Stella Cieca

di Eowyn 1
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***



Capitolo 1
*** 1. Prologo ***


Ok, ehm… da dove comincio

Ok, ehm… da dove comincio? Ah, sì! Beh, l’altro giorno stavo cucinando e mentre impazzivo in cucina tra pentole e mestoli mi è venuta in mente questa storia… Ok, adesso vi metterete a ridere, lo so…

Comunque, taglio corto… L’unica cosa che devo dire è che ho cercato di rifarmi il più possibile al libro del grande Professor Tolkien. Spero che non me ne voglia né lui né nessun altro, se farò dei cambiamenti, che però saranno necessari alla mia fan fiction.

Bene, ora vi lascio alla storia, sperando che vi piaccia e che troviate il tempo di lasciarmi un commento…

Eowyn

p.s.

Mi vergogno troppo di questo prologo… siate clementi…

p.p.s.

Il titolo, Stella Cieca, è il titolo di una canzone dei Nomadi. Chiedo scusa per averlo preso in prestito, ma mi sembrava il più adatto alla storia.

 

 

Prologo

 

« Non sembra anche a voi, che in questi ultimi giorni i piatti che ci vengono serviti abbiano qualcosa di nuovo? Un tocco in più che prima non avevano. » stava dicendo Denethor, Sovrintendente di Gondor, ai figli Boromir e Faramir, mentre pranzavano insieme.

« In effetti, ultimamente hanno un gusto diverso. » commentò vago Boromir lanciando poi uno sguardo al fratello, che stava zitto.

« Cosa c’è, Faramir? » domandò il padre, con il solito tono di sofferenza che usava quando si rivolgeva al suo secondogenito.

« Niente, padre. È solo che… » si bloccò.

« Avanti, parla. » lo incoraggiò Denethor sempre con lo stesso tono, appoggiando i gomiti sul tavolo e incrociando le dita, come se volesse mostrare che si stava preparando ad ascoltare un’ennesima sciocchezza.

« Stare qui seduto a questi banchetti sontuosi, mi sembra un insulto alla povertà che dilaga a Minas Tirith in questo momento. »

Denethor rimase zitto per alcuni secondi. Il viso rivolto verso il tavolo, coperto dalle mani incrociate tra loro. Faceva lunghi e sordi respiri, quasi a voler scacciare una profonda collera. Dopo questo lungo istante, sollevò lo sguardo gelido verso il figlio, per rispondere con una più profonda freddezza mista a disprezzo:

« Non credi dunque giusto preservarci da questo momento di difficoltà, almeno noi che possiamo permettercelo? »

« Non è questo che intendevo dire, padre. Dico solo che dovremmo cercare di aiutare maggiormente il nostro popolo. »

« Lo stiamo già facendo combattendo contro Mordor! » sibilò Denethor.

« Lo so, non ho detto che non lo stiamo già facendo. Credo solo che potremmo aiutare i cittadini anche con provviste di cibo e acqua, dato che iniziano a scarseggiare. »

« Faramir ha ragione, padre! Non possiamo combattere Mordor e permettere che la popolazione di Minas Tirith nel frattempo muoia di fame, né possiamo permetterci di creare malcontenti tra i cittadini. » intervenne Boromir.

« Lo sapevo! » scoppiò infine Denethor con un urlo « Faramir, con la tua falsa bontà stai cercando di portare anche Boromir dalla tua parte, contro di me! Ma non te lo permetterò, su questo ci puoi contare! »

« Padre! » cercò di intervenire Boromir in difesa del fratello, ma il Sovrintendente lo bloccò:

« La discussione finisce qui, Boromir! » concluse « Non voglio sentire una parola di più su questo argomento! »

Tutti rimasero zitti: Boromir e Faramir, il padre e i servitori che si trovavano nella sala da pranzo e avevano avuto la malaugurata occasione di prender parte all’ennesima discussione tra Denethor e il suo secondogenito. Il Sovrintendente aveva sempre mal sopportato le idee del figlio minore, ma ultimamente capitava sempre più spesso che i due si ritrovassero a discutere a causa del difficile carattere del padre, il quale non accettava nessuna idea che fosse differente dalle sue, a maggior ragione poi se le idee erano di Faramir.

Quindi, Denethor si rivolse ad Earine, la ragazza che serviva le pietanze durante i pasti:

« Invita i cuochi a raggiungerci nella Sala del Trono. Io e i miei figli vorremmo complimentarci con loro per l’ottimo lavoro che stanno svolgendo ultimamente. »

Detto questo, il Sovrintendente si alzò e, senza guardare in faccia nessuno, si diresse verso la Sala del Trono seguito dai due figli, mentre Earine si recava in cucina.

 

Boromir e Faramir si erano sempre domandati come facesse il padre a passare così velocemente da una calma profonda ad un’altrettanto profonda ira, per poi tornare improvvisamente calmo.

« Mi dispiace che per colpa mia ci sei andato di mezzo anche tu. » sussurrò Faramir al fratello maggiore.

« Non dire stupidaggini, se la penso come te non avevo ragione di stare zitto non credi? » gli rispose Boromir.

Faramir era sempre stato grato a Boromir per non aver mai sfruttato la preferenza che il padre nutriva nei suoi confronti, il fratello maggiore avrebbe potuto approfittarne per mettere anche lui in cattiva luce Faramir, proprio come cercava sempre di fare il padre, ma non lo aveva mai fatto. I due erano anzi legati da un sentimento profondo che, ne erano certi, non li avrebbe mai divisi.

« Grazie! » sussurrò ancora al fratello.

« E di che? » esclamò Boromir dandogli una gomitata complice.

Faramir gli sorrise, poi abbassò lo sguardo e, fianco a fianco, continuarono a camminare dietro a Denethor, che si dirigeva con passo fiero e deciso verso la Sala del Trono.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Rieccomi! Col primo capitolo! Volevo solo precisare che la descrizione della sala del trono l’ ho presa dal libro Il Ritorno del Re, nel capitolo Minas Tirith. Spero vi piaccia! Ciao!!

 

 

 

Capitolo 1

 

Quella era la prima volta che Niniel entrava nella Sala del Trono. Spesso si era domandata come fosse e aveva cercato di immaginarla, basandosi sui racconti del padre, che vi si era recato circa un paio di volte anni addietro.

Camminava dietro ai suoi genitori, cercando di non guardare troppo in giro, ma la sua curiosità le impediva di tenere gli occhi fissi sul pavimento di marmo bianco per più di tre secondi. Ogni cosa in quella sala dava l’impressione di voler rappresentare la grandezza dei re del passato. Alte colonne di marmo nero terminavano con capitelli sui quali erano scolpite figure di foglie e bestie, che sembravano sorreggere il pesante soffitto, pesante com' era sempre stato il compito dei grandi Re del passato e delle genti del presente.

Gli occhi di Niniel passarono in rassegna una ad una le statue di marmo rappresentanti i re che furono, situate tra le varie colonne.

Abbassò di nuovo gli occhi, ma non poté fare a meno di spalancarli quando, rialzandoli, vide una scalinata bianca, in cima alla quale dominava un alto trono altrettanto bianco sovrastato da un baldacchino che raffigurava un elmo incoronato mentre, sul muro dietro di esso, spiccava l’immagine di un albero in fiore incastonata di pietre preziose.

Ai piedi di questa scalinata vi era una sedia nera, sulla quale era accomodato sire Denethor, il Sovrintendente, e rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra si trovavano, in piedi, Boromir e Faramir.

 

 

« Benvenuti! » esclamò Denethor non appena giunsero abbastanza vicini al suo seggio.

« Earine ci ha riferito che volevate vederci, sire. » disse Adhort dopo essersi inchinato di fronte a Denethor, seguito immediatamente nel gesto dalla moglie e dalla figlia.

« Certo! E ditemi, come vi chiamate? »

« Io sono Adhort, figlio di Arhn, e queste sono mia moglie Erith e nostra figlia Niniel. » spiegò il cuoco.

Denethor squadrò le due donne, poi riprese a parlare con Adhort:

« Vi ho fatti chiamare perché io e i miei figli » disse facendo un gesto alla sua destra dove si trovava Boromir « Volevamo assolutamente conoscere le persone che ci preparano ogni giorno i pasti. »

Niniel alzò leggermente lo sguardo verso i figli del Sovrintendente, li conosceva, certo, come poteva non conoscerli? Li aveva già visti molte volte girare per la città, soprattutto Faramir che spesso, di nascosto dal padre, cercava di aiutare la popolazione in difficoltà.

Intanto, Denethor continuava:

« Ci siamo accorti che da una settimana a questa parte ciò che preparate ha un gusto particolare, un tocco in più che prima non aveva. »

« È tutto merito di nostra figlia, mio sire! » esclamò Adhort, facendo un gesto verso Niniel, invitandola ad avvicinarsi. La ragazza era, infatti, rimasta a qualche passo di distanza.

« Sogna di diventare cuoca, proprio come noi, e da poco più di una settimana ha iniziato ad aiutarci. » spiegò il padre della ragazza.

Lei si affiancò a Adhort, e fece un inchino.

« I miei complimenti, ragazza! Sei già molto brava! » le disse il Sovrintendente.

« È un onore per me, poter lavorare per un così gran signore degli uomini. » lo riverì lei, alzando leggermente il viso per guardarlo in faccia.

« E dimmi, quanti anni hai? »

« 25 »

« Sono certo che tra qualche anno sarai tra le migliori cuoche di tutta Gondor! » la elogiò di nuovo lui.

« Vi ringrazio, mio signore, ma il merito va tutto ai miei genitori che mi hanno insegnato. » disse ancora lei, spostando poi lo sguardo su Boromir e Faramir.

Il fratello più giovane non si accorse che Niniel lo stava guardando, sembrava quasi assente, perso nei suoi pensieri. Boromir invece ricambiò lo sguardo, anzi fu costretto ad ammettere che nessuna ragazza aveva mai sostenuto il suo sguardo così a lungo.

« Oltre che una brava cuoca sei anche modesta! Sarai di sicuro una buona moglie per chi ti chiederà in sposa! » si complimentò nuovamente Denethor.

Niniel non rispose, si limitò a chinare il capo in segno di ringraziamento, con un’espressione seria sul volto.

Così andarono avanti ancora per alcuni minuti, il Sovrintendente e Adhort, il padre della ragazza, mentre lei se ne stava zitta sperando di non essere più interpellata e spostava gli occhi di qua e di là, cercando di carpire ogni più piccolo particolare della Sala del Trono. Spesso le veniva difficile spostare solo gli occhi, non bastava per osservare tutta la bellezza di quel luogo, quindi iniziò a girarsi di qua e di là, ignorando completamente Denethor e gli sguardi infuocati che le lanciava la madre, nel tentativo di ottenere dalla figlia un po’ di contegno.

Quando finalmente si decise a tornare un po’ composta, notò che Boromir la stava osservando quasi divertito con un sorrisino sulle labbra. Lei lo fissò dritto negli occhi, come a voler scoraggiare quel suo sorriso. Continuarono la loro silenziosa battaglia per alcuni secondi, poi lei distolse lo sguardo.

 

 

« Potevi almeno far finta di dimostrarti interessata alla conversazione! » la rimproverò la madre appena lasciarono la Cittadella.

« Uffa mamma! Ne avevo basta di sentire tutti quegli stupidi complimenti che mi stava facendo quel vecchiaccio! » esclamò Niniel esasperata.

« Non parlare così! E se qualcuno ti sentisse? Magari una delle sua guardie! »

La ragazza rispose con una vistosa alzata di spalle.

« Dovresti essere orgogliosa invece! » le fece notare Adhort « Il Sovrintendente ha voluto complimentarsi con te perché gli sono piaciute le pietanze che gli hai preparato! »

« E ne sono orgogliosa, infatti! » ammise lei « Ma quando poi ha iniziato con tutti gli altri complimenti e quelle chiacchiere, proprio non lo sopportavo più! »

Erith sospirò, non sapeva più come comportarsi con sua figlia.

« Ehi Niniel! » la ragazza si voltò, era Earine, la sua migliore amica nonché cameriera del Sovrintendente, che stava arrivando di corsa.

« Ci vediamo dopo! » disse la ragazza salutando i genitori e correndo verso Earine.

 

 

« Allora com’ è andata? Cosa ti ha detto Denethor? »

« Ha voluto complimentarsi perché ha gradito il pranzo. » tagliò corto Niniel.

« E lo chiami niente? »

« Ma no, no… sono contenta… è solo che sai che non sopporto quel vecchiaccio! »

« Beh, per questo ti capisco! Anch’io non lo sopporto… e pensa che io quando lo servo a tavola ci ho a che fare molto più di te! »

« Infatti non so come fai! Io non ci riuscirei mai! » esclamò Niniel ridendo mentre con l’amica camminava per le vie della città.

« Pensa che oggi ha litigato ancora con Faramir! » le spiegò Earine.

« Di nuovo? Ma litigano tutti i giorni? »

« Praticamente sì. Hanno idee completamente diverse, e Denethor non sopporta quando Faramir gli dà contro! Per esempio, oggi Faramir gli ha fatto notare che la popolazione sta finendo le provviste e gli ha consigliato di dare una mano ai cittadini, ma Denethor non ha voluto saperne. »

« E Boromir? » domandò Niniel « Con Boromir com’è? »

« Boromir è sempre stato il suo preferito. » spiegò Earine « Un po’ perché è il primogenito, e un po’ perché le loro idee si assomigliano di più. Almeno credo… non ne sono certa perché non li conosco personalmente. Oggi per esempio Boromir ha dato ragione a Faramir, ma con lui il vecchiaccio non se l’è presa come invece ha fatto con Faramir. »

« Mah… chi lo capisce è bravo! » commentò Niniel ridendo.

 

« Hai visto cosa faceva quella ragazza mentre nostro padre parlava? »

« Mh… non l’ ho notato. »

« Ma come, non hai notato che continuava a guardarsi in giro, non avrà ascoltato praticamente niente di quello che ha detto nostro padre! »

« Come la capisco… » sospirò Faramir ridendo, facendo ridere a sua volta anche il fratello maggiore.

« Beh, non mi sarò accorto di cosa faceva lei mentre nostro padre parlava, però ho notato un’altra cosa… » disse ad un tratto Faramir.

« Cosa? »

« Oh, niente… solo che l’ hai fissata praticamente per tutto il tempo! »

« Ci credo… se tu avessi visto certe sue espressioni quando parlava nostro padre l’ avresti guardata anche tu! »

« Certo… cercati un’altra scusa Boromir… » rise Faramir.

« Cosa stai insinuando scusa? » esclamò l’altro offeso.

« Oh, niente… Comunque credo che tu ci possa arrivare da solo! »

« Boromir!» la voce del padre risuonò forte nel corridoio che i due fratelli stavano percorrendo.

Boromir si voltò e sospirò sconsolato:

« Lascio perdere solo perché mi sta chiamando… ma questa sera continuiamo il discorso! » lo ammonì, mentre si dirigeva verso il padre.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Ecco il secondo capitolo

Ecco il secondo capitolo. Spero vi piaccia! A presto!!

 

Capitolo 2

 

Passarono diversi giorni, durante i quali i figli del Sovrintendente furono impegnati nell’organizzare le difese della città. L’Ombra di Mordor si stava allungando sempre più, e la vicinanza di Minas Tirith alla Terra di Sauron non migliorava di certo la situazione.

Niniel invece era sempre impegnata in cucina e, quando non lavorava, era in città in compagnia di Earine a dare una mano con i rifornimenti.

 

Una mattina, la ragazza si trovava in cucina insieme ai suoi genitori, e stava preparando un dolce che sarebbe stato servito a sire Denethor per pranzo. Dopo averlo infornato, mentre aspettava che cuocesse, si recò al pozzo a prendere l’acqua. Aveva appena riempito il secchio e stava per tornare dai suoi genitori in cucina, quando si sentì chiamare. Era Earine che arrivava di corsa:

« Ehi, cosa c’è? » domandò all’amica notando che aveva il fiatone.

« Questo pomeriggio andiamo all’Anduin a raccogliere l’acqua, i pozzi della città sono praticamente tutti secchi. »

« Me ne sono resa conto… » sospirò Niniel indicando con lo sguardo il pozzo dal quale aveva appena attinto l’acqua.

« Gira voce che verrà anche Faramir ad aiutarci! » esclamò l’altra entusiasta.

« Bene, un paio di braccia in più fanno sempre comodo! »

« E dai, non essere così dura! »

« Non ho mica detto niente! »

« No certo… » esclamò Earine guardandola storto.

« Oh, e va bene, devo ammettere che Faramir si dà da fare per Gondor, contenta adesso?! »

« Così va meglio! E adesso… »

« IL DOLCE! »

« Eh? Che ne so io se Faramir è dolce? » esclamò Earine arrossendo.

« Ma cos’ hai capito? » le urlò Niniel mentre raccoglieva il secchio con l’acqua e iniziava a correre « Ho il dolce nel forno, torno in cucina prima che si bruci! Ci vediamo questo pomeriggio! »

“ Ma guarda un po’ se dovevo dimenticarmi del dolce! ” pensava Niniel mentre correva verso le cucine “ Ci manca solo che sia bruciato! Maledizione! Ma dove cavolo ho la test… ”

« AH! » urlò quando, voltato un angolo, si scontrò contro qualcuno che la fece cadere a terra « Guarda dove vai, maledizione! Mi hai anche fatto rovesciare l’acqu… Oh… » si bloccò, non appena si accorse chi era la persona che l’aveva fatta cadere e che ora si trovava anch’essa a terra completamente bagnata.

« Io… io… mi spiace, ecco… non volevo farvi cadere… e… e bagnarvi! Io… »

« Andavi di fretta eh? » le domandò Boromir mentre si alzava in piedi. Le porse la mano per aiutarla ad alzarsi, ma lei la ignorò e si alzò da sola.

« Sì, ecco vedete… ho il dolce nel forno e se non mi sbrigo si brucia e se si brucia non so cosa servirvi oggi per pranzo… » disse tutto di fretta « Mi, mi dispiace di avervi bagnato… Posso fare qualcosa per voi? »

« Niniel giusto? » domandò lui.

« Eh? »

« Sei Niniel, vero? La cuoca che abbiamo incontrato qualche giorno fa. »

« Esatto. »

Lui raccolse il secchio:

« Questo deve essere tuo. »

Lei lo prese senza dire niente.

« Se posso fare qualcosa per rimediare al disastro che ho combinato… » disse lei con poca convinzione, indicando i vestiti di Boromir che erano completamente fradici.

L’uomo ebbe l’impressione che non fosse veramente dispiaciuta per ciò che aveva fatto, ma che si stesse comportando in quel modo solo per gentilezza nei suoi confronti, dopotutto era pur sempre il figlio del Sovrintendente.

« Non importa, non preoccuparti. Piuttosto, perché correvi? »

« Maledizione! Il Dolce! » esclamò nuovamente lei « Cioè, volevo dire, ho il dolce che sta cuocendo, se non mi sbrigo brucerà e non saprò cosa servirvi oggi dopo pranzo! » mentre parlava prese a indietreggiare « Scusate ma ora devo proprio scappare! Mi spiace per quello che ho combinato! Se posso fare qualcosa per farmi perdonare ditemelo, ma ora devo proprio andare! » così si voltò e corse verso le cucine.

 

« Cos’ hai combinato scusa?! » esclamò esterrefatta Earine, mentre si trovava in cucina e stava aspettando che la madre di Niniel preparasse il piatto di portata da servire a Denethor e ai suoi figli.

« Ho… ho rovesciato il secchio d’acqua addosso a Boromir… e l’ ho bagnato tutto…» spiegò nuovamente Niniel imbarazzata.

« E poi sei scappata così? »

« Oh, meno male! Diglielo anche tu Earine che avrebbe dovuto fermarsi e aiutare Boromir invece di scappare come ha fatto! » esclamò Erith, la madre di Niniel.

« Che aiuto dovevo dargli scusa? Credo che sia abbastanza grande da sapersi asciugare da solo! E poi lo sapete che Denethor e i suoi figli non mi stanno particolarmente simpatici! »

« Ma non ha senso! Anche se non ti stanno simpatici sono pur sempre i nostri sovrani, e dobbiamo portargli rispetto! » la rimproverò Adhort, il padre, mentre passava a Earine i piatti da servire.

Niniel fece spallucce: « Almeno il dolce non è bruciato! » esclamò esultante guadagnandosi un’occhiataccia da parte di tutti.

 

« Come mai sei arrivato in ritardo, Boromir? » stava chiedendo Denethor al figlio, mentre Earine gli serviva il pranzo.

« Ho… avuto un piccolo contrattempo… » si giustificò lui senza specificare.

« Spero nulla di grave. »

« No, assolutamente. »

Earine stava per scoppiare a ridere, ma fu costretta a trattenersi.

Quel pomeriggio però, appena lei e l’amica si trovarono per aiutare con i rifornimenti di acqua, non mancò di raccontarle quello che aveva sentito…

« Vuoi dire che Boromir non ha detto nulla di ciò che è successo a suo padre? » esclamò Niniel sorpresa.

« Credo proprio di no! »

« Meno male… col caratteraccio che si ritrova il vecchiaccio, avevo già paura che non mi permettesse più di lavorare nelle sue cucine, se avesse saputo cosa avevo combinato a suo figlio… ».

Earine scoppiò a ridere.

« Ehi lumache! Muovetevi! Chi arriva ultimo al fiume perde! »

« Tuo fratello è sempre il solito… » commentò Earine sospirando.

« Ah sì? Bene, come vuoi tu Narith! Scommetto che ti batto anche questa volta! » esclamò Niniel mettendosi a correre dietro al fratello.

« Uff, pure tu sei sempre la solita! » esclamò Earine con aria distrutta mettendosi a correre dietro ai due.

I tre superarono i cancelli di Minas Tirith di corsa, sotto lo sguardo incuriosito delle guardie. Niniel e Narith, suo fratello di 24 anni, che correvano uno di fianco all’altro, e Earine che li seguiva a fatica, inveendo contro il fatto che ogni volta la lasciavano indietro e che dei ragazzi di 24 e 25 anni non dovrebbero divertirsi a fare delle gare di corsa.

Finalmente giunsero all’Anduin, dove molti abitanti della città erano già all’opera con secchi e recipienti per i rifornimenti di acqua. Niniel e Narith si bloccarono appena in tempo sulla riva del fiume, per poco non ci finirono dentro. Earine li raggiunse, senza fiato, qualche momento dopo, mentre in molti si voltarono a guardarli ridendo: ormai li conoscevano tutti per le loro gare di velocità.

« Sono arrivato prima io! » esultò Narith.

« Non dire scemate! Siamo arrivati insieme! » protestò la sorella.

« È brutto non saper perdere! »

« Piantala Narith! Earine! Secondo te è arrivato prima lui o siamo arrivati insieme? » ma l’amica era talmente distrutta che non riusciva a risponderle, aveva ancora il fiato corto.

« Secondo me siete arrivati insieme! » esclamò una voce alle loro spalle.

« Cosa ti avevo detto? » esultò Niniel voltandosi, ma rimase interdetta nello scoprire che era stato Faramir a darle ragione.

« Oh, perdonatemi, non immaginavo che foste voi! » si scusò poi la ragazza per la poca finezza con cui aveva esultato.

« Non preoccupatevi! Non ci sono problemi! » disse lui ridendo.

Nel frattempo, Earine era andata a prendere i secchi e li aveva portati anche all’amica e a suo fratello, che si misero subito al lavoro.

Riempirono varie cisterne, che venivano poi caricate su carretti trainati da asini e muli e portate ai vari pozzi della città che dovevano essere riempiti.

« La vicinanza a quella maledetta terra ci priva anche dell’acqua. » brontolò dopo un po’ Narith, facendo un cenno col capo all’Oscurità che rabbuiava il cielo verso Mordor.

« Se fosse solo l’acqua, il bene di cui ci priva, sarebbe ancora una fortuna. » gli rispose Faramir, che aveva lavorato per tutto il pomeriggio nel loro gruppo.

« La guerra che giungerà ci porterà via molto di più. » intervenne cupa Earine «AAAAAH! MA CHE DIAVOLO FAI?! »

« E allora? Cosa sono questi discorsi? » li rimproverò Niniel guardandoli severamente « Che arrivi anche, la guerra. Sappiamo che ormai è quasi inevitabile! Ci porterà via molto, ma non è questo lo spirito con cui dobbiamo affrontarla! Dobbiamo reagire! Combattere e stare il più sereni possibile fino a che ne abbiamo la possibilità! »

« Ok, gran bel discorso Niniel! Ma non era il caso di rovesciarmi una secchiata di acqua in testa! » protestò Earine.

« Era per darti la girata giusta! » spiegò tranquillamente l’altra.

« Potevi farlo anche senza lavarmi da capo a piedi! »

Intanto, Narith e Faramir erano scoppiati a ridere e sembravano non avere intenzione di smettere.

« Ma allora il tuo è un vizio! »

« Cosa vuoi dire? » chiese Niniel sorpresa.

« Mio fratello mi ha raccontato cos’è successo prima di pranzo… »

« Oh… io, beh, ecco… Ero di corsa e non l’avevo visto! »

« Non ti devi giustificare! Lui stesso ci ha riso su, mentre me lo raccontava! »

« Perché, cos’è successo? » si intromise curioso Narith.

« Oh, tua sorella ha rovesciato una secchiata d’acqua addosso a Boromir! » spiegò Faramir.

« Che cos’ hai fatto?» urlò Narith spalancando gli occhi.

« Non… non ho fatto apposta… »

« Scusate l’intromissione… » si permise poi Earine « Ma io andrei ad asciugarmi… l’aria si è fatta fresca, e quei nuvoloni scuri non promettono niente di buono… » e indicò il cielo che si stava rabbuiando.

« Quel buio non è naturale… è l’Ombra di Mordor che avanza. » disse a bassa voce Faramir.

Rimasero tutti silenziosi per alcuni istanti. Con tutta la buona volontà che ci potessero mettere, era impossibile rimanere del tutto indifferenti di fronte a quell’Ombra malvagia.

« Vieni Earine… ti accompagno… » disse poi Niniel rompendo il silenzio « O tra poco ti prendi un raffreddore per colpa mia! »

Oltre a loro, molti altri stavano abbandonando l’Anduin. Ormai la sera si avvicinava, era ora di prepararsi per la cena, e poi a nessuno faceva piacere trovarsi fuori dalle mura di Minas Tirith con quelle nuvole d’Ombra che incombevano su di loro.

 

Faramir stava camminando con loro per le vie della città, a Niniel faceva uno strano effetto pensare che il figlio del Sovrintendente avesse passato il pomeriggio insieme a loro, forse si era sbagliata sul conto di Faramir, forse lui era veramente diverso da Denethor.

I pensieri della ragazza, vennero però interrotti da un gruppo di soldati a cavallo che si stava avvicinando al loro gruppo.

« Faramir! »

« Buone sera! » esclamò Faramir in saluto al fratello « Com’ è andata oggi pomeriggio? »

« Abbiamo bloccato un gruppo di Orchetti che a quanto pare stava cercando di avvicinarsi a Osgiliath. Quella città non è più al sicuro… » ordinò ai soldati che si trovavano con lui di rientrare, aveva la voce stanca e preoccupata, poi spostò lo sguardo sulle persone che si trovavano in compagnia del fratello.

« Earine! Cosa ti è successo? » esclamò vedendo la ragazza completamente bagnata.

« Domandatelo a lei, mio signore… » rispose lei indicando Niniel.

Boromir scoppiò a ridere:

« Ma allora è proprio un vizio il tuo! »

« Era solo per darle una svegliata, tutto qui. » spiegò Niniel guardandolo di sottecchi.

« Io non ho bisogno di svegliate! » esclamò Earine. Boromir continuava a ridere, ignorando il modo in cui Niniel lo stava guardando.

« C’è chi invece stamattina ha avuto una specie di incontro scontro… » esclamò Faramir.

« Non è colpa mia se tuo fratello mi è venuto addosso! » esclamò Niniel al limite della sopportazione, mentre Earine le lanciava un’occhiataccia.

« Veramente sei stata tu a venirmi addosso. » commentò Boromir, guardando poi il fratello in modo strano.

« Vieni Earine, o ti becchi davvero un raffreddore! » esclamò Niniel prendendo l’amica per un braccio e trascinandola via « E poi io devo andare a preparare la cena. Arrivederci. » quindi fece un cenno di saluto a Boromir e Faramir e si allontanò seguita dall’amica.

« Mia sorella… chi la capisce è bravo… » commentò Narith.

« Tua sorella? » domandò Boromir.

« Sono Narith, mi signore. Lavoro come apprendista fabbro da Roth. Niniel è mia sorella. »

« Roth, produce armi niente male! Non hai mai pensato di diventare cuoco come il resto della tua famiglia? »

« No, non è il mio genere di lavoro quello! »

 

Nel frattempo, Niniel stava subendo l’ira di Earine per il suo comportamento.

« Ma ti sembra il caso di comportarti in questo modo? Trattare così Boromir, accusarlo di esserti venuto addosso, guardarlo in cagnesco per tutto il tempo e poi scappare via trascinandoti dietro me? »

« Non esagerare! » esclamò Niniel.

« No, tu non esagerare! È pur sempre il figlio del Sovrintendente, Niniel, cerca di ricordarlo! E se anche ti sta antipatico devi portargli rispetto! »

« Sai che ti dico? Faramir merita rispetto! Lui si fa in quattro! Combatte per Minas Tirith e viene ad aiutarci con gli approvvigionamenti della città. Boromir e suo padre questo non l’ hanno mai fatto! »

« Hai ragione, ma te l’ ho già detto, sono pur sempre i nostri sovrani, non dimenticarlo. E poi se tu conoscessi meglio Boromir sono certa che ti convinceresti che non è come suo padre. »

« A me non sembra. »

« Credimi, servendoli a tavola ho più occasioni io di te per sentire i loro ragionamenti. Boromir è diverso da Denethor. »

Niniel sbuffò: « Ora vado, la cena non si cucina da sola. Asciugati mi raccomando. »

Earine le lanciò un’occhiataccia, e poi andò a sistemarsi.

 

 

 

 

 

Evening­_star: ciaoooo! Sono contenta che la storia ti piaccia!! Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. Mi fa piacere che Niniel ti stia simpatica e, beh… non potevo rendere Boromir insopportabile, arrogante e stupido… Primo, perché Tolkien stesso non lo presenta così e, secondo, è tra i miei personaggi preferiti. Con le sue fragilità e debolezze è molto simile a tutti noi. Per quanto riguarda i nomi, per Niniel e Earine ho consultato un dizionario di elfico, il nome di Niniel ha un significato che probabilmente sfrutterò più avanti, mentre Earine significa “del mare” e l’ ho scelto semplicemente perché mi piaceva il suono. Per gli altri nomi invece mi sono spremuta le meningi (ma quando?! -_-) e li ho inventati io, mi fa piacere che li hai trovati adatti. E per il prologo… boh… mi vergognavo… mi sembrava un po’ banale. Va beh, ora ti saluto! A presto!! Ciaooo!!

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Ecco il terzo capitolo

Ecco il terzo capitolo! Spero vi piaccia!! A presto!!

 

Capitolo 3

 

« Mamma! »

« Cosa c’è? »

« Dov’è finito il sale? Non ce n’è più! »

« Guarda là sotto! » Erith indicò alla figlia la piccola dispensa nell’angolo della cucina.

Era mezzogiorno, e la ragazza si stava dando da fare insieme ai genitori per preparare il pranzo.

Improvvisamente qualcuno bussò alla porta, ma Niniel era troppo occupata a cercare il sale per accorgersi che uno dei figli del Sovrintendente era entrato in cucina.

« Mio signore, a cosa dobbiamo questa visita? » domandò Adhort.

« Perdonate il disturbo, volevo sapere dove posso trovare vostro figlio Narith. » domandò Boromir « Sono stato a cercarlo da Roth, ma mi hanno detto che è fermo per pranzo. »

« Ah, ti ho trovato! » esclamò esultante Niniel, riemergendo con la testa dalla dispensa e agitando un barattolo di sale, ma per la felicità non fece caso all’anta dell’armadietto sopra la sua testa… « AH! MALEDIZIONE! » urlò, dopo aver preso una tremenda zuccata.

« Buon giorno, Niniel! » la salutò Boromir.

« Oh, buon… buongiorno… io, non mi ero accorta che eravate entrato. » riuscì a dire la ragazza imbarazzata mentre si massaggiava la testa.

« Niniel… » la rimproverò la madre sconsolata.

« È tutto a posto, non mi sono fatta niente! »

Erith sospirò, mentre Boromir appariva quasi scioccato.

« Non fate caso alla goffaggine di nostra figlia… spesso ha la testa fra le nuvole… »

« Quale goffaggine? Mamma io non sono goffa! Comunque, come mai siete venuto qua? » Erith fulminò la figlia con lo sguardo per la poca delicatezza con cui si era rivolta al figlio del Sovrintendente.

« Sono… venuto a cercare tuo fratello. Avevo bisogno di parlargli. »

« Molto probabilmente Narith è a casa. Pranza lì e poi torna al lavoro. Niniel, mostra a Boromir come arrivare a casa nostra. »

La ragazza parve indispettita da ciò che le aveva detto il padre, ma non si oppose e uscì in strada per fare ciò che le aveva chiesto.

Per un po’ nessuno dei due parlò, poi Boromir ruppe il silenzio.

« L’altro giorno, poi, il dolce era buono. »

« Come? »

« Quando ci siamo scontrati, il giorno in cui mi hai rovesciato il secchio addosso e poi sei scappata perché il dolce stava bruciando… Beh, il dolce era buono comunque, non era bruciato. »

« Sono riuscita a salvarlo in extremis… e comunque non sono scappata, sono semplicemente tornata al lavoro. »

« A dir la verità io ho avuto l’impressione che tu fossi scappata! » esclamò Boromir con un sorrisino.

« Io non scappo! Non lo faccio mai e di fronte a niente! Sono dovuta correre via per evitare un ulteriore pasticcio! » rispose lei indispettita guardandolo male.

« Ma tu devi sempre rispondere a tutti? »

Niniel lo guardò con un’espressione interrogativa, così Boromir si spiegò:

« Con Earine, con i tuoi genitori e anche con me! Ogni volta contesti qualcosa di ciò che ti dicono gli altri! »

« Io non contesto. Dico semplicemente quello che penso, soprattutto quando non sono d’accordo con le opinioni degli altri! » spiegò lei « Comunque, siamo arrivati. Quella è casa mia. Narith molto probabilmente è lì. Ora scusatemi ma, premesso che non sto “scappando”…, devo tornare al lavoro. »

« Bene! Grazie mille per avermi accompagnato. »

Niniel chinò il capo in segno di rispetto, poi si voltò e, a passo svelto, tornò verso la cucina di corte, mentre nella sua mente passavano strani pensieri:

“Potrei sempre lasciarlo senza pranzo… Mi invento che ha preso fuoco il forno e non gli preparo niente… Che nervi… Non lo sopporto!”

 

« Possibile che non ti posso lasciare da sola un attimo! »

« Uffa Earine! Possibile che non ti va mai bene niente di quello che faccio io? »

« Ma non è questo il punto! Tutte le volte che hai a che fare con Boromir fai di quelle figure! »

« Che figure scusa? »

« Avresti dovuto accompagnarlo fin dentro in casa. Lo so che tu sei molto diretta e se una persona non ti piace cerchi di allontanarla, però dovresti capire che lui… »

« È il figlio del Sovrintendente… lo so, quante volte me l’ hai già detto? » la interruppe Niniel.

« Troppe! Ma continuerò a dirtelo finché non la capirai! »

« Va bene, mammina! E io continuerò comunque a comportarmi come ritengo giusto! »

Earine sbuffò, a volte non riusciva proprio a capire la sua amica.

« Va bene, mi arrendo. Però ho una notizia per te che credo non ti farà molto piacere! » le disse poi sogghignando.

« E cosa sarebbe? » domandò Niniel guardandola di sottecchi.

« Credo che i tuoi piani non abbiano avuto molta efficacia su Boromir! »

« Cosa vuoi dire scusa? »

« Beh, oggi mentre gli servivo il pranzo mi ha chiesto se ci conosciamo… E dove può trovarti quando non sei in cucina! »

Niniel spalancò gli occhi esterrefatta.

« E tu cosa gli hai detto? »

« Che ti conosco benissimo perché sei la mia migliore amica! E che quando non sei in cucina può trovarti a casa tua, in giro per Minas Tirith insieme a me o a dare una mano coi rifornimenti! »

« CHE COSA HAI FATTO? » urlò Niniel lasciando cadere il cucchiaio di ferro che aveva appena lavato.

« Niniel! » la rimproverò la madre.

« Ma… ma… » stava balbettando la ragazza.

« Non preoccuparti Erith! Ora si riprende subito! » la tranquillizzò Earine.

« Dimmi che mi stai prendendo in giro! » sibilò acida Niniel.

« Assolutamente no! »

« Non ci credo neanche morta che ti ha chiesto queste cose! »

« Invece me le ha chieste! »

« Allora non ci credo che tu sei andata a dirgli quello che gli hai detto! »

« E fai male a non crederci perché gliel’ ho detto! »

« Earine, che cosa ti è saltato in testa di dirgli certe cose? »

« Ma, sinceramente non ci vedevo niente di male! Ecco perché gliel’ ho detto! »

« Potevi dirgli che non sono affari suoi! »

« Non avrei mai potuto rispondergli così! È pur sempre… »

« Finiscila con la storia che è il figlio del Sovrintendente! A lui certe cose non devono interessare! Ecco in cosa sbagliate tutti voi! Non perché suo padre è il nostro sovrano, Boromir ha il diritto di venire a sapere i fatti miei! »

« E dai Niniel, non esagerare! Che sarà mai? Al massimo verrà a trovarti mentre sei all’Anduin per i rifornimenti di acqua! »

« Ma figurati se viene a trovarmi. Avrà chiesto così tanto per sapere! »

« Ecco in cosa sbagli sempre tu invece! » la riprese Earine « In questi casi credi sempre che non ci sia un secondo fine… »

« Lo credo perché sono certa che non sia così! » ribatté l’altra esasperata alzando gli occhi al cielo.

Earine la guardò con faccia scettica, facendo poi un sorrisino divertito. Niniel la ignorò e finì di ritirare le posate.

« Mamma noi andiamo! » urlò poi alla donna, che si trovava dall’altra parte della cucina.

« Va bene! Prima di andare al fiume però, passa da casa e controlla se ci sono tutte le erbe che ci serviranno per preparare la cena di questa sera! »

 

« Oh, non mi dirai che sei arrabbiata con me! » chiese Earine mentre erano in strada.

« Ma no, non sono arrabbiata. Basta che la prossima volta non gli vai a raccontare qualcos’ altro su di me… »

« Dipende tutto da Boromir… se mi farà altre domande o no! »

Niniel la guardò malissimo, ma non rispose.

Dopo pochi minuti, giunsero a casa. Le due ragazze entrarono nel piccolo cortile che si trovava davanti all’abitazione, chiacchierando tranquillamente, quando si trovarono di fronte una scena che le lasciò sorprese e con gli occhi sgranati, in particolar modo Niniel…

Nel cortile, infatti, c’era Narith, intento ad ascoltare Boromir che gli stava parlando. Entrambi stringevano in pugno una spada.

« Ciao! » fece Narith appena si accorse della sorella.

Niniel non rispose, rimase alcuni secondi ammutolita a fissare i due, per poi accennare un saluto con la mano e, costretta da Earine che le aveva tirato una gomitata, si avvicinò ai due.

« Salve! » le salutò Boromir con un sorriso « Ci si rivede! » e lanciò un’occhiata a Niniel.

« Cosa… sta succedendo qui? » domandò la ragazza perplessa.

« L’altro giorno gli ho detto che sono un fabbro e produco armi… » le spiegò il fratello indicando Boromir « E quando gli ho detto che non sapevo come maneggiare una spada al di fuori della fonderia… Boromir si è prestato di insegnarmi a combattere! » il ragazzo era completamente su di giri.

« È per questo che questa mattina sono venuto a chiedervi dove potevo trovare tuo fratello. » le disse Boromir « Dovevamo metterci d’accordo per quando iniziare gli allenamenti! »

« Non è fantastico Niniel?! Quando arriverà la guerra potrò combattere anch’io per Gondor! »

« Sì, fantastico. » rispose lei con voce piatta « Dunque gli stai insegnando a combattere, così potrà dimenticare per bene quelli che sono i suoi veri compiti nei confronti della gente di Gondor. » disse poi in tono di accusa rivolgendosi a Boromir.

« Niniel! » la riprese Earine, ma questo non la fermò.

« E quali altri doveri avrebbe verso Gondor? » domandò Boromir esterrefatto.

« Va bene combattere, ma non si sopravvive a una guerra solo con le battaglie, servono anche pane e acqua ai cittadini, e in questo periodo qui a Minas Tirith iniziano a scarseggiare! Se Narith sarà occupato con gli allenamenti chi ci darà una mano con gli approvvigionamenti? »

« Niniel, lo fa già il resto della città! » esplose il fratello arrabbiato.

« Non credo che due braccia in meno siano un gran problema. » le rispose serio il figlio del Sovrintendente « In questo momento è più utile che il maggior numero possibile di persone sappia come difendersi nel caso di un attacco alla città. E poi tuo fratello ha 24 anni. È in grado di prendere da solo certe decisioni. »

« Oppure siete voi che lo istigate a prendere certe decisioni? » se ne uscì a questo punto la ragazza.

« Come scusa? Non sono certo il tipo che va in giro a fomentare i ragazzi alla guerra! »

« No, certo. Chissà perché però ora Narith si sta allenando con voi! E a Minas Tirith la gente è senza acqua! »

« Niniel smettila! » intervenne risoluto il fratello « Hai sempre saputo che desideravo imparare a combattere per difendere la città, e per poter difendere anche te, mamma e papà. Smettila ora con queste sciocchezze, e torna ai tuoi compiti. »

Niniel represse la risposta che stava per urlargli in faccia. Sapeva che il fratello aveva ragione, sapeva che quello era sempre stato il suo desiderio. Deglutì e senza dire più niente si avviò, seguita da Earine, verso la casa, non prima però di aver lanciato uno sguardo infuocato a Boromir.

« Perdonatela, spesso è troppo impulsiva. » si scusò poi Narith con l’uomo.

« L’ ho notato. » commentò piatto Boromir.

« Sono sicuro che ci sia dell’altro, non si tratta solo degli approvvigionamenti. C’è qualche altro motivo per cui ha reagito così. »

« Credo di sapere quale sia… Ho la netta impressione di non esserle molto simpatico. » spiegò Boromir.

« Oh, sono certo che non si tratta di questo! Ma non preoccupatevi, è una questione che risolverò io con mia sorella questa sera. »

 

« Dico, ti ha dato di volta il cervello? » esclamò Earine non appena furono in casa.

« Tu non capisci! » scoppiò Niniel « Se lui combatte, se… se andrà in guerra… potrebbe morire! Io non voglio che gli capiti qualcosa! » la ragazza scoppiò a piangere lasciando Earine di sasso. Non aveva mai visto Niniel piangere, le era sempre apparsa come una ragazza forte e la maggior parte delle volte dava l’impressione di essere anche abbastanza menefreghista. A quanto pare però, l’idea del fratello in guerra non la lasciava indifferente.

« Lo so Niniel, ti capisco. Però non puoi impedirgli di combattere, questa è una scelta che spetta a lui, né te la devi prendere con Boromir per una decisione che sai perfettamente essere stata presa da Narith. »

« Non voglio che combatta. Non voglio che vada in guerra! »

Earine abbracciò l’amica. Non sapeva più cosa dire. Capiva perfettamente il suo stato d’animo, ma sapeva anche che in quel periodo le cose non potevano andare diversamente. La guerra incombeva, e tutte le persone in grado di combattere sarebbero state assoldate nell’esercito.

« Senti, tuo fratello è forte, non gli accadrà nulla! Ne sono sicura. Sa badare a sé stesso! »

« Ma in battaglia è tutto diverso. » protestò Niniel « E poi quel Boromir dovrebbe smetterla di girare attorno alla mia famiglia. Scommetto che l’altro giorno Narith gli ha detto di voler combattere, e lui ne ha approfittato per avere un ragazzo in più tra le fila dell’esercito! »

« Credo che questo sia il minore dei nostri problemi adesso. »

Niniel guardò l’amica e si accorse che anche lei stava piangendo.

« Earine? Che cosa succede? »

« Nulla. Scusa, dovrei tirarti su il morale e invece scoppio a piangere come una scema! La verità è che… sono preoccupata anch’io per Narith! »

« No, scusami tu. Mi ero dimenticata che hai un debole per mio fratello. »

« Non è vero! »

« Certo! Allora perché sei arrossita? »

Earine la guardò male, poi a entrambe scappò un triste sorriso.

« Oh, insomma! Non eri tu che qualche giorno fa mi ha lavata dalla testa ai piedi dicendo che non è questo lo spirito giusto per affrontare un momento difficile? » esclamò Earine.

« Hai ragione! Però è dura… »

« Dobbiamo cercare di essere positive! Una guerra porta molte morti, ma tanti soldati sopravvivono anche. Non dobbiamo arrenderci! »

« Hai ragione » asserì Niniel tirando su col naso, quindi diede una pacca sulla schiena all’amica e, con gli occhi ancora lucidi, aggiunse « Forza, controlliamo se ci sono le erbe per questa sera e poi andiamo al fiume. Ci staranno aspettando. »

« Ok, ok, ma cerca di non distruggermi… » protestò l’altra.

Quando uscirono in cortile, Boromir stava insegnando a Narith alcune tecniche di combattimento. Le due amiche cercarono di passare il più inosservato possibile per svignarsela poi fuori dalla città.

Passarono il resto del pomeriggio all’Anduin ad aiutare per i rifornimenti di acqua. Niniel si era un po’ ripresa, ma Earine era certa che il suo umore fosse ancora sotto la suola delle scarpe, e che questa volta l’amica ci avrebbe impiegato un bel po’ di tempo per farsi una ragione della scelta del fratello.

 

 

 

 

Evening_star: Ciao! Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo! E dal prossimo si inizierà a notare una certa svolta negli avvenimenti, ma non anticipo altro! A presto! Ciaoooo!!

 

Inoltre, ringrazio Evening_star per aver aggiunto la storia tra i preferiti, e aliena per averla aggiunta tra le seguite. A presto!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Ciao

Ciao! Scusate il ritardo! Ci ho messo un po’ a postare questo capitolo perché sono stata impegnata. Però è già quasi pronto anche il prossimo capitolo, e tra poco la storia si riallaccerà all’originale… (aiuto nd me). Beh, vi lascio al capitolo! Ciaooo!

 

 

 

Capitolo 4

 

Quella sera, Niniel parlò con suo fratello. Narith era arrabbiato, non riusciva a capire perché la sorella si fosse comportata in quel modo, aggredendo sia lui che Boromir. Quando però lei gli spiegò il motivo per cui se l’era presa così, Narith non poté fare a meno di comprendere la preoccupazione di Niniel.

« Devi stare tranquilla! Lo sai che ho la pelle dura! Non mi faccio fregare facilmente. »

« Narith, la guerra è guerra! »

« Ti preoccupi troppo sorellina! »

« E tu la prendi troppo alla leggera! »

Narith si fece improvvisamente serio: « Sai che non scherzo su certe cose e soprattutto non le sottovaluto. E poi sapevamo tutti che alla fine sarebbe successo: quando la guerra sarebbe arrivata mi avrebbero in ogni caso chiamato a combattere e, senza preparazione, sarei stato di sicuro molto più svantaggiato di così. Dobbiamo solo ringraziare Boromir per essersi reso disponibile ad insegnarmi, nonostante tutti gli impegni che ha già! »

« Già, Boromir. » disse piatta Niniel, facendo scoppiare a ridere Narith.

« Non lo sopporti proprio, eh? Anche lui se n’è accorto! Oggi, quando tu ed Earine siete entrate in casa, mi ha detto che ha l’impressione di non starti molto simpatico. »

« Non è duro di comprendonio come pensavo allora! Alla fine l’ ha capita anche lui! »

« Niniel, sei tremenda… » esclamò Narith guardandola male « Boromir non è come pensi tu! Può apparire antipatico e pieno di sé, ma se lo conosci meglio non è così! E sai cosa ti dico? Dopo come l’ hai trattato dovresti anche chiedergli scusa! »

La ragazza lo guardò scettica, ma non disse niente.

 

La mattina seguente, Niniel uscì di casa di buon ora e, prima di recarsi in cucina, fece quattro passi per la città. Tutto questo la aiutava quando aveva qualche pensiero per la testa che non la lasciava tranquilla e, quella mattina, ne aveva molti.

Il cielo si stava schiarendo, segno dell’alba imminente, ma era da settimane ormai che non era più il sole a svegliare i cittadini di Minas Tirith facendo capolino da oriente, si trattava invece di un’opprimente oscurità che cresceva sempre più e che dalla Terra di Mordor si spingeva più avanti di giorno in giorno, come monito della presenza dell’Oscuro Signore.

Niniel si fermò un attimo ad osservare verso est e un brivido le percorse la schiena: di fronte a quell’Oscurità anche i più forti, anche i più saggi non potevano rimanere indifferenti. Distolse in fretta lo sguardo, e iniziò a sentire il cuore che accelerava i battiti. L’Oscurità le aveva sempre fatto paura. Si voltò di scatto, a testa bassa, e fece qualche passo deciso, prima di svoltare un angolo e andare a sbattere contro qualcosa che, fino a poco prima, non si trovava sul suo cammino.

« Buon giorno! » si sentì salutare, e la voce, che l’aveva appena salutata, era proprio l’unica che non avrebbe voluto sentire.

Alzò lo sguardo incerta, ancora intimidita dall’Oscurità che aveva osservato fino a qualche istante prima.

« Buon giorno. » rispose piatta.

« Pensavo che non mi avresti più rivolto nemmeno il saluto. »

« Non posso permettermi il lusso di non salutarvi più, altrimenti i miei genitori ed Earine andrebbero avanti all’infinito a dirmi che non è quello il comportamento da tenere nei confronti del figlio del Sovrintendente! »

« Sempre la risposta pronta eh? » commentò Boromir serio.

« Ve l’ ho già spiegato: dico semplicemente ciò che penso. E ora, se volete sbattermi fuori dalle vostre cucine, fate pure. L’unica cosa che vi chiedo è di permettere ai miei genitori di continuare a lavorare. Loro non centrano nulla con le mie idee. »

« Non ho alcuna intenzione di mandarvi via. » fu la risposta. Niniel rimase interdetta.

« Pensavo che dopo come mi sono comportata ieri, e dopo come vi ho trattato mi avreste impedito di continuare a lavorare per voi. »

« Avevi di sicuro le tue ragioni per dirmi ciò che hai detto. Giuste o sbagliate che siano, di sicuro ci sono. »

« Io… vi ringrazio. » Boromir rispose con una leggera alzata di spalle, continuando ad avere un’espressione molto seria.

« Buona giornata. » disse poi lui in tono piatto, e fece per andarsene, ma Niniel lo bloccò.

« Aspettate! Posso parlarvi un attimo? »

“Maledizione, ma cosa mi pende? Perché l’ ho fermato?” pensò lei subito dopo.

Boromir si girò nuovamente verso la ragazza, guardandola stranito.

« Hai appena detto che mi rivolgi il saluto solo per non dover sopportare le lamentele dei tuoi e di Earine e adesso chiedi di parlare con me? »

Il fatto che Boromir le avesse permesso di continuare a lavorare nelle cucine l’aveva colpita, e le aveva fatto tornare in mente le ultime parole che le aveva detto Narith la sera precedente: “Boromir non è come pensi tu! Può apparire antipatico e pieno di sé, ma se lo conosci meglio non è così! E sai cosa ti dico? Dopo come l’ hai trattato dovresti anche chiedergli scusa!”. Forse suo fratello non aveva poi tutti i torti…

« Beh, ho detto che vi toglierei volentieri il saluto, non che non vi voglio più parlare… » disse lei con un sorrisino imbarazzato.

« Alla fine la aggiusti sempre come vuoi tu… Ti va se ci sediamo là? » propose lui indicando un piccolo muretto.

Così, i due si sistemarono tranquillamente sul muro che recintava una casa.

« Quindi? » domandò subito Boromir.

« Quindi? » chiese Niniel.

« Non mi dovevi parlare? »

« Ah, sì… ecco… » chiedere scusa non è mai semplice, figuriamoci poi, se la persona a cui bisogna chiedere scusa, è il figlio del Sovrintendente, dopo averlo accusato di insegnare a combattere al proprio fratello solo per un suo secondo fine.

« Mi sono accorta che effettivamente ieri sera ho esagerato a dirvi ciò che ho detto. Per questo volevo domandarvi scusa. »

« Guarda che non ti devi preoccupare. Ti ho già detto che non ho intenzione di farti perdere il lavoro. Non c’è bisogno che ti scusi. »

« Infatti non lo faccio perché ho paura di perdere il lavoro! Cosa credete? Se avessi avuto motivo di continuare la scenata che vi ho fatto ieri, avrei continuato senza problemi! Infischiandomene del fatto che avreste potuto farmi perdere il lavoro. »

Boromir la squadrò in modo strano, mantenendo ancora, però, l’espressione seria di prima.

« Siete anche voi un fratello maggiore, giusto? » continuò lei. Lui annuì. « L’idea che Narith scenda in guerra non mi piace. Non voglio pensare che potrebbe accadergli qualcosa di brutto, ma purtroppo in guerra è così. » Niniel continuò a parlare fissando per terra « Ho sempre saputo che uno dei desideri di mio fratello era quello di imparare a combattere per affrontare la guerra che arriverà, e da un lato lo ammiro, ma dall’altro non posso fare a meno di essere preoccupata per lui. Quando sapete che vostro fratello Faramir sta combattendo contro gli Orchi, e voi non potete essere lì ad aiutarlo come vi sentite? » gli domandò poi guardandolo fisso negli occhi.

« Io… » Boromir esitò un attimo. Non era abituato ad esprimere così i suoi sentimenti « Io, sono molto preoccupato quando io e Faramir combattiamo separati e non posso essere lì a dargli una mano, o a proteggerlo se ne ha bisogno. »

« Appunto! Ecco perché io ieri ho reagito così e vi ho trattato male. Perché non posso nemmeno pensare che a mio fratello capiti qualcosa di male! E non avrei mai voluto che decidesse di combattere, ma come avete detto voi ieri, Narith ha 24 anni, ed è libero di scegliere lui ciò che desidera fare. Per questo vi ho chiesto scusa. Non per secondi fini, ma perché ho capito di aver esagerato io ieri. »

« Mi chiedi scusa solo per la scenata o anche per quello che mi hai detto? » domandò lui. Niniel lo fissò con aria interrogativa, senza capire cosa volesse dire.

« Credi davvero che non mi interessa nulla della popolazione? » domandò Boromir.

« Oh, per quello potrei sempre cambiare idea… »

« Lo credi davvero dunque? »

« Dipende tutto da voi. Ora scusatemi, devo andare in cucina, altrimenti chi vi prepara la colazione? » detto questo la ragazza si alzò, chinò leggermente il capo in segno di saluto e si recò al lavoro.

Boromir rimase lì per alcuni minuti, per metà perplesso e metà divertito. Poi si alzò dal muretto e si incamminò verso la sala da pranzo.

 

« No, non ci posso credere… vuoi dire che gli hai davvero chiesto scusa?! »

« Oh, insomma Earine! Quando gli rovescio un secchio d’acqua addosso e non gli chiedo scusa non ci credi, e adesso che gli chiedo scusa per come mi sono comportata non ci credi lo stesso! »

« A dir la verità ho creduto subito quando mi hai detto di avergli rovesciato addosso un secchio d’acqua per poi scappare… faccio più fatica a credere che tu gli abbia chiesto scusa! »

« Grazie per la fiducia! » esclamò Niniel indispettita, mentre con l’amica si riposava sedendo fuori dalla cucina « E per la precisione, quando gli ho rovesciato addosso l’acqua non sono scappata! »

« Certo, certo… » le rispose l’altra soprappensiero « In effetti, ieri sera, quando avete litigato, mi sembrava giù di morale, ma stamattina a colazione era molto su di giri… »

« Ma chi? »

« Boromir! E chi altrimenti? »

« E dimmi un po’… » le chiese Niniel « Spiegami perché avrebbe dovuto essere giù di morale per aver litigato con me? E poi su di morale perché io gli ho chiesto scusa! »

« Ah, non lo so… » Earine la guardò con aria furba.

« Mi auguro che tu non ti stia facendo passare strane idee per la testa! »

« Strane idee? Non capisco cosa intendi! » rispose l’altra vaga.

« Niniel, puoi venire ad aiutarmi? Devo portare tre secchi d’acqua in cucina. » la chiamò la madre

« Arrivo! Ci vediamo dopo Earine, e non farti venire strane idee… »

« Io?! Ma cosa ti viene in mente? » le disse l’altra strizzandole l’occhio.

 

« Speriamo solo che il pozzo non sia completamente vuoto! Altrimenti ci toccherà girare tutti i pozzi di questa zona per trovarne uno in cui ci sia un po’ di acqua! » reclamò Erith.

« Sempre se non ci toccherà scendere al livello di sotto… » aggiunse la figlia.

« Speriamo di no! Manca poco a mezzogiorno, se dobbiamo anche scendere a cercare acqua negli altri livelli della città non riusciremo a preparare il pranzo in tempo! »

« C’è da ringraziare i nostri cari Sovrintendenti… » infierì nuovamente Niniel.

« Dovresti smetterla di pendertela con loro! » la riprese la madre « Stanno cercando di fare tutto il possibile per proteggere la popolazione! »

« Certo! Dovrebbero tener presente, però, che anche la popolazione ha bisogno di mangiare e bere, non solo loro! »

Finalmente giunsero al pozzo, e Niniel calò il secchio. Stranamente, già dopo averlo calato per pochi metri, lo sentì pesante, segno che era colmo d’acqua.

« Ma cosa… » esclamò tirando su il secchio.

« Qualcuno ha riempito il pozzo! » dichiarò la madre con la stessa espressione della figlia dipinta sul volto.

« Sì, ma chi? Noi l’altro giorno non eravamo arrivati a riempire fin quassù! »

« Piaciuta la sorpresa? » una voce riscosse Erith e Niniel, che stavano ancora fissando il pozzo con aria stralunata.

« TU?! Cioè, VOI?! » fu l’unica cosa che riuscì a dire la ragazza, quando si accorse che Boromir si stava dirigendo verso di loro.

« Allora? Piaciuta la sorpresa? » domandò ancora lui « Questa mattina ho chiesto ai soldati che non erano di turno di aiutarci a riempire i pozzi. Abbiamo quasi finito! »

« Ma come… » Niniel era rimasta senza parole. Strano per un tipo come lei.

« Mio signore! Non sappiamo come ringraziarvi! Temevamo già di non riuscire a prepararvi il pranzo in tempo! » intervenne Erith, in soccorso alla figlia che guardava Boromir con gli occhi sgranati.

« Non dovete ringraziare me, ma vostra figlia! Se non fosse stato per un paio di cose che mi ha fatto notare ieri pomeriggio, molto probabilmente oggi non sarei qui a riempire i pozzi! »

La donna lanciò a Niniel uno sguardo interrogativo e in parte anche preoccupato. Sapeva quali erano i modi che usava la figlia per trattare certi argomenti, e ciò che la preoccupava era che Niniel si fosse comportata sgarbatamente con Boromir. A quanto pareva dal comportamento dell’uomo, però, non doveva essere stato così…

Come risposta, la ragazza alzò le spalle come suo solito e spostò lo sguardo.

« Beh, ora se non vi spiace dovremmo tornare in cucina per il pranzo! Vi ringrazio ancora infinitamente per la vostra gentilezza e l’interesse che dimostrate per il vostro popolo! » così, la donna chinò il capo e, preso un secchio, s’incamminò verso il luogo di lavoro.

« Arrivo subito mamma! » le disse Niniel, poi si voltò verso Boromir « Spero che l’abbiate fatto col cuore e non solo per dimostrarmi che vi interessa la popolazione di Minas Tirith. »

« Uff, quanto sei difficile! » scherzò lui « Per dirti la verità, ho pensato tutta la notte a ciò che mi hai detto ieri. Mi sono reso conto che oltre a combattere, non mi sono mai impegnato, come Faramir, per aiutare in modo concreto la popolazione. Poi dopo la nostra conversazione di stamattina ho pensato di riempire i pozzi, e ho chiesto a tutti i soldati disponibili di aiutarmi. In questo modo abbiamo svolto il lavoro molto in fretta. »

Niniel lo guardava scettica:

« O l’ avete fatto solo per dimostrarmi che avevo torto? »

« Se per dimostrarti che avevi torto, avessi dovuto perdere tutta una mattinata, beh, non mi sarebbe nemmeno passato per la testa! L’ ho fatto perché ritenevo giusto farlo. E se non ci credi non mi importa. Ciò che mi interessava era aiutare in qualche modo la popolazione. »

« Umh… posso crederci… » commentò lei.

« Come sarebbe a dire “Posso crederci”? » reclamò Boromir.

« Beh, siete pur sempre fratello di Faramir. Non potete essere tanto diversi! »

« Grazie per la fiducia! »

Niniel scoppiò a ridere:

« Vi ho appena detto che ci credo! Ora scusate ma devo scappare… Vi ricordo che qui… »

« Quella che mi prepara il pranzo sei tu! Certo, non lo dimentico mica! Non potrei mai dimenticarlo, dopo certi casini che mi hai combinato! »

« Che cosa volete dire? » Niniel lo guardò malissimo. Ora fu Boromir a scoppiare a ridere.

« In realtà volevo dire, che non potrei mai dimenticarlo, cucini troppo bene perché io possa scordarmi che in cucina ci lavori tu! »

« Ok, così va un po’ meglio… Ora scappo davvero o mia mamma mi darà per dispersa… » la ragazza sollevò i due secchi colmi d’acqua e rischiò di rovesciarli.

« Vuoi una mano? »

« No, meglio di no… quando ho un secchio d’acqua in mano e mi trovo vicina a voi, finisce sempre che lo rovescio e poi devo tornare indietro a riempirlo di nuovo! »

« Dunque la colpa sarebbe mia? Se non sbaglio l’altro giorno, quando hai lavato Earine, c’era Faramir con te, non io! »

«Beh, sarà la vostra famiglia che mi fa questo effetto! » disse lei con un sorrisino « Grazie per i pozzi, e buon appetito per dopo! » tagliò corto la ragazza, quindi prese i secchi e tornò in cucina.

Era cambiato qualcosa da quella mattina. Non avrebbe saputo dire cosa, ma da quando era uscita all’alba per fare due passi e rimettere un po’ di ordine nella testa, ora si sentiva più sollevata.

 

« Mamma ho finito con l’arrosto! »

« Mettilo sul piatto di portata e poi dallo a Earine! Ah, Niniel! Cos’è successo ieri con Boromir? »

La ragazza fece una faccia strana, lanciando poi un’occhiata all’amica che era appena entrata in cucina per prendere l’arrosto da servire a Denethor e ai suoi figli.

« Niente, gli ho solo detto che non c’era più acqua a sufficienza nei pozzi… »

« E gliel’ hai detto così o in altri modi non propriamente garbati? »

« Vuoi dire che io solitamente non sono garbata? » le rispose Niniel con un’espressione da finta santa disegnata sul volto.

« C’ero anch’io con Niniel quando ha parlato con Boromir, e posso assicurarti che si è rivolta a lui in modo civile! » mentì Earine.

« Per fortuna, temevo già il peggio! » esclamò Erith mentre si allontanava. Niniel alzò gli occhi al cielo.

« Come ha fatto a sapere quello che è successo ieri? »

« Earine, tieniti forte! Sto per raccontarti una storia che ha dell’incredibile! » così, Niniel le raccontò tutta la faccenda dei pozzi.

 

« Si può sapere cos’ hai da ridere? » reclamò Niniel, appena ebbe terminato di riferirle l’accaduto.

« Non posso credere che tu abbia accusato la sua famiglia di essere la causa della tua distrazione! » spiegò l’altra piegata in due dal ridere « E lui non se l’è nemmeno presa! Ah, lo sapevo! Hai fatto colpo! »

« PRIMO! » urlò Niniel « Smettila di dire scemate! E secondo… non urlare! Se ti sentono i miei sono morta! »

« Allora è vero che hai fatto colpo! Se vuoi nascondere ai tuoi questa cosa vuol dire che è vero! »

« Earine… piantala! E poi l’arrosto si raffredda, muoviti a portarglielo! »

« Che carina, ti preoccupi anche che non mangi il pranzo freddo! » la canzonò l’altra.

« Muoviti… io e te facciamo i conti dopo quando saremo da sole… » commentò Niniel a denti stretti.

 

 

 

 

 

Un grazie enorme a tutti quelli che leggono la storia, e anche a BebynaD per averla aggiunta tra le preferite!

Ora le recensioni…

 

Elfa: Ciao! Lo so… il prologo mi è venuto corto, ma i capitoli successivi sono più lunghi! Sono contenta che la storia ti piaccia! L’idea della cuoca mi è venuta mentre cucinavo… quindi diciamo che nella storia qualcosa di vero c’è… ovvero tutte le volte che Niniel fa qualche disastro in cucina c’è un fondo di verità (me fischietta guardando il cielo) Spero che continuerai a seguire la storia! Ciao!!

 

Evening­_star: eh sì… credo proprio che sia amore vero!! ^^ Speriamo però che Niniel si sbrighi a rendersene conto! Il prossimo capitolo sarà più lungo dei precedenti e fra poco la storia si ricollegherà a quella originale… questo mi preoccupa abbastanza… ci sentiamo presto! Ciaoooo!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Ciaooooo! Sono tornata (nooooooooooooo!!! Nd tutti) Eh, lo so, siete disperati… speravate già che vi lasciassi stare con le mie cavolate… L Invece no! Per vostra sfortuna sono tornata a tormentarvi! Chiedo scusa per l’immenso ritardo, ma la mia ispirazione si è presa un luuuuuuuuuuuuuuuuunghissimo periodo di pausa senza neanche chiedermi il permesso. Nel frattempo poi, sono stata impegnata con un’altra storia, e sinceramente anche con tutti gli altri impegni della mia vita… e quando cercavo di mettermi a scrivere… crollavo addormentata…

Però mi sono impegnata e sono riuscita a finire questo capitolo! Anche il prossimo è quasi pronto! State pur tranquilli che magari ci impiegherò molto a scrivere questa storia, ma non voglio lasciarla incompleta, dato che la trama generale questa volta ce l’ ho in testa! Beh, ora non vi stresso più! Vi lascio alla storia! Ci risentiamo alla fine!!

 

 

 

Capitolo 5

 

 

« Non ti facevo così romantico, Boromir! »

« Cosa cavolo ti sta passando per la testa? »

« Niente… assolutamente! »

« E allora cos’è la storia del romanticismo? »

« Beh, come lo chiami tu, uno che va a dire a una ragazza: “Cucini troppo bene, perché io possa dimenticare che in cucina ci lavori tu!” »

« Non pensi che si possa trattare di un semplice complimento? »

« Mio caro Boromir! Sei mio fratello e ti conosco da sempre! So perfettamente che quando dici una cosa del genere a una ragazza c’è sotto qualcosa! In ogni caso complimenti! Non è male Niniel… forse un po’ troppo impulsiva, ma in fondo lo sei anche tu! »

« Faramir… » cercò di bloccarlo Boromir, ma il fratello minore non aveva alcuna intenzione di interrompere il suo soliloquio.

« A quando le nozze? »

« Ma… che cavolo stai blaterando?! »

« Altro punto a mio favore! Continui a negare… allora è proprio vero che ti piace! »

« E se anche fosse? » domandò Boromir facendosi scappare un sorrisino.

« Se fosse allora cosa aspetti a dirglielo? E soprattutto: cosa aspetti a dire che il tuo fratellino ha avuto ragione fin dall’inizio anche questa volta? »

« Devo imparare a tenermi lontano da te, quando ho un segreto da nascondere! » si arrese infine Boromir con un sospiro. Faramir lo guardò sorpreso:

« Non ci posso credere! Finalmente hai confessato! »

« Confessato… qualcuno mi ha tirato fuori la verità con la forza! » rispose l’altro lanciando un’occhiataccia al fratello minore.

« Ok, ora ti siedi e mi racconti tutto! »

« Cosa c’è da raccontare scusa? Ti ho già detto tutto! »

« Voglio i particolari! »

« Non ce ne sono! E poi tu non dovevi andare in ricognizione con i tuoi soldati? »

« Uff… questa volta mi scappi, ma non potrai sfuggirmi per sempre! Preparati a un lunghissimo interrogatorio questa sera dopo cena! » quindi, Faramir prese la sua spada e dopo averla assicurata alla cintura, abbandonò la stanza in cui si trovava con Boromir, lasciando il fratello maggiore alquanto preoccupato all’idea dell’interrogatorio che lo avrebbe aspettato quella sera, soprattutto perché sapeva perfettamente di non poter nascondere nulla a Faramir.

Boromir rimase ancora per qualche istante perplesso, poi prese a sua volta la spada e lasciò la stanza. Sia lui che il fratello quel pomeriggio erano impegnati con il gruppo di soldati di cui erano a capo per alcune ricognizioni nella zona di Osgiliath. La città era infatti in pericolo: gli orchi di Mordor, guidati dal Negromante di Angmar, sembravano intenzionati ad occuparla e sempre più spesso, dalla Terra Nera, contingenti di Orchi si spingevano verso la città nella speranza di riuscire a conquistarla.

 

« Questi prezzi sono troppo alti. Usciamo da qui, non ne vale la pena! »

Mancava poco all’ora di cena, il sole stava calando lontano verso ovest, tingendo i muri della città bianca di un debole arancione, che nulla poteva contro l’Oscurità della Terra Nera.

Niniel ed Earine stavano facendo un giro nelle varie botteghe della città ma, come prevedibile in un momento duro come quello, molti commercianti se ne approfittavano alzando spropositatamente il prezzo della loro merce.

« Mi spieghi come facciamo a mangiare se mettono certi prezzi! Siamo in guerra, e invece di aiutarci a vicenda ci mettiamo i bastoni tra le ruote! »

« Non so cosa dirti. La penso come te, lo sai, ma non possiamo farci niente! » disse sconsolata Niniel « Alla fine è sempre così: i ricchi mangiano e noi facciamo la fame. »

« Buona sera! » esclamò qualcuno alle loro spalle « Potrei sapere qual è il motivo per cui stai reclamando questa volta? »

« Non di nuovo lui… » gemette Niniel a bassa voce prima di voltarsi. Earine, dal canto suo, le diede una leggera gomitata e le strizzò l’occhio. Boromir smontò da cavallo, mentre le due ragazze chinavano il capo.

« Io, veramente… »

« Tutte le volte che ti incontro hai da reclamare per qualcosa! » fece lui ridendo.

« Allora potreste evitare di farvi trovare sempre sul mio cammino, così vi risparmiereste le lamentele! »

« Se abitiamo nella stessa città è inevitabile che prima o poi ci si incontra, non credi? » replicò Boromir « Comunque ora posso sapere qual è il problema? Se è possibile potrei trovare il modo di aiutarvi! »

« Avete già fatto molto con i pozzi e… » ma Niniel venne interrotta da Earine:

« La verità è che in questo momento chi può se ne approfitta alzando i prezzi delle sue merci, ma non tutti possono permettersi di spendere una fortuna ogni giorno e in questo modo c’è chi fa fatica a comprarsi il pasto quotidiano. »

Boromir rimase pensieroso per un attimo.

« Posso chiedere ad alcuni soldati di accertarsi che nessuno aumenti spropositatamente i prezzi della sua merce. Credo che troveranno tranquillamente il tempo per fare anche questo. In più, se saranno dei soldati a controllarli, i commercianti non potranno fare altro che rimettersi a ciò che gli verrà ordinato. »

« Penso proprio che sia un’idea fantastica! Tu cosa ne pensi Niniel? »

L’altra ragazza annuì, fissando Boromir.

« Ok, ora che a quanto pare avete risolto anche questo problema io dovrei proprio scappare! » esclamò Earine. Niniel la guardò senza capire. « Vi ringrazio infinitamente! Se non fosse per voi, certi problemi noi cittadini non sapremmo come risolverli! Ci vediamo a cena! A dopo Niniel! »

Le strizzò l’occhio di nascosto e scappò per una via laterale.

« Aveva fretta? » chiese Boromir.

« A quanto pare… »

« E tu? Non devi scappare in cucina? » le domandò lui.

« Non ancora, ma tra poco vado. »

« È strano… »

« Che cosa? »

« Non vederti di corsa! »

« Beh, vi ho detto che comunque tra poco devo andare! »

Boromir scoppiò a ridere: « Non avevo dubbi! »

« E voi? Non dovete andare? »

« In effetti, devo andare a fare rapporto a mio padre su ciò che è accaduto oggi pomeriggio. Ma se anche mi trattengo un po’ non fa nulla. »

« Siete stato in ricognizione? » gli chiese Niniel curiosa.

« Sì. Osgiliath è sempre più debole. Temo che tra poco bisognerà intervenire con qualche azione militare, o perderemo la città. Per qualche motivo gli Orchi di Mordor sembrano intenzionati ad occuparla! » la voce di Boromir si fece grave. Niniel se ne accorse, e cercò di sviare il discorso.

« Sono brutti? » domandò.

« Chi? » l’uomo assunse un’espressione stranissima, non capendo a cosa si riferisse Niniel e cosa avesse a che fare quella domanda col discorso che stavano facendo.

« Gli Orchi! Ho sentito dire che sono davvero brutti! »

Boromir scoppiò a ridere.

« Sono terribilmente brutti! »

« E la loro bruttezza vi fa ridere così tanto? » chiese indispettita dal fatto che lui stesse ridendo della sua domanda.

« No, mi fa ridere il fatto che tu me l’abbia domandato! »

« E cosa ci sarebbe di così ridicolo in ciò che vi ho chiesto? Può darsi che fra non molto ci vedremo costretti a combatterli. Volevo solo sapere che faccia hanno i nostri nemici. »

« In questo caso credo non convenga conoscerne il volto prima di trovarsi di fronte a loro, o in molti scapperebbero! Ma non ti preoccupare, sono certo che se tu ti trovassi a fronteggiarne uno lo sistemeresti con una bella padellata in testa! »

Boromir scoppiò a ridere di nuovo e, con sua sorpresa, anche Niniel.

« Mio signore… » una voce interruppe le loro risa. Si trattava di un messaggero di corte.

« Dimmi pure. » lo incoraggiò Boromir.

« Perdonate l’interruzione, ma Sire Denethor mi ha ordinato di venire a cercarvi perché non siete rientrato a palazzo con i vostri soldati. Ha urgenza di parlarvi. Vuole sapere come sono andate le cose questo pomeriggio. »

« Ma non gli ha già spiegato Faramir? »

« Sì, mio Signore. Ma vostro padre vuole conoscere anche il vostro punto di vista. »

« Torna pure a palazzo, e riferisci a mio padre che tra pochi minuti sarò da lui. »

Il messaggero si congedò per poi allontanarsi. Boromir sbuffò.

« Il dovere chiama? » ironizzò Niniel.

« Già. » fece lui serio « Beh, ci vediamo. »

« Se volete possiamo fare un pezzo di strada assieme… »

Boromir la guardò sorpreso.

« Voi andate a palazzo, io alla cucina del palazzo… la strada è praticamente la stessa… »

Così, Niniel e Boromir si incamminarono verso la Cittadella parlando del più e del meno. Lui le raccontò di come Narith fosse migliorato nel combattimento con la spada e lei, dell’arrosto che aveva intenzione di preparare per cena quella sera.

 

« Dunque la situazione è peggiorata così tanto? » disse Denethor a bassa voce. Incrociò le mani davanti al viso.

« Se le cose continuano così, temo sarà necessario trasferire alcune truppe ad Osgiliath per controllare meglio la situazione e intervenire immediatamente se le cose dovessero peggiorare. » spiegò Boromir.

« È l’unica cosa da fare, o rischiamo di perdere veramente la città. » intervenne Faramir.

Denethor alzò lo sguardo, fulminando il figlio minore, poi parlò:

« Aspettiamo ancora qualche giorno, poi valuteremo se sarà così necessario. Potete andare, ci vediamo più tardi a cena. »

Boromir e Faramir uscirono dalla Sala del Trono, per recarsi nelle loro camere.

« Aveva proprio bisogno di parlare anche con me? » esclamò Boromir arrabbiato appena furono fuori.

« Lo sai che di me non si fida. »

« Non è che non si fida… lo sappiamo com’è fatto, no? » fece Boromir nel tentativo di consolare il fratello, che aveva assunto un’espressione triste.

« Comunque, ora mi devi spiegare dove ti eri cacciato! Tutti i tuoi soldati erano già rientrati e tu non arrivavi! »

A Boromir scappò un sorrisino.

« Ok, ok… credo di aver capito dov’eri! A proposito… non avevamo in programma un lungo interrogatorio? »

« Sì, ma avevamo detto dopo cena! »

« Se abbiamo tempo adesso perché rimandare a dopo! Allora? »

« Allora cosa? »

« Allora voglio i particolari! »

« Ma che particolari… e poi ti ho già raccontato tutto, no? Ieri mi avrebbe ammazzato volentieri quando ha scoperto che stavo dando lezioni a suo fratello, e questa mattina mi ha chiesto scusa per come si è comportata! »

« Bene, buon segno! Allora manca poco! »

« Faramir… non perché mi ha chiesto scusa significa che io le interessi! Quando mi ha visto prima mi è sembrata un po’ scocciata! »

« Raccontami cos’è successo. »

Arrivarono nella camera di Faramir, e Boromir fu “liberamente costretto” a raccontare nei minimi particolari tutta la storia.

« Aspetta un attimo! » esordì Faramir « Lei ti ha chiesto di tornare insieme fino a palazzo… e dici che non era contenta di vederti? Se non fosse stata contenta non te lo avrebbe domandato, non credi? »

Boromir guardò il fratello con aria poco convinta.

« Ma come, proprio tu che sei sempre così deciso su tutto, tu che combatti contro gli Orchi di Mordor, ti fai venire dei dubbi davanti a una ragazza? »

« Faramir… Niniel non è un orco da sgozzare! »

« Appunto! Non devi aver paura di lei! »

« In fatti non ho paura! »

« E allora cosa ti blocca? »

« Beh, lei in fondo non mi manda dei grandi segnali! Credo semplicemente di non starle più antipatico come prima, ma non penso di interessarle! »

« Ok, su questo puoi avere ragione, ma proprio perché a quanto pare ha iniziato a cambiare opinione su di te non devi arrenderti! Tu continua a insistere e prima o poi capirai se le stai solo simpatico o se anche lei prova qualcosa per te! »

« Cosa farei senza il mio fratellino? » esclamò Boromir spettinando Faramir.

« Eh, me lo chiedo sempre anch’io! »

Boromir afferrò un cuscino e lo tirò al fratello, poi disse:

« Hai un pezzo di carta? » Faramir glielo porse.

« A cosa ti serve? »

« Per un messaggio… »

Faramir sbirciò da sopra la spalla del fratello e lesse ciò che Boromir stava scrivendo.

« Andiamo, tra poco è ora di cena. Se arriviamo in ritardo chi lo sente più nostro padre! »

« Bella scusa… in realtà non vedi l’ora di andare a cena per far portare il messaggio a Niniel! » Faramir sogghignò « Ma scusa, come fai ad essere così sicuro che l’arrosto ti piacerà? »

« Lo so e basta! » sbottò Boromir « Se lo cucina lei è di sicuro così! »

Quindi si incamminarono verso la sala da pranzo.

 

« Io e te dobbiamo parlare! » esclamò Niniel mettendo le mani sui fianchi e parandosi di fronte a Earine.

« Esatto! Com’è andata con Boromir? » le domandò l’altra.

« Ti rendi conto che mi hai lasciata da sola con lui? E senza motivo! »

« In realtà un motivo c’era… volevo lasciarvi un po’ da soli a parlare! »

« E ti sembra un buon motivo? »

« Sì! »

« Earine, io non so cosa tu ti sia messa in testa, ma non fare mai più una cosa del genere! »

« Che noiosa che sei! Io cerco di aiutarti e tu mi tratti così! » esclamò Earine facendo la finta offesa.

« Ti ripeto, non so cosa ti sei messa in testa, ma tra me e Boromir non c’è niente. Quindi smettila con questa storia! »

« Magari non c’è niente da parte tua, ma lui mi sembra abbastanza interessato a te! »

« Ah certo! Dammi almeno un valido motivo per cui dovrebbe essere come dici tu! »

« Beh, ogni due per tre te lo ritrovi intorno… non credo sia solo un caso. »

« Dici? »

« Ah! Allora vedi che piace anche a te? Ti preoccupi troppo per questa storia! » esclamò esultante Earine.

« Ma… ma che dici? Non è vero! »

« Ah no? E allora perché sei arrossita? »

« Non sono arrossita! »

Earine prese una padella lucida e la mise di fronte al viso dell’amica per provarle che aveva ragione, ma la stessa Niniel sapeva di essere arrossita… si sentiva le guance un fiamme.

« Ok, ok… è meglio che vado… O tra poco mi ritrovo a cuocere in padella… » esclamò Earine, quindi prese il vassoio su cui era stato sistemato il secondo piatto e si recò nella stanza in cui Denethor e i suoi figli stavano mangiando.

 

Appena vi giunse prese a servire il Sovrintendente. Era troppo intenta nel suo lavoro per notare lo scambio di sguardi che era in corso tra i due fratelli, ma dopo poco si accorse di alcuni bisbigli, anche se non riusciva a capire cosa stessero dicendo.

« Ti sbrighi? »

« Un attimo! »

« Muoviti, se non le dai quel biglietto dopo vado io da Niniel e… »

« Ma smettila! »

Earine passò a servire Faramir e subito dopo Boromir, che approfittò di un momento in cui suo padre era troppo impegnato a mangiare per farle scivolare in mano un biglietto.

Earine rimase stupefatta e lanciò un’occhiata al biglietto sul quale c’era scritto:

“PER NINIEL”

Boromir osservò la ragazza con uno sguardo che voleva dire tutto. Earine sorrise, perché dal canto suo aveva già capito tutto, e tornò in cucina.

« Niniel! Buone nuove per te! » strillò, facendo voltare tutti.

« Che tipo di buone nuove? » domandò Adhort.

Earine rimase interdetta, non avendo pensato che forse quello non era proprio il caso di urlare.

« Nulla papà, nulla! Non ti preoccupare, lo sai che Earine è un po’ fuori di testa no? Non sa quello che dice! » esclamò Niniel imbarazzata, mentre spingeva l’amica verso la porta per uscire nel cortile su cui dava la cucina « Ora, se potete scusarci un attimo… »

« Sono ragazze… » commentò Jamril, l’aiuto cuoco che lavorava con loro, alzando le spalle, mentre Erith e Adhort si guardavano senza capire.

 

« Non è vero che non so quello che dico! » esclamò arrabbiata Earine appena furono fuori agitando le braccia come una forsennata.

« Si può sapere cosa cavolo ti è venuto in mente? » in quel momento, Niniel notò il foglietto che aveva in mano la sua amica.

« Cos’è quello? »

« Se non mi chiedi scusa non te lo dico! »

« Dai, non fare la bambina! »

« No… non ti dirò che questo biglietto me l’ ha dato Boromir per te, fino a che non mi avrai chiesto scusa! »

« Allora non ti chiederò scusa perché sicuramente mi stai prendendo in giro! »

« Assolutamente no… guarda qui! » Earine si mise a sventolare sotto il naso dell’amica il pezzo di carta, mostrandole la scritta: “PER NINIEL”.

« Cosa ci vuole, l’avrai scritto tu! »

« Ti sembra la mia scrittura questa? » Earine fece un ghigno che a Niniel non piacque… in effetti, quella non era la calligrafia dell’amica.

« Ok, dammi quel biglietto! »

« No… »

« Per favore… »

Earine scosse la testa, poi le fece il verso:

« Scusami Earine se prima ho detto che sei fuori di testa e non sai quello che dici! »

« Oh e va bene! » si arrese infine Niniel « Scusami se prima ho detto che sei fuori di testa e non sai quello che dici… Sono terribilmente dispiaciuta per come ti ho trattata… Adesso mi dai il biglietto? » sbottò infine.

« Ecco qua! » Earine le porse il foglio « E poi non dire che non ti interessa Boromir… stavi letteralmente dando i numeri! »

Niniel la guardò malissimo, ma non rispose, aprì il biglietto e lesse:

 

“L’arrosto era di sicuro il più buono che io avessi mai mangiato! Ma di questo non dubitavo…

Ti andrebbe di vederci dopo cena quando avrai finito col lavoro? Ti aspetto fuori dalla cucina. A dopo!

Boromir”

 

« Evvaiiii! Preparati per il vostro primo appuntamento ufficiale! » urlò Earine che aveva letto insieme a lei.

« Come al solito deve fare tutto lui… Chi gli dice che a me va bene vederci dopo il lavoro? »

« Oh, lo dico io! »

« Ma fino a prova contraria dovrei essere io a dirlo! » esclamò Niniel nervosa.

« Ma io so che tu lo vuoi, quindi preparati! »

Niniel guardò l’amica in modo strano, un misto di insicurezza e disagio.

« Cosa c’è? Non sei contenta? » le chiese Earine notando l’espressione dell’altra.

« Sì, ma… Insomma io non sono nobile, sono una sua serva, poiché gli cucino i pasti; non sono bella come tutte le oche che di sicuro gli girano attorno a corte, e guarda i miei capelli? Sono tutti sparati che sembro una pazza! Ho le mani screpolate e piene di tagli, ti pare che potrei piacergli? »

Earine sogghignò, finalmente l’amica aveva ceduto!

« Allora è vero che ti interessa! »

« Shhh! Fai piano se ci sentono i miei sono morta! » Niniel afferrò per un braccio l’amica e la portò in un angolo del cortile il più lontano possibile dalla cucina.

« Mi sta simpatico, ok? Negli ultimi giorni ho avuto modo di cambiare opinione su di lui, ma questo non significa che mi interessa! »

« Se ti preoccupi così tanto del fatto che non sei come le “oche” che gli girano attorno a corte per me significa solo una cosa: ti interessa! Comunque, non hai pensato che magari ti ha scelta proprio perché non assomigli alle ragazze con cui ha a che fare solitamente? »

Niniel la guardò scettica, quando il loro discorso fu interrotto da una voce che le fece sobbalzare:

« Alle prese col primo amore eh? »

Le ragazze si voltarono di scatto.

« Jamril! » esclamarono all’unisono.

Jamril era un uomo sulla mezza età. Da che si ricordavano, Earine e Niniel lo avevano sempre visto nelle cucine ad aiutare Adhort ed Erith. Non era mai stato sposato, per questo trattava le due ragazze e Narith quasi come se fossero per lui dei figli adottivi.

« Tranquilla Niniel, non dirò nulla ai tuoi di ciò che ho sentito! »

« Esattamente, che cosa hai sentito? » gli domandò lei.

« Di una certa lettera, e di qualcuno che ti sta simpatico, ma non ho capito chi, solo che è qualcuno di importante, probabilmente che vive a corte… »

Niniel lo guardò sbigottita.

« Tranquilla, non dico niente a nessuno, anche se non ti devi vergognare di avere una simpatia per qualcuno! Qualcuno di importante… e chi sarà mai poi? Qualche valoroso soldato? » ironizzò lui.

Niniel rimase col fiato sospeso e Jamril se ne accorse…

« Un generale? » tentò ancora.

« No no, assolutamente… »

« Credo che io e Niniel dobbiamo rientrare, bisogna finire di preparare la cena e… » intervenne Earine, ma non le fu permesso di terminare la frase.

« Non può essere… » esclamò Jamril fissando Niniel « Uno dei figli del Sovrintendente! »

La ragazza andò nel panico, come aveva fatto a scoprirlo? Semplice, di sicuro era lì da abbastanza tempo per aver sentito tutto il loro discorso, non c’erano altre spiegazioni. Eppure, era sicura che quando lei ed Earine arano uscite dalla cucina lui si trovasse ancora là ad aiutare i suoi genitori.

« Coma hai fatto a scoprirlo? » cedette alla fine la ragazza.

« Semplice… ho tirato a indovinare fino a che non l’ hai ammesso tu! »

La ragazza si morse un labbro, ci era cascata in pieno maledizione! E ora lui sapeva che aveva un debole per uno dei figli di Denethor.

« Ti capisco, Faramir è un ragazzo gentile, ma come pensi di fare con suo padre? Non sarà molto contento del fatto che suo figlio esca con la cuoca di corte, senza nulla voler togliere a te, sia chiaro, sai che ti stimo, ma per una persona orgogliosa come Denethor sarà impossibile accettare che suo figlio si vede con la cuoca… »

« Ma… vedi, in realtà non si tratta di Faramir… » balbettò Niniel.

Jamril strabuzzò gli occhi:

« Vuoi dire che ti sei innamorata di Boromir?! »

« Aspetta un attimo, mettiamo in chiaro una cosa! » esclamò lei ritornando la ragazza decisa di sempre « Io non mi sono innamorata proprio di nessuno! Boromir mi sta simpatico, punto e basta! Mi ha chiesto di vederci dopo il lavoro, ma non significa che il nostro sia un appuntamento romantico! »

Earine e Jamril la guardarono scettici e con un sorrisino furbo dipinto sul volto.

« Strano però, mi è sempre sembrato di capire che Boromir non ti stesse particolarmente simpatico! » esclamò Jamril.

« In questi giorni ho avuto modo di conoscerlo meglio e di cambiare idea, ok? Adesso basta con questa storia e datemi una mano… cosa posso fare? »

« Semplice! » sbottò Jamril « Lui ti piace? »

« Mi sta simpatico… » puntualizzò nuovamente lei.

« Ok, ti sta simpatico, diciamo così… quindi se ti sta simpatico… » fece lui evidenziando queste ultime parole « Accetta ed esci con lui! »

« Ok, ma cosa dico ai miei? Se scoprono che vedo Boromir non voglio immaginare la loro possibile reazione! »

« Quanti problemi ragazza! Gli diciamo che andiamo a fare un giro io e te. No? » disse Earine.

Ormai la cosa era decisa: avrebbero detto a Adhort ed Erith che Niniel sarebbe uscita con Earine, mentre Jamril fu costretto a promettere sul suo onore di cuoco che mai e poi mai avrebbe dovuto dire a qualcuno ciò di cui avevano appena parlato e men che meno che Niniel si sarebbe incontrata con Boromir.

 

 

 

 

Bene, e siamo alla fine anche di questo capitolo! Ora i ringraziamenti!

Prima di tutto grazie a chi ha recensito!

 

Evening_star: Eh sì… è amore! Almeno credo… se solo Niniel si decidesse a darsi una mossa! Guarda, non mi ricordare che tra poco Boromir parte, perché potrei cadere in depressione… Ancora un capitolo, solo il prossimo capitolo, e poi mi riallaccerò alla storia originale (e sono troppo preoccupata da questa cosa! È pur sempre la storia di Tolkien!) Quanto alla mia onnipotenza su questa storia… Sìììì! POSSO FARE DI VOI QUELLO CHE VOGLIO! (Delirio di onnipotenza??! O.O nd Niniel Ma l’Anello non ce l’aveva Frodo??? nd Boromir) Va beh, ti lascio… il potere rischia di dare alla testa anche a me! A presto!! J

 

Frulli: Ecco fatto! Esaudito il tuo desiderio! Ho continuato la storia. Scusa se ti ho fatta aspettare così tanto, ma ho avuto un sacco di impegni! Grazie mille per i complimenti! Mi ha fatto davvero piacere sapere come hai trovato la storia! Davvero la punteggiatura è giusta? Perché è il mio incubo! Rileggerei i capitoli all’infinito per essere sicura della punteggiatura! Ho sempre paura di inserirla sbagliata! Comunque, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo! Come vedi, Niniel ed Earine ne combinano una dopo l’altra! Spero che seguirai ancora la mia storia!! A presto!!

 

Grazie anche a chi ha inserito la fan fiction tra le preferite e le seguite e a chiunque legge la storia!

Bene, ora scappo! Spero di riuscire ad aggiornare presto! Ciao ciao! Un bacio a tutti!

Eowyn

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Ok, ok

Ok, ok. Devo ancora realizzare che sto postando questo nuovo capitolo, in quanto mi ha dato una serie di problemi, dovuti principalmente alla mancanza di tempo e ispirazione (soprattutto quest’ultima) e ho impiegato un’infinità a scriverlo. Beh, per non perdere altro tempo vi lascio alla letture e ci risentiamo alla fine!! J

 

 

 

Capitolo 6

 

Dopo la discussione, Niniel, Earine e Jamril rientrarono in cucina. Erith e Adhort rimasero stupiti nel vederli tornare tutti assieme, ma non dissero nulla.

Ormai la cena era finita, e l’unica cosa che rimaneva da fare era risistemare la cucina e lavare piatti e pentole. Ci volle un’ora buona prima che tutto fosse in ordine per il giorno seguente, ma finalmente avevano finito.

« Mamma, papà, io vado a fare un giro con Earine… ci vediamo a casa più tardi. »

I genitori di Niniel rimasero sorpresi, dato che non era così frequente che le due ragazze se ne andassero a zonzo per la città dopo il lavoro, quando era già calata la sera.

« Prometto che non tornerò tardi, starò attenta e non vi farò preoccupare! » si sveltì ad aggiungere Niniel per tranquillizzare i genitori.

« Bene… ma non state fuori troppo, mi raccomando! » le rispose il padre, nonostante non gli andasse molto a genio che le due ragazze stessero fuori da sole a quell’ora.

« Ok, a dopo! » urlò Niniel che era già in cortile e stava trascinando fuori anche l’amica.

 

Appena uscirono dalla cucina, Niniel rimase folgorata da un pensiero a cui prima non aveva fatto caso:

« Earine, aspetta un attimo… Boromir nella sua lettera ha scritto che mi avrebbe aspettata fuori dalla cucina! Se arriva e in quel momento escono anche i miei cosa faccio? »

L’altra ragazza rimase assorta per alcuni secondi, mentre l’ansia di Niniel aumentava e il cuore le batteva all’impazzata. Non sapeva come avrebbero reagito i suoi se avessero saputo che si vedeva col figlio del Sovrintendente, e di sicuro non ci teneva a scoprirlo proprio quella sera.

« Earine sbrigati a farti venire un’idea! Qui tra poco escono i miei e Boromir starà per arrivare! »

Dalla strada giunse il rumore di passi che si avvicinava e contemporaneamente la porta della cucina scricchiolò. Erith e Adhort, insieme a Jamril, stavano uscendo per tornare finalmente alle loro case dopo una giornata di lavoro.

« Earine fa qualcosa! Qui ci beccano in pieno! » bisbigliò agitata Niniel spalancando gli occhi.

« Perché io? Di solito sei tu che ti fai venire i colpi di genio dell’ultimo secondo! »

Intanto il rumore di passi si avvicina sempre più.

« Jamril! » urlò improvvisamente Earine, facendo sobbalzare la povera Niniel che aveva una mezza idea di andare a sbattere la testa contro il muro, nella speranza che questo atto disperato salvasse in qualche modo la situazione.

Jamril, che si trovava sulla porta e stava parlando con i genitori di Niniel che erano fortunatamente ancora in cucina, si voltò di scatto verso la ragazza con una faccia che voleva dire “Ti sei bevuta il cervello per farmi prendere un colpo del genere?!”

Earine parve non fare caso all’espressione del cuoco, ma gli si avvicinò di qualche passo e bisbigliò:

« Ricordati di controllare le provviste per domani e di impiegarci tanto tempo! »

« Ma se abbiamo già controllato qualche giorno fa le provviste per tutta la settimana! »

« Sta arrivando, sta arrivando! » bisbigliò Niniel in preda all’agitazione nel sentire i passi sempre più vicini.

« Ti conviene trovare una scusa per ricontrollarle e tenere impegnati anche Adhort ed Erith finché Boromir non sarà arrivato, altrimenti finiamo nelle grane tutti quanti! » gli intimò Earine.

« E cosa posso inventarmi scusa? »

« Io ti ho dato l’idea, ora pensaci tu a tenerli occupati! »

Lui sbuffò e rientrò in cucina.

Da fuori le due ragazze sentirono solo delle voci e poi una porta, probabilmente quella della dispensa, che si apriva.

« Non so come abbia fatto a convincerli, ma a quanto pare ci è riuscito! » sospirò Earine.

« Arriva, arriva! » continuò l’altra.

« Niniel, dov’è finito il tuo sangue freddo? »

« Vorrei vedere te… sto ancora cercando di capire perché mi ha chiesto di uscire, e tra poco sarà qui! »

« Non ti sopporto quando fai la zuccona e fingi di non capire le cose! »

Improvvisamente qualcuno svoltò l’angolo ed entrò nel cortile. Le due ragazze s’irrigidirono, ma non appena capirono di chi si trattava la tensione passò.

« Narith! Cosa ci fai qui? » domandò infine al fratello.

« Ciao Niniel, ciao Earine! » fece lui come a ricordare alla sorella la buona educazione.

Earine fece un cenno con la mano. Sembrava quasi che i ruoli si fossero invertiti, dato che quest’ultima era completamente imbambolata.

« Sono venuto a fare un giro e a vedere che fine avevate fatto. È tardi e nessuno di voi tornava a casa. »

« Eh, sì, è stata una giornata particolarmente dura, vero Earine? »

« Eh? Ah, sì, sì! Pensa che i tuoi genitori e Jamril sono ancora dentro a controllare le provviste per i prossimi giorni! »

« E voi cosa ci fate qui fuori? » domandò lui curioso.

« Oh, niente! Vedi, volevamo farci un giro, ora se ci puoi scusare dovremmo proprio andare! Ma tu entra pure, mamma e papà sono dentro! » tagliò corto Niniel, ricordandosi di chi stava per arrivare.

Quindi prese per un braccio Earine e la trascinò fuori dal cortile.

« Uff, per un pelo! » esclamò con un sospiro liberatorio non appena furono fuori.

Earine non diceva nulla.

« Ok, ho capito… » fece Niniel traendo da sola le conclusioni « Tu mi hai aiutata questa sera e io cercherò di darti una mano con Narith! »

« Eh? Ma cosa stai dicendo? » esclamò l’altra risvegliandosi dai suoi pensieri.

« Non fare la finta tonta! L’ ho capito da un pezzo ormai che ti piace mio fratello, anche se tu non mi dici niente! »

Earine rimase zitta a fissare l’amica.

« Solo, non capisco perché non lo vuoi ammettere! Guarda che non mi dispiacerebbe se tu avessi un debole per lui! »

« Va beh, ne riparliamo, dai! » tagliò corto l’altra.

« Sì, sì! Stai pur certa che ne riparleremo! Tanto non mi sfuggi! »

« Ok, intanto si può sapere dov’è finito il tuo caro, futuro Sovrintendente? Ha intenzione di farci aspettare tutta la notte? »

« Smettila! Non me lo ricordare o mi torna l’ansia! » Niniel s’irrigidì.

« Ehi? Cos’ hai? »

« A… a… »

« A… a… Che? »

« Arriva! » riuscì a dire la cuoca indicando la strada buia.

Earine si voltò e vide che Boromir stava arrivando.

« Ok, bene… ora vado! » iniziò a dire agitandosi quasi più di Niniel.

« Come vai? » le chiese l’altra nel panico.

« Mica posso star qui con voi! E poi sai che figura se arriva qui e trova anche me! »

Niniel la guardò con aria disperata.

« Forza! Mica è un orco mangia-uomini! » la incoraggiò Earine « Ora scappo o si accorgerà di me! Buona fortuna e mi raccomando… domattina voglio tutti i particolari! » con un cenno della mano, scappò lungo la strada nella direzione opposta da cui stava arrivando Boromir, e si infilò nella prima stradina laterale che trovò.

Il fatto che Earine se ne fosse andata non fece che peggiorare l’ansia di Niniel: cosa voleva Boromir da lei? Aveva ragione Earine a dire che tra loro due c’era del tenero? Beh, che lei avesse cambiato opinione su di lui negli ultimi giorni era vero, ma arrivare a dire di esserne innamorata no, proprio no… Allora perché si sentiva così agitata?

“Ma che razza di pensieri sto facendo?” si riprese Niniel da sola.

Nel frattempo, Boromir l’aveva praticamene raggiunta:

« Buona sera! » la salutò.

« Buona… buona sera! » rispose lei titubante.

« Tutto bene? »

« Sì… sì… cioè… perché avete voluto vedermi? Perché quel biglietto? »

« Vai subito al sodo tu, eh? » le chiese lui.

Niniel abbassò lo sguardo dandosi della stupida, perché gli aveva risposto così?

« Voglio solo capire. » si giustificò.

Lui alzò le spalle:

« Che ne dici se ci facciamo una passeggiata e intanto parliamo? »

 

Si ritrovarono a camminare per le vie di Minas Tirith: era qualcosa di surreale, quella città, a maggior ragione poi da quando l’Ombra di Mordor rendeva la notte più nera che mai. Una volta, passeggiando nel buio, potevi vedere miliardi di stelle, e ti sembrava di averle ad un palmo dal naso, mentre la loro luce, unita a quella della luna, si rifletteva sulle bianche mura della città, facendola apparire argentata e luminosa anche di notte.

Ora, le bianche mura di Minas Tirith parevano aver perso la loro brillantezza e, anche sotto il timido sole che a volte faceva capolino dalle nuvole scure, faticavano a riacquistare un po’ della loro immacolata lucentezza.

« Non dici più niente ora? » le domandò improvvisamente Boromir dopo alcuni istanti di silenzio, mentre già passeggiavano.

« Perché, cosa dovrei dire? Quello che volevo sapere ve l’ho già chiesto, ora siete voi che dovreste rispondermi! »

« Hai ragione! » rise « Beh, ho voluto vederti perché avevo voglia di parlare con te. »

« E per quale motivo? » indagò ancora lei.

« Nessuno in particolare. » rispose lui vago.

Ancora alcuni istanti di silenzio.

« Ricordi quando la città ancora brillava sotto i raggi della luna? » le domandò lui, improvvisamente, poco dopo.

« Sì. Sembra un ricordo così lontano! »

Si appoggiarono al parapetto del settimo livello della città.

« Eppure non è passato poi così tanto tempo! La bianca città illuminava i Campi del Pelennor riflettendo la luce della luna. Pareva un faro nella notte che illuminava il cammino dei viandanti! » disse Boromir con occhi sognanti « Ora invece, in questa Oscurità, siamo noi che avremmo bisogno di una luce che ci guidi. »

« Prima o poi riusciremo a trovare la nostra guida. Sono certa che è nascosta dietro quelle nuvole nere, ma al primo spiraglio che si aprirà, riusciremo a scorgerla. E da quel momento le cose non potranno che migliorare! »

Boromir si voltò sorpreso verso la ragazza:

« Da dove viene tutta questa saggezza? »

« Saggezza… » sbuffò lei « Ho solo detto quello che penso. Non si tratta di saggezza, solo di pensieri, sensazioni e speranza. La speranza che prima o poi tutto questo finisca e la nostra vita torni quella di prima. »

« Sempre a minimizzarti! »

Niniel non ci fece caso, e continuò ad osservare i Campi del Pelennor.

« Come va a Osgiliath? » domandò poco dopo.

« Nostro padre vuole aspettare, ma io e Faramir crediamo sia necessario trasferire lì alcune truppe. Temiamo che gli Orchi di Mordor vogliano occupare la città. »

« E partirete anche tu e Faramir? »

« Uno di noi partirà di sicuro. »

Un brivido le attraversò la schiena, poi rimasero ancora in silenzio.

« Ti va se continuiamo a camminare? » propose Niniel.

Passeggiarono a lungo per le vie della città, parlando di Faramir e Narith, e di molte altre cose che gli permisero di allontanare dalla mente il pensiero della guerra imminente e dei problemi che in quel periodo affliggevano il mondo.

Mentre camminavano, gli capitava di incontrare qualche abitante di Minas Tirith, che per un motivo o per un altro, o per una semplice passeggiata, ancora camminava nel buio. Ogni volta che incrociavano qualcuno, Niniel voltava il viso dall’altra parte. Non che si vergognasse di farsi vedere in giro con Boromir, semplicemente non voleva che i suoi genitori venissero a sapere qualcosa, né che per la città iniziassero a circolare strane voci: odiava i pettegolezzi, specie se si trattava di sciocchezze che riguardavano il suo conto.

 

« Toglimi una curiosità » esclamò ad un tratto Boromir « Il tuo nome significa “Fanciulla in Lacrime”, vero? »

Lei rimase sorpresa da quella domanda. Nessuno le aveva mai domandato una cosa simile.

