Mission impossible

di Abby_da_Edoras
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1: Mission impossible ***
Capitolo 2: *** Cap. 2: In a heartbeat ***
Capitolo 3: *** Cap. 3: Worlds apart ***
Capitolo 4: *** Cap. 4: Peril of desire ***
Capitolo 5: *** Cap. 5: In love with the darkness ***
Capitolo 6: *** Cap. 6: I am the Tyrant ***
Capitolo 7: *** Cap. 7: Skeleton ***
Capitolo 8: *** Cap. 8: Venomous moon ***
Capitolo 9: *** Cap. 9: The dark element ***
Capitolo 10: *** Cap. 10: Cursed ***
Capitolo 11: *** Cap. 11: Dark side ***
Capitolo 12: *** Cap. 12: Unspoken words ***
Capitolo 13: *** Cap. 13: Fame & Gloria ***
Capitolo 14: *** Cap. 14: Where is your halo now? ***
Capitolo 15: *** Cap. 15: The Witchcraft ***
Capitolo 16: *** Cap. 16: Unstoppable today ***
Capitolo 17: *** Cap. 17: Face to face ***
Capitolo 18: *** Cap. 18: Hearing your screams ***
Capitolo 19: *** Cap. 19: Ghost House heart ***
Capitolo 20: *** Cap. 20 e ultimo: We'll be free ***



Capitolo 1
*** Cap. 1: Mission impossible ***


MISSION IMPOSSIBLE

Cap. 1: Mission impossible

 

Another journey for me

Another challenge to win

I’m here again to complete

My mission impossible

I am not ready to die

The fear’s become my ally

What do you see in my eye?

A mission impossible

Mission impossible!

 (“Mission impossible” – Temperance)

 

Kattegat non era mai stata così pacifica e fiorente. Nessuna minaccia all’orizzonte, i suoi abitanti potevano dedicarsi al commercio con altre città e Nazioni anche lontane, perfino in Oriente, o partire per esplorare terre sconosciute. Il villaggio di Lagertha e delle altre donne prosperava sotto l’attenta guida della saggia e coraggiosa shieldmaiden e la protezione attenta delle guardie comandate da Hvitserk e Helgi. Insomma, era un periodo felice e fecondo per tutti.

In tanta serenità si palesò un problema che però, almeno all’inizio, parve irrilevante: Ingrid era riuscita a sfuggire alla sorveglianza di Lagertha e a fuggire dal villaggio e nessuno sapeva dove fosse finita. Bjorn e gli altri, tuttavia, non ne restarono sconvolti più di tanto, in fondo Ingrid era sola e non conosceva nessuno, non aveva amici e, se anche fosse arrivata in un Regno vicino, non avrebbe potuto fare niente di male se non cercare di sedurre qualcuno per ottenere un tetto sopra la testa e qualche vantaggio, un po’ come aveva fatto con lo stesso Bjorn.

Invece, alcuni giorni dopo, una difficoltà maggiore parve palesarsi all’orizzonte provocando grande apprensione nella gente di Kattegat. Una sentinella giunse di corsa e, ansimando per la fatica e la preoccupazione, annunciò che un contingente di soldati con gli stendardi dei Rus’ muovevano verso la cittadina.

“E’ possibile che i Rus’ ci stiano attaccando di nuovo?” domandò Bjorn, con una specie di ringhio, rivolgendosi ad Ivar.

“Che vuoi che ne sappia io?” ribatté il giovane vichingo, spalancando gli occhi azzurri come se fosse l’immagine stessa dell’innocenza. “Non ho più avuto contatti con loro da quando ci siamo separati. E comunque Oleg, che voleva invadere la Scandinavia, è morto e il Principe Igor e il reggente Dir non hanno mai manifestato l’intenzione di attaccare la Norvegia.”

“Chi ci assicura che Oleg sia davvero morto? Abbiamo solo la tua parola al riguardo” fece Hvitserk, diffidente.

“Proprio la mia parola dovrebbe essere una garanzia sufficiente per ognuno di voi” replicò Ivar, evidentemente convinto che ciò che affermava Ivar Lothbrok interessava tutti e doveva essere una verità conclamata.

Bjorn, Hvitserk e gli altri chiaramente la pensavano in modo ben diverso.

“Insomma, non serve a niente discutere tra di noi” intervenne Aethelred, cercando di calmare gli animi. “La sentinella ha parlato di un piccolo contingente di soldati, no? Non è assolutamente sufficiente per attaccare Kattegat né, tanto meno, la Norvegia.”

“Potrebbe essere un gruppo in avanscoperta e precedere un esercito molto più grande” replicò Bjorn.

Aethelred si irrigidì. Voleva con tutto il cuore credere a Ivar, ma i sospetti di Bjorn non erano poi così campati in aria. E comunque non è che i Rus’ dovessero per forza informare Ivar di tutto ciò che facevano. Erano stati alleati e sembrava che si fossero lasciati in buoni rapporti, ma nel frattempo poteva essere accaduto di tutto, magari Dir o Katja avevano preso il potere e deciso di continuare ciò che Oleg aveva iniziato…

“E’ vero, ma potrebbe anche essere solo un gruppo che porta un’ambasciata” disse. “Ci sono altre sentinelle a controllarli e, se dietro questo contingente marcia un esercito, verranno ad avvertirti. In quel caso speriamo solo di avere il tempo di riunire nuovamente i Re Norreni…”

“Vi ho già detto che non stanno cercando di invaderci, perché non volete credermi?” protestò Ivar.

“Perché già fin troppe volte abbiamo avuto fiducia in te e tu ci hai mentito” tagliò corto Bjorn, senza troppi complimenti. “Mi fiderò della buona volontà dei Rus’ solo se e quando avrò modo di parlarci senza dovermi difendere con una spada.”

Un lampo attraversò gli occhi di Ivar, che si alzò tanto velocemente quanto le sue gambe glielo consentivano e poi, appoggiato alla sua stampella, uscì dalla Sala Grande con l’aria di un Principe oltraggiato. Aethelred non sapeva bene cosa fare, lanciò uno sguardo di rimprovero a Bjorn che, in effetti, aveva un tantino esagerato e seguì il suo compagno fuori dal salone.

Ivar se n’era proprio andato dalla dimora regale e Aethelred lo vide zoppicare verso la spiaggia.

Mentre lo raggiungeva pensava a quello che gli avrebbe detto: da una parte poteva anche capire la diffidenza di Bjorn, lui stesso non era certo che quel drappello di Rus’ venisse in pace, per quello che loro ne sapevano poteva anche darsi che, nel frattempo, quel Principe Dir avesse deciso di prendere il potere, avesse imprigionato il giovane Igor e avesse ripescato l’idea di Oleg di invadere la Scandinavia… Insomma, ai tempi non c’erano Google e i social media e non era così semplice sapere cosa stesse accadendo a Kiev in tempo reale!

Però Bjorn aveva esagerato e, così facendo, aveva di nuovo fatto sentire Ivar un estraneo nella sua stessa famiglia… e Aethelred sapeva bene che cosa volesse dire provare quella sensazione con la quale aveva convissuto per anni. Avrebbe potuto esprimere i suoi dubbi nei riguardi dei Rus’ senza necessariamente far ricadere la colpa su Ivar. Bjorn aveva la sensibilità di un cinghiale impazzito e lo dimostrava fin troppo spesso!

Aethelred si affiancò a Ivar sul sentiero che li avrebbe portati alla spiaggia.

“Ivar… mi dispiace davvero per quello che è successo nella Sala Grande” disse a bassa voce. “Io lo so che…”

Il giovane vichingo era chiaramente innervosito, ma le parole e la dolcezza del Principe lo addolcirono. Lasciò che un lieve sorriso gli affiorasse sulle labbra e circondò con il braccio le spalle di lui, come al solito, in un gesto che era insieme un appoggiarsi e un abbraccio.

“Tu hai cercato di difendermi, Aethelred, non sono arrabbiato con te. In realtà non sono veramente arrabbiato con nessuno” ammise Ivar, continuando a stringere a sé il giovane. “Sono semplicemente molto deluso e amareggiato. Bjorn non ha perso tempo ad accusarmi, e forse da lui me lo aspettavo anche, ma tu sei stato l’unico che ha parlato in mio favore, nemmeno Hvitserk mi ha difeso. E’ inutile, per quanti sforzi faccia non sarò mai considerato parte di quella maledetta famiglia e allora tanto vale che me ne vada!”

“Tu non parli sul serio, Ivar” replicò Aethelred, preoccupato. “Dove vorresti andare? Questa è la tua terra e i tuoi fratelli dovranno imparare ad accettarti come sei.”

Nel frattempo i due erano giunti alla spiaggia e Ivar si lasciò cadere sulla sabbia, mentre il Principe si sedeva accanto a lui.

“Non lo faranno mai” dichiarò. “Non mi hanno mai accettato fin da quando ero bambino, loro speravano che morissi, mi odiavano perché nostra madre si occupava solo di me. Ho lottato per trovare un posto in mezzo a loro, per farmi accettare da mio padre, per essere considerato uguale a loro, ma non mi hanno mai ritenuto tale. Solo Freydis… ma anche lei mentiva, mi stava usando per arrivare al potere. Mi diceva che ero un dio e io le credevo, volevo crederle perché ne avevo bisogno, volevo che qualcuno potesse amarmi per ciò che ero, invece anche quella è stata solo un’illusione.”

Aethelred si sentiva infilare delle lame di ghiaccio nel cuore ogni volta che Ivar nominava Freydis, era come se il sangue gli si congelasse nelle vene e i ghiaccioli lo trafiggessero, ma era anche immensamente addolorato nel vedere così malinconico il giovane che amava tanto. Non era abituato a vederlo demoralizzato e avvilito, lui era sempre tanto determinato, pieno di idee e di iniziative… Timidamente, gli pose una mano sul braccio.

“Io… io ti amo così come sei, Ivar” mormorò, arrossendo. Non gli aveva mai detto quelle parole, non ne aveva mai avuto il coraggio prima! “Ti amo proprio per ciò che sei e sarò sempre dalla tua parte, anche se ti impedirò di commettere altri errori. Per me non sei un dio ma sei qualcosa di più importante: sei un giovane uomo che ha saputo superare i suoi limiti e diventare un grande condottiero e stratega.”

Ivar fissò Aethelred. Le sue parole, appena sussurrate per pudore e imbarazzo, risuonavano però cristalline per la loro sincerità, non erano le adulazioni false e interessate di Freydis, non erano le menzogne di Oleg, quello che il Principe Sassone diceva proveniva direttamente dal suo cuore. Ivar aveva imparato a conoscere e analizzare le persone e non c’era la minima traccia di falsità in Aethelred. Per la prima volta qualcuno gli parlava con il cuore e quello che diceva era meraviglioso, era ciò che lui aveva sempre desiderato ascoltare.

Lo prese per le braccia e lo strinse a sé, sdraiandosi sulla sabbia morbida e tirandoselo addosso, lo strinse in un abbraccio appassionato e iniziò a baciarlo lungamente e languidamente, facendo aderire completamente il corpo a quello morbido del giovane, godendosi l’incanto di quel momento e di quel contatto così intenso, intimo e dolce. Il bacio divenne sempre più profondo, come se Ivar stesse respirando aria pura per la prima volta nella sua vita e non volesse smettere mai e poi mai, il sapore e il calore di Aethelred erano il suo ossigeno.

Dopo molto tempo Ivar si decise finalmente a staccarsi da Aethelred, che ormai era completamente frastornato e scarmigliato per quel bacio infinito. Lo guardò ancora con un sorriso e gli parlò con una tenerezza che aveva usato poche volte in vita sua.

“Sì, sei tu l’unico che mi ama davvero e mi capisce, Aethelred” disse, “ormai non mi illudo più che i miei fratelli possano avere fiducia in me o mi accettino, ma non m’importa più ora che ho te. Credevo che tornare a Kattegat mi avrebbe fatto sentire di nuovo a casa, invece non è così, ma ho fatto bene lo stesso a tornarci perché ho incontrato te e in caso contrario non ti avrei mai conosciuto. Sei tu che mi stai cambiando la vita, Aethelred.”

Il giovane Principe era stravolto, un po’ per il bacio e un po’ per ciò che Ivar gli stava dicendo. Veramente era tanto importante per lui? Era possibile che lo amasse così tanto, che fosse davvero diventato la cosa più preziosa della sua vita? Aethelred non era mai stato importante e prezioso per nessuno…

“Quindi, in realtà non so cosa farò” riprese Ivar, seguendo un suo filo logico che non era poi così semplice per chi non fosse nella sua testa! “Magari non resterò neppure a Kattegat, ormai questo è il Regno di Bjorn ed è chiaro che lui non mi vuole qui. Forse partirò per esplorare terre nuove, come ha fatto Ubbe, o forse tornerò di nuovo a razziare nelle coste inglesi o iberiche o chissà… Quello che davvero conta è che ti porterò con me, perché averti vicino è la cosa che voglio veramente e che mi fa stare bene.”

Aethelred era ancora piuttosto stordito, ma non tanto da non aver udito tutto quello che Ivar aveva detto. Era felice che il giovane che amava gli avesse aperto il suo cuore e gli avesse parlato in quel modo, però… eh, beh, però c’era una cosa che non gli tornava affatto!

“Te lo scordi di andare a razziare nelle coste dell’Inghilterra, io non te lo permetterò di certo!” lo avvertì.

Ivar scoppiò in una risata.

“Ah, tu pensi di potermi impedire qualcosa?” lo prese in giro.

“Sicuro. Hai detto che vuoi portarmi con te, no? Prova anche solo per scherzo a dirigerti verso le coste inglesi con cattive intenzioni e te la farò pagare” replicò Aethelred, determinato. E, in fondo, quello era anche un modo per stemperare l’imbarazzo che provava dopo ciò che Ivar gli aveva appena rivelato…

“Ma che paura, il Principe guerriero…” motteggiò Ivar, poi prese di nuovo il giovane tra le braccia e riprese a baciarlo a lungo, non con la stessa intensità appassionata di prima ma con una languida dolcezza che diceva molte cose su quanto Aethelred contasse per lui, su quanto lo facesse sentire sereno e completo e gli facesse dimenticare anche tutte le rivalità e le ripicche con i fratelli.

Sembrava tutto perfetto, dunque. Però, come ben sappiamo ormai, le cose troppo perfette non sono destinate a durare. Ivar, ormai placato e soddisfatto dopo aver trascorso il pomeriggio sulla spiaggia a baciarsi e scherzare con Aethelred, si decise infine a rientrare con il suo compagno alla dimora regale da cui era uscito offeso e impermalito qualche ora prima.

E proprio nella Sala Grande Ivar e Aethelred scoprirono la ragione del piccolo contingente di Rus’ che la sentinella aveva visto quel mattino: al cospetto dei sovrani Bjorn e Gunnhild stavano, a sorpresa, il Principe Igor e la Principessa Katja che, a quanto pareva, non avevano alcuna intenzione bellicosa ma erano venuti a porgere omaggio al Re e alla Regina di Kattegat e, soprattutto, a far visita al loro vecchio amico e alleato Ivar.

Tutto il pomeriggio vissuto nella luce e nel calore dell’amore sembrò sgretolarsi nella mente di Aethelred non appena vide la Principessa dei Rus’ e comprese di chi si trattasse. Insomma, nonostante i capelli neri e l’aria più regale e dignitosa, la somiglianza con Freydis non era sfuggita nemmeno a lui. Fu come se un fulmine lo avesse colpito disintegrandogli il cuore.

Ecco perché c’era un piccolo gruppo di soldati Rus’, era la scorta del Principe e della Principessa. Quella è Katja, è chiaramente lei… è venuta a riprendersi Ivar e lui… lui ha già detto che, tanto, non ha interesse a rimanere a Kattegat. Katja si riporterà via Ivar, lo porterà via con sé e io… io questa volta non resisterò, non sopporterò un altro abbandono!

Una cappa di oscuro dolore era piombato di colpo su Aethelred che si sentiva lacerato e spezzato in mille frammenti e non udiva più nulla, né Bjorn e Gunnhild che facevano le presentazioni, né il saluto di Ivar, né il grido gioioso del giovanissimo Igor nel rivedere il suo amico. Tutto ciò scorreva accanto a lui come se facesse parte di un altro mondo, l’unica cosa che Aethelred riusciva a pensare era che Katja era tornata, che avrebbe voluto Ivar e che Ivar sarebbe stato felice di ripartire con lei.

Il giovane Sassone era piombato dalla gioia di pochi minuti prima in un incubo che sembrava senza fine.

Fine primo capitolo

 

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Capitolo 2
*** Cap. 2: In a heartbeat ***


Cap. 2: In a heartbeat

 

Once again, all I know is I'll be fighting alone
Count another day to waste without your call
Begging for you to return
Begging for you to return
Just to see how it feels to collide
I was close enough to miss a heartbeat
With no wings, it's not easy to fly
But to see you I'd leave in a heartbeat
Can't tell what's fake from what is real
Can't see that light ahead
(But) I feel you in the dark
Can't tell what's fake from what is real
I feel you in the dark!

(“In a heartbeat” – Volturian ft. Giada “Jade” Etro)

 

Bjorn e Gunnhild avevano organizzato un banchetto per accogliere nel modo migliore gli ospiti Rus’ e, quella sera, c’era festa nella Sala Grande. A dirla tutta, Bjorn non era poi così entusiasta all’idea di mostrarsi tanto ospitale con gente che, pochi mesi prima, aveva tentato di conquistare la Norvegia e poi continuava a diffidare di Ivar, che pareva tutto culo e camicia con la Principessa Katja e il giovane Principe Igor. Questa volta non aveva potuto contare sui saggi e preziosi consigli di Aethelred che, praticamente, era caduto in una sorta di stato catatonico dopo aver visto Katja, sconvolto all’idea che fosse giunta fin lì dalla lontanissima Kiev per riprendersi Ivar e, così, ne aveva parlato con Gunnhild e con Erik, uno degli Jarl che aveva combattuto al suo fianco proprio contro i Rus’ e che poi aveva deciso di rimanere a Kattegat come consigliere del Re. *

“So che non ti fidi di Ivar e delle sue parole, marito mio, ma credo veramente che il Principe e la Principessa dei Rus’ siano venuti in pace” disse la Regina. “Sono stati loro, in fondo, a tramare per uccidere Oleg che era il nostro vero nemico e, comunque, se avessero cattive intenzioni, non sarebbe stato astuto da parte loro giungere qui personalmente. Chi gli assicura che non potremmo prenderli come ostaggi? No, se davvero avessero voluto attaccarci sarebbero arrivati con un esercito e di sicuro loro non si sarebbero mostrati così disinvoltamente.”

“Gunnhild ha ragione” confermò Erik. “Anzi, ritengo che un’eventuale alleanza con i Rus’ potrebbe essere preziosa per Kattegat, visto che ancora non sappiamo un bel niente delle intenzioni di Re Harald.”

Così il banchetto era stato preparato e vi erano intervenuti tutti quelli che lo desideravano. Bjorn si rese presto conto che, o Katja e Igor erano i candidati perfetti per l’Oscar come miglior attrice e attore protagonista (posto che sapesse cosa fossero gli Oscar!), o Gunnhild e Erik avevano perfettamente ragione ed erano davvero venuti in pace, o meglio, per proporre un’alleanza tra i loro Paesi.

“Oleg aveva mire espansionistiche, ma il Principe Dir e il Principe Igor vogliono soprattutto consolidare il potere dei Rus’ e difendersi dalle scorrerie delle tribù orientali che spesso attaccano i viaggiatori che si spostano da Kiev a Novgorod e viceversa” spiegava Katja. “Inoltre sappiamo che Kattegat vorrebbe farsi conoscere come città commerciale sulla Via della Seta, per cui potrebbe esservi utile la protezione dei nostri soldati per i vostri mercanti in viaggio.”

“Noi vogliamo la pace, altrimenti non saremmo diversi da Oleg” chiarì il giovane Principe che, seppure ancora ragazzino, sembrava avere una gran determinazione. “Se i nostri Paesi diventeranno amici e alleati, potremo soccorrerci a vicenda in caso di attacchi, da qualsiasi parte provengano.”

Ad Ivar brillavano gli occhi nell’ascoltare quelle parole. Era felice di vedere il suo giovanissimo amico Igor così fiero e già calato nel suo ruolo di sovrano, inoltre sperava proprio che i loro popoli potessero stringere un’alleanza, così entrambi sarebbero stati più forti e magari lui avrebbe potuto far visita a Igor, ogni tanto, e Igor viaggiare fino a Kattegat. Era compiaciuto anche perché pensava che, alla resa dei conti, il suo legame con i Rus’ non era stato un male per Kattegat e anzi, proprio grazie a lui Norvegia e Rus’ sarebbero diventate nazioni amiche.

Tanto entusiasmo, però, non era condiviso da Aethelred. Non che avesse qualcosa in contrario riguardo ad un’eventuale alleanza con i Rus’, ma non leggeva nella mente, non sapeva dunque cosa stesse pensando Ivar e, vedendolo così felice e soddisfatto accanto a Igor e Katja, si sentiva il cuore lacerato da mille spine. Era chiaro che Ivar era molto legato al Principe e alla Principessa dei Rus’ e loro a lui, si vedeva anche quanto i due Rus’ lo stimassero e lo amassero: Ivar per loro era un eroe, li aveva liberati dalla tirannia del crudele Oleg e, grazie a lui, i Rus’ avevano davanti un futuro ricco di promesse. A Kattegat Ivar non aveva veri amici, la gente continuava a considerarlo con sospetto e i suoi stessi fratelli parevano non nutrire fiducia in lui; quello stesso pomeriggio Ivar aveva rivelato a Aethelred di non trovarsi bene nella cittadina e di desiderare di partire… e se avesse deciso di seguire Igor e Katja a Kiev? Sicuramente Ivar avrebbe chiesto al giovane Sassone di partire con lui, ma poi come sarebbe stata la loro vita tra i Rus’? Ivar avrebbe continuato ad amarlo oppure si sarebbe avvicinato sempre di più a Katja, che era evidentemente molto attratta da lui?

Con profondo dolore e una gelosia che gli avvelenava il sangue, Aethelred dovette ammettere che Katja era davvero una donna speciale e che Ivar avrebbe avuto tutte le ragioni per innamorarsi di lei. Somigliava a Freydis, era vero, ma questo era solo un dettaglio che poteva spingere Ivar verso di lei superficialmente, mentre i veri pregi della Principessa dei Rus’ erano ben altri: Aethelred stesso la trovava bellissima, molto più di Freydis, il suo volto era più fiero, i suoi occhi più luminosi, in lei non c’era niente del modo di fare ambiguo e sottilmente subdolo della defunta moglie di Ivar. Parlava con disinvoltura e affrontava tranquillamente argomenti politici e sociali, dimostrando di essere una donna fuori dal comune, libera e forte proprio come Gunnhild o Lagertha.

Tormentato da uno strazio che non riusciva a soffocare, Aethelred giunse alla conclusione che Katja sarebbe stata la moglie perfetta per Ivar e che, per lui, la vita tra i Rus’ sarebbe stata molto più piena e felice di quella che avrebbe potuto avere a Kattegat. Il pensiero lo sopraffece e il giovane Sassone si alzò da tavola, scusandosi con i vicini e accennando a un malessere passeggero. Non poteva resistere ancora a lungo in quel salone, gli mancava il respiro, doveva uscire…

Ivar, in quel momento, era impegnato in una discussione animata con Igor e non si accorse del disagio del suo compagno, cosa che ferì ancora di più Aethelred. Sentiva lacrime bollenti pungergli gli occhi e spade affilate trafiggergli il cuore mentre usciva dalla Sala Grande e si dirigeva fuori, all’aria aperta, sperando di riuscire a riprendere un minimo di controllo.

Devo pensare al bene di Ivar, solo al bene di Ivar. Se è questo che lui vuole… io lo amo tanto e voglio solo che lui sia felice, anche senza di me, anche se io… anche se io morirò senza di lui!

“Aethelred, stai bene?” una voce accanto a lui lo fece trasalire. Si trattava di Tiago, un ragazzo di diciotto anni che era stato liberato dalla schiavitù quando il Principe Sassone aveva proposto a Bjorn di concedere la libertà a tutti gli schiavi di Kattegat. Tiago era stato catturato cinque anni prima dai Vichinghi durante la spedizione che Bjorn aveva organizzato insieme a Hvitserk e Floki nella città di Algeciras, nella Spagna islamica **; allora era soltanto un ragazzino orfano che viveva di espedienti per strada e finire a servire nella casa di Bjorn non era stata poi la peggiore delle sorti che poteva toccargli. Era sempre stato trattato bene tanto che, anche dopo la liberazione, aveva scelto di restare nella dimora regale e rendersi utile in qualsiasi modo, Bjorn e i suoi fratelli gli erano molto affezionati e Aethelred lo aveva preso particolarmente a cuore, visto che erano entrambi giovani stranieri in un mondo molto diverso dal loro.

“Sì, sto bene, è solo che… la Sala Grande è troppo affollata e avevo bisogno di un po’ d’aria. Non preoccuparti, adesso rientro” rispose Aethelred, cercando di nascondere la sofferenza. Era pallidissimo e aveva gli occhi cerchiati, però, e Tiago non si lasciò ingannare. Fissandolo serio con i grandi occhi neri non si mosse da dove si trovava.

“Sei sicuro? Vuoi che vada a prenderti un po’ d’acqua? O magari dovrei avvertire Ivar che non ti senti bene…”

“No!” la foga con cui replicò lo tradì. “Davvero, Tiago, sto bene, resterò qui ancora un minuto e poi tornerò dentro. Tu raggiungi gli altri, io arriverò tra poco.”

“Come desideri” disse Tiago, ma si vedeva che era poco convinto.

Aethelred si rese conto di aver sbagliato a uscire così precipitosamente dal salone, avrebbe dovuto controllare meglio le proprie emozioni e il dolore lancinante che provava, forse anche altri si erano accorti della sua fuga, doveva rientrare… ma proprio non ce la faceva! Gli faceva troppo male vedere Ivar così felice e a suo agio accanto a Katja e a Igor, gli sembrava di non averlo mai visto tanto sereno e luminoso e continuava a pensare che, se davvero lo amava, avrebbe dovuto lasciarlo andare, erano loro la sua vera famiglia, erano loro le persone che amava e che lo amavano davvero… E di certo non sopportava di partecipare a un banchetto, aveva la nausea al solo pensiero di mangiare o bere qualcosa! Chissà, forse avrebbe fatto meglio a dire a Tiago che, in effetti, si sentiva poco bene e che si sarebbe ritirato nella sua stanza… già, ma in quel caso Ivar si sarebbe sentito costretto a raggiungerlo per vedere come stava e gli avrebbe rovinato la serata.

Non sapeva proprio cosa fare e intanto il tempo passava…

Quando, finalmente, il giovane Sassone si decise a rientrare nel salone, la maggior parte degli invitati se ne stava andando, a parte qualche gruppetto che era rimasto per fare gli ultimi brindisi (ogni scusa era buona!). Vide che Bjorn e Gunnhild stavano parlando con Igor e con loro c’erano anche Hvitserk, Helgi e Erik. Probabilmente si stavano accordando sui termini dell’alleanza ma… ma Ivar e Katja non erano con loro e il sangue di Aethelred si gelò nelle sue vene. Quello che tanto temeva era vero, dunque, Katja non era a Kattegat per l’alleanza, o perlomeno non soltanto per quella: lei era venuta per riprendersi Ivar.

Aethelred non voleva spiare, non era mai stato una persona del genere, ma il terrore di perdere Ivar e la sofferenza gli avevano fatto smarrire momentaneamente la sua lucidità. Andò verso la stanza che divideva con il giovane vichingo, ma si bloccò sentendo delle voci che provenivano dalla porta socchiusa: erano proprio le voci di Ivar e Katja, Ivar aveva portato Katja nella loro camera da letto! Un altro si sarebbe infuriato, si sarebbe sentito oltraggiato pensando che il suo compagno avesse portato l’amante proprio nella loro stanza, ma non così Aethelred. Il Principe Sassone vide quell’episodio come un segno del fatto che Ivar aveva già compiuto la sua scelta e le poche parole che udì bastarono a spezzargli definitivamente il cuore.

“Ivar, so che questa è la tua patria e che qui c’è la tua famiglia, ma vorrei chiederti ancora una volta di tornare con me a Kiev” diceva Katja, in tono dolce e sommesso. La sua non era una richiesta perentoria, bensì una semplice proposta fatta con cuore sincero.

“Me l’avevi già chiesto prima che partissi per fare ritorno a Kattegat e allora mi dicesti anche che tu non saresti mai venuta con me, proprio perché la tua famiglia è in Rus’, quindi come puoi chiedermi ora di fare qualcosa che tu non faresti per me?” obiettò Ivar.

“Le cose sono un po’ cambiate adesso” ammise Katja. “Innanzitutto mi sono accorta del fatto che tu qui a Kattegat non sei molto amato e che neanche la tua famiglia sembra affezionata a te, mentre tra i Rus’ tu sei un eroe, il guerriero che ci ha liberati dal tiranno Oleg. Tutti ti amano e ti ammirano in Rus’. E poi… ecco, ho scoperto di aspettare tuo figlio…”

A quelle parole Aethelred si sentì dissolvere in mille pezzettini e svanire in una nube oscura dove c’erano solo dolore e sofferenza. Indietreggiò, colpì qualcosa ma non se ne accorse, voleva soltanto allontanarsi il più possibile da lì, non sapeva dove, forse voleva solo morire. Katja avrebbe dato un figlio a Ivar, Ivar avrebbe potuto avere una famiglia con lei in Rus’, tra gente che lo amava e lui… lui ora non aveva più niente da offrire. Con le lacrime che gli offuscavano la vista, il Principe cercò di andarsene, di uscire dalla dimora regale, di sparire, svanire nel nulla, sperando che così, almeno, anche la pena atroce che lo straziava sarebbe svanita…

Ivar, però, aveva udito il rumore fuori dalla stanza e aveva immaginato che potesse essere Aethelred, che aveva sentito proprio ciò che non avrebbe dovuto. Voleva raggiungerlo, ma prima aveva il dovere di spiegare le cose come stavano a Katja.

La giovane donna, però, aveva già capito e lo stava guardando con un sorriso dolce e triste insieme.

“Tu non tornerai mai a Kiev con me, non è così?” gli chiese.

“Io… Katja, mi dispiace e... sono felice che tu aspetti il mio bambino, ma io… io non potrei mai vivere là, quello non è il mio posto, non voglio ferirti ma…”

“La verità è che non mi hai mai amata, io lo sapevo, ma prima di arrendermi del tutto ne volevo la conferma” replicò tranquilla Katja, dando l’idea di essere già preparata da tempo alla risposta di Ivar. “Sapevo che non mi amavi anche quando sei venuto a letto con me, lo hai fatto solo perché pensavi che fossi Freydis, ma io non sono lei, non lo sono mai stata. Le somiglio, non so per quale motivo, ma non sono lei e ho sempre saputo che, anche se fossi rimasto con me, prima o poi lo avresti capito e mi avresti comunque lasciata.”

Ivar era commosso dalla generosità e dalla serenità con cui la giovane gli parlava. Aveva ragione, lui si era lasciato sedurre da Katja soltanto perché nel suo cuore era convinto che fosse la reincarnazione di Freydis, non era mai stata Katja quella che voleva e lei ora dimostrava di averlo sempre saputo.

“Non sono in collera con te, anzi, ti sarò per sempre grata sia perché mi hai liberato da quel folle di Oleg sia perché mi hai donato un figlio. Lo crescerò raccontandogli che suo padre è un valoroso e potente guerriero vichingo, che suo padre è un vero Re, e lui ti amerà e ti ammirerà sempre. Chissà, magari un giorno vorrà venire a conoscerti…” Katja si interruppe, vedendo che Ivar si guardava intorno con aria preoccupata. “Ivar, cosa c’è? Te l’ho detto, non sono né arrabbiata né delusa per il tuo rifiuto, anzi credo che sia meglio così. Ma chi stai cercando?”

“Io devo… ecco, credo che ci sia una persona con cui devo parlare” fece Ivar. “Perdonami, Katja, tu sei molto migliore di me e io so che crescerai nostro figlio nel modo migliore, adesso però io…”

Ancora una volta la giovane donna sorrise con un misto di mestizia e tenerezza: anche quello era un chiaro segno che Ivar non l’amava né l’aveva mai amata. Era comunque curiosa e volle seguire il vichingo quando uscì dalla stanza.

Aethelred era già lontano, ma Ivar trovò Tiago e chiese se avesse visto passare il Principe.

“Sì, certo, è uscito poco fa, mi sembrava che fosse diretto verso la spiaggia e che… beh, che stesse piangendo. È tutta la sera che non sta bene” rivelò.

Ivar si avviò verso la spiaggia con tutta la velocità che le sue gambe ingabbiate e la stampella gli permettevano, poi sentì che Katja lo prendeva sottobraccio per aiutarlo a camminare meglio.

“Credo che la persona che devi incontrare sia molto importante per te” disse con dolcezza. “È meglio che ti aiuti ad arrivare alla spiaggia prima di quanto faresti da solo.”

Ivar e Katja si diressero insieme verso la spiaggia, mentre il giovane vichingo temeva che Aethelred avesse potuto commettere una sciocchezza. Il suo cuore era gonfio di oscuri presagi.

Fine capitolo secondo

 

 

 

* Giusto due precisazioni sul personaggio di Erik. Nella serie TV non è uno Jarl di Norvegia bensì un fuorilegge che salva la vita a Bjorn e che dopo diventa un suo amico fidato, combattendo sempre al suo fianco. Inizialmente io lo avevo considerato un personaggio minore che sarebbe sparito in poche puntate e quindi non ne avevo quasi parlato nella mia storia, era semplicemente uno degli alleati di Bjorn nella guerra contro i Rus’. Siccome, però, questo personaggio avrà un’importanza sempre maggiore nel corso della serie TV e non posso ignorarlo, anche perché si presta benissimo per arricchire la storia, lo rimetto in scena qui mantenendogli il suo ruolo di amico e consigliere di Bjorn.

** Il personaggio di Tiago è di mia invenzione e più avanti avrà una grande importanza nella storia, il prestavolto che ho usato per lui è l’attore Lorenzo James Henrie. La razzia nella città di Algeciras e la cattura di molti schiavi è invece accaduta veramente nella serie TV, nella puntata 04x16.

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Capitolo 3
*** Cap. 3: Worlds apart ***


Cap. 3: Worlds apart

 

Take my hand, take it now
Before it is too late
I will lead you back, guide you home
This is not our fate
So close but far away
I can travel night and day
I can search for a lifetime
Without finding you
Worlds apart
No matter how close we are
No matter how hard we try
We are worlds apart!

(“Worlds apart” – Allen/Olzon)

 

Era buio e tirava un vento gelido sulla spiaggia di Kattegat, ma Aethelred non se ne accorgeva, il gelo che aveva nel cuore era molto più intenso e gli impediva quasi di respirare. Non sapeva neanche perché fosse arrivato fin lì, forse perché quella spiaggia solo il giorno prima era stata il luogo in cui lui e Ivar erano stati così felici o forse perché proprio lì si erano scambiati il primo bacio… Ma tutto era finito, adesso. La spiaggia non era più un posto accogliente e pieno di bellezza, era oscura e fredda, proprio come il suo legame con Ivar che adesso si sarebbe spezzato per sempre. Aethelred fece qualche passo in avanti e le onde arrivarono a bagnargli gli stivali. Che cosa avrebbe fatto adesso? Senza Ivar la sua vita non aveva più senso, non riusciva neanche a pensare ad un qualsiasi possibile futuro senza di lui.

Era strano. Gli era già capitato, in passato, di riflettere sul suo rapporto con Hvitserk. Quando aveva scoperto di Thora, per esempio, o quando Hvitserk aveva cominciato a soffrire di allucinazioni legate all’alcool e ai funghi… Aveva sofferto, certo, ma non aveva mai avuto quella sensazione di vuoto totale. Riteneva che, comunque, sarebbe riuscito ad andare avanti con la sua vita, in qualche modo, anche senza Hvitserk. C’erano tante cose da fare a Kattegat, lui aveva conquistato la fiducia di Bjorn, si occupava del villaggio di Lagertha… ma in quel momento era così disperato, così profondamente lacerato e frammentato in mille pezzettini da non riuscire nemmeno a sopportare il pensiero di fare qualsiasi cosa, a Kattegat o altrove, senza più Ivar.

Il Principe Sassone era talmente immerso nei suoi pensieri e nel suo infinito dolore da non accorgersi che Ivar, nel frattempo, era giunto anche lui sulla spiaggia e adesso era proprio alle sue spalle, mentre Katja si era fermata poco distante. Quando il braccio di Ivar lo afferrò e lo attirò a sé, Aethelred quasi ebbe un mezzo infarto perché non se lo aspettava, ma quando comprese chi era che lo stava stringendo restò ancora più sconvolto e attonito, incapace di dire una sola sillaba.

“Cosa ci fai qui, Aethelred? Ma guardati, sei gelato” gli disse Ivar con dolcezza, avvolgendolo nel suo mantello e nel suo caldo abbraccio. “Perché sei scappato? So che hai sentito quello che mi ha detto Katja, ma allora saresti dovuto rimanere a origliare un altro po’, perché così avresti ascoltato anche quello che io ho detto a lei. Non hai sentito il finale della storia, sciocco principino!”

Aethelred era ancora talmente sbalordito da non riuscire a reagire, così fu Ivar a baciarlo lungamente, a stringerlo a sé, a coprirgli di baci le guance piene, la fronte, i capelli e poi ancora le labbra morbide, con un bacio intenso, profondo e lunghissimo.

“Io e Katja avremo un figlio, è vero, ma lei lo crescerà a Kiev, nella sua terra e con la sua famiglia e chissà, forse quando lui sarà un giovane uomo verrà a trovarmi” spiegò il giovane vichingo, tenendo sempre stretto Aethelred, accarezzandogli i capelli, parlandogli con dolcezza infinita per rassicurarlo e calmarlo. “Io non sono innamorato di lei e Katja lo sapeva anche prima di venire qui, ma ora… beh, penso che ora sappia anche perché non posso essere innamorato di lei!”

Ancora incredulo e sbigottito, Aethelred non sapeva se credere alle parole di Ivar, non sapeva nemmeno se ciò che stava accadendo fosse vero o se fosse solo un sogno. Poteva veramente Ivar scegliere lui, volere lui quando poteva avere Katja, un figlio e gloria e acclamazione tra i Rus’?

“Sei tu quello che voglio, sei tu solo, lo vuoi capire sì o no?” gli ripeté ancora una volta Ivar, abbracciandolo e baciandolo ancora e ancora, togliendogli il respiro, stringendolo come se avesse paura di perderlo… e chissà, forse Aethelred era andato fino alla spiaggia con in testa qualche idea malsana? No, non voleva nemmeno pensarci, Aethelred era lì con lui, tra le sue braccia, poteva baciarlo fino allo sfinimento e non lo avrebbe lasciato mai.

“Scusami… se ti ho fatto preoccupare” riuscì a mormorare il Principe Sassone, ancora stordito per tutto ciò che era accaduto e per il modo appassionato e intenso in cui Ivar era venuto a riprenderselo e se lo era baciato e stretto ripetutamente… “Non so cosa volessi fare, io pensavo solo che…”

Ivar adesso si era tranquillizzato. Tenendo sempre Aethelred stretto a sé, prese ad avviarsi lentamente lontano dal mare oscuro e minaccioso, verso il limitare della spiaggia dove Katja li attendeva con un sorrisetto malizioso sulle labbra.

“Aethelred, tu sei un ragazzo intelligente, direi pure geniale, visto che spesso sei riuscito a scombinare perfino i miei piani, ma… certe volte dovresti proprio cercare di non pensare” gli disse, prendendosi il lusso di scherzare affettuosamente con lui. “Se proprio dovevi origliare, almeno avresti potuto ascoltare fino in fondo e ci saremmo risparmiati questa passeggiata notturna!”

Il Principe non rispose, ma si strinse di più a Ivar e lasciò che il calore lo invadesse e sciogliesse tutte le paure e le sofferenze provate in quelle ultime ore. Era proprio da Ivar cercare di sdrammatizzare, prenderlo in giro, scherzare per esorcizzare il terrore di averlo perduto… Ivar era unico, speciale, meraviglioso e ancora una volta Aethelred pensò che lo amava infinitamente e che la sua vita non avrebbe avuto più senso senza di lui.

“Beh, Ivar, adesso capisco che mi sbagliavo” disse Katja quando i due giovani si furono avvicinati a lei. “Ti ho detto che a Kattegat non hai nessuno, ma questo ragazzo ti vuole davvero bene, ti ama con l’affetto disperato e incondizionato di Igor e con una dolcezza e un’intensità che nessuno, nemmeno io, ti potrebbe donare. Tu qui hai una persona speciale tutta per te e non hai davvero alcun motivo per voler venire a Kiev. Sono comunque felice di vedere che ti lascio in buone mani…”

Lentamente, i tre fecero ritorno alla dimora regale. Gli accordi erano stati presi, le alleanze stipulate. Igor e Katja sarebbero rimasti ancora un altro giorno e poi avrebbero fatto ritorno in Rus’. Aethelred, tuttavia, non aveva più nulla da temere dalla bella Principessa dei Rus’ e, quella notte, Ivar glielo fece capire in tutti i modi possibili: si inebriò di lui, divorò la sua bocca calda e morbida, le sue labbra piene, lo baciò fino a restare senza fiato mentre lo accarezzava ovunque e poi si seppellì dentro di lui, perdendosi nel suo corpo. La lotta d’amore proseguì ancora e ancora e ancora e, dimentichi del tempo, dello spazio, dei Rus’, di Katja e di qualsiasi brutto pensiero, Ivar e Aethelred lasciarono che i loro corpi si unissero, si cercassero, si dessero piacere per lunghissime ore.

Sembrava, dunque, che tutto fosse ancora una volta sistemato. I Rus’ non erano più nemici di Kattegat e dei Norreni ma, anzi, erano diventati loro validi alleati; Aethelred sembrava aver finalmente capito che non doveva più temere nessuna donna del passato di Ivar, che il giovane vichingo era suo e amava lui e lui soltanto.

Ma, come ben sappiamo, le cose troppo belle non possono durare e soprattutto nel mondo dei Vichinghi ci sono sempre brutte sorprese. Igor e Katja erano partiti da qualche giorno quando, ancora una volta, una sentinella si presentò al cospetto di Re Bjorn annunciando che un drappello di uomini si avvicinava alla città.

“Non sono molti, mio signore, possiamo allestire le difese e…” disse la sentinella.

“Chi sono, questa volta? Non possono essere Rus’, quanti altri nemici abbiamo?” sbottò Bjorn, piuttosto seccato.

“Ne abbiamo parecchi, purtroppo” rispose Erik, cupo.

“Sai, forse dovresti farti degli amici, Bjorn. E’ vero che non sei il massimo della simpatia, ma insomma, potresti pure sforzarti” ironizzò Ivar, ma non era il momento di fare dello spirito. Bjorn lo fulminò con un’occhiata e anche Gunnhild, Hvitserk e Erik apparvero piuttosto innervositi dalla sua battuta.

“Sei riuscito a vedere chi sono? Quali insegne portano?” domandò Hvitserk.

“Non ne sono sicurissimo, però mi è sembrato… mi parevano proprio le insegne di re Harald” rispose la sentinella, turbata.

Harald. Quel nome fece scendere un cupo silenzio nel salone e anche Ivar non ebbe più tanta voglia di scherzare.

Harald era il Re dei Norreni, non importava che la sua elezione fosse avvenuta con l’inganno, e di sicuro voleva che anche Bjorn facesse atto di sottomissione a lui. Ma poteva volere anche di più, forse voleva Kattegat.

Mentre la sentinella andava ad allertare le guardie della città, Bjorn e gli altri restarono a parlare nella Sala Grande per decidere il da farsi.

“La sentinella ha parlato di un drappello di uomini, quindi non si tratta di un esercito, Harald non è venuto per farci guerra e, del resto, non ne avrebbe neanche la possibilità, no?” disse Hvitserk. “Ricordate che i suoi vassalli, saputo come li aveva ingannati, sono tornati nei loro Regni?”

“Senza i suoi vassalli, Harald non è più forte di noi” soggiunse Erik.

“Ma allora perché sta venendo qui? Vuole forse raggiungere un accordo con Bjorn, magari gli chiederà di fare atto di sottomissione e in cambio lui non cercherà di conquistare Kattegat?” suggerì Aethelred, perplesso.

