SETTER POCKY GAME

di DrkRaven
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** SETTER POCKY GAME ***
Capitolo 2: *** POCKY CLUB ***



Capitolo 1
*** SETTER POCKY GAME ***


Oikawa apre la porta di casa stringendosi addosso il maglione oversize bianco e peloso.

- Tobio-chan! Quanto tempo. –

- Oikawa-san… Buon anno. - Kageyama si fissa la punta delle scarpe, mentre ballonzola sul gradino davanti all’ingresso della villetta del senpai, spostando il peso da un piede all’altro.

- Che c’è, ti scappa la pipì? – domanda sfilandosi gli occhiali.

- Oh… - aggiunge poi, l’illuminazione sul suo volto – non mi dire che quest’anno tocca a te! – scoppia in una fragorosa e sguaiata risata.

- Entra, dai. - continua asciugandosi le lacrime agli angoli degli occhi – Saliamo in camera mia. –

Tobio toglie scarpe e giubbotto, e lo segue su per le scale.

- Non credevo che rispettassero ancora questa stupida tradizione. – cinguetta Oikawa lasciandosi cadere a gambe incrociate sul suo letto.

Picchiettando con la mano, fa segno a Kageyama di sedersi accanto a lui.

Il kohai si siede rigido all’estremo opposto del letto, con il volto scuro e tirato di chi deve partecipare ad un funerale, molto probabilmente il suo.

- Dai, fammi vedere la cartolina. – Tōru allunga la mano verso Tobio, che gli porge una cartolina rosa un po’ spiegazzata visto che è rimasta nella tasca della sua felpa sino a quel momento.

Scorre velocemente le scritte e scoppia di nuovo in una sonora risata.

- Quindi è stato Kogane ad iniziarti? – continua dopo un po’, la risata più contenuta ma ancora incredibilmente fastidiosa alle orecchie di Tobio, che non ha ancora spiaccicato parola da quando lo ha salutato all’ingresso.

- Beh, Tobio-chan, sono contento che tu sia venuto da me, ciò mi lusinga davvero molto! –

- Quindi tu lo sapevi? – ringhia Tobio.

- Certo! Sono anni che questa catena gira, non so perché nessuno abbia ancora avuto il coraggio di bloccare questa sciocca superstizione. – sospira alzando gli occhi al cielo.

- E se sei qui – aggiunge dopo un attimo – vuol dire che nemmeno tu vuoi rischiare di interromperla. Dico bene, Tobio-chan? – conclude ammiccante, avvicinandosi sul letto e sollevando il mento di Kageyama con l’indice per portare i loro nasi a pochi centimetri di distanza.

- Ovvio. – risponde secco Tobio, scostando il viso con un gesto brusco – Non voglio che la Karasuno perda al torneo primaverile per colpa mia. -

- Bravo! Vorrà dire che il tuo senpai dovrà insegnarti ancora qualcosa. Tutto sommato, meglio questo tipo di “servizio” che non quello in salto. –

Ormai paonazzo in volto, Kageyama estrae dalla felpa una scatola rossa di Pocky al cioccolato fondente, e la posa sul letto tra loro due.

Le lunghe dita di Tōru si posano delicate sulla scatola, la aprono ed estraggono un bastoncino.

- Ecco, Tobio-chan, prima lezione: mai tenere la scatola in tasca. Sono tutti sciolti! –

Oikawa passa il bastoncino nell’altra mano impugnandolo dal lato del biscotto, quindi avvicina il viso a quello del suo kohai e si infila lentamente l’indice in bocca. Succhia piano il cioccolato arricciando le labbra, poi con uno schiocco umido estrae il dito e tira fuori la lingua per leccare apertamente il cioccolato anche dal dito medio.

Gli occhi di Tōru non hanno lasciato quelli di Tobio nemmeno per un istante, e giurerebbe di aver visto quel mare sollevarsi in tempesta e frangersi contro le scogliere della sua sanità mentale.

Tobio deglutisce e finalmente distoglie lo sguardo, per portarlo alle sue mani strette a pugno sulle cosce.

- Toglimi una curiosità, Tobio-chan. Con Koganegawa hai vinto o hai perso? – chiede con voce roca, dopo aver verificato di aver leccato via tutto il cioccolato dalle sue belle dita affusolate.

- Pari. – risponde Tobio dopo un attimo, senza alzare lo sguardo.

- Non esiste pari. O hai vinto o hai perso. –

- Non lo so, ok?  - sbotta Kageyama dopo un attimo di silenzio – Ero confuso… –

- Vuoi dirmi che era la tua prima volta in assoluto? – domanda Oikawa stupito, senza quella patina di strafottenza che caratterizza sempre le sue frasi.

- Sì. – ammette Tobio paonazzo.

- Ok, ma ti sei staccato tu o si è staccato lui? –

- Insieme, te l’ho detto. Kogane mi ha detto che valeva come pari, e che quindi se ci scontriamo al torneo, l’esito è ancora aperto. –

- Kogane è più stupido di Hinata! Non credere a quello che dice. È un primino, a questo gioco è un novellino come te. –

Tobio non risponde, l’imbarazzo per come sono andate le cose con Kanji Koganegawa non fa altro che aumentare l’ansia per quello che sta per fare con Oikawa.

Avevano entrambi gli occhi chiusi e, quando del bastoncino non è rimasto più nulla, si sono ritrovati entrambi con le punte del naso schiacciate tra loro, il mento all’insù, a premere forte le labbra contro a quelle dell’avversario.

- Va bene, dai, togliamoci il pensiero…. – ridacchia Oikawa - Guarda, ti lascio anche la parte col cioccolato, poi non dire che il tuo senpai non ti pensa! - conclude infilando il bastoncino tra i denti e sporgendosi sul letto verso Tobio.

Come se dovesse prendere una medicina, Tobio inspira profondamente, e si volta alzando il mento per affrontare il suo plotone di esecuzione.

Addenta la punta del bastoncino, ancora incerto su quale sia la strategia migliore, se fare morsi piccoli o grossi, ma col timore che a poco gli servirà in ogni caso.

Il Pocky si riduce lentamente, ma Tobio è più distratto dal cioccolato degli occhi del suo senpai che da quello sul biscotto. Una luce pericolosa brilla in quelle iridi contornate da lunghe ciglia scure, e Kageyama sente le gambe farsi sempre più molli via via che la distanza si riduce. Il cuore accelera ulteriormente la sua corsa quando si accorge che Tōru sta inclinando la testa da un lato e sposta lo sguardo verso la sua bocca, gli ultimi millimetri di cioccolato a dividerli.

Ma Kageyama ha davvero a cuore le sorti della squadra, e per quanto la sua razionalità gli dica che quel gioco tra alzatori è una stupida superstizione, preferisce non correre rischi, ed è disposto a immolare la sua virtù per l’onore della Karasuno.

Le labbra di Tōru lo catturano come se fossero esse stesse di cioccolato, dolci e appiccicose, morbide e invitanti. Quando il peso del suo senpai lo spinge con la schiena sul letto, Tobio chiude gli occhi, sperando che il suo sacrificio sarà ricordato negli annali.

Li riapre però dopo un istante, sgranati e stupiti, quando sente la lingua di Tōru spingere tra le sue labbra; con Kogane sono andati avanti minuti, labbra contro labbra, e la lingua è sempre stata al suo posto. Ma per amore della Karasuno si adegua all’ennesima provocazione del senpai. Schiude le labbra e accoglie quella lingua invadente.

È però sinceramente sorpreso dalla delicatezza di quel bacio; si aspettava stoccate e affondi, un vero e proprio combattimento. Invece Tōru lo bacia con premura, misura il ritmo e la pressione della sua lingua, mentre infila le mani tra i suoi capelli corvini e asseconda il bacio con lievi movimenti del viso.