« Sì. Dietro al mio nome c’è una storia lunga e complicata, di una fanciulla che ha avuto un’esistenza particolarmente difficile. »

« Sì, conosco quella storia: la storia di Túrin e sua sorella Niniel. »

« Già. Io non ho nulla a che vedere, però, con quella triste vicenda. La verità è che quando sono nata piansi per alcuni giorni come una disperata. Non c’era nulla che i mie genitori riuscissero a fare per calmarmi. Alla disperazione hanno deciso di chiamarmi Niniel, proprio per il significato del nome: Fanciulla in Lacrime. »

« Eri già matta da piccola! » scherzò lui divertito.

« Voi ridete, ma i miei dicono che da quando mi diedero questo nome, al posto di quello che avevano deciso, smisi di piangere! Mi calmai subito. Insomma, diciamo che non mi piaceva il nome che avevano scelto loro e ho trovato il modo per farglielo capire! »

Boromir la guardò per alcuni secondi in silenzio, poi scoppiò a ridere:

« Insomma, eri già matta da piccola, proprio come pensavo io! »

« Potete anche non crederci, ma la verità è questa! Quale modo pensate che possa avere un neonato, per far capire ai suoi genitori che non gli piace il nome che hanno scelto per lui? »

« Sinceramente è un problema che non mi sono mai posto. Anche perché non penso che un neonato sia in grado di dire se il nome che gli hanno dato i genitori gli piaccia o no! »

« Io penso di sì, invece. Anche perché altrimenti come vi spiegate che ho smesso di piangere solo quando mi hanno dato questo nome? » replicò Niniel.

« Mah, sarà che tu sei tu, e sei capace anche di questo! » rise « Comunque puoi anche smettere di darmi del voi. Non è necessario. »

Niniel scosse la testa:

« Preferisco continuare a darvi del voi. In fondo sono la vostra cuoca. »

« Sapevo che avresti risposto così! »

Rimasero alcuni secondi in silenzio, continuando a camminare nel buio della città, poi Niniel disse:

« Ora forse è meglio che rientro. Inizia ad essere tardi, non vorrei che i miei si preoccupassero. »

« Ti accompagno. »

Lei fece per ribattere, ma Boromir la bloccò:

« Non accetto proteste! Casa tua non è dietro l’angolo, e con questo buio non ti lascio tornare da sola. »

« In verità non volevo reclamare, solo ringraziarvi! »

Lui la osservò sorpreso:

« Strano, di solito dai contro ad ogni cosa che dico e propongo! »

« Beh, questa volta no… non ho tutti i miei gusti a tornare a casa da sola e poi… » aggiunse imbarazzata « Ho paura del buio! »

 

Come succedeva ogni mattina da ormai molto tempo, attraverso la cupola scura che cresceva a Oriente filtrava qualche timido raggio di sole. La città si stava risvegliando, ma c’era chi era già sveglio da un bel po’…

« Metti lo zucchero su quel vassoio! »

« Ma mamma, lì non ci va il miele? »

« No, il miele mettilo vicino al pane! »

Nella cucina del palazzo erano già tutti indaffarati per preparare la colazione.

« Earine, questo vassoio è pronto! Puoi portarlo in tavola! » urlò Niniel.

« Uff, sempre a sbraitare anche di prima mattina! » reclamò la cameriera ancora mezza assonnata.

« Io non sbraito! Alzo solo un po’ la voce perché altrimenti non mi senti! »

« Certo, certo… » tagliò corto Earine « Ma dimmi un po’, mi sembri di buon umore! Significa che ieri sera è andato tutto bene? »

« Shhhhhh! Ma cosa fai? Vuoi farti sentire dai miei? »

« A parte che non possono sentirci: sono dall’altra parte della cucina! E poi se anche sapessero che hai fatto un giro con Boromir non vedo cosa ci sarebbe di male! »

« Vuoi proprio saperlo? Il motivo è il ritornello che mi ripetete sempre voi, ovvero: lui è il figlio del sovrintendente! Io sono una semplice cuoca! »

Earine prese i vassoi e fece per uscire dalla cucina:

« Sarà, ma dopo colazione voglio che mi racconti tutto quello che è successo! »

 

Il momento della colazione passò in fretta, e Niniel fu costretta a raccontare tutto non solo a Earine, ma anche a Jamril, il cuoco, che pretese di essere informato sugli sviluppi della vicenda in quanto:

« Per me, voi siete come delle nipoti. Avrò il diritto di sapere cosa combinate e di consigliarvi, no? »

Si trovavano quindi nel cortile della cucina, quello che dava sulla strada dove la sera prima si erano incontrati Niniel e Boromir, e mentre i genitori della ragazza finivano di sistemare la cucina e iniziavano a preparare il pranzo, lei raccontò velocemente ciò che era accaduto.

« Ti ha detto di dargli del “tu” e ti sei rifiutata? » esclamò Earine.

« Cosa avrei dovuto fare? Non mi pare proprio il caso di prendermi tutta questa confidenza. »

« Niniel ha ragione. » intervenne Jamril « Meglio procedere con calma! »

« Sarà » commentò Earine « Ma visto questa premessa non ti chiedo nemmeno se alla fine ti ha baciata! »

La cuoca arrossì violentemente:

« Ma… ma… cosa? Cosa Dici? » balbettò

Come se non bastasse, si sentì qualcuno urlare dalla strada:

« Ciao Niniel! »

La ragazza si voltò e sbiancò: c’erano Boromir e Faramir in uniforme che si dirigevano, probabilmente, verso l’uscita della Cittadella.

« C-ciao… » riuscì in qualche modo a blaterare la ragazza, prima che scomparissero dietro al muro della casa lì vicino. Chissà perché, Niniel avrebbe giurato che Boromir in quel momento avesse la sua stessa espressione imbarazzata, e Faramir un sorrisino strano dipinto sul volto. Che stesse subendo anche lui un interrogatorio da parte del fratello? No, ma cosa andava a pensare!

Mentre Niniel faceva queste considerazioni, Earine esclamò:

« Eh, ma così è tutto troppo facile! »

Niniel si voltò verso l’amica, con una faccia che lasciava intendere che non ci stava capendo niente.

« Oh, insomma! » sbottò spazientita Earine « Avete la stessa espressione! »

Jamril scoppiò a ridere, imitato dalla cameriera, mentre Niniel mise il broncio:

« La volete smettere di prendere in giro? »

« Ma non ti stiamo prendendo in giro! Stiamo semplicemente dicendo la verità! » disse Jamril.

Stavano ancora ridendo di gusto, Niniel esclusa ovviamente, quando videro Boromir e Faramir, in compagnia di quello che sembrava un messaggero di corte, tornare indietro verso il palazzo senza voltarsi verso di loro. Sembravano preoccupati, turbati da qualcosa.

« Cosa starà succedendo? » si domandò Niniel.

« Ti preoccupi per lui eh? » le chiese Earine.

« Guarda non ti rispondo neanche! Anzi, torno a lavorare! »

Jamril ed Earine si scambiarono uno sguardo divertito, poi seguirono la cuoca in cucina.

 

Nel frattempo, a palazzo, Denethor aveva convocato i figli per discutere di alcuni argomenti importanti:

« Questa mattina, un novo contingente di Orchi provenienti da Mordor ha attaccato Osgiliath: i soldati che si trovavano in città non sono riusciti a respingerli e la maggior parte di loro sono morti. Ormai la città è sempre più nelle mani del Nemico. Per questo motivo ho deciso che uno di voi si recherà a Osgiliath con le sue truppe, e rimarrà lì finché non sarà riuscito a liberare la città. » si voltò verso il figlio minore « Preparati, Faramir. Domattina partirai con i tuoi uomini. »

Faramir chinò il capo in segno di assenso.

« Perché da solo, padre? » si intromise Boromir « Io cosa rimango a fare a Minas Tirith se c’è più bisogno a Osgiliath in questo momento? Mandatemi con Faramir, insieme saremo ancora più forti e il rischio diminuirà per entrambi! »

Denethor si voltò verso il suo primogenito con uno sguardo gelido:

« Non discutere i miei ordini, Boromir. Faramir andrà a Osgiliath da solo e tu rimarrai qui: nessuno ci assicura che non avremo bisogno di te anche a Minas Tirith. E poi, senza tuo fratello tra i piedi, » aggiunse « sono certo che tante sciocchezze che ultimamente ti passano per la testa scompariranno. »

I due fratelli osservarono il padre esterrefatti, non capendo cosa volesse dire.

« Non puoi negare Boromir, » si decise infine a spiegare il Sovrintendente « che ultimamente stai frequentando la cuoca, quella Niniel, se non sbaglio. Non credere che io non me ne sia accorto! Sarò anche sempre chiuso in questa Sala, ma non sono cieco! Vedo più lontano di quanto voi possiate immaginare! So che vedi quella ragazza, e che ieri sera siete usciti assieme. »

« Non vedo cosa ci sia di male, e soprattutto non capisco cosa abbia a che fare Faramir con questo. » esclamò Boromir irritato.

« Faramir ti condiziona con le sue idee folli! » urlò Denethor.

Silenzio.

L’eco della sua voce rimbombava ancora nella Sala del Trono, quando ricominciò a parlare:

« Non so come tu possa esserti fatto convincere da lui ad uscire con quella cuoca. Una serva! » il tono della sua foce era schifato e deluso « Per questo, Faramir andrà ad Osgiliath da solo. In questo modo potrà fare contemporaneamente due buone azioni: cercherà di liberare la città e sarà lontano da te, così non avrà più modo di condizionarti con le sue sciocchezze. »

« Mi duole sapere che voi abbiate una così bassa considerazione nei miei riguardi, ma se questo è ciò che ordinate e che desiderate… Ai vostri ordini, padre. » Faramir chinò il capo e si diresse verso l’uscita.

Boromir, ancora stupito da quanto fosse appena successo e da ciò che il padre aveva fatto, si voltò e seguì il fratello.

 

Poco dopo si trovavano entrambi nella camera di Faramir, che stava preparando l’armatura e il necessario per la partenza. Non avevano ancora detto nulla, da quando erano usciti dalla Sala del Trono.

« Mi spiace. » finalmente Boromir si decise a parlare.

« Non devi scusarti. » lo bloccò Faramir « Lo sappiamo com’è fatto, no? È sempre stato così. Per ogni cosa la colpa andava e va a me. » sospirò triste « Ma non fartene un pensiero, io non ce l’ ho con lui e nemmeno con te. Anzi, grazie per aver cercato di accompagnarmi! Ma sono grande ora, devo imparare a cavarmela da solo! » cercò di metterla sul ridere.

« Non è questo il punto, so che te la sai cavare egregiamente da solo! Il fatto è che non può trattarti così e darti tutte le colpe del mondo, per non parlare poi di questa storia di Niniel che ha dell’assurdo! »

« Io ti avevo avvisato che non sarebbe stato contento! » esclamò Faramir con un altro sorriso triste « Però devi promettermi una cosa: non devi lasciarla perdere e, mentre io sarò ad Osgiliath, devi deciderti a farti avanti, ok? Quando tornerò, oltre a festeggiare la nostra vittoria, voglio festeggiare anche il vostro fidanzamento! »

« Certo fratellino, convinto tu! Cioè, festeggeremo di sicuro la tua vittoria, ma per il resto non so! »

 

Quel giorno, a pranzo, il Sovrintendente e i suoi figli mangiarono i silenzio, ed Earine non tardò a riportare tutto a Niniel.

« Dev’essere successo qualcosa di grave! » esclamò la cuoca quel pomeriggio, mentre ancora rimuginava sull’accaduto.

« Senti, quando incontri Boromir chiediglielo, no? »

« Certo! Ma per ora non riesco a star tranquilla e poi non so quando lo vedrò! »

« Possibile che non ti abbia dato un altro appuntamento? » le domandò Earine con un ghigno.

« No! Te l’ho già detto! E poi non è il momento di scherzare! »

« E va bene. Che ne dici di andare a fare un giro? Magari lo incontriamo! »

« Lo sai che non possiamo far che girare per la Cittadella come se niente fosse! Non è il luogo dove noi comuni cittadini possiamo fare una passeggiata! E lui oggi non sembra intenzionato a lasciare l’ultimo livello della città, visto che non è ancora uscito dal palazzo. Alla fine qui, quella che ha più possibilità di vederlo, sei tu, quando lo servi a tavola! »

« Cosa vuoi dire! » esclamò Earine « Che dovrei chiedergli qualcosa mentre lavoro? Ti rendi conto che c’è lì anche Denethor? E poi io non lo conosco come lo conosci tu! Non ho tutta questa confidenza! »

« Allora facciamo così! Gli scriverò un biglietto in cui gli chiederò di vederci, e tu, questa sera a cena, glielo consegnerai! »

« Ehi, per chi mi avete presa voi due! Per il vostro piccione viaggiatore? »

« Se gli porti il biglietto organizzo un incontro tra te e Narith! »

Earine la squadrò truce, con le braccia incrociate sul petto:

« E va bene. » si arrese « Ma l’incontro dovrà sembrare del tutto casuale! Non vorrei che pensasse male! »

« Affare fatto! »

 

Finalmente arrivò l’ora di cena, ed Earine era pronta per la sua missione.

« Allora, hai capito cosa devi fare? »

« Niniel, non è poi tanto difficile, no? Vado là e gli porto il biglietto! »

« Se ti fai scoprire sei morta! »

« E tu ricordati cosa mi hai promesso! »

« Tranquilla, ho già pensato a come organizzare il vostro incontro romantico! »

« Non dirmi queste cose prima di una missione importante… potrei rischiare di fallire nell’impresa di dargli questo biglietto, al pensiero di ciò che mi hai detto! »

A quel punto, Niniel le piazzò in mano un piatto di portata ed esclamò:

« Muoviti, o il vostro incontro romantico potrebbe trasformarsi in un racconto dell’orrore. »

Ridendo, Earine lasciò la cucina e si diresse alla sala da pranzo.

Tra Denethor e i figli regnava ancora il più assoluto silenzio.

 

Il momento della cena passò, e si ripeté più o meno la stessa scena della sera precedente: Niniel, con la scusa di uscire con Earine, aspettò Boromir fuori dalla cucina.

Stavano camminando ormai da qualche minuto, e l’uomo di Gondor sembrava non avere molta voglia di parlare. Inutile dire che la cuoca se ne accorse.

« Cosa c’è che non va? » gli domandò ad un tratto interrompendo il fastidioso silenzio che si era creato.

« Mh? Scusa stavo pensando ad altro! »

« Ho notato! » commentò Niniel « Dicevo, cosa c’è che non va? »

« Si vede molto? » domandò lui.

« Fate un po’ voi… Non avete ancora detto niente! »

« Non hai sentito cosa ha deciso mio padre? »

« No. Ho passato tutta la giornata in cucina e non ho avuto tempo di ascoltare le voci che giravano in città. Ma ho chiesto di vedervi proprio per cercare di capirci qualcosa! »

« Mio padre ha ordinato che domani Faramir parta per Osgiliath. » spiegò Boromir tutto d’un fiato, pareva essersi in parte liberato del peso che lo opprimeva.

« Partirà per Osgiliath? Da solo? »

« Con i suoi uomini. Ho cercato di convincere mio padre a lasciarmi andare con lui, ma non ha voluto saperne. »

« E voi siete preoccupato per Faramir, giusto? »

« Come potrei non esserlo? È mio fratello. »

« Lo so, vi capisco! Ho un fratello minore anch’io! Ma proprio pochi giorni fa ho imparato che noi fratelli maggiori non possiamo impedirgli di fare la loro vita. »

« Lo so, ma non è questo il punto! » le rispose Boromir irritato « Vorrei solo che mio padre non facesse qualunque cosa pur di metterlo in pericolo! »

« Capisco. Avete ragione, su questo non ci sono dubbi, ma cosa potremmo fare noi? »

« Niente. » fu la risposta « Niente, e questa è la cosa che mi dà ancora più fastidio! »

L’irritazione di Boromir aumentava ad ogni istante che passava.

« Mi spiace! Vorrei poter fare qualcosa, ma purtroppo non ho questo potere. »

Boromir osservò la ragazza: pareva realmente dispiaciuta per ciò che aveva appena saputo. Era certo che Niniel in quel momento stesse pensando a Narith, e al fatto che anche lui, da un momento all’altro, avrebbe potuto essere chiamato a combattere.

« Spero di non esservi apparsa invadente e inopportuna, domandandovi cosa ci fosse che non andava, ma mi spiaceva sapervi giù di morale. »

« Non sono io a dover perdonare te! Sei tu che dovresti pretendere le mie scuse per il modo in cui ti ho risposto prima. Perdonami, ma sono preoccupato. »

« Oh, non preoccupatevi! Capisco la situazione. E poi, con tutte le volte che nei giorni scorsi io ho risposto male a voi, una rivincita dovevate pur prendervela! » Niniel cercò di metterla sul ridere, e a quanto pare ottenne in parte l’effetto sperato, riuscendo a strappare un sorriso al figlio del Sovrintendente.

« Cosa ne dici di fare un giro lungo le mura? » propose poi Boromir.

« Ok, ma non troppo lungo, immagino che vorrete tornare da Faramir. »

Passeggiarono sul quinto livello della città, livello in cui si trovava la casa della ragazza. Infine, Boromir la riaccompagnò, come aveva fatto la sera precedente.

« Faramir partirà presto domattina, all’alba. » le disse poco prima di andarsene.

« Verrò a vederlo lasciare la città. Ci sarà di sicuro tutta la popolazione a salutarlo. »

Boromir fece un cenno con la testa e, in quel momento, Narith apparve improvvisamente dal buio della notte.

« Ciao Niniel cosa… » si bloccò, vedendo chi c’era con la sorella.

Boromir lo salutò e Narith fece altrettanto, mentre Niniel era sbiancata.

« Io… vado in casa. Ci vediamo dopo. » disse alla sorella. Poi augurò buona notte a Boromir ed entrò, con un sorrisino dipinto sul volto che non lasciava prevedere nulla di buono, per quando Niniel sarebbe rientrata.

« Beh, meglio che segua mio fratello, o i miei si preoccuperanno. »

Boromir annuì: « Ci vediamo domani allora. »

« Certo e, mi raccomando, non preoccuparti troppo, sono certa che Faramir sappia badare a sé stesso. » non le era venuto in mente nulla di meglio da dire, e le parve subito una frase sciocca e inopportuna, ma Boromir sembrò non farci caso.

« Niniel io… Grazie! »

« E di che? » gli rispose lei con un sorriso « A domani! »

La ragazza rientrò in casa e lui, più sollevato, si avviò verso il palazzo.

 

Come da previsioni, nemmeno Niniel avesse la sfera magica, in cucina la aspettava suo fratello, con una fetta di pane in bocca e un sorriso divertito stampato in faccia.

« Buona sera! Dimmi un po’, cosa ci facevi là fuori con Boromir a quest’ora? »

« Potrei farti la stessa domanda! » gli rispose lei.

« Oh, ma io non ero in compagnia del figlio del Sovrintendente! »

« Si può sapere perché, chi per un motivo e chi per un altro, tendete a ricordarmi in continuazione chi è Boromir? » sbottò lei esasperata.

« Non cambiare discorso sorellina! Rispondi alla mia domanda. »

« Siamo andati a fare un giro. È forse vietato dalla legge? »

« No, ma scommetto che quando mamma e papà lo verranno a sapere non ne saranno molto contenti! »

« Infatti, NON lo devono sapere! E tu NON glielo dirai, intesi? »

« Certo! Sai che puoi contare su di me! »

Niniel tirò un sospiro di sollievo.

« Però credevo che ti stesse antipatico! »

« COSA VUOI DIRE CON QUESTO! »

« Non urlare o sveglierai i vecchi! » bisbigliò Narith, facendo innervosire ancora di più la sorella « Comunque, ho sempre pensato che ti stesse antipatico! »

« E allora? »

« Allora adesso ti piace! »

« IO NON HO MAI DETTO CHE MI PIACE! »

« E non urlare! » sbottò ancora Narith.

« Dicevo » continuò lei riprendendo un tono di voce normale « che non ho mai detto che mi piace! »

« Non l’ hai mai detto, ma di solito se un uomo e una donna escono insieme è perché c’è sotto qualcosa! »

« Tu… tu dici? »

« Sorellina, puoi credermi sulla parola! » un’espressione divertita gli si disegnò sul volto.

« Lo so. » sospirò Niniel, sedendosi accanto al fratello « È questo che mi preoccupa. »

Narith aggrottò la fronte, non capendo il ragionamento della ragazza.

« Insomma » spiegò lei « fino a pochi giorni fa mi stava antipatico, poi piano, piano ho iniziato a cambiare opinione su di lui e adesso mi preoccupo se lo vedo giù di morale e non so cos’ ha… »

« E non vedi l’ora di vederlo per sapere cosa lo turba e cercare di aiutarlo come puoi! » completò Narith « A questo punto non ci sono dubbi, sorellina! » sul suo viso si aprì un lungo sorriso, mentre Niniel rimase pensierosa.

« E adesso cosa faccio? »

« Beh, se lui accetta di vederti è un buon segno! »

« Sì, ma come la mettiamo con mamma e papà? Per non parlare di Denethor! »

« Sarà un problema, soprattutto col Sovrintendente. »

Niniel assunse un’espressione triste.

« Ma non ti preoccupare! » la tranquillizzò il fratello « Se siete veramente innamorati nulla potrà impedirvi di andare avanti! »

« Ehi, aspetta! Adesso non parliamo già di innamoramenti e cose del genere! »

« Ceeerto sorellina, come no… ti ho visto come lo guardavi prima! »

« Narith, Niniel! » i due sobbalzarono « Cosa ci fate ancora in piedi? »

Erith, la madre dei ragazzi, entrò in cucina illuminata dalla fioca luce di una candela, facendoli sobbalzare.

« Noi… stavamo chiacchierando! » mentì Narith anche se, in fondo, non era poi del tutto una bugia.

« È tardi! Andate a dormire, ok? Potrete continuare i vostri discorsi domani. »

« Certo mamma, ora andiamo. »

La donna lasciò la cucina, mentre i due ragazzi tiravano un sospiro di sollievo.

« Se dovessero sapere di Boromir… »

« Stai tranquilla, ok? Per il momento cercheremo di non dire niente, poi valuteremo la cosa! » la tranquillizzò Narith.

I due spensero le candele e si spostarono nelle loro camere.

« Comunque… sarei contento se tu e Boromir… »

« Non correre troppo ok? » lo avvertì Niniel arrossendo di colpo, fortuna volle che avessero già spento le candele.

« Va bene, va bene! » Narith rise « Buona notte sorellina! »

« Notte! » farfugliò lei, ed entrò in camera.

 

Boromir era appena rientrato a palazzo. Stava chiudendo la porta che dava negli alloggi in cui viveva col padre e con Faramir. Cercò di fare il più silenziosamente possibile, per non attirare l’attenzione, quando qualcuno giunse alle sue spalle:

« Credevi che non mi sarei accorto della tua disobbedienza? Credevi non ti vedessi uscire di nuovo con quella cuoca? » gli domandò Denethor calcando con particolare disprezzo l’ultima parola.

« Non capisco quale sia il problema, e non vedo per quale motivo voi dobbiate arrabbiarvi tanto perché mi vedo con una ragazza. » gli rispose Boromir cercando di mantenere la calma, ma gli fu difficile riuscire ad ignorare la scarsa considerazione che il padre dimostrava ogni volta nei confronti di Niniel, e perché poi? Solo per il fatto che si trattava di una cuoca e non discendeva da nessuna famiglia nobile?

« Non è perché ti vedi con una ragazza, ma è per il genere di ragazza che stai frequentando! É una cuoca, Boromir! E tu sei il figlio del Sovrintendente e futuro Sovrintendente di Minas Tirith! Come puoi farti vedere in giro con una semplice cuoca? Cosa pensi che diranno i nobili principi e i sovrani dei regni vicini a Gondor? Diventerai lo zimbello di tutti e porterai il ridicolo nella nostra famiglia! » Denethor stava iniziando ad alzare la voce « Non ti comportare come tuo fratello! Non lasciare che Faramir porti anche te sulla via della pazzia! »

« Smettetela padre! » lo interruppe Boromir a questo punto « Non ho intenzione di rimanere qui un secondo di più ad ascoltare le fandonie che state dicendo su Niniel, e le accuse che muovete verso mio fratello! In questa storia Faramir non centra nulla, così come in tutti gli altri casi in cui voi gli avete accreditato la colpa di qualcosa! » Boromir fece per andarsene, ma si voltò di nuovo verso il padre:

« E per quanto riguarda Niniel… Non ho alcuna intenzione di seguire i vostri consigli. Ora, se permettete, vado a dormire. » detto questo, Boromir si diresse verso la sua camera, lasciando il padre solo nel corridoio.

Sul volto del Sovrintendente si dipinse un sorriso di pura follia, una follia che non aveva mai mostrato a nessuno, fino a quel momento, ma che gli stava lentamente corrodendo l’anima.

« E sia, Boromir! » bisbigliò « Faramir per ora è sistemato, e troverò il modo di allontanarti anche dalla tua cara Niniel! »

 

 

 

 

 

Ok, dico subito una cosa che mi sono dimenticata di scrivere all’inizio… con la storia di Niniel, ovvero del significato del suo nome, non voglio in alcun modo offendere Tolkien nell’aver preso in prestito il nome di un suo personaggio importante per uno mio… ma era il nome col significato che mi piaceva di più!

 

Detto questo, passo ai ringraziamenti, sperando che il capitolo vi sia piaciuto e anticipandovi che nel prossimo Niniel combinerà un bel pasticcio… o meglio farà una grandissima cavolata… sempre utilizzando parole non volgari! J

Ultima cosa, avevo detto che nel prossimo capitolo la storia si sarebbe ricollegata all’originale… beh, ho fatto male i calcoli, non sarà nel prossimo capitolo, ma in quello dopo ancora. Scrivendo mi sono resa conto che non potevo mettere tutto nel capitolo settimo!

Bene, e ora…

Grazie a chiunque abbia letto e a: BebynaD, evening_star e ragazzapsicolabile91 per aver inserito la storia tra le preferite, e aliena e Mally_1985 per averla aggiunta tra le seguite.

 

Ed ora… recensioniiiiiiiiiii!!!!

 

Evening_star: Ciauuuuu! Sì, la storia del Maestro prima di tutto! Però mi spaventa un po’ il pensiero di dover modificare alcune cose della sua storia… mi sento una profanatrice! J Comunque spero che tu abbia tratto le conclusioni giuste dal mio delirio di onnipotenza! Sempre se Niniel non ne combina una delle sue! (*sguardo assassino verso Niniel* Cosa vuoi? In fondo sei tu che mi fai fare certe cose! Nd Niniel smettila va… nd Me) Ok, detto questo… spero che questo capitolo ti sia piaciuto! Ho paura di essere noiosaaaa!! Va beh… a presto!

 

 

Ragazzapsicolabile91: Ciaoooo! Che bello, una nuova lettrice! Mi fa piacere conoscere qualcun altro che sia appassionato di Boromir! ;) Di solito nessuno lo sopporta! L Sono felicissima che la storia ti piaccia e grazie di cuore per tutti i complimenti! Non me li aspettavo! Soprattutto il fatto che la trama sia travolgente! Ho sempre paura di annoiare! Beh, spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo! E ti anticipo che nel prossimo Niniel farà un bel casino! (Povera, me la prendo con lei, ma in fondo la colpa è di Denethor!!) Beh, grazie ancora! A presto!! J

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Ringraziate la febbre a 39 che mi ha tenuta reclusa in casa in questi giorni, ma che, ora che si è abbassata, mi ha gentilment

Ringraziate la febbre a 39 che mi ha tenuta reclusa in casa in questi giorni, ma che, ora che si è abbassata, mi ha gentilmente concesso il tempo necessario per andare avanti con la storia! (Traduzione: ho aggiornato così in fretta perché sono costretta a rimanermene tranquilla in casa! J)

 

 

 

 

 

Capitolo 7

 

La mattina seguente le vie della città erano gremite di persone: i cittadini si riversarono in strada per assistere alla partenza di Faramir e dei soldati che lo avrebbero accompagnato nella missione.

 

Niniel si mise sulla punta dei piedi per vedere passare la truppa, mentre un gruppo di bambini passò di corsa dietro a lei ed Earine, per intrufolarsi poi tra le gambe degli adulti, in modo da raggiungere la prima fila, e poter vedere da vicino quei soldati completamente bardati che partivano per difendere la loro Patria.

« Questi bambini non si rendono conto del rischio che corrono Faramir e i suoi. Non è bello star qui ad assistere a questo spettacolo, non è una parata dei giorni di festa… » commentò Niniel.

« Non prendertela con loro, sono bambini. » la riprese Earine.

« Lo so. Ma l’idea che Faramir e gli altri stiano rischiando la vita mi mette i brividi. »

« È il destino di ogni soldato e presto anche di tutti noi, temo. »

Niniel lanciò un’occhiata all’amica e non rispose. Sapeva benissimo che era così. Nessuno di loro in quel momento era al sicuro. Sauron, ne era certa, stava allungando i suoi viscidi tentacoli fin nelle viscere della stessa Minas Tirith.

 

Il corteo di soldati scese fino al livello più basso della città. Mentre Denethor era rimasto chiuso nella Sala del Trono, Boromir accompagnò il fratello fino al cancello.

« Fatti onore, fratellino. Sono certo che ce la farai. »

Faramir si sforzò di sorridere, ma l’impresa non gli riuscì molto bene.

« Lo pensi solo tu. »

« Non solo io, ma tutta la città ha fiducia in te. »

« Tranne una persona… e se non dovessi farcela? »

« Non pensare a lui, Faramir. Sai com’è fatto nostro padre. Pensa che tutta Minas Tirith crede in te e nei tuoi soldati. E se non dovessi farcela, sai che io sono pronto a partire in qualsiasi momento del giorno e della notte per venire ad aiutarti. Buona fortuna! »

Faramir annuì, con una speranza rinata che gli brillava negli occhi.

« Salutiamo Faramir Capitano di Gondor » annunciò Boromir ad alta voce « Che le sue gesta e quelle di chiunque combatterà al suo fianco possano rendere onore al nostro Popolo e alla nostra Città. »

Così, il secondogenito del Sovrintendente lasciava Minas Tirith, mentre l’intera città lo osservava allontanarsi alla volta di Osgiliath.

Boromir rimase fermo sul suo cavallo oltre i cancelli della città, fino a quando il fratello e i suoi soldati non divennero una macchia di colore indistinta in lontananza sui campi del Pelennor.

Distolse lo sguardo e si voltò, pronto a tornare ai suoi obblighi col cuore colmo di apprensione per Faramir, e incitò il cavallo a salire lentamente verso il livello più alto di Minas Tirith.

Era ancora assorto nei suoi tristi pensieri, quando sentì che qualcuno lo stava chiamando e, voltatosi, si accorse che si trattava proprio dell’unica persona che in quel momento avrebbe voluto vedere.

« Mio Signore… » iniziò lei col fiato corto per la corsa che aveva fatto, fermandosi poco distante.

Boromir scese dal suo cavallo.

« Niniel! Cosa… cosa ci fai qui? »

« Io, beh, ecco… Sono venuta a vedere come state. » disse tutto d’un fiato sprecando quella poca aria che era riuscita a recuperare.

Il figlio del Sovrintendente rimase colpito da quella affermazione.

« Grazie del pensiero… »

Lei lo fissò, mentre lui rimaneva zitto.

« A-allora? » azzardò poi, notando che Boromir la fissava senza dire nulla. Non era mai stato particolarmente incline ad esternare i suoi stati d’animo.

« Oh, beh, sono preoccupato, molto preoccupato. Non è che sia cambiato molto da ieri sera anzi, ora che Faramir è partito è ancora peggio. »

« Posso immaginare. »

Lui rimase ancora zitto, evidentemente, pensò la ragazza, non aveva voglia di parlarne.

« Cosa ne dite di fare due passi? » propose quindi lei « Dovete andare da qualche parte? »

« Da mio padre, a sentire quali sono i suoi ordini per oggi. »

Niniel annuì: « E io in cucina e, guardate un po’, si trovano esattamente sullo stesso livello! »

Boromir sorrise.

« Allora facciamo la strada insieme? » propose lui.

« Affare fatto! »

« Ma… » Boromir si bloccò « Siamo al secondo livello, ce la fai ad arrivare a piedi fino alla Cittadella o vuoi salire a cavallo? »

« Per chi mi avete presa, per un Orchetto dalle gambe molli? » esclamò indispettita lei « Sono sicura che riuscirei ad arrivare lassù di corsa e poi tornare giù fino al primo livello, mentre voi starete ancora cercando di raggiungere la Cittadella! »

Boromir rise. Non era tanto, Niniel lo sapeva, il cuore dell’uomo era ancora appesantito dal pensiero del fratello in battaglia, ma almeno era riuscita a farlo ridere e questo la rendeva felice.

 

Mentre camminavano, tutte le persone che incontravano li osservava incuriositi. Stavano attraversando assieme tutta la città alla luce del giorno, era inevitabile che ora, la maggior parte degli abitanti, li avrebbe visti.

Niniel era imbarazzata, anche se cercava di non darlo molto a vedere. Sapeva che tutti quegli occhi puntati addosso potevano voler dire solo una cosa: guai. Di sicuro, ora i suoi genitori sarebbero venuti a sapere qualcosa, senza contare che anche Denethor sarebbe stato messo al corrente del fatto senza ombra di dubbio, e questo le dava una preoccupazione maggiore.

« Ti dà fastidio che ci vedano assieme? » le domandò Boromir dopo un istante di silenzio.

« Eh? No, no, affatto… »

« Eppure mi sembri tesa quando qualcuno ci guarda. »

« È solo che, insomma, non si vede tutti i giorni il futuro Sovrintendente andare in giro con la cuoca di corte. » l’aveva detto. Fino a prova contraria ci era riuscita.

« Che problema c’è, perché una cuoca non potrebbe fare la strada insieme a me? »

« Sono contenta che la pensiate così, ma… non credo che la gente la veda in questo modo. »

« Lascia che la gente veda le cose come vuole. » le disse lui « Non è colpa mia se ho una cuoca così gentile che si è fermata a domandarmi cosa volessi per pranzo! » aggiunse poi Boromir alzando leggermente la voce, così che le persone che si trovavano nelle vicinanze potessero sentire.

Niniel avvampò.

« Visto? Problema risolto! » concluse lui sorridendo.

« Non penso che, il fatto che cinque o sei persone abbiano sentito questa frase, potrà cambiare l’opinione che di sicuro avranno avuto tutti gli altri, ma… grazie per averci provato! »

« Senti un po’ da quando la cuoca Niniel si fa di questi problemi? Mi è sempre parso che non ti interessasse l’opinione della gente. »

Bene, era ufficiale: l’aveva scoperta!

« In effetti, avete ragione… non c’è motivo per cui dovrei preoccuparmi. Quindi… cosa volete oggi per pranzo? »

Boromir rise, e Niniel non ne comprese il motivo, cosa che la infastidì.

« Uhm, vediamo… l’arrosto dell’altra sera non era niente male! »

« Va beh, ci penserò… »

« Mio signore! »

Boromir si voltò, trovandosi di fronte il messaggero di corte che li aveva già interrotti qualche giorno prima, quando lui e Faramir erano tornati dalla spedizione a Osgiliath.

« Perdonate l’interruzione. » esclamò, con un’espressione sorpresa dal fatto di vedere nuovamente Boromir con quella ragazza.

« Mio padre vuole vedermi? » domandò lui.

« Sì. »

« Immaginavo. Vai pure e digli che tra poco sarò da lui. » aspettò che il messaggero si fosse allontanato, poi si rivolse a Niniel « Mi spiace io… devo andare. »

« Non preoccupatevi, capisco. »

Boromir rimontò a cavallo.

« Quando ci vediamo? »

Niniel rimase sorpresa da quella domanda.

« Io… io, non so. »

« Dopo pranzo posso passare in cucina a trovarti? »

Per Niniel fu come ricevere una secchiata di acqua gelata in testa (anche se di solito era lei che le tirava agli altri). Cosa avrebbe dovuto fare ora? Dirgli di no? In questo modo almeno avrebbe evitato che i suoi li vedessero. Ma in fondo perché porsi questo problema, ormai li aveva visti assieme quasi tutta la città. Avrebbe potuto proporgli di trovarsi da qualche altra parte e non in cucina, ma così Boromir avrebbe capito che lei non voleva che i suoi genitori la vedessero insieme a lui, e di certo non voleva dare l’impressione a Boromir che si vergognasse di loro due. Loro due? Ma cosa stava pensando! E da quando si faceva tutti quei problemi lei?

« Sì, va bene! Vada per la cucina allora! Ma non avrò molto tempo questo pomeriggio, perché iniziamo presto a preparare la cena. »

« Bene, ci vediamo dopo pranzo allora! » e dopo un cenno di saluto cavalcò via.

« In che guaio mi sono messa? » bisbigliò.

 

« Volevate vedermi padre? »

« Credevo che ti saresti limitato ad accompagnare tuo fratello ai cancelli della città, e non che ti saresti divertito a perdere il tempo che invece dovresti dedicare al tuo popolo. »

« Ma di cosa state parlando? » domandò sorpreso Boromir.

« Non fingere Boromir, credi di potermi prendere in giro? »

« Non era mia intenzione, padre. Ma se questa è l’impressione che avete avuto vi domando scusa. »

« So che hai visto ancora quella ragazza. » continuò Denethor ignorando le scuse del figlio.

Boromir si irrigidì, mentre gli si formava un nodo alla bocca dello stomaco che gli fece provare una sensazione nuova, mai avvertita prima. Come un misto di rabbia e desiderio di proteggere quella ragazza, anche a costo di andare contro il padre e la sua volontà, pur essendo consapevole del fatto che questo avrebbe comportato dei guai per lui.

Ciò che lo colpì maggiormente, fu però l’innaturale calma con cui il padre stava affrontando l’argomento. Non capiva come potesse rimanere così tranquillo, in quanto le esperienze precedenti gli suggerivano che ogni volta che si parlava di Niniel egli aveva immediatamente perso la pazienza. Forse, quella sua inspiegabile calma aveva a che fare con la partenza di Faramir. Denethor stesso aveva affermato che, allontanare Faramir da Minas Tirith, sarebbe servito a distogliere il suo primogenito dalle sciocchezze che il fratello minore gli aveva messo in testa.

Boromir percepì la rabbia aumentare, al ricordo di quello che il padre aveva detto a Faramir il giorno precedente.

« Vi ripeto, padre, non vedo quale sia il problema. »

Denethor lo ignorò nuovamente.

« Vorrei che tu tornassi a svolgere appieno gli obblighi che ti competono. »

« Li ho sempre svolti padre. »

« Da quando hai conosciuto quella ragazza mi pare che tu stia battendo un po’ la fiacca. » esclamò Denethor con sdegno, stringendo i braccioli dello scranno nero, ai piedi del bianco trono del Re, su cui era seduto. La sua figura scura e un po’ ingobbita, dava l’idea di un vecchio corvo, in bilico sul ramo di un albero, che attende il termine della tempesta.

« Non capisco padre, quale problema o tremenda minaccia rappresenti per voi Niniel. Ma vorrei che mi diceste quando sono venuto meno ai miei obblighi in questo ultimo periodo. » Boromir si spazientì.

« Perdi tempo con lei, fai riempire i pozzi della città e controllare l’operato dei commercianti domandando aiuto ai nostri soldati e facendolo tu per primo! Non è questo il compito di un futuro Sovrintendente, mettitelo bene in testa! » urlò Denethor, poi la sua voce si addolcì di nuovo « Ho già fallito con tuo fratello, non deludermi anche tu. »

Boromir era fuori di sé, quelle parole contro Niniel e Faramir l’avevano colpito e ferito nel profondo. Con un enorme sforzo, represse la voglia che aveva di urlare in faccia al padre tutta la sua rabbia e tra i denti gli disse:

« Io credo invece, padre, che il compito di un Sovrintendente sia quello di aiutare i propri sudditi anche nelle faccende che li riguardano più da vicino. Non solo combattendo una guerra che non si sa come finirà, ma anche riempiendo i pozzi di acqua, se necessario. » poi cercò di ritrovare un po’ di calma, o almeno di fingere di ritrovarla, prima di aggiungere « Ora scusatemi, vado ad adempiere ai miei compiti di futuro Sovrintendente. »

Detto questo, si voltò ed uscì dalla Sala del Trono, lasciando Denethor alle sue oscure elucubrazioni.

Appena si trovò fuori dalla Cittadella, ebbe una gran voglia di urlare al cielo, per tutta quella rabbia che aveva accumulato. Trovò a terra un sassolino, e si mise a prenderlo a calci, mentre rimuginava sull’accaduto.

Si sentiva diverso nell’ultimo periodo, su questo non aveva dubbi. Da quando aveva conosciuto Niniel, gli sembrava di aver aperto gli occhi e di riuscire a percepire realtà che prima per lui non esistevano nemmeno. La sfacciataggine che a volte dimostrava quella ragazza gli aveva permesso di capire che una guerra non si vince solo combattendo, ma anche cercando di mantenere nella propria città una certa armonia: se il popolo perde fiducia nel suo sovrano la guerra è già per metà persa. Certo, si trattava di un compito arduo, considerando poi gli orrori con cui ci si ritrova a convivere in momenti come quello, ma era comunque necessario aiutare i cittadini in quegli aspetti della vita di tutti i giorni che, senza l’intervento di un’autorità, avrebbero rischiato di essere risolti con qualche lotta interna.

Doveva ammettere che all’inizio l’aveva fatto per un secondo fine: nella speranza, cioè, di attirare l’attenzione di Niniel, ma ora, si accorse che gli ideali di quella ragazza si stavano sempre più radicando in lui, cambiando il suo modo di vedere le cose. E in fondo questo non gli dava poi così tanto fastidio.

 

« Niniel l’acqua… L’acqua! Niniel sta bollendo l’acqua! »

L’urlo di Jamril, e la nuvola di vapore dovuta alla secchiata d’acqua che il cuoco aveva gettato per spegnere il fuoco su cui stava bollendo il pentolone, la riscosse dai suoi pensieri.

« Ma si può sapere dove hai la testa oggi? »

« Che… che… cosa? » era in uno stato confusionale da far paura.

« Appunto! » Jamril sospirò sconsolato « Avanti, cosa ti è successo? »

Niniel lo fissò per alcuni secondi, prima di raccontare tutto al cuoco.

« Insomma, capita sempre che suo padre lo manda a chiamare proprio quando siamo assieme! »

« Se non fosse impossibile, potrei giurare che Denethor riesce a controllarlo anche rimanendo chiuso nella Sala del Trono! » sbuffò Jamril.

« Il vero problema non è quello… Vedi, mi ha detto che dopo pranzo passerà a trovarmi in cucina e… come faccio con i miei? »

« Niniel, era inevitabile! Prima o poi dovranno venire a saperlo anche loro, non credi? E poi se oggi vi hanno visti in giro assieme può darsi che i tuoi lo sappiano già. Io mi terrei pronto! »

« A proposito, dove sono i miei? » sospirò Niniel giù di morale.

« Sono andati a comprare gli ingredienti che mancavano. » poi osservò bene Niniel ed aggiunse « Ascoltami un po’! Da quando ti butti così giù di morale? Non è la Niniel che conosco questa! »

La ragazza sorrise tristemente:

« E meno male che questo si chiama amore. »

« Si risolverà tutto, vedrai! Ma perché tutto vada bene devi reagire! Se fai quella faccia le cose non miglioreranno di certo. »

« Ma è difficile! » reclamò lei.

« Eppure devi riuscirci! Ti conosco da quando hai visto la luce per la prima volta, sono certo che ce la farai! »

« Niniel! Sei qui? » Earine aveva appena fatto il suo ingresso in cucina, come non accorgersene?

« Sì, e credo che ti debba raccontare un po’ di cose! » esordì Jamril.

« Sono venuta proprio per questo, cosa credi? »

« Va bene, ma ti racconterò solo se mi aiuti a spostare la pentola dell’acqua! C’è stato un piccolo contrattempo, poco fa. » spiegò Niniel lanciando uno sguardo divertito a Jamril.

 

« Aspetta, aspetta! Vuoi dire che dopo verrà qui? »

« Esatto! »

« M-ma ma… ti rendi conto di cosa significa! Ci saranno i tuoi e… »

« Lo so Earine, lo so! Devo trovare un diversivo! » Niniel assunse un’aria pensierosa, mentre girava lo stufato che borbottava nella pentola, prima di aggiungere un po’ di erbe aromatiche.

« Niniel, Jamril, siamo tornati! » Adhort richiuse la porta alle sue spalle.

« Ciao papà, ciao mamma! » esclamò Niniel.

« Vedi di cancellare quell’espressione colpevole che hai sulla faccia, o capiranno che c’è qualcosa che non va! » le bisbigliò Earine.

« Allora, com’è andata? Avete trovato quello che ci serviva? » domandò Niniel mentre sbirciava tra le cose che avevano acquistato i genitori.

« Sì, tutto! A proposito, Niniel, volevo chiederti una cosa. » esordì Erith « Ho incontrato varie persone, che mi hanno detto di averti vista questa mattina a passeggio per la città in compagnia di Boromir! Ma credo si siano sbagliate, insomma, proprio tu in compagnia del figlio del Sovrintendente! Mi è parsa una cosa talmente strana: so che non nutri molta simpatia nei suoi confronti e poi non credo che lui… » si bloccò, notando che la figlia era sbiancata « Eri tu? »

« Sì, ero io! Perché, qualcosa in contrario? » esclamò Niniel, riscuotendosi e richiamando a sé buona parte della decisione che solitamente la caratterizzava.

« E come mai eri in giro con Boromir? » le domandò pronto Adhort.

« L’ho incontrato. Ha accompagnato Faramir ai cancelli di Minas Tirith, e mentre io tornavo alle cucine mi ha vista e si è fermato un po’ a parlare. »

« E… cosa voleva di preciso? » le chiese la madre.

« Nulla, a parte farci ancora i complimenti per il nostro lavoro. » mentì lei.

« Una donna mi ha detto che l’ha sentito dire che tu ti sei fermata per chiedergli cosa volesse per pranzo. » indagò ancora Erith.

« E tu credi a tutto quello che ti dicono le donne di Minas Tirith? » rispose pronta Niniel, mascherando il suo disagio dietro una falsa risatina « Se non fosse che si tratta di una cosa impossibile, andrebbero in giro a raccontare che i cavalli del Regno di Rohan sono tanto intelligenti da essere in grado di parlare! »

« Sarà, ma mi raccomando, attenta a quello che fai! »

« Mamma… ho 25 anni, non 4! »

« Non centra questo. La mamma vuole solo dirti di evitare situazioni scomode. Capisci cosa intendo, vero? Si tratta del futuro Sovrintendente di Minas Tirith, non di una persona qualunque. » la mise in guardia il padre.

« Beh, spiegatemi un po’ che differenza c’è tra il futuro Sovrintendente e una persona qualunque come, ad esempio, una cuoca. Siamo entrambi esseri viventi, no? »

« Niniel, noi stiamo parlando seriamente! » la riprese Erith.

« Anch’io, mamma. Anch’io! E non vedo perché voi dobbiate farvi tutti questi problemi per un problema che non esiste. » prese gli ingredienti che le mancavano e aggiunse « Vado a preparare il pranzo. »

Erith e Adhort si scambiarono un’occhiata preoccupata.

« È una ragazza con sale in zucca! Sono certo che sa quello che fa, fidatevi. » gli disse Jamril.

 

« Che bel pasticcio! E adesso cosa si fa? » esclamò Earine che aveva seguito Niniel.

Lei alzò le spalle:

« Non mi faccio certo condizionare da tutte queste sciocchezze. »

« Ok, ma il problema è: lo aspetti fuori in modo tale che i tuoi non lo vedano o lascerai che entri in cucina? »

Niniel sbarrò gli occhi:
« Lo aspetto fuori, ovvio no? Non voglio complicare ancora di più la situazione. Se dovesse venirlo a sapere Denethor siamo a posto! »

« Ah, ma allora lo ami veramente! »

« Earine… devo ricordarti che il futuro della tua storia con mio fratello è nelle mie mani? »

« A proposito! Quando ci organizzi quell’uscita romantica che mi avevi promesso? »

« Ci sto lavorando su… » le rispose Niniel con uno sguardo furbo.

« Non mi piace quello sguardo, sai? Proprio non mi piace! »

 

Niniel lavorò duramente per il resto della mattinata, rendendosi conto solo alla fine che nel preparare quel pranzo ci aveva messo più impegno del solito. Earine aveva lasciato la cucina perché i suoi doveri di cameriera la chiamavano, e la solitudine in cui si trovò Niniel, interrotta ogni tanto da Jamril e dai suoi genitori, le permise di riflettere su ciò che le stava accadendo.

Che si stesse veramente innamorando di Boromir? Certo, fino a qualche settimana prima non poteva nemmeno vederlo ma, da quando l’aveva conosciuto meglio, si era accorta che non era come credeva lei. Le era sempre parso molto simile a suo padre, ma ora aveva notato che non era così: se all’apparenza poteva sembrare come Denethor, conoscendolo più a fondo si era resa conto che aveva un animo gentile. Se fosse sempre stato così, o fosse cambiato nell’ultimo periodo non avrebbe saputo dirlo. Fatto sta che ora lo vedeva sotto un’altra luce.

Certo, lui e Faramir rimanevano comunque molto differenti. Boromir era attratto dalla guerra e dall’onore che si guadagna in battaglia, mentre il fratello minore era un tipo più tranquillo e non cercava gloria nelle gesta militari.

Lei stessa si stava stupendo di provare quella simpatia, se così poteva chiamarla, nei confronti di Boromir. Non le era mai parso un tipo con cui avrebbe potuto stringere amicizia, ma a quanto pareva, lei gli stava simpatica, e doveva ammettere che ora anche lui le stava simpatico.

La cosa che più le appariva strana, comunque, rimaneva il fatto che lui fosse nobile, figlio del Sovrintendente e futuro capo della città, mentre lei rimaneva una cuoca, una serva, una popolana, insomma.

Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dal fuoco che scoppiettava sotto al pentolone dello stufato, che ormai doveva essere pronto. Vi rovesciò sopra dell’acqua, proprio mentre suo fratello Narith faceva irruzione in cucina.

« Ciao mamma, ciao papà! »

« Narith, figliolo, coma stai? Dovresti passare un po’ più spesso dalla cucina, ultimamente non ti vedo più! » gli disse Jamril con affetto.

« Lo so Jamril, chiedo perdono! » disse con un’espressione buffa, suscitando le risa dell’uomo « Sono sempre occupato col lavoro, gli allenamenti e tutto il resto. »

Sentendo parlare di allenamenti, e ricollegando il tutto a Boromir, Niniel si voltò di scatto e lo guardò fisso negli occhi.

« Niniel, sorellina! »

« Sorellona, vorrai dire! » lo interruppe lei « Ho pur sempre un anno in più di te! »

« Uff, queste donne! Sempre a rivendicare superiorità! » esclamò Narith facendo ridere ancora di più Jamril « Comunque, se hai finito di reclamare come al tuo solito, potresti uscire un attimo? »

La ragazza lo scrutò per alcuni secondi con un’aria indecifrabile, poi si tolse il grembiule e lo seguì nel cortile mentre Adhort, Erith e Jamril osservavano sorpresi la scena.

 

« Allora, cos’è successo? » gli domandò tranquillamente Niniel non appena furono fuori.

« Secondo me, gli piaci! » esordì lui.

« Eh? »

« Ma sì, ci siamo allenati ancora con le spade fino a poco fa. Alla fine gli ho detto che sarei passato in cucina a trovarvi… »

« Ma tu non passi mai in cucina a trovarci! » gli fece notare lei.

« Lo so, ma perché credi che gli abbia detto una cosa del genere? »

Niniel continuava a fissarlo senza capire.

« Uff, ti devo sempre spiegare tutto eh? Beh, insomma volevo vedere come avrebbe reagito. »

« E come ha reagito? »

Narith sorrise soddisfatto:
« Ha detto di salutarti e di dirti che allora oggi passa di qua. »

« E questo per te vuol dire che gli interesso? » sbuffò lei.

« Senti, io non saprò nulla di donne e di come vi comportate voi quando vi innamorate di qualcuno (anche perché se ci capissi qualcosa avrei già la certezza se interesso o no a una ragazza) ma so per certo cosa facciamo noi uomini, e a me Boromir pare interessato, ok? » sbottò lui innervosito.

« Aspetta un attimo! Cosa significa che avresti già capito se una ragazza è interessata a te? » sbottò Niniel con un sorriso compiaciuto.

Narith si morse la lingua.

« Ma sì, dicevo così per dire! »

« No, no! Adesso tu mi dici di chi si tratta! »

« Ma non stavamo parlando di te e Boromir? » cercò di tagliare corto Narith.

« Sì, ma tu hai detto una cosa così interessante! E poi io ti ho detto di Boromir, quindi adesso tocca a te dirmi chi ti interessa! »

« Ah, lascia stare! » esclamò Narith scocciato « Comunque cosa farai quando verrà Boromir più tardi? Non puoi aspettarlo in cucina, o mamma e papà… »

« Sanno già tutto. »

« Cosa? » Narith spalancò gli occhi.

Così, Niniel gli raccontò che quella mattina li aveva visti assieme praticamente tutta la città.

« Ok, e ora cosa farai? »

« Bella domanda! Non so, proprio non lo so. Vedrò di improvvisare qualcosa, magari esco ad aspettarlo in cortile, ma non credo che la cosa migliorerà poi molto. »

« La cuoca Niniel? » una voce alle loro spalle li fece sobbalzare.

« Sono io. » nel rispondere, la ragazza notò che si trattava del messaggero che Denethor aveva inviato per chiamare Boromir quella mattina.

« Sire Denethor desidera parlarvi. »

Niniel fu sorpresa da quella frase, ma cercò di non darlo a vedere.

« E per quale motivo? »

« Io non conosco mai le ragioni per cui il mio Signore mi manda a chiamare le persone. Porto semplicemente un messaggio. »

« Mh. Bene. » commentò Niniel leggermente innervosita « Vengo subito. » poi lanciò un’occhiata al fratello.

« Vuoi che ti accompagno? » le propose lui.

« No, non ci sono problemi. Vedi piuttosto di tranquillizzare mamma e papà. » gli lanciò un’occhiata eloquente, per cercare di fargli capire che avrebbe dovuto inventare una scusa plausibile per giustificare tutto quello che stava succedendo, cercando di evitare il “discorso Boromir” in quanto, ne era certa, il motivo per cui il Sovrintendente la mandava a chiamare doveva sicuramente riguardare quello.

 

Seguì il messaggero fino all’entrata della Sala del Trono, dove lui le fece segno di attendere all’esterno. Egli entrò e la annunciò a Denethor. Circa un minuto più tardi, le porte della Sala si aprirono e il messaggero le fece segno di entrare.

Al contrario, rispetto alla prima volta in cui si era trovata in quel luogo, Niniel teneva la testa bassa, senza degnare di alcuno sguardo l’immenso salone, le sue antiche statue e colonne portanti, il soffitto decorato e l’immagine dell’albero in fiore incastonata di pietre preziose che faceva da sfondo al trono vuoto del Re il quale svettava in cima alla bianca scalinata, e il seggio scuro del Sovrintendente occupato da una figura simile a un nero corvo, ingobbito e maligno, che aspetta solo di planare sulla sua preda.

« Ben arrivata, cuoca! » la salutò Denethor alzando gli occhi su di lei. Niniel avrebbe potuto giurare di aver percepito una acuta nota di disprezzo, nel modo in cui il Sovrintendente aveva pronunciato quell’ultima parola.

« Perdonate se vi ho fatto attendere, mio Signore. Mi sono precipitata appena ho saputo che desideravate parlarmi. » si scusò Niniel chinando il capo. Lei stessa, non si riconosceva in quel tono di rispetto che stava usando verso quell’uomo che non aveva mai potuto sopportare ma, vista la situazione delicata, pensò che fosse meglio mettere da parte per un po’ l’orgoglio e dimostrarsi il più educata possibile.

« Oh, non preoccuparti. Vedo che invece ti sei precipitata. Dunque deve contare davvero molto per te mio figlio Boromir. »

La ragazza alzò di scatto gli occhi per piantarli dritti in quelli dell’uomo, mantenendo però un’espressione calma.

« Non comprendo ciò che volete dire, mio Signore. »

« Penso invece che tu abbia inteso perfettamente ciò che sto dicendo. So di te e Boromir, vi ho visti insieme per la Città! Pensavate forse di potermi tenere nascosta una cosa simile? » proclamò il Sovrintendente.

Entrambi ostentavano una calma che rischiava di crollare da un momento all’altro.

« Vi assicuro che non stiamo nascondendo proprio nulla, perché non c’è nulla da nascondere. »

« No, certo. A parte il fatto che tu stai cercando di corrompere mio figlio fingendo di amarlo! » esclamò Denethor, alzando improvvisamente il tono di voce.

« Sono addolorata di sapere che il mio Signore ha frainteso il mio comportamento. Io non fingo di amare vostro figlio, se è per questo non provo nulla nei suoi confronti. Credo che ciò che ci lega sia solo amicizia, e di sicuro non ho alcuna intenzione di corromperlo. Non ho motivo di farlo. »

Denethor la fissò a lungo, mentre un silenzio glaciale colmo di tensione aleggiava nell’immensità della sala.

« Mi allieta sentire queste parole. Spero di potermi fidare. » proclamò improvvisamente il Sovrintendente, sorprendendo la ragazza.

« Certo, mio Signore. Non avete motivo di preoccuparvi. »

« Lo spero. Anche perché se dovessi nutrire nuovamente dei sospetti, stai pur certa che non tarderò a farti convocare un'altra volta, e non sarò così clemente come sono stato ora. » fece una pausa di alcuni secondi, prima di aggiungere « Ma sicuramente sto sprecando il fiato perché, se anche tu fossi interessata a Boromir… sono certo che lui non potrebbe mai interessarsi a te. » il disprezzo mal celato di quelle parole, giunse dritto al cuore della ragazza, che avvertì una stretta. Non seppe dire se fosse dovuta al poco rispetto che Denethor nutriva nei suo confronti, e nei confronti della classe sociale a cui lei apparteneva, o se si trattasse invece dell’idea che Boromir non avrebbe mai e poi mai potuto nutrire veramente qualcosa per lei.

Questi furono i pensieri che la accompagnarono fino alla cucina. Ma appena ne aprì la porta, vennero interrotti da un fiume in piena di domande che la madre e il padre non tardarono a rivolgerle.

Narith la osservava preoccupato, mentre lei, ancora intontita da ciò che le era appena successo, non cercò di trovare scuse, ma disse semplicemente ai suoi genitori ciò che le era successo.

« Quindi gli ho detto di stare tranquillo, in quanto non nutro alcunché nei confronti di suo figlio. » concluse.

« Bene Niniel. Siamo fieri di te! » concluse Adhort.

Narith e Jamril la osservavano invece stupiti e sconcertati da ciò che lei aveva appena raccontato.

Poco dopo, con una scusa, la portarono nel cortile esterno della cucina.

« Ma ti rendi conto di quello che hai fatto? » sbottò il fratello « Ora, di certo, Denethor andrà a raccontare a Boromir ciò che gli hai detto! »

« Come speri di avere qualche possibilità, se vai a dire a suo padre che non nutri nulla nei confronti di Boromir. » la riprese Jamril.

In quel momento arrivò Earine, poiché mancava poco all’ora di pranzo, e notando quel trambusto, si avvicinò ai tre e domandò cosa stesse succedendo.

« La tua cara amica qui, » le spiegò Narith arrabbiato « È stata convocata da Denethor, ed è andata a dirgli che non prova assolutamente nulla per Boromir, quando invece qui sappiamo tutti quanti quale sia la verità. Perché anche tu sai che è innamorata di lui, vero? »

La faccia di Earine mutò espressione: da sorpresa, quando si rese conto che Narith le stava rivolgendo la parola, a esterrefatta, quando seppe che il Sovrintendente aveva convocato la sua amica, a adirata, quando le riferirono cosa Niniel avesse detto durante il colloquio.

« Ma sei pazza? » urlò « Ma ti sembra logico andare a dire una cosa del genere? Sono d’accordo con Narith e Jamril! Hai fatto un’immensa cavolata! »

Niniel, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, perse definitivamente la pazienza che, da quando era stata convocata, aveva cercato di contenere.

« La volete smettere di dirmi cosa devo fare? Credete veramente di sapere cosa provo io per Boromir? Siete forse nella mia testa? NO! E allora smettetela di dire che ho sbagliato! Non pensate che magari in realtà io per lui non provo nulla? E poi anche se fosse, non potevo di certo andare a dire a Denethor che sono innamorata di suo figlio, non trovate? » ruggì tutto d’un fiato « E adesso lasciatemi in pace. Devo lavorare! » detto questo, rientrò in cucina a passo di marcia.

Earine, Narith e Jamril rimasero in silenzio per alcuni secondi, come fulminati, poi Jamril ruppe il silenzio:

« Sarà, ma io sono convinto che sia veramente innamorata di Boromir. »

 

Il tempo non passava più. Niniel finì di preparare il pranzo ed Earine portò le varie pietanze a Denethor e Boromir, sbirciando di tanto in tanto quest’ultimo, nella speranza di carpire qualcosa dalle sue espressioni. Nonostante tutto le parve normale, o comunque, durante il pranzo, lui e il padre non parlarono di ciò che era accaduto quella mattina.

L’ora di pranzo passò, troppo lentamente per qualcuno, troppo velocemente per qualcun altro.

Come si sarebbe comportata, quando Boromir sarebbe venuto in cucina? Non lo sapeva. Ma sarebbe venuto, poi? Dopo quello che aveva detto a Denethor, Boromir avrebbe anche potuto non farsi più vedere. E com’è che questo pensiero non le dava pace? Proprio lei, che quella mattina aveva affermato di non amarlo. Ma a chi voleva darla a bere, poi. In fondo sapeva di provare qualcosa per lui, solo, aveva bisogno di capire cosa e come.

Mentre questi pensieri le affollavano la mente, non si accorse del tempo che passava, e si dimenticò di andare ad aspettare Boromir in cortile. Mentre stava sciacquando una pentola, sentì la voce dell’uomo che, entrando in cucina, salutava Erith e Adhort.

« Mio Signore, a cosa dobbiamo questa visita? » esclamò Adhort.

« Sono venuto a cercare Niniel. Eravamo d’accordo che sarei passato dopo pranzo. Disturbo? Magari sta ancora lavorando. »

« No, certo che no, non disturbate affatto. » esclamò Erith, cercando di nascondere la sua sorpresa.

« Niniel vieni, c’è Boromir che ti cerca. »

Il rumore di una pentola che cadeva a terra giunse inaspettato. La ragazza si riavviò i capelli e si tolse il grembiule sporco, sotto lo sguardo divertito di Earine, con la quale non aveva più parlato da prima di pranzo.

« Eccomi sono… sono qui. » disse semplicemente, sbucando da dietro la credenza dove stava ritirando le pentole.

Boromir sorrise.

« Ciao! Sono passato come… »

« Sì, sì certo. Venite. » disse fredda la ragazza, invitandolo a uscire.

 

Poco dopo, si ritrovarono a camminare lungo il sesto livello della città.

« Come state? Sono arrivate notizie da Faramir? »

« No, temo che per alcuni giorni non sapremo nulla. »

Niniel annuì.

« Sicura di stare bene? »

« Mh? Sì, certo, certo! Cosa ne dite di fare una passeggiata? »

« Ma non avevi detto di avere molto lavoro da fare questo pomeriggio? »

« Sì, ma se anche mi fermo un po’ non fa niente. »

Boromir sorrise, certo che non gli sarebbe interessato poi molto se anche la cena fosse stata meno buona del solito, se in compenso aveva l’opportunità di fare un giro per la città con Niniel.

Camminarono per circa un’ora, parlando del più e del meno. Niniel non avrebbe mai pensato di poter parlare così liberamente con lui. Insomma, con la guerra imminente e Faramir in battaglia a Osgiliath, Boromir aveva di certo altro per la testa. Eppure non parlarono nemmeno per un momento di quella guerra che ormai, senza ombra di dubbio, incombeva sull’intera Terra di Mezzo, quasi come se entrambi avessero bisogno di staccare da quella realtà così evidente e fastidiosa. Non che dimenticassero in questo modo la realtà e i loro doveri, ma era come se, quando stavano insieme, il peso di quella verità si attenuasse in modo da permettergli di vivere un po’ più serenamente. Era una cosa che a Niniel parve subito normale: insomma quando si sta bene con una persona è logico che accada tutto questo!

Per Boromir invece, fu più difficile accorgersene e comprendere il senso di cosa stava accadendo. Lui, abituato fin da piccolo all’idea di conquistare la gloria con atti militari. Quel senso di sollievo che provava stando con la ragazza era una novità che inizialmente faticò ad accettare. Com’era possibile che gli ordini del padre e i suoi doveri venissero in secondo piano, quando stava insieme a Niniel? Questa domanda lo aveva tormentato spesso negli ultimi giorni, e un senso di irrequietezza e sorpresa lo aveva accompagnato fino a quel momento. Non gli pareva logico che tutte quelle cose che nella sua vita erano state, fino a quel momento, una priorità, stessero passando in secondo piano. O forse, più semplicemente, non erano quelli gli aspetti che nella vita dovevano prevalere sugli altri. Che fosse importante combattere per il proprio Paese e il proprio Popolo era logico, ma il desiderio di guerra e di scendere in battaglia per guadagnarsi onore, gloria e memoria nel tempo stavano piano, piano perdendo la priorità che fino a quel momento avevano avuto nella sua vita.

Forse Niniel lo stava cambiando fino a quel punto? Quello strano sentimento che si era accorto di provare nei suoi confronti gli aveva aperto gli occhi, fino a fargli comprendere che sentirsi stimato da qualcuno, non solo perché hai sconfitto un esercito di Orchi, ma anche per altri motivi più comuni, forse non era poi così male.

“Già, forse non è poi così male!” pensò Boromir, osservando la ragazza che rideva, mentre gli raccontava di quella volta che, da piccola, Narith le aveva rovesciato addosso il secchio di letame che stava portando fuori dalla stalla del loro cavallo.

 

 

 

 

Ok, capitolo finito, cosa ne pensate? Se è più delirante del solito è colpa della febbre! (che scarica barile che sono!! J)

Inutile dire che nel prossimo, Niniel dovrà pagare le conseguenze di ciò che ha detto a Denethor. (…=(&T%&%$%$”$££$%()?=ç°éPéP称P^*è…) ß serie di insulti che dedico con tutto il cuore al nostro caro Sovrintendente.

 

Grazie a chiunque abbia letto, ed ora… recensioniiiiii!

 

 

Ragazzapsicolabile91: Ciaooo! Questa volta ci ho messo meno del solito ad aggiornare! Fai bene a preoccuparti, perché il malefico vecchiaccio si metterà in mezzo, e nel prossimo capitolo succederà un casino… Beh, per quanto riguarda l’ “incasinamento” di Niniel, qui vi ho dato un’ anteprima… Ma in fondo cosa avrebbe dovuto dirgli Niniel? Quel vecchiaccio deve smetterla di mettere il naso in mezzo, ma non la capirà tanto facilmente questa cosa… Per quanto riguarda il bacio… mi spiace, ma credo che dovrai aspettare ancora un po’… Credimi, io stessa vorrei che si sbrigassero J ma quando scrivo sono loro a prendere il controllo delle mie idee e fanno succedere loro quello che vogliono! Va beh, la smetto con le cavolate… la febbre mi ha rincitrullita più del solito! A prestoooo!!! Sperando di riuscire ad aggiornare ancora in fretta!!  ;)

 

 

Evening_star: Siauuuu!!! Sono contentissima che il capitolo ti sia piaciuto!!!! Mi consola sapere di non essere l’unica a detestare il vecchiaccio… insomma, tratta da schifo Faramir, e se non avesse costretto Boromir a partire magari non sarebbe morto! Dicevi che c’erano un po’ troppe persone a sapere del loro legame? Beh, ora li ha visti praticamente tutta Minas Tirith… ma era inevitabile, prima o poi sarebbe dovuto succedere. Ora ciò che mi preoccupa è il casino che succederà nel prossimo capitolo per colpa di Denethor! Grrrr! Per quanto riguarda la storia del “tu” e del “voi”… hai ragione! Chiedo umilmente perdono! Me ne sono poi resa conto anch’io, ma è un casino! Mentre scrivo, o le faccio dare del “tu”, o del “lei”… allora correggo con il “voi”, ma non sempre me ne accorgo! Spero in questo capitolo di aver scritto giusto! Che casinista che sono… beh, ma questo si capisce anche dai casini in cui mando i poveri personaggi… va beh… lasciamo stare! Spero di riuscire ad aggiornare presto! Ciaooo!!

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Ciao

Ciao!! Eh sì, sono ancora tappata in casa causa bronchite… (la febbre è passata ma fino al 31 luglio mi tocca stare segregata in casa ve ne rendete conto? Non so se ce la faccio! L) Va beh, questo significa che sono andata avanti ancora con la ff! Spero che il nuovo capitolo vi piaccia! A dopo!!

 

 

 

 

Capitolo 8

 

“Ho fatto un pasticcio! Un enorme pasticcio!” pensava disperata Niniel, mentre si affannava nel preparare la colazione.

“Sono sempre la solita stupida! Come ho potuto dire quelle cose a Denethor, se so benissimo che non le penso neanche lontanamente?”

« Ah! Maledizione! » imprecò, rovesciandosi sulla mano il tè bollente che aveva appena sistemato sul vassoio.

Immerse subito la mano in un secchio d’acqua fredda, ma questo non servì a molto. Una scottatura rossa le segnava tutto il dorso.

« Niniel? Cosa stai combinando? » le domandò la madre che aveva sentito l’urlo.

« Niente mamma. Mi sono solo scottata un po’. »

« Un po’? » esclamò Erith spalancando gli occhi e prendendo la mano della figlia tra le sue « Temo che bisognerà fasciarla! Non è conciata molto bene! »

Niniel annuì, poi disse:

« Vado a prendere le bende… se me lo consenti! » ma la madre non accennava a lasciarle la mano.

« Niniel… che cos’ hai? » si arrischiò a domandarle la donna « Ultimamente sei strana. Soprattutto da quando ieri ti ha convocata Denethor. C’è forse qualcosa che non va? »

« Io… No mamma, assolutamente. » mentì. Il desiderio di raccontarle cosa la turbava e ciò che aveva combinato era forte, ma temeva che Erith non potesse capire. Soprattutto perché si trattava di un problema che aveva a che fare con Boromir e Denethor e non con una persona qualunque.

Erith annuì poco convinta, come fanno le madri quando capiscono che i figli hanno un problema ma non vogliono parlargliene o, forse, non è ancora arrivato quel momento.

« Se hai bisogno sai che sono qui! » concluse. Poi le fasciò la mano.

 

Più tardi, Niniel si stava recando al pozzo a prendere dell’acqua.

Calò il secchio, ripensando a quando, qualche giorno prima, aveva compiuto quella stessa azione convinta che il pozzo fosse vuoto, sorprendendosi poi del fatto che il secchio che aveva ripescato fosse colmo d’acqua. Le tornò alla mente Boromir, che arrivava alle spalle sue e della madre, e che le diceva di aver riempito i pozzi con l’aiuto dei soldati.

Sorrise, ma subito un’ombra le offuscò gli occhi.

Come aveva potuto dire quelle cose? Come aveva potuto? E Boromir non ne sapeva niente? Considerando come si era comportato il pomeriggio precedente nei suoi confronti, molto probabilmente era ancora all’oscuro di tutto, ma era certa che Denethor non si sarebbe tenuto quella confessione per sé. Avrebbe solo aspettato il momento giusto per raccontare al figlio cosa gli aveva detto la ragazza e mettere zizzania nel loro rapporto, ovvio! Non conosceva bene il Sovrintendente, ma era certa che avrebbe agito in quel modo.

Agitò la mano fasciata davanti al viso, come a voler scacciare quelle domande che la tormentavano.

« Cosa ti è successo? » una voce, che conosceva benissimo, la fece sussultare « Cos’ hai fatto alla mano? »

« Buon giorno, mio Signore! »

« Non puoi chiamarmi semplicemente Boromir? » fece lui con un sorriso. Lei abbassò lo sguardo.

« Allora, cosa ti è successo? » le domandò ancora prendendole la mano.

« Ah! » Niniel trasalì, sottraendo la mano dolorante, non sicura che quel calore che aveva percepito fosse dovuto alla scottatura o al contatto con le mani di Boromir.

« Scusami, non volevo! »

« Non preoccupatevi, è tutta colpa della scottatura! » si giustificò lei « Questa mattina mentre vi preparavo la colazione ho rovesciato il tè… »

« Mi spiace! Hai messo qualcosa sulla mano? »

« Sì, acqua fredda! »

Boromir sorrise: « Appena riesco faccio un salto alle Case di Guarigione e chiedo ai guaritori di prepararti una pomata. »

« Non è il caso… ci sono malati e feriti più gravi di me. » gli rispose lei.

« Ma se ti fa così tanto male bisognerà trovare un modo per curarla, no? »

« Avete paura che non sarò più in grado di cucinare per voi? » ironizzò Niniel.

Boromir rimase sorpreso da quella affermazione e per qualche secondo le parole parvero venirgli meno.

« Spiritosa. E io che mi preoccupo per te! » esclamò offeso.

« Dai, scherzavo! »

« Non sono più sicuro di volerti aiutare… »

« Oh, credo che il pranzo di oggi si carbonizzerà accidentalmente! » esclamò lei.

« Va bene, va bene! Vado a cercare la pomata, ma il pranzo non si tocca! »

« Allora è vero che vi interessa solo del pranzo! »

« Chi può dirlo… » esclamò lui lanciandole un sorriso « Ne sei davvero sicura? »

Niniel rimase di sasso, non riuscendo a trovare un modo per rispondergli.

« Ora devo proprio andare. Gira voce che un messaggero stia arrivando da Osgiliath con delle notizie. Ci vediamo più tardi, verrò a portarti la pomata. Per sicurezza vengo dopo pranzo! » sorrise e, voltatosi, se ne andò.

« Posso sempre far bruciare la cena… » scherzò ancora lei.

“No, di sicuro Denethor non gli ha detto niente.” concluse nella sua mente.

 

« In parole povere avevate ragione voi! Ho combinato davvero un bel guaio. Ho fatto la cavolata più grande della mia vita. »

Niniel ed Earine erano da sole nella cucina del palazzo: Erith e Adhort erano in città a comprare gli ingredienti che mancavano nella dispensa, e avevano lasciato le ragazze da sole a preparare il pranzo.

« In effetti, è una catastrofe… » commentò Earine, Niniel alzò lo sguardo su di lei: uno sguardo indecifrabile. La cameriera non avrebbe saputo dire se l’amica fosse arrabbiata con lei per la sua ultima affermazione, se fosse preoccupata per la situazione che si era creata, o magari nessuna delle due ipotesi.

« Niniel io… »

« Non preoccuparti Earine, hai perfettamente ragione. Avevate ragione tutti quanti, ma io ero, e sono, troppo stupida per riuscire a rendermene conto in tempo. »

« No Niniel, ti sbagli anche questa volta! » le disse l’amica « Non sei stupida, solo innamorata! Per lo più, innamorata di una persona che per gente come noi solitamente è irraggiungibile. E non devi farti una colpa per ciò che hai detto a Denethor, credi forse che io o qualunque persona della nostra “categoria” avrebbe avuto il coraggio di rispondergli diversamente? Conosciamo il Sovrintendente e, sebbene in passato sia stato un grande Signore degli Uomini, negli ultimi tempi è molto cambiato. Chiunque in una situazione come la tua avrebbe temuto di dirgli la verità. Avrebbe potuto prendersela con la tua famiglia, oltre che con te e con Boromir. »

« Pensi che dovrei lasciarlo perdere? » domandò Niniel con gli occhi bassi, concentrandosi sulla mano fasciata e ripensando alla sensazione che aveva provato poco prima, quando lui le aveva preso la mano.

« Tu lo ami? »

Gli occhi di Niniel corsero subito all’amica.

« Ok, diciamo… tu senti qualcosa per lui? »

« Credo… credo di sì. »

« Allora non lasciarlo perdere! Denethor sarà anche il Signore della Città, ma non può decidere anche per questo aspetto della vita del figlio. »

« Io non ne sarei così convinta. »

« Sei solo più pessimista del solito perché sei giù di morale. Appena risolverai questa cosa sono certa che tornerai a vedere le cose sotto un’altra luce. »

« Sempre se troverò il modo per risolvere il macello che ho combinato. »

« La soluzione migliore è dirgli tutto! » intervenne Jamril sbucando da chissà dove.

Le due sussultarono.

« Ma si può sapere dove cavolo eri? » gli chiese Earine.

« Qui dietro a tagliare le cipolle, non si nota? » spiegò, indicando gli occhi lacrimanti.

« Meno male che i miei non sono silenziosi come te, altrimenti avrebbero già scoperto tutto da un pezzo. » disse Niniel accennando un sorriso.

« Ascoltami un po’ tu! » esclamò Jamril indicandola con il coltello che aveva ancora in mano « Smettila di startene lì con quella faccia da cane bastonato e pensa a una soluzione per quello che è successo! Prima risolvi la cosa meglio sarà per tutti, ma rimanendotene lì così non migliorerà proprio niente! Dov’è la Niniel decisa di sempre? »

« È partita per una gita a Mordor? » ironizzò lei.

« Non dire sciocchezze e ascoltami! In queste situazioni la cosa migliore è dirgli tutto! Spiegagli cos’è successo e perché tu hai risposto così a suo padre. Digli che hai avuto paura per voi e per il destino della tua famiglia. Se ti ama davvero capirà! »

« Quanta saggezza! Com’è che non ti sei mai sposato? » gli domandò Earine.

« Oh, la vita matrimoniale non fa per me! E poi, ho voi e Narith che siete i miei nipotini preferiti! Non ho bisogno di altro! »

« Nipotini… abbiamo 24 e 25 anni, non siamo più dei bambini. » commentò Niniel.

« Dimostramelo allora! La prossima volta che vedi Boromir spiegagli cos’è successo prima che lo faccia suo padre. »

« Va bene, nonnino. Tanto deve venire dopo a portarmi la crema per l’ustione alla mano. »

« Nonnino a chi? » sbottò Jamril arrabbiato.

« L’hai detto tu che siamo come nipoti per te! »

« Sì, ma nonnino non mi piace! »

« Aspetta un attimo Jamril! Hai sentito cosa ci ha detto la nostra Niniel? » si intromise Earine « Dopo le porta una crema per le ustioni! Ma com’è dolce il nostro Boromir! »

« Ehi, io ero rimasto che era Niniel ad essere innamorata di Boromir non tu! » una quarta voce si aggiunse alle loro. Si voltarono di scatto, e videro Narith sulla porta.

Earine divenne rossa come non mai e iniziò a balbettare:

« Ma… ma… io… in realtà io non… »

« Tranquillo, parlava di me, non di lei! » intervenne Niniel, che lanciò all’amica un’occhiata divertita.

« Ah, mi sembrava strano! » borbottò Narith.

« Come mai sei qui? » gli chiese poi la sorella.

« Avevo fame… e sono venuto a vedere se c’è qualcosa da mangiare. »

« Di pronto non c’è niente, ma… Earine, guarda un po’ se c’è del pane, io vado a prendere un po’ di formaggio. » Earine la guardò malissimo, e andò nella stanza accanto a prendere il pane.

« Forse ho capito chi è la ragazza che ti interessa… quella di cui mi hai parlato ieri! » bisbigliò Niniel avvicinandosi al fratello.

« Non dire scemate, ok? Non c’è proprio nessuna ragazza! » esclamò lui offeso.

« Una ragazza? » domandò Jamril « Voglio sapere tutto di lei! »

« Ma non c’è nessuna ragazza! »

« Oh, nella stanza qui accanto invece c’è Earine. » suggerì Niniel.

« Non ti rispondo più! Non ne vale la pena! »

« Se ti arrabbi vuol dire che è vero! »

« Ma allora tu? Ti piace Earine? » domandò Jamril.

« Mai detta una cosa del genere! » sbottò Narith.

« È tutto sua sorella! »

« Cosa vuoi dire con questo, Jamril? »

« Anche tu neghi sempre di essere innamorata di Boromir. »

La discussione terminò, quando Earine tornò con il pane.

 

« Spero che questo non fosse l’incontro romantico che mi stavi organizzando con tuo fratello! » reclamò Earine, mentre prendeva il piatto da portare a Denethor e Boromir.

« No, ma credimi… ora so perfettamente cosa fare! »

« Invece di pensare a queste cose, pensa a cosa dire dopo a Boromir. »

« Non serve che me lo ricordi, ci penso già abbastanza da sola! »

Era arrivata l’ora di pranzo e, inutile dire dove si trovassero le due ragazze, Niniel iniziava ad agitarsi, al pensiero di quello che avrebbe dovuto dire a Boromir più tardi. E se l’avesse presa male cosa avrebbe fatto? Magari non le avrebbe più rivolto la parola!

« Buon giorno! Stavo cercando Niniel, è ancora qui? »

La ragazza sussultò. Ecco, era successo di nuovo! Quel flusso di pensieri che a volte scorreva nella sua testa come un fiume in piena, le aveva fatto perdere la cognizione del tempo. E questa volta il fiume doveva anche aver rotto l’argine, perché non le era minimamente passato per la testa di andare ad aspettare Boromir in cortile.

« Sono qui, arrivo! » gettò malamente il grembiule sul piano della cucina « Venite, andiamo fuori. »

A Boromir non rimase altro da fare che seguirla.

« Adhort, dobbiamo parlare con nostra figlia. » decretò Erith rimanendo a fissare la porta che Niniel si era chiusa alle spalle « Sta succedendo qualcosa che non capisco. »

Il marito annuì.

« Temo non ci sia molto da capire. » intervenne Jamril.

« Cosa vuoi dire? »

« Che le scelte del cuore non sono da capire, solo da accettare. »

Erith e Adhort rimasero di sasso a quella affermazione, mentre Earine, in un angolo, sorrise, edificando nella sua testa un monumento a quel sant’uomo che era Jamril.

« Ora, se non vi spiace, vado a farmi una ronfatina! » concluse l’uomo. Earine storse la bocca. Finiva sempre così: Jamril, per essere un cuoco che non aveva avuto l’opportunità di studiare (non sapeva, infatti, né leggere né scrivere), riusciva ad essere estremamente profondo, ma il suo ardito filosofeggiare veniva subito messo in secondo piano da battute e trovate poco consone, come quell’ultima frase che aveva detto. La ragazza sorrise di nuovo a quel pensiero: in fondo, gli volevano un’infinità di bene proprio perché lui era così, semplice e semplicemente saggio al tempo stesso.

 

« Siccome il pranzo era buonissimo e nessuno l’ha fatto bruciare… ti ho portato la crema! »

Boromir porse alla ragazza una piccola scatola di legno.

« Grazie! Appena torno in cucina la metto! »

L’uomo sorrise.

« Ma se non funziona, la cena di questa sera potrebbe accidentalmente rovesciarsi in terra poco prima di venire servita! »

« Cos’è siamo passati ai ricatti? » rispose lui.

Niniel rise, poi osservò Boromir, notando che non era molto incline a divertirsi in quel momento.

« Sono arrivate cattive notizie da Osgiliath? » domandò preoccupata.

« Purtroppo la situazione non si sblocca. Anzi, sembrerebbe che le nostre truppe siano in netto svantaggio. Mio padre non vuole decidersi a mandare degli aiuti a Faramir. Non capisce che in questo modo non potranno resistere ancora per molto! » strinse i pugni.

Niniel dovette mordersi un labbro per non esplodere davanti a Boromir, mentre una rabbia cieca crebbe improvvisa nel suo cuore.

Come poteva quell’uomo non dar peso al fatto che suo figlio stesse rischiando la vita in battaglia? Come poteva negargli gli aiuti? Per non parlare di come si era comportato con lei e Boromir.

« Mi spiace, davvero! Non c’è niente che tu possa fare? » domandò triste Niniel.

« Ho quasi voglia di partire, ignorando gli ordini di mio padre. Non posso permettere che Faramir rischi fino a questo punto. » Boromir alzò lo sguardo su di lei, e si accorse della tristezza improvvisa e della profonda inquietudine che erano comparse negli occhi della ragazza.

« E fatelo allora! » esclamò lei.

« Che cosa? »

« Andate ad aiutare vostro fratello e ignorate gli ordini di vostro padre! »

« Non è così semplice. » decretò lui « Non posso andare contro la volontà di mio padre. »

« Ma è per il bene di Faramir! »

« Purtroppo ci sono degli ordini contro i quali non si può andare. » Boromir si appoggiò al parapetto e si mise ad osservare i Campi del Pelennor. Più lontano, da Osgiliath, si alzava del fumo.

« È sempre la solita storia. » borbottò lei sottovoce « Più uno ha il potere nelle sue mani, più gli dà alla testa e più gli altri non sono liberi di fare quello che ritengono giusto, e che è giusto. »

Boromir so voltò verso di lei:

« Cos’hai detto? »

« Niente di importante. Lasciate stare. »

Niniel si appoggiò a sua volta al parapetto e si mise ad osservare i Campi del Pelennor. Boromir, che aveva capito benissimo quello che aveva detto la ragazza, sorrise tristemente, e tornò a guardare verso Osgiliath.

Rimasero così per alcuni minuti, senza dire niente, ad osservare in lontananza quello che avrebbe potuto essere il loro futuro.

« Boromir… »

Lui si voltò verso di lei:

« Mi fa piacere che tu abbia deciso di chiamarmi per nome! »

Niniel rimase interdetta, poi riprese.

« Ho… Ho bisogno di parlarvi di una cosa. »

« Dimmi pure, ti ascolto. »

La ragazza trasse un profondo respiro. Bene, non sapeva da che parte iniziare, aveva pensato a vari modi per dirgli quello che aveva fatto, ma nessuno le era parso appropriato, quindi, un respiro e poi… si salta nel vuoto!

« Vedete, ieri vostro padre… »

« Mio signore! »

No! No, non era possibile che quel messaggero di corte riuscisse sempre a interromperli quando stavano parlando di qualcosa di importante!

« Perdonatemi mio signore, vostro padre vuole che vi rechiate subito da lui! »

« Finisco di parlare con Niniel e lo raggiungo. »

« Mi spiace, ma Sire Denethor mi ha detto che si tratta di una questione molto importante e vuole vedervi subito. »

« Non preoccupatevi » sospirò Niniel « Magari si tratta di Faramir, ci vediamo questa sera dopo cena e finiamo il discorso? »

« Va bene. Allora ci vediamo dopo… Scusami. » detto questo, Boromir si incamminò di malavoglia verso il palazzo.

Niniel rimase a guardarlo allontanarsi, poi si voltò e tornò in cucina, maledicendo in lingue che nemmeno lei conosceva quel messaggero invadente.

 

Appena arrivata in cucina, si accorse degli sguardi strani che le rivolgevano i genitori e, più tardi, venne a sapere da Earine ciò che era successo appena lei era uscita con Boromir e quello che Jamril aveva risposto ai suoi genitori. Ormai doveva rassegnarsi all’idea che probabilmente l’intera città sospettasse che tra loro ci fosse qualcosa.

Inutile aggiungere che su di lei si riversarono le ire di Earine e Jamril per il fatto che non avesse detto nulla a Boromir, ma quella convocazione da parte di Denethor poteva anche significare che si era finalmente deciso a inviare degli aiuti a Faramir, e la vita del secondogenito del Sovrintendente era di sicuro più importante delle cavolate che Niniel combinava e poi doveva sistemare.

 

Quella sera, come avevano deciso, la ragazza aspettò a lungo Boromir fuori dalla cucina. I suoi genitori erano già tornati a casa da molto, Jamril anche ed Earine si era fermata a far compagnia all’amica.

Seduta su un muretto, la cameriera iniziava a sonnecchiare.

« Earine? Earine cosa fai, dormi? » Niniel scrollò l’amica.

« Eh, cosa? Sta arrivando? Me ne vado! »

« No, un cavolo sta arrivando! »

« Oh, bene, lo mettiamo nella zuppa di domani! »

« Earine, svegliati maledizione! » urlò Niniel nervosa.

« Sì, sì, sono sveglia, si può sapere cos’hai da urlare? »

« Cos’ho da urlare? È un’ora e mezza che siamo qui ad aspettarlo, e non è ancora arrivato! »

« Cavolo, i miei saranno preoccupati! Se non torno subito a casa mi uccidono! » esclamò Earine.

« Lo so, anche i miei! » Niniel sbuffò.

« Coraggio, andiamo. Probabilmente ha avuto qualche contrattempo, magari per colpa del vecchiaccio! »

« Di sicuro per colpa del vecchiaccio! » sbraitò Niniel adirata « E se gli ha raccontato di ieri? Di quello che ho detto? »

« Non so, può anche darsi, ma non è detto… cerca di essere positiva, vedrai che domani correrà in cucina a chiederti scusa e tu dovrai giustificarti ancora davanti ai tuoi e tutto tornerà alla normalità! » Earine sorrise.

« Normalità? Se questa è la normalità siamo a posto! » borbottò Niniel, mentre con l’amica iniziava a percorrere la strada per tornare a casa.

 

Il giorno seguente, una tiepida giornata di fine giugno, passò in fretta e di Boromir non si vide nemmeno l’ombra.

« Si può sapere cosa sta facendo? » domandò Niniel mentre preparava il piatto di portata con la cena per Denethor e il figlio.

« Te l’ho già detto! Sta mangiando, cosa vuoi che stia facendo scusa, è l’ora di cena! » esclamò esasperata Earine. Niniel le aveva posto quella domanda come minimo un centinaio di volte durante il pranzo, e quella sera, a cena, la situazione non era cambiata.

« E non ti ha detto niente? »

« C’è suo padre, non può parlarmi di te! »

« Non ti ha dato nessun biglietto? »

« Pensi che se me l’avesse dato non te l’avrei portato? » le domandò indispettita Earine.

« Hai ragione, scusa! Ma questa storia mi sta facendo impazzire. Gliel’ha detto! Sono sicura che Denethor gliel’ha detto. »

« Secondo me si farà vedere lui. »

« No Earine! Ultimamente si faceva vedere spesso, più volte durante il giorno, nonostante tutti gli impegni che ha. Perché da ieri sera è scomparso? E poi non si è più fatto vivo, pur sapendo che dovevo parlargli. O c’è sotto qualcosa, o l’ho giudicato male. » Niniel sospirò triste.

« L’unica cosa che puoi fare è parlargli. » si intromise come sempre Jamril « Ma questa volta parlagli sul serio. »

« E come faccio? Mica posso andare lì adesso mentre è con suo padre. »

« Devi trovare il modo di incontrarlo. Non se ne sta mica rinchiuso tutto il giorno nella Sala del Trono come suo padre, prima o poi uscirà! Potresti controllare quando va nelle stalle a prendere il cavallo, per esempio! »

« Nelle stalle? Ma… ma… »

« Jamril! Lo sai che Niniel ha paura dei cavalli! »

« Non ho paura dei cavalli! » sbottò Niniel offesa « È solo che… che… come cavolo faccio ad entrare nelle stalle? Non posso! »

« Basta che controlli quando va a prendere il cavallo ed entri anche tu. Per quanto siano nobili i loro cavalli, non ci sono guardie all’entrata, al massimo dentro potresti incontrare qualche stalliere, ma niente più. »

« Ma… ma le stalle… le stalle puzzano… »

« Niniel, da quando ti fai problemi sul puzzo di stalla? » sbottò Earine.

« Su, per amore si superano tutte le paure, anche quella dei cavalli! » le disse Jamril dandole una pacca sulla schiena.

« Ahi! Fai piano! E poi io non ho paura dei cavalli! »

« Niniel! Vieni ad aiutarmi con questa salsa per favore! » la chiamò la madre.

La ragazza lanciò uno sguardo inceneritore ai due, e si allontanò.

Quella sera, con grande disperazione di Earine, Niniel la costrinse a rimanere di nuovo fuori dalla cucina per un’ora intera ad aspettare Boromir che, puntualmente, non arrivò.

 

« Qui rimane solo da trovarlo in giro. »

« Vai alle stalle e sei sicura che prima o poi di lì ci passa. »

Niniel lanciò un’occhiataccia all’amica.

« Spiegami perché sei così favorevole alle idee di Jamril! »

« Perché devo ammettere che finora ha dimostrato di avere sempre ragione. Dovresti essertene accorta anche tu! »

« Io mi sono accorta solo di aver combinato un disastro. Per colpa di un po’ di paura ho detto a Denethor cose che non penso veramente e adesso mi sa che Boromir è venuto a saperlo. Sono una stupida. »

« Sei una stupida se non cerchi di risolvere la situazione! Vai a cercare Boromir e rimetti a posto le cose, forza! »

Niniel fissò l’amica:

« E cosa dico ai miei, devo andare in cucina! »

« Oh, potrei dirgli che non ti senti molto bene e che per questa mattina non te la sentivi di venire a lavorare. Ma vedi di non farti vedere in giro da loro altrimenti è la fine sia per me che per te! »

« Grazie Earine, sei un’amica! » Niniel si allontanò di qualche passo, poi si voltò e aggiunse « Ricordami di organizzare qualcosa di super-romantico, per il tuo incontro con Narith! »

Earine cambiò improvvisamente colore:

« Corri alle stalle, perché se ti prendo ti strozzo! » le urlò.

 

Logicamente, Niniel seguì il consiglio dell’amica. Si precipitò alle stalle, e rimase a lungo nascosta dietro al muro di una casa che sorgeva di fronte a queste, cercando di non dare troppo nell’occhio.

Aspettò a lungo, ma nessuno si fece vedere. I nitriti dei cavalli che riposavano tranquilli dentro la stalla la intimorivano sempre più. Molte volte fu tentata di andarsene, ma ricordò ciò che aveva detto Jamril il giorno precedente: “Per amore si superano tutte le paure, anche quella dei cavalli!”.

E se era vero, come diceva Earine, che Jamril finora aveva sempre dimostrato di aver ragione, beh, doveva fidarsi.

Erano già passate due ore, e non era successo ancora niente.

“Per fortuna ho tutta la mattina a disposizione.” pensò Niniel, ma la sua pazienza stava venendo meno. Iniziò a dondolarsi sulle gambe, tanto per fare qualcosa, ma dopo alcuni minuti fu costretta a smettere in quanto, chiunque passasse di lì, le riservava occhiate strane.

Prese un filo d’erba che aveva avuto la forza di crescere nella fessura tra due mattoni, e lo infilò in bocca. Si appoggiò al muro della casa e aspettò, ancora.

Passò circa un quarto d’ora, quando un forte baccano la distolse dai suoi pensieri, e il rumore inconfondibile di zoccoli di cavallo le provocò un brivido. Qualche secondo dopo, comparve Boromir in sella al suo cavallo, che smontò, ed entrò nella stalla.

Niniel non seppe se quel brivido che percepì, fosse dovuto alla vista del cavallo, o al pensiero di ciò che stava per affrontare, fatto sta che si fece forza, sputò il filo d’erba ed entrò nelle stalle.

L’odore acre di cavallo le punse le narici. Un lungo corridoio attraversava la stalla, e sia su un lato che sull’altro si aprivano gli alloggi dei cavalli.

Boromir non si vedeva, probabilmente stava sistemando la sua cavalcatura.

Numerose paia d’occhi scrutavano la ragazza che lentamente si portava avanti lungo il corridoio, imponendosi di ignorare gli animali che la fissavano.

“Non li guardare, Niniel, non li guardare. Se tu non li guardi, non ti faranno niente!” si ripeteva mentalmente lei, come un bambino che è convinto che se lui si copre gli occhi e non vede gli altri, nemmeno gli altri vedono lui.

Improvvisamente, un cavallo sbuffò, percependo forse la tensione e la paura della ragazza, che lanciò un grido, facendo spaventare gran parte dei cavalli che si trovavano vicino a lei.

Numerosi animali iniziarono a nitrire, mentre Niniel prese a correre a perdifiato lungo il corridoio.

« Cosa succede qui? » una voce cercò di sovrastare, con scarsi risultati, il baccano prodotto dagli animali.

Un uomo uscì improvvisamente dall’alloggio di uno dei cavalli, e Niniel arrestò la sua corsa, mentre gli animali lentamente si calmavano.

« Boromir. » bisbigliò la ragazza col fiato corto.

« Ah, sei tu? Cosa ci fai qui? » le disse lui freddo.

« Ma come non mi salutate neanche? »

Boromir non rispose, ma rientrò nell’alloggio del cavallo e gli tolse la sella.

« È forse successo qualcosa a Faramir? » domandò lei raggiungendolo.

« No. Ancora non mi hai detto cosa ci fai qui. » le rispose lui con voce inespressiva, voltandosi verso di lei.

« Ma come? Volevo sapere perché l’altra sera non siete venuto. » gli rispose Niniel, sorpresa dalla sua freddezza.

« Forse la risposta la sai già. »

« Non capisco. »

« Oh sì che capisci! Sono stato io l’unico idiota che non ha capito niente fin dall’inizio! »

« Vostro padre vi ha raccontato di ciò che gli ho detto, non è vero? » domandò lei, profondamente scossa dal comportamento di Boromir e dalla rabbia che aveva nella voce.

« Se non ti spiace non voglio più sentire parlare di questa cosa, va bene? » fece lui superandola, incamminandosi verso l’uscita.

« Io invece voglio parlarne, perché era proprio questo ciò che dovevo dirvi l’altra sera! » lo afferrò per un braccio e lo bloccò, costringendolo a voltarsi verso di lei.

« Ah sì? E cosa volevi dirmi? Che la presa in giro era finita, dato che mio padre ti aveva scoperta? » ringhiò lui, liberandosi dalla presa della ragazza.

« Capisco che si sta parlando di vostro padre, ma non credete sia il caso di ascoltare anche quello che ho da dirvi io? » urlò lei.

« No… No, non credo. Mi hai già preso in giro abbastanza. » fece una pausa, durante la quale Niniel non trovò le parole per ribattere « Aveva ragione mio padre. Mi avresti sfruttato fino a che ne avevi bisogno. In fondo una cuoca, senza qualche appoggio, che influenza può avere in una città? E ora che i pozzi sono pieni e i commercianti sotto controllo io non ti servo più. »

« Ma cosa state dicendo? Dunque è questa l’opinione che avete di me? » domandò Niniel esterrefatta.

« Una volta forse no. Ma ora sì. »

« Bene. » sospirò infine Niniel.

Ma non poteva dargliela vinta in questo modo. Lei aveva certamente sbagliato, ma lui avrebbe dovuto dimostrarsi disposto ad ascoltare anche le sue ragioni, mentre si era fidato ciecamente del padre, senza ascoltare ciò che lei aveva da dirgli.

« Sono io la prima a non voler avere più niente a che fare con una persona che mi parla in questo modo. Sarò anche una semplice cuoca, e in questa città non conterò assolutamente niente, ma almeno io credo di saper ascoltare una persona che mi vuole dire qualcosa, o almeno le do la possibilità di parlare, prima di giudicarla definitivamente. Credo proprio di aver sbagliato anch’io nel giudicarvi e, credetemi, mi dispiace. Vi credevo una persona diversa. »

« Non sei l’unica ad essere rimasta delusa. Ora, credo che non abbiamo più niente da dirci. » concluse Boromir.

Niniel trasse un profondo respiro e, drizzata la schiena, superò Boromir ed uscì dalla stalla a passo deciso, mentre l’uomo la osservava allontanarsi.

 

 

 

 

 

Allora… lo so, vi avevo detto che Boromir sarebbe partito per Osgiliath in questo capitolo, ma alla fine ho dovuto allungare ancora e rimandare al prossimo, ma nel prossimo parte davvero, ve l’assicuro!

Non immaginate neanche che fatica ho fatto per scrivere quest’ultimo pezzo… farli litigare è stato terribile, ma necessario, purtroppo… Beh, spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto e vi abbia incuriosito. Quei due riusciranno prima o poi a parlarsi? Mah… chi lo sa…

 

Comunque come sempre ringrazio chi ha letto, spero che la storia vi sia piaciuta! Ora passo alle recensioni! J

 

 

Ragazzapsicolabile91: Ri-aggiornato! Sarò segregata in casa fino al 31 luglio, quindi, salvo mancanza di ispirazione, credo che avrò un po’, giusto un po’, di tempo per andare avanti! J Tu non sai com’ero arrabbiata io mentre scrivevo il pezzo in cui Niniel parlava col vecchiaccio… se l’avessi avuto davanti l’avrei strozzato senza pensarci due volte! Ti anticipo già che Denethor non la rinchiuderà nelle segrete mentre Boromir sarà in viaggio, ma gliene farà passare comunque di tutti i colori! Ma Niniel è forte, speriamo che riesca a superare gli ostacoli che il vecchiaccio le metterà di fronte, anche se sarà dura… Ora vado, spero che il capitolo ti sia piaciuto! A presto! E nel prossimo capitolo qualcuno partirà… sigh!! :’( Ciao ciaooooooo!!!! J J

 

 

Evening_star: Ciao! Grazie per i complimenti! Sono contenta che il capitolo 7 ti sia piaciuto e ti abbia lasciata col fiato sospeso, spero che anche questo ti sia piaciuto! Vedrai che Adhort ed Erith cambieranno presto modo di fare, si ricrederanno perché capiranno che Boromir è davvero importante per Niniel! J Sì, so che nel libro è lui che vuole partire al posto di Faramir, ma io ho sempre in mente la scena della versione estesa delle “Due Torri”, quella in cui Faramir ricorda la battaglia di Osgiliath, in cui è Denethor a spingere Boromir a partire. Quanto l’ho odiato in quella scena… è una delle mie preferite perché è l’unica in cui si vedono Boromir e Faramir insieme, ma quando arriva quel vecchiaccio la scena perde tutta la sua bellezza. Sigh, vecchio antipatico! Beh, ora vado! Ci sentiamo presto, spero, ciao!

P.s. Grazie per il commento all’altra mia storia “Preghiera al vento…”, grazie per le cose bellissime che hai scritto! Mi fa piacere sapere di essere riuscita a rappresentare quello che sentivo nel momento in cui l’ho scritta e di essere stata in grado di trasmetterlo al lettore! Grazie! Ciao ciao!!!!

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

Ciao! Ecco il capitolo 9! Ci risentiamo alla fine!

 

 

Capitolo 9

 

Niniel uscì dalla stalla senza voltarsi indietro ed imboccò immediatamente la strada che l’avrebbe portata alle cucine del Palazzo.

Non avrebbe pianto, così aveva deciso subito, non avrebbe versato nemmeno una lacrima per quello stupido che non aveva voluto ascoltarla. Non la voleva più vedere? Bene! Allora lei non avrebbe più voluto vedere lui. Logico no? Non si meritava niente, nemmeno che lei avesse cercato di parlargli di ciò che era accaduto con Denethor. Se Boromir era una persona del genere, di certo non meritava le sue attenzioni e le sue preoccupazioni, figuriamoci poi le sue scuse!

Ma allora, se era davvero convinta di tutto questo, cos’era quel bruciore infame che le stava lentamente invadendo gli occhi?

Tirò con frustrazione un calcio a un sasso che le ostacolava il cammino, quasi che la colpa fosse di quella povera pietra.

Entrata nella Cittadella, arrivò finalmente in vista delle cucine e, spalancata la porta improvvisamente, vi entrò con la furia di un cavallo impazzito.

« Niniel, tesoro! Come stai? Earine mi ha detto che non eri in forma, va meglio adesso? » le domandò la madre, apprensiva come sempre.

« È tutto a posto, ora sto bene. » biascicò lei, afferrando il grembiule e legandoselo in vita.

« Hai gli occhi lucidi, cos’è successo? Guarda che se non stai bene puoi tornare a casa, pensiamo noi al pranzo, non ti devi preoccupare. » le suggerì Adhort.

« Sto bene, ok? » sbottò lei col viso arrossato « Non c’è bisogno che vi preoccupiate, davvero. Posso lavorare tranquillamente. » aggiunse tornando calma.

Erith e Adhort, pur non del tutto convinti, tornarono ai loro obblighi, mentre Niniel si spostò nella stanza accanto per tagliare le verdure. Era quasi certa che lì vi avrebbe trovato Jamril.

« Avanti, raccontami cos’è successo. » le disse infatti lui senza nemmeno guardarle il volto. Aveva sentito la conversazione che la ragazza aveva appena avuto con i genitori, e aveva immediatamente intuito che qualcosa era andato storto.

« Earine dov’è? » chiese.

« Denethor l’ha mandata a chiamare, aveva bisogno di lei. Ringrazia il fatto di non essere al suo posto! Pensa se tu avessi dovuto aver a che fare ogni giorno direttamente con lui! » le disse il cuoco.

« Maledetto verme! » sbraitò a denti stretti Niniel, mentre gli occhi ricominciavano a pungerle.

