Volley souls

di thembra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First step: Victory! ***
Capitolo 2: *** number ten ***
Capitolo 3: *** Invitation ***
Capitolo 4: *** golden eyes ***
Capitolo 5: *** White Daisy ***
Capitolo 6: *** Friends ***
Capitolo 7: *** Regrets ***



Capitolo 1
*** First step: Victory! ***


 

 

 

Saltare, dare una rapidissima occhiata al campo avversario, e zac! Schiacciare la palla esattamente nel punto sguarnito ai piedi del muro in ascesa, oppure fingere  di farlo e invece accompagnare la palla oltre la rete con un sfiorandola solamente in un perfetto pallonetto.

 

Rin adorava giocare a pallavolo, quello sport era la sua vita e la sua salvezza, era il suo mondo la sua partenza, e dentro sentiva che era anche il suo futuro.

Era brava, e non lo diceva per lodarsi, non si sentiva migliore delle sue compagne di team, solo, sapeva di essere in gamba, di avere ottime capacità, eccellente elevazione, riflessi di gatta e mira impeccabile, e la sua mano destra…era dinamite pura.

 

Atterrò decisa su entrambi i piedi di punta appoggiando poi tutta la pianta, flettendo le ginocchia mentre nelle orecchie il fischio dell’arbitro che le convalidava il punto significava  una sola cosa.

 

“L’Istituto St Thomas si aggiudica l’incontro per tre set a uno…saluto!”

 

Stava già abbracciando le sue compagne presa dall’entusiasmo di quella vittoria, non ci credeva, erano qualificate.

 

“Ce l’abbiamo fatta cucciolaaaaa!!!”

 

Sorrise intenerita quando Kagome, di un anno più grande l’abbracciò facendola sbilanciare con le lacrime agli occhi; anche lei non ci credeva ancora, erano tre anni che con la squadra del prestigioso istituto St Thomas cercava di qualificarsi al campionato nazionale e non c’era mai riuscita, nonostante la squadra fosse allenata da un ottimo coach e composta da giocatrici serie e motivate.

Aveva diciotto anni la dolce Kagome e uno spirito libero e fiero e non aveva faticato a farsi voler bene da lei fin da subito praticamente.

 

“Già Kagome, è….è incredibile…è…

“La realtà Rin…fossi arrivata da noi prima avremmo potuto provare questa gioia già dagli anni scorsi…ma meglio tardi che mai…

 

A parlare era stata Sango, la mitica numero 3 capitano di quella meravigliosa squadra, 19 anni, battitrice eccellente con una ricezione impeccabile e un muro che nemmeno lei riusciva a battere…a volte.

 

Sorrise dando il cinque a quella che dal giorno del suo trasferimento era diventata una guida, un’amica fidata, la persona che più sentiva vicina e riusciva a paragonare quasi ad una sorella tanto era il rispetto che nutriva nei suoi confronti.

Ricordava ancora le sue parole il primo giorno del suo arrivo, nessuno sguardi di commiserazione, nessuna falsità oltre quegli occhi color del caffè, solo poche parole schiette e dirette.

“Mi aspetto la tua richiesta d’iscrizione entro oggi pomeriggio.”

 

Non le aveva risposto ma alle due precise di quello stesso lontano giorno aveva presentato domanda d’iscrizione alla squadra di pallavolo di quella scuola e il giorno dopo cominciò ad allenarsi.

Solo in seguito venne a sapere del grande privilegio che le era stato dato.

Era l’unica matricola in squadra dal momento che Sango non accettava ragazzine del primo anno in squadra da che era diventata il capitano, le riteneva un peso poiché erano distratte e sciocche e desideravano entrare in squadra solo per acquisire popolarità alla scuola.

Così era stata soprannominata la cucciola.

Perché era la più piccola d’età della squadra.

 

“Mi onori Sango!”

“Che sono ‘sti discorsi da vecchie! Festeggiamo! Siamo qualificateeeeeeeeeeeeeeeeee!!!”

 

Risero insieme alle altre compagne cedendo all’entusiasmo di Ayame, il libero della squadra che come alzava le palle lei non le alzava nessuno, ma ciò che la distingueva dagli altri liberi delle altre squadre era la sua capacità, con un solo sguardo di capire cosa tu volessi fare; alzava veloce se volevi sorprendere con una schiacciata fulminea, retro passava se ti trovavi in seconda linea pronta a colpire e intuiva persino quando era meglio un passaggio lento e preciso per un pallonetto spiazzante.

E poi era allegra e frizzante come l’aria di primavera.

Ayame era il suo sole.

 

 

“Coraggio ragazze tutte qui per il saluto alle avversarie…

 

Annuirono sciogliendo il loro abbracciarsi e disponendosi in fila di fronte alla rete battendo le mani alle altre ragazze elargendo i classici complimenti di rito.

 

Sorrise fiera incrociando lo sguardo ametista di Kanna, il capitano della squadra avversaria nonché sua ex compagna di squadra ed ex migliore amica; ex dal momento che non aveva esitato a tagliarla fuori dalla squadra quando due anni prima a causa di un serio infortunio era stata costretta a ritirarsi a metà campionato e al suo rientro s’era vista soffiato posto in squadra numero di maglia e fascia da capitano.

Non era stata in grado di reagire dal momento che in due mesi l’intera squadra le si era praticamente rivoltata contro e delusa com’era rimasta non aveva nemmeno tentato di farlo, ma l’offesa non s’era lavata via, fino ad oggi.

Passò oltre quegli occhi di brace voltandole  le spalle mostrando orgogliosa il suo numero di maglia riuscendo ad umiliarla ancora di più.

 

 

Stava giocando ancora, e anche se non era capitano le era rimasto il suo mitico numero 10.

 

Che poi nessuno, sia nella sua vecchia squadra che in quella nuova aveva mai capito il motivo di quell’attaccamento.

Era nel calcio che il numero dieci contava tutto, nella pallavolo invece erano il 3 e il 7 ma il dieci proprio no.

Più volte le avevano chiesto il motivo, e quelle stesse volte la risposta era stata un medesimo “ affari miei”

 

“Hai battuto me Hizawa! Non riuscirai a battere lei!”

 

Si voltò di scatto alle parole dell’ex amica rispondendole con garbo, ma a tono.

 

“Ho battuto te Kanna, batterò anche lei!”

 

Nemmeno l’onore di chiamarla per cognome le aveva dato, non lo meritava più da parte sua.

Sorrise facendole un cenno di saluto col capo.

Era un addio definitivo.

 

 

 

Dal campanile della cattedrale del centro città arrivavano scanditi i rintocchi delle tre del mattino che si espandevano echeggiando fin sopra al cielo della piccola cittadina di St Thomas.

Riuscì finalmente a beccare il buco della serratura al quarto, forse quinto tentativo;

forse aveva davvero bevuto troppo.

 

“Mamma mia…

“Mamma nostra! Scansati che ho sonno Rin!”

 

Uno spintone di Sango e si ritrovò schiacciata allo stipite della porta venendo superata oltre che dal capitano, anche da altre due sagome barcollanti.

 

“Si si, fa pure come fossi a casa tua Sango…

“Cos’è ‘sto tono da snob? Tu ci hai invitate che fai ritratti?”

“Ma che dici scema! Stai calma però, ho sonno anch’io se non ti spiace!”

“Silenzio voi due gracchie! Ho un mal di testa da morte totale!”

“Siamo in due Aya…

“Volete un’aspirina?”

 

Fra tutte loro, Kagome ed Ayame erano state quelle che avevano bevuto di più e ora ne stavano pagando le conseguenze spaparanzate sul divano una coi piedi dell’altra quasi in bocca.

 

“…”

ZZZZzzzzzzzzzzzzzzzzZz

“Son già partite…

Già…

 

Si tolsero la giacca sedendosi sul divano pronte per la classica chiacchierata pre-sonno

 

“Allora dimmi Rin…ti sei finalmente vendicata eh?”

Nhm…

“Non mi sembri particolarmente contenta…

“No, è che la faccia da culo che ha fatto Kanna quando le ho schiacciato la palla ai piedi all’ultimo punto beh…mi fa quasi sentire in colpa…

 

Si guardarono per alcuni secondi negli occhi Rin e Sango.

 

…ma al quasi manca tutto cara…ZzzZ ahi la testa…

 

E scoppiarono a ridere come cretine al commento mezzo sonnambulo che aveva fatto Ayame.

 

“Già, le sta bene a quella…

“Lasciala perdere non merita più un briciolo del tuo odio ormai…l’hai battuta è finita…

Si…

 

Era convinta di quella cosa, ma se ne stava chiedendo un’altra.

 

“Che ti guardi? Vuoi una foto?”

“Stavo pensando…tu che avresti fatto al suo posto?”

“Penso niente ma non posso esserne certa…sai, a volte la gelosia ci porta a ferire le persone che amiamo di più e finisce che spezziamo un amicizia che avrebbe potuto essere eterna…

Avrebbe…mah lasciamo perdere va, ho sonno…

“E allora dormi…

Nhm…notte captain…

“Notte Cucciola…

“…..”

…ah Rin?”

“Nh?”

“Chi è che secondo Kanna non riuscirai mai a battere?”

…tzè…affari miei…

 

Si addormentarono entrambe col sorriso sulle labbra mentre sull’altro divano Kagome dormiva abbracciata alle gambe di Ayame che ogni tanto mugugnava parole incomprensibili.

Era felice Rin perché aveva le sue amiche, il suo sogno e il suo futuro, e poi aveva battuto Kanna, avrebbe senz’altro battuto anche lei!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Leggermente rivisto….u.u grazie celina!!! Apprezzo molto la tua recensione!!! ^w^

Fine primo chappy

 

Notte

TH

^w^

 

 

 

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Capitolo 2
*** number ten ***







Le foglie secche scricchiolavano sotto alle suole delle sue scarpe imitando il rumore del fuoco che aveva bruciato casa sua, ma non poteva evitare di pestarle, perché erano ovunque, ovunque!!!

E il senso di rabbia e frustrazione che le cresceva dentro ad ogni passo si faceva pesante come un macigno e le impediva di pensare e respirare e allora incominciava a sentirsi cattiva e a prendersela con la prima cosa che le capitava a tiro, fosse stata una pietra, un albero un animale o peggio una persona.

 

Aveva 11 anni a quel tempo, e la sua vita era appena finita.

La sua vita felice, serena e spensierata di bimba era bruciata in pochi attimi come la sua casa di periferia, e la rimessa degli attrezzi e il recinto del suo cane, persino il giardino era bruciato e anche le mattonelle che rivestivano il cortile e la stradina per il garage erano bruciate e annerite.

Era tutto nero tutto morto, i suoi genitori i suoi fratellini il suo cane…solo lei non lo era.

Si era salvata solamente perché dormiva in mansarda e la sua cameretta era stata raggiunta dalle fiamme per ultima, quando i vicini avevano già dato l’allarme, pochissimi attimi prima che la finestra si spaccasse e che quell’uomo in divisa entrasse e la portasse via.

E quei pochi secondi non erano stati sufficienti al fuoco per prendere anche lei, l’aveva appena scottata, le aveva bruciato la voce e il sorriso.

Aveva chiuso gli occhi fra le braccia del pompiere sentendo il buco allo stomaco quando scendevano dalle scale meccaniche della camionetta, sentiva degli spruzzi gelidi sulle guancie ustionate e sentiva che l’oblio pian piano la stava ghermendo fra tosse paura e odore acre di fumo e plastica bruciata.

 

Quando aveva riaperto gli occhi era diventato tutto bianco e profumato.

Tutto silenzioso e tranquillo e per un attimo aveva quasi creduto d’aver sognato, ma il dolore e il prurito e il fastidio che sentiva dentro al naso l’avevano riportata subito alla realtà.

Erano le bende che le stringevano le braccia a pruderle e il dolore alle gambe a farla quasi piangere e dei tubi nel naso le permettevano di respirare bene.

 

Voltò la testa a destra e vide due letti vuoti, a sinistra ce n’era un altro, il pavimento era verde acqua e lucido e la porta bianca semiaperta verso l’interno mostrava a metà dei numeri.

Un cinque ed un uno che letti alla maniera giusta davano 15 quindi.

Probabilmente era all’ospedale, e non era stato affatto un sogno.

 

Aveva cercato d’alzarsi ma si sentiva il corpo molliccio, non riusciva a comandarlo né a muoversi, poteva pensare ma non agire.

 

“Ben svegliata tesoro…

 

Alzò appena le pupille incontrando lo sguardo dolce e pieno di pietà di una signora con gli occhiali ed un ciuffo biondo che le usciva dal lato della cuffietta.

Un infermiera.

 

“Come stai?”

 

Non le rispose, e non lo fece perché non ci riusciva, ma perché semplicemente non voleva; piano piano aveva messo a posto ogni tassello e aveva capito.

Incendio, ospedale, infermiera, pietà.

 

Era rimasta sola, e la lacrima che le nacque dall’occhio non bendato fece intuire alla donna che aveva capito.

 

“No non piangere ti prego shhh stai calma…tranquilla angelo tran…

“Che succede?”

“Dottore si è ripresa,…sa…

“Le dia del calmante e veda se qualcuno può firmare quelle dannate carte!”

 

Vedendolo così alterato fu spaventata da quell’omone alto dal camice bianco ma solo poi capì il motivo di quelle sue urla.

 

Doveva essere operata all’occhio con urgenza o rischiava di perdere la vista ma nessun parente si era fatto vivo nonostante le telefonate fatte dalla polizia e dall’ospedale stesso.

Più tardi, quando vide i cancelli dell’istituto che l’avrebbe ospitata capì che non era per quel medico che l’aveva operata comunque assumendosi ogni responsabilità che costituiva un peso, ma per i parenti che non avevano alzato  la cornetta a nessuna chiamata.

Aveva visto la zia Michelle e lo zio Bob solamente due giorni prima dell’incidente, eppure non erano andati a trovarla in ospedale, né l’avevano presa con loro a casa…né si erano mai più fatti sentire.

 

Aveva 11 anni quando entrò alla casa degli angeli di St Thomas, che non era una casa-famiglia o un orfanotrofio come gli altri, era una casa speciale per chi aveva perso tutte le proprie emozioni o la voce o la voglia di vivere, o come lei tutte queste cose in una volta sola.

