Your Guardian Angel

di eli the_dreamer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dazed and Confused ***
Capitolo 2: *** Sweet Child O' Mine ***
Capitolo 3: *** You can't always get what you want ***
Capitolo 4: *** I don't want to miss a thing ***
Capitolo 5: *** Cherry Pie ***
Capitolo 6: *** Bad Company ***
Capitolo 7: *** Now I'm here ***
Capitolo 8: *** One minute of silence ***



Capitolo 1
*** Dazed and Confused ***


Dazed and Confused




Tira una brutta aria” Haziel affiancò Umabel, lo sguardo perso davanti a sé mentre udiva, pur facendo finta di non sentirle, le grida dei suoi fratelli maggiori.
Umabel non rispose, nella sua Grazia vi era però incisa la stessa cupa espressione del fratello. Haziel sospirò “Credi che Lucifer...” non fece in tempo a finire la frase che Umabel lo interruppe “Io non credo nulla” disse in tono greve, lasciando il fratello da solo.
Umabel non era stato totalmente sincero. Forse era vero che non credeva nulla, ma per il semplice fatto che non voleva farlo.
Si rifiutava categoricamente di pensare che qualcosa di orribile potesse succedere per colpa di uno dei suoi fratelli. Non per colpa di Lucifer, il più bello, il più luminoso. Tutti dicevano che era il preferito di Dio e Umabel non aveva mai messo in discussione questo fatto, forse a causa delle parole che Gabriel disse tempo addietro.
Tuttavia né Umabel, né Gabriel, né nessun altro - eccezion fatta forse per Michael - sembravano soffrire di gelosia. Era così e basta, Lucifer era il migliore di tutti.
Ma allora perché tutta quella rabbia? Umabel non sapeva nemmeno se definirla tale, non aveva mai dato peso ai sentimenti, in fin dei conti non ne aveva mai provato uno, non per davvero.
Proprio per quello, forse, non capiva il comportamento atipico di Lucifer, non comprendeva la gelosia che l'Arcangelo provava nei confronti degli Umani appena creati da Dio.
Umabel, così come tutti gli altri suoi fratelli, si era inchinato a loro secondo il volere di Dio, Lucifer invece si era ribellato e si era scatenato il putiferio lì in Paradiso.
Lucifer era arrabbiato con Dio, Dio era arrabbiato con Lucifer. E Michael, come al solito, si era messo in mezzo. Non per fare da paciere, ovviamente.
Michael non avrebbe mai appoggiato nessuno contro il suo stesso Padre, avrebbe spalleggiato Dio sempre e comunque, non importavano le circostanze, non importavano le motivazioni. Lui si considerava solamente un bravo figlio e un bravo figlio era sempre dalla parte del padre.
Questo non impediva però a Umabel di sentirsi a disagio dato che Lucifer era pur sempre suo fratello.
Certo, era rimasto sorpreso tanto quanto gli altri Angeli per quella ribellione, ma una seppur minuscola parte di sé sapeva che qualcuno avrebbe dato di matto per quella nuova sconfinata passione di Dio. Ma avrebbe puntato più su Michael, il figlio devoto che si era visto sorpassare prima da Lucifer e poi dall'ultima creazione del caro papà. Gli Umani.
Umabel li trovava estremamente buffi nell'aspetto e non solo ma non si era mai soffermato a pensare a loro. Osservarli lo annoiava persino qualche volta, li trovava strani e a volte aveva come l'impressione che potessero essere crudeli. Ma non erano forse stati creati ad immagine e somiglianza dello stesso Dio?
Forse era proprio questo ad aver infastidito Lucifer oltre ogni cosa, forse mal sopportava che fossero gli Umani quelli simili a suo Padre e non lui e i suoi fratelli, coloro che dovevano solamente obbedire, combattere, proteggere.
Umabel ci aveva riflettuto a lungo, voleva trovare una risposta nel disperato tentativo di risolvere le cose, ma anche se avesse trovato qualcosa, ormai era troppo tardi.
Michael aveva sconfitto Lucifer e l'Angelo più bello del Paradiso venne rinchiuso in una gabbia, troppo lontano da casa, all'Inferno.
Una punizione tremenda che non fece altro che accrescere lo smisurato ego di Lucifer, specialmente quando, o almeno così si ritrovò a pensare Umabel, quel povero fesso di Gadreel venne imprigionato perché aveva permesso a Lucifer di entrare nell'Eden.
Il povero Guardiano era stato rinchiuso nelle prigioni del Paradiso, una differenza sostanziale dalla prigione lugubre e glaciale nella quale si trovava il loro fratello ribelle.

***

Gabriel?” Umabel pronunciò il suo nome con voce soffice e l'Arcangelo sospirò. Osservò le Porte del Paradiso e, colpevole, si voltò verso il proprio fratello, senza avere il coraggio di guardarlo per davvero.
Non disse nulla, lasciò che fosse Umabel a parlare nuovamente.
Che stai facendo?” il giovane Custode osservava l'Arcangelo e la domanda che gli aveva appena posto sembrava incisa nei suoi occhi e nella sua Grazia.
Gabriel sorrise mestamente e chinò il capo, come se si stesse vergognando dei suoi stessi pensieri che, in quel momento, gli affollavano la mente.
Era strano per un Angelo pensare così tanto, eppure Gabriel non si risentiva di quello nonostante i suoi pensieri lo stessero conducendo ad intraprendere azioni che lo avrebbero allontanato forse per sempre da ciò che aveva di più caro: la sua Famiglia.
Lucifer, Michael, Papà. E pure quell'idiota di Raphael che sembra l'ombra di Michael. Ne ho abbastanza. Non voglio più far parte di questo” mormorò, lasciando Umabel stupefatto e confuso*.
Gabe...” disse in un sussurro, incapace di dire altro mentre avanza titubante verso di lui. Gabriel non si mosse, rimase ad aspettarlo, forse attendendo la sfuriata del fratello che però non avvenne.
Gabriel aveva considerato Umabel sempre un po' strano.
Era uno degli Angeli più particolari che potessero affollare il Paradiso.
Umabel era quello che rideva per i suoi scherzi, l'unico - o comunque uno dei pochi - a dimostrare vero affetto per ogni suo fratello.
Umabel era il 61esimo Soffio e non appena venne creato da Dio, Gabriel capì che sarebbe stato singolare. L'Arcangelo fu il primo ad avvicinarlo, il primo a comunicare con lui. Lo aveva preso, in senso più o meno letterale, sotto la sua ala.
Gabriel, dal canto suo, era l'Angelo più simpatico e divertente di tutti secondo Umabel e il Custode non ne aveva mai fatto un segreto. Questo perché era sempre stato terribilmente schietto.
Era quello il motivo che aveva spinto Gabriel a credere in una possibile e accorata invettiva del fratello.
Gabriel rimase sbalordito da quel silenzio, col risultato che si sentì ancora più in colpa di quanto già non fosse “Mi dispiace, Mabe” disse in un sussurro, facendosi sempre più vicino.
Posò le labbra sulla fronte di Umabel, la cui Grazia si illuminò appena.
Poi l'Arcangelo scomparve oltre quelle Porte che nessuno di loro avrebbe mai dovuto oltrepassare.
Umabel rimase ad osservarle, le fissò a lungo come se volesse dissolverle. Ma non aveva i poteri adeguati per farlo e mai li avrebbe avuti.
Le guardò fino a quando fu come se non le vedesse, mentre in lui si faceva spazio la consapevolezza che non avrebbe più rivisto il più amato tra i suoi fratelli.
Gabriel lo aveva abbandonato.
Non provò rabbia, non provò risentimento, ma solo uno strano vuoto che non riusciva a capire.
Per un lungo istante ebbe l'impulso di seguirlo, ma continuò a rimanere impalato cercando di capire che cosa stesse provando.
Quando si rese conto che non avrebbe mai trovato una risposta alla sua domanda, fece un passo in avanti ma si fermò, consapevole che gli spettava un compito importante tra chissà quanto tempo.
Non poteva lasciare il Paradiso.






Note dell'autrice: * Stupefatto e confuso, in inglese Dazed and Confused (come il titolo del capitolo) è il titolo di una canzone di Jake Holmes, meglio nota nella versione dei Led Zeppelin, contenuta nel loro primo album.
Haziel è l'angelo custode dei nati fra il 1° e il 5 Maggio, di conseguenza sarà anche l'angelo custode di Sam Winchester (nato il 2 Maggio).
Umabel è l'angelo custode dei nati tra il 21 e il 25 Gennaio, di conseguenza sarà anche l'angelo custode di Dean Winchester (nato il 24 Gennaio). 

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Capitolo 2
*** Sweet Child O' Mine ***


Sweet Child O' Mine




1979



Congratulazioni signor Winchester, è un maschietto!” l'infermiera sorrise all'uomo dal volto stanco ma felice, porgendogli un fagottino.
John Winchester sorrise, aveva gli occhi lucidi. Stava tenendo in braccio suo figlio per la prima volta, il suo primogenito “Ciao, Dean”. Dalla sua voce si poteva intuire l'emozione che provava in quel momento e il neo-papà poté giurare che quella piccola creatura gli avesse sorriso.
Solo allora guardò la moglie, rossa in volto, provata ma felice come lui “Non è bellissimo?” chiese lei con voce fioca, lo sguardo adorante rivolto a John e al loro bambino.
John annuì “È il più bel bambino che abbia mai visto” mormorò in risposta.


***




Hai un nuovo protetto, Umabel” l'Angelo sobbalzò al suono di quella voce e il suo sorriso si spense in maniera quasi automatica, come colto in flagrante a commettere un terribile reato.
Sospirò con aria rassegnata “Non è un protetto qualsiasi, Michael” disse rivolgendo un innocente sorriso all'Arcangelo che scrutò il fratello con attenzione prima di parlare “Ecco cos'era quel sorrisetto: puro e semplice orgoglio per essere l'Angelo Custode di Dean Winchester!” esclamò facendo un sorriso sghembo e sornione, il sorriso di chi sembrava aver capito tutto. Tuttavia non sembrava propenso ad appoggiare il fratello che guardò con aria di rimprovero.
Umabel chinò il capo per nascondere la sua espressione colpevole. In cuor suo sapeva che Dean Winchester non era un protetto come tutti gli altri, ma lui non poteva di certo fare distinzioni.
L'unione tra John Winchester e Mary Campbell era stata una priorità assoluta in Paradiso e il loro primogenito non poteva che essere speciale, importante.
E Michael aveva ragione: quel sorriso che l'Angelo si era affrettato a nascondere era di puro e semplice orgoglio.
L'Arcangelo non poteva concordare con quel tacito pensiero. Dean Winchester doveva nascere nella maniera più assoluta e così era stato, nessuno più di Michael poteva saperlo, ma non gli sembrava il caso che Umabel provasse orgoglio per essere il suo Angelo Custode.
Sarebbe stato folle e totalmente sbagliato, perché per Umabel, Dean Winchester doveva essere uno qualsiasi.
Le labbra di Michael si incresparono in un sorriso indecifrabile, amaro, persino risentito forse “Potrebbe essere pericoloso avere dei prediletti, Umabel”. Era incredibilmente serio e andò via con un frullo d'ali.
Umabel rimase a guardare il vuoto lasciato da Michael e rifletté sulle parole dell'Arcangelo.
Non poteva dargli torto. Lassù in Paradiso erano poche le cose concesse agli Angeli e avere dei prediletti non era certamente tra queste.
Avere dei prediletti significava provare qualcosa e un Angelo con dei sentimenti non è un Angelo che si rispetti.
Era un qualcosa che Umabel, nonostante gli anni, ancora non comprendeva appieno ma d'altro canto non era neanche capace di comprendere l'intera gamma delle emozioni umane con annessi e connessi sebbene non trovasse niente di particolarmente sbagliato nell'amore o nell'affetto.
Dean Winchester non sarebbe stato il suo prediletto.
O almeno non lo avrebbe dato a vedere.
Era il 24 Gennaio del 1979 e Umabel capì per la prima volta cosa significasse provare gioia.


4 anni dopo




Forza, andiamo a dare la buonanotte a tuo fratello*” Mary Winchester teneva in braccio il figlio Dean che poi scese, si sporse dalla culla e diede la buonanotte al suo fratellino.
Dean Winchester era un fratello maggiore e si sentiva orgoglioso di questo, proprio come il suo Angelo Custode si sentiva orgoglioso di lui.
Dean Winchester amava suo fratello Sam, amava sua madre Mary e amava suo padre John.
Dean Winchester amava la sua famiglia come un bambino di quattro anni dovrebbe fare e quel sorriso sulle sue piccole labbra era una prova dei suoi sentimenti sinceri. Un bacio a Sam, un sorriso a sua madre e di corsa tra le braccia del suo papà, il suo eroe.
Che ne pensi? Credi che Sam sia già pronto per giocare a football?*” chiese l'uomo.
Dean rise, scuotendo la testa dai capelli biondi “No, papà*” rispose. Perché Sam era ancora troppo piccolo e quelle piccole manine che afferravano le dita di mamma, papà e di Dean, non erano ancora in grado di afferrare una palla!
Forse sarebbe stato proprio Dean a insegnargli a giocare a football un giorno, con l'aiuto di papà ovviamente, perché il lavoro di un fratello maggiore era davvero simile a quello di un padre. Un fratello maggiore protegge, proprio come un padre, ma ha anche lui bisogno di un padre.
John era l'eroe di Dean proprio per quel motivo. Un padre è sempre un eroe agli occhi dei figli.


***




Il frullo d'ali annunciò l'arrivo di Raziel alle sue spalle, ma Umabel non si voltò ben sapendo il motivo che aveva portato l'Angelo a palesarsi accanto a lui “Spero che tu ti stia dedicando a tutti i tuoi protetti e non solo a Dean Winchester” l'ammonì in tono irritato, proprio come Umabel si era aspettato.
Umabel lo guardò di sbieco, stanco dei continui rimproveri di colui che non era affatto il suo superiore. Certo, anche Michael non gli lasciava tregua, ma almeno lui era un suo superiore diretto, aveva tutto il diritto di farlo.
Umabel trovava il comportamento di Raziel snervante oltre ogni dire e col passare del tempo aveva scoperto che non gradiva particolarmente la sua compagnia.
Sono un bravo Angelo Custode, Raziel. Mi occupo di tutti i miei protetti” rispose con un pizzico di aggressività.
Lo sguardo di Raziel sembrò infiammarsi, non di rabbia ma di uno strano orgoglio.
E di certo non era orgoglioso del comportamento di Umabel di per sé, ma piuttosto del fatto che era stato proprio lui a farlo reagire in quel modo, un modo che ben poco si addiceva ad un Angelo del Signore “Va bene, va bene...scusa!” disse Raziel, non troppo seriamente.
Umabel strinse la mascella, inghiottendo parole che mai avrebbero dovuto lasciare la sua bocca “Non hai nessuno a cui infondere la Conoscenza?” lo canzonò.
Raziel guardò perplesso l'angelo davanti a sé “Stai iniziando ad assomigliare troppo a qualcuno che non vediamo da tempo” disse freddamente.
Umabel si irrigidì ben sapendo a chi Raziel si stesse riferendo.
Gabriel era assente da millenni, eppure Umabel non lo aveva mai dimenticato.
L'Arcangelo era sempre presente nei suoi pensieri, nonostante l'infinità di tempo che avevano passato lontani l'uno dall'altro. Gli mancava terribilmente e il vuoto che aveva sentito quando il suo adorato fratello varcò le Porte del Paradiso per non fare più ritorno non era mai stato riempito, nemmeno dall'arrivo di Dean Winchester.
Più il tempo passava e più quel vuoto si faceva ingombrante e oscuro, quasi volesse inghiottirlo. Umabel si era reso conto che non poteva fare niente per controllarlo, per cui si limitava a fare il suo lavoro di Custode, concentrandosi sui suoi protetti, ma continuava a cercare Gabriel, ovunque fosse, con la speranza di poterlo rivedere.
Quei tristi pensieri - perché ormai Umabel stava cominciando a capire che la mancanza di Gabriel lo rendeva triste - lo incupirono.
Raziel continuò a parlare, incurante del fastidio che si faceva prepotentemente largo nel fratello “Tu sai dov'è, sai perché se ne è andato, vero?” chiese in un sibilo.
No” fu la laconica risposta dell'Angelo. Nessuno avrebbe potuto capire se mentisse o meno come, almeno in parte, aveva fatto. Non sapeva dove fosse Gabriel, dire che si trovava sulla Terra sarebbe stata una risposta troppo generica, ma era a conoscenza delle motivazioni che avevano fatto fuggire Gabriel da casa.
Umabel avrebbe tanto voluto scagliarsi contro suo fratello Raziel.
Raziel d'altro canto, non aspettava altro, osservò Umabel, la sua Grazia tesa come mai l'aveva vista e sogghignò. Ma Umabel rimase al suo posto e rivolse un sorriso di scherno verso il suo petulante fratello “Hai sempre voluto avere il suo posto quando lui era qui, ma anche adesso che è assente da millenni quel posto non è tuo e mai lo sarà, lo sai molto bene. Dev'essere frustrante. Perché non vai a controllare Haziel? Lui è il Custode di Sam Winchester, sei certo che non sia il suo favorito?” il suo tono era provocatorio, persino infantile, ma servì allo scopo: lo sguardo di Raziel vacillò fino a diventare rabbioso ed ora era lui a volersi scagliare contro il fratello.
L'unica cosa che lo fermò fu un grido disperato.
Nessuno gridava mai in Paradiso. Non più da quando Lucifer era stato chiuso nella gabbia.
Era la voce di John Winchester, Umabel l'avrebbe riconosciuta tra mille.
Porta fuori tuo fratello più in fretta che puoi! Non guardare indietro. Ora, Dean, vai!*
Mary Winchester era morta, un demone l'aveva uccisa e Dean era diventato orfano di madre.


***




Perché?” Umabel gridò con rabbia. Lo sguardo freddo e distaccato di Michael era già una risposta, ma l'Arcangelo parlò ugualmente “Era destino, Umabel. Era già tutto scritto.” disse in tono pacato.
Sin dalla nascita del suo protetto, Umabel sapeva che sarebbe stato un protetto speciale, eppure non aveva immaginato neanche lontanamente ciò che il destino aveva in serbo per lui.
Un Cacciatore, ma non un Cacciatore qualsiasi, era ciò che Dean Winchester sarebbe diventato.
Non rispose a Michael, lo guardò con delusione e in quel momento la mancanza di Gabriel lo colpì come un macigno.
Quel vuoto si fece ancora più grande, ancora più nero, ancora più spaventoso. Se Gabriel fosse stato lì, Umabel si sarebbe rifugiato da lui in cerca di conforto.
Ma Gabriel non c'era e Michael non provava dei veri sentimenti.
Odio guardare dentro quegli occhi e vederci una traccia di dolore**”. La voce di Umabel era appena udibile e forse l'Arcangelo fece finta di non sentire quelle parole.
Era il 2 Novembre del 1983 e Umabel capì per la prima volta cosa significasse provare paura. 







Note dell'autrice: * le frase e le scene annesse sono tratte dal pilot di Supernatural.
** si tratta della traduzione di un passo (I hate to look into those eyes and see an ounce of pain) della canzone Sweet Child O' Mine dei Guns N' Roses, che da il titolo al capitolo.
Umabel, l'Angelo Custode di Dean, fa parte del Coro degli Arcangeli, a cui fa capo Michele.
Haziel, l'Angelo Custode di Sam, fa parte del Coro dei Cherubini, a cui fa capo Raziel.

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Capitolo 3
*** You can't always get what you want ***


You can't always get what you want




1989

 

Dean se ne stava a testa bassa appoggiato con la schiena alla ringhiera delle scale di quella grande casa.
Era una cosa che gli mancava: avere una casa, affacciarsi alla finestra e vedere una bella staccionata bianca a delineare un giardino ben curato, ma la forza dell'abitudine, in quegli anni passati in giro per gli Stati Uniti d'America, l'avevano portato a non curarsene troppo se non in qualche rara eccezione.
In ogni caso la sua mente era rivolta altrove. Detestava il modo in cui suo padre lo guardava dopo quello che era successo a Fort Douglas* e non faceva che accrescere i suoi sensi di colpa già insopportabili per un bambino.
Dannazione, John, è solo un bambino!” la voce roca di Blake Dalton lo distolse dai suoi pensieri e Dean si affacciò a guardare. Le sue piccole dita strinsero la ringhiera in ferro battuto, fredda al tatto - eppure lui sembrava non accorgersene - talmente forte che le nocche diventarono bianche.
Suo padre John aveva il volto stanco e si passò una mano sulla barba incolta da giorni mentre lo sguardo vitreo era posato sull'uomo davanti a lui, ma sembrava che non lo stesse realmente guardando. I suoi occhi andavano oltre “Dean ha sbagliato e ha messo in pericolo Sam” disse gelido.
Dean serrò la mascella, le sue dita scivolarono lentamente sul ferro battuto e lui indietreggiò, passo dopo passo, fino al muro. Si lasciò scivolare contro di esso prima di raggomitolarsi su se stesso e iniziare a piangere in silenzio. Nessuno doveva sapere che stava piangendo, specialmente suo padre.
Al piano di sotto, Blake fissava John inorridito “Certo che ha sbagliato: è un bambino!” ribadì a denti stretti.
Non ricevette risposta, John lo guardò duramente.
Ti rendi conto di quello che gli stai facendo passare, John? Ha solo dieci anni e tu lo costringi a comportarsi come un adulto, anzi come un soldato. Stai rovinando i tuoi figli per una crociata che non avrà fine” il tono di voce di Blake era pacato, ma il suo sguardo era accusatore. John rise sprezzante “Con che coraggio vieni a dirmi queste cose? Prima di farci entrare in casa, tua figlia ci ha fatto tutti i test possibili per assicurarsi che non fossimo creature malvagie. Sam ha creduto che fosse pazza! Ha solo sei anni e sa già cosa si nasconde la fuori, non sei molto diverso da me, Blake” ringhiò.
Blake scosse la testa “Almeno io non la porto in giro per l'America. Mia figlia ha una casa, degli amici e soprattutto non ha responsabilità che non dovrebbe avere” sputò quelle parole come fossero veleno e lasciò John da solo, sperando che riflettesse su ciò che si erano appena detti.
Una porta, al piano di sopra, si aprì e Dean si asciugò in fretta le lacrime.
Amethyst, la figlia di Blake, uscì dalla sua stanza, si affacciò alla balaustra e sbuffò prima di voltarsi verso Dean e regalargli un sorriso “Ciao” disse in tono allegro.
Dean inarcò un sopracciglio, guardandola con sospetto e curiosità “Ciao” rispose come se qualcuno lo avesse costretto a farlo. La bambina avanzò verso di lui tentennante, stringendo tra le dita sottili il lembo della maglia del pigiama “Dean?” disse richiamando l'attenzione del suo giovane ospite che la guardò spronandola a continuare. Lei si fece coraggio e gli tese una mano per farlo alzare “Controlleresti se c'è il mostro dell'armadio nella mia stanza? Solitamente lo fa papà” chiese con dolcezza, sorridendo appena mentre arricciava il piccolo naso a punta. Dean fece roteare gli occhi, afferrò la mano della bambina e si alzò dal pavimento “Ok” disse stancamente.
Si diresse verso la stanza di Amethyst e con cautela aprì l'armadio. Si assicurò per davvero che non ci fosse nessun mostro, sentendosi ancora in colpa per ciò che era successo a Sam. Di certo non voleva che per colpa sua succedesse qualcosa anche a quella bambina che aveva appena conosciuto. Si voltò verso di lei e forzò un sorriso “Non c'è nessun mostro, Amethyst” disse in tono serio, chiedendosi ancora una volta che razza di nome le avessero dato i suoi genitori.
Amethyst gli scoccò un sonoro bacio sulla guancia che lo sorprese “Grazie, Dean. Buonanotte” cinguettò lei infilandosi sotto le coperte mentre Dean si passò le dita sulla guancia ad eliminare l'invisibile traccia di quel bacio “Buonanotte” borbottò uscendo dalla stanza. Si chiuse la porta alle spalle in maniera delicata per non fare troppo rumore e quando si voltò si scontrò con suo padre.
Dean prese un grosso respiro, gli occhi verdi erano fissi su quelli furenti del padre “Domattina partiamo presto, vai a dormire” disse John duramente, sorpassando il figlio senza attendere una risposta “Sissignore” rispose quello quasi sottovoce, dirigendosi nella sua stanza.
Sam dormiva beatamente e Dean gli sistemò meglio la coperta azzurra, facendo attenzione a non svegliarlo “Mi dispiace, Sammy” mormorò più che altro a se stesso, con gli occhi lucidi, coricandosi nel letto accanto a quello del fratello.