« Per tutti gli Orchi di Mordor! » esclamò Jamril preoccupato vedendola in quello stato « Vieni qui seduta e spiegami cos’è successo! »

I due si accomodarono su due bassi e scomodi sgabelli di legno. Per fortuna, il rumore dei pentoloni che cuocevano nella stanza accanto, gli permise di parlare tranquillamente, senza che i genitori di lei sentissero.

 

« In effetti è successo proprio un bel guaio. » commentò dispiaciuto Jamril non appena Niniel ebbe finito di raccontare.

« Ed è ufficialmente la fine di qualcosa che non è mai nemmeno iniziato. »

« Ragazza mia, non dire così! Non è detto che tutto sia perduto. »

« Ma tu non l’hai visto, Jamril! Non l’hai visto! Non hai sentito come mi parlava, come mi trattava! Come se fossi una delinquente, una traditrice! Ammetto di essermi comportata male, ma io ho cercato di spiegargli cosa fosse successo! Eppure non ha voluto sentire il mio punto di vista. Ha dato credito solo a suo padre e non a me. Credevo che almeno un po’ si fidasse! Avrebbe almeno dovuto darmi la possibilità di parlare! » senza che se ne accorgesse, le lacrime cominciarono a scenderle copiose dagli occhi.

« Lo so, Niniel, lo so! Avrebbe dovuto lasciarti parlare, ma non l’ha fatto. Quindi ora sta a te decidere se vuoi lasciarlo perdere, o se preferisci provare a sistemare le cose. Io penso che almeno un ultimo tentativo potresti farlo. Magari fra qualche giorno, quando si saranno calmate un po’ le acque e lui sarà un po’ più tranquillo, potresti riprovare a parlargli. È logico che ora, essendo appena successo quel che è successo, lui si senta tradito da te e non voglia parlarti, ma tra qualche giorno, chissà, magari si calmerà e se gli spiegherai come stanno veramente le cose potrebbe sistemarsi tutto. »

Niniel tirò su col naso:

« Non lo so, Jamril, davvero non lo so. »

« Non devi decidere adesso. Pensaci tranquillamente, consultati anche con Earine e Narith, di certo anche loro sapranno darti dei consigli utili! »

Le passò un braccio attorno alle spalle per farle coraggio.

« Cosa ne dici ora di dare una mano a questo vecchio? Ho una marea di verdure da tagliare per il pranzo di oggi, e in due si fa prima e ci si diverte di più! »

« Verranno servite a Denethor? » domandò lei, pur conoscendo già la risposta.

Jamril annuì.

« Non è che avresti uno sciroppo lassativo o qualcosa del genere? Se facessi un salto alle Case di Guarigione dici che me ne preparerebbero uno? » disse lei cercando di sorridere, ma quegli occhi rossi e gonfi tradivano il suo sforzo.

« Credimi, se l’avessi l’avrei già versato da tempo nel piatto di quel vecchiaccio! » rise lui.

 

Era da circa un quarto d’ora che Niniel e Jamril si erano messi a lavorare, quando Earine fece irruzione nella stanza, tutta agitata:

« Allora com’è andata? L’hai visto, gli hai parlato? » poi osservò attenta il viso dell’amica « Oh… credo di non voler sapere cos’è successo! » esclamò, accasciandosi su uno degli sgabelli dove poco prima si erano seduti i due cuochi.

« È successo un bel pasticcio, Earine, e adesso non so cosa fare. » gli occhi tornarono a pizzicarle, ed ecco che le lacrime si affacciarono nuovamente sul viso della ragazza, provocandole un gesto di stizza. Le aveva sempre dato fastidio piangere.

In quel preciso momento, Erith, la madre di Niniel, entrò senza preavviso nella stanza e trovandosi di fronte la figlia in quello stato, comprese una volta per tutte che stava accadendo qualcosa di cui lei non era minimamente a conoscenza.

« Niniel! Cosa fai, piangi? Si può sapere cosa sta succedendo qui? » domandò, osservando uno ad uno le tre persone che si trovavano nella stanza.

« Non sto piangendo, mamma. » si giustificò Niniel tirando su col naso « È colpa della cipolla che sto tagliando. »

« Ma quella è una carota, non una cipolla. » la corresse subito la madre.

Niniel fissò con stupore la verdura che stava affettando:

« Oh, sì beh, mi sono confusa, ma fino a un attimo fa stavo tagliando le cipolle! »

« Niniel ti prego! » esclamò improvvisamente la madre « Mi sono accorta che c’è qualcosa che non va, e anche che in questo periodo sta succedendo qualcosa con Boromir, non sono cieca e nemmeno tuo padre lo è. Vorrei solo che tu ti fidassi di noi. Qualunque cosa stia succedendo, ti assicuro, non cambierà l’amore che proviamo nei tuoi confronti, e cercheremo di capire le ragioni che ti hanno spinta fino a questo punto, ma ti prego, dimmi qualcosa, perché sono preoccupata e non posso vederti così senza capire cosa ti rattrista! Ti ha convocata ancora Denethor? Qualcuno ce l’ha con te? »

Niniel rimase spiazzata di fronte alle parole della madre. Non che non si fidasse dei suoi genitori, erano sempre stati comprensivi, ma non aveva mai voluto raccontargli niente di Boromir perché temeva che in questo caso sarebbero potuti andare davvero su tutte le furie.

Suo padre stesso si era dichiarato fiero di lei, quando Niniel gli aveva riferito che di fronte al desiderio di Denethor, di sapere se le interessasse o no suo figlio, aveva dichiarato di non provare nulla per Boromir. Per non parlare poi del fatto che c’era sempre il solito discorso, quel solito discorso… “Lui e il figlio del Sovrintendente, tu sei solo una cuoca”.

« Mamma io mi fido di voi, è solo che… è una storia lunga. »

« Non importa, tuo padre saprà continuare il lavoro da solo. » disse sedendosi accanto a Earine sull’altro sgabello.

« Vado ad aiutarlo. » si offrì Jamril.

« Spiegami cosa sta succedendo. » la incoraggiò poi Erith.

« Vado anch’io così… »

« Se vuoi resta pure Earine. » la richiamò la donna « Tanto sono certa che tu conosca già tutta la storia, vero? » domandò con un sorriso.

Earine, che si era alzata dallo sgabello, si sedette nuovamente, e guardò Niniel come per incoraggiarla.

Fu difficile per la ragazza dover ammettere davanti alla madre di provare qualcosa nei confronti di Boromir, ma alla fine le raccontò tutto, dall’inizio alla fine, e ciò che le dava più forza, in quel momento, era la presenza della sua amica Earine: sapeva che l’avrebbe appoggiata, qualunque cosa fosse successa.

« Avevo immaginato che la questione fosse più o meno così. » commentò Erith massaggiandosi le tempie, non appena la figlia terminò il racconto.

Niniel la guardava speranzosa, in attesa di un suo gesto, un suo giudizio, qualcosa che le avrebbe permesso di capire in che direzione sarebbe proceduta la questione da quel momento in poi.

« Fosse per me, Niniel, non ti proibirei mai di vedere Boromir. Mi spiace esserti apparsa diversa, tenevo in considerazione solo il fatto che: rapporti con i figli del Sovrintendente corrispondesse a “un mare di guai”. »

« Beh, non mi pare che la cosa si sia discostata molto da ciò che pensavi tu. » la interruppe Niniel.

« Se Boromir è una persona intelligente la situazione si risolverà. Quel che mi turba sono Denethor e le decisioni che potrebbe prendere in merito: hai appena avuto la dimostrazione di dove sia potuta arrivare la sua influenza su Boromir. »

« Ma a questo punto non credo che tenterò qualcosa. » disse Niniel « Voglio solo lasciarlo perdere e dimenticare tutto. »

« Per me sbagli. » intervenne Earine « Insomma, oggi era arrabbiato, ma fra qualche giorno, quando si sarà calmato, magari sarà disposto ad ascoltarti e a capire come mai ti sei comportata in questo modo. »

« Earine ha ragione. » asserì la madre « Io non credo che Boromir sia come suo padre, e in questo periodo te l’ha dimostrato. La causa di tutto questo problema ora è Denethor, non Boromir: se suo padre non fosse intervenuto sono certa che non ti avrebbe mai trattata in quel modo. Pensaci un po’ su. Fare un altro tentativo non costa nulla e credo che avresti la conferma che Boromir è diverso dal Sovrintendente. »

« E se invece non fosse come dici tu? » replicò Niniel che aveva ormai perso la fiducia.

« Allora lo lascerai stare e prima o poi troverai un ragazzo che ti merita veramente. » Erith sorrise.

« Pensavo che non avresti mai approvato… per questo non ho raccontato nulla a te e papà. » si giustificò la ragazza.

« Inizialmente la pensavo diversamente, ma dopo il tuo racconto, guardandoti negli occhi, ho capito quanti tieni a lui e, insomma, sarai anche una cuoca e non una nobile, ma sei pur sempre una cuoca coi fiocchi no? » sorrise.

« Veramente sono solo una cuoca deficiente e basta. »

Erith si alzò ed abbracciò la figlia:

« Non abbatterti, con un po’ di pazienza si risolve tutto, vedrai. »

« Se lo dici tu… però lo racconti tu a papà! »

 

Passarono due giorni, durante i quali Niniel fu tentata più volte di parlare con Boromir, ma quando quell’idea faceva capolino nella sua testa lei la respingeva da dove era venuta, cercando di ignorarla completamente.

Non l’aveva più visto, se non una volta, il pomeriggio precedente, mentre lei entrava in cucina e lui rientrava a Palazzo, ma egli l’aveva completamente ignorata, cambiando direzione quando si era accorto della sua presenza, salvo poi osservarla da lontano, quando lei ormai non poteva accorgersene, e sospirare dandosi dello stupido per come l’aveva trattata, senza nemmeno ascoltare quello che lei aveva da dirgli, dando credito esclusivamente al racconto del padre.

Non sapeva come comportarsi e, se da una parte era ancora tremendamente deluso da ciò che lei aveva detto a Denethor, dall’altra non voleva crederci e desiderava solo poterle parlare per capire come stavano veramente le cose. Certo, se Faramir fosse stato lì a consigliarlo, avrebbe saputo esattamente cosa fare. Ma suo fratello era ancora in battaglia ad Osgiliath e, anche lì, le cose parevano non andare come avrebbero dovuto.

Fu il giorno successivo, il terzo dopo che ebbero litigato, che mentre Niniel percorreva il sesto livello di Minas Tirith, per recarsi in cucina, quasi andò a sbattere contro Boromir, che si recava nella direzione opposta verso le stalle.

« Buon giorno. » si azzardò a dire Niniel con un sorriso tirato.

« Buon giorno. » biascicò da parte sua Boromir, con viso serio e tirato, continuando a camminare verso le stalle.

Niniel osservò la schiena dell’uomo, mentre lui si allontanava, e scoprendo un coraggio che non immaginava di avere lo raggiunse.

« So che ce l’avete con me, e non vi do torto, ma per favore ascoltatemi! Ho bisogno solo di due minuti per spiegarvi cos’è successo, poi valuterete voi come vorrete comportarvi. »

« Ho già valutato come voglio comportarmi, non so cosa farmene di altre stupide chiacchiere. » le sputò in faccia lui.

« Cosa vi costa ascoltare anche il mio punto di vista? »

« Non ne ho voglia. » si giustificò Boromir « E non ne vale la pena. » detto questo si allontanò a passo svelto dalla ragazza.

Niniel sentì una rabbia montarle dentro, una rabbia che non aveva mai sentito prima.

« Sapete cosa vi dico? » gli urlò adirata « Che siete solo orgoglioso e presuntuoso! Non so come io abbia potuto sperare qualcosa, ma ora mi rendo conto di chi siete veramente e sono io la prima a pensare che non vale proprio la pena parlare con voi. »

Detto questo, girò su sé stessa e se ne andò, mentre Boromir a sua volta continuava a camminare spedito verso le stalle.

Che avesse davvero ragione lei? Per quale altro motivo, se non per stupido orgoglio e presunzione, lui le aveva impedito di parlare? Per giorni aveva desiderato solo poter sistemare le cose e tornare indietro per concederle la possibilità di spiegarsi, ed ora che lei gli chiedeva una seconda occasione, che lui stesso aveva desiderato ardentemente poterle dare, la trattava così.

Boromir si diede dell’idiota più e più volte. Ormai non poteva più tornare indietro. Non dopo quell’ultima stupida mossa che aveva fatto.

Era finita, finita del tutto. Anche e soprattutto a causa sua, e avrebbe dovuto farsene una ragione, anche se sapeva che sarebbe stato praticamente impossibile.

 

Niniel arrivò in cucina con le lacrime agli occhi: era finita. Non c’era niente di più evidente. Era finita e avrebbe dovuto accettarlo, una volta per tutte.

Raccontò ai suoi genitori e a Earine, Jamril e Narith dell’accaduto, e tutti convennero che ormai c’era ben poca speranza che Boromir decidesse di tornare sui suoi passi.

« Brutto stupido, insensibile e cieco!* » sbraitò Earine quando l’amica le raccontò ciò che era accaduto, guadagnandosi un’occhiata infuocata da parte di Niniel per gli insulti che aveva riservato al figlio del Sovrintendente. (*chiedo scusa a evening_star per averle rubato la battuta, ma quando ho letto la tua recensione al capitolo precedente ho pensato che i tuoi pensieri potessero essere gli stessi di Earine, allora ho deciso di inserire questo tuo commento al comportamento di Boromir. Spero non ti spiaccia!)

« Scusa, ma se si comporta così significa che non ti merita. Fattene una ragione Niniel, vedrai che passerà! » cercò di consolarla Earine.

« Lascia stare, sono le solite frasi fatte che si dicono sempre in questi casi, mi danno fastidio. » le rispose Niniel, prima di mettersi il grembiule e iniziare a lavorare.

I giorni successivi passarono molto lentamente. Niniel lavorava senza entusiasmo, ed ogni volta che usciva in strada temeva di incontrare Boromir, per questo cercava sempre di uscire in compagnia di qualcuno, con la madre o con Earine, per evitare, nel caso in cui lo avesse incontrato, di trovarsi sola con lui.

 

« Cosa fai oggi pomeriggio? »

« A parte lavorare? » domandò Niniel alzando lo sguardo sull’amica.

« E dai, hai bisogno di svagarti un po’ e sono sicura che i tuoi non ti diranno di no! Vieni a fare un giro con me! Hai bisogno di cambiare un po’ aria! »

« E va bene, anche perché in questo periodo qui in cucina sono pericolosa… ho sempre la tentazione di versare nel pranzo o nella cena una bella quantità di olio di ricino… » si slacciò il grembiule, ridendo insieme all’amica, ed uscirono in strada.

Il leggero sole che riusciva a penetrare le nuvole nere scaldò subito la loro pelle, in fondo era giugno, era normale che iniziasse a fare un po’ caldo.

« Dove andiamo? »

« Cosa ne dici di andare a fare un giro alla bottega di Roth? » propose Niniel.

« Ah ah ah, come sei divertente! » esclamò Earine.

« Guarda che non sto scherzando! E poi mica deve sempre venire Narith a trovarci in cucina, no? Qualche volta potremmo andare a trovarlo anche noi! Forza, in marcia! Si va alla bottega! »

« Chi me l’ha fatto fare di uscire con lei! » borbottò Earine subito dopo.

Erano quasi arrivate alla bottega, quando sentirono un improvviso rumore di zoccoli e un frastuono tremendo giungere verso di loro. Pochi secondi dopo, un soldato a cavallo le superò per dirigersi, molto probabilmente, verso la Cittadella. Era malandato, e le ragazze ebbero l’impressione di averlo già visto.

« Niniel, non era tra i soldati che sono partiti con Faramir? » esclamò all’improvviso Earine.

« Hai ragione, anch’io ho avuto la stessa impressione. Ma se ora si trova qui… »

« Significa che è appena arrivato da Osgiliath, e le condizioni in cui si trova non sono delle migliori. »

« Ho l’impressione » dichiarò Niniel col cuore pesante « Che le cose ad Osgiliath non stiano andando per niente bene. »

 

L’ora di cena era ormai arrivata, ed Earine stava servendo Boromir e suo padre. Come le era capitato spesso in passato, riuscì a sentire alcuni loro ragionamenti e, subito, si precipitò in cucina per raccontare a Niniel le informazioni che era riuscita a carpire.

« Vuoi dire che Boromir partirà per Osgiliath? » esclamò la cuoca.

« Sì, Faramir è in difficoltà e in netta minoranza rispetto agli Orchi di Mordor. Domattina Boromir partirà con i suoi uomini per portargli i rinforzi. »

« Lui diceva che prima o poi sarebbe successo. » commentò Niniel, poi con un’alzata di spalle aggiunse, mentre scappava nell’altra stanza « Che parta pure, vada a combattere e si conquisti la sua gloria. »

Earine lanciò un’occhiata a Jamril ed Erith che si trovavano nella stanza insieme a lei, e che ricambiarono lo sguardo silenziosi.

Niniel, intanto, si era seduta su uno di quei famosi scomodi sgabelli, e aveva appoggiato il volto tra le mani. Subito calde lacrime le rigarono le guance.

« Ci tieni molto a lui, vero? » una voce la colse impreparata.

« Papà… io… » si asciugò in fretta le lacrime e voltò il viso dall’altra parte.

« Non vergognarti di piangere, a volte quando si soffre è meglio farsi un buon pianto, piuttosto che tenersi tutto dentro. » si sedette accanto alla figlia, e rimase in silenzio per alcuni secondi.

« Mi sento davvero una stupida. Come ho potuto pensare che fosse veramente interessato a me? » disse poco dopo Niniel.

« L’hai creduto perché eri innamorata di lui, e in questo non c’è nulla di stupido. In amore non c’è mai niente di stupido, al massimo di avventato, ma di stupido no. » le sorrise.

« Tu cosa pensi, papà. Di tutta questa storia? »

« Penso che Denethor sia ancora molto astuto e sia riuscito ad ingannarvi proprio come prevedevano i suoi piani. E Boromir purtroppo gli ha creduto in pieno, ma non si può biasimarlo, in fondo si tratta pur sempre di suo padre. » guardò la figlia e le sorrise « Tu credi a me e a tua madre, vero? »

« Come potrei non credervi? Siete i miei genitori! »

« È la stessa cosa che è accaduta con Boromir: Denethor ha trovato il modo per ingannarlo riferendogli cose che tu avevi detto veramente, e che riportate da lui avrebbero di sicuro avuto su suo figlio una profonda influenza. »

« Sono stata una scema a dire quelle cose a Denethor. »

« Chiunque lo avrebbe fatto, nella tua situazione. Ora quello che ci importa è: tu ami ancora Boromir? »

« Ma papà non vuole più vedermi, che senso ha la tua domanda? » sbottò Niniel mentre le lacrime tornavano a scenderle lungo le guance.

« Può darsi che il tempo aggiusterà le cose. In fondo hai parlato con lui dopo solo tre giorni dalla vostra prima litigata, può darsi che abbia bisogno di più tempo per calmarsi e poterti ascoltare tranquillamente. Magari con un po’ di calma le cose si sistemeranno. Tu non disperare! Se quando lui sarà pronto, tu proverai ancora per Boromir lo stesso sentimento che provi ora, tutto andrà a gonfie vele. E non continuare a rimuginare su queste cose, non può farti altro che male! »

« Io… pensavo che tu non avresti mai appoggiato tutto questo. »

« Basta guardarti, Niniel, per capire che sei innamorata di lui. E di una cosa sono certo, non mi opporrò mai a un sentimento come questo. Se tu lo ami e lui ti ama, non importa che sia contadino, soldato o nobile, a me va bene! »

Niniel sorrise più rilassata e lo abbracciò: « Grazie papà! »

 

La mattina seguente, Boromir partì con i suoi soldati alla vista di Osgiliath. Vi fu una nuova processione di cavalieri per le vie della Città e, come la volta precedente, tutta la popolazione si radunò per assistere alla partenza. Anche Niniel ed Earine vi parteciparono e, quando la cuoca vide passare Boromir, un senso di profonda tristezza ed apprensione la invase.

« Speriamo che tutto vada bene. Speriamo di poter vederlo tornare in sella a quel cavallo! » bisbigliò all’amica.

« È forte e coraggioso. » disse Earine voltandosi verso di lei « Sono certa che tornerà! »

 

Passarono tre giorni, da quando Boromir era partito, e ancora nessuna novità era giunta alle orecchie di Earine, che per l’occasione Niniel aveva nominato come sua spia personale, affinché cercasse di impossessarsi di qualunque informazione riguardante Boromir e la battaglia che si stava svolgendo ad Osgiliath. Ciò di cui Earine si accorse, fu che Denethor era sempre più scuro e cupo, non diceva una parola con nessuno e, se parlava, non toccava mai argomenti che riguardassero i suoi figli.

 

« Ho paura Earine, paura che non torni… » stava dicendo Niniel all’amica, la mattina del quarto giorno da quando Boromir aveva lasciato Minas Tirith.

« Tornerà, non può accadere nulla di male a lui e Faramir. » la incoraggiò l’amica.

« Il fatto che loro siano i figli del Sovrintendente non significa che in battaglia verranno risparmiati dagli Orchi. Ho paura che lo uccidano! »

« Sai cosa non capisco? » le domandò all’improvviso l’amica « Come puoi essere così preoccupata per lui dopo come ti ha trattata. Dovresti lasciarlo perdere, non preoccuparti per la sua sorte. »

« È facile da dire così, ma sono convinta che se tu ti trovassi nella stessa situazione con mio fratello, non potresti fare a meno di essere in pena per lui. Non riesco a dimenticare le cattiverie che mi ha detto, ma non riesco nemmeno a dimenticare ciò che provo nei suoi confronti. Non posso pensare che sia finita. Voglio ancora una possibilità. »

« E quando pensi di prendertela questa possibilità? »

« Non lo so Earine, ma forse mio padre ha ragione: devo aspettare e lasciare che gli passi. Saranno giorni, magari mesi, ma voglio aspettare ancora un po’ prima di arrendermi del tutto. »

Improvvisamente, si udì un forte trambusto provenire dalle vie della città, e Niniel ed Earine uscirono dalla casa della cuoca, dove si trovavano in quel momento.

Un soldato a cavallo stava percorrendo in quel momento il quinto livello di Minas Tirith, lo stesso in cui si trovavano le ragazze, e sembrava dirigersi verso la Cittadella.

« Sta succedendo qualcosa! Presto, seguiamolo! » urlò Niniel.

« Seguiamolo? Ti rendi conto che noi siamo a piedi e lui a cavallo? » le gridò l’amica, che già dopo qualche passo era rimasta indietro.

« Sì, ma si sta sicuramente dirigendo alla Cittadella, e noi è lì che andremo! »

Dopo alcuni minuti di corsa, Niniel in testa ed Earine indietro di alcuni metri, giunsero al cancello che consentiva l’ingresso all’ultimo livello della città, e lì fuori trovarono il cavallo del soldato che avevano visto poco prima: non era infatti consentito accedere alla Cittadella a cavallo.

Si recarono in fretta verso le cucine, e qui trovarono ad aspettarle Adhort, Erith e Jamril. Erano particolarmente agitati, soprattutto quest’ultimo:

« Ragazze, avete saputo la buona notizia? » urlò.

« No, ma abbiamo visto il soldato. Cos’è successo? »

« Abbiamo vinto! Gli Orchi di Mordor sono stati sconfitti e i nostri soldati sono riusciti a recuperare Osgiliath! » spiegò Jamril.

« Questa battaglia è nostra! » decretò Adhort « Oggi avremo un gran lavoro da fare! »

Niniel non sentiva più ciò che le accadeva attorno. La notizia l’aveva profondamente rallegrata, ma c’era ancora qualcosa che voleva sapere.

« E… Boromir e Faramir? Sono vivi? »

« Vivi e vegeti! » le disse la madre con un enorme sorriso « È soprattutto grazie a loro se la battaglia è stata vinta! »

Niniel trasse un profondo sospiro di sollievo, prima di lasciarsi cadere seduta sul muretto che si trovava all’esterno della cucina.

« Hai visto? Cosa ti avevo detto? » le disse Earine avvicinandosi « Ce l’hanno fatta! »

« Già! Ce l’hanno fatta! » disse in un sussurro Niniel. Sembrava quasi che fosse in un’altra dimensione, nonostante il baccano che stava facendo Jamril in quel momento per la felicità, ed Earine se ne accorse.

« Ehi, non sei contenta? »

« Io? Oh, sì che sono contenta, sono felicissima! » disse di nuovo con la voce che le tremava.

« Ehi, ehi aspetta un attimo, conosco quello sguardo a cosa stai pensando? » le domandò all’improvviso Earine preoccupata. Sapeva che quando la sua amica spalancava in quel modo gli occhi aveva appena avuto un’idea, e di solito le conseguenze erano sempre abbastanza preoccupanti. Nel frattempo, Erith e Adhort erano rientrati in cucina.

« Io devo andare da lui! » esclamò Niniel.

« Che cosa? Ma dico ti si è forse fuso il cervello? Sai cosa stai dicendo? Boromir è a Osgiliath! Non puoi andare là! »

« Oh, sì che posso! »

« E come scusa, di corsa? O hai forse imparato a volare e non mi hai detto niente! »

« Ma… hai bevuto questa mattina, Earine? »

« Cosa? »

« Continui a dire cose strane! »

« Oh, consolante! » sbottò Earine « Ora sarei io quella che dice cose strane! Chi è qui, quella che vuole andare da Boromir a Osgiliath? Tu o io? »

« Io, certo, ma quella che dice cose senza senso sei tu! Non ho imparato a volare, e non andrò ad Osgiliath di corsa, ma con il nostro cavallo nel giro di poco sarò lì! » Niniel si alzò dal muretto su cui era seduta, e si mise a correre verso l’uscita della Cittadella.

« Ma tu hai paura dei cavalli! » le ricordò Earine.

« Sì, ma per amore si supera tutto! » le urlò Niniel.

« Fermati! Che cosa devo dire ai tuoi? »

« La verità! Che vado a prendermi l’ultima possibilità di cui ti parlavo prima! Ci vediamo dopo! »

« Lasciala andare! » le disse Jamril.

« Ma non può attraversare i Campi del Pelennor da sola. » replicò Earine.

« Sai che non puoi fermarla, in questo momento è disposta a tutto. »

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti! Rieccomi qui, con un nuovo capitolo! Grazie a chiunque abbia letto, spero vi sia piaciuto e non vi siate annoiati!

 

E ora, il mio momento preferito!

 

 

Ragazzapsicolabile91: eh sì, finalmente si è resa conto di amarlo… ci voleva che qualcuno le desse una svegliata, altrimenti arrivava alla fine della storia che ancora non l’aveva capito! Anche a me dispiace che Boromir l’abbia trattata così… l’avrei picchiato mentre scrivevo il capitolo! Comunque, nel prossimo… si parte per Gran Burrone!! (cavolo, avevo sbagliato e invece di scrivere Gran Burrone avevo scritto Gran Birrone… eh, la birra degli Hobbit inizia a fare effetto anche su di me!!) Va beh, ora vado, prima di sparare altre (troppe) cavolate!!! Ciao!!!

 

 

Evening_star: tutte le risposte ai tuoi enigmi nel prossimo capitolo!! J Dai, non posso lasciar partire Boromir per Gran Burrone con Niniel in queste condizioni! Sono cattiva ma non fino a questo punto! Devo cercare di rimettere le cose a posto in qualche modo! Comunque, spero non ti abbia dato fastidio trovare parte della tua recensione in questo capitolo, ma come ti ho già scritto, erano gli insulti giusti che avrebbe potuto usare Earine e allora li ho presi in prestito! Nel prossimo capitolo si parte per Gran Burrone! Speriamo in bene! Ciao ciao!!!

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

Capitolo 10! Volevo solo dire che alcune battute di Boromir, Faramir e Denethor a Osgiliath le ho riprese dal film perché personalmente adoro quella scena! Detto questo… ci sentiamo alla fine!

 

 

 

 

Capitolo 10

 

« Ok Niniel, stai calma, è tutto a posto, ora entri, sali su Harn e lo raggiungi a Osgiliath, semplice no? » la ragazza si trovava di fianco a casa sua e di fronte alla piccola stalla. All’interno il vecchio Harn, il cavallo che apparteneva alla sua famiglia, si riposava tranquillo e ignaro dell’avventura che lo attendeva.

Niniel si fece coraggio e spalancò la porta della stalla. Harn si voltò verso di lei, e la ragazza avrebbe potuto giurare di aver visto brillare negli occhi del vecchio cavallo una luce folle.

“Tutta impressione, sì! Non c’è nulla di folle in Harn, devo solo stare calma.” si ripeteva intanto mentalmente.

« Ok, bel cavallino! Sai che io e te adesso ci facciamo un giretto, vero? » disse, avvicinandosi ad Harn, che nel frattempo la guardava sospettoso. Non era abituato a vedere la ragazza all’interno della stalla.

Niniel prese la sella, e la posò il più delicatamente possibile sulla schiena del cavallo. Harn, da parte sua, iniziò ad agitarsi e nitrì.

« Calmo bello, calmo! So che non ti sto simpatica, che non ti faccio mai nemmeno una carezza, ma sai anche che ho paura di te e dei tuoi… parenti! Ma se tu oggi mi aiuti, ti prometto che d’ora in poi ti tratterò bene, promesso! »

« Niniel! » qualcuno la chiamò dall’ingresso della stalla « Da quando ti avvicini ad Harn? E poi… cosa fai, parli con un cavallo? »

« Narith! Meno male che sei qui! Ho bisogno del tuo aiuto! »

Nel giro di mezzo minuto, la ragazza spiegò al fratello ciò che aveva in mente.

« Ok, la sella è a posto! Passami le briglie! »

« Che? »

« Le briglie, Niniel! »

« Ah… dove sono? »

« Lascia, faccio io! » borbottò Narith, poi guardò il cavallo e bisbigliò « Buona fortuna amico… »

« Ehi! E poi prendi in giro me perché parlo con lui? »

« Harn è pronto! » tagliò corto Narith « Vedi di fare la brava, sorellina, e di non combinarne una delle tue. Cerca di arrivare ad Osgiliath il più in fretta possibile: avranno anche sconfitto gli Orchi che si trovavano in città, ma non mi piace l’idea di te, da sola, fuori da Minas Tirith. Chi ci assicura che non ci siano altri Orchi in giro? »

« Non preoccuparti Narith! Ho questa con me! » esclamò lei mostrando al fratello una padella.

« E a cosa ti serve quella? »

« Una volta ho chiesto a Boromir se gli Orchi fossero brutti. Lui mi ha risposto che se me ne fossi ritrovato di fronte uno, di sicuro sarei stata in grado di sistemarlo con una bella padellata in testa! »

Narith sospirò sconsolato: « Parti, prima che la paura di rimanere senza sorella mi spinga a legarti in cucina… »

« Grazie Narith, se il miglior fratello che si possa immaginare! » gli disse lei, mentre lui la aiutava a salire in groppa a Harn.

« Salutami Boromir, quando lo vedi! »

« Sempre se mi darà l’opportunità di parlare. »

« Credo che questa volta si vedrà costretto a farlo! Quando sei così determinata non ti ferma nessuno! »

Niniel sorrise:

« Lo spero! Bene, ed ora Harn, in marcia! »

« Ehm… forse dovresti dargli un colpettino con i talloni, così capisce che deve partire! » suggerì Narith.

« Ah, giusto! Coraggio! » la ragazza fece come le aveva suggerito il fratello, ma la cosa non funzionò.

« Un po’ più forte, no, no un po’ di più, così non lo sente neanche! Sì, però adesso non esagerare altrimenti… » ma Narith non fece in tempo a finire di parlare, che Harn partì in gran carriera e uscì di corsa dalla stalla per scomparire poco dopo in strada, mentre Niniel urlava disperata.

« Buona fortuna sorellina… » ebbe il coraggio di dire quando ormai Niniel non avrebbe più potuto sentirlo.

Nel frattempo, la ragazza era appena arrivata al cancello che dal quinto livello della città portava al quarto, e il cavallo don dava segno di volersi fermare o rallentare. Le persone che incontrava si voltavano a guardarla stupefatti, o si appiattivano contro i muri delle case, nel tentativo di evitare il cavallo.

Arrivò, dopo varie peripezie, al cancello principale della città: fortuna volle che fosse aperto altrimenti, con Harn che correva in quel modo, non avrebbe saputo come fare per fermarlo.

Superò quindi il cancello, e si ritrovò finalmente sui Campi del Pelennor. Cercò di dirigere il cavallo in direzione di Osgiliath: inizialmente ebbe varie difficoltà, poiché Harn tendeva ad andare dove voleva lui, ma dopo alcuni minuti, quando entrambi si calmarono, riuscì attraverso le redini a indirizzarlo dove voleva lei.

Doveva ammetterlo: i cavalli continuavano a non piacerle, ma la sensazione di libertà che provò in quel momento riusciva a percepirla solo in groppa ad Harn.

Cavalcò ancora per più di un quarto d’ora, quando finalmente giunse nella città. Tra le macerie delle mura abbattute, un grosso mucchio di luridi Orchi morti la accolse all’entrata. Fu quella, la prima volta che la ragazza vide un Orco, e la sensazione di nausea e profondo disgusto che provò, fu la stessa che la avrebbe accompagnata per tutta la vita, ogni qual volta fosse stata costretta a pensare a quelle orrende creature.

Iniziò a sentire un forte brusio, come di un’enorme quantità di uomini che faceva baldoria.

Fortunatamente, Harn si era dato una calmata. Pareva quasi che avesse il fiato corto e in fondo, pensò Niniel, era anche normale, considerando che quel cavallo viveva con loro da prima che lei nascesse, aveva la sua bella età, e probabilmente nessuno lo aveva mai spinto al galoppo come aveva fatto lei quel giorno.

« Coraggio bello, tra poco potrai riposarti! » gli sussurrò, accarezzandogli il collo. Era inutile: per quanto lei si sforzasse di trattarlo bene, continuava ad avere paura di quell’animale e, a quanto pareva, Harn sembrava accorgersene in ogni momento.

Non senza vari problemi, riuscì ad indirizzare il cavallo verso il luogo da cui sentiva provenire il rumore: di sicuro i soldati stavano festeggiando e Boromir doveva trovarsi lì.

Finalmente, tra le rovine della città, iniziò a vedere degli uomini.

Decise quindi di scendere da cavallo, per dare meno nell’occhio. Tentò di fermare Harn, ma quello non rispondeva ai suoi comandi. Tirò ripetutamente le briglie, ma lui continuava a non darle retta. “Devo stargli davvero molto antipatica!” pensò. L’unica soluzione possibile che vide, fu quella di scendere anche se Harn non era fermo, tanto stava procedendo molto lentamente. Ciò che ottenne, fu che quasi si ruppe l’osso del collo, ma non ci fece molto caso, in quel momento la sua attenzione era completamente rivolta verso quegli uomini che vedeva poco lontani da lei.

A mano a mano che si avvicinava, notò che si trattava di un esercito intero: moltissimi uomini, tutti rivolti verso uno stesso un punto, in alto, sulle mura, e parlavano tra loro eccitati, in attesa di qualcosa.

Improvvisamente, il rumore di una spada che veniva sfoderata tagliò con decisione l’aria, e i soldati iniziarono ad acclamare chi, da lassù, stava per rivolgersi a loro.

Niniel sollevò lo sguardo, e fu lì che lo rivide: in cima alle mura, con il bianco stendardo di Gondor nella mano sinistra e la spada levata nella destra.

« Questa città era il gioiello del nostro regno, una volta. Un luogo di luce, di bellezza, di musica. E così sarà ancora di nuovo! » gridò Boromir, mentre quella miriade di soldati urlava di felicità. Niniel faticava a vederlo: era molto distante, per via della folla che si frapponeva fra lei e l’edificio mezzo distrutto sul quale si trovava Boromir, ma la sua voce le giunse forte e chiara e la provocò un brivido lungo tutta la schiena.

« Gli eserciti di Mordor sappiano questo » continuò Boromir « Mai più la terra del mio popolo cadrà nelle mani del nemico. Questa città di Osgiliath, è stata recuperata per Gondor! »

I soldati erano entusiasti e tutti, in coro, gridavano per la vittoria che avevano appena ottenuto e Boromir, per altre due volte, gridò il nome della Terra per cui combattevano.

Niniel lo vide poi scendere dall’edificio su cui si trovava mentre, i soldati, iniziarono a dividersi in vari gruppetti e a fare baldoria tra di loro.

Bene, era giunto il momento. Iniziò a farsi largo tra la folla e qui, i soldati la notarono. Alcuni la guardavano con aria interrogativa, mentre altri non riuscivano a trattenere risolini, che fecero capire a Niniel che probabilmente l’avevano riconosciuta.
« Ma chi è? » sentì domandare da uno.
« Ma come? Non la conosci? È la cuoca, quella che ha cercato di irretire Boromir. Ne parlano tutti in Città. »

“Irretire chi? Ok Niniel, trattieniti, non ne vale la pena… lasciali parlare…” pensò.
« Quella? » domandò ancora l’altro con aria scandalizzata « Ma dai, non ci credo. »
« Invece è proprio così. » intervenne un terzo.
« Ma cosa è venuta a fare qui? »

« Sarà venuta per cercare di ingannare nuovamente Boromir, in fondo è questo ciò che fa quel genere di donne, no? » i tre scoppiarono a ridere.

« Signori, scusate. » li interruppe Niniel.

I soldati smisero di ridere e si voltarono stupiti verso di lei.

« Sapreste indicarmi dove posso trovare Boromir? » domandò.

I tre la osservarono sorpresi:

« Penso sia nella zona in cui ha tenuto il discorso poco fa. » le disse uno.

« Bene, grazie per l’informazione. » rispose lei. Fece per andarsene, tirando per le redini Harn, ma si voltò ed aggiunse « Comunque, lasciatevelo dire da una che non è quel genere di donna… sono proprio i tipi come voi che fanno vergognare gli uomini di essere uomini! Quindi, se posso permettermi di darvi un consiglio, smettetela di andare in giro ad attribuire a tutti del vostro: non perché voi, forse, frequentate certe compagnie, significa che Boromir lo faccia, non credete? » si voltò, lasciandoli senza parole « Grazie comunque per l’informazione! » strattonò Harn che, esausto, non voleva saperne di andare avanti e si allontanò da quei tre imbecilli.

Camminò per alcuni minuti, senza degnare di alcuno sguardo i soldati che la circondavano: voleva cercare di evitare altre situazioni scomode.

Si avvicinava sempre più all’edificio diroccato sul quale Boromir aveva tenuto il discorso, ma la moltitudine di persone che aveva attorno la confondeva. Iniziò a pensare che non sarebbe mai riuscita a trovarlo.

Qualche minuto più tardi, scorse finalmente Faramir in mezzo alla folla: lo vide correre verso qualcuno, e poi comparve Boromir. I due si abbracciarono e si scambiarono qualche battuta che lei, da dove si trovava, per via della lontananza e del baccano provocato dai soldati in festa, non riusciva a sentire.

Deglutì, poi si voltò verso Harn e gli accarezzò il collo:

« Cosa dici, amico mio, ci provo? »

Lui la squadrò, come a domandarsi da quando lui e quella matta fossero diventati amici.

« Va bene, va bene, vado! » esclamò lei « Non ho di certo rischiato la vita in groppa a te per niente, no? » tirò le redini per invitare il cavallo a seguirla, e si diresse lentamente verso i due.

 

« Direi che possiamo festeggiare tranquillamente la nostra vittoria, grazie a te! » esclamò Faramir bevendo un sorso dal boccale di birra che teneva in mano.

« Ma anche grazie a te e a tutti i soldati! » lo corresse Boromir « È stato un lavoro di squadra il nostro! »

Faramir sorrise, poi gli chiese:

« E dimmi, hai mantenuto la tua promessa? »

« Quale promessa? » domandò Boromir ridendo.

« Hai detto a Niniel cosa provi per lei? Possiamo festeggiare anche il vostro fidanzamento? »

Un’ombra scura scese sul volto di Boromir.

« Preferirei non pararne. » disse gelido.

« Cos’è successo? »

« Nulla, solo, nostro padre mi ha aperto gli occhi su chi fosse realmente quella ragazza. »

Faramir rimase impietrito.

« Dimmi cos’è successo. »

In breve, Boromir gli raccontò l’accaduto.

« Hai provato ad ascoltare ciò che lei aveva da dirti? » gli domandò poi Faramir.

Boromir scosse la testa.

« Allora non puoi abbandonare tutto così! Credi che avrebbe parlato liberamente davanti a nostro padre? Chiunque si sarebbe comportato come lei! Avresti dovuto ascoltarla, non mandarla via trattandola in quel modo! »

« Lo so, ma me ne sono reso conto troppo tardi. » ammise Boromir.

« Boromir! » qualcuno lo chiamò e, se non fosse stato che quella baraonda lo stava confondendo, avrebbe giurato che la voce fosse quella di…

« Niniel! » esclamò quando la vide « Cosa ci fai qui? »

« Sono… venuta a complimentarmi per la vittoria… e perché volevo essere sicura che voi e Faramir foste ancora vivi. »

« Grazie per i complimenti » fu costretto ad intervenire Faramir, poiché Boromir era rimasto immobile a fissare la ragazza come se avesse appena visto un fantasma « Vivi siamo vivi, e sono certo che a mio fratello faccia molto piacere vederti qui, anche se in questo momento è perso nei suoi pensieri. » tirò una leggera gomitata nel fianco di Boromir che lui certamente non sentì, per via della pesante armatura in metallo che indossava.

« Non saresti dovuta venire fin qui da sola. È pericoloso! » le disse poco dopo.

Niniel non fece caso a quella frase, ma con voce tremante disse:

« Ho temuto per la vostra vita. Ho avuto paura di non vedervi tornare! » era vicina alle lacrime, e i due uomini se ne accorsero.

Faramir lanciò uno sguardo di rimprovero al fratello, come a dirgli di riprendersi, reagire, insomma fare qualcosa.

« Vieni con me. » Boromir la prese per mano e la condusse tra le mura di uno dei pochi edifici che in quella zona della città erano rimasti in piedi. Qui non vi era nessuno, e potevano parlare tranquillamente.

« Come va la mano che ti sei scottata? » le chiese lui.

« Bene, soprattutto grazie alla crema che mi avete portato. É migliorata molto! »

Subito dopo cadde il silenzio. Rimasero per alcuni secondi senza parlare, spostando velocemente lo sguardo da un posto all’altro, evitando di guardarsi negli occhi.

Finalmente, Niniel trovò il coraggio e iniziò a parlare:

« Perdonatemi Boromir, sono stata una sciocca a dire quelle cose a vostro padre, non le pensavo veramente ma… »

« Non importa. » la bloccò lui « Sono io che devo chiedere scusa a te per come mi sono comportato. Avrei dovuto darti l’opportunità di parlare, ma non ho voluto ascoltarti perché sono uno stupido, orgoglioso e presuntuoso. Puoi perdonarmi? »

Niniel scosse la testa:

« Io non sono arrabbiata con voi, capisco la vostra reazione, io probabilmente avrei fatto di peggio al vostro posto, ma vorrei che capiste che di fronte a vostro padre non ho potuto comportarmi diversamente. Ho temuto che avrebbe potuto prendersela anche con la mia famiglia. »

« Immagino. Mi spiace per la situazione in cui ti ha messa, non avrebbe dovuto interferire. »

« L’importante è che la cosa si sia risolta. » Niniel lo guardò, per essere sicura che la situazione fosse risolta davvero.

« Dunque tu non pensavi davvero ciò che hai detto a mio padre? »

« Assolutamente no, anzi… ciò che penso è l’esatto contrario! » nel dire ciò, Niniel sentì le orecchie in fiamme e capì che il suo viso stava cambiando colore. Aveva parlato troppo, come al solito.

« Beh, sappi che nemmeno io penso di te ciò che ti ho detto in questi ultimi giorni. Sono stato davvero uno stupido a trattarti così. Non ti ho lasciata spiegare e ti ho detto delle cose orrende. » Boromir le si avvicinò, titubante « Sarebbe bastato così poco ad evitare il fraintendimento che c’è stato tra noi? Solo qualche parola e qualche scusa? » domandò guardandola negli occhi.

« A quanto pare. » commentò lei abbassando lo sguardo « Ma non pensiamoci più, l’importante è che ora si sia risolto tutto. » sorrise, poi aggiunse « Non immaginate neanche che paura avessi di perdervi, temevo che sareste morto in battaglia! Non fatemi mai più uno scherzo del genere! »

« Solo se mi prometti una cosa. »

« Cosa? »

« Che da questo momento la smetti di darmi del voi! »

« Mh, ci posso provare! »

Risero, finalmente tranquilli, ed uscirono tornando verso il luogo in cui avevano lasciato Faramir.

Però chissà perché, capita sempre che quando un problema sembra essersi finalmente risolto, ne compaiono subito un’altra decina, uno in fila all’altro.

Boromir e Niniel arrivarono da Faramir tranquilli e sorridenti, pareva che niente avrebbe potuto turbare i loro animi quel giorno, ma il viso dell’uomo non lasciava presagire nulla di buono:

« Lui è qui. » disse al fratello, non appena furono vicini « E ti sta cercando. »

« Un momento di pace non ce lo può concedere. » commentò Boromir, perdendo il sorriso che aveva avuto dipinto sul volto fino a qualche secondo prima.

« Boromir, cosa succede? » gli domandò Niniel che non aveva capito di cosa stessero parlando.

« Nostro padre è qui. »

La ragazza rimase di sasso, poi, corse verso il suo cavallo.

« Dove stai andando? » le gridò Boromir.

« Torno a Minas Tirith, se mi trova qui siamo a posto! »

« Non voglio che scappi da lui. » la fermò Boromir « Se ne farà una ragione! Imparerà ad abituarsi all’idea di noi due. »

Niniel lo guardò sorpresa, ma non fece in tempo ad aprir bocca, che si sentì una voce dire:

« Dov’è? Dov’è il più valoroso di Gondor? Dov’è il mio primogenito? »

Boromir uscì dall’ombra delle mura diroccate che lo nascondevano alla vista di Denethor.

« Padre! » esclamò.

« Dicono che hai sconfitto il nemico quasi tutto da solo. »

« Esagerano. La vittoria appartiene anche a Faramir. »

« Fosse per lui, la città sarebbe ancora in piedi. Non avevi l’incarico di proteggerla? »

Niniel, ancora nascosta all’ombra delle mura, storse la bocca di fronte al disprezzo che Denethor mise nella voce mentre si rivolgeva a Faramir.

« L’avrei fatto, ma eravamo troppo pochi. »

« Ah, troppo pochi. Hai lasciato che il nemico entrasse e la prendesse per capriccio. Getti sempre un cattivo riflesso su di me. »

Ancora quel disprezzo profondo, lo stesso che aveva usato contro di lei quel giorno in cui l’aveva convocata. La ragazza ebbe l’impressione di non riuscire a trattenersi un secondo di più.

« Non era questo il mio intento. » si giustificò Faramir.

Niniel non resistette, ed uscì da dietro le mura andando ad affiancare Boromir.

Non appena Denethor la vide si rabbuiò.

« Lei cosa ci fa qui. » chiese al figlio con voce tremante e colma di rabbia.

« Lei è qui con me, e dovrai farci l’abitudine. » sussurrò Boromir, prima di passare dietro al padre ed entrare in un edificio diroccato che c’era lì vicino. Denethor lo seguì, lasciando soli Niniel e Faramir.

« Mi spiace che vostro padre vi abbia trattato in quel modo. » disse la ragazza.

« Ormai ci sono abituato. » rispose lui tristemente « Ma per favore, non darmi del voi. Ormai sei la ragazza di mio fratello! »

Niniel rimase spiazzata:

«Co… Come? »

« Dammi pure del tu! Ormai sei la ragazza di mio fratello, no? »

« La ragazza di… » ripeté Niniel con gli occhi spalancati. In fondo lui non le aveva chiesto nulla, però le aveva detto che suo padre avrebbe dovuto abituarsi all’idea di loro due insieme, e questo non poteva voler dire altro se non che…

I suoi pensieri venero interrotti da Boromir, che uscì all’improvviso dall’edificio in cui si trovava con Denethor.

Squadrò la ragazza e il fratello, che lo osservavano stupiti.

« Devo partire per Gran Burrone. » disse.

« Dove devi andare? » gli domandò subito Niniel.

« Boromir partirà per Gran Burrone oggi stesso, sebbene io non sia del tutto d’accordo con questa sua decisione. Ha scelto di intraprendere una missione importante che potrebbe riportare onore e gloria al regno di Gondor. » dichiarò Denethor, lanciando alla ragazza un’occhiata di disprezzo.

« È per via di quel sogno? » domandò Faramir. Boromir annuì col capo.

« Lasciate che vada io al posto di Boromir. Lui potrebbe rivelarsi più utile qui. » si offrì subito il secondogenito.

« No Faramir, andrò io a Gran Burrone. Non permetterò che tu parta e vada incontro ai pericoli che potresti trovare lungo quella strada. È un compito che spetta a me. »

La discussione terminò, e Denethor tornò a Minas Tirith dopo aver salutato Boromir.

 

« Devi proprio partire? » gli domandò poco dopo Niniel, in un momento in cui si trovavano da soli, mentre l’uomo preparava la bisaccia per il viaggio.

« È mio dovere partire per difendere il mio popolo. »

« Ma devi partire proprio tu? Non può andarci qualcun altro? A Minas Tirith ci sono molti soldati, non c’è nessuno che possa intraprendere questa missione al tuo posto? »

« Se non parto io vorrà di sicuro farlo Faramir, e tu sai benissimo che il compito dei fratelli maggiori è quello di difendere i fratelli più piccoli dal pericolo. » Boromir sorrise e le si avvicinò « Ci sono dei doveri che dobbiamo compiere per forza. Anch’io preferirei rimanere qui con te, ma ho l’obbligo di difendere il mio popolo, e di difendere te. »

Niniel lo guardò senza capire.

« Io e mio fratello abbiamo fatto un sogno, e quel sogno ci dice di recarci a Gran Burrone. Può darsi che da questa missione dipenda il destino di Gondor, e voglio intraprenderla sperando di trovare consiglio e magari anche aiuto, per sconfiggere quest’Ombra che sta crescendo a Est e poter vedere di nuovo la Gondor splendente degli anni che furono. Poter vivere in pace, e far vivere in pace tutte le persone a cui voglio bene. Poter far vivere in pace anche te. »

Niniel lo abbracciò, di slancio, senza pensarci, e lui ricambiò l’abbraccio.

Fu una sensazione così strana per entrambi che non avrebbero saputo descriverla, ma era come se stessero aspettando quel momento dalla prima volta in cui i loro sguardi si erano incontrati.

« Promettimi che tornerai, che troverai il modo per sconfiggere Mordor e poi tornerai. » gli disse dopo qualche secondo, mentre due lacrime le rigavano il volto.

« Te lo prometto. Tornerò! »

Quanto amaro c’era in quella promessa? Quante involontarie bugie? Chi può essere sicuro di tornare da una missione in un momento come quello, quando l’Ombra cresce e il sole pare estinguersi?

« Boromir, il tuo cavallo è pronto. » disse Faramir entrando tristemente nell’edificio.

Tutti e tre uscirono all’aperto, dove li attendeva il cavallo di Boromir, sellato e pronto a partire.

I due fratelli si abbracciarono.

« Sei sicuro di voler partire tu? Sei ancora in tempo per cambiare idea. » gli suggerì Faramir « Minas Tirith potrebbe aver bisogno di te. »

« Minas Tirith è al sicuro anche con te. Andrò io a Gran Burrone, tu abbi cura di lei. » gli rispose l’altro indicando Niniel « Parto tranquillo solo perché so che per qualunque cosa lei potrà contare su di te. »

Faramir annuì.

« Comportati bene fratellino! » Boromir sorrise tristemente.

I due si abbracciarono ancora, poi l’uomo si rivolse a Niniel:

« Promettimi che non farai la matta mentre sono via, ok? »

« Mh, ci proverò, ma non ti assicuro nulla! » disse lei sforzandosi di sorridere.

« Devo fidarmi? »

« Certo! Tu invece vedi di non ficcarti in qualche pasticcio. »

« Ci proverò, ma non ti assicuro nulla! » ribattè lui.

« Vedi di riuscirci, perché se ti capita qualcosa potrei partire per Mordor e a quel punto, nessun Orco si salverebbe. »

« Meno male che le ho appena detto di non fare la matta! » disse Boromir al fratello, che sorrise.

Ma quei sorrisi e quelle battute, non servivano ad altro che a celare la profonda tristezza che si era impadronita dei loro cuori.

Boromir stava per salire sul cavallo, ma Niniel lo fermò e gli diede un veloce bacio sulla guancia.

« Così, sarai costretto a tornare per restituirmelo. » gli disse.

Lui sorrise, sentendo crescere dentro di sé un calore che non aveva mai provato. Sì, ora sapeva che poteva farcela. Ora aveva la forza per affrontare qualunque pericolo gli si fosse posto davanti e, se il suo cuore fosse stato preso dalla paura, questa non sarebbe stata nulla, in confronto a quel nuovo sentimento che ardeva nel suo petto.

Lanciò uno sguardo al fratello, poi guardò nei profondi occhi della ragazza e, dopo un veloce cenno del capo, montò sul cavallo e partì.

Faramir e Niniel rimasero immobili, a guardarlo finché non sparì tra le rovine della città.

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti! Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto! È stato tristissimo per me scrivere la fine di questo capitolo… devo ancora riprendermi! Sigh!

Va beh… cercherò di farlo in fretta!

 

Come sempre, grazie a chiunque abbia letto! Spero che la storia vi piaccia!

 

E ora le recensioni:

 

Ragazzapsicolabile91: Ciaooo! Sì sì, finalmente sono guarita! Eh, lo so, Boromir è stato immaturo e insensibile, e anche molto antipatico, ma adesso si è riscattato, no? Non potevo lasciare che partisse per Gran Burrone senza aver fatto pace con Niniel! Ma la pazzia effettivamente l’ha dovuta fare lei! Ormai si è resa conto di ciò che prova per lui e non la ferma più nessuno! In una recensione mi avevi chiesto del bacio… beh, uno “pseudo-bacio” c’è stato… anche se potevano sforzarsi un po’ di più, ma quando gliel’ho fatto notare non hanno voluto ascoltarmi! Va beh, vado… ci sentiamo nel prossimo capitolo! Ciaooo!

 

Evening_star: Ciaooo! Eh sì, è proprio il caso di dirlo… se non ci fossero le donne! Se Niniel non fosse corsa ad Osgiliath ora Boromir sarebbe partito senza riappacificarsi con lei! Spero di essere riuscita a riscattare Boromir in questo modo, insomma, si è comportato davvero male ultimamente, ma è tutta colpa del vecchiaccio e di quello che gli ha messo in testa! Al rogo il vecchiaccio! Va beh che poi alla fine ci pensa lui al rogo… ok, questa era penosa! J Spero che il capitolo ti sia piaciuto! A presto!!

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Ciau ciau

Ciau ciau!! Ecco l’undicesimo capitolo! A dopo!

 

Note:

La poesia inserita in questo capitolo è stata scritta da J.R.R.Tolkien e i diritti appartengono solo ed esclusivamente a lui e ai suoi discendenti. Io mi sono solo permessa di prenderla in prestito.

 

 

 

Capitolo 11

 

Niniel procedeva lentamente in sella al vecchio Harn. Si teneva un po’ scostata dal gruppo di soldati con cui stava cavalcando verso Minas Tirith: la infastidiva essere in mezzo a così tanti uomini. Come se non bastasse, il suo buon umore sembrava essersi rifugiato sotto gli zoccoli di Harn, e quel vecchio cavallo doveva averlo calpestato talmente tante volte, che la ragazza ebbe l’impressione che sarebbe rimasto là sotto per sempre.

« Non temere per lui, tornerà. »

Niniel alzò il viso sulla persona che le aveva appena rivolto la parola.

« Dici così, ma non mi sembri molto convinto nemmeno tu. »

Faramir sorrise tristemente:

« Sono preoccupato, logico, ma poi penso: è un soldato di Gondor, non può accadergli nulla. »

« Non basta essere soldati di Gondor, perché i servi di Mordor ti risparmino la vita. »

« Lo so, ma Boromir è forte e valoroso. Queste sono doti che giocano a suo vantaggio! »

Niniel rimase in silenzio, fissando il terreno che scorreva sotto gli zoccoli del cavallo.

« So cosa provi in questo momento. » disse ancora Faramir « Anch’io sento un peso sul cuore, ma dobbiamo sperare che tutto vada per il meglio. Boromir non sarebbe contento di vederci così, e se sapesse che sei così triste non si fiderebbe più di me: gli ho promesso di aiutarti per qualunque cosa tu abbia bisogno, ma a quanto pare faccio fatica anche solo a tirarti su il morale. »

« Non dire così! » lo riprese Niniel « Temo che nessuno in questo momento sarebbe in grado di farlo, ma apprezzo il tuo tentativo! »

Tra i due calò ancora il silenzio. Il suono di zoccoli di cavallo, era l’unico rumore che riempiva l’aria attorno a loro mentre tornavano a Minas Tirith con i soldati capitanati da Faramir.

« Faramir… » disse poco dopo Niniel « Grazie! »

 

Appena arrivata a casa, corse in cucina per raccontare ai suoi e a Jamril tutto quello che era successo. Inutile dire che dovette sopportare anche una lunga ramanzina da parte di Erith e Adhort, per essere andata da sola a Osgiliath senza nemmeno avvisarli di persona. Ma di fronte alla buona notizia della sua riconciliazione con Boromir, la questione rimase in sospeso.

Jamril, dal canto suo, non faceva altro che complimentarsi con la ragazza, come se Niniel dovesse sposarsi il giorno successivo.

« E ora Boromir dov’è? » le domandò infine Earine « È tornato anche lui? »

« No lui, lui è… è dovuto partire per Gran Burrone. » disse Niniel con un filo di voce « A quanto pare si tratta di una questione importante, che potrebbe portare alla salvezza di Gondor. Faramir mi ha raccontato di un sogno, che ultimamente disturbava le sue notti. In questo sogno, una voce gridava:

 

“Cerca la Spada che fu rotta,

A Imladris la troverai;

I consigli della gente dotta,

Più forti di Morgul avrai.

Lì un segno verrà mostrato,

Indice che il Giudizio è vicino,

Il Flagello d’Isildur s’è svegliato,

Ed il Mezz’uomo è in cammino.”

 

Inizialmente questa voce parlava solo a Faramir, ma successivamente anche Boromir ha iniziato ad essere tormentato dallo stesso sogno. »

« E chi sarebbe questo Imladris? » chiese Jamril

« Imladris è l’antico nome che veniva dato a Gran Burrone luogo in cui, a quanto pare, vivono degli Elfi. Uno di questi, di cui non ricordo il nome, dovrebbe essere in grado di dare a Boromir le risposte che cerca. » spiegò Niniel « Faramir e Boromir si sono consultati con Denethor, ed è stata presa la decisione che qualcuno avrebbe dovuto recarsi a Imladris per scoprire cosa sta accadendo. Faramir voleva partire, ma Boromir ha insistito per andare a Gran Burrone al suo posto. Mi raccomando, non raccontate a nessuno ciò che vi ho detto. Se dovesse giungere alle orecchie del Sovrintendente che Faramir mi ha raccontato tutto questo, sia lui che noi potremmo ritrovarci nei guai. »

« Per quanto tempo starà via Boromir? » le domandò la madre.

« Non so, ma spero che torni presto. » disse tristemente la ragazza mentre gli occhi le diventavano lucidi.

« Ok, qui urge un giro con l’amica. Posso portarvela via per un po’? » domandò Earine ai genitori dei Niniel.

« Vai pure » disse Adhort « Pensiamo noi alla cena. »

Niniel non era del tutto d’accordo: era già stata via tutta la giornata, ma alla fine Earine riuscì a trascinarla fuori da quella cucina.

Camminarono a lungo per le vie di Minas Tirith. Rimasero sul quinto livello, dove si trovava la casa di Niniel, ed Earine dovette lottare per convincere l’amica a non portarla alla bottega di Roth, dove lavorava Narith. Niniel voleva andare a trovare il fratello per raccontargli cosa fosse successo quella mattina, ma Earine la convinse che non le facesse bene continuare a parlare della partenza di Boromir, e poi avrebbe avuto tutta la sera per raccontare a Narith dell’accaduto.

Alla fine Niniel cedette, e si sedettero sotto un piccolo albero, che cresceva al lato della strada.

La cuoca era silenziosa, ed Earine non sapeva come comportarsi.

« A cosa stai pensando? » le domandò poco dopo per rompere il silenzio.

Niniel la guardò alzando un sopracciglio:

« Indovina? »

« Ascoltami bene: non si sa per quanto Boromir starà via, ma tu stessa hai detto che potrebbe rimanere lontano per dei mesi interi. Non puoi rimanere così per sempre, insomma, lui non sarebbe contento! »

« Lo so, ma mi manca. Eravamo appena riusciti a sistemare tutto e lui deve già partire. E non so quando tornerà. » la ragazza sospirò con malinconia.

« Sono certa che farà di tutto per tornare il prima possibile! Tu cerca solo di stare tranquilla ed essere positiva. »

« Non posso fare a meno di pensare che potrebbe essere in pericolo di vita già in questo preciso momento! »

« Ecco, e io cosa ti ho appena detto? » disse Earine alzando gli occhi al cielo « Cerca di essere positiva. Avevi paura anche per la battaglia di Osgiliath, ma hai visto che ne è uscito sano e salvo? »

« Niniel! » qualcuno poco lontano la chiamò e, voltandosi, le ragazze si accorsero che si trattava di Faramir. Si alzarono in piedi e lo salutarono, mentre Earine si stupiva di vederlo camminare verso di loro.

« Ciao! » le salutò lui.

« Ciao! Come mai qui? È successo qualcosa? » domandò Niniel subito in apprensione.

« No, assolutamente! Volevo solo sapere come stai. »

« Preoccupata, come questa mattina. »

« E io non riesco a fare nulla per aiutarla. » commentò Earine.

« Temo che sarà dura tirarle su il morale questa volta… » Faramir la osservò.

« Con tuo padre come va? » gli chiese poi Niniel.

« Come al solito. » sospirò lui « Solo, ora si aggiunge anche la preoccupazione per Boromir, e mi pare di vederlo più cupo del solito. Vorrei poter fare qualcosa per lui, ma sembra che ogni mia azione sia priva di senso. »

« Si accorgerà del tuo valore. » gli disse Niniel « I tuoi sforzi non sono vani. »

Faramir sorrise:

« Ero venuto qui per cercare di aiutarti, ma sei ancora tu ad aiutare me. Riuscirò prima o poi a tranquillizzarti sulla sorte di Boromir? »

« Temo che non sarò tranquilla fino a che non lo vedrò varcare il cancello della Città sano e salvo, ma parlare con te mi ha fatto bene! » finalmente sorrise di nuovo.

« È il primo sorriso che le vedo fare da quando è tornata da Osgiliath. » disse Earine sollevata « Grazie a voi! »

Faramir sorrise a sua volta:

« Beh, almeno qualcosa di buono sono riuscito a farlo! »

Improvvisamente, si udì un tuono provenire in lontananza da Oriente e i tre si voltarono nella direzione da cui giungeva il rumore.

« Quelle nuvole sono in grado di atterrire anche i cuori più coraggiosi. » disse Niniel in un sussurro.

« Mordor… se penso che tutto questo male è dovuto a ciò che si nasconde in quella Terra. » Faramir sospirò « Ora devo andare, mio padre aspetta ancora il resoconto della battaglia. Torno a trovarti appena posso! »

Niniel annuì, e l’uomo di Gondor si congedò e si allontanò dirigendosi a passo svelto verso la Cittadella.

« Adesso mi spieghi una cosa! » disse Earine con un sorriso strano dipinto in volto « Com’è che prima davi del voi perfino a Boromir, e adesso dai del tu anche a suo fratello? E da quando hai tutta questa confidenza con Faramir? »

Niniel sorrise di nuovo: sapeva che Earine le avrebbe di sicuro chiesto qualcosa, e anche lei non vedeva l’ora di raccontare all’amica quei particolari della storia che aveva taciuto con i suoi genitori.

« Beh, Faramir mi ha detto di dargli del tu, e anche Boromir, e adesso dò del tu a entrambi. »

« E dimmi un po’… c’è forse qualche altro particolare che non mi hai raccontato? »

« Mh, no, direi di no. »

« Avanti Niniel! Non mi prendi in giro così! Sono certa che c’è dell’altro, te lo leggo in faccia! »

« Va bene, ammetto che c’è dell’altro… »

« E cosa aspettavi a dirmelo? »

« Siediti, da sedute si racconta meglio! »

Le due ragazze tornarono sotto l’albero dove si erano sedute prima che arrivasse Faramir, e Niniel raccontò all’amica ogni singola parola di ciò che si erano detti lei e Boromir.

« Quindi ora lui è il tuo fidanzato! » gridò Earine emozionata.

Niniel arrossì di colpo:

« Aspetta, lui non mi ha detto niente di simile! »

« Sì, ma come traduci la frase: “Mio padre imparerà ad abituarsi all’idea di noi due”? » Earine la squadrò, come se non ci fosse niente di più semplice « Ah, cosa faresti senza di me! »

« In che senso? » le domandò Niniel scossa.

« Avanti! Se non ci fossi io che ti spiego tutti i significati nascosti di quello che ti dice il tuo Boromir, ora saresti ancora qui che cerchi di capire cosa provi per lui. »

« Sì, certo. » asserì Niniel poco convinta « Ma non ti ho ancora detto una cosa. »

« Cosa? Ti ha promesso di presentarti ai suoi parenti appena tornerà? » scherzò Earine « No perché, per tua sfortuna, suo padre già lo conosci, e per quanto riguarda il fratello vedo che hai già confidenza anche con lui! »

« Earine la smetti di scherzare un attimo? » la riprese Niniel, che non era ancora dell’umore giusto per sopportare le battute dell’amica.

« Scusa, lo facevo solo per farti ridere. » si giustificò l’altra « Dai, cosa vi siete detti ancora? »

Niniel la guardò con un sorriso, che nemmeno lei pensava di essere in grado di fare in quel momento.

« Aspetta, aspetta vuoi dire che lui… »

« Non lui, io… » ammise Niniel arrossendo nuovamente.

« Tu? »

« Ma è fantastico! » esclamò Earine, facendo voltare verso di loro molte delle persone che passavano di lì.

« Ti prego non urlare! » protestò Niniel.

« Va bene, ma di fronte a una notizia così! E quindi? Cos’è successo? »

« Gli ho dato un bacio sulla guancia, e gli ho detto che ora è costretto a tornare per restituirmelo. »

« Oh, com’è romantico! » commentò l’altra.

« Earine, ti prego… » disse Niniel guardandola male. Per via del suo carattere testardo e orgoglioso, causa anche del lungo dubitare circa i sentimenti che provava nei confronti di Boromir, Niniel aveva sempre mal sopportato il romanticismo e tutti i vari aspetti collegati ad esso, al contrario di Earine che, invece, era un’inguaribile romantica.

« Però poteva restituirtelo! Poteva almeno dire qualcosa! » replicò Earine imbronciata.

« Lui è così. Credo che faccia fatica ad esprimere i suoi sentimenti, motivo per cui ha fatto anche così tanta fatica ad ascoltare ciò che avevo da dirgli dopo che abbiamo litigato. Ricordi com’era fino a poco tempo fa? Al contrario di Faramir, pareva che gli importasse solo della guerra e non dei bisogni immediati dei cittadini. Poi ha iniziato a cambiare. »

« Perché gli interessavi tu. » commentò Earine.

« Può darsi, anzi, di sicuro è così. Ma questo ha indotto in lui un profondo cambiamento, e per certi aspetti ora è molto diverso da com’era fino a qualche mese fa. Nonostante questo, credo che per lui parlare apertamente dei suoi sentimenti sia ancora molto difficile. »

« Beh, allora siamo a posto! » la interruppe Earine.

Niniel la guardò confusa, aggrottando la fronte senza capire il senso delle parole dell’amica.

« Insomma, quanto ti ci è voluto per ammettere che provi qualcosa per lui? Sotto questo aspetto vi assomigliate molto! »

« Io almeno ho avuto il coraggio di andare a Osgiliath e parlargli! Tu non ce la fai nemmeno a scendere al livello inferiore per andare a trovare Narith alla bottega! » le disse Niniel con un sorriso sadico.

« Bell’amica che ho! Brava, brava, infierisci pure sulla mia storia d’amore non corrisposta! »

« Cosa ne sai che non è corrisposta? » disse ancora Niniel divertita.

« Non prendermi in giro, ok? Non sono dell’umore giusto! » reclamò Earine alzandosi.

« Oh, col mio malumore ho contagiato anche te? »

« Un po’… quindi spera che il tuo Boromir torni presto, perché non ho intenzione di starmene qui depressa a lungo. Piuttosto vado a riprenderlo di persona, e lo trascino fino a Minas Tirith, se non torna in fretta! »

« Credimi, se fosse possibile di direi di partire subito per andare a riprenderlo. » commentò Niniel, mentre il sorriso svaniva dal suo volto.

Si volse poi verso Oriente, verso le nubi scure che si addensavano, non molto lontano, sulla Terra di Mordor.

« Se fosse stato possibile, sarei partita per potergli essere accanto in ogni momento. »

 

Intanto, mentre Niniel osservava le nuvole nere sopra la Terra dell’Ombra, un Cavaliere di Gondor cavalcava solitario verso Nord, imponendosi di non voltarsi per un solo istante verso la direzione da cui era partito alcune ore prima. Imponendosi di andare avanti e non pensare a quell’Oscurità che cresceva poco lontano dalla sua Città e dalle persone che amava e che, a breve, avrebbe potuto invadere l’intera Terra di Mezzo. Imponendosi di pensare solo a quel calore che aveva percepito nel cuore poche ore prima quando, mentre si accingeva a partire, una ragazza gli dava la speranza di potercela fare, di poter superare qualunque pericolo e qualunque Ombra si fosse posta sul suo cammino.

“Tornerò.” pensò, mentre spronava il suo cavallo a correre più veloce “Tornerò, per onorare la promessa che ti ho fatto oggi. Per poterti rivedere e riuscire finalmente a dirti ciò che sento nel mio cuore. Tornerò, per mantenere la promessa che ti ho fatto e restituirti il bacio che mi hai dato. Tornerò. È una promessa.”

 

 

 

Erano passati ormai tre lunghi mesi da quel 4 luglio, giorno in cui Boromir era partito per Imladris.

La tiepida estate era ormai stemperata in un freddo autunno e, anche se era solo l’inizio della stagione, tirava un vento gelido dal Nord e le nuvole nere sopra Mordor rendevano l’atmosfera ancora più surreale.

Il morale di Niniel andava migliorando, anche se la spensieratezza che l’aveva sempre accompagnata a volte pareva averla abbandonata per sempre.

Ogni giorno, per tener fede alla promessa fatta al fratello, Faramir si recava dalla ragazza per essere sicuro che stesse bene. Molte furono le volte in cui dovette fermarsi in cucina o a casa di Niniel per farle forza, nei momenti di sconforto e maggiore preoccupazione, ma ora le cose stavano migliorando, e lui stesso se ne rendeva conto.

A volte, Faramir era costretto a rimanere lontano da Minas Tirith per alcuni giorni, per via di importanti missioni che lo tenevano occupato nella terra d’Ithilien. Egli, era stato infatti nominato dal padre Capitano dei Raminghi dell’Ithilien e, nelle ultime settimane, le spedizioni si erano fatte sempre più frequenti. Sebbene questo suo nuovo incarico potesse apparire come una dimostrazione di fiducia da parte di Denethor nei confronti del secondogenito, Niniel era convinta che si trattasse in realtà di un semplice espediente messo in atto dal Sovrintendente per allontanare il figlio da Minas Tirith.

Fu proprio in un giorno di inizio ottobre, in cui Faramir si trovava lontano dalla Città ormai da alcuni giorni, che Denethor convocò Niniel a palazzo.

Tra la sorpresa e la preoccupazione dei suoi genitori e di Jamril, che si trovavano in cucina con lei quando arrivò il messaggero a chiamarla, Niniel si tolse il grembiule senza batter ciglio e, dopo aver lanciato un’occhiata ai genitori, nel vano tentativo di tranquillizzarli, chiuse la porta della cucina alle sue spalle e seguì il messaggero fino al palazzo.

Denethor la fece attendere a lungo fuori dall’immenso portone. Niniel ebbe l’impressione di essere rimasta lì per un’ora se non di più.

I suoi nervi erano tesi, e ad ogni minimo rumore scattava, nella speranza che la porta di legno si aprisse e quella snervante attesa finisse una volta per tutte.

Finalmente il portone scattò, e il messaggero le fece segno di entrare.

Era la terza volta che camminava in quel lungo salone. L’ultima volta che vi era stata, qualche mese prima, era in occasione della famosa conversazione con Denethor, quella che aveva rischiato di rovinare il rapporto che stava nascendo tra lei e Boromir.

Le pareva ancora di sentire rimbombare, nell’immensità della sala, il disprezzo che il Sovrintendente aveva messo nelle parole che le aveva rivolto, un disprezzo in netto contrasto con le parole di ammirazione che, invece, le aveva rivolto la prima volta che era entrata a palazzo, quando Denethor aveva voluto complimentarsi con lei per l’ottimo lavoro che svolgeva come cuoca.

La prima volta che era entrata in quel salone… le era parso così imponente! Le alte colonne che sorreggevano il pesante soffitto e le statue dei re del passato donavano ancora, al palazzo, un sentore dell’antico potere e della grandezza di quei sovrani.

Ricordava ancora che i suoi occhi si erano involontariamente spalancati quando aveva visto il bianco trono del Re, situato alla fine di una scalinata, e l’immagine dell’albero in fiore incastonata di pietre preziose che faceva da sfondo al trono. Tutta quella bellezza era riuscita, la prima volta che Niniel era entrata a palazzo, a rendere lucente perfino il nero seggio del Sovrintendente sul quale, oggi come quella volta, sedeva Denethor, sempre più curvo e arcigno sotto il peso dei suoi pensieri.

Quante differenze vi erano in quel salone che, apparentemente, non poteva essere poi cambiato così tanto nel corso di qualche mese?

La ragazza camminò lentamente, senza alzare lo sguardo durante il tragitto che compì dall’entrata fino a quando si trovò di fronte a Denethor.

Solo allora, quando dopo un profondo inchino finalmente alzò gli occhi, si rese conto di cosa rendeva così diverso quel luogo: mancava lui!

Era stato lì, che si erano guardati negli occhi per la prima volta. Lo aveva già visto per la Città, certo, ma lui non aveva mai notato lei, e a lei Boromir stava anche antipatico. Ma quando quel giorno era entrata nella Sala del Trono con i suoi genitori, lui l’aveva osservata a lungo, e lei l’aveva fissato negli occhi, come a voler scoraggiare quello sguardo. Da lì, aveva poi avuto inizio tutto.

Gli occhi di Niniel iniziarono a pizzicare, ma ignorò quella sensazione. Non era quello il momento di farsi prendere dai ricordi, e doveva smetterla di pensare a Boromir come se fosse morto: era semplicemente partito e appena gli fosse stato possibile sarebbe tornato.

« Buon giorno mio Signore, a cosa devo questa convocazione? » domandò quindi Niniel, come a voler interrompere il flusso dei suoi pensieri. Intravide alcune persone che si affaccendavano in un angolo della sala, e notò che tra loro c’era anche Earine, la quale le lanciò uno sguardo veloce. Questo, senza dubbio, la tranquillizzò un po’.

« Il motivo della tua convocazione è semplice, per questo non ti tratterrò con lunghi e noiosi giri di parole. » iniziò il Sovrintendente guardandola dritta negli occhi. Con sua grande sorpresa, Niniel riuscì a sostenere quello sguardo senza mai abbassare gli occhi, nonostante l’agitazione e il cuore che le galoppava nel petto.

« Sei una grande cuoca, non c’è che dire. Ti mancano molte altre qualità ma sai cucinare bene. I soldati in questo periodo hanno bisogno di sostentamento e di qualcuno che soddisfi il loro stomaco: per questo ti sposto dalla mia cucina alla mensa dell’esercito. Lì si recano i soldati che si allenano per entrare a far parte della nostra difesa. Da domani lavorerai sul secondo livello: in questo modo starai anche lontana da me e dalla mia corte. Questo è tutto. »

Denethor si alzò, e si diresse verso una delle porte interne della Sala del Trono, che probabilmente conduceva nei suoi appartamenti.

Niniel era ancora immobile. Non aveva battuto ciglio di fronte alla notizia.

« Certo, mio Signore. Ogni vostro desiderio è un ordine. » strinse i pugni, mentre le braccia le si irrigidirono lungo i fianchi « Sappiate solo una cosa: potrete spostarmi alla mensa militare, potrete anche ordinarmi di lasciare la Città, di recarmi a leghe di distanza da qui. » fece una pausa, mentre Denethor rimaneva immobile e dava la schiena alla ragazza « Ma questo non cambierà ciò che provo per Boromir. »

Nel sentir pronunciare il nome del figlio, il Sovrintendente ebbe un sussulto e si voltò. Nei suoi occhi, Niniel distinse chiaramente una sottile vena di pazzia.

« Lascia stare mio figlio. » sussurrò Denethor « Lascia stare Boromir, lascia stare la mia famiglia! » aggiunse subito dopo alzando il tono di voce.

Le parole del Sovrintendente ancora echeggiavano nel salone.

« Lo lascerò stare solo se sarà Boromir a chiedermelo. » disse ancora lei senza scomporsi.

« Lo lascerai stare perché te lo ordino io! » disse Denethor abbassando un po’ la voce « Non abbiamo più niente da dirci. Vattene, e attieniti agli ordini che ti ho dato. »

Niniel si inchinò, e lasciò a grandi passi la Sala del Trono. Poco dopo si ritrovò all’esterno, sotto un cielo nero, che le opprimeva il cuore e sembrava non riuscisse a restituirle l’aria di cui aveva bisogno per riprendersi.

Tirò un profondo respiro, non capendo lei stessa se si trattasse di un sospiro di sollievo o di un sospiro volto ad appropriarsi dell’aria che le era mancata fino a poco prima.

Non attese oltre e tornò velocemente in cucina dove i suoi genitori la aspettavano, preoccupati, da molto tempo.

« Cos’è successo, Niniel? Cosa voleva da te questa volta? » le domandò Erith.

« Mi ha spostata alla mensa militare, sul secondo livello. » spiegò lei velocemente, ma con una calma che non avrebbe immaginato di possedere dopo ciò che era successo.

« Alla mensa militare? Ma perché? » lo stesso Adhort rimase sorpreso.

« Credo di non stargli più molto simpatica, da quando ha scoperto ciò che c’è tra me e Boromir. »

« Temo che Niniel abbia ragione. » intervenne Jamril « Questa mossa di Denethor è volta ad allontanarla da lui e dai suoi figli. »

In quel momento, Earine entrò trafelata in cucina:

« Si può sapere cos’è successo? Si può sapere cosa gli hai detto? » gridò « Perché ha urlato in quel modo? »

Tutti si voltarono verso Niniel con sguardo interrogativo.

« È successo qualcos’altro? » le domandò la madre.

La ragazza raccontò ciò che lei aveva detto a Denethor. Temeva che si sarebbe messa a piangere, quando avrebbe raccontato ai suoi genitori quella parte della conversazione avuta col Sovrintendente, ma non lo fece. Non capiva nemmeno lei cosa le stesse accadendo ma forse, ciò che provava per Boromir, era talmente forte che, qualunque cosa facesse per lui, per loro, poteva anche essere la cosa più insensata e pericolosa del mondo, ma nonostante questo acquisiva un significato tale che le dava la forza per affrontare qualunque conseguenza questa avrebbe portato.

« Lo sai cos’ hai rischiato rispondendogli in quel modo, vero? » le fece notare il padre « Sei stata troppo impulsiva, hai rischiato grosso. »

« Non mi importa. Lui deve sapere che può fare tutto quello che vuole, ma tra me e Boromir non deve mettere un dito! » l’aveva detto in un sussurro di rabbia. Non aveva mai sentito la sua voce assumere quel tono.

« Tu hai ragione, ma cerca di essere più riflessiva d’ora in poi. Ti ha spostata alla mensa militare, non sappiamo quale potrebbe essere la sua prossima mossa! »

« Hai ragione papà. Ma io comincio ad essere stufa. »

« La mensa militare non è un gran bel posto! » commentò Earine « Adesso cosa farai? »

« Ci andrò. Non voglio scappare, non deve pensare che scappo di fronte a lui e alle sue decisioni. »

« Hai coraggio, ma sei sicura di quello che fai? » le domandò Jamril.

« Sì, ne sono sicura. Ora scusatemi, ho bisogno di prendere un po’ d’aria. » dicendo questo, Niniel uscì dalla cucina e scese fino al quarto livello.

 

Era ormai tardi, l’ora di cena era passata da un po’, e Niniel non era più tornata in cucina.

Che senso aveva tornare a cucinare per Denethor? Il giorno successivo si sarebbe spostata alla mensa militare e ora che Boromir e Faramir non c’erano, per lei non aveva più senso continuare a lavorare per il Sovrintendente.

Erith e Adhort non erano ancora tornati, e Niniel era a casa da sola che preparava la cena.

Improvvisamente, sentì dei rumori provenire dall’ingresso, segno che suo fratello Narith era tornato.

« Chi c’è? » sentì chiedere non appena lui mise piede in casa.

« Sono io! » gli urlò lei dalla cucina.

« Niniel? Cosa ci fai qui? Non dovresti essere al lavoro? »

« Ci sarei, se Denethor non mi avesse cambiato incarico. »

« Cosa vuoi dire? »

« Da domani lavorerò alla mensa militare. Ordine del nostro caro Sovrintendente. »

« Ma non può farlo! La nostra famiglia lavora da sempre nelle cucine del palazzo! Non può spostarti, non è logico! » sbottò Narith arrabbiato.

« Può farlo invece, in qualità di Sovrintendente può decidere anche di queste cose. »

« Ma perché? »

« E te lo chiedi anche? » disse Niniel con un sorriso triste « Non può sopportare che io e Boromir ci amiamo. Farà di tutto per ostacolarmi, e spero non arrivi mai a farlo anche con voi! »

Narith sospirò.

« Guardiamo il lato positivo sorellina, in questo modo ci vedremo più spesso! »

Niniel si voltò di scatto verso il fratello:

« Cosa vuoi dire? »

« Mi sono arruolato nell’esercito. Boromir mi ha insegnato i rudimenti della spada, prima di partire, e ormai so come combattere. Da domani mi allenerò seriamente per difendere Minas Tirith nella guerra che sta per arrivare. »

« Ma perché? Narith è pericoloso, non avresti dovuto! Potresti morire! » il cuore della ragazza accelerò.

« Lo so, ma credi che se non mi fossi arruolato io non mi avrebbero comunque chiamato? Hanno bisogno di quanti più uomini possibili per questa guerra. Volenti o nolenti, saremo chiamati tutti prima o poi. Ormai ho 24 anni, non sono più un bambino e non posso rimanere qui, indifferente, di fronte a ciò che sta per compiersi. »

« Qualcuno, alcuni mesi fa, mi ha detto che è compito di noi fratelli maggiori proteggere i minori. Ma io e questo “Qualcuno”, avevamo anche capito che non possiamo impedirvi di percorrere la strada che avete scelto di intraprendere. Sei coraggioso Narith, spero che questo possa esserti d’aiuto anche in battaglia. »

Il ragazzo sorrise:

« Se Boromir fosse qui, sarebbe orgoglioso di ciò che hai appena detto! »

« Ma lui non è qui. » sospirò lei.

« Posso sempre ripetergli il tuo discorso non appena tornerà a casa. »

« Speriamo che torni presto allora. » disse Niniel sforzandosi di sorridere.

« Sì, speriamo che torni presto! Così ti passa questo spirito da funerale che hai addosso ultimamente, vi sposate e farete tanti bambini, così, lo zio Narith, penserà ad educarli a dovere! »

« Lo zio Narith è meglio che non corra troppo con la fantasia! » ribattè Niniel arrossendo.

« Da come sei arrossita, direi che non sto correndo poi così tanto! »

« Smettila o salti la cena! »

« Ok, ok, la smetto, la cena non si tocca! » esclamò lui sedendosi a tavola.

« Ecco, lo sapevo! Tutti uguali voi uomini! » borbottò lei.

« Perché? »

« Niente, niente, lascia stare… » rispose Niniel, ripensando con nostalgia a quando aveva minacciato Boromir di carbonizzargli il pranzo, mentre un leggero sorriso le attraversò il viso.

 

 

 

 

 

Ecco fatto! Finito anche questa volta! Spero di non avervi annoiato! Credo che per circa una settimana non ci saranno aggiornamenti, perché mercoledì vado via e torno il 26. Spero di risentirvi presto, perché questo significherà che l’ispirazione non se ne sarà andata in vacanza anche lei…

 

Grazie a chiunque abbia letto la ff!

 

Ragazzapsicolabile91: Vedrai… vedrai che si riscatterà!! Sì, Niniel è proprio matta… e i cavalli non sono il suo forte… ma l’importante era che arrivasse ad Osgiliath viva… ha rischiato, ma alla fine ce l’ha fatta! XD Credimi, a volte vorrei anch’io che Denethor si ricredesse nei confronti di Niniel e mi è venuta la tentazione di non farlo morire, ma nonostante questo credo che non cambierò questo aspetto della storia… ho già stravolto tutto così… :P ci penserò. Hai visto cos’ ha combinato il vecchiaccio alla nostra Niniel?? Ce la sta mettendo tutta per romperle le scatole! Spero che Boromir torni presto, anche perché anche a me manca e non vedo l’ora che torni e possa stare tranquillo con Niniel! Va beh, ora ti lascio!! Spero che in vacanza sia andato tutto bene e che ti sia divertita! A presto!!

 

Evening_star: grazie davvero! Serve di più una recensione come la tua, per capire dove sbaglio, che non qualunque altra recensione! In effetti rileggendo il capitolo ho notato che sono stata troppo frettolosa, ma è colpa di Denethor, non sopporto quando c’è di mezzo lui! Va beh, basta giustificarmi. Hai ragione e d’ora in poi cercherò di non correre troppo e di spiegare meglio certe cose, anche se c’è di mezzo un personaggio che non mi sta particolarmente simpatico! Sono contenta che almeno ti sia piaciuto il pezzo della riappacificazione tra Boromir e Niniel! L’ho riscritto venti volte perché non mi convinceva mai!!

Grazie anche per la recensione che hai lasciato all’altra mia storia… quella col titolo chilometrico! XD (Nel regno di Ferin ecc ecc…) Grazie per quello che hai scritto. A volte ho pensato di continuarla… chissà magari deciderò di farlo! (sempre se sua maestà Ispirazione decide di rifarsi viva!) Ora scappo… è tardissimo ed è meglio che io vada a dormire!! Ciao!!!

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Ok, sono tornata a rompervi

Ok, sono tornata a rompervi! J Ecco il nuovo capitolo!!

 

 

 

Capitolo 12

 

Qualcuno correva, giù per il fianco di una collina. I rametti più bassi degli alberi gli arrivavano addosso, tirandogli piccoli schiaffi. Ma quella persona continuava a correre, imperterrita.

In lontananza, rumori. Inizialmente si trattò solo di rumori indistinti, quasi non avessero senso. Qualche secondo dopo, a quei rumori, si aggiunsero delle urla, e la persona che correva comprese che si trattava di una battaglia. Poco lontano, qualcuno stava combattendo: spade venivano sguainate, e cozzavano tra loro mentre qualcuno, da un’altra direzione, urlava. Era tutto confuso, quelle voci urlavano qualcosa, ma chi correva non riusciva a comprendere cosa. Capì solo che si stava avvicinando sempre più al luogo da cui provenivano.

L’agitazione cresceva. Paura? No, paura no. O forse aveva anche un po’ di paura, non avrebbe saputo dirlo.

Correva, correva sempre più veloce: non poteva assolutamente permettersi di arrivare in ritardo, non poteva!

Ecco, ora quelle voci erano vicinissime, a pochi metri di distanza, e Orchi. Orchi! Decine di Orchi!

 

« No! » Niniel si alzò a sedere sul letto, per poi ricadere distesa un secondo dopo passandosi le mani sul viso sudato. Era un sogno, solo un brutto sogno.

« Niniel! Cosa succede? » Narith si affacciò alla stanza della ragazza, rischiarando l’oscurità con una candela.

« Niente, solo un incubo. » rispose lei con un sorriso tirato. Il cuore le batteva a mille, e il respiro era ancora affannato, come il respiro di quella persona che nel suo sogno correva a perdifiato lungo il fianco della collina.

Narith le si avvicinò, illuminandole meglio il viso con la candela.

« Sicura di stare bene? Sei pallida. »

In quel momento arrivarono anche Erith e Adhort.

« Cos’è successo? Abbiamo sentito un urlo. »

« Niente, tranquilli, era solo un incubo. Va tutto bene! » li tranquillizzò la ragazza.

« Non hai mai urlato per colpa di un incubo, nemmeno da bambina. » le ricordò la madre, sedendosi sul letto e scostandole i capelli ribelli dal viso sudato « Sicura che sia tutto a posto? » le appoggiò delicatamente una mano sulla fronte, per sentire se per caso avesse la febbre, ma la ragazza era fresca.

« Sarà l’agitazione per il nuovo lavoro! » sentenziò Narith.

« Può darsi. Tornate pure a dormire, è tutto a posto! »

A malincuore, e preoccupati per la ragazza, tutti i membri della famiglia tornarono nelle loro camere, mentre la stanza di Niniel veniva invasa nuovamente dall’oscurità.

Mancavano ancora alcune ore all’alba, ore di sonno e di riposo, ma per la ragazza non fu così.

Ci volle parecchio tempo perché il suo cuore tornasse a battere normalmente, mentre, per il resto della notte, nella sua testa continuarono a risuonare le urla che aveva sentito nel sogno, il fiato corto della persona che correva e, appena chiudeva gli occhi, si vedeva davanti decine e decine di Orchi feroci.

A chi appartenessero quelle urla, Niniel non era riuscita a capirlo, e nemmeno chi fosse la persona che correva. Ciò di cui era certa, era che ciò che le appariva era il punto di vista della persona che correva. Su questo non aveva dubbi. Era come se sentisse sul proprio corpo il dolore provocato dai rami degli alberi che quella persona incontrava, mentre il suo cuore era tormentato da un’agitazione crescente.

Riuscì a riprendere sonno verso l’alba, ma fu in ogni caso un sonno agitato e, poco dopo, sua madre andò a svegliarla.

Osservò a lungo la figlia: il viso stanco, di chi ha dormito poco, e una strana agitazione negli occhi.

« Forse dovresti rimanere a casa oggi. Non sei in forma. » le aveva detto.

Ma Niniel, testarda come sempre, aveva insistito per andare a lavorare. Si trattava del primo giorno alla mensa militare: non voleva dare una brutta impressione di sé non presentandosi, e nemmeno far pensare a Denethor che l’avesse fatto per una ripicca nei suoi confronti.

 

Poco dopo, Niniel e Narith stavano scendendo insieme verso il secondo livello della città.

« Come hanno preso, mamma e papà, il fatto che ti sei arruolato? » domandò Niniel al fratello.

« Beh, non ne sono entusiasti, ma hanno convenuto anche loro che se non l’avessi fatto io, prima o poi mi avrebbero chiamato comunque. E tu invece? Si può sapere cos’ hai sognato stanotte? »

Niniel abbassò lo sguardo, prima di rispondere, come se lei stessa dovesse pensarci su un attimo:

« È stato un sogno strano. »

« Dev’essere stato un incubo tremendo… come ha detto mamma, non hai mai urlato per un brutto sogno nemmeno quando eravamo bambini anzi, se non ricordo male, ero io che mi svegliavo nel cuore della notte piangendo, e tu mi dicevi che gli uomini non devono piangere per un incubo! » disse Narith ripensando alla loro infanzia.

« Già, e sinceramente non so nemmeno io cosa mi abbia spaventata fino a quel punto. In fondo non c’era nulla di chiaro in quel sogno, non sono riuscita a capirci niente, so solo che mi ha profondamente turbato. Non sono più riuscita a prendere sonno. »

« Si vede, hai la faccia stanca. Ti va di raccontarmelo? »

Così, Niniel prese a spiegare della persona che correva, della battaglia che si sentiva in lontananza, delle urla, dell’agitazione crescente e degli Orchi.

« Non so davvero cosa dirti sorellina. Certo è un sogno strano, ma si sa, nei sogni tutto è possibile! Pensa che una volta ho sognato di infilarti un enorme ragno nel letto, e quando te ne sei accorta ti sei messa a ridere! »

« E cosa ci sarebbe di impossibile in tutto questo? Gli scherzi me li fai sempre! » ribattè Niniel.

« Quello sì, ma la cosa impossibile è stato il fatto che non mi hai preso a pugni quando hai trovato il ragno! Conoscendoti, me ne avresti fatte passare di tutti i colori! »

« Ti sbagli! Ti avrei preso a pugni se tu mi avessi infilato un cavallo nel letto! I ragni li sopporto ancora, i cavalli proprio no! »

I due scoppiarono a ridere. Narith aveva sempre il potere di tirarle su il morale quando qualcosa non andava e di questo, Niniel, gli era infinitamente grata.

« Non preoccuparti comunque, i sogni sono solo sogni! » il ragazzo si interruppe « Bene, direi che tu sei arrivata! » disse, indicando una porta di legno da cui fuoriuscivano fumi e vapori.

« Direi di sì. » sospirò Niniel osservando l’entrata della cucina « Tu dove andrai? »

« Poco lontano da qui mi aspettano per l’allenamento. Magari ci vediamo a pranzo. Buon lavoro! » detto questo Narith si allontanò, lasciando Niniel sola, di fronte a quella porta che eruttava strani vapori.

Rimase qualche secondo immobile ad osservarla dall’esterno, sperando che l’interno fosse un posto migliore rispetto a ciò che si prospettava, poi prese coraggio e vi entrò.

Purtroppo per lei, l’interno era come l’aveva immaginato, se non peggio: fumi e vapori si alzavano da enormi pentoloni in cui ribollivano pietanze che Niniel non era in grado di identificare, un caldo soffocante, dovuto ai vari forni accesi e alla legna che bruciava sotto i pentoloni, le toglieva il respiro e decine di persone correvano e si affaccendavano da una parte all’altra dell’enorme stanzone, urlando, a volte, per permettere a chi si trovava dall’altro lato della sala, o nelle stanze attigue, di sentire ciò che aveva da dirgli.

« Chi sei tu? » un omone grande e grosso le si parò davanti, togliendole la visuale dell’intero ambiente.

« Buongiorno! Io sono Niniel e… » cercò di dire la ragazza nascondendo la sorpresa che l’aveva colta nel vedere in che condizioni lavoravano quei cuochi, ma l’uomo non la lasciò parlare.

« Ah sì, il Sovrintendente mi ha parlato di te. » esclamò, mentre Niniel lo osservava e cercava di carpire una qualunque espressione, bonaria o meno, che gli si fosse dipinta sul volto. Ma niente, il viso dell’uomo non lasciava trasparire alcun sentimento.

« Sono Nasten, il capo cuoco. Vieni con me, ti faccio vedere dove lavorerai. »

Niniel lo seguì in silenzio.

La maggior parte delle persone che lavoravano in cucina erano donne. Qua e là vide anche qualche uomo, ma erano davvero pochi. La maggior parte di loro, infatti, in quel momento era impegnata nella preparazione della guerra imminente, così tutti gli altri compiti erano affidati alle donne.

Mentre attraversavano la cucina, molte cuoche si fermarono e lanciarono veloci sguardi a Niniel, per poi tornare a dedicarsi alle loro attività una volta che la ragazza era passata.

Nasten la condusse all’altro lato della stanza, dove si trovavano tre donne intente a tagliare della carne e altre pietanze che sembravano essere verdure, anche se Niniel non ci avrebbe scommesso.

« Questa è Niniel, la nuova arrivata. Lavorerà con voi. » spiegò il capo cuoco, poi si rivolse alla ragazza, con la stessa espressione indecifrabile di prima « Ti affido alla supervisione di Liden. » disse, indicando una donna robusta sulla cinquantina « Da oggi eseguirai gli ordini che ti darà lei. Buon lavoro. »

Era un tipo di poche parole, questa fu l’unica cosa che Niniel riuscì a scoprire di Nasten in quei pochi minuti che aveva passato in sua compagnia.

Le donne smisero per un attimo di lavorare, e si rivolsero alla nuova arrivata per presentarsi: i loro nomi erano Milnet, di qualche anno più giovane di Liden, e Theris che avrà avuto circa trent’anni. Solo qualche anno in più di Niniel.

Non avrebbe saputo dire perché, ma quelle donne avevano delle facce che a Niniel proprio non piacquero.

« Cosa devo fare? » domandò la ragazza al termine delle presentazioni.

« Puoi stare qui a preparare la carne con noi. » le disse Liden, come se le stesse facendo una grande concessione.

Niniel prese posto vicino a loro, e iniziò a tagliare la carne e a farne dei pezzi che poi venivano gettati in un pentolone. Non era di certo quello il modo di lavorare a cui era abituata, ma sapeva che non poteva aspettarsi che nella mensa militare venissero seguiti gli stessi accorgimenti che avevano loro nella cucina del Sovrintendente.

Lavorò in silenzio per alcuni minuti, tenendo gli occhi bassi. Questo non le permise di accorgersi degli sguardi che si lanciavano le tre donne.

« Dunque tu sei la ragazza che cucinava a corte. » disse ad un tratto Liden, rompendo il silenzio che era calato tra loro « Come mai sei stata spostata qui? »

« Ordini del Sovrintendente. » si limitò a rispondere Niniel continuando a lavorare.

« Una persona che lavora a corte non viene spostata solo per capriccio. Dovrà pur esserci un motivo. » azzardò Milnet.

« Se anche ci fosse, io di certo non lo conosco. » rispose ancora Niniel cercando di mantenere la calma. Aveva capito dove volevano arrivare.

« Ma la tua famiglia lavora nelle cucine di corte da generazioni e nessuno dei tuoi avi è mai stato spostato nella mensa militare. Come mai è successo proprio a te? Qualche problema col Sovrintendente? » disse ancora Milnet.

« O magari col figlio del Sovrintendente? » si arrischiò Theris, la più giovane delle tre.

« Se siete invidiose perché la mia famiglia ha sempre lavorato a corte non ci posso fare niente. Si vede che hanno lavorato più duramente di voi per meritarsi quel posto. » disse Niniel cercando di mantenere la calma, ma la sua voce era venata d’ira « E lasciate stare Boromir. Lui non dovete nemmeno permettervi di nominarlo. »

« Nessuno ha nominato Boromir. Hai detto tutto tu! » le rispose Theris con un ghigno, essendo riuscita ad ottenere l’effetto desiderato.

« Si dice che sei andata apposta a Osgiliath a salutarlo prima che partisse. Tutto l’esercito ti ha vista. » intervenne di nuovo Milnet.

« Non sono cose che vi riguardano. Sono affari miei, miei soltanto, e di Boromir. » Niniel riprese a tagliare la carne, mentre le tre comari si lanciavano sguardi divertiti per essere riuscite ad infastidirla.

« Credo che qui non ci sia più bisogno di te. Puoi sederti lì con Ilarin, e aiutarla a pelare la verdura. » le disse infine Liden indicandole una ragazza che, un po’ in disparte, stava sistemando un’enorme quantità di patate.

Niniel non fiatò, si limitò a posare il coltello, prendere uno sgabello e sedersi vicino alla ragazza che Liden le aveva indicato, facendo ben attenzione a dare le spalle a quelle tre oche che l’avevano importunata. Essendo l’ultima arrivata, non poteva certo permettersi di rispondere a tono. Cosa che le risultò molto difficile, a causa della sua impulsività e del carattere deciso che l’aveva sempre contraddistinta, ma convenne che in quella situazione non poteva fare più di tanto. In fondo, Denethor aspettava solo una sua mossa falsa per metterla ancora di più nelle grane.

Il suo pensiero corse veloce ai genitori e a Jamril, che stavano di sicuro preparando il pranzo per il Sovrintendente, e a Earine, che se non stava eseguendo qualche ordine di Denethor di certo era in cucina con loro. Niniel era cresciuta in quell’ambiente, e da quando aveva iniziato a lavorare era sempre stata là. Ritrovarsi improvvisamente in una situazione così differente, le diede l’impressione di aver fatto un salto nel vuoto, in un pozzo buio di cui non riusciva a vedere il fondo. E il fatto, poi, che avessero menzionato Boromir era la cosa che più la infastidiva. Lui dovevano lasciarlo stare, non dovevano nemmeno pensarlo. Non dovevano nemmeno menzionarlo, lui.

Il pensiero di Boromir, fu la goccia che fece traboccare il vaso: prima la notte insonne, poi il nuovo lavoro e quelle stupide che nemmeno la conoscevano e che si divertivano a infastidirla.

“Boromir…” quel nome riecheggiò nella sua mente “Se solo tu fossi qui… Non mi importerebbe di sopportare tutto questo. Mi basterebbe pensare che alla fine della giornata potrei vederti per superare qualunque ostacolo il destino abbia deciso di mettermi lungo il cammino.”

Gli occhi iniziarono a pizzicarle, ma lei li fregò con una mano per evitare di piangere. Per fortuna si era seduta in modo da dare la schiena a quelle antipatiche.

« P… piacere, io sono Ilarin… » una timida voce la riportò alla realtà.

Niniel alzò gli occhi, e si accorse della ragazza seduta accanto a lei, che la osservava imbarazzata. Aveva un viso completamente diverso da quello delle altre cuoche, era dolce e segnato da un sorriso gentile.

« Perdonami, io… credo di aver dimenticato le buone maniere. Mi chiamo Niniel. » si scusò lei, fregandosi ancora gli occhi per ricacciare indietro definitivamente le lacrime.

« Non ti preoccupare. Il primo giorno di lavoro qui è difficile per tutti, ma piano piano ci si fa l’abitudine. » le disse Ilarin senza smettere di sorridere. Prese una patata dal mucchio e iniziò a pelarla, mentre Niniel la imitava.

« Perché sei qui in un angolo? Non potresti lavorare vicina a loro? »

Ilarin alzò lo sguardo su di lei e la fissò per alcuni secondi prima di rispondere.

« Questo è il mio compito. Lo devo svolgere io. »

« Sì, ma potresti sbucciare patate anche stando vicina alle altre cuoche. »

« Credo di non stare molto simpatica alle altre cuoche. » spiegò Ilarin titubante « È per questo che mi lasciano qui da sola. » abbassò lo sguardo.

« Dunque, a questo punto, devo dedurre di non stargli molto simpatica nemmeno io. » replicò Niniel traendo le sue conclusioni.

Ilarin le lanciò uno sguardo veloce e con un timido sorriso disse:

« Temo di sì… »

Rimasero in silenzio per qualche secondo, poi Niniel le chiese:

« Quanti anni hai? »

« Venti. »

« E da quanto tempo lavori qui? »

« Da quando avevo quindici anni. »

« E per cinque anni hai sopportato tutto questo? »

Ilarin fece cenno di sì col capo.

« Io mi sarei ribellata. Non che ci sia nulla di male nel pelare le patate, era un lavoro che facevo anch’io nelle cucine del Sovrintendente, ma non avrei resistito in un angolo per cinque anni senza dire niente. »

Ilarin alzò lo sguardo su di lei e con occhi duri, in netto contrasto con la timidezza dimostrata finora, disse:

« Come avrei potuto ribellarmi? Devo già ringraziare il fatto di avere questo lavoro! Non posso permettermi di perderlo. »

Niniel rimase turbata dal cambiamento improvviso della ragazza.

« Io… perdonami, non avrei dovuto parlare. Nemmeno ti conosco e vengo a darti consigli! Non so cosa mi abbia preso. Temo sia la rabbia per come mi hanno trattata. »

Lo sguardo di Ilarin tornò dolce come lo era stato fino a poco prima:

« Non preoccuparti, non me la sono presa! » rise, poi aggiunse sottovoce « E poi, credi che mi dispiaccia stare qui in un angolo? Se questo significa stare lontana da quelle tre bisbetiche ne sono più che felice! »

Niniel sorrise rilassata.

« Hai ragione! Almeno qui sei tranquilla! Beh, allora cerchiamo di andare d’accordo almeno noi! Credo che d’ora in poi saremo spesso insieme… »

Le due si misero a ridere, mentre Liden, Milnet e Theris le osservavano di sottecchi, borbottando qualcosa tra loro.