“Io non ho nessuna intenzione di fare atto di sottomissione davanti a Harald” dichiarò Bjorn, sputando quel nome come se fosse stato qualcosa di viscido e disgustoso appiccicato al suo stivale.

“E non devi farlo” confermò Gunnhild, dignitosa. “Lo accoglieremo a viso aperto, davanti a tutto il nostro popolo, mostrando che Bjorn La Corazza non teme nessuno e che Kattegat è pronta a difendersi.”

Come al solito, Gunnhild dimostrava chi era veramente a portare i pantaloni in quella famiglia e in quel Regno…

Così si recarono tutti nella piazza di Kattegat per accogliere Harald e i suoi uomini in assetto simil plotone di esecuzione. Bjorn e Gunnhild, regali e dignitosi, stavano al centro; di fianco a Bjorn, appena un passo indietro, erano schierati Erik, Ivar e Aethelred mentre di fianco a Gunnhild, sempre appena un passo indietro, stavano Hvitserk, Helgi e… e basta perché Ubbe era partito ormai da tempo per terre inesplorate! I loro volti non promettevano niente di buono, era chiarissimo che non ci sarebbero state concessioni da parte di chicchessia e l’espressione di Bjorn, in particolare, pareva dire spacco bottilia amazzo familia in norreno.

Le porte di Kattegat furono aperte e Harald giunse a cavallo con la sua scorta, ma le cose non andarono per niente come previsto da Bjorn e gli altri, ossia non fu lui a rimanere sorpreso o perlomeno spiazzato da quello schieramento, furono proprio i regnanti di Kattegat e i loro compagni a restare del tutto sbalorditi. Harald li guardò uno per uno e scoppiò a ridere di gusto, poi scese da cavallo e aiutò a scendere la donna che cavalcava al suo fianco (colpo di scena numero uno!), sfoderando modi che potevano sembrare quasi da gentiluomo.

“Re Bjorn, vedo che hai portato famiglia e amici per accogliermi degnamente, ne sono molto lieto” disse poi Harald. “Permettimi di presentare a te e a tutti voi la mia sposa e Regina, Ingrid.”

Hvitserk e Helgi si scambiarono un’occhiata stravolta, Gunnhild si irrigidì, Bjorn soffocò un’imprecazione… ma fu Ivar a esprimere il pensiero di tutti con la sua solita sfacciataggine.

“Ma guarda, non è quella schiava che Bjorn si era portato a letto e che poi è stata allontanata? Certo che ne ha fatta di strada, direi!” esclamò.

Aethelred gli sferrò una gomitata.

“Ivar! Non ci sono più schiavi a Kattegat e, comunque, adesso lei è la moglie del Re dei Norreni, che ci piaccia o meno, per cui è una Regina!” lo rimproverò. “Vediamo di non metterci nei guai più di quanto già siamo.”

“Ah, beh, se le cose stanno così…” ribatté Ivar, ma non sembrava affatto pentito di aver detto apertamente quello che pensava!

Harald, comunque, non sembrò offeso dall’uscita inopportuna di Ivar e anzi si mise a ridere un’altra volta, conducendo per mano Ingrid verso la coppia reale di Kattegat. La donna era vestita elegantemente e il suo portamento era da vera Regina… solo gli occhi tradivano la soddisfazione per essersi presa la sua vendetta. Bjorn non l’aveva voluta come moglie? Bene, adesso lei era la Regina di tutti i Norreni ed era quindi molto più potente di lui.

Intanto la gente di Kattegat, sempre più incuriosita dall’insolito spettacolo, si accalcava intorno per vedere come sarebbe andata a finire. In effetti poteva concludersi in qualsiasi modo, sia con uno scontro all’ultimo sangue che con abbracci, risate e un bel banchetto nella Sala Grande. Così funzionava tra i Vichinghi! E quello che sgomitava più di tutti cercando di trovare un buon punto di osservazione era proprio il giovane Tiago: fisicamente più basso e minuto della maggior parte dei Norreni, uomini o donne che fossero, doveva farsi largo nell’assembramento per riuscire a vedere qualcosa…

“Il Sassone ha detto bene, Ingrid adesso è la mia Regina e nessuno può permettersi di oltraggiarla” disse Harald, ma il suo tono era tranquillo, come se non fosse affatto interessato all’opinione di Bjorn o di chiunque dei suoi. Lui era il Re dei Norreni e questo bastava. “Del resto, Bjorn, è vero che forse la mia Regina avrà umili origini, ma vedo che anche tu non sei migliore di me nello scegliere i tuoi compagni: accanto a te vedo un paio di fratelli traditori, un cristiano e un assassino e fuorilegge!”

La folla rumoreggiò, mentre Bjorn e gli altri si guardavano per cercare di dare un’identità a tutti quelli che Harald aveva nominato. Beh, dunque, il cristiano era chiaramente Aethelred, uno dei fratelli traditori era Ivar e l’altro, a rigor di logica, Hvitserk. Ma chi era l’ultimo della lista?

“Perdonami, Harald, sarei curioso di sapere una cosa: io sono il fratello traditore oppure l’assassino e il fuorilegge? O magari sono tutte e tre le cose? No, sai, solo per curiosità” intervenne Ivar. Questa volta Aethelred non gli rifilò un’altra gomitata perché era rimasto troppo stupito dalle chiare allusioni di Harald e anche lui voleva sapere a chi si stesse riferendo con assassino e fuorilegge.

“Mio caro Ivar, so che sei ambizioso e presuntuoso, ma in questo caso devo darti una delusione: nel gruppo, infatti, c’è qualcuno che ha un passato perfino peggiore del tuo” replicò Harald con un sogghigno. “Bjorn, non hai preso informazioni prima di scegliere Erik Thorvaldsson come tuo consigliere dopo la partenza di Ubbe? Come ho detto, scegli proprio male i tuoi amici. Non sai che Erik ha conquistato il suo titolo di Jarl assassinando a tradimento i suoi rivali e che, negli anni successivi, si è arricchito facendo il trafficante di schiavi? Perché credi che non sia ritornato dalle sue parti dopo la guerra contro i Rus’? Perché là non vogliono più saperne di lui, lo hanno bandito dalla sua città!”*

Nuovo colpo di scena! Quella giornata si preannunciava davvero interessante per la gente di Kattegat, molto meno per Bjorn e la sua famiglia, ancora meno per Tiago che era rimasto allibito da quella rivelazione e, ovviamente, meno di tutti per Erik…

Oddio, non che per i Vichinghi fosse un gran problema assassinare qualcuno per portargli via il potere, in fondo Bjorn e i suoi fratelli non avevano fatto altro che cercare di eliminarsi l’un l’altro per sedere sul trono di Kattegat. E, purtroppo, nel mondo vichingo i prigionieri di guerra e le persone rapite durante le razzie diventavano schiavi e potevano andare incontro ai destini più tragici. A Kattegat, però, la schiavitù non aveva assunto quella forma bestiale che si associa sempre a tale condizione. Bjorn e la sua famiglia avevano sempre avuto schiavi e schiave, ma non erano soliti comportarsi male con loro, non li maltrattavano, erano per loro più dei servitori che degli schiavi. Tanto per fare degli esempi, Margrethe era stata una schiava, poi era stata liberata e aveva sposato Ubbe; lo stesso era accaduto per Freydis con Ivar. Tra i Vichinghi c’erano certo schiavisti, mercanti di schiavi, gente che distruggeva la dignità umana di queste persone nei modi più abietti e poi si arricchiva vendendoli, ma non era una pratica che Bjorn, e prima di lui Ragnar, avessero mai accettato nella loro città. Adesso, poi, grazie al saggio consiglio di Aethelred, Bjorn aveva decretato che tutti gli schiavi di Kattegat fossero liberati e potessero decidere della loro vita… va da sé che il fatto che Erik per anni fosse stato proprio un trafficante di schiavi non era il miglior biglietto da visita che l’uomo potesse esibire davanti ai suoi nuovi amici.**

E Harald, questo, lo sapeva benissimo. Adesso sia lui sia Ingrid sorridevano compiaciuti, aspettando la reazione di Bjorn e Gunnhild di fronte a questa amara scoperta: pareva proprio che, questa volta, Harald fosse riuscito a cogliere Bjorn alla sprovvista e a metterlo in una situazione assai scomoda.

Cosa sarebbe accaduto?

Fine capitolo terzo

 

 

* Siccome all’inizio io avevo usato Erik come una comparsa accanto agli alleati di Bjorn e avevo detto che era uno Jarl venuto in suo soccorso, ho cercato di mettere d’accordo la mia versione con quella che di lui ha dato la serie TV, ovvero più o meno ciò che dice Harald.

** Non voglio sminuire l’orrore della schiavitù né far passare Bjorn e i suoi per persone “illuminate” o più caritatevoli degli altri, però anche nella serie TV si vede che i Lothbrok non trattano mai male i loro schiavi e che li hanno anche liberati e lo stesso Harald, che non è certo l’uomo migliore del mondo, dimostra di disprezzare Erik in quanto trafficante di schiavi anche nel telefilm.

 

 

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Capitolo 4
*** Cap. 4: Peril of desire ***


Cap. 4: Peril of desire

 

You peril of desire
Now, you sweetest misery
Oh you, you are on my mind
Now time again, time again
You peril of desire
Now, you sweetest misery
Oh you, you are on my mind
Now time again, time again

Once upon a heavy night
Under the hunter's moon
And down the waters deep
My heart still skips a beat for you…

(“Hunter’s Moon” – Delain)

 

Harald e Ingrid erano molto soddisfatti, ma la loro soddisfazione ebbe breve durata. La sagra dei colpi di scena, infatti, non era ancora terminata e anche Bjorn e Gunnhild ne avevano in serbo uno molto importante.

“Sapevo tutto del passato di Erik” dichiarò Bjorn a voce alta. “Lui non mi ha nascosto niente, non ha mai cercato di passare per ciò che non è, mi ha raccontato la sua storia poco dopo essere arrivato a Kattegat. Ha detto di essere stato bandito dalla sua città per i motivi che tu ci hai ricordato, Harald, ma mi ha detto anche che quello era il suo passato, che quelle vicende rappresentavano la sua gioventù. Quando è venuto a offrirsi insieme ai suoi uomini per combattere con me contro i Rus’, ha detto che stava cercando una seconda occasione, un modo per dimostrare anche a se stesso di essere un uomo nuovo. Io l’ho preso con me proprio perché ho apprezzato la sua schiettezza e so di aver fatto la scelta giusta, perché Erik mi è stato sempre accanto durante la battaglia contro i Rus’, si è preso cura di me quando ero ferito, ha combattuto senza risparmiarsi a sprezzo della sua stessa vita e si è guadagnato il diritto di essere cittadino di Kattegat e mio consigliere.”

“E anch’io sapevo tutto” intervenne Gunnhild. “Bjorn non mi nasconde mai niente e, prima di decidere se accettare o meno Erik tra i suoi uomini, mi ha raccontato tutto del suo passato e mi ha chiesto se ero d’accordo con lui nell’offrirgli la possibilità di cambiare vita.”

“A Kattegat diamo sempre una seconda possibilità e non chiudiamo la porta in faccia a nessuno. Tu dovresti saperlo bene, Harald, visto quante volte mi hai tradito e quante volte io ti ho comunque perdonato e accettato di nuovo come mio alleato” soggiunse Bjorn, con un’allusione per niente velata agli innumerevoli tradimenti e voltafaccia di Harald.

“Kattegat è proprio un luogo benedetto dagli dei e dove pratichiamo il perdono e la generosità” commentò sarcastico Ivar, ma stavolta Aethelred lo zittì subito.

“Non mi sembra il caso di fare tanto lo spiritoso. Guarda che, se Bjorn non fosse così pronto a concedere una seconda occasione, nemmeno tu saresti qui adesso” gli ricordò.

“Lo sai, vero, che ti detesto quando ti mostri così saggio e riesci ad avere l’ultima parola?” ribatté Ivar, ma le sue parole furono smentite dal modo in cui passò un braccio attorno alla vita del suo compagno e lo strinse a sé. Certo che sapeva di essere stato fortunato: Bjorn l’aveva accolto di nuovo a Kattegat e, sebbene fosse il più delle volte sospettoso nei suoi confronti, gli permetteva comunque di vivere nella dimora regale e ascoltava quello che aveva da dire, anche solo per sostenere il contrario. Se le cose non fossero andate così, forse lui non avrebbe potuto conoscere Aethelred e adesso non sarebbe stato tanto felice con lui.  

Era la volta di Harald di non trovare nulla da ribattere, tuttavia Ingrid aveva ancora qualcosa da dire.

“È molto onorevole da parte tua, Bjorn, mostrare una simile generosità anche a chi non se la merita affatto” disse. “Vorrei però farti sapere che per me è difficile mostrare altrettanta grandezza d’animo, visto che è stato proprio il tuo amico Erik a rapirmi e a vendermi come schiava, dopo avermi picchiata, aver abusato di me e avermi marchiata come se fossi un animale!”

Così dicendo, la donna scostò i lunghi capelli biondi mostrando un marchio vecchio di molti anni, inciso sulla sua nuca.

La folla rumoreggiò di nuovo, anche se era troppo lontana per vedere il marchio. Aveva comunque sentito ciò che Ingrid aveva detto e, siccome diversi tra coloro che ascoltavano erano schiavi liberati, la loro simpatia non era esattamente rivolta verso Erik.

Tiago, dal canto suo, era completamente sconvolto. Vivendo nella dimora regale, aveva avuto diverse occasioni per incontrare Erik, per ascoltarlo mentre si confrontava con Bjorn, per vedere come si era preso cura del suo Re quando era stato ferito da Ivar… A dirla tutta, Erik non gli aveva mai neanche rivolto la parola per sbaglio ed era molto probabile che ignorasse perfino la sua esistenza, Tiago invece l’aveva notato fin troppo e si era ritrovato a pensare a lui nei momenti più inopportuni! In particolare era rimasto colpito dalla premura di Erik nei confronti di Bjorn ferito e di Gunnhild quando aveva perso il bambino che aspettava. In entrambe le occasioni Tiago, che allora era ancora uno schiavo dei sovrani, si era preso cura di loro e l’affetto che Erik aveva mostrato verso il Re e la Regina lo aveva commosso, era sicuro che Erik fosse una brava persona e ora… ora veniva a sapere che aveva fatto per anni il trafficante di schiavi, che era stato brutale e violento con loro, che li marchiava addirittura e abusava di loro! Era vero, Bjorn in persona aveva catturato Tiago e altri giovani spagnoli ad Algeciras, ma non li aveva mai picchiati, non li aveva torturati, per lui erano semplicemente prigionieri di guerra che poi erano finiti a servire nelle case delle famiglie più ricche di Kattegat. Tiago non poteva dire di ricordare una sola percossa, un solo atto violento da parte di Bjorn o della sua famiglia. Ma Erik…

“Sono veramente addolorato per ciò che ti è accaduto e per il modo in cui Erik ti ha trattata, Regina Ingrid” diceva intanto Bjorn alla donna. “Non posso chiederti di perdonarlo, ovviamente, ma posso assicurarti che adesso è una persona molto diversa, che è stato accanto a me e alla mia famiglia nei momenti più difficili e che non è più l’uomo che tu hai avuto la sfortuna di conoscere. Ora anche tu hai cambiato la tua vita, sei la Regina di tutti i Norreni e, come tale, puoi mostrare magnanimità verso chi ha commesso errori anche gravi in gioventù. Pensa che io stesso ho finito per perdonare il mio stesso fratello, Ivar, che ha tentato di uccidermi combattendo dalla parte dei Rus’.”

“Ecco, e ti pareva che non ci andavo di mezzo io anche stavolta” commentò Ivar, caustico. “Ma è mai possibile che debba rivangare sempre quella vecchia storia?”

“Quella vecchia storia, come la chiami tu, è accaduta poco più di sei mesi fa e sarebbe potuta finire molto peggio, per fortuna ci ha pensato Helgi a salvare Bjorn, altrimenti tu adesso non saresti qui” disse Aethelred.

“Beh, non ci sarebbe nemmeno Bjorn… Va bene, va bene, ho capito, basta così, stavo solo scherzando!”

“Molto bene, direi che allora tutto è chiarito” disse Harald, sebbene in realtà non fosse chiaro un bel niente e tanto meno il motivo per cui lui e Ingrid erano giunti a Kattegat! “Io e la mia sposa saremo lieti di approfittare della tua ospitalità, Bjorn, in fondo siamo il Re e la Regina dei Norreni e, come tali, siamo anche sovrani di Kattegat. Abbiamo tutto il diritto di restare in città finché lo desidereremo. Non è forse così?”

“Se ti aspetti che faccia atto di sottomissione…” iniziò a ringhiare Bjorn, ma Harald lo interruppe.

“No, no, noi non abbiamo bisogno di queste formalità, ci conosciamo da tanto tempo! Piuttosto sarà il tuo stesso popolo a decidere chi vuole veramente come suo sovrano, se Re Harald Finehair o Bjorn La Corazza! Ti ho già battuto alle elezioni e potrei farlo di nuovo, per cui non ho bisogno di combattere contro di te.”

“Certo, perché sai che perderesti, mentre le elezioni te le sei comprate” mormorò Ivar, questa volta mostrandosi abbastanza prudente da farsi sentire soltanto da Aethelred, che era al suo fianco. “Questa storia non mi piace per niente e faremo bene a tenere d’occhio Harald.”

“Su questo hai pienamente ragione” concordò Aethelred.

E così il gruppo, con Bjorn e Gunnhild in testa, scortò Harald e Ingrid alla dimora regale, dove si sarebbero trattenuti solo Odino sa quanto. I cittadini di Kattegat cominciarono a disperdersi, lo spettacolo era finito e ognuno doveva tornare ai propri impegni.

Anche Tiago doveva far ritorno alla dimora regale, dove tuttora viveva e fungeva da tuttofare per chiunque avesse bisogno di lui. Sembrava che tutto fosse risolto, ma lui non riusciva a dimenticare quello che era stato detto su Erik e non riusciva a capire perché aver scoperto una cosa del genere gli facesse tanto male al cuore…

Era talmente immerso nei suoi pensieri che non si accorse che Ivar e Aethelred lo avevano atteso sulla soglia della dimora e quasi ci finì a sbattere contro.

“Ehi, Tiago, sei sulle nuvole oggi? La scena offerta dai nostri sovrani e da re Harald è stata così appassionante?” lo prese in giro Ivar, andando subito a toccare il punto dolente, tanto che Tiago trasalì, arrossì e, per dispetto, arrossì ancora di più, con grande divertimento del vichingo e una certa perplessità da parte di Aethelred.

“Beh, dunque, è meglio che tu abbia assistito a tutta la scena, perché volevo affidarti un incarico” disse il Principe Sassone. “Io e Ivar, ma sono sicuro che la stessa cosa valga anche per Bjorn, Hvitserk e tutti gli altri, non ci fidiamo affatto di Harald e, anzi, temiamo che cercherà di fare qui la stessa cosa che ha fatto per farsi eleggere Re dei Norreni.”

“Sì, praticamente che vada in giro a promettere falsità alla gente per farsi eleggere Re al posto di Bjorn, oppure che ci mandi qualcuno di sua fiducia, anche se, per fortuna, non ha più al suo servizio quello psicopatico di Kjetill” aggiunse Ivar.

“E io cosa posso fare? Non penso proprio che la gente di Kattegat si metterà ad ascoltare me, uno… straniero” obiettò Tiago. Uno schiavo, era la parola che gli era venuta alla mente, ma sapeva di non esserlo più, lo sapeva, Bjorn lo aveva liberato, non sarebbe stato mai più lo schiavo di nessuno. Già, però con ogni probabilità Erik avrebbe visto in lui sempre e solo uno schiavo. E va bene, e a lui che cosa importava di quello che poteva pensare Erik?

“Tieni d’occhio Harald, non perderlo mai di vista, cerca di capire se si incontra con qualcuno, sì, insomma, praticamente, fai la spia” tagliò corto Ivar.

“Non era così che l’avrei messa io” intervenne Aethelred, con un’occhiata di rimprovero al compagno, “però sì, ci serve che tu osservi e ascolti quello che farà Harald. Per te sarà più facile che per uno qualsiasi di noi, tu sei sempre in giro per la dimora regale, aggiusti una panca che si è rovinata, rinforzi una porta, insomma, Harald si abituerà a vederti spesso mentre svolgi qualche lavoretto e qualche riparazione e non farà caso a te.”

“Sì, va bene, non preoccupatevi” rispose subito Tiago. “Sono in debito con te e con Bjorn perché mi avete liberato e mi date un posto in cui vivere tranquillo, mi sembra il minimo potervi aiutare. Quel Re Harald non mi piace per niente, credo che l’avrei tenuto d’occhio comunque.”

“Allora è deciso, grazie, Tiago” sorrise Aethelred.

Mentre il Principe Sassone si allontanava con Ivar, Tiago ebbe ancora modo di sentire il vichingo che scherzava, o forse no…

“Spero che Bjorn, alla fine, si renderà conto di quante cose faccio per lui e che la smetterà di mostrarsi così ostile con me!” lo sentì dire.

Tiago, tutto sommato, era soddisfatto del suo nuovo incarico: era comunque un’avventura emozionante, lo faceva sentire utile e importante per Bjorn e per Kattegat e, cosa affatto trascurabile, gli impediva di interrogarsi troppo sul perché le rivelazioni su Erik lo avessero turbato tanto.

Nei giorni seguenti, tuttavia, Harald non fece niente di strano, o meglio, niente di più strano del solito. Sì, provò a passeggiare per le strade di Kattegat e a parlare con i cittadini, chiedendo loro se erano soddisfatti del governo di Bjorn, se avrebbero voluto qualcosa di diverso, se pensavano mai che, alla resa dei conti, Bjorn La Corazza fosse una fregatura, in fondo aveva perso le elezioni… Ma la gente di Kattegat amava il suo Re, era fedele e leale ai figli di Ragnar e, soprattutto, non si fidava affatto di Harald, che era considerato comunemente un voltagabbana.

Poco tempo dopo, però accadde un fatto strano. Harald venne attirato da una serva in una casa abbandonata dove, secondo lei, Bjorn e Gunnhild lo aspettavano per parlargli di qualcosa di molto importante e segreto. Harald, che non era esattamente un’aquila, si fidò di lei e la seguì… e ovviamente Tiago gli andò dietro, pensando che fosse l’occasione che Aethelred e Ivar attendevano.

E questo fu lo spettacolo sorprendente a cui il giovane spagnolo poté assistere, guardando da una finestrella: il capo delle guardie di Harald, un tale Skane che fino a quel giorno Tiago non aveva mai sentito parlare (tanto che pensava che non ne fosse capace, visto il bestione che era…), aveva teso un’imboscata al suo Re con l’aiuto di Erik, non si sa bene sperando in quale vantaggio. Harald si era visto perduto ma, a sorpresa (i colpi di scena a Kattegat erano all’ordine del giorno!), Erik aveva finto di colpire Harald e poi aveva decapitato Skane.*

“Mi hai salvato la vita, Erik” aveva detto Harald, stupefatto. “Mi hai salvato nonostante io abbia cercato di rovinarti e adesso sono in debito con te. Ascolta, se mi aiuterai a convincere la gente di Kattegat che Bjorn non è adatto per fare il Re, che è un valoroso guerriero ma che non sa governare e che io sarei molto più degno di lui, io ti nominerò mio braccio destro e nuovo capo delle guardie. I cittadini di Kattegat non mi ascoltano, non si fidano di me, ma sono sicuro che ascolteranno te.”

“Posso tentare, anche se non so se la gente di Kattegat vorrà davvero starmi a sentire” rispose Erik, dopo un istante di riflessione.

“Apprezzerò comunque il tentativo e saprò ricompensarti, Erik” disse Harald con un sogghigno. “Dunque abbiamo un accordo?”

“Abbiamo un accordo” replicò Erik.

Tiago fece appena in tempo a nascondersi prima che i due uomini uscissero dalla casetta. Il cuore gli batteva fortissimo e sembrava volergli uscire dal petto. Ecco che, finalmente, aveva avuto le prove che Aethelred e Ivar gli avevano chiesto ma… ma non era questo che si aspettava! Che doveva fare? Se fosse andato dal Principe Sassone raccontandogli che Harald aveva comprato Erik, sarebbe stato Erik il primo a rimetterci e lui… e lui questo non lo voleva.

Doveva parlare prima con Erik, ecco cosa avrebbe fatto! Avrebbe parlato con lui, gli avrebbe detto che stava sbagliando a tradire Bjorn per mettersi dalla parte di Harald e che non voleva denunciarlo, ma che lo avrebbe fatto se fosse stato costretto. Sì, quella era la cosa giusta da fare: prima di mettere nei guai Erik gli avrebbe dato la possibilità di cambiare idea e di rifiutare le false promesse di Harald.

Presa la sua decisione, Tiago si avviò con determinazione verso la dimora regale. Avrebbe parlato con Erik quella sera stessa, quando tutti si fossero ritirati nelle loro stanze.

Sperava soltanto che l’uomo lo avrebbe ascoltato… in fondo al cuore non voleva proprio essere costretto a denunciarlo a Aethelred e Ivar!

Fine capitolo quarto

 

* Tutto questo è veramente accaduto nella serie TV, anche se, ovviamente, non c’era Tiago e Bjorn era già morto (episodio 6x14 di Vikings).

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Capitolo 5
*** Cap. 5: In love with the darkness ***


Cap. 5: In love with the darkness

 

Finally
It covers me
It makes me taste
It's sure embrace

It will gently take away
The sorrows of the day

I'm in love with the darkness of the night
I'm in love with all that's out of sight
I'm in love with the magic of the new
And the darkness loves me, too!

(“In love with the darkness” – Xandria)

 

Quella stessa sera, così come aveva deciso, Tiago attese che tutti fossero andati a dormire e poi si diresse impavido verso la stanza di Erik. La porta era socchiusa, bussò lievemente e si affacciò sulla soglia.

“Erik? Sono Tiago, posso entrare? Devo parlarti di una cosa molto importante” disse timidamente, entrando senza essere stato realmente invitato e chiudendo la porta dietro di sé.

Erik era seduto sul letto con indosso solo una camicia leggera e i pantaloni, aveva i capelli completamente sciolti e l’espressione a metà tra perplessa e scocciata. Quello non era lo schiavetto spagnolo che girava sempre per la dimora regale, quello che Bjorn aveva catturato ad Algeciras qualche anno prima? Che accidenti voleva da lui?

Tiago si sentiva piuttosto a disagio, soprattutto vista l’evidente ostilità di Erik; cominciava a pensare che la sua non fosse stata poi una così grande idea, ma a quel punto era lì e doveva arrivare fino in fondo.

“Mi dispiace disturbarti, ma questa è davvero una cosa di cui dovevo parlarti al più presto” riprese. “Ecco, questa mattina ti ho visto e sentito mentre salvavi la vita di Re Harald e poi facevi un accordo con lui e volevo dirti che…”

Un lampo attraversò gli occhi di Erik.

“Mi stavi spiando, dunque? Per questo mi sei sempre intorno?” domandò con fare piuttosto minaccioso. Ah, dunque Erik si era accorto della sua presenza, pensò Tiago, lui era convinto che non sapesse neanche che esisteva e che lo considerasse un po’ come parte del mobilio della dimora!

In quel momento, però, gli venne anche in mente che la faccenda potesse essere molto più pericolosa di quello che aveva creduto. I testimoni oculari generalmente facevano una brutta fine, soprattutto se non c’era nessun altro che potesse convalidare la loro versione dei fatti…

“No, non ti stavo spiando. Ivar e Aethelred mi hanno incaricato fin dal primo giorno di tenere d’occhio Re Harald perché non si fidano di lui e io lo stavo appunto seguendo, perciò mi è capitato di assistere alla scena. Comunque non è questo il problema” il ragazzo parlava in fretta per non perdere il coraggio di dire tutto quello che doveva e per impedire a Erik di interromperlo. “Il fatto è che non dovresti fidarti di Re Harald, lui ha tradito molte volte Re Bjorn e sono sicuro che vuole farlo anche adesso. Io lo so che tu sei veramente affezionato a Re Bjorn e alla Regina Gunnhild, ho visto come ti sei occupato di loro quando avevano bisogno di te e posso capire perché tu abbia cercato di assicurarti anche la protezione di Re Harald, ma stare dalla sua parte può essere pericoloso e io non voglio dover raccontare quello che ho visto a Ivar e a Aethelred…”

Erik aveva attraversato diverse fasi mentre Tiago parlava: dapprima si era innervosito alquanto, poi era apparso incredulo per la sfacciataggine di quel ragazzino che si permetteva di andare nella sua stanza a dirgli cosa doveva fare, ma alla fine sembrava quasi divertito da quella situazione assurda. Si alzò dal letto e andò verso Tiago con un sorrisetto beffardo sulle labbra.

“Cosa ti fa pensare che io sia disposto ad ascoltarti? Non ho certo bisogno dei consigli di uno schiavo e tu sei anche molto arrogante nel permetterti di venire qui a dirmi cosa devo o non devo fare” disse.

Tiago rimase di sasso.

“Ma io… io sono venuto prima da te perché in realtà voglio aiutarti. Volevo prima parlare con te perché non voglio denunciarti a Ivar e Aethelred, anche se dovrei farlo… e comunque voglio ricordarti anche che non sono più uno schiavo, Re Bjorn mi ha liberato, non ci sono più schiavi a Kattegat!”

Erik ridacchiò, ora sinceramente divertito, e si avvicinò ancora di più al ragazzo.

“Sei stato uno schiavo per anni e per quanto mi riguarda lo sei ancora” tagliò corto, “per cui non hai alcun diritto di darmi dei consigli o addirittura minacciare di denunciarmi.”

A quel punto Tiago cominciò davvero a pensare di aver commesso un’enorme sciocchezza.

“Guarda che, se pensi di uccidermi, farmi a pezzi e buttarmi nella baia di Kattegat… beh, non la passerai liscia, Ivar e Aethelred mi hanno dato questo incarico e se scompaio capiranno subito che mi hanno fatto fuori e…”

“Ma senti un po’ che fantasia che ha lo schiavetto spagnolo!” rise Erik. “No, non ho nessuna intenzione di ucciderti o di farti del male, perché dovrei? Voglio solo insegnarti a stare al tuo posto, e uno schiavo così giovane, minuto e con un bel faccino come il tuo può essere molto, molto utile.”

Prima che Tiago potesse rendersi conto di cosa stava accadendo, Erik lo aveva preso e rovesciato sul letto, lo aveva bloccato e aveva iniziato a spogliarlo e a liberarsi dei propri abiti.

“Visto che mi sei sempre intorno, ormai avrai saputo che ho una lunga esperienza con gli schiavi e so bene come utilizzarli al meglio secondo le loro possibilità” continuò, mettendosi sopra il ragazzo e prendendo ad accarezzarlo e toccarlo ovunque, in modo lento e sensuale. “Un bel ragazzino come te è perfetto come schiavo da letto ed è questo ciò che puoi essere per me, altro che starti ad ascoltare!”

Tiago avrebbe voluto spiegarsi, protestare ancora che non era uno schiavo, cercare di riportare la conversazione sull’argomento che gli premeva, ma… ma quello che Erik gli stava facendo era talmente inaspettato e allo stesso tempo così impetuoso e irresistibile da travolgerlo completamente, togliendogli il fiato e ogni barlume di lucidità, gettandolo in un vortice di sensazioni ed emozioni mai provate, così potenti e devastanti da lasciarlo sfinito, arreso, capace solo di aggrapparsi alle spalle possenti dell’uomo e di ansimare incredulo e sconvolto.

Erik non aveva mentito, non aveva intenzione di fare del male al ragazzo. In passato, certo, aveva abusato dei suoi schiavi e delle sue schiave, era stato brutale e violento con loro, ma la violenza non lo attraeva più, non vi trovava alcuna soddisfazione. Tiago era venuto da lui spontaneamente, si era messo lui nelle sue mani e adesso avrebbe avuto quello che, a quanto pareva, era venuto a cercarsi. Continuò ad accarezzarlo in modo sempre più intimo, pazientemente, senza dargli l’impressione di volersi imporre su di lui; lo toccò e lo stuzzicò a lungo fino ad averlo completamente in sua balia, arreso e abbandonato, e solo allora si fece strada nel suo corpo, sempre con lentezza, sempre badando a non fargli male perché non voleva prenderlo con la forza, non voleva che si ribellasse ma che lo desiderasse quanto lo desiderava lui. Tiago, del tutto inesperto e ormai soggiogato da quell’uomo, gli lasciò fare tutto quello che voleva, ignorando il dolore che sentì all’inizio e anzi stringendosi di più a lui fin quando quel dolore non divenne un piacere sconosciuto, immenso e sconvolgente che lo travolse e lo sopraffece, lasciandolo sfinito.

Erik, tuttavia, era rimasto colpito da quanto Tiago gli fosse piaciuto. Era la prima volta che si sentiva così coinvolto e appagato ed era strano, visto le innumerevoli esperienze avute in tal senso… eppure, a parte le parentesi violente avute in gioventù e ormai cancellate, aveva conosciuto schiave e schiavi da letto che sapevano fingere, che si concedevano per ottenere privilegi e trattamenti migliori. Ma Tiago non era neanche questo. Tiago era completamente inesperto e innocente e di certo non sarebbe stato capace di simulare, gli si era completamente offerto e lo aveva accolto e assecondato con una dolcezza e una spontaneità che non aveva mai trovato in nessuno. Era stata un’esperienza particolarmente eccitante e soddisfacente che Erik intendeva ripetere ancora e ancora. Aveva posseduto il ragazzo sopra il letto, lì dove si trovava, ma decise che voleva di più e così lo prese in braccio e lo portò con sé sotto le lenzuola, stringendoselo ancora una volta addosso, incollandosi a lui, volendo sentire e provare tutto di quel piccolo spagnolo. Lo accarezzò ancora, imparando a memoria il suo corpo minuto e liscio, facendolo gemere e sospirare disperato e stravolto, finché non lo prese di nuovo e ancora una volta si stupì piacevolmente di come Tiago lo assecondasse, di come istintivamente lo cercasse e si concedesse a lui; inebriato da quel piacere mai provato prima, Erik lo possedette ripetutamente, a volte in modo più intenso, a volte più languido, fino ad annullarsi totalmente insieme a lui in un’estasi assoluta. Non volle comunque staccarsi dal giovane spagnolo nemmeno alla fine e continuò a tenerlo stretto, incollato al suo corpo.

“Ora io… ecco… dovrei andare…” provò a dire Tiago ad un certo punto, quando riprese quelle briciole di dignità che gli erano rimaste e la forza per mettere in fila più di due parole.

“Ah, no, tu non vai da nessuna parte” fece Erik, molto compiaciuto di sé e allacciandolo più stretto. “Non puoi andartene, ora sei il mio schiavo da letto e io voglio tenerti con me tutta la notte e averti intorno ogni volta che avrò voglia di te.”

“Cosa? Ma… ma io…” Tiago era totalmente allibito. “Non sono il tuo schiavo, non sono di tua proprietà, Re Bjorn mi ha liberato.”

“Va bene, Bjorn ti ha liberato, infatti tu non sei più il suo schiavo, ora sei il mio” ripeté Erik, che non aveva la minima intenzione di perdere ciò che aveva appena trovato.

“Non sono lo schiavo di nessuno, io… io sono venuto da te per mia volontà e… beh, anche tutto il resto è stato per mia libera scelta, non perché tu mi hai costretto. Tu non hai diritti su di me, ero anch’io che… che lo volevo” cercò di spiegare il ragazzo, per la verità risultando ben poco convincente.

“Di tua volontà, per tua libera scelta…” Erik parve riflettere sulle parole di Tiago. “Meglio così, allora. Visto che lo fai così volentieri, sarai ancora più bravo nel tuo compito di schiavo da letto e sarà molto più piacevole e soddisfacente per entrambi.”

E, tanto per dimostrare ciò che aveva appena detto, l’uomo riprese a stringere, toccare intimamente e assaggiare il corpo morbido e delicato del giovane spagnolo, baciandolo e mordicchiandolo sulla pelle tenera del collo e sul petto, eccitandosi sentendo i sospiri e gli ansiti di un Tiago sempre più confuso e stravolto. Poi lo prese di nuovo, dimenticando ogni altra cosa mentre si spingeva dentro di lui, pieno di passione e desiderio; Tiago, seppure stremato e stordito, lo assecondò e lo accolse per un tempo lunghissimo, infinito, come se Erik non volesse smettere mai. Alla fine, ormai appagato e sazio delle dolcezze che il ragazzo gli offriva con tanta spontaneità, l’uomo si lasciò scivolare in un tranquillo riposo, stringendo il giovane in un abbraccio possessivo, come a voler ribadire che di lì Tiago non si sarebbe mosso, né quella notte né mai.

Il ragazzo, però, nonostante fosse esausto e disfatto, non riuscì a prendere sonno subito. Doveva ancora metabolizzare tutto quello che era successo e capirne il senso e la ragione, anche se probabilmente un senso in tutto quello non c’era proprio. Di sicuro sapeva soltanto che non avrebbe denunciato Erik per gli accordi presi con Re Harald, mai e poi mai. Sapeva anche di non essere uno schiavo, checché ne pensasse Erik, ma di averlo lasciato fare perché… beh, perché era rimasto colpito da lui già molto tempo prima e in fondo, senza neanche saperlo, desiderava la stessa cosa. Il fatto che Erik lo considerasse suo schiavo da letto lo mortificava, ma era disposto a pagare quel prezzo pur di stare con lui e, per darsi una sorta di giustificazione, pensò anche che, standogli vicino, avrebbe potuto controllarlo meglio e magari riuscire a tenerlo lontano da Harald.

Le cose continuarono in quel modo anche nei giorni seguenti, senza che accadesse niente di importante da segnalare salvo ciò che succedeva la notte nel letto di Erik. Ivar e Aethelred si domandavano cosa avesse davvero in mente Harald, visto che da Tiago non arrivavano novità e che la vita a Kattegat scorreva più o meno come sempre.

“Tu credi davvero che Harald sia disposto ad aspettare pazientemente che sia la gente di Kattegat a incoronarlo Re al posto di Bjorn?” domandò qualche giorno dopo Aethelred al suo compagno. “Non lo faranno mai! I cittadini di Kattegat hanno una fiducia illimitata in Bjorn e, comunque, non darebbero mai la corona ad uno che non è un figlio di Ragnar.”

“A dirla tutta, io sono un figlio di Ragnar, eppure sono convinto che quella corona non me la ridarebbero, ne ho combinate troppe quando ero Re e mi sono fatto un sacco di nemici” rifletté Ivar. “Comunque penso che tu abbia ragione, a Kattegat Bjorn La Corazza è una leggenda, chissà poi perché, e nessuno con il cervello a posto vorrebbe Harald al suo posto. Harald, ma scherziamo?”

“Non dimentichiamo, poi, che Harald è riuscito a sconfiggere Bjorn alle elezioni come Re dei Norreni soltanto perché ha comprato buona parte dei voti” aggiunse Aethelred. “Qui, però, non ha neanche questa possibilità perché la gente lo conosce bene e non crederebbe mai alle sue promesse. Allora cosa pensi che voglia fare, credi che stia radunando un esercito da qualche parte e che muoverà guerra alla città?”

“Nemmeno lui è tanto pazzo da fare una cosa simile” ribatté categorico Ivar. “Sa fin troppo bene che, se osasse attaccare Bjorn e Kattegat, mezza Norvegia si ribellerebbe e accorrerebbe in nostro aiuto. Nessuno, a parte lui stesso, lo considera veramente il Re di tutti i Norreni!”

C’era una strana atmosfera a Kattegat in quel periodo, dunque. Non accadeva niente, ma come spesso succede in questi casi, e ancora di più nel mondo vichingo, si trattava soltanto della quiete che precedeva una tempesta senza precedenti.

Un pomeriggio, inaspettatamente, Harald fece chiamare Ivar nelle sue stanze, raccomandandogli di non dire niente a Aethelred di quell’incontro. Il giovane vichingo non era tanto contento di dover nascondere qualcosa al suo compagno, ma alla fine decise di accontentare Harald pensando che, con ogni probabilità, il Re dei Norreni lo riteneva ancora un traditore, un farabutto capace di pugnalare alle spalle i suoi fratelli e che gli avrebbe proposto un piano per eliminare Bjorn o qualcosa di simile. Ivar pregustava già la faccia delusa di Harald quando gli avesse detto che non era più l’Ivar di un tempo e che sarebbe stato ben felice, piuttosto, di denunciare lui a Bjorn per la sua cospirazione (sebbene nemmeno Bjorn godesse precisamente delle sue simpatie). Invece, ancora una volta, Re Harald colse Ivar alla sprovvista e la proposta che gli fece lo mandò veramente in crisi.

“Ivar, voglio parlare con te perché so bene che, tra tutti, sei il miglior stratega e il più abile nel pianificare battaglie e razzie” gli disse. “Vivendo qui per tutto questo tempo mi sono reso conto che non me ne importa niente della corona di Kattegat, che in realtà neanche essere Re dei Norreni mi fa sentire soddisfatto. Quello che desidero veramente è il brivido della battaglia, il fascino del rischio, le emozioni che provavo quando ero più giovane e lottavo per ottenere il potere e la ricchezza. Siamo Vichinghi, non è nella nostra natura vivere tranquilli in un Regno prospero e pacifico.”

“Bene, allora cosa intendi fare? Vuoi partire anche tu per esplorare terre lontane come ha fatto Ubbe, di cui non abbiamo più avuto notizie?” domandò Ivar. “Parti pure, magari finisce anche che vi incontrate… piuttosto, perché hai bisogno di me per questo?”

“Non è mia intenzione fare l’esploratore” replicò Harald con un sogghigno. “Io sono un guerriero, voglio razziare, uccidere, conquistare terre e proprio per questo ho bisogno di te.”

Quello che Harald disse poi lasciò Ivar totalmente senza fiato.

“Voglio tornare in Wessex e riconquistare tutte le colonie della Northumbria prima che quel monaco mancato di Re Alfred possa riunirle sotto la sua malferma corona” dichiarò. “Voglio riaffermare il dominio vichingo su quelle colonie una volta per tutte. Tu sei disposto a venire con me e a combattere al mio fianco per la gloria dei nostri dei e per l’affermazione del vero spirito vichingo?”

Fine capitolo quinto

 

 

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Capitolo 6
*** Cap. 6: I am the Tyrant ***


Cap. 6: I am the tyrant

 

Hail to the beast, to the pain that it brings
To the ashes it leaves after coming unseen
Over the hills we were carried by the wind
For the glory we will rise up once again

I am the tyrant, crowned and fallen
Before the age of men
I am the hunter, bound and rotten
Beyond the gates of hell!

(“I am the tyrant” – Frozen Crown)

 

Ivar emerse dal colloquio con Harald molto turbato, con mille emozioni contrastanti che lo confondevano e lo destabilizzavano. Adesso capiva perché il Re dei Norreni aveva voluto parlare con lui da solo e gli aveva detto di non riferire niente a Aethelred: il Principe Sassone non avrebbe mai potuto approvare quello che Harald intendeva fare, anche se adesso viveva a Kattegat ed era felice non aveva certo dimenticato che suo fratello regnava in Wessex e non avrebbe mai accettato una spedizione ostile contro di lui. Il piano di Harald su questo punto era fin troppo chiaro: razziare le coste, colpire i villaggi e dare battaglia fin quando le colonie della Northumbria non fossero tornare sotto il dominio norreno.

Ma il problema era un altro: cosa ne pensava Ivar di questo piano?

Il giovane vichingo non se la sentiva di tornare alla dimora regale e rivedere Aethelred finché non avesse fatto chiarezza dentro di sé, ed era ben lontano da questo. Camminò lentamente, aiutandosi con la stampella, prima verso il molo della città, il luogo da cui partivano sempre le spedizioni dei Vichinghi, che fossero commerciali, esplorative o decisamente ostili. Ascoltava le voci degli uomini che caricavano le navi e che si preparavano alla partenza e il loro entusiasmo gli faceva male. Anche lui era partito più di una volta da quel molo e con lo stesso entusiasmo, già per il semplice fatto di imbarcarsi per una nuova avventura emozionante. Ed era proprio lì che stava il suo dilemma. Ivar non si sentiva del tutto a suo agio a Kattegat, non si sentiva accettato e questo lo aveva già spiegato a Aethelred, sentiva che il suo destino non era quello di starsene lì a far niente, guardando Bjorn che governava; il suo sangue vichingo ruggiva dentro di lui e lo spingeva a partire ancora una volta, a sentirsi libero e forte, a veleggiare verso altre terre per razziare, combattere, conquistare. Harald aveva ragione, lui non era un esploratore come Ubbe, a lui non interessava semplicemente scoprire nuovi territori, Ivar voleva la conquista!

