The Mandalorian & The Viper

di Evola Who
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La storia del bagliore verde ***
Capitolo 2: *** La fuga ***
Capitolo 3: *** Il Principe ***
Capitolo 4: *** Incontri e spiegazioni ***
Capitolo 5: *** Domande e risposte ***
Capitolo 6: *** L’ospitalità di Dorne ***
Capitolo 7: *** Il colloquio ***
Capitolo 8: *** Chi sono loro? ***
Capitolo 9: *** Proposte ***
Capitolo 10: *** Lo scontro ***
Capitolo 11: *** L’addio ***



Capitolo 1
*** La storia del bagliore verde ***


 
 
Capitolo 1
La storia del bagliore verde
 
Un lampo verde illuminò tutta la cabina di pilotaggio della Razor Crest, abbagliando la vista di Mando e Cara. Cercarono di aprire gli occhi, ma con fatica e con la sensazione che la testa gli stessi girando.

"Cara?" chiamò il cacciatore di taglie, cercando di riprendersi.

"Sono qui" rispose con un po' di fatica e con la mano sulla testa.

"Che è successo?" chiese Mando, aprendo gli occhi sotto al casco.

"Questo lo dovrei chiedere io!" rispose con sarcasmo, sbattendo gli occhi: "Io mi stavo togliendo il giubbotto, e... ma che mi venga un accidente!"

Cara aveva gli occhi spalancati e la bocca aperta dallo stupore, mentre si guardava intorno.

Mando non capì quella reazione. Finché la sua vista non si fu ripresa del tutto. Rendendosi conto di dove si trovava.

Non erano più dentro alla nave, nel bel mezzo della galassia e diretti a Nevarro. Adesso erano davanti al maestoso ingresso di un palazzo in marmo, con due piccoli prati verdi ben curati, circondato da un portico colonnato e costruito con architetture esotiche. Sopra di loro, il cielo azzurro brillante e il sole caldo, i cui raggi splendenti erano accompagnati da qualche leggero refolo di vento e dai dolci cinguettii di uccelli.

Cara era rapita da tutto questo, non riuscendo a smettere di girarsi attorno per ammiralo in ogni suo splendore. Mai visto nulla del genere.

Anche Mando, sotto il suo Beskar, era sorpreso da questo palazzo. In tanti anni di viaggi in giro per la galassia, non aveva mai visto un posto del genere.  Ma, a differenza di Cara, non si fece troppo distrarre da tutto questo.

"Come ci siamo finiti qui?" disse confuso.

"Cosa?" chiese la sceriffo, girandosi verso di lui.

"Eravamo sulla nave," rispose, "dopo aver preso il cristallo da Ilum. E stavamo ritornando a Nevarro…”
"Poi c'è stato quella specie di luce verde..." continuò Cara, ricordandosi di quegli ultimi momenti: "Ci ha accecato per un po'... e…e… ora ci troviamo qui." E con le braccia indicò il posto.

"Ma come?" chiese Mando: "Come ci siamo finiti qui?" Il suo tono era preoccupato e si notava che fosse teso, visto che sembrava polarizzato.

Cara ci pensò, cercando di trovare una risposta o di ricordare che cosa fosse successo, dentro alla nave. Ma non ci riuscì. Perché l'ultima cosa che ricordava, era solo quella strana e abbagliante luce verde.

"Io... io... non lo so." rispose confusa, scuotendo la testa con volto sorpreso. "È successo tutto così in fretta! Insomma, prima eravamo lì, e ora siamo qui! Senza ricordarmi come e quando siamo effettivamente atterrati su questo pianeta."

Cara alzò la testa per incontrare l’elmo di Manto, teso e più confuso di lei.

“Come abbiamo fatto?”

“Non lo so…” rispose Mando. Cercò di non farsi incantare da quel posto a dir poco paradisiaco e di mantenere la lucidità: “Dobbiamo capire come siamo finiti qui, e trovare la nave…”

“E come?” chiese Cara sarcasticamente: “Non abbiamo la più pallida idea di che razza di pianeta sia, o in quale sistema ci troviamo o dove si trovi la nave!”

Mando fece un sospiro frustrato. Doveva soltanto mantenere la calma e cercare di fare il punto della situazione.

La loro doveva essere una missione facile.

Reef aveva trovato un contatto con un possibile Jedi. E costui, prima di incontrarli, aveva chiesto come unica cosa di avere un cristallo Kyber. Un cristallo che si trovava dentro ad una grotta sul pianeta innevato di Ilum.

Come previsto, per Mando era stato un viaggio senza imprevisti e incontri – o scontri - spiacevoli (una cosa più unica che rara, per Mando). Anche il piccolo alieno verde era stato calmo e in silenzio durante la ricerca.

Adesso era al sicuro dentro alla tracolla, e aveva uno sguardo rapito fin da quando avevano messo piede su quel pianta. Anche durante la ricerca del cristallo, era sempre rimasto in uno strano silenzio. Con un’aria che sembrava quasi ipnotizzata.

Anche la ricerca era stata breve. Erano riusciti a trovare quel pezzo di minerale in poco tempo. mando rimase confuso nel vederlo: era un cristallo lungo poco meno di cinque centimetri e spesso come un bullone. Riusciva a nasconderlo bene, dentro al suo pugno, sotto alle dita.

Sia lui che Cara non avevano idea del valore di quel cristallo. Non avevano mai sentito il nome “Kyber”, in vita loro, e non si erano nemmeno presi la briga di scoprire di che cosa si trattasse. Inf ondo, era solo un oggetto di scambio per ricevere importanti informazioni sui Jedi.

Niente di complesso.

Anche il viaggio di ritorno fu tranquillo. L'ultima cosa che ricordava era che si trovava dentro alla sala di pilotaggio, insieme al Bambino e a Cara, in silenzio e soddisfatti della missione compiuta.

E poi, all'improvviso, quel bagliore verde…

Quella luce doveva pur venire da qualche parte. Ricordò che, prima di non vedere più nulla, c’era stato un lampo verdastro che lo aveva abbagliato. Un lampo verdastro!

Capì tutto.

“Il cristallo!” esclamò Mando: “Il colore del lampo era simile a quello del cristallo Kyber!”

Guardò Cara, che lo ascoltava con perplessità ma cercando di capire la sua teoria: “Sì, ma come fa un pezzo di minerale a fare una luce così forte, dentro ad una nave, in mezzo allo spazio e… e… a teletrasportarci qui?”

“Cara, il cristallo l’ho dato a te” disse Mando con tono fermo: “Ti ho chiesto di tenerlo, quando siamo entrati dentro alla nave. Che cosa gli hai fatto?”

“Ma niente!” rispose lei, un po' dura per quella presunta accusa: “Siamo entrati tutti e tre dentro alla Crest, ci siamo seduti in cabina, e mentre tu pilotavi, mi sono levata il giubbotto, ma prima ho tolto il cristallo dalla tasca e l’ho dato al piccolo…”

“Hai detto il cristallo al bambino?!”

“Sì, ma solo per qualche istante! E poi… quella luce verde e ora… siamo qui…” La sceriffa di Nevarro guardò l’amico Mandaloriano con aria un po' colpevole per il suo gesto.

Mando prese un altro lungo sospiro, senza aggiungere niente o rimproverarla. In fondo, nessuno si aspettava una cosa del genere.

Dovevano trovare un altro collegamento a tutto questo. Perché, per Mando, ci doveva essere una spiegazione. Ma come? E in che modo?

Rifletté sulle parole di Cara: “… mi sono levata il giubbotto, ma prima ho tolto il cristallo dalla tasca e l’ho dato al piccolo.”

Ricordandosi che il bambino, durante tutto il tempo su Ilum, era stato stranamente tranquillo. Una tranquillità insolita per lui. Soprattutto dentro alla grotta… chiuso in un silenzio religioso… e l’informatore che voleva il cristallo era uno che conosceva i Jedi… forse, sapeva qualcosa in più degli strani poteri del piccolo trovatello… poteri che, per lui, erano ancora estranei…

“Il Bambino!” disse all’improvviso. “È stato il piccolo ad ‘attivare’ o qualcosa del genere il cristallo, grazie ai suoi poteri!” Le si avvicinò con passo sicuro, certo delle sue parole.

“Aspetta, stai dicendo che è stato il piccolo a portarci qui? Usando quello strano sasso verde?” chiese con espressione stranita.

“Hai detto tu che hai dato il cristallo al bambino, poco prima del lampo verde.” disse Mando. “E non so come ha fatto o il perché ci abbia portati qui. Ma è l’unica spiegazione che abbiamo. E forse, è anche l’unica soluzione di questo problema…”

“Allora è fatta! Il cristallo ce l’ha lui! Basta che usi la sua ‘manina magica’ e possiamo ritornare alla nave!” aggiunse Cara. Abbassò lo sguardo verso la tracolla di Mando dicendo, preoccupata: “A proposito, dov’è il piccolo?”

Mando abbassò di scatto lo sguardo verso alla tracolla, scoprendo che era vuota! Andò nel panico, e si guardò attorno alla ricerca del trovatello alieno, preoccupato ma evitando di pensare al peggio.

“Okay, stiamo calmi!” disse Cara nervosamente: “In fondo, è stato lui ad attivare quel cristallo e a portarci in questo strano posto! Quindi, non può essere troppo lontano da noi! Se ci ha colpiti tutti e tre, vuol dire che siamo tutti e tre insieme! Altrimenti non avrebbe senso!”

Mando fece un verso frustrato, cercando di ignorare le parole della amica. Voleva trovare il piccolo, sperando che stesse bene e che avesse il cristallo con sé, e mettere fine a tutta quella situazione.

“Qui, piccolo toporagno, siamo io e Mando…” chiamò Cara cercando di mantenere la calma, sperando di attirare l’attenzione del bambino.

Camminarono e cercarono il piccolo lungo quel vasto ingresso, ma solo per pochi minuti. Presto sentirono una voce aggressiva contro di loro: “Intrusi!”

Mando e Cara si voltarono di scatto, vedendo quattro uomini con indosso le stesse uniformi: dei turbanti gialli fasciati in testa, insieme a degli spessi lacci marroni, lunghe vesti gialle con alcuni inserti marroni e dei ricami scuri a forma di robbi, sotto a una maglia dello stesso colore ma su cui era ricamato uno stemma rosso a forma di rosa; la veste era chiusa da una spessa fascia gialla, e ai piedi avevano lunghi stivali marroni. In mano avevano delle spade, che tenevano puntate contro di loro.

Si stavano avvicinando in fretta, correndo sotto al portico.

Erano quattro uomini robusti e dall’aria minacciosa, e quello al centro (probabilmente il capo) aveva una folta barba scura e il volto truce. E nonostante gli sguardi inespressivi delle altre guardie, non nascondevano la loro confusione e il loro stupore per l'aspetto dei due amici.

Evidentemente giudicavano inadatto a una donna l'abbigliamento da guerriera di Cara e la sua strana acconciatura da Alderiana.

Ma soprattutto parvero colpiti dall’armatura di Mando. Non dovevano aver mai visto nulla del genere in vita loro. Soprattutto la strana forma del suo elmo. Ma non per questo parevano intenzionati a rallentare.

Erano degli intrusi. E loro le guardie del palazzo.

E mentre i quattro erano intenti a correre con le spade sguainate contro di loro, Mando e Cara cercarono di prendere i loro blaster dalle rispettive fondine. Ma non li trovarono.

La ribelle si irrigidì. Sperò che non fossero riusciti a trovarli per distrazione. Ma non era così, le loro fondine erano vuote. Rimase ferma, scambiando una occhiata preoccupata con l'amico.

“Mando…”

“Lo so” rispose a bassa voce: “Neanche io ho più il mio blaster. Ma non mostriamoci in difficoltà.”

Così Mando e Cara rimasero fermi. Anche se avevano le armi puntate contro di loro, erano entrambi abituati a situazioni di questo genere.

Questo lasciò le guardie completamente sorprese.

“Chi siete?” chiese il capo barbuto, con tono autoritario: “Come siete riusciti ad entrare dentro ai giardini dell’acqua’?”


fine capitolo 


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Note
Ebbene sì! 
Mando è finito in un'altro universo!
Tutta colpa di uno strano cristallo Jedi sconsuto...
E secondo voi, da quale universo altetivo sono finiti?
Forse l'avete già intuito da qualche inzio (come la copertina...)
ma scoperete tutto il prossimo capitolo!
Grazie mille per aver letto questo capitolo e alla prossima!
Evola 

 

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Capitolo 2
*** La fuga ***


Capitolo 2
La fuga
 

 

“Giardini dell’acqua?” rispose Cara, stupida ma con il tono sarcastico: “Di certo, è un gran bel nome per un palazzo. Spero solo che ci siano davvero dei giardini fatti con l’acqua.”

“Silenzio!” disse il capo con tono duro: “Ve lo ripeto per l’ultima volta: come siete riusciti ad invadere i confini del palazzo?”

“Invaso? Prima aveva detto ‘come siete entrati’!” ripose Cara irritata: “E non abbiamo invaso nulla! Siamo solo noi due e stiamo cercando un bambino.”

“Un bambino?”

“Sì, un bambino.” disse Mando: “Un bambino piccolo. È indifeso e non sa ancora parlare. E crediamo che si sia intrufolato qui dentro.”

“Cose che capitano, quando non li tieni d’occhio per un secondo” aggiunse Cara.

“Lasciatemi cercarlo, e poi ce ne andremo.” disse Mando chiaramente.

Voleva far capire che non aveva nessun’intenzione di combattere o di passare alla violenza.

Il capo delle guardie scambiò degli sguardi con i suoi uomini. Dimostrò il disprezzo che sentiva contro di loro, non credendo per niente alle sue parole.

“Qui non c’è nessun bambino.” rispose: “Giardini dell’acqua è il posto più sicuro di tutta Dorne. È impossibile che un bambino che non è nemmeno in grado di parlare, sia riuscito ad intrufolarsi qui dentro. Per di più, senza essere visto da nessuno.”

Cara e Mando si scambiarono una occhiata preoccupata. Di certo, sarebbe stato difficile, spiegare il come erano riusciti a essere lì.

“Perciò, voi due state mentendo! E vi conviene dire la verità e chi siete! Oppure, possiamo evitare le domande e sgozzavi qui, adesso…”

“Non vi conviene…” disse Mando duramente.

Il capo delle guardie fece un ghigno ironico, divertito da quella “minaccia”.

“Altrimenti?” sbottò con tono grosso, “Che cosa ci farete, tu e la tua selvaggia? Siete in due contro i migliori guerrieri di tutta Dorne! Armati! Mentre voi siete disarmati!” e fece una risata divertita.

“A meno che non abbiate delle lance sotto alle maniche, non vedo proprio come riuscirete a batterci.”

Mando, con il gesto del braccio, attivò il meccanismo del bracciale della armatura, tendendo il pugno chiuso e pronto ad usarlo, ma non prima di aver scambiato una occhiata di intesa con Cara.

“Uccideteli.”

Il Mandaloriano alzò il braccio, attivando il lazo della sua armatura, legando il capo guardia e attivando una forte scossa, fino a fargli perdere i sensi. Poi slacciò il lazo e lo lasciò legato a terra.

I tre rimasti in piedi guardarono la scena, increduli di quello a cui avevano appena assistito. Non capendo che cosa fosse successo.

Il loro capo era privo di sensi a terra, legato da una corda apparsa quasi dal nulla. Erano spaventati, ma guardarono i due invasori e li attaccarono urlando.

Mando sferrò al più vicino un calcio sulla pancia, facendolo cadere a terra. L'uomo perse la presa sulla spada e Mando l'allontanò con il piede, poi lo stordì con una breve scossa elettrica uscita dal bracciale dell’armatura.

Cara colpì il terzo con una raffica di pugni in faccia e sullo stomaco, fino a fargli rompere il naso e buttarlo a terra senza sensi.

L’ultimo rimasto, un po' spaventato, andò contro di loro alzando la spada e urlando. Ma fu colpito da un calcio in faccia. Cara lo fece allontanare e Mando lo finì con un altro pugno in faccia, facendolo cadere insieme agli altri.

Il Mandaloriano e la ribelle si concessero un attimo per riprendersi.

“Però! Per essere i ‘migliori guerrieri, armati’ di questo posto, fanno davvero schifo a combattere!” disse Cara sarcastica e con le mani sui fianchi.

“Andiamo” disse Mando camminando verso ai portici. Si incamminò lungo dei lunghissimi corridoi di marmo, con Cara al seguito.

Entrambi si mossero a passo veloce, guardandosi attorno alla ricerca di un’entrata.

“Abbiamo un piano?” chiese Cara.

“Sì,” rispose Mando: “Entriamo in questo posto, cerchiamo il piccolo e la gemma in ogni stanza che vediamo, e fermiamo chiunque voglia ostacolarci.”

“Beh, il solito piano, allora.”

Camminarono per qualche minuto, non capendo dove andare o che cosa fare. Ma all’improvviso si trovarono davanti ad una squadra di quattro guardie. E poi, ne apparve un’altra dietro di loro. In breve furono circondati, con molte lance e spade puntate contro di loro.

Si guardarono, capendo che in due e senza armi non sarebbero mai riusciti a batterli tutti. Così si arresero, alzando le mani in alto e lasciandosi catturare.

 
Fine capitolo

 


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Note:
Lo so è un pò breve.
Ma per farvi una idea su dove sono...
e con chi hanno a che fare mooolto presto ;)
Alla prossima!
Evola 


 

 

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Capitolo 3
*** Il Principe ***


Capitolo 3
Il Principe


 
 

Mando e Cara si lasciarono legare le mani dietro alla schiena con spesse corde, restando a testa bassa e pronti per esseri portati via.