« Ma, se posso permettermi, hai detto che lavoravi nelle cucine del Sovrintendente, giusto? »

Niniel annuì col capo sospirando, sperava che la domanda che sarebbe seguita non fosse quella che temeva, ma la sua speranza si rivelò vana.

« Dunque tu sei… la cuoca di cui parlano tutti! »

« Ti prego, non ricordarmelo. È già abbastanza difficile così. » la pregò Niniel.

«Scusami, sono un’impicciona. Non avrei dovuto. »

Passarono alcuni minuti di silenzio, poi Niniel riprese il discorso, decisa a scoprire quanto la gente sapesse o dicesse su di loro.

« Sanno proprio tutti di me e Boromir a quanto pare. » commentò.

« Tutti parlano, in Città, e criticano. Non sanno fare altro! La gente è sempre pronta a dire male degli altri e a fare le sue considerazioni maligne. »

« Me ne sto rendendo conto. »

« L’importante è non farci caso e continuare per la propria strada. Se dai retta a tutte le voci che girano in città non vivi più. Mio padre era un soldato di Gondor, e quando cinque anni fa morì, in uno scontro con gli Orchi, la gente disse ogni sorta di male su mia madre e sulla mia famiglia. Il fatto che una donna rimanga sola con due figli da accudire fa sì che la gente pensi di potersene approfittare come vuole. »

« Mi spiace per tuo padre, dev’essere stata dura. » le disse Niniel.

« La vita è dura per tutti, in un modo o nell’altro. Ognuno di noi attraversa periodi difficili, ma prima o poi passa. L’importante è saper trovare il lato positivo in ogni situazione. Non bisogna mai vedere tutto nero. Per esempio: io qui in cucina non mi trovo bene, ma quando torno a casa ci sono mia mamma e mio fratello che mi aspettano. Con loro so che posso parlare, mi posso sfogare. A casa sono serena e ora, a distanza di cinque anni dalla morte di mio padre, le cose sono migliorate molto. »

Niniel rimase stupita dal discorso di Ilarin. Quella ragazza così timida, all’apparenza ingenua, mostrò di essere invece molto più profonda e saggia di quanto chiunque avrebbe potuto sospettare.

« Hai un fratello? » le domandò poi Niniel.

« Sì! » rispose l’altra con un sorriso « Si chiama Asyl, ha sei anni! »

« Anch’io ho un fratello più piccolo! Si chiama Narith, ma ha solo un anno meno di me. »

« Ah, com’è dura essere le sorelle maggiori, vero? » sospirò Ilarin fingendo disperazione.

« Già, ma a volte penso che senza mio fratello non riuscirei ad andare avanti! Lui sa sempre come tirarmi su il morale, anche adesso che Boromir è partito, se sono triste, so che lui c’è! » Niniel si sorprese di ciò che aveva detto. Lei, che fino a quel momento aveva cercato di nascondere a tutti ciò che provava per Boromir, si ritrovava a parlare di lui con una ragazza che aveva conosciuto solo pochi minuti prima.

« Hai ragione! Mi piacerebbe farti conoscere Asyl, sono certa che gli staresti simpatica! »

« Magari dopo il lavoro uno di questi giorni si può organizzare un incontro! Mio fratello, invece, può darsi che lo vediamo più tardi, ha iniziato oggi gli allenamenti per entrare nell’esercito. »

« Allora lo vedremo di sicuro! » sentenziò Ilarin.

Niniel la guardò con aria interrogativa, non capendo a cosa fosse dovuta quella certezza.

« Io vengo sempre mandata a servire i soldati, e a questo punto temo che anche tu… »

« Capisco… » sospirò Niniel « Ma come hai detto tu poco fa guardiamo il lato positivo! Non saremo qui dentro a sopportare quelle antipatiche e in più vedrò mio fratello! »

Le due risero, mentre Liden, Milnet e Theris gli lanciavano le solite occhiatacce.

 

Quella sera, mentre percorreva le strade di Minas Tirith per tornare a casa, Niniel rifletté a lungo su ciò che le aveva detto quella ragazza:

La vita è dura per tutti, in un modo o nell’altro. Ognuno di noi attraversa periodi difficili, ma prima o poi passa. L’importante è saper trovare il lato positivo in ogni situazione. Non bisogna mai vedere tutto nero. Per esempio: io qui in cucina non mi trovo bene, ma quando torno a casa ci sono mia mamma e mio fratello che mi aspettano. Con loro so che posso parlare, mi posso sfogare. A casa sono serena.”

Trovò, in quelle parole, una grande verità. In tutto ciò che le era accaduto fino a quel momento, la partenza di Boromir e il trasferimento alla mensa militare, lei aveva trovato solo aspetti negativi. Non aveva considerato il fatto che, a casa sua, ci fossero delle persone che le volevano bene e che non la avrebbero mai abbandonata, qualunque cosa fosse successa: i suoi genitori, suo fratello Narith, Earine e Jamril, le sarebbero stati sempre vicini e Faramir stesso ogni giorno, a parte quando si trovava in missione, andava a trovarla. Non poteva proprio desiderare niente di meglio. Certo, se Boromir fosse tornato le cose sarebbero di sicuro state migliori, ma nella situazione in cui era, doveva trovare degli aspetti positivi, e finalmente ci era riuscita.

« Ehi sorellina! » Narith la chiamò.

« Sorellona vorrai dire! » lo riprese lei, voltandosi.

« Vedo che ti sei ripresa! »

« Va un po’ meglio! » gli rispose riprendendo a camminare verso casa « Hai presente quella ragazza che ti ho presentato oggi in mensa? »

« Ilarin? »

Niniel annuì:

« Parlando con lei ho capito che devo smetterla di piangermi addosso. Boromir non lo vorrebbe. »

« Brava sorellina, sono certo che Boromir sarebbe fiero di te! »

Niniel gli sorrise, grata per ciò che le aveva detto.

« E poi sono fortunata sai? » aggiunse.

Narith la osservò con sguardo interrogativo.

« Ho il miglior fratello che potrei desiderare! » spiegò lei cingendogli le spalle con un braccio « E poi ci sono mamma, papà, Earine e Jamril! »

Narith sorrise:

« Siamo in vena di complimenti oggi? » commentò ridendo.

« Ma che dici? »

« Hai bisogno di qualcosa? »

« Narith, stavo facendo un discorso serio! »

« Tu che fai un discorso serio? Che novità, appena tornerà Boromir devo informarlo di questo tuo cambiamento! »

« Antipatico! » Niniel mise il broncio.

« E dai, stavo scherzando! » si scusò Narith.

« Sei antipatico lo stesso. »

« Allora, visto che sono antipatico, non ti dirò quello che mi ha detto Boromir una delle ultime volte che ci siamo allenati insieme. »

« Tanto so che lo dici solo per prendermi in giro. » replicò Niniel.

« Sai che su queste cose non ti prenderei mai in giro! E poi Boromir mi sta simpatico, quindi non lo coinvolgerei mai in uno scherzo contro di te! »

« Guardiamo il lato positivo… » commentò Niniel parlando più a sé stessa che al fratello « Se mai mi sposerò con Boromir so che mio fratello andrà d’accordo con suo cognato! »

« Su questo ci puoi giurare! » esclamò lui « Allora proprio non vuoi sapere cosa mi ha detto Boromir? »

« E va bene, se proprio insisti… »

« Prima, però, devi chiedermi scusa per avermi detto che sono antipatico! » la ricattò il fratello.

« Uff, e va bene scusa! Ma ricordati che lo faccio solo per Boromir! » sbuffò Niniel.

« Allora, visto che sei stata brava, te lo dico! »

« La smetti di trattarmi come se fossi una bambina? »

« Sempre a reclamare, che noia che sei! »

Niniel gli lanciò un’occhiataccia.

« Va bene, dopo questa occhiata credo di essere costretto a dirti cos’è successo. »

« Sarà meglio! » lo ammonì lei.

« Beh, pochi giorni prima che voi due litigaste, per colpa di quello che avevi detto a suo padre, alla fine dell’allenamento stavamo discutendo del più e del meno e io, a un certo punto, ho iniziato a parlare di te, di come sei brava a cucinare… »

« Come mai queste cose no me le dici mai in faccia? » lo interruppe Niniel.

« Perché è normale che un fratello non dica a sua sorella che è una brava cuoca, ma la prenda solo in giro! L’importante è che poi con gli altri dica la verità! E io l’ho fatto. »

« Strana teoria la tua. »

« Vuoi sapere cos’ha detto Boromir o no? » la ammonì Narith.

« Sì, sì certo! Continua pure! »

« Per farla breve, io ho iniziato a dire che sei una brava cuoca, una persona sensibile e tantissime altre cose carine su di te, quindi mi devi un grandissimo favore sorellina! »

« Certo, quando sarò riuscita a capire com’è andata a finire questa storia valuterò se ti devo davvero un favore o no… »

« Se tu mi lasciassi finire… Comunque ti ho fatto una marea di complimenti, così tanti che alla fine nemmeno io ero più sicuro se credevo veramente a tutto quello che aveva detto di te e… AHI! »

Niniel tirò uno scappellotto sulla nuca del fratello:

« Così impari a tenere per te certi commenti! E adesso, dimmi com’è andata a finire la cosa! » ringhiò.

« Alla fine, Boromir mi ha guardato sorridendo e mi ha detto: lo so Narith, lo so che tua sorella è una persona speciale! » concluse il ragazzo grattandosi la nuca.

Niniel continuò a camminare in silenzio, tenendo lo sguardo basso.

« Allora, non dici niente? » le domandò Narith sorpreso. Sapeva che sua sorella non era il tipo da mettersi a saltare come una ragazzina per un complimento ricevuto da un uomo, ma nonostante tutto si aspettava una reazione diversa.

« È tutto vero ciò che mi hai detto? » gli domandò lei.

« Dimmi perché avrei dovuto mentirti. »

« Grazie Narith! Ci voleva proprio dopo la giornataccia che ho avuto! »

La ragazza sollevò il viso guardando verso Occidente, dove il sole stava tramontando placidamente. Aveva gli occhi lucidi e Narith se ne accorse, ma sapeva quanto lei odiasse farsi vedere piangere e fece finta di niente.

Niniel si avvicinò alle mura, vi si appoggiò e continuò a guardare il sole che calava oltre l’orizzonte. Narith rimase fermo a osservarla per qualche secondo, poi la raggiunse e si mise di fianco a lei.

« Com’è andato il primo giorno di lavoro? » le chiese.

« Lascia stare, ti prego, non me lo ricordare! Non c’è gente molto simpatica in quella cucina. E tu, come sono andati gli allenamenti? »

« Bene, ho conosciuto un po’ di ragazzi che sono lì come me per imparare. »

Rimasero in silenzio per alcuni minuti continuando ad osservare il tramonto, mentre i raggi del sole infuocavano i monti dietro ai quali stavano scomparendo. Una luce completamente diversa rispetto al bagliore rosso che proveniva dalla parte opposta, da Mordor.

Ma i due ragazzi non fecero caso alla luce oscura della Terra Nera, che altro non era che un vano e lontano tentativo di imitare i raggi del sole.

« Narith… perché non mi hai raccontato prima di ciò che ti aveva detto Boromir di me? » gli domandò improvvisamente Niniel.

« Volevo aspettare che le cose tra voi si sbloccassero. Non mi pareva giusto venire a dirti io una cosa che avrebbe dovuto dirti lui! Poi avete litigato e non mi sembrava il caso di raccontarti questa cosa. »

Ancora qualche secondo di silenzio, interrotto ad un tratto da un profondo sospiro di Niniel.

« Mi manca molto, Narith. » confessò lei improvvisamente.

« Lo so, l’avevo capito. »

« E quando la sera il sole tramonta, mi manca ancora di più. »

« Vedrai che tornerà presto! È il nostro Capitano, non può stare lontano da Minas Tirith per troppo tempo! »

La ragazza non rispose, si limitò a spingere il suo sguardo il più lontano possibile, verso l’orizzonte, come a cercare una nuova speranza a cui aggrapparsi.

« Ci conviene andare ora: si sta facendo tardi, mamma e papà saranno in pensiero. »

I due ragazzi ripresero a camminare diretti al quinto livello della città, dove i genitori li aspettavano per la cena.

 

 

 

 

 

 

Ok, capitolo di passaggio… lo so, non è successo niente di particolare, ma servono anche questi capitoli a volte. Spero di non avervi annoiati!

Grazie di cuore a chiunque abbia letto!

 

Per chi non lo ricordasse, oggi è il 37° anniversario della morte del Professore!

 

 

Evening_star: spero proprio di riuscire a gestirli bene entrambi… credo sarà più difficile del previsto! Per Niniel, beh, non ha sangue Alto nelle vene, ma sono contenta che abbia dato questa impressione, anche se non l’ho concepita come una nuova Eowyn, ma come un personaggio un po’ diverso. Spero si noterà, soprattutto più avanti! A presto! Ciaooo!

 

Ragazzapsicolabile91: Ciao! Sono contenta che le vacanze siano andate bene! Hihi! Bello: vecchia mummia dai capelli unti! Comunque, non sei l’unica ad essere così cattiva nei suoi confronti… Io lo insulto ogni volta che lo vedo! Sai, anche a me manca Boromir, infatti scrivere questi capitoli in cui lui non c’è è dura! E avere a che fare con Denethor ancora di più! Per il bacio dovrai aspettare ancora un po’ ma il momento si avvicina, non temere! A prestoooo!!!

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Finalmente ce l’ho fatta… nuovo capitolo

Finalmente ce l’ho fatta… nuovo capitolo!

 

 

Capitolo 13

 

« Ti hanno detto davvero quelle cose? » esclamò stupita Earine che quella sera, dopo cena, si era recata a casa dell’amica per sapere com’era andata la prima giornata di lavoro alla mensa militare.

« Lascia stare, ne ho anche basta di parlarne! È gia la terza volta che devo ripetere tutta la storia! »

« Tu cosa suggerisci, Jamril? » domandò Earine all’uomo che, curioso com’era, non era riuscito a resistere ed era andato anche lui a casa di Niniel.

Chi avesse visto la scena, avrebbe pensato che le sei persone in quella stanza stessero cospirando contro qualcuno.

Niniel, Narith, i loro genitori, Earine e Jamril, seduti attorno al tavolo e illuminati dalla fioca luce di una candela, discutevano dell’attuale situazione di Niniel nel nuovo ambiente di lavoro.

« Niente! Non può fare niente. » sentenziò il cuoco, in risposta alla cameriera « È l’ultima arrivata e sappiamo perfettamente che non è nelle grazie di Denethor. Può al massimo azzardarsi a rispondere come ha fatto oggi, ma anche in questo caso si espone un po’ troppo. »

« La smettete di parlare di quelle tre oche? Almeno quando sono a casa vorrei pensare ad altro! E poi ci sono situazioni peggiori rispetto alla mia. Mi limiterò a ignorarle, anche se sarà dura. Devo ammettere che quando hanno iniziato a parlare di Boromir la cosa mi ha infastidita non poco! Ma possono arrangiarsi! Dimmi invece, Earine, com’era oggi il vecchiaccio? »

« Mh? Chi Denethor? Come al solito. Sta sempre chiuso nella Sala del Trono, raramente ne esce e, se lo fa, è solo per recarsi in cima alla Bianca Torre. Nessuno sa cosa faccia lassù. »

Qualche secondo di silenzio, poi Niniel chiese al fratello:

« E tu Narith, com’è andata la giornata? »

Il ragazzo, prese a raccontare degli allenamenti e dei ragazzi che aveva conosciuto. Almeno lui sembrava essersela passata un po’ meglio.

 

I giorni passavano, ma la situazione non migliorava: alla mensa militare Niniel non era ben vista, almeno, non lo era dalla tre cuoche a cui la aveva affidata Nasten. Con gli altri che lavoravano alla mensa non aveva praticamente contatti se non con Ilarin. Le due ragazze passavano le loro giornate nel solito angolo, da sole, a lavorare, ma almeno andavano d’accordo e tra le due stava nascendo una buona amicizia.

Per quanto riguardava Nasten, il capo cuoco, Niniel lo vedeva girare per la cucina, ma non vi aveva più avuto a che fare. Quell’uomo le trasmetteva una sensazione di timore: non riusciva a comprendere come fosse, cosa pensasse. Non parlava praticamente mai con nessuno e, se lo faceva, era solo per spiegare qualcosa inerente alle pietanze che avrebbero dovuto cucinare quel giorno.

« Fa sempre così? » aveva domandato un giorno a Ilarin.

« È il suo carattere, ma non è cattivo. Pare tanto rude, ma credo che in fondo sia più buono di molti altri che ti sorridono e ti fanno mille moine ogni volta che ti vedono, per poi pugnalarti alle spalle! » le aveva risposto l’altra.

E il discorso era finito lì.

Liden, Milnet e Theris, dal canto loro, continuavano con la loro personale crociata contro Niniel, la quale a volte riusciva a trattenersi dal rispondere, in altre situazioni, invece, fu necessario l’intervento di Ilarin per calmarla, o quelle tre avrebbero seriamente rischiato di ricevere una padellata in testa.

 

Era ormai un giorno di fine novembre, quello in cui Faramir tornò dalla sua ultima missione nell’Ithilien. Niniel era da due mesi che lavorava alla mensa militare.

Quel giorno, in tarda mattinata, dal loro angolino Niniel e Ilarin notarono un certo movimento all’interno della cucina, poi, tutti si voltarono verso l’ingresso e chinarono il capo in segno di rispetto.

Le due ragazze si alzarono in piedi, abbandonando il lavoro che stavano svolgendo e, solo in quel momento, Niniel notò che era appena entrato Faramir.

Avrebbe voluto chiamarlo, attirare la sua attenzione perché sapesse che lei era lì e le concedesse qualche minuto, giusto per informarsi se ci fossero notizie di Boromir: da quando il secondogenito del Sovrintendente era partito, infatti, lei non aveva più saputo nulla. Prima di recarsi nell’Ithilien Faramir, ogni giorno, le faceva sapere se c’erano notizie di Boromir e, anche se non era mai giunta alcuna novità, Niniel nutriva sempre la speranza che un giorno o l’altro Boromir riuscisse ad inviare qualcuno a Minas Tirith che portasse notizie sul suo viaggio.

« Sto cercando Niniel. » la voce dolce e gentile di Faramir irruppe in quel luogo colmo di astio, portando con sè una nota di tranquillità che Niniel da molto non sentiva più « Mi hanno detto che si trova qui. »

Tutti, nella cucina, si voltarono verso la ragazza e la fissarono, in attesa. Ormai, la voce di chi fosse Niniel si era sparsa.

« Sono qui. » disse lei un po’ intimorita da quegli sguardi. Faramir sorrise.

« Ho bisogno di parlarti. » poi si rivolse a Nasten « Posso sottrarla per qualche minuto ai suoi compiti? »

« Certo, mio signore. » il capo cuoco si voltò in direzione della ragazza « Vai pure. » disse semplicemente.

Niniel lanciò uno sguardo veloce a Ilarin, poi si levò il grembiule e a passi svelti raggiunse Faramir.

I due uscirono sul secondo livello di Minas Tirith e la luce del sole, anche se fioca, ferì gli occhi di Niniel, ormai abituati alla penombra in cui lavorava.

« Sono stato a cercarti nelle cucine del palazzo, ma i tuoi mi hanno detto che eri qui. Mi hanno spiegato cos’è successo... Mi spiace. » la voce di Faramir era risentita per l’ennesimo torto che Denethor aveva fatto alla ragazza.

« Non importa. Non è un problema. » disse lei.

« Mio padre non dovrebbe usare la sua autorità per vendicarsi su di te. »

Niniel rimase in silenzio.

« Come stai? » le domandò poi Faramir tornando calmo.

« Va meglio. E tu? Com’è andata la missione? »

« La forza di Mordor sta crescendo. Temo che la guerra si avvicini ormai a grandi passi. »

« E da Boromir ci sono novità? » Niniel trattenne il respiro, come ogni volta che poneva quella domanda a Faramir.

« No. » sospirò lui « Purtroppo no. Ma temo che non abbia avuto modo di inviare a Minas Tirith notizie di sè. É solo, senza messaggeri al suo seguito, e di questi tempi non è prudente affidare messaggi a chi non si conosce. Potrebbe sempre trattarsi di qualche alleato di Sauron. »

« Temevo questa risposta. » replicò lei.

« Credo però che ora sia giunto a Imladris. Non conosceva con certezza la strada, ma ormai dovrebbe esservi arrivato e lì, puoi stare tranquilla, che si trova al sicuro. »

Niniel sorrise, in parte rincuorata da quell’idea.

« Vorrei poter fare qualcosa per te, ma mio padre non acconsentirebbe a sollevarti da quest’incarico. » le disse poi Faramir sospirando rassegnato.

« Non ti preoccupare per me! So cavarmela anche qui, dovresti aver capito ormai che ho la testa dura! »

Faramir sorrise:

« In effetti, non so quale altra ragazza avrebbe lasciato da sola Minas Tirith per correre ad Osgiliath rischiando di incontrare qualche Orco fuggitivo… Ma ti ringrazio per averlo fatto! »

 

Pochi minuti dopo, la ragazza tornò in cucina dove, per l’ennesima volta, molti la guardarono male e, per l’ennesima volta, Niniel si domandò cosa volessero da lei: in fondo, pur essendo in stretto contatto con la famiglia del Sovrintendente, quest’ultimo aveva dimostrato di non riservarle alcun favoritismo e l’intera Città avrebbe dovuto accorgersene, quindi non avevano motivo di essere invidiosi della sua posizione.

« Niniel! » la voce di Liden la bloccò, prima che potesse tornare al suo posto di fianco a Ilarin.

Ogni volta che la chiamava, ogni volta che la guardava, nella voce e negli occhi della donna si rispecchiavano chiaramente l’insofferenza e la mancanza di stima che provava nei confronti della giovane cuoca.

Niniel si girò verso di lei, trattenendosi dall’alzare gli occhi al cielo.

« Per ora qui in cucina Ilarin se la può cavare da sola. La mensa è sporca e tra poco è ora di pranzo: non vorrai far mangiare i nostri soldati in un porcile! » le tese una scopa « Và a pulire la mensa! »

Senza darle risposta, né la soddisfazione di vederla arrabbiata, Niniel prese la scopa e si diresse verso la mensa mentre Liden, e le altre sue due comari, ridacchiavano alle spalle della ragazza.

 

Niniel pensò bene di sfogare il nervosismo che le era venuto pulendo il pavimento della mensa anche se, più che scopare il pavimento, pareva che stesse combattendo contro un Orco di Mordor.

Si morse con forza l’interno della guancia per impedirsi di urlare insulti verso quella cuoca che non sopportava.

Lo faceva apposta, Niniel l’aveva capito benissimo.

Ce l’aveva con lei, forse per come le aveva risposto il primo giorno o perché non le aveva dato informazioni su cui Liden potesse spettegolare, riguardo il suo rapporto con Boromir. L’ultima possibilità era che quella cuoca fosse solo una povera ignorante, che non sapeva far altro che prendersela con le persone che considerava più fortunate di lei.

Niniel sbuffò e gettò via la spazzatura, mentre i primi soldati iniziavano a fare il loro ingresso nella mensa.

Alcuni la guardavano, altri la ignoravano. Niniel era sicura che uno di quei tipi fosse uno di quei tre soldati con cui aveva avuto quell’interessantissima conversazione a Osgiliath…

Poco dopo fece il suo ingresso anche Narith, ma lei non se ne accorse. Era troppo impegnata a sistemare scopa e ramazze.

Lui, osservò da lontano la schiena dritta e il portamento sicuro della sorella: era un cuoca, una semplice cuoca, che discendeva da una famiglia di cuochi, e il suo carattere spesso duro e scorbutico non avrebbe di certo fatto pensare che fosse figlia di qualche nobile, eppure in lei vi era una fierezza che la rendeva diversa da qualunque altra semplice ragazza del popolo. Non lo faceva per mettersi in mostra, non voleva spiccare al di sopra di nessuno. Era semplicemente sé stessa.

« Niniel! » Narith la chiamò, e si diresse a grandi passi verso di lei « Cosa ci fai qui, non dovresti essere in cucina? »

« Liden ha deciso di promuovermi facendomi pulire la mensa. » replicò lei, poi sorrise « Sai che è tornato Faramir? Prima è venuto a trovarmi per sapere come sto. »

« Ora capisco il perché della promozione di Liden… » commentò il fratello « E Boromir? Ci sono novità? »

Niniel scosse la testa sconsolata.

« Mi spiace. » Narith parve triste quasi quanto la sorella.

« Ehi, Narith! Non mangi oggi? » un ragazzo dai capelli biondo cenere e gli occhi scuri lo chiamò da un tavolo.

« Arrivo Alner! Un attimo di pazienza, stavo parlando con mia sorella! »

Il ragazzo si alzò e si diresse verso di loro:

« Dunque voi siete la sorella di Narith, eh? Lieto di fare la vostra conoscenza! Il mio nome è Alner. » disse baciandole la mano con un gesto plateale e calcando particolarmente su quel “voi”. Niniel rimase di sasso, e poco ci mancò che storcesse il naso quando le labbra del ragazzo vennero in contatto con la sua mano.

« Vedi di smetterla Alner! » lo redarguì Narith ridendo « Ricordati che lei è mia sorella, e sappi che è già impegnata! »

« Oh, domando scusa, non era mia intenzione importunarvi, ma Narith deve sempre fraintendere… » si difese Alner ridendo.

« Fraintendere? Ti conoscerò da poco, ma ormai ho capito come sei! Fai il cascamorto con tutte le ragazze che incontri, ma con mia sorella non devi nemmeno pensarci! » i due ragazzi scoppiarono a ridere.

« Scusate se vi interrompo, ma devo scappare. Se dalla cucina si accorgono che sono qui a parlare con voi non saranno molto contenti, e per oggi ne ho abbastanza di promozioni… Piacere di aver fatto la tua conoscenza, Alner! Ah, solo un consiglio… evitate di mangiare la zuppa oggi… non ho ancora capito cosa ci abbiano messo dentro! »

« Grazie per averci salvato lo stomaco, madamigella! »

Narith lanciò un’altra occhiataccia all’amico che se la rideva di gusto, divertendosi nel prenderlo in giro.

I ragazzi si salutarono e Niniel raggiunse Ilarin accanto alle marmitte ricolme di cibo per aiutarla a servire il pranzo, altra mansione che spettava loro di diritto…

« Questa poltiglia è vomitevole… » commentò Ilarin.

« Ci sono cose molto più vomitevoli di questa roba… come il modo di fare di Liden per esempio. » replicò Niniel, l’altra annuì, poi le due rimasero in silenzio.

 

Quel pomeriggio, le ragazze stavano pulendo e sistemando l’enorme mensa dove i soldati avevano pranzato. Parlavano tranquille tra loro, essendo rimaste sole là dentro: Liden, Milnet e Theris di certo non si abbassavano ad aiutarle, molto probabilmente erano in cucina a riposarsi beatamente e a ridere alle loro spalle.

Inaspettatamente, la porta che dalla cucina conduceva alla mensa, si aprì e ne uscirono le tre cuoche.

Niniel le ignorò, continuando il suo lavoro.

« Dev’essere difficile per te » le disse improvvisamente Liden « Essere qui a lavorare quando, fino a due mesi fa, te ne stavi tranquilla nella mensa di corte. »

« L’invidia fa male, vero? » replicò Niniel con voce calma, anche se dentro di sé sentiva crescere forte il desiderio di rompere, sulla testa della cuoca, la scopa che aveva in mano in quel momento.

Liden ignorò la sua risposta e continuò:

« Certo, finché c’è stato Boromir, le cose per te devono essere andate davvero molto bene! Sono certa che là in cucina non lavoravi neanche! Avrai passato tutta la giornata a fare niente! »

« Se il “niente” è ciò che fate voi tutto il giorno, non è detto che anche gli altri si comportino allo stesso modo, non credi? » le rispose ancora Niniel.

Ilarin comprese che l’amica era vicina a perdere il controllo: aveva imparato a conoscerla, in quei due mesi in cui avevano lavorato assieme, e sapeva che su certi argomenti era meglio non stuzzicarla, a maggior ragione, poi, se questi argomenti riguardavano Boromir.

« Che poi » iniziò Theris prendendo la parola « Devo ancora capire come potesse Boromir essere interessato a una come te! Cos’hai di tanto speciale? » si lisciò con cura una ciocca dei lunghi capelli neri.

« Di certo, poiché Boromir si è innamorato di me e non di te, ho qualcosa che tu non hai. »

Sul volto di Theris comparve una smorfia di disappunto di cui Niniel si compiacque.

« Certo, » intervenne Milnet a sostegno dell’amica « bisogna anche vedere se Boromir è veramente innamorato di te, o se per lui sei solo una delle tante ragazze che gli girano attorno: si dice che in molte siano interessate a lui o forse, più precisamente, interessate a ciò che egli rappresenta. Di certo, una cuoca come te, sarebbe disposta a fingersi innamorata del futuro Sovrintendente, pur di uscire dalla cucina e vivere nel completo ozio per tutta la vita. »

« Eppure io non credo che Boromir sia tonto fino al punto di cascare nel suo tranello. » commentò Theris.

« Mi sembrava di avervi detto » le interruppe Niniel cercando di mantenere la calma « Che potete dire e pensare tutto quello che volete, ma Boromir dovete lasciarlo stare. »

Niniel appoggiò a un tavolo la scopa con cui stava ripulendo il pavimento.

« Dove credi di andare? » la apostrofò Liden.

« Via di qui. » rispose secca la ragazza, raddrizzando la schiena e andandosene dalla mensa, lasciando le tre a bocca aperta.

« Voglio proprio vedere se farà ancora la sbruffona: parlerò con Nasten e gli racconterò tutto quello che è successo! » esclamò Liden con un sorriso soddisfatto dipinto sul volto, come se non stesse aspettando altro che un passo falso da parte di Niniel.

 

Quella sera, Niniel andò a letto presto: era stanca e il pensiero di ciò che le avevano detto quelle tre continuava a tormentarla, così come il pensiero di quella che sarebbe stata la sua punizione, il giorno seguente, per aver abbandonato il lavoro. Magari Denethor in persona l’avrebbe convocata e lei sapeva perfettamente che ne sarebbe stato capace: quell’uomo non aspettava altro che un suo sbaglio per complicarle ulteriormente la vita.

Aveva raccontato tutto ai suoi genitori e al fratello, che le avevano consigliato di abbandonare il lavoro, ma lei aveva insistito per non lasciarlo: nonostante tutto, non voleva dare al Sovrintendente la soddisfazione di averle fatto un torto così grande, spostandola dalla cucina del palazzo alla mensa militare.

Niniel era a letto già da parecchio tempo, probabilmente quasi un’ora, e continuava a girarsi e rigirarsi sotto le coperte, scoprendosi e ricoprendosi, mettendosi a pancia in su e poi girandosi a pancia in sotto e tuffando il viso nel cuscino, tirandosi le coperte fin sopra la testa, eppure il sonno pareva non volesse farle visita quella sera.

“Bisogna anche vedere se Boromir è veramente innamorato di te, o se per lui sei solo una delle tante ragazze che gli girano attorno: si dice che in molte siano interessate a lui…”

La voce acida di Milnet le risuonava nella testa, trasformandosi piano, piano in un’eco che non le dava pace.

Possibile che Boromir non fosse realmente innamorato di lei? Che per lui fosse solo una delle tante?

“No! Non devo ascoltare quelle tre!” pensò la ragazza, affondando ulteriormente il viso nel cuscino “Lo fanno apposta, solo per farmi del male! Se io fossi stata solo una delle tante, lui non se la sarebbe presa così per quello che avevo detto a suo padre, e non avremmo litigato! E poi, ha detto che Denethor dovrà abituarsi all’idea di noi due insieme!”

Niniel si voltò a pancia in su, respirando profondamente l’aria che la pressione contro il cuscino le aveva fatto mancare. Un leggero sorriso le attraversò il volto, ora più rilassato. Le tornarono in mente gli occhi grigi di Boromir, e il suo respiro si calmò:

“Ti aspetto, Boromir. Torna presto!” e con questo ultimo pensiero, finalmente, si addormentò.

 

Rumori. Rumori indistinti provenivano da ogni parte del bosco.

Passi, pesanti, rimbombavano tutto attorno facendo tremare il suolo.

Spade, venivano sguainate.

Urla, urla che giungevano da un luogo ben preciso, verso il quale una persona stava correndo. I rametti bassi degli alberi gli sferzavano il viso, ma quella persona correva, verso il punto dal quale provenivano quelle voci, mentre un’agitazione crescente si impadroniva del suo cuore.

Rumori, passi, spade, urla.

E qualcuno correva, correva ancora. Il fiato iniziava a venir meno, ma correva, doveva correre. Doveva arrivare nel luogo in cui stavano urlando. Doveva farlo, non doveva, non poteva tirarsi indietro.

Rumori, passi, spade, urla.

Sibili, sibili di frecce che venivano scoccate in lontananza.

E grugniti, che davano l’impressione di appartenere a bestie immonde, nemmeno degne di essere pensate, figuriamoci nominate.

Rumori, passi, spade, urla…

E Orchi, decine e decine di Orchi. Che scendevano tra gli alberi lungo il fianco della collina.

Orchi alti e possenti, con occhi che parlavano di morte e… urla!

 

Un urlo squarciò il silenzio notturno, che regnava nella piccola casa sul quinto livello di Minas Tirith e di nuovo, come qualche tempo prima, Adhort, Erith e Narith corsero nella camera di Niniel. Il primo ad arrivare fu il fratello:

« Niniel… »

La ragazza era seduta sul letto e ansimava, priva di fiato, come se lei stessa avesse corso fino a qualche istante prima.

« Niniel, tutto a posto? » le domandarono i genitori non appena giunsero nella sua camera.

« Sì. » riuscì a rispondere lei col fiato corto « Sì, tutto bene. »

« Ancora un brutto sogno? » le domandò la madre, sedendosi accanto a lei sul letto.

Niniel annuì senza aprir bocca.

« Vi prego tornate a dormire. » disse poco dopo ancora col fiato corto « Non voglio che stiate svegli per colpa mia. »

« Non vuoi parlarci del sogno? »

« Magari domani. Ora andate. »

La madre le lanciò un’occhiata preoccupata, negli occhi della figlia riconobbe la stessa strana agitazione che vi aveva scorto anche qualche settimana prima, quando si era svegliata nel cuore della notte a causa di un altro incubo. Riluttante, incoraggiata dal marito, Erith fu costretta a lasciare la camera della figlia.

« Sicura che sia tutto a posto? » le chiese Narith prima di tornare in camera sua.

Lei annuì, deglutendo a fatica.

« Sei certa di non voler un po’ di compagnia? »

« Sicura, tranquillo fratellino! » Niniel alzò lo sguardo verso di lui, e Narith poté cogliervi un lampo di tristezza mista a un’irrequietezza di cui non comprendeva la causa.

« Vai pure Narith, è tutto a posto! » gli disse ancora la ragazza, sforzandosi di sorridere per tranquillizzare il fratello, che non pareva però convinto di ciò che lei gli stava dicendo « Ne parliamo domani, ok? Ora voglio solo dormire. »

Narith annuì, ancora poco convinto:

« Buona notte, sorellina, e vedi di fare la brava! »

Lei sorrise e lui fece per andarsene, ma Niniel lo richiamò:

« Narith, potresti lasciare qui la candela… »

Lui la fissò in silenzio per alcuni secondi, poi annuì e pose la candela che aveva in mano sul comodino di fianco al letto della ragazza.

Rimasta sola, Niniel si mise a fissare la fiamma gialla, che danzava davanti ai suoi occhi e illuminava tenuemente la camera, allungando sulle pareti lunghe ombre tremolanti.

Aveva sempre avuto paura del buio: fin da bambina temeva che quando il sole calava e tutte le luci della città si spegnevano, qualcosa di terribile strisciasse nell’ombra alla ricerca di qualcuno da infastidire.

“Sono proprio un disastro!” pensò tra sé e sé, mentre si avvolgeva nelle coperte per ripararsi dal freddo di fine novembre “Ho venticinque anni, e oltre ad aver paura dei cavalli e ora anche dei miei sogni, temo ancora il buio.”

Sospirò sconsolata, mentre alcuni momenti del sogno le ritornavano alla mente. I rumori nel bosco, i passi pesanti che facevano tremare il terreno, le spade che cozzavano tra loro, quelle urla che risuonavano lungo il fianco della collina e il viso di quegli Orchi, con i loro occhi gialli e terribili.

Niniel passò nuovamente una notte insonne. Riuscì a chiudere occhio solo verso l’alba, ma presto fu ora di svegliarsi per ricominciare con una nuova giornata.

 

« Vuoi dire che il sogno era uguale a quello che hai fatto qualche settimana fa? » le domandò Earine quella mattina, mentre accompagnava l’amica verso il secondo livello della città.

« Praticamente identico, se non per qualche particolare in più che l’altra volta non c’era. »

« È strano. » intervenne Narith.

« Che cosa? »

« Insomma, nessun sogno ti ha mai spaventata tanto, nemmeno quando eravamo più piccoli. E ora invece inizi a sognare tutte queste cose strane, che ti fanno urlare nel bel mezzo della notte, lasciandoti insonne fino a mattina. Per non parlare poi del fatto che è la seconda volta che sogni praticamente la stessa cosa. »

« Non ti seguo… » Niniel guardò il fratello con gli occhi arrossati e stanchi, avvolgendosi nel mantello per ripararsi dal vento freddo e implorandolo con lo sguardo di non giocare agli indovinelli, ma di parlare chiaro.

« Vuoi dire che quel sogno potrebbe avere un significato particolare? » intervenne Earine, che per la prima volta trovò il coraggio di rivolgere la parola a Narith.

« Esatto! » esclamò lui « Insomma, guarda Boromir e Faramir: tu stessa ci hai raccontato del sogno che disturbava le loro notti, e per il quale Boromir ha deciso di partire alla volta di Imladris. »

« Non mi ricordare quel sogno. » ringhiò a denti stretti Niniel « Non mi ricordare che è solo colpa di un sogno se ora Boromir è lontano. »

« Io dico solo che anche il tuo potrebbe avere un significato. Dovresti parlarne con qualcuno, magari con Faramir. » suggerì Narith.

« È una buona idea. » intervenne Earine « Egli è saggio, magari sa come aiutarti. »

Niniel alzò le spalle:

« Ci penserò. »

Improvvisamente, Niniel si sentì chiamare da una voce che proveniva alle loro spalle.

« Ilarin! » esclamò, vedendo l’amica che correva a rotta di collo verso di lei.

Qualche istante dopo, Ilarin raggiunse Niniel e si fermò ansante, cercando di riprendere fiato.

« Che bello vederti! Ti presento Earine » disse indicando l’amica al suo fianco « Cameriera di corte e mia amica da quando eravamo bambine. » poi si rivolse a Earine « Mentre lei è Ilarin, te ne ho parlato, lavora con me alla mensa militare. »

« Piacere di conoscerti, » disse ancora col fiato corto Ilarin « Perdonatemi, ma quando vi ho visti ho fatto una corsa per raggiungervi! »

« Piacere mio, Niniel mi ha parlato molto di te! » le disse Earine.

« Immagino! Praticamente ci hanno costrette a vivere insieme per l’intera giornata. Niniel dovrà pur sfogarsi con qualcuno quando non è con me, o finirà per diventare scema a furia di sopportarmi! » scherzò Ilarin.

« Ma cosa dici? » esclamò Niniel al sentire la battuta della ragazza.

« Beh, un po’ scema lo è già, e non ho notato peggioramenti… » disse Narith.

« Concordo! » aggiunse Earine.

« Cos’hai detto? » sbraitò Niniel « Prova a ripeterlo se hai il coraggio! »

Narith assunse un’espressione angelica:

« Lo sai che scherzo, sorellina! »

Niniel sbuffò rumorosamente:

« Certo… come no! »

« Narith! » i ragazzi si voltarono e videro Alner, compagno d’armi di Narith, giungere verso di loro.

« Buon giorno vecchio matto! » esclamò Alner tirando una pacca sulla spalla dell’amico.

« Ciao vecchio scemo! Dormito bene? » gli rispose l’altro.

« Uomini… » borbottò Niniel « Dimmi te se si può trattarsi così! »

« Siamo soldati, mia cara, tra noi è normale fare così! » le spiegò Alner, poi, il suo sguardo si posò improvvisamente su Earine.

« Oh, una ragazza cha ancora non conosco! » esclamò, sfoderando la sua solita faccia tosta e inchinandosi profondamente « Il mio nome è Alner, onorato di fare la vostra conoscenza! »

« Piacere, io sono Earine… » biascicò l’altra imbarazzata.

« Benissimo, ora che abbiamo fatto le presentazioni possiamo anche andare, vero? » Narith afferrò l’amico per un braccio e lo trascinò verso una via secondaria « Ci vediamo questa sera! » urlò, scomparendo dietro al muro di una casa.

 

« Si può sapere cosa diavolo ti prende? » gli domandò poco dopo Alner, quando furono soli.

« Niente, ma se non ci sbrighiamo rischiamo di arrivare in ritardo agli allenamenti! »

Alner lo fissò, assumendo un’espressione seria che non gli si addiceva.

« Ho capito! » esclamò trionfante qualche secondo dopo.

Narith lo squadrò alzando un sopracciglio:

« Capito cosa? E poi da quando tu capisci qualcosa? »

« Così mi offendi amico mio! » replicò l’altro « Sarò anche duro di comprendonio, ma quando si tratta di certe cose capisco molto più di altri! È lei dunque! »

« Lei chi? Cosa? Di cosa stai parlando? » ribattè Narith ancora nervoso.

« La ragazza che ti fa battere il cuore! È Earine, quella di cui mi parlavi l’altro giorno! »

« Sai amico, io te lo dico sempre che non ti conviene bere birra già a colazione, ma se tu non mi dai ascolto… »

« Non sono ubriaco, Narith! » ribattè Alner, assumendo nuovamente un’espressione seria « Certe cose le capisco! Ho visto come la guardavi, e il fatto che mi hai trascinato via quando mi sono presentato può significare solo una cosa: è lei! » un sorriso soddisfatto gli solcò nuovamente il viso.

« Muoviti vecchio scemo, tra poco gli allenamenti cominciano davvero! » gli rammentò Narith, sbuffando e allungando il passo.

 

« Ma cosa gli è preso? » domandò Ilarin, osservando Narith che trascinava Alner per un braccio per poi scomparire dietro il muro di una casa.

« Oh, sono uomini… questa è una spiegazione che basta! » replicò Niniel, osservando il viso rosso di Earine e lanciandole un’occhiata eloquente. Ormai aveva capito che tra la cameriera e suo fratello c’era qualcosa, ma quei due non riuscivano nemmeno a parlarsi…

“C’è veramente bisogno che gli organizzi un incontro romantico, proprio come avevo promesso a Earine quando aveva portato il mio biglietto a Boromir…” pensò Niniel “Se aspettiamo che se la sbrighino da soli possiamo anche invecchiare qui.”

« Beh, io scappo. Tra poco devo prendere servizio a palazzo, se arrivo in ritardo Denethor mi uccide. »

« Ci vediamo dopo Earine, buon lavoro! » Niniel la osservò allontanarsi, non doveva passarsela molto bene nemmeno lei, pensò la ragazza, il carattere di Denethor peggiorava ogni giorno di più, e per chi lavorava a stretto contatto con lui doveva essere sempre più difficile.

« Niniel… » Ilarin la richiamò alla realtà, ridestandola dai suoi pensieri « Devo dirti una cosa, una cosa che è successa ieri appena te ne sei andata dalla mensa… »

Niniel guardò seria l’amica, poi tirò in lungo sospiro e annuì col capo:

« Raccontami, ma intanto incamminiamoci, o rischiamo di arrivare in ritardo, e ciò potrebbe solo peggiorare le cose. »

Mentre si dirigevano verso il loro luogo di lavoro, Ilarin ebbe modo di spiegare all’amica ciò che aveva detto Liden il giorno precedente, quando lei aveva abbandonato il lavoro in seguito alla loro discussione.

« Dunque oggi dovrò aspettarmi una bella ramanzina da parte di Nasten, e magari anche una convocazione di Denethor. Immaginavo che sarebbe finita così. » sospirò Niniel « Eppure, se avessi l’opportunità di tornare indietro, non cambierei ciò che ho fatto: non sopporto che loro continuino a parlare in quel modo di me e Boromir. »

« Ma non puoi nemmeno rischiare continuamente… già ce l’ hanno con te, se tu gli rispondi anche ti rovinerai la vita. » le disse apprensiva Ilarin.

« Non mi importa. Se questo serve a correggere l’idea che loro hanno di me e Boromir sono disposta a rischiare! »

« Hai ragione, io dico solo che in fondo cosa ti importa? Tu sai come stanno veramente le cose, e Boromir anche. L’importante è che voi due siate consapevoli di ciò che vi lega poi, quello che dicono gli altri, non ha valore e di certo non influenzerà i vostri sentimenti non credi? »

Niniel rimase alcuni secondi in silenzio, a occhi bassi, osservando la strada che stavano percorrendo.

« Sai Ilarin, a volte vorrei poter essere un po’ meno impulsiva e un po’ più riflessiva, come te! »

L’altra sorrise:

« Pensa che io, invece, vorrei poter avere almeno metà della decisione che hai tu! »

Le due si guardarono e scoppiarono a ridere.

Pochi minuti dopo, giunsero di fronte alla mensa militare e sulla porta trovarono Nasten, il capo cuoco. Pareva fosse lì per aspettare loro.

« Ilarin vai pure in cucina, ma tu, Niniel, fermati qui. Ti devo parlare. »

La ragazza più giovane fece un cenno col capo, poi abbassò lo sguardo ed entrò nell’edificio da cui fuoriuscivano già strani vapori.

Niniel invece rimase ferma, di fronte a Nasten, sostenendone lo sguardo.

« Si può sapere cos’è successo ieri pomeriggio? » esordì lui in tono pacato.

Lei si stupì della calma con cui le stava parlando. Si aspettava che l’avrebbe trattata male, invece manteneva la solita espressione indecifrabile e una calma che le metteva soggezione.

Niniel abbassò lo sguardo, per la prima volta, di fronte all’uomo.

« Allora? Mi pare di averti fatto una domanda! » la incalzò lui.

« Ho risposto a Liden e non avrei dovuto, lo so. Per questo domando scusa. »

« Hai risposto a cosa? »

Niniel lo guardò senza capire.

« Se hai risposto, » si spiegò lui « Significa che lei ti ha detto qualcosa. Che cosa, di preciso? »

« Ha parlato di me e Boromir. Ha detto cose non vere. » confessò Niniel, con la voce che tremava ancora dalla rabbia al ricordo di ciò che le aveva detto Liden.

« C’è qualcuno che può confermare ciò che sostieni? » le domandò ancora Nasten.

« Nessuno. » Niniel abbassò ancora lo sguardo. Qualcuno in effetti c’era… Ilarin era lì con lei il pomeriggio precedente, ma quella ragazza aveva già abbastanza problemi e a Niniel non andò di coinvolgerla anche nei suoi.

« Sicura? » le chiese ancora lui, inarcando un sopracciglio.

« A parte Milnet e Theris, che di certo darebbero ragione a Liden, nessuno. »

Nasten annuì, ma qualcosa nel suo sguardo, per la prima volta, tradì il suo annuire, come se non credesse del tutto a quell’ultima affermazione della ragazza.

« Ti costerà questo, lo sai vero? »

« Certo, lo so. Ogni scelta e azione ha un suo prezzo. È una cosa che ormai dovrei aver imparato. » sospirò lei.

Nasten la fissò per alcuni secondi in silenzio:

« Sei saggia, ragazza, per avere solo venticinque anni. Cerca di sfruttare bene questa tua qualità. »

« Se fossi davvero saggia, ieri avrei tenuto la bocca chiusa. » replicò lei.

« Se sei veramente saggia, impari dai tuoi errori per non ripeterli più in futuro. Ora sai che in certe situazioni è meglio tacere. »

Niniel lo fissò, senza comprendere come fossero arrivati a quel punto della conversazione.

« Ora, comprenderai che non posso lasciarti tornare al lavoro, senza una punizione per come ti sei comportata ieri. »

Niniel annuì.

« Per un mese, fino alla fine di dicembre, svolgerai tutti i lavori più pesanti della mensa: pulire, lavare, sistemare e, logicamente, se avranno bisogno in cucina ti chiameranno a cucinare. » Nasten alzò lo sguardo su di lei, come ad accertarsi che avesse compreso.

« Certo. » Niniel abbassò il capo.

« Per questa volta faccio finta che non sia successo niente e non riferirò nulla a Denethor, ma che non si ripeta più una situazione del genere. Puoi andare. »

Niniel annuì e fece per entrare in cucina, ma Nasten la fermò di nuovo:

« Sei una ragazza saggia, guarda il lato positivo: con questi nuovi incarichi sarai lontana da Liden per quasi tutta la giornata! » le lanciò uno sguardo divertito, e Niniel rimase contraddetta, nel notare quell’espressione che mai aveva visto sul viso dell’uomo, da quando lo aveva conosciuto due mesi prima. Dopo qualche secondo si riscosse e gli rispose con un sorriso, infine, entrò in cucina.

 

 

 

 

 

 

Ok, non disperate, prima o poi l’aggiornamento arriva! Il fatto è che le vacanze sono finite, e riprendere le vita normale porta via un sacco di tempo anche alla scrittura… in più ci si è messa anche la Signora Ispirazione, che dev’essere rimasta in vacanza o forse è semplicemente andata ad abitare da un’altra parte!

Beh, a parte questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Un bacio e grazie a chiunque abbia letto!

 

Grazie a Malika, per aver aggiunto la storia tra le preferite!!

 

E logicamente, grazie mille a chi ha recensito!!

 

Ragazzapsicolabile91: no, le streghe non mancano mai, sia nelle storie che nella vita reale purtroppo!! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto! Sai, anche a me manca Boromir, per questo nel prossimo capitolo si parlerà un po’ anche di lui. Mi mancava troppo per lasciarlo fuori dalla storia così a lungo, quindi ti anticipo che ci sarà una sua piccola incursione! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto! A presto!!

 

Evening_star: Ecco qui, aggiornato! Scusa per la lentezza!! Comunque… Uff… ma mi leggi nel pensiero? Quando ho letto la tua recensione, avevo già scritto il capitolo e, come avrai notato, Niniel si accorge che c’è bisogno di un suo intervento per far muovere Earine e Narith! Ti dico solo che bisognerà aspettare ancora un po’, quando a Minas Tirith arriverà una persona che diventerà amica di Niniel… Detto questo, non mi picchiare!! J Grazie per la recensione anche alla poesia A Frodo, so che non era granchè, ma ci tenevo a inserirla perché l’ho scritta in un periodo che ricordo volentieri! A presto!!

 

Aidos: Che bello, una nuova lettrice!! J Grazie per i complimenti! *arrossisce* Comunque tranquilla, non posso far accadere nulla a Boromir, non posso assolutamente! Ma non dico più niente, ho già parlato troppo… J Ho il vizio di dire più di quello che dovrei! Spero che continuerai a leggere! Baci! A presto!!

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Ciao

Ciao! BUON NATALE A TUTTIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!! J

Allora, cosa ne pensate di un nuovo capitolo dopo tutto questo tempo? Consideratelo un po’ come un regalo di Natale da parte mia!!

E finalmente ce l’ho fatta! Inutile, a quanto pare devo per forza essere costretta in casa con la febbre per riuscire a continuare questa fan fiction! Ehi, aspettate però… questo non significa che siete liberi di augurarmi qualunque tipo di malanno solo per poter continuare a leggere la storia eh?!!

Comunque, scherzi a parte… mi spiace avervi fatto aspettare così tanto! Mi rendo conto che ho impiegato più di due mesi per aggiornare, ma vi assicuro che l’ispirazione era andata a farsi un giro probabilmente dall’altra parte del mondo! Non riuscivo a scrivere una riga, e non tanto in questo capitolo che era già scritto tutto, ma nel prossimo! Non ci riuscivo! Poi mi sono impegnata (anche perché con la febbre non avevo altro da fare), ho pregato in elfico che l’ispirazione tornasse e alla fine qualcosa ho combinato… (ma poi mi direte voi quando leggerete il prossimo capitolo che è quello incriminato!)

Ora vi lascio alla storia, è meglio…

 

 

 

Capitolo 14

 

24 Dicembre 3018, Granburrone

 

I ruscelli sul fondovalle scorrevano scrosciando dolcemente mentre gli alberi, nonostante fosse ormai dicembre inoltrato, parevano nel pieno della loro vita. Un freddo vento invernale passò attraverso i rami e nei corridoi, che conducevano da un edificio all’altro, e dove si aprivano balconate che permettevano di affacciarsi sui fiumi sottostanti. Quello stesso vento accarezzò dolcemente i capelli dell’uomo che, affacciato a una di quelle balconate, osservava come ipnotizzato il ritmico cadere dell’acqua di una piccola cascata, giù, verso fondovalle.

« È tutto pronto. Domani possiamo partire. » una voce lo riscosse dai suoi pensieri, mentre un uomo, dai capelli scuri e la barba incolta, gli si avvicinava « Tu sei pronto? »

« Sono pronto da tempo. Per me abbiamo aspettato anche troppo. »

« Se Gandalf e Sire Elrond hanno ritenuto giusto farci aspettare fino ad ora, un motivo c’è. Non dobbiamo dubitare delle loro scelte. »

« Non dubito delle loro scelte, Aragorn. » la voce di Boromir si fece tesa « Temo per la sorte del mio popolo. Tu sai che vi seguirò, che combatterò con voi, ma non appena mi sarà possibile i miei passi si dirigeranno verso Minas Tirith. Gondor ha bisogno di essere difesa! »

Il ramingo si appoggiò alla balconata e strinse i denti mentre, in silenzio, scrutava la valle sottostante.

 

Gennaio 3019, Minas Tirith

 

« E poi metti dell’altra crema al cioccolato qui ed è fatta! La torta è pronta! »

« Sìììì! E ora me la mangio! » esclamò il piccolo Asyl.

« Eh, no… mi sa che dovrai aspettare ancora un po’! » gli spiegò Niniel ridendo.

« Perché? » domandò deluso il bambino « Hai detto che è pronta! » e incrociò le braccia sul petto.

« Asyl! Smettila di fare i capricci e ascolta quello che ti dice Niniel! Altrimenti non viene più ad insegnarti a preparare i dolci! » lo riprese sua sorella Ilarin.

Era un tardo pomeriggio di metà gennaio e Niniel, dopo il lavoro, si era fermata a casa di Ilarin. Alcune settimane prima aveva conosciuto Asyl, il fratellino dell’amica. Il bambino si era affezionato a Niniel e, nonostante sua sorella Ilarin fosse anche lei una cuoca, era riuscito a convincere Niniel ad andare da loro, quel pomeriggio, perché gli insegnasse a cucinare un dolce.

« Mi sgridi solo perché sei gelosa che ho chiesto a Niniel e non a te di insegnarmi a preparare una torta! » le rispose il bambino, leccandosi in dito sporco di cioccolato.

« Ma cosa dici? » Ilarin spalancò gli occhi « Vorrei solo che tu ascoltassi un po’ di più Niniel! »

« Ma lei aveva detto che la torta era pronta! Perché non posso mangiarla allora? » reclamò lui.

« Perché prima dobbiamo cuocerla! » gli spiegò Niniel, intromettendosi nella discussione tra fratello e sorella.

« Ma se la mangio così cosa succede? »

« Ti viene un bel mal di pancia! » gli spiegò Niniel.

« Allora mi sa che è meglio se prima la cuoci… » bisbigliò il bambino.

Niniel e Ilarin scoppiarono a ridere, mentre le guance del bambino si tingevano di vergogna.

« La smettete di prendermi in giro? » gridò il bambino offeso.

« E dai Asyl! Stiamo scherzando! » gli disse la sorella.

« Io no! Per questo voglio imparare a cucinare bene! Così quando sarò grande cucinerò insieme a Niniel e poi ci sposeremo! »

Le due ragazze smisero di ridere e si guardarono esterrefatte.

« Asyl, vedi io… non credo che tu e Niniel… sì, insomma, non credo che potrete mai sposarvi! » gli disse la sorella.

« E perché? Guarda che se anche tu non vuoi io Niniel la sposo lo stesso! » rispose il bambino mettendo le mani sui fianchi.

Ilarin guardò l’amica senza sapere cosa rispondere, mentre Niniel si arrovellava per cercare il modo più corretto per rispondere al bambino senza farlo rimanere male.

« Vedi Asyl... Io ho già un fidanzato. » gli spiegò Niniel.

Il bambino la guardò fissa negli occhi, aggrottando la fronte:

« E che vuol dire? » sbottò.

« Significa che lei è già innamorata di un’altra persona, e che questa persona è innamorata di lei. » cercò di spiegargli Ilarin.

« Allora non potremo sposarci? Non potremo stare insieme tutta la vita? » domandò il bambino triste.

« Temo di no, Asyl, e poi sei un po’ piccolo per poter sposare me... » Niniel venne interrotta bruscamente da un’ occhiata di fuoco del bambino:

« Io non sono piccolo! Ho sei anni, e sono forte come Boromir e Faramir messi insieme! »

« Asyl! » lo rimproverò Ilarin.

Il bambino si voltò di scatto verso la sorella:

« Sai che è vero! » disse, chiudendo gli occhi e alzando il viso in maniera altezzosa.

Niniel scoppiò a ridere:

« Non metto in dubbio che tu sia un uomo, né che tu sia forte come loro... »

« Più di loro! » la corresse Asyl.

« Scusami, più di loro... Ma vedi, tu hai sei anni e io venticinque. »

« Ed è tanto? » domandò il bambino.

« Umh, vediamo... » Niniel si fissò le mani e mostrò al bambino sei dita alzate « Questi sono i tuoi anni » disse, poi mostrò per due volte dieci dita aperte e infine altre cinque « E questi sono i miei. Capisci ora? Ho troppi anni più di te! »

Asyl rimase pensieroso per un attimo, continuando a fissare le mani di Niniel che ora giacevano chiuse sulle sue ginocchia.

« Non pensavo che tu fossi così vecchia! »

« Asyl, ma ti sembra il caso? Chiedi subito scusa a Niniel! » lo riprese Ilarin spalancando gli occhi, ma l'amica scoppiò nuovamente a ridere:

« Lascia stare Ilarin! Asyl ha ragione! Per lui noi siamo vecchie! »

« Ciò non toglie che dovrebbe cercare di essere meno maleducato! »

« Io non sono maleducato! Dico solo quello che penso! » sbottò Asyl.

Ilarin alzò gli occhi al cielo, mentre Niniel scoppiò nuovamente a ridere.

« Sai una cosa? Credo che se tuo fratello avesse avuto una ventina d’anni in più, avrei anche potuto farci un pensierino! »

« Cosa significa? » domandò il bambino.

« Niente Asyl, niente! » esclamarono all’unisono le ragazze.

« Ragazzi! Sono tornata! » la porta d’ingresso della piccola e umile abitazione si chiuse, e una voce femminile li distrasse dalla loro conversazione.

« È tornata la mamma! » trillò il bambino, correndo fuori dalla cucina.

« È meglio che io vada, ora. Si è fatto tardi e i miei mi staranno aspettando. » disse Niniel all’amica.

In quel momento, il bambino tornò di corsa in cucina tirando la madre per una mano:

« Guarda cosa mi ha insegnato a cucinare Niniel: una torta al cioccolato! Così questa sera potremo mangiarcela tutta! »

« Se te la mangi tutta ti verrà mal di pancia! » gli fece presente la sorella.

« Ma uffa! Se la mangio prima di cuocerla mi viene mal di pancia, se la mangio tutta mi viene mal di pancia lo stesso… secondo me dici così solo perché te la vuoi mangiare tutta tu! » reclamò il bambino mentre Ilarin alzava gli occhi al cielo, quindi, la ragazza si rivolse all’amica:

« Ti presento Sorien, mia mamma. » poi si rivolse alla donna « Mamma, lei è Niniel, la ragazza che da ottobre lavora con me, te ne ho parlato. »

« Piacere di fare la vostra conoscenza! » disse la cuoca mentre l’espressione della donna mutava, nel giro di pochi secondi, per passare da rilassata a distaccata:

« Niniel… sì, Ilarin mi ha parlato di te. » disse con voce atona.

Niniel forzò un sorriso, poi si affrettò a dire:

« Ora è meglio che vada, a casa mi aspettano. » si avvicinò alla sedia dove aveva appoggiato il mantello e lo prese, ma Asyl non era molto contento della decisione della ragazza:

« Niniel aspetta! Dobbiamo ancora cuocere la torta! »

« A quello penserà tua sorella! È una brava cuoca, ricordalo sempre! » indossò il mantello e salutò Ilarin, Sorien e il bambino, per poi uscire in strada.

L’aria gelida di quella sera di gennaio le bruciò i polmoni, ma nonostante quello provò una sensazione di piacere nell’essere nuovamente all’aria aperta: aveva notato lo sguardo della madre di Ilarin. Era lo sguardo di chi non provava piacere nel trovarti a casa sua.

Un altro respiro profondo e si incamminò verso il cancello che dava sul terzo livello, mentre il sole scompariva oltre l’orizzonte.

 

« Si può sapere cosa ti prende? Perché l’hai trattata così? » sbottò Ilarin, arrabbiata per il comportamento della madre.

« Ti rendi conto di chi è quella ragazza? » le rispose la donna.

« È Niniel! È mia amica! »

« È quella di cui si è tanto parlato per i problemi che ha avuto col Sovrintendente. » disse la madre con distacco.

« Perché dici così? »

« Abbiamo già abbastanza problemi, non serve che andiamo a fare amicizia con persone che potrebbero procurarcene altri! Niniel non è vista di buon occhio da Denethor, non possiamo rischiare di attirarci la sua inimicizia per un tuo capriccio. »

« Ma se Denethor non sa nemmeno che esistiamo! » ringhiò a denti stretti la ragazza, mentre gli occhi le si facevano lucidi « Non ti riconosco più, mamma. Ti stai comportando esattamente come hanno fatto tutti gli altri con noi quando è morto papà! »

Ilarin scappò dalla cucina, ed uscì in strada sbattendo la porta.

« Mamma, perché Ilarin si è arrabbiata? » domandò Asyl, che aveva assistito in silenzio alla scena.

« Non è niente tesoro, sono cose che capitano! » gli rispose Sorien « Ora vieni, mettiamo a cuocere la tua torta! »

 

Ilarin corse in strada senza nemmeno mettere il mantello e vide Niniel che si avviava verso il cancello che portava al livello superiore. Per fortuna non aveva ancora fatto molta strada. Chiamò l’amica, e le corse incontro.

« Mi spiace per il modo in cui ti ha trattata mia madre! Di solito non fa così, non so cosa le abbia preso… » si scusò, col fiato corto per via della corsa.

« Non ti preoccupare Ilarin. Capisco benissimo cosa possa pensare tua madre di me! »

« Eppure lei dovrebbe capire… »

« Lei lo fa per proteggere te e Asyl. Teme che io possa essere una minaccia per voi, a causa dei miei rapporti non propriamente rosei col Sovrintendente. Il suo comportamento è comprensibile! » Niniel sorrise.

« Mi spiace! » Ilarin non sapeva più come farlo capire all’amica, ma Niniel scosse la testa.

« Non ti preoccupare! Ora torna in casa, o rischi di prenderti un accidente! Fa parecchio freddo questa sera. Ci vediamo domani alla mensa. »

Le due si salutarono e Niniel riprese la sua salita verso il quinto livello della Città.

Lanciò uno sguardo veloce agli ultimi raggi di sole che ancora facevano capolino da occidente, e sperò che non scomparissero troppo in fretta. Odiava camminare da sola per Minas Tirith, una volta calato il sole. Non sopportava di trovarsi fuori casa dopo il crepuscolo, quando le tenebre strisciavano per la Città e l’Oscurità di Mordor pareva ancora più concreta e palpabile.

 

Il rumore di passi veloci veniva attutito dall’erba che cresceva lungo il fianco della collina. Il mantello si impigliò nel ramo di un cespuglio del sottobosco, ma questo non impedì alla persona che correva a perdifiato di continuare nella sua disperata corsa.

Gli alberi le venivano incontro, ma la persona li schivava abilmente e saltava buche traditrici che si aprivano nel terreno.

Ed ecco, ancora quelle grida che chiedevano aiuto e passi pesanti che si avvicinavano, facendo tremare la terra e vacillare il cuore.

In lontananza, spade cozzavano tra loro in una battaglia all’ultimo sangue.

E grida, grida terribili, di mostri senza pietà. Il sibilo di una freccia che veniva scoccata e di nuovo urla, terribili urla.

Ma quella persona correva imperterrita: non doveva perdere tempo.

Le grida brutali vennero sovrastate da grida più umane: quelle di chi ha bisogno di aiuto, di chi teme di morire e verso le quali quella persona stava correndo.

Il fiato le veniva meno, ma lei correva, doveva arrivare in tempo! Il cuore batteva, forte, sempre più forte, tormentato da un terribile senso di oppressione, ma nonostante tutto, non lasciava spazio alla paura.

L’aria parve rabbuiarsi ad Est, mentre un tuono in lontananza turbava il cielo e quelle grida, quella disperata richiesta d’aiuto, erano sempre più vicine.

Improvvisamente, una piccola radura si aprì davanti ai suoi occhi e lo spettacolo che si presentò fu devastante: decine di Orchi, alti, possenti, e quelle urla ormai lì accanto. Eppure non riusciva a capire a chi appartenessero. Percepiva la presenza di due animi amici, che ora avevano smesso di urlare, ma non riusciva a vedere chi fossero e quella persona, che aveva appena terminato la sua disperata corsa, sguainò la spada che portava al suo fianco e ne strinse forte l’elsa.

Un grido, uno solo, e si gettò verso gli Orchi brandendo l’arma con sicurezza.

La spada trapassò il ventre di un nemico, poi di un altro, e così accadde con molto altri Orchi che gli si avvicinavano.

Il cuore batteva, forte, sempre più forte, le braccia dolevano per i contraccolpi dovuti al cozzare della sua spada contro quelle degli Orchi, ma resisteva. Combatteva, il fiato corto, ma combatteva.

In lontananza altri rumori di battaglia. Il sibilare di una freccia, l’urtare delle lame di spada l’una contro l’altra, grida di combattimento e poi un Orco, il più robusto di tutti, una mano bianca dipinta sul suo volto e occhi, occhi gialli, occhi terribili, che incutevano immensa paura.

Infine tre suoni, profondi, forti e penetranti, che fecero tremare l’aria e il cuore dei nemici…

 

Niniel si mise seduta sul letto, di nuovo, in un bagno di sudore. Non aveva urlato, quella volta. Non più. Aveva quasi fatto l’abitudine a quegli incubi che agitavano le sue notti.

Respirava a fatica, come sempre, come se avesse corso anche lei insieme a quella persona del suo sogno.

Si alzò, e al buio raggiunse la bacinella dove si trovava l’acqua che la mattina usava per sciacquarsi il viso.

L’aria fredda di metà gennaio invadeva la stanza poco riscaldata e Niniel rabbrividì, mentre il sudore le si gelava addosso.

Immerse le mani nella bacinella, l’acqua era quasi ghiacciata sulla superficie. Raccolse un po’ d’acqua nelle mani e la gettò senza troppa cura sul viso, mentre un brivido le percorse l’intero corpo. Cercò a tentoni il panno appoggiato allo schienale di una sedia, si asciugò la faccia, e tornò verso il letto.

Fu scossa da un altro brivido, ma Niniel non seppe dire se fosse causato dal freddo o dal buio profondo che invadeva la sua stanza.

Si rifugiò sotto le coperte e si preparò a passare l’ennesima notte insonne.

 

« Earine! »

Era mattino presto, e la cameriera si sentì chiamare mentre lasciava il quinto livello della Città per dirigersi alla Cittadella, dove gli ordini del Sovrintendente la aspettavano.

« Niniel? Cosa ci fai qui? È presto, non dovresti essere ancora a casa? »

Niniel le si avvicinò di corsa:

« Sì, ma ero sveglia e non riuscivo a dormire… »

Earine la guardò bene in faccia, mentre l’altra ansimava per la corsa.

« Hai fatto di nuovo quel sogno? »

A Niniel mancò il respiro mentre le tornavano alla mente quegli occhi gialli, e le ci vollero alcuni secondi prima che riuscisse a rispondere, poi annuì.

« Ne hai parlato con Faramir? »

« È per questo che sono qui! » le disse Niniel « So che Faramir viene da me ogni giorno, ma ho bisogno di essere sicura che oggi verrà. Quando lo vedi, a pranzo, o per il palazzo, devi dirgli che questa sera deve assolutamente venire a casa mia perché devo parlargli! »

Earine annuì, seria.

« Conta pure su di me! »

« Grazie! »

« Ora scappo, oggi ho il primo turno, se arrivo in ritardo il vecchiaccio potrebbe rinchiudermi nelle segrete del palazzo! » scherzò Earine.

Niniel sorrise, e salutò l’amica.

« Non mi sono dimenticata della promessa che ti ho fatto! » le urlò Niniel dopo qualche secondo.

Earine si voltò con aria interrogativa.

« Appena avrò un attimo di tempo ti organizzo quel famoso incontro romantico con mio fratello, come ti avevo promesso! »

Niniel avrebbe scommesso che il viso dell’amica in quel momento fosse più rosso di un peperone, mentre le faceva un veloce gesto con la mano in modo da zittirla.

La cuoca sorrise, poi si voltò e si incamminò verso casa sua.

 

Finalmente, un’altra pesante giornata era passata. Tra incarichi in cucina, prese in giro da parte delle solite tre cuoche e conseguente nervosismo. Niniel si era impegnata a mordersi la lingua ogni volta che quelle tre le rivolgevano la parola: in questo modo riusciva a trattenersi dal rispondere male a Liden e compagnia. Già quelle tre le affidavano sempre i compiti più duri, rispondergli male avrebbe significato andarsela ulteriormente a cercare, senza contare che non voleva ritrovarsi di nuovo ad avere problemi con Nasten e magari con Denethor in persona.

A sprazzi, in vari momenti della giornata, le era tornato in mente quel sogno: quella corsa sfrenata verso il luogo in cui qualcuno urlava, quegli occhi gialli che ogni volta le provocavano profondo turbamento e quei suoni penetranti, che avevano la capacità di calmarla e agitarla al tempo stesso.

Niniel era sulla strada di casa. Quella sera stava tornando da sola perché Narith aveva iniziato a fare i turni di guardia insieme ai soldati più anziani, e quella volta gli era capitato il turno di notte.

Mancava poco all’ora di cena e il buio invadeva già la Città mentre in lontananza, oltre le nubi nere che da Mordor arrivavano a coprire anche il cielo sopra Minas Tirith, si scorgeva un timido sole che andava nuovamente a nascondersi oltre l’orizzonte, come se esso stesso temesse l’Oscurità che proveniva dalla Terra Nera.

In Città, dalle case, iniziava a giungere leggera e delicata la luce delle candele che le donne accendevano nelle cucine dove stavano preparando la cena. Fin da quando era bambina, a Niniel era sempre piaciuto vedere la Città, nelle sere invernali, che piano piano si accendeva della luce di una moltitudine di candele. Era un’immagine che le aveva sempre suggerito infinita tranquillità, per non parlare poi di quanto fosse meravigliosa, Minas Tirith, completamente illuminata da quella tenera luce. Guardarla dall’altezza del quinto livello, dove lei abitava, e vedere quella cascata di case sotto di sé tenuemente illuminate era uno spettacolo che mozzava il fiato. Niniel aveva sempre desiderato poter vedere Minas Tirith, di sera, dai Campi del Pelennor. Era convinta che vedere la Città dall’esterno, illuminata da quella luce, dovesse essere ancora meglio. Purtroppo, però, era nata in un tempo in cui, trovarsi fuori dal cancello dopo il tramonto, non era consigliabile.

« Sono tornata! » Niniel entrò in casa, chiudendosi la porta alle spalle.

« Ben arrivata! » la salutò dolcemente la madre « Di là c’è qualcuno che ti aspetta. »

Niniel corrugò la fronte, per poi dirigersi verso la piccola cucina. Appena vi entrò, notò il padre, seduto accanto al tavolo, sul quale era poggiato un calice contenente del vino e, di fronte a Adhort, vi era Faramir.

Non appena la ragazza entrò in cucina, lui si alzò in piedi in segno di rispetto.

« Faramir! È da molto che sei qui? Perdonami, ho appena finito di lavorare! »

« Non preoccuparti, non ho fretta. »

Il padre della ragazza si congedò, lasciandoli soli nella piccola stanza.

Doveva essere strano per lui trovarsi in casa il figlio del Sovrintendente. Era sempre stato abituato a lavorare per i nobili, per i Signori della Città, ma contatti diretti con loro li aveva avuti ben poche volte. Ora, ospitare a casa propria Faramir, doveva apparirgli davvero strano. Niniel glielo lesse in faccia e, dentro di sé, sorrise divertita.

« Stai pure comodo, non è necessario che ti alzi. » disse Niniel, imbarazzata dal gesto dell’uomo. Non era abituata a tanta deferenza.

« Perché no? È normale alzarsi, quando arriva una donna. » le rispose lui con gentilezza.

Niniel lo guardò, e per l’ennesima volta constatò quanto Faramir fosse diverso dal padre.

« Ma io non sono di nobile stirpe. » ribattè lei abbassando gli occhi.

« Questo non ha importanza! Sei una donna, e per lo più la ragazza di mio fratello. E poi la nobiltà non si denota dalla discendenza, ma dal cuore di una persona. »

Niniel lo fissò per alcuni secondi, senza sapere cosa rispondere, infine sospirò:

« La ragazza di tuo fratello… A dir la verità, quel giorno a Osgiliath, Boromir mi ha solo detto che vostro padre avrebbe dovuto abituarsi all’idea di noi due insieme, ma nulla di più. »

Faramir rise sommessamente, facendo sussultare la ragazza.

« Nulla di più, eh? Boromir non è mai stato bravo in queste cose. Sarà anche abituato a maneggiare armi e fare discorsi che infiammano i cuori dei soldati, ma quando si tratta di affari di questo genere perde la capacità di parola! » sorrise lievemente divertito senza però voler, in questo modo, mancare di rispetto a suo fratello.

« Ti assicuro, » aggiunse subito dopo « Conosco mio fratello e con quel: “mio padre dovrà abituarsi all’idea di noi due insieme”, voleva dire molto più di ciò che può sembrare! »

Guardò la ragazza, che già sentiva le guance in fiamme e una profonda felicità nel cuore, nell’udire le parole di Faramir.

« Dunque, Earine mi ha detto che volevi parlarmi. » l’uomo comprese l’imbarazzo di Niniel, così cambiò argomento, spostandosi sul motivo per cui lei aveva chiesto di vederlo.

Niniel annuì decisa.

« Si tratta di un sogno ricorrente, che faccio da alcuni mesi a questa parte. »

« Un sogno ricorrente? » Faramir sospirò, e Niniel fu sicura di leggere nei suoi occhi lo stesso sgomento che provava lei nel pensare che era stato proprio un sogno, a spingere Boromir a partire.

« Di cosa si tratta? » l’uomo si sedette meglio sulla panca di legno che poggiava al muro, come chi si prepara ad ascoltare un lungo racconto.

Niniel si accomodò di fronte a lui, all’altro lato del tavolo, e iniziò a raccontare:

« Inizialmente si trattava solo di una persona che correva. C’era una persona che correva, sul fianco di una collina, e in lontananza potevo sentire il rumore di una battaglia mentre, dalla direzione opposta, provenivano delle grida, ed era lì che la persona correva, verso quelle grida. Alla fine, poco prima di svegliarmi, vedevo decine di Orchi che si avvicinavano. »

Faramir la fissava, attento, respirando lentamente. La luce di una candela illuminava tenuemente il suo volto magro e, l’espressione preoccupata, era evidenziata dalle ombre che la fiamma gettava a sprazzi sul viso dell’uomo.

« In seguito » continuò Niniel « Il sogno è stato sempre uguale, con la sola differenza di qualche particolare che andava ad aggiungersi: rumori, passi pesanti che facevano tremare il suolo, il sibilare di frecce che venivano scagliate, le solite urla sempre più forti e un’agitazione crescente che si impadroniva del cuore di quella persona che correva. »

« Non sapresti dire chi fosse questa persona? » le domandò Faramir rompendo il suo silenzio.

Niniel scosse la tesa tristemente:

« No. Non sono ancora riuscita a capirlo. So solo che è come se fossi io, o comunque io vedo la scena dal punto di vista di quella persona che corre. Vedo gli alberi, la collina, sento il fiato venir meno per via della corsa e percepisco la sua preoccupazione. È come se l’unica cosa importante, in quel momento, fosse correre verso il luogo da cui provengono le grida che chiedono aiuto. »

« Oltre agli Orchi hai visto qualcos’altro che potrebbe fornirci qualche indizio particolare? » le domandò Faramir.

« Tutto si svolge su una collina, ma non saprei proprio dirti dove, non c’è nessun particolare che potrebbe indurmi a capire se si tratta di un luogo reale o meno, ma aspetta che ti dica cos’ ho visto nel sogno di questa notte. »

Faramir annuì, e si sporse leggermente in avanti col busto, in attesa di sentire cosa doveva riferirgli la ragazza.

« Ho visto il cielo ad Est rabbuiarsi e ho sentito un tuono in lontananza. Inoltre, la persona che correva, credo sia riuscita a raggiungere il luogo verso il quale si stava dirigendo. Potevo infatti sentire di fianco a me le urla verso le quali stava correndo, anche se non riuscivo a vedere a chi appartenessero. Però, quella persona, ha sguainato la spada e ha iniziato a combattere contro gli Orchi. Tra questi, ve n’era uno che non avevo mai notato nei sogni precedenti: aveva occhi gialli, profondi e più terribili di quelli di tutti gli altri Orchi e in più, portava un simbolo che non sono riuscita a spiegarmi, nonostante io vi abbia pensato tutto il giorno. Si tratta di una mano bianca dipinta sul volto. »

« Una mano bianca! » Faramir scattò e spalancò gli occhi.

« Esatto. » Niniel annuì, e fissò l’uomo con apprensione in attesa di una spiegazione.

« Sei proprio sicura di non aver mai visto quel simbolo? Né di averne sentito parlare? » le domandò.

La ragazza scosse il capo, continuando a fissarlo.

« Isengard. » bisbigliò Faramir, mentre i suoi occhi si perdevano nelle ombre leggere che la candela allungava sui muri della piccola stanza.

« Che cosa significa? »

« La mano bianca è il simbolo di Saruman, lo Stregone Bianco e Signore di Isengard. Non è un buon segno il fatto che quegli Orchi portassero dipinto sul volto il suo stemma. »

« C’è un’altra cosa: gli Orchi del mio sogno… avevano un aspetto diverso, rispetto a quello degli Orchi che ho visto a Osgiliath. Erano più alti, più robusti. »

Faramir sospirò.

« Temi che questo sogno possa avere qualche significato? » domandò Niniel con apprensione.

« Non lo so. » l’uomo scosse la testa « Davvero non lo so. »

La ragazza sospirò, andando ad accasciarsi sulla vecchia sedia di legno. Rimasero in silenzio per alcuni secondi, poi lei ebbe un sussulto:

« Quasi mi dimenticavo! C’era un’altra cosa nel sogno di stanotte, che nei precedenti non si era mai verificata. Poco prima di svegliarmi, ho udito tre suoni profondi e penetranti, che hanno fatto tremare il cuore di quei tremendi Orchi. Non saprei dire con certezza di cosa si trattasse, ma ho avuto la netta sensazione che fosse il suono di un corno. »

Faramir alzò di scatto il viso e puntò i suoi occhi in quelli della ragazza:

« Un corno. » sussurrò « È dunque ciò che temevo? »

Lei lo fissava, senza riuscire a porre la domanda che le rimbombava nella testa.

« Cosa vuoi dire? » riuscì infine a domandare con voce tremante dopo alcuni secondi « Faramir, cosa significa? » il tono della sua voce si era involontariamente alzato, non ricevendo risposta dall’uomo.

Faramir finalmente si riscosse, mentre sul suo viso rimaneva un’espressione che la cuoca non avrebbe saputo come interpretare.

« Boromir. » bisbigliò infine.

Il cuore di Niniel sussultò e la paura la invase.

« Boromir ha portato con sé il Corno di Gondor, quando è partito. Va suonato nel momento del bisogno, quando i nemici non ti lasciano via di fuga, quando da solo non hai possibilità di salvarti e hai bisogno di rinforzi. »

Alla ragazza parve che il cuore le si fosse fermato. Il respiro le venne meno e, se non fosse stata seduta, le gambe avrebbero sicuramente ceduto.

« Boromir… Vuoi, vuoi dire che quella persona… » non riusciva a formulare un pensiero coerente, e le parole non la aiutavano.

« Non possiamo esserne certi, l’unica cosa che mi fa pensare a lui è il suono del corno, perché le altre cose di cui mi hai parlato non ci danno indizi che riconducano a Boromir. »

« Allora perché parli di lui? Perché dovrebbe essere lui? » il tono di voce della ragazza si alzò nuovamente, mentre le sue guance ora pallide venivano rigate da abbondanti lacrime.

« Perdonami. Perdonami, non avrei dovuto. » bisbigliò Faramir turbato.

Niniel si asciugò con rabbia le lacrime, che però non smettevano di scendere, facendola arrabbiare ancora di più e vergognare di essere scoppiata a piangere di fronte a Faramir, ma la paura che quella persona che correva potesse essere Boromir, quella paura che a lungo era rimasta sopita in lei e che Niniel aveva percepito e scacciato, rifiutando di piegarsi ad essa, ora quella paura aveva invaso completamente il suo cuore, la sua mente, tutte le sue membra, e minacciava di schiacciarla senza pietà.

Turbato, e col cuore colmo di pietà e comprensione per la ragazza, Faramir si alzò e le si avvicinò, inginocchiandosi di fronte a lei e prendendo le mani di Niniel nelle sue.

« Sono stato uno sciocco a parlare così. Perdonami, nessuno ci assicura che si tratti di Boromir. » le disse.

« Non consolarmi, non ne ho bisogno. Ho avuto questo timore fin dal primo sogno che ho fatto, ma avevo cercato di ignorarlo. Ora che tu hai avuto il mio stesso presentimento, sono certa che si tratti di Boromir. Non ho più dubbi. »

« Potrebbe trattarsi di un semplice sogno dovuto alla lontananza di Boromir e alla paura che hai di perderlo. Nessuno ci assicura che esso voglia predirci qualcosa. » le disse dolcemente Faramir.

« Eppure io non sono tranquilla, e questa cosa mi turba profondamente. »

« Ti assicuro, che farò di tutto perché a mio fratello non accada nulla. » Faramir le strinse più forte le mani « Parlerò con mio padre, cercherò di fargli mandare dei rinforzi. Non permetterò che gli succeda qualcosa di male. »

« Tuo padre? E cosa gli dirai, che io ho fatto un sogno in cui c’è una persona che corre, che non riusciamo a vedere in volto e che crediamo si tratti di Boromir? » domandò ironicamente lei, ma subito dopo si rese conto del tono poco rispettoso che aveva usato.

« Gli dirò che il sogno l’ho fatto io. » la interruppe Faramir « Così non rischio di metterti in mezzo. » ignorò il modo di fare un po’ brusco della ragazza. Si rendeva perfettamente conto di come dovesse sentirsi in quel momento Niniel.

« Non ho paura di venire coinvolta. Quello che temo è che Denethor non ti dia retta se viene a sapere che il sogno l’ho fatto io. »

« Per questo gli dirò che si tratta di un mio sogno: ho più possibilità che mi creda e non rischio di coinvolgerti. » Faramir le sorrise dolcemente « Stai tranquilla, non gli accadrà niente! »

« Lo spero, ma ho troppa paura per crederci veramente. »

« Non lasciare che la paura turbi il tuo cuore, in questo modo corri il rischio che ti derubi anche della più piccola speranza e chi non ha più speranza è perduto. »

Niniel alzò gli occhi e annuì silenziosamente.

Poco dopo, accompagnò Faramir alla porta:

« Quando parlerai con tuo padre? »

« Domattina sarà la prima cosa che farò. Tornerò domani sera, per farti sapere com’è andata. »

Così, dopo aver chinato il capo di fronte alla ragazza, Faramir si allontanò silenzioso, nel buio della sera.

Niniel rimase fuori ancora per qualche minuto, nonostante la profonda oscurità. Inspirò profondamente l’aria gelida di gennaio e alzò gli occhi al cielo. Era coperto, tetre nubi lo derubavano della sua immensità, segnandolo con confini visibili anche in quella oscurità mentre le stelle rimanevano solo un ricordo lontano, di antica bellezza di un’Era passata.

« Quando tornerai, l’Oscurità si diraderà, e guarderemo insieme le stelle. Ne sono certa. »

 

Stessa sera di metà Gennaio, Moria

 

Un buio profondo, irreale, regnava nell’immenso salone. I cuori dei membri della Compagnia erano oppressi da quell’oscurità, che non faceva altro che suggerire alle loro menti immagini ancor più cupe e spaventose.

I Nove Compagni, distesi a terra in quell’arcano luogo, tentavano con fatica di prendere sonno, mentre un Elfo dai lunghi capelli biondi montava di guardia fissando il buio, immobile, con uno sguardo talmente limpido che dava l’impressione di essere in grado di perforare anche le nere nubi di Mordor.

« Non riesci a prendere sonno? » domandò dopo lunghi minuti, senza nemmeno voltarsi.

« Chi vi riesce? » borbottò Boromir, rigirandosi per l’ennesima volta.

« Gli Hobbit dormono, e ora credo anche gli altri. »

L’uomo di Gondor non rispose. Gli capitava sempre più spesso, ultimamente, di essere di malumore. Strano, si diceva lui, per una persona che si trovava nella sua situazione. Vedeva più logico l’essere spaventato dal pericolo che stavano combattendo, e verso il quale stavano marciando. Ma in realtà, il sentimento principale che aveva tormentato il suo cuore fino a quel momento era stato quel senso di irrequietezza, la preoccupazione per ciò che poteva essere successo a casa, il desiderio di tornare il prima possibile a Minas Tirith, per poter difendere direttamente il suo popolo e le persone che amava. Il desiderio di tornare per poter nuovamente incontrare gli occhi di Niniel, rivederla comparire da dietro la piccola dispensa che si trovava in un angolo della cucina di corte, esultante per aver ritrovato il barattolo del sale e con i capelli mossi scompigliati. Poter sentire ancora il suono della sua voce, abbracciarla come aveva fatto quel giorno a Osgiliath, e restituirle il bacio che lei gli aveva dato poco prima che lui partisse.

Si voltò nuovamente, tornando a fissare l’oscurità delle Miniere di Moria. Mai, come in quel momento, aveva desiderato poter sentire una brezza leggera accarezzargli il viso. Mai, come in quel momento, aveva sperato di alzare gli occhi e poter vedere le stelle brillare in cielo. Cercò di immaginare le stelle sopra Minas Tirith, nelle notti d’estate, che con la loro luce facevano brillare d’argento in contorni della Città Bianca. Ma non vi riuscì. Ogni tentativo di scorgere nella sua mente un po’ di luce venne annullato dall’oscurità che all’esterno lo avvolgeva, opprimendolo e levandogli il respiro, soffocandolo con la sua pesante e fastidiosa presenza.

Poco lontano da lui, poteva sentire il respiro affannoso del piccolo Hobbit Frodo. Sembrava quasi in preda a un incubo. Boromir si voltò leggermente verso il compagno di viaggio e, nell’oscurità, cercò di distinguerne i contorni: gli appariva come un piccolo bambino infagottato e impaurito, tormentato da sogni indicibili e inimmaginabili, come quegli incubi che da bambino ti svegliano nel cuore della notte, facendoti urlare e chiamare i genitori in cerca di conforto.

« È stato coraggioso. » la voce penetrante dell’Elfo lo distolse dai suoi pensieri.

Boromir si voltò verso Legolas, del quale riusciva a distinguere solo una leggera ombra tra le ombre più profonde delle Miniere.

« Ci vuole coraggio per decidere di portare un tale onere. » continuò l’Elfo.

« Io ancora non capisco perché non vogliate consegnarlo agli Uomini. Anche nei nostri cuori c’è coraggio, non siamo tutti corrotti! » disse piano Boromir.

« Se il destino ha voluto che l’Anello andasse a Frodo, c’è di sicuro un motivo. »

« Ma si tratta di un Hobbit… »

« Il destino conosce vie che ai nostri occhi sono celate. Quando la nebbia si diraderà, e riusciremo a scorgere dove porta la nostra via, comprenderemo il perché di molte cose. »

« Purtroppo però, non sempre la nebbia si dirada prima della fine. » commentò Boromir con una insolita nota di incertezza nella voce.

« No, ma se il fato ha deciso che fosse Frodo a caricarsi dell’Anello, non dobbiamo fare altro che mantenere i doveri che ci siamo assunti e proteggerlo fino alla fine. La nebbia, prima o poi, si diraderà e scomparirà del tutto, mostrandoci dove ci hanno condotto i nostri sforzi. »

« Nulla ci assicura, però, che ciò che vedremo ci piacerà. » disse l’uomo.

« Esatto, ma ora nulla deve farci pensare che ciò che vedremo non ci piacerà. Non lasciare che le ombre di questo luogo invadano il tuo cuore e la tua mente. Fino alla fine, niente dovrà farci pensare che le cose andranno male per forza. Sappiamo che abbiamo intrapreso una missione pericolosa, ma dobbiamo continuare a credere in noi, a credere in Frodo. Non dovremo mai smettere di sperare! »

Rimasero in silenzio per alcuni secondi, poi Legolas aggiunse:

« Riposa ora. Domani temo ci aspetterà una nuova e lunga marcia nelle ombre. »

Boromir si voltò dall’altra parte e, inaspettatamente, col cuore un po’ più leggero, chiuse gli occhi e cercò di dormire. Era forse la prima volta che riusciva ad avere una conversazione così tranquilla con uno dei membri della Compagnia.

Non avrebbe saputo dire cosa gli avesse infuso quella tranquillità: se le parole dell’Elfo o la sua voce che pareva provenire da millenni di storia ed esperienza.

Chiuse gli occhi, riprovando a immaginare le stelle che punteggiavano il cielo sopra la sua Città, nelle fredde notti invernali, donando inaspettatamente calore a chiunque le osservasse in cerca di consiglio. E infine le vide, chiare, luminose, che brillavano lontane e inafferrabili, eppure così reali.

Sospirò, un profondo respiro liberatorio e il viso di Niniel si affacciò nei suoi pensieri, con i suoi occhi scuri e i capelli ribelli, da far storcere il naso alle nobili di corte. Eppure erano parte dell’essere di quella ragazza tanto che, immaginarla con i capelli perfettamente in ordine e senza il suo grembiule immancabilmente macchiato del sugo di qualche pietanza, gli risultava difficile e quasi offensivo nei confronti di Niniel.

“Quando tutto questo sarà finito, tornerò e guarderemo insieme le stelle sopra Minas Tirith.”

Sorrise nell’oscurità, mentre lentamente e inconsapevolmente scivolava nel sonno.

 

 

 

 

 

Ok, capitolo finito… ora preparatevi per il prossimo… credo che ci saranno tante persone che vorranno ammazzarmi dopo averlo letto… Io vi avviso già… così vi preparate… a volte è meglio mettere le mani avanti subito… Ok, la smetto!

Passiamo a cose più importanti! Grazie a chi ha letto e aggiunto la storia tra le seguite e le preferite!

Spero di risentirvi prima del 31 dicembre… significherebbe che sono riuscita a finire un altro capitolo!! Beh, intanto, vi auguro un Felice Natale, sperando che voi abbiate potuto passarlo in serenità con le persone che amate!!

 

Ora, recensioni:

 

Ragazzapsicolabile91: ok, so che mi vorresti ammazzare! XD Ma alla fine il capitolo è qui e, come promesso, ho scritto anche di Boromir! (scommetto che quando hai letto il primo pezzo hai pensato: ma come, tutto qui? Ma alla fine del capitolo ho scritto un’altra bella pagina su Boromir! Spero sia bastata!!) Dicevi… con tutte le brutte pieghe che ci sono?… allora non leggere il prossimo capitolo… altrimenti mi ammazzi! (io non ho detto niente… *me fischietta*) Alla prossima!!

 

Evening_star: ciaooo! Sono tornata! (Sì, ok, non che te ne freghi più di tanto!) va bene, basta con le cavolate! Piccioncini bis e piccioncini unis… non sai quanto mi hai fatto ridere con questa storia!! Sì, sì! Non manca molto all’incontro tra i piccioncini bis! Stiamo solo aspettando l’arrivo di una persona che dovrà dare una mano a Niniel… Eh beh, spero che questo capitolo ti sia piaciuto! Fammi sapere!

 

Nini superga: Eh, purtroppo colleghe simili a quelle tre le ho provate sulla mia pelle… forse è per questo che mi sono venute bene! Comunque sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo spero che anche questo ti abbia fatto la stessa impressione! A presto!! Ciao ciao!!

 

Arwins: Ciao! Che bello una nuova lettrice! Sono contenta che la storia ti sia piaciuta! Spero solo che poi la verifica di latino sia andata bene (Il latino… l’ho provato sulla mia pelle… non ne andavo matta! J ) Sono contenta anche che Niniel e Ilarin ti siano piaciute come personaggi! Spero che leggerai anche questo capitolo! E, se ti va, fammi sapere cosa ne pensi! A presto!!

 

Elena90: ciao!! Sono contenta che la storia ti sia piaciuta! Ecco, finalmente, un nuovo capitolo! Appena posso posterò anche gli altri ma, siccome la storia non è ancora scritta fino alla fine (ho scritto solo il capitolo successivo a questo!) a volte vado a rilento con gli aggiornamenti. Ma non disperare! Prima o poi gli aggiornamenti arriveranno! Spero di risentirti! Ciaooooo!!

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Ciao a tutti

Capitolo 15

 

 

« Dunque, tu saresti venuto da me di prima mattina per chiedere di partire alla ricerca di tuo fratello? »

« No, chiedo solo che gli si mandino rinforzi. »

« E in base a cosa tu vorresti che io spendessi forze che sono necessarie in Città? »

« In base a… al sogno di cui ti ho parlato. » Faramir abbassò lo sguardo.

« Un sogno… un altro sogno. » disse lentamente il Sovrintendente, irritato « È per via di un sogno, che tuo fratello è partito, che mio figlio ora non è qui a difendere la sua Città! E tu ora, dopo averlo spinto a partire, mi chiedi di mandargli rinforzi? »

« Io non l’ho spinto a partire, padre. Sarei partito io al suo posto, se lui non avesse insistito. » Faramir abbassò il capo « Ma se è necessario, sono pronto a partire ora, per andare in suo aiuto. »

« Boromir non è come te. » disse Denethor con voce roca, alzando lo sguardo sul figlio « Boromir non ha bisogno che qualcuno corra in suo soccorso, sa cavarsela benissimo da solo. »

« Ma il sogno… mi fa pensare che mio fratello sia in grave pericolo. Lasciatemi partire, non posso rimanere qui con questo dubbio! »

« Ora basta! » sibilò Denethor tra i denti « Ti ho già detto che Boromir non ha bisogno di nessuno! Sa cavarsela da solo, e non sarà un tuo sogno a farmi cambiare idea. » lunghi secondi di silenzio, colmo di tensione, seguirono quell’ultima frase del Sovrintendente.

 

Fu una giornata lunga per Niniel. Il suo pensiero fisso era la conversazione che Faramir avrebbe dovuto avere quella mattina con il padre e, non sapeva perché, ma aveva una strana sensazione che non le lasciava presagire buone notizie.

Le ore parevano non passare mai: “Tornerò domani sera, per farti sapere com’è andata.

Era ciò che le aveva detto Faramir la sera precedente, ma il tempo pareva essersi fermato e la sua ansia aumentava.

Si faceva forza cercando di essere positiva: perché Denethor non dovrebbe mandare aiuti a suo figlio? Capirà, e a Boromir non accadrà nulla.

La ragazza lavorava, ma con la mente era completamente da un’altra parte e Ilarin se ne accorse. Quando Milneth cercò di provocarla, Niniel parve non aver nemmeno sentito che la cuoca si stava rivolgendo a lei: i suoi occhi erano persi nel vuoto, troppo impegnati a cercare nell’aria risposte agli interrogativi che la perseguitavano, come se il nulla fosse pieno delle risposte che lei cercava.

« Niniel? Tutto bene? » la voce di Ilarin la riscosse per un attimo « Oggi sei strana. »

Niniel rimase perplessa per qualche secondo, infine si decise a rispondere:

« Non preoccuparti Ilarin, è tutto a posto. »

« Non si direbbe. »

« Sono solo un po’ preoccupata per Boromir, tutto qui. » disse, abbozzando un sorriso tirato.

« Sono certa che se la sta cavando benissimo! » la incoraggiò l’amica « È un combattente valoroso. »

« Lo so, ma non posso fare a meno di pensare che potrebbe rischiare la vita in ogni momento. Ho come un presentimento, una sensazione che non mi lascia stare. »

Ilarin non sapeva nulla dei suoi sogni e Niniel fu tentata di raccontarle qualcosa: in fondo erano diventate buone amiche e sapeva di potersi fidare di lei. Eppure era troppo in pena per affrontare nuovamente quel discorso, senza contare che quella notte aveva avuto un altro incubo, e riportarlo volontariamente alla memoria sarebbe stato troppo doloroso.

« Non dar retta a ciò che ti viene in mente: tutti questi presentimenti sono solo pensieri molesti dovuti alla pena per la lontananza di Boromir. »

« Questa volta temo di no. » replicò Niniel.

« Cosa ti dice il tuo cuore? »

La cuoca alzò il viso verso l’amica e rimase silenziosa per alcuni attimi:

« Mi dice che Boromir è vivo, ma temo stia per andare incontro a un grande pericolo. »

« Credi forse che se fosse qui sarebbe sano e salvo? La guerra si avvicina. Ormai non si è più sicuri in nessun luogo su questa Terra. »

« Ma se fosse qui, sarei sicura che è vivo e poi, come ti ho detto, sento che qualcosa potrebbe andare storto. »

« Io non posso assicurarti che tornerà. Certo, là fuori il pericolo è forse più grande che non qui all’interno di Minas Tirith, ma ricorda chi è Boromir: è il futuro Sovrintendente di Gondor, Capitano della Torre Bianca. È un combattente forte e valoroso. »

Niniel sorrise:

« Non sempre la forza e il valore salvano in battaglia, ma ti ringrazio per aver cercato di sollevarmi il morale. »

 

Finalmente quella sera arrivò. Niniel era sola in casa poiché i suoi genitori erano ancora nelle cucine del palazzo a lavorare e Narith stava portando a termine il suo turno di guardia.

Qualcuno bussò alla porta di legno e quel rumore rimbombò nel cuore della ragazza, amplificandosi fino al punto che le parve che il cuore le tremasse nel petto.

Corse verso l’ingresso della piccola abitazione e aprì di scatto la porta, senza nemmeno informarsi di chi ci fosse dall’altra parte.

Faramir sussultò quando la porta si spalancò improvvisamente, mostrandogli la ragazza agitata e una fioca luce proveniente dall’interno della casa.

« Come stai? »

« Cosa ha detto tuo padre? » lo interruppe lei.

Faramir sospirò sconsolato, ma cercò di mostrarle comunque un sorriso, il più incoraggiante possibile.

« Posso entrare? » le domandò infine « É… come dire, una cosa lunga da spiegare. »

Niniel si fece da parte per permettergli di entrare: per la preoccupazione e l’agitazione aveva dimenticato anche le buone maniere.

« Scusami, ma oggi è stata una giornataccia. Vieni, andiamo in cucina. »

La ragazza fece strada a Faramir all’interno della piccola abitazione. Lo condusse in cucina dove si sedettero al tavolo agli stessi posti della sera precedente.

« Allora? » Niniel era impaziente di sapere e non attese nemmeno che il figlio del Sovrintendente fosse seduto per porgli la domanda che da tutto il giorno le rimbombava nella testa.

Faramir sospirò prima di alzare gli occhi su di lei e, sotto quello sguardo, Niniel comprese già tutto:

« Non gli manderà nessuno in aiuto… » bisbigliò fissando Faramir dritto negli occhi chiari.

L’uomo scosse la testa.

« Perché? Dimmi perché! » disse ancora quasi senza voce, mentre la rabbia che le cresceva dentro le fece affiorare le lacrime agli occhi.

« Lui ritiene che Boromir sia in grado di cavarsela da solo. Non ha voluto sentire ragioni e non ha minimamente preso in considerazione il sogno. Mi spiace. Credevo sarei stato in grado di fare di più. » abbassò lo sguardo per non incontrare quello di Niniel.

La ragazza comprese cosa turbava il cuore di Faramir: si sentiva in colpa per non essere riuscito a concludere nulla. Si sentiva in colpa nei confronti di Niniel ed era preoccupato per Boromir.

La cuoca cercò di farsi forza e di fermare le lacrime che le stavano rigando il viso.

« Faramir… » lei lo chiamò, e l’uomo di Gondor alzò nuovamente lo sguardo « Non devi sentirti in colpa. Sapevamo fin dall’inizio che convincere tuo padre sarebbe stata un’impresa difficile. » cercò di sorridergli, ma il risultato che ottenne non fu granché: le lacrime le scendevano ancora, inconsapevoli, lungo il viso e gli occhi arrossati non aiutavano di certo.

« Credo che mi ritenga responsabile della partenza di mio fratello.» sputò fuori Faramir.

Niniel spalancò gli occhi:

« E per quale motivo? »

« Sono stato io il primo a fare quel sogno. Quello che poi ha fatto anche Boromir e che lo ha spinto a partire. Per questo credo che mio padre mi attribuisca la colpa di tutto. »

« Nessuno ha colpa, Faramir. La guerra forse ne ha, lei sì… in fondo per quale motivo stanno capitando tutte queste disgrazie se non a causa sua? Boromir sarebbe partito comunque, in un modo o nell’altro… io credo che prima o poi Gondor sarebbe stata costretta a inviare qualcuno che cercasse aiuto oltre i nostri confini, e tuo fratello sarebbe stato certamente il primo a partire. » sorrise parlando di Boromir e questa volta il sorriso le uscì meglio.

« Lo so… scusa non avrei dovuto gettarti addosso anche questo mio problema. » si scusò Faramir.

La ragazza scosse la testa:

« Tu ti scusi? E io cosa dovrei dire allora, che ti ho gettato addosso una valanga di problemi? »

« Sempre lieto di aiutare la ragazza di mio fratello! »

Niniel arrossì: le faceva sempre uno strano effetto sentirsi chiamare in quel modo, però le piaceva.

« Sorella, sono tornato! È pronta la cen… Oh, buonasera Faramir! » Narith aveva appena finito il turno di guardia ed era rientrato a casa.

Faramir lo salutò con un cenno del capo. Il ragazzo comprese che c’era qualcosa che non andava, e si diresse verso la sua camera per lasciare Niniel libera di parlare con il loro Capitano.

Narith passò i dieci minuti più lunghi della sua vita: in camera, infatti, non riusciva a tranquillizzarsi. Aveva capito che doveva essere accaduto qualcosa, ma non sapeva cosa. Poteva essere successo qualcosa a Boromir, o forse doveva partire anche Faramir? Continuò ad arrovellarsi il cervello alla ricerca di una qualunque altra soluzione un po’ più positiva rispetto a quelle che gli erano venute in mente, ma non riuscì a pensare a nulla.

Si sedeva sul letto per poi rialzarsi qualche secondo dopo e girare per la camera come un animale in gabbia. Non riusciva a stare tranquillo. Era preoccupato per Boromir e per sua sorella: se fosse successo qualcosa al Capitano cosa avrebbero fatto loro? Certo c’era Faramir, ma egli non avrebbe potuto assumersi da solo tutti i compiti che prima divideva col fratello. E poi, se fossero giunte cattive notizie riguardanti Boromir, Niniel non si sarebbe data pace.

Dieci minuti dopo finalmente sentì dei passi e la serratura della porta di casa scattare, per poi chiudersi di nuovo.

Il ragazzo saltò fuori dalla camera per precipitarsi in cucina.

« Cos’è successo? Avevate delle facce! È forse accaduto qualcosa a Boromir? »

Niniel si voltò con aria triste e fece cenno al fratello di sedersi poi, prese una pentola e mise la minestra sul fuoco a scaldare.

« Sai che ieri sera avevo parlato con Faramir dei sogni ricorrenti che ho fatto… » iniziò lei e Narith annuì « Questa mattina ne ha parlato con suo padre, ma Denethor non ne vuole sapere di mandare rinforzi a Boromir. »

« Non manderà nemmeno qualcuno a cercarlo? » domandò Narith.

Niniel scosse la testa, delusa.

