Gli invissuti

di ClarWarrior
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. Grimmauld Place ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. Un ricordo sulla tomba ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. Ti presento Harry Potter ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. Pericolosa distrazione ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5. Il 31 ottobre ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. Un tuffo nel passato ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7. Natale ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8. Terapia di coppia ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9. Niente sentimenti ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10. Sbalzi d'umore ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12. Luce e oscurità ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13. Eclissi ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14. Il nome di una stella ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17. La battaglia ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18. Abituato a fare miracoli ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19. Ritorno all'Ufficio Misteri ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20. Regalo di Natale ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21. Smussare gli spigoli ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22. Magari è semplicemente finita ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23. ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24. Il matrimonio ***
Capitolo 26: *** Epilogo. Tredici anni dopo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Prologo


Stipato tra una libreria e un negozio di dischi di Charing Cross Road, il Paiolo Magico rappresentava da sempre uno dei punti nevralgici della vita sociale dei maghi di tutta l'Inghilterra. Si trattava di un piccolo pub polveroso dalle pareti di pietra grezza, arredato con tavoli di legno e sgabelli alti posti lungo il bancone dietro cui, riposte su appositi scaffali, c'erano le bottiglie esposte per i clienti. Il camino in fondo alla sala era spento e accanto si potevano notare le scale che portavano alle stanze al piano superiore. Sebbene fosse appena cominciata una delle estati più calde che l'uomo avesse mai vissuto e il locale fosse pieno, all'interno si stava bene; il Paiolo Magico, durante quel mese di giugno 1995, era un'oasi per i maghi e le streghe che tornavano dallo shopping a Diagon Alley.
L'uomo guardò verso destra, dove due streghe ridacchianti lo stavano fissando, mentre a sinistra vide un vecchio mago fumare una lunga pipa mentre sfogliava la Gazzetta del Profeta. Il titolo, a caratteri cubitali, urlava "Harry Pottr: il ragazzo che mente" e, poco sotto, una foto ritraeva il ragazzo poco prima della terza prova dl Torneo Tre Maghi. Remus rimase a guardare fisso la prima pagina di quel giornale, stringendosi forte la burrobirra che aveva davanti. Trovava assurdo che il Ministero non volesse scendere a patti con quella terrificante realtà e che l'Ordine, oltre a combattere contro il potere oscuro, dovesse muoversi in segreto, sotto il naso del Ministro della Magia. Lord Voldemort era tornato e ora minacciava anche le pochissime cose che gli erano rimaste, come se tutti non avessero già sofferto abbastanza. Pensò a Sirius, da solo a Grimmauld Place, di nuovo imprigionato dopo tutti quegli anni ad Azkaban, a Harry, che a soli quattordici anni aveva affrontato l'assassino dei suoi genitori e ne era uscito vivo per miracolo, e sospirò, prima di poggiare le labbra sul bicchiere.
Quando la pinta toccò di nuovo il tavolo di legno, Remus rivolse lo sguardo alla porta d'ingresso nel pub, che si era spalancata. Una donna varcò la soglia e attraversò la sala puntando dritta verso di lui. Era minuta, vestita da babbana, indossava un paio di jeans, una maglietta bianca e una camicia a quadri legata in vita. I capelli erano biondi e molto lunghi, li aveva tirati su con una coda disordinata, mente gli occhi erano grandi e verdi come una immensa prateria. Prairie, il suo secondo nome, le era stato dato proprio grazie a quegli occhi.
Non vedeva sua sorella da molti anni, ma quando la donna gli si sedette davanti si rese conto che, al contrario di lui, non era cambiata quasi per niente. Nonostante avesse ormai quasi trentaquattro anni, Mina sembrava ancora una ragazzina, forse per colpa della sua apparente spensieratezza che l'aveva sempre caratterizzata. - Ciao, Remus. - Le disse, sorridendo. - Quanti anni sono passati? -
- Almeno cinque. - Rispose lui. - L'ultima volta che ci siamo visti è stato poco dopo il tuo matrimonio, quando sei tornata per il funerale di nostra madre. A proposito, Avi come sta? -
Mina prese la burrobirra di Remus e ne bevve un sorso. Sospirò e la posò davanti a se, prendendosi tempo per rispondere a quella domanda. - Ci siamo separati. - Disse poi, alzando le spalle.
Remus sgranò gli occhi. - Come sarebbe a dire? Da quando? - Chiese, sorpreso. - Posso sapere perché non mi dici mai nulla della tua vita? Delle volte mi sembra di avere a che fare con una estranea. -
Lei alzò le sopracciglia e un ghigno apparve sulle labbra. - Parli come papà. - Osservò divertita, prima di tornare a sorseggiare la burrobirra. - A proposito, come sta? - 
- Sta bene… ogni tanto vado a trovarlo. Si sente solo, dovresti dirgli che sei qui. - 
Mina annuì e fece un gesto sbrigativo con la mano. - Lo farò, Remus, ma prima devo sistemare tantissime cose. Pensavo di tornare a vivere a Ottery St Catchpole, nella mia vecchia casa. -
- Certo, sarebbe un'idea. - Rispose Remus, iniziando a tamburellare con le dita sul tavolo di legno tarlato. Poi alzò lo sguardo di nuovo su sua sorella e quasi si pentì di averla chiamata. - Sei sicura di stare bene? Tu e Avi siete stati sposati per molti anni, una separazione è una cosa grossa e quando eviti di parlare di qualcosa, come in questo caso, vuol dire che ne hai sofferto. - 
- Non avevo motivo di dirtelo, per questo non l'ho fatto. - Disse Mina, il tono piuttosto sereno. - Tu hai già i tuoi problemi e non voglio mettermici anche io. L'ho lasciato io, per la cronaca, dopo un litigio senza senso sul mettere su famiglia, come se non l'avesse sempre saputo che non voglio dei figli, che era già stato troppo accettare di sposarlo, per me. - Pronunciò l'ultima frase molto duramente. 
- Quando è successo? - Domandò Remus, dispiaciuto. Gli piaceva quell'uomo.
- Mesi fa. - Mina alzò le spalle, del tutto disinteressata. - Ma non ho attraversato mezzo continente per parlare del mio matrimonio fallito, Remus. Piuttosto dimmi qualcosa di te. Insegni ancora a Hogwarts? Dimmi qualcosa di Harry, come sta? Sei stato suo insegnante, no? - 
Remus sospirò. Mina aveva lasciato il paese da così tanti anni, aveva tentato in tutti i modi di rifarsi una vita, ma eccola di nuovo lì, davanti a lui, nello stesso posto in cui si erano visti dopo la morte di Lily e James e dopo la cattura di Sirius, nello stesso pub in cui l'aveva vista piangere l'ultima, rarissima, volta. - Ho dovuto dare le dimissioni dopo che Piton si è lasciato sfuggire per sbaglio la mia natura. - Disse, cupo. - Ho voluto evitare di creare problemi alla scuola. - 
Mina fece un verso sprezzante. - Maledetto Mocciosus. - Sputò, velenosa, scuotendo la testa. 
 - Harry è un ragazzo meraviglioso. Somiglia tantissimo a James, tranne per gli occhi, uguali a quelli di Lily. È anche un Grifondoro e gioca a quidditch. - Continuò Remus.
Mina sorrise e nei suoi occhi apparve una scintilla di orgoglio. - Ci avrei scommesso che giocava. Ricordo ancora quella foto che Lily ci aveva mandato, in cui volava su quella piccola mini scopa, sembrava proprio nel suo elemento. È un cacciatore come James? -
L'uomo scosse la testa. - Un cercatore, come te, ma è capitano, proprio come il padre. - Rispose, con un sorriso, che si spense piano, facendogli diventare il viso di nuovo cupo. - Mina, prima di raggiungere il quartier generale ti devo parlarti di una cosa importante. Però mi devi promettere che non ti farai prendere dall'impulsività. - Le disse, poggiando una mano su quella di lei. 
Mina lo guardò di sottecchi, scrutandolo. - Non posso prometterti niente, Remus. - Rispose, con la voce improvvisamente distaccata. - Di che si tratta? - 
Lui esitò e si guardò intorno. - Si tratta di Sirius. - Disse, sussurrando. 
In quel preciso momento Mina ebbe l'impressione che il pub fosse crollato nel silenzio più profondo e assordante. Guardò Remus con un'espressione di rimprovero e sbuffò. - Lo sai che non devi pronunciare il suo nome davanti a me. - Lo riprese duramente, tirando via la mano da sotto quella di lui. - È stato lui ad aver aiutato Tu Sai Chi? Vuoi dirmi questo? È fuggito da Azkaban per questo? -
Remus si affrettò a scuotere la testa. - Mina, lui è innocente. - Mormorò, protraendosi verso di lei.  
- Piantala. - Rispose Mina, muovendosi a disagio sulla sedia, come se fosse seduta su milioni di spilli. 
- È stato Peter. È sempre stato Peter. - Incalzò l'uomo.
La strega scosse la testa. - Il povero Codaliscia è morto, Lui lo ha ucciso, lo sai benissimo. -
Lui. Mina non aveva più nominato Sirius Black, da quando gli auror lo avevano portato via da casa loro la mattina del primo novembre del 1981.
Lo so che è difficile da accettare, ci ha ingannati tutti, ma bisogna vivere nella realtà dei fatti, Rem. Ho sperato che morisse ad Azkaban ogni minuto durante quei dodici anni, ma sinceramente forse è meglio che sia scappato, sai? Così potrò trovarlo e ucciderlo con le mie mani… - 
- Io ho visto Peter! - Sbottò Remus, alzando la voce e attirando più attenzioni del dovuto. - Ho visto Peter. - Insistette, tornando a sussurrare. - Ha passato dodici anni sotto forma di topo in una famiglia di maghi; è una storia davvero lunghissima e non ti sto chiedendo di fidarti di me, ti chiedo di fidarti di Silente, anche lui sa tutto. Sirius ha passato tutti quegli anni ad Azkaban da innocente. - 
Lei lo guardò, le sopracciglia corrucciate, le labbra tremanti e schiuse. Remus la vide chiudere gli occhi e poi notò una lacrima scendere sulla sua guancia destra. Di nuovo, seduta in uno dei tavoli del Paiolo Magico, stava piangendo. Remus lo sapeva, Mina aveva sempre adorato Silente, lui era l'unico di cui si fidasse totalmente e se proprio lui credeva nell'innocenza di Sirius Black allora lei non poteva far altro che dargli ragione. 
- Non è possibile… - Mugugnò Mina tra i singhiozzi portandosi una mano alla bocca, mentre gli altri maghi e le altre streghe le lanciavano occhiate preoccupate. - Non ci credo… Lui… non può essere… -
- Invece è così. - Rispose Remus, con il volto pieno di speranza e un sorriso largo sulle labbra. 
Gli occhi di Mina, gonfi di lacrime, brillavano umidi. - E… come sta? - Domandò, ancora scossa. 
Remus parve pensarci su. - È diverso. - Rispose, pensando che forse era rimasto davvero pochissimo del Sirius Black che avevano conosciuto. - Diciamo che fisicamente si sta riprendendo bene, il problema è la sua mente. Si trova al quartier generale in questo momento; stare tutto il giorno da solo, chiuso in quella casa, non gli sta sicuramente facendo bene. -  
Mina annuì, asciugandosi gli occhi con il dorso di una mano. Era ancora scossa da forti singhiozzi, ma era consapevole di doversi riprendersi e anche in fretta. Sirius non doveva assolutamente vederla in quello stato. - E sa che sto per arrivare? Gli hai detto qualcosa? - Domandò al fratello. 
- No. Non riesce ad essere molto paziente, lo sai. - Disse Remus. 
La donna tergiversò, mentre la sua mente si affollava. Remus poteva sentirla pensare; leggeva tutte le sue preoccupazioni nei suoi occhi, vedeva l'emozione sulle sue gote accese, percepiva tutte le sue ansie dal modo in cui le tremavano le mani. Sembrò sul punto di parlare per altre due volte, ma era come se si fosse dimenticata la lingua. - Ti ha mai chiesto di me? - Pronunciò quel quesito quasi con vergogna dopo parecchi tentativi, lo sguardo fisso sulla pinta di burrobirra ormai calda. 
- Certo che lo ha fatto. - Disse Remus, il tono ovvio. Gli sembrava una domanda così stupida. 
- E tu cosa gli hai detto? - Domandò Mina, tremante. - Insomma, lui cosa sa di me? - 
Remus scrollò le spalle. - Tutto. Sa che sei un'Indicibile ma che lavori all'estero, sa che ti sei sposata. Ha voluto vedere la foto del tuo matrimonio che tengo sempre nel mio mantello. - 
- E cosa ha detto quando l'ha vista? - Chiese lei, dopo un suono simile ad una risatina. 
- Una cosa tipo "sono contento per lei", ma sembrava volesse dire tutt'altro. - 
Mina scosse la testa, tirando su con il naso. - Cosa si aspettava? Che rimanessi da sola ad aspettarlo per tutta la vita? È proprio un coglione… - Borbottò, prima di alzarsi in piedi. Aprì il portamonete e lasciò cinque galeoni sul tavolo, per poi guardare di nuovo verso suo fratello. - Vogliamo andare adesso? - 


Angolo autrice: 
Ciao! Non c'è molto da dire, ho scritto e non mi sembra una storia pessima. So che questo è solo il prologo, ma se vi va sappiate che le recensioni sono molto gradite! 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. Grimmauld Place ***