 

 

Rimase li per quattro anni, covando rancore per il mondo intero, distruggendo le lampade della sua camera, tagliandosi con le schegge di vetro dei paralumi, sradicando le piante prendendo a calci i volontari i cani o i gatti che le si avvicinavano, tirando sassi ai cavalli delle scuderie cercando in ogni modo di allontanarsi dalla vita.

 

Fu quasi per caso che il sole rientrò nella sua visuale, quando a dodici anni e mezzo un pallone la colpì al braccio facendole cadere i liberi che voleva leggersi in santa pace sotto allo scivolo arrugginito del parco giochi.

 

“La palla!”

 

Si ritrovò a terra stringendo i denti per il dolore, l’aveva presa secca quella dannata pallonata, e quel bastardo che l’aveva colpita anziché chiederle scusa e aveva urlato di rimandargli la palla.

…col cazzo che l’avrebbe fatto!

 

Si alzò e arretrò di alcuni passi mentre l’altro ancora aspettava, prese la rincorsa e calciò la sfera con tutta la forza che aveva….verso la strada, riprendendo poi la marcia verso il suo angolo di pace.

 

“Ma sei deficiente?”

 

Uno strattone improvviso sul braccio leso le strappò un gemito strozzato.

I libri caddero di nuovo e si ritrovò a fissare una maglietta nera.

 

“Quassù scema!”

 

Alzò gli occhi e incrociò due gemme gelide senza tuttavia rimanerne intimorita.

Fece per superarlo ma ancora le venne impedito.

 

“Sto parlando con te ragazzina, almeno rispondi…

 

Di nuovo lo guardò spostando poi lo sguardo sulle sue mani che salde le stringevano il braccio sopra il gomito, sentiva anche le unghie oltre il tessuto della maglietta e faceva male.

 

“…”

“Allora? Ti avverto che mi sto inc…

“Lasciala perdere quella, è muta e pazza…

 

Scostò la faccia solamente per vedere chi era stato a parlare.

Amon, quello che andava e veniva dall’istituto in continuazione, che non volendo cercarsi un lavoro per mantenersi fingeva d’esser visionario e mangiava, beveva e rompeva i coglioni a scrocco di tutti.

 

“Ma se è una bambina…

Si…ma è muta…e pazza e rompi…

 

Non finì la frase che lo spigolo del suo libro lo colpì diritto alla fronte facendolo imprecare come un turco.

 

coglioni…ma io ti…

 

Non riuscì a divincolarsi dalla presa del primo che venne presa per il colletto da Amon e scossa come un tappeto e poi di colpo fu nuovamente libera.

 

“Ma lasciala perdere che avrà la metà dei tuoi anni scemo…

 

Alzò lo sguardo stupita sulla schiena del ragazzo del pallone, la stava difendendo?

 

“Ma se è lei che…

“Lasciala perdere!”

Vaffanculo anche a te allora stronzo!”

 

Lo guardò allontanarsi correndo verso il cortile per tornare dagli altri.

 

“E prenditelo da solo quel cazzo di pallone!”

…idiota…piuttosto stai bene ragaz-

 

Si voltò per vedere se stava bene ma era già lontana, verso la statale…sull’orlo del marciapiede…fra la prima e la seconda corsia.

 

“Ma sei scema? È pericolo…

 

Passò un camion che cancellò la vista di lei e per un attimo pensò al peggio così prese a correre verso il punto in cui l’aveva vista sparire.

 

“Hey!!!”

 

Schiuse gli occhi cercando di vedere dove cavolo fosse andata a finire, porca puttana, se la facevano secca i tre mesi di volontariato forzato a cui era stato costretto per punizione diventavano l’eterno…

 

“Cazzo!”

 

Si passò la mano sulla fronte pensando a cosa si poteva inventare quando uno strattone alla maglia lo fece voltare a destra.

Ed eccola li, seria come sempre, con quegli occhi imbronciati e la bocca serrata in una posa che non esprimeva nulla, la sua mano era stretta al bordo della Tshirt e l’altra reggeva il pallone.

 

“Se ti mettevano sotto finivo nei casini bamboccia…è proprio vero che sei pazza…

 

Si voltò rientrando nel cortile.

 

“Scusami!...per prima…

Si voltò appena guardandolo attentamente e solo in quel momento notò bene quello che indossava.

Una maglietta normale con le maniche corte arricciate sopra le spalle, sul petto un numero.

Il numero 10.

 

 

 

 

 

…………………

 

 

 

Un tonfo e le mancò il respiro.

 

“Cazzo!”

 

Aprì gli occhi tirandosi su di colpo, sbattendo la fronte contro una testaccia dura come il marmo.

 

Ahio!”

 

I loro lamenti furono all’unisono, si portò la mano alla parte lesa mentre con l’altra mano spingeva via quella fessa di Ayame che per svegliarla le si era buttata addosso a peso morto.

 

“Ma dico io, chiamare no eh’”

“Diventavo vecchia a forza di chiamarti Rin-co! Avevo pensato anche ad una bella secchiata d’acqua, ma rischiavo di rovinarti il divano e sarebbe un peccato, è comodissimo!”

….ah certo…ma non hai pensato che potevi sfondarlo? ”

Ehm…no!”

 

Rise  mentre addentava una fetta biscottata e mescolava il suo caffè.

 

Ayame era fuori di testa!

 

“Sbrigati che poi abbiamo scuola!”

“Ma è sabato Sango!”

“E ci sono gli allenamenti Rin-co!”

Cazzo….è vero…

 

……………………………

 

 

 

L’odore che c’era in palestra aveva il potere di calmarla sempre, era un aroma difficile da spiegare, dato dall’insieme di troppi elementi per poter essere catalogato bene; c’era il profumo del parquet tenuto sempre lucido e pulito, l’odore delle palle, della moquette che rivestiva le pareti, la gomma delle suole delle loro scarpe i loro deodoranti.

Sorrise ricevendo malamente una schiacciata di Sango, sia per la bastardaggine del capitano che si impuntava a volerle insegnare a ricevere bene di bagher sia per il bel ricordo che le era appena venuto in mente.

 

Ovvero la prima volta che mise piede in una palestra tre anni prima.

Scattò a muro fregando il tentativo di Kagome di schiacciare.

Non era quello il momento di pensare ai ricordi.

Era il momento di impegnarsi per il futuro!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TH

 

A rieccomi! ^w^

Un abbraccio a Celina che ha commentato! Stella bella, io invece ADORO la pallavolo, l’ho praticata parecchi anni ed è uno sport che mi piace un sacco, mi ha dato tantissimi bei ricordi, una marea di amicizie e…..calorie bruciate a manetta!!!!

….bei tempi andati! Ç____ç

Grazie del fischio! A presto!!!

Ps: chissà chi sarà l’avversaria temibile di Rin….hih hih hiiih io non dico nulla ;)

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Capitolo 3
*** Invitation ***







“Bene ragazze, questo era l’ultimo allenamento, dalla prossima settimana sarete libere fino al ritiro per i nazionali, e Rin!?….”

“Si coach?”

“Niente schifezze, guai a te se ti becco a mangiare porcherie ok?”

 

Ci fu una risata generale e la cosa la fece accigliare, si aspettava solidarietà dalle sue compagne di squadra, non un tradimento del genere.

 

“Rin?”

Si…coach…

“Bene, allora per i prossimi giorni voglio che corriate, saltiate la corda almeno mezz’ora, e vi allenate nei vostri ruoli…

“Ma allora non è meglio proseguire con gli allenamenti qui?”

“No, dovete rilassarvi; farete questi compiti singolarmente coi vostri tempi ma badate bene che mi accorgerò subito se qualcuna di voi sgarra e allora vi assicuro che farà coppia fissa con la panchina sono stata chiara?”

 

L’assenso fu unanime e deciso, avevano lavorato troppo per mandare tutto all’aria proprio ora.

 

Bene…allora ci vediamo fra due settimane, buone vacanze e non dimenticate lo studio…

 

………………..

 

 

 

Evvai…libertà!!!!”

“Ayame, hai dato la tua parola al coach non più di venti minuti fa…

“Intendevo dalla scuola Rin…niente libri niente club niente di niente…

“Quale parte del Non dimenticate lo studio non ti è chiara Aya-chan?”

“Guastafeste, vorresti dirmi che tu…

 

Ricordandosi con chi stava parlando però la rossa si fermò subito dal continuare.

Rin era sempre stata brava a scuola, non una secchiona fanatica che marciva sui libri come quelle che odiava tanto, semplicemente diligente e attenta, una ragazza che fra sport lavoro e uscite con le amiche trovava sempre il tempo per un’oretta di ripasso al giorno.

 

“Comunque ha ragione lei Ayame, inoltre sei pure in debito con inglese e sai che è una lingua importante…

“Ti prego Kagome non ti ci mettere anche tu, lasciatemi godere almeno questo primo pomeriggio di libertà vi supplico!”

 

Si guardarono negli occhi Kagome e Rin nascondendo lo scetticismo dietro ad uno sbuffo ironico ma prima che potessero aprir bocca arrivarono le parole di Sango a metter tutte d’accordo.

 

“Io sono d’accordo con Ayame, un pomeriggio non ci cambierà mica la vita no?”

 

E mentre la maggiore rischiava di venir soffocata dall’abbraccio riconoscente della rossa Kagome e Rin sospirarono all’unisono mentre mentalmente facevano il conto alla rovescia per l’inevitabile frase che avrebbero udito di li a poco.

 

Meno tre…..

Meno due…..

Meno uno…….

 

 

“Allora si va in sala giochi ragazze?”

 

L’urlo entusiasta di Ayame non tardò ad arrivare scandito contemporaneamente dall’ironico playback delle tre compagne.

 

“E sala giochi sia…

“Stai pur certa che ti batto sta volta Kagome…”

“Lo dici tutte le volte Aya ma alla fine esci dalla porta piagnucolando…

“Guarda che mi sono allenata!”

Seee ok….”

“Bene andiamo allora!”

 

Rin fece un passo nelle direzione opposta.

 

“Io passo ragazze, vado al lavoro…

“Beh ti accompagniamo Rin…

“Non è necessario Sango, è a due fermate di treno da qui…”

“Ok, allora ciao!”

“Ciao!”

 

 

La osservarono dirigersi verso l’enorme costruzione della stazione prima di imboccare la via che le avrebbe portate al loro luogo d’incontro preferito, ovvero un palazzone enorme che al primo piano ospitava la sala giochi più fornita di tutti i tempi, mentre al secondo c’erano bar, negozietti e tre sale karaoke e al terzo piano, che era completamente all’aperto una pista di pattinaggio sempre molto frequentata.

 

“Certo che Rin non si ferma mai però…

Già…daltrocanto è sola al mondo, deve per forza arrangiarsi…

“E se l’aiutassimo noi? Potremmo ospitarla così non avrebbe problemi con l’affit…

“Dimentichi di chi stiamo parlando Aya? Rin non lo accetterebbe mai per il semplice fatto che vuole essere indipendente e poi è felice così, e sa che semmai avesse bisogno di aiuto noi ci saremo…perciò non dobbiamo neanche pensare di…

“Ho capito Sango…hai ragione…

“Però è strano, come mai non ha nessuno al mondo? Mi sto rendendo conto che in fin dei conti, la conosciamo da anni ma sappiamo proprio poco di lei…

“Il fatto Kagome è che lei non vuole dire niente, né a noi e nemmeno ai professori, si vede che è qualcosa di doloroso…

“Una ragione in più per non portarsi dentro tutto…

Ragazze…credo semplicemente che dovremmo aspettare che sia lei a dirci tutto …”

“Questa  è la prima cosa sensata che dici oggi…Aya

“Ma stai zitta Sango…

 

……………………………………………

 

 

Lavorare in una videoteca non era proprio il massimo ma lei era una che sapeva accontentarsi, e poi le riusciva bene come lavoro e la paga era molto buona e se la si sommava al suo lavoro di cameriera del finesettimana non ci si poteva proprio lamentare.

 

“Prendo questi…

“Dia qua…

 

Prese dalle mani di una ragazzo sorridente due dvd passandoci sopra il laser per battere a cassa.

 

“Ha la tessera?”

“Certo, a lei…

 

Passò la carta magnetica per lo sconto e mise i dvd nella borsa di plastica dicendo la solita frase di rito proprio mentre notava i titoli che il tizio aveva comperato.

 

“Grazie mille e buona visione!”

“Sarà buona senz’altro!”

 

Rise imbarazzata all’occhiolino che le fece lui mentre si chiedeva come mai, una ragazzo carino come lui avesse noleggiato dei film hard come se fossero stati cartoni della disney.

Nessun imbarazzo nessuna esitazione.

Eppure a lui sarebbe bastato uscire e …bah, che poi, a lei cosa importava di quello? Neanche lo conosceva…

Tornò ad occuparsi dei clienti alla cassa lanciando un’ultima occhiata al ragazzo notando che ora con lui ce n’erano altri due.

Che strano…uno di loro aveva i capelli chiarissimi.

 

“Hey!”

“Nh?”

 

Non si era resa conto d’esser rimasta a guardare le loro schiene sparire oltre l’angolo ma soprattutto non aveva per niente sentito il suo capo chiamarla.

 

“Guarda che hai finito il turno, fila o perderai l’ultimo treno…

Ok…guarda, qui è tutto fatto, ho già spedito gli ordini ed etichettato i nuovi arrivi, a domani!”

“Ciao Rin, grazie…

 

……………………..

 

 

Dentro quell’enorme centro commerciale il tempo lo si dimenticava facilmente ed un pomeriggio volava via in un soffio fra urla, canti battaglie ai videogame e minuti di scivolate sul ghiaccio della terrazza.

Filava via ad ogni respiro ad ogni risata e sbatter di ciglio, regalando ricordi meravigliosi e rafforzando i legami di chi quel tempo lo spendeva assieme.

Kagome Ayame e Sango stavano correndo come pazze verso la fermata più vicina sperando di riuscire a prendere l’ultimo autobus per la periferia.

Fu grande la delusione nel vederlo partire proprio quando erano a venti metri dalla meta e le grida e i segni che lanciarono al conducente furono del tutto vani.

 

“Porca miseriaccia! A casa mia non c’è nessuno!”