La reazione che si scatenò nel ragazzo, avrebbe avuto la forza di un fiume in piena, se egli avesse avuto l’opportunità di sfogarsi contro qualcosa. Una rabbia mista a tristezza prese il controllo del suo cuore per qualche istante e avrebbe voluto urlare che non era giusto, che nessun padre avrebbe mai dovuto comportarsi così nei confronti di suo figlio, ma si rese conto che non era proprio il caso di fare questi ragionamenti di fronte a sua sorella: Niniel era già abbastanza scossa per sentirsi dire cose del genere e, sicuramente, le stava già pensando anche lei.

Narith trasse un profondo respiro e arginò, per quel momento, il fiume in piena di emozioni che scorreva dentro di lui:

« E dai, cerchiamo di essere positivi! Boromir è forte, se la caverà! »

« Credimi, ne ho basta di ripetermi e di sentirmi dire che Boromir è forte. Che lui è forte lo sappiamo benissimo tutti quanti, ma non sempre la forza può salvare una persona. » Niniel girò la minestra con un cucchiaio « Dipende anche se la forza che possiede lui è in grado di difenderlo dal male che ci sta attaccando. Sinceramente, non ho ancora capito bene contro cosa stiamo combattendo. »

Narith sospirò nuovamente.

« Non che io dubiti di te Niniel, lo sai… ma non è detto che i tuoi sogni siano premonitori. Può darsi che si tratti di semplici sogni dovuti alla tua preoccupazione per Boromir, non ci sarebbe nulla di strano se fosse così. »

« Lo so, e spero davvero che sia così! » rispose Niniel, ancora intenta a girare la minestra.

« Ora però togli la pentola dal fuoco… non vorrei saltare la cena perché tu l’hai fatta bruciare! » esclamò Narith cercando di sdrammatizzare.

Niniel si riscosse e fece come le aveva detto il fratello.

« Sai una cosa? Stai diventando un bravo cuoco, ti cedo volentieri il mio posto alla mensa militare, cosa ne dici? » gli disse Niniel.

« Preferisco continuare a fare il soldato e morire combattendo, piuttosto che passare il mio tempo con quelle simpaticone di Liden e delle sue compari! »

« Non me le ricordare… ci mancano solo loro… »

Narith si alzò e si avvicinò alla sorella, la prese per le spalle e la costrinse a voltarsi verso di lui:

« Ehi, non ti buttare giù così: non serve a nulla! Insomma, eri o non eri tu quella che diceva che dovevamo reagire di fronte a questa guerra e combattere cercando di rimanere il più sereni possibile, fino a che ne avremmo avuto la possibilità! Guarda che mi ricordo il discorso che ci hai fatto quel giorno all’Anduin mentre facevamo rifornimento di acqua! »

« Era tanto tempo fa. » disse Niniel « E poi credo che per me sia finito il tempo in cui potevo rimanere serena. »

« Non è la Niniel che conosco io questa… »

« Forse sono cambiata. »

« O forse è colpa di tutta questa oscurità che sta annebbiando anche i nostri cuori… Coraggio non perdiamoci d’animo, Boromir non lo vorrebbe! E poi, scommetto che ora è in quel posto, come si chiamava? »

« Imladris. »

« Ecco, Imladris, in mezzo agli Elfi… chissà le Elfe come sono… dovrebbero essere di una bellezza superiore a quella di qualsiasi donna mortale… »

Il ragazzo non fece in tempo a terminare la frase che una gomitata lo colpì nello stomaco.

« Ahi! Ma cosa fai sei matta? » bofonchiò quasi senza respiro.

« Cosa vorresti dire, che Boromir è in mezzo a delle donne bellissime? » esclamò lei arrabbiata.

« Elfe non donne! » la corresse Narith.

« Vuoi un’altra gomitata? »

« No, no… una mi è bastata! » fece lui tirandosi indietro.

Poi Niniel sorrise. Gli occhi parlavano d’altro, di una tristezza e una preoccupazione profonda, ma si sforzò di sorridere, e Narith ne fu contento.

« Grazie Narith. »

« E di cosa? Se non ci penso io a tirar su di morale la mia sorellina chi dovrebbe farlo? »

« Quante volte ti devo dire di non chiamarmi sorellina? Sono più grande di te! » gli disse Niniel.

La ragazza prese poi la padella e mise la cena nei piatti. Come aveva immaginato, Narith storse il naso:

« Minestra? Non potevi cucinare qualcosa di un po’ più sostanzioso? » protestò.

« È quello che abbiamo, quindi non reclamare. Piuttosto, considerala come una punizione per la tua battuta sulle Elfe! »

« Uff come sei permalosa… »

« Non è che ti stai facendo un po’ condizionare da quel tuo nuovo amico, Alner? Ogni volta che vede una ragazza fa il cascamorto! »

« Ma figurati! Lo fa solo per ridere! »

« Io non ci giurerei… Vedi di non farti influenzare! » lo ammonì Niniel.

« Va bene mamma… » fece Narith alzando gli occhi al cielo « E comunque io non sono come lui, dovresti saperlo! »

« Certo, ma è compito di ogni sorella maggiore mettere in guardia il proprio fratellino… »

« Guarda che ho solo un anno in meno di te! E poi a me interessa… »

« Interessa? » lo incoraggiò Niniel.

« Niente. » tagliò corto lui.

« Volevi dirmi qualcosa che riguarda Earine per caso? » lo stuzzicò lei.

« Ma non è meglio mangiare? La minestra si raffredda! »

Niniel non indagò oltre. Non voleva essere insistente, ma avrebbe giurato che Narith fosse vicino al punto di confessarle qualcosa riguardo la sua amica Earine. Tutto questo, le fece tornare in mente il famoso incontro romantico che avrebbe dovuto organizzare per il fratello e la sua amica.

“Appena mi sarò ripresa un po’, e il morale non sarà più sotto la suola delle scarpe, dovrò proprio organizzare qualcosa… Earine e Narith non sanno più cosa fare per aiutarmi, direi proprio che se lo meritano!”

 

Era passato quasi un mese da quella sera, da quando Faramir aveva detto a Niniel che Denethor non era intenzionato a inviare aiuti al fratello.

La vita continuava a Minas Tirith, tra la preoccupazione per la guerra che si stava avvicinando e l’Ombra che cresceva ad Est.

In Città vi era fermento: sempre più soldati si affaccendavano di qua e di là. Venivano sistemate le provviste, si facevano piani nel caso di lì a poco si fossero ritrovati sotto attacco e, agli occhi dei cittadini, era sempre più palese che il Sovrintendente stava ormai perdendo la forza e la fiducia che aveva sempre avuto nel suo popolo. Sire Denethor non faceva altro che stare rinchiuso nella stanza più alta della Bianca Torre: nessuno sapeva cosa facesse là dentro, ma egli non si faceva più vedere e sembrava non gli interessasse nulla del destino della sua gente e della Città Bianca.

La stessa Earine, che lavorava a palazzo, aveva riferito a Niniel che ormai il Sovrintendente si faceva vedere solo nell’ora dei pasti. Era raro trovarlo nella Sala del Trono in altri momenti.

Niniel lavorava ancora alla mensa militare insieme all’amica Ilarin. Le due si facevano forza a vicenda quando finivano vittime delle chiacchiere e dei soprusi di Liden, Milneth e Theris. Insomma, le cose per Niniel avevano continuato a scorrere più o meno come prima, anche se la preoccupazione per Boromir si faceva sentire ogni giorno e non la risparmiava nemmeno la notte. Era ancora vittima di quei tremendi incubi, ma ormai ci aveva quasi fatto l’abitudine e cercava di ignorarli. Non era semplice però. Lei era ancora convinta che avessero a che fare con Boromir.

Fu il pomeriggio di quel 26 febbraio, mentre rientrava dal lavoro e si trovava in compagnia dell’amica Earine, che accadde qualcosa che avrebbe cambiato tutto.

« Hai fatto ancora quel sogno? » le domandò Earine, osservando il volto stanco dell’amica, mentre entravano nel quinto livello della città.

« Sì, e questa notte è stato forse il peggiore di tutti gli incubi che ho fatto finora. » si interruppe, mentre un brivido le percorreva la schiena « Sai la persona che corre? Nel sogno di questa notte, una volta arrivata nella radura da cui provenivano le urla, si è ritrovata accerchiata da decine di Orchi. A questo punto ha iniziato a combattere e durante la battaglia ho sentito nuovamente quel suono… il suono di… un corno. Ripetuto tre volte e poi altre tre. Intanto quella persona combatteva ancora contro gli Orchi e ne ha sconfitti almeno una ventina. » il ritmo con cui Niniel stava raccontando aumentò fino a bloccarsi, di colpo, mentre i suoi occhi divenivano quasi assenti « Ma, ad un certo punto, quando aveva sconfitto quasi tutti gli Orchi, si è bloccato, come trafitto da qualcosa, e il suo respiro si è fatto affannoso. Poi ha ripreso a combattere e altri nemici sono caduti sotto i colpi della sua spada, ma di nuovo qualcosa lo ha trafitto, come al petto, e poi ancora, e ancora finché… finché non è caduto a terra. » il suo sguardo tornò cosciente « Quando mi sono svegliata mi mancava il respiro. »

Earine sospirò e abbassò il viso, rimanendo in silenzio. Non sapeva cosa dire e, nel profondo del cuore, lei stessa temeva che quell’incubo si sarebbe rivelato reale.

Le due camminarono fino a raggiungere la casa di Niniel.

« Ehm… tuo fratello… » iniziò a chiedere Earine.

« Mio fratello è al campo di allenamento… non dirmi che vuoi tornare giù al secondo livello… siamo appena risalite! » disse Niniel con un sorriso provocatorio.

« Ma no, no! Volevo solo sapere se era in casa! » si giustificò l’altra arrossendo.

« Comunque, per tua informazione, sappi che sto organizzando! »

« Che cosa? »

« Il vostro incontro romantico! » esclamò Niniel compiaciuta.

« Ma finiscila! Se vogliamo sappiamo cavarcela da soli! » sbottò Earine.

« Certo, ho notato! Quando vi incontrate vi evitate accuratamente. Di questo passo vi sposerete di sicuro domani! »

In quel preciso istante, il loro discorso venne interrotto da un suono profondo, forte e penetrante, che venne ripetuto tre volte e che arrivò attutito da una grande distanza. Niniel si bloccò: le parole non riuscivano più a uscirle di bocca ed ebbe l’impressione che il cuore avesse smesso di battere per qualche istante.

Si avvicinò di corsa alle mura della Città e strinse con forza il parapetto.

Ancora, tre note profonde infransero l’aria. Parevano giungere da Nord, dal Fiume.

Niniel rimase in ascolto: le orecchie tese e ogni muscolo del corpo contratto, tanto che iniziavano a bruciarle dolorosamente.

Un suono ancora e poi il silenzio.

Senza che se ne accorgesse, una lacrima sbocciò nei suoi occhi e silenziosa le scese lungo il viso.

« Avete sentito? »

« Sembrava quasi provenire dal Fiume! » la gente aveva iniziato a uscire in strada e dall’altezza del quinto livello, Niniel vide quelle persone come tante formiche che uscivano dal formicaio, poi, la vista le si offuscò.

« Ma cos’è stato? »

« Non lo so! »

« Pareva quasi il suono di un corno! »

Un corno… un corno…

Quelle parole le rimbombarono nella testa per alcuni secondi, senza tregua.

« Boromir… » bisbigliò quasi senza fiato.

« Come? » Earine le si era avvicinata e solo ora si rendeva conto delle numerose lacrime che rigavano il volto di Niniel.

« Quello era… era… lo stesso suono che sentivo nei miei sogni! Il suono di un corno. » Niniel non fu più in grado di continuare.

« Il corno di Gondor… » Earine completò la frase, giungendo alla conclusione a cui doveva essere giunta la sua amica.

Niniel scoppiò in un pianto dirotto, fatto di lacrime e singhiozzi. E poco le importò quella volta che qualcuno potesse vederla. Ormai ne era certa: quel suono apparteneva al corno di Gondor, che Boromir aveva portato con sé quando era partito e che lei aveva sentito più volte nei sogni.

D’istinto, Earine passò un braccio attorno alle spalle dell’amica e la condusse in casa, dove i curiosi che in strada stavano assistendo alla scena non avrebbero potuto vederla.

La fece sedere in cucina e le si inginocchiò di fronte.

« Niniel! Niniel calmati ti prego! » la prese per le spalle, ma la ragazza non smetteva di piangere « Non può essere lui! Come fai a dire che si tratta di lui! Non puoi esserne sicura! » non sapeva cosa dirle, era lei stessa confusa e praticamente certa, al tempo stesso, che la sensazione di Niniel fosse giusta.

« È lui! È lui, Earine! È Boromir! »

Improvvisamente, qualcuno bussò alla porta.

Earine si morse un labbro:

« Tu stai lì, ci penso io! E se è qualche curioso lo sbatto fuori a calci nel sedere! »

La ragazza corse verso l’ingresso della piccola casa mentre Niniel, in cucina, non smetteva di piangere.

Aprì di scatto la porta, e il suo cuore fu per un attimo pervaso da una certa tranquillità.

« Dov’è? »

« In cucina… »

L’uomo percorse a grandi passi il piccolo corridoio ed entrò in cucina, dove trovò Niniel ancora seduta che piangeva disperata.

« Niniel… calmati ti prego! » le disse, ma non funzionò.

« Faramir li hai… li hai sentiti? » disse tra i singhiozzi. Lui annuì, poi si inginocchiò di fronte a lei mentre Earine rimase in piedi appoggiata allo stipite della porta.

« Secondo te chi è? » domandò Niniel tra i singhiozzi.

« Ascoltami bene, non possiamo essere sicuri che si tratti di lui! È il suono di un corno, ok, come nel tuo sogno, ma non possiamo dire con certezza che fosse il Corno di Gondor né che si tratti di Boromir e che lui sia in pericolo! »

Niniel parve calmarsi un po’:

« Ma è successo come nel mio sogno di questa notte! Tre suoni, poi altri tre! Infine uno e poi il silenzio! Faramir, io sento che gli è successo qualcosa! »

« Ho paura anch’io, lo ammetto, ma non dobbiamo disperare! Dobbiamo continuare a sperare! Niniel, se fai così è finita! Finché non abbiamo notizie sicure che riguardano Boromir non dobbiamo disperare! »

« Ma tu cosa pensi? » gli domandò lei « Sii sincero, cosa pensi? Tu stesso mi hai detto che il Corno di Gondor va suonato nel momento del bisogno, quando i nemici non ti lasciano via di fuga e da solo non hai possibilità di salvarti. »

Faramir rimase silenzioso per qualche secondo, aveva gli occhi arrossati:

« C’è la possibilità che si tratti davvero del Corno di Gondor. » scandì lentamente le parole « E come hai detto tu va suonato quando si ha bisogno di soccorsi. C’è da dire, però, che il suono proveniva da lontano e non posso affermare con certezza che si trattasse proprio del Corno che Boromir aveva con sé. »

« Ma se quello fosse stato il Corno di Gondor significa che Boromir ha bisogno di aiuto e che potrebbe… » Niniel si bloccò. La sua mente, il suo cuore e le sue membra le impedivano di trasformare in parole quella che era in quel momento la sua più grande paura.

« Non dobbiamo neanche pensarci. Fino a che non avremo delle prove certe! »

« A quel punto sarà troppo tardi! » sentenziò Niniel.

Earine si fece avanti e uscì dal suo silenzio:

« Ascoltami bene! » decretò « Non puoi buttarti giù così! No, non lo puoi fare! Ma chi sei? Non sei la Niniel che conosco, non quella che conosco io da anni! Lei mi ha sempre detto di continuare a sperare e a combattere fino all’ultimo! Cosa significa questo tuo comportamento? Che in realtà non pensavi davvero ciò che mi hai sempre detto? Smettila di piangere! Boromir è il primo che non vorrebbe vederti così! Finché non avremo la certezza che gli è accaduto qualcosa non dobbiamo cadere nella disperazione! Non serve a niente! »

Niniel rimase esterrefatta a fissare l’amica, mentre la stessa Earine non sapeva da dove le fosse uscito quel discorso: tra le due era sempre stata Niniel quella che faceva le ramanzine, non lei! Lei solitamente era quella a cui le prediche erano rivolte, quella che aveva bisogno di una scossa per andare avanti e, certo, non poteva dirsi brava come Niniel nel fare quel genere di discorsi, non le venivano le uscite ad effetto che riusciva a fare l’amica, ma nonostante tutto poteva dirsi abbastanza soddisfatta di quel “sermone” che aveva appena fatto.

« Hai ragione. » bisbigliò Niniel « Hai ragione ma non è facile. Prova tu a vivere nel dubbio! Sono mesi che vivo nel dubbio, mesi che non lo vedo! Per quel che ne so potrebbe anche essere morto dal giorno dopo che è partito! »

« Questo non lo devi dire neanche per scherzo! » la sgridò ancora Earine.

« La tua paura è comprensibile. » intervenne Faramir « Ma Earine ha ragione: non serve disperarsi. Non ci porta a nulla. Dobbiamo andare avanti e aspettare. »

« Non è facile! » esclamò Niniel asciugandosi le lacrime.

« Lo so, non lo è anche per me! Ma non possiamo abbatterci adesso. Non ora che oltre a questa prova si sta avvicinando anche la guerra! »

Niniel non rispose, e tenne il viso basso.

« Promettimi che ora smetterai di piangere e cercherai di non pensarci… » le disse Faramir.

« So già che non ci riuscirò. »

« E io cosa sono qui a fare? » si intromise Earine cercando di assumere lei per prima un tono un po’ più allegro « Ci penso io a tenerla su di morale! »

« Allora so che è in buone mani! » commentò Faramir « Mi fermerei di più, ma purtroppo devo andare. Mio padre mi aveva convocato. »

Earine lo accompagnò alla porta mentre Niniel rimase in cucina, seduta e con la testa bassa.

« Cosa ne pensate? » domandò la cameriera poco prima che Faramir si allontanasse.

« Ho anch’io un brutto presentimento, ma non farne parola con Niniel e soprattutto non disperiamo proprio ora. Ha bisogno di qualcuno che le tiri su il morale. »

Earine annuì e Faramir salì sul suo cavallo e si allontanò verso la Cittadella.

Quando tornò in cucina, la ragazza trovò Niniel ancora seduta con lo sguardo perso nel vuoto.

« Allora, cosa fai ancora lì così? Tra poco torneranno Narith e i tuoi genitori, non vorrai mica fargli trovare i piatti vuoti! Coraggio, alzati. Ti aiuto io a preparare la cena! »

 

Furono giornate dure, quelle che seguirono quel 26 febbraio.

Niniel non era mai stata così giù di morale e pareva che nessuno riuscisse a strapparle un sorriso. Ce l’avevano messa tutta tutti quanti: Narith faceva di tutto per farla sorridere, Earine quando non lavorava, e quando Niniel non era alla mensa militare, era sempre con l’amica per farle compagnia. Adhort ed Erith erano forse quelli più preoccupati e non sapevano più da che parte sbattere la testa per aiutare la figlia, e Jamril, che come al solito si era auto-proclamato nonno adottivo della ragazza, si era praticamente trasferito a vivere a casa di Niniel per poterle stare vicino.

Faramir, invece, era dovuto partire quel giorno stesso, il 26 febbraio, per ordine del padre che lo aveva mandato in missione nell’Ithilien con il suo gruppo di raminghi.

Erano passati quattro giorni da quando il suono di quel corno era giunto, portato dal Fiume, fino a Minas Tirith e Niniel, per quanto si sforzasse, non riusciva a darsi pace.

La sera di quel 30 febbraio*, la ragazza si trovava a casa e stava preparando la cena insieme a suo fratello.

« E adesso cosa faccio? » domandò Narith nel panico totale.

« Metti il sale. »

« Ah, ok! »

« Il sale, non lo zucchero! » lo riprese con tono piatto Niniel.

« Ah, mi sembrava di aver sbagliato qualcosa! » scherzò il ragazzo. Stava cercando in qualunque modo di far reagire la sorella. Era disposto a mettere lo zucchero nell’arrosto pur di farla anche solo arrabbiare, ma niente, Niniel era talmente giù di morale che non aveva funzionato nemmeno quello.

Improvvisamente, qualcuno bussò alla porta.

« Niniel, vai tu? Io sono troppo impegnato a cercare di girare quest’arrosto, se mi allontano rischio di farlo bruciare e non voglio restare senza cena! » le disse Narith.

La ragazza si diresse di malavoglia verso la porta e, quando la aprì, il suo cuore mancò di un battito.

« Faramir? Ma non dovevi rimanere nell’Ithilien per alcune settimane? »

« Avrei dovuto. » rispose lui « Posso entrare? »

Niniel si fece da parte, e in quel momento notò l’espressione afflitta dell’uomo, il viso tirato e gli occhi stanchi e gonfi.

« Sorella chi è? » dalla cucina sbucò la testa di Narith « Oh, buonasera Faramir! » ma il buon umore del ragazzo fu bloccato dall’espressione del Capitano di Gondor.

Solo in quel momento, Niniel si rese conto del drappo nero che l’uomo teneva in mano. Pareva che servisse per nascondere qualcosa.

« Faramir cosa… cos’è successo? » domandò con voce spezzata. Narith uscì dalla cucina e si avvicinò alla sorella.

Faramir sospirò:

« Niniel io… » non sapeva come continuare. Avrebbe voluto essere sicuro di usare le parole più corrette, quelle giuste per non farla soffrire troppo. Ci aveva riflettuto durante tutto il viaggio di ritorno dall’Ithilien a Minas Tirith, ma era giunto alla conclusione che in qualunque modo lui gliel’avesse detto, lei avrebbe sofferto comunque. Eppure, ora che si trovava lì, ancora sperava che ci fosse un modo per evitarle quel dolore.

« Faramir, dimmi cos’è successo! » la richiesta di Niniel suonò come un ordine che non ammetteva repliche. Improvvisamente la sua voce era tornata decisa come quella di sempre, seppur da essa continuavano a trasparire tristezza e preoccupazione.

Faramir alzò lo sguardo, che fino a quel momento aveva tenuto basso, sulla ragazza e scoprì ciò che teneva in mano avvolto nel drappo nero. Il corno di Gondor apparve agli occhi della ragazza: era spaccato in due.

« Una metà l’ hanno trovata alcune sentinelle, tra le canne, sulla riva dell’Entalluvio. L’altra invece è stata ritrovata tra i flutti da uno dei nostri che era in missione. » disse Faramir con la voce debole di chi è stanco e affranto.

« Quando? » la voce di Niniel parve un sussurro.

« Ieri sera. »

Niniel abbassò lo sguardo sul corno di Gondor e prese tra mani le due metà. Le fissò per alcuni secondi senza fiatare: pareva che il tempo si fosse fermato, che lei non respirasse più, che il mondo avesse smesso di girare.

Poi, improvvisamente, un singhiozzo, e la ragazza iniziò a piangere. Restituì con rabbia il corno di Gondor a Faramir e si coprì il viso con le mani mentre il fratello la abbracciava.

 

 

 

 

* No, non è un errore… Nel calendario della Contea (appendice D del Signore degli Anelli), e nell’Appendice B (il calcolo degli anni) si parla del 30 febbraio!

 

 

 

 

Ciao a tutti! Che dire, chiedo scusa per l’immane ritardo! Io stessa non ci credo di essere finalmente riuscita a finire un nuovo capitolo! Mi rendo conto che sono esattamente cinque mesi che non aggiorno più, ma a volte una piccola pausa credo che non possa fare altro che bene. Almeno mi sono schiarita un po’ le idee!

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto anche se, come vi avevo anticipato, è successa una tragedia. So che ora mi odierete, ma vi fidate se vi dico di non temere?

Non disperate, ok? Nella vita non può andare sempre tutto male, e così sarà anche in questa fan fiction! Ora non aggiungo altro!

Passo alle recensioni e mando un grazie enorme e un bacio a chiunque abbia letto, recensito o aggiunto la storia tra le preferite/seguite!!

Siete fantastici!

Eowyn 1

 

 

Johnny Nicotine: Beh, come avevi previsto il papi non ha creduto alla palla! Ma era ovvio, no? Cosa ci si poteva aspettare da Denethor? Grazie per i complimenti, spero che ti sia piaciuto anche questo nuovo capitolo. A presto! (Spero, ma questo dipende da me… XD) ciao!!

 

Elfa: Ciao! Sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo e, non temere, credo che Legolas si vedrà ancora! Non pensavo, ma scrivere di lui mi ha divertita più di quanto pensassi. L’ ho riscoperto come personaggio, e ho iniziato a vederlo sotto una nuova ottica! Beh, spero ti sia piaciuto il nuovo capitolo! A presto!

 

Nini superga: Eccomi di ritorno! Lo so, con un tremendo ritardo, ma non ho potuto fare altrimenti!! Beh, ora so che mi odierai.. che mi odierete per ciò che ho scritto, ma fidatevi vi prego! ;) e con questo concludo! Abbiate fiducia e pazienza! See you soon!!

 

Ragazzapsicolabile91: Sì, sono ancora viva! Non ci speravi più eh? Lasciamo stare! XD Comunque, sono contenta che l’ultimo capitolo ti sia piaciuto! Eh beh, il pensiero dei due innamorati dimostra che, per quanto lontani, sono comunque collegati tra loro da qualcosa che va oltre ogni distanza!

 

Arwins: Ehm… grazie per i complimenti… ma forse esageri! Comunque sono contenta che la storia ti piaccia, e mi ha fatto piacere sapere che trovi ben caratterizzati anche i personaggi! E… beh.. mi spiace di non aver aggiornato velocemente come speravi ma proprio in questo periodo non ci sono riuscita! Spero di cavarmela adesso che sono un po’ più tranquilla! Complimenti per il voto di latino!!! A presto e… W Faramir!!

 

Kenjina: Ciao! Grazie mille per ciò che hai scritto! Mi ha fatto davvero piacere avere una tua così dettagliata descrizione di ciò che ti è piaciuto e che hai apprezzato della storia… ma sicura di non aver esagerato coi complimenti? Comunque grazie davvero, più che altro per la precisione con cui hai scritto la tua recensione! Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo che è stato particolarmente sofferto… e credo si capisca visto tutto il tempo che ho impiegato per inserirlo! Beh, a presto! E grazie ancora!!

 

Evening_star: Ciao! Ehm… dicevi travagliato capitolo… sì… in effetti questo è stato peggio di tutti gli altri messi insieme ma almeno mi sono sbloccata! Credo… spero… Sono contenta che l’ultimo capitolo ti sia piaciuto e, beh, a quanto pare il comportamento della madre di Ilarin ha colpito un po’ tutti. Ma c’è da capirla: da quando suo marito è morto non ha avuto una vita semplice. Ti anticipo però che avrà modo di ricredersi sul conto di Niniel! Spero che tu non mi voglia ammazzare dopo quest’ultimo capitolo ma ripeto… non disperate! A presto! (almeno… spero di riuscire ad aggiornare presto!) Ciaooo!!

 

Xxbrokenrose: Ciao! In effetti, rileggendo la storia mi sono accorta che c’è sempre qualcuno che le sta addosso! XD Forse hai ragione a dire che c’è troppa gente che la consiglia… ma il fatto è che mentre scrivo certi nuovi personaggi saltano fuori da soli e poi io non riesco a controllarli, perché quando decidono di intervenire mica mi chiedono il permesso! Scherzi a parte, spero tu non mi voglia ammazzare dopo questo capitolo… ma non abbiate paura!!

 

 

Beh, ora vi saluto e spero… se la mia “caaaaaara” amica ispirazione non mi lascia… * me le lancia un’occhiata storta * dicevo, spero di risentirvi presto! Ma vi prego… non odiatemi per questo capitolo…

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Ci sono, sono tornata a tormentarvi

Ci sono, sono tornata a tormentarvi!

Ci sentiamo alla fine per le recensioni.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

Capitolo 16

 

26 Febbraio 3019, Parth Galen

 

Erano delle grida, quelle che aveva udito in lontananza? Non avrebbe saputo dirlo con certezza, ma gli era parso proprio di sì.

Lasciò il seggio della vista senza nemmeno voltarsi indietro, col cuore colmo di angoscia e senso di colpa. Era Frodo che aveva urlato? Egli non meritava quello che lui gli aveva appena fatto, assolutamente no. Ma cosa gli era preso? Aggredire così il povero Hobbit! Certo, lui voleva l'Anello, l'aveva sempre desiderato ed era ancora convinto che quell'oggetto sarebbe stato in grado di cambiare le sorti della guerra, se si fosse trovato nelle mani degli Uomini, ma aggredire così Frodo... Un grande peso gli si posò improvvisamente sul cuore.

E grida, di nuovo quelle grida.

Ora era sicuro, le aveva udite davvero. Qualcuno aveva bisogno di aiuto e in quel luogo, ne era certo, poteva trattarsi solo dei suoi amici. Sguainò la spada senza esitazione e iniziò a correre a perdifiato giù per il fianco della collina, mentre quelle urla si facevano sempre più vicine e insistenti e una moltitudine di altri rumori si aggiungeva come un macabro sottofondo a quelle grida.

"Orchi!" fece appena in tempo a constatare Boromir, prima che uno di quei mostri sbucasse fuori improvvisamente da un cespuglio del sottobosco e gli si gettasse addosso.

Strinse forte l'elsa della spada e con un grido iniziò a combattere contro l'Uruk-hai. La sua spada cozzava senza tregua contro l'arma del nemico, che lo osservava con i suoi occhi gialli profondi come un pozzo e al contempo privi di qualunque umanità.

In lontananza sentì il rumore di altre armi: dedusse che probabilmente anche Aragorn, Legolas e Gimli stavano combattendo contro lo stesso nemico. Le grida che aveva udito poco prima lo riportarono alla realtà. Non era di certo quello il momento per distrarsi. Tornò a concentrarsi sull'Uruk-hai contro cui stava combattendo.

L'orco tentò un affondo, ma un attimo prima che quel colpo, ora diretto al vento, si trasformasse in un colpo mortale, Boromir si spostò. Quindi l'uomo si difese e cercò di ferirlo, ma l'Uruk-hai schivò il colpo scartando di lato. Con un secondo fendente, che il mostro non aveva previsto, Boromir riuscì a provocargli una ferita nel braccio destro.

L’Uruk osservò con rabbia il profondo taglio infertogli dall’uomo che, approfittando di quel momento di distrazione da parte del mostro, tentò un nuovo affondo. L’orco però se ne accorse e con uno scatto afferrò Boromir per un braccio, lo avvicinò a sé e gli diede un feroce pugno nello stomaco.

L’uomo cadde a terra, col fiato spezzato per il dolore. Con una mano si stringeva la pancia mentre nell’altra ancora teneva la spada.

L’Uruk-hai gli si avvicinò con un ghigno malevolo e trionfante dipinto sul volto:

« Chi sei? » gli domandò con voce roca « Chi sei tu? Un moscerino! » rise sommessamente « Non sei niente! »

Quindi, afferrò l’uomo per i capelli e lo costrinse ad alzarsi.

« Avevi pensato di potermi provocare e vincere la sfida, eh? Povero illuso! » Boromir ancora faticava a respirare, e l’orco si preparò a colpirlo nuovamente, per l’ultima volta « Chi sei tu, per pensare di vincere contro di me? »

L’Uruk non ebbe quasi il tempo di terminare la frase: un dolore lancinante percorse interamente il suo corpo, poco prima che si accasciasse a terra in fin di vita.

« Io sono un soldato di Gondor. » disse Boromir forzando la voce, per via del fiato ancora corto. La spada sporca di sangue nero ancora stretta in mano: « Io sono un soldato di Gondor! Imparate a temerci! »

Con un ultimo spasmo, l’Uruk-hai smise di respirare e i suoi occhi gialli si spensero.

Boromir rimase per qualche secondo in piedi immobile, ad osservare l’orco. L’uomo teneva ancora una mano sulla pancia, dove il mostro l’aveva colpito e respirava profondamente alla ricerca dell’aria che in quei minuti gli era mancata.

Con una smorfia di dolore, diede le spalle all’Uruk-hai ormai privo di vita e ricominciò a correre verso il luogo da cui provenivano le urla che aveva udito poco prima. Aveva già perso fin troppo tempo.

 

Erano sempre più vicine, poteva sentirle forti e chiare. Improvvisamente, intravide tra gli alberi alcune decine di Uruk-hai e due di essi portavano in spalla due giovani Hobbit, che gridavano a squarciagola.

Si era attardato troppo, aveva perso troppo tempo! Doveva sbrigarsi e liberare Merry e Pipino: strinse con più decisione la spada e si gettò oltre gli alberi che ancora lo nascondevano alla vista dei nemici.

Sotto gli sguardi scioccati dei due Hobbit, Boromir saltò nella piccola radura dove gli orchi li avevano appena catturati e si diresse di corsa proprio verso gli Uruk che li stavano trasportando.

Non appena gli fu vicino, alzò la spada e tentò un fendente rivolto a quello che teneva Merry, ma questo si scansò, mentre un altro Uruk si fece avanti e iniziò a combattere contro Boromir. Con pochi colpi, l’uomo lo ferì ed infine lo uccise.

Molti altri si frapposero tra lui e gli Hobbit, ma egli riuscì ad ucciderli tutti.

Nel frattempo, però, gli orchi che trasportavano Merry e Pipino si erano allontanati e lui non era certo di riuscire a riguadagnare terreno, per via dei numerosi nemici che continuavano ad attaccarlo.

Ne trafisse un altro e, mentre alzava la spada contro l’ennesimo orco, fece scivolare la mano lungo il fianco ed afferrò il corno di Gondor che portava assicurato alla cintura. Non aveva altre possibilità: doveva chiedere aiuto.

Portò il corno alle labbra e vi soffiò dentro: tre profondi suoni trafissero l’aria e, per un istante, parvero intimorire i nemici.

Ricominciò a combattere, mentre le urla di Merry e Pipino si facevano sempre più distanti.

Prese di nuovo il corno e suonò ancora per tre volte, mentre i nemici lo attaccavano.

Non ce la faceva, non ce l’avrebbe fatta a salvare i due Hobbit, ma doveva provarci, ancora! Doveva riscattarsi per ciò che aveva fatto a Frodo!

Prese il corno, un’ultima volta, e suonò, ma fu per una volta soltanto. Due Uruk-hai lo attaccarono contemporaneamente. Uno dei due gettò a terra l’uomo che rotolò a destra, giusto in tempo per evitare un potente colpo di ascia che altrimenti gli avrebbe diviso in due il petto.

Con un fendente, Boromir trafisse uno dei due Uruk, ma quello rimasto in vita lo colse alla sprovvista, approfittando del fatto che l’uomo fosse di spalle e, mentre Boromir si voltava, lo ferì profondamente all’altezza della spalla destra.

Con uno scatto, nonostante la ferita profonda, il Capitano di Gondor mozzò la testa al mostro. Se ne era liberato, ora poteva correre a salvare i suoi amici.

Portò la mano alla spalla, ed osservò il sangue che la macchiava: il dolore era forte. Eppure non poteva permettersi di perdere altro tempo. Si voltò nella direzione in cui gli orchi stavano portando Merry e Pipino, e si mise a correre.

Non fece però in tempo a percorrere che qualche metro, che un dolore profondo gli attraversò la schiena, e Boromir cadde a terra.

L’ultima cosa che sentì, fu il rumore di spade che cozzavano.

 

7 Marzo 3019, Minas Tirith

 

Sette lunghi giorni erano passati da quando Faramir si era recato da Niniel col Corno di Gondor. La ragazza non si era ancora ripresa, e non dava segni di volerlo fare.

Aveva passato quelle giornate chiusa in camera sua, rifiutandosi di andare a lavorare. I suoi genitori, insieme a Narith, Earine e perfino Jamril, avevano fatto sì che qualcuno di loro fosse sempre a casa per farle compagnia, anche se Niniel il più delle volte si rifiutava di parlare, ma non se la sentivano di lasciarla sola.

Il fatto poi, che il giorno successivo aver dato alla ragazza la brutta notizia, Faramir fosse dovuto ripartire per l’Ithilien per una nuova missione, non aveva fatto altro che peggiorare la situazione e l’umore di Niniel.

 

Quella mattina, Narith era in cucina e fingeva di mettere a posto pentole e pentoloni, nella speranza che la sorella uscisse dalla camera e gli urlasse dietro, come faceva sempre una volta, perché si era permesso di toccare le sue pentole e tutti gli altri utensili da cuoco, che il ragazzo non riusciva nemmeno a comprendere a cosa potessero servire.

Ma non accadeva nulla. Narith colpì volontariamente un paiolo con un mestolo, per attirare l’attenzione di Niniel, ma la ragazza rimaneva chiusa in camera sua.

Improvvisamente, qualcuno bussò alla porta e lui fu costretto ad abbandonare la cucina per andare ad aprire.

Il cuore quasi gli si fermò quando, spalancata la porta, si trovò di fronte Earine.

« Buon giorno… » balbettò la ragazza, sorpresa quanto lui.

« Oh, ehm… ciao! Vieni, entra pure! » Narith si scostò dalla porta e la lasciò entrare « Pensavo che sarebbe venuta mia mamma. » ma subito si morse la lingua: avrebbe voluto mostrarsi contento di vedere la ragazza e invece…

« Sì… sì, ma ho preferito venire io. Inizio a lavorare più tardi oggi e, se Denethor si accorgesse che in questi giorni i tuoi genitori mancano così spesso dal lavoro, potrebbero ritrovarsi nei guai. Per questo ho detto a tua madre di non preoccuparsi, che sarei venuta io. »

« Ah, bene mi… mi fa piacere! » Narith si sentì improvvisamente confuso da quella frase che era appena riuscito a dire, quindi diede le spalle alla ragazza e si diresse in cucina dove lei lo seguì.

Earine rimase interdetta nel vedere la confusione che c’era in quel luogo: di solito, Niniel teneva tutti gli utensili da cucina in perfetto ordine! Era una gran disordinata per tante altre cose, ma se si trattava del suo lavoro, sapeva trasformarsi nella persona più ordinata dell’universo.

« Speravo che, sentendomi trafficare con le sue cose, venisse fuori da quella camera… anche solo per insultarmi. Ma non è servito a niente. » si giustificò il ragazzo, notando che Earine era rimasta scioccata.

Subito, l’espressione della ragazza si addolcì:

« Sono certa che prima o poi uscirà da lì. Dobbiamo solo darle un po’ di tempo. »

Narith annuì.

« Earine, posso chiederti un favore? » domandò poi timidamente il ragazzo.

La cameriera rimase di sasso, tesa come una corda di violino, poi annuì.

« Mi aiuteresti a sistemare tutte queste cose? Io… non ricordo con precisione dove le teneva Niniel. »

Earine sorrise rilassata:

« Certo! »

Era da un po’ che stavano rimettendo in ordine la cucina, quando una porta scricchiolò e poco dopo Niniel comparve all’ingresso della stanza: gli occhi rossi e segnati erano i testimoni evidenti delle notti in bianco che aveva passato la ragazza e, certamente, anche delle lacrime che aveva versato.

Non avrebbero saputo dirlo con certezza, ma avevano l’impressione che in quei sette giorni la ragazza fosse anche dimagrita. Aveva mangiato pochissimo, per non dire niente.

Narith ed Earine si bloccarono e la guardarono sollevati, nonostante il suo aspetto. Erano contenti di vederla finalmente fuori da quella stanza.

« Ciao Ninì! » esclamò Earine.

« Cos’è successo qui? » domandò l’altra.

« Ehm… lo sai che hai un fratello un po’ maldestro, no? » si giustificò Narith « Stavo cercando… una pentola per farmi una frittata, ma non sapevo quale usare e… »

« Ed era necessario tirare fuori anche tutte le posate? » lo fulminò Niniel con voce piatta.

« Te l’ho detto, lo sai che sono un pasticcione! »

La ragazza non lo ascoltò.

Si avvicinò al tavolo e prese un bicchiere, lo riempì d’acqua e si diresse verso la porta.

« Comunque è questa la padella per la frittata. » disse, porgendone una al fratello. Quindi tornò in camera sua.

« È già qualcosa no? » commentò Earine.

« Che cosa, il fatto che si sia finalmente decisa a bere qualcosa o il fatto che abbia finalmente parlato? » domandò Narith nervoso.

« Beh, entrambe le cose. »

« Ma non può starsene là dentro per il resto della sua vita! » esplose il ragazzo arrabbiato.

Lasciò a grandi passi la cucina e si diresse nella camera della sorella sotto lo sguardo stupito di Earine: non aveva mai visto Narith comportarsi in quel modo e arrabbiarsi tanto.

Sentì la porta che si apriva e il ragazzo che parlava a Niniel:

« Non dirmi che hai intenzione di rimanere così ancora per molto! » esordì « Ma ti sei vista? Cosa credi che ti serva piangere per tutto il giorno, non dormire e non mangiare quasi niente? »

Earine corse verso la camera dell’amica:

« Narith non… »

« Aspetta! » la bloccò il ragazzo, poi si rivolse di nuovo alla sorella che se ne stava in silenzio appoggiata al davanzale della finestra « Ti stai facendo del male da sola! È da una settimana che sei conciata così, io capisco che stai soffrendo ma non credi che Boromir sarebbe il primo a non volerti vedere in questo stato? »

A quelle parole, la ragazza uscì dal suo silenzio e gettò addosso al fratello la rabbia che aveva covato dentro in tutti quei giorni:

« Fai presto a parlare tu! Hai mai perso qualcuno che amavi? Come puoi dirmi questo tu che non hai nemmeno il coraggio di parlare alla ragazza che ti piace! » si bloccò, ricordandosi che Earine era lì sulla porta « Vattene! » gli disse « Non nominare mai più Boromir. Esci da qui e lasciami stare. »

Narith strinse i pugni e lasciò la camera della sorella arrabbiato e colmo di rancore.

Earine, che era rimasta in disparte per tutto il tempo, chiuse la porta della stanza e lo rincorse.

« Che cosa fai? » gli domandò preoccupata, vedendolo prendere la spada e la cotta di maglia.

« Vado giù al campo. Tra poco iniziano gli allenamenti. » ringhiò lui e, senza dire una parola di più, uscì di casa sbattendo la porta.

Earine rimase in piedi nel piccolo e silenzioso ingresso dell’abitazione, fissando la porta chiusa come se questa potesse illuminarla e suggerirle una soluzione per quella situazione assurda che si stava creando. Non solo Boromir era morto, ma Niniel e Narith avevano litigato come non li aveva mai visti fare. Li aveva già visti discutere, è inevitabile che accada tra fratello e sorella, ma non li aveva mai sentiti parlarsi con tanto rancore nella voce.

Improvvisamente, quando giunse un rumore dalla camera della sua amica, la ragazza fu riscossa dai suoi pensieri.

Raggiunse l’ormai nota porta chiusa, e bussò. Non ricevendo risposta, la aprì lentamente e trovò Niniel con la finestra aperta e i gomiti appoggiati al davanzale che guardava fuori. L’aria fredda di marzo invadeva la stanza.

Le si avvicinò e si appoggiò anche lei al davanzale.

« Non fa un po’ freddo per stare qui così? » le chiese dolcemente.

Niniel rimase in silenzio, con lo sguardo perso verso Oriente. Pochi secondi dopo, si decise a parlare:

« Perché mi ha trattata così? » domandò.

Earine rimase in silenzio, cercando le parole più adatte per risponderle senza che queste la ferissero ulteriormente.

« Io… non ho fratelli, né sorelle. Non so cosa significhi averne, ma conosco te e Narith da quando siamo bambini e in questi anni ho capito che vi volete talmente tanto bene, che sareste disposti a morire l’uno per l’altra. »

« Non è l’impressione che ho io, dopo come mi ha trattata oggi. » la interruppe Niniel.

« Io credo… che Narith avrebbe solo voluto scuoterti un po’, cercare di tirarti su di morale. Solo, temo che abbia scelto il modo sbagliato per farlo. » Earine guardò l’amica e le fece un sorriso tirato « Anche lui è dispiaciuto, come tutti noi del resto, per la morte di Boromir. Ma è dispiaciuto ancora di più a vederti stare così male. Sai perché c’era quella baraonda in cucina? Perché avrebbe voluto che, sentendolo mettere a soqquadro le tue cose, tu uscissi da qui per vedere cosa stesse succedendo. Gli sarebbe andato bene anche solo che tu lo insultassi. » sorrise « Sta cercando disperatamente di tirarti su di morale, ma vedendo che non ci riesce, probabilmente si è fatto prendere dalla rabbia. »

Ci fu un attimo di silenzio, poi Niniel sospirò:

« Sono una stupida. »

Earine la guardò senza capire.

« Vi state facendo in quattro per me e guarda io come vi tratto. Riesco solo a farvi arrabbiare e preoccupare. »

Earine sorrise di nuovo:

« Non ti devi sentire in colpa, con quello che è successo è comprensibile che tu sia così. Quello che probabilmente Narith voleva dirti, è che devi cercare di reagire. A cosa pensi che serva stare chiusa qui da sola tutto il giorno, mangiando appena giusto per riuscire a stare in piedi? »

« Non mi viene fame. » protestò Niniel.

« Facciamo una cosa… adesso chiudiamo questa finestra, perché domani non vorrei ritrovarmi con la febbre alta, e nemmeno tu hai bisogno di ammalarti, e poi non ti fa bene continuare a guardare a Oriente! Adesso andiamo in cucina e ti preparo una bella tazza di latte! »

« Ma non ho fame… »

« Oh, su, su! Almeno dammi una mano a prepararla, che io ho voglia di berla. Poi vedrai che verrà voglia anche a te! » Earine chiuse la finestra, prese sottobraccio l’amica e la portò in cucina.

 

Inutile. Dopo quella chiacchierata con l’amica, Niniel aveva iniziato a sentirsi meglio o, almeno, aveva ricominciato a mangiare qualcosa.

Più tardi, Erith tornò a casa per dare il cambio a Earine e permetterle di andare a lavorare. Si stupì, nel trovare la figlia fuori dalla camera e finalmente seduta in cucina davanti al tavolo.

Quel pomeriggio anche Ilarin e Alner, l’amico di Narith, andarono a trovarla. Inizialmente Niniel fu tentata di mandarli via. Non aveva voglia di parlare con nessuno, sentiva il bisogno di tornare nuovamente in camera sua, ma si costrinse a vederli, pensando agli sforzi che il fratello e tutti gli altri stavano facendo per lei e per tirarla su di morale.

Nonostante tutto le fece piacere rivederli, soprattutto Ilarin.

La ragazza le raccontò qualcosa del lavoro, cercò di farla divertire prendendo un po’ in giro Liden, Milneth e Theris, ma notò che Niniel non era ancora dell’umore giusto per ridere. Non riuscì a strapparle nemmeno un sorriso tirato. E la stessa cosa fu per Alner. Disse una marea di sciocchezze, che però non ebbero su Niniel l’effetto che lui aveva sperato.

La ragazza non lo conosceva bene. L’aveva visto solo qualche volta in compagnia del fratello, e non riuscì a capire se fosse davvero un tipo così… sciocco, o se lo facesse per cercare ti tirarla su di morale. Nonostante tutto, però, le fece piacere che anche lui fosse andato a trovarla.

Non appena Ilarin e Alner se ne furono andati, Niniel tornò in camera sua e si chiuse dentro.

Erith rimase a lungo indecisa se tentare di parlare con la figlia o no, poi bussò alla porta della stanza e, inaspettatamente, ricevette il permesso di entrare.

« Sono stati gentili a venire a trovarti. » le disse.

Niniel annuì. Era seduta sul letto: le gambe tirate su e le braccia attorno alle ginocchia.

« Non hai voglia di tornare a lavorare? Ilarin sarebbe di sicuro contenta. »

« Non ho voglia di tornare in quel posto schifoso. » rispose secca lei.

Erith sospirò.

« Niniel, non puoi passare il resto della tua vita seduta su un letto a piangere. »

« Io non sto piangendo. »

La donna si sedette accanto alla ragazza e la guardò negli occhi.

« La vita deve andare avanti. » le disse dolcemente.

Niniel sentì un enorme vuoto invaderle il petto, mentre il cuore pareva ripiegarsi su sé stesso. Non avrebbe saputo spiegare perché, ma quell’enorme vuoto che percepiva risultava sempre più pesante di un sacco pieno di piombo.

« Lui mi manca, mamma. » riuscì a dire in un sussurro « Ho paura di non farcela, ad affrontare il resto della vita da sola. »

La donna le appoggiò una mano sulla spalla.

« È logico che sia così, non sarebbe normale se lui non ti mancasse. Purtroppo però devi fartene una ragione. A volte la vita ci pone di fronte cose che non si possono cambiare, solo accettare. La morte è una di quelle e noi dobbiamo trovare la forza di farlo. »

Una lacrima scese silenziosa lungo la guancia di Niniel, mentre la madre le scostava dal viso una ciocca di capelli, prima di aggiungere:

« Comunque non sei sola! Ci siamo io e papà, e Narith, che farebbe di tutto per te! Senza contare i tuoi amici. » le sorrise.

« Oggi io e Narith abbiamo litigato. » confessò la ragazza.

« Lo so, Earine mi ha raccontato qualcosa, ma non temere, è solo perché vi volete bene! »

La ragazza non rispose, ma sapeva che quella era la verità.

« Ti va di venire di là a preparare la cena? » le propose la madre.

« No, non ho voglia e non ho nemmeno fame. » disse Niniel scuotendo la testa.

« Allora io vado. Se poi cambi idea vieni però, ok? » la donna le diede un bacio sulla fronte, prima di uscire e chiudere la porta alle sue spalle.

Erith fissò tristemente la porta della stanza della figlia e sospirò, ma nonostante tutto quel girono si sentì un po’ più sollevata del solito: la ragazza aveva ricominciato ad aprirsi e a parlare ed Earine era riuscita anche a farle mangiare qualcosa.

 

La mattina successiva, Narith uscì di casa presto. Aveva l’allenamento al campo e poi un turno di guardia.

Si chiuse la porta alle spalle e si incamminò, pensieroso, verso la strada. Poco prima di uscire dal cortile di casa, però, sentì di nuovo la porta chiudersi e qualcuno che lo chiamava.

Rimase di sasso quando, voltandosi, vide Niniel che camminava verso di lui. Indossava il mantello pesante per proteggersi dal freddo, quello che usava per girare in Città.

« Ti spiace, se facciamo la strada insieme? Tanto stiamo andando nella stessa direzione… » gli disse la sorella.

Fece cenno di no col capo e insieme si incamminarono verso il secondo livello di Minas Tirith.

Per alcuni minuti rimasero in silenzio, poi Narith si decisa a parlare:

« Torni a lavorare? » domandò asciutto.

Lei annuì. Era certa che il fratello ne fosse felice, ma molto probabilmente ce l’aveva ancora con lei per quello che aveva detto il giorno prima davanti a Earine. Ormai aveva capito benissimo che tra i due c’era qualcosa e lei, quando il pomeriggio precedente avevano litigato, lo aveva rimproverato dicendogli che non è nemmeno in grado di parlare con la ragazza di cui è innamorato, ed Earine era lì con loro. Poteva capire benissimo, se ora Narith era ancora arrabbiato.

Inaspettatamente, il fratello sorrise:

« Sono contento che sei uscita di là. Non ne potevo più di vederti in quello stato. »

« Non è che mi senta molto meglio, ma ho pensato che se esco un po’ magari mi aiuta a… »

Stava per dire: dimenticare. Ma come avrebbe potuto dimenticare? Subito gli occhi le pizzicarono.

« Svagarti un po’ ti farà bene. Fa sempre bene vedere un po’ di gente in questi casi! » le disse lui, notando la reazione della ragazza.

Quell’incoraggiamento da parte del fratello la fece stare ancora peggio: lei il giorno prima lo aveva umiliato di fronte a Earine, ed ora lui la confortava ancora in quel modo?

« Narith scusami. » gli disse tutto d’un fiato con un groppo in gola « Sono stata una cretina ieri a comportarmi in quel modo. A dirti quello che ho detto… »

« Lascia stare! » esclamò lui con un gesto della mano « Non è un bel momento questo, per nessuno. Alla guerra si è aggiunta anche la morte di Boromir, capisco che tu sia sconvolta. Non preoccuparti per me! » il ragazzo le sorrise com’era solito fare, con quel suo sorriso incoraggiante che l’aveva sempre sostenuta « Ora è meglio che ci sbrighiamo, o rischiamo di fare tardi tutti e due! »

Quanto voleva bene a suo fratello? Niniel non avrebbe saputo dirlo. Avevano solo un anno di differenza, potevano quasi considerarsi coetanei. Erano cresciuti insieme, correndo per le strade di Minas Tirith, osservando, intimoriti e nascosti dietro all’angolo di una casa, i cortei di soldati che sfilavano e che si preparavano a partire per qualche missione. Per non parlare di quando avevano trovato un modo per spiare i figli del Sovrintendente mentre si allenavano con la spada (se fossero stati scoperti si sarebbero ritrovati davvero nelle grane…), o anche di quando si intrufolavano di nascosto nelle cucine reali, coperti dal buon vecchio Jamril. Erith e Adhort erano contrari al fatto che i due bambini entrassero in quel luogo: sapevano che erano troppo vivaci per mettere piede in un ambiente come quello, senza contare che il Sovrintendente, molto probabilmente, non avrebbe gradito la cosa.

Insomma, erano sempre stati insieme. Ne avevano combinate tante, si erano divertiti e consolati a vicenda. Le litigate non erano mai mancate, quello è ovvie e anche normale. Non sarebbe stato normale il contrario, ma quelle discussioni li avevano uniti sempre di più, aiutandoli a crescere e a maturare.

 

Giunsero, infine, di fronte alla mensa militare. Quel fumo denso che ne fuoriusciva provocò in Niniel un brivido di disgusto che le percorse tutta la schiena.

Narith la osservò pensieroso.

« Hai cambiato idea? » le chiese.

Lei alzò le spalle:

« Ormai sono qui… » commentò, fingendo di mantenere un certo distacco, ma la cosa non le riusciva più bene. Non era più la Niniel di prima, e Narith iniziò ad accorgersene. Un tempo, sua sorella avrebbe fatto quel commento con noncuranza e anche con una certa spavalderia, cosa che in quel momento proprio non riusciva a leggerle negli occhi.

« Io sono qui dietro al campo di addestramento. Se hai bisogno chiama! E se quelle tre stupide ti danno fastidio, sarà la volta buona che metto in pratica ciò che ho imparato a fare con la spada! » Niniel si sforzò di sorridere e annuì, grata al fratello.

Lo seguì con lo sguardo, finché non scomparve dietro al muro della mensa militare. Tornò poi a fissare la cucina, dalla quale non smettevano di fuoriuscire quei maledetti fumi. No, in quei giorni quel posto proprio non le era mancato! Trasse un profondo respiro, per cercare di tranquillizzarsi. Ultimamente sembrava che l’unica cosa che riuscisse a fare fosse sospirare. Era un gesto liberatorio, come se in quel modo riuscisse in qualche modo a buttare fuori da sé un po’ della tristezza che provava, o almeno cercava di farlo.

« Niniel! » una voce la fece sussultare, riscuotendola dal pensiero che le si stava affacciando nella mente: ovvero quello di scappare da lì al più presto, per tornare nella tranquillità della sua casa.

La ragazza si voltò e rimase di sasso trovandosi di fronte Nasten.

« Buon giorno. » disse in tono piatto, maledicendosi per non essere scappata via quando era ancora in tempo per farlo.

« Allora, come stai? »

La domanda del cuoco la spiazzò. Tutto si sarebbe aspettata: una richiesta di spiegazioni, un rimprovero per essere mancata dal lavoro per ben una settimana, ma mai quella domanda.

« Insomma… » rispose sempre senza entusiasmo.

« È dura, vero? » le chiese di nuovo Nasten « Ti capisco sai? So cosa significa perdere la persona che si ama. »

A questo punto, Niniel iniziò a prestare maggiore attenzione alle parole del cuoco, mentre quel vuoto che sentiva dentro pareva ricominciare a crescere.

« Ho perso mia moglie, anni fa. »

« Mi spiace. » commentò lei sinceramente colpita.

« Non dispiacerti per il dolore di un vecchio. Non dovrei venire qui a parlarti dei miei problemi. Volevo solo che tu sapessi che ti capisco, che so cosa si prova. Non preoccuparti se non te la senti di tornare al lavoro, ma sappi che uscire di casa non ti farà altro che bene. Non ti permetterà di dimenticare il tuo dolore, ma lo allevierà e ti aiuterà a superarlo. » le sorrise.

« Avevate figli? » gli domandò Niniel.

Nasten scosse la testa:

« No. Sono rimasto solo, con una rabbia immensa nel cuore e un profondo risentimento nei confronti della vita. Non sono più stato in grado di amare nessuno. » alzò lo sguardo, che fino a quel momento aveva tenuto basso, sulla ragazza « So che ora è dura, ma non permettere che il tuo cuore si chiuda al mondo. Non lasciare che l’aridità lo invada. Non commettere lo stesso errore che ho fatto io, o rischierai di trovarti sola e senza uno scopo. »

Niniel lo guardava e stava in silenzio, senza rispondere. Lui le sorrise:

« Allora, non hai voglia di mettere il naso lì dentro e vedere cosa succede oggi? » le disse indicando le cucine.

« E sentirmi di nuovo presa in giro da quelle tre? » commentò Niniel senza troppi problemi, riferendosi a Milneth, Liden e Theris.

« Hai ragione. Aspettami qui! » e detto questo, Nasten scomparve all’interno della mensa militare, avvolto dai fumi che ne fuoriuscivano.

Niniel rimase lì fuori, sobbalzando ad ogni rumore che proveniva dall’interno di quel luogo. Ogni cucchiaio che sbatteva contro le pentole, ogni voce, le pareva una minaccia.

Solo dopo alcuni minuti, qualcuno si affacciò dalla porta e, la cuoca, fu felice nell’accorgersi che si trattava proprio della sua amica Ilarin.

« Niniel! » la ragazza la chiamò e si precipitò da lei, seguita da Nasten « Finalmente sei tornata! Allora come stai? » le chiese, abbracciandola.

« Insomma, così così… » le rispose Niniel vaga.

« Allora, sei pronta per ricominciare a lavorare? Dai vieni dentro! » la incoraggiò Ilarin.

« Non so. Non ho ancora deciso e… »

« Se sei preoccupata per Milneth e le sue compari puoi star tranquilla. » si intromise Nasten « Credo che oggi saranno troppo occupate a fare altro… » e un sorrisino divertito gli comparve sul volto.

« Nasten le ha mandate nella dispensa con l’ordine di sistemare e catalogare tutti i cibi presenti e preparare una lista di ciò che manca! Con tutto quello che c’è lì dentro oggi non metteranno il naso fuori nemmeno per un minuto! » esclamò Ilarin felice.

Niniel si voltò verso il capo cuoco e gli riservò uno sguardo riconoscente.

« Era il minimo che potessi fare! » commentò lui riassumendo la sua aria seria di sempre.

 

Il primo giorno di lavoro passò tranquillo. Delle tre cuoche Niniel non vide nemmeno l’ombra e lavorò tranquillamente con Ilarin. A pranzo vide Narith e Alner e non poté fare a meno di notare le occhiate che il ragazzo lanciava a Ilarin.

« Secondo me gli interessi… » aveva commentato Niniel con un sorrisino.

« Chi? Io? A quel tizio lì? Ma per piacere! » aveva risposto l’amica spalancando gli occhi.

Beh, che lui le facesse il filo era ovvio (anche perché Alner lo faceva a tutte le ragazze che incontrava…) ma era altrettanto ovvio che a Ilarin non importasse nulla di lui.

Il giorno seguente, inevitabilmente Niniel fu costretta a rincontrare Milneth, Theris e Liden ma, per sua fortuna, quella mattina furono troppo impegnate a lamentarsi del lavoraccio che Nasten gli aveva assegnato il giorno precedente, per dare retta a Niniel.

Fu quel pomeriggio che la ragazza notò alcune occhiate e alcuni sorrisini che le tre le stavano riservando, ma fece finta di niente, e Milneth e compagnia dimostrarono per la prima volta un minimo di intelligenza evitando di provocarla direttamente. Forse, un minimo di compassione erano in grado di dimostrarlo anche loro… forse… Niniel non ne era poi del tutto sicura.

Arrivò anche la sera di quel giorno, il 9 marzo. Erano già passati nove giorni da quando quella terribile notizia le aveva cambiato la vita.

Niniel, affacciata alla finestra, guardava l’Oscurità avanzare in quella fredda sera di fine inverno e rifletteva sugli ultimi avvenimenti che la vita le aveva riservato.

Aveva incontrato e conosciuto Boromir praticamente per caso e all’inizio non lo poteva sopportare, ma piano, piano lo aveva visto cambiare.

Non era mai stata una che sognava di sposarsi con principi o nobili eppure, col passare del tempo, aveva capito di provare qualcosa per quell’uomo che nel suo futuro aveva la sovrintendenza del regno di Gondor.

Sembrava che la sua vita, nonostante gli avvenimenti nel mondo esterno, fosse destinata ad essere serena, con lui, ma il fato evidentemente aveva deciso diversamente. Boromir era stato costretto a partire e lei a rimanere lì, ad attendere, senza poter fare nulla, il suo ritorno o la notizia della sua morte. E alla fine era giunta quest’ultima.

Quanto era ingiusta la vita.

Una lacrima le rigò il viso, quando si accorse che qualcuno, in strada, la stava salutando agitando energicamente la mano.

« Earine! » esclamò Niniel sorpresa ricambiando il saluto.

« Aprimi! Ti devo parlare! » le fece capire l’amica al di là della finestra.

 

« Si può sapere cosa stavi facendo? Ti salutavo da mezz’ora, e tu niente! » le fece notare la cameriera di corte.

« Pensavo. » rispose enigmaticamente Niniel, poi osservò meglio l’amica « Che faccia, sembri sconvolta! Cosa ti è successo? »

« Lascia stare! » commentò Earine sedendosi pesantemente sul letto dell’amica « Oggi a palazzo ne sono successe di tutti i colori! »

« Hai voglia di raccontarmi? »

« Sono venuta qui per questo! »

« Pensavo che fossi venuta per vedere Narith. » borbottò Niniel. Anche se si sforzava, non le uscivano più molto bene le sue provocazioni.

L’altra arrossì:

« Ma per chi mi hai preso? Io vengo qui per parlarti e tu dici così? » esclamò, poi aggiunse « Certo, se poi mentre sono qui lui si fa vedere non è che mi dispiaccia… »

« Se vuoi te lo chiamo, è in camera sua! » le disse Niniel.

« Oh, ma insomma! Vuoi sapere perché sono venuta a no?! »

L’altra annuì, seria:

« Racconta! »

« Questa mattina presto Denethor mi ha mandata a chiamare. Sono giunti da molto lontano, da dove di preciso non so… due stranieri. Si tratta di un vecchio dall’aria strana e un bambino che non è un bambino! »

Niniel la fissò con gli occhi spalancati:

« Ci credi se ti dico che non ci sto capendo niente? » le disse.

« Perché tu credi che io abbia capito più di te? »

« Dovresti… insomma tu li hai visti! »

« Lasciami finire di spiegare almeno! »

Niniel tacque e la lasciò parlare.

« Insomma, il più anziano, un certo Mithrandir a sentire da come lo chiamava la gente, dev’ essere un tipo alquanto strano, ma anche l’unico che fin’ora ho visto riuscire tener testa a Denethor! »

« Allora gli va tutta la mia stima! » commentò Niniel « Ma chi sarebbe il… bambino che non è un bambino? »

« Sinceramente non so… so solo che ho sentito alcuni soldati parlare di un Periannath… ma non conosco il significato di questa parola, né la provenienza di quello straniero. Pare un bambino, eppure non lo è! »

Niniel la fissava in silenzio.

« Comunque ti dicevo, Sire Denethor mi ha mandata a chiamare, ha voluto che portassi il cibo che i tuoi genitori hanno dovuto preparare in tutta fretta per lui e per i due stranieri, e poi ha ordinato a tutti noi servitori di lasciare la Sala del Trono per un’ora e non disturbare lui e i due forestieri. »

« I miei sanno qualcosa in più? » domandò Niniel.

« Non penso, anche perché sono dovuti stare tutto il giorno chiusi in cucina a lavorare, ma non appena torneranno potrai chiedergli tu stessa, magari sanno cosa sia un Periannath. »

« Ci mancava solo della gente strana a Minas Tirith! Come se non ce ne fosse già abbastanza! »

« Il problema non è questo! » aggiunse Earine « Il problema è che quando quei due hanno lasciato la Sala del Trono, Denethor era arrabbiato come non mai, e diceva qualcosa riguardo una truffa e un sotterfugio da parte di quel Mithrandir. »

« Truffa e sotterfugio? »

« Sì! Ma ti assicuro che non sono riuscita a capire più di così! Avresti dovuto vedere l’ira di Denethor… quando sono tornata nella Sala del Trono mi sono spaventata! »

« Quel vecchiaccio è strano. L’abbiamo sempre saputo. E ultimamente ho anche l’impressione che sia un po’ ammattito! »

« Solo un po’? » esclamò Earine « Pareva un pazzo, era fuori di sé! E poi non capisco cosa faccia chiuso tutto il giorno nella Bianca Torre! Senza contare che ogni volta che ne esce è sempre più cupo! »

« E dei due stranieri non sai proprio niente? » domandò Niniel.

Earine scosse la testa.

« Narith! » chiamò Niniel.

« Ma cosa fai? » esclamò la serva trasalendo.

« Mio fratello magari è venuto a sapere qualcosa in più dai soldati! »

In quel momento il ragazzo fece capolino nella stanza.

« Niniel hai bisogno? Oh, ciao Earine! » disse quando si accorse della presenza della ragazza.

Lei rispose con uno sbrigativo gesto della mano.

« Narith, Earine mi ha raccontato di due stranieri che sono giunti oggi in Città. Tu ne sai niente? » gli chiese Niniel.

« Ah sì, Mithrandir e il Periannath! » esclamò lui.

« Scusa, e non mi dicevi niente? » lo rimproverò la sorella.

Lui la ignorò e cominciò a spiegare:

« Da quel che so, e che mi è stato detto oggi dai soldati più anziani, quel Mithrandir è un mago, o qualcosa del genere. Una persona potente, insomma. Mentre dell’altro straniero non so dirvi molto. Il termine Periannath significa “piccoletti” e da quel che ho capito non si tratta di un nano, ma di un’altra razza che raramente si è vista da queste parti. »

« Uno stregone… » commentò Earine soprappensiero.

« Di una cosa puoi star certa » continuò Narith « Da quel che mi hanno detto, quando Mithrandir giunge in Città è perché la tempesta è vicina. »

Le due ragazze lo fissarono.

« La guerra è cominciata. » concluse lui.

 

La giornata seguente trascorse lenta, mentre una tensione crescente serpeggiava tra la gente. Pareva che il sole non fosse nemmeno sorto quella mattina e il cielo nero opprimeva i cuori, anche quelli dei soldati più valorosi.

Ai campi di addestramento ormai non si allenava più nessuno: quel che era fatto era fatto e Narith, così come tutti i suoi compagni, che fossero stati tecnicamente pronti o meno alla battaglia, erano assorbiti ormai nei turni di guardia e di difesa della Città.

Sebbene fossero poche le provviste che erano rimaste, nella mensa militare si lavorava ancora, e Niniel aveva trascorso la giornata a preparare i pasti per i soldati che, affamati, si recavano a cercare un po’ di conforto in un pasto caldo e un bicchiere di birra, prima di ritornare al loro posto sulle mura di Minas Tirith.

Il cuore della ragazza, ancora colmo di pena e dolore per la morte di Boromir, trovava un po’ di conforto nel sapere che l’uomo sarebbe stato orgoglioso di lei, se avesse saputo che con il suo lavoro in cucina riusciva a dare un po’ di conforto e sostentamento ai valorosi soldati di Minas Tirith.

Quella sera, Niniel si trovava a casa con la sua famiglia. L’unico a non essere presente era Narith, ancora impegnato lungo le mura della Città. La ragazza stava riassettando la cucina dopo la cena.

« Ieri, Earine mi ha detto che sono giunti in Città due stranieri. »

Erith annuì:

« Mithrandir e il Periannath! »

« E chi sarebbero? » indagò Niniel.

« Mithrandir, il grigio pellegrino! » esclamò la donna con una nota di emozione nella voce « Si dice sia saggio e potente! Una volta sola lo vidi, quando ero piccola. E quando ieri l’ ho rivisto, anche se solo di sfuggita e da lontano nel cortile dell’Albero Bianco, ho provato la stessa emozione che provai da bambina! »

« Che genere di emozione? »

« Non si può descrivere! Stare di fronte a lui ti dà l’impressione di essere al cospetto di un amico fidato, un padre premuroso e gentile. Eppure egli è più saggio dello stesso Denethor e temo anche più anziano di questa stessa terra! »

Niniel la ascoltò in silenzio.

« Certo, » continuò la madre « Hai questa impressione di lui solo se lo sai rispettare. Credo sia tanto buono quanto potente, dunque penso non sia saggio volerlo come nemico! Anche se proprio non comprendo chi possa desiderare come nemico una persona come Mithrandir! »

« Spero non il nostro Sovrintendente dato che Earine mi ha detto che ieri, dopo il loro colloquio, Denethor era fuori di sé! »

« Non so chi riesca ancora a comprendere le mosse del Sovrintendente. Quell’uomo sta peggiorando di giorno in giorno! » commentò Adhort.

« E il compagno di viaggio di Mithrandir? Chi è questo Periannath? » indagò ancora la ragazza « Earine lo ha definito “il bambino che non è un bambino”, e io proprio non riesco a… »

Il loro discorso venne interrotto da un grido acuto, che invase l’aria e li costrinse a portarsi le mani alle orecchie. Eppure quel gesto non bastò. Quel grido parve penetrare fin nel profondo del loro cuore, raggelandoli e paralizzandoli dal terrore.

Quando quel terribile suono terminò, ci vollero alcuni secondi prima che Niniel e i suoi genitori riuscissero a riprendersi. La ragazza era inginocchiata a terra, con le mani premute sulle orecchie. Il dolore che già le invadeva il cuore per via della morte di Boromir, a quel grido parve aumentare a dismisura, come se non fosse già abbastanza profondo.

La madre la raggiunse e la aiutò a rialzarsi, mentre Adhort correva in strada per vedere cosa stesse succedendo.

« Niniel, Niniel alzati! » la donna la chiamava preoccupata, ma Niniel non accennava ad alzarsi.

Troppo freddo e troppa paura si erano impossessate del suo cuore.

Un nuovo grido squarciò l’aria, ed Erith non poté fare a meno di coprirsi a sua volta le orecchie, ma ecco, subito dopo udirono lontano il suono di una tromba, che parve loro come un’ancora di salvezza in quella tempesta che si stava avvicinando, e restituì ai loro cuori un po’ di speranza.

Erith aiutò la figlia a rialzarsi, mentre dalle vie della Città provenivano grida concitate.

Un ultimo grido, che nonostante mantenesse la sua aura di terrore parve ora più simile a un lamento, e l’atmosfera che si era creata sulla Città si fece meno tesa.

« FARAMIR STA TORNANDO IN CITTà! » urlò Adhort rientrando di corsa in casa.

Trovò Niniel appoggiata al tavolo che si teneva la testa fra le mani, e Erith ancora terrorizzata.

« Cos’è successo? » gli domandò con fatica la ragazza.

« Quelle bestie alate hanno attaccato il Capitano, ma qualcuno è corso in suo aiuto! Penso si tratti di Mithrandir! »

All’udire quel nome, Niniel si fece attenta.

« Ora lui e Faramir stanno tornando a Minas Tirith! »

Alla notizia del ritorno del Capitano, Niniel sentì il cuore più leggero come quando, prima di apprendere della morte di Boromir, la ragazza attendeva il ritorno di Faramir dalle sue missioni con la speranza che le portasse qualche novità da parte del fratello maggiore. Non appena si rese conto, però, che ora non ci sarebbero state di sicuro novità sul conto di Boromir, il suo cuore tornò grave e pesante.

Dopo circa un quarto d’ora, un rumore di zoccoli di cavallo risuonò per la strada, fuori dalla piccola abitazione. Niniel sapeva che certamente si trattava di Faramir e di quel Mithrandir, ma non trovò la forza per uscire a vedere cosa stesse succedendo. Non poteva pensare di veder tornare Faramir, con la consapevolezza che per lei non ci sarebbero state più buone notizie. Li sentì dirigersi verso il sesto livello della Città: sicuramente si stavano recando da Denethor per fare rapporto.

 

Quando qualcuno bussò alla porta, era già molto tardi. Anche Narith era rientrato, e i vari membri della famiglia di Niniel si stavano preparando per una nuova notte di pena. Ormai gli abitanti di Minas Tirith si coricavano col cuore colmo di angoscia, col dubbio su ciò che il nuovo giorno gli avrebbe portato.

Bussarono nuovamente, e Niniel si affacciò nel piccolo corridoio col cuore colmo di angoscia:

« Chi può essere? » domandò al fratello che era appena uscito anche lui dalla sua camera.

« Apro io. » disse Adhort con decisione, e si diresse verso l’ingresso.

Il suo stupore fu grande quando, spalancando la porta, si trovò di fronte Faramir, seguito da Mithrandir in persona e da un piccoletto di cui non aveva mai visto il volto.

« Mio signore! » esclamò il cuoco chinando il capo « A cosa dobbiamo questa visita? »

« Niniel è in casa? » rispose Faramir concitato « Ho bisogno di parlarle! »

 

 

 

 

 

 

Ok, letto? Piaciuto? Spero di sì! Anche se non so se sono riuscita a rendere il dolore di Niniel, ma non è una cosa semplice.

Per il resto, vi avviso già che molto probabilmente il prossimo capitolo sarà un po’ più corto dei precedenti. Anche se poi magari deciderò di allungarlo un po’. Vedrò come viene mentre lo scrivo.

Bene, ora passo alle recensioni.

Grazie a chi ha letto e aggiunto la storia tra le preferite e le seguite!

 

 

Singer: Ciao! Sono contenta che la storia ti sia piaciuta! Mi consolo a sentire che anche tu impieghi molto per aggiornare. Mi sento sempre in colpa a fare aspettare così tanto, ma non posso fare altrimenti! Per quanto riguarda l’idea della cuoca beh, un giorno stavo cucinando e ho iniziato a pensare a come doveva essere la vita dei cuochi nel medioevo. Quindi mi è venuta voglia di scriverci su una storia, magari una fan fiction su uno dei miei fandom preferiti, nella quale ho pensato che potevo far intrecciare la storia del personaggio inventato da me con quella dei personaggi originali… questo è il risultato! J

 

 

Nini superga: Here I am! Vi ho detto di fidarvi, no? Abbi fiducia! (Lo so, è difficile! XD ) Però non disperare, ok? Sapevo fin dall’inizio che la storia sarebbe andata così, ma se mi son presa la briga di scriverla un motivo ci sarà, no? Adesso ti fidi un po’ di più? Immagino di no! XD Dai, non posso di certo lasciare le cose così come stanno per la povera Niniel, qualcosa dovrà pur succedere… Detto questo, grazie per aver definito “bellissima” la mia storia! Stavolta ti ho fatto aspettare un po’ di meno, dai… Un bacio! A presto!

 

 

Kenjina: Ciaoooo! Grazie per la pazienza! Vi faranno tutti santi per la pazienza che avete ad aspettare i miei aggiornamenti! J Mi spiace averti fatta piangere però non disperare! Hai scritto che hai fiducia in ciò che ho detto alla fine del capitolo, quindi ti dico solo: non disperare! Di conseguenza credo si sia già capito come potrebbe evolversi la cosa! E poi adesso è arrivato Faramir! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto! Ciao ciao! A presto!

 

 

Ragazzapsicolabile91: Ciao! Ma sì, piano piano mi sto riprendendo, mi fa piacere sapere che mi sei vicina!

Però non ti buttare dalla Torre Bianca! Non vorrei averti sulla coscienza! E poi se hai detto che ti fidi ciecamente… non temere, né per Niniel né per il famoso bacio! J Sono contenta che ti sia piaciuta la conversazione tra Niniel e Ilarin! E in effetti ora che me lo fai notare assomiglia al discorso tra Aragorn e Gandalf… Non posso farci niente, Il Signore degli Anelli mi condiziona in ogni momento senza che io me ne renda conto! Tolkien forever!!

 

 

Elfa: Ma dai, non potrei mai! Nono, non pensare male! Vedrai che tutto si risolverà!! Don’t worry, be happy! (oggi ce l’ho con l’inglese…vabbè…) A presto!!

 

 

Evening_star: Ciaooo! Grazie per tutto quello che hai scritto! Sono contenta che l’altro capitolo ti sia piaciuto e che abbia risposto alle tue aspettative! Spero di essere riuscita a rendere bene anche in questo il dolore di Niniel. Non è semplice da descrivere, ho fatto una grande fatica. Comunque eccoti accontentata! I carissimi Gandalf e Pipino sono arrivati e… stanno per incontrare Niniel! (Mi sto emozionando io… non sono normale… :P ) Comunque grazie per la fiducia! Continua a fidarti e… al prossimo capitolo! (Che sarà corto ma molto importante!) J

 

 

Vodia: Ciao! Ok, non mi hai morso! Quindi mi posso fidare! J Scherzi a parte, ora rispondo alle tua domande! Dunque… sì, Boromir all’inizio apprezza Niniel esclusivamente per la sua schiettezza, e anche per la sua spontaneità. Effettivamente credo di aver esagerato con il comportamento di Niniel. All’inizio sembra più una bambina che non una donna di 25 anni. Il fatto è che volevo che si capisse il cambiamento che avviene in lei dopo tutto quello che le succede ma, hai ragione, ho esagerato! Ne terrò conto per le storie future. In quanto a Faramir, non era mia intenzione renderlo pettegolo. Può darsi che io abbia esagerato anche in questo caso, volevo solo che apparisse il legame fraterno tra lui e Boromir, fatto anche di scherzi e prese in giro (in fondo è normale tra fratelli). Mentre per quanto riguarda ciò che hai scritto sulla relazione tra un principe e una serva e ciò che ne pensa Faramir, io sono dell’idea che lui non avrebbe disprezzato l’amore sincero tra un uomo nobile e una serva. In fondo lui è diverso da suo padre. Può darsi che io interpreti il personaggio diversamente da come lo vedi tu, ma per me Faramir non sarebbe stato contrario a questo amore. Non ho mai letto la storia “Il Capitano e il Re” e magari lo farò, quando avrò finito questa fan fiction, per non rischiare di farmi condizionare. Credo che ognuno abbia una sua visione personale di ogni storia e così vale anche per Il Signore degli Anelli. Ogni persona si fa una sua idea dei personaggi, al di là di come lo scrittore li descrive, di conseguenza ognuno li interpreta poi a modo suo.

Sì, la cavolata che lei fa nel settimo capitolo è quella di non aver rivelato i suoi sentimenti a Boromir e, per quanto riguarda la reazione di quest’ultimo, quando viene a sapere che lei lo considera solo un amico, ho pensato che un uomo orgoglioso come lui si sarebbe sentito profondamente tradito se una ragazza (alla quale lui credeva di interessare) avesse dato quella risposta a suo padre.

Hai ragione, cioccolato e zucchero non si addicono al mondo di Tolkien, terrò presente anche questo! E infine no, quelle tre non sono pagate per essere così insopportabili, è tutta cattiveria gratuita, ma prima o poi tutto ritorna! J

Grazie per la tua recensione! Mi fa piacere quando mi vengono fatti notare degli errori e quando viene analizzata, come hai fatto tu, la mia fan fiction! Spero di sentire cosa pensi di questo capitolo! Ciao!!

 

 

Ci sentiamo presto! Un bacio a tutti!!!!!

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Sì, ci sono, sono ancora viva… nuovo capitolo

Sì, ci sono, sono ancora viva… nuovo capitolo! Ci sentiamo alla fine!! J

P.s.

Ho inserito delle date in grassetto. Non sono fondamentali per la storia, ma servono a me mentre scrivo per orientarmi nel tempo! Le ho lasciate anche qui, se vi infastidiscono… ignoratele! J

 

 

 

Capitolo 17

 

 

10 marzo 3019

« Faramir! » Niniel comparve alle spalle del padre « Ma cosa… »

Si bloccò, quando si accorse che il Capitano di Gondor era accompagnato da una persona che non aveva mai visto prima. Gli occhi della ragazza incrociarono quelli del vecchio, e lei non poté fare a meno di abbassare lo sguardo.

« Non temere, Niniel. » una voce penetrante, che pareva risalire dalle profondità della terra, ma al contempo gentile come l’acqua fresca di un ruscello di montagna, la costrinse a rialzare gli occhi sullo straniero « Non temere, sono qui per aiutarvi. » il vecchio le sorrise, e quel sorriso fu così dolce da trasmetterle una tranquillità che da tempo ormai la ragazza non conosceva più.

« Venite pure dentro! » li invitò Adhort « Non state lì sulla porta. Niniel, accompagnali in cucina, lì parlerete meglio! »

Nel varcare la soglia, il vecchio fu preceduto da una persona la cui presenza era sfuggita agli occhi di Niniel: a prima vista le parve un bambino anche se, osservandolo meglio, si accorse che i lineamenti erano quelli di una persona ormai già adulta, nonostante la statura rimanesse pur sempre quella di un bambino.

In quel momento, comprese di chi doveva trattarsi: erano dunque loro Mithrandir e il Periannath? Era dunque quello, colui che Earine aveva definito il “bambino che non è un bambino”?

 

La giovane cuoca gli fece strada fino alla cucina, senza dire una parola. Era rimasta profondamente colpita da quelle parole che le aveva appena rivolto lo straniero e, in quei pochi secondi che impiegarono per raggiungere la cucina, mille domande ebbero il tempo di affollarsi nella sua mente: Chi erano quei due? Perché erano con Faramir e cosa aveva di tanto urgente da dirle il Capitano, da arrivare a quell’ora così tarda? E infine: vi era ancora qualcosa di importante da riferirle, ora che non attendeva più notizie di Boromir?

Si voltò leggermente, e il suo sguardo incrociò ora, per la prima volta, quello del Periannath. Il ragazzo le fece un timido sorriso, al quale lei rispose con difficoltà, sforzandosi di sorridere a sua volta.

Niniel spostò delle sedie e li invitò ad accomodarsi.

« Ho saputo ciò che vi è successo oggi. Come state? » domandò lei, riferendosi all’attacco da parte dei Nazgul e delle loro bestie alate.

« Ora meglio, anche se i nostri cuori sono ancora scossi dalla malvagità di quegli esseri. » disse Faramir « Ma non parliamo di loro ora, per il momento non lasciamo che turbino il nostro cuore e la nostra mente più di quanto non abbiano già fatto. »

Niniel annuì. Nemmeno lei aveva voglia di sentire parlare di quelle creature.

« Perdona l’ora tarda, ma dovevo parlarti… » iniziò Faramir, ma Niniel lo interruppe.

« Narith può venire qui con noi? » domandò « Ho… bisogno che sia qui anche lui. »

Faramir annuì. Un dolce sorriso stampato sul suo volto portò la ragazza a domandarsi quale motivo lo rendesse così sereno, ma non si attardò troppo a porgli domande e chiamò il fratello che li raggiunse in cucina.

Lo sguardo dei due ragazzi indugiò quindi su Mithrandir e sul giovane che lo accompagnava, esprimendo silenziosamente la domanda che li aveva assaliti dal momento in cui quegli stranieri erano entrati in casa loro.

« Vi starete domandando chi sono. » disse Faramir dando voce ai loro pensieri « Egli è Mithrandir, da noi conosciuto anche come il Grigio Pellegrino. Mentre lui è Peregrino, figlio di Paladino e da oggi Cavaliere della Cittadella. È un Periannath, o meglio, un Hobbit. Da noi conosciuti anche come Mezzuomini. »

Niniel sussultò.

« Un… Mezzuomo… » balbettò, poi fissò Faramir « É… é… quello del vostro sogno? » domandò con un groppo in gola. Le tornò in mente ciò che diceva il sogno che avevano fatto Faramir e Boromir: “Il Flagello d’Isildur s’è svegliato, ed il Mezzuomo è in cammino.

« Non lui, ma un suo compagno. » intervenne l’hobbit, che pareva sapere o aver intuito più di ciò che dava a vedere.

« Avrai modo di conoscerli, e di fargli tutte le domande che vorrai e che il tempo che abbiamo a disposizione ci permetterà. Ora perdonatemi, non voglio mancare di rispetto a Mithrandir né a te, giovane amico, ma sapete ciò che mi preme raccontarle. » disse il Capitano di Gondor rivolgendosi a Mithrandir e all’Hobbit.

« Parla dunque, Faramir. » intervenne il vecchio « Vi è molta tristezza negli occhi di Niniel, e abbiamo atteso già troppo a lungo. »

“Niniel”… la chiamava per nome, constatò la ragazza, quanto sapeva quel Mithrandir di lei?

« Per una volta, in tutta questa oscurità, » aggiunse il vecchio straniero « non ci facciamo portatori di una cattiva notizia! » e sorrise dolcemente, fissando negli occhi Niniel.

La ragazza osservò il Mezzuomo, che non si era seduto, ma era rimasto in piedi alla sinistra di Faramir.

« Niniel, » iniziò l’uomo « Mithrandir e Pipino sono stati compagni di Boromir nella missione che ha intrapreso quando è ripartito da Imladris. »

La ragazza sussultò, mentre Narith si irrigidì e strinse i pugni.

« E ci hanno portato una bellissima notizia! Boromir è vivo! » Faramir abbandonò ogni formalità, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime di gioia.

A Niniel mancò il respiro, poi tutta la stanza parve ruotarle attorno vorticosamente, tanto che dovette aggrapparsi al bordo del tavolo per non rischiare di cadere, nonostante fosse seduta. Narith scattò in piedi rovesciando la sedia:

« Non è possibile… » esclamò.

« Faramir tu… tu… voi non mi state prendendo in giro, vero? » chiese lei incredula.

Il vecchio sorrise:

« Non c’è motivo per cui dovremmo fare una cosa del genere! »

Niniel si portò le mani a coprire il viso e scoppiò a piangere di gioia, mentre il fratello le passava un braccio intorno alle spalle cercando di trattenersi dal saltare per la cucina e urlare di felicità.

« Ma allora, i miei sogni e il suono del Corno di Gondor qualche giorno fa… e il corno diviso in due… cosa significa quello? »

« Boromir è stato costretto a suonare il Corno di Gondor mentre combattevamo contro gli Uruk-hai a Parth Galen. Si è battuto per salvare me e mio cugino Merry. Quando lo vidi arrivare per portarci soccorso, gli orchi ci stavano già trascinando via e io stesso credetti che Boromir fosse stato ucciso. Venne infatti colpito dal nemico. » spiegò l’hobbit « Solo dopo alcuni giorni, quando rincontrammo i nostri compagni nella foresta, venni a sapere che Boromir era stato ferito, ma non era morto. »

« Ma ora come sta? » domandò Narith cercando di mantenere un tono di voce normale.

« E le ferite sono guarite? » chiese con apprensione Niniel.

« Quando lo lasciammo, cinque giorni fa, si era ripreso completamente. » le disse il vecchio « È stato curato dal migliore guaritore che potesse desiderare. Abbiamo dovuto impedirgli di combattere in una battaglia nella quale siamo stati coinvolti pochi giorni dopo, nei territori di Rohan. Egli avrebbe voluto essere in prima linea con gli altri nostri compagni, ma le ferite che ha riportato erano comunque molto profonde e infettate dal veleno delle armi degli Uruk-hai. Sarebbe stata una pazzia permettergli di combattere. Ma ora è completamente fuori pericolo. »

Niniel guardò Faramir che le sorrise e, nonostante l’aria stanca, parve rianimato da questa nuova notizia.

« Ma come è successo? Come hanno fatto a ferirlo? » domandò la ragazza, desiderosa di scoprire cosa fosse successo quel 26 febbraio, quando lei aveva udito il Corno di Gondor.

« Ci trovavamo a Parth Galen, » iniziò Pipino « Nei pressi delle Cascate di Rauros. »

Niniel annuì, anche se non aveva la minima idea di dove si trovassero i luoghi di cui le parlava l’Hobbit. Era già tanto che lei sapesse leggere e scrivere, giusto quel che bastava per riuscire ad interpretare le ricette di cucina. La geografia non l’aveva mai studiata e, l’unica zona che conosceva, era quella di Minas Tirith e dei Campi che si estendevano di fronte alla Città.

« Boromir si era allontanato dall’accampamento per seguire… »

« Perché avevano bisogno di nuova legna per il fuoco… » Mithrandir interruppe il giovane Hobbit, ma Niniel in quel momento non prestò molta attenzione a tutto questo: era troppo occupata ad ascoltare ciò che le stavano riferendo di Boromir, per fare attenzione a ciò che le accadeva intorno. Di conseguenza non notò nemmeno l’occhiata enigmatica che Faramir aveva lanciato a Mithrandir mentre parlava l’Hobbit, quasi come se il Capitano stesse silenziosamente chiedendo qualcosa al vecchio o domandando aiuto per qualche motivo a loro sconosciuto.

Narith però osservò la scena, ma non trovò il coraggio per chiedere spiegazioni, e rimase in silenzio.

« Avevano bisogno di nuova legna e Boromir era andato a fare rifornimento… » Mithrandir guardò l’Hobbit, che si zittì di colpo « Anche un altro nostro compagno si era allontanato dal gruppo, in una direzione diversa rispetto a quella di Boromir: avevano bisogno che qualcuno esplorasse il territorio in cui si trovavano per poi decidere che direzione prendere. Ma questo altro nostro compagno non ritornava e, per qualche motivo che non conosciamo, Boromir si è attardato più del previsto. »

Niniel ascoltava attentamente tutto ciò che il vecchio le stava raccontando.

« Alcuni di noi si allontanarono dall’accampamento per andare a cercarli e così la compagnia si divise. Fu probabilmente la scelta più sbagliata che si potesse fare, ma i nostri compagni non poterono fare altrimenti e io stesso credo che avrei suggerito di agire in questo modo. » il vecchio sospirò « Fu allora che vennero attaccati. »

« Pipino e suo cugino Merry » continuò Mithrandir indicando l’hobbit che era ancora in piedi di fianco a Faramir « Vennero raggiunti da un gruppo di Uruk-hai, che li fecero prigionieri. In quel momento arrivò Boromir, ma quei mostri li stavano trascinando via, e decine di loro attaccarono il vostro Capitano, impedendogli di avvicinarsi a Merry e Pipino. Lui tenne duro e ne uccise molti, ma uno di loro, cogliendo di sorpresa Boromir, riuscì a ferirlo a una spalla. Subito dopo un altro lo trafisse alla schiena con una freccia. »

« Vigliacco! » mormorò Narith a denti stretti.

« Quando i nostri compagni lo hanno raggiunto hanno temuto che per lui non ci fosse nulla da fare, ma uno di loro è riuscito a curarlo: le ferita alla spalla era profonda e infetta, ma non mortale. Quella alla schiena effettivamente era preoccupante, ma come vedi tutto si è risolto. »

« Ma per quale motivo Boromir si è attardato tanto? » domandò Niniel.

« In quella zona vi è una costruzione chiamata Seggio della Vista. » continuò Mithrandir « Chi la occupa può spingere il suo sguardo lontano per centinaia di chilometri. A quanto pare, Boromir deve essersi trattenuto qui, forse ad osservare Minas Tirith. Deve aver perso la cognizione del tempo e di conseguenza ha tardato nel tornare all’accampamento. »

Niniel avrebbe voluto porre altre domande: le sembrava strano che Boromir avesse perso tutto quel tempo su quel Seggio della Vista di cui le aveva parlato Mithrandir. Non era da lui farsi distrarre da una cosa del genere durante una missione.

« Mi spiace che tu abbia sofferto così tanto… » esordì a quel punto Pipino distraendola dai suoi pensieri « So ciò che lega te e Boromir » e qui Niniel arrossì « Lui ce ne ha parlato… »

« Vi ha parlato di me? » domandò la ragazza, dimenticandosi completamente di tutte le domande che la stavano assillando.

« Sì, spesso ti ha nominata, parlando con me e con mio cugino Merry e credimi, se avessi saputo dove trovarti, sarei venuto già ieri a portarti questa notizia! Ma non essendoci Faramir, non sapevo come fare per trovarti. »

« E a mio padre non avrebbe mai potuto chiedere informazioni. » disse Faramir sconsolato « Ieri, quando gli hanno dato la notizia di Boromir, lui li ha aggrediti dicendo che si trattava solo di una truffa per convincerlo a combattere. »

« Come può non credervi se siete stati i suoi compagni? » esclamò Niniel.

« Vi è qualcosa che turba profondamente l’animo del vostro Sovrintendente. Ancora non so di cosa si tratti » spiegò Mithrandir « Ma farò di tutto per scoprirlo. »

A quel punto, Niniel non seppe più trattenersi, ci aveva provato, ma la felicità era troppo forte e non riusciva a contenerla.

« Mamma, papà! » chiamò correndo fuori dalla cucina. I genitori, che si erano ritirati nella loro camera, corsero in corridoio trafelati.

« Niniel, cos’è successo? » domandò Adhort.

« È vivo! È vivo! Mithrandir e Peregrino sono stati compagni di Boromir! Boromir è vivo! È stato ferito ma è vivo e ora sta bene! » a questo punto scoppiò di nuovo a piangere dalla felicità.

Sua madre l’abbracciò, e per poco non scoppiò a piangere anche lei dalla gioia, mentre suo padre sorrideva felice.

Tornarono in cucina, accompagnati da una Niniel fuori di sé dalla gioia.

« È vero dunque? Boromir è vivo? » chiese Adhort.

« Egli è vivo e, se tutto va bene, tra qualche giorno potrebbe essere qui. » disse Mithrandir.

Niniel rimase senza fiato, incapace di parlare, mentre lo stomaco le si attorcigliava.

« Ma questo è meraviglioso! Significa che non tutto è perduto! » esclamò Narith entusiasta.

« È una grande notizia! » disse Faramir « Ma non dimentichiamoci contro chi stiamo combattendo: non si fermerà di fronte a niente. »

« Lo so, ma se Boromir ritorna, il morale del nostro esercito salirà nuovamente! » esclamò Narith.

« Quando… quando dovrebbe tornare? » riuscì a chiedere la ragazza senza fiato.

« Se tutto va come abbiamo pianificato, tra qualche giorno potrebbe essere qui. »

Narith dovette afferrare lo schienale di una sedia per evitare di saltare dalla gioia: avrebbe tanto voluto farlo, ma di fronte a Faramir e Mithrandir era meglio evitare. Erith piangeva commossa e Adhort le passò un braccio attorno alle spalle.

E Niniel… Niniel stava in silenzio, appoggiata al tavolo, come stordita da così tante emozioni e da quella felicità che era tornata inaspettata. Era come se tutto, in quel momento, le giungesse ovattato, come se si trovasse fuori dal mondo e un morbido abbraccio la stesse cullando.

Cosa le stava succedendo? Una volta non si sarebbe fatta problemi a saltare e urlare mentre ora… Ma in fondo non stava nemmeno pensando di perdere tempo a saltare e urlare. Desiderava solo non doversi svegliare e scoprire che tutto quello era solo l’ennesimo sogno. Ma non era così, non era un sogno. Non quella volta.

Venne riscossa dallo stato di torpore in cui era caduta, solo quando Narith fece cadere nuovamente la sedia, quella a cui era saldamente ancorato con le mani per evitare di saltare, e si metteva a parlare animatamente con Faramir.

Solo allora, Niniel si accorse che in mezzo a tutta quella felicità, Pipino appariva spaesato. Lo osservò, e capì quale avrebbe potuto essere il motivo del suo smarrimento:

« Non sentirti in colpa per non essere venuto prima a darmi questa notizia. » gli disse avvicinandosi a lui « Tu non potevi sapere dove mi trovavo! Ma ti ringrazio perché ora, anche se debole e lontana, riesco a vedere nuovamente una luce brillare per noi! Possa il tuo nome un giorno essere ricordato insieme a quello dei più grandi eroi di questa Terra, Messer Peregrino figlio di Paladino! »

Pipino la osservò, riscuotendosi dai suoi pensieri:

« Vi ringrazio per quello che avete detto, ma per ora vorrei essere chiamato semplicemente Pipino. Non desidero magnificenza, solo poter mettere qualcosa sotto i denti… »

« Oh, sei dunque capitato nel luogo più adatto! » intervenne Faramir « E dalla persona più adatta! Si dà il caso che Niniel sia un’ottima cuoca! »

L’Hobbit si voltò di scatto verso la ragazza:

« Davvero? » domandò.

« Così dicono. » fece lei con un’alzata di spalle « Valuterai tu! »

Così, prese un paio di padelle e si mise a preparare un pasto veloce per l’hobbit. Era tardi e Mithrandir ricordò a tutti che avevano anche bisogno di riposarsi: la battaglia si avvicinava sempre più e loro non potevano permettersi di farsi trovare stanchi.

 

11 marzo 3019

Il giorno seguente, Niniel si alzò presto. Nonostante la sera prima si fosse addormentata tardi, per via di tutte quelle emozioni, non riuscì a stare nel letto a lungo e, di buon ora, si recò a casa di Earine.

Dovette bussare alla porta varie volte, fino a che l’amica non andò ad aprirle.

« Maledizione Niniel! Si può sapere cosa ci fai qui a quest’ora? Stavo ancora dormendo! Ringrazia che non hai svegliato i miei! » biascicò la ragazza, sbadigliando. Aveva gli occhi semi chiusi e i capelli scompigliati.

« Lo so, lo so, scusa! Ma dovevo assolutamente darti la buona notizia! »

« Spero si tratti davvero di una buona notizia, per cui valga la pena svegliare la propria migliore amica a quest’ora assurda! »

« Boromir è vivo! » esclamò Niniel cercando di non urlare.

« Mh… sì, sono contenta, ma ora… » Earine spalancò gli occhi svegliandosi improvvisamente « CHE COSA? »

« Bene, se non li avevo svegliati io, i tuoi genitori, ora ci hai pensato tu! » rise la cuoca.

« Cosa succede lì? » la madre di Earine si affacciò dalla porta di camera sua, seguita dal marito « Niniel? Ma cosa succede? »

« Niente, scusami, so che è prestissimo, ma dovevo assolutamente dire una cosa a Earine… è una cosa… importante! »

La cuoca lanciò all’amica uno sguardo strano.

« Mamma, papà, tornate pure a dormire! Qui è tutto a posto! » gli disse Earine. Quando i suoi genitori furono tornati in camera, si rivolse nuovamente a Niniel:

« Si può sapere cos’è questa storia? »

La cuoca le raccontò tutto, di Faramir, Mithrandir e Pipino. Le disse che questi ultimi erano stati compagni di Boromir e che egli era stato ferito, ma non era morto.

« Ma scusa, » le chiese poi Earine alla fine del suo racconto « Perché prima non hai voluto che lo dicessi ai miei? È una notizia meravigliosa! »

Così, Niniel le spiegò il piano di Mithrandir.

Quella mattina, non appena la ragazza arrivò alla mensa militare, anche Ilarin fu messa al corrente della cosa, poi, pregò anche lei di non dire niente a nessuno perché Mithrandir riteneva più saggio agire in questo modo:

« Denethor teme che io sia venuto qui con l’intento di servire il nemico. » aveva detto la sera precedente « Se andassi anche in giro a dire a tutta Minas Tirith che Boromir non è morto, lo prenderebbe come un ulteriore affronto al suo potere in quanto, quando gli ho dato la buona notizia, non ha voluto crederci. »

E le teorie di Niniel e Narith, che ritenevano invece che la cosa avrebbe potuto risollevare il morale di molti soldati, non avevano spostato il vecchio saggio dalle sue decisioni.

« Meglio avere dei soldati che credono ancora che il loro Capitano sia morto, piuttosto che dei soldati che vengono spinti dal loro Sovrintendente, per una mera ripicca nei miei confronti, ad abbandonare le armi. »

Faramir aveva poi tranquillizzato i ragazzi, dicendogli che mai un’azione o una scelta di Mithrandir era stata sbagliata. L’esercito di Minas Tirith, avrebbe ricevuto la notizia a tempo debito.

 

Dalla sera precedente Niniel era un’altra persona. Il morale era tornato alto, anche se quell’Oscurità proveniente da Mordor non le permetteva di essere del tutto felice, ma d’altronde, chi poteva esserlo in quel momento? L’importante era sapere che Boromir fosse vivo. Questo le aveva ridato la forza per reagire e combattere.

« Già superata la tristezza per la morte del tuo Boromir? » l’aveva provocata quel giorno Theris « Se sei così contenta forse non te ne importava poi più di tanto! »

Ma Niniel l’aveva lasciata parlare. L’aveva completamente ignorata. Lei stessa se ne era stupita, così come Ilarin. Per quanto Niniel in quei mesi avesse imparato a sopportare quelle tre, non era mai riuscita ad ignorarle completamente eppure, ora ce l’aveva fatta. Forse, tutto quello che era successo, l’aveva in qualche modo cambiata.

Per quanto riguardava Mithrandir, quella mattina lo aveva visto di sfuggita, ma già una profonda simpatia la legava a quell’uomo anche se faticava a dimostrargliela, in fondo egli aveva un aspetto saggio e potente mentre lei era una semplice cuoca. Pipino, invece, era già diventato amico di Niniel e Narith. La cuoca gli aveva dato il permesso di disturbarla a qualsiasi ora del giorno e della notte, in qualunque momento avesse avuto fame. Evidentemente, non era ancora a conoscenza dell’appetito dei Mezzuomini…

Per l’ennesima volta però, quando si iniziava a intravedere una luce all’orizzonte, ecco che le tenebre tornavano ancora più fitte…

« Hai sentito cos’è successo oggi? » disse Ilarin mentre tornava a casa insieme all’amica « A quanto pare Sire Denethor ha inviato Faramir a Osgiliath. »

« Sì, ho sentito. Quell’uomo è impazzito, così lo farà uccidere! » esclamò Niniel con rabbia.

« Quello è diventato matto, completamente matto. » concluse Ilarin.

In quel momento, Niniel vide Mithrandir che si dirigeva nella direzione opposta alla loro. Stava scendendo verso i livelli più bassi della Città.

« Ho sentito dire, » commentò Ilarin « che è uno stregone potente. »

 

Quella sera, Pipino andò a trovare Niniel.

« Volevo vedere come stavi e poi, Faramir mi ha pregato di venire a trovarti in sua assenza. » le disse.

« Sto bene. Se solo non fosse per quell’Oscurità… » rispose lei alludendo al buio che sovrastava Minas Tirith e i Campi del Pelennor « Pare sempre notte, anche in pieno giorno. Ma dimmi, ci sono novità da Faramir? »

« No. Ma temo per la sua vita. Non riesco a capire perché Sire Denethor gli abbia chiesto di partire per una missione del genere. Su quel fronte le speranze sono poche. » concluse con amarezza.

« Te lo dico io perché. » esclamò Narith con rabbia « Quell’uomo è impazzito! Quale padre sacrificherebbe suo figlio in questo modo? Lo vuole vedere morto! »

« Narith calmati! Non serve a nulla arrabbiarsi così! » gli disse Earine, che era andata a trovare l’amica.

Il ragazzo si zittì.

« Caspita Earine… se Narith ascoltasse me come ascolta te… io non sono mai riuscita a zittirlo così in fretta! » commentò Niniel facendo arrossire l’amica, che non rispose.

Narith, dal canto suo, borbottò qualcosa di incomprensibile e sparì in corridoio.

« Antipatica… » bisbigliò Earine, ma Niniel cambiò discorso.

« Come hai detto che si chiama tuo cugino? » domandò a Pipino per renderlo partecipe della discussione.

« Merry! » esclamò l’hobbit, e un grande sorriso si allargò sul suo volto. Un sorriso che sarebbe stato in grado di illuminare anche l’oscurità più profonda.

« Devi volergli molto bene! » esclamò Niniel osservandolo.

« Ne abbiamo combinate tante insieme, prima di ritrovarci imbarcati in questa missione! » spiegò lui con malinconia « Chissà se rivedremo mai casa nostra, se torneremo mai nella Contea… se potremo correre ancora nei suoi campi, in mezzo all’erba alta sui pendii delle colline, al tiepido sole di primavera… » la sua voce divenne quasi un sussurro, come se quel silenzio potesse aiutarlo a concentrarsi meglio per ricordare la sua amata casa, il vento che sussurrava tra gli alberi, le stradine serpeggianti che correvano di colle in colle per unire i vari Smial con le loro porte tonde e colorate. I suoi occhi si persero lontano, alle spalle di Niniel che era seduta di fronte a lui, come se potessero vedere ciò che l’hobbit serbava nel cuore.

« Dev’essere stupenda, la tua casa. » disse Earine rompendo quell’incanto.

