modo suo, Kurosaki aveva anche insegnato loro la tenacia che aveva portato i due a sviluppare le incredibili doti di cui, in realtà, disponevano. Toshiro conosceva bene la donna avendo lavorato con lei da quando, fin troppo piccolo per essere un reale allievo dei tempio, aveva comunque iniziato il suo addestramento. I due avevano lavorato insieme fino alla loro partenza per il Pellegrinaggio.

L’ultimo membro della spedizione, Gin Ichimaru, era un amico di infanzia di Matsumoto. Toshiro sapeva poco altro di lui, a parte il fatto che aveva fatto carriera in modo poco chiaro e che aveva legami con persone importanti in altre città, che lo rendevano ancora più sospetto. Oltretutto era irritante come poche persone che Toshiro avesse conosciuto.

“Lord Aizen avrebbe già finito il suo pellegrinaggio e Momo è ancora al primo tempio.”
“Allora puoi tornare ad essere il Guardiano di ‘Lord’ Aizen,” Toshiro rispose in un sibilo.
Erano trascorsi più di venti minuti da quando Momo era scomparsa nella camera dell’Intercessore e Ichimaru non aveva fatto altro che dire scemenze da quando i quattro si erano seduti, spargendosi per la stanza. Con il passare dei minuti, però, i commenti di Ichimaru avevano messo Toshiro in un umore terribile, alimentato dall’ansia per la sorte di Momo.

“Parlando di Lord Aizen,” intervenne Matsumoto, “sei venuto a Besaid con lui, durante il suo Pellegrinaggio, no? Tutto questo tempo che Momo si sta prendendo è normale?”

“Ti ho detto che Aizen avrebbe finito l’intero Pellegrinaggio a questo punto.”

“Gin!”

“Va bene...è normale,” Ichimaru sospirò. “Lord Aizen era un Evocatore migliore di Momo. Quindi ci metteva meno, ovviamente, ma di solito questo è il tempo che dovremo aspettare.”

Toshiro tirò un sospiro di sollievo. Dopo una decina di minuti Toshiro aveva iniziato a preoccuparsi che qualcosa fosse andato storto. D’altra parte Ichimaru era l’unico che avesse mai preso parte ad un vero Pellegrinaggio: Lord Aizen, il precedente Evocatore di Ichimaru, aveva raggiunto l’ultimo tempio, a Zanarkand. A Zanarkand aveva perso uno dei suoi Guardiani, Kaname Tosen, ma Ichimaru era riuscito a riportare il proprio Evocatore sano e salvo a casa. 

Ichimaru Gin sarebbe stato un eroe se solo lui e Aizen fossero riusciti a compiere la missione che è l'obiettivo di ogni Pellegrinaggio: sconfiggere Sin, l’incarnazione delle colpe del continente di Spira, così temibile che solo l’Eone Supremo di un Grande Evocatore può sperare di sconfiggere.

Ogni volta che Toshiro dubitava della forza di Ichimaru, si costringeva a ricordare che, negli ultimi trent’anni, solo due Evocatori avevano raggiunto Zanarkand, la tappa finale del Pellegrinaggio. Aizen e i suoi compagni erano stati gli ultimi a riuscire nell’impresa e, qualche anno prima di loro, Isshin Kurosaki e sua moglie, l’Evocatrice Masaki Kurosaki. I due avevano terminato il loro viaggio e permesso a Spira di godere della Calma per la maggior parte della vita di Toshiro.

Nonostante il suo fallimento e il suo carattere, Ichimaru era una risorsa importante per il gruppo inesperto che stava accompagnando Momo, e Toshiro aveva deciso di sopportare la sua compagnia al meglio che poteva. 

“Lord Aizen è un genio,” ammise Toshiro, “ma sembra dare così tanta importanza alla sua geniale persona che ha deciso di non uccidere Sin e salvare una generazione di Evocatori dal Pellegrinaggio.”

Ichimaru rise, sistemando la schiena sul muro dietro di lui e chiudendo gli occhi come se si stesse preparando a dormire. “Bravo, Shiro! Hai capito Lord Aizen meglio di metà Spira, e non lo hai neppure mai conosciuto.”