Sì, però… proprio il Wessex, il Paese natale del suo compagno? Ivar aveva pensato già da qualche tempo di riprendere il mare, ma la sua intenzione era di dirigersi verso le coste iberiche, come avevano fatto anni prima Bjorn, Hvitserk e Floki, e razziare là. Era da molto tempo che accarezzava questo sogno, ma poi c’era stato l’arrivo di Igor e Katja, in seguito Harald e Ingrid si erano autoinvitati a Kattegat e costituivano una minaccia continua… insomma, non era mai stato il momento giusto per decidersi a mettere insieme una flotta e partire. Adesso, però, sembrava che il momento opportuno fosse finalmente giunto: Harald si sarebbe occupato di organizzare le navi e gli uomini per la spedizione e Ivar non avrebbe dovuto far altro che unirsi a lui. Tra l’altro, visto che Harald stesso avrebbe lasciato Kattegat, non ci sarebbe stato più nemmeno da preoccuparsi di lui, la corona di Bjorn sarebbe stata al sicuro. Tutto sembrava filare liscio, era come se gli dei in persona avessero ascoltato i desideri di Ivar e si fossero adoperati per sistemare tutto e permettergli di realizzarli.

Ma… proprio il Wessex?

L’odore del mare e la carezza del vento sembravano sirene che chiamavano Ivar, che lo tentavano e lo spingevano a prendere la decisione giusta, quella che lo avrebbe davvero reso felice: partire con Harald, sentire di nuovo la forza dello spirito vichingo dentro di sé, ritornare ad essere un guerriero spietato, un razziatore, il terrore dei cristiani…

Ma Aethelred cosa avrebbe pensato di tutto ciò?

Ivar si strappò a forza dal molo, si allontanò dalle navi tentatrici e dai pensieri che gli suggerivano. Non doveva indulgere in quelle fantasie, non poteva farlo, avrebbe ferito Aethelred, distrutto il loro legame, doveva pensare a lui e a tutti i momenti felice che avevano trascorso insieme. Il giovane decise di dirigersi verso la spiaggia di Kattegat, il luogo in cui lui e Aethelred si erano baciati per la prima volta, dove si erano ritrovati più e più volte dopo aver temuto di perdersi. Sì, doveva andare là, quello era il mare a cui doveva pensare, il mare che gli ricordava il colore degli occhi di Aethelred e tutto il loro amore.

Mentre si muoveva più in fretta che poteva verso la spiaggia, si ritrovò davanti Tiago. Era da qualche giorno che non ci parlava, ovviamente non sapeva che il ragazzo adesso era molto impegnato con Erik, e pensò di approfittare dell’occasione.

“Ah, Tiago, visto che sei qui ti posso avvertire subito di una cosa: non c’è più bisogno che tu tenga d’occhio Re Harald, non ha nessuna mira su Kattegat e anzi nei prossimi giorni vuole partire per… beh, per nuove spedizioni di conquista” gli disse.

La notizia sollevò non poco il giovane spagnolo, che si sentiva in colpa per non aver svolto al meglio il compito che gli era stato affidato: non aveva mai riferito a Ivar e Aethelred dell’accordo tra Harald e Erik e non era nemmeno stato così assiduo nel seguire il Re dei Norreni poiché Erik, prendendolo come suo schiavo da letto, voleva averlo a disposizione. Se Re Harald aveva altre intenzioni e presto sarebbe partito era meglio per tutti, non c’erano pericoli per Kattegat e anche Erik sarebbe stato sciolto dall’impegno preso con lui.

“È una buona notizia, no? Re Harald non sarà più una minaccia per Kattegat e per il trono di Re Bjorn” replicò Tiago, soddisfatto.

Ivar, però, non pareva condividere il suo entusiasmo.

“Certo, certo, è una buona notizia” mormorò. Si allontanò senza dire altro, lasciando Tiago a guardarlo sorpreso.

Il giovane vichingo aveva pensato di andare alla spiaggia, ma in quel momento si rese conto che, in realtà, non ne aveva davvero voglia. Erano tutte scuse per non tornare alla dimora regale e non dover affrontare Aethelred, tuttavia ora capiva che tergiversare sarebbe stato perfettamente inutile. Re Harald in persona avrebbe detto a tutti, magari già quella stessa sera, che intendeva partire per il Wessex e riconquistare le colonie della Northumbria, avrebbe sicuramente invitato i veri Vichinghi ad unirsi a lui in questa spedizione e quindi Aethelred sarebbe venuto comunque a saperlo.

Ciò che continuava a tormentare Ivar era un’altra cosa… era il desiderio che lui stesso aveva di unirsi alla spedizione, di ritrovare il suo spirito vichingo che in quei mesi trascorsi in ozio a Kattegat pareva aver perduto. Il dramma era che lui voleva disperatamente partire con Harald, non ne poteva più di sentirsi inutile e pure sgradito alla corte di Bjorn… ma allo stesso tempo era lacerato dalla consapevolezza che, se fosse partito per razziare il Wessex, avrebbe tradito e ferito Aethelred nel modo più ignobile.

Ad ogni modo non poteva evitare di confrontarsi con il suo compagno finché non avesse preso una decisione, doveva tornare alla dimora regale e parlargli. Chissà, magari rivedere Aethelred e parlare con lui gli avrebbe fatto capire che ciò che davvero contava era stargli accanto e gli avrebbe tolto il desiderio di imbarcarsi per la spedizione. In fondo erano Vichinghi, no? Sicuramente ci sarebbero state altre navi, altre partenze, altri viaggi per conquistare e razziare e magari non diretti proprio verso la patria del suo compagno! Sì, avrebbe fatto proprio così, avrebbe aspettato un’altra spedizione, così non avrebbe dovuto reprimere la sua voglia di avventure e conquiste ma non avrebbe dovuto neanche spezzare il cuore del giovane che amava. Convinto che quella fosse la decisione più saggia, Ivar si diresse verso la dimora regale.

Le cose andarono proprio come Ivar aveva previsto: durante il banchetto di quella sera, infatti, Harald annunciò a tutti che avrebbe organizzato una spedizione per la riconquista delle colonie della Northumbria e incitava più Vichinghi possibili a unirsi a lui per mostrare ancora una volta che lo spirito vichingo era sempre vivo e forte.

“Ho già iniziato ad allestire le navi e intendo partire al più presto, perciò chi vuole venire con me deve decidere subito!” esclamò, guardandosi intorno con aria trionfante. “Dovete decidere se continuare a seguire il vostro Re, Bjorn La Corazza, che vi guiderà in una vita pacifica ma priva di emozioni, una vita da contadini, artigiani e commercianti… o se volete seguire me, il Re dei Norreni. Io vi guiderò a razziare, a combattere, a conquistare, perché rappresento i veri Norreni che non coltivano la terra, non commerciano, i veri Norreni sono guerrieri indomiti, viaggiano e conquistano nuove terre, io sono il portavoce dei valori dei Vichinghi, dei nostri padri, dei nostri dei. Quindi, chi è con me?”

Un coro di urla entusiastiche rispose all’appello di Harald e pareva proprio che, in capo a pochi giorni, Kattegat si sarebbe svuotata quasi completamente lasciando soltanto donne, bambini e anziani… In realtà, come ben sappiamo, molti degli uomini che avevano aderito in un primo momento alla spedizione sull’onda dell’entusiasmo poi ci avrebbero ripensato, si sarebbero detti che, alla fine, Harald non era mai stato fedele alle sue promesse e che, al contrario, Re Bjorn assicurava loro e alle loro famiglie un futuro prospero e tranquillo. Certo, era nell’indole dei Vichinghi viaggiare, esplorare e razziare, ma di avventure ne avevano vissute fin troppe a Kattegat negli ultimi tempi, prima con le battaglie per il dominio della città, poi con l’invasione dei Rus’… insomma, molti di loro volevano solo vivere in pace almeno per un po’, poi chissà, più avanti sarebbero partiti per qualche destinazione sconosciuta. Molti di quelli che desideravano l’avventura erano già partiti con Ubbe e la sua missione esplorativa, perciò, alla resa dei conti, non sarebbero stati moltissimi quelli che avrebbero seguito Harald. E poi c’erano sempre gli indecisi…

Harald, tuttavia, era molto compiaciuto. Avrebbe organizzato la sua spedizione di conquista e si sarebbe ricoperto di gloria immortale, o così almeno sembrava. E, almeno in apparenza, si era fatto valere su Bjorn che ormai pareva aver scelto un futuro da pantofolaio per sé e per la sua città.

Chi, invece, era rimasto sconvolto dal discorso di Harald era proprio Aethelred. Non era quella la sede opportuna per opporsi al Re dei Norreni in persona, ma l’idea che delle navi vichinghe si dirigessero nuovamente nel Wessex per razziare dopo tutto quello che suo fratello Alfred aveva fatto per creare un luogo pacifico dove Sassoni e Vichinghi potessero vivere fianco a fianco… beh, era oltraggiosa! Il Principe Sassone si alzò di scatto da tavola, fissò con uno sguardo fiammeggiante Harald e poi si diresse precipitosamente verso le sue stanze, ritenendo di aver già udito fin troppo.

Ivar aveva la vaga sensazione che tutti gli sguardi fossero puntati su di lui, come se avesse scritto in fronte che era tentato dalla proposta del Re dei Norreni. Si alzò anche lui da tavola, lanciò uno sguardo sfuggente a Harald che invece sembrava aspettare proprio la sua risposta e, aiutandosi con la stampella, si incamminò per raggiungere Aethelred.

Il giovane era seduto sul letto, evidentemente fuori di sé per la rabbia.

“Come si permette, quello? Visto che non è riuscito a convincere la gente di Kattegat a sceglierlo come Re al posto di Bjorn adesso prova a sedurli con il miraggio di grandi conquiste? È vergognoso e non capisco perché Bjorn glielo permetta!” diceva, con i pugni stretti e gli occhi luccicanti d’ira.

Ivar si sedette accanto a lui.

“Harald è il Re dei Norreni, comunque abbia conquistato quella corona” replicò. “Ha il diritto di incitare gli uomini a partire con lui, se lo desidera, è così che funziona tra i Vichinghi. È un’opportunità che concede a chi è in cerca di avventure e battaglie, ma nessuno deve andare con lui se non vuole. Non è una vera e propria ribellione a Bjorn, piuttosto è come se…”

“Sì, va bene, e anzi dovremmo essere felici che se ne vada da Kattegat” lo interruppe Aethelred. “Ma perché proprio il Wessex? Perché le colonie della Northumbria? Sono quasi due anni che mio fratello Alfred ha donato ai Vichinghi quelle terre perché ci vivessero in pace, fianco a fianco con i Sassoni. Ha lasciato liberi i Norreni di seguire le loro tradizioni e adorare i loro dei. Perché Harald deve andare a distruggere un equilibrio che si è creato con tanta fatica? Potrebbe dirigere le sue navi verso qualsiasi altra direzione!”

“In realtà non è proprio così” spiegò Ivar. “È vero che quando tu sei partito con Hvitserk e gli altri per venire qui a Kattegat tuo fratello aveva lasciato libere le colonie vichinghe ma… ma adesso le cose sono cambiate, non so per quale motivo, ma sembra che i missionari cristiani si stiano spingendo sempre di più nelle terre Sassoni e addirittura in qualche città della Danimarca, cercando di convertire i Norreni. Temo che Re Alfred abbia perso per strada la sua apertura mentale…”

Aethelred si voltò a guardarlo con sospetto.

“E tu che ne sai? Chi ti ha dato notizie di mio fratello? È stato Re Harald, forse? Sei d’accordo con lui, allora, stai pensando di unirti anche tu a quella disgraziata spedizione?” lo incalzò.

E, almeno in quel momento, Ivar pensò che no, non lo pensava affatto e non lo desiderava. Partire per il Wessex avrebbe distrutto il suo legame con la persona più importante della sua vita, con il suo Aethelred, che adesso gli era davanti e continuava a fissarlo a metà tra il deluso e l’offeso.

“No, non voglio unirmi alla spedizione di Harald” rispose Ivar. “Tuttavia un giorno dovremo pensare a questa faccenda dei cristiani che vogliono convertire i Norreni, sappi che non mi piace affatto e che, se ci sarà bisogno, lotterò per difendere gli dei e le tradizioni dei Vichinghi.”

Lo sguardo di Aethelred si addolcì subito.

“E io non ti impedirò di farlo, anzi, se ci sarà bisogno andrò a parlare con Alfred per convincerlo a lasciare ai Vichinghi la libertà di credere nei loro dei, come era stato deciso prima che io partissi dal Wessex” disse.

Ivar era sopraffatto dall’emozione. Come aveva potuto anche soltanto pensare di tradire la fiducia del suo Aethelred che era così disponibile e pronto a mettersi al suo fianco? Com’era possibile che le parole di Harald lo avessero indotto a desiderare qualcosa che non fosse vivere con Aethelred per il resto della sua esistenza? Lo prese tra le braccia, lo strinse a sé e lo baciò appassionatamente, mentre con ogni bacio e ogni carezza gli chiedeva silenziosamente perdono per ciò che non avrebbe mai dovuto sapere. Lo spogliò e si liberò dei propri vestiti, scivolando con Aethelred nel letto e continuando a baciarlo e ad accarezzarlo fino a quando non si spinse in lui, lentamente, intensamente e per un tempo infinito, lasciando che fosse ancora una volta il linguaggio dei loro corpi fusi assieme a ricomporre un dissidio che non era nemmeno venuto fuori, ma che gravava come un’ombra oscura sul cuore di Ivar… ma ogni oscurità si sciolse al calore della passione e dell’amore dei due giovani.

Tuttavia non era ancora finita!

Harald partì una settimana dopo, con un buon numero di navi e di uomini, eppure non era completamente soddisfatto. Comprendeva benissimo che, se qualcuno dei figli di Ragnar si fosse unito alla sua spedizione di conquista, molti più uomini lo avrebbero seguito; tuttavia sperava di aver piantato un seme nella mente di Ivar e di qualcun altro e che magari, prima o poi, lo avrebbero raggiunto.

L’assenza di Harald, però, fu la scintilla che accese un nuovo fuoco…

Tiago, che ovviamente non si limitava a fare lo schiavo da letto di Erik ma continuava a seguirlo per accertarsi che non si mettesse nei guai, si accorse che l’uomo aveva iniziato ad incontrarsi con la Regina Ingrid e, se i primi incontri erano stati perlopiù accese discussioni sul fatto che lei non sopportasse di vederselo girare attorno dopo tutto ciò che le aveva fatto mentre lui ribadiva di essere una persona diversa, ad un certo punto i due sembrarono accordarsi su certi particolari. Ingrid era, di fatto, la Regina dei Norreni e fungeva da reggente in assenza di Harald, pertanto Erik aveva iniziato a proporle di far valere il suo titolo e, magari, di tornare a Tamdrup, la capitale, per farsi conoscere e accogliere dai suoi sudditi anche se suo marito era lontano. E ad Ingrid la cosa sembrava non dispiacere affatto…

Il problema, però, era che Tiago sapeva benissimo che Ingrid non era ciò che voleva sembrare: la donna, infatti, era una strega capace di evocare i demoni e gli spiriti dei morti per fare del male alle persone e per ottenere ciò che desiderava. Tiago era venuto a conoscenza del fatto perché, trovandosi a spiare Harald per conto di Ivar e Aethelred, aveva finito per tenere d’occhio anche lei e, una notte di qualche settimana prima, l’aveva seguita. Ingrid si era recata nel luogo dove si era svolta la battaglia più sanguinosa tra i Norreni e i Rus’ e lì aveva acceso un fuoco, si era dipinta il volto di strisce bianche e nere come una sorta di sacerdotessa e, vestita solo di una tunica leggera, aveva evocato gli spiriti di coloro che erano morti in battaglia ed eseguito altri strani riti che il ragazzo non aveva compreso e che non ci teneva a conoscere. Però aveva capito che Ingrid era pericolosa e che Erik non doveva in alcun modo fare accordi con lei, tanto più che la donna non lo aveva certo perdonato per averla imprigionata e venduta come schiava anni prima e sicuramente aveva in mente qualcosa anche contro di lui. Tiago sapeva bene quali danni potesse causare una donna che praticava la magia nera: da bambino, ad Algeciras, era rimasto orfano molto piccolo ed era stato allevato da una anziana guaritrice di nome Inés. La donna era conosciuta nel suo quartiere come una curandera, ossia una persona che sapeva usare le erbe per curare varie malattie, ma era in grado di fare anche altro, conosceva i principi della natura e le forze che regolano l’Universo e proprio attraverso l’uso di tali energie era in grado non solo di curare con tisane e decotti, ma anche di risolvere conflitti interiori, rivalità tra famiglie, malesseri dell’anima e di eliminare il malocchio. Inés non aveva figli né figlie e così aveva iniziato a insegnare al piccolo Tiago a riconoscere e usare le erbe, ma soprattutto a saper sentire le persone, a comprendere cosa avessero dentro, a rispettare e usare nel modo giusto le leggi e le energie dell’Universo per fare del bene. Tiago era ancora troppo piccolo per diventare anche lui un curandero e, a dir la verità, queste cose da una parte lo affascinavano e dall’altra lo spaventavano, perché Inés aveva badato bene a metterlo in guardia dai pericoli e dalle seduzioni della magia nera, poi era stato catturato e portato via come schiavo da Bjorn e i suoi uomini e non ci aveva pensato più tanto. Solo a volte aveva usato le sue conoscenze per medicare qualche schiavo ferito o curare gli schiavi ammalati, ma nulla di più. Sapeva però che quello che faceva Ingrid era esattamente ciò da cui Inés lo aveva sempre messo in guardia e così non poteva permettere che Erik si avvicinasse troppo a lei, doveva avvertirlo e farlo ragionare.

Già, ma come avrebbe fatto a farsi dare ascolto?

Fine capitolo sesto  

 

 

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Capitolo 7
*** Cap. 7: Skeleton ***


Cap. 7: Skeleton

 

I have wasted my time
Dwelling in the shadows from the past
In the front seat, did you hear my heartbeat?

Forward to the future I must move on, I will let go
To the future that's where I will soar
Higher, higher, higher, higher, higher

So I can face it and I will chase it
I will embrace it

You can't outrun your skeleton
No way, no way
You can't outrun your skeleton
No way, no way…

(“Skeleton” – Dolores O’ Riordan)

 

“Ragazzino, non hai ancora capito che il tuo ruolo di schiavo da letto non contempla affatto che tu mi dica cosa devo o non devo fare?” disse quella sera stessa Erik a Tiago, mentre nella sua camera si accingeva a spogliarsi e a mettersi a letto. Il giovane spagnolo voleva parlargli prima che succedesse tutto quanto perché sapeva benissimo che, se lo avesse preso e avesse iniziato a stringerlo e toccarlo, poi lui non sarebbe più stato in grado di mettere in fila due parole di senso compiuto. Perciò aveva cercato di spiegargli che non doveva fidarsi di Ingrid, che lei era ancora più pericolosa di Harald stesso perché lo odiava da anni, aveva un antico rancore verso di lui e poi era pure una strega!

“Lo so che non ho il diritto di dirti quello che devi fare o meno, ma ho il dovere di proteggerti. Visto che per te sono comunque uno schiavo, gli schiavi non sono forse obbligati a proteggere i loro padroni?” ribatté Tiago, cercando di trovare una sorta di compromesso. Andava bene tutto purché Erik si decidesse a starlo a sentire una buona volta! “Se non mi vuoi credere allora vieni con me e vedrai con i tuoi occhi che Ingrid è una strega, così come l’ho vista io. Dopo che avrai visto quello che è capace di fare, allora potrai decidere se vuoi davvero rischiare di fare accordi con lei.”

Erik, a dirla tutta, voleva più che altro portarsi Tiago a letto e goderselo per buona parte della notte, finché non fosse stato abbastanza appagato e sazio da addormentarsi… tuttavia c’era anche la possibilità che il ragazzino spagnolo dicesse la verità, Ingrid in fondo era una schiava e da quella gente ci si poteva aspettare di tutto. E poi almeno si sarebbe zittito una buona volta e gli avrebbe lasciato fare tutto quello che voleva, tanto ormai Erik aveva capito fin troppo bene che Tiago era ben felice di compiacerlo e soddisfarlo e che la cosa piaceva un sacco anche a lui. Così si decise a seguire il ragazzo, che lo condusse attraverso il bosco fino al luogo in cui Ingrid faceva i suoi malefici, la piana della battaglia contro i Rus’ che, probabilmente proprio per il grande spargimento di sangue che vi era avvenuto, era un luogo particolarmente potente per i rituali oscuri.

Nascosti in mezzo ai cespugli, Erik e Tiago videro quindi Ingrid, vestita succintamente come la volta precedente, che ballava e ripeteva strane litanie attorno al fuoco, dipinta di bianco e nero sul volto e sul corpo. Non c’era alcun dubbio, il ragazzino aveva detto il vero, quella Ingrid era una strega. Chissà se Harald lo sapeva e l’aveva sposata lo stesso?

Per tutto il tragitto di ritorno Erik non disse una parola, impegnato com’era a riflettere sulla questione che adesso cambiava decisamente aspetto. Sarebbe stato veramente rischioso accordarsi con Ingrid oppure avrebbe giocato a suo favore? Avrebbe potuto sempre ricattarla, dicendole che l’avrebbe denunciata a Bjorn e Gunnhild se non avesse fatto ciò che voleva lui e, a quel punto, altro che Regina dei Norreni! Avrebbe dovuto ringraziare se non l’avessero cacciata da Kattegat o addirittura bruciata su una pira…

“Insomma, io lo dico per il tuo bene, lo sai” continuava a ripetere Tiago, sebbene Erik non ascoltasse neanche una parola. “Ingrid è una strega e, cosa ancora più grave, ti detesta. Potrebbe usare la sua magia per farti del male o persino per ucciderti. Ora capisci perché non dovresti nemmeno avvicinarti a lei?”

Peccato che, al contrario, l’idea che si era fatto Erik della situazione fosse del tutto diversa da ciò che Tiago si era aspettato! Infatti, quando giunsero alla dimora regale, l’uomo disse al giovane spagnolo di andare a dormire nella sua stanza, perché intendeva attendere il ritorno di Ingrid per parlare con lei.

“Ma… ma allora non mi ascolti proprio!” trasecolò Tiago, avvilito. “Ti ho detto che è molto pericolosa e che ti odia, ti ho anche mostrato che è davvero una strega e ti ho avvertito di starle il più lontano possibile e tu vai proprio nelle sue stanze per incontrarla?”

Erik era seccato. Afferrò Tiago per un braccio e lo scrollò in malo modo.

“Ti ho già detto e ripetuto di smetterla di darmi consigli o di dirmi cosa dovrei fare secondo te!” esclamò con durezza. “Lo vuoi capire o no che sei solo uno schiavo da letto e che mi servi soltanto per quello scopo? Non hai alcun diritto di parlarmi con tanta arroganza, l’unica cosa che devi fare è obbedirmi! Vattene nella tua stanza e restaci, stanotte non avrò bisogno di te!”

Tiago era mortificato e addolorato, ma soprattutto era preoccupato per quell’uomo che pure lo stava trattando come se fosse un oggetto.

“Vuoi davvero andare da lei e… addirittura passarci la notte?” mormorò. Lo spaventava l’idea di Erik solo e vulnerabile nella stanza di quella strega che, col favore dell’oscurità, avrebbe potuto vendicarsi su di lui come desiderava.

Tuttavia Erik non condivideva affatto i suoi timori, anzi un sorriso beffardo gli si disegnò sulle labbra.

“Ah, ecco qual è il problema: non ti piace l’idea che non trascorra la notte con te” sibilò. “A quanto pare il tuo ruolo di schiavo da letto ti soddisfa così tanto che non sopporti che io prenda il mio piacere altrove. Beh, non preoccuparti, comunque sia saprò dove trovarti quando avrò di nuovo bisogno di te. Nel frattempo, non mi scocciare!”

E, senza tanti complimenti, gli voltò le spalle e lo lasciò solo nel corridoio, dirigendosi verso le stanze della Regina dei Norreni.

Tiago, rimasto solo, deluso e umiliato, sulle prime non poté fare altro che obbedire e recarsi tristemente nella sua stanza. Provò a mettersi a letto, chiuse gli occhi, si sforzò di non pensare più a quello che aveva visto fare a Ingrid, alle parole cattive che gli aveva detto Erik. Il cuore gli doleva e gli impediva di prendere sonno, eppure non era tanto lo strazio che sentiva per se stesso, quanto la preoccupazione per l’uomo che, nonostante tutto, amava. Trascorse un tempo che gli parve infinito a girarsi e rigirarsi tra le lenzuola, cercando in tutti i modi di rilassarsi e di addormentarsi, ma era come se una spada gli lacerasse le viscere e immagini spaventose lo tormentavano. Vedeva Ingrid che fingeva di ascoltare le proposte di Erik, che gli si avvicinava dandogli ad intendere che era d’accordo con lui… per poi accoltellarlo alle spalle e trafiggerlo più e più volte.

No, no, non mi importa cosa mi ha detto Erik e cosa pensa di me, io non posso lasciare che Ingrid gli faccia del male! Se lui non vuole difendere se stesso allora ci penserò io, non lo lascio solo, non posso…

Si alzò dal letto, si rivestì velocemente e, silenzioso, uscì dalla sua camera per dirigersi verso le stanze di Ingrid. Chissà se era già tornata, chissà che rituali terribili aveva compiuto… e Erik aveva visto tutto eppure non voleva rendersi conto del pericolo che correva! Il ragazzo, muovendosi leggero e con passo felpato, raggiunse la camera della Regina senza incontrare nessuno, avvolto dal mantello dell’oscurità. La sua figuretta minuta non dava nell’occhio e nessuno si accorse di lui quando, trovando la porta della stanza socchiusa, si infilò dentro per poter guardare e ascoltare… e intervenire se fosse stato necessario.

Ingrid era tornata probabilmente da qualche tempo e adesso era semisdraiata sul suo letto, guardando Erik con un’espressione ambigua sul volto. L’uomo era in piedi davanti a lei, con indosso soltanto i pantaloni, e stava parlando.

“Harald è partito per il Wessex e probabilmente non farà mai ritorno” diceva lui. “Ora tu sei la Regina dei Norreni e puoi governare la capitale, ma io voglio essere il Re, al tuo fianco.”

“Cosa ti fa pensare che io potrei accettare un simile accordo?” domandò la donna.

“Ti ho vista stanotte, ti ho vista sul campo di battaglia dove i Norreni hanno sconfitto i Rus’. Sei una strega e, se non mi concedi tutto quello che desidero, ti denuncerò a Bjorn e a Gunnhild e poi anche al popolo di Kattegat e di Tamdrup, se necessario. Pensi che accetteranno di essere governati da una strega?”

Il volto di Ingrid si irrigidì, ma lei mantenne il sangue freddo.

“Dunque mi hai spiata e adesso sai tutto. Che cosa vuoi da me?” domandò.

“Te l’ho già detto” affermò Erik, avvicinandosi di qualche passo al letto. “Voglio essere Re, e tu sarai la mia Regina. Se accetti non dirò mai niente dei tuoi poteri e potremo governare insieme su tutti i Norreni.”

“Sei certo di voler sposare una strega? Non hai paura?” chiese Ingrid con un sorriso gelido sulle labbra.

“No, anzi, penso che sarebbe molto eccitante” rispose Erik, avvicinandosi ancora.

Tiago, nascosto nell’ombra, era raggelato dal terrore. Cosa avrebbe fatto Ingrid? Com’era possibile che Erik non si accorgesse del pericolo che incombeva su di lui? E, in fondo al suo cuore, c’era anche un’altra domanda che lo torturava e che il ragazzo fingeva di ignorare: cosa ne sarebbe stato di lui se Erik avesse davvero sposato Ingrid e fosse partito con lei per la capitale?

“Va bene, allora, come desideri, governeremo insieme” concluse la Regina, sorridendo adesso con fare invitante e scostando le lenzuola. “Per me sarà più facile ripresentarmi come Regina dei Norreni se avrò un uomo al mio fianco, non è giusto ma è così che funziona, io non sono una shieldmaiden come Lagertha o Gunnhild e il popolo non mi accetterebbe facilmente. Vieni a letto, dunque, mio Re.” *

Tiago restò a guardare finché riuscì a sopportare quello che vedeva: da una parte vedere Erik a letto con Ingrid lo lacerava fin nel profondo, ma aveva troppa paura che lei potesse improvvisamente aggredirlo e, magari, tagliargli la gola per decidersi ad andarsene. Tuttavia non accadde niente di quello che il giovane spagnolo temeva e lui, quando comprese che per quella notte non sarebbe accaduto altro, si ritirò silenziosamente e con il cuore in pezzi. Tornando verso la sua stanza continuava a tormentarsi, convinto che Ingrid, comunque, stesse solo fingendo e che prima o poi avrebbe manifestato le sue vere intenzioni… ma non era soltanto quello a distruggerlo. Si raggomitolò nel letto, sentendosi gelare dentro, e solo dopo molto tempo cadde in un sonno agitato e inquieto, pieno di incubi e visioni agghiaccianti.

La mattina dopo il ragazzo si destò prestissimo, sfinito dopo una notte di angoscia, si preparò in fretta e uscì dalla stanza, sperando di incontrare qualcuno. Sebbene fosse primo mattino, c’era già movimento nella dimora regale e lui non avrebbe certo potuto intrufolarsi nuovamente nella stanza di Ingrid per vedere se Erik era ancora sano e salvo. Tuttavia sapeva che, se gli fosse accaduto qualcosa nella notte, ci sarebbe stata agitazione, si trattava pur sempre di uno degli uomini di fiducia di Bjorn. Stava ancora vagando senza una meta precisa quando si trovò di fronte Ivar e Aethelred.

“Buongiorno, Tiago” lo salutò gentilmente il Sassone. “Hai un’aria stanca, ti senti bene?”

“Io… buongiorno” rispose il ragazzo, trasalendo. “Sì, sto bene, ho dormito male stanotte, mi passerà.”

Ivar e Aethelred si scambiarono uno sguardo perplesso, poi fu di nuovo il Principe a rivolgergli la parola.

“Io e Ivar ci siamo alzati presto perché abbiamo deciso di raggiungere il villaggio di Lagertha e passare là la giornata. È molto tempo che non ci andiamo e volevo assicurarmi che fosse tutto a posto. Vuoi venire con noi? Ora che Harald è partito non devi più fare la spia e magari ti farebbe bene occuparti di qualcosa di diverso, al villaggio ci sarà di sicuro qualcosa da fare e poi potrai rimanere a pranzo con noi e con Lagertha. Che ne dici?” gli propose Aethelred.

Tiago era commosso dalla gentilezza del giovane Sassone, ma non voleva allontanarsi dalla dimora regale, era troppo in ansia per Erik e voleva continuare a tenere d’occhio Ingrid. Scosse il capo, sforzandosi di sorridere.

“Ti ringrazio, Aethelred, ma ho diverse commissioni da sbrigare qui, magari verrò la prossima volta, mi farà piacere rivedere la Regina Lagertha, è sempre stata così gentile con me” rispose, sfuggendo lo sguardo dei due giovani.

“Come vuoi, allora ci vediamo stasera” concluse Aethelred.

Allontanandosi insieme a Ivar, tuttavia, Aethelred non era affatto tranquillo e, non appena si trovarono fuori dalla dimora regale, ne parlò al compagno.

“Ivar, ma cosa sta succedendo a Tiago? Non è il ragazzo di sempre, mi sembra sciupato e credo che qualcosa lo tormenti” disse. “Tu, che sai sempre tutto di tutti, sei per caso venuto a sapere qualcosa?”

“Hai ragione, anch’io ho notato che Tiago si comporta in modo strano da giorni e che sembra sempre stanco e preoccupato, ma non ho idea di cosa lo tormenti” rispose il giovane vichingo. Sapeva bene che Aethelred diceva il vero e che, in condizioni normali, lui avrebbe avuto sotto controllo tutto quello che accadeva a Kattegat… ma quello non era un periodo facile per lui, continuava a pensare alla spedizione di Harald e sentiva che una parte di sé non era del tutto soddisfatta. Per questo non si era interessato più di tanto a Tiago e a ciò che poteva averlo turbato. “Forse l’impegno di spiare Harald è stato troppo gravoso per lui, ma Harald è partito da giorni, ormai… Vuoi che mi metta io a fare la spia per scoprire qualcosa in più?”

Aethelred rise e vederlo così spensierato e dolce acuì i sensi di colpa di Ivar.

“No, no, lascia perdere, se c’è qualcosa che non va lo scopriremo comunque. Ed è un bene che Harald non sia qui a tramare, così noi possiamo goderci un giorno insieme al villaggio di Lagertha senza doverci preoccupare di niente” replicò il Sassone. “Senti, lo so che Lagertha non ti piace, ma non è veramente per lei che voglio andare al villaggio, in realtà è per te che voglio farlo. Ho pensato molto a quello che mi hai detto qualche sera fa, al fatto che qui non riesci a sentirti utile e accettato e che per questo saresti voluto partire anche tu… Mi dispiace che Bjorn non si fidi di te e non ti affidi compiti importanti come meriteresti, ma vedrai che prima o poi si accorgerà di quanto puoi essere prezioso per lui con la tua arguzia e la tua intelligenza. Intanto abbiamo una giornata tutta per noi, speravo che ti avrebbe fatto piacere…”

Il tenero affetto di Aethelred scaldò e al contempo straziò il cuore di Ivar. Non si meritava un compagno così dolce e innamorato, lui gli stava nascondendo i suoi veri pensieri e Aethelred, al contrario, pensava solo a farlo stare bene e a distrarlo. Forse era vero, lui era soltanto un mostro e non sapeva amare, avrebbe finito per ferire e distruggere anche il suo dolce Principe…

“Certo che mi fa piacere” disse, stringendo a sé il giovane Sassone. “Insieme a te posso sopportare tutto, anche di dover parlare con Lagertha!”

Dissimulando con l’ironia quello che non poteva davvero svelare, avvolse Aethelred in un abbraccio pieno di calore e di intensità e lo baciò a lungo, sperando di dissolversi sulle labbra morbide del suo compagno e di dimenticare ogni altro brutto pensiero. Nel bacio languido e profondo che unì i due giovani, Tiago venne ben presto dimenticato… almeno per quel giorno.

Ma la storia era ancora soltanto all’inizio.

Fine capitolo settimo

 

 

* Le scene di Erik che scopre Ingrid che compie rituali stregoneschi e che poi la ricatta imponendole di prenderlo come suo Re sono anche nella serie TV, anche se, ovviamente, non c’è Tiago e i dialoghi sono un po’ diversi. Il concetto tuttavia è questo: Erik è talmente ambizioso da non rendersi conto che Ingrid lo sta ingannando per avere l’occasione di vendicarsi di lui.

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Capitolo 8
*** Cap. 8: Venomous moon ***


Cap. 8: Venomous moon

 

But there’s an infinite silence

(Where do I go now? Nobody wants my heart)

I’m crying out for guidance

(Nobody wants my heart)

 

Venomous moon

I feel my heart freezing over

The world is a tomb

Save me, is there anyone out there

Take me, venomous moon

I’ve been waiting for all my life

I’m ready for you

Save me, is there anyone out there

Take me, venomous moon

Venomous moon…

(“Venomous moon” – The Rasmus & Apocalyptica)

 

Quando Ivar e Aethelred giunsero al villaggio di Lagertha, la donna li accolse con calore, andando loro incontro e abbracciando il giovane Sassone proprio come avrebbe fatto una madre. E, del resto, dopo tutto quello che era accaduto in Wessex e l’orrendo tentativo della Regina Judith di uccidere suo figlio, lei si era sempre sentita una madre per lo sfortunato Principe.

“Stai bene, Lagertha? Il villaggio prospera?” le domandò il giovane, ricambiando l’abbraccio.

“Sì, non abbiamo più avuto problemi da quando le guardie di Kattegat si alternano nella difesa dei confini” rispose lei. “Comunque non temere, c’è sempre molto lavoro da fare, un tetto è crollato dopo una pioggia particolarmente intensa, ci sono molti steccati da sistemare…”

Aethelred rise.

“Va bene, va bene, ho capito, Ivar e io dovremo lavorare se vogliamo guadagnarci il pranzo!” scherzò.

Ivar guardava i due e anche le persone del villaggio che, avendo riconosciuto Aethelred, si stavano avvicinando per salutarlo. Ancora una volta si rese conto di quanto il giovane fosse riuscito a farsi amare dai Vichinghi, sia a Kattegat sia nel villaggio di Lagertha. Aethelred era benvoluto perché era sempre gentile, disponibile e aveva dato il suo contributo per rafforzare le difese del villaggio e aiutare chi ne aveva bisogno. Lui era fin troppo fortunato ad averlo come suo compagno e… e non se lo meritava, perché invece di ringraziare gli dei per il dono che gli avevano concesso si tormentava con il desiderio di nuovi viaggi, razzie e battaglie. Era un ingrato e un insensibile! Si ripromise di smetterla con quelle fantasie e di dedicarsi soltanto a ricambiare l’amore di Aethelred, a renderlo felice come meritava. Un giorno, magari, sarebbero partiti insieme per un viaggio avventuroso, ma non era quello il momento.

Deciso a distrarsi e a dimostrare a Aethelred la sua buona volontà, Ivar si impegnò per aiutare il più possibile per quanto le gambe glielo consentivano, ripulì vialetti, riparò steccati, insomma si diede tanto da fare che la stessa Lagertha rimase esterrefatta.

“Quello è davvero Ivar o è un suo gemello?” domandò a Aethelred. “La tua compagnia deve avergli fatto proprio bene…”

Dopo un’intensa mattinata di lavoro, arrivò finalmente l’ora di pranzo e Ivar e Aethelred scoprirono con sorpresa che anche Hvitserk e Helgi erano appena giunti da Kattegat e si sarebbero uniti a loro.

“Cosa c’è di strano? Bjorn ha incaricato me e Helgi di sovrintendere alla sicurezza del villaggio” spiegò Hvitserk. “Noi veniamo qui ogni due o tre giorni per controllare che tutto vada come deve andare e per organizzare il cambio delle guardie.”

Fu un pranzo allegro e spensierato, al quale parteciparono anche Hali e Asa, i bambini di Bjorn e Torvi che adesso vivevano con la nonna. Lagertha si sentiva molto felice e fortunata e, in certi momenti, le sembrava quasi di essere tornata indietro nel tempo, quando la sua vita era più semplice e serena, insieme al marito Ragnar e ai figli piccoli Bjorn e Gyda, prima che cominciassero le ambizioni, le lotte per il potere e tutto il resto. Proprio per quel motivo la donna aveva scelto di ritirarsi in un semplice villaggio ed era sempre più convinta di aver preso la giusta decisione.

Nel pomeriggio, dopo aver trascorso una giornata piacevole seppur faticosa, Aethelred e gli altri fecero ritorno a Kattegat, felici di essersi tenuti lontani, almeno per un po’, dalle preoccupazioni quotidiane.

Tuttavia, mentre cavalcavano, Hvitserk se ne uscì con una domanda alquanto inopportuna.

“Io e Helgi avevamo pensato di raggiungere Harald e unirci alla sua battaglia in Wessex, partendo con una nostra nave non appena ci saremo organizzati” disse. “Tu cos’hai deciso, Ivar? Verrai anche tu con noi? So che Harald te lo ha chiesto…”

A quelle parole Ivar trasalì, mentre Aethelred si voltò a fissare il compagno con uno sguardo duro e colmo di dolore.

“Harald ti ha chiesto di andare con lui a razziare in Wessex e tu non mi hai detto niente? Perché? Magari perché pensavi di accettare, non è così? Altrimenti me ne avresti parlato” disse, mentre una crescente amarezza gli bruciava dentro.

“No, io… veramente…” per una volta Ivar sembrava non trovare le parole.

“Certo, sì, ho capito” tagliò corto il Sassone, spronando il cavallo e allontanandosi a gran velocità dal gruppetto dei Vichinghi.

Ivar si voltò inviperito verso Hvitserk.

“Si può sapere che cosa ti è preso? C’era proprio bisogno che tu parlassi della spedizione in Wessex davanti a Aethelred? Ma che ti dice la testa?” sibilò.

Hvitserk, però, non si lasciò smontare e ribatté con la stessa ostilità.

“E io come potevo sapere che tu non avevi parlato al tuo compagno di una cosa così importante? Non è certo colpa mia se tu menti a Aethelred, io e Helgi ci diciamo sempre tutto!”

Ivar trasecolò, scrollò il capo incredulo e, senza neanche degnare il fratello di una risposta, spronò il cavallo per cercare di raggiungere Aethelred.

“Che sta succedendo?” domandò Helgi che non aveva capito niente dello psicodramma che si era appena svolto sotto i suoi occhi.

Hvitserk si strinse nelle spalle.

“Niente che ci riguardi, in realtà. È il solito Ivar che non può fare a meno di mentire, ingannare e dissimulare anche con le persone che dice di amare, non puoi mai fidarti di lui” rispose.

“Aethelred ci è rimasto molto male” mormorò Helgi, dispiaciuto.

“Non preoccuparti, Ivar sa anche come farsi perdonare, loro due fanno sempre così” Hvitserk sorrise e avvicinò il cavallo a quello del suo compagno, poi si allungò verso Helgi e lo baciò. “Non sono come noi che ci diciamo sempre tutto!”

Helgi ricambiò dolcemente il bacio e quella fu l’unica risposta necessaria.

Aethelred giunse a Kattegat poco dopo il tramonto e si chiuse subito nella sua stanza, ancora una volta deluso, amareggiato e frustrato. Anche quella, che sarebbe dovuta essere una giornata perfetta, era stata distrutta dalla superficialità e dall’egoismo di Ivar. Possibile che Ivar volesse andare veramente a razziare in Wessex, nel suo Paese, contro la sua gente? Il fatto stesso che non gliene avesse parlato poteva significare una sola cosa, no?

Mentre se ne stava a rimuginare imbronciato e seduto sul suo letto, Ivar arrivò ed entrò nella stanza con veemenza, sbattendo poi la porta dietro di sé.

“Insomma, Aethelred, è possibile che tu, ogni volta che c’è qualcosa che non ti va bene, prendi e te ne vai?” esclamò. “Sei arrabbiato con me, sei offeso perché non ti ho detto che Harald mi aveva chiesto di partecipare alle razzie in Wessex? Bene, adesso sono qui, sfogati, insultami, dimmi in faccia quanto ti ho fatto male… ma non scappare, affrontami!”

Aethelred era allibito davanti a una simile faccia tosta.

“Ah, dovrei anche spiegarti perché mi sono arrabbiato? Tu mi hai mentito, mi hai ingannato per tutti questi giorni e io dovrei essere contento?” sbottò.

“No, non devi essere contento, ma devi prendertela con me invece di nasconderti nella tua stanza” precisò Ivar. “E comunque ci tengo a dire che non ti ho mai mentito, caso mai ti ho nascosto quello che ho provato, ma non ti ho detto bugie. È vero, ho desiderato partire, lo sai che qui mi sento intrappolato, che mi sento inutile e che vorrei riprendere a viaggiare e a combattere, ma non ho partecipato a questa spedizione perché non voglio razziare nel tuo Paese, non voglio farti soffrire. Ne avevamo già parlato e mi sembrava che fosse chiaro e invece basta una frase inopportuna di Hvitserk per rovinare tutto?”

Ivar si era mostrato aggressivo in parte perché si sentiva davvero in colpa, ma anche perché era realmente infuriato con Hvitserk che avrebbe anche potuto farsi i fatti suoi e non intromettersi in qualcosa che non lo riguardava.

“Avresti dovuto parlarmene subito e proprio perché le razzie sarebbero avvenute in Wessex” insisté Aethelred, ma ormai la rabbia era sbollita e il giovane continuava a insistere soltanto per non darla vinta al compagno.

Ivar si sedette accanto a lui.

“Credi davvero che, per quanto possa sentire il bisogno di razziare e conquistare, potrei partire per il Wessex senza di te e, ancora peggio, senza dirti niente?” gli chiese, addolcendo lo sguardo e la voce.