“Che cosa ne facciamo di loro?” chiese una guardia.
“Li portiamo nelle segrete, e avvertiamo il principe della tentata invasione del palazzo” rispose un altro, che aveva l'aria di essere il comandante.

“Avvertirmi, di cosa?”

Le guardie alzarono la testa, presi di sorpresa e riconoscendo subito quella voce.

Tutti fecero un leggero inchino con la testa, con la guardia più anziana che disse con tono sorpreso: “Principe Oberyn!”, poi continuò con un tono più calmo: “Abbiamo catturato questi invasori. E probabilmente sono anche gli stessi che hanno stordito i nostri uomini.”

“Sì, l’avevo intuito…”

Mando trovò che quella voce avesse qualcosa di famigliare… in un modo abbastanza strano per lui. Così alzò la testa in alto, e sotto l’elmo di beskar, rimase paralizzato. Perché quell’uomo, che era davanti a lui, era letteralmente uguale a lui in ogni dettaglio dell'aspetto fisico!

Stessa altezza, stesso taglio del viso, stesso colore della pelle, degli occhi, stessa forma della bocca e del naso, tutto! Solo che non indossava una pesante armatura da Mandaloriano.

Ma indossava una lunga veste gialla decorata con i ricami in oro, sotto un’altra veste arancione che lasciava il petto scoperto, e legata con una spessa cintura di cuoio sui fianchi.

Teneva le mani lungo i fianchi, una espressione indecifrabile in viso, come se stesse studiando i suoi prigionieri.

Forse, l’unica differenza fisica tra di loro, era come portavano i capelli e il taglio della barba. E sembrava anche più slanciato e forse leggermente più giovane. Per il resto, era come vedersi allo specchio. Solo che non vedeva realmente sé stesso.

Ma un altro uomo dall’aria nobile e con abiti eleganti, che gli stava studiando lo sguardo…
come una vipera… e di questo, non sapeva come reagire o che cosa pensare.

“Stavamo portando questi sporchi barbari nelle segrete.”

“Non siamo dei barbari!” disse Cara, alzando la testa e guardando il principe con il volto irritato: “Né degli invasori, dei selvaggi o qualsiasi altra ridicola accusa inventata che ci stanno appioppando addosso!”

Oberyn rimase leggermente stupito dalla risposta della ribelle. Notò il suo aspetto insolito, l’abbigliamento da guerra. Sembrava incuriosito sia da lei, che da Mando.
Alzò le sopracciglia e rispose: “Allora mercenari, suppongo. Anche se…” fece dei piccoli passi felpati, fermandosi davanti a loro, ma con la testa e gli occhi rivolti solo a Mando: “la sua armatura è davvero molto bella…” e con gli occhi lo guardò dall’alto in basso, con interesse.

“Mai visto nulla del genere, in tutto il continente.” commentò, guardando la spallino con il simbolo del teschio del Mudhorn. “Suppongo che sia di ottima fattura. Forse anche troppo, per un mercenario. Almeno che… non sia ben pagato.”

Alzò lo sguardo per incrociare quello nascosto sotto l'elmo del Mandaloriano, adesso con espressione di puro interesse. Facendo sentire a disagio il cacciatore di taglie, nel vedersi quegli occhi puntati addosso.

Quegli stessi occhi scuri, che sapeva essere anche i suoi… non riuscì a sostenerlo. Così abbassò la testa, girandola dall’alta parte.

Davanti a quel gesto, sorse un sorrisetto compiaciuto sul volto di Oberyn, che sembrava sempre più interessato a quel misterioso individuo in armatura…

“Siamo qui, perché abbiamo perso un bambino.” disse Cara, attirando la sua attenzione: “Crediamo che si sia intrufolato qui dentro, in qualche modo…”

Raccontò la mezza verità raccontata da Mando davanti alle guardie, sperando che ci credesse.

“Perciò, voi due vi siete distratti per un attimo, e avete perso un bambino, che non sa ancora parlare, e che chissà come è riuscito ad entrare nel mio palazzo?” ricapitolò il principe.

“Esatto!” disse Cara: “E siamo qui, solo per cercarlo e riprendercelo.”

Oberyn non sembrava convinto delle loro parole. Li fissò con il suo sguardo tagliente, rispondendo: “E in tutto questo, avete tramortito il mio capo delle guardie e i suoi uomini?”

“Ci siamo solo difesi! Ci accusavano di aver ‘invaso’ il palazzo e per questo volevano ucciderci! Abbiamo reagito come avrebbe fatto chiunque in una situazione del genere! Non è vero, Mando?”

Girò la testa verso di lui, aspettando una sua conferma, che non arrivò. Era muto, con la testa chinata in basso come se fosse rassegnato a tutto questo.

Certo, Mando era sempre stato un tipo di poche parole. Ma le sapeva usare, quando doveva farlo. E di certo, non si sarebbe mai dimostrato una persona rassegnata.

Cara rimase stranita da lui e dal suo atteggiamento, iniziando a preoccuparsi.

“Mando?”

“Sì, è vero. Ci siamo solo difesi” rispose finalmente il cacciatore di taglie, alzando la testa: “Vogliamo solo ritrovare il bambino e riportarlo a casa. Nient’altro.”

Oberyn ritornò a guardarlo con perplessità. Aveva notato che la sua voce, aveva una specie di suono metallico, sotto a quello strano elmo. Una cosa che, in un certo senso, lo affascinava…

“Fatecelo cercare, e vi promettiamo che ce ne andremo via da qui, e non toneremo mai più.”

Il principe non rispose, guardando i due amici con aria enigmatica, pensando a che cosa fare. Decise di metterli un po' alle strette e di aumentare la tensione.

“E ditemi un po', da dove venite?”

Cara fu colta sorpresa da quella domanda: “Cosa?”

“Da dove venite?” ripeté con tranquillità: “Insomma, dovrete pur venire da qualche parte? No?”

“Da lontano” rispose Mando.

“Questo l’avevo capito” ripeté il sovrano con tono fermo. “Ma quanto lontano?”

La ribelle non sapeva che cosa rispondere.

Non sapevano dove si trovassero adesso. Non conoscevano né il luogo né il sistema in cui erano capitati. E non sapevano nemmeno se questa gente avesse mai sentito nominare Nevarro o Ilum.

E non potevano spiegare di come fossero realmente finiti lì. Perché, se avessero raccontato la verità, non sarebbero mai stati creduti e avrebbero rischiato sia la vita del piccolo che la loro.

“Allora?”  insisté il principe con tono calmo: “Da dove venite?”

Cara e Mando si scambiarono una occhiata incerta. Cercando di capire che cosa fare o dire.

E più rimanevano muti, più la tensione aumentava sempre di più, con gli occhi fissi del sovrano contro di loro, mentre il suo sguardo diventava sempre più impaziente.

Cara ritornò a guardarlo con aria insicura cerando di rispondere. Ma fu interrotta da un’altra voce.

“Papà! Papà!”

 
Fine capitolo

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Capitolo 4
*** Incontri e spiegazioni ***


Capitolo 4
Incontri e spiegazioni

  




 
 
Quattro bambine in ordine di altezza correvano in tutta fretta, con in mano dei bastoni da combattimento, per raggiungere il padre. Oberryn diede le spalle ai due invasori e alle guardie.

Si girò verso le figlie, dicendo con pazienza: “Ragazze! Vi avevo detto…”

Non finì la frase che la figlia più alta lo interruppe, rispondendo: “Eravamo preoccupate per te!” e si fermò davanti a lui, con le sorelle al seguito.

“Non ti trovavamo più e ci siamo spaventate!” aggiunse la seconda: “Credevamo che ti fosse successo qualcosa!”

“Quindi, abbiamo deciso di venire a salvarti!” si mise in mezzo la terza: “In fondo, ci stai allenando per questo. Giusto?”

“No.” rispose con tono deciso Oberyn: “Vi state allenando per imparare a difendervi dalla crudeltà del mondo che c’è fuori, oltre le nostre mura. Così, sarete in grado di proteggervi e di difendervi da tutto e da tutti. Soprattutto, quando io e vostra madre non ci saremo più.” Si inginocchiò davanti a loro, trasformando il volto serio in uno splendido sorriso: “E anche perché lo volevate voi. Ma devo ammettere, che sono contento che le mie figlie siano venute a salvarmi!”

Mise le braccia intorno a tutte e quattro le figlie, iniziando a baciarle sulla fronte, una ad una mentre diceva: “Sono. Davvero. Un padre. Molto. Fortunato!” e le abbracciò tutte insieme.

Mando e Cara guardarono questa scena inaspettata con aria un po' sconvolta.

Del resto, fino a un attimo prima li stava interrogando con un volto inquietante. E ora si era trasformato in un padre amorevole. Lasciandoli letteralmente interdetti, mentre si chiedevano se quel sovrano fosse davvero così spietato come pensavano.

“Sono loro i cattivi?” chiese la più piccola, indicando Mando e Cara con la mano.

“Non lo so.” rispose alzandosi in piedi e ritornando a guardarli: “Devo ancora capire.” E li fissò con la stessa aria sospettosa, insieme alle figlie, che li fissarono da dietro le gambe del padre. Con la più piccola, stretta alla sua veste.

Mando le guardò: la più alta poteva avere dodici anni, la seconda dieci, la terza otto e la quarta cinque.

Tutte avevano la pelle olivastra, i capelli lunghi e scuri, lunghe vesti tra il giallo e l’arancione, chiuse con una spessa fascia di cuoio. Tenevano in mano i loro sottili bastoni bianchi da combattimento, ma di altezza diversa. E la cosa che lo sconvolgeva di più, era che tutte avevano lo stesso colore e la stessa forma degli occhi del padre. Una cosa che lo colpì molto emotivamente.

Oberyn notò che il suo misterioso intruso sembrava sempre più teso. Chiedendosi che cosa stesse pensando o che espressione avesse, sotto quell’elmo.

“E che cosa vogliono?” chiese la più grande con aria truce: “Perché hanno invaso casa nostra?”

“Per l’ultima volta!” disse Cara alzando gli occhi esasperata: “Noi non siamo…”

“Oberyn! Ragazze!”

Un’altra voce si aggiunse al gruppo, questa volta di una donna che li stava raggiugendo correndo con aria preoccupata: “Scusami se non sono riuscito a fermarle. Ma mi sono distratta e non c'erano più! State tutti bene?” si fermò di fianco al principe, assicurandosi che sia lui che le figlie stessero bene.

“Va tutto bene, mia cara. Ce ne stiamo occupando.” rispose, sorridendo per rassicurandola.

La donna era bella e giovane. Alta e magra, dallo sguardo fiero, gli occhi scuri e la pelle che sembrava dorata e dei lunghi capelli ricci, che cadevano morbidi fino al bacino.

Anche lei aveva delle vesti con un lungo abito color arancione acceso abbastanza succinto, una spessa fascia gialla legata intorno ai fianchi, con pochi gioielli. Ma tra le braccia, teneva stretto un piccolo fagotto verde dalle orecchie lunghe. Era il Bambino!

Cara e Mando furono sollevati nel rivederlo, e sembrava che stesse bene.

“Piccolo!” disse il cacciatore di taglie, sorpreso, cercando di fare un passo verso di lui. Venne fermato malamente dalle guardie.

La donna, un po' spaventata, tenne il piccolo più stretto a sé.

“Un attimo… è questo, il bambino che state cercando?” chiese il principe, confuso.

“Sì!” risposero in coro.

“A meno che non abbiate altre quattro figlie come lui.” aggiunse Cara sarcastica, guadagnandosi l’occhiataccia della giovane donna.

E in tutto questo, il piccolo alieno stava aprendo gli occhioni. Sbadigliando e guardandosi intorno un po' confuso. Finché non notò la presenza dei suoi amici, e li guardò come se nulla fosse. Facendo sospirare ancora una volta il Mandaloriano.

Oberyn, con la donna e le sue figlie erano sorpresi da quella rivelazione. Tanto che nessuno riusciva a dire una parola. Spostavano lo sguardo dal piccolo alieno verde ai due viaggiatori.

“Che cosa gli avete fatto?” chiese Mando con tono duro, senza staccare mai lo sguardo dal bambino.

“Che cosa gli abbiamo fatto?” ripeté la donna con tono offeso: “Vuole sapere che cosa abbiamo fatto a questo bambino, a parte dargli del cibo, del latte e prenderci cura dl lui? Niente.”

E fissò con aria gelida il Mandaloriano, tenendo il piccolo in braccio in modo protettivo: “Qui a Dorne non siamo degli orribili selvaggi come tutti dicono! Soprattutto con i bambini!”

Mando, sentendo quelle parole, si sollevò. Almeno il piccolo era stato al sicuro. Provò un po' di senso di colpa, per come si era rivolto a loro con quel tono.

“E… sta bene?”

Oberyn e la donna si scambiarono un’aria stranita. Non capendo bene la sua domanda.

“Beh, ammettiamo che non abbiamo mai visto una creatura del genere.” ammise il principe, guardando il piccolo: “Ma sì. Crediamo che stia bene.” E sorrise, mentre l’alieno girò la testa da un lato, facendo un verso confuso. facendo intenerire la donna.

“E dove l’avete trovato?” domandò Cara

I due non sapevano se dovessero rispondere o meno. Se potevano davvero fidarsi di loro. Chiedendosi se per caso non avessero delle brutte intenzioni nei confronti del bambino dalla pelle verde.

“L’abbiamo trovato nella nostra stanza dei giochi.” rispose la figlia più grande, attirando l’attenzione di tutti gli adulti. “Io e Obella ci stavamo allenando insieme sui bastioni dei giardini, mentre Dorea e Loreza stavano giocando con le bambole dentro alla stanza...”

Raccontò che, mentre proseguivano con le loro attività, all’improvviso avevano sentito un forte tonfo dietro alle tende della loro stanza. Come se fosse caduto qualcosa di pesante a terra.

Dorea spaventata insieme a Loreza chiamò le sorelle più grandi, e guardando dietro alle tende, videro l’ombra di un piccolo animale, dalle orecchie lunghe.

Per un po', erano rimaste ferme e confuse, chiedendosi se fosse un grosso ratto o un strano gatto.

Così Ellia e Obella si avvicinarono alle tende, con in mano i loro bastoni di allenamento, mentre le sorelle più piccole se ne stavano dietro di loro, spaventate.

Si erano avvicinate molto lentamente, mentre sentivano strani versi e gemiti provenire da dietro la tenda. Ellia aprì la scostò guardando il piccolo essere verde, dalle orecchie lunghe e con gli occhioni scuri.

Le sorelle lo avevano fissato spaventate, poi si erano messe a urlare ed erano scappate dalla stanza, chiamando i loro genitori, dicendo che c'era un mostro verde nelle loro stanze.

“Eravamo spaventate…” continuò: “Non sapevamo cosa fosse o che cosa volesse. Siamo tornati nella stanza con papà pronto ad affrontarlo per noi…”

“Ma quando siamo entrati, ci siamo imbattuti in una scena a dir poco inaspettata” prese la parola Oberyn.

Ovvero: il piccolo essere verde, era seduto davanti a Lorenza, intenta a giocare con lui con le sue bambole. Lei si stava divertendo, mentre il piccolo guardava sorridente il giocatolo. Quella scena aveva lasciato il resto della famiglia perplessi.

“Non è cattivo….” spiegò la piccola Loreza: “Era solo spaventato. Gli ho preso la mano e gli ho mostrato i miei giocattoli. E poi, ha degli occhioni così carini! Come può essere un mostro, una creatura tanto dolce?” e guardò il piccolo, che stava sbadigliando.

Cara e Mando non ci potevano credere. Erano pronti ad affrontare il peggio, e invece era stato al sicuro.

“Così, dopo qualche attimo di incertezza…” prese la parola Oberyn, “Abbiamo capito che era più che innocuo.” Lo guardò, toccando la sua manina con l’indice. “Nonostante il suo aspetto, abbiamo capito che è solo un bambino spaventato e indifeso. E l’abbiamo accolto.”

Mando fissò gli occhi del bambino, e l'indice del principe che lo stava guardando sorridente. E dentro di sé, sentì scatenarsi varie emozioni confuse e contradittorie.

Ricordò che il piccolo non aveva mai visto il suo volto, per tutto il tempo che erano stati insieme – e forse, non l’avrebbe mai visto - ma ora, seppure inconsapevolmente, il piccolo stava guardando i suoi occhi. Il suo volto, il suo sorriso… solo che non era lui a farlo. Era qualcun altro.

E questo, in un certo senso, la martoriava. Perché sembrava incuriosito da quell‘uomo così simile a lui, ma anche così diverso. E voleva sapere che cosa stesse provando il piccolo in quel momento. E che emozioni poteva provare lui, in una scena simile. E questo, lo devastava…

 “Gli abbiamo dato da mangiare, del latte e ha continuato a giocare con le nostre ragazze” sì aggiunse la donna, cullando il piccolo.

“E questo quanto tempo fa?” chiese Cara.

“Più di un’ora fa. Si stava addormentando, prima che arrivaste voi…” rispose la donna. Guardò il Mandaloriano con aria di sfida, e fu certa che, sotto quel suo elmo, stesse ricambiando la sfida.

“Anche se, era molto spaventato, quando aveva visto la spada di papà…”

“Spada?!” disse Mando brutalmente.

“Spada che avevo in mano come difesa dal mostro che ha osato entrare nelle stanze delle mie figlie e spaventarle.” spiegò Oberyn, guardandolo. “Pronto a difendere la mia famiglia!”

Il suo volto era risoluto, con gli occhi convinti, mentre stringeva a sé la più piccola.

“Ma ci siamo presi cura di lui, come se fosse nostro.”
“Tanto, che abbiamo chiesto se potevamo tenerlo con noi.” disse la terza, sorridendo: “In fondo anche se è diverso e sbucato dal nulla, perché dovremmo sbarazzarci di lui come di un vecchio oggetto?”

