Lupin III - La Bilancia della Morte

di jarmione
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Salve a tutti.

Nuova long su Lupin e nuove avventure per lui e la sua banda.

Attenzione, questa storia si collega al finale e alle vicende accadute nella mia “Il tesoro dei suicidi” sempre di Lupin.

Non c’è obbligo di leggerla, se non volete, tanto metto i riferimenti anche qui.

Dedico questa storia a due/tre persone in particolare:

1) Evelyn80, a cui avevo promesso un seguito e che so piacere Anika ed il suo rapporto con i vari personaggi.

2) Fiore del deserto che non solo AMA Lupin...ma è stata talmente tormentata da me, che questa storia è il minimo.

3) E a te, che ancora leggi e sopporti le mie idee o a te che per la prima volta ti avventuri nel mio profilo.

 

Vi auguro buona lettura e spero vi piaccia.

 

 


Era ormai scesa la sera sulla città e tutti iniziavano a rincasare.
Era stata l'ennesima giornata noiosa, piena di scartoffie da compilare, giri di pattuglia a vuoto e dove i delinquenti non commettevano reati.
Da una parte andava bene, la tranquillità faceva sempre comodo, ma dall'altra i poliziotti si stufavano a dover svolgere i soli lavori d'ufficio.
Persino Zenigata, ormai, si era dovuto rassegnare a quella vita.
Ogni tanto capitava qualche arresto, ma si trattava di piccoli delinquenti e spacciatori.
Nulla che fosse all'altezza delle sue aspettative.
E tutto da circa sei anni, dopo aver abbandonato il caso Lupin III.
Non si era più fatto vedere, non compiva più colpi e tutto questo era inspiegabile.
A volta ci pensava, ma non aveva più fatto richiesta di rimettersi a capo della squadra speciale dell'Interpol.
Sospirò, mentre camminava a passo lento lungo il marciapiede.
Respirava a pieni polmoni l'aria fresca della sera, le mani in tasca e gli occhi rivolti verso l'alto ad osservare la luna.
Girò il vicolo, la luna scomparve dietro all'edificio e tutto divenne buio.
In lontananza, verso il fondo del vicolo, una piccola finestra era illuminata e segnava la presenza di qualcuno al suo interno.
Man in mano che si avvicinava, Zenigata sentiva il profumo delle pietanze che i suoi abitanti stavano preparando.
Un piccolo sorriso solcò le sue labbra.
Dopo una lunga giornata era piacevole sentire certi profumi e vedere una luce in un vicolo come quello.
Dopo aver sospirato, buttando fuori tutta la tensione accumulata durante la giornata, Zenigata si avvicinò alla porta della casa illuminata e spinse in giù la maniglia.
Da prima venne accolto dalla luce, poi dal profumo di cibo più intenso ed infine da un urlo di gioia che partiva dal fondo e si avvicinava a lui.
"Papà!"
Zenigata non ebbe nemmeno il tempo di toglierei l'impermeabile.
Un piccolo bambino gli saltò letteralmente in braccio, per fortuna lui era pronto a tenerlo.
Conosceva bene L'irruenza del piccolo.
"Sei a casa, che bello!" Esclamò il bambino, prendendo il cappello del padre e mettendoselo in testa.
"Potevo forse mancare?" Domandò il padre, sorridendogli dolcemente.
"No, non potevi!" Rispose allegramente il piccolo, mentre lui lo rimetteva a terra.
Subito lo vide correre fino al divano, dove alcuni giochi erano sparsi, per continuare a giocare.
"L'accoglienza più veloce del mondo" fu il commento sarcastico che seguì, mentre una giovane donna dai lunghi capelli neri si avvicinò a Zenigata.
"Ben tornato a casa" disse, posandogli un piccolo bacio sulle labbra.
Era un gesto semplice, ma caloroso e Zenigata era felice di poter tornare a casa e avere qualcuno che lo aspettava.
Era un sogno divenuto realtà.
"Grazie, Anika"
Anika sorrise e tornò di nuovo ai fornelli, facendo intuire che a breve sarebbe stato tutto pronto.
Dopo essersi messo comodo, Zenigata si avvicinò al piccolo.
Il divano, misto al pavimento sottostante, erano pieni di giochi e pupazzi, tutti con una posa ben precisa.
"A cosa giochi?" Domandò curioso l'ispettore.
Il piccolo indicò i vari giochi e disse "Quelli sono i ladri e questo sei tu"
I ladri erano dei soldatini in plastica completamente verdi, mentre lui...lui era un orsacchiotto con il fiocco blu come papillon.
Zenigata non sapeva se mettersi a ridere o imbarazzarsi per essere stato paragonato ad un orsacchiotto.
Ma chi era lui per demolizzare la fantasia di un bambino?
Sorrise e accarezzò la testa del suo piccolo "Molto bravo, Yuki" disse "i poliziotti acciuffano sempre i ladri"
Anika, anche se intenta a cucinare, stava ascoltando.
Dentro di sé mille emozioni si facevano strada, impedendole quasi di muoversi.
Si tranquillizzò un poco quando sentì il piccolo Yuki esclamare "No, mica li prendi!" Zenigata sgranò gli occhi scandalizzato e Yuki proseguì "Tu stai andando a lavoro e per caso li vedi, ma tu non puoi ar...arra...erre...prenderli" disse, sbuffando perché faceva fatica a dire le parole "Perché fai lavori con la carta"
Zenigata volle sprofondare.
Pure suo figlio ci si metteva a ricordargli quale fosse la sua posizione.
Anika ridacchiò e annunciò che era pronta la cena.
Questo aiutò il suo uomo ad uscire dall'imbarazzo e, prontamente, disse "Bene, vorrà dire dire che io arresterò il bambino che non si lava le mani entro due minuti!"
Yuki si finse spaventato e corse urlando fino al bagno, aprendo l'acqua e segnalando che stava lavando le mani.
"Che minaccia, ispettore" Anika servì la zuppa di ramen.
"Comunque a ha funzionato" poi guardò Anika, notando un velo di tristezza e preoccupazione sul suo volto "Qualcosa non va, Anika?"
Anika sospirò "No, nulla" si sforzó di sorridere.
"Dimmi la verità" incalzò Zenigata.
"Io..." Anika fece per parlare, ma Yuki arrivò di corsa e si sedette mostrando le mani pulite.
"Fatto!" Poi guardò la zuppa e ne annusó il profumo "mamma, sei la migliore"
"Grazie, piccolo mio" Anika sorrise al bambino e fece capire a Zenigata che avrebbero parlato più tardi, anche se questo significava restare per almeno tre ore con lo sguardo serio dell'uomo che la seguiva ovunque.

*****

Anika sospirò di sollievo, osservando la piccola cucina pulita e in ordine.
C'era silenzio e Yuki dormiva già da un'ora.
Seduto su una sedia fuori dell'uscio di casa, Zenigata osservava il vuoto davanti a sé con sguardo serio.
Aveva passato la cena in silenzio, limitandosi a sorridere a Yuki che gli raccontava la sua giornata ed i giochi fatti.
Quando tentava di incrociare lo sguardo di Anika, lei volgeva il suo altrove.
Aveva paura, preoccupazione, ma di cosa?
Si era interrogato su cosa potesse affliggerla ed erano poche le conclusioni a cui era giunto.
Era capitato già tre volte in passato.
La prima quando avevano iniziato a vivere sotto lo stesso tetto.
La seconda quando cercava reprimere i suoi istinti di ladra mentre tentava di entrare in polizia, con scarso successo.
E la terza...quando aveva scoperto di attendere Yuki.
Le aveva pensate tutte, ma sperava davvero che si trattasse di qualcosa di piacevole come l'ultima volta.
Ma perché, nonostante provasse a pensarci, non riusciva a sorridere o essere tranquillo.
Non potè fare altro che attendere Anika, cosa che non richiedette molto tempo.
La donna usci poco dopo e, con un ennesimo gran sospiro, si sedette a fianco di Zenigata.
Il silenzio era glaciale e Anika non riusciva a romperlo.
Aveva troppa paura di essere giudicata.
"L'ultima volta eri preoccupata senza motivo" disse Zenigata, cercando di rompere il ghiaccio.
"Questa volta è diverso"
Zenigata sospirò "Non farmi usare i miei metodi per farti confessare" disse "Avanti parla"
Anika si morse le labbra e raccolse tutto il suo coraggio.
Alla fine confessò, estrando qualcosa dalla tasca dei pantaloni.
"Si tratta...di Lupin"
A Zenigata quasi venne un colpo, ma si limitò a guardarla con aria seria.
Perché aveva nominato Lupin?
Erano anni che non parlavano più di lui o degli altri e lo credeva un argomento ormai chiuso.
Non era stato facile per nessuno dei due.
Anika aveva covato rabbia per molto tempo e tutt'ora ne aveva.
Lui aveva fatto di tutto per mantenere la promessa fatta e prendersi cura di lei.
All'inizio era stato un rapporto che sembrava tipico di un padre con la propria figlia.
Ma alla fine, entrambi, avevano iniziato a cedere alle emozioni.
Lui aveva confessato a lei il suo passato, la sua vita ed i suoi sogni e lei aveva confessato i suoi.
Tutto era filato liscio, con gli alti e bassi che quel tipo di relazione poteva avere.
Quando poi erano andati oltre ed erano in attesa di Yuki, i problemi sono stati maggiorati.
Ma nessuno dei due aveva mollato ed ora avevano trovato il loro equilibrio.
Ma poteva quell'equilibrio, nato tra un poliziotto ed una ex ladra, durare a lungo?
Zenigata deglutì.
Non voleva perdere quello che era riuscito ad ottenere.
Venne ridestato dai suoi pensieri quando Anika gli porse qualcosa.
"Guarda" disse lei, mostrandogli una busta bianca "È arrivata questa mattina al centro congressi" spiegò "Il direttore ha dato numeri e nemmeno si è accorto che gli è caduta dalle mani"
Zenigata la prese e ne estrasse il contenuto.
Una carta da gioco...modificata e con un messaggio inequivocabile.
"Koichi, che facciamo?" Domandò Anika, trattenendo un singhiozzo "Non voglio che...che..."
Zenigata le mise una mano sulla spalla in segno di conforto.
"Ci penso io" disse, mentre con l'altra mano accartocciava la carta e la busta, gettandola nel cestino poco distante.
Poi la strinse dolcemente fra le braccia e lascio che lei affondasse il viso nel suo petto.
Lupin non avrebbe devastato il suo mondo.
Non di nuovo.

Ruberò la bilancia
Lupin III

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Eccomi bella gente! Come state?

A voi il secondo capitolo della storia e spero vi piaccia come sempre (a chi non piace...scusatemi, cercherò di migliorare).

In questa storia sta collaborando Fiore Del Deserto, quindi il merito è anche suo.

Buona lettura

 

 

 

Il sole era al culmine del suo giornaliero viaggio celeste e segnava a tutti l’arrivo dell’ora di pranzo tanto agognata.

In un piccolo paesino, fra le colline della prefettura di Okayama, una Fiat 500 era parcheggiata fuori da un’osteria locale.

Il camino della casa era fumante ed un profumo sfizioso si espandeva per tutta la zona, attirando i lavoratori e qualche turista di passaggio.

Lupin se ne stava seduto ad osservare il piatto ricco di pietanze che la cameriera, denominata “bellezza” dallo stesso ladro, aveva portato con un gran sorriso.

“Buon appetito” sentenziò, fiondandosi sul cibo senza badare che non era da solo.

Infatti iniziò una piccola lotta da parte di Jigen per ottenere almeno una piccola porzione di ramen caldi.

Inutile dire che gli sguardi della gente furono tutti puntati su di loro per cinque minuti buoni.

Quando la situazione si placò e le pietanze furono suddivise in modo abbastanza equo, i due ladri si misero a mangiare con tranquillità.

Lupin gustava ogni boccone con estrema tranquillità, cosa che Jigen non riusciva a comprendere.

Avevano lasciato il Giappone anni prima ed era stata l’unica decisione saggia che Lupin avesse preso.

Ora aveva deciso di ritornarci e Jigen non era affatto d’accordo.

Aveva tentato in tutti i modi di lasciarsi alle spalle il passato, di ricominciare e lontano da lì, ma no! Lupin non era dello stesso parere.

Aveva messo gli occhi su una bilancia particolare e di cui aveva fornito ben pochi dettagli da quando erano partiti per ritornare fin lì.

“Non mi hai ancora detto nulla su questa bilancia” disse Jigen “Non mi dirai che non hai come pesarti”

“Molto spiritoso” bofonchiò Lupin, mentre addentò voracemente la fetta di pane che aveva in mano “Questa non è una bilancia qualunque” specificò, ingoiando “Pensa che nessun ladro, neanche il più malandato, ha mai osato rubarla”

“E, guarda caso, dobbiamo proprio farlo noi” commentò sarcastico Jigen, che ancora aspettava il vero motivo per cui Lupin voleva quella bilancia.

“Mio caro Jigen, non hai idea del valore che ha” precisò Lupin, schioccando le dita e iniziando a spiegare quanto sia preziosa.

Di tutti gli oggetti che Lupin poteva rubare, quella bilancia era decisamente l'ultima che Jigen si aspettava.
Secondo le storie sentite, quella bilancia era stata creata da Ade, Dio della morte greco, che l'aveva donata ai ladri dell'antica Grecia con la scusa di aiutarli ad arrivare alla vecchiaia.

Anche se non erano del tutto convinti, gli umani avevano davvero creduto alla storia del Dio e pensavano che stesse facendo tutto quello per non avere l’oltre tomba troppo affollato.

Un pensiero ingenuo ma che per l’epoca era anche normale.

Ma la storia era completamente diversa.
Ade aveva creato la bilancia e aveva specificato che bisognava scrivere il proprio nome su uno dei piatti e sull’altro, automaticamente, sarebbe uscito il nome di chi avrebbe procurato la morte della persona stessa.

Chiunque la utilizzava, capiva il significato che essa aveva, ma non credeva realmente ai risultati che essa produceva.

Ma, quando i primi responsi trovarono riscontro nella realtà, il pensiero che gli umani avevano in merito alla bilancia si sgretolò e questo fece cambiare completamente atteggiamento verso di essa.

Dato che nessun ladro voleva morire per mano di altri, il risultato fu lo scoppio di una guerra fra malviventi che portò alla sopravvivenza di pochi i quali, vedendo l'orrore creatosi a causa della bilancia, la nascosero e si tolsero la vita.
Ade non voleva aiutarli ad evitare l'inevitabile, voleva mietere più vittime possibili e sfruttava l'odio dell'umanità per raggiungere l'obbiettivo.
Fu ritrovata da un famoso archeologo italiano, Aristide Calderini, che la portò in Italia e la fece mettere in un museo.
Più volte era stata messa all'asta ma mai nessuno, a causa della leggenda tramandata, aveva osato acquistarla.
Ora era stata messa all'asta di nuovo dopo molto tempo e per Lupin si era aperta una sfida così allettante da non poterla rifiutare.
Da quando aveva iniziato la sua carriera di ladro, quella era la prima volta che poteva mettere le mani su un oggetto di quella portata.

"Fammi capire bene" sospirò Jigen "Tu vuoi rubare un oggetto...che ti dici chi sarà la persona che ti ucciderà?" Si portò l'indice ed il pollice alla base del naso "Ti rendi conto di quanto sia stupido!?"
Lupin sorrise "Ecco perché voglio rubarla" disse "I ladri, i malviventi, è difficile che muoiano per cause naturali, tanto vale essere preparati"
Jigen era sempre più sorpreso "Mi auguro che tu stia scherzando"
"Sei sempre scettico" disse Lupin, alzandosi per pagare il conto e poi uscendo fino alla macchina.
"E se non funziona?" Domandò ancora Jigen "Se non ti dice nessun nome?"
"Allora vorrà dire che non mi ucciderà nessuno" ammiccò "Sarò immortale"
"Sbruffone" Jigen si accese la sigaretta e poi sali in macchina e ripartirono.
"Il Giappone...l'ultimo posto in cui volevo tornare" sbuffò "Lo detesto" aggiunse in un borbottio.
"Beh, io no" commentò Lupin serio "È stata tutta una tua decisione, se ben ricordo, io ho scoperto tutto a fatto avvenuto"
Jigen sbuffò di nuovo e si mise a guardare fuori dal finestrino.
Non dimenticherà mai quella dannata notte di sei anni prima.
Era stata la decisione più dura e stupida della sua vita, ma si era ripromesso di non tornare mai più sui suoi passi per non creare altre delusioni.
Ma non passava giorno in cui non si malediceva e si pentiva per quello che aveva fatto...per aver abbandonato Anika.

L’esperienza in quella foresta maledetta gli aveva fatto capire quanto stupido fosse stato.

Aveva privato una bambina della sua infanzia e della sua adolescenza.

Si era innamorato di lei ma non le aveva mai mostrato veramente l’affetto che meritava ed infine, dopo aver visto che tutti la volevano e che lei non si sentiva adeguata in mezzo a loro, l’aveva sedata e abbandonata.

Aveva sempre sperato che Zenigata se ne fosse preso cura o, almeno, l’avesse indirizzata verso prospettive migliori.

Jigen non poteva più darle nulla, né un futuro e nemmeno l’amore che essa desiderava.

La amava ancora e non riusciva a smettere di farlo, ma nonostante questo, se avesse potuto tornare indietro lo avrebbe rifatto.

Gli era già capitato, non poteva creare una stabilità con una donna.

La sua vita era troppo frenetica per poter creare famiglie o avere relazioni fisse.

Solitamente riusciva a parlare con loro, a capirle e lasciarsi con il sorriso, tenendo pur sempre conto che le relazioni che instaurava erano sempre con donne già impegnate.

Ma con Anika era diverso.

Lei non era una donna impegnata con lui che le faceva da amante.

Anika era sua e lo sarebbe rimasta, ed era proprio questo il problema.

Anika era una donna come tutte le altre, crescendo e andando avanti negli anni avrebbe desiderato una famiglia e...lui non poteva dargliela.

Non poteva rischiare che lei chiedesse qualcosa che Jigen non era pronto ad avere, un po’ per sua natura e un po’ perché non poteva dare a quelle creature un futuro normale.

Mandarli a scuola, dargli un istruzione.

Sarebbe finito a curarli come aveva fatto con Anika che, viste le continue fughe e spostamenti, aveva appreso tutto stando con lui e con Lupin.

Quest’ultimo non l’aveva mai perdonato per averla abbandonata e più volte aveva tentato di convincerlo a tornare sui suoi passi e rintracciare la ragazza.

Ma non era mai riuscito e a tutt’oggi non capiva il perché.

Anika era diventata totalmente irreperibile.

Era a causa di questo che avevano perso Goemon.

Il samurai era rimasto talmente sconvolto da questa notizia che aveva preferito andarsene piuttosto che vivere qualcuno capace di un gesto simile.

Da quel giorno non lo avevano più visto.

“Dove siamo diretti esattamente?” domandò Jigen, cercando di scacciare i suoi pensieri.

Lupin sorrise, pregustando già la riuscita del colpo

“Al Tokyo International Forum”

 

*****

 

Anika si stava rivestendo dopo aver pulito il palco del centro congressi assieme ad una sua collega.

Quella sera si sarebbe svolta un’asta e di mezzo c’era l’oggetto che Lupin aveva già dichiarato voler rubare.

Sapeva che amava mettersi in mostra, ma Anika non capiva il perché desiderasse tanto quella bilancia.

Aveva provato ad informarsi ma non aveva trovato molto.

Era Lupin che riusciva ad informarsi sempre di tutto e lei aveva quella vasta conoscenza solo grazie a lui.

Da sola non era in grado di fare molto e, di fatti, la sua ricerca si era bloccata dopo aver scoperto che la bilancia era collegata ad Ade, il Dio greco della morte.

Non aveva voluto nemmeno approfondire l’argomento.

Lei non era più parte della banda di Lupin e Zenigata non era più a capo della squadra speciale dell’Interpol.

Era diventata una cittadina semplice e con una vita normale, aveva una famiglia e non poteva desiderare nient’altro.

Ma allora perché sentiva lo stomaco chiudersi ed un nodo ala gola ogni volta che pensava a Lupin?

Forse perché lui, Jigen e Goemon sono stati la sua famiglia e lei non aveva digerito quell’abbandono da parte di Jigen.

L’uomo che amava l’aveva lasciata sedata in una stanza e non si era più fatto trovare.

Per ripicca aveva smesso di cercarlo e aveva fatto in modo di non essere più contattata.

Se non fosse stato per Zenigata, chissà dove poteva essere a quest’ora.

Probabilmente starebbe ancora facendo la ladra e, forse, non avrebbe nemmeno Yuki.

Anche se non era granché espansivo, Zenigata si era rivelato totalmente diverso dal classico poliziotto burbero e con il pallino degli arresti.

Nonostante Anika avesse provato a dissuaderlo in ogni maniera, lui aveva deciso di accettare un posto d’ufficio all’interno dell’Interpol e tutto pur di avere abbastanza tempo libero da dedicare a lei.

Anche se non amava quel lavoro, Zenigata aveva confessato di non essersi mai pentito di quella scelta in quanto gli aveva permesso di poter essere presente alla nascita di suoi figlio e in quegli anni di crescita.

Anika non lo avrebbe mai ringraziato abbastanza.

Una volta pronta uscì dal centro e, di istinto, si guardò attorno alla ricerca di qualcuno dall’aria sospetta.

Era stupido, ma sperava ancora di vedere Lupin e gli altri comparire davanti ai suoi occhi...anche travestiti e sarebbe stata sicura di riconoscerli.

Non vedendo nulla di sospetto, si affrettò a raggiungere l’asilo di Yuki per portarlo a casa.

Ovviamente, appena Yuki vide la sua mamma, gli saltò letteralmente in braccio e subito riuscì a strappargli la promessa di un gelato entro breve.

Una promessa che Anika manteneva sempre con estremo piacere.

Ma quella piccola gioia non sarebbe durata a lungo.

Il suo telefono cellulare squillò.

“E’ papà?” domandò Yuki ed Anika annuì, passando al piccolo il telefono.

“Ciao papà!” esclamò a gran voce, poi sgranò gli occhi “Si te la passo” e ridiede il telefono alla mamma, mentre tornava a mangiare il suo buonissimo gelato al cioccolato.

“Ciao, dimmi” rispose Anika con un sorriso, ma nessuno parlò dall’altra parte.

Questo la fece preoccupare “Koichi…?”

 

Riprendo il caso Lupin”

 

Il sorriso si spense e Anika sentì il suo cuore saltare un battito

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ed eccomi qua di nuovo!

Qui inizia un po’ di azione, spero che vi piaccia.

Buona lettura

 

 

Nascosti nel vicolo più ombroso della città, non tanto distanti dal centro congressi, Lupin e Jigen stavano scansionando l’interno dell’edificio dopo aver hackerato il sistema delle telecamere.

Erano passati anni dall’ultimo colpo e Jigen si sentiva parecchio arrugginito, soprattutto fisicamente.

Un po’ dovuto all’età, un po’ dovuto al fatto che fino a quel momento si erano limitati a piccoli furti in gioiellerie e simili, quel tanto che bastava per sbarcare il lunario.

Anche se Lupin aveva premeditato il colpo, solo in quel momento si stavano decidendo a fare i sopralluoghi.

Nonostante le lamentele di Jigen, che odiava fare tutto all’ultimo minuto, Lupin aveva insistito affinché usassero questo metodo perché diceva che così il cervello avrebbe caricato meglio.

“Per me stiamo facendo una grande stupidata” brontolò Jigen, finendo la scansione dei condotti di areazione “E comunque non mi piace l’idea che una bilancia mi dica chi sarà colui che mi ucciderà”

Lupin sbuffò “Quanto la fai lunga” disse, mentre si tirava su la zip della muta nera “Non è detto che esca un nome, in quel caso significa che la tua morte avverrà per cause naturali o vecchiaia”

Jigen rabbrividì.

Non era abituato davvero a trattare l’argomento della morte in quanto si considerava ancora abbastanza abile da riuscire a sfuggirle.

La maggioranza delle cicatrici che aveva sul suo corpo ne erano la prova.

Cercò di cambiare argomento “Ehi, dico, non vorrai attraversare la strada vestito in quel modo!” disse il pistolero, notando la muta nera di Lupin “Non ti sei preso il travestimento?”

“Non essere sciocco, Jigen, è ovvio che sono attrezzato” Lupin mostrò una divisa da poliziotto.

“Bah” Jigen si mise in macchina con il piccolo computer portatile “Secondo me facciamo una cavolata”

Lupin lo ignorò e si mise il cappello da poliziotto in testa “Fammi gli auguri” detto questo si immise nel traffico cittadino.

Il suo compito era entrare e fare in modo che la bilancia fosse a sua esclusiva portata.

Jigen, rimasto solo, sentiva che quel colpo sarebbe stato il peggiore della loro esistenza e che qualcosa, a breve, sarebbe accaduta.

 

*****

 

“Non puoi farlo!” fu l’esclamazione di Anika, chiusa nell’ufficio di Zenigata “Non puoi riprendere il caso Lupin!”

“Devo farlo” rispose lui “Sono l’unico che lo conosce bene e sono l’unico con l’attrezzatura giusta per catturarlo”

Anika si portò le mani alla testa “Sai benissimo che lo conosco meglio di te e sai anche che tanto ti sfuggirà” Zenigata le lanciò un’occhiataccia ma lei proseguì “Io ti sosterrò ad ogni tua decisione, lo sai, ma abbiamo un figlio…” indicò Yuki, che stava nella sala d’attesa insieme a Yata il collega di Zenigata “...Pensa a lui”

Zenigata si sentì colpito nel segno, ma ormai aveva deciso e il suo capo aveva dato l’ok alla riassegnazione del caso “Io ci penso a nostro figlio” disse.

“Allora ti prego” ribatté lei “Ti prego, Koichi, non farlo” lo implorò “Sono anni che non segui questo caso e ho paura che non finirà bene”

Zenigata, per quanto la amasse e per quanto capisse il suo punto di vista, si sentiva come se lo avesse offeso.

Certo, erano anni che non seguiva quel caso e non partecipava all’azione vera e propria, così come Lupin non eseguiva più colpi.

Era arrugginito e, probabilmente, anche Lupin e compagnia lo erano.

Sarebbe stato uno scontro ad armi pari, volendo vedere, con la differenza che lui aveva un motivo in più per battersi.

Aveva suo figlio Yuki e aveva Anika.

Entrambi si erano ripromessi di non permettere a Lupin e la sua banda di invadere la loro stabilità, la stessa stabilità che adesso aveva iniziato a vacillare.

Il capo di Zenigata era stato chiaro, solo lui poteva prendere questo caso in mano e l’ispettore non si era di certo tirato indietro.

Zenigata stava venendo meno ad una promessa per via di un ordine ricevuto.

Avrebbe potuto rifiutarlo, è vero, Yata era più che in grado da solo e non serviva anche lui.

Ma il solo fatto che Lupin, anche senza saperlo, aveva fatto scattare in Anika i ricordi del passato non gli andava giù.

Lupin non poteva stare lì, non poteva tornare a fare un colpo dopo anni e pretendere di farlo tranquillamente.

“Koichi…”

“Ma non lo capisci che lo sto facendo anche per te!?” esclamò con troppa foga Zenigata, facendo sgranare gli occhi ad Anika, che mai prima di quel momento lo aveva visto così arrabbiato “Io lo sto facendo per proteggerti e per proteggere nostro figlio!” proseguì “Se non approvi i miei metodi significa che non ti interessa nulla di Yuki!”

Anika ndietreggiò di un passo, raggiungendo la porta.

I suoi occhi erano colmi di lacrime che cercava di reprimere in ogni modo.

“Come osi dire che non mi importa di Yuki?”mormorò appena lei, mentre Zenigata si accorse di aver esagerato.

Cercando di non mettersi a piangere e non fare alcun tipo di scenata, Anika prese la borsa che aveva appoggiato sulla sedia all’entrata, poi aprì la porta ed uscì senza aggiungere altro.

Zenigata tentò di fermarla, ma non ci riuscì.

La vide fare un cenno a Yata e prendere Yuki, che si voltò a salutarlo tutto contento, per poi andarsene.

Strinse i pungi e cercò di reprimere la rabbia.

Poi si mise l’impermeabile, prese la pistola di ordinanza, le manette e poi uscì, seguito da Yata

“Ispettore, qualcosa non va?” domandò, vedendo lo sguardo dell’uomo

“Ma insomma, ancora non hai imparato a non fare domande del genere ad un tuo superiore?!”

