I Sentimenti di un Ombra

di Sleepesleep
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vagando tra le strade della mia città ***
Capitolo 2: *** Ho sentito il Canto di una Sirena Chiamarmi ***



Capitolo 1
*** Vagando tra le strade della mia città ***


Il fischio, il match è finito, le urla riecheggiano per la palestra. La vittoria e la sconfitta diventano reali in quel frangente, l’adrenalina smette di scorrere e la realtà appare sbiadita tra le lacrime. Osamu conosce quella sensazione, sa che il sapore della vittoria e della sconfitta è il medesimo, un mix di sudore e lacrime.

Atsumu è al suo fianco, si sporge dalla ringhiera urlando << SAKUSA >> mentre muove il pugno chiuso verso il vuoto. Il biondo sorride brillando in maniera fastidiosa, Osamu è costretto a distogliere lo sguardo e lo posa sul campo dove si trova l’oggetto delle attenzioni del fratello.

Il moro alza la testa richiamato dalla voce, un sorriso superbo sbilenco fa contrarre il viso mentre un pugno chiuso si alza diretto verso gli spalti. Osamu conosce il significato dietro quel gesto, è la loro promessa che un giorno sarà Atsumu ad alzare la palla per Sakusa, che un giorno potranno finalmente giocare indossando la stessa maglia.

Osamu ridacchia amaramente divertito, Atsumu e Sakusa sono davvero fatti l’uno per l’altro, loro sono fuoriclasse. E poi c’è quella leggenda che gira, a cui Osamu non hai mai dato peso che però ora gli appare più vera che mai.  Secondo essa, tra tutti gli schiacciatori che un alzatore avrà c’è sempre quello unico, quello che lo capirà solo con uno sguardo, quello con cui sincronizzerà il suo battito. E lo stesso vale per lo schiacciatore, esisterà un solo alzatore che lo guiderà verso il cielo, uno solo che sarà il suo faro contro il muro nemico, colui con cui sincronizzare il battito.

Atsumu e Sakusa, Hinata e Kageyama, Bokuto e Akashi, Oikawa e Iwazumi sono solo qualche esempio di quella stupida credenza. Osamu si limita a mettere le mani in tasca e a lasciare gli spalti diretto verso il distributore, ha bisogno di mangiare, ha un buco al petto che continua a chiedergli di essere placato. Cerca di essere il più silenzioso e veloce possibile, sa bene che però la pace durerà poco, Atsumu lo troverà come sempre.

Osamu inserisce la moneta proprio quando Atsumu gli viene incontro sbuffando << Ecco dov’eri finito, potevi almeno aspettarmi >>. Osamu fece spallucce e digito il numero per ottenere il suo spuntino. << Abbiamo appena mangiato, Samu idiota, dovresti darti una regolata >> lo rimproverò casuale Atsumu mentre faceva rigirare il telefono tra le mani nervoso.

<< Dagli il tempo di spogliarsi, poi ti chiamerà >> affermò Osamu abbassandosi per raccogliere il pacchetto di patatine. Atsumu fece una smorfia ribattendo << Lo so, solo vorrei.. >> ma non ebbe modo di finire la frase che una voce familiare li richiamo. << Scusate non ho fatto in tempo per il match >> asserì Aran sorridendo tristemente. << Non sai che ti sei perso >>  scherni Atsumu e aggiunse superbo << Il mio Omi-Omi ha fatto una verticale da paura e ovviamente ha vinto >>.

Aran rise divertito affermando << Chi l’avrebbe mai detto che il famoso Atsumu Miya sarebbe stato un fidanzato così presente, fai addirittura il tifo >>. Atsumu mise su un broncio imbarazzato balbettando una qualche scusa incomprensibile. Osamu lo fissava placido, Aran si sbagliava su Atsumu, lui era sempre stato così con le cose che voleva, le coltivava finché non riceveva i frutti tanto agognati.