Tobio è sempre più sconvolto dalla situazione, dalla inaspettata dolcezza di Oikawa nei suoi confronti, e dalla ancora più inaspettata reazione del suo stesso corpo, che si sta lentamente infiammando. Un inspiegabile principio di erezione spinge nei suoi pantaloni. Turbato come non mai, confuso all’inverosimile, si ritrova ad allacciare le braccia al collo di Oikawa, dimenticandosi del ruolo di vittima sacrificale e godendosi quel bacio condotto ad arte da chi davvero è più bravo e più esperto di lui.

Ha il fiato corto, Kageyama, quando le loro labbra si staccano, e resta ancora disteso sul letto ad occhi chiusi per un istante, prima di aprirli sul bellissimo volto del suo senpai che lo guarda, anche lui arrossato e turbato.

- …pari? – domanda dopo un istante rimettendosi seduto.

- Pari. – conferma Oikawa scendendo dal letto e dandogli le spalle per riporre con cura la scatola e la cartolina rosa in un cassetto della scrivania.


♥˜°•°˜♥


- Ciao Tōru. Buon anno. Carino questo posto. -

Sugawara appoggia il piumino alla spalliera della sedia, e posa il suo bicchiere mentre si accomoda al tavolo di fronte a Oikawa.

- Ciao Suga, buon anno anche a te! Grazie di essere venuto. –

- Non mi aspettavo il tuo invito. – confessa subito Suga, sorseggiando imbarazzato il suo drink.

Tōru prende tempo facendo ruotare il ghiaccio nel bicchiere, ma dopo un istante decide di mettere le carte in tavola. Con una strategia che gli risulta decisamente congeniale, si gioca subito briscola e carico posando la scatola rossa e la cartolina al centro del tavolo.

Alza lo sguardo sul viso di Suga in cerca di una reazione che non tarda ad arrivare.

Gli occhi brillanti e le guance arrossate, Kōshi prende un altro lungo sorso del suo drink, consapevole in quell’istante che non sarà l’unico della serata.

- Grazie, Tōru, sono lusingato, ma io non sono l’alzatore titolare, lo sai. –

- Sì, lo so. Diciamo che mi sento buono e voglio dare alla Karasuno il doppio delle possibilità. – spiega Tōru ora più rilassato, ma ben lungi dall’essere credibile nella sua affermazione.

Suga alza un sopracciglio, e lo fissa in silenzio.

La bellezza di Oikawa è davvero magnetica, ammaliante; riesce a catturare gli sguardi di uomini e donne, indistintamente. Con un sorriso può chiedere la luna. Con una carezza può portarti il paradiso.

- Ok. Va bene!  - sbotta Tōru, forse intimidito da quegli occhi nocciola che lo fissano impertinenti – Erano due anni che mi arrivava quella stupida cartolina con il tuo nome già scritto sopra. Non potevo lasciarmi sfuggire quest’ultima occasione… - conclude poi disegnando con la punta del’indice, dei piccoli cerchietti sulla condensa del bicchiere.

Suga sorseggia il suo cocktail mentre riflette sulla migliore risposta da dare ad una affermazione così emblematica.

- Sono ancora più lusingato, ma davvero non posso. – risponde infine, ma con un filino meno di sicurezza rispetto a prima. È una piccola incrinatura nella sua determinazione, quasi impercettibile, ma non sfugge a Oikawa che decide seduta stante di continuare a battere proprio lì, su quella piccola crepa, finché non avrà frantumato del tutto le sue difese.

- Perché? –

- Te l’ho detto, non sono io l’alzatore titolare quest’anno. –

Oikawa si lascia sfuggire un sorrisino, una luce malefica si accende nei suoi occhi scuri. Aveva pianificato una serata divertente con Sugawara, e quella reticenza non fa altro che invogliarlo di più a piegarla, rendendogli la sfida ancora più stimolante.

- Hai mai sentito parlare del “Comitato Disciplinare del Setter Pocky Game”? - 

- No... – risponde Suga perplesso.

- Ecco, appunto, nemmeno io! –

Uno sguardo di fuoco si pianta negli occhi nocciola dell’ex-alzatore titolare della Karasuno.

Suga scoppia a ridere, e finisce con un sorso il suo drink; quindi, ferma la cameriera che sta passando accanto al loro tavolo.

- Un altro Tequila Sunrise, per favore. –

- Per me un Blue Temptation. Grazie. – si accoda Tōru, facendo allargare ancora di più il sorriso sulle labbra di Suga.

- Guarda che sto cominciando a farmi strane idee, Tōru. – lo provoca Suga davanti ai loro drink appena serviti.

- L’ho sempre detto che sei un ragazzo sveglio. – risponde Tōru, sollevando il suo drink e aspettando che anche Kōshi alzi il suo cocktail dai colori aranciati, per far tintinnare i bicchieri.

Lo sguardo insolente con cui percorre il suo viso è più eloquente di mille frasi, e costringe l’oggetto delle sue attenzioni ad abbassare lo sguardo.

- Non posso. Davvero. – ribatte ancora Suga, un’espressione ora seria sul suo volto.

- Ma l’anno scorso l’hai fatto! Lo abbiamo fatto tutti. Lo facciamo sempre tutti, perché quest’anno ti tiri indietro? – piagnucola Oikawa sbattendo le lunghe ciglia.

Suga non risponde, e Oikawa continua con un cipiglio ferito sul suo bellissimo volto.

- Il tuo rifiuto mi offende molto, Kōshi. Se non sbaglio, lo scorso anno eri in lista tra Miya e Komaki, e l’anno prima tra Suwa e Semi. Non so se hai vinto o hai perso, ma comunque non ti sei fatto problemi. –

Suga alza lo sguardo sul viso di Oikawa, davvero stupito che l’alzatore della Seijoh ricordi perfettamente i suoi partner di quello stupido gioco nei due anni precedenti.

Il sorriso con cui viene ricambiato è genuino, ammaliante, un sorriso tentatore che sembra non nascondere alcuna insidia, e si sente costretto a fornire una spiegazione che risulti ancora più convincente.

- Sono innamorato, Tōru. –

- Bravo. Anch’io! Ma questo non c’entra niente col gioco. – ribatte Tōru.

A Suga quel ragionamento comincia a sembrare quasi logico. Forse per colpa dell’alcool che sta ingurgitando, fa davvero fatica a restare aggrappato al suo rifiuto.
La logica di Oikawa smonta tutte le sue obiezioni, ma soprattutto i suoi occhi caldi e ammalianti incrinano le sue convinzioni.

- Sono davvero innamorato. – ribatte ancora, forse più a sé stesso che al suo interlocutore.

- Ottimo. Allora pensa agli occhioni tristi di Daichi quando la Karasuno perderà per colpa tua. Già Kageyama è stato pessimo, se tu ti tiri indietro sono assolutamente certo che uscirete alla prima partita. –

La mimica tragicomica di Tōru è irresistibile agli occhi di Suga. Non gli è sfuggito l’incredibile intuito dell’alzatore della Seijoh, ma in fondo l’ha sempre saputo che Tōru è un grande osservatore, e un ancor più grande manipolatore.

Non sa davvero più cosa rispondere quando un ragazzo si ferma accanto al loro tavolo.

Si voltano entrambi, fissando colui che si è intromesso nel loro discorso. Alto, capelli corvini mossi e spettinati sopra un paio di occhi azzurri e una chiostra di denti candidi, fissa alternativamente i due con un sorriso spavaldo.

- Hei, splendori! Avete voglia di farmi compagnia in pista? – domanda, con l’atteggiamento arrogante di chi non è abituato a ricevere un rifiuto.

- Sparisci! – rispondono all’unisono i due alzatori, per poi scoppiare in una fragorosa risata, mentre il moro si allontana con la coda tra le gambe.

- Comunque, non possiamo mica farlo qui… - Suga riporta la conversazione all’argomento principale della serata, chiedendosi in cuor suo il perché. Avrebbe potuto approfittare dell’interruzione per cambiare discorso, o andare a ballare con quel pezzo di manzo. E invece…

Un sorriso trionfale illumina il viso di Oikawa, e Suga capisce che non ha più scampo, e che forse non voleva nemmeno averlo. Dopotutto, lo fa per il bene della squadra.

