Close to me you're like my sister, close to me you're like my brother

di asgardianstark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sistema di supporto ***
Capitolo 2: *** Ninna nanna russa ***
Capitolo 3: *** L'estate preferita ***
Capitolo 4: *** Segno di pace ***
Capitolo 5: *** Gli ultras del Nekoma ***
Capitolo 6: *** Comprensione dei capelli corti ***
Capitolo 7: *** Cosa andremo a fare oggi? ***



Capitolo 1
*** Sistema di supporto ***


-Ti amo Ryuu!
L’imbarazzo di sentire quelle parole fu troppo. La risata sguaiata e la voce piena di Saeko erano proprio la ciliegina sulla torta durante quella partita di per sé già tesa all’inverosimile. Quante volte le aveva chiesto di abbassare un po’ il volume, almeno per fare in modo che non tutta la palestra conoscesse l’intero albero genealogico della famiglia Tanaka, partendo da quella sorella così rumorosa.
La verità è che a Ryuu faceva piacere sentirla sempre così vicino. Era proprio con Saeko che riusciva a parlare liberamente di tutto: dall’ultima trovata di Nishinoya o Hinata alla sensazione di essere imprigionato nella sua mediocrità. E lei era sempre pronta ad ascoltarlo, a consolarlo o semplicemente abbracciarlo. Il suo fratellino. Avrebbe fatto di tutto per lui. Per questo quando lui le aveva chiesto di accompagnare quei due idioti del primo anno fino a Tokyo aveva accettato senza esitazioni. Aveva compreso immediatamente quanto i primini di quell’anno fossero indispensabili alla squadra, e vedere Ryuu felice e determinato come non mai era bastato a convincerla a fare quel viaggio di più di trecento chilometri.
Erano cresciuti insieme, la gente diceva che si assomigliavano, cosa che Tanaka rifiutava di ammettere per orgoglio personale di fratello minore. Ma la genetica non mentiva: stessi occhi espressivi, per la maggior parte del tempo sorridenti, rassicuranti; il sorriso luminoso e genuino. E soprattutto la capacità di trovare sempre le parole adatte, accompagnate dall’immancabile risata fresca e scrosciante o una pacca sulla spalla.
Proprio per la capacità di riconoscere quello che passava per la testa del fratello, Saeko si era accorta della sofferenza durante la partita contro l’Inarizaki. Ryunosuke si era bloccato, lasciandosi condizionare dai pensieri che tentava di mascherare ogni giorno, ma di cui lei era perfettamente al corrente. La sensazione di non essere al pari dei suoi compagni, e ancora peggio, di essere loro di intralcio. Saeko si dispiaceva del fatto che il fratello non riuscisse a vedere quanto fosse forte o quanto i suoi amici lo stimassero. Quindi, quando vide che nonostante i dubbi, quel prodigioso Kageyama gli aveva alzato e il suo Ryuu aveva risposto perfettamente all’invito, trasformando il passaggio in un punto fondamentale e bellissimo da vedere, era scoppiata a piangere. Sperava davvero che ora il fratello avrebbe realizzato quanto potenziale avesse e la tanta fiducia che gli altri avevano in lui. Il suo tifo con il suo gruppo di Taiko era stato solo un flebile appoggio alla forza di quella squadra di corvi affamati, che aveva aiutato a maturare quello che fino a qualche anno prima era solo il suo rumoroso, irascibile e favoloso fratellino.


Noticina
Se c'è una cosa di Haikyuu che mi fa commuovere ogni volta è come descrive i rapporti tra fratelli e sorelle. Ognuno è diverso dall'altro e sono tutti bellissimi, da quelli più approfonditi a quelli meno. Non sapevo quando iniziare a pubblicare la raccolta, ma dato che oggi è uscito ufficialmente il doppiaggio italiano mi sembrava il giorno adatto, diciamo per festeggiare questa incredibile uscita.
Prima storia sulla copppia che forse preferisco: Saeko e Ryunosuke! Sono esilaranti insieme e separati, all'apparenza molto frivoli e rumorosi, ma entrambi con un cuore d'oro e generoso. 
Buona lettura (spero)!