Osamu lo sapeva meglio di chiunque altro, loro erano gemelli, Osamu conosceva le potenzialità di suo fratello e lo temeva, lui sapeva di cos’era capace quando la sua mente si focalizzava su un obbiettivo, prima era stata la pallavolo e poi Sakusa. Atsumu prendeva ciò che voleva, senza preoccuparsi di far del male a lui, che importava infondo se fosse stato Osamu il primo ad interessarsi, anzi quello era un incentivo per averla prima di lui.

E così che Osamu aveva imparato a farlo vincere, se Atsumu voleva qualcosa perché combattere con lui per averla, a lui andavano bene gli scarti. Gli andava bene essere il meno conosciuto dei fratelli Miya, gli andava bene quando i professori tessevano le lodi del fratello incoraggiandolo di essere come lui, gli andava bene quando Kita o l’allenatore ripetevano quando Atsumu fosse fondamentale per quella o quest’azione, gli andava bene se nella parete di casa ci fossero più foto del fratello o se gli occhi fieri della sua famiglia erano tutti sulla schiena di Atsumu e non sulla sua, aveva imparato che accontentarsi era alla base della vita per quelli come lui.

Solo che in quelle ultime settimane era davvero infastidito dal suo gemello, non importa quello che Atsumu facesse lui lo trovava disgustoso. Doveva accadere prima o poi, quel lento ribollire del suo sangue lo avrebbe fatto esplodere, la causa di tutto era appena apparsa richiamandoli.

<< Atsumu >> asserì una voce facendo voltare il trio all’unisono. Il biondo si precipitò verso Sakusa e lo strinse a sé in un abbraccio soffocante. Sakusa ridacchio con alta probabilità suo fratello doveva avergli sussurrato qualcosa di dolce, nessuno dei due sembro più fare caso a lui o ad Aran. Infatti, l’amico gli diede una leggera spallata affermando << Lasciamoli soli >>. Osamu si limitò ad annuire.
Aran annunciò calmo << Complimenti per la vittoria Sakusa >>. Il moro sobbalzo forse rendendosi appena conto che anche loro erano lì << Grazie >>. Aran sorrise gentile e aggiunse << Io e Osamu dobbiamo andare ma ti lasciamo in buone mani >>. Atsumu si stacco dal fidanzato e guardò l’amico grato.

Sakusa obbietto << Pensavo avremmo festeggiato il post-match insieme? >>. Aran titubante cerco una scusa ma Osamu fu più veloce spiegando << Mi dispiace, Sakusa, ma Aran ha bisogno di un paio di scarpe e il negozio chiude alle sette >>. Il moro sembrò credergli e asserì << Sarà per la prossima volta >>. Osamu si allontanò dai fidanzati seguito da Aran che affermò << In realtà volevo sul serio fare un giro in centro, mi accompagni? >>.

<< No >> rispose schietto Osamu e afferrò una manciata di patatine inghiottendole senza neppure masticare. << Dovresti smetterla di mangiare queste schifezze, un giorno ti faranno male >> affermò preoccupato Aran. << Come dici tu >> gli rispose piatto il grigio e riprese salutandolo << A domani >>.

Aran lo fissò andarsene senza dir nulla, ma Osamu percepiva la domanda non fatta, quella domanda a cui tutti intorno a lui si rifiutavano di dar voce ma che trapelava dai loro occhi. ‘Stai bene?’ La verità era che era solo stanco, così stanco di dover essere l’ombra di Atsumu, era così stanco.

Appallottolo il pacchetto vuoto di patatine e lo lanciò nel cestino poco distante. Non sapeva dove andare, non voleva andare a casa o in palestra, così iniziò a girovagare ripercorrendo gli eventi degli ultimi mesi, gli eventi che lo avevano portato al suo punto di rottura.

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Capitolo 2
*** Ho sentito il Canto di una Sirena Chiamarmi ***


Era tutto iniziato per un puro caso, aveva assistito ad una partita dell’Itachiyama, lì lo aveva visto librarsi verso il sole, un’Icaro dalle ali di cera. Sakusa era il nome del giovane che lo affascinava, da allora inizio a sbocciare quel piccolo fiore nel suo petto che lui custodì con gelosia, lontano da tutto soprattutto da Atsumu. Il suo gemello non doveva sapere, non questa volta.