Toshiro si strinse nelle spalle, senza cedere alla provocazione di Ichimaru. Ogni volta che qualcuno menzionava Aizen, Ichimaru finiva sempre per fare qualche battuta o evadere la domanda. D’altro canto, Aizen non aveva mai raccontato niente a proposito del suo Pellegrinaggio, sostenendo che i ricordi della morte del suo Guardiano erano troppo dolorosi da affrontare, e Ichimaru aveva sempre sostenuto la sua reticenza. Così nessuno a Spira, salvo per i due, conosceva i segreti celati nell’ultimo Tempio, quello della città distrutta di Zanarkand.
“Non parlare così a Gin, Toshiro!” Matsumoto cercò di essere conciliante. “Lo sai che la scelta di Lord Aizen ha rovinato anche la sua vita.”

“Rovinato? Non farmi ridere. Tutti adorano Aizen, anche se è stato un codardo ed è scappato via da Sin e Zanarkand.”

“Lord Aizen non è scappato,” intervenne Izuru. “Nonostante le sue capacità, non è riuscito ad ottenere l’Eone Supremo. Non è stato semplicemente scelto da Yevon e dell'Intercessore, ma il suo coraggio nel terminare il Pellegrinaggio deve essere riconosciuto e celebrato.”
“Giusto. Questa è la storia ufficiale. Vero, Ichimaru?”

Tutti si voltarono verso Ichimaru ma lui ghignò, gli occhi chiusi e le braccia incrociate di fronte al petto.
Toshiro avrebbe voluto indagare di più, scoprire qualsiasi notizia su Zanarkand che avrebbe potuto aiutarli a capire come salvare Momo dall’Eone Supremo, ma in quel momento la porta della Camera dell’Intercessore si aprì e Momo uscì incespicando da essa. Momo, come al solito, aveva un’espressione determinata dipinta sul volto, anche se era pallida e sudata, e la ragazza riusciva a malapena a reggersi in piedi. Nonostante la stanchezza, però, Momo sorrideva: finalmente la loro prima tappa era completata.
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Toshiro si affrettò a portarsi al suo fianco, afferrandola delicatamente per le spalle. 

“Grazie, Shiro.” Momo sorrise al suo amico. 

“Andiamo, Momo!” rise Ichimaru, aprendo un occhio per guardarla da dove era seduto. “Tutta questa scena per un paio di preghiere? Lord Aizen sarebbe così deluso! Veramente deluso!”

Toshiro avrebbe voluto fulminarlo là, nel tempio, ma purtroppo non aveva seguito Matsumoto nell’imparare l’arte della magia.

Momo spinse via Toshiro, appoggiandosi invece alla parete accanto a lei. Lord Aizen. Toshiro non aveva mai conosciuto l’Evocatore, ma aveva più di un motivo per odiarlo: il fatto che tutti lo adoravano, seppure il culto di Yevon lo aveva formalmente definito un vigliacco, come era scappato dal suo dovere ad un passo dalla fine, lasciando che altri Evocatori si sacrificassero al suo posto, e come era riuscito a farsi ammirare da tutti i giovani evocatori di Bevelle, Momo in particolare.

“Quindi...missione compiuta?” chiese Matsumoto.
Momo annuì. “Sì. Il mio primo Eone! Quasi non ci credo, è stata un’esperienza magnifica.”

“Già...affascinante come le altre dieci volte.” Gin si alzò, avviandosi verso l’uscita, ma gli altri non lo seguirono.
“E’ un peccato che parlare con l’Intercessore ti abbia lasciata in questo stato, Momo.” disse Matsumoto, scuotendo la testa, “Stanotte avremmo dovuto festeggiare. Nessun problema, possiamo farlo domani.”

“Domani dobbiamo prendere il traghetto per Kilika.” fece notare Toshiro, abbassando lo sguardo. Avrebbe preferito festeggiare e lasciare che Momo dimenticasse il suo impegno con il Pellegrinaggio, piuttosto che continuare verso Zanarkand. 

“Celebreremo il mio primo Eone quando avrò la possibilità di utilizzarlo in combattimento,” Momo si sforzò di sorridere. “Non è un problema”

“Oh no, no! Vieni qui.” Matsumoto passò un braccio attorno alla schiena di Momo per aiutarla a camminare ed uscire dal tempio. “Non va bene affatto! Il viaggio di un Evocatore deve essere divertente!”

“Rangiku...ha detto che va bene così” disse Kira, camminando insieme a loro verso l’uscita, Toshiro al seguito.

“Momo potrebbe entrare in qualsiasi locanda e pretendere un trattamento di favore.” fece notare Matsumoto. “Dobbiamo approfittarne. Possiamo…”

A quel punto Toshiro smise di ascoltare la conversazione e seguì gli altri in silenzio, cercando di pensare ad un modo per convincere Momo a non proseguire per la prossima tappa.

