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di MusicAddicted
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I: Against the rules ***
Capitolo 2: *** II: An excellent starting point ***



Capitolo 1
*** I: Against the rules ***


IMPORTANTE: sono perfettamente consapevole di avere svariate J/K long da proseguire e non ne abbandonerò nessuna, ovvio.
Le ho semplicemente messe in stand-by, almeno fino a maggio, per dedicarmi alla BlossomByBlossom challenge e a tutte le nuove idee che  mi sta portando, come questa storia, assolutamente non prevista.

Il primo e credo unico AU che scrivo su questo fandom.

 

Disclaimer: Non scrivo a scopo di lucro e non possiedo niente e nessuno dei personaggi, e se non mi avessero promptato un coffee shop AU (assieme ad altri prompt della Challenge ‘Blossom By Blossom' , che però citerò più avanti) quest’idea non mi sarebbe mai venuta.
 

 

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Capitolo I: Against the rules
 

“Allora, è stato un mese fortunato e possiamo tirare un po’ il respiro?” domanda Jessica, seduta sul bancone, con le sue lunghe gambe toniche incrociate, perfettamente fasciate da un paio di blue jeans chiari con gli strappi.
 

“Scherzi? Se possibile, è andata ancora peggio del mese precedente. I clienti stanno cominciando a scarseggiare e i fornitori sembra ci abbiano aumentato il prezzo di ogni prodotto.” la informa Reva, l’unica fra le sue cameriere che si occupa anche di contabilità.

“Merda!” impreca Jessica, nonché la proprietaria dell’Alias Cocktails, che ha involontariamente ricevuto in eredità dai propri genitori, morti in un incidente stradale.


Involontariamente perché per quanto amasse sua madre e suo padre, cosa che le ha reso la loro perdita molto difficile da sopportare, non si era mai interessata a quell’attività quando erano in vita.

 

Jessica è sempre stata molto portata per gli studi, prima di quella tragedia stava al primo anno di Scienze Motorie, avendo da sempre un fisico che ben si presta all’attività atletica; ma poi ha dovuto fare i conti con quell’amara realtà.
Capendo di non poter più permettersi la retta universitaria, ha mollato gli studi, dedicandosi all’Alias Cocktails, imparando in poco tempo il mestiere, per provvedere al mantenimento suo e del fratello Phillip, di qualche anno più piccolo di lei.

 

Jessica poi ha fatto di necessità virtù, a quel mestiere verso il quale era sempre stata tanto ostile si è proprio appassionata, studiando per ampliare le sue conoscenze, creando cocktail di tutto rispetto, tanto da portare quel locale, nel giro di dieci anni, a essere il miglior pub di Manhattan.

Questo l’ha anche portata a bere molto, ma Jessica non giudica la sua una dipendenza vera e propria, sa che è una cosa che è in grado di controllare.
Ne subisce il fascino, ma non ne è dominata.

Ed è per questo motivo che nessuno si stupisce se lei sta tracannando qualche sorso di whisky, direttamente dalla sua bottiglia personale, nonostante siano solo le dieci di mattina.

 

Del resto, ne ha tutte le ragioni, quel primato che ha fatto conquistare all’Alias Cocktails negli ultimi mesi sta venendo messo a rischio.


“Sono anni che ho un accordo speciale con i fornitori locali e tutto a un tratto le cose cambiano? Cazzo, no, ovvio che non può essere un caso!” borbotta la ragazza, prendendo un’altra ampia sorsata. “Pryce Cheng del Cheng Drinking, mi ci gioco la milza che c’è il suo fottuto zampino!”


“Hai ragione tu, Jess!” irrompe proprio in quel momento nel pub Trish, la migliore amica di Jessica, conosciuta proprio a quel corso universitario che, proprio come Jessica, anche lei ha abbandonato, un po’ per solidarietà all’amica, un po’ per le continue pressioni della madre, che insisteva nel dirle che lo studio non l’avrebbe portata a nulla e avrebbe fatto meglio a rincorrere fama e successo anziché perdere tempo dietro ai libri.


Insomma, l’esatto opposto di quello che solitamente insegnano i genitori, ma Dorothy è sempre stata una madre molto sui generis.

 

Tuttavia, Trish lavora part time all’Alias Cocktails, per potersi pagare i corsi di recitazione; nonostante la sua vera attitudine sembri essere sempre più il giornalismo, far luce sulla verità, evidenziare le ingiustizie subite dalla gente.

Difficile riconoscerla al momento, dato che Trish anziché i suoi soliti vestiti all’ultima moda, indossa una tutina nera e una parrucca rossa che copre la sua naturale chioma bionda.

“L’ho pedinato quel farabutto, travestita, nel caso vedendomi mi riconoscesse,” spiega, togliendosi la parrucca. “Non solo lui non mi ha visto, ma io ho visto lui, appollaiata su un ramo, mentre corrompeva uno dei nostri fornitori perché ci chiedesse un prezzo più alto. E se lo ha fatto con uno, lo avrà fatto con tutti.” racconta lei, furibonda.

 

“Ottimo lavoro, Trish. Se non ti prendono come prossima Bond Girl non capiscono un cazzo!” si complimenta Jessica, rimettendo via la bottiglia.

“Esagerata!” ridacchia l’attrice in erba, prima di andarsi a cambiare.

 

“Odio le persone disoneste," sbotta Robyn, un’altra delle cameriere, “Vuoi farci concorrenza? Bene, ma che almeno sia leale!”

Lo sguardo della giovane è reso ancora più glaciale da quegli occhi blu così vitrei mentre si arrotola una ciocca rossiccia con aria pensierosa.

“Potrei procurarmi qualche suo capello o un brandello dei suoi abiti e fargli un rito Voodoo!" progetta, in modo assai inquietante.