« Oh certo, è il posto più bello di questo mondo. » disse ancora Pipino in un sussurro « Oh, beh, non che la vostra maestosa città non sia bella! Non ho mai visto nulla di simile e la maestria degli antichi Uomini è di certo più grande di quella di noi piccoli Hobbit, che non viviamo di certo in così grandi città ma… »

« Ma casa tua è sempre casa tua! » lo interruppe Niniel « Non preoccuparti per ciò che hai detto. Non sei al cospetto di Denethor e con noi puoi parlare liberamente: non ci offendiamo per ciò che hai detto! E poi… ognuno di noi vede la propria casa come il posto migliore di questa Terra! Mi piacerebbe saperne di più su di te e sui tuoi amici! »

« Magari, quando questa guerra sarà finita, avremo il tempo per parlare ed io e Merry potremo raccontarti molto su noi Hobbit e le nostre usanze! E chissà, magari ci saranno anche Frodo e Sam! » Pipino si interruppe di colpo, maledicendosi. Aveva parlato troppo, come al suo solito!

« Chi sono Frodo e Sam? » domandò Narith tornando in cucina.

« Oh… ehm… altri miei compagni! » si affrettò a dire l’hobbit.

« Sempre se la guerra terminerà con la nostra vittoria. » sospirò Earine.

« Dobbiamo continuare a crederci e a combattere, rimanendo uniti. Anche se la situazione pare disperata. Questo è l’importante. » disse Niniel.

« Ora capisco perché Boromir ha scelto te… » commentò Pipino.

Niniel lo guardò sorpresa.

« Non ti arrendi facilmente! » continuò l’hobbit « Combatti fino alla fine e hai un carattere forte, ma allo stesso tempo sei riflessiva. La persona adatta per Boromir, a parer mio. »

« Beh… forte non lo so… quando ho creduto che Boromir fosse morto non sono stata poi tanto forte. » commentò lei arrossendo.

« Se tu non fossi stata forte non avresti resistito fino ad ora senza crollare. La morte è un brutto affare… può piegare anche il cuore dei più valorosi condottieri, ma tu hai saputo resistere. » disse Pipino « Quando sono arrivato, ho visto nei tuoi occhi tanta tristezza e disperazione, ma in fondo ad essi vi era ancora una cosa fondamentale: la voglia di vivere, di ricominciare nonostante tutto quello che ti era successo. E credimi, finché c’è quella, una persona non può dirsi sconfitta! »

« Dev’essere molto saggio, il tuo Popolo. Da come parli sembri più avveduto del nostro stesso Sovrintendente che, sarà anche di sangue nobile, ma non dimostra il tuo stesso senno. » gli disse Narith.

« Non mi considero saggio, solo uno sciocco che cerca di adeguarsi ai cambiamenti del mondo. Ora scusatemi, ma devo tornare alla Cittadella. Non posso mancare per troppo tempo, Sire Denethor potrebbe aver bisogno di me. »

L’hobbit salutò a malincuore i suoi nuovi amici, quindi Niniel lo accompagnò alla porta.

« Hai sentito cos’ha detto? Niniel riflessiva! » esclamò Narith « Da quando mia sorella è riflessiva? »

« Niniel è cambiata molto ultimamente. » spiegò Earine « Tutta la vicenda di Boromir l’ha profondamente mutata e, se da un lato ha mantenuto la sua decisione, dall’altro ha imparato che riflettere un po’ prima di agire non può farle altro che bene! »

 

« Spero che arrivi presto la fine di questa guerra per poter conoscere qualcosa in più su di te e la tua gente. » disse Niniel a Pipino quando furono in strada « Dovete essere un popolo dalle mille risorse, voi piccoli grandi hobbit! »

Pipino arrossì.

« Posso farti una domanda? » le disse poi lui « Ma tra tuo fratello ed Earine… c’è qualcosa vero? »

Niniel si chiuse la porta alle spalle per evitare che quei due da dentro sentissero.

« Già, ma faticano a parlarsi… » spiegò.

« Ho notato… peccato però, li vedo bene insieme! » disse l’hobbit.

« Voi Mezzuomini vi intendete anche di situazioni sentimentali? » sorrise lei.

« No… no… assolutamente… »

« Sai una cosa… mi hai fatto venire un’idea! Tempo fa avevo promesso a Earine una cosa… Sei disposto a darmi una mano? »

 

Niniel rientrò in cucina circa un quarto d’ora dopo.

« Si può sapere cosa stavi facendo là fuori? » le domandò il fratello irritato non appena rientrò in cucina.

« Niente… ho parlato un po’ con Pipino di Boromir… » rispose lei.

« Ti ha detto qualcosa di nuovo? » le chiese Earine.

« No, niente di nuovo. » fece Niniel scuotendo la testa. Per fortuna, sembrava che le avessero creduto.

« Comunque, hai notato che ieri Mithrandir ha bloccato Pipino quando stava iniziando a raccontarti ciò che era successo a Boromir? » le disse Narith.

Niniel aggrottò la fronte:

« No, non ci ho fatto caso. Ma, sei sicuro di ricordarti bene? »

« Certo! Pipino stava dicendo che Boromir si era allontanato dall’accampamento. Ha fatto giusto in tempo a dire: per seguire… e qui Mithrandir lo ha bloccato, dicendo che Boromir si era allontanato perché avevano bisogno di nuova legna per il fuoco. Quindi ha continuato a parlare lui per tutto il tempo. »

Niniel lo osservava sbattendo le palpebre.

« E non hai notato nemmeno l’occhiata che Faramir ha lanciato a Mithrandir quando ha interrotto Pipino? »

Niniel scosse la testa:

« No, non l’ho visto… Ma sei sicuro, Narith? Magari non è come dici tu, insomma, potresti esserti sbagliato… »

« No, te lo assicuro! Semmai sei tu che eri talmente agitata che non ti sei resa conto di questi particolari, ma sono certo di quello che ho visto! È stato come se avessero qualcosa da tenerci nascosto. E poi non hanno fatto nemmeno un nome dei loro compagni, se non quello di Merry, il cugino di Pipino. In più non ho capito bene il perché dell’enorme ritardo di Boromir nel soccorrere i suoi amici. »

« Ma per quale motivo avrebbero dovuto nascondere qualcosa a Niniel? » domandò Earine.

« È quello che mi piacerebbe sapere… » borbottò Narith.

« Vuoi davvero dire che ci stanno nascondendo qualcosa? » Niniel era turbata dalla prospettiva che Faramir non le avesse raccontato tutta la verità.

« Non vedi che Mithrandir non vuole che si sappia in giro che Boromir è vivo? » le spiegò Narith « Magari c’è anche qualcos’altro che non hanno voluto dirti! »

Rimasero in silenzio per alcuni secondi, poi Earine esclamò:

« Narith ha ragione! Magari non è così, ma potrebbe anche darsi che ci sia qualcosa che vogliono tenere nascosto anche a noi! »

« E non mi sembra per niente corretto. » borbottò ancora Narith scuotendo la testa.

Niniel fissò il tavolo di legno per altri interminabili secondi, mentre il fratello e l’amica fissavano a loro volta lei.

« Sentite… » esclamò « Non nascondo che se fosse così mi dispiacerebbe ma… Insomma, se Mithrandir vuole tenere nascosto il fatto che Boromir è vivo ha di sicuro i suoi buoni motivi, e io credo che abbia ragione ad agire così. Sappiamo anche che Boromir è in missione e di questa missione non ha spiegato niente di preciso nemmeno a me, prima di partire. Sono certa che, se anche ci avessero tenuto nascosto qualcosa, quando sarà il momento giusto verremo a sapere la verità… e di sicuro scopriremo che Faramir, Mithrandir e Pipino non avrebbero potuto agire meglio di così. »

« E se ci avessero raccontato una frottola? Se non fosse vero che Boromir è… » ma Niniel non lasciò che il fratello terminasse la frase:

« Ho piena fiducia in Faramir, e di conseguenza anche in Mithrandir e Pipino. Non mi metto di certo a pensare che abbiano avuto il coraggio di dirci che Boromir è vivo quando invece non lo è! »

« Niniel ha ragione. » intervenne Earine « Può anche essere vero che come dici tu non ci abbiano raccontato tutta la verità su come sono andate le cose, ma di certo non ci racconterebbero che Boromir è vivo se in realtà fosse morto! Non Faramir poi! »

Narith sospirò:

« Avete ragione… » si fregò gli occhi « Scusate, ma riesco a vedere ombra e complotti anche dove non ci sono! »

Le due ragazze sorrisero.

« E chi non ha di questi problemi in questo momento? Coraggio, dobbiamo credere che presto tutto questo sarà finito! » Earine allungò una mano e la posò su quelle di Narith, che le teneva appoggiate al tavolo.

Per poco, il ragazzo non cadde dalla sedia.

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti! Al di là di quello che potevate pensare (e sperare, ammettetelo!) sono ancora viva! Chiedo scusa per gli aggiornamenti che vanno a rilento, ma abbiate pietà… ho dovuto prepararmi per il test d’ingresso all’università. Sono stati mesi un po’ così, senza contare che questo è stato un capitolo particolare perché mi sono bloccata più di una volta e ho dovuto riscriverne alcune parti perché non mi convincevano. Però, dopo varie tribolazioni, XD sono riuscita a finirlo!

Ora spero solo di riuscire ad aggiornare un po’ più spesso e che il capitolo sia venuto in maniera decente.

Mi fate sapere se vi ha soddisfatto? Intanto, per farmi perdonare per questa luuuuuunga attesa, vi dico una cosina sul prossimo capitolo… Dunque, succederà una cosa carina… ma non per Niniel… (che ha già ricevuto una notizia meravigliosa in questo capitolo…) Per altri personaggi, ma non vi dico chi… ma tanto l’avrete capito, no? Va beh, passo alle recensioni.

Un bacioooooooo!!!

 

 

 

Elfa: Il soldatone con il buco nella pancia? XD Però Niniel super Sayan non mi dispiace per niente! Me la vedo già che fa a botte con le tre oche rompi scatole! XD Ma era talmente distrutta che non mi andava di farle incontrare quelle sceme, allora ho pensato che Nasten avrebbe potuto sistemarle a dovere! Comunque potrei tenere in considerazione l’idea del super Sayan per i prossimi capitoli!!

 

 

Ragazzapsicolabile91: Ti prego non mi uccidere! Mi spiace avervi fatto aspettare così tanto per il nuovo capitolo! Spero che mi seguirai ancora! Eh sì, meno male che ci sono gli amici e la famiglia che stanno vicini a Niniel, ma ora finalmente è arrivata una buona notizia! A prestoooooo!!

 

 

Evening_star: ciaoooooo! Sono contenta che il capitolo 16 ti sia piaciuto! Grazie per la recensione e per quello che hai scritto! Spero che anche questo ti sia piaciuto, e che non abbia tradito le tue aspettative. Certo, sono arrivati Gandalf e Pipino, e per fortuna con buone notizie! Però ho fatto una fatica a rendere Pipino in questo capitolo… volevo che risultasse triste, per via della separazione da Merry, ma che avesse sempre e comunque il suo spirito Hobbit… non pensavo si sarebbe rivelata un’impresa così difficile! A presto!!

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

Capitolo 18

 

12 marzo 3019 Minas Tirith

 

Il mattino seguente giunse senza che gli abitanti di Minas Tirith se ne rendessero conto. L’oscurità invadeva ogni cosa, il cielo era buio e pareva di essere entrati in una notte eterna mentre l’aria si faceva sempre più pesante e irrespirabile.

Per tutta la giornata l’oscurità pesò sulla teste e sui cuori degli abitanti della Città Bianca. Anche i soldati più valorosi erano scoraggiati, e la totale indifferenza da parte del loro Sovrintendente, che si rinchiuse nuovamente in cima alla bianca Torre, non fece altro che peggiorare la situazione.

« Perché Re Théoden non si vede? Dove sono i Rohirrim? »

« Si sono forse dimenticati di noi? »

Queste erano le domande che si poneva la gente a Minas Tirith, e Mithrandir correva da un luogo all’altro della Città per rassicurare i suoi abitanti:

« Arriverà. » diceva « Dategli il tempo di organizzare il suo esercito. » poi, rivolgeva lo sguardo a Oriente verso l’Oscurità più fitta, subito dopo a Nord, da dove sarebbe giunto Re Theoden con il suo esercito, e infine a Ovest, da dove sarebbero dovuti arrivare gli altri loro compagni con la flotta di navi dei corsari.

Pipino aveva intravisto lo stregone di sfuggita, quel giorno, ma se in passato la vista di Mithrandir gli aveva sempre conferito pace e sicurezza, questa volta avrebbe forse preferito non incontrarlo. Lo sguardo di Gandalf (così lo chiamava lo Hobbit) era velato. Qualcosa, che il Mezzuomo non aveva mai visto negli occhi dello stregone, lo aveva lasciato senza respiro, come se la poca speranza che ancora dimorava nel cuore di Pipino fosse stata all’improvviso risucchiata via.

 

Venne anche la sera di quel giorno. Era ormai tardi, l’ora di cena era passata da un pezzo e Pipino, che non era stato convocato dal Sovrintendente e quindi aveva un po’ di tempo libero, si stava dirigendo verso la casa di Niniel in compagnia di Earine.

« Non vedo l’ora di mettermi a tavola! » esclamò Pipino « Dopo la giornata di oggi ho proprio voglia di mettere qualcosa sotto i denti. Qualunque cosa sia, fosse anche un solo pezzo di pane! »

Earine sorrise:

« Eppure mi sembra strano che Niniel abbia insistito così tanto perché venissi anch’io. Lo sa che quando esco da quel palazzo non vedo l’ora di andare a dormire, soprattutto ultimamente, da quando il vecchiaccio si fa ogni giorno più simpatico… »

« Il vecchiaccio? » a Pipino sfuggì un sorriso, che brillò come un faro in quell’oscurità che era ora la Bianca Città.

« Oh sì, io e Niniel lo abbiamo sempre chiamato così! » spiegò la ragazza.

« Non nutre molte simpatia per il padre di Boromir da come vedo… comunque vedrai, mangiare qualcosa insieme ti farà passare la stanchezza! »

« Perché, credi che ci sia qualcuno, in tutta la Città, a cui sta simpatico Denethor? » borbottò lei, poi aggiunse « Comunque, perché ho l’impressione che tu stia facendo di tutto per convincermi a venire a cena con voi? »

« Come perché? L’unica consolazione che ci è rimasta in questo momento è mangiare e tu non vorresti farci compagnia? » esclamò Pipino, ringraziando i Valar che la sua natura Hobbit gli aveva permesso di trovare una risposta plausibile a quella domanda.

« Unica consolazione dici? Mah, forse hai ragione, ma con quelle poche provviste che ci sono rimaste speriamo che non venga a mancarci anche quello! »

« Mancare il cibo? Speriamo di no! » Pipino bussò alla porta della casa di Niniel « Ma almeno per questa sera non pensiamo troppo ai problemi e cerchiamo di stare tranquilli. »

« Con quelle nuvolacce sopra le testa? » domandò ancora Earine alludendo all’Oscurità proveniente da Mordor.

« Da dentro casa non si vedono! »

« Siete arrivati finalmente. » esclamò Niniel affacciandosi alla porta d’ingresso «Venite! »

« Ah, beati voi Hobbit che riuscite ad essere così spensierati. » borbottò Earine mentre entrava.

« Ciao Pipino! » una voce la fece sussultare « Oh, Earine, ci sei anche tu? »

Narith sbucò fuori dalla cucina.

« C-ciao… sì io… ehm, ho finito il turno e Pipino mi ha avvisata della cena allora sono venuta… »

« Bene, ora che ci siamo tutti, possiamo iniziare a mangiare e… » ma Niniel venne interrotta. Qualcuno aveva bussato alla porta.

« Vado io! » Niniel si precipitò nell’ingresso « Ilarin! Come mai qui a quest’ora? » la sentirono esclamare gli altri tre che erano rimasti in cucina.

Pochi secondi dopo, la cuoca tornò da Narith, Pipino ed Earine:

« Purtroppo Nasten chiede che io scenda alla mensa militare… » disse in un tono strano.

« Come mai? » si informò suo fratello.

« A quanto pare hanno bisogno di aiuto questa sera! »

« Ma hai già lavorato tutto il giorno! E poi non puoi lasciarci proprio oggi, avevamo una cena in programma! » reclamò Earine.

« Lo so, mi spiace, ma sai, quando il lavoro chiama… devo proprio andare! Ci vediamo più tardi e… buon appetito! » e uscì di corsa di casa, come se avesse una tremenda fretta, dopo aver fatto un occhiolino ad Earine e preso al volo il suo mantello.

« Avete avuto anche voi l’impressione che avesse un’espressione strana? » domandò Narith non appena la porta d’ingresso si chiuse.

« Chi, tua sorella? No, non credo proprio. » esclamò Pipino « Sarà stata dispiaciuta per non essersi potuta fermare con noi. E magari era anche stanca perché ha già lavorato tutto il giorno. »

« Ma per quale motivo l’avranno chiamata a quest’ora? » domandò Earine sbigottita.

« Magari è tornata qualche compagnia di soldati che era in missione e ora hanno bisogno di aiuto per preparargli qualcosa per cena. » ipotizzò Narith.

« Che sfortuna! » protestò Pipino, ma non aveva quasi fatto in tempo a terminare la frase, che qualcun altro bussò alla porta.

« E chi è adesso? » sbuffò Narith andando ad aprire « Alner? Cosa ci fai qui? » lo sentirono esclamare Earine e Pipino.

« Stavo cercando Peregrino Cavaliere della Cittadella. È per caso qui da voi? »

Pipino sbucò dalla cucina e raggiunse l’ingresso.

« Eccomi! Avete bisogno di me? »

« Mi hanno incaricato di venire a cercarti. Sire Denethor ti vuole il prima possibile nella Sala del Trono. »

« Bene, arrivo subito. » quindi Pipino si volse verso Narith ed Earine, che erano rimasti in silenzio e con gli occhi leggermente spalancati « Mi spiace, ma temo che non potrò fermarmi qui con voi. A quanto pare il dovere questa sera chiama anche me. »

« Ma… ma… insomma, non potete andarvene tutti! E poi cosa facciamo noi adesso? » esclamò Narith cercando di trattenere l’agitazione che lo stava assalendo.

« Oh, cenate voi due! » disse Pipino come se fosse la cosa più scontata del mondo e, in effetti ,lo era « E poi non siete contenti? Siete in due, e avete da mangiare le porzioni di quattro persone! » continuò Pipino come se niente fosse.

Earine si lasciò sfuggire un verso strozzato che avrebbe dovuto essere un cenno di assenso o qualcosa del genere.

« Bene, meglio sbrigarci, Messer Peregrino. Sire Denethor ha urgenza di vedervi. » tagliò corto Alner.

Lo Hobbit salutò i suoi amici e si incamminò insieme al ragazzo verso l’uscita del cortile. Alner non perse l’occasione, però, di lanciare una veloce strizzata d’occhio a Narith.

 

Non appena il ragazzo si richiuse la porta di casa alle spalle, un silenzio teso crollò all’interno della piccola abitazione, mentre sia lui che Earine fissavano il pavimento.

« Non ti sembra strano? » borbottò dopo qualche secondo Narith « Non capisco perché abbiano mandato proprio Alner a chiamare Pipino. Voglio dire, non è così vicino al Sovrintendente. »

Lei alzò le spalle nervosamente:

« Sarà stato qualche vostro Capitano che ha ricevuto l’ordine da Denethor e che a sua volta ha incaricato Alner. »

« Eppure ero convinto che nemmeno Alner avesse il turno questa sera. » borbottò ancora Narith. Ma aveva davvero intenzione di rimanere ancora a lungo a ipotizzare il come e il perché di quello strano comportamento?

« Cosa facciamo? » domandò poi Earine, più per rompere il silenzio che si era creato di nuovo, che per altri motivi.

« Mah… mangiamo? » propose Narith.

 

« Mi hanno fatto un sacco di domande, e io che non vedevo l’ora di venire via! » stava dicendo Niniel a Ilarin quando Pipino e Alner le raggiunsero « Non sono brava a mentire, avevo paura che mi venisse da ridere! »

« Secondo voi ci hanno creduto? » domandò Ilarin.

« All’inizio magari sì, ma credo che a questo punto stiano iniziando a sospettare qualcosa… » constatò Alner.

« Oh, non ho ancora fatto le presentazioni! » esclamò Niniel « Pipino, loro sono Alner, amico di Narith, e Ilarin, la cuoca che lavora con me. » quindi si rivolse agli amici « E lui è Pipino, da pochi giorni Cavaliere della Cittadella. »

« Caspita, sei piccoletto, eppure in gradi sei a un livello più alto del mio! » esclamò Alner ammirato, quindi si mise sull’attenti « Cosa comanda Capitano? » domandò.

Pipino sorrise:

« Di andare a cercare un posto dove mangiare! Sto morendo di fame! »

« Agli ordini Capitano! »

« Alner… » Ilarin lo riprese stancamente « Portagli rispetto… è comunque un tuo superiore. »

Il ragazzo si voltò verso di lei con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

« Ilarin! Noi non abbiamo bisogno di presentazioni, ci conosciamo già! »

La ragazza alzò gli occhi al cielo.

« Ho sempre la vaga impressione che tu non sia particolarmente felice quando mi vedi… »

« Non ti sei mai domandato il perché? » lo rimbeccò lei.

« Ok, allora vediamo un po’, c’è un piccolo giardino poco distante da qui. Pensavo che potremmo andare lì a cenare! » li interruppe Niniel sperando di bloccare il loro battibecco.

« Non importa dove si mangia, l’importante è che si mangi! » disse Pipino « Andiamo? »

« Io ho portato tutto il necessario! » esclamò Ilarin mostrando un cestino. Conteneva della carne secca, un po’ di pane e qualche frutto più un dolce cucinato da lei « Non è molto, ma è più di quanto sperassi di trovare di questi tempi! »

« Va benissimo così! » le disse Niniel « Anzi, grazie per averci pensato tu. Io non sarei riuscita a preparare anche per noi. Ho già fatto fatica a preparare per Earine e Narith! »

« Assaggerò un dolce preparato da te? » esclamò Alner mentre camminavano verso il luogo che gli aveva indicato Niniel.

« Devo ricordarti che tutti i giorni, giù alla mensa, mangi cibi che aiuto a preparare anch’io? » sbottò Ilarin.

« Ma ora è diverso! »

« Cosa ci vedi di diverso? »

« Ora tu non stai lavorando, e io non sto lavorando… Lo hai cucinato pensando a me! »

« Devo ricordarti che ci sono anche Niniel e Pipino? » gli rispose lei acida.

« Li vedo, non sono mica cieco! »

« Oh, ma perché hai dovuto chiedere proprio a lui di aiutarci! » reclamò la ragazza rivolgendosi a Niniel.

« Perché era l’unico soldato che conosco, oltre a mio fratello, a cui potessi chiedere di aiutarci a organizzare una serata romantica per quei due! Non potevo mica chiederlo al primo soldato che incontravo per strada, no? »

Ilarin sbuffò.

« Rassegnati, questa sera ceneremo insieme e se ti va poi possiamo anche andare a fare un giro! » le disse lui.

« Che proposta allettante. Non vedo l’ora… » rispose ironicamente lei.

Pipino, che camminava di fianco a Niniel pochi metri più avanti, le fece segno di abbassarsi:

« Non mi dirai » iniziò « che dovremo organizzare una serata romantica anche per loro! »

« Spero proprio di no… » commentò lei « Anche perché, dopo quello che le ho fatto stasera, Earine potrebbe non rivolgermi più la parola… Ma se dovessi organizzare una cena per Ilarin e Alner credo che Ilarin mi ammazzerebbe direttamente! »

Poco dopo raggiunsero il piccolo giardino di cui aveva parlato Niniel, e si sedettero per terra dove consumarono ciò che Ilarin aveva portato. Al contrario di come ci si potrebbe aspettare, considerata la presenza di Alner, consumarono il pasto in silenzio. Scambiando solo qualche parola quando Ilarin passò al ragazzo una fetta del dolce e lui fece ancora qualche battuta. Non era di certo incoraggiante cenare sotto l’Oscurità che da Mordor ormai invadeva ogni angolo di Minas Tirith e del Pelennor, considerando poi il fatto che era evidente che la guerra fosse ormai alle porte. Eppure non avevano alternative: a casa di Niniel c’erano Narith ed Earine, e non conoscevano altri posti dove avrebbero potuto mangiare.

 

Ben presto, Pipino dovette recarsi davvero dal Sovrintendente, e anche Alner dovette andarsene perché stava iniziando il suo turno di guardia.

« Domani, se verrete a sapere che c’è stato un omicidio tra i soldati di Gondor, non indagate. La vittima sarò io, e il mio carnefice Narith… » disse in modo melodrammatico Alner.

« Oh, non farla lunga! » lo riprese Ilarin.

« Senti, tra cinque minuti ci troveremo sul secondo livello per il turno di guardia di questa notte. Avrà una spada con sé… e se anche non avesse un’arma non ci impiegherebbe molto a spingermi giù dalle mura! Verrai al mio funerale? »

« Ti prego smettila… » disse Ilarin nascondendosi il viso tra le mani.

« Sei senza cuore! »

« Non è detto che mio fratello voglia ammazzarti! Magari stasera è andato tutto bene! » esclamò Niniel cercando di evitare che i due riprendessero a infastidirsi.

« Nel caso, vado a prendere la mia armatura… non si sa mai! » e con un gesto della mano salutò le ragazze e si diresse verso il secondo livello della Città.

« Credi che si arrabbierà davvero? » domandò Ilarin quando il ragazzo se ne fu andato.

« Non so. » rispose Niniel con un’alzata di spalle « Probabilmente dipende da come sono andate le cose. Se lui ed Earine sono riusciti a parlarsi e a chiarire ciò che provano non penso che vorranno ammazzarci. In caso contrario… si vedrà! Per ora aspetto ancora un po’ a rientrare, così sono sicura che quando arriverò a casa lui sarà già di guardia e fino a domani mattina sarò salva! »

« Beh, c’è sempre Earine… »

« Oh, non stare a precisare sempre tutto! » sbottò Niniel « Anzi, se vogliamo precisare, come va con Alner? »

« A parte il fatto che lo vorrei strozzare? Ma ti pare che potrebbe interessarmi? » rispose spazientita Ilarin.

« Mh, chiedevo solo! »

 

 

13 marzo 3019 Minas Tirith

 

La mattina seguente, Niniel si diresse in cucina con le orecchie tese, quasi sperando di non incontrare il fratello.

« Buon giorno. » la salutò il padre.

« Buon giorno? » mormorò piano Niniel volgendo lo sguardo alla finestra « Potrà mai essere un buon giorno questo? È tutto scuro là fuori. »

« Temo… che non rivedremo il sole per un po’. » si limitò a commentare piano Adhort.

« Fino a quando questa guerra non finirà. » concluse Niniel, dando voce al timore che suo padre aveva cercato di nasconderle « Se mai finirà. »

« Finirà. » mormorò lui.

« E come finirà? »

« Non lo so, ma non facciamoci prendere dal panico. Ci sono valorosi soldati che ci difendono! Dobbiamo avere fiducia in loro. »

« E Narith? »

« Non è rientrato. Credo… che ci sia molto lavoro da fare. » Adhort le strinse una spalla « Ora vado anch’io.Tua madre è già a palazzo. »

Niniel annuì, quindi il padre prese il mantello e uscì di casa, lasciandola con la fronte appoggiata alle imposte, a guardare fuori dalla finestra mentre pensava a Boromir e a quando sarebbe tornato.

Poco dopo decise di recarsi alla mensa militare. Non aveva fame e non avrebbe fatto colazione. Il solo pensiero le dava la nausea.

 

Le via della Città erano scure, come se il giorno non fosse mai nato e una notte eterna fosse scesa su quel luogo. Niniel si guardava attorno spaventata, come se da un momento all’altro qualche orribile mostro potesse sbucare fuori da dietro un angolo o dall’interno di un cortile. Un’aria scura e pesante aleggiava sulla Città, e sapeva di terrore e morte.

Incontrò pochissime persone: che fosse dovuto al fatto che era ancora presto o per via dell’oscurità, la cuoca non avrebbe saputo dirlo, ma quando finalmente giunse alla mensa militare, si sentì stranamente sollevata. Strano, perché quel luogo non le aveva mai dato altro che preoccupazioni mentre, quel giorno, entrando e trovando alcune candele accese provò una strana sensazione di tepore e conforto che non aveva mai sperimentato in quel posto.

Ilarin non era ancora arrivata, e nemmeno Milneth, Liden e Theris. Vi era solo qualche altro cuoco che girovagava incerto sul da farsi.

Valeva ancora la pena lavorare? Valeva ancora la pena spendere il proprio tempo così, quando la fine pareva vicina?

Niniel si avvicinò quasi timidamente al suo luogo di lavoro, e iniziò a preparare i vari utensili.

« Che cosa succede qui dentro? » una voce profonda fece improvvisamente sobbalzare le poche persone presenti in quel luogo, Niniel compresa. Era Nasten, il capo cuoco.

« Non è il momento di dormire! Forza, iniziate a cucinare qualcosa di veloce, tra poco arriveranno i soldati che hanno finito il turno di notte! »

Niniel sussultò: ci sarebbe stato anche Narith. Doveva vederlo. Doveva chiedergli come stava. In 25 anni, non le era mai capitato di non trovare suo fratello in casa la mattina.

« Niniel. » Nasten le si avvicinò « Come stai? »

« Va meglio, grazie! »

« Sono contento! » disse lui, da sotto la folta barba « Mettiamoci al lavoro allora! »

Niniel sorrise: Nasten le era sempre parso scorbutico, ma in realtà era una persona molto sensibile.

Poco dopo, arrivò anche Ilarin e dopo alcuni minuti anche Liden e comari.

Passò circa mezz’ora, durante la quale tutti si diedero da fare per preparare un po’ di brodo caldo per i soldati che finivano il loro turno di guardia.

« Voi due andate fuori a servire! » gracchiò acida Milneth quando dalla mensa iniziarono a provenire rumori di sedie che venivano spostate e borbottii di soldati.

« Simpatica come sempre. » commentò Ilarin.

« Meglio così. Ho bisogno di vedere mio fratello. » le disse invece Niniel.

Quando entrarono nel salone adibito a mensa, alle due parve che l’atmosfera cupa che avevano visto quella mattina per le vie di Minas Tirith si fosse trasferita tutta all’interno di quel luogo. Solitamente, i soldati parlavano ad alta voce durante i pasti, facevano baccano, spesso si prendevano anche in giro e qualche volta era capitato anche che ci fosse qualche rissa. Ma quella mattina, nessuno pareva in vena di ridere o scherzare, men che meno di parlare.

I soldati entravano a gruppi di tre o quattro per volta. La maggior parte di loro erano ragazzi giovani, più o meno dell’età di Narith ed Alner, che quella notte erano stati svegli per la ronda.

I loro visi parevano aver assorbito l’oscurità dell’esterno: erano scavati, come se metà della loro vita fosse stata risucchiata via. Profonde occhiaie gli segnavano il volto e se si parlavano, era solo per domandare al vicino di passargli una fetta di pane nero da inzuppare nel brodo.

A mano a mano che i soldati entravano, Niniel iniziò a provare un senso di ansia che non riusciva a giustificare: dov’era Narith? Perché non si era ancora visto e il suo viso, sarebbe stato segnato come quello di tutti quegli altri giovani?

Lei e Ilarin stavano servendo l’ennesimo gruppetto di giovani che era entrato da poco. Niniel continuava a lanciare fugaci occhiate verso la porta d’ingresso, ma suo fratello continuava a non vedersi. Quando finalmente Narith entrò nella mensa, la ragazza trasse un profondo respiro di sollievo, ma il senso di pesantezza e timore che si era impadronito del suo cuore in quei minuti, non la abbandonò.

Narith aveva lo stesso viso dei suoi compagni: stanco, segnato, preoccupato. Cosa poteva essere successo?

Lui e Alner si avvicinarono al tavolo dove Niniel ed Ilarin stavano servendo la minestra, e il loro saluto fu un veloce cenno del capo. Subito dopo abbassarono gli occhi e attesero il loro turno.

« Narith… che cosa è successo? » l’apprensione della sorella era palpabile, e il ragazzo se ne rese conto subito.

« Non preoccuparti, non è niente. »

« Non prendermi in giro. Perché quelle facce, Narith? Cosa sta succedendo? » ringhiò a denti stretti Niniel cercando di non farsi sentire dagli altri soldati, ma il silenzio che quel giorno regnava nella sala non giocava a suo favore.

Il ragazzo sospirò, e si passò una mano sul viso.

« Ieri Faramir e i nostri soldati sono retrocessi fino alle Fortezze della Strada Maestra. » biascicò stanco.

« E dei Cavalieri di Rohan ancora non si sa nulla. » disse teso Alner.

« Non so per quanto resisteremo ancora. »

Narith si passò nuovamente una mano sugli occhi stanchi e per la prima volta, Niniel scoprì in lui l’uomo che era diventato. Non più il ragazzino che faceva le gare di corsa con lei, ma l’uomo che aveva preso la decisione di entrare nell’esercito di Minas Tirith e combattere insieme a tutti gli altri soldati per la libertà del loro Popolo. Glielo leggeva negli occhi, nei gesti e nel modo di parlare: era cresciuto, come lei, del resto, nell’arco di quegli ultimi mesi. E se in quegli occhi vi era tanta paura, la ragazza poteva scorgere anche la determinazione a non lasciarsi sopraffare dalla stanchezza e dal terrore dell’Oscurità.

« Mangiate ora. » disse Niniel riempiendo una scodella e porgendola al fratello « Tornerai a casa a riposare? »

Narith scosse la testa:

« Non avremo più il tempo per tornare a casa. » disse in tono amaro « Ci riposeremo un po’ qui e poi torneremo di guardia. »

Intanto Ilarin aveva dato una scodella di minestra ad Alner.

« Potrebbe essere l’ultima volta che mangio qualcosa preparato da te… » le disse.

« Smettila con queste sciocchezze, d’accordo? » sbuffò lei, cercando di darsi un contegno, nonostante la paura che le attanagliava il cuore da quando aveva udito le parole di Narith « Voglio rivederti qui, quando tutto questo sarà finito, a rompermi le scatole con le tue sciocchezze, intesi? »

Alner sorrise, stanco:

« Ma le mie non sono sciocchezze! » le disse. Poi, le fece un altro sorriso, che avrebbe voluto essere malizioso come lo erano solitamente i suoi sorrisi, ma non gli uscì molto bene. Quindi si diresse verso un tavolo dove c’erano ancora dei posti liberi e si mise a mangiare.

« Verrai a salutare la mamma e il papà prima della battaglia, vero? » chiese Niniel bloccando Narith per un braccio.

« Non lo so. Non so cosa riuscirò a fare. »

« Ma… la battaglia si avvicina, non puoi… »

« Cerca di capire Niniel. Non è… non è facile, gestire questa situazione. Non per me, almeno. » sospirò lui.

Lei non commentò, e si limitò ad annuire.

« Sta attento. » gli disse in un soffio.

Con un gesto del capo e un sorriso che avrebbe dovuto essere incoraggiante, Narith la salutò e si allontanò, andando a raggiungere Alner.

 

Quando quella sera Niniel tornò a casa i suoi genitori erano già rincasati da molto, ciò significa che era davvero tardi, perché Erith e Adhort erano soliti trattenersi nelle cucine fin verso le dieci di sera per preparare ogni cosa per il giorno successivo, soprattutto in quel periodo poi, in cui pareva che al Sovrintendente non andasse bene niente e, di conseguenza, bisognava essere preparati ad ogni eventualità ed a ogni sua possibile richiesta.

Oltre ai suoi genitori, in cucina, trovò anche Earine e Jamril.

« Niniel! Eravamo preoccupati. » le disse la madre abbracciandola « Non tornavi più! »

« C’è molto lavoro laggiù in questi giorni » le rispose lei stanca « I soldati continuano ad andare e venire, non c’è più un orario preciso per i pasti, mangiano quando i Capitani gli danno il permesso di allontanarsi per un po’ dal luogo in cui stanno svolgendo i loro doveri. »

« E hai visto Narith? » le domandò apprensivo suo padre « È da ieri sera che non lo vediamo, siamo preoccupati per lui… »

A quella domanda, Earine si fece più attenta e Niniel le lanciò un’occhiata veloce; non aveva ancora saputo com’era andata la cena che gli avevano organizzato la sera precedente.

« Sì l’ho… l’ho visto. » disse in tono incerto, ricordandosi di ciò che le aveva detto il fratello quella mattina « Lui sta bene, ha detto di salutarvi. »

« Cosa significa che ha detto di salutarci? » domandò Erith spalancando gli occhi.

« Sono molto impegnati in questi giorni, cercate di capire! Vorrebbe tornare a casa, ma non può. È un soldato ora, ed è chiamato a compiere i suoi doveri di soldato in questo momento buio. Ma ha detto che gli mancate, e che spera di riuscire a rivedervi presto. » aveva inventato. Ma come avrebbe potuto spiegare a sua madre che Narith non se la sentiva di venire a salutarli prima della battaglia? Probabilmente suo fratello pensava che quel gesto sarebbe stato troppo simile a un addio, e forse non trovava la forza per venire a salutare i suoi famigliari prima di una battaglia come quella che si stava avvicinando. Continuava a non capire come Narith potesse evitare di tornare, anche solo per un attimo, dai suoi genitori, ma non lo biasimava né giudicava: che cosa avrebbe fatto lei al suo posto? Avrebbe avuto il cuore per presentarsi dai suoi genitori prima di una battaglia della portata di quella che si stava avvicinando? E per dirgli cosa, poi? Mamma, papà, vi saluto, non so se ci rivedremo?!

Erith si sedette pesantemente su una sedia:

« I suoi doveri di soldato… » bisbigliò « Già, lui è un soldato… »

Affondò il viso nelle mani e scoppiò a piangere.

Adhort si avvicinò alla finestra e prese a guardare fuori nell’Oscurità, e Niniel seppe che non lo faceva perché voleva ignorare il dolore della moglie, ma perché molto probabilmente anche lui stava piangendo, o era vicino a farlo.

Jamril si avvicinò alla donna e le appoggiò una mano sulla spalla:

« Non temere, Narith è forte! »

Ma era come se lei fosse sorda a qualunque stimolo proveniente dall’esterno, era come se l’unica cosa che riuscisse a sentire in quel momento fosse il dolore che le esplodeva nel petto.

« Scusate, ma io dovrei andare. » Earine si alzò di scatto dalla sedia « I miei genitori mi staranno aspettando. »

Niniel si alzò e la accompagnò all’ingresso.

« Earine cosa… » cominciò, ma la ragazza la bloccò.

« È tutto a posto Niniel, non ti devi preoccupare. » ma aveva gli occhi lucidi anche lei, a la cuoca la conosceva da troppo tempo per non accorgersi che c’era qualcosa che la turbava profondamente.

« Sei arrabbiata con me? » le chiese poi Niniel con un brutto presentimento. Earine la guardò confusa, così la ragazza si spiegò:

« Sei arrabbiata con me per la cena di ieri sera? Credevo di farti un piacere, insomma te lo avevo promesso e poi dopo tutto quello che tu hai fatto per me io… »

Ma Earine la bloccò:

« Arrabbiata? No, no affatto! » tirò su col naso.

« Ma allora cosa c’è? È successo qualcosa? Narith ti ha trattata male? »

Ad Earine sfuggì un sorrisino:

« Assolutamente no, solo credo di non essere il suo tipo. Abbiamo cenato, e poi lui è corso via per il suo turno di guardia, e io sono tornata a casa. Abbiamo a malapena parlato. »

« Lo sai com’è mio fratello… io credo che tu gli interessi, solo è impacciato quando si tratta di queste cose e… »

« Ma non è questo! » Earine scoppiò a piangere, un pianto di rabbia « Ho paura Niniel! Paura! La guerra si sta avvicinando, anzi, ormai è qui! Non te ne sei accorta? Ho paura di morire, di veder morire le persone che amo! Ho paura di perdere mia madre, mio padre, di perdere te e… » esitò « Narith! Ho paura che non ci sarà più un futuro, che non ci sarà più niente da pianificare, niente per cui essere felici! » parlava con disperazione, tra i singhiozzi, e Niniel non poté fare a meno di abbracciarla.

« Earine io… scusa, mi dispiace! Non avei dovuto parlarti di ieri sera, non avrei nemmeno dovuto organizzare niente! Non era proprio il momento adatto! »

Earine scosse le testa, come a dirle di non preoccuparsi.

« Per quanto riguarda il resto… i nostri soldati sono forti… »

« Credi ancora a questa storiella? » la chiese Earine « Saranno anche forti, ma il Nemico è più forte di noi! Ci sono un’infinità di Orchi e chissà di quali altri mostri che combattono per lui! Credi davvero che noi qui, abbarbicati su questo monte, potremo vincere in uno scontro con di loro? »

Niniel sospirò.

« Non lo so. » disse lentamente « Non so cosa succederà, ma non possiamo perdere la testa! Non dobbiamo. In questo modo facciamo solo il gioco del Nemico, lui vuole vederci impazzire, vuole scoraggiarci per far sì che, nel momento dello scontro, non combattiamo nel pieno delle nostre forze! »

« Non lo so, Niniel, davvero. Non so più a cosa credere. Non so cosa succederà. So solo che ho paura. »

La ragazza diede le spalle alla cuoca e si allontanò.

« Ora scusa, vado a casa dai miei. »

E si allontanò dirigendosi verso la sua casa.

Niniel alzò lo sguardo al cielo. Non vi erano stelle. Non più. Solo un’oscurità che creava una cappa cupa e pesante sulla Città.

« Boromir… » bisbigliò « dove sei? »

Una lacrima le rigò il volto, ma lei la asciugò con un gesto di stizza, e rientrò in casa.

 

Non era passato molto, che si sentì provenire un gran frastuono dalla prima cerchia di mura e, dopo alcuni interminabili minuti, un rumore di zoccoli invase le vie di Minas Tirith, come se alcuni cavalli stessero percorrendo la strada che portava alla Cittadella.

Niniel, che era seduta accanto a Erith e le teneva una mano nel tentativo di consolarla, alzò di scatto la testa, ma non trovò il coraggio di abbandonare sua madre per andare a vedere cosa stesse succedendo. Suo padre e Jamril, invece, corsero fuori in cortile.

« Andiamo anche noi. » disse piano Erith alla figlia, e anche le due donne uscirono in strada.

Fecero appena in tempo a vedere un piccolo manipolo di soldati, sfiniti, che risalivano il quinto livello quando si accorsero che in fondo al gruppo veniva un cavallo che portava due cavalieri. Uno era alto e di bell’aspetto. Non sapevano chi fosse, ma anche in quell’Oscurità compresero che dovesse trattarsi di qualche nobile. Ma ciò che li scosse, fu il riconoscere il ferito che l’uomo trasportava sul suo cavallo.

« Faramir… » il nome del loro Capitano uscì a Niniel in un sussurro.

Come poteva essere successo? Cosa gli avevano fatto?

La sua testa ciondolava di lato e il bel viso, stanco e sudato, portava i segni di una lunga battaglia e delle molte ferite, fisiche e interiori, che il giovane uomo doveva aver subito.

I cavalieri li superarono e si diressero verso la Cittadella.

Solo in quel momento, i quattro si accorsero del rumore che sembrava provenire dall’esterno di Minas Tirith, dai Campi del Pelennor. Si guardarono a vicenda con crescente timore negli occhi, come se nessuno riuscisse a trovare il coraggio di avvicinarsi alla cinta di mura e guardare cosa stesse succedendo là sotto.

Poi, uno alla volta si diressero verso il parapetto; Niniel camminava ancora al fianco di sua madre, come se temesse che da un momento all’altro potesse cadere.

Infine li videro: tantissimi punti luminosi che invadevano i Campi del Pelennor. Alcuni erano già molto vicini alle mura, altri erano più lontani e altri ancora pareva stessero arrivando in quel momento e andassero ad aggiungersi ai primi. Erano fiaccole, un’infinità di fiaccole rette da quelli che, in quell’oscurità, sembravano essere Orchi.

« Che cosa succede… » chiese terrorizzata Niniel, ma non ricevette risposta. Gli altri erano paralizzati quanto lei « Papà? » chiamò ancora.

« Sono arrivati. » bisbigliò lui, lo sguardo fisso sui campi sottostanti « Siamo sotto assedio. »

 

 

TUM TUM TUM…

Un orco prese a picchiare su un tamburo, e un suono profondo e lugubre invase l’aria nell’arco di miglia.

Niniel era senza parole, non riusciva a trovare niente da dire, era come se le avessero tirato fuori dai polmoni tutta l’aria e come se la sua mente fosse stata di colpo svuotata da ogni emozione. Ogni rumore le appariva attutito, come se provenisse da una lunga distanza, e solo quando Jamril la scosse per le spalle, si accorse che sua madre aveva ricominciato a piangere e che suo padre la stava riaccompagnando dentro casa.

« Vieni dentro Niniel, non fa bene stare qua fuori sotto questa Oscurità. » Jamril le passò un braccio attorno alle spalle, ma riuscì ad allontanarla solo di qualche passo, quando Niniel si fermò e lo guardò con occhi colmi di terrore. Stava cercando di dirgli qualcosa, ma le parole le morivano in gola e riusciva solo ad aprire e chiudere la bocca senza produrre alcun suono.

« Vieni con me, sediamoci in cortile. » le disse.

Niniel si lasciò accompagnare nel cortile di casa sua, dove si sedette su una panca di pietra insieme al cuoco.

Rimase in silenzio, a fissare il buio di fronte a lei.

Quante volte si era seduta su quella panca! Quante volte nella sua infanzia quella fredda pietra si era trasformata in un drago sputa-fuoco che lei, Narith ed Earine avevano combattuto con spade di legno. Quante volte quella panca era stata silenziosa testimone delle confidenze sue e di Earine. Quante volte si era seduta lì nelle sere d’estate, con sua madre, ad osservare le stelle, mentre la donna le raccontava qualche storia dei tempi lontani. Quelle belle storie che si tramandano di madre in figlia da generazioni, e che parlano di cavalieri e fanciulle da salvare. Di draghi malvagi nascosti in montagne dimenticate dai più. Di oscure battaglie che poi finivano sempre bene: i draghi venivano sconfitti, le montagne ripopolate da buona gente e i cavalieri riuscivano sempre a salvare le fanciulle in difficoltà e alla fine si sposavano e… Perché in quel momento non riusciva a ricordare le parole con cui sua madre terminava sempre quelle magnifiche storie?

« Niniel… » la voce di Jamril la riscosse dai suoi pensieri, riportandola alla realtà.

« Jamril io… che cosa possiamo fare? Faramir… Faramir è… e noi? Che fine faremo? Perché Boromir non torna? »

« Io… io non lo so Niniel. Non lo so. »

« Che cosa sta succedendo? »

« Il temporale alla fine ha deciso di abbattersi su questa Città, com’era prevedibile ormai da mesi. Si sapeva che sarebbe successo, prima o poi. »

« Ho paura. »

« Lo so, Niniel. È normale. » nemmeno Jamril sapeva più cosa dire. Era come se non ci fossero parole per descrivere ciò che stava accadendo. Perché certe situazioni, anche se una persona se le aspetta e le ha prevista con certezza da tempo, quando arrivano ti colgono sempre impreparato.

« Vuoi che ti dico un segreto, però? » la ragazza alzò gli occhi sul cuoco « Ho paura anch’io, e credo che tutti purtroppo stiano provando ciò che senti tu ora. Ma dobbiamo tener duro! »

« A che scopo tener duro, se tanto siamo spacciati? »

« Ehi, questa non è la Niniel che conosco io! Tu non ti saresti mai arresa! »

« Sì ma… »

« Niente ma. » la bloccò Jamril prima che lei potesse continuare « Non si può mai dire, con certezza, come andranno le cose. Fino alla fine c’è sempre speranza, perché un aiuto insperato può sempre arrivare. Ricorda cosa si dice: solo alla morte non c’è rimedio. E finché siamo in vita, dobbiamo credere che una soluzione inaspettata può sempre venirci in soccorso! »

« Ma Faramir… »

« Faramir è forte, dimentichi forse che è fratello di Boromir? » il cuoco le sorrise « Coraggio ora, entriamo. Tua madre avrà bisogno di te. »

Quando rientrarono in casa, Erith aveva smesso di piangere, ma stava seduta in cucina con lo sguardo fisso nel vuoto.

« È arrivata. Alla fine. » si limitò a dire suo padre, il viso stanco e la barba incolta lo facevano apparire più vecchio di quanto non fosse « Andiamo Jamril. Dobbiamo andare a Palazzo per sentire se ci sono ordini e se dobbiamo fare qualcosa. »

« Non andate via anche voi… » Erith parve riscuotersi.

« Lo sai che dobbiamo andare… » le disse Adhort prendendole le mani « Ma non temere. » poi parve non riuscire ad aggiungere nient’altro. Prese il mantello e uscì di casa con Jamril.

« Mamma… » Niniel si era un po’ ripresa, ma ancora faticava a capire cosa dovessero fare in quel momento.

Sua madre non la lasciò finire e l’abbracciò.

« Qualunque cosa accada ricorda: noi saremo con te! » le disse.

« Non succederà niente, mamma! Combatteremo, arriverà Boromir, andrà tutto bene! » esclamò la ragazza, anche lei stessa se non era certa di credere davvero in ciò che aveva appena detto.

La donna la guardò con una grande pena negli occhi, ma non disse nulla.

 

 

14 marzo 3019 Minas Tirith

 

Le ore passavano. Il tumulto nei Campi del Pelennor aumentava e così anche per le vie di Minas Tirith si udivano sempre più passi e voci concitate.

Niniel era rimasta in cucina con la madre, anche se la donna aveva cercato di convincerla ad andare a stendersi in camera sua. Niniel sapeva che non sarebbe riuscita a chiudere occhio, e voleva rimanere pronta per qualunque eventualità. Erano ancora sedute dove si trovavano la sera precedente, leggermente assopite sulle scomode sedie di legno.

Il mattino si avvicinava anche se, da quell’Oscurità che non mutava di intensità, non si sarebbe riusciti a dire che ora fosse.

Era ancora molto presto quando udirono un rumore provenire dall’ingresso dell’abitazione e sussultarono, svegliandosi del tutto.

Adhort entrò in cucina, il viso stanco e tirato:

« A quanto pare Sire Denethor ci vuole in cucina come al solito. » disse « Io e Jamril siamo già là, se tu preferisci non venire stai pure a casa… »

Ma Erith lo interruppe:

« Che senso avrebbe rimanere qui e aspettare la morte senza fare nulla? » si alzò e prese il suo mantello « Se devo morire morirò facendo qualcosa per la nostra Città. »

Anche Niniel si alzò e si avvicinò all’ingresso.

« Dove vai? » le domandò suo padre con apprensione.

« Alla mensa militare. »

« Ma, Niniel, è sul secondo livello! Qui saresti più al sicuro. Se il Nemico sfondasse le mura… »

La ragazza bloccò il padre:

« So che vi preoccupate per me, ma vale lo stesso ragionamento che ha appena fatto la mamma. Non rimarrò qui, senza fare nulla, ad aspettare che il nostro destino venga deciso. »

Si mise il mantello e abbracciò i suoi genitori, aprì la porta e prima di uscire si voltò indietro: « Vi voglio bene! »

Poi corse fuori di casa senza aspettare una risposta. Sapeva che non sarebbe stata in grado di rimanere con loro un secondo di più senza scoppiare a piangere per il terrore che le attanagliava il cuore. Il terrore di non rivederli mai più. Improvvisamente, comprese perfettamente come doveva sentirsi Narith.

 

Niniel camminava a passi svelti verso il secondo livello. A mano a mano che scendeva, il rumore provocato dagli Orchi di Mordor che si erano accampati nei Campi del Pelennor aumentava. Avrebbe voluto dare uno sguardo oltre le mura per controllare come fosse la situazione là sotto, ma non trovava il coraggio per farlo, così procedeva a testa bassa, cercando di ignorare il rumore assordante prodotto da quelle orrende creature che uccidevano e distruggevano qualunque cosa incontrassero sul loro cammino.

Era ormai arrivata sulla terza cinta di mura, quando la ragazza sentì qualcuno pronunciare il suo nome, urlando al di sopra del frastuono, e con un grande sforzo sollevò la testa, per vedere chi la stesse chiamando. Con gran sorpresa e sollievo, si accorse che si trattava di Narith.

« Che cosa fai qui! » le domandò senza troppi preamboli « Perché non sei rimasta a casa? »

« Non potrei mai rimanere là a fare niente sapendo che in questo momento in Città c’è bisogno della cooperazione di tutti. » la sua voce era velata e lo sguardo leggermente assente.

« Niniel tu… hai paura? »

« No, sono terrorizzata. » ammise lei « Tu non temi forse ciò che potrebbe accaderci oggi? »

« Dipende da ciò che accadrà. » sospirò lui « Non perdiamo le speranze, Niniel. Mithrandir dice che non è tutto perduto. L’esercito di Rohan potrebbe ancora arrivare e non dimenticare che anche Boromir sta tornando. »

La ragazza non rispose, colta di nuovo dallo sconforto.

Narith sospirò:

« Immagino sia inutile chiederti di ritornare a casa… »

« Immagini bene. » gli rispose lei.

« Buona fortuna allora. Magari ci rivediamo alla mensa. » Narith fece per correre via, ma Niniel lo fermò.

« Dove stai andando? » gli urlò, notando che correva verso il livello superiore.

« A salutare mamma e papà. » le rispose lui senza fermarsi.

Niniel immaginò che dovesse avere una gran fretta di tornare ai suoi doveri, sulle mura del secondo livello, quindi lo lasciò andare, mentre si lasciava sfuggire un sorriso di sollievo.

Il via vai di gente e soldati che aveva incontrato lungo la strada percorsa verso il secondo livello non aveva nulla da invidiare alla confusione che regnava nella mensa militare.

Quando Niniel finalmente vi giunse, molti cuochi erano già al lavoro, e chi non era ancora lì arrivò poco dopo. Trovò Ilarin già presa dal suo lavoro e subito la affiancò per aiutarla, mentre Nasten urlava ordini a destra e a manca, facendo invidia ai Capitani del loro esercito. Notò che quel giorno portava un pugnale infilato nella cintura.

 

Intanto, Narith era quasi arrivato alla Cittadella. Era certo che avrebbe trovato i suoi genitori nelle cucine del palazzo. Ora, il problema era trovare una scusa per passare oltre le guardie che controllavano l’ingresso dell’ultimo livello. Non poteva certo inventarsi che doveva portare qualche ordine da parte del suo capitano, ma non gli venivano in mente altre possibilità.

Quando giunse al cancello della Cittadella, però, con sua grande sorpresa lo trovò aperto. Lo varcò e notò in lontananza alcune guardie. Pareva che stessero discutendo tra loro, ed era come se fossero indecisi sul da farsi e stessero cercando di trovare una soluzione. Narith ebbe il sospetto che, in quel momento di grande bisogno, il Sovrintendente stesse lasciando che ogni cosa corresse, senza dare ordini, né cercare di prendere in mano la grave situazione.

Cercando di non farsi vedere, si intrufolò nell’ultimo livello della Città e camminò a passo spedito verso le cucine del palazzo.

La porta di legno che dava nel locale era socchiusa, e da dentro giungevano in continuazione rumori di pentole e mestoli che venivano sbattuti, ma non udiva il solito parlottare che aveva sempre accompagnato il lavoro dei suoi genitori.

Varcò la soglia, ma Adhort, Erith e Jamril erano così assorbiti dal loro lavoro che non si accorsero del suo arrivo.

« Mamma, papà… »

Quando il ragazzo parlò, i mestoli cessarono di sbattere contro le pentole di ferro battuto. Sua madre si voltò di scatto e gli corse incontro mentre calde lacrime le rigavano il viso.

Lo abbracciò senza riuscire a parlare.

« Sono venuto a salutarvi. » disse lui, mentre sentiva un nodo che gli chiudeva la gola.

« Non sai come sono felice che tu sia qui. Avevo paura di non riuscire a vederti prima della battaglia. » gli disse la madre tra le lacrime.

« Ma sono venuto. » rispose lui, ricambiando l’abbraccio « Devo tornare subito, però. Sono riuscito a venire solo perché mi hanno dato un momento di riposo dopo il turno di guardia di questa notte. Mi aspettano. »

Adhort gli si avvicinò e lo abbracciò, per la prima volta come si abbraccia un uomo ormai adulto, e non più un bambino che ha bisogno del conforto del padre.

« Coraggio, so che sei forte. » gli disse.

Jamril lo strinse così tanto che quasi gli mozzò il respiro, ma non disse nulla. Il cuoco sapeva che se avesse aperto bocca per parlare sarebbe solo riuscito a scoppiare in lacrime.

Sua madre gli infilò in mano una pagnotta di pane nero:

« Hai il viso stanco, e pare che tu non mangi in modo decente da giorni interi. » gli disse « Non è rimasto molto, ma prendi questo. »

Narith annuì, poi la madre lo abbracciò di nuovo.

« Mi raccomando, abbi cura di te! »

Lui annuì, e si diresse verso la porta.

« A presto! » disse, e poi uscì di corsa, senza riuscire a voltarsi, né ad aggiungere altro.

Stava già dirigendosi a grandi passi verso il cancello, quando nel cortile dell’Albero Bianco incontrò Pipino che andava di corsa verso il Palazzo.

« Pipino! » lo chiamò il ragazzo « Come stai? »

L’ hobbit si fermò. Aveva un’espressione strana, come confusa, e pareva che avesse una gran fretta.

« Credo di essermi cacciato in un gran pasticcio, nell’aver offerto i miei servigi a Gondor… » disse solo.

« Sai, ho anch’io lo stesso timore per quanto riguarda me; ma volenti o nolenti, questo doveva essere il nostro destino. Come sta Faramir? »

« Male. » disse cupo Pipino « Non si riprende e Denethor pare ormai completamente fuori di sé. Non si occupa più di nulla e io non so cosa fare. »

« I miei timori erano giusti dunque. » Narith si incupì ulteriormente « Devo andare, buona fortuna amico mio! Speriamo di vederci, prima della fine! » e riprese a correre verso l’uscita della Cittadella.

Quando arrivò al cancello, le guardie avevano ripreso i loro posti.

« Cosa ci fai qui? » gli domandò una.

« Porto ordini, signore. » disse, e passò oltre il cancello, senza che questa gli domandasse altro.

Stava correndo nuovamente verso il secondo livello della Città, strappando pezzi di pane e mangiandoli lungo il cammino, quando la sua attenzione fu attirata da una persona che correva nel senso opposto.

« Earine! » gridò, ma la ragazza si era già fermata. Anche lei si era accorta di Narith e tornò sui suoi passi per avvicinarsi a lui.

« Cosa ci fai qui? » gli domandò. Per una volta, riuscì a non balbettare mentre gli parlava.

« Sono venuto a salutare i miei genitori. Pensavo di trovarti lì, ma non c’eri. »

Lei scosse la testa:

« Sono stata mandata dal Sovrintendente a portare un messaggio. Come stai? »

« Bene, per quel che si può stare bene in un momento come questo. » la osservò: aveva anche lei il viso stanco e tirato e gli occhi cerchiati, come quasi tutte le persone che aveva incrociato sulla sua strada. Gli piangeva il cuore nel vederla così.

« Ora devo… tornare giù. Tra poco sarò di nuovo di guardia. »

Lei annuì.

« Allora, buona fortuna! »

Si era già voltata per riprendere il suo cammino verso la Cittadella, quando sentì una stretta attorno al polso, e Narith la fermò. Lei lo guardò con un’espressione interrogativa, ma prima che potesse anche solo pensare a qualcosa da dire, lui la avvicinò a sé e la baciò. Fu qualcosa di improvviso, imprevisto e inaspettato. Per entrambi.

Quando Narith si allontanò, la guardò con gli occhi spalancati come se lui stesso non riuscisse a comprendere cosa fosse appena successo. Il cuore di Earine pareva vicino a scoppiare, ma ora non avrebbe saputo dire se fosse per via del terrore che le provocava la guerra o per quell’emozione sconosciuta.

« Perdonami. » le disse lui confuso.

« Per averlo fatto? »

« No, per non averlo fatto prima! »

Si voltò e corse via, senza riuscire a dirle nient’altro. Earine si fermò un attimo per osservarlo mentre si allontanava. Il cuore ancora vicino a scoppiare.

 

 

 

 

 

 

Sì, sono ancora viva… un po’ provata dagli esami, ma viva!

Chiedo perdono in ginocchio per l’enorme ritardo, so perfettamente che è da ottobre che non aggiorno, ma tra l’università, la mancanza di ispirazione e altri problemi proprio non sono riuscita!

Beh, spero che il capitolo vi sia piaciuto… e che le novità siano state di vostro gradimento… ;-)

Vi anticipo che il prossimo sarà un po’ più corto, ma la prima parte mi sono divertita moltissimo a scriverla, e spero con tutto il cuore che possa piacere anche a voi, ma non vi anticipo niente…

Non so quando riuscirò ad aggiornare, non vi prometto nulla perché fino a metà luglio sono presa dagli esami… ma io per prima spero di riuscire ad aggiornare presto!
Alle recensioni ho già risposto, ringrazio di cuore chi ne ha lasciata una, e chi legge e ha aggiunto la storia tra preferite, seguire e ricordate!!!

A presto! Spero… J Un abbracciooooooooooooooooooo!!!

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Sì lo so, sono in ritardo tremendo, e le cause sono sempre le stesse: impegni, esami all’università e soprattutto la mancanza

Capitolo 19

 

13 marzo 3019, Pelargir

 

Due Uomini un Elfo e un Nano stavano nascosti dietro uno sperone di roccia, intenti ad osservare alcune navi che, dondolandosi lentamente sul fiume più in basso, si preparavano a partire.

Poco lontano da loro, altri trenta Uomini e due Elfi, anch’essi al riparo del fianco della montagna, attendevano ordini.

« Dobbiamo approfittare di questo momento. » bisbigliò l’Elfo.

« Legolas ha ragione. » intervenne Boromir « Aragorn, questo dovrebbe essere l’ultimo attracco. Non credo che si fermeranno nuovamente prima di Minas Tirith. »

« Mi spiace ammetterlo, ma anch’io do ragione all’Elfo. » commentò Gimli.

« Lo so. » rispose l’uomo distrattamente continuando ad osservare le Navi Nere che si dondolavano sull’Anduin.

« Aragorn? » Legolas lo chiamò, ridestandolo dai suoi pensieri.

« Andiamo. Dobbiamo avvisare Halbarad e gli altri. » dicendo questo, Aragorn si voltò e si diresse verso i Raminghi del Nord e i due Elfi che li attendevano poco lontano, strisciando silenziosamente contro il fianco della montagna per evitare che i pirati lo vedessero.

 

« Sono arrivate le navi? » domandò Elrohir non appena Aragorn raggiunse la compagnia.

« Sono qui, hanno appena attraccato. Dobbiamo sbrigarci se vogliamo riuscire a catturare la flotta e impedire che anche uno solo di quei pirati giunga vivo a Minas Tirith. »

« Cosa comandi, dunque? » gli chiede Elladan.

Aragorn rimase per un attimo in silenzio, a fissare i trenta Dúnedain che attendevano un suo ordine.

« Non temere. » gli disse Boromir appoggiandogli una mano sulla spalla « Noi siamo tutti con te. »

Legolas e Gimli ricambiarono lo sguardo di Aragorn con un cenno di assenso.

« Scendiamo seguendo il fianco della montagna. » disse quindi il Ramingo con rinnovata fiducia « Ho visto che poco lontano da qui vi è una via non troppo esposta. Quindici uomini verranno con me. Altri quindici scenderanno con Halbarad, Elladan ed Elrohir, partirete cinque minuti dopo di noi. Se scendiamo tutti insieme rischiamo di farci scoprire. »

« Bene! » esclamò Halbarad « Voi con me, gli altri con Aragorn! » ordinò ai suoi uomini.

« E noi? » un sussurro raggiunse la compagnia, facendo sussultare tutti i presenti. Gli unici a non sembrare particolarmente colpiti furono gli Elfi.

« Voi ci raggiungerete non appena inizierà lo scontro. » spiegò Aragorn guardando con durezza lo spettro che si librava nell’aria esattamente di fronte a lui.

Anche se gli avevano appena giurato fedeltà, non riusciva a fidarsi completamente di quell’esercito.

Con un cenno del capo, il Re dei Morti si dissolse.

« Ti fa gelare il sangue nelle vene. » commentò Gimli con un sussurro rivolgendosi a Boromir.

« Speriamo solo che mantengano il giuramento. » sospirò quest’ultimo.

 

I due gruppi erano finalmente pronti a partire. Il buio del primo mattino li avrebbe aiutati, celandoli agli occhi dei pirati.

« Che cosa temi, Aragorn? » domandò Elladan, che aveva compreso che qualcosa turbava il cuore dell’uomo.

« E se non dovessero rispettare il patto? Se all’ultimo momento si tirassero indietro? »

« Stai dubitando del tuo potere di Re di Gondor? » gli domandò ancora l’Elfo.

« Sto dubitando di me stesso. »

« Non temere. Nessuno oltre a te ha l’autorità di comandare questo esercito e poi, hanno visto la spada che porti. Non tenteranno di tradire il tuo Popolo un’altra volta. »

« Grazie, fratello mio. » sorrise Aragorn.

L’Elfo lo abbracciò:

« Ti proteggeremo fino alla morte, se fosse necessario. » gli disse « Ora vai, e fa che si compia il destino per cui sei nato! »

« Aragorn! » Gimli lo chiamò « Noi siamo pronti, sbrighiamoci prima che quei maledetti se ne vadano! »

Con rinnovata speranza, il Ramingo lanciò un ultimo sguardo al gruppo comandato da Halbarad e dai due Elfi.

« Vai, noi ti copriamo le spalle! » bisbigliò Elrohir « E buona fortuna! »

Il primo gruppo di uomini guidati da Aragorn, al quale facevano seguito anche Boromir, Legolas e Gimli, iniziò a scendere per il fianco della montagna. Non ci sarebbe voluto tanto per raggiungere la riva dell’Anduin, non erano molto lontani.

 

« Ci siamo, » disse Legolas poco dopo « dovrebbero essersi incamminati anche gli altri. »

Continuarono a scendere cercando di evitare di camminare su quelle rocce che minacciavano di scivolare, per fa sì che i pirati non si accorgessero del loro arrivo.

« Ci siamo. » bisbigliò il Ramingo qualche minuto dopo « Attendiamo ancora un po’, quando gli altri ci raggiungeranno usciremo allo scoperto. »

« Aragorn… » lo chiamò Boromir che si trovava poco distante la lui « Noi siamo qui. Qualunque cosa accada, siamo pronti a dare la nostra vita. »

Aragorn annuì:

« Se restiamo uniti, andrà tutto bene! »

Circa cinque minuti dopo, sentirono dei movimenti provenire dalla strada che il Ramingo aveva indicato ad Halbarad. Anche il secondo gruppo li stava raggiungendo.

« Bene, è il momento… »

Aragorn fece un cenno a Elrohir, che si era appena affacciato da dietro un ammasso di rocce, ed ecco che anche la seconda compagnia fu al loro fianco. Erano di nuovo uniti e abbastanza vicini per attaccare la flotta.

Dalle navi giungevano gli ordini dei capitani, urlati in un linguaggio incomprensibile. Sui ponti, numerosi marinai erano affaccendati a spostare le ultime casse che avevano caricato e a sciogliere le funi che tenevano ancorate le navi al porto.

Ed ecco, le imbarcazioni iniziarono a veleggiare verso il centro dell’Anduin. Aragorn attese ancora. Voleva che queste giungessero il più lontano possibile dal porto, per evitare di dover combattere anche con i nemici rimasti a terra.

« Ci siamo, finalmente. » borbottò Gimli « Quegli sporchi pirati stanno per scoprire cosa significa mettersi contro il Re di Gondor e i suoi amici! Stai vicino a me, Legolas! Se mai gli spiriti ti spaventassero, ci sarò io a proteggerti! » concluse con un ghigno divertito.

« Sbaglio, o eri tu quello che è entrato per ultimo nei Sentieri dei Morti? » ribattè l’Elfo, senza distogliere lo sguardo dalla flotta.

« Ricordi male… » si difese il Nano « L’aria viziata che c’era là sotto deve averti giocato qualche brutto tiro al cervello… »

« La smettete voi due? » li riprese Boromir « Concentratevi sul nemico! »

« Io sono perfettamente concentrato, è Legolas che mi disturba con le sciocchezze che si inventa! »

« Oh, che cos’è questo moscerino che mi ronza intorno da quando siamo partiti da Gran Burrone? » disse l’Elfo agitando una mano davanti agli occhi, come a voler scacciare un insetto molesto.

« La prossima volta che ci capiterà una missione del genere… » borbottò Boromir « Voi due andrete in due gruppi diversi! »

« Andiamo! » l’ordine di Aragorn interruppe la disputa tra i tre amici.

Senza porsi più problemi il Ramingo, seguito da Legolas, Gimli, Boromir, i Raminghi del Nord, Elladan ed Elrohir uscì allo scoperto.

Le navi non erano ancora abbastanza vicine, ma non dovettero attendere molto perché queste raggiungessero la zona in cui si trovava la compagnia.

Fu così che Aragorn parlò:

« Non potete proseguire. » e la sua voce risuonò profonda, in tutta la sua potenza, dalla riva e raggiunse i pirati sulle navi « Voi non entrerete a Gondor! »

Un insieme indistinto di risate gutturali giunse dalle navi alle orecchie della compagnia, che si stagliava fiera alle spalle di Aragorn.

« Chi sei tu per negarci il passaggio? » urlarono dall’imbarcazione che si trovava più vicina alla riva.

« Legolas… un avvertimento che sfiori le orecchie del nostromo. » disse Aragorn, sicuro di sé.

« Attento alla mira. » bisbigliò Gimli, che come sempre si trovava al fianco dell’Elfo e, con il manico della sua ascia, diede un colpo all’arco con il quale Legolas stava per scagliare la freccia. Quest’ultima centrò in pieno petto uno dei marinai che si trovava al fianco del nostromo.

« Oh! » esclamò il Nano con finta sorpresa, come se non si fosse mai aspettato di ottenere un risultato simile. Al suo fianco Boromir, che si trovava tra Gimli e Aragorn, sorrise.

« Ora basta. » gridò poi il Nano « Vi abbiamo avvertiti! Preparatevi allo scontro! »

« Scontro! Con voi e con quale esercito? » commentò ironicamente il nostromo.

« Questo esercito! »

Alle parole di Aragorn, ecco fuoriuscire dal fianco della montagna l’intero esercito dei Morti. Avevano mantenuto la promessa, questa volta, avevano deciso di rispettare il giuramento.

Aragorn e tutta la compagnia si gettarono nella mischia. Combatterono uno affianco all’altro, per più di un’ ora, ma alla fine il Ramingo e i suoi ebbero il sopravvento, anche e soprattutto grazie al grande apporto che fornì l’esercito dei Morti.

 

Al termine della battaglia i pirati erano stati sconfitti: solo in pochi riuscirono a gettarsi in acqua e a fuggire, ma anche tra questi la maggior parte venne individuata e sparì sotto l’attacco del terribile esercito.

Un gran numero di navi venne salvato, e su ognuna si stabilirono alcuni dei Raminghi al servizio di Halbarad.

« Chi l’avrebbe mai detto... » esordì Gimli che aveva ancora il fiato corto per il combattimento.

Boromir si voltò verso di lui con aria interrogativa.

« Intendo, mai avrei pensato che quei fantasmini sarebbero stati tanto utili! »

« Fai attenzione a come parli. » lo redarguì l'Uomo di Gondor « Non sappiamo come reagirebbero di fronte a certi nomignoli. »

« Ah, se sono dei fantasmi come dovrei chiamarli? »

« Non parlavi così, mentre attraversavamo il Dimolt. » s’ intromise Legolas.

« Potresti smetterla di fare il precisino? » sbottò Gimli arrabbiato, poi s’incamminò verso Aragorn borbottando qualcosa sul fatto che si sentiva un Nano incompreso.

« Come ti senti? » Legolas si avvicinò a Boromir, che osservava le acque sporche di rosso del Fiume.

« Troppo spesso negli ultimi anni l’Anduin si è macchiato di sangue. Le sue acque non avrebbero mai dovuto tingersi di una simile vergogna! » rispose l’uomo, stringendo il parapetto della nave con rabbia.

« Molte cose non avrebbero dovuto verificarsi, eppure sono accadute, ma noi siamo qui per cercare di rimediare. » poi osservò il suo compagno « Tu come stai? »

« Io sto bene. » il viso stanco di Boromir tradiva in parte ciò che affermava, segno che le ferite che aveva riportato, anche se guarite, lo avevano indebolito « Il solo pensiero che stiamo tornando a Minas Tirith mi fa stare meglio! »

« E il pensiero che rivedrai lei? »

L’uomo si voltò di scatto verso l’Elfo:

« Cosa vuoi dire? » gli domandò sorpreso.

« Mentre eri ferito, la prima notte dopo la battaglia a Parth Galen, l’hai nominata spesso. »

« I... Io... Ne avevo parlato solo con Merry e Pipino. Cos’ho detto? »

« La chiamavi, e le dicevi di resistere perché stavi tornando per proteggerla. » gli spiegò l’Elfo « Devi amarla molto. »

« Più della mia stessa vita. Più dell’alba dopo una notte di incubi, più di quanto io stesso avrei potuto immaginare di amare una persona. » Boromir si voltò verso il fiume e lasciò che l’aria fresca di un nuovo giorno gli accarezzasse il volto stanco.

« Allora ti aspetterà. » disse Legolas « La ami così tanto che non potrebbe fare altrimenti, non può di certo rimanere indifferente ai tuoi sentimenti! Sono certo che attende il tuo arrivo. »

« Come fai? » domandò Boromir « Sembra che tu conosca i miei sentimenti quasi quanto me... »

« Hai ancora molto da imparare su noi Elfi, a quanto pare. » disse Legolas divertito, ma il loro discorso venne interrotto da Aragorn:

« Ho mandato i Dúnedain in ogni barca a liberare gli schiavi che sono ai remi: sono tutti uomini di Gondor che erano stati fatti prigionieri dai pirati. Ora sanno di essere al sicuro. Gli ho fatto spiegare quale missione ci attende; combatteranno al nostro fianco quando sarà necessario. »

« Bene, finalmente una buona notizia! » commentò Legolas.

« Siamo pronti a partire? » domandò Boromir impaziente.

« Non proprio... » si intromise Gimli, giungendo presso gli amici col viso pallido « Qualcuno vuole parlarti, Aragorn. »

« Chi? »

« I... I... Fantasmini... »

A Legolas quasi scappò un sorriso, ma si trattenne, per non ferire ulteriormente l’orgoglio del Nano.

Aragorn si volse allora verso la riva, dove l’Esercito dei Morti stava fermo in attesa, gli occhi rossi, in cui si riflettevano le fiamme delle navi incendiate:

« Udite ora le parole dell’Erede d’Isildur! » gridò Aragorn « Avete mantenuto la vostra promessa. Tornate indietro, e non vagate mai più nelle valli! Partite e riposate in pace! »

A quelle parole il Re dei Morti si fece avanti e, spezzata la sua lancia, ne gettò in terra i pezzi. Poi fece un profondo inchino e si allontanò; tutta l’armata grigia lo seguì velocemente e scomparve come nebbia diradata a un tratto dal vento.

Aragorn, Legolas, Gimli e Boromir rimasero per un attimo a fissare la riva dove, fino a pochi secondi prima, vi era l’Esercito dei Morti, e gli parve come di destarsi da un sogno.

« Ce l’hai fatta! » Boromir appoggiò una mano sulla spalla di Aragorn e, se ormai da tempo lo aveva riconosciuto e accettato come suo Re, per la prima volta lo vide in tutta la forza e la potenza della stirpe dei suoi padri.

« E ora, andiamo a Minas Tirith! » Aragorn allungò lo sguardo lungo il Fiume « É venuto il momento. »

« Andrà tutto bene, vedrai! » lo incoraggiò Boromir « E poi ormai lo sai: noi siamo con te. E io farò di tutto, perché tu possa tornare a Minas Tirith. »

Aragorn si volse verso l’amico e, se ormai da tempo aveva compreso a fondo il carattere di Boromir, per la prima volta si accorse di quanta forza vi fosse in lui, e quanto grande fosse effettivamente quell’amore per la sua Città, che nei momenti di debolezza lo aveva spinto a commettere gesti sconsiderati, di cui ora pagava le conseguenze.

« Allora, sono certo che ci tornerò. » gli rispose Aragorn con nuovo vigore « Sono certo che ci torneremo e che insieme sguaineremo le spade per difendere la Città dei nostri Padri! Per riportarla all’antica gloria! »

Gli occhi di Boromir allora si fecero lucidi:

« Non ti sarò mai abbastanza grato per aver dimostrato così tanta fiducia nei mie confronti… dopo quello che ho fatto! »

« Ciò che è stato è stato, e ormai appartiene al passato. » gli rispose Aragorn « Tutti noi commettiamo degli errori, ma non per questo dobbiamo essere condannati a pagare per la nostra intera esistenza le conseguenze di quegli sbagli. Nei tuoi occhi non v’è più ombra, adesso, e io so che mi posso fidare di te, fratello! »

I due si abbracciarono:

« Allora, sei pronto per tornare a casa? » gli chiese Aragorn.

« Consideraci già là! » esclamò rianimato Boromir.

L’altro annuì:

« Allora vai al timone, e guidaci verso Minas Tirith! »

Quello fu per Boromir uno dei giorni più significativi di tutta la sua vita: Aragorn aveva infine deciso di far valere la sua autorità di erede al trono di Gondor, avevano ottenuto la fedeltà dell’esercito dei Morti ed erano riusciti a conquistare la flotta, inoltre, il suo Re gli aveva dimostrato di aver ormai riguadagnato piena fiducia nei suoi confronti ed ora, finalmente, stava tornando a Minas Tirith, nella sua Città, a casa sua, e soprattutto, da Niniel.

 

 

14 marzo 3019, Minas Tirith

 

TUM TUM TUM…

I tamburi continuavano a suonare, cupi, nel buio della sera. Non che quell’oscurità fosse molto diversa da quella che ormai regnava su Minas Tirith anche in pieno giorno, ma la consapevolezza che una nuova notte fosse giunta rendeva tutto ancora più incerto e spaventoso, senza contare il rumore provocato dai tamburi degli orchi che, sul secondo livello, penetrava ancora di più le orecchie e faceva sussultare il cuore.

« È come se fossero qui. » disse Niniel in un bisbiglio, affacciandosi dalla porta della mensa militare, osservando il cielo che si faceva sempre più basso e opprimente.

« Il fatto è che sono qui. » disse Ilarin a sua volta in un sussurro.

Un brivido percorse la schiena di entrambe.

« Mi chiedo cosa ne sarà di noi. » domandò con un altro brivido Niniel, più a sé stessa che all’amica.

« Andrà tutto bene, no? » le disse Ilarin guardandola con occhi supplichevoli « Lo dici sempre anche tu che dobbiamo tenere duro! »

Niniel sospirò. L’amica aveva paura quanto lei, anzi se possibile di più, e comprese che sentiva il bisogno di essere tranquillizzata: « Sì. Sì, andrà tutto bene! E poi, sta tornando Boromir, no? » si costrinse a dire. Ilarin le sorrise, e lei rispose con un sorriso a sua volta, ma nel cuore, sentiva un muto terrore crescere sempre di più. Se anche Boromir fosse tornato, chi le assicurava che ce l’avrebbe fatta? In fondo, anche lui era un uomo, con i suoi limiti e…

Niniel si bloccò. Sorprendendosi di questi suoi pensieri disfattisti.

« Coraggio, rimettiamoci al lavoro. » disse alzandosi, cercando di sembrare il più decisa possibile « Ci siamo riposate abbastanza, e qui hanno bisogno anche di noi! »

 

Le ore passavano lente, sempre scandite dal battere dei tamburi dell’esercito di Mordor che ormai aveva invaso i Campi del Pelennor e circondava le mura di Minas Tirith.

Se da una parte Niniel avrebbe voluto affacciarsi per rendersi conto di ciò che li circondava, dall’altra non ne trovava il coraggio. Non che fosse poi necessario guardare fuori: la paura attanagliava il cuore di ogni cittadino, dal più giovane al più vecchio. La si poteva percepire nell’aria, che aleggiava pesante sulla Città. La si poteva respirare, quasi toccare con mano.

 

 

Giunse infine anche la mattina del giorno seguente, che colse i cittadini di Minas Tirith ancora più stanchi e terrorizzati. Nessuno, quella notte, era riuscito a chiudere occhio e nelle strade era stato un continuo via vai di civili e soldati, che svolgevano i compiti che gli erano stati assegnati dai loro superiori.

 

TUM TUM TUM…

« Cosa ne pensi? » Alner, in piedi sulle mura del secondo livello, di fianco a Narith, osservava con gli occhi spalancati la scena che gli si prospettava davanti alla debole luce del giorno.

« Cosa dovrei pensare, secondo te? » rispose asciutto l’altro, con una nota di nervosismo nella voce.

« Scusami, era una domanda idiota. »

« Anche la mia era una risposta idiota… » ammise Narith dopo qualche secondo di silenzio.

I due si guardarono:

« Qualunque cosa accada, se non dovessi farcela… » disse Narith.

« Eh no amico, non cominciamo con questi discorsi strappalacrime. »

Ma Narith lo ignorò, e continuò imperterrito: « Se non dovessi farcela c’è una cosa che dovresti dire a Niniel, e anche ad Earine… »

« Ascoltami bene! » esclamò l’altro con decisione afferrando Narith per le spalle « Io non dirò un bel niente a nessuno! Abbiamo cominciato questa cosa insieme, e comunque vada, la finiremo insieme. » quindi fissò ancora di più l’amico negli occhi « Vivo tu, vivo io. Morto tu, morto io. E viceversa. E qualunque cosa abbiamo da dire a nostra sorella, o alla nostra fidanzata… gliela diremo noi, di persona, alla fine di tutto! » quindi lasciò andare l’amico, e tornò a guardare verso i Campi del Pelennor.

« Hai ragione… scusami. » bisbigliò Narith.

« Non scusarti: è la paura. È normale. »

Anche Narith tornò a guardare di fronte a sé:

« E comunque, » commentò « Ti ho capito, sai? Ma sappi che Earine non è la mia ragazza! »

« Scemo… » commentò Alner, con una nota di nervosismo per l’ennesimo battito di tamburi « Ma a chi vuoi darla a bere! »

 

TUM TUM TUM…

Anche sul settimo livello, giungevano i battiti dei tamburi…

 

« Quali ordini dal Sovrintendente? » domandò Adhort a una guardia di passaggio.

« Nessuno. » rispose quello, secco.

« Come nessuno? » ma la guardia si allontanò velocemente, ignorando il cuoco di corte, al quale non rimase che tornare nelle cucine.

« Nessun ordine? » domandò Erith.

Il marito scosse la testa.

« Ma che sta succedendo?! La Città è sotto assedio e qui nessuno dice niente! » esclamò con disperazione Earine passandosi una mano sul volto. Jamril le si avvicinò, e le cinse le spalle con un braccio:

« Coraggio, sono certo che Mithrandir sta escogitando lui qualcosa! »

 

TUM TUM TUM…

Poi, all’improvviso, fu il silenzio.

 

 

 

 

 

 

 

Come fosse possibile che quel silenzio facesse ancora più rumore nelle menti dei cittadini di Minas Tirith, nessuno seppe mai dirlo, ma li scosse ancora più dei battiti dei tamburi ai quali, ormai, le orecchie e i cuori avevano quasi fatto l’abitudine.

Fu come se, in qualche modo, ogni suono, ogni movimento, fosse stato risucchiato in un vortice che sottraeva ogni rumore al mondo, rendendolo muto, irreale, spaventoso.

Qualche secondo dopo una voce, lontana, come se provenisse da un altro mondo, riscosse i cittadini della Bianca Città riportandoli lentamente alla realtà:

« Mantenete i vostri posti! » gridò « Che nessuno retroceda! Siete Soldati di Gondor, per il vostro sangue, per quello delle vostre famiglie, per il sangue della vostra Stirpe! Rimanete dove siete, combatteremo fino alla fine! » tutti riconobbero la voce del vecchio Mithrandir e tutti, seppur di poco, furono rianimati da quelle sue parole.

Intanto, dai Campi del Pelennor si alzarono un’immensità di voci, ed ecco che in Città i suoni ricominciarono a scorrere.

Uno schiocco, e un blocco di macerie si schiantò contro alcune abitazioni all’altezza del quarto livello, facendole crollare.

« Quei maledetti! Stanno usando pezzi della nostra stessa Città per distruggerci! » urlarono alcuni soldati, correndo verso il primo livello per sostenere i compagni.

Niniel ed Ilarin li videro scomparire velocemente più in basso, poco prima che un tremendo colpo facesse tremare il suolo.

« Ma cosa… » le due ragazze si scambiarono un’occhiata terrorizzata, prima di correre verso il parapetto e affacciarsi sui Campi del Pelennor. La visione che le aspettava le fece sprofondare ancora di più nello sconforto: le pianure di fronte alla Città erano completamente occupate dal nemico, alte torri, spinte da robusti orchi, venivano sempre più avvicinate alle mura della Città e, in corrispondenza del cancello principale, un’impalcatura sorreggeva un pesante ariete a forma di lupo, dalle cui fauci fuoriuscivano terribili fiamme.

Nel frattempo, gli orchi erano impegnati a ricaricare le catapulte, mentre gridavano a gran voce un nome che le due ragazze non riuscivano a comprendere.

« È finita… » disse in un soffio Ilarin.

In quel momento, un altro colpo da parte dell’ariete e di nuovo il suolo tremò, un nuovo gruppo di soldati gli passò vicino. Ormai non rimaneva quasi più nessuno: i campi di addestramento erano deserti, così come la mensa, vi erano solo civili che correvano a destra e a manca, cercando di recuperare i loro effetti personali e le poche cose di cui avrebbero potuto aver bisogno, per correre poi verso i livelli superiori.

« Andiamocene! » disse con voce roca Niniel « Abbiamo aspettato anche troppo, non c’è più niente da fare qui! »

« Ma… dove andiamo? »

« Su, verso il quinto livello. A casa mia. Non so cosa possa cambiare! Ormai sono dentro, ma almeno saremo più in alto, e il nemico ci impiegherà di più per raggiungerci. »

« Aspetta! » gridò Ilarin bloccando l’amica « Mia madre… e mio fratello… sono qui sul secondo livello! »

« Presto allora! Andiamo a casa tua, e speriamo di trovarli ancora lì! »

Riuscirono a percorrere giusto qualche metro, quando una nuova scossa fece tremare il suolo e un colpo secco indicò che il cancello aveva appena ceduto.

Le due si affacciarono nuovamente al parapetto e videro degli esseri orrendi, nemmeno paragonabili agli orchi, oltrepassare quello che una volta era stato il glorioso cancello di una potente Città, e iniziare a massacrare i soldati di Minas Tirith che gli capitavano a tiro.

Nello stesso momento, alcune torri di assedio riuscirono a raggiungere le mura del primo livello e da queste, un consistente numero di orchi, si riversò nella Città.

« Presto! Andiamo a casa tua! » gridò Niniel, afferrando per un braccio l’amica e costringendola a correre.

Schivarono vari passanti che, come loro, correvano in preda al terrore, ma quando passarono di fianco all’ingresso che dal primo livello conduceva al secondo, si ritrovarono in mezzo a un gran trambusto, accorgendosi troppo tardi che alcuni soldati stavano combattendo contro un gruppo di orchi che erano riusciti a penetrare fino a quel punto.

Per alcuni secondi, le due furono colte dal terrore: si ritrovarono paralizzate col sangue gelato nelle vene.

All’improvviso qualcuno le afferrò per un braccio e le trascinò dietro il muro di una casa:

« Cosa ci fate ancora qui?! »

Ci vollero parecchi secondi prima che le due riuscissero a riprendersi e si accorgessero che davanti a loro c’era Nasten, il capo cuoco della mensa militare. In mano teneva il pugnale che Niniel gli aveva visto indossare il giorno precedente: era sporco di un liquido nero e ripugnante.

« Noi… stavamo andando… » cominciò lei.

« A cercare mia mamma e mio fratello. » terminò Ilarin.

« Sbrigatevi allora! Il secondo livello non è più sicuro! » in quel momento, Nasten ringhiò di dolore, portandosi una mano alla spalla destra.

Quando la ritrasse era sporca di sangue. Si voltò, e riuscì a scansare un affondo da parte di un orco, che venne prontamente ucciso da uno dei soldati che si trovava lì vicino.

« Nasten… » lo chiamò Niniel.

« Sto bene! Non è niente. Correte e mettetevi al sicuro! » detto questo, l’uomo si lanciò su uno degli ultimi orchi che era riuscito a raggiungere il secondo livello e gli tagliò la gola col suo coltello, mentre i soldati che facevano la guardia al cancello lasciavano entrare gli ultimi compagni, prima di provvedere a sbarrarlo in modo tale che nessun nemico riuscisse, almeno per il momento, a penetrare ulteriormente nella Città.

Niniel ed Ilarin intravidero Mithrandir in groppa al suo cavallo bianco. Niniel avrebbe voluto chiamarlo per ottenere qualche rassicurazione, ma si rese conto che non era il momento adatto. L’unica cosa che dovevano fare, in quel momento, era correre il più veloce possibile verso la casa di Ilarin, trovare sua madre e suo fratello e cercare di mettersi in salvo, per quanto quell’azione fosse ancora possibile, ora che la Città era sotto assedio e le loro forze parevano sempre più deboli e impotenti di fronte alle armate di Mordor.

 

 

 

 

 

Helloooooooooooooo!!!

Sì lo so, sono in ritardo tremendo, e le cause sono sempre le stesse: impegni, esami all’università e soprattutto la mancanza di ispirazione. Chiedo perdono, mi dispiace davvero molto di avervi fatto aspettare così tanto, ma sono dell’idea che se manca l’ispirazione non riesco a dare il meglio di me, e se scrivo lo stesso, ma il capitolo non soddisfa me per prima che senso ha? Penso che non potrebbe piacere neanche a voi. Abbiate pazienza, è un periodo un po’ così.

Comunque spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che abbiate gradito anche la parte con Boromir, Aragorn Legolas e Gimli… io mi sono divertita tantissimo a scriverla!

Dovevo solo avvisarvi che ciò che dice Aragorn (quando libera l’esercito dei Morti, la parte che ho scritto in corsivo) l’ho presa dal libro, il breve scambio di battute tra lui e il nostromo (l’ avrete riconosciuta sicuramente...) l’ho presa dal film, mentre Elladan, Elrohir, Halbarad e i Dúnedain, non sono presenti nel film, ma nel libro accompagnano Aragorn, Legolas e Gimli lungo i Sentieri dei Morti.

Ok, precisazioni fatte, credo di avervi annoiato abbastanza. Spero di riuscire ad aggiornare presto, anzi prestissimo! Anche se non vi assicuro niente…

Un bacio a tutti e grazie per la pazienza, siete fantastici!!

Eowyn 1

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Ok… credetemi, non ci posso credere nemmeno io di essere tornata con un nuovo capitolo… spero ci sia ancora qualcuno che legge

Ok… credetemi, non ci posso credere nemmeno io di essere tornata con un nuovo capitolo… spero ci sia ancora qualcuno che legge, dopo tutto questo tempo! Ci risentiamo alla fine! J

 

 

 

Capitolo 20

 

 

Niniel correva a perdifiato seguendo Ilarin:

« Per di qua! » le urlò quest’ultima « C’è una scorciatoia. »

Corsero per altri dieci minuti abbondanti mentre le grida dei soldati, dal piano inferiore, salivano come tetri lamenti verso l’oscurità del cielo. Per quanto possibile, Niniel cercò di non farci caso, ma non poteva fare a meno di pensare che anche suo fratello avrebbe potuto essere là sotto, in quel momento.

« Ci siamo! » ad un tratto, i suoi pensieri vennero interrotti dalla voce di Ilarin che le indicava la casa. Si gettò sulla porta e cercò di aprirla, ma la trovò chiusa.

« Mamma! Mamma apri! » gridò, con la voce che tremava « Sono io, sono Ilarin! Apri mamma! » aveva le lacrime agli occhi, temeva che sua madre e suo fratello non fossero lì. Niniel le appoggiò una mano sulla spalla, ma in quel momento la porta si aprì di scatto, la madre di Ilarin si fiondò fuori e abbracciò la figlia, prendendole poi il viso tra le mani:

« Meno male che sei qui! Ho avuto paura che tu… »

« Non c’è tempo ora mamma! » le disse la ragazza scostandosi « Dobbiamo andare! »

« Andare? Dove?! Ma… »

« Su, al quinto livello. A casa di Niniel! »

Solo in quel momento, Sorien si accorse della presenza dell’altra cuoca.

« Non è sicuro rimanere qui: gli orchi hanno appena occupato il primo livello. » spiegò Niniel con la voce colma di ansia « Non so a quanto possa servire, ma almeno saremo più in alto. »

La donna annuì, quindi prese in braccio Asyl, il figlio più piccolo, che si nascondeva dietro le sue gambe terrorizzato, tappandosi le orecchie con le mani per non sentire le grida dei soldati e i versi disumani degli orchi.

I quattro iniziarono a correre a perdifiato verso i livelli superiori. Arrivati all’entrata del quarto livello dovettero fermarsi a riprendere fiato, ma quando un masso lanciato dalle catapulte degli orchi abbatté un gran numero di abitazioni poco lontano da loro, Ilarin prese in braccio il fratellino e ricominciarono a correre verso il livello superiore.

Mancava poco all’ingresso del quinto livello, quello in cui si sarebbero finalmente riparati a casa di Niniel, quando udirono chiaramente il rumore degli zoccoli di un cavallo che si stava avvicinando. I quattro si voltarono verso il luogo da cui proveniva il rumore, e videro Gandalf arrivare cavalcando Ombromanto, dietro di lui c’era seduto Pipino.

Niniel avrebbe voluto chiamarli, ma un nodo di terrore le bloccava la gola, impedendole quasi di respirare. Gandalf, però, si accorse di loro e gli si avvicinò velocemente.

« Cosa ci fate qui? » la voce dello stregone non tradiva una certa urgenza, ma era sempre calda e profonda, tanto che riuscì a rincuorare un po’ Niniel.

« Eravamo giù alla mensa… stiamo andando a casa mia. »

« Dovete sbrigarvi! » li interruppe Pipino con voce colma d’ansia, sporgendosi oltre il fianco del cavallo « Dovete nascondervi in fretta! »

Niniel annuì.

« Vi scorterei, ma abbiamo un’urgenza che non possiamo rimandare. » disse Gandalf.

« Non importa, tanto siamo arrivati. » disse Niniel annuendo « Ci vediamo più tardi. » si sentì una stupida per quell’affermazione. Forse era fuori luogo, forse era solo dettata da grande stupidità, o forse, da una grande speranza che ancora ardeva in fondo al cuore di Niniel, e la ragazza se ne rese conto solo in quel momento.

Il volto di Gandalf si distese leggermente: « Certo! ».

Detto questo, spronò Ombromanto al galoppo, mentre Pipino si voltava e osservava il gruppetto farsi sempre più lontano. Niniel lo salutò con la mano, poi si rivolse a Ilarin, Sorien e al piccolo Asyl:

« Dobbiamo sbrigarci. Casa mia non è tanto… »

Ma la sua frase venne interrotta da un grido acuto, che Niniel ricordava benissimo. I quattro si appoggiarono al muro, facendosi più piccoli che potevano. Ilarin strinse a sé il fratellino, che piangeva, e cercò invano di confortarlo. Al secondo grido non poterono fare a meno di coprirsi le orecchie e mentre una voce, dentro di loro, gli suggeriva di chiudere gli occhi, questi rimanevano invece spalancati, guizzando da una parte all’altra, nell’attesa di scorgere il proprietario di quella terrificante voce.

Un terzo grido, ancora più vicino, li fece sobbalzare e dopo qualche secondo un’ombra nera aleggiò sulle loro teste. Il solo, cupo, battere d’ali di quella creatura insinuava terrore anche nei cuori più valorosi, e la vista di quel mostro contribuiva ad acuirlo.

Fortunatamente il Nazgul, in sella alla bestia alata, passò sulle loro teste senza degnarli di uno sguardo. Superò anche il quinto livello, e parve dirigersi verso il sesto.

Passato il pericolo, Niniel non rimase lì a chiedersi quale fosse l’obiettivo di quella creatura:

« Andiamo, sbrighiamoci! » e riprese a correre.

 

« Non arrivano ordini. Nessuno ci dice niente! Che fine ha fatto il Sovrintendente?! »

« Dobbiamo mantenere la calma Jamril! »

« Calma? Come posso mantenere la calma?! Siamo in guerra e qui nessuno ci dice niente! » sbraitò l’aiuto cuoco.

« Cosa vuoi che ci dicano? Siamo semplici cuochi, cosa vuoi che gliene importi di noi in questo momento? » disse Adhort osservando fuori dalla finestra della cucina.

« Beh ma il Sovrintendente… »

« Il Sovrintendente è uscito di senno! » urlò.

Jamril rimase in silenzio, osservando Adhort con uno sguardo sorpreso. Non gli aveva mai risposto in quel modo.

Il padre di Niniel scosse la testa: « Perdonami. » gli disse « Non volevo risponderti così, ma la verità è che sono in ansia quanto te. »

Jamril scosse la testa, come a dire che non importava.

« Cerchiamo di mantenere la calma, » gli bisbigliò poi Adhort avvicinandoglisi, e gli fece cenno verso Erith ed Earine, che erano nella stanza accanto « Sono già abbastanza preoccupate. »

L’aiuto cuoco annuì.

 

 

Finalmente in casa, Niniel si appoggiò alla porta e trasse un respiro di sollievo.

« Siamo al sicuro? » domandò Asyl, col viso ancora nascosto nell’incavo del collo della sorella maggiore.

« Sì, siamo al sicuro ora. » rispose Ilarin accarezzandogli la nuca, ma con gli occhi colmi di terrore guardò la madre in cerca di aiuto.

« L’importante è che siamo insieme. » disse Sorien, con lo sguardo perso quanto quello della figlia. Ma la certezza di essere insieme era già di grande conforto.

« Ehi Asyl, che ne dici di preparare una torta al cioccolato? » propose Niniel, seppur con poco entusiasmo, nella speranza di distrarlo un po’.

« Non ho voglia, non ho fame. » piagnucolò il piccolo.

In quel momento, si udì indistinto e lontano un suono che parve sovrastare i rumori della battaglia.

Le tre donne si guardarono a vicenda trattenendo il respiro.

« Che cos’è? » domandò Asyl sollevando leggermente il viso.

« Sembra il suono di un corno. » disse Sorien.

Senza riflettere, Niniel spalancò la porta e attraversò di corsa il cortile, dirigendosi verso la strada.

« Niniel dove vai? Può essere pericoloso! » le urlò Ilarin, ma l’amica non la ascoltò.

« Tu rimani qui con Asyl, vado io con lei! » le disse la madre.

Prima che Ilarin ed Asyl potessero obiettare, videro Sorien correre dietro a Niniel, e fermarsi accanto a lei di fronte al parapetto, oltre la strada, e osservare i Campi del Pelennor dove imperversava la battaglia.

Di nuovo, il suono squillante e ora limpido di un corno giunse sovrastando le grida degli orchi e dei soldati di Minas Tirith.

« Rohan… » sospirò Niniel mentre osservava le schiere di cavalieri che si radunavano in lontananza ai confini dei Campi del Pelennor.

« Pensi che siano loro? » le domandò Sorien col cuore gonfio di speranza.

« Devono essere loro… » Niniel si volse verso di lei, un inaspettato sorriso le solcava il volto.

Di nuovo il suono del corno.

Ormai la maggior parte delle schiere nemiche era rivolta al nuovo esercito che si preparava ad attaccare.

« Presto, torniamo in casa! Qui potrebbe essere pericoloso. » disse Sorien, ma Niniel non riusciva a staccare gli occhi da quella schiera di cavalieri. Il pensiero che Boromir potesse essere tra loro la rendeva immensamente felice.

Videro l’esercito di Rohan schierarsi lungo file composte e un cavaliere solitario staccarsi da una di queste e cavalcare davanti a loro. Era tutto troppo lontano e indistinto per riuscire a comprendere esattamente cosa stesse succedendo, ma ad un tratto, con un grido ruggente, i Cavalieri di Rohan partirono all’attacco, cavalcando contro il nemico. I loro cavalli erano tanto veloci che pareva avessero le ali.

Li videro infrangersi contro le schiere di Mordor come la violenta ondata di un mare in tempesta. Quelle onde talmente forti che sono in grado di frantumare gli scogli della riva, e così avvenne. Per la prima volta, un brivido parve percorrere l’esercito nemico.

Il cuore di Niniel e Sorien parve fermarsi, non poterono staccare gli occhi da ciò che si stava compiendo sotto di loro.

Videro gli uomini combattere, gli orchi cadere. Videro spade trafiggere e lance volare lungo il campo di battaglia. Sempre tutto troppo indistinto dall’altezza del quinto livello della Città, ma abbastanza palese da essere compreso anche ai loro occhi.

« Niniel dobbiamo rientrare! » esclamò Sorien riscuotendosi « Può essere pericoloso! »

La ragazza annuì, senza riuscire a staccare gli occhi dalla battaglia, non sapendo nemmeno lei se fosse per via del terrore o della speranza che quell’inatteso arrivo le stava dando.

Sorien la prese per le spalle: « Andiamo! ».

E Niniel non poté fare altro che lasciarsi condurre verso casa.

 

« Cosa succede? » domandò con apprensione Ilarin non appena l’amica e sua madre rientrarono.

« I Cavalieri di Rohan sono arrivati. » le spiegò Sorien.

Niniel, ancora visibilmente scossa, si voltò verso la donna: « Grazie. »

Sorien scosse la testa e guardò la ragazza con aria colpevole:

« Sono io che ti devo ringraziare. Anzi, ti chiedo perdono per come mi sono comportata quando Ilarin ci ha presentate, io ti ho giudicata male. Vedi… »

« Non ti preoccupare, posso capire. Ma non c’è problema. » le disse Niniel.

Le due sorrisero, ed Ilarin sospirò rilassandosi un po’.

 

Intanto, fuori la battaglia continuava, e pareva che gli uomini stessero finalmente avendo la meglio, quando un nuovo, terrificante, suono giunse fino ai livelli più alti.

Ed ecco, giganteschi mostri muniti di zanne emergere dalla polvere sollevata dalla battaglia. Come un miraggio si palesarono di fronte agli occhi colmi di terrore degli uomini, quegli uomini che fino a un attimo prima parevano in vantaggio, ora si trovavano di fronte un nuovo terribile nemico.

Gli Olifanti camminavano pestando e schiacciando, travolgendo con zanne e proboscide qualunque persona, animale o cosa si trovasse sul loro cammino. Ed Esterling e Sudroni andavano a rinforzare le fila dell’esercito nemico.

Un nuovo corno suonò, questa volta di un suono tetro e lugubre.

Le tre donne si guardarono, gli occhi spalancati e le bocche socchiuse, ma nessuna ebbe il coraggio di parlare.

Ilarin si lasciò cadere su una sedia, continuando a stringere il fratellino, mentre sua madre le correva accanto. Niniel imitò l’amica, affondando il viso tra le mani, coprendosi gli occhi, come se in quel buio sperasse di trovare un’alternativa alla realtà che stavano vivendo.

Passavano i minuti, lenti. La tensione cresceva, le urla non smettevano.

Non ci voleva molto a capire che la situazione non stava migliorando, che il nemico aveva riguadagnato il vantaggio che gli uomini avevano raggiunto con l’arrivo dei Rohirrim.

Un nuovo grido acuto, che ormai gli abitanti di Minas Tirith conoscevano bene, si levò dalla Città, ma parve farsi più lontano, come se l’orribile bestia nera stesse planando sui Campi del Pelennor, mentre dalle vie si levavano continuamente le grida dei cittadini.

Da un lato, Niniel avrebbe voluto andare anche solo alla finestra per cercare di capire cosa stesse succedendo, ma dall’altro non riusciva a trovare il coraggio.

Lentamente, una lacrima le scivolò lungo il viso.

« Niniel… » Ilarin la chiamò, e la ragazza si asciugò in fretta la lacrima, continuando a guardare davanti a sé.