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Capitolo 2
*** Verso Kilika ***


Kilika era un villaggio costruito per la maggior parte su palafitte, immerso nell’oceano che congiunge l’isola di Besaid alla sua vicina, appena a Sud rispetto al continente di Spira. Come la maggior parte dei centri abitati, Kilika era un piccolo insediamento che non sarebbe stato rilevante per la popolazione di Spira se non fosse stato per il tempio: la seconda tappa del Pellegrinaggio di ogni Evocatore.

Essendo cresciuto in una delle due uniche città del continente - la Capitale, Bevelle, e la città di Luka, dove si tenevano gli eventi sportivi di Spira - a Toshiro mancava il rumore della città. Sull’isola di Besaid tutto era silenzioso e calmo, e perfino la nave sembrava prendersi il suo tempo per lasciare il porto. L’unica fonte di rumore che potesse riportarlo a casa, nel viaggio tra la piccola isola e l’ancora più piccolo villaggio di Kilika, era la stanza ‘motori’ della nave. Quello che stava portando avanti la nave non era un vero e proprio motore: una serie di giganteschi uccelli gialli, i Chocobo, venivano fatti correre in delle ruote. Nonostante questo, il rumore che i pistoni e i macchinari producevano, oltre al pigolare delle bestie, era abbastanza da assordare i malcapitati che lavoravano nella stanza e, ovviamente, mascherare il rumore di passi di qualcuno che si avvicinava.

Improvvisamente Toshiro sentì una mano toccare la sua spalla e, istintivamente, si voltò per colpire chiunque lo avesse disturbato mentre era assorto nei propri pensieri. Fortunatamente Toshiro si fermò in tempo, perché di fronte a lui si trovava un semplice dipendente della nave: un ragazzo poco più alto di lui, capelli neri che inquadravano il volto spaventato. Il ragazzo lanciò uno strillo di terrore che era quasi inudibile nel rumore della stanza, e alzò le mani per proteggersi il volto.

“Scusa,” disse Toshiro, allontanandosi di un passo. “Non ti ho sentito arrivare.”

Il ragazzo non rispose, scuotendo la testa e tremando dietro alle mani alzate.

“SCUSAMI, NON TI HO SENTITO A-” Toshiro si avvicinò al ragazzo, praticamente gridando di fronte al suo volto coperto, ma questa fu una terribile mossa perché il ragazzo non si era accorto del movimento di Toshiro, e cadde all’indietro appena il Guardiano iniziò a parlare.

Toshiro sospirò, e aspettò un paio di secondi prima di allungare una mano in direzione dell’’altro, offrendo silenziosamente un aiuto affinchè si potesse rialzare.

Finalmente, Toshiro riuscì a scusarsi, ripetendo un paio di volte la sua frase prima che l’altro potesse capire.

“Oh...non c’è bisogno di scusarsi…” il ragazzo rispose in un tono così basso che Toshiro riuscì a capire di più dal movimento delle sue labbra che dal suono della sua voce. “Ma devo chiederti di uscire da qui. Questa stanza è riservata al personale.”

“Capisco. Allora cosa ci fai tu qui?”

“Mi occupo dei Chocobo.” Il ragazzo sembrava sorpreso che Toshiro non lo avesse riconosciuto dall’uniforme, e indicò il cartellino appuntato sul suo petto ‘Hanataro Yamada. Allevatore di Chocobo’. Aveva senso, perché Toshiro non riusciva ad inquadrarlo come macchinista.

Per quanto la vista dell’oceano che scorreva attorno alla nave fosse noiosa, Toshiro non aveva altra scelta che lasciare la sala motori. Fece un cenno con la testa e uscì, il rumore creato dal lavoro dei Chocobo diventò solo un ronzio ovattato appena raggiunto il ponte superiore, e fu solo il silenzio ad accoglierlo una volta raggiunta la coperta.

Era una notte calma, il vento fresco scompigliava i capelli di Toshiro. Poteva tornare alla cabina che condivideva con gli altri guardiani e Momo, ma sarebbe rimasto con gli occhi spalancati ad ascoltare il rumore del respiro di Momo e a chiedersi dopo quanto tempo il viaggio sarebbe finito, dopo quanto tempo non avrebbe più avuto la possibilità di vederla. Non che al momento stesse facendo qualcosa di molto differente, ma il pensiero di passare così tanto tempo con lei senza niente che lo distrasse dai suoi pensieri lo spaventava.
Il ragazzo adesso era nuovamente per conto suo, come lo era nella sala motori, ma questa volta c’era solo il distante rumore delle onde a tenergli compagnia.