 

“Sarebbe più utile un rito Voodoo ai nostri clienti perché saldino i loro conti,” commenta Reva, osservando il fatturato, con entrambe le mani fra i rigogliosi  ricci. “Vedi cosa ottieni a lasciar loro troppa libertà, Jess?” le fa la ramanzina.
 

“Ma che cazzo ne potevo sapere? Io volevo che ognuno qui si sentisse come una gran famiglia e in famiglia nessuno ti assilla costantemente per i soldi. E poi mi piaceva l’idea che chiedessero di mettere sul loro conto, presagiva che quei clienti sarebbero tornati,” replica Jessica, forse un po’ troppo ingenuamente.
 

“Hai ragione, per tornare tornano, solo che continuano a non pagarci!” agisce da grillo parlante Reva.

“Beh, Jess, quel Cheng potrà aver corrotto tutti gli altri fornitori, ma Jeri, quella dei super alcolici, non ci chiederà mai nessun aumento dei prezzi,” la informa Pam, la cameriera che va a completare il suo staff. “Noi.. ehmm, abbiamo un accordo molto, davvero molto speciale.” si pavoneggia, memore dell’ultimo loro focoso incontro sul retro del pub, durante l’ultima consegna.

“Cazzo, però quello che non capisco è … certo che corrompere i fornitori significa che tu li pagherai forse anche il doppio, quindi questo figlio di puttana dev’essere pure ricco sfondato,” rimugina Jessica, scendendo dal bancone per gironzolare avanti e indietro. “Quindi perché mai dovrebbe essere intenzionato a farmi fallire?" si cruccia, sbuffando così forte da sollevare la frangetta dei suoi setosi capelli, neri, come il suo umore attuale.


“Beh, mi sembra ovvio. Non vuole essere secondo, essere secondi fa schifo.” risponde Robyn. “Sono gemella e anche se sono io la più grande nella mia famiglia sembra esistere solo Ruben, ma gli voglio talmente bene anche io che non riesco ad avercela con lui.”

Jessica però non è il tipo che si fa intenerire facilmente

 

“Beh, se quel bastardo vuole provare a essere il primo, si è decisamente scelto la città sbagliata!” ribadisce, baldanzosa. “Possiamo ancora dargli parecchio filo da torcere e…”
 

“Mi duole contraddirti, Jess, ma considerando gli aumenti dei fornitori e tutti i clienti a cui hai fatto credito … al massimo potremo ancora tirare avanti tre o quattro mesi, prima di andare incontro alla bancarotta.” si morde le labbra Reva.

 

“Oh merda, va davvero così male?” si incupisce la titolare di quel locale, ma poi ritorna battagliera. “Allora saranno quattro mesi in cui combatteremo da leonesse!” spergiura, motivando tutte le altre, che la incitano. 

 

“E ora che stiamo per aprire il bar, cerchiamo di non farci fare più credito da nessuno,” borbotta, mentre le cameriere si preparano ad accogliere la clientela ai tavoli.
 

Da circa un paio di anni Jessica ha scelto di non limitare l’Alias Cocktails ad essere solo un Pub serale, ma ha modificato menù e orari per inglobare nel proprio target di riferimento anche un tipo di clientela più diurna. 


Jessica ne approfitta per ritirarsi nel suo ufficio.
Beh, non proprio ufficio, per lo più uno stanzino molto minimal, con una sedia, una scrivania, un computer e, per i casi di emergenza, una bottiglia di whisky che conserva nell’ultimo cassetto.

 

- Cazzo, questa è un’emergenza!- rimugina, aprendo il cassetto. - Mi sono fatta vedere forte con le altre, ma la verità è che sono terrorizzata al pensiero di fallire- pondera, prendendo qualche sorsata. - Mi servirebbe un miracolo!-

 

****************************** (Contemporaneamente)

“Simpson, non credo di aver capito bene, ripeti se hai il coraggio!” ringhia Kevin, al telefono, mentre l’autista della sua Land Rover sfreccia per le strade di Manhattan.

“Invece hai capito benissimo, Thompson. Le mie modelle sono tutte impegnate in vari progetti,” abbaia dall’altra parte Will, il booker dell’I.G.H. (Iconic. Glamour. Hot), l’agenzia di modelle più gettonata di tutto il continente.


“Gran parte di quelle modelle devono la loro fama a me e alle mie sfilate!” ribadisce Kevin, scostandosi il vaporoso ciuffo ramato dalla fronte, talmente infervorato che gli occhiali rossi dalla grossa montatura gli scivolano sul naso.
 

Rossi, come la camicia che lo veste, di un tessuto traslucido, messo ancora più in risalto dallo sgargiante completo giallo sole che indossa con l’atteggiamento di chi sa di essere semplicemente perfetto.
 

 “Hai ragione, Kevin, hai fatto molto per la mia agenzia,” ammette Will, ma Kevin lo conosce troppo bene e percepisce il suo tono di scherno. “Ed ecco perché posso fare uno strappo alla regola per venirti incontro e darti Hope.” gli concede, o meglio, finge di farlo passare come un favore.


“La Shlottman? Oh, ti prego, piuttosto faccio io da modella alla mia stessa sfilata, di sicuro avrei più carisma!” ribatte Kevin, disgustato. “Ultime notizie, la modella atleta non è questa grande novità che credi. Io la trovo solo inadatta, scialba e piuttosto noiosa, tienitela pure!” riattacca, insoddisfatto.



“Non è andata bene, deduco,” borbotta Malcolm, il suo manager, seduto non molto distante da lui nei sedili posteriori.