Il giorno più caldo dell'estate, almeno fino a quel momento, volgeva al termine in un sonnacchioso silenzio che gravava sui grossi palazzi intorno al numero 12 di Grimmauld Place. Le automobili, di solito scintillanti, se ne stavano ferme ai lati della strada, ricoperte di polvere, mentre le aiuole, un tempo verdi e rigogliose, erano accartocciate su se stesse, giallastre e con la terra arida sul fondo dei vasi di terracotta. L'asfalto incandescente si stava raffreddando adesso che il sole stava per tramontare, e alcuni gatti erano usciti dai loro nascondigli alla ricerca di cibo, mentre invece le persone se ne stavano tornando rintanate nelle loro case fresche, alla ricerca di un soffio di vento capace di rinvigorirle. I lampioni della luce si accesero all'improvviso, illuminando la strada. Le facciate sudicie delle case circostanti non erano accoglienti: alcune avevano i vetri rotti che scintillavano cupi grazie al bagliore fioco dei pali della luce sgangherati, la vernice di molte porte era scrostata e mucchi di immondizia giacevano davanti a parecchie scalinate d'ingresso. Mina non era mai stata a Grimmauld Place e si stupì del fatto che uno come Sirius Black fosse cresciuto così tanto in periferia, dove il degrado sembrava avere la meglio su qualsiasi altra cosa.  Seguì Remus verso il marciapiede dall'altra parte della strada, dove il pulsare soffocato di uno stereo usciva da una delle finestre in alto e un acre odore di immondizia marcia si levava dalla pila di sacchi neri rigonfi appena dentro il cancello rotto. - Andiamo. - Le disse l'uomo, estraendo la bacchetta e colpendo la maniglia guardandosi intorno. 
Mina avvertì dei rumori metallici e poi la porta si spalancò con un cigolio su un corridoio immerso nella più completa oscurità. Varcò la soglia e subito un forte odore di muffa, polvere e umidità la colpì, mentre intanto il flebile sibilo delle lampade a gas che si accendevano le riempì la testa, fastidioso. Mosse qualche passo superando una schiera di teste di elfo rinsecchite e montate su targhe appese lungo tutta la parete e si accorse che, dietro la porta in fondo al corridoio, c'erano delle persone. Le loro voci arrivavano basse e ovattate dal legno, Mina non riusciva a distinguerle, non capiva nemmeno una parola. 
- Dai, Mina, datti una mossa. - Sussurrò Remus alle sue spalle. 
Lei scosse la testa in modo frenetico, si voltò, cercando di tornare all'uscita. - Non posso, non me la sento! - Mormorò, prima che il fratello la prendesse per le spalle, facendola avanzare a forza lungo il corridoio buio. - Remus… no, ti prego. Non credo che sia una buo… -  
- Non… fare… la bambina. -  La interruppe Remus, a denti stretti, trascinandola in avanti, fino a raggiungere la porta, che si spalancò quando l'uomo la spinse. 
Remus entrò per primo, seguito da Mina, che prese a guardarsi intorno, scrutando le facce dei commensali che se ne stavano tutti attorno ad un tavolo lungo e di legno, che ancora non era stato imbandito, smettendo di parlare al loro ingresso. La cucina era vecchia, la carta da parati staccata in più punti, c'era un forte odore di torta tenerina e zucchero a velo. Mina riconobbe per prima la faccia di Severus Piton, suo vecchio compagno di scuola, che era l'unico in piedi, come se stesse per andarsene. Indossava un mantello nero e lungo fino ai piedi che lo faceva sembrare un pipistrello. Poi la donna vide una ragazza dai capelli rosa e la faccia da folletto, che a sua volta la guardò e poi sorrise. Alla sua destra c'era una strega dai capelli rossi, seduta accanto ad un uomo, fulvo anche lui, e Mina fu sicura che si trattasse dei coniugi Weasley. A capotavola c'era Malocchio, il vecchio auror che aveva fatto parte anche del primo Ordine della Fenice tantissimi anni prima, che la riconobbe e la salutò con un cenno della mano, l’occhio magico che si muoveva in tutte le direzioni. Poi Mina prese un respiro profondo e abbassò lo sguardo verso sull'uomo seduto proprio davanti alla ragazza dai capelli rosa. Remus aveva ragione, Sirius era diverso da come se lo ricordava, anzi, se lo avesse incontrato per strada probabilmente non sarebbe stata capace di riconoscerlo. Aveva i capelli lunghi fino alle spalle, gli incorniciavano il viso smunto e non rasato che ospitava solo lo spettro dei suoi suoi lineamenti di ragazzo, gli occhi grigi erano infossati e stanchi e la guardavano incredulo. Era vestito come se fosse ancora negli anni '70 ed era davvero molto magro. Sirius ricambiò il suo sguardo, incredulo, la bocca aperta e gli occhi spalancati in un'espressione di sorpresa. Mina lo vide alzarsi goffamente dal tavolo, ma rimanere immobile. 
- Ciao, Sirius. - Disse, ignorando tutti gli altri e sussurrando pronunciando il suo nome. 
Erano passati così tanti anni da quando lo aveva detto l’ultima volta. Aveva cancellato quell'uomo dalla sua mente, aveva fatto finta di non averlo mai conosciuto ed amato, si era liberata di tutte le cose capaci di ricordarglielo e se ne era andata via, lasciando lì tutto quello che era stata fino in quel momento; si era reinventata da capo e aveva avuto una vita bella e piena anche senza di lui. Ma era bastato poco, le era bastato posare lo sguardo di nuovo su di lui per essere colpita di nuovo da tutto ciò che aveva tagliato fuori per anni: i ricordi, la nostalgia, una vita che ormai non le apparteneva più.
Sirius fece rimbalzare lo sguardo da lei a Remus e viceversa, mentre in cucina nessuno accennava di voler parlare. Molly Weasley guardava Sirius come se lo vedesse per la prima volta, mentre la giovane dai capelli rosa aveva lo sguardo di chi aveva appena visto assistito a qualcosa di molto emozionante. Malocchio si dondolava sulla sedia, sembrava impaziente, e poi Piton fece un verso sprezzante, rompendo il silenzio. - Fammi passare, Lupin. - Disse, con la sua voce fredda. 
Mina si fece da parte senza guardarlo. Poi, quando Remus si sedette, lei lo imitò mettendosi al suo fianco. La porta alle loro spalle si chiuse nuovamente e poi anche Sirius tornò sulla sedia. 
La giovane con i capelli rosa si sporse in avanti, porgendole la mano. - Ninfadora Tonks, molto piacere! - Esclamò con un bel sorriso largo dipinto sul suo volto a forma di cuore. 
Mina la strinse. - Mina Lupin. Sono la sorella di Remus. - Rispose, cercando di sembrare più naturale possibile. 
- Tonks è un auror, è molto dotata. - Spiegò Remus alla sorella.
- Sì, sì, al diavolo le presentazioni. - Borbottò Malocchio, dondolandosi ancora sulla sedia. - Sarai molto utile, Lupin, ci serve qualcuno all'Ufficio Misteri. Presumo che Remus ti abbia già detto tutto. -
La donna annuì, guardando Moody, l'occhio magico che si muoveva frenetico, come se vedesse oltre il normale aspetto delle cose. - Certo, non preoccuparti, Alastor. Vi terrò informati. - Disse.
Nel frattempo anche Arthur Weasley si presentò e sua moglie portò in tavola una grossa torta al cioccolato spolverata di bianco, con tante piccole roselline di zucchero incastonate sopra. 
- Remus non ci aveva detto che saresti arrivata così presto, cara. Altrimenti ti avremmo aspettato per la cena! - Esclamò Molly, tagliando una fetta e mettendogliela davanti in un piatto. 
Mina guardò la torta. Aveva un bell'aspetto, le ricordava l'infanzia, i dolci che sua madre preparava per Remus dopo ogni luna piena. - Nemmeno io pensavo che sarei riuscita a raggiungervi in così poco tempo. - Spiegò prendendo la forchetta. - Sono riuscita a sistemare le cose molto più in fretta di quanto pensassi, ho preso il primo volo utile ed eccomi qui. - 
Molly le sorrise e lanciò poi un'occhiata fugace a Sirius, che continuava a fissare la donna come se si aspettasse di vederla sparire da un momento all'altro. Mina, d'altro canto, cercava di evitare lo sguardo di lui, per quanto fosse possibile, dato che si trova dritto davanti a lei. Era così strano ritrovarsi a così poca distanza dall’uomo che aveva odiato con tutta se stessa e senza tregua durante tutti gli ultimi quattordici anni, si sentiva stranamente in pace ed esausta, come se avesse finalmente poggiato a terra un enorme masso che si era portata dietro per troppo tempo. 
Ogni volta che Mina  incontrava lo sguardo di lui, Sirius le sorrideva e lei ricambiava, un po’ incerta, cercando di reprimere la voglia che aveva di riempirlo di domande. 
Più tardi, Mina scoprì che c'erano anche altri inquilini a Grimmauld Place: i figli degli Weasley, Ron, Ginny, Fred e George, con i loro capelli rossi e le lentiggini, e un'amica nata babbana di Harry, Hermione Granger, una ragazza piuttosto brillante, dai voluminosi capelli castani, che le parlò del suo impegno per migliorare lo status sociale degli elfi domestici. Fu proprio durante una conversazione sul C.R.E.P.A. che anche l'ultimo degli abitanti della casa si fece vivo, l'elfo domestico dei Black, Kreacher. - Se la mia vecchia padrona sapesse quali esseri impiastrano la casa dei suoi padri, oh, se sapesse la feccia che hanno lasciato entrare, che cosa direbbe al vecchio Kreacher, oh, che vergogna... oh...  sanguemarcio e lupi mannari e traditori del loro sangue, povero Kreacher, che può farci… e ce n'è una nuova, Kreacher non sa come si chiama… cosa ci fa qui? Kreacher non lo sa. - 
- Questa è la sorella di Remus, Kracher. - Disse Hermione, esitante. 
Gli occhi dell'elfo si allargarono e prese a borbottare più forte. - La sanguemarcio parla a Kreacher come se fosse sua amica, se la padrona mi vedesse in simile compagnia… - 
- Non chiamarla sanguemarcio! - Tuonò Ron. - Che cosa vuoi? - 
- Kreacher pulisce. - Rispose, evasivo. 
Sirius, sulla soglia della porta, appena di ritorno dalla stanza di Fierobecco, fece una risata senza allegria. - Questa è bella! Esci subito da questa stanza. - 
Alla vista di Sirius, Kreacher fece un inchino ridicolmente profondo che gli appiattì il naso a terra a forma di grugno. - Kreacher vive per servire la Nobile e Antichissima Casata dei Black. - Disse, prima di uscire ingobbito. 
- Che diventa sempre più nera, è sudicia. - Aggiunse Sirius, il tono amaro.

 

Non sarebbe dovuta rimanere a dormire a Grimmauld Place, pensò Mina, girandosi per l’ennesima volta nel letto e osservando nella penombra i mobili che la circondavano. Si trovava in una delle camere del primo piano, cuba e tetre, piena di oggetti che un tempo dovevano essere stati molto preziosi e che ora trasmettevano uno strano senso di inquietudine. C’era una scrivania, un grosso armadio di legno con piccoli serpenti incastonati, due comodini su cui erano poggiate due lampade ad olio e un orologio dorato, illuminato dalla luce del lampione fuori dal numero dodici, che segnava le cinque e mezza del mattino. 
Mina sbuffò. La giornata che la attendeva non le avrebbe messo davanti nessun impegno, dato che avrebbe ricominciato a lavorare per il Ministero a partire dalla settimana prossima, ma aveva sempre odiato perdere il sonno e sapeva che tra qualche ora si sarebbe dovuta alzare per aiutare tutti gli altri con le pulizie. Prese un paio di respiri profondi, chiudendo gli occhi, ma la sua testa rimase piena zeppa di pensieri. Era stata una serata strana, surreale. Solo ieri non si sarebbe mai immaginata di incontrare di nuovo Sirius, senza avere l'istinto di ucciderlo con le sue stesse mani, ma anzi di provare pena per lui, per il suo aspetto terribilmente trasandato, come se non gli importasse più di niente, per tutti quei momenti in cui, tra una battuta e l’altra, il suo viso si incupiva e nessuno sembrava notarlo. 
Mina si mise a sedere, le gambe fuori dal letto, e accese la luce. Si alzò e si diresse verso il camino spento, sormontato da un grosso specchio dalla cornice dall’aria molto antica. Il suo riflesso ricambiò il suo sguardo: indossava una camicia da notte bianca e dal tessuto leggero, che era appartenuta a sua madre, i capelli sciolti le ricadevano oltre le spalle e le incorniciavano il viso segnato dal sonno. Con lo sguardo ancora rivolto allo specchio cominciò ad ascoltare il silenzio, che opprimeva Grimmauld Place in una morsa, facendola apparire ai suoi occhi come il luogo di uno strano sogno. 
Decise di andare in cucina; scese le scale in religioso silenzio, attraversò la soglia della porta e si sedette in una delle sedie disposte lungo tutto il tavolo.  Mise a fare del tea e poi prese il giornale che qualcuno aveva lasciato lì dalla sera prima. In prima pagina, insieme alla foto di Albus Silente, ce n'era anche una più piccola che raffigurava Harry Potter. Lo riconobbe subito, anche se non lo vedeva da più di quattordici anni, con i capelli spettinati del padre, gli occhiali tondi sul naso e gli occhi di Lily, lo stesso taglio, lo stesso colore, un verde diverso dal suo, forse meno brillante, ma decisamente disarmante. Quanto aveva desiderato prendersi cura di lui, come il suo ruolo di madrina le avrebbe permesso di fare, ma Silente non aveva voluto sentito ragioni. Mina era passata davanti a Privet Drive tantissime volte, cercando di vederlo, di scorgere il suo viso da dietro quelle tende tirate, e una volta aveva anche suonato il campanello e chiesto di lui, ma quel grosso babbano di Vernon Dursley l'aveva cacciata via urlando che in quella casa non viveva nessun bambino di nome Harry Potter e che mai una come lei ci avrebbe messo piede. Fu quello il giorno in cui decise di lasciare il paese, accettando quel lavoro a cinque ore di aereo da lì. Non poteva prendersi cura di Harry, il suo fidanzato avrebbe passato la vita in un carcere di massima sicurezza, la sua migliore amica e suo marito erano morti, nulla la teneva più legata a quella terra, nemmeno Remus, che si era rifugiato chissà dove ad autocommiserarsi, nemmeno i suoi genitori, con cui non era mai andata d'accordo, troppo occupati a pensare al bene di suo fratello per poterla notare. Ma, ogni volta che tornava in Gran Bretagna, Mina non poteva fare a meno di passare davanti alla casa dei Dursley e, una volta o due, era riuscita ad avvicinarsi a Harry abbastanza da poterlo guardare negli occhi, abbastanza da farsi notare da quel ragazzino magrolino e trascurato. 
Mina girò pagina e si mise a leggere la sezione sportiva della Gazzetta del Profeta. I Wimbourne Wasps erano stati battuti dalle Holyhead Harpies e lei, da vera gallese, non poteva che esserne felice. Le mancava il quidditch, pensò, e poi la presenza di qualcuno sulla soglia della porta attirò la sua attenzione. Sirius la stava guardando, appoggiato sullo stipite della porta con nonchalance e l'aspetto di uno che era sveglio da almeno tre ore. - Buongiorno. - Le disse. - Sembra che tu abbia letto qualche bella notizia. Il Ministero ha finalmente ammesso che Voldemort è tornato? - 
Mina mise il giornale ancora aperto sul tavolo, portandosi entrambe le mani al petto, come per coprirsi. - Perché sei sveglio? - Chiese, arrossendo. 
Lui la guardò sorpreso, trattenendo una risata. - Ti stai coprendo davanti a me? Ti ho vista molto più svestita di così e poi, se ti vergognavi tanto, potevi indossare qualcosa di più appropriato. - 
La donna boccheggiò. - Non pensavo di trovare qualcuno sveglio alle cinque del mattino. - 
Lo vide prendere una tazza dalla credenza e si sedette difronte a lei, dall’altra parte del tavolo, gettando un’occhiata sulla Gazzetta del Profeta. Sembrava diverso dalla sera prima, come se si fosse pettinato; si era anche fatto la barba e questo gli conferiva un aspetto più fresco
- Quindi segui ancora il quidditch. -  Disse Sirius, chiudendo il giornale. 
Mina scosse la testa. - In realtà no, in Israele preferiscono il quodpot, ovvero la versione statunitense del quidditch che si gioca con una pluffa esplosiva, ma vanno anche molto le gare di corsa sui manici di scopa. - Raccontò. - Però sono stata alla coppa del mondo del '90 con mio marito. -
Sirius cercò di nascondere dietro la tazza un'espressione disgustata. Il suo sguardo cadde sulla mano sinistra di lei, dove, sull'anulare, indossava ancora la fede. - E cosa fa lui? - Chiese, posando la tazza sul tavolo, il tono disinteressato. - Remus mi ha detto che è un babbano. - 
Mina annuì, guardando in basso. - È un musicista, fa il contrabbassista di una jazz band discretamente conosciuta nei locali di Tel Aviv. Ci siamo conosciuti durante un suo concerto. -
Di nuovo, Sirius si sforzò di celare il suo disappunto. - Romantico. Sono davvero felice per te. - Commentò con una forte nota di sarcasmo nella voce. - A lui non importa di averti lontana? - 
Lei esitò, poi alzò lo sguardo verso Sirius cercando di capire quale potesse essere la mossa più giusta. Poteva dirgli la verità, che il suo matrimonio era fallito, che si sentiva triste per questo ma allo stesso tempo sollevata, oppure poteva fargli credere di essere ancora sposata, tenerlo lontano, più lontano possibile. - Lui sa che per me è importante essere qui. - Disse, consapevole che poteva voler dire tutto e niente. - Si fida di me e sa che. -
- Che carino. - Affermò, senza preoccuparsi più di celare il tono sprezzante. - È bello che tu ti sia rifatta una vita, era proprio quello che speravo. E spero che lui ti tratti bene, davvero. -
Mina lo guardò sorpresa, vittima della dissonanza cognitiva che non le faceva capire cosa Sirius intendesse davvero dire. - Ti aspettavi che rimanessi chiusa in una torre ad aspettarti? - Sbottò poi, davanti alla faccia cupa di lui. - Sei proprio un egoista. - 
- Dice la donna che ha lasciato tutto e tutti ed è scappata via. - Ribatté lui. 
Mina strinse le labbra, cercando di mantenere la calma. - Io avrei lottato per la tua innocenza se solo tu mi avessi detto qualcosa. - Rispose, tremante. - Invece mi hai tagliata fuori. - 
- Nessuno doveva sapere del piano. -
- Sì, il tuo brillante piano che ha ucciso Lily e James! - Esclamò lei, pentendosene subito dopo. 
Sirius strinse gli occhi, guardandola da due piccole fessure, il viso contratto e il respiro accelerato. Aprì la bocca per parlare, poi notò che Mina stava guardando qualcosa alle sue spalle. Si voltò e vide che Remus Lupin stava facendo il suo ingresso in cucina, di ritorno da un lungo turno di guardia notturno. 
- Buongiorno. - Disse, sbadigliando, prima di sedersi accanto all’amico, osservandolo. - Perché sei già in piedi, Sirius? - Domandò. 
Sirius mugugnò qualcosa di indefinito, stringendo le dita della mano attorno alla tazza. 
- Di pessimo umore come al solito, ma almeno ti sei dato una bella ripulita. - Continuò a parare Remus. - Non credi anche tu che stia molto meglio così, Mina? - Chiese, rivolgendosi alla sorella. 
Lei si limitò ad annuire e a scuotere la testa allo stesso tempo, senza proferire parola. Certo che stava meglio, ma si sarebbe incollata la lingua al palato piuttosto che ammetterlo ad alta voce. 
Remus passò lo sguardo da lei a lui e viceversa, gli occhi indagatori che cercavano di capire cosa fosse successo. Mina tamburellava con le dita sul tavolo, lo faceva sempre quando era nervosa, mentre lui fissava un punto indefinito davanti a sé, la mascella serrata. 
- Io devo andare. - Disse all’improvviso la donna, alzandosi e facendo il giro del tavolo. 
Remus prese la sorella per la mano, fermandola, per poi girandosi verso l’amico. - Cosa le hai fatto, Sirius? - Gli chiese. 
L’altro sgranò gli occhi. - Perché pensi che sia stato io a fare qualcosa? -
- Remus, lascia stare. - Disse Mina, mettendosi tra i due. - Non è successo niente. -
Non aggiunse altro, uscì dalla cucina lasciandoli soli. Non c’era niente da fare: non poteva rimanere a Grimmauld Place. 




 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. Un ricordo sulla tomba ***


La ragazza, poco più che ventenne, era in piedi e immobile in mezzo alla sala da pranzo che gli auror avevano messo a soqquadro. Sembrava che le loro voci, insieme all'inquietante risata di Sirius Black, si stessero ancora disperdendo nell'aria, volando sopra la sua testa come presenze invisibili. Sembravano passati pochi attimi da quando lo avevano portato via, ma poi Mina si voltò verso la finestra spalancata, stringendosi nelle braccia, notando che il sole era tramontato, che faceva freddo e che in realtà erano passate diverse ore. Si guardò intorno, la testa che le scoppiava e la gola chiusa: sedie rovesciate, cassetti svuotati, dischi in vinile sparsi a terra insieme ai cuscini del divano e a tutti i suoi libri. Gli auror avevano guardato in ogni angolo della casa, smontato i mobili, curiosato nella sua biancheria, e poi avevano lasciato tutto così, come se in quella casa fosse passato un violento uragano che aveva spazzato via ogni cosa, come se non fosse importante che lì dentro ci viveva ancora qualcuno.

Mina si mosse tra gli oggetti disseminati sul pavimento e raggiunse il camino spento. Poggiata sopra di esso, una cornice di plastica blu racchiudeva una foto che rappresentava un ragazzo, una ragazza e un neonato. Lui era alto, i capelli lunghi e neri, gli occhi grigi, teneva in braccio il piccolo ma guardava verso la macchina fotografica mostrando un bel sorriso, la ragazza, invece, teneva lo sguardo sul bambino, che aveva afferrato una ciocca dei suoi capelli biondi. Quella cornice era l'unico oggetto che sembrava essere sopravvissuto alla perquisizione. L'avevano ignorata, passandoci davanti senza guardarla, mentre lei gridava che ci doveva essere uno sbaglio, che non era possibile, non poteva essere… 

Sirius le aveva rivolto un ultimo sguardo proprio nello stesso istante in cui lo trascinarono fuori da quella casa. “Non piangere”, le aveva detto. Tutto qui. 

Alle sue spalle una porta si aprì cigolando e Mina si girò di scatto, la foto ancora tra le mani e gli occhi lucidi. - Remus… - Mormorò, mentre suo fratello entrava.

Remus sembrava invecchiato, come se avesse vissuto cento anni di dolore in una sola giornata. Si mosse verso di lei calpestando gli oggetti ai suoi piedi e si fermò a meno di un metro della sorella. Quando la abbracciò Mina scoppiò all'improvviso in lacrime, come in estate scoppia un temporale.