“Io… no… però, ecco…” con Ivar così vicino che gli parlava con tanta tenerezza, Aethelred non riusciva più ad avercela con lui, il sangue gli si scioglieva nelle vene e desiderava soltanto che lo stringesse tra le braccia e fugasse tutte le sue paure. Ivar lesse quel desiderio nei grandi occhi chiari del suo dolce Principe e lo accontentò, abbracciandolo forte e baciandolo a lungo e profondamente. Lo depose sulle lenzuola e si mise sopra di lui, sfilandogli gli abiti. Ogni fibra del suo essere bramava un contatto con lui, lo accarezzò dappertutto, le carezze si fecero sempre più audaci e i baci sempre più intimi. Entrò in lui e quell’amplesso fu liberatorio dopo tanti pensieri dolorosi e angoscianti, i due giovani si fusero l’uno nell’altro fino ad annullarsi totalmente in un’estasi di assoluto piacere.

Nel frattempo, in un’altra parte della dimora regale, Tiago stava disperatamente cercando di convincere Erik a non tornare anche quella notte da Ingrid. Il ragazzo sentiva, sapeva che la donna aspettava solo il momento giusto per colpire indisturbata e non poteva tollerare il pensiero che l’uomo che amava fosse in pericolo.

Erik, però, non aveva la minima intenzione di perdere tempo con lui, ormai si vedeva già proiettato nella capitale come Re dei Norreni e le sciocche paure di Tiago lo innervosivano.

“Adesso mi hai veramente scocciato con questa storia” lo rimbeccò, brusco. “Secondo le tue fosche previsioni, Ingrid avrebbe dovuto accoltellarmi già la notte scorsa e invece ti posso assicurare che ha fatto ben altro, non voglio più sentire le tue bugie. Ma forse… ah, certo, forse è proprio questo il punto. Tu non vuoi che io vada da Ingrid perché sei geloso, come se un qualsiasi schiavo da letto avesse il diritto di essere geloso di una Regina!”

“Non è questo…” cercò di spiegare Tiago, ma risultò ancora meno credibile del solito.

“Invece sì” tagliò corto Erik. “Ma non ho tempo da perdere con te, ormai mi aspetta ben altro. Partirò per Tamdrup con Ingrid e sarò il Re di tutti i Norreni, avrò una moglie bellissima e tutti gli schiavi e le schiave che vorrò. Non ho più bisogno di te, sciocco ragazzino, la mia vita sarà perfetta, tu non mi servi più a niente. Sparisci!”

Se l’avesse squartato con una mannaia gli avrebbe fatto meno male. Tiago, devastato dal dolore e dalla disperazione, non riuscì neanche a rispondere e poté solo restare immobile, impietrito, a guardare Erik che si incamminava verso le stanze di Ingrid.

Erik sapeva benissimo di aver esagerato e di essere stato fin troppo duro con Tiago, che in fondo aveva soltanto manifestato il suo affetto per lui. Ma era proprio questo che lo faceva sentire strano e che, di conseguenza, lo irritava: il ragazzino spagnolo era sempre gentile, dolce e tenero, lo faceva sentire amato e accolto come non gli era mai capitato. Fin dalla prima volta in cui lo aveva preso era rimasto stupito dal modo spontaneo e affettuoso con cui gli si era concesso, dal piacere incredibile che aveva saputo dargli assecondandolo in tutto, benché fosse ingenuo e inesperto. Nella sua vita aveva avuto fin troppe esperienze di sesso, ma nessuna lo aveva fatto sentire così bene… tanto meno quella che aveva avuto con Ingrid. Sì, sapeva anche lui che la donna lo odiava e che lo tollerava solo perché il loro era un compromesso che portava vantaggi ad entrambi, ma non voleva certo trovarsi a rimpiangere i teneri abbracci di Tiago adesso che stava per soddisfare la sua ambizione e diventare addirittura Re dei Norreni. Cosa importava se Ingrid era fredda con lui e faceva sesso come se fosse un dovere da compiere? I matrimoni di convenienza erano quasi sempre così e ciò che contava era che governassero insieme, caso mai il piacere lo avrebbe cercato altrove… Figuriamoci se doveva confondersi le idee per uno schiavetto spagnolo!

Tiago, intanto, era rimasto lì dove Erik lo aveva lasciato, a tremare e a cercare di inghiottire le lacrime. Quando trovò la forza di muoversi si trascinò lentamente verso la sua stanza, si buttò sul letto ancora vestito e si raggomitolò in posizione fetale, sentendosi pesto e dolorante come se Erik lo avesse picchiato. E forse sarebbe stato meglio… Le parole crudeli dell’uomo continuavano a risuonargli nelle orecchie, a rimbombargli in testa. Solo dopo molto tempo, sfinito, Tiago cadde in un torpore oscuro che non lo ristorò affatto.

Si ridestò il mattino seguente sentendo voci, urla, esclamazioni che provenivano da qualche parte della dimora regale. Si tirò su ma, sulle prime, era talmente intontito e confuso da non capire se ciò che sentiva fosse vero o se invece fosse uno dei suoi terribili sogni, in cui Erik veniva colpito a morte da Ingrid. Ma tutto sembrava fin troppo reale: le voci che sentiva erano quelle di Bjorn, Ivar e Aethelred, concitate e preoccupate, mentre le grida erano… erano di Erik, grida strazianti di una rabbia disperata che non trovava sfogo in altro modo. Tiago balzò in piedi con un tuffo al cuore, i suoi peggiori incubi si erano avverati e adesso non gli importava più se Erik lo aveva trattato con cattiveria e cacciato via, aveva dimenticato le parole crudeli che gli aveva rivolto, tutto quello che contava per lui era cercare di salvarlo, se era ancora in tempo. Con il cuore in gola corse verso il luogo dal quale provenivano le voci ed entrò precipitosamente nelle stanze della Regina Ingrid.

Ivar e Aethelred si voltarono subito verso di lui, mentre Bjorn continuava a interrogare la donna.

“Insomma, si può sapere che cos’è successo a Erik?” insisteva, furibondo.

“Io non lo so” ripeteva Ingrid, “ieri sera stava bene e stamani si è svegliato urlando e poi…”

“Non vedo più!” gridava Erik, in preda a un terrore angoscioso, mentre si contorceva per terra. “Non ci vedo, sono cieco, sono diventato cieco!”

Tiago non vide e non sentì nessun altro, per lui in quella stanza c’era solo Erik che stava soffrendo e lui doveva aiutarlo. Si precipitò verso di lui, gli si inginocchiò accanto e cercò di calmarlo.

“Erik, sono io” gli disse, con una voce tranquilla e ferma. In quel momento aveva riacquistato tutto il suo sangue freddo, sapeva che doveva mostrarsi sicuro e determinato perché Erik era già abbastanza sconvolto per conto suo. “Sono qui, mi occuperò io di tutto, non preoccuparti.”

“Tiago?” fece l’uomo, brancolando e voltandosi verso la voce dolce e affettuosa del ragazzo. Gli occhi erano coperti da una patina biancastra. Trovò le braccia di Tiago e gli si aggrappò convulsamente. “Tiago, sei tu? Aiutami, Tiago, sono diventato cieco, aiutami, ti prego!”

Erik sembrava aver completamente dimenticato di aver detto al ragazzo che non gli serviva più, che non aveva più bisogno di lui, che doveva sparire… adesso Tiago era l’unica ancora di salvezza e lui vi si afferrava con tutte le forze. Non l’aveva mai chiamato per nome prima, lo chiamava schiavo o ragazzino, ma adesso dimostrava che il suo nome, in realtà, lo conosceva molto bene!

Anche Tiago, però, aveva dimenticato tutto il male ricevuto e voleva solo fare tutto quello che poteva per aiutare l’uomo che amava. Lo strinse e lo aiutò ad appoggiarsi a lui per alzarsi da terra.

“Certo che ti aiuto, Erik, sono qui per questo” continuò a ripetergli in tono pacato e tenero. “Penserò io a tutto, adesso ti accompagno nella tua stanza e poi troverò un modo per curarti. Non temere, mi occuperò io di te.”

Tutti rimasero allibiti nel vedere che Erik, aiutato da Tiago, riusciva a calmarsi e ad alzarsi in piedi, mentre fino a qualche istante prima sembrava una furia, un invasato.

“Re Bjorn, non preoccuparti, conosco bene le erbe medicinali e tenterò ogni rimedio per guarire Erik, penserò io a tutto” disse il giovane spagnolo, prima di dirigersi lentamente verso la stanza di Erik, sorreggendolo e incoraggiandolo.

“In effetti Tiago è molto bravo con infusi e decotti, spesso ha curato altri servi ammalati” commentò Bjorn, rivolgendosi a Ivar e Aethelred. “Questo, però…”

“Sono certo che Tiago riuscirà ad aiutare Erik” affermò convinto Aethelred. “Se è diventato cieco all’improvviso può essere entrato in contatto con una sostanza velenosa o aver contratto un’infezione, Tiago troverà il rimedio giusto per lui.”

Ivar non disse niente, ma il suo cervello lavorava a pieno regime. Adesso capiva perché Tiago nelle ultime settimane si comportava in modo strano, si era evidentemente legato a Erik e il rapporto non doveva essere stato facile. Se non fosse stato così concentrato sui propri dissidi interiori se ne sarebbe accorto prima e, chissà, forse avrebbe anche potuto aiutarlo. L’improvvisa cecità di Erik, tuttavia, non poteva essere un caso. Lo sguardo di Ivar si posò su Ingrid e notò che la donna guardava Tiago e Erik che si allontanavano con un’espressione a metà tra la rabbia e il trionfo sul volto… e comprese molte cose. Chiaramente Ingrid era responsabile di ciò che era accaduto a Erik, ma chissà se Tiago lo sapeva? Avrebbe dovuto parlare con il ragazzo e accertarsene, ma questa volta era ben deciso a non dire niente a Aethelred. Se Ingrid era tanto pericolosa, allora era meglio che il suo compagno le restasse il più possibile lontano e non fosse coinvolto in quella brutta storia.

Questa volta il silenzio sarebbe servito per proteggere Aethelred piuttosto che se stesso.

Fine capitolo ottavo

 

 

 

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Capitolo 9
*** Cap. 9: The dark element ***


Cap. 9: The dark element

 

Just one life, just one try

So play to win or not at all

Embrace the dark, let it in your heart

Take the world, it’s all for you

Decadent dissonant eloquent

The dark element permanent

In our hearts it always burns

Primitive chemical beautiful

The dark element permanent

She’s inside of us all…

(“The dark element” – The Dark Element)

 

Per quanto terribile e spaventoso fosse stato ritrovarsi completamente cieco, Erik iniziava a sentirsi meno perduto, meno disperato adesso che c’era Tiago con lui, Tiago che lo aveva accompagnato nella sua stanza e aveva chiesto a dei servitori di portare una tinozza di acqua calda per permettergli di lavarsi e rilassarsi. Lo aveva aiutato a svestirsi e a entrare nella tinozza e gli aveva messo accanto dei teli puliti con cui asciugarsi quando avesse finito.

“Mentre tu ti lavi e ti rilassi io vado a preparati un infuso di erbe, ci metto anche della corteccia di salice che combatte le infezioni” gli disse Tiago, sempre dolce e premuroso. Sembrava davvero aver cancellato dalla mente tutte le cose orribili che Erik gli aveva detto soltanto la sera prima… “Se la tua cecità è dovuta a un’infezione dovresti già cominciare a stare meglio, altrimenti… beh, altrimenti troverò altri rimedi per curarti, ne conosco davvero tanti. Tu non preoccuparti e riposati, io torno presto. Vuoi che ti porti anche qualcosa da mangiare?”

Erik, ovviamente, non poteva vedere Tiago ma dalla sua voce indovinava il sorriso tenero e affettuoso con cui il ragazzo accompagnava le sue parole e si sentì improvvisamente avvolto da un calore benefico, da qualcosa che non aveva mai provato prima e che gli fece credere veramente che sarebbe andato tutto bene.

“Per adesso no, magari più tardi” rispose, “e… Tiago, volevo ringraziarti per tutto quello che stai facendo per me, sei così buono e io ti ho sempre trattato con freddezza e cattiveria. Non so se mi merito le tue premure.”

“Quello che non ti meriti è la disgrazia che ti è capitata, e io ti guarirò. Per il resto, non pensarci più, io lo faccio volentieri perché a te ci tengo molto, te l’ho sempre detto” spiegò Tiago, con la sua solita semplicità. “Allora torno presto con l’infuso!”

E, mentre si ripuliva e si rilassava nell’acqua calda, Erik non poté fare a meno di pensare a quanto fosse stato sciocco. Aveva messo da parte Tiago, l’aveva ferito e umiliato non ritenendolo alla sua altezza, aveva rincorso uno stupido sogno di ambizione credendo alle bugie di una strega che lo odiava da sempre… mentre la vera fortuna della sua vita era aver incontrato quel ragazzino spagnolo che, chiaramente, lo amava senza limiti e senza condizioni, senza neanche chiedere niente in cambio, che per lui era pronto a tutto. Terre e titoli si potevano conquistare in battaglia, Erik era un Vichingo e questo lo sapeva bene, ma trovare una persona come Tiago era quasi impossibile: lui in tutta la vita non c’era mai riuscito, anzi. Aveva avuto rapporti occasionali con schiave, schiavi e prostitute che spesso aveva dovuto malmenare per sottometterli ai suoi voleri, poi aveva pensato di poter ricattare Ingrid e di poterla usare a suo piacimento perché, un tempo, l’aveva venduta come schiava e conosceva il suo segreto, sapeva che era una strega… e aveva creduto di averla piegata, ma lei aveva solo finto di assecondarlo. Chissà, magari era stata proprio lei ad avvelenarlo o a mettergli qualche polvere sugli occhi per accecarlo, Tiago lo aveva messo in guardia e lui, come sempre, non lo aveva ascoltato, al contrario lo aveva ferito e insultato. Ma adesso Tiago era con lui e voleva solo aiutarlo. Erik si ripromise di non commettere mai più quell’errore: Tiago era la sua fortuna, la persona più preziosa e importante della sua vita e ora non se lo sarebbe più lasciato scappare, lo voleva per sé e non come schiavo, lo voleva perché lo faceva sentire amato, accolto, perché solo con lui stava bene, perfino adesso che era cieco.

Tiago preparò l’infuso e si affrettò a tornare da Erik. Anche lui era convinto che fosse stata Ingrid a provocare all’uomo la cecità, ma era più preoccupato perché non capiva come potesse aver fatto e avrebbe dovuto impegnarsi e concentrarsi molto per scoprire i metodi che aveva usato e rimediarvi. Ovviamente, se Ingrid avesse dato un veleno a Erik o gli avesse messo qualche sostanza negli occhi, Tiago avrebbe potuto contrastare gli effetti dannosi con i tanti rimedi che conosceva e l’uomo sarebbe guarito in pochi giorni. Ma Ingrid era una strega oltre che una conoscitrice delle erbe e, come Tiago aveva imparato ad Algeciras da Inés, avrebbe anche potuto eseguire un rituale oscuro di magia nera per accecare Erik. In quel caso il compito del ragazzo sarebbe stato molto più difficile, faticoso e anche spaventoso. Lui era in grado di attingere alle forze benefiche della natura e dell’universo per distruggere un incantesimo maligno, ma avrebbe dovuto confrontarsi con gli spiriti malvagi che avevano aiutato Ingrid e… e aveva paura. Tuttavia sapeva di dover essere coraggioso, Erik contava su di lui e non poteva tirarsi indietro, lo aveva sentito così disperato e non avrebbe avuto pace finché non gli avesse fatto riacquistare la vista a qualsiasi costo. A tutte queste cose pensava il giovane spagnolo mentre ritornava nella stanza di Erik con la tazza dell’infuso in mano.

Con sua sorpresa, Erik non era più nella tinozza. Era riuscito in qualche modo a orientarsi nella stanza, aveva trovato i teli con cui asciugarsi e poi aveva raggiunto il letto, mettendosi sotto le lenzuola asciutto, pulito e… senza nulla indosso.

Tiago gli si avvicinò e gli mise la tazza tra le mani, aiutandolo a sollevarsi a sedere e a bere l’infuso.

“Ecco qui, questo dovrebbe farti stare meglio e combattere l’infezione” gli disse. “Purtroppo non credo che basterà l’infuso a farti tornare la vista, ma sicuramente non proverai più dolore agli occhi e poi, quando avrò scoperto che cosa ti ha accecato, mi impegnerò per trovare il rimedio giusto. Dovrai avere pazienza, ci vorranno alcuni giorni, ma stai sicuro che guarirai, te lo prometto!”

Finito di bere l’infuso, Erik si distese di nuovo sul letto.

“I tuoi abiti sono nel baule?” gli domandò Tiago. “Posso darti dei vestiti puliti e poi accompagnarti nella Sala Grande, se vuoi, così potrai stare insieme a Re Bjorn e agli altri.”

Non erano quelle, però, le intenzioni di Erik. L’uomo allungò un braccio e prese il polso di Tiago, che era ancora vicino a lui. Lo attirò verso di sé, lo prese per la vita e lo abbracciò, portandolo nel letto con sé. Tiago era completamente allibito, ma il cuore gli batteva fortissimo quando era così vicino a Erik e lo lasciò fare.

“Ti ho detto delle cose orribili ieri sera, ma ero fuori di me, ho commesso tante sciocchezze in questi giorni e invece avrei dovuto ascoltarti” gli disse Erik, iniziando a togliere i vestiti al ragazzo. “Tu volevi solo aiutarmi e io ti ho offeso e ferito, ma adesso cambierà tutto. Nonostante quello che ti avevo detto sei corso subito ad aiutarmi e ti sei preso cura di me e io… io devo ammettere che, forse, proprio ora che ho perduto la vista riesco a vedere meglio le cose importanti.”

Nel frattempo aveva spogliato completamente Tiago e si era messo sopra di lui, accarezzandolo.

“Ti ho disprezzato, ho detto che eri solo uno schiavo, nonostante Bjorn avesse liberato te e tutti gli altri, e tu mi hai dimostrato sempre che, al contrario, sei una persona speciale, un ragazzo buono e generoso che tiene a me per qualche motivo che in realtà non so nemmeno spiegarmi, non ho fatto niente per farmi amare da te” ammise Erik, che anche se non vedeva suppliva con il tatto al riconoscimento del corpo minuto del ragazzo. “Quindi voglio che resti con me, che stiamo insieme, che siamo amanti. Non ti tratterò mai più male, non dirò mai più che sei il mio schiavo, sei il mio amante e quindi mi appartieni, ma solo perché sei il mio compagno. D’ora in poi sarà così.”

Sì, beh, chiaramente Erik era quello che prendeva le decisioni e il parere di Tiago in tutto ciò non era neanche lontanamente contemplato, tuttavia Tiago stava decisamente dando il suo assenso silenzioso, o meglio stringendosi all’uomo e sospirando incredulo e sconvolto, perduto in qualcosa che non riusciva neanche a definire. La sera prima aveva creduto di aver perso Erik per sempre, poi era andato a salvarlo quando lo aveva sentito gridare con una rabbia disperata, ma non avrebbe mai pensato di ritrovarsi così, nel suo letto, incollato a lui, con l’uomo che gli parlava finalmente con un tono gentile e appassionato e lo accarezzava sempre più intimamente. Erik lo avvolse in un abbraccio impetuoso e lo baciò più intensamente e profondamente che poté, esplorandogli la bocca con passione e togliendogli il respiro. Tiago era completamente in balia di quell’uomo che lo aveva baciato così intimamente per la prima volta e si sentì incendiare il sangue nelle vene, il cuore impazzire, il corpo chiedere disperatamente di più, ancora di più… Non poteva sapere che anche per Erik quella era un’esperienza nuova e insolita, che non solo non aveva mai baciato Tiago ma che non aveva mai baciato nessuno in un modo tanto profondo e intimo, avendo avuto solo rapporti occasionali e perfino brutali in cui i baci non erano certo previsti. Erik continuò a baciare il giovane spagnolo, accarezzandolo a lungo su tutto il corpo e nelle parti più delicate fino a fargli perdere quel po’ di lucidità che gli restava e a farlo gemere, sperduto, contro la sua bocca; poi si fece strada nel suo corpo, prima con lentezza e poi con più passione, mentre Tiago si aggrappava alle sue spalle possenti e assecondava tutti i suoi movimenti, ogni suo desiderio. Le ondate di piacere divennero sempre più incalzanti, i loro corpi si mossero sempre più all’unisono, con Tiago completamente fuori di sé che non capiva più nemmeno chi fosse, dove fosse e perché. Ma anche Erik stava vivendo quell’esperienza in un modo del tutto nuovo, sentiva dentro di sé un languore e una tenerezza che il sesso non aveva spento ma caso mai accresciuto, voleva che quella sensazione meravigliosa durasse per ore e ore e, in quel modo, aveva quasi persino dimenticato la sua cecità. Voleva ancora di più, voleva fondersi con Tiago, essere una cosa sola con lui e così riprese a baciarlo con sempre maggior intensità, ancora una volta si fece largo nel suo corpo liscio e morbido, cercando di prolungare al massimo il piacere e godendo di ogni singolo istante, fino a perdersi con lui in un oceano di passione. E questi assalti amorosi durarono veramente ore ed ore, tanto che, ad un certo punto, Tiago, sfinito dal piacere, mormorò una frase così dolce e tenera che finì per eccitare ancora una volta Erik.

“Senti, Erik… va bene… allora me lo dici tu… quando vuoi che ti aiuti ad alzarti” fece in un sospiro.

E questo, ovviamente, portò Erik a ricominciare da capo, ancora e ancora, con passione prima, lentezza e languore poi, fino a che non si sentì davvero completamente appagato e soddisfatto.

In quanto ad Ivar, era vero che si era ripromesso di indagare meglio su Ingrid e su come avesse potuto accecare Erik, anche lui la sospettava e, viste le passate esperienze, cominciava a pensare che Erik potesse essere stato solo l’inizio e che poi quella donna sarebbe passata ad avvelenare Bjorn e Gunnhild, poi magari Hvitserk e, cosa peggiore di tutte, lui e Aethelred per poter regnare indisturbata su Kattegat. Però avvenne un imprevisto che lo portò a dimenticare del tutto Ingrid e i suoi fantomatici piani per sterminare la stirpe dei Lothbrok e i loro amici e compagni!

Quel giorno erano tutti riuniti nella Sala Grande, Bjorn ancora molto preoccupato per le condizioni del suo amico e braccio destro Erik (non sapeva quanto se la stesse spassando in quel momento, chiaramente!). Ivar però aveva qualcosa da dire a tutti, qualcosa che avrebbe cambiato le sorti di molti di loro, di Kattegat e del Wessex.

“Stamattina, dopo che è successo quel brutto episodio a Erik, sono uscito per schiarirmi un po’ le idee” raccontò, “e sono arrivato fino al porto. Là è sbarcato un uomo da una delle nostre navi commerciali, ma non era un mercante, era uno degli uomini che è partito con Harald più di una settimana fa, era gravemente ferito, disidratato, praticamente in fin di vita.”

Non erano per niente buone notizie e tutti gli sguardi dei presenti si appuntarono su di lui. Anche Ingrid era con loro e non era tranquilla: di Harald non le sarebbe potuto fregare di meno, ma il problema era che, se davvero il suo esercito era stato sconfitto e lui era morto, sarebbe stato veramente difficile mantenere il suo titolo di Regina dei Norreni senza un Re al suo fianco. Almeno in quello, Erik aveva avuto ragione…

“L’ho fatto portare da dei servi in una casa dove sarà curato nel miglior modo possibile, ma non so se ce la farà. Tuttavia è ancora più grave quello che è riuscito a dirmi” fece una pausa ad effetto, da attore consumato qual era, per conquistare ancora di più l’attenzione del suo uditorio, poi proseguì. “Harald e i suoi hanno razziato qualche villaggio Sassone per dare una dimostrazione di forza, ma sono rimasti loro stessi sconvolti per la reazione che hanno suscitato: Re Alfred ha inviato i suoi uomini non solo per respingere i soldati di Harald ma anche… beh, anche per colpire a sua volta le colonie vichinghe, incendiando le case, uccidendo uomini, donne e bambini, proprio come siamo soliti fare noi. Harald ha ordinato di ritirarsi e si è nascosto aspettando rinforzi, ci ha inviato dei messaggeri perché andiamo ad aiutarlo, ma quell’uomo è l’unico sopravvissuto.”

Bjorn e gli altri erano rimasti agghiacciati da quello che Ivar aveva raccontato.

“Thora e la sua famiglia?” mormorò Hvitserk, che di certo non aveva dimenticato la ragazza che, anche se per poco, aveva amato. Helgi gli prese dolcemente la mano, consapevole di quello che il compagno stava vivendo in quel momento, visto che lui ci era già passato.

“Non so se il villaggio di Thora sia stato colpito, ma quello che è certo è che né lei né nessuno dei nostri vecchi compagni e amici è più al sicuro in Wessex, se non interveniamo immediatamente a dare man forte a Harald” replicò Ivar, con lo sguardo fiammeggiante.

“Ma Ubbe aveva stipulato un accordo con Re Alfred” rammentò Gunnhild. “Com’è possibile che adesso faccia uccidere senza pietà i coloni Norreni?”

“Potrebbe essere una vendetta, in fondo Harald, razziando i villaggi Sassoni, ha rotto per primo l’accordo” ipotizzò Bjorn.

“Ma Alfred non lo farebbe mai!” protestò Aethelred, che era il più turbato di tutti. “Anche se Harald ha sbagliato, e io lo avevo detto e ripetuto, ad andare in Wessex e infrangere un equilibrio di pace tanto delicato, tuttavia mio fratello non avrebbe mai e poi mai reagito così! Magari avrebbe respinto Harald e i suoi, avrebbe mandato le sue truppe a combatterli, ma non se la sarebbe mai presa con persone pacifiche e inermi, contadini con le loro famiglie che hanno voluto iniziare una nuova vita in Inghilterra. No, no, non è possibile, Alfred è saggio ed è un uomo di pace, io lo conosco!”

“Beh, forse non lo conosci bene come credi” lo interruppe subito Ivar, innervosito. “Le colonie vichinghe sono state attaccate dall’esercito Sassone e persone innocenti sono morte, questi sono i fatti. Magari in questi due anni il tuo caro Alfred ha cambiato idea sulla convivenza pacifica tra Sassoni e Norreni…”

“Io… non posso crederci…” mormorò Aethelred, riflettendo. Era veramente possibile che Alfred fosse diventato un crudele tiranno in poco tempo? Alfred era sempre stato il più gentile, il più pacifico, il più generoso degli uomini…

“Cosa facciamo, allora? Non possiamo lasciare che quel Re fedifrago e bugiardo stermini la nostra gente!” reagì Hvitserk, infuriato.

“Certo che no. A questo punto dovremo davvero organizzare una spedizione in soccorso di Harald e, soprattutto, delle colonie vichinghe” rispose Ivar.

“Hai ragione, Ivar” disse a sorpresa Aethelred, “e, vista la situazione, verrò anch’io con voi. Non credo assolutamente che mio fratello Alfred possa aver compiuto azioni tanto spregevoli, forse gli è accaduto qualcosa, forse è caduto di nuovo vittima di uno dei suoi malori ed è un consigliere a governare al suo posto, non lo so ma ho bisogno di vedere Alfred e di parlargli. Parteciperò, ma sia chiaro: non permetterò violenze o razzie inutili, dovrà essere una spedizione per riportare la pace tra Sassoni e Vichinghi e combatteremo soltanto contro i soldati che hanno attaccato le colonie.”

Come sempre, quando Aethelred assumeva quel tono e quell’atteggiamento da vero Re, gli altri non potevano fare altro che seguire le sue direttive.

“E sia” ordinò Bjorn. “Preparate subito quante più navi possibili e partite domani all’alba!”

Ivar, Hvitserk e gli altri si misero subito in moto con grida di guerra, incitazioni alla battaglia e tutte le altre cose che fanno i Vichinghi (mancava solo la Haka…), cercando di attirare la gente di Kattegat e convincerla a partecipare alla loro spedizione. Ivar, però, mentre uscivano dalla Sala Grande, passò un braccio attorno alla vita di Aethelred e lo strinse a sé.

“Te l’avevo detto che un giorno avremmo combattuto fianco a fianco” gli mormorò all’orecchio. “Mi piace quando fai il duro e sono certo che Alfred non potrà che cedere, di fronte a te.”

Aethelred si affidò al compagno, ma era sollevato solo in parte. Non riusciva a comprendere cosa stesse accadendo in Wessex e continuava ad essere molto preoccupato per il fratello. Chissà cosa avrebbe trovato tornando in patria?

Fine capitolo nono

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Cap. 10: Cursed ***


Cap. 10: Cursed

 

Bound to go where the wind blows
Bound to serve the unreal
Bound to dwell in deep waters
Greed and fear cast their seal

Down falls the light as they rise from the sea
In comes the night, give your soul, pay your fee
Living a curse, they were born by their sins
Soon life and death will become evil twins!

(“Cursed” – Xandria)

 

Il primo giorno di viaggio per mare verso il Wessex fu, come la prima volta, un vero calvario per il povero Aethelred che continuò a soffrire di mal di mare per tutta la giornata e soltanto verso sera cadde in un sonno agitato. Il giorno successivo andò meglio, per sua fortuna, tuttavia il giovane Sassone rimaneva accucciato in un angolo della nave, tenendo le braccia attorno alle ginocchia, silenzioso e con lo sguardo spento. Ivar aveva cercato di aiutarlo il giorno in cui si era sentito male, ma adesso non riusciva a capire cosa avesse ed era preoccupato. Alla fine andò a sedersi accanto a lui sperando di scuoterlo e distrarlo.

“Come ti senti oggi, Aethelred? Va un po’ meglio? Purtroppo i primi viaggi per mare sono un vero incubo per chi non è abituato” gli disse.

“No, non è il mal di mare, oggi mi sento meglio” rispose laconico il giovane.

“Non si direbbe proprio, vista la tua faccia” scherzò Ivar per sdrammatizzare, ma questa volta non funzionò granché.

“Ivar, continuo a pensare a quello che sta succedendo in Wessex” mormorò Aethelred, i grandi occhi chiari erano un’immensa pozza di dolore. “Forse Harald ha commesso un grave errore con la sua idea di razziare e conquistare, ha scatenato una guerra tra due popoli che vivevano in pace da quasi due anni… però non capisco lo stesso, come può Alfred aver risposto allo stesso modo, facendo massacrare persone innocenti? Non è possibile, non è da lui, e allora temo che gli sia accaduto qualcosa e che qualcun altro abbia preso il suo posto.”

“Tu e tuo fratello siete molto legati, non è così? In un certo senso posso capirti, perché per me è la stessa cosa con Hvitserk, anche se il rapporto tra noi è parecchio più ambiguo e burrascoso, ma noi siamo un po’ pazzi!” commentò il giovane vichingo. “Comunque non credo che gli sia accaduto qualcosa, tuo fratello è il Re del Wessex e la notizia sarebbe arrivata anche a Kattegat.”

“E allora come può aver fatto una cosa tanto orribile?” reagì Aethelred, una rabbia dolorosa che gli montava dentro e lo devastava. “Alfred che dà ordine di uccidere donne e bambini, che fa incendiare villaggi di Norreni pacifici… no, no, non ci crederò mai!”

Ivar gli circondò le spalle con un braccio e lo attirò a sé. Lui non aveva neanche una briciola della sua fiducia in Alfred, aveva imparato a sue spese che il potere logora e distrugge, che può rendere anche il migliore degli uomini un mostro; tuttavia non volle contraddirlo, una volta giunti in Wessex avrebbe scoperto da solo come fossero andate realmente le cose. Nel frattempo lui voleva solo stargli vicino e dargli tutto il suo sostegno e il suo incoraggiamento, non sopportava di vederlo soffrire così ancora una volta per colpa di quella sua famiglia disfunzionale che lo aveva tormentato fin da quando era bambino. Certo, anni prima Alfred era un ragazzo intelligente, colto, sensibile, lui stesso lo aveva conosciuto e avevano anche giocato a scacchi insieme, ma adesso era un adulto e un Re, chi poteva sapere quali pressioni agissero su di lui e cosa lo avesse spinto a una reazione del genere? Ivar non si stupiva più della malvagità nel cuore degli uomini, ma comprendeva che Aethelred, tanto sensibile e generoso, avrebbe potuto anche crollare di fronte a una simile rivelazione.

“Aethelred, non tormentarti così, non serve a niente” gli disse, stringendolo con dolcezza. “Tra pochissimi giorni saremo in Wessex e allora saprai la verità, potrai parlare con Alfred e sono sicuro che sarai in grado di risolvere tutto. Io sarò con te in ogni momento, non ti lascerò mai da solo, affronteremo questa cosa insieme e insieme la supereremo. D’accordo?”

Aethelred annuì e si abbandonò all’abbraccio di Ivar. Non si era tranquillizzato e l’ansia per ciò che poteva essere successo in Wessex continuava a straziargli il cuore, ma il calore e l’amore del suo compagno gli facevano bene, lo facevano sentire al sicuro e gli davano la speranza che, qualsiasi cosa fosse accaduta, avrebbero potuto porvi rimedio lottando finalmente fianco a fianco.

Nel frattempo, a Kattegat, Tiago aveva trascorso quei giorni sperimentando ogni sorta di decotto, pozione e infuso per curare gli occhi di Erik, aveva provato perfino con degli impacchi, ma era stato tutto inutile. Erik si sentiva meglio, questo era vero, non provava più dolore e bruciore agli occhi, ma non aveva recuperato la vista. Il ragazzo si sentiva scoppiare il cuore e dissolvere in una nuvola di dolore ogni volta che tornava dall’uomo che amava e lo trovava nel suo letto, con gli occhi spenti e vitrei che fissavano il soffitto senza vederlo. Cercava in tutti i modi di distrarlo e farlo sentire partecipe, insisteva perché si alzasse dal letto, si vestisse e partecipasse ai consigli che Bjorn teneva, specialmente adesso che, con la partenza di Ivar e degli altri per il Wessex, non c’era più nessuno che veramente potesse sostenere e consigliare il Re. Erik, tuttavia, raramente si lasciava coinvolgere, era come se si sentisse inutile, spento, come se la perdita della vista lo avesse fatto diventare un peso per tutti (il che era esattamente quello che Ingrid aveva voluto, detto tra noi…). Il più delle volte prendeva Tiago per un braccio, se lo tirava addosso, lo spogliava e iniziava a baciarlo, a stringerlo e a tenerselo nel letto per lungo tempo, affondando il viso nei suoi capelli morbidi, sentendo il calore del suo corpo, e soltanto in quei momenti riusciva a sentirsi ancora vivo, a sentirsi uomo, era Tiago la sola luce nell’oscurità dei suoi occhi e della sua anima. Lo baciava con un’intensità e un’intimità mai provate in precedenza e poi lo prendeva sempre più intensamente, sempre più disperatamente, sempre con l’illusione che la sua anima e il suo corpo potessero guarire nel contatto intimo e totale con quel dolce ragazzo che lo accoglieva con tanta dolcezza e tanto amore. E Tiago ricambiava gli abbracci e gli amplessi ardenti e appassionati con la stessa intensità disperata, per strapparlo via alle sue tenebre e al dolore che la cecità gli provocava. Aveva giurato di curarlo e di fargli recuperare la vista a qualsiasi costo e, mentre facevano l’amore con ardore e frenesia, sperava che anche quello potesse servire a farlo stare meglio perché l’unica cosa che davvero desiderava era stare lì con lui, tra le sue braccia, allontanandolo dai pensieri strazianti che ottenebravano il suo cuore.

Dopo un tempo lunghissimo e infinito, Erik fu finalmente appagato e lentamente scivolò in un sonno tranquillo, stringendo tra le braccia Tiago. Il giovane spagnolo era sfinito eppure felice, tuttavia non riusciva ad addormentarsi, l’ansia per non essere ancora riuscito a trovare un rimedio per ridare la vista all’uomo che amava lo tormentava. Aveva provato di tutto, ricordando tutte le erbe che Inés gli aveva fatto conoscere, tutte le guarigioni apparentemente impossibili che lei aveva ottenuto… forse non era stato abbastanza attento, forse non era esperto come lei? Oppure, e questo gli raggelò il sangue nelle vene, oppure lui non poteva curare gli occhi di Erik perché quello che gli era accaduto non era frutto di una malattia, di un’infezione o di un avvelenamento? Tiago aveva paura di scoprirlo perché ciò avrebbe significato che Ingrid non aveva usato erbe tossiche, bensì un vero e proprio maleficio e lui avrebbe dovuto spezzarlo.

Ingrid potrebbe aver usato la magia nera contro Erik, pensò il ragazzo, terrorizzato all’idea di confrontarsi con quel mondo malvagio e oscuro che Inés sapeva contrastare ma che lui aveva sempre fuggito, sentendosi troppo piccolo e fragile per combatterlo. Eppure, se davvero era stato un incantesimo ad accecare Erik, non aveva scelta: per guarirlo avrebbe dovuto farsi forza, attingere a tutte le energie positive dell’universo e immergersi in quella terribile, spaventosa e malvagia oscurità.

Se le mie erbe e i miei rimedi hanno fallito non può che essere così e in fondo al cuore lo sapevo, l’ho sempre saputo, ho visto cosa è capace di fare Ingrid e che potere tenebroso può evocare… Devo sapere, devo esserne certo e poi… e poi…

E poi Tiago era consapevole che non avrebbe risparmiato niente pur di restituire la vista a Erik.

Stretto al suo corpo solido, tra le sue braccia possenti che lo avvolgevano, il ragazzo si concentrò profondamente per riuscire a sentire dove esattamente si trovasse ciò che bloccava Erik, quello che lo torturava e che gli aveva spento la luce degli occhi. Cercò di percepire le energie vitali dell’uomo, quello che in un linguaggio moderno definiremmo aura, e seppe: non c’era niente che non andava in Erik, nulla di malato nel suo corpo o nel suo sangue, non c’erano veleni o infezioni che lo opprimessero. L’oscurità che lo aveva condannato a quella terribile condizione gravava su di lui, non era dentro di lui, era qualcosa che lo colpiva dall’esterno… era una maledizione, un sortilegio tenebroso evocato dalla strega.

Un cupo orrore si impadronì di Tiago quando uscì dal suo stato di concentrazione e si rese conto che avrebbe dovuto lottare con le forze del male se voleva davvero aiutare Erik.

Ma io… io non ho mai tentato qualcosa di simile prima, io sono un guaritore, non uno stregone, io… non so se riuscirò ad essere forte abbastanza o se saranno le forze oscure a inghiottirmi…

Tiago alzò lo sguardo verso Erik, lo vide tranquillamente addormentato dopo la passione e il piacere che li avevano uniti, vide come sarebbe potuto essere se fosse guarito e avesse ripreso la sua vita di sempre accanto a Bjorn e alla gente che credeva in lui. Si morse il labbro inferiore e si strinse ancora di più al petto dell’uomo, lasciandosi invadere dal suo calore per darsi forza e coraggio: sì, avrebbe tentato in tutti i modi, avrebbe rischiato la sua stessa vita, avrebbe combattuto fino all’ultima stilla di energia pur di ridare la vista a Erik. Non importava cosa sarebbe accaduto, quello che contava era che Erik vedesse di nuovo, non ce la faceva più a vederlo così depresso e arreso, chiuso in se stesso, che riprendeva vigore solo e soltanto nei loro momenti intimi, non era giusto, non poteva accettarlo. Erik era l’uomo che amava e lui avrebbe affrontato l’Inferno intero pur di restituirgli la vista e la sua vita!

Presa la sua decisione con determinazione, il giovane spagnolo riuscì finalmente a prendere sonno, abbandonato fino quasi a scomparire nell’abbraccio di Erik.

La mattina dopo fu l’uomo a svegliarsi per primo e, ritrovandosi Tiago incollato addosso, cominciò a baciarlo e ad accarezzarlo, imparando di nuovo a conoscere ogni centimetro del suo giovane corpo minuto con la bocca e le mani. Lo baciò a lungo, ripetutamente, intimamente mentre il suo corpo gridava di desiderio, poi lo prese e si perse in lui, le loro membra si allacciarono in un’appassionata danza d’amore; Tiago si risvegliò in quell’amplesso passionale e ardente, stordito dal piacere e ancora illanguidito dal sonno, rispose con dolce generosità ad ogni assalto e desiderio di Erik, i loro corpi che si fondevano più e più volte fino a divenire una cosa sola.

Un’altra cosa che Erik non era solito fare era rimanere abbracciato al compagno o alla compagna con cui condivideva il letto dopo l’amore, naturalmente non aveva mai avuto una persona con la quale sentirsi davvero in intimità e per questo non gli era mai venuto spontaneo prima, al contrario gli piaceva molto stringere Tiago a sé, continuare a baciarlo e coccolarlo anche dopo aver soddisfatto l’urgenza del desiderio. Così il ragazzo ebbe l’occasione di parlargli di ciò che aveva scoperto e che aveva deciso.

“Erik, oggi io sarò molto impegnato per una cosa che poi ti spiegherò” gli disse. “Vuoi che ti aiuti ad alzarti e a vestirti per andare nella Sala Grande? Ci sono molte novità e penso proprio che Bjorn sarebbe felice di poterne discutere con te.”

L’uomo, tuttavia, non si lasciò sviare dalla proposta di Tiago.

“Per prima cosa spiegami tu cosa hai intenzione di fare, poi deciderò se recarmi o meno in Sala Grande” rispose subito.

“Beh, io… insomma, non c’è un modo facile per dirlo. Ho scoperto che è stata Ingrid ad accecarti, è solo colpa sua se adesso sei in queste condizioni” spiegò il giovane spagnolo.

Gli occhi di Erik non vedevano, erano vitrei e lattiginosi, eppure a Tiago parve di scorgere comunque un’ombra di malinconica consapevolezza nella sua espressione e in ciò che restava del suo sguardo.

“L’avevo immaginato, non poteva essere una coincidenza” replicò, a bassa voce. “Tu avevi ragione su tutto, Tiago, avrei dovuto ascoltarti invece di rincorrere delle sciocche ambizioni. E cosa mi ha fatto? Mi ha avvelenato? Mi ha sparso qualche polvere tossica sugli occhi mentre dormivo?”

“Avrei voluto che avesse fatto questo” sospirò Tiago, stringendosi a lui, “se fosse stato così i miei rimedi ti avrebbero già guarito. Invece, purtroppo, si tratta di un sortilegio, un rituale di magia nera…”

“Che sciocco, eppure me l’aveva anche detto che avrei dovuto aver paura di stare con una strega” commentò con amarezza Erik. “Quindi non hai modo di guarirmi, è così?”

“Invece sì, ce l’ho!” esclamò il ragazzo, straziato nel vedere Erik così deluso e scoraggiato. “Lei fa i suoi incantesimi nel luogo in cui ti ho portato quella sera, utilizza gli spiriti dei morti in battaglia per le sue maledizioni, quindi sicuramente ha compiuto là anche il sortilegio con cui ti ha tolto la vista. È proprio questo che devo fare oggi: andrò laggiù e attingerò alle energie delle cose e della natura per avere la visione di Ingrid mentre compiva il rituale; a quel punto scoprirò dov’è nascosto l’oggetto maledetto e lo distruggerò. Non appena quell’oggetto sarà scomparso, tu recupererai la vista.”

“Quindi, a quanto pare, sei anche tu una specie di piccolo stregone” scherzò Erik, scompigliandogli i capelli in un gesto affettuoso. Lui stesso si stupiva di essere così legato a quel ragazzino, fino a quel momento le uniche persone per le quali avesse davvero provato affetto erano Bjorn e Gunnhild… ma Tiago era sempre così dolce e buono e ogni volta scopriva qualche particolare che lo rendeva ancora più speciale. “Messa così sembra facile, ma i rituali di magia nera sono molto pericolosi, sei sicuro che non rischi niente andando laggiù e avvicinandoti a quegli oggetti?”

Tiago non ne era sicuro proprio per niente e anzi aveva molta paura, ma voleva rassicurare Erik.

“Le energie positive dell’Universo sono molto più forti di quelle oscure, la terra e la natura portano la vita, quindi gli spiriti malvagi e quelli dei morti non possono niente contro di esse” rispose, mostrandosi molto più determinato di quanto non fosse. “Forse non riuscirò subito, ma solo perché devo fare pratica, so che posso farcela e che tu vedrai di nuovo!”

Erik lo attirò a sé e lo baciò, questa volta non con foga e ardore bensì in modo languido e intimo, un modo per unirsi il più possibile al ragazzo.