“I miei mi sparano se li chiamo, cazzo…

“No problem chiamo Koga, dovrebbe finire di lavorare a momenti, ci riaccompagnerà lui…

 

La rossa estrasse il cellulare dalla borsetta e digitò il numero del suo fidanzato spiegandogli la situazione.

 

“Grazie Koga sei gentilissimo! A dopo!”

 

Richiuse il suo samsung argentato al quale era attaccato uno strass di perline a forma di lupo mettendolo nella tasca del giubbino in jeans appoggiandosi al lampione.

 

“Tempo due minuti e sarà qui.”

“Ci hai salvate Aya-chan!”

 

 La rossa sorrise puntando  la punta dello stivale a terra giocherellando con un mozzicone di sigaretta buttato a terra, fra poco avrebbe rivisto Koga. Sorrise fra sé pensando a lui e a quanto bene gli voleva ignara degli sguardi curiosi di Sango e Kagome e del loro bisbigliarsi innocenti prese in giro.

L’aveva conosciuto alcuni mesi prima pattinando al centro commerciale assieme a Kagome, rise al ricordo di come si era schiantata contro la sua schiena nel tentativo di frenare per evitare di sfracellarsi contro la rete di sicurezza, di come l’aveva sorretta per impedirle di cadere all’indietro e di come si era offerto di insegnarle a frenare senza il rischio di mietere vittime. Così nel tempo di una settimana era stata in grado di imparare a pattinare come si deve e poco meno di un mese dopo stavano seduti al ristorante dove lavorava Rin per la cena del loro primo appuntamento.

E ora lei lo chiamava chiedendogli di accompagnare a casa lei e le sue amiche….

 

Vide la luce di due fari puntare verso la loro posizione.

 

…e lui nel giro di dieci minuti arrivava e le riportava a casa.

 

Gli corse incontro abbracciandolo schioccandogli un bacio sulla guancia senza vergogna strappandogli un sorriso imbarazzato e poi un bacio a fior di labbra e un sussurro nell’orecchio.

Ecco cos’era l’amore per Ayame, vedere nelle iridi polari del suo Koga lo stesso sentimento che colorava le sue, e perché no, quel pizzico d’invidia in quelle delle sue due più grandi amiche.

 

……………………….

 

Aprendo la bussola delle lettere fra le bollette della luce e del gas Rin ci trovò una cartolina colorata in cartoncino rigido; sorrise nel voltarla sapendo già a chi apparteneva ma andò comunque sul fondo del retro leggendo le parole dorate della Casa degli Angeli St. Thomas.

Erano due anni oramai che l’aveva lasciato e ne sentiva una profonda nostalgia nonostante all’inizio quell’istituto le fosse stato totalmente indifferente.

Ma poi grazie ad una pallonata uno strattone e delle semplici scuse era cambiato tutto.

Aveva ripreso a parlare e a sorridere e aveva capito che valeva ancora la pena di vivere; e poi li erano tutti gentili con lei e le volevano bene inoltre aveva conosciuto i due grandi amori della sua vita.

La pallavolo scoperta per caso grazie a lui…e lui…

Chissà dov’era finito…se si ricordava ancora di lei o il suo ricordo era svanito da quei gelidi pensieri nel tempo che gli era servito per salire su quell’auto nera e sparire dalla sua vita così di colpo, come di colpo le era entrato dentro.

 

Sorrise serena mettendo il bigliettino sopra il comodino d’entrata di casa sua appuntandosi sull’agenda del cellulare l’impegno di raggiungere la casa degli angeli per la festa del ventesimo anniversario di fondazione che si sarebbe tenuta tre giorni più tardi.

 

Uff, dovrò chiedere un permesso dal lavoro e controllare gli orari del treno…

 

Paradossalmente a quello che si poteva credere la Casa degli Angeli di St. Thomas non si trovava affatto a St.Thomas, ma a circa 120 km di distanza in una provincia rurale tranquilla circondata dalle dolci colline dell’est, provincia nella quale era nata, cresciuta morta e rinata.

Una volta dimessa dall’ospedale infatti era stata accolta fra quelle mura sicure, e una volta pronta era stata iscritta all’Istituto superiore Clementine dove c’era rimasta per circa un anno sia per farle cambiare aria, sia per proteggerla dalle domande dei curiosi e dai ricordi troppo dolorosi;  ma dopo la bastardata subita da Kanna era passata al St. Thomas, che frequentava tutt’ora.

Era una specie di percorso, la casa degli angeli della città di Zuliana aiutava a guarire, l’istituto Clementine e il St.Thomas nell’omonima città invece collaboravano con la prima per permettere ai ragazzi di studiare e poi li indirizzava verso alcune fra le più famose e rinomate università dello Stato: la Marshall, Vivian e la Heaven.

 

“Chissà se magari ci sarà anche lui…

 

Chiuse gli occhi addormentandosi serena stringendo a sé il suo peluche preferito.

 

 

…………………….

 

 

Le luci dei fari ai lati del campo illuminavano a giorno il terreno di gioco creando le famose quattro ombre ad ogni giocatore che correva sul campo.

Visti dall’altro sembravano minuscole palline di flipper che schizzavano a destra o in avanti scambiandosi passaggi e schivandosi a vicenda.

 

 

“Passa in avanti Miroku…e tu scatta Inuyasha, scatta!”

 

A quelle parole i due interessati eseguirono l’operazione, un ragazzo moro calciò la palla calcolando l’esatta direzione del lancio verso il compagno che come lui indossava una casacca arancione per distinguerlo dagli avversari in maglia regolamentare.

 

“Bel passaggio Miro….”

 

Proprio mentre stava per ricevere la palla una sagoma gli schizzò davanti portandosi via la sfera di gioco e tutto ciò che il ragazzo poté vedere poi fu l’allontanarsi di un numero 10 verso la sua porta e l’ondeggiare di una chioma platinata simile alla sua.

 

“Dannazione Sesshomaru! Sempre fra i piedi!”

 

Non ottenne risposta e nonostante lo sforzo che fece non riuscì a raggiungerlo e fu costretto a vedersi fare l’ennesimo magnifico goal.

 

“Bene ragazzi per oggi basta così ottimo lavoro! Inuyasha ti fai fregare come un pivello e sempre nella stessa maniera, in quanto a te Miroku ottimo passaggio, dico sul serio…e Sesshomaru, non ho nulla da dirti ma cerca di fare più gioco di squadra, hai fatto tutta la metà campo da solo…in squadra siete in undici ricordatelo…

…cercherò…

Bene…ora andate, per oggi basta così.”

 

Si misero in fila salutando con un inchino il loro allenatore, un uomo sui 50 anni che un tempo era stato uno dei più grandi giocatori di calcio dello Stato.

Per questo tutti lo rispettavano compreso lui che normalmente non degnava nessuno di particolare attenzione, perché gli riconosceva grandi meriti e capacità.

 

“Hey Sesshomaru!”

“Nh?”

 

Voltò appena lo sguardo chiudendo gli occhi per evitare lo shampoo chiudendo il getto della doccia.

 

“Andiamo al pub sei dei nostri?”

“No, stasera no…vado a casa, domani ho un esame…

“Guarda che poi lei si offende…

“Affari suoi…

 

Si girò ignorando l’insinuazione di Miroku finendo di lavarsi ed uscendo per primo mettendo il borsone accanto alle ruote della macchina del fratello montando poi in sella alla sua moto.

Era una bella serata, peccato doverla sprecare sui libri.

 

 

Poche decine di minuti e la porta del suo appartamento si apriva ancor prima che giungesse sulla soglia.

 

“Ben tornato Signorino…siete solo?”

Si…

“Vi faccio preparare la cena allora…

“Fammela portare di sopra…

“Ah, è arrivato questo per voi prima, non sapevo se buttarlo…

 

 

Prese dalle mani dell’anziana governante un cartoncino voltandolo subito per leggerne il contenuto.

 

“Sarà nostro onore avervi come ospite

ai festeggiamenti per il ventesimo anniversario

della fondazione della Casa degli Angeli.”

 

 

La Casa degli Angeli…aveva quasi dimenticato di averci passato più di un anno in quel posto, cioè, d’esser stato costretto a passarci più di un anno come punizione per aver partecipato ad una rissa e aver mandato venti persone all’ospedale.

 

Fissò atono quel biglietto buttandolo sull’incasinata scrivania piena di libri e appunti vari.

Non aveva ricordi particolarmente piacevoli di quel posto, anzi lo aveva trovato una tortura anche se…

 

 

 

Woah…

 

Si voltò di scatto colpito immensamente da quel sussurro che tuttavia l’aveva raggiunto come un grido.

 

…aveva parlato…per la prima volta…e per merito suo…

 

 

 

Scosse la testa ricordando solo ora il colore profondo di quei due occhi che l’avevano fissato in estasi.

Riprese la cartolina cercando la data della cerimonia prendendo poi il cellulare.

 

“Disdici tutti i miei appuntamenti di dopodomani…ho altro da fare…

 

Riattaccò e dopo aver osservato un ultima volta l’invito si mise seduto a studiare, ma si, ci avrebbe fatto un salto se non altro come gesto d’educazione, dopotutto la Casa degli Angeli si trovava a neanche mezz’ora di moto, se poi si rompeva le palle di suore canti e giochi scemi poteva sempre alzare i tacchi e tornarsene a casa sua.

 

 

 

 

 

TH

 

 

 

 

 

 

 

 

Celina: Grazie della recensione, spero ti piaccia anche questo capitolo…beh l’orfanella altri non è che Rin, e il tizio…beh, basta fare uno più uno no? Per quanto riguarda la rivale c’è un accenno a lei in questo chappy, ma salterà fuori moooolto presto stanne certa!!! XD

Basket? Eccolo li lo sport che mi odiava…mii quante dita mi son partite con quelle palle….però mi piace molto!!! Crepo dopo due minuti ma mia piace!!!

,Un abbraccio kara, grazie di cuore!!!

^w^

 

 

Samirina: Grazie delle belle parole e complimenti per il bellissimo sport che hai scelto, impegnati mi raccomando!!!

Allora bene o male hai capito tutto, l’orfana e Rin, ma non faceva calcio, semplicemente, offesa dalla pallonata e dalle mancate scuse tira la palla in mezzo alla strada per dispetto, il mitico numero 10 altri non è che…non lo dico ma è palese!!!!!

Dunque, dopo che è uscita dalla casa degli Angeli Rin è andata alla scuola di Kanna dove è stata subdolamente messa fuori dalla suddetta bastardella albina, ecco come è finita al St. Thomas XD

Todo claro?

Un abbraccio e grazie ancora!!!^___^

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Capitolo 4
*** golden eyes ***


 

 

 

 

 

Chiuse la zip del suo trolley e lo appoggiò vicino all’ingresso prendendo dall’appendiabiti sciarpa giubbotto, cappello e guanti.

Fece rapidamente mente locale per capire se aveva scordato qualcosa, non che fosse molto quello che si doveva portar dietro, ma lei era un genio nel scordarsi le cose.

 

“Carta d’identità…” aprì il portafoglio guardando nella tasca grande, “ce l’ho…portafogli e carta di credito…..presente…” si tastò la tasca interna appurando che anche il cellulare era al suo posto quindi girò la chiave e la estrasse dalla serratura, aprì la porta e diede un’ultima sbirciata al sua appartamento ancora al buio vista la buonora.

Il salottino era perfettamente in ordine, la porta che dava sulle scale della mansarda era chiusa, le finestre con le persiane abbassate e anche la cucina era a posto, sul tavolino da quattro posti c’erano i fiori secchi che le aveva regalato Sango nel loro bel vasetto argentato, sorrise chiudendo la porta notando all’ultimo momento accanto al vaso un cartoncino rettangolare.

 

“Eccolo li!”

 

Sbuffò andando a recuperare il suo biglietto del treno, o meglio, la ricevuta del suo biglietto che aveva prenotato telefonicamente e stampato dal computer, col cavolo che poi glielo davano senza quella.

 

“Ok, sono pronta…”

 

Scese in strada alla fermata ad aspettare il bus per la stazione, era ancora mezza addormentata, e le era scocciato un po’ alzarsi così presto, dopotutto era in vacanza lei, ma al centralino della stazione ferroviaria quando aveva chiamato la sera stessa che aveva ricevuto l’invito, le avevano detto che gli unici posti liberi per la città di Zuliana erano su un diretto che partiva alle sette meno venti del giorno dopo, perciò eccola li, alle sei in punto e in anticipo di un giorno rispetto all’evento ad aspettare il tram; fortuna che aveva trovato una stanza in una piccola Ryokan dubitava che all’istituto l’avrebbero ospitata.

 

Appena salì sull’autobus le squillò il cellulare, ma chi diavolo è che la chiamava a quell’ora assurda?

 

“Pronto?”

“Rin?”

“No Mastro Geppetto!”

“Scema…”

“Ah, io sarei scema? Non quella che mi chiama alle sei di mattina?”

“Non ti arrabbiare, eri sveglia mi pare, hai risposto subito…”

“Vero…comunque che c’è?”

“Ti chiedevo se avevi voglia di venire con me, Koga Kagome e Sango a Zuliana…”

“Zuliana?”

“Si, il coach ci ha detto che è la squadra più forte del torneo perciò ieri sera abbiamo deciso di andare a spiare le loro tattiche…pensavamo di partire questa sera, i genitori di Koga hanno un appartamento lì, ci ospiterebbe lui…che ne dici?”

“Aya…ma perché non me lo hai chiesto ieri sera?”

“Perché me lo sono scordata…”

“Ti ucciderei…”

“Perché?”

 

Trattenne il tono cercando di sembrare neutra, dopotutto Ayame non poteva mica sapere dell’invito.

 

“Perché….io sono sull’autobus per la stazione, dove prenderò un treno diretto guarda caso proprio a Zuliana accidenti!”

 

Si morse la lingua, quell’imprecazione non era proprio riuscita a trattenerla.

 

“Che ci vai a fare la da sola? Sei la solita asociale cazzo!”

“Scema, ho ricevuto un invito per un pranzo da dei conoscenti, sarebbe per domani, ma non c’erano treni liberi e son dovuta partire ora…”

“Beh, ci vediamo là allora?”

“A sto punto…”

“Scusa Rin-chan…”

“Ma no Aya, è tutto a posto scusami tu…”

“Ok, a stasera!”

“A stasera…”

“Rin?”

“Si?”

“Porto la palla eh?!”

“Scema!”

