An Untold story

di 6t2r
(/viewuser.php?uid=463033)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First Time ***
Capitolo 2: *** Angst ***
Capitolo 3: *** Au ***
Capitolo 4: *** Threesome ***
Capitolo 5: *** Hurt/Comfort ***
Capitolo 6: *** Crack ***
Capitolo 7: *** Horror ***
Capitolo 8: *** Baby ***
Capitolo 9: *** Dark ***
Capitolo 10: *** Romance ***
Capitolo 11: *** Death ***



Capitolo 1
*** First Time ***


Istruzioni:

 
  1. Scrivi i nomi di 10 personaggi
  2. Scrivi una breve storia per ogni genere con protagonisti i personaggi ai numeri indicati (NON leggere i generi prima di aver scritto i nomi, o ti rovinerai la sorpresa!)
 

Personaggi:

 
  1. Harry Potter
  2. Hermione Granger
  3. Ron Weasley
  4. Luna Lovegood
  5. Remus Lupin
  6. Sirius Black
  7. Fred Weasley
  8. Draco Malfoy
  9. Tom Riddle
  10. Ginny Weasley
 

Generi:

 
-First time, 3, 4 
-Angst, 5, 6 
-AU, 8 
-Threesome, 1, 8, 10
-Hurt/Comfort, 2, 9
-Crack, 2, 7 
-Horror, 8, 10
-Baby, 1, 3
-Dark, 6, 9
-Romance, 4, 7
-Death, 2, 5
 
 
 
 
 
 

FIRST TIME

 
Era buio e nessuno poteva vederci. Faceva freddo a Villa Conchiglia, ma non per me, non per noi. Avevamo visto la morte in faccia, eravamo scappati per un soffio. Qualcuno era morto. Qualcuno non apriva bocca da giorni. Avevo bisogno di sentirmi vivo e sapevo che anche lei lo voleva. Non abbiamo detto una parola, era bastato guardarci negli occhi e avevamo capito. E' successo così in fretta che non ricordo bene tutto. Ricordo i suoi capelli d'argento, i suoi sospiri piccoli. Ricordo lo scrosciare dell'acqua nella doccia che mi ero scordato di chiudere. Mi ricordo le sue mani sul volto, come a contarmi le lentiggini. Mi ricordo che ne avevamo bisogno, che era necessario, che era vero. Mi ricordo che faceva un po' male, ma andava bene così.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Angst ***


ANGST

 

Il bambino è arruffato e ha gli occhi terrorizzati. Sirius si avvicina, hanno solo tredici anni, eppure è certo che non vedrà mai niente di più bello in vita sua.
-Come ti chiami?-
L’altro balbetta, cerca di ricomporsi, poi sorride e una scintilla selvaggia gli fa brillare gli occhi.
-Remus. Remus Lupin.-

-

-Non dirlo a James...-
-Cosa?-

Sirius gli guarda le spalle abbassate, la schiena magra e stanca. E' il quarto anno e se ne stanno da soli nei pressi del Lago Nero.
-Prometti.-
Quando Remus si volta a Sirius si stringe lo stomaco. ha uno sguardo così penetrante da farlo sentire esposto.
-Prometto.-
Le loro labbra si scontrano. Quasi disperate. Affamate.

-

-Essere un Prefetto ha i suoi vantaggi, eh?!-
-Oh sta zitto Felpato, vieni qui.-
La schiuma del bagno dei prefetti è sempre stata così morbida?

-

Corrono nella Foresta, fianco a fianco. E' il sesto anno, hanno superato di gran lunga gli altri: sono troppo veloci. Il lupo mannaro sembra cercare lo sguardo del grosso cane nero. Riprendono a correre.

-

Ultimo anno. La fine di un'epoca, l'inizio della guerra.
-Promettimi che starai attento.-
-Promettimi che penserai a me.-
-Promesso.-
-Promesso.-

-

-Felpato è ad Azkaban! Com’è potuto succedere! Io mi fidavo! Io lo-
-Amavi?-
-Silente… Non è stato Sirius. Dimmi che non è stato lui!-
-Remus…-

-

-Sei tu.-
Sirius è seduto su un tronco, smagrito e sudicio. Eppure negli occhi sconvolti dal dolore c'è ancora qualcosa del suo Felpato.
-Ciao, Lunastorta. Hai pensato a me?-
-Sempre. Io la mia promessa l’ho mantenuta.-
Abbassa lo sguardo, solo per un attimo.
-Allora devo farmi perdonare per aver infranto la mia…-

-

Sono di nuovo nell'ordine. Sirius è un fuggitivo, ma possono vedersi. Possono stare insieme. Nei momenti che passano soli, nella stanza di Sirius a Grimmauld Place, sono quasi sereni.
-Quando questo sarà finito che farai?-
Sirius ride, bacia Remus con slancio e appoggia la fronte alla sua.
-Ti sposo.-
Si guardano, sorridono. Sono senz’altro felici.

-

E' morto. Felpato è morto. Harry singhiozza. Sono tutti a pezzi.
Remus barcolla, poi si smaterializza. Entra in fretta nella villa dei Black, sale le scale e si affaccia in camera sua. Si siede sul letto, prende un cuscino. Sa ancora di lui. Piange. Nulla ha più senso. Piange ancora e ancora.

-

La battaglia ad Hogwats infuria da ore, schiva, lancia un incantesimo, si abbassa ancora e si sposta di lato. Remus è stremato, i nemici sono troppi. Eppure, dentro di sé, sa che Harry ce la farà. Un lampo verde lo coglie di sorpresa, cade a terra.
Ore più tardi lo ritrovano. É immobile, freddo, ma va bene così.

Correrà ancora alla luce della luna piena, correrà libero insieme al suo Felpato.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Au ***


AU

 

Ricco, bello, potente. Draco Malfoy era il protagonista assoluto della vita mondana di Londra. Lo scapolo d'oro per le ragazzine ricche e le donne di successo, l'esempio da seguire per i figli di papà e il rivale dei suoi coetanei e compagni al corso di economia di Oxford.
Sembrava non gli mancasse niente, eppure era incredibilmente solo. La sua aura intoccabile scoraggiava ogni individuo che volesse approcciarlo. Non che a lui dispiacesse: odiava parlare con le persone. Soprattutto con i ricchi.

Quella sera era seduto alla scrivania, stava studiando per l'esame del giorno dopo, non che fosse in ansia: i suoi esami erano sempre perfetti. Si fece distrarre dalla pioggia che cadeva fitta sulla porta a vetri e sul piccolo terrazzo di casa sua, come nelle più classiche serate londinesi. I suoi pensieri iniziarono a vagare, Draco non vedeva l'ora di prendere in mano le redini dell'azienda di famiglia e ripulire dalla sporcizia gli affari del padre. Tutta la società che aveva conosciuto fin da piccolo truffava, imbrogliava e sabotava. Pensavano tutti solo ad arricchirsi ancora di più, a scapito dei dipendenti, dei consumatori, del mondo intero. Tutti votati al dio Denaro.

Stava ancora guardando la finestra quando qualcosa di piccolo e scuro cadde con un tonfo sul pavimento bagnato del terrazzo. Draco si alzò, incuriosito. Aprì le porte a vetro e scrutò nel buio, fino a raggiungere il piccolo oggetto .

Era un quaderno nero. Le pagine totalmente bianche, la copertina poco decorata, in effetti c'erano solo due parole scritte sopra, a mo' di titolo: Death Note.