“No, affatto, ma non c’è da stupirsi, quel maledetto Simpson mi ha sempre odiato!” sbuffa Kevin, riponendo il telefono in tasca. “Tra poco più di un mese la mia collezione esce. Passi per le modelle secondarie, ma quella di punta, non posso accontentarmi di una mediocre qualsiasi, io pretendo il meglio. Me lo merito!”

“Nessuno mette in dubbio questo,” annuisce il manager. “Per le modelle con un ruolo meno importante ci sono mille altre agenzie a cui rivolgersi, per il resto, vedrai, una soluzione la trovi, magari dalla I.G.H. un’altra modella si libera.”

 

“Non credo, ma adesso ho altre priorità. Ho bisogno di un drink per tirarmi un po’ su di morale.”
 

Malcolm lo guarda perplesso.

“Alle dieci di mattina?”

“Non è un problema, se sai dove cercare,” sorride furbetto lo stilista, prima che lo sguardo gli cada su un’insegna nera in lontananza, dove campeggia l’immagine di un cocktail stilizzato di un bel colore viola acceso.


Il viola è sempre stato il colore preferito di Kevin, tanto da farne un vero e proprio marchio di fabbrica nella maggior parte delle sue creazioni.

Probabilmente quello deve essere un segno.

 

L’uomo preme il bottone per abbassare il vetro che lo divide dall’autista.

 

“Justin, la vedi quell’insegna col cocktail in fondo a quell’incrocio? Siamo diretti là.” ordina, perentorio.


“Subito, signore.” replica solerte il suo chauffeur.


Dalla macchina parcheggiata scendono Malcolm, Kevin e Luke, la sua guardia del corpo.

Appena varcano la soglia del Alias Cocktails vengono accolti da uno staff femminile sorridente.

 

“Benvenuti, prendete pure un tavolo, sono subito da voi.” va loro incontro un’avvenente bionda dagli occhi color acqua marina.

Malcolm non sa se se l’è sognato o meno, ma ha come la sensazione che lei gli abbia fatto l’occhiolino.

La ragazza è di parola e appena prendono posto passa a prendere le ordinazioni.


“Allora, cosa vi porto?” estrae il taccuino.

“Un caffè, il più forte che riesci a fare.” prende la parola per primo Luke.

 

“Qualsiasi cosa, se me la porti tu è più che ben accetta,” ci flirta apertamente Malcolm.

 

Lei a malapena cela un sorriso, per poi rivolgersi all'ultimo dei clienti, che spicca non solo perché è l’unico bianco a quel tavolo, ma per la sua eleganza eccessiva ed eccentrica.

“E a te cosa porto?”

“Un Bourbon, il migliore che avete.” replica Kevin, flemmatico.

 

“Uh, mi spiace, serviamo alcolici solo alla sera, fino alle 18:00 siamo solo un coffee bar.” chiarisce la cameriera.

“Non è un mio problema. Se ti ho chiesto un Bourbon, un Bourbon avrò, quindi vedi di renderti utile.” ribatte Kevin, il tono reso più glaciale dalle lenti rosse attraverso cui la guarda, mentre tamburella sul tavolo le dita coperte da anelli vistosi.

“Ehm… io, torno subito.” si congeda desolata lei, un po’ presa alla sprovvista.

 

“Kevin, insomma!” lo riprende il suo manager. “Posso capire che tu sia ancora incazzato per la questione dell’I.G.H., ma ciò non ti giustifica dal prendertela con chi non c’entra niente!”

Dicendolo, si alza, andando verso la sventurata.

 

“Hey, non farci caso. Di solito il mio cliente è più affabile con le persone, ma ha avuto una giornataccia,” la informa. “Lo sai come sono gli stilisti, no? Specie quando vogliono fare le prime donne!” la fa sorridere.

“A dire il vero so più come sono fatti i registi, ma immagino non ci siano differenze così sostanziali.” fa spallucce lei. “Sono Trish. Trish Walker. Un giorno forse si sentirà molto parlare di me.” gli tende la mano e lui la stringe felice.


"Malcolm. Malcolm Ducasse.” sorride di rimando lui. “Per quel che può valere, io ti considero già una stella di Hollywood.” la lusinga.

 

“Piacere di conoscerti, Malcolm. Sei nella moda anche tu, quindi?”


“Beh, sì, in un certo senso sì.”

 

“Modello?” tira a indovinare lei, vedendo la figura slanciata e atletica di quell’aitante ragazzo Afro Americano che la sua suite total black esalta.

 

“Uh! No, manager, ma… ti ringrazio!” gongola lui.


“Malcolm, guarda che non ti pago per broccolare le fanciulle!” gracchia Kevin dal tavolo.
 

“Oggi è particolarmente intrattabile, sarà meglio che vada.” sbuffa lui, tornando al tavolo.

Anche Trish fa ritorno dalle altre colleghe, esponendo il suo problema.

 

“Se c’è una cosa che non sopporto, sono i gradassi!” borbotta Robyn, avviandosi battagliera al tavolo indicato.

 

“Hey, tu, bellimbusto, ho sentito cos’hai cercato di fare con la mia amica, ma sappi che…” parte carica a mille, ma le parole le muoiono in gola, appena mette meglio a fuoco chi ha davanti.  “Ma… tu sei Purple Man, voglio dire, Mr. Thompson!” si emoziona, cambiando completamente atteggiamento.


Kevin sorride: sa benissimo che quello è un nomignolo che gli hanno affibbiato affettuosamente i fan per l’uso considerevole che fa del colore viola nelle sue linee di abbigliamento.
Quando il viola non può essere l’assoluto protagonista c’è comunque sempre un dettaglio, fosse anche un cucitura interna, a tener fede a quella regola.

“Cos’è che dovrei sapere?” si diverte a metterla in difficoltà.