“E poi, non sarei più stata la più piccola!" aggiunse divertita Loranza, facendo sorridere la famiglia.

Mando e Cara si sentirono sollevati. In fondo, chi era realmente quel principe, se non un uomo che voleva proteggere la sua famiglia? Nonostante le occhiate gelide. Ma ora, sembrava un uomo buono e di sani principi.

Mando provò mille pensieri, mentre guardava il piccolo che se ne stava tranquillo, tra le braccia di quella donna. E beato in mezzo a loro. Sperò che un giorno, sarebbe stato davvero così, quando avrebbe trovato i suoi simili. Ma ora si sentiva messo da parte. In un certo senso… rimpiazzato. Forse in tutti in sensi.

Abbassò lo sguardo a terra, con un lungo sospiro e il volto stanco e l’umore sotto i piedi…

Il piccolo, girò la testa la testa verso di lui. Lo guardò un po' confuso. Come se stesse cercando di capirlo, iniziando ad abbassare le orecchie e con volto triste. Finché all’improvviso, non iniziò ad agitarsi e a muovere le sue manine verso di lui. Come se volesse raggiungerlo.

I sovrani lo guardarono confusi. Non capivano il motivo di tutta quella agitazione, e ne furono preoccupati.

“Che cosa c’è, piccolo?” disse la donna, cercando di calmarlo cullandolo. Ma non ci riuscì. Anzi, iniziò ad agitarsi di più, chiudendo gli occhi e iniziando a gemere, come se stesse per piangere con le manine rivolte ai due prigionieri.

Questi versi fecero alzare la testa al Mandaloriano, che iniziò a preoccuparsi per lui, con la grande voglia di liberarsi e poi raggiungerlo. Ma aveva ancora le mani legate e le guardie lo circondavano. Cara al suo fianco cercava di attirare la sua attenzione a bassa voce, provando a calmarlo.

Le bambine erano confuse da quella scena, non capendo perché il piccolo si stesse comportando così.
Ma Oberyn capì, e sapeva che cosa doveva fare.

“Liberateli” ordinò alle sue guardie.

Tutti furono presi di sorpresa da quelle parole, soprattutto le guardie.

“Principe Oberyn, ne siete sicuro?”

“Liberateli e lasciateli in pace” ripeté con pazienza.
Con un po' di titubanza, le guardie iniziarono a scogliere i nodi delle corde, liberando le mani e ricevendo l’ordine di andare via.

E mentre le guardie lasciavano il corridoio, entrambi si massaggiarono i polsi doloranti per le corde, mentre il principe prese in braccio il piccolo alieno, guardanolo con il sorriso, dicendo: “Credo che voglia ritornare da te.” E si avvicinò al cacciatore di taglie.

Mando guardò il bambino che lo fissava con la testa in alto e le manine che si agitavano verso a lui.

All’inizio il Mandaloriano non sapeva se si poteva fidare. Se tutto questo fosse solo una strana trappola. Ma non poteva più vedere il piccolo in quello stato. Ed era qui per apposta per lui.

Gli si avvicinò, e con entrambe le mani lo prese in braccio. Il suo pianto cessò, tornando a essere più tranquillo.

Mando abbassò lo sguardo, tenendolo in braccio e con la mano appoggiata sul petto. Il piccolo fece uno dei suoi soliti versi, ma sorridendo, facendo rassicurare il suo amico.

Mando sospirò di sollievo. Ora aveva la certezza che stesse bene.

“Hey, piccoletto.” disse Cara avvicinandosi a loro con aria serena e guardando l’alieno. “Lo sai che mentre te ne stavi bello tranquillo, noi stavamo impazzendo per cercarti?" Lo disse ironicamente, mentre accarezzava il bordo delle orecchie, ridendo.

Mando sotto al casco, fece un mezzo sorriso per poi tenere stretto il piccolo con entrambi le braccia (sentendo la sua manina che gli stringeva il pollice).

Alzò la testa, dicendo con tono onesto: “Vi ringrazio per esservi presi cura di lui.” E rivolse uno sguardo a tutte e quattro le bambine.

“E vi chiedo scusa per aver dubitato di voi. Ma non ho avuto a che fare con molta gente degna di fiducia, ultimamente. E vi chiedo scusa per la nostra intrusione. Non volevamo spaventarvi. Eramo solo qui per trovarlo. Niente altro.”

“E lo avete dimostrato.” rispose Oberyn: “Anzi, è stato lui a dimostrarlo per voi.” Guardò il piccolo sorridendo, facendo sentire Mando ancora più confuso da questa situazione, così che cercò di evitare il suo sguardo.
“È un peccato.” aggiunse ironicamente: “Avevo già pensato di ordinare una grande festa in suo onere, e presentarlo a tutti i regnanti del continente.”

“O è solo una scusa, per mostrarlo alla regina della capitale?” disse lei con finta perplessità, scambiando una occhiata complice con il principe, che aveva capito a che cosa si stesse riferendo.
“Pensi che io sia così subdolo da fare una cosa del genere?” rispose fingendosi offeso, per farla ridere.
E dopo questo attimo di spensieratezza, fu interrotto da una domanda, una ingenua e semplice domanda da parte di Lorenza: “Quindi… voi due siete i suoi genitori?”
 
Fine capitolo

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Capitolo 5
*** Domande e risposte ***


Capitolo 5
Domande e risposte


   
 
 
La bambina, come le sue sorelle, rimase zitta, in attesa di una risposta. Che li mise in difficoltà e lasciò perplessi i genitori.

“Ti sembra che lei sia verde con le orecchie lunghe?” disse Elia sarcasticamente, guardando la sorella.

“Magari lui sì!” rispose Lorenza convinta, rivolgendosi al Mandaloriano: “E sono nascoste dal suo elmo!”

Cara nascose un sorriso divertito da quelle parole, immaginando quello scenario improbabile, con Mando che teneva nascoste le sue orecchie dentro al basker.
Ma i sorrisi di divertimento erano ben visibili sul volto di Oberyn e della signora. Con tanto di risata di Elia.

Mando invece non rispose. Fece un lungo sospiro paziente, incassando quelle parole.

“No, io e Mando non siamo i suoi genitori.” disse Cara tranquillamente. “Il mio amico si sta prendendo cura di lui da un po' di tempo. E quando ha bisogno d’aiuto, chiama me” e fece un sorriso rivolto alle ragazze. “E quando non ha bisogno di me, io cerco di proteggere la mia città.”

“Quindi, sei una guerriera?” domandò Elia sorpresa.
“Beh… più una ribelle, che ha fatto un po' di sbagli nella sua vita. Ma che sa come difendersi.” E fece un mezzo sorriso, guadagnandosi l’ammirazione delle bambine.

“Perciò, lui non ha una famiglia?” domandò dubbiosa Dora.

Quella domanda, fece scomparire i sorrisi da tutti. In attesa della risposta.

“No…” rispose Mando con tono fermo: “Lui non ha più una famiglia.” Abbassò lo sguardo per guardare il piccolo: “L’ho salvato da gente cattiva che voleva rapirlo. L’ho salvato e da allora è con me. Ho giurato di proteggerlo, finché non avrò trovato qualcuno che si prederà cura di lui.”

Non sapeva perché avesse raccontato quella mezza verità della sua storia. Ma gli era venuto spontaneo. Senza aggiungere troppi dettagli. Solo per dare una degna risposta.
Tutto qui.

“E io, cercherò di proteggerlo e trovare qualcuno che gli potrà dare una vita migliore…”

Le sue parole lasciarono la famiglia reale colpita dalla sua storia e della lealtà che stava dimostrando nei confronti del piccolo. Guadagnandosi ancora una volta la curiosità di Oberyn. Che diventava sempre più positivo da ogni parola che diceva.

“Quindi lei è un cavaliere?” chiese Elia: “Una persona leale e onesta, e protegge gli altri al costo della sua stessa vita?”

Mando alzò la tesa, preso di sorpresa da quelle parole, soprattutto nel sentirsi chiamare “cavaliere”.

Parole che non non gli si addicevano. Di solito la gente gli dava del mercenario, dello spietato cacciatore di taglie, dell'assassino e altre cose più o meno lusinghiere.

E non si sentiva una persona leale. Stava solo facendo il suo dovere rispettando il suo credo. Come loro avevano fatto con lui.

Questa è la via.

Perciò si sentiva bloccato da quella domanda. Perché non sapeva che cosa rispondere o dire. E avere tutti quegli sguardi puntati addosso lo fece sentire sotto pressione.

Cara lo notò, ma non sapeva come reagire o aiutarlo. Ma fu la donna a capire la situazione e a venirgli in aiuto, attirando l’attenzione delle bambine dicendo: “Ragazze, credo che lo avete tormentato abbastanza.”
Tutte e quattro le figlie si girarono verso di lei, mentre si inginocchiava verso di loro e facendole avvicinare: “Date un po' di tregua ai nostri viaggiatori, che vi hanno ringraziato per il grande gesto di gentilezza che avete dimostrato oggi.”

“È vero” aggiunse Oberyn, abbassandosi anche lui, accanto a lei: “Oggi avete dimostrato la vostra premura e lealtà ad un indifeso. E credetemi, non è una cosa da tutti.”

Scambiò un sorriso con tutte e quattro le figlie, soprattutto con la più piccola.

“Perciò, sono molto fiero di voi.” E le abbracciò tutte e quattro insieme.

Dopo il gesto d’affetto, il principe ordinò alle figlie di ritornare nelle loro stanze, ma non se ne andarono prima che Loreza avesse chiesto se potevano ancora giocare con il bambino.

Oberyn diede una occhiata veloce a Mando dietro alla spalla, rispondendo: “Questo dipenderà da lui!” e gli sorrise rassicurandola. Si alzò in piedi, insieme alla madre.

Così le quattro ragazze fecero un gesto di cortesia, abbassando la testa verso ai due viaggiatori, prima di ritirarsi nelle loro stanze. E mentre camminavano lungo il corridoio, Loreza girò la testa verso di loro, guardando il piccolo dicendo: “Ciao, ciao piccolo amico verde!” salutando con la mano.

E il piccolo, ricambiò il saluto, accompagnato da uno dei suoi versi, facendola sorridere. Quando le bambine si furono allontanate, i quattro adulti (con il piccolo) rimasero da soli.

“Devo dirlo, avete delle figlie stupende” disse Cara con tono gentile.

“Lo sappiamo” rispose la donna sorridendo, guardando le piccole allontanarsi, finché non le vide più.

“Peccato che non siamo tutta la famiglia al completo.” aggiunse Oberyn: “Le quattro più grandi stanno facendo una piccola gita sulle spiagge, insieme a mio fratello. Sperando che un po' di aria del mare, gli possa giovare un po'.”

“Aspettate, avete altre quattro figlie?” disse la ribelle perplessa: “Quindi, otto figlie in tutto?”

“Sì. E ognuna ha portato gioia e felicità nella mia vita. Più di qualsiasi altra cosa che mi venga in mente.” rispose Oberyn con onestà: “Anche se spesso, mi danno qualche problema, ma credo che sia normale.”

“Suppongo di sì” rispose Cara: “Comunque, immagino che non sia stato facile per lei, tenere d’occhio una famiglia così grande.” aggiunse con tono scherzo, rivolta alla donna.

“Oh, non sono tutte mie.” rispose lei con tranquillità. Come se non fosse un problema per lei ammetterlo.
Cara rimase confusa da quella dichiarazione. Non sapendo se aveva capito bene.

“Solo cinque di loro, sono mie.” spiegò.

“E le altre tre più grandi le ho avute con una nobildonna, con una setan e con una prostituta.”
elencò Oberyn, con la stessa tranquillità della donna: “Quando ho scoperto che l’esilio non è solo un buon modo di viaggiare per studi e per allenarti…” e fece un mezzo sorriso piena di malizia, perdendosi nei suoi ricordi di gioventù. Nel mentre lanciò una breve occhiata a Mando, mettendolo a disagio.

“E questo, le sta bene?” domandò Cara. “Vostra altezza?”

E da quelle parole, la donna iniziò a ridere di gusto. Come se avesse detto chissà quale battuta divertente. Una risata che lasciò perplessa la Ribelle, a domandarsi che cosa avesse detto di così esilarante. Scambiò una occhiata veloce con Mando.

“Io non sono la principessa di Dorne.” rispose: “Né una lady, e tanto meno una signora…”  disse le ultime parole, alzando gli occhi al cielo, come se quelle ultime parole le dessero fastidio.

“Sono una Bastarda” continuò con tranquillità: “Porto il cognome di tutti i bastardi di Dorne, Sand. E lo stesso come le figlie mie e di Oberyn e i miei diecimila fratelli sparsi per il mondo. Ma sono felice di essere la sua amante.”

Si avvicinò al principe, stringendo le sue braccia attorno ai fianchi e appoggiando il mento sulla sua spalla, con le mani di lui che stringevano le sue. Con una espressione serena in volto.

“E adoro condividere ogni cosa con lui…” continuò con tono più seducente, con gli occhi fissi su di lui.
“In fondo, non c’è niente di più bello che avere qualcuno con cui godersi i piaceri che la vita ci offre, finché possiamo.” aggiunse Oberyn. “Soprattutto, in un letto abbastanza grande, per cui farlo.” I due amanti si scambiarono una piccola risata divertita. Per poi darsi un lungo bacio sulle labbra con molta passione. Dimenticando dei loro due nuovi ospiti.

Mando girò la testa dall’altra parte per non guardare quella scena – che lo faceva sentire davvero a disagio - mentre il piccolo alieno li guardava abbastanza confuso, girando la testa in un lato facendo un “Eh?” di accompagnamento.

“Beh, chi siamo noi per giudicare” disse Cara sorridendo.

Attirò l’attenzione dei due amanti.

“In fondo, conosco dei tali, che andavano ‘molto d’accordo’ con i loro L3 personalizzati.” E ridacchiò divertita.

 I due rimasero perplessi, soprattutto per le sue ultime parole. La fissarono confusi e fecero cadere un silenzio un po' teso.

“Vi ringrazio ancora per esservi presi cura di lui” intervenne Mando avvicinandosi loro: “Spero solo che non vi abbia provocato dei problemi.”

“No, nessun problema.”  assicurò lei: “Aveva solo molto fame. Per il resto si è fatto solo coccolare. “ E gli accarezzò la fronte.

Mando non sapeva che cosa altro aggiungere. Ma notò che il piccolo non aveva più il cristallo. La seconda cosa che stavano cercando.

“Il piccolo aveva in mano un pezzo di cristallo verde, quando l’abbiamo perso” disse Mando. “Per caso, l’avete visto?”

“Un pezzo di cristallo verde?” ripeté Oberyn.

“Intende questo?” disse l’amante, tirando fuori l’oggetto dalla tasca delle sue veste.

Mando e Cara si sentirono sollevati per aver ritrovato il cristallo Kyber. E forse, non sarebbe stato troppo complesso, riuscire a riprenderlo.

“Sì, proprio quello!” disse Cara.

“Ce l’aveva in mano?” domandò Mando.

“L’ha trovato Lorenza, quando è rimasta sola con lei” raccontò lei: “Ha detto che l’ha trovato per terra accanto al piccolo e me lo ha dato. E devo ammettere che non ho mai visto un cristallo del genere.” E ammirò il kyber tra le dita.

“Nemmeno io…” aggiunse Oberyn, fissandolo: “Dove lo avete trovato?” chiese, guardandoli con curiosità.

Mando e Cara si diedero delle brevi occhiate perplesse. Non sapevano come rispondere. E di certo, non potevano raccontare la verità.

“Lunga storia” ripose semplicemente Cara: “Niente di così interessate da raccontare…”

“Ed eravamo qui solo per riprenderci il bambino e il cristallo.” soggiunse Mando: “Quindi, vogliamo basta che ce lo consegniate, e noi ce ne andremo via da qui.”
Alle sue parole, calò il silenzio…


 
Fine capitolo

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Capitolo 6
*** L’ospitalità di Dorne ***


Capitolo 6

L’ospitalità di
Dorne
 

    



Oberyn guardò per qualche istante Mando con un volto inespressivo, per poi far comparire un sorriso smagliante sul volto rispondendo: “Perché così tanta fretta? Soprattutto dopo il lungo viaggio che avete fatto, e lo spiacevole incontro con le nostre guardie.”

Mando sotto il basker era confuso. Chiedendosi il perché di quelle parole, ma soprautto di quello strano sorriso.

“Perché non vi prendete un attimo di riposo?” continuò il principe: “In fondo, credo che vi meritiate un po' di ozio. Così, ci facciamo anche perdonare dello spiacevole disguido di prima…”

Prese il cristallo dalla mano della sua amante, tenendolo stretto nel pugno, continuando il suo discorso: “Del resto, noi di Dorne siamo famosi per tante cose. E l’ospitalità è una di quelle” e guardò i due viaggiatori con un sorriso chiuso. Facendo nascere un enorme sospetto da parte di Mando.

“In fondo, qui abbiamo tutto quello che potete desiderare…” soggiunse la donna: “Cibo, carni, dolci, vino, donne, uomini, tutto quello che volete.” E fece un mezzo sorriso malizioso, come l’amante.

Mando era pronto a rifiutare la proposta con durezza. Ma fu fermato da Cara, che rispose con sicurezza: “Accettiamo! Saremmo dei maleducati, a rifiutare la grande ospitalità del sovrano di Dorne in persona.”

Oberyn non nascose la sua soddisfazione a quelle parole, con un volto compiaciuto.