Senza dargli il tempo di obiettare ulteriormente, Oikawa si alza, prende Suga per il polso e lo trascina fino in bagno. Dà una veloce occhiata per sincerarsi che non ci sia nessuno, quindi lo sospinge in uno dei cubicoli, chiudendo la porta alle sue spalle con un colpo d’anca. Ci si poggia contro e circonda i fianchi di Suga attirandolo finalmente a sé.

Si fissano negli occhi per un lungo istante, i loro visi vicinissimi, il loro fiato che si mescola.

Tōru cattura una ciocca di quella chioma argentata, la fa scivolare lentamente tra le dita mentre osserva ammirato la bellissima preda che ha così faticosamente conquistato. Lo sguardo ormai smarrito in quegli occhi nocciola, quasi non sbatte nemmeno le palpebre, per non perdersi nemmeno un istante di quella soave visione.

Suga si rispecchia negli occhi caldi di Oikawa, umidi e luminosi, la pupilla così larga da mangiare quasi del tutto l’iride; osserva il suo stesso volto arrossato, la bocca socchiusa e si vede davvero attraente, desiderabile. Comprende il perché dell’insistenza di Oikawa e si arrende definitivamente a quella piccola follia che lo stupido gioco tra alzatori lo autorizza a compiere.

Tōru avvicina piano le labbra alle sue, le sfiora lentamente, le assapora senza fretta mentre Suga gli circonda il collo con le braccia e aderisce completamente al suo corpo. Indugiano ancora in quello sfioramento, fatto di piccoli baci soffici, appena accennati, a prolungare il più possibile l’attesa che spesso è decisamente più eccitante del compimento stesso.

- …e il Pocky…? – ansima Suga sulle labbra di Tōru, un istante prima che la lingua calda del moro invada la sua bocca con movenze languide.

- Lo… dirai… al Comitato? – geme la sua risposta Oikawa prima di tappargli definitivamente la bocca.


♥˜°•°˜♥


- Sugawara-san, buon anno! Che bello vederti a Tokyo! -

- Keiji-chan, buon anno anche a te. Grazie per avere accettato di incontrarmi con così poco preavviso. –

- Figurati, mi fa piacere. Una passeggiata nel parco è l’ideale per sgranchirmi le gambe dopo le mangiate degli ultimi giorni. –

Camminano tranquilli nei meravigliosi viali alberati del parco Yoyogi a Shibuya, godendosi il tepore del sole di quel pomeriggio d’inverno.

- Bokuto-san mi ha detto di salutarti, era dispiaciuto di non poterti incontrare ma era occupato, lui e Kuroo-san stanno facendo un allenamento intensivo in vista del torneo primaverile. –

- Figurati. Non c’è problema. In realtà sono venuto a visitare il famoso Santuario Meiji, spero che la mia visita abbia valore anche se con due giorni di ritardo rispetto allo Shōgatsu*. –

- Sono sicuro di sì, Sugawara-san. – Akaashi annuisce, ancora un po’ in soggezione come spesso gli capita con i senpai del terzo anno.

- Chiamami solo Suga, per favore. – sorride imbarazzato, mentre armeggia con la borsa che porta appesa alla spalla.

- E comunque, sono venuto anche per questo. – conclude mostrandogli la cartolina rosa insieme al pacchetto di Pocky.

Akaashi si ferma, improvvisamente pallido in volto.

- Immagino tu avessi partecipato anche lo scorso anno. – Suga cerca di riscuoterlo da quella paralisi – Ma se così non fosse… -

- Sì, certo, ho partecipato. So di cosa si tratta. –

Akaashi riprende a camminare lentamente e comincia a giocherellare nervoso con le dita, finché non trova il coraggio di pronunciare l’obiezione che gli è sorta subito in mente non appena ha visto la cartolina.

- Suga-san, scusa se mi permetto, ma io pensavo che il titolare della Karasuno quest’anno fosse Kageyama. -

Con un sorriso divertito sulle labbra, Suga gli porge il foglietto rosa, che Akaashi osserva per un istante prima di sorridere a sua volta.

- Ah. Oikawa. Capisco… -

- Come potrai immaginare, non mi sono potuto tirare indietro. – confessa Suga con una punta di imbarazzo.

Akaashi non è sicuro di aver compreso bene il significato di quella frase. Quando c’è di mezzo Oikawa, sa per certo che le normali logiche vengono sovvertite in favore dei suoi stessi interessi. Non è sicuro di che cosa ci sia esattamente tra Sugawara e il capitano della Seijoh, ma ha capito chiaramente che è meglio non fare domande.

- Suga-san, toglimi una curiosità, ma tu ci credi veramente? –

- Perché me lo stai chiedendo? – è consapevole che rispondere alla domanda con un’altra domanda sia poco corretto verso il kohai, ma non vuole addentrarsi troppo su quel terreno insidioso in cui si sente già impantanato da quando ha ricevuto la chiamata di Oikawa.

- Perché la trovo una cosa ridicola. – risponde Keiji con sincerità - Ma poi penso che se interrompessi la catena e perdessimo al torneo, non riuscirei a non sentirmi responsabile. –

Suga sorride a quel ragionamento, che appartiene un po’ anche a lui e agli altri alzatori con cui ha avuto modo di confrontarsi negli anni.

- Diciamo che se partecipare al Setter Pocky Game ti infonde sicurezza, può solo aiutarti a giocare meglio in campo. Viceversa, se ti senti in colpa per aver interrotto la catena, questo può portarti a giocare male. E quindi sì, diciamo che in questo senso ci credo veramente. –

- Grazie Suga-san. Anche io penso che sia meglio non correre rischi. –

- L’importante, comunque, è l’intenzione con cui ti approcci al gioco. – conclude Suga.

- Un po’ come venire al santuario due giorni dopo? – chiede Keiji dopo un attimo di riflessione.

- Diciamo di sì! – Suga ride divertito, ha sempre ammirato l’acume di Akaashi e la sua brillante intelligenza.

- Ok, va bene. Portiamo avanti questa tradizione. – annuncia Akaashi con ritrovato coraggio.

Con un cenno d’intesa, i due ragazzi si inoltrano per un sentierino laterale, che devia dalla passeggiata principale e si addentra nel bosco.

Il sole invernale sta ormai tramontando e in mezzo agli alberi si fa sempre più buio. Raggiungono un’area dove la presenza di alcune macchie di cespugli sempreverdi garantisce la privacy che stavano cercando, e si siedono su un masso al riparo da sguardi indiscreti.

Senza indugiare troppo, Akaashi prende un Pocky, lo infila tra i denti e si volta verso il senpai con il volto teso, ma una forte determinazione che brilla nei suoi occhi di quell’incredibile azzurro intenso.

Suga si sporge, e comincia a rosicchiare lentamente lo stick, ma non ha fatto i conti con l’impeccabile strategia del palleggiatore della Fukurōdani che, poco prima che il Pocky sia terminato, allunga una mano dietro la sua nuca e lo attira a sé appoggiando delicatamente la bocca sulla sua. Non pago, dopo un istante Keiji ammorbidisce il contatto delle sue labbra, le schiude lentamente mentre attira Suga contro di sé e approfondisce il bacio insinuandosi timidamente con la lingua nella sua bocca.

Dopo un primo istante di stupore, Suga risponde al bacio, la comprensione che lentamente cala su di lui. Ma dopo pochi attimi si stacca, lasciando chiaramente al moro la vittoria.

- Grazie Suga-san. – dice soltanto Keiji, il volto lievemente arrossato.

- Figurati. - risponde Kōshi regalandogli uno dei suoi incredibili sorrisi luminosi.

Deve ammettere con sé stesso che il numero cinque della Fukurōdani gli ha fatto una grande tenerezza col suo ragionamento di poco prima, ha rivisto in lui un po’ di quell’entusiasmo ancora dorato della gioventù che Suga sente ormai di aver perso.
È assolutamente consapevole che la sua partecipazione al gioco sia abusiva, e perdipiù scorretta visto come sono andate le cose con Oikawa. Ma confida che, similmente alla sua visita al tempio con due giorni di ritardo, anche le sue intenzioni verso Akaashi valgano qualcosa, quantomeno in termini di rassicurazione emotiva.