“Va bene, ma stai attento a non commettere il mio stesso errore” gli disse poi. “Sai che devi tornare da me, come potrei fare se ti succedesse qualcosa? Chi si occuperebbe di me?”

Non era quello che Erik pensava veramente, ma per qualche motivo non voleva ammettere così presto davanti a Tiago quanto tenesse a lui e quanto fosse preoccupato!

“Lo so che devo stare attento” replicò Tiago, “devo tornare da te e devo ridarti la vista, perciò sarò molto prudente. Allora, vuoi che ti aiuti ad alzarti e vestirti?”

“No, preferisco aspettarti qui, tanto tornerai presto, no? Sai che devi tornare presto da me, che io sono qui ad attenderti” fece Erik, baciando ancora Tiago senza decidersi a lasciarlo andare.

“Tornerò presto” promise il ragazzo, con una sicurezza che non provava affatto. Trasse forza da quell’ultimo abbraccio e bacio di Erik, poi si alzò e si vestì velocemente per iniziare la sua missione.

E già sapeva che sarebbe stata dura e avrebbe richiesto anche la più piccola stilla della sua energia e della sua forza…

Fine capitolo decimo

 

 

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Capitolo 11
*** Cap. 11: Dark side ***


Cap. 11: Dark side

 

I'm in a cave of man-made misery
Digging a grave for myself and my enemies
Of all the dark things that keep me wasted
You're the sweetest I've ever tasted

Put your middle fingers up
Take a shot, throw it up and don't stop
I'm, I'm, I'm living that life on the dark side
Just another night in my pitch black paradise
Don't wanna cry so I gotta get paralyzed
Don't waste your prayers, they can't save us
Lifestyles of the sick and dangerous

Put your middle fingers up
Take a shot, throw it up and don't stop
I'm, I'm, I'm living that life on the dark side…

(“Dark side” – Blind Channel)

 

Tiago era da solo nella piana in cui si era svolta la grande battaglia tra Norreni e Rus’ e dove aveva visto Ingrid compiere i suoi rituali oscuri. Aveva scelto di andarci di mattina, in un momento in cui il sole brillava, sperando che in questo modo l’energia dell’Universo sarebbe stata più forte e potente e l’oscurità non avrebbe potuto sopraffarlo, tuttavia era terrorizzato e doveva fare violenza a se stesso per muovere un passo dopo l’altro e portarsi verso il luogo in cui la strega faceva i suoi incantesimi. Respirò a fondo, fece un ultimo passo e si fermò proprio nel punto incriminato, chiudendo gli occhi e cercando di concentrarsi a fondo per poter visualizzare il sortilego compiuto da Ingrid contro Erik.

Nonostante fosse pieno giorno, Tiago si sentì sprofondare nel buio, un vento gelido e maligno gli si insinuava sotto i vestiti e gli artigliava il cuore come una morsa. Il ragazzo annaspò, sconvolto, la tentazione era quella di fuggire il più lontano possibile ma cercò di resistere, non poteva cedere, non poteva, doveva sapere per ridare la vista a Erik. Tentò di escludere ogni altro pensiero e sensazione fisica per accrescere la concentrazione e, finalmente, iniziò a visualizzare qualcosa… solo che non era Ingrid mentre faceva l’incantesimo per accecare Erik, era sì Ingrid, ma la Ingrid che aveva visto quella prima notte, discinta, con il volto e il corpo dipinti di bianco e nero. La vide evocare gli spiriti dei morti e, cosa ancora più agghiacciante, in quello stato di alterazione mentale Tiago vide anche gli spiriti da lei evocati: scheletri ghignanti rivestiti solo di qualche brandello di veste, uomini orrendamente feriti che esponevano le loro mutilazioni, figure ammantate di nero che danzavano attorno alla strega… e un’atmosfera permeata di un odio terribile, di una rabbia incontenibile e incontrollata, di un folle desiderio di uccidere, massacrare, schiacciare. Tanta violenza fu troppo per il giovane spagnolo che, con un urlo disperato, corse alla cieca fuori dal luogo maledetto e, quando fu sicuro di essere abbastanza lontano, si gettò sull’erba ansimando e cercando di riprendersi.

Solo dopo un tempo che gli parve infinito Tiago riuscì a rialzare la testa, sforzandosi di respirare normalmente per calmare il cuore che gli pulsava impazzito e gli faceva scoppiare le tempie, un filo di sangue gli usciva dal naso e il ragazzo si sentiva pesto e dolorante come se fosse stato preso a bastonate.

“È orribile, è spaventoso, non credevo che… non ho la forza, io non sono come Inés” mormorò tra sé, angosciato anche solo all’idea di doversi recare ancora una volta in quel posto e tentare ancora di visualizzare Ingrid. “Ma… ma Erik conta su di me. Se non lo faccio io, nessuno lo aiuterà e lui resterà cieco per sempre. Non posso permetterlo, non posso!”

Affondò le mani nel terreno, riempiendole di terra ed erba. La terra, l’aria, l’acqua, il fuoco, la forza della natura attorno a lui. Certo, quello era un luogo che aveva visto morire tanta gente, il terrore e l’odio di chi aveva combattuto aleggiava ancora ed era da quello che Ingrid traeva la sua forza, ma per Tiago era l’opposto, lui attingeva alle energie buone, luminose, positive della natura e cercava di riempirsi di esse il più possibile prima di tornare di nuovo nella zona dei rituali e tentare ancora di visualizzare Ingrid e il suo sortilegio contro Erik. Tremante e indebolito, ma determinato a farcela, Tiago si alzò in piedi, si asciugò il sangue con la manica della camicia e si diresse ancora una volta verso il campo di battaglia. Questa volta, quando giunse nel luogo in cui aveva visto Ingrid, si mise in ginocchio e di nuovo affondò le mani nel terreno, in profondità, per toccare la terra e sentire l’energia della natura invece dell’orrore che vi si era sovrapposto. Ancora una volta l’oscurità lo sommerse, il gelo sembrò volergli fermare il cuore, ma Tiago si oppose, le unghie conficcate nella terra… e questa volta le visioni spaventose si allontanarono, restarono sullo sfondo. Il ragazzo vide Ingrid che prendeva un pezzo di corteccia d’albero e che, pronunciando strane frasi, si incideva le mani con un coltello per bagnarne la corteccia, vi aggiungeva semi schiacciati e altri strani intrugli e poi vi conficcava dei chiodi, dicendo qualcosa come Questo chiodo nell’occhio di… ma non riuscì in alcun modo a visualizzare dove la donna avesse collocato il manufatto maledetto. Si sforzò ancora, ma fu tutto inutile, alla fine ebbe un capogiro e dovette allontanarsi di nuovo dalla zona dei rituali, lasciandosi cadere a terra con la testa che gli scoppiava e il sangue che, ancora una volta, gli usciva dal naso.

Era chiaro che non avrebbe potuto fare tutto in quel primo giorno, tuttavia era abbastanza soddisfatto: aveva superato la paura e l’angoscia che provava nel confrontarsi con le forze dell’oscurità ed era perfino riuscito a vedere che tipo di incantesimo avesse fatto Ingrid e come fosse fatto l’oggetto. Ora doveva riposarsi per essere più lucido e forte e, il giorno successivo, avrebbe sicuramente visualizzato anche l’ubicazione dell’oggetto che aveva maledetto Erik, lo avrebbe distrutto e l’uomo sarebbe tornato a vedere.

Lentamente e stancamente riprese la strada verso la dimora regale, contento di poter dare qualche buona notizia a Erik che lo attendeva.

Non sapeva, però, che Ingrid aveva visto tutto. La strega era andata nel bosco a raccogliere bacche e funghi velenosi per i suoi sortilegi e aveva notato Tiago, così lo aveva seguito e, ovviamente, aveva capito subito cosa aveva compiuto il ragazzo.

“Non sapevo che anche quel ragazzino spagnolo avesse dei poteri” mormorò tra sé, “chissà fino a che punto è riuscito a capire cosa ho fatto. Comunque sia, se continuerà così troverà l’oggetto che ho maledetto e potrà ridare la vista a quel mostro di Erik, non posso permetterglielo!”

Ingrid, tuttavia, non era veramente malvagia e non voleva fare del male a Tiago. Se avesse voluto stare sul sicuro avrebbe potuto ucciderlo, ma sapeva che il ragazzo era stato uno schiavo proprio come lei, forse non aveva vissuto le esperienze terribili che le erano toccate e i Lothbrok lo avevano sempre trattato bene, tuttavia era stato strappato alla sua terra ancora bambino e portato in un mondo sconosciuto, dove doveva obbedire a qualsiasi ordine. No, lei non avrebbe mai fatto veramente del male a uno che era stato schiavo come lei! Poteva, però, cercare di indebolirlo in qualche modo, magari riuscire a fargli bere una pozione che lo avrebbe fatto stare male per qualche giorno… e magari a quel punto gli sarebbe passata la voglia di aiutare Erik. Che poi, possibile che proprio non capisse che quell’uomo era un bastardo, che aveva maltrattato, violentato e anche ucciso degli schiavi come loro? Eppure aveva trattato male anche lui, lo aveva fatto essere il suo schiavo da letto e lo aveva umiliato e mortificato e adesso, solo perché faceva il gentile e l’indifeso per farsi aiutare, Tiago si lasciava incantare da lui? Piccolo sciocco ingenuo, ci avrebbe pensato lei ad aprirgli gli occhi. Che paradosso: aveva accecato Erik per renderlo dipendente da tutti, fragile e inutile e ora doveva invece aprire gli occhi a Tiago per fargli comprendere chi fosse davvero il mostro di cui si era… innamorato? Era forse possibile amare uno come Erik? Che schifo! Lei aveva dovuto fare una violenza incredibile su se stessa anche solo per sopportare di passarci una notte e ci era riuscita soltanto perché già pianificava ciò che gli avrebbe fatto e quel ragazzino… lo voleva davvero, lo amava, provava piacere a stare con lui? Le sembrava una follia…

E in Wessex cosa stava accadendo? Ivar, Aethelred e i loro uomini erano sbarcati sulla costa e avevano iniziato ad addentrarsi nelle foreste a cavallo, sperando di imbattersi in Harald e i suoi che non potevano essere molto lontani. Cavalcando lentamente e guardandosi intorno, avevano scorto più di una volta le rovine di villaggi incendiati, ormai deserti, uno spettacolo desolante. Chissà se si trattava delle case dei Sassoni attaccate dai Vichinghi di Harald o di quelle dei coloni Norreni distrutte per rappresaglia da Re Alfred?

“Non era certo questo che Alfred e io avevamo progettato quando lui stipulò l’accordo con i Vichinghi e concesse loro le terre della Northumbria” sospirò Aethelred, tristemente. “Sarebbe dovuto essere un luogo di pace e di solidarietà, un luogo dove chiunque potesse sentirsi ben accetto e costruirsi una casa e una famiglia, a prescindere da quale religione professasse. E invece… Vorrei poter dare la colpa a Harald, sarebbe facile prendersela solo con lui per aver dato inizio a tutto con le sue razzie, ma una rappresaglia contro i coloni Norreni… no, non la concepisco, non è così che ragioniamo noi.”

Ivar era rattristato nel vedere Aethelred così depresso e sperava di incontrarsi presto con Harald e i suoi uomini per capirci di più. Invece, all’improvviso, dal folto della foresta sbucarono delle truppe di soldati Sassoni che, senza tanti complimenti, assalirono i Vichinghi. Colti alla sprovvista, i Norreni non si lasciarono comunque intimidire. Hvitserk e Helgi guidarono i cavalli contro i Sassoni, uccidendo tutti quelli che riuscivano a colpire, mentre i guerrieri e le shieldmaiden tirarono fuori scudi, spade e asce e si gettarono nella mischia. Un gruppo di guerrieri faceva scudo a Ivar che era sceso da cavallo e non poteva combattere, non sarebbe riuscito a reggere uno scontro dovendosi aggrappare alla stampella. Tuttavia il giovane Vichingo si occupava della strategia e dava ordini ai guerrieri.

“Muro di scudi! Adesso attenti, alla vostra sinistra c’è un altro drappello di soldati!” urlava, dando indicazioni ai suoi compagni. Anche Aethelred era sceso da cavallo e si era messo al fianco di Ivar: non avrebbe mai voluto colpire per primo un Sassone, uno della sua gente, ma lo avrebbe fatto se fosse stato indispensabile per proteggere Ivar.

“Arcieri, tirate!” ordinò Ivar, ma anche i Sassoni avevano degli arcieri e, a quanto sembrava, erano più abili di quelli Norreni. Molti Vichinghi finirono trapassati dalle frecce prima ancora di riuscire a raggiungere l’esercito nemico. Una freccia uccise il cavallo di Hvitserk e il giovane rotolò giù, subito pronto però a rimettersi in piedi e ad affrontare faccia a faccia i suoi avversari con spada e ascia.

Lo scontro era molto violento e lo stesso Aethelred, pur con riluttanza, si trovò a colpire alcuni dei soldati Sassoni che erano riusciti ad avere la meglio sul gruppo messo a protezione di Ivar e che lo avrebbero raggiunto, se non ci avesse pensato lui. Uccidere dei compatrioti fu brutto, ma ancora più agghiacciante per lui fu sentire l’ordine perentorio dato dal comandante delle truppe, un uomo a cavallo.

“Uccidete Ivar, uccidete Ivar! Dovete colpire Ivar! Uccidetelo!” urlava ai suoi.

Aethelred rimase sconvolto. Perché l’ordine era quello di eliminare proprio Ivar? Lui non poteva nemmeno difendersi! Certo, la sua importanza come stratega era fondamentale, ma non giustificava questo accanimento. E poi non era mica stato lui a iniziare le razzie contro le coste del Wessex, perché quindi un tale odio viscerale contro Ivar? Era assurdo, tutto in Wessex stava diventando sempre più assurdo. Era stato Alfred a ordinare la morte di Ivar? E perché avrebbe dovuto farlo, visto che era stato Harald ad attaccare il Wessex per primo e che non sapeva nemmeno se Ivar avrebbe o meno partecipato alla spedizione?

La cosa si faceva sempre più intricata e la preoccupazione di Aethelred aumentava, insieme alla rabbia per la vigliaccheria di quel comandante che mandava i suoi uomini a uccidere un giovane disarmato e intanto lui non si muoveva dal suo cavallo e non rischiava il combattimento. Aethelred cominciò a sentirsi meno in colpa quando doveva colpire a morte un Sassone per difendere la vita di Ivar e, nel frattempo, era sempre più convinto che qualcosa non andasse, che non fosse Alfred a prendere le decisioni più importanti, benché fosse lui il Re.

I Sassoni sembravano poter avere la meglio sui Vichinghi, quando giunse un aiuto insperato: i guerrieri e le shieldmaiden guidati da Harald irruppero da destra contro l’esercito Sassone e, pur non essendo rimasti in molti, fecero la differenza: l’effetto sorpresa disorientò i soldati del Wessex e diede nuovo animo ai Norreni, che raddoppiarono i loro sforzi e travolsero i nemici. Hvitserk, poi, scagliò la sua ascia contro quel comandante che non la smetteva di urlare che dovevano eliminare Ivar e lo uccise… dopo di che le truppe Sassoni furono allo sbando.

“Ritirata, ritirata!” gridarono quelli che riuscirono a sottrarsi al massacro da parte dei Vichinghi.

Aethelred, però, non era soddisfatto di quella vittoria, aveva troppi interrogativi e dubbi ed era intenzionato a saperne di più. Mentre i Sassoni rimasti si ritiravano precipitosamente, si slanciò verso un soldato che era in fin di vita, lo afferrò per le spalle e lo scosse.

“Chi vi ha dato l’ordine di uccidere Ivar Lothbrok? Chi è stato? È un ordine del vostro Re?” gli chiese con foga.

“È stata… è stata la Regina…” mormorò il soldato. “Ha detto lei di eliminare il demonio pagano… se il demonio morirà… i Vichinghi ci lasceranno… in pace…”

“Quindi Re Alfred non ha ordinato di uccidere Ivar? E nemmeno di incendiare i villaggi dei coloni Vichinghi? Rispondimi!” gridò ancora Aethelred, ma il soldato era già morto e non poteva più dire niente.

Mentre Hvitserk e Helgi festeggiavano con Harald e gli altri per la vittoria insperata, Ivar si avvicinò lentamente a Aethelred che aveva deposto a terra il soldato morto e scrutava verso il bosco con espressione truce. Mille sentimenti contrastanti si agitavano in lui, ma forse era la rabbia a prevalere su tutti.

“Cosa c’è, Aethelred?” gli domandò, mettendosi a sedere accanto a lui.

Il giovane Sassone scosse il capo.

“Temo che le cose siano più gravi di quanto pensassimo” mormorò, pieno di collera e di dolore. “Credo che mio fratello Alfred si stia facendo condizionare dalla Regina Elsewith, sua moglie, proprio come prima si lasciava fin troppo guidare da mia madre. Avevo conosciuto Elsewith e non mi sembrava una persona malvagia, ma a quanto pare i mesi trascorsi con mia madre l’hanno cambiata… È stata lei, non Alfred, a mandare queste truppe per ucciderti, pensa che sia tu il demonio e che, se muori tu, i pagani dovranno arrendersi e andarsene. Lei non vuole la pace, non vuole che Sassoni e Vichinghi vivano insieme e collaborino… come mia madre, vuole solo distruggere i pagani. E mio fratello, a quanto pare, non riesce ad opporsi a lei.”

Ivar non sapeva cosa rispondergli e comprendeva quanto fosse dura per lui sapere che suo fratello era manipolato dalla moglie e che il loro sogno di una nazione in cui popoli diversi potessero vivere uniti si stava sgretolando. Inoltre indovinava anche che quella situazione riportasse in lui ricordi terribili, i ricordi di tutte le cattiverie che sua madre aveva fatto a lui…

In silenzio, Ivar si limitò a stringere a sé Aethelred e giurò che avrebbe fatto di tutto per risolvere quella situazione, il suo compagno aveva già sofferto abbastanza e, se c’era un’altra che voleva prendere il posto di Judith… beh, stavolta ci avrebbe pensato lui!

Fine capitolo undicesimo

 

 

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Capitolo 12
*** Cap. 12: Unspoken words ***


Cap. 12: Unspoken words

 

I am imploding, my mind's corroding
This wall of silence is suddenly falling
The wind is blowing, the lightning is coming
I cannot refrain no more

Now take heed for me
You will realize this is
The calm before the storm
Of the feelings untold

Listen to me, in the end
And don't tell me I'm to blame
There's something you should know
Can you hear my unspoken words?

(“Unspoken words” – Temperance)

 

Nell’accampamento che i Vichinghi avevano improvvisato in una radura nei boschi del Wessex, Ivar aveva spiegato a tutti come stavano le cose, che a quanto pareva non era Re Alfred a prendere le decisioni quanto piuttosto la sua Regina.

“Questa donna sembra avercela particolarmente con me” commentò ironicamente il giovane, “visto che mi vede come il demonio pagano e probabilmente pensa che, se morissi io, non ci sarebbero più razzie e villaggi depredati.”

Harald scoppiò in una risata.

“Allora non lo sa che sono stato io a decidere di venire in Wessex a razziare? E continuerei anche se tu morissi, Ivar, non è che mi si spezzerebbe il cuore!” celiò.

“Non ne dubitavo” replicò Ivar. “Il punto è un altro: finché sarà lei ad avere il potere, i coloni Vichinghi non saranno mai al sicuro qui. Re Alfred aveva donato alla nostra gente le colonie della Northumbria senza pretendere alcuna conversione o altro e adesso le cose sono cambiate. Bisogna fare in modo che sia lui a riprendere il potere che gli spetta.”

“Forse dovrei provare ad andare da lui al palazzo reale, credo che se gli parlassi…” iniziò a dire Aethelred, ma Ivar lo interruppe subito.

“Non dirlo nemmeno per scherzo! Sono sicuro che tu venga subito dopo di me nella lista nera di questa Regina, in fondo hai lasciato il tuo Paese per venire a vivere in mezzo ai pagani, per non parlare di quello che fai con un pagano in particolare…”

“Ma che dici, Ivar, ti sembra questo il momento di parlare di certe cose?” esclamò il Sassone, sconvolto e diventando rosso fino alla radice dei capelli.

“È solo la verità, noi Vichinghi non ci vergogniamo di parlare di sesso” ribatté tranquillo il giovane, mentre tutti gli altri nell’accampamento scoppiavano in grasse risate, alquanto divertiti dall’imbarazzo evidente di Aethelred. Era vero, tra i Vichinghi non c’erano pudori, ma Ivar aveva voluto fare quella battuta appositamente per strappare una risata ai compagni e, soprattutto, per distrarre Aethelred. Non ci pensava nemmeno a lasciarlo andare da solo al palazzo reale sapendo che c’era in giro quella pazza, Ivar non aveva conosciuto Judith, ma ne aveva saputo abbastanza da Hvitserk e dallo stesso Aethelred e, a quanto sembrava, la nuova Regina era altrettanto fanatica, pazza e crudele. Non le avrebbe mai lasciato mettere le grinfie sul suo compagno!

“Dovremo trovare un modo di attirare i Sassoni allo scoperto” riprese poi il Vichingo, “sarebbe assurdo attaccare il palazzo reale e la città fortificata, siamo troppo pochi e verremmo sconfitti. Ho deciso di mandare delle spie per osservare quali siano i punti migliori in cui attirare i soldati Sassoni, poi li massacreremo. Quando saremo noi i vincitori, potremo dettare le nostre condizioni.”

Gli altri esultarono e lanciarono grida di battaglia.

Più tardi, quella notte, Aethelred giaceva ancora sveglio nella tenda che divideva con Ivar quando si sentì abbracciare forte dal compagno.

“Ivar… credevo ti fossi addormentato” mormorò, abbandonandosi a quell’abbraccio che lo faceva sentire meglio, al caldo, al sicuro, lontano dalle preoccupazioni, anche se solo per qualche istante.

“Non potevo dormire sentendo che tu eri agitato” gli disse dolcemente il Vichingo. “Aethelred, lo so cosa ti tormenta, è vero che sei preoccupato per Alfred, e anche per noi e per tutti i coloni, che non vorresti mai questo scontro tra il tuo popolo e la gente che ti ha adottato… ma so che non è tutto qui. So il male che ti ha fatto quella tua orribile madre e so che adesso ti sembra di rivivere la stessa situazione, solo che c’è questa Regina al posto di quell’altra.”

Era incredibile come Ivar fosse riuscito a leggere perfettamente nel suo cuore, indovinando tutto ciò che lo tormentava, ma forse non era così strano: Ivar era sempre stato arguto, un attento osservatore dei dettagli, e poi… e poi lo amava, ora Aethelred non aveva più alcun dubbio. Soltanto il vero amore aveva permesso ad Ivar di comprendere anche quel suo dolore più intimo e segreto!

“È proprio così, mi sembra che tutto si ripeta e che sia un incubo dal quale non riesco a fuggire” sospirò il giovane Sassone, stringendosi di più al compagno. “Mia madre voleva distruggere i pagani, non capiva perché Alfred volesse fare accordi con loro, poi però è morta e Alfred ha potuto fare ciò in cui credeva per ottenere la pace. Ora, però, temo che Elsewith abbia trascorso fin troppo tempo con mia madre che l’ha indottrinata e fatta diventare come lei… povero Alfred, ero così felice credendo che avesse una moglie dolce e innamorata!”

“Non tutti possono essere fortunati come te, non credi?” scherzò Ivar. “Comunque non preoccuparti, vedrai che insieme risolveremo anche questo problema. Vedi che, alla fine, avevo ragione a voler partire per il Wessex?”

Ivar cercava ancora una volta di sdrammatizzare e di togliere quella pena dal cuore di Aethelred. Abbracciandolo più appassionatamente, lo baciò come se gli mancasse il respiro, come se solo incollato alle sue labbra morbide potesse sopravvivere. Senza staccarsi dalla sua bocca iniziò ad accarezzarlo ovunque e infine si insinuò lentamente nella sua delicata apertura, sentendolo caldo e stretto e godendo di ogni istante di quella fusione totale con il suo giovane amante; si mosse in lui con lentezza e intensità cercando di cancellare ogni confine tra il suo corpo e quello di Aethelred, per farlo sentire totalmente suo, al sicuro, amato e protetto. Il giovane Sassone, perduto e travolto, si aggrappava convulsamente alle spalle di Ivar, lo assecondava e lo accoglieva con amore, sospirando e ansimando nella sua bocca. Alla fine giunsero entrambi, insieme, all’apice del piacere e restarono incollati l’uno all’altro, ansanti, lasciando che almeno per quella notte nient’altro esistesse, niente più Wessex, niente più guerre di religione, niente più Alfred o Elsewith… soltanto loro, Ivar e Aethelred contro il mondo.

A Kattegat, invece, un Tiago esausto e tremante era rientrato nella dimora regale dopo aver trascorso un’altra giornata estenuante nel luogo dei rituali, tentando di visualizzare il punto in cui Ingrid aveva nascosto l’oggetto maledetto che rendeva cieco Erik. Si stava dirigendo verso la stanza dell’uomo quando fu fermato da Gunnhild.

“Tiago, sono giorni e giorni che ti sfinisci per occuparti di Erik” gli disse la Regina in tono materno. “Io e Bjorn siamo molto felici che ci sia tu a prenderti cura del nostro amico, ma non possiamo fare a meno di notare che tu stai sempre peggio. Probabilmente non mangi e non dormi abbastanza, ma così non fai del bene a te stesso e nemmeno a Erik. Se tu ti ammalassi, chi si occuperebbe di lui?”

“Mia Regina, sei così gentile a preoccuparti per me, ma io sto bene, te lo assicuro, è solo che…”

“Questa sera voglio che tu venga a cena con noi, così vedrò con i miei occhi che ti prendi cura anche di te stesso e della tua salute” disse Gunnhild, decisa. “Anche Erik è il benvenuto, se si sente di venire. Ci saremo solo Bjorn ed io, e Ingrid, ovviamente, ma non avremo altri ospiti.”

Ingrid! Soltanto a sentire il suo nome Tiago represse un brivido. Quel giorno era andato così vicino a scoprire dove la donna avesse sistemato il suo malefico manufatto... come avrebbe reagito nel passare una serata intera allo stesso tavolo? Tuttavia non poteva rifiutare qualcosa alla sua Regina.

“Ne sarò onorato, mia Regina, ti ringrazio per la tua generosità e spero di riuscire a convincere anche Erik a partecipare” rispose, cercando di sembrare più convinto e sereno di quanto non fosse.

Congedatosi da Gunnhild, si avviò verso la camera di Erik ed entrò silenziosamente.

“Sei tu, Tiago?” domandò l’uomo.

“Sì, sono tornato adesso, scusami se ci ho messo tanto ma…” rispose il ragazzo, avvicinandosi al letto. In quel momento, paradossalmente, era quasi sollevato per il fatto che Erik non potesse vedere quanto fosse stremato e tormentato dalla fatica e dallo spavento che comunque provava ogni volta che si trovava ad affrontare quelle forze malefiche. Ma Erik, proprio perché non poteva più vedere, aveva affinato tutti gli altri sensi e sentiva bene l’ansimare di Tiago, la sua voce debole e tremante, le sue frasi spezzate. Allungò un braccio e lo attirò a sé, stringendolo tra le braccia possenti e portandoselo nel letto, accarezzandolo e iniziando a spogliarlo. Anche se Tiago non voleva rivelargli nulla di quello che faceva, lui poteva immaginare quanto fosse penoso per il ragazzino spagnolo, ricordava fin troppo bene la notte in cui proprio Tiago lo aveva portato in quel campo di battaglia a vedere Ingrid che faceva i suoi spaventosi sortilegi, lui stesso ne era rimasto sconvolto (anche se non abbastanza da starle lontano, a quanto pareva…). Come poteva quel giovane fragile e inesperto misurarsi con incantesimi oscuri pronunciati da una strega che evocava spiriti maligni e spettri di morti da chissà quanti anni? Ora che il ragazzo era lì, Erik non voleva perdere niente di lui e voleva fargli sentire la sua vicinanza nell’unico modo che poteva, visto che non aveva modo di aiutarlo davvero. Così lo abbracciò, avvolgendolo e stringendolo al torace muscoloso, accarezzandolo ovunque con voluttà e eccitazione, incollò la bocca alla sua soffocandolo con un lunghissimo bacio, invadente, profondo e intimo. Voleva possederlo, riempirlo, conoscere ed esplorare ogni millimetro di lui; si spinse con irruenza dentro le sue carni, muovendosi sempre più a fondo, cercando di fondersi completamente con Tiago. Il giovane spagnolo, perduto e travolto, si aggrappava convulsamente alle spalle possenti di Erik, sospirando e spingendosi contro di lui, assecondando i suoi movimenti intensi e decisi, accogliendolo dentro di sé, sconvolto ma felice di sentirsi dominato e attraversato da lui in modo totale, nel sentirsi completamente in sua balia. Tutto esplose in un’estasi totale di passione e i due rimasero con i corpi nudi intrecciati e incollati l’uno all’altro, finché Erik non sentì di nuovo montare l’urgenza del desiderio e non riprese a possedere Tiago, a baciarlo profondamente e intimamente, ad affondare in lui ancora e ancora e ancora, per un tempo infinito e senza mai stancarsi di lui, del suo sapore, del suo corpo minuto e liscio.

“Poi… se volessi… la Regina Gunnhild ci ha invitati entrambi alla sua tavola… me lo dici tu se vuoi andarci e quando?” mormorò il ragazzo, esausto e disfatto dal piacere dopo tanti amplessi pieni di ardore. Intenerito ed eccitato dalla tenerezza di Tiago, Erik lo baciò ancora, divorandogli la bocca, ma stavolta si trattenne da tutto il resto e, scompigliandogli i capelli, si staccò da lui sorridendo.

“Un invito da Bjorn e Gunnhild non si può rifiutare” rispose. “Credo che stasera mi deciderò a vestirmi e a unirmi a tutti voi per la cena.”

Tiago era felice che Erik avesse preso quella decisione, che finalmente uscisse da quel letto dove temeva che potesse deprimersi, che parlasse di nuovo con altre persone… Erik, però, aveva deciso di farlo soprattutto per distrarre il ragazzo e per fare in modo che, almeno per una sera, mangiasse a sufficienza. Tiago si occupava di lui totalmente e sembrava non pensare affatto a se stesso, ma così facendo avrebbe finito per distruggersi. Erik, che non aveva mai provato veri sentimenti d’amore in vita sua, pensava che il suo fosse solo sano egoismo: Tiago gli piaceva e si prendeva cura di lui, perciò voleva che stesse bene e non aveva intenzione di perderlo, ma forse c’era qualcosa di più di cui l’uomo non era consapevole, un calore che si irradiava in tutto il corpo e pareva illuminarlo dentro anche adesso che non poteva più vedere.

Tiago stava diventando sempre più importante per lui!

Così, quella sera, Bjorn e Gunnhild si ritrovarono con Ingrid, Erik e Tiago al loro tavolo. Bjorn approfittò dell’occasione per cercare di distrarre Erik e di farlo sentire partecipe, raccontandogli di quello che stava accadendo in Wessex; Gunnhild, invece, teneva sott’occhio Tiago e si assicurava che mangiasse abbastanza, che potesse scegliere tutto quello che preferiva e che potesse riposarsi e rilassarsi.

In tutto ciò Ingrid era irritata per il fatto di dover cenare con Erik e ancor di più perché Bjorn gli parlava come se fosse ancora il suo braccio destro, il suo fido consigliere, invece di farlo sentire inutile, invalido e emarginato come lei avrebbe voluto. Tuttavia si rese conto che quella era anche un’occasione imperdibile per causare un piccolo malessere a Tiago, qualcosa che non gli avrebbe nuociuto troppo ma che, perlomeno per qualche tempo, lo avrebbe tenuto lontano dal luogo in cui lei eseguiva i suoi rituali. La donna sperava che, sentendosi debole e malato, il ragazzo avrebbe avuto paura, credendo magari che gli spiriti dei morti gli avessero fatto del male, e avrebbe quindi desistito dalla sua missione di ridare la vista a Erik. Approfittando di un momento in cui Gunnhild era voltata verso il marito, con rapidità e abilità soffiò una polverina misteriosa sul cibo di Tiago…

A parte questo spiacevole incidente di cui nessuno si accorse, almeno non in quel momento, la serata si svolse piacevolmente. Bjorn e Gunnhild erano felici di avere finalmente qualcuno con cui parlare, dopo giorni e giorni in cui si erano confrontati soltanto tra di loro: si erano accorti ben presto di quanto mancassero Aethelred, Hvitserk e Helgi, che in modo diverso ma complementare contribuivano attivamente al governo di Kattegat; per Odino, Bjorn si era ritrovato a desiderare persino le battute sarcastiche e pungenti di Ivar pur di sentire una voce familiare! E questo la diceva tutta… Erik aveva quasi dimenticato la sua invalidità potendo ascoltare gli avvenimenti degli ultimi giorni, ciò che aveva spinto anche Ivar e gli altri a partire per il Wessex, lo strano comportamento vendicativo di Re Alfred, ed era stato contento rendendosi conto che Bjorn e Gunnhild lo volevano comunque al loro fianco, che per loro non contava che vedesse o meno, era comunque un amico e un consigliere prezioso. E Tiago… beh, Tiago aveva mangiato bene e tranquillamente come non faceva da chissà quanto tempo ed era felicissimo di vedere Erik così a suo agio, addirittura sorridente, mentre parlava con Bjorn e Gunnhild. Silenziosamente, giurò ancora una volta che avrebbe affrontato qualsiasi terrore, difficoltà o fatica pur di restituire la vista all’uomo.

Conclusa la bella serata, Tiago riaccompagnò Erik in camera sua e lo aiutò a svestirsi e rimettersi a letto, ma… come ci si poteva immaginare, l’uomo approfittò della prima occasione per prendere il giovane spagnolo tra le braccia e svestire anche lui, infilandolo sotto le lenzuola con sé. Gli assalti amorosi di Erik erano sempre tanto fulminei e impetuosi che lasciavano Tiago senza fiato e gli facevano perdere completamente l’orientamento, non sapeva più dove, chi, cosa, come fosse, sentiva solo Erik sopra di lui, dentro di lui, che lo baciava nel modo più invadente e intimo possibile e lo toccava ovunque, usando tutti i sensi che gli erano rimasti per stamparsi nella memoria il suo piccolo e tenero amante. Ancora una volta Erik lo prese, invaso da un’eccitazione che non poteva più trattenere e che sfogò in lunghi e sempre più appassionati amplessi, continui assalti amorosi di cui non si stancava mai, anzi, avrebbe voluto addirittura scivolargli sotto la pelle, diventare carne della sua carne, un tutt’uno con Tiago. Solo dopo molto tempo Erik si ritenne sazio e si fermò, stringendo il ragazzo in un abbraccio avvolgente che incatenava insieme i loro corpi, perché anche prima di addormentarsi l’uomo voleva sentire che Tiago era lì, che nessuno glielo avrebbe portato via, che non gli sarebbe accaduto niente di male. Si rendeva conto con stupore che per la prima volta conosceva davvero il significato dell’espressione fare l’amore, che era tutto completamente diverso da ciò che aveva fatto con Ingrid e con qualsiasi altra schiava o schiavo prima di Tiago, stava imparando che i momenti di tenerezza dopo l’amore lo riempivano di calore e soddisfazione quasi come i piaceri della passione in cui si era perduto poco prima e che l’abbraccio spontaneo e affettuoso del giovane spagnolo era probabilmente la cosa più bella che gli fosse mai capitata. Quel ragazzino era l’unico che lo facesse sentire davvero vivo, accettato, accolto e completo, anche adesso che era cieco.

E Tiago, ancora frastornato da tanti e impetuosi rapporti carnali e stanco per la giornata lunga ed estenuante, si strinse al petto di Erik con il cuore che gli batteva fortissimo, il respiro affannoso, ogni fibra del corpo ancora fremente per il contatto con lui. Sentiva le tempie pulsargli e un fastidioso cerchio alla testa, ma attribuì il malessere alla stanchezza e allo sforzo di concentrarsi per visualizzare l’oggetto maledetto, si affidò ancora di più all’uomo che amava e, lentamente, si lasciò cadere in un sonno non del tutto tranquillo.

La polverina di Ingrid stava iniziando ad avere effetto, solo che lui non poteva saperlo…

Fine dodicesimo capitolo

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Capitolo 13
*** Cap. 13: Fame & Gloria ***


Cap. 13: Fame & Gloria

 

Sea give us your strength
Lead the way
Moon give us your light

Show us the way
Wind give us a hold
When the time comes
Home give us a reason to fight
We're fighters, we're reckless
Hey ho we're so fearless
We're after Fame & Gloria
We're drinking, we're tempting
Hey ho we're singing
We are enchanted warriors
In the end you will hoist your banner!

(“Fame & Gloria” – Amberian Dawn)

 

Quella notte Tiago si svegliò con un dolore fortissimo alla testa, fitte lancinanti che lo strapparono al sonno e lo portarono ad agitarsi nel letto, spaventato, svegliando così anche Erik. L’uomo, non vedendo cosa stava accadendo, si preoccupò ancora di più del normale, anche perché ricordava che lui stesso si era svegliato all’improvviso, la notte in cui aveva dormito con Ingrid, con dolori lancinanti alla testa e agli occhi e poi si era ritrovato cieco. Possibile che adesso anche Tiago dovesse subire lo stesso terribile destino?

“Tiago, che ti succede? Tiago!” esclamò, abbracciando forte il ragazzo.

Il giovane spagnolo si strinse a lui e, assurdamente, cercò di rassicurarlo sebbene fosse lui quello che stava male. Indovinava, tuttavia, quello che Erik stava rivivendo, quei momenti atroci in cui era stato privato della vista, perciò voleva tranquillizzare lui prima ancora di riuscire a sentirsi meglio. Nel suo cuore Erik veniva sempre per primo…

“Ho un forte mal di testa, Erik, è stato questo a svegliarmi” gli disse, cercando di mantenere un tono pacato, “ma non devi preoccuparti, di sicuro si tratta solo di stanchezza. Sai, devo concentrarmi molto per riuscire a visualizzare quell’oggetto maledetto che ti ha reso cieco, mi sforzo tanto e questo mi sfinisce, perciò adesso ho mal di testa. Mi preparerò una tisana, poi cercherò di riposare e domattina sarà già passato tutto.”

“No, non lo credo affatto” reagì Erik con veemenza. “Anche per me è iniziato così e poi mi sono ritrovato cieco: è stata quella maledetta strega di Ingrid, ha fatto un sortilegio anche contro di te perché non vuole che tu mi guarisca! Quella dannata, se solo potessi vorrei strangolarla con le mie mani…”

“No, Erik, no!” mormorò Tiago, adesso davvero terrorizzato e abbracciandolo. Sapeva fin troppo bene che Erik, quando si metteva qualcosa in testa, di solito combinava un disastro… e dopo a lui toccava rimediare! “Non è un sortilegio e non mi sento così male, con un decotto e un po’ di riposo mi passerà tutto, vedrai. Tu non devi assolutamente avvicinarti a Ingrid, hai già sperimentato quanto sia pericolosa!”

Detto questo e sperando che almeno stavolta l’uomo lo ascoltasse, Tiago si alzò dal letto per prepararsi un veloce rimedio con le erbe che aveva a disposizione, qualcosa che potesse alleviare almeno un po’ il cerchio alla testa che lo tormentava. Dopo aver bevuto la tisana tornò a letto e allora Erik lo attirò nuovamente a sé, lo baciò lungamente e profondamente e poi entrò in lui, possedendolo con foga disperata come se quello fosse il modo per dargli forza ed energia, come se volesse sentirsi completamente unito e fuso con lui per non lasciare che Ingrid glielo strappasse dalle braccia. Dopo quel tormentato amplesso l’uomo non volle risolversi a lasciar andare il ragazzo, anzi, con un fare insolitamente dolce e tenero per lui, lo chiuse nel cerchio protettivo delle sue braccia e, accarezzandogli i capelli, gli coprì la fronte e il viso di piccoli baci, comprendendo per la prima volta quanto niente al mondo avrebbe mai più avuto senso se lo avesse perso e deciso a fare in modo che questo non avvenisse mai.

La passione e il piacere finirono per stancare così tanto Tiago da farlo cadere addormentato tra le braccia muscolose di Erik, protetto e riscaldato dalla sua stretta poderosa e avvolgente. L’uomo, tuttavia, continuava ad essere convinto che la colpa di tutto fosse di Ingrid e rimuginava su ciò che avrebbe dovuto farle per essere sicuro che non potesse nuocere al ragazzo.

È tutta colpa di quella strega malvagia e questa volta ci penserò io a risolvere tutto, non posso permettere che faccia del male anche a Tiago. La farò uccidere, sì, troverò qualcuno che lo faccia per me e così, quando sarà finalmente morta, i suoi sortilegi scompariranno con lei, io ritroverò la vista e Tiago starà bene!

Sì, beh, diciamo che le intenzioni di Erik erano anche buone, ma non aveva ancora capito che era stato lui l’artefice delle sue disgrazie, che le sue mosse impulsive e dissennate lo avevano portato dov’era in quel momento… e che, ovviamente, anche l’idea di corrompere qualcuno perché uccidesse Ingrid si sarebbe rivelata un’enorme idiozia!

Il mattino seguente Tiago si svegliò sentendosi molto debole ma, per fortuna, il dolore pulsante alla testa era diminuito. Si mosse tra le braccia di Erik cercando di alzarsi, ma l’uomo lo trattenne e lo inchiodò ancora una volta contro il suo petto.

“Erik, devo alzarmi, ormai sono molto vicino a visualizzare il luogo in cui l’oggetto maledetto è nascosto, magari ci riuscirò oggi stesso e tu vedrai di nuovo!” gli disse, tentando inutilmente e con ben poca convinzione di liberarsi dalla sua stretta.

“Questa notte sei stato male e sento dalla tua voce che sei ancora stanco” replicò Erik, “non ti lascio andar via così presto, devi riposare. Dovresti passare tutta la giornata e la notte che verrà a letto con me, nudo, a fare l’amore per riprenderti.”

Chiaramente Erik aveva un modo tutto personale di intendere le cure e il riposo per una persona affaticata!

“Vorrei poter restare ancora a riposare, ma non sarò in pace finché non ti avrò ridato la vista e sento di esserci così vicino” insisté Tiago, mentre le carezze e i baci di Erik cominciavano a fargli perdere molte delle sue certezze e lo lasciavano sempre più sconvolto e tremante. Sentiva la sua bocca percorrergli il collo, il mento e poi tornare di nuovo alle sue labbra morbide e schiudergliele per baciarlo nel modo più intimo e languido possibile, sentiva le sue mani accarezzarlo e sfiorarlo ovunque, anche nei punti più delicati, e non riusciva a staccarsi da lui. Alla fine Erik affondò di nuovo in lui e lo possedette ancora e ancora, come se non ci fosse un domani, facendolo completamente suo, lasciandolo in preda ai brividi del piacere, al totale sconvolgimento di ogni fibra del suo essere, abbandonato e perduto completamente in sua balia.

“Adesso… adesso posso alzarmi e provare a cercare quell’oggetto incantato?” domandò Tiago diverso tempo dopo, ancora stremato mentre cercava di riprendersi dall’ebbrezza della passione.

Erik lo baciò ancora una volta, avvolgendolo in un abbraccio che, già da solo, bastava a incendiare il sangue e a far tremare i polsi del giovane spagnolo.

“Sì, certo, ora puoi andare, ma non affaticarti troppo, hai capito? Ingrid ti ha sicuramente fatto un incantesimo, non voglio che ti succeda qualcosa” si accorse di aver parlato troppo e si corresse in corsa, “devi stare bene e tornare da me, altrimenti io rimarrò cieco e solo e nessuno se ne preoccuperà.”

Quando Erik parlava così, il cuore di Tiago mancava un battito e il ragazzo si concedeva il lusso di illudersi che, forse, l’uomo avrebbe potuto anche volergli bene davvero, non usarlo solamente per il proprio piacere, che forse un giorno sarebbero potuti essere veramente compagni e amanti…

“Sarò prudente e cercherò di non stancarmi troppo” rispose docile Tiago. “Anzi, se riuscissi già oggi a trovare quell’oggetto e a distruggerlo, poi avrei tutto il tempo per riposarmi e rilassarmi davvero. Non preoccuparti, tornerò presto.”