***




Umabel scosse il capo e chiuse lentamente gli occhi.
Stai diventando un angelo sentimentale” ridacchiò Haziel affiancando l'angelo custode “Taci!” ruggì quest'ultimo con rabbia.
Haziel sorrise strafottente “Mi correggo: un angelo sentimentale e rabbioso!”. Umabel si voltò a guardarlo “Come faccio a proteggere un bambino che è venuto a conoscenza del mondo reale troppo presto? Nessuno dovrebbe sapere di ciò che si nasconde nelle tenebre, nessun bambino almeno” sbottò.
Haziel sospirò “Nessuno ha mai detto che fosse facile” mormorò con noncuranza.
Le labbra di Umabel si aprirono per lasciar spazio ad un sorriso amaro, in parte incredulo per le parole di suo fratello. Lui più di tutti avrebbe dovuto capirlo.
Ciò non toglie che tutto questo sia ingiusto. Non per me...ma per Dean e Sam...” deglutì a vuoto nel tentativo di reprimere quelle sensazioni nascenti che mai avrebbero dovuto far parte del suo essere “Non voglio che soffra in questo modo. Tu non hai paura per Sam?” mormorò infine, cercando lo sguardo di Haziel. Ma non lo trovò, suo fratello era già andato via.
Umabel ringhiò di frustrazione e si calmò solo quando sentì la mano di Michael posarsi sulla propria spalla. Si voltò a guardarlo, cercando il suo sostegno “Sarà sempre così?” domandò con voce flebile, timoroso di porre quella domanda.
L'Arcangelo aveva il viso voltato in un'altra direzione, sembrava pensieroso e distante e Umabel si rese conto di esserne la causa perché era evidente che Michael non volesse nemmeno guardarlo “Non puoi sempre ottenere quello che vuoi**” disse con aria stanca, evitando di rispondere in maniera diretta alla domanda del Custode.
Umabel percepì la rabbia crescere in sé “E questo chi lo dice? Dio? Io neanche l'ho mai visto Dio” sibilò.
Forse se ne pentì e si sentì tremare quando Michael, finalmente, puntò gli occhi nei suoi.
Si creò un silenzio assordante tra loro.
Non metterti nei guai” disse Michael dopo interminabili minuti passati ad osservarlo, a guardarlo quasi con curiosità e un poco di incredulità per i comportamenti che stava dimostrando il suo sottoposto. Sparì senza dire altro, lasciando l'Angelo da solo con la propria rabbia e i propri pensieri che si rincorrevano affannosi in cerca di una spiegazione.


1996




Al mondo, non c'era niente di simile al rombo del motore dell'Impala di John Winchester.
Amethyst Dalton, nel sentirlo, si precipitò nel vialetto, non vedendo l'ora di riabbracciare i Winchester.
Nel vederla arrivare, Dean spalancò le braccia affinché lei ci si rifugiasse dentro come faceva quando era una bambina, ma la ragazzina gli saltò addosso avvinghiandosi a lui con le lunghe gambe.
Amethyst aveva tredici anni ma era già molto più alta di tutte le ragazze della sua età. Ed era sicuramente molto più sveglia anche di qualunque coetaneo del maggiore dei Winchester.
Dean rise “Ma guardati! Sei più alta di Sammy!” esclamò divertito posando la ragazza a terra che poi stritolò Sam in un caloroso abbraccio “Mi siete mancati, ragazzi!” disse rivolgendo loro un sorriso che incluse anche John. L'uomo ricambiò il sorriso e silenzioso si avviò verso la casa.
Blake lo stava attendendo sulla soglia e dopo aver salutato i ragazzi si rinchiuse nello studio con John.
Allora, quanto vi fermate?” domandò allegra Amethyst sprofondando nel divano di pelle. Dean la imitò, sedendosi poco distante.
Spero più dell'ultima volta” mormorò Sam, sedendosi tra loro. Amethyst posò la testa sulla spalla del minore dei Winchester e sospirò “Vi rendete conto che sono passati tre anni dall'ultima volta che ci siamo visti?”.
Dean rise “Sì e somigliavi a un putto. Invece ora sei una ragazzina slanciata e sicuramente selvaggia” si beccò un cuscino in piena faccia da parte della ragazza suscitando l'ilarità di Sam.
C'era un clima disteso, sereno...familiare. Amethyst aveva sempre adorato passare il tempo con Dean e Sam e il rivederli l'aveva resa più solare del solito.
Amethyst alzò lo sguardo verso Sam e gli sorrise “Ti stai facendo proprio carino, sai?” disse senza peli sulla lingua, dandogli un leggerissimo colpetto col dito sulla punta del naso. Le gote del ragazzo si colorarono di un bel rosso acceso e, mormorando quello che doveva probabilmente essere un “grazie”, si alzò per dirigersi in cucina. Amethyst lo guardò con aria interrogativa “Ma certo, fai come se fossi a casa tua!” disse ironica vedendo che Sam apriva il frigorifero in acciaio per poi infilarci la testa dentro come alla disperata ricerca di qualcosa.
In realtà voleva evitare di sentire i commenti del fratello perché Sam era sicuro che Dean avrebbe fatto qualche battuta che lui non avrebbe gradito.
Guarda, lo hai fatto scappare” disse il maggiore dei Winchester ironicamente. La ragazza si avvicinò a lui e rise “Non era mia intenzione” disse allargando appena le braccia.
Si voltò a guardarlo, rimanendo incantata da quel profilo. Un'ombra di barba gli adornava il volto, le lunghe ciglia sembravano rendere ancora più luminosi quei grandi occhi verdi. Amethyst non si era mai resa conto di quanto Dean Winchester fosse bello, non fino a quel momento.
A quel pensiero arrossì e prontamente nascose il viso tra i lucenti capelli biondi, sperando che il ragazzo non si fosse accorto di nulla.
Nei giorni successivi la bionda aveva già capito di essersi presa una colossale cotta per Dean Winchester.
Suo padre non doveva saperlo. Sam non doveva saperlo, ma soprattutto non doveva saperlo il diretto interessato.
Seduta accanto a Sam nella scalinata di marmo della scuola in attesa di Dean, Amethyst si era persa nei propri pensieri, maledicendosi per aver preso una sbandata per un Cacciatore.
Niente sarebbe stato sicuro -E poi sono solo una ragazzina, che speranze credo di avere con lui?- si ritrovò a pensare.
Ame, tutto bene?”nel chiederlo, Sam le posò una mano sulla spalla facendola sobbalzare appena. Lei gli rivolse un sorriso radioso tipico dei suoi, uno di quelli che le faceva arricciare il naso “Sì! Sto solo pensando al compito di letteratura che ci aspetta domani” mentì prontamente.
Non era la prima volta che mentiva. Mentiva ai suoi compagni di classe e ai professori circa il lavoro di suo padre. Mentiva praticamente a tutti, nascondendo ciò che sapeva realmente sul mondo crudele di cui faceva parte. Non le risultò difficile mentire anche a Sam per una cosa così banale.
Dean finalmente si fece vivo. Stringeva la mano a una ragazza e non una ragazza qualsiasi. Monica Taylor era la ragazza più popolare della scuola e Amethyst la detestava.
Allora ci vediamo domani” disse Monica, rivolgendosi a Dean, con fare svenevole. Persino la sua voce era capace di irritare Amethyst. Dean sorrise e posò le labbra su quelle carnose della sua - momentanea - ragazza. Amethyst lanciò una fugace occhiata a Sam infilandosi due dita in bocca mimando l'atto di vomitare. Il ragazzo ridacchiò appena per non farsi vedere dal fratello maggiore e da Monica che si stava allontanando ancheggiando visibilmente.
Allora ci vediamo domani” disse Amethyst in almeno un tono sopra la norma, scimmiottando la capo cheerleader “Vedo che non hai perso tempo” aggiunse poi sarcastica. Dean la spinse appena, ridacchiando e lei si unì alla risata del ragazzo. Ma moriva dentro -Non puoi sempre ottenere quello che vuoi**-.







Note dell'autrice: * fa riferimento alla puntata 1x18 Something Wicked.
** è la traduzione del titolo, che è anche una canzone dei Rolling Stones, la stessa che da il titolo al capitolo.

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Capitolo 4
*** I don't want to miss a thing ***


I don't want to miss a thing




Umabel gridò di dolore.
La lama angelica era fredda in netto contrasto col sangue che caldo scivolava su di essa lento, inesorabile.
Gridò di dolore, ma il suo sguardo freddo e sicuro fece capire a Raziel che no, non aveva intenzione di cedere.
PARLA!” gridò esasperato l'Angelo. La mano, ricoperta di sangue scarlatto, fremette facendo tremare la lama sul volto del fratello che rimase impassibile “È proibito per voi angeli custodi scendere sulla Terra” sibilò Raziel ad un soffio dalla pelle lacerata di Umabel.
Un riso di scherno stese le sue labbra bagnate dl suo stesso sangue “E chi ti dice che io, Umabel, un Angelo del Signore, sia sceso sulla Terra?” la sua voce parve stanca, ma il tono era più tagliente di quella lama che aveva tormentato la sua Grazia.
Raziel grugnì frustrato e sentì la rabbia crescere in lui, spaventosa e inarrestabile.
La presa sulla lama si fece nuovamente salda, il braccio alzato a mezz'aria, pronto a colpire.
Umabel fissò Raziel in volto. Non disse una parola e nei suoi occhi non si vedeva quella paura che Raziel avrebbe tanto voluto leggervi.
Sarebbe bastato un affondo per togliere la vita all'Angelo Custode e Raziel era deciso a farlo.
Fermati Raziel” tuonò una voce alle sue spalle.
La spada gli scivolò tra le mani e tintinnò a terra, leggera.
Michael” disse tra i denti, volgendo lo sguardo verso il primogenito di Dio.
Non puoi uccidere Umabel” la voce ferma dell'Arcangelo non lasciava spazio a repliche ma Raziel lo ignorò comunque “Ha disobbedito” sbraitò. Lo sguardo folle, la bocca piegata in una terribile smorfia.
Non spetta-a te-DECIDERE” urlò. Raziel non ebbe il tempo di ribattere, né di scusarsi, uno schiocco di dita di Michael e scomparve.
Umabel si lasciò andare ad un sospiro di sollievo mentre Michael liberava le sue braccia dalle pesanti catene, poi l'Arcangelo posò due dita sulla fronte sporca di sangue rappreso dell'angelo, guarendolo così dalle ferite.
Ti avevo detto che avere dei prediletti poteva essere pericoloso” sentenziò cercando, negli occhi dell'Angelo, un perché a quel folle gesto.
Lo sguardo di Umabel era però indecifrabile e imperturbabile “Non capisco a cosa tu ti riferisca” disse seccamente, facendo per abbandonare la stanza.
Michael lo fermò, trattenendolo per un braccio “Non prendermi per un idiota, Umabel. So della tua piccola fuga sulla Terra” sussurrò preoccupato.
Un sorriso stanco si dipinse sulle labbra dell'Angelo “Sto solo facendo il mio dovere, Mickey” rispose, liberandosi dalla morbida presa di Michael.
Umabel sapeva che la strada che aveva iniziato a seguire era pericolosa eppure non vi era altra strada che volesse percorrere.
Scendere sulla Terra gli era proibito, doveva fare il suo lavoro di Custode dall'alto, senza intervenire in nessun modo se non quando specificatamente richiesto, ma non poteva e non voleva farlo, voleva semplicemente intervenire prima che fosse troppo tardi. E per farlo aveva bisogno dell'aiuto di Gabriel.
Umabel era sceso sulla Terra nel disperato tentativo di trovarlo e il tutto si era rivelato un buco nell'acqua, ma di certo non si sarebbe arreso tanto facilmente.


1999




Cutler Bay era forse l'unica città di tutti gli Stati Uniti d'America in cui i Winchester si erano soffermati più volte.
John si era reso conto che a nessuno dei suoi due figli dispiaceva particolarmente - se non affatto - bivaccare nel salotto dei Dalton mentre lui discuteva di un caso insieme a Blake.
Parcheggiarono in Sterling Drive affiancando l'inconfondibile furgoncino Volkswagen bianco e blu che apparteneva da sempre a Blake Dalton.
Si deciderà mai a cambiare quel rottame?” brontolò Dean scendendo dall'auto. John rise appena “Io non cambio la mia auto dal 1973 e non ti sei mai lamentato” lo rimbeccò.
Il ragazzo fissò l'Impala e sorrise, allargando le braccia “Ma l'Impala non è un rottame, è una signora auto!” esclamò, accarezzandone la carrozzeria come si si trattasse di una bella ragazza.
Sam rise appena, scuotendo la testa prima di guardare speranzoso il padre “Papà, possiamo andare a prendere Amethyst a scuola?” domandò.
Blake si schiarì la voce mentre avanzava nel vialetto di ghiaia “Non dovresti chiederlo a me, giovanotto?” disse con la risata nella voce.


***




Amethyst chiuse l'armadietto e sospirò rassegnata, facendo roteare gli occhi quando si ritrovò di fronte Troy Acosta in tutta la sua altezza “Che cosa vuoi, Troy?” chiese stancamente issandosi la tracolla in spalla.
Il ragazzo la guardò spaesato, aspettandosi che lei, come tutte le altre, gli sorridesse svenevolmente portandosi indietro i capelli con un gesto sensuale del capo.
Vai, Big T.!” lo incitò uno dei suoi amici, spingendolo appena.
-Big T.? Sul serio? Oddio, è peggio di quel che pensavo- Amethyst guardò il capitano della squadra di football con una certa aria di superiorità. Non si credeva migliore di lui, ma Troy Acosta era il cliché del ragazzo popolare: bello ma totalmente idiota.
Il ragazzone sorrise sfrontato “Non manca molto al ballo...vieni con me?” disse sicuro di sé. Amethyst inarcò un sopracciglio. Si aspettava che Troy le proponesse di andare al ballo scolastico insieme, ma lei non aveva nessuna voglia di andarci. Specialmente con lui.
No” disse semplicemente, stringendosi appena nelle spalle e superandolo per dirigersi all'uscita, lasciando basiti i due ragazzi.
Troy Acosta non era abituato a ricevere un due di picche e Amethyst fece per uscire dalla scuola inseguita dagli insulti delle tante ragazze che avrebbero voluto essere al suo posto, ma a lei quello non interessava.
Alice Walcott, la sua migliore amica, le si avvicinò con aria sconvolta, gli occhi nocciola sbarrati, la bocca rosea a formare una comica “O” per qualche istante “Tu...hai detto di no a Troy Acosta?” domandò finalmente dopo diversi attimi di silenzio durante i quali Amethyst si chiese se l'amica avesse perso l'uso della parola.
La bionda ridacchiò, gettando la testa all'indietro con un'espressione noncurante e annoiata “Andiamo, non è mica un Dio” disse in uno sbuffo.
Alice la guardò come se fosse impazzita e sgranò ancora di più gli occhi leggermente truccati “Lo è per noi disperate ragazze del liceo, specialmente ora che il ballo si avvicina!” esclamò “Troy Acosta è il ragazzo più desiderato della scuola, è il capitano della squadra di football e sarà il Re del ballo” disse agitata come se stesse parlando di una questione di vita o di morte.
Amethyst si arrestò, parandosi davanti all'amica che per poco non le rovinò addosso “Woah frena! Prima di tutto: io non sono disperata” l'amica la interruppe sbuffando, roteò gli occhi e la indicò con un gesto molle della mano “Certo, tu sei carina. Alta. Bionda. Occhi azzurri. Fisico da modella.
Amethyst la ignorò “Non ho neanche intenzione di andare a quello stupido ballo. E in secondo luogo Troy Acosta, che sarà pure carino, è un idiota patentato!” disse allargando le braccia e rischiando di colpire in pieno viso un ragazzo del primo anno che fuggì via prima che Amethyst potesse anche solo pensare di chiedergli scusa.
Alice la guardò con un'espressione a metà tra il deluso e lo sbigottimento, poi fissò qualcosa alle spalle dell'amica e aggrottò le sopracciglia, confusa “Scusa, ma non sei candidata a Reginetta?” chiese indicando il poster alle spalle di Amethyst.
La ragazza la guardò con aria spaesata prima di voltarsi e vedere il poster che la raffigurava insieme ad una grossa scritta sull'azzurro che con un elegante font diceva “Vota per Amethyst Dalton”.
Respirò profondamente e strinse i pugni “Lucas!” esclamò a denti stretti avendo capito chi aveva osato candidarla senza prima renderne conto a lei “Giuro che lo ammazzo” ringhiò strappando il poster dal muro.
Alice rise nervosamente “In effetti mi sembrava improbabile che fosse opera tua, ma non mi sembra il caso di ammazzare Lucas” disse tentennante.
Amethyst sbuffò e la ignorò ancora una volta mentre a passo di marcia si dirigeva fuori dalla scuola dove era certa che avrebbe trovato Lucas, colui che avrebbe dovuto essere il suo migliore amico ma che invece l'aveva appena pugnalata alla spalle.
Lucas sapeva quanto Amethyst odiasse quel genere di cose. Odiava la popolarità, odiava i balli scolastici e odiava Troy Acosta e la sua combriccola di ragazzi e ragazze popolari.
Lo trovò nel cortile, appoggiato al suo motorino mentre fumava una sigaretta, Alice la seguiva con passo veloce per cercare di evitare una catastrofe.
Il ragazzo non appena la vide si affrettò a spegnere la sigaretta e iniziò a mormorare delle scuse, proteggendosi il volto - e gli occhiali - con le braccia “Non è stata una mia idea, te lo giuro! Mezza scuola voleva che ti candidassi, non vogliono che vinca Judith” disse srotolando quelle parole con velocità e senza respirare.
Amethyst gli diede un colpo a braccio “E tu hai pensato bene di accettare senza consultarmi, vero?”. Lucas la guardò con aria colpevole ben sapendo che Amethyst non poteva resistere ai suoi occhioni blu.
Infatti la ragazza si calmò, sbuffò e incrociò le braccia sotto il seno “Comunque al ballo non ci vado” disse in tono stanco.
Alice le afferrò un braccio “Oh. Mio. Dio. Ma quello è Dean Winchester!” esclamò con voce strozzata. Non conosceva Dean Winchester, lo aveva visto solo in qualche foto mostratele da Amethyst e non poteva che concordare con l'amica: Dean Winchester era decisamente bello.
Amethyst si voltò subito in direzione dello sguardo dell'amica.
Dean Winchester era proprio lì, appoggiato all'Impala.
Affianco a lui suo fratello Sam, più alto di quanto Amethyst si ricordava.
Con un gran sorriso corse loro incontro saltando in braccio a Dean che rise stringendola a se “Sei per caso felice di vederci, scheggia?” domandò il maggiore mentre lei abbracciava Sam.
Papà non mi ha detto che sareste venuti!” disse lei in tono entusiasta, continuando a sorridere e totalmente incapace di smettere.
Alice e Lucas si avvicinarono al gruppetto, Alice con espressione estasiata e Lucas con fare un poco annoiato.
Amethyst soffocò una risata, presentando i suoi amici ai fratelli Winchester prima di salutarli e andare così a casa.
Posso stare davanti?” disse facendo gli occhi dolci a Sam. Il ragazzo sospirò rassegnato aprendo la portiera posteriore per sedersi dietro.


***




Blake si passò le dita sugli occhi stanchi e chiuse il libro sul quale stava studiando con violenza “Avanti, John! È palese che si tratti di un comune fantasma” disse in tono lamentoso.
John sospirò, gli occhi segnati da profonde occhiaie lasciavano intuire quanto poco avesse dormito in quei tre giorni passati a Cutler Bay “Sì, probabilmente hai ragione tu” disse stancamente, lanciando un'occhiata a Dean, seduto al suo fianco.
Il ragazzo non sembrava del tutto convinto “Hey, ragazzi! Voi che ne pensate?” disse richiamando l'attenzione di Sam e Amethyst seduti sul divano a guardare passivamente la TV.
Amethyst fece un largo sorriso e corse nello studio del padre. Sam, meno entusiasta, la segui a passi strascicati e si sedette accanto al fratello lasciandosi cadere pesantemente sulla sedia.
In religioso silenzio, Amethyst lesse tutte le notizie riguardanti le misteriose morti avvenute a Goulds in quegli ultimi giorni, confrontando il tutto con le vecchie leggende presenti nei libri di suo padre.
Aggrottò le sopracciglia e sollevò lo sguardo verso il padre “Perché sei così sicuro che si tratti di un fantasma?” domandò scettica. Blake inarcò un sopracciglio scuro e la guardò distrattamente “Queste misteriose uccisioni sono iniziate subito dopo la morte di Killian O'Reilly” spiegò spazientito. Sembrava che nessuno volesse dargli ascolto: John era scettico, Dean aveva addirittura chiesto l'opinione di due ragazzini e Amethyst sembrava sul punto di tirare fuori una teoria folle e strampalata“Potrebbe essere una banshee!” concluse con convinzione. Blake scosse la testa stancamente mentre Dean osservò la ragazza e le sue labbra si incresparono in un sorriso soddisfatto e di ammirazione, ma Blake scoppiò in una fragorosa risata “Le banshee non sono spiriti maligni, Amethyst” disse rudemente.
Amethyst non si lasciò intimorire dalla sguardo severo del padre “Non secondo tutte le leggende! Esistono delle banshee maligne. E poi che motivi avrebbe un fantasma di asportare dalla vittima il suo lobo frontale?” sentenziò decisa posando sotto gli occhi del padre il rapporto stilato dal medico legale. Tenne lo sguardo fisso su Blake che però non sembrava voler dare retta alla figlia.
Sono stanco, Ame, non ho voglia di starti a sentire dire stronzate. Escludo categoricamente che si tratti di una banshee” disse in un tono che non ammetteva repliche.
Amethyst si alzò di scatto facendo cadere la sedia con un sonoro tonfo “Lo escludi categoricamente solo perché te lo sto dicendo io? Lo sai che sono brava, ma sei troppo orgoglioso per ammettere che ti stai sbagliando e che io ho ragione” gridò con rabbia, gli occhi azzurri sgranati e le mani posate saldamente sul tavolo.
Blake le diede uno schiaffo che le fece voltare il viso lasciando tutti basiti “Blake, non avresti dovuto farlo” lo rimproverò Dean “Non dirmi come trattare mia figlia, ragazzo. Non sei un padre e non hai idea di come ci si comporti” disse con calma.
Amethyst abbandonò lo studio senza dire una parola, si massaggiò la guancia arrossata, facendo una smorfia di dolore, solo quando ebbe la certezza di non essere vista specialmente da suo padre perché, anche se non lo avrebbe mai ammesso, era orgogliosa tanto quanto lui.


***




Hey, tutto bene?” Amethyst sollevò lo sguardo verso Dean, appoggiato allo stipite della porta della sua stanza.
Gli occhi azzurri di lei erano arrossati dal pianto, ma sorrise al ragazzo che era ancora più bello di quanto ricordasse.
Sospirò e annuì, tirando su col naso. Da sotto il letto tirò fuori una grossa scatola di legno e prese un lucente pugnale d'oro “Una banshee si uccide pugnalandola con una lama d'oro” disse porgendo il pugnale a Dean.
Il ragazzo lo prese, sorridendo per poi stringere in un abbraccio Amethyst che affondò il viso nell'incavo della sua spalla “Gli guarderò le spalle, te lo prometto. E ucciderò quella banshee” mormorò Dean con dolcezza.
Amethyst sollevo lo sguardo e sorrise “Grazie. E grazie per credere in me anche quando mio padre non lo fa” disse prima di scoccargli un bacio sulla guancia.
Dean le scompigliò i capelli e rise “Figurati, scheggia. È un piacere” disse cingendole le spalle con un braccio e accompagnandola al pian terreno. John e Blake erano già pronti alla partenza e aspettavano in auto solamente Dean.
Sul tavolo del soggiorno vi era una grossa scatola con un fiocco blu. Dean la indicò “Da parte di tuo padre” disse dandole un buffetto sulla guancia.
Amethyst si avvicinò al tavolo e prese il biglietto posato sulla scatola.

Lucas e Alice mi hanno detto che diventerai Reginetta. Spero ti piaccia.

Con affetto, papà.