Un po' lugubre ma estremamente intrigante.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Threesome ***


THREESOME

 
La panca della sala grande sembrava scottare, non aveva aperto bocca da quando si era seduto ed era impallidito da far paura quando anche Ginny lo aveva raggiunto, accasciandosi sulla panca con lo sguardo perso nel vuoto. Quando il pranzo finì sembrava trascorso un secolo, i due si alzarono contemporaneamente, senza riuscire a guardarsi negli occhi (senza guardare proprio da nessuna parte per paura di incrociare il suo sguardo).
Entrambi si incamminarono in cortile e si appartarono verso il Lago Nero.
-Dovremmo...- iniziò Ginny
-Sì...-  Harry annuì, ancora impegnato a guardare ovunque tranne nella direzione della rossa di fronte a lui.
-Ieri è stato...- com'era stato? Harry diventò rosso come un pomodoro per i ricordi sudati ed eccitanti che lo travolsero. Era successo così all'improvviso che nessuno di loro si era fermato davvero a riflettere. La festa con troppo alcol, un certo biondo affascinante dagli occhi di piombo che si avvicinava come un gatto.
 
-Ancora sete, Weasley?- Ginny gli strizza l'occhio e accetta il bicchiere di bollicine. Quell'ultimo anno era alla fine e la tregua con Malfoy era diventata distesa sopportazione
-E tu, Harry?- Harry si riscuote, fissando il biondo come se gli fossero spuntati tre nasi
-Quanta confidenza stasera!-
Malfoy ghigna
-Mi sentivo autorizzato a chiamarti per nome dato che ti ho visto le mutande-
-Cosa?- Ginny sorride mentre chiede spiegazioni
-Hai la patta aperta, salvatore!-
Harry impreca e si sistema i pantaloni, nel frattempo Ginny si piega in due dal ridere e Draco scuote la testa, divertito.
-Almeno sono certo che conosci il mio nome, dopo tutti i soprannomi che mi hai dato non ne ero così sicuro-
-Conosco il tuo nome e anche il tuo, Ginevra- Ginny si strozza con il liquido ambrato che stava bevendo, il suo nome è rotolato fuori dalle labbra di Draco come se fosse un delizioso antipasto di un pranzo a tredici portate. Anche Harry resta interdetto, quel tono basso lo ha scosso, deve ammetterlo.
Draco ride, consapevole dell'effetto che ha sui due, dopotutto non lo hanno mai visto così amichevole.
-Balliamo?-
La coppia accetta con più entusiasmo di quello che tutti e tre si aspettavano. Iniziano a ballare su note frenetiche, la gente affolla la stanza delle necessità debitamente insonorizzata e si struscia in mezzo alla pista semi-buia. Ginny è subito in mezzo ai due ragazzi che la seducono con movimenti lenti e carezze bollenti, poi anche Harry si trova al centro dell'attenzione, Accetta di buon grado i tocchi rudi e sporadici di Draco, scoprendosi desideroso di averne ancora. Sempre di più. Quando tocca a Draco stare in mezzo l'intenzione del trio diventa chiara come il sole.
-Ci spostiamo, che dite?-
Lo propone Ginny, i ragazzi accettano senza esitazione. Quando si spostano in corridoio il gioco di sguardi diventa famelico, raggiungono la stanza di Harry da caposcuola. Nemmeno il tempo di serrare la porta ed insonorizzare la stanza che si ritrovano in un groviglio di bocche, lingue, arti e vestiti che volano sul pavimento uno dopo l'altro. Draco bacia Harry sul collo, mentre Ginny gli passa la lingua sulla schiena, in una scia bollente. Nel frattempo sente Draco toccare i fianchi della ragazza alle sue spalle, sposta appena il viso e lo vede mettere una ma su un suo seno, ancora coperto dal reggiseno. Per qualche motivo questo lo eccita in modo devastante, non può più fermarsi ormai.
Bacia Draco come un assetato beve da un bicchiere di acqua fresca, lo spinge sul letto e recupera Ginny. Appena tutti sono ormai completamente nudi fa mettere la ragazza a cavalcioni sulla faccia del biondo, mentre lui, dopo averla baciata intensamente, prende nel pugno se stesso e Draco ed inizia a muovere la mano lentamente, ma in modo deciso; e appena la lingua del biondo tocca Ginny tutti e tre diventano consapevoli che non smetteranno fino al mattino.
 
E il mattino era arrivato... Appena Harry aveva aperto gli occhi non c'era nessun segno di Draco, solo la sua ragazza che se la dormiva della grossa in mezzo al groviglio di coperte che avevano lasciato.
Durante la colazione non aveva aspettato di veder arrivare Malfoy, era imbarazzato fino alla punta dei piedi. Non che non gli fosse piaciuto eh, anzi! Il problema era che temeva un pentimento da parte di Ginny. Entrambi avevano fatto cose che non avevano neanche mai pensato da soli, mentre Draco era, in effetti, di una maestria particolarmente spiccata, sia con le ragazze che con i ragazzi.
Né Ginny né Harry riuscivano a finire una frase, continuavano solo ad arrossire e a guardarsi i piedi, finché Ginny non prese coraggio e prese il volto di Harry tra le mani, costringendolo a guardarla.
-Ti è piaciuto?-
-Sì.-
Lei sorrise
-Lo rifacciamo?-
-Sì-
Si voltarono, la risposta era arrivata da dietro l'albero vicino a cui si trovavano. Erano così pensierosi che non si erano accorti che li stava seguendo, ma Draco era lì, ghignante e affascinante come mai prima.
-Questa volta tocca a te però, Harry-
Il moro, che aveva ben capito a cosa si riferiva, ghignò a sua volta.
-Andiamo.-