Quando fu sicuro che Tiago se ne fosse andato, Erik si alzò dal letto e, a tentoni, andò alla ricerca di una camicia per coprirsi, poi chiamò uno dei servi. C’erano sempre dei servitori attorno alle camere della dimora regale, nel caso uno dei sovrani o qualche altro nobile avesse avuto un bisogno improvviso, e così il servo arrivò subito.

“Vieni qui, schiavo” disse Erik all’uomo, che in realtà si chiamava Orlyg e non era affatto uno schiavo, visto che Bjorn aveva liberato tutti e non esistevano più schiavi a Kattegat.

Orlyg, tuttavia, preferì non discutere con Erik sulla questione (ormai lo sapevano tutti che opinioni avesse sugli schiavi liberati, per lui restavano schiavi e basta, non per niente aveva fatto il trafficante di esseri umani per anni…) e obbedì, andandosi a sedere accanto a lui sul letto.

“Devi fare qualcosa per me e io farò qualcosa di molto importante per te” disse l’uomo in tono suadente.

“Cosa devo fare?” domandò il servo, piuttosto titubante.

“Devi uccidere la Regina Ingrid” dichiarò Erik senza tanti giri di parole. “Non mi importa come lo farai, mi interessa solo che tu la uccida il prima possibile e che io non sia coinvolto. Se farai questo per me, in cambio io parlerò a Re Bjorn, che è un mio caro amico, e lo convincerò a concederti una proprietà tutta tua, della terra dove vorrai tu, qui a Kattegat o nel villaggio di Lagertha. In quel modo sarai veramente libero e potrai avere una tua casa e una tua famiglia. Qui, a prescindere da come vogliano chiamarti, sei sempre e comunque uno schiavo. Allora, lo farai? Ucciderai Ingrid?”

Orlyg rimase sconvolto: Erik era forse impazzito a parlare in quel modo? Come poteva lui uccidere una Regina? Le guardie lo avrebbero fatto a pezzi, altro che terre e una famiglia sua… Tuttavia ritenne più prudente non condividere i suoi dubbi con l’uomo e fingere di volergli obbedire, poi avrebbe trovato il modo di liberarsi da questa incombenza tanto pericolosa.

“Sì, signor Erik, farò quello che mi chiedi” rispose. “Ucciderò Ingrid.”

“Molto bene. Adesso vai, nessuno deve vederci insieme, io non devo essere coinvolto in questo assassinio, trova tu il modo” disse Erik. “Quando avrò saputo che hai fatto il tuo dovere, parlerò a Bjorn e tu sarai premiato come meriti.”

Orlyg si congedò, promettendo che avrebbe trovato un modo per sorprendere Ingrid da sola e ucciderla. Rimasto solo, Erik sorrise soddisfatto, pensando che, anche se era cieco e non poteva fare niente per aiutare Tiago, almeno questa volta sarebbe riuscito a ricompensarlo per tutto ciò che faceva per lui.

Non poteva sapere, quella testa dura, che Orlyg non aveva la minima intenzione di compiere quello che aveva promesso e che, anzi, il prima possibile si sarebbe recato da Nissa, una delle serve personali di Ingrid e che era anche sua amica, e le avrebbe svelato tutto…

Se a Kattegat Erik stava cercando di far precipitare le cose, Ivar non era da meno in Wessex!

Le sue spie, infatti, avevano scoperto che Re Alfred aveva lasciato la corte con tutta la sua gente e si erano spostati in massa verso la roccaforte di Chichester, dove il sovrano Sassone intendeva chiedere aiuto al vescovo guerriero Aldulf (sì, un altro vescovo guerriero dopo Heahmund!) e unire le loro forze per sconfiggere definitivamente i pagani.

“Sono più che sicuro che, dietro questa decisione di tuo fratello, c’è ancora una volta la mano della Regina” disse Ivar a Aethelred mentre, con tutti i guerrieri e le shieldmaiden riuniti nell’accampamento, si apprestava a spiegare il piano che aveva in mente. “Da quello che mi hai raccontato di lui non mi sembrava il tipo da voler spazzare via tutti i Vichinghi, perciò la nostra vera nemica è la Regina.”

“Può essere” concordò Aethelred, ricordando quanto avesse ammirato la volontà di Alfred di portare la pace in Wessex tra Sassoni e Vichinghi. “Quindi cosa intendi fare?”

“Per quanto non mi piaccia più di tanto l’idea di combattere contro tuo fratello e il tuo popolo, non posso nemmeno permettere che una fanatica cristiana decida di eliminare tutti i coloni Norreni che vivono in pace da più di un anno” ribatté Ivar, brusco. “Perciò questo è il piano: per raggiungere Chichester, la carrozza di Re Alfred e tutta la sua gente dovrà attraversare un bosco nebbioso e fitto di alberi. Bene, noi ci apposteremo proprio là e, quando i Sassoni passeranno, sbucheremo dalla nebbia e li attaccheremo a sorpresa. Sarà una grande vittoria!”

Hvitserk, Helgi e gli altri Vichinghi esultarono e brindarono alla futura battaglia, mentre Aethelred sembrava molto scosso. Si alzò in piedi di scatto e rivolse uno sguardo freddo a Ivar.

“Una grande vittoria per chi?” domandò. “Hai detto di non essere contento di combattere contro mio fratello e la mia gente, eppure stai progettando un attacco che potrebbe finire in un massacro!”

Ivar era allibito.

“Aethelred, ma cosa altro dovrei fare? I Sassoni vogliono uccidermi, ce l’hanno con me personalmente e non avranno pace finché non sarò morto! È dunque questo che vuoi?” ribatté, piccato.

“Mi stai chiedendo di scegliere tra te e la mia gente, tra te e mio fratello?” esclamò Aethelred, i grandi occhi chiari pieni di sorpresa e delusione. “Devo accettare di perdere te o lui? Stai forse mettendo alla prova il mio affetto per te oppure ti interessa soltanto la fama, essere ricordato come il più grande dei Vichinghi per aver sterminato il popolo dei Sassoni? Cos’è che vuoi davvero, Ivar?”

E, senza attendere una risposta, il giovane si allontanò per dirigersi verso la tenda che divideva con il compagno. Ivar guardò Hvitserk e gli altri come a chiedere loro ma voi ci avete capito qualcosa? Perché io no!, poi andò anche lui verso la tenda per cercare di chiarirsi con Aethelred.

Qualcosa, tuttavia, gli diceva che non sarebbe stato affatto facile e anche lui non era del tutto sicuro di cosa avrebbe potuto dirgli. Era vero, voleva proteggere i coloni Norreni e il diritto dei Vichinghi di andare a cercare una terra fertile in Wessex per la loro famiglia e, a dirla tutta, voleva anche fargliela vedere a quei Sassoni che lo avevano definito il demonio pagano: per lui era un complimento piuttosto che un insulto, ma non gli era piaciuto il disprezzo con cui lo avevano detto e si compiaceva al pensiero di mostrare a quei fanatici quanto fosse spaventoso avere davvero a che fare con il demonio in persona

Però c’era anche qualcos’altro, ed era quello il punto sul quale temeva di confrontarsi con Aethelred. Sì, lui desiderava essere ricordato come uno dei Vichinghi più famosi e temuti, se non come il più forte e invincibile di tutti, aveva passato tutta la sua vita a desiderare di essere rispettato, ammirato, conosciuto dal mondo intero e questa, forse, era la sua più grande occasione. Sconfiggere definitivamente l’esercito dei Sassoni che, oltre tutto, lo volevano morto e avevano ucciso coloni innocenti, era una tentazione troppo grande… anche se si trattava del popolo di Aethelred.

Ma Aethelred sarebbe stato in grado di capirlo? E lui cosa avrebbe fatto se il giovane Sassone gli avesse fatto scegliere tra lui e una fama imperitura?

Ivar doveva ammettere che non aveva una risposta sicura a questa domanda.

Fine capitolo tredicesimo

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Capitolo 14
*** Cap. 14: Where is your halo now? ***


Cap. 14: Where is your halo now?

 

Your hopes are the hopes of the foolish
Your dreams are the dreams of the past
The history teaches you nothing
And that you have, it won't last

Where is your halo
Where is your dignity
Tell me how low can you go
No one can scrape off the rust from your crown
Where is your halo now?

(“Halo” – The Dark Element)

 

Ivar trovò Aethelred nella tenda che condividevano, ma il giovane non si voltò nemmeno a guardarlo, sembrava veramente deluso e addolorato e questa volta il Vichingo capì di averla combinata davvero grossa! In quel momento, davanti al suo compagno che evidentemente soffriva molto per quella situazione, Ivar sentì che non c’era paragone tra le due cose e che stare con Aethelred era molto più importante che diventare famoso come Ragnar Lothbrok… chissà, però, se esisteva un modo per ottenere entrambe le cose?

Si sedette accanto a Aethelred, avvicinandosi a lui il più possibile, e iniziò a parlargli.

“Ci risiamo, eh? Quando le cose non ti vanno bene tu prendi e te ne vai invece di chiedere spiegazioni.”

Il Sassone si voltò e lo fissò duramente.

“Che spiegazioni dovrei chiederti?” fece, brusco. “Sei stato già fin troppo chiaro. Quello che ti interessa veramente è diventare il Vichingo più famoso al mondo, il terrore dei cristiani, e cosa importa se per ottenerlo ci saranno delle persone innocenti che moriranno? Sono donne e bambini che non ti hanno fatto niente, certo, ma sono cristiani e quindi sono sacrificabili, non è così? Che stupido sono, credevo davvero che tu fossi cambiato…”

Ivar trasecolò alle parole severe del compagno.

“Ma che dici? Sei tu che sei cambiato, Aethelred!” esclamò. “Da quando siamo in Wessex non sei più lo stesso, ti preoccupi soltanto dei Sassoni, di tuo fratello, come se avessi dimenticato quanto sei stato male qui e quanto, invece, sei stato accolto con affetto dai Vichinghi e da tutta Kattegat! Io non so più nemmeno se t’importa qualcosa di me o se, invece, preferiresti tornare a vivere a corte…”

“Ah, adesso sarebbe colpa mia, quindi?” s’inalbero Aethelred. “Sei tu quello che vuole massacrare persone innocenti e inermi per diventare famoso! Non mi avevi detto che non avevi più ambizioni, che non ti interessava diventare Re, che era stata Freydis a condizionarti? Adesso invece vuoi distruggere il Regno di mio fratello e…”

Lo sguardo di Ivar si era fatto malinconico e fu questo, più di ogni altra cosa, a disarmare la rabbia di Aethelred.

“Lo vedi che sei cambiato?” disse in tono amaro. “Sei diverso dal giorno in cui siamo arrivati in Wessex. A Kattegat eri tu quello che mi difendeva sempre, che cercava il buono in me, invece ora mi accusi di qualcosa che non ho mai detto. Io non voglio distruggere il Regno di Alfred e tanto meno voglio diventare Re del Wessex o dei Norreni o di qualsiasi altra cosa! Io ho elaborato un piano per combattere contro l’esercito dei Sassoni perché tuo fratello, o la Regina per quanto ne so, mi vuole morto e vuole anche eliminare tutti i Vichinghi che si sono stabiliti nelle colonie, a meno che non si convertano al Cristianesimo. È per questo che voglio, che devo fermarli! Se poi, grazie alle mie imprese, diventerò anche famoso e temuto com’era mio padre, tanto meglio… ma non è quello il mio scopo ultimo. Pensavo che tu potessi capirlo, ma sembra che non parliamo più neanche la stessa lingua, ormai…”

Aethelred chinò il capo, rendendosi conto che, in un certo senso, Ivar aveva ragione. Lui aveva fatto di tutto per staccarsi dai ricordi di un Paese che non lo aveva mai amato o fatto sentire importante e, da quando era giunto a Kattegat, aveva iniziato a sentirsi davvero a casa, anche nei primi tempi, quando doveva tenere testa a tutte le follie di Hvitserk… Perché adesso si comportava così? Perché si era sentito tradito quando Ivar aveva voluto tornare a combattere in Wessex? Certo, Aethelred non poteva sopportare di veder massacrare donne e bambini indifesi, ma la stessa cosa l’avevano fatta i soldati Sassoni nei villaggi dei Norreni, su ordine di Alfred o forse di Elsewith. Ivar voleva proteggere la sua gente, poteva forse dargli torto?

Allungò un braccio e gli prese una mano.

“Ivar, mi dispiace, io non voglio che tu ti senta così con me” disse, a bassa voce. “Ho sempre cercato di capirti, di andare oltre le apparenze, oltre quello che gli altri pensavano di te, e vorrei farlo ancora, ma qui… è vero, qui mi sento troppo coinvolto perché questo, nonostante tutto, è il mio popolo e io non posso dimenticarlo. Non voglio che persone innocenti vengano uccise, ma non voglio nemmeno che i Sassoni facciano del male a te o che distruggano i villaggi dei Norreni. Quando sono partito per Kattegat la situazione era perfetta, Sassoni e Vichinghi vivevano fianco a fianco, si rispettavano e si aiutavano e accettavano credenze e tradizioni diverse. Era stato proprio Alfred a creare questo miracolo e adesso non capisco… non capisco perché non possa essere più così!”

Ivar aveva già dimenticato la discussione di pochi istanti prima e, intenerito, strinse Aethelred tra le braccia.

“Non lo so. Potrei dare la colpa a Harald, dire che è stato lui a spezzare l’equilibrio con le sue razzie… ma, evidentemente, le cose non andavano più bene già da tempo, perché la reazione dei Sassoni è stata eccessiva e non ha punito Harald e i suoi, bensì contadini che non facevano male a nessuno” replicò. “Nemmeno io voglio massacrare donne e bambini, ovviamente i nostri guerrieri si concentreranno sui soldati e, magari, le persone inermi riusciranno a mettersi al riparo… ma non tornerò indietro, non rinuncerò al mio piano di attacco. I Sassoni devono pagare per quello che hanno fatto ai villaggi dei Vichinghi e chissà… magari sarò proprio io a riportare quell’equilibrio e quella pace che tu avevi ammirato. Sarebbe la prima volta per me, portare la pace invece del caos, ma sarebbe una novità interessante, non ti pare?”

Aethelred si sforzò di sorridere, stringendosi al compagno.

“Io però… io non so se riuscirò a combattere contro i Sassoni” mormorò.

“E io non te lo chiederò, Aethelred” promise Ivar.

Un bacio lungo e disperato unì i due giovani, un abbraccio che cercava di riscaldarli, di riunirli ancora una volta in una situazione che voleva vederli su opposti fronti. L’amore avrebbe dovuto essere più forte di tutto il resto, l’amore avrebbe dovuto sciogliere le rivalità e le guerre come il sole con la neve, ma… come sarebbe andata a finire stavolta?

La situazione a Kattegat, intanto, sembrava altrettanto complicata. Orlyg aveva raccontato tutto a Nissa, la serva di Ingrid sua amica, e insieme avevano deciso che non avrebbero mai fatto del male alla Regina ma, al contrario, sarebbe stato Erik a morire.

“Tu non dovrai fare niente” disse Nissa all’uomo, “non sarà difficile uccidere Erik. Quel ragazzino, Tiago, esce dalla dimora regale ogni mattina e Erik resta da solo nella sua stanza. Spesso ordina a qualche serva di andare da lui e la costringe a fare sesso, ne abusa e la picchia se si rifiuta. Domattina sarò io ad andare da lui e fingerò di volerci andare a letto e poi… poi gli taglierò la gola con un pugnale! La nostra Regina Ingrid non dovrà più preoccuparsi di lui.”

“E la Regina Ingrid mi ricompenserà per aver rivelato i piani di Erik?” domandò Orlyg. “Lui mi aveva promesso un pezzo di terra, la possibilità di costruirmi una casa tutta mia…”

Nissa scoppiò a ridere.

“Erik non ha il potere di promettere un bel niente, la terra non è sua e non può darla a nessuno!” ribatté. “Però, visto che ti sei mostrato leale alla Regina, sarà lei stessa a ricompensarti.”

In realtà Nissa non poteva assicurare alcuna ricompensa a Orlyg, visto che, comunque, a Kattegat era Bjorn a regnare e di certo non avrebbe premiato chi avesse ucciso un suo caro amico e consigliere… ma non era il caso di dirlo in quel momento!

E così la mattina successiva le cose andarono proprio come aveva detto Nissa: Tiago lasciò Erik da solo nella sua stanza per andare ancora una volta in cerca dell’oggetto maledetto da distruggere per restituirgli la vista. Quello che Nissa non sapeva, però, era che il giovane spagnolo era già a buon punto nella sua ricerca e che, anzi, nonostante la stanchezza e i malesseri causatigli da Ingrid era quasi riuscito a localizzare quel manufatto stregato. Quel giorno non ebbe bisogno di recarsi nuovamente nella piana della battaglia contro i Rus’ perché riuscì a visualizzare ciò che cercava subito dopo essere uscito dalla dimora regale… e si diede mentalmente dello sciocco per non averci pensato subito. Ingrid aveva collocato l’oggetto stregato proprio sotto il suo letto, nascosto tra coperte e pellicce, dalla parte in cui aveva dormito Erik e il sortilegio nefasto aveva agito su di lui durante la notte, accecandolo.

Sollevato, Tiago rientrò prima del previsto. Voleva raccontare subito a Erik quello che aveva scoperto e dirgli che molto presto si sarebbe impadronito del manufatto. Chissà, forse quella sera stessa avrebbe potuto restituirgli la vista! Certo doveva attendere che Ingrid lasciasse la sua stanza, ma poteva approfittare dell’ora di pranzo o di cena, quando spesso la Regina si recava in Sala Grande per mangiare con Bjorn e Gunnhild. Non sarebbe stato difficile come temeva e si sentiva finalmente leggero, liberato dal peso e dalla tensione che lo avevano tormentato per tanti giorni. Continuava ad avere mal di testa, nausea, debolezza… ma anche quei malesseri erano alleviati grazie all’entusiasmo di aver finalmente trovato quello che aveva cercato disperatamente. L’incubo stava per finire, Erik avrebbe visto di nuovo!

E invece l’incubo se lo trovò davanti, il povero Tiago, proprio mentre apriva la porta della stanza di Erik. Si fermò sulla soglia, incredulo di fronte alla scena che gli si presentava davanti agli occhi: l’uomo era disteso sul letto, nudo, e una delle serve di Ingrid, una donna dai riccioli rossi, stava sopra di lui in un atteggiamento che lasciava ben poco all’immaginazione! Il ragazzo entrò nella stanza, completamente ignorato dai due, e si strofinò gli occhi per essere sicuro che fosse tutto vero, che non si trattasse di un’allucinazione magari mandata da Ingrid, legata al suo maleficio… No, non poteva illudersi, Erik era davvero a letto con quella serva e sembrava spassarsela parecchio, rideva, cercava di afferrare la donna e di attirarla verso di sé.

“Dai, vieni giù” le diceva, ma lei continuava a ritrarsi, si muoveva sopra di lui ma evidentemente non aveva nessuna voglia di ulteriori interazioni. Così Erik le afferrò i capelli e la strattonò verso di sé, continuando a ridere, come se fosse tutto uno scherzo per lui. Quando Nissa si scostò ancora una volta, Erik la colpì in faccia con uno schiaffo e a quel punto la donna interruppe il rapporto, seccata, e si staccò da lui.

Tiago continuava a fissare la scena come se fosse ipnotizzato, sentendosi prigioniero di un incubo terribile dal quale non riusciva ad uscire. Un macigno di dolore gli premeva nel petto, contro il cuore, e non capiva se soffrisse di più nel vedere che Erik si comportava nel modo brutale e aggressivo di cui parlava sempre Ingrid o se invece fosse proprio vederlo con un’altra donna a farlo stare male. Era dunque quello il vero Erik? Un uomo che nascondeva dietro una facciata di lealtà e coraggio un carattere violento e prepotente? E per quale motivo lui, Tiago, doveva essere deluso o, peggio, sentirsi straziare perché quell’uomo faceva i suoi comodi anche con altre serve, oltre a divertirsi con lui? Non era forse un servitore tale e quale a loro? Senza sapere neanche lui il perché, sentì le lacrime pungergli dolorosamente gli occhi… ma poi avvenne qualcosa che lo spinse a ignorare il suo dolore, a inghiottire le lacrime non versate e ad agire: Nissa si era staccata da Erik dopo che lui l’aveva schiaffeggiata, ma non aveva lasciato la stanza, anzi si era diretta verso un cassettone dov’era appoggiato un pugnale e adesso si stava avvicinando nuovamente all’uomo brandendo l’arma. Erik, ovviamente, non poteva vederla e continuava a ridere e a chiamarla.

“Andiamo, schiava, non te la sarai mica presa? Stavo solo scherzando” diceva Erik, ignaro della minaccia e piuttosto divertito. “Vieni qui, svelta!”

“Eccomi, sto arrivando” rispose con un sogghigno Nissa, pronta a tagliargli la gola.

Fu a quel punto che Tiago intervenne. Nissa non l’aveva visto, non sapeva che lui fosse lì e restò interdetta quando si sentì afferrare il polso con una mano e allacciare un braccio alla vita. Allibita, non ebbe neanche il tempo di pensare a una reazione e lasciò cadere il coltello. Subito Tiago liberò la donna, afferrò il pugnale e lo puntò verso di lei.

“Non voglio farti del male, ma lo farò se mi costringi” disse il ragazzo, con voce calma e per questo tanto più minacciosa. “Perché volevi uccidere Erik? Chi ti manda? La Regina Ingrid ti ha ordinato di farlo?”

Nissa era ancora più sorpresa ora che aveva visto che era stato proprio Tiago a fermarla. Tiago, quel ragazzino che stava sempre appresso a Erik, che si occupava di lui, che lo accontentava in tutto… ma come? Sarebbe dovuto essere lui il primo a odiarlo e a desiderarne la morte!

“Nessuno mi ha ordinato niente. Quest’uomo fa così tutti i giorni quando non ci sei, chiama le serve della dimora regale fingendo di aver bisogno di aiuto e poi abusa di loro” rispose la donna, brusca. “Ha fatto così anche con me, mi ha picchiata, vedi come mi sanguina il labbro? Volevo solo difendermi…”

Intanto Erik, che ovviamente non vedeva cosa stava accadendo ma sentiva tutto, era molto agitato.

“Che sta succedendo? Tiago? Cosa ci fai qui?” domandava, ma nessuno badava a lui.

“Non sei in una bella posizione” ribatté Tiago rivolto alla donna, ancora calmissimo. “Re Bjorn è molto affezionato a Erik e temo che non condannerebbe le abitudini sessuali del suo amico. Invece condannerebbe te per averlo ucciso, sei una serva come me, la tua parola non conterebbe niente contro quella di Erik.”

“E allora cosa dovrei fare? Lasciare che questo verme schifoso continui a fare i suoi comodi con noi serve? Ma tu da che parte stai?”

“Cerco di stare dalla parte di tutti” rispose semplicemente il ragazzo. “Tu e le altre serve non avete nessun motivo per obbedire ad Erik se vi chiama qui nella sua stanza, non ci venite e basta, oppure mandate un servitore. In questo modo non vi farà più del male, visto che non può girare liberamente per il palazzo. Io ti lascio andare, non voglio denunciarti al Re, ma lo farò se penserò che sei ancora un pericolo per lui. Possiamo fare un accordo? Tu lasci in pace Erik e io lascerò in pace te.”

“Erik voleva uccidere la mia Regina!” rivelò Nissa. “Ha mandato un servo per eliminarla, per fortuna quel servo è un mio amico e mi ha detto tutto, ma io non posso permettere che la Regina Ingrid subisca ancora delle minacce.”

Tiago avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo, esasperato. Era mai possibile? Ancora una volta era stato Erik a commettere una sciocchezza e adesso lui doveva risolvere tutto! La cosa iniziava a diventare faticosa…

“Nell’accordo è compresa anche questa promessa: Erik non tenterà più di fare del male alla Regina Ingrid, te lo posso assicurare, parlerò con Re Bjorn e gli chiederò una speciale protezione per lei” giurò Tiago. “Ma neanche Erik deve correre più alcun rischio, sei disposta a promettermelo?”

Nissa era sempre più sorpresa, ma a quel punto cosa poteva fare? Nonostante tutto aveva fiducia in Tiago e non voleva rischiare. Si strinse nelle spalle e fece un sorrisetto.

“Va bene, te lo prometto, abbiamo un accordo” concluse. “Ma, seriamente, Tiago, vuoi davvero continuare a servire in ogni modo quest’uomo? Non merita niente da te, per lui tu non sei niente, mentre vai in giro per cercare nuovi rimedi per guarire la sua cecità lui si porta a letto delle serve… e per lui tu sei come loro. È davvero questo che vuoi? Essere la sua sgualdrina?”

Tiago restò impassibile, anche se il cuore gli si trafisse come se Nissa lo avesse colpito con quel pugnale.

“Io sono fedele e leale a Erik, non importa se lui non mi considera” replicò. “So di essere solo un servo, perché mai dovrei pensare di valere più di te o di chiunque altra?”

Nissa era sgomenta, tuttavia quella era la vita di Tiago, facesse pure quello che voleva.

“Va bene, se è questo che vuoi” disse. “Allora tra noi siamo a posto così.”

“Siamo a posto così” ribadì il ragazzo.

Nissa uscì dalla stanza senza che Tiago le restituisse il pugnale e lei non si azzardò a chiederlo.

Il confronto più difficile, però, arrivava adesso.

“Tiago, io… ecco, non so cosa tu abbia visto, ma non puoi credere a quello che dice quella schiava, le schiave sono tutte bugiarde” disse in fretta Erik, senza accorgersi che, in quel modo, peggiorava ulteriormente la sua già precaria posizione. “Quella è venuta da me fingendo di voler fare sesso e invece voleva uccidermi, l’hai sentita, no?”

“Ho visto abbastanza, sì” fu la laconica risposta di Tiago. “È vero che hai mandato un servitore per uccidere la Regina Ingrid?”

Erik era confuso dalla freddezza del ragazzo, allungava il braccio sperando di trovarlo e di poterlo attirare a sé nel letto e intanto spiegava la sua versione dei fatti.

“Sì, è vero” ammise. “Lo so, è stata un’imprudenza, non mi sarei dovuto fidare di quello schiavo… ma io l’ho fatto per te, Tiago! Non capisci? Tu sei stato male, in questi giorni, ed è stata sicuramente Ingrid con qualche suo sortilegio, come ha fatto a me. Ho pensato che, se fosse morta, anche i suoi incantesimi sarebbero svaniti: io avrei riavuto la vista e tu saresti stato bene. L’ho fatto solo per questo, Tiago, te lo giuro!”

Questo, Tiago poteva anche concederglielo.

“È vero, se Ingrid morisse i suoi incantesimi svanirebbero con lei, ma io non voglio che muoia, io non voglio fare del male a nessuno. Sarò io a ridarti la vista, anzi, ero venuto a dirti che ho finalmente localizzato l’oggetto maledetto e ora mi basterà distruggerlo per farti vedere di nuovo. Ma tu non dovrai mai più tentare di fare del male a Ingrid, è chiaro? Lei è comunque la Regina dei Norreni ed è sotto la protezione di Re Bjorn, tu non devi tentare niente contro di lei. Mai più.”

Erik poteva solo cedere e, in fondo, non gli dispiaceva. Se Tiago aveva trovato quell’oggetto avrebbe spezzato comunque l’incantesimo e tutto sarebbe finito come aveva pianificato lui.

“Va bene, ti giuro che non proverò mai più a fare del male a Ingrid. Anzi, questa volta ho davvero capito la lezione e non mi avvicinerò neanche più a lei, quando potrò evitarlo. Va bene così? Ora puoi venire qui vicino a me?” tentò di nuovo l’uomo.

Tiago, però, non si avvicinò. Uscì dalla stanza per parlare brevemente a qualcuno e poi rientrò, sempre con lo stesso fare distaccato.

“Ho chiamato dei servitori perché ti portino una tinozza di acqua calda e dei teli, così potrai lavarti” disse. “Io andrò a parlare con Re Bjorn della protezione per Ingrid. E gli dirò anche di non farti più avvicinare le serve della dimora regale… perché è vero quello che mi ha detto Nissa, no? Tu le fai venire qui e abusi di loro?”

“Io… ma non significano niente per me… è soltanto che sono qui, da solo, e mi sento inutile e impotente mentre tu rischi per me e allora…”

“Non mi interessa il motivo, non deve più accadere” lo interruppe Tiago. “Questa è una cosa che facevi da ragazzo come trafficante di schiavi e non può avvenire nella dimora di Re Bjorn.”

“Ma non è la stessa cosa, Tiago, è solo che tu mi manchi e mi preoccupo per te e…”

Questa volta, però, il giovane spagnolo non si lasciò incantare dalle parole di Erik e, mentre i servitori entravano nella stanza con una tinozza di acqua calda e dei teli puliti, uscì per andare a parlare con Bjorn della situazione. Sapeva che il Re avrebbe risolto tutto, ma non era affatto tranquillo come mostrava di essere. Si sentiva addolorato, mortificato, usato e tradito. Era deluso dal comportamento di Erik e ripensava alle parole di Nissa: lui era solo la sua sgualdrina? Per Erik era tuttora uno schiavo da usare per il piacere e per tutto il resto e da sostituire in sua assenza?

Tiago non voleva piangere ma, anche se il suo viso non rivelava niente, la sua anima e il suo cuore gemevano di dolore.

Fine capitolo quattordicesimo

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Cap. 15: The Witchcraft ***


Cap. 15: The Witchcraft

 

Can you see?
All her rotten features
Can you see?
How disturbing to look at
Can you see?
Her guilty face's been eaten
Signs of bloodmade witchcraft

Can you see?
All her rotten features
Can you see?
How disturbing to look at
Can you see?
She's a wicked creature
Signs of bloodmade witchcraft…

 (“Symphony n° 1, Part 1, The Witchcraft” – Amberian Dawn)

 

Tiago aveva ottenuto udienza da Bjorn ed era riuscito a convincerlo a concedere una protezione speciale alla Regina Ingrid. Ovviamente non aveva detto una parola di tutto quello che era accaduto e del ruolo che vi aveva avuto Erik in particolare, si era limitato a spiegare che, a Kattegat, aveva avuto modo di ascoltare diverse persone che non si fidavano di Ingrid e che avrebbero voluto cacciarla via o peggio. Bjorn, che aveva i suoi buoni motivi per diffidare a sua volta della donna, non ebbe difficoltà a credere alla storia inventata da Tiago e accettò di concederle delle guardie del corpo.

Dopo aver ringraziato il Re ed essersi congedato da lui, il ragazzo stava per uscire dalla Sala Grande quando si accorse che quella poteva essere l’occasione che attendeva per entrare nelle stanze di Ingrid e portare via l’oggetto incantato che aveva reso cieco Erik: la donna, infatti, si trovava anche lei nel salone, all’angolo opposto, e stava parlando con Gunnhild. Tiago ritenne di avere tempo sufficiente per raggiungere la camera di Ingrid e fare ciò che doveva e così, con il cuore che gli batteva fortissimo, si diresse verso quelle stanze, cercando di dominarsi e di non mettersi a correre come avrebbe voluto per non destare sospetti. Del resto non sarebbe parso strano che un servitore entrasse nella camera di una Regina, magari per mettere in ordine o cose del genere… però, normalmente, i servitori non andavano di corsa e pieni di agitazione a compiere i loro doveri, no? Così il giovane spagnolo ostentò una suprema indifferenza e camminò più tranquillamente che poté fino alle stanze di Ingrid, entrando poi nella camera con una disinvoltura invidiabile per chi non avesse saputo quanto il cuore gli balzasse in gola ad ogni rumore, ad ogni movimento. Si avvicinò al letto come per riordinare le coperte, ma le sue mani frugavano dappertutto sotto il giaciglio e, finalmente, le dita incontrarono un oggetto duro e ruvido, lo afferrarono e lo tirarono fuori.

Una morsa gelida attanagliò dolorosamente lo stomaco di Tiago e gli parve che l’aria gli uscisse tutta dai polmoni quando strinse tra le mani il pezzo di corteccia insanguinata, con i chiodi piantati dentro: era il segno del maleficio che gravava sull’oggetto e il ragazzo seppe che era proprio ciò che aveva tanto cercato. Ora poteva spezzare l’incantesimo, ora finalmente avrebbe restituito la vista a Erik!

Stava già per uscire dalla stanza per correre da Erik quando si accorse che Ingrid era entrata silenziosamente e lo stava fissando dalla soglia con un sorrisetto dipinto sulle labbra.

Tiago trasalì e strinse più forte la corteccia maledetta tra le mani, nonostante le sensazioni gelide e spaventose che gli provocava.

“Dunque hai trovato quello che cercavi da tanto tempo” commentò la donna, che appariva calma e divertita piuttosto che infuriata come si sarebbe aspettato il giovane spagnolo. “E ora che cosa vorresti fare?”

“Distruggerò questo oggetto e spezzerò l’incantesimo, così Erik potrà vedere di nuovo” rispose il ragazzo, senza esitare, sostenendo con determinazione lo sguardo di Ingrid. “Non potrai fermarmi, io non voglio farti del male ma, se non mi lasci andare, rivelerò tutto a Re Bjorn e non credo che lui accetterà di tenere una strega sotto il suo tetto.”

Ingrid sorrise ancora e si scostò una ciocca di capelli dal volto.

“In effetti mi sono chiesta perché tu non abbia detto niente ai sovrani quando hai scoperto cosa ho fatto a Erik” disse. “Sarebbe stato più facile per te. Bjorn non mi avrebbe accettata, hai ragione, anzi, forse mi avrebbe perfino fatta morire sul rogo e l’incantesimo sarebbe stato spezzato comunque.”

“Ma io non volevo che accadesse una cosa del genere” ribatté Tiago, gli occhi neri fieri e luminosi. “So che hai fatto del male a Erik per vendicarti di tutto il male che ti ha fatto lui, sono stato uno schiavo anch’io e so cosa significa, anche se io sono stato molto più fortunato di te. Voglio che tu continui ad essere una Regina, te lo meriti dopo tutto ciò che hai passato, ma non lascerò che Erik resti in queste condizioni. Lo guarirò e nessuno saprà niente, penseranno che sia riuscito a curarlo con decotti e pozioni e nessuno sospetterà di te.”

Ingrid scosse il capo, stupefatta.

“Sei un ragazzo davvero buono e generoso, Tiago, e sei anche molto potente, ho avvertito in te una forza non comune quando hai iniziato a indagare nel campo di battaglia. Perché sprechi tutte le tue potenzialità per una bestia come Erik?” domandò. “Con le tue capacità potresti ottenere il potere, la ricchezza e vivere una vita felice, io potrei insegnarti molte cose.”

“Non mi avvicinerò mai alla magia nera” replicò con decisione il giovane spagnolo. “E non sono affatto potente come credi, tutto quello che so lo devo alla donna che mi ha cresciuto, Inés, una curandera che mi ha insegnato per anni ad aiutare gli altri e a tenermi ben lontano dalle forze oscure. Lei le ha sempre combattute e io so che dal male non potrà mai nascere il bene. E poi non mi interessano potere e ricchezza, io voglio solo aiutare le persone che amo come ha fatto Inés. Restituirò la vista a Erik e non ti permetterò più di fargli del male, per il resto potrai vivere la vita che sceglierai, ne hai ogni diritto. Sei libera, come lo sono io.”

“Ah, tu ti consideri davvero libero?” Ingrid era, suo malgrado, affascinata dal coraggio che Tiago dimostrava. “Vuoi che Erik veda di nuovo, ma non capisci che, non appena starà bene, riprenderà la sua vita e ti getterà via? Per lui sei solo uno schiavo, non vali niente, credi davvero che ti sarà riconoscente e che resterà al tuo fianco? Faresti molto meglio a lasciarlo com’è: cieco e solo, dipende totalmente da te e, se davvero ti piace tanto, questo è l’unico modo che hai per tenertelo accanto. Non hai capito ancora che razza di mostro è? Non sai che per anni ha rapito ragazze e ragazzi per poi marchiarli, abusare di loro, maltrattarli e venderli come schiavi? Non lo ha fatto solo con me o con Nissa… e anche se adesso non fa più il trafficante, la sua considerazione per quelli che chiama schiavi non è cambiata affatto.”

Forse la donna sperava di ottenere un cedimento da parte del ragazzo, ma Tiago non sembrò minimamente turbato dalle sue parole.

“So chi è Erik e quello che pensa di me, ma non mi importa” disse. “Io voglio che lui veda di nuovo e che possa tornare alla sua vita, come braccio destro di Re Bjorn e suo capitano delle guardie. Se poi non avrà più bisogno di me… beh, me ne farò una ragione, quello che conta per me è che lui stia bene.”

Ingrid non aveva mai incontrato una persona come Tiago, qualcuno capace di un amore talmente immenso e incondizionato da annullare se stesso… possibile che un ragazzo così speciale avesse deciso di dedicare la sua totale devozione proprio a Erik? Non se lo meritava affatto!

“Comunque ho parlato con il Re anche per questo, gli ho chiesto di metterti sotto la protezione delle guardie di Kattegat e anche di tenere lontane da Erik le serve della dimora regale” continuò il giovane. “Non voglio che tu o altre ragazze dobbiate soffrire ancora per colpa sua.”

“Ma non ti rendi conto che quel mostro non ti merita? Perché vuoi fare tutto questo per lui?”

“Perché lo amo e non posso farci niente” rispose semplicemente Tiago. “Adesso, ti prego, lasciami andare a fare ciò che devo. Tu non avrai più niente da temere da Erik, ma non ti permetterò di fargli altro male.”

“Oh, figurati cosa mi importa di lui, ho già avuto la mia vendetta” disse Ingrid, stringendosi nelle spalle. “Adesso anche Erik sa cosa significa essere inerme, solo, impotente e spaventato come lo ero io… e non ho intenzione di perdere altro tempo con lui. In realtà non avrei potuto nuocergli se fosse rimasto al suo posto, non ho questo potere, è stato lui a tormentarmi, a pretendere che fossi la sua Regina e a mettersi nelle mie mani. Per quanto mi riguarda io sono soddisfatta, mi basta che abbia sofferto e che abbia capito che non deve avvicinarsi mai più a me!”

“Non lo farà, hai la mia parola. Ora però lasciami andare” insisté il ragazzo.

“Come preferisci” replicò lei, scostandosi dalla soglia per lasciar passare Tiago. “È la tua vita, in fondo, e se vuoi sprecarla servendo un essere ignobile come Erik, tanto peggio per te.”

Tiago non si diede pensiero per le parole di Ingrid e uscì dalla camera senza esitazioni. Quello che aveva detto alla donna era vero, lui non credeva che Erik lo avrebbe ringraziato né, tanto meno, amato per quello che avrebbe fatto per lui ed era pronto anche a perderlo… ma in quel momento provava solo una grandissima gioia al pensiero di potergli restituire la vista e si sentiva come se fosse stato liberato da un peso immenso, il macigno che aveva gravato sul suo cuore per tanto tempo svaniva. Passò prima dalla stanzetta in cui aveva dormito per anni per prendere della salvia e poi si diresse deciso verso la stanza di Erik.

L’uomo, nel frattempo, si era lavato e, con l’aiuto dei servitori, era tornato a letto. Sperava che Tiago tornasse presto per prenderlo tra le braccia e cercare di fargli dimenticare la scena che aveva visto con Nissa, travolgendolo con la sua passione (sì, perché a quanto pare quello era l’unico linguaggio che Erik sembrava conoscere!). Sentì entrare il ragazzo nella stanza e lo chiamò.

“Tiago, dove sei stato? Volevo parlarti, spiegarti che quello che hai visto…”

“Non devi spiegarmi niente, Erik, era tutto sufficientemente chiaro e quello che conta è che sono riuscito a salvarti la vita. E non solo” disse il giovane spagnolo, interrompendo il fiume di parole dell’uomo. “Ho con me l’oggetto con il quale Ingrid ti ha maledetto e adesso lo brucerò e spezzerò l’incantesimo.”

Erik era sconcertato. Credeva che Tiago se ne fosse andato perché era arrabbiato con lui e invece era andato a prendere il manufatto stregato per ridargli la vista! Nel suo animo si scatenarono emozioni contrastanti e confuse, sorpresa, incredulità e un dolcissimo e inspiegabile calore che lo invadeva totalmente e che non poteva essere dovuto solo al pensiero di poter vedere di nuovo. Fino a che punto Tiago era dolce e generoso? Fino a che punto lo amava? Senza più parlare, si mise a sedere sul letto, cercando di seguire con l’udito quello che il ragazzo stava facendo.

Tiago si avvicinò al braciere che riscaldava e illuminava la stanza e vi pose dentro la corteccia stregata e la salvia, che bruciando iniziò a spandere un buon odore, purificando e ripulendo l’oscurità del maleficio che gravava sul luogo e su Erik. L’oggetto maledetto iniziò a consumarsi e a distruggersi e, tanto più svaniva nel fuoco, tanto più la patina che aveva ricoperto gli occhi di Erik si dissolveva.

L’uomo provava una sensazione bellissima, di pace e calore e, lentamente, si accorse che i suoi occhi riprendevano a funzionare. Prima vide una grande luce, quasi accecante, poi cominciò a scorgere confusamente i contorni della stanza e degli oggetti che vi si trovavano. La sua vista si schiariva sempre più e Erik poté vedere Tiago, chino sul braciere, concentrato e determinato nel suo compito, una figuretta minuta ma così incredibilmente forte e coraggiosa che gli stava restituendo il futuro e la vita stessa. Un piccolo e potentissimo guaritore che lo stava curando con la forza del suo amore…

Tiago era talmente preso dal suo rituale di guarigione da non accorgersi che Erik, finalmente, vedeva e che si era alzato dal letto, lentamente, avvicinandosi a lui. Solo quando l’oggetto maledetto fu completamente distrutto e l’incantesimo spezzato il ragazzo alzò lo sguardo dal braciere… e si trovò davanti Erik che lo guardava con occhi finalmente purificati, luminosi e ardenti di un desiderio irrefrenabile.

“Erik, ci sono riuscito, tu ci vedi” mormorò il ragazzo, emozionatissimo e commosso, ma non ebbe il tempo di dire altro. L’uomo lo afferrò, lo strinse convulsamente tra le braccia e, sollevandolo da terra, se lo portò a letto.

“Sì, ci vedo. Vedo il ragazzo che mi ha salvato la vita, che mi ha restituito la vista e tutta la mia esistenza, vedo il ragazzo speciale che ha sfidato le forze oscure solo per me” sussurrò con la voce resa roca dalla brama e dall’eccitazione. Lo baciò con passione e intensità, liberandosi della camicia e spogliando il giovane spagnolo, che non riusciva ad opporre alcuna resistenza. Lo accarezzò con desiderio incollandosi a lui, volendone esplorare ogni centimetro, percorrendo tutto il suo corpo con mani avide, mentre lo baciava ancora e ancora, con sempre maggior desiderio, esplorandogli la bocca senza riuscire a saziarsi di lui. Ora poteva finalmente vederlo, ammirare il suo viso gentile, i suoi occhi neri spalancati per la sorpresa e il piacere, guardare oltre che toccare il suo corpo esile e dalla pelle olivastra e questo aumentava immensamente la sua voglia e la sua eccitazione. Senza staccare le labbra dalle sue si insinuò nel suo corpo, sfogando finalmente la veemenza della sua passione. Tiago, sulle prime, avrebbe voluto tentare di opporre una debole resistenza, ma quell’ultimo sprazzo di lucidità svanì ben presto dalla sua mente: in realtà la parte più profonda di lui non voleva veramente cacciarlo via e, al contrario, aveva desiderato spasmodicamente ritrovarselo addosso in quel modo, farsi prendere con veemenza, baciare profondamente e trascinare sul letto senza tanti complimenti. Ogni fibra del suo essere accettava, anzi bramava, le mani di Erik sul corpo, la bocca di lui dappertutto, le carezze sempre più audaci e i baci sempre più intimi. Mentre Erik desiderava fondersi sempre di più con Tiago, entrare sotto la sua pelle e nel suo sangue, annullarsi completamente in lui, il ragazzo, smarrito e sperduto per il desiderio che gli incendiava il corpo e gli faceva tremare le gambe, poteva solo accogliere e assecondare le spinte dell’uomo fino a scomparire totalmente con lui in un’estasi di assoluto piacere. Non riuscì più a elaborare alcun pensiero coerente nei minuti, ore, anni e secoli che seguirono, il resto del mondo che perdeva i suoi contorni mentre i loro due universi così lontani si fondevano e si ritrovavano.