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Capitolo 2
*** Ninna nanna russa ***


Ovunque andassero si notavano per le loro particolarità: altezza fuori dal comune, pelle chiarissima, capelli biondo platino e occhi azzurro-verde che sembravano essere fatti dell’acqua del mar Glaciale Artico. La metà giapponese di Alisa e Lev Haiba si mostrava invece nella lingua e nella formazione. Ma siccome l’aspetto fisico è la prima caratteristica a presentarsi alle persone, i due emergevano loro malgrado. Non che a Lev dispiacesse aver preso i geni russi: era cresciuto ben oltre l’altezza media dei suoi coetanei, cosa che gli tornava utile dal momento che voleva diventare il primo asso centrale del Nekoma.
Quella discendenza russa però faceva parte di loro, e al ragazzo turbava non conoscere quella lingua, così diversa dal giapponese, già a partire da quegli scarabocchi che formavano l’alfabeto. Non voleva che l’unica parola russa che conoscesse fosse quel soprannome datogli dalla sorella, che non mancava mai di urlare durante le partite: “Levochka!”. Alisa conosceva qualche termine o detto tipico, ma neanche lei era molto ferrata nel russo. Quando la famiglia andò a vivere in Giappone era troppo piccola per averlo imparato e per ricordarlo. Dopo la nascita di Lev avevano iniziato a parlare nella lingua locale, tanto che persino la madre aveva diminuito l’uso del russo. L’unico ricordo era una ninna nanna, ripetuta tante di quelle volte a lei e al fratello che ormai faceva parte di lei, e ogni tanto tornava a canticchiarla a Lev, soprattutto prima e dopo le partite per tranquillizzarlo:
Durante il giorno ci siamo stancati molto, Скажем всем: "Спокойной ночи!"
Alisa era entusiasta del fratello, di come gli altri lo avessero fatto partecipare attivamente nonostante non avesse esperienza o tecnica. Lei stessa era consapevole che non fosse un bravo giocatore, ma ogni punto messo giù o un minimo miglioramento la rendevano orgogliosa del suo Levochka. Che sollievo vederlo in mezzo agli abbracci sudati ma sinceri dei suoi amici dopo un punto, o ancor di più vederlo mettere in pratica un consiglio dei senpai dopo un errore imbarazzante che le sembrava catastrofico. Lev apprezzava moltissimo gli incoraggiamenti della sorella, la guardava con affetto ogni volta che si volgeva verso gli spalti. Lei era sempre lì, con le braccia spalancate, gli occhi emozionati e il sorriso luminoso, pronta a sostenerlo, e lui pronto a farsi coccolare dalle parole di quella lingua quasi inaccessibile, ma che diventava comprensibile nelle labbra di Alisa:
Глазки закрывай! Баю-бай


Noticina
*Le frasi in russo (secondo Google traduttore) vogliono dire: la prima "diciamo a tutti: buonanotte!" e la seconda "chiudi gli occhi, ninnananna".
**Nella storia dico che la madre è russa, ma canonicamente non credo si sappia quale genitore è russo e quale giapponese.

Continua la serie dedicata alle coppie di fratelli e sorelle di Hakyuu con Lev e Alisa Haiba. Nonostante siano personaggi meno raccontati di altri, il loro rapporto emerge chiaramente, soprattutto negli episodi dedicati alle partite del Nekoma ai nazionali. Ho voluto giocare sulla loro origine russa perché mi sembrava carino fargli recuperare una caratteristica che Lev accenna a Hinata solo di passaggio, quando invece mi sembra un aspetto molto bello e interessante. L'idea della ninnananna è sorta quasi spontaneamente, dato che Alisa è un po' più grande e sicuramente da piccola avrà canticchiato qualcosa al suo Levochka. Alla prossima!