“Comunque, non ci siamo ancora presentati,” notò lui: “Principe Oberyn Martell. Fratello minore di Doran Martell, della casata Martell.” E sorrise. “E lei è la mia bellissima amante, Ellaria Sand.” La abbracciò sui fianchi e la baciò sul suo collo, facendola ridacchiare.

“Cara. Cara Dune.” si presentò, ignorando la scena con tono educato: “Piacere di conoscervi, vostra altezza.”

Sia Oberryn che Ellaria rimasero sopresi dalla sua educazione.

“Lieto di conoscerla, signora Dune.” disse il principe, avvicinandosi. Le prese il dorso della mano e lo baciò con delicatezza per poi sorridere.

La ribelle fu presa di sorpresa da quel gesto, cercò di sorridere, cercando di non dimostrarsi a disagio: “Preferisco Cara. La ringrazio.”

Oberyn ridacchiò dicendo: “Va bene, Cara.” Scambiò con lei un altro sorriso, per poi spostarsi davanti a Mando: “E lei, invece? Come si chiama?” e lo disse con aria maliziosa, mentre guardava la sua armatura in ogni suo dettaglio e in tutto il suo splendore.

Ne ammirò i particolari fino all'elmo. Tentò di cercare i suoi occhi, sotto alla spessa visiera nera.

Il cacciatore di taglie cercò di evitare quello sguardo, ricordandosi che non era lui. Che non erano i suoi di occhi, che lo stavano fissando. Che non aveva niente in comune, con quest'uomo.

Ma più lo sentiva vicino, più provava una forte sensazione di disagio. Quasi una paura incomprensibile. Non sapeva che cosa aspettarsi, da un tizio imprevedibile come lui.

Oberyn lo fissò, in attesa di una risposta. Fu Cara a darla: “Mando”, attirò l'attenzione del principe: “Noi lo chiamiamo Mando.”

“Mando?” chiese Oberyn, guardandolo con curiosità: “Solo Mando? Nient'altro?”

“Sì,” rispose teso. “Solo Mando...”

“Curioso.” disse il sovrano con il solito sorriso.

Mando stava per ribattere. Ma Cara decise di cambiare di nuovo argomento: “Vorremmo risposarci un po'. Così, possiamo affrontare la vostra 'famosa ospitalità' di Dorne.” Sorrise.

Oberyn ricambiò lo sguardo, e li accontentò chiamando due guardie, a cui disse di scortarli alla camera con la vista più bella del palazzo.

“Se volete un po' di intimità,” disse Ellaria maliziosamente, avvicinandosi a Mando: “Vi posso tenere il bambino con...”

“Il piccolo resta con me” rispose Mando duramente, stringendo il piccolo a sé.

La donna rimase suggestionata da quel tono, facendo un passo indietro. I due si allontanarono accompagnati dalle guardie, lasciando il principe e l'amante da soli.

“Che intenzioni hai?” domandò subito Ellaria diretta, guardandolo.

“Nulla. Assolutamente nulla.” rispose il sovrano con disinvoltura “Voglio solo dimostrare la nostra famosa ospitalità.” E guardò l'amante con un sorriso sfacciato, mettendole il braccio intorno al fianco.

Elleria ricambiò lo sguardo, ma con lo stesso tono rispose: “Sei attratto da lui. Dal tizio in armatura. Non è vero?”

Oberyn fece una finta faccia stupita ma poi la trasformò in un volto divertito, dicendo: “Oh, dolce tesoro, con te non posso nascondere proprio nulla...” e le diede dei baci sul collo, stringendola a sé, accarezzandola dolcemente sulla schiena e facendola sorridere.

“Però...” disse lei, staccandosi lentamente da lui, “Perché?”

Oberyn fissò il volto serio della donna, intessa della sua spiegazione
“Perché è un cavaliere che non si definisce come tale.” rispose “Si è dimostrato protettivo solo con il bambino. Il che è normale. Ma hai visto come si è comportato?”

Elaria rimase stranita, non capendo a che cosa si stesse riferendo.

“Era teso. Ma allo stesso tempo, era combattivo. Voleva solo quello che era suo. E cioè quello che stava proteggendo.” Il volto del principe diventò serio, mentre ripensava alle parole di Mando.

“Si è quasi dimostrato invulnerabile, davanti a noi. Ma è rimasto anche riconoscente a noi e alle bambine... però, è diretto con le risposte, ma non è bravo con le domande. Nasconde una gran parte di sé.”

Oberyn si perse nei suoi pensieri, continuando: “E nonostante avesse l'elmo, ogni volta che lo guardavo, cercava sempre di evitare il mio sguardo. Dimostrando per poco la sua debolezza...”

“E questo ti incuriosisce.” concluse Ellaria con un mezzo sorriso.

“Voglio solo conoscere la storia di questo Mando. E che cosa ci sia dentro quella armatura.” disse, immaginando già un probabile passato tragico da parte di quel misterioso uomo.

“Non so il perché, ma vorrei sapere di più su di lui. Voglio capire e conoscerlo. In fondo, si è già dimostrato vulnerabile una volta, forse lo farà ancora.”

Elleria guardò l'amante con curiosità, cercando di intuire alcune delle sue vere intenzioni.

“E perché ti sei tenuto il cristallo?” domandò.
 
Oberyn guardò in cristallo che teneva chiuso dentro alla mano e rispose solamente: “Hai sentito quello che ha detto, che si riprendono il cristallo e poi se ne vanno. Perciò, perché tutta questa fretta?”

Lanciò il cristallo in alto, prendendolo al volo con la mano, sorridendo soddisfatto.

“Ti interessa davvero tanto di quest'uomo.” disse Ellaria divertita: “Non sai nemmeno che volto abbia.”

“Mia cara Ellaria. È questo il mistero più bello di lui...” rispose: “Scoprire che volto abbia un uomo del genere. In fondo, non c'è niente di più eccitante che svestire un uomo di tutto quello che ha.” Sorrise con malizia, immaginando di avere ottenuto tutto quello che avrebbe voluto da Mando.

Ellaria ricambiò il sorriso, mettendo una mano sul suo petto e guardandolo con fare complice. In fondo, sapeva del grande appetito del suo amante. Come il suo, del resto.

“E tu pensi che lui ne sarà contento?”

“Gli abbiamo dato la nostra ospitalità e la stanza migliore. Perché mai ne sarebbe scontento?”

 

***

 
“È chiaramente una trappola!” disse Mando convinto: “Ci sta tenendo qui dentro come prigionieri!”

Il cacciatore di taglie faceva avanti e indietro nella immensa camera, al cui centro si trovava un letto a baldacchino, con vista sulla terrazza dei giardini.

“Rilassati Mando.” rispose Cara, fuori sul terrazzo, seduta su una sedia con i piedi appoggiati alla grande balaustra in marmo, con la testa reclinata all'indietro e piluccando di tanto in tanto un chicco d'uva dalla grande ciotola, appoggiata sopra a un piccolo tavolino. Si stava riscaldando e si godeva il sole.

“Se questa è una prigione, allora è la cella più bella che io abbia mai visto! E te dico per esperienza!” e ridacchiò, mangiando un altro chicco d’uva.

Mando sopirò paziente, guardando attraverso alla finestra con le mani sui fianchi.

“Perché dovrebbe offrirci la sua ospitalità, per poi tenerci prigionieri?” chiese la ribelle: “Per quale motivo?”

“Ucciderci.”

“Ucciderci?” ripeté lei divertita: “Se ci voleva uccidere, perché non l’ha fatto subito?”

“Non lo so, vuole perdere tempo?”

Cara sospirò paziente, si alzò della sedia, entrò nella stanza e gli si avvicinò.

“Mando, da amica te lo devo dire, stai diventando paranoico.” E si mise a braccia conserte.

“Paranoico?” disse Mando.

“Andiamo, Mando! Siamo stati in situazioni peggiori!” rassicurò Cara.

“Certo, forse non è nemmeno delle migliori, ma almeno non stiamo affrontando degli imperiali o uno spietato boss del crimine.”

“Non ci ha dato il cristallo!” ricordò Mando: “Perché?”

“Questo non lo so.” rispose. “Ma si è dimostrato gentile con noi. Soprattutto con il bambino. In fondo, in un certo senso siamo noi nel torto. Ma quando ha capito che siamo delle persona affidabili, ci hanno dato la loro ospitalità e gentilezza. Magari ci sarà qualcosa dietro, ma non penso.”

“Quindi, tu credi che siano delle persone affidabili?” chiese Mando guardandola.

Cara ci pensò, facendo spallucce: “Beh, si è preso la responsabilità delle sue otto figlie illegittime, lasciandole vivere nel palazzo con lui.”
“E questo ti sembra sufficiente?”

“Mando, tu non hai idea di quanto sia difficile e dura la vita di un figlio illegittimo. Sia nei piccoli villaggi che nelle famiglie più prestigiose.” spiegò: “Sono quasi sempre abbandonati a loro stessi e destinati ad una lunga vita fatta di sofferenza e umiliazione. Soprattutto se eri il bastardo di un imperiale.” Il volto di Cara divenne più serio, colpendo anche Mando. “E tu non hai idea, di quanti figli illegittimi degli Imperiali ho visto combattere con noi! Insieme!” Abbassò gli occhi, nascondendo una espressione malinconica: “Hanno vissuto una vita di inferno. E almeno quelle bambine stanno vivendo una infanzia serena.” E fece un sorriso triste.

Alzò la testa continuando: “Perciò sì, solo per questo, lo rende una persona degna di fiducia. E per il resto su dove siamo, che posto è questo o perché si sia tenuto il cristallo, non lo so. Ma per ora, accettiamo la sua ospitalità, stiamo al suo gioco – qualsiasi esso sia - e vediamo che cosa succederà.”

Mando pensò alle sue parole, capendo che doveva rilassarsi e fare quello che diceva. Nonostante i sospetti che nutriva sul principe. E ignorando lo strano caso che fosse una sua copia fisica.

Ma almeno si era davvero mostrato buono con il piccolo e le sue figlie. Lo aveva liberato per farglielo in braccio, e gli aveva offerto tutto quello che volevano. Forse non era un tipo losco, ma mai dire mai.

“Perciò approfittiamone, d’accordo?”

Mando fece un altro sbuffo, guardando il piccolo alieno, che per tutto il tempo era stato tranquillo giocando per terra, tirando una papera di legno con le ruote: “D’accordo.” Ma alzò la testa verso di lei e con tono deciso disse: “Ma se inizia a comportarsi in un modo sospetto, io inizio regire! Chiaro?”

“Come vuoi.” rispose Cara alzando le mani a dargli ragione.

Dopo un attimo di silenzio, sentirono bussare alla porta della stanza.
“Siamo noi” annunciò una voce femminile.

Capirono che si trattava delle figlie del principe. Così Cara andò ad aprire la porta, trovandole tutte e quattro insieme. Stavolta non avevano i loro bastoni di allenamento.

“Sì?” chiese Cara, perplessa.

“Ci dispiace disturbare il vostro riposo.” disse la più grande. “Ma… vorremo chiedervi una cosa, prima che voi decidete di andarvene.”

“Uhm, certo, chiedete pure.” rispose la ribelle aprendo la porta per farle entrare.

Tutte e quattro si fermarono davanti a Mando e a Cara. Mentre lei si mise al fianco del cacciatore di taglie.

“Voi siete dei guerrieri? Giusto?” domandò Elia.

I due si scambiarono delle occhiate perplesse, e fu Cara a rispondere: “Sì.”

“Quindi, sapete difendervi con le armi e con la difesa corpo a corpo?” chiese Obelia.

“Fin da quando ho memoria!” ripose Cara divertita, mettendo le mani sulle ginocchia e abbassandosi su di loro.

“Allora, ci potete insegnare qualche mossa di combattimento?” chiese Elia entusiasta.

Cara e Mando rimasero colpiti dalla sua richiesta, soprattutto dal suo entusiasmo. Elia raccontò che sia loro, che le sorelle più grandi avevano sviluppato insieme la passione del combattimento e per le armi. Per essere pronte come future guerriere della loro città. Con lo scopo di essere abili in ogni tecnica di combattimento.

Cara era sorpresa dalla loro storia, ammirando la loro tenacia.

“Beh, perché no.” rispose lo sceriffo. “In fondo, non è la prima volta che addestriamo qualcuno alle prime armi.” E guardò Mando, riferendosi alla loro esperienza su Sorgan.

“Quindi, ci volete mostrare qualche tecnica di addestramento?” chiese Elia

“Tutte le migliori che conosco” rassicurò lei, facendo crescere l'entusiasmo delle quattro sorelle.

“Ma non qui.” aggiunse un’altra voce femminile.

Tutti guardarono verso alla porta ancora aperta, trovandoci Ellaria, a braccia conserte ma sorridente.

“Non voglio che distruggiate un’altra stanza.” disse. “Perciò, andate nei giardini delle vostre stanze. Così sarete più libere di fare tutto quello che volete.” Sorrise alla figlia. Ma lanciò anche un altro sorriso più malizioso verso Cara, che non ci fece molto caso.

“Io posso giocare con lui?” domandò Lorenza, cercando di prendere in braccio il piccolo, che si protendeva verso di lei.

“Questo lo devi chiedere al suo protettore.” rispose la madre con gentilezza e indicando il Mandaloriano con gli occhi.

Lorenza si girò verso Mando, chiedendo di nuovo se potesse giocare con lui. Cercò di fare gli occhi dolci, pur di convincerlo.

Mando, sotto al besker, non poté rimanere indifferente a quello sguardo. Soprattutto vedendo come il piccolo la stesse guardando, facendo uno dei soliti versi.

Il cacciatore di taglie sospirò, rispondendo: “Okay, potete giocare insieme.”

“Sìììì!” disse Lorenza entusiasta: “Andiamo! Ti insegnerò a fare le torri con i cubi colorati!” e corse via verso la porta, uscendo fuori dalla stanza, tutta felice con il piccolo in braccio.

“Aspetta, Lorenza! Così lo farai cadere!” disse la sorella Dorea, raggiungendola.

“Andiamo!” disse Elia prendendo la mano di Cara: “Ti daremo i bastoni più grandi che abbiamo! E forse, anche una delle nostre migliori spade!”

“Preferisco di no…” rispose Cara nervosa, mentre si faceva trascinare da lei, fuori dalla stanza.

“Noiosa!” aggiunse Obella seguendole.

Mando rimase solo nella camera, con Ellaria appoggiata allo stipite della porta aperta, a braccia conserte, che guardava le sue figlie correre via.
Lui sospirò e disse, avvicinandosi a lei: “Sono sempre così le sue figlie?”

“No,” rispose Ellaria: “Oggi sono più tranquille. Di solito, quando sono insieme alle sorelle maggiori, sembra di stare in un campo di battaglia!” e ridacchiò.

Mando non riusciva a immaginare una scena del genere. Ma poteva solo ammirarla. Visto che doveva gestire quattro figlie ancora bambine, e tre non sue. Accettando quel lato del suo amante.

“Posso capire…”

Stava uscendo dalla stanza, ma fu fermato dallo sguardo della Sand, che disse: “Il principe Oberyn la vuole vedere nelle sue stanze.” Con tono fermo e sguardo tagliente.

Mando provò sospetto per quella richiesta, chiedendosi se queste parole fossero una cosa positiva o meno. Ma da lui, non sapeva che cosa aspettarsi.

“Prendo il piccolo e lo raggiungo.”

“Da solo.” dichiarò lei a tono fermo.

A Mando questo atteggiamento non piacque, e non fece che accrescere il sospetto negativo che aveva su di loro.

“Io non vado da nessuna parte senza di lui.” chiarì con durezza.

Ma Ellaria non si scompose. Anzi, lo fissò con volto inespressivo e braccia conserte, rispondendo: “Ordine del principe. E l’unica persona che ha il coraggio di disubbedirgli sono solo io.” E fece un mezzo sorriso.

Mando non si fece intimidire da lei, come non si fece distrarre dalle sue parole o dai suoi sorrisi.

“Il bambino starà bene. Visto che la sua amica è con lui, insieme alle mie figlie. E io sarò con loro.”

Il cacciatore di taglie non rispose, capendo che doveva accettare l’ordine. Almeno aveva la consapevolezza che il piccolo sarebbe stato al sicuro con Cara. Sperando che non fosse una trappola.

“Va bene” rispose.

Ellaria chiamò una guardia, ordinandogli di condurlo nelle stanze del sovrano. Tutto avvolto da un lungo silenzio. E Mando, era consapevole di dover salvare i suoi amici e riprendersi il cristallo.

 
Fine capitolo

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Capitolo 7
*** Il colloquio ***


Capitolo 7
Il colloquio
 
 
La guardia scortò Mando davanti ad un'enorme porta di legno, aprendola e annunciando: “Il viaggiatore, vostra altezza.”

Il cacciatore di taglie entrò nella stanza: si ritrovò in una sala con le pareti gialle, il pavimento in marmo, il tetto di legno, un spesso letto a baldacchino dalle tende aperte con le coperte arancioni. E il principe era in piedi, davanti alla finestra del suo balcone, guardando l'ingresso della guardia e sorridendo della presenza di Mando.

Ringraziò la guardia e la congedò, rimanendo da solo con lui.

“Mando!” disse Oberyn entusiasta, riempiendosi un bicchiere di vino rosso dal tavolo e avvicinandosi a lui: “Grazie mille per aver accettato il mio invito.”

Si fermò davanti a lui, guardandolo con un sorriso. “Vino?”

“Mi è stato ordinato di venire qui.” rispose Mando secco: “E no.”

Oberyn rimase stranito da quell'atteggiamento così ostile nei suoi confronti. Pensava che fosse tutto sistemato tra di loro, ormai. Ma non si fece scoraggiare dal suo atteggiamento e mantenne il suo sorriso.