- Perché lo ha fatto? Perché? - Gridò, scossa dai singhiozzi, ancorandosi a lui come se da quella presa dipendesse la sua vita. - Come abbiamo fatto a non accorgerci di niente? Come ho fatto? -

- Non lo so, Mina. Non lo so. - Fu la risposta di Remus, che la teneva stretta, prima di allentare l'abbraccio e prenderle il volto tra le mani. - Ma ora dobbiamo andare via di qui. Il Ministero deve mettere sotto sequestro la casa e avviare le indagini. Ti porto da mamma e papà. -

Lei scosse la testa. - No, andiamo al Paiolo Magico. - Disse, tirando su con il naso.

Remus la guardò, stanco. - Mina, ti prego… -

- No. - Ripeté lei. - Dopotutto papà aveva ragione su di Lui. Non posso sopportare il suo sguardo, dopo quello che è successo; non posso, Rem. Portami al Paiolo Magico. -

 

Mina batté le palpebre, cercando di abbandonare quel ricordo, riponendolo di nuovo in fondo alla sua mente. 

Se al Ministero, seduta nel suo ufficio al nono livello, tutto quello che faceva era pura teoria, a Tel Aviv, Mina, aveva avuto l'opportunità di sfiorare con mano alcune delle risposte alle grandi domande che gli esseri umani, maghi o babbani, si ponevano da sempre. Che cos'era a vita? Cosa era veramente l'amore? Da dove veniva la magia? Ma soprattutto cosa c'era dopo la morte? 

Mina se lo chiedeva da sempre, o forse solo da quando aveva assistito all'attacco di quel lupo mannaro nei confronti di suo fratello, nascosta sotto il letto, con il cuore ricolmo di paura di non sopravvivere o, peggio, di vedere il corpo di Remus esanime. Lui era stato un bambino felice prima di quella notte e i Lupin erano una famiglia normale. Vivevano a Cardiff, città d'origine di sua madre, in una grande casa in riva al mare, divisi tra il mondo babbano e quello dei maghi, imparando ad essere un po' una e un po' l'altra cosa. E poi Grayback era entrato dalla finestra della loro cameretta e aveva segnato per sempre le vite di tutti e quattro. Fu così traumatico per lei che si rifiutò di parlare per più di un anno, mentre suo fratello, chiuso in cantina, ululava e soffriva una notte al mese. 

Quel tardo pomeriggio, Mina, davanti alla tomba di Lily e James Potter, si chiese di nuovo cosa c'era dopo la morte. Immaginò i loro corpi, consapevole che non potevano essere più come quella notte, in quella casa che cadeva a pezzi, ancora caldi e morbidi, che ormai la sua migliore amica era solo polvere e che di James, forse, erano rimasti solo gli occhiali. 

Ricordava benissimo quel 31 ottobre, quando aveva varcato la soglia di casa Potter, ritrovandosi a inciampare nel cadavere di James ai piedi delle scale, con Sirius alle sue spalle, che non versava nemmeno una lacrima e si muoveva nello spazio come se tutta quella tragedia non lo toccasse. Lily, invece, era al piano di sopra, nella camera del figlio, sdraiata a pancia in giù, gli occhi spalancati e una lacrima in bilico tra le sue ciglia. Mina l'aveva presa tra le braccia e aveva urlato come mai prima d'ora, ancorandosi a lei, scuotendola. Poi Sirius si era seduto al suo fianco e l'aveva abbracciata, in silenzio, ed erano rimasti lì per almeno un'ora, senza fare niente, senza dire una parola.

Mina estrasse la bacchetta e, con un movimento leggero e circolare, evocò una corona di fiori, in omaggio ai suoi amici caduti; a quella sorella che si era scelta e al suo carismatico capitano della quidditch di Grifondoro. Si asciugò gli occhi con il dorso di una mano e si affrettò a mettere via la bacchetta alla vista di una vecchia babbana, ferma davanti ad una tomba, poco distante da lei. 

- Non nascondere la bacchetta. - Gracchiò la vecchia, avvicinandosi con passo claudicante e stanco, poggiata ad un bastone di legno. - So come sono morti, poveri ragazzi. Li conoscevi?  - 

Mina la guardò, curiosa. Aveva un viso conosciuto, ma non capiva dove l'avesse già vista. 

- Sì. Lily era la mia migliore amica. - Rispose, tornando a guardare verso la lapide. 

- L’ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte. - La vecchia lesse le parole incise nel marmo, quasi come se quella frase potesse essere di conforto ad entrambe. 

Mina sospirò tristemente. - Lei crede davvero che sia così? - Domandò. 

La vecchia non rispose, ma la guardò e alzò i lati della bocca, in un sorriso un po’ sdentato. Poi si voltò e se ne andò senza aggiungere altro, lasciandola sola davanti a quella tomba. 

Mina lasciò il cimitero con quella domanda che le risuonava nella testa. 

Aveva passato a Grimmauld Place l’ultimo mese e mezzo e forse non c’era mai stato un periodo, morte di Lily e James a parte, in cui si fosse sentita più triste di così. Ogni notte, stesa nel suo letto nel quartier generale, si diceva che sarebbe stata l’ultima che avrebbe passato lì, per poi svegliarsi con un briciolo in più di speranza. Quando poi tornava dal Ministero, l’aver a che fare con Sirius Black la buttava nuovamente in pasto alla voglia di scappare via, il più velocemente possibile. Si parlavano appena ma, ogni volta che lo facevano, l’aria nella stanza sembrava farsi gelida e tutti si erano resi conto che qualcosa tra loro non andava. Mina si sentiva arrabbiata con lui, non sapeva il perché ma lo detestava; anche se in realtà sapeva benissimo che non era colpa sua se Lily era morta, Mina non si era scusata con lui per averglielo fatto intendere quella mattina di molte settimane prima. Non era mai stata una persona orgogliosa, anzi, era sempre stata brava a prendersi la responsabilità delle sue azioni, ma in quell’occasione proprio non ci riusciva. Si sarebbe tagliata un arto piuttosto che ammettere di aver sbagliato.  

Mentre camminava verso l’uscita del cimitero, si rese conto che il sole si stava via via abbassando, sparendo dietro le colline che circondavano Godric’s Hollow. Si smaterializzò, apparendo nuovamente in un vicolo di Londra, sospirando al pensiero che di lì a poco sarebbe dovuta tornare a Grimmauld Place. 

Sebbene l’estate stesse quasi per finire, l’aria era ancora assurdamente calda e afosa. Lungo il Tamigi, turisti e londinesi passeggiavano nei loro vestiti leggeri, mangiando gelati e ghiaccioli e godendosi il tramonto. Mina si mischiò con la folla e decise che piuttosto di vedere Sirius, avrebbe cenato fuori, tornando a casa solo quando sarebbe stata sicura di trovarlo già rinchiuso nella sua stanza. Mangiò un panino seduta su una panchina e quando si fece buio cominciò ad incamminarsi verso la periferia, l’aria stanca. Quando arrivò di nuovo davanti a quel vecchio palazzo, notò che solo una delle finestre del numero dodici era illuminata, ed era quella del salotto. Aprì la porta con un colpo di bacchetta e quella si spalancò, cigolando come al solito. Quando se la chiuse alle spalle, si ritrovò nella penombra e immersa nel silenzio. Nessuno sembrava essere in casa, forse sarebbe riuscita a infilarsi nel letto senza dover per forza incontrare qualcuno. Camminò verso le scale e, quando passò davanti al salotto illuminato, notò che Sirius era seduto su una poltrona, immobile, dando le spalle all’entrata. Mina si fermò sulla soglia e poi fece per muoversi verso il piano di sopra, quando lui parlò: 

- Mi stai evitando, vero? - Le chiese, senza nemmeno voltarsi. 

Lei trattenne un lamento di fastidio e sospirò piano, prima di tornare a guardare nella sua direzione. - No. - Fu la sua risposta, il tono disinteressato. 

Lui sogghignò, in modo irritante. - Quindi vorresti dirmi che sei stata al Ministero fino ad ora? Avete davvero tantissime cose da fare all’Ufficio Misteri, dato che è quasi mezzanotte. - 

- Sono stata a Godric’s Hollow, sulla tomba di Lily e James. - Rispose Mina. 

Solo allora Sirius si voltò nella sua direzione. La guardò attraverso i suoi occhi un po’ arrossati, le labbra semiaperte e l'espressione tesa che si stava trasformando in una maschera di tristezza e disperazione. - Scusa. - Le disse, pianissimo, lasciandola di stucco.  

Mina scosse la testa. - Scusa di cosa? - Domandò, avvicinandosi a lui per guardarlo più da vicino. 

Se ne stava lì, mollemente accomodato su quella poltrona, in mano teneva un bicchiere vuoto e a terra una bottiglia di whisky incendiario a metà. Aveva le guance accese di rosso e, sotto gli occhi grigi e spenti, due profonde occhiaie. - Scusa se li ho uccisi. - Mormorò.

Mina fece un sospiro, poi se sedette su uno dei divani accanto a lui e prese la bottiglia. - Sei ubriaco. - Disse, senza nessun tono di rimprovero. 

Sirius scosse la testa. - Non lo so. Forse un po’. - Affermò. 

La donna gli prese il bicchiere dalle mani, si versò il whisky e bevve con una smorfia. - Che schifo. - Commentò, con la gola che le bruciava, prima di alzarsi in piedi di nuovo. - Credo che dovresti andare a letto, pensa se Molly o uno dei ragazzi ti vedessero. - 

- Non mi importa. - Mugugnò lui, con un'alzata di spalle. - Tutti mi odiano; quella lì pensa che io sia un irresponsabile e un immaturo e tu pensi che sia colpa mia e Remus… - 

- Vuoi smetterla di autocommiserarti per soli cinque minuti, eh? - Sbottò Mina, interrompendolo, alzando gli occhi al cielo. - Nessuno ti odia, Sirius; e io non credo che sia colpa tua. - 

- Lo credi eccome. - Rispose lui, imbronciato. 

Mina lo guardò, mentre uno strano senso di pietà si faceva spazio dentro di lei. - Non è vero, non l’ho mai pensato davvero. Io sono solo… sono solo arrabbiata con te. - Disse, con la voce che si inclinava via via che parlava. - Non lo so perché, ma non è per Lily e James. Quindi adesso alzati e andiamo di sopra o domani non ti reggerai in piedi e starai di merda per tutto il tempo. - 

Sirius esitò, lanciandole occhiate torve. Poi si alzò con fare incerto; gli girava la testa e si sentiva strano, confuso, non era del tutto sicuro che sarebbe riuscito a tornare di sopra. Poi sentì le mani di lei che lo sorreggevano e, insieme, raggiunsero le scale, che salirono e, gradino dopo gradino, raggiunsero il buio corridoio del primo piano immerso in un silenzio rotto solo dal sommesso russare del signor Weasley, qualche stanza più in là. Mina guidò Sirius verso la sua camera da letto, spalancò la porta e ce lo spinse dentro, rimanendo sulla soglia. 

- Buonanotte. - Sussurrò piano, nella penombra. 

Lo sentì muovere qualche passo verso il letto e poi sbattere contro qualcosa, trattenendo un lamento. - Vuoi rimanere con me? - Le domandò lui, dopo poco. 

Mina si sentì arrossire e ringraziò l’oscurità. - Non credo sia il caso. - Rispose a bassa voce, distaccata. - Domani mattina lavoro e poi verrà Harry, voglio essere riposata. - 

- Oh… - Fece lui, come se si fosse ricordato del figlioccio solo in quel momento. 

- Anche tu devi riposare. - Aggiunse la donna, ma rimase lì, immobile. - Cerca di dormire. - 

Lui sbuffò, poi lo sentì sedersi sul letto. - Mina, resta. Ti prego. - Le disse, con una strana voce. 

Mina si sentì quasi messa all’angolo dal suo tono, senza sapere il perché. Poi mosse qualche passo verso di lui e prese un respiro profondo, prima di sedersi sul letto. - Rimarrò solo finché non ti addormenti. - Gli disse, sdraiandosi al suo fianco. - E non farti venire strane idee. - 

Sirius rise, si avvicinò a lei e la abbracciò. - Tu piuttosto non ti approfittare di me. -  

Mina non trattenne un sorriso. - Che idiota che sei. - Mormorò, rilassandosi tra le sue braccia. 

- Avi sarebbe geloso, poi. - Disse Sirius, parlando con un misto di sarcasmo e amarezza. 

La donna tacque, prima di voltarsi verso di lui, guardandolo nel buio. L’unica luce veniva da un lampione fuori dalla finestra, ma bastava per evidenziare le sagome degli oggetti che li circondavano e il volto di Sirius, a poca distanza dal suo, gli occhi spalancati e vigili. - Ti ho mentito su di lui. Ci siamo separati. - Rivelò lei. 

- Perché non me l’hai detto? - Chiese Sirius. 

Mina si sentì combattuta sul dire o meno la verità - Perché ti conosco e so che sei troppo rispettoso per avvicinarti ad una donna sposata. - Rispose. 

Seguì un attimo di silenzio e poi Sirius parlò di nuovo: - Non ti preoccupare, non mi sarei azzardato a fare nulla comunque. In fondo non ho più niente da offrirti, non avrebbe senso farti legare nuovamente a me. - Disse, la voce assonnata e ancora triste.  

Lei si strinse un po’ a lui. Si sentiva come in una dimensione parallela nel quale tutto ciò che succedeva non aveva nessuna ripercussione sulla realtà. Non provava più rabbia e per un attimo si sentì leggera, come se insieme stessero volando via da quel posto infernale, lontani da tutte quelle cose che li avevano fatti allontanare negli anni. Percepì il respiro di lui farsi più lento e regolare, passò piano le dita sulla sua guancia, con un tocco quasi impercettibile. La sua pelle era ancora la sua pelle, lui era ancora lui, per quanto invecchiato e diverso fosse, poteva essere ancora il suo Sirius. Quando poi Mina sfiorò le sue labbra, Sirius aprì di nuovo gli occhi, mezzo addormentato, e la fissò. - Che cosa fai? - Le chiese, bisbigliando, quasi impercettibile. 

- Non lo so. - Rispose lei, a bassa voce, una mano ancora sul volto di lui. Poi Mina si voltò dall’altra parte, lasciandosi abbracciare. - Adesso dormi. - Disse. 

Lui mugugnò qualcosa di poco comprensibile e poco dopo cadde in un profondo sonno.

Mina scivolò via dalle sue braccia e uscì da quella stanza con il cuore in gola. Attraversò il corridoio con passi silenziosi e una strana sensazione addosso. 


Angolo dell’autrice:

Ciao e grazie di aver letto fino qui! Questo secondo capitolo è un po’ di passaggio, quindi perdonatemi se è risultato un po’ noioso, ma presumo che fosse necessario. A voi come è parso? Fatemi sapere, recensite, non siate timid*. 

A parte tutto… sono felice che la storia sia finita tra le seguite e le preferite, non me lo aspettavo, dato che la sto scrivendo davvero senza pretesa, quindi evvai! 

Ci vediamo tra qualche giorno con il capitolo numero tre!

Clar

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. Ti presento Harry Potter ***


Sirius Black era sveglio e fermo in uno dei due piccoli letti singoli della stanza degli ospiti di casa Lupin. Dall'altra parte della stanza, James sembrava giacere addormentato su un letto ugualmente piccolo, girato verso il muro e coperto da un lenzuolo leggero, che invece Sirius aveva accartocciato ai suoi piedi.

- Ramoso? - Sussurrò nella penombra.

Non c'era la luna in cielo quella notte, ma la luce di un lampione entrava vibrante attraverso i vetri spalancati, illuminando quanto bastava per visualizzare le sagome dei mobili: il letto in cui dormiva James, due grossi bauli aperti, una vecchia scrivania senza sedia e un grosso armadio tarlato. Era estate e, come ogni anno, avevano raggiunto la famiglia di Remus nella loro casa al mare, alla ricerca di sollievo dal caldo umido di Londra. Tra pochi giorni sarebbe iniziato il loro settimo anno, l'ultimo che avrebbero passato al sicuro dietro le mura di Hogwarts, poi sarebbero stati sputati nel mondo.

James, a qualche metro da lui, mugugnò qualcosa e si voltò. - Che c'è? - Bisbigliò.

- Niente… è che…  sei sveglio? - Gli chiese, mettendosi seduto, la schiena contro il muro.

- Adesso sì. - Rispose James, sbuffando. - Perché non dormi? -

Sirius sospirò. - Pensavo a Mina. - Ammise.

Seguì un attimo di silenzio, poi Sirius sentì l'amico muoversi tra le coperte e prendere un bel respiro profondo. - Devi darci un taglio con questa storia, Felpato. - Gli disse, duramente.

- Dice quello che va dietro alla Evans da sei anni. - Borbottò Sirius.

- Con la Evans è diverso, nessuno dei miei amici è suo fratello. Pensa se vi mettete assieme, tu la usi come un giocattolino, come fai sempre, e poi la lasci. Pensa a quanto sarebbe imbarazzante doverla vedere anche fuori dalla scuola. Anzi, pensa a come faresti rimanere Remus! -

- Ma io non voglio usarla, James! Davvero è così difficile da credere? - Sirius si alzò in piedi e James lo sentì armeggiare con qualcosa per poi raggiungere la porta.

- Dove vai? - Gli chiese, allarmato.

- A fumare, Ramoso. Non ti preoccupare, non mi infilerò nel suo letto di soppiatto. -

La casa sapeva di salsedine, dalle finestre si poteva sentire il rumore del mare. Sirius attraversò il corridoio e uscì in giardino, per poi raggiungere la spiaggia, a meno di dieci metri dalla casa. Si accese la sigaretta con un colpo di bacchetta e poi notò che, sulla sabbia, con lo sguardo rivolto verso il cielo, Mina Lupin se ne stava seduta. Sirius pensò alle parole di James e sospirò. Doveva darci un taglio? Forse sì. Ma non quella notte. Ci avrebbe dato un taglio da domani. Si avvicinò a lei e si sedette al suo fianco. Lei si voltò. - Ciao. - Lo salutò e poi tornò a guardare il cielo.

- È pericoloso stare qui fuori da sola, Mina. - Disse Sirius.

- Ho la bacchetta con me. E poi adesso ci sei tu a proteggermi dai mangiamorte. -

Lui la guardò male. Poi spense la sigaretta nella sabbia e si sdraiò. Il cielo era pieno di stelle luminosissime. - Astronomia non è mai stato il mio forte. - Sussurrò tra sé e sé.