Yata sobbalzò e si mise sull’attenti, fingendo di non aver mai aperto bocca

 

*****

 

“Allora, sei arrivato?” domandò per la milionesima volta Jigen, stufo di dover aspettare.

Che impazienza, caro Jigen” disse Lupin attraverso l’auricolare “Non ti piace più il brivido dell’avventura?”

“Ho scelto questo lavoro per stare tranquillo, tu me lo stai avvelenando” ribatté Jigen.

Lupin ridacchiò mentre, nel frattempo, riuscì a raggiungere assieme ad altri due poliziotti la stanza dove vi era chiusi gli oggetti dell’asta.

Era riuscito a mettere KO il poveretto al quale aveva rubato l’identità e che era uno addetto alla sorveglianza della bilancia, oggetto dal valore più alto proprio a causa della leggenda tramandata.

Aveva saputo che sarebbe stata sorvegliata a turno, prima lui, poi gli altri.

Dopo aver ricevuto gli ordini dal superiore, Lupin prese il suo posto accanto alla bilancia e venne chiuso dentro la stanza/caveau.

Appena sicuro di essere solo, il suo piano poteva finalmente essere messo in atto.

“Jigen, sono dentro”

Il piano era semplice.

Jigen, sfruttando la telecamera all’interno della stanza alle spalle di Lupin, avrebbe creato una registrazione che poi avrebbe mandato in loop.

Una volta effettuato questo passaggio, Lupin avrebbe sfruttato il condotto di areazione della stanza per fuggire, portando con sé la bilancia.

Jigen, dentro la macchina, digitava velocemente i tasti del piccolo pc e cercava di stare attento a non sbagliare nulla.

Continuava a pensare che stavano commettendo un grave errore, ma non riusciva a capire il perché.

L’unica cosa che sapeva è che il piano elaborato e troppo semplice e, come ben si sa, le cose troppo semplici non sempre sono la via più corretta.

Quando la registrazione fu finalmente pronta, Jigen la mandò in loop sfruttando il circuito chiuso delle telecamere.

“Ho fatto”

“Bene” disse Lupin, togliendosi il travestimento “Iniziano le danze”

Nel giro di poco aprì la grata del condotto di areazione, che era grande a sufficienza da permettergli di passare insieme alla bilancia.

Nonostante fosse in ottone, era comunque abbastanza leggera da essere trasportata.

Una volta nel condotto, iniziò a seguire il percorso fino all’uscita prestabilita.

Essa, si trovava sul retro dell’edificio ed era anche l’unica non sorvegliata da telecamere e/o guardie.

Lupin, la cosa non mi piace” disse Jigen attraverso l’auricolare “Nessuno si sta muovendo

“Abbi fiducia, Jigen” rispose velocemente Lupin, girando a sinistra del condotto.

Lupin l’aveva studiata bene.

Sapeva che tutti si sarebbe mobilitati per proteggere la bilancia e sapeva che la carta era stata ricevuta dall’interessato.

Ciò che nessuno si aspettava era il quando Lupin avrebbe agito.

Tutti si aspettavano il colpo quella stessa sera, invece lui li aveva fregati tutti e stava agendo durante il giorno.

Ok, era pomeriggio inoltrato, ma pur sempre giorno.

Jigen aveva controllato, tramite le telecamere, che erano aumentate le guardie e questo non gli piacque.

Riconobbe le divise dell’Interpol e, cosa che gli piacque anche meno, riconobbe Lui.

“Lupin, è Zenigata!”.

Lupin sorrise “Ma guarda, c’è anche paparino” disse “Devo essergli mancato parecchio per essere uscito fuori dal suo ufficio solo per me”

Svoltò di nuovo ed infine si ritrovò non tanto distante dall’uscita.

Fece per aprire la grata del condotto, ma la sua attenzione fu richiamata da alcuni suoni provenienti dai corridoi del centro congressi.

Attenzione!”

Che è successo!?”

Un uomo legato!”

Lupin è qui!”

Qualcuno doveva aver trovato il poveretto che Lupin aveva messo KO per la divisa.

“Sono stato scoperto” commentò Lupin, sempre sorridendo.

Lo immaginava già, ma non gli importava.

Lui voleva il brivido dell’avventura e quando succedevano gli imprevisti era sempre divertente.

“Lupin, non vedo più Zenigata” udì il ladro dall’auricolare, ma non ci badò più di tanto.

Aprì velocemente la grata e uscì dal condotto, ritrovandosi sul retro dell’edificio.

Tutti si stavano muovendo per trovarlo e alla fine li sentì.

E’ passato da lì!” segno che avevano capito il suo piano.

“LUPIIIIN!” Esclamò l’inconfondibile voce di Zenigata.

Lupin assunse un aria sognante “Oh, quanto mi era mancato” si voltò verso l’angolo dell’edificio da cui il vecchio ispettore era spuntato “Ehi, Zazà, ben ritrovato” disse “Non sei invecchiato di un giorno”

“Lupin! Sei in arresto!”

Lupin alzò le spalle “Scusami, Zazà, anche se è tanto che non ci vediamo non posso restare a chiacchierare” alzò il braccio e fece partire il piccolo gancio dall’orologio, che gli permise di salire sul tetto dell’edificio a fianco “Scusa, vecchio mio, ci vediamo!”
“Lupiiiin, fermati!” esclamò, ordinando ai poliziotti al seguito di dividersi e inseguirlo.

Lupin, una volta atterrato con eleganza sul tetto dell’edificio, iniziò la sua fuga verso l’auto.

I poliziotti erano tutti sui marciapiedi e solo pochi avevano avuto la prontezza di salire sui tetti per stargli dietro.

Lupin, dal canto suo, non li considerava nemmeno.

Per lui era come se stessero giocando ad acchiapparella, ma era ovvio sin dall’inizio chi sarebbe stato il vincitore.

Durante la sua fuga aveva persino incrociato una bella biondina su un balcone che stava prendendo il sole.

Provò a sorriderle, ma ottenne uno schiaffo in pieno volto.

Però, ammise che ne era valsa tutta la pena.

Raggiunto l’edificio vicino all’auto, che Jigen aveva ben mimetizzato per non essere scoperto, Lupin poté tirare un piccolo sospiro di sollievo e, assicuratosi che la bilancia non fosse rovinata, tornò con i piedi a terra.

Zenigata e i suoi erano in mezzo alla strada, che osservavano i tetti e le auto che passavano, speranzosi di beccarlo e catturarlo.

“Povero paparino, non imparerà mai” commentò

Lupin?” era Jigen dall’auricolare “Lupin, tutto a posto? Dove sei?”

“Ehi, ehi, Jigenuccio”

Qui è pieno di poliziotti”

“Lo so” rispose Lupin “Tu resta lì, io sto arrivando”

Legò la bilancia e se la mise a tracolla, per poi voltarsi con l’intenzione di fare il giro lungo per raggiungere la macchina senza essere visto.

Come tutti ben sapevano, un ladro doveva essere sempre pronto agli imprevisti del mestiere ma, per qualche oscura ragione, l’imprevisto che stava per capitare a Lupin era l’unico che non aveva immaginato.

Non riuscì a fare neanche un passo che davanti a lui vi era una persona che Lupin non credeva di poter vedere.

Non lì e non in quella circostanza.

Sgranò gli occhi e spalancò la bocca, sentendo il suo cuore mancare un battito.

Stessa cosa accadde a chi lo aveva incrociato.

“A-Anika…”

Anika sentiva che le sue paure erano aumentate e cominciò a tremare.

Era andata via dall’ufficio di Zenigata sentendo dentro di sé un’ansia tale che voleva solo prendere e sprofondare nelle profondità della terra.

Per smaltire quella brutta sensazione, aveva deciso di restare in giro per la città, all’aria aperta, insieme a Yuki per distrarsi.

Alla fine, dopo mille ripensamenti ed esitazioni, era giunta alla conclusione che doveva assolutamente parlare con Zenigata, scusarsi con lui e dirgli che qualunque cosa lui avesse fatto, lei non avrebbe smesso di amarlo e non avrebbe smesso di sostenerlo.

Voleva raggiungerlo al centro congressi, era sicura di trovarlo lì e poi, come tutti, era convinta che Lupin non avrebbe agito prima di quella sera e che non vi era rischio di incontrarlo.

Ma si sbagliava, eccome se si sbagliava.

“L-Lupin”

Lui avrebbe voluto sorriderle, ma era talmente sorpreso di vederla che non riusciva a cambiare espressione.
“T-tu…” poi volse lo sguardo verso Yuki, rimanendo ancora più sbalordito “L-lui…”

Anika prese Yuki in braccio, che subito si strinse alla madre e divenne timido.

“Lui è mio figlio” disse Anika “Yuki”

Lupin scosse la testa e cercò di assumere uno sguardo più umano “Yuki” disse “Ma lo sai che hai un bellissimo nome?”

Yuki lo guardò

“Ehilà!” ed ecco il sorriso giocoso di Lupin, un sorriso che ad Anika era mancato tanto ma a cui non voleva dare la soddisfazione “Io sono Lupin III, al tuo servizio!”

Yuki guardò Anika, cercando la sua approvazione per poter parlare.

Quando la ottenne, tornò a guardare il ladro “Buongiorno, signore”

Lupin si sentì spiazzato.

Signore? Perché signore? Anika non gli aveva detto chi era?

Ricacciò indietro questi pensieri quasi subito, era ovvio che Anika non le avesse detto chi era lui.

Dopo quel fatidico giorno nessuno di loro poteva pretendere nulla da lei.

Lupin fece per parlare, ma venne interrotto da una voce ben famigliare fuori dal vicolo.
“LUPIIIIIIN!”

Lupin si mise pronto a correre e Anika sentì che stava per succedere qualcosa di brutto.

“Lupin! Sei in arresto!” esclamò Zenigata.

Poi si accorse che non era da solo.

“A-Anika?” non poteva credere ai suoi occhi.

Yuki si era spaventato e stava attaccato al collo della madre con gli occhi chiusi.

Anche lei sembrava spaventata.

Nel vedere la sua famiglia in quello stato, Zenigata sentì una rabbia tale ribollire dentro di sé che mai aveva sentito prima.

Una rabbia che né Lupin, né Anika avevano mai visto in lui.

“Lupin…” Zenigata cercò di respirare, ma non riusciva a fare neanche quello “Lupin...sei IN ARRESTOOOOOOO!”

Con un balzo felino, Lupin riuscì ad evitare le manette allungabili dell’ispettore e, una volta tornato con i piedi per terra, prese Anika per un braccio.

“Corri!” ordinò e la trascinò con sé.

Non sapendo cosa fare e presa dal panico, Anika obbedì e lo seguì fuori dal vicolo, sempre tenendo Yuki in braccio.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Ed ecco a voi il 4° capitolo.

Vi auguro buona lettura

 

 

Anika si stava muovendo ad inerzia.

Non sapeva realmente il motivo per cui stava fuggendo dalla polizia e nemmeno il perché avesse deciso di dare retta a Lupin e andargli dietro.

Stava di fatto che il ladro la stava tenendo per il braccio, come a volerla aiutare nella corsa.

Lupin non sapeva che lei non era davvero intenzionata a scappare, che non voleva più vederlo e nemmeno averci nulla a che fare.

Ma, per dare il buon esempio a Yuki, si era comunque fermata e lo aveva salutato presentandogli suo figlio.

Lei voleva solo fare buon viso al cattivo gioco, voleva solo mostrarsi superiore e questo nonostante covasse del rancore nei confronti di tutta la sua famiglia, soprattutto Jigen,

Se c’era Lupin c’era anche lui.

Ciò di cui si stava pentendo, in quel momento, era quella di essersi mostrata accondiscendente e di aver presentato Yuki a Lupin.

Lupin aveva un enorme potere sulle persone, chiunque lo incrociava si sarebbe ricordato di lui e viceversa.

Anika, mostrando Yuki come suo figlio, aveva dato a Lupin un potere così grande che non avrebbe mai potuto togliere.

Quando raggiunsero l’auto, Lupin la fece entrare.

“Ma quanto ci hai messo?” sbottò Jigen “Lo sai che ora...”si bloccò di colpo, non aveva notato che Lupin non era solo.

Quando si accorse di Anika, quasi gli andava la sigaretta in gola.

Aveva sperato con tutto se stesso di non vederla e si era aggrappato al pensiero che, probabilmente, si trovava in qualche paesino distante dalla città.

Non riuscì a spiccicare parola e nemmeno a muoversi, specie dopo aver visto che Anika non era da sola.

Quest’ultima non parlò, i suoi occhi iniziarono a luccicare e si ritrovò costretta a volgere lo sguardo altrove per non darlo a vedere.

“Muoviti, Jigen!” esclamò Lupin “Ne parliamo dopo!”

Jigen fu come ridestato e, senza troppi convenevoli, mise in moto e sgommò partendo a gran velocità.

Alle loro spalle, i poliziotti iniziarono l’inseguimento e, come in passato, Zenigata era il primo.

“Accidenti, paparino si è agguerrito in questi anni” commentò Lupin, mentre Jigen scalò la marcia e si infilò in derapata in una via, che conduceva verso i confini della città.

Vista la situazione, Anika si affrettò ad allacciare la cintura a Yuki che, non essendo abituato a cose simili, da una parte ne era spaventato mentre dall’altra era quasi divertito.

Con la velocità raggiunta, raggiunsero l’esterno della città molto velocemente e, cosa alquanto strana, Zenigata non li aveva seguiti oltre.

Purtroppo per lui, aveva ricevuto ordine di restare entro i confini della città.

Questo fu un colpo per Zenigata, che tutto aveva tranne che la voglia di obbedire ad un ordine di quella portata.

Ma che scelta aveva?

Quando la macchina inchiodò, Zenigata si sporse dal finestrino.

Tutto ciò che riuscì a vedere, prima che l’auto fosse lontana, fu Anika che lo guardava implorante dal lunotto posteriore.

Strinse i pugni “LUPIIIIIIIN!”

 

*****

 

Al primo spiazzo che trovarono appena fuori dalla città, Jigen accostò e tutti poterono riprender fiato e smaltire l’adrenalina del momento.

Lupin, dopo essere sceso dalla macchina, si sgranchì le gambe e le braccia.

“Aah!” disse “Dopo anni di inattività, direi che non è stato poi così male, vero Jigen?” si voltò verso il suo compare, ma si accorse che non era stato minimamente ascoltato.

Jigen era troppo intento ad osservare Anika, a notare i suoi cambiamenti e...persino a fare i conti su Yuki.

Nonostante si vedesse che era un bambino molto piccolo, per un attimo Jigen aveva creduto che fosse frutto di quell’unica notte passata con lei.

Una volta eliminato quel pensiero, la sua mente venne occupata da lei...da Anika.

Si era pentito e sperava di non dover provare nessun sentimento peggiore del senso di colpa, invece il destino aveva ben altro in mente per lui.

Il rimorso era ancora più superiore del peggio che si aspettava.

Anika teneva sempre lo sguardo basso, non voleva vederlo e nemmeno averci nulla a che fare.

Per quanto, da una parte, desiderasse vederlo, dall’altra voleva solo tornare alla sua vita e fingere che nulla di tutto quello fosse mai accaduto.

Jigen era stato praticamente cancellato dalla sua mente per tutto quel tempo ed ora, senza preavviso, aveva deciso di tornare a galla e tutto perché Lupin voleva fare un colpo.

Perchè proprio ora? Perché proprio lì?

E Zenigata? Che cosa stava pensando di lei?

Era sicuro che la stesse categorizzando come traditrice, fuggitiva, ladra.

Era sicuramente furioso e lei non poteva fare nulla per dimostrare la sua innocenza, che non sapeva nulla di quanto era successo.

E se avesse pensato che Anika era coinvolta?

Doveva fare qualcosa.

Tutto ciò che riuscì a pensare fu di frugare nella borsa alla ricerca del cellulare, ma nel cercare si accorse che il cellulare non c’era.

Volse subito lo sguardo verso Lupin e lo vide che lo agitava lentamente nella mano.

“Ridammelo!” esclamò, cercando di recuperarlo e dando sfogo alle sue abilità di combattimento.

Stava agendo con rabbia, ma era comunque ovvio che Lupin avesse la meglio.

“Mi spiace, Anika” disse lui, quando la ragazza si fermò “Ma non posso rischiare” se lo mise in tasca.

“Mi stai dando della spia!?” domandò scandalizzata Anika.

“E’ solo per precauzione” disse.

Anika non sapeva cosa dire, a parte un sacco di parole irripetibili.

Fece dei respiri profondi, mettendosi ad osservare il cielo.

Era il tramonto, a breve sarebbe stato buio.

“Riportami in città” disse “Fingerò di non averti visto e che nulla sia mai successo, ma ti prego riportami indietro”

Jigen guardò Lupin, come per dirgli fallo, fidati ma il ladro non sembrava intenzionato a sentire ragione.

Lupin era giunto a Tokyo solo per la bilancia, ma dopo aver visto Anika aveva avuto solo un pensiero: riaverla in famiglia.

Rivoleva Anika nella banda, perché non aveva mai smesso di pensare a lei.

Era sua nipote, anche se acquisita e poi ben sapeva che nessuno di loro si era mai scordato del legame che li univa.

I bei tempi passati, le risate e persino i problemi di cuore che erano sorti durante la loro ultima avventura insieme.

Lupin non aveva mai avuto una famiglia normale e quando Anika era entrata nelle loro vite era felice di potersi finalmente prendere cura di qualcuno come se fosse sangue del suo sangue.

Si stava comportando da egoista, questo lo riconosceva, ma non voleva perdere di nuovo Anika ora che l’aveva trovata.

Non poteva tornare in città.

“Sali in macchina” disse “Ti porto altrove”

“Che cosa!?” fu la domanda in coro di Jigen ed Anika.

“Al momento non possiamo tornare in città, o Zazà tenterà di arrestarci tutti” disse Lupin “Sarò anche un ladro, ma non voglio che accada qualcosa alle persone che sono con me, specie se c’è di mezzo un bambino” aggiunse riferito a Yuki, che era ancora seduto in macchina che osservava in silenzio quello che stava succedendo fra i tre.

“Ne riparleremo domattina”

“Lupin, ma che ti salta in mente?” domandò Jigen.

“Sali in macchina” ordinò di nuovo Lupin e, alla fine, entrambi si ritrovarono costretti ad obbedire.

 

*****

 

“Ispettore, sono state bloccate tutte le strade che permettono l’accesso o l’uscita dalla città” disse Yata “Se Lupin dovesse tornare lo prenderemo”

Zenigata annuì appena e lasciò che Yata desse gli ultimi ordini al resto dei poliziotti, sui turni di guardia e di postazione.

Nella sua mente riviveva la scena di Anika che veniva trascinata via da Lupin insieme a suo figlio.

Perché? Perché seguirlo?

E perché non si era ancora fatta viva?

Forse non lo voleva più, forse voleva andarsene ed aveva approfittato che Lupin era in zona.

Oppure…

Sgranò gli occhi.

Anika gli aveva portato a casa una carta da gioco di Lupin in cui egli dichiarava di voler commettere un furto, poi aveva cercato di dissuaderlo dal riprendere il comando della squadra speciale ed il caso Lupin III ed infine era fuggita con lui proprio dopo il colpo al centro congressi.

Sentì gli occhi inumidirsi, ma cercò di ricacciare indietro tutto quanto e scosse la testa.

No, non poteva essere vero, non poteva averlo tradito in quel modo.

Dopo tutto quello che avevano passato e che lui aveva fatto per lei, come poteva tradirlo?

E Yuki? Perché aveva coinvolto anche il loro bambino?

Che cosa aveva sbagliato con lei?

Quante domande affollavano la sua mente, mentre il suo sguardo era volto verso il cielo il cui tramonto era ormai in dirittura di arrivo.

Sarebbe rimasto tutta la notte a sorvegliare le strade, mentre il suo corpo stanco si rassegnava al fatto che non avrebbe più rivisto Anika e suo figlio.

 

*****

 

L’unica soluzione trovata per ripararsi dal freddo della notte, era una vecchia cascina abbandonata nel mezzo della campagna.

Anika non aveva problemi ad adattarsi, ma aveva paura per Yuki.

Il piccolo, a discapito di ogni sua previsione, sembrava essersi adattato alla perfezione e si lasciava guidare da Lupin e le sue storie.

Gli avevano dato da mangiare e cercavano di far finta di nulla sulle tensioni create.

Quella sera, sul presto, Yuki era crollato dal sonno.

Dopo tutte quelle emozioni era quasi scontato che succedesse.

Una volta sicura che non si svegliasse, Anika uscì dalla casa e si assicurò che Yuki fosse ben visibile dalla finestra.

Lupin era dentro e, anche se era arrabbiata pure con lui, si fidava a lasciare il piccolo alle sue cure.

Fece un profondo respiro e cercò di calmare l’adrenalina ancora in circolo e che la faceva tremare.

“E’ meglio se rientri” disse Jigen alle sue spalle, facendola sobbalzare.

“Sto bene qui” rispose lei tagliente.

Jigen rimase impassibile e fece un tiro della sigaretta per poi buttare fuori il fumo.

“Quanti anni ha” domandò lui, cercando una scusa per provare a parlare.

Si era reso conto che il silenzio non era la giusta arma e che più sarebbero andati avanti e peggio sarebbe stato.

Sarebbero finiti con l’esplodere e dirsi parole che non avrebbero potuto ritirare una volta emesse.

Sapeva anche che Anika avrebbe comunque fatto muro e non c’erano esperienze da papà che tenevano in quel caso.

E, di fatti, la risposta fu la seguente.
“Che ti importa?”

Jigen fece un altro tiro e poi la gettò.

“Cercavo di essere gentile” disse Jigen “Domandare è lecito, rispondere è cortesia, mi pare di avertelo insegnato”

Anika sbuffò “Tre anni” rispose.

Era più piccolo di quello che aveva pensato, lo fregava l’altezza.

“Spero che il padre sia un uomo a posto” commentò il pistolero.

“Lo è molto più di te” sentenziò Anika e quando Jigen fece per parlare lei lo bloccò subito, sfogando su di lui tutta la rabbia repressa in sei anni “Con quale coraggio mi hai abbandonata!?” sbottò “Io mi fidavo di te e tu invece mi hai abbandonata!”

“Ho dovuto farlo”

“E con quale motivo!?” domandò di nuovo lei “E non dirmi che era perché avevi paura a spingerti troppo oltre, perché con me non attacca”

“Che futuro ti potevo dare?” domandò Jigen, con tono piatto come se non gli stesse importando di quella conversazione.

Una conversazione che, invece, lo stava distruggendo.

Ad ogni parola di Anika corrispondeva una crepa nel suo vecchio e stanco cuore.

“Che razza di scusa è!?” Anika non sapeva più cosa dire “Sei riuscito a crescermi e darmi una vita normale e poi ti fermi quando i tuoi sentimenti mutano!?” deglutì “Io ti amavo, Jigen!...io ti amavo e tu mi hai tradita”

“Quello che tu chiami tradimento, era il mio modo per aiutarti ad avere un futuro migliore” disse Jigen, voltandosi finalmente a guardarla negli occhi “Ti ho lasciata nelle mani dell’unica persona che ti avrebbe guidata fino alla maggiore età e devo dire che è riuscito nel suo compito” la guardò da cima a fondo “Sei diventata una donna e sei persino riuscita a trovare qualcuno che ti ama e ti ha dato un figlio, direi che Zenigata ha fatto quanto gli ho chiesto”

Anika strabuzzò gli occhi, Jigen non aveva capito che Yuki era figlio di Zenigata.

Questo era un bene, almeno così aveva campo libero.

“Hai mai pensato a quello che volevo io?” domandò lei “Hai mai pensato alle conseguenze delle tue azioni?”

“Sì e le conseguenze sono più belle di quanto pensassi” fu la risposta che spiazzò Anika.

Lei non aveva mai dimenticato Jigen, ma ci aveva messo una pietra sopra.

Se ami davvero una persona non la abbandoni in quel modo con una scusa simile.

Era come dire ti lascio perché ti amo troppo e lei non riusciva ad accettarlo.

Come aveva fatto, allora, Zenigata?

Con tutte le differenze che correvano fra i due, tutto si aspettava meno che amarlo.

E invece era successo.

Si sono voluti bene sin da subito e Yuki ne era la dimostrazione.

“Io non volevo nulla da te, Jigen” disse Anika “Volevo solo stare con te, ma tu hai preso questa decisione” si portò le mani alla testa “Ed io ti ho odiato..ti odiato con tutta me stessa e ti odio ancora per questo”

Jigen restò in silenzio, non poteva biasimarla.

“Ti prego, Jigen…” implorò Anika “Di’ qualcosa”

Jigen sospirò “Che nonostante tutto, io non ho smesso di amarti”

Anika sentì di nuovo le lacrime salire e tentare di sgorgare.

Se solo avesse potuto tornare indietro e cancellare quell’evento e quelle emozioni.

Così facendo non avrebbe avuto lo stomaco perennemente in subbuglio, non avrebbe odiato Jigen e...non avrebbe avuto Yuki e non avrebbe trovato qualcuno che la amava nonostante le sue origini.

Per quanto le mancasse la sua famiglia, non aveva intenzione di rinunciare alla stabilità che era riuscita a crearsi.

“Mi dispiace…” Anika fece un profondo respiro per provare a calmarsi “Mi dispiace, Jigen, ma io non riesco più a farlo” confessò “Non smetterò di volerti bene, ma amarti...non credo di riuscirci più”

Jigen annuì e, reagendo quasi istintivamente, fece un passo verso Anika e allungò la mano verso di lei.

Seppur titubante, Anika allungò la sua e strinse quella di Jigen.

Un piccolo sorriso solcò le labbra del pistolero, ma Anika fece molta fatica a ricambiarlo.

“Tuo figlio è splendido” disse “Ti assomiglia molto”

Anika annuì, grata che Yuki avesse molta somiglianza con lei invece che con Zenigata.

“L’uomo che ti ha trovata è fortunato” proseguì lui “Ma se osa farti del male, dovrà vedersela con noi”

“Grazie” mormorò Anika “Ma sono sicura che non lo farà...non intenzionalmente”

Questa era l’ennesima frecciatina che Anika lanciava a Jigen che, sempre in silenzio, incassò il colpo e lo accettò velocemente.

 

*****

 

All’interno della cascina, Lupin stava esaminando la bilancia con una lente di ingrandimento, cercando di capire come funzionava e se vi era un meccanismo particolare.

Aveva provato a scansionarla con uno strumento a raggi X e aveva persino provato a tastarla e aprirla.

Risultato?

Era una semplice bilancia in ottone, con due piattini del medesimo materiale e l’aspetto più che normale.

Decise di fare alcune prove, per verificare la veridicità della leggenda.

Per non rischiare di avere rivelazioni strane sin da subito, provò ad utilizzare nomi di persone già decedute.

Narrava la leggenda, che avrebbe funzionato anche in quel caso.

Doveva solo scrivere su un pezzo di carta, o quello che aveva a portata, il nome della persona di cui si interessa la morte.

Se nel piatto opposto appariva un nome significava che l’interessato sarebbe ucciso, altrimenti significa che le cause della sua morte saranno naturali.

Lupin provò con il nome di un sicario che tempo addietro gli aveva creato non pochi problemi e che, in quel momento, sapeva essere in prigione con la pena dell’ergastolo.

Non sapeva perché avesse scelto quel nome in particolare, probabilmente era solo il primo che gli era venuto in mente.

Scrisse il nome su un pezzo di carta, lo mise sulla bilancia ed il piattino lo assorbì, come faceva la terra di un vaso appena riceveva acqua.

Nel giro di un istante, sul piattino opposto il foglio ricomparve e sotto al nome del sicario, ne apparve un altro.

Non conosceva il nome uscito, ma capì che quell’uomo avrebbe ucciso il sicario scritto da Lupin.

La bilancia funzionava.

Fece altre prove, utilizzando anche nomi di persone che aveva conosciuto durante i suoi travestimenti e solo ad uno era apparso un nome, gli altri erano risultati vuoti e quindi la loro morte sarà per cause naturali o vecchiaia.

Essendo finalmente sicuro che la bilancia funzionava, Lupin venne pervaso dalla curiosità e decise di inserire il suo nome.

Esitò un attimo prima di farlo

Ogni leggenda, seppur con un fondo di verità, aveva sempre qualche falla e, di fatti, Lupin non aveva mai dato tanto peso a quelle storie.