“Allora più vino per me.” E ridacchiò, dandogli le spalle e camminando verso alla sedia di legno con lo schienale imbottito, sedendosi con le gambe accavallate e le mani appoggiate sui braccioli.

Proprio davanti a Mando, mentre lui rimase in piedi, fermo e sotto il basker con aria incerta.

“Su si sieda, non faccia complimenti.” invitò il sovrano.

“Preferisco stare in piedi.”

“E io preferisco di più parlare con i miei ospiti, mentre mi siedono accanto.” rispose Oberyn con tono paziente.

Mando fece un altro sospiro paziente, e sedette a fianco a Oberyn.

“Peperoncino?” offrì lui, prendendone uno della ciotola sopra al soprammobile in mezzo a loro, dove c'erano anche la bottiglia con i calici.

“No” rifiutò Mando.

“Ne è sicuro?” chiese il principe invitando a mangiarlo: “Il peperoncino di Dorne è famoso per la sua piccantezza. Magari, le sarebbe d’aiuto a scogliere i nervi…” lo ingoiò intero con tranquillità.

Mando sotto al basker teneva gli occhi bassi, evitando di guardare quel volto con quel sorriso. Provava solo tensione e disagio.

Oberyn notò il mutismo del suo ospite. Lo guardò con incertezza.

“La sua amica aveva ragione, lei è un tipo di poche parole.”

“Rivoglio il cristallo.”

“Però è molto diretto.”

Oberyn si versò un altro sorso di vino, dicendo: “Ammetto che mi sento un po' offeso, per la sua mancanza di gentilezza verso alla mia ospitalità.”

“Voglio solo prendere ciò che è mio” ripeté Mando senza nascondere la sua impazienza.

Il principe lo fissò notando la sua tensione per come stava fermo dritto su quella sedia tenendo i pugni chiusi sopra alle ginocchia.

“Pensa che me lo voglia tenere?” chiese con sarcasmo.

“Se che se lo è tenuto per tutto in tempo, nonostante avessi già ribadito che è nostro.” spiegò Mando.

“Se pensa che la sto prendendo in giro, si sbaglia.” si giustificò il principe: “Io non prendo ciò che non è mio. Soprattutto davanti ai legittimi proprietari.” E prese un altro peperoncino, mangiandolo con gusto.

“Allora perché non me lo restituisce?” chiese il Mandaloriano duramente

“Beh, testuali parole: ‘vogliamo riprenderci il cristallo, e poi ce ne andremo via da qui’. Perciò, perché prima non si prende un attimo di respiro, per conoscerci un po' meglio?” e fece un sorriso ambiguo.

Mando non capì nulla di quelle parole, soprattutto non riuscì a comprendere che cosa volesse e che intenzioni avesse.

“In fondo, due viaggiatori estranei riescono a ‘invadere’ il mio palazzo, per cercare un bambino dalla pelle verde e le orecchie lunghe e un pezzo di minerale. Ma riescono a guadagnarsi l’ammirazione delle mie figlie e la mia fiducia.” spiegò. “Non so da dove venite, o dove state andando. Senza sapere nulla del cavaliere misterioso…”

“Non sono un cavaliere” ripetè Mando duro: “Non lo sono mai stato.”

“Ah, no?” disse Oberyn con una leggera sorpresa: “Eppure, si comporta come tale, ha un suo codice morale, la sua lealtà e si è dimostrato autoritario ma non duro. Senza nascondere la sua preoccupazione per il bambino. Che, a quanto pare, nonostante la sua età, mostra molto attaccamento verso di lei.”

Mando non sapeva che cosa dire, pensava solo al ricordo di prima, quando il piccolo si stava agitando con le braccia rivolte a lui, con l’intenzione di raggiungerlo. E questo, diceva molto del loro rapporto.

“E scommetto che lei protegge chiunque sia indifeso o le chieda aiuto. Ma soprattutto, sa mantenere la parola data” continuò il principe: “E io ho conosciuto uomini che erano o si definivano cavalieri. Che indossavano la loro armatura predicando valori di giustizia e lealtà. Ma poi, la usavano per i loro vantaggi e per i loro sporchi comodi” e, mentre lo diceva, guardava la finestra con aria inespressiva, ma si poteva notare dai suoi occhi, la furia che provava.

“E la cosa peggiore, ci sono ancora sovrani che indossano con orgoglio le loro preziose armature con le loro corone per nascondersi dai loro orribili crimini, compiuti mentre predicavano la pace e la libertà.” Il braccio era appoggiato sul bracciolo, con il pugno sulle labbra. Chiuse gli occhi per un istante.

Per la prima volta, si guadagnò l'ammirazione di Mando. Forse, da quelle parole, riusciva anche a comprenderlo.

“È per questo che la definisco ‘cavaliere’.” continuò Oberyn “Perché anche se non lo è, si comporta meglio di ogni presunto tale che ho incontrato.” E bevve un lungo sorso di vino.

Mando abbassò la testa, riflettendo sulle sue parole. Si domandò in che strano e ingiusto pianeta fosse capitato. La galassia era piena di gente che sfruttava la loro carriera da imperiale o quella criminale. Ma sentire di gente che giurava lealta al popolo, per poi sfruttarlo per i propri vantaggi, era inaccettabile per lui. Nessuno del suo clan, avrebbe mai fatto una cosa del genere. Per loro i giuramenti erano sacri valori. Inviolabili.

E questo valeva anche per lui.

Ma nonostante tutto, non voleva ancora essere considerato un cavaliere.

“E poi, ho notato un’altra cosa, che mi ha incuriosito molto…” disse Oberyn appoggiando il calice vuoto sul piccolo tavolo.

Mando alzò la testa, vedendo che il principe stava ritornando sempre più calmo.

“Ovvero, che per tutto questo tempo, non si è mai tolto l’elmo.”

Oberyn appoggiò le mani sulla bocca, guardando il cacciatore di taglie con curiosità: “Capisco il suo senso dell'onore, ma potrà togliere l’elmo, giusto per prendere un po' d'aria alla testa.” E ridacchiò.

“È una regola del mio clan. È vietato togliersi l’elmo.” rispose Mando impassibile.

Oberyn alzò le sopracciglia per lo stupore, rimanendo colpito da quella dichiarazione.

“Aspetti, vuol dire che lei non si è mai tolto l’elmo, davanti a qualcuno?”

“No”

“Nemmeno davanti alla sua amica o al bambino?”

“Nemmeno a loro.”

Il sovrano di Dorne era stupefatto da quella dichiarazione. Accavallò le gambe con la schiena dritta verso di lui, incuriosito ancora di più
“Perché?”

Mando raccontò che, da quando era stato scelto dal suo clan, era stato accolto come uno di loro, se ne erano presi cura e lo avevano addestrato. In cambio aveva giurato di rispettare il credo, e di non togliersi né di farsi togliere l’elmo davanti a nessuno.

Oberyn era sempre più ammirato dalla sua storia. Soprattutto dalla sua cieca fedeltà al rigido codice del suo credo.

“E da quanto tempo, ha prestato giuramento?”

“Probabilmente, avevo qualche anno in meno della sua figlia più grande.”

“Non si toglie l’elmo da quando era ragazzino?” disse il sovrano stupito.

“Esatto. Da allora, non mi sono mai mostrato a nessuno.”

“E vale anche per il bambino?”

“Soprattutto per lui.” disse Mando freddamente: “Ed è meglio così…”

Oberyn non sapeva che cosa pensare, non aveva mai sentito un giramento del genere. Fino a coinvolgere anche dei bambini. Nemmeno i guardiani della barriera – composti per la maggior parte da assassini, stupratori e figli bastardi - sarebbero riusciti a reggere a un giuramento così tosto. Soprattutto, se si doveva rinunciare a tanti piaceri, per un credo.

“E se un giorno, deciderà di togliere l’elmo davanti a qualcuno, che cosa le succederà?” domandò il sovrano.

“Se mi tolgo l’elmo, o qualcuno me lo toglie, avrò infranto il credo. E non avrò più il diritto di indossare l’armatura del mio popolo.”

“E non farà più parte di loro, solo perché qualcuno l’ha vista in faccia?” disse Oberyn stupito: “Sarà disonorato da tutto e da tutti, dopo che loro hanno chiesto di rinunciare a così tanto, per loro?”

“Questa è la via.”

Oberyn non ci credeva. Era quasi un estremo per lui. Un punto estremo che lui non sarebbe mai riuscito a rispettare.

“Un via un po' ingiusta, se mi permetto.” disse il principe, incredulo.

Si guadagnò uno sguardo irritato da sotto l’elmo di Mando, che trovò irrispettoso quel commento su tutto ciò in cui aveva sempre creduto e rispettato.

“E immagino che l’armatura non te la diano, dopo il giuramento.”

“Me la sono guadagnata” rispose il cacciatore di taglie duramente: “Mi sono guadagnato questa armatura, insieme ad abbastanza crediti e al rispetto del mio clan.” Abbassò la testa, non poteva raccontare tutta la storia della Gilda… ormai aveva raccontato fin troppe cose, e non doveva rivelarne altre.

“Capisco,” disse Oberyn. “In pratica, è un uomo che si è fatto da solo. E mi creda, non è poco…” e iniziò a versarsi un altro bicchiere di vino.

“E immagino che l’incisione sulla sua spalina, sia il simbolo del suo clan.” Indicò Oberyn con il bicchiere.

Mando guardò per un attimo il sigillo della sua armatura. Fissò il teschio del Mudhron, fatta dalla armaiola.

“È il simbolo del mio clan.” disse Mando. “Che è composto solo da me e dal bambino. Si guadagna solo dopo un degno gesto…”

“E ora siete solo voi due, come Clan? Soli contro il resto del mondo?”

“Precisamente. E finché non diventerà grande, o avrà trovato qualcuno che si prenderà cura di lui, sarò io a farlo. E nel bene e nel male, io lo proteggerò.”

Calò il silenzio. Oberyn era colpito da lui, dalla sua storia, dalle sue parole e anche dal quel tono distaccato e allo stesso tempo serio da parte sua. Non sapendo che cosa dire. Poteva solo essere ammirato da lui.

“Non so che cosa dire.” ammise il sovrano. “Vorrei avere avuto anche io, la stessa determinazione nel proteggere tutto ciò che amavo. Forse… forse…”  non riuscì a finire la frase, guardando la finestra e premendo le labbra sulle nocche delle mani, con il volto perso.

Mando aveva notato il cambio di atteggiamento arrivato così all’improvviso. Sembrava insolito per un uomo gelido ma allo stesso tempo sfacciato e estroverso. Ora sembrava un uomo chiuso in sé stesso e malinconico. Forse, stava ripercorrendo qualche evento dentro la sua testa.

Capì che, probabilmente, anche lui aveva dovuto subire un forte trauma. Provò per un attimo empatia per lui. E per la prima volta, poteva capirlo per davvero. Anche senza il bisogno di raccontare nulla.

“Forse la mia vita, sarebbe ancora più allegra, più grande, più luminosa… più giusta”. Oberyn disse quelle parole con tono fermo, ma con l'accenno di un sorriso triste e un leggero luccichio negli occhi: “Ma non sarà mai dimenticata. E so che un giorno, avrà ottenuto giustizia. E gli farò pagare… devo solo, aspettare il momento giusto. Ma lei, sarà sempre una parte di me.” Chiuse gli occhi prendendo un sospiro profondo. Rimase in silenzio, per poi aprire gli occhi e guardare fuori dalla finestra.

Mando non disse nulla, abbassando la testa e condividendo questo momento.

Non durò molto, perché Oberyn si riprese, asciugandosi gli occhi velocemente con il pollice. Poi guardò il Mandaloriano, con il solito sorriso di prima, chiedendo: “Ma poi, oltre a tutti questi giuramenti e doveri… che cosa c’è di altro, in te?”

Mando alzò la testa, rimanendo confuso dalle sue parole, ma anche stupito dal suo cambio di umore così repentino, chiedendosi se quel sorriso e quell'atteggiamento così aperto e quella sfacciataggine non fossero tutta una maschera, per nascondere un dolore così profondo, che ormai sapeva conviverci.

Ma la cosa che lo turbava di più, erano quegli occhi perennemente puntati addosso, e quel sorrisetto chiuso, sempre dipinto in volto, che lo rendeva così ambiguo…

“Chi sei veramente?”
 
***
Il cacciatore di taglie non rispose, guardandolo con espressone incerta da sotto il basker.

Oberyn si aspettava almeno una parola da parte sua, che non arrivò, rimanendo chiuso in questo mutismo.

“Oltre la sua fede, che cosa le piace?” cercò di spiegare: “Quali solo le sue debolezze…”
Mando prese un sospiro e abbassò la testa, iniziandosi a sentirsi sotto pressione.

“Insomma, avrà pur qualcosa che la piace” continuò. “Come donne, uomini o entrambi?”

Il cacciatore di taglie girò la testa dall’altra parte, per non vedere quello sguardo.

“Niente?” insisté Oberyn incuriosito, alzando le sopracciglia in attesa di una risposta. A quel punto, iniziò a ridacchiare di gusto, iniziando a pensare che fosse una specie di pudico.

“Andiamo, tutti hanno una passione” continuò a ridere, finché non aggiunse: “Per caso, è un immacolato? Altrimenti, si spiegherebbero molte cose”

“Che cosa vuole?” disse Mando duramente, alzando la testa di scatto verso di lui
Oberyn smise di ridere, ma non fu irritato da quell'atteggiamento. Anzi, era tranquillo.

“Che cosa vuole da me?” ripeté.

“Solo conoscerla” ripeté il principe con tranquillità: “Voglio solo sapere la storia dell’uomo che salvò un bambino deforme. E quale sono i suoi desideri…” si avvicinò a lui, con la schiena leggermente piegata, con le gambe aperte e le mani unite, appoggiate sotto al ventre. Lo guardò con aria maliziosa. “Quali sono i suoi desideri?”

Mando non rispose. La sua irritazione dei confronti del principe era stata accresciuta da quelle inutili parole. Ma più non parlava, più si guadagnava l’interesse del sovrano.

“In fondo… non vorrebbe qualcuno che la guardi in volto, dopo una brutta giornata?”

Il Mandaloriano cercava di trattenere la sua pazienza. Sperando di capire come reagire con lui.
Oberyn attese ancora una volta. ma non arrivò mai una risposta. Cercando di capire il perché di quel silenzio, si chiese che cosa stesse pensando.

Ritornò seduto composto sulla sua sedia, sorridendo e dicendo: “Lo sai? Nonostante che tu sia un tipo di poche parole, sei un uomo di mondo. Hai viaggiato, hai i tuoi valori e la tua morale. E forse, siamo più simili di quanto…”

“Noi non siamo uguali!” disse Mando infuriato, alzandosi in piedi: "Lei non conosce la mia storia, la mia vita, il mio credo e la motivazione che mi spinge a fare tutto ciò che faccio!”

Oberyn fu preso di sorpresa da quell'atteggiamento così duro e furioso.

“E non so che intenzione abbia con me o con i miei amici, non so che cosa voglia ottenere da me, con questi stupidi giochetti mentali! Qualunque cosa voglia, non la otterrà. Perciò, mi restituisca il cristallo! O la prossima volta, non lo chiederò con troppa gentilezza…”

Mando si era sentito davvero offeso, dal fatto che lui gli si fosse paragonato. Già era difficile ritrovarsi con il suo volto sulla faccia di quell'uomo. Così diverso. Perché lui non era un principe privilegiato.

Non aveva mai vissuto in un palazzo, e non aveva mai viaggiato per puro piacere personale. Ma per dovere e sopravvivenza. E non avrebbe mai posseduto… la sua stessa sicurezza che poteva assicurare al piccolo…

Quindi, non voleva essere paragonato a lui. E voleva solo che s ne andassero via da lì.

Oberyn lo guardò con perplessità. Come se quelle parole, non lo avessero toccato nemmeno. Si alzò in piedi, fermandosi davanti a lui, a soli pochi centimetri dal casco. Con un'aria impassibile, di fronte a cui Mando cercò di mantenere il suo sguardo.

“È una minaccia?” chiese semplicemente.

Questa volta, fu il sovrano a sospirare, guardando in basso rispondendo: “Mi dispiace che lei abbia avuto una brutta impressione su di me. Ma il mio scopo era solamente scogliere un po' la tensione. Ma, a quanto pare, è davvero un osso duro…”

Lanciò di nuvovo una occhiata a tutta la sua armatura, facendo un mezzo ghigno e aggiungendo: “Anche se, questo mi spinge a provarci di più.” E ritornò a guardarlo dritto, con quel sorrisetto ambiguo sul volto. Spingendo Mando ad allontanarsi da lui, con un passo indietro.
Oberyn iniziò a riflettere con gli occhi bassi e le mani dietro alla schiena.

“Le mie figlie, in questo momento sono con il piccolo?”

“Con Cara e le sue amante insieme a loro.”

“E presumo che era da un po', che il vostro pargolo non stava con altri.”

Mando sospirò, senza rispondergli. Ma facendo capire che aveva ragione.

“E sarebbe un peccato interrompere questo momento di tranquillità per lui, prima di ritornare al suo viaggio. Giusto?”

Il Mandaloriano non disse nulla. Capì le sue parole, e ricordò di quanto il piccolo era felice, in mezzo agli altri bambini su Soruan. E anche di quanto era triste, quando erano dovuti ripartire.

“Io le darò il cristallo. Ma prima lasci che i bambini giochino ancora un po' insieme. E si fidi delle mie parole. Può andare direttamente nei giardini con lui.” disse Oberyn: “E poi, se ne potrà andare, con tutto quello che è suo.”

Mando alzò lo sguardo, cercando di capire se potesse fidarsi di lui: “E che cosa mi dice, che lei manterrà la sua parola?”

“E che cosa ci potrei mai guadagnare infrangendola?” rispose Oberyn con tranquillità.