Amethyst si lamentò appena ma aprì la scatola tirando fuori un abitino blu notte, con una scollatura a cuore decorata da minuscoli brillantini che seguivano la linea dei seni.
Sam scoppiò a ridere “Ora si che sei costretta ad andare al ballo” disse canzonandola. Si guadagnò un'occhiata truce da parte della ragazza che ripose il vestito dentro la scatola con una smorfia.
Dean si schiarì la voce “Ame, devi dirmi se ti piace, tuo padre lo vuole sapere” disse indicandosi dietro le spalle, in direzione dell'Impala dove John e Blake ancora aspettavano.
Amethyst sbuffò “Digli che mi piace ma che non andrò a quello stupido ballo” disse acida.
Dean ridacchiò e uscì di casa salutando i ragazzi.
Perché ti ostini a non volerci andare? Hai ricevuto anche diversi inviti” le chiese Sam, cingendole le spalle “Non mi piace nessuno di quei ragazzi” mormorò seguendo Dean, che saliva in auto, con lo sguardo.
Sam guardò nella sua stessa direzione e chiuse gli occhi “Dimmi che stai scherzando...Dean, sul serio?” disse un poco affranto, chiaramente dispiaciuto per la sua amica.
Amethyst lo guardò sconsolata “Ho una cotta per lui da circa tre anni” ammise “Ma lui non deve saperlo” si affrettò a dire minacciosa.
Sam le sorrise, scostandole i capelli biondi dal viso “Non glielo dirò Amethyst” la rassicurò abbracciandola.
Amethyst si strinse a lui e rise amaramente “Di tutti i ragazzi che ci sono al mondo mi dovevo prendere una cotta per un Cacciatore. E non uno qualsiasi” disse in tono ironico. Sam la guardò e sorrise “In fondo Dean non è tanto male” disse anche se non sembrava troppo convinto delle sue stesse parole: voleva bene a suo fratello, ma a volte lo considerava un vero idiota, specialmente per come si comportava con le ragazze.
Amethyst sollevò lo sguardo ad incrociare quello del minore dei Winchester e fece un sorriso divertito “Non è tanto male? È incredibile! Perché credi che mi sia innamorata di lui? Solo per il suo bel faccino?” disse e Sam la guardò come se lei fosse una causa persa.
Aveva appena ammesso di essere innamorata di suo fratello, non di avere una semplice cotta e Sam sapeva che quello l'avrebbe portata a soffrire. Tuttavia non disse nulla al riguardo, le regalò un sorriso dolce e le scompigliò i capelli biondi “Tu verrai al ballo” disse deciso e Amethyst sciolse l'abbraccio allontanandosi da lui “No” disse risoluta, quasi indispettita, incrociando le braccia al petto esibendo un fiero cipiglio.
Sam non si sarebbe arreso, aveva deciso che Amethyst doveva andare al ballo e così sarebbe successo.
Sapeva però che non sarebbe mai riuscito a convincerla.
Pronto?” Dean rispose al secondo squillo e Sam deglutì temendo la reazione del fratello.
Ehm...Dean...mi dovresti fare un favore” disse Sam titubante. Dean sbuffò e fece roteare gli occhi come se il fratello potesse vederlo e non solo immaginarselo come in effetti stava facendo “Dimmi, Sammy” disse, allontanandosi dal padre e da Blake che stavano discutendo sul caso.
Quando tornate, fai in modo di convincere Amethyst ad andare a quel dannato ballo” disse guardandosi intorno per assicurarsi di essere solo.
Dean corrugò la fronte, sorpreso da quella richiesta “E non potresti farlo tu?” chiese stizzito, lanciando un'occhiata in direzione di John che aveva alzato la voce.
Sam sbuffò spazientito “A me non da ascolto, a te invece sì. Ah...un'altra cosa: dovrai fare da chaperon al ballo” disse in fretta, aspettandosi appunto la sfuriata di Dean che non tardò ad arrivare.
Che cosa? No, Sammy...io non ci vado” gridò il maggiore, sgranando gli occhi verdi un po' per la rabbia e un po' per lo stupore.
E forse anche un po' per la paura. Badare a degli adolescenti durante il ballo scolastico? Era l'ultima persona al mondo adatta per quel compito, ne era perfettamente consapevole!
Non ti puoi tirare indietro, ormai ti hanno assegnato il ruolo e ci devi andare. E trascinaci pure Ame” disse. Chiuse la chiamata prima che Dean potesse ribattere, sperando che non lo richiamasse.


***




Dean guardava le fiamme che si alzavano dalla fossa. Le fissava come se si aspettasse di poter vedere qualcosa attraverso di esse. Una Banshee.
Sapeva che non si trattava di un fantasma e il corpo bruciato di Killian O'Reilly non avrebbe fermato quelle morti.
Torniamo a casa, questo figlio di puttana ha finito di seminare cadaveri” disse Blake, distogliendo lo sguardo dal fuoco e avviandosi, sacca in spalla, verso l'Impala.
John lo seguì, incitando Dean a fare altrettanto, ma il ragazzo non si mosse “Non possiamo aspettare almeno fino a domani? Giusto per assicurarci che la teoria di Amethyst fosse sbagliata”.
Blake lo guardò accigliato “Non ho intenzione di dare retta ad una ragazzina” disse lanciando la sacca nel sedile posteriore dell'auto. Era visibilmente irritato, ma più di ogni altra cosa, Blake si era reso conto che sua figlia stava per intraprendere la sua stessa strada e non lo avrebbe mai voluto. Si maledisse per averle rivelato ogni cosa del mondo soprannaturale, si maledisse per non averla protetta come avrebbe dovuto fare.
Dean serrò la mascella, facendola scattare appena “Quella ragazzina è tua figlia e onestamente, Blake, credo più alla sua teoria che alla tua” disse risoluto.
Blake non ebbe modo di rispondere. Un urlo agghiacciante squarciò l'aria calda e umida e l'uomo si accasciò a terra, tappandosi le orecchie.
Dean e John lo guardarono straniti “Fatelo smettere” grido Blake che sembrava stesse per impazzire. John e Dean non sentivano niente e cercarono di far alzare Blake che, nel frattempo, aveva iniziato a sanguinare dalle orecchie gridando che era insopportabile, pregandoli di far cessare quelle grida.
Fu allora che Dean la vide. Era una figura femminile che sembrava fatta di nebbia.
I lunghi capelli scuri svolazzavano nell'aria facendo somigliare le ciocche a dei tentacoli. Aveva gli occhi rossi e la bocca aperta in un grido che lui non poteva sentire.
La banshee si avvicinò a Blake e il suo pianto disperato si fece sempre più forte, più acuto e l'uomo iniziò a sbattere la testa sulla lapide, impazzito.
D'improvviso, la figura si dissolse in un'effimera nebbia scura. L'ultima cosa che Blake vide fu Dean, il respiro leggermente affannato, la mano che stringeva un pugnale d'oro. Poi svenne.
Arrivarono a Cutler Bay nella metà del tempo. Dean e John trascinarono Blake, ancora privo di sensi, dentro casa e lo adagiarono sul divano.
Papà!” gridò Amethyst, correndo giù per le scale fino ad arrivare al capezzale del padre. “Starà bene” la rincuorò Dean posandole una mano sulla spalla.
Con dolcezza, Amethyst lo ripulì dal sangue ormai rappreso e Blake aprì lentamente gli occhi, sorridendole “Mi dispiace. Se non fosse stato per te e per Dean, ora non sarei qui. Grazie. Ad entrambi”. Amethyst trattenne le lacrime, si fece forza e sorrise al padre, mettendo da parte il suo stupido orgoglio esattamente come lui aveva appena fatto “Perché ha attaccato te? Le banshee maligne cacciano solo chi è vulnerabile” mormorò, accarezzando il volto stanco del padre. Blake la guardò sorpreso, quella ragazzina sapeva evidentemente più cose di lui “Forse perché pensavo a te e a tutto il male che ti ho fatto” ammise e Amethyst non riuscì a trattenere più le lacrime. Abbracciò suo padre dicendogli che andava tutto bene. Sembrava quasi che i ruoli di figlio e genitore si fossero invertiti.


***




Posso entrare?” Amethyst annuì senza sollevare lo sguardo dalle proprie dita che si stavano torturando le une con le altre e Dean le si sedette accanto “Lo faresti felice se andassi a quel ballo” disse.
La ragazza sorrise amaramente “È solo uno stupido ballo” mormorò appena, gli occhi ancora fissi sulle dita.
Dean si schiarì la voce “Sì, è vero: è solo uno stupido ballo. Ma significa vita normale e tuo padre desidera che tu abbia una vita il più normale possibile. Potresti pentirtene, sai?
Amethyst sollevò finalmente lo sguardo verso di lui. Quegli occhi verdi la perforarono per l'ennesima volta, ma non si lasciò intimorire da essi, le piaceva guardarli “Perché lo pensi?” chiese abbracciandosi le ginocchia.
Dean sospirò, si morse appena l'interno della guancia e strizzò gli occhi per qualche istante. Ciò che stava per rivelarle, non lo aveva mai detto a nessuno “Perché io me ne son pentito” fu come liberarsi di un peso “Avevo più o meno la tua età e mi trovavo in una tenuta per ragazzi...difficili. Conobbi una ragazza e le promisi di andare al ballo con lei, ma proprio quella sera mio padre tornò a prendermi. Scelsi di andare con lui perché volevo seguire la mia famiglia e non mi pento di questo, ma ci sarei voluto davvero andare a quel ballo*” concluse.
Amethyst si umettò le labbra e sorrise quasi impercettibilmente “Una tenuta per ragazzi difficili?” domandò in tono canzonatorio “Una sola parola con qualcuno e ti ammazzo, intesi?” rispose Dean in tono fintamente minaccioso, prima di scompigliarle i capelli “E poi quell'idiota di Sammy ha assicurato alla vostra professoressa che io avrei fatto da chaperon, quindi vedi di andarci a quel ballo, non ho intenzione di andare lì con la consapevolezza che quella di mio fratello sia l'unica faccia conosciuta”.
Amethyst rise e Dean fece per andarsene “Dean?” lo richiamò la ragazza. Lui si voltò “Dimmi tutto, scheggia” disse con un sorriso. Amethyst andò ad abbracciarlo “Grazie” disse in un sussurro “Per cosa?” chiese lui confuso.
La bionda sospirò, liberando Dean da quella dolce morsa “Per aver salvato mio padre. Sei un eroe...il mio eroe” disse arrossendo un poco.
Dean fece un largo sorriso “Ho semplicemente mantenuto la mia promessa” disse per poi abbandonare la stanza.


***




Amethyst ancora non riusciva a credere al fatto di aver ceduto: stava per andare al ballo scolastico.
Aveva indossato l'abito regalatole dal padre, raccolto i capelli in una elegante ma semplice treccia e indossato delle scarpe tacco dodici con le quali avrebbe sovrastato praticamente chiunque, eccetto forse Troy Acosta.
Amethyst, vuoi muoverti?” la voce impaziente di Alice che proveniva dabbasso la fece sbuffare “Arrivo, arrivo!” esclamò scendendo le scale.
Oh porca troia! Sei uno schianto vestita da donna” Lucas si beccò uno sguardo truce da parte di Blake e della sua stessa amica “Un altro commento del genere e di cavo un occhio con il tacco” commentò lei acida.
Sam le sorrise, impacciato nel suo smoking affittato nel negozio del centro “Sei bellissima” disse.
Un commento senza dubbio più gentile di quello di Lucas. Amethyst lo ringraziò e sorrise raggiante, arrossendo e scostando un ciuffo ribelle dietro l'orecchio sinistro “Andiamo, prima che cambi idea!” disse spintonando gli amici, compreso Dean, verso la porta d'ingresso.
Passarono la serata a ballare tutti insieme, eccetto Dean che se ne stava dietro il banco del punch - rigorosamente analcolico - con aria annoiata, fino a quando non arrivò il momento di annunciare il Re e la Reginetta del ballo.
Judith Pearson, fasciata in un troppo stretto abitino color rosa confetto, sorrideva incessantemente tenendo gli occhi fissi sulla coroncina. Era sicura di vincere e strinse - anzi, stritolò - la mano di Troy il quale aveva ripiegato su di lei dopo il rifiuto di Amethyst.
“...e il Re del ballo è...Troy Acosta!” annunciò la professoressa James al microfono, sfoderando un finto sorriso.
Troy venne incoronato, nessuno si sorprese di tale nomina, come se fosse già stato scritto nelle stelle.
La Reginetta di quest'anno è...rullo di tamburi...Amethyst Dalton!” un altro sorriso forzato, un boato assordante e il braccio di Amethyst stritolato da Alice scandirono quel momento.
Con fare annoiato, Amethyst si diresse sul palco, si lasciò incoronare e accettò con aria passiva lo scettro. Tuttavia l'espressione sconfitta di Judith bastò per farla sentire decisamente meglio.
Sulle note di “I don't want to miss a thing” degli Aerosmith, il Re e la Reginetta - con gran disappunto di quest'ultima - diedero il via alle danze.
Già a metà della prima strofa, Amethyst abbandonò Troy in mezzo alla pista, si avvicinò ai tre amici e iniziò ad intonare a squarciagola quella canzone che tanto amava, anche se non lo avrebbe mai ammesso a nessuno.
Ballarla con Troy sarebbe stato un vero spreco.
Hey Reginetta, ti va di ballare?”, aveva provato un brivido nel sentirsi sfiorare la spalla, come se il suo corpo avesse percepito che a sfiorarla fosse stato Dean.
Rise appena, Amethyst, la corona storta sui capelli biondi, ma non poteva dire di no ad un ballo con Dean Winchester, non sulle note di quella canzone.
Sei davvero bellissima, scheggia” le disse lui con un sorriso. E Amethyst si sarebbe potuta perdere in quel momento per sempre**.







Note dell'autrice: * fa riferimento alla puntata 9x07, Bad Boys.
** la frase è un riferimento alla canzone degli Aerosmith che da il titolo al capitolo.
Spero comunque che vi piaccia. Grazie a tutti quelli che decidono di leggere queste storie!  

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Capitolo 5
*** Cherry Pie ***


Cerry Pie




Umabel sospirò e osservò a lungo le Porte del Paradiso nello stesso modo in cui le aveva osservate la prima volta che le aveva viste così da vicino, ovvero quando Gabriel se ne era andato.
Ancora una volta le guardò come se volesse che si dissolvessero, poi decise di non perdere più tempo e di varcarle forse per l'ultima volta.
Qualcosa gli diceva che non sarebbe più tornato a casa. Proprio come Gabriel.

La ricerca del tramite, non fu delle migliori. L'ultima volta - nonché la prima - ad avergli detto “sì” era stato un barbone ubriaco e l'Angelo non ci teneva particolarmente a ripetere l'esperienza dato che gli serviva qualcuno che non venisse allontanato a causa del proprio aspetto.
Si era ritrovato a pensare che gli Umani tanto amati da suo Padre, spesso e volentieri, erano proprio crudeli e superficiali.

Quella volta invece trovò il consenso in un giovane e umile avvocato di Tallahassee, un vero e proprio paladino della giustizia che combatteva con vigore per le cause dei meno fortunati.
Poi, ironia della sorte, si recò a Winchester, nell'Ohio, perché le sue ricerche lo avevano portato fino a lì.

Si sedette al bancone della tavola calda.
Era a disagio, motivo per cui la cameriera lo guardò con aria stranita prima di chiedere - con un sorriso di circostanza sulle labbra lucide di gloss - cosa volesse ordinare. L'Angelo si schiarì la voce e allentò il nodo della cravatta dalle improbabili fantasie floreali del suo tramite.
Quello che ha preso lui” disse indicando l'uomo alla sua sinistra. La ragazza sorrise “Arriva subito” disse prima di sparire per qualche istante.
L'uomo piegò le labbra in un sorriso divertito prima di prendere un boccone della sua torta di ciliegie “Hai deciso di dedicarti ai piaceri della vita, Mabe?” disse ridacchiando.
Umabel fece un sorriso tirato alla cameriera che gli porgeva la torta di ciliegie e il succo di mirtilli. Si sistemò la giacca goffamente e si passò una mano sul volto stanco. I suoi occhi avevano un'aria triste “Non sei più tornato” mormorò spezzando con la forchetta la punta della fetta di torta.
L'altro sospirò posando con lentezza la forchetta. Si voltò a guardarlo e umettandosi le labbra abbassò lo sguardo “Mabe...” mormorò prima di essere interrotto da Umabel “Mi hai abbandonato Gabriel” disse in un sussurro, afferrandogli la mano e facendolo sobbalzare appena.
Gabriel non si mosse, rimase immobile con lo sguardo basso, forse divorato dai sensi di colpa.

Aveva abbandonato Umabel, aveva abbandonato tutti i suoi fratelli.
Umabel lasciò scivolare la mano e abbassò lo sguardo a sua volta. Gabriel non era l'unico ad aver abbandonato i suoi fratelli.
Sei qui per caso?” chiese l'Arcangelo prima di ridere della sua stessa domanda. Conosceva bene la risposta: suo fratello non era lì per caso.
Era ovvio che Umabel avesse un piano o almeno parte di esso, non era totalmente sprovveduto ed era sceso sulla Terra - per la seconda volta in tutta la sua lunghissima esistenza - perché era riuscito a trovare Gabriel e questo il più giovane degli Arcangeli lo sapeva piuttosto bene.
Come mi hai trovato?” chiese decidendo che quella potesse essere senza dubbio una domanda migliore, la cui risposta gli sfuggiva.

Umabel, in silenzio, assaggiò la torta di ciliegie. Non sentiva nessun sapore, non sapeva che sapore avesse una torta di ciliegie, né il succo di mirtillo, né nessun'altra cosa. Avrebbe potuto aggiungerlo alla lista “cose da invidiare agli umani”. Ed era una lista davvero lunga.
Umabel, tra le altre cose, invidiava il fatto che gli umani sapessero godersi le piccole cose, come una torta, ma loro, gli angeli...loro non potevano godersi niente.
Non potevano provare niente.

Buttò giù un secondo boccone, poi si voltò, guardandolo negli occhi per la prima volta dopo tanto tempo. Il tramite di Gabriel aveva un volto buffo, ma di aspetto gradevole e Umabel si ritrovò a sorridere. Provò una strana sensazione agli occhi che iniziarono a pizzicargli. Si erano fatti lucidi e in quel momento si sentì davvero umano “Non è stato difficile. Non ti vedo da millenni ma riconosco il tuo senso dell'umorismo, sebbene si sia adattato ai tempi” disse ridendo appena.
Gabriel non represse un sorriso divertito, non avrebbe nemmeno fatto in tempo se lo avesse voluto “Anche se ci ho messo parecchio tempo” continuò Umabel e l'Arcangelo rise appena “Ci hai messo millenni!” lo canzonò e Umabel lo guardò con aria colpevole “Solo qualche anno” ammise. Improvvisamente si sentì in colpa per non averlo cercato subito, per non essergli stato accanto e non averlo aiutato ma quando Gabriel aveva deciso di scappare, Umabel non aveva capito quanto suo fratello avesse bisogno di aiuto. D'altronde Gabriel non lo aveva mai chiesto, se ne era andato e basta.

Con evidente imbarazzo afferrò il proprio bicchiere e bevve un sorso del succo di mirtillo. Percepì il fresco della bevanda, ne sentì la consistenza, ma il sapore continuava a non sentirlo. Guardò il liquido scuro come se dentro potesse trovarci delle risposte e Gabriel sospirò “Ti ci abituerai col tempo. Sempre se rimarrai. In quel caso perché non ti cerchi un tramite più carino?” disse senza mai lasciare da parte il suo umorismo. Umabel abbassò il capo per guardarsi e si toccò il viso come per ricordare che aspetto avesse il suo tramite “In effetti non mi sento a mio agio qui dentro. E vorrei che continuasse a fare il suo lavoro: è un avvocato che aiuta i più bisognosi” spiegò mentre con la forchetta torturava la fetta di torta. Gabriel fece uno strano sorriso “Si chiama Matt Murdock?” domandò ridacchiando. Umabel lo guardò con aria spaesata, aggrottando le sopracciglia “No, si chiama Joshua Robertson” rispose con serietà. L'Arcangelo scoppiò a ridere sotto lo sguardo interrogativo del fratello “Roba da Umani” spiegò il maggiore e Umabel fece un dolce sorriso che si spense alle successive parole del fratello “Sai che non posso aiutarti, vero?” gli disse.
Lo sguardo di Umabel si rabbuiò “Quindi Dean Winchester continuerà a fare la vita del Cacciatore?” domandò. La voce era flebile e ben poco si addiceva alla mole del suo tramite. Ancor meno a quella della sua Grazia che Gabriel era perfettamente in grado di vedere.
Gabriel si strinse nelle spalle “Non lo so e non lo sai nemmeno tu. Veglia si di lui, Mabe. Veglia su tutti i tuoi protetti” disse. Avrebbe tanto voluto dirgli di non commettere il suo stesso errore e di non scappare, ma era troppo codardo anche solo per ammettere che il suo era stato uno sbaglio. Non lo ammetteva nemmeno a se stesso.

Umabel rimase a fissare gli occhi ambrati del fratello in silenzio. Si sentì immensamente solo nel rendersi conto che non avrebbe potuto seguire Gabriel ora che non si sentiva più a casa in Paradiso.
Annuì mestamente e ancora una volta la tristezza lo pervase “Ora devo andare, ma tornerò a trovarti se lo vuoi” disse prendendo una banconota da venti dollari e posandola accuratamente sul bancone. Gabriel sorrise “Ti aspetterò, Mabe” disse e fu una di quelle rare volte in cui non usò il suo sarcasmo. Umabel si alzò e prese un grosso respiro, restio a salutare il fratello ritrovato. Lo guardò, registrò ogni più piccolo particolare del suo nuovo tramite e poi si voltò salvo per fermarsi ancora una volta “Mi sei mancato, Gabe” disse prima di andarsene.
Gabriel rimase a fissare il vuoto lasciato dal fratello per alcuni istanti “Anche tu, Mabe. Anche tu” mormorò tra sé e sé consapevole che Umabel non potesse sentirlo.

Per quel giorno era stato troppo sentimentale, mise da parte l'Arcangelo, tirò fuori la sua non più tanto nuova natura di Trickster amante dei dolci e finì la torta di ciliegie lasciata da suo fratello.

2001

 

La musica era assordante. Amethyst e Alice si agitavano sui sedili dell'auto che sfrecciava a velocità moderata verso Amity, in Arkansas.

A nulla sembravano servire le suppliche di Lucas di abbassare il volume. Era il loro secondo giorno di viaggio e l'abitacolo della Ford Mustang Cobra Jet del '69 - rigorosamente di seconda, forse anche terza, mano - che Blake aveva regalato a sua figlia per il suo diciottesimo compleanno, era stato ininterrottamente riempito da musica rock a tutto volume. Di conseguenze le orecchie di Lucas non avevano avuto un attimo di tregua “Ma almeno mi avete sentito? chiese dopo l'ennesima supplica, affacciandosi tra i due sedili anteriori. Con quella domanda il ragazzo peggiorò la situazione perché le due amiche iniziarono a cantare a squarciagola.
 

 

She's my cherry pie
Cool drink of water such a sweet surprise
Tastes so good make a grown man cry
Sweet cherry pie oh yeah

She's my cherry pie
Put a smile on your face ten miles wide
Looks so good bring a tear to you eye
Sweet cherry pie yeah*


 

Lucas si afferrò ai sedili, lo sguardo spiritato, anzi, terrorizzato dritto verso la strada “Ame, potresti andare più piano?” chiese, rendendosi conto che la voce gli tremava. La bionda rise, continuando a cantare, incurante di tutto, insieme a Alice. Agitò le braccia e Lucas si sentì il cuore in gola “Le mani sul volante!” strillò, rifilando un'occhiataccia alla spericolata autista “Oddio, ti prego, guarda la strada” piagnucolò infine, sistemandosi gli occhiali sul naso.

Amethyst rise, gettando appena la testa all'indietro, ma obbedì all'amico: mani sul volante, sguardo sulla strada. Alice si premurò invece di abbassare il volume e, ancora scossa dalle risate, si voltò verso l'amico “Sei la voce della nostra coscienza. Il nostro Grillo Parlante. Grazie di esistere” disse allungando una mano per afferrargli una guancia.
Lucas si scostò da quel tocco, apparentemente infastidito e sbuffò “Ricordatemi perché stiamo sprecando il nostro primo week-end libero dalla scuola per andare in una cittadina di settecento abitanti” si lamentò, sprofondando sul sedile della macchina.
Alice fece un largo sorriso “Perché Amethyst vuole posare nuovamente gli occhi sul culo di Dean Winchester” disse in tono eccitato. Si beccò un leggero pugno sul braccio da parte dell'amica, le cui guance si erano colorate appena perché in fin dei conti quella di Alice non era propriamente una bugia.
Lucas ridacchiò appena e stuzzicò Amethyst piantandole poco delicatamente un dito nella guancia destra che lei scostò malamente “Voglio solo riabbracciare dei vecchi amici che non vedo da un po'” puntualizzò stizzita. La presa sul volante si fece più salda, tanto da far sbiancare le nocche, ma né Alice, né Lucas parvero accorgersene “Sì, certo, ma vuoi riabbracciare soprattutto Dean. Ti capisco, sai? È così sexy!” ribatté prontamente con aria sognante.