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Capitolo 3
*** L'estate preferita ***


“Sho-chan, ti andrebbe di scegliere il nome per la sorellina?”.
“Davvero, mamma? Posso io?”. Gli occhi del bambino iniziarono a brillare.
“Certo Sho-chan. Dopotutto, tra un po’ sarai un fratello maggiore”.
Hinata sapeva che il suo nome era stato selezionato in perfetta sintonia con il suo cognome, e ne andava fierissimo: un “sole volante” in un “luogo soleggiato”. Era anche affine alla sua personalità. Sì, i suoi genitori erano stati proprio bravi. Lui non poteva essere da meno: un bambino di sei anni sa come si sta al mondo.
Passò intere settimane con la manina sotto il mento e le sopracciglia aggrottate, sforzandosi di trovare un nome adatto. Niente lo soddisfaceva: Megumi, Kumiko, Keiko, Hana; non si accordavano con il suo cognome. Quando arrivò la stagione estiva e mancava ormai poco alla nascita, Shoyo era ancora senza soluzione. Non riusciva a concentrarsi; aveva in mente solo l’arsura, l’afa, il sudore, il sole cocente e immobile, il cielo terso di quell’estate che avrebbe portato un altro membro nella sua famiglia. Quell’estate colorata, gioiosa. Quell’estate… In un attimo, ecco la soluzione.
“Sho-chan, ti piace la sorellina?”
“Certo, mamma! È così… gwaaa! E fa sempre uuuuh!”
“Ti somiglia tantissimo, non credi?”
“Sì, mamma, è vero. Secondo te le piacerà la pallavolo?”
“Crescendo insieme a te, imparerà prima a palleggiare che a camminare, Sho-chan!”
Gli occhi del bambino divennero grandi come metà faccia. “Non vedo l’ora di giocare insieme a te, Natsu!”
L’ipotesi della signora Hinata non tardò a trasformarsi in realtà. La piccola Natsu era identica al fratello, sia fisicamente che caratterialmente: solare, spigliata, rumorosa, amante della pallavolo. Seguiva con passione tutti gli aggiornamenti del fratellone: dalla delusione di essere l’unico nel club delle medie, alla conquista di una squadra fantastica al liceo. Lo vide divertirsi come non mai, ma anche piangere dopo le sconfitte o perché non riusciva a muoversi in campo come voleva. Adorava quando Shoyo le insegnava i fondamentali di quel gioco tanto importante per lui, si sentiva partecipe di qualcosa di bello.
“Prima sembravate nemici, ma adesso la palla è tua amica, Sho-chan!”. Quelle parole colpirono molto Hinata: stava imparando nuovi schemi, la sua tecnica si stava affinando. Si sentiva bene.
Shoyo sapeva di essere fortunato ad avere una sorella con cui condividere la sua più grande passione. Vederla crescere e migliorare costantemente nella pallavolo lo rendeva orgoglioso, quasi quanto quando era riuscito a trovare quel nome così adatto a lei. La sua estate preferita. 

Noticina
Pubblico l'aggiornamento con un po' di anticipo dato che sul mitico gruppo di Facebook hanno indetto un contest proprio su sorelle e fratelli! 
Questa su Natsu e Hinata mi ha dato un po' di filo da torcere perché non riuscivo a trovare un'idea per partire. Poi mi sono resa conto che per la nascita di mia sorella minore la scelta del nome è stata una delle più chiacchierate e dibattute, e quindi ho optato per questo prompt. Secondo i miei "calcoli" Natsu ha sei anni in meno di Shoyo, ma non ne sono sicura perché la sua data di nascita non è attestata. Il gioco di parole si basa sul fatto che Natsu vuol dire estate; la nomenclatura dei kanji è presa dal WikiFandom di Haikyuu, fonte preziosa per scrivere queste storie. Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Segno di pace ***