 

Sorrise premendosi contro lo scomodo sedile del mezzo cercando una posizione abbastanza comoda, erano a metà strada, ancora dieci minuti e sarebbe arrivata in stazione.

Cominciò a guardare fuori dal finestrino e ripensando alla conversazione di poco prima le venne da pensare che Ayame e le altre la pensavano spesso, nel senso che se decidevano di fare qualcosa le chiedevano di unirsi a loro anche se spesso doveva declinare per via del lavoro; si chiedeva come mai tenessero così tanto a lei, va bene che giocavano nella stessa squadra, ma avevano interessi totalmente differenti, inoltre a scuola non si vedevano praticamente mai dato che le loro sezioni erano separate.

La classe di Sango, che frequentava il quarto anno era nella sede principale della scuola, assieme ai corsi di Ayame e Kagome che erano in classe assieme, lei invece, che era appena al primo anno doveva andare alla succursale che distava cinque minuti dalla principale, perciò non avevano modo di vedersi molto se non agli allenamenti o ai rari pomeriggi nei quali non lavorava oppure nei finesettimana, ma tenendo conto che alla sera lei aveva il turno al ristorante le occasioni si riducevano all’osso poiché le sue amiche al mattino, quando lei tecnicamente poteva uscire, dormivano dato che la sera dei giorni prima stavano fuori fino a tardi.

In conclusione si vedevano le due ore quotidiane degli allenamenti, e alle partite ufficiali, tutto qui.

Per questo non capiva, insomma, c’erano la Sato e la Miyazawa in classe con Sango o la Tachibana, la Yoshizumi o la Eiido in classe con Kagome ed Ayame,  che erano molto affiatate con le altre, ma la cosa sembrava ridursi agli orari scolastici, fuori dalla scuola ognuna andava per la sua strada, certo, se ci si incrociava per strada il saluto era d’obbligo e  magari ci scappavano anche un caffè e due chiacchiere in compagnia, ma in genere il quartetto principale erano loro.

Era strano, tutto qui, se ripensava al fatto che per anni erano state rivali poi… sorrise pensando che non c’era mai stata nemmeno una volta, quando andava al Clementine, che la squadra del St. Thomas fosse riuscita a vincere contro di loro.

Lei invece da parte sua era il mistero totale, più volte Aya glielo aveva detto e ripetuto, non parlava quasi mai di sé e non aveva nemmeno mai spiegato loro perché vivesse da sola.

Affari miei ripeteva, a volte anche in maniera seccata e riusciva a stupirsi sempre del fatto che non l’avessero mai mandata al diavolo per quelle sue risposte sfacciate.

La verità era che aveva paura di esser trattata in modo diverso o più semplicemente, dopo la bastardata di Kanna non era più capace di fidarsi totalmente delle persone.

 

“Ultima fermata! Scendere prego!”

 

Si riprese da quei pensieri prendendo il trolley e scendendo dal mezzo, ringraziando  e salutando il conducente, dopodiché andò a ritirare il biglietto, lo pagò e si diresse al suo treno che stava già per partire.

Una volta al suo posto si rilassò cercando di dormire per il tempo che ci voleva per arrivare a Zuliana.

 

……………………………

 

 

 

“Come stava giusto andandoci?”

“Così ha detto, pare che abbia dei conoscenti laggiù, è stata vaga come sempre però…”

“Quella Rin non cambierà mai…”

“Lasciatela perdere ochette e pensate a filare a fare i bagagli perché vi avverto che alle sei e mezza si parte e se non vi trovo pronte vi lascio a piedi intesi?”

 

Koga zittì le tre amiche che stavano ragionando sul perché Rin fosse già in viaggio per Zuliana, era da quando si erano incontrati al loro solito bar che le tre ragazze stavano discutendo, ordinando frappé e capuccini a manetta che poi lui, da buon gentiluomo avrebbe dovuto pagare.

 

“Si capo!”

“Bene…”

 

Finì di bersi la sua birra prima di afferrare le chiavi della macchina e la giacca di pelle.

 

“Ci vediamo A-chan…”

 

Diede un bacio alla rossa fregandosene dei commentini scemi delle altre due.

 

“Ciao anche a voi arpie!”

“Ciao!”

“E…Kagome?”

“Nh?”

“Le sei e mezza!”

“Mamma che palle, ho capito! Manco fossi solo io quella che…”

 

Il coro di si che si vide rivolgere la costrinse a tacere e mandar giù le lamentele, in effetti avevano ragione….era solo lei quella che ritardava sempre.

 

“Ok ok avete vinto…ora fila tu, o farai tardi al lavoro…”

“A differenza di te io parto sempre in anticipo…”

“Vai!”

 

Sango rise alla faccia di Kagome, era buffo come fosse possibile avere così tanta confidenza con un ragazzo come Koga, non che fosse un cattivo ragazzo, solo che era strano, lui era l’intruso che da un mese e mezzo era piombato nella loro quotidianità, le seguiva con pazienza e si prendeva anche il grande disturbo di scarrozzarle in giro senza mai dire “Bah” , voleva un gran bene ad Ayame questo era risaputo ma concedeva le sue gentilezze anche a loro, scherzava e le prendeva in giro comportandosi da bravo fratello maggiore, con Kagome poi c’era quel rapporto di prese in giro continue che era un vero spasso.

Scostò lo sguardo sulla testolina rossa di Ayame, che bello era vederla innamorata, vederle negli occhi quella scintilla di furore che da quando s’era accesa l’aveva cambiata totalmente, era sempre stata vitale e un tantino irresponsabile ma da quando c’era Koga era esplosa totalmente.

Chissà se un giorno anche lei avrebbe trovato qualcuno di altrettanto dolce…e carino!

 

“Terra chiama Sango…?!”

“Nh?”

“Ci sei?”

“Si Aya, ci sono…”

“Mi guardavi in modo strano!”

“Oh, mi stavo gingillando nell’invidiarti, tutto qui…”

“Invidiare me? Sei scema?”

“No, sono in-vi-dio-sa! Lo voglio anche io un bel ragazzo uffa!”

“Già Sango, hai ragione…” Kagome piombò nel discorso piagnucolando “…anche io lo voglio…voglio un bel tipetto che mi porti ovunque voglia andare…”

“Si, che mi guardi come se fossi l’unica sulla faccia della terra…”

“Che mi coccoli e mi riempia di attenzioni…”

“Che mi…”

“Ok ok ora basta dire scemenze! Alzatevi che dobbiamo andare a casa su!”

“Tsè…eccola qui la guastafeste, fa la superiore adesso, ma due mesi fa stavi nella nostra stessa barca…”

“Sceme, chissà che nei prossimi giorni non siate voi a venire sulla mia allora!”

 

La guardarono non troppo convinte.

Un ragazzo non lo si trovava certo un una manciata di giorni e lei lo doveva sapere benissimo visto che con Koga c’erano volute settimane di lezioni di pattinaggio e cinque o sei appuntamenti prima che si piacessero al punto da dirsi ti amo in tutte quelle maniere sdolcinate.

 

“Stai zitta!”

 

 

……………………………………

 

 

Stava ad arrovellarsi il cervello da circa un quarto d’ora su come smontare quella dannata pompa dell’olio quando il telefono appoggiato sul carrello degli attrezzi squillò vibrando fra la ferraglia unta e arrugginita rischiando di cadere a terra.

 

Fu allora che Koga sbuffando decise di rispondere.

 

“Chi è?”

“Il lupo!”

“Quello sono io semmai…comunque ciao cugino! Come mai chiami?”

“Volevo sapere quando accidenti arrivi, qui ti stiamo aspettando tutti sai?”

“Ma tu i messaggi li leggi ogni tanto? Ti ho scritto ieri sera dicendoti che sarei partito alle sei e mezza…”

 

Ci fu una breve pausa in cui probabilmente quel cretino allontanò il cellulare dall’orecchio per guardare il display.

 

“Cazzo è vero scusami…porca puttana! Beh ora vado che sennò quello mi lascia qui, ci vediamo stasera ok?”

“Solito pub?”

“Solito pub!”

 

Detto questo l’altro riattaccò lasciando Koga basito.

Ogni volta la sua sbadataggine lo lasciava di stucco, quello si sarebbe dimenticato anche della sua donna, se mai ne avesse avuta una.

 

“Scemo…”

 

Stava per rimettersi al lavoro che il cellulare squillò di nuovo ma stavolta era un messaggio.

 

“Ciao Bu! Che fai? ”

 

Sorrise, l’aveva salutata neanche mezz’ora prima e già cominciava a scrivergli, non che gli desse fastidio ma quella scaricava ricariche su ricariche solo per chiedergli cosa stesse facendo al lavoro.

 

“Sono un meccanico A-chan, che vuoi che faccia?”

 

….

 

Attese quanto, dieci secondi? E subito gli arrivò la risposta, per quanto se lo chiedesse non riusciva a capire come facesse Ayame a scrivere così veloce col cellulare.

 

“Potresti tradirmi con una cliente che ne so…<_<….”

 

Sorrise.

 

“Se così fosse credi che te lo direi solo perche me lo domandi? XD”

 

Stavolta i secondi furono sette.

 

“Scemo Bu!

 A dopo! ^w^”

 

Digitò quattro lettere e inviò.

 

“Ciao”

 

 

 

……………………………………

 

 

 

Laria fresca  le scompigliò i capelli non appena scese anche l’ultimo gradino del treno.

Si guardò intorno curiosa scoprendo che la grande stazione di Zuliana non era cambiata per niente.

Aveva mantenuto il suo stile antico coi grandi portici che delimitavano la zona dei binari, il lungo sottopassaggio che portava alla biglietteria e i manifesti pubblicitari appesi alle pareti.

Erano appena le otto meno venti perciò prima di tutto decise di andare a far colazione così prese il suo trolley ed entrò.

Sospirò soffiando leggermente sul suo cappuccino bollente, essere li dopo così tanto tempo le aveva messo addosso una strana agitazione, era contenta, quasi eccitata, anche se nel profondo del suo cuore albergava sempre un minimo di tristezza.

Pagò il conto salutando distrattamente dirigendosi all’uscita.

 

“Rin?”

 

Si bloccò all’uscita della stazione, erano passati anni ma quella voce era inconfondibile ed eterna nei suoi ricordi.

Si voltò incrociando lo sguardo commosso di una bellissima donna dai lunghi capelli nocciola legati un una raffinata treccia che le cadeva soffice sulla spalla destra.

Sorrise, era bella come sempre.

 

“Buon giorno…”

 

Non riuscì a chiamarla per nome dal momento che venne abbracciata e che per lo slancio che questa aveva preso rischiò di cadere all’indietro.

 

“Sei davvero tu?”

“Già!”

“Quanto tempo piccola, oddio come sei cresciuta, ti sei fatta una signorina ormai…come stai gioia?”

“Molto bene grazie, vedo che anche lei è in gran forma!”

“Tu trovi? Dimmi ti fermerai o sei di passaggio?”

“Domani sera torno a St Thomas…”

“Che peccato, e dimmi hai già un posto dove stare o…”

“Avevo prenotato una stanza alla Ryokan in centro ma all’ultimo le mie compagne di squadra mi hanno detto che verranno stasera, e che il suo ragazzo ci ospita dato che a quanto pare abita qui… ”

 

La donna la guardò spiazzata e confusa, Rin aveva parlato così in fretta che non aveva capito nulla.

 

“Beh, veramente anche io ci ho capito ben poco ma sono a posto grazie…suo marito?”

“Che vuoi che ti dica, lavora sempre, fra poco gli dovrò portare il letto in ospedale dato che ormai vive li dentro…”

“È una gran brava persona…me lo saluti tanto!”

“Farò di meglio!”

“Nh?”

“Vi farò incontrare!”

“Cosa?”

“Voltati cara…”

 

Come le era stato suggerito si voltò ed il suo viso esplose in un grido di gioia assoluta.

Di fronte a lei, accanto alla portiera di una lussuosa berlina bianca c’era l’uomo che le aveva salvato la vita e la vista operandola di sua iniziativa e che aveva fatto molto, molto di più.

Le era stato accanto durante il ricovero, le faceva degli scherzi per farla ridere e parlare, le aveva tenuto compagnia fermandosi oltre l’orario di lavoro ed era persino andato a trovarla all’istituto.

 

“Rin?”

 

Si accorse in quel momento che i suoi occhi avevano preso a lacrimare e che era rimasta immobile persa nei suoi pensieri dei ricordi passati, ma anche lui non scherzava, aveva appena chiuso la portiera e si ostinava a rimanere immobile guardando lei e poi sua moglie per trovare conferma.

 

“Rin!”

 

Tempo due secondi e si ritrovò nel suo tiepido abbraccio così simile a quello del suo papà, così rassicurante e…cribbio quanto le era mancato!

 

“Signor…No-”

“Lascia perdere il “signor” Rin…che bello vederti, sei cresciuta un sacco dall’ultima volta, ti trovo in splendida forma tesoro!”

“Già, pensa che al caffè l’ho guardata per dieci minuti buoni per capire se era davvero lei, ma poi quando è uscita mi è venuto di chiamarla e basta…”

 

Sorrise commossa all’inaspettata sorpresa che l’aveva accolta a Zuliana facendosi abbracciare e coccolare, mentre rientravano al bar dato che il dottore non aveva ancora fatto colazione, rispose alle loro domande e ne fece altrettante, così per vedere che novità c’erano.

Così fra una chiacchiera e l’altra si erano fatte le dieci passate, era ora di andare, aveva disturbato anche troppo secondo lei ma prima che potesse alzarsi e salutare venne anticipata dalla donna.

 

“Pranzi con noi Rin?”

“Veramente io non vorrei…”

“Di di si peste, non ci vediamo da una vita e non ti sei più fatta sentire, pretendi che ti lasciamo scappare così?”

 

Scostò gli occhi imbarazzata annuendo timidamente.

 

“Ottimo, così se non hai altro da fare potresti tenermi compagnia, questo qui all’una comincia a lavorare e sarò a casa da sola fino a stasera, pensa che non ci vediamo da tre settimane e se non fosse stato per le mie insistenze avrebbe mandato l’autista a prendermi, che razza di marito che ho…”

“Non è un disturbo per voi?”

“Assolutamente no! E poi così potremmo aspettare assieme i tuoi amici no? Hai detto che arriveranno stasera?”