Lucas tornò a posare le spalle sullo schienale del sedile, incrociò le braccia al petto e sbuffò “Non capisco cosa ci troviate in uno come lui. Non mi sembra poi tanto diverso dai Troy Acosta” disse osservando il paesaggio che fuori dal finestrino scorreva veloce.
Amethyst lanciò un'occhiata allo specchietto retrovisore, reprimendo una risata nel vedere l'espressione imbronciata dell'amico “Può sembrarlo all'apparenza, ma è totalmente diverso da quel coglione. Tu non lo conosci come lo conosco io” disse come a rassicurarlo.

Amethyst pensava davvero quelle parole: Dean Winchester si comportava spesso da idiota, non stava mai con la stessa ragazza per più di una settimana e faceva il duro, ma aveva quello che si poteva definire un cuore d'oro, era coraggioso, divertente e persino intelligente anche se tendeva a non mostrare troppo quel suo lato di sé.

Mezzora dopo arrivarono finalmente a destinazione.
La Mustang era sul punto di rallentare nei pressi di un motel, ma non appena Amethyst vide la figura di suo padre troppo intenta a cercare di guardare nell'abitacolo della macchina, accelerò nuovamente e alzò il volume della musica come se questa potesse effettivamente nasconderla da lui “Cazzo, cazzo, cazzo” disse a denti stretti mentre si faceva sempre più piccola contro il sedile.

Alice la guardò accigliata, si voltò verso il parcheggio del motel dove vide Blake Dalton salire in fretta e furia sul suo pulmino bicolore, poi tornò a guardare l'amica “Ci stai dicendo che tuo padre non sapeva niente di questa piccola innocente gita?” chiese in tono sarcastico, ormai consapevole che quella gita, con tutta probabilità, non aveva proprio niente di innocente.

Lucas si lasciò sfuggire un lamento, portandosi una mano alla fronte in un gesto abbastanza disperato: Blake Dalton gli metteva addosso una paura fottuta, forse a causa della sua mole o forse a causa del suo sguardo perennemente duro o forse, e molto più probabilmente, a causa di entrambi.
Amethyst guardò dallo specchietto retrovisore il pulmino che si avvicinava sempre di più e accostò, fermando finalmente l'auto.
Sospirò, tenne le mani strette sul volante e posò la testa contro di esso, mormorando delle scuse agli amici mentre saliva l'ansia crescerle nel petto.
-Sono una tale cogliona- si ripeté mentalmente più volte. Sapeva che ci sarebbe stato suo padre, sapeva anche che si sarebbe arrabbiato nel trovarsela lì, ma nel momento in cui prese l'infelice decisione di partire per Amity, andare contro suo padre e rischiare la sua ira non le sembrava una prospettiva così terribile se quello voleva dire poter rivedere Dean Winchester.
Voi state zitti” disse ai due amici, mentre scendeva dall'auto.

Non fece in tempo a fare nemmeno un passo che suo padre era già di fronte a lei, furente di rabbia “Volevo solo salutare i ragazzi” si affrettò a dire lei, esibendo il suo miglior sorriso. Blake serrò la mascella e si passò una mano sul viso: era evidente che stesse trattenendo la sua rabbia “Sali sulla tua auto e vai immediatamente al motel” disse in un sibilo prima di fare marcia indietro e salire sul pulmino bianco e blu che gli apparteneva da decenni.

Amethyst fece come ordinato e non appena Lucas cercò di parlare, lei lo zittì subito. Nei pochi chilometri che li separavano dal motel, nell'abitacolo regnò il silenzio più assoluto.


***




Amethyst era seduta sulla scalinata del motel, aveva le ginocchia al petto e il naso posato su una di esse mentre guardava le proprie mani afferrare la punta in gomma - un tempo bianca - delle sue Converse.

Hey, tutto bene?” Non si voltò nel sentire la voce di Lucas alle sue spalle, aspettò semplicemente che il ragazzo si sedesse accanto a lei “Alice è andata a comprare la cena. Patatine fritte incluse” la informò lui mentre prendeva posto.
Amethyst si lasciò sfuggire una risata priva di allegria “Avete sentito l'animata discussione tra me e mio padre” non era una domanda, probabilmente li aveva sentiti chiunque nel raggio di due miglia e la bionda sapeva perfettamente che le patatine fritte servivano a tirarle su il morale.
Lucas si strinse appena nelle spalle e spostò lo sguardo dall'amica verso l'orizzonte: il sole era sparito dietro i palazzi colorando il cielo sgombro di nubi di svariati colori. “Tuo padre non può obbligarti ad iscriverti al college se non vuoi, ma ha reagito così perché ci tiene a te” disse il ragazzo, continuando a guardare davanti a sé.
Amethyst inarcò un sopracciglio e lo guardò come se pensasse che fosse davvero stupido “Grazie, Lucas! Non ci sarei mai arrivata se non fosse stato per te” disse ironica. I due giovani scoppiarono a ridere insieme e non appena Alice tornò dalla tavola calda, cenarono tutti e tre insieme sulle scalinate per volere di Amethyst.

Nella stanza del motel infatti, i Winchester e Blake stavano discutendo sull'ennesimo caso di caccia e Amethyst voleva che i suoi amici rimanessero all'oscuro di tutto, come era sempre stato.

Qualche ora dopo, Lucas e Alice, stravolti, si rintanarono nella camera tripla che avevano affittato mentre Amethyst decise di rimanere ancora un po' all'aperto.
Venne raggiunta da Sam che le propose di fare un giro nella cittadina. La ragazza accettò solo perché il minore dei Winchester le aveva detto che aveva delle novità.

Si sedettero in una panchina del piccolo parco deserto e Sam fece un enorme sorriso che rassicurò Amethyst tanto da farle tirare un sospiro di sollievo “Avanti, non tenermi ancora sulle spine se è così una bella notizia!” esclamò dandogli una lieve spinta.
Sam non attese oltre “Sono stato ammesso a Stanford” disse facendo congelare il sorriso sul volto di Amethyst che rimase in silenzio per alcuni minuti.
Sam la guardava come se la stesse supplicando di dire qualcosa “John e Dean lo sanno?” domandò lei.
Non erano le prime parole che Sam si era aspettato di sentire: si aspettava delle congratulazioni, un abbraccio condito dalla risata allegra tipica di Amethyst.
Ancora no” rispose finalmente lui, con lo sguardo basso.

Non si sentiva in colpa nei confronti della sua famiglia, non voleva sentirsi in colpa perché desiderava una vita normale.
Fece un verso stizzito per il nuovo silenzio dell'amica e si alzò dalla panchina “Tu sei fortunata! Vorrei un padre come Blake” disse allargando le braccia, visibilmente nervoso “Hai la possibilità di vivere lontana da tutto lo schifo che si portano dietro i Cacciatori e invece ti ci butti dentro a capofitto solo per metterti in mostra con Dean!
Gridò quelle parole con rabbia, forse perché una parte di sé provava invidia nei confronti di Amethyst che aveva un padre che teneva alla sua istruzione e che non la trattava come se fosse un soldato.

Amethyst si alzò di scatto dalla panchina e spintonò l'amico “Tu non hai capito proprio un cazzo. Credi sul serio che lo faccia per mettermi in mostra con Dean?” gridò a sua volta “E non dirmi anche tu cosa devo fare della mia vita. Non è affar tuo se non voglio andare al college e solo perché sai perfettamente che tuo padre si arrabbierà per la tua scelta, non devi prendertela con me” disse a denti stretti.
Sam rimase in silenzio ad osservarla, riprese fiato e si portò una mano ai capelli, tirandoli indietro “Non dire niente a Dean” disse in un tono che non ammetteva repliche.
Amethyst strabuzzò gli occhi per quella richiesta che aveva tutta l'aria di essere un ordine e poi rise amaramente “Sono molto tentata di farlo, ma non pugnalo alle spalle quelli che considero una famiglia” quella poteva sembrare una frecciatina e forse, almeno in parte, lo era.
Sam fece per parlare nuovamente ma Amethyst lo fermò con un gesto della mano “Non sono arrabbiata perché tu hai deciso di andartene e di vivere una vita normale. Sono arrabbiata perché ancora non ne hai parlato con tuo padre e tuo fratello. Più aspetti e più per loro sarà doloroso, ma a questo non ci hai pensato, vero Sam?” disse velenosa.
Non aspettò una risposta, tornò semplicemente al motel, da sola.

***




La luce debole della lampada illuminava le pagine del libro in cui, sino a pochi momenti prima, Alice era assorta. La testa della ragazza iniziò a ciondolare lentamente e lei si riscosse non appena il mento toccò il petto. Sbatté le palpebre più volte nel tentativo di mettere a fuoco ciò che la circondava e chiuse il libro posandolo poi sul comodino.

Assonnata diede un'occhiata fuori dalla finestra. Era notte fonda, fuori la strada era illuminata dai lampioni e dalla luce al neon tremolante dell'insegna del motel.
Assottigliò lo sguardo quando scorse nel parcheggio la figura di un grosso cane dal manto nero che sembrava contorcersi. Incuriosita si alzò dal letto e si avvicinò ala finestra per osservare meglio l'animale, ma d'improvviso quello si trasformò sotto i suoi occhi in un essere umano.

Alice urlò e cadde a terra, incespicando nelle sue stesse gambe. Il suo sedere non aveva ancora sbattuto sulla moquette verde scuro della stanza che Amethyst era già balzata in piedi.

Persino durante il sonno, la giovane Dalton rimaneva all'erta. Non era stato difficile per lei svegliarsi all'istante e mettersi subito in guardia, in fin dei conti ci era abituata. Anzi, si era allenata praticamente per tutta la vita, ma suo padre, ovviamente, non ne aveva la minima idea.

Da quel momento in poi successe tutto molto velocemente.
Amethyst, tra le mani, stringeva una pistola e si precipitò subito alla finestra mentre Lucas, svegliato anche lui dall'urlo di Alice, si mise a sedere sul letto “Che è successo?” chiese con voce impastata dal sonno, tenendo gli occhi chiusi.

Alice fissava la figura di Amethyst - in particolar modo la sua pistola, a dire il vero - intenta ad osservare fuori dalla finestra, ma le uniche cose che vide furono le auto dei pochi clienti del motel.
Si voltò quindi verso l'amica “Che cosa hai visto? Perché hai urlato?” chiese in tono concitato, avvicinandosi a lei, ancora in terra.
Alice deglutì a vuoto “Hai una pistola! Perché hai una pistola?” disse con voce tremante - e fu in quel momento che Lucas aprì finalmente gli occhi - ma Amethyst ignorò la sua domanda. “Dimmi che cosa hai visto” disse decisa “Chi è che ha una pistola?” Lucas parlò nello stesso momento, ma Amethyst lo zittì con un gesto della mano, continuando a guardare Alice negli occhi che, finalmente, iniziò a parlare.
U-un cane, ma poi è diventato un uomo. Me lo sono sicuramente immaginato” ridacchiò in maniera nervosa, alzandosi da terra e sfoderando un sorriso all'amica come a chiedere conferma delle ultime parole.
Perché Alice era fermamente convinta di essersi immaginata tutto, non poteva aver visto davvero una cosa simile.

Amethyst non parlò, si umettò le labbra e sospirò, scuotendo il capo. Rimase in silenzio alcuni istanti, poi si avviò alla porta “Voi rimanete qui” ordinò uscendo dalla stanza, ancora scalza e con indosso ciò che aveva usato per dormire.
Hey! Perché hai una pistola?” la voce di Alice le arrivò ormai lontana e non sentì le parole di Lucas “Amethyst ha una pistola?”.

Amethyst bussò nelle camere occupato da suo padre e da John, Dean e Sam “Skinwalker” disse semplicemente non appena tutti i Cacciatori le furono di fronte.
Lucas e Alice si affacciarono dalla loro stanza “Che cos'è uno Skinwalker?” chiesero all'unisono “E perché hai una stramaledetta pistola?” aggiunse Alice, sull'orlo di una crisi isterica.
Amethyst chiuse gli occhi, consapevole che stava per trascinare i suoi migliori amici in un mondo orribile, quello reale che loro avevano visto solo nei film horror.

***




Alice, seduta sul letto, guardava davanti a sé. Non vedeva per davvero Blake Dalton e non sentiva nemmeno ciò che le stava chiedendo insistentemente da almeno cinque minuti.
Che aspetto aveva il cane?” nessuna risposta, la ragazza era sotto shock.
Hey ragazzina!” sbottò l'uomo, schioccandole le dita davanti al viso. Amethyst si mise tra loro, scacciando via il padre e sorridendo all'amica.
Le prese il viso tra le mani con delicatezza “Alice, che cane era quello che hai visto? È importante che tu me lo dica” disse in tono dolce, sotto lo sguardo attento, ma confuso, di Lucas.
Anche lui, come Alice, non si capacitava di ciò che era appena venuto a sapere: i mostri erano reali. Tutti i mostri con cui lui era fissato a causa dei suoi amatissimi film horror erano reali. Anzi, quelli reali erano persino di più.

Alice sbatté le palpebre e mise finalmente a fuoco Amethyst “Era nero. Un pastore belga nero” mormorò.
Amethyst annuì e le sorrise di nuovo “Bravissima. E l'uomo che aspetto aveva?” chiese.
Alice deglutì a vuoto e prese un grosso respiro prima di concedersi il lusso di rispondere, tanto che Blake e John cominciavano a spazientirsi “Era molto alto. E ben piazzato. I capelli erano scuri e aveva un tatuaggio nella schiena, ma non sono riuscita a capire cosa fosse” disse, sorprendendosi di se stessa per tutti quei particolari che non credeva neanche di aver visto.
Amethyst le schioccò un bacio sulla fronte “Sei stata fantastica” le disse regalandole poi un largo sorriso. Alice rispose al sorriso con uno più tirato e insicuro: era sull'orlo della lacrime e Amethyst la guardò come se la stesse implorando di non piangere.

John Winchester caricò la propria pistola con proiettili d'argento e lo stesso fece Blake Dalton prima di voltarsi verso sua figlia con uno sguardo carico di rabbia “Tu rimani qui. E non voglio sentire storie” ma Amethyst era già pronta a ribattere.
Fu Dean a fermarla, posandole una mano sulla spalla con ferrea dolcezza, le porse alcuni proiettili d'argento e sospirò, ricercando il suo sguardo che lei prontamente sollevò su quello del ragazzo “Hey, perché tu e Sam non rimanete qui? Quel bastardo potrebbe sempre tornare da queste parti” e quel sorriso che le rivolse per lei fu annientamento ed estasi al contempo.
Ricambiò il sorriso con uno che sapeva di amara sconfitta, ma sapeva benissimo perché Dean le avesse detto quelle parole. C'erano tanti motivi dietro e Amethyst li sapeva tutti.

Quando i tre cacciatori più grandi uscirono dalla stanza armati delle loro pistole, tra quelle quattro pareti calò un silenzio assordante se non fosse per i bisbigli di Alice e Lucas. Sam, pistola alla mano, guardava fuori dalla finestra all'erta, pronto a scattare nel caso lo Skinwalker si fosse fatto vivo.
Alice e Lucas fissavano invece Amethyst con quello sguardo che lei non avrebbe mai voluto vedere sui loro volti. Vi era paura, sgomento e persino un velato ribrezzo che lei percepì comunque. I due si scambiarono uno sguardo, annuirono e poi si avvicinarono a lei. Alice la guardò con fermezza, Lucas con una nota di tristezza in quegli occhi che erano sempre stati vivaci.

Noi torniamo a casa, c'è un pullman circa un'ora”. Fu Alice a parlare, la voce appena tremante che faceva percepire quella paura che l'aveva avvolta. Paura di quello strameledetto Skinwalker, paura delle bugie, paure della stessa Amethyst.

La giovane cacciatrice guardò l'amica con occhi sgranati, confusa o forse impaurita da ciò che lo sguardo di Alice, così come quello di Lucas, lasciava trapelare “Posso accompagnarvi io domani mattina” disse e la voce le uscì meno sicura di come avrebbe voluto.
Alice fece un cenno di diniego col capo e non aggiunse una parola, si voltò semplicemente verso Lucas, il quale annuì nuovamente prima di fare un cenno di saluto ad Amethyst e a Sam e uscire insieme ad Alice dalla stanza del motel per dirigersi nella stanza che avevano affittato insieme a recuperare i bagagli.
Amethyst rimase sulla soglia della porta ad osservare le figure dei due amici prima di scorgere una figura nera che avanzava veloce verso di loro.
Con uno scatto fulmineo, Amethyst raggiunse i suoi amici, seguita da Sam, e allontanò Alice con una spinta, facendola cadere per terra. Cadde a terra a sua volta, sovrastata dal pastore belga nero che riuscì a graffiarle la spalla, facendola gemere di dolore. Non sentì le grida di Alice, troppo intenta a cercare di recuperare la propria pistola, scivolatale di mano, non sentì nemmeno lo sparo con il quale Sam aveva mancato di poco lo Skinwalker, ma seppur dolorante riuscì a prendere la propria pistola e sparare un colpo al fianco dell'animale che le cadde addosso, nuovamente in forma umana.
Alice gridò di nuovo, Lucas era al suo fianco e Sam aiutò Amethyst a scrollarsi di dosso lo Skinwalker ormai privo di vita.

***




Erano tutti nella stessa stanza. John, Blake e Dean erano tornati dopo che Sam li aveva chiamati dicendo loro che Amethyst era riuscita ad uccidere lo Skinwalker.
Dean le aveva sorriso e l'aveva stretta a sé stando bene attento a non toccarle la ferita alla spalla. Si complimentò con lei, dicendole di essere orgoglioso, ma quel sorriso appena accennato di Amethyst gli fece capire che c'era qualcosa che non andava.
Solo in un secondo momento Dean capì del perché dell'umore nero dell'amica.

Come ho detto, noi torniamo a casa. Il pullman passerà tra poco”. La voce gelida di Alice lasciava poco spazio ad altre interpretazioni che non fossero quella reale. Era arrabbiata, sconvolta, spaventata. Spaventata da ciò che celava il buio, spaventata da quell'amica che conosceva da una vita ma che, alla fine dei conti, non conosceva affatto. Forse non poteva nemmeno definirla amica.
Alice, aspetta...” fu il tentativo di Amethyst di fermarla, trattenendola per un braccio che la mora ritrasse subito.
No, Amethyst! Basta! Hai idea di quello che ho passato stanotte?” e per quanto Amethyst sapesse che quella era una domande retorica, combatté con se stessa per non risponderle.
Perché lei, quello che l'amica aveva passato quella notte, lo viveva da quando era una bambina. Ma Amethyst rimase in silenzio, guardando l'amica con una tristezza negli occhi che di rado, per non dire mai, le apparteneva.
Lucas non disse una parola, guardò Amethyst deglutendo a vuoto, poi cinse le spalle di Alice con un braccio e abbandonarono la stanza, diretti alla stazione dei pullman.

Amethyst, ancora una volta, li guardò allontanarsi, rimanendo sulla soglia della porta. Sobbalzò appena quando Dean le sfiorò il braccio con delicatezza “Vieni, medichiamo questa ferita, che ne dici?” Amethyst annuì, si richiuse la porta alle spalle e si sedette sul letto, accanto a Sam. Il ragazzo aveva il capo chino, era stanco e provato da tutto quello.
In parte immaginava cosa stesse passando Amethyst in quel momento, ma la sua mente era ormai invasa da un unico pensiero: come dire a suo padre e a suo fratello dell'ammissione a Stanford.
Si era chiuso in se stesso e nemmeno si rese conto di quando Blake rimproverò Dean con tono tutt'altro che bonario quando il ragazzo si propose di medicare la ferita di Amethyst “Tieni le mani a posto, ragazzo. Ci penso io” Dean lo guardò perplesso, Amethyst sospirò contrariata, ma nessuno osò aggiungere altro, nemmeno John che lanciò uno sguardo ammonitore al figlio maggiore, prima di posarlo curioso e indagatore su Sam.

I Winchester si spostarono nella camera adiacente, lasciando Blake e Amethyst da soli.
Amethyst li aveva guardati allontanarsi con occhi quasi supplichevoli, aspettandosi una sfuriata del padre che però non avvenne.
Sei stata brava, questa sera. Ma sai che non cambierò mai idea” le disse prima di posarle un bacio sulla fronte.
Amethyst sorrise appena “Sì, ma al college non ci voglio andare comunque. Mi annoierei” mormorò, consapevole forse che sarebbe stata costretta a vivere l'avventura del college da sola. Aveva la sensazione che Alice e Lucas la mettessero da parte, che non avessero più intenzione di vederla.

Nemmeno la mattina dopo Amethyst sembrò trovare il sorriso, turbata da ciò che era successo e anche dal discorso fatto con Sam la sera precedente. Dean l'aveva osservata a lungo, immaginando cosa le passasse per la testa e con quel suo tipico fare scanzonato l'affiancò sorridendole “Hey, scheggia. Torta di ciliegie per colazione?”.
Solo in quel momento Amethyst ritrovò il sorriso, rivolgendone a Dean uno luminoso come era solita fare “Torta di ciliegie” affermò con la gratitudine nello sguardo. Anche nelle piccole cose Dean Winchester sapeva essere il suo eroe.







Note dell'autrice: * è il ritornello della canzone dei Warrant che da il titolo alla storia. E il riferimento continuo alla torta di ciliegie si rifà sempre a quello.

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Capitolo 6
*** Bad Company ***


Bad Company




Da quell'incontro in quella tavola calda con Gabriel, avvenuto circa due anni prima, Umabel non era più tornato in Paradiso, non era più tornato a casa.
Non lo sentiva più casa, dopotutto.
Si sentiva estraneo, distaccato, incompreso.
Più passavano gli anni più questo si faceva evidente.
Nemmeno Haziel gli era di conforto, colui che più di tutti avrebbe dovuto capirlo.
Sam Winchester, il suo protetto, soffriva tanto quando Dean. Soffriva in maniera diversa dal fratello maggiore, ma soffriva. Terribilmente.
Era anche capace di darlo a vedere maggiormente, dimostrando quel malessere che si portava dietro sin da quando era un bambino, ma Haziel non sembrava particolarmente turbato dalla cosa.
L'ultima volta che Umabel lo aveva visto, Haziel si era stretto nelle spalle, aveva accennato un sorriso e lo aveva guardato “È cosi che deve essere, quindi perché dovrei preoccuparmi?
Quelle parole avevano turbato Umabel nel profondo e solo successivamente si rese conto che furono proprio quelle - e non soltanto la spasmodica ricerca di Gabriel - a spingerlo a scappare, ad abbandonare quella casa che non era più un rifugio.
Dopo Gabriel altri angeli avevano abbandonato il Paradiso, nel silenzio più totale.
Lo sapevano tutti, ma nessuno ne parlava.
E quel Padre tanto venerato non era mai intervenuto, lasciandoli fare, lasciandoli al loro destino che scritto o meno sembrava sancire la loro fine. O meglio, la fine della loro eterna missione: salvare l'Umanità.
Con quei pensieri che gli affollavano la mente, confuso come mai era stato prima d'ora, spaventato come mai gli era capitato, Umabel andava da un tramite all'altro, sentendosi braccato.
Erano sulle sue tracce e si chiese perché tra tutti gli angeli che avevano lasciato il Paradiso, stessero cercando proprio lui.
Forse era vero che essere l'Angelo Custode di Dean Winchester era un ruolo importante, ma se non poteva proteggerlo per davvero che senso aveva stare appollaiato sulle nuvole ad osservarlo mentre egli soffriva?