“Uh, no cioè... voglio dire… io ho bisogno di sapere una cosa: il Bourbon come lo preferisci? Liscio oppure on the rocks?” si salva in extremis Robyn, rinunciando alla propria integrità morale.

 

“Questa domanda non avresti nemmeno dovuto farmela. Il ghiaccio nel Bourbon è un crimine.” la informa lui, sgomento.
 

Robyn si defila, senza aggiungere una parola e Trish, che ha assistito alla scena, incrocia il suo cammino.

 

“Ma come? Non dovevi cantargliene quattro?” le ricorda sbigottita, mentre vanno dietro al bancone.


“E lo avrei fatto con chiunque altro, ma… tu non capisci, lui è Kevin Thompson!”


Trish la guarda ancora più perplessa.

 

“Chi?”

 

“Ma come? Kevin Thompson, lo stilista Britannico più trendy e chic del momento. Con la sua ultima linea, Persuasion, si è davvero superato!” prova a farla partecipe del suo entusiasmo Robyn, ma con scarsi risultati.
 

Anche Pam, seppur impegnata a servire un altro tavolo, ha assistito all’intera scena e appena consegna le ordinazioni, decide di prendere provvedimenti.
Si incammina per la scala che conduce all’ufficio di Jessica, dove la ragazza si è rinchiusa fra pile di fatture e ricevute, cercando di far quadrare i conti.

Pam prende un po’ di coraggio e si appresta a bussare.


“Non ci sono per nessuno!” abbaia Jessica, con la testa sepolta nei fogli.

 

“Lo so, Jess, non ti disturberei se non fosse importante.” insiste la cameriera.

Jessica si alza per andare ad aprirle la porta.


“Importante quanto?” sbuffa, interrogando la bionda con lo sguardo.

“Stanno servendo alcolici a un cliente, anche se è mattina.” riferisce puntualmente Pam.

 

“Ma che cazzo? Stiamo scherzando? È inaudito. Alcool di prima mattina. Chi si crede di essere questa persona… me?”  brontola la titolare e Pam fa del suo meglio per non lasciarsi sfuggire una risatina.
 

“Non lo so, Jess, è tipo uno stilista molto famoso o qualcosa del genere.”
 

“Non me ne frega un cazzo, può essere anche il Presidente degli Stati Uniti in persona, ma nel mio locale ci sono delle regole precise.” replica lei, seguendo Pam di sotto.

Non serve nemmeno che lei glielo indichi, quell'abbigliamento così sgargiante lo fa notare anche a metri di distanza.

Jessica avanza come una furia verso il suo obiettivo, impegnato a gustarsi il suo drink che esibisce quasi come un trofeo.

 

“Stammi bene a sentire, sottospecie di Arlecchino sotto acidi!” esordisce Jessica, catturando decisamente la sua attenzione. “Io non so chi tu sia né mi interessa saperlo, so solo che c’è una distinzione fra Coffee Bar e Pub, quindi se vuoi un alcolico fammi il favore di presentarti nelle ore in cui li serviamo, anche se onestamente spero di non rivederti più nel mio locale. Quindi gustati pure il tuo drink e la piccola battaglia che hai vinto, ma poi porta il tuo culo griffato fuori da qui!” sfuria lei, prima di enfatizzare il concetto con un pugno ben assetato sul tavolo.


Luke, per il ruolo che gli compete, si pone subito davanti a Kevin per proteggerlo, ma poi capisce che la ragazza dal temperamento così acceso non intende ricorrere alla violenza fisica e torna al suo posto.

Kevin dal canto suo non sembra minimamente preoccupato, né teme per la sua incolumità fisica.
Lui è solo impegnato a osservare la giovane donna che ha davanti, rapito, senza lasciarsi sfuggire un solo dettaglio del suo linguaggio del corpo, del modo in cui le ciocche corvine le incorniciano quel volto perfetto, del fuoco che ha in quegli occhi così grandi e ammalianti, dove il nocciola è invaso da un verde cangiante.

 

“Sei una visione!” esclama, facendole un piccolo applauso.


Jessica è doppiamente sconcertata.

“Cosa, scusa?”


“Beh sì, certo sei grezza, ci sarà molto da lavorare…” borbotta lui, per lo più tra sé e sé, facendole una rapida panoramica di com’è vestita.


“A chi cazzo hai appena dato della grezza, stronzo glitterato?”

 

Luke è pronto a mobilitarsi nuovamente, ma per fortuna ancora una volta la violenza è solo verbale.

 

“Ecco, appunto,” ribadisce Kevin, togliendosi gli occhiali per poterla scrutare meglio coi suoi grandi occhi di un castano intenso.
 

Jessica non se l’aspettava uno sguardo così profondo, si sente quasi messa a nudo.

 

“La smetti di farmi la radiografia?” sbuffa sentendosi poco a proprio agio.

“La tua energia, la tua forte personalità, la tua grinta, nonché il tuo fisico pressoché perfetto: sei tu la modella di punta che stavo cercando.” elabora il suo verdetto lo stilista.

“Ma quanti te ne hanno portati di drink? Di’ un po’, sei ubriaco? Che cazzo stai blaterando? Se è una sviolinata perché sei così pezzente che non vuoi pagare, il drink te lo offro io, ma almeno non farmi perdere tempo.” sbotta lei, in procinto di allontanarsi, ma Kevin si alza rapido afferrandola per un polso.


“Nessuna sviolinata, mia cara, non potrei essere più serio di così. E certo che pago, anche con laute mance,” si interrompe , per fare un cenno a Luke di andare alla cassa. “Alla tua cameriera, per la velocità nel servizio, a te, per l’intrattenimento.” commenta lui, spingendo la punta della lingua contro i denti nell’ultima parte.