“Infatti…beh allora grazie mille, sono commossa!”

“Poche chiacchiere e monta in macchina marmocchia!”

 

Sorrise appoggiando la fronte al finestrino osservando lo scorrere del paesaggio al di fuori del vetro.

Stavano percorrendo il lungo viale dei tigli che dal centro città portava alla stazione e viceversa ricordandosi che da piccola in autunno, quando sia le carreggiate che i marciapiedi che le costeggiavano si riempivano di foglie adorava affondarci dentro i piedi e scalciare in aria quelle schegge di bosco ridendo e danzando con loro mentre il suo cane, Dick, saltava e abbaiava contento acchiappandole correndo in cerchio.

Percorreva sempre quel viale di ritorno da scuola con sua madre che la andava a prendere dopo le lezioni e spesso si fermavano al piccolo forno a comperare i dolcetti per la merenda.

Eccolo infatti, il negozio della signora Miyaka, l’avevano appena superato ed era esattamente come se lo ricordava ma lo superarono troppo in fretta e non riuscì a capire, se la sagoma che aveva potuto scorgere oltre il bancone fosse quella dell’anziana proprietaria o meno.

 

“Tutto a posto tesoro?”

“Si…è solo un po’ strano…non sono mai più tornata perché…beh…”

 

Non continuò la frase ma non lo fece per timidezza o altro, successe semplicemente che il suo sguardo finì col ricadere sul gruppo di villette che sorgevano in cima alla collina dove un tempo c’era casa sua, e anche se il dottore fu svelto ad imboccare una deviazione opposta i suoi occhi poterono vedere.

E quello che vide non le piacque affatto.

 

“…”

“Chi ci vive li?”

“Nh?”

“La mia casa…c’è di nuovo, l’hanno ricostruita ma…chi?”

 

Vide nello specchietto retrovisore lo sguardo della signora intristirsi di colpo, così come quello del dottore, con l’unica differenza che in quello di lui vi leggeva anche rabbia.

 

“…Andiamo a casa Rin…parleremo lì di tutto…”

 

Si rimise comoda contro il sedile mentre mille domande le frullavano in testa.

Era certa di quello che aveva visto, la collinetta era sicuramente quella, le case anche, e dove doveva esserci un buco in mezzo a quella arancione e quella azzurrina….perchè invece c’era una nuova villetta? Chi poteva aver acquistato il terreno? Perché lei non ne sapeva nulla? Cosa diavolo era successo?

 

Non passò molto prima che i suoi pensieri venissero fermati.

 

“Eccoci cara…”

 

Aprì la portiera dell’auto osservando il palazzo di fronte a loro.

Erano in pieno centro città si ricordava benissimo quel posto perché ci era passata davanti moltissime volte da bambina, ma non immaginava che loro vivessero li.

Era una casa antica attaccata ad altri palazzi simili con un grande portone che dava ad un cortile interno lastricato dove avevano parcheggiato, da questo salivano delle piccole scalinate che davano ad un balcone che seguiva tutto il perimetro del grande cortile nel cui centro si trovava un pozzo di pietra col secchio pieno di fiori sbocciati.

 

“È molto bello!”

“Non eri mai stata qui?”

“No, cioè si…insomma avevo visto la facciata esterna, quando venivo in centro con la mamma passavamo spesso di qua, c’era la nostra banca più avanti mi pare…”

“Si, è circa cinquanta metri più avanti…”

“…comunque non sapevo che abitaste qui…”

“Entriamo su…”

 

Se da fuori quella casa era una meraviglia, dall’interno lo era ancora di più.

Era bella da togliere il fiato, enorme e spaziosa, arredata con linee semplici e minimaliste con mobili dai colori chiari e lucidi e le finestre…ce n’erano ovunque e illuminavano il piano senza problemi nonostante le numerose tende che le abbellivano.

 

“…caspita…”

“Ti piace eh?”

“Fantastica!”

“Vieni, ti mostro il giardino…”

 

Rimase basita a quell’affermazione.

Un giardino? In una casa in centro? Di sicuro pensò Rin, si trattava di uno straccio di prato tanto per fare colore ma quando si affacciò alla finestra la sua idea venne cancellata all’istante.

Altro che fazzoletto, era…immenso.

Era praticamente un prato enorme, dall’erba verde e ben curata che riempiva ogni centimetro oltre i portico che circondavano la casa.

Un po’ come il cortile dove avevano parcheggiato, ma più grande e più verde…e poi i portici, che meraviglia che erano, ad ogni colonna era appeso un vaso di fiori ricolmi di boccioli e petali dai colori gradevoli e ben assortiti.

 

“Stupita eh?”

“Caspita se lo sono!”

“Facciamo un giro?”

“Volentieri!”

 

Si avvicinò alla signora dirigendosi verso la porta finestra che dava sul giardino.

 

“Faccio preparare un aperitivo intanto va bene?”

“Grazie caro!”

 

Due minuti dopo stavano chiacchierando seduti tutti e tre attorno ad un antico tavolo in ferro battuto mentre una domestica serviva loro l’aperitivo.

 

“Riguardo a prima Rin…”

“Ditemi…”

“Beh…hanno iniziato i lavori la scorsa primavera…”

“Di chi è adesso il terreno?”

“Ci sono passato davanti un giorno per caso non avevo idea ma…”

“Mi dica di chi è ora il terreno per favore…”

 

Non se lo sapeva spiegare ma in un certo senso immaginava, temeva la risposta che le avrebbe dato il dottore.

 

“Appartiene ai coniugi…Ryugi…”

“I miei zii?”

 

Rispose ancor prima di rendersi conto che ciò che aveva pensato era il giusto.

 

“….”

“I miei…zii?”

“Si…ho provato a chieder loro spiegazioni, gli ho chiesto come mai non avessero risposto alle telefonate ne si fossero mai fatti vivi ma…”

“Non vi hanno risposto…”

“….”

 

Chissà perché non c’era rimasta male.

Sostenne gli sguardi dei suoi interlocutori prima di sorridere e riprendere a parlare.

 

“Hanno fatto lo stesso con me…una volta arrivata a St. Thomas, dopo aver trovato casa e ritrovato un ritmo decente ho provato a scrivere loro una lettera, non ero arrabbiata ma volevo solo capire…a quella ne sono seguite altre, in tutto una decina mi pare…”

“Tesoro…”

“Le ho ritrovate tutte assieme nella busta delle lettere circa tre mesi dopo…erano impacchettate tutte con degli elastici non ne mancava nemmeno una e non erano neanche state aperte.

Non mi hanno risposto, ma si sono presi la briga di portarmele sotto casa ed andarsene via….per questo non mi stupisco neanche tanto…in fondo non ho 18 anni, non rientro nelle persone da avvisare in caso di….beh di queste cose…”

“Dovresti invece, sei l’unica erede spetterebbe tutto a te, e diamine se lo so che questo è l’ultimo dei tuoi pensieri, ma quelli non sono esseri umani non…”

“Non fa nulla…sto bene adesso…non c’è bisogno di…”

 

WOHF!

 

Ad interrompere il suo discorso arrivò una piccola palla di pelo nera e arruffata che si infilò sotto al tavolo passando fra le loro gambe, annusandola e abbaiando a più non posso cercando inutilmente di saltarle in grembo.

 

“Da dove sbuchi Tafi?”

“Tafi?”

“Beh è il cane di mio figlio ma di solito non è così festaiola…”

“Tafi?”

 

Era troppo presa a fissare quella bestiola per rendersi conto  delle loro parole e degli sguardi che si erano spostati alle sue spalle sulla soglia della portafinestra spalancata.

 

“Oh ciao figliolo come mai già a casa?”

“Ho dimenticato dei libri e sono venuto a prenderli quando ‘sta pazza mi è scappata dalla macchina, non so cosa ha sentito di solito non fa co-”

 

Non c’era dubbio era proprio lei, il cucciolo che aveva trovato quel giorno di pioggia in una scatola di cartone accanto ad un cassonetto proprio fuori dall’Istituto ma che ci faceva li? Le l’aveva dato a, insomma,  alla fine se l’era preso lui.

 

“…Rin!?”

 

Si riscosse sentendosi chiamata guardando prima il dottore credendo che fosse stato lui a chiamarla, ma poi vedendo che questo la guardava si, ma non accennava a parlare si girò lentamente rimanendo letteralmente di sasso.

 

“Sesshomaru?”

“Che fai qui?”

“…io….non sapevo che…”

“Che cafone che sei! Non si parla così!”

“Già figliolo, Izayoi l’ha incontrata alla stazione stamattina e l’abbiamo invitata a pranzo…”

 

Il dottore passò da Sesshomaru a lei.

 

“Ma non lo sapevi che era mio figlio, non te lo ha detto?”

“…no…non…”

“Ci andavo a far volontariato forzato a quell’Istituto, mica a raccontare i fatti miei…”

 

Ok….non ci capiva più niente, era ufficiale.

Sesshomaru era il figlio del dottore che l’aveva aiutata? Era figlio del Signor No Taisho?

Rimaneva muta spostando lo sguardo da uno all’altro accorgendosi solo in quel momento di ciò che era sempre stato evidente.

Insomma, non tutti avevano capelli argentati e occhi ambrati come diamine le era potuta sfuggire una cosa tanto palese?

 

“Rin tesoro tutto bene?”

“L’hai tenuta davvero…”

“Nh?”

 

Tutti e tre la guardarono non capendo a cosa si riferiva mentre lei aveva detto la prima cosa che le era venuta in mente.

 

“…l’hai tenuta….davvero…la mia Tafi…grazie!!!”

 

Fu tutto quello che riuscì a dire prima di scoppiare a piangere come una bambina dopo aver preso in braccio l’animale per stringerlo al petto.

 

 

 

 

 

 

 

TH

 

 

 

 

……caspita, di solito non scrivo così tanto, ma calcolando che son due settimane che ci son dietro è naturale…se poi contiamo anche che appena credo di poterlo chiudere mi salta in mente da scrivere dell’altro siamo a cavallo….

Anche ora infatti potrei continuare ma ho sonno!!!! È l’una di notte e devo portar fuori la mia pantegana a fare i bisogni sennò inonda casa =)

Perciò ringrazio di cuore  Samirina, che ha commentato il chappy precedente ^w^ !!! spero ti piaccia questo capitolo dato che finalmente Rin e Sesshomaru si sono incontrati XD bacio stella!!!!!

E ringrazio Celina: certo che si ricorda di lei, è stata la sua prima “vittoria” di può dire, poi spiegherò perché =) le ha anche tenuto il cane….(spiegherò anche la storia di Tafi nel prossimo chappy don’t worry)

 

 

 

 

 

Grazie a coloro che leggono, commentano e salvano in preferiti o seguite!!!

Tomo arigatou!! E buona notte! ^w^

 

 

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Capitolo 5
*** White Daisy ***


Sbuffò muovendo qualche passo mentre tastava nelle tasche alla ricerca di qualcosa.

 

“Certo che…addirittura mettersi a piangere…

“…”

 

Sesshomaru si avvicinò a lei, ora seduta a terra col cane in braccio, riprendendo quel tono distaccato che lo aveva sempre caratterizzato e che aveva perso nel momento in cui se l’era ritrovata di fronte.

 

Aveva capito subito che c’era qualcosa di strano non appena era sceso dalla macchina e quella peste a quattro zampe era sgusciata fuori dallo sportello a tutta velocità scodinzolando  mentre di solito si limitava ad accoccolarsi bene sul sedile al lato passeggero aspettando che ritornasse.

Si era voltato quel tanto che bastava per richiudere la portiera quando i suoi sensi avevano avvertito una scia di profumo a lui familiare benché all’inizio non l’avesse riconosciuto.

Era bastato entrare in casa e seguire Tafi oltre la porta finestra per capire di chi si trattava.

 

Si chinò porgendole un fazzoletto di seta chiara affinché si potesse asciugare le lacrime che ancora le scendevano dal viso.

 

Grazie…

 

Non gli sfuggì il suo arrossire d’imbarazzo ma si limitò ad annuire soffermandosi a guardare come quei lineamenti fossero cambiati moltissimo nell’arco di quei pochi anni.

Il viso non era più tondo e paffuto, le si era ridimensionato raggiungendo la sua giusta forma adulta e anche i suoi capelli erano cresciuti arrivando a lambirle la vita, persino gli occhi si erano assottigliati e le sopracciglia, a differenza di quand’era bambina, seguivano un arco tracciato sicuramente dalla vanità e un paio di pinzette.

Non gli fu necessario scendere con lo sguardo sulla sua figura perché lei si alzò rivelando quanto fosse cresciuta anche in altezza, nonostante non gli arrivasse neppure alle spalle.

Per un attimo i loro occhi si incrociarono e si ritrovò stranamente sollevato dal fatto che il loro colore e quella luce particolare che in essi splendeva fosse rimasta immutata.

 

“Scusatemi…non…”

“Oh ma di che ti scusi stella? È Sesshomaru che fa sempre l’indifferente!!!”

 

Il presunto colpevole lanciò un occhiata storta ad Izayoi scostandosi di lato mentre Rin si allontanava per andare a raggiungere la donna che la strinse in un dolce abbraccio consolatorio.

 

“Che ne dici ora…andiamo a fare una passeggiata? Potremmo portare con noi Tafi se Sesshomaru è d’accordo…” Izayoi lo guardò per un momento tornando poi su di lei con uno sguardo furbo “Sai è molto geloso di lei, la lascia a casa solo se è strettamente necessario…

 

Di colpo gli occhi sbarrati di Rin si fiondarono sull’espressione di Sesshomaru fattasi ora infastidita.

 

“Che stupidaggini!”

“Su non fare il timido, piuttosto dov’è il suo guinzaglio? ”

“Non ne ho idea…e comunque sia la devo portare dal veterinario alle tre e mezza, non ho tempo di tornare a prenderla…

“Nessun problema ” abbassò il viso quel tanto che le bastava per tornare sulla ragazzina “ Rin, puoi andare con lui se vuoi…

“Che?” Sesshomaru e Rin lo dissero in simultanea.

“Ma si, mentre tu e i ragazzi fate allenamento potrebbe badare a Tafi altrimenti saresti costretto a tenerla in auto, e poi andate dal veterinario…no? Che ne dici Rin?”