Promettevano tesori e poi si scopriva che le ricchezze erano inesistenti o avevano altri significati.

In quel caso si trattava di una leggenda che aveva a che fare con la morte, un tema delicato e che tutti temevano.

Anche Lupin aveva paura della morte, era solo molto bravo a nasconderlo.

Più volte l’aveva vista in faccia e più volte voleva abbandonarsi ad essa e smettere di vivere come un latitante.

Però aveva troppe cose da fare e alla fine cedeva alla vita.

Scoprire chi sarebbe stato il suo esecutore, sempre se fosse apparso un nome, poteva essere considerato alla pari con la scoperta della data di morte.

Quella era l’unica cosa che mai avrebbe voluto sapere e, per ora, ancora non ne era a conoscenza e questo andava bene così.

Dopo aver valutato tutti i pro e i contro ed aver fatto un bel respiro, Lupin scrisse il suo nome e lo posò sul piattino.

Esso venne assorbito e, come per il sicario, riapparve dall’altra parte.

Si aspettava la riapparizione, dopo tutto un ladro era difficile che morisse per cause naturali.

Conoscere quel nome poteva stravolgere tutto.

Stava a Lupin decidere.

Leggere il nome ed evitare che questa persone riuscisse a farlo fuori...oppure leggere il nome e farlo fuori prima che egli faccia lo stesso con lui.

C’era anche la terza opzione, non leggerlo e fingere di non aver mai usato la bilancia.

Però, allo stesso tempo, la sua curiosità era tale da non farlo resistere.

Allungò la mano e prese il biglietto leggendo il nome.

I suoi occhi si spalancarono e stessa cosa accadde alla sua bocca.

Le sue mani tremarono ed il foglietto finì a terra, mentre lui a momenti cadde dalla sedia.

 

Arsenio Lupin III

Zenigata

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


SALVEEEE

Pubblico ora il capitolo (che era pronto già da parecchio) perché avevo promesso a Fiore del deserto che se non guariva non pubblicavo e così è stato!

La nostra amata scrittrice (nonché la mia vittima preferita) è di nuovo tornata fra noi ed io inauguro questo suo ritorno pubblicando il nuovo capitolo!

Ben tornata ragazza mia!

 

 

 

LA SERA PRIMA

 

Lupin osservava Yuki dormire ed un piccolo sorriso solcò le sue labbra.

Era felice di sapere la sua amata Anika sistemata e con un meraviglioso bambino tutto suo.

Anche se non c’erano legami di sangue fra i due, Lupin sentì un moto di orgoglio nel sapere che era diventato nuovamente zio e ridacchiò all’idea che il suo amico Jigen, invece, fosse diventato...nonno.

Non avrebbe infierito in merito...non ancora, per lo meno, ma si ripromise di farlo non appena avessero ufficialmente chiarito.

Anika era cambiata, era diventata più adulta e più seria.

Non sapeva se fosse merito della maternità oppure dell’abbandono subito a causa di quel fesso di Jigen, ma era certo che Anika era cresciuta ed era diventata ufficialmente una donna.

Lupin non poteva essere più fiero.

Avrebbe voluto poter esternare questa sua gioia, ma non era il caso di fare gli allegri con chi non desiderava farlo.

Anika non era pronta a chiarire davvero e lui non le avrebbe messo fretta, ma una cosa era certa: che Anika lo volesse o meno, Lupin avrebbe protetto lei e Yuki con tutte le sue forze.

Sospirò.

Yuki si mosse un poco, segno che era addormentato profondamente e stava sognando.

Gli sistemò bene la coperta e poi tornò a dedicarsi alla bilancia.

Era un bambino meraviglioso e più lo guardava più notava la somiglianza con Anika, specie negli occhi.

Ma aveva lineamenti molto marcati che continuavano ad attirare la sua attenzione.

Dove aveva già visto quei lineamenti?

 

*****

Zenigata era ancora al confine della città dal giorno prima.
Era rimasto immobile, fermo nella sua posizione da troppo tempo, senza preoccuparsi di dedicare dei momenti per sé stesso nemmeno per le esigenze più semplici.

Qualcuno avrebbe anche potuto sospettare che fosse caduto in una sorta di catalessi, ma un occhio più saggio può ben realizzare dal tenersi lontano ad una simile idea.
L’ispettore continuava a rimanere in una sorta di attesa: attendeva, infatti, che Lupin rispuntasse nel momento opportuno, com’era solito fare, per poi finalmente mettergli le manette ai polsi.

A lui e a tutta la sua banda.

Purtroppo, non era solo quest’angosciosa attesa ad attanagliarlo.
Il solo pensiero di Anika e di suo figlio insieme a quel ladro balordo, gli bruciava le viscere in una rabbia contorta, affacciandosi ad un istinto omicida nei confronti di quel maledetto Lupin.
Fino a quel momento, Zenigata era totalmente estraneo ad una simile sensazione, soprattutto nei confronti di Lupin, ma era anche la prima volta che nella sua vita fosse presente qualcuno per cui combattere e dare tutto sé stesso.
Nelle sue mani, strette a pugno, vi era una piccola fotografia che ritraeva Anika insieme a Yuki.
Stavano ridendo e stavano salutando.

Anche se era successo da poco il fatto e anche se la speranza di rivederli era ancora vivida in lui, dentro di sé si era già rassegnato che Anika lo aveva abbandonato non appena rivisto Lupin.

Aveva persino coinvolto Yuki, strappandolo all’affetto e all’amore che l’ispettore aveva per il bambino.
Una parte di lui, del suo cuore, pregava che fosse tutto falso e che Anika non l’avesse davvero abbandonato portandosi via Yuki, ma dall’altra era talmente convinto del contrario che si era dato del fallito per non essere stato l’uomo che Anika meritasse.

La differenza di età fra i due era troppa ed era praticamente ovvio che lei, prima o poi, se ne andasse.
Il suo cuore continuava a sussurrargli che Anika non sia mai stata il tipo di persona capace di abbandonarlo in quel modo, soprattutto non dopo quanto l’ispettore avesse fatto per lei.

Il dubbio, però, lo attanaglia come una feroce morsa.
Non andava dimenticato che quella donna, dapprima una ragazzina, era cresciuta con Lupin e la sua banda e, in un modo o nell’altro, il pericolo che combinasse un simile voltafaccia avrebbe dovuto essere più che prevedibile.
Più che con Anika – e, forse, con lo stesso Lupin – Zenigata era in forte collera con sé stesso. Quell’incresciosa circostanza si era materializzata unicamente per colpa sua, per essersi lasciato ingannare dalle belle emozioni, dal desiderio di mettere su famiglia e sull’illusione che tutto nella sua vita, almeno per una dannata volta, potessero andare bene.

“Ispettore…”

“Torna al tuo posto, Yata” ordinò Zenigata, ma con un tono sommesso.

Yata, questa volta, non si mosse “No, ispettore, io non vado al mio posto” questo costrinse Zenigata a guardarlo “Signore, siamo tutti esausti e molti di loro…” indicò i vari poliziotti appostati “...sono qui da ore” Zenigata non disse niente e per questo Yata si sentì in dovere di proseguire “Lei stesso mi ha insegnato che Lupin, dopo la fuga, non torna mai indietro a meno che non abbia lasciato qualcosa in sospeso e lei sa bene che non ha lasciato nulla”

Zenigata sospirò, dando mentalmente ragione a Yata.

Lupin torna indietro o resta solo se ha qualcosa in sospeso.

La bilancia era stata rubata e aveva persino preso Anika, era ovvio che non avesse nulla in sospeso...non lui per lo meno.

Ma l’ispettore aveva molte cose, invece, in sospeso con quel maledetto ladro e se gli fosse capitato fra le mani non avrebbe risposto delle sue azioni.

Però era vero, Yata aveva ragione.

“Hai ragione” ammise, sospirando nuovamente e guardando la foto che aveva fra le mani.

Yata si avvicinò di un passo.

Sapeva cosa passava per la testa del suo capo “Ispettore, stanno bene, ne sono sicuro” disse “Dopo tutto, Lupin e la sua banda sono suoi parenti, sono sicuro che non le faranno del male e non ne faranno al piccolo Yuki” sorrise appena, giusto per dare a Zenigata una speranza “Torneranno sani e salvi”

Zenigata sembrò ricambiare il sorriso, ma durò pochissimo.

Di colpo riassunse il suo solito aspetto burbero ed iniziò a sbraitare “Ehi, ma da quando ti impicci degli affari miei!?” sbottò muovendo appena, nonché finalmente, le gambe.

Essendo rimasto letteralmente fermo e immobile per ore, il primo movimento che fece gli costò una caduta a terra.

Yata subito lo soccorse “Ispettore” tentò di aiutarlo a rialzarsi, insieme ad un altro poliziotto che era lì vicino “Siete rimasto fermo troppo tempo, dovete distendervi”

Zenigata non ebbe la forza di replicare e si lasciò portare sulla volante più vicina.

Le gambe gli dolevano parecchio e fu costretto a seguire gli ordini di Yata.

Sarebbero andati alla centrale e da lì in poi avrebbero visto il da farsi.

Zenigata digrignò i denti, trattenendo tutte le parole che gli stavano venendo in mente nei confronti di Yata e dell’aiuto che voleva dargli.

Si sentiva stupido ed anche maleducato, Yata voleva solo aiutarlo e lui non faceva altro che prenderlo a pesci in faccia.

Era il suo orgoglio che lo faceva parlare, il suo essere padre...e innamorato.

Innamorato di una donna che lo aveva abbandonato e gli aveva portato via il figlio davanti agli occhi.

La colpa era di Lupin, sua e del suo dannato ritorno.

-Lupin, la pagherai cara per questo-

 

*****

 

Il giorno dopo, Anika era intenta ad osservare Yuki, che si stava divertendo a rotolare nell’erba e correre ovunque nella zona.

Jigen stava sistemando la macchina e con lui anche Lupin.

Non aveva ancora detto una parola e questo fece preoccupare ancora di più il pistolero che, stanco della tensione creatosi, decise di cavare fuori le parole all’amico.

“Ti do due secondo per dirmi cosa ti passa per la testa” disse Jigen.

“Nulla di cui tu debba preoccuparti” rispose Lupin, restando però serio.

Nessun tono scherzoso o ironico...questo non era da lui.

“Mi preoccupo eccome” ribatté Jigen “E ti conviene parlare velocemente”

“Accidenti, come sei insistente” sbuffò Lupin.

“Se non ci fosse di mezzo Anika...o suo figlio...forse non ti darei tante noie”

Lupin sbuffò di nuovo e, dopo aver chiuso il cofano della macchina, vi si sedette sopra e spiegò a Jigen cosa aveva scoperto.

Il pistolero rimase di stucco ed iniziò ad auto maledirsi per aver lasciato anni prima Anika nelle sue mani.

“C-cosa?” domandò “Z-Zazà?”

“E’ proprio questo il punto” sospirò Lupin “Non credo si tratti del buon vecchio ispettore”

“E quanti altri Zenigata conosci?” domandò sarcastico Jigen “Può essere solo lui”

“Può darsi” spiegò “Ma potrebbe anche essere un altro Zenigata”

“Tsk” jigen mise le mani in tasca “Non ne basta uno, adesso ne spunta fuori pure un altro”

Lupin aveva avuto la stessa reazione di Jigen e più ci pensava più non riusciva a trovare una risposta al perché Zenigata sarebbe stato il suo assassino.

Tra i due non c’era mai stato buon sangue, ma la loro rivalità era sempre stata contrastata dalla situazione del momento e, di fatti, più di una volta si erano alleati per risolvere i problemi.

Zenigata aveva sempre voluto arrestarlo, ma arrivare ad ucciderlo mai.

Forse era apparso il suo nome per sbaglio oppure, in alternativa, era apparso perché sarebbe potuto accadere che sparasse un colpo per qualcuno e per sbaglio avrebbe colpito lui.

Però non riesce a capire come.

Zenigata aveva una mira troppo precisa, quasi alla pari con la sua, non poteva farlo accidentalmente.

Eppure c’era un altro particolare che non quadrava e Lupin stava ancora cercando risposte in merito.

Quando appariva il nome dell’esecutore, solitamente appariva il nome completo.

Nel suo caso era apparso solo il cognome e questo lo aveva insospettito.

Avrebbe certamente trovato una risposta, prima o poi.

Sospirò, volse lo sguardo verso Anika.

Era stato un errore portarla via in quel modo, sicuramente il marito o ragazzo la stava cercando ed era preoccupato.

Era adulta, ormai, nessuno di loro poteva vantare diritti su di lei, nemmeno Jigen.

Ma era sicuro riportarla a casa?

Anika aveva subito un brutto colpo a causa di Jigen, come poteva essere sicuro che non facesse qualche volta faccia?

Scacciò immediatamente quel pensiero.

No, Anika non li avrebbe mai traditi e di questo ne era certo al cento per cento.

C’era solo una cosa di lei che non gli era chiara.

Come era possibile che, vista la situazione in cui si trovava, fosse così tranquilla?

Certo, era per dire “tranquilla” ma non sembrava intenzionata a scappare e il piccolo Yuki...non chiedeva del padre.

A quell’età qualunque bambino avrebbe chiesto del genitore mancante, ma lui no.

Che il ragazzo o marito di Anika fosse un poco di buono e lei vivesse praticamente da sola?

No, impossibile, era troppo preoccupata quando per essere una madre single.

C’era qualcosa sotto e sentiva che se avesse scoperto cosa fosse avrebbe trovato molte risposte ai suoi quesiti.

“Pronto?” Jigen lo ridestò dai suoi pensieri sventolando una mani davanti alla sua faccia “Terra chiama Lupin”

Lupin lo guardò come se nulla fosse successo “Forse mi è venuta in mente un’idea” Jigen lo guardò interrogativo e il ladro proseguì “Dimmi, Jigen, hai notato niente di strano?”

“A parte la tua faccia e il casino in cui siamo?” domandò sarcastico il pistolero “Non mi pare”

“Eppure qualcosa c’è” scese dalla macchina e si avvicinò lentamente verso Anika, che si voltò e lo osservava arrivare

Lui le rivolse un piccolo sorriso, ma Anika non riuscì a ricambiare.

“Ti posso parlare?” domandò gentilmente Lupin e la ragazza acconsentì “Riguarda Yuki”

Sentendo così, Anika avvertì un brivido percorrerle la schiena e richiamò il piccolo a sé.

“Mamma, guarda!” Yuki le corse subito incontro e le porse una piccola margherita appena colta “E’ per te” cinguettò allegro, facendola sorridere.

“E’ meravigliosa” Anika gli baciò la fronte “La conserverò gelosamente” la tenne fra le mani, avvicinandola al cuore “Yuki, andresti da Jigen un attimo? Io ti raggiungo subito”

Yuki annuì e andò saltellando verso Jigen che, seppur in modo impacciato, cercò di tenerlo buono.

Quando fu sicura che Yuki non era a portata di orecchio, tornò a rivolgersi a Lupin “Che cosa c’entra il mio bambino?”

“Ho riflettuto parecchio e credo che Yuki non debba restare con noi” disse “E’ troppo piccolo e la posta in gioco è molto alta”

“Che significa?” domandò Anika “Ci riporti a casa?”

Lupin scosse la testa “Solo Yuki”

“Cosa!?” Anika sgranò gli occhi “Scordatelo, sono sua madre, non ti permetterò di portarmelo via”

“Anika, calmati e rifletti” Lupin cercò di essere il più tranquillo possibile “Yuki lo riporto in città e lo affiderò immediatamente alle autorità che lo riporteranno a casa dal tuo ragazzo, da suo padre”

Anika scosse la testa “No!” esclamò “Il padre è...è sempre fuori e non credo che riusciranno a trovarlo”

“E’ per caso un poco di buono?” domandò “Un malvivente?...un ladro?”

“Cosa? No, assolutamente no!” Che razza di domanda era? “E perché non posso andare con lui? Yuki ha bisogno di me”

“Perché abbiamo bisogno di te” rispose Lupin “Ho bisogno di te per risolvere la questione della bilancia ed essendoci posta troppo alta in gioco, non voglio che Yuki corra dei rischi” e, prima che lei potesse aggiungere qualcosa, Lupin la avvolse in un abbraccio.

Un abbraccio caldo, confortevole e che tentava di comunicarle che sarebbe andato tutto bene.

“Non ho permesso che accadesse qualcosa a te quando eri piccola, non permetterò che accada a Yuki” poi sussurrò al suo orecchio “In fondo è anche il mio nipotino, no?”

Si staccò da lei, che era rimasta talmente scioccata da non riuscire a parlare e nemmeno a respirare.

Le lacrime iniziarono a sgorgare copiose lungo il suo volto, mentre Lupin tornava verso Jigen e Yuki.

Lo vide parlare con Yuki che, tutto felice e vedendo che la mamma non lo sgridava e non gli diceva nulla, subito acconsentì alla richiesta di Lupin e salirono entrambi in macchina.

“Lo affiderai a Zenigata?” domandò Jigen “E’ rischioso”

Anika, non appena udì quel nome, ebbe un mancamento “Zenigata…” Lupin, nel frattempo, era partito e si stava allontanando.

Se affidava Yuki a Zenigata, la sua bugia sarebbe saltata e Lupin avrebbe dovuto iniziare a scavarsi la fossa da solo.

Anika sapeva molto bene quanto Zenigata, a suo modo, tenesse a lei e a Yuki, sapeva che non avrebbe esitato ad uccidere per suo figlio.

Non voleva che Yuki assistesse a qualcosa del genere e nemmeno che Lupin finisse male a causa sua.

“No...No! Fermati!” provò a rincorrerlo “Lupjn, fermati!” inciampò e cadde a terra “NO! YUKI!”

Jigen le era andato dietro e l’aveva immediatamente soccorsa.

“Anika!”

“Jigen, fermalo!” implorò “Ti prego fermalo, non deve consegnare Yuki a...a Zenigata...ti prego, lo...lo uccideranno”

Jigen non capì il motivo.

Zenigata era un protettore della legge e degli innocenti e Yuki sarebbe stato al sicuro con un ispettore di polizia.

Perché aveva così poca fiducia?

Che avesse a che fare con la bilancia?

No, Anika non aveva idea di cosa era uscito dalla bilancia e se Lupin non glielo aveva ancora detto c’era di sicuro un motivo.

Allora perché?

“Jigen…” Anika si strinse a lui “Ti prego…” la voce era flebile, simile ad un sussurro “Ti prego…”
“Anika!” Jigen la sorresse appena in tempo, Anika perse i sensi.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Yuki si era rivelato un bambino straordinario.

Era davvero molto intelligente e più maturo rispetto ai bambini della sua età, pur conservando una fervida immaginazione.

Lupin aveva tentato per tutto il viaggio di estrapolare a suo modo le informazioni ma Yuki non sembrava cascarci.

Da una parte era deluso, ma dall’altra era molto colpito.

Anika aveva fatto davvero un ottimo lavoro e Lupin non poteva essere più orgoglioso di lei.

La sua amata nipotina aveva sempre spiccato per la sua intelligenza e Yuki era la sua copia esatta, sia di carattere che di intelligenza.

Vedere il piccolo Yuki era un salto indietro nel passato, quando Lupin e Anika erano soli e lei si avvinghiava al suo collo sorridendo e stringendolo forte a se.

Quei tempi erano passati, Anika era cresciuta e si era pian piano allontanata.

Lupin si maledisse, sapeva che la colpa era soltanto sua.

Se non li avesse coinvolti in quella dannata sfida, forse non sarebbero usciti certi segreti e forse Jigen non l’avrebbe abbandonata.

Anika era fredda, distaccata e non era per nulla sicuro che li perdonasse.

Poi, come se non bastasse, Lupin l’aveva persino rapita e portata via, sequestrandole il cellulare che conservava gelosamente.

Mentre era fermo ad un semaforo, lo prese e fece illuminare lo schermo.

Non sapeva il codice di sblocco e nemmeno voleva saperlo, gli bastava vedere se aveva qualche notifica particolare, ma nulla.

Neanche un messaggio da qualcuno, uomo o donna che fosse.

Che Anika non avesse davvero nessuno oltre al piccolo Yuki?

C’era solo un modo per scoprirlo.

 

*****

 

Sdraiato, obbligatoriamente, sul divanetto del suo ufficio, Zenigata osservava il soffitto cercando una risposta a tutte le sue domande.

Era ancora pieno di dubbi e non riusciva proprio ad uscire da quel loop in cui si era cacciato.

Prese il cellulare e lo osservò.

Non un messaggio, non una chiamata.

Lui era stato troppo preso a pattugliare il confine e non aveva scritto nulla e, anche avesse potuto, non lo avrebbe comunque fatto perché aveva paura di compromettere Anika.

Anche se Jigen l’aveva affidata a lui, non era certo che fosse a conoscenza di quanto accaduto dopo tra loro.

Si frugò nella tasca e prese la fotografia della sua amata insieme a Yuki.

Era bellissima e ancora si domandava come avesse fatto ad innamorarsi di lui.

Non poteva essere una copertura o un modo per vendicarsi e c’erano tanti segnali che gli facevano capire che tutto ciò che era accaduto era vero.

Il legame che si era creato, la stabilità, il fatto che entrambi si erano presi cura l’uno dell’altro senza indugio e che lei lo aveva sempre sostenuto indistintamente.

E poi lui, nel suo piccolo e nonostante il carattere chiuso, era totalmente e incondizionatamente innamorato di lei.

Rimise la foto in tasca ed estrasse dall’altra un piccolo cofanetto.

Conteneva un anello d’oro con un piccolo diamante sopra.

Lo guardò e il suo cuore cominciò a battere molto forte.

No, Anika non lo aveva tradito, altrimenti il suo cuore non sarebbe così emozionato all’idea di vedere quell’anello e immaginarlo al dito della donna che ama.

Se Anika non si era fatta sentire fino a quel momento c’erano solo due spiegazioni, una più plausibile dell’altra.

O Lupin glielo stava impedendo, oppure lei non voleva far scoprire quello che c’era fra di loro.

Sapeva che Anika se la sarebbe cavata senza problemi, anche se era davvero preoccupato, ma Yuki…

Era così piccolo, indifeso ed anche se spiccava di intelligenza non voleva che gli accadesse nulla.

Per fortuna aveva piena fiducia in Anika e sapeva che lei lo avrebbe protetto sempre.

All’improvviso il suo cellulare squillò, facendolo sobbalzare e a momenti gli cadeva di mano l’anello.

Riuscì ad evitare la catastrofe e lo rimise immediatamente in tasca, prendendo il cellulare e rispondendo.

“Ispettore, deve venire subito al confine” era la voce di Yata “Si tratta di Yuki”

Zenigata sentì il suo cuore mancare un battito.

 

POCO PRIMA

 

Lupin, tenendo Yuki per mano, si stava avviando lungo le strade secondarie che portavano in città.

Yuki saltellava e sembrava non capire cosa stesse in realtà accadendo intorno a lui e del fatto che non avrebbe visto la madre per un po’ di tempo.

Appena raggiunse il posto di blocco, si tenne in disparte.

Yuki guardava i poliziotti da lontano con uno strano sguardo misto fra l’interrogativo e il meravigliato.

Anika non era mai stata amante folle della polizia, tanto che cercava di evitarli il più possibile, strano che Yuki li guardasse con tanta ammirazione...a meno che…

“Yata!” esclamò il piccolino facendo prendere uno spavento a Lupin, che temeva di essere scoperto e accusato di altri reati non commessi.

Yuki conosceva Yata?

I tasselli del puzzle iniziavano lentamente a prendere forma, dando vita ad un quadro che Lupin avrebbe preferito non conoscere.

“Lo conosci?” domandò il ladro, cercando di non far trasparire le sue emozioni.

Yuki annuì “E’ amico della mamma”

Lupin rabbrividì -Oh, Anika, perché fai questo al tuo povero zietto?-

Sospirò e si inginocchiò all’altezza del bambino, porgendogli il cellulare di Anika.

“Ascoltami bene, adesso andrai da Yata e ti porterà dal tuo papà” sentendo questo, Yuki sgranò gli occhi e sorrise felice “E quando sei con lui dagli questo”

Yuki lo guardò “E’ della mamma”

“Esatto, la mamma desidera farlo avere al papà e tu glielo darai, va bene?” Yuki annuì e Lupin gli accarezzò i capelli “Bravo piccolino” poi gli sussurrò qualcosa all’orecchio “Ora va, ci rivedremo presto”

Yuki annuì “Posso vedere la mamma?”

“Se farai quello che ti ho chiesto, ti prometto che la rivedrai presto”

 

*****

 

Zenigata raggiunse il confine nel giro di poco tempo.

Nonostante sentisse ancora le gambe doloranti e più volte aveva rischiato di inciampare, non voleva fare tardi.

Appena giunto sul posto, vide Yata che intratteneva il piccolo Yuki e gli altri poliziotti che si erano rilassati un poco vedendo che il bambino stava bene.

“Y-Yuki” Gli occhi di Zenigata si riempirono di lacrime di gioia.

Vedere il suo bambino sano e salvo gli dava una piccola speranza su Anika.

Yuki si voltò e, non appena lo vide, lasciò Yata e gli corse incontro, fiondandosi fra le sue braccia e stringendosi forte a lui.

“Papà!”

Zenigata lo tenne stretto a sé e lo osservò da cima a fondo per assicurarsi che non avesse ferite e che stesse bene.

Sembrava tutto a posto e questo lo tranquillizzò un poco.

“Pensavo di non rivederti più” confessò Zenigata, rivolgendogli un grande sorriso “Dove è la mamma?”

Yuki continuava a sorridere, evidentemente ignaro del perché tutti quei poliziotti fossero preoccupati e appostati al confine.

“Mamma viene dopo” disse Yuki tranquillamente, porgendo al padre il cellulare della donna “Devo darti questo”

Zenigata si sentì sprofondare.

Perché gli stava ridando il cellulare della madre? E perché era tornato solo Yuki?

Il pensiero che Anika lo aveva abbandonato era riemerso e con quel gesto da parte del bambino si era persino convinto che fosse vero.

Stava rimandando indietro il bambino per non avere incomodi.

“C-chi ti ha portato qui?” domandò.

“Lupin” rispose “Mi ha portato con una macchina tutta gialla” indicò verso il vicolo da cui era giunto ma, ovviamente, era vuoto.

Zenigata non ascoltò oltre e corse verso il vicolo seguito immediatamente da Yata, che si premurò di tranquillizzare Yuki.

Zenigata percorse l’intero vicolo, fino a raggiungere la fine della città, ma di Lupin neanche una traccia.

Non poteva aspettarsi diversamente.

“Ispettore!” Yata lo raggiunse.

“Lupin...me la pagherà cara”

Yata non sapeva cosa rispondere.

Zenigata era combattuto tra Lupin e la sua famiglia ed ora che la sua stabilità stava vacillando on era in grado di ragionare coerentemente.

Era troppo coinvolto e non voleva abbandonare il caso.

“Ispettore, guardi” Yata indicò il cellulare di Anika, che si era illuminato.

L’ispettore lo teneva stretto fra le mani, per paura di perdere l’ultimo collegamento con la sua amata Anika, senza badare a quello che stava accadendo.

Si decise ad osservarlo e vide che c’era una notifica.

Un messaggio da uno sconosciuto.

Zenigata lo sbloccò, conosceva bene il codice visto che era la data di nascita di Yuki, andando subito sotto i messaggi e leggendo il contenuto.

Se non era per il fatto che su quel telefono erano conservate le migliori foto del suo bambino, Zenigata lo stava per scaraventare a terra in preda alla rabbia.

“Che cosa dice?” domandò Yata, che voleva essere di aiuto, ma l’ispettore non rispose.

“Devo andare da mio figlio” disse Zenigata “Stasera presentati a casa mia alle dieci in punto e guai a te se osi mancare”

Yata annuì, promettendo di non disobbedire agli ordini.

 

*****

 

Anika aprì lentamente gli occhi.

La testa le girava e si sentiva come se avesse i sintomi di una sbornia presa la sera precedente a chissà quale festa.

Un odore pungente di muffa penetrò nel suo naso e le attanagliò lo stomaco facendole venire la nausea.

Realizzò di essere ancora nella cascina, ma non fece fatica a mettere a fuoco l’ambiente.

Nel sua mente un solo pensiero.

“Y-Yuki…”

Subito due forti braccia l’aiutarono a mettersi seduta e con loro un forte odore di sigaretta appena fumata.