 

Jessica si strattona per liberarsi dalla sua presa.

 

“Io non intrattengo un cazzo di nessuno. Vedi di pagare allora, poi sparisci da qui!” controbatte, prima di affrettarsi su per le scale.

Kevin la osserva da lontano, ancora più divertito.


TBC


Spero che come inizio vi sia piaciuto, liberi di dirmi quel che più vi pare

 

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Capitolo 2
*** II: An excellent starting point ***


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Capitolo II: An excellent starting point

 



Tornando al tavolo, Kevin si accorge che è rimasto da solo, perché Malcolm è tutto intento a parlare con la prima cameriera che li ha serviti.

Si siede, sapendo che non rimarrà solo a lungo, soprattutto quando adocchia la seconda cameriera, l’unica che sembra conoscerlo.

“Hey, tu, vieni qui un attimo.” gli fa cenno con un dito e Robyn non se lo fa ripetere.

“S..sì? Non andava bene il Bourbon?” gli domanda, un po’ titubante.

 

“No, davvero, era impeccabile.” la rassicura lui, sorridendo. “Non ti ho chiamato qui per una lamentela, ma per avere delle informazioni..”

 

 

“È sempre così rancorosa la tua titolare?” esordisce Luke, rivolto all’avvenente ragazza Giamaicana che sta in cassa.
 

“È sempre così primadonna il tuo?” lo fa ridere lei con la sua controdomanda.
 

“Uh, non hai visto ancora niente… Reva,” replica lui, sporgendosi in avanti per leggerle il cartellino.
 

“E non ci tengo a vederlo…” si sporge lei allo stesso modo, in attesa che lui risponda alla sua tacita domanda.


“Luke.” le sorride suadente. “E visto che io so già che lavoro fai, mi sembra giusto pareggiare i conti: sono una guardia del corpo.”

 

“Con tutti quei muscoli dovevo intuirlo, ma pensavo più a un personal trainer,” si lascia sfuggire lei, lusingandolo.

 

“Come hai intuito, lavoro principalmente per lui, ma sai, potrei sempre lasciarti il mio numero, nel caso avessi bisogno dei miei servigi. Una graziosa fanciulla come te la salverei molto volentieri e poi magari con lei prenderei un caffè,” aggiunge in procinto di sfiorarle il volto con un dito, ma lei gli abbassa la mano repentina.

 

"Limitati a pagare il conto .” smorza il suo entusiasmo lei.
 

“Hai ragione, Reva, ti ho già fatto perdere troppo tempo.” estrae le banconote lui. “Il resto ovviamente è mancia. Prima però avrei una domanda da farti…”


 

 

“Capo, non immaginerai mai cos’ho scoperto.” si affretta a tornare al tavolo Luke.


“Non credo possano essere interessanti come le notizie che ho io, dopo aver parlato con Trish.” si pavoneggia Malcolm, tornando più o meno nello stesso momento.


“Volete dirmi che questo posto rischia di fallire per dei debiti dovuti a un boicottaggio?" li anticipa Kevin.

 

“Ma tu come…?” lascia la domanda a metà Malcolm, mentre Luke si limita a fissarlo stranito.

 

“Avere delle fan sparse per ogni dove ha i suoi vantaggi,” ridacchia furbetto lui. “Ma quel che è più importante è che ora so anche cosa devo fare.”

“Intendi che non ce ne andremo via di qui appena avrai finito quel drink?” deduce Luke e sotto, sotto ne è pure contento, né più né meno come lo è Malcolm.

 

“Tutt’altro, ragazzi. Abituatevi a questo locale, perché lo vedrete spesso.” sogghigna lo stilista.

 

“Che cos’è che hai in mente?” gli domanda il manager e Kevin si decide a rivelare ai due componenti più fidati del suo staff il proprio piano.

“Ma… avevamo già la location perfetta…” borbotta Malcolm, basito.


“Appunto. Avevamo. Passato. Occupatene tu.” gli ordina Kevin, soddisfatto solo quando lo vede uscire momentaneamente per fare una determinata telefonata.
 

“Immagino che questa fosse la parte più facile. Ora che devi andare a parlarle le cose si complicano. Vuoi che venga anche io, nel caso debba proteggerti?”

Kevin scuote la testa.

 

“No, Luke, ti ringrazio, ma questa è una cosa che devo fare da solo. Nel peggiore dei casi, lascio la mia casa di moda a Malcolm e te la mia flotta di auto.” lo fa ridere il suo datore di lavoro, prima di dirigersi dallo staff.


“Io non credo sia una buona idea…” borbotta Trish, confrontandosi con Reva e le altre, non appena Kevin espone la sua richiesta.


“Con tutto il rispetto, non m’importa cosa crediate voi, ma quello che voglio fare io o almeno provarci. Ora, da brave, fatemi passare.”

Persuasivo com’è, riesce a convincere le ragazze a smettere di fare barriera davanti alle scale e a farlo passare.

 

Kevin bussa alla porta chiusa un paio di volte, con fermezza.


“Pam, dammi tregua! Ti ho già detto che non voglio essere disturbata!” sbotta Jessica dall’altra parte.

 

“Non sono Pam, sono io, mia cara.” le rivela lo stilista.
 

“Ancora tu? Chi accidenti ti ha dato il permesso di venire qui?” si infervora ancora di più lei. “E NON mi chiamare ‘mia cara’!”

 

“E come dovrei chiamarti, se il tuo nome ancora non lo so? Apriti e presentati, almeno.”


Detto, fatto.
La porta si apre bruscamente e lei lo fissa con tutto l’astio di cui è capace.

 

“Mi chiamo Jessica e non ti sopporto!”