“Sai che ho iniziato a giocare grazie a te?”
Come da molti anni a quella parte, i due fratelli stavano trascorrendo il dopocena fuori in giardino palleggiando, con unici testimoni il cielo notturno e il tabellone del canestro. Akiteru bloccò il pallone tra le mani a sentire quelle parole.
“A cosa devo questo impeto di sincerità?” chiese con un sorriso genuino, sebbene tirato e un po’ forzato. Non era ancora riuscito a dimenticare lo sguardo svuotato di fiducia e ammirazione che Kei gli aveva inchiodato quel giorno in palestra, tanti anni prima.
“Ti guardavo in campo, appassionarti a quella palla gialla e blu e divertirti. Volevo provare anch’io quelle sensazioni. Tutto qui.”
“Direi però che hai fatto molto più di me…”.
Gli occhi di Akiteru si riempirono di lacrime orgogliose, proprio come qualche ora prima, quando il suo fratellino era riuscito in un’impresa che sembrava impossibile. Nessuno avrebbe mai immaginato che a murare Ushijima Wakatoshi sarebbe stato un gracile primino sconosciuto.
Eppure Akiteru vi aveva assistito, da quegli spalti dove durante i suoi anni di liceo c’era stata la rottura totale tra lui e il fratello. Dove si era interrotta la loro intesa, che fino ad allora aveva spinto il piccolo Kei a informarsi continuamente sui suoi risultati. Come era bello, tornato dagli allenamenti, trovare quegli occhiali curiosi ed emozionati, pronti a recepire ogni sua novità. Come si emozionava quando dagli spalti trovava la mano di Kei con indice e medi alzati, lesti a rispondere al suo segno di pace dal campo.
Akiteru aveva impiegato molto tempo prima di riuscire a comunicare di nuovo con il fratello; il loro legame mancava ancora di qualcosa. Vedeva il fratello sempre distaccato, poco loquace, concentrato solo sullo studio. Tuttavia, da quando era entrato in squadra, qualcosa era cambiato: gli occhi gli si illuminavano quando raccontava del club. Si emozionava ancora al pensiero che Kei avesse accettato di potersi allenare con gli universitari che giocavano con lui.
Convincere Kei a farlo assistere alla partita era stato inutile: non lo voleva. E quindi si era intrufolato in palestra, non potendo perdersi quella finale che per il Karasuno era stata sempre così lontana. E che gioia incontenibile quando Tsukki riuscì a murare quel colosso di Ushijima, così come la sorpresa per tutti, tranne che per Akiteru, conscio dell’amore che in fondo il fratello provava per la pallavolo.
“È grazie a te se ci sono riuscito, Akiteru. Se non mi avessi assillato con la tua squadra probabilmente ora non starei qui a vederti piangere per un unico muro decente”.
“Decente? Kei, hai fermato Ushiwaka!”
“È stato solo frutto di calcoli e dell’esitazione finale dell’alzatore”.
“La smetti di sminuirti?”. Akiteru scrollò la testa, determinato a non cedere di fronte all’apatica ostinazione del fratello. “C’è altro che vorresti aggiungere a questa conversazione che sta diventando ridicola?”
“Sì,” sorrise Kei. “Grazie” aggiunse, portando la mano con indice e medio alzati di fronte il viso di Akiteru.


Noticina
Eccoci alla mia coppia di fratelli preferita. I Tsukishima mi trasmettono sempre tanto ogni volta che penso al loro rapporto, così complesso ma molto veritiero. Trovo che Akiteru abbia ricevuto un comportamento fin troppo duro da parte di Kei, e nonostante tutto ha sempre cercato il dialogo, senza mettergli fretta o pressione, perché capiva le emozioni del fratello. Questa è una delle storie che mi ha messo più in difficoltà (seconda solo a quella che prima o poi dovrò scrivere sui Miyans :D)
Buona lettura e grazie per seguire queste storie!