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Hurt/Comfort ***


HURT/COMFORT

 
Erano settimane che Hermione non vedeva la luce del sole.
Al Malfoy Manor c'erano delle segrete piuttosto lugubri, come quelle di un castello medievale. Quando li avevano presi Hermione aveva fatto del suo meglio per mascherare le sembianze di Harry, questo piccolo stratagemma aveva fatto loro guadagnare minuti preziosi, che aveva permesso ai ragazzi di scappare con gli altri prigionieri. Ma lei era rimasta lì. L'avevano portata in una cella umida e fredda, le urla di Bellatrix per la fuga dei suoi amici erano arrivati fin laggiù. Li aveva sentiti chiamarla, ma loro non avevano sentito lei e se n'erano andati. Almeno aveva la
consolazione di sapere i suoi amici in salvo e al sicuro.
Per la prima settimana aveva sinceramente pensato che sarebbero venuti a prenderla. Durante la seconda le sue certezze avevano iniziato a vacillare, per nulla aiutate dalle costanti torture a cui era sottoposta. Il freddo le aveva fatto venire la febbre, ormai ci combatteva da tre giorni. Bellatrix appariva due o tre volte al giorno, anche quattro se era abbastanza nervosa, e si metteva a torturarla con la maledizione cruciatus, portandola al limite della sua sanità mentale. La terza settimana sapeva con una raggelante certezza di essere stata abbandonata, sapeva che non sarebbero più tornati per lei, l'unica sua speranza era che Harry trovasse tutti gli Horcrux e vincesse la guerra. La quarta settimana sapeva che, anche nella più rosea delle aspettative, lei non sarebbe sopravvissuta ai giorni seguenti.
Fu proprio quando le torture smisero di spaventarla, quando la febbre e la fame stavano per consumarla del tutto. Fu proprio in quei momenti ormai prossimi alla fine che qualcosa cambiò. Una figura incappucciata entrò nella sua cella, mise ai suoi piedi un pasto caldo e delle coperte. Hermione non riusciva a muoversi, quindi non si oppose quando la stessa figura, accucciandosi vicino a lei, le prese delicatamente la testa e le fece bere una pozione da una piccola ampolla.
-Per la febbre...- sussurrò una voce maschile, calda e profonda.
Hermione bevve e attese, poco dopo la febbre era scesa, così riuscì a mangiare. D'un tratto stava decisamente meglio, viva, di nuovo pronta a combattere.
Nei giorni seguenti la figura incappucciata continuava a farle visita, portandole cuscini, altre coperte, pasti caldi.
Qualche volta diceva due parole, si informava sulla sua salute, ma non si toglieva mai il cappuccio.
Hermione decise di agire, dopo l'ultima visita di Bellatrix attese, passarono ore prima che lui si facesse vivo.
-Ciao.-
L'uomo si fermò, sembrava squadrare la ragazza.
-Ti trovo bene.-
-Le torture non sono mi state così piacevoli.-
La sua voce era roca, il tono tagliente, stentò a riconoscersi lei stessa.
Un silenzio imbarazzato scese tra loro. L'uomo si guardò intorno, come a controllare che nessuno lo ascoltasse, poi si avvicinò ad Hermione, che se ne stava a gambe incrociate sul fondo della cella.
-Voglio aiutarti...-
Hemrione fece una risatina amara
-Certo... Non posso fidarmi di te. Non so chi sei, né perché mi aiuti. Fino a prova contraria vieni dalla loro parte.-
-Non devi fidarti, lasciati pure morire in questa cella sudicia e fredda, aspetta per giorni, mesi, o magari anni, che il tuo Potter ti salvi, morendo lentamente nell'attesa.-
Il gelo si fece più reale, quasi tangibile in quelle parole.
-Oppure... Vieni con me. Non posso prometterti che ti farò scappare, ma posso provarci. Non parlerai, sei inutile e sei una merce di scambio inaffidabile, dato che ti uccideresti piuttosto che fare da ostaggio, sbaglio?-
Hermione soppesò le sue parole, poi annuì, lentamente.
-Non ti farò tornare là fuori ad aiutare nella guerra contro il Signore Oscuro, sappilo. Ma non ti farò restare qui.-
-Mi offri una cella più carina, mi sbaglio?-
Ci fu silenzio per un po', poi l'uomo sembrò annuire.
-Esatto.-
Hermione sgonfiò le spalle. Voleva rifiutare, l'orgoglio le diceva di lasciarsi morire di febbre nell'angolo più buio di quella prigione infame, ma l'istinto di sopravvivenza vinse.
-Va bene, ma dimmi chi sei-
-Questo è escluso.-
Se lo aspettava. Accettò comunque la proposta dell’uomo incappucciato.
Lui annuì e le fece cenno di seguirlo. I due camminarono per quelle che sembravano ore per i cunicoli labirintici delle segrete, quando furono abbastanza in profondità e lontano dal nucleo principale della casa l'uomo iniziò a parlare
-Non ti aspettare qualcosa di incredibile, ti porto in un luogo sicuro, ma non potrai contattare o vedere nessuno fino alla fine della guerra.-
-E dopo?-
Lui non rispose, il suo cuore perse un battito.
-Mi ucciderai?-
-No.-
Lei annuì, per ora le bastava. Camminare era uno sforzo immane, ma l'adrenalina la sosteneva.
-Ci sarà un letto vero?-
-Sì, e anche in bagno.-
Sembrò ammiccare da sotto il cappuccio
Hermione non rispose, l’igiene non era stata una sua priorità nell’ultimo periodo e certamente non lo sarebbe diventata in quel momento.
Uscirono all’aria aperta ed Hermione dovette coprirsi gli occhi per la luce improvvisa. Era il tramonto, la luce arancione accarezzava gli alberi che segnavano l’inizio della foresta, la ragazza fece un respiro a pieni polmoni e capì che doveva vivere. Avrebbe resistito ancora e ancora. Poi, una volta che Harry avrebbe distrutto Voldemort, lei sarebbe stata libera e sarebbe tornata per distruggere quel posto. Fino all’ultimo corrotto mattone. Seguì la figura incappucciata verso un buco nella recinzione, lui le teneva la bacchetta puntata addosso, per paura che scappasse.
Usciti dalla recinzione fecero altri 20 metri, poi si fermarono.
-Adesso ci smateralizzeremo. Tieniti al mio braccio.-
Hermione si aggrappò al mantello e si preparò. Avrebbe affrontato qualsiasi cosa, ce l’avrebbe fatta, sarebbe sopravvissuta e avrebbe vinto. Una piccola scintilla di speranza le sbocciò in petto. Faceva quasi male. Aveva ancora i suoi dubbi su dove stavano andando, ma non poteva essere peggio di dove era stata nelle ultime settimane. Si permise, mentre si smaterializzava, di pensare al volto di Ron. Alle sue lentiggini. Al suo sorriso.
Ma non riuscirono ad arrivare da nessuna parte. Si sentirono aggrappare le caviglie, l’uomo dovette interrompere la smaterializzazione per non rischiare di spezzarsi, tornarono indietro, fuori dal Malfoy Manor, quello che li aveva afferrati era Fenrir Grayback. L’uomo incappucciato e il lupo mannaro ingaggiarono una lotta a furia di incantesimi.
-Corri! Vai nel bosco! Ti troverò io!- Ogni parola alternata da uno schiantesimo e da un protego. Hermione si mise a correre, ma le gambe le cedevano, così si nascose tra le radici di un albero enorme. Attese finché la battaglia non si calmò, finché i rumori non si diradarono. Sbirciò giusto per vedere chi aveva vinto e, con sollievo, corse incontro all’uomo incappucciato, zoppicante ma intero, il cappuccio storto ma ancora calato su un volto sconosciuto. Arrivò davanti a lui ansimando e quasi piangendo dal sollievo.
-Andiamo.-
La afferrò, di nuovo pronto per smaterializzarsi, ma Grayback era già in piedi e stava lanciando Avadakedavra contro di loro, uno centrò la schiena dell’uomo incappucciato, che cadde a terra, lasciando andare la bacchetta. In un attimo Hermione capì che aveva vinto. Si tuffò verso la bacchetta a rallentatore. Pensò a Ron, a Harry. Pensò ad Hogwarts, ai suoi genitori. Toccò la bacchetta e sparì.
 
Quando riaprì gli occhi si aspettava di vedere La Tana, era lì che voleva smaterializzarsi. Eppure davanti a lei c’era solo Bellatrix Lestrange, che ghignando lanciò un incarceramus, bloccando Hermione contro una sedia. La ragazza si guardò intorno, confusa. Stava balbettando frasi sconnesse e prese a tremare quando riconobbe la sua cella squallida. Dalla porta si affacciò l’uomo incappucciato, vivo e vegeto, che scostò Bellatrix per mettersi di fronte ad Hermione.
-Ora lo capisci, mia cara?- L’uomo si tolse lentamente il cappuccio ed il viso serpentino di Voldemort si fece l’unica cosa nitida nel campo visivo di Hermione.
-Nessuno verrà a salvarti.-
Ed Hermione si spezzò.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Crack ***


CRACK

 
Ogni occasione era buona per guardarla da lontano. Studiava alla biblioteca, sgridava Ron ed Harry per aver cercato di copiare il suo tema di Pozioni. Si sedeva al tavolo della Sala Grande con sguardo perso, ancora concentrata sull'ultima lezione della giornata. Si rannicchiava davanti al fuoco in Sala Comune, chiacchierando con Ginny o leggendo qualche libro enorme e polveroso. Ma quello che Fred preferiva in assoluto era osservarla sugli spalti dello stadio di Quiddich. Lui volava rapido tra un bolide e l'altro, lei incitava, gridava, tratteneva il fiato. Tutto ciò che faceva per lui era incantevole. L'occasione di parlare con lei non si era mai davvero presentata, non durante la scuola, non dopo che lui e George avevano lasciato Hogwarts per il negozio di scherzi. L'aveva guardata da lontano, pensava a lei spesso, chiedeva di lei a Ron. Ma non si avvicinava mai, non per paura di essere respinto, ma perché osservarla da lontano sembrava bastargli. Sembrava la cosa giusta.
 