Nhm…

 

Si stupì di come, nonostante l’imbarazzo e il disagio si trovò ad annuire all’idea di Izayoi, lentamente voltò il viso nella direzione di lui.

 

Se…per te non è un problema intendo…

 

Lo guardò timidamente trovandosi ingabbiata in due sfere ambrate che tuttavia non sembravano infastidite.

 

“Su figliolo…sii gentile, sono anni che non…

“Parto adesso…vieni pure se vuoi…

Ok…grazie

 

Si affrettò a seguirlo salutando Izayoi e il Dott. Taisho con un dolcissimo sorriso ridendo a come Tafi le zigzagava fra le gambe.

 

 

 

 

 

Erano appena usciti dallo spiazzo della villa e stavano aspettando che un’auto transitasse per immettersi a loro volta in carreggiata quando lui la sorprese parlando per primo.

 

“Sei qui per il pranzo di domani?”

 

Le rivolse quella domanda senza distogliere l’attenzione dalla strada mentre guidava a velocità moderata cercando di uscire dal centro città il prima possibile…se solo quell’idiota con l’Ape-car si fosse spicciato.

 

Hn…ho ricevuto l’invito e ho pensato che sarebbe stato da maleducati rifiutare…

“….”

…dopo tutto quello che hanno fatto per me…

 

Le scoccò una rapida occhiata prima di controllare nel retrovisore se poteva sporgersi in sorpasso.

 

“Tu ci vieni? Voglio dire, ti hanno mandato l’invito?”

“Nh”

……

 

Rin si riappoggiò al sedile dell’auto guardando fuori dal finestrino con aria pensierosa, magari avrebbero potuto andarci assieme ma non aveva il coraggio di chiederglielo, non voleva passare per una ragazzina appiccicosa, già si stava pentendo di essersi aggregata a lui in quel momento.

 

“Se ti da noia mettila dietro…

 

Capì subito che si stava riferendo a Tafi la quale le si era accovacciata in grembo godendosi appieno le sue dolci carezze.

Scosse la testa decisa.

 

“Non è un problema, anzi…sono io quella che le ha soffiato il posto…

 

Sorrise grattandole la testolina proprio dietro alle orecchie in un punto che a quanto aveva sentito dire in un documentario piaceva molto ad ogni cane.

 

“È davvero stupenda…grazie di cuore per averla tenuta veramente..”

“Te l’avevo promesso”

 

Annuì indecisa se proseguire o meno il discorso, da quel che si ricordava lui non era uno che chiacchierava molto e probabilmente lo avrebbe solamente annoiato con le sue ciance perciò decise di rimanere in silenzio.

 

“Sei stata adottata alla fine?”

 

Quella domanda la colpì come una doccia fredda.

Adottata lei? Chi mai avrebbe voluto una tale disgraziata che era stata rinnegata persino dai suoi parenti?

 

Espirò lentamente cercando di formulare una risposta semplice.

 

…no…

 

Così era troppo semplice dannazione, dava l’idea di una che non voleva parlare di quell’argomento e anche se era effettivamente così non le andava di fare la sgarbata proprio con lui.

Lo guardò di sottecchi trovandolo tranquillo e per nulla infastidito, con una rapida occhiata però le fece intendere che aspettava una spiegazione.

 

“Non ho mai voluto nessun’altra famiglia…non sarei stata in grado di affezionarmici…credo…”

 

Annuì prima di cambiare marcia per poter affrontare un nuovo sorpasso.

 

Alcuni anni prima suo padre aveva convocato lui e suo fratello nello studio spiegando loro che era sua intenzione adottare una ragazzina rimasta orfana chiedendo loro se la cosa li infastidisse.

Inuyasha non aveva fatto obiezioni dal momento che era a conoscenza della tragedia che aveva colpito quella bambina e di come suo padre le si era affezionato così anche lui, seppur con indifferenza non aveva obiettato ma aveva messo bene in chiaro che sarebbe rimasto estraneo alla faccenda.

Quando la risposta dell’Istituto era giunta, risultando negativa si era limitato a sostenere lo sguardo deluso di suo padre e della sua compagna senza tuttavia riuscire a non chiedersi il motivo di quel rifiuto; la loro famiglia era piuttosto illustre e potevano garantire un futuro sereno a chiunque fosse entrato nella loro casa quindi per quale motivo non gli avevano concesso il permesso per proseguire l’adozione?

Il fatto strano è che avevano proposto altri possibili candidati, bambini più piccolini e “disponibili” ma suo padre aveva chiarito bene chi volesse e perché.

La cosa si era risolta con una cospicua donazione a favore dei poveretti rimasti li dentro e tanta amarezza per i coniugi No Taisho.

 

Capisco…preferisci stare sola?”

…è più facile così…”

 

Non aveva mai sentito un simile tono di rassegnazione e tristezza.

 

 

“E come ti va?”

“Per ora va…anche se…oh, quello è Inuyasha o sbaglio??”

Nh…

“Non è cambiato per niente!!!”

 

Veloce abbassò il vetro e si sporse proprio mentre stavano affiancando un tipo di spalle dai lunghi capelli argentati con in testa un cappello da baseball.

 

“Hey cucciolo!!!!”

 

Sorrise nel vedere la sua reazione, di come il suo viso arrabbiato mutava pian piano in pura sorpresa nel rendersi conto di chi lei fosse.

Sorrise di gioia nel vederlo fare lo stesso.

Il sorriso di Inuyasha…quanto le era mancato.

 

“Rin!!!”

 

Non ebbe il tempo di uscire completamente dalla macchina che si ritrovò stretta nel suo abbraccio.

 

“Mi soffochi così!”

“Dannata mocciosa sono anni che non ti fai sentire!! Come mai quest’improvvisata?”

“Domani c’è un pranzo al St. Thomas mi hanno invitata e così…”

“C’è bisogno di un invito ufficiale quindi per vederti?”

“No ma che dici…

“L’altro giorno ero a St. Thomas in gita col mio corso, sono passato a casa tua ma non c’eri, si può sapere che fai di sera eh?”

“Perché non mi hai chiamata scemo?”

“Avercelo il tuo numero scema!!!”

“Ah già…comunque ero al lavoro, peccato…

“Al lavoro? Alle 11 e mezza di sera? Fai la escort?”

 

Sesshomaru focalizzò l’attenzione su di lei.

 

“Idiota! Avevo il turno alla videoteca…

“Ecco dove ti avevo vista!!!”

 

Rin sobbalzò all’intrusione in quel discordo di un tipo moro dal codino.

 

Aaaaaah ma sei quello del video porno!!!”

“Beccato! Non sapevo che conoscessi Inuyasha…

 

Il moro sorrise avvicinandosi ulteriormente stringendo al petto la fascia della sua borsa da calcio.

Le tornò in mente un particolare di quella sera, effettivamente aveva notato una chioma argentata quando aveva visto allontanarsi Miroku dal negozio ma non aveva fatto il collegamento.

Peccato davvero.

 

“Sono Miroku comunque, molto piacere!”

“Piacere mio! Sono Rin”

“Ti trovo bene ragazzina sai?…sei cresciuta parecchio poi, l’ultima volta che ti ho vista eri una nanetta alta così”

 

Agitò la mano a mezz’aria indicando non più di un metro e venti facendola ridere.

 

“Grazie Inuyasha, avevo quattordici anni all’epoca sai?”

“Già, passa in fretta il tempo per voi…

“Nh?”

“Andiamo o faremo tardi…

 

Sesshomaru aveva chiuso lo sportello con un colpo secco, estraendo dal bagagliaio la sua borsa incominciando ad incamminarsi verso gli spogliatoi.

 

“Aspettaci pure là Rin…ci sono della panchine laggiù.”

Ok…a dopo ragazzi…” abbassò il volto battendo le mani sulle cosce “Andiamo Tafi?”

 

La cagnolina non se lo fece ripetere e cominciò a seguirla saltandole intorno contenta.

 

“Come mai le da retta?”

“Ti avevo detto che me l’aveva data lei no?”

“Ma si ricorda ancora di Rin?”

“I cani non dimenticano chi è stato buono con loro scemo di un fratello…

…già…i cani non dimenticano eh Sesshomaru? È per questo che l’hai fatta salire sulla tua sacra macc…ouch!!”

 

Un pugno diritto sulla spalla lo fece star zitto.

 

Stonzo! Sul nervo fa male!”

 

Miroku si limitò a sorridere e dopo aver lanciato un’ultima occhiata a Rin entrò con gli altri a cambiarsi.

 

 

Dal canto suo Rin rideva e giocava con Tafi lanciandole delle pigne e dei piccoli sassolini, felice come non lo era da tempo, serena e…

 

L’improvviso scatto della bestiola la distolse dai suoi pensieri e cominciò a seguirla oltre la recinzione salendo la lieve collinetta che separava il centro sportivo comunale dalla zona…

Le mancò il battito non appena fu in cima alla salita e si trovò davanti all’enorme muro bianco che circondava il cimitero, cimitero dove erano sepolti i suoi genitori e i suoi fratellini.

Non aveva potuto partecipare al funerale perché stava ancora in ospedale e quando fu dimessa e portata a l’istituto, benché glielo avessero chiesto più volte non si era mai sentita pronta per varcare quel nero cancello semiaperto che si stagliava ora dinnanzi a lei.

Abbassò lo sguardo notando che Tafi si era seduta all’entrata e la guardava con la testa leggermente inclinata, la buffa macchietta bianca che le rigava il muso nero risaltava l’espressione dell’animale.

 

Si voltò per tornare indietro, non era ancora pronta e poi non sapeva nemmeno in che punto fossero stati sepolti…no, non ce l’avrebbe fatta.

 

“Rin?”

 

Si voltò tremante incrociando i vecchi e stanchi occhi della proprietaria della fioreria del paese, in mano, avvolti in un cono di carta marrone teneva un mazzo di fiori.

Li riconobbe immediatamente.

 

“Signora Kaede…

 

La vecchia annuì guardandosi intorno e sembrò capire.

 

“È dura eh?”

Nhm…sono passati sei anni ma ancora non ho il coraggio di…insomma…

“Ti posso accompagnare io se vuoi cara…

 

Rimase titubante ma alla fine annuì.

 

La vecchia Kaede era sempre stata gentile con lei, quasi una nonna e ricordava che quando era piccolina le regalava sempre una margherita quando con sua madre si recava da lei per comperare dei fiori.

Le margherite erano sempre stati i suoi fiori preferiti, semplici e allegri, crescevano ovunque e abbellivano qualsiasi cosa, una roccia, un vecchio muro a secco diroccato i bordi del torrente…non c’era posto a Zuliana ove non vi si trovasse quel fiore meraviglioso.

 

I suoi passi calpestavano la bianca ghiaia scricchiolando man mano che incedeva verso la fila centrale ma lei sembrava non sentire il rumore che producevano i suoi piedi.

Si fermarono poco dopo davanti alla tomba che sola accoglieva i poveri resti dei suoi famigliari.

Sentì una fitta d’agonia al petto al pensiero di come i loro corpi dovevano essere stati ridotti dalle fiamme, tuttavia nemmeno una lacrima si affacciò alle sue iridi.

 

“I signori No Taisho si preoccupano che abbiano fiori nuovi ogni settimana…vengono personalmente a sceglierli e la signora Izayoi porta sempre un mazzo di gigli bianchi perché sa che a tua madre piacevano un sacco…

Nhm…

“A tuo padre portano dei crisantemi e per i tuoi fratellini…” indicò con l’indice alcuni vasetti di violette.

“E poi li ci sono quelli che  mi chiedi di portare tu…

 

Kaede si inchinò e in un grande vaso blu molto alto e sottile sistemò ordinatamente i fiori che aveva tenuto in mano, alcuni steli di calle e iris, più in basso spuntavano tre boccioli di margherite.

 

Il suo sguardo però ora era fisso sulle foto che lucide mostravano i volti sorridenti dei suoi cari.

Avevano scelto loro anche quelle probabilmente.

 

“Nemmeno li conoscevano e guarda quanta premura hanno avuto per tutti questi anni…mentre io…

“Tu continuavi a vivere piccola gioia mia…hai avuto il tuo bel da fare cara…non darti pena per questo…

“…..”

“Vuoi rimanere sola un momento?”

 

La presa che la vecchia sentì al braccio fu una risposta sufficiente.

 

“Torniamo allora…

 

Le riuscì solamente di annuire.

 

Fuori dal cimitero Tafi le aspettava seduta a lato del vialetto e quando le due si salutarono si alzò e seguì Rin fino al punto dove stavano prima a giocare.

 

“Dov’eri finita?”

 

Inuyasha le corse incontro deviando il cerchio che stava percorrendo al trotto assieme agli altri, notò che anche Sesshomaru aveva rallentato il passo.

 

“Sono passata…uhm…

 

Indicò la cima della collina facendo intuire al ragazzo il luogo.

 

“Ah, ok…tutto a posto?”

 

Sorrise dolcemente annuendo tornando a sedersi mentre lui si allontanava raggiungendo gli altri rimanendo a guardare l’allenamento dei ragazzi.

A volte però la sua mente tornava alle immagini impresse sula lapide, ai sorrisi dei suoi affetti, all’espressione solenne che la statua d’angelo in bronzo posta in cima al marmo chiaro mostrava  a chi si recava su quella tomba.

 

Ed eccole finalmente.

Una…due, tre lacrime cadere dai suoi occhi e infrangersi sui pugni stretti al bordo del maglione.

 

In quel momento si udì un fischio convalidare un goal.

Sesshomaru aveva colpito la palla con forza micidiale prima di voltarsi verso di lei a mezzo busto.

Sulla schiena il numero 10.

 

Woaw

 

Nemmeno si accorse d’averlo detto nello stesso modo dell’altra volta.

 

 

 

 

 

 

TH

 

Grazie di cuore a Celina e Samirina…

Sesshomaru è freddo e distaccato Celina…ma a modo suo…temo che finirò un poco OOC con questa storia, ma mi auguro che la seguirete comunque!!!

Grazie delle belle parole, e anche a te Samirina…spero di sentire un vostro parere!!!

 

Notte!!!^w^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Friends ***


 
 
 
 
 
 

E quindi mi stai dicendo che conosci questi due coglioni da sei anni?’ 

 

Addentando il suo cheeseburger Miroku indicò con un cenno del capo Inuyasha e Sesshomaru seduti al suo fianco al tavolo del fast food.  