In realtà, anche se non si trovava in compagnia, Toshiro non era esattamente solo.
Tre persone erano raccolte in cerchio ad un paio di metri da lui. Toshiro non aveva fatto caso al gruppo, fino a quando uno di loro si avvicinò per parlare con lui.

“Guardiano?” chiese l’uomo, appoggiandosi con il braccio sinistro al parapetto, il volto diretto verso Toshiro. L’uomo era molto più alto di lui che, appoggiandosi con entrambe le braccia alla balaustra, riusciva a stento a far sporgere il collo oltre al legno. In ogni caso Toshiro continuò a guardare dritto di fronte a sé. 

“Già.”

“Allora abbiamo veramente un Evocatore sulla nave. Dobbiamo essere onorati?”

“Fai come vuoi.”
L’uomo rise. “Sei divertente. La maggior parte dei Guardiani, o degli idioti che vivono a Spira, mi direbbero di baciare il terreno dove cammina un Evocatore”

“Puoi farlo, se vuoi. Ma preferisco che gli idioti stiano lontani dalla mia Evocatrice,” disse Toshiro, finalmente voltandosi ad osservare l’altro. 

In tutta Spira nessuno avrebbe parlato così ad un Guardiano: il culto di Yevon rendeva chiaro che gli Evocatori e chi li accompagnava erano eroi, molti di loro erano ammirati e rispettati. Esisteva una sola categoria di persone che odiava gli Evocatori, il motivo per cui Spira non poteva conoscere pace: gli Al-Bhed, un popolo di eretici che preferivano il culto delle loro macchine al rispetto degli insegnamenti di Yevon. Ma l’uomo di fronte a lui non era un Al-Bhed: al posto delle caratteristiche pupille a spirale, l’uomo esibiva un paio di occhi scuri e, anche se freddi e chiaramente pieni d’odio, pur sempre umani.

“Sorpreso? Ti sorprende che un comune essere umano trovi stupide le masse che si accalcano ai templi per adorare un dio che non fa altro che punirci?” chiese l’uomo. La reazione di Toshiro doveva essere stata piuttosto chiara.

“Yevon ci ha anche dato un mezzo per proteggere Spira da Sin.”

“Per una manciata di anni, poi Sin tornerà come...ah già, un ammonimento per i nostri peccati.”

“Pur sempre un mezzo che deve essere rispettato.”

L’uomo sbuffò. “Tu rispetti un sistema che uccide sistematicamente chiunque voglia fare qualcosa di buono?” A Toshiro non piaceva, ma rispettava gli Evocatori che sacrificarono le loro vite per permettere a tutti loro di godersi la calma. “No, hai ragione. Non c’è niente da rispettare in un gruppo di persone che preferiscono suicidarsi che affrontare la realtà. Gli Evocatori cercano solo una via d’uscita facile per sentirsi eroi e non sentir più parlare di Sin, in un modo o nell’altro, non importa se siamo noi a pagarne le conseguenze.”

“Scusa?”

“Mi hai sentito. Gli Evocatori sono inutili vigliacchi…”

Toshiro non diede tempo all’altro di finire la frase. Fortunatamente aveva la sua spada con sé, e in un decimo di secondo era puntata alla gola dell’altro.
“Vuoi che ti getti nell’oceano, ragazzino?” L’uomo chiese, un ghigno divertito stampato sul volto.

“Voglio le tue scuse.”

“Peccato, altrimenti ti avrei accontentato.”

L’uomo fu veloce quanto Toshiro nell’ afferrare la propria arma, una spada a due mani, che fece cadere su Toshiro. Il guardiano rotolò sul ponte della nave, per poi voltarsi in direzione dell'uomo. Ancora una volta, l’altro fu più veloce di lui, e costrinse il Guardiano a parare il suo attacco prima di potersi rimettere in piedi. L’altro era molto più alto di Toshiro, aveva un’arma più pesante e aveva anche il vantaggio di potersi muovere liberamente, mentre Toshiro era costretto a parare i suoi attacchi mentre cercava, invano, di rialzarsi o anche solo di avere il tempo di parare con la forma giusta. 

“Ginjo, non possiamo perdere tempo con questo ragazzino,” era una ragazza, che si avvicinò ai due.
Ginjo sbuffò, continuando ad attaccare Toshiro.
“Finiscilo o lo farò io.”
“Yukio è già andato via?”
Come osava parlare e distrarsi mentre combatteva contro Toshiro? Il ragazzo sentì un’altra ondata di rabbia che gli permise di respingere l’ultimo fendente di Ginjo, facendo schizzare la sua lama verso l’alto e facendogli perdere l’equilibrio per un secondo.