-A che pensi?-
Hermione si voltò di scatto, rischiando di rovesciare il tè caldo che teneva tra le mani. Alla Tana tutti dormivano da un pezzo. George russava forte, fasciato dalle bende che gli coprivano l'orecchio ferito. Era stata una nottata spaventosa, erano morte delle persone e tutti erano esausti. Ma lui ed Hermione, per qualche motivo, si erano incontrati nel salotto della Tana, lei intenta a guardare le fiamme del camino, lui in fondo alle scale, diretto verso la cucina.
-Come sta George?-
-Bene, non è niente di grave.-
Lei annuì, aggrottando la fronte. Fred avrebbe dovuto voltarsi e proseguire per la cucina ma, per qualche motivo, fece i due passi che lo separavano dal divano e si sedette accanto a lei. Hermione non parve sorpresa, alzò la coperta a quadri che aveva sulle gambe e la stese anche su quelle di Fred, poi gli offrì la sua tazza di tè.
Fred bevve un sorso, senza mai staccare gli occhi da quelli di Hermione. Era calma in modo quasi inquietante e Fred si sarebbe assaporato ogni istante, come stava facendo col tè.
-Non riesci a dormire?-
Chiese lei, riprendendosi il tè e poggiandolo sul tavolino basso lì accanto.
-No, infatti. Neanche tu?-
Lei scosse la testa. I loro occhi continuavano a rimanere fissi gli uni negli altri. Lei si sistemò meglio, prendendo un'aria indagatrice. Sembrava studiarlo. Fred non si lasciò intimidire, alzò un angolo della bocca, in attesa. Nessuno dei due aveva voglia di conversare, restavano a studiarsi attenti, l'aria era elettrica.
-Tu mi fissi sempre.-
Per poco Fred non perse la sua aria sicura, ma ritrovò subito la calma e sprofondò ancora di più nel divano, mostrando una spavalderia che non aveva.
-Tu non lo fai mai, invece.-
Hermione sembrò sorpresa e scoppiò a ridere, facendo brillare i suoi occhioni scuri.
-Sono solo brava a non farmi beccare ogni volta.-
Fred alzò le sopracciglia, sinceramente colpito. Un pericoloso senso d'attesa iniziò ad emergere, facendogli accelerare il battito cardiaco.
-Dovrò farmi furbo allora.-
Hermione si sporse verso di lui, finché non si ritrovarono a pochi centimetri l'una dall'altro.
-Lo credo anch'io-
Era un invito? Fred non stette tanto a pensarci, si sporse per gli ultimi centimetri e posò le labbra sulle sue.
Il bacio profondo che seguì fece surriscaldare l'intero piano. Hermione si ritrovò a cavalcioni su Fred, continuando a baciarlo senza sosta. Si accarezzavano con passione, Fred stringeva le cosce e il sedere di Hermione come se fosse roba sua, Hermione mordeva e leccava le labbra e il collo del rosso, si stringeva alle sue spalle come se stesse per affogare e Fred fosse una boa.
Ebbero la lucidità di staccarsi e trasferirsi altrove, per evitare di essere visti. Presero la coperta e si diressero fuori, stendendosi sul prato morbido e continuando da dove si erano interrotti. Sembravano calamite, incapaci di separarsi del tutto. Fred, tra le cosce di Hermione, si sentiva al sicuro, come se la guerra non esistesse, Hermione, quando Fred era entrato dentro di lei, non era più riuscita a fare un pensiero coerente. Tutto era diventato confuso, bellissimo. Erano scappati dalla realtà, ma il modo in cui si guardavano, in cui si accarezzavano, li rendeva concentrati più che mai sul presente, sulla sensazione dei loro corpi nudi, uniti, perfettamente incastrati e compatibili.
 
Dopo quella notte molte cose cambiarono nella loro vita. Hermione partì, senza poter salutare nessuno, alla ricerca di un modo per sconfiggere Voldemort. Fred faceva del suo meglio, nascondendosi per proteggere la sua famiglia. Ogni tanto riusciva a mandare messaggi ad Hermione su Radio Potter. Chissà se lei li ascoltava. Voleva rivederla, voleva stare con lei, ma la sua missione era troppo importante. L'ultima volta che la vide era bella come sempre. Più magra, stanca, ma splendida nel suo orgoglio, combatteva come una furia nel cortile di Hogwarts. Si guardarono. Fu solo un secondo, come se bastasse quello a dirsi tutto ciò che volevano dirsi. Lei gli sorrise, lui ricambiò.  Lo raggiunse correndo e lo baciò con trasporto, si staccarono appena in tempo per guardarsi negli occhi, pieni di promesse e di felicità nel rivedersi.
-A dopo.-
Sussurrò Hermione.
-A dopo.-
Sorrise Fred.
E si separarono.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Horror ***


HORROR

 
Una singola, intorpidita goccia continuava a cadere, facendo quel peculiare rumore di “plick”. Rimbombava come un tuono nel corridoio deserto e si ripeteva a cadenza regolare, scandendo i secondi e i battiti del mio cuore. I corridoi così silenziosi non li avevo mai sentiti, anche a notte fonda Hagwarts aveva i suoi sospiri e gli scricchiolii. Ogni mattone sussurrava costantemente. Tranne quella notte. Mi sentivo un idiota ad essere uscito da solo, l’idea di andare a cercare il pietrifica-babbani mi aveva colto come la più geniale delle idee, certo di essere protetto dal mio sangue puro e desideroso di essere al centro dell’attenzione per una volta.
Ma in quel momento, bagnato dalla luce soffusa della luna e stordito dall’eco di quella maledetta goccia, iniziavo a pentirmi della mia scelta.
In quel lato del castello e all’ora di cena non avrebbe dovuto esserci nessuno, infatti era esattamente quella l’impressione, eppure, allo stesso tempo, mi sentivo osservato. Mi guardai intorno, ma non riuscivo a vedere molto, così continuai a camminare, incalzato dalla gocciolina impietosa e dal suo plick...plick…plick…
plick…
plick…
plick…
Arrivai nei pressi di uno svincolo, illuminato da una finestra abbastanza ampia da permettermi di vedere dove mettevo i piedi. Avrei potuto usare la bacchetta per un lumos, ma avevo paura che avrebbe solo rivelato la mia presenza a quella cosa che mi osservava. Ormai ero certo che ci fosse, come una sensazione sottopelle, sbagliata. Carta vetrata sui miei nervi già provati.
Poggiai una mano alla finestra per ritrovare stabilità e la tolsi con uno scatto. Scossi velocemente il braccio, cercando di fare il meno rumore possibile, e facendo cadere i ragni che si erano aggrappati alle mie dita. Passato il momento di panico mi avvicinai: una fila di piccoli ragnetti zampettava in fretta per uscire fuori dalla finestra.
Ripresi a camminare, sentendo il rumore della goccia così forte che mi chiesi se non fosse un allarme nella testa che mi diceva di fuggire. Bastò fare due passi nel corridoio di destra per farmi pentire di essermi allontanato dalla Sala Grande. Il pavimento era una pozza d’acqua, le luci soffuse delle torce tremolavano, rivelando una parete bianca, macchiata da lettere scarlatte che formavano la frase “La camera dei”. Sotto, quella che mi pareva una creatura minuscola, totalmente nascosta da una cascata di capelli, con i piedi nudi e un piccolo dito che tracciava altre lettere, macchiando il muro. Mi pietrificai, senza riuscire a muovermi o ad urlare per il puro terrore di quella scena. Mi concentrai sul dito macchiato di rosso e vidi quella singola goccia che cadeva e cadeva e cadeva. Una goccia di sangue che sporcava lo specchio d’acqua ai piedi della creatura. Probabilmente feci un respiro troppo rumoroso e quella si bloccò. L’immobilità che aveva mi sembrava innaturale, quando iniziò lentamente a voltarsi verso di me tornai lucido e corsi via, più veloce di quanto avessi mai corso in vita mia.
Poco dopo, tornando ala Sala Comune, avremmo trovato l’intera scritta, la minaccia ai nati-babbani. Eppure nei mei incubi era me che perseguitava quella creatura insanguinata.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Baby ***


BABY

 

“NO! NO NO NO NO!”