Suga si alza, recupera la sua borsa e si allontana con un cenno della mano.

- Bene, Keiji-chan. Salutami Bokuto, Kuroo e Kenma. Ora devo scappare, non voglio perdere lo Shinkansen. -


♥˜°•°˜♥


Rannicchiato sulla enorme poltrona da gamer, le ginocchia sotto il mento, Kenma schiaccia rapido i tasti del controller, lo sguardo ipnotizzato dal maxi schermo davanti a lui.

Non si accorge dell’intrusione in camera sua finché Akaashi non si schiarisce sonoramente la voce.

- Oh. Akaashi. –

- Ciao Ken. Tua mamma mi ha fatto salire. –

- Dammi un minuto, ammazzo ancora un paio di zombi e sono da te. –

Akaashi si siede sul letto di Ken e appoggia in bella vista la cartolina e la scatola di Pocky.

Finalmente Kenma sfila le cuffie, si alza dalla sedia e si stiracchia con un movimento aggraziato e flessuoso. E poi si pietrifica, quando nota gli oggetti in mezzo al letto.

- Ancora questa merdosa catena? – sbotta.

Akaashi ridacchia, come sempre divertito dalla reazione di Kenma a tutto ciò che trova irrazionale e fastidioso.

- Ma possibile che anche quest’anno ti presenti da me con ‘sta roba? Lo sai che io non lo porto avanti il gioco. – commenta ancora, mentre si butta sdraiato sul letto dietro alla schiena di Keiji.

- Lo so, Ken. Ma tanto come puoi vedere la cartolina è già praticamente piena, non credo manchi davvero più nessuno. –

Kenma prende il foglietto rosa e, tenendolo sopra la sua testa, scorre i nomi scritti nelle diverse grafie dai vari palleggiatori giapponesi.

- Però! Ci sono state combinazioni interessanti, quest’anno… - commenta dopo un attimo.

- Ti confesso una cosa - prosegue con aria da cospiratore – lo scorso anno ho fatto una statistica degli abbinamenti della cartolina. Solo tre squadre si sono davvero poi incontrate in campo. Certo, sarebbe stato interessante sapere chi aveva vinto al Pocky Game e vedere se il risultato della partita fosse coerente… -

- Kenma, non credo che gli alzatori scelgano davvero a chi passare il gioco, in base alla probabilità di incontrarli in campo. –

- Ah no? E quindi vanno a caso? –

Non riesce davvero a trattenersi Akaashi, e scoppia a ridere davanti all’espressione sinceramente stupita di quel tenero e ingenuo micetto.

- Che c’è? – domanda offeso, lasciando ricadere la cartolina accanto alla scatola e intrecciando le mani dietro la testa.

- Niente, Ken. - cerca di calmare l’eccesso di risa e prosegue mentre si asciuga le lacrime – Te lo spiego quando sei più grande! –

Akaashi prende un Pocky e si rivolge di nuovo all’amico sdraiato sul letto.

- Allora, Ken, ti va di farlo per me? –

- Ok, ok, ma tanto lo sai che poi in campo non cambia niente. – risponde Kenma rimettendosi a sedere accanto a Keiji - Se lo sapesse Kuroo che mi presto a queste superstizioni… -

- Lo sai che non glielo devi dire! Ci hanno fatto giurare sul Kami Fukurokuju** di non parlarne mai con nessuno che non sia un alzatore! –

- Tranquillo, lo so. – alza gli occhi al cielo

Akaashi infila il Pocky tra i denti e si avvicina a Kenma.

- ‘kashi. Ti avviso. Niente lingua! –

- Dai Ken, ti prego! – ribatte il moro togliendo lo stick dalla bocca – Oikawa dice che con la lingua ha più valore. –

Kenma lo trafigge con uno sguardo che gelido è dir poco.

- Non se ne parla. O così o niente. –

- Ok va bene. - si rassegna Keiji.

Kenma comincia ad addentare il suo lato del bastoncino, rosicchiandolo lentamente, mentre Akaashi dal suo lato fa lo stesso. Mordicchiano piano, lo sguardo abbassato con un lieve imbarazzo, finchè le loro labbra si incontrano. Con un sonoro schiocco, Kenma si stacca dalle labbra dell’amico e continua a masticare.

- Grazie Ken. – sussurra il moro.

- Sì, ok. Mi stupisco sempre di quanto tu sia superstizioso, Keiji. Questa cosa cozza incredibilmente con la tua intelligenza. –

Non fa tempo a rispondere, Akaashi, che la porta della stanza si spalanca, e centocinquanta chili di carne, ormoni e sudore si riversano dentro e si buttano sul letto seppellendo i due ragazzi.

Akaashi fa giusto in tempo a infilare velocemente la cartolina sotto al materasso, prima di essere abbrancato da due enormi bicipiti che lo trascinano sdraiato sul minuscolo letto di Kenma.

- Cosa stavate facendo voi due? – domanda Kuroo mentre stritola il suo ragazzo tra le braccia e gli riempie la faccia di baci – Sai di cioccolato… -

Akaashi recupera a fatica la scatola di Pocky da sotto le chiappe di Bokuto, e la porge ai nuovi arrivati.

- Volete? Mi sa che li avete rotti, però… -

Bokuto lascia andare il suo alzatore e si fionda subito sui bastoncini al cioccolato, che ingurgita velocemente due a due.

- Hei, bro, lasciane uno anche a me! – interviene Kuroo strappandogli la scatola dalle mani.

Prende un bastoncino, e poi si illumina.

- Vieni micetto, facciamo un gioco. Tu mordi di là… -

Uno sguardo divertito passa tra Akaashi e Kenma, rapido e impalpabile, veloce come un battito di ciglia.

Poi Ken asseconda il suo ragazzo e si mette a mordicchiare il bastoncino: bastano due bocconi di Kuroo per raggiungere le labbra di Kenma ed infilare subito la sua lingua nella bocca del suo micetto.

- Eddai! Siete imbarazzanti… - esordisce Bokuto in direzione dei due gattini, poi si volta – Akaaaashiiii ti va un biscottino? – e prende uno degli ultimi Pocky rimasti per emulare il suo bro.

Se entrasse la mamma di Kenma, si troverebbe davanti una scena a dir poco imbarazzante, vedendo i quattro ragazzi a limonare spudoratamente spalla a spalla sul letto del figlio.

Dopo un lungo bacio umido, Ken si separa a malincuore dalle labbra del suo ragazzo per prendere fiato.

- Così è molto meglio… - sussurra Kenma ad occhi chiusi.

- Meglio di cosa? – domanda Kuroo curioso.

- Niente. Niente. Mi sono capito io… -


♥˜°•°˜♥


* il periodo di Capodanno, che va dal 1 al 3 gennaio.

** Fukurokuju - dio della saggezza, della felicità, della lunga vita e della buona sorte. È una delle Sette Divinità della Fortuna (fonte Wikipedia).


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Capitolo 2
*** POCKY CLUB ***


– Tobio-chan! La tua telefonata mi giunge davvero inaspettata! –

La voce di Oikawa ha un tono metallico e risulta leggermente distorta dalle scariche statiche della chiamata intercontinentale. Non la ricordava così fredda, eppure il suo cuore accelera nel sentire ancora quel nomignolo dopo così tanti mesi dall’ultima volta.