“Piacere di far la tua conoscenza, Jessica Enontisopporto. Io sono Kevin Thompson.” le tende la mano lui con fare innocente.

 

Lei quella mano non gliela stringe, ma lui vede chiaramente sfuggirle un’ombra di sorriso.

“Jones.” chiarisce lei. “Jessica Jones.”


“Molto bene, Jessica Jones.” le sorride lui, soddisfatto, facendo una pausa d’effetto.
 

Jessica deve capire cosa la disorienti di più: il suo sguardo, ora che non indossa più quegli stupidi occhiali, il suo sorriso che le sembra così genuino e non il ghigno strafottente che aveva prima, o ancora il modo in cui arrotola consonanti e vocali nel pronunciare il suo nome con quell’accento Inglese così marcato.


“La vogliamo smettere di farci la guerra?” riprende il discorso lui.

“No?” ribatte lei, a metà fra una risposta secca e una domanda incerta.

 

“Io posso aiutarti.” torna alla carica lui.

“Non vedo come.” sbuffa lei.

 

“So tutto. E lo so da più di una fonte.”
 

Jessica si acciglia, battendo nervosamente la punta del suo anfibio contro il  parquet del pavimento.
 

“Tutto cosa?”
 

“Il tuo concorrente che ti sta mettendo i bastoni fra le ruote, in un modo piuttosto sleale, aggiungerei,”
 

Jessica lo guarda estereffatta.
 

“Ma si può sapere tu chi cazzo sei?”
 

“La soluzione a tutti i tuoi problemi!” si pavoneggia lui, allargando le braccia. “Pensaci bene, cosa ti aiuterebbe più di tutto?”


“Rapinare una banca?” fa sfoggio del suo sarcasmo lei.

“Dare visibilità al tuo locale. Far accorrere quanta più gente possibile.”

 

“In che modo?”

Kevin sfodera uno dei suoi sorrisetti

“È praticamente lampante che tu e l’alta moda viaggiate su binari opposti…”

 

“Hey, come ti permetti?” sbotta lei, ma poi fa le sue personali considerazioni. “Oh, no, aspetta. Permettiti pure, è vero.” riconosce.

 

“Il punto è che io sono famoso nell’alta moda, molto famoso. Le mie sfilate attirano un sacco di media, stampa. Il prossimo mese ne faccio una proprio qui a New York, motivo del mio viaggio. Avevo già una location molto prestigiosa già prenotata con un anticipo di mesi…”

“Perchè accidenti ascoltare la dannata biografia della tua vita dovrebbe risolvere i miei problemi?” lo interrompe lei, inacidita.

 

“Perché lo capiresti, se mi lasciassi finire il mio discorso!” si inasprisce anche lui.

 

“E va bene, va bene, non ti interrompo più.” alza le mani lei. “Quindi, che ne pensi?”

 

“Che se non ti dai una calmata, Cheng sarà l’ultimo dei tuoi problemi!”

“Ah, quindi ora passiamo alle minacce, eh?” lo guarda scura in volto lei.

 

“Sì, se servono a farti zittire." controbatte lui, il tono di nuovo calmo.

“Io posso anche star zitta, ma non riesco a capire il nesso fra i miei casini e te che te la tiri un sacco con questa storia che hai una super location per la tua sfilata che di sicuro sarà un successo clamoroso… non capisco dove vuoi arrivare. Mi vuoi invitare alla tua cazzo di sfilata? Non fa per me, ho altro a cui pensare e…”

 

“Jessica, come mia nuova super location io ho deciso che sceglierò… il tuo locale!” si decide a rivelarle Kevin.

“Tu… cosa?” lo guarda attonita lei.

“Davvero non avevi colto tutti questi indizi? Mia cara, accetta un consiglio: non diventare mai una detective!” ridacchia lo stilista.

 

“Dacci un taglio con questo dannatissimo ‘mia cara’ e spiegami meglio: cosa vuol dire che vuoi far del mio pub la location della tua sfilata?”

 

“Basterà fare qualche modifica, okay, un bel po’ di modifiche. Penserò a tutto io, ovviamente.”

“‘Ovviamente.” gli fa il verso lei, cercando di imitare l’accento. “Come se ci fosse qualcosa di ovvio in tutto questo. Perché mai dovresti fare una cosa simile?”

“Allora prima non mi hai ascoltato: perché voglio che tu sia la mia modella di punta.”

 

“Ma se non so nemmeno come si cammina sui tacchi!” gli ride in faccia lei.

 

“È solo questione di apprendimento, io posso insegnarti tutto.” si prodiga lui. “Pensaci bene, Jessica: il tuo pub come location di uno dei più importanti eventi modaioli di quest’anno. Riesci a immaginare quanta gente vorrà prenderne parte? Potrai anche triplicare il costo dei tuoi cocktail e la gente pagherà senza fiatare… e poi pensa anche allo strascico di notorietà che rimarrà anche dopo la sfilata.”

“In effetti questo salderebbe tutti i miei debiti, non dovrei fare tagli al personale, darei un bello schiaffo morale a quel fottuto pallone gonfiato di Cheng, cioè lo schiaffo glielo vorrei dare anche vero ma accontentiamoci di quello morale.” lo fa ridere lei.

 

“Proprio così, puoi avere tutto questo facilmente, devi solo accettare di sfilare per me.” la persuade il fascinoso stilista.

 

“C’è forse un contratto che devo firmare col mio sangue? Perché, sai, sembra quasi che io stia facendo un patto col Diavolo!” borbotta Jessica.

 

“Oh, tesoro, ti prego, non essere ridicola,” commenta lui, inforcando di nuovo gli eccentrici occhiali. “Il Diavolo se la sogna la mia eleganza!”