La sua scuola organizzò un campo di allenamento con Itachiyama, a lui parve come un segnale del cielo, peccato che all’epoca aveva dimenticato quella fastidiosa leggenda. Il primo giorno aveva provato a parlagli lontano da tutti e Sakusa si era rilevato un tipo strambo ossessionato dal pulito. ’Che carino’ era il solo pensiero che aveva attraversato la mente di Osamu mentre gli parlava, persino la sua ossessione gli era parsa dolce.

Quella medesima sera Aran si era lasciato sfuggire di averlo visto parlare con Sakusa e Osamu era certo di aver percepito gli occhi prima assenti e annoiati del fratello ravvivarsi, si era sbrigato ad affermare che gli aveva parlato solo per discutere delle schiacciate fatte durante la partita di allenamento ma sapeva che non sarebbe bastata quella scusa per distrarre il fratello.

Il giorno successivo come immaginato, Atsumu aveva prestato attenzione a Sakusa e Osamu aveva tremato impercettibilmente, la sua preghiera silenziosa rivolta al cielo non fu ascoltata. Il gemello la stessa sera, andò a chiacchierare con Sakusa e quello che accadde dopo fu solo un lento sprofondare.

Giunse ad un altro distributore, inserì in automatico i soldi mentre la voce metallica fastidiosa gli chiedeva di cosa avesse voglia, Osamu digito e attese. I biscotti croccanti furono presto ingurgitati e le gambe ripresero il suo incessante vagare.

Al sesto giorno del campo allenamento, Kita lo aveva inviato a cercare Atsumu che si era dileguato dalla mattina. Osamu si era trascinato fino al giardino e lì li aveva visti, Sakusa e Atsumu discutevano tra di loro come una vecchia coppia sposata. Erano carini, lo dovette ammettere anche a sé stesso, suo fratello era bravo con le persone molto più di lui.

<< Atsumu >> lo aveva richiamato placido. Il gemello gli aveva lanciato uno sguardo di fuoco. << Vai >> aveva detto Sakusa passando lo sguardo tra i due fratelli. Atsumu fece una smorfia visibile e poi si era avvicinato a Sakusa sfiorando con le labbra la guancia. Osamu lo aveva sempre detto, suo fratello sapeva come ottenere ciò che voleva.

Sakusa sorrise leggermente e lo spinse via borbottando qualcosa sul pulito e sui batteri che potevano essere presenti, qui o là. Osamu aveva semplicemente scollegato il cervello, si era limitato a fissarli con il suo solito sguardo annoiato e a seguire il fratello mentre tornavano in palestra.

I lampioni si accesero illuminando la via buia, lui si lasciò andare su una panchina vuota, con occhi vacui osservo gli edifici intorno, non riconosceva il quartiere ma era ancora nel centro città. Un sospirò uscì libero dalle sue labbra, poggiò la testa tra le mani mentre un bruciore intermittente cresceva nel suo torace.

Aveva vinto ancora, e come le volte precedenti Osamu non provò neppure a combattere, andava bene così. Infondo Sakusa non era nulla di speciale per lui, una candela che il vento poteva spegnere senza fatica, però quella dannata sensazione di sbagliato si era insinuata in lui.

Quanto ancora Atusmu poteva prendergli? Per quanto ancora doveva osservare il fratello assorbire l’ossigeno intorno a loro? E per quanto tempo sarebbe potuto sopravvivere solo con gli scarti? Era certo di essere vicino al baratro, sarebbe bastata una semplice spinta e sarebbe crollato nel vuoto, lontano da quel tifo invadente e quella luce accecante che era il suo gemello.

Un brusio fastidioso lo riscosse, un uomo ubriaco marcio dato il comportamento stava urlando contro un giovane vestito elegante. Osamu riabbasso il capo disinteressato, ma la voce dell’uomo si alzò costringendolo a dare attenzione alla conversazione. << Non sono così ubriaco, rifammi entrare >> urlava l’uomo mangiandosi le parole. Il giovane dai capelli scuri scosse la testa asserendo gentile << Signor Lee ti prego di smettere di fare rumore e di attendere il taxi >>.