Il cacciatore di taglie sospirò capendo che non poteva farci niente. Almeno, l’aveva avvertito.

“D’accordo” rispose duro. “Ma se non rispetterà la sua parola, sa già quello che potrei fare” e lo indicò con il dito.

Oberyn guardò il dito senza dimostrare nessun timore per le sue parole.

“Le assicuro che manterrò la mia parola. In fondo, mi hanno dato della vipera e dell’assassino. Ma mai del bugiardo.” E ritornò a sorridere.

A quella uscita, Mando si irrigidì, non riuscendo più sopportare di vedergli quel sorriso stampato in faccia.

Non disse nulla, dandogli le spalle e camminando verso la porta a passo svelto e aprendo di prepotenza la porta per andarsene via.

Tutto sotto al sorriso divertito di Oberyn, che piano piano scomparve. Il suo viso divenne più serio e cupo, mentre lo guardava allontanarsi, capendo che era sempre più attratto da lui…
 
Fine capitolo

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Capitolo 8
*** Chi sono loro? ***


Capitolo 8

Chi sono loro?
 
 
Oberyn era seduto sulla sedia, a guardare fuori dalla finestra con il volto inespressivo, con in mano il suo boccale di vino e le dita appoggiate sul mento, intento a riflettere.

Ellaria era dietro di lei, che faceva avanti e indietro per la stanza, appena ritornata dai giardini, raccontando di Cara.

“Quella donna è strana” disse: “Le ho offerto il nostro vino in un bicchiere, ma lei ha preso tutta la caraffa bevendola quasi in un sorso, dicendo anche che è il succo più buono che avesse mai bevuto...” alzò gli occhi in alto.

“Di classe…” commentò il principe.

“Per non parlare di come divora i peperoncini. Sembrava come se fossero delle caramelle.”

“Non ci lamentiamo, amore mio, siamo stati con uomini e donne più rozzi di lei. Ma abili in molte altre cose.” commentò Oberyn.

“Almeno, loro cedevano alle mie seduzioni. Invece lei, mi ha completamente ignorata! Come se non avesse notato il mio interesse per lei.” si lamentò
“Ed è per questo che la trovi strana? Perché non ha visto e ceduto alla tua stupenda bellezza?”

Ellaria si fermò, guardando solo la testa del principe, contraddetta. “No. Si vede che lei non ha buon gusto.” E ridacchiò. Anche se si sentiva un po' colpita nell'orgoglio, nel constatare il disinteresse di Cara nei suoi confronti.

“Ma non è questa la sola cosa su di lei…” continuò con più serietà: “Quando allenava le nostre figlie, sono rimasta molto impressionata dalle sue doti da guerriera. E le ho chiesto se avesse combattuto in qualche battaglia.”

Oberyn, incuriosito, rispose: “E lei che cosa ha detto?”

“Ha detto dì sì. Ha partecipato in molte battaglie, durante una lunga guerra.”
Ellaria raccontava che Cara aveva vissuto in un luogo di stallo, in mezzo a una guerra che non sembrava finire mai. E a causa di questa guerra, aveva perso letteralmente tutto. Ma dopo la vittoria della guerra, aveva preso una brutta strada. E ora, grazie a Mando, era lo sceriffo della sua nuova cittadina.

“E lei ha vinto questa guerra?” domandò Oberyn con curiosità.

“Sì, l’ha vinta. E non sono stupida, visto con un corpo da fabbro come il suo, sarebbe strano che avesse perso.”

“E che cosa c’è di strano, in questo?”

“È come l’ha raccontata” disse lei, avvicinandosi a lui: “Non mi sembrava che raccontasse la battaglia del Tridente. Ma qualcosa di più lontano. Quasi da un altro mondo.” E si sedette sulla sedia a fianco, con aria seria: “Ho avuto la sensazione che parlasse di eventi che noi o gli altri regni non conosciamo.”
Oberyn la guardò con il volto confuso dalle sue parole.

“Lo so che non ha senso. Ed è questa la cosa più strana. Ed è quello che mi ha trasmesso.”

Entrambi non sapevano che cosa dire. Ellaria non riusciva a definire Cara. E Oberyn pensava solo al suo colloquio con Mando.

“E se fossero delle spie?” domandò Ellaria, preoccupata.

“Spie di chi?” chiese Oberyn, guardandola: “Chi ci manderebbe qualcuno a spiarci?”

“Non lo so, I Tyrell? I Greyjovy? I Lannister?”

“No. Non credo che siano delle spie. Secondo me, non appartengono né a quelle casate, e nemmeno ad altri popoli selvaggi come gli Dothraki. Troppo civilizzati anche per loro.” E finì il suo vino. “E non credo che il bambino, faccia parte del loro piano.”

“E allora, che intenzioni hai con loro?” domandò lei: “Soprattutto, con quel Mando…”

Se anche l’amante avesse avuto una risposta, non arriva. Visto che Oberyn guardava in basso con espressione incerta. Una cosa insolita per lui.

“Di che cosa avete parlato?”

“Non di molto, in realtà” disse il principe. “Ma c’è qualcosa in lui, che mi affascina. Qualcosa che mi attrae e che mi spinge a volere scoprire di più… e non so il perché, ci vedo qualcosa di me, in lui…”

“Cosa?” disse Ellaria, confusa. “Hai visto qualcosa di te, in quel tizio?”

“Sì. Ma non so che cosa, nemmeno il perché.” Cercò di spiegarsi: “È il contrario di me, sotto molti aspetti. Eppure… in certe cose, mi ci rivedo. Anche fisicamente… e questo mi affascina.” ammise, guadagnandosi la curiosità di Ellaria.

“E piacerebbe sapere anche a me, il perché di questo dubbio. Ma lui non vuole sciogliersi. E più sta sulle sue, più mi viene voglia di conoscerlo.” Guardò in basso, perdendosi nei suoi pensieri e nei dubbi verso Mando.

Ellaria era colpita da quelle rivelazioni. Ammise che anche lei, era affascinata dal mistero di quel tizio in armatura.

“E che cosa vuoi fare?”

“Non lo so…” rispose il principe, dubbioso: "È impaziente di volere indietro il cristallo e di andarsene. Tanto da minacciarmi. E io ho dato la mia parole che glielo lo restituirò, e la manterrò. Però, mi spiacerebbe che se ne andasse, senza sapere quasi nulla di lui. Non lo capisco e questo mi affascina...”

Ellaria ridacchiò delle sue parole, dicendo: “È incredibile. Di solito, non sei così attratto da una persona se non al livello fisico.”

“Sono sorpreso quanto te, mia cara.”

“Almeno, è bello in volto?” chiese ironicamente l’amante.

“È questo il punto. Non lo so.”

La donna rimase confusa da quelle parole. Poi seppe dal lui che Mando non si era mai tolto l’elmo per tutto il tempo. Spiegò che lo faceva per la via del suo credo.

“Strano” commentò alla fine.

“Lo so. E non sapere che volto abbia una persona del genere, un po' mi logora.” ammise Oberyn.

Calò in silenzio, con principe di Dorne con il vostro inespressivo rivolto in basso.

Dopo qualche istante, la donna ebbe una specie di illuminazione.

“Sai? Quando Mando è arrivato da noi, nei giardini, Elia gli ha chiesto subito di mostrare qualche mossa di combattimento insieme a Cara…”
Oberyn alzò gli occhi, incuriosito.

“Si è dimostrato un bravo combattente…” continuò Ellaria con un sorriso: “Lo devo ammettere, sembra piuttosto abile. Ma forse, non quanto te.” E sorrise, versandosi un boccale di vino.

Oberyn alzò la testa, guardando la sua amante, capendo le sue intenzioni e ricambiando il sorriso…
 
fine capitolo

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Capitolo 9
*** Proposte ***


Capitolo 9
Proposte
 

Mando e Cara erano nei giardini vicino alle camere dei giochi delle bambine.

Stavano guardando Dorea che teneva testa a Elia e Obella, in un duello con i bastoni di combattimento. Mentre la piccola Lorenza era seduta in un angolo, intenta a fare una corona di margherite con il bambino a fianco, che la ammirava con curiosità.

I due viaggiatori guardavano ammirati le doti di Dorea. La ragazzina disarmò con facilità le due sorelle più grandi.

“Molto bene, Dorea!" disse Cara soddisfatta: “Hai sfruttato i tuoi punti deboli, facendoli diventare punti di forza per disarmare le tue avversarie.” E sorrise.

Dorea si sentiva orgogliosa mentre le sue sorelle erano ammirate dalla ribelle.

“Wow! Saresti una degna combattente per le Serpi delle Sabbie!" disse Obella

“Se Obara non muore prima di invidia!" aggiunse sarcasticamente Elia facendo ridere la sorella.

“Vi ringrazio, ragazze, ma ho già una cittadina da proteggere.” disse Cara con tono gentile: “Ma avete già la stoffa per essere delle degne guerriere! E sono certa, che farete grandi cose”
“Perché non potete stare qui con noi?” domandò Dorea all'improvviso, lasciando sorpresi i due amici.

“In fondo, avete già la fiducia di mamma e papà, siete dei grandi combattenti. Ci potreste proteggere e il bambino sarebbe felice qui.”

Tutti si girarono verso Loreza, che intanto aveva appena messo una corona di margherite sulla testa del piccolo, lasciandolo divertito mentre cercava di prendere la corona con aria smarrita, facendola sorridere.

Cara e Mando si intenerino a quella scena, e si sentirono anche dispiaciuti per la loro risposta.

“Ci piacerebbe, Elia. Ma noi dobbiamo ritornare a casa.” rispose la ribelle con tono calmo e girandosi verso di loro: “Ho la mia gente che mi aspetta, le mie responsabilità che devo mantenere. E Mando, ha un compito da svolgere. Perciò, dobbiamo ritornare per forza a casa."

Le tre sorelle più grandi abbassarono la testa, nascondendo la loro delusione per queste parole. Cara si sentì un po' in colpa. Si inginocchiò davanti a loro e con tono calmo disse: “So che volete che noi restiamo e capiamo tutto il bene che ci volete. Ma spesso una persona deve mettere da parte il bene per sé stesso per quello delle persone che gli stanno attorno. Ascoltando la ragione e ignorando le emozioni. So che è difficile da comprendere, ma è così.”

“Anche quando c’è qualcosa o qualcuno che ci ha fatto un torto, dobbiamo sempre dare retta alla ragione e non ai sentimenti?” chiese Elia.

Cara si sentì in difficoltà da questa domanda, rispondendo: “In quel caso, probabilmente sì. Anche se è dura. Molto dura… ma so che un giorno, lo capirete.”

Si rialzò, dicendo: “Allora, che cosa volete fare? Volete vedere come si placca un nemico all’improvviso?”

“Perché tu e Mando non combattete insieme, senza armi?” propose Elia.

I due amici si diedero una occhiata.

“In fondo, vi abbiamo visti combattere con i bastoni, e siete usciti in parità. Ora vorrei sapere, chi vincerebbe in uno scontro corpo a corpo.”

“Oppure, con la mazza di ferro!” aggiunse Dorea, entusiasta.
Mazza di ferro?” ripeté Mando confuso e a bassa voce, rivolto verso Cara.

“Sì. Ha una passione per le mazze di ferro.” rispose Cara bisbigliando: “Ne ha una discreta collezione!”

L'idea che una bambina di soli sette anni avesse una passione per degli oggetti pericolosi e più grossi di lei lasciò Mando stranito.

“Beh, in fondo, in uno scontro corpo a corpo, ti ho già battuto!” si rammentò Cara.

“Se ricordo bene, lo ‘scontro’ si concluse in parità” disse Mando.
“Come vuoi tu” rispose la ribelle sarcasticamente, ma facendo un occhiolino verso alle ragazze, facendo credere che aveva vinto lei. Si guadagnò la loro ammirazione.

Le ragazze insistevano, e dopo un sospiro, il Mandaloriano accettò la sfida, preparandosi allo scontro. Si spostarono in mezzo al giardino, con le tre bambine attorno.

Si misero in posizione, si guardarono per un istante e iniziarono a combattere.

Cara iniziò a colpirlo sulla spalla, facendolo già spostare a terra. E Mando per risposta le si avventò contro, tenendola ferma con la spalla e tirado gomitate sullo stomaco. Ma la ribelle girò il braccio liberandosi, e cominciò a tirare una forte serie di pugni sull’elmo, lasciandolo in difficoltà. E poi lo buttò a terra con calcio sul petto.

Le tre sorelle rimasero a bocca a porta, ammirate da quello scontro, tifando per Cara.

Anche Loreza stava guardando la scena da lontano, seduta sull’erba con il piccolo alieno in braccio, ammirata. Dicendo verso al piccolo: “Certo che i tuoi amici, sono davvero bravi a combattere!” ricevendo un verso da lui, che sembrava quasi di indifferenza.

Cara si stava avvicinando, ma Mando la presa per una caviglia, tirandola a sé e facendola cadere a terra. Mando si mise a cavalcioni sopra di lei, pronto a colpirla, ma venne risospinto a terra da una spinta in alto da parte di. Ritornò al tappato e la situazione si ribaltò.

Le ragazze erano sempre più ammirate.

Cara era divertita da questa situazione, Mando un po' meno. Presero un attimo di fiato, ed erano pronti a riprendere lo scontro. Ma furono fermati da una voce: “Che cosa sta succedendo?”

Tutti si girarono verso alla voce, vedendo il principe e l’amante che entravano nei giardini, con espressione confusa.

Cara era sopra al cacciatore di taglie a cavalcioni, pronta per tirargli un pugno. Rispose semplicemente: “Dimostrazione di una lotta a corpo a corpo.”

Oberyn alzò le sopracciglia con aria stupita, guardando bene la scena, con un sorrisetto divertito.

“L’abbiamo chiesto noi” disse Elia. “Volevamo imparare da loro. Come si combatte corpo a corpo. E per vedere chi avrebbe vinto tra di loro.”

“E avrei vinto io.” disse Cara alzandosi in piedi e aiutando Mando a rialzarsi.

“Sarebbe finita in parità. Un’altra volta.” disse Mando.

“Sì, certo, come no!” commentò lei.

Quando ormai era in piedi, Oberyn si guardò intorno, dicendo: “Allora, qui sta andando tutto bene?”

“Sì, tutto bene” disse Cara soddisfatta.

“Bene.”

Ellaria annunciò alle bambine che dentro alle loro stanze c'erano dei dolci per fare merenda, se avevano fame. E tutte e quattro corsero via, con il piccolo portato di peso da Loreza.

“Spero che al bambino piacciano le tortine alle arance.” disse la donna mentre le guardava allontanarsi.

“Non si preoccupi” assicurò Mando: “È un bambino che si mangerebbe di tutto…”

Quando gli adulti furono rimasti da soli, Mando andò dritto al punto: “Allora, possiamo andarcene?”

“Mando!” lo rimproverò Cara.

“No, non si preoccupi.” la rassicurò Oberyn. “Ormai, credo di essermi abituato ai suoi modi diretti” e sorrise lanciando una veloce occhiata verso a Mando. Che Cara, aveva notato.

“Allora, possiamo riavere il cristallo.”

"Sì, ma pensavamo di darvelo dopo che avreste passato la notte qui, nel palazzo.” commentò Ellaria.

I due amici rimasero straniti da quelle parole, soprattutto Mando.

“Cosa?”

“Oppure, vincerlo in un duello.” aggiunse Oberyn.

“Duello?” chiese Cara, dubbiosa.

“Mi ha detto che mi avrebbe restituito il cristallo!” obiettò Mando. “Mi ha dato la sua parola!”

“E la manterrò” assicurò Oberyn. “Ma non prima di un duello” e sorrise.

Cara guardò Mando con perplessità: ma lui aveva la stessa verso di lui, con il corpo teso.

“E mi lasci indovinare, se perdo, lei si terrà il cristallo?”

“Oh, no. Non farei mai una cosa del genere.” assicurò Oberyn. “Se perdete, dovete solo passare la notte qui. E poi, partirete il giorno dopo, con il vostro cristallo in tasca. Questo lo posso giurare sulla vita delle mie figlie.”

“E se vinciamo noi?” domandò Cara.

“Vi do subito il cristallo e ve ne potete andare oggi stesso.”

“Non erano questi gli accordi, Oberyn!” disse Mando duramente avvicinandosi a lui, lasciando stupito il principe. Perché era la prima volta che Mando l’lo chiamava per nome.

“Che ci guadagniamo, se ci terrai nel tuo palazzo per una notte?”

“Oooh, molte cose…” rispose Oberyn, dando una occhiata a tutta l’armatura con un sorriso compiaciuto.

E Cara iniziò a intuire le intenzioni del principe e anche della sua amante, visto che aveva lo stesso sguardo malizioso, ma rivolto a lei.

“Non ho tempo per questi giochetti!” ribatté Mando irritato: “Mi ridia il cristallo! Ora!”

“Andiamo, Mando, è solo un duello amichevole.” disse il principe con tranquillità. “Non è mica un processo per combattimento."

“Processo per combattimento?” ripeté Cara perplessa.

“In fondo, ti sei dimostrato capace di tener testa alla tua amica. E voglio vedere, se riesci a tenere testa al miglior combattente di tutti i sette regni.” E fece un sorriso beffardo.

“Te lo sei dato da solo, questo titolo?”

“Oh no, non ne me lo sono dato da solo. Perché sono davvero il miglior combattente di tutti i sette regni.”

“Se uno non gioca sporco.”

“Per un duello amichevole? Mi fido del mio sfidante. Sopratutto, non voglio fare troppo male…”

Mando iniziò ad arrabbiarsi molto con lui, sentendosi personalmente a disagio per via dei sorrisi strani che Oberyn faceva su di lui.