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Capitolo 5
*** Gli ultras del Nekoma ***


Da quando Akane aveva imparato a scrivere, non faceva altro che andare dai genitori o dal fratello con quaderno e penna per simulare delle interviste. Il bersaglio preferito era ovviamente Taketora, che tra uno sbuffo e l’altro accontentava l’insistente sorellina.
I soli tre anni di differenza avevano fatto sì che tra i due nascesse un’intesa speciale, supportata dalla stessa passione per la pallavolo: mentre lei sognava di diventare giornalista sportiva, lui era concentrato a diventare l’asso della squadra. Quello sport era l’argomento prediletto delle loro conversazioni, che spaziavano dai tipi di scarpe migliori ai giocatori più forti nel campionato, ai miglioramenti dei compagni di lui. I consigli che la ragazza dava al fratello erano l’effetto della sua altissima capacità di osservazione; i suoi “dovresti fare così” o “è meglio se fai in questo modo” erano un buon allenamento per la pazienza del maggiore.
Akane non aveva mai voluto giocare, ma frequentando assiduamente la scuola e il club del Nekoma, aveva imparato tutte le regole, i ruoli, gli schemi: era una vera e propria nerd della pallavolo. Il suo forte però era sicuramente il tifo, ricco di motivetti accattivanti e pon-pon colorati; la sua voce era sempre la prima a levarsi durante le partite. Il suo aspetto minuto di ragazzina tredicenne non lasciava trasparire l’uragano di forza e calore che invece era. E proprio il suo essere così rumorosa imbarazzava Taketora, che avrebbe voluto concentrarsi sul gioco e sul suo costante miglioramento. Quella vocina che iniziava i cori, trasportando con sé tutto il pubblico, era una costante durante i set.
Sentirla così partecipe tuttavia rallegrava Tora, perché vedeva che anche i suoi compagni di squadra erano contenti di avere Akane nel pubblico, quasi fosse una presenza fatata.
E Taketora comprese il necessario aiuto della sorella durante le partite più importanti del suo percorso: contro gli eterni amici-rivali del Fukurodani e, ancor di più, contro i subdoli giocatori del Nohebi, maestri della provocazione. Nonostante l’apparenza da duro, ampliata dalla cresta da moicano, Yamamoto si sentiva insicuro del suo gioco, mai troppo incisivo in attacco e ancora migliorabile in difesa. Essere preso di mira era uno smacco non indifferente, poiché voleva dire che la sua titubanza traspariva all’esterno.
In quei casi c’erano solo due soluzioni per farlo rinvenire: il sostegno dei suoi amici e ovviamente la tifoseria capitanata dalla sua Akane. Le due cose combinate riuscivano a risollevare qualsiasi brutto momento, e anche nel caso di sconfitta, erano una presenza affidabile e benvoluta.

I due Yamamoto si dimostravano costantemente una coppia affiatata, ognuno indispensabile nella propria sfera d’azione: l’uno sul campo da gioco, con i suoi attacchi, l’altra con il suo trasporto nel tifo, ed entrambi riconoscibili per le loro urla da veri e propri trascinatori.


 

Noticina
Terzultima coppia di questa serie, dedicata ai due uragani Yamamoto. Finora questa è stata la storia che mi ha dato più problemi perché loro due sono poco approfonditi nella storia; inoltre, essendo molto simili come carattere a Saeko e Tanaka non dovevo creare loro doppi. Restano comunque due personaggi incredibili (chi non lo è in Haikyuu?), quindi ho voluto omaggiare anche loro al meglio, essendo una fortissima coppia di fratello e sorella. Buona lettura e alla prossima!