“Va tutto bene” era la voce di Jigen.

Anika tentò di mettersi seduta, riuscendo finalmente a mettere a fuoco l’ambiente circostante.

“Che è successo?” domandò “Dove è Yuki?”

Jigen si sedette accanto a lei “Sei svenuta, ma per fortuna ti sei ripresa subito” disse “Yuki sta bene, Lupin lo ha portato in città”

Anika tentò di alzarsi “No...non doveva”

Jigen non capì “Perché non avrebbe dovuto?” domandò “La posta in gioco è troppo alta e il tuo bambino non deve pagare qualcosa in cui non c’entra”

Anika non riuscì a dire altro.

Come poteva dire a Jigen che pure il padre del bambino era coinvolto?

Rimase zitta e lasciò che il pistolero le porgesse dell’acqua e l’aiutasse ad alzarsi.

La testa le girava, ma per fortuna era un giramento sopportabile.

“Portami in città” disse Anika “Portami a casa”

Jigen scosse la testa “Mi dispiace, non posso” e senza perdere ulteriore tempo, decise che era giunto il momento di far sapere ad Anika il motivo per cui Lupin era preoccupato e aveva deciso di riportare Yuki a casa.

Le disse della bilancia e di quello che era scaturito da essa e che Lupin aveva paura per la vita di Anika oltre che per la propria.

Yuki non c’entrava nulla e non voleva che venisse coinvolto in caso di sparatorie.

Anika sbiancò e sgranò gli occhi dal terrore, avvicinandosi alla bilancia e volendola provare lei stessa.

Come poteva Zenigata essere coinvolto?

Scrisse il nome di Lupin sul piattino e la bilancia lo fece spuntare fuori nel piattino opposto

 

Arsenio Lupin III

Zenigata

 

Si portò le mani alla bocca a soffocare un grido.

No...non era possibile.

“La cosa che mi fa più rabbia…” disse Jigen alle sue spalle “...è che quando ti ho lasciata volevo solo salvarti da me, ma ora vedo che l’uomo a cui ti avevo affidato non è decisamente un uomo di cui fidarsi” strinse i pugni “Sei stata in pericolo ed io ho pensato solo a me stesso”

Anika non ebbe la forza di rispondere, non subito.

Il suo sguardo fu attirato da un mucchietto di bigliettini posti in un angolo, erano tutte le prove che aveva fatto Lupin con la bilancia prima di mettere il suo nome.

Anika li osservò uno ad uno, c’era qualcosa che la attirava ma allo stesso tempo non capiva bene cosa fosse.

Alla fine, mettendoli tutti divisi come pezzi di un puzzle, notò un particolare.

“Jigen, guarda” la ragazza indicò i foglietti ed il pistolero si chinò a guardare “Hai visto?”

Il pistolero guardò attentamente

“Non è completo” precisò Anika, mostrando un foglietto e mettendolo a confronto con quello di Lupin.

I nomi apparsi sugli altri foglietti erano composti sia dal nome che dal cognome, mentre quello relativo a Lupin era composto dal solo cognome.

Jigen sgranò gli occhi “E’ vero!” esclamò “Questo significa che non è l’ispettore che ucciderà Lupin”

“Però il cognome è quello” Anika non sapeva cosa pensare.

Se fosse uscito un nome ben distinto avrebbero avuto più chance di arrivare alla soluzione.

Per un attimo Anika venne presa dal pensiero che si trattasse di Yuki, ma non essendoci il suo nome non era di certo lui che avrebbe portato la morte a Lupin.

“Che cosa significa?” domandò la ragazza, non ricevendo alcuna risposta da parte di Jigen il quale, distratto da altro, non l’aveva ascoltata.

Sembrava essere in ascolto.

“Jigen?”
Lui la zittì e ascoltò di nuovo.

Un fischio lontano giunse al suo orecchio e, con prontezza di riflessi, prese Anika per un braccio e la trascinò fuori dalla cascina, portando con sé anche la bilancia.

Appena furono abbastanza lontani, la cascina venne colpita da un missile comandato a distanza ed esplose in un gran boato.

L’onda d’urto li scaraventò a terra ma, a parte qualche graffio, nessuno dei due rimase ferito.

“Anika!” Jigen subito si preoccupò ma lei gli fece cenno di non preoccuparsi.

Si rimisero in piedi e solo in quel momento si accorsero di essere stati circondati da una decina di uomini, i cui volti e occhi erano coperti da una muta scura e dei visori.

Imbracciavano delle armi e le puntavano tutte verso di loro.

Anika e Jigen si misero schiena contro schiena e rimase immobili per capire come muoversi.

Osservando il cielo, Jigen notò che stava arrivando un elicottero, ma era lontano e vedendo che gli uomini non facevano una piega significava che era dalla loro parte.

La situazione era difficile e non sapeva come agire da solo in quanto, qualunque cosa pensava, Anika sarebbe stata coinvolta.

Non aveva scelta.

“Ricordi ancora come si fa?” domandò e Anika annuì.

Come avrebbe potuto dimenticarsi?

Con questa conferma, Jigen si mosse a velocità elevata ed insieme ad Anika iniziarono una sparatoria scambiandosi l’arma ad ogni colpo.

Jigen sparava e poi passava la pistola ad Anika, abbassandosi per evitare colpi e continuando a muoversi.

Stessa cosa fece Anika, dimostrando a Jigen che non aveva perso la sua abilità.

Con questo metodo riuscirono a mandare giù cinque uomini, ma alla finirono i colpi e non ebbero il tempo di ricaricare.

“Smettetela di fare resistenza” disse uno degli uomini rimasti in piedi “Dateci la bilancia e forse vi risparmieremo”

“Non mi piace quel forse” borbottò Anika

“Dateci la bilancia!” ordinò di nuovo, mentre l’elicottero giunse sopra le loro teste.

Sia Anika che Jigen confermarono mentalmente che si trattava di un elicottero venuto per aiutare gli uomini e si prepararono al peggio.

Un peggio, che, però, non giunse.

Udirono un sibilo nell’aria ed un rumore simile ad una lama.

All’improvviso, gli uomini che erano rimasti in piedi caddero uno ad uno per terra, circondati da pozze di sangue.

Dietro di loro, con il kimono svolazzante a causa dell’elicottero, vi era Goemon.

“Finalmente ho usato la mia spada per difendere”

“Goemon!” esclamò Jigen, sorpreso di vederlo lì.

“Ehi, voi laggiù!” fu la voce che provenne dall’alto.

Alla guida dell’elicottero c’era Fujiko “Forza sbrigatevi!” e mandò giù una scaletta per aiutarli a salire.

Jigen fece andare avanti Anika che, senza perdere tempo, si aggrappò alla scaletta ed iniziò a salire.

Il pistolero, dietro di lei, si fermò un attimo a guardare Goemon.

“Che cosa ci fai qui?”

“Non sono venuto di certo per te” tagliò corto il samurai, obbligandolo a salire e andandogli poi dietro.

Una volta nell’elicottero chiusero il portellone e se ne andarono da lì, lasciandosi alle spalle la cascina fumante e il pensiero su Lupin che non era ancora tornato e di Yuki che era andato con lui.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Questo capitolo è stato quasi del tutto scritto da Fiore del deserto (si riconosce specialmente dal suo metodo di descrizione ultra mega iper dettagliato come piace a me)

Perciò ringraziate cotale autrice per tutto...e se non vi piace il capitolo...beh, colpa sua.

Buona lettura

4-3-2022 per questioni di plagio non voluto, ho cambiato il nome del cattivo di turno. Chiedo scusa per l'inconveniente, sarà mia premura fare più attenzione in futuro

 

 

 

La cupezza della notte si apriva in uno spiazzo di foschia segnata dall’umidità, l’aria era satura di

inquinamento atmosferico prodotto specialmente dalle auto che continuano a passare, nonostante

l’ora tarda.

All’interno di una viuzza ristretta, Lupin stava pazientemente aspettando qualcuno e, nell’attesa,

aveva ben pensato di aspirare una sigaretta per poter ingannare il tempo.

Alzò di poco la manica per scoprire l’orologio legato al proprio polso sinistro, quanto bastava per

poterne scorgerne l’orario segnato dalle lancette.

Mezzanotte.

“Puntuale come sempre” sogghignò con sfida il ladro, senza staccare gli occhi dall’orologio e

rimanendo ben fermo nella sua posizione “Zazà...”

Proprio alle sue spalle, l’ispettore Zenigata aveva appena fatto la sua comparsa e in un certo senso,

nel profondo, desiderava coglierlo di sorpresa.

Tuttavia, conosceva molto bene il ladro a cui ha dato la caccia da una vita e, nonostante si fosse

preso una pausa per parecchio tempo, sapeva perfettamente che era quasi impossibile prendere

Lupin in contropiede.

Non era, quindi, il caso di sorprendersi e fare domande del tipo -Come hai fatto a scoprirmi?- e

sciocchezze simili.

“Dov’è Anika?” domandò seccamente l’ispettore che, più che una richiesta, sembrava una minaccia.

“Ti basti sapere che è al sicuro.” fu la risposta provocatoria di Lupin che, finalmente, si decise a non

dare più le spalle all’ispettore.

Benché Lupin fosse al corrente di cosa scorreva tra Anika e Zenigata, credette che non fosse

opportuno affrontare tale pretesto.

Malgrado non potesse offrirgli una risposta diversa da quella appena datagli, Lupin sa perfettamente

che quella poteva mettere a durissima prova la pazienza, di per sé scarsa, di Zenigata ed era pronto

ad affrontare qualunque sua reazione.

Infatti, proprio come si aspettava, Zenigata gli balzò addosso come un lupo alfa al quale era stata

minacciata la propria autorità da un membro del branco e, afferrandolo con violenza per il colletto,

gli puntò addosso uno sguardo incattivito e carico di pura ira.

“Dimmi subito dov’è!” esclamò l’ispettore, schiumando di rabbia “Tu, maledetto... Hai rapito

Anika, sappi che non ci andrò leggero...”

Mantenendo una calma glaciale, Lupin afferrò i polsi dell’ispettore e lo colpì con una testata in

piena fronte con la forza sufficiente per fargli allentare la presa.

Dolorante, Zenigata fece un passo indietro e si lamentò appena.

Infine, Lupin lo atterrò colpendolo alla mascella con un solo ma deciso pugno avventato.

“Ti sei calmato?” domandò Lupin, assicurandosi che l’ispettore fosse momentaneamente fuori

gioco “Non ho rapito nessuno, Zazà. Sai che non lo farei mai.” fece una breve pausa “E se ti fa

piacere sentirtelo dire, fino ad ora, non ero al corrente di te e Anika. Lei stessa non mi aveva detto

nulla.”

Ottenuta l’attenzione desiderata dall’ispettore, Lupin continuò a spiegargli quanto Anika ci tenesse

a quest’ultimo e che lo aveva intuito da come la donna aveva lottato per impedirgli di arrivare in

città, per non parlare di Yuki e del suo atteggiamento nei confronti di Yata.

Solo dopo essersi assicurato della calma dell’ispettore, il ladro gentiluomo cominciò a fare

riferimento alla bilancia, illustrandone la misteriosa natura.

Gli porse persino il biglietto uscito da essa.

“E’ per questo che sono qui” disse Lupin, mentre Zenigata continuava ad osservare quel foglietto.

Sì, l’istinto omicida nei confronti di Lupin lo aveva avuto e tutto per via di Anika, ma sapeva già

che se mai gli fosse capitato fra le mani al massimo sarebbe finito a prenderlo a sberle e pugni.

Ucciderlo? Giammai.

“Se è perché ho preso Anika, sappi che mai e poi mai le avrei fatto del male, tanto meno rapirla”

cercò di rassicurarlo “E comunque, mi pare doveroso ricordarti che noi siamo la sua famiglia, un

po’ di diritti ancora ne abbiamo...o sbaglio, ispettore?”

Zenigata sospirò “C’è solo un problema” disse ridandogli il biglietto indietro “Non ho mai avuto

intenzione di ucciderti, non intendo sporcarmi le mani” le alzò come si fa in segno di resa “E anche

fosse non mi sognerei di dare ad Anika una delusione simile, ne ha già avute abbastanza anche da

parte mia”

Lupin si sentì molto più sollevato, però restava sempre fermo il fatto che non si capiva il motivo per

cui la bilancia avesse fatto uscire il suo nome.

Ovviamente, la scusa più plausibile era che la bilancia aveva difetti.

Ma come provarlo?

Tuttavia, poco prima di poter elaborare il piano per comprendere il motivo per il quale fosse uscito

quel nome, d’improvviso Lupin e Zenigata vennero interrotti da qualcosa nell’ombra...o qualcuno.

“Chi c’è?” ruggì Zenigata, armandosi della torcia nascosta in una delle tasche della sua giacca.

La lieve luce illuminò le sagome di due individui ma, a causa della muta nera che li ricopriva dalla

testa ai piedi, era impossibile riconoscerne l’identità.

“Cosa volete?” strepitò di nuovo l’ispettore, senza lasciarsi intimorire.

Grazie ad un gioco di luci ed ombre, causato involontariamente dalla torcia di Zenigata, Lupin

venne attratto da un sbrilluccichio.

C’era qualcosa nel buio del vicolo, oltre i due tipi loschi, che stava luccicando.

“Zazà, attento!” esclamò Lupin, accorgendosi appena in tempo della presenza di un terzo uomo

armato di pistola.

Il tempo fu sufficiente perché anche l’ispettore si accorgesse della trappola, ma non bastò del tutto

perché quel losco individuo premette il grilletto all’unisono con il richiamo di Lupin.

Lo scoppio echeggiò nella notte, squarciando il silenzio.

Gli occhi di Lupin si spalancarono per l’angoscia preliminare di essere stati centrati in pieno, ma si

rasserenò istantaneamente non appena si rese conto di essere ancora in piedi insieme a Zenigata.

Immediatamente, l’ispettore impugnò la propria pistola e rispose al fuoco, mentre Lupin ne prese

esempio seduta stante.

La sarabanda di spari interruppe la serenità della notte ed essendo stati colti di sorpresa,

specialmente all’interno di una ristretta viuzza, non potevano garantire una vittoria contro quei tre

balordi.

Lupin, a quel punto, urlò a Zenigata di tagliare la corda.

Se voleva rivedere Anika e Yuki ancora una volta, l’ispettore pensò che battere in ritirata fosse

un’idea da seguire.

Una volta a bordo della Fiat 500, parcheggiata poco distante, Lupin picchia sull’acceleratore,

mordendosi un labbro per bloccare un’imprecazione, scaturita dal fatto che si era lasciato cogliere

alla sprovvista.

Oltre a questo, ad impedirgli ogni possibile brutta parola, fu un mugolio appena accennato da parte

Zenigata.

Lupin non fa in tempo a domandargli cosa abbia, poiché si accorse di una macchia scura adiacente

alla spalla dell’ispettore.

Sangue.

Era stato colpito da un proiettile e, nonostante tutto, aveva avuto un coraggio da leone e non si era

mostrato debole di fronte al pericolo.

“Non ci voleva!” ringhiò Lupin schiacciando ulteriormente l’acceleratore per arrivare alla cascina

più in fretta che potè, in modo da poter aiutare Zenigata a curarsi.

Non appena giunsero alla cascina, tuttavia, ad accoglierli non vi era Anika né Jigen e nemmeno la

cascina.

Solo un enorme nube di fumo nera ed il sordo silenzio innaturale che non faceva presagire nulla di

buono.

Ad un certo punto, quella quiete venne spezzata dal cellulare di Zenigata che squillò.

Lo sguardo dell’ispettore variò nel momento che lesse il nome del chiamante.

Non fece in tempo a premere il tasto verde di accettazione, che divenne più bianco di un lenzuolo.

Ispettore! Hanno preso Yuki!”

 

*****

 

Era mezzanotte, tutto taceva.

Fujiko aveva condotto l’elicottero sull’isola di Hashima, la stessa isola che molti anni prima aveva

ospitato la prima missione ufficiale di Anika.

Quest’ultima, infatti, non era per niente d’accordo a rimanere lì, ma visti gli ultimi avvenimenti non

poteva fare diversamente.

In uno dei vecchi magazzini dismessi, il gruppo si era rintanato e aveva acceso un piccolo fuoco

giusto per evitare di morire di freddo e tenere al caldo alcune cibarie di fortuna trovate

nell’elicottero rubato.

Nonostante la tensione, Fujiko non riuscì a trattenere il suo entusiasmo nel rivedere Anika.

La stava stringendo forte, quasi soffocandola con il suo seno prosperoso, lievemente commossa.

Non era tipa da esternare molto i suoi sentimenti, ma dopo aver saputo cosa Jigen aveva combinato,

era rimasta talmente sconvolta che non gli aveva più rivolto la parola.

Stesa cosa aveva fatto con Lupin, perché sperava che aiutasse il pistolero a cambiare idea e

rimettersi sulla buona strada.

Anika le era mancata davvero.

Persino quest’ultima, nonostante non fosse granché simpatizzante con lei, ammise che le era

mancata e che parecchie volte aveva sperato di vederla apparire.

“Oh tu non sai quanto mi sei mancata!” cinguettò Fujiko “Ma guardati, come sei cresciuta, sei più

donna ed hai anche più stile rispetto a prima!” aggiunse notando l’abbigliamento più femminile di

Anika.

Anika sorrise “Anche tu mi sei mancata, Fujiko” disse “Come ci avete trovati?”

“Mia cara, dopo tutto il tempo passato con noi ancora fai queste domande?” ammiccò Fujiko,

facendola di nuovo sorridere.

“Io vorrei sapere, piuttosto, chi diamine erano quei tipi che ci hanno attaccati” brontolò Jigen

“Sicuramente degli incompetenti, visto che sei ancora vivo” lo punzecchiò Fujiko, che ancora non

aveva mandato giù l’abbandono di Anika.

A Jigen non servirono spiegazioni sul perché di quella frecciatina “Te l’ho già spiegato, donna, non

serve che te lo ribadisca!”

“Beh, avresti anche potuto consultarti con noi!”

“Avreste accettato?”

“Certo che no!” ribattè Fujiko scandalizzata “Ma come ti viene in mente, razza di babbeo!?”

Anika tentò di mettere pace fra i due, ma risultò un’impresa impossibile.

Preferì lasciar perdere ed uscì dal magazzino, raggiungendo Goemon sul tetto di esso.

Il samurai stava facendo la guardia.

Fino a quel momento non aveva avuto modo di parlargli e sentiva di averne un gran bisogno.

Goemon era discreto e Anika sapeva che avrebbe potuto dirgli qualunque cosa e lui l’avrebbe

capita, ascoltata e consigliata per il meglio.

E poi gli era mancato, Dio solo sapeva quanto.

Una volta alle sue spalle, si bloccò.

“Ciao, Goemon”

Il samurai sembrò ridestarsi dai suoi pensieri e si voltò lentamente verso di lei, dando le spalle alla

brezza leggera della notte.

Fece un piccolo sorriso “E’ un piacere rivederti, Anika”

Anika si morse il labbro, non riuscendo a sostenere lo sguardo dell’uomo “Dove sei stato fino ad

ora?”

“Fra le montagne svizzere” rispose “In quei luoghi c’è la quiete che serve al mio animo per

meditare”

“Ma pare che non serva solo a quello” disse Anika, avvicinandosi e guardandolo attentamente.

Il tempo era passato per tutti loro, ma Goemon sembrava averne risentito di più.

Per quanto presentasse ancora una buona massa muscolare, il suo viso era più scavato ed era molto

pallido.

Anche Jigen era cambiato tanto, ma era decisamente più in forma rispetto al samurai.

Anika allungò una mano e gli accarezzò il volto “Che ti è successo?”

Goemon sospirò “Ho fatto meditazione” rispose “Alle volte durava anche giorni”

Meditazione che, a detta di Fujiko, era dovuta al fatto che gli erano venuti istinti omicidi nei

confronti di Jigen e Lupin.

Questo lo aveva portato a ritirarsi per scacciare i cattivi pensieri e tornare sulla retta via.

Di istinto, Anika lo strinse forte a se “Mi sei mancato, Goemon”

Goemon non rispose, non serviva che lo facesse, strinse di rimando Anika e rimasero così per

lunghi secondi.

 

*****

 

“Che cosa!?” fu l’esclamazione che risuonò per tutta l’enorme villa e la zona limitrofa.

Fu abbastanza forte da far abbaiare i cani da guardia, che iniziarono a tirare il guinzaglio come se

volessero attaccare.

Le due guardie fecero fatica a tenerli fermi, essendo due pastori tedeschi erano ben massicci e

avevano una bella forza.

“Come sarebbe a dire ci sono sfuggiti?” ennesima domanda alla quale gli uomini dalla muta nera

non seppero rispondere.

Avevano fallito e si erano già pentiti di tutto e sapevano che il loro padrone non li avrebbe

risparmiati.

“Non posso fare affidamento neanche su di voi” strinse i pugni “Fuori di qui, idiota, andatevene!”

Senza farselo dire due volte, gli uomini uscirono dalla stanza a gran velocità.

Fecero in tempo a chiudere la porta prima che un vaso di ceramica molto antico si frantumasse su di

essa, segno della rabbia che l’uomo aveva.

Lui, Hideo Kimura, il più grande magnate dell’industria tessile esistente al mondo, il cui denaro

arrivava ad essere talmente tanto da non sapere più come spenderlo, aveva assunto uomini per un

lavoro che non erano in grado di svolgere.

Si sentiva uno stupido, impotente e con voglia di buttare tutto all’aria.

Cercò di calmarsi e si avvicinò alla finestra.

Fuori era buio pesto, neanche una luce illuminava la villa e i dintorni sotto stretto ordine suo.

Voleva rendere l’accesso ai malvivente il più difficile possibile.

Aveva installato i migliori sistemi di allarme e anti ladro esistenti e, se mai qualcuno fosse riuscito a

passarli tutti, avrebbe trovato i suoi uomini e i cani.

Non c’era scampo.

Sempre vicino alla finestra, osservava il suo stesso volto riflesso sul vetro vedendo impresso su di

esso tutta la sofferenza e la vecchiaia che avanzava.

Ma nonostante ciò, vedeva un uomo dell'andatura fiera, rigidamente gelida e saldamente composta,

con l'aria di chi sa fermare qualsiasi individuo con un solo sguardo.

L'argento nei capelli segnalava la maturità dei suoi anni, segnati dal tempo che aveva toccato le

lievi rughe del volto rettangolare, che parte con un'ampia fronte.

Lo sguardo di ghiaccio e crudele era contornato dall'arco delle sopracciglia grigiastre e, al primo

impatto, sembrava un lupo pronto a balzare sulla preda.

Il naso era di poco irregolare, ma non perdeva la propria eleganza.

I solchi naso labiali erano marcati e la sottilissima bocca sembrava non aver mai accennato un

sorriso per tutti quegli anni.

Come poteva un uomo come lui essersi ridotto in quel modo? Ad assoldare gente che non sapeva

nemmeno portare avanti un compito così semplice.

Tre squadre aveva mandato avanti e due di loro avevano fallito.

Sperò vivamente che la terza avesse portato a termine la missione richiesta.

A questo, ottenne risposta circa due minuti più tardi.

Dopo che qualcuno aveva bussato, la porta si spalancò ed un gruppo di uomini entrarono nella

stanza.

Uno di loro teneva un bambino addormentato in braccio...o meglio...sedato.

“Vedo che almeno voi ci siete riusciti” commentò “Sapete cosa fare”

Gli uomini annuirono ed uscirono, portando via quel piccolo esserino indifeso.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Ed ecco il nuovo capitolo!

Dal prossimo prometto che ci sarà un po’ più di azione.

Buona lettura

 

 

 

"Non è possibile!" Sbottò Zenigata imprecando contro Lupin, intento a riparare con un cacciavite un aggeggio minuscolo.
Appoggiato con i gomiti sul tavolo della cucina dell'ispettore, erano due giorni che tentava di elaborare un piano.
La cosa non si era rivelata semplice.
Zenigata non lo mollava un istante, standogli col fiato sul collo e facendo di tutto tranne che aiutarlo.
Lupin poteva capirlo, sapeva cosa provava e sapeva che la sua mente non era abbastanza lucida da ragionare e mettersi a discutere con calma.
Il risultato erano continue sfuriate contro Lupin il quale, dopo due giorni in quel modo, iniziava a perdere la pazienza.
"Dannazione!" Esclamò l'ispettore e, a quel punto, Lupin non ce la fece più e batté un pugno sul tavolo.
"Senti, Zazà, quando elaboro un piano ho sempre un valido aiuto, ecco perché ci metto poco in caso di emergenza ed ora che ho bisogno di tranquillità e aiuto tu non fai altro che stare lì come uno stoccafisso a sbraitare!"
Zenigata non sembrò accettare quella sfuriata e, purtroppo, si mise a ribattere.
"Si tratta della mia famiglia!"
"Beh, come vedi sono coinvolto" ribatté il ladro "Anika e Yuki sono anche la mia famiglia e l'unica cosa che rimprovero alla mia nipotina è che ha deciso di vivere con un ispettore di polizia!"
Zenigata divenne rosso paonazzo dalla rabbia.
"Allora avrei dovuto sposarla così l'avrei tolta ufficialmente dalle tue grinfie!"
E qui cadde il silenzio.
Zenigata iniziò a maledirsi mentalmente per quanto appena detto.
Voleva sì sposare Anika, ma non per il motivo appena detto.
Lupin era rimasto talmente sbalordito che non diede peso alla frase per intero, sapeva che non la pensava davvero.
"Zazà..." era senza parole "Non ti basta che siamo collegati per via di Yuki, devo anche sopportarti come parente vero e proprio?"
Zenigata si calmò e torno serio.
"Arrenditi, Lupin, siamo destinati a stare molto vicini per molto tempo ancora"
Lupin rabbrividì e preferì tornare al lavoro sull'aggeggio con cui litigava da due giorni.

Zenigata cercò di darsi un contegno, ben sapendo che non poteva mettersi a fare altre discussioni o non sarebbero più andata avanti.

“Mi spieghi che cosa stai facendo?”

“Lo vedi questo affare?” Lupin gli mostrò l’aggeggio a cui stava lavorando “E’ una ricetrasmittente, l’ha persa uno di quei tipi che ci hanno attaccati nel vicolo” spiegò “L’ho quasi riprogrammata, di solito se ne occupa Jigen ma lui non è qui e non riesco a mettermi in contatto con lui”

Zenigata annuì e si sedette accanto a Lupin per provare ad aiutarlo.

Con la distruzione della cascina dove erano nascosti, tutta la strumentazione era andata persa e Lupin aveva dovuto arrangiarsi con quello che aveva dentro l’auto e con quanto gli forniva Zenigata.

Nonostante tutto l’ispettore sembrava essere fin troppo tranquillo in quella situazione, forse perché sapeva benissimo che Anika stava bene ed era al sicuro e che Yuki non sarebbe stato toccato...per il momento.

Nonostante questa sua calma glaciale, dentro di sé nascondeva un animo tormentato in piena burrasca e le poche volte che si addormentava erano sonni agitati, tanto che Lupin si era preoccupato all’inizio.

Sapeva cosa provava il suo avversario, ci era passato anche lui...ed anche Jigen.

Tutti ci erano passati.

Un altro tormentato era Yata, il suo assistente.

Zenigata lo aveva liquidato malamente per non aver difeso Yuki, ma si era scusate subito dopo.

Yata aveva cercato davvero di difenderlo, ma era stato quasi subito messo K.O. da un colpo in testa ed era svenuto.

Quando si era risvegliato Yuki non c’era già più.

Oltre alle scartoffie dell’ufficio, faceva da informatore a Lupin e Zenigata e portava loro il cibo e i beni di prima necessità.

Nessuno dei due era mai uscito da quella casa neanche per una boccata d’aria o per fumare, cosa che stavano facendo dentro casa.

Zenigata si era più volte chiesto come avrebbe reagito Anika se, tornando a casa con il bambino, avesse sentito quell’odore di sigaretta stantia.

Probabilmente li avrebbe ammazzati entrambi.

Anche Lupin lo aveva pensato ed aveva persino elaborato un piano di fuga, se mai fosse capitato.

Era persino arrivato a pensare che ciò che gli avrebbe riservato Anika sarebbe stato molto più doloroso della ferita che l’ispettore aveva al braccio.

Non aveva voluto nemmeno andare all’ospedale, si era accontentato di farsi medicare alla buona da Lupin il quale si era raccomandato di andare a farsi vedere non appena la faccenda sarebbe finita.