“Ehi, sto cercando di parlare con lei,” disse Ginjo, mentre Toshiro ne approfittava per mettersi in piedi e osservare la situazione. 

Il terzo membro del loro gruppo era scomparso, presumibilmente lo Yukio di cui la ragazza stava parlando. Lei non sembrava voler prendere parte al loro duello, perchè se ne stava a qualche passo di distanza, le braccia incrociate e un’espressione irritata dipinta sul volto. 

“Sì...si sta occupando degli altri Guardiani,” la ragazza continuò con la loro conversazione. Toshiro non si stava concentrando molto su di lei, ma sembrava...esitante?
“Allora vai, anche tu hai un lavoro da fare, Riruka.”

“Non lo so…” Riruka strinse le mani di fronte al petto, distogliendo lo sguardo verso l’oceano che scorreva sotto il ponte. “Quegli uccelli sono così...non ce la faccio, Ginjo.”

“Per l’amor del cielo!” sbuffò l’altro, facendo finalmente calare la spada su Toshiro con un colpo deciso che fece cadere la lama del ragazzo dalle sue mani. “Lo faccio io, d’accordo? Tu prepara una scialuppa.”
“Una scialuppa?” chiese Toshiro, ma non era in condizione di poter esigere alcuna risposta: era disarmato e adesso Ginjo sembrava voler finire l’incontro in fretta.
Per sua fortuna, anche Toshiro era agile, e il fatto che Riruka stesse distraendo Ginjo gli permise di allontanarsi di qualche passo d’altro. 

“Oh...d’accordo,” sbuffò infine Riruka. “Ma tu prometti di non far del male ai Chocobo! Sanno nuotare, puoi semplicemente liberarli nell’oceano. Siamo così vicini a Kilka ormai, troveranno la strada per la terra ferma.”
Ginjo annuì. Quindi uccidere dei Guardiani a sangue freddo era normale routine, ma lasciare che dei polli annegassero era dove i due iniziavano a sentire rimorso.

Ma Ginjo non avrebbe ucciso Toshiro così facilmente, non quando poteva ancora fare qualcosa per combattere. Per prima cosa raggiungere la spada, che al momento si trovava oltre Ginjo. Toshiro non poteva aggirarlo da destra, perché erano troppo vicini al parapetto, e non poteva passare alla sua sinistra, perché Riruka si trovava solo a qualche passo di distanza. Anche se al momento non stava combattendo, Toshiro non le voleva passare troppo vicino. L'unica cosa da fare era quindi passare direttamente dove si trovava Ginjo. Toshiro alzò una mano verso di lui, fingendo di preparare un incantesimo. 

Gli occhi di Ginjo si spalancarono e l'uomo esitò per un secondo, il tempo necessario a Toshiro per correre verso Ginjo, abbassandosi quando lui cercò maldestramente di afferrare il Guardiano, e raggiunge la spada.

Ottimo. Adesso la battaglia sarebbe stata completamente diversa: Toshiro aveva un'idea di come combatesse Ginjo, non sarebbe stato colto di sorpresa una seconda volta. Oltretutto Toshiro doveva sbrigarsi e raggiungere i suoi compagni.

Strinse la spada, ma in quel momento sentì qualcosa colpirlo alle spalle, e la spada cadde di nuovo, questa volta rotolando sul ponte fino al bordo, finendo infine in acqua.

L'impatto aveva lasciato Toshiro senza fiato e senza il controllo degli arti, che erano diventati rigidi. Toshiro si ritrovò a terra, incapace di muovere le braccia o le gambe. Doveva essere stato un incantesimo.

"Mi spiace," disse Riruka. "Sei carino, per essere un Guardiano, ma Ginjo stava solo giocando con te. Ginjo, finisci questa cosa e vai a distruggere la sala motori. Ma mi raccomando! Non ferire i Chocobo!"

"Sì...sì." Ginjo si avvicinò a Toshiro, sollevandolo per una spalla e ghignando quando i loro volti furono alla stessa altezza. 

Queste persone volevano distruggere la sala motori di un traghetto, uccidere dei Guardiani, sembravano perfino sapere che Toshiro non sapeva usare la magia, a giudicare dall'espressione di Ginjo...

"Chi siete?" chiese infine Toshiro.

"Il futuro di Spira," disse Ginjo, prima di colpire il volto di Toshiro con un pugno che fece scomparire la nave, le due persone e lo stesso Toshiro in un oceano nero.

