To the sky and back

di Abby_da_Edoras
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1: To the sky and back ***
Capitolo 2: *** Cap. 2: The sorrow path ***
Capitolo 3: *** Cap. 3: Silence between the words ***
Capitolo 4: *** Cap. 4: The promise ***
Capitolo 5: *** Cap. 5: Reborn ***
Capitolo 6: *** Cap. 6: Animus ***
Capitolo 7: *** Cap. 7: Don't pray for me ***
Capitolo 8: *** Cap. 8: Never say never ***
Capitolo 9: *** Cap. 9: Jezebel ***
Capitolo 10: *** Cap. 10: Army of Dreamers ***
Capitolo 11: *** Cap. 11: Cherish my memory ***
Capitolo 12: *** Cap. 12: Save a prayer ***
Capitolo 13: *** Cap. 13: Angels in disguise ***
Capitolo 14: *** Cap. 14: These are the words ***
Capitolo 15: *** Cap. 15: Embrace the night ***
Capitolo 16: *** Cap. 16 e ultimo: I'll reach you ***



Capitolo 1
*** Cap. 1: To the sky and back ***


TO THE SKY AND BACK

 

Cap. 1: To the sky and back

 

Memories to save my heart
All my fears should fall apart

Departure's approaching
The metals rotate
Commanders are coaching
They're closing the gate

When the engines start again
Rivers flow and flowers grow
On my own when winds attack
Riding to the sky, to the sky and back.

(“To the sky and back” – Moonsun)

 

La Sala Grande di Kattegat era piena di gente ed era addobbata come ai vecchi tempi, quando Ragnar Lothbrok tornava dalle sue avventure e festeggiava con i suoi amici e la famiglia. Al tavolo d’onore, però, sedevano i nuovi sovrani, Bjorn e Gunnhild, e accanto a loro Lagertha, tornata dal suo villaggio per l’occasione. C’era anche Ingrid, che rimaneva comunque la vedova del Re dei Norreni, poi Ivar, Aethelred, Hvitserk e Helgi. Bjorn aveva chiesto anche a Erik di sedere al tavolo d’onore con loro, in fondo era il suo primo consigliere ed aveva riacquistato la sua mansione subito dopo aver ritrovato la vista, ma l’uomo aveva ringraziato spiegando che preferiva starsene ad uno dei grandi tavoli insieme ai guerrieri tornati sani e salvi dal Wessex. Helgi, sempre pronto a trovare il buono in tutti, aveva commentato che era stato un gesto generoso, che probabilmente sapeva che Tiago non avrebbe potuto sedere al tavolo dei sovrani e che, quindi, preferiva stare con lui… più avanti si sarebbe visto quanto Helgi, con il suo buon cuore, continuasse ad avere anche una preoccupante tendenza a idealizzare le persone e le situazioni.

Bjorn prese la parola e nella Sala Grande si fece silenzio.

“Siamo qui riuniti questa sera per due ragioni” annunciò. “La prima è onorare e ricordare i nostri caduti, i guerrieri e le shieldmaiden che sono morti durante le battaglie in Wessex. Primo tra tutti il Re dei Norreni, Harald Finehair, che ha dimostrato un coraggio ammirevole nell’affrontare la morte, come ci hanno raccontato coloro che lo hanno visto cadere.”

Bjorn si voltò verso Ivar, invitandolo a raccontare quello che aveva visto.

“Io e Harald non siamo mai andati molto d’accordo e ammetto che non ero contento di averlo come Re dei Norreni” disse Ivar, “ma ho visto in che modo è morto e posso dire che, se mai qualcuno può averlo messo in dubbio, Re Harald era un vero Vichingo. È stato assalito a tradimento da quel Vescovo sassone, ma, sebbene ferito a morte, è riuscito a rialzarsi in piedi e a sgozzarlo. Sono certo che Odino e Thor sono stati orgogliosi di accoglierlo nel Valhalla!”

“E allora brindiamo a Re Harald e a tutti i nostri compagni perduti che adesso stanno banchettando con tutti gli dèi nel Valhalla!” esclamò Bjorn, alzando il suo boccale. “Skål!”

“Skål!” brindarono tutti i commensali, ricordando Harald e tutti coloro che erano morti in Wessex.

Aethelred alzò il boccale come tutti gli altri, ma non bevve e non partecipò alla celebrazione generale che, a suo parere, festeggiava in modo sbagliato coloro che erano morti da eroi. Per lui la morte di Harald e di tanti altri Vichinghi (e Sassoni) durante quell’assurda guerra in Wessex non era affatto qualcosa di glorioso da celebrare, bensì una perdita, un dolore che, in realtà, sarebbe stato molto meglio non aver subìto.

“La seconda ragione per cui ci troviamo qui a festeggiare questa sera è perché, nonostante le gravi perdite, abbiamo raggiunto un obiettivo molto importante, la creazione di un Regno Norreno in Inghilterra che sarà chiamato Danelaw” riprese Bjorn tra le acclamazioni e le grida di gioia dei commensali. “Questo Regno rappresenta un nuovo inizio per i Norreni: la nostra espansione non avverrà più tramite razzie e violenze, ma attuando politiche commerciali, di scambio e collaborazione con gli altri popoli.”

Gunnhild, al fianco del marito, sorrise compiaciuta e annuì.

“Dobbiamo quindi festeggiare i nostri guerrieri e condottieri che hanno conseguito risultati così importanti e storici per Kattegat e per tutti i Norreni” intervenne Lagertha, sollevando il boccale e guardando con orgoglio i giovani che sedevano al tavolo del Re. “Brindiamo ai nostri vincitori: Aethelred, che ha ottenuto con diplomazia dal fratello queste terre, e il valore di Ivar e Hvitserk. Skål!”

“Skål! Evviva i nostri eroi!”

“Ai nostri vincitori!”

Grida ed esclamazioni di giubilo riecheggiarono per tutta la Sala Grande, i Vichinghi brindarono e bevvero e festeggiarono ancora di più quando i servitori iniziarono a portare i piatti ai vari tavoli. Il banchetto ebbe inizio, tutti mangiavano, bevevano, scherzavano tra loro e annaffiavano di entusiasmo la festa con continui brindisi.

Bjorn, Gunnhild e gli altri seduti al tavolo reale iniziarono a mangiare, soddisfatti, e mentre banchettavano parlavano tra loro di ciò che era accaduto in Wessex e di quello che avrebbe significato per Kattegat.

“Il Re dei Norreni è morto, quindi immagino che saranno indette nuove elezioni per sceglierne un altro” disse Gunnhild. “Dovresti essere tu, Bjorn, avresti dovuto essere eletto già la prima volta, Harald vinse perché comprò i voti.”

“Parteciperò alle elezioni, se i Norreni lo vorranno. Credo che i soli candidati saremo io e Ingrid, che è comunque la vedova di Harald” replicò Bjorn. “Chissà, magari i Norreni vorranno una Regina invece di un Re. Questa volta non ci dovranno essere imbrogli e accordi sottobanco, i Norreni dovranno scegliere liberamente.”

Ingrid sorrise, grata. Non era così scontato che Bjorn accettasse di essere candidato insieme a lei e, sebbene la donna sapesse che i Norreni non avrebbero mai votato per lei che non conoscevano e che Bjorn aveva già la corona in tasca, per così dire, tuttavia apprezzò la correttezza dell’uomo che, solitamente, dimostrava la sensibilità di un pachiderma. Si vede che stare con Gunnhild gli aveva davvero giovato sotto ogni punto di vista!

“E chi sarà a regnare nel Danelaw?” domandò Ivar. “Dovremo aspettare l’elezione del Re dei Norreni per saperlo?”

“Penso che il Regno Norreno del Danelaw dovrebbe avere un sovrano il prima possibile, per questo volevo consultarmi con voi questa sera” rispose Bjorn. “Se sarò io il Re dei Norreni, anche il Re del Danelaw sarà confermato, altrimenti il nuovo sovrano potrà sempre sceglierne un altro, se lo riterrà opportuno.”

“Ah, ecco una bella sorpresa!” commentò Ivar, provocatorio. “E tu chi avresti scelto, Bjorn?”

“Ritengo che il Re del Danelaw dovrebbe essere Hvitserk” dichiarò il Vichingo.

Per un istante calò un silenzio colmo di sorpresa al tavolo reale. E il più allibito di tutti era proprio Hvitserk!

“Io? Ma… non so, non credo di meritarmi un simile privilegio e non so neanche se sarei in grado di governare quelle terre” obiettò. “Ci hai pensato bene?”

Hvitserk si sentiva turbato: in tutta la sua vita era sempre stato il fratello di mezzo, si era limitato a seguire gli altri senza mai prendere iniziative personali, sapeva di essere abile e valoroso in battaglia, ma non aveva mai pensato a se stesso come ad un Re. E poi, da qualche parte dentro di sé, si sentiva ancora in colpa per ciò che aveva commesso nei primi mesi dopo la riconquista di Kattegat, quando non era stato capace di prendersi le sue responsabilità, non aveva aiutato Bjorn e Ubbe nel governo della città e, anzi, si era abbandonato all’alcool, alla dipendenza dai funghi e alle allucinazioni. Com’era possibile che adesso Bjorn riponesse una tale fiducia in lui?

“Hai commesso molti errori in passato, Hvitserk, non lo nego e di certo non l’ho dimenticato” ribatté Bjorn, “tuttavia chi di noi può dire di non aver mai sbagliato? Io stesso sono incorso in molti sbagli durante tutta la mia vita e anche come Re di Kattegat, ma sono riuscito a superarli grazie all’aiuto delle persone più importanti per me che mi hanno guidato per la giusta strada. Sono sicuro che per te sarà lo stesso.”

Il Re disse queste parole stringendo affettuosamente la mano di Gunnhild, dimostrando che era stato soprattutto per merito suo se adesso si avviava a diventare un vero sovrano, saggio e giusto, e non più solo Bjorn La Corazza, il grande e invincibile condottiero.

“Quello che è accaduto in questi difficili mesi ti ha cambiato, Hvitserk, ti ha reso più forte, maturo e responsabile e penso che potresti essere la persona più adatta per regnare sul Danelaw” riprese Bjorn. “Anche nella spedizione in Wessex hai dimostrato coraggio e un grande cuore e, comunque, avrai sempre Helgi accanto e io non potrei nominare un consigliere migliore.”

Quella era davvero una serata piena di colpi di scena, Bjorn non aveva mai detto tante parole belle e incoraggianti al suo prossimo!

“Io ho combattuto valorosamente, questo è vero, ma è soltanto questo che so fare” disse Hvitserk, ancora imbarazzato e turbato. “Sono un guerriero, non un governante.”

“Era quello che pensavo anch’io di me stesso quando sono diventato Re di Kattegat” replicò semplicemente Bjorn.

“Ma io… Bjorn, credimi, ti sono molto grato per quello che stai dicendo di me e per l’onore che vuoi farmi, ma ti assicuro che non sono io il sovrano migliore per il Danelaw. Ivar… ecco, voi non sapete cosa ha fatto Ivar durante la nostra ultima battaglia contro i Sassoni. Quando ha visto che Harald era stato ucciso, Ivar si è gettato nella mischia, ha cercato di attirare i soldati di Alfred per dare a me, a Helgi e a Aethelred la possibilità di metterci in salvo. Lui era disposto a morire per noi e per i nostri uomini e credo che… credo che sia proprio questo che dovrebbe fare un vero Re.”

“Oh, ma io non ho nessuna intenzione di tornare in Wessex e tanto meno di diventare Re” dichiarò subito Ivar. “Sono stato Re di Kattegat e non mi è piaciuto, non è quella la mia strada. Volevo salvarti proprio perché pensavo che tu avresti potuto fare grandi cose, Hvitserk, e lo penso ancora. Mi secca dirlo, ma anche stavolta credo proprio che Bjorn abbia ragione.”

Bjorn e Gunnhild si scambiarono uno sguardo, soddisfatti. Erano felici di vedere i due giovani Vichinghi che, una volta tanto, si mostravano disposti a pensare all’altro prima che a se stessi, erano davvero cresciuti e maturati entrambi.

“E a me secca ammetterlo, ma devo dire che Ivar è stato veramente un eroe sul campo di battaglia” replicò Bjorn. “Per anni l’ho considerato un abile stratega, ma anche un egocentrico e un ingannatore. Nella battaglia finale del Wessex, al contrario, ha dimostrato un grande valore. Tuttavia continuo a pensare che, come Re del Danelaw, tu sia molto più adatto, Hvitserk, soprattutto con Helgi al tuo fianco. Non sarà semplice governare un Regno Norreno in una terra straniera e non basteranno coraggio e astuzia, ci vorranno doti di pazienza e diplomazia che, purtroppo, Ivar non possiede.”

“E perché purtroppo? A me non importa un bel niente di essere paziente e diplomatico!” commentò Ivar, con la consueta faccia tosta.

Bjorn ridacchiò, mentre fu Gunnhild a intervenire.

“Anch’io sono convinta che Hvitserk sarebbe un perfetto sovrano per questo nuovo Regno Norreno” disse. “Tu che cosa ne pensi, Aethelred? In fondo quello è il tuo Paese. Ritieni che Hvitserk potrebbe essere un buon Re e collaborare in modo proficuo con tuo fratello Alfred?”

Aethelred trasalì rendendosi conto che si stavano rivolgendo proprio a lui. Non aveva partecipato ad alcun festeggiamento, non aveva bevuto con gli altri e aveva mangiato solo qualche boccone del cibo che aveva nel piatto, limitandosi perlopiù a giocherellarci per non dover guardare negli occhi i suoi commensali o ascoltare le loro conversazioni. In quel momento, tuttavia, non poteva più esimersi dal rispondere ad una domanda diretta.

“Credo che Hvitserk sarà un ottimo Re per il Danelaw e che saprà cooperare con Alfred. Mio fratello si fida di lui e Hvitserk era presente anche agli accordi di pace di due anni fa, inoltre ha già amici e persone care tra i coloni” rispose, senza però alzare gli occhi dal piatto e con voce atona. “E sicuramente la presenza di Helgi accanto a lui sarà un valido aiuto e sostegno.”

“Beh, ti ringrazio, Aethelred” disse Hvitserk, sorpreso dallo scarso entusiasmo dimostrato dall’amico. Era strano, proprio lui sarebbe dovuto essere felice alla prospettiva di creare un Regno Norreno pacifico e collaborativo. “Comunque sarà meglio aspettare ancora qualche giorno prima di dare la notizia, così avrò modo di rifletterci… e magari Bjorn di ripensarci!”

“Non cambierò idea, Hvitserk” ribadì Bjorn. “Tuttavia non intendo dare la notizia questa sera, ne riparleremo insieme domattina.”

Se Hvitserk e Bjorn erano soprattutto interessati all’argomento riguardante il nuovo Re del Danelaw, Helgi, Gunnhild e Lagertha si erano invece accorti dello strano comportamento di Aethelred e iniziavano a preoccuparsi.

“Aethelred, ti senti bene?” gli domandò Lagertha. “Non hai mangiato quasi niente.”

“Hai l’aria stanca” disse Gunnhild.

“Sto bene, vi ringrazio ma non dovete preoccuparvi per me, sono solo… ecco, sono molto stanco” replicò il giovane Sassone. “Gli ultimi giorni in Wessex sono stati duri, poi c’è stato il viaggio e ora credo di avere soprattutto bisogno di riposare. Se volete scusarmi, vorrei ritirarmi nella mia stanza.”

“Ma come? La festa è appena cominciata” si stupì Ivar.

“Lo so. Tu rimani pure, se vuoi, ma io sono veramente sfinito e desidero soltanto dormire” disse Aethelred, respingendo il piatto e alzandosi da tavola. “Vi chiedo di perdonarmi.”

“Non c’è problema, vai pure a riposare se ti senti così stanco” ribatté Bjorn. “Ci saranno molte altre feste e banchetti nei prossimi giorni e spero di rivederti in forze già domattina.”

Aethelred ringraziò Bjorn e Gunnhild, diede la buonanotte a tutti e si congedò.

“Aspettami, vengo con te” lo richiamò Ivar, appoggiandosi alla stampella per alzarsi. “Bjorn ha ragione, avremo altri momenti per festeggiare e, se tu non te la senti, nemmeno io voglio restare qui senza di te.”

Il giovane Vichingo passò un braccio attorno alle spalle del compagno e, appoggiandosi a lui e alla stampella, si diresse verso la stanza che condividevano.

“Ivar è davvero cambiato in meglio, anche se mi farei squartare piuttosto che dirglielo in faccia” commentò Bjorn, sogghignando. “Non l’avrei creduto capace di rinunciare a una serata di banchetti e bevute per accontentare qualcuno: Aethelred è davvero speciale per lui!”

Gunnhild e Lagertha sorrisero, contente di vedere quanto fosse profondo il legame tra i due ragazzi e fino a che punto avesse fatto crescere quell’impunito di Ivar. Helgi, invece, rimase perplesso. Aethelred si era comportato in modo strano non solo quella sera e, soprattutto, lui aveva notato nei suoi occhi un’espressione che conosceva fin troppo bene… l’espressione che aveva avuto lui per tanto tempo, dopo la morte della moglie incinta e, soprattutto, dopo il traumatico assassinio di tutta la sua famiglia per mano di Kjetill. Ma perché Aethelred stava soffrendo così? Non aveva subìto una vera perdita, era forse possibile che la paura di perdere Ivar lo avesse straziato tanto?

Mentre la festa riprendeva senza Ivar e Aethelred, Helgi si ripromise di parlare in privato con il Principe Sassone e scoprire che cos’era a tormentarlo così. Purtroppo aveva sperimentato dolori e traumi e sapeva bene quanto fosse difficile uscirne. Se Aethelred aveva bisogno di lui, lui ci sarebbe stato.

Fine capitolo primo

 

 

 

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Capitolo 2
*** Cap. 2: The sorrow path ***


Cap. 2: The sorrow path

 

Taking a breath in the morning
Thinking about what to say
When you’ll be back from your fight
And be back home

Confidence slept while I was there
Between illusion and dream
As I found a way back
Hope was still there with me
But I lost it through the fall
Fate wields its knife to cut the thread…

(“The sorrow path” – Nocturna)

 

C’era anche un’altra persona che, quella sera, non aveva potuto godersi i festeggiamenti nella Sala Grande: Tiago, il giovane spagnolo. All’inizio aveva pensato che Erik avesse scelto di banchettare in mezzo ai guerrieri e alle shieldmaiden invece che al tavolo reale per poterlo avere vicino ma, ben presto, si era dovuto rendere conto che le cose non stavano affatto così. Erik lo aveva ignorato completamente e si era diretto verso una lunga tavola, poi si era seduto sulla panca accanto ad una shieldmaiden dai lunghi capelli castani e l’aveva abbracciata e baciata in mezzo agli applausi e alle grida degli altri Norreni.

Tiago era rimasto di sasso e si era sentito una lama gelida conficcata nel cuore, poi si era ricordato che Erik aveva conosciuto quella giovane guerriera tre giorni prima, quando le navi norrene di ritorno dal Wessex erano giunte al porto di Kattegat. Erik si trovava al porto, aveva salutato Ivar, Hvitserk e gli altri, aveva chiesto notizie di Harald e dei guerrieri caduti e poi aveva attaccato discorso con la ragazza, che era sembrata subito molto interessata a lui. Il ragazzo rammentò anche che la shieldmaiden si chiamava Grethe e che, dopo quel primo incontro, lei e Erik erano stati inseparabili: non c’era da stupirsi, dunque, che anche quella sera volessero festeggiare insieme.

Ecco, il momento è arrivato, pensò Tiago tra sé. Soffriva molto, ma allo stesso tempo comprendeva che quello che stava accadendo era ciò che si era sempre aspettato. Sapevo bene che Erik, una volta riavuta la vista, non avrebbe più avuto bisogno di me e che avrebbe trovato una persona con cui stare. Finora si era accontentato di serve e contadine, ma questa è una guerriera, una sua pari e… credo che con lei vorrà fare sul serio.

Tuttavia, prima di arrendersi, voleva essere sicuro che quella non fosse la solita storia di una notte, come Erik era solito fare. Si avvicinò timidamente alla tavolata e si rivolse all’uomo.

“Erik… posso sedermi anch’io qui con voi a festeggiare?” domandò.

Erik lo squadrò da capo a piedi come se non lo avesse mai visto prima, poi strinse più forte a sé Grethe, sghignazzò e parlò a voce alta, rivolgendosi a tutti i Vichinghi che potevano sentirlo.

“Ma guardate, questo ragazzino crede di poter approfittare della serata di festa per guadagnarsi qualche privilegio. Che impudente!” esclamò. “Chi ti credi di essere? Sei solo uno schiavo e anche straniero, per giunta. Non hai alcun diritto di sederti con i veri Vichinghi. Perché piuttosto non vai nelle cucine e ci porti un bel piatto di arrosto, invece di startene in ozio?”

Gli altri Norreni risero sguaiatamente e anche Grethe rise di Tiago, ma nel loro caso non c’è da giudicarli: loro si trovavano in Wessex a combattere i Sassoni quando il giovane spagnolo aveva salvato prima la vista e poi la vita a Erik, quindi non potevano sapere niente del legame che c’era stato tra loro. Per loro Tiago era un servitore qualunque e Erik aveva tutto il diritto di dargli degli ordini…

“Non puoi chiamarmi schiavo” insisté il ragazzo. “Sai bene che Re Bjorn ha abolito la schiavitù in tutta Kattegat.”

“Oh, e va bene, se ci tieni tanto” sbuffò l’uomo. “Va bene, non sei uno schiavo, sei comunque un servitore e, come tale, devi renderti utile portandoci da bere e da mangiare. Cosa aspetti? Voi servi mangerete dopo, in cucina.”

“Come desideri, signor Erik” replicò allora Tiago. Si allontanò dalla tavolata tra le risate di scherno dei guerrieri e finse di dirigersi verso la cucina, ma non si sarebbe certo messo a servire Erik e i suoi nuovi amici. Non era il suo schiavo, non era il suo servitore, adesso era chiaro che non era più niente per lui… ma non era neanche un servo qualsiasi, lui era un guaritore, sapeva usare le erbe e l’energia della natura e, se Erik non aveva più bisogno di lui, sapeva che molte persone, invece, avrebbero avuto bisogno del suo aiuto. Invece che nelle cucine, si diresse verso la stanza che fino a poche notti prima aveva diviso con Erik. Un dolore sordo gli pulsava nel cuore e in tutta l’anima e lacrime bollenti gli solcavano il viso, ma cercava di farsi forza ripetendosi che non doveva stupirsi, che sapeva che quel momento doveva arrivare, prima o poi, e che poteva comunque fare qualcosa di importante nella sua vita, anche senza Erik. Prese dalla stanza le erbe e i medicamenti che vi teneva e i pochi vestiti che possedeva, mise tutto in un piccolo involto e poi uscì dal palazzo usando una porticina laterale. Sapeva già dove andare, aveva adocchiato quella casupola già da tempo, immaginando che prima o poi gli sarebbe servita: era la casetta in cui Aethelred aveva tenuto segregato Hvitserk per disintossicarlo, ormai quasi un anno prima, e dove Helgi aveva vissuto nei suoi primi mesi a Kattegat. Ora non la usava più nessuno e Tiago aveva deciso che quella sarebbe diventata la sua casa e anche la sua bottega, dove la gente sarebbe potuta venire liberamente a farsi curare da ferite e malattie.

Il giovane spagnolo iniziò a sistemare la piccola casa, a spazzare per terra, a pulire i tavoli e il cassettone per poterci poi sistemare le sue erbe, i medicamenti, le ciotole e i pestelli per preparare decotti e tisane. Lavorare fisicamente e concentrarsi per organizzare gli spazi della sua nuova abitazione lenivano il dolore che lacerava il suo cuore: Tiago si era sempre in un certo qual modo preparato ad un futuro senza Erik ma, ora che il momento era giunto, non poteva impedirsi di soffrirne e sentirsi morire dentro. Sperava solo che il tempo e la cura delle persone che avrebbero avuto bisogno di lui potessero servire da balsamo per le ferite che adesso bruciavano nel suo animo.

Il ragazzo si dedicò anche alla piccola stanzetta attigua nella quale avrebbe dormito, la ripulì ben bene, rifece il letto con coperte e pellicce che si era portato via dalla stanza che aveva condiviso con Erik e alla fine, stanchissimo, si gettò sul giaciglio appena fatto, riuscendo ad addormentarsi grazie alla stanchezza fisica dopo qualche minuto e qualche altra lacrima…

Quella notte, tuttavia, non fu drammatica soltanto per Tiago. Aethelred, infatti, si svegliò nel cuore della notte con un grido disperato, tremando e piangendo e per poco non fece venire un colpo a Ivar. Non appena capì cosa stava accadendo, il giovane Vichingo prese tra le braccia il suo compagno, lo strinse al petto, gli accarezzò il viso e i capelli e gli parlò dolcemente e pacatamente per tranquillizzarlo.

“Va tutto bene, Aethelred, sono qui insieme a te, non ti lascio solo” mormorò baciandolo sulla fronte e sui capelli. “Che ti succede? Ti senti male o hai avuto un incubo? Non preoccuparti, io sono qui.”

Il calore del corpo di Ivar, la forza del suo abbraccio e la tenerezza delle sue parole riportarono Aethelred alla realtà, strappandolo alle immagini orribili del sogno che lo aveva straziato.

“Ho sognato… ho sognato la battaglia contro i Sassoni” singhiozzò. “Tu ti gettavi nella mischia e attiravi i soldati, ma io… io non… io non arrivavo in tempo per salvarti!”

La disperazione nella voce del Principe era evidente, tuttavia Ivar non riusciva a comprendere perché Aethelred continuasse a pensare a quei momenti, a sognarli quasi tutte le notti, a torturarsi il cuore con quei ricordi. Era andato tutto bene, no? Adesso erano a Kattegat, insieme, e i Norreni avevano anche ottenuto un Regno in terra inglese di cui Hvitserk sarebbe diventato Re. La battaglia era passata, non era proprio il caso di starci a pensare tanto, visto che probabilmente ne avrebbero avute altre da affrontare di lì a poco.

“Aethelred, mi dispiace che quello che ho fatto quel giorno ti abbia sconvolto tanto, ma non dovresti pensarci più, adesso è tutto passato” gli disse Ivar, cercando di rassicurarlo. “Vedi cosa succede poi? A furia di ripensarci hai degli incubi in cui non riesci a salvarmi, ma tutto questo dolore non serve a niente. È passato tutto, io sono qui, sto bene.”

“C’è mancato tanto così, tanto così, Ivar, possibile che non te ne renda conto?” protestò Aethelred. “Se solo fossi arrivato un attimo più tardi, se solo un soldato mi avesse fermato, se solo…”

“Se, se, se… ma ti ascolti, Aethelred? Stai rimuginando su qualcosa che, per fortuna, non è accaduto” lo interruppe Ivar, sempre più perplesso. “Ti fai del male senza motivo immaginando mille scenari in cui le cose sarebbero potute andare male, ma non ha senso, non è andata così e tu mi hai salvato. Così facendo ti distruggi, finirai per ammalarti o per impazzire e non c’è neanche un motivo!”

“Io ho avuto paura di perderti!” esclamò Aethelred. “Possibile che tu non lo capisca, che non comprenda quello che ho provato?”

“Lo capisco, invece” lo corresse il Vichingo. “È proprio quello il motivo per cui ho compiuto quel gesto che ti ha tanto sconvolto: quando Harald è morto e io mi sono guardato intorno, ho visto i Sassoni che stavano schiacciando i nostri guerrieri, ho visto Hvitserk ferito, non riuscivo a vedere più Helgi… Ho temuto di perdere tutti voi ed è per questo che ho preferito attirare i Sassoni su di me.”

“Non mi era mai successo prima” mormorò Aethelred, ancora stravolto e confuso. “Insomma… non ti avevo mai visto combattere. Quando siamo venuti a riconquistare Kattegat tu davi gli ordini, guidavi i guerrieri, ma non combattevi e alla fine sei scappato. Lo stesso hai fatto quando hai combattuto al fianco dei Rus’ e nelle prime battaglie contro i Sassoni: restavi indietro e pianificavi le strategie, e io… io sapevo che eri al sicuro. Certo, se i nemici ci avessero annientati tutti saresti morto anche tu, ma allora io sarei caduto al tuo fianco… non ho mai dovuto temere per la tua vita e invece… invece quel giorno…”

Ivar strinse Aethelred ancora più forte. Era buffo: da una parte non capiva l’ostinazione del giovane nel ripensare a quella battaglia e ai modi in cui sarebbe potuta andare storta, dall’altra però condivideva la sua paura e la sua disperazione, perché era stato proprio quello a spingerlo a tentare una mossa disperata temendo che i soldati Sassoni avrebbero finito per uccidere Hvitserk e Aethelred. Anche lui quel giorno per la prima volta aveva sentito nel cuore la paura più terribile e dolorosa, quella di veder morire le persone amate, quindi poteva comprendere cosa avesse provato Aethelred.

Ciò di cui non riusciva a capacitarsi, però, era il motivo per cui il suo compagno continuava a straziarsi. Aveva avuto paura di perderlo, d’accordo, ma non era successo, erano insieme. Perché doveva torturarsi così?

“Io sono qui, Aethelred. Sono qui proprio grazie a te e non ho intenzione di lasciarti. Non mi perderai mai, staremo sempre insieme. Va bene così?” gli disse, prendendogli il viso tra le mani per guardarlo bene negli occhi. Erano due pozze così chiare e limpide, ma in quel momento in fondo si muoveva qualcosa di oscuro, un terrore paralizzante che non aveva ragion d’essere ma che spezzava il cuore e dilaniava la mente del giovane. Ivar voleva far scomparire quelle ombre dagli occhi del ragazzo che amava. Lo avvolse nel cerchio caldo e protettivo delle sue braccia e lo baciò a lungo e profondamente, perdendosi sulle labbra di quel giovane affettuoso e dolce che lo amava tanto da non poter neanche concepire una vita senza di lui. L’amore di Aethelred gli aveva cambiato la vita fin nel profondo, lo faceva sentire importante e prezioso per qualcuno, e lui non voleva che quel ragazzo così sensibile e meraviglioso soffrisse, voleva spazzare via le sue paure e i suoi pensieri dolorosi. Lo accarezzò a lungo, lo baciò ancora con più intensità, lungamente e profondamente. Aderì totalmente al suo Aethelred, desiderando un contatto più intimo possibile, godendo del tepore della sua pelle e della morbidezza del suo corpo. Si perse completamente dentro di lui, cercando di fondersi con il suo amante come se potesse scacciare la tristezza e la disperazione attraverso l’unione dei loro corpi. Portò il giovane Principe al culmine della passione e ancora oltre per poi esplodere con lui nell’estasi totale che lasciò entrambi sfiniti e ansimanti.

Alla fine, tuttavia, Ivar non si accontentò dell’amplesso e sentì il bisogno di tenere ancora stretto tra le braccia Aethelred. Sentì che il Principe Sassone si aggrappava convulsamente a lui, che aveva ancora bisogno del calore del suo corpo, dell’odore della sua pelle, di sentirlo sano e salvo, vivo e incollato a lui, di perdersi tra le sue braccia, di smarrirsi completamente nel suo abbraccio avvolgente e dimenticare le terribili immagini che aveva visto in sogno. Doveva sentire che Ivar era lì, che non gli sarebbe accaduto mai nulla, che sarebbero rimasti insieme per sempre. Il Vichingo non comprendeva del tutto l’angoscia del suo compagno, ma era ben felice di tenerlo abbracciato e di fargli sentire che era lì con lui, che non lo avrebbe mai perduto, che loro due non si sarebbero mai separati. Lo avvolse nel suo abbraccio, lo baciò dolcemente sui capelli arricciandoseli tra le dita, continuò a mormorargli parole tenere.

“Sono qui, Aethelred, sono con te, non mi perderai mai…”

E, piano piano, i loro corpi allacciati e incollati si rilassarono, il tepore e il languore del loro amore li vinse e li fece scivolare finalmente in un sonno profondo e pacifico.

E, almeno per quella notte, per Aethelred non ci furono altri incubi.

Fine capitolo secondo

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Cap. 3: Silence between the words ***


Cap. 3: Silence between the words

 

Was I not there when I told I needed you
And you told me we're through?
And was I not there when you needed someone new
To hand yourself over to?

Two of a hearts now oceans apart
Maybe we'll heal but carry the scars
It isn't easy, it's something we must do

The meaning is found in the silence between the words
No love and no lust, lets do what we must though it hurts
Gone is the face of beauty I found in you
Gone is the grace and gone are the days we knew.

(“Silence between the words” – The Dark Element)

 

“Maledizione! Cosa diamine sta succedendo qui?”

Tiago fu svegliato bruscamente dal suo sonno inquieto da una voce rabbiosa e da rumori per nulla rassicuranti, pugni che sbattevano contro il tavolo, ciotole e vasetti che s’infrangevano sul pavimento… ma che accadeva? Il povero spagnolo riuscì appena ad aprire gli occhi prima di essere investito da un violento ceffone che lo sbatté per terra. Disorientato, confuso e con la guancia dolorante, si rese conto che era Erik: era entrato nella piccola casetta dove lui aveva deciso di abitare e di lavorare come guaritore e adesso stava facendo un macello vero e proprio.

“Ma… ma… cosa fai? Perché stai distruggendo tutto?” mormorò Tiago, cercando di rialzarsi in piedi. Gli girava la testa e non capiva cosa stesse succedendo e perché Erik fosse tanto infuriato.

“Osi anche chiedermelo, stupido schiavo? Come ti sei permesso di andartene dalla dimora regale senza dirmi niente e, peggio ancora, di prenderti la libertà di abitare per conto tuo?” ringhiò l’uomo, mentre con uno sguardo carico di rabbia fulminava il povero ragazzo.

Tiago aveva affrontato molte volte Erik e lo aveva visto anche arrabbiato, ma non gli aveva mai fatto tanta paura come in quel momento, forse perché non riusciva a comprendere la sua furia e cosa avesse fatto di sbagliato per scatenarlo così.

“Non credevo che fosse un problema” provò a rispondere, intimorito. “Tu hai trovato una persona con cui stare, la shieldmaiden che ho visto alla festa, e così ho pensato che non avessi più bisogno di me. Ho pensato che…”

Erik lo afferrò per le braccia e lo sbatté contro il muro. Altri vasetti che stavano su una mensola lì accanto caddero a terra in mille pezzi.

“Gli schiavi non devono pensare!” gli urlò in faccia. “Devono solo obbedire! Riesci a immaginare la figura che ho fatto con Grethe e con i miei amici quando, ieri sera, non sei tornato a portarmi l’arrosto come ti avevo ordinato? O quanto ha riso Grethe stamattina quando sono stato per un sacco di tempo a chiamarti perché ci portassi l’acqua calda per il bagno? Tu sei il mio schiavo e il fatto che ora non abbia più bisogno di te come schiavo da letto non significa che tu non mi serva per le cose normali!”

Per un attimo a Tiago parve di vivere un incubo: ciò che stava accadendo non poteva essere reale. Aveva immaginato molte volte che Erik, tornato ad una vita normale, prima o poi avrebbe trovato una donna che gli piacesse davvero e che avrebbe voluto vivere con lei, dimenticandolo. Lo sapeva e lo accettava, non aveva mai creduto veramente che l’uomo fosse innamorato di lui. Però non aveva nemmeno pensato che potesse trattarlo con tanta cattiveria o che volesse tenerlo come suo servetto personale! Perché gli stava facendo questo? Aveva già dimenticato che era solo grazie a lui se ci vedeva di nuovo? Che era stato lui a salvargli la vita quando Ingrid aveva mandato la sua serva ad ucciderlo? Come poteva, adesso, comportarsi in quel modo?

“Io non sono il tuo schiavo, non ci sono più schiavi a Kattegat” provò a spiegare. Era allibito, spaventato e lacerato da un dolore tanto fisico quanto morale e la voce gli uscì in un sussurro. “Me ne sono andato per non disturbare te e Grethe e ho deciso di avere un piccolo spazio tutto mio dove fare il guaritore per la gente della città.”

“Ma che razza di idee ti sei messo in mente?” ruggì Erik, schiaffeggiandolo di nuovo. “Certo che sei uno schiavo e, tra l’altro, non sei neanche un Norreno, per cui sei ancora più inferiore degli altri schiavi! Non hai alcun diritto di prendere decisioni per conto tuo. Devo forse marchiare anche te per farti capire che cosa sei realmente?”

Tiago era agghiacciato e lacrime silenziose cominciarono a scorrergli sulle guance. Intanto, attorno a lui, tutto ciò per cui aveva lavorato e si era impegnato tanto era distrutto e Erik… Erik sembrava impazzito, avrebbe potuto fargli qualsiasi cosa in quel momento. Lo avrebbe marchiato? O forse lo avrebbe addirittura ucciso di botte? Il giovane spagnolo sapeva che in certi casi, quando era ancora un trafficante di schiavi, Erik aveva effettivamente ammazzato alcuni dei ragazzi e delle ragazze di sua proprietà a forza di percosse e maltrattamenti… Sarebbe successo lo stesso anche a lui?

Tuttavia, per fortuna, Erik era sempre lo stesso che prendeva decisioni d’impulso senza minimamente pensare alle conseguenze e, difatti, aveva fatto irruzione nella casetta lasciando la porta aperta e aveva esclamato a voce alta tutte le sue bestialità, così da attirare l’attenzione dei cittadini di Kattegat che, pian piano, si erano avvicinati per capire cosa stesse accadendo. E, tra di loro, i primi ad arrivare erano stati Hvitserk e Helgi. I due giovani, non appena si resero conto di quello che Erik aveva fatto a Tiago, entrarono anche loro nella piccola casa e, mentre Helgi si precipitava a confortare e rassicurare Tiago, Hvitserk sguainò un pugnale e lo puntò alla gola di Erik senza tanti complimenti.

A dirla tutta, a Hvitserk non dispiacque avere un motivo per strapazzare l’uomo. Non gli era mai piaciuto, lo trovava ambiguo e non capiva come avesse fatto Bjorn a dargli tanta fiducia, facendolo addirittura suo primo consigliere.

“Non azzardarti nemmeno per scherzo ad avvicinarti a Tiago” gli sibilò in faccia. “Non so chi ti abbia fatto credere diversamente, ma il ragazzo è stato catturato da Bjorn e da me durante una spedizione nella penisola iberica, anni fa, pertanto caso mai è un servitore della famiglia reale, non certo il tuo. E, comunque, adesso è stato liberato e quindi può andare a vivere dove gli pare e piace!”

Erik fremeva di rabbia repressa, ma sapeva di non poter reagire colpendo o, peggio, aggredendo con un’arma il fratello del Re.

“Tiago è stato il mio schiavo per tanti mesi e a voi non è mai importato niente, cosa vi cambia adesso?” si limitò a rispondere, in tono brusco.

“Ma allora non capisci proprio, devo farti un disegno? Tiago non è di tua proprietà e può fare quello che vuole” replicò Hvitserk, sempre più innervosito dall’arroganza di quell’uomo.

Intanto erano giunti anche Ivar e Aethelred e, ancora una volta, la voce del Principe Sassone risuonò calma e pacata per riportare la pace e la tranquillità in una situazione che stava per degenerare. Non aveva affatto paura di Erik e, del resto, dopo aver affrontato disarmato l’intero esercito Sassone e suo fratello Alfred per difendere Ivar, non c’era più niente che potesse intimorirlo.

“Non ci sono più schiavi a Kattegat” disse, come spiegando cose ovvie in un convegno di imbecilli. “Re Bjorn ha liberato tutti gli schiavi di Kattegat ormai da mesi e quindi Tiago ha ogni diritto di scegliere come vivere la sua vita.”

Nonostante adesso la situazione fosse completamente ribaltata, Erik non perse la sua arroganza. Fece un passo indietro per allontanarsi dal pugnale di Hvitserk e scoppiò in una risata.

“Oh, sì, va bene, Re Bjorn ha dato la libertà agli schiavi di questa cittadina” disse poi, “ma uno schiavo resta schiavo per sempre, anche se lo chiamate con un nome diverso. È un essere inferiore e non ha alcun diritto, tanto meno uno come quel ragazzino spagnolo, che non è neanche un Vichingo!”

Un lampo passò negli occhi di Aethelred.

“Molto bene” disse, in un tono freddo che in pochi gli avevano sentito. “Se è così che la pensi, allora faremo meglio ad andare tutti a parlare con Re Bjorn, così potrai spiegargli quello che hai combinato. Vedremo cosa dirà lui. Avanti, portatelo al cospetto del Re.”

Dopo un primo attimo di incredulità, perché in effetti Aethelred sembrava davvero molto arrabbiato e non era una cosa consueta per lui, Hvitserk e Helgi furono ben lieti di assecondarlo e, afferrato Erik per le braccia, uno da una parte e l’altro dall’altra, lo spinsero fuori in malo modo dirigendosi verso la dimora regale.

“Chi ti credi di essere? Bjorn è amico mio, non tuo, ascolterà me e non te!” urlò Erik mentre i due Vichinghi lo portavano via. “Neanche tu sei un Norreno, non puoi prenderti tutte queste libertà a Kattegat, sei un Sassone, uno dei nostri nemici, mi ascolti?”

Ma Aethelred non aveva nessuna intenzione di ascoltarlo. Mentre gli altri cittadini di Kattegat cominciavano a disperdersi, visto che lo spettacolo sembrava essere finito, il Principe entrò nella casetta e si avvicinò a Tiago, aiutandolo a rialzarsi.

“Stai bene?” gli disse, controllando che non avesse ferite. “Non preoccuparti, sistemeremo tutto e poi ti aiuteremo a rimettere in ordine qui, così potrai usare questa casetta come abitazione e come luogo per esercitare il tuo mestiere di guaritore. Erik non potrà più farti del male, Re Bjorn non glielo permetterà.”

Tiago sembrava più tranquillo. Si guardò intorno tristemente, il cuore gli doleva sia per il disastro che vedeva per terra sia per come lo aveva trattato Erik, ormai era chiaro che non ci sarebbe mai più stato niente tra di loro, da quel punto non si poteva tornare indietro. Sarebbe stato molto più facile rimettere a posto erbe medicinali e infusi piuttosto che il suo cuore spezzato… ma il giovane spagnolo aveva affrontato tante difficoltà nella sua vita e sarebbe sopravvissuto anche a questa.

“Grazie, io… ringrazio davvero tutti voi, credo che mi abbiate salvato la vita” mormorò. “Non preoccupatevi, qui riordino io, mi farà bene tenermi occupato.”

“Preferisci restare qui, dunque? Te la senti di restare da solo?” gli domandò ancora Aethelred.

“Sì, anzi, preferisco darmi da fare, così non avrò tempo per… per pensare… insomma, ecco…”

“Va bene, allora noi raggiungiamo gli altri alla dimora regale” disse il Principe. “Comunque, se avrai bisogno di qualcosa, non farti problemi a chiedere. Quello che Erik ha detto è una colossale idiozia: chiunque abiti a Kattegat è un cittadino di Kattegat, Norreno o straniero che sia, e ha gli stessi diritti di tutti. Ne ho già sentiti abbastanza di discorsi del genere e, almeno qui, non voglio mai più sentirne parlare!”

Aethelred sembrava ancora molto irritato quando si avviò verso la dimora regale insieme a Ivar, che lo aveva aspettato guardandolo in modo strano. Lo prese sottobraccio, appoggiandosi a lui e stringendolo a sé.

“Lo sai che mi ecciti quando fai il duro, vero?” gli sussurrò all’orecchio. “Però non ti avevo mai visto così, c’è qualcosa che devi dirmi?”

Aethelred si abbandonò all’abbraccio caldo e rassicurante di Ivar, tuttavia non era ancora del tutto tranquillo e l’ombra nei suoi occhi non scomparve.

“No, niente di particolare, è solo che non sopporto le ingiustizie e tanto meno i discorsi come quello che ha fatto Erik, mi ricordano fin troppo le chiacchiere di Elsewith contro i pagani” replicò. “Non voglio sentire sciocchezze del genere a Kattegat, qui chiunque è il benvenuto e a tutti è data una seconda opportunità.”

“Ah, questo è vero, se non lo so io…” scherzò Ivar. Si rendeva conto che Aethelred non gli stava dicendo tutto e che c’erano cose che lo ferivano nel profondo, ma non voleva insistere e preferì buttarla sul ridere. “Sbrighiamoci a raggiungere gli altri, non vedo l’ora di godermi lo spettacolo di Bjorn che si infuria con qualcuno che non sono io, per una volta!”

E Ivar aveva tutte le ragioni per essere compiaciuto, perché in effetti Bjorn era molto arrabbiato. Quando lui e Aethelred raggiunsero la Sala Grande, Hvitserk e Helgi avevano già raccontato tutto al Re di Kattegat che era rimasto particolarmente deluso e addolorato perché aveva sempre concesso grande fiducia e anche privilegi a Erik e non era per niente contento di vedere che lo ripagava così.

“Io ho combattuto contro i Rus’ e ho rischiato la mia vita per te” protestava Erik, “e tu adesso vuoi rimproverarmi o magari punirmi per uno stupido schiavo che non vale niente?”

Anche Gunnhild, seduta accanto al marito, aveva lo sguardo affranto visto che anche lei si era fidata di Erik. Ingrid, al contrario, che si trovava poco distante, cercava di apparire imperturbabile ma un sorrisetto le si era disegnato sulle labbra: ancora una volta Erik dimostrava di essere uno sciocco presuntuoso e si rovinava da solo con le sue stesse parole!

“No, Erik, non avrei voluto punirti per quello che hai fatto al giovane Tiago, anche se non ne avevi alcun diritto” replicò Bjorn, con una rabbia gelida nella voce, “ma perché proprio adesso hai messo in discussione un mio ordine. Sono mesi, ormai, che ho abolito la schiavitù a Kattegat e tu continui a riferirti al ragazzo come a uno schiavo: significa che non tieni in alcun conto un mio preciso decreto.”

Lo sguardo di Bjorn era penetrante e Erik comprese che, come al solito, aveva fatto tutto da solo. Si diede mentalmente dell’idiota, se l’era presa fin troppo per una scelta di Tiago perché si era sentito ferito nell’orgoglio, quando avrebbe dovuto fregarsene e lasciarlo fare. Voleva diventare un guaritore? Che lo facesse pure, a lui non importava più, aveva già trovato di meglio… Invece aveva voluto riaffermare il suo potere su di lui e, così facendo, si era messo tutti contro. Ora non ci sarebbe stato più posto per lui a Kattegat, aveva deluso Bjorn e Gunnhild, non lo avrebbero più accettato come primo consigliere. Gli altri non erano mai stati dalla sua parte, poteva vedere anche da lì Hvitserk e Ivar che sorridevano soddisfatti per la sua caduta in disgrazia, per non parlare di Ingrid, quella maledetta strega… Era inutile insistere, sarebbe riuscito soltanto a innervosire ancora di più Bjorn.

“Ti chiedo perdono, Re Bjorn” disse allora, cercando di salvare il salvabile. “Tu e la tua Regina siete stati fin troppo generosi con me e io ho abusato della vostra magnanimità e vi ho mancato di rispetto. Ma, in fondo, tu sapevi fin dall’inizio che non sono una brava persona, che ho commesso molti crimini. È stato nobile da parte tua offrirmi una seconda possibilità e io l’ho sprecata. Forse non sono fatto per vivere a corte e per comportarmi onestamente.”

Hvitserk e Helgi si scambiarono uno sguardo perplesso, mentre Ivar fissava l’uomo cercando di capire dove volesse andare a parare con quel discorso.

“Ti sarò sempre grato per quello che hai fatto per me e per il resto della mia vita sarò fiero di aver servito il grande Re Bjorn di Kattegat” riprese Erik. “Adesso, però, è giunto il momento che parta di nuovo e che riprenda la mia vita di prima, con alcuni dei miei compagni di razzie e… con Grethe, la donna che ha deciso di restare al mio fianco.”

“Io non ti sto cacciando da Kattegat” precisò Bjorn.

“Lo so, ma sono io che non posso rimanere e forse era il mio destino. Sono stato accanto a te quando ne hai avuto bisogno, ma adesso ci sono altri che possono prendere il mio posto e io sono pronto a salpare per nuove avventure” replicò Erik. Insomma, alla fine era riuscito a cadere in piedi e a far credere a tutti che andarsene da Kattegat fosse una sua decisione. Oppure chissà, forse lo era veramente, forse aveva fallito troppe volte nella sua scalata al potere, era stato umiliato da Ingrid, aveva capito di non essere tagliato per gli intrighi di corte.

“Vuoi dire che riprenderai a fare il pirata?” domandò Gunnhild.

“Pirata, mercenario, quello che capiterà” rispose Erik, scrollando le spalle. “In fondo sono un Vichingo, ho bisogno di azione e di avventura. Esplorerò altre terre, combatterò per chi mi pagherà meglio… insomma, quello che facevo prima. L’unica cosa che vi prometto, Re Bjorn e Regina Gunnhild, è che mai e poi mai combatterò contro di voi e contro la vostra gente. Per questo mi dirigerò verso terre lontane, forse in Islanda.”

“Ah, bene, ci manca soltanto che lui e Kjetill diventino amici” mormorò Helgi, cupo. Hvitserk lo strinse affettuosamente a sé.

“Non sappiamo neanche se Kjetill sia davvero in Islanda o se sia ancora vivo. Non devi più preoccuparti di lui, te l’ho detto un milione di volte” gli disse.

“E sia, allora” decretò Bjorn. “Erik Thorvaldsson, sei libero di partire da Kattegat e di dirigerti dove vorrai, con tutti coloro che desidereranno unirsi a te. Ti sono comunque grato per aver combattuto al mio fianco contro i Rus’ e per esserci stato quando ne avevo bisogno. Non lo dimenticherò, ma forse gli dèi hanno deciso che le nostre strade debbano separarsi. Che Odino ti protegga.”

Erik si inchinò davanti ai sovrani e poi si congedò, lasciando la Sala Grande. Si sarebbe dedicato ai preparativi necessari e sarebbe partito il mattino successivo, all’alba. Del resto, già da qualche giorno aveva parlato di questa possibilità con Grethe e con qualcuno dei suoi antichi compagni e l’incidente con Tiago aveva semplicemente affrettato le cose.

Sì, già, perché lui non era affatto pentito di quello che aveva fatto a Tiago e, a dirla tutta, non ci pensava nemmeno più. Gli scocciava aver fatto brutta figura davanti a Bjorn, ma riteneva di essersi difeso bene e adesso avrebbe ricominciato la sua vita da vagabondo e mercenario, magari era proprio questo che gli dèi volevano per lui. Non avrebbe avuto alcun rimpianto, non era tipo da rimuginare sul passato.

“Mi sembra che se la sia cavata fin troppo bene” obiettò Ivar, dopo che Erik ebbe lasciato la Sala Grande. “Insomma, Bjorn, gli permetti di andarsene così?”

“Cosa avrei dovuto fare, farlo impiccare per aver picchiato un ragazzo che, fino a poco tempo fa, era al suo servizio? Se così fosse dovrei giustiziare mezza Kattegat” replicò Bjorn. “Non approvo quello che ha fatto, ma la sua decisione di andarsene è la cosa migliore per tutti. Non posso dimenticare che è stato uno dei pochi a rimanere al mio fianco anche nei momenti peggiori, quando tu hai portato qui i tuoi amici Rus’ per invaderci.”

“Dovevi proprio dirlo, vero?” ribatté Ivar, indispettito. Probabilmente la sua reazione sarebbe stata anche più furiosa, ma colse lo sguardo impaurito e addolorato di Aethelred e tutta la sua collera svanì come portata via dal vento. Voltò le spalle al fratello e strinse il compagno tra le braccia: non capiva ancora perché Aethelred continuasse ad essere così cupo e dimostrasse tanta insofferenza verso ogni forma di violenza, ma non sarebbe stato lui a ferirlo iniziando una discussione con Bjorn. Del resto, cosa gli importava della sua opinione? Per lui contava solo Aethelred, il suo affetto e il suo amore.

“Comunque sia, Erik non piaceva a nessuno qui a Kattegat, staremo tutti meglio quando se ne sarà andato” commentò Hvitserk, per chiudere lì la faccenda.

“Ad ogni modo, ci sono diverse questioni molto più importanti di cui devo discutere con voi” disse Bjorn, “e, se anche non fosse accaduto questo spiacevole episodio con Erik, vi avrei convocati comunque per parlarvene.”

Un silenzio carico di tensione calò sulla Sala Grande, mentre Erik svaniva dalla mente di tutti come se non fosse mai esistito. Bjorn avrebbe parlato del Danelaw e della sua decisione di affidarne il governo a Hvitserk o c’erano fatti più gravi che loro ancora ignoravano?

Ivar sentì che Aethelred tremava leggermente tra le sue braccia e, ancora una volta, si sentì impensierito per lui. Da quando avevano fatto ritorno dal Wessex non era più il giovane determinato e sereno che conosceva, sembrava sempre tormentato e angosciato per qualunque cosa. Che gli stava succedendo?

Fine capitolo terzo

 

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Capitolo 4
*** Cap. 4: The promise ***


Cap. 4: The promise

 

Sometimes I wonder
Could I have known
About their true intentions
As the pain stayed the same
I'm going to haunt them down all the way
I made a promise to revenge his soul in time
One by one they were surprised

I held you tight to me
(But) you slipped away
You promised to return to me
And I believed!

(“The promise” – Within Temptation)

 

Le parole di Bjorn avevano creato molte aspettative, preoccupazioni e curiosità e, a dire il vero, a Erik e alla sua uscita di scena nessuno ormai pensava più.

“Come vi avevo anticipato al banchetto, dovrà esserci una nuova elezione per scegliere il Re dei Norreni, perciò io e Ingrid domani partiremo per Tamdrup e convocheremo Re, Regine e Jarl come la volta scorsa. In mia assenza sarai tu, Hvitserk, a governare Kattegat, così ti eserciterai per quando sarai Re del Danelaw” spiegò Bjorn. “Comunque non preoccuparti, ci saranno Gunnhild, Lagertha, Helgi e Aethelred se avrai bisogno di consigli e di appoggio.”

“Ci sarei anch’io, nel caso ve ne foste dimenticati” fece Ivar, sarcastico.

“Sì, ma non so se Hvitserk farebbe bene a seguire i tuoi, di consigli” ribatté Bjorn, ma questa volta si vedeva che scherzava e ridacchiava. Anche lui si divertiva a stuzzicare Ivar!

“Va bene” acconsentì Hvitserk, che rimaneva comunque poco convinto della propria capacità di regnare su Kattegat o su qualsiasi altro posto. Helgi gli strinse affettuosamente la mano, facendogli sentire il suo calore e la sua vicinanza.

“In realtà, però, ci saranno subito dei problemi molto gravi da affrontare, anche se spero che non si presenteranno fino a che non sarò tornato da Tamdrup” riprese il sovrano di Kattegat. “Abbiamo saputo che un Re Danese, un certo Egil, ha accolto mesi fa nel suo Regno un missionario cristiano che lo ha convertito. Questo missionario, però, è diventato talmente influente presso il Re da convincerlo a convertire forzatamente tutti i suoi sudditi e far giustiziare quelli che si rifiutavano. E, sempre più ossessionato da questo cristiano, ha deciso di convertire a modo suo prima tutta la Danimarca e poi la Scandinavia intera.”

“Ma ci sarà qualcuno che prima o poi si deciderà a far fuori lui e il suo missionario, magari con un paio di frecce ben assestate, no?” commentò Ivar. “I Norreni non accetteranno mai di piegarsi al Dio dei cristiani…”

“Questo non è il Dio dei cristiani” mormorò Aethelred, livido in volto. “Quel missionario è un folle, il nostro Dio è un Dio di amore, non vuole le guerre e tanto meno convertire a forza le persone. Bjorn, pensi… pensi che arriveranno anche qui a Kattegat?”

L’incubo peggiore di Aethelred si stava drammaticamente avverando.

“Che vengano pure, gli mostreremo noi cosa sanno fare i veri Vichinghi!” esclamò Hvitserk.

Helgi, questa volta, gli lanciò un’occhiata severa. Come poteva parlare così? Non si era accorto di quanto la prospettiva di nuove battaglie imminenti sconvolgesse Aethelred, che sembrava ancora provato da ciò che era accaduto in Wessex?

“Il piano di Re Egil è chiaro, anche se non è detto che riesca veramente a raggiungere Kattegat” rispose Bjorn. “Proprio per questo, comunque, è necessario eleggere al più presto un Re dei Norreni per organizzare tutti i Vichinghi in un grande esercito contro questi fanatici, un po’ come abbiamo fatto contro i Rus’. Nel frattempo, tuttavia, mi sono giunte voci di gente che è riuscita a sfuggire alla conversione forzata e che sta cercando di rifugiarsi in Norvegia e, in particolare, a Kattegat.”

“Per forza, la tua fama ti precede” scherzò Ivar, che proprio non riusciva a prendere sul serio la faccenda e soprattutto non si rendeva davvero conto di quanto questo straziasse il suo compagno.

“C’è stato un episodio in particolare, una storia molto dolorosa che ci colpisce più da vicino” soggiunse Gunnhild. “Una ventina di anni fa circa un giovane Jarl Norreno, mi pare che si chiamasse Einar, con sua moglie, il figlio di dieci anni e alcuni dei suoi amici partirono dai loro possedimenti per creare una colonia nel nord della Danimarca. Trovarono delle terre favorevoli e vi si stabilirono, in pace e armonia con i Danesi che vivevano da quelle parti, e lui diventò Re di quella colonia. Ecco, quella colonia è stata una delle prime terre che Re Egil ha attaccato, visto che si trattava di Norvegesi. Non si sono voluti piegare e il Re ha massacrato Einar, sua moglie e un suo figlio ancora bambino, oltre a molti cittadini che hanno rifiutato la sua conversione. Non so cosa ne sia stato del figlio maggiore, forse è riuscito a scappare…”

“Se ci è riuscito, probabilmente tenterà di rifugiarsi qui o a Tamdrup” commentò Bjorn.

Ivar sembrava immerso in una profonda riflessione e poi, all’improvviso, parlò.

“Ma io lo conosco quell’uomo!” esclamò. E, siccome gli occhi di tutti si puntarono su di lui come se avesse parlato in sanscrito, il giovane pensò bene di spiegarsi meglio. “Hvitserk, Helgi, via, lo conoscete anche voi. Era nell’esercito di Re Harald ed era venuto a razziare con loro in Wessex, ci abbiamo parlato diverse volte, un tipo grande e grosso, una specie di orso biondo… Asvard, ecco come si chiamava.”

“Sì, è vero, si era unito agli uomini di Harald ma veniva dalla Danimarca” precisò Helgi. “Ho parlato anch’io con lui, diceva che, siccome suo padre era un Re molto saggio e ancora forte e in salute, lui si divertiva a viaggiare, esplorare, razziare… prima di mettere la testa a posto e comportarsi da erede al trono.”

“Ma sì, Asvard!” rammentò Hvitserk. “Lo conosci anche tu, Bjorn. Si unì alla nostra spedizione, più di cinque anni fa, nella Spagna islamica, quando c’era anche Floki, ti ricordi? Mi ricordava molto te, per tanti versi: figlio di un Re, ma che preferiva vivere la vita del Vichingo piuttosto che fare il Principe…”

Bjorn annuì: quella era proprio la spedizione durante la quale i Norreni avevano fatto prigionieri molti spagnoli e islamici, tra i quali Tiago. Era triste pensare che quel giovanottone che allora era così spensierato e desideroso di avventure adesso fosse in fuga dopo aver perduto tutta la sua famiglia.

“Allora è quasi certo che, se potrà, verrà a Kattegat in cerca di aiuto” disse.

La malinconia per la sorte di un giovane uomo che molti di loro conoscevano era palpabile, ma nessuno notò che Aethelred, alle parole di Bjorn, era impallidito ancora di più e il suo sguardo si era fatto cupo e pieno di dolore. Se Asvard avesse chiesto aiuto a Bjorn e ai suoi, era quasi certo che avrebbe attirato in quei luoghi Re Egil e il suo fanatismo e… e sarebbe stata di nuovo guerra.

Asvard faceva effettivamente parte della spedizione di Harald e compagni in Wessex e, proprio quando si trovava là, aveva ricevuto un messaggio da un consigliere del padre che, mentre cercava di mettere in salvo i suoi cari, gli aveva chiesto aiuto. L’uomo, sconvolto per la notizia del massacro della sua famiglia, aveva preso con sé il gruppetto dei suoi uomini e aveva abbandonato le razzie per far ritorno alla sua città. Arrivato alla colonia, aveva scoperto che Re Egil, dopo aver ucciso suo padre, sua madre e il suo fratellino di dodici anni, era partito per altre spedizioni del genere, lasciando suo figlio, il Principe Thorir, a governare quel poco che era rimasto, insieme a un piccolo gruppo di soldati. Asvard e i suoi uomini si erano nascosti nei boschi attorno al villaggio per spiare i movimenti del Principe e dei suoi guerrieri e organizzare un piano senza essere scoperti, poi l’uomo aveva deciso di farsi catturare per avere modo di entrare in città e nel palazzo reale. Aveva finto di essere un vagabondo e Thorir, che non lo conosceva personalmente, lo aveva fatto catturare come schiavo.

Lì la fortuna di Asvard aveva iniziato a girare. Si era accorto che il giovane Thorir, un ragazzo di sedici o diciassette anni, non aveva proprio niente del vero Vichingo: si divertiva a vedere i suoi amici e i soldati combattere e addestrarsi, ma lui non era abile né con la spada, né con l’ascia o il pugnale e tanto meno nel corpo a corpo, minuto e delicato com’era. Aveva anche notato che non si interessava alla compagnia delle giovani donne della colonia, come invece facevano i soldati, eppure lui era il Principe e avrebbe potuto obbligare chiunque a sottomettersi a lui. Infine, si era reso conto del fatto che Thorir trovava qualsiasi scusa per venire da lui, magari per prenderlo in giro, insultarlo, farsi valere in modo petulante e spocchioso… però, a conti fatti, gli girava sempre intorno. Aveva persino deciso di promuoverlo a capo dei servitori di palazzo e così se lo teneva nei paraggi. *

E Asvard aveva fatto due più due e aveva capito quale sarebbe stata non solo la sua via di fuga, ma anche la vendetta perfetta contro Re Egil.

La sera precedente la notte scelta per la fuga aveva mandato una serva a portare un messaggio ai suoi uomini nascosti nel bosco, dicendo loro che sarebbe stata quella la notte decisiva: i guerrieri, dunque, avrebbero aggredito nottetempo le guardie e le sentinelle lasciate da Re Egil, poi si sarebbero recati al porto a requisire una nave. Asvard aveva deciso che avrebbe lasciato a governare la colonia quelli che fossero voluti rimanere, chi magari aveva moglie e figli che adesso erano ridotti in schiavitù, mentre gli altri sarebbero partiti con lui verso Kattegat. Alla cospirazione avrebbero partecipato anche i servitori di palazzo che, ovviamente, erano i sudditi di suo padre che avevano finto di accettare la conversione per salvarsi la vita, ma che ora erano ben lieti di vendicarsi. Quella notte, mentre fuori tutto sembrava tranquillo e quindi Thorir se ne era andato a dormire, Asvard aveva dato il via all’azione e, in silenzio, i suoi uomini e i servitori a lui fedeli avevano assalito e tagliato la gola ai soldati invasori. Lui, invece, si era recato nella camera dove dormiva Thorir, che era la camera reale in cui avevano dormito i suoi genitori. Questo pensiero lo fece ribollire di rabbia e, per un momento, pensò di ammazzare quel Principe che osava usurpare il letto dei veri sovrani... ma in realtà Thorir non aveva fatto niente, gli unici veri responsabili erano Re Egil e quel folle missionario cristiano, e lui aveva in mente un modo più efficace per straziare il crudele Re prima di ucciderlo.

Si spogliò e si mise nel letto del Principe, gli mise una mano sulla bocca per impedirgli di gridare (caso mai gli fosse venuto in mente) e con l’altra iniziò a spogliare anche lui e ad accarezzarlo in modo sempre più intimo e audace. Il ragazzo, svegliatosi di soprassalto e colto del tutto alla sprovvista, sussultò e trasalì, i suoi occhi verdi si fecero immensi e pieni di terrore quando vide l’uomo sopra di sé, ma poi il suo corpo cominciò a tradirlo: le carezze e i tocchi sempre più spinti e sensuali gli annebbiarono il cervello, si sentì il sangue bollire e sciogliersi nelle vene e le gambe farsi tremanti. Mentre Asvard lo dominava e lo sovrastava con il peso del suo corpo riuscì solo ad aggrapparsi alle sue spalle possenti e a lasciargli fare tutto ciò che voleva, intimidito ma anche accogliente e docile, tanto che l’uomo smise anche di tenergli chiusa la bocca visto che Thorir, al massimo, si limitava a qualche sospiro e gemito spezzato.

“Non preoccuparti, Principe Thorir” gli aveva detto dopo averlo posseduto. “Io non sono davvero uno schiavo o un vagabondo, sono un Principe come te. Sono Asvard, il figlio del Re che tuo padre ha massacrato!”

Thorir era stravolto, ma gli era rimasta ancora un po’ di energia per spaventarsi.

“Quindi vuoi uccidermi?” aveva mormorato, gli occhi verdi di nuovo sgranati.

“Se avessi voluto ucciderti lo avrei già fatto, invece mi sembra di averti dato proprio quello che volevi” lo prese in giro l’uomo. “E lo farò ancora, perché non è di te che voglio vendicarmi, non sei stato tu a sterminare la mia famiglia e i consiglieri di mio padre. Ti osservo da un pezzo e posso dire con sicurezza che non hai mai ucciso nessuno, non ne saresti neanche in grado. Ma mi servi per distruggere tuo padre prima di ucciderlo.”

Thorir continuava ad essere confuso e travolto dagli eventi. Il contatto con il corpo dell’uomo lo faceva ancora tremare, ma non capiva cosa veramente volesse da lui.

“Io ti ho capito in poche settimane meglio di quanto tuo padre abbia fatto in sedici o diciassette anni di vita” riprese Asvard. “Tu fai il prepotente e lo spocchioso con i servi e con chi non può difendersi perché hai paura di quelli davvero forti. Non hai mai partecipato a razzie, non ti interessano le ragazze del villaggio e di sicuro non hai la grinta e il carisma per governare. Forse tuo padre lo sa ma finge di non vederlo. Per me invece va bene così, quello che conta è che tu ti metta dalla mia parte, che tradisca tuo padre per la mia causa e la mia vendetta. Credo che tu non abbia davvero approvato quello che Re Egil ha fatto in questa colonia e, tanto meno, la sua ossessione per il missionario cristiano. Immagino che tu abbia finto di convertirti, come fingi per tante altre cose.”

Thorir annuì.

“Io non ho mai rinnegato i nostri dèi. Forse non riuscirò mai a guadagnarmi il Valhalla, ma è quello il luogo a cui aspiro” ammise. “E questo Dio ipocrita che dovrebbe portare pace e fratellanza ma poi fa fare alla gente… beh, quello che ho visto fare qui, non fa per me.”

“Allora sei dalla mia parte” concluse spiccio Asvard, “e sarà questo il dolore più grande che darò a tuo padre prima di ucciderlo. Lui mi ha tolto la mia famiglia e io gli metterò contro il suo stesso figlio e erede. In cambio tu con me non dovrai fingere di essere ciò che non sei e io mi guadagnerò la tua sottomissione ogni volta che vorrò… come ho già fatto.”

“Aspetta, io… va bene, non approvo il Dio di mio padre e detesto il suo missionario, ma non sono un traditore, io…” provò a protestare Thorir, ma Asvard riprese ad accarezzarlo e a toccarlo in modo provocatorio, lo dominò ancora, lo possedette ripetutamente e la protesta del ragazzo finì lì. Non riusciva neanche a respirare o a pensare lucidamente, travolto com’era dall’ardore dell’uomo, figuriamoci se era in grado di obiettare qualcosa.

Ottenuto ciò che voleva, Asvard si alzò dal letto e si rivestì.

“I miei soldati dovrebbero aver requisito una nave al porto con cui scappare da qui e rifugiarci a Kattegat, dove chiederò l’aiuto di un vecchio amico, il grande guerriero Bjorn La Corazza” spiegò l’uomo. “Adesso vado a organizzare tutto per la partenza e poi tornerò a prenderti.”

“Ma… come?” il giovane Principe iniziava a sentirsi un po’ usato… il che era esattamente quello che Asvard voleva.

“Non preoccuparti, non ti farò mancare quello che vuoi da me, solo non ora, non ho altro tempo da spendere con te” lo interruppe. “Verrò a prenderti prima dell’alba per partire.”

E, senza dire altro, uscì dalla stanza lasciando il ragazzo smarrito e scombussolato per il caos di emozioni che lo sopraffacevano. Mentre raggiungeva i suoi uomini, Asvard pensò che anche lui aveva dovuto fingere e mostrarsi duro e insensibile con Thorir, lo aveva preso quanto aveva voluto ma senza indulgere in baci o altre effusioni, anche se… anche se quel Principe arrogante e petulante lo aveva intrigato non poco e il suo corpo liscio, delicato e minuto era stata una fonte di piacere che non si aspettava. Gli sarebbe piaciuto poterselo godere di più e meglio di così, ma non poteva permetterselo: la vendetta era ciò che contava davvero e lui non doveva lasciarsi trascinare dai sentimenti o, peggio, sviluppare un vero affetto per il Principe. Forse più avanti sarebbe stato costretto a ucciderlo e non voleva trovarsi a esitare neanche un istante.

La sua promessa di vendetta doveva essere una priorità assoluta. Sarebbero arrivati a Kattegat e Bjorn e i suoi fratelli lo avrebbero aiutato, solo quello aveva importanza.

Aethelred non aveva torto a preoccuparsi, visto che la scelta di Asvard avrebbe condotto Re Egil e quelli che era riuscito a portare dalla sua parte dritti a Kattegat. Quella notte un vento gelido parve turbarlo nel sonno e il Principe Sassone si strinse di più a Ivar, nel rifugio caldo e sicuro delle sue braccia… ma non riuscì a sciogliere il gelo che si era infiltrato nelle sue ossa.

Ancora una volta qualcosa di molto grave si profilava all’orizzonte per i Norreni di Kattegat…

Fine capitolo quarto

 

* Ho preso i personaggi di Asvard e Thorir quasi pari pari dal film “The Northman”, che racconta la vicenda a cui si è ispirata la tragedia di Amleto. Ovviamente qui la storia è diversa, perché il padre del protagonista è stato ucciso da un Re rivale (e in questo modo ho potuto legare la vicenda a quello che accade in Vikings). Ho cambiato nome al protagonista (Asvard invece di Amleth, troppo legato al personaggio shakespeariano), ma Thorir fa davvero parte della storia ed è davvero come lo rappresento qui. Nel film Amleth/Asvard decide di vendicarsi dell’assassino di suo padre uccidendogli il figlio, mentre qui la sua vendetta è molto più… sottile, ma anche più potente! Per chi non conosce il film, può vedere Asvard e Thorir nell’aestethic all’inizio del capitolo.

 

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Capitolo 5
*** Cap. 5: Reborn ***


Cap. 5: Reborn

 

You will never take it from me now
You will not destroy what I lived for
You will never force me to sell my soul
I will not give up on my freedom
Rising up all the way
From this hell
I will not give up
I will not stand down
I try to find my way
It's never enough
I close my eyes now
There is no turning back
It's the end but I'll be reborn…

 (“Reborn” – Xandria)

 

I giorni successivi a quell’incontro con Bjorn erano stati frenetici ed era vero che venti di guerra sempre più impetuosi soffiavano verso Kattegat, tuttavia c’era stata almeno una buona notizia: Bjorn e Ingrid non avrebbero dovuto lasciare Kattegat per partecipare all’elezione del nuovo Re dei Norreni. Infatti, non appena la notizia della morte di Re Harald si era sparsa tra i Vichinghi, quasi tutti i Re, le Regine e gli Jarl di Norvegia erano andati personalmente a Kattegat per ribadire che Bjorn era l’unico e il solo vero Re dei Norreni, che avrebbero dovuto votare per lui fin dal principio e che tutta la nazione era pronta a unirsi sotto la sua egida. Visto il pericolo imminente rappresentato dal Re Danese Egil e dalla sua smania di convertire al Cristianesimo o uccidere, anche Ingrid aveva accettato la scelta dei Norreni e aveva acclamato Bjorn come Re. In cambio, Bjorn l’aveva eletta ufficialmente Regina di Tamdrup, in quanto vedova di Re Harald, e sia i nobili che il popolo della capitale avrebbero dovuto accettarla senza obiezioni e senza pretendere che si risposasse, a meno che non fosse stata lei stessa a desiderarlo: questo era un ordine preciso del nuovo Re dei Norreni e nessuno avrebbe potuto disobbedire.

Dunque molte cose sembravano tornate al loro posto: Bjorn era il nuovo Re dei Norreni, Ingrid la nuova Regina della capitale Tamdrup e Hvitserk il Re del Danelaw, le colonie Vichinghe in Wessex.

Quel giorno, però, Aethelred sedeva da solo sulla spiaggia di Kattegat, nei luoghi che avevano visto l’inizio del suo amore con Ivar, e rifletteva sempre più turbato e preoccupato su quello che sarebbe potuto accadere già entro poche settimane, se non giorni. Il Principe Norreno Asvard, quello di cui Bjorn e Gunnhild avevano parlato qualche giorno prima, non era ancora giunto a Kattegat e non si sapeva nulla di lui, ma altri erano riusciti a scappare dalla Danimarca e avevano chiesto aiuto e protezione al nuovo Re dei Norreni. Proprio il giorno prima, per esempio, era arrivata una nave da cui erano sbarcati degli esuli guidati da un giovane di nome Leif e da sua sorella Freydis: anche loro venivano dalla Danimarca e anche la loro storia era tragica. Il padre di Leif e Freydis era un Re Danese che non si era voluto piegare alla conversione forzata di Re Egil e così era stato ucciso, ma prima aveva dovuto assistere alla flagellazione di Leif e allo stupro di Freydis, che poi era stata sfregiata dalla spada del Re che le aveva inciso una grande croce sulla schiena. Il Principe e la Principessa erano stati dati per morti e Re Egil aveva ordinato che venissero buttati in un fosso fuori dalla loro città e lasciati lì in pasto a lupi e orsi, poi aveva affidato il governo di quel Regno ad un altro dei suoi nobili fedeli, manipolato anche lui dal missionario cristiano. Per fortuna dei due giovani, alcuni abitanti della città erano riusciti a nascondersi nei boschi e a sfuggire ai soldati di Re Egil e, non appena le cose si erano calmate, erano accorsi per cercare di salvare quelli che consideravano i loro veri sovrani. Avevano curato e medicato le ferite di Leif e Freydis, li avevano portati in un piccolo villaggio di pescatori lì accanto dove i due si erano lentamente ripresi e poi, una volta rimessi in forze, Leif e Freydis con i loro compagni si erano fatti prestare una barca per raggiungere Kattegat.

Una storia orribile, certo, Aethelred non poteva negarlo e tanto meno poteva accettare che simili atrocità si compissero in nome del Dio che lui sapeva essere Amore infinito… ma la loro presenza a Kattegat avrebbe probabilmente attirato l’ira di Re Egil. Lui non aveva paura di combattere contro i Danesi, in questo caso non aveva conflitti di interesse come era avvenuto in Wessex perché quelli per lui non significavano niente, non li considerava neanche dei veri cristiani, ma era terrorizzato all’idea che Ivar decidesse ancora una volta di partecipare attivamente alla battaglia come aveva fatto in Wessex, quando per poco non era rimasto ucciso.

La cosa peggiore, però, era che quello era l’unico argomento del quale non poteva proprio parlare con Ivar e non perché il suo compagno non volesse parlarne, ma perché Ivar non riusciva a comprendere i timori di Aethelred e, di conseguenza, non era in grado di placarli. Sarebbe bastato che il giovane Vichingo promettesse al compagno di non fare imprudenze, di non gettarsi nella mischia e di limitarsi a pianificare strategie e a scagliare frecce dal suo carro da guerra… ma Ivar non aveva nessuna intenzione di farlo, perché non ne vedeva il motivo. Quella era la prima volta in cui la differenza di mentalità, tradizioni e costumi divideva i due giovani amanti, scavando un abisso che nessuno dei due voleva ma che straziava il cuore di Aethelred.

E, a proposito di Ivar, il giovane giunse proprio in quel momento sulla spiaggia, trascinandosi sulla stampella e arrivando alle spalle del Principe.

“Ehi, ti ho cercato dappertutto, ma avrei dovuto immaginare che ti avrei trovato qui” gli disse, in tono affettuoso e scherzoso. “È un luogo molto importante e pieno di bei ricordi… per tutti e due. Mi piacerebbe restare qui con te, magari spogliarci nudi e rotolarci nella sabbia, ma in realtà ti stavo cercando perché volevo presentarti una persona, una persona che non avrei mai pensato di rivedere e che è stata molto importante per me quando ero un ragazzo.”

Aethelred arrossì violentemente. Ecco, un’altra cosa in cui erano molto diversi era proprio quella: Ivar, come tutti i Vichinghi, non aveva falsi pudori e parlava di sesso (e lo metteva in pratica!) anche nei luoghi più impensabili, mentre Aethelred, cresciuto in una corte cristiana e oppressiva, pensava che certe cose fossero da fare e da nominare solamente in un contesto intimo e privato e soltanto tra le due persone interessate!

“Davvero? Chi è questa persona?” domandò comunque, interessato suo malgrado. Si alzò in piedi, si spolverò abiti e mantello dalla sabbia e si affiancò al suo compagno, che gli si appoggiò stringendolo dolcemente e lo condusse verso il porto.

“Eh, no, deve essere una sorpresa” replicò sorridendo Ivar. “Stamattina sono venuto al porto perché a quanto pare è sbarcato quel Principe di cui ci aveva parlato Bjorn, Asvard, e io sono andato a salutarlo perché lo conoscevo dalla spedizione in Wessex. L’ho trovato molto scosso ma anche determinato a vendicarsi, lui e i compagni che sono venuti con lui. La cosa strana è che ha portato con sé un ragazzetto, il figlio del Re Egil, dice di averlo preso come ostaggio ma mi è sembrato strano… Comunque non è di lui che volevo parlarti.”

Aethelred, istintivamente, rabbrividì e si strinse di più a Ivar. Perché quell’Asvard aveva rapito il figlio del Re e lo aveva portato proprio a Kattegat? Sì, razionalmente poteva capirlo: Re Egil gli aveva strappato tutta la sua famiglia e adesso lui gli portava via il suo unico figlio… ma questo voleva dire attirare ancora di più la collera di Re Egil verso Kattegat. Non sarebbe finita bene, non poteva finire bene…

Al porto c’era una gran confusione, la gente di Kattegat si era riunita attorno alle navi giunte da ogni dove e, in particolare, molti avevano fatto capannello intorno a un uomo che non si riusciva a scorgere in mezzo ai cittadini festanti. Aethelred riuscì per un attimo a dimenticare le sue pene, vinto dalla curiosità. Chi poteva essere quella persona misteriosa che Ivar e anche molti cittadini di Kattegat dimostravano di amare e rispettare tanto? Possibile che lui non ne avesse sentito parlare? Eppure erano ormai più di due anni che viveva con i Vichinghi e un anno e mezzo almeno da quando si era trasferito a Kattegat…

“Avanti, avanti, lasciate passare Ivar Senz’Ossa che vuole abbracciare il suo vecchio amico… e presentargli il suo compagno!” disse ad alta voce il giovane Vichingo per farsi largo tra la gente che circondava l’uomo che desiderava raggiungere.

A quelle parole i cittadini di Kattegat iniziarono a fare qualche passo indietro per lasciare al figlio di Ragnar Lothbrok la possibilità di vedere finalmente l’amico che pensava non avrebbe mai più incontrato.

Aethelred rimase un tantino deluso quando vide l’uomo per la prima volta: dopo tutto quello che aveva detto Ivar, dopo l’entusiasmo che aveva notato tra la gente di Kattegat per il suo ritorno si sarebbe aspettato… beh, non sapeva neanche lui che tipo di uomo, ma di certo non quello che si trovava davanti. Quello che vedeva era un uomo molto magro, con una lunga barba bianca che lo faceva sembrare senza dubbio più anziano di quanto non fosse realmente, gli occhi bistrati, delle rune tatuate sul cranio calvo e vestito di abiti di foggia strana, né Norrena né Sassone. Quando, però, l’uomo vide Ivar e lo riconobbe i suoi occhi brillarono e un sorriso gli illuminò il volto, rendendolo improvvisamente più giovane. Aethelred si rese conto che, in effetti, non avrebbe potuto dare un’età a quell’uomo e che in lui c’era veramente qualcosa di speciale, un’energia e una potenza che catturavano… non era uno qualunque, questo era certo, e adesso cominciava a capire perché Ivar ci tenesse tanto a farglielo conoscere.

“Ivar!” esclamò l’uomo, spalancando le braccia verso il giovane Vichingo. “Ma guardati, adesso cammini praticamente da solo con quell’armatura di ferro. Ricordo ancora il primo carro da guerra che ti costruii per permetterti di partecipare alle battaglie, ma devo ammettere che questo è molto meglio.

Ivar rise a si getto tra le braccia del vecchio amico, un secondo padre per lui. A quel tempo, Floki era stato l’unico a credere in lui e ora il giovane Vichingo era fiero di mostrargli quanto fosse stato coraggioso e determinato.

“Solo un testardo come te ci poteva riuscire, in questo sei proprio come tuo padre Ragnar e forse è per questo motivo che lui credeva in te” riprese Floki.

“Ma anche tu sei un testardo” replicò Ivar, prendendolo affettuosamente in giro. “Ti credevamo morto in Islanda e invece rispunti fuori dopo più di due anni e sei risorto come Odino! Hai anche acquisito la conoscenza delle rune come lui?”

Floki fissò Ivar con un sorrisetto furbo che era già di per sé una risposta.

“Magari non la conoscenza delle rune, ma in questi anni credo di aver imparato molte cose, mi sono affidato agli dèi e loro mi hanno condotto fino alla Terra Dorata dove un popolo di nativi, pacifici e legati alla natura, mi hanno curato e guarito” spiegò. “A proposito, devo portare a tutti i saluti di Ubbe, Torvi e del gruppo che è arrivato fin là e si è perfettamente integrato con i nativi di quella terra, fondando una nuova colonia in pace e prosperità.”

Ivar era rimasto a bocca aperta: Ubbe dunque ce l’aveva fatta, era giunto in una terra lontanissima che nessun Norreno prima di lui aveva mai visto, e vi aveva fondato una colonia! Davvero stava iniziando una nuova era per il mondo Vichingo…

Assistendo a questa scena, Aethelred comprese quanto veramente l’uomo che era appena sbarcato a Kattegat fosse stato e fosse tuttora importante nella vita del suo compagno e provò una grande commozione, ma allo stesso tempo anche una punta della sua antica insicurezza. Chiaramente per Ivar l’opinione e l’approvazione di quell’uomo erano molto importanti… e se lui non fosse piaciuto a questo Floki? Se l’uomo avesse pensato che Ivar dovesse avere una moglie e dei figli, oppure un compagno Vichingo come lui e non certo un Sassone cristiano? Per un istante Aethelred desiderò scappare, scomparire, seppellirsi… poi Ivar si voltò verso di lui con il suo immenso e bellissimo sorriso magnetico, con gli occhi azzurri brillanti come il mare di Kattegat illuminato da scaglie di sole, e si avviò verso di lui conducendo Floki con sé per fare le presentazioni.

In effetti Aethelred avrebbe avuto anche ragione di dubitare della simpatia di Floki per i Cristiani, visto che, ormai molti anni prima, era stato proprio lui a uccidere il monaco Athelstan, il vero padre di Alfred, quando aveva temuto che la sua amicizia troppo stretta con Ragnar potesse condurre il Vichingo verso una conversione. In realtà, però, Floki aveva vissuto moltissime esperienze devastanti da quel giorno ormai lontano e queste lo avevano cambiato profondamente. Era ancora l’uomo legato ai suoi dèi molto più di qualsiasi altro abitante di Kattegat, ma ora gli dèi non gli chiedevano più di razziare, uccidere e massacrare ma, al contrario, lo avevano condotto in terre lontane dove aveva appreso che i popoli potevano vivere insieme, aiutandosi e collaborando e non per forza combattendo gli uni contro gli altri; gli avevano insegnato a rinunciare a ogni ambizione e desiderio di potere e cercare invece la pace, l’armonia, l’amore e la compassione per gli altri. E così, pur senza saperlo e pur essendo devoti a divinità diverse, sia Floki sia Aethelred avevano compiuto un cammino simile, si erano evoluti e adesso erano molto più simili di quanto chiunque avrebbe mai potuto immaginare!

“Immagino che avrai migliaia di storie da raccontare a tutti noi, Floki, e lo farai più tardi quando saremo nella dimora regale di Bjorn” disse Ivar, compiaciuto, “ma adesso è il momento delle presentazioni. Aethelred, questo è Floki, il miglior amico di mio padre Ragnar e il più grande e geniale costruttore di navi di tutto il mondo Norreno… e anche un po’ folle, a dirla tutta, ma in questo somiglia a me! E lui è Aethelred, originariamente un Principe Sassone, ma adesso è anche lui un vero e proprio Vichingo e anche il mio compagno di vita. Sai che è proprio grazie a lui se abbiamo ottenuto delle terre nel Wessex dove abbiamo fondato delle colonie? Aethelred ha convinto il Re Sassone, che poi è anche suo fratello, e ci ha fatto acquisire questo Regno Norreno nel Wessex, il Danelaw, dove Vichinghi e Sassoni vivranno fianco a fianco in pace e collaborazione.”

Con grande stupore di Aethelred, Floki lo fissò con ammirazione.

“Allora è per questo che gli dèi mi hanno mandato Ragnar a disturbarmi” disse. “Sai, Ivar, tuo padre veniva da me tutte le notti a chiedermi di costruirgli una nave e io gli chiedevo cosa volesse farne, visto che ormai era morto… poi però l’ho costruita e lui mi ha detto che non la costruivo per lui ma per me, per tornare a Kattegat. Io non capivo, comunque mi sono imbarcato lo stesso e adesso comprendo il perché: Ragnar sapeva che Ubbe era ormai al sicuro nella sua nuova terra e voleva che vedessi che anche gli altri suoi figli stavano costruendo un nuovo tipo di mondo Norreno a Kattegat! Un mondo non più fondato sulla violenza e l’oppressione, bensì sulla collaborazione pacifica tra i vari popoli, una cosa che solo i veri Vichinghi possono fare perché solo loro hanno spirito di avventura, curiosità e mente aperta.”

Ivar sembrava perplesso, ma Floki era entusiasta di Aethelred e per lui questo poteva bastare.

“Sono molto felice di conoscerti, Aethelred… non avrei mai pensato di dirlo di un Sassone e tanto meno di un Principe del Wessex, ma le cose cambiano davvero tanto” esclamò Floki, stringendo con entusiasmo la mano del giovane Sassone. “Immagino che tu sia cristiano, non è così?”

“Sì, ma questo non mi impedisce di rispettare i vostri dèi, i vostri costumi, usi e tradizioni e di… e di amare Ivar e sentirmi a casa mia in questa città” rispose Aethelred, arrossendo. “Anch’io sono onorato di conoscerti.”

Ivar sorrise. Era compiaciuto nel vedere che le persone più importanti della sua vita avevano già trovato dei punti in comune e cominciava a pensare che, nonostante le difficoltà che si profilavano all’orizzonte, le cose sarebbero tuttavia migliorate presto a Kattegat!

Fine capitolo quinto

 

 

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Capitolo 6
*** Cap. 6: Animus ***


Cap. 6: Animus

 

Climb way higher, free your fire
Never looking down below
Aim for the top, keep in motion
Get ready sometimes to fall
Light the embers, make it happen
Dare to fight against the odds
Be the one to shape your future
Just unleash you inner force
Unleash your inner force!
Animus!

(“Animus” – Moonlight Haze)

 

Non fu una cosa semplice arrivare dal porto alla dimora regale, sebbene la strada non fosse poi lunghissima. Ma la voce del ritorno inaspettato di Floki si era sparsa rapidamente per tutta Kattegat e, lungo il tragitto, tutti volevano vederlo, salutarlo, parlargli e l’uomo era felice di sentire l’affetto dei suoi concittadini dopo tanto tempo. Gli pareva anche di percepire un’atmosfera nuova a Kattegat, qualcosa che non c’era ai tempi in cui aveva deciso di partire con il gruppo dei suoi seguaci per fondare la colonia in Islanda… Ma non ebbe il tempo di formulare appieno il pensiero, perché Ivar lo obbligò a una deviazione prima di giungere alla dimora regale.

“Prima di andare da Bjorn voglio farti una sorpresa” gli disse, con fare misterioso. “Sono sicuro che non immagini neanche chi sto per farti incontrare…”

Ivar, infatti, si era accorto che Hvitserk e Helgi si trovavano presso la casetta in cui Tiago aveva deciso di abitare e di svolgere il suo mestiere di guaritore. Il giovane spagnolo in quel momento non c’era, si era recato nei boschi per raccogliere erbe e radici che gli sarebbero serviti per i suoi decotti e medicamenti… visto che Erik, nella sua furia da orso impazzito, aveva distrutto praticamente tutte le sue scorte. Ma Hvitserk e Helgi si erano presi particolarmente a cuore il ragazzo dopo ciò che gli era successo e avevano deciso di aiutarlo: così, in quel momento, si trovavano nella piccola e modesta abitazione per rimettere in ordine e riparare tutto ciò che Erik aveva fatto a pezzi. Quando Ivar condusse Floki e Aethelred nella casetta, Hvitserk stava montando delle nuove scaffalature di legno fatte con delle assi lunghe, sulle quali Tiago avrebbe potuto sistemare i suoi rimedi; Helgi invece aveva riparato le sedie che Erik aveva rotto e stava aggiustando il tavolo.

“Immagino che non avrai dimenticato Hvitserk… e nemmeno Helgi, non è vero?” domandò, mentre gli occhi gli brillavano.

“Floki? Non credo ai miei occhi… allora è vero, gli dèi ti hanno protetto e ti hanno riportato da noi!” esclamò Hvitserk, dimenticando quello che stava facendo e correndo incontro al vecchio amico. “Sono così felice di riabbracciarti e di trovarti sano e salvo!”

Floki abbracciò Hvitserk, ma i suoi occhi erano fissi su Helgi, che aveva lasciato cadere gli strumenti con i quali riparava il tavolo ed era rimasto immobile, impietrito e senza fiato.

Uno sguardo d’intesa passò tra Ivar, Hvitserk e Aethelred che decisero di lasciare ai due un po’ di privacy: non potevano neanche immaginare la tempesta di sentimenti ed emozioni che stava travolgendo entrambi, le esperienze che li avevano legati e poi separati erano state talmente terribili ed estreme da rischiare di togliere loro il senno e pareva un sogno ritrovarsi a Kattegat, vivi e al sicuro, come se nulla fosse accaduto.

Floki si avvicinò lentamente ad Helgi, con cautela, come se temesse di spaventarlo o di vederlo svanire all’improvviso.

“Sei vivo… Helgi, io… non riesco a crederci… sono stati gli dèi a proteggerti, ti hanno salvato!” mormorò l’uomo.

“Sì, credo… credo che siano stati gli dèi” rispose Helgi, tremando, “perché io non so neanche come sia riuscito a fuggire, come abbia fatto a ritrovarmi su una nave diretta a Kattegat…”

Vedendo il suo compagno così turbato e spaventato, Hvitserk avrebbe voluto correre da lui e stringerlo tra le sue braccia, ma Ivar gli posò una mano sulla spalla per trattenerlo: quello non era il momento, era chiaro che l’incontro era sconvolgente sia per Helgi sia per Floki, ma era anche necessario che i due potessero parlarsi e realizzare ciò che era accaduto.

Floki fu il primo a riprendersi dal turbamento e, con le lacrime agli occhi per la commozione, si avvicinò per abbracciare il ragazzo.

“Sono così felice che tu sia salvo e che sia tornato a Kattegat, Helgi, io… era un mio immenso rimorso quello di non essere riuscito a proteggere te i tuoi cari!” esclamò. Helgi, però, non sembrava molto propenso ad accettare quell’abbraccio e, anzi, fissò Floki con un’espressione che sembrava quasi terrorizzata.

Per un attimo, e con grande dolore, l’uomo temette che Helgi fosse arrabbiato con lui per non averlo salvato e per aver lasciato morire la sua famiglia, ma no, non era quello…

“Se tu… Floki, ma se tu sei riuscito a tornare a Kattegat, allora… allora anche Kjetill… anche lui può… può tornare a cercarmi, a uccidermi!” fece il giovane con una voce così spezzata dal pianto e dall’orrore da trafiggere il cuore di Hvitserk.

Floki comprese subito tutto ciò che aveva attraversato la mente di Helgi: se lui era riuscito a tornare non solo dall’Islanda ma da chissà quali terre lontane, allora cosa avrebbe impedito a Kjetill di imbarcarsi anche lui per Kattegat e cercare Helgi per ucciderlo?

In realtà, però, l’uomo aveva una risposta per tranquillizzare Helgi una volta per tutte e il cuore gli si riempì di gioia nel riferirgliela.

“Helgi, no” gli disse con dolcezza, come se parlasse a un bambino spaventato. “Kjetill è morto, gli dèi lo hanno punito per tutto il male che ha fatto, che alla fine gli si è ritorto contro.”

Helgi non sembrava in grado di credere alle parole di Floki, forse nemmeno le ascoltava, continuava a scuotere il capo e a stringersi le braccia, come in preda a un attacco di panico. Hvitserk di nuovo tentò di staccarsi dalla presa di Ivar per correre da lui, si sentiva strappare il cuore dal petto nel vederlo così, ma questa volta fu anche Aethelred a fermarlo stringendogli delicatamente un braccio e facendo cenno di no. Anche gli occhi del Principe Sassone erano due pozze immense di dolore, ma lui comprendeva quanto quel momento fosse importante per Helgi: se lo avesse superato, poi finalmente sarebbe stato bene… almeno lui.

“Helgi, credimi, Kjetill è morto davvero” ripeté Floki. “Ascoltami, sono riuscito a raggiungere la Terra Dorata e là dei nativi si sono presi cura di me, poi qualche tempo fa sono arrivati anche Ubbe, Torvi con il piccolo Ragnar e gli altri che erano partiti con loro. Adesso stanno tutti bene e anche loro hanno fondato una colonia in pace con i nativi di quella terra, ma io ho avuto modo di parlare con Ubbe e lui mi ha raccontato di aver conosciuto Kjetill, di averlo incontrato in Islanda, nella prima tappa del suo viaggio. Kjetill e la sua famiglia hanno deciso di lasciare l’Islanda e di seguire Ubbe nella sua spedizione esplorativa…”

“Lo sapevo, lo sapevo, io lo avevo detto a Ubbe di non andare in Islanda, che là c’era Kjetill, che avrebbe fatto del male a lui, a Torvi, glielo avevo detto!” lo interruppe Helgi, disperato, ma questa volta Floki lo prese per le braccia e con dolce fermezza lo obbligò a starlo a sentire.

“Avevi ragione a mettere in guardia Ubbe da Kjetill e io posso dirti che lui ha ascoltato i tuoi consigli” lo tranquillizzò. “Ubbe non si è mai fidato di Kjetill, sebbene abbia accettato di viaggiare con lui, lo ha sempre tenuto d’occhio. Quando sono giunti in una nuova terra, che hanno chiamato Vinland,* Kjetill ha iniziato a dimostrarsi ostile, voleva essere lui a prendere le decisioni e non accettava di sottomettersi a Ubbe. Da quello che Ubbe mi ha raccontato, Kjetill ha iniziato a comportarsi esattamente come nella nostra colonia in Islanda: la terra non era fertile come avevano sperato, i coloni hanno cominciato a lamentarsi e Kjetill si è mostrato sempre più duro e avido. Quando un’enorme balena si è arenata sulla spiaggia, Kjetill ha rifiutato di condividere questa ricchezza con gli altri coloni e, anzi, ha iniziato a ucciderli per proteggere la carcassa. Questa volta, però, lui e la sua famiglia hanno avuto la peggio e Ubbe, mentre riusciva a imbarcarsi con Torvi e pochi altri per fuggire da quel luogo divenuto pericoloso, ha visto Kjetill e suo figlio cadere sotto i colpi dei coloni.”**

Helgi fissò Floki, apparentemente senza capire ciò che aveva appena udito.

“Kjetill è morto, Helgi. Ubbe lo ha visto morire, lui e la sua famiglia. Non tornerà mai più, non ti tormenterà più, è finita” ripeté ancora l’uomo, in tono sempre più incoraggiante.

A quelle parole sembrò davvero che l’atmosfera della piccola casetta di Tiago si fosse rischiarata: il viso di Helgi parve illuminarsi, l’ombra che aveva sempre appannato il suo sguardo scomparve improvvisamente e fu come se dalle spalle del giovane fosse caduto un peso di millenni. Helgi aprì la bocca per parlare, ma le parole gli si spezzarono in gola, uscì solo qualcosa che sembrava un lamento, ma era una specie di esclamazione di gioia per il terrore che, finalmente, lo abbandonava. Si gettò tra le braccia di Floki e scoppiò in un pianto dirotto, ma era un pianto che faceva bene perché, insieme alle lacrime, si scioglievano il gelo della paura, il dolore della perdita, l’ansia e l’angoscia che avevano torturato il povero ragazzo per tutto quel tempo.  

“Va bene, va bene, Helgi, puoi piangere, puoi sfogarti, adesso” gli disse con tenerezza Floki, proprio come un padre che rassicura il figlioletto, “sfogati e poi non pensarci più. Adesso sei al sicuro a Kattegat, con i tuoi amici, con tutte le persone che ti vogliono bene e nessuno ti farà mai più del male. Andrà tutto bene, Helgi, andrà tutto bene.”

L’uomo lasciò che il giovane liberasse finalmente tutta la sua sofferenza in quel lungo pianto convulso e continuò a tenerlo stretto e ad accarezzargli i capelli, poi, vedendo che Hvitserk si avvicinava timidamente (finalmente Ivar e Aethelred parevano avergli dato il permesso!), accolse anche lui tra le braccia e poi si slacciò da quella stretta, lasciando che fosse il giovane Vichingo ad abbracciare, coccolare e confortare il suo compagno.

Anche Floki aveva le lacrime agli occhi, ma le asciugò subito con la mano.

Pian piano Helgi riuscì a calmarsi e allora fu Hvitserk ad accarezzargli il viso e i capelli e a parlargli in tono dolce e tranquillizzante.

“Hai sentito? Te l’avevo detto, Helgi, non hai più niente da temere. Kjetill è morto come meritava e adesso tu devi solo pensare alla vita che avremo insieme” gli disse, sorridendo.

Helgi pareva trasfigurato, era finalmente ritornato il ragazzo sereno e dolce che Floki aveva conosciuto ma che Hvitserk, in realtà, non aveva mai potuto vedere: un giovane senza più paura, senza più demoni che lo laceravano, dagli occhi limpidi e dal sorriso buono.

“Sì, Hvitserk, adesso andrà tutto bene. Io sarò con te e ti aiuterò nel difficile compito di governare le colonie del Wessex. Scusami se per tutti questi mesi sono stato…” provò a dire Helgi, ma Hvitserk lo interruppe abbracciandolo più stretto.

“Non dirlo neanche per scherzo, tu non devi scusarti di niente” affermò deciso. “Sono solo felice per te, perché adesso non hai più timori, e potremo iniziare la nostra vita senza che niente ci separi.”

La cosa si stava facendo intima ed era chiaro che i due innamorati avrebbero desiderato avere un po’ di tempo per restarsene da soli in quella piccola casetta… tanto Tiago non sarebbe tornato ancora per un bel po’! Ivar prese sottobraccio Floki e lo guidò fuori dall’abitazione con un sorrisetto storto.

“Bene, bene, ora che questa faccenda è risolta lasciamo un po’ da soli quei due, che ne dite?” fece, rivolto a Floki e Aethelred. “Adesso andiamo nella dimora regale, immagino che ne avrai di cose da raccontare anche a Bjorn… e lui sarà contento di ascoltarle. Mi piace questa cosa, siamo tutti di nuovo insieme come ai tempi di Ragnar!”

Floki sorrise e anche Aethelred si sforzò di farlo. Era sinceramente contento di vedere che Ivar aveva ritrovato un uomo che, per lui, era come un secondo padre ed era felice anche per Helgi che si era liberato delle sue peggiori paure. Una parte di lui, però, provava una sottile invidia per il giovane Vichingo: Helgi aveva vissuto nel terrore e nell’angoscia per tanto tempo e questo per poco non l’aveva distrutto, era giusto che finalmente potesse vivere libero e sereno. Però… però quando Aethelred aveva visto l’ombra della sofferenza abbandonare Helgi non aveva potuto fare a meno di chiedersi se questo sarebbe mai potuto accadere a lui. Sapeva bene come fosse terribile vivere tormentato da paure e ansie, perciò poteva comprendere così bene Helgi, ma per lui era bastato sapere che il suo nemico, Kjetill, era morto. Cosa avrebbe potuto sollevare Aethelred dalle sue pene, dal terrore di nuove guerre, dall’incubo di perdere Ivar, di vederlo morire davanti ai suoi occhi?

Mentre si dirigeva con Ivar e Floki verso la dimora regale, il Principe Sassone continuava a sentire il pungiglione del dolore e della paura che gli straziava il cuore e sapeva che le cose sarebbero potute solo peggiorare, visto che il Re Danese Egil non avrebbe rinunciato al suo proposito di conquistare e convertire al Cristianesimo tutto il mondo Norreno e che presto ci sarebbero state nuove guerre e battaglie da affrontare.

Fine capitolo sesto

 

 

 

 

* Terra effettivamente scoperta dai Vichinghi, nella serie TV sono Ubbe e i suoi a sbarcarvi per primi. Vinland è l’attuale nome di una grande isola che fa parte della Groenlandia.

** In realtà nella serie TV Kjetill non si vede morire, Ubbe vede che i coloni uccidono suo figlio… ma siccome poi Kjetill non tornerà mai più nella vicenda e di lui non si saprà più niente, mi è sembrato meglio far morire anche lui e dare finalmente pace al povero Helgi.

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Capitolo 7
*** Cap. 7: Don't pray for me ***


Cap. 7: Don’t pray for me

 

I'm lost in the dark
I'm not blind to what I see
I know the river is wide and the water is deep
I feel the cold, my heart skips a beat

I don't need your absolution, so don't hold that sword over me
For my confessions I don't need a church
I don't need salt to know where it hurts

Don't pray for me, no

I cannot breathe for you
You're trying over and over, denying what I feel
And every time you bow down your head to pray
Don't pray for me, don't pray for me!

(“Don’t pray for me” – Within Temptation)

 

In pochi giorni dal suo ritorno a Kattegat, Floki aveva avuto modo di vedere quanto la cittadina fosse cambiata rispetto a quando era partito, anche se erano trascorsi forse tre anni o poco più: adesso Kattegat era fiorente e popolosa e, cosa che rendeva l’uomo ancora più soddisfatto, era più simile alle colonie che Ubbe avrebbe fondato nella Terra Dorata che ai villaggi Vichinghi di quando era giovane. Si reggeva molto più sul commercio con i popoli della Via della Seta e quindi aveva meno bisogno di conquiste, razzie e scorrerie; aveva stretto alleanza con il Wessex, dove esisteva un nuovo Regno che Hvitserk e Helgi avrebbero governato, e una ancor più stretta e solida con i Rus’; era stata abolita la schiavitù e accoglieva gente di ogni provenienza. Floki ridacchiava compiaciuto tra sé e, nel suo discorrere notturno con l’ombra del vecchio amico Ragnar, lo prendeva scherzosamente in giro.

Mi hai giocato davvero un bel tiro, amico mio. Hai fatto in modo che mi imbarcassi nuovamente per Kattegat, rischiando la vita, perché volevi che vedessi con i miei occhi che non era solo Ubbe ad aver iniziato un nuovo capitolo della storia Norrena, volevi che vedessi tuo figlio Bjorn Re dei Norreni e capace di instaurare rapporti commerciali con altri popoli, gli altri tuoi figli finalmente riappacificati e in posizioni prestigiose, Helgi sano e salvo, quel giovane Sassone come uno dei punti di riferimento della cittadina… Sì, sono felice che tu abbia insistito tanto perché costruissi quella nave, sono felice di aver visto tutte queste cose anche a Kattegat!

In realtà, però, anche Floki sapeva della minaccia che Re Egil voleva portare a tutto il mondo Norreno e questo non lo rendeva tranquillo, a volte temeva di vedere a Kattegat lo stesso massacro a cui aveva dovuto assistere in Islanda (Egil non era poi così diverso da Kjetill, purtroppo) e allora iniziava a pensare che, forse, Ragnar lo aveva fatto tornare anche perché c’era bisogno del suo aiuto per contrastare quel nuovo e grave pericolo. Il rischio era tale che Bjorn aveva deciso che, per il momento, Hvitserk e Helgi sarebbero rimasti anche loro a Kattegat, invece di partire per il Danelaw, poiché non poteva privarsi di nessuno dei suoi uomini in vista di possibili imminenti battaglie. Invece Aethelred aveva scritto a Alfred spigandogli la situazione e sottolineando che, chiaramente, l’intento di Re Egil non era davvero quello di cristianizzare i Norreni, bensì quello di conquistare quanti più Regni possibile. Anzi, era anche probabile che, se avesse avuto la meglio, poi si sarebbe rivolto proprio contro le terre inglesi per distruggere i Regni Sassoni e instaurare invece un dominio che fosse al contempo sia Norreno che Cristiano. La cosa, ovviamente, non era piaciuta affatto a Alfred che aveva promesso di inviare il prima possibile dei contingenti di soldati Sassoni in difesa di Kattegat e dei Regni Norreni, contingenti che lo stesso Aethelred avrebbe comandato.

Quel giorno Aethelred stava giusto informando Ivar, Hvitserk, Helgi e Floki sulle ultime novità dal Wessex e sull’aiuto che Alfred aveva promesso di mandare.

“Ma questa è una buonissima notizia, Aethelred!” esclamò Ivar. “Perché ce la stai dicendo con questa faccia da funerale?”

“Ivar ha ragione” convenne Floki. “Anzi, è qualcosa senza precedenti: Sassoni e Norreni che si vengono in aiuto a vicenda. È proprio questo che sta accadendo nelle colonie della Terra Dorata e sono certo che segni un nuovo inizio dell’era Vichinga, è questa la volontà degli dèi.”

Sì, beh, di certo non era quello il momento di far sapere a Floki che Alfred era giusto il figlio di quell’Athelstan che lui aveva ammazzato tanti anni prima… un giorno sarebbe giunta anche quella rivelazione, ma non era quel giorno!

“Sì, certo, sono felice che Alfred si stia concretamente impegnando per una collaborazione tra i Sassoni e i Norreni, ma…” iniziò a dire Aethelred, che sicuramente poteva sentirsi rassicurato pensando a un numero maggiore di soldati in difesa dei Regni Vichinghi, ma allo stesso tempo avrebbe tanto preferito che di quell’aiuto non ci fosse bisogno e che nessuna guerra fosse all’orizzonte. Non poté terminare la frase, però, perché il gruppetto era giunto presso la casetta di Tiago e tutti si stupirono molto nel vedere il giovane spagnolo che parlava amichevolmente con il Principe Thorir, il figlio di Re Egil che era stato rapito e portato a Kattegat da Asvard per la sua vendetta… e anche per qualche altro scopo, a quanto pareva, visto ciò che gli faceva tutte le notti!

Thorir, dopo i primi giorni in cui era parso scostante e intimorito, sembrava essersi aperto soprattutto con altri ragazzi che, come lui, erano giovani, sperduti e che non lo mettevano a disagio, come Helgi, Aethelred e, soprattutto, Tiago. Il Principe Danese non si era mai sentito a suo agio accanto al padre, che avrebbe voluto come figlio un vero guerriero, un uomo forte e spietato, mentre lui era delicato, amava le vesti eleganti e gli piaceva più che altro giocare a fare il Principe, ma non era sicuramente in grado di governare un Regno. A Kattegat tutti lo avevano accettato senza tante storie e non pretendevano niente da lui e Thorir si era sentito subito meglio, nonostante la sua condizione non meglio precisata di ostaggio di Asvard. Quando Aethelred e gli altri li avevano trovati a parlare, Tiago stava giusto spiegando a Thorir l’uso di alcune erbe per curare le ferite e le infezioni e il Principe sembrava affascinato dalla sapienza di quel ragazzo della sua età.

A dirla tutta, Tiago aveva anche un motivo personale per cercare di stringere amicizia con Thorir: saputa la sua storia e vista la sua situazione ambigua con Asvard, aveva subito ripensato a ciò che era accaduto a lui con Erik, alla sua bruttissima esperienza, e avrebbe voluto tenere il giovane Principe lontano da quell’uomo grande e grosso che, purtroppo, fisicamente gli ricordava fin troppo Erik.

In realtà Asvard non era affatto come Erik, sebbene lo ricordasse nell’aspetto: era un vero Principe, leale, onesto e coraggioso, come Bjorn e i suoi fratelli avevano avuto modo di sapere, era solo che in quel momento era totalmente concentrato sulla vendetta e, per questo, non si apriva con nessuno, era freddo e distaccato con Thorir (anche se ci faceva sesso ogni notte…) e poteva sembrare molto più brutale e spietato di quanto non fosse in realtà. Ma, questo, Tiago non poteva saperlo.

Comunque, l’incontro con i due giovani fu per Ivar l’occasione per presentare a Floki altri due amici.

“Floki, questo ragazzo è il Principe Thorir, è il figlio del Re che ha causato tutti questi massacri, ma lui non è d’accordo con suo padre e anzi vuole aiutarci a sconfiggerlo” disse quindi il giovane Vichingo, facendo le presentazioni. “E lui è Tiago, il nostro guaritore. È… ma, Floki, tu forse lo conoscevi già!”

A queste parole tutti rimasero stupiti. Come poteva Floki conoscere Tiago?

Ivar notò la sorpresa negli occhi di tutti e si affrettò a spiegarsi meglio.

“Cioè, magari tu non ti ricordi di lui, è passato tanto tempo e comunque Tiago era in mezzo a tanti altri ragazzi e ragazze” disse, “ma Tiago viene da Algeciras, il luogo in cui eri andato a razziare con Bjorn e Hvitserk e da dove riportaste molte ricchezze e un bel numero di schiavi. Tiago è uno di loro, soltanto che ormai da mesi Bjorn ha abolito la schiavitù qui a Kattegat e quindi è diventato libero. Beh, è normale se non te lo ricordi…”

Floki fissò il giovane spagnolo in silenzio mentre emozioni ormai lontane gli sommergevano il cuore e, ancora una volta, il pensiero che fossero stati proprio gli dèi a ricondurlo a Kattegat si faceva più insistente. Tiago, un piccolo schiavo spagnolo di Algeciras… gli dèi volevano davvero che tutte le questioni che Floki aveva in sospeso da anni si chiudessero in modo positivo e, nel suo cuore, li ringraziò con fervore.

“Non ricordo questo ragazzo in particolare” ammise Floki, “ma sarei veramente curioso di conoscere la sua storia e di sapere come ha appreso il mestiere di guaritore. Voi andate pure, se volete, io vorrei trattenermi un po’ di tempo a parlare con Tiago, se al ragazzo non dispiace.”

“No, certo che no. Accomodati pure nella mia casa” lo invitò Tiago. “A dirla tutta neanch’io mi ricordo di te, c’era tanta confusione in quei giorni e quando ci avete portati via… beh, non avrei saputo distinguere un Vichingo da un altro! Ti interessano le erbe medicinali?”

“Sì, mi interessano, e comunque volevo parlare con te anche di… altre cose, se non ti disturbo” rispose Floki che sembrava piuttosto in confusione.

“No, certo, mi fa piacere, però…” Tiago si voltò verso Ivar e gli altri che avevano preso in disparte Thorir e sembravano volerlo condurre via con loro, “aspettate, perché Thorir non può rimanere? Gli stavo spiegando delle cose che mi aveva chiesto e credo che lui desideri restare.”

Non era tutta la verità, ma Tiago voleva evitare il più possibile che Thorir fosse riportato alla dimora regale dove avrebbe ritrovato Asvard.

“Credo che sia meglio che tu e Floki parliate da soli” replicò Hvitserk, che sembrava l’unico ad aver capito il motivo che aveva spinto il vecchio amico a volersi confrontare con Tiago. “Thorir potrà tornare a trovarti un altro giorno, adesso deve venire con noi, ci sono delle cose importanti che Aethelred deve comunicarci ed è bene che anche lui le ascolti.”

Thorir non sembrava affatto convinto e neanche Tiago, ma non si poteva fare altrimenti. Così il giovane spagnolo fece entrare Floki nella sua casetta e dovette lasciar andare il Principe Danese che pareva molto abbattuto all’idea di tornare alla dimora regale…

Mentre Hvitserk conduceva via Thorir, Ivar gli si rivolse incuriosito.

“Di che parlavi, Hvitserk? Perché Floki e Tiago devono parlarsi da soli? Hanno detto di non conoscersi, no?”

“Ma dai, Ivar! Tu non eri con noi nella spedizione ad Algeciras, ma davvero non ricordi cos’è accaduto in seguito a Floki? E proprio per via degli schiavi che avevamo portato via da là?” ribatté Hvitserk, sorpreso.

“Come posso ricordarmi di fatti accaduti quando non c’ero? Io non sono venuto ad Algeciras con voi, come hai detto anche tu, e subito dopo siamo partiti tutti insieme per vendicare la morte di nostro padre” disse Ivar.

Ora la questione si era fatta interessante e anche Aethelred, Helgi e lo stesso Thorir si erano incuriositi.

“Insomma, cos’è successo a Floki, si può sapere? E che c’entra Tiago?” domandò Helgi.

Intanto Ivar sembrava aver avuto un’illuminazione.

“Ah, sì, ora me lo ricordo, è assurdo che lo avessi dimenticato, ma a quel tempo era giunta la notizia che nostro padre era morto e noi stavamo preparando la nostra vendetta e poi…”

Hvitserk lo interruppe per rispondere a Helgi, altrimenti ci sarebbe voluta tutta la giornata!

“Quando portammo a Kattegat gli schiavi che avevamo catturato ad Algeciras, tra i quali c’era Tiago, la moglie di Floki, Helga, notò una ragazzina di nome Tanaruz e decise di prenderla in casa con loro” spiegò. “Floki non era d’accordo, probabilmente aveva già notato qualcosa di strano nella ragazzina, ma alla fine accontentò la moglie, solo che… beh, Tanaruz riuscì a impossessarsi di un coltello e pugnalò la donna. Il suo odio per i Norreni che l’avevano rapita non era stato in grado di distinguere tra chi le avrebbe solo fatto del male e Helga che invece la voleva tenere come una figlia. Anzi, sembrava quasi che quella ragazza odiasse Helga più ancora degli altri Vichinghi, non ho mai capito perché. Comunque poi Tanaruz si suicidò, ma Floki non era più lo stesso. Distrutto dal dolore, quando tornammo a Kattegat dopo aver vendicato nostro padre decise di imbarcarsi su una nave, da solo, lasciandosi guidare dagli dèi.” *

Ivar annuiva, adesso ricordava tutto, anzi, lui era stato uno dei più insistenti nel cercare di convincere Floki a non partire da Kattegat. Helgi e Aethelred erano sconvolti.

“Ora capisco perché ha voluto riunire un gruppo di persone per fondare una colonia in Islanda” commentò Helgi, meditabondo. “Voleva staccarsi dai ricordi dolorosi e cercare un luogo dove si potesse vivere pacificamente e invece… chissà quanto è stato straziante per lui vedere la colonia che sognava distrutta dalle ambizioni di Kjetill e assistere ancora a violenze e cattiverie gratuite… Lui non ci ha mai raccontato quello che gli era accaduto, ma ora riesco a comprendere il suo dolore e la sua terribile delusione.”

Hvitserk lo abbracciò, commosso dalla sensibilità del compagno che, in quel momento, sentiva come proprio il dolore lacerante che aveva provato Floki.

Ivar notò che il volto di Aethelred si era rabbuiato, anche se non aveva detto niente. Gli passò un braccio attorno alle spalle e lo strinse a sé.

“Sei davvero dolce, lo sai? Non conoscevi neanche Floki, ma ti sei rattristato per lui come se fosse un tuo vecchio amico” gli disse, intenerito.

Aethelred si abbandonò all’abbraccio affettuoso di Ivar, ma era consapevole di non meritare del tutto quel complimento. Certo la storia di Floki e Helga era stata atroce, ma lui poteva comprendere lo strazio di Floki soprattutto perché aveva rischiato di vedere Ivar pugnalato a morte davanti a lui, quella era la scena che lo perseguitava nei suoi incubi e che non riusciva a cancellarsi dalla mente. Poteva capire benissimo cosa avesse provato il povero Floki vedendo la persona amata assassinata davanti ai suoi occhi, il suo terrore più grande era che potesse succedere di nuovo ad Ivar e che, questa volta, non sarebbe riuscito a salvarlo in tempo, proprio come era successo al Vichingo. Com’era riuscito Floki a superare un trauma simile? Lui sapeva che non ne sarebbe mai stato in grado, che sarebbe andato in mille pezzi, impazzito, probabilmente si sarebbe ucciso…

“Torniamo alla dimora regale” propose Hvitserk, “così Aethelred potrà informare anche Bjorn del fatto che Alfred invierà dei contingenti di soldati Sassoni per combattere contro Re Egil.”

Il gruppo di giovani si avviò verso la dimora di Bjorn e Gunnhild, tuttavia Aethelred non riusciva a pensare ad altro che alla storia tragica che aveva appena ascoltato. Non lo rassicurava il fatto che Alfred avrebbe mandato dei soldati e che, con ogni probabilità, anche dai vari Regni Norreni sarebbero presto giunti eserciti in risposta alla convocazione di Re Bjorn: questo significava soltanto che molto presto ci sarebbero state altre battaglie, altre stragi, altre uccisioni… e il panico lo invadeva al solo pensiero del pericolo che tutto ciò avrebbe rappresentato per Ivar. Possibile che non ci fosse modo di vivere in pace senza dover continuamente temere per le persone amate? Lui aveva imparato a combattere giovanissimo e, all’inizio, le battaglie lo emozionavano, suo padre era fiero di lui e del suo spirito guerriero e Aethelred era felice di avere questo legame speciale con il genitore. Ora, però, era tutto diverso, il pensiero di poter perdere Ivar era un’ossessione che non lo lasciava quasi respirare e che lo lacerava giorno dopo giorno.

I giovani erano quasi giunti alla dimora regale quando Ivar fece una domanda alla quale nessuno era in grado di rispondere.

“D’accordo, ma, in tutto ciò, per quale motivo Floki ha voluto parlare con Tiago? Lui non c’entrava niente in questa storia, non era neanche con noi quando Tanaruz uccise Helga. Questa cosa proprio non me la spiego” disse.

E non era il solo!

Fine capitolo settimo

 

 

* La tragica storia di Floki e Helga è vera, accade nella quarta stagione di Vikings.

 

 

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Capitolo 8
*** Cap. 8: Never say never ***


Cap. 8: Never say never

 

How many chances
will you try to escape?

Take me, take me,
you'll wish it didn't end
Have me and let it all to circumstance

Never say never
Let me show you my real face
Never say never
Would you take a ride to
see my secret place?

(“Never say never” – The Big Deal)

 

In realtà nessuno avrebbe potuto capire perché Floki aveva sentito di dover parlare con Tiago, era stato un richiamo irresistibile per l’uomo, come se avesse sentito la voce degli dèi. Floki era entrato nella casa del giovane spagnolo e si sforzava di ascoltare le sue spiegazioni, ma i suoi pensieri andavano in tutt’altra direzione. Ancora una volta, così com’era accaduto durante l’incontro con Helgi, si sentiva come se gli dèi lo avessero guidato a Kattegat per aiutarlo a guarire tutte le sue ferite, a chiudere tutte le questioni rimaste in sospeso e a riprendere la sua vita finalmente in pace.

“È molto bello da parte tua aver deciso di usare le conoscenze che la tua amica Inés ti ha trasmesso per aiutare la gente di Kattegat” commentò ad un certo punto Floki. “In fondo i Norreni ti hanno rapito e ti hanno fatto schiavo e tu, invece di odiarli, hai scelto di aiutarli. Sei un ragazzo molto generoso, Tiago.”

Il giovane spagnolo sorrise e si strinse nelle spalle.

“Inés mi ha trasmesso le sue conoscenze perché le usassi per il bene, per aiutare le persone che hanno bisogno, e ora sono qui, perciò mi sento in dovere di fare tutto quello che posso per guarire la gente di Kattegat” spiegò con semplicità. “È vero, i Vichinghi sono quelli che mi hanno rapito e fatto schiavo, ma in realtà non mi hanno mai trattato male, sono stato preso come servitore da Re Bjorn e lui è sempre stato un padrone giusto e generoso con me e con gli altri schiavi. Poi ha perfino deciso di liberare tutti gli schiavi di Kattegat e io… insomma, ormai mi sento come se facessi parte di questa città. E molti dei giovani Norreni sono diventati miei amici e mi hanno aiutato in dei momenti in cui… beh, in cui ho corso veramente dei seri pericoli… Diciamo che non tutti i Vichinghi sono persone corrette e gentili come la famiglia Lothbrok e i loro amici.”

Floki continuava a rimanere incantato dall’altruismo e dalla semplice generosità di Tiago e gli sembrava sempre di più che, attraverso il ragazzo, gli dèi gli stessero inviando un messaggio.

“E, nonostante le brutte esperienze con qualcuno dei Norreni, hai voluto comunque mettere a disposizione la tua conoscenza delle erbe per guarirli?” insisté, quasi incredulo.

“Non è un caso se ho questi poteri, se sono in grado di usare le erbe e l’energia della natura per curare le persone e se sono stato cresciuto da una curandera come Inés dopo essere rimasto orfano” replicò Tiago. “Per me è stato Dio a condurmi qui, per te sono gli dèi Norreni, non ha importanza, quello che conta è che un potere buono e al di sopra di noi ha fatto in modo che finissi qui e che avessi le capacità per guarire le persone ed è questo che voglio fare della mia vita.”

Floki aveva le lacrime agli occhi e, in quel momento, come una luce improvvisa, gli apparve chiarissimo il motivo per cui lui e Tiago erano destinati ad incontrarsi.

“Tiago, sono veramente felice e onorato di averti conosciuto e adesso vorrei raccontarti una cosa di me, un fatto della mia vita che, forse, gli dèi hanno permesso perché fossi tu, oggi, a guarirlo come fai con le ferite e le malattie” esordì. Dopo di che iniziò a raccontare a Tiago quello che era avvenuto dopo che i Vichinghi avevano razziato Algeciras e preso molti prigionieri per tenerli come schiavi, spiegò di Helga e Tanaruz e di come il tentativo generoso e spontaneo di sua moglie avesse portato a una tragedia. Alla fine del racconto anche gli occhi di Tiago erano pieni di lacrime.

“Mi… mi dispiace così tanto… io… non so, non conoscevo quella ragazza, c’erano tanti prigionieri insieme a me e io ero confuso, non riesco neanche a ricordare bene ma… ma… non capisco perché hai voluto raccontarlo proprio a me. Credevi forse che conoscessi quella giovane e che potessi spiegarti il perché del suo gesto folle? Purtroppo non la ricordo nemmeno, non posso aiutarti…” il ragazzo spagnolo sembrava davvero costernato, neanche fosse stato lui in persona ad accoltellare la povera Helga!

Floki gli prese affettuosamente le mani e gli fece una rapida carezza sul viso, asciugandogli le lacrime.

“No, Tiago, non è questo. Gli dèi hanno vie misteriose per risolvere le situazioni in sospeso e in questo caso hanno mandato te sulla mia strada perché potessimo chiudere un cerchio rimasto aperto, portassimo l’ordine dove erano rimasti l’odio e il rancore” cercò di spiegargli, anche se Tiago restava piuttosto confuso. Ma era l’effetto che Floki faceva a molti… “Io e Helga avevamo una bambina, anni fa, si chiamava Angborda ed è morta per una febbre. Quando Helga vide Tanaruz, probabilmente sentì il desiderio di farle da madre, un desiderio che non si era mai spento in lei… ma Tanaruz non ha capito, non ha voluto accettare il dono di Helga e ha distrutto tutto. Ha spezzato un equilibrio che avrebbero potuto creare come madre e figlia adottiva. Ma ora ci sei tu e ci sono io: tu sei un giovane rapito dai Vichinghi proprio in quella razzia, proprio in quella città, per diventare schiavo, ma a differenza di Tanaruz tu non hai odiato i tuoi rapitori e, anzi, adesso ti adoperi per curarli con le tue conoscenze. E io… io sono stato spinto a tornare a Kattegat proprio adesso per incontrarti, perché anch’io ho imparato alcuni metodi curativi vivendo con il popolo della Terra Dorata, metodi che magari tu non conosci, là mi consideravano uno sciamano un po’ folle.”

Il volto di Tiago si illuminò, evidentemente anche lui cominciava a capire.

“E mi potresti insegnare questi metodi? Purtroppo sono stato rapito prima che Inés potesse trasmettermi tutte le sue conoscenze, ma adesso potrai farlo tu” disse, entusiasta, “e insieme potremo aiutare ancora più persone, soprattutto adesso che c’è una terribile guerra all’orizzonte.”

“Sì, è proprio questo che intendevo. Potremo collaborare per il bene degli abitanti di Kattegat e di chiunque chiederà il nostro aiuto e così anche aiutarci a vicenda” assentì Floki. “È così che ripareremo l’equilibrio spezzato da Tanaruz. Potrei anche… beh… potrei considerarti mio figlio, visto che siamo entrambi rimasti soli?”

Tiago era commosso e la sua risposta più immediata e spontanea fu un abbraccio affettuoso.

“Sarò felicissimo e onorato di averti come padre e di imparare da te come facevo con Inés!” esclamò.

In quell’abbraccio tante ferite si sanarono e veramente gli equilibri spezzati vennero riparati. Tiago sentiva nel cuore un calore e un senso di protezione che non aveva più provato dopo che era stato strappato da Inés e che aveva invano creduto di poter trovare in Erik; Floki era inondato da una luce meravigliosa nella quale vedeva Helga e Angborda che gli sorridevano e annuivano e comprendeva che la sua vita trovava finalmente il suo senso lì, a Kattegat, dove tutto era iniziato, anche se lui era andato a cercarselo fino alle Terre Dorate. Per Tiago era Dio che aveva fatto in modo che trovasse un padre adottivo in un momento così particolare, per Floki era stato un percorso che gli dèi gli avevano fatto compiere… ma quello che contava era che tutto si stava risolvendo per loro, che sarebbero stati una famiglia e che avrebbero usato le loro conoscenze per aiutare gli altri.

Mentre nella modesta ma accogliente casetta di Tiago si apriva un nuovo e positivo capitolo della vita del giovane spagnolo e di Floki, Ivar, Aethelred e gli altri avevano raggiunto la dimora regale e Aethelred aveva informato il Re e la Regina della promessa di Alfred di inviare al più presto contingenti di soldati Sassoni per difendere Kattegat e i Norreni dalle mire di Re Egil.

“Un Re cristiano che si offre di mandare soldati per combattere contro un altro Re cristiano?” aveva obiettato Leif. Dopo quello che era accaduto a lui e alla sorella Freydis per mano di Re Egil e dei suoi uomini non aveva nessuna fiducia nei Cristiani e non si faceva scrupoli a dirlo. “Non credo che possiamo fidarci della sua promessa.”

Aethelred gli lanciò uno sguardo duro.

“Sono Cristiano anch’io e vivo e combatto con i Vichinghi da molto tempo” chiarì. “Alfred è mio fratello e, per quanto a volte sia stato mal consigliato dalla Regina sua moglie, nel cuore è d’accordo con me e pensa che non debbano esserci divisioni tra popoli che vogliono vivere in pace con le loro famiglie, chiunque sia il loro Dio o i loro dèi. E, comunque, Re Egil in realtà vuole il potere e la religione per lui è solo una scusa. Un Regno Norreno dominato da lui e da altri fanatici come lui non si fermerebbe alla Scandinavia e potrebbe benissimo voler attaccare anche l’Inghilterra, perciò è anche nell’interesse di mio fratello collaborare con noi.”

Ancora una volta Ivar ammirò la capacità di Aethelred di mostrarsi determinato e perfino autoritario quando ce n’era bisogno, pur rimanendo il giovane dolce, gentile e fin troppo sensibile che lui amava tanto. Leif, che non era un cattivo ragazzo ma una testa calda che a volte parlava prima di pensare, si pentì subito di ciò che aveva detto e chiese scusa a Aethelred.

“Non preoccuparti, capisco quello che provi nei confronti dei Cristiani dopo ciò che hanno fatto a te e a tua sorella” rispose il Sassone, riprendendo il suo sorriso gentile. “Quegli uomini malvagi saranno puniti come meritano e tu e Freydis riavrete il vostro Regno.”

“Molto bene, è una buona notizia sapere che arriveranno anche dei soldati Sassoni per combattere con noi” disse Bjorn. “Io, come Re dei Norreni, ho convocato i governanti di tutti i Regni per unirsi e difendere ancora una volta la nostra terra dagli invasori, come facemmo contro i Rus’. Dovrei ricevere le risposte entro pochi giorni, almeno dai Regni più vicini.”

“La Regina Ingrid ha già inviato un nutrito contingente di soldati da Tamdrup, dovrebbero essere qui domani” aggiunse Gunnhild. Era bello pensare che, di fronte a questa nuova minaccia, anche persone che fino a qualche tempo prima erano state nemiche, come Ingrid, adesso diventavano preziose alleate. Peccato che ci volesse sempre una guerra per smuovere le coscienze!

“Io ho scritto al Principe Igor” annunciò a sorpresa Ivar. “Il Principe Dir e la Principessa Katja sono disposti anche loro a inviare dei battaglioni Rus’ se ne avremo bisogno, però ci vorrà un po’ più di tempo perché riescano ad arrivare.”

Bjorn apparve piacevolmente stupito dall’iniziativa di Ivar.

“Beh, era l’ora che anche tu ti rendessi utile per questa famiglia e questa città. Hai fatto molto bene, Ivar, in effetti se la guerra durasse a lungo potremmo avere bisogno anche dell’appoggio dei Rus’” convenne. Ivar fece finta di niente, ma dentro di sé esultò perché il fratello era stato costretto a elogiarlo pubblicamente per una sua iniziativa personale. Chissà che mal di stomaco era venuto a Bjorn mentre pronunciava quelle frasi!

In quel momento un servitore si presentò e, scusandosi per l’interruzione, annunciò che c’era un messaggero che doveva parlare urgentemente con Re Bjorn.

“Fallo entrare” ordinò Bjorn, mentre tutti si chiedevano di chi potesse trattarsi.

“Forse è un messaggero Sassone che ci informa della partenza dei soldati mandati da mio fratello” commentò Aethelred.

“Sì, ma potrebbe anche essere uno qualsiasi dei Re o delle Regine di Norvegia che ha risposto all’appello di Bjorn” ipotizzò Hvitserk.

Grande fu la delusione di Bjorn e di tutti quando il messaggero si presentò e disse di essere stato mandato non da uno dei tanti alleati dei Norreni, bensì proprio da Re Egil. Asvard, che sedeva accanto a Gunnhild, si irrigidì subito e anche Leif e Freydis apparvero molto turbati.

“Re Bjorn, il mio signore Re Egil mi ha mandato in pace per proporre un accordo” disse l’uomo. “Re Egil è un uomo giusto e devoto e fa quello che fa per la gloria di Dio, non vuole combattere se non sarà necessario.”

Ivar vide Aethelred impallidire e, istintivamente, lo strinse a sé per confortarlo. Le parole del messaggero somigliavano in modo inquietante a quelle che aveva pronunciato Alfred durante il colloquio di pace fallito, nel Wessex, quando la Regina Elsewith lo aveva indotto a respingere gli accordi proposti dai Vichinghi.

Il mio Dio è amore e pace mentre i tuoi dèi sono crudeli e vogliono solo morte e sacrifici, non posso accettare accordi con un mostro come te, aveva detto Alfred a Ivar e, il giorno dopo, Ivar aveva dovuto gettarsi nella mischia e offrirsi di morire per i suoi uomini pur di ottenere la fine delle ostilità. Il giovane Vichingo non poteva dimenticare quei momenti drammatici, ma Aethelred ne aveva sofferto ancora più di lui e adesso lo sentiva tremare nel suo abbraccio, sconvolto dalle parole del messaggero che potevano solo portare nuove tragedie.

“Eppure è stato il tuo Re a iniziare questa guerra, distruggendo molti Regni Danesi e uccidendo tanta gente” commentò Bjorn, gelido. “Perché dovrei credere che non farà lo stesso con noi?”

“Il mio Re Egil ha dovuto punire coloro che si ribellavano all’unico vero Dio, non l’ha fatto per avere i loro Regni” replicò il messaggero.

Leif avrebbe azzannato alla gola il messaggero lì su due piedi e solo l’intervento di Freydis, Helgi e Hvitserk che stavano accanto a lui riuscì a distoglierlo dai suoi propositi di fronte a una simile provocazione. Un lampo passò anche negli occhi di Asvard e il suo volto si fece di pietra, ma mantenne la calma sapendo che non era quella la vendetta che cercava e che il messaggero riportava solo le parole del suo Re. Doveva controllarsi se voleva punire quel bastardo come meritava…

“Appunto. Anche noi seguiamo gli dèi Norreni e non abbiamo alcuna intenzione di convertirci al suo Dio” chiarì Bjorn, caustico. “Quindi, ripeto: perché dovrei credere che non ci farà guerra?”

“Perché voi avete suo figlio” rispose il messaggero. “Voi avete il Principe Thorir e Re Egil è disposto a mostrarsi misericordioso come il suo Dio se gli restituirete il figlio sano e salvo. Non appena potrà riabbracciare il suo adorato figlio ed erede, il mio Re rinuncerà a qualsiasi tentativo di guerra e conquista. Ha convertito la Danimarca, che la Norvegia resti pure in mano ai suoi dèi pagani, ha detto.”

Le parole del messaggero furono ancora più sconvolgenti e tutti presero a guardarsi l’un l’altro, chiedendosi cosa volesse veramente Re Egil e cosa fosse più conveniente fare. Qualcuno lanciò un’occhiata anche al Principe Thorir che, bisogna dargliene atto, era rimasto impassibile e non aveva mostrato alcun segno di turbamento, sicuramente sperando che il messaggero non lo conoscesse e che quindi non fosse in grado di individuarlo in quel salone in mezzo a tanti guerrieri.

“Sarebbe molto vantaggioso, se solo fosse vero” disse Bjorn, “ma io come posso fidarmi? Forse Re Egil vuole suo figlio solo per metterlo al sicuro prima di attaccare la nostra città.”

“Re Egil è un sovrano Cristiano e deve bastarvi la sua parola” ribatté il messaggero, risentito.

“Ah, certo, come no” borbottò Ivar, abbastanza forte da farsi udire. Ma nessuno lo rimproverò, nemmeno Bjorn, perché alla fine era ciò che tutti avevano pensato.

“Molto bene” concluse il Re dei Norreni. “Dovrò riflettere sulla proposta del tuo sovrano e discuterne con la mia Regina e i miei consiglieri: ti darò la risposta entro tre giorni. Nel frattempo i nostri servitori ti accompagneranno nelle cucine dove potrai rifocillarti e sarai nostro ospite. Se alla fine deciderò di restituire il Principe a suo padre, potrai ripartire da qui insieme a lui per far ritorno in Danimarca.”

Il messaggero ringraziò, si inchinò e seguì i servitori che Bjorn aveva fatto arrivare.

“Bjorn, non avrai davvero intenzione di accontentare quel Re folle, vero? È chiarissimo quello che vuole e tu stesso lo hai detto: rivuole Thorir per poi poterci attaccare liberamente!” esclamò Ivar, non appena il messaggero fu fuori portata.

“Non hai intenzione di accordarti con quel Re fanatico, Bjorn, non è così? Stai solo cercando di prendere tempo” rincarò Hvitserk.

“Prendere tempo, fratelli, è proprio questo il punto” rispose allora Bjorn, in modo così enigmatico che tutti gli sguardi si fissarono su di lui e cadde un silenzio spaventoso nella Sala Grande…

Fine capitolo ottavo

 

 

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Capitolo 9
*** Cap. 9: Jezebel ***


Cap. 9: Jezebel

 

Midnight, it's time to put your face on
Game set, a killer shark in heels
I'm just the first shot on your hit list
High kicks, a predator on wheels
Woke up with bruises on my body
Hands tied, like Jesus on the cross
Your name's in lipstick on the mirror

Jezebel
I don't know how you got in my blood
Was it the dangerous things you do?
You always wanted to be a star…

(“Jezebel” – The Rasmus)

 

Bjorn aveva parlato di prendere tempo riguardo alla richiesta di Re Egil di riavere suo figlio in cambio della pace… ma cosa voleva dire? Ivar pareva innervosirsi, come al solito quel testone del fratello maggiore non voleva ascoltare le sue saggissime parole per partito preso, pur di non dargli ragione… invece Hvitserk sembrava aver capito che Bjorn, in realtà, aveva un piano. O, perlomeno, così sperava!

“Come ben sapete tutti voi” riprese Bjorn, guardando i fratelli, la moglie, i consiglieri e i Danesi che si erano rifugiati a Kattegat per ottenere protezione, “come Re dei Norreni ho richiesto a tutti i Re, le Regine e gli Jarl di Norvegia di inviarci degli eserciti, come già accadde quando combattemmo contro i Rus’. Anche questa volta ho ricevuto molte risposte positive, nessun Norreno vuole che un Re Danese arrivi a imporre il suo dominio e la sua religione. Purtroppo, però, le truppe sono in viaggio e ci metteranno dei giorni ad arrivare, se non anche qualche settimana. La stessa cosa vale per i soldati Sassoni che Re Alfred ci invia dal Wessex: sono in viaggio e non saranno qui almeno fino alla prossima settimana. In questo momento il nostro esercito è vulnerabile e, se Re Egil decidesse di attaccare Kattegat domani, noi saremmo quasi sicuramente sconfitti.”

“E chi lo dice? Noi siamo molto più forti di loro” replicò Ivar con un’arroganza e un ottimismo non del tutto giustificati, tanto che persino Aethelred impallidì e parve molto angosciato. Lui si rendeva conto del fatto che, purtroppo, Bjorn aveva ragione.

“Quindi tu vorresti accontentare Re Egil e rendergli suo figlio?” intervenne Leif, nervoso. “Ma non puoi fidarti di lui, ti muoverebbe guerra lo stesso, credimi, io lo conosco bene e ti assicuro che non manterrà mai la sua parola.”

“Lo so benissimo” ribatté Bjorn, che sembrava sapere molto più di ciò che diceva. “Non mi aspetto affatto che Egil rinunci davvero alla guerra in cambio di suo figlio.”

“E allora perché vuoi renderglielo, se tanto sai già che non servirà a niente?” esplose Ivar. “Perché ormai è chiaro che hai intenzione di ridare Thorir a suo padre, non è così?”

A quelle parole Thorir impallidì e sgranò gli occhi e… e Asvard fece qualcosa di inaspettato: circondò la vita del giovane Principe con un braccio e lo strinse a sé, in un gesto di protezione affettuosa che non aveva mai neanche pensato prima di quel momento! Lui non sembrava affatto d’accordo con Bjorn sul fatto di restituire Thorir al padre… e non soltanto perché ciò avrebbe sminuito la sua vendetta.

“Ho detto al messaggero che avrà la sua risposta entro tre giorni” spiegò Bjorn, “per dare tempo ad almeno alcuni degli eserciti che ci sono stati promessi di arrivare. Se tra tre giorni giudicherò che siamo abbastanza in forze per combattere, rifiuterò la proposta di Re Egil; se, invece, non saranno ancora arrivati soldati in numero sufficiente, allora dirò al messaggero che accetto e che Thorir potrà partire con lui… cercando di guadagnare ancora qualche giorno.”

“Sei consapevole del fatto che, non appena avrà riavuto suo figlio, Egil muoverà guerra a Kattegat, vero?” insisté Leif.

“Ti ho già detto che lo so benissimo” replicò il Re dei Norreni, “ma, nel frattempo, avrò guadagnato almeno una settimana e magari gli eserciti che attendiamo saranno arrivati. A quel punto non mi importa che Egil attacchi, noi saremo pronti a rispondere.”

Il piano di Bjorn, in effetti, non era affatto male e neanche Ivar riuscì a trovare buoni motivi per opporsi a questa sua spiegazione. Inaspettatamente, però, quello che fece un’appassionata obiezione fu Asvard, che fino a quel momento non aveva detto niente… aveva solo stretto più forte Thorir a sé.

“Re Bjorn, il tuo ragionamento è saggio” disse l’uomo. “Tu però sembri dimenticare il fatto che il ragazzo è parte integrante della mia vendetta e che io voglio che suo padre lo veda combattere al nostro fianco contro di lui. In nome della nostra vecchia amicizia io ti imploro di non restituirglielo!”

“Comprendo le tue ragioni, Asvard, ma purtroppo Re Egil ci ha mandato un ultimatum e io posso solo cercare di guadagnare tempo prezioso” rispose Bjorn. “Se rispondessi subito che rifiuto di rendergli Thorir, Re Egil potrebbe attaccarci già nei prossimi giorni e per Kattegat sarebbe una catastrofe.”

Una luce parve illuminare lo sguardo solitamente cupo di Asvard.

“Ma potrebbe esserci anche un altro modo che consenta di non rimandare Thorir da suo padre e, allo stesso tempo, di impedire che Egil muova guerra a Kattegat finché non saremo pronti per respingerlo” disse, seguendo il filo dei suoi pensieri. “Io potrei scappare con il ragazzo nei boschi, nascondermi con lui nei posti più introvabili e tu potresti dire al messaggero che Thorir non è più qui e che, se vuole, Re Egil può mandare qualcuno a cercarlo in tutta Kattegat e dintorni.”

“Ma non sarà pericoloso? E se Re Egil si infuriasse e decidesse di distruggere Kattegat?” chiese Aethelred, che ultimamente vedeva le cose nel modo più pessimistico possibile.

“Rischiando così di uccidere il suo stesso figlio? Non credo proprio” ribatté Asvard. “Thorir è l’unico erede di Egil e, nonostante il Re sia un uomo spietato e malvagio, tiene alla vita di suo figlio. Se non fossi stato certo di questo non glielo avrei portato via.”

“È vero” ammise Ivar. Si era preoccupato vedendo l’ansia e la paura sul volto di Aethelred e adesso cercava un modo per rassicurarlo. “Egil tiene a suo figlio, altrimenti non ci avrebbe proposto questo accordo, anzi ci avrebbe attaccati già da tempo. Sicuramente aspetta solo di averlo con sé per poi muoverci guerra ma, finché Thorir non sarà con lui, non ci attaccherà.”

Bjorn osservò con attenzione l’amico.

“Ma tu sei certo di poterci far guadagnare giorni preziosi e, magari, perfino una o due settimane? Se facciamo come suggerisci Egil manderà davvero alcuni suoi soldati a cercare Thorir per tutta Kattegat e nei boschi attorno e, se dovesse trovarvi, riprenderà il figlio, ti ucciderà e poi si vendicherà nel modo peggiore su tutti noi” disse in tono cupo.

Ivar strinse a sé Aethelred e si accorse che tremava. Questo lo fece davvero impensierire. Certo, la situazione era grave, ma non più di molte altre che il Principe Sassone aveva affrontato assieme ai Vichinghi. Perché adesso la prospettiva di una guerra lo terrorizzava tanto? Aethelred non aveva mai temuto le battaglie, pur cercando sempre di accordarsi per la pace, era pronto a combattere se e quando fosse stato necessario. Ora sembrava così fragile e indifeso… Era forse malato?

Un sorriso storto si dipinse sulle labbra di Asvard, e molti si stupirono perché chi non lo conosceva prima che arrivasse a Kattegat era sicuro che quell’uomo non sapesse nemmeno cosa volesse dire sorridere!

“Non preoccuparti per questo, non ci troverà mai, nemmeno se dovesse mandare tutto il suo esercito a battere i boschi palmo a palmo” dichiarò, fiero. “E, ovviamente, non può permettersi di farlo, non vorrà sguarnire le sue preziose forze. In questo periodo ho avuto modo di perlustrare i boschi attorno e mi ricordano molto quelli nei quali mi sono nascosto in Danimarca, mentre mettevo a punto i miei piani. So bene come rendere me e Thorir introvabili e, nel frattempo, tu potrai riunire gli eserciti da tutta la Norvegia e anche il contingente del Wessex.”

Bjorn rimase per lunghi attimi in silenzio a riflettere, mentre Gunnhild gli prendeva la mano e la stringeva. Poi scambiò uno sguardo con la moglie, che annuì.

“E sia. Tratterrò il messaggero di Egil per un solo giorno per darti il tempo di fuggire e nasconderti nei boschi con il giovane Principe” disse poi il Re. “Dopo di che dirò al messaggero che non posso consegnargli Thorir perché il ragazzo non è qui con noi e a quel punto… potremo solo sperare che l’affetto o l’interesse che Egil nutre per suo figlio sia più forte del desiderio di rivalersi su Kattegat.”

“Te lo posso assicurare, Re Bjorn: Egil non muoverà guerra alla tua città finché sarà convinto che Thorir sia qui, nascosto da qualche parte” affermò con decisione Asvard.

L’uomo si alzò in piedi e fece alzare anche Thorir, prendendolo per un braccio con più gentilezza del solito.

“Andrò subito a fare i preparativi per la nostra fuga in modo da poterci allontanare già stanotte” aggiunse poi, “così tu potrai convocare il messaggero domani mattina e riferirgli la tua risposta.”

Bjorn annuì e tese la mano, che Asvard gli strinse con forza.

“Buona fortuna, amico mio” disse il Re.

“Ti ringrazio, Re Bjorn. Stai tranquillo, gli eserciti che attendi arriveranno prima del previsto e allora tutti noi potremo prenderci la nostra rivincita su quell’uomo maledetto dagli dèi!”

Detto questo, Asvard uscì dalla Sala Grande conducendo Thorir con sé.

Ivar, Hvitserk e gli altri rimasero a scambiarsi sguardi perplessi.

“Spero proprio che Asvard non sopravvaluti l’attaccamento di Egil al figlio” disse Leif.

“Non credo che possa sopravvalutarlo” commentò Hvitserk. “Conosce bene quel Re e, se non fosse così, allora perché avrebbe rapito il Principe? Lo ha fatto perché sapeva di colpirlo nell’unico punto vulnerabile.”

“E poi è vero quello che ha detto: se a Egil non importasse di suo figlio, avrebbe già attaccato Kattegat o qualche altra parte delle coste norvegesi” aggiunse Ivar. “Sono settimane che raduna gli eserciti danesi per la battaglia, ma non ha ancora mosso guerra: chiaramente non vuole rischiare che Thorir resti ucciso. Non conosco Re Egil e non posso sapere se ami o meno suo figlio, ma di certo non vorrà conquistare tutta la Danimarca e la Norvegia e poi perdere l’unico erede che ha.”

“Va bene, per adesso non abbiamo altro da fare” concluse Bjorn. “Il messaggero di Re Egil passerà qui la notte, mentre Asvard si nasconderà nei boschi con Thorir, e domattina io gli riferirò che non possiamo consegnargli il Principe perché non è qui. Poi… non ci resta che aspettare.”

Aspettare. Aspettare che Re, Regine e Jarl della Norvegia inviassero truppe.

Aspettare l’arrivo del contingente di soldati Sassoni.

Aspettare un eventuale invio di truppe da parte di Dir e Igor da Kiev.

Aspettare la guerra…

Ivar decise di portare in camera Aethelred che appariva sempre più pallido e turbato e il giovane Sassone lo seguì senza una parola, come se non riuscisse più a fare niente di propria iniziativa. Ivar chiuse la porta della stanza mentre Aethelred sedeva malinconicamente sul letto, poi gli si mise accanto.

“Aethelred, vuoi spiegarmi cosa ti prende? Mi rendo conto anch’io della gravità della situazione, non lasciarti ingannare dalle mie battute e provocazioni a Bjorn… però credo che questo sia il piano migliore. Asvard è un tipo in gamba e troverà senza dubbio un nascondiglio perfetto per sé e Thorir e, nel frattempo, gli eserciti alleati avranno il tempo di raggiungere Kattegat” gli disse, prendendogli il volto tra le mani.

Gli occhi chiari di Aethelred, tuttavia, continuavano ad essere colmi di angoscia.

“Re Egil si sentirà oltraggiato dalla risposta di Bjorn” disse. “Certo, manderà una parte dei suoi soldati a cercare Thorir per tutta Kattegat e i luoghi attorno, ma chi ci assicura che non ne approfitteranno per fare del male alla gente? Potrebbero vendicarsi dell’offesa bruciando case, uccidendo donne e bambini… potrebbero attaccare il villaggio di Lagertha o cercare di uccidere Bjorn o qualcuno di voi figli di Ragnar Lothbrok. Come puoi essere così tranquillo?”

Ivar, nonostante la preoccupazione, sorrise dolcemente per rassicurare il suo compagno.

“Sono tranquillo perché ho affrontato queste situazioni centinaia di volte e sono ancora qui. Re Egil non è il nemico più pericoloso che abbiamo mai affrontato, ti assicuro che Oleg, ad esempio, era molto peggio di lui e anche molto più folle… eppure lo abbiamo sconfitto” rispose, accarezzando le guance lisce e morbide del giovane. “Noi siamo più forti di lui e, cosa ancora più importante, siamo uniti, combattiamo per la nostra terra, non per un dio qualsiasi o per il potere. Questa è la nostra forza. Adesso non pensarci più, Aethelred, te ne prego, altrimenti finirai per farti del male e logorarti ben prima che si arrivi ad una guerra vera e propria.”

Distese Aethelred sul letto e si mise sopra di lui, iniziando a spogliarlo e a spogliarsi lentamente, tra carezze e lunghi baci. Voleva che Aethelred dimenticasse del tutto le minacce, le possibili battaglie e gli ultimatum almeno per quella sera. Così il giovane Vichingo baciò Aethelred profondamente, con passione, quasi volesse divorarlo, mentre le mani sempre più audaci lo accarezzavano e lo stringevano sulla vita, i fianchi, le gambe. I loro corpi nudi si fusero in un intreccio di pura sensualità, mentre le mani di Ivar percorrevano il corpo del Principe Sassone, stuzzicando tutti i suoi punti più sensibili con carezze sempre più audaci e intime, baci appassionati e giochi di seduzione fino a invaderlo totalmente, riempiendolo di sé, entrambi avvinti in una deliziosa tortura amorosa. Dopo infiniti assalti appassionati, i due innamorati vennero insieme con un grido, in un orgasmo violento che li sfinì. Tuttavia Ivar non si staccò comunque da Aethelred, anzi, rimase adagiato su di lui, i corpi come fusi insieme, perduto con il suo amante in un abbraccio appassionato che li incatenava e li allontanava da tutto il resto. Era questo che voleva, strappare Aethelred ai suoi pensieri tormentosi e dolorosi, a ciò che lo straziava e che lui non capiva, a ogni preoccupazione e ansia ingiustificate. Voleva che, almeno per quella sera, il resto del mondo scomparisse per tutti e due e che potessero finalmente riposare sereni e appagati nella bolla del loro amore.

Ma, se Ivar e Aethelred erano riusciti a ritagliarsi il loro momento d’amore e dolcezza in quella situazione preoccupante, lo stesso non valeva per il giovane Principe Thorir. Aveva seguito Asvard nella stanza che condividevano e lo aveva guardato in silenzio, rimanendo in piedi in un angolo, mentre l’uomo raccoglieva abiti e coperte e li infilava in due sacchi di tela, badando bene a prendere tutto ciò che sarebbe loro servito per nascondersi ma anche per sopravvivere nei boschi gelidi e nelle caverne. Thorir non era preoccupato per la loro fuga né temeva che gli uomini di suo padre potessero scovarli: sapeva bene, per esperienza personale, quanto Asvard fosse abile nel celarsi nei boschi e diventare un fantasma agli occhi di tutti.

No, quello che lo turbava e lo spaventava era l’idea di passare giorni e notti esclusivamente in sua compagnia, loro due da soli, ogni attimo, ogni istante. Asvard, così imponente e serio, lo sovrastava e gli incuteva soggezione e comunque fosse non era ancora riuscito a capire cosa realmente volesse da lui. Tiago gli aveva consigliato di allontanarsi da quell’uomo, ma ora non sarebbe stato possibile, al contrario sarebbero rimasti sempre insieme, da soli, senza separarsi mai affinché nessuno potesse rintracciarli… e questo pensiero lo sgomentava e lo impauriva.

Cosa ne sarebbe stato di lui? Non credeva che Asvard gli avrebbe fatto del male, ma… non sapeva cosa pensare! Quella notte stessa si sarebbero inoltrati nei boschi e Thorir non riusciva a non angosciarsi alla sola idea di essere del tutto vulnerabile, indifeso e fragile in balìa di quell’uomo.

Fine capitolo nono

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Cap. 10: Army of Dreamers ***


Cap. 10: Army of Dreamers

 

You didn't trust anyone
For as long as you can remember
Surrounded by their voices
Whispering lies

Join us dreamer
Don't be scared
We are here
We are your tribe

All we are is an army of dreamers
Proud and strong ready to strike
All we know is made up by strangers
When we wake up we will never remember
We are an army of dreamers!

(“Army of Dreamers” – Russell Allen, Anette Olzon)

 

Dopo che Bjorn aveva dato la sua risposta negativa a Re Egil, riferendo al suo messaggero che il Principe Thorir non si trovava a Kattegat e che, quindi, lui non poteva restituirlo al padre, il Re Danese aveva fatto la mossa che in molti si aspettavano: aveva inviato dei soldati a Kattegat per cercare il figlio, ma il contingente che aveva mandato era composto da una quindicina di uomini perché non poteva permettersi di indebolire il suo esercito. Nel frattempo, invece, avevano iniziato a giungere in città alcuni degli eserciti che si sarebbero uniti ai Norreni di Bjorn e così nuovi soldati e Principi affollavano la Sala Grande e brindavano rumorosi, festeggiando in anticipo quella che immaginavano sarebbe stata una grande vittoria contro i Danesi.  

Quella sera c’era di nuovo un banchetto nella dimora regale e Bjorn e Gunnhild avevano accolto al loro tavolo, oltre ai consueti amici e consiglieri, anche un Principe giunto da un Regno Norreno chiamato Rogaland *: era un giovane affascinante e carismatico, riusciva a rendersi amico di tutti, tuttavia non nascondeva la sua ambizione, che era quella di vincere la guerra insieme a Re Bjorn non solo per sconfiggere il pericolo Danese, ma anche per ottenere, poi, dal Re dei Norreni, la possibilità di farsi Re al posto di suo fratello Olaf. Bjorn era sempre contento di conoscere persone che avessero motivi personali per combattere le loro battaglie, come appunto questo Principe che si chiamava Harald (sì, anche lui, non è colpa mia se i Vichinghi usano sempre gli stessi nomi! XD), o Leif e Freydis che cercavano vendetta così come Asvard… era molto meglio che i suoi alleati avessero delle motivazioni valide per stare al suo fianco, così poi sarebbe stato più difficile venir tradito da loro.

E, a proposito di Asvard, che stava facendo?

Non aveva mentito quando aveva affermato di conoscere molto bene i boschi nella zona di Kattegat e anche più all’interno, poiché li aveva perlustrati attentamente durante i primi giorni del suo arrivo per trovare luoghi in cui nascondersi in caso di bisogno. E adesso era andata proprio così. Lui e Thorir erano partiti la sera stessa in cui Asvard aveva parlato con Bjorn, ben prima che i soldati di Re Egil avessero raggiunto Kattegat. Ma la zona che Asvard aveva scelto non l’avrebbero mai raggiunta, erano troppo pochi e senza alcuna conoscenza del territorio. L’uomo aveva trovato una piccola grotta in mezzo a una macchia di alberi e il cui ingresso era ben celato da grossi cespugli: nessuno, a meno che non lo avesse saputo prima, avrebbe mai pensato che potesse esservi un nascondiglio lì. Fin dalla prima notte si era sistemato lì con Thorir e aveva allestito il piccolo rifugio con tutto ciò che aveva preso dalla loro stanza, coperte, pellicce e ciotole per il cibo e l’acqua.

“Le provviste sono abbastanza ma, siccome non posso sapere quanto tempo dovremo rimanere nascosti, ho scelto un posto in cui potrò anche cacciare piccoli animali e pescare” spiegò Asvard al giovane Principe, che continuava a fissarlo intimorito e confuso. “Non lontano c’è anche un fiume che ci servirà sia per pescare che per bere e lavarci. Immagino che tu non sappia pescare… no, non importa che lo dica, lo farò io per entrambi.”

Stranamente, ora che si trovavano davvero in pericolo, Asvard era diventato meno cupo, più pacato e rassicurante e anche la battuta sul fatto che Thorir non sapesse pescare l’aveva detta con un sorriso intenerito e non certo in tono giudicante o di disprezzo. Evidentemente poter agire concretamente lo calmava… però Thorir continuava ad essere in soggezione e timoroso trovandosi con lui in un luogo solitario e non aveva neanche il coraggio di parlargli!

“Non accenderò fuochi attorno alla grotta, perciò di notte dovremo stare al buio e al freddo” riprese a spiegare l’uomo. “Non posso rischiare che i soldati di Re Egil sentano l’odore del fumo e vengano attirati da queste parti. Accenderò il fuoco solo di giorno, accanto al fiume, per cuocere il cibo e così poi potrò spegnerlo e distruggerne le tracce facilmente.”

Thorir annuì, ma ancora una volta non aprì bocca.

“Dovrai abituarti al buio della notte” gli disse Asvard, “ma non preoccuparti per il freddo: io ho vissuto nei boschi per molto tempo e quindi posso sopportarlo bene, perciò tutte le coperte e le pellicce che ho preso sono per te, potrai usarne quante ne vorrai.”

“Grazie” mormorò Thorir, stupito da quel pensiero gentile che non si sarebbe mai aspettato… però continuava ad essere spaventato e intimidito da quella convivenza forzata!

Trascorsero così più di tre giorni e le cose andarono bene, proprio come Asvard aveva pianificato, si vedeva che aveva pensato a tutto. I soldati di Re Egil stavano perlustrando tutt’altre zone e con ben poco impegno, a dirla tutta, visto che non conoscevano affatto quei luoghi e avevano paura di finire in un dirupo o di essere aggrediti da qualche belva feroce. Asvard cacciava, pescava e… si occupava di Thorir, aspettando che il pericolo fosse passato per poter tornare a Kattegat. In quei giorni, tuttavia, si rendeva sempre più conto di non poter più tenere a freno il calore del sentimento che provava per il giovane Principe. Per troppo tempo si era ripetuto che non doveva affezionarsi a lui, che era solo un ostaggio, che era sacrificabile… ma ora che stava con lui ogni minuto del giorno e della notte e doveva occuparsene in tutto (perché Thorir era imbranato e completamente inadatto alla vita fuori da un palazzo!) si sentiva sempre più vicino a lui e non più solo attratto fisicamente, vederlo così buffo e maldestro gli faceva tenerezza, gli scaldava il cuore e desiderava non solo far l’amore con lui, ma anche stringerlo, baciarlo, coccolarlo come se fosse davvero il suo compagno.

Thorir, ovviamente, non si era accorto di niente e anzi continuava a mostrarsi sempre più in soggezione, tanto che un pomeriggio fu Asvard a decidere di buttare al vento tutta la sua prudenza e avvicinarsi a lui.

“Thorir, sono giorni che siamo qui e tu non mi hai mai rivolto la parola” gli disse. “Eppure a me sembra di aver fatto tutto ciò che posso per farti stare bene, per quanto possibile in questa situazione. Cosa c’è che non va? Sei in collera con me? Saresti voluto tornare da tuo padre?”

“No” rispose il ragazzo, scuotendo decisamente il capo, “questo l’ho detto fin dall’inizio. Odio il missionario cristiano di mio padre, non voglio seguirlo, non voglio convertirmi e detesto questa sua stupida guerra. Non mi importa cosa ne sarà di lui, non mi ha mai trattato con affetto, anzi mi faceva sentire sciocco e sbagliato, un incapace. Sarei pronto a combattere contro il suo esercito, al fianco di Re Bjorn e dei suoi se solo… se solo sapessi combattere. Purtroppo non ho mai davvero imparato a cavarmela nelle battaglie e… e sono un codardo, sì!”

Asvard sorrise, ancora più intenerito, e si avvicinò al giovane passandogli un braccio attorno alle spalle.

“Non devi preoccuparti di questo” lo rassicurò, “nessuno ti chiederà di combattere veramente. Io voglio solo che tuo padre ti veda in armi accanto a me e a Re Bjorn, voglio che veda che perfino suo figlio lo ha rinnegato e che è rimasto solo come me. Voglio spezzarlo prima di ucciderlo. Ma farò in modo che ci siano sempre dei guerrieri attorno a te e che non ti accada niente di male, te lo prometto.”

Asvard gli era ora vicinissimo, paradossalmente quasi più vicino di quanto gli fosse mai stato le notti in cui lo possedeva.

“Ma… ma… io lo so che tu non mi proteggerai, non ne hai motivo” replicò Thorir, dando finalmente voce alle sue paure più profonde. “Io non credo che mio padre mi ami e quindi non gli importerà di vedermi combattere contro di lui. L’unica cosa che potresti fare per spezzarlo sarebbe… uccidermi davanti ai suoi occhi… e per questo penso che sarà ciò che farai e…”

Asvard lo strinse tra le braccia come desiderava fare da troppo tempo e gli accarezzò il viso e i capelli. Non lo aveva mai fatto prima, non se lo era mai permesso.

“No, no, no, Thorir, non devi pensare questo” mormorò. “È vero, quando ti ho preso come ostaggio l’ho pensato ed è proprio per questo che ho cercato di non avvicinarmi troppo a te, di trattarti con freddezza, non volevo affezionarmi, non volevo provare… quello che provo… perché pensavo che forse sarei stato costretto ad ucciderti e non avrei dovuto esitare. Ma adesso io… io so che non potrei mai ucciderti, non potrei più vivere senza di te. Ucciderò tuo padre e riprenderò ciò che è mio, questa sarà la mia vendetta. Ma non avrebbe senso riavere il mio Regno se… se non ti avessi al mio fianco.”

Thorir era completamente allibito e stravolto dalle parole dell’uomo, tutto si sarebbe aspettato meno che una rivelazione del genere! Ma non ebbe neanche troppo tempo per stupirsi: Asvard strinse il suo Principe tra le braccia e iniziò a baciarlo impetuosamente, con foga e passione, continuando mentre lo spogliava e si liberava delle sue vesti, i baci che si facevano più profondi e infuocati mentre per la prima volta si concedeva di inebriarsi delle labbra morbide di Thorir, del suo sapore, del tepore del suo respiro... Non lo aveva mai baciato prima, proprio perché sapeva che dopo non si sarebbe più potuto staccare da lui. Per la prima volta, quando Asvard penetrò Thorir, fu veramente un’unione di entrambi e le loro membra si allacciarono in un’intensa danza d’amore; l’uomo continuò a possedere il giovane Principe senza staccarsi da lui ma, questa volta, in modo tenero e lento, come aveva sempre voluto fare, mentre i loro corpi si fondevano come se fossero nati per quello e una luce calda e dolcissima invadeva entrambi. Non era mai stato così, e dopo di questo Asvard non sarebbe mai più potuto tornare indietro. Infine Asvard avvolse Thorir e se stesso in una delle pellicce che si trovavano nella grotta per coprire i loro corpi nudi mentre rimaneva incollato a lui, accarezzandogli i capelli, baciandolo teneramente e pensando che avrebbe desiderato restare così per sempre, dimenticando persino il suo desiderio di vendetta. Ma lo incoraggiava la consapevolezza che, una volta ucciso Re Egil e riottenuta la pace e il suo Regno, avrebbe portato con sé Thorir e allora lo avrebbe avuto per sempre, non si sarebbero più lasciati. Aveva trovato in quel ragazzo tutta la sua vita e la sua gioia, come non avrebbe mai neanche potuto immaginare.

Thorir era esausto, disfatto e completamente incredulo per ciò che era accaduto e che continuava ad accadere. Era stato davvero in balìa di Asvard come mai prima, ma aveva sentito il suo corpo rispondere a ogni bacio, carezza, spinta dell’uomo e aveva provato emozioni indicibili che quasi lo avevano spezzato… e adesso, confusamente, perduto tra le braccia possenti di Asvard, pensava anche lui che non c’era altro posto in cui si sarebbe voluto trovare!

L’arrivo del piccolo contingente di soldati Danesi aveva turbato moltissimo anche Aethelred. Si era tranquillizzato vedendo che erano davvero troppo pochi per causare danni ai cittadini di Kattegat e dei villaggi vicini, inoltre non sembravano nemmeno prendere poi molto sul serio il loro compito di ritrovare il Principe Thorir. Tuttavia il fatto stesso di vederli, la loro presenza lì, rendeva più concreta la prospettiva sempre più imminente di una guerra e questo angosciava il Principe Sassone. Alla fine anche Ivar, che le aveva provate tutte per distrarlo, si rese conto che la cosa era più grave del previsto e che esulava dalle sue capacità. Una mattina lo prese sottobraccio e lo condusse senza tanti complimenti alla casetta in cui vivevano Tiago e Floki.

“Amici miei, vi devo chiedere aiuto” disse subito, appena entrato nella piccola abitazione. “Aethelred sta male, io non riesco a capire cos’abbia ma non ce la faccio più a vederlo sempre così abbattuto, malinconico e apatico. Non so se la sua malattia sia della mente o del corpo, ma penso che solo voi potete aiutarlo. Tiago, forse tu puoi preparare una pozione o un rimedio che restituisca a Aethelred la sua energia e la sua determinazione… e tu, Floki, magari parlandoci capirai cosa turba il suo cuore. Io ho provato tutto ciò che era in mio potere ma devo ammettere di non essere in grado di aiutarlo.”

Tiago e Floki si scambiarono uno sguardo, poi entrambi guardarono Aethelred e bastò loro ben poco per comprendere che il giovane Principe soffriva nel cuore e nell’animo, c’era un’aura oscura attorno a lui che risucchiava le sue energie e che, andando avanti così, lo avrebbe addirittura ucciso. I due erano comunque consapevoli del fatto che non potevano dire una cosa del genere in faccia ad Ivar e che era necessario comprendere da dove nasceva l’oscurità che stava logorando Aethelred.

“Hai ragione, Ivar, il Principe ha bisogno di rimedi che gli restituiscano energia e forza” disse Tiago al Vichingo. “Vieni con me, ti mostrerò le erbe che adopererò per preparare un tonico adatto al suo male e poi ti spiegherò quando dovrà assumerlo.”

Così dicendo, Tiago condusse Ivar nella stanzetta adiacente dove preparava i suoi rimedi, dando così occasione a Floki di parlare da solo con Aethelred e cercare di scoprire quali fossero le sue angosce.

“Il tuo dolore è qui e anche qui” gli disse piano Floki, sfiorando prima la fronte e poi il petto di Aethelred, vicino al cuore, “ma Ivar non riesce a comprendere. E tu non riesci a spiegarti veramente con lui. Vuoi provare a parlarne con me?”

Aethelred guardò sgomento l’uomo che, in pochi attimi, aveva letto tutto il dolore del suo cuore e le immagini che gli straziavano la mente e poi, senza quasi rendersene conto, iniziò a raccontare tutto, le parole che fluivano fuori come un’infezione.

“È iniziato tutto in Wessex durante l’ultima battaglia” disse. “So bene che Ivar non si è mai tirato indietro e che, anzi, ha fatto di tutto per partecipare ai combattimenti fin da ragazzo e lo ammiro per questo, ma in Wessex… in Wessex è stato diverso. Lui non ha usato il suo solito carro da guerra, anzi, si è gettato nella mischia anche se le gambe non lo reggevano più perché voleva morire, pensava che, se lui fosse stato ucciso, Alfred avrebbe fermato la battaglia e risparmiato Hvitserk e gli altri. E io… io per la prima volta mi sono reso conto che Ivar poteva morire, che lo avrei perduto e che non avrei potuto vivere senza di lui!”

“Ma lo hai salvato e tutto è finito bene” commentò Floki in tono dolce e rassicurante.

“Sì, ma quella mossa mi ha terrorizzato” ammise Aethelred. “Ivar voleva morire, era disposto a sacrificarsi. Non si trattava più dei pericoli che ogni guerriero corre durante una battaglia, lui era… e se succedesse di nuovo io… È per questo che temo tanto una nuova guerra, e se Ivar vedesse in pericolo Hvitserk, o qualcun altro che gli è caro, e si esponesse di nuovo per distogliere l’attenzione dei nemici? Finora Ivar non aveva mai corso davvero dei rischi, era quello che pianificava con freddezza le strategie migliori e poi combatteva protetto dal suo carro, ma… ma forse ora non sarà più così e lui non può combattere come gli altri, non può… Io non posso perderlo!”

Aethelred scoppiò in un pianto dirotto e Floki lo abbracciò teneramente, come un padre.

“Tu vorresti che Ivar ti promettesse che sarà prudente, che combatterà nel suo solito modo, con l’astuzia piuttosto che con la forza, ma lui non si rende conto di quanto questo sia importante per te” disse. “Ivar è stato abituato per anni a gestirsi da solo, a non avere nessuno che si preoccupasse davvero per lui e che avrebbe sofferto davvero per la sua perdita e, anche se ora ci sei tu e lui ti ama, non riesce a cambiare il suo modo di pensare.”

Aethelred, ancora più sorpreso, si asciugò le lacrime e fissò Floki con gli enormi occhi chiari pieni di stupore e ammirazione.

“Deve comprendere che la sua vita non è più solo sua, che siete legati e che questo comporta dei cambiamenti” dichiarò Floki. “Non temere, gli parlerò io e ti assicuro che a me darà ascolto. Ivar è un testardo, ma io lo conosco da quando era ragazzino e ho la testa più dura di lui!”

La calma di Floki aveva avuto effetto su Aethelred e quella battuta riuscì perfino a strappargli un sorriso. Quando Tiago e Ivar tornarono nella stanza con il tonico, il giovane Principe Sassone sentì che le cose stavano davvero per cambiare e che Floki avrebbe saputo aiutare lui e Ivar a capirsi.

Per la prima volta, dopo mesi e mesi di angoscia e logoramento, riusciva a intravedere una luce di speranza.

Fine capitolo decimo

 

* È un Regno che esisteva realmente nel periodo Vichingo, posto nella parte sud-ovest del Paese e quindi, ho immaginato, non lontano da Kattegat. La storia di Harald e Olaf è più o meno quella di Vikings: Valhalla, ma qui ho dovuto cambiare alcune cose per renderle verosimili e adattare i personaggi alla mia storia, quindi qui Harald non vuole diventare Re di Norvegia al posto del fratello, ma prendere il suo Regno (appunto Rogaland nella mia ff).

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Capitolo 11
*** Cap. 11: Cherish my memory ***


Cap. 11: Cherish my memory

 

In my hair I felt a thousand suns
Clouds kept me warm and carried me through the sky
I've finally got the sign

The lights of souls are glowing like gold
Storm is rising, the calm is gone
My ship is sailing

Talk to me, speak to me
Tell me your story
Look at me, watch me
See and behold

Remember me, think of me
Picture me, never forget me
Cherish my memory!

(“Cherish my memory” – Amberian Dawn)

 

Tiago approfittò della scusa del tonico per riaccompagnare Aethelred alla dimora regale, dicendo che gli avrebbe spiegato come e quando prenderlo e in che modo lo avrebbe aiutato… tutto, ovviamente, per dare modo a Floki di parlare con Ivar da solo.

“Floki, che cosa mi devi dire?” gli domandò immediatamente il giovane Vichingo, non appena furono rimasti soli. “Guarda che ho capito benissimo che Tiago ha allontanato apposta Aethelred. Allora, cosa c’è? Aethelred ha qualcosa di grave, di incurabile, è per questo che vuoi parlarmi da solo?”

Floki nascose un sorrisetto perché non voleva che Ivar si sentisse preso in giro, ma in realtà era molto felice che il ragazzo, per la prima volta, manifestasse tanta angoscia per qualcun altro: significava che teneva davvero moltissimo a Aethelred e questo era un bene, avrebbe permesso a Floki di trovare più facilmente le parole per convincerlo.

“Aethelred non ha niente che non possa essere curato” rispose dunque lo sciamano, “ma dovrai essere tu a guarirlo.”

“Io? Ma che stai dicendo? Io non sono uno stregone come voi due, non so pasticciare con le erbe o che altro…”

“Aethelred non ha bisogno di pozioni e decotti, il suo male sta nella mente e nel cuore e si chiama paura” lo interruppe Floki. “Vive nel terrore e nell’angoscia dal giorno in cui, sul campo di battaglia del Wessex, ha temuto di perderti per sempre e, adesso che si sta avvicinando un’altra guerra, è ancora più straziato perché teme che succederà di nuovo.”

Ivar sembrava non comprendere.

“Ti ha detto questo? E allora? Lo ha detto un sacco di volte anche a me, ma io non capisco come posso aiutarlo. Non sono stato io a volere questa guerra, c’è quel Re folle con il suo missionario Cristiano… ma in ogni caso che c’entra? Questa è la vita dei Vichinghi, noi esistiamo per razziare, esplorare, combattere e morire gloriosamente in battaglia, è così che viviamo ed è così che moriamo, altrimenti come potremmo andare nel Valhalla?” protestò Ivar.

“Aethelred mi ha detto anche questo: tu non lo ascolti e non lo capisci ed è per questo che lui soffre tanto” replicò Floki. “Ivar, possibile che tu non voglia comprendere che, nella vita, si cambia, si matura e non si resta sempre gli stessi? Tu dici che solo con una morte gloriosa in battaglia si può andare nel Valhalla… e allora pensi che tuo padre Ragnar o tua madre Aslaug, che sono stati uccisi, non siano nel Valhalla? E neanche la mia Helga, uccisa a tradimento, o la mia Angborda, morta di malattia?”

“Ma che domande fai, Floki? Io non sono uno sciamano, sei tu a sapere queste cose, sei tu che parli con gli dèi!” Ivar sembrava seccato, era venuto lì per aiutare concretamente Aethelred e adesso Floki gli parlava di religione e di altre cose astratte.

“Hai ragione, e io ti posso dire che, in questi lunghissimi anni, ho avuto modo di riflettere, di ascoltare la voce degli dèi e di comprendere quello che volevano da me” riprese l’uomo. “Gli dèi non accolgono nel Valhalla soltanto i guerrieri che muoiono valorosamente in battaglia, altrimenti come potrebbero mai entrarvi i bambini come Angborda, o le donne che non diventano shieldmaiden? Gli dèi accolgono nel Valhalla chiunque viva la sua vita cercando di seguire la loro volontà, che per alcuni può essere diventare moglie e madre, come per Aslaug e Helga, per altri invece combattere e morire per la propria terra. Guarda me, per esempio. Io ho passato molti anni combattendo e razziando accanto a Ragnar, poi ho perduto mia figlia e anche mia moglie e non capivo perché gli dèi mi avessero punito così. Non ero sempre stato un guerriero coraggioso? Non avevo combattuto in ogni battaglia possibile? Perché allora? E la risposta era… che non mi avevano punito, Helga è morta per la vendetta e la follia di Tanaruz, non per il volere degli dèi, però la sua perdita mi ha fatto iniziare un cammino che mi ha portato dove sono oggi, qui, ad aiutare le persone come te.”

“Quindi gli dèi volevano da te che fossi un guaritore e non un guerriero? Ti guadagnerai il Valhalla facendo del bene al prossimo… ironico, questa tua nuova visione degli dèi assomiglia in modo impressionante a quello che dice Aethelred del suo Dio Cristiano, anche se poi ci sono quelli che scatenano le guerre usando il loro Dio come scusa!” fece Ivar, caustico. “Vabbè, come ti ho detto non sono qui per parlare di religione, bensì per capire come aiutare Aethelred. Forse devo diventare un guaritore anch’io? Sarebbe da ridere, visto che non ho mai saputo guarire me stesso!”

“No, Ivar, tu non devi diventare un guaritore o uno sciamano, gli dèi ti hanno elargito altri doni: sei arguto, intelligente, furbo, sei uno dei più abili strateghi del mondo Vichingo, migliore anche di Ragnar Lothbrok, ed è questo che devi fare: pianificare le battaglie, organizzare le difese, gestire le strategie di combattimento per portare i tuoi uomini alla vittoria… e non gettarti nella mischia per morire da eroe.”

“Ma io…”

“Sì, sì, lo so cosa ti racconti, Ivar, ti conosco troppo bene, lo hai dimenticato?” lo interruppe di nuovo Floki. “Tu ti ripeti che hai solo cercato di sacrificarti per salvare Hvitserk, Aethelred e i tuoi uomini, in Wessex, ma è davvero questo? È stato solo un estremo atto di generosità? Hai pensato anche solo per un attimo a quello che avrebbero provato per tutto il resto della vita Aethelred e Hvitserk sapendo che tu eri morto per salvare loro? Era questo ciò che avrebbero voluto, secondo te?”

Davanti agli occhi azzurri e sgranati del giovane Vichingo riapparve quella giornata tragica e tumultuosa. Ivar rivide come se fosse presente in quel momento la morte di Harald, i Sassoni che colpivano i Norreni, Hvitserk che cadeva a terra… e poi lui in mezzo alla battaglia, che si offriva come bersaglio perché, caduto lui, Alfred avrebbe ordinato la tregua.

Ma rivide anche lo sguardo di Hvitserk, il suo volto disperato mentre gli diceva di non farlo, le sue lacrime e le sue parole angosciate; e vide Aethelred impietrito dall’orrore e dal dolore, agghiacciato alla prospettiva di vederlo morire. Davvero aveva cercato di sacrificarsi per loro? O non lo aveva fatto, invece, per se stesso, per sentirsi un eroe come suo padre e anche di più, per essere ricordato per sempre?

Cosa ne sarebbe stato di Hvitserk, sapendo di essere vivo solo perché suo fratello si era immolato?

Cosa ne sarebbe stato di Aethelred, privato dell’uomo che amava, costretto a una straziante solitudine?

No, Ivar non poteva più mentire, né a se stesso né a nessun altro.

“Hai ragione, Floki, non ho pensato davvero alle persone care e a chi avrebbe sofferto per la mia morte, ho solo pensato che sarei stato ricordato come un eroe e come il salvatore dei Norreni” ammise Ivar. “Ma questo cosa c’entra con la salute di Aethelred? Va bene, lo ammetto, in Wessex ho sbagliato, ma è passato tanto tempo e ci saranno altri nemici da affrontare, non possiamo stare a torturarci su ogni battaglia!”

“Hai mai detto a Aethelred che non combatterai in questa nuova guerra? Che ti limiterai a pianificare le strategie e a guidare i guerrieri come hai sempre fatto dal tuo carro da battaglia, senza correre rischi inutili?” gli chiese Floki, fissandolo dritto negli occhi.

“Perché avrei dovuto dirglielo? È così che ho sempre fatto, a parte quella volta in Wessex, lui lo sa che io sono lo stratega dietro le linee, ho agito così durante l’assedio di Kattegat e quando ho guidato l’esercito dei Rus’ e…” Ivar si interruppe, colpito da un pensiero improvviso. “Aethelred non lo sa? Ha bisogno che io glielo spieghi e che lo rassicuri?”

Floki sorrise.

“Magari a te sembra ovvio, adesso, perché sai come ti comporti in battaglia, ma non è ovvio per Aethelred, dopo quello che hai fatto in Wessex”, disse.

Era dunque così semplice? Ivar non riusciva quasi a crederci, ma lo sguardo di Floki sembrava incoraggiarlo sempre di più. Lentamente si alzò in piedi, appoggiandosi alla sua stampella.

“Ho dato troppe cose per scontate” mormorò Ivar, “e a causa di questo Aethelred si è lacerato il cuore per tanto tempo. Io parlo, parlo, ma spesso non dico niente… questa volta gli dirò quello che deve sentire, finalmente ho capito. Grazie, Floki, ero sicuro che solo tu mi avresti potuto aiutare e lo hai fatto, come sempre. Ti sono davvero grato!”

Mentre il giovane Vichingo usciva dalla piccola abitazione, cercando di muoversi più veloce che poteva per raggiungere il suo compagno, Floki lo seguì con uno sguardo affettuoso e fiero.

“No, Ivar, non sono stato io, sei stato tu ad aiutare te stesso e Aethelred, perché per la prima volta hai capito di dover mettere la persona che ami davanti a tutto il resto” mormorò tra sé. “Ora sei davvero un uomo, figlio di Ragnar.”

Ivar cercava di camminare più in fretta che poteva e non vedeva niente attorno a sé, non si accorse neppure di aver incrociato Tiago che stava facendo ritorno a casa sua, né i guerrieri che si addestravano per la battaglia ormai imminente, né Asvard e Thorir che, dopo tanti giorni trascorsi nei boschi, erano rientrati a Kattegat e adesso sembravano più vicini e complici… Niente e nessuno esisteva per Ivar, soltanto lo sguardo addolorato e pieno di paura del suo Aethelred e il desiderio sempre più impellente di stringerlo, baciarlo e alleviare finalmente la sua lunga pena.

Non appena raggiunse la dimora regale, Ivar si precipitò verso la stanza che condivideva con Aethelred, incurante del fatto che Bjorn e Hvitserk cercassero di parlargli. Entrò nella camera e chiuse la porta alle sue spalle, poi andò a sedersi sul letto, accanto al suo compagno.

“Aethelred, mi dispiace tanto, sono stato un idiota” disse, e si rese conto che era la prima volta nella sua vita che si scusava davvero con qualcuno. “Tu cercavi di farmi capire, ma io non ascoltavo, ero sordo e cieco. Sono stato un egoista, lo sono sempre stato, ma prima dovevo preoccuparmi solo di me stesso e ora invece… Aethelred, non sono un veggente e non posso prevedere come andrà questa guerra che il Re Danese vuole portarci, ma una cosa posso assicurartela: io organizzerò i piani di battaglia, studierò le strategie migliori, consiglierò Bjorn e tutti i guerrieri e seguirò le battaglie dal mio carro per capire e anticipare ogni mossa, ma non mi butterò nella mischia come un folle, non giocherò a fare l’eroe. Se dovessi rimanere ucciso, sarà perché i Danesi hanno vinto e allora avranno massacrato non solo me, ma anche te, Bjorn, Hvitserk e tutta Kattegat… ma io spero che non sarà così, perché voglio vivere ancora una vita molto lunga e molto felice insieme a te, perché stare con te è più importante di qualsiasi altra cosa e non c’è altro al mondo che io desideri di più. Io ti amo, Aethelred, e mi dispiace se troppe volte ho dato tutto questo per scontato. Tu sei il regalo più bello e inaspettato che la vita potesse farmi e io… io non voglio perdermi neanche un istante della gioia di stare insieme a te.”

Aethelred era talmente incredulo, attonito e commosso da non trovare le parole, mentre sentiva che il ghiaccio e il dolore che per tanti mesi gli avevano trafitto il cuore si stavano sciogliendo ad ogni parola di Ivar. Gli occhi gli si colmarono di lacrime di gioia… e poi non riuscì a capire più niente. Ivar gli si distese addosso sul letto, si spogliò e lo spogliò freneticamente, coprendogli il viso di piccoli baci. Cominciò ad accarezzarlo, a percorrere tutto il suo corpo con mani avide mentre lo baciava ancora e ancora, con sempre maggior desiderio, esplorandogli la bocca senza riuscire a saziarsi di lui. Poi iniziò a penetrarlo lentamente, senza staccare le labbra dalle sue, si fuse con il suo corpo e si mosse dentro di lui con spinte sempre più profonde e intense, eccitandosi ulteriormente quando sentì che Aethelred lo assecondava e soffocava i gemiti di piacere contro la sua bocca. Portò il giovane Sassone al culmine della passione e ancora oltre per poi esplodere con lui nell’estasi totale che lasciò entrambi sfiniti e ansimanti.

Dopo l’amore, i due giovani restarono allacciati insieme come se fossero una persona sola, finalmente liberi da preoccupazioni e angosce e consapevoli soltanto della forza del loro amore che avrebbe vinto ogni insidia. Era vero, la guerra contro Re Egil e i suoi eserciti era ormai vicinissima, ma Ivar e Aethelred erano adesso resi più forti dall’amore che avevano riscoperto nei loro cuori ed erano pronti ad affrontare qualsiasi difficoltà.

Insieme, uniti come un solo essere.

Fine capitolo undicesimo

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Cap. 12: Save a prayer ***


Cap. 12: Save a prayer

 

You saw me standing by the wall,
Corner of a main street,
And the lights are flashing on your window sill.
All alone ain't much fun,
So you're looking for the thrill,
And you know just what it takes and where to go.

Don't say a prayer for me now
Save it 'til the morning after
No, don't say a prayer for me now
Save it 'til the morning after!

(“Save a prayer” – Duran Duran)

 

La battaglia dei Norreni contro i Danesi di Re Egil risultò molto meno devastante del previsto e, soprattutto, di quanto avesse temuto Aethelred in quelle settimane di tormento. Il giovane Sassone, questa volta, era reduce dai dolorosi traumi vissuti in Wessex e quindi non riuscì ad essere l’abile consigliere e stratega che era stato accanto a Bjorn e Gunnhild sia durante l’assedio a Kattegat occupata da Ivar sia durante la guerra contro i Rus’. Tuttavia le esperienze vissute e l’aiuto di nuovi e validissimi alleati consentirono comunque a Bjorn di organizzare e pianificare al meglio ogni battaglia. Gunnhild e la sua nuova amica, la valorosa shieldmaiden Freydis, organizzò le difese con i guerrieri e le altre shieldmaiden del villaggio di Lagertha e delle zone circostanti. E anche Lagertha, in quell’occasione, dimenticò di essersi messa in pensione e riprese in mano spada e scudo per difendere la sua terra. Così, nelle zone presidiate dai contingenti guidati da Gunnhild, Freydis e Lagertha, i soldati di Re Egil non trovarono modo di sfondare e, al contrario, furono costretti a ritirarsi con gravi perdite.

Una parte della flotta Danese, invece, tentò di aggirare Kattegat mandando alcune navi a sbarcare sulla spiaggia e altre alla foce del fiume, così come avevano fatto i Rus’ ormai tanto tempo prima… ma, purtroppo per loro, questa volta Ivar stava dalla parte dei Norreni e indovinò subito che i Danesi avrebbero cercato di sfruttare il piano che era stato ideato da lui. Fu proprio Ivar, quindi, ad organizzare la difesa sia della spiaggia che della foce del fiume, guidando i guerrieri giunti da Tamdrup e da altri Regni Norreni in appoggio a Kattegat e, sfruttando al meglio gli arcieri, massacrò i Danesi che avevano tentato quella sortita con un nugolo di frecce. Hvitserk e Helgi si erano uniti ai contingenti dei soldati e il loro contributo era determinante per le sorti della battaglia, tutte chiaramente a favore dei Norreni. A dargli man forte c’era anche Aethelred che comandava il contingente giunto dal Wessex e che, adesso che si era chiarito con il suo compagno, era ritornato il capitano coraggioso che era sempre stato e, accertatosi che Ivar fosse al sicuro dietro gli arcieri, si batté strenuamente respingendo ogni assalto Danese fino alla loro resa incondizionata.

Tuttavia il vero scontro, quello decisivo, si combatté nelle strade e nelle piazze di Kattegat. Bjorn aveva deciso di non allestire le difese sulle mura della città e di lasciare piuttosto che i soldati di Re Egil entrassero, per poi trovarsi intrappolati in un luogo che non conoscevano e bersagliati da frecce e assalti di guerriglia da parte degli uomini e delle shieldmaiden del Re dei Norreni e dei suoi alleati, che invece conoscevano ogni angolo della cittadina e sbucavano fuori dai luoghi più inaspettati per colpire e uccidere. Molti guerrieri Danesi morirono, ma una buona parte di essi, che era stata costretta con la forza a convertirsi al Cristianesimo e a lottare per Re Egil, vistisi a mal partito reagirono afferrando e facendo a pezzi il missionario che li aveva accompagnati anche in battaglia e che era stato l’origine di tutti i loro problemi; dopo di che, si arresero senza tanti complimenti a Bjorn e ai suoi!

Re Egil in persona guidava i suoi uomini dentro Kattegat e, una volta che si fu ritrovato senza più difese, Bjorn avrebbe potuto ucciderlo, ma lasciò che fosse Asvard a confrontarsi personalmente con il suo nemico. Gli aveva promesso che avrebbe avuto la sua vendetta e gliela concesse.

Asvard si presentò sulla piazza di Kattegat di fronte a un Egil scarmigliato e ferito, senza più il suo esercito, mentre Thorir era insieme ai soldati Norreni, tenuto al sicuro dallo stesso Asvard che non aveva voluto rischiare la sua vita lasciandolo combattere: ormai sapeva che non era un guerriero!

Quando vide il figlio, il volto di Re Egil divenne una maschera di rabbia.

“Lo sapevo che Bjorn mi aveva mentito, Thorir è sempre stato nelle vostre mani, luridi pagani!” ruggì, al colmo del furore. “Fatti vedere, Bjorn, se hai coraggio, e combatti con me!”

Asvard sorrise soddisfatto. Quella era proprio la vendetta che aveva desiderato, vedere Egil spezzato e devastato prima di ucciderlo.

“No, non è stato Bjorn a portare via tuo figlio” gli disse, con voce trionfante, “sono stato io a strappartelo e a portarlo a Kattegat come tu hai strappato a me i miei genitori e mio fratello.”

Egil era ferito e indebolito, ma quando vide Asvard sembrò riprendere energia.

“Allora vieni tu a batterti con me, e solo uno di noi sopravvivrà” urlò, infuriato. “Ma prima libera mio figlio, lui non c’entra, non è colpevole di niente e non deve pagare per questo.”

“Ma non sono io a trattenere qui Thorir” rise Asvard. “Chiedilo a lui direttamente, è tuo figlio che non vuole avere più niente a che fare con te!”

E allora Thorir si fece avanti, mettendosi al fianco di Asvard a testa alta e con un’aria determinata che nessuno gli aveva mai visto prima.

“È proprio così. Io ho scelto di partire con Asvard perché non volevo essere cristiano, non volevo rinnegare i veri dèi dei Norreni e non volevo essere tuo figlio” esclamò, sicuro. “Tu non mi hai mai accettato per ciò che sono, ma Asvard sì e anche i Norreni, e io resterò al loro fianco.”

“Allora sei un inetto e un pagano, un peccatore che non merita niente. Non mi importa niente di te, non sei più mio figlio!” ruggì Egil con cattiveria.

Questa reazione Asvard non se l’era aspettata, lui aveva voluto quel confronto per spezzare il cuore di Egil, ma quando vide l’espressione stupita e addolorata di Thorir sentì che adesso aveva un motivo in più per uccidere il crudele Re Danese: non solo per vendicare la sua propria famiglia, ma anche per Thorir, che troppe volte era stato ferito e mortificato dal padre. Quella sarebbe stata l’ultima.

La furia di Asvard si abbatté su Egil, che poté fare ben poco per difendersi: già ferito e spossato per gli altri scontri, dovette cedere anche a causa del vigore fisico e dell’età più giovane del suo avversario. Dopo un breve duello cruento, Asvard trapassò Egil con la sua spada.

Dopo mesi di sofferenze, tormento e incubi la sua vendetta era compiuta. Adesso poteva iniziare una nuova vita… e non da solo, perché nel frattempo aveva capito di amare il giovane e delicato Principe Thorir e lo avrebbe tenuto per sempre con sé, al suo fianco, come compagno e non più come ostaggio.

La grande minaccia di un’invasione Danese era dunque stata spazzata via con facilità. Fra i Norreni, sia di Kattegat che degli altri Regni, c’erano state pochi morti e anche tra i guerrieri e le shieldmaiden feriti ben pochi avevano subito lesioni molto gravi o profonde. I feriti di maggiore gravità furono trasportati nella piccola casa che Tiago e Floki usavano sia come abitazione che come luogo di lavoro e i due guaritori allestirono dei giacigli per quelli che sarebbero dovuti restare a riposo per qualche giorno; per fortuna, comunque, la maggior parte di loro aveva solo tagli o lacerazioni superficiali che Tiago o Floki medicarono subito, rimandando poi il ferito a casa sua.

Ci fu però un’unica eccezione, anche se, paradossalmente, non era legata alla battaglia contro i Danesi, o meglio lo era solo marginalmente.

Bjorn e Gunnhild avevano organizzato un banchetto quella sera stessa per festeggiare una vittoria così schiacciante e con così poche perdite e, oltre tutto, la cena avrebbe dato modo ai Norreni di Kattegat di salutare anche i nuovi amici e alleati che sarebbero ripartiti nei giorni seguenti. Asvard, ad esempio, aveva deciso di tornare a prendere possesso del suo Regno in Danimarca; in teoria, Thorir avrebbe potuto rivendicare il Regno appartenuto a suo padre, ma non lo avrebbe fatto perché aveva scelto di restare accanto ad Asvard e di governare al suo fianco, perciò i due sarebbero ripartiti insieme. Anche Leif e Freydis sarebbero tornati in Danimarca al più presto per riprendere possesso del trono che Egil aveva usurpato loro… ma al banchetto ci sarebbe stata un’assenza importante, quella di Harald del Rogaland. Era proprio lui l’unico che era rimasto gravemente ferito durante lo scontro con i Danesi, ma non era stato l’esercito nemico a colpirlo, bensì due dei suoi soldati che erano stati corrotti da suo fratello Olaf!

Le cose erano andate così: Harald aveva sperato che, partecipando alla guerra contro i Danesi, avrebbe ottenuto il favore di Bjorn che, in quanto Re dei Norreni, avrebbe potuto deporre Olaf ed eleggere lui come Re del Rogaland. Il problema era che Olaf, in qualche modo, era venuto a saperlo e così, per evitare qualsiasi complicazione, aveva mandato due sicari a confondersi tra i guerrieri di Harald per ucciderlo… in modo che sembrasse che l’uomo fosse rimasto vittima dei Danesi! Harald era uno dei guerrieri che aveva combattuto al fianco di Bjorn a Kattegat, nelle strade della città ma, ad un certo punto, i due uomini mandati da Olaf, approfittando della confusione, lo avevano accerchiato in un vicolo e avevano tentato di farlo fuori. Harald non si aspettava certo un tradimento simile, ma era un combattente forte e valoroso e, nonostante fosse da solo contro due uomini, era riuscito a trafiggerne uno e a tagliare la testa all’altro. Tuttavia non era uscito illeso da quell’imboscata, poiché uno dei due sicari lo aveva colpito con l’ascia alla schiena e al fianco prima di venire decapitato. Harald era stato appena in grado di eliminare i due traditori, poi aveva fatto qualche passo verso l’imboccatura del vicolo ed era crollato a terra privo di sensi. Sarebbe morto dissanguato se Hvitserk e Helgi non si fossero imbattuti nel suo corpo per puro caso.

I due avevano lasciato Ivar, Aethelred e gli altri guerrieri a presidiare la spiaggia e la foce del fiume, dopo che l’attacco era stato respinto con successo, ed erano corsi a Kattegat per riferire a Bjorn di come la difesa era stata un successo, quando videro il corpo esanime del guerriero vichingo e si fermarono subito, accorrendo in suo aiuto.

“Questo è Harald” mormorò Helgi, cercando di sentire se l’uomo respirava ancora. “È ancora vivo ma guarda, Hvitserk, le sue ferite alla schiena e al fianco sono molto profonde.”

Hvitserk osservò perplesso il ferito.

“Dovremo trasportarlo a casa di Tiago e Floki, credo che loro possano guarire anche delle lacerazioni così gravi e poi Tiago ha quella sua energia che trae dalla terra e da non so che… insomma, loro possono aiutarlo, però…” il giovane Norreno sembrava indeciso.

“Qui c’è un sacco di tela grezza, è abbastanza robusto per sostenere il peso del suo corpo se gli togliamo l’armatura” spiegò Helgi, più pratico. “Useremo il sacco come una sorta di letto, in modo da non peggiorare le sue ferite.

Hvitserk si mise subito ad aiutare il compagno e ben presto riuscirono a sistemarlo sul sacco di tela e a sollevarlo da terra. Per fortuna la casa dei due guaritori non era lontana e il ferito non sarebbe stato troppo sballottato. Mentre lo trasportavano, tuttavia, Hvitserk restava perplesso.

“Helgi, ma… non è strano?” domandò ad un certo punto. “Harald sarà sicuramente stato ferito dai guerrieri Danesi, ma com’è possibile che si sia lasciato sorprendere alle spalle? E poi perché accanto a lui c’erano solo i cadaveri di altri due Norreni? Harald è un grande combattente, possibile che lui e i suoi non abbiano ucciso neanche un Danese e si siano fatti massacrare così?”

“Magari li hanno colti alla sprovvista” rispose Helgi, “ma, se la cosa ti incuriosisce così tanto, potrai fartelo spiegare direttamente da Harald quando sarà guarito, che ne dici? Adesso la cosa più importante è farlo arrivare il prima possibile da Tiago e Floki.”

E così Hvitserk e Helgi giunsero alla piccola casa dei guaritori con il ferito più grave di tutta la battaglia… che, anche se nessuno ancora poteva saperlo, era stato abbattuto dal fuoco amico o meglio era stato colpito a tradimento dai sicari del suo stesso fratello!

Visto che Harald era il ferito più grave e che non si sapeva neanche se sarebbe riuscito a sopravvivere, Floki lo fece sistemare nel suo letto perché stesse più comodo possibile; lui si sarebbe arrangiato in uno dei giacigli per terra. Si diede subito da fare con acqua calda e bende pulite per detergere bene le ferite e valutarne la gravità, mentre Tiago preparava un unguento medicamentoso che avrebbe fermato il sangue, impedito le infezioni e favorito la cicatrizzazione delle lacerazioni.

“Faremo tutto quello che possiamo per lui” promise Floki, “adesso dobbiamo solo sperare che non abbia perso troppo sangue e che il suo fisico sia abbastanza forte da riprendersi.”

Hvitserk e Helgi affidarono Harald alle cure di Floki e Tiago e ripresero a cercare Bjorn per comunicargli che i Danesi erano stati respinti sia dalla spiaggia che dalla foce del fiume e, mentre correvano per le strade di Kattegat, poterono vedere con grande soddisfazione che anche lì la battaglia era stata vinta in modo schiacciante dai Norreni. I guerrieri Danesi erano tutti stati uccisi o fatti prigionieri, la guerra che tanto li aveva preoccupati era finita!

Ivar e Aethelred rimasero a presidiare il fiume con i loro uomini finché non giunsero dei messaggeri inviati da Bjorn che annunciavano la morte di Re Egil e la vittoria dei Norreni sui Danesi. Non c’era più alcun esercito nemico e, di conseguenza, non c’era nemmeno più bisogno di restare di guardia sulla foce del fiume o sulla spiaggia: i nemici erano stati uccisi o costretti alla fuga, gli eserciti Danesi erano in rotta, ancora una volta Kattegat era salva.

I soldati, sia Sassoni che Norreni, iniziarono subito a festeggiare, ad abbracciarsi e a darsi grandi pacche sulle spalle e poi, soddisfatti e cantando canzoni di vittoria, si avviarono verso Kattegat per unirsi agli altri guerrieri e shieldmaiden: quella sera di sicuro si sarebbe mangiato, bevuto e brindato fino a tarda notte e nella gioia della vittoria non c’era più alcuna distinzione tra Sassone, Cristiano o Vichingo… com’era giusto che fosse!

Ivar e Aethelred rimasero per ultimi, sentivano il bisogno di restare da soli per parlare ancora di quella battaglia e di come erano andate le cose.

“Hai visto che tutto è andato bene? Sei sempre il solito esagerato!” lo prese in giro affettuosamente Ivar con un sorrisetto storto. “Ti sei angosciato per mesi e poi questi Danesi erano pochi e male organizzati.”

“Ivar, sai benissimo che non era questo il problema” ribatté il Sassone con sguardo incupito. “Lo scontro è andato bene perché noi eravamo di più, è vero, ma la cosa più importante è stata che tu hai guidato i soldati come fai ogni volta, hai pianificato la battaglia da vero stratega, sei stato abile e sempre un passo avanti a loro, insomma, hai fatto il comandante, come devi fare, non ti sei buttato nella mischia come un folle.”

“Io sono e sarò sempre un folle e so anche che ti piaccio per questo” rise Ivar, stringendo a sé il suo compagno. “Ma ti avevo promesso che avrei partecipato agli scontri dalle retrovie e che non mi sarei esposto a pericoli inutili e così ho fatto, perché non voglio perdermi la possibilità di trascorrere tutta la mia vita con te.”

Avvolse Aethelred in un abbraccio caldo e protettivo e lo baciò a lungo, intensamente, cingendolo con un braccio e affondando l’altra mano tra i suoi capelli. Continuò a baciarlo con passione e sempre più profondamente, esplorando la sua bocca morbida e dolce con la mano premuta sulla sua nuca per spingerlo sempre più contro di lui, respirando il suo respiro. Il giovane Sassone fu completamente in balia di Ivar, in quel momento non era più un guerriero ma solo un ragazzo docile e indifeso tra le braccia del suo Vichingo, dell’uomo che amava come nessuno al mondo. Per lui contava solo che Ivar fosse lì con lui, sano e salvo, e si perse totalmente nel suo bacio e nelle sue carezze, desiderando che non finisse mai.

Fu Ivar a staccarsi per primo e guardò il compagno con espressione maliziosa.

“Ci aspettano grandi festeggiamenti a Kattegat per questa vittoria schiacciante” disse, “e sono sicuro che Bjorn organizzerà un banchetto immenso per tutta la notte, come dicevano i soldati. Ma, se preferisci, noi possiamo regalarci la nostra festa privata restando qui e rotolandoci nei boschi come fanno i veri Vichinghi…”

Anche Aethelred rise, mentre arrossiva e colpiva scherzosamente il compagno con un leggero pugno.

“Non ci penso nemmeno, andremo a festeggiare alla dimora regale come fanno le persone civili!” dichiarò.

I due si avviarono insieme verso Kattegat, Aethelred che sosteneva amorevolmente il compagno.

“Beh, peccato, io continuerò a pensare che rotolarsi nei boschi per tutta la notte sarebbe stata un’ottima idea…” disse Ivar.

Fine capitolo dodicesimo

 

 

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Capitolo 13
*** Cap. 13: Angels in disguise ***


Cap. 13: Angels in disguise

 

After the storm there is calm, but flame inside still burns
A touch of sin left me undone, but still willing for more
Right after dawn we will witness the fall
Of purity and hope, with broken wings we'll mourn
From now on, on this flight I will be
Like the blazing moonlight I will shine
Open your eyes, feeding you lies
They came like angels in disguise
Holding you just to let you go throughout the flight
Frightening sight, we've been too blind
To see the dark behind their eyes
As despite their silky wings they can still bite
Angels in disguise!

(“Angels in disguise” – Frozen Crown)

 

I primi a ripartire da Kattegat furono Leif e Freydis, che non vedevano l’ora di far ritorno in Danimarca e rivendicare il Regno che Egil aveva strappato loro con violenza e crudeltà, ma anche Asvard era ansioso di ritornare a casa sua: ora che aveva accanto Thorir, la vista della sua dimora non gli avrebbe più ricordato il terribile massacro della sua famiglia, bensì il futuro felice che avrebbe avuto con il giovane Principe. Tuttavia Asvard e Thorir si erano fatti molti amici a Kattegat e, prima di ripartire, volevano trascorrere del tempo con loro e salutarli in modo adeguato ora che non c’erano più minacce all’orizzonte e si poteva bere e festeggiare insieme.

Trascorsero dunque alcuni giorni e un mattino Thorir volle andare a salutare anche Tiago, del quale era diventato molto amico. Asvard, ovviamente, lo accompagnò. Tiago e Floki non avevano potuto partecipare ai banchetti e ai festeggiamenti organizzati da Bjorn e Gunnhild dopo la vittoria contro Re Egil perché non potevano lasciare la loro casa e in maniera particolare Harald. Il Principe Norreno aveva riportato ferite molto gravi e, soprattutto, aveva perso davvero tanto sangue ed era allo stremo delle forze. Tiago e Floki avevano curato e medicato le sue ferite, ma l’uomo non riprendeva i sensi e quindi non poteva bere il decotto che Tiago aveva preparato per aiutarlo a riprendere le forze. Il giovane spagnolo, dunque, aveva dovuto fare ricorso all’energia della terra, degli elementi e delle piante per salvare Harald; il suo non era stato un vero e proprio incantesimo come quello con il quale aveva ridonato la vista a Erik, ma aveva dovuto trascorrere la notte in profonda concentrazione, quasi in trance, tenendo strette le mani di Harald tra le sue e diventando un canale attraverso il quale l’energia naturale giungeva al Principe.

Gli sforzi e le fatiche di Tiago, tuttavia, erano servite poiché il mattino successivo a quella prima notte Harald era sembrato più in forze, aveva ripreso i sensi e detto qualche parola, anche se Floki e Tiago gli raccomandavano di non stancarsi. Era stato in grado di bere i decotti curativi preparati da Tiago e, durante la giornata, anche di mangiare qualcosa di leggero e, a poco a poco, i due guaritori avevano capito che Harald non era più in pericolo di vita. Nei giorni successivi, quindi, Harald aveva continuato a migliorare, lentamente ma costantemente, e a rendersi sempre più conto di dove si trovava e di come era stato fortunato a non restare ucciso. Ovviamente, però, non poteva ancora lasciare il letto e Floki o Tiago dovevano essere sempre in casa per occuparsi di lui in caso di bisogno.

Quando Thorir, accompagnato da Asvard, si recò alla casetta dei guaritori per salutare l’amico Tiago, lo trovò molto provato e stanco per essersi preso cura di tanti feriti e, soprattutto, di Harald.

“Tiago, volevo salutarti prima di partire per la Danimarca con Asvard ma… ti vedo così pallido e sfinito. Sei sicuro di stare bene? Non voglio partire se non so per certo che stai bene” disse il giovane Principe Danese.

Tiago lo abbracciò affettuosamente e gli rivolse un sorriso.

“Non preoccuparti per me, sono solo stanco per aver svolto la mia missione” rispose. “Dopo una guerra, i guaritori devono essere pronti a tutto e per fortuna non ci sono state ferite troppo gravi tra i Norreni e la gente di Kattegat. Però quel Principe Norreno, Harald, ci è stato portato qui in fin di vita e io e Floki abbiamo dovuto davvero faticare molto per salvarlo, abbiamo anche fatto i turni accanto al suo letto perché non potevamo rischiare di lasciarlo solo. Comunque ora lui sta migliorando e, quindi, anche io e Floki possiamo iniziare a prenderci un po’ di riposo. Per fortuna siamo in due e ci aiutiamo!”

Thorir continuava ad essere un po’ preoccupato per il suo amico, ma il fatto che ci fosse Floki al suo fianco, che lo amava davvero come un padre, lo tranquillizzò.

“Principe Thorir, tu devi ritornare alla tua terra e vivere la tua vita in pace” insisté Tiago, stringendo le mani dell’amico. “Solo che… sei certo di non voler rivendicare il tuo Regno? Ti spetterebbe di diritto, tuo padre non aveva altri eredi e… insomma, sei sicuro di voler seguire Asvard?”

Fu la volta di Thorir di sorridere: se lui era preoccupato che Tiago si potesse stancare troppo nel suo lavoro di curandero, Tiago continuava a non fidarsi di Asvard e a temere che potesse fargli del male!

“Asvard non è l’uomo che credi, lui mi vuole davvero molto bene e anch’io… io mi sento finalmente accolto e accettato da qualcuno, mi sento protetto e sicuro con lui, come non mi era mai accaduto prima. Non vorrei mai dover regnare da solo e preferisco rinunciare al potere che alla possibilità di essere felice con Asvard” spiegò il ragazzo, arrossendo. “Lo so che tu non ti fidi di lui perché ti ricorda Erik, ma Asvard non è Erik, devi stare tranquillo ed essere felice per me perché io lo sono tanto!”

Tiago continuava a non fidarsi poi molto, ma il viso illuminato di gioia di Thorir e, soprattutto, lo sguardo tenero e affettuoso con il quale Asvard lo guardava gli fecero capire che, almeno in quel caso, la sua esperienza negativa lo portava ad avere dei pregiudizi ingiusti contro l’uomo.

“Allora ti auguro tanta felicità e tutto quello che desideri” disse lo spagnolo, abbracciando di nuovo l’amico, “e spero che potremo rivederci, un giorno.”

“Ci rivedremo senza alcun dubbio” intervenne allora Asvard con un sorriso. “Tu e Thorir siete diventati molto amici, ma anch’io ho delle persone care qui a Kattegat e entrambi saremo lieti di farvi visita molto spesso dopo che avrò riorganizzato il mio Regno e ricostruito le case e i palazzi distrutti.”

Così anche Asvard e Thorir si accinsero a lasciare Kattegat. Quello che Tiago non aveva notato, però, era che il suo colloquio con il Principe Danese era avvenuto all’interno della casa e, siccome l’ambiente non era certo grande, Harald aveva potuto ascoltare tutto.

Non fraintendete, Harald non era uno spione qualsiasi! C’era un motivo ben preciso se si era interessato così tanto alle parole dei due ragazzi e, in modo particolare, agli accenni che Thorir aveva fatto su un certo Erik.

Harald era stato molto vicino a morire e senza le cure speciali di Tiago probabilmente non ce l’avrebbe fatta. Quando aveva ripreso i sensi dopo quella notte di oscurità e dolore la prima persona che aveva visto al suo capezzale era stato quel ragazzino dai grandi e tristi occhi scuri e dal viso dolce e gentile che si occupava di lui. Anche nei giorni seguenti aveva seguito con lo sguardo ogni movimento di Tiago e si era reso conto che si sentiva sempre meglio quando lo aveva vicino. Si stupiva che un ragazzo così giovane fosse tanto abile nel guarire e, soprattutto, che si dedicasse con tanta generosità ad aiutare gli altri e così, pian piano, la delicata sensibilità dello spagnolo lo aveva conquistato così come il suo viso grazioso e malinconico. Harald non riusciva a pensare ad altri che a Tiago e, quasi quasi, avrebbe desiderato non guarire tanto rapidamente perché non voleva perdere l’occasione di averlo accanto. Tiago, però, non si era accorto di niente e continuava a trattare il Principe Norreno esattamente come avrebbe fatto con qualsiasi altro ferito che avesse avuto bisogno del suo aiuto. Quel giorno, tuttavia, gli accenni a quel tale Erik e a qualcosa di doloroso nel passato di Tiago spinsero Harald a farsi avanti e a cercare di parlare con il ragazzo in modo più personale.

Tiago era andato al suo capezzale per portargli il decotto curativo da prendere prima di mangiare e nella sua mente era a mille miglia di distanza da quello che Harald stava per dirgli!

“Devi bere questo, Principe Harald” gli disse con la solita distaccata cortesia, “poi Floki verrà a portarti il pranzo. Ormai sei in grado di sederti sul letto e di mangiare da solo, non è così? Tuttavia se hai bisogno di aiuto…”

“No, non ho bisogno di aiuto per mangiare, però vorrei parlarti, Tiago. Sei stato sempre così gentile e generoso in questi giorni, ti sei occupato di me rinunciando anche al riposo e adesso vedo quanto sei sfinito” gli disse con un tono tenero che mise subito in allarme il giovane spagnolo. “Sei un ragazzo speciale, non molti sceglierebbero di fare questa vita.”

L’approccio fin troppo diretto di Harald non piacque affatto al ragazzo che, come già era successo con Asvard, vedeva in ogni uomo anche lontanamente somigliante a Erik un pericolo dal quale stare il più possibile alla larga! Harald, in realtà, era molto diverso da Erik, aveva poco più di trent’anni e, pur essendo un Principe per nascita, era sempre stato cordiale, scherzoso e amichevole con tutti, accettava nel suo esercito guerrieri e shieldmaiden di ogni provenienza e cercava di fare in modo che ognuno fosse trattato bene e andasse d’accordo con gli altri. Aveva tanti amici, tutti coloro che lo conoscevano imparavano ad apprezzarlo e a volergli bene e anche a Kattegat si era fatto subito benvolere da Bjorn e da tutti gli altri. Anche ciò che aveva tentato di fare con il Rogaland, sperando di essere eletto Re al posto di suo fratello Olaf, era frutto non tanto di ambizione, quanto della consapevolezza che lui sarebbe stato un sovrano più giusto e dalle idee più aperte del fratello. Naturalmente non era perfetto, il potere e la ricchezza non gli dispiacevano certo, amava l’azione e l’avventura come tutti i Vichinghi, ma le sue motivazioni andavano al di là del semplice desiderio di una corona e, comunque, lui non avrebbe mai voluto che a Olaf fosse fatto del male, intendeva chiedere a Bjorn di eleggerlo sovrano del Rogaland grazie alla sua autorità di Re dei Norreni, ma intendeva lasciare al fratello le sue ricchezze e i suoi privilegi.

Olaf, al contrario, aveva dimostrato di essere molto più definitivo nelle sue scelte e, saputo che Harald aveva dei piani a proposito del trono, aveva deciso di farlo uccidere senza se e senza ma, chiudendo la faccenda una volta per tutte!

Tutta questa storia a Tiago però non interessava affatto. Fino a quel momento lui aveva visto in Harald semplicemente un ferito da aiutare e guarire, ma non avrebbe accettato nessun altro avvicinamento da parte sua. Ogni uomo, ormai, gli ricordava Erik e, purtroppo per lui, Harald gli somigliava anche un po’ nel fisico alto e atletico e nei lineamenti, sebbene Harald avesse i capelli castano dorati e gli occhi nocciola… e l’espressione dei suoi occhi e del suo volto fosse sorridente, scanzonata e spesso tenera, diversamente da Erik che si mostrava sempre cupo, grintoso e burbero!

“Non ho niente di speciale, invece” rispose quindi Tiago, determinato a chiudere lì la questione. “Faccio il mio dovere con le persone che hanno bisogno di me esattamente come fa Floki, infatti anche lui adesso è esausto quanto me. Non abbiamo niente da dirci, Principe Harald, a meno che tu non abbia bisogno di cure mediche.”

Harald non si offese per la risposta brusca di Tiago. Gli dispiaceva che il ragazzo non volesse avvicinarsi a lui, ma aveva capito dalle parole di Thorir che aveva sofferto molto a causa di qualcuno e comprendeva le sue paure. Avrebbe voluto solo rassicurarlo, tranquillizzarlo e poi, piano piano…

“Ho sentito che il tuo amico, il Principe Thorir, accennava a un certo Erik che, in passato, ti avrebbe fatto del male” provò a dire Harald, ma Tiago lo interruppe subito, prese la tazza vuota del decotto e si allontanò dal letto dell’uomo.

“Questi non sono affari che ti riguardano, Principe Harald, e hai fatto molto male ad ascoltare una conversazione privata tra me e un mio amico” fece, reciso.

“Non volevo intromettermi e ti chiedo perdono, è solo che mi dispiace pensare che qualcuno possa aver fatto del male a un ragazzo dolce e gentile come te e…”

“Come ho detto, non è una questione che ti riguardi” tagliò corto Tiago. “Tra poco verrà Floki a portarti da mangiare, noi due non abbiamo altro da dirci.”

E, con queste parole severe, il giovane spagnolo uscì dalla stanza e per il resto della giornata cercò di non farsi più vedere, lasciando che fosse Floki a occuparsi di Harald.

Insomma, che accidenti voleva quello? Perché si intrometteva in cose che non lo riguardavano affatto? E, soprattutto, che intenzioni aveva? Certo, Tiago sapeva che Harald era stato sempre amichevole con Bjorn, Ivar e tutti gli altri e che si era fatto benvolere da tutta Kattegat… ma anche Erik sapeva fingere molto bene, infatti Bjorn e Gunnhild si erano sempre fidati di lui. Anzi, anche lo stesso Tiago si era innamorato di Erik credendolo buono e premuroso, perché lo aveva visto occuparsi di Gunnhild dopo che aveva perso il bambino e di Bjorn quando era stato ferito da Ivar. Poi il suo vero volto era venuto allo scoperto quando era troppo tardi… e sicuramente anche Harald sarebbe stato così.

Per fortuna ormai il Principe Norreno stava migliorando sempre più e ben presto avrebbe potuto lasciare la casa dei guaritori, magari sarebbe stato ospite nella dimora regale di Re Bjorn per riprendersi del tutto e, finalmente, sarebbe tornato nel suo Regno. Tiago doveva solo badare a stargli il più lontano possibile in quel periodo!

Ma questo non era affatto ciò che desiderava Harald che, al contrario, desiderava conoscere meglio quel ragazzino spagnolo e potergli ridare la fiducia nella vita e nell’amore.

L’inizio non era stato dei migliori, tuttavia Harald era ottimista e paziente ed era sicuro che, pian piano, sarebbe riuscito ad avvicinarsi a Tiago. Intanto, però, l’idea che qualcuno gli avesse fatto del male lo tormentava e così, quando Floki arrivò per portargli da mangiare, lo trattenne.

“Floki, posso farti qualche domanda che riguarda Tiago?” gli chiese.

Il Vichingo lanciò un lungo sguardo d’intesa a Harald e sorrise nel suo solito modo elusivo che voleva dire tutto e niente…

Fine capitolo tredicesimo

 

 

 

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Capitolo 14
*** Cap. 14: These are the words ***


Cap. 14: These are the words

 

Now I'm dancing with a broken heart
Ain't no doctor who can make it start
Singing these are the words that I'm never gonna say again

'Cause I've given till I've given up
One more casualty of easy love
Singing these are the words that I'm never gonna say again

And these are the words that I say to your picture
These are the words that I say in a dream
These are the words that I wish I'd said to you
When you were standing here next to me!

(“These are the words” – James Blunt)

 

Tiago e Floki si erano legati davvero molto in quei mesi, pertanto il giovane spagnolo aveva raccontato al suo nuovo amico tutto ciò che gli era accaduto con Erik, senza nascondergli nulla (a parte, ovviamente, i dettagli più intimi!). Floki, quindi, sapeva benissimo per quale motivo Tiago fosse tanto distaccato e freddo con Harald e così, quando l’uomo volle fargli alcune domande sul ragazzo perché sentiva di provare un sentimento particolare per lui, lo sciamano gli raccontò tutto così come Tiago lo aveva raccontato a lui.

Intendiamoci, Floki non era certo la pettegola del villaggio e non avrebbe mai aperto bocca se non avesse riconosciuto in Harald un uomo giusto, leale e generoso che avrebbe potuto rendere veramente felice Tiago. Floki sapeva di essere diventato una figura molto importante nella vita del giovane spagnolo, che lo considerava quasi il padre che non aveva mai avuto, ma si rendeva anche conto del fatto che Tiago aveva bisogno di un altro tipo di affetto, aveva solo diciannove anni e non poteva rinunciare così presto alla gioia di vivere e di amare.

Tiago, però, non la pensava allo stesso modo, anzi, non appena seppe che Floki aveva raccontato a Harald quello che lui aveva passato con Erik si arrabbiò, ed era una cosa strana perché di solito era un ragazzo dolce e gentile e non si innervosiva mai con nessuno! Ma questa era una cosa troppo intima che lo aveva ferito fin nel profondo…

“Io mi ero confidato con te come non avevo mai fatto con nessun altro perché avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno e di te mi fidavo… come hai potuto tradirmi così e raccontare tutto a quell’estraneo là che non è nemmeno di Kattegat e non fa parte dei nostri amici?” protestò il ragazzo.

Floki non se la prese per lo sfogo di Tiago, lui sapeva di aver fatto la cosa giusta e trovava anche buffo il modo in cui il giovane spagnolo cercava anche nei termini di mantenersi lontano da Harald (quell’estraneo là); era invece convinto che, alla fine, sarebbe stato Tiago a comprendere che il Principe Norreno era la persona giusta per lui.

“Non è proprio così” cercò di placarlo Floki, sorridendo. “È venuto a combattere per Kattegat e in poco tempo è diventato amico di Bjorn e degli altri fratelli Lothbrok.”

“È venuto a combattere per i suoi interessi, per difendere le sue terre e non certo per amicizia nei confronti di Re Bjorn” replicò deciso Tiago, “e lui non aveva nemmeno una famiglia da vendicare, come invece avevano Asvard, Leif e Freydis. Probabilmente ha partecipato a questa guerra solo per ottenere qualche ricompensa dal Re dei Norreni.”

E, in effetti, in questo caso aveva ragione lo spagnolo, perché Harald aveva sperato di ottenere da Bjorn la corona di Re del Rogaland al posto del fratello e Floki lo sapeva, ma pensò che non fosse la cosa migliore da dire in quel momento. Doveva far leva sulle tante qualità di Harald e non sui suoi difetti.

“Non ti dirò che Harald è un uomo perfetto” disse Floki, “perché nessuno lo è, non lo sono neanche Bjorn e gli altri Lothbrok e non lo sono io. Non lo era nemmeno Ragnar, anche se adesso tutti lo considerano un eroe: era arrogante e ambizioso e spesso egoista. Ma quello che conta è la capacità di amare veramente e di fare qualcosa per chi si ama e io questo l’ho capito troppo tardi, altrimenti non avrei perduto Helga. Quando sono partito per fondare una colonia in Islanda credevo davvero che avrei fatto del bene alle persone che avevo portato con me, ma anche in quel caso sono stato presuntuoso, ho dato per scontato che sarei riuscito a comprendere cosa c’era nel cuore di tutti e ad evitare conflitti e guerre. Invece ho sottovalutato Kjetill… e questo è costato la vita a tanta brava gente che io avrei dovuto proteggere…”

Anche Floki si era spesso confidato con Tiago a proposito di quella storia e il ragazzo sapeva quanto ricordarla ferisse il suo amico.

“Non torturarti con questi terribili ricordi, adesso, quella non fu colpa tua, non potevi immaginare che Kjetill fosse un uomo tanto malvagio e crudele” tentò di consolarlo Tiago. “Si è sempre comportato male con tutti e alla fine è stato punito come meritava in Islanda dai suoi stessi compagni. Lo so che nessuno è perfetto, ci sono uomini gentili, uomini saggi, uomini crudeli come Kjetill… so che neanche Re Bjorn è perfetto, né Ivar, né Hvitserk, ma loro c’erano quando Erik ha cercato di uccidermi e mi hanno salvato da lui. Magari saranno ambiziosi, desiderosi di potere e di ricchezze, ma sanno voler bene a un amico e aiutarlo, per questo so che posso fidarmi di loro, come di te. Ma Harald non lo conosco, nessuno di noi lo conosce, è venuto qui solo per la guerra contro Re Egil e per quanto ne sappiamo potrebbe anche essere un mostro come Kjetill!”

Floki si lasciò sfuggire una risatina, vedendo quanto Tiago cercasse di pensare il peggio di Harald.

“No, Harald non potrebbe mai essere come Kjetill e nemmeno come Erik, anche se io questo Erik non l’ho conosciuto se non attraverso i tuoi racconti. Ma tu mi avevi detto che Erik era stato un trafficante di schiavi, che ne aveva abusato e che ne aveva anche ucciso qualcuno. Forse cercava davvero di riscattarsi servendo Bjorn e Gunnhild, ma con te non è mai stato gentile, o sbaglio? Anzi, continuava a considerarti uno schiavo, uno che non valeva niente, solo perché sei di un’altra terra. Nel caso di Erik si capiva bene che tipo fosse, credo che sia stato tu a non volerlo vedere” azzardò l’uomo. “Harald non ha pregiudizi del genere e di sicuro non ha mai trafficato in schiavi. Mi ha parlato di te come di un ragazzo speciale, con grandi doni e un cuore pieno di generosità.”

Tiago scrollò il capo.

“Sì, certo, anche Erik mi diceva cose del genere quando voleva che lo aiutassi a recuperare la vista, quando aveva solo me a prendersi cura di lui” lo interruppe. “Harald ti parla così perché vuole qualcosa da me, e visto cosa mi faceva Erik penso anche di sapere cosa vuole.”

Floki si fece serio e prese le mani del suo giovane amico.

“Tiago, non sono io che devo convincerti, anche se la mia opinione è che Harald sia un uomo molto diverso da Erik e non per niente si è fatto benvolere da tutti a Kattegat, mentre so che Erik non piaceva a molti e lo tolleravano solo perché si era legato a Bjorn” disse. “Il fatto è che io non voglio che tu rinunci all’amore e alla gioia di avere qualcuno accanto, io darei qualsiasi cosa per riavere la mia Helga e tu poi sei ancora giovanissimo, non devi restare solo tutta la vita. Ti parlo in favore di Harald solo perché sento che lui potrebbe donarti quell’amore che meriti, ma so anche che tu sei molto più bravo di me a giudicare le persone, tu senti la loro energia e senti se in loro c’è luce o oscurità.”

Tiago chinò il capo e non rispose: sapeva che Floki aveva ragione.

“Hai detto tu stesso che non hai voluto vedere il male che Erik aveva fatto o come ti maltrattava, ma tu sapevi che in lui c’era solo oscurità, non è così?” insisté lo sciamano.

“È vero” ammise Tiago. “Io sentivo l’oscurità in Erik e non soltanto quando mi maltrattava, sentivo il suo lato oscuro anche quando mi blandiva per avere qualcosa da me, ma io volevo credergli perché… perché lo amavo, e se non fosse stato lui a rifiutarmi io sarei ancora il suo schiavo! Non posso fidarmi, i sentimenti hanno già una volta offuscato il mio giudizio e anche allora speravo sempre che in fondo al cuore Erik avesse una parte di luce e che io sarei riuscito a farla risplendere. Mi sono sbagliato con lui ed ho sofferto tanto, non voglio più essere così confuso e vulnerabile, voglio tenermi lontano da questi sentimenti che mi impediscono di vedere cosa c’è davvero nel cuore delle persone!”

“Va bene, ma avverti questa oscurità anche in Harald? È per questo che vuoi stargli lontano?” domandò Floki.

Tiago si morse il labbro inferiore. La verità era un’altra: cercava di stare il più possibile lontano da Harald perché ne sentiva invece il calore, la luce affettuosa e amichevole, e temeva che avrebbe potuto davvero finire per provare qualcosa per lui… e non lo voleva! Sentiva che Harald avrebbe potuto renderlo di nuovo vulnerabile com’era stato con Erik, e se poi anche Harald lo avesse abbandonato o lo avesse maltrattato lui non sarebbe riuscito a sopportarlo. Stava lontano da Harald perché capiva che, nonostante avesse anche lui i suoi difetti come tutti, era davvero un uomo generoso e affidabile e che si sarebbe potuto innamorare perdutamente di lui.

“No, il Principe Harald è… è come dici tu, è un uomo generoso e cordiale che sa farsi voler bene. Certamente ha i suoi lati oscuri, l’ambizione, l’arroganza, ma… ma come li hanno tutti, anche Re Bjorn è così, anche Ivar o Hvitserk” dovette confessare. “Nel Principe Harald io percepisco una luce e un calore che Erik non ha mai avuto, ma… ma non voglio più trovarmi vulnerabile e dipendente da qualcuno che poi potrebbe farmi del male!”

“Allora puoi fare così:” suggerì Floki, “accetta l’amicizia di Harald, parla con lui, comportati come faresti con i tuoi amici, così imparerai a conoscerlo sempre meglio. Poi capirai da solo se potrai fidarti di lui anche come compagno della tua vita o se preferisci che rimaniate solo amici. Ma concedigli almeno una possibilità, che ne pensi?”

Tiago sospirò. Floki, come sempre, aveva ragione e lui non poteva chiudersi al mondo intero a diciannove anni solo perché aveva avuto la sfortuna di incontrare un bastardo.

“Va bene” concesse. “Farò come dici tu e cercherò di accettare la sua amicizia. Ma per adesso non voglio altro, sia ben chiaro!”

Floki annuì e sorrise. Certo, andava benissimo così, intanto Harald e Tiago si sarebbero avvicinati e poi… e poi, se davvero gli dèi avessero voluto, l’amore non si sarebbe potuto soffocare e Tiago stesso avrebbe sentito il bisogno di un legame più forte e intimo con il Principe Norreno.

Ivar e Aethelred erano nella dimora regale insieme a Hvitserk e Helgi e stavano parlando con loro a proposito della sempre più vicina partenza per il Danelaw.

“Credevo che sareste partiti insieme al contingente di soldati Sassoni che hanno fatto ritorno nel Wessex qualche giorno fa” disse Aethelred ai due amici, riferendosi agli uomini che Alfred aveva inviato perché sostenessero i Norreni contro Re Egil.

“All’inizio avevo pensato di farlo, in effetti, ma poi ne abbiamo parlato con Bjorn e abbiamo deciso che sarebbe stato meglio arrivare nel Danelaw con dei nostri soldati, consiglieri e uomini di fiducia che faranno parte della nostra Corte” spiegò Hvitserk.

Della nostra Corte, ma ti ascolti quando parli?” lo prese in giro Ivar. “Non hai ancora capito che Alfred non ti darà nessun vero potere? Sarai solo un fantoccio e servirai a gettare fumo negli occhi ai Norreni perché non cerchino più di razziare le coste, per cui non montarti troppo la testa!”

“Ivar, che malignità, perché dici una cosa del genere?” esclamò Aethelred, turbato. Non capiva se il giovane Vichingo volesse fare il caustico come al solito o se invece intendesse offendere davvero il fratello.

“Va bene, sarò un Re fantoccio, ma non mi interessa, non ci tengo così tanto al potere e comunque non mi sono affatto montato la testa” replicò Hvitserk, che in tanti anni si era ormai abituato ai battibecchi con Ivar. “Di certo, poi, tu non sei la persona più adatta per accusare gli altri di presunzione, visto che, nel periodo in cui sei stato Re di Kattegat, ti eri addirittura illuso di essere un dio. Se c’è qualcuno che si crede più di quanto non sia, qui, non sono certo io.”

“Volete smetterla? Che motivo avete di rivangare questi ricordi spiacevoli di due anni fa e più?” intervenne ancora Aethelred, cercando di mettere pace. Odiava i conflitti e gli faceva male quando le persone che amava si ferivano a vicenda. “Questo dovrebbe essere un momento felice: Re Egil è stato sconfitto, Kattegat non ha subito perdite e Hvitserk e Helgi partiranno per governare il Danelaw. Dovremmo festeggiare e non litigare!”

“Sì, dovremmo festeggiare” approvò Helgi, ma la sua espressione era malinconica e contraddiceva le sue stesse parole. Hvitserk lo strinse a sé affettuosamente.

“Beh, in realtà a me dispiace lasciare Kattegat e tutti gli amici, per questo sono un po’ nervoso e non ho davvero voglia di festeggiare” spiegò. “Comunque io e Helgi cercheremo di tornare spesso a trovarvi, non penserete mica di esservi liberati di noi?”

“Nemmeno io ho voglia di festeggiare” tagliò corto Ivar, ma il suo volto era cupo e sembrava davvero arrabbiato per qualcosa. Appoggiandosi alla sua stampella, si allontanò cercando di muoversi più velocemente che poteva, come se proprio non sopportasse di restare ancora in compagnia di quelle persone.

Aethelred era rimasto talmente allibito dalla reazione inspiegabile del compagno da non riuscire a dire o fare niente, fu Hvitserk a scuoterlo dalla sua immobilità.

“Vai a parlargli” consigliò. “Sinceramente non so cosa abbia, ma Ivar è spesso strano, ormai sono abituato ai suoi scatti. Però sono sicuro che, qualsiasi cosa gli stia passando per la testa, a te darà ascolto, ti vuole veramente molto bene.”

Il Principe Sassone non era molto convinto e seguì Ivar senza sapere bene cosa aspettarsi. Il giovane Vichingo si era recato nella camera che condividevano e si era seduto sul letto, imbronciato. Quando vide Aethelred, tuttavia, l’ombra che aveva sul viso parve dissolversi e aprì le braccia al compagno.

“Mi dispiace di essere stato sgradevole e maleducato” sussurrò tra i capelli del ragazzo, mentre lo abbracciava e lo attirava nel letto con sé, “ma lo sai che sono sempre la solita carogna, no? Quando le cose vanno troppo bene mi annoio e allora mi metto a fare il pazzo!”

Questa spiegazione non convinse del tutto Aethelred, ma poi Ivar cominciò a baciarlo e ad accarezzarlo e lui non riuscì più a pensare lucidamente. Lo baciò ovunque, spogliandosi e spogliandolo, poi entrò dentro di lui tentando il più possibile di frenare l’urgenza per far durare quei momenti più a lungo, per possederlo fino a diventare un solo essere con lui: desiderava godersi ogni istante di quell’atto, ogni minimo contatto con il ragazzo che amava, avrebbe voluto farlo durare un’eternità. Continuando a baciarlo, si spinse in lui più profondamente ma sempre con lentezza e dolcezza; lo possedette ripetutamente, lasciando che le ore trascorressero mentre i loro corpi si avvolgevano e si incollavano tanto da non sapere più dove finisse l’uno e iniziasse l’altro. Amplessi, gemiti e sospiri si susseguirono fino a notte fonda, lasciandoli entrambi stremati e disfatti.

Alla fine restarono l’uno nelle braccia dell’altro, con Ivar che accarezzava i capelli di Aethelred e rifletteva su ciò che era accaduto nella Sala Grande. In quel momento, con il suo Principe caldo e morbido tra le braccia, gli pareva che fosse stata tutta una stupidaggine e che nient’altro contasse se non l’amore che provava per Aethelred, ma… perché aveva sentito il bisogno di provocare Hvitserk? Era davvero invidioso di lui? Era arrabbiato perché Bjorn non aveva concesso a lui quella carica?

Ivar strinse più forte Aethelred tra le braccia e decise che, per il momento, non gli interessava poi tanto scoprirlo.

Fine capitolo quattordicesimo

 

 

 

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Capitolo 15
*** Cap. 15: Embrace the night ***


Cap. 15: Embrace the night

 

Twilight will fall again in your darkest time
Bathe in the sea of gloom and try not to drown
Down in the abyss of hell you're earning your crown

How can't you see you've crossed the line
You better have no regrets
The monster you feed is awake in your mind
Its fury is blind
Time to be true to yourself
And nail all the lies

Embrace the night let it flow inside
Away from light answers lie
Embrace the night leave your fears behind
Let fires in the sky be your guide!

(“Embrace the night” – Frozen Crown)

 

Ivar e Aethelred, a quanto pareva, avevano trovato una sorta di accordo sotto le coperte, ma Hvitserk si accorse che, al contrario di quanto volesse apparire, Helgi non era affatto contento della partenza per il Danelaw, si vedeva che si sforzava per non preoccuparlo, ma non era il ragazzo di sempre.

“Helgi, tu hai consigliato a Aethelred di parlare schiettamente con Ivar, ma adesso anche tu devi fare lo stesso con me” disse il Vichingo al compagno quando si trovarono da soli nella loro camera. “Tra pochi giorni partiremo per il Danelaw, ma tu sembri davvero molto preoccupato a questa prospettiva. Non vuoi dirmi cosa ti turba? Qualsiasi cosa sia possiamo risolverla insieme.”

Helgi si sforzò di sorridere al compagno.

“Non… beh, non è niente di grave, te lo assicuro. È solo che il pensiero di andare a vivere in un Paese lontano e straniero mi spaventa e non sono sicuro che ci accoglieranno davvero bene. Non credo che saranno felici di avere un Principe Norreno per le loro colonie” spiegò, imbarazzato. “Temo che parte di quello che diceva Ivar sia giusto, vogliono solo qualcuno da mettere su un trono fasullo per tenere buoni i coloni Norreni e prevenire ribellioni o razzie dall’esterno.”

Hvitserk abbracciò e baciò Helgi, cercando di fargli sentire che non gli importava niente del Regno o del potere e che l’unica cosa che contava era che stessero insieme.

“Allora dirò a te quello che ho detto a Ivar: non mi importa se sarò un Re fantoccio, a me basta che saremo insieme e che magari potremo fare del bene ai coloni Vichinghi” disse. “Non ho mai desiderato il potere, a differenza dei miei fratelli, e so che nel Danelaw starò con te e ritroverò tanti amici di Kattegat che si sono trasferiti là per avere una vita migliore.”

Tenendo stretto Helgi tra le braccia lo condusse con sé sopra il letto e, continuando a baciarlo dolcemente e lungamente, lo spogliò e si tolse le vesti; i loro corpi si fusero in uno mentre le spinte di Hvitserk si facevano sempre più intense e prolungate e le bocche si cercavano e si univano mille e mille volte. Hvitserk lo prese in modo languido e lento prolungando il piacere di ogni singolo movimento in onde bollenti e dolcissime fino a fare naufragio insieme, stremati, nel piacere più assoluto e infinito che si potesse raggiungere. E molto tempo dopo volle guardarlo dormire tra le sue braccia, baciando con leggerezza i suoi occhi chiusi, tenendolo nel cerchio protettivo del suo abbraccio e sperando che le preoccupazioni del suo Helgi, di quel tenerissimo ragazzo che lui amava tanto, potessero svanire nell’amore che li avvolgeva.

Tuttavia, prima di lasciarsi andare anche lui al sonno, Hvitserk decise che, il giorno seguente, sarebbe andato a parlare con Floki per chiedergli consiglio: chissà, magari Helgi temeva la partenza per il Danelaw, una terra nuova, perché gli ricordava troppo ciò che era accaduto in Islanda e riaccendeva le sue paure e i ricordi più terribili. Probabilmente per lui i cambiamenti non sarebbero mai più stati semplici… ma Floki avrebbe saputo aiutarlo, ne era certo.

E così, il mattino seguente, Hvitserk e Helgi si recarono alla casetta di Floki e Tiago. Hvitserk aveva sperato di trovare una scusa per non farsi accompagnare da Helgi, visto che voleva parlare in privato con Floki ma, quando furono lì, l’occasione si presentò da sola.

Harald si sentiva meglio e aveva chiesto a Tiago di accompagnarlo a fare una passeggiata nei dintorni, magari raggiungere anche i primi boschi che si stendevano dietro Kattegat… chiaramente per il Principe voleva essere un’occasione romantica per stare da solo con Tiago, chiacchierare con lui, entrare più in confidenza e magari sperava che ci potesse scappare pure un bacetto. Al contrario, il giovane spagnolo non aveva nessuna intenzione di andare da qualche parte da solo con Harald, aveva accettato la sua amicizia, va bene, ma una passeggiata come aveva chiesto lui sembrava più da fidanzati che da amici! Solo che non sapeva come rifiutare e anche Floki aveva insistito, dicendo che Harald era stato fin troppo chiuso in quella piccola casa e che aveva bisogno di camminare sulle sue gambe e di respirare un po’ di aria buona. Così, quando Tiago vide arrivare Hvitserk e Helgi e sentì che Hvitserk voleva parlare in privato con Floki, colse al volo quella possibilità.

“Ma è perfetto!” esclamò lo spagnolo. “Helgi, tu potresti accompagnare Harald insieme a me, così se dovesse sentirsi stanco o avere un mancamento mi aiuterai a sorreggerlo, per me sarebbe pesante…”

“Certo, vi accompagno volentieri” rispose gentilmente Helgi, che nulla immaginava né di ciò che Hvitserk avrebbe chiesto a Floki né dei turbamenti di Tiago, per lui era solo un’opportunità per rendersi utile… e in realtà aveva anche una curiosità nei confronti di Harald. “Anzi, mi fa molto piacere avere la possibilità di fare due chiacchiere con il Principe Harald. Sai che siamo stati io e Hvitserk a trovarti e a portarti in salvo da Floki e Tiago? E ci siamo sempre chiesti come fosse possibile che…”

Insomma, il piano romantico di Harald era bello che svanito e lui si sarebbe invece trovato a dover spiegare a Helgi tutta la vicenda dell’agguato e dei sicari mandati da suo fratello. Però, a pensarci bene, forse anche quella poteva essere una buona occasione, forse Tiago avrebbe provato compassione per lui e avrebbe capito che era un brav’uomo, che lui non avrebbe fatto del male a nessuno e avrebbe iniziato a guardarlo con occhi diversi.

Così, mentre Helgi e Tiago accompagnavano Harald durante la sua passeggiata, Hvitserk entrò in casa con Floki e mise subito le carte in tavola.

“Floki, sono molto preoccupato per Helgi” esordì. “La partenza per il Danelaw si avvicina e, anzi, saremmo dovuti partire già da qualche giorno, ma io continuo a rimandare perché vedo che Helgi è spaventato, turbato, come quando era ossessionato dalla possibilità di incontrare di nuovo Kjetill. No, non così tanto, ma lo vedo sempre malinconico, triste, pensieroso e inizio a credere che non voglia venire con me, non so se sia perché a Kattegat si sente sicuro e non vuole allontanarsi o se invece sia la paura del cambiamento, quasi temesse che nel Danelaw succederanno cose orrende come in Islanda. Tu cosa ne pensi?”

“Beh, Hvitserk, ti devi rendere conto che per Helgi partire e andare a vivere in un posto nuovo per forza di cose significa ricordare la partenza per l’Islanda e tutto ciò che è accaduto lassù” spiegò pazientemente Floki. Ancora una volta gli venne da pensare che i figli di Ragnar erano buoni e cari, ma anche così poco empatici… Era ovvio che Helgi si sentisse turbato all’idea di lasciare la cittadina che conosceva e amava per trasferirsi in un Regno in Wessex, così come era ovvio che Aethelred fosse spaventato pensando che Ivar potesse di nuovo rischiare la vita in battaglia! Era tanto difficile cercare di mettersi nei panni del compagno? “Per Helgi la vita in Islanda è stata drammatica fin dal principio, suo padre e Kjetill non perdevano occasione per attaccar briga, ognuno dei due voleva dominare la colonia e questo ha portato a faide e uccisioni assurde, è stato così che Helgi ha perduto la moglie incinta. Purtroppo, poi, io ho preso le decisioni sbagliate e le cose sono peggiorate ulteriormente. Siccome era stato il padre di Helgi a iniziare la faida, ho pensato che sarebbe stato meglio che lui e tutta la sua famiglia lasciassero la colonia e andassero a fondarne un’altra più lontano, speravo che, così facendo, Kjetill avrebbe dimenticato e Helgi e i suoi si sarebbero rifatti una vita.”

“Di che cosa stai parlando, Floki? Tu hai cacciato Helgi e la sua famiglia dalla vostra colonia? Ma non era stato Kjetill a cominciare?” domandò Hvitserk, allibito.

Floki restò per un attimo senza fiato: possibile che Helgi non avesse mai raccontato questa parte della storia al suo compagno? E lui aveva il diritto di farlo senza chiederlo al diretto interessato? Con una punta di rammarico, Floki decise per il sì: sicuramente Helgi aveva avuto le sue ragioni per non raccontare tutto a Hvitserk, ma era indispensabile che il giovane Vichingo sapesse per poter aiutare il suo compagno che adesso stava nuovamente soffrendo.

“No, in realtà fu Eyvind, il padre di Helgi, a creare occasioni di contrasto e Kjetill gli si mise subito contro” spiegò Floki. “Le uccisioni iniziarono per colpa di entrambe le famiglie e in una colluttazione uno dei fratelli di Helgi morì per mano di Thorgrim, uno dei figli di Kjetill. Così, per vendicarsi, Asbjorn, suo fratello, uccise prima Thorgrim e poi anche Thorunn, la moglie incinta di Helgi.”

Hvitserk era impallidito: di fronte a questo le vicissitudini della sua famiglia e i continui tradimenti facevano ridere! Il suo povero, dolce Helgi aveva vissuto delle esperienze tanto orribili e non si era confidato con lui… ma perché? Gli aveva parlato solo della morte della moglie, uccisa in una faida tra famiglie mentre aspettava il loro bimbo, ma non gli aveva mai spiegato come fossero andate realmente le cose.

“È stato il fratello di Helgi a uccidere sua moglie? Ma perché ha fatto una cosa così orribile proprio a Helgi che non aveva fatto male a nessuno?” Hvitserk adesso era sconvolto, avrebbe desiderato correre immediatamente dal suo compagno, stringerlo e baciarlo fino a fargli dimenticare ogni dolore… “Perché ha ucciso una povera ragazza incinta?”

“Perché Thorunn non era solo la moglie di Helgi, era anche la figlia di Kjetill” rispose Floki, e mentre lo diceva si accorse una volta di più di quanto fosse stata disumana tutta quella storia. Le famiglie di Kjetill e Helgi si erano massacrate a vicenda quando avrebbero dovuto essere più unite degli altri, avendo un legame di parentela così importante. “A quel punto io ho creduto che esiliare Eyvind, Helgi e tutta la loro famiglia avrebbe riportato un po’ di pace nella colonia, ma è stato ancora peggio e io… sai, Hvitserk, io credo che Helgi non ti abbia raccontato quasi niente perché in fondo al suo cuore pensa ancora di essere responsabile della morte della sua famiglia.”

“Cosa? Ma questo è assurdo, Floki!” esclamò Hvitserk. “Helgi non ha mai partecipato alla lotta tra la sua famiglia e quella di Kjetill, no? E anzi sua moglie era la figlia di Kjetill, ed è stato suo fratello a ucciderla. Helgi è stato solo una vittima in tutta questa storia, come può sentirsi in colpa?”

“Non per la faida” mormorò Floki, e adesso i suoi occhi erano perduti nel vuoto e inseguivano le immagini atroci degli eventi in Islanda, “per quello che è successo dopo, anche se hai perfettamente ragione, Helgi è stato solo una vittima… ma io temo che si senta responsabile. Qualche settimana dopo, in Islanda era pieno inverno e noi riuscivamo a malapena a ripararci dal vento e dalla neve, e Helgi riuscì a far ritorno alla colonia, camminando per giorni al gelo e alla tormenta, per chiederci aiuto per la sua famiglia. Io mi offrii subito di accompagnarlo portando cibo, coperte e erbe medicinali e Kjetill, suo figlio Frodi e qualche altro loro amico decisero di formare una squadra di salvataggio. Kjetill disse che ogni desiderio di vendetta era svanito e che si trattava soltanto di aiutare delle povere persone in pericolo e io, stolto, gli credetti. Non appena Kjetill e la sua squadra trovarono la famiglia di Helgi li… li uccisero tutti, massacrarono sua madre, suo fratello e sua sorella sotto i suoi occhi e tramortirono lui e suo padre per decapitarli la mattina successiva.”

“Sì, questo Helgi me lo aveva raccontato” lo interruppe Hvitserk, orripilato: aveva già ascoltato una volta quella storia orribile dalle labbra di Helgi e non ci teneva a sentirla ancora, “suo padre lo convinse a fuggire durante la notte e lui riuscì a mettersi in salvo. Quindi pensi che sia per questo che si sente in colpa, perché è scappato lasciando il padre a morire?”

“In parte sì, può darsi, ma credo che Helgi sia consapevole che rimanendo non avrebbe salvato suo padre e sarebbe semplicemente morto con lui” rispose Floki. “No, io credo invece che Helgi si senta in colpa per essere venuto a cercarci, per aver condotto Kjetill dalla sua famiglia, per aver… provocato il massacro, in un certo senso.”

“Ma non è stata colpa sua, che altro poteva fare? Lui e i suoi stavano morendo di fame e freddo!” esclamò Hvitserk.

“Questo lo so io e lo sai tu, anzi, in realtà io so anche che la colpa fu mia, che ormai dovevo aver capito che tipo era Kjetill e non avrei dovuto permettergli di raggiungere la famiglia di Helgi” replicò l’uomo. “Infatti dopo quell’episodio anch’io lasciai la colonia perché non mi sentivo più degno di far loro da guida, avevo sbagliato tutto… Ma temo che Helgi continui a ritenere se stesso responsabile.”

Hvitserk si alzò in piedi, agitatissimo.

“No, no, non voglio neanche pensarci. Helgi sta soffrendo così tanto e da tanto tempo e io non mi sono mai accorto di niente? Devo aiutarlo, Floki, cosa posso fare per lui?”

“Stagli vicino, fagli sentire tutto il tuo amore e quanto lui sia importante per te. Perché credo che Helgi pensi di non meritarti e che sia per questo che continua a posporre la partenza per il Danelaw, magari crede che tu dovresti andarci da solo, trovare una Principessa, magari Sassone, sposare lei e avere dei figli” disse Floki. “Tu sei stato scelto come Re Norreno del Danelaw e magari è proprio questo il problema, adesso sei una persona importante e Helgi pensa di non essere degno di te, di non meritare la felicità. Devi convincerlo che non è così.”

“Grazie, Floki, grazie, sapevo che mi avresti aiutato” mormorò Hvitserk, con le lacrime agli occhi. “Vado subito a cercarlo!”

Nel frattempo, Helgi, Tiago e Harald stavano facendo ritorno dalla passeggiata e Hvitserk si imbatté in loro appena fuori Kattegat.

“Che succede, Hvitserk? Hai parlato con Floki? È andato tutto bene?” domandò Tiago.

“Sì, ora è tutto chiaro, ma ho bisogno di parlare da solo con Helgi” rispose il giovane Vichingo. “Tiago, pensi di farcela ad accompagnare Harald fino alla vostra casa senza l’aiuto di Helgi?”

“Io… beh, veramente…” era proprio quello che Tiago voleva evitare!

“Ma certo, non ci sono problemi” intervenne Harald con un gran sorriso. “Io mi sento in forma e questa passeggiata mi ha fatto molto bene, posso farcela tranquillamente. E così anche noi avremo occasione di parlare, vero Tiago?”

Ma anche no, avrebbe voluto rispondere il giovane spagnolo. Ma come poteva rifiutare a Hvitserk la possibilità di parlare da solo con il suo compagno? Sicuramente avevano cose importanti da dirsi e lui non poteva e non doveva intromettersi…

“Va bene” mormorò, leggermente imbronciato, “non c’è troppa strada da fare e sono certo che tu e Helgi dobbiate stare da soli…”

Tutto contento, Harald circondò le spalle di Tiago con un braccio fingendo di aver bisogno di appoggiarsi a lui e se lo portò via, mentre Hvitserk conduceva Helgi di nuovo verso il bosco, allontanandosi dalle prime case di Kattegat.

“Perché non mi hai mai detto la verità, Helgi? Perché non mi dici che ti senti responsabile, che credi che sia colpa tua se Kjetill ha raggiunto e massacrato la tua famiglia? Perché vuoi punirti ingiustamente, allontanandomi da te?” lo incalzò, prendendolo per le spalle e portandolo in una radura dove lo costrinse a sedersi sull’erba.

Helgi non rispose, i suoi occhi erano pieni di dolore ma anche di una fiera determinazione.

“Floki mi ha raccontato tutto” continuò Hvitserk. “Ma allora è proprio così, tu vuoi che io parta da solo per il Danelaw perché non ti senti più degno di stare al mio fianco. Tu pensi che io debba regnare da solo o magari con una Principessa, perché tu hai condotto Kjetill a uccidere la tua famiglia e quindi credi di meritare solitudine, disperazione e sofferenza per tutta la tua vita. È così, non è vero?”

“Sì, sì, è così, ma ho ragione io, ho ragione!” esclamò Helgi scoppiando in lacrime. “Non avrei mai dovuto portare Kjetill dalla mia famiglia, avrei dovuto trovare un altro modo per superare quell’inverno, è come se li avessi uccisi tutti io… e ora non merito niente, non merito te e tanto meno merito un Regno! Sono una nullità, un incapace, e tu sarai Re e dovrai avere degli eredi e…”

Hvitserk si mise sopra di lui e gli prese il volto tra le mani, gli occhi fissi in quelli del compagno.

“Io non voglio niente di tutto questo, io voglio te” dichiarò, scandendo bene ogni parola. “Anzi, non andrò neanche nel Danelaw se tu non vieni con me, dirò a Bjorn che non mi sento all’altezza e lascerò il ruolo a qualcun altro. Perché io voglio stare con te e, se tu non ci sei, non c’è niente che desideri al mondo. E non voglio mai più sentirti dire che sei inutile o peggio, tu sei prezioso, generoso, dolce e gentile, non è stata colpa tua se Kjetill era un folle, non potevi saperlo e sappi che lo stesso Floki si rimprovera tutt’ora di non averlo capito in tempo. Tu. Non. Hai. Alcuna. Colpa. Io ti amo, Helgi, ti amo più di ogni altra cosa al mondo e non voglio vivere neanche un giorno lontano da te. Se non vieni con me, che il Danelaw finisca in Hel, non ci andrò nemmeno io!”

Helgi era commosso, incredulo, tremante, ma le parole del suo compagno avevano fatto breccia nel suo cuore e stavano sciogliendo tutti i grumi di dolore, rimorso e senso di colpa.

“Se è quello che vuoi davvero, Hvitserk, allora… allora sì, verrò con te” mormorò, ma Hvitserk non lo fece neanche finire di parlare, lo prese tra le braccia e lo baciò profondamente, stringendolo a sé mentre un raggio di sole li avvolgeva in una luce dorata. Esplorò con passione la sua bocca, felice di godersi il sapore e il tepore di lui, si liberò in fretta delle vesti e spogliò Helgi delle sue, indugiando ad ammirare e ad accarezzare quel corpo così amato che aveva temuto di non poter stringere mai più. Immerse le mani nei capelli di Helgi e lo baciò sulle guance, sulle palpebre, agli angoli della bocca, e continuò a baciarlo profondamente per un tempo infinito, senza mai stancarsi, infine si insinuò dentro di lui, seppellendosi con lentezza nelle sue carni più intime, spingendo ancora, ancora e ancora e lasciando che il giovane assecondasse ogni suo movimento. Alla fine il piacere travolse entrambi come un’onda di luce e calore e i due rimasero stretti, abbracciati, come se fossero una sola entità; avevano gli occhi chiusi e godevano del calore dei loro corpi e della languidezza regalata loro dall’amore. Erano finalmente in pace, non c’erano più ombre tra loro e la partenza per il Danelaw, sciolto ogni dubbio residuo, sarebbe stata imminente e serena.

Fine capitolo quindicesimo

 

 

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Capitolo 16
*** Cap. 16 e ultimo: I'll reach you ***


Cap. 16: I’ll reach you

 

Seven years and seven days you've been gone
Seven years of changing faith and opinion
Would you recognize me
If you walked beside me?
I would keep on waiting
It's been to long

Here's to you if you care to listen
Here's to you, let me cross the distance

Even if you're not here
I'll reach you, I'll reach you
Even though you're away, I'm near
We'll forgive and forget
I'll reach you!

(“I’ll reach you” – Delain)

 

Hvitserk e Helgi partirono una settimana dopo per il Danelaw, dopo aver organizzato tutto ciò che serviva per il viaggio e il soggiorno nel luogo che avrebbero gestito come sovrani e aver scelto gli uomini di fiducia da portare con loro. Il momento della partenza, al porto, fu piuttosto commovente: Floki teneva abbracciato Helgi come se non volesse lasciarlo andare, Aethelred stringeva le mani di Hvitserk con gli occhi pieni di lacrime e Tiago guardava tutti loro con un faccino triste e desolato, come se non riuscisse a credere che davvero tutte le persone a cui teneva finissero per lasciarlo solo… Harald gli si era messo accanto per fargli sentire la sua presenza, senza opprimerlo, ma semplicemente per fargli capire che lui era lì, che non lo avrebbe lasciato e che, se aveva bisogno di sfogarsi, lo avrebbe ascoltato volentieri. Ovviamente erano presenti anche Bjorn, Gunnhild e tutti gli altri a salutare i due e per Kattegat era motivo di orgoglio che fossero proprio due suoi concittadini ad andare a governare le colonie Norrene in Wessex.

“Non vi commuovete tanto, torneremo spessissimo a trovarvi” promise Hvitserk. “Tanto spesso che vi verremo a noia!”

In tutta quella commozione, eccitazione e malinconia l’unico a starsene in disparte era proprio Ivar. Certo aveva salutato anche lui Hvitserk e Helgi augurando loro buona fortuna, ma poi si era messo da una parte e non aveva più aperto bocca.

La nave vichinga si staccò dal molo e iniziò ad allontanarsi sempre di più mentre i cittadini di Kattegat guardavano gli occupanti farsi sempre più piccoli e nessuno si mosse dal molo finché l’imbarcazione non fu del tutto scomparsa all’orizzonte. In un certo senso era un pezzo di Kattegat che se ne andava, e anche se Hvitserk e Helgi avevano assicurato che sarebbero tornati il più spesso possibile era comunque chiaro che le cose sarebbero cambiate, non solo per Kattegat o per Hvitserk e Helgi personalmente, ma in un senso più generale. Era la prima volta nella loro storia che dei Norreni venivano scelti per governare delle colonie in un Paese straniero, colonie che erano un’estensione di terra talmente vasta da avere un suo proprio nome, il Danelaw. Prima di allora c’era stato Rollo, il fratello di Ragnar, che era rimasto in Francia dove adesso governava il Ducato di Normandia, tuttavia il suo potere gli derivava dal fatto di aver sposato la Principessa Gisla, la figlia dell’Imperatore Carlo; Hvitserk e Helgi invece sarebbero andati come sovrani Vichinghi senza alcun legame matrimoniale con nobili Sassoni. Era un enorme passo avanti per i Norreni e chiunque poteva rendersene conto.

Quando la nave fu completamente svanita all’orizzonte, Aethelred si lasciò sfuggire un sospiro e si diresse verso Ivar, sapendo che non poteva più fare finta di niente: il giovane Vichingo non si era comportato come al solito, non aveva preso in giro il fratello minacciandolo di andare a razziare nelle sue colonie o cose del genere, era rimasto silenzioso e cupo in volto e questo non andava bene, non andava per niente bene. Il Principe Sassone doveva provare a parlargli e cercare di capire che cosa lo tormentasse, ma sapeva che non sarebbe stato semplice perché Ivar parlava sempre tanto, ma mai delle cose che veramente lo toccavano nel profondo.

In realtà, però, Aethelred non ebbe bisogno di fare domande scomode a Ivar perché fu lui a interessarsi a tutt’altro. Era stato cupo e irritato per tutta la mattinata, ma quando vide Harald che si dirigeva verso la casa di Tiago e Floki tenendo amichevolmente un braccio attorno alle spalle del giovane spagnolo, con l’apparente intento di consolarlo per la partenza degli amici, si mosse più velocemente con la stampella per raggiungerlo.

“Harald, mi fa piacere vederti” lo salutò, “perché era da un bel pezzo che volevo chiederti alcune cose e non ce n’è mai stata l’occasione.”

Il Vichingo sorrise, sempre cordiale con tutti gli abitanti di Kattegat e con i Lothbrok in particolare.

“Ma certo, Ivar, puoi chiedermi tutto quello che vuoi” rispose.

Nel frattempo Aethelred aveva raggiunto i tre e ora si chiedeva cosa potesse aver interessato tanto Ivar, sentendosi anche sollevato perché comunque vedeva il suo compagno distratto dai pensieri neri che lo avevano tormentato, perciò qualsiasi cosa fosse stata andava bene.

“Hvitserk e Helgi mi avevano raccontato di averti trovato in un vicolo, durante la battaglia contro Re Egil e i suoi, e di averti soccorso, ma Hvitserk continuava a rimuginare su qualcosa che gli era parso strano” iniziò a spiegare Ivar. “Poi tra una cosa e l’altra non c’è mai stato modo di parlare di questa stranezza, comunque ora non ci sono altri impegni e abbiamo tutto il tempo del mondo. Insomma, loro si erano stupiti di averti trovato gravemente ferito alla schiena in quel vicolo, mezzo dissanguato, ma senza alcun cadavere di Danese attorno, c’erano solo i corpi di altri due Norreni. Sembrava che tu e i tuoi foste stati attaccati alle spalle dai Danesi e che aveste avuto la peggio, ma sembra davvero incredibile anche a me, come a Hvitserk e a Helgi, che un guerriero esperto come te possa essersi fatto sorprendere in modo così sciocco da uomini inesperti come i soldati di Re Egil. Io credo piuttosto che ci sia qualcosa sotto e, se non ti dispiace, vorrei sapere com’è andata davvero.”

Harald fissò gli occhi in quelli di Ivar e per un lungo momento si chiese se parlare o no, ma poi decise che era la cosa giusta da fare, anche perché Ivar e i suoi fratelli avrebbero potuto aiutarlo nel caso in cui Olaf avesse deciso di tentare di nuovo di farlo fuori.

“Hai perfettamente ragione, Ivar, le cose non sono andate come sembravano” replicò. “Non sono stati i Danesi ad attaccarmi, bensì due sicari di mio fratello Olaf, che lui aveva inviato dal Rogaland per uccidermi a tradimento, confondendosi tra gli altri Norreni. Loro hanno cercato di farmi fuori in quel vicolo colpendomi alle spalle, ma io sono riuscito a difendermi in qualche modo e a ucciderli tutti e due prima di perdere i sensi… e per fortuna Hvitserk e Helgi mi hanno trovato in tempo.”

“Ma… come? Tuo fratello Olaf ti vuole morto?” intervenne Aethelred, sconvolto. Per lui era una cosa inconcepibile e ricordava fin troppo bene come avesse ritenuto folle sua madre che lo credeva capace di fare del male ad Alfred… “Perché? È una cosa terribile!”

“Non più di tanto, anch’io ho cercato più volte di uccidere i miei fratelli” sottolineò Ivar, che non perdeva mai l’occasione di ricordare a tutti che razza di impunito fosse stato… e fosse ancora, almeno un po’! “Ma io avevo sempre delle ottime ragioni, per cui… perché questo Olaf vorrebbe ucciderti?”

Harald guardò Tiago e notò che era turbato, come se fosse preoccupato per lui… e la cosa gli fece molto piacere. Forse, finalmente, il giovane spagnolo iniziava a interessarsi a lui? Il Vichingo sorrise rassicurante al ragazzo e poi iniziò a raccontare la sua vicenda.

“Olaf è il Re del Rogaland, la corona è spettata a lui in quanto fratello maggiore, ma non è un buon Re, non ha a cuore gli interessi delle nostre terre ma solo i suoi guadagni personali, le ricchezze e le alleanze vantaggiose” disse. “Io ho sempre pensato che sarei stato un sovrano più saggio e di mente più aperta e così ho deciso di offrirmi volontario con una guarnigione di soldati per sostenere la difesa di Kattegat, sperando che Bjorn, come Re di tutti i Norreni, potesse destituire Olaf e mettere me al suo posto. Sì, lo so, è la solita vecchia storia, ma io ho cercato di ottenere il potere in modo leale, mettendo a rischio la mia vita combattendo al fianco di Kattegat, Olaf invece… in qualche modo è venuto a sapere dei miei piani e ha mandato due sicari per uccidermi a tradimento.”

Tiago aveva gli occhi sbarrati e, suo malgrado, cominciava a sentirsi sempre più spaventato per Harald e per la sua incolumità. Anche Aethelred era turbato perché quella storia gli ricordava troppo le trame di sua madre Judith, anche se lui e suo fratello in realtà si erano sempre voluti bene e appoggiati l’un l’altro. Ivar, inaspettatamente, scoppiò in una risata che sembrò stemperare tutti i suoi malumori degli ultimi giorni.

“Ah, allora non sono solo io l’unico pazzo che cerca di far fuori i fratelli per ottenere il potere, sono quasi deluso!” fece, sarcastico. “Quindi cosa farai adesso? Chiederai a Bjorn un esercito per andarti a conquistare il Rogaland?”

Aethelred sbarrò gli occhi. Possibile che Ivar volesse già una nuova guerra? Erano stati così fortunati poche settimane prima contro gli eserciti di Re Egil, avevano vinto senza troppe perdite e ora… ora l’unica cosa che pareva motivare Ivar, fino a poco prima nervoso e irritabile, era la prospettiva di partire per il Rogaland alla conquista di un Regno per Harald?

Era dunque solo l’avventura, l’azione, la battaglia a dare un senso alla vita di Ivar e lui non contava niente? Lui lo annoiava?

“Non ne ho la minima intenzione” sorrise tuttavia Harald, rivolgendo il suo sorriso soprattutto a Tiago. “Come ho detto, non voglio uccidere mio fratello e neanche vendicarmi di lui. Pensavo che sarei stato un Re migliore di lui, ma se devo fargli guerra per strappargli la corona allora non sono migliore di lui.”

Ivar e gli altri sembrarono molto colpiti dalla serenità con cui Harald parlava e dalla saggezza delle sue parole. Anche lui era un Vichingo e amava l’azione e il potere, ma sapeva quando era il momento di dire basta.

“Ma… non c’è pericolo che tuo fratello mandi degli altri sicari a tentare di ucciderti, visto che lo ha già fatto?” domandò Aethelred. Tiago non aveva detto nulla, ma nei suoi occhi si leggeva la stessa domanda e la medesima preoccupazione e la cosa non sfuggì allo sguardo acuto di Harald.

“Non credo. Lui sa che adesso sono a Kattegat, sotto la protezione del Re dei Norreni, e sarebbe un vero idiota se cercasse di farmi uccidere proprio qui” rispose Harald. “Significherebbe dichiarare guerra a Bjorn La Corazza e non penso che abbia voglia di imbarcarsi in una simile missione suicida. Ha mandato i sicari perché sperava di eliminarmi e di far credere a tutti che fossero stati i Danesi, ma adesso dovrebbe per forza manifestare i suoi intenti e lui non è così coraggioso, preferisce metodi più subdoli.”

“Beh, meglio così, allora” disse Aethelred, sollevato. “Tu potrai restare a Kattegat quanto vorrai e Bjorn sarà felice di averti al suo fianco. Magari potresti diventare uno dei suoi consiglieri o comandanti militari, visto che Hvitserk e Helgi sono partiti per il Danelaw.”

Harald allacciò la vita di Tiago con un braccio e lo strinse a sé con un altro dei suoi sorrisi luminosi.

“E io sarei onorato di far parte degli uomini di fiducia del grande Re dei Norreni. Del resto, la mia intenzione era comunque quella di restare a Kattegat, mi trovo molto bene qui e ho conosciuto tante persone interessanti” disse, con un tono malizioso.

“Mi fa piacere. A Kattegat si sentirà molto la mancanza di Hvitserk e Helgi e avere un amico in più sarà una buona cosa non solo per Bjorn” replicò Aethelred, intenerito alla vista del gesto affettuoso di Harald verso Tiago. Chissà, forse anche il suo giovane amico spagnolo avrebbe finalmente conosciuto la felicità dopo le esperienze terribili vissute con Erik? “Probabilmente Bjorn ti inviterà a vivere nella dimora regale, credo che già ti consideri uno dei suoi uomini.”

“Beh, vedremo. Adesso sto bene e di certo non posso occupare il letto della piccola casa di Floki e Tiago per sempre, no? Anche se mi dispiacerebbe perdere una certa compagnia… ma ne parleremo meglio se e quando Bjorn deciderà di farmi questo onore” ribatté Harald, guardando Tiago con intensità e stringendolo ancora di più.

Il Vichingo, poi, iniziò ad incamminarsi verso la casetta che ancora occupava, tenendosi Tiago al fianco ma, ad un certo punto, si fermò e si voltò verso Ivar e Aethelred.

“Vi ho detto che non credo che mio fratello sia tanto sciocco da voler sfidare il Re dei Norreni, ma nel caso lo fosse, spero di poter contare sul vostro aiuto” disse.

“Naturalmente” dichiarò Ivar, con gli occhi che gli brillavano. “Bjorn è sempre pronto a difendere i suoi amici e Kattegat non si tira mai indietro davanti alla prospettiva di combattere!”

Harald annuì e sorrise ancora, poi riprese la sua strada con Tiago accanto.

Aethelred sembrava turbato, adesso, mentre Ivar era tornato il vivace impunito di sempre.

“Immagino che tu non aspetti altro che questo, vero, Ivar? Tu speri che Re Olaf voglia eliminare Harald e che, quindi, dichiari guerra a Kattegat, non è così? A te interessa solo questo, o forse… forse stare con me non ti basta…” disse il Principe Sassone, in un tono a metà tra delusione e irritazione.

Ivar restò allibito.

“Ma cosa dici, Aethelred? Senti, non fingerò di essere altruista e di volermi sacrificare per la felicità di Harald, ma è vero che la prospettiva di avere qualcosa da fare mi ha rimesso di buon umore. Tu stesso ti sei accorto di quanto io abbia preso male la partenza di Hvitserk e Helgi e, magari, avrai anche pensato che io fossi invidioso di lui” replicò Ivar, prendendo sottobraccio il suo compagno e avviandosi con lui verso la dimora regale.

“In effetti ho pensato anche questo” ammise Aethelred, sempre più depresso all’idea di non essere abbastanza per il suo Ivar.

“Ma il motivo del mio malumore non era l’invidia” spiegò finalmente il giovane Vichingo. “Io sono stato Re di Kattegat e a dire la verità non mi è piaciuto, era più una cosa che voleva Freydis, a me piace razziare, vivere avventure e… fare il Re, ascoltare le lamentele dei cittadini e prendere decisioni era monotono e per niente entusiasmante. Figuriamoci poi se avrei voluto trovarmi al posto di Hvitserk nel Danelaw, dove noi Norreni non conteremo quasi niente! Sarà Alfred a comandare e Hvitserk dovrà sempre chiedere il permesso a lui per qualsiasi cosa: io non potrei mai vivere così.”

“Ma allora perché sei stato irritabile e scontroso per tutti questi giorni? Io non capisco” mormorò il Sassone. “E tu in genere non ti confidi mai…”

“È vero che sono stato nervoso ed è vero che non ti ho spiegato niente” ammise Ivar, “ma la verità è che non riuscivo a capire bene neanch’io cosa provassi e perché mi sentissi insoddisfatto. Poi, parlando con Harald, ho capito. Ciò che mi infastidisce tanto sono tutti questi cambiamenti, ognuno che trova il suo posto nel mondo e la sensazione che Kattegat e in generale la vita dei Norreni stia cambiando. Bjorn ora è il Re supremo e ha scelto di evitare il più possibile razzie e guerre non necessarie per fare di Kattegat una cittadina commerciale, magari più ricca… ma tanto più noiosa! Hvitserk è andato a fare il Re nel Wessex, sotto l’egida di tuo fratello, e farà in modo che non ci siano più incursioni dei Vichinghi in Inghilterra. Ubbe è nella Terra Dorata dove governa pacificamente insieme ai nativi del luogo. Insomma, è come se i miei fratelli fossero diventati adulti senza di me e a me l’idea di crescere e diventare come loro non piace, però non posso neanche fare in modo che le cose tornino com’erano prima. Non lo so, a volte mi sembra che il vero mondo Vichingo, quello di Ragnar Lothbrok, stia scomparendo e credo di non riuscire ad accettarlo.”

Aethelred fissava il suo compagno con i grandi occhi chiari: adesso comprendeva perché Ivar fosse stato così scontento e nervoso, non era per colpa sua ma lui non poteva aiutarlo, vedeva che non si sentiva a suo agio e non poteva fare niente per lui.

“Mi dispiace davvero, Ivar, ora capisco come ti senti ma purtroppo… purtroppo noi non possiamo fermare il tempo o impedire che le cose cambino” disse, piano.

“Però è stato proprio grazie a Harald che ho capito che, in realtà, il mondo Vichingo non cambierà mai, non veramente, non del tutto” riprese Ivar, con una nuova luce di entusiasmo negli occhi. “Olaf ha cercato di far uccidere suo fratello per non perdere la corona e chissà, potrebbe anche riprovarci, oppure dichiarare guerra a Kattegat sperando di eliminare Harald. Oppure potrebbe essere Harald a decidere di partire per qualche altro Regno più debole da conquistare… insomma, il vero spirito dei Norreni non si è sopito e non verrà mai meno, ci saranno sempre nuovi luoghi da esplorare, terre da conquistare, nemici da combattere, e Ivar Senz’Ossa sarà sempre pronto a pianificare nuove strategie perché i Vichinghi prevalgano! Se non potrò più farlo con Hvitserk allora lo farò con Harald o con qualche altro che incarna ancora lo spirito Vichingo… e, ovviamente, con te, sempre, Aethelred.”

“Allora non ti senti più infelice e scontento?” domandò ancora il Principe Sassone, preoccupato.

“No, assolutamente. So che tante nuove avventure emozionanti mi aspettano e che le vivrò al tuo fianco. Come potrei essere scontento?” concluse Ivar.

E, tanto per dimostrare al compagno che diceva sul serio, lo condusse non più verso la dimora regale, bensì verso i boschi che circondavano Kattegat. Camminarono insieme in mezzo alla vegetazione, mentre il mare in lontananza scintillava di schegge dorate sotto il sole, poi Ivar strinse a sé Aethelred e si distese con lui in un luogo nascosto tra i cespugli dove l’erba era più folta e morbida; iniziò a baciarlo con foga e passione spogliandolo e liberandosi delle proprie vesti, avvolgendo la bocca del Principe Sassone con labbra roventi e invadendolo con la lingua. Il corpo di Ivar fremeva di tensione e frenesia, ogni fibra desiderava possedere il giovane Sassone e, alla fine, entrò in lui con decisione e impeto e Aethelred, sfibrato e tremante, si perse in lui, lo accolse dolcemente in tutti i suoi affondi esigenti, nel bruciore del bisogno inarrestabile. Il mondo scomparve e si dissolse insieme a qualsiasi altro pensiero o preoccupazione, i corpi dei due amanti annullarono tutto il resto e, fusi insieme, ognuno divenne l’unica realtà per l’altro, la pelle, il profumo, la passione e la totale fusione di anime e corpi fino a giungere all’apice del piacere, con scosse travolgenti che attraversarono la pelle, le vene, il sangue di Ivar e Aethelred, uniti e allacciati in un delirio splendente d’amore.

Ivar aveva ragione, la vita dei Vichinghi avrebbe continuato ad essere impetuosa, ardente e tempestosa, nel bene e nel male, e ci sarebbero state tante altre avventure per lui e per tutti gli altri ma, in quel momento, contava solo la luce e il calore dell’amore appassionato fra lui e Aethelred.

 

FINE

 

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