Mina si stese al suo fianco. - Invece io sono brava. - Rispose, e poi allungò la mano puntando qualcosa nel cielo. - Quella è la stella da cui prendi il nome. Ho sempre trovato romantico che i tuoi genitori abbiano scelto il nome della stella più luminosa del cielo notturno per te. -

Lui fece un verso sprezzante. - Lo hanno fatto solo per tramandarlo. - Disse.

Mina si mise su un fianco, guardandolo. - Certo, ma potevano sceglierne tanti altri, non credi? -

Sirius mugugnò, non troppo convinto, poi anche lui si voltò per guardarla. - Invece il tuo nome da dove viene? Non è molto comune. - Disse.

- Ha un'origine incerta. I miei genitori me l'hanno dato dopo aver fatto una vacanza in Italia, dove hanno ascoltato una famosa cantante con questo nome. - Rispose lei. - Invece Prairie deriva dal colore dei miei occhi. Mamma dice che erano verdi già qualche giorno dopo la mia nascita. -

Lui sembrò trattenersi dal dire qualcosa. Le si avvicinò e le sfiorò una guancia con le dita della mano, mentre lei lo guardava, improvvisamente tesa come una corda di violino. - Prairie… - Sussurrò piano Sirius. - Ho sempre pensato che ti donasse. -

Mina chiuse gli occhi e fu quello il momento in cui la baciò...

 

Sirius spalancò con fatica gli occhi e, la prima cosa che percepì, fu una strana sensazione che lo attanagliava verso il basso. Toccò il suo corpo come se non lo sentisse del tutto suo: la faccia, il petto, le braccia, scese giù verso la pancia e poi capì. Non gli capitava di svegliarsi in quello stato da anni. Non c'era stato spazio ad Azkaban per certi istinti e dopo meno che mai quando, nascosto in quella grotta a Hogsmeade, era tutto tranne che un essere umano dotato di impulsi diversi dalla fame. Si portò le mani agli occhi e sospirò, la testa che gli faceva male, mentre i ricordi della sera precedente cominciarono a riemergere un po’ confusi. Mina era stata lì, in quel letto, lui non l’aveva nemmeno sfiorata ma, nonostante tutto, a quanto pareva il suo corpo ricordava cosa voleva dire averla stretta tra le braccia. 

Sirius si sedette sul letto e fece un respiro profondo, prima di iniziare a pensare alla cosa meno sexy che gli venisse in mente, in attesa che tutto tornasse come doveva essere: spento. 

Gli venne in mente Piton, ma poi la sua testa lo portò di nuovo su Mina, a tutte quelle volte che anche lei si era un po’ presa il gioco di quell’idiota di Mocciosus e, senza sapere come, Sirius si ritrovò a pensare ad un pomeriggio del suo settimo anno, passato insieme a lei alle serre di erbologia, a come l’aveva spogliata e baciata, e a quelle sue sue piccole mani che si affrettavano a spottonargli la camicia, i suoi occhi pieni di desiderio e… 

Qualcuno bussò e Sirius sobbalzò. - Felpato? Tra poche ore arriverà Harry e sono sicuro che non vorrai farti trovare nello stato pietoso in cui ti trovi. - Disse Remus Lupin da dietro la porta. 

Sirius boccheggiò. - Non sono in nessuno stato! È tutto come al solito! - Esclamò, arrossendo.

- Appunto. - Affermò Lunastorta, tagliente. - Datti una mossa, avanti! - 

Sirius si portò le mani al volto, sospirando. - Mina è già uscita? - Chiese. 

Ci fu un lungo attimo di silenzio. - Sì. Ma perché me lo chiedi? - Fu la domanda di Remus, la voce piuttosto sospettosa. 

Perché così posso star certo di non doverla guardare negli occhi quasi tutto il giorno dopo aver fantasticato su di lei come un ragazzino arrapato, pensò; ma disse: - Per sapere, Lunastorta. - 

- Vedi di comportarti bene con lei oggi, fallo per Harry. - Sentì dire, da dietro alla porta. 

- Certo, non preoccuparti. - Rispose Sirius. 

Sentì i passi dell’amico echeggiare nel corridoio, allontanandosi fino a diventare lontani e silenziosi. Poi Sirius si alzò dal letto e lanciò un'occhiata allo specchio buttato in un angolo. Remus aveva ragione, era in condizioni piuttosto pietose: non si rasava da giorni, i capelli gli ricadevano scompigliati sugli occhi assonnati e gonfi, come se non avesse dormito per tutta la notte. Doveva assolutamente darsi una bella sistemata. 

Una volta in bagno, immerso nella vasca con l’acqua fin quasi al collo, Sirius Black si chiese in quale modo si sarebbe dovuto rivolgere a Mina durante quella giornata. Per la prima volta dopo settimane, la sera prima, erano riusciti a parlarsi senza tirarsi frecciatine; lei aveva sopportato la sua sbronza triste facendogli addirittura compagnia fin quando non si era addormentato, ma questo non voleva dire niente. Doveva limitarsi a mantenere un educato e gelido distacco? Doveva lasciare che fosse lei a condurre la cosa? Forse sarebbe stato tutto molto più semplice per entrambi se lei non fosse tornata mai più, alla fine non aveva nemmeno lontanamente senso l’idea che tra loro potesse tornare a nascere qualcosa, non sarebbe stato giusto. Mina era ancora bella, aveva talento, un buon posto di lavoro ed era tra le persone più divertenti e fedeli che lui avesse mai conosciuto. Insomma non poteva sprecarsi con uno come lui, che invece era rinchiuso lì dentro e, tutto quello che poteva fare, era aspettare e sperare di essere prima o poi scagionato. Chissà, magari prima o poi sarebbe finita nuovamente con il suo ex marito che, a detta di Remus, era perfetto e amorevole e degno di lei. Lo immaginò, il volto florido e felice che aveva visto sulla foto del loro matrimonio che Remus gli aveva mostrato, mentre la baciava e la toccava con le sue sudice mani da musicista jazz, si sentì infastidito come non mai. E che schifo il jazz, pensò, ripescando dalla sua mente un vecchio disco che Mina gli aveva fatto ascoltare molti anni prima. Doveva far finire la cosa sul nascere, togliersela dalla mente una volta per tutte, ignorarla, non rivolgersi a lei, a meno che non fosse costretto dal fatto che vivevano sotto lo stesso tetto. Ma chi prendeva in giro, aveva già provato ad ignorarla ai tempi della scuola e ovviamente non aveva funzionato nemmeno un po’. Magari, con un po’ di fortuna, poteva essere lei a voler ignorare lui. 

 

Mina si smaterializzò emozionata a qualche isolato da Grimmauld Place, dopo aver passato l'intera giornata fuori casa, con in mente solo una cosa: avrebbe rivisto Harry.

Il suo piano per evitare l’imbarazzo di dover vedere Sirius Black dopo quella strana nottata aveva funzionato alla perfezione. Mina si era alzata alle sette e mezza, si era lavata e vestita in fretta e furia ed era uscita di corsa, passando l'intera mattinata vagando da sola per la città, per poi raggiungere il Ministero verso le quattro. Aveva lavorato per le sei ore successive nella Stanza della Morte, le orecchie piene dei sussurri dei suoi cari al di là del velo, alla ricerca di un significato dietro alla fine dell'esistenza. Ovviamente, anche quel giorno, non l'aveva trovato ma, mai più di adesso, non poteva che fregarsene, mentre colpiva la porta del numero dodici con la bacchetta, facendola spalancare accompagnata ai soliti rumori metallici. La casa era meno rumorosa di quanto si aspettasse e Mina si maledì, perché forse era tardi, perché magari Harry dormiva e lei avrebbe dovuto aspettare la mattina seguente per poterlo incontrare. Ma quando varcò la soglia del salotto, guidata dalle voci, vide che il ragazzo era lì, seduto su uno dei divani, davanti a Sirius, che lo stava intrattenendo con una delle sue storie. Mina rimase immobile e a bocca aperta. Aveva visto la sua foto sulla Gazzetta del Profeta, ma dal vivo la somiglianza con James era ancor più disarmante. Erano due gocce d'acqua, ma a Harry mancava l'aria curata di James, l'aspetto di uno che era stato amato, perfino adorato dai suoi genitori. Harry se ne stava lì e ricambiava il suo sguardo senza capire chi fosse, magrolino, con gli occhiali sul naso e i capelli molto in disordine, lanciava occhiate furtive al padrino, che a sua volta guardava Mina senza muoversi né parlare. 

C'era anche Remus con loro, seduto accanto a Sirius e fu lui il primo ad alzarsi, camminando verso di lei per presentarla. - Harry, lei è mia sorella. - Disse, una mano sulla sua schiena, facendola avvicinare a loro a passi incerti. - Mina, lui è Harry Potter, ma penso che tu lo sappia. - 

Harry si alzò in piedi e le porse la mano, lei la strinse. - Harry… ciao... - Mormorò Mina, sorridendo emozionata. - Non credo che Sirius te l’abbia mai detto ma… sono la tua madrina. - 

La faccia del ragazzo si aprì in una espressione sorpresa, poi gli occhi presero a cercare conferma nello sguardo del padrino. - Oh… - Fu tutto quello che riuscì a dire.

Sirius aveva passato dodici anni ad Azkaban, ma dov'era invece quella donna mentre i suoi zii lo torturavano? Dov'era quando aveva scoperto di essere un mago? Dov’era l’anno scorso, quando era stato buttato nel Torneo Tremaghi? Perché non si era mai fatta vedere? 

- Dopo tutto quello che è successo ho implorato Silente di poterti tenere con me, ma non c'è stato verso! - Esclamò Mina, come se lo avesse letto nel pensiero. - Una volta ho anche bussato alla porta dei Dursley, ma loro mi hanno cacciata via; mi minacciarono di chiamare la polizia se non me ne fossi andata. Mi sono limitata a guardarti da lontano per un intero anno e mezzo e poi ho fatto lo sbaglio di andare via, ma ogni volta che tornavo mi ritrovavo a passare davanti a Privet Drive. So che non basta. Potevo essere una madrina migliore. Spero che tu possa perdonarmi. - 

Sirius guardò Mina di nascosto. Se c'era una cosa che aveva sempre apprezzato di lei, era la sua capacità di ammettere gli sbagli che faceva, di chiedere scusa, ma non era mai stata così con lui.

Anche Harry teneva gli occhi sulla donna e, per un attimo, la sua mente fu sfiorata da qualcosa, un ricordo. Aveva già visto quegli occhi. - Io mi ricordo di te, credo. - Disse il ragazzo. - Sì, eri tu, l'estate del mio undicesimo compleanno. Stavi armeggiando con la cassetta delle lettere e, quando i miei zii ti hanno vista, si sono messi ad urlarti contro. -  

Mina rise e annuì. - Sì, stavo cercando di capire se ti fosse arrivata o meno la lettera da Hogwarts, dovevo accertarmi che Petunia e Vernon ti mandassero a scuola. - 

- Ma quindi tu e Sirius siete sposati? - Domandò Harry allegro, guardando la fede sull'anulare sinistro di lei. 

Entrambi si affrettarono a scuotere la testa. - No, non lo siamo mai stati. Mina si è sposata cinque anni fa e chiaramente non con me. - Rispose Sirius, cercando di celare il suo tono cupo. 

Harry parve deluso, ma anche lui cercò di nasconderlo. 

- Ma non importa, sai, Harry? - Continuò Mina, mettendogli una mano sulla spalla. - Quando tutto questo sarà finito avrai una casa anche da me, se vorrai. Sirius ti avrà raccontato tutto di tuo padre, ma nessuno conosceva Lily come la conoscevo io, abbiamo tante cose da dirci. - 

Parlarono fino a notte fonda. La donna riuscì a recuperare dal suo balule un vecchissimo album fotografico, pieno di foto che Harry non aveva mai visto, e quasi tutte raffiguravano Mina e Lily a Hogwarts, fin proprio dal primo anno della prima. Più Harry sfogliava le pagine, più sua madre cresceva e cambiava davanti ai suoi occhi.

- Guarda, qui c'è anche tua zia Petunia! - Esclamò Mina, indicando una ragazza magra e dai capelli chiari, il viso imbronciato, sullo sfondo di un vecchio salotto. - Era il 1977 o giù di lì. Gli Evans mi avevano invitata da loro per capodanno e Tunia rese la vita impossibile a me e tua madre. Fu orribile, ma i tuoi nonni sono stati davvero carini con me, erano sempre ospitali. - 

Harry sorrise e girò pagina, ritrovandosi davanti ad una foto che ritraeva due giovani eleganti. Era una foto diversa, di quelle completamente immobili, veniva sicuramente da una macchina fotografica babbana e non raffigurava sua madre e nemmeno suo padre. Il giovane e affascinante Sirius Black, in giacca e cravatta, teneva Mina sotto braccio, anche lei vestita di tutto punto, i capelli biondi acconciati in alto.

- Questa l'ho scattata io al matrimonio di tuoi genitori, Harry. - Disse Remus, nostalgico. 

Harry alzò lo sguardo sugli altri due, che se ne stavano seduti sul divano, dall'altro lato del basso tavolino, ma erano distanti, non si erano rivolti la parola nemmeno una volta da quando lei era arrivata e, inoltre, Sirius sembrava piuttosto teso. - Eravate così giovani! - Esclamò Harry. 

Mina si chinò in avanti e voltò pagina, ignorando il commento del ragazzo, come se desiderasse non ricordare. - Questa è sicuramente la mia preferita. Avevi solo pochi giorni e io avevo tantissima paura di tenerti in braccio. - 

La ragazza ritratta nella foto sorrideva felicissima, vestita in perfetto stile anni ottanta, e teneva tra le braccia un neonato dai tantissimi capelli neri. - Mi ricordo quel giorno, era il tre agosto e Lily era appena tornata dall’ospedale. - Raccontò Sirius, sorridendo nostalgico. - Ricordo che chiesi a Mina di fare anche noi un bambin… - 

- Credo che sia ora di dormire, altrimenti Molly chi la sente? - Esclamò lei, interrompendo l’uomo e lanciandogli un’occhiata torva. 

Harry chiuse l’album, in effetti era un po’ assonnato, ma era anche curioso di sapere cosa stava per dire Sirius. Sirius le aveva chiesto di fare un bambino? Voleva dei figli? Perché non ne avevano fatti? Sarebbe stato bello avere una sorta di cugino, uno diverso da Dudley. Harry decise di essere sfrontato e di fare quella domanda a bruciapelo: - Perché non avete mai avuto dei figli? - 

Il sorriso sul volto rilassato di lei si spense all’istante; Sirius la guardò, come per invitarla a rispondere, ma Mina tacque, allora fu lui a parlare: - Lei non ne voleva. - Disse, asciutto. 

Anche Lupin, per un attimo, parve turbato e Harry si rese conto di aver toccato un tasto dolente. Era strano pensare al suo padrino innamorato di qualcuno tanto da desiderare con lei una famiglia, era curioso di sapere tutto di loro, ma si rendeva conto che nessuno dei due aveva molta  voglia di parlarne. Harry si alzò goffamente in piedi. - Credo che andrò a dormire. - Disse. 

Mina lo salutò abbracciandolo, come tante volte aveva fatto la signora Weasley, come una madre; Sirius gli diede una pacca sulla spalla e Lupin gli augurò una buona notte con il suo tono gentile. Poi Harry salì le scale, le loro voci sempre più flebili man mano che saliva. 

Nel salotto ci fu silenzio per qualche minuto, poi anche Mina si alzò, dando la buonanotte ai due e lasciandoli soli. Remus guardò Sirius, che se ne stava abbandonato sul divano, l’aria pensierosa, lo sguardo perso. Tante cose del passato erano riemerse quella sera e Remus non sapeva se questa fosse una cosa buona o meno.  - Soffri ancora per quella cosa, vero? - Chiese all’improvviso. 

- Per il fatto di non aver avuto la possibilità di avere una famiglia mia? Non lo so, non ci penso da anni. - Rispose Sirius, sospirando. - Lei ha mai cambiato idea su questo, negli ultimi anni? - 

Remus ci pensò su. - Non lo so, non so nemmeno se con Avi ci abbia mai provato. Mina non mi dice mai nulla. - Disse poi. - Tu ne hai sofferto molto, all’epoca. - 

L’altro scrollò le spalle. - Sì, ma lei era la cosa più importante quindi non me ne importava così tanto. Avremmo preso un gatto, e poi c’era Harry. - Spiegò, facendo un sorriso triste, che piano piano diventò sempre più nostalgico. - Amavo tua sorella sopra ogni altra cosa, tu lo sai. - 

Remus annuì. - Lo so, Felpato. Lo so. - 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. Pericolosa distrazione ***


Mina guardava Sirius, dall’altra parte della stanza, seduto a terra insieme al piccolo Harry. Accanto a loro, un enorme albero di Natale addobbato, svettava fino al soffitto, pieno di luci e palline rosse e gialle, erano circondati da tantissimi pacchetti regalo. Lily aveva sempre adorato il Natale, per questo aveva fatto diventare tutta la casa molto simile ad un negozio di addobbi che ad un'abitazione. C’erano le calze, tre e cucite a mano dalla signora Evans, ghirlande e vischio in tutti gli angoli, neve magica che veniva giù negli senza sporcare il pavimento, alcuni piccoli Babbo Natale che svolazzavano in tutte le stanze su slitte incantate. 

Era il 25 dicembre 1980 e c’erano tutti: Remus, seduto sul divano insieme a Peter; Lily e James, che si davano una mano in cucina; il loro gatto che sonnecchiava accanto al camino; Sirius, che adorava giocare con Harry e farlo ridere facendo uscire scintille dalla bacchetta. 

In tutto quel quadretto di spensieratezza, Mina si sentiva quasi di troppo e si guardava intorno con l’impressione di non riconoscere nessuna di quelle facce. Sembravano tutti così adulti e responsabili, come se fossero cresciuti di botto, lasciandola indietro. Quando poi, qualche notte prima, Sirius le aveva confidato di volere dei figli, lei si era sentita morire. Si erano scelti l’un l’altra perché entrambi avevano avuto sempre abbastanza senso critico da non sottostare alle regole di una società che non li soddisfava, ma adesso lui sembrava voler cambiare vita, sistemarsi in una casetta in provincia proprio come Lily e James, e Mina si sentiva di intralcio alla sua felicità. In quel momento più che mai, mentre lo guardava giocare con il bambino, Mina sentiva una strana voglia di fuggire via.   