La fortuna che Zenigata aveva era che il colpo era di striscio, se fosse stato diretto sarebbe già morto dissanguato.

Dopo aver messo da parte questi pensieri, il ladro sospirò e finì di sistemare la piccola trasmittente “Fatto!” esclamò vittorioso, allungando poi una mano e prendendo dalla tasca di Zenigata il cellulare “Me lo presti? Grazie paparino”

“Ehi!” L’ispettore era rimasto talmente sbalordito da non essere stato in grado di reagire per tempo “Non puoi usare il tuo!?”

“Il mio è lievemente morto” Lupin sorrise innocente e mostrò a Zenigata il cellulare spento.

Il cavo era rimasto nella cascina ed era andato distrutto.

Sfruttando il cellulare dell’ispettore, raggirò il sistema della ricetrasmittente e cercò di risalire alle ultime registrazioni.

Purtroppo non trovò nulla, anzi...scoprì che le registrazioni restavano in essa per circa ventiquattro ore e poi si auto eliminavano.

Erano arrivati tardi.

“Dannazione!” sbottò Lupin, battendo i pugni sul tavolo “Siamo arrivati tardi, quei bastardi ci hanno fregati”

Zenigata fece per ribattere, ma non riuscì.

La porta della casa si spalancò ed un esausto Yata fece il suo ingresso sventolando una cartellina.

“Ispettore!” esclamò, riprendendo fiato “Sappiamo chi sono!”

Lupin, con un balzo felino, si fiondò su Yata e prese bruscamente la cartellina dalle sue mani, tornando subito al tavolo.

“Quelli che ci hanno attaccati sono dei sicari, non appartengono a nessuna banda di malviventi conosciuta”

“Sono sicari ma non malviventi?” Zenigata non capì “E chi li comanda?” domandò voltandosi verso Lupin il quale, scosso da un brivido, indicò un nome su uno dei fogli.

 

*****

 

“Hideo Kimura?” domandò Jigen, alzando un sopracciglio “E chi sarebbe?”

“Come chi sarebbe!?” si scandalizzò Fujiko “E’ il più grande magnate dell’industria tessile del mondo” prese fra le mani il foulard che aveva al collo e se lo passò sul volto “I capi di abbigliamento che produce sono così delicati e morbidi”

“E fanno anche pietà” commentò Anika, ricevendo una linguaccia da parte di Fujiko.

Nonostante fosse cresciuta sotto molti aspetti, il suo abbigliamento ideale era tutt’altro.

L’occasione di re-indossare qualcosa di comodo e che le piaceva si era finalmente presentata, anche se non era per nulla piacevole come contesto.

Pronta per l’azione e per allenarsi, Anika era tornata ad indossare le sue adorate scarpe da tennis, seguite da un bel paio di pantaloni jeans, maglietta e felpa rigorosamente neri.

Cosa più importante, si era fatta una bella treccia che, era più comoda da gestire.

L’ultima volta che l’aveva fatta stava ancora con Lupin ed era stato proprio lui a fargliela in quanto lei faceva fatica da sola.

Ammise che quella vita le era mancata, ma sapeva anche che non sarebbe riuscita a vivere diversamente da come aveva vissuto fino ad ora.

Specialmente per Yuki.

Non lo vedeva da due giorni e non era mai stata così tanto tempo lontano da lui.

Non era riusciti nemmeno a mettersi in contatto con Lupin e non erano potuti tornare in città o alla vecchia cascina per non incappare negli uomini mandati da Kimura.

E Zenigata? Stava bene davvero? Yuki era con lui o con Lupin?

Erano davvero tante le domande che affollavano la sua mente e tutte senza risposta, solo una fievole speranza alimentava il suo continuare a reagire.

“Kimura vuole la bilancia, ma perché?” domandò Fujiko “Sono sicura che non sa neanche il valore di questo oggetto arrugginito”

“Si, perché tu lo conosci giusto?” Fu la domanda retorica di Jigen “A te interessano solo i soldi”

“Beh, è ovvio” rispose Fujiko “E’ grazie a quelli che posso vivere e penso che anche voi senza non possiate vivere”

“Esistono cose più importanti del denaro” si intromise Goemon “Valori inestimabili che non si posso comprare”

“Tu vivi nella meditazione e nella spiritualità” ribatté Fujiko “Il tuo parere non conta”

“Sei sempre la solita venale!” sbottò Jigen, iniziando una vera e propria discussione con la donna.

Pur di non sentirli, Goemon e Anika si allontanarono e si misero in disparte.

“Quando cominciano a discutere non li sopporto” brontolò Anika, ricevendo l’assenso di Goemon.

“Non ho mai appoggiato le opinioni di Fujiko” commentò il samurai “L’unica volta che l’ho fatto...beh...me ne sono andato”

Ad Anika non servì sentire il quando questo era accaduto.

Sospirò ed incrociò le braccia, diventando improvvisamente mogia.

“Tutto bene?” domandò Goemon.

Anika annuì “Si...non preoccuparti”

“Anika…”
“Ho detto di non preoccuparti” tagliò corto lei, cercando di cambiare subito discorso “Chi ci ha attaccati è questo Kimura, giusto?”

Goemon non fece altre domande e cercò di assecondarla “Sì” rispose “Da quello che so ha una sontuosa abitazione fuori città, ma pare sia invalicabile”

“Però sappiamo molto bene che per noi nulla è invalicabile” ammiccò Anika

“Ho i miei dubbi” Goemon, con un cenno del capo, indicò Jigen, che era ancora intento a discutere con Fujiko.

Erano due giorni che brancolava nel buio.

Cercavano tutti di fare qualcosa, ma sapevano che era Lupin colui che riusciva ad elaborare i piani e mandarli avanti senza intoppi.

Jigen era l’addetto tecnologia, Goemon il jolly da giocare e Fujiko...Beh, lei di solito era alleata con tutti tranne che Lupin e di solito faceva il doppio gioco.

Si resero conto di essere persi senza Lupin, ma non riuscendo a contattarlo non potevano fare altrimenti.

Almeno erano arrivati a capire chi era il mandante.

“Allora elabora tu un piano, donna!” sbottò Jigen, incrociando le braccia e voltando a Fujiko le spalle.

La donna, stizzita, fece lo stesso.

Sospirando, Anika tornò verso il pistolero “Jigen, possiamo farcela” disse “Dobbiamo farcela”

“Ha un sistema di allarme sofisticato” borbottò “Non credo che riusciremo ad entrare facilmente, siamo pure arrugginiti”

“Parla per te!” sbottò Fujiko “Vecchio carretto con la barba!”

Jigen avrebbe voluto ribattere, ma preferì lasciare stare.

Anika gli scostò appena il cappello, lo guardò dritto negli occhi e...lo vide.

Vide un piccolo bagliore al loro interno, segno che Jigen aveva elaborato un piano anche senza bisogno di Lupin e le sue conferme.

“Jigen...ti prego” lo implorò Anika.

Jigen fremette “E va bene, ma sarà complicato” detto questo Anika sorrise...ma quel sorriso non durò a lungo.

Goemon si avvicinò e mostrò agli altri lo schermo del suo cellulare.

Era un video, gli era appena arrivato e non solo a loro.

Pochi istanti dopo i telefoni di Anika e Jigen segnalarono una notifica da un numero sconosciuto.

Anche loro avevano ricevuto lo stesso video.

 

Questo messaggio è rivolto a Lupin e ai membri della sua banda

 

Era Hideo Kimura.

 

Avete una cosa che mi serve e dovete portarmela qui.

Avete tempo fino a domani a mezzanotte per consegnarmi la bilancia oppure le conseguenze saranno inevitabili.

 

Era decisamente successo qualcosa anche a Lupin e Zenigata e non era solo quel video a farglielo capire.

Il cellulare del ladro era fuori uso da due giorni e questo significava che non aveva visto o non stava vedendo il video.

Nel filmato, Kimura ad un certo punto scomparve e al suo posto apparvero le riprese di una telecamera nascosta in una delle stanze della casa.

Nella stanza si vedeva qualcuno seduto per terra, che aveva le lacrime agli occhi e sembrava che stesse chiedendo di uscire.

“Yuki!” gridò Anika, sgranando gli occhi terrorizzata e sbiancando di colpo.

Il video si interruppe e la ragazza cadde a terra in ginocchio.

Yuki non era a casa, quindi Lupin non era riuscito a portarlo da Zenigata e quest’ultimo…il solo pensiero le fece venire la nausea, che ormai la accompagnava da due giorni filati.

“Anika!” Goemon subito la soccorso “Anika, guardami”

Ma lei era evidentemente sotto shock e davanti a lei vedeva tutto nero.

“Dannazione, non ci voleva” commentò Fujiko, avvicinandosi “Ehi, zuccherino, sveglia, guardami” schioccò le dita davanti al naso di Anika, che alzò appena lo sguardo.

I suoi occhi si puntarono su Jigen.

“V-vedi...di metterlo in atto” disse riferita al piano che il pistolero aveva in mente “Rivoglio mio figlio”

Jigen annuì e non perse tempo “Goemon, mi serve il tuo aiuto” ed il samurai annuì.

“Anika” Fujiko aiutò la ragazza ad alzarsi “Tu vieni con me, c’è una cosa che devi fare”

Anika non si oppose, non ne fu in grado, lasciò che Fujiko la portasse fuori di lì, mentre Jigen e Goemon si misero a studiare delle mappe tramite un portatile trovato nell’elicottero.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Ed ecco il nuovo capitolo, spero vi piaccia.

Ringraziamo, come sempre, l’utente Fiore del deserto che mi supporta e...mi SOPPORTA

Grazie meraviglia mia e...buona lettura a tutti voi.

 

 

 

L’efficienza di Yata si era rivelata utile per Lupin che, grazie a lui, aveva recuperato un carica batterie per il cellulare.

Avrebbe preferito non caricarlo visto che ad attenderlo vi era un video di Yuki.

Lupin era rimasto di ghiaccio, Yata era talmente mortificato che non sapeva più come scusarsi e Zenigata...Zenigata aveva dato di matto.

Lupin riuscì ad elaborare un piano striminzito ma sufficiente per arrivare dentro l’abitazione.

Era tarda sera e di attendere la mezzanotte del giorno dopo non se ne parlava.

La villa era circondata dal bosco ed essendo le chiome degli alberi molto fitte era difficile avere una visione nitida.

“Dannazione, Lupin, avresti anche potuto prendere un visore notturno” si lamentò Zenigata, cercando di stare attento a dove metteva i piedi

“Pensi che non li avrei presi qualora li avessi avuti?” ribatté Lupin “Sono andati persi nell’esplosione. Tu piuttosto” si fermò un istante e si voltò a guardarlo “Con quella ferita avresti dovuto startene a casa” precisò il ladro, riferendosi alla ferita sulla spalla che Zenigata aveva riportato durante la fuga due giorni prima.

“Lascia perdere la mia ferita” disse secco l’ispettore “Non sarà questa a fermarmi dal recuperare mio figlio”

Lupin non osò ribattere, sapeva che era inutile tentare di farlo.

L’amore di un padre o di una madre era sconfinato a tal punto che si mette sé stessi in secondo piano.

Lupin ne sapeva qualcosa ed anche tutti gli altri.

Chissà se stavano tutti bene, se avevano ricevuto il messaggio e se erano riusciti ad elaborare un piano per aiutare Yuki.

E Anika?

Nessuno dei tre osò immaginare cosa stesse provando la ragazza, forse solo Zenigata riusciva a capirla.

Provarono a non pensare al piano sentimentale, non in quel momento almeno.

Dovevano capire come agire.

“Ispettore!” Yata bloccò appena in tempo il suo capo e Lupin, indicando verso i rami degli alberi.

Grazie alla luce della luna, intravidero un bagliore.

C’era una telecamera, fissa su un albero lì vicino, che copriva un raggio di due metri per due.

Lupin la osservò meglio, era un modello abbastanza recente e se aveva fatto bene i conti, loro erano ancora fuori portata.

Guardò meglio.

Non ne vedeva altre e questo significava che a breve sarebbero entrati nel territorio di Kimura.

Passare dietro all’albero non sarebbe servito a nulla, sicuramente altre telecamere erano state affissate e li avrebbero inquadrati.

Accidenti a Kimura e a quei maledetti che aveva assoldato: se non avessero mandato in fumo l’intera cascina forse avrebbe avuto più idee sulla mappatura della villa e come aggirare i sistemi di allarme.

“Lupin, che hai in mente?” domandò l’ispettore

“Sto pensando” rispose il ladro, ma sarebbe stato meglio farlo in fretta.

“Sento qualcosa” aggiunse Yata, obbligando gli altri due ad ascoltare.

Si sentivano rumori di passi sulla ghiaia.

Lenti, furtivi.

Si stavano facendo sempre più vicini e non sembravano passi di animali, ma umani...circa quattro per l’esattezza.

Lupin prese la pistola e la puntò alle spalle di Yata.

Non avrebbe sparato, non finché non aveva la certezza di chi stava arrivando.

Si sentivano dei rumori, come delle voci.

Appena fu sicuro che la vicinanza era sufficiente per farsi vedere, Lupin superò Yata e mise il colpo in canna.

Una specie di grido soffocato venne emesso da chi era in prima fila nell’altro gruppo e poi si udì un tonfo.

In contemporanea si udirono due caricamenti di pistola ed un rumore metallico simile a quello di una lama.

Il tempo di mettere bene a fuoco con chi avevano a che fare, Lupin sorrise “Guarda, guarda chi si vede” allungò una mano per aiutare il mal capitato a rialzarsi “Ben ritrovato caro Jigen”

“Ma sei impazzito!” il pistolero si alzò, ignorando l’aiuto di Lupin “Avrei potuto spararti, razza di scimmia!”

“Lupin?” Era Goemon

“Ma guarda chi è tornato fra noi” Lupin rimise via la pistola “l’introvabile e solitario Goemon”

Goemon rimise a posto la spada “Sei fortunato che sto risparmiando la mia lama per qualcosa di necessario e non di così futile come la tua vita”

“Ehi, vacci piano, la mia vita è ancora utile sai?” brontolò Lupin, mentre dal fondo avanza la figura minuta di Anika.

“Ehi, nipotina…” ma si zittì quasi subito, non poté aggiungere altro.

Uno sonoro schiaffo piombò sulla sua faccia, lasciandogli il segno.

Cadde il silenzio e durò per lunghi secondi.

Lupin non aveva bisogno di chiedere il motivo di quel gesto e nemmeno aveva bisogno di sentirselo dire.

Se lo meritava.

Per sua fortuna non giunse altro.

“Portami mio figlio” ordinò “O questo sarà niente in confronto a quello che ti farò, se dovesse succedergli qualcosa”

Zenigata la osservò in religioso silenzio, ringraziando mentalmente il cielo che fosse salva.

Lo stesso fece lei, ma in quel momento non osò muoversi e nemmeno parlare.

Avrebbe voluto stringerlo, baciarlo, ma non lo fece per non essere scoperta.

Non sapeva, però, che Lupin era al corrente della storia fra loro due.

Ad eccezione di Yata, per Anika gli altri erano tutti ignari della storia che era nata fra lei e Zenigata e non sapevano che Yuki fosse suo figlio.

Alle volte aveva pensato che quel segreto era tipo segreto di Pulcinella, ma se nessuno veniva a dirle nulla, per lei erano tutti nell’ignoranza più totale.

Lupin divenne serio ed annuì, voltandosi poi verso Jigen “Che cosa avete scoperto?”

Jigen tirò fuori dalla tasca interna della giacca una piccola mappa della villa e dintorni.

Sfruttando la luce della torcia che Zenigata si portava sempre dietro, si riunirono e visionarono il contenuto della mappa.

“Uuh, Fujikuccia mia, ci sei anche tu!” disse Lupin, assumendo uno sguardo da ebete.

“Meriteresti una martellata in testa, altro che uno schiaffo!” rispose lei “E non, guardarmi con quella faccia da lemure!”

“Oh, ma dai Fujiko, cosa posso fare per farmi perdonare?”

“Chiudi il becco, Lupin!” lo ammonì Jigen aiutato da Goemon il quale, stufo di sentire Lupin fare il casca morto con Fujiko, gli diede l’elsa della spada in testa.

Una volta zittito definitivamente, si dedicarono alla mappa di Jigen.

Mentre erano tutti chini su di essa, Anika e Zenigata si scambiarono un’occhiata.

Per un attimo si stupì nel vedere la sua amata in tenuta da battaglia, era da parecchio che non la vedeva in quel modo.

Lei si sentiva in colpa e le motivazioni erano tante, ma lui non sembrava arrabbiato, anzi.

Le sorrise e ammiccò.

Più tranquilla, Anika si mise ad ascoltare le parole di Jigen, ripromettendosi di parlare con Zenigata al più presto.

C’era una cosa che doveva dirgli e voleva farlo al più presto, anche se...non sapeva come.

 

*****

 

Il Signor Kimura avanzava lentamente lungo il corridoio al secondo piano della villa.

Tre enormi lampadari con gocce di cristallo lo illuminavano e facevano risplendere il lungo tappeto rosso di velluto al centro.

Era forse il piano più bello della villa.

Era il piano dedicato alle camere da letto, altrettanto sfarzose, nonché ai relativi servizi igenici delle stesse.

Il primo piano era adibito per il suo studio personale e le stanze private, mentre il pian terreno era fornito della cucina, stanza di sicurezza per la video sorveglianza nonché due enormi saloni: uno per mangiare ed uno per ricevimenti.

Era fiero di quella sua villa, costruita con il sudore della fronte per garantire alla sua famiglia un luogo sicuro e agevole dove vivere.

La stessa famiglia che ora non lo circondava più.

La moglie era morta a causa di una brutta malattia che, anni prima, nel giro di pochi mesi, gliel’aveva portata via.

Ed infine il figlio.

Un ragazzo giovane, appena vent’anni, di bell’aspetto e amato da tutti.

Avrebbe dovuto prendere le redini dell’attività di famiglia una volta che lui fosse scomparso e invece non sarebbe mai stato così.

Erano nei boschi intorno alla villa, stavano semplicemente parlando.

Si udì uno sparo in lontananza ed infine un gemito, il poveretto cadde a terra e non si rialzò più.

Kimura non seppe mai il nome del sicario che aveva ucciso suo figlio e nemmeno se quel colpo fosse davvero rivolto a lui.

Ma non aveva mai smesso di cercare e, grazie all’asta che avevano adibito in città, aveva scoperto l’esistenza della bilancia e la leggenda che correva dietro di essa.

Ma no, Lupin doveva rovinare ogni cosa, compresa un asta...una stra maledetta asta in cui Kimura era certo al cento per cento che nessuno avrebbe osato acquistare quella bilancia in quanto considerata maledetta persino dai ladri.

Lupin le aveva portato via l’unico appiglio per scoprire chi aveva ucciso suo figlio ed ora lui gli porterà via qualcosa con altrettanto valore.

Per colpa di Lupin, la sua attività sarebbe morta con lui...o quasi.

Giunto in fondo al corridoio, dove la porta dell’ultima stanza era chiusa e ben sorvegliata, Kimura sentì che era giunto il momento di passare all’azione.

Con un cenno della mano liquidò le guardie, che subito obbedirono e se ne andarono, poi aprì lentamente la porta.

La stanza era vuota, cosa alquanto strana visto che le guardie erano appostate fuori e la finestra non era nemmeno aperta.

Chiuse la porta e avanzò fino al centro.

Kimura poté udire di sottofondo il rumore di un respiro affannato...proveniente da sotto al letto a baldacchino.

“Non voglio farti del male” disse Kimura “Esci, devo parlare con te” lentamente e molto titubante, la piccola figura di Yuki fece capolino all’esterno e si rimise in piedi.

Aveva paura e voleva i suoi genitori come qualunque bambino della sua età, ma allo stesso tempo cercava di non darlo a vedere.

La sua mamma gli aveva sempre detto di essere forte e coraggioso mentre suo padre...beh, lui era un poliziotto e i poliziotti non hanno paura.

Yuki voleva essere come loro, coraggioso.

“Dimmi, piccolino, ti piace questa casa?” domandò Kimura con tono calmo, pur rimanendo serio.

Yuki era troppo piccolo per capire se in quella domanda si celava qualche trabocchetto, per lui era una domanda come un’altra e la mamma gli aveva insegnato che domandare era giusto e rispondere era cortesia.

Yuki non era ancora in grado di rispondere girando intorno al problema o mentendo, lui rispondeva con il cuore e l’emozione del momento.

Di fatti guardò Hideo Kimura negli occhi e annuì “Sì, signore”

“E’ molto grande, spaziosa e piena di stanze” proseguì il signor Kimura “Alcune più grosse di questa” con il dito indicò l’intera stanza in cui si trovavano “E, se davvero ti piace, potrebbe essere tua”

Yuki lo guardò interrogativo “Mia?”

Kimura annuì, era già sicuro di riuscire a farlo cedere.

Se riusciva a convincere il bambino a restare lì, sarebbe andato a pari.

Lupin aveva la bilancia? Lui aveva il bambino e sapeva che tra i due c’era un legame.

Il ladro avrebbe dovuto scegliere: o la bilancia o Yuki.

Dato che era sicuro che Lupin avrebbe scelto il bambino, si rese conto che era meglio correre ai ripari.

Se Yuki acconsentiva a restare, Lupin sarebbe stato in seria difficoltà.

“Vedi, piccolo…” Kimura sospirò “Avevo un figlio, un bel ragazzo con molti anni ancora da vivere” un altro sospiro “Purtroppo il mio ragazzo non c’è più”

“E dove si trova?” chiese Yuki curioso.

“In cielo” rispose Kimura.

Yuki pensò e poi disse “E’ un angelo?” Kimura annuì “La mia mamma dice che...che le persone vanno in cielo quando non ci sono più, ecco perché non le vediamo” spiegò “E diventano dei bellissimi angeli”

Kimura non riuscì a non sorridere “Esatto, la mamma ti ha detto giusto” confermò “Ora, però, devi ascoltarmi molto bene” lo aiutò a sedersi accanto a lui sul letto “Vedi, il mio ragazzo ormai è un angelo e non posso chiedergli di darmi una mano nel mio lavoro” disse “Ho parlato con la tua mamma e lei mi ha confermato che tu puoi stare qui quanto vuoi ed io ti insegnerò il mio lavoro e tutto questo…” indicando di nuovo la stanza e riferendosi anche alla villa “Sarà tuo”

A Yuki si illuminarono gli occhi “Tutto mio?” il solo pensiero gli fece battere il cuore.

Aveva capito poco di tutto quel discorso, ma finché era certo che la mamma aveva dato l’ok per lui andava bene.

E poi iniziava già a pregustare l’idea di tanti bei giocattoli.

Per lui una villa così grande e decorata equivaleva ad un luogo dove un bambino poteva avere tutti i giocattoli del mondo.

Era un ragionamento molto spartano ma, allo stesso tempo, normale per un bambino molto piccolo come Yuki il quale, con occhi sempre sgranati, annuì “Sì, signore!” esclamò “Sì, voglio restare!”

Kimura sorrise, venendo colto alla sprovvista da un abbraccio da parte di Yuki.

Dopo il primo attimo di smarrimento, ricambiò la stretta e rivisse con la mente tutti i momenti in cui suo figlio lo aveva stretto...e al loro ultimo abbraccio.

Cercò di non cedere alle emozioni e si concentrò sul suo piano.

Era fatta, Yuki era suo.

 

*****

 

“...E questo è il piano” concluse Jigen, ricevendo l’approvazione da parte di Lupin e Zenigata.

“Jigen, ti sei davvero superato” ammiccò Lupin “Agli imprevisti ci penserò io”

“Ehm, scusatemi” Fujiko richiamò l’attenzione di Jigen “Devo per caso ricordavi quanto abbiamo stabilito?” domandò, indicando Anika.

“Per quanto detesti ammetterlo, Fujiko ha ragione” aggiunse Goemon, guardando Anika “Tu devi restare qui”

“Cosa?” Anika, che ben sapeva a cosa facevano riferimento, scosse la testa “Si tratta di mio figlio, voglio esserci!”

Si aspettavano una reazione così, tutti...compreso Zenigata che non sapeva a cosa stessero facendo riferimento.

“Anika, guardami” Jigen le prese il volto fra le mani “Anni fa ho commesso uno sbaglio e...a causa di esso ti ho persa” spiegò “Non posso tornare indietro e non posso rimediare a quanto successo...ma voglio aiutarti ora, qui e adesso” Jigen la guardò dritta negli occhi “Ti chiedo solo di ascoltarmi, di restare qui al sicuro”

Anika tremava e non riusciva a sostenere lo sguardo.

“Yata resterà con te” aggiunse Zenigata, con l’approvazione di Yata e degli altri.

“Porterò Yuki a casa e lo porterò sano e salvo” infine, Jigen la strinse forse a sé ed Anika, ormai rassegnata e priva di qualunque forza, ricambiò la stretta.

“Portalo a casa, Jigen” mormorò “Riportalo da me”

Jigen annuì e la lasciò andare affidandola a Yata, che ricevette un’occhiata di intesa da parte sua e dell’ispettore.

Quest’ultimo, poi, volse lo sguardo su Anika, ammiccò e seguì il resto del gruppo all’interno della foresta, facendo attenzione a non farsi beccare dalle telecamere.

La bilancia l’avevano portata con loro.

“Anika, stai bene?” Domandò Yata, ricevendo un cenno di assenso “E’ colpa mia” aggiunse “Avevo l’ordine di sorvegliare Yuki, ma ci hanno presi alle spalle e mi hanno dato un colpo in testa...lo hanno portato via”

“Yata, no” lo rassicurò Anika “Non è colpa tua, non osare mai più dire una cosa del genere”

Yata non era tranquillo, anzi.

I sensi di colpa lo attanagliavano senza pietà e l’unica cosa che avrebbe voluto fare era sprofondare nel terreno.

Anika non era per nulla arrabbiata con lui.

Yata era sempre stato al suo fianco nei momenti di bisogno ed aveva sempre trovato in lui un ottimo confidente.

Era stato proprio lui il primo a sapere che aspettava Yuki e questo perché aveva paura di dirlo a Zenigata.

Ora aveva un’altra confessione da fargli ma...non sapeva come fare...come dirglielo.

E aveva anche altro nella mente: voleva partecipare, voleva prendere Yuki e portarlo a casa.

Ma non poteva farlo finché Yata era con lei.

Da quando lo conosceva, si era accorta del miglioramento avuto e di quanto fosse devoto agli insegnamenti di Zenigata.

Buono e ingenuo quanto voleva, ma ormai era abbastanza esperto da non farsi più ingannare dal primo che passa.

Ma lei non era il primo che passa.

C’era solo un modo per entrare in azione “Yata, io…” Anika deglutì, allungando lentamente una mano verso la fondina dell’uomo ed estraendo la pistola “Ti prego, perdonami” con le lacrime agli occhi, colpì Yata sulla nuca e lo vide cadere a terra privo di sensi.

Con il respiro affanno ed un senso di nausea a livelli strato sferici, Anika cercò di ricacciare indietro le lacrime e, facendo attenzione alle telecamere, si addentrò fra gli alberi.

-Sto arrivando, Yuki, resisti-

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Ecchimeeeee! Perdonate il ritardo mostruoso, ma ho avuto un pochino da fare (il lavoro mi sta pigliando di brutto)

Spero che questa attesa sia servita a qualcosa e che questo capitolo, seppur breve, sia di vostro gradimento.

Buona lettura

 

 

Sorpassare le telecamere era stata la parte più facile e tutto grazie ai loro raggi di azione limitati.

La bilancia era ben legata alla schiena di Goemon, che non aveva problemi di movimento e non si sentiva oppresso dal peso dell’oggetto.

La parte più dura era subito dopo le telecamere.

Il muro era ricoperto da sensori che la notte si attivavano per aiutare meglio le guardie e, se coperti, facevano scattare l’allarme generale.

Se le carte procurate da Jigen erano reali, i sensori erano posti a trenta centimetri gli uni dagli altri e questo lasciava poca agibilità al gruppo.

“Dannazione, siamo bloccati” disse Jigen, maledicendo chiunque ci fosse da maledire.

“E da quando ti fai fermare da dei sensori?” domandò sarcastico Lupin, osservando attentamente il muro “Lo hai detto tu stesso, sono sensori di ultima generazione, se restano coperti più di cinque secondi scatta l’allarme”

Goemon venne colto da un flash e spostò lo sguardo da Zenigata a Lupin “Lupin, pensi quello che sto pensando io?”