– Oikawa-san, buon anno. Scusami per l’ora, stavi dormendo? –

– Ovviamente no. Sono fuori a correre, ma una pausa mi ci vuole. Che cosa vuoi, Tobio-chan? Immagino tu non mi stia chiamando per farmi gli auguri di buon anno… –

– In effetti, no… Cioè, non solo… Ecco… In realtà è successa una cosa strana. Hai presente il Setter Pocky Game? –

– Tobio-chan! Non ti facevo così romantico. Mi stai chiamando proprio nel giorno dell’anniversario del bacio che ci siamo scambiati lo scorso anno. Che carino… – il tono mellifluo è venato da una punta di sarcasmo, ma poi si abbassa di un’ottava – Ti sei svegliato pensando a me, questa mattina, Tobio-chan? –

Kageyama è contento di aver optato per una chiamata vocale senza video, perché non può gestire il rossore che si è diffuso all’istante sulle sue guance. Il suo cuore batte ancora furioso nel petto, l’allusione di Oikawa è assolutamente azzeccata, anche se non avrebbe mai avuto il coraggio di chiamarlo fino in Argentina, se poi non avesse ricevuto quella mail.

– È successa una cosa strana, dicevo… – prosegue Tobio dopo aver preso un lungo respiro e aver deciso di non rispondere alla provocazione del senpai – Mi è arrivata una mail da un indirizzo anonimo. Si intitola Pocky Club e al suo interno c’è la foto della cartolina dello scorso anno e l’immagine di una scatola di Pocky. Riporta solo data e ora, dopodomani alle 14, e un indirizzo di Tokyo. Mi chiedevo se tu sapessi cosa può significare… –

Il silenzio dall’altro capo del telefono si protrae per un lungo istante e Tobio ha quasi paura che sia caduta la linea quando finalmente Oikawa risponde.

– Non ne ho idea. È la prima volta che sento una cosa del genere. Hai già chiesto a Sugawara? –

– No. – confessa Tobio, e poi aggiunge in fretta – Il suo telefono e quello di Daichi risultano irraggiungibili, credo che siano andati a fare Capodanno in montagna… –

– Beh, buon per loro. – commenta Tōru, il sorriso chiaramente distinguibile nel tono della sua voce.

– Ad ogni modo, qual è il problema? Cosa ti turba, Tobio-chan? – il suo tono è a metà strada tra l’irritazione e il divertimento.

– È che non so chi l’ha mandata. Cosa c’è a quell’indirizzo? Cosa devo fare una volta arrivato là? – sempre che ci arrivi, pensa Tobio, ben consapevole di quanto sia un disastro a orientarsi negli spostamenti, a Tokyo specialmente.

– Tobio-chan, mi lusinga il fatto che ancora una volta tu abbia pensato a me, ma non so davvero come aiutarti. L’unico modo che hai per scoprire cosa c’è dietro è recarti a quell’indirizzo, dopodomani. Se ti fosse arrivata la cartolina con già tutti i nomi di Miyagi compilati, avresti comunque dovuto spingerti fino a Tokyo per far andare avanti la catena. –

– Sì, certo, hai ragione… È che, mi domandavo, avrà lo stesso valore in questo modo? –

La risata che gli inonda le orecchie dopo alcuni secondi è sincera e genuina come poche volte Tobio l’ha sentita, e una piccola fitta di rammarico per il fatto che adesso Oikawa sia dall’altra parte del mondo gli stringe il petto.

– Tobio-chan, sei davvero divertente! – esclama – Speravo che avessi capito lo spirito del gioco, ma vedo che anche al tuo secondo anno ancora credi a quelle stupide scaramanzie. – poi il suo tono torna serio e si abbassa di nuovo – Mi dispiace molto non esserci, quest’anno. –

Non sa cosa rispondere, Tobio. Quella strana mail gli ha dato il coraggio per fare quella telefonata che aveva rimandato per troppo tempo, e preferisce non indugiare troppo su quel batticuore e la strana sensazione di smarrimento che prova a quelle parole.

– Beh, Tobio-chan, ora devo riprendere a correre, ma tu fammi sapere poi com’è andata la gita a Tokyo, mi raccomando. –

– Va bene, Oikawa-san. Grazie di tutto. E ancora, buon anno! –

– Buon anno anche a te. E non pensarmi troppo. – Il rumore delle scariche statiche è l’unico suono che rimane nelle orecchie di Tobio.


♥˜°•°˜♥


Sono ormai le 14:15 quando Tobio finalmente raggiunge l’indirizzo indicato nella mail. Suona il campanello dell’appartamento al secondo piano di un palazzo dall’aspetto moderno e pulito; ha ancora il cuore in gola, un po’ per la corsa e un po’ per l’apprensione per la situazione. Non gli piacciono le sorprese, non sopporta tutto ciò che non gli consente di avere il controllo completo e totale sugli eventi.

– Kageyama! Benvenuto, stavamo giusto per cominciare. –

Tobio sbatte un paio di volte le ciglia davanti allo sguardo limpido e trasparente di Akaashi. In effetti il Pocky Game coinvolge solo gli alzatori; era abbastanza prevedibile che avrebbe incontrato anche gli altri palleggiatori dei licei del Giappone, sempre ammesso che quella mail non fosse stata invece una trappola per rapirlo e strappargli gli organi, per rivenderli poi sul mercato nero.

– Scusa il ritardo, ho avuto qualche problema a trovare l’indirizzo… –

Con molta eleganza, Keiji ignora il suo evidente imbarazzo e gli fa strada in un salotto piccolo e piuttosto disordinato: magliette e calzini ovunque, diverse pile di libri di testo universitari, manga e svariati numeri di Shōnen Jump sono disseminati in ogni angolo. Kenma Kozume sta girando per la stanza con un sacchetto della spazzatura, gettandovi dentro fazzoletti usati, bicchieri di carta e confezioni di cibo da asporto che sono sparsi un po’ ovunque.

– Accomodati… dove vuoi. – conclude Akaashi prima di dare una mano a Kenma a raccogliere le ultime cose in giro e rendere l’ambiente un po’ più vivibile.

Kageyama si guarda attorno e una serie di saluti si leva dagli altri occupanti della stanza.

Kanji Koganegawa gli sorride con tutti i suoi trentadue denti: sul divano, le mani intrecciate in mezzo alle sue stesse ginocchia, sembra seduto sulle spine e continua a muoversi irrequieto.

Sull’altra seduta del divano, comodo e rilassato, con un braccio disteso lungo lo schienale (manco fosse a casa sua ) Atsumu Miya gli fa l’occhiolino con un lieve cenno del capo mentre biascica un rapido – Tobio-kun… –

Per terra in mezzo a loro, schiena contro al divano, Kenjirō Shirabu lo osserva da sotto la frangetta storta, le ginocchia raccolte al petto e lo sguardo altezzoso che torna subito a seguire con apprensione Akaashi e Kenma che raccolgono le ultime cartacce.

Kageyama si accomoda su una sedia accanto al tavolo.

– Eccoci qua… – esordisce Akaashi mentre aspetta che Kenma vada in cucina a buttare la spazzatura che hanno raccolto – Come forse avrete capito, questo è l’appartamento di Bokuto e Kuroo, loro sono in trasferta per una partita con la squadra universitaria, e… beh, diciamo che Kenma ed io abbiamo le chiavi. –

Un lieve sogghigno conferma che forse le relazioni con i rispettivi migliori amici, non sono del tutto platoniche.

– Ad ogni modo, abbiamo mandato quella mail a gran parte degli alzatori liceali giapponesi… –

– A quelli che hanno partecipato al Setter Pocky Game negli ultimi due anni… – aggiunge Kenma di ritorno dalla cucina.

– E i primini...? – lo interrompe Koganegawa.

– Quest’anno non ci risultano primini titolari. – spiega Akaashi – Lo scorso anno tu e Kageyama siete stati l’eccezione alla regola. –

– E alla fine, vi siete presentati solo voi. Pochi ma buoni. – conclude Kenma con un lieve sogghigno.

– Ok, ma cosa ci facciamo esattamente qui? – domanda ancora Koganegawa.

– Ora ci arriviamo – Kenma lo fulmina con lo sguardo e Akaashi prosegue.

– Kenma ha una teoria. Dopo aver elaborato un modello statistico partendo dalle cartoline degli ultimi due anni e aver incrociato gli accoppiamenti con le partite che si sono svolte nei vari tornei, ha sviluppato un App che estrae il migliore accoppiamento per il Pocky Game. –

Migliore in che senso? – domanda Shirabu.