2003




Ancora non ho capito perché ti sto permettendo tutto questo.
Nella voce di Blake Dalton, così come nel suo sguardo, c'erano tante cose. Amarezza, tristezza, ma anche uno sconfinato orgoglio e forse persino una punta di divertimento.
Perché ad individuare il problema sono più brava e più veloce di te.
Nella voce di Amethyst Dalton, così come nel suo sguardo, invece non vi era nient'altro che puro orgoglio.
Blake sorrise, ma si lasciò andare ad un sospiro che lasciava trapelare la sua rassegnazione.
Non si era ancora abituato al fatto che sua figlia lo accompagnasse durante la caccia, ma non poteva negare quanto fosse in gamba.
Era attenta, meticolosa, forte.
Negli anni precedenti non si era reso conto di quanto Amethyst si allenasse costantemente e Blake si chiese se non avesse dato la caccia a qualche mostro in solitaria o in compagnia di qualche altro cacciatore, magari Dean Winchester, senza renderglielo noto.
Non posso negarlo. Quindi abbiamo a che fare con degli Oni...Avremo bisogno di rinforzi.
Gli Oni - che apparivano come semplici umani a meno che non si presentassero nella loro reale forma con corna, artigli e un terzo occhio - erano creature potenti e scaltre, creature demoniache originarie del Giappone che presentavano più poteri e abilità che debolezze. Affrontarli in due sarebbe stato sciocco e inutile.
Amethyst sorrise, quella luce negli occhi a far capire al padre quanto lei si trovasse a suo agio in tutto quello, quanto non avesse paura.
Blake lo trovava disturbante in un certo senso. Avrebbe voluto che sua figlia seguisse orme differenti dalle sue, ma Amethyst era più testarda di chiunque altro avesse mai conosciuto, più testarda di lui e a niente erano serviti i rimproveri, le litigate, le preghiere per tenerla lontana da quel mondo ostile, pericoloso, mortale.
Se non altro lui era sempre lì, a guardarle le spalle, pronto a salvarla al primo pericolo.
Ho già chiamato i Winchester e Bobby Singer.
A quella affermazione, Blake inarcò entrambe le sopracciglia, sorpreso - anche se non avrebbe dovuto esserlo - dalla prontezza della figlia.
Sembrò persino divertito, perché se era sorpreso dal fatto che la figlia avesse già chiamato qualcuno per aiutarli, non si sorprese affatto di chi avesse chiamato.
Bobby Singer. E i Winchester, eh?
Perché Blake lo aveva sempre notato: quando c'erano i Winchester nei paraggi, Amethyst appariva sempre più allegra del solito.
Bobby è un genio e i Winchester sono i cacciatori migliori che conosciamo e hanno già affrontato degli Oni.”

***

Il rombo del motore dell'Impala di John Winchester era ancora inconfondibile.
Ma Amethyst non era più una ragazzina, non si sarebbe precipitata fuori per saltare in braccio a Dean Winchester.
Attese, mascherando l'emozione dietro un sorriso furbo sotto lo sguardo indagatore di suo padre.
Nemmeno quel bussare lento la fece balzare dalla sedia. Si alzò semplicemente con grazia, andando ad aprire per poi sorridere ai tre uomini che le si paravano davanti.
Bobby, con il suo cappellino calato in testa, l'aria burbera dietro la barba non troppo curata.
John, con lo sguardo vivido, il sorriso velato di tristezza che formava quelle fossette nelle sue guance.
Dean, con quell'aria di sicurezza, il sorriso sfrontato e gli occhi smeraldini. Ancora più bello dell'ultima volta che si erano visti.
Blake sbucò alle spalle della figlia e allargò appena le braccia, lasciandosi andare ad una breve risata che sapeva di speranza, confortato nel vedere quei volti conosciuti.
Mia figlia ha messo su proprio una bella squadra!” esclamò entusiasta.
Questo perché è più in gamba di te.
Bobby non si curò affatto di nascondere ciò che pensava mentre abbracciava Amethyst che, dal canto suo, se la rideva soddisfatta.
Ritiro quello che ho detto, questa è proprio una cattiva compagnia*.” ed era incredibile come la risata di Blake Dalton potesse mettere buonumore a chiunque, nonostante il suo essere burbero, perfino più di Bobby Singer, e incazzato per la maggior parte del tempo.
Poi Amethyst abbracciò brevemente John e infine Dean.
E come al solito si perse in quell'abbraccio, in quell'odore tipico di lui, di pelle, polvere da sparo e bagnoschiuma.
Hey, scheggia.
Dovresti smetterla di chiamarmi in questo modo.” si lamentò scherzosamente lei, sciogliendo l'abbraccio.
E Dean non poté fare a meno di guardarla.
La osservò come se volesse soppesare l'affermazione di lei e si rese conto che quel nomignolo che lui le aveva affibbiato quando era ancora una bambina, non le rendeva di certo giustizia.
In effetti...” mormorò con quel pizzico di ironia che raramente metteva da parte ma con una smorfia compiaciuta che gli fece guadagnare un lieve pugno sulla spalla da parte della bionda, che nascose prontamente il rossore che si era impadronito delle sue gote.
Perché Amethyst Dalton non era più una ragazzina, ma i sentimenti per Dean Winchester non si erano affievoliti col passare degli anni.

***

Il tavolino della stanza del motel era ingombro di bottiglie di birre vuote e appunti, ma Bobby Singer era molto più interessato a una foto che ritraeva un uomo sulla cinquantina dai capelli brizzolati e i lineamenti marcati “Siete sicuri si tratti di lui?” chiese.
Amethyst annuì con espressione seria e decisa.
Sì. Circa vent'anni fa Fred Wilkinson era in questa stessa cittadina. Anche allora si verificarono alcuni disastri, uno dietro l'altro. Ross era sulle sue tracce, lo aveva identificato.
Bobby inarcò un sopracciglio “Ross Clayton?
La bionda annuì nuovamente e non le sfuggì il sorriso sghembo di Bobby da sotto la folta barba.
E tu hai chiamato noi e non Ross?
Ross se lo è fatto sfuggire. Voi tre avete già affrontato e ucciso degli Oni. Nessuno prima di voi era mai riuscito nell'impresa.
L'orgoglio parve dilagare tra i tre cacciatori, specialmente nel più giovane.
Dean Winchester non aveva neppure compiuto 24 anni, ma era già riuscito laddove prima di lui tutti avevano fallito. Poteva permettersi di dimostrare quell'orgoglio in qualità di primo cacciatore ad aver ucciso un Oni. Dopotutto era grazie a lui se ora si sapeva come uccidere quelle creature: colpire il loro terzo occhio, posto appena sotto l'attaccatura dei capelli.
Affiancò la ragazza, posandole un braccio sulle spalle mentre sul suo volto si faceva spazio un sorriso strafottente “Allora, Blake, ancora convinto che siamo una cattiva compagnia?
Blake rise appena, sistemando alcuni fogli delle ricerche fatte da Amethyst “Sì. Tu soprattutto. Hai una cattiva influenza su mia figlia, Winchester. Era una bambina dolce e carina prima di conoscerti. E leva quel braccio da lì.
Dean sollevò le mani in segno di resa, Amethyst sollevò gli occhi al soffitto cercando di nascondere il fastidio provato per le parole di suo padre che per quanto dette in tono divertito, secondo lui rappresentavano la realtà.
Non poteva dare le colpe a Dean Winchester, il carattere che lei stessa sapeva essere a volte difficile, non glielo aveva di certo forgiato lui.
Amethyst Dalton era sempre andata per la sua strada, aveva sempre deciso da sola, a prescindere da Dean Winchester.
Forse è meglio concentrarsi sul caso.
John aveva dato voce ai pensieri di tutti. Non potevano perdersi in inutili chiacchiere e tutti sapevano che avrebbero dovuto agire in fretta.
Amethyst, sai perché è tornato proprio qui?
John Winchester non si perdeva di certo in chiacchiere, appunto, ed era uno dei motivi per cui Amethyst lo ammirava tanto, proprio come ammirava Dean e Bobby.
Anche suo padre era solito arrivare al punto quando si trattava di cacciare una qualche creatura maligna, ma quando c'era di mezzo Amethyst le emozioni prendevano il sopravvento sul resto, sin da quando era una ragazzina a cui non voleva dar retta anche quando aveva ragione.
Era sempre Amethyst, tra loro, che cercava di far rimettere in carreggiata il padre e lo faceva con fermezza tale che ormai lo stesso Blake aveva imparato ad assecondarla.
La sua prole. Il bastardo ha cinque figli.
La risposta della ragazza lasciò tutti sbalorditi, eccetto Blake che già sapeva.
E siamo certi di non voler chiamare qualcun altro per aiutarci? Sei Oni sono parecchi.
Nonostante la sorpresa, il tono di Bobby era calmo pur essendo fermamente convinto delle proprie parole, ma Amethyst gli rivolse un sorriso furbo e il perché di quel sorriso non tardò ad arrivare.
In realtà sono praticamente tre, il padre e due figli. Gli altri non hanno ancora completato la trasformazione, sono vulnerabili. Ma dobbiamo agire in fretta o rischiamo che Fred compia il rituale per rafforzarli. Io e papà abbiamo già individuato il loro covo, l'unica cosa da fare è ucciderli. Ho già procurato dell'agrifoglio per tutti, così non ci influenzeranno e in caso non riuscissimo a farli fuori, ho preparato tutto l'occorrente per il rituale con i semi di soia per bandirli dalla città. Ma siamo una bella squadra, no? Li uccideremo. Basta iniziare dalla prole.
Bobby emise una risata di gola e John, volgendo uno sguardo divertito a Blake, sembrò dare voce ai pensieri dell'amico.
Se ammazziamo prima la prole, indeboliamo lui, hai ragione! Tua figlia è per davvero più in gamba di te.” asserì.
Blake sbuffò, allargando le braccia e per quanto odiasse che sua figlia avesse intrapreso quella strada, decidendosi di non iscriversi al college come invece lui avrebbe voluto, era davvero orgoglioso di lei “Lo so, lo so! Da quel caso con la banshee ho imparato ad ascoltarla.

***

Umabel si era rifugiato nell'ennesimo tramite. Una giovane donna che non aveva più nulla da perdere, che non aveva più nessuno.
Il Custode aveva provato compassione per lei, morente e sola e lei, con un sorriso, aveva detto sì, dandogli il permesso di controllare il suo corpo perché almeno in quel modo avrebbe avuto una missione, una causa da portare avanti. D'altronde Umabel le aveva detto che il suo compito era quello di proteggere una persona molto importante per l'intera umanità, perché era questo che il giovane Dean Winchester, nel cuore dell'angelo, era destinato ad essere.
Ma la donna si lasciò morire poco dopo, dando a Umabel il controllo totale del corpo per sempre.
Aveva sentito una strana sensazione. Ormai, dalla nascita di Dean Winchester ventiquattro anni prima, provava emozioni di continuo, in grado di sconvolgerlo. O sconvolgerla.
Doveva ammettere che si sentiva più a suo agio in quel tramite ma aveva comunque sentito dolore, un dolore profondo avvolto da tristezza e ancora non si era abituata a tutto quello quando un'ondata di paura e sgomento la travolse inaspettatamente.
Haziel era di fronte a lei, Umabel ne riconobbe la Grazia oltre l'involucro umano.
Haziel, che ci fai qui?
Haziel sorrise. Il volto del suo giovane tramite era sereno, lo sguardo compassionevole e Umabel sentì quella paura venire meno, sostituita da un senso di pace.
Suo fratello gli era mancato in quei due anni, non poteva negarlo.
Volevo vederti.
Haziel prese con delicatezza le sue mani, le accarezzò le nocche e Umabel si sciolse in un sorriso prima di abbracciare il fratello.
Un abbraccio vero e sentito che Haziel riuscì a ricambiare qualche istante dopo, sorpreso da quello slancio affettivo.
Eppure non avrebbe dovuto sorprendersi.
Anche quando su in Paradiso tutto sembrava normale e Umabel non era ancora diventato l'angelo custode di Dean Winchester, Umabel era sempre stato in grado di dimostrare affetto verso tutti i suoi fratelli.
Solo col senno di poi Haziel aveva compreso perché Gabriel avesse giudicato sin dal principio Umabel uno degli angeli più particolari che potessero affollare il Paradiso.
Umabel era difettosa. E vi erano davvero pochissimi angeli difettosi, lassù, in Paradiso.
Mi sei mancato, Haziel. Ma non voglio che tu finisca nei guai a causa mia.
Gli occhi di Umabel erano velati di lacrime quando Haziel sciolse quell'abbraccio e il maggiore** non riusciva davvero a comprendere cosa provasse. Perché lo provasse.
Non finirò nei guai.” la rassicurò in tono pacato, la giovinezza del suo tramite a far sembrare il tutto davvero troppo assurdo.
Hai visto Gabriel?
Quella domanda giunse inaspettata e Umabel scosse la testa. Non capì perché stesse mentendo, era una cosa che le era venuta spontanea, quasi sentisse di non potersi fidare, nonostante Haziel le fosse stato sempre fedele.
Si disse che, in fin dei conti, mentì perché non poteva tradire Gabriel, tradire quella fiducia che l'Arcangelo aveva riposto in lei quell'unica volta in cui si erano incontrati dopo millenni.
Ma almeno tu sei qui. Perdonami, Mabe.
Umabel si irrigidì, ma prima ancora che potesse reagire, si ritrovò nuovamente in Paradiso, chiusa in una cella che non le lasciava scampo.
Haziel l'aveva tradita. L'aveva avvicinata perché sapeva che con lui avesse un legame speciale. Gli angeli custodi di Dean e Sam Winchester non potevano che essere legati, dopotutto.
Haziel! Haziel! Perché lo hai fatto? Fatemi uscire di qui!
Ma Umabel non ricevette nessuna risposta.
Soltanto uno sguardo era rivolto a lei: nella cella di fronte alla sua, Gadreel la guardava senza alcuna emozione, la Grazia provata dai millenni di prigionia.

***

Questa roba punge.” si lamentò Dean, grattandosi il petto dove era adagiata una collana di agrifoglio. La prima e l'ultima volta che se l'era vista contro un Oni si era lamentato esattamente delle stessa cosa.
Non fare il bambino!” lo ammonì Amethyst con un lieve colpo allo stomaco che, per riflesso, lo fece piegare in avanti.
Davanti a loro i cacciatori più anziani avanzavano lenti e in silenzio, verso il vociare che proveniva da una delle stanze adiacenti al corridoio che stavano attraversando.
Sbucarono l'uno dopo l'altro, prendendo alla sprovvista i giovani Oni che subito si alzarono in piedi.
Salve, ragazzi! Papino è in casa?
La battuta di Dean fece sorridere Amethyst, ma non le creature che senza indugiare, passarono subito al contrattacco.
Ne seguì una lotta cruenta, alcuni spari andarono a vuoto e i due Oni che avevano ormai completato la trasformazione - e che assunsero la loro reale forma, rivelando corna e artigli - sembrarono avere la meglio sui cacciatori. Più di una volta i cacciatori vennero colpiti con i Kanabo degli Oni, le loro armi e uno dei loro punti di forza.
Quelle mazze pesanti sembravano in grado di fracassare le ossa se usate con maggior forza e nessuno di loro ci teneva particolarmente ad essere colpito fino a quel punto.
Amethyst riuscì a disarmarne uno, prendendo possesso del Kanabo e rendendo l'Oni più vulnerabile all'attacco del terzo occhio.
Fu Dean a colpirlo con un coltello prima che questo si avventasse sulla ragazza e l'Oni cadde a terra morto, dopo che Blake, John Bobby uccisero i tre Oni non ancora completi.
Davanti a loro, infuriato, si ergeva l'unico figlio rimasto. Era circondato e continuava a fendere l'aria con il suo Kanabo.
Amethyst rise sprezzante quando la mancò “Papino non avrebbe dovuto lasciarvi da soli.
Un lampo d'orgoglio attraversò il verde degli occhi di Dean che, in un'azione fotocopia, ma a parti invertite, di prima, riuscì a disarmare l'Oni e permettere ad Amethyst di finirlo con la pistola.
Le bastò un unico colpo e il proiettile colpì il terzo occhio del mostro.
Dean le sorrise, regalandole un veloce abbraccio che venne però interrotto da un terribile grido.
Fred Wilkinson era arrivato in tempo per vedere l'ultimo dei suoi figli morire.
Il legame di sangue tra padre e figli era forte e lo aveva attirato lì alla morte dei primi, ma lo aveva anche indebolito, causandogli un forte dolore non solo emotivo.
Il volto di Fred Wilkinson era una maschera di dolore e di rabbia, la sua voce un grido disperato, carico di odio verso quei cacciatori che sporchi e feriti erano di fronte a lui.
Fu strano vedere una creatura così potente sopraffatta da dolore.
Fred si portò una mano alla testa dove comparvero le corna, accasciandosi a terra, e dopo le corna comparvero anche gli artigli.
Con un balzo, Fred si parò davanti ad Amethyst pronto a sferrare un colpo.
L'avrebbe ferita se non fosse stato per Dean che riuscì a mozzargli qualche dito con il coltello ancora pregno di sangue del figlio dell'Oni.
Fred gridò nuovamente di dolore, pronto a sferrare un nuovo colpo stavolta indirizzato al giovane Winchester, ma Dean fu più veloce.
Estrasse la propria pistola e senza neanche dover prendere la mira sparò un colpo, uccidendo l'ultimo Oni rimasto.
Amethyst, stanca e provata, si sedette a terra, lasciandosi andare, accanto a Dean, sedutosi a sua volta.
Quante volte ancora devo dirti che sei il mio eroe?
Dean rise, attirandola a sé per un altro abbraccio.
Rimasero stretti in quell'abbraccio per diversi istanti, sotto lo sguardo degli altri cacciatori.

***

Amethyst era seduta sul cofano della sua Mustang.
Era fiera di se stessa. Fiera di suo padre, fiera di Dean. Era fiera per come erano riusciti a gestire le cose con quegli Oni.
Eppure nel suo sguardo vi era una profonda tristezza, perché tutto quello le aveva fatto pensare a quanto qualcosa - o per meglio dire, qualcuno - mancasse in tutto quello.
Non si era mai resa conto, fino a quel momento, di quanto Sam le mancasse. Da quando era partito per il college non lo aveva più visto ed erano passati troppi mesi dall'ultima volta in cui lo aveva sentito, per stessa volontà del ragazzo.
Avevano condiviso risate e segreti, avevano più volte scoperto insieme come poter uccidere il mostro di turno.
Quella mancanza la colpì improvvisamente.
Una mancanza che aveva sempre represso sapendo che sarebbe dovuta rimanere sempre concentrata.
Ma soprattutto l'aveva sempre repressa spaventata dall'idea di soffrire.
Aveva gli occhi lucidi e una lacrima le solcò una guancia. Si affrettò ad asciugarla quando sentì la porta della stanza del motel aprirsi e scorgendo, con la coda dell'occhio, Dean che la raggiungeva.
Non voleva che Dean la vedesse piangere, anche se era uno dei pochissimi ad averla vista in altre occasioni.
Ma Amethyst non voleva e non poteva spiegargli perché stesse piangendo. Si sarebbe sentita in colpa a riversare addosso a lui quella tristezza.
Dopotutto Sam era suo fratello e Amethyst poteva solo immaginare cosa Dean provasse al riguardo e non poteva comparare le due cose nemmeno lontanamente.
Sai che sei davvero in gamba, scheggia?
Nella voce di Dean si poteva leggere vera ammirazione e forse anche un po' di preoccupazione e malinconia, forse perché avrebbe voluto per lei una vita normale, lontana da tutto quello.
Ti ho detto di non chiamarmi più così.
Dean rise mentre le posava sulle spalle la propria giacca di pelle, quella che era appartenuta a John.
Amethyst la indossò, sentendo il calore avvolgerla. Era di troppe taglie più grande, ma si sentì bene in quel momento, tanto che ignorò persino le successive e ironiche parole dell'amico.
Giusto. Con quelle belle forme che ti ritrovi in effetti non ti si addice.
O almeno provò ad ignorarle dato che non poté reprimere il rossore che nuovamente si fece spazio sul suo viso, che lei coprì con i capelli biondi, chinando appena il capo.
Dean aveva dato voce ai pensieri che lo avevano colpito quel pomeriggio, ma il tono scherzoso lasciava intuire quanto niente fosse cambiato tra loro.
Però sei in gamba davvero, stasera sei stata straordinaria.
Aveva la voce calda, Dean, più profonda di quelli della sua età e ad Amethyst faceva qualche effetto ormai da diversi anni.
Tuttavia lei sorrise, voltandosi a guardarlo, il volto nuovamente sereno, lontano dalla tristezza che l'aveva colpita.
Anche tu sei stato straordinario, ma non sono sorpresa. Sei pur sempre il mio eroe, no?
Dean le sorrise, posandole un bacio sulla tempia per poi attirarla a sé, facendo in modo che lei posasse la testa sulla sua spalla.
E lo sarò sempre, intesi?
Intesi.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, fino a che Amethyst balzò giù dal cofano dell'auto.
Ma è quasi mezzanotte!” esclamò per poi aprire la portiera del passeggiero e frugare nel cassetto del cruscotto alla chiara ricerca di qualcosa.
E quindi? La tua auto si trasformerà in zucca?” chiese Dean cercando di vedere cosa stesse facendo l'amica.
No, idiota! È il tuo compleanno!
Era appena scattata la mezzanotte e il 24 Gennaio era arrivato.
Dean sorrise appena, in tutto quel marasma se ne era completamente scordato.
Non che avesse mai festeggiato il suo compleanno, se non ogni tanto quando era bambino e suo padre non era in giro per l'ennesima caccia.
Amethyst tornò accanto a lui, sedendosi nuovamente sul cofano. Aveva un sorriso dolce sulle labbra e uno sguardo che avrebbe detto tutto se Dean non avesse negato a se stesso di comprenderlo.
Buon compleanno, Dean.” mormorò, porgendogli un piccolo pacchetto dalla carta azzurra.
Il ragazzo rise appena, prese il pacchetto e lo scartò, rivelando una scatoletta di plastica nera.
Quando l'aprì rimase a guardare il contenuto per qualche istante in silenzio, ma il sorriso che gli riempì le labbra lasciava capire quanto apprezzasse quel regalo.
Grazie, Ame. Lo...lo adoro!” era un anello in argento e Dean fece per indossarlo all'anulare della mano sinistra.
Fu Amethyst a fermarlo “No! Non si mette mai all'anulare della mano sinistra. Poi non ti sposi!
Dean la guardò perplesso per qualche istante prima di scoppiare a ridere.
Perché, pensi che mi sposerò, prima o poi?” e nonostante l'ironia delle sue parole, indossò l'anello alla mano destra, a causa di quel desiderio mai espresso di voler una vita normale e crearsi una famiglia, un giorno.
Mai dire mai. Io mi vorrei sposare prima o poi. Anche se con questa vita...” lasciò morire la frase mentre sul suo volto si fece spazio una strana espressione.
La vita da cacciatrice era stata una sua scelta, tuttavia, avere qualcuno accanto da amare e che l'amasse era qualcosa che lei desiderava davvero.
I suoi sentimenti per Dean mettevano ancora più in bilico quel suo pensiero, perché era lui che avrebbe voluto accanto, ma era certa che per lui non fosse lo stesso.
Facciamo un patto.
Dean le prese una mano nel dire quelle parole e ricercò lo sguardo di lei.
Il suo era furbo, vivido, luminoso come il sorriso che stava esibendo in quel esatto momento.
Che patto?
Se fra vent'anni saremo entrambi single, io e te ci sposeremo.
Dopo un primo momento di sbigottimento, in cui le sue guance tornarono ad arrossarsi ma senza che lei avesse la prontezza di nasconderlo, Amethyst scoppiò a ridere.
Non poteva negare di essersi emozionata, ma sapeva che quel patto non significava niente.
Guarda che non sto scherzando!
Solo grazie a quelle parole la risata di Amethyst si affievolì, almeno un poco.
Fra vent'anni, mh? Più che ancora single dovremo essere entrambi ancora vivi, non trovi?
I cacciatori, d'altronde, non avevano una lunga aspettativa di vita.
Dean sembrò rabbuiarsi appena.
Il solo pensiero della morte di Amethyst era in grado di raggelargli il sangue nelle vene. Non sarebbe mai riuscito ad accettare una sua prematura scomparsa.
Hey, non provarci nemmeno a morire giovane. Io, finché sarò in vita, ti guarderò le spalle, devo essere sempre il tuo eroe, giusto? E solo per questo farò di tutto per morire il più tardi possibile.
Amethyst si perse nell'osservare il sorriso dolce che abbellì le labbra del cacciatore, poi sollevò lo sguardo verso i suoi occhi occhi smeraldini e sorrise a sua volta.
Allora facciamo questo patto. Non possiamo dire che fra vent'anni saremo in cattiva compagnia.
Dean le posò un bacio sulla fronte, accarezzandole i capelli biondi, inspirando il loro profumo e sentendosi a casa.








Note dell'autrice: * cattiva compagnia, in inglese Bad Company, come la canzone dell'omonima band che da il titolo al capitolo.
** Umabel è l'Angelo n°61, Haziel il n°9, di conseguenza Haziel è il fratello maggiore di Umabel
Le modalità di uccisione degli Oni, le loro descrizioni, armi, punti di forza e debolezze, sono presi da Supernatural Wiki. Canonicamente i Winchester non ne hanno mai incontrato uno. L'anello che Amethyst regala a Dean alla fine del capitolo, sarebbe l'anello che Dean indossa per le prime 5 stagioni della serie.