Sotto al tavolo la piccola Tafi sonnecchiava beata. 

 

Annuendo poco convinta all’epitaffio con cui li aveva chiamati Rin sorseggiò la sua soda sgranocchiando una patatina mentre si guardava intorno. Non riusciva a guardare Miroku in quei suoi meravigliosi occhi viola, erano troppo profondi magnetici e … furbi per i suoi gusti, temeva di rimanerci prigioniera dentro. 

Offeso il ragazzo in questione si rivolse ai due fratelli. 

 

‘E come mai non mi avete mai parlato di lei?’  

‘Perché affamato come sei l’avresti sicuramente tapinata!’ 

 

La pungete risposta di Inuyasha gli strappò una risatina colpevole, levando entrambe le sopracciglia le fece l’occhiolino facendola arrossire. 

 

‘Ma vivi a St. Thomas giusto? E come mai sei qui?’ 

‘Ed ecco che parte il terzo grado, dalle respiro Miroku ha l’età di tua sorella diamine!’ 

 

Inuyasha s’intromise ben conoscendo l’indole indagatoria del compagno di squadra cercando di non mettere al contempo Rin in una situazione scomoda, la conosceva abbastanza bene da sapere che non le piaceva affatto parlare di sé. 

 

‘Sono stata invitata ad un pranzo, inoltra la squadra di pallavolo della città è la favorita del torneo interregionale ed io e le mie compagne ne approfitteremo per dare una sbirciatina ai loro allenamenti ...’ 

Ohh missione di spionaggio eh?’ Chinandosi sul tavolo verso di lei che gli stava di fronte Miroku assottigliò lo sguardo abbassando la voce complice. 

 

‘In un certo senso si!’ 

 

E ridendo lei gli fece l’occhiolino. 

 

‘Quindi ci sono anche le tue amiche?’ 

Arriveranno stasera, Koga parte dopo lavoro e ...’ 

Koga?’ 

 

Stavolta fu Sesshomaru, rimasto muto e impassibile per tutto il tempo a intromettersi nel discorso. Che centrava suo cugino? Scoccando un’occhiata a Inuyasha lesse negli occhi del fratello la sua stessa incredulità. 

 

‘Uh, lo conoscete? È il ragazzo di una mia compagna di squadra, i suoi hanno un appartamento e quando ha saputo l’intenzione di Aya di venire si è offerto di portarci e ospitarci ...’ 

‘Quindi stasera ci sarete tu e le tue amiche immagino.’  

 

Inuyasha era davvero contento, non lo sapeva il motivo, ma adesso questa cosa della connessione tramite Koga era … incoraggiante, avrebbe potuto sapere grazie al cugino come se la sarebbe passata Rin una volta rientrata a St.Thomas. 

 

‘Dove?’ 

 

Confusa Rin chiese spiegazioni. 

 

‘Beh, Koga è nostro cugino, e siccome ci vediamo poco ultimamente, quando ci ha avvisati della sua visita abbiamo deciso che saremmo andati al pub, non sapevamo saresti venuta anche tu, o le tue amiche ma più siamo meglio è, giusto ragazzi?’ 

‘Giusto!!’ Miroku era al settimo cielo, pollastre, pollastre … pollastre!!! 

‘Mhn’ 

 

Sesshomaru si limitò ad un mesto assenso, poi lo sguardò gli cadde sull’orologio appeso alla parete, mancava un quarto alla mezza. 

 

‘Andiamo Rin?’ 

‘Arrivo!’ 

 

Finendo le sue patatine fece per estrarre il borsellino ma lo ‘sparisci’ dettole da Inuyasha la costrinse a rimetterlo a posto. 

 

‘Grazie cucciolo!’ 

‘Teh’ 

 

Salutando i due ragazzi Rin seguì Sesshomaru tenendo il guinzaglio di Tafi. 

 

 

 

…........ 

 

 

Durate il tragitto in auto verso la clinica veterinaria a Rin scappò una risatina. 

 

‘Che c’è?’ 

 

Sesshomaru non riuscì a trattenersi dal chiederglielo. 

 

‘Stavo riflettendo su una cosa, il vostro cognome, Inu no significa del Cane mentre quello di Koga è Okami no che significa del Lupo è buffo che siate anche realmente cugini, no? Una buffa coincidenza!’ 

‘Buffa coincidenza, già ...’ 

 

Guardò velocemente la cagnolina che comodamente accovacciata in grembo a Rin lo fissava felice col musetto aperto a mo’ di sorriso ... se solo avesse saputo lei, che nella vita erano davvero poche le coincidenze … 

 

‘Siamo arrivati’ 

 

 

…................. 

 

 

 

‘Eccoci finalmenteeeeeeeeeeeeeee!!!!’ 

 

Un’eccitatissima Ayame scese dalla berlina di Koga stiracchiandosi in maniera esagerata fissando il meraviglioso cielo indaco di Zuliana. Le prime stelle stavano facendo capolino ed una meravigliosa luna crescente si stagliava all’orizzonte. 

 

Si aprirono altre tre portiere e Sango sistemandosi la tracolla si guardò intorno soddisfatta, l’aria fresca autunnale portava profumo di terra e foglie, il cielo era limpido e pulito, la cittadina nella quale erano arrivati, una meraviglia; da cartolina. 

 

Dolci colline sulle quali si stagliavano quartieri residenziali con le luci dei lampioni in accensione, strade rettilinee e pulite, il centro, nella piccola conca era un concentrato di ville e case antiche tutte attaccate ma meravigliosamente fuse al paesaggio, un antico castello svettava su un colle solitario illuminato da luci azzurrine e rosse, l’enorme bacino del lago a sud era una chiazza color del piombo dove la falce lunare si specchiava vanitosa. 

 

‘Fammi capire Koga, tu vivevi qui e ti sei trasferito a St. Thomas?’ 

 

Kagome lo guardò come se fosse un alienato mentale. 

 

‘Ci vivo ancora, solo che la ditta per cui lavoro mi ha mandato a dirigere l’officina a St. Thomas, mi serviva un posto in cui stare mica posso fare avanti e indietro tutti i giorni no?’ 

‘Vero.’ 

‘Forza andiamo, ci staranno tutti aspettando.’ 

‘Mamma mia dobbiamo andare a recuperare Rin!’ 

 

Preoccupata Ayame si rivolse al suo fidanzato, diamine se n’erano scordati! 

 

‘Cavolo è vero!’ all’unisono Sango e Kagome si guardarono colpevoli. 

‘Eravamo d’accordo di sentirci per … uffi se non mi fossi addormentata l’avrei già chiama-’ 

 

‘Se aspettavo te sarei ancora in piazza!’ 

‘Rin?’ 

 

Sorridente la ragazzina si avvicinò a loro raggiungendoli al parcheggio del pub al quale avevano appuntamento. 

 

Alla fine, dopo che lei e Sesshomaru erano tornati alla residenza dei No Inu dalla la visita di Tafi Izayoi l’aveva costret- ehm, convinta a fermarsi da loro per cena cosicché avesse potuto raggiugere i suoi amici assieme ai suoi figli. 

Quado poi aveva saputo che conosceva Koga gli occhi della dona si erano illuminati di un’incontenibile gioia e non c’era stato verso di farla desistere dal pretendere che a dormire fosse tornata da loro. 

Le aveva praticamente requisito i bagagli che erano già stati portati, e disfatti da una donna di servizio in una delle meravigliose stanze per gli ospiti. 

Rin, che normalmente avrebbe trovato fastidioso questo comportamento ne fu al contrario felice. Decise che per un paio di giorni si sarebbe fatta coccolare.  Le mancavano da impazzire le premure di una mamma. 

 

La voce di Sango la distrasse dai propri pensieri. 

 

‘Come sei arrivata?’ 

‘Beh, il caso vuole che dei miei carissimi amici siano imparentati con Koga, buffa la vita non è vero?’ 

 

Sorridente la ragazzina annuì a Koga sorridendogli. 

 

‘Assai! Ciao Rin!!’ 

 

Ayame con lo sguardo seguì Koga che dopo aver scompigliato i capelli a Rin, si era avviato verso un gruppo di ragazzi che a pochi metri da loro stava in attesa. 

 

Capì di chi si trattava non appena lui ed un ragazzo dai capelli chiarissimi si strinsero in un abbraccio fraterno contornato da varie pacche sulle spalle ed un paio di amichevoli insulti. 

 

‘Venite ochette, vi presento i miei amici!’ 

 

.................... 

 

Il locale era davvero ben concepito, in stile rustico dai colori caldi ma con mille luci piazzate strategicamente in modo da rendere l’ambiente intimo e confortevole, c’erano nicchie che contenevano tavoli più o meno grandi, c’era un’enorme pista da ballo, c’erano le immancabili targhette appese alle pareti, gli sponsor dei fornitori di alcolici, i trofei di calcio della squadra locale, le coppe di quella di darts, un paio di flipper un calcio balilla ed una veranda che era la fine del mondo. 

Tutta in travi di legno e vetro, piena di piante e sedie stile country con una vista mozzafiato sulla città. 

 

Era lì che Rin aveva deciso di prendere posto e non c’era stato niente da fare, si era innamorata di questo angolo e a tutti gli altri non era rimasto altro da fare che assecondarla. 

 

‘Appena arrivata e già detta legge, teh! 

 

Fingendosi contrariato Inuyasha prese l’ordine per tutti facendosi accompagnare da Koga al bancone mentre le ragazze presero a chiacchierare e fare programmi per l’indomani. 

 

Sesshomaru se ne stava seduto tranquillo a capotavola totalmente disinteressato alle chiacchiere delle ragazze mentre Miroku era partito in quarta anche se non sapeva a chi, fra Sango e Kagome, dare la sua totale attenzione; le due ragazze erano uno schianto; nonostante non fossero in tiro completo avevano una fisionomia e delle proporzioni mozzafiato. 

Di Kagome colpiva la dolcezza dei lineamenti del viso, di Sango lo sguardo, sicuro e penetrante, capace di folgorarti l’anima. 

Kagome era di corporatura esile Sango più alta e definita, la prima era vispa spontanea e furba, la seconda ti studiava attentamente. 

 

Arrivarono i loro drink e si riprese a chiacchierare tutti insieme. Rin si stupì della facilità con cui entrarono tutti presto in sintonia! La sfacciataggine di Miroku e la sua spontaneità furono un ottimo aiuto ma anche Inuyasha Sango e Kagome contribuirono a rendere la serata veramente divertente. Era come se si conoscessero tutti da molto, molto tempo e per qualche motivo si fossero persi di vista per poi ritrovarsi all’improvviso e scoprire che niente era cambiato.  

Si era scoperta a sorridere per tutto il tempo ed aveva abbassato la guardia senza nemmeno rendersene conto partecipando alle conversazioni, prendendo posizione quando le veniva chiesto il parere su qualcosa, insomma, stava divertendosi com’era normale che fosse. 

 

Ad un certo punto Miroku sfidò gli amici ad un testa a testa a darts e quindi raggiunsero in gruppo l’area dov’era posta l’unica macchinetta del locale. 

Dopo le freccette fu il turno del calcio balilla e si decise di includere anche le ragazze visto che a darts avevano rifiutato tutte proclamandosi inette totali; col calcetto era più semplice, Chi non ci aveva mai giocato? Decisero di fare al 50% e di formare le squadre in base ai loro mesi di nascita, partendo dalle ragazze, il ragazzo il cui mese era più vicino alla suddetta ragazza ne diventava il compagno. 

Cominciarono da Ayame, nata ai primi di maggio che finì con Miroku nato l’otto di marzo. 

Kagome era nata l’undici novembre e finì con Koga nato in dicembre, Rin era di agosto e Sesshomaru di luglio quindi per esclusione Sango, nata in ottobre come Inuyasha. 

 

Sesshomaru prese posto impugnando le manopole del portiere e dei difensori guardando Rin, che stringeva quelle degli attaccanti, con un mezzo sorriso. 

 

‘Ti ricordi ancora come si fa?’ 

‘È passato un secolo, ma è come andare in bicicletta no? Una volta che impari non lo dimentichi più.’ 

 

Al St. Thomas, una volta fatta pace col mondo, aveva passato infinite serate a giocare con i ragazzi diventando discretamente brava heh conservava ancora in camera sua la medaglia dei primi classificati al torneo che avevano organizzato a Capodanno.  

Anche allora giocava con Sesshomaru, erano stati i più forti in assoluto. 

 

‘Chi perde paga da bere!!!’ 

 

Veloce come una saetta Miroku, lanciò la partita che diede inizio al torneo. 

 

Fra una partita e l’altra Koga chiese infine alle ‘sue signore’ se avessero finalmente deciso cosa fare il giorno dopo; visto che sarebbe toccato a lui scarrozzarle in giro doveva sapere a grandi linee che orari e tragitti avessero in mente. 

Ayame fra un’imprecazione e l’altra buttò lì un paio di idee e in cinque minuti la scaletta era pronta. 

 

Si sarebbero trovati alle dieci al bar della piazza per fare colazione, poi Koga le avrebbe scortate alla palestra degli allenamenti del Volley club e a pranzo sarebbero andati al lago. C'erano molti ristorantini tipici e le vie del borgo erano bellissime da girare, parola di Miroku. 

 

Erano le due passate quando uscirono dal pub. 

Ridendo come cretini Koga e Inuyasha sfottevano Miroku che, uscito sconfitto dalla competizione si era cuccato un conto da capogiro. Mortificata Ayame aveva insistito per dividere almeno a metà visto che, nonostante quel gioco le piacesse era una mezza pippa e si sentiva in colpa per aver penalizzato il suo nuovo amico che a detta di tutti era, dopo Sesshomaru a quanto pareva, il migliore di tutti loro. 

 

‘Non dirlo neanche per scherzo, non oserei più guardarmi allo specchio se accettassi una simile richiesta, ci siamo divertiti Ayame, questo conta!’ 

‘Credigli Aya, penso sia la prima volta che apre il portafoglio quello lì, ci batte sempre!’ 

 

Inuyasha la colpì amichevolmente con la spalla facendola sorridere mentre Koga le fece l’occhiolino annuendo. 

 

‘In un certo senso ci hai vendicati, anche se per raggiungere il nostro importo dovrà perdere altre cento volte ...’ 

 

Rimaste indietro Sango Kagome e Rin risero alla divertente scenetta. 