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Capitolo 3
*** La Sorella dell'Evocatore. ***


Izuru era stato svegliato in modi strani nella sua vita, ma svegliarsi e trovare una situazione più bizzarra del sogno appena concluso?
Era stata la voce di Rangiku a svegliarlo. Solo le prime sillabe del suo nome, e poi qualcosa che le copriva la bocca. Quando il ragazzo aveva aperto gli occhi, aveva visto Rangiku e Ichimaru legati in un angolo della loro cabina e un bambino, o almeno un ragazzino che non sembrava più grande di Hitsugaya, imbavagliare Rangiku. La donna si agitava, cercando di liberare le braccia che erano legate dietro alla schiena, ma senza alcun risultato. Accanto a lei Ichimaru era immobile, il corpo appoggiato al muro e la testa che ciondolava sulla spalla. Izuru pensò che stesse fingendo di dormire, ma guardandolo più attentamente notò che dalla fronte stava gocciolando abbastanza sangue da macchiare parte della sua camicia. Quel bambino aveva catturato Ichimaru e Rangiku?
Izuru saltò in piedi per combattere contro il bambino, ma sentì immediatamente le gambe tremare e dovette appoggiarsi al letto per non cadere. Che speranze aveva di battere qualcuno che aveva sopraffatto Ichimaru? Nessuna. Izuru stava per morire….

No, doveva concentrarsi. Per prima cosa: dove era Momo? Il suo letto era sfatto e i suoi stivali erano ancora accatastati con il resto dei suoi bagagli. O si era nascosta nella stanza, o era fuggita. Oppure era stata già portata via? Il letto di Hitsugaya invece non era neppure stato toccato, quindi la sua assenza non era un grande mistero.

“Non ho tempo di giocare con te,” disse il ragazzino,“dimmi dove si trova l’Evocatrice.”

Izuru non rispose. Quindi il ragazzino biondo non sapeva dove fosse Momo. Perfetto, probabilmente era fuggita o era uscita dalla stanza prima che arrivasse. Probabilmente questo era anche il motivo per cui i tre Guardiani erano ancora in vita, però. Quindi ammettere subito che non ne aveva idea non era una mossa brillante.

“N-non posso dirtelo, non ti pare?” Izuru si guardò attorno. Dove aveva lasciato la sua spada? Onestamente, non pensavano di dover combattere su un traghetto, ma non tenere le loro spade con loro era stata comunque una mossa sbagliata. 

Nonostante fosse notte, il ragazzo indossava degli occhiali scuri, ma Izuru era abbastanza sicuro che si trattasse di un Al-Bhed.
“Puoi dirmelo, invece. O i tuoi compagni non vedranno Kilka.”

“Se te lo dico, sarà l’Evocatrice a non arrivare a Kilika.”

Il ragazzo si strinse nelle spalle, alzando una manica che rivelò uno strano guanto attorno alla sua mano destra. Era un guanto di pelle scura, con una specie di cilindro che poteva essere ruotato, montato sul dorso della mano. Il ragazzo girò leggermente il cilindro e Rangiku emise un grido soffocato, seguito da una sequela di parole che nessuno riuscì a capire.
“Scossa elettrica,” spiegò il ragazzo, giocherellando con il guanto. Izuru si chiese se quella che stesse usando fosse una macchina: solitamente anche le più sofisticate macchine Al-Behd erano macchinari enormi, non qualcosa che si potesse indossare su una mano. Adesso che Izuru osservava meglio le sue mani, notò una corda avvolta intorno ad esse, che ricordava un filo metallico. Ogni volta che l’Al-Behd ruotava il suo cilindro, il metallo si illuminava di blu, lanciando scintille sul pavimento. Quindi la macchina era ancora più sofisticata di quanto Izuru avesse previsto, composta da due piccole parti disgiunte.
Per un altro paio di minuti il ragazzo continuò a chiedere di Momo e Izuru mantenne il suo silenzio, ma il Guardiano era sempre più preoccupato. Momo non avrebbe lasciato che i suoi amici venissero catturati, giusto? Non sarebbe scappata abbandonandoli nella cabina con l’Al-Bhed. Quindi cosa era successo a Momo?
Alla fine il dimenarsi di Rangiku svegliò Ichimaru che era svenuto a fianco a lei. Anche Ichimaru era stato imbavagliato e la sua espressione fu sorpresa e leggermente offesa quando vide la situazione nella stanza.
“Ichimaru si è svegliato,” disse l’Al-Behd,“proviamo chiedendo a lui?”