Chissà, forse era vero, forse Erik si sarebbe stancato presto di lui ora che aveva ritrovato la vista… ma Tiago non se ne preoccupava. Per quel poco che riusciva a pensare in modo lucido, i punti fondamentali erano ben pochi e semplici.

Erik finalmente ci vedeva.

In quel momento lo voleva ed era con lui.

La vita era perfetta.

Fine quindicesimo capitolo

 

 

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Capitolo 16
*** Cap. 16: Unstoppable today ***


Cap. 16: Unstoppable today

 

I put my armor on, show you how strong how I am
I put my armor on, I'll show you that I am

I'm unstoppable
I'm a Porsche with no breaks
I'm invincible
Yeah, I win every single game
I'm so powerful
I don't need batteries to play
I'm so confident
Yeah, I'm unstoppable today
Unstoppable today…

(“Unstoppable” – Sia)

 

Travolto dalla gioia di aver restituito la vista a Erik e poi dalla passione di quella notte, Tiago pareva aver dimenticato di aver visto l’uomo che faceva sesso con un’altra donna quella mattina stessa, di averlo visto schiaffeggiarla perché lei si ritraeva e di tutto ciò che era accaduto dopo… ma non era così e i ricordi si ripresentarono tutti alla sua mente quando brama e piacere lasciarono il posto al languore appagato del riposo. Il ragazzo, tuttavia, credeva veramente in ciò che aveva detto a Ingrid: immaginava che Erik, una volta ripresa la sua vita normale, lo avrebbe messo da parte, ma non gli importava, per lui contava solo che stesse bene e che fosse felice. Era normale che volesse cercare passione altrove, lui era solo un ragazzino, come poteva sperare di tenerlo accanto a sé? Avrebbe accettato di essere abbandonato quando fosse successo e avrebbe comunque continuato ad essere presente ogni qual volta avesse avuto bisogno di lui.

Erik, però, pareva non avere la stessa intenzione e, al contrario, una volta sfogato il desiderio, voleva chiarirsi con Tiago. Erano ancora a letto insieme, stretti l’uno all’altro, e l’uomo accarezzò i capelli del giovane spagnolo e iniziò a parlargli con una tenerezza insolita.

“So che preferiresti non parlarne, ma io ho bisogno di farlo” esordì Erik. Tiago, in realtà, non avrebbe voluto più pensarci, ma era Erik a volersi ripulire la coscienza… “Mi hai visto con quella schiava stamani e sei venuto a sapere che spesso, mentre tu cercavi un rimedio per guarirmi dalla cecità e ti stancavi fino a perdere le forze, io prendevo schiave come quella per divertirmi un po’. È vero, ammetto che è vero, non voglio mentirti. Ma non voglio nemmeno che tu pensi che lo abbia fatto perché non mi importa di te o, peggio, perché considero anche te a quel livello. Anzi, è tutto l’opposto!”

Il ragazzo non capiva bene se quello fosse un discorso di scuse o di giustificazioni, ad ogni modo Erik continuava a usare la parola schiave e già quello dimostrava che non aveva imparato un bel niente dall’esperienza avuta. Avrebbe voluto dirgli che non doveva spiegare niente, che per lui andava bene così, che sarebbe rimasto al suo fianco comunque, ma l’uomo non gli diede nemmeno il tempo di aprire bocca e continuò il suo monologo.

“Ogni volta che te ne andavi e rischiavi la vita per curarmi, io mi sentivo inutile, un peso, non servivo a niente e anzi per colpa mia tu eri in pericolo, mi sentivo frustrato e impotente e non volevo sentirmi così. Per questo chiamavo le schiave e facevo sesso con loro, che lo volessero o meno: per me erano solo oggetti, servivano a distrarmi, a farmi sentire che almeno una parte di me funzionava ancora, a non farmi pensare ai rischi che correvi tu… Non erano niente” riprese Erik. “Tu invece sei… speciale, ecco. È vero, all’inizio ti ho considerato uno schiavo come loro, ma tu sei stato sempre dolce e gentile con me, mi hai accolto, accettato, mi hai donato il tuo amore senza condizioni anche quando ti trattavo male. E poi, quando ho commesso quella sciocchezza con Ingrid e lei mi ha accecato, sei stato tu ad aiutarmi, ti sei occupato di me e alla fine hai saputo perfino guarirmi. Io non avevo mai conosciuto qualcuno come te e, adesso che ti ho trovato, non voglio perderti. Lo sai che, in tanti anni, io non ho mai saputo cosa volesse dire fare l’amore? Ho avuto schiave e schiavi, sono stato con delle donne, ma con loro ho fatto solo sesso, senza coinvolgimento, senza altro fine che il piacere fisico. Con te… tu mi fai sentire bene, non è solo piacere o passione, è un calore mai provato e tu sei il primo che ho baciato veramente, non l’avevo mai fatto prima, non ero stato abbastanza intimo con nessuno, ma con te mi viene naturale, spontaneo.”

Stretto tra le braccia di Erik, Tiago era incantato e sedotto dalle sue parole, nonostante alcune di esse fossero, sinceramente, delle grandi bestialità. Ma quello che il giovane spagnolo desiderava credere era di essere speciale per Erik e, mentre l’uomo continuava a parlargli con tono pacato e suadente, Tiago si lasciava conquistare sempre di più da lui.

“Tu non sei più uno schiavo per me, ho sbagliato anche solo a pensarlo. Tu sei il mio amante e io ti voglio sempre con me, anche adesso che mi hai ridato la vista. Riprenderò il mio posto al fianco di Bjorn ma tu verrai con me, io ti porterò sempre con me, sei mio, sei il mio amante e io ti voglio con me” sottolineò Erik, circondando Tiago in un abbraccio piuttosto possessivo.

“Ma io…” obiettò timidamente il ragazzo, “io non posso seguirti nei tuoi doveri per il Re, io non sono un guerriero, non so combattere, so solo servire e usare le piante e le erbe per curare, Re Bjorn non vorrà che partecipi ai suoi consigli…”

“Tu sei molto di più di questo e anche Bjorn se ne accorgerà” replicò l’uomo. “Sei buono e generoso, vuoi che tutti stiano bene e siano felici e riesci a mettere pace tra le persone: queste sono doti importantissime che faranno molto comodo alla politica di Kattegat. Non ti sottovalutare, Tiago, io ho finalmente capito quanto vali e non voglio mai più separarmi da te, ti voglio sempre con me.”

Erik concluse questo appassionato discorso con un bacio lunghissimo, intimo e profondo, perdendosi sulle labbra del suo giovane compagno e pensando che era davvero fortunato ad averlo incontrato, adesso Tiago era la sua luce, la sua gioia e lo inondava di calore e dolcezza. E Tiago, incredulo e sentendosi incendiare l’anima, si abbandonò a quel bacio, concedendosi il lusso di credere alle parole di Erik, a quello che voleva sentire da lui… almeno fino a quando fosse durato.

A Kattegat sembrava che l’amore stesse vincendo, ma in Wessex era guerra.

Ivar, da abile stratega qual era, aveva messo a punto un piano che gli avrebbe consentito di eliminare quanti più soldati Sassoni possibile, evitando tuttavia di coinvolgere le persone inermi che seguivano l’esercito per raggiungere Chichester. Aveva quindi attirato i Sassoni in un’imboscata nella foresta che avrebbero dovuto attraversare, accerchiandoli con i guerrieri e le shieldmaiden da ogni lato, che apparivano improvvisi e letali dalla nebbia; lui si era appostato tra gli alberi, sopra un ponte di corde fatto costruire appositamente per lui e i suoi arcieri che così avrebbero trafitto a colpo sicuro i soldati; inoltre, aveva fatto approntare delle trappole mortali che colpivano i Sassoni a tradimento, lasciandoli morti o mutilati. In questo modo il popolo che seguiva Re Alfred non sarebbe rimasto toccato dalla battaglia perché sarebbe stato l’esercito a entrare per primo nella foresta, cadendo nell’imboscata; infatti, mentre i soldati di Re Alfred e del vescovo Aldulf si inoltravano tra gli alberi e finivano straziati e uccisi, la carrozza che trasportava la Regina Elsewith e il suo bambino rimase fuori. La Regina comprese il pericolo e ordinò che la gente seguisse la sua carrozza, aggirando la foresta.

La battaglia nella foresta si faceva sempre più cruenta, Ivar impartiva ordini dall’alto e i soldati Sassoni erano massacrati da ogni parte, se non finivano nelle trappole venivano trafitti dalle frecce o aggrediti a sorpresa da guerrieri e shieldmaiden sbucati dal nulla e guidati da un Hvitserk che sembrava aver ritrovato la sua vena di combattente, agile, implacabile e letale. Harald e i suoi non potevano far altro che seguire le direttive di Ivar e le offensive di Hvitserk e Helgi, ma il Re dei Norreni non sembrava dispiaciuto per aver perso il comando: ciò che lui aveva desiderato veramente era l’azione, la battaglia, e adesso l’aveva, non importava chi guidasse gli eserciti.

In tutto ciò, l’unico a non condividere l’entusiasmo generale era, per ovvie ragioni, Aethelred. Il giovane Principe era rimasto a lungo nell’accampamento per non vedere e non sentire, confuso da emozioni che gli vorticavano dentro straziandogli il cuore e l’anima. Da un lato era convinto che il suo posto fosse accanto a Ivar e ai Vichinghi, coloro che lo avevano salvato dalla folle crudeltà di sua madre e che gli avevano fatto conoscere la libertà, l’amore, la gioia di vivere veramente senza oppressioni e ipocrisie. Dall’altro, tuttavia, non poteva tollerare che tanti uomini perdessero la vita massacrati in una guerra assurda, nata esclusivamente per i capricci e le ambizioni di un uomo come Harald. Per lui sarebbe stato molto più facile dare la colpa di tutto al Re dei Norreni e a chi aveva voluto seguirlo, ma non riusciva a dimenticare che anche i Sassoni si erano comportati in modo inspiegabile, facendo incendiare le case dei coloni Vichinghi e uccidendo degli innocenti. Le razzie di Harald non potevano in alcun modo giustificare un tale abominio e lui, nonostante tutto, non riusciva a non desiderare che le cose potessero tornare com’erano un anno e mezzo prima, con Re Alfred che governava pacificamente sul Wessex, una terra che Sassoni e Norreni condividevano in amicizia.

Ad un certo punto si sentì soffocare dentro quella tenda e provò il bisogno insopprimibile di vedere che cosa stava accadendo nella foresta, se davvero la gente del popolo era al sicuro, se qualcuno dei suoi cari era rimasto ferito, Alfred, chissà, o… che Dio non volesse… Ivar!

Giunse di corsa ai margini della foresta e, sulle prime, non riuscì a distinguere bene cosa succedesse, chi stesse vincendo e neanche quali fossero i Sassoni e quali i Vichinghi, poi la sua attenzione fu attirata da qualcosa in particolare, le urla di una donna. Chi poteva essere? Forse una shieldmaiden ferita o forse… forse Ivar gli aveva mentito e le donne e i bambini non erano al sicuro? Doveva saperlo. Seguì le grida e ai suoi occhi si presentò una scena inattesa: due guerrieri Norreni avevano catturato la Regina Elsewith e cercavano di trascinarla a forza nella foresta, la giovane donna però non si era lasciata intimidire e stava disperatamente cercando di resistere, dibattendosi e colpendo alla cieca con un pugnale.

“Lasciatela, lasciatela stare, maledetti!” un altro grido nel quale Aethelred riconobbe la voce di suo fratello Alfred. Sì, il Re si era accorto dell’accaduto ed era intervenuto, abbandonando la battaglia per soccorrere la sua Regina. I due guerrieri dovettero lasciar perdere la donna e difendersi dall’assalto disperato di Alfred e Aethelred ne approfittò per correre da Elsewith.

“Stai bene? Non preoccuparti di loro, ti proteggerò io. Dov’è la tua carrozza? Ti scorterò fin là” le disse.

La Regina sulle prime non lo riconobbe e cercò di allontanarsi da lui, respingendolo e correndo disperatamente fuori dalla foresta, in direzione della carrozza da cui era stata trascinata via poco prima. Aethelred la seguì per accertarsi che vi arrivasse sana e salva e che non ci fossero altri Vichinghi tanto folli da minacciare la sua vita. Elsewith giunse alla carrozza, trafelata e ansante, e quando fu lì ne alzò il sedile, rivelando il nascondiglio di un bimbetto di circa un anno e mezzo, il figlio suo e di Alfred, il Principino Edward. Proprio in quel momento la giovano fu raggiunta da Aethelred e, sentendolo arrivare, si voltò verso di lui puntandogli contro il pugnale.

“Vattene, non toccare mio figlio!” esclamò, furibonda.

Il Sassone non si preoccupò della reazione della Regina, era normale che non lo avesse riconosciuto, ma la vista del nipote lo commosse profondamente.

“Lui è… è tuo figlio e il figlio di Alfred?” mormorò, con la voce rotta dall’emozione.

Elsewith restò allibita dalla commozione di colui che credeva un Norreno e, per la prima volta, decise di guardarlo meglio. Le vesti di foggia vichinga e i capelli lunghi fino al collo, annodati in alto sulla nuca, l’avevano tratta in inganno, ma adesso riconosceva quei grandi occhi chiari e buoni e la voce dolce, che tradiva l’accento del Wessex.

“Ma tu sei… sei Aethelred?” domandò, al colmo della sorpresa. Poi il suo sguardo si fece cupo. “Sei con i pagani, adesso, con quei demoni. Combatti con loro?”

“Sono tornato nel Wessex insieme ai Vichinghi, è vero, ma non combatto con loro, sono tornato proprio perché sapevo che una spedizione voleva razziare le coste del Wessex” rispose Aethelred. “Io non voglio tutto questo, quando sono partito Alfred regnava in pace e Sassoni e Norreni vivevano fianco a fianco…”

Elsewith si lasciò sfuggire un sorriso di compatimento e scrollò il capo, prendendo in braccio il figlioletto che continuava a fissare Aethelred.

“Anche tu sei un sognatore e un generoso, come Alfred” commentò, “e sono belle doti per un uomo, ma non per un Re. Per un sovrano queste sono debolezze, io lo dico sempre a mio marito. Non ci sarà mai pace finché i pagani non saranno eliminati per sempre, loro rappresenteranno sempre una minaccia, fingono di volersi convertire al Cristianesimo ma poi continuano ad adorare i loro falsi dei e a vivere in modo violento e brutale.”

“Per questo Alfred ha fatto incendiare i loro villaggi e uccidere persone innocenti?” replicò Aethelred. Quello era il momento della verità, finalmente avrebbe saputo come stavano veramente le cose.

“L’ordine lo ha dato Alfred, ma solo perché io l’ho convinto” rispose Elsewith, fiera. “Come ti ho detto, Alfred è troppo buono, troppo gentile e fiducioso e molti lo ritengono debole per questo. Volevo che desse una dimostrazione di forza e che facesse capire a quei pagani che non possono fare quello che vogliono nella nostra terra!”

Aethelred si sentì sollevato nello scoprire che non era stato suo fratello a volere quei massacri, se le cose stavano così allora c’erano ancora speranze di pace, nonostante l’ossessione di Elsewith, tanto simile a quella di Judith…

“Alfred aveva stretto un accordo con i Norreni e per molto tempo avete vissuto in pace” ribadì nuovamente il giovane. “La spedizione di Harald è stata un errore, ma io sono qui per proporre un negoziato: voglio che tu e Alfred incontriate i capi dell’esercito Norreno e che stipuliate un nuovo accordo con loro. I coloni che vorranno vivere in pace nel Wessex e coltivare la terra per le loro famiglie dovranno essere al sicuro e, in cambio, farò in modo che non ci siano altre razzie e scorrerie… almeno da parte dei Vichinghi di Kattegat.”

“Davvero? Tu puoi garantire per un demonio come Ivar Senz’ossa? Lui non smetterà mai di cercare di distruggerci, lui vuole sottometterci tutti come lo voleva suo padre! Come puoi difendere un tale mostro? Tu sei generoso, sei un grande guerriero, il tuo posto sarebbe al fianco di tuo fratello, non in mezzo a quei barbari” esclamò la Regina. “Guardati, sembri quasi uno di loro e invece sei un Principe Sassone, dovresti stare con la tua famiglia. Forse sei scappato perché Alfred è diventato Re mentre il trono sarebbe spettato a te in quanto primogenito? Non devi. Alfred sarebbe disposto a regnare con te al suo fianco e tu avresti praticamente i suoi stessi poteri… e insieme potreste eliminare la minaccia dei pagani una volta per sempre!”

Aethelred si sentiva impotente, parlare con Elsewith lo faceva tornare indietro nel tempo, quella durezza e ostinazione erano state di sua madre Judith, l’unica differenza era che Elsewith non lo disprezzava, ma anzi voleva che tornasse a vivere alla Corte di Winchester, al fianco di Alfred.

“No, non sono partito dal Wessex perché volevo la corona di Alfred, sono partito per cercare il mio posto nel mondo… ed è con i Vichinghi. Non sono affatto come dici tu, con me sono stati gentili e accoglienti come una vera famiglia e non mi hanno mai impedito di essere cristiano e di seguire le mie idee” dichiarò deciso. “Per questo voglio che anche qui possa avvenire lo stesso, perché Sassoni e Norreni possono vivere insieme e rispettarsi, io ne sono l’esempio vivente. Voglio la pace e so che anche Alfred la vuole. Potremo avere questo incontro, dunque?”

Elsewith sospirò.

“Va bene, ne parlerò con Alfred e sono certa che anche lui farà di tutto per organizzare un incontro di pace” disse, poco convinta. “Tuttavia non illuderti troppo, non credo affatto che un accordo possa bastare a demoni pagani come i tuoi amici, loro non vogliono la pace, vogliono solo conquistare, uccidere e rubare.”

Non sarebbe servito discutere ancora con la Regina. Aethelred la ringraziò per la promessa di parlare ad Alfred dell’accordo e poi i due si salutarono. Il giovane Sassone lanciò un ultimo sguardo a Edward, il suo nipotino, sperando che almeno lui potesse crescere in un mondo pacifico, poi si allontanò per ricongiungersi ai Vichinghi.

Nel frattempo, i Sassoni erano riusciti ad evitare una terribile sconfitta solo grazie alla nebbia che era calata sempre più fitta, impedendo ai Norreni di massacrarli tutti. Ivar aveva fatto suonare la ritirata e i pochi soldati Sassoni sopravvissuti erano riusciti a uscire dalla foresta al seguito di Re Alfred e del vescovo Aldulf.

“Il Signore ci ha salvati impedendo a quei demoni di ucciderci tutti” diceva il vescovo, ma Alfred non sembrava ascoltarlo. Ciò che contava per lui era la salvezza di sua moglie e di suo figlio, oltre che dei suoi sudditi, e iniziò a rilassarsi soltanto quando riuscì a scorgerli tra la nebbia come ombre in lontananza.

“Non possiamo lasciare che quei pagani la facciano franca. Oggi ci hanno attirato in una trappola, ma dovremo riorganizzare i nostri eserciti e attaccarli in un luogo a noi favorevole per poterli sconfiggere e distruggere una volta per tutte, per la gloria di Dio!” continuò Aldulf, ma questa volta Alfred lo interruppe.

“Riorganizzeremo l’esercito, sì, ma soltanto per difenderci” tagliò corto. “Io voglio che la mia gente viva in pace e, se è un nuovo accordo quello che vogliono, allora sono disposto a concederlo. Manderò un messaggero per invitare i capi dei Norreni a parlamentare con me. Quasi due anni fa stipulai un accordo di pace con Ubbe Lothbrok, ma lui non è qui e non ci sono nemmeno Torvi o Lagertha. Devo capire se Ivar Senz’ossa è disposto a un accordo del genere perché la pace è la mia priorità. Soltanto se lui non ci darà scelta continueremo a combattere.”

Detto questo, Alfred si avviò deciso verso la sua famiglia e i suoi sudditi, seguito lentamente da un vescovo Aldulf molto deluso.

Quella sera, nell’accampamento dei Vichinghi, c’era festa per la vittoria contro i Sassoni, anche se non era stata schiacciante come avrebbero voluto. Ivar e Aethelred, però, non partecipavano, erano a parlare nella loro tenda.

“Hai protetto la fuga della Regina Elsewith? Ma ti sei bevuto il cervello? Aethelred, da che parte stai, sul serio?” Ivar era sconcertato.

“Io voglio la pace” ribadì Aethelred, fissando il Vichingo negli occhi. “Cosa pensavi di ottenere facendola rapire o, magari, uccidere? Alfred e Elsewith hanno un bambino piccolo, mio nipote. Se fosse accaduto qualcosa alla Regina non credi che Alfred non ti avrebbe mai perdonato? E in quel caso non ci sarebbe stata alcuna possibilità di giungere a un nuovo accordo!”

“È stata proprio quella Regina a far uccidere coloni innocenti, quale pace vuoi ottenere da lei?” obiettò Ivar.

“Non è lei a regnare in Wessex, è Alfred il Re, e lui vuole la pace” insisté il Sassone. “Avremo un incontro con lui, ci manderà un messaggero per stabilire il giorno e il luogo, e finalmente stipuleremo un nuovo accordo come quello che fecero Ubbe e Lagertha. È solo questo che voglio, Sassoni e Vichinghi che vivono fianco a fianco, rispettandosi gli uni gli altri e collaborando. Niente più razzie, niente più conversioni forzate, solo rispetto e tolleranza.”

Ivar sospirò rassegnato e strinse tra le braccia il suo compagno, dicendo senza saperlo le stesse cose che gli aveva detto Elsewith quel pomeriggio.

“Tu sei buono e generoso, Aethelred, vuoi che tutti siano sereni e in pace e io ti ammiro e ti amo per questo, ma temo che il tuo cuore sia troppo grande e non voglia vedere il male che c’è intorno.”

Lo baciò una, cento, mille volte. Ogni volta che si perdeva nella morbidezza e nella dolcezza delle sue labbra e del suo corpo tiepido tutto il resto scompariva e rimaneva solo una tenerezza che faceva bene al cuore. Chissà, forse il sogno di Aethelred poteva realizzarsi, o forse no, quello che importava era che in quel momento loro due erano insieme, uniti, che lentamente i loro corpi e le loro anime si fondevano in una sola essenza. Forse quell’incontro con Re Alfred avrebbe potuto cambiare le cose, portare davvero la pace… ma ci avrebbe pensato dopo, quegli istanti d’amore che potevano ancora concedersi dovevano espandersi in un universo di passione e dolcezza che, almeno per un po’, avrebbe cancellato tutto il male.

Al resto avrebbe pensato il giorno dopo.

Fine capitolo sedicesimo

 

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** Cap. 17: Face to face ***


Cap. 17: Face to face

 

No one ever held my hand
Always me against the world
At war with monsters in my head
Kept digging down 'til I hit gold

I'm not ashamed of who I was
You'll never take this fight from me
You'll see I'd rather die on my feet, than live on my knees

I'm face to face with the devil I am not afraid
My life is worth the struggle
My scars are my warpaint
Face to face with the devil
Pray, it's not too late
My past will not define me
I'm face to face

I fought the devil and I'll live to tell
I fought the devil and I'll live to tell!

(“Face to face” – Citizen Soldier)

 

Ciò che Aethelred aveva tanto desiderato stava per avverarsi. Erano trascorsi solo tre giorni dalla terribile battaglia contro l’esercito Sassone e dal suo colloquio con Elsewith, ma Alfred aveva mandato un messaggero per invitare Ivar su un campo neutro e negoziare con lui la pace e quella mattina sarebbe avvenuto l’incontro. Il giovane Principe era molto emozionato anche all’idea di rivedere il fratello, tuttavia c’erano un paio di questioni che lo tormentavano: Alfred aveva deciso per un colloquio di pace, ma chiaramente Elsewith non voleva la stessa cosa, suo fratello sarebbe stato abbastanza forte da contrastare la volontà di quella moglie fanatica e piena di pregiudizi che ricordava così tristemente Judith? E poi… Ivar come avrebbe reagito ad eventuali provocazioni da parte della Regina o a condizioni che avrebbe potuto trovare ingiuste?

Questi pensieri lo angustiavano, la situazione non era ancora così chiara e sicura come era stata due anni prima, l’unica cosa che lo confortava era il fatto che lui sarebbe stato presente all’incontro, avrebbe partecipato al fianco di Ivar e non avrebbe permesso né al suo compagno né a Alfred di distruggere quella speranza di pace che brillava all’orizzonte.

Quella mattina gli eserciti Sassone e Norreno erano schierati sul campo, ognuno a sostegno dei suoi comandanti. Re Alfred attendeva in piedi davanti ai suoi uomini e Aethelred provò una fitta di inquietudine nel vedere che, accanto a lui, fiera e con aria compiaciuta, stava Elsewith. La sua presenza non era di buon auspicio per un possibile accordo di pace…

“Quella donna ha l’aria soddisfatta del gatto che si è appena mangiato l’uccellino” disse sottovoce Ivar a Aethelred mentre si avviavano insieme verso la coppia reale. “Non credo proprio che la faccenda finirà bene.”

Nemmeno io, avrebbe voluto rispondergli il compagno, ma sarebbe stato avvilente per entrambi, così si limitò a stringergli affettuosamente la mano per fargli sentire che, in ogni caso, lui sarebbe stato al suo fianco.

Hvitserk era in prima fila tra i Norreni, a cavallo accanto a Helgi, e provò una sensazione di straniamento quando Ivar e Aethelred giunsero di fronte ad Alfred. Lui c’era, due anni prima, e ricordava bene quanto la situazione e i protagonisti della stessa fossero abissalmente diversi da quelli di adesso. Alfred non era più il ragazzo cordiale e amichevole che si faceva addestrare da Ubbe per imparare a combattere e che aveva festeggiato la nascita di una nuova terra in cui Sassoni e Vichinghi potessero vivere fianco a fianco, senza questioni religiose a dividerli: quel taglio corto e il volto severo gli davano un’aria inflessibile e giudicante che Hvitserk non riconosceva. Era anche vero che Ivar, col suo sorrisetto beffardo e l’aria di sfida, non era certo l’interlocutore ideale per un accordo pacifico come invece era stato il pacato Ubbe…

I presentimenti negativi di Hvitserk aumentarono quando notò lo sguardo critico e infastidito con il quale Alfred squadrò il fratello: chiaramente disapprovava tutto di lui, a partire dall’abbigliamento da Vichingo e l’acconciatura, con i capelli lunghi annodati in alto sulla testa e che ricadevano disordinatamente sulla nuca.

“Temo che non ci sarà nessun accordo” mormorò rivolto a Helgi. “Re Alfred ha già preso la sua decisione, vuole la pace ma solo alle sue condizioni… che non terranno conto delle esigenze dei Norreni. Ivar dunque non potrà mai accettare un accordo del genere e, almeno questa volta, sarò perfettamente d’accordo con lui.”

Helgi lo guardò preoccupato. Detestava trovarsi di nuovo in una situazione in cui ambizione e intransigenza avrebbero distrutto la vita di tante persone… ma lui non poteva farci niente, forse neanche Ivar e Aethelred lo potevano.

Dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla moglie, Alfred si rivolse direttamente a Ivar, ignorando Aethelred come se neanche ci fosse.

“Ho accettato di venire qui a parlare con te perché mi auguro di porre fine a questo ciclo di sofferenze e di guerre” esordì in tono glaciale. Il suo volto e il tono della sua voce contraddicevano le sue parole, ma Ivar sorrise lo stesso.

“Sono d’accordo” rispose. “Perciò propongo di finire questa battaglia e di stipulare la pace, scambiamoci gli ostaggi, negoziamo in buona fede, mettiamo da parte la guerra.”

Aethelred guardò con ammirazione il suo compagno: nonostante la freddezza e l’aperta ostilità di Alfred, Ivar non aveva perso il controllo e aveva parlato da vero condottiero! Alfred, tuttavia, non la pensava affatto come lui: guardò di nuovo Elsewith che aveva un’espressione disgustata sul viso e poi replicò in modo severo e ingiustificato.

“Devo rifiutare la tua proposta di pace, Ivar” disse, perentorio. “Siete venuti qui per razziare e uccidere e ora tu proponi la pace solo perché temi di perdere. Non vuoi veramente la pace, anzi, speri di ottenere una tregua per poterti riorganizzare e attaccarci di nuovo, magari facendo arrivare rinforzi da Kattegat. Tu vuoi solo uccidere e trionfare, non conosci la pietà, cerchi solo la morte. Il mio Dio è pace e amore mentre i tuoi dei sono crudeli e spietati e tu sei come loro. Mi ritieni un debole, un codardo, per questo pensi di potermi ingannare proponendomi la pace, ma per tua sfortuna ti sbagli di grosso. I tuoi falsi dei di morte non prevarranno!”

Ora Elsewith aveva un sorriso trionfante e cattivo dipinto sulle labbra, mentre Aethelred restava agghiacciato dalla crudeltà delle parole di Alfred. Come poteva essere diventato tanto duro e intollerante? E come avrebbe reagito Ivar? Se si fosse infuriato, in tutta onestà, il Principe Sassone non avrebbe potuto dargli torto… invece Ivar era rimasto stupito quanto lui. Restò per un attimo in silenzio, poi sorrise di nuovo con condiscendenza e riprese a parlare, in tono calmo e controllato.

“Perciò questo è un no. Non me l’aspettavo, credevo che, da buon cristiano, ti preoccupassi dei tuoi guerrieri. Siete in minoranza, Alfred, non potrete mai sconfiggerci.”

Aethelred sentì una morsa gelida artigliargli il cuore quando Alfred rispose.

“Io ho tanto a cuore i miei guerrieri che mi rifiuto di sottometterli alla tua tirannia. Che vivano o che muoiano, i miei guerrieri lo faranno per Dio e per la loro terra. Ritirati finché sei in tempo, demonio pagano, e torna al tuo Paese di barbari: solo così potrai salvare i tuoi uomini e te stesso! Io non mi piegherò mai a una pace con un mostro come te, devo salvare il mio Regno e Dio è dalla mia parte.”

Ivar parve non raccogliere neanche quell’ultima provocazione, fece un sorrisetto e si voltò verso i suoi uomini, accingendosi a lasciare il luogo in cui era avvenuto quell’inutile colloquio. Aethelred, invece, faceva fatica a respirare e gli sembrava di vivere un incubo nel quale era tornato indietro di due anni, aveva davanti la Regina Judith e sentiva le stesse parole che la gelida e crudele madre aveva rivolto a lui… solo che questa volta era Alfred a parlare e la necessità di uccidere il nemico per salvare il Wessex riguardava Ivar e non lui. Per il cuore straziato di Aethelred questo era anche peggio… Disperato, non poté fare a meno di affrontare il fratello.

“Alfred, come puoi parlare così?” esclamò, mentre gli occhi di tutti si puntavano su di lui, visto che non era previsto che intervenisse. “Non ricordi più che i Norvegesi hanno salvato il Wessex dalle razzie dei Danesi, due anni fa, combattendo al nostro fianco? Non ricordi che condividevamo con Ubbe il sogno di unire nella pace i nostri popoli? È quello che volevi anche tu, come me, Ubbe, Bjorn, Hvitserk e Lagertha. Hai dimenticato la bellissima festa nelle colonie dei Vichinghi, il giorno in cui vi partecipammo tutti insieme e Sassoni e Norreni lavoravano in pace, fianco a fianco, ognuno seguendo la propria religione e le proprie tradizioni? Noi tutti vogliamo ancora quella pace e quella collaborazione, anche se Bjorn e Lagertha sono rimasti a Kattegat: Ivar, Hvitserk ed io siamo qui come loro portavoce.”

Alfred squadrò di nuovo il fratello con freddezza, mentre da Elsewith arrivò una sorta di sibilo disgustato.

“Non è possibile vivere in pace con questi barbari, sono dei pagani e dei selvaggi che fingono di voler collaborare, ma in realtà aspettano solo il momento propizio per ucciderci tutti, come vogliono i loro falsi dei” replicò, duro. “Infatti sono venuti a razziare le nostre coste, a rubare e fare stragi!”

“Quelli erano gli uomini di Re Harald, non quelli di Ivar e Hvitserk che, al contrario, sono intervenuti per fermare le battaglie e richiedere un accordo di pace” protestò Aethelred. “E comunque anche tu hai reagito alla violenza con una crudeltà che non mi sarei mai aspettato, massacrando donne, anziani e bambini innocenti delle colonie. In cosa ti sembra di essere stato migliore dei Vichinghi, me lo sai dire?”

“Noi crediamo nel vero Dio e combattiamo per lui ma, evidentemente, tu non puoi più capire queste cose visto che ti dedichi a pratiche peccaminose e depravate con quel demonio pagano” ribatté Alfred, il cui volto rispecchiava lo stesso disprezzo e disgusto che si vedeva su quello di Elsewith. “Forse ti sei persino convertito ai loro falsi dei e sei diventato un assassino come loro, basta vedere come ti vesti e che rapporti contro natura intrattieni con quel mostro!”

Quelle parole crudeli affondarono come lame ghiacciate nel cuore di Aethelred che impallidì mortalmente. Solo a quel punto Ivar reagì. Il Vichingo era riuscito a scrollarsi dalle spalle tutte le accuse e gli insulti che Alfred aveva rivolto a lui ma, vedendo che le sue parole avevano ferito il suo compagno, il ragazzo dolce e premuroso che tanto amava, non si trattenne più. Ritornò sui suoi passi, appoggiandosi alla stampella, e avanzò verso Alfred con tanto impeto e odio negli occhi che i soldati Sassoni incoccarono le frecce, pensando che il giovane avrebbe colpito il loro Re.

Ivar li guardò come se non fossero altro che marionette e sorrise, sprezzante.

“Non temete, non sono un vigliacco che colpisce a tradimento durante un colloquio di pace” disse loro, “anche se non sono io a volere il proseguimento della guerra, ma il vostro Re cristiano.”

“Che aspettate?” strillò Elsewith con voce isterica, vedendo Ivar che si avvicinava minaccioso ad Alfred. “Attaccatelo! Tirate le frecce! Uccidete il demonio pagano!”

“No, fermi!” esclamò Alfred. Nonostante disprezzasse Ivar, era piuttosto sicuro che non lo avrebbe davvero ucciso in quel momento, non in quel modo, era un selvaggio ma non un codardo e lo avrebbe affrontato in battaglia. Se, malauguratamente, uno dei Sassoni avesse ucciso o anche soltanto ferito Ivar, i Vichinghi sarebbero insorti, ci sarebbe stata una battaglia lì e subito e la sua Regina, Elsewith, era proprio in mezzo al pericolo. Non poteva rischiare. “Non mi farà niente, nessuno si muova e mettete via le armi.”

Ivar si avvicinò ancora, alla fine erano praticamente faccia a faccia e un silenzio cupo e carico di tensione cadde sul campo di battaglia.

“È vero, non ti ucciderei mai a tradimento” sibilò Ivar, con gli occhi fiammeggianti di rabbia, “ma se ne avrò occasione ti taglierò la gola in combattimento e non per la tua terra, non per il mio popolo, non per diventare Re del Wessex… solo e soltanto perché tu hai offeso e insultato Aethelred. Tu hai ferito tuo fratello peggio che se lo avessi colpito con una spada e per questo meriti di essere sconfitto e umiliato!”

Alfred rimase attonito davanti a quella reazione. Si era aspettato le cose peggiori da Ivar e proprio per questo lo aveva provocato e ingiuriato durante il colloquio di pace, ma il figlio di Ragnar non aveva battuto ciglio. Adesso, però, lo vedeva terribilmente in collera, che si tratteneva a malapena, e tutto questo solo… solo per difendere Aethelred.

Possibile che quel barbaro, quel pagano, quel senza Dio fosse in grado di amare davvero qualcuno? Possibile che volesse così tanto bene a suo fratello? Possibile che lui, Alfred, avesse completamente sbagliato a giudicarlo?

“Ci rivedremo domattina sul campo di battaglia, e allora ti farò pentire di non aver accettato le mie offerte di pace. Addio, Alfred” concluse Ivar, secco e tagliente più di una spada affilata. Voltò le spalle al Re del Wessex e s’incamminò di nuovo, a fatica, verso i suoi uomini.

Aethelred gli fu subito accanto per sostenerlo e aiutarlo a camminare.

“Ivar, non avresti dovuto… Non siamo abbastanza per affrontare l’esercito Sassone e, comunque, io non voglio combattere ancora contro il mio popolo. Eravamo qui per stipulare la pace” provò a dire, ma Ivar l’interruppe.

“Nessuno può permettersi di dire quelle cose di te, neanche il Re del Wessex. Vuole la battaglia? L’avrà” dichiarò in tono perentorio.

Aethelred si strinse più forte a lui mentre lo sorreggeva, sentendosi morire dentro. Quella guerra era una follia, lo era stata fin dall’inizio, ma adesso era ancora peggio. Aethelred era sempre stato un abile stratega e condottiero ed era consapevole del fatto che i Norreni non avrebbero mai potuto avere la meglio: erano in minoranza, erano logorati e indeboliti dalle tante battaglie, mentre le truppe di Alfred erano state rafforzate con i contingenti guidati dal Vescovo Aldulf, e poi… e poi Ivar non era in grado di combattere, lui se n’era accorto. Lo vedeva che camminava con più fatica del solito e che spesso era costretto a fermarsi e a distendersi per i terribili dolori alle gambe, quella campagna militare era troppo per lui.

Eppure sapeva anche di non poter fare nulla. La guerra non era più per il predominio sul Wessex, per Ivar era diventata un fatto personale nel momento stesso in cui Alfred aveva oltraggiato il suo legame con Aethelred, la cosa più preziosa e importante che aveva.

Non sarebbe tornato indietro a nessun costo, non avrebbe ascoltato le proteste del suo compagno.

Alfred avrebbe dovuto pagare… e Aethelred era sempre più lacerato, perché non voleva che accadesse qualcosa di brutto a suo fratello e ancora meno poteva sopportare di perdere Ivar.

Il mattino successivo si sarebbe deciso tutto, nel bene e nel male.

Fine capitolo diciassettesimo

 

 

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Capitolo 18
*** Cap. 18: Hearing your screams ***


Cap. 18: Hearing your screams

 

You can turn around
You have held your head up high
You are here, but don't know why
Just don't close your eyes
We will meet again
We will wait for you to rise
We're the flame that never dies
Pull it out what's deep inside
So much to hide
Take a breath, don't fail to speak
Are you blind or are you weak
Wake up now so you can grow
Grip the twine, don't let it go
Keep your faith, don't run away
Golden plans still wrapped in grey
Rising ghosts conceal your dreams
Hearing your screams!

(“Hearing your screams” – Moonsun)

 

Aethelred guardava la battaglia al fianco di Ivar senza riuscire a rendersi conto di come si fosse potuti giungere a quel punto. Il giorno prima aveva sperato che il colloquio tra Alfred e Ivar potesse servire a riportare la pace tra Norreni e Sassoni ma poi le cose erano precipitate, Alfred aveva provocato Ivar, poi aveva accusato lui, Aethelred, di essere un traditore e un pervertito e, a quel punto, Ivar aveva interrotto qualsiasi possibile trattativa.

Adesso si combatteva. Aethelred aveva scelto anche questa volta di evitare la battaglia, ma non poteva non guardare ciò che accadeva davanti ai suoi occhi: Hvitserk, Helgi, tanti suoi amici e Re Harald con i suoi uomini si battevano con coraggio e ardore e uccidevano molti Sassoni, tuttavia i soldati di Alfred erano di più e più freschi e ben presto avrebbero avuto la meglio sull’esercito Norreno.

E Aethelred non sapeva cosa fare, sapeva solo che voleva, che doveva fermarli prima che fosse troppo tardi.

Ma era già troppo tardi. Per quanto valorosi e arditi, i Vichinghi erano in minoranza e troppi uomini e donne cadevano sul campo di battaglia. Ad un certo punto il Vescovo Aldulf riuscì ad attirare Harald lontano dai suoi uomini, presso la boscaglia e, dopo un breve duello, lo trapassò con la sua spada senza che nessuno dei Norreni potesse intervenire in suo soccorso. Harald cadde, ferito a morte, cercando inutilmente di sostenersi contro il tronco di un albero… ma Aldulf, tronfio per aver colpito il Re dei Norreni, non fu altrettanto furbo e, invece di tornare al sicuro in mezzo ai soldati Sassoni, si sentì talmente pieno di sé da rimanere a guardare Harald che moriva, oltraggiandolo.

“Sciocco pagano, pensi davvero che andrai nel tuo Valhalla?” gli domandò, schernendolo. “Ti sbagli, non esiste quel luogo e tu morirai solo e dimenticato.”

Harald si sentiva bruciare le viscere e il sangue, insieme alla sua vita, scorreva via tra le sue dita, poi all’improvviso la voce irridente del Vescovo si affievolì e l’uomo sentì una voce più forte e molto più amata alla sua destra.

“Ciao, fratello.”

Harald si voltò in direzione della voce e, con grande stupore e gioia, vide appoggiato all’albero accanto a lui il fratello perduto, Halfdan, il fratello che lui aveva ucciso anni prima durante una battaglia che li aveva messi l’uno contro l’altro… e per cui non si era mai perdonato. In quegli anni aveva cercato in ogni modo di dimenticare il vuoto che aveva dentro, ma niente lo aveva appagato, né il potere, né le belle donne, né la ricchezza. Ora, alla fine di tutto, capiva.

“Sono venuto a portarti nel Valhalla” gli disse il fantasma di Halfdan. “Il Padre di tutti gli dei ti aspetta.”

“Fratello… fratello mio” mormorò a fatica Harald. Si era sentito in colpa per tutti quegli anni per aver ucciso Halfdan, ma adesso lui era lì, lo aveva perdonato e non lo avrebbe lasciato morire da solo. Il dolore che lo stordiva sembrò farsi meno acuto e nel cuore del Re scese una grande pace. Gli parve che Halfdan lo prendesse per un braccio e lo aiutasse a rialzarsi, così si ritrovò ancora una volta di fronte al Vescovo Aldulf che gli rideva in faccia… ma rise molto meno quando Harald gli trafisse la gola con il pugnale che teneva alla cintura. Il corpo senza vita di Aldulf cadde a terra e Harald ricadde all’indietro, riappoggiandosi all’albero e voltandosi ancora una volta verso l’apparizione di Halfdan.

“Ben fatto, fratello!” gli disse Halfdan, ridendo. Poi iniziò a cantare un’antica canzone norrena che lui e Harald erano soliti cantare insieme fin da ragazzi:

Þat mælti mín móðir,

at mér skyldi kaupa

fley ok fagrar árar,

fara á brott með víkingum,

standa upp í stafni,

stýra dýrum knerri,

halda svá til hafnar

hǫggva mann ok annan,

hǫggva mann ok annan. *

Harald unì la debole voce a quella del fratello e le sue ultime parole furono quelle della canzone che gli ricordava tanti momenti felici…

Ma se la morte fu per Harald forse la liberazione da tutti i suoi demoni, lo stesso non valeva per i Norreni che stavano ancora combattendo e perdendo sempre più uomini. Ivar e Aethelred, che si trovavano nelle retrovie, assistettero alla caduta di Harald e Ivar in modo particolare ne rimase fortemente turbato, sebbene non fosse mai stato amico dell’ambiguo Re. Qualcosa scattò dentro di lui, i suoi occhi iniziarono a seguire i movimenti di Hvitserk, che stava davvero facendosi onore in quel combattimento e falciava due o tre Sassoni alla volta… ma anche lui era sempre più solo, isolato.

Stavano perdendo e Ivar non poteva più far finta che così non fosse né, tanto meno, poteva lasciare che Hvitserk, suo fratello, morisse per la sua ambizione e il suo orgoglio. Mosse qualche passo in avanti, soffocando le grida di dolore per le gambe che ormai stavano cedendo e che non lo sostenevano più come prima, nonostante l’armatura che le proteggeva. Ma niente poteva fermare Ivar in quel momento e continuò ad avanzare, appoggiandosi alla stampella con una mano e con l’altra trafiggendo i Sassoni che provavano ad andargli contro.

Aethelred era rimasto impietrito.

“Ivar, ma che stai facendo, sei impazzito? Ti farai uccidere!” gridò, disperato, senza capire che cosa stesse accadendo nella mente del suo compagno. Entrare in battaglia contro i suoi connazionali gli faceva orrore, ma non poteva neanche lasciare che Ivar venisse ucciso, così si slanciò dietro di lui, proteggendolo come poteva, colpendo i soldati che li aggredivano senza neanche sapere cosa stesse facendo, pensando solo che doveva difendere Ivar. Poi, ad un certo punto, si rese conto di quello che Ivar voleva fare: il giovane Vichingo si dirigeva con la forza della disperazione verso il fratello Hvitserk, che vedeva accerchiato ma mai domo, e che alla fine riuscì a raggiungere e a stringere a sé.