Lupin ammiccò “Esattamente, mon amì” poi guardò Zenigata con uno strano sorriso “Zazà, hai ancora voglia di mettermi le manette?”

 

*****

 

“Che cosa facciamo?” domandò una delle guardie, sedute in sala controllo e che osservava uno dei monitor.

Lupin e la sua banda erano ben visibili grazie a delle telecamere nascoste e che non erano state segnate sulle carte.

Il ladro era completamente ignaro di essere osservato e questo dava a Kimura un enorme vantaggio.

Sapeva che Lupin non avrebbe fatto nulla di azzardato, altrimenti era al corrente di quello che sarebbe successo al bambino in caso di intoppi.

A breve avrebbero scavalcato il muro, era meglio lasciar loro la strada libera.

“Richiama i tuoi uomini” ordinò Kimura, facendo sbalordire la guardia

“Ma, signore, Lupin...lui è…”

“Ti ho dato un ordine, eseguilo” tagliò corto Kimura e la guardia obbedì.

Attraverso un walkie talkie, collegato alle varie ricetrasmittenti dei suoi uomini, ordinò la ritirata e tutti quanti, seppur sbalorditi da quella richiesta, eseguirono.

L’intera villa esterna era sgombra di pericoli e guardie.

“Signore, crede che sia saggia una decisione simile?” azzardò il capo delle guardie.

Kimura annuì “Lupin e i suoi non faranno né morti né prigionieri” spiegò “Vorranno il bambino, ma per averlo sanno cosa fare”

La guardia non poté controbattere e proseguì con gli ordini ricevuti.

 

*****

 

“Questa è l’idea più stupida che ti sia mai venuta in mente” si lamentò Fujiko

“Concordo, che diavolo hai in testa?” aggiunse Jigen “Di certo non il cervello”

“Allora è vero che non amate più il brivido dell’avventura” sbuffò Lupin, che era in testa alla fila, seguito da Zenigata e poi gli altri.

L’ispettore, come da abitudine, viaggiava con le manette formato famiglia che aveva creato apposta per Lupin e la sua banda.

Per essere sicuro di non mancarli nel caso avesse dovuto utilizzarle, le aveva create allungabili e retraibili, qualità che a Lupin servivano.

Prese l’estremità e, dopo averla fatta roteare in stile lazo, la lanciò contro la chioma di un albero dall’altra parte del muro.

Appena sicuro di essersi agganciato, fece scattare il meccanismo di ritirata e, con un piccolo salto, il gruppo venne letteralmente tirato oltre il muro.

Non appena atterrarono, Jigen disse parole irripetibili nei confronti di Lupin mentre Fujiko si sistemava i capelli.

“Ci ho messo quasi due ore dal parrucchiere per essere perfetta e guardami adesso” piagnucolò la donna, togliendosi alcune foglie e alcuni rametti dalla testa.

“Mia dolce Fujiko, tu sei perfetta anche con quei rametti e quelle foglie” disse Lupin, liberandosi dalle manette.

“Sembra che tu abbia un nido di uccelli al posto dei capelli” ghignò Jigen

“Come ti permetti!? Screanzato!” sbottò la donna.

Mentre erano intenti a discutere, Goemon e Zenigata si osservavano attorno.

C’era calma e silenzio...troppo silenzio.

“La cosa non mi piace” commentò Zenigata “Non ci sono guardie, come è possibile?”

“Prevedo guai” confermò Goemon.

“Non temete, è tutto previsto” si intromise Lupin, incamminandosi come se niente fosse verso la villa.

Era tranquillo, troppo.

Lupin sapeva che quella pace era temporanea e sapeva anche che le guardie erano state richiamate apposta.

Hideo Kimura aveva in ostaggio un bambino molto piccolo ed essendo, in fondo, un essere umano, aveva fatto in modo che Lupin e la sua banda avessero campo libero.

Si sarebbero introdotti nella villa senza troppi problemi e tutto senza rischiarare sparatorie inutili.

Il problema sarebbe sorto dopo, ma ci avrebbero pensato se mai fosse accaduto.

Infatti, entrarono nella villa con facilità.

Anche lì c’era silenzio.

Ma era ovvio che quel silenzio non era normale, che c’era qualcosa che si nascondeva nell’ombra.

Grazie ai suoi anni di meditazione, Goemon era l’unico che si era accorto di qualcosa che si muoveva nell’ombra.

“Dietro di noi!” esclamò, estraendo la spada e obbligando il gruppo a voltarsi.

Infatti, tempo pochi istanti, dalle pareti scesero una ventina di uomini, gli stessi che li avevano attaccati.

Lupin aveva dato ordine categorico di non sparare e non spargere sangue, non sapevano se Yuki era a portata di vista o peggio, se stava bene.

A Jigen prudevano le mani, avrebbe preferito farli fuori tutti invece che rimanere fermo con le mani in mano, ma, purtroppo, Lupin aveva ragione.

Dopo essere stati circondati, senza possibilità di muoversi, gli uomini in muta nera puntarono le loro armi verso di loro.

“Ehi, ma che modi!” si lamentò Fujiko “Non si puntano le armi contro una signora”

“Sì, ma che tipo di signora?” commentò Jigen, ricevendo un’occhiataccia da parte di Fujiko che, per ovvi motivi, non ribatté.

Lupin sembrava fin troppo tranquillo per essere uno che è stato appena braccato.

Prese dalla schiena di Goemon la bilancia e la alzò in alto, ricevendo la maggior parte delle armi puntate su di lui.

“Ti hanno mai insegnato che, se chiedi con gentilezza, puoi ottenere molte più cose?” domandò Lupin, voltandosi verso l’enorme scalinata che portava al piano superiore.

Hideo Kimura lo stava osservando, con un sorrisetto stampato in volto.

“Bastava solo che tu me lo chiedessi” concluse Lupin.

Uno degli uomini osservò Kimura, che gli fece un cenno col capo.

Questi prese la bilancia dalle mani di Lupin, che non oppose resistenza.

“Vedo che sei un tipo ragionevole” disse Kimura, ricevendo la bilancia.

“Ora però devi rispettare l’accordo” ordinò Zenigata “Lascia andare il bambino”

Kimura scosse la testa “Chi mi assicura che questa bilancia non sia un falso?”

Lupin sorrise “Il fatto che hai mandato i tuoi uomini a cercarci e loro hanno letteralmente fatto saltare tutta la nostra attrezzatura, non avrei avuto modo di farne copie” spiegò tranquillamente il ladro, facendo capire a Kimura che non mentiva “Ma devo avvertirti” aggiunse tornando serio “Quello che risulterà, non ti piacerà”

Kimura corrucciò la fronte e strinse i pugni.

 

*****

 

Anika corse attraverso il boschetto, cercando di ricordare l’esatto percorso fatto dagli altri.

Le telecamera furono semplici da evitare, ma giunta al muro ebbe molta più difficoltà anche se, da una parte, dalla sua aveva la giovane età, l’abilità e nessun ingombro...non ancora per lo meno.

Fece dei respiri profondi, si concentrò e prese la rincorsa.

Una volta, quando era molto piccola, aveva visto alcuni ragazzi praticare il parkour e aveva provato ad imitarli più volte.

Un giorno, però,aveva sbagliato la mira ed era caduta, rompendosi un braccio.

Da quel giorno non aveva più osato praticarlo.

Ora, quella poca pratica, si stava per rivelare molto utile.

Una volta caricato, corse a gran velocità e con un balzo felino riuscì ad arrampicarsi sul muro e scavalcarlo abbastanza velocemente da non far scattare i sensori e, di conseguenza, l’allarme.

Non appena i suoi piedi toccarono terra restò immobile pochi istanti, assicurandosi di essere realmente tutta intera e che nessuno l’avesse vista.

Lei stava bene e...non c’era nessuno.

Sospirò di sollievo, ringraziando mentalmente gli Dei per averle donato quell’agilità e ringraziando anche Jigen per l’abbigliamento comodo e le scarpe da tennis.

Sorrise soddisfatta, poi scosse la testa, tornando al suo piano.

Lupin e gli altri non c’erano, dovevano essere entrati nella villa, meglio. Ad Anika serviva campo libero per attuare il suo.

Sapeva che erano intenti a dare la bilancia a Kimura, in modo da riavere Yuki.

Ma se la sua memoria non la ingannava, gente come Kimura non rispetta mai i patti e Yuki non era decisamente con lui, ma chiuso in una delle stanze.

Alzò lo sguardo verso l’alto, in direzione della villa.

Una delle finestre all’ultimo piano era aperta e sembrava dare sul corridoio.

Non tanto distante da essa vi era il pluviale.

Se riusciva ad arrampicarsi, senza farsi prendere dalle vertigini o altro, avrebbe raggiunto la finestra e sarebbe entrata.

Sperò di non incappare in Lupin e gli altri, altrimenti sarebbero stati guai.

Ma non le importava più di tanto, Yuki era la sua ragione di vita, l’aveva resa madre, nessuno glielo avrebbe portato via e lei non sarebbe rimasta ferma a guardare senza agire.

Facendo sempre dei respiri profondi, si avvicinò al pluviale e, dando spazio alle sue poche doti di arrampicatrice, iniziò a salire lentamente verso l’alto.

Anche se resistente, era comunque un piovano di plastica e non era sicuro che reggesse il suo peso o che rimanesse ben agganciato.

I cigolii delle placche che lo fermavano le facevano rizzare i capelli, ma fece di tutto per non badarci e non lasciarsi sopraffare dalle vertigini e dalla morsa che le attanagliava lo stomaco.

Fu un’arrampicata lunga, benché fossero solo dieci metri circa.

Non appena dentro, la paura che l’aveva avvolta scomparve e prese mentalmente nota di non farlo mai più.

Come da previsioni, era finita nel corridoio.

Le stanze erano tutte aperte...tranne una, quella alla sua destra.

Con il cuore che batteva a mille ed il respiro affannato, Anika si avvicinò e la aprì.

Una volta dentro, nonostante il buio, intravide una minuscola figura che le corse incontro.

“Mamma!”

Ad Anika si inumidirono gli occhi e si inginocchiò, lasciando che il bambino le si fiondasse addosso e la stringesse.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Ecchime!

A voi il nuovo capitolo dove ha contribuito anche la nostra amata Fiore del deserto (ormai non mi sopporta più, se potesse ammazzarmi lo farebbe)

Buona lettura

 

 

 

“Stai bene, piccolo mio?” domandò Anika terrorizzata, pregando che non gli avessero fatto del male.

Il bambino annuì sorridendo felice “Mamma, vivremo qua!” esclamò tutto felice, lasciando la madre alquanto perplessa.

“Il signore ha detto che posso vivere qua, quindi anche tu vivrai qua e anche papà”

Anika non aveva parole e non sapeva il reale motivo per cui Kimura avesse detto quelle cose ad un bambino così piccolo e influenzabile.

Una cosa era sicura, c’era un doppio fine e Anika non lo avrebbe mai permesso.

Doveva tentare di far cambiare idea a Yuki nel miglior modo possibile.

“Amore, siamo molto lontani da casa” disse Anika con un piccolo sorriso “Non potresti più vedere i tuoi amichetti dell’asilo”

Yuki sembrò riflettere, ma dentro di sé sentiva voglia di piangere.

Non voleva perdere i suoi amichetti.

“No” piagnucolò “Non voglio non vederli più” si strinse alla madre che lo prese subito in braccio, sospirando di sollievo per avergli fatto cambiare idea velocemente.

Il suo unico pensiero, in quel momento, era portarlo via da lì il più presto possibile e tutto prima che qualcuno li scoprisse.

Ma quello fu il classico ultimo pensiero famoso: nel giro di pochi istanti, la stanza venne invasa di un gruppo di uomini in muta nera.

Vennero subito circondati ed Anika, sentendo Yuki irrigidirsi per la paura, avvertì la rabbia ribollire dentro il suo corpo.

Fare così davanti ad un bambino...il suo bambino, era decisamente imperdonabile.

Lo mise a terra e gli uomini, nel frattempo, la tenevano d’occhio con le armi puntate contro di lei.

“Davanti ad un bambino con le armi?” domandò Anika, come se niente fosse “Che uomini”

Gli uomini si guardarono fra loro e, probabilmente perché avevano ricevuto ordini particolari, rimisero le armi in spalla.

Uno di loro si fece avanti “Dovete seguirci” disse con un tono che non ammetteva repliche.

Anika fece un profondo respiro e si rivolse al piccolo Yuki “Quello che vedrai non dovrai mai farlo, capito?” non attese neanche la risposta del bambino e nemmeno si voltò a guardarlo.

Con una velocità incredibile, si scagliò contro l’uomo vicino a lei e gli assestò una ginocchiata dritta alle parti intime.

Di conseguenza, mentre questi era a terra senza respiro e dolorante, tutti gli altri iniziarono a scagliarsi contro di lei, che tentò di difendersi sfruttando tutto quello che aveva imparato da Lupin, Jigen e persino Goemon.

Ma erano comunque troppi per lei e ad un certo punto venne bloccata e si ritrovò immobile.

Due uomini la tenevano ben stretta e un altro teneva Yuki, che si dimenava e si lamentava che voleva scendere.

Anika non sapeva come difendersi e come proteggere Yuki.

Avrebbe dovuto dare retta agli altri, avrebbe dovuto rimanere con Yata e non rubargli la pistola, che non aveva usato per non spaventare il bambino, scappare e mettersi nei guai.

Insieme agli uomini, vennero portati fuori dalla stanza.

Destinazione, ingresso della villa.

 

*****

 

La tensione creatosi nell’atrio era così spessa che avrebbero potuto tagliarla con il coltello.

Kimura era improvvisamente indeciso e spostava lo sguardo dalla bilancia a Lupin, respirando a malapena e tremando.

Cosa intendeva dire il ladro con la frase non ti piacerà?

Purtroppo c’era un solo modo per scoprirlo.

Prese dalla tasca un piccolo taccuino e strappò una pagina scrivendoci sopra il nome del suo amato figlio.

Se aveva capito bene, nel momento che posava il foglietto sulla bilancia essa avrebbe fatto apparire il nome di chi aveva assassinato suo figlio.

Lo scrisse e, fiducioso, posò quel pezzo di carta sulla bilancia.

Come da previsione, la bilancia lo assorbì...ma non lo fece mai rispuntare.

Nessun progresso

Seppure colto da un preliminare turbamento, Kimura decise di riprovare.

Un nuovo foglio, un nuovo fallimento.

Dopo averlo sentito inveire verbalmente contro la bilancia, convinto che fosse difettosa, Lupin decise di farsi avanti.

“Te lo avevo detto” disse il ladro gentiluomo attirando l’attenzione di Kimura “Non vedrai mai spuntare il nome di tuo figlio, perché non è morto come hai sempre creduto” specificò.

“Cosa dici?” domanda Kimura con un accento che suonava, per lo più, come una prossima minaccia.

“Non è stato un colpo di pistola ad ucciderlo.” continuava Lupin, per nulla intimorito “La malattia gli ha giocato un brutto tiro... e tu lo sapevi.”

“Come osi...” digrignando fortemente i denti, Kimura lo fulminò con lo sguardo come se avesse voluto farlo fuori con le sue stesse mani.

Nessuno, all’infuori di lui sapeva della condizione salutare del defunto figlio e, scoprire di colpo che qualcun altro ne fosse a conoscenza, lo faceva a dir poco infuriare.

“Nessuna pistola avrebbe potuto ammazzarlo,” continuava Lupin senza temere alcuna conseguenza e mantenendo una fredda calma “perché sai meglio di me che chiunque avesse fatto un simile gesto...aveva una pessima mira.”

Kimura era rimasto letteralmente scioccato.

Suo figlio soffriva di cuore da molto tempo, da quando era appena un bambino.

Non avrebbe mai potuto fare le cose come gli altri bambini e questo lo sapeva bene, ma non si era mai arreso ed era diventato un giovane omo che coltivava le sue passioni e cercava di entrare a far parte dell’azienda di famiglia.

Lupin aveva scoperto della malattia di questo ragazzo grazie alle voci che circolavano fra i vari ladri.

Tutti sapevano che Hideo Kimura possedeva una discreta fortuna o tanti volevano entrare in possesso di quei bene.

Uno di questi ladri, però, aveva una mira così pessima che il colpo di pistola indirizzato a Kimura è finito addosso al figlio di quest’ultimo, che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Il colpo non lo aveva ferito in parti vitali del corpo, ma semplicemente alla spalla.

Ovviamente, se non veniva curato al più presto il poveretto avrebbe rischiato la morte per dissanguamento e solo in quel caso sarebbe apparso un nome inserendo il foglio nella bilancia.

Ma la morte era avvenuto troppo velocemente e questo perché il cuore del ragazzo non era riuscito a sopportare la mole di lavoro che gli era sopraggiunta.

Risultato? Morte per infarto.

Kimura avrebbe voluto poter ribattere e dimostrare a Lupin che si sbagliava, ma sapeva di essere in una posizione di svantaggio per quell’argomento.

Decise di giocare l’unica carta che aveva in suo possesso e si voltò verso un groppo di uomini e fece loro cenno di avvicinarsi.

Obbedirono e portarono al suo cospetto Anika e Yuki, sotto lo sguardo scioccato del gruppo che non si aspettava di vedere la donna.

Zenigata fece per saltargli addosso e difendere la sua famiglia, ma Lupin lo bloccò appena in tempo.

Quello che non riuscì a bloccare fu l’esclamazione di Yuki.

“Papà!” si lamentava il bambino, cercando di liberarsi e lasciando Zenigata di pietra.

Jigen restò anche peggio.
Zenigata era il padre di Yuki?

Sentì l’intero mondo crollare sotto i suoi piedi e peggio fu quando si accorse che nessuno degli altri faceva una piega davanti a tale scoperta.

Era l’unico che non sapeva nulla realmente e non aveva avuto nemmeno un sospetto.

Quindi, se Yuki era figlio di Zenigata allora…

Scosse la testa e preferì rimandare quei pensieri ad un altro momento, ma non riusciva a nascondere le sue emozioni che, per sua fortuna, non erano tanto diverse da quelle che stavano provando gli altri in quel preciso istante.

“Ho chiesto a questo bambino di rimanere” disse Kimura, indicando Yuki “Ma vedo che non è più d’accordo con la mia proposta. Per questo sono a proporvi un affare” li guardò uno ad uno “Se mi dite il vero motivo per cui la bilancia non fa apparire il nome dell’assassino di mio figlio, io lascerò liberi la donna e il bambino” disse, puntando i suoi occhi contro Lupin.

Lupin si lasciò scappare un’imprecazione e cercò di pensare alla svelta un piano per risolvere la situazione.

Fu Anika a correre in suo aiuto.

“La bilancia funziona” disse, attirando l’attenzione di Kimura su di sé “Se non esce un nome significa che tuo figlio non è morto assassinato”

Kimura strinse i pugni “Maledetta!” si avvicinò e la afferrò per il colletto.

Il resto del gruppo avrebbe voluto intervenire, ma non lo fecero perché sapevano che Kimura non avrebbe mai osato aggredire Anika davanti a suo figlio.

“Sei in combutta con loro!” sbottò, mentre i suoi occhi divennero rossi di rabbia e lucidi di disperazione.

Anika riusciva a vedere in quell’uomo non solo la pazzia dovuta alla morte del figlio, ma la disperazione che lo aveva portato a tutto quello.

Cercando di muoversi lentamente, per non destare sospetti, Anika tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un foglietto...lo stesso su cui Lupin aveva scritto il suo nome.

Lo mostrò a Kimura, che lo prese e lasciò andare lei.

“Che cosa significa?” domandò senza capire.

“Quello è il nome di chi ucciderà Lupin III” rispose “Ma quel nome non è completo e non lo sarà mai”

 

IL GIORNO PRIMA

ISOLA DI HASHIMA – FABBRICATO ABBANDONATO

 

Anika era rinchiusa nel bagno e sentiva il pavimento in pietra sgretolarsi sotto i suoi piedi ed essendo già crepato poco ci mancava.

Per un momento aveva intenzione di prendere e far fuori Fujiko e le sue intuizioni femminili, nonché le sue idee.

La donna era stata chiara: se usciva il risultato che pensava, Anika non doveva assolutamente partecipare al colpo e stare in disparte per la sua sicurezza e non solo.

Purtroppo, quel risultato era uscito.

Anika teneva fra le mani un test di gravidanza recuperato di nascosto da Fujiko, che la stava aspettando fuori dalla porta.

Yuki era stato un azzardo, aveva avuto paura e non era mai stata sicura.

Ma un altro, così, in un momento simile e con Lupin che aveva fatto il suo ritorno.

E Zenigata? Come avrebbe reagito?

Sicuramente la stava considerando una traditrice, una volta faccia, se fosse saltata fuori a dirgli che era di nuovo in attesa come si sarebbe comportato?

Avrebbe potuto pensare che non fosse suo o peggio e tutto per colpa di Lupin e della sua smania di ladro.

Se non fosse mai giunto in città lei non avrebbe avuto alcun tipo di problema.

Lupin l’avrebbe pagata, quel bambino sarebbe stata la sua arma contro di lui.

Subito dopo questo pensiero, però, sentì gli occhi inumidirsi e scoppiò in lacrime, che scesero copiose lungo il suo volto.

Che razza di pensieri erano?

Davvero avrebbe usato il suo bambino per questo?

Anika?” Fujiko bussò alla porta “Zuccherino, va tutto bene?”

Cercando di asciugarsi le lacrime alla buona, Anika si alzò e aprì la porta mostrando un piccolo sorriso appena accennato.

Fujiko intuì subito il risultato e sorrise “Congratulazioni, zuccherino” cinguettò “Allora si fa a modo mio” Anika annuì, senza dire nulla e la superò.

Ti prometto che lo potrai dire presto all’ispettore” Anika si bloccò e sentì il un brivido percorrerle la schiena “Tranquilla, lo so da un pezzo, ma non preoccuparti…” le passò di fianco e ammiccò “Non l’ho detto a nessuno” ed Anika si sentì molto meglio e grata per questo “Però dovrò avvisare i due bell’imbusti del tuo stato”

Anika le fu vicino in un baleno e, senza preavviso, abbraccio Fujiko la quale, non aspettandoselo, ci mise qualche secondo prima di ricambiare e sorridere dolcemente.

Goemon” mormorò “Se deve saperlo qualcuno, voglio che sia lui”

Fujiko non ebbe bisogno di chiedere il perché, si limitò ad annuire e obbedire al desiderio di Anika.

Rimasero strette ancora qualche secondo, alla fine si divisero e Fujiko notò lo sguardo sgranato della ragazza.

Ehi, Anika, tutto bene?”

Anika deglutì “Credo di aver appena capito perché la bilancia ha dato quel nome per Lupin…” lo guardò “Fujiko, avrei ucciso Lupin!”

 

TEMPO PRESENTE

 

Kimura continuava a non capire, ma Anika rispose subito al resto delle sue domande.

“Il nome che la bilancia ha dato per Lupin III è il nome di qualcuno che non è ancora nato, ma che nascerà” proseguì “E che se non mi accorgevo, avrebbe davvero portato Lupin alla distruzione”

Si portò una mano al ventre e si voltò verso gli altri, guardandoli e scusandosi per come poteva con il solo sguardo.

“Provala” proseguì Anika, rivolgendosi nuovamente a Kimura “Scrivi il nome di Lupin e avrai la prova che la bilancia non mente”

Kimura non le credeva, ma volle lo stesso provare.

Scrisse il nome di Lupin e la bilancia, come previsto, lo assorbì.

Stavolta, però, non riapparve, con grande stupore non solo di Kimura ma anche di Lupin.

“Ma cosa…?” Kimura guardò Anika “Che razza di scherzo è questo?”

Anika scosse la testa “Nessuno scherzo” rispose “A causa della mia rabbia...stavo per uccidere Lupin III, ma ora…” tornò a guardare Lupin “Se tornassi indietro non oserei mai più pensare una cosa del genere” gli occhi erano umidi “Perdonami, Lupin”

Kimura si rese conto che la storia di Anika reggeva e poi, purtroppo, vi erano le prove di quanto appena dichiarato.

La bilancia era vera e non sbagliava.

Suo figlio era realmente morto per la sua malattia e non per omicidio, lo sparo doveva essere destinato di sicuro a lui e non al suo ragazzo.

Aveva passato anni nel rimorso e nella pazzia, aveva assoldato sicari per ottenere informazioni e aiutarlo nel recuperare la bilancia.

Aveva messo sotto sopra il mondo intero e tutto per scoprire che suo figlio non era mai stato assassinato.

E Lupin lo sapeva, sapeva che la bilancia non avrebbe funzionato.

“Maledetti!” esclamò, prendendo Anika per il collo e prendendo dalla cintura di lei la pistola che la donna aveva rubato a Yata, puntandogliela contro e mettendo subito in allarme Lupin e gli altri.

“Anika!” Lupin fece per intervenire, ma uno degli uomini lo bloccò dandogli il dietro del mitra direttamente sullo stomaco.

“State fermi o lei non vivrà abbastanza da vedere suo figlio!” ordinò Kimura, facendo immobilizzare tutti.

“Marcirete all’inferno per questo affronto!” tuonò Hideo Kimura “E loro resteranno con me!”

Nessuno fece in tempo a ribattere.

Uno degli uomini in muta premette un pulsante nascosto dietro ad un quadro sulla parete e, sotto ai piedi di Lupin e gli altri, si aprì un enorme botola che li fece cadere nel vuoto.

Anika Gridò “NO!”

“Papà!” chiamò Yuki, spaventato.

Poi cadde il silenzio, la botola si richiuse, ed il punto dove prima c’erano Lupin e la sua banda rimase vuoto.

Anika venne portata via e stessa cosa Yuki il quale, però, venne separato da lei.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Ta daaaan ecco a voi il nuovo capitolo, spero che vi piaccia.

Grazie come sempre alla nostra amata Fiore del deserto (love you dear) e a chiunque legga, anche i silenziosi.

Buona lettura

 

 

L’atterraggio non fu tra i più morbidi e questo nonostante fossero finiti in un enorme vasca d’acqua posta in quello che doveva essere il sotterraneo della villa.

Doveva essere una specie di rifugio, vi era tutta l’attrezzatura per poterci vivere dentro in caso di guerre o attacchi di qualche genere.

C’erano persino delle armi.

L’unica pecca è che non vi erano porte o attrezzatura che facesse capire dove fosse l’ingresso/uscita da quel luogo.

Nel frattempo, la botola da cui erano giunti si era richiusa sopra le loro teste e già sapevano che non si sarebbe più riaperta.

Uscirono dalla grande vasca, gocciolando ovunque e facendo enormi pozzanghere sul pavimento.

“Dannazione” si lamentò Fujiko “Guardate come sono ridotta” la maglietta, già aderente di suo, con l’acqua era diventata quasi trasparente, per la somma gioia di Lupin.

Quest’ultimo, nonostante la situazione, assunse uno sguardo ebete e sorrise con un rivolo di bava alla bocca.

“Sei comunque splendida, mia dolce Fujiko Fujikuccia” fece per allungare le mani in direzione del seno di lei, ma dovette arrestarsi per via di un sonoro ceffone dritto in faccia.

“Ma come ti viene in mente di pensare a certe porcherie durante una situazione simile!?” sbottò Fujiko, coprendosi alla buona e ricevendo, stranamente, aiuto da Jigen.

Anche se fradicia, mise intorno alle spalle della donna la sua giacca “Mi hai risparmiato la fatica” commentò il pistolero, dedicandosi poi a Zenigata.

“Mi devi una spiegazione”

“Non ti devo proprio niente” ribatté Zenigata, ben sapendo a cosa alludeva il pistolero.

“Si invece” Jigen era furioso, ma cercava di mantenere lo stesso calma “Ti ho affidato Anika per un motivo, non di certo per questo”

Lupin intervenne “Jigen, calmati adesso, sono sicuro che…”

“Sta zitto, Lupin!” sbottò Jigen “Tu ne eri al corrente e ti sei ben guardato dal riferirmelo”

“Veramente lo sapevo anche io” disse Goemon, che comunque aveva intuito qualcosa ancora prima che Fujiko gli parlasse.

“Ma dai, era così ovvio” aggiunse Fujiko “Come è possibile che tu non te ne sia accorto”

Jigen si sentiva uno stupido, ma non aveva davvero capito nulla.