 

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Capitolo 6
*** Comprensione dei capelli corti ***


“Sbrigati, Miwa! Devi accompagnarmi ad allenamento”.
“Sì, Tobio, sì, arrivo, smettila di urlare!”
“E tu smettila di perdere tempo dietro ai capelli! Avresti dovuto tagliarteli come tutte le tue amiche per continuare con la pallavolo. Il nonno sarebbe già pronto”, aggiunse a voce più bassa, voltando la testa.
Quelle parole ebbero un effetto disastroso su Miwa. Il nonno era morto da troppo poco; ricordava benissimo la conversazione avuta con lui sui capelli corti e sul lasciare la squadra e sul fatto che non fosse una motivazione sciocca o banale. Maledetta pallavolo. Come faceva a spiegare a Tobio che aveva smesso perché sapeva che il nonno stava male e non avrebbe potuto seguirla nel suo percorso? Il fratello era ancora troppo piccolo per affrontare un simile peso.
“Basta, Tobio”. Si girò verso il fratello con gli occhi arrabbiati e feriti pieni di lacrime. Kageyama non aveva mai visto la sorella così scossa, se non il giorno del funerale. Aveva esagerato.

Kazuyo era stata una presenza fondamentale per i due Kageyama: comprensivo e buon ascoltatore, aveva aiutato e supportato qualsiasi loro scelta. Persino una stupida come quella di smettere di giocare a pallavolo per evitare di tagliare i capelli. Tobio non capiva come fosse possibile abbandonare uno sport così emozionante per una ragione tanto insulsa ai suoi occhi. Il nonno invece non aveva contestato, ma solo cercato di assecondare i desideri della nipote. Era un grado di comprensione ed empatia che Kageyama vedeva irraggiungibile. Ora non avrebbe avuto nessuno con cui condividere quella passione: né il nonno che lo allenava, né la sorella con cui poteva competere e divertirsi. Era rimasto solo.

Con il passare dei mesi il dolore divenne più sopportabile, sebbene fosse ancora strano vedere una sedia vuota davanti la televisione. Le sue parole risuonavano come un gradito monito tra i due Kageyama, che nel lutto riuscirono a creare un legame profondo, anche se non manifestato platealmente. L’importante era sapere che c’erano l’uno per l’altra. Le sere trascorse a parlare della scuola di Tobio e del lavoro di Miwa erano momenti di pura serenità: poche parole, tanta leggerezza, qualche risata dovuta ai racconti riguardo un compagno di squadra troppo vivace per il carattere chiuso del ragazzo.

“Come sei cresciuto, Tobio”. Guardando il fratello riflesso nello specchio, con la divisa scolastica per l’ultima volta, Miwa si commosse. “Il nonno sarebbe così fiero di te”.
Kageyama non era mai riuscito a esternare i propri sentimenti, ma quel momento fu diverso.
“Grazie per avermi proposto di andare al Karasuno. Sono stati tre anni incredibili. E grazie per esserti presa cura di me”, rispose emozionato guardando a sua volta la sorella negli occhi.
“Ora va’ a scuola, è tardi”, aggiunse Miwa con uno sbuffo commosso. L’evoluzione del fratello, a livello pallavolistico ma soprattutto personale, aveva colpito molto la ragazza, e sapeva che gran parte del merito andava dato a una zazzera di capelli arancioni.
Kageyama sorrise: “Ehi, Miwa, ti ho mai detto quanto mi piacciono i tuoi capelli corti?”.



Noticina
Questa storia mi ha dato parecchi problemi perché non sapevo come gestire il rapporto tra i due Kageyama, dato che si conosce davvero poco di Miwa. Sono comunque abbastanza soddisfatta del risultato: ho pensato che anche Miwa fosse laconica e un po' chiusa caratterialmente come il fratello, e altrettanto legata al nonno, una presenza fondamentale nel percorso di Tobio. Mi semnbrava anche carina l'idea che fosse stata lei a suggerire il Karasuno dopo la non ammissione alla Shiratorizawa di Kageyama. 
Non riesco a credere che la prossima sarà l'ultima flash fic della serie, e so già che sarà la più difficile da scrivere :) Alla prossima e buona lettura!