Molly sospirò, riprendendo in braccio il piccolo Ronald che gridava l’unica parola che conosceva. Lo aveva messo giù per solo 30 secondi, ma quel piccolo terremoto non ne voleva sapere di restare ad altezza suolo per un altro attimo di più.

-Molly?-

La donna si voltò, cercando di guardare otre la testa stranamente grande del figlio minore.

-Lily! Come stai?-

L’altra sorrise a sua volta, avvicinandosi con un passeggino cigolante.

-Stanca, è faticoso avere una famiglia.-

-Non dirlo a me! Dovrei avere giornate di 48 ore. Il piccolo Ron non mi lascia un attimo, i gemelli sono delle pesti e Charlie sono tre mesi che cerca di convincermi ad adottare un drago! Ieri una riproduzione di un Gallese Verde è balzata fuori dalla pentola in cui stavo cuocendo la minestra! Mi manderanno al San Mungo!-

Lily rise e scompigliò i folti capelli neri del bambino beatamente addormentato nel passeggino

-Harry è piuttosto tranquillo sinceramente, almeno per ora! Quello inquieto è James, credo sia arrivato al limite… Abbiamo bisogno di fare qualcosa, vogliamo aiutare.-

Molly si fece seria e prese la mano dell’atra donna.

-Avrà l’occasione di affrontare Tu-Sai-Chi, ma adesso dovete restare nascosti. Peter è stato gentile ad aiutarvi, non dovete rischiare inutilmente. Tieni-

Prese un foglio spiegazzato dalla borsa, Ron giocava silenziosamente con la collana della madre.

-Da Felpato.-

Lily annuì

-Grazie Molly. Non dovevi rischiare in questo modo-

La donna fece spallucce

-Volevo farmi qualche giorno di vacanza, siamo con Arthur e i ragazzi alla pensione in High Street, se vi serve qualcosa. Saremo qui fino a sabato.

Lily annuì e si voltò verso il passeggino, da cui il piccolo Harry iniziava ad aprire gli occhi un po’ appannati dal sonno.

-Ha i tuoi occhi.-

Disse Molly, si voltò verso Lily che guardava suo figlio con quell’amore che solo una madre può avere e annuì sorridendo.

Le due si separarono, Molly fece un po’ di fatica ad evitare che Ron si lanciasse sul passeggino di Harry, scalpitando come un mulo. Harry invece guardava incuriosito la scena, senza muovere un muscolo.

-Spero che il prossimo sia una femmina! Agitati così non ne voglio più!-

-Oh sono certa che sarà una splendida bambina coi capelli rossi e, ci scommetto, comanderà tutti i fratelli a bacchetta!-

Le due donne si sorrisero un’ultima volta, prima di separarsi e camminare in direzioni opposte.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Dark ***


DARK

 
-Sei tornato.-
Non era una domanda. Tornava sempre.
 Erano passati quattro anni dalla prima volta che lo aveva visto. Probabilmente aveva ricostruito i suoi tratti dopo aver visto qualche vecchia foto e un paio di ricordi di Silente che galleggiavano nel pensatoio.
Non ne era certo e non gli interessava neanche gran che. Era impazzito. Fine della storia.
-Sono sempre con te, Sirius-
La voce era liscia come velluto e invitante come un pasticcino. Sembrava un uomo fatto e finito, in piedi ad un angolo della cella di Sirius. Non aveva il sorriso, lo sguardo o il naso di un mostro. Del mosto. Il peggiore. Il più pericoloso. Quello che gli aveva portato via tutto.
Era ancora peggio vederlo così. Ben vestito e impomatato. La sua mente aveva un gusto sadico per i giochi, evidentemente.
-Che ne pensi se stasera ti parlo di come ho ucciso quell’arrogante di James Potter? O preferisci la storia di come ho massacrato Lily Potter davanti alla faccina lacrimosa del figlioletto? Oppure posso parlarti di Peter, il piccolo Peter che vi ha traditi per il potere.-
Sirius sospirò.
-Mi hai già raccontato queste storie. Centinaia di volte.-
Non aveva la forza di arrabbiarsi o di opporsi. Tom Riddle sghignazzò.
-Chissà se è ancora vivo quell’altro. Comunque sia, non credo sia felice. I lupi mannari non partecipano mai ai lieto fine.-
Sirius incassò, ma non rispose. E lui sparì.
 
Ormai erano dieci anni che se ne stava nella sua cella ad Azkaban. Aveva un piano, pensava che restando nella forma di cane per abbastanza a lungo i dissennatori si sarebbero scordati della sua esistenza, o non si sarebbero accorti di lui, avrebbe potuto scappare.
 
-Cuccia Fido-
Sirius ringhiò piano, più per abitudine che per vera rabbia. Ormai aveva rinunciato a combattere con quell’immagine immacolata di un Tom Riddle che non aveva mai conosciuto, compagno costante di quegli anni di prigionia.
-Deve essere dura per te, essere stato abbandonato così dai tuoi amici. Tra quelli morti e quelli che ti hanno tradito ti resto solo io…- Sirius lo guardò, pensando che non era vero. Pensando che Remus c’era ancora, che Harry doveva essere diventato grande e non vedeva l’ora di sapere tutto su di lui.
-Scommetto invece che lui preferirebbe non sapere niente di te. O magari già ti conosce come l’uomo che ha causato la morte dei suoi genitori.-
Nemmeno un ringhio questa volta, era abituato a questo genere di frecciate.
-E il vecchio Lupin? Chissà magari non ti crederà quando gli spiegherai la verità. Ma anche se fosse? Lui sì che sta soffrendo. Pensa che lo abbia tradito anche tu. Il suo migliore amico. Pensa che tu abbia ucciso Peter e James. Si chiederà quando arriverà il suo turno…-
Sirius guaì. Più dei dissennatori, più del freddo e del costante senso di spossatezza, era Tom Riddle, o almeno quello che il suo cervello aveva creato a immagine e somiglianza di Tom Riddle, a perseguitarlo più di tutto. Il suo carceriere era la sua stessa testa.
 