Izuru aprì la bocca per protestare, ma in un istante l’altro era di fronte a lui: non era stato un movimento particolarmente rapido e Izuru decisamente non gli aveva tolto gli occhi di dosso, l’Al-Behd era scomparso per una frazione di secondo e si era immediatamente materializzato di fronte a Izuru. Era così che aveva sopraffatto Ichimaru e Rangiku, senza combattere contro di loro?

Il ragazzo appoggiò l’altra mano all’avambraccio di Izuru e anche quella era ricoperta da un guando uguale al sinistro, se non fosse stato per il fatto che questo aveva dei piccoli agi sul palmo della mano che liberarono una scossa elettrica al contatto con la pelle nuda del guardiano. Izuru si ritrovò immediatamente a terra e anche le sue mani vennero legate con gli stessi fili metallici.
L’Al-Behd liberò la bocca di Ichimaru e ripeté la domanda che aveva già fatto più volte ad Izuru. Sia Izuru che Rangiku cercarono di parlare e convincerlo a rimanere in silenzio, ma le loro parole erano incomprensibili. Non che a Ichimaru sarebbe importato, in ogni caso.
“Cerchi Momo? Avresti dovuto chiederlo! Invece di colpirmi in testa,” Ichimaru cercò di asciugarsi la fronte con la spalla, visto che il sangue stava gocciolando nel suo occhio. “Adesso non so se voglio dirtelo. Mi hai svegliato nel cuore della notte, mi hai colpito...insomma, capisci, no?”

Senza neppure rispondere, l’Al-Behd mandò una scossa elettrica alla macchina di Rangiku. Ichimaru sbuffò. “Ok, ok. Momo è scappata nella sala motori. Lo abbiamo concordato prima. Per ritrovarci se fossimo stati divisi.”
Momo non aveva concordato niente del genere con Izuru. Era una chiarissima bugia, ma l’Al-Behd sembrò cascarci.
“D’accordo” l’Al-Behd annuì. “Non ho veramente bisogno di trovare l’Evocatrice ma...il suo Eone potrebbe essere un problema. Se non è là, la troverò da un’altra parte. Questa è solo una piccola barca. In ogni caso, voi potete rimanere qui per qualche minuto ancora, prima che la nave affondi.”

Izuru cercò di urlare: ‘affondi?,’ e anche Rangiku gridò qualcosa, ma Ichimaru si strinse solamente nelle spalle. L’Al-Behd iniziò ad andare via e Izuru non sapeva cosa fare. Doveva fermare il ragazzo, ma non riusciva a muoversi o ad attirare la sua attenzione, e l’altro era già arrivato alla porta. Stava per morire, e Momo stava per morire, e tutti i passeggeri della nave stavano per…

La porta venne divelta dai suoi cardini e volò contro il muro, insieme all’Al-Behd che stringeva ancora il pomello in mano. Era stato un incantesimo di ghiaccio a distruggere la porta: una colonna di acqua ghiacciata andava dal corridoio al muro. Il pilastro si sciolse in pochi secondi, bagnando tutto il pavimento.
“Yukio?” Una voce femminile ruppe il silenzio che si era creato. Un’ adolescente che per età, altezza ed espressione poteva sembrare una versione femminile di Hitsugaya entrò nella stanza, trascinando dietro di sé un’altra ragazza che probabilmente aveva battuto e legato.
“La tua amica parla troppo tra sè e sè, Yukio,” disse la ragazza.
“Riruka…”sibilò l’Al-Bhed, ma la sua compagna era svenuta e non potè apprezzare tutto l’odio che Yukio mise in quelle tre sillabe.
“Quindi volete uccidere un Evocatore?” la ragazza sorrise alzando la testa con orgoglio. “Non fino a quando la migliore Guardiana di Spira si trova su questa nave. Adesso che siete entrambi qui, posso legare anche te e consegnarvi alle autorità di Spira.”

“Entrambi?” chiese Yukio, le labbra piegate in un sorriso.
L’altra annuì. “Sì…”
La nave venne improvvisamente scossa e la ragazza dai capelli scuri perse l’equilibrio, scivolando sull’acqua del suo stesso incantesimo, rotolando fino a raggiungere Rangiku e Ichimaru.
Yukio si rialzò, osservando il guanto ‘immobilizzante’. Era zuppo e gran parte degli aghi sembravano rotti. Izuru non era un esperto di macchine ed elettricità, ma non sembrava una combinazione sicura. 

La porta adesso non era più sorvegliata dalla ‘miglior Guardiana di Spira’ e il secondo guanto dell’Al-Behd sembrava funzionare, mettendolo comunque in chiaro vantaggio. Una seconda scossa fece ondeggiare la nave e Yukio capì che era il momento di sbrigarsi a lasciare il traghetto.