- Sono carini, vero? - Le chiese all’improvviso Lily, distraendola dai suoi pensieri. 

Mina si voltò verso l’amica. Era così bella, raggiante, con i suoi capelli rossi legati in una coda alta, vestita quasi in pendant con la casa, teneva in mano un bicchiere di spumante.  

- Sì, lui adora Harry. - Rispose Mina, forzando un sorriso. - E ovviamente anche io. - 

Lily la guardò di sottecchi, come se vedesse dietro la maschera dell’amica. Poi camminò verso il corridoio, facendole cenno di seguirla. Quando entrambe si ritrovarono nella cameretta del bambino, Lily incrociò le braccia sul petto. - Vuoi lasciare Sirius, vero? - Domandò, ma senza alcun tono di rimprovero. - Si vede. Si nota da come non lo guardi. -  

Mina abbassò lo sguardo e si morse il labbro. - Mi sento soffocare ogni volta che mi parla dei suoi progetti per noi. - Ammise poco dopo, guardando negli occhi di Lily. - Forse vent’anni sono pochi per promettersi il futuro, no? Forse tu e Ramoso siete l’eccezione. - 

Lily sospirò pensierosa. - Tu lo ami ancora? - 

- Certo che lo amo. Lo amo come il primo giorno, per me non è mai cambiato niente! - Esclamò, indignata. Le sembrava assurdo che Lily le avesse fatto una domanda tanto stupida. - Solo che mi sembra di non riconoscerlo. Sai cosa ha fatto mesi fa? Mi ha comprato un anello. Si è inginocchiato e mi ha chiesto di sposarlo e io… - 

- Tu hai detto di no, Sirius ce l’ha detto. - La interruppe Lily, trattenendo un sorriso. - Era particolarmente ferito, a dire la verità. - 

Mina lanciò all’amica uno sguardo torvo, ma poi le scappò da ridere. - Che onore essere l’unico essere vivente capace di spezzare il cuore di pietra di Sirius Black. - Disse. 

 

Mina era riuscita a farci l'abitudine, ma all'inizio era stato difficile dividere la casa con Harry senza sentire un po' di dolore in fondo al suo cuore ogni volta che lo guardava negli occhi. Era come avere davanti agli occhi Lily e James tutto il tempo e questo la faceva tornare indietro, a tempi in cui era stata molto felice, e quella felicità le mancava tanto da farla stare male. Sirius invece era felicissimo di averlo in casa, con lui si comportava più come un amico che come un padre, e forse anche lui vedeva troppo di James in lui.

Tra Sirius e Mina si era costruito uno strano muro di silenzio, un tacito accordo nel quale avevano deciso di trattarsi in modo civile, ma di non parlare mai realmente di niente, anche se lei non riusciva a smettere di pensarlo e di rivivere nella sua testa tutto quello che erano stati. Mina non capiva; non capiva da cosa era realmente attratta, se dal ricordo che aveva di lui o se seriamente provava ancora qualcosa per Sirius, per quel Sirius Black tremendamente lunatico e spesso irritante, per quella persona che Azkaban aveva quasi totalmente distrutto. 

Lui, d’altra parte, conosceva benissimo se stesso e sapeva che la amava ancora, ma era anche consapevole del fatto che non sarebbe stato opportuno complicare la vita di Mina e che, probabilmente, lei per lui non provava lo stesso sentimento. Quindi la evitava il più possibile ed era felice che lei, più o meno, facesse lo stesso.

Tutti in casa lavoravano sodo per finire di ripulire Grimmauld Place e, almeno nel piano terra, l'unica cosa indesiderata rimase l'arazzo dell'albero genealogico dei Black, che proprio non voleva saperne di staccarsi dalla parete. Nel seminterrato invece, tra grossi ragni e polvere, Sirius buttò via un grosso sacco pieno di porcellane dove, impresso, c'era lo stemma e il motto della sua famiglia. Kreacher si insinuò parecchie volte, cercando in tutti i modi di salvare qualcosa, e scoppiava addirittura in lacrime ogni volta che Sirius gli strappava vecchi cimeli dalle mani scheletrite. 

Il giorno dell'udienza di Harry arrivò, sarebbe tornato a Hogwarts, ma Sirius non ne era felice, anche se ostentava una più che credibile parvenza di felicità alla notizia. Aveva stretto la mano di Harry e aveva fatto un gran sorriso, ma poi divenne più scontroso e crucciato: non parlava quasi con nessuno e passava la maggior parte del suo tempo chiuso nella stanza di Fierobecco. 

Pochi giorni prima della partenza dei ragazzi per Hogwarts, la scuola spedì a Ron e Hermione l'annuncio che erano diventati prefetti della loro Casa e a Grimmauld Place venne organizzata una piccola festicciola. 

- Non sono mai diventata prefetto. - Disse Tonks, seduta su una delle sedie in cucina, dopo cena. Quella sera i suoi capelli erano rossi e lunghi fino alla vita, sembrava la sorella maggiore di Ginny e Ron. - Il direttore della mia casa diceva che mi mancavano alcune qualità necessarie. - 

- Ad esempio? - Domandò Hermione. 

- Ad esempio comportarmi bene. - Rispose Tonks. 

Poi Ginny si rivolse a Sirius. - E tu, Sirius? - Chiese, dando delle pacche sulla schiena di Hermione. 

Sirius, accanto a Harry, fece la solita risata simile ad un latrato. - Passavo troppo tempo in punizione con James. Il bravo ragazzo era Lupin, lui sì che ha portato la spilla. In effetti entrambi loro furono prefetti, non è vero, Mina? - 

Era la prima volta che le parlava da giorni, Mina si limitò ad annuire, prima di rivolgersi ai ragazzi. - Silente aveva scelto Remus nella speranza che riuscisse a contenere un po' i suoi amici, ma è inutile dire che fallì miseramente. L'anno dopo toccò a me, con grande sorpresa di mio padre, dato che anche io finivo spesso in punizione per colpa di Sirius. -

Harry, curioso, si chinò verso di loro per ascoltare meglio. - Cosa facevate? -

I due si scambiarono uno sguardo che trasudava vecchia complicità. Mina alzò i lati della bocca come in un sorriso e Sirius parlò: - Una volta l'ho convinta a fumare un po' della salvia della professoressa Sprite e lei è praticamente impazzita. È corsa via dalla serra convinta di avere dei folletti della cornovaglia incastrati nei suoi capelli; io l'ho seguita e ci siamo imbattuti nella professoressa McGranitt nel corridoio. Immaginate la sua faccia. -

I ragazzi e Tonks risero, mentre Molly, che aveva sentito il racconto di Sirius, lanciò al mago uno sguardo di fuoco. - Ti sembrano cose da raccontare a dei ragazzi, Sirius? - Lo rimproverò.

Mina trattenne a stento la risata. - Molly, ringrazialo, poteva dire cose di gran lunga peggiori. - 

Sirius e Remus annuirono. - Sì, come di quella volta nello sgabuzzino delle scop… -  

- Non voglio sentire altro, Felpato! - Lo interruppe Remus, improvvisamente imbarazzato. 

Poco dopo cena, la cucina cominciò a svuotarsi pian piano. Il giorno dopo sarebbe arrivato settembre e Harry, Hermione e i ragazzi Weasley sarebbero tornati a Hogwarts, con gran rammarico di Mina, che sentiva di non aver sfruttato abbastanza il tempo insieme al figlioccio.

- Tornerà a Natale. - Le disse Remus, vedendola triste e malinconica, affacciata alla finestra della cucina d'un tratto silenziosa. 

La donna annuì, cercando di sorridere e, intanto, Sirius guardava il profilo di lei, illuminato dalla luce di uno dei lampioni fuori dal numero dodici. Si parlavano a stento, ma poco prima gli era quasi parso di poter, in qualche modo, esserle amico senza sentire l’impulso di saltarle addosso  o urlarle contro e questo gli aveva fatto parecchio piacere. Era arrivata a Grimmauld Place da circa due mesi, ma a Sirius parevano due giorni, visto il poco tempo che aveva passato con lei, sempre così impegnati a ignorarsi. 

Quando poi anche Tonks tornò a casa, Remus prese a sbadigliare, ma non sembrava avere nessuna intenzione di andarsene a letto e lasciarli da soli. Lunastorta era lì, pronto a proteggere la sorella da Sirius, forse perché, da quando era arrivata a Grimmauld Place, l'aveva vista sempre più triste e pensava che fosse in qualche modo colpa dell’uomo. 

- Voi non avete sonno? - Chiese Remus, rompendo il silenzio, passando lo sguardo sui due.

Mina e Sirius scossero la testa contemporaneamente. Poi lei guardò il fratello. - Se tu ne hai vai a dormire, no? Lo sai che in questi giorni devi riposare un po’ di più. - Disse. 

Sirius guardò la donna di sfuggita e, quasi senza accorgersene, sperò che Remus seguisse il consiglio della sorella, lasciandoli soli. - Sì, Lunastorta, forse dovresti proprio andare. - Lo incitò. 

Remus mosse lo sguardo da lui a lei, sospettoso. - E voi due cosa farete? - 

Mina rise piano. - Hai paura di lasciarci soli, come quando eravamo a scuola? - Chiese, divertita. 

Anche Sirius scoppiò nella sua risata simile ad un latrato, forse vagamente nervosa. - Non ti preoccupare, Remus. Ormai anche io e Mina siamo come fratelli. - 

Lei si voltò di nuovo verso la finestra, nascondendo la sua espressione piena di disapprovazione e fastidio. Sirius aveva detto frasi di quel genere tantissime volte a Hogwarts, mantenendo sempre una certa distanza tra loro, come per ricordarsi il motivo per il quale non poteva provarci con lei. 

La donna sentì Remus alzarsi in piedi e poi muovere qualche passo verso l’uscita. - Certo, Felpato. Raccontati pure ancora questa storia, ma non pensare che io possa crederci. - 

Le guance di Sirius si accesero leggermente, ma non disse nulla, mentre Mina si voltò a guardare il fratello, la faccia compiaciuta. Quando poi Remus uscì, Mina prese il suo posto, sedendosi su una delle sedie attorno al tavolo, il sorrisino di scherno che non le era ancora sparito dalle labbra chiare. - Ti sei appena fatto prendere in giro da Remus? - Chiese, sarcastica. 

- Preferivi che gli raccontassi della notte di qualche settimana fa? Di come mi hai sfiorato guardandomi negli occhi e chissà che altro? - La provocò lui, ghignando. 

Mina sgranò gli occhi e le guance le si accesero di un rosso per niente tenue. - Guarda che non è successo proprio niente quella notte. - Ribatté, nervosa, distogliendo lo sguardo. 

Sirius alzò le spalle. - Se solo avessi voluto saresti caduta i miei piedi. - Disse, suadente. 

La donna assunse un’espressione molto sorpresa. Non gli sentiva usare quel tono da troppo tempo e lei sapeva esattamente in quali occasioni lo tirava fuori. - Stai per caso flirtando con me, Sirius Black? - Gli domandò.  

- Non lo farei mai, piccola Lupin. - Rispose, smorzando una risata, rimanendo più serio possibile. 

- Lo hai detto tantissime volte, a scuola. - Ribatté lei. 

- Magari questa volta è vero. - 

Mina lo guardò, gli occhi ridotti a due fessure e uno strano calore che stava cominciando a invaderle tutto il corpo. Sentì il suo respiro farsi accelerato e strani pensieri affollarsi nella sua testa. - Quanto sei stupido… - Borbottò sommessamente, prima di alzarsi. - Vado a dormire. - 

- Ma come, di già? - Chiese lui, deluso. 

Mina incrociò le braccia sul petto. - Perché, che vuoi fare? - Domandò, alzando gli occhi al cielo. 

- Partita a scacchi? - 

- Solo se mi lasci vincere. -  



 

Le prime settimane di settembre, a Grimmauld Place, passarono tranquille e senza intoppi. Mina lavorava al Ministero quasi tutte le mattine, mentre i pomeriggi li passava a servizio dell'Ordine della Fenice, tornando al numero dodici sempre stremata. Adesso che anche Molly e Arthur avevano lasciato la vecchia casa dei Black, tornando solo per le riunioni, era tutto molto più disordinato e impolverato, ma senza Molly che faceva da mamma a tutti, Mina si sentiva molto più rilassata e aveva ritrovato il suo vecchio spirito da malandrina mancata. Lei e Sirius si divertivano a infastidire Kreacher e a spingere Remus tra le braccia della giovane Tonks, che ormai era palese avesse una cotta per lui. Erano riusciti addirittura a convincere Remus a invitare a cena Dora, che ovviamente aveva detto subito di sì, facendo ritrovare così gli altri due soli in casa, cosa che non capitava praticamente mai, dato che Remus non si allontanava un secondo dalla sorella, ancora spaventato dall'idea che Sirius potesse farla soffrire in qualche modo. Nonostante questo, Sirius e Mina si erano avvicinati al punto che, la mattina che stava precedendo l'appuntamento di Remus e Tonks, passeggiando per il Ministero verso l'Ufficio Misteri insieme a Malocchio, Mina aveva avuto il piacere di fare una delle conversazioni più strane della sua vita. 

- Ti vedo molto assonnata, Lupin. - Disse Moody, dopo uno sbadiglio della donna. - Tu e Black avete fatto le ore piccole di nuovo? - Il suo tono era a metà tra il divertito e il preoccupato. 

Le guance di lei si accesero leggermente. Effettivamente aveva passato gran parte della notte a parlare con Sirius davanti ad una burrobirra. - Perché lo pensi, Alastor? - Gli chiese.

- Non dovresti permetterti pericolose distrazioni. Tu lavori all'Ufficio Misteri, devi essere sempre vigile e attenta. Vigilanza costante! - Esclamò Moody. - So che avete un passato, ma il mondo è parecchio più grande di Grimmauld Place. -

Questo è ovvio, Alastor, pensò lei, ma non lo disse. Passò quasi tutta la giornata a ripetersi quelle parole in testa, a chiedersi a cosa alludesse il vecchio auror con pericolose distrazioni, ce l'aveva con la sua mancanza di sonno, oppure pensava che tra lei e Sirius ci fosse qualcosa? La cosa sarebbe stata così tanto grave? Il mondo è parecchio più grande di Grimmauld Place, Mina, si ripeté. Aveva lasciato Avi da mesi e non era più uscita con nessuno, era forse l'ora di tornare a guardarsi intorno? 

Mina, quella sera, tornò al numero dodici con della pizza e lei e Sirius la mangiarono sul divano, ascoltando la radio babbana e raccontandosi aneddoti. 

- … quella partita fu pazzesca, James segnò tantissimi punti, saremmo riusciti a vincere anche senza il boccino d'oro! - Stava ricordando Mina, gli occhi sognanti. - E quando abbiamo alzato la coppa in faccia a tuo fratello, che diventò tutto rosso e se ne andò sbraitando! - 

Sirius sorrideva, la burrobirra in una mano e un pezzo di pizza nell'altra. - Ti ricordi quando sei uscita con lui? - Le chiese, prima di scoppiare a ridere. - Quanti anni avevi, tredici? - 

- Quattordici e l'ho fatto nel disperato tentativo di farti ingelosire, lo sai! - Rispose lei, un po' imbarazzata. - E non fu nemmeno un'uscita pessima. Regulus fu molto bravo, mi portò in quella sala da tea... peccato per la sua espressione schifata davanti alla notizia della mia mammina babbana. - 

Sirius scosse la testa con sdegno. - Povero idiota. - Commentò, prima di bere dalla bottiglia. 

Lei annuì. - Era plagiato da tua madre, non dovresti fargliene una colpa. - Disse però. 

Il mago alzò le spalle, sembrava disinteressato, ma lei sapeva benissimo che fingeva. - Sai, oggi pomeriggio Malocchio mi ha fatto uno strano discorso. - Confidò Sirius, facendosi serio e cambiando completamente il tono della conversazione. 

Mina sgranò gli occhi e si tese verso di lui. - Anche a te? Con me ha parlato questa mattina. - 

- E cosa ti ha detto? - Chiese Sirius. 

Mina alzò le spalle. - Pensa che tu sia una pericolosa distrazione e che il mondo è parecchio più grande di Grimmauld Place. Insomma, pensa che tra noi due ci sia ancora qualcosa. - Raccontò.

Sirius annuì, l'espressione per nulla sorpresa. - A me ha detto più o meno le stesse cose, ma tutto condito con una bella dose di "evita di rovinarle la vita di nuovo". - 

La strega rimase interdetta. - Ma non l'hai mai fatto. - Disse, guardandolo negli occhi. 

- Remus pensa il contrario. - Ribadì Sirius. 

Lei alzò gli occhi al cielo. - Non è vero, ma anche se fosse, nessuno a parte me può decidere se qualcuno o meno mi abbia rovinato la vita e tu non l'hai fatto quindi piantala. - Mina si alzò dal divano, fece il giro del tavolino e si sedette alla destra dell’uomo. - E comunque credo che dovrei dimostrare a Malocchio che tra noi non c'è niente, così se ne sta tranquillo. - 

- E come intendi fare? - Chiese lui, con tono cupo. 

- Uscirò con qualcuno, uno a caso. - Asserì Mina, annuendo. - Ad esempio c'è il cameriere del pub vicino al Ministero… lo vedo tutti i giorni a pranzo e secondo me potrei avere una possibilità. - 

Lui si portò la burrobirra alle labbra e bevve. - Lo sai che non sono la tua amichetta del cuore, vero? - Fece, brusco. 

Mina alzò le mani sopra la testa e sorrise. - Va bene, va bene… - 

Dalla radio poco distante da loro poi alla partì una musica  molto famigliare e l'uomo scattò in piedi, il viso più rilassato rispetto a pochi secondi prima, alzò il volume con un colpo di bacchetta, prese a canticchiare tra sé e sé, improvvisando un balletto. 

Mina rise piano, portandosi una mano alla bocca. - Sei così stonato. - Disse. 

Sirius si chinò verso di lei, porgendole la mano e cantando ancor più forte e, quando lei si ritrovò in piedi la indusse a muoversi un po', in modo scoordinato, mentre la melodia di don't go breaking my heart entrava nel vivo. - Estate 1976, io e te, Remus e James, in quel locale babbano sulla spiaggia in Galles. - Le disse, con un sorriso.  