“Non mi importa delle sue capacità! Rivoglio quello che è mio! Oppure…”

“E se mi battessi io con lui?” propose Cara, mettendosi in mezzo.

Tutti la guardarono, con l’amico confuso dalla sua dichiarazione.

“Mi perdoni, Cara. Ho visto le sue capacità di combattimento. E devo dire, che sono davvero notevoli.” disse Oberyn con tono gentile: “Ma è una proposta che ho offerto a Mando. Vorrei testare le sue doti di combattimento. Mi comprende?”

“Sì… la comprendo.” rispose Cara, capendo le sue parole.

“Io no!” disse Mando irritato “Rivoglio il mio cristallo! Adesso!”

Oberyn non aveva l’aria spaventata o irritata dai suoi rifiuti. Anzi, continuava a guardarlo con aria compiaciuta. Quasi strafottente, come se ci godesse della sua rabbia. Il che fece ancora più irritare il Mandaloriano.

“Dai, Mando…” disse Cara, cercando di mantenere la calma. “In fondo, se vogliamo avere subito il cristallo, è vincerlo in un duello amichevole… perché non accettare?”

Mando si girò verso di lei, colpito dalle sue parole.

“In fondo, se è tutto quello che vuole, allora accontentiamolo.” E gli mise una mano sulla spalla continuando: “Del resto, anche tu sei il miglior guerriero del tuo clan. Te lo sei guadagnato, per come hai salvato il bambino…”

Mando a quelle parole si ricordò del piccolo! Che era ancora con le figlie del principe. E forse, se non avesse accettato, avrebbe messo in rischio la sua vita.

“Non finché non riuscirà a battermi” aggiunse Oberyn ironicamente.

“Allora? Ci stai?”

Il principe porse la mano a Mando, come segno di conferma.
Mando ci pensò, ma capì che se voleva ottenere il cristallo prima doveva accettare la sua offerta. Ma soprattutto, sperando che avrebbe tenuto al sicuro il piccolo.

Senza dire nulla, strinse la mano di Oberyn per la sua conferma.

“Allora, che vinca il migliore” disse Oberyn soddisfatto, per poi tirarsi verso di lui con il braccio e avvicinandosi al lato della testa per sussurrare: “Anche se, una parte di me vorrebbe vederti sia vincere…. Che perdere.”

Mando si irrigidi a quelle parole, mentre vedeva Oberyn allontanarsi con il suo solito sorriso.

“Bene, allora ordino di preparare una piccola arena improvvisata, poi vi farò chiamare quando sarà tutto pronto. Giusto il tempo per mettermi l’armatura” e ridacchiò “Vado e sarò subito pronto per voi.” Sorrise e se andò.

Ellaria sorrise, si girò verso Mando e Cara dicendo: “Ovviamente le piccole non assisteranno al duello. Sarebbero troppo rumorose, e potrebbero diventare una distazione per Oberyn.”

“Posso capirlo” disse Cara.

Mando sospirò, stringendo i pugni e girando la testa dall’altra parte.

“So che Oberyn, certe volte può sembrare un po' eccentrico” cercò di giustificare l’amante, ”ma se le ha proposto questo piccolo duello, vuol dire che la ritiene alla sua altezza. E che vuole conoscere la sua forza.” E sorrise.

Mando non era per niente contento di quelle parole, facendola sentirla a disagio.

“Comunque il bambino sarà con le bambine sotto all’occhio delle nostre migliori ballie.” cercò di rassicuralo.

“Voglio che il piccolo assista al duello.” rispose subito girandosi verso di lei.

“Non è uno spettacolo, adatto ai bambini.”

“Ha visto di peggio.”

“Potrebbe essere una distrazione per lei, durante il combattimento. I figli hanno questo potere.”

Mando non rispose, mentre guardava lo sguardo enigmatico di lei.

“Vado a vedere Oberyn e la sua preparazione. Sarà divertente, vedere i nostri uomini combattere insieme uno contro l’altro!” disse Ellaria.

“Soprattutto, se non è il tuo uomo!” aggiunse Cara ironicamente, facendola sorridere.

“Allora a presto.” E se andò via.

E quando furono da soli, Mando si girò verso Cara dicendo: “Ci vogliono uccidere!”
 

 
***

 
“Cosa?” disse Cara confusa.

“Oberyn e la sua amante, ci vogliono morti per tenersi il bambino e il cristallo!”

“Ma per quale motivo?” domandò lei, confusa.

“Hai sentito che cosa ha detto? Aveva l’intenzione di tenerselo e di mostrarlo alla regina della capitale.”

“Sì. Ma quando ha capito che lo stavamo cercando, ce l’ha restituito senza troppi problemi.” obiettò Cara. “E sì, se ne è preso cura con l’intenzione di tenerselo, ma solo se non fosse venuto nessuno a reclamarlo.”

“Allora perché tutta questa storia del duello? Perché vogliono che noi passiamo la notte qui?”

“Per ucciderci quando siamo indifesi e indisposti?”

“Esatto! Come fanno le vipere…” Mando posò lo sguardo a terra, pensando alle parole del principe.

Cara lo guardò paziente, facendo un sospiro e dicendo: “Mando, io non credo che sia questa, l’intenzione di Oberyn…”

Il cacciatore di taglie alzò la testa, confuso dalle sue parole.

“Forse, non ha nessuna intenzione di tenersi il bambino e il cristallo. Ma di certo, vuole qualcosa… da te…”

Mando non capì, mentre il volto della sua amica sembrava piuttosto teso, quasi nervoso.

“Forse… il principe Oberyn ha intenzioni molto, ma molto ‘diverse’ da qualsiasi altra persona che hai mai incontrato…. Magari, vuole solo la tua compagnia…

Cara gli lanciò uno sguardo paziente, sperando che avesse capito.

Mando ci pensò, alzò la testa ed esclamò: “Vuole la mia armatura!”

“Cosa?” disse Cara confusa.

“Gli ho parlato del mio credo, gli ho detto che nessuno mi ha visto senza l’armatura! E ha capito che l’unico modo per ottenerla, è con me morto!”

L’amica alzò gli occhi al cielo. Mando non aveva capito nulla delle sue parole. Dimostrandosi davvero ottuso.

“Così ha usato la scusa per il duello, per costringerci a passare la notte qui e ucciderci, così otterrà l’armatura, il bambino e il cristallo! Tutto in un colpo solo!”

Cara si mise a braccia conserte, sospirando e ascoltando le sue teorie.

“Intanto, hai notato come hai guardato l’armatura? Sembrava molto interessato!”

“Sì, l’avevo notato…” disse Cara tra sé e se, ma considerando quegli sguardi ben diversi da quello che credeva Mando.

“E vedrai che giocherà sporco! Pur di ottenere quello che vuole!”

“Oh forse, non sarà così.” disse lei cercando di mantenere la calma: “In fondo, solo uno che è scarso in qualsiasi cosa, ma si definisce il migliore in tutto!” e ridacchiò.

Ma Mando non sembrava divertito, anzi, sembrava ancora più teso.

“Senti Mando, ormai abbiamo accettato. Se vogliamo riprenderci il cristallo, l'unica è vincerlo in questa cosa, allora facciamolo!” continuò “Alla fine, non è la cosa peggiore che ci è capitato di fare.”

Il cacciatore di taglie continuò a pensare a scena muta. Ricordandosi la storia del suo passato.

“E poi è un sovrano che chiaramente vuole solo divertirsi dalla vita” assicurò Cara: “Quanto può essere bravo, in combattimento?”

Fine capitolo

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Capitolo 10
*** Lo scontro ***


Capitolo 10
Lo scontro
 
Qualche minuto dopo…

Mando e Cara furono scortati da una guardia, che li accompagnò ad uno dei giardini del palazzo, molto ampio e con l’erba estremamente corta. Lì c'era già una piccola tenda scoperta con con tante sedie con in mezzo un piccolo tavolino pieno di vino e uva. E dentro Oberyn in armatura, con una guardia dietro di lui e Ellaria accanto.

I viaggiatori spaziali, entrano dentro alla tenda, accolti dagli sguardi sorridenti dei due.

“Ben arrivati” disse Oberyn allegramente: “Allora? Che ne pensate della nostra arena provvisoria?” disse.

“Beh, è un bel giardino.” disse Cara, cercando di alleggerire la tensione.

“Come promesso, mi sono messo l’armatura più bella che ho.”

Era un’armatura di rame, con le spalle spesse dello stesso metallo, molto ruvida, quasi maculata. Sotto portava un corpetto di pelle che gli copriva i fianchi, aperto sul cavallo, che lasciava vedere degli aderenti pantaloni scuri, come i lunghi stivali che aveva ai piedi.

“Impressionate” disse Cara. “Rame?”

“E metallo” rispose il principe, sistemandosi le maniche.

“Però, non si è messo un elmo.” notò Mando.

“Non ne ho bisogno.” rispose Oberyn.

“Allora, lo scontro sarà in lance” spiegò, mentre la guardia gli passava due lance lunghe in legno lucido, con una punta di rame affilata.

Sia Cara che Mando rimasero confusi da quella scelta, ma il principe spiegò: “Tranquilli, sono lame finte. Non sono realmente affilate. E anche se fossero vere, non credo che avrebbero effetto su di lei.” Ammirò per l’ennesima volta, la sua armatura.

Questo fece crescere ancora più il sospetto di Mando, mentre diede a Cara la conferma sulla sua teoria.

Mando prese la lancia che gli stava porgendo Oberyn, già pronto per combattere.

“Allora, prima di iniziare, qualche piccola regola” disse Oberyn. “Ovvero, siamo liberi di fare tutto, ogni mossa è bene accetta, e il primo che ammette la sconfitta, finisce il duello.”

“Chiaro” rispose Mando freddamente.

“Bene, allora che vinca il migliore!” concluse sorridendo, mentre Mando sotto il sguardo impaziente prendeva posizione.

Ma prima, Oberyn scambiò un appassionante bacio portafortuna con la sua amante, prima di prendere la lancia in mano e avanzare sul prato.

Mando e Cara si scambiarono una occhiata perplessa da quella scena.

“Allora, buona fortuna…” disse Cara incerta, dando una pacca sulla spalla di Mando, in segno di incoraggiamento.

Mando sospirò e andò sul campo.

Cara si sedette sulla sedia, vicino a Elleria.

“Allora, davvero tra lei e Mando, non c’è proprio niente?”

“Cosa? No!” disse subito Cara. “Troppo impegnativo.” rispose con tranquillità. Lasciando perplessa l'altra donna.

“Uh! Altro succo!” soggiunse la ribelle, riprendendo il calice e versandosi un bicchiere di vino.

Mando si fermò a distanza da Oberyn, con la lancia in posizione in mano e pronto per combattere, ma il principe con la lancia fece vari volteggi in alto, in un modo fluido e veloce, mentre camminava attorno all'avversario lasciandolo perplesso.

Quando finì, Ellaria fece un piccolo applauso, mentre lui si girò verso di lei facendo un sorriso ammagliante e un piccolo inchino.

“Wow” disse Cara ammirata: “Bravo. Ma è un tantino esibizionista.”

“Si sta solo riscaldando.” rassicurò lei.

“Hai finito?” chiese Mando.

Oberyn si girò verso di lui, rispondendo: “Oh, ma io ho appena iniziato! Sei tu, che non hai fatto nemmeno una mossa.” E ridacchiò.

Mando sospirò e gli si avvicinò con la lancia in posizione, pronto ad attaccare. Ma fu parato dalla lancia di Oberyn.

“Tutto qui? Un po' scarso come inizio” commentò sarcasticamente.

Mando sbuffò, buttandosi contro di lui con la lancia, ma il principe parò tutti i colpi, e bastò un attimo di distrazione, perché Oberyn gli desse una bastonata sul fianco scoperto, facendolo fremere di dolore.

Cara impressionata disse: “Wow! È davvero bravo!”

“E non ha nemmeno iniziato!” disse Ellaria soddisfatta, sorseggiando il suo vino. Mando si riprese in fretta dal colpo, mettendosi in posizione.

“Grande combattente, ma si fa sorprendere così facilmente dai suoi avversari?” commentò sarcasticamente Oberyn.

Mando iniziava ad arrabbiarsi. Si buttò contro di lui con la lancia alzata e pronto a colpire, ma Oberyn lo parò subito con il suo bastone, tenendolo teso, per poi rispondere con un altro colpo e spingerlo a terra.

Lui cercò di colpirlo sui piedi, ma Oberyn prese il controllo della sua lancia, facendola volteggiare sopra alla testa fino ai piedi per un paio di volte. Per poi dargliela sulle spalle e colpirlo sull’elmo.

Mando doveva ammettere che era davvero abile e veloce. Più di quanto di pensasse. E forse, si stava pentendo, di averlo così sottovalutato.

“Andiamo, ti ho visto combattere con la tua amica!” disse Oberyn dietro alla spalla, ridacchiando: “So che puoi fare di meglio! In fondo, non hai quella armatura a caso. No?” e rise.

“Non credo che sia una buona idea, provocarlo.” commentò Cara incerta: “Mando è una persona facilmente irritabile. E non credo che la strategia del suo principe, sia una buona idea.”

“Oberyn è fatto così.” lo giustificò Ellaria. “Non lo sta provocando. Lo sta solo spronando a fare di più. È un comportamento amichevole.”

“Se lo dice lei…” disse Cara, incerta ma preoccupata.

Mando cercò ancora di colpirlo ai piedi. Ma il principe di Dorme riusciva sempre a parare. E più lui cercava di avvicinarlo per colpirlo, più lui era in grado di allontanarsi in fretta con dei piccoli salti all'indietro. Questo fece perdere ancora di più la pazienza a Mando.

Il cacciatore di taglie prese fiato, guardando il suo rivale, che non sembrava minimamente stanco; anzi, più andava avanti, più sembrava diventare ancora più agile.

“Che cosa le prende?” lo stuzzicò Oberyn. “È tutto il meglio che riesce a dare?” e ridacchiò, camminandogli intorno.

“Coraggio, so che può fare di meglio. Ci sto andando anche leggero…” e sorrise maliziosamente. “Magari, potresti essere più agile, se ti togli quella pesante armatura, non credi?”

“Oooh, non bene…” disse Cara tra sé e sé, dopo aver sentito quelle parole. Già preoccupata della sua reazione.

“Almeno, così, possiamo divertirci entrambi” provocò ancora.

Mando alzò la lancia, correndo verso di lui, ma Oberyn lo parò come sempre, tenendo tese le due armi in aria, e poi insieme abbassarono le lance all’altezza del petto, tesi e con i volti molto vicini tra di loro.

“Andiamo, Mando, non ci stai nemmeno provando a combattermi…” disse con tranquillità. “Perché non dici ‘mi arrendo!’ e la finiamo qui? In fondo, che cosa ti costa una notte nel mio palazzo?”

“La vita dei miei amici!” rispose Mando infuriato.

“Che melodrammatico! Perché mai una notte del mio palazzo, metterebbe a rischio la vita dei tuoi amici?”

Mando cercò di rispondere con un attacco, ma fu rovesciato da Oberyn, ritornando alla stessa posizione.

“In fondo, di che cosa hai realmente paura, eh? Hai paura di scioglierti un po'? Hai paura di goderti un po' la vita?” elencò Oberyn maliziosamente: “In fondo, non ti piacerebbe perderti nei piaceri di una bella nottata calda, piena di desideri e di passione, per una volta sola? Con qualcuno al tuo fianco?”

Lo sguardo del principe era ambiguo, tagliente e malizioso. Come se provasse piacere solo a quel pensiero appena descritto.

“Sei un viscido!” rispose Mando, inorridito dal suo atteggiamento. E pensare che prima, lo comprendeva e lo ammirava per le sue parole e per la sua storia. Ora invece, si trovava davanti a un essere strafottente e manipolatore, che non riusciva ad accettare un no, come risposta. E questo lo disturbava.

“Oooh, Mando. Così mi lusinghi” disse Oberyn con voce calda, continuando a sorridere.

Il cacciatore di taglie si irrigidì sotto all'elmo, attaccandolo più volte, cercando di buttarlo a terra, mentre continuava a fare passi indietro.

Oberyn si allontanò, evitando i colpi del rivale per un soffio. Con una capriola si gettò a terra, e con un colpo della lancia lo percosse alle caviglie per un paio di volte. Ma Mando cercò di girarsi verso d lui, correndo con la lancia.

Di nuovo, il principe riuscì a sottrarsi a ogni colpo, fino ad arrivare davanti a lui, colpendolo sotto la cinta così forte da farlo piegare e gemere di dolore. E quando fu piegato in due, Oberyn gli diede un calcio sul petto, facendolo cadere a terra.

Gli occhi preoccupati di Cara e quello fieri di Elaria guardarono tutta la scena, pensando che, ormai, il duello fosse praticamente finito.

Oberyn si alzò in piedi, con un calcio fece allontanare la lancia di Mando e poi lo guardò con aria soddisfatta.

Mando era a terra, esausto, con il fiato corto e devastato dalla idea di perdere.

“Allora?” disse Oberyn con soddisfazione, camminandogli intorno: “Non ti arrendi?” e ridacchiò.

Mando cercò di rispondere, ma non ci riusciva.

“Oh, devo dire che è stato deludente come duello.” continuò. “Forse sei solo un po' arrugginito. Magari... ti posso aiutare anche su questo… se accetterai il mio invito.”

Si fermò davanti a lui con aria soddisfatta: “Basta solo dire due parole: mi arrendo.”

Mando non voleva farlo, ma non sapeva come sconfiggere una persona così agile. Finché non capi una cosa: doveva giocare sporco.

Attivò il bracciale della sua armatura con un gesto, guardò le caviglie del suo avversario rispondendo: “Mai!”