– Quello che ha più probabilità di concretizzarsi in uno scontro tra le due squadre nel corso dell’anno, così non si perde tempo in abbinamenti inutili. – spiega Kenma.

– In questo modo, sarà anche possibile verificare dal punto di vista statistico se la vittoria al Pocky Game corrisponde con quella in campo, o no. – aggiunge Akaashi.

– Confesso che fino all’anno scorso la trovavo un’inutile pagliacciata, ma dopo aver studiato i dati e aver visto il modello che gira dietro, ne sono rimasto affascinato. – spiega Kenma con quella luce negli occhi che ha sempre quando scopre la combo migliore per fare fuori il Boss di turno.

– Scusate ma tutto questo… a che pro? – domanda Miya col suo accento strascicato tipico del Kansai. Kenma e Akaashi si scambiano uno sguardo sorpreso mentre Miya prosegue – Mi piaceva molto di più quando ero io a decidere chi sfidare… – conclude con un ghigno prima di voltarsi verso Kageyama che è rimasto zitto fino a quel momento – Dico bene, Tobio-kun? – seguito da una strizzata d’occhio.

– Adesso che sapete di cosa si tratta – prosegue Akaashi in risposta all’obiezione di Atsumu – siete liberi di restare o andarvene. Ma sappiate che, se restate, ci sono alcune regole da seguire. –

Rincuorato dal fatto che nessuno si alzi e che Atsumu stesso si sia messo comodo accavallando le gambe, Kenma prosegue.

– Prima regola del Pocky Club: non si parla del Pocky Club. –

– Kenma, sei inquietante! – sbotta Akaashi con un ampio sorriso a indicare che l’uscita di Kenma non fosse preparata.

– Seconda regola del Pocky Club… –

– Ok, Kenma, basta, sei davvero cringe! – Akaashi ride di gusto e prende di nuovo la parola.

– Ricordate tutti il giuramento sul Kami Fukurokuju*? Non dovrete parlarne mai con nessuno che non sia un alzatore! Vale anche per il Club, non dovete parlarne con nessuno. E se l’esperimento di oggi va a buon fine, il prossimo anno manderemo l’App sui cellulari di tutti gli alzatori titolari. – conclude Akaashi.

– Ok, quindi fammi capire – Kageyama interviene per la prima volta – gli abbinamenti di oggi sono a colpo secco, un solo scontro anziché una catena come lo scorso anno, è corretto? –

– Esatto! – conferma Akaashi.

– Mi piaceva di più l’anno scorso… – lamenta ancora Miya.

– Però sei rimasto. – gli fa notare Kenma con tono monocorde.

– Ho le mie buone ragioni… – Atsumu ammicca in direzione di Kageyama, che lo fissa per un lungo istante senza capire e poi, tutto d’un tratto, arrossisce.

– Tanto il prossimo anno non ci sarai, Miya. – gli fa notare Akaashi.

– Nemmeno tu, se è per questo. – risponde con un sorriso subdolo.

– Ok, ok, vogliamo cominciare? – domanda Shirabu alzandosi in piedi.

– Certo! – conferma Akaashi mentre Kenma tira fuori il cellulare e inizia a digitare.

– Allora, adesso Kenma seleziona le nostre squadre. Anche se siamo solo in sei, come primo test può funzionare. Ora sta impostando i parametri. E… ecco il primo abbinamento: Dateko vs. Shiratorizawa. –

Koganegawa salta in piedi come una molla e si posizione accanto a Shirabu che lo osserva dal basso, i quasi venti centimetri che li dividono sembrano accentuati dalla costituzione esile di Kenjirō accanto al colosso della Dateko.

– Eccovi la scatola di Pocky – aggiunge Kenma intanto che li prende sotto braccio e li trascina verso il corridoio – Abbiamo pensato che sia meglio che affrontiate la sfida nella stanza di Kuroo, giusto per avere un po’ di privacy. Noi vi aspettiamo qui. –

Lo sguardo di Shirabu è tutt’altro che amichevole mentre osserva Koganegawa sedersi sul letto sfatto ed estrarre un Pocky dall’astuccio.

– Non ti siedi? – gli domanda dopo un istante.

– No, preferisco stare in piedi. – risponde secco.

Il biondo si alza e fa un passo nella sua direzione.

– Ok, ok, mi siedo. – borbotta fissandolo dal basso. Shirabu si arrende all’evidenza, il fisico di Kanji è decisamente imponente, non si tratta solo dei centimetri in più. Ha spalle larghe e torace ampio e solido, e Shirabu si sente ancora più in soggezione di quanto non lo facesse sentire Ushijima l’anno precedente.

Koganegawa blocca il Pocky tra i denti e aspetta che Shirabu sia pronto.

Kenjirō lo sorprende subito con un assalto vorace, in un boccone addenta quasi metà Pocky e allora Kogane inizia a rosicchiare la sua parte; sa che non è questione di chi ne mangia di più, anzi, ci ha pensato su moltissimo dopo la sua performance un po’ confusa dell’anno precedente con Kageyama. Ha pensato che forse avere la bocca piena possa essere uno svantaggio e ritiene che una buona strategia possa essere quella di spingere l’avversario a staccarsi per inghiottire. Così rosicchia lentamente, lasciando che l’impazienza di Shirabu lo porti a riempirsi la bocca.

Quando le loro labbra si incontrano sussultano entrambi. Ma l’altezza e l’imponenza di Koganegawa lo schiacciano anche da seduti, costringendo Shirabu a puntellarsi con le braccia sul letto per non farsi sospingere sdraiato.

Galvanizzato dall’accorgersi che il suo avversario è sbilanciato indietro, Kogane spinge forte sulle sue labbra e resta assolutamente sorpreso quando Shirabu gli infila la lingua in bocca.

Il biondo sgrana gli occhi e si stacca, sorpreso e confuso per quell’intrusione.

– Ho vinto. – dichiara Shirabu, concedendosi un sorriso per la prima volta da quando ha messo piede in quell’appartamento.

Al ritorno in salotto li accolgono alcune ciotole di patatine e svariate bibite. Koganegawa si fionda su una lattina di cola che si scola tutta in una volta mentre ancora lancia sguardi sorpresi in direzione dell’alzatore della Shiratorizawa.

Kenma aggiorna l’App con la vittoria per Shirabu e lancia il nuovo accoppiamento: Nekoma vs. Fukurōdani.

A quella notizia Kageyama getta uno sguardo storto verso Miya che gli risponde abbassando leggermente il capo in un cenno d’intesa, un sorriso soddisfatto sulle labbra. Il panico è chiaramente visibile negli occhi di   Tobio che allunga una mano alla ciotola sul tavolo e si porta il cibo alla bocca senza nemmeno verificare cosa stia mangiando.

– Ken, dimmi la verità – esordisce Akaashi mentre Kenma si siede sul letto a gambe incrociate – hai truccato il nostro abbinamento per capitare con me? –

Lo sguardo di Kenma è sottile e decisamente felino, mentre guarda l’amico di sottecchi.

– Ci avevo pensato ma, no, alla fine non l’ho fatto. Mi rincuora il fatto che siamo risultati comunque l’abbinamento più probabile. Credo che l’algoritmo funzioni davvero. – un leggero sorriso aleggia sulle labbra di Kenma mentre estrae il Pocky dalla scatola.

Akaashi sorride mentre si siede di fronte a lui. Raramente lo ha visto così coinvolto da qualcosa che non fosse un videogame, e nemmeno le sfide contro il Karasuno gli hanno mai illuminato lo sguardo con quella luce invasata che gli vede in quel momento.

– Ti avverto, Keiji. Quest’anno faccio sul serio… – Kenma dichiara le sue intenzioni con un ghigno allusivo, prima di scrocchiarsi le dita e infilare il Pocky tra le labbra.

Akaashi ride e addenta il primo morso del Pocky.