- C'era anche Peter. - Rispose lei, pentendosene all'istante, ma cercò di distogliere l'attenzione da quel nome, aggiungendo altro. - Hai canticchiato questa canzone per giorni, tanto che ti piaceva. -  

Si guardarono, il sorriso negli occhi, finché qualche istante dopo non sentirono fluire dalle casse della radio delle note profondamente diverse da quelle che si erano appena congedate. Note infinitamente più delicate, quasi timorose, accennate. Note familiari per le orecchie di Sirius, che si arrestò, in ascolto. Non gli ci volle più di un momento per riconoscere di quale brano si trattasse, soprattutto quando la voce di John Denver cominciò a cantare.

Sirius si fece più vicino a lei, scostandole un ciuffo di capelli via dagli occhi, e lasciò scivolare una mano sulla sua schiena, accostando le labbra al suo orecchio tanto da far sì che la propria voce arrivasse dritta verso di lei, senza perdere la propria intensità.

- You fill up my senses… like a night in a forest… like the mountains in springtime, like a walk in the rain. Like a sleepy blue ocean… you fill up my senses, come fill me again. - Mormorò, cominciando a cantare sottovoce. - Come, let me love you, let me give my life to you… let me drown in your laughter… let me die in your arms… -

Al suono di quelle parole, Mina avvertì qualcosa sussultare dentro di sé. Sorrise appena, impaurita e  sorpresa, e continuò ad ascoltare. Proseguì Sirius, muovendosi lentamente sul posto insieme a lei e Mina poggiò il mento sulla sua spalla, lasciandosi cullare. Era così strano averlo vicino, eppure così piacevole, che anche quando la musica cambiò di nuovo nessuno dei due sembrava avere intenzione di fare un passo indietro. Mina sentì il respiro di lui tra i capelli e poi le labbra, su una delle sue tempie. Lei affondò le mani ancor più saldamente nelle braccia dell'uomo e rimasero immobili, finché non fu lui a staccarsi piano piano. Si guardarono per un interminabile attimo nel quale Mina tenne gli occhi fissi sulle labbra di lui, domandandosi cosa sarebbe successo se avesse osato baciarle. Sirius era ancora così bello, anche dopo tutto quel tempo e tutte le cose orribili che gli erano capitate e lei si sentiva ancora troppo attratta da lui. Era sempre stato così, probabilmente non c'era stato nemmeno un giorno durante la sua adolescenza in cui Mina non avesse fantasticato su Sirius Black, che invece la trattava come la sua sorellina minore o, quando le andava meglio, la sua migliore amica. Quando poi si baciarono per la prima volta, dopo quella ridicola festa del Lumaclub, Mina si rese conto che lui poteva essere all'altezza della sua idealizzazione. Altrochè se era vero che Sirius Black ci sapeva fare. 

- A cosa stai pensando? - Le domandò lui, all’improvviso.  

Lei si morse il labbro, guardandolo. - Alla festa di fine anno di Lumacorno, quella a cui siamo andati insieme. - Rispose, poggiando la guancia contro il petto dell’uomo. - Ti ricordi? - 

Sirius sorrise, le mani sulla schiena di Mina che la tenevano stretta a sé. - Certo che ricordo, anche perché fu l’unica a cui andai, dato che non ero nel Lumaclub. - Disse, prima di prendere il volto di lei tra le mani, costringendola a guardarlo. - Tu portavi quel delizioso vestito rosso che ti stava davvero d’incanto, sembravi così seria. Ma poi, quando siamo andati via, sulla riva del Lago Nero, te lo sei sfilato come se nulla fosse, abbiamo fatto il bagno e poi mi hai baciato. -  

- Ero molto più intraprendente a sedici anni. - Ammise Mina. 

Lui annuì. La guardava senza dire una parola, talmente vicino da poter notare tantissimi dettagli nascosti del viso di Mina: le sue lunghe ciglia mettevano i suoi grandi occhi verdi in ombra e sul naso c’era ancora qualche lentiggine. La sua bocca, invece, era rosa e tremendamente invitante. 

Sirius chiuse gli occhi, poggiando la fronte su quella di lei. Sentiva il suo respiro accelerato e le mani di lei sulle sue, che fremevano incapaci di decidere se allontanarlo o meno. 

- Non farlo. - Sussurrò lei, quasi come un lamento. 

- Che cosa? - Domandò Sirius, accarezzandola piano, un piccolo sorriso sulle labbra. 

Mina fece un passo indietro con estrema difficoltà. - Quello che stai facendo. - Rispose, brusca, incrociando le braccia sul petto. - Noi due siamo solo amici, lo sai. - 

Lui annuì, alzando le mani. - Solo amici, certo. - 

- E dato che siamo solo amici niente contatto fisico, proprio zero! - Ribatté Mina, rossa in viso.  

Sirius sogghignò. - Sei così esagerata. - Commentò divertito. 

Mina sembrò sul punto di dire qualcosa, ma dall'ingresso sentirono la porta aprirsi e poi sbattere. Si allontanarono ancora di più uno dall'altra, come scottati e, un secondo più tardi, Remus era apparso sulla soglia, lo sguardo sospettoso. - Cosa state facendo? - Chiese.

- Lunastorta, vecchio mio! - Esclamò Sirius, raggiungendolo e spingendolo nel salotto, da dove Mina li stava guardando. - Come è andato il tuo appuntamento con Dora? -

- Non era un vero appuntamento. - Lo corresse Remus. - Solo una cena tra buoni amici. -

Mina annuì, alzando gli occhi al cielo. - E come è andata questa cena tra buoni amici? - Chiese, interessata.

Remus sospirò e poi si sedette accanto all’amico su uno dei divani, prese un pezzo della pizza avanzata di Sirius e la addentò con espressione cupa. - È stata bellissima. - Rispose.

- Oh sì, si nota dalla gioia che sprizzi da tutti i pori. - Commentò Sirius.

Mina alzò gli occhi al cielo. - Cosa non va, Rem? - Domandò.

Remus scrollò le spalle. - Lo sapete benissimo che non posso avere una relazione. - Disse. - E lei è troppo giovane per me, dovrebbe stare con uno della sua età, che possa garantirle un futuro. -

- Ci risiamo con questa storia. - Sospirò Sirius. - Tonks sarà anche più giovane di te, ma è abbastanza grande da sapere cosa vuole e cosa sia giusto per lei, ci hai mai pensato? -

- E poi è un auror, avrà affrontato cose peggiori del tuo piccolo problema peloso. Può metterti a tappeto con due incantesimi anche mal riusciti, Soprattutto ora che prendi la pozione. - Continuò Mina, rilassata. - Ma anche se non fosse così, Sirius ha ragione. Lei conosce tutti i rischi. -

- Una ragazza così giovane non può farsi carico di un marchio come questo. - Mormorò Remus, abbassando lo sguardo. - Non posso condannarla ad una vita come quella che abbiamo avuto noi, Mina, costretti sempre a cambiare casa, al minimo sospetto. -

- A me piaceva traslocare e non ho mai vissuto la tua condizione come un marchio. - Ribatté Mina.

Remus incrociò le braccia e si lasciò affondare nel divano, Sirius gli diede una pacca sulla spalla, forse un po' troppo forte. - Non fare il coglione, Lunastorta. - Gli disse.

L'altro alzò le spalle. - Voi due invece cosa avete fatto? - Chiese.

Mina e Sirius si scambiarono un rapido sguardo, come se dovessero nascondere qualcosa di terrificante. - Abbiamo mangiato la pizza… - Fece lei.

- … e parlato di quidditch. - Riprese lui.

- Ti stavamo aspettando per sapere dell'appuntamento, Sirius ha scommesso dieci galeoni che vi sareste baciati, quindi grazie di avermi fatto vincere. Perché non vi siete baciati, vero? -

Remus sgranò gli occhi e diventò tutto rosso. - Be'… -

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Capitolo 6
*** Capitolo 5. Il 31 ottobre ***


 

Settembre se ne andò via portando con sé anche le belle giornate di sole. Arrivò ottobre con le sue zucche, e le foglie arancioni che cadevano dagli alberi come soldati in battaglia, invadendo le strade e i parchi di Londra. Le piogge avevano iniziato a farsi più frequenti con il proseguire dei giorni e l'aria fredda e pungente penetrava anche attraverso le vecchie mura del numero dodici, invadendo persino la calda e accogliente cucina e tutte le stanze, riempiendo la casa di spifferi e facendo sbattere le finestre. Sirius cominciò ad accendere il camino verso metà mese, mentre Mina aveva iniziato a lasciare fiammelle in ogni angolo, da dove nacquero delle salamandre e qualche avvolcenere che quasi diede fuoco a tutta la casa deponendo le sue uova sotto alcuni dei mobili. A Grimmauld Place si respirò una bella aria fino all'ultima settimana di ottobre quando, con l'avvicinarsi di Halloween, i tre abitanti fissi cominciarono ad essere sempre più di cattivo umore.

Quell'aria di festa faceva sentire Mina piuttosto infastidita, odiava che qualcuno al mondo ritenesse il 31 ottobre un giorno felice, quando per lei rappresentava tutto ciò per cui poter sentirsi triste.

La mattina, Mina e Remus andarono a Godric's Hollow, sulla tomba di Lily e James e, quando tornarono per l'ora di pranzo, trovarono Sirius chiuso nella stanza di Fierobecco, di umore più nero che mai. Mina non si aspettava nulla di diverso da lui, dato che quella data rappresentava per Sirius la fine della libertà e della vita come l'aveva conosciuta. 

Non ci furono riunioni nel pomeriggio e, verso le sei, Mina si ritrovò da sola davanti al fuoco a leggere un libro che gli scivolava via dalla mente senza lasciare traccia, ma che chiuse solo quando Remus si sedette sul divano, a pochi metri da lei. L'uomo guardò sua sorella senza dire niente. Nessuno dei due aveva voglia di parlare di Lily e James, così Remus optò per un'altra domanda: - Sei andata a vedere come sta Felpato? -

Mina scosse la testa. - No, sono già abbastanza depressa senza il suo aiuto. - Disse, sedendosi poi accanto a lui. - Ma, a parte tutto, tu credi che dovrei provare a vedere come se la sta passando? - 

Remus alzò le spalle. - Con me non vuole parlare, ma magari tu riesci a fargli uscire qualche parola di bocca. -

- E a cosa servirebbe? Sappiamo tutti cos'ha. Non è in uno dei suoi attacchi di broncio, è solo il 31 ottobre. - Replicò lei. - Forse dovremmo lasciarlo in pace, per oggi. -

Dopo cena, forse spinta dalla vitalità di Tonks o dalla voglia di fuggire a quella casa ricolma di tristezza, Mina si ritrovò in un pub del centro di Londra, davanti ad a un coloratissimo cocktail babbano che sapeva di agrumi e bruciava molto, e a Ninfadora, che quella sera era davvero molto carina, i capelli neri e a caschetto, che le davano un'aria più adulta. 

Il locale era pieno di gente, persone di ogni tipo con strani costumi che non facevano sentire affatto fuori luogo due vere streghe con tanto di mantelli e bacchette e, mentre fuori l'aria era fredda e pungente, dentro si stava al caldo. In posti come quello, Mina aveva passato alcuni dei momenti più spensierati della sua adolescenza, come ai Tre Manici di Scopa, quando Lily era ancora viva e Halloween era solamente Halloween.  

- Come sta andando la tua ricerca di appuntamenti? - Domandò Tonks, distraendola dai suoi pensieri. 

In quei mesi a Grimmauld Place, Mina e Dora avevano stretto un'amicizia piuttosto salda, cosa assai rara per Mina, che aveva sempre faticato ad andare d'accordo con le altre donne, e che aveva passato anni con la certezza di non poter avere più delle amiche dopo Lily. 

- Male. Malissimo. Non ho trovato nessuno. - Rispose, il tono melodrammatico. - Non ci ho mai saputo fare con gli uomini, nemmeno da più giovane. - 

Tonks parve sorpresa. - Ma sei stata con Sirius, lui era un bel ragazzo! - 

- È vero, lo è… era. Lo era. Ma con lui è stato diverso, non ci sono stati dei veri appuntamenti, ecco. Non ci ho mai veramente provato con lui. -

Ninfadora prese il suo bicchiere e buttò tutto giù. Poi si guardò intorno, con sguardo furbo e un sorriso malizioso. - Quello lì, ad esempio, ti sta fissando da un po'. - Disse, indicando con gli occhi un uomo biondo seduto al bancone alle spalle dell’amica. 

Mina si voltò di soppiatto, lanciando un'occhiata verso di lui, poi tornò a guardare l'amica. - Non credo, e poi non so da dove cominciare. Cosa faccio? Vado lì e mi presento? - 

- Come hai fatto con tuo marito? - Chiese Tonks, il tono ovvio. 

- È stato lui a parlarmi per primo. - Rispose Mina. - Non so neanche se sia il caso di cominciare ad uscire con qualcuno; insomma io vivo a Grimmauld Place, faccio parte di una organizzazione segreta, renderebbe tutto molto più complesso, non credi? -

- Infatti non devi uscire sempre con lo stesso. Dai, Mina, devo insegnarti tutto io? Niente cose serie! - Esclamò Dora. - Dai, vai a parlare con quel babbano, non hai niente da perdere. - 

Mina si morse un labbro, la fronte aggrottata. - E tu intanto cosa farai? - Chiese. 

- Tra poco inizio un turno all’Ufficio Misteri, quindi non preoccuparti per me. - Rispose Tonks. 

Mina scosse la testa. - Forse è meglio se torno a Grimmauld Place, Sirius potrebbe aver bisogno di parlare con qualcuno e... -  

- A parte che con lui c’è Remus. - Ribatté Tonks, sbrigativa. - Ma allora vedi che ha ragione Malocchio? - 

- Che c’entra Moody? - Chiese Mina, il tono sorpreso, dopo aver bevuto dalla cannuccia. 

Dora sospirò. - Sei ancora innamorata di mio cugino e Malocchio non approva per niente la cosa. Io lo sospettavo già, si vede da come lo guardi, ma adesso mi sembra proprio palese. - 

Mina arrossì. - Ti sbagli. - Borbottò, cercando di fingersi tranquilla. - E poi come lo guarderei? - 

Tonks fece un sorriso, metà tra il sognante e il divertito. - Le tue pupille diventano enormi ogni volta che lo vedi, ridi sempre alle sue battute, anche a quelle più pessime, rimani sveglia fino a tardi insieme, anche se la mattina dopo lavori, solo perché sai che non riesce a dormire. E poi non riesci ad uscire con nessuno, non riesci a provarci con nessun altro perché il tuo cuore è ancora tutto per lui. Ne sei proprio innamorata!  - 

Mina guardò l’amica con un po’ di rancore e, per un istante, sembrò quasi che fosse Lily a parlarle. Sospirò e poi si alzò in piedi. - Stasera ti dimostrerò il contrario provandoci con quel babbano. - Disse, lanciandole un’occhiata torva. 

- Brava ragazza. - Esclamò ridendo. - Divertiti anche per me! - 

 

Mina guardava Sirius, mentre lui le accarezzava piano la schiena nuda. Il dormitorio maschile dei Grifondoro era vuoto e il silenzio opprimeva tutto il castello deserto, mentre gli studenti dal terzo anno in poi erano in gita ad Hogsmeade. Fuori stava nevicando forte, ma dentro il caldo era tanto da potersi permettere di essere nudi, coperti solo da un lenzuolo leggero, senza nessun fastidio.

- Proprio qui… questo è il punto da cui ogni cosa comincia. - Mormorò il ragazzo sfiorandole la nuca con le dita calde. - Passa tutto da qui, tutto ciò che ti tiene in vita. -

Mina lo guardò con gli occhi stretti e poi si mosse, sdraiandosi su un lato, verso di lui. Anche Sirius era ancora nudo, ma al contrario di lei, che si copriva tenendosi stretta tra le coperte, non si era mai vergognato di mostrarle il suo corpo. - È per questo che hai lì quel tuo tatuaggio? - Gli domandò.

Lui annuì.

- Fanne uno anche a me. - Disse allora Mina.

Sirius aggrottò la fronte. - Guarda che poi ti resta per sempre. - Disse.

- Ma non mi dire. - Replicò lei. Si mise a sedere, il lenzuolo stretto al petto, poi si spostò i capelli di lato, dando le spalle al ragazzo. - Datti una mossa, tra poco torneranno tutti non voglio che Remus mi trovi qui. -

- Figurati se lo voglio io. - Rispose il ragazzo, il tono cupo. - Era già abbastanza sospettoso quando gli ho detto che avrei saltato la gita per studiare storia della magia. - 

Mina lo sentì muoversi dietro di lei, aprire un cassetto e poi tornarle vicino. - Effettivamente potevi inventare una scusa migliore, dato che sono sette anni che nessuno ti vede studiare. - Disse, sorridendo. 

- Io non ne ho bisogno, piccola Lupin. - Rispose Sirius. - Ti farà male. - La avvertì.

Lei scrollò le spalle. Sentì il rumore di qualcosa di vibrante e poi una delle mani di lui sulla tua pelle. 

- E cosa devo tatuarti? - Domandò lui, esitando ancora.

- Decidi tu. Mi fido di te. - Rispose Mina.

 

Mina non era mai stata tipa da sesso occasionale. Non perché ci fosse qualcosa di sbagliato, ma solo perché, nonostante cercasse in tutti i modi di non darlo a vedere, era una persona estremamente romantica. Credeva nell’amore, in tutte le sue forme, e anche dopo un matrimonio miseramente fallito, anche dopo Sirius Black, lei continuava a sospirare davanti alle commedie romantiche. Per questo non si sorprese affatto quando, entrando nella casa del babbano del pub, aveva sentito una valanga di disagio seppellirla, costringendola a concentrarsi su tutt’altro, mentre lui la baciava spingendola contro un muro. Con gli occhi serrati, pensò a Sirius, alle sue mani che la sfioravano, alle sue labbra, alla sua voce e, per un attimo, quasi si sentì eccitata. 

Dietro di lei, l’uomo le aveva alzato la gonna e scostato le mutandine, facendola sussultare. Mina percepiva il suo respiro e sentiva le sue mani che la toccavano, le dita che le entravano dentro infastidendo tanto da farle quasi provare dolore. - Forse è meglio non continuare. - Disse, voltandosi verso di lui, mortificata. 

L’uomo, i pantaloni già sbottonati, parve deluso, si avvicinò a lei, tentando di baciarla. 