Riuscì a scappare da Azkaban, ma l’immagine di Tom Riddle continuava ad apparire, impressa a fuoco nella sua retina. Gli diceva quanto insulso fosse, quanto inutile era stato il suo tentativo di proteggere i suoi amici. Gli diceva che aveva fallito, costantemente e definitivamente.
Sentiva ovunque la risata sarcastica di Riddle, i suoi commenti sardonici che gli ricordavano costantemente il suo dolore. Non lo disse a nessuno, ma nel profondo sapeva che non era mai davvero scappato di prigione, perché la sua prigione mentale fuggiva con lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Romance ***


ROMANCE

 
-Tu mi piaci, Fred Wasley-
Luna lo guardava con una serietà quasi buffa.
-Ah…-
-Ora che lo sai mi sento molto più leggera!- si voltò, senza che Fred avesse il tempo di rispondere, e se ne andò trotterellando verso la sala grande. George lo trovò così, ancora stordito da quello che era successo.
-Fred?-
-Tutto bene!- fece una risata squillante che non aveva niente di divertito.
-Sputa il rospo, Freddie-
Lui sospirò, consapevole che di certo non l’avrebbe fatta al suo gemello.
-Luna Lovegood-
-La biondina figlia del direttore del Cavillo?-
-Sì-
-Quella che ti fissa tutte le volte che la incrociamo nei corridoi?-
-ma va che dici...-
-Quella che tenta di parlarti da settimane ma tu manco ti accorgi che si sta rivolgendo a te?-
-Aspetta ma che…-
-Quella che mi ha chiesto se per caso fossi afflitto da un Vangullo (non chiedermi cosa sia) che ti aveva reso incapace di percepire la presenza degli altri?-
-ok adesso mi stai facendo paura…-
George sospirò
-Avete parlato?-
-Beh non proprio… Mi ha detto che le piaccio. Il che è adorabile, non fraintendermi, ma io…-
-Non ti eri neanche accorto di lei.-
Fred guardò il gemello. Non lo stava giudicando, tra loro non lo facevano mai, era una sorta di legge non scritta.
-Magari potrei farci due chiacchiere qualche volta…- George sorrise e gli diede una bella pacca sulla spalla
-Ottima idea!-
 
Il giorno dopo a colazione Fred si sentiva più nervoso del solito. Aveva deciso di chiedere a Luna di fare un giro in cortile, giusto per conoscerla meglio. Era molto bella, su questo non aveva dubbi, sapeva che faceva parte dell’Esercito di Silente e che era molto amica di Ron ed Harry. Per il resto non aveva idea di che persona potesse essere. Aspettò di finire la colazione e la raggiunse sfoggiando un passo deciso ed una faccia birichina.
_Luna!-
Lei si voltò, ancora intenta a sorseggiare il suo tè alla lavanda.
-Sì?-
-Ti andrebbe di fare due passi in cortile?-
Lei lo guardò come se gli fosse spuntata un’altra testa.
-Perché?-
Fred perse un po’ della sua sicurezza, ma non si arrese.
-Non so… Per fare due chiacchiere?- provò, speranzoso.
Luna aggrottò la fronte, come se stesse pensando intensamente.
-Certo, ma non adesso. Ci vediamo al portone dopo le lezioni.-
Fred annuì, stava per aggiungere qualcosa, ma Luna si voltò e ricominciò a parlare con Hermione fitto fitto riguardo una qualche fattura di sicurezza.
 
Fred non perse tempo, a ora di pranzo intercettò Ron e lo trascinò nel dormitorio, interrogandolo su Luna.
-Non sapevi di piacergli?!-
Chiese il fratello stupito. Fred stava perdendo la pazienza, com’era possibile che tutti se ne fossero accorti tranne lui?
-No, somaro! Lo so adesso.-
-Beh Luna è davvero un’amica incredibile, però è anche fuori, capisci? Vive in un mondo tutto suo.-
-Vale lo stesso per te, Ron- sospirò Fred, rinunciando all’istante a chiedere consiglio al fratello, se ne andò senza nemmeno salutarlo e optò per rivolgersi ad Harry.
-Harry vieni con me.- Uscirono dal ritratto della Signora Grassa e si accodarono agli studenti che stavano andando a pranzo.
-Parlami di Luna. Com’è? Cosa le piace?-
Harry sghignazzò
-A parte te dici?- Fred lo guardò sconvolto. -Dai non te la prendere- Fred lo guardò ancora più sconvolto.
-Certo che non me la prendo! Per Merlino sono Fred Weasley, il giorno in cui mi arrabbierò per una battuta sarà un giorno veramente triste! Però dico io, com’è possibile che tutti sapessero di questa cosa tranne me?-
-Beh ce lo stavamo chiedendo tutti, non è che Luna facesse niente per nasconderlo, anzi! Comunque lei è un’amica davvero speciale! C’è sempre quando hai bisogno. Sembra svampita ma in realtà è molto intelligente. Dopotutto è Corvonero…-
Fred ringraziò l’amico e si diresse verso il suo ultimo obiettivo. Cercò in lungo e in largo, non si presentò a pranzo e nel pomeriggio aveva le lezioni, la scovò in biblioteca, nascosta da due torri di libri, mentre scribacchiava su una pergamena fitta di parole.
-Granger!-
Lei alzò la testa, sorpresa di vederlo entrare in biblioteca.
-Fai i compiti?-
-Che vuoi Fred?- tagliò corto lei
-Parlami di Luna, sì ho saputo finalmente che le piaccio, no non me n’ero accoro, sì sono un idiota, ora parla.- Hermione sghignazzò.
-Nervosetto eh? Beh è un’ottima-
-Amica, sì, questo l‘ho capito, c’è altro?-
Hermione rimase interdetta.
-Beh… è intelligente.-
-Certo, poi?-
-Non so… credo le piaccia disegnare?-
Fred la guardò in cagnesco.
-Mi accusate tutti di non aver capito di piacere a Luna, ma appena vi chiedo di lei scopro che voi, i suoi amici, non sapete nulla di lei? Qual è il suo colore preferito? Cosa vorrebbe fare da gande? Le piacciono i fiori? Qual è il suo patronus?-
-Coniglio!- Rispose Hermione, finalmente felice di poter dare una risposta giusta.
Fred scosse la testa e se ne andò verso il portone di ingresso.
 