“Adesso basta, fratello” gli disse, fissandolo negli occhi, “hai fatto il tuo dovere, ora non devi più intrometterti. Torna indietro, mettiti in salvo e porta con te Helgi e Aethelred.”

“Ma cosa dici, Ivar?” Hvitserk cominciava a capire cosa avesse in mente il fratello e non poteva accettarlo.

“Non ti avrei mai fatto del male, non ti avrei mai ucciso e non permetterò che lo facciano i Sassoni” continuò Ivar, tenendo stretto Hvitserk, fronte contro fronte, uniti come mai prima. “Ti voglio bene, ti voglio bene, fratello mio.”

“Anch’io, anch’io ti voglio bene, Ivar” singhiozzò Hvitserk.

“Adesso vai, vai, mettiti in salvo e porta Helgi e Aethelred con te! Vai!” gridò Ivar, spingendo il fratello perché si allontanasse. Hvitserk, però, fece solo qualche passo, non voleva lasciare il fratello e, ad ogni modo, in quel momento non vedeva Helgi e non sapeva come avrebbe fatto a trascinare con sé Aethelred. Così rimase fermo, a qualche passo di distanza da Ivar, a guardare come sarebbe andata a finire.

Ivar sapeva che c’era un unico modo per salvare Aethelred, Hvitserk e le persone che amava da una guerra che non aveva iniziato lui, ma che poi aveva voluto e infiammato. Lanciò un grido di battaglia e poi continuò a urlare, rivolgendosi ai soldati Sassoni.

“Guardatemi, guardatemi, sono qui, sono Ivar Senz’Ossa! Voi non potete uccidermi, non potete farmi niente, anche se proverete a uccidermi io vivrò in eterno!”

Era un diversivo, Ivar stava catalizzando l’attenzione di tutti i Sassoni su di sé per permettere a Hvitserk di scappare e di portare in salvo anche Aethelred e Helgi, anche se questo avrebbe significato…

“Noi temiamo la morte? NO!” gridò ancora Ivar, stavolta rivolto ai suoi guerrieri. “Non vogliamo morire nel nostro letto come dei vecchi, ma banchettare con i nostri cari nel Valhalla!”

Attorno al Vichingo la battaglia continuava, ma alcuni si erano fermati e lo fissavano, immobili: uno di essi era, appunto, Hvitserk, un altro era Alfred che adesso cominciava seriamente a pensare di aver sbagliato a giudicare quel giovane… e uno era Aethelred, che non riusciva a credere a ciò che vedeva, era agghiacciato fin nelle ossa e non era più in grado di muoversi, stordito e annichilito al solo pensiero che Ivar potesse aver deciso di morire lì, quel giorno, in battaglia, sacrificando la sua vita per salvare quella di coloro che amava. Ancora una volta al Principe Sassone parve di vivere in un incubo, uno di quelli in cui vorresti scappare, o muoverti, ma non ci riesci, il tuo corpo non ti risponde e tu non puoi evitare il pericolo. Avrebbe voluto correre da Ivar, stringerlo a sé e trascinarlo via, ma non riusciva quasi nemmeno a respirare, era come trasformato in una statua di ghiaccio.

Poi accadde qualcosa: un soldato, un ragazzo con un semplice pugnale in mano, si ritrovò davanti ad Ivar, incredulo, quasi spaventato all’idea di affrontare quello che tutti descrivevano come un mostro, un demone infernale, e senza neanche avere una spada in mano, solo quel piccolo pugnale.

Ivar gli sorrise e annuì.

“Avanti” gli disse, “non aver paura, fallo.”

E questo, finalmente, spezzò il sortilegio che teneva immobilizzato Aethelred. Il giovane Sassone vide in un secondo tutto quello che doveva vedere: Hvitserk ferito e sanguinante che non aveva le forze per scappare; Alfred, suo fratello, che aveva voluto quella battaglia ma che adesso, anche lui pieno di ferite, aveva smesso di combattere e fissava Ivar; Helgi che si faceva strada abbattendo i nemici a destra e a sinistra per riuscire a raggiungere Hvitserk. E Ivar, che aveva scelto di lasciarsi uccidere quando aveva capito che i Norreni avrebbero perso, che era pronto a morire purché i suoi guerrieri tornassero a Kattegat sani e salvi.

Ma Aethelred non lo avrebbe permesso, non era quella la fine, non lì, non così. Finalmente libero da ciò che lo aveva pietrificato fino a quel momento, lanciò un urlo selvaggio che poteva stare alla pari con le grida di battaglia dei Vichinghi, e si slanciò verso Ivar con tutte le sue forze, frapponendosi tra lui e il giovane soldato col pugnale.

“No! No, adesso basta, fermatevi tutti, fermatevi e gettate le armi!” urlò, e vederlo in quel modo era surreale perché, pur dicendo cose del tutto opposte, sembrava l’Ivar furioso e invasato di poco prima, anche lui scarmigliato, selvaggio, anche lui a gridare con tutta l’aria che aveva nei polmoni. Ma il suo era un grido di pace. “Gettate le armi a terra, basta combattere, basta! Niente più sangue, niente più morti!”

Il suo impatto fu anche più deflagrante di quello che aveva avuto Ivar poco prima. Al suono delle sue urla tutti, davvero tutti, si fermarono e qualcuno lasciò davvero cadere la spada. Sul campo di battaglia calò un silenzio assurdo e gli occhi di tutti si fissarono su Aethelred.

“Io sono Aethelred, il figlio maggiore di Aethelwulf, Principe del Wessex” esclamò. “Sarei dovuto essere il vostro Re e, se lo fossi stato, non avrei mai permesso che si arrivasse a questo, non avrei mai permesso tanta morte e distruzione!”

“Mio signore…” balbettò il ragazzo che aveva cercato di uccidere Ivar. Fece qualche passo indietro, lasciò cadere a terra il pugnale e si inginocchiò con le lacrime agli occhi. Diversi altri soldati Sassoni, riconoscendo il loro condottiero, fecero lo stesso, rendendogli omaggio come se fosse davvero lui il loro vero Re.

“Nessuno ucciderà più nessuno, non ci saranno più guerre tra Sassoni e Norreni!” dichiarò ancora.

“Mio signore… ma… ci avevano detto… il demonio pagano deve morire, i barbari devono morire, sono dei selvaggi…” mormorò ancora il giovane soldato.

“Chi ve lo ha detto? Il Vescovo Aldulf? Ma lui è morto, ha perso anche lui la vita in questa battaglia insensata. Ve lo ha ordinato il vostro Re, Alfred il Grande? Alfred che dice di combattere in nome di Dio? Ma qualcuno ricorda che cosa ci ha insegnato, veramente, il nostro Dio, il Dio d’amore?” continuò Aethelred, e stavolta davvero catturò l’attenzione di tutti, anche se non gridava più e scandiva con fermezza le parole perché tutti potessero udirlo. “Voi dite che gli dei Norreni sono crudeli e spietati e ordinano di uccidere, chissà, forse è così. Ma il nostro Dio cosa ci ordina? Nella Bibbia c’è scritto di uccidere i pagani, di massacrare gli innocenti? No! Nostro Signore Gesù Cristo, che è morto per noi, per tutti noi, anche per i Norreni, ci ha lasciato queste parole: Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano. Ed è forse questo che state facendo qui?”

Molti dei Sassoni, a quel punto, lasciarono cadere le armi e si sentirono invadere dalla vergogna. I Norreni rimasero in piedi a guardare quel Principe Sassone che sembrava davvero un Vichingo anche se diceva parole così strane per loro… In quel momento un raggio di sole andò ad illuminare proprio Aethelred, ricadendogli sul capo in un luccichio dorato e dando a tutti l’impressione che sulla testa del giovane Principe posasse una corona d’oro e pietre preziose più lucente e splendida di qualunque altra al mondo, che lo faceva non tanto Re del Wessex, ma di tutta l’Inghilterra e forse anche di più.

“Il nostro Dio è un Dio di pace e d’amore, non possiamo usare il Suo nome per giustificare guerre e massacri” dichiarò Aethelred.

A quel punto il Re ufficiale, Alfred, si fece avanti, tanto per chiarire che ancora era lui a comandare in Wessex.

“E cosa dovremmo fare, allora? Sono stati i Vichinghi ad attaccarci per primi, sono scesi sulle nostre coste e hanno razziato e ucciso” chiarì. “Dovremmo lasciare che ci derubino e ci sterminino?”

“No, Alfred” rispose Aethelred, lanciando lui, stavolta, uno sguardo freddo al fratello. “Avevate tutto il diritto di difendervi e di proteggere la gente della costa. Sono stati gli uomini di Re Harald a volere queste razzie e adesso lui è morto. Non è stato Ivar ad attaccarvi, non è stato Hvitserk e tanto meno sono stati i coloni Vichinghi che avete massacrato, le donne e i bambini innocenti che volevano solo una terra da coltivare e una famiglia. Avevate il diritto di difendervi, non di vendicarvi.”

Alfred cominciava a sentirsi sempre più a disagio sotto lo sguardo azzurro e cristallino del fratello che illuminava tutte le sue parti più oscure.

“I coloni Norreni non sono così innocenti” provò a protestare, “sono pagani, non vogliono convertirsi al vero Dio e un giorno ci faranno guerra. Sono falsi e bugiardi come i loro dei!”

“E questo chi lo ha detto? Lo hai letto nella Bibbia? O forse lo ha detto Elsewith?” Aethelred sorrise vedendo che Alfred trasaliva, comprese di aver colto nel segno. “Ma sei tu il Re del Wessex, non è Elsewith. E tu sei un Re giusto, un Re che vuole la pace e che sa che i popoli, anche diversi, possono vivere insieme e collaborare. Tu sei il figlio di Athelstan, che era amico di Ragnar Lothbrok e che ha vissuto per molto tempo a Kattegat, in mezzo ai Norreni, senza provare a convertirli ma cercando di comprenderli e apprezzarli. È per questo che dovevi essere tu il Re del Wessex, perché il figlio di Athelstan avrebbe perseguito la pace e la concordia tra Sassoni e Norreni, proprio come avrebbe voluto suo padre. Tu hai sempre ammirato la sua figura, come puoi esserti lasciato condizionare da tua moglie e dai suoi pregiudizi ingiustificati e spietati? Athelstan non avrebbe mai voluto questo.”

Alfred non riuscì più a sostenere lo sguardo del fratello e abbassò gli occhi pieni di lacrime a terra. Era vero, lui si era sempre sentito orgoglioso di essere figlio di Athelstan, lo ammirava, era stato così felice quando gli era apparso e gli aveva parlato durante uno dei suoi lunghi attacchi di malessere in cui pareva morto… Cosa avrebbe pensato suo padre di lui se lo avesse visto in quel momento?

“Lei… Elsewith… mi diceva che tutti mi avrebbero preso per un debole e un codardo se non avessi fatto quello che lei suggeriva” cercò di giustificarsi. “Disse che dovevo dare una dimostrazione di forza, altrimenti nessuno mi avrebbe più voluto come Re!”

“Ma tu non sei affatto debole e codardo, Alfred, e la tua forza è proprio aver cercato la pace e l’accordo con gli altri popoli” replicò Aethelred. “Ti hanno chiamato Alfred il Grande perché hai saputo creare una colonia dove Sassoni e Norreni vivessero in pace, non per le guerre e i massacri. Il vero coraggio è essere disposti a morire per le persone che si amano e per ciò in cui si crede.”

Dicendo questo, Aethelred lanciò un’occhiata a Ivar, che in tutto quel tempo era rimasto dietro di lui, senza riuscire a dire o fare niente perché la reazione del suo compagno lo aveva lasciato attonito. E lo sguardo di Aethelred era insieme di ammirazione, di amore e anche di rimprovero, come a dire Non ti provare mai più a fare una cosa del genere!

Ma anche Alfred guardò Ivar e comprese quello che Aethelred voleva dire: Ivar aveva davvero cercato di proteggere i suoi uomini e le persone che amava e, non avendo ottenuto un accordo di pace, aveva pensato che, se i Sassoni avessero ucciso lui, la guerra sarebbe finita comunque.

Ivar era stato un condottiero migliore di lui sotto tutti i punti di vista.

“Cosa devo fare, fratello?” mormorò, in preda a rimorsi e sensi di colpa.

“Devi solo essere il Re che tutti si aspettano che tu sia” rispose Aethelred, prendendogli una mano tra le sue. “Torna alla tua reggia e convoca i nobili e i capi dei Norreni per un accordo di pace duraturo, come facesti due anni fa. Sii di nuovo Re Alfred il Grande!”

Commosso, Alfred strinse le mani del fratello, mentre attorno a loro i soldati, sia Sassoni che Norreni, gettavano via le armi e rimanevano a guardare sentendosi stranamente in pace.

Fine capitolo diciottesimo

 

 

 

* Ho trovato il testo e la traduzione della canzone cercando su Google ed è una vera canzone norrena facente parte del poema “La saga di Egill”:

Furono le parole di mia madre,

che m'avrebbe comprato, mi diceva,

rapida nave, remi ben torniti

perché razziando conoscessi il mare.

Eccomi ben piazzato sulla prua

a condurre mirabile vascello,

di porto in porto levando la vela,

e ammazzare un uomo dopo l'altro.

Ovviamente né la canzone né la traduzione appartengono a me, bensì a chi ne detiene i diritti e a autori, registi e produttori di “Vikings”.

Fonti:

https://lyricstranslate.com/it/La%20saga%20di%20Egill%20/%20a%20cura%20di%20Marc...

https://lyricstranslate.com

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Capitolo 19
*** Cap. 19: Ghost House heart ***


Cap. 19: Ghost House heart

 

This is not the end
There's a million things to see
But it's not for you and me
There's a million things to see
This is not the end
There's a million things to say
There's a heavy price to pay
There's a million things to say

Ghost House Heart
Home to a million memories
Ghost House Heart
I live in the shadow
Of your love…

(“Ghost House heart” – Delain)

 

 

La battaglia era dunque finita e, a quel punto, la prossima volta che si fossero rivisti Alfred, Aethelred e Ivar lo avrebbero fatto al palazzo reale per stipulare e firmare gli accordi di pace. Alfred e Elsewith avrebbero fatto ritorno alla capitale e anche tutti i cittadini li avrebbero seguiti, visto che non avevano più motivo di non rientrare nelle loro case. Ormai non c’era più pericolo che i Norreni li invadessero… se mai quel pericolo c’era stato davvero.

L’incontro ufficiale per gli accordi di pace era stato fissato per l’inizio della settimana seguente, per dare modo a Re Alfred e alla sua corte di rientrare a palazzo e preparare i documenti: questa volta non sarebbe stato un colloquio faccia a faccia su un campo di battaglia, bensì una vera e propria riunione per trattare la pace in modo che tutti ci guadagnassero qualcosa, esattamente com’era avvenuto due anni prima quando Alfred aveva stipulato i trattati con Ubbe e Lagertha.

I Norreni, dunque, si incamminarono verso il loro accampamento: avrebbero usato quei giorni per onorare i caduti in battaglia, curare i feriti e spostarsi lentamente verso la capitale del Wessex, consentendo così ai loro comandanti di partecipare ai colloqui di pace. Nessuno aveva molta voglia di parlare, quella sera, attorno al fuoco. I guerrieri e le shieldmaiden morti in quella giornata pesavano sul cuore dei sopravvissuti, inoltre la perdita di Harald poneva molti interrogativi per il futuro, lui era pur sempre il Re dei Norreni, adesso ci sarebbero state nuove elezioni… E poi quella poteva essere considerata una vittoria o una sconfitta? I sopravvissuti, dunque, mangiavano qualcosa e si scaldavano accanto al fuoco in silenzio, poi si ritiravano cupi nelle proprie tende per passare la notte. Dopo tutto ciò che avevano passato anche i Vichinghi più spavaldi e temerari sentivano solo il bisogno di una notte di riposo, di silenzio e tranquillità.

In modo particolare Aethelred non aveva detto una sola parola dopo il lungo discorso davanti ad Alfred e ai suoi soldati sul campo di battaglia: era ritornato con Ivar all’accampamento sostenendolo e aiutandolo a camminare, ma sul volto aveva un’espressione cupa e i suoi occhi sembravano vedere qualcosa di triste e preoccupante. Non aveva voluto mangiare niente e si era ritirato subito nella tenda che condivideva con Ivar, dove il compagno lo aveva raggiunto più tardi. Ivar era stato più silenzioso possibile, credendo che Aethelred si fosse addormentato, ma non era così. Il Principe Sassone era seduto sul suo giaciglio, immerso nei suoi pensieri, quando il Vichingo lo raggiunse.

“Aethelred, credevo che stessi dormendo” gli disse. “Non hai neanche cenato, ti senti male?”

Il giovane si voltò verso di lui e nei suoi occhi passò un lampo.

“Che razza di domanda è questa? Dovrei stare bene dopo tutto quello che è accaduto?” reagì con una violenza che Ivar non si aspettava.

“Ehi, ma che ti prende? Non è andata poi così male, no? È vero, ci siamo dovuti ritirare, ma a quanto pare Alfred accetterà la pace e quindi i prossimi colloqui avranno un esito positivo, diversamente da quello di ieri. Anzi, a dire il vero dovrei essere io quello arrabbiato, in fondo i Norreni sono stati costretti ad arrendersi…”

Lo sguardo di Aethelred era ancora tagliente.

Tu dovresti essere arrabbiato? Ma ti ascolti mai quando parli oppure ti piace solo stare a sentire il suono della tua voce?” replicò con voce gelida.

“Insomma, Aethelred, mi vuoi dire cosa ti prende? Sei in collera con me, questo l’ho capito, ma potresti spiegarmi almeno il perché?” insisté Ivar, a disagio e turbato per l’evidente ostilità del suo compagno. Non era certo quello che si era aspettato quando l’aveva raggiunto nella tenda!

“Hai anche la faccia tosta di chiedermelo? Secondo te come mi sono sentito vedendoti avanzare verso i soldati Sassoni invitandoli a colpirti? Cosa volevi, si può sapere perché hai cercato di farti uccidere? Hai detto a Hvitserk di mettere in salvo Helgi e me e poi hai cercato… non so neanche come dirlo… di offrirti come vittima sacrificale. Cosa. Accidenti. Volevi. Fare?”

Ivar non aveva mai visto Aethelred in quelle condizioni. Sospirò e si sedette sul giaciglio accanto a lui, a fatica perché ultimamente le sue gambe non collaboravano più come prima ed evidentemente l’armatura che le sosteneva aveva fatto il suo tempo e andava sistemata.

“In realtà non lo so bene nemmeno io” rispose, abbozzando un sorrisetto. “Quando ho visto Harald morire mi sono reso conto con maggior certezza che non ce l’avremmo fatta, che questa missione era fallita già prima di cominciare e che stavamo sacrificando i nostri guerrieri per niente. Lo avevo già pensato ed era per questo che avevo accettato di parlare con Alfred per ottenere una tregua, io che non l’avevo mai fatto in vita mia. Lui, però, non voleva la pace, hai sentito come mi ha risposto ieri, no? Non mi avrebbe creduto se mi fossi arreso e allora… beh, credo di aver pensato che, se avesse ucciso me, almeno poi sarebbe stato contento e avrebbe accettato che gli altri Norreni si ritirassero.”

“E a me non hai pensato?” gridò Aethelred. “Mi avresti lasciato solo senza pensarci due volte: non hai ancora capito che io non potrei e non vorrei vivere senza di te?”

La frase disperata era uscita direttamente dal cuore del giovane Sassone e fu così potente che per qualche attimo nella tenda tutto si fermò, cadde il silenzio e tempo e spazio svanirono. I due ragazzi si guardarono negli occhi e Ivar vide un dolore infinito in quelli di Aethelred, ormai gonfi di lacrime che non potevano più essere trattenute.

“Tu volevi essere ricordato come Ivar Senz’Ossa, l’eroe che aveva salvato i Norreni, che si era sacrificato perché loro potessero tornare a casa” mormorò ancora Aethelred, mentre le prime lacrime iniziavano a scorrergli lungo le guance. “Preferivi morire da eroe e come tale essere ricordato piuttosto che ritirarti e tornare a Kattegat a vivere una vita normale… con me. Valgo dunque così poco ai tuoi occhi e nel tuo cuore?”

Quelle parole frantumarono il cuore di Ivar in mille pezzi. Davvero non aveva pensato a Aethelred? Sì, aveva chiesto a Hvitserk di portarlo al sicuro, ma veramente non aveva immaginato neanche per un secondo quale sarebbe stata la vita del giovane Sassone senza di lui, dopo averlo visto trafiggere sotto i suoi occhi? Non si era soffermato a riflettere sul dolore e la disperazione che avrebbe inflitto al ragazzo che diceva di amare, al trauma che avrebbe subito perdendo anche lui? Era più importante morire da eroe, da vero Vichingo, sul serio?

Con un movimento improvviso e convulso Ivar afferrò le braccia di Aethelred e attirò il giovane verso di sé, stringendoselo al petto con tutte le forze che aveva.

“No, no, Aethelred, amore mio, no” gli disse, baciandogli i capelli, gli occhi, il volto ormai inondato di lacrime, le labbra morbide. “Tu vali più di ogni altra cosa al mondo per me, è solo che io… io… non ho proprio pensato né a quello che stavo facendo né alle conseguenze. Ogni tanto mi capita, lo sai? Faccio qualcosa senza quasi rendermene conto, senza riflettere. Ero rimasto sconvolto vedendo morire tanti Vichinghi sul campo di battaglia e quando ho visto anche Harald sconfitto… non lo so, non ho capito più niente. Sono un po’ folle, dovresti averlo imparato ormai.”

Avvolgendolo completamente nel suo abbraccio appassionato, conquistò la sua bocca in un lungo bacio che sapeva di lacrime e di dolore, di rimorsi e senso di colpa, divorandolo per attimi infiniti senza saziarsi e senza appagarsi mai di lui, incredulo lui per primo di aver dimenticato quanto quel contatto, quel calore e quel sapore fossero la sua vita stessa.

“Stavo per commettere un errore fatale” disse ancora, staccandosi per pochissimi millimetri dalle labbra di Aethelred, “credevo davvero che il mio mondo, il mondo dei Vichinghi, stesse per finire… ma non è così, il mio mondo non finirà mai finché ci sarai tu con me. Sei tu il mio mondo, la mia vita e la mia salvezza e solo tu, con la tua calma, la tua dolce determinazione e la tua forza, potevi salvare veramente i Norreni e riportare la pace. Tu sei tutto, sei il ponte di luce che unisce i nostri popoli e il mio oggi, il mio domani e tutto il mio futuro.”

Aethelred era rimasto talmente spiazzato dalla passione e dalla foga di Ivar da non poter neanche rispondere, anzi, a fatica riusciva a respirare, ma il respiro stesso di Ivar era il suo, era Ivar che scorreva nelle sue vene e lo riportava in vita, le sue braccia forti che lo sostenevano, il suo petto che lo conteneva. I baci sempre più profondi e intimi di Ivar e le sue carezze gli accendevano il fuoco sulla pelle e nel cuore, mentre le mani del Vichingo lo percorrevano e lo spogliavano, liberando i corpi di entrambi dal tessuto che li separava. Quando Ivar si introdusse in lui e iniziò con le prime spinte, Aethelred sentì che ogni dolore e disperazione veniva spazzato via e che la luce tornava a splendere nella sua vita; dimenticò il senso di vuoto e oscurità che lo aveva soffocato mentre credeva che avrebbe perso il suo amore e lasciò che Ivar lo riempisse completamente di sé, che fosse ovunque e gli scorresse sul corpo, sotto la pelle, nel sangue, fino in fondo al cuore. Niente più importava, niente più esisteva al mondo, solo Ivar e l’appassionata dolcezza del loro fondersi insieme, l’intensità dei suoi baci, l’estasi di piacere che faceva fremere i loro corpi e frantumava ogni pensiero negativo, ogni paura e preoccupazione.

La settimana seguente, dunque, Ivar, accompagnato da Aethelred, Hvitserk e Helgi, giunse alla corte di Re Alfred a Winchester per discutere degli accordi di pace. Gli altri Norreni si erano accampati fuori dalla capitale e avrebbero atteso là il ritorno dei loro comandanti: non dovevano esserci equivoci e proprio per questo nessun guerriero avrebbe accompagnato Ivar e gli altri. Aethelred si era dato da fare, nei giorni che lo separavano da quell’incontro così importante, e aveva fatto forgiare una nuova armatura rigida per le gambe di Ivar in modo che il giovane potesse sostenersi e camminare con la stampella come aveva sempre fatto prima. Negli ultimi tempi, infatti, le armature rigide che Ivar portava avevano iniziato a cedere dopo averlo accompagnato per tanto tempo e per tante avventure, e lui si era ritrovato sempre più spesso a provare dolori indicibili alle ossa, pur non dandolo a vedere, ma ovviamente Aethelred se n’era accorto e così gli aveva fatto costruire quel regalo.

“Quando attraverserai il palazzo reale” gli aveva detto, mentre Hvitserk e Helgi lo aiutavano a indossare le armature nuove, “voglio che Re Alfred ti veda camminare eretto e sicuro e che capisca quanto sei forte e coraggioso.”

Ed era andata proprio così: Ivar era entrato nel palazzo di Winchester al braccio di Aethelred e appoggiandosi alla stampella, come sempre, ma le nuove armature alle gambe gli avevano permesso di sostenersi con maggior sicurezza e disinvoltura senza provare dolore. Aveva attraversato i saloni fiero e bello come un dio guerriero, lasciando intimiditi e affascinati i nobili Sassoni che pure pensavano di aver vinto loro la guerra contro i Norreni, e Aethelred era stato orgoglioso di lui. Dietro di loro camminavano, impettiti e spavaldi, Hvitserk e Helgi.

Alfred li attendeva nella Sala del Trono. Con lui c’erano i nobili più in vista del Wessex, alcuni vescovi e, ovviamente, Elsewith. Quando però i Vichinghi e Aethelred raggiunsero la sala, il Re si alzò dal trono e si avviò verso di loro, accogliendoli cordialmente e mostrando loro un tavolo sul quale erano distese delle carte dell’Inghilterra.

“Come già avevamo stabilito due anni fa, i Vichinghi potranno avere delle terre nell’Inghilterra meridionale e vi stabiliranno un loro Regno” annunciò Alfred. “Avevo concesso a Bjorn, Ubbe e Lagertha e al Re Danese loro alleato le terre dell’Anglia Orientale, ma oggi, in virtù del coraggio dimostrato da Ivar Senz’Ossa, da suo fratello Hvitserk e da mio fratello, il Principe Aethelred, concedo ai Vichinghi anche la Mercia Orientale e la parte nord-orientale dell’Essex. In cambio, però, i Vichinghi dovranno difendere queste terre dalle incursioni di altri popoli Norreni. Non accetterò che questi luoghi siano di nuovo attaccati da navi di razziatori come Harald e i suoi.”

Ivar e Aethelred si scambiarono uno sguardo stupefatto; neanche il giovane Sassone si aspettava che il fratello sarebbe stato tanto generoso con i Norreni!

Alfred sorrise al fratello e proseguì.

“Qualche giorno fa, sul campo di battaglia, mio fratello Aethelred mi ha fatto ricordare il giovane Re che ero due anni fa, incoronato da poco ma già deciso a fare di tutto perché il mio popolo potesse vivere in pace e in sicurezza. Un giovane Re che credeva che Sassoni e Norreni potessero vivere e collaborare insieme nonostante le differenze. Voglio essere ancora oggi quel giovane Re e credere nella pace, nella tolleranza e nel rispetto tra popoli diversi!”

“Ma questo non è possibile e tu lo sai bene” intervenne, acida, Elsewith da dietro le spalle del marito. “Non potrà mai esserci pace tra i Sassoni e questi popoli barbari, che adorano dei di morte e pensano solo al saccheggio e alla violenza.”

L’intervento della Regina fece piombare il salone in un cupo silenzio. Era possibile che Alfred, dopo le belle e commoventi parole pronunciate, si facesse ancora una volta condizionare dal disprezzo che la moglie manifestava continuamente nei confronti dei Norreni? Ivar, Hvitserk e Helgi si scambiarono sguardi tesi e nervosi e Aethelred sentì crescere nuovamente un fremito ansioso nel petto.

Forse era stato tutto inutile e gli accordi di pace si sarebbero nuovamente interrotti?

Fine capitolo diciannovesimo

 

 

 

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Capitolo 20
*** Cap. 20 e ultimo: We'll be free ***


Cap. 20: We’ll be free

 

Wake us up from this bad nightmare
We want our life back

We will travel the world, visit places unknown
Sail across the seven seas
We will ride through the wild and explore many new lands

In the night
From the West to the East there are people to meet,
New adventures wait for us
No more boundaries, no fear, right back to normality

We'll be free!

(“We’ll be free” – Moonlight Haze)

 

Una cupa tensione si stava diffondendo in tutta la Sala del Trono, i nobili e i vescovi parlottavano tra loro a bassa voce, Ivar aveva rivolto uno sguardo perplesso verso Hvitserk e Helgi come per dire Beh? Questa volta cosa ho detto di male per mandare all’aria tutto? e Aethelred non riusciva a distogliere gli occhi da Alfred e Elsewith. Vide il fratello voltarsi verso la sua Regina che sorrideva compiaciuta e si sentì crollare il mondo addosso: era stato tutto inutile, ci aveva provato, ma l’influenza che Elsewith aveva su Alfred era troppo forte. Ora sarebbe finita esattamente come al colloquio di pace di una settimana prima, Alfred si sarebbe fatto convincere da lei e avrebbe rivolto parole dure e ostili a Ivar e agli altri, Ivar si sarebbe offeso e tutto sarebbe ricominciato, solo che… solo che questa volta lui non sarebbe riuscito a salvargli la vita, avrebbe perso il suo amore e tutto ciò per cui valeva la pena andare avanti.

Ma i foschi presagi di Aethelred non si avverarono: Alfred era rimasto davvero colpito da ciò che aveva visto fare a Ivar sul campo di battaglia e dalle parole che il fratello aveva pronunciato davanti ai soldati per interrompere quella guerra assurda. Si era reso conto che Elsewith era riuscita a dominarlo giocando sulla sua paura di essere considerato debole, ma che proprio cedendo alle sue richieste aveva dimostrato di esserlo realmente. Un uomo forte, un vero Re, non teme le proprie decisioni e non lascia che siano altri a prenderle per lui.

Gli occhi di Alfred si fecero severi mentre guardava la moglie e le sue parole furono ancora più dure.

“Mia cara sposa e Regina, i Norreni si sono battuti con coraggio e hanno meritato di avere delle terre in più per poter costruire le loro case e vivere con le loro famiglie, in pace e armonia con i Sassoni” disse. “Ovviamente questo dono non è gratuito, ma fa parte di un accordo: questo Regno Norreno che si stabilirà in Inghilterra dovrà garantire la difesa delle coste da attacchi di altri popoli, perciò non dovrà mai più esserci un’invasione come quella di Harald e dei suoi guerrieri. Mi sembra un patto molto chiaro ed equo, perché tu la vedi diversamente?”

“Perché non si può fare un patto con dei barbari, dei pagani che venerano dèi di morte, che non sanno cosa sia l’onore e la lealtà e ti tradiranno subito!” replicò astiosa Elsewith. “Non è possibile ragionare con questi selvaggi, non si convertiranno mai al vero Dio, fingeranno soltanto… sono dei mostri e dovremmo scacciarli dalle nostre terre e ucciderli se si rifiutano!”

“Elsewith, da quanto tempo non leggi la Bibbia? Eppure ho ordinato che fosse tradotta anche in inglese per renderla più accessibile a tutti” fece Alfred, ancora più severo. “Nostro Signore Gesù Cristo ci ha detto forse di scacciare i pagani o, peggio, di ucciderli? A quanto ricordo io, le Sue parole sono state Amate i vostri nemici, pregate per coloro che vi perseguitano e Lui stesso, durante la vita, ha operato grandi miracoli per gente che i farisei consideravano impura, come la Samaritana o la figlia del centurione. Forse i Norreni non si convertiranno adesso, ma chi può dire che cosa Dio avrà in mente per loro tra cinquanta o magari cento anni? Il mio dovere, adesso, è mantenere la pace tra i nostri popoli, sarà Dio a cambiare i loro cuori quando sarà il momento. O forse pensi di poter decidere tu al posto di Nostro Signore?”

Elsewith impallidì di rabbia, ma non trovò niente da ribattere perché Alfred aveva ragione, lei si dichiarava tanto cristiana ma, proprio come Judith e gli altri ipocriti della corte prima di lei, sapeva solo vedere il male negli altri e ritenere se stessa l’unica giusta. Più che una cristiana sembrava uno di quei farisei che Gesù aveva accusato di essere sepolcri imbiancati. Incollerita e impotente, voltò le spalle al marito e uscì a precipizio dalla Sala del Trono, sconfitta.

Alfred si avvicinò a Aethelred e gli strinse affettuosamente le mani.

“Devo ringraziarti, fratello, perché è solo merito tuo se sono ritornato a essere il Re pieno di entusiasmo e di voglia di pace e armonia che ero due anni fa” gli disse. “Tu mi hai ricordato cosa significa non solo essere un vero sovrano, ma anche un vero cristiano, anche se vivi con i pagani… ma da quello che vedo sei riuscito a cambiarli anche senza convertirli, i Norreni tuoi amici non cercano più di fare del male e uccidere, vogliono coltivare la terra e crescere le loro famiglie. E proteggeranno il nuovo Regno che ho dato loro dalle razzie di altri.”

Aethelred era commosso e imbarazzato e avrebbe voluto dire qualcosa, ma Alfred lo prevenne.

“Sarei felice se potessi essere tu il Re di questo Regno, ma immagino che i Norreni vorranno scegliere un sovrano tra i loro condottieri. Tuttavia spero che tornerai spesso in Wessex e che continueremo a lavorare insieme perché Sassoni e Vichinghi possano vivere fianco a fianco e in pace” disse.

“Lo farò sicuramente, fratello, e… sono felice di rivederti così fiero e deciso, proprio com’eri due anni fa” replicò Aethelred. “Sei tu quello che meritava veramente la corona del Wessex e sarai un grande Re, per me sarà un onore collaborare con te.”

I due fratelli si abbracciarono sotto lo sguardo compiaciuto di Ivar e Hvitserk, mentre Helgi sembrava anche lui molto commosso, felice di vedere che almeno quella storia si sarebbe conclusa bene e che quella famiglia aveva trovato un equilibrio nonostante le divergenze. Sapeva fin troppo bene che non era così scontato…

“Questo non è un addio, Alfred, ma un arrivederci” concluse Aethelred prima di congedarsi dal fratello. Ed era vero. Il Regno Norreno in terra inglese avrebbe richiesto grande diplomazia per far convivere pacificamente i due popoli e Aethelred era diventato ormai da tempo un ponte di pace tra Sassoni e Norreni.

Le navi vichinghe ripartirono dal Wessex la mattina successiva. Prima di prendere una qualsiasi decisione sulla gestione del Regno che Alfred aveva donato loro dovevano parlare con Bjorn, far sapere a tutti che Harald era morto da vero Vichingo e che adesso non c’era più un Re dei Norreni. Forse ci sarebbero state nuove elezioni o forse sarebbe stato scelto proprio Bjorn, visto che la prima volta era stato sconfitto da Harald con l’inganno… ad ogni modo, sarebbe stato il nuovo Re dei Norreni a decidere chi avrebbe governato sui Norreni in terra inglese, doveva essere un uomo giusto e saggio per riuscire a mantenere la pace e l’ordine tra i due popoli e collaborare con Re Alfred.

I Vichinghi, durante il viaggio, discutevano tra loro proprio di questo, ma non tutti. Helgi e Hvitserk, infatti, si erano ritirati in disparte per parlare di qualcosa di molto più personale.

“Hvitserk, hai poi saputo qualcosa di Thora e della sua famiglia?” gli chiese Helgi, prendendola alla lontana. “Avevi detto di essere preoccupato per loro quando i soldati Sassoni avevano attaccato le colonie…”

“Sì, sono riuscito a trovarli proprio ieri sera, mentre tutti voi stavate facendo i preparativi per la partenza” rispose il giovane. “Per fortuna il suo villaggio non era tra quelli aggrediti per rappresaglia, ho parlato con i suoi genitori e stavano tutti bene.”

“E…” Helgi non sapeva bene come fare quella domanda, “e hai incontrato anche Thora?”

Hvitserk sorrise intenerito. Aveva capito dove voleva arrivare il suo compagno, ma non voleva mettergliela troppo facile, si divertiva a vederlo imbarazzato e geloso perché questo dimostrava quanto tenesse a lui e quanto lo amasse.

“Sono stati i suoi genitori ad accompagnarmi a casa sua” rispose, sorridendo. “Adesso vive in una piccola casa accanto a quella della sua famiglia… insieme a suo marito Daven. Ho parlato con tutti e due e sono stato molto contento di quello che ho visto. Thora e Daven si sono sposati poco più di un anno fa e Daven lavora come fabbro e nel tempo libero aiuta la famiglia di Thora a coltivare il loro piccolo campo.”

Helgi restò sbalordito.

“Thora si è sposata?” mormorò.

“Sì, era quello che desiderava da tanto tempo, avere un marito e dei bambini suoi” rispose Hvitserk, ricordando che, due anni prima, aveva proposto a lui di sposarla, ma lui aveva preferito lasciare Kattegat e raggiungere Bjorn, Ubbe e gli altri in Wessex per poi combattere contro Ivar. “Adesso ha finalmente ottenuto quello che voleva, mi ha detto che è molto felice ma non ce ne sarebbe stato bisogno, era radiosa, aspetta il suo primo figlio che nascerà tra qualche settimana. Ho parlato anche con Daven, è un ragazzo timido, serio e molto responsabile e anche lui è emozionatissimo all’idea di diventare padre.”

Hvitserk si bloccò, rendendosi conto che quello era un argomento ancora spinoso da affrontare con Helgi, che in fondo aveva perso la moglie uccisa brutalmente da Kjetill insieme al bambino che aspettava. Ma in quel momento non era quella tragedia che turbava il giovane vichingo.

“Hvitserk, tu… tu sei pentito? Insomma, avresti potuto essere tu a sposare Thora e a diventare padre e invece… io non so se…”

“Se avessi voluto sposare Thora lo avrei fatto due anni fa, invece di andarmene da Kattegat. Sapevo che non era quello il mio destino, non era quello che desideravo e quindi non sarei stato in grado di renderla felice. Daven, invece, è proprio il marito perfetto per lei: la guardava come se avesse davanti una dea, come io non ho mai fatto. E anche Thora lo ama come non ha mai amato me, ogni volta che si voltava verso di lui le brillavano gli occhi... ecco, esattamente come vedo brillare i tuoi quando mi guardi.”

Helgi, preso alla sprovvista, arrossì violentemente e Hvitserk lo prese teneramente tra le braccia.

“Sono io che, a volte, temo di non essere abbastanza per te, di aver commesso tanti errori, di poter sbagliare di nuovo” mormorò tra i capelli di lui. “Ma tu non devi temere, perché io non ho mai provato prima quello che provo per te, non sapevo nemmeno che si potesse amare così tanto qualcuno e l’unica cosa che voglio è averti sempre al mio fianco.”

E, per meglio dimostrare al compagno tutto quello che aveva detto, lo avvolse nel caldo rifugio delle sue braccia e lo baciò a lungo, con tenerezza e intensità, sentendosi finalmente nel posto giusto e con la persona giusta, in un mondo perfetto che niente avrebbe più potuto distruggere, neanche le difficoltà che avrebbero ancora dovuto affrontare. Helgi, rassicurato, si abbandonò a quell’abbraccio e a quei baci, mentre ogni dolore, trauma e anche gelosia svanivano lentamente, portati via dal vento e dall’amore.

Hvitserk e Helgi non erano i soli ad aver avuto bisogno di ritirarsi in intimità. Dopo tutto quello che era accaduto e, soprattutto, dopo il terrore agghiacciante che Aethelred aveva provato quando Ivar stava per essere ucciso davanti ai suoi occhi, i due avevano cercato, anche inconsapevolmente, di non separarsi più. Così erano seduti l’uno accanto all’altro, abbracciati, a guardare la costa inglese che sfilava davanti a loro.

“Alfred ha detto che saresti un buon Re per il Regno Norreno che si sta formando” gli disse Ivar, stringendolo affettuosamente a sé. “Forse sarebbe anche giusto, visto che ti spettava la corona del Wessex e chissà, se Bjorn sarà eletto Re dei Norreni potrebbe anche scegliere te, non è mica detto che il Re delle colonie debba essere un Vichingo.”

Aethelred scosse il capo lentamente.

“Non mi interessa essere Re, è una cosa alla quale non penso più da molto tempo. Sarò disponibile come ambasciatore tra il nuovo Regno e Kattegat, se ce ne sarà bisogno, ma tutto quello che desidero è… insomma, lo sai” mormorò.

“No che non lo so” lo provocò Ivar con un sorrisetto. “Cos’è che vuoi veramente?”

Aethelred abbracciò convulsamente il compagno, nascondendo il volto contro il suo petto, tanto che Ivar sentì appena la risposta (e probabilmente era proprio quello che il giovane Principe voleva, visto che si vergognava di manifestare troppo apertamente i suoi sentimenti!).

“Voglio stare con te” sussurrò. “Ho temuto di perderti per sempre ed è stato il momento più orribile di tutta la mia vita. Voglio stare accanto a te, seguirti dovunque deciderai di andare e qualsiasi cosa deciderai di fare… solo questo mi importa.”

Ivar sentì Aethelred tremare tra le sue braccia e ancora una volta capì quanto lo avesse straziato e sconvolto ciò che era accaduto sul campo di battaglia, quanto Aethelred lo amasse e quanto bisogno avesse di lui. Si rese conto, turbato, che, se davvero si fosse lasciato uccidere da quel soldato, anche Aethelred sarebbe morto, forse in quella battaglia, forse di dolore… non voleva nemmeno saperlo, non voleva pensarci. Per la prima volta in tutta la sua esistenza Ivar sentiva che non viveva più solo per se stesso e per i suoi capricci, ma che la vita di un’altra persona, quella del suo Aethelred, dipendeva dal fatto che lui ci fosse e stesse bene.

Non era mai stato così indispensabile per qualcuno ed era una cosa meravigliosa e spaventosa insieme, era una responsabilità immensa che, però, Ivar era disposto a prendersi visto che per niente al mondo avrebbe messo a rischio la vita del ragazzo che amava.

“Beh, io non so ancora cosa vorrò fare o dove deciderò di andare” disse, cercando di portare l’argomento su un piano scherzoso, meno intenso. “Per adesso torneremo a Kattegat, poi chissà? Sono un Vichingo, magari avrò voglia di esplorare nuove terre… a meno che Bjorn non decida di nominare me per governare il Regno dei Norreni in Inghilterra.”

“Non contarci troppo” rispose Aethelred con una risata leggera, rilanciando lo scherzo.

“Oh, certo, lo so che Bjorn non mi sopporta! Comunque neanche a me interessa essere Re, lo sono stato una volta e non mi è piaciuto, molto meglio essere liberi” replicò Ivar. “E ovviamente ti porterò sempre con me, dovunque andrò. Nemmeno io posso più fare a meno di te, cosa credi?”

Non era più tempo di parole. Ivar catturò le labbra morbide di Aethelred in un bacio lunghissimo e profondo, stringendolo a sé come se volesse rimanere incollato a lui per sempre. Il sole del mattino regalava riflessi dorati alle acque che le lunghe navi vichinghe solcavano e anche ai capelli castani di Aethelred, ma per Ivar il suo Principe era la luce, il calore, la serenità e la pace del cuore. Non aveva mai pensato di poter amare così tanto qualcuno e, al confronto, il ricordo di Freydis impallidiva come una sciocca infatuazione adolescenziale. L’amore di Aethelred lo aveva reso migliore, aveva illuminato anche le parti più oscure del suo essere e anche per Ivar l’unico desiderio era non separarsi mai da lui.

Avrebbero affrontato ancora ostacoli e difficoltà, ma tutto sarebbe andato bene perché erano insieme, liberi e innamorati.

 

 

FINE

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