- Senti, niente di personale… - Fece Mina, allontanandolo freddamente. - Non è il caso. - 

Il babbano sbuffò, ma fece un passo indietro. Poi Mina lo vide sistemarsi di nuovo i vestiti e sedersi sul divano, sconsolato. - Cosa c’è, ti manca il tuo ex o una cosa del genere? - Le chiese. 

Lei alzò un sopracciglio, poi, allo stesso tempo, scosse la testa e annuì. - Diciamo che è più complicato di così. - Rispose, prima di sedersi al suo fianco, con un sospiro.

L’uomo alzò le spalle. - Avevi un cane? - Le domandò, dopo un lungo attimo di silenzio. 

Mina lo guardò sorpresa. Era un quesito piuttosto strano da fare poco dopo aver tentato di fare sesso con scarsissimo successo. - No, perché? - Chiese. 

- Hai un cane stilizzato tatuato dietro il collo. - Disse l’uomo. 

Il viso di Mina contrasse appena, poi si portò una mano alla nuca. - Sì… avevo un cane, un grosso cane nero. - Si corresse con un sorriso che era un misto di nostalgia e tristezza. 

- Dovevi volergli molto bene per tatuartelo. - Fece il babbano. 

Mina annuì. - Sì, per me era davvero tutto. - Rispose, prima di alzarsi in piedi. - Ora credo che sia meglio che vada, mi dispiace se ti ho rovinato la serata, è che proprio non ce la facevo. - 

- Non è un problema. - Commentò lui, alzandosi. - Ti accompagno alla porta. - 

Mina scosse la testa. - Non disturbarti, conosco la strada. - Disse. 

Fuori dall'appartamento del babbano il vento la colpì in piena faccia, tagliente e gelido come solo durante le notti peggiori. Mina si materializzò davanti a Grimmauld Place, sperando che tutti in casa dormissero già. La strada era deserta e silenziosa, nessuna finestra era illuminata sulla facciata vecchia e sporca del palazzo. Mina rimase ferma davanti al cancello del numero dodici; dentro di lei si sentiva sollevata: era abbastanza tardi da rendere credibile la storia che avrebbe raccontato a Tonks pur di convincerla che non era ancora innamorata di Sirius, e non era nemmeno dovuta andare a letto con quell’uomo per dimostrarglielo. Dalla manica prese la bacchetta, la puntò contro la porta e quella subito si aprì, con il solito rumore metallico e il cigolio. Mina entrò e fu subito circondata dall'oscurità. Forse non avrebbe incontrato nessuno. 

 

Inginocchiato davanti al camino quasi spento, Sirius Black stava nutrendo una salamandra con un po' di pepe, nel salotto deserto e in perfetto silenzio. Le uniche fonti luminose erano il piccolo animaletto, le braci nella canna fumaria e una lampada ad olio accesa sul basso tavolino di legno che divideva i due divani. Non sapeva precisamente che ore fossero, ma era tardi, lo si capiva dalla strana aria che si percepiva, tipica della notte profonda, e dal fatto che perfino lui, che non dormiva quasi mai, aveva sonno. La salamandra, invece, era arzilla e sembrava felice, con i suoi colori simili ad un tramonto e piccoli occhietti profondi e vispi. 

Sirius aveva passato tutto quel terribile giorno tra camera sua e quella di Fierobecco, scendendo in cucina solo molto dopo l'ora di cena, spinto dai morsi della fame, ritrovandosi davanti a Remus e Tonks, che parvero molto sorpresi di vederlo. Mina, invece, non era in casa e nessuno sembrava volesse dirgli dove fosse. Poi i due erano usciti per un turno di guardia all’Ufficio Misteri e Sirius si sentì, se possibile, ancor più triste, solo in quella casa vuota e deprimente che per lui aveva rappresentato sempre e solo dolore. Si era spostato nel salotto, e si era messo a pensare a Mina, a dove fosse, quando proprio quella notte desiderava più di ogni altra cosa averla vicina, e anche in quel preciso istante con gli occhi sulla salamandra, Sirius non poteva fare a meno di pensare a lei, con un po' di rancore gli nasceva nel cuore.  

Sentì la porta d'ingresso aprirsi con un cigolio e poi dei passi che non stentò a riconoscere. Dopo pochi secondi, Mina era sulla soglia del salotto e lo stava guardando, le guance accese, le scarpe con un po' di tacco in mano. - Sei ancora sveglio. - Gli disse, rimanendo ferma lì. 

- Dove sei stata? - Sbottò Sirius, alzandosi in piedi, il viso contratto in una espressione torva.

- Ero con Tonks. - Rispose Mina, esitante, dopo un piccolo fremito. 

Sirius sembrò non crederle. - Tonks è arrivata qui ore fa. - Ribadì. - Sei uscita con qualcuno? Proprio stanotte? Non te ne frega di Lily e James, vero? - 

Gli occhi di lei si strinsero fino a diventare due fessure luminose. Lasciò cadere le scarpe e si avvicinò a lui a grandi passi, il dito indice alzato contro la sua faccia. - Non ti permettere di dire una cosa del genere. - Ringhiò. - Pensi che se fossi rimasta qui loro sarebbero tornati indietro? - 

- No, penso solo che tu non abbia rispetto per loro. E nemmeno per te stessa, dato che ti sarai scopata il primo che ti avrà dato un po' di attenzioni! - Esclamò lui, il tono deluso e distante, prima di voltarsi di nuovo verso il camino e la salamandra. - Spero che ne sia valsa la pena. - 

Mina, rossa in viso, rimase a bocca aperta. - Sei proprio uno stronzo. - Disse, a denti stretti. 

- E tu ti comporti come una puttana. - Sirius si pentì delle sue parole nell'esatto momento in cui le pronunciò, ma non girò verso di lei, non si affrettò a chiederle scusa. 

Un silenzio ancor più penetrante cadde su tutta la casa, come la calma inquietante prima di una battaglia che sarebbe finita senza nessun vincitore. Mina, immobile alle spalle di lui, aveva il viso spento e avvilito, gli occhi avevano preso a bruciarle, ma non aveva la forza di rispondere. 

Sirius sospirò e si girò piano verso di lei, pieno di esitazione. La guardò e si sentì invadere dal senso di colpa. - Scusa. - Mormorò, facendo un passo in avanti. 

Mina si ritrasse, le labbra tremanti e piena di rabbia. - No. - Rispose, duramente. 

- Sono uno stronzo, hai ragione. - Ammise lui, tentando ancora di avvicinarsi. - Per favore, Mina, perdonami. - 

Mina scosse la testa, facendo un altro passo indietro. - Io me ne vado. - Disse, voltandosi e camminando verso le scale con furia. 

Lui esitò, ma poi la rincorse, ritrovandosi in un attimo nel corridoio del primo piano. La prese per mano, fermandola poco prima che sparisse dietro la porta della sua stanza. - No, per favore. Ti prego, perdonami. Sono stato davvero scortese, solo che… - 

- Scortese? Mi dai della puttana due volte in meno di venti secondi e pensi di essere stato scortese? - Sbottò lei, spingendolo via. - Sai qual è il problema? È che sei frustrato perché sono anni che una donna non ti tocca, e ti fa incazzare il fatto che per me non sia lo stesso. Ti aspettavi che sarei rimasta sola e triste per tutta la vita, perché sei un narcisista che crede di essere indimenticabile, ma non è così. Potevi piacermi quando avevo sedici anni, ma adesso non mi avvicinerei a te nemmeno se fossi costretta! - 

- Se è per questo preferirei tornare ad Azkaban piuttosto che scopare con te! - Urlò lui. 

- Bene! - Ribatté Mina, prima di entrare in camera sua e sbattendo la porta. 

Sirius rimase fermo lì, il respiro accelerato e la mascella contratta. Prese un respiro profondo e poi si voltò per tornare di sotto. Attraversò quasi tutto il corridoio, quando sentì la porta della stanza di Mina aprirsi di nuovo e i passi di lei che lo raggiunsero rapidi. Si voltò verso la donna, preparandosi ad altri insulti, ma quando la vide si rese conto che aveva gli occhi lucidi e quasi si sentì in colpa per averla fatta piangere. - Senti, io non… -   

- Ti amo. - Lo interruppe lei, buttandosi su di lui per abbracciarlo. 

Il viso di Sirius fu colto dalla sorpresa, il suo cuore quasi gli saltò dal petto. - Cosa? - Chiese con la voce accesa e accompagnata da una specie di sorriso, ricambiando la stretta. 

- Ti amo, ma non mi piaci più. - Continuò Mina, cercando di non piangere, nascondendo il viso contro di lui. - È difficile starti vicino, non sei più lo stesso di un tempo. Spesso mi sembra di non conoscerti affatto. - 

Il silenzio li avvolse prepotente e loro rimasero lì, immobili, come sospesi nel tempo. Sirius sentì il corpo di lei rilassarsi contro il suo, il profumo dei suoi capelli che lo inebriava e una strana commozione riempirlo come mai era successo. Poi Mina alzò lo sguardo verso di lui e chiuse gli occhi, avvicinandosi ancora e infilando le mani tra i suoi capelli neri. Sirius all’inizio non capì, ma si lasciò baciare come la prima volta, pieno di sorpresa, e quando lei prese ad aprirgli la camicia, bottone dopo bottone, si sentì letteralmente impazzire. - Che fai? - Le chiese, allarmato. 

- Ti sto spogliando. - Rispose lei, passando alla cintura. 

- Ah sì? Non me ne ero accort… - La voce gli si spezzò in gola, mentre la mano di lei si infilava nei suoi pantaloni, accarezzandolo. Si sentì andare a fuoco. - Mina… ma cosa… - 

- Se non vuoi mi fermo. - Disse Mina, guardandolo negli occhi. 

Lui si affrettò a scuotere la testa. La baciò con crescente passione, spingendola senza delicatezza verso la sua camera. Dentro era buio, ma lui voleva guardarla, non voleva perdersi nemmeno un centimetro della sua pelle, accese la lampada e la seguì sul letto, mettendosi sopra di lei, il cuore che sembrava volergli schizzare fuori dal petto. - Davvero vuoi farlo? - Le chiese, incredulo. 

Mina lo sovrastò, invertendo la posizione. - Non parlare. - Tagliò corto, prima di cominciare a baciarlo, passando dalle sue labbra al suo collo e poi sempre più verso il basso. 

- Vuoi farlo solo perché ti senti triste, lo so. - Disse l’uomo, cercando di mantenere la lucidità, nonostante la bocca di lei che lo torturava. - Lo so che è così, è come l’ultima volta. - 

- Sirius, non parlare. - Ripeté Mina ancora una volta. 


Angolo dell’autrice:

Buonasera a tutti voi! Ecco qui il capitolo cinque, spero vi piaccia, perché a me fa un po’ cagare in realtà, ma vabbé, quindi fatemi sapere, anche perché c’è una bella svolta quindi sono curiosa di sapere cosa ne pensate. Nel frattempo io sono arrivata a scrivere il finale ma sono un po’ bloccata; davanti a me si sono aperte due versioni della storia completamente diverse: in una finisce tutto abbastanza di merda e tragicamente, nell’altra invece c’è una sorta di vissero tutti felici e contenti ma sinceramente non so se sia il caso. Voi cosa ne pensate? Fatemi sapere! 

Clar

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Capitolo 7
*** Capitolo 6. Un tuffo nel passato ***


Il cielo ospitava grigie nubi cariche di tempesta e vento ululava forte sbattendo alle finestre della torre ma, come al solito, la Sala Comune di Grifondoro era dominata da un avvolgente calore quasi innaturale, che proveniva dallo scoppiettante focolare acceso e si propagava a lievi ondate ovunque, permettendo agli studenti di liberarsi di quei mantelli che in qualsiasi altro luogo non avrebbero mai lasciato.

Quel pomeriggio l'accogliente stanza circolare e tinta di scarlatto non ospitava quasi nessuno, a parte un gruppetto di bambini del primo anno e due studenti dell’ultimo, seduti uno accanto all’altro davanti al camino. James Potter giocava con un boccino d’oro chiuso, lanciandolo in aria e riprendendolo al volo, al suo fianco Sirius Black se ne stava seduto con casuale eleganza. 

- E quindi? - Chiese ad un certo punto il primo, afferrando per l’ennesima volta il boccino. 

- Quindi cosa? - Ribatté l’altro, senza capire. 

James sogghignò divertito. - Lo avete fatto, no? Come è stato? - Domandò all’amico, mettendosi all’ascolto. - Di solito di queste cose te ne vanti tanto, ma adesso non mi stai dando soddisfazioni, Felpato, mi preoccupi. Dimmi, Mina è davvero piatta come una tavola oppure è la divisa che non le dona per niente? - 

Sirius lo fulminò con lo sguardo. - E la Evans è rossa anche lì sotto, James? - 

Ramoso alzò gli occhi al cielo, ridendo. - Tu sai tutto di me e Lily, ma accetto il tuo silenzio. Piuttosto, quando hai intenzione di parlare con Remus? - Chiese poi, facendosi serio in un secondo. 

- Prima o poi lo farò. - Rispose Sirius.

Ci fu un attimo di silenzio e poi James si avvicinò all’amico, con l’aria di uno che non aveva nessuna intenzione di mollare. - Sicuro che non vuoi raccontarmi proprio niente? - Domandò, guardandosi intorno per accertarsi che nessuno li stesse ascoltando. - Almeno è stato bello? A me farebbe troppo strano andare con una mia così cara amica. Insomma, dai, lei per noi è sempre stata una sorella più piccola. - 

Sirius sbuffò e alzò gli occhi al cielo. - Per te, forse. Ma comunque un po’ hai ragione, è stato strano. - Ammise. - Ma forse non per il motivo che credi tu. È stato strano perché mi sentivo… non lo so… il fatto è che subito dopo avevo ancora voglia di stare con lei e abbracciarla, mentre con le altre di solito voglio solo andarmene più in fretta possibile e non vederle mai più. - 

James aggrottò la fronte, guardandolo come se lo vedesse per la prima volta. - Sei proprio andato, amico. - Gli disse, dandogli una pacca sulla spalla. - Quindi suppongo che ti sia piaciuto. - 

Sirius si lasciò sfuggire un sorriso. - Sì, tanto. - Mormorò. 

Intanto, dietro di loro, dei passi e delle voci riempirono la Sala Comune. James si voltò e lanciò il boccino verso le due persone a pochi metri da loro, gridando: - Attenta, Piccola Lupin! - 

Mina lo afferrò quasi senza guardare, prima di lanciare a James un’occhiataccia. - Potevi prendere Remus dritto in faccia! - Esclamò, camminando verso il divano. 

- Sei la miglior cercatrice della scuola, non l’avresti permesso. - Replicò James. 

Remus si sedette tra James e Sirius, mentre Mina si accomodò sulla poltrona lì di fianco, passando gli occhi dal boccino, ormai svolazzante, a Sirius, che la guardava cercando di non sorridere troppo, pensando che fosse la ragazza più bella che avesse mai visto. 

 

Sirius mugugnò qualcosa, ancora mezzo addormentato, cercando il corpo di Mina al suo fianco, mentre un raggio di sole, che entrava passando dalle tende, lo colpiva in pieno volto. Aprì gli occhi con fatica, guardandosi intorno, rendendosi conto di essere in un’altra camera da letto, quella occupata solitamente da Mina; i mobili vecchi e tarlati, il camino ormai spento, il profumo di lei ancora tra le coperte e sul cuscino. Sirius sorrise un po’, ripensando alla notte precedente; le mani di Mina su di lui, alla sua bocca da tutte le parti, al calore del suo corpo minuto eppure così accogliente. Era stato tutto perfetto, come se il tempo non fosse mai passato; lo avevano fatto per quasi tutta la notte, come quando erano giovani e spensierati e lei era ancora capace di farlo impazzire anche solo con uno sguardo. La amava e glielo aveva ripetuto per tutto il tempo e poi lei aveva pianto, stringendosi a lui e, piano piano, si erano addormentati l’uno nelle braccia dell’altra. Sirius continuò a sorridere mentre si rivestiva lentamente, almeno finché non notò che il baule e insieme a tutte le cose di lei erano sparite. L’ansia lo colse alla sprovvista. Si abbottonò di fretta la camicia e uscì, raggiungendo la cucina quasi di corsa, dove Remus stava preparando il pranzo - Buongiorno, Sirius. - Lo salutò, allegro. - Sto preparando delle polpette come le fac… -

- Dov’è Mina? - Chiese subito l’altro, interrompendolo, il tono quasi terrorizzato. - Lei non c’è, non ci sono nemmeno più le sue cose. Dove è andata? Tu l’hai vista uscire? - 

Remus aggrottò la fronte. - Stai calmo, Felpato. Mina è solo tornata a casa. - Rispose, tranquillo. 

- A casa dove? A Tel Aviv? È tornata da Avi? - Domandò Sirius, angosciato. 

Remus sbuffò, girandosi nuovamente verso l’amico. - Ma che ti prende? È tornata a Ottery St Catchpole, rilassati. È uscita questa mattina molto presto, io e Tonks eravamo appena tornati. - 

- Perché è andata via? - Chiese Sirius, abbandonandosi su una sedia lì vicino. - Non capisco. - 

- Io invece non capisco perché la stai prendendo così male, alla fine ha una casa e i membri dell’Ordine non sono costretti a vivere a Grimmauld Place. - Disse Remus, tornando a girare le polpette. 

Sirius non rispose, consapevole di essere stato sedotto e abbandonato dall’unica donna di cui gli sia davvero mai importato qualcosa. - Il fatto è che… - Fece, esitando dopo poco, con le guance rosse come se fosse un timido ragazzino. - Ieri notte io e lei… l’abbiamo fatto. - 

Remus fece una strana risatina nervosa. - Fatto? Fatto cosa? - Domandò, con voce acuta. 

Sirius parve pensarci su. - Del fantastico sesso sfrenato. Per tutta la notte. - Rispose poi.

Il lupo mannaro arricciò il naso, molto contrariato. - Vuoi davvero raccontarmi di come ti sei scopato mia sorella? Non credo che sia il caso, Sirius. - Commentò, infastidito. 

- Lei se ne è andata di soppiatto e io non so cosa pensare. - Disse Sirius, afflitto e preoccupato.