Si alzò di scatto con il busto, puntò il braccio contro di lui, facendo attivare la corda sul bracciale e legandola attorno ai suoi piedi.

Oberyn fu preso di sorpresa. Guardò in basso i piedi legati, poi alzò lo sguardo verso Mando che lo tirò in avanti, facendolo cadere a terra a pancia in su, con aria preoccupata e inaspettata da quel gesto.

Come Ellaria, mentre Cara sorrideva, sapendo che sarebbe riuscito a cavarsela.

Lo tirò verso di sé, e quando lo ebbe davanti, si mise a cavalcioni su di lui, prendendolo dal bordo della sua armatura, tirandolo verso di sé e dicendo con tono profondo: “Un consiglio, non perderti in chiacchere inutili, quando combatti!”

E con i pugni iniziò a colpirlo ripetutamente, sfogando tutta la rabbia repressa che aveva accumulato durante l’incontro, mentre ormai lui non poteva più difendersi.

Ellaria a quella scena si alzò spaventata, urlando disperata: “Oberyn!”

“Oh no! Non bene!” disse Cara alzandosi in piedi, impensierita da Mando e dalla sua furia improvvisa.

Il cacciatore di taglie continuò a colpirlo ripetutamente in faccia, con l’obbiettivo di non vedergli più il sorriso in volto, dimenticandosi tutto il resto.

Mi arrendo! Mi arrendo!” urlò Oberyn disperato.

Mando si fermò di colpo, non capendo le sue parole.

“Mi arrendo! Hai vinto!” ripeté Oberyn con tono terrorizzato: “Ti prego, non colpirmi più!"

E lì, vide realmente il volto del principe di Dorme: sguardo perso, con i capelli appiccicati sulla fronte, un occhio gonfio, il sangue che gli colava dal naso, mentre cercava di prendere fiato.

E lì iniziò a perdersi nei suoi pensieri. Soprattutto per quel volto, quel volto martoriato

Perché era come il suo. Ogni volta che si toglieva il casco, dopo un duro scontro, si ritrovava davanti alla stessa facca, ridotta nelle stesse condizioni, se non peggio.

Ma questa volta, era lui il carnefice, contro a una persona sì insopportabile e ambigua, ma che si era presa cura del bambino. E che si era aperta con lui, raccontandogli le sue tragedie… forse era stato onesto, dimostrando la curiosità nei suoi confronti. Provò anche sensi di colpa. Che cosa stava facendo?

Abbassò il pugno, si spostò e si alzò in piedi, allontanandosi da lui. In silenzio.

Andò verso a Ellaria, che spaventata rimase ferma, rigida. Sperando che non se la prendesse anche con lei. E questo, Mando lo notò e si dispiacque.

“Dov’è il cristallo?” chiese tranquillamente.

“Io… io non lo so!” rispose Ellaria spaventata: “Lo ha sempre tenuto Oberyn! Non ho idea di dove l’abbia messo o altro…. Lo giuro sulla vita delle mie figlie!”

Mando abbassò la testa, dispiaciuto per quello che era successo. Ma non sapeva come scusarsi.

“Mi può condurre dal piccolo? Lo aspetterò lì.”

Ellaria non rispose, lo guardò tesa e ordinò alla giardia di scortarlo nelle camere delle figlie. E quando Mando seguì la guardia insieme a Cara, l’amante corse verso al principe preoccupata e urlando il suo nome.

“Ma che ti è preso?!” rimproverò Cara a bassa voce: “Sembravi impazzito! Capisco i tuoi dubbi, ma mi sembra esagerato accanirsi contro di lui in quel modo!”

“Lo so e mi dispiace” ammise. “Ma mi sono fatto prendere dalla rabbia… ma chiederò scusa…” e abbassò la testa, senza aggiungere nulla.

La ribelle lo guardò preoccupata da quelle parole, chiedendosi che cosa gli avesse scatenato tutta questa furia contro a un principe ambiguo ma che non sembrava malvagio. Anzi, lei aveva intuito l’interesse fisico di Oberyn verso Mando.

Ma, a quanto pareva, i Mandaloriani erano molto ottusi su certe cose. Ma almeno, aveva sapevano riconoscere un errore.
E in più, adesso, potevano riprendere il cristallo.
 

 

Fine capitolo

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Capitolo 11
*** L’addio ***


Capitolo 11
L’addio
 

Mando e Cara erano ritornati vicino alle stanze delle figlie, con il piccolo in braccio, pronti a salutare le bambine prima di partire.

Arrivò Oberyn con Elleria. Era vestito coi suoi abiti eleganti, ma con l’occhio nero e il volto livido.

Le bambine si preoccuparono a quella vista, correndo verso di lui, facendo mille domande a raffica su quello che era successo; Mando osservò la scena a testa bassa, in colpa.

Ma Oberyn non sembrava irritato. Anzi, si comportava come se fosse tutto normale.

“Non vi spaventate” assicurò il padre con tono calmo: “È solo un piccolo incidente. Nulla di troppo grave, sto bene.”

“Ma ti sei fatto male?” chiese Elia. “E ti fa ancora male?”

“E il tuo volto guarirà?” domandò timida Lorenza.
“Ma certo che il mio volto guarirà!” assicurò Oberyn, sorridendo alla minore: “E sì, mi sono fatto male e mi fa ancora male.” Continuò a guardare la figlia maggiore.

“Ma passerà. E comunque gli incidenti capitano, e ammetto che è stata tutta colpa mia. Non avrei dovuto fare ciò che ho fatto” ammise, alzando gli occhi verso Mando.

“Ma l’importante è che ho ammesso i miei errori, e tutto questo mi renderà più forte e più consapevole di prima. In fondo, fare degli errori vuol dire anche questo. Rialzarsi in piedi e imparare da essi. E essere più assennato per la prossima volta. perché il motto dei Martell è questo: ‘Mai inchinati, mai piegati, mai spezzati’.” E sorrise rassicurante: “Una promessa ai nostri nemici, e una sfida per coloro che ci amano.”

Le figlie sorrisero rassicurate da quelle parole, per poi buttarsi su di lui e abbracciarlo; ridendo, Oberyn le strinse a sé, baciandole sulla fronte una a una, dicendo quanto le amasse.

Tutto sotto al sorriso di Ellaria e di Cara, e anche a quello di Mando, sotto al casco.

“Ma allora, il piccolo deve andare via?” chiese Loreza, un po' triste.

“Sì” rispose Oberyn. “I nostri amici devono partire per il loro viaggio.”

A quelle parole partì un coro triste da parte delle quattro.

“Lo so, lo so. Ma non possiamo costringerli a restare qui con noi.” rispose il padre rialzandosi in piedi.

“E se rimanessero qui per la notte?” propose candidamente Elia.

Calò un silenzio teso da parte degli adulti. Ripensando che ci avevano provato con un duello, per convincerli a passare la notte con loro.

“Come ha detto vostro padre, il viaggio è molto lungo e rischioso.” spiegò Cara. “Perciò, dopo che ci siamo ripresi un po', è giunta l’ora di ritornare a casa” e sorrise.

Le bambine erano ancora un po' dispiaciute, ma capirono le loro motivazioni.

“Allora, avete detto addio al piccolo?”

“Sì” risposero Dorea e Loreza.

“E volete salutare i nostri amici?”

Tutte e quattro si spostarono, fermandosi davanti a loro.

“Grazie, Cara, per averci mostrato i suoi segreti di combattimento” disse Elia, gentile. “È stato davvero molto utile per noi.”

“Ora, saremo in grado di tenere testa alle nostre sorelle maggiori!” disse Obella fiera.

“E la smetteranno di dire che sono la più debole! Visto che sono riuscito a tenere teste a Elia e Obella!” aggiunse Dorea.

Cara sorrise, si inginocchiò alla loro altezza e rispose: “Voi siete state delle grandi allieve! Avete dimostrato grandi capacità. E so che, quando sarete più grandi, sarete delle degne guerriere.”

“È quello che speriamo anche noi” disse Elia, fiera.

Tutte e quattro sorrisero.

"Ci mancherai, Cara" disse la maggiore.
"Anche voi mi mancherete."

Ci fu un attimo di silenzio, poi tutte e quattro la strinsero in un abbraccio.

Cara fu presa di sorpresa da questo improvviso gesto di affetto, sentendosi anche un po' a disagio e rigida.

"Wow, okay. Non sono abituata agli abbracci." Ma cercò di stringere con le braccia, dando a tutte una pacca sulle spalle. Quando finì, andarono davanti a Mando.

Lui alzò la testa in e disse, con po’ di incertezza: “Grazie, per esservi prese cura di lui.” Riferendosi al piccolo. “Almeno, per una volta, ero sicuro che fosse in buone mani.”

“Possiamo dirgli di nuovo addio?” chiese Loreza.
Mando si inginocchiò verso di di loro, con il bambino in braccio, porgendoglielo. La più piccola si avvicinò, gli prese la manina e con volto triste disse: “Addio piccolo, è stato bello giocare con te. Almeno, per una volta, non ero la più piccola della famiglia.” Risa, ma ritornò presto con il volto triste: “Almeno, sei con il tuo papà e presto ritornerai a casa” e sorrise fiduciosa.

Sentendo queste parole, Mando fu preso da un attimo di commozione, e fu contento di essere riparato dal suo elmo.

“Mi mancherai tantissimo” lo abbracciò tenendolo stretto, sentendo le piccole braccia dell’alieno che cercavano di stringere. Dopo quel abbraccio, tutte e quattro tornarono dai genitori.

“Bene, forse è meglio che ritornate nei giardini…” propose Ellaria.

Così le bambine fecero un ultimo saluto con la testa ai due viaggiatori e andarono via.

“È meglio che vada con loro…” disse Ellaria. Stava andando via, ma Mando la fermò chiamandola per nome.

Lei si girò guardandolo con aria inespressiva.

“Mi dispiace,” disse Mando “per quello che ho fatto e…”

“Non importa” interruppe Ellaria, lasciando colpito sia Mando che Cara.

“Oberyn mi ha spiegato tutto, e ha ammesso anche la sua colpa.” continuò. “Certo, ammetto che avevo paura per lui e per la sua vita. Ma… ho sempre sperato che si sarebbe fermato in tempo. In fondo, voi due avete dimostrato di essere delle brave persone.” E fece un sorriso.

“Ma apprezzo le sue scuse. E le ho accettate.”

Mando fece un cenno di testa per ringraziarla delle sue parole.

“Addio.”

“Addio” rispose Cara.

Ellaria gli diede le spalle e se ne andò, lasciando il corridoio.

Calò un silenzio teso, che durò solo qualche secondo.

“Beh, un patto è un patto...” disse Oberyn, tirando fuori il cristallo che teneva chiuso nel pugno: “Anche se non capisco perché una cosa così piccola, sia tanto importante per voi.”

“È il nostro unico biglietto per tornare a casa” spiegò Cara.

Oberyn rimase confuso, ma accettò quelle parole rispondendo: “Capisco…”

Mando prese il cristallo, tenendolo stretto in pugno e rispondendo “Grazie” verso al sovrano.

“Beh, era il minimo che potevo fare.”

Oberyn fece un mezzo sorriso, rivolto a Mando. Cara capì che fosse meglio lasciarli da soli.

Così avvertì Mando che avrebbe aspettato fuori, ringraziando il sovrano di Dorme per la sua disponibilità e gli disse addio, ricambiato da lui.
Restarono soli, con il piccolo in braccio al Mandaloriano.

“Beh, allora è un addio.” disse Oberyn, le braccia dietro la schiena e il tono calmo. “Anche se… odio gli addii. Mi sarebbe piaciuto molto conoscerla un po' meglio.”

Mando non rispose, non sapendo che cosa dire. Nemmeno lui era bravo con le parole.

“Ma almeno, ora potrà tornare a casa con il cristallo in tasca e il bambino con sé” e con un sorriso, accarezzò il bordo delle orecchie con il dito, attirando la sua attenzione.

“È davvero fortunato ad averlo.”

“Beh, più che altro, mi sento io quello fortunato.” disse Mando facendolo ridere.

“Sì, posso immaginarlo”. Rise. E quando finì abbassò la testa con espressione triste e sospirando.

“E le chiedo scusa, se sono stato così insistente con lei…” ammise. “Volevo solo… avere più tempo da passare insieme. E ammetto che non sono molto bravo, ad accettate i rifiuti.” Cercò di sorridere, ma con un po' di tensione.

Mando non rispose. Cercando di capire le sue intenzioni.

“Chissà quando mi capiterà di nuovo, di incontrare un vero cavaliere.”

“Io non sono un cavaliere. Né un uomo d’onore.” disse Mando chiaramente.

Oberyn resto spiazzato da queste parole. Non capendo il motivo del suo rifiuto come tale.

“Ero un mercenario” disse. “Cacciavo gente per soldi. Senza chiedere il perché, senza chiedere nulla e dimenticando tutto subito dopo. Avrei dovuto fare la stessa cosa, con il piccolo…”

Spiegò che il bambino aveva una bella teglia sulla testa e che aveva usato l’anticipo per farsi la spallina e il resto del lavoro, tutta la sua intera armatura.

Doveva lasciarlo al cliente e dimenticare.

“Ma non ha l’ha fatto.” disse Oberyn

“No, ma avrei dovuto…”

“Ma lei lo voleva?”

Mando alzò la testa, sorpreso da quelle parole.

“Certo, posso comprendere il ‘senso del dovere’ su certi lavori. Ma quando capisci che una cosa è giusta o sbagliata, non c’è senso del dovere che tenga. E lì, la moralità prende il sopravvento, facendo fare la cosa giusta. Al costo di rinunciare a tutto.”

E fece un sorriso rivolto al bambino.

“E se questa non è lealtà dei cavalieri, allora non so che cosa sia. E mi creda, ho visto i sovrani compiere azioni orribili per i loro vantaggi…” e abbassò la testa, prendendo un sospiro e chiudendo gli occhi per qualche istante.

“Beh, allora… la ringrazio per la stima che ha sempre nutrito in me.”

“A me dispiace di essermi mostrato così inopportuno nei suoi confronti” ammise. “Non avrei dovuto provocarla così tanto. Dovevo solo mantenere la mia parola e restituire il cristallo. Almeno così mi sarei aggiudicato la sua fiducia. E non dato una brutta impressione…”

Mando percepì il suo sincero dispiacere, capendo che forse l’aveva giudicato male…

“Beh, si è preso cura del piccolo” disse Mando con tono pacato.

Oberyn alzò gli occhi con volto inespressivo ma pronto ad ascoltare il resto.

“E ha solo difeso la sua dimora da dei possibili nemici. E se fossi stato al suo posto, avrei reagito ugualmente. Soprattutto, verso ai miei cari. Perciò la comprendo.”

Oberyn sorrise, apprezzando quelle parole.

“E forse… non avevi nemmeno delle brutte intenzione con noi.”

“Solo brevemente all’inizio.” assicurò Oberyn con tono sincero.

I due si guardarono, mentre il sovrano continuava a sorridere e Mando, per una volta, riuscì a sostenere il suo sguardo senza timore.

“Peccato, sarebbe nata una bella amicizia.”

“Sarà per un’altra volta.”

Oberyn rise rispondendo: “Lo spero!” continuò a ridere, finché non smise e ritornò a guardarlo con il volto sereno.

“Allora, questo è un addio.”

“Suppongo di sì.”

“Addio, Oberyn.”

Il sovrano si avvicinò a lui, porgendo la mano e stringendola con una forte stretta.

“Però, posso chiederti un’altra cosa?"

“Suppongo di sì.”

“Che cosa si nasconde dietro a quel elmo?”

Mando rimase colpito da quelle domande

“Ovviamente, non ti chiedo di togliere l’elmo. E non lo farei mai. Ma… ammetto che sono curioso di sapere che tipo di volto ha, una persona come te.”

Mando non sapeva che cosa pensare: che cosa poteva digli?

Di certo, non poteva dire che era letteralmente come il suo… o forse, sì.

Mando, dalle tasche sulle cinture, prese un frammento di specchio (che usava per accecare i nemici, con i raggi del sole), lo mise in mano a Oberyn e rispose: “Ecco.”

Il principe guardò il proprio riflesso in quel pezzo di vetro, confuso.

“Ehm… che cosa dovrei vedere?”

“Il mio volto.”

Oberyn lo guardò stranito dalle sue parole, per poi ritornare a guardate il suo riflesso.

“Addio, Oberyn” ripeté. Gli diede le spalle e iniziò a camminare verso all'uscita.

Il principe lo guardò andare via, con il pezzo di vetro in mano, riguardando il suo riflesso e ripensando alle sue parole: “Il mio volto”

Che cosa voleva dire? Che era una specie di metafora, che tutti dentro di sé, potevo essere come lui? Che ognuno era come lui? O forse, alla fine, erano davvero così simili, più di quanto pensassero?

Erano domande a cui Oberyn non avrebbe mai trovato risposte. Gli sarebbe rimasto solo un grande ricordo di lui e di questa giornata… un ricordo, che non avrebbe dimenticato mai.
 

***
 
Fuori dal palazzo, Cara e Mando e il piccolo si allontanarono.

Cara non chiese nulla su Oberyn. Non fece domande e non chiese niente. Ma per una volta, era curiosa di sapere che espressione avesse in volto Mando, dopo tutta questa storia…

Quando furono abbastanza lontani, si fermarono. Mando prese il cristallo e lo avvicinò al bambino.
“Okay, piccolo, ora fai quello che riesce a riportarci a casa” disse con tono gentile.

Il piccolo alieno prese il cristallo in mano, lo guardò per un po', per poi chiudere gli occhi.

Si concentrò e comparve di nuovo una forte luce verde, che lo avvolse tutti e tre, fino a farli scomparire di nuovo.
 

 
Fine.

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