Rosicchiano entrambi lentamente mentre si fissano negli occhi; anche quelli turchesi di Akaashi brillano per l’aspettativa. Ha percepito, nelle settimane precedenti, il cambiamento di Kenma nei confronti del Pocky Game, ma non ne aveva ancora compreso la reale portata fino a quel momento. Lo sguardo di Kenma è duro e calcolatore, i suoi occhi ambrati luccicano sempre più vicini, la pupilla sottile che quasi scompare in quell’iride predatrice.

Il Pocky è ormai ridotto a pochi millimetri e Akaashi li inghiotte appiccicando le sue labbra a quelle dell’amico. Per quanto si fosse preparato ad un cambio di atteggiamento da parte di Kozume, resta del tutto sbalordito quando Kenma lo sospinge sdraiato e gli si spalma addosso con movenze languide. La sua testa ruota per aderire meglio alle sue labbra e infila le mani tra le sue ciocche corvine lasciandolo senza fiato.

Ha ormai capito che il Kenma imbarazzato e scettico che gli lasciava la vittoria staccandosi dopo due secondi, è stato del tutto soppiantato da questa piccola tigre che si sta strusciando sul suo corpo mentre spinge con la lingua per avere accesso alla sua bocca.

Akaashi risponde al bacio, perché non vuole perdere, e perché questo Kenma che non aveva mai visto prima in tre anni di amicizia è… beh, affascinante, seducente, coinvolgente. Lo avvolge in un abbraccio, mentre gli infila una mano tra le ciocche bionde e soffici che segretamente ha sempre desiderato toccare, ma non aveva mai osato farlo sapendo che Kenma è molto sensibile ai grattini sulla testa (a quanto dice Kuroo). Kenma mugugna a quelle carezze e approfondisce il bacio. La sua lingua avvolge quella di Akaashi con movenze languide e il moro è ancora una volta sorpreso da questo Kenma così sensuale: un conto è vederlo baciarsi con Kuroo (loro quattro hanno spesso pomiciato insieme sullo stesso letto) ma un altro conto è essere l’oggetto di quelle effusioni. Ed è davvero sconvolgente quanto sembri freddo e disinteressato nelle cose di tutti i giorni, e come possa invece trasformarsi e diventare caldo e appassionato in quelle che davvero gli interessano.

A malincuore, Akaashi si stacca da quel bacio. Sente di doverlo fare, il suo trasporto verso l’amico sta superando un confine che non sapeva nemmeno di dover tracciare, e non vuole davvero andare oltre.

Si fissano negli occhi ansimando, e Akaashi si sente ugualmente confuso e rincuorato dal fatto che un evidente rossore si è diffuso anche sulle guance di Kenma. Forse anche lui ha provato qualcosa al di là dell’emozione del gioco e la voglia di vincere.

– Keiji… – sussurra confuso mentre si solleva e si rimette seduto sul letto.

– Ok. Hai vinto. – conferma Akaashi, guardandolo di sottecchi.

Un sorriso sornione sulle labbra gli illumina gli occhi ancora una volta mentre mormora – Dovremmo rifarlo, qualche volta… –

Keiji arrossisce e in un istante la sua mente valuta infiniti scenari su cui non si è mai permesso di soffermarsi, ma che sa, in cuor suo, che sono sempre stati lì. L’incredibile amicizia di Kuroo e Bokuto, il loro desiderio di fare sempre tutto insieme e l’insistenza con cui spesso e volentieri hanno pressato perché i loro rispettivi ragazzi diventassero amici…

– Torniamo di là e aggiorniamo l’App. – Kenma lo riscuote dalle sue elucubrazioni, non è quello il momento di soffermarsi sulla loro strana amicizia a quattro. Ci tornerà poi, Akaashi lo sa, conosce sé stesso. Ma ora c’è ancora un’ultima sfida da compiere.

Al loro ritorno in salotto trovano un clima alquanto diverso da quello che avevano lasciato. Shirabu si è scolato almeno tre lattine di Red Bull a quanto possono vedere, e sta raccontando al resto del gruppo di una volta in cui Satori aveva perso una scommessa e aveva fatto il giro del dormitorio della Shiratorizawa completamente nudo.

Miya ride con le lacrime agli occhi e Koganegawa si tiene la pancia piegato sul divano. Anche Kageyama ha finalmente perso quel cipiglio scontroso che lo accompagna sempre e sta ridendo rilassato tra una patatina e l’altra.

– Bene, vi comunico che ha vinto il Nekoma. E ora direi che l’ultima sfida è ovvia, ma vediamo comunque se l’App la conferma. –

Ovviamente la qualità della programmazione di Kenma è indiscutibile, e l’App estrae Karasuno vs. Inarizaki.

Il cipiglio di Kageyama torna in un istante a indurire il suo volto. Per un po’, complice il clima rilassato ed i racconti divertenti di Shirabu, aveva dimenticato che fosse lì per un motivo ben preciso: confermare il valore del Karasuno e assicurarsi la vittoria verso qualsiasi squadra gli fosse toccato di affrontare.

Ma è sicuramente più in apprensione, Tobio, per quella sfida diretta con Miya che non a dover affrontare l’intera squadra dall’altra parte della rete. Avevano già vinto contro l’Inarizaki l’anno precedente, doveva assolutamente battere Miya anche su quel campo.

– Allora, Tobio-kun – esordisce Miya col suo solito sorriso strafottente, una volta che sono rimasti da soli in camera – vediamo un po’ come se la cava questo bambino obbediente… –

Il cipiglio di Tobio si indurisce e alza il mento verso il biondo con decisione.

– Hai rotto il cazzo con questo bambino obbediente, Miya! – sbotta.

Atsumu scoppia a ridere e scuote le mani davanti a sé – Ok, ok, calmati, non volevo mica offenderti… –

Tobio lo fissa a lungo negli occhi, Miya non merita una risposta e comunque non gliene viene in mente nessuna. Il dissing non è certo una pratica che gli viene naturale, è già sufficientemente impacciato nelle relazioni interpersonali. Quindi non risponde, resta lì a fissare Atsumu e lascia a lui la prossima mossa.

Anche Miya resta lì a fissarlo, occhi negli occhi, e non può fare a meno di notare quanto sia cresciuto Kageyama in un solo anno. È alto quanto lui, ormai, e anche la struttura ossea e muscolare si sono irrobustite. Le sue spalle sono più larghe, la mascella comincia a farsi spigolosa e a perdere le rotondità dell’adolescenza. Non può fare a meno di pensare che Tobio diventerà sicuramente bellissimo nel giro di pochi anni. Lo è di già. Lo era anche l’anno precedente, ricorda, era stata la prima cosa che aveva pensato di lui quando lo aveva visto su quel campo al ritiro giovanile. La seconda cosa che aveva pensato appena lo aveva visto palleggiare era che fosse anche dannatamente bravo, e quello aveva un po’ offuscato la prima nella testa di Atsumu. Solo ora, con quegli occhi blu così intensi e profondi che lo scrutano, torna a guardare Kageyama come una creatura bellissima e pericolosa, oltre che come il suo nemico naturale.

– Va bene, Tobio-kun, vediamo chi si aggiudicherà la prossima partita. –

Atsumu si nasconde dietro la sua solita arroganza, come sempre preferisce attaccare per primo, nascondere le sue insicurezze dietro a una dose massiccia di spavalderia; tanto più in questo momento, dove quegli occhi blu così limpidi lo fanno sentire esposto e vulnerabile.

– Biscotto o cioccolato? – domanda, perché comunque è il senpai della situazione e non vuole che Tobio lo consideri indelicato o maleducato.

– È indifferente. – risponde Kageyama che ha sicuramente altro per la testa. Ripensa all’anno precedente, a Oikawa più che a Kogane, ovviamente. Ci sta pensando da giorni, da quando ha ricevuto la mail e ha chiamato Oikawa in Argentina. In realtà ci pensava anche prima, non aveva mai smesso di pensarci; quel bacio ricevuto da Tōru era scolpito in maniera indelebile nella sua memoria e aveva assunto significati strani e contorti nella sua mente. Si era imposto di smettere di pensarci quando aveva saputo che Oikawa sarebbe partito, ma negli ultimi giorni quel ricordo era tornato prepotente e invadente. Sarebbe stato in grado di baciare qualcun altro?