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Capitolo 7
*** Cosa andremo a fare oggi? ***


Vorresti essere come lui, lui che non sbaglia mai, o se sbaglia viene sempre perdonato perché traina la squadra splendidamente. Non importa se nel farlo ti ferisca, verbalmente o fisicamente che sia; è lui il talento della coppia. Tu al massimo sei la spalla su cui piangere, o il mezzo attraverso cui l’altro può migliorarsi, perché la più grande benedizione per Atsumu non sono la sua tecnica sovrumana o il fisico, ma tu. A quanto pare sei tu a spronare il gemello, ma tu come entità indipendente non esisti. Risuona costantemente il: “Eccoli, Atsumu e Osamu Miya”; tu propaggine dell’altro.

Vorresti essere come lui, lui così più calmo, ma non per questo meno appassionato o meno bravo. Lui che ha una tecnica talmente alta che riesce a eseguire quasi alla perfezione i tuoi stessi gesti tecnici; quasi perché lui non è un alzatore, mentre tu sì, e pure bravo. E cazzo, quanto ti arrabbi quando Osamu si svilisce o si mortifica, perché non vede quanto la sua presenza non sia semplice supporto, ma una necessità atavica, innata. Non vede quanto tu provi a scalfire quell’ego che ti ritrovi, perché hai notato che può ferire le persone che ami, soprattutto lui.
 

Di pensieri del genere ne formulano tanti, anche peggiori, eppure la verità è che sono uno indispensabile all’altro, perché la formidabile coppia dei gemelli Miya non potrebbe essere quello che è senza Osamu o senza Atsumu. Sono indissolubilmente legati.
La somiglianza fisica è solo quella più superficiale che notano tutti, ma appena li si conosce più a fondo, se ne scoprono di più marcate. I loro movimenti coordinati, che siano simmetrici o divergenti, sono uno spettacolo di armonia da vedere. Se uno cade, cade anche l’altro. Un gesto tecnico semplicissimo può diventare un’arma letale tra quelle quattro mani, così affamate e curiose da emulare qualsiasi cosa vedano al di là della rete. L’inventiva di certo non manca ad Atsumu; è una creatura osservatrice, rapace: se vede una cosa che lo attira, la vuole. Per Osamu questo vuol dire considerare il fratello un bambino, ma non si rende conto che lui fa lo stesso; magari non lo dà a vedere, ma lui è parte integrante delle idee strambe nate durante le partite. Hanno lo stesso luccichio affamato e complice negli occhi ogni qualvolta vogliono provare qualcosa di inedito; una scintilla che sboccia in entrambi, per poi essere espressa senza bisogno di parlare. Cinque dita dell’uno pronte a ricevere la palla uscita dalle dieci dita dell’altro.
Hanno un modo di giocare tutto loro, esclusivo, quasi corazzato, basato sulla reciproca fiducia, presente anche quando si insultano e si picchiano. Sono loro due contro il resto del mondo, che sembra intimorirsi quando si sente il sussurro:

 
“Allora, Samu, cosa andremo a fare, oggi?”.

 

Noticina
Ultima flashfic della raccolta, dedicata alla coppia di fratelli più popolare nel fandom (da quello che mi sembra girando su Internet). Ammetto che avevo una paura immensa a scrivere di loro perché, sebbene mi piacciano molto come personaggi e la loro dinamica, non sono mai entrata pienamente in sintonia con loro. Invece, iniziando a scrivere, mi sono sempre più immedesimata ora nell'uno, ora nell'altro, e mi sono divertita molto. Fin da subito ho trovato somiglianze molto forti tra Atsumu e Osamu e Hinata E Kageyama, insieme con qualcosa totalmente originale, formando davvero una bella coppia. 
Grazie mille a chiunque abbia seguito la raccolta, siete stati davvero di supporto! Alla prossima <3

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