Trovò Luna ad accarezzare un gatto nero, tutta presa dal fargli dei grattini sotto il muso, non si accorse che era arrivato Fred.
Lui tossì un paio di volte, per attirare la sua attenzione.
Luna si alzò e sorrise, andandogli incontro. Sembrava che il mondo rallentasse al suo passaggio. Era incredibilmente luminosa e i suoi occhi brillavano, chiari e impavidi.
-Ciao- lo salutò
-Ciao- all’improvviso Fred si sentiva impacciato, era in soggezione davanti alla calma che emanava Luna.
-Vieni, ti faccio vedere una cosa.- Lo prese per mano e lo portò nel folto di un boschetto vicino al Lago Nero. Ovviamente lui c’era già stato una volta, insieme a George, sapeva esattamente cosa pascolasse in quell’erbetta umida.
I thestral apparvero come una visione lugubre. Lui li vedeva perché da piccolo era stato sul letto di morte della nonna, ma questo non faceva che rendere la scena più inquietante. Quei cavalli scheletrici alzarono i musi dalle orbite vuote e scossero le ali da demone.
Fred ebbe un brivido e si voltò verso Luna per chiederle cosa ci facessero lì, ma lei non si era fermata, anzi continuava a camminare verso quelle creature. Toccò il muso di una di loro, che si appoggiò alla sua mano con un piccolo nitrito di piacere. La scena era surreale, con Luna così candida e lucente che accarezzava quella bestia spaventosa e scura.
-Vieni, non sono pericolosi.- Fred ingoiò la saliva, ma non si tirò indietro. Fece qualche passo, tenendosi a distanza, poi sentì toccarsi la gamba e fece un salto terrorizzato. Luna scoppiò a ridere mentre il piccolo di thestral che lo aveva toccato scappava, terrorizzato a sua volta.
-Li vedi anche tu?- Chiese Fred. La domanda era retorica, infatti Luna non rispose. Continuò ad accarezzare la creatura e lanciò un pezzo di carne al piccolino.
-Sono straordinari…- sospirò lei. Fred si scoprì incantato nell’osservarla. Era bella come una ninfa e dolce come il profumo del gelsomino.
-Cosa ti piace?-
Luna parve sorpresa.
-In che senso?-
-Cosa ti piace fare? Qual è il tuo colore preferito? Cosa vuoi fare da grande?- Fred era un fiume in piena. Voleva sapere tutto.
Lei rise e rispose con calma, facendo domande a sua volta. Parlarono fino all’ora di cena. Poi si videro il giorno dopo e quello dopo ancora.
Fred non era mai stanco di lei. Continuava a farle domande, assetato di informazioni. Si faceva portare in giro per Hogwarts, amava vedere il castello attraverso i suoi occhi. Amava tutto quello che lei gli mostrava. Fred si accorse che non solo non si era mai accorto di Luna, ma che c’erano tantissime cose che aveva ignorato, tantissime cose che non gli erano sembrate importanti, mentre Luna vedeva tutto e gli mostrava tutto e gli parlava di sé e gli raccontava delle sue passioni. Dopo una settimana, l’aveva convinta a fargli vedere alcuni dei suoi disegni, aveva un talento incredibile. Per contraccambiare aveva acconsentito a mostrarle tutti i passaggi segreti che aveva scoperto insieme a Georege e grazie alla mappa del malandrino. Passavano insieme ogni momento libero e non smettevano mai di parlare, di conoscersi.
Fu dopo due settimane a stretto contatto che capì a pieno la grande amica che era Luna, quando la Umbridge tentò di punire un ragazzino del primo anno per aver provato una caccabomba vicino al platano picchiatore e lui e George erano riusciti a prendersi la colpa e a farsi punire al posto suo. Luna era accorsa e aveva aiutato lui e George a vendicarsi, facendo un paio di scherzetti a lei e a Gazza, che aveva fatto la spia. Sì Luna era una buona amica, questo lo aveva capito, ma gli erano bastati pochi minuti in sua compagnia, in quel prato pieno di thestral, a fagli capire che era anche molto, molto di più.
Una sera la andò a prendere all’uscita della sala comune di Corvonero e sgattaiolarono sulla torre di astronomia, stendendosi sui mantelli per vedere le stelle.  
-Tu vedi i thestral per via di tua madre, giusto?- Chiese Fred, rompendo il silenzio disteso.
-Sì, esatto- amava anche questo di Luna: niente sembrava metterla a disagio. Non esistevano domande scomode con lei e nemmeno discorsi fuori luogo.
-So che hai portato anche Harry alla fine-
-Sì, avevi ragione, lo ha apprezzato.- Fred sorrise, soddisfatto di quel suggerimento che le aveva dato qualche giorno prima.
-Sai volevo chiederti scusa… Per non averti notata prima ecco.-
Lei si alzò a sedere, per un attimo Fred ebbe paura di aver detto la cosa sbagliata, ma quando si voltò lei sorrideva, rilassata come sempre.
-A volte succede, non devi scusarsi. Credo che notiamo le cose solo quando ne abbiamo bisogno. Solo che io mi ero stancata di aspettare e mi sono fatta avanti.-
Anche Fred si mise seduto e la guardò negli occhi
-Adesso ti vedo.-
Lei arrossì, forse per la prima volta da quando avevano iniziato a frequentarsi.
-Bene- sussurrò
-Bene- sussurrò anche lui
Alzò una mano e lentamente le accarezzò una guancia. Lei non si mosse ma arrossì ancora di più.
-Mi piaci, Fred Wasley. Da quando ti ho visto tentare di fregare la linea dell’età di Silente intorno al calice di Fuoco.- Fred sghignazzò al ricordo, senza smettere di accarezzare la guancia di Luna.
-Sicura non fosse George?- La domanda era scherzosa ma doveva ammettere che un po’ questo lo preoccupava.
-Oh no, vi riconosco benissimo.-
-Ah sì?- chiese lui, sinceramente sorpreso.
-Beh fino ad un mese fa tu eri quello che non guardava mai nella mia direzione…- Fred abbassò lo sguardo, imbarazzato da quella verità. Si sentì afferrare gentilmente il mento, in un invito a rialzare lo sguardo. Incrociò di nuovo gli occhi brillanti di Luna.
-E adesso sei quello che mi vede meglio di chiunque altro.-
Fred perse un battito e sorrise, spostò la mando dietro la nuca della ragazza e si avvicinò, premendo le labbra sulle sue in un tenero e casto bacio. Si guardarono, ancora sorridendo e quando si riavvicinarono il bacio non aveva più niente di casto.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Death ***


DEATH

 
Orma erano sette anni che Hermione continuava a far visita a Teddy Lupin. Era cresciuto così tanto che Andromeda non riusciva più a stargli dietro, mentre lei non vedeva l’ora di scoprire che gioco si sarebbe inventato quella volta.
Lei partecipava sempre con entusiasmo e lo aiutava in ogni progetto gli venisse in mente, come quella volta che lo aveva aiutato con la magia a costruire un vascello dei pirati grande come un divano e lo aveva fatto attraversare il laghetto vicino casa. O quella volta che lo aveva fatto lievitare per tre ore, mentre lui provava a  vedere se in assenza di gravità riusciva a vivere normalmente. Lo guardava provare a volare sulla scopa e lo aiutava a disinfettare le sbucciature che si faceva cadendo. Lei era sempre lì, a guardarlo crescere.
Eppure non poteva evitare, a volte, di bloccarsi a metà di un gioco spericolato o di fermarsi ad osservalo mentre dormiva profondamente dopo una giornata passata insieme. In quei momenti non poteva fare a meno di pensare a suo padre, non poteva fare a meno di pensare a Remus.
Non lo aveva mai detto a nessuno.
Il professore l’aveva affascinata al suo terzo anno, quando le aveva detto di essere la strega più brillante della sua età. Era molto giovane al tempo, eppure questa piccola cotta era cresciuta con lei. A quindici anni tentava sempre di scambiarci qualche parola a Grimmauld Place, lui era sempre gentile, ma la vedeva come una sua studentessa, come l’amica di Harry e Ron. Nient’altro. Poi alla Tana, appena avevano portato via Harry da Privet Drive, distrutti dalla perdita di Malocchio e terrorizzati per il futuro, qualcosa era scattato in lei, la consapevolezza paralizzante che in quella guerra avrebbero potuto morire, allora aveva provato a parlarci, ma erano tutti troppo esausti e la luna piena era vicina, era sparito in un attimo, prima che lei facesse in tempo.
Fu solo al matrimonio di Fleur e Bill, poco prima che il suo mondo si sconvolgesse del tutto. Gli si era avvicinata quasi di soppiatto, trovandolo stranamente solo a bere un bicchierino di firewisky.
-Remus, ti disturbo?-
Lui parve riscuotersi da chissà quali pensieri e la guardò sorridendo.
-Certo che no Hermione! Sei incantevole stasera!-
Lei era arrossita e gli si era messa accanto, sorseggiando il suo succo di zucca.
-Questa serata è un azzardo, eh?- chiese lei.
-Oh non saprei…- rispose Lupin, pensieroso. -Credo che si debba sempre trovare la felicità, anche nei momenti di disperazione.-
-Forse… Ma è pericoloso per tutti, insomma potrebbero attaccarci e..-
-Oh Hermione. Il tuo cervello non riposa mai, vero?-
Hermione si guardò le scarpe, in imbarazzo.
-Sai sei molto cresciuta rispetto alla prima volta che ti ho vista. Sei ancora la strega più brillante della tua età, ma credo che, se mi permetti di darti un consiglio, tu abbia bisogno di lasciarti andare.-
Hermione alzò lo sguardo, indecisa se fosse un invito o un commento offensivo.
-Non fraintendermi! Senza di te quei due sarebbero persi!- ammiccò, indicando Ron ed Harry.
-Ma non vorrei che tu arrivassi alla mia età rimpiangendo di non esserti divertita abbastanza o di non aver mai fatto qualcosa di un po’ folle solo per il gusto di infrangere le regole.- Hermone storse il naso, ma alla fine lasciò andare un sospiro.
-Credo di averne infrante più del necessario di regole. Credo che le persone che mi guardano vedano una strega che pensa solo a studiare e che ha sempre la mano alzata per dare la risposta giusta, rigida nel seguire le regole. Ma la verità è che ero sempre con quei due quando facevano qualcosa di stupido e di pericoloso. Il che mi rende un po’ meno rigida di quanto appaia, immagino.-
Lupin sembrò pensarci intensamente, ragionando su quel discorso.
-Sai hai proprio ragione. Dopotutto sei una Grifondoro!- Lei sorrise, si guardarono negli occhi. Hermione aprì bocca, pronta a confessare i suoi sentimenti, quando arrivò Ninfadora.
-Remus! Ti va se balliamo? Hermione ti dispiace se te lo rubo?- Chiese ridendo Tonks.
Hermione rimase interdetta, ma non fece in tempo a rispondere perché la donna la prese per una spalla e si avvicinò con aria cospiratoria
-Ah e avrei bisogno di un consiglio, io e Remus abbiamo una notizia da dare ma abbiamo paura di rubare la scena ai magnifici sposi se lo facciamo oggi…-
Ad Hermione si seccò la bocca, ma attese in silenzio di sentire la notizia.
-Sono incinta!-
Vide a rallentatore il sorriso di Tonks allargarsi e illuminarle il viso, poi baciò Remus teneramente e si guardarono con un amore tenero e limpido. Hermione disse qualcosa che sperava suonasse come delle sincere congratulazioni, poi se ne andò. Quando i mangiamorte arrivarono a rovinare la festa tutto si fece più veloce, più frenetico.
Nei lunghi mesi di ricerche passati con Harry e Ron tornare sull’immagine del sorriso di Tonks e dello sguardo innamorato di Remus le faceva venire la nausea. L’aveva perso. Anzi no, perché non era mai stato suo. Credeva di non poter stare peggio di così, aveva anche iniziato a superarla ad un certo punto. Poi la battaglia ad Hogwarts l’aveva fatta precipitare di nuovo nell’oblio. Vedere Remus tra i corpi della sala grande, ancora mano per la mano a Tonks, l’aveva distrutta. L’aveva perso di nuovo.
Il periodo che seguì è torbido, annegato nelle lacrime e in un dolore sordo che macchiava i volti di tutti per le morti di quella battaglia.
Poi aveva visto Teddy. Erano passati un paio d’anni, ma lo sguardo di suo figlio aveva lo stesso ardore del padre. Teddy era vivo, era solare e vivace. Aveva cominciato a fargli visita per curiosità, poi si era affezionata così tanto a lui che non poteva stargli lontano per più di qualche giorno.
 