Atsumu infila il Pocky tra i denti e sorride a Kageyama mentre avvicina il volto al suo. Kageyama addenta il suo lato e iniziano entrambi a rosicchiare.

Sa cosa aspettarsi, Tobio, ormai è cresciuto e per quanto non abbia baciato nessun altro dopo Tōru, questa volta sente di essere preparato. È infatti lui il primo a inclinare la testa e quel gesto scatena una contrattura sulle labbra di Miya, un sorriso impercettibile di comprensione e, perché no, di aspettativa.

Restano labbra contro labbra per un lungo istante quando il Pocky si esaurisce, masticando lentamente e poi inghiottendo senza perdere il contatto. Ed è ancora Tobio che prende l’iniziativa. Si aggancia alla t-shirt di Miya mentre con l’altra mano lo abbranca dietro la nuca e inizia a schiudere le labbra.

Atsumu lo stringe per la vita mentre gli infila l’altra mano tra i capelli e invade la sua bocca con la lingua.

Tobio emette un gemito sottile, per quanto fosse preparato la lingua di Miya nella sua bocca è così calda e invadente che lo fa sentire subito affannato. Strizza ancora di più la sua maglietta mentre Miya lo avvolge dietro la schiena tirandoselo contro. Può sentire il suo petto solido e massiccio, Tobio, e anche la sua erezione che gli preme addosso.

La lingua di Atsumu è come lui, sfacciata e prepotente, e rincorre quella di Tobio senza sosta, scavando a fondo nella sua bocca, toccando ogni angolo, lambendo il palato e scivolando sui denti, in una ricerca frenetica di qualcosa che nessuno dei due ancora sa cosa sia, ma senza riuscire a smettere.

Quasi non si era accorto, Tobio, che Miya ha iniziato a spingerlo verso il letto. Si ritrova sbilanciato dal materasso contro i polpacci e può solo trascinarsi Atsumu addosso mentre scivola disteso sul letto.

Nessuno dei due vuole sciogliersi dal bacio, nessuno vuole perdere, nessuno vuole smettere. Il cuore di Tobio gli martella nelle orecchie mentre percepisce l’erezione di Atsumu strusciare contro il suo inguine, e può solo ruotare i fianchi in risposta, un gesto istintivo e spontaneo a ricercare la sensazione, a calmare quel fuoco che gli sta crescendo dentro e che assolutamente Tobio non si aspettava di poter provare per qualcun altro, dopo Tōru.

Per quanto voglia mantenere un contegno, anche Miya è del tutto sconvolto dalla sua stessa reazione a quel bacio. Emette un mugolio basso e vibrante mentre spinge ancora la sua lingua a fondo nella bocca di Tobio. Le sue mani sono entrambe tra i suoi capelli, accarezzano quei fili di seta così scuri e lucidi, mentre d’istinto Tobio infila le mani sotto la t-shirt di Atsumu e percorre lentamente i muscoli tonici della sua schiena.

È il bussare sommesso alla porta che li riscuote da quell’abbandono dei sensi. Si sono persi in quel bacio, dimenticando il come e il perché della situazione in cui si trovano, concentrati solo e unicamente sulle sensazioni che entrambi si sono scoperti a provare, entrambi del tutto sopresi e stupiti da quella compatibilità e sintonia che mai avrebbero pensato di trovare l’uno con l’altro.

– È tutto ok lì dentro? –

La voce di Akaashi irrompe importuna ed è Atsumu che si stacca per primo.

– Sì, arriviamo… – la sua voce è spezzata dall’affanno e sorride un attimo dopo al suo stesso tono.

Si puntella con le braccia e si solleva dal corpo di Tobio, le gote arrossate e il petto che ancora è scosso dagli ansiti.

– Beh, Tobio-kun, sembra che abbia vinto tu… – ammette in un sorriso.

Tobio gli sorride di rimando, i suoi neuroni specchio che reagiscono, o forse è l’euforia che sente frizzare in mezzo al petto insieme al cuore che lentamente sta rallentando la sua corsa.

– Già… – dice soltanto.

Atsumu si mette a sedere dando una mano a Tobio per tirarsi su.

– Spero tu sia consapevole di quanto sei fortunato… – dice poi, in un impeto di sincerità del tutto non pianificato.

Tobio alza un sopracciglio, non capisce a cosa faccia riferimento.

– Hai la fortuna di giocare col piccoletto. – gli spiega – Non so se vincerete davvero la prossima volta che ci incontreremo, ma davvero io ti invidio solo per quello. –

Tobio non risponde, ancora una volta non sa cosa dire. In cuor suo lo sa che Hinata è un giocatore fuori dal comune. Il modo in cui ha sempre risposto con fiducia piena e totale alla regia azzardata e incosciente di Tobio è certamente qualcosa di unico e speciale, ma mai avrebbe pensato, Tobio, di suscitare l’invidia degli altri alzatori solo per il fatto di poter giocare con Hinata. La sua tecnica è ancora rozza, la sua preparazione atletica è acerba e la sua altezza oggettivamente imbarazzante, ma lui stesso è consapevole che l’energia, l’entusiasmo, il carisma di Hinata sono qualcosa di unico e travolgente.

– Lo so. – risponde soltanto, prima di alzarsi e dirigersi verso il salotto.

Vengono accolti da occhiate curiose e sorrisi appena accennati, il loro volto è ancora arrossato e la chioma di Kageyama spettinata e selvaggia. Atsumu gli liscia un paio di ciuffi ribelli mentre si siedono entrambi, fianco a fianco, sul divano.

– Beh, quindi chi ha vinto? – domanda Kenma, App alla mano, pronto ad aggiornare l’esito finale del gioco.

– Karasuno – dice Atsumu, senza riuscire comunque a trattenere un sorriso, che non passa inosservato allo sguardo attento di Akaashi, che dà una leggera gomitata a Kenma.

– Bene. È tutto. – conclude Kenma.

– Quindi? – domanda Shirabu, che aveva continuato a chiacchierare senza sosta anche durante l’assenza di Kageyama e Miya. Il potere della Red Bull.

– Quindi tutti a casa. Vedremo nel corso dell’anno se i tre scontri che abbiamo simulato si terranno come da previsione, e chi vincerà. E… basta. –

– Grazie per essere venuti. Ci rivediamo in campo. – aggiunge Akaashi, facendo cenno educatamente verso l’uscita del salotto.

I quattro ragazzi si salutano velocemente, pochi convenevoli e Shirabu che chiede a tutti il numero di cellulare per restare in contatto, ed escono dall’appartamento.

Akaashi richiude la porta e ci si appoggia contro. Prende un lungo respiro e poi sorride a Kenma che lo fissa appoggiato al muro del corridoio.

– È andata bene, no? –

Kenma si avvicina di un passo, un sorriso felino sulle sue labbra – Meglio del previsto… – sussurra.

Akaashi non si muove, ha ancora la schiena contro la porta e il cuore che inizia a martellare furioso nel petto mentre osserva Kenma chiudere la distanza tra di loro e allacciargli le braccia al collo.

Il suo sguardo è languido, il suo volto così vicino, e Akaashi è davvero, davvero confuso.

– Dovremmo mettere a posto… – mormora mentre le sue mani si chiudono d’istinto attorno alla vita di Kenma.

– Sì. Dopo. – dice solo il biondo, prima di posare di nuovo le labbra su quelle morbide del setter del Fukurōdani.


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* Fukurokuju - dio della saggezza, della felicità, della lunga vita e della buona sorte. È una delle Sette Divinità della Fortuna (fonte Wikipedia).


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Ti ringrazio di cuore per aver letto la mia storia. Spero che ti sia piaciuta e che vorrai lasciarmi le tue impressioni.

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