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Capitolo 7
*** Now I'm here ***


Now I'm here




"Hai fatto la cosa giusta, Haziel. Sai che Umabel non sarebbe tornato indietro.
L'Angelo sobbalzò nel sentire le parole che Michael gli rivolse, non si sarebbe aspettato che proprio lui gli parlasse.
Cercò di assumere un'espressione neutra prima di voltarsi a guardarlo “So di aver fatto la cosa giusta, Michael.
Non avrebbe mai pensato che i propri reali pensieri risultassero così palesi, ma non poteva permettersi di mostrarsi confuso. O affranto per ciò che aveva fatto.
Aveva persino nascosto il suo titubare quando proprio lui, fra tutti, fu scelto per far tornare a casa Umabel e per più di un anno si era dimostrato impassibile, come se niente lo tormentasse.
Ma passando davanti alle prigioni, sentire le grida di Umabel lo aveva sconvolto.
E fu in quel momento che si chiese se avesse fatto davvero la cosa giusta.
Ma era un Angelo del Signore e in quanto tale non poteva avere rimpianti.
Michael sembrò averlo capito e nonostante gli sforzi di Haziel di nascondere quel dubbio capace di divorarlo, l'Arcangelo non sembrò intenzionato a credergli.
Micheal sorrise amaramente, posando una mano sulla spalla del fratello, osservandolo come a voler carpire ogni suo singolo pensiero.
Tuo fratello è sempre stato difettoso, lo sai.
Mia sorella.
Lo corresse il Custode guadagnandosi un'occhiata interrogativa da parte dell'Arcangelo.
Preferirebbe così. Conosco Umabel meglio di chiunque altro. Forse anche meglio di Gabriel dato che non si vede da millenni.
Michael rise amaramente. Non poteva negare che Haziel e Umabel fossero molto legati, i Custodi avevano la strana tendenza ad avvicinarsi quando tra i loro protetti vi erano dei membri della stessa famiglia, ma per quanto Haziel sostenesse di conoscere Umabel, l'Arcangelo sapeva che il Custode era a conoscenza di ben poche cose.
Hai una vaga idea di quante volte abbiamo dovuto aggiustare...tua sorella?
Haziel lo guardò confuso. Era la prima volta che sentiva una cosa del genere.
Come si può aggiustare un Angelo?
Forse non la conosci così bene, dopotutto.
Michael fece per andarsene ma venne fermato dal Custode nonostante egli fosse ancora confuso, persino turbato.
Dovresti dire a Raziel di smetterla di torturarla. La prigione non è forse una punizione sufficiente? È solo scesa sulla Terra. Gadreel ha fatto ben di peggio e quasi nessuno osa più sfiorarlo.
Michael sospirò.
Raziel aveva una strana predisposizione per la tortura e Umabel più volte era stato vittima di quelle atrocità. Michael lo aveva ripreso più volte e Michael odiava ripetersi.
Un sorriso oscuro deturpò per un solo istante la sua Grazia, Haziel ne rimase turbato ma non osò proferir parola.
Temeva Michael più di quanto temesse Raziel o qualunque altro Angelo o Arcangelo.
Raziel subirà le conseguenze delle proprie azioni, fratello mio. Tu evita di metterti nei guai, stai parlando esattamente come Umabel.
E con quelle parole, Michael lasciò da solo il Custode.
Solo con i propri pensieri, solo con le proprie paure.
Aveva tradito Umabel. Lo aveva fatto perché era ciò che gli era stato ordinato. Ma iniziava a pensare che non fosse la cosa giusta.


2005




Hey, splendore! Come stai?
La voce di Dean risultò allegra attraverso il telefono.
Amethyst fece un lieve sorriso, sentire una voce amica, quella voce in particolare, fu per lei un sollievo, ma non riuscì ad allontanare comunque quella preoccupazione che l'affliggeva.
Hey...
Pur non vedendola in viso, Dean riuscì a capire che qualcosa non andava.
Quel respiro lento, quel 'hey' appena sussurrato lo fecero preoccupare.
Ame? È successo qualcosa?
Amethyst prese un grosso respiro, si umettò le labbra e cercò di calmarsi. Le mani le tremavano e per poco il telefono non le scivolò da esse.
Si tratta di papà. È andato a caccia, da solo. Ma non lo sento da una settimana e non risponde al telefono. Ho paura sia successo qualcosa, Dean.
Dean si passò una mano sul volto e un lieve sospiro rimbombò al microfono del cellulare.
Sentire la voce di Amethyst tremare in quel modo gli fece provare rabbia, tristezza e disperazione.
Non riusciva a sopportarlo e non le avrebbe rivelato che proprio in quell'esatto momento, provava la stessa identica paura riguardo suo padre.
John Winchester era sparito da giorni, senza lasciare traccia.
Ok...Ora calmati, va bene?
La voce di Dean risuonò decisa e Amethyst annuì quasi fosse convinta lui potesse vederla.
Scusa...io...non sapevo chi altri chiamare. Sei il primo a cui...
Hey, hey. Frena. Non dirlo neanche per scherzo, ok? Lo sai che puoi e devi chiamarmi sempre. Sono il tuo eroe, ricordi?
Amethyst rise appena tra le lacrime che avevano iniziato a rigarle il volto aggraziato.
E Amethyst ricordava, non avrebbe mai potuto dimenticarlo.
Dean Winchester era il suo eroe sin da quando era una ragazzina. E lo sarebbe sempre stato.
Ricordo. Il mio eroe.
Dean sorrise. Sorrise con fierezza, sorrise perché non poteva farne a meno.
Sarebbe sempre stato pronto a essere l'eroe di Amethyst Dalton.
Dove si trova tuo padre?
A Savannah.
Ho appena finito un lavoro a New Orleans, sarò lì entro stanotte, ok? Sai cosa stava cacciando?
No, ma lo scopriremo, giusto? Ci vediamo lì stanotte.
Alle parole di Amethyst, Dean sentì il panico avvolgerlo.
Blake Dalton era un ottimo cacciatore quando testardaggine e sentimenti non offuscavano i suoi sensi, questo il giovane Winchester lo sapeva bene, e l'unico motivo per cui sarebbe potuto essere in pericolo era perché si era cacciato in qualcosa di troppo insidioso e Dean non avrebbe mai fatto correre ad Amethyst alcun rischio.
Non ci provare nemmeno, bellezza. Tu rimani a casa.
Amethyst strinse il proprio cellulare con stizza. Sapeva che Dean le avrebbe risposto così, ma non aveva nessuna intenzione di cedere.
Sapeva che il ragazzo lo stava facendo per proteggerla, ma non poteva tirarsi indietro e nemmeno Dean Winchester sarebbe riuscito a fermarla.
Non ci provare tu, bellezza.” rispose prontamente, con quella sfacciataggine che riusciva sempre ad emergere in lei “Ho detto che ci vediamo lì.
Non gli diede nemmeno il tempo di rispondere, riagganciò e caricò nel bagagliaio della sua Mustang alcune armi prima di mettersi in moto per raggiungere Savannah.
Ame? Amethyst? Dannazione!
Dean ringhiò quelle parole con frustrazione quando si rese conto che la ragazza aveva riagganciato, ma non perse altro tempo. Salì sull'Impala che John gli aveva lasciato e spinse sull'acceleratore per arrivare a Savannah nel minor tempo possibile.

***

Seger. Di questo passo mi aspetto anche Bob.*” ridacchiò il receptionist, sistemandosi gli occhiali sul naso mentre osservava la carta di credito di Amethyst. Un nome falso per una truffa che portavano avanti da troppo tempo.
America's Best Inn, il primo motel economico dell'elenco.
Amethyst sapeva che suo padre avrebbe alloggiato lì. Non c'era nemmeno bisogno che lo dicessero, ormai funzionava così da anni.
E Dean sapeva altrettanto bene che avrebbe trovato lì Amethyst.
La ragazza sorrise. Non un sorriso sincero ma convincente al punto che l'uomo non riuscì a non ricambiarlo.
Sì, qualche giorno fa è arrivato mio padre. Potrebbe darmi la stanza accanto alla sua?
L'uomo annuì esibendo un nuovo sorriso “Certamente, signorina. Stanza 14. Suo padre alloggia nella stanza 13.
Amethyst lo ringraziò con un cenno del capo, afferrando la chiave che l'uomo le stava porgendo, avviandosi alla stanza.
Ma quando vi arrivò davanti, non entrò.
Rimase a fissare quel numero sulla porta, quel 13 di un nero che le appariva spettrale, forse memore di quel romanzetto horror che aveva letto da ragazzina.**
Quel numero nefasto e infausto, capace di darle brividi solo in quel momento, quasi percepisse che qualcosa non andava. Non era mai stata superstiziosa, preferendo affidarsi alle proprie reali - e orribili - conoscenze piuttosto che a dicerie infondate, eppure i brividi di paura e smarrimento sembravano non voler cessare.
C'era qualcosa di sinistramente ironico in tutto quello, in quella stanza 13 e nell'apparente sparizione di suo padre.
Non seppe dire quanto rimase fuori ad osservare quel numero. Forse solo qualche minuto, forse perfino un'ora, ma quando si riscosse non entrò nella stanza 13, quasi avesse paura di trovare risposte che non sarebbe stata in grado di affrontare da sola.
Si chiuse la porta della stanza 14 alle spalle, accese la luce e abbandonò il proprio bagaglio ai piedi del letto.
Poi si sedette al tavolino, accanto alla finestra, le tende tirate in modo che nessuno potesse vederla, ma con uno spiraglio che le permetteva di vedere ciò che succedeva fuori. Chi arrivava, chi andava via.
Attese, perché si disse che era l'unica cosa che potesse fare e quando sentì il familiare rombo dell'Impala, si precipitò fuori dalla stanza, come quando era una ragazzina e non vedeva l'ora di riabbracciare i fratelli Winchester.
E proprio come allora, quando Dean scese dall'auto, Amethyst gli corse incontro, fiondandosi tra le sue braccia.
Dean rimase sorpreso. Erano passati anni dall'ultima volta in cui Amethyst gli era corsa incontro con lui ad attenderla a braccia spalancate per sollevarla da terra e stringerla a sé.
Ma la strinse a sé anche in quel momento, dopo un unico secondo di confusione, tornando a respirare il profumo di quei capelli che lo facevano sentire a casa.
Hey, splendore...
Quel nuovo nomignolo capace di farla arrossire risuonò alle orecchie di Amethyst come miele e come balsamo e quel tipico odore di pelle, polvere da sparo e bagnoschiuma fu capace di calmarla.
Hey, Ace.***” mormorò lei col viso affondato nell'incavo del collo di lui.
Non notò il brivido che scosse il ragazzo, forse perché lui aveva cercato di reprimerlo senza però sciogliere quell'abbraccio.
Dean sorrise appena a quel nomignolo, Amethyst glielo aveva affibbiato quando si erano salutati dopo quella caccia agli Oni, come a ricambiare quel 'splendore' che al cacciatore sembrava molto più adatto di 'scheggia'.
Hai già scoperto qualcosa?
Nonostante la voce profonda, troppo adulta già da troppi anni, a tratti roca, il tono fu gentile, comprensivo, quasi stesse chiedendo il permesso di porle quella domanda.
Si allontanò da lei per poterla guardare negli occhi azzurri e Amethyst si perse in quello sguardo.
Quegli occhi verdi e profondi, troppo adulti già da troppi anni, più della sua voce.
Amethyst scosse il capo, sciogliendo con lentezza quell'abbraccio e indicando la stanza 13 con un gesto distratto del braccio.
No, non sono riuscita ad entrare. Non volevo farlo da sola.
Dean le posò un bacio tra i capelli, la prese per mano, dandole quel coraggio che le era mancato.
Ora sono qui.****”
Il suo eroe.

***

La stanza 13 aveva le pareti coperte di articoli di giornale e post-it, le foto delle vittime spiccavano tra essi, volti sorridenti che nessuno avrebbe più visto.
Una Vetala...” sussurrò Amethyst mentre con le dita sfiorava un foglio a righe, strappato da un'agenda, dove con un pennarello rosso, Blake Dalton aveva scritto la parola 'Vetala' cerchiandola più volte.
Le sparizioni sono avvenute tutte nei pressi di questo parcheggio. Tuo padre ha evidenziato un vecchio deposito abbandonato. Penso che abbia trovato il loro covo.
Seppur con mani tremanti, Amethyst prese dal proprio borsone un pugnale d'argento.
Aveva la sua solita determinazione nello sguardo, offuscata dalla paura solo in parte e Dean sapeva che non sarebbe mai riuscito a convincerla a rimanere al motel.
Non per questo, però, non ci avrebbe provato “Ame, rimani qui. Ci penso io.
Amethyst sorrise appena osservando il pugnale che continuava a tenere tra le dita “Sapevo che lo avresti detto. Ma è mio padre, Dean. Tu non faresti la stessa cosa per tuo padre?” disse sollevando lo sguardo verso l'amico.
A quella domanda Dean deglutì a vuoto, strabuzzò appena gli occhi e cercò di controllare il proprio respiro. Quel pensiero continuava a tormentarlo, continuava a chiedersi dove fosse suo padre, ma non poteva permettersi di pensarci, non in quel momento.
Doveva trovare Blake. Doveva farlo per Amethyst.
Annuì, sulle labbra piene si formò un mezzo sorriso prima che lui si stringesse nelle spalle “Ci dovevo provare. Solo...non fare niente di avventato.
Amethyst alzò le mani in segno di resa, le labbra piegate in un sorriso malinconico mentre lo guardava con gratitudine “Ok, ok! Lascerò a te il comando.
Dean aprì la porta della stanza, facendole cenno di uscire “Devo continuare ad essere il tuo eroe, giusto?

***

Forse Haziel aveva fatto davvero la cosa giusta.
Secondo gli altri angeli, secondo Micheal, secondo Raziel.
Ma il tradimento perpetrato ai danni di Umabel come poteva essere una cosa giusta?
Era pur sempre un tradimento e Umabel non se lo meritava.
Tormentato da quei pensieri che lo facevano sentire inadeguato, che lo facevano sentire diverso da come era sempre stato, Haziel raggiunse le prigioni, fredde nell'aspetto tanto quanto nel clima.
Vedere quegli angeli prigionieri, la cui Grazia sembrava non brillare più, gli fece provare una strana sensazione che non seppe definire.
Si chiese se fosse paura. O se fosse tristezza. O forse un senso di colpa che sgomitava imperterrito a fargli desiderare di rimediare al proprio errore.
Un errore che era tale solo per lui. E per Umabel.
Ciao, sorellina.” mormorò dopo aver raggiunto la cella dell'amata sorella.
Umabel sollevò lo sguardo.
Incredula si avvicinò alle sbarre e osservò Haziel come se stesse cercando di riconoscerlo.
Rimase in silenzio e l'altro non osò parlare.
Haziel si limitò a guardarla e senza dire una parola chiese perdono. Lo fece con lo sguardo addolorato di chi vorrebbe tornare indietro e non infliggere quella pena che per lui aveva il sapore amaro del rimpianto.
Mi hai chiamato sorellina?
La voce un tempo potente e soave di Umabel era ora flebile. Un lieve sussurro che si perse oltre le grate, nell'aria fredda.
So che è quello che vorresti. Sei sempre stata strana, ma hai sempre capito gli Umani meglio di me. Meglio di tutti noi, forse. E quando hai trovato il tuo tramite in quella donna...Beh, ho capito che avresti preferito essere chiamata sorella.
La voce di Haziel tremò appena e Umabel allungò appena una mano come a volerlo confortare.
Haziel la chiuse tra le proprie. Era lui che doveva confortare lei. Anzi, lui avrebbe dovuto fare molto di più.
Mi dispiace, Mabe. Pensavo di fare la cosa giusta, ma mi sono reso conto che tradirti è stato l'errore più oscuro di cui mi sia mai macchiato.
Umabel sorrise e la sua Grazia sembrò tornare a brillare come sempre.
Non le importava essere rinchiusa in una prigione. Le importava che Haziel stesse chiedendo il suo perdono.
Forse gli Angeli stavano davvero iniziando a cambiare. Stavano iniziando davvero a provare qualcosa.
Come era successo a Lucifer, a Gabriel, alla stessa Umabel.
Ognuno era cambiato a suo modo, portando a volte anche sofferenza, ma Lucifer e Gabriel non erano stati dimenticati.
E Umabel comprese che lei non era stata dimenticata da Haziel.
Non importa. Ora sei qui. Ma non metterti nei guai, Haziel. Va per la tua strada, senza metterti nei guai. Non sopporterei se tu venissi imprigionato.
Haziel strinse maggiormente la mano di Umabel.
Si promesse di liberarla, ma non ne fece parola con lei. Forse per non illuderla. Forse per non rischiare troppo.
Ora sono qui.
E non importava se gli altri angeli li avessero sentiti, nemmeno Gadreel che curioso li guardava dal fondo della sua fredda cella.

***

Quel vecchio deposito puzzava di polvere, sangue e morte.
Un brivido percorse la schiena di Amethyst, ma quella paura svanì quando anche solo per un istante sentì il profumo di Dean, che avanzava davanti a lei.
La luce dei lampioni e della luna filtrava attraverso le finestre rotte, illuminando fiocamente il pavimento incrostato di sporcizia e sangue.
Sentirono un rumore e subito Dean protesse Amethyst con il proprio corpo in un gesto dettato non solo dall'istinto ma anche dall'affetto che provava per lei.
Quell'affetto che lo stesso Winchester non avrebbe saputo definire per davvero.
Perché era un affetto diverso da quello che provava per suo padre o per quel fratello che non vedeva da anni. Era un affetto diverso da quello che provava per quei pochi amici che aveva. Amici con il suo stesso destino ma con anni in più sulle spalle.
Le sfiorò una mano prima di stringergliela e non seppe dire se quel gesto servì per confortare lei o per confortare se stesso.
Sapeva però che quella vicinanza gli faceva bene, dandogli quella sensazione di casa e famiglia che anelava di continuo in quel suo costante sentirsi solo.
Un altro rumore lo fece allontanare da quei pensieri che rischiavano di deconcentrarlo.
Un rumore di passi sempre più vicini.
Troppo vicini.
Perché la Vetala si presentò dietro i due cacciatori con un movimento troppo veloce perché loro potessero vederlo.
Il mostro spinse Amethyst contro il muro, facendola gemere di dolore, prima di avventarsi contro Dean che con un gesto pronto e veloce riuscì a pugnalarlo al cuore. Con una torsione del polso, il pugnale d'argento roteò veloce, ponendo fine alla vita della Vetala.
Amethyst cercò di alzarsi, guardando il corpo del mostro sbriciolarsi sotto i suoi occhi, ma prima ancora che potesse avanzare alla ricerca di suo padre, un'altra Vetala apparve alle spalle del ragazzo.
Dean!” gridò Amethyst lanciandogli il proprio pugnale che lui afferrò al volo.
La Vetala riuscì a ferirlo, mordendogli appena il collo, ma il grido di Amethyst lo fece reagire in tempo affinché si girasse per pugnalarla e torcere il pugnale dentro il cuore del mostro, uccidendola.
Dean si tamponò la ferita. Perdeva poco sangue e il veleno della Vetala non era entrato in circolo.
Le Vetala non cacciavano da sole?” ringhiò stizzito, afferrando la mano di Amethyst per proseguire.
Arrivarono, senza altri intoppi, in un salone. La grande vetrata, andati in pezzi, illuminava gran parte di esso. Sul pavimento lercio vi erano accasciati due corpi. Uno privo di vita, l'altro in punto di morte.
Amethyst emise un grido strozzato nel riconoscere suo padre e si liberò dalla leggera presa di Dean che, impotente, assistette alla scena.
La ragazza si inginocchiò accanto al padre che sorrise appena nel vederla con le ultime forze che gli erano rimaste “Sono due. Le V—Le Vetala cacciano in coppia.” mormorò, la voce resa roca da giorni di silenzio e flebile dalla vita che lo stava abbandonando.
Dean le ha uccise tutte e due. Ora ti tiriamo fuori di qui.
Non si voleva arrendere, Amethyst. Cercò di far alzare il padre e Dean intervenne tempestivamente prima che questo rovinasse a terra. Ma i due giovani cacciatori furono costretti ad adagiare nuovamente sul pavimento il cacciatore più anziano.
Mi dispiace, Ame.” mormorò ancora Blake. E quelle furono le sue ultime parole.
Papà? Papà!” a niente servirono i richiami disperati della figlia in lacrime.
Blake Dalton era morto. E con lui morì anche una parte di Amethyst.

***

Amethyst osservò le fiamme levarsi alte dalla pira funeraria che ospitava il corpo di suo padre.
I pianti e le grida l'avevano stremata, tanto che Dean non aveva voluto saperne di essere aiutato a costruire quella pira.
Amethyst, in ogni caso, non ne avrebbe avuto le forze. Era riuscita a malapena ad accendere quei fiammiferi che poi gettò sulla pira intrisa di benzina.
Dean la strinse a sé e Amethyst si lasciò avvolgere da quelle braccia che sapevano darle conforto, che sapevano di casa. Altre lacrime le rigarono il volto e lei si strinse maggiormente all'amico, che la strinse maggiormente a sua volta.
In fondo, Dean sapeva cosa si provava.
Anche se erano passati ventidue anni, non aveva dimenticato il dolore per la perdita di sua madre.
Non aveva dimenticato il calore disturbante di quell'incendio, l'odore di fumo e di carni bruciate.
Rimasero in silenzio a lungo, il soffio del vento e il crepitio del fuoco erano gli unici rumori a sovrastare quello dei loro respiri lenti.
Non andartene.” mormorò infine Amethyst, la voce ancora rotta da quel pianto che l'aveva scombussolata.
Sono qui. Ora sono qui.” mormorò lui in risposta, posandole un dolce bacio sulla tempia.
Amethyst sollevò il volto per guardarlo, cercò quegli occhi grandi e confortevoli, cercò una roccia, la sua roccia.
Dean se ne rese conto ed ebbe paura che lei trovasse soltanto sabbia che, inesorabile, le sarebbe scivolata tra le dita.
Ma Dean Winchester sapeva essere roccia senza rendersene conto e Amethyst Dalton si appigliò a lui senza temere di cadere, senza temere che quella roccia si sgretolasse.
Intendo per un po'. Ho bisogno di te.
Dean sorrise amaramente a quelle parole, eppure in quel sorriso vi era quella roccia su cui Amethyst avrebbe sempre potuto contare.
Resterò per tutto il tempo che vuoi.
E lui restò.
Restò per giorni, per settimane, nonostante la paura iniziasse a sovrastarlo.
Quella paura che non lo aveva abbandonato, ma che al contrario aveva continuato a crescere.
Amethyst se ne rese conto, perché conosceva Dean Winchester meglio di quanto egli conoscesse se stesso.
Nel corso degli anni aveva imparato a leggere in quegli occhi verdi, trovandovi a volte la paura dietro quella corazza di sicurezza, trovandovi a volte l'incertezza, trovandovi a volte l'errata consapevolezza di non essere abbastanza.
E nel corso degli anni, Dean aveva imparato a leggere in quegli occhi azzurri, trovandovi il coraggio, trovandovi un appiglio e sicurezza costante, trovandovi la consapevolezza di poter essere tutto, anche quando credeva di non meritarlo.
Dean? Che succede?” chiese lei una sera di fine ottobre.
Dean deglutì a vuoto sentendo i sensi di colpa avvinghiargli le viscere con talmente tanta forza da poterle lacerare.
Non sento papà da settimane.” ammise dopo attimi di silenzio durante i quali Amethyst lo aveva guardato negli occhi spronandolo a parlare.
E a quel punto, i sensi di colpa avvolsero anche lei. Così fragile e bella da non meritare altri pesi sulle spalle.
Perché non me lo hai detto?
Perché avevi bisogno di me.
In quella semplice risposta, Amethyst ebbe l'ennesima conferma di quanto Dean fosse per davvero il suo eroe, anche quando non le salvava la vita dal mostro di turno.
Perché Dean la salvava dal dolore, lo faceva costantemente, con la sua semplice presenza.
L'aveva salvata anche in quel dannato ottobre quando provò il dolore più grande della sua vita.
Amethyst gli accarezzò il volto, guardando quegli occhi che erano lo specchio della sua anima, proprio come si diceva. Occhi grandi e troppo adulti, come quell'anima che sembrava trovare pace solo grazie a quel tocco.
Lo guardò percependo ogni cosa di lui. Così fragile e bello da non meritare altri pesi sulle spalle.
Lo troveremo, Dean.
Ma Dean non poteva trascinarla in quella vita che non era vita.
Non se lo sarebbe mai perdonato.
No.
Fu difficoltoso per lui dire quell'unica sillaba. Difficoltoso eppure tremendamente facile.
Perché l'avrebbe voluta accanto, ma desiderava per lei qualcosa di diverso.
Sono il tuo eroe, Amethyst. Lo sarò sempre. Ed è per questo che non posso rischiare. Promettimi che non caccerai più.
Amethyst deglutì a vuoto.
Aveva sempre saputo che la vita da cacciatrice non era quello che Dean avrebbe voluto per lei, nonostante lui la ammirasse per il suo coraggio, per la sua arguzia, per la sua forza.
Ma era la vita che lei aveva scelto. E anche se non lo aveva fatto per mettersi in mostra con lui, come aveva pensato Sam ormai diversi anni prima, forse lo aveva fatto per potergli stare accanto.
Dean...
Promettimelo, splendore. Promettimi almeno che non caccerai mai da sola. E io ci sarò sempre, sarò sempre pronto ad aiutarti, ma questo...questo lo devo fare da solo.
Le accarezzò il volto, sfiorandola col pollice appena sotto gli occhi dove lacrime amare minacciavano di cadere.
Te lo prometto. Ma tu devi fare una promessa a me.” mormorò lei in risposta.
Non avrebbe mai potuto deluderlo, né tradire la sua fiducia e quella promessa l'avrebbe mantenuta, senza rimpianti, senza ripensamenti.
Quale?” chiese lui, trovando la forza di sorriderle, sollevato dalla sua risposta, perché non avrebbe sopportato nemmeno l'idea di saperla in pericolo, lontana da lui.
Che non lo farai da solo. Cerca Sam. Chiedigli aiuto almeno per questo. Ma non cercarsi tuo padre da solo. Me lo prometti?
Dean si umettò le labbra, preso alla sprovvista da quella richiesta.
Il pensiero di suo fratello non lo aveva mai abbandonato e desiderava con tutto se stesso poterlo riabbracciare. Desiderava con tutto se stesso poter tornare ad essere una famiglia, quella stessa famiglia che si era lacerata, che non era stata più la stessa. Forse egoisticamente, perché Sam aveva scelto una strada che lui non aveva avuto la forza di intraprendere, anche se lo avrebbe voluto.
Ma aveva sempre nascosto quel desiderio dietro ai 'sissignore' detti a volte con fierezza, a volte con rassegnazione, dietro al coraggio che metteva durante una caccia, dietro alla voglia di non rimanere solo.
Cercherò Sam e gli chiederò aiuto. Te lo prometto.” disse infine con una morsa al cuore.
Si ritrovò in bilico, Dean, tra la voglia di riavere suo fratello e quella di lasciargli vivere la vita che si era scelto e che meritava.
Ma non poteva deludere Amethyst, come lei non poteva deludere lui, quasi fossero legati a filo doppio, l'invisibile filo rosso del destino di quella romantica leggenda orientale di cui non avrebbe ammesso la conoscenza ad anima viva.