 

‘Mi sono divertita davvero tanto sai? E anche tu sembravi rilassata, tornare a casa ti ha fatto bene, nh?’ 

 

Prendendola a braccetto Sango le sorrise. 

 

‘Immagino di sì, ma più di tutti è stata la coincidenza di conoscerci tutti in qualche modo che mi ha resa davvero contenta, se devo essere sincera temevo sarebbe stata un disastro questa serata ...’ 

Heeeey guarda che sappiamo anche essere simpatiche sai?’  

 

Kagome fingendosi offesa s’intromise nel discorso ghermendole l’altro braccio. 

 

‘Non intendevo questo anzi, so benissimo che voi siete in grado di fare nuove amicizie, io invece ...’ 

‘È che secondo me hai qualche blocco Rin-ni ... credo sia stato un bene che tu conoscessi già i due fratelli, ma ...’ 

 

Alle parole di Kagome Rin rimase quasi male; non perché se la prese ma perché sapeva benissimo che la sua amica aveva ragione. 

Sango finì la frase per Kagome 

 

‘... ma sono convinta che una volta scaldata avresti dato anche tu il tuo contributo! 

 

‘Dite?’ 

 

Il bel sorriso delle sue amiche fu sufficiente risposta. 

 

Heeeey ragazze sbrigatevi!!!’ 

 

Sbracciando accanto alla macchina di KogaAyame richiamò l’attenzione. 

‘Non gridare che è notte, scema!!’ 

 

Sango levò gli occhi al cielo, nel riprendere l’amica kagome aveva gridato di più. 

 

‘Ci vediamo domani ok?’ 

‘A domani Captain!’ 

 

Guardandosi intorno Rin cercò Sesshomaru e notando che non era nelle vicinanze raggiunse Inuyasha e Miroku in procinto di salire in moto chiedendo loro se l’avessero visto. 

 

‘Mi sa che è rimasto indietro, aspè che lo chiamo.’ 

‘Non è necessario, rientro io Inuyasha.’ 

‘Sicura?’ 

‘Certo. Ci si vede domani?’ 

 

Da quel che aveva capito anche loro sarebbero stati presenti, se non allo spionaggio avversarie almeno dal pranzo in poi. 

Stringendola in un abbraccio spacca ossa Inuyasha le grattò le nocche sulla tempia facendola strillare di sorpresa. 

 

‘Kyah’ 

Ovvio ragazzina, voglio vederti il più possibile prima che tu sparisca di nuovo senza lasciare traccia …’ 

‘Non sono sparita senza lasciare traccia, io … mhn ….’ 

Bah, lascia perdere.’ 

 

C’era nel tono della sua voce un misto di frustrazione e risentimento che riuscirono a scuoterla. 

Durante gli anni a Zuliana, per via della scuola lei ed Inuyasha erano diventati grandi amici; si erano conosciuti ad una manifestazione sportiva di atletica leggera a cui partecipavano tutte le scuole medie della regione e per forza di cose, visto che Sesshomaru era di turno come sorvegliante, i due si erano conosciuti quando Inuyasha, riconoscendolo gli si era avvicinato per passare i momenti morti fra una gara e l’altra assieme al fratello. Avevano cominciato a chiacchierare e si erano subito piaciuti tanto che alla fine della due giorni sportiva si erano scambiati i rispettivi numeri e che nei week end Inuyasha spesso accompagnava Sesshomaru al St. Thomas, per dare una mano e farle compagnia. 

Questo finché, alcuni anni dopo, al rientro dal suo infortunio e dopo il voltafaccia della sua squadra rimanere nella sua vecchia scuola le era diventato insopportabile. 

Contemporaneamente Sesshomaru stava per esaurire il tempo di servizio forzato, come lo definiva lui e presto anche lui avrebbe smesso di andare all’Istituto, con lui anche Inuyasha e lei sarebbe tornata ad essere sola. 

Era quindi andata dalla Preside chiedendo di essere trasferita e due mesi prima della fine dell’anno era al St. Thomas. 

In effetti si, era proprio sparita senza lasciare traccia. 

 

‘Mi dispiace Inuyasha … ’ 

 

Miroku immobile sul sellino dietro all’amico rimase spiazzato da quello scambio. Come mai tutto d’un tratto l’atmosfera fra loro due si era incupita così tanto? 

Volse lo sguardo su Inuyasha rimasto spiazzato tanto quanto lui dalle scuse della ragazzina.  

 

‘A posto Rin, ma non farlo più ...’ si mise il casco nero annuendo in direzione del pub. ‘Arriva anche ‘Maru, ciao.’ 

‘Dormi bene Rin.’ 

‘Ciao Miroku.’ 

 

Levò la mano salutando la dipartita del bolide finché sul ghiaino si udirono i passi di qualcuno. 

 

‘Andiamo?’ 

‘Si.’ 

 

Non spiccicò più una parola limitandosi ad appoggiare la fronte al finestrino e osservare il panorama notturno. 

Sesshomaru, scocciato anche lui per qualche motivo sconosciuto non fece nulla per alleggerire la situazione limitandosi ad accendere la radio credendo che Rin fosse semplicemente stanca. 

 

 

 

TH 

 

 

Uhm ...10 anni … porca paletta! 

Ci sarà ancora qualcuno? 

Mah, speriamo, io intanto l’ho ripresa, vediamo chi batte un colpo. 

 

Grazie a samy_97_, MyEarendil   Zonami84  e Gaudia, le vostre parole mi fanno davvero piacere. 

Adoro rileggere, anche a distanza di anni le bellissime recensioni che mi lasciate, mi fanno sorridere e mi spronano a continuare. 

Ciauz!! 

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Capitolo 7
*** Regrets ***


‘Hey …' 

‘Nhm’ 

 

‘Rin...’ 

‘...’ 

‘Siamo arrivati’ 

Aprì gli occhi.  I fari dell’auto ferma illuminavano il garage, accanto a lei Sesshomaru la guardava in silenzio. 

‘Oh, scusa mi sono addormentata ...’ 

Veloce slacciò la cintura di sicurezza voltandosi per aprire la portiera e scendere. 

Aspettò che scendesse anche lui per seguirlo. Si trovavano all’interno del garage e non sapeva da che parte andare. 

‘Di qua’ 

Seguì il ragazzo oltre una bella porta di legno scuro, su per delle scale di lucido marmo, una, due … tre rampe finché raggiunsero un pianerottolo. 

Sesshomaru entrò per primo accendendo la luce che dava sull’atrio della casa, silenzioso e caldo, illuminato in fondo dalla luce di una lampada posta all’angolo, accanto a dei bei vasi di piante ornamentali. La stanza dove l’avevano sistemata era al primo piano oltre la piccola gradinata in cotto a lato del caminetto che portava al piano rialzato. 

Sbadigliò voltandosi verso Sesshomaru che intanto si stava togliendo giacca e scarpe. 

‘Buonanotte Sesshomaru, grazie di tutto.’ 

‘Dormi bene Rin.’ 

 

…............. 

 

Dormi bene Rin un corno! 

Erano due ore che si girava e rigirava in quel letto gigantesco senza riuscire a chiudere occhio. Ma perché? In macchina era partita per il mondo dei sogni in neanche cinque minuti, perché adesso, che si trovava in un comodo giaciglio non le riusciva di dormire? 

Allungò la mano afferrando la bottiglietta d’acqua che Izayoi le aveva fatto mettere sul comodino, urtandola e facendola cadere. Era vuota. 

 

‘Dannate alette di pollo’ 

Erano una delizia, ma le mettevano una sete assurda e, quelle vendute nel pub, seppure deliziose dovevano esser state sicuramente condite con qualche spezia pesante e a lei ostile. 

‘Uffa!’ 

Accese la luce, ricordava dove fosse la cucina e Izayoi le aveva mostrato nel pomeriggio tutte le apparecchiature disponibili semmai avesse avuto necessità; forse una buona tazza di camomilla fumante avrebbe potuto aiutarla. 

 

‘Non riesci a dormire?’ 

 

Stava strappando la busta dell’infuso in attesa che l’acqua del bollitore raggiungesse la temperatura giusta quando una voce alle sue spalle la fece sussultare. 

Il signor Taisho le sorrise affiancandola per aprire la credenza dove stavano le tazze, prendendone una bella grande per sostituirla al bicchiere di vetro che aveva preso lei. 

 

‘Meglio no? Almeno non ti scotterai le dita’ 

‘Grazie mille.’ 

 

Lui le sorrise spostandosi di alcuni passi per aprire il frigo e prendere il cartone del latte che versò nel lungo bicchiere originariamente preso da lei.  

 

‘Vieni di là che si sta più comodi’. 

 

Lo seguì tenendo la sua tazza fra le mani, sedendosi accanto a lui sul bel divano foderato del salotto che nel frattempo aveva acceso la tv abbassando il volume quasi del tutto. 

In silenzio guardarono la replica di una soap opera molto in voga anni addietro la cui trama, per niente scontata e sdolcinata, aveva già allora catturato la sua attenzione di bambina. 

Sua madre non se ne perdeva un episodio e ricordava che la mandavano in onda alle sette e mezzo del mattino. Che bello era alzarsi presto per poterla guardare assieme a lei.  

Mamma le preparava sempre il latte caldo con la schiuma e i suoi biscotti preferiti mentre per sé c’era sempre la moka da due sulla piastra del focolare. Ricordava l’aroma dell’intensa bevanda, il sapore di quelle gallette che adesso non commerciavano più e persino il nome del doppiatore del protagonista. 

 

‘Rin?’ 

‘Uh?’ 

‘Va tutto bene tesoro?’ 

 

Taisho la stava guardando con preoccupazione e solo allora si rese conto di star piangendo. Che patetica era, sapeva frignare e basta. Loro erano gentili e lei piangeva, le parlavano e piangeva, la ospitavano e lei? Piangeva. Appoggiò la tazza sul tavolino da tè asciugandosi gli occhi imbarazzata. 

 

‘Mi scusi, è solo che … cribbio non lo faccio apposta ...’ tirò su col naso coprendosi gli occhi. ‘ Adesso passa …' 

L'unica spiegazione plausibile era che non fosse più abituata all’ambiente casalingo, stava bene fino a due minuti prima sete a parte quindi perché tutto ad un tratto scoppiava in quel modo? 

'Piangi pure Rin …’ 

Da oltre i pugni chiusi davanti agli occhi lo vide avvicinarsi a lei e mettersi di fianco, sentì la sua mano sulla spalla, grande com’era quella del suo papà, il profumo della sua colonia era appena accennato, la stoffa della vestaglia fresca e profumata. 

‘Ne hai tutto il diritto.’ 

Taisho la strinse appena senza esagerare per non costringerla a sé parlandole dolcemente proprio come aveva fatto quando era piccola e terrorizzata dal crudele mondo che le era crollato addosso e attese che si placassero i suoi singhiozzi schiudendo gli occhi a tutta quella tristezza.  

Non dovevano esserci al mondo figli soli e sperduti. Non dovevano, ragazzine così piccole e indifese arrivare a dovere, volere affrontare tutto da sole per colpa del trauma di un abbandono, di un incidente … di gente arida che d’improvviso spariva dalla loro esistenza scardinandogliela fin nelle fondamenta; ovvio che poi queste scappavano, ovvio che non si fidavano, ovvio che scegliessero la solitudine come corazza per non dovere soffrire più. 

C'erano così tante cose che voleva chiederle che nemmeno sapeva da che parte cominciare e non riusciva neanche a pensare che molto probabilmente dal pomeriggio dell’indomani, una volta finito il pranzo all’Istituto, lei se ne sarebbe nuovamente andata sparendo silenziosa come la brezza estiva. Se solo gliel’avessero lasciata prendere l’avrebbe aiutata lui a non avere più paura di nessuno. Avrebbero avuto pazienza e sarebbero stati in grado di convincerla ad accettarli come famiglia. Se solo quel dannato tribunale non avesse preso in considerazione le sue rimostranze di bambina ferita avrebbero potuto adottarla, se avessero insistito di più era sicuro che … ma che senso aveva adesso prendersela con l’Istituzione?  

Rin non aveva voluto nessuna famiglia e anche se non aveva mai saputo che erano stati loro a farsi avanti per lei questo non cambiava le cose.  

Rin non voleva nessun’altra famiglia. 

E gli si strinse il cuore nel pensarla piangere da sola quando la coglieva la solitudine. Cenare da sola, far colazione da sola, fare la spesa per le sole sue necessità, doversi arrangiare col bucato, le spese, l’affitto lo studio e quando si ammalava? Chi c’era mai stato a cambiarle la pezza sulla fronte o a prepararle il brodo caldo? Aveva un medico di fiducia? Era seguita ancora dal tribunale dei minori o visto l’età adesso era abbandonata a sé stessa? Come diavolo aveva potuto lui rimettersi alla decisione di quel giudice da strapazzo e lasciarla sparire per sempre dal suo radar? Che razza di persona era? 

‘Signor Taisho, va … va meglio ora ...’ 

‘Rin …’ 

‘... ’ 

Singhiozzava impercettibilmente. Anche i sussulti erano minimi quasi impercettibili come se avesse paura di disturbare con ogni minimo movimento. Lasciò un po' la presa dopo essersi reso conto che per la rabbia l’aveva quasi stritolata ma a parte un leggero imbarazzo questo non sembrava averla infastidita. Espirò lentamente carezzandole la nuca deciso più che mai nel suo nuovo proposito. L'aveva lasciata andare una volta, non l’avrebbe fatto di nuovo. 

'Sono fiero di te Rin.’ 

Le carezzò la testa e si accomodò sul divano porgendo a Rin un pacchetto di fazzoletti dal tavolino, un morbido plaid e la sua camomilla per fortuna non del tutto freddata. 

Non parlarono di null’altro, finirono di guardare la puntata di ‘Cuore Selvaggio’ e divorarono anche le successive cedendo al sonno che fuori quasi albeggiava e quando Izayoi scese per la colazione si blocco dall’accendere la luce per non svegliare Taisho e Rin che pisolavano sul divano al lieve suono della tv. 

Sembravano quasi padre e figlia. 

-click- 

Sorridendo la donna continuò per la cucina. 

 

…........... 

 

 

Piccolo intermezzo visto che sono resuscitata … 

Muahh ahh ahh 

A presto!!! 

TH 

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