 


“Sbaglio o è da un po’ che quei due sono là dentro, da soli?” domanda retorica Trish, con lo sguardo rivolto all’insù, come del resto quello di Luke, Malcolm e Reva che l’attorniano.

 

“E non mi sembra di aver sentito alcun rumore di colluttazioni…" deduce Luke.
 

“Che stiano avendo una discussione.. civile?” azzarda Malcolm.

 

“Facciamo pure tutte le considerazioni possibili, ma non facciamoci trovare qui, stanno per scendere.” avverte tutti Reva, sentendo dei passi in lontananza.

 

Quando Jessica e Kevin tornano di sotto, trovano Luke intento a osservare la porta d’entrata, Trish che pulisce il bancone in modo forsennato, Malcolm impegnato in una qualche telefonata e Reva che gira a vuoto con un vassoio, in cerca di un tavolo che davvero possa aver bisogno di essere sparecchiato.
 

Kevin e Jessica si guardano tra loro con una complicità che nemmeno pensavano di avere.

 

“Ci stavate spiando.” commentano in perfetta sincronia.

 

“Sono sopraggiunti importanti impegni di lavoro, riprenderemo la conversazione più tardi.” finge di congedarsi Malcolm da una chiamata che in realtà non ha mai avuto inizio.

“Sì, direi che è sufficientemente solido il materiale con cui è costruito, non dovrebbe crollarci addosso. Sei protetto, capo.” argomenta Luke, con nonchalance.

“No, okay, non ce la faccio a coprirmi di ridicolo come loro due,” si arrende Reva, posando il vassoio e anche Trish smette di far finta di pulire. “Sì, lo ammetto: vi stavamo tenendo d’occhio.”

 

“Per il bene del locale, si intende. Sarebbe potuta succedere qualsiasi cosa: voi due non sembrate molto inclini a interagire.” dice la sua Trish.

 

“Può darsi che non siamo partiti con il piede giusto, ma vi assicuro che adesso io e la vostra titolare abbiamo trovato un punto d’incontro” si rivolge Kevin alle ragazze, comprese le due che stanno lavorando per davvero.

“Proprio così. Quindi abituatevi ad aver intorno Mr. Thompson, perché lo vedremo spesso.” annuncia Jessica, prima di rivolgersi principalmente al diretto interessato. “A proposito, non abbiamo fissato la prima delle lezioni.”

 

“Io direi domani…” propone Kevin e lei annuisce. “Alle quattro di mattina.”
 

“Che cazzo dici? Sei fuori di testa?” si infervora subito lei.

“Immagino tu abbia i tuoi impegni, così come io ho i miei. Ad esempio, non hai idea di quanto sia piena la mia agenda oggi, motivo per cui non posso ancora trattenermi a lungo.” la informa lui, andando verso l’uscita, seguito dal proprio staff.

 

“Ma io il pub lo chiudo alle due e il bar lo apro alle dieci… non puoi aspettarti che ci vediamo qui alle quattro di mattina!” borbotta Jessica.


“Ho immaginato, infatti ti prendevo in giro,” le rivela dispettoso lui, con la punta della lingua tra i denti. “Alle sette andrà benissimo!” la liquida, senza nemmeno darle il tempo di replicare.
 

“Dannatissimo stronzo! Crede di poter controllare ogni cosa!” sfuria Jessica, dando un calcio a una gamba del tavolo dove lo stilista e il suo entourage hanno precedentemente preso posto e che al momento risulta ancora libero.

 

“Jess, cerca di calmarti e di farci capire qualcosa.” la rabbonisce Trish, massaggiandole le spalle.


“Già, Jessica, che cosa significa che devi prendere lezioni, di cosa?” si incuriosisce Robyn, che l’ha sentita.

Jessica si siede al tavolo e prende un lungo respiro.

 

“Diciamo che ci sarebbe la possibilità di uscire dai casini in cui ci troviamo ma comporterebbe il fatto che io scenda un po’ a compromessi con me stessa…” annuncia la titolare, prima di dilungarsi in spiegazioni più esaustive.

 

“Una sfilata di moda, qui?” riassume incredula Robyn.

 

“Tu, modella?” la guarda scettica Reva.

“E che prenderai lezioni di bon ton e portamento?!” le scoppia a ridere in faccia Trish, ma lei è l’unica che ha la confidenza giusta per permetterselo.


“Sì, sì, ridete pure mentre io cerco di salvare il culo a tutti quanti!” sbuffa Jessica, ruvida come il suo solito. “Poi riderò io quando vi dimezzo lo stipendio.”
 

Basta quella non troppo velata minaccia a far passare al suo staff ogni voglia di fare ironia sull’argomento.

 

“Quando inizierai le lezioni?” le domanda con atteggiamento più serio Reva.
 

“Domattina. Molto, drasticamente molto, presto.” sbuffa l’interpellata
 

**************************** (Contemporaneamente)


“Mi ha detto che posso entrare dal retro e che lascerà la porta aperta.” racconta Kevin, che a bordo della propria auto è protagonista di un colloquio analogo.
 

“Verrò con te, sono incaute le strade di notte.” si prodiga Luke.

 

“Esattamente quale parte pericolosa della notte sarebbero le sette del mattino?” lo guarda scettico lo stilista.

 

“Verrò anche io, per gestire i tuoi impegni di lavoro che potrebbero accavallarsi." decide Malcolm, guadagnandosi lo stesso tipo di occhiata.


“Apprezzo quasi al limite della commozione l’interesse che avete per la mia persona,” fa una pausa d’effetto Kevin, prima di scoccare la sua frecciatina. “Pur sapendo che ci sarà solo Jessica e nessun’altra del suo staff, fino al loro normale orario di turno.”