Note dell'autrice: * riferimento a Bob Seger, celebre cantautore rock statunitense.
** "La Stanza 13" è un classico dell'horror per ragazzi scritto da Robert Swindells e edito in Italia da Mondadori. Il libro parla di un gruppo di ragazzi in gita scolastica che scoprono l'inquietante segreto che si cela dietro la stanza 13, stanza che esiste solo di notte e che di giorno è un normale ripostiglio (in molti hotel la stanza numero 13 non esiste per scaramanzia).
*** Ace, "asso" in inglese.
**** Ora sono qui, in inglese Now I'm here(come il titolo del capitolo) è il titolo di una canzone dei Def Leppard. Nel corso del capitolo viene ripetuto tre volte: due da Dean e una da Haziel.

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Capitolo 8
*** One minute of silence ***


One minute of silence




Cosa potrebbe aver mai fatto un Custode per finire qua?” la voce cupa di Gadreel fece sobbalzare Umabel, persa nei suoi pensieri.
In quegli anni di prigionia non aveva mai sentito la voce dell'ormai ex Guardiano dell'Eden, non in quel modo almeno. Aveva sentito solo le sue grida per quella continua tortura inflittagli da Thaddeus.
Grida che spesso venivano sovrastate da quelle degli altri Angeli tenuti prigionieri, Umabel compresa.
Umabel non rispose. Si limitò a guardare Gadreel con espressione vuota e stanca anche se una parte di lei avrebbe voluto gridare.
Non credeva di meritarsi tutto quello, anche se sapeva di aver infranto le regole, non era così folle da pensare il contrario.
Tuttavia pensava che quelle regole non fossero giuste.
Come si poteva essere Angeli Custodi se non si aveva per davvero la possibilità di aiutare i propri protetti?
Sai...” continuò Gadreel avvicinandosi alle fredde sbarre della propria cella “...sei il primo Custode che finisce qua. Devi aver fatto qualcosa di grave.
Quelle parole risuonarono asfissianti e lente, una cantilena fastidiosa capace di ferire, entrare sotto pelle a invadere una Grazia con del veleno.
Niente che arrivi ai tuoi livelli, Gadreel.
La risposta di Umabel arrivò secca ed inaspettata.
Gadreel fece un passo indietro, risentito da quelle parole.
Nessuno lo aveva perdonato in Paradiso. Nemmeno suo Padre o i suoi fratelli. Era ancora un reietto e si chiese se sarebbe mai riuscito a smacchiarsi di quel peccato.
Lui che era stato per Dio il più fidato e affidabile tra gli angeli, più del primogenito Michael era poi diventato lo zimbello del Paradiso, l'indiretto catalizzatore della corruzione dell'uomo.
Era colpa sua se l'Umanità ora era condannata.
Era colpa sua se i demoni erano stati creati.
Era colpa sua se Dio aveva lasciato il Paradiso. Una colpa di cui ancora non sapeva di essersi macchiato.
Non parlò più, Gadreel e Umabel si sentì persino in colpa.
Forse come tutti i suoi fratelli non aveva mai perdonato Gadreel, ma era una dei pochi, se non l'unica, a non considerarlo colpevole fino in fondo. Non per davvero.
Era come se Umabel riuscisse a vedere al di là delle cose pur senza comprendere appieno tutto.
Riusciva ad accarezzare quelle idee labili senza poterle afferrare, consapevole però che un giorno ci sarebbe riuscita.
Come quei sentimenti che sgomitavano in lei per emergere, affacciarsi in azioni e parole che ad un angelo non erano concesse.
Ho sentito...provato...qualcosa.
Mormorò infine il Custode e la sua voce delicata si perse tra quelle grida di angeli torturati.
Gadreel la guardò sorpreso, chiedendosi se anche lui provasse qualcosa nel percepire quella vergogna e quella voglia di riscatto e Umabel ricambiò il suo sguardo provando forse misericordia per quell'angelo tormentato.
E ho voluto...fare di testa mia. Ho disobbedito, sono scesa sulla Terra per aiutare un mio protetto.
Poi, solo un minuto di silenzio.


2006




"Sofia Lopez è una Borderwalker.
A quelle parole del fratello, Sam inarcò un sopracciglio. Si chiuse la porta della stanza del motel alle spalle, posando le cibarie appena acquistate sul tavolino.
Sembrò metterci qualche istante a realizzare effettivamente ciò che Dean avesse detto.
Si erano imbattuti in un caso bizzarro perfino per loro e da quando si erano resi conto che non si trattava di uno spirito vendicativo non avevano fatto altro che buchi nell'acqua.
Una Borderwalker? Non l'ho mai sentito. Sul diario di papà non c'è niente al riguardo.
Dean ghignò soddisfatto. Era raro cogliere Sam alla sprovvista su quel genere di cose. Per quanto Dean possedesse una vasta conoscenza del mondo soprannaturale, non solo grazie agli insegnamenti del padre ma anche grazie alle proprie doti, solitamente era Sam quello che riusciva a scovare le origini di una creatura che non avevano mai affrontato prima.
Sono esseri mutaforma, in origine erano donne e solitamente appaiono come tali o come coyote, ma possono tramutarsi in vari animali come tarantole, scorpioni, avvoltoi. Di norma sono innocui, ma abbiamo sempre un'eccezione che conferma la regola, no?
Sam continuò a guardarlo accigliato. Sembrava confuso o forse semplicemente sorpreso.
Se c'era una cosa che Dean detestava, questa era fare ricerche. O almeno questo era ciò che Sam aveva sempre pensato.
E sappiamo altro di queste Borderwalker?
Sono creature pacifiche, raramente entrano in contatto con gli umani. Sono attratte da donne in punto di morte e guidano poi la loro anima nell'aldilà, ma non prima di aver fatto loro un'offerta: diventare Borderwalker a loro volta.
Sam si sedette al tavolino, prendendo dalla busta la propria insalata e porgendo al fratello il classico cheeseburger con bacon.
Era chiaro dai suoi movimenti e dall'espressione del suo volto che stesse cercando di rimettere insieme i pezzi del loro nuovo caso.
Quindi...Sofia Lopez stava morendo, una Borderwalker le ha fatto l'offerta e lei è stata trasformata e usa la sua forma animale per uccidere quelli che ritiene responsabili della sua morte?
Alla ricostruzione del fratello, Dean sorrise, la guancia piena dal boccone del cheeseburger appena addentato.
Bingo!
E come si ferma una Borderwalker?” chiese Sam, sperando che quel caso potesse finalmente giungere a termine.
Le armi in ossidiana possono ferirla, ma può essere uccisa solo con un izzy...izzyqualcosa, un pugnale speciale.
Sam sbuffò, imprecando sottovoce nel vedere quella speranza di poco prima sfumare. Con un gesto pregno di irritazione lanciò la forchetta di plastica nel contenitore, per poi colpire lo stesso, allontanandolo da sé, sotto lo sguardo attonito di Dean.
Calmati, domani risolveremo questa storia. Amethyst ci sta portando quel pugnale. Nel frattempo dobbiamo procurarci dei fiori di calendula, per protezione.
Nonostante avesse la bocca piena, le parole di Dean risultarono ben comprensibili e Sam parve calmarsi.
Rilassò le spalle anche se non accennò a smettere di muovere nervosamente la gamba.
Sentire quel nome gli fece uno strano effetto, non riuscì a calmarsi del tutto.
Poi, quasi all'improvviso rise. Non una risata sguaiata, quanto piuttosto divertita e canzonatoria.
Quindi è stata lei a dirti che si tratta di una Borderwalker.
Dean posò il proprio cheeseburger, inghiottendo l'ennesimo boccone e aprendo le braccia in un movimento esasperato e teatrale.
Sì. E quindi?
E perché l'hai chiamata?
La voce di Sam si incrinò appena. Non vedeva Amethyst da quattro anni e non la sentiva da due.
E gli mancava, terribilmente, anche se forse, in quel momento, faticava ad ammetterlo, forse persino a se stesso.
Perché è Amethyst!
Una risposta che non diceva nulla, ma che al contempo poteva dire tutto.
Perché Amethyst in un modo o nell'altro era sempre stata presente.
Sam si massaggiò la fronte, ricordandosi di quei messaggi vocali che l'amica gli aveva lasciato mesi prima, dopo anni di silenzio da ambo le parti.
Non li aveva mai ascoltati. Giacevano nella sua casella vocale come pacchi dimenticati.
Perché è Amethyst.” ripeté Dean in tono stanco, guardando il fratello con occhi pieni di malinconia, persi nei ricordi non troppo lontani di quelle telefonate continue, quelle parole fatte di sentimenti taciuti e sussurri che nessuno, eccetto loro, avrebbe mai sentito.
C'era un velo di amarezza nel verde dei suoi occhi, qualcosa di non espresso in grado di tormentarlo.
Ma i tormenti di Dean erano tanti e anche se cercava di non darli mai a vedere, Sam era spesso in grado di capirli.
Ma non era l'unico a farlo. Amethyst Dalton riusciva a leggergli l'anima come nessun altro.
Che cosa significa 'perché è Amethyst'?
Dean sollevò gli occhi al soffitto al gesto di Sam, quelle virgolette mimate con le dita capaci di irritarlo a dismisura.
Parlo arabo, per caso? Secondo te che cosa significa? Perché è Amethyst. Ci sentiamo, è Amethyst. Punto. L'ho chiamata per sentirla, è venuto fuori il discorso sulla battuta di caccia e mi ha dato la soluzione. Contento?
Sam strinse le labbra nel tentativo di reprimere una risata. Si dimenticò di quei messaggi non ascoltati in segreteria, ricordandosi solo i bei momenti passati insieme, ma soprattutto si concentrò sull'espressione di Dean che aveva persino lasciato perdere il suo cheeseburger, che giaceva mangiato a metà sul tavolino.
Aveva le sopracciglia aggrottate, una postura stranamente rigida, quasi provasse imbarazzo, ed evitava il suo sguardo, come ogni qual volta volesse evitare anche un argomento.
L'hai chiamata per sentirla.” perché era quello - più del fatto che Dean avesse inizialmente omesso di aver ricevuto aiuto per identificare la creatura a cui stavano dando la caccia - a divertirlo.
Non si era mai soffermato a pensare, né durante il periodo del college né da quando aveva ripreso a cacciare con suo fratello, al fatto che Amethyst e Dean potessero essersi visti o sentiti durante quegli anni, forse perché prima aveva deciso di chiudere totalmente con la caccia e con tutto ciò che la riguardava e poi perché era stato assorbito dal dolore per la morte di Jessica e da quella sete di vendetta che continuava a sgomitare in lui, infiltrandosi in quella voglia di trovare nuovamente suo padre dopo i fatti avvenuti a Chicago*.
Sì, ci sentiamo spesso, Sammy. È Amethyst, dannazione! Che diamine ti è preso?
Dean si accarezzò distrattamente l'anello che portava all'anulare della mano destra, quello stesso anello che Amethyst gli aveva regalato per il suo ventiquattresimo compleanno.
Era un gesto che faceva spesso, specialmente quando era da solo o pensava di esserlo, perché per quanto Amethyst lo considerasse la sua roccia, continuandolo a definirlo il suo eroe, era la stessa Amethyst ad essere la roccia di Dean, senza che nessuno dei due se ne rendesse pienamente conto.
E a Sam quel gesto non sfuggì. Così come non gli sfuggì l'espressione pensierosa.
Si sporse appena in avanti, posando gli avambracci sul tavolino e intrecciando le dita, ricercando lo sguardo del fratello. Sentiva che c'era qualcosa di non detto
È successo qualcosa tra di voi?
Quella domanda arrivò inaspettata, una di quelle classiche docce gelate che fanno irrigidire maggiormente. Lo aveva notato, Sam, che Dean aveva fatto scattare la mandibola per una solo istante, prima di aggrottare le sopracciglia in un'espressione infastidita, quasi troppo teatrale.
Cosa? No!
Non mentì, Dean, eppure aveva risposto in maniera troppo irruenta, quasi quella domanda gli provocasse fastidio. O forse era quella risposta negativa a farlo.
Aveva pensato spesso ad Amethyst nel corso di quei mesi, a come si sentisse e a come avesse messo la sua sofferenza davanti alla propria, esattamente come lui aveva fatto con lei.
Pensava a lei ogni volta che si sfiorava quell'anello in un gesto istintivo e naturale, quasi desiderasse che quel piccolo cerchio d'argento avesse il potere di richiamarla, facendola materializzare davanti ai suoi occhi.
Non ne aveva mai fatto parola con Sam.
E Sam non aveva mai immaginato nulla fino a quel momento, solo scorgendo nell'espressione del fratello parole non dette e che forse mai avrebbe pronunciato sembrò scorgere qualcosa.
Ok! Ok...scusa!” disse Sam più per la volontà di tagliare corto che per reale pentimento, forse perché quelle reazioni di Dean gli ricordarono quelle che ebbe nel parlare di Cassie**.
Sam riprese a mangiare la propria insalata, Dean afferrò il proprio cheeseburger salvo poi abbandonarlo ancora una volta in un gesto del tutto inconsueto per lui, sorridendo amaramente.
Ha provato a chiamarti quando è morto Blake.
Nessuna accusa, solo una constatazione amara e greve e Sam percepì quel senso di colpa che solo poco prima lo aveva accarezzato. Perché Blake era morto e lui nemmeno lo sapeva.
Quel messaggio mai ascoltato sembrò pesargli sulla coscienza e anche se solo per un istante, scacciò via il dolore per la perdita della sua amata Jessica.
Eri...eri con lei?” chiese Sam titubante.
Dean annuì, chinò il capo e congiunse le proprie mani facendo intrecciare le dita, gli avambracci posati sulle cosce in una posizione statica che Sam trovò quasi fastidiosa.
Sam non chiese come Blake fosse morto. Non aveva voglia di sentir parlare di mostri o demoni o qualunque altra cosa avesse ucciso Blake Dalton. Si limitò ad assimilare quella notizia senza fare fatica a comprendere il dolore che doveva aver colpito Amethyst.
Avrei dovuto ascoltare quei messaggi.
Sì, avresti dovuto. Ma adesso non pensarci, mh?” un sorriso forzato apparve sulle labbra di Dean, ma non aveva intenzione alcuna di far piegare Sam sotto il peso di un senso di colpa che non avrebbe dovuto appartenergli.
Perché secondo il suo punto di vista era lui a doversi sentire in colpa, a sentirsi in colpa.
Per non aver trovato suo padre.
Per aver trascinato Sam nuovamente in quel mondo dal quale era fuggito.
Per non essere arrivato in tempo per salvare Blake.
Per non aver impedito che Amethyst soffrisse.
Amethyst è più forte di quanto appaia. Non sentirti in colpa.
E forse quelle parole avrebbe voluto dirle a se stesso.
Poi, solo un minuto di silenzio

***

Era già calata la sera quando Amethyst arrivò a Searchlight, nel Nevada.
Scese dalla sua Mustang e sospirò nell'osservare il motel di fronte a lei. Le porte rosse spiccavano nel grigio della struttura persino in quell'imbrunire.
Stanza 101, non più quella stanza 13 che quasi un anno prima le aveva fatto provare brividi e angoscia. Sapeva che dietro quella porta rossa dal numero dorato non c'era ad aspettarla qualcosa di tormentoso, non vi erano mezze risposte che non voleva sapere.
Quel 13 dal nero spettrale, per quanto facesse ancora male, era solamente un ricordo se paragonato a quel 101 dorato che quasi riluceva alla luce rossa al neon del motel.
Bussò senza provare quella paura che l'aveva avvolta tempo prima.
Bussò con la consapevolezza di ritrovare un vecchio amico e bussò con la voglia di perdersi in un abbraccio che sapeva di pelle, polvere da sparo e bagnoschiuma.
Hey, splendore!
Fu proprio Dean ad aprire la porta e lei si perse davvero in quell'abbraccio proprio come aveva desiderato.
Hey, Ace.
Rimase col volto adagiato sull'incavo del suo collo per lunghi istanti. Nessun'altra parola, solo sospiri dovuti a quei sorrisi che entrambi erano in grado di suscitarsi a vicenda.
Riluttante Amethyst sciolse quell'abbraccio e altrettanto riluttante Dean la lasciò andare, tenendo posata una mano sulla sua schiena mentre lei posava lo sguardo su Sam.
Lo sguardo del minore dei Winchester era rimasto lo stesso. In esso ancora si mischiavano dolcezza e sofferenza e quell'irrequietezza che lo caratterizzava sin da bambino era ancora lì, incastonata in quel verde cangiante.
Ciao, Sam.
Sam sorrise appena, quel senso di colpa ancora ad aleggiargli addosso reso evidente dal suo infilare le mani nelle tasche posteriori dei jeans, un gesto impacciato e nervoso.
Hey, Ame...” fu la sua sussurrata risposta prima che lei lo stringesse in un abbraccio.
Le labbra di Sam tremarono per un istante nel tentativo di ricacciare indietro lacrime che non avrebbe voluto versare, ma ricambiò quell'abbraccio senza nemmeno doverci pensare.
Mi dispiace. Dean ha ragione, avrei dovuto ascoltare quei messaggi.
Amethyst si separò da lui e lo guardò confusa, voltandosi poi verso Dean in cerca di una risposta.
Dean sapeva che Amethyst aveva lasciato un messaggio a Sam dopo la morte di Jessica, ma non poteva sapere dell'esistenza del primo messaggio, quello che lei lasciò sulla segreteria dell'amico dopo la morte di suo padre.
Il ragazzo sorrise appena, fece spallucce e piegò le labbra verso il basso in quella sua tipica espressione che sottolineava quanto un dettaglio non fosse importante o quanto fosse naturale.
Quando glielo hai mandato non stavo dormendo.
Amethyst deglutì a vuoto, ma sorrise a Dean, andando poi a stringere la mano di Sam “Non ha importanza, non più.
Ricordava ancora la delusione quando Sam non aveva risposto alla chiamata.
Ricordava ancora la rabbia quando non aveva risposto a quel messaggio vocale.
Ma la delusione era scemata ed era scemata anche la rabbia, anche grazie a Dean che in quelle settimane le era stato accanto, e non l'avevano raggiunta quando provò a richiamarlo dopo la morte di Jessica.
Immaginò il suo dolore, lo fece proprio, lo condivise con Dean in quelle telefonate sussurrate nel cuore della notte.
Allora, avete intenzione di aggiornarmi come si deve o ve ne volete stare impalati in questo modo?
Sam rise e fu come tornare indietro nel tempo, a quando era ancora un adolescente e Amethyst riusciva a farlo ridere in quel suo modo di dire le cose senza troppi fronzoli, canzonandoli con quell'allegria che spiccava in lei.
Anche per Amethyst fu come tornare indietro nel tempo, con loro tre riuniti a ridere e scherzare come erano soliti fare.
Per Dean fu diverso. Rimase a guardarla ridere, non riuscendo a reprimere quel sorriso che si impossessò delle sue labbra, ma non la guardò come la guardava quando era ancora una ragazzina dal piglio ribelle.
Facciamo che mentre Sam ti aggiorna, io vado a comprare qualcosa da mangiare, mh?
Dean uscì dalla stanza con il suo solito sorriso ironico e dopo qualche istante di imbarazzo, Sam e Amethyst iniziarono a parlare.
Parlarono di Blake, parlarono di Jessica, parlarono del loro dolore.
Lo fecero perdendosi in ricordi, lasciandosi andare a risate e ad occhi lucidi, lo fecero come se il tempo si fosse fermato a quel 2001 che li aveva separati.
Sai, anche quando me lo ha raccontato Dean ho trovato assurdo il pick-up assassino. E ricordo Cassie.
Sam si sorprese per quell'affermazione, ma non si sorprese per l'espressione del volto di Amethyst.
Aveva un sorriso malinconico e uno sguardo triste, rassegnato. Sam vi notò perfino una sfumatura di gelosia.
Ricordi Cassie? Dean ti ha parlato di Cassie?” chiese Sam sorpreso.
Amethyst rise appena, scuotendo il capo “Non esattamente. Ho conosciuto Cassie. E ricordo anche di averla odiata per ciò che aveva fatto a Dean.
Dean non le aveva rivelato i suoi sentimenti per Cassie, per quanto ne sapeva lui, Amethyst era a conoscenza solo di quella frequentazione, niente di più, ma questo non le aveva impedito di capire ogni cosa.
Aveva perfino affrontato Cassie e solo allora aveva saputo il motivo della rottura, rimanendone turbata in un primo momento.
Solo poi si rese conto di quanto tutto quello fosse tipico di Dean, colui che cercava sempre di reprimere i propri sentimenti che non fossero rabbia o allegria, ma capace di lasciarsi andare quando tutto si faceva troppo forte e reale.
E allora l'aveva affrontata ancora, asserendo che Dean si meritava di meglio. Si chiese se fosse la gelosia a parlare e forse in parte era così, ma non si volle mai dare una risposta precisa.
Tu come avresti reagito se qualcuno ti avesse detto ciò che facciamo?
La domanda di Sam la colse alla sprovvista e solo nel sentirla smise di torturarsi le dita, accorgendosi solo in quel momento dei propri gesti.
Sollevò lo sguardo e una lieve risata di gola proruppe dalle sue labbra “Io non faccio testo, so di queste cose da una vita intera, non riesco ad immaginare come sia non essendone a conoscenza.
Tu non fai testo perché sei ancora innamorata di lui.” Sam avrebbe voluto essere meno brusco e si pentì subito delle proprie parole, serrando la bocca come se fosse davvero possibile rimangiarsele, ma Amethyst non si risentì per esse.
Non è quello il motivo per cui l'ho odiata. A dir la verità non l'ho mai odiata per davvero, ho solo detestato il fatto che gli avesse spezzato il cuore.
Si strinse nelle spalle nel dire quelle parole. Parole sincere e non forzate eppure pregne di malinconia. Perché lei non sarebbe mai riuscita a spezzare il cuore di Dean Winchester e forse avrebbe voluto raccoglierne i cocci, alleviargli quel dolore mai ammesso, ma non aveva potuto farlo come avrebbe voluto, ferma in quella convinzione di essere per lui soltanto un'amica.
Sam si accigliò appena e per quanto avesse provato a trattenersi da porle la stessa domanda che aveva posto al fratello solamente il giorno prima, non ci riuscì.
Ame...è successo qualcosa tra te e Dean?
Amethyst sbatté le palpebre in un'espressione teatralmente e volutamente comica.
Non aveva idea del perché Sam fosse giunto ad una così errata conclusione, ma non poté fare a meno di sentire una speranza emergere nel suo cuore. Forse una speranza vana, vuota, che non avrebbe trovato alcune fondamenta, ma che non riuscì a reprimere, nemmeno volendolo.
No. Non è successo niente, è solo rimasto con me per qualche settimana dopo la morte di papà. Non mi aveva nemmeno voluto dire che John era scomparso, ho semplicemente capito che c'era qualcosa che non andava. E poi...Poi gli ho detto di venire a cercarti e chiedere il tuo aiuto.
In quell'ultima ammissione incise il proprio senso di colpa.
Quello di non essere stata fisicamente accanto a Dean, quello di aver indirettamente trascinato Sam in ciò che tanto aveva odiato sin da ragazzino. Si chiese persino quali sarebbero state le sorti di Jessica se Sam fosse rimasto a Stanford.
Gli hai chiesto tu di venire a cercarmi?
Amethyst annuì e a quel punto non riuscì più a trattenere le lacrime “Mi dispiace...” mormorò coprendosi il viso con le mani.
Sam la strinse a sé, le accarezzò la schiena e la cullò appena, forse stranito perché non l'aveva mai vista piangere, nemmeno da bambina.
Non è colpa tua. Dean sarebbe venuto a cercarmi comunque. E nemmeno lui ha colpe in questo, intesi?
La bionda annuì nuovamente, ma ci vollero alcuni secondi affinché riuscisse a calmarsi e a smettere di singhiozzare.
Si sentiva così ridicola, a volte, quando piangeva, come se quella fosse un'emozione a lei preclusa, che non avrebbe dovuto appartenerle, come se dovesse mostrarsi forte in ogni dannata occasione.
Sì, forse sarebbe venuto a cercarti. Lo avevo capito, sai? Che aveva bisogno di aiuto, un aiuto che solamente tu eri e sei in grado di dargli. Ma mi dispiace che tu sia finito di nuovo in mezzo a tutta questa merda.
Sam scosse appena il capo e un sorriso amaro si fece spazio sulle sue labbra “Sai che finito tutto questo tornerò a Stanford, vero? Una volta trovato il demone me ne tornerò alla mia vita noiosa.
Ne aveva già parlato persino con Dean, rimanendo inamovibile nonostante le parole del fratello. Sarebbero sempre stati una famiglia, ma non avrebbero mai visto le cose allo stesso modo. Sam sarebbe andato avanti con la sua vita, con la mancanza di Jessica a pesargli sul cuore, ma non si sarebbe arreso alla vita da cacciatore.
Amethyst si umettò le labbra e sospirò, sollevando lo sguardo verso l'amico. Non poteva biasimarlo, non l'avrebbe mai accusato di niente per quella sua voglia di andare avanti e gettarsi tutto alle spalle, ma sapeva che Dean ne avrebbe sofferto. Lo aveva fatto per quattro anni.
Lo immaginavo, ma non allontanare Dean. Non se lo merita.” mormorò con un mezzo sorriso tremante, quasi fosse in grado di percepire il dolore del ragazzo di cui era irrimediabilmente innamorata.
Quelle parole turbarono Sam, memore del discorso che gli fece Dean meno di un mese prima.
Amethyst aveva ragione, Dean non se lo meritava e lui aveva passato anni a pensare che lo odiasse quando invece era stato lo stesso Sam a chiudergli le porte in faccia, non rendendosi conto che in quello Dean era totalmente diverso da John.
Distolse lo sguardo dall'amica, puntandolo verso la finestra che pochi istanti dopo venne illuminata dai fari di un'auto. Il rombo dell'Impala annunciò l'imminente arrivo di Dean.
Lo so, ma lui non sembra intenzionato a rinunciare a questa folle idea della caccia.
Perché deve ancora capire che se solo lo volesse, sarebbe in grado di fare qualunque cosa desideri.
Poi, solo un minuto di silenzio.