Non si era accorto di niente e per lui Yuki era figlio di qualche sciagurato che aveva approfittato di Anika e poi l’aveva abbandonata.

Mai sarebbe andato a credere che Zenigata fosse il padre, anche perché non credeva che l’ispettore si innamorasse di lei.

Si sentiva come un pesce fuor d’acqua, che annaspava alla ricerca di una pozzanghera con cui continuare a vivere e respirare.

Era stato così cieco, così stolto da non capire e non notare i particolari.

“Non serve che ti dica come funzionano queste cose” disse Zenigata, cercando di essere il più calmo possibile.

Sapeva fin troppo bene cosa stava pensando Jigen e riusciva a capire cosa stesse provando.

“Ma posso assicurarti che qualunque cosa accada ad Anika e a mio figlio, io non esiterò a distruggere chiunque osi far loro del male e…” deglutì “Questo vale anche...per...per…”

“Per il nuovo arrivo” lo aiutò Lupin, abbozzando un sorriso.

Zenigata era sempre stato un valido avversario, su cui Lupin e la sua banda potevano fare affidamento in caso di bisogno.

Lupin, non appena scoperto il tutto, non aveva detto nulla, anzi...era stato felice di quella notizia.

Si fidava ciecamente dell’ispettore e sapeva che Anika era al sicuro con lui e, seppur poliziotto, non avrebbe mai approfittato di lei.

Meglio un poliziotto che un malvivente e tutto nonostante rabbrividisse al solo pensiero di avere un grado di parentela, anche se non “legale”, con un ispettore di polizia.

Ma per Anika era tutti disposti a scendere a qualunque compromesso.

Quando finalmente l’atmosfera di calmò, Lupin iniziò a guardarsi attorno alla ricerca di un modo per andarsene da lì.

 

*****

 

Anika cercava di buttare giù la porta della stanza a suon di spallate, ma più che dolore non riusciva a fare altro.

L’avevano rinchiusa dentro a quella che aveva tutta l’aria di essere una cantina e chissà dove avevano portato il suo Yuki.

Mentre, prima, li scortavano giù nell’atrio, Anika aveva preso ogni precauzione possibile e durante il tragitto, con Yuki in braccio, aveva fatto la più solenne delle promesse “Torneremo a casa, fidati della mamma e fidati di Lupin” e pregava che Yuki lo stesse facendo.

Sapeva che era solo un bambino, ma sapeva che era anche molto intelligente e sveglio.

Ad un certo punto, però, le venne in mente che Fujiko, durante la preparazione, aveva munito Anika di un piccolo auricolare da utilizzare solo in caso di emergenza e che si collegava a quello di Jigen, Fujiko stessa e Goemon.

Lo prese dalla tasca dei pantaloni e se lo mise attivandolo.

“Fujiko?” provò a chiamare “Fujiko, mi senti?” ma nulla, dall’altra parte nessuno rispondeva.

Anika temeva il peggio: se fosse successo qualcosa? Se quella botola portasse a morte certa?

Che sarebbe successo?

Come avrebbe detto a Yuki della perdita del padre?

E per quale motivo si stava struggendo con quei pensieri senza nemmeno avere le prove materiali che ne dimostrassero la veridicità?

“Fujiko, Jigen, Goemon” li chiamò tutti e tre “Vi scongiuro, rispondetemi” supplicò, mentre si lasciava scivolare lungo la parete, fino a sedersi a terra con le mani all’altezza delle orecchie.

Si sentiva impotente, debole.

Un comportamento degno di una ragazzina alle prime armi e non di una madre il cui unico scopo dovrebbe essere quello di proteggere il figlio.

Una vera madre non può mostrarsi debole non così, non in quel momento.

Cercò di respirare a fondo ma il terrore le attanagliava lo stomaco già in subbuglio e lei fu costretta a portare le mani al ventre.

Quella creatura, non ancora nata, non solo stava già rischiando di non avere più il padre, ma stava per perdere anche la madre, mentalmente parlando, senza contare che Anika l’avrebbe persino sfruttata per uccidere Lupin.

Non ci aveva mai neanche pensato ad una cosa simile, ma la bilancia stessa le aveva messo davanti la cruda realtà.

Se Anika avesse proseguito con l’intenzione di farla pagare a Lupin, quella creatura sarebbe stata coinvolta.

“Oddio, che cosa ho fatto” portò le ginocchia al petto e scoppiò in un pianto a dirotto “Perdonami” era rivolta sia al bambino che a Lupin, il suo amato zietto che mai e poi mai le avrebbe fatto del male.

Lui, che era sempre stato al suo fianco, che le aveva insegnato a camminare, parlare e persino a divertirsi.

Che le aveva dato un’istruzione, seppur rudimentale, ma che dalla quale aveva imparato molto di più che a scuola.

Lui c’era quando Anika bisticciava con Jigen o veniva sgridata, quando si faceva male, quando piangeva e quando rideva.

Tutti c’erano sempre stati, persino Fujiko.

Se Jigen non avesse compiuto quel gesto, a quest’ora sarebbero stati una grande famiglia felice ma...Anika non avrebbe avuto Yuki e la nuova creatura...non con l’ispettore, per lo meno.

Cercò di calmarsi, non era decisamente il momento di lasciarsi andare.

Aveva pianto? Si era sfogata? Bene, ora doveva pensare alla svelta come uscire da lì insieme a Yuki e la sua famiglia.

Si asciugò le lacrime alla buona e si rimise in piedi.

Tentò ancora di dare qualche spallata, ma capì che non poteva andare avanti così.

Alla fine fece l’unica cosa che le venne in mente e che poteva realmente fare, estrarre la pistola.

La impugnò e la puntò contro la serratura della porta, pronta a sparare nel momento stesso che prendeva bene la mira.

Quando, finalmente, fu pronta, la serratura fece rumore e fu costretta a bloccarsi.

Qualcuno la stava forzando, non era il rumore di una chiave.

Che fosse Lupin?

Rimase in disparte, tenendo sempre la pistola ben salda in mano.

Quando la serratura fece CLAK e la porta si spalancò, tutto ciò che Anika riuscì a vedere fu un’ombra.

Fece per sparare, ma chi era entrato subito tentò di placarla “Ferma, non sparare!”

Quella voce…

“Anika, sono Yatagarasu, non sparare”

Anika avvertì un misto fra tre emozioni: paura, gratitudine e senso di colpa.

“Yata!” si fiondò immediatamente su di lui, stringendolo e venendo ricambiata “Perdonami, perdonami, mi dispiace tanto, non volevo ferirti, ma ho perduto la testa…”
“Anika, calmati, va tutto bene” le sorrise Yata, cercando di tranquillizzarla “Anche se, lo ammetto, hai una bella forza” si massaggiò appena la testa, continuando a sorriderle.

Anika si sentì molto più tranquilla, almeno non era sola.

Una volta sicuro che Anika stesse bene, Yata tornò serio “Dov’è Yuki?”

Anika scosse la testa “Non lo so” rispose “Lo hanno portato via, ma non so dove”

“E’ ancora nell’edificio” la rassicurò Yata “Nessuno è entrato o uscito. Coraggio, seguimi” Anika annuì ed insieme uscirono dalla cantina.

“Koichi e Lupin stanno bene?” domandò lei, ma Yata non sapeva cosa rispondere.

“Non ne ho idea, ma stai pur certa che riusciranno a cavarsela” rispose lui, mentre continuavano a correre con l’intenzione di raggiungere i piani superiori della villa.

 

*****

 

“Ancora nulla” si lamentò Fujiko, mentre controllava fra le mensole che si trovavano in quella specie di sotterraneo.

All’improvviso sentì il suo orecchio destro gracchiare e dovette portarsi una mano a quell’altezza per provare a capire bene il perché.

Il suo auricolare emetteva dei suoni e stessa cosa quelli di Jigen e Goemon, che si fermarono dalle ricerche.

“Ehi, che vi prende?” domandò Lupin, ricevendo un “shh” come risposta.

“Auricolari” commentò Zenigata.

“Sì, ma non si sente nulla” disse Jigen, cercando di ascoltare meglio “Dannazione è bagnata!” sbottò il pistolero, togliendosela e lanciandola a terra, mandandola in frantumi.

“Era sicuramente Anika” disse Goemon “Deve essere successo qualcosa”

“Cosa?” domandò l’ispettore “Che è successo, che intendi dire?”

“Noi eravamo forniti di queste” Fujiko mostrò il suo auricolare a Zenigata “Se fosse successo qualcosa potevamo restare in contatto, vista poi la situazione di Anika” sottolineò bene le ultime quattro parole.

“E quindi?” incalzò Zenigata “Volete dire che le è successo qualcosa?”

Lupin gli mise una mano sulla spalla “Zazà, calmati”

“Fai presto a parlare” si lamentò l’ispettore “Non è la tua donna e i tuoi figli che sono in pericolo”

Jigen avrebbe voluto ribattere, ma Fujiko lo bloccò.

Sia lei che Goemon avevano ben chiari i sentimenti di Zenigata per Anika e potevano capire cosa stesse provando in quel momento.

Persino Lupin lo capiva.

“Abbiamo visto Anika da quando era bambina ad oggi” disse Lupin “Siamo stati la sua unica famiglia e teniamo a lei tanto quanto te e lo stesso vale per il piccolo Yuki”

Zenigata deglutì, rendendosi conto di quanto stupido fosse stato a reagire in quel modo.

Fece un profondo respiro.

“Va meglio?”

Zenigata annuì “Lupin, Jigen, Goemone, Fujiko, dovete farmi una promessa” e tutti annuirono, compresa Fujiko “Se dovesse succedere qualcosa...Anika è affidata a voi”

Nessuno osò parlare, ma a Zenigata fu comunque sufficiente e sapeva che su di loro avrebbe potuto contare.

Si rimisero immediatamente alla ricerca di un modo di uscire.

“Andiamo, deve pur esserci un modo” si lamentò Fujiko “Non può essere che esiste una stanza senza via di uscita”

“Questa è una panic room” spiegò Zenigata “Sono stanza create per difendersi dai nemici o, come nel nostro caso, chiuderci dentro chi ti sta antipatico”

Jigen sbuffò “Però deve esserci la maniera di uscire una volta dentro, non può esistere la maniera di entrare e non quella di uscire”

Convennero con quell’affermazione, ma più che cercare non potevano.

Goemon era l’unico che non stava muovendo un dito o un passo e si limitava ad osservare tutto intorno, ogni minimo dettaglio.

Notò persino un minuscolo ragnetto nell’angolo più remoto della stanza.

Alla fine, il suo sguardo venne attirato da un piccolo particolare “Trovato”

“Hai trovato come uscire stando lì fermo?” domandò Fujiko “Sicuro di non aver trovato la strada per il tuo spirito o roba simile?”

Non ricevette risposta e Goemon si mosse e indicò una delle piastrelle del pavimento, molto vicina alla porta.

Le piastrelle erano in linoleum ed erano piene di segni e striature quel tanto che bastava da rendere quasi impossibile la visione avuta dal samurai.

Il punto indicato, mostrava un punto molto consumato, come se qualcuno avesse voluto cancellare qualcosa proprio lì.

Lupin si chinò e provò ad esaminare quel piccolo incavo che si era formato.

“Non ditemi che è la nostra via di uscita” Fujiko osservò

“Come abbiamo fatto a non vederlo?” domandò Jigen

“L’occhio umano non nota tutti particolari” rispose Goemon “E quando lo fa non crede siano utili e tende a tralasciarli, infatti nessuno di voi ci ha camminato sopra”

“Si certo” sbuffò Jigen “Perchè il tuo occhio non è umano, vero?”

“Ho una visione più ampia per quanto riguarda i particolari, cosa che una mente ottusa e chiusa come la tua non vede”

“Ehi!” Jigen fece per mettersi a discutere con il samurai ma, anche stavolta, venne di nuovo fermato da Fujiko e anche da Lupin, che aveva esaminato bene il piccolo solco.

Il ladro si alzò e, con un colpo ben assestato, diede una tallonata e la parete davanti a loro si mosse aprendo un passaggio.

“Lupin, sei un genio” si congratulò Jigen

Goemon sbuffò “Io non ho fatto niente, vero?”

“Il passaggio lo ha aperto Lupin, mica tu” ribatté Fujiko, mentre si avviarono fuori dalla panic room.

“Che ingratitudine” borbottò Goemon, tenendo salda la spada e correndo dietro al resto della banda, che si era premunita di qualche caricatore per le pistole, specialmente Jigen.

 

*****

 

“Lasciami, lasciami!” si dimenava Yuki, mentre un degli uomini di Kimura lo teneva fermo con forza.

Il piccolo aveva le lacrime agli occhi e avrebbe voluto piangere, ma aveva promesso alla mamma di essere forte e provò a non farlo.

“Non agitarti, piccolino” disse Kimura con tono tranquillo e...paterno.

Voleva che Yuki si fidasse di lui, anche se sapeva che non sarebbe stato semplice.

“Voglio la mia mamma” si lamentò il piccolo “Voglio la mamma e papà”

“Li vedrai molto presto” lo rassicurò Kimura ma, come ben tutti si aspettavano, Yuki puntò i piedi come farebbe qualunque bambino.

“No, adesso!” esclamò “La voglio adesso, la voglio adesso!” batteva i piedi, faceva i capricci.

Yuki non poteva capire la situazione, non sapeva cosa lo aspettava.

“Se vuoi vedere tua madre devi fare quello che ti dico io, hai capito?” Kimura alzò la voce, ma questo non fermò il piccolo Yuki che, preso da chissà quale forza, riuscì a liberarsi e si scagliò contro Kimura.

“Ho detto che voglio la mamma e la voglio adesso!” urlò a gran voce “tu sei cattivo, non sei come il mio papà!” detto questo batté di nuovo i piedi e, per rabbia, decise che fu corretto pestarne uno anche a Hideo Kimura.

Kimura non ci vide più, era abituato con suo figlio che sin da piccolo era stato abituato all’educazione e la disciplina.

Yuki era il figlio di una ex ladra e di un ispettore di polizia dalla mente chiusa, decisamente non poteva nascere un figlio normale.

Talmente la rabbia e la poca pazienza, che Kimura alzò il braccio e, con un colpo ben assestato, diede uno schiaffo in pieno volto al bambino, che cadde a terra e sbatté la testa contro il pavimento.

Yuki non si rialzò.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Salve salvino, mio caro lettorino...scusate, mi è salito il Ned Flanders interiore.

Ecco a voi il nuovo capitolo.

Scusate se ho pubblicato in modo così ravvicinato, ma era già pronto e, in un primo momento, doveva essere insieme al precedente (cioè un capitolo unico) poi ho diviso per mia comodità.

Ringraziamo Fiore del deserto che mi ha dato una mano nelle descrizioni (vedrete anche dove, il suo stile è inconfondibile, grazie bellezza mia)

Buona lettura

 

 

 

Lupin e gli altri percorsero un lungo corridoio, che li portò fuori dalla villa, più precisamente nel giardino sul retro.

Uscirono da quello che aveva tutta l’aria di essere l’entrata di uno scantinato ma che, per chi non sapeva come aprire la panic room il cui meccanismo dall’altra parte era uguale a quello interno, sfociava in un lungo corridoio nel nulla.

-Ingegnoso- pensò Lupin, continuando comunque a correre fino a rientrare dentro la villa, trovando nuovamente il percorso sgombro da ogni allarme e sicurezza.

Kimura non aveva intenzione di ostacolarlo, ma questo era spiegabile solo quando erano appena arrivati e la bilancia era in loro possesso.

Ora nessuno della banda possedeva l’oggetto interessato, eppure neanche una guardia stava provando a fermarli.

C’era qualcosa di strano e Lupin non era l’unico ad averlo capito.

Giunti al primo piano dovettero arrestarsi per non finire contro due persone che stavano correndo nella loro direzione.

“Yata?” L’ispettore riconobbe il suo assistente

“Ispettore” Yata si mise subito sull’attenti.

“Koichi” Anika gli andò subito incontro ed entrambi si strinsero in lungo abbraccio, che fece sentire Anika più al sicuro di quanto non fosse mai stata.

Il tutto ignorando il fatto che fossero ancora fradici.

Nonostante, ormai, non fosse più un segreto ciò che legava l’ispettore e la donna, Jigen venne comunque percorso da un brivido lungo tutta la schiena e cominciò a maledirsi mentalmente.

Avrebbe potuto essere lui al posto di Zenigata, Yuki avrebbe potuto essere suo.

Quando lo aveva visto per la prima volta, in braccio ad Anika, per un istante lo aveva pensato: Yuki era abbastanza alto per la sua età e di primo acchito poteva benissimo essere suo.

Anche se si era tranquillizzato appena scoperto che non era lui il padre, non poteva, comunque, non pensare all’opportunità che aveva perso per sua stessa colpa.

“Anika, dov’è Yuki?” domandò Lupin, attirando la sua attenzione.

“Lo hanno portato via” rispose la donna e Lupin annuì e nel frattempo si udì rumore di passi veloci al piano superiore.

“Jigen, ho bisogno che tu resti qui di guardia” ordinò Lupin e Jigen annuì senza discutere “Voi altri, con me” dopo aver ricevuto approvazione, si diressero verso il secondo piano, ma Anika rimase immobile e bloccò Lupin per la giacca.

Lui si voltò a guardarla, ma lei non riusciva a spiccicare una parola ed i suoi occhi erano ancora lucidi, nonostante cercasse di essere forte e non cedere.

Lupin sapeva bene cosa stesse pensando la sua adorata nipotina, la conosceva fin troppo bene.

“Anika…”
“Ti prego, Lupin, perdonami”

Lupin scosse la testa “Non c’è nulla di cui ti debba scusare, cherie”

“Sì invece” ribatté lei “Ero così arrabbiata e...Lupin, potevo ucciderti” i sensi di colpa la stavano di nuovo attanagliando “Potevo ucciderti sfruttando il mio bambino” affondò il volto nel petto del ladro “Non sono degna di questo bambino, non sono degna di te e di nessuno di voi”

“Anika, guardami” Lupin le mise le mani sulle spalle e lei alzò lo sguardo quel tanto che bastava per incrociare i suoi occhi.

Lupin la stava guardando dolcemente, senza rabbia e senza rancore, la guardava come se fosse la cosa più dolce che avesse mai visto.

Non sarebbe servito a nulla dirle che certe cose non doveva nemmeno pensarle, Lupin sapeva che con Anika bastava davvero poco per farla calmare e farle capire che nessuno l’avrebbe mai odiata.

La rabbia poteva portare la gente a dire e compiere cose che normalmente non si farebbero e Anika era giunta a quel punto.

Ma lei era buona, sia nel cuore che nell’anima.

Qualunque cosa avesse pensato per portare la bilancia a far uscire quel nome, di certo non era già prefissato e poi, alla scoperta del nome, lei non sapeva di essere in dolce attesa.

Lupin non l’avrebbe mai odiata...mai.

Dopo averle sorriso, la strinse forte a sé.

Jigen aveva osservato in silenzio l’intera scena, emettendo dei respiri profondi e cercando di non maledirsi nuovamente.

Alla fine, gira e rigira, tutto quel caos era solo colpa sua.

“Facciamogli vedere chi siamo” ammiccò, infine, Lupin, facendo tornare un sorriso di speranza ad Anika la quale, prima di seguirlo per le scale, guardò Jigen e sorrise anche a lui.

Il pistolero deglutì e si sentì un po’ più tranquillo.

Nel frattempo, tutti gli altri avevano raggiunto il secondo piano, ma lo trovarono sgombro.

“Dannazione, ma come è possibile?” domandò Yata, guardandosi attorno.

La risposta arrivò poco dopo, quando udirono nuovamente dei passi veloci che si muovevano sul tetto.

“E come ci sono saliti?” Chiese Fujiko ricevendo, anche lei, una risposta quasi immediata.

Dalle stanze, le cui porte erano aperte, uscirono degli uomini in muta nera, armati di fucile e pronti a far fuoco al minimo movimento.

Questo, però, non fermò il gruppo dall’agire e nel giro di poco cominciò una vera e propria sparatoria in giro per il corridoio, le cui enormi colonne ai lati delle pareti erano l’unico nascondiglio possibile per evitare i colpi.

“Sono troppi!” esclamò Zenigata.

Gli uomini continuarono a sparare per qualche secondo, prima di arrestarsi un istante e riprendere nella direzione opposta.

Lupin si affacciò appena “Jigen!”

Il pistolero era giunto al piano superiore e si era messo a sparare, riuscendo a farne fuori cinque su circa quindici che erano presenti.

Approfittando dell’attimo di disorientamento, Lupin ne approfittò e sparò altri colpi ferendone altri due, mentre Goemon si aiutava con la spada per evitare i colpi degli altri.

Yata provava a sparare, ma non riusciva a prendere bene la mira mentre Jigen, approfittando del caos, si era mosso ed era andato al fianco di Anika per proteggerla essendo l’unica disarmata.

La pistola l’aveva ripresa Yata.

Anika rimase ben vicina a Jigen il quale sparò l’ultimo colpo rimasto contro uno dei feriti.

Nel momento stesso che cambiò il caricatore, una raffica di colpi partì dal ferito più vicino al pistolero ed uno dei colpi prese in pieno Jigen alla spalla.

Il proiettile era entrato e uscito, ma fu sufficiente per far schizzare sangue addosso ad Anika, che sgranò gli occhi terrorizzata, mentre Jigen cadeva a terra gemendo.

“Jigen!” Anika tentò di soccorrerlo, mentre Lupin e Zenigata fecero finalmente fuori gli ultimi rimasti.

Il corridoio del secondo piano era diventato un cimitero.

“Jigen” Lupin si avvicinò all’amico.

“S-sto bene” tentò di rimettersi in piedi “Non pensare a me, va a prendere quel bastardo”

Anche se poco tranquillo, Lupin annuì ed insieme a Goemon iniziò la ricerca del modo per salire sul tetto.

Lo trovò poco distante dal lampadario centrale.

Sul soffitto vi era una rientranza, segno che c’era una botola o altro.

Dopo aver tastato bene il pavimento, Lupin trovò un piccolo solco come quello della panic room e lo schiacciò.

Il soffitto si aprì mostrando il cielo appena più chiaro, segno che stava per albeggiare, ed una scaletta scese fino a terra per permettere al gruppo di salire.

Senza perdersi d’animo, uno ad uno iniziarono ad arrampicarsi tranne Jigen e Anika.

“Muoviti, vai con loro” ordinò Jigen.

“Jigen…”

“Io sto bene, tu vai, non serve che resti con me” ribatté “Non lo merito”

“No, non è vero” insistette Anika

“Smettila, sai benissimo che è così, non mi hai nemmeno detto che il padre di Yuki è Zenigata”

“I-io…”

“Avrei potuto essere io” proseguì Jigen “Avrei potuto darti una famiglia, ma non lo fatto ed ora è giusto che io paghi le conseguenze delle mie azioni, va via, salva Yuki e torna a casa”

Anika si portò le mani alla testa sentendo il suo stomaco rivoltarsi e non per il suo stato interessante, ma per il mix di emozioni che la stavano travolgendo.

“Y-Yuki ha bisogno di te...io ho bisogno di te” confessò Anika.

Nonostante tutti gli attriti e nonostante ora amasse Zenigata senza nessun ripensamento, non poté negare che il bene che aveva voluto a Jigen era stato forte e non poteva cancellarlo.

Jigen tentò di avanzare, ma fece parecchia fatica.

Anika lo bloccò e si tolse la cintura, sistemandola e agganciandola in modo tale che poté metterla attorno al collo di Jigen per fargli tenere il braccio.

“Va via di qui, Jigen” implorò la ragazza “Esci e mettiti al riparo, ti prego”

Jigen non si aspettava nulla di simile da parte di Anika, questo lo lasciò spiazzato e grato allo stesso tempo.

Preso da chissà quale impeto, avvicinò a sé Anika e fece in modo che le loro labbra si sfiorassero e si chiudessero in un piccolo, ma dolce, bacio.

Quando si divisero, Jigen le sorrise “Ora va, io starò bene”

Anika, per quanto congelata da quel gesto inaspettato e agognato allo stesso tempo, annuì e raggiunse immediatamente gli altri sul tetto, mentre Jigen si lasciava scivolare con un gemito lungo la parete e si accendeva una sigaretta mentre osservava il soffitto.

 

*****

 

La situazione sul tetto non era come immaginavano.

Non c’erano gli uomini di Kimura ad attenderli, in quanto tutti messi K.O. al piano di sotto, ma solo lui, con Yuki svenuto in braccio da una parte e la bilancia dall’altra.

“Yuki!” esclamò Anika cercando di andare a prenderlo e venendo fermata da Goemon.

“State indietro, stolti!” tuonò Kimura, che si trovava molto vicino al bordo “O lo butto di sotto”

Anika avrebbe voluto gridare, accanirsi su quell’uomo con rabbia e ferocia e riprendere suo figlio, ma Goemon continuava a tenerla ferma.

“Lascialo andare, Kimura” disse Lupin, facendo un piccolo passo avanti “Quel bambino non c’entra nulla e tu lo sai”

Kimura non gli diede retta e tenne ben stretto a sé il piccolo Yuki.

“La bilancia funziona” continuò Lupin “Te lo abbiamo dimostrato, quindi ridai il bambino alla sua famiglia e lascialo in pace”

Hideo Kimura scoppiò a ridere, una risata di gusto che nascondeva un filo di pazzia.

Dalla morte del figlio, Kimura non era stato più lo stesso e per ottenere ciò che voleva sarebbe stato capace di fare una strage.

“La bilancia funziona ed è proprio per questo che ora sono di nuovo punto e a capo!” esclamò “Se davvero volete il moccioso indietro, dovete stare alle mie regole”

“Le tue regole?” Zenigata stava iniziando a scaldarsi e questo nonostante sapeva che Lupin aveva sempre un asso nella manica e Yuki sarebbe tornato a casa sano e salvo.

Notò persino un piccolo livido all’altezza della testa e questo lo mandò letteralmente in bestia “Ridammi immediatamente mio figlio, razza di mascalzone e appena finisce tutto ti dichiaro in arresto!” anche lui fece per scagliarsi contro Kimura, ma venne bloccato sia da Yata che Lupin.

La situazione stava degenerando, Fujiko tentò di prendere in mano le redini.

“Oh, suvvia, caro” fece qualche passo avanti “Vuoi davvero sporcarti le mani con questa gentaglia da quattro soldi?”

Lupin si sentì offeso, anche se sapeva quali erano le intenzioni della donna e l’avrebbe appoggiata tranquillamente.

Zenigata non sembrava dello stesso parere, ma Anika si avvicinò a lui e gli fece cenno di fidarsi di Fujiko.

Lui annuì, mettendole un braccio intorno alle spalle e tenendola vicina, lo aiutava a non andare in escandescenza.

“Facciamo così, tu lascia andare questo bambino e lo riconsegni alla sua famiglia” proseguì Fujiko, che si era avvicinata all’uomo e con le dita percorreva i risvolti della giacca, facendo attenzione a non sfiorare Yuki ancora svenuto “Ed io ti prometto che sarò completamente tua”

Lupin avrebbe voluto mettersi a frignare come un bambino a cui avevano appena rubato il lecca lecca, ma evitò.

“La proposta è allettante” ammise Kimura “Ma, vedi, io ho altri piani in mente”

Fujiko si finse offesa ma, ad un certo punto, nel momento stesso che l’uomo lanciò la bilancia lontano e alzò il braccio, i suoi occhi si sgranarono e la mano dell’uomo la colpì in pieno volto, facendola cadere all’indietro e facendola scivolare giù dal tetto.

“FUJIKO!” gridarono tutti gli altri all’unisono e Lupin subito si affacciò, trovandola appesa per la cintura e tenuta saldamente dal braccio sano di Jigen, che era al piano di sotto.

Lupin si sentì sollevato e si mise a ridere “Jigen, sei un grande”

“Piantala di ridere o mi deconcentri!” esclamò Jigen che, a fatica, tentava di tirare su Fujiko.

“Se mi guardi dentro i pantaloni ti tiro uno ceffone, sappilo Jigen” lo rimproverò la donna, sentendo i pantaloni poco aderenti alla vita.

“Che ingratitudine” brontolò Jigen, tirandola definitivamente su con somma gioia del resto del gruppo.

L’entusiasmo del momento del momento venne interrotto da un grido soffocato di Anika, che non aveva perso di vista Kimura e Yuki.

Quest’ultimo era tenuto da Kimura all’altezza della vita e sospeso nel vuoto.