Yukio si fece materializzare dalla sua macchina accanto alla compagna e poi scomparve con lei.
“Ehi tu. Liberami. Abbiamo del lavoro da fare,” disse Ichimaru, guardando la ragazza che stava ancora cercando di rimettersi in piedi senza scivolare.
“Uhm...sì, subito. Comunque io sono Kuchiki Rukia, piacere di conoscervi.”

“Kuchiki, eh?” Ichimaru aggrottò le sopracciglia. “Sei la Guardiana di tuo fratello, Byakuya?”

Rukia non rispose, ma sembrò arrossire mentre si accovacciava alle spalle di Ichimaru, lavorando per liberarlo.
“Byakuya Kuchiki non è su questa nave.”

“No, non lo è. Siamo...stati separati,” rispose Rukia.
“Kuchiki ha un solo guardiano, ed è un uomo.”

“Oh, Renji. No, devi aver sentito delle notizie sbagliate. Mio fratello ha scelto due Guardiani.”
Ichimaru ridacchiò. “Due guardiani? Il suo Pellegrinaggio andrà meglio dell’ultima volta.”

Adesso che Rukia aveva fatto il nome di Renji e suo fratello, Izuru si ricordò di lei. Rukia e sua sorella, Hisana, erano nate in un piccolo paese a sud di Spira, che era stato distrutto da Sin quando erano bambine. Hisana era arrivata a Bevelle dopo qualche anno, e aveva conosciuto uno dei più promettenti Evocatori della sua generazione: Byakuya Kuchiki. Rukia e Renji erano arrivati a Bevelle dopo che Hisana aveva sposato Byakuya. 

Renji, come Izuru e gli altri Guardiani di Momo, aveva deciso di farsi addestrare dal tempio ed era diventato amico di Izuru e Momo. Dal momento che Rukia invece trascorreva la maggior parte del suo tempo nella residenza dei Kuchiki, Izuru l’aveva incontrata solo qualche volta, quando erano entrambi molto più giovani, ma non c’erano dubbi che la ragazza di fronte a lui fosse la ragazzina che Renji aveva presentato loro tanti anni prima.
Izuru sapeva anche che Byakuya Kuchiki aveva già intrapreso il Pellegrinaggio una volta, e che era stato l’unico a tornare dopo aver incontrato Sin nel viaggio fino a Kilika. 

Le mani di Rukia si bloccarrono e osservò Ichimaru, sorpresa che avesse tirato in ballo il primo Pellegrinaggio di Byakuya. “Questa volta non succederà. Mi sono allenata per aiutare mio fratello.”

Ichimaru si strinse nelle spalle e aiutò Rangiku a liberarsi mentre Rukia si occupava di Izuru.

“Quindi Renji è partito con Kuchiki?” chiese Izuru appena Rukia liberò la sua bocca.
Rukia annuì. “Al momento dovrebbero essere a Luka. Sto andando là.”

“Besaid non è esattamente una deviazione partendo da Bevelle,” fece notare Ichimaru, e Rukia distolse lo sguardo.
“Grazie per averci aiutati,” disse Izuru, per cambiare discorso, “come facevi a sapere che eravamo in pericolo?”

Rukia riacquistò la sua espressione sicura. “Non ho tempo di raccontarti tutta la storia, Izuru, ma la ragazza, Riruka, stava sabotando una scialuppa di salvataggio. Quando le ho chiesto cosa stava facendo, lei mi ha raccontato tutto! Mi ha detto che lavorava con un Al-Bhed e che rimanere sulla nave non era sicuro...Quando ha detto che solamente l’Evocatore doveva essere coinvolto, e che dovevo scappare, le ho detto che ero una Guardiana e sono stata attaccata. Ma come avete visto non è stato un problema…”

“E come hai trovato noi?”

“Momo mi ha detto esattamente dove trovarvi” rispose Rukia, stupita.
“Momo?” chiese Izuru, un po’ imbarazzato che Rukia si ricordasse esattamente di loro, mentre Izuru non l’aveva neppure riconosciuta.
Rukia spalancò gli occhi “Momo! Le ho detto di nascondersi, ma…”

“Probabilmente non lo ha fatto,” concluse Rangiku, mettendosi in piedi. Tutti erano adesso liberi e pronti a combattere. “Anche Toshiro è scomparso. Ci racconterai tutto dopo, Rukia, adesso dobbiamo trovare i nostri amici.”

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