***

Gran bel pugnale!” Dean si rigirò il pugnale tra le dita. Era di lucente ossidiana, a forma di foglia, il manico sembrava essere in argento.
Itztlitlantl. L'unica arma in grado di uccidere definitivamente una Borderwalker.
Alle parole di Amethyst, Dean sorrise scuotendo appena il capo “Non riuscirò mai a pronunciarlo.” ammise con un'alzata di spalle. Dopotutto, pronunciare il nome di quel pugnale, non gli serviva in quel momento.
Sam rise appena, divertito “Itztlitlantl?” disse, pronunciando con scioltezza il nome di quel pugnale speciale.
Dean lo guardò torvo per poi scimmiottarlo storpiando il nome dell'arma “Secchione.” concluse in finto tono seccato, facendo ridere Amethyst che poi si fece subito seria.
Avevano passato quasi l'intera notte a stabilire un piano all'apparenza perfetto, ma questo non le impediva di provare paura. Non si sapeva molto sulle Borderwalker e questo la terrorizzava. Tuttavia non aveva mai conosciuto dei cacciatori più in gamba dei Winchester e lei stessa aveva avuto modo di vedere Dean in azione più di una volta.
Dean sapeva essere meticoloso nella caccia, perfino nel suo essere istintivo e impulsivo e Amethyst aveva fiducia in lui e nelle sue capacità, nutriva la stessa fiducia in Sam, nonostante quegli anni passati l'uno lontano dall'altra e questo sarebbe dovuto bastarle per tranquillizzarsi.
Eppure, nonostante sapesse tutto quello, non riusciva a controllare la paura che l'assaliva ogni volta, paura che nascondeva costantemente dietro ad un 'in bocca al lupo, Ace' ogni volta che Dean la chiamava prima di una caccia.
Ame, tutto bene?” la voce di Sam la distolse da quei pensieri e lei ritrovò il sorriso, forse sforzandosi, forse riuscendo davvero a calmarsi.
Sì, sì...solo...state attenti, ok?
Hey! Ti ho mai delusa, splendore?” e in quel momento, Dean riuscì a farla sorridere per davvero.
Amethyst non rispose, non a parole. Lo guardò, ancora col sorriso sulle labbra e gli occhi fulgidi di speranza e sentimenti taciuti.
Mi sorprende che tu non stia facendo il diavolo a quattro per venire con noi.” disse Dean, infilando il pugnale nel fodero di pelle che aveva attaccato alla cinta. Titubò nel dire quelle parole, la paura che lei cambiasse idea serpeggiò tra esse proprio come serpeggiò nelle sue vene.
Amethyst fu in grado di tranquillizzarlo con un semplice tocco quando gli sfiorò il braccio, prima di prendere la sua mano facendo in modo che le loro dita si intrecciassero.
Ti ho fatto una promessa che intendo mantenere. Tu pensa solo a mantenere la tua, ok?
Sam sorrise nel vederli in quel modo. Era in parte confuso, ma anche divertito da quell'evidenza che loro sembravano invece ignorare in quel tentativo di comportarsi come semplici amici.
Quel sorriso gli rimase sulle labbra anche dopo aver salutato Amethyst, uscendo dal motel.
Dean fece finta di ignorarlo, memore di quanto suo fratello riuscisse ad essere una spina nel fianco in simili circostanze, ma lo fece inconsciamente, senza rendersene veramente conto dato che non si rendeva veramente conto nemmeno dei suoi atteggiamenti nei confronti di Amethyst. O di come la guardasse quando pensava che Sam non potesse notarlo.
Che promessa le hai fatto?
La domanda di Sam sembrò atta a stuzzicare il fratello e sebbene una parte di sé si divertisse a farlo, vi era genuina curiosità.
Dean sembrò ignorarlo, concentrato sulle chiavi che teneva in mano, per poi aprire la portiera dell'auto. Solo in quel momento si fermò, sollevò lo sguardo verso Sam mentre appoggiava gli avambracci sul tettuccio dell'Impala, tenendo le chiavi tra le dita “Di morire il più tardi possibile. Ora sali in macchina o ti lascio qui.
Sam ridacchiò, salì in macchina e fece nuovamente per parlare voltandosi verso il fratello con una strana aria vittoriosa.
Non dire una parola, Sammy.” lo interruppe Dean, con quel tono brusco che solitamente usava per evitare di parlare di cose come sentimenti o di come, semplicemente, si sentisse. 'Niente sentimentalismi' l'aveva ripetuto più di una volta e sembrava fermo in quella sua decisione.
Non ho detto nulla! Però è stata carina a venire sin qui per portarci l'Itztlitlantl.
Dean strinse il volante tra le dita e solo per un secondo voltò il viso verso Sam prima di tornare a guardare la strada con un'espressione più concentrata del solito.
Stai facendo qualche allusione o volevi pavoneggiarti ancora perché sai pronunciare Itzitlicoso?
Sam si sistemò nel sedile, si umettò le labbra e non smise di sorridere nemmeno per un istante “Sto solo dicendo che da Cutler Bay è un bel po' di strada da fare.” disse sollevando le mani in segno di resa, ma ogni cosa del suo volto lasciava trapelare quanto invece la sua fosse effettivamente un'allusione.
Dean, ancora una volta, fece finta di non cogliere le reali intenzioni del fratello, tamburellò con le dita sul volante seguendo il ritmo della musica in sottofondo e fece spallucce “Si è trasferita a Sioux Falls mesi fa.
Sam rimase sorpreso da quella notizia, ma quello non avrebbe certamente cambiato il suo pensiero. Era ben consapevole dei sentimenti che Amethyst provava per Dean - lei stessa glieli aveva confessati la prima volta quando avevano sedici anni e aveva poi confessato che ne fosse ancora innamorata solamente la sera prima - ma aveva anche notato quanto fosse cambiato lo sguardo del fratello quando lo posava su di lei.
Beh, anche Sioux Falls non è vic--
Piantala, Sammy. So che cosa stai cercando di fare e te l'ho già detto: tra me e Ame non è successo niente. Fine della storia.” e per quanto quella fosse la verità, l'irritazione di Dean era innegabile e Sam non avrebbe tirato troppo la corda.
Poi, solo un minuto di silenzio.

***

Amethyst aveva rischiato di creare un solco nella lurida moquette della stanza 101 col suo andirivieni costante dettato dal nervosismo e dalla paura.
Solo quando Dean la avvisò con un messaggio che erano riusciti a eliminare la Borderwalker riuscì a rilassarsi.
Si sedette sul letto e iniziò, svogliatamente, a fare zapping alla TV non mancando di gettare di tanto in tanto un'occhiata alla finestra, l'orecchio costantemente teso per poter sentire quell'inconfondibile rombo di motore e solo quando i Winchester, finalmente, varcarono la soglia della porta, si calmò del tutto.
Si allarmò nuovamente nel vedere sul volto di Dean una smorfia di dolore e lui lo capì subito, regalandole un sorriso sfrontato “Niente di allarmante, splendore, è solo un graffio.” sebbene la sua camicia insanguinata lasciasse supporre che fosse più grave di un semplice graffio.
Sam rise appena guardando prima il fratello e poi Amethyst. Aveva un sorriso furbo sulle labbra, canzonatorio, perché quella situazione lo stava divertendo per davvero “Sì, splendore, è solo un graffio!
Quel nuovo nomignolo che Dean aveva usato più di una volta per chiamare Amethyst, lo aveva colpito anche se all'inizio non vi aveva dato molto peso, ma lo trovava più eloquente di quanto lo stesso Dean avesse pensato nell'affibbiarlo all'amica. Amica che forse non era più tale da tempo, anche se né Amethyst né lo stesso Dean sembravano in grado di capirlo.
Sta zitto, Sam.
Fu una risposta corale, forse perfino azzardata dato che in quel disperato tentativo di negare tutto non vi era altro che tacita ammissione.
Amethyst si schiarì la voce, ignorò il rossore delle proprie gote e si diresse nel bagno, facendo a Dean cenno di seguirla “Vieni, ti medico quel graffio.
Dean si chiuse la porta del bagno alle spalle, lasciando un Sam particolarmente divertito e soddisfatto nella stanza.
Avanti, spogliati.
Amethyst prese la piccola cassetta del pronto soccorso e indicò a Dean di sedersi sul bordo della vasca da bagno macchiata di calcare e chissà cos'altro.
Woah, non mi offri da bere prima?
La battuta di Dean arrivò puntuale eppure inaspettata, tanto che Amethyst arrossì appena, complice il fatto che Dean avesse già iniziato a sbarazzarsi di camicia e maglietta. Il ciondolo che gli aveva regalato Sam un Natale di tanti anni prima era posato sul suo petto, quasi volesse attirare lo sguardo di Amethyst.
Sei un idiota.
Lo so.
Risero appena entrambi e solo allora Amethyst riuscì a posare lo sguardo su di lui, deglutendo a vuoto mentre prendeva posto sul pavimento per arrivare più facilmente all'altezza della ferita del ragazzo.
Visto? È solo un graffio.” mormorò lui sfiorandosi la parte lesa, ma Amethyst non gli stava prestando realmente attenzione in quel maldestro tentativo di concentrarsi su qualsiasi cosa che non fosse lui.
Difficile farlo vista la situazione, ma anche la sua voce era capace di attrarla, di farle provare desiderio.
All'improvviso si schiarì la voce, scostando la mano di lui e mettendosi subito al lavoro, pulendo la ferita prima di tamponarla e passare poi a disinfettarla. Lo fece con estrema delicatezza.
Dean tremò appena sotto il suo tocco e sospirò, serrando la mandibola e chiudendo gli occhi.
Un sospiro di eccitazione trattenuta, quella trepidazione macchiata dalla frustrazione di non riuscire a spingersi oltre, bloccato in quell'assurda convinzione di non provare niente per lei solo perché non poteva farlo. Perché era Amethyst ed era convinto di non meritarsela.
Come poteva ambire ad amarla ed essere amato da lei? Come avrebbe potuto sporcare la sua anima con la propria?
Lasciò che Amethyst pensasse che quel sospiro fosse dovuto al dolore per quella ferita a cui lei si stava dedicando con fin troppa cura per i suoi gusti.
Non è profonda, non ci dovrebbe essere bisogno di punti.
La voce di Amethyst tremò, così come tramarono le sue labbra dove vi era la pallida impronta di un bacio mai dato, mai ricevuto. A lui, da lui. Lo guardò negli occhi, combattendo contro quell'impulso di baciarlo che ogni volta diventava più forte, più prepotente. Il suo sguardo si spostò sulle labbra di lui per un solo istante e lei respirò a malapena.
Ho passato di peggio.
Al contrario di quella di Amethyst, la voce di Dean risultò chiara, quasi ironica. Perché lui si stava perdendo in quel momento, traendo una malcelata soddisfazione nel notare le guance di lei imporporarsi, percependo l'attrazione di lei.
Dean serrò nuovamente la mascella, pentendosi di quei pensieri, ancora convinto che lei fosse troppo per lui. Ma era così bello poter perdersi in quella fantasia che ora sembrava poter toccare con mano. Solo la voce di lei lo riscosse, facendolo bruscamente portare alla realtà.
Come con Cassie?
Aveva parlato di getto, Amethyst, troppo in fretta, impedendo al buon senso di intromettersi per evitare quelle parole, venendo però investita dal pentimento.
Dean non rispose, la guardò confuso, chiedendosi se fosse stato Sam a raccontarle tutto.
Non sono stupida, Dean.
Dean non lo aveva mai pensato e quel mezzo sorriso sulle labbra lo dimostrò a lei e a se stesso.
Sospirò pesantemente, allentando la tensione che sentiva accumularsi sulle spalle e svigorendo la presa sul bordo della vasca, ma non poté fare a meno di ricambiare lo sguardo di lei, di notare come lei lo posasse di tanto in tanto sulle sue labbra che lui inumidì quasi una parte di sé volesse portare l'attenzione di lei ancora su di esse.
Cassie è acqua passata e anche se l'ho rivista non penso a lei.” perché per Dean era stato bello rivederla, poter chiarire, poterle far capire che non era un pazzo e che aveva detto il vero. Era stato bello persino poter rifare l'amore con lei, riassaporare le sue labbra, ma tutto era passato, complici forse le parole di lei e quell'addio che lui aveva provato a rifiutare.
Si rese però conto che quell'addio non gli faceva più male, soppiantato da un altro dolore più insistente e continuo, più forte e costantemente taciuto. Anche di fronte ad Amethyst, causa e al contempo cura di quel dolore.
Oh beh, immagino tu ti sia distratto spesso.
Amethyst rise e Dean rise con lei, scuotendo il capo. Provò un certo fastidio per se stesso, per quel suo essere un donnaiolo e concedersi del sesso senza amore che lo teneva lontano da lei.
Si chiese se sarebbe riuscito a baciarla o ad accettare quei sentimenti tra loro se solo lui fosse stato diverso e si chiese se per una come lei sarebbe valsa la pena mettere da parte la vita del cacciatore, come gli aveva chiesto Sam dopo quell'addio a Cassie.
Dean non aveva risposto allora, ma una risposta l'avrebbe avuta in quel momento, per Amethyst. Perché si rese conto che per lei avrebbe potuto rinunciare a tutto, ma era ancora frenato da quell'assurda convinzione di non essere giusto per lei. Perché lei si meritava di meglio. Poteva e doveva avere di meglio di uno come lui, caos ambulante che poteva portare solo guai, che portava tutti ad allontanarsi da lui.
Dean avrebbe voluto respirare il profumo di lei, respirare sulla sua bocca e finalmente baciarla e sentire il cuore in gola, ma se lo avesse fatto non sarebbe più potuto tornare indietro. Forse non poteva più nemmeno in quel momento, mentre le fissava le labbra piene e poi quegli occhi azzurri che non avevano più segreti per lui e per cui lui non riusciva ad avere segreti, nemmeno provandoci.
Tutto bene lì dentro?” Sam bussò alla porta facendoli sobbalzare entrambi e Amethyst si affrettò ad applicare la benda sulla ferita di Dean.
Sì!
La voce più acuta del normale, nervosa come i suoi movimenti veloci nel mettere a posto la cassetta del pronto soccorso.
Vado a prendere da mangiare.
E non ti dai una rinfrescata?
La voce si regolarizzò, così come i suoi movimenti che si fecero più lenti e controllati.
Tanto il lavoro sporco lo ha fatto Dean.
Dean emise una lieve risata di gola, alzandosi dalla vasca, fiero di se stesso per come avesse affrontato la Borderwalker sotto forma di coyote, ma non aggiunse nulla, né fu Amethyst a farlo e rimasero in silenzio fino a che non sentirono la porta della stanza aprirsi e chiudersi nuovamente.
Amethyst fu la prima ad uscire dal bagno, raccolse degli indumenti puliti di Dean e glieli lanciò colpendolo in pieno viso “Rivestiti, latin lover.” quel tono canzonatorio a mascherare l'imbarazzo.
Dean rise divertito, ma si rivestì senza aver voglia di provocare, consapevole che sarebbe caduto nella sua stessa provocazione, complice l'assenza di Sam che sembrava aver capito tutto pur non avendo detto niente.
Grazie per essere venuta fin qui. Senza di te non ne avremo ricavato un ragno dal buco.” si limitò a dire con sincerità.
Ricercò comunque il suo sguardo, cercando in se stesso il coraggio per farlo, lo stesso coraggio che per un solo singolo istante parve venire meno nel vedere il sorriso che lei gli regalò.
È stato un piacere. Ed è stato bello rivedervi riuniti.
Era stato bello rivedere Sam, era stato bello rivederli insieme, era stato bello rivedere Dean dopo tutti quei mesi passati l'uno lontano dall'altra. Fisicamente, perché non erano mai riusciti a separarsi davvero.
Già...Beh, non so quanto durerà. Sam non ha intenzione di continuare dopo che troveremo quel dannato demone.
Amethyst percepì del pentimento in quelle parole, perché sapeva quanto Dean desiderasse che la sua famiglia fosse nuovamente unita come un tempo, ma lo stesso Dean combatteva ogni giorno con se stesso con quei sensi di colpa per aver portato Sam lontano da una vita normale, sicura.
Non c'era bisogno che lui glielo dicesse, Amethyst lo aveva capito semplicemente guardandolo nei suoi grandi occhi verdi, come ogni volta.
Lo so, me lo ha detto. Tu non pensi mai di smettere?
E per fare cosa?
Qualunque cosa tu voglia.
Gli offrì quella soluzione con voce tremante, quasi volesse tastare il terreno. Ma vi era anche sicurezza nella sue parole, sicurezza che Dean decise di ignorare, sbuffando una risata.
Certo...come no.
Amethyst rise amaramente, allargando le braccia e chinandosi quel tanto da permetterle di rientrare nel campo visivo di Dean, che aveva chinato il capo.
Sei così...testardo! Potresti davvero fare qualunque cosa tu voglia se solo te lo ficcassi in quella testa dura che ti ritrovi.
La voce non le tremò più, quella voglia di scuoterlo a prendere il sopravvento sul resto.
Dean Winchester era la persona più bella che avesse mai conosciuto, ma era anche in grado di farle saltare i nervi e di farle desiderare di poterlo prendere a schiaffi senza poi doversi sentire in colpa.
Dean la guardò, sollevando il capo e aggrottando le sopracciglia, sorpreso da quell'improvvisa e breve invettiva.
Sì umettò le labbra e scosse appena il capo guardandosi intorno.
L'ennesimo motel, così diverso eppure così uguale a tutti gli altri. Si sentì improvvisamente stanco, stanco di quei motel, stanco della caccia, stanco di quella vita. Ma era anche l'unica vita che avesse mai davvero conosciuto.
Già...non penso che accadrà. Tu però continua a starne lontana.
Il tono perentorio di Dean fu capace di irritarla e addolcirla allo stesso tempo, perché per quanto lo detestasse le faceva percepire quanto lui volesse solamente proteggerla, esattamente come l'eroe che lui era per lei.
Ci proverò se tu ci proverai.
Quelle parole risuonarono a lui come una minaccia e irrigidì le spalle tornando nuovamente a guardare lei. Gli occhi appena sgranati per la paura, paura di non riuscire a proteggerla, paura di fallire nel suo ruolo di eroe, paura di perderla.
Perché, vorresti tornare a cacciare?” ringhiò, lo sguardo addolcito dai sentimenti che provava per lei.
No, non costantemente, non da sola. Ho davvero intenzione di mantenere quella promessa. Ma con te e Sam...Sai che posso aiutarvi.
Lei tentennò, ma si avvicinò a lui, prendendogli una mano, la stessa dove indossava l'anello che lei gli aveva regalato.
Ame...
Ho...ho solo bisogno di vederti più spesso.
Dean abbassò il capo, le sfiorò le dita e si sfiorò l'anello e sospirò ricordandosi di quella notte e di quelle parole.
Non solo di quella promessa di morire il più tardi possibile, ma anche di quell'assurdo patto che avevano fatto.
Erano passati due anni, quasi tre da allora, ne mancavano meno di diciotto per suggellarlo.
Ma diciotto anni sono lunghi, perfino troppi per un cacciatore e il desiderio di rinunciare a tutto per lei, tornò a farsi vivo e bruciante.
Dean sorrise appena, l'attirò a sé permettendole di perdersi in quell'odore di pelle, polvere da sparo e bagnoschiuma e lui si perse nel profumo di lei. Profumo che sapeva di vita e speranza.
Poi, solo un minuto di silenzio.








Note dell'autrice: *fa riferimento alla puntata 1x16 Shadow, quando i ragazzi ritrovano John la prima volta.
** riferimento a Cassie Robinson, la ragazza di Dean della puntata 1x13 Route 666, quella di cui era innamorato.
Ogni paragrafo finisce con la medesima frase che si rifà al titolo del capitolo. Il suddetto titolo riprende il titolo di un brano dei Soundgarden, brano effettivamente composto da un minuto di silenzio.
Le modalità di uccisione delle Borderwalker, le loro descrizioni, armi, punti di forza e debolezze, sono presi da Supernatural Wiki con qualche modifica da me effettuata. Canonicamente i Winchester non ne hanno mai incontrato una.
Il capitolo è da collocare tra la 1x18 Something Wicked e la 1x19 Provenance.
Dato che questa storia presenta diversi salti temprali, creerò anche una raccolta di "missing moments" e non sempre, né qui né nella futura raccolta, seguirò il canone della serie, introducendo quindi anche alcuni episodi "what if?".
(Ho scritto questo capitolo a più riprese a causa di impegni indesiderati e non ho una beta reader, quindi mi scuso se dovesse risultare confusionario o pieno di errori)

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