- Sei stato davvero così pessimo? - Lo prese in giro Lupin. - Dopo tutti quegli anni... - 

Sirius gli lanciò uno sguardo torvo. - Non credo proprio. - Borbottò, imbronciato. - Va bene, forse la prima volta è stata un po’ impacciata, ma tutte le altre è stato pazzesco e sembrava piacesse anche a lei. Remus, non hai idea, Mina non era così nemmeno a vent’anni! Adesso è molto più disinibita e…  - 

Remus fu scosso da un brivido pieno di disgusto. - Giuro che potrei vomitare. - Disse; poi notò che, dalla porta, una ragazza dai capelli rosa li stava guardando. - Ciao, Ninfadora. - 

Dora sbuffò. - Per l’ennesima volta, non chiamarmi così! - Esclamò entrando, avvicinandosi ai fornelli per dare un’occhiata al pranzo. - Di cosa stavate parlando? - Chiese poi. 

- Sirius è stato sedotto e abbandonato. - Rispose Remus, prima che potesse farlo l’altro. 

Tonks soffocò una risatina. - E da chi? - 

- Mina. - Sbuffò Sirius, stizzito, incrociando le braccia sul petto. - Se n'è andata dopo che abbiamo passato tutta la notte insieme. - 

Dora sembrò stranamente sorpresa. Si sedette accanto al cugino, guardandolo bene. 

- Devi aver fatto davvero pietà, per farla scappare. - Lo canzonò, scoppiando a ridere. 

- Non ti ci mettere anche tu, Ninfadora! - 

 

La casa era ricoperta di edera e aveva tutto l'aspetto di essere disabitata da molto tempo. Nel vicino villaggio di Ottery St Catchpole, poco distante da quello strano cottage, giravano strane voci in merito: c'era chi diceva che fosse una casa stregata, chi raccontava che lì ci aveva vissuto un terribile assassino, chi narrava di un ragazzo capace di trasformarsi in un cane, e per questo la signora Sophie, che viveva proprio là davanti, fu sorpresa quando notò una persona avvicinarsi al cancelletto sgangherato della proprietà. Si trattava di una donna dai lunghi capelli color paglia, vestita in uno strano modo, che si trascinava dietro un grosso baule come se fosse vuoto e leggero. Aveva una faccia conosciuta ma non ricordava dove l'avesse già vista, ma in fondo non ricordava tantissime cose. La donna si girò, come se avesse avvertito la presenza della vecchia e subito la signora Sophie si rintanò dietro le pesanti tende in velluto rosso scuro. 

Mina aggrottò la fronte e poi varcò il cancello, attraversando un piccolo vialetto fino al portico. La porta d'ingresso era di legno, massiccia, all'antica e, quando la spalancò, il salotto si mostrò a lei. Si trattava di un'ampia stanza luminosa da cui si vedeva una rampa di scale salire al secondo piano, era arredata con mobili datati, come un grosso divano in tessuto grigio, il camino spento, una libreria vuota e un giradischi impolverato. A terra tantissimi oggetti rendevano difficoltoso il passaggio.

A destra c'era un grande arco che si affacciava sulla cucina inutilizzata da molto tempo. Anche lì c'erano cose disseminate sul pavimento: piatti rotti, bicchieri, un vecchio calendario che segnava l'ottobre 1981. Mina lo guardò e poi tornò in salotto, dove aprì le finestre facendo entrare una folata di aria gelida. Non aveva più messo piede in quella casa dopo l'arresto di Sirius e questo voleva dire che ci sarebbe stato un bel po' di lavoro da fare per sistemarla, ma era sempre di meglio di vivere a Grimmauld Place. Sospirando, Mina tirò fuori la bacchetta e, dopo averla mosse in aria, tutti gli oggetti a terra levitarono, occupando il posto che gli era stato assegnato moltissimi anni prima: le foto incorniciate attaccate alle pareti, i libri nella libreria, i dischi in vinile nel loro spazio sotto il giradischi. I cuscini tornarono sul divano e polvere si alzò, cominciando a muoversi nell'aria, illuminata dai raggi del sole. Era più che sicura che non avrebbe fatto in tempo a sistemare tutto per la notte, così si mise l'anima in pace e, dopo almeno cinque ore di inarrestabili pulizie, nelle quali trovò ogni genere di carcassa di animali, magici e non, si smaterializzò apparendo davanti un'altra vecchia casa. 

Tutta la famiglia Lupin si era trasferita lì quando Mina aveva circa otto anni. Era una villetta ben tenuta, il tetto scosceso e un bel giardino curato, a pochi passi da una spiaggia deserta, nel basso Galles. Era tutta su un piano, ma Mina sapeva che sotto alla casa suo padre aveva costruito un posto nel quale Remus si potesse trasformare in tutta tranquillità. La donna prese un respiro profondo, raggiunse la porta e bussò con decisione. Attese e, quando finalmente si spalancò, una versione molto più vecchia di suo fratello le ricambiò lo sguardo. 

- Ciao, papà. - Lo salutò lei, abbassando gli occhi sullo zerbino. 

Non aveva mai avuto un rapporto facile con i suoi genitori, ma era con suo padre che aveva avuto le discussioni peggiori. Lyall Lupin la guardò; gli occhi severi e color ambra, i capelli grigi. Suo padre sembrava aver sempre avuto la necessità di criticare le scelte di vita della figlia, qualsiasi esse fossero e perfino quel pomeriggio, fermo sulla soglia della porta di casa sua, sembrò giudicarla. - Ci avevo perso le speranze. Ho perfino creduto che Remus mi avesse preso in giro dicendomi che eri tornata. - Disse, invitandola ad entrare con un cenno. - Dov'è Avi? - 

- Avi è rimasto in Israele, doveva lavorare. - Mentì Mina, che si aspettava una domanda del genere e si era preparata tutte le risposte.

Il signor Lupin comunque sembrò non crederci troppo. - Ma non ha nemmeno un vero lavoro. - Disse.

- Fa il musicista, la musica è un lavoro. - Ribatté lei, seguendolo fino alla cucina. 

Era tutto pulito e ordinato. Sul tavolo c'era una teiera fumante e una tazza. Lyall ne prese un'altra dalla credenza anche per la figlia e poi si sedette su una delle sedie. - Come si fa ad essere sposati e stare così tanto tempo lontani l'uno dall'altra, non lo so proprio. - Borbottò, porgendole la tazza piena di tea. - Come stai? Mai una lettera, come al solito, mai una notizia. Dove stai vivendo? - 

- A casa, a Ottery St Catchpole. - Disse Mina, e poi bevve. 

- Nella casa che dividevi con quel Black? Avrai saputo che è scappato da Azkaban, Remus te l'avrà detto. Devi stare attenta. Non si sa cosa può saltargli in mente, a uno come quello, è un pazzo. Te l'avevo detto che era inaffidabile. - 

Mina sbuffò. - Sì, l'ho sentito dire. La Gazzetta del Profeta dice che è in Tibet, quindi non ti devi preoccupare. - Disse, stizzita. - E comunque non mi farebbe mai del male. - 

Lyall guardò la figlia con uno sguardo di rimprovero. - Resta il fatto che non mi è mai piaciuto e che, alla fine, avevo ragione io. - 

Non importava quanto Sirius si fosse sforzato per piacere a suo padre, il signor Lupin lo detestava da ancor prima che si mettesse con Mina, forse per colpa di qualche screzio con qualche altro Black che come lui lavorava al Ministero, ma nessuno sapeva quale fosse il reale motivo di quell’astio che tante volte l’aveva messa in difficoltà.

Mina finì la sua tazza di tea e la posò di nuovo sul tavolo. - Posso restare qui per stanotte? - Chiese. 

- La tua stanza è ancora lì come l'hai lasciata. - Rispose lui. 

Ed era vero, pensò Mina, quando varcò quella soglia. Il letto, a destra rispetto all'entrata, era contro il muro e ricoperto da lenzuola bianche e rosse, la scrivania era sgombra e la libreria un po' impolverata. Sulle pareti, i poster del quidditch e alcune foto che la ritraevano con Lily, che Mina aveva dimenticato di possedere. Ce n'era anche qualcuna con Sirius, foto babbane, immobili nel tempo, che raffiguravano due giovani innamorati e molto felici a Hogwarts o in vacanza.

L'attenzione di Mina cadde su una vecchia scatola di legno poggiata su l'unico comodino. Si sedette sul letto, quando la aprì, notò che conteneva ancora il primo boccino d'oro che i suoi genitori le avevano comprato per Natale, quando era ancora una bambina che sfrecciava sulla sua scopa giocattolo. Lo sfiorò e quello subito prese vita, cominciando a volare in giro per tutta la stanza. Mina lo seguì con gli occhi e, quando le tornò vicino, lo acchiappò e lo ripose al suo posto. Quella stanza sembrava una macchina del tempo che si era fermata agli anni '70 e che trasudava ricordi. 

Si lasciò cadere sdraiata nel letto, lo sguardo rivolto al soffitto, sospirando piano. La sua mente volò su quella volta in cui lei e Sirius avevano fatto l’amore proprio su quel letto e subito le tornò in mente la notte prima a Grimmauld Place. Era stato strano, a tratti bellissimo e spaventoso allo stesso tempo, come un forte temporale o il mare quando è in tempesta. Mina aveva pianto, non sapeva perché, ma si era stretta a lui e aveva pianto come non aveva mai fatto, mentre lui le diceva che l’amava e che la voleva, che era bellissima. Aveva lasciato che lui le facesse tutto quello che desiderava, si erano uniti per ore e poi erano crollati una sull'altro.

E poi, al sorgere del sole, Mina si era svegliata, lo aveva guardato e accarezzato per ore, con il terrore di svegliarlo. Si era chinata su di lui per baciarlo un’ultima volta e poi aveva raccolto silenziosamente tutte le sue cose ed era uscita da quella casa incrociando suo fratello nel corridoio. Aveva commesso uno sbaglio, un bellissimo sbaglio. Si era lasciata trasportare dal ricordo di quello che lui era ma, alla luce del giorno, Mina si ricordò che Sirius Black non era più lo stesso uomo di cui si era innamorata moltissimi anni prima e che nemmeno lei era più la stessa. Lo amava; lo amava infinitamente, ma c’erano troppe cose in ballo. Eppure erano anni che nel suo cuore non c’era quello struggente sentimento, erano anni che non impazziva dalla voglia di essere toccata da un uomo. 

Mina si portò le mani al volto, sbuffando. Aveva complicato tutto. 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7. Natale ***


Mina passò quasi tutto il mese di novembre a occuparsi della casa, che, verso la fine del mese, fu più pulita e ordinata di quanto non lo fosse mai stata in passato. Non c'era più niente che facesse intendere che tra quelle mura ci avesse vissuto anche Sirius Black, nessuna fotografia, nessun oggetto che gli era appartenuto, tutte le sue cose erano finite in grossi sacchi e buttate in soffitta, insieme a tutte quelle cose che non le servivano più. Mina si rese conto che era stato terapeutico; aveva rivissuto tutti i suoi traumi e, tra un pianto e l'altro, era in qualche modo riuscita a rielaborarli. 
Dopo aver sistemato l'interno, la donna decise che era giunto il momento di sistemare anche il giardino, che era diventato la discarica di tutto il vicinato. Ci aveva trovato qualsiasi cosa, bottiglie, una lavatrice, vecchi giocattoli e anche una bicicletta arrugginita, che lei aveva rimesso in sesto a colpi di bacchetta e che adesso utilizzava per andare a fare la spesa in paese, che distava circa un chilometro dal cottage. 
Tornava a Londra solo per lavorare, e aveva rinunciato infatti alle riunioni, era Malocchio che la teneva aggiornata sui turni di guardia e sulle altre novità dell'Ordine, così non mise piede a Grimmauld Place per settimane. Nessuno le faceva domande, probabilmente Sirius aveva fornito una versione tutta sua, ma Moody sembrava molto più rilassato e le aveva fatto intendere in qualche modo che aveva fatto la scelta giusta. 
Con l'arrivo di Dicembre, le strade si ricoprirono di neve e di addobbi Natalizi e questo le sembrò quasi una novità, dato che a Tel Aviv non faceva mai così freddo e il Natale era festeggiato solo da una ristretta cerchia di israeliani. Inoltre lei non aveva mai avuto uno spirito natalizio molto forte e, dopo il suo matrimonio, aveva preso a festeggiare Hanukkah insieme ad Avi, friggendo le cose nell'olio d'oliva e giocando a dreidel a casa dei suoi suoceri, che tenevano tantissimo alle tradizioni e che, infatti, non avevano mai nutrito grande simpatia per lei, che veniva da una famiglia di tradizione cattolica. Dunque le feste, qualsiasi esse fossero, non le erano mai piaciute. 
Spesso Tonks andava a trovarla, ogni tanto accompagnata da Remus, e passavano il tempo esattamente come a Grimmauld Place, ma senza Sirius, anzi nessuno lo nominava, come se il suo nome fosse tornato ad essere un taboo. 
- Cosa fai a Natale, Mina? - Le chiese Dora, una sera di quelle, seduta sul divano accanto al fuoco.
Lei alzò le spalle. - Me ne starò qui e cenerò con una bella scatoletta di tonno, come tutte le sere. Poi mi metterò a dormire sperando che le feste passino più velocemente possibile. - Disse. 
Remus la guardò con apprensione. - Perché non vieni a Grimmauld Place? - Le domandò, la voce molto preoccupata. 
- Preferisco stare a casa, lo sai che non ho mai avuto uno spirito natalizio. - Rispose Mina, asciutta.
- E vuoi perderti un altro Natale con Harry? -
Il distacco di Mina parve inclinarsi. - Harry sarà lì? - Chiese, il tono neutro. 
- Sì, verrà con i Weasley e resteranno per tutta la durata delle vacanze. - Disse Tonks, suadente e un bel sorriso. - Immagina come potrebbe felici di passare le feste con te e Sirius. - 
Remus fulminò la giovane con lo sguardo e poi si rivolse alla sorella, che non aveva fatto una piega, e si rilassò. - Noi ti aspettiamo. Ti aspettiamo tutti. - 
Mina esitò, guardando i due. - Come… come sta Sirius? - Domandò poi, sforzandosi così tanto di sembrare noncurante che la voce le uscì pungente e gelida. 
Tonks e Remus si scambiarono uno sguardo, come per concordare sulla risposta da fornire, poi lei si morse un labbro e lui sospirò. - Non benissimo. - Rivelò Remus. - È chiuso lì da sei mesi, Piton non fa altro che sbatterglielo in faccia, e poi… be' questa cosa di te che non ti fai più vedere lo ha buttato un po' giù. Passa troppo tempo da solo, soprattutto quando vado in missione. -
Mina si sentì quasi in colpa, ma si affrettò ad allontanare quel pensiero, ricordandosi il motivo per il quale se ne era andata via. - Cosa vi ha detto di me? - 
Di nuovo, i due, si scambiarono uno sguardo. - Ci ha detto tutto. Proprio tutto tutto. - Spiegò Tonks, imbarazzata. - Dice che lo hai sedotto e abbandonato, che hai fatto tutto da sola, ecco. - 
Mina arrossì. - Ce l’ha con me, vero? - Chiese, timidamente. 
Remus annuì. - Sì, un po’, sì. - Rispose, spiacente. - Credo che sia un po’ ferito nell’orgoglio. Lui è Sirius Black, era lui quello che faceva queste cose, da giovane. - 
- Non credo che mi vorrà a Natale, allora. - Disse la donna, sospirando. 
Ma Dora scosse la testa, facendo un sorriso dolce. - Io invece credo che sarebbe molto felice di vederti. Inoltre c’è Harry, non vuoi passare un po’ di tempo con lui? - Domandò, invitante. 
Mina annuì. - Certo che voglio passare del tempo con lui; lui è la cosa più importante. -
- Allora verrai? - Chiese Remus, speranzoso. 
- Verrò. La cucina di Molly è decisamente meglio del tonno in scatola. - 
 
La Sala Comune dei Grifondoro era piuttosto deserta in quei giorni di vacanze: quasi tutti gli studenti avevano lasciato la scuola per ricongiungersi ai propri genitori. Mina adorava il Natale a Hogwarts, l’anno prima era stato il migliore della sua vita, passato al castello in compagnia di suo fratello e del suo amico Sirius Black, che odiava la sua famiglia e che cercava in tutti i modi di tenersene il più lontano possibile. Avevano mangiato tantissimo al banchetto e avevano giocato a Spara Schiocco quasi tutto il giorno e fu in quell’occasione che Sirius le parlò davvero per la prima volta, facendola arrossire fino alla punta delle orecchie. Era così carino, pensava la ragazzina ogni volta che le capitava accidentalmente di guardarlo.
Quella mattina del 25 dicembre 1973, Mina si svegliò quasi all’alba e corse fuori dal dormitorio, ansiosa di scartare i regali e speranzosa di trovare sotto l’albero una scopa da corsa, così da poter finalmente entrare nella squadra di quidditch. 
In Sala Comune, gli studenti erano infatti già impegnati a scartare i loro pacchetti. Remus, Peter e Sirius erano i più vicini a l’albero di Natale, seduti a terra, sul grosso tappeto rosso e oro, ancora in pigiama. - Buon Natale! - Esclamò suo fratello con voce squillante, porgendole un pacchetto male incartato, non appena lei fu abbastanza vicina. 
- Grazie, Rem. Buongiorno, ragazzi. - Disse lei, sedendosi con loro.  
Peter ricambiò il saluto con un timido ciao, mentre Sirius fece un cenno, e lei arrossì. 
- Dai scarta! - La incitò Remus, impaziente. 
Mina non se lo fece ripetere due volte. Strappò la carta con tantissima soddisfazione, ritrovandosi davanti ad un grosso libro intitolato “il manuale del buon cercatore”. Mina sorrise e poi si rivolse al fratello. - Grazie, Remus. - Disse, allungandosi verso di lui per baciarlo sulla guancia.  
Un altro pacchetto le fu messo davanti, una scatola, questa volta ben incartata con carta da rossa e verde, con tanti piccoli Babbo Natale disegnati sopra. Mina alzò lo sguardo, notando che era Sirius Black che glielo stava porgendo e avvampò. - M-mi hai fatto un regalo? - Chiese, esitante. 
- Sì. - Rispose lui, inarcando le sopracciglia. - A Natale è normale fare regali agli amici. - 
Mina allora scartò il pacchetto, questa volta con molta meno energia, sotto gli occhi dei tre ragazzi. Per un attimo Remus temette che dentro ci fosse qualcosa che l’avrebbe spaventata a morte, visto il modo strano in cui Sirius la guardava, ma quando vide sua sorella tirare fuori una grossa sciarpa di lana si rilasso. 
Mina la indossò