« Io… ero convinta che lo avrei rivisto. »

« Ma cosa dici? Certo che lo rivedrai. »

« No Ilarin. Le cose non si stanno mettendo bene. E se anche fosse tornato, ora sarà di sicuro… » ma non riuscì a continuare, si portò le mani al viso e cominciò a piangere. Sorien le si avvicinò e le avvolse le spalle con un braccio nel tentativo di consolarla, pur non comprendendo pienamente di cosa stesse parlando: lei, infatti, non era a conoscenza del fatto che Boromir fosse ancora vivo.

« Andrà tutto bene vedrai… quei soldati sono forti e lui è forte, non si lasceranno battere! » tentò di nuovo Ilarin, ma non ne era del tutto convinta nemmeno lei.

Il piccolo Asyl sbirciò altre la spalla della sorella e, quando vide Niniel piangere, si fece coraggio, scese dalle ginocchia di Ilarin e accarezzò piano un braccio di Niniel: « Mi è tornata la fame. » le disse con voce tremante.

Niniel guardò il bambino con gli occhi spalancati. Si asciugò le lacrime, dandosi della stupida. Non voleva far preoccupare Asyl ancora di più, ma le lacrime non volevano smettere di scenderle lungo le guance.

« Mi è tornata la fame. » ripeté il bambino « Se vuoi possiamo fare la torta al cioccolato… »

A Niniel sfuggì un sorriso, e si asciugò di nuovo le lacrime: « La facciamo bella grande però. Così poi la possiamo mangiare anche con tutti gli altri! »

Asyl annuì, e seguì Niniel in cucina.

Ilarin e Sorien si scambiarono uno sguardo, ma nessuna delle due osò parlare, perché di parole proprio non ce n’erano, e mentre la donna si fermò a guardare fuori dalla finestra, Ilarin seguì l’amica e il fratello in cucina.

Niniel, Ilarin e Asyl iniziarono a preparare tutto l’occorrente, ma era evidente a tutti e tre che nessuno di loro aveva veramente voglia di mettersi a preparare la torta. Nonostante tutto nessuno diceva niente e, mentre appoggiava svogliatamente alcuni cucchiai sul tavolo, Niniel si asciugò una nuova lacrima che le stava scendendo lungo il viso.

I loro preparativi vennero però ben presto interrotti da un rumore secco e uno schianto, seguito dal fracasso prodotto da qualcosa che crollava. Il pavimento dell’abitazione tremò e, con uno schiocco sinistro, nel soffitto si aprì una lunga crepa.

« Niniel! » urlò Ilarin.

« Sotto il tavolo! Presto! » li incitò la ragazza.

In quel momento arrivò di corsa Sorien, e anche lei andò a ripararsi sotto al tavolo. Ci stavano a malapena, e non sarebbe servito a molto se la casa fosse crollata.

« Cosa succede? » domandò piangendo Asyl.

« Credo che abbiano lanciato un nuovo masso con le catapulte e dev’ essere arrivato poco lontano da qui. » spiegò Niniel.

« Non sarebbe meglio uscire? » domandò Ilarin.

« Se usciamo, oltre al rischio dei massi, corriamo anche il rischio di essere prese da una di quelle bestie alate. » disse Niniel, quindi sbirciò oltre il piano del tavolo osservando il soffitto « Speriamo solo che regga. »

In quel momento, dai Campi del Pelennor, provenne un lontano grido: era il grido di un Nazgul, che pareva però meno lacerante e terribile sebbene, allo stesso tempo, continuasse ad infondere un cieco terrore. I quattro si strinsero tra loro, nel vano tentativo di infondersi un po’ di coraggio, senza sapere che, in quel preciso istante, sul campo di battaglia, una donna e un semplice hobbit avevano appena posto fine all’esistenza di quel terribile Spettro.

 

Passarono lunghi minuti, durante i quali ai quattro non rimase nulla da fare che cercare di ignorare le grida e i rumori della battaglia. Non c’era niente di peggio che essere lì a terra col terrore che la casa crollasse e la consapevolezza che fuori qualcuno stesse decidendo la loro sorte.

Era quasi peggio stare lì, chiusi in casa e impotenti, che assistere alla battaglia, sebbene ugualmente impotenti, dall’alto delle mura, ma con la consapevolezza, almeno, di come stessero andando le cose e di chi avesse la meglio.

Niniel abbracciava le ginocchia affondandovi il viso quando, inaspettate, giunsero dalla Città delle grida, come di gioia. I quattro si stupirono e si guardarono in volto senza comprendere cosa stesse accadendo.

A quel punto, Niniel non ce la fece più, uscì da sotto il tavolo e incurante corse verso l’ingresso.

« Dove vai? » le urlò Sorien.

« Voi rimanete lì, io esco a controllare! »

Afferrò la porta di casa, quasi scardinata per via delle crepe, la aprì e corse attraverso il cortile verso le mura. Lo spettacolo che le si presentò davanti fu di terribile distruzione, un’immagine che non avrebbe mai lasciato la mente della ragazza, finché ebbe vita.

I Campi innanzi la Città Bianca bruciavano in più punti, schiere di Orchi e Uomini si affrontavano lungo tutto il Pelennor, e infine le vide: le navi nere. Una terribile angoscia andò ad appesantirle maggiormente il cuore e per poco le ginocchia non le cedettero, di fronte alla vista di quel nuovo nemico che giungeva dall’Anduin.

« È finita. Ora è davvero finita. » continuava a ripetersi nella mente. Eppure c’era una cosa che non capiva: poco prima avevano udito delle grida di gioia, e pure in quel momento continuava a sentirle. Ed erano voci umane a gridare, non Orchi, o Sudroni o Esterling. Com’era possibile che i soldati stessero gioendo alla vista di quel nuovo nemico?

Ma improvviso, oltre il velo di lacrime che le appannava ormai la vista, vide un bagliore provenire dall’albero maestro di una delle navi e il suo cuore perse un battito. Si fregò gli occhi ed ecco, apparire ora in tutta la sua splendente bellezza, uno stendardo spiegato dal vento. Su di esso, era raffigurato l’Albero Bianco di Gondor, circondato da Sette Stelle e sormontato da una corona, e brillava alla luce del sole, come la Stella del Vespro in una gelida notte d’inverno.

Niniel non sapeva come, e in quel momento non ebbe nemmeno il tempo di porsi questo problema, ma su quelle navi dovevano esserci dei loro alleati.

Sorrise come non faceva da tempo, e si unì alle grida di gioia dei soldati.

In quel momento, comprendendo che doveva essere accaduto qualcosa di importante, anche Ilarin, Asyl e Sorien uscirono di casa, e la trovarono che rideva e urlava.

« Le navi! Le navi sono arrivate! » urlò Niniel non appena loro le furono vicini « E guardate! » disse indicando lo stendardo « Gondor! Gondor! » gridò, alzando un pugno verso il cielo, e abbracciò l’amica, e nuove lacrime cominciarono a scenderle lungo il viso ma, questa volta, erano lacrime di gioia.

« È arrivato! » le disse, con voce rotta dall’emozione « Questa volta è arrivato davvero, me lo sento! Boromir è tornato! »

Ilarin le sorrise e l’abbracciò.

E trombe suonarono e campane, per tutta la Città, e tutti accorsero a vedere cosa stesse succedendo, mentre sulle banchine dell’Harlond un nuovo potente esercito sbarcava, pronto a combattere.

Dalle mura, videro un manipolo di soldati di Rohan cavalcare verso i nuovi arrivati, compresero che si stavano salutando, ma da quelle altezze non riuscirono a capire cosa stesse accadendo in realtà.

 

 

 

« Infine, eccovi qui! » escalmò raggiante Eomer.

« E al momento giusto, a quanto pare! » commentò Aragorn.

« Mai la vista di un amico è stata tanto bella per me, come il vostro arrivo qui! » disse Eomer.

« Oh, lasciate da parte i convenevoli! » sbottò Gimli ad un tratto « C’è un ammasso di stupidi orchi e altra feccia che ci aspetta! »

« Per una volta, do ragione al Nano. » disse Legolas, mantenendo però un tono più solenne.

Aragorn si volse verso Boromir, e lo trovò intento ad osservare la Città. Gli occhi colmi di rabbia e risentimento. Il Ramingo non avrebbe saputo dire se le fiamme che vi scorgeva fossero il riflesso degli incendi che erano stati appiccati nel Pelennor, o la rabbia che ardeva nel cuore di Boromir.

« Pensi di farcela? » gli domandò. Le ferite che aveva riportato a Parth Galen erano guarite, ma lo avevano indebolito molto. Era ancora in fase di guarigione e Aragorn avrebbe preferito che Boromir non combattesse, ma era anche consapevole che niente e nessuno gli avrebbe impedito di combattere davanti alle mura di Minas Tirith, per difendere la sua Città.

« Considerali morti! » ringhiò Boromir sfoderando la spada e preparandosi a partire all’attacco.

Aragorn annuì, e si posizionò al suo fianco: « E sia. »

Ed ecco, il nuovo esercito pronto alla battaglia, e davanti a loro vi era Aragorn, figlio di Arathorn, sulla cui fronte splendeva la Stella di Elendil, alla sua destra Boromir di Gondor, e alla sua sinistra Gimli e Legolas ed Eomer di Rohan.

Un nuovo terribile esercito era pronto a combattere, a difendere le sorti della Terra di Mezzo, con la vita, o la morte.

« Per i nostri amici! » a questo grido di Aragorn, tutti i suoi uomini partirono all’attacco, gridando con voci roche.

Un grido che fece tremare i nemici, e infuse nuovo coraggio negli alleati.

 

 

Fu così, che senza comprendere pienamente ciò che stava accadendo sulle banchine dell’Harlond, dall’alto delle mura della Città Niniel vide l’esercito gettarsi nella battaglia. E non vi era Orco, o Esterling, Sudrone o Olifante, che potesse resistere alla nuova forza giunta a Minas Tirith.

Caddero sotto le spade, le lance, le asce dei nuovi arrivati. I nemici furono uccisi, dispersi.

Combatterono senza sosta fino a sera e, solo quando il sole stava tramontando rendendo, con i suoi riflessi, ancora più evidente il rosso del sangue che tingeva l’erba del Pelennor e le acque dell’Anduin, Niniel vide un piccolo manipolo di soldati avvicinarsi al cancello della Città.

Una sorta di calma irreale e quasi fuori luogo, riempiva ora i Campi del Pelennor dove, fino a poche ore prima, era stata combattuta la più grande battaglia della Guerra dell’Anello.

 

 

« Devo andare! » esclamò all’improvviso Niniel rompendo il silenzio surreale che era calato su Minas Tirith al termine della battaglia.

« Ma… dove? » le chiese Ilarin.

« A cercarlo! »

Ma non fece in tempo a fare due passi che si sentì chiamare e, voltandosi, si accorse che i suoi genitori, insieme a Jamril ed Earine si stavano avvicinando. Niniel gli corse incontro e si gettò tra le braccia della madre, che la strinse a sé tirando un sospiro di sollievo.

« Abbiamo temuto che tu… »

« Siamo scappati dal secondo livello non appena è iniziata la battaglia. » spiegò Niniel indicando Ilarin, Sorien e Asyl.

« Hai notizie di tuo fratello? » le domandò il padre.

Niniel scosse la testa, mentre la preoccupazione tornava ad invaderle il cuore.

« Avete visto cos’è successo? Avete visto le navi? » domandò. Gli altri annuirono.

« Devo assolutamente scendere, sono certa che Boromir fosse su una di quelle. »

« Ma Niniel non è prudente. Potrebbe ancora esserci qualche nemico in giro per la Città! » le fece notare Adhort.

« Non importa, devo andare. Non resisto qui un secondo di più, senza sapere come sta Narith e se Boromir è tra i sopravvissuti. » lo sguardo della ragazza si fece serio e determinato « Io vado. »

La madre sospirò, ma non cercò di fermarla: sapeva che sarebbe stato inutile, in più, lei stessa voleva ricevere al più presto notizie del figlio.

« Niniel… » Earine bloccò l’amica, che si stava già incamminando « Voglio venire con te. In due ci si fa più forza… qualunque cosa sia accaduta. » la realtà, era che sentiva una grande pena nel cuore, al pensiero che fosse accaduto qualcosa a Narith.

« Bene. Vieni con me, scendiamo in groppa ad Harn. »

Poco dopo, le due erano nella stalla che per fortuna non aveva subito particolari danni. Il cavallo era rintanato in un angolo, vivo, ma evidentemente nervoso per via della battaglia.

« Sei sicura di volerlo cavalcare? » domandò Earine preoccupata, consapevole che la paura di Niniel per i cavalli, unita a un cavallo nervoso, potevano trasformarsi in un’arma letale.

« Tranquilla, ormai sono pratica… ehm… papà… mi aiuti a sistemare la sella? »

Earine si nascose il viso nelle mani: « Cominciamo bene! »

Mentre Adhort sistemava la sella, Niniel corse in casa e uscì con una robusta padella, che assicurò al fianco del cavallo. Agli sguardi interrogativi dei presenti, rispose che era l’unico oggetto che, al momento, lei fosse in grado di utilizzare come arma, nel caso avessero incontrato qualche nemico.

 

Qualche minuto più tardi, le due erano in sella al vecchio cavallo. Harn faceva un po’ di fatica, ma era ancora abbastanza forte da sopportare il peso.

« Noi scendiamo a piedi. » le disse il padre « Se dovessi incontrare Narith… » la voce gli si ruppe.

« Non preoccuparti papà. » Niniel non riuscì a dire altro. Le parole le morirono in gola.

Ora che l’entusiasmo per la vittoria era calato, e la mente di nuovo lucida, il cuore degli abitanti di Minas Tirith era tornato pesante. Consapevoli del fatto che i loro figli, padri, mariti, fidanzati, amici, potevano essere rimasti uccisi durante la battaglia, le varie famiglie iniziavano ad aggirarsi per le vie, immerse in un silenzio surreale. I raggi del sole, sempre più basso sull’orizzonte, tingevano di rosso scarlatto ogni cosa, come se non bastasse il sangue dei soldati a conferire quell’aria macabra alla Città.

Durante la loro discesa, più volte le ragazze dovettero distogliere lo sguardo da qualche corpo martoriato, dagli arti, dal sangue. Il loro stomaco più di una volta si contorse, quando alle loro narici giungeva quell’odore metallico.

« E se fra quei… »

« Non lo dire, Earine. Non lo dire. »

Non riuscirono a dire altro. Continuarono a scendere mentre, ogni tanto, un pianto lontano si andava ad aggiungere a quello di qualche figlia, madre, moglie, fidanzata, amica, che aveva ritrovato qualche congiunto.

I guaritori erano già all’opera, e si affaccendavano per la Città, alla ricerca di feriti che avessero bisogno di cure.

Fu così, che Niniel ed Earine giunsero sul secondo livello. Più volte lo sguardo di Niniel corse alla mensa militare, della quale rimanevano solo alcuni muri e un mucchio di macerie.

Fu qui, che udirono un rantolo provenire da dietro un cumulo di detriti.

Niniel scese dal cavallo con un balzo, e si fece largo tra i vari cadaveri, indugiando ad osservare un orco che giaceva a pancia in sotto con la testa per metà staccata dal collo. Nell’udire di nuovo quel rantolo, lasciò perdere l’orribile creatura e superò le macerie, rimanendo col fiato sospeso. Il cuore pareva essersi fermato e l’aria non voleva uscirle dai polmoni.

« Nasten… » chiamò, inginocchiandosi di fianco al capo cuoco della mensa militare e sollevandogli leggermente la testa « Mi… mi senti? »

L’uomo aprì a fatica gli occhi e parve osservarla per alcuni secondi, prima di comprendere chi avesse davanti.

« N-Niniel? »

« Sì. Sì, sono io. »

« Non dovresti e-essere qui. »

« La battaglia è finita… sono arrivate le navi con i rinforzi. Abbiamo vinto! » spiegò lei, mentre le lacrime le affioravano agli angoli degli occhi. In quel momento anche Earine si avvicinò, ma rimase a qualche metro di distanza.

« Vinto? » domandò il cuoco incredulo.

« Sì, Minas Tirith è salva. » gli spiegò lei sforzandosi di sorridere « Ma tu… tu come… »

Nasten sorrise tristemente: « Gli orchi… a quanto pare non ho più l’età per certe cose, ma gliel’ho fatta vedere io… Ah! » gemette, nel tentativo di sollevare di più la testa, ma si arrese.

« Non ti muovere! Stai fermo, ti aiuto io. »

« Ma tu… tu cosa ci f-fai qui? »

« Sono scesa a cercare mio fratello… e Boromir. »

« Boromir? M-ma c-cosa dici? L-lui è… »

Niniel scosse la testa: « Mithrandir ci ha raccontato che non è morto, ma ci aveva chiesto di non dire niente. »

« B-beh, non ci sto… non ci sto capendo molto, ma s-sono felice per te. » disse, e le sorrise, mentre una lacrima solitaria gli scendeva lungo la guancia incrostata di sangue.

« Aspetta qui, vado a chiamare… »

« No! » Niniel venne interrotta dall’uomo « Non serve, non più. Lo sento, c-che sta arrivando la fine. »

« Lascia che almeno io cerchi qualcuno che ti aiuti. » disse con rabbia Niniel mentre le lacrime le scendevano senza ritegno lungo le guance.

« Non ha – non ha senso, Niniel. » rispose lui con voce stanca « N-non ha più senso ormai. »

Niniel gli scostò alcuni capelli dalla fronte.

« Non essere t-triste. Io non lo s-sono. Pensa che tu rivedrai Boromir e i-io… rivedrò lei… » a quelle parole, gli occhi di Nasten si fecero lucidi e distanti, ma all’improvviso parve tornare in sé.

« Voglio, voglio che tu tenga questo. » le disse, e sollevando la mano, le porse il pugnale che Niniel gli aveva visto alla cintura quella mattina.

« So che non è granché come regalo di addio ma… ma sono contenta se lo t-terrai tu. »

Niniel lo prese. Aveva la gola bloccata, e faceva fatica a trovare le parole.

« Io… Non voglio che tu te ne vada… Sei stato l’unico là dentro ad essermi amico, oltre a Ilarin, l’unico che ha creduto in me. »

« C’è un t-tempo per ogni c-cosa, Niniel: un tempo per il lavoro, un tempo p-per l’amicizia, e un tempo per d-dirsi addio. Ti r-ringrazio per essermi stata amica: hai reso più leggeri gli ultimi m-mesi della vita di u-un vecchio scorbutico. »

« Nasten io… »

« Sei f-forte Niniel, n-non dimenticarlo. Io sarò sempre con te. » poi il suo sguardo si fece ancora lontano e appannato, mentre sul suo viso tutte le rughe si distendevano ed appariva un sorriso « Riesco a vederla! »

Niniel strinse forte l’elsa del pugnale, abbassò il viso, in preda ai singhiozzi. Avrebbe urlato, se solo quel nodo in gola non glielo avesse impedito.

Earine le si avvicinò, e prendendola per le spalle la costrinse ad alzarsi.

« Non è giusto. » sbottò Niniel con rabbia.

« Lo so, Niniel, lo so. » la ragazza abbracciò l’amica « Coraggio ora, dobbiamo andare. »

Niniel annuì, ma prima di allontanarsi si chinò su Nasten e sfilò la fodera del pugnale che il capo cuoco portava alla cintura. Le dispiaceva farlo, ma aveva bisogno di un luogo in cui riporre il pugnale, e poi era sicura che a lui non sarebbe dispiaciuto.

Si assicurò il pugnale alla cintura e lanciò un ultimo sguardo all’uomo, prima di montare sul cavallo e riprendere a percorrere la strada verso il cancello della Città.

 

Vari soldati circolavano per le vie, e in ognuno di essi le due ragazze credevano di riconoscere i tratti di Narith o Boromir, ma ogni volta era come una pugnalata, quando si accorgevano che era tutto frutto della loro immaginazione.

Più scendevano, e più le macerie impedivano loro il passaggio, tanto che, arrivate praticamente all’ingresso che dal secondo portava al primo livello, le ragazze dovettero scendere dal cavallo e proseguire a piedi, trascinandosi dietro il vecchio Harn che, pur non avendo preso parte alla battaglia, era ancora spaventato da ciò che aveva udito dalla sua stalla, ed ora si rifiutava di procedere, osservando con occhi terrorizzati la distruzione e la morte che li circondava.

« Coraggio vecchio mio, siamo quasi arrivati! » lo incoraggiò Niniel trascinandolo oltre un cumulo di macerie e corpi di soldati e orchi « Non impazzire proprio ora che ci siamo quasi. »

« Sai, sei buffa… » commentò Earine con un leggero sorriso « Non hai mai potuto sopportarlo quel cavallo, e ora lo incoraggi! »

Niniel si voltò ad osservare negli occhi il vecchio Harn: lei lo guardava stupita, lui la guardava nervoso. La ragazza gli diede una leggera pacca sul collo.

« Ma sì, in fondo ci siamo sempre voluti bene. Avevamo solo bisogno di conoscerci meglio! » ironizzò senza troppa convinzione.

« Un po’ come te e Boromir insomma! » commentò Earine.

Niniel rimase pensierosa per qualche secondo: « Con la sola differenza che Boromir non è un cavallo! »

Le due sorrisero, ma entrambe si accorsero che il sorriso dell’altra era solo un sorriso di circostanza. In un altro momento, per un battuta del genere, Earine l’avrebbe presa in giro come minimo per due ore consecutive. In un altro momento, avrebbero riso insieme per due ore consecutive. Ma in quel momento, la voce con cui Niniel aveva commentato era atona e priva di allegria, ed entrambe si accorsero che quel sorriso voleva più che altro esorcizzare la paura e il terrore che avevano di non ritrovare le persone che amavano.

« Coraggio, continuiamo. » tagliò corto infine Niniel, e ripresero il loro cammino, osservando con orrore la distruzione lasciata dalla battaglia, i corpi mutilati, e scorrendo con gli occhi ogni cadavere, col terrore di riconoscervi qualche conoscente, o peggio ancora Boromir o Narith.

« Dov’è? » domandò ad un tratto Earine « Perché non lo troviamo da nessuna parte? » le lacrime cominciarono a rigarle il volto.

« Magari è rimasto all’esterno e lo troveremo sui Campi… »

« Ma lui era sul secondo livello! » la interruppe Earine.

Calde lacrime cominciarono a bagnare il viso di Niniel, senza che lei potesse impedirlo. Le asciugò con rabbia, ma nuovamente quelle tornarono a scendere, e a lasciarle lunghe striature più chiare, lavando via la polvere che aleggiava nell’aria della Città, e che le si era depositata sul viso.

« Scendiamo, ok? » disse infine « Se anche gli fosse capitato qualcosa, non servirebbe a nulla rimanere qui. »

 

Se ciò che avevano visto all’interno della Città le aveva sconvolte, lo scenario che si ritrovarono di fronte una volta arrivate all’ingresso principale di Minas Tirith era, se possibile, ancora peggio.

Macerie, orchi, cavalli e soldati giacevano ovunque, e non vi erano parole adatte, in nessun idioma della Terra di Mezzo, per descrivere l’orrore, la distruzione, la morte che si stagliavano senza pietà davanti ai loro occhi.

« Che cosa ci fate qui? » la voce di un soldato riscosse le due ragazze che, sconvolte da quella visione, erano rimaste come pietrificate « Non è sicuro per voi questo luogo, ritornate all’interno delle mura! » quindi se ne andò con passo svelto.

Solo in quel momento, Niniel ed Earine si accorsero dei primi soldati che cominciavano ad avvicinarsi all’ingresso e a rientrare a Minas Tirith. Qualcuno giaceva ferito a terra e chiedeva aiuto, qualcuno si trascinava malamente, altri più fortunati, che avevano riportato meno ferite, si aggiravano per il Pelennor alla ricerca dei loro compagni e portavano i primi soccorsi ai feriti, aiutandoli a rientrare nella Città alla ricerca di cure.

« Coraggio. » bisbigliò Niniel con voce tremante, più rivolta a sé stessa che ad altri, e scavalcò quel che rimaneva del possente cancello di Minas Tirith, trascinandosi dietro il cavallo.

Poco lontano da loro, videro un “ometto” di bassa statura che tagliò di netto, senza troppi complimenti, la testa di un orco che ancora si trascinava per il campo di battaglia. Non gli prestarono però molta attenzione: avevano altre priorità in quel, momento.

« Cosa… cosa facciamo ora? » domandò Earine sconvolta e spaesata.

« Non lo so. Cerchiamo. » rispose atona Niniel, rendendosi conto che in effetti non aveva pensato a cosa avrebbe fatto quando sarebbe arrivata sui Campi del Pelennor. L’intento era sì quello di cercare… ma dove e come non lo sapeva proprio.

Scorsero con gli occhi la vastità dei Campi dove sempre più soldati si affaccendavano alla ricerca dei compagni. Parevano formichine impotenti di fronte alla forza del destino che li aveva toccati e solo allora, Niniel si accorse di quanto quelle armature lucenti, che nei giorni di pace l’avevano abbagliata, altro non fossero che fragili specchi: brillano al sole riflettendo la bellezza dei suoi raggi, ma sotto una tempesta si appannano e si spezzano, distruggendo senza pietà quel mondo che avevano specchiato, quel mondo che avrebbero dovuto proteggere.

Camminavano lentamente, guardandosi attorno senza vedere veramente, forse per evitare che quelle immagini troppo violente rimanessero impresse nei loro occhi e nella loro mente.

« Niniel! Earine! » finalmente, una vocetta squillante le riportò alla realtà.

Le due videro Pipino corrergli incontro.

« Cosa ci fate qui? »

Niniel si inginocchiò ed abbracciò il piccolo hobbit che, imbarazzato, arrossì per quel gesto.

« Sei vivo! » gli disse infine osservandolo preoccupata, alla ricerca di qualche eventuale ferita « Stai bene! »

« Ma certo, noi hobbit abbiamo la pelle dura! » scherzò lui.

Quella voce suonò gioiosa e limpida come il battito di una campana a festa, ed ebbe l’effetto di riscuotere leggermente le due ragazze.

« Siamo venute a cercare Narith e Boromir. » disse quindi Niniel.

« Tu li hai visti? » domandò Earine col cuore in gola.

« Mi spiace, ma Narith proprio non l’ho visto. » disse sconsolato il piccolo hobbit scuotendo la testa.

« Ma dev’essere vivo! » lo interruppe Niniel « Non può essergli successo qualcosa! »

« Vedrai che lo troveremo. » cercò di consolarla Pipino, pur sapendo che quelle parole non avevano granché senso, « Era all’interno delle mura, non è detto che si trovi qui! »

Earine deglutì a vuoto, mentre l’amica le stringeva una mano, poi Niniel si rivolse nuovamente a Pipino: « E di Boromir? Sai qualcosa? »

L’hobbit scosse la testa sconsolato: « Mi spiace non potervi essere d’aiuto, ma proprio non l’ho visto. »

Niniel sospirò e gli scompigliò i capelli come per volerlo tranquillizzare: « Non ti preoccupare Pipino! » quindi si rivolse all’amica « Dobbiamo continuare a cercare. »

« Oh, non crederete mica di girare da queste parti da sole, vero?! » esclamò Pipino, stringendo l’elsa della spada che portava alla cintura « Si dà il caso che anche io stia cercando qualcuno, quindi credo che potremmo cercare insieme. Se abbiamo fortuna, da qualche parte qui intorno troveremo Gandalf che ci darà una mano, e poi non mi perdonerei mai se dovesse accadervi qualcosa! »

Niniel ed Earine sorrisero debolmente, ma sinceramente grate al piccolo hobbit per le attenzioni che gli stava riservando e, insieme, cominciarono ad aggirarsi per i Campi del Pelennor.

« Chi stai cercando? » domandò Earine distrattamente al piccolo hobbit.

« Ricordate mio cugino Merry? Ebbene, a quanto pare è giunto qui anche lui e ha combattuto, ma non l’ho ancora trovato. »

In quel momento le due ragazze si accorsero dell’espressione tesa e preoccupata che si era disegnata sul volto di Pipino.

« Se ha un cuore coraggioso come il tuo, sono certa che si trova qui da qualche parte e ti sta cercando! » disse Niniel per incoraggiarlo. Lui le rispose con un sorriso.

L’incontro con Pipino era stato senza dubbio un toccasana per le due ragazze: nonostante tutto si sentivano rincuorate e averlo al loro fianco le faceva sentire stranamente al sicuro.

« Guardate! » esclamò dopo un po’ Pipino, e si mise a correre verso una figura vestita di bianco.

« Eccoti finalmente! Mi stavo chiedendo dove ti fossi cacciato. » esclamò Gandalf vedendo Pipino, quindi osservò stupefatto le due ragazze.

« Stiamo cercando Boromir, e Narith. » spiegò Niniel, felice di rivedere anche lo stregone.

Lui annuì: « Ho visto Narith combattere a lungo insieme ad Alner sulle mura del secondo livello. » spiegò «Purtroppo però l’ho perso di vista quando mi sono dovuto allontanare. » e qui lanciò un’occhiata complice a Pipino, della quale però le due ragazze non si accorsero, preoccupate com’erano di ricevere qualche buona notizia.

Earine sospirò, mentre Niniel si torceva le mani: possibile che nessuno sapesse dirgli qualcosa?

« E Boromir? » domandò quindi, cercando di mantenere la calma nonostante una forte rabbia cominciasse a crescerle nel petto.

Gandalf si scostò, aprendole la visuale verso un gruppo di soldati che, a qualche centinaio di metri di distanza, stavano parlando a bassa voce.

Così, di spalle, le apparve Boromir: i lunghi capelli sudati e impolverati, i vestiti sporchi e incrostati di sangue, una mano saldamente appoggiata sull’elsa della spada che giaceva, ora, nel fodero.

Non avrebbe mai dimenticato quell’immagine e la bellezza e la felicità che ne scaturirono.

Senza accorgersene, stava già correndo verso di lui, ma fu costretta a rallentare perché, forse per via dell’emozione, o forse per i cadaveri e le macerie, i suoi piedi presero a incespicare e rischiò più volte di cadere.

Vedendo un certo movimento, alcuni soldati che si trovavano nel gruppetto si sporsero per vedere cosa stesse succedendo e Boromir, notando che qualcosa alle sue spalle stava attirando la loro attenzione, si voltò.

Stupefatto, rimase per qualche secondo a fissare l’immagine di quella ragazza che incespicava nei suoi stessi piedi, fino a quando lei alzò lo sguardo e si accorse finalmente che lui la stava guardando. Niniel fece come per chiamarlo, ma la voce non si decise ad uscirle dalle labbra, riusciva solo dirigersi verso di lui, aumentando il passo e Boromir, senza pensarci, lasciò il gruppo con cui stava parlando e le andò incontro.

Si ritrovarono così, a metà strada, in mezzo a tutta quella morte, finalmente, una nuova speranza.

Niniel lo abbracciò senza riuscire a dire nulla, mentre le lacrime le rigavano il viso e Boromir, impacciato, rispose all’abbraccio stringendola a sé.

« Sei vivo… sei davvero qui… » singhiozzò poi lei affondando il viso nella veste di Boromir.

« Perdonami… » le sussurrò lui stringendola più forte « Perdonami, è tutta colpa mia. »

Niniel sollevò finalmente lo sguardo: vide gli occhi di Boromir brillare e tremare allo stesso tempo.

« Ma cosa dici? Di cosa dovrei perdonarti? » domandò lei, ma Boromir non rispose ed abbassò gli occhi. Niniel fu sicura di leggervi una sorta si senso di colpa.

« Non c’è nulla di cui ti debba perdonare! » e gli prese il viso tra le mani, dandogli un leggero bacio sulla guancia.

« Come stai? » gli domandò poi, scostandogli i capelli dalla fronte « Sei ferito? Stai bene? » si sciolse dall’abbraccio e lo squadrò da capo a piedi per sincerarsi che fosse tutto a posto.

« Sto bene, è tutto ok! » rispose lui.

« Mi hanno detto che sei stato ferito… »

« Ora è tutto passato. » le accarezzò una guancia, la mano gli tremava « Tu come stai? »

« Bene, ora bene! Ma… ho creduto che tu… » la voce le tremò.

Boromir la abbracciò di nuovo: « È tutto ok. È tutto a posto, ora sono qui! » le bisbigliò all’orecchio affondando il viso nei suoi capelli e inspirando quel profumo che gli era mancato tanto.

Rimasero così per alcuni secondi, fino a quando Niniel si scostò:

« Ci sono un sacco di cose che devo raccontarti. » disse « E anche tu mi devi raccontare tutto quello che ti è successo! »

Boromir si irrigidì, e Niniel parve accorgersene. Stava per domandare qualcosa, ma lui la bloccò.

« Non ora però… » e fece un cenno alle sue spalle « Ho un po’ di cose da fare, la battaglia è passata ma c’è ancora una guerra in corso. »

Niniel annuì, con tristezza.

Era strano, dopo tutto quel tempo… aveva a lungo desiderato quel momento, ma ora era come se qualcosa non funzionasse: Boromir era strano, aveva qualcosa che non andava e lei non riusciva a capire. Si disse che probabilmente era stanco per il viaggio e la battaglia, doveva di sicuro essere per quello, era normale.

« Però… mi racconterai… »

Boromir parve nuovamente a disagio: « Ma certo… » poi, in quel momento parve come riscuotersi o, forse, voleva solo trovare un altro argomento di conversazione « Ma… ti hanno lasciata venire da sola? »

Niniel sollevò il viso e piantò i suoi occhi scuri in quelli grigi di lui: « Non sono sola, ci sono Earine e Pipino con me! » rispose infastidita.

Boromir alzò lo sguardo oltre la spalla di lei, e scorse la cameriera e il piccolo hobbit, che erano ancora di fianco a Gandalf. Accennò un saluto nella loro direzione, e Niniel notò che il suo sguardo si soffermò a lungo su Pipino.

« Comunque cosa credi? Sarei venuta anche da sola se necessario. »

« Oh non lo dubito… ma non è un luogo molto sicuro questo… »

« Guarda che ho una pentola con me! » lo ammonì lei visibilmente infastidita.

Boromir sorrise, e dietro di loro si udì uno sbuffo e un risolino mal celato. Niniel sbirciò verso il gruppo che aveva ripreso a parlare a bassa voce, osservandoli ogni tanto di sottecchi, e vide l’ “ometto”, che poco prima aveva decapitato un orco, ridacchiare di gusto, per poi imprecare in una lingua sconosciuta quando uno strano individuo, dai lunghi capelli biondi, orecchie a punta e un viso perfetto, gli aveva tirato una leggera gomitata.

« Mi hai preso alla tempia! » ringhiò quello più basso.

« Scusa, credevo di mirare al fianco! A volte mi dimentico delle tue… dimensioni. » rispose con noncuranza quello più alto, tornando poi ad ascoltare quello che dicevano gli altri membri del gruppo, ignorando l’ometto che aveva ricominciato ad imprecare in una strana lingua.

Boromir sorrise: « I miei compagni di viaggio… » disse « Te li presento? »

« Magari dopo. » disse lei « Devo andare a cercare Narith: io ed Earine non riusciamo a trovarlo. Sappiamo solo che stava combattendo sul secondo livello, ma non abbiamo avuto altre notizie di lui. »

Boromir si fece serio: « Aspettami qui. »

Si diresse quindi verso i suoi compagni e parlò con un uomo alto, dal portamento fiero e nobile, in netto contrasto con gli abiti e l’aspetto trasandato. Aveva lunghi capelli e barba incolta che gli incorniciava il viso magro e stanco, nel quale brillava un paio di occhio dall’espressione profonda.

Niniel li vide scambiarsi qualche battuta, poi l’uomo dall’aspetto trasandato annuì, quindi spostò il suo sguardo sulla ragazza e la scrutò, con occhi severi ma gentili, per poi farle un cenno di saluto con il capo.

Niniel rimase colpita da quello sguardo e, solo dopo alcuni secondi, riuscì a rispondere al saluto dell’uomo con un leggero inchino.

« Vengo con te. » la voce di Boromir la riscosse, e solo in quel momento lei si accorse che lui era di nuovo al suo fianco « Più tardi devo tornare da loro: abbiamo decisioni importanti da prendere, ma ora vengo con te a cercare Narith. »

Ancora scossa dallo sguardo di quello straniero, Niniel annuì.

« Lo troveremo vedrai! » le disse lui prendendole una mano, e si diressero verso Gandalf, Pipino ed Earine.

 

 

 

 

 

 

Ed eccomiiiiii! Lo so, non è una buona scusa per essere tornata dopo tutto questo tempo, ma credetemi: esami universitari a palate, il computer che poche settimane fa è andato in palla proprio quando mi era tornata l’ispirazione e poi, logicamente, l’ispirazione che da alcuni mesi è più rivolta verso Lo Hobbit che non verso questa fan fiction… e che quando decide di tornare ti fa scrivere 10 pagine in due giorni… strana bestia l’ispirazione…

Comunque, come sempre faccio sproloqui su cose di cui non penso vi freghi niente, quindi passo al capitolo…

Allora… non avete idea di come sia stato difficile scrivere l’ultima parte… se il resto del capitolo in due giorni l’ho scritto (e ci ho impiegato due giorni solo perché necessitavo di fermarmi per mangiare e dormire… altrimenti ci avrei impiegato anche meno…) il pezzo in cui finalmente Boromir e Niniel si rincontrano l’ho dovuto riscrivere tre volte, e vi assicuro che non mi è mai capitato… forse perché era fondamentalmente il capitolo a cui tendeva fin dall’inizio l’intero racconto… però boh, anche ora ho paura di non essere riuscita a rendere bene la situazione, ma è difficile perché penso che Boromir sia un tipo che in fondo non si lascia andare a grandi dimostrazioni di affetto in pubblico, e non volevo esagerare la cosa né in un senso, né nell’altro, facendo un Boromir troppo distaccato e poco credibile… in fondo sono comunque mesi che non vede Niniel…

Non so, spero che vi sia piaciuto e che non ne siate rimasti delusi, vi dico solo che per capire un po’ meglio la situazione e certi comportamenti di Boromir bisognerà aspettare i prossimi capitoli, quando lui e Niniel avranno occasione di spiegarsi. Anche perché… ci saranno ancora vari capitoli, prima di arrivare all’effettiva sconfitta di Sauron e alla fine della Guerra dell’Anello J

Termino lo sproloquio… che è quasi più lungo del capitolo… sorry!!

A presto!

Eowyn 1

 

p.s.

… Nasten ti prego perdonamiiiiiiii! :’(( Non volevo farti morire! L Ora comprendo lo spirito sadico degli scrittori che decidono che alcuni loro personaggi devono morire… Non volevo, te l’assicuro! L Ma era necessario… L Scusate… scappo in un angolino a piangere per questa decisione durissima che ho dovuto prendere! L

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21

Capitolo 21

 

 

« Gandalf! » esclamò Boromir non appena giunse vicino allo stregone.

Gandalf gli sorrise: « Sono contento di vedere che stai bene. »

Boromir annuì accennando a sua volta un sorriso, poi salutò Earine, quindi osservò Pipino con espressione sorpresa.

« Credo che qualcuno mi debba delle spiegazioni… » disse « Cosa ci fa un hobbit della Contea con la divisa di Minas Tirith? »

Pipino alzò gli occhi chiari su Boromir.

« Sono guardia della Cittadella, ora. Ho prestato giuramento a… » si bloccò, ma Boromir non parve accorgersene.

« Quella divisa però mi pare di conoscerla… non è forse quella di mio fratello? »

Solo in quel momento, Boromir si accorse che Pipino, Niniel e d Earine si erano irrigiditi.

Solo in quel momento, Niniel si rese conto che Boromir non sapeva ancora nulla di Faramir e qualcuno avrebbe dovuto trovare le parole per dirglielo... e la cosa migliore era che fosse lei a farlo.

« Cosa c’è? » domandò a quel punto Boromir e, all’improvviso, parve realizzare qualcosa « Dov’è mio fratello? Perché non è qui sul campo di battaglia? »

« Boromir… » cominciò Niniel in evidente difficoltà « Due giorni fa, Faramir è stato ferito gravemente. Abbiamo visto alcuni cavalieri che lo riaccompagnavano in Città. »

Boromir rimase come paralizzato.

« E ora come sta? » domandò.

« Purtroppo non abbiamo più ricevuto notizie. » disse Niniel in un sussurro.

« Faramir riposa ora nelle Case di Guarigione. » si intromise Gandalf con delicatezza « L’ho affidato ai migliori guaritori, ma non ti nasconderò, Boromir, che le sue condizioni purtroppo sono gravi e sta lottando tra la vita e la morte. »

Boromir strinse i pugni e trasse un profondo respiro: « E mio padre? Dov’è mio padre? »

In quel momento Pipino ebbe come un sussulto, mentre Gandalf prendeva nuovamente la parola:

« Mi duole dover essere portatore di simili notizie. » sospirò « Tuo padre purtroppo è morto. »

« Morto?! » esclamarono all’unisono Niniel ed Earine.

Boromir rimase silenzioso, con gli occhi bassi.

« Com’è successo? » domandò « Ditemi almeno che è sceso in battaglia per difendere il suo popolo. »

« La questione è più complicata purtroppo. » iniziò a spiegare lo Stregone con calma mentre Pipino, al suo fianco, era visibilmente nervoso « Ma temo che ora non sia il momento per questo genere di racconti. Abbiamo molte cose da sistemare. Non appena ci sarà concesso un momento di pausa, ti spiegherò tutto. »

Niniel osservò Mithrandir con profonda ammirazione, mentre a Boromir non rimase altro da fare che annuire costernato, ma conscio della verità che vi era nelle parole di Gandalf.

« Andiamo, » disse infine con voce roca l’uomo di Gondor « dobbiamo cercare Narith e io purtroppo non ho molto tempo. »

Niniel lo bloccò e gli prese le mani tra le sue: « Vai da Faramir! »

« Ho promesso che ti avrei aiutata. »

« Ma non hai molto tempo, lo hai detto tu stesso. Vai da Faramir, tuo fratello ha bisogno di te! »

Boromir scosse il capo: « Ti ho lasciata sola troppo a lungo, e ora che sono qui non ti abbandonerò proprio nel momento in cui non si trova tuo fratello. Ti aiuterò a cercare Narith, e troverò il tempo anche per Faramir. Ora sbrighiamoci, tuo fratello potrebbe aver bisogno di aiuto. Direi di dirigerci verso il secondo livello, se stava combattendo lì non penso che si trovi fuori dalla Città. »

Niniel fissò l’uomo col cuore colmo di gratitudine e si lasciò guidare da lui che, tenendola per mano, la condusse verso il cancello ormai distrutto.

Earine li seguì, conducendo il vecchio Harn per le briglie, mentre Pipino rimase nei Campi del Pelennor con Gandalf, in quanto Merry avrebbe dovuto trovarsi lì.

 

Arrivati sul secondo livello, i tre costeggiarono le mura lungo le quali molti soldati sopravvissuti erano affaccendati nel fornire le prime cure ai loro compagni. Niniel camminava di fianco a Boromir guardandosi attorno con ansia, mentre Earine si era calata in un silenzio di tomba e faceva scorrere con attenzione gli occhi sui visi dei soldati che giacevano a terra, ma di Narith ancora nessuna traccia.

Ad un tratto, si ritrovarono di fianco al cumulo di macerie dietro al quale si trovava ancora il corpo di Nasten, e Niniel non poté fare a meno di lanciare un’occhiata all’uomo, soffermandosi sul sorriso che finalmente gli solcava il viso. Gli si avvicinò e gli chiuse gli occhi con delicatezza.

« Mi ero dimenticata, prima. » disse semplicemente a Boromir che la osservava stupito « Lui è… »

« Nasten, il capo della mensa militare. » concluse Boromir, notando che la voce di Niniel si era spezzata « Lo conoscevo bene, mi è capitato di mangiare qui, qualche volta, durante gli allenamenti. Ma tu… lo conosci? »

Niniel annuì col capo, continuando a fissare l’uomo.

« Ho lavorato qui, negli ultimi mesi. » spiegò.

Boromir spalancò leggermente gli occhi.

« Tu hai lavorato qui? » domandò incredulo « Intendi alla mensa militare? Si può sapere cos’è successo mentre ero via? »

« Più tardi ti spiegherò tutto. » disse la ragazza costringendosi a distogliere lo sguardo « Ci sono tante cose di cui dobbiamo parlare. » aggiunse semplicemente.

Boromir annuì, e fece correre gli occhi lontano. Sembrava in imbarazzo, e Niniel non mancò di notare nuovamente questo suo strano comportamento, anche se al momento non gli diede particolare peso.

La cuoca raggiunse l’amica che si trascinava ancora dietro un recalcitrante Harn.

Continuarono per lunghi minuti la loro ricerca, e nel frattempo molti soldati notarono la presenza di Boromir. Si sentivano bisbigli correre di bocca in bocca e qualcuno esultava, anche se debolmente, perché la voglia di fare festa era ben lontana dal cuore degli uomini di Minas Tirith quel giorno. Questo, però, non impedì alla notizia di circolare per la Città.

Dunque Boromir figlio di Denethor non era morto. Tornava ora a Minas Tirith, vittorioso.

 

« Mio Signore… » un soldato di una certa età si avvicinò a Boromir e si inchinò.

« Dorn! » esclamò Boromir « Che bello rivederti. »

« Noi credevamo che voi foste… morto. » disse quello con una certa esitazione nella voce « Alcuni giorni fa abbiamo udito il suono del Corno giungere da lontano, e poi vostro fratello lo ha ritrovato spezzato… »

« Lo so, amico mio. » Boromir gli appoggiò una mano sulla spalla « Sono stato ferito e io stesso ho temuto di morire, ma grazie all’intervento dei miei amici sono ancora qui. »

Dorn sorrise, gli occhi incorniciati da una ragnatela di rughe erano lucidi e la voce gli tremava: « A lungo ci siamo disperati, ma la speranza infine sembra essere tornata! »

Boromir gli strinse la spalla e gli sorrise, e fu come se un fremito lo avesse attraversato. Era come se fosse stato sul punto di dire qualcosa, ma si fosse trattenuto, di nuovo, a Niniel lo notò.

Boromir salutò il soldato e si voltò verso Niniel, sembrava che stesse parlare, ma la ragazza si sentì chiamare.

Si voltò di scatto, il cuore che le pulsava nel petto a un ritmo troppo elevato.

Adhort la raggiunse: « Hanno trovato Narith! » le disse, ma aveva il fiato corto e si fermò con le mani appoggiate alle ginocchia per cercare di riprendersi.

« Dove? Dov’è, papà? Come sta? »

Earine gli si avvicinò di corsa.

« Lo hanno trovato sul terzo livello. È ferito. »

Niniel rimase pietrificata. Suo fratello, il suo fratellino, era stato ferito.

« È grave? » domandò in un sussurro Earine.

« La ferita di per sé non sarebbe grave, non ha colpito organi vitali, ma è molto profonda e ha perso parecchio sangue. »

L’uomo sollevò il viso e in quel momento Niniel riuscì a vedere la profonda preoccupazione sul volto del padre, che si trasformò per un attimo in un’espressione meravigliata quando si accorse di chi c’era con loro.

« Mio Signore! » bisbigliò « Perdonatemi, io… »

« Non importa, non c’è tempo ora. » gli disse Boromir con urgenza « Dove si trova? »

« Lo hanno portato alle Case di Guarigione. Sono corso a cercarti non appena ho potuto. » disse poi rivolgendosi alla figlia « Tua madre ora è accanto a Narith, è bene che venga anche tu… »

L’uomo lasciò la frase in sospeso, in certi casi le parole non servono, i silenzi bastano a far capire ciò che si vuole dire.

Una lacrima calda scese lungo la guancia di Niniel, mentre si voltava ad osservare l’amica che teneva il dorso della mano destra premuto sulla bocca, nel tentativo di soffocare i singhiozzi.

Boromir prese delicatamente Niniel per le spalle: « Coraggio, sali su Harn. »

Niniel scosse la testa.

« No, andate tu ed Earine. »

« Ma cosa stai dicendo? »

« Faramir… » riuscì solo a dire Niniel, prima di essere interrotta da un singhiozzo.

« Non preoccuparti per Faramir. Sali su Harn e vai alle Case di Guarigione, io troverò un cavallo e ti raggiungerò nel giro di poco. »

Niniel stava per protestare, ma Boromir la bloccò, prendendole il viso tra le mani: « Non preoccuparti per me e Faramir, lui ha la pelle dura. Ora non perdere tempo, vai! »

Così, Niniel salì in groppa ad Harn, ed Earine dietro di lei. Adhort cedette il suo posto alla cameriera.

Niniel partì, spronando Harn, e questo si avviò al trotto, zoppicando leggermente. Non si poteva chiedere più di questo al vecchio cavallo.

 

All’interno delle Case di Guarigione non ci si poteva praticamente muovere: ovunque si guardasse vi erano feriti, quelli che non avevano riportato conseguenze particolarmente gravi erano addirittura lasciati a terra, mentre i letti erano destinati ai casi più preoccupanti.

Niniel ed Earine camminavano tra le barelle guardandosi attorno col cuore colmo d’ansia. Ogni tanto si scambiavano una rapida occhiata, ma nessuna delle due aveva voglia o coraggio di parlare.

Ad un tratto, Earine bloccò Niniel per una spalla, e le indicò una donna seduta accanto ad una barella: aveva il capo chino e accarezzava con dolcezza il viso di un ragazzo che giaceva privo di sensi.

« Mamma… » al richiamo della giovane, la donna si voltò di scatto e gettò le braccia al collo di Niniel.

« Cosa gli è successo? » domandò la ragazza.

« Un orco. » rispose la donna facendosi forza e tirando su col naso « Un orco lo ha ferito alla gamba. »

« Non può essere mortale… » disse Niniel osservando il viso pallido del fratello.

« La ferita è molto profonda e ha perso molto sangue, a quanto pare devono avergli reciso delle vene importanti. »

Niniel si avvicinò alla barella e sollevò il lenzuolo, sporco di sangue in più punti. La ferita era stata fasciata velocemente, probabilmente il guaritore aveva fretta di andare a curare qualche altro ferito. Le bende erano sporche di sangue e partivano dalla coscia per arrivare fino a metà polpaccio.

« Cosa dicono i guaritori? » domandò Earine in un sussurro.

« Non si sbilanciano. La situazione purtroppo è grave e dipende tutto da come reagirà il suo corpo. Dov’è tuo padre? » domandò poi la donna, rivolgendosi a Niniel.

« Sta arrivando, è con Boromir, hanno detto che avrebbero cercato un cavallo e ci avrebbero raggiunte. »

« Boromir! Lo avete trovato, dunque. Allora è vivo! »

Niniel annuì, poi si voltò ad osservare l’amica.

« Ce la farà. » commentò Earine accarezzando il viso del ragazzo.

« Lo spero, ma c’è anche un altro problema… » le due ragazze si voltarono verso la donna, respirando appena. Poteva esserci anche qualche altro problema, oltre a quello? Poteva davvero esserci qualcosa che rendeva la situazione ancora più critica?

« Le armi degli Orchi sono spesso intrise di veleno, e a quanto pare è passato molto tempo da quando Narith è stato ferito a quando lo hanno portato qui. La sua ferita non ha un bell’aspetto e dà segni di essere infetta. » la donna si coprì il viso con le mani, cominciando a piangere.

Niniel la abbracciò e nascose il viso nei capelli della madre, mentre calde lacrime tornavano a rigarle le guance sporche.

« Ce la farà. » disse ancora Earine in un sussurro « È sempre stato forte. »

 

Quando Boromir e Adhort arrivarono, trovarono Niniel, Earine ed Erith in una delle camere allestite per i feriti più gravi. I guaritori avevano pensato di trasferire lì il ragazzo, perché nelle sue condizioni aveva bisogno di tranquillità e non era consigliabile lasciarlo nella sala comune dove si era trovato fino a quel momento.

La stanza era piccola e poco illuminata e dietro ad un telo, che era stato provvisoriamente fatto calare dal soffitto, si trovava una donna che assisteva un altro ragazzo, anche lui ferito gravemente.

« Ci sono novità? » domandò Adhort alla moglie. Erith scosse la testa, incapace di aggiungere altro. Earine era seduta accanto al letto e stringeva la mano del ragazzo mentre Niniel, all’altro lato, era silenziosa e di tanto in tanto si asciugava una lacrima che le correva lungo il viso.

« Niniel… » quando Boromir la chiamò, lei parve riscuotersi all’improvviso « Ti va di uscire un attimo? » lei annuì e lo seguì all’esterno dove ormai le ombre della sera si stavano fondendo con la consueta oscurità in cui era immersa ormai perennemente la città.

Non appena si trovarono fuori dalla stanza, Niniel abbracciò Boromir affondando il viso nei suoi vestiti, ancora sporchi per via della battaglia. Questa volta, sentì che Boromir rispondeva all’abbraccio stringendola a sé.

« Sono certo che Narith ce la farà. »

« Come fai a dirlo? »

« Lo conosco, è forte! Ti dimentichi forse che l’ho allenato io? » quindi Boromir le sollevò il viso e la guardò negli occhi, e all’improvviso tutti i suoi timori per un attimo parvero affievolirsi. Gli era mancata così tanto, che ora non gli pareva vero di poterla stringere nuovamente fra le braccia e guardarla negli occhi.

« Non basta quel tipo di forza. » disse tristemente lei.

« Niniel, ti giuro che farò di tutto perché Narith si riprenda, ma tu fidati di me. »

La ragazza non comprese appieno le parole di Boromir, ma si trovò ad annuire. Si fidava di lui, e questo le bastava.

Boromir la abbracciò nuovamente, poi le disse, accarezzandole la testa:

« Ora però devo chiederti il permesso di allontanarmi. Vorrei passare da Faramir, e poi temo che il dovere mi chiami. »

« Corri da tuo fratello, ti sei già trattenuto troppo a lungo. » gli disse Niniel asciugandosi le lacrime.

Boromir annuì, e si scostò da lei.

« Farò di tutto per tornare il prima possibile. » poi le si avvicinò e la ragazza si sentì pungere sulla guancia.

« Hai visto? Ho mantenuto la promessa che ci eravamo fatti a Osgiliath, e sono tornato per restituirtelo. » le disse lui in evidente imbarazzo. Poi si voltò e si allontanò a grandi passi.

Certo, quello non era il momento né la situazione migliore per un primo bacio, ma Niniel rimase comunque per alcuni secondi immobile, con una mano sulla guancia, ad osservare l’uomo che si allontanava.

Un leggero sorriso le balenò fugace sul viso, prima che lei si voltasse e tornasse all’interno della stanza del fratello.

 

Le ore si susseguirono lente. Il sole era ormai calato da molto, ma nonostante questo nelle Case di Guarigione c’era ancora un sostenuto via vai di guaritori e infermieri che si davano da fare per curare i feriti, anzi, più passava il tempo e più questi aumentavano a mano a mano che i soldati li ritrovavano lungo i Campi del Pelennor.

Nella stanza in cui era stato portato Narith regnava il più assoluto silenzio, interrotto solo ogni tanto dai sospiri dei familiari. Oltre la tenda bianca si poteva sentire, a volte, la donna chiamare debolmente il figlio, nel tentativo di risvegliarlo dal sonno in cui le ferite di guerra lo avevano precipitato.

Earine sedeva accanto al letto e stringeva la mano di Narith. Accanto a lei, Niniel fissava con occhi sbarrati il petto del fratello, con il terrore di veder terminare quel lieve movimento che ancora testimoniava che Narith respirava. All’altro lato del letto, Erith e Adhort si facevano forza a vicenda, ma nessuno parlava.

Tutti loro ebbero un sussulto quando la porta si aprì cigolando e, nella stanza, entrarono Boromir e lo straniero dall’aspetto trasandato e gli occhi severi ma gentili che quel pomeriggio aveva tanto colpito Niniel.

La cuoca si alzò in piedi di scatto, gli occhi rossi e il viso ancora sporco e rigato di lacrime.

« Sono venuto con qualcuno che può aiutarvi. » disse Boromir.

Gli occhi di tutti si posarono sullo straniero.

« Lieto di conoscerti, Niniel. » disse quello, rivelandosi alla luce tenue delle candele « Boromir mi ha parlato spesso di te. »

La ragazza si mosse a disagio, facendo un mezzo inchino in segno di gratitudine.

Quindi, gli occhi chiari dell’uomo si spostarono su Narith.

« Ha riportato una ferita alla gamba. » spiegò Niniel « È profonda e infetta. » la voce le si spezzò.

Boromir le andò accanto e le strinse una mano: « Vedrai, presto starà meglio. »

Lo straniero intanto si era avvicinato al ragazzo e gli aveva posato una mano sulla fronte.

« Chiamate Ioreth, la guaritrice. Ditele di portarmi dell’altra athelas. »

Adhort corse in corridoio, e alcuni minuti dopo fu di ritorno con l’anziana donna che portava con sé ciò che lo straniero aveva chiesto.

Egli bagnò la fronte del ragazzo, poi il viso. Ripeté varie volte queste procedure, pronunciando parole che i presenti non riuscivano a comprendere. Fu come se una profonda pace li avesse invasi tutti quanti, e Niniel si sentì finalmente un po’ rilassata quando il profumo dell’athelas le raggiunse le narici. Le parve che ogni suo muscolo si sciogliesse e gran parte della tensione accumulata quel giorno la abbandonasse.

Sotto lo sguardo attento dei presenti, il petto di Narith ricominciò pian piano ad alzarsi e abbassarsi più regolarmente.

« Non posso assicurarvi che sia completamente fuori pericolo. La ferita è grave, ma ora sta meglio e ha qualche possibilità in più. »

« Mio signore, come possiamo ringraziarvi? » domandò Adhort, scosso da ciò a cui aveva appena assistito.

« Non è necessario. » rispose quello con un sorriso. Niniel intanto lo fissava, tutta assorta nei suoi pensieri.

« Diteci almeno il vostro nome, in modo tale che noi possiamo ricordare chi ha salvato la vita di nostro figlio! » lo pregò Erith.

L’uomo sorrise, di nuovo, era un sorriso stanco, ma colmo di fascino.

« Non è necessario, davvero. Ora vorrei solo poter riposare un po’. Quella di oggi è stata una giornata pesante, e i prossimi giorni probabilmente lo saranno ancora di più. »

Niniel avrebbe voluto dire qualcosa, ma le parole le morivano in gola, e non riusciva a fare altro che stringere sempre più forte la mano di Boromir, senza rendersene conto.

Fu in quel momento, quando lo straniero si stava ormai dirigendo verso la porta, che da dietro la tenda bianca che separava il letto di Narith da quello dell’altro ragazzo, si fece avanti la donna con gli occhi colmi di dolore:

« Mio signore… »

Tutti si voltarono verso di lei, che si bloccò per qualche secondo, intimorita da quegli sguardi, poi si fece coraggio e riprese con voce stanca ma decisa:

« Mio signore, domando perdono se vi trattengo, so che siete stanco ma… c’è qui mio figlio. Ha riportato una grave ferita, ed è l’unica persona che mi rimane al mondo. Mio marito è morto qualche mese fa durante un’imboscata degli Orchi. Se voi poteste… »

Lo straniero sorrise, sempre con quel suo sorriso stanco e gentile, prese la bacinella in cui aveva immerso l’athelas e si diresse verso la donna:

« Le tue preghiere sono gentili e il tuo cuore colmo di dolore, ma quanta forza hai nei tuoi occhi! Mostrami tuo figlio. »

In quel momento, Niniel sentì Boromir accanto a lei trarre un profondo respiro e, quando lo guardò, si accorse del sorriso fiero che gli solcava il volto.

« Boromir, ma chi… »

L’uomo le fece cenno di non parlare: « Andiamo fuori, qui potremmo disturbare. »

Niniel lo guardò contrariata: « Non posso lasciare Narith. »

« Niniel, tuo fratello sta meglio. » le disse Earine mentre accarezzava la fronte del ragazzo che ora respirava profondamente. Un’espressione serena si era appena dipinta sul suo volto.

« Perché non vai un po’ fuori con Boromir, tanto qui ci siamo noi e qualunque cosa dovesse succedere ti chiameremo immediatamente. » le disse ancora l’amica.

« Sono certa che ora andrà tutto bene. » le disse poi la madre con uno sguardo incoraggiante.

Niniel annuì, anche se non era del tutto convinta, e mentre da dietro la tenda si sentiva provenire soffocata la voce dello straniero che stava curando il ragazzo, Niniel uscì dalla stanza insieme a Boromir.

 

Non appena furono fuori, si chiusero la porta alle spalle e la ragazza tirò un profondo sospiro di sollievo, chiudendo gli occhi e lasciando che l’aria fredda della notte le invadesse i polmoni.

Aveva ancora gli occhi chiusi, quando si sentì stringere alla vita da due braccia forti. Senza aprire gli occhi si strinse a Boromir e ricambiò l’abbraccio.

« Come sta Faramir? » gli domandò.

« Ora meglio, grazie a lui. » le rispose Boromir riferendosi allo straniero.

« Ma chi è? »

« È una storia un po’ lunga e complicata. » le disse lui « Te la spiego più tardi. »

« E tu come stai? » gli domandò lei guardandolo negli occhi per accertarsi che le dicesse la verità « Mi hanno detto che sei stato ferito, ma non mi hai ancora spiegato niente. »

A quella affermazione, l’uomo si sciolse dall’abbraccio e parve incupirsi.

« Sto bene. » disse « Sto bene, ma non ti preoccupare per me. »

Per l’ennesima volta, da quando si erano ritrovati, a Niniel non sfuggì il comportamento strano dell’uomo. Era come se in certi casi, di fronte a certe sue domande, Boromir cercasse di nascondere qualcosa.

« Non puoi chiedermi di non preoccuparmi per te. »

« Ma sto bene, non vedi? »

« Boromir… si può sapere cosa c’è? »

L’uomo si voltò verso di lei, cercando di sembrare normale, ma Niniel gli leggeva in fondo agli occhi che qualcosa non andava.

« Cosa dovrebbe esserci? Sono qui, sono a casa, finalmente, ma scopro che mio fratello è in fin di vita e che mio padre è morto cercando di ammazzare Faramir. » a queste parole, Niniel sussultò « e a quanto pare, mentre ero via, anche nella tua vita ci sono stati una serie di cambiamenti. » terminò lui con rabbia.

« Non sapevo nulla di tuo padre… » disse mortificata lei « I… Io… mi spiace, non volevo, non immaginavo… »

Boromir scosse la testa: « No, scusami tu. Non devo prendermela con te. »

« Però Boromir… ascolta, io non mi riferivo solo a questo. » iniziò lei facendosi forza e cercando di soppesare bene le parole « Ho notato che eviti certe mie domande, ho notato che c’è qualcosa che ti turba, fin da prima che tu venissi a sapere di tuo fratello e di tuo padre. Fin da quando ci siamo incontrati nel Pelennor. Ho notato che quando ti chiedo di te e di quello che ti è successo in questi mesi cambi discorso. »

Niniel fece una pausa e lo fissò dritto negli occhi.

« Io non voglio essere invadente, ma ho capito che qualcosa non va e vorrei cercare di capire. Non è stato facile neanche per me, in questi mesi, saperti lontano… ti ho creduto morto! » due lacrime le scivolarono lungo le guance, e lei le asciugò con rabbia « Non credi che io abbia diritto a qualche spiegazione? »

Boromir la osservava in silenzio.

« Boromir per favore rispondi! » lo incalzò lei con una nota di nervosismo nella voce.

« Perdonami. » disse lui scuotendo la testa « perdonami, sono stato uno stupido. »

« No Boromir, siamo entrambi stanchi, entrambi provati da tutto quello che ci è successo in questi mesi. Quello che vorrei capire, è se tutto questo ci ha allontanati o no. »

« Ma cosa dici? »

« Ti dico quello che provo, ti dico quella che è la mia paura in questo momento! Non riesco a capire che cos’hai, è come se stessi cercando di nascondermi qualcosa, e vorrei capire se lo fai perché non ti fidi più di me o per qualche motivo che non riesco a comprendere. »

« Vieni con me. » si limitò a dirle l’uomo.

« Dove? »

« In un luogo in cui potremo stare tranquilli a parlare, lontani da orecchie indiscrete. Abbiamo un po’ di cose da raccontarci. »

Niniel gli sorrise, e lo seguì lungo i sentieri che passavano attraverso i giardini delle Case di Guarigione.

 

 

 

 

 

E anche questa volta è fatta… non immaginate che fatica ho fatto per scrivere questo capitolo! Non mi convinceva mai, e non mi convince ancora del tutto. Non so perché, ma ho difficoltà a gestire Boromir e Niniel ora che lui è tornato… un po’ come loro hanno difficoltà a parlarsi e dirsi quello che devono dire… boh… non so cosa dirvi…

Comunque, vi chiedo scusa per questo capitolo, molto più corto rispetto al solito, ma ho preferito chiudere qui e mettere tutte le spiegazioni nel prossimo capitolo. In compenso, per farmi perdonare, qui sotto troverete un disegno di Niniel che ho fatto nel 2010… mooooolto tempo fa… così, per farvi vedere come me la immagino. J

Beh, spero che il capitolo almeno a voi sia piaciuto, e spero di essere riuscita a rendere giustizia ad Aragorn almeno un pochino.

Ora vi lascio, purtroppo ho una marea di cosa da studiare per gli esami e fino a metà luglio sarò super impegnata, quindi non posso garantirvi un aggiornamento a breve, sorry! L

Intanto, mando un abbraccio virtuale a evenig_star e Alcalime91 che tengono duro e mi seguono ancora, nonostante i miei aggiornamenti sporadici, e anche a Carmaux_95 che si sta leggendo e recensendo ogni capitolo e che è grazie a lei se qui sotto c’è il disegno... perché mi ha spiegato come inserire le immagini! J Ovviamente, un abbraccio virtuale anche a chiunque altro leggerà!

A presto! J
Eowyn 1

 

Quindi… questa è Niniel, con tanto di capelli scompigliati e grembiule sporco e, sì, quello che ha in mano dovrebbe essere un cucchiaio… Hope you like it! ;)

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

Capitolo 22

 

Boromir la condusse verso una zona un po’ appartata del giardino, dove si trovava una panca in marmo, e vi si sedette. Niniel lo imitò.

L’aria era calma, tutto attorno a loro, ma l’atmosfera era pesante: in vari momenti i lamenti dei feriti giungevano fino alle loro orecchie, così come il via vai dei guaritori e il sopraggiungere di soldati con qualche nuovo ferito da curare, senza contare che gli orrori della battaglia appena combattuta erano ancora troppo vividi nelle loro coscienze.

Boromir rimase in silenzio per alcuni secondi, osservando il cielo.

« Mi domando se se ne andrà mai. » disse poco dopo.

« Cosa? »

« Questa oscurità. »

« Ora che sei tornato, sono certa che tutto andrà bene. » gli disse lei posando una mano su quelle dell’uomo.

Boromir si sottrasse con uno scatto al tocco della ragazza, come se fosse stato scottato, ed abbassò lo sguardo a terra prima di guardare Niniel negli occhi e affermare, con un sospiro: « Niniel, io non sono forte come pensi. »

La ragazza lo fissò, spaesata.

« Ti prego, spiegati. Perché io continuo a non capire. »

« Prima raccontami di te, di cosa ti è successo in questi mesi. »

« Per favore Boromir, ne ho basta di questo tuo continuo rimandare e mi sto davvero preoccupando. Dimmi quello che mi devi dire, di qualunque cosa si tratti. Sono pronta. »

« Sei testarda esattamente come prima che io partissi. » disse Boromir con un leggero sorriso.

Lei scosse la testa: « Ti sbagli, temo di essere peggiorata. »

« Oh, allora andiamo bene… comunque, vedo che non ho molta scelta. »

Niniel lo osservava in silenzio senza abbassare lo sguardo. Boromir sospirò:

« Quello che sto per raccontarti… può darsi che non tutto ti piaccia. Può darsi che tu cambierai idea su di me. Sono successe alcune cose, mentre ero via, ho… fatto alcune cose che non avrei dovuto fare. »

« Lascia che sia io a decidere… ora racconta. » lo interruppe Niniel.

Boromir annuì e cominciò:

« Cercherò di essere il più breve possibile, perché la storia è lunga e abbiamo poco tempo. » sospirò « Quando sono arrivato a Imladris è stato convocato un consiglio a cui hanno partecipati i rappresentanti di varie razze. »

« Questo spiega il nano e… »

« E l’elfo. »

Niniel annuì.

« In breve, diciamo che è stato mostrato il segno di cui parlava il mio sogno. »

« E di cosa si trattava? » domandò Niniel.

Boromir la osservò per qualche secondo, rimanendo in silenzio, poi continuò:

«Niniel, quello che ti sto per dire è una questione che fino ad ora abbiamo tenuto segreta. Io non dovrei farne parola con nessuno, nemmeno con te, ma a quanto pare è necessario che io ti spieghi tutto perché tu capisca. » l’uomo sospirò sconsolato.

« Non ti fidi di me? » domandò la giovane con aria offesa.

« Non si tratta di questo, Niniel! Lo sai perfettamente che mi fido di te, ma qui abbiamo a che fare con questioni molto delicate. La più piccola fuga di notizie potrebbe costare il destino della Terra di Mezzo. »

Niniel lo guardò a lungo negli occhi, scorgendovi un profondo turbamento. Vedere Boromir reagire in quel modo la convinse che ciò di cui le stava parlando doveva essere veramente una missione di massima segretezza.

« Posso giurarti che non aprirò la bocca con nessuno, a costo della mia stessa vita. »

« È proprio questo che mi preoccupa, » le disse Boromir « la tua vita. Se il nemico dovesse venire a conoscenza del fatto che tu sai… »

« Sono pronta a morire. »

« Tu non sai cos’è la morte. »

« Non trattarmi come una bambina, Boromir! » scoppiò Niniel sentendo un’immensa rabbia crescerle nel cuore, cercò di non alzare troppo la voce, ma la cosa le risultò difficile « Ho visto morire Nasten, ho visto la battaglia e i soldati che cadevano! Amici, parenti, persone per cui provavo affetto! Mio fratello è in quella camera in fin di vita e tu mi dici che non so cos’è la morte? Ti ho creduto morto! Morto! La mia vita era finita, non volevo più saperne niente, pensavo che non ti avrei mai più rivisto! »

Boromir rimase pietrificato nel vedere la reazione della ragazza, per quanto ormai conoscesse Niniel non si sarebbe aspettato una reazione del genere.

« Non trattarmi come una bambina. Sono cambiate molte cose da quando te ne sei andato, credimi, anch’io ne ho viste e vissute tante. » concluse lei con gli occhi lucidi.

« Niniel io… mi dispiace. Non volevo insinuare niente è solo che… come al solito ho sbagliato a parlare. » si passò una mano sul viso « Perdonami, credo sia tutto quello che è successo in questi mesi ad avermi fatto parlare così. Forse siamo cambiati entrambi. »

« Allora raccontami, » gli disse ancora la ragazza « senza farti problemi, senza paura. Poi io ti racconterò quello che è successo a me, e cercheremo di far andare d’accordo il nuovo Boromir e la nuova Niniel. »

L’uomo alzò gli occhi su di lei, osservando il volto ancora sporco della giovane.

« Se siamo riusciti nell’impresa di far andare d’accordo il vecchio Boromir e la vecchia Niniel, vuoi che non riusciremo anche ora? » Niniel gli sorrise incoraggiante, tornando a stringergli le mani tra le sue, e a questo punto anche Boromir non poté fare altro che sciogliersi a sua volta in un sorriso.

« Tu sai sempre cosa dire al momento giusto. »

« Avanti ora, continua a raccontare. »

Così, Boromir le spiegò tutto di Frodo e dell’Anello. Della missione che avevano intrapreso, di come avevano attraversato le Miniere di Moria, dove era caduto Gandalf, e le magiche terre degli Elfi e di come, a Parth Galen, la loro compagnia si era infine divisa.

« È qui che ti hanno ferito alla spalla? » domandò Niniel a questo punto. Boromir annuì.

« Ma non è avvenuto solo questo, io… non sono mai stato un cavaliere dal cuore puro. »

« Boromir, cosa stai dicendo? »

« La verità. Io mi credevo forte, ma la realtà è che sono debole. E il mio cuore è corrotto come quello di tutti gli Uomini. »

Niniel lo osservava in silenzio, senza sapere cosa dire.

« Nel mio cuore, » riprese Boromir « iniziai e sentire sempre più forte il desiderio di impadronirmi dell’Anello. In quel momento era come se l’unica soluzione a tutti i nostri problemi fosse che quell’oggetto giungesse a Minas Tirith. Potevo sentirne il potere, quel potere che credevo ci avrebbe permesso di distruggere Sauron stesso. »

Niniel gli afferrò nuovamente le mani, interrompendo il suo discorso.

« Boromir… » lo chiamò con voce tremante. Gli occhi dell’uomo erano bassi e colmi di dolore, mentre la sua fronte era imperlata di sudore, come se stesse rivivendo un incubo fin troppo vivido.

« Tutto a posto? » gli domandò quindi Niniel. Lui deglutì a vuoto « Te la senti di continuare? »

L’uomo annuì e riprese:

« La verità, è che ciò che l’Anello mi stava facendo credere era solo una menzogna, che ebbe l’effetto di farmi compiere l’unica azione che non avrei dovuto fare: ho cercato di rubare l’Anello a Frodo. » disse le ultime parole in un sussurro. Niniel lo osservava in silenzio, continuando a stringergli le mani. Non sapeva bene cosa fare, cosa dire, Boromir pareva ancora profondamente turbato, e lei lo era a sua volta nel vederlo reagire così.

« Ma lo hai detto anche tu, è stato l’Anello… »

« Avrei dovuto resistere, lottare. Invece mi sono lasciato corrompere. Sono corso a cercare Frodo e l’ho aggredito. Volevo l’Anello, a tutti i costi. » Boromir si interruppe di nuovo, mentre una lacrima gli scendeva silenziosa lungo la guancia, perdendosi poi tra la barba.

« Per fortuna, per un intervento provvidenziale, l’hobbit è riuscito ad indossare l’Anello, sparendo dalla mia vista. »

« Sparendo? » domandò esterrefatta lei.

« Quell’oggetto ha la capacità di rendere invisibile chiunque lo indossi. » rispose lui.

« Cos’è successo poi? »

« Quando mi sono reso conto di ciò che avevo appena fatto, io… è stato come risvegliarsi da un incubo, con la differenza che però mi resi immediatamente conto che si trattava della realtà. Mi sentivo in colpa, mi sentivo debole e stupido. Poi mi sei venuta in mente tu, e mi sono sentito ancora peggio. » sospirò « Sentivo di averti tradito, di aver tradito tutte quelle persone che avevano creduto in me e soprattutto di aver tradito la Compagnia. Ho iniziato a camminare senza una meta e, senza rendermene conto, mi sono ritrovato ai piedi di una vecchia costruzione. Si trattava del Seggio della Vista. Ne avevo sentito parlare, in passato, e avevo letto qualcosa in uno dei libri di mio padre. Chiunque prenda posto sul Seggio può spingere il suo sguardo lontano, a centinaia di chilometri di distanza, ed io, in quel momento, più di ogni altra cosa desideravo poter arrivare fino a Minas Tirith. Volevo rivedere la Città, speravo di rivedere te… »

« E hai visto? » gli domandò Niniel.

« Ho visto la Città e l’Oscurità che la circondava. Poi il mio sguardo si è spinto oltre, senza che la mia volontà lo desiderasse. Sono arrivato fino a Mordor. » la voce di Boromir si spezzò.

« E cos’hai visto? » Niniel aveva gli occhi spalancati e il fiato corto, era come se stesse vivendo insieme a Boromir il ricordo di ciò che era avvenuto presso il Seggio della Vista.

« Fiamme. Solo fiamme. Poi ho cercato tutte le mie forze per riuscire ad alzarmi. » finalmente riuscì a risollevare lo sguardo sulla ragazza « Non puoi immaginare… tu… non hai idea di cosa ho visto. Perdonami, Niniel. Non volevo tradire la tua fiducia. »

La ragazza si sporse in avanti e lo abbracciò, stringendolo più che poteva. Boromir appoggiò il viso nell’incavo del collo di lei e rimase immobile in quell’abbraccio, respirando profondamente, come si fa quando ci si risveglia dopo un incubo.

Rimasero così per alcuni minuti, Niniel gli accarezzava i capelli, e il suo sguardo era perso oltre la schiena di Boromir. Quando lo aveva conosciuto non avrebbe mai pensato di vederlo così.

Lui le era sempre apparso come un guerriero forte, freddo e anche poco attento ai bisogni degli altri, poi invece aveva conosciuto quel lato dolce del suo carattere, che l’ aveva fatta innamorare, ed ora stava scoprendo un altro lato, quel lato completamente umano che aveva paura, era debole e commetteva errori come, del resto, accade a tutti.

Dopo qualche minuto, Boromir si scostò, e la guardò negli occhi: « Non posso chiederti di fidarti ancora di me. »

« Cosa? »

« Ho tradito la tua fiducia. »

« Tu non hai tradito proprio nessuno! » sbottò lei « Lo hai detto tu stesso, è stato quell’affare, l’Anello. Si è trattato di una debolezza che avrebbe potuto cogliere chiunque. »

« Ho cercato di fare del male a Frodo, ho rischiato di far saltare la missione! »

« Quel… Grampasso… questo lo sa? » domandò lei all’improvviso.

Boromir parve sorpreso dalla domanda: « Come? »

« Da come hai parlato, ho capito che era lui il “capo” della missione. Allora, lui sa cos’è successo? »

« Sì, certo che lo sa, ma… »

« Allora perché ti ha permesso di continuare a viaggiare con loro? »

« Non capisco cosa vuoi dire. »

« Se tu li avessi davvero traditi, dubito che in una missione di tale importanza ti avrebbero permesso di continuare a viaggiare con loro, o al massimo ti avrebbero condotto come prigioniero e traditore. Invece non è stato così. Tu sei entrato a Gondor al fianco dei tuoi compagni, hai combattuto nel Pelennor con loro. Deve essere successo qualcosa, oppure hai trovato il modo di riconquistare la loro fiducia, e questo significa che non sei un traditore e che i tuoi amici ti vogliono ancora bene. Ma, soprattutto, significa che in nessun caso io rinuncio a te e a noi, è chiaro? Ora raccontami cos’è successo dopo. »

« Niniel, è tutto troppo complicato. »

« Se sono riuscita a comprendere fino a questo punto, capirò anche il resto. »

« Non stavo mettendo in dubbio la tua capacità di comprendere. »

« Allora continua. » il tono di Niniel suonava più come un ordine che non come una richiesta, e Boromir si ritrovò costretto a prendere fiato e continuare il suo racconto.

« Quando sono riuscito a riprendermi, » proseguì parlando lentamente « ho sentito delle grida. In quel luogo potevano essere solo dei miei compagni, così mi sono diretto verso il luogo dal quale provenivano, ma lungo la strada sono stato attaccato da un Uruk-hai. Dopo essermi liberato di lui, ho ricominciato a correre verso il luogo dal quale avevo sentito le urla e, una volta arrivato, vidi che decine di quei mostri avevano catturato Merry e Pipino e li stavano portando via. Allora ho cominciato a combattere contro gli Uruk, ma mi ero attardato troppo: avevo perso tempo al Seggio della Vista, senza contare lo scontro a metà strada con quel mostro. Gli Uruk che trasportavano i due hobbit si erano già allontanati, non riuscivo più a vederli. Ho continuato a combattere, ma quando mi sono reso conto che da solo non sarei mai riuscito a farcela, ho suonato il corno di Gondor per chiamare gli altri. »

« Ed è stato questo il momento in cui… in cui io ho sentito il corno e ho pensato che tu fossi morto. » disse Niniel con lo sguardo fisso davanti a sé.

Boromir annuì: « Ho suonato il corno più volte, ma i miei compagni non arrivavano, o meglio, stavano arrivando ma erano lontani e gli ci volle del tempo, senza contare che lungo la strada hanno incontrato anche loro degli Uruk. Nel frattempo, Merry e Pipino erano ormai del tutto fuori dalla mia portata e, mentre combattevo, uno di quei mostri mi ha preso alla sprovvista e mi ha ferito all’altezza della spalla destra. Sono riuscito a liberarmi di loro, ma proprio quando stavo per rincorrere gli Uruk-hai che avevano rapito gli hobbit ho sentito un dolore alla schiena. Poi tutto si è fatto buio e non ricordo più nulla di ciò che è successo fino a quando, la sera del giorno successivo, mi sono risvegliato in preda ad una febbre molto alta. Ricordo solo che mi veniva detto qualcosa riguardo una ferita grave alla schiena. Seppi poi che uno di quei mostri mi aveva colpito con una freccia e che i miei compagni mi avevano trasportato in un luogo sicuro, a una certa distanza da dove era avvenuto lo scontro, e mi hanno curato. È solo merito di Grampasso, se nono ancora qui. »

« Aspetta un attimo… non dirmi che questo Grampasso è l’uomo che ha curato Narith? »

Boromir annuì.

« Credo di dovergli la vita due volte, allora… » disse Niniel fissando Boromir « Come farò a sdebitarmi? »

Lui sorrise leggermente, per la prima volta da quando aveva iniziato a raccontarle la sua storia: « Conoscendolo, non credo che vorrà qualcosa in cambio. »

Lei gli accarezzò il viso, ancora scossa da tutte quelle notizie che stava apprendendo: « Finisci il tuo racconto. »

« Mi risvegliai tre giorni dopo, la febbre era scesa e venni a sapere che per prendersi cura di me, Grampasso, Legolas e Gimli avevano dovuto rinunciare a dare la caccia a quei mostri che avevano rapito Merry e Pipino. Questo non fece altro che farmi sentire ancora più in colpa e pregai i miei compagni di metterci sulle loro tracce. Loro non volevano, dicevano che ero ancora troppo debole, ma sono riuscito a convincerli che ce la potevo fare. Ci siamo messi in marcia, ma li rallentavo molto perché ero effettivamente ancora debilitato. Grampasso diceva che, se avevano portato via Merry e Pipino senza ucciderli immediatamente, molto probabilmente significava che li volevano come ostaggi, e quindi dovevano essere ancora vivi, ma sapevo benissimo che lo faceva solo per non farmi sentire in colpa. »

Niniel poteva chiaramente leggere tutta una serie di emozioni che si dipingevano sul volto di Boromir, e che dovevano rispecchiare ciò che lui aveva provato in quei momenti: senso di colpa, debolezza, rabbia.

« Seguimmo le tracce di quei mostri, ma erano ormai a giorni di cammino da noi e noi procedevamo troppo lentamente. Finalmente, incontrammo una compagnia di soldati di Rohan, guidati dallo stesso Éomer, il nipote del re. Da lui apprendemmo che un paio di notti prima avevano sterminato un gruppo di Uruk-hai, gli stessi che avevano rapito i due hobbit, ma venimmo anche a sapere che di Merry e Pipino non vi era traccia. L’unica cosa che pensammo, era che nella battaglia fossero stati uccisi anche loro. » qui la voce di Boromir si incrinò di nuovo « Credo di non essermi mai sentito così male. »

« Ma loro sono vivi, però, cos’è successo? » domandò Niniel.

« Durante lo scontro sono riusciti a fuggire nella Foresta di Fangorn, dove sono stati salvati da un Ent. »

« Un cosa? »

« Non c’è tempo ora, per spiegarti anche questo. » disse Boromir sorridendo « Domandalo ai due hobbit, quando li incontrerai, e sono certo che saranno felicissimi di spiegarti tutto. Comunque, Eomer ci ha dato dei cavalli e ci siamo inoltrati nella foresta alla ricerca dei due hobbit, e qui abbiamo ritrovato un nostro caro amico: Gandalf. »

« Mh, qualcosa mi dice che non hai tempo nemmeno per raccontarmi ciò che è successo allo stregone dopo che è caduto nelle Miniere. »

Boromir annuì: « Aragorn, Legolas, Gimli ed io, guidati da Gandalf, ci siamo diretti a Edoras, dove re Theoden era sotto l’influsso malefico dello stregone Saruman. Gandalf lo ha liberato e, a questo punto, attendevamo un attacco da parte dello stregone nostro nemico, quindi re Theoden ha deciso di rifugiarsi al Fosso di Helm, luogo in cui sperava di riuscire a difendere la sua gente e avere la meglio sugli Uruk-hai di Saruman. »

« E così è stato? »

Boromir annuì, con un certo fastidio: « Anche se non posso raccontarti più di tanto di questa battaglia, visto che i miei amici mi hanno costretto a rimanere rinchiuso nelle Grotte Scintillanti che si trovano sotto al Fosso di Helm con le donne e i bambini… »

« Gandalf mi aveva detto che non ti avevano permesso di partecipare ad una battaglia. » esclamò Niniel, sorridendo all’espressione contrariata di Boromir.

« Sarei stato perfettamente in grado di combattere. »

« Eri ancora debole per le ferite… » gli fece notare lei, evitando di prenderlo in giro, ma ridendo dentro di sé per la testardaggine di Boromir « E gli sono grata per averti impedito di combattere! Avresti potuto non essere qui, ora. »

Boromir tagliò corto su questo fatto, doveva bruciargli davvero molto il non aver potuto prendere parte alla battaglia, ma le sue ferite non erano ancora del tutto rimarginate e la lunga marcia nel territorio di Rohan alla ricerca degli hobbit lo aveva già debilitato abbastanza, ecco perché Aragorn si era opposto alla sua decisione di combattere.

« Dopo la battaglia ci dirigemmo a Isengard, dove finalmente ritrovammo Merry e Pipino, e da qui di nuovo a Edoras. Dopo pochi giorni, Gandalf partì con Pipino alla volta di Minas Tirith, e sarei tornato più che volentieri con loro, ma il sentiero che ci attendeva era diverso. Ho attraversato con i miei compagni i Sentieri dei Morti, e dopo aver conquistato le navi nere siamo giunti qui per la battaglia. Il resto lo sai. » concluse lui con un lieve sorriso « Ci sarebbe ancora molto da raccontare, ma ora purtroppo temo che il tempo a nostra disposizione non me lo permetta. »

« Per ora mi basta sapere questo e, soprattutto, sapere che tu sei vivo. » Niniel gli sorrise.

« Niniel, io ho sbagliato molto, ho commesso degli errori che… »

« Tutti noi commettiamo degli errori. »

« Questo avrebbe potuto compromettere il destino dell’intera Terra di Mezzo! »

« Ma non è stato così! E le tue azioni successive hanno dimostrato che ti sei reso conto dello sbaglio che stavi per fare. Non è giusto condannare a vita una persona per i suoi errori, soprattutto quando questa persona si riscatta come hai fatto tu. E poi, se vogliamo vedere, tutti noi dovremmo essere condannati, perché chi non ha mai commesso un errore? Se tu non mi avessi perdonata quella volta in cui ho detto a tuo padre che tra noi non c’era niente, molto probabilmente ora non saremmo qui insieme. »

« Senza di te non avrei trovato la forza per combattere e tornare a casa. » ammise Boromir « Niniel, tu non ti rendi conto di quanto significhi per me. »

Lei abbassò il viso, sentendosi in imbarazzo di fronte a quegli occhi grigi che la osservavano, ma Boromir le appoggiò una mano sulla guancia e Niniel d’istinto alzò lo sguardo su di lui.

Prima che potesse rispondere, l’uomo le si avvicinò e posò le labbra su quelle di lei. La giovane impiegò qualche momento per realizzare effettivamente cosa stesse succedendo e, solo dopo alcuni secondi, chiuse gli occhi e rispose al bacio, accarezzando la barba ispida di Boromir e lasciandosi trasportare dalle emozioni che la stavano travolgendo inaspettatamente, rimanendo sorpresa dalla delicatezza che l’uomo stava dimostrando.

Dopo alcuni istanti Niniel si scostò, e osservò nuovamente negli occhi Boromir. La giovane stava per dire qualcosa, quando udirono un rumore di passi avvicinarsi.

« Niniel… » era Earine, e aveva il fiato corto « Vieni presto! »

Boromir e la ragazza si scambiarono uno sguardo preoccupato, quindi si affrettarono a raggiungere la cameriera, che non gli lasciò il tempo di domandare cosa stesse succedendo.

« Narith » disse « Si è appena svegliato. »

Senza attendere oltre, Niniel si diresse a lunghi passi verso la camera del fratello e, quando vi entrò, trovò i genitori chinati sul letto che gli parlavano.

« Narith! » esclamò lei correndogli accanto e stringendogli una mano.

Lui sorrise lievemente, aprì la bocca come nel tentativo di dire qualcosa, ma l’unica cosa che gli riuscì fu di produrre un verso strozzato, che fece dipingere sul volto del ragazzo un’espressione di disappunto per il fatto che non riusciva a parlare.

« Non ti sforzare! Sei ancora debole, non dire niente! » esclamò lei « Come ti senti? »

« Non puoi dirgli di non parlare e poi fargli una domanda pretendendo una risposta! » le fece notare Boromir.

Fu solo in quel momento che Narith si accorse dell’uomo che era appena entrato insieme a sua sorella. Lo osservò con sorpresa, poi sorrise e volse lo sguardo verso Niniel che gli stava accarezzando una guancia con gli occhi lucidi, che minacciavano lacrime da un momento all’altro.

« Ciao Narith! » lo salutò Boromir, avvicinandosi « Mi è stato detto che hai combattuto con onore. »

Il ragazzo fece un verso di disappunto, alludendo alla sua gamba, poi tornò a guardare la sorella:

« Sei contenta? » riuscì a dire in un sussurro.

« Sono la persona più felice del mondo! » gli disse lei « Perché Boromir è tornato e tu ti sei risvegliato! »

« Ora temo solo che dovrai sopravvivere alle amorevoli cure di tua sorella… e conoscendola, questo mi sa che significa che ti controllerà dal mattino alla sera! » scherzò Boromir, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Niniel.

« Cosa vuoi dire con questo, scusa? »

« Oh no, niente… ma tanto so che c’è Earine, qui, pronta a darti il cambio. » disse a questo punto l’uomo facendo arrossire la cameriera « Quindi so che Narith è in buone mani! »

« Ehi! » esclamò Niniel tirandogli un pugno sul braccio.

« Intendevo dire che è in buone mani con entrambe! » fece lui per giustificarsi.

« Ah sì certo, sei bravo a cercare scuse! »

Nel frattempo, mentre Niniel e Boromir discutevano e Erith ed Adhort erano intenti ad osservare il figlio che si era appena ripreso, Narith spostò la sua attenzione su Earine che rimaneva in silenzio ai piedi del letto e lo osservava con il cuore pieno di gioia. Lo sguardo che si scambiarono fu silenzioso, ma colmo di un significato che conoscevano solo loro.

 

 

 

 

 

 

 

Ok, aspettate un attimo che me lo dico da sola… sì, sono in tremendo ritardo! L Mi auto-flagello, lanciandomi da sola pomodori, uova marce e quant’altro…

Chiedo perdono come sempre… spero possiate comprendere! Solite storie, università, mille cose da fare, poco tempo e poca ispirazione.

Spero di essermi un po’ riscattata con questo capitolo… non immaginate come sia difficile scrivere di questi due ora. Perché ho il terrore di rendere Boromir tropo OOC, insomma… è difficile immaginare un guerriero come lui in “situazioni sentimentali”, con Faramir sarebbe tutto molto più semplice! XD Va beh, scleri a parte, spero non mi linciate, spero che vi sia piaciuto il capitolo e spero che il bacio tanto atteso non abbia deluso nessuno. E soprattutto spero che ora Boromir si sciolga un po’ perché, porca miseria, non ne posso più, è troppo difficile se continua a rimanere freddo e gelido! U_U

Ok, basta davvero, sto degenerando… un bacio a chiunque leggerà! Grazie infinitamente a chi recensisce e mi sopporta e supporta con tanta pazienza! J

A presto! (spero!!)

Eowyn 1

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Salve a tutti… fa così strano tornare a postare qui dopo tutto questo tempo, in particolare mi fa strano tornare a postare un nuovo capitolo di questa storia che, sebbene sia qui inconclusa dal 2014, non ho mai dimenticato. Spesso ho pensato di riprenderla in mano, ma in questi anni ho avuto poco tempo e spesso poca ispirazione. Nonostante tutto, la storia di Boromir e Niniel è sempre rimasta nel mio cuore e più di una volta ho pensato che prima o poi avrei trovato il coraggio di finirla. Quest’anno, verso la fine dell’estate, l’ho riletta tutta e, sebbene ogni due righe avessi la tentazione di sistemare qualcosa, modificare qualche passaggio, correggere il carattere di Niniel che spesso mi è risultato pesante (e meno male che l’ho scritta io XD) alla fine ho lasciato tutto così, perché in effetti ho cominciato a scrivere questa storia nel 2010… sono passati quasi dieci anni… era inevitabile che ora vedessi certe cose in modo diverso. Però ho capito che quella Niniel non potevo cambiarla, e che avevo ancora una voglia pazzesca di continuare e cercare di concludere questa avventura. E allora, tra un tentennamento e l’altro, tra varie insicurezze e il lavoro che spesso mi sottrae il tempo che vorrei poter dedicare alla scrittura, ho provato a tornare a scrivere. Sinceramente, non so cosa succederà XD nel senso che spero di non lasciar passare altri cinque anni prima di riuscire a scrivere il prossimo capitolo… Detto questo, non so se qualcuno ricorda questa storia, non so se i vecchi lettori frequentano ancora il sito e se saranno mai interessanti nel riprendere la lettura. Magari qualche nuovo lettore si imbatterà in questo delirio e, se sarà arrivato fino a qui, gli chiedo umilmente perdono per gli scleri.
Punto.
Detto questo… faccio un bel respiro e ci riprovo. Grazie a tutti e buona lettura! :*
Eowyn 1



CAPITOLO 23

16 MARZO 3019
La notte dopo la battaglia fu lunga e insonne per la maggior parte degli abitanti di Minas Tirith. In molti piansero parenti e amici scomparsi oppure passarono la notte a cercarli con ansia tra i corpi ammassati lungo il Pelennor e tra le vie distrutte della città.
La famiglia di Niniel rimase nella piccola stanza delle Case di Guarigione per assistere Narith, la loro abitazione era inagibile per via delle tremende crepe provocate dai massi lanciati dagli orchi con le catapulte. Ilarin, sua madre Sorien e Asyl, che durante la battaglia vi si erano riparati all’interno con Niniel, furono costretti ad aggiungersi alla miriade di sfollati che si ritrovavano senza una abitazione. Per lo meno erano ancora vivi e insieme.
Boromir avrebbe voluto che Niniel e i suoi famigliari accettassero un ricovero in una delle stanze a palazzo, ma erano tutti intenzionati a rimanere al fianco di Narith, anche se il ragazzo si era svegliato era comunque ancora debilitato dalla ferita riportata in battaglia e non completamente fuori pericolo. Boromir comprese i motivi del rifiuto anche perché lui stesso trascorse la notte al fianco di suo fratello Faramir che a sua volta si era risvegliato dopo essere stato curato dallo straniero venuto in città, ma era ancora debole e gravemente debilitato.
Fu una notte lunga e pesante. Molti non dormirono, chi dormì non riposò tranquillamente e nessuno in città festeggiò la vittoria della battaglia perché tutti sapevano che la guerra contro Mordor non era ancora conclusa.

Quando la mattina dopo Niniel si svegliò, le parve che ogni fibra del suo corpo dolesse come non le era mai capitato prima. Quelle sedie di legno non erano di sicuro il miglior giaciglio su cui riposare. Osservò in silenzio il fratello che, ancora assopito, respirava serenamente e con regolarità. Suo padre, sua madre ed Earine a loro volta riposavano tutti storti su sedie e sgabelli di legno.
Da sotto la porta proveniva un debole filo di luce, segno che era già mattina, e pur non sapendo dire che ore potessero essere, Niniel si alzò e cercando di non fare rumore si lavò il viso, ancora sporco dal giorno precedente. Con tutto quello che era successo non aveva minimamente pensato di lavarsi prima di andare a dormire. Osservò l’immagine che il piccolo specchio posizionato sopra la tinozza dell’acqua le stava restituendo e l’unica cosa che notò fu il viso stanco e provato di una Niniel ben diversa da quella che lei stessa conosceva. Se non fosse stato che erano mesi che non vedeva Boromir, probabilmente si sarebbe chiusa in quella camera vergognandosi di farsi vedere dall’uomo in quelle condizioni. Poi però pensò che aveva una gran voglia di passare del tempo con lui e soprattutto pensò che quelle avrebbero potuto essere le ultime ore che avrebbe trascorso in sua compagnia. Cosa ne sarebbe stato di loro a questo punto? Che mosse avrebbero fatto gli uomini di Gondor e che mosse avrebbe fatto Mordor?
« Niniel… » i suoi pensieri vennero interrotti dal padre che si era appena svegliato « Cosa fai? »
La ragazza accennò un sorriso e bisbigliò:
« Volevo andare a vedere come sta Faramir. »
« Che ore sono? »
« Non lo so, ma l’alba è già passata. Fuori si vede della luce. »
Il padre annuì.
« Vai e salutami Boromir. Poi ci dirai come sta Faramir. »
« Chiedi scusa a Narith se non aspetto che si risvegli… »
« Penso che capirà. » la tranquillizzò lui con un sorriso.

Quando Niniel uscì dalla stanza una luce fioca la accolse nel nuovo giorno. Doveva essere ancora presto, probabilmente non erano nemmeno le 8 del mattino, ma era certa che avrebbe trovato Boromir già sveglio. Vi erano troppe cose da fare perché lui potesse essere ancora addormentato, ma soprattutto era certa che anche lui avesse trascorso una nottata in bianco un po’ come lei.

Nelle Case di Guarigione, pur essendo ancora presto, c’era comunque un gran via vai di persone perché le emergenze erano ancora molte in seguito alla battaglia del giorno precedente, ma tutti si spostavano con maggior attenzione e parlavano sottovoce per non disturbare i feriti e i malati che stavano ancora riposando. A Niniel tutta quella situazione parve surreale, aveva l’impressione di non essere ancora riuscita del tutto a realizzare cosa fosse successo nelle ultime ore. La battaglia, le morti, le grida, Nasten, suo fratello ferito, la vittoria e la paura di ciò che sarebbe accaduto ora. A tutto questo c’era da aggiungere il ritorno di Boromir e la presenza di tutta quella gente che lo accompagnava e che agli occhi della ragazza appariva strana eppure al tempo stesso profondamente affascinante. Avrebbe voluto sapere di più su di loro, ma la sera precedente Boromir non aveva avuto tempo per raccontarle. Avrebbe voluto fargli tante domande, ma Boromir non sembrava avere tempo o voglia di risponderle. Avrebbe voluto poter vivere quel momento di ricongiungimento con più serenità e spensieratezza, ma non ci riusciva e non riusciva a capire come mai. Il presente e l’indeterminatezza del loro futuro la preoccupavano, così come la situazione della Città, ma soprattutto la preoccupava Boromir con i suoi discorsi lasciati a metà, alcuni suoi sguardi tristi e il suo trattenersi dal parlare di certe cose. Si domandò se tutto quello che era successo non fosse stato troppo per loro. Alla fine si erano conosciuti da poco, magari lei non aveva compreso del tutto Boromir, magari non era l’uomo che aveva sempre pensato che fosse. Si riscosse un attimo dalla spirale di pensieri in cui era stata trascinata dalla sua mente senza che riuscisse ad accorgersene.
Lo aveva giudicato male all’inizio, ma lui poi si era rivelato diverso da come lei credeva. Di sicuro ora c’era altro dietro ai suoi silenzi e a tutto quel mistero. Lui stesso le aveva detto che non avevano molto tempo per parlare, che certe cose avrebbe preferito spiegargliele con più calma. I tempi erano oscuri e di certo non aiutavano, ma doveva fidarsi, voleva fidarsi di lui e di loro.
Presa dai suoi pensieri, non si accorse che era praticamente davanti alla porta della stanza di Faramir e se ne rese conto solo quando udì i cardini scricchiolare e si trovò di fronte l’elfo e il nano che aveva visto il giorno precedente.
« Buongiorno, mia signora. » la salutarono loro con gentilezza.
Niniel rimase un attimo interdetta da tutta quella riverenza e soprattutto da quel “mia signora”.
“Signora? Io?!” pensò “Signora di chi?”, ma le esperienze degli ultimi mesi le suggerirono che non fosse corretto, o perlomeno carino, dare voce a quei pensieri. Soprattutto in quanto i due l’avevano trattata con estrema gentilezza e non sembrava che volessero mancarle di rispetto.
« Buongiorno, miei signori. » rispose quindi chinando il capo. Niniel ebbe il sospetto che il nano avesse intuito quali fossero i suoi pensieri, perché gli scappò un risolino, che però mascherò subito cercando di tornare serio.
All’interno della camera da cui erano appena usciti si sentì il rumore di una sedia che strisciava sul pavimento e pochi secondi dopo comparve sulla porta Boromir, che doveva aver udito la voce della ragazza.
« Niniel! » la salutò con un sorriso « Già in piedi? Come sta Narith? »
« Non si è ancora svegliato, ma ha passato una notte tranquilla. » rispose lei sorridendo a sua volta.
« Visto che sei qui e che qualcuno poco fa mi ha rimproverato per non aver ancora fatto le presentazioni… »
A questo punto si sentì di nuovo il nano ridacchiare, mentre l’elfo sembrò lanciargli un’occhiata di rimprovero.
« Niniel, loro sono Legolas figlio di Thranduil e Gimli figlio di Gloin, due dei miei compagni. Legolas, Gimli, lei è Niniel. »
La ragazza non avrebbe saputo dire con certezza, ma Boromir le parve leggermente in imbarazzo. Non ebbe il tempo di riflettere su questo aspetto, perché gli altri due presero la parola.
« Abbi pazienza Boromir, ma dopo averne sentito parlare così tanto permetti che eravamo curiosi di conoscerla? » ridacchiò il nano. Boromir abbassò lo sguardo con un leggero sorriso. « Comunque, piacere di conoscervi Niniel. Io sono Gimli e Legolas, come avrai capito, è l’elfo qui accanto a me. »
« Penso di essere in grado di presentarmi anche da solo… » lo riprese l’elfo « In ogni caso, Gimli ha già dato voce ai pensieri di entrambi. Molto lieto di fare la vostra conoscenza. »
Niniel rimase nuovamente colpita da tutto quel rispetto, non era abituata… lei era una semplice cuoca, nessuno le si era mai rivolto in quel modo.
« Il piacere è mio, miei signori. È un onore conoscere le persone che hanno accompagnato Boromir in questo viaggio. »
Loro sorrisero e risposero chinando leggermente il capo.
« Se non vi dispiace, ora vorremmo andare a trovare Merry e Pipino per sincerarci che stiano bene e che non abbiano bisogno di niente. È da ieri sera che non li vediamo e sappiamo che Merry ha riportato delle ferite. » spiegò Legolas.
« Mah… noi siamo qui a preoccuparci, ma vedrai che li troveremo intenti a banchettare e fumare proprio come è stato a Isengard. » borbottò il nano. Con quel suo modo di ridacchiare e borbottare continuamente a Niniel stava già simpatico.
« Meglio andare a sincerarci di persona… » concluse Legolas lanciando un’occhiata eloquente al nano, prima di aggiungere « Ci vediamo più tardi, Boromir. Niniel, buona giornata! »
E parlando tra loro a bassa voce, si allontanarono.