Quella sera avevano giocato ai pirati e adesso Teddy dormiva russando piano nel suo letto soffice. Hermione chiuse il libro che gli stava leggendo e si avviò verso il salotto, pronta a salutare Andromeda e tornarsene a casa. La trovò mentre faceva la calza usando la bacchetta.
-Allora io me ne vado a casa- disse sbadigliando.
-Siediti qui un secondo cara.- Hermione obbedì, guardando la donna dal sorriso tenero, ormai ci aveva fatto l’abitudine e la sua vaga somiglianza con Bellatrix non le faceva più perdere il fiato.
-Io e te non parliamo da un po’, come va la vita?-
-Tutto bene direi, io e Ron abbiamo ricominciato ad uscire, potrebbe essere la volta buona!- Andromeda ridacchiò
-E’ un bravo ragazzo, ma è troppo ottuso per te!-
Hermione fece spallucce, non era la prima volta che le diceva una cosa del genere.
-Sai lo pensavo anche di Remus.- Ad Hermione si bloccò il respiro, impigliato in un nodo alla gola che non era mai veramente andato via.
-All’inizio Ninfadora ne soffriva molto, credo che lui volesse proteggerla dalla sua natura… Ma lei non si è mai arresa. Credo che anche Teddy sia testardo come lei.-
Hermione annuì, incapace di dire qualsiasi consa. Andromeda non parlava mai della figlia, non con lei almeno. Aveva sentito per caso qualche discorso tra lei e Teddy, ma lui non aveva ricordi dei genitori, viveva in un mix di entrambi senza nemmeno rendersene conto. La testardaggine di Tonks, ma anche il suo talento nella metamorfosi, la sua fantasia e la sregolatezza. Di Remus aveva lo sguardo intelligente, alcune gestualità addirittura, anche se non poteva saperlo. Teddy aveva una profondità ammirevole già a quell’età e sapeva sempre cosa dire, come se fosse nato già consapevole del mondo che lo circondava, senza che qualcuno avesse dovuto insegnarglielo.
-Hermione?- Lei si riscosse e si accorse che Andromeda le aveva fatto una domanda -Come?-
-Ti dicevo che anche per te deve essere stato uno shock perderli. Così come partecipare a quell’orribile battaglia e tutto quello che hai dovuto fare prima…-
-Sì certo… Ma ormai è finita, dobbiamo imparare a guardare avanti.-
Andromeda sorrise appena.
-Sai non devi fingere con me.-
-Chiedo scusa?- Hermione si mosse, a disagio.
-Riconosco lo sguardo di chi ha perso qualcuno che amava.-
Hermione prese a tormentarsi le mani, terrorizzata che Andromeda le leggesse in faccia anche il resto.
-Non voglio costringerti a parlarne, ma vorrei dirti questo: vedo come guardi Teddy. Lo vedo e lo capisco perché lo guardo allo stesso modo, solo che cerchiamo persone diverse in lui, non è vero?-
Hermione si sentì gelare, guardava ovunque tranne che nella direzione dell’altra donna.
-Non importa a chi assomigli, Teddy è unico ed è speciale, non perché somiglia a qualcuno ma perché è un bambino meraviglioso e intelligente.- Rispose Hermione, guardando finalmente Andromeda.
-Oh lo so questo- sorrise lei -ma credo sia più forte di noi cercare loro due nei suoi modi e nei suoi tratti, anche se non somiglia veramente a nessuno, è unico certo, ed è meraviglioso così com’è-
-Credi che a loro vada bene? Che io venga qui…insomma che io stia con Teddy…-
Andromeda le prese la mano, mettendo da parte il lavoro a maglia.
-Credo che, se potesse, lui ti ringrazierebbe per tutto quello che stai facendo per Teddy. E credo che, a prescindere da chi abbiamo perso noi e dai motivi che ti spingono a venire qui, Teddy sia davvero fortunato a trovare qualcuna come te, che ha amato suo padre e che ama lui.-
 
Hermione ringraziò Andromeda e uscì di casa, diretta al suo appartamento a Londra. Pensò a quello che le aveva detto la donna e le lacrime presero a rigarle il volto. Non succedeva da un po’, ma si accorse che ne aveva davvero bisogno. Si sorprese a sorridere e pensò a quel tentativo impacciato che aveva fatto di confessare i suoi sentimenti a Lupin a quel matrimonio. Si fermò in mezzo al marciapiede deserto e guardò verso la casa dove dormiva Teddy. Si rese conto che il giorno in cui il suo cuore si era spezzato aveva portato a farle conoscere quel bambino meraviglioso. Si accorse che a rimettere insieme i pezzi e a farla tornare in sé, anche se in modo inconsapevole, era stato proprio il figlio dell’uomo che amava. Il suo sorriso si allargò e ricominciò a camminare, grata che, nonostante la morte e la tristezza, avesse di novo voglia di vivere e di essere felice. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4021381