Osamu si alzò irritato e con passo veloce cercò di superare i due che litigavano per ripercorrere la strada che lo aveva condotto a quella panchina sperduta. Peccato che qualche strano incrocio di astri non glielo permise, l’uomo infatti barcollo all’indietro scontrandosi contro di lui, facendolo cadere.
L’ubriaco lo fisso con sguardo contratto prima allontanarsi per dirigersi nel vicolo vicino per vomitare, Osamu fece una smorfia visibile prima di tentare di rialzarsi. << Si è fatto male? >> chiese una voce gentile mentre una mano piccola gli veniva tesa.

Osamu alzò lo sguardo sulla figura, la luce dei lampioni rendeva i lineamenti di quel volto stranamente eterei, quasi scolpiti da un qualche artista del neoclassico. Titubante posò la sua mano a stringere quella dell’altro giovane, senza fatica si rimise in piedi mentre un sorriso gentile riempiva quel volto dai tratti femminili.

<< Devi scusare il Signor Lee quando beve perde la cognizione dello spazio, spero che tu stia bene >> disse la voce del ragazzo mentre Osamu annuì ancora incerto se quell’incontro stesse avvenendo sul serio o se fosse solo dato dalla sua mente logorata dall’ira e dal rimpianto. << Per scusarmi posso offrirti qualcosa? >> aggiunse ancora quello che era un cameriere dato l’abbigliamento, indicando il piccolo locale alle sue spalle.

Il platino asserì pacato << Non posso bere nulla >>. Il ragazzo ridacchio prima di affermare << Non intendevo nulla di alcolico, pensavo un bicchiere d’acqua o qualcosa da mangiare >> e aggiunse incerto << Sei molto pallido >>.

Deve aver annuito perché il ragazzo lo trascino dentro quel locale, non ci fece molto caso in realtà, l’unico pensiero lucido in quel frangente fu che la mano di quel ragazzo era morbida, molto morbida e piccola, era certo che se l’avesse stretta con più forza si sarebbe spezzata tra le sue dita.

Si ritrovò seduto poco dopo, con davanti un bicchiere di acqua mentre quel sorriso caldo lo accoglieva. << Grazie >> asserì Osamu e aggiunse << Non era necessario >>. Il giovane scosse i capelli scuri dai riflessi blu ammettendo << Non saprei, il tuo sguardo era davvero terrificante >>. Lo schiacciatore lo fisso sorpreso mentre l’altro riprese << Vuoi parlarne? >>.

Osamu socchiuse lo sguardo diffidente << Perché vorresti aiutarmi? >>. Il cameriere alzò le spalle e rispose schietto << Per nessuna ragione in realtà, Joe dice che sono un idiota sentimentale, credo abbia ragione, quando vedo qualcuno soffrire non riesco a voltare lo sguardo >>. Il platino raccolse il bicchiere e bevve vorace, non si era neppure reso conto di essere assetato prima.

<< Non è nulla di davvero importante >> si lasciò sfuggire Osamu. Il giovane non sembro deluso o sorpreso, semplicemente disse << Sai domani il sole sorgerà comunque, il vento scompiglierà ancora le foglie dell’albero qui di fronte e la campana sopra la porta del locale riprenderà a suonare ad ogni cliente che io lo voglia o meno. Domani ogni cosa riprenderà il suo incessante scorrere verso la morte che tu mi dica una verità o una bugia >>.

Osamu sorrise leggermente e chiese serio << A quale Sirena sto per cedere? >>. Il cameriere ridacchiò allegro affermando << Nessuna sirena, solo un liceale che ha bisogno di lavorare, sono Rei >>. Per quella notte, forse solo per quella notte poteva cedere sotto gli occhi limpidi di quella Medusa, forse quell’incontro era inciso nel suo destino o causato dall’errore di un angelo distratto.

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