“Uh? Oh beh, in fondo, alle sette di mattino, chi vuoi che ci sia in giro? Non credo tu abbia bisogno di me.” si ravvede Luke.


“Non credo che nessuno chiamerà prima delle nove, quindi non ti servo nemmeno io.” riformula Malcolm.
 

- Come volevasi dimostrare.- se la ride fra sé e sé Kevin.

 

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Quando, puntuale come un orologio svizzero, alle sette di mattina Kevin varca il retro del locale, che come concordato trova aperto, salendo le scale fino all’ufficio di Jessica la trova addormentata sulla sedia, con la testa ciondolante, la felpa aperta a farle da coperta e i piedi che poggiano sulla scrivania, con quegli anfibi che sono lontani anni luce alle sensuali decoltè alle quali lui è abituato.


Un leggerissimo russare va a completare quel quadro idilliaco.
 

Si siede sull’angolo della scrivania, intento a osservarla, finché lei, forse avvertendo in qualche modo una presenza, apre gli occhi e manca poco che non si ribalti dalla sedia dove è stravaccata.
 

A dire il vero, l’unico motivo per cui il suo sedere non tocca il pavimento con molta poca grazia è Kevin, che prontamente si sporge in avanti e la solleva tra le sue braccia.

A parte i capelli, che sono ancora di quel colore acceso, l’abbigliamento è molto più sobrio, è un completo in tre pezzi, color fumo di londra, con cravatta e pochette di un viola orchidea.
Colori che gli stanno d’incanto.

 

Confusa e forse non del tutto ancora sveglia, Jessica rimane a fissarlo per qualche secondo imbambolata, prima di riprendersi e mantenere le giuste distanze.

 

“Ti ha dato di volta il cervello? Non si entra così di soppiatto in una stanza, potevi almeno bussare!” sbotta lei, coprendosi con la felpa, perché con quella minuta canotta si sente fin troppo esposta.

 

“Col sonno di cui eri preda non credo ti avrebbe svegliato nemmeno un carrarmato!” controbatte lo stilista.


“È comprensibile che io sia stanca, guarda che ho lavorato fino a quattro ore fa,” si giustifica lei, senza nemmeno nascondere un ampio sbadiglio.

Se Jessica crede che Kevin possa venir mosso a compassione si sbaglia di grosso.


“Anche io, che tu mi creda o no.” replica lui, impassibile.

“Scarabocchiare due vestiti in croce su un foglio non è lavorare!” abbaia lei.

 

“Ti ho forse detto che il tuo lavoro consiste nello stappare tre birrette e far due sorrisi? No, non mi pare.” la mette in difficoltà lui.
 

“Io…” bofonchia lei, in preda a un rimorso non previsto.

 

Perfino il suo tono è più dimesso.

 

“Io credo che evitare di sminuire il lavoro altrui sia un’ottima base di partenza, mia cara.”
 

“Anche evitare di continuare a chiamarmi ‘mia cara’ sarebbe un’ottima base di partenza.”
 

Kevin la fissa per qualche istante, in silenzio.
 

“Hai ragione. Proverò ad accontentarti, Jessica.” le sorride, ma lei non ha nemmeno il tempo di ricambiare, perché lui riprende subito a parlare. “E ora, via i vestiti!”


“Come, prego?” strabuzza gli occhi lei.
 

“Sarai la mia modella di punta, no? Quindi, ti ci vuole un vestito adatto. E come faccio a crearlo se non ti prendo le misure?” le spiega lui, con totale nonchalance.

Jessica si dà mentalmente della stupida.

-E io che pensavo ci stesse provando… ma poi perché avrebbe dovuto? Visto il lavoro che fa, sarai gay di sicuro. Quelli così belli e curati sono sempre gay!-

 

“Non posso certo misurarti mentre hai quello scafandro addosso!” prosegue Kevin, già armato di centimetro da sarto, mentre guarda con profondo sdegno la sua felpa con il logo di una qualche band metal a lui sconosciuta.


“Uh, beh, sì, certo…” borbotta lei, un po’ a disagio, prima di ravvedersi.

-Un momento, ma… che cazzo me ne frega? Tanto è gay!

 

Tranquillizzata dalle proprie considerazioni, Jessica abbassa la cerniera della felpa, se la sfila, sorte che ben presto tocca anche alla sua canotta e ai suoi jeans, finché rimane solo con addosso un ridotto completo intimo nero.

 

Kevin le si avvicina lentamente, sfiora con un dito quella pelle chiara, posizionando il centimetro nei punti giusti per misurarla.

 

Jessica è scossa da uno strano brivido e sa che non è dovuto al centimetro un po’ freddo che le viene srotolato addosso.


“Ci avrei scommesso che avevi queste misure: quelle di una modella,” le sorride suadente lui, passandole i suoi indumenti perché si rivesta.

 

“Ma scusa, se già lo sapevi perché cazzo mi hai fatto spogliare?” sbuffa lei, tornando a suo agio nei propri vestiti.


“Oh beh, svestire le modelle è il lato più divertente della mia professione, lascia che me ne approfitti un po’.” schiocca la lingua lui, con un’espressione furbetta che non fa che mettere Jessica sul chi va là.

- Oh cazzo… e se non fosse gay? I gay non rispondono così!-

 

TBC


Che dite, Jessica avrà il presentimento giusto? XD

Nel prossimo capitolo (l’ultimo, se sti due & Co mi stanno ad ascoltare) avrete tutte le risposte.

So che nessuno mi farà sapere nulla finché non avrò voglia di fare nuovamente uno scambio, ma per un po’ non credo che ne avrò… quindi… niente, ormai sono abituata al deserto…

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