« Sembrano simpatici. » commentò Niniel.
« Tu e Gimli andrete parecchio d’accordo. » commentò Boromir osservando i due amici che se ne andavano « Avete lo stesso modo di borbottare sempre per tutto. »
« Con la sola differenza che io non ho la barba. » replicò Niniel indirizzando a Boromir una smorfia.
« Per fortuna! » commentò lui con un sorriso, poi si avvicinò e le diede un leggero bacio sulle labbra. Niniel rimase un attimo spiazzata da quel gesto, doveva ancora farci l’abitudine.
« Sei riuscita a dormire un po’? » le domandò poi lui osservandola dritta negli occhi.
« Quel tanto che basta. » rispose lei con un’alzata di spalle « E tu? »
« Quel tanto che basta. » le fece eco lui, con un sorriso stanco. Lei gli accarezzò una guancia e lui socchiuse gli occhi a quel contatto.
« Faramir come sta? » chiese poi lei.
« Si sta riprendendo, per fortuna. Dopo che Aragorn lo ha curato si è risvegliato. Legolas e Gimli sono passati anche loro a trovarlo. Vieni. » prima che lei potesse accorgersene, lui la prese per mano e la condusse dentro la camera.
Nella penombra, illuminato dalla fioca luce di una candela, le apparve Faramir. Il visto stanco ed emaciato segnato da profonde occhiaie, ma era sveglio e questo era l’importante.
Volse leggermente lo sguardo verso di loro: « Mi stavo giusto chiedendo quando vi sareste ricordati di me. » disse, la voce quasi un sussurro e un sorriso tirato che lasciava intravedere la sofferenza dell’uomo.
« Faramir! » Niniel si accostò al letto « Come stai? »
« Qualche ferita qua e là, per il resto tutto bene. » sorrise nuovamente, un sorriso stanco.
« L’importante è che tu sia sveglio. Qui sei al sicuro, ora con calma ti rimetterai! »
Un altro sorriso.
« Tu come stai? Boromir mi ha detto di Narith. »
« È ferito, ma sveglio anche lui. Si sta riprendendo. »
« Vi riprenderete entrambi. » disse Boromir.
« Hai visto? » le domandò poi Faramir, indicando il fratello con lo sguardo « È tornato. »
« Sì » sussurrò lei, le sue guance si tinsero di rosso.
« Non è che mi dovete dire qualcosa voi due? » li stuzzicò debolmente Faramir.
La domanda ebbe l’effetto di far arrossire Niniel ancora di più, mentre Boromir biascicò un: « Cosa mai dovremmo dirti? »
« Ah non lo so… chiedevo. » rispose Faramir sforzando un sorriso.
« Qualcosa mi dice che hai ancora bisogno di riposare… » commentò Boromir « Mentre io invece devo scendere nel Pelennor, Legolas e Gimli sono venuti a comunicarmi che Aragorn vuole parlare con me, Eomer e nostro zio Imrahil. »
Faramir si fece serio e annuì, mentre Niniel si era persa metà dei nomi che aveva citato Boromir, non sapendo chi fossero quelle persone.
« Posso accompagnarti fin giù? » gli domandò.
« Da quando chiedi il permesso? » commentò divertito Boromir.
Niniel alzò le spalle: « Magari poteva darti fastidio la cosa, oppure non era opportuno o forse me ne devo stare fuori da queste situazioni… »
Boromir la osservò « Beh, nessuna delle tre cose. »
Niniel annuì.
Salutarono Faramir, che indirizzò a Boromir uno sguardo strano, poi l’uomo e la ragazza si diressero insieme verso l’uscita delle case di Guarigione e presero la strada che conduceva verso i livelli più bassi della città.
Percorsero il primo tratto in silenzio, poi Boromir diede voce a un pensiero che gli ronzava in testa da un po’.
« Niniel, c’è qualcosa che non va? »
La giovane lo osservò in modo confuso: « Dopo tutto quello che è successo mi sembra una domanda strana la tua. Narith e Faramir sono feriti gravemente, la città è distrutta, noi siamo stati lontani per mesi e c’è una guerra in corso che non si sa come continuerà e come finirà. Quindi sì, direi decisamente che c’è qualcosa che non va. » rispose, leggermente scocciata.
« So in che situazione ci troviamo, ma prova a lasciare fuori da tutto questo la guerra e le perdite che abbiamo subito. » a questo punto l’uomo si fermò, costringendo anche lei a fare lo stesso « Io vorrei capire se c’è qualcosa che non va tra noi due. So che siamo stati lontani per mesi, so che mi hai creduto morto e che mentre ero via sono cambiate varie cose nella tua vita, anche se ancora mi devi spiegare bene, ma al di là di questo ho l’impressione che ci sia dell’altro. »
La ragazza si ritrovò gli occhi grigi di Boromir piantati nei suoi, uno sguardo severo e allo stesso tempo preoccupato. Niniel sospirò, prima di rispondere.
« La verità è che ho come la sensazione che ci sia qualcosa che tu non mi vuoi dire. So che ieri sera abbiamo avuto poco tempo per parlare e che ne avremo poco anche in questi giorni, ma non capisco se si tratta solo di tempo o se c’è dell’altro. »
Boromir sospirò, poi accennò un sorriso:
« Non c’è niente che ti sto nascondendo, Niniel. Se avessi voluto nasconderti qualcosa non ti avrei raccontato della missione che ha spinto me e i miei compagni a questo viaggio, così come non ti avrei raccontato di ciò che ho fatto a Frodo. » la sua voce si incrinò e i suoi occhi si abbassarono un attimo, poi li fissò nuovamente in quelli della ragazza « Credimi, mi vergogno profondamente per ciò che ho fatto, ma se non mi fidassi di te non te lo avrei raccontato. A parte i miei compagni sei l’unica che lo sa, non ne ho ancora parlato nemmeno con mio fratello. Può essere che io ti abbia fatto pensare che volessi nasconderti qualcosa perché ieri sera le mie spiegazioni sono state veloci e lacunose, ma era solo per via del poco tempo a nostra disposizione. Ti assicuro che non appena avremo un po’ di tranquillità ti spiegherò con più calma e risponderò a tutte le tue domande. Poi, se non ho intuito male, anche tu avrai parecchie cose da raccontarmi. » le si avvicinò e le scostò dal volto una ciocca di capelli ribelli. Gli occhi della ragazza erano ancora fissi nei suoi, erano seri e con una severità che non le aveva mai visto prima.
« Promesso? » domandò lei.
« Promesso. » annuì lui con un sorriso « Anche se sinceramente non so bene quando avremo del tempo da passare insieme con un po’ di tranquillità. Ora devo andare da Aragorn per decidere quali saranno le prossime mosse di questa guerra e temo che in giornata avrò vari impegni che mi terranno occupato. Devo rivestire il mio incarico di Sovrintendente ora e non siamo certamente in un momento in cui avrò molto tempo libero, ma ti prometto che appena possibile lo troveremo. »
« Mi basta sapere che non mi stai nascondendo nulla, poi il tempo quando verrà lo sfrutteremo. » gli rispose lei, un po’ più sollevata.
« C’è altro di cui vuoi parlare? Qualcos’altro che ti turba? » le domandò lui.
Niniel alzò le spalle: « Non penso. »
« Non sei molto convincente. »
« Non per il momento. »
« Va bene… »
I due ripresero il loro cammino verso i Campi del Pelennor. Per i primi minuti rimasero in silenzio poi cominciarono a scambiare qualche impressione relativa allo stato in cui versava la Città. Camminavano entrambi con fare deciso anche se le loro spalle parevano curve, come schiacciate da un peso opprimente. Molti in città li videro, li seguirono con lo sguardo, bisbigliarono qualcosa sul fatto che lui fosse tornato e che quella ragazza fosse ancora al suo fianco.
Quello che Niniel non capiva era se quei sussurri che percepiva fossero dovuti al parlare a vanvera della gente o alla malvagità del Nemico che da Mordor continuava ad allungare i suoi tentacoli fino a Minas Tirith, nonostante la sconfitta appena ricevuta durante la battaglia del Pelennor. La cuoca avrebbe tanto voluto accucciarsi a terra e premere forte le mani sulle orecchie per dar fine a tutto ciò, ma mantenne il suo ritegno e continuò a camminare al fianco di Boromir cercando di mostrarsi il più possibile sicura di sé, nonostante in realtà dentro si sentisse ardere di rabbia e paura.
Ciò che la metteva fortemente a disagio era anche il fatto che si stava rendendo conto di avere pochi argomenti da condividere con Boromir in quel momento e, peggio ancora, non capiva se fosse per la lontananza di quei mesi, per lo strano comportamento dell’uomo o perché forse tra loro qualcosa non stava funzionando. Gli occhi le pizzicarono e le lacrime minacciarono di scendere, ma fece un respiro profondo, strizzò gli occhi un paio di volte e cercò di concentrarsi su altro.
La mensa militare distrutta, il secondo livello, il luogo in cui aveva visto morire Nasten… forse non erano il massimo dei pensieri, ma la distrassero da ciò che in quel momento stava rischiando di farla crollare davvero.
« Attenta! » la voce di Boromir la riportò alla realtà. Le stava porgendo una mano per aiutarla a superare un cumulo di macerie che non era ancora stato spostato. Niniel accettò l’aiuto e si sforzò di sorridere, lui comprese quanto quel sorriso fosse tirato, ma si trattenne al chiederle spiegazioni. Pensò che fosse dovuto al pensiero della guerra, all’idea che la Battaglia del Pelennor non costituisse la vittoria finale su Sauron, ma dentro di sé nutriva il dubbio che ci fosse dell’altro.
Finalmente giunsero al cancello di Minas Tirith o meglio, a ciò che ne rimaneva, e alla miriade di schegge che giacevano nelle vicinanze di quella che era la porta della Città. Ancora qualche centinaio di metri e si ritrovarono all’aperto, nei Campi del Pelennor. Numerose pire, costituite dai corpi degli Orchi, bruciavano in molteplici punti della piana spandendo un odore acre e nauseabondo, gli enormi cadaveri degli Olifanti spezzavano in maniera orribile la vastità di quel luogo mentre molti uomini di Gondor continuavano a lavorare incessantemente per recuperare i cadaveri dei loro concittadini e dei Rohirrim.
Qualche soldato salutò Boromir, ma Niniel non vi fece caso tanto era impegnata a osservare l’orrore che li circondava.
« Niniel… » all’improvviso la voce dell’uomo la riportò alla realtà.
Solo in quel momento la ragazza si rese conto che si trovavano di fronte a una serie di tende che erano state allestite in uno spiazzo libero del Pelennor.
« Siamo, cioè, sei arrivato?» domandò.
Boromir annuì.
« Devo chiederti ora di lasciarmi solo con Aragorn e mio zio Imrahil. Perdonami, se fosse per me non avrei problemi nel farti rimanere, ma… »
« Tranquillo, Boromir. Capisco, non c’è bisogno che ti scusi. Io torno alle Case di Guarigione, voglio passare a vedere come sta mio fratello. »
« Salutalo da parte mia e digli che non appena sarà possibile tornerò a trovarlo. Niniel… dovrei chiederti un favore. » le disse lui con voce quasi tremante « So che Narith ha riportato una grave ferita e che tu e la tua famiglia siete molto impegnati e in pensiero per lui, ma sarei sollevato se tu potessi passare a controllare Faramir ogni tanto… io sarò molto occupato qui, non so quando riuscirò a tornare da lui e ora… siamo soli. Se tu potessi… »
Niniel percepì una forte fitta al cuore.
« Non preoccuparti, Narith ha già chi si occupa di lui. Mi dividerò più che volentieri tra mio e tuo fratello. »
Boromir sorrise, sollevato.
« Ti ringrazio, ora sono più tranquillo. »
« Ti lascio andare ora. » sospirò lei indicando le tende con un gesto del capo.
Boromir le si avvicinò e le posò un bacio sulla fronte poi, prima di allontanarsi, avvicinò le labbra all’orecchio di Niniel.
« Non fare caso alle voci che sentirai per strada nel ritorno verso le Case di Guarigione. Sono solo voci. Non dargli importanza. »
Niniel sorrise, lui aveva capito.
« E tu ricordati questo: tu e Faramir non siete soli. »

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


CAPITOLO 24

Come aveva promesso a Boromir quella mattina, Niniel passò la giornata alternandosi tra Narith e Faramir. Suo fratello si sarebbe ripreso, la ferita era profonda, ma secondo i guaritori il corpo del ragazzo stava reagendo bene alle cure, soprattutto dopo l’intervento dello straniero. Earine era costantemente al suo fianco e, Niniel ne era certa, questa era sicuramente la cura migliore per Narith.
Era da poco passata l’ora di pranzo quando Niniel si stava incamminando, per la terza volta in quella giornata, verso la camera in cui si trovava Faramir. Non avrebbe mai pensato che assistere dei feriti fosse così stancante, quasi rimpiangeva le ore passate nella mensa militare: si accorse che il nervosismo di dover condividere il luogo di lavoro con quelle “simpaticone” delle sue colleghe era sicuramente meno stancante rispetto alla pena e all’ansia generate dall’assistere delle persone malate. Per quanto i guaritori potessero dare buone speranze non c’era ancora niente di certo. Narith e Faramir avrebbero potuto comunque non farcela, oppure portarsi dietro delle conseguenze per il resto della loro vita. Sempre che la vita di tutti quanti potesse andare avanti oltre quello che da lì a breve sarebbe stato sicuramente lo scontro decisivo con le potenze di Mordor.
Niniel sospirò e bussò con tocco leggero alla porta della camera di Faramir.
« Dovrebbe essere sveglio. » le disse un guaritore che si trovava poco lontano da lì. Era spesso nei paraggi della stanza di Faramir, quasi sicuramente sorvegliavano quella stanza con particolare attenzione, visto chi riposava al suo interno.
« Lo avete visitato di nuovo? » domandò Niniel con un po’ di apprensione.
« Poco fa. Necessita ancora di tanto riposo, ma sta reagendo bene alle cure. »
La ragazza annuì.
« Faccio una visita veloce e poi lo lascio riposare. »
Detto questo socchiuse la porta e domandò se potesse entrare.
Una voce debole le rispose dall’interno.
« Vieni Niniel, sono contento di rivederti! »
La ragazza sorrise, spostò una sedia accanto al letto e osservò la faccia stanca di Faramir. Non aveva il coraggio di domandargli come si sentisse.
« Immagino che mio fratello ti abbia chiesto di tenermi d’occhio. » le disse lui sforzandosi di sorridere.
« Lo ha fatto, in effetti, ma se ti disturbo dimmelo che ti lascio tranquillo. »
« No, figurati. È bello vedere una faccia amica ogni tanto, sono stufo di vedere solo i guaritori. »
Niniel sorrise, poi abbassò gli occhi.
« Come sta Narith? »
« Anche lui ancora debole, ma va meglio. Poi c’è Earine perennemente al suo fianco quindi direi che si riprenderà in fretta. »
Faramir sorrise.
« E tu come stai? »
Niniel si trovò spiazzata di fronte a quella domanda. Di sicuro poteva dire di stare meglio di lui, fisicamente parlando. Dal punto di vista morale invece si sentiva a terra, ma come poteva tirare fuori quell’argomento con una persona che si trovava inferma a letto e che aveva appena rischiato di morire?
« Scusami, forse sono stato invadente. »
« Ma no, no… Sto bene, un po’ giù di morale, come tutti più o meno, ma sto bene. » Niniel sorrise debolmente.
Faramir la osservò attentamente, poi azzardò:
« Non voglio essere invadente, nel caso puoi anche non rispondermi, ma ho la sensazione che ci sia dell’altro. Forse con Boromir. »
Niniel si mosse a disagio sulla sedia e abbassò gli occhi, stringendo le mani che teneva appoggiate alle ginocchia.
« Non lo so, Faramir. Non so cosa dirti. So che siamo stati lontani per mesi, che sono successe varie cose che possono averlo cambiato e che possono aver cambiato me. » qui esitò un attimo, ricordandosi che Boromir le aveva detto che di alcune cose accadute nel corso della missione non aveva ancora parlato con Faramir « Solo, mi sembra che ci sia qualcosa che non va, ma non capisco cosa. »
« Hai provato a parlargliene? »
Lei annuì:
« Sì, ma il tempo che abbiamo avuto per parlare non è stato molto. Lui dice che appena avremo tempo parleremo con calma di tutto ciò che è successo. Non lo so, sto cercando di capire, ma non ci riesco. È gentile come prima e allo stesso tempo a volte mi sembra immerso nei suoi pensieri. »
Faramir si prese qualche secondo, poi le sorrise:
« Non so dirti cosa sia successo durante la sua missione, su questo aspetto è stato molto laconico anche con me e nemmeno io ho capito per quale motivo. Può essere che non voglia farci preoccupare troppo, viste le condizioni in cui siamo. » sorrise « Sono abbastanza sicuro che sia questo il motivo. Se ti preoccupa che possa essere cambiato qualcosa tra voi, beh, ti assicuro che prima che tu arrivassi questa mattina, non ha fatto altro che parlare di te. »
Niniel arrossì.
« Ovviamente, l’unico consiglio che ti posso dare è di parlare direttamente con lui, ma sono quasi sicuro che la sua preoccupazione sia dovuta a quello che c’è la fuori. Per il resto, se dovesse comportarsi male nei tuoi confronti, sappi che puoi contare su di me. » Faramir le fece un occhiolino.
« Ma no, no… quello non penso. Secondo me è come dici tu, semplicemente dobbiamo un attimo parlare, capirci… »
« Ritrovarvi, dopo tutti questi mesi. »
« Pensavo che sarebbe stato diverso. » ammise lei.
« Lo sarebbe stato, se là fuori non imperversasse una guerra. »
Niniel sospirò. Poi osservò il viso di Faramir.
« È meglio che io ti lasci tranquillo ora. Dovevo venire per sincerarmi che stessi bene, non per farti sforzare in questo modo. »
« Non ti preoccupare, non mi hai richiesto chissà quale sforzo. L’unico sforzo che dovrò fare sarà nel caso in cui mio fratello abbia bisogno di essere rimesso in riga, ma in quel caso vedrò di riprendermi bene per poter sfruttare al meglio tutte le mie energie. »
Niniel sorrise e scosse la testa: « Spero davvero che tu possa sfruttarle per altro. Buon riposo, Faramir. Se dovessi aver bisogno di me manda pure i guaritori a chiamarmi. »
« Sarà fatto. » rispose lui con un sorriso.

Non appena Niniel mise il naso fuori dalla camera, trasse un profondo sospiro, non sapendo bene se fosse di tristezza, sollievo o rassegnazione.
Aveva passato l’intera giornata spostandosi da una camera all’altra, tra Narith e Faramir. Boromir ancora non si vedeva e lei sentiva il bisogno di staccare un attimo la mente da tutto quel caos nella speranza di recuperare un po’ le energie.
Iniziò a camminare senza una meta precisa, fissando il sentiero che si dipanava sotto ai suoi piedi. Non stava pensando a niente di particolare, nemmeno faceva caso ai pensieri che fluivano nella sua mente. Camminava e respirava l’aria fredda di marzo, fino a quando un odore di fumo giunse alle sue narici.
Alzò gli occhi, finalmente riportata alla realtà da quella novità inaspettata, ma prima di trovare la fonte di quell’odore si sentì chiamare.
« Niniel! »
Quella voce ebbe la capacità di far nascere sulle sue labbra un sorriso spontaneo e inaspettato.
« Pipino! » la ragazza gli corse incontro « Che bello rivederti! »
Si inginocchiò e lo abbracciò, riuscendo a far balbettare e arrossire il giovane hobbit.
« Non sai come sono contenta di vederti! »
Ancora un po’ imbarazzato, Pipino riuscì a rispondere.
« Anche io! Ieri dopo la battaglia ci siamo persi di vista, ho saputo da Gandalf che Narith è stato ferito… ».
« Ora è fuori pericolo, si sta riprendendo piano, piano. »
« Mi sarebbe piaciuto venire a trovarlo, ma sono stato parecchio impegnato con i miei incarichi di guardia della Cittadella, mi sono liberato solo poco fa e sono corso qui… »
« Non preoccuparti, Pipino. Posso immaginare. » Niniel gli sorrise.
« Aspetta, aspetta… » una terza voce intervenne, interrompendo il discorso di Niniel e Pipino « Mio cugino ha tutta questa confidenza con le ragazze di Gondor e non mi dice niente? »
« Non mi pare che tu abbia fatto di meno con le donne di Rohan! » sbottò Pipino arrossendo di nuovo.
Niniel si ritrovò a fissare un altro hobbit di cui prima non aveva notato la presenza, tanta era la felicità di aver ritrovato Pipino proprio in quel momento.
« Anzi… la tua è pure una principessa! » continuò Pipino guardando male l’altro « E comunque, è semplicemente una mia amica e anche già impegnata, dato che si tratta di Niniel, zuccone di un Brandibuck! »
« Niniel? Quella Niniel? » mormorò l’altro.
« Esatto, proprio lei. »
« La Niniel di Borormir? »
« Mh mh… » confermò Pipino annuendo.
Sul viso del secondo hobbit si allargò un enorme sorriso: « Niniel! Sono onorato di fare la vostra conoscenza! » esclamò, inchinandosi profondamente.
« Onorata anche io, signor… »
« Zuccone di un Brandibuck! » sbottò Pipino.
« Meriadoc Brandibuck, per la precisione. » spiegò l’altro guardando male Pipino « Ma per voi sono semplicemente Merry. »
« Allora facciamo che io sono semplicemente Niniel e se potessimo evitare il voi te ne sarei infinitamente grata. »
Merry sorrise: « Mi piace come idea! »
« Affare fatto allora! » sorrise Niniel a sua volta « Pipino mi ha parlato molto di te, sono davvero contenta che ti abbia ritrovato dopo la battaglia! »
« Ho temuto che si fosse scordato di me… ma sì, alla fine ce l’ha fatta! »
Pipino lo guardò male: « Vedi di finirla… tu ieri nemmeno trovavi la tua erba pipa che era di fianco al letto! Io ho dovuto girare mezzo Pelennor per ritrovarti! »
« Quanto la fai lunga! »
« La prossima volta ti lascio dove sei. » borbottò Pipino.
« Vedo che sei stato ferito anche tu, come stai ora? » domandò Niniel alludendo al braccio fasciato di Merry.
« È una storia lunga e molto avventurosa. Se ti va di accomodarti qui con noi te la racconto. »
« Il solito esibizionista! » sbottò Pipino.
Niniel rise, finalmente, dopo tanto tempo.
« La ascolto volentieri! »
I due hobbit le fecero posto accanto a loro sulla panca dove stavano riposando e fumando erba pipa e, mentre Merry raccontava le sue avventure avvenute dopo la separazione da Pipino nei territori di Rohan, Niniel finalmente riuscì a distogliere i suoi pensieri da ciò che la incupiva e si lasciò trasportare dal racconto di Merry, apprendendo nuovi particolari del viaggio della Compagnia.

« Mi piacerebbe conoscerla, Eowyn. Sembra davvero una donna di grande forza e virtù. » commentò Niniel al termine del racconto.
A quelle parole, Merry si incupì leggermente.
« Si trova anch’ella in queste Case, ma non sono ancora riuscito ad avere il permesso per andare a trovarla. So che si sta riprendendo, ma a detta di Aragorn la sua ferita è più profonda del previsto e necessita di gande tranquillità, almeno per il momento. È davvero una donna di grande coraggio e sarò felicissimo di presentartela, non appena ci sarà l’occasione. »
« Niniel! »
Una voce fece sobbalzare la ragazza.
« Boromir! Eccoti, finalmente. Iniziavo a pensare che ti fossi perso. » esclamò lei, sorridendogli.
Boromir le sorrise di rimando e pensò che quell’espressione gli ricordava tanto la Niniel che aveva conosciuto prima della partenza per Gran Burrone.
« Vedo che hai conosciuto un altro dei miei compagni. » commentò lui « Come stai, Merry? »
« Mi sto rimettendo in sesto, grazie. » rispose l’hobbit alludendo al braccio fasciato « Per il resto tutto bene, sono contento di aver conosciuto la tua Niniel! »
A quella affermazione, la ragazza arrossì e Boromir si grattò leggermente la barba, prima di commentare guardandola: « Ti hanno già fatta impazzire? O tu hai fatto impazzire loro? Tra tutti non so bene chi potrebbe far impazzire chi per primo… »
« Ehi! » esclamò Niniel guardandolo storto. Dal canto loro, gli hobbit scoppiarono a ridere.
« Siamo due contro una, mi sa che Niniel è in svantaggio! » commentò Pipino facendole un occhiolino.
« È già matta abbastanza, vediamo di non peggiorare le cose… »
« Ma sentilo! » esclamò Niniel « Questa me la paghi prima o poi! »
Mentre i due hobbit se la ridevano e Boromir sorrideva sotto i baffi, Niniel lo osservò e pensò che quello scambio di battute, seppur breve, le ricordava tanto l’uomo di Gondor che aveva conosciuto prima della partenza per Gran Burrone.
Forse Faramir aveva ragione, forse era tutta colpa di quella guerra.
« Mi spiace interrompere questa conversazione, ma avrei bisogno di parlare un po’ con Niniel. »
« Non la tratteniamo oltre. » disse Merry « È stato un piacere conoscerti, spero di poter parlare ancora con te in tempi meno oscuri che ci permettano anche di scherzare con un po’ più di serenità. »
« Lo spero anche io, Merry. Mi piacerebbe davvero molto conoscere meglio voi hobbit e le imprese che avete compiuto durante questi mesi. Poi qualcuno non ha avuto tempo di spiegarmi cosa fosse un Ent… e penso che l’unico modo per scoprirlo sia chiedere direttamente a voi. »
Il volto di Merry e Pipino si illuminò:
« Ti faremo una descrizione molto dettagliata non appena avremo un po’ di tempo! » esclamò quest’ultimo.
Niniel sorrise e alzò una mano in segno di saluto mentre si allontanava insieme a Boromir.

I due fecero qualche passo in silenzio, fino a quando Niniel non lo ruppe:
« Come stai? Com’è andata la giornata? »
« Un po’ stanco, » rispose Boromir sospirando « è stata una giornata impegnativa e ho bisogno di parlarti. »
Niniel sospirò, sconsolata, e lo seguì verso l’angolo delle Case di Guarigione dove avevano parlato con un po’ di tranquillità la sera precedente.
« Che novità ci sono? » domandò subito lei, non appena si furono seduti.
« Dritta al sodo come sempre… » commentò Boromir.
« Sono stufa di tutta questa indeterminatezza, di tutti i dubbi di questi mesi. » rispose lei un po’scocciata « Almeno quando si può, preferirei sapere subito le cose come stanno. »
Boromir la osservò, preso un po’ alla sprovvista non tanto dalla schiettezza della ragazza quanto dal suo modo di parlare, ma decise di far finta di niente.
« Oggi ho parlato con Aragorn e mio zio Imrahil, c’era anche Èomer che dopo la morte di suo zio, Re Theoden, è ora sovrano del regno di Rohan. Come sai anche tu, abbiamo vinto sul Pelennor, ma non la guerra. Abbiamo discusso a lungo della situazione in cui ci troviamo, vagliando varie possibili situazioni e proposte di intervento, ma alla fine siamo giunti alla conclusione che ci sia solo una possibilità, al momento, nella nostra lotta contro Sauron ovvero lo scontro diretto con lui. »
Il cuore di Niniel perse un battito ed ebbe l’impressione che l’aria le venisse risucchiata fuori dai polmoni.
« Lo affronterete in battaglia. » bisbigliò.
Boromir annuì.
« Ma… ma… i nostri uomini sono pochi, troppo pochi. Contro di lui in uno scontro aperto non abbiamo speranze! » il suo tono di voce si alzò notevolmente.
« Non abbiamo altra scelta. »
« Dobbiamo trovarla! Non potete partire! Non di nuovo, non ancora! Hai già rischiato, hai rischiato di morire e di non tornare. Non voglio… non puoi… » le lacrime iniziarono a scorrere sul viso di Niniel, lacrime di rabbia e disperazione.
« Niniel… » fece per prenderle una mano, ma lei si sottrasse con uno scatto.
« Non avrà mai fine tutto questo. »
« È proprio per dare una fine a questa guerra che abbiamo deciso di partire. » nella voce di Boromir c’era una rabbia mal celata.
« Non tornerete, lo sapete questo, vero? »
« Da quando sei così pessimista? » Boromir si sforzò di sorridere.
« Ti prego, non prenderti gioco di me. Non ho voglia di ridere. »
« Non era questa la mia intenzione. Niniel, tu credi che io abbia voglia di partire? Credi che non tema che tutto possa davvero finire questa volta? Ho passato gli ultimi mesi con il pensiero di tornare qui, ma a differenza delle altre volte avevo una nuova motivazione che mi spingeva. In passato, quando mi allontanavo da Minas Tirith, anche se era sempre per affari relativi al benessere della nostra gente, l’unico motivo che mi spingeva a voler tornare il prima possibile era il pensiero di poter essere qui presente in prima persona per intervenire in caso di qualsiasi necessità. Questa volta invece, dal primo momento in cui ti ho dato le spalle quel giorno a Osgiliath, la mia priorità era solo una: tornare qui per proteggere te. Amo Minas Tirith, farei qualsiasi cosa per difendere la nostra città, ma ancora di più amo te e per proteggere te ora è necessario questo: che io parta con Aragorn. »
Niniel si bloccò di colpo e smise di singhiozzare mentre le lacrime continuavano a scenderle silenziose. Fissò Boromir con gli occhi leggermente spalancati mentre i pensieri le vorticavano in testa, ma ogni parola le moriva in gola prima di venire pronunciata.
Il viso dell’uomo si addolcì, anche se i suoi occhi erano tristi, le appoggiò una mano su una guancia e tornò a parlare:
« Capisco la tua rabbia e la tua paura. Vorrei anche io che tutto fosse già finito per il meglio, vorrei poter gustare pienamente questi momenti con te, ma altri doveri mi chiamano. Eppure credimi, dentro di me tu vieni prima di qualsiasi altra cosa. »
Niniel fece un profondo respiro: « Mi spiace… sono stata egoista. » disse con voce tremante.
Boromir scosse la testa: « No, è tutto comprensibile. »
« Promettimi che farai di tutto per tornare. »
Boromir la attirò a sé e la baciò, per la prima volta senza curarsi del fatto che qualcuno potesse vederli. La strinse, senza pensare a nient’altro che non fosse lei, che non fossero loro. Non gli interessavano le voci che potevano circolare.
Si allontanò da lei, tenendola ancora per le spalle. I due si guardarono per un attimo negli occhi.
« Mi hai appena detto che… » bisbigliò Niniel con la voce rotta.
Boromir sorrise leggermente, con un imbarazzo che non si addiceva al suo fare da soldato.
« Potevi scegliere un momento meno tragico… » borbottò lei con occhi tristi.
« Non sei mai contenta… »
Niniel gli prese il viso tra le mani e lo baciò.
« Ti amo anche io. »




Eccomi qui… ce la posso fare! Avevo il capitolo quasi interamente pronto, ma quei due zucconi di Boromir e Niniel sono difficili da gestire e quest’ultima parte è stata un po’ più complessa da scrivere.
Avevo già buttato giù qualcosa di simile per il capitolo precedente, ma mi sembrava inadatta in quel punto della storia e mi era venuta troppo sdolcinata, soprattutto per la figura di Boromir. Ora invece mi soddisfa di più e a mio avviso ci può stare… il prode guerriero che finalmente si dichiara come si deve. E dovevi aspettare ancora un po’, eh… Boromir??
Va bhe, meglio se la smetto. Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto.
Intanto vi auguro buone feste e buon fine e inizio anno!
Spero di tornare presto con un nuovo capitolo.
Un abbraccio a tutti!
Eowyn 1

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


Ciao a tutti! Sì, lo so, i problemi sono sempre i soliti: lavoro, impegni, vita privata… non è semplice continuare a scrivere, ma ci provo. E poi succedono quei giorni, come questi, in cui in due giornate riesco a sfornare un intero capitolo… Fosse sempre così!
Spero davvero che vi piaccia, spero che Boromir non sia troppo mieloso per i vostri gusti e spero che la storia continui a interessarvi. Me lo auguro davvero.
Ora vi lascio alla lettura, un abbraccio!
Eowyn 1



CAPITOLO 25

17 MARZO 3019

Era mattina presto quando Niniel si svegliò e si preparò per uscire. Avevano dormito ancora nella stanza in cui si trovava Narith sia per tenergli compagnia sia perché la loro casa non era agibile.
L’aria fredda di marzo la svegliò del tutto mentre a piedi scendeva fino al primo livello della città e il sole, in terre meno disperate, iniziava ad affacciarsi all’orizzonte. La distruzione causata dalle armate di Mordor era evidente, nonostante in quei giorni molti cittadini si stessero già adoperando per liberare le strade dai detriti e sistemare ciò che era possibile sistemare.
Arrivata al primo livello Niniel si diresse decisa verso il cancello, ora distrutto, e uscì nei campi del Pelennor.
I soldati di Rohan erano accampati nella piana di fronte alla Città e dove pochi giorni prima si era disputata la battaglia ora sorgevano tende e ristori per i cavalli.
Niniel passò accanto a un recinto e sobbalzò quando alcuni cavalli si misero a sbuffare. Non avrebbe mai potuto vivere a Rohan, di questo era certa, stare in mezzo a tutti quei cavalli proprio non faceva per lei.
Anche gli uomini dell’accampamento iniziavano a svegliarsi, qualcuno usciva dalle tende stiracchiandosi, altri portavano da mangiare ai loro cavalli, altri ancora si incamminavano nella stessa direzione verso cui si stava dirigendo la ragazza.
Vi era infatti un tavolo di legno grezzo sistemato leggermente in disparte rispetto all’accampamento, dietro il quale si muovevano indaffarate varie persone che entravano e uscivano da una tenda. Niniel riconobbe uno dei cuochi più anziani della mensa militare e si diresse verso di lui.
 
Circa un’ora dopo, Boromir scese nel Pelennor e trovò la giovane intenta a servire la colazione ai cavalieri di Rohan.
« Sono passato da Narith, ma non c’eri. Mi hanno detto che potevo trovarti qui. »
Niniel alzò lo sguardo dalla carne secca che stava mettendo in uno dei piatti e gli sorrise.
« Ilarin, potresti continuare tu da sola per un attimo? Torno subito. » domandò all’amica. Quella annuì, e fece un leggero inchino in segno di rispetto verso Boromir. Non era abituata all’idea che il figlio del Sovrintendente, o forse da quel momento avrebbe dovuto chiamarlo Sovrintendente, si palesasse in quel modo davanti a loro.
Niniel lasciò il suo posto e condusse Boromir dietro il tendone che avevano allestito per i cuochi, lì almeno c’era un minimo di tranquillità.
« Come stai? » le domandò lui non appena furono soli.
La giovane alzò leggermente le spalle: « Bene, nella misura in cui si può stare bene in questa situazione. » poi gli si avvicinò e gli fece una carezza sulla guancia. La barba ispida e più lunga del solito le pizzicò il palmo della mano. Si soffermò con il pollice sotto l’occhio di Boromir accarezzando la pelle leggermente increspata e segnata da un colore più scuro.
« Non hai dormito… » commentò.
« Ci ho provato, ma non è stato facile. » lui le fece passare le braccia attorno alla vita e la strinse a sé, affondando il viso nei capelli della ragazza, per poi sussurrare « Ma ora va decisamente meglio. »
Niniel sorrise e gli diede un leggero bacio sulle labbra.
« Hai deciso di tornare a lavorare? » le domandò lui poco dopo.
« Non ce la facevo più a stare con le mani in mano. »
« Non mi sembra che tu sia stata a perdere tempo in questi giorni, hai assistito Narith e anche Faramir. »
« Sì, ma sentivo che dovevo fare qualcosa di più. Per Minas Tirith, per i soldati. »
Boromir le sorrise con una punta di orgoglio.
« L’importante è che nessuno ti infastidisca qui. » le rispose poi, accennando con il capo alla tenda dei cuochi « Mi ricordo quello che mi hai raccontato qualche giorno fa… so come ti trattavano. »
« Non penso che lo faranno più. » lo interruppe Niniel « Ho saputo che Liden è morta durante l’assedio della città. Milnet e Theris sono in un’altra zona del Pelennor. Comunque dubito che avrebbero ancora il coraggio di infastidirmi, ora che sei tornato, e se anche lo facessero non avrei problemi a rispondere. »
Boromir sorrise, prima di aggiungere: « È pieno di uomini qui, sicura che nessuno ti manca di rispetto? »
« Sono mesi ormai che lavoro in questo ambiente, so come cavarmela. » poi lo guardò divertita « Non è che invece qualcuno è geloso? »
« Chi? Io? » borbottò Boromir, preso un po’ in contropiede « Mi preoccupo solo per te. »
Niniel ridacchiò leggermente e lo abbracciò di nuovo. Dopo tutto il tempo che avevano trascorso separati, dopo aver temuto di averlo perso e con il pensiero che a breve sarebbe ripartito, sentirlo accanto e poterlo stringere era ciò che più desiderava e l’unica cosa che riusciva a farla stare meglio e a calmarla.
« Devo andare a parlare con Aragorn tra poco. »
All’udire quel nome, Niniel si sentì scuotere dentro. Quell’uomo aveva curato suo fratello e anche Faramir, gli doveva molto e ne era pienamente consapevole, ma l’idea che Boromir gli fosse così fedele da decidere di partire per Mordor al suo fianco e andare praticamente verso morte certa, la portava ad attribuire a quello straniero la colpa della preoccupazione che la tormentava dalla sera precedente.
« Niniel… » Boromir la chiamò, leggendo qualcosa di strano nello sguardo della ragazza.
« Scusa, pensieri. » commentò lei.
« Se è ancora per la missione di cui ti ho parlato ieri… »
« Dimmi che non mi devo preoccupare e ti assicuro che non ti parlo per il resto della giornata. » sbottò Niniel, evidentemente arrabbiata, allontanandosi da lui.
« Niniel… » cominciò lui con un sospiro.
« No, Niniel niente. Chi è questo straniero del cui giudizio ti fidi ciecamente? »
Boromir spalancò gli occhi, sorpreso da quella domanda.
« Ora il problema sarebbe lui? » domandò l’uomo, cercando di tenere un tono di voce basso.
« Il problema è che tu torni e già sei pronto a ripartire con lui e capisco la necessità, capisco Gondor, capisco tutto quanto… » la voce cominciò a tremarle mentre si sforzava di trattenere le lacrime che le stavano pungendo gli occhi per il nervoso « Ma permetti che io sia preoccupata e anche arrabbiata? Non siamo riusciti a stare tranquilli nemmeno un attimo da quando ci siamo conosciuti. Non abbiamo avuto un attimo di respiro… »
« E non lo avremmo nemmeno ora, se noi non partiamo nella speranza di porre fine a tutto questo! » la interruppe Boromir, muovendo un braccio nella direzione di Mordor.
« E ci riuscirete a porre una fine? Se ci riuscirete, tu tornerai? »
« È una risposta che non posso darti, lo sai. »
Niniel strinse i pugni e trasse un profondo respiro.
« Devo andare, mi aspettano di là. Non posso lasciare Ilarin da sola per troppo tempo. »
« Niniel… »
Con un gesto sbrigativo, la giovane tagliò corto.
« Scusami, ho bisogno di pensare un po’. Ci vediamo più tardi. »
La cuoca tornò ai suoi doveri, lasciando Boromir impietrito a fissare il punto in cui lei era sparita oltre il tendone.
Si girò nella direzione da cui proveniva l’Ombra di Mordor, rimanendo in silenzio ad osservare quell’oscurità, maledicendola con tutto sé stesso. Pochi istanti dopo, l’uomo si sentì stringere una spalla. Si voltò di scatto, era talmente assorto nei suoi pensieri che non si era accorto che due persone si erano avvicinate a lui.
« Qualcosa non va? »
Boromir rimase un attimo in silenzio a fissare Legolas e Gimli che a loro volta lo guardavano preoccupati.
« È tutto a posto, solo qualche pensiero. » rispose.
« Si chiama Niniel, questo pensiero? » domandò Gimli lanciandogli un’occhiata eloquente.
« Non sei per niente delicato. » lo rimproverò l’Elfo.
« Non riesco a capire certi suoi comportamenti. Sembra che non sia consapevole dell’importanza di questa missione. »
« Io penso che lo capisca benissimo invece. Non so cosa sia successo, ma immagino quale possa essere la sua preoccupazione. » commentò Legolas « Penso che la morte ci spaventi tutti e ognuno di noi ha un modo diverso di affrontarla. Dalle tempo qualche ora, poi torna da lei. Non lasciarla sola proprio adesso. »
« È stata lei a chiedermi di essere lasciata sola. »
« Siamo spaventati tutti quanti dall’incertezza che ci attende, non sarebbe normale il contrario. » intervenne Gimli « Andiamo da Aragorn, sistemiamo le ultime cose, poi va’ da lei. Sicuramente non vorrà passare lontana da te quest’ultimo giorno in cui siamo a Minas Tirith. »
 
Era ormai passata l’ora di pranzo e Niniel aveva appena finito di sistemare quel poco che era rimasto in vista della cena. Ilarin era tornata in città per assicurarsi che sua madre e il suo fratellino stessero bene, Niniel dal canto suo non aveva alcuna voglia di tornare fino alle Case di Guarigione. Suo fratello, tra Earine e i suoi genitori, era sicuramente più che assistito e Faramir… per Faramir le dispiaceva e si sentiva terribilmente in colpa a non fargli visita, ma era stanca e non aveva alcuna voglia di parlare di Boromir con nessuno. Si sedette su un piccolo sgabello, prendendosi la testa tra le mani e fregandosi gli occhi stanchi.
« C’è ancora un boccone per un povero vecchio affamato? » la voce di Gandalf la riscosse e inconsapevolmente Niniel sorrise.
« Per Mithrandir c’è sempre qualcosa. » rispose lei.
In pochi minuti, la cuoca mise insieme varie pietanze che racimolò in giro, poi le portò al tavolo dove Gandalf si era seduto.
« Tu hai già mangiato? » le domandò lo stregone osservandola di sfuggita.
« Non avevo molta fame oggi. »
« Niniel… hai bisogno di forze anche tu. »
Lei sorrise, poi abbassò lo sguardo.
« Come mai sei qui da sola? Pensavo che saresti stata con Boromir, il nostro incontro è finito poco fa. »
Lei alzò le spalle, continuando a mantenere lo sguardo basso: « Sono stata io a chiedergli di lasciarmi sola. »
Gandalf inarcò un sopracciglio.
« Ho fatto un gran pasticcio stamattina, sono ore che ci penso. Me la sono presa con lui per via della partenza di domani, ho accusato Aragorn senza un perché e come se non bastasse ho lasciato Boromir su due piedi, andandomene. Sono un disastro. » terminò alzando lo sguardo con un sorriso amaro.
« Sei solo una persona che sta cercando di affrontare una tempesta come meglio può. È ciò che stiamo facendo tutti noi. » le sorrise, incoraggiante « Non è facile per nessuno e in queste situazioni l’errore è sempre dietro l’angolo. Non biasimarti per come hai trattato Boromir, sono certo che lui abbia capito. »
« Avete impegni questo pomeriggio? »
« Dobbiamo preparare il necessario per la partenza. Boromir si occuperà dei cavalieri e della fanteria di Minas Tirith, penso che ora si trovi in Città nella zona delle stalle e più tardi andrà a parlare con i soldati. » Gandalf le strizzò l’occhio.
Niniel sorrise, faceva sempre bene al cuore parlare con Mithrandir.
Quando lo stregone ebbe finito il pranzo la ragazza ripulì il tavolo e poi si congedò da lui. Il padiglione adibito a mensa per i soldati era vuoto da un pezzo, anche i cuochi se ne erano andati nell’attesa che arrivasse l’ora di cena e Niniel lo lasciò a sua volta.
Passò alle Case di Guarigione a trovare suo fratello, che come aveva previsto era circondato dalla sua famiglia, poi si diresse da Faramir, ma l’uomo stava riposando. Si premurò di informarsi dai guaritori sulle sue condizioni ed essi le assicurarono che stava lentamente migliorando. A quel punto decise di seguire il consiglio che le aveva dato Gandalf e si diresse verso le stalle dell’esercito.
« Assicuratevi che le selle e le briglie siano a posto e che i cavalli abbiano cibo a sufficienza. »
« Sì, mio signore. »
« Io ora devo andare a parlare con l’esercito per spiegare come affronteremo le prossime giornate, ma per qualsiasi cosa abbiate bisogno mandatemi pure a chiamare. »
Lo stalliere fece un inchino verso il Sovrintendente, poi rientrò nelle stalle.
« Posso fare qualcosa anche io, mio signore? »
« Chiamarmi per nome, per esempio. » rispose Boromir prima ancora di voltarsi, riconoscendo la voce della ragazza. Sorrideva, nonostante tutto, e questo fece ancora più male a Niniel.
« Prima dovrei chiederti scusa per questa mattina. »
Lui scosse la testa e le si avvicinò: « Voglio solo passare questa giornata il più possibile con te. Al di là di tutto. Non mi importa di questa mattina, ma mi importa del fatto che tu sia sconvolta al pensiero di ciò che ci aspetta, ed è comprensibile. »
Lei sospirò e abbassò gli occhi rassegnata.
« So che non posso farci niente, so che non posso fermarti e non voglio fermarti perché so ciò che ti spinge a combattere. Mi manda solo fuori di testa l’idea che oggi potrebbe essere l’ultimo giorno che passeremo insieme. »
« Allora viviamolo. » le disse lui e la baciò.
« Devi andare a parlare con l’esercito. » gli ricordò lei poco dopo.
« Sei la solita guastafeste. »
Niniel sorrise.
« Posso fare qualcosa per dare una mano? »
« Stare al mio fianco? » le propose lui mentre si avviavano.
« Intendo qualcosa di concreto. »
« Stai già lavorando giù nel Pelennor per l’esercito di Rohan… »
« Non farmi stare con le mani in mano. Tu ora sarai impegnato con i soldati e io ho bisogno di fare qualcosa per sentirmi utile in qualche modo: non so combattere, non posso fare niente da questo punto di vista, ma posso fare altro… aiutare nei preparativi, portare qualche messaggio. »
Boromir si fermò di colpo e la osservò in silenzio, Niniel fu costretta a fermarsi a sua volta.
«Cosa c’è? » gli chiese.
Lui sorrise con amarezza prima di rispondere: « È solo che ho sempre più davanti agli occhi i motivi per cui mi sono innamorato di te. »
Fu un pomeriggio lungo e intenso. Niniel e Boromir ebbero ben poco tempo da passare insieme. L’uomo parlò con i soldati di Minas Tirith, diede loro le informazioni necessarie per la partenza del giorno seguente e per il viaggio che li avrebbe attesi. Si spostò successivamente nel Pelennor per controllare come stessero procedendo le cose tra i cavalieri di Dol Amroth. L’esercito di Gondor poteva contare su una fanteria forte e ben preparata, per quanto riguardava la cavalleria le truppe erano fortunatamente rinforzate dai reparti provenienti da Dol Amroth guidati da Imrahil, zio di Boromir e Faramir per parte di madre.
Il Sovrintendente incontrò anche Re Éomer di Rohan insieme ad Aragorn per fare il punto della situazione.
Niniel, come aveva richiesto, venne mandata insieme ad altre donne di Gondor a preparare le provviste che i soldati avrebbero portato con sé per i giorni di marcia verso Mordor.
I due non erano insieme, ma la consapevolezza che entrambi stessero contribuendo alla preparazione dell’esercito per ciò che li attendeva rendeva la lontananza meno pesante. Erano separati, ma entrambi percepivano come un filo che li univa e che dava a ciascuno la sensazione che l’altro fosse lì, presente, perché lavoravano insieme per uno scopo comune.
 
Arrivò per Niniel il momento di tornare nel Pelennor per il turno della cena. Boromir la accompagnò e si fermò a mangiare a uno dei tavoli che erano stati predisposti per i soldati di Rohan. Presto lo raggiunsero anche Aragorn, Legolas, Gimli, Mithrandir ed Éomer.
L’atmosfera che si respirava nei Campi del Pelennor era quasi surreale: con la quantità di persone che vi era accampata ci si sarebbe aspettati di sentire parecchio rumore e chiacchiericcio, ma quella sera nessuno aveva voglia di parlare. Gli uomini mangiavano in silenzio, chi si spostava all’interno dell’accampamento lo faceva cercando di fare il minor rumore possibile. Ogni tanto si sentiva qualche sussurro qua e là, mentre la situazione era resa ancora più lugubre dalle fiaccole rosse che in alcuni punti dell’accampamento avrebbero dovuto portare luce per permettere gli spostamenti. Anche i cavalli erano silenziosi, stavano nei loro recinti o legati ai paletti fuori dalle tende dei loro cavalieri, masticando quel poco di biada che era rimasto.
Minas Tirith incombeva cupa su di loro, nelle case che ancora rimanevano agibili sui livelli più alti brillava qualche timida luce, per il resto la città era totalmente al buio e da quel poco che si riusciva a scorgere nell’oscurità pareva più una città di morti che di viventi.
« Penso che andrò a trovare mia sorella prima di andare a dormire. » disse Éomer alzandosi dal tavolo non appena ebbe terminato la cena.
« Tra poco salgo anche io, voglio passare da Faramir oggi l’ho visto pochissimo. Prima però aspetto che Niniel abbia finito. » disse Boromir facendo un gesto verso il bancone dove lei stava ancora servendo.
Il Re di Rohan annuì, prima di aggiungere con un sospiro: « Ci vediamo domattina all’alba. »
« Cercate di riposare, per quel che sarà possibile. » consigliò Aragorn « Buona notte. »
Quando Niniel raggiunse Boromir questo si trovava ancora al tavolo con i compagni mentre i soldati di Rohan iniziavano a dirigersi verso le loro tende. La sera era ormai calata sul Pelennor insieme alla consueta oscurità.
« Ilarin ha detto che finirà lei le ultime faccende, possiamo andare. » disse la giovane una volta che si fu avvicinata al tavolo.
« Hai mangiato questa sera? » le domandò Gandalf con un sorriso.
« Quel che sono riuscita l’ho buttato giù. » rispose lei cercando di sorridere a sua volta.
« So che oggi hai lavorato tutto il giorno per aiutare con i preparativi per la partenza di domani. » le disse Aragorn « Te ne sono grato, così come lo sono nei confronti di tutti i cittadini di Minas Tirith che si sono adoperati tanto. »
« Dovere, mio signore. Si tratta della città in cui vivo, il luogo dove sono nata. Dove si trova tutto ciò che amo e dove spero di poter continuare a vivere. »
« Ormai non ho più dubbi sul perché tu ti sia innamorato di lei… » commentò sottovoce Gimli. Boromir sorrise, Legolas dal canto suo tirò una leggera gomitata al nano che alzò gli occhi al cielo.
« Non so dirti cosa accadrà, ma so che faremo di tutto perché possa essere così. » le rispose Aragorn.
Niniel annuì, seria.
« Meglio andare ora, o si fa troppo tardi. » intervenne Boromir.
« Buona notte, miei signori. Spero di rivedervi domani mattina, prima della partenza. » detto questo Niniel e Boromir si congedarono.
Non appena furono fuori dalla portata delle orecchie dei suoi compagni (anche se Boromir non era del tutto sicuro di essere fuori dal campo di Legolas) le chiese: « Ce l’hai ancora con Aragorn? »
« Non è che ce l’abbia con lui, è solo che questa mattina ero talmente nervosa che avevo bisogno di qualcuno di fisico a cui attribuire tutta la colpa della mia rabbia. Ora è passata e so che Aragorn non ha nessuna colpa, anzi gli devo la tua vita e anche quella di Narith e Faramir. »
« Meno male, » commentò Boromir con un leggero sorriso divertito « sia mai che ti metti contro l’erede al trono di Gondor ancora prima che reclami il posto che gli spetta. »
« Scusa? » domandò Niniel con gli occhi spalancati credendo di aver capito male.
« Aragorn… »
« Sì, ho capito che stiamo parlando di lui, ma non sono sicura di aver afferrato il resto… »
« Aragorn è l’erede di Isildur e il legittimo sovrano di Gondor. »
Niniel deglutì a vuoto: « Ho… ho appena parlato con un re? »
« Il re di Gondor in persona. » affermò Boromir con orgoglio.
« Ma non potevi dirmelo prima? » gli chiese con voce strozzata, bloccandosi di colpo.
Se non fosse stato per il fatto che di lì a poche ore Boromir sarebbe partito per una missione suicida, quella situazione avrebbe potuto davvero prendere una piega comica.
« Pensavo che avessi sentito le voci che cominciano a girare in città. » le disse.
« Ho avuto poco tempo e poche orecchie per le voci, in questi giorni, ma avrei preferito saperlo prima in modo da tenere un comportamento più adeguato in sua presenza. »
« Non ne vedo il motivo, mi pare che tu non ti sia mai fatta problemi a parlare come ti pareva con me e con Faramir, anche all’inizio quando ancora non mi sopportavi, nonostante il nostro ruolo. » le chiese.
« No ma, cosa c’entra? »
« Dubito che la cosa ti avrebbe fermata davanti ad Aragorn. » commentò lui con il preciso intento di provocarla.
« Ma per chi mi hai preso? » sbottò lei.
« Per la cuoca insopportabile che sei. »
« Ehi, aspetta un attimo! Tu eri insopportabile, Aragorn non lo è. Tu mi facevi venire il nervoso, con Aragorn me la sono presa solo perché io ero arrabbiata. È una situazione completamente diversa! »
« Ah, io ero insopportabile e ti facevo venire il nervoso? »
« Esattamente. »
« E per quale motivo, se posso chiedere? »
« Per il solo e semplice fatto che eri Boromir. »
« E per quale motivo le cose poi sono cambiate, se posso chiedere anche questo? »
« Per il solo e semplice fatto che sei diventato il mio Boromir. »
L’uomo rimase per qualche secondo ad osservarla in silenzio.
« Come vorrei non dover partire domani. » le si avvicinò e le accarezzò con delicatezza il viso mentre abbondanti lacrime cominciarono a scendere sul viso della ragazza.
« Ti prego non dirlo. » singhiozzò lei.
Boromir la strinse a sé e rimase in silenzio per alcuni attimi, poi si volse verso Minas Tirith che troneggiava scura sopra di loro.
« Ricordi il giorno in cui ti ho inviato tramite Earine un biglietto con il quale ti invitavo a vederci dopo cena? »
Niniel si scostò leggermente da lui, pur rimanendo ancora abbracciata: « Certo che lo ricordo, lei diceva che si trattava del nostro primo appuntamento ufficiale, io continuavo a sostenere che mi stavi simpatico e basta. »
Lui ridacchiò, posandole un bacio sulla fronte.
« Ricordi anche di cosa abbiamo parlato quella sera? »
« Ricordo che tu mi hai chiesto come mai mi chiamo Niniel. » rispose lei.
« Sì, e prima ancora abbiamo parlato dei tempi in cui Minas Tirith brillava sotto i raggi della luna. »
« Sì, sì mi ricordo. » disse lei volgendo lo sguardo verso la Città « Tu l’avevi paragonata a un faro nella notte che illuminava il cammino dei viandanti. »
Niniel rimase in silenzio per alcuni secondi prima di aggiungere: « Ora sembra ancora più scura rispetto ad allora e tutto è successo così velocemente. Da dopo la battaglia sembra più uno scoglio rotto dalle onde di un mare in tempesta. »
« Sai una cosa? Quella sera, una persona saggia, mi disse che prima o poi avremmo trovato una luce che ci avrebbe fatto da guida. »
« Sicuro che fosse saggia? Ora come ora direi più stupida. »
Boromir la ignorò e prendendola per le spalle fissò gli occhi in quelli di lei: « Io l’ho trovata quella luce, mi ha guidato lungo tutto il mio viaggio fino a qui e, sebbene non possa assicurarti che tornerò, ti giuro che farò di tutto perché lei possa continuare a brillare anche se io non dovessi esserci più. »
Le lacrime minacciarono di tornare a scorrere sul viso della ragazza, ma lei tirò su col naso decisa a smettere di piangere.
« Se tu non ci sarai, non ci sarò più nemmeno io. »
« Se io non dovessi esserci, magari tutto questo sarà distrutto. Ma quella persona saggia mi disse anche che le cose sarebbero potute migliorare. Di conseguenza c’è una remota possibilità per cui io potrei non esserci più, ma anche il male potrebbe venire distrutto. »
A Niniel mancò il fiato, perché non avrebbe saputo cosa potesse essere meglio: morire per mano di Sauron in seguito alla sua vittoria, o vivere in seguito alla sua sconfitta, ma senza Boromir.
« Io non so cosa succederà, davvero non so quante possibilità possiamo avere. » disse lui con un sorriso amaro « Ma voglio che tu sappia, che tu sia sicura, di ciò che provo per te e di ciò che continuerà anche se io non dovessi tornare. »
Tirò fuori dalla tasca un piccolo sacchetto di stoffa e rovesciò sulla sua mano il contenuto.
« Era di mia madre, voglio che lo tenga tu. »
« Boromir… »
« Non ammetto repliche. » si affrettò ad aggiungere lui.
Le prese delicatamente il braccio e chiuse attorno al suo polso un fine bracciale di oro bianco che riproduceva le onde del mare. Nella parte superiore vi era un piccolo zaffiro blu, colore di Dol Amroth.
« Il valore è simbolico, ovviamente. Non si può comparare a ciò che provo per te, ma volevo che avessi qualcosa che ti ricordasse me. »
« Sarà un onore portare il bracciale di tua madre e, sebbene tu sei e sarai sempre nel mio cuore e nei miei pensieri, sono contenta di avere qualcosa che per te ha un così grande significato. »
« Questo bracciale rappresenta il passato e il presente. Ciò che è stato e ciò che è. Voglio sperare con tutto il cuore che possa rappresentare anche il futuro, una promessa per ciò che sarà se mai dovessi tornare. »
Detto questo la strinse a sé e la baciò di nuovo, entrambi fecero di tutto per trattenere le lacrime e già, in quel mare di oscurità, una piccola luce sembrava tornata a brillare.



P.s.
Ripeto, spero che la situazione non sia troppo da diabete XD

P.p.s.
So che può sembrare scontato, ma come Faramir regala a Eowyn il mantello di sua madre, ci tenevo che anche Boromir facesse un gesto simile prima di partire.
Baci!!
Eowyn 1


 

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


Eccomi di nuovo, non starò qui a ripetervi le solite cose (lavoro, impegni vari, poco tempo...) sappiate solo che questa sera, mentre rileggevo il capitolo, ci ha pensato il gatto a farmi perdere ulteriore tempo cercando di portarmi in casa un topo. Ora, io capisco che lui lo faccia per dimostrarmi il suo affetto e tutto quanto il resto... ma avrei preferito finire un po' prima la revisione del capitolo, piuttosto che passare un quarto d'ora a disinfettare tutto il balcone. Non contento, più tardi è rientrato bagnato fradicio per via della pioggia, e ho dovuto perdere un altro quarto d'ora per asciugarlo. Ma alla fine ce l'ho fatta. Nel dubbio, se il capitolo dovesse farvi schifo, vi lascio le referenze del mio gatto così ne parlate con lui. :P   (e no, non è una scusa del tipo: il cane mi ha mangiato il quaderno, è successo tutto quanto come descritto qui sopra).
Detto questo, ecco il nuovo capitolo.


CAPITOLO 26
 

18 MARZO 3019 – Minas Tirith
 
Si dice che la notte porti consiglio, ma la mattina seguente Niniel avrebbe voluto avere davanti a sé la persona che ha elaborato questo detto per chiederle da dove le fosse venuta fuori una pensata tanto falsa. Negli ultimi mesi la notte non le aveva portato altro che ulteriori pensieri oscuri e, contando che ormai anche il giorno a Minas Tirith era molto simile alla notte, si può dire che la sua mente lavorasse in continuo producendo pensieri che si spingevano nell’oscurità più pura di Mordor.
Le aveva pensate tutte: inventarsi qualche scusa per trattenere Boromir, proporre che in quanto Sovrintendente rimanesse in Città per occuparsene in modo diretto in caso di disfatta, far leva sul fatto che solo un mese prima fosse stato gravemente ferito ad Amon Hen. Ma la conclusione a cui arrivò, fu che non c’era altro posto per lui che nella prima linea dell’esercito di Minas Tirith, insieme ai suoi compagni, davanti ai Cancelli Neri di Mordor.
Niniel prese la pesante cotta di maglia dal letto di Boromir e gli si avvicinò. Lui la osservò in silenzio, pose l’indice sotto al mento della ragazza e le sollevò il viso. Era chiaro che quella notte lei avesse pianto, lo dicevano i suoi occhi gonfi e lucidi che lei cercava di nascondere. Lui le sorrise, le tolse di mano la cotta di maglia e la gettò senza cura su una sedia, poi strinse Niniel in un abbraccio.
« Sai cosa mi ha fatto innamorare di te? » le chiese lui. Lei scosse la testa. « La tua forza, la tua decisione e la tua testa dura. » ammise Boromir, sorridendo sotto i baffi per quella sua ultima confessione.
« Non mi riconosco in ciò che dici. » rispose lei « Forse lo ero, forse una volta. Ora ho solo paura e tanta rabbia. Ci siamo separati, ci siamo ritrovati e ora dobbiamo separarci di nuovo, probabilmente per sempre. »
« Sai, » riprese lui lentamente dopo qualche secondo di silenzio « dicono che la paura sia necessaria in certe situazioni, senza la paura saremmo tutti degli stupidi avventati che si gettano nell’ignoto. »
« Non è forse quello che state facendo voi ora? » domandò lei, scostandosi e scrutandolo negli occhi grigi.
Boromir sospirò. « È per un bene più grande, Niniel.»
« Lo so, e per questo ho deciso che non tenterò più di dissuaderti dal partire. »
Lui sorrise tristemente, poi continuò: « Quello che volevo dire, è che sono certo che saprai usare la tua rabbia e la tua paura in modo saggio. »
Lei abbassò gli occhi sbuffando leggermente, come se non si considerasse più in grado di fare una cosa simile dopo tutto quello che avevano passato. Boromir le posò le mani sulle spalle e stringendola leggermente la costrinse a guardarlo negli occhi: « Qualunque cosa accada, comunque vadano le cose, so che avrai la forza per reagire, per combattere fino alla fine o per ricominciare e ricostruire il mondo per cui a lungo abbiamo combattuto. »
Una grossa lacrima scese lungo la guancia di Niniel che lo guardò rimanendo in silenzio, poi allungò una mano per sfiorargli dolcemente una guancia. Si mise sulla punta dei piedi e posò un delicato bacio sulle labbra di Boromir che la strinse a sé avvolgendola completamente con le sue braccia. Niniel si sentì al sicuro, protetta e coccolata nonostante le sue paure e le sue debolezze. La consolò il fatto che lui non le facesse pesare i suoi tentativi del giorno precedente di dissuaderlo dal partire. E si sentì accettata, compresa, amata.
 
In città l’aria era tesa, non si sentivano voci, solo il rumore degli zoccoli dei cavalli che conducevano i loro cavalieri verso il primo livello di Minas Tirith. Nessuno aveva voglia di parlare, nessuno aveva nulla da dire. Nessuno voleva partire o vedere le persone che amava lasciare la Città, ma tutti erano consapevoli che quella fosse l’unica alternativa.
Le mogli salutavano i mariti, le madri i figli. Ognuno si separava come meglio poteva da chi gli era più caro.
Aragorn fece un cenno ai suoi amici e salì in sella al cavallo.
Boromir strinse la sella della sua cavalcatura, poi guardò Niniel che abbassò gli occhi. Rimase immobile per qualche secondo, fino a quando lui le posò una mano su una spalla. Lei alzò lo sguardo, cercando di trattenere le lacrime.
« Abbi cura di te. » gli disse, col miglior sorriso che riuscì a fargli.
« Anche tu. » Boromir la strinse a sé, affondò il viso nei suoi capelli e inspirò profondamente il suo profumo.
« Ti amo. » le sussurrò accarezzando il polso dove lei portava il bracciale che le aveva regalato la sera prima.
« Ti amo anche io. »
Un ultimo bacio, poi lui salì sul suo cavallo. Si avvicinò ai compagni che con un leggero cenno del capo salutarono Niniel. Prima di varcare i cancelli distrutti di Minas Tirith, Boromir si voltò un’ultima volta a guardarla. Lei gli sorrise, pregando che l’uomo non vedesse le lacrime che avevano cominciato a scenderle lungo le guance. Lui rispose al sorriso, sperando che lei non cogliesse la tristezza che colmava il suo cuore.
Così partì l’Esercito dell’Ovest, verso una battaglia impossibile. L’ultima battaglia.
L’Oscurità li stava aspettando.
 
Una strana atmosfera aleggiava per la Città mentre Niniel risaliva verso i livelli superiori. Era anche tornato il bel tempo e un sole pallido faceva capolino nel cielo, quasi a beffarsi dell’oscurità che giungeva da Mordor e dei pensieri cupi che opprimevano i cuori delle persone rimaste a Minas Tirith. I lavori di ricostruzione che avevano avuto inizio appena dopo la battaglia del Pelennor quella mattina sembravano essersi arrestati, poche persone giravano per le vie, tutto era silenzioso. Era come se nessuno avesse voglia di andare avanti, di riprendersi da quell’ultimo gesto disperato che gli uomini avevano deciso di compiere. Niniel ne era consapevole e comprendeva perfettamente il sentimento generale dei suoi concittadini. Lei stessa, nonostante fosse consapevole della necessità estrema di quel gesto, nonostante fosse fiera, in cuor suo, della presenza di Boromir nell’esercito, in quel momento avrebbe solo voluto affacciarsi dall’ultimo livello di Minas Tirith e aspettare, con gli occhi puntati verso Oriente, di vedere accadere qualcosa. Qualunque cosa, nel bene o nel male.
Sapeva, però, che sarebbe stato un tormento inutile e troppo grande e che, sebbene fosse difficile in quel momento mettersi all’opera, aveva bisogno di fare qualcosa o sarebbe impazzita a furia di rimanere ferma, in attesa. Forse era questo che intendeva dire Boromir, quando le aveva detto che sarebbe riuscita a trovare un modo per usare la sua rabbia e la sua paura nel modo giusto.
Pensò velocemente alle possibilità che aveva di fronte, poi decise di andare a parlare con il Custode delle Case di Guarigione.
 
« Mia signora, ritengo di doverne parlare con Sire Faramir prima di darvi una risposta. »
Niniel aggrottò la fronte davanti a quella risposta e a quel modo di rivolgersi a lei, ma se c’era qualcosa che aveva imparato in quegli ultimi mesi era che in alcuni casi fosse meglio tacere e non dare voce a tutto quello che le passava per la testa, soprattutto quando venivano nominate autorità come i Sovrintendenti e cose di questo genere. Dall’altro lato, conosceva Faramir e sapeva che almeno con lui avrebbe potuto parlare tranquillamente e forse trovare risposta a certi comportamenti del Custode delle Case.
« Come preferite, mi sarei giusto recata da lui a breve per sapere come sta. Se non sta riposando possiamo andare a parlargli, se preferite. » in alcuni momenti si stupiva lei stessa della pacatezza che aveva acquisito.
Il Custode annuì e si recarono insieme da Faramir.
Quando entrarono nella stanza trovarono l’uomo seduto a una piccola scrivania, stava leggendo un libro che teneva appoggiato sul tavolo e il suo viso, seppur stanco, era molto più disteso rispetto a qualche giorno prima. Piano piano si stava riprendendo.
L’uomo osservò la giovane e il Custode con aria interrogativa.
« È tutto a posto? » domandò con un po’ di apprensione.
« Tutto tranquillo, mio signore. Non ci sono novità dall’Esercito e in Città le persone stanno lentamente tornando a svolgere le loro mansioni. »
Faramir annuì e si rilassò leggermente.
« Vedete, siamo qui perché la mia signora è venuta da me con una richiesta… » l’uomo tentennò un attimo « Ma prima di darle una risposta ho ritenuto giusto consultarvi. »
« Vi ascolto. » rispose Faramir, annuendo.
« Sono andata dal Custode della Case per chiedere di poter essere di aiuto in qualche modo. Non ho le conoscenze per aiutare i malati e i feriti, di questo me ne rendo conto, l’unica cosa che so fare è cucinare quindi ho chiesto di poter aiutare nelle cucine. L’esercito è partito, il mio compito lì è terminato. »
Faramir sorrise: « Non vedo dove sia il problema. »
« Ma, mio signore… » intervenne con titubanza il Custode « Vede lei è, insomma… io non so se sia il caso. »
Niniel tornò ad aggrottare la fronte senza capire quale fosse il problema. Stava per intervenire per chiedere spiegazioni, ma Faramir la anticipò.
« Non avete nulla di cui preoccuparvi, sono certo che mio fratello non avrebbe niente in contrario e, nel caso così non fosse, mi assumo io la responsabilità di questa decisione. »
Il Custode parve rincuorato dalla risposta di Faramir.
« Allora da parte mia non ci sono problemi. Potete recarvi in cucina quando volete, avvertirò del vostro arrivo in modo tale che ci sia qualcuno ad accogliervi e spiegarvi tutto quello che dovete sapere. » a questo punto il Custode si congedò e lasciò Niniel e Faramir da soli.
« Parla pure, qualcosa mi dice che hai qualche domanda da farmi. » esordì Faramir con aria leggermente divertita.
« Direi che ci sono un paio di cose che non mi sono chiare, in effetti. Dunque, perché continua a chiamarmi “mia signora”, quando si dà il caso che io non sia la signora di nessuno? E poi per quale motivo pensava che non fosse il caso che io dessi una mano qui? »
Faramir sorrise ancora, di quel sorriso gentile che lo contraddistingueva, quel sorriso dolce che veniva dal cuore.
« La risposta alle tue domande si riassume in una sola parola, o meglio in una sola persona: Boromir. »
Niniel spalancò leggermente gli occhi, ma non disse niente.
« Ormai tutta la città sa di voi, da quando Boromir è tornato il fatto che vi stiate frequentando non è più stato un segreto. Dunque, conosco il Custode e ti assicuro che ha fatto tutto in buona fede e nel tuo completo interesse. Il suo venire qui a chiedere il mio parere è legato al fatto che non voleva metterti in una posizione scomoda o mancare di rispetto a te o a Boromir facendoti lavorare. »
« Non vedo come avrebbe potuto essere una mancanza di rispetto. » intervenne Niniel.
Faramir soppesò bene come usare le parole, sapeva che si trattava di un argomento molto delicato e non sapeva bene se Niniel e suo fratello avessero già affrontato certi discorsi: « Quando diventerai sua moglie sarai la moglie del Sovrintendente o, se in seguito al ritorno del Re Boromir non dovesse più essere il Sovrintendente, sarai comunque la moglie di un nobile. Dunque al Custode sembrava sconveniente permetterti di lavorare. »
Niniel arrossì vistosamente alle parole di Faramir.
« Perdonami, non volevo metterti a disagio, stavo solo cercando di spiegarti il suo punto di vista, spero di non essere risultato indelicato. »
Niniel scosse la testa e cercò di riprendere il controllo delle sue emozioni.
« No, no ora mi è tutto chiaro, ti ringrazio. » sospirò, poi riprese « Non so cosa mi riserverà il futuro, ma al momento so che voglio solo essere di aiuto alla Città. » rispose.
« Capisco benissimo, non preoccuparti. Vedrai che nessuno te lo impedirà. »
Quando Niniel uscì dalla stanza di Faramir ebbe bisogno di alcuni minuti di calma. Lei e Boromir non avevano ancora affrontato certi discorsi, anche volendo non avevano avuto il tempo per farlo. Negli ultimi mesi gli eventi si erano susseguiti con una tale velocità da gettare tutti su una ruota che girava talmente forte da togliere il fiato. Si erano conosciuti, lui era partito, lei lo aveva creduto morto e appena lo aveva ritrovato lui era partito nuovamente per una missione che probabilmente non lo avrebbe riportato a casa.
Si passò con rabbia una mano sugli occhi che avevano iniziato a pizzicarle.
Sarebbe passata a trovare suo fratello per vedere come stava e poi si sarebbe diretta alla cucina delle Case di Guarigione. Aveva bisogno di fare e di non pensare troppo.
 
« Ci avvelenerà tutti! »
« Narith! »
« Cosa? » domandò il ragazzo in risposta alla madre.
« Ma ti sembra il caso? »
« Ma volevo solo sdrammatizzare… » rispose lui con aria colpevole. Era ancora a letto, la ferita riportata alla gamba era grave e aveva bisogno di parecchio riposo. Earine, sempre al suo fianco, era seduta sul bordo del letto del ragazzo e sorrideva.
« Tranquilla mamma… lo conosco, so che scherza. » rispose Niniel sforzandosi di sorridere.
« Sono solo sopravvissuto per 24 anni ai suoi manicaretti, poi sono sopravvissuto a una battaglia, direi che sopravvivrò anche alla sua presenza nella cucina delle Case di Guarigione. »
« Adesso però puoi anche finirla! » borbottò Niniel iniziando a stufarsi delle battute del fratello. Sapeva che lui lo stava facendo per cercare di farla ridere, aveva sempre avuto questo vizio di provocarla per cercare di farla reagire quando lei era triste, ma questa volta tutto quello che stavano vivendo era davvero troppo e Niniel non si sentiva in vena di scherzare.
« Ora è meglio che vada, sarà quasi ora di preparare il pranzo e voglio dare una mano. »
Adhort la accompagnò fuori dalla stanza e quando furono lontani dagli altri le posò una mano sulla spalla: « Come ti senti? » le chiese.
« Potrei stare meglio, ma sto facendo quel che posso per reagire. Ci provo, almeno. »
Il padre le sorrise.
« Lo so, e sono orgoglioso di te. Hai dimostrato una grande forza in questo ultimo periodo. »
« Spero di averne ancora per un po’. » rispose lei con poca convinzione « Ora vado, non voglio fare tardi. »
 
Quella sera giunse un messaggero dell’esercito. Le notizie per il momento erano confortanti: la marcia procedeva, non c’erano ancora stati scontri, gli uomini dell’Ovest stavano bene. Se fossero riusciti avrebbero mandato un altro messaggio il giorno seguente, ma tutto dipendeva dalle condizioni che avrebbero incontrato strada facendo.
Non era molto, eppure era tanto agli occhi di chi a Minas Tirith attendeva notizie.
Erano ancora vivi. Niniel trasse un profondo sospiro di sollievo quando, mandata dai capi della cucina a servire la cena a Faramir, l’uomo le lesse ciò che era riportato nel messaggio.
La ragazza uscì dalla camera e si fermò alcuni istanti nel giardino delle Case di Guarigione. Era difficile pensare che solo quella mattina Boromir era ancora lì con lei, mentre ora si trovava chissà dove in marcia verso Mordor, in marcia verso un futuro incerto e imprevedibile più di quanto non fosse mai stato. La cuoca volse lo sguardo verso oriente, mentre il buio della sera prendeva il posto di quell’insolita luce che il sole quel giorno era riuscito a regalare.
Quell’attesa era estenuante. Ogni volta che Niniel si ritrovava a fare un pensiero positivo, subito se ne presentava uno che le faceva vedere la disfatta totale. La realtà che avevano di fronte parlava più forte dei suoi pensieri. L’unica cosa a cui riusciva ad aggrapparsi era la flebile speranza che, oltre l’oscurità che vedevano, le stelle ancora brillavano e forse, un giorno, sarebbero riusciti a rivederne la luce.
 
 
 
18 MARZO 3019, SERA – ACCAMPAMENTO DELL’ESERCITO DELL’OVEST
 
 
« Vuoi del pane? »
Boromir si riscosse dai suoi pensieri: « No, ti ringrazio. »
« So che non è buono come le cene che prepara la tua Niniel, ma faresti meglio a mangiare qualcosa finché si può. » gli disse Gimli.
Nell’udire quel nome, Boromir si riscosse.
« Sai, per una volta il nano ha ragione. » commentò Legolas.
Gimli gli fece una smorfia.
« Siete due rompiscatole. » borbottò Boromir, poi prese il pane che il nano gli stava porgendo e si mise a mangiare qualcosa.
« Sempre qui per servirvi, signor Sovrintendente. » gli rispose il nano.
« Non chiamarmi così, non sono il Sovrintendente. »
Gimli guardò Boromir con aria sorpresa: non si aspettava una risposta del genere.
« Pensavo che ci tenessi a questo titolo, insomma è ciò a cui sei sempre stato destinato. »
« Sì, è vero. Ma il Re è tornato e il compito dei Sovrintendenti è finito. » Boromir sorrise « Ora che ho combattuto al fianco di Aragorn, non ho più dubbi su quale sia la cosa migliore per Gondor. »
« Qualcosa mi dice che Aragorn potrebbe avere ancora bisogno di te. » commentò Legolas.
« Il regno di Gondor è vasto, e Aragorn si fida di te. » aggiunse Gimli.
« Sarei onorato di continuare a servire Gondor e il nostro Re, ma penso che sia prematuro parlarne ora. Non sappiamo cosa ci aspetta, non sappiamo come torneremo, » Boromir tentennò « se torneremo. » aggiunse infine.
« Il fatto che non sappiamo cosa ci aspetta non significa che tu non possa pensare al futuro. » gli disse Legolas.
« Faccio fatica a immaginarlo al momento, un futuro. » sospirò l’uomo. Si rese conto che, nonostante quella mattina avesse cercato di confortare Niniel, anche lui aveva difficoltà a vedere oltre il momento che stavano attraversando.
« Ciò non significa che non potrebbe essercene uno. Qualcosa ci sarà sicuramente, sta a noi scriverlo. »
Gimli iniziò a borbottare: « Non ti riesce proprio di parlare in modo chiaro e lineare. »
« Non mi sembra di essere stato così indecifrabile in ciò che ho detto, forse sei tu che hai la mente poco disposta a comprendere in questo momento. »
« La mente poco disposta a comprendere? Ma guarda cosa mi tocca sentire… » borbottò il nano. Se non fossero stati nel bel mezzo di una spedizione suicida, probabilmente avrebbe iniziato a imprecare sonoramente, ma si trattenne.
« Se non ti va bene il mio modo di parlare puoi sempre non ascoltare. »
« Come posso non ascoltare se sono a un metro di distanza da te. »
« Questo è un problema tuo. » lo punzecchiò ancora, volutamente, l’elfo.
Gimli, indispettito, riprese a borbottare tra sé e sé.
Boromir sorrise, scuotendo la testa. Poi alzò gli occhi al cielo con la speranza di scorgere, tra le nuvole scure, qualche stella che brillava in lontananza, ma non ne vide.
 
 
 
19 MARZO 3019, MATTINA – MINAS TIRITH
 
 
Nuvolette di condensa si materializzavano davanti al viso di Niniel, segno che l’aria faticava ancora a scaldarsi nonostante fossero prossimi alla primavera. In cucina avevano appena finito di preparare la colazione e lei era stata mandata a fare il giro dei feriti per servirli.
Aveva la netta sensazione che avessero per lei un occhio di riguardo e che la mandassero a occuparsi dei ricoverati più importanti e la cosa un po’ la infastidiva. Non che le dispiacesse servire Faramir o altri nobili che risiedevano nelle Case, ma non voleva che le venissero fatti favoritismi per via della sua relazione con Boromir.
Ancora assorta nei suoi pensieri, lesse il biglietto che le avevano dato in cucina con i nomi delle persone da cui doveva recarsi.
« Éowyn » disse a bassa voce. Rimase un attimo ferma a riflettere su quanto le aveva raccontato Merry e la sua voglia di conoscere quella giovane che aveva combattuto nel Pelennor crebbe. Bussò alla porta della camera indicata e attese fino a quando una voce debole le diede il permesso di entrare.
Quando aprì la porta, il buio in cui era immersa la stanza non le permise di vedere il viso della persona stesa a letto. Niniel ebbe bisogno di avvicinarsi affinché la candela posata sul tavolo lì accanto le permettesse di vedere bene la giovane.
Éowyn giaceva supina, immobile, gli occhi aperti che fissavano il soffitto e il petto che si alzava e abbassava con estrema lentezza sotto alle coperte. Spostò gli occhi su Niniel, la quale rimase profondamente colpita dalla tristezza di quello sguardo segnato da due occhi profondamente cerchiati di nero, incorniciati da un viso di un pallore quasi mortale.
«Buongiorno, mia signora. » esordì, dopo un attimo di titubanza « sono venuta a portarvi la colazione. »
Éowyn annuì e cercò di alzarsi a sedere, ma il braccio con cui aveva pugnalato il Negromante ancora le doleva e con una smorfia di dolore ricadde all’indietro sul cuscino.
« Posso aiutarvi? » le domandò Niniel avvicinandosi ancora di più.
« No. » la bloccò Éowyn un po’ bruscamente, ma dovette accorgersi di aver usato un tono poco gentile, perché aggiunse subito con più tranquillità « Ti ringrazio, ma posso farcela da sola. »
Con fatica, facendo forza solo sul braccio sinistro, la giovane si mise a sedere, poi posò il suo sguardo su Niniel.
« C’è del tè caldo e pane con un po’ di burro. » spiegò la cuoca cercando di mantenere un tono di voce che fosse il più delicato possibile. Aveva l’impressione che quella giovane potesse spezzarsi da un momento all’altro e riconobbe nel suo sguardo una profonda tristezza, vi era qualcosa… che le ricordò i suoi occhi quando ancora credeva che Boromir fosse morto. Niniel non seppe spiegarsi bene la sensazione che provava, ma le parve che Éowyn avesse bisogno di tanta dolcezza e comprensione, un po’ come era stato per lei solo qualche settimana prima.
« Ti ringrazio. » si sforzò di dirle la dama. Si vedeva che ogni movimento le costava un grande sforzo.
« Non è molto, » si affrettò ad aggiungere Niniel « ma è il meglio di ciò che abbiamo, vi aiuterà a guarire. »
Lo sguardo di Éowyn si spense per un attimo, Niniel temette di aver detto qualcosa di sbagliato, ma non capiva cosa. Forse quella giovane non voleva riprendersi dalla ferita?
« Sono certa che mi aiuterà. » aggiunse poi la dama con voce piatta, lo sguardo ora basso sul vassoio che Niniel le aveva appena appoggiato sul letto.
« Posso fare qualcosa per voi? Avete bisogno che vi aiuti? » chiese Niniel, in un disperato tentativo di trovare qualcosa di giusto da dire in quella situazione.
« Ti ringrazio, va bene così. » Éowyn alzò lo sguardo, sembrava essere tornata presente mentre parlava « Se dovessi avere bisogno di qualcosa chiamerò i guaritori. »
Niniel annuì, ma non aveva il coraggio di allontanarsi da quel letto. Éowyn sembrava così fragile, così bisognosa di aiuto.
« Non preoccuparti, puoi andare. » aggiunse la dama vedendo che Niniel non si muoveva « Ci sono tante altre persone che hanno bisogno di te e il tuo carrello è ancora colmo di vassoi. »
La voce di Éowyn era ora gentile, seppur intrisa di tanta tristezza.
Quando Niniel uscì dalla stanza rimase per qualche istante immobile con le mani ferme che stringevano il carrello, lo sguardo basso e la mascella serrata con rabbia. Avrebbe voluto fare qualcosa di più, fosse anche solo trovare qualcosa di gentile da dire a quella dama tanto triste, ma non le era venuto in mente nulla mentre si trovava ancora in quella camera.
Sospirò pesantemente per poi ricordarsi che doveva sbrigarsi perché aveva ancora tante persone da servire. Guardò il biglietto e il secondo nome della lista le fece tornare un po’ il sorriso: Meriadoc.*
Magari avrebbe potuto parlargli e scoprire qualcosa in più sulla giovane con la quale l’hobbit aveva combattuto in battaglia.



* Ho deciso di seguire la trama del libro e non del film, quindi Merry non è partito per Mordor con gli altri, ma è rimasto a Minas Tirith perché deve ancora guarire del tutto dallo scontro con il Negromante.

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


E quindi, dopo tanto tempo, eccomi ancora qui ad aggiornare :)
Piano, piano, ce la farò ad arrivare alla fine ;)
Vi lascio al capitolo, sperando che vi piaccia. La resa dei conti è sempre più vicina ;)



CAPITOLO 27
 
19 MARZO 3019, MATTINA – MINAS TIRITH
 
« Permesso… »
« Niniel! Vieni, vieni, sei sempre la benvenuta qui! » esclamò Merry non appena vide il volto della giovane affacciarsi nella sua camera « E se stai portando la colazione sono ancora più felice di vederti! »
Niniel sorrise divertita scoprendo che, come le accadeva con Pipino, Merry aveva lo stesso potere di riuscire a farle tornare il buon umore ogni volta che lo vedeva.
« Non aspettarti chissà che… del tè e del pane con il burro sono l’unica prelibatezza che possiamo permetterci al momento e il burro sta anche per finire… » aggiunse lei parlando più a se stessa che all’hobbit.
« Tendo a essere esigente in quanto a cibo, come ogni hobbit che si rispetti, ma direi che per questa volta posso accontentarmi, soprattutto vista la situazione. » sorrise « Quando tutto questo sarà finito, voglio che tu e Boromir veniate a farci visita nella Contea! Chissà cosa saresti in grado di cucinare con tutto quello che si può trovare in una dispensa hobbit. »
« Penso che ci vorrà un bel po’ per ristabilire la situazione e le dispense, se mai tutto questo finirà bene. Ma accetto volentieri il tuo invito, sarei curiosa di visitare la vostra Contea, Pipino me ne ha parlato tanto! »
Il silenzio calò all’improvviso tra i due, gli si formò un groppo in gola e gli occhi minacciarono lacrime.
« Ho conosciuto Éowyn poco fa. » Niniel cercò di riprendersi e di spostare il discorso su altro, continuare a parlare della guerra, delle persone che amavano e che erano in marcia verso Mordor e di ciò che sarebbe potuto essere dopo, non li aiutava.
« Come sta? » domandò Merry mentre prendeva il piattino con le fette di pane e burro che la ragazza gli stava passando.
« L’ho trovata molto debole e triste, ma fiera. Deve essere una donna davvero forte. »
« Lo è, infatti. Non tutte si sarebbero vestite da uomo per scendere in battaglia e la forza con cui ha affrontato il Negromante per difendere suo zio è stata immensa. » Merry bevve un sorso di tè « Mi addolora sapere che sia così triste, ma è comprensibile dopo le perdite che ha subito. Questo pomeriggio potrei andare a trovarla, se mi permetteranno di vederla. »
« Penso proprio che sia una buona idea, la compagnia di un amico sicuramente le farà bene. Io ho provato a chiederle se per caso potessi aiutarla in qualche modo, ma ha rifiutato il mio aiuto. Lo capisco, non mi conosce, ma tu sei stato un suo compagno, chissà, magari reagirà diversamente. »
« Ti ringrazio per avermelo detto, farò di tutto per farle visita. »
Niniel sorrise, leggermente rincuorata.
« Meglio che vada ora, ho ancora un po’ di giri da fare. »
« Passa pure a trovarmi quando vuoi, potrei raccontarti tante storie divertenti della mia terra e della mia gente. »
« Appena sarò libera non mancherò di passare a trovarti, sono curiosa di scoprire qualcosa in più su voi hobbit e sulle vostre usanze. »
Così, Niniel si congedò da Merry e proseguì con il giro dei pazienti.
 
 
20 MARZO 3019, MATTINA – MINAS TIRITH
 
Il tempo trascorreva lentamente nell’attesa, lo sguardo degli abitanti di Minas Tirith correva sempre più spesso verso oriente. Aspettavano un cambiamento, in meglio o in peggio, un segno che indicasse loro che qualcosa era successo, ma non accadde nulla nemmeno quel giorno. Il clima sembrava anche farsi beffa di loro: era tornato clemente e il sole faceva capolino tra le nubi, ma il mondo intero sembrava immobile, inalterato, in attesa… come gli abitanti della Città. E mentre Niniel, e chi come lei non aveva riportato ferite durante la battaglia, si adoperava nel tentativo di percepire meno quel senso snervante di attesa, molti di quelli che erano costretti a letto sentivano maggiormente la pesantezza del tempo che non passava.
Fu così che quella mattina il Custode delle Case si presentò da Faramir in compagnia di una giovane donna che portava il braccio destro fasciato e stretto al petto con una benda e, senza accorgersene, l’immobilità dell’uomo subì in questo modo una svolta che nei giorni seguenti gli diede molto da pensare e che lo portò a dirigere il suo sguardo più verso le Case che verso oriente.
 
Quando quella sera Niniel si diresse verso la camera di Faramir per portargli la cena, fu felice di trovarlo fuori dalla stanza che passeggiava nel giardino insieme a Merry. Entrambi avevano il viso più disteso ed era chiaro che si stessero lentamente riprendendo dalle ferite.
« Niniel, è sempre un piacere vederti! »
La ragazza sorrise, Faramir riusciva a farla sentire sempre la benvenuta con quel suo modo gentile di accogliere le persone.
« Ti ho portato la cena, ma se disturbo posso tornare più tardi. »
« No, non preoccuparti. Anzi credo che sia proprio il caso che io lasci tornare a riposare il povero Merry, penso di averlo importunato a sufficienza per oggi. » esclamò l’uomo con un sorriso.
« Nessun problema, è stato bello discorrere con voi. E, detto sinceramente, penso di avere più bisogno di cibo che di riposo! »
« Si dà il caso che io abbia qui anche la tua cena. » gli disse Niniel con un sorriso.
« Non vi trattengo oltre allora. » l’uomo prese dal carrello il suo vassoio.
« Lo porto io in camera… » provò a obiettare Niniel.
« Posso farlo io, tranquilla. Sto decisamente recuperando le forze e tu hai tanto da fare. » le disse, indicando con lo sguardo il carrello pieno di vassoi che la giovane stava trasportando.
L’hobbit salutò l’uomo di Gondor e si diresse insieme a Niniel verso la sua stanza. La giovane non domandò nulla, fu Merry a rivelarle che Faramir lo aveva convocato per chiedergli alcune informazioni sul suo viaggio da Rohan a Minas Tirith.
« Gli ho spiegato come sono andate le cose e lui sembrava molto interessato alla storia di Éowyn, ma non me ne stupisco. Quello che ha fatto quella giovane è stato straordinario! »
Lì per lì, Niniel non diede molto peso alle parole dell’hobbit. Lo ascoltava, ma con la testa era concentrata su altri pensieri che la preoccupavano parecchio.
« Per caso ti ha detto se ci sono novità dall’esercito? »
« No, non so nulla. » Merry sospirò « Ma sono certo che appena si saprà qualcosa Faramir ti chiamerà per tenerti aggiornata. »
Niniel annuì e sospirò sconsolata.
 
Trascorsero così due giorni tra i lavori di ricostruzione della Città, la cura dei feriti e l’attesa di notizie che non arrivavano e, sebbene la mente di Niniel fosse spesso altrove, ebbe modo di accorgersi che Faramir aveva trascorso gran parte delle sue giornate nel giardino, come in attesa di qualcosa, e lo aveva visto spesso passeggiare in compagnia della dama di Rohan e mentre lui pareva più sereno anche lei, piano piano, sembrava che stesse guarendo.
 
 
23 MARZO 3019, SERA – ITHILIEN
 
« Quanto pensi che ci vorrà ancora? »
« Un paio di giorni, non di più. » rispose il ramingo mentre scrutava a oriente nell’oscurità che diveniva sempre più fitta. Il rossore del cielo in quella direzione era inquietante, segno di ciò che si stava muovendo a Mordor.
« Domani affretteremo il passo, non possiamo perdere altro tempo. »
Boromir annuì lentamente e strinse l’elsa della spada che portava al fianco.
« Hai paura? » gli domandò Aragorn.
Boromir sorrise, increspando solo un angolo della bocca: « Penso che ne abbiamo tutti. »
« Già… »
Tra i due calò qualche secondo di silenzio.
« Sai, quando in passato lasciavo Minas Tirith lo facevo per la Città. È vero, c’erano mio padre e mio fratello, non ero solo e mi spiaceva sempre lasciarli, ma ora è diverso. »
« Ora hai lei. » concluse Aragorn.
« Già… » Boromir abbassò lo sguardo.
« È una cosa bella, questo non significa che tu tenga di meno alla nostra Città, solo che ora hai un motivo in più per tornarci. »
« Un motivo in più per combattere per la libertà della Terra di Mezzo. » concluse Boromir alzando di nuovo lo sguardo e fissando il compagno negli occhi « Io non so come andranno le cose, ma nella remota possibilità che il nostro esercito dovesse vincere e io non dovessi farcela… ti chiedo di prenderti cura di lei. »
« Mi auguro che tu possa tornare vittorioso insieme a tutti noi, ma ti prometto che se così non dovesse essere mi occuperò di Niniel per non farle mancare nulla. »
Boromir annuì, un po’ più leggero: « Ti ringrazio. »
« Ancora qui a chiacchierare voi due? » borbottò Gimli sbucando da dietro a una tenda « Ci sono le sentinelle che fanno la guardia, andate a riposare finché potete. » aggiunse poi con aria grave, osservando preoccupato il volto stanco e segnato dei compagni.
« Hai ragione Gimli, meglio andare a riposare fino a quando ci rimane tempo per farlo. » concluse Boromir.
Nessuno di loro dormì molto quella notte, ogni scricchiolio era il pensiero di un orco, ogni minimo alito di vento un nemico. La presenza di Mordor era sempre più concreta, quasi palpabile.
 
 
23 MARZO 3019, SERA – MINAS TIRITH
 
Era già tardi quando Faramir l’aveva mandata a chiamare, Niniel aveva concluso il giro di consegna della cena ai pazienti e si trovava nella camera di suo fratello insieme a Earine, per sincerarsi che stesse bene e fargli compagnia.
Arrivò davanti alla camera dell’uomo di corsa e col cuore in gola, bussò e a stento attese che lui la invitasse a entrare.
« È arrivato un messaggero con una lettera da parte di Aragorn. » le disse Faramir « Stanno tutti bene. » aggiunse subito, percependo la sua agitazione.
Niniel trasse un profondo sospiro di sollievo e si sedette pesantemente sulla sedia che stava accanto al letto.
« So che il peggio deve ancora venire, ma è pur sempre una buona notizia. » commentò cercando di sorridere. Si passò una mano sugli occhi stanchi.
L’uomo annuì.
« C’è scritto altro? »
« Dice che non ci sono stati scontri significativi, non hanno trovato grande opposizione finora, se non qualche orchetto di guardia. » le rispose lui, fissando il pezzo di carta che teneva tra le mani « La lettera è di due giorni fa, c’è scritto che la marcia procede e che è solo questione di giorni prima che arrivino a destinazione. »
L’uomo teneva d’occhio le reazioni della giovane, che fissava un punto a caso del pavimento e ascoltava in silenzio.
« C’è anche scritto che molto probabilmente questo sarà l’ultimo aggiornamento che potranno mandarci. Non gli è più possibile inviare missive ora che sono così vicini a Mordor e, probabilmente, non giungerebbero fin qui. »
« Capisco. » Niniel sospirò.
L’uomo le porse il foglio che teneva tra le mani e lei lo scorse velocemente in silenzio.
« A questo punto, quando pensi che potrebbero arrivare di fronte a… » le parole le si bloccarono in gola.
« Contando che la lettera risale a due giorni fa, penso che li separino al massimo un paio di giorni dalla loro meta. »
« Beh, direi che le cose stanno procedendo secondo i loro piani. » commentò infine lei con un sorriso triste.
Faramir annuì, silenzioso.
« Fino ad ora tutto bene… »
 
 
24 MARZO 3019, TARDO POMERIGGIO – MINAS TIRITH
 
« Quindi ci siamo quasi. » disse Merry tra sé e sé. Lo sguardo basso, perso sulle lastre di roccia che costituivano la pavimentazione delle Case di Guarigione.
Lui e Niniel si stavano dirigendo verso la camera di Faramir, avevano deciso di andare a trovarlo prima dell’ora di cena.
« Sì, a quanto pare… tra oggi e domani dovrebbero giungere a destinazione e poi… » la giovane esitò « Poi si vedrà. » sospirò.
Merry le appoggiò la mano sull’avambraccio e strinse leggermente in segno di incoraggiamento: « Daranno il meglio, ne sono certo. »
Niniel sorrise, poi qualcosa attirò la sua attenzione: poco lontano da loro Faramir stava passeggiando nei giardini delle Case di Guarigione e non era solo. Ad accompagnarlo c’era Éowyn. I loro capelli parevano sfiorarsi, mossi da una leggera brezza, camminavano in silenzio ed era come se una luce provenisse dai loro sguardi che spesso si dirigevano a Oriente.
Niniel appoggiò la mano sulla spalla dell’hobbit e strinse leggermente per attirare la sua attenzione, quando Merry alzò lo sguardo e notò la scena rimase in silenzio e, come se si fossero messi d’accordo, senza dire una parola sgattaiolarono via velocemente.
Quando furono abbastanza lontani e nascosti dagli edifici delle Case di Guarigione, Merry fu il primo a parlare: « Tu pensi che… »
« Non saprei dirti. » rispose Niniel. Il cuore aveva accelerato i battiti anche se non aveva corso.
« L’altro giorno, quando sei arrivata a portare la cena in camera di Faramir, ero lì perché lui mi aveva fatto convocare. Mi ha posto molte domande su ciò che ho fatto a Rohan e sulla mia esperienza in guerra all’interno del loro esercito, ma… potrei sbagliarmi, eppure mi è parso che molte delle sue domande fossero mirate a sapere qualcosa in più su dama Éowyn. »
Il viso di Niniel fu attraversato da un sorriso:
« Allora, Merry… potrei sbagliarmi anche io, ma gli indizi che abbiamo mi portano a pensare che potrebbe esserci sotto qualcosa. »
L’hobbit alzò lo sguardo verso di lei e sorrise a sua volta.
« Sarei davvero molto contento per lei, ne ha passate così tante che sarebbe proprio bello se avesse trovato in Faramir qualcuno da amare e che la ami a sua volta. »
« Me lo auguro anche io, per entrambi. Faramir non ha avuto una vita facile e spero per lui, per loro, che quello che sospettiamo possa essere vero. »
I due si guardarono ancora e si sorrisero.
« Forse è meglio spostarci e lasciarli soli. Torneremo a trovare Faramir in un altro momento. » suggerì Merry.
« Sì, è meglio. Io a breve devo anche tornare in cucina per aiutare con la cena. »
« E sia mai che mi venga consegnata in ritardo. » Merry le fece un occhiolino. Niniel rise e per l’ennesima volta ringraziò per l’esistenza degli Hobbit.
 
Quando più tardi la ragazza si recò da Faramir con il carrello della cena, lo trovò seduto alla scrivania che, stranamente, era vuota. Non vi erano libri o carte come al solito.
L’uomo era come immerso nei suoi pensieri e Niniel si domandò se stesse pensando alla guerra o a qualcun altro.
« Non è molto, ma è il meglio che possiamo offrire in questo momento. » gli disse, avvicinandosi con una scodella colma di minestra.
Faramir parve riscuotersi, alzò lo sguardo su di lei e come se avesse realizzato all’improvviso della presenza di Niniel nella sua stanza, allungò le mani per prendere la scodella con un movimento un po’ brusco. Senza farlo apposta si scontrò con le mani di Niniel che rovesciò un po’ del contenuto sul pavimento.
La ragazza si affrettò a posare il contenitore sul tavolo, per poi tamponarsi la mano con il grembiule.
« Scusami! » esclamò mortificato Faramir « Ti sei scottata? »
Le si avvicinò per controllare la mano.
« No, no tranquillo. » sorrise lei, poi mostrò la mano per fargli vedere che non era successo niente « Non è così calda. »
« Mi dispiace, scusa sono un po’ sovrappensiero. »
Niniel sorrise comprensiva, poi prese uno straccio e asciugò quel poco di minestra che era caduto a terra.
« Non ti preoccupare, capisco. Lo siamo un po’ tutti. »
L’uomo scosse il capo e si fregò gli occhi.
« Tu come stai? » le domandò.
Lei si strinse nelle spalle.
« Cerco di non pensare troppo, anche se non so se sia il modo giusto per affrontare la cosa, e mi tengo impegnata. Oggi pomeriggio sono stata un po’ con Merry. »
« Fai bene, » disse lui « Non possiamo fare altro. »
Si guardarono ed era come se entrambi volessero parlare del fatto che il giorno successivo, molto probabilmente, l’esercito sarebbe arrivato a Mordor e sarebbe stato il giorno decisivo e tante cose sarebbero potute succedere, nel bene e nel male ma, allo stesso tempo, era come se nessuno dei due avesse la forza di tirare fuori quell’argomento nonostante la consapevolezza che avevano.
« A proposito di Merry… » esclamò Niniel come a voler distogliere l’attenzione dalla guerra « Meglio che mi sbrighi a portargli la cena o potrebbe mangiarsi il tavolo. »
Faramir scosse la testa.
« Se hai bisogno sai dove trovarmi. Vero? » le chiese, come a voler rimarcare che per qualsiasi cosa poteva fare riferimento a lui, soprattutto ora che si avvicinava il momento che tutti stavano temendo.
« Lo so e ti ringrazio. » Niniel sorrise con gratitudine « La stessa cosa vale per te, anche se è un po’ più difficile reperirmi mentre corro per le Case di Guarigione con questo carrello, ma… se hai bisogno sai dove trovarmi. Più o meno… » aggiunse infine.
Lui sorrise: « Ho recuperato un po’ di forze, correre non penso che sarà un problema. »
Niniel uscì dalla stanza con un lieve sorriso e il cuore, nonostante tutto, un po’ più leggero.
 
 
La giovane era stesa a letto, finalmente la loro casa era tornata agibile. Non era stata sistemata del tutto, ci sarebbe voluto un bel po’ di tempo per rimetterla completamente in sesto e, dopo aver rimediato ai danni più grossi, ovviamente la precedenza andava alle abitazioni di quelle persone che si erano trovate completamente senza casa. Ma dopo la battaglia e tutte quelle notti passate accampata alla bell’e meglio su una sedia nella stanza del fratello nelle Case di Guarigione, il fatto di essere stesa nel suo letto le dava una sensazione bella, anche se strana.
Erano passate solo poche ore dalla conversazione che aveva avuto con Faramir e mille pensieri le vorticavano nella mente. La felicità per aver scoperto che forse tra lui ed Éowyn stesse nascendo qualcosa, si alternava allo sconforto per il pensiero di Boromir distante e coinvolto in una missione molto probabilmente senza ritorno. La leggerezza che le trasmetteva il sapere suo fratello ormai fuori pericolo dopo le ferite che aveva riportato veniva cancellata dall’orrore a cui aveva assistito durante la battaglia del Pelennor. La pace delle conversazioni avute con Merry era sopraffatta dall’opprimente senso di oscurità che li circondava.
Niniel si rigirò nuovamente nel letto per sfuggire a uno spiffero freddo che entrava da una delle crepe nel soffitto. Si sentiva profondamente cambiata, le sembrava che dopo tutto quello che le era successo la sua positività se ne fosse andata del tutto e, più si ripeteva che era normale sentirsi così dopo tutte quelle disgrazie, più temeva che quello potesse costituire una scusa. Aveva paura di ciò che sarebbe potuta diventare al termine della guerra, comunque fosse finita. Di sicuro non sarebbe stata più la stessa Niniel di prima, ma cosa sarebbe stata? Il dolore, l’affanno, l’avrebbero cambiata definitivamente? Ma soprattutto, come sarebbe finito tutto quanto e Boromir sarebbe sopravvissuto?
Chiuse gli occhi e, sebbene stremata dalla stanchezza e dai pensieri, non riuscì a prendere sonno.
 
 
24 MARZO 3019, NOTTE – ACCAMPAMENTO DELL’ESERCITO DELL’OVEST
 
« Stanno passando nuovamente sopra di noi. » la voce di Legolas ridotta a un sussurro annunciò ai suoi amici la presenza dei Nazgûl.
Era l’unico che riusciva a vederli al di là della coltre di oscurità e, sebbene non si facessero sentire, la loro presenza era comunque percepita da tutti i componenti dell’esercito.
« Non sono morto di freddo sul Caradhras, potrei morirne ora per il gelo che trasmette la loro sola presenza. » Gimli tremò, al pensiero degli spettri dell’Anello e delle creature che essi cavalcavano.
Aragorn si trovava in piedi al limite dell’accampamento, accanto ai falò che avevano acceso per scaldarsi e difendersi dai lupi e dalle altre orrende bestie che sentivano muoversi attorno a loro.
« Penso che nessuno chiuderà occhio stanotte. » dichiarò Éomer con gli occhi spalancati e le pupille dilatate che fissavano il buio al di là dei falò.
« Nessuno sano di mente ci riuscirebbe. » commentò Boromir cercando di sorridergli in segno di incoraggiamento. Poi spostò lo sguardo su Pipino che al suo fianco, in uniforme di Guardia della Cittadella, era scosso da forti brividi. L’uomo di Gondor recuperò una borraccia che conteneva gli ultimi sorsi di idromele che gli rimanevano e la porse all’hobbit.
« Ti aiuterà a scaldarti un po’, sarà una notte fredda. » gli disse mentre si stringeva a sua volta nel mantello.
Pipino ne bevve un sorso, poi tornò a osservare il buio insieme ai compagni.
 
Quando la notte cominciò a diradarsi e i rumori notturni cessarono, a sud potevano vedere chiaramente la fortezza di Cirith Gorgor e al centro il Cancello Nero. Le Torri dei Denti giganteggiavano a entrambi i lati del Morannon conferendogli un aspetto ancora più cupo e impenetrabile.
La presenza di esseri oscuri e minacciosi era palpabile tutt’intorno a loro e, mentre osservavano il Cancello, videro i Nazgûl scendere con le loro cavalcature alate e posarsi sulle Torri dei Denti, in attesa.
« Aragorn, cosa comandi? » Boromir teneva una mano salda sull’elsa della spada, le gambe leggermente divaricate, ogni muscolo del suo corpo era teso e pronto a scattare al minimo segno di pericolo.
« Schieriamo l’esercito su quelle due colline. Quando tutto sarà pronto voglio che un rappresentante per ogni Popolo nemico di Mordor venga con me di fronte al Cancello. » si girò e osservò i suoi compagni uno a uno « Ora siamo qui, comunque vada arriveremo fino in fondo. »
I suoi amici annuirono e i Capitani dell’esercito diedero gli ordini impartiti dal Re.
Era la mattina del 25 marzo e, al di là delle apparenze del mondo, avrebbero giocato il loro ruolo fino alla fine.
 

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