“Kimura!” esclamò Lupin “Bastardo, lascialo andare!”

“Lo farò ad una sola condizione” asserì Kimura, facendo calare il silenzio più glaciale “Mi è stato tolto ciò che avevo di più caro, pensavo di poter far affidamento su di lui…” disse riferito a Yuki “Ma è troppo ottuso per poter capire quanto otterrebbe” guardò Anika “Io voglio lei”

Anika rimase pietrificata e Zenigata subito si parò davanti a lei “Scordatelo”

“Forse non capite” proseguì Kimura “Non mi interessa nulla della ragazza” precisò “Lei ha solo quello che voglio”

Purtroppo non ci volle molto a capire cosa volesse Hideo da Anika.

“Vorrai scherzare!” sbottò Zenigata “Ma che razza di…” Si zittì di colpo, proprio nel momento in cui Anika gli prese la mano.

Stava guardando un punto fisso davanti a sé e sembrava come in trance.

Lupin la osservò attentamente e capì che Anika aveva notato qualcosa che agli altri, compreso il ladro, era sfuggito.

“Lascia stare” disse sommessamente Anika, avanzando di qualche passo.

“Anika!” Zenigata provò a fermarla, ma lei lo ignorò.

“Ti propongo uno scambio equo” a queste parole, Kimura prestò molta attenzione “A te serve un erede, ma alla mia famiglia serve la bilancia”

Goemon e Zenigata si scambiarono uno sguardo interrogativo.

Che se ne facevano della bilancia?

Guardarono Lupin e capirono che c’era qualcosa che gli era sfuggito, dovevano solo attendere.

“Io resto con te, ma tu ridai la bilancia a Lupin”

Kimura ammise che come scambio era molto più che equo, anzi era solo lui a guadagnarci.

Senza pensarci troppo, Kimura passò la bilancia a Lupin, che la prese al volo.

“Lupin” Anika si rivolse al ladro “La risposta si trova sotto la bilancia”

Lupin annuì, ma non si mosse e rimase pronto ad intervenire in caso di bisogno.

“Ora ridammi mio figlio, per favore” Anika sembrava fin troppo risoluta e questo non sfuggì a Kimura che, lentamente, fece per riconsegnare il bambino alla madre.

Ma era tutto troppo semplice.

Ad un certo punto, Kimura si ritrasse “Sei solo un’ingenua” mormorò e, usando più forza che potè, fece volare Yuki giù dal tetto.

“YUKI!” Anika si avvicinò al tetto, con l’intenzione di buttarsi a prenderle, ma venne fermata da Zenigata.

Nel momento che entrambi caddero a terra, riuscirono a vedere la sagoma di Jigen che saltava fuori dalla stessa finestra da cui si era sporto per salvare Fujiko.

Jigen afferò Yuki e lo strinse per con l’intenzione di proteggerlo da eventuali colpi e/o urti.

Entrambi caddero esattamente sui cespugli che circondavano la parete esterna della villa.

Il braccio ferito di Jigen sanguinava a fiotti ma, a parte quello e qualche graffio, stavano bene.

“Yuki” Jigen provò a scrollarlo, ma Yuki non si muoveva.

Per fortuna, Jigen si accorse che il respiro era regolare e questo lo tranquillizzò.

Era vivo.

Anika, per quanto più tranquilla, aveva così tanta rabbia nel corpo da non riuscire più a controllarla.

Riuscì a scagliarsi contro Kimura e gli assestò un pugno dritto in faccia.

Nella lotta si unirono anche Yata e Zenigata il quale fece arretrare Anika “Corri da Yuki!” ordinò ed Anika, nonostante avesse ancora molto da sfogare, obbedì e scese immediatamente.

Yata non era un combattente e aveva poca esperienza nella lotta corpo a corpo, nel giro di poco venne colpito e fu costretto a fermarsi.

Zenigata, rimasto solo, venne aiutato da Goemon che, con la sua amata spada, si mosse a gran velocità e Kimura si ritrovò di colpo immobile, con la giacca completamente a pezzi e con tagli ovunque.

Lo stupore, misto al dolore delle ferite, lo obbligarono ad ignorare Zenigata, che indietreggiò.

“Zazà, va da lei” disse Lupin “Qui ora me la vedrò io”

“Lupin…”
“Va da tuo figlio” ribadì il ladro e Zenigata obbedì “Goemon, va con loro”

“Ma sei impazzito, Lupin!”

“Fidati di me”

Ed anche Goemon, per quanto riluttante, dovette obbedire.

Lupin aveva un piano ben preciso in mente e svolgerlo significava solo una cosa: uno dei due non sarebbe arrivato alla fine del nuovo giorno ormai iniziato.

L’alba era giunta e tutto intorno era chiaro e gli uccellini cinguettavano allegri, mentre una lieve brezza soffiava sul volto del ladro.

Quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe visto la luce del giorno.

Guardava il cielo, sentiva il vento sfiorargli il volto, l’odore della terra leggermente umida dopo la rugiada mattiniera, per poi rientrare nella claustrofobica verità.

In fin dei conti, quali sarebbero mai stati i giusti pensieri quando si è consapevoli di dover contare le ultime ore rimaste?

Indescrivibile la sensazione provata circa il fatto di essere a conoscenza che le sabbie del tempo della clessidra stavano per giungere al termine.

Beato chi, ripeteva dentro sé, viveva la propria vita senza sapere quando sarebbe giunto il proprio ultimo giorno.
Era quella la sensazione che provavano i detenuti condannati alla pena capitale?

Dopotutto, anche Lupin era un vero e proprio condannato a morte.

Ormai aveva accettato il proprio destino.

Era il suo ultimo giorno e avrebbe cercato di godere di ogni istante, se mai ci sarebbe riuscito.

Nessuno, dopotutto, al suo posto avrebbe potuto mai trovare un effettivo momento di tranquillità: sentiva come un dolore alla pancia, il petto si faceva sempre più pesante, lo stesso respiro gli causava ansietà.
I pensieri si concentravano unicamente sulla propria morte.
-Soffrirò? Sarà doloroso? Cosa accadrà dopo? Sarò ricordato?-

Ovviamente, sperava sempre di farcela e di scampare come era sempre successo, però, ogni volta, i pensieri erano sempre gli stessi.

Quando sentiva di non farcela, non riusciva a non pensare alla morte.

Fece dei respiri profondi e poi osservò la bilancia.

Era la resa dei conti

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Ed ecco il finale della storia, ma prometto che CI SARA’ EPILOGO perciò...restate sintonizzati.

Grazie a chiunque abbia avuto la pazienza, nonché il coraggio, di leggere fino a qua e chiunque abbia recensito.

Un grazie speciale a Fior del deserto per la sua collaborazione a questa storia (nonché alla sopportazione che ha avuto di me)

E grazie anche ad Evelyn80 per la sola sopportazione ahahah grazie bellezza

Buona lettura

 

 

Anika raggiunse Jigen a gran velocità, prendendo subito Yuki fra le sue braccia e osservandolo con aria preoccupata.

“Yuki?” gli passò una mano sul volto “Yuki, apri gli occhi, ti prego”

Yuki si mosse appena “Mamma” mormorò nel sonno facendo tranquillizzare un po la madre, che sospirò di sollievo e si dedicò a Jigen.

“Stai bene?” lui annuì, guardando verso l’alto.

“Che diavolo vuole fare?” domandò il pistolero, dando vita allo stesso pensiero del resto del gruppo.

Sul tetto, né Kimura né tanto meno Lupin riuscivano a sentire ciò che gli altri dicevano e ipotizzavano.

Si guardavano negli occhi con aria di sfida e nessuno dei due voleva cedere allo sguardo dell’altro.

“Sei uno che non si arrende” commentò Kimura “Che cosa vorresti fare? Non puoi utilizzare la bilancia contro di me”

Lupin sorrise in segno di sfida “Tu dici?” a questa domanda, Kimura sgranò gli occhi e Lupin capovolse la bilancia e ne mostrò il fondo.

Vi era una scritta in greco antico, che per Kimura era indecifrabile e decisamente incomprensibile.

Ma non per Lupin.

“Che cosa è?” domandò Kimura “Che cosa significa?”

“Mio caro Kimura…” rimise la bilancia dritta “Qui ci sono scritte le cosiddette istruzioni e spiegano come utilizzarla ed anche come distruggerla”

Kimura non aveva idea di come distruggere la bilancia e, dal canto suo, non voleva nemmeno saperlo.

Qualunque metodo fosse, Lupin sembrava intenzionato ad usarlo e questo si sarebbe ritorno contro entrambi.

“Non oseresti…”

“Oh, io oserei” rispose tranquillamente il ladro “Nessuno potrà ridarti indietro tuo figlio”

“Lei sì” ribatté Kimura, riferendosi ad Anika “Quel moccioso è già troppo grande per essere educato come si deve, ma l’altro no” spiegò “Voglio la ragazza e ciò che possiede”

Lupin scosse la testa “Un uomo che parla di bambini come se fossero oggetti, non merita l’affetto di un figlio”

Estrasse dalla tasca dei pantaloni un foglio di carta stropicciato e lo divise in due.

Recuperò da una delle tasche interiori della giacca, una penna e vi scrisse sopra ad entrambi, poi ne appallottolò uno e glielo lanciò.

Kimura lo prese al volo e lo aprì.

 

Shimoto Nakazuya

 

“Quello è il nome del sicario che aveva il compito di ucciderti e che, a causa della sua pessima mia, aveva colpito tuo figlio” disse Lupin, lasciando Kimura senza parole e ad occhi sgranati “Ora è morto e la tua vendetta, inutile, non potrà essere messa in atto”

Kimura iniziò a tremare, chiudendo a pugno la mano che teneva il biglietto.

Sentiva il mondo crollare intorno a lui e sentiva il suo cuore e la sua anima andare in mille pezzi e spargersi in giro.

Per un attimo, ma solo per un istante, Kimura era convinto di poter ancora vendicarsi: prendere l’uomo che aveva sparato e giustiziarlo con le sue stesse mani.

Invece no, quest’uomo era morto e lui aveva una vendetta in sospeso che lo avrebbe attanagliato per il resto della sua vita.

E la colpa era solo sua, di quel maledetto Lupin III

“Tu...tu…” ma non riuscì a concludere la frase.

Lupin si era avvicinato e gli stava porgendo la bilancia con l’altra metà del foglietto.

Sopra di esso vi era scritto qualcosa:

 

Ἅιδης

 

“Se davvero vuoi vendicarti, puoi prendertela con me, basta solo che tu metta questo biglietto nel piatto della bilancia”

Kimura non capì “Che cosa è? Che significa?”

“E’ greco antico” spiegò Lupin “E’ il nome del Dio dei morti greco, Ade. Se metti il suo nome nella bilancia, essa si distruggerà”

“Come sarebbe a dire?”

“Un Dio non può morire”

Kimura iniziò a capire.

Gli Dei non potevano morire, non per niente erano definiti immortali, questo significava che la bilancia sarebbe andata in tilt se si metteva il nome di qualcuno che non poteva morire.

“E tu perché ti sacrificheresti?” domandò Kimura.

“Come tu non potrai riavere indietro tuo figlio, nemmeno io potrò riavere indietro la mia famiglia” rispose Lupin “Che senso ha vivere senza qualcuno che ti ama, che ti da affetto e che è sempre con te nei momenti difficili?” sospirò “Ho perso la persona che amavo ed ora essa è già impegnata con un altro uomo, ha un figlio ed uno in arrivo, non ho più niente per cui vivere”

Per quanto la stesse mettendo giù in modo drammatico, Lupin, in fondo, pensava davvero quelle cose.

Quella maledetta foresta di Aokigahara aveva messo tutti a dura prova.

Lupin era talmente amante delle sfide che non aveva minimamente considerato le conseguenze ed il risultato è stato che tutti quanti, compreso lui, avevano confessato un amore per Anika che, alla fine, non è stato ricambiato e l’unico che ci stava quasi riuscendo l’ha abbandonata.

Anika aveva fatto solo bene a creare un legame con Zenigata, lui non l’avrebbe mai tradita e lei non avrebbe rischiato di essere abbandonata.

Fra Lupin e Kimura calò un silenzio glaciale che durò solo pochi istanti.

Senza pensarci troppo, Kimura mise il foglio sul piatto della bilancia ed essa lo assorbì.

Improvvisamente, l’oggetto iniziò a tremare fra le mani di Kimura ed una luce accecante fuori uscì, impedendo sia a Kimura che a Lupin la visuale.

Kimura lasciò cadere l’oggetto e rimase immobile, lo stesso anche Lupin.

Nessuno dei due osava muoversi per paura di sbagliare a mettere i piedi e cadere.

La luce divenne tale da obbligare anche il resto del gruppo a chiudere gli occhi.

“Lupin!” chiamò Jigen, non ricevendo una risposta.

Quando la luce si affievolì, permettendo una visione maggiore, Anika alzò lo sguardo e intravide un’ombra.

Non capì che ombra fosse perché non ebbe nemmeno il tempo di metterla a fuoco bene.

Un boato fece tremare il terreno, la casa iniziò a crollare lentamente e l’intero gruppo fu costretto ad allontanarsi per evitare le macerie.

Grazie a Goemon e alla sua spada riuscirono ad evitarne parecchie.

Quando cadde nuovamente il silenzio, la villa era letteralmente scomparsa e con essa anche Kimura e Lupin.

Anika affidò Yuki a Fujiko e corse verso le macerie.

“LUPIN!”

 

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Lupin se ne stava seduto sul divano del rifugio dove si erano nascosti e teneva quel tenero fagottino dormiente fra le braccia.

Jigen, che intendi fare?” domandò rivolto al pistolero “Non vorrai riportarla dove l’hai trovata”

Non sarebbe una cattiva idea” rispose “Lupin, non possiamo tenerla e tu lo sai”

Non posso decidere per te” disse Lupin “Ma visto il modo in cui è entrata nella tua vita, io direi che possiamo darle questa possibilità” posò lo sguardo sulla bambina, che dormiva beatamente e teneva il dito del ladro fra le sue piccole manine.

Lupin era orfano come lo era Jigen e probabilmente anche Goemon.

Quella bambina aveva perso sua madre a causa di un colpo di pistola e se la donna era arrivata a darla a Jigen, che era il primo sconosciuto che aveva trovato, pur di salvarla, significava che il padre non era decisamente degno di lei.

Se la lasciavano in un orfanotrofio, probabilmente l’uomo l’avrebbe trovata e se davvero era cattivo come stavano pensando allora tutti i bambini dell’istituto sarebbero stati in pericolo.

No, la bambina non avrebbe subito un destino simile.

Non ti lascerò, piccolina” mormorò “Qualunque cosa accada”

 

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La piccola Anika allungava le braccia verso Lupin, che stava in ginocchio sul pavimento e teneva le sue aperte “Forza, piccola Anika, dai che ce la fai!” esclamava.

Jiegn che la stava tenendo in equilibrio, la lasciò andare e cercò di tenersi pronto a prenderla in caso di caduta.

La piccolina cercò di avanzare lentamente, rischiando di cadere un paio di volte.

Ma non demordeva e cercava di raggiungere Lupin il quale, non appena lei fu abbastanza vicina, la prese in braccio e la fece saltare “Bravissima, Anika, ce l’hai fatta”

La bambina rideva, mentre Jigen sorrideva soddisfatto del risultato della sua piccolina.

 

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La ragazzina si avvicinò lentamente alle spalle di Lupin, che stava preparando una microspia per un colpo che avevano in mente.

Una volta vicino gli saltò letteralmente sulla schiena, facendolo sussultare nonché gemere.

Ehi, ma sei impazzita?” esclamò “Mi hai fatto venire un infarto”

E tu saresti il famoso ladro che prevede l’imprevedibile?” ridacchiò Anika

Spiritosa” brontolò Lupin, tornando a sistemare la microspia.

Anika gli si sedette accanto “Zietto, mi fai partecipare questa volta?”

Lupin sospirò “Anika…”
“Eddai, ormai sono in grado di fare tutto, anche di guidare un elicottero ed ho solo tredici anni” si lamentò Anika “Ti prego, zietto, ti prego” gli fece gli occhi dolci “Sei il mio zietto preferito”
“Sono anche il solo zio che hai” ammiccò Lupin

Ma sei unico” sorrise Anika la quale non solo diede vita ad un suo pensiero nei confronti del suo amato zietto, ma cercava di addolcirlo e fargli dire di sì con moine e complimenti “Eddai, posso partecipare? Daiii”

Lupin” la voce di Jigen risuonò per tutta la stanza “Se le dici di sì puoi scordarti le mie pietanze per un mese intero!”

Anika batté un piede a terra “Non è giusto, papà” brontolò “Stavo per farlo cedere”

E mentre Jigen ed Anika bisticciavano fra loro, Lupin non poté fare a meno di ridere nel vedere quanto i due fossero simili.

E comunque sì, ammise che Anika stava per farlo cedere

 

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Anika spostava le macerie, arrivando persino a rovinarsi le unghie solo per tirarlo fuori da lì.

“Lupin...Lupin!” gli occhi erano umidi e le lacrime uscivano copiose lungo il suo volto.

Non si era resa conto che tutti erano giunti a darle una mano, ad eccezione di Fujiko che stava badando al piccolo Yuki.

Lupin non poteva essere morto, non così, non adesso.

Dopo aver tolto la maggior parte dei resti della villa, finalmente intravide qualcosa.

Una mano e...il termine della giacca blu.

“Lupin!” tentò con tutte le sue forze di tirare su l’enorme lastra, ma non riuscì.

Dovettero intervenire Jigen, Goemon e Zenigata per riuscire a muoverla abbastanza da levarla di mezzo.

Ciò che li lasciò spiazzati fu che non trovarono Lupin sotto la mecerie...non direttamente, per lo meno.

Una specie di materassino gonfiabile trasparente gli copriva l’intero corpo sia davanti che dietro, il tutto era fuori uscito dalla sua stessa cintura.

Essendo le macerie molto pesanti, la sua faccia e il suo corpo erano stati comunque schiacciati ma nulla di irreparabile se non qualche graffio.

“Lupin!” Anika conosceva bene quel trucco e lo aiutò a sgonfiarlo premendo un pulsante minuscolo sul lato della cintura, dove il materassino non copriva.

Quando fu sgonfio e di nuovo nella fibbia della cintura, Anika lo aiutò a rialzarsi “Lupin!” gli si gettò al collo, facendolo quasi cadere nuovamente “Sei uno stupido, un idiota, una scimmia, potevi rimanere ucciso”

“Ehi, ehi, vacci piano” la tranquillizzò lui, stringendola “Come vedi sono ancora intero”

Jigen sorrise soddisfatto “Un materassino gonfiabile? È proprio da te”

“Meno male che stai bene” sorrise Zenigata “Non vorrai lasciarmi così, senza averti prima arrestato, vero?”

Lupin ridacchiò “Tranquillo, paparino, non ti renderò la vita così facile e lo sai”

“M-mamma” la vocetta di Yuki interruppe il gruppo, che subito si apprestò ad avvicinarsi al piccolo.

Anika lo prese subito fra le sue braccia “Yuki, amore mio” lo strinse a sé “Stai bene, piccolo mio?”

Yuki si strofinò gli occhi, come se si fosse appena svegliato da un semplice sonno.

“Mamma ho fame”

Anika si commosse e scoppiò a ridere “Adesso provvediamo”

Zenigata posò una mano sulla spallla di Anika e le sorrise amorevolmente, prendendo lui Yuki in braccio e si allontanò insieme anche a Yata, lasciando spazio alla sua amata per parlare con la sua famiglia.

Anche se Lupin doveva essere arrestato, l’ispettore sapeva che non era quello il momento e il luogo per farlo.

Lasciò Anika da sola, allontanandosi con Yuki da quel luogo.

“Non me lo aspettavo” commentò Fujiko con un piccolo sorriso stampato in volto “Chi lo avrebbe mai immaginato Zenigata in qualità di genitore”

“E’ migliore di quanto si possa immaginare” confermò Anika, notando con stupore che Fujiko non aveva parlato con il suo solito tono di presa in giro.

Poi sospirò e abbassò lo sguardo, scoppiando nuovamente in lacrime.

“Ehi, Anika” Lupin le si avvicinò e le sollevò il mento con l’indice, obbligandola a guardarlo negli occhi “Che ti prende?”

“Io...oh, Lupin” lo strinse forte “Ti avrei ucciso, ti prego, ti scongiuro perdonami”

Lui la strinse forte “Ne abbiamo già parlato, tu non hai nulla da farti perdonare” le diede un bacio sulla fronte e le sorrise.

“Chi deve farsi perdonare, sono io” si intromise Jigen.

Lupin gli lasciò il suo spazio e si avvicinò alla sua amata Fujiko “Allora, Fujikuccia mia?” domandò Che ne dici se solidifichiamo il nostro amore?” la domanda era ben chiara e, per questo, la risposta che Lupin ottenne fu un sonoro schiaffo in faccia.

“Scordatelo!” esclamò la donna, girando i tacchi e avviandosi il più lontano possibile da lì “Non si chiedono così certe cose ad una signora!” poi alzò un braccio in segno di saluto “Ciao ciao Anika, stammi bene, zuccherino”

“Ma...ma...Fujikoooo” Lupin le andò dietro fino al confine del giardino, rimanendo poi immobile come un ebete a rimpiangere un’altra giornata in bianco.

Anika e Jigen alzarono gli occhi al cielo e tornarono a guardarsi.

Il silenzio fra i due pullulava di tensione, fu Jigen a prendere parole per primo “Mi dispiace”

Anika scosse la testa “No...dispiace a me” disse “Sono giovane e stupida e…” si zittì, Jigen le aveva messo l’indice sulle labbra.

“Io non ho smesso di amarti” confessò il pistolero “Ma la nostra vita, come ben sai, è troppo rischiosa e abbiamo anche giorni in cui non possiamo vivere umanamente” fece un cenno col capo verso Yuki e Zenigata “Quello che hai adesso, io non avrei potuto dartelo e...semmai fosse capitato, avrebbe sofferto come hai sofferto tu”

Anika sorrise appena “Tu, con me, sei stato splendido” affermò “Saresti stato un padre meraviglioso” gli accarezzò il volto e Jigen le prese la mano.

“Vivi, Anika, vivi e goditi la vita” si raccomandò Jigen “E’ solo questo che ho sempre voluto per te”

“E sarà mia premura farlo” confermò la ragazza “Mi togli una curiosità? Come ci si sente ad essere nonno?”

Jigen sussultò, divenne rosso e si calò ancora di più il cappello sul volto, facendo scoppiare Anika in una fragorosa risata.

Lui, pur di non ammettere i veri sentimenti, sviò il discorso “Sempre meglio che avere un poliziotto come parente” e la superò per andarsene via di lì al più presto.

Yuki lo vide passare e lo chiamò “Signor Jigen” il pistolero rabbrividì, ma si avvicinò al piccolo con un sorriso “Tu sei il nonno?” domandò Yuki, facendo venire un infarto al povero Jigen.

Ovviamente cercarono tutti di trattenere le risate, specialmente Zenigata.

“Ho visto la sua barba e i suoi capelli diventare bianchi” disse Goemon, alle spalle di Anika.

Ella si voltò e rimase a bocca aperto “Goemon? Sai fare anche le battute?”

Lui le lanciò uno sguardo fulminante.

Anika ridacchiò “Scusa”

Lui fece un cenno col capo in segno di accoglimento delle scuse e poi le sorrise dolcemente “Sei diventata una splendida donna, Anika” disse facendola arrossire.

“G-grazie, Goemon” rispose lei “E grazie per essere tornato”

“Ci sarò sempre per te” la rassicurò Goemon, avvicinandosi a lei e rivolgendole un grande sorriso “Io devo andare, mi aspettano mesi di purificazione” disse “Tu, però, devi farmi una promessa”

“Qualunque cosa” rispose Anika.

“Abbi cura di te, di Yuki…” le posò una mano sul ventre “...e di questo bambino”

Anika si commosse “Lo farò”

E Goemon la superò, fermandosi un istante accanto a Yuki per salutarlo per poi riprendere il suo cammino.

Jigen decise che era meglio seguirlo, salutò Anika e se ne andò per evitare di sentire Yuki chiamarlo ancora nonno.

“Senti Yuki” Lupin, nel frattempo, era tornato indietro e stava parlando con il bambino “Mi fai una promessa?”

Yuki annuì e lo guardò curioso.

“Prenditi sempre cura della tua mamma, va bene?” Yuki sorrise e annuì.

Lupin, con un movimento veloce delle mani, fece apparire dal nulla una carta da gioco delle sue e gliela porse.

“Che cosa è?” domandò il piccolo.

“Questa, mio caro Yuki, è la mia promessa” disse “Io, Lupin III, ti prometto che tornerò a trovarti”

Yuki era tutto felice ed esultò all’idea di rivedere Lupin.

“Lupin” Zenigata prese parola.

Nonostante lo sguardo serio, il ladro intuì che non stava per minacciarlo come al solito.

“Grazie per aver protetto Anika e Yuki”

Lupin ammiccò “Adesso siamo pari” e la discussione si concluse lì...più o meno.

“Mamma, hai ragione” disse Yuki, rivolgendosi ad Anika “Ha davvero la faccia come una scimmia”

Lupin si immobilizzò, sentendo un freddo glaciale percorrergli la schiena.

“Maddai, gli hai detto davvero una cosa simile?” piagnucolò, ricevendo in risposta solo delle fragorose risate.

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


Seduti ad un tavolo in un locale al centro di Parigi, Lupin e Jigen sorseggiavano una bibita e picchiettavano le dita con impazienza sul tavolino.

Insieme a loro c’erano anche Goemon e Fujiko, entrambi con le braccia incrociate e la voglia di tirare un pugno in testa agli altri due.

Erano le otto e mezza di sera e sia il ladro che il pistolero erano agitati e nervosi dalle due del pomeriggio.

“Uffa, la volete smettere?” si spazientì ad un certo punto Fujiko “Vi comportate come se foste gli interessati”

“Noi almeno non siamo insensibili come voi due” brontolò Jigen

“Io insensibile!?” si irritò Fujiko, venendo subito placata da Goemon.

“Anche se non lo mostriamo, anche noi siamo in trepida attesa” disse il samurai, venendo subito guardato strano da Lupin e Jigen.

“E tu saresti in trepida attesa?” domandarono sbalorditi.

Goemon aveva una pazienza proverbiale e non aveva mai dato segni di preoccupazioni e/o cedimento.

Non sembrava minimamente toccato dalla situazione.

“Anni di meditazione occorrono per raggiungere la pace interiore” rispose il samurai “E tanti altri me ne aspettano per arrivare all’apice”

Lupin sbuffò e si portò le mani alla testa “In questo momento vorrei avere questa tua pace”

“Guardate che c’è chi ne avrebbe davvero bisogno in questo momento” gli ricordò Fujiko, ricevendo l’approvazione da parte di Goemon.

Questo, purtroppo, non placò l’ansia e l’agitazione di Jigen e Lupin i quali andarono avanti un’altra mezz’ora tra sbuffi e tamburellate sul tavolo.

Tutti si placò alle nove e un quarto, momento in cui l’ansia lasciò il posto a grida di gioia da parte dei due uomini.

Il tutto sotto lo sguardo sbalordito del resto della clientela e dei camerieri del locale, nonché di quello rassegnato di Fujiko e Goemon.

I due si limitarono a sorridere, mentre Lupin mostrava lo schermo del telefono anche a loro.

Era una foto che ritraeva Zenigata accanto ad Anika la quale aveva vicino a sé Yuki che osservava felice e curioso un piccolo fagottino.

“Sono di nuovo zio!” esultò Lupin, guardando poi Jigen “E tu? Contento che sei di nuovo nonno?”
“Piantala, Lupin!” sbottò Jigen, che dopo quell’affermazione avrebbe voluto tirare fuori la pistola e tirargliela contro.

Approfittando che i due discutevano sullo stato sociale del pistolero, Fujiko prese il cellulare di Lupin e guardò la foto assieme a Goemon.

Entrambi sorrisero dolcemente nel vedere quella piccola famiglia felice.

“Sono davvero carini” commentò Fujiko

“Si, lo sono” aggiunse Goemon, il quale si accorse di essere osservato dalla donna.

I loro occhi si incrociarono solo per un istante, poi arrossirono e lo distolsero subito, tornando a dedicarsi alla fotografia.

Chi scriveva era proprio Anika.

 

Benvenuta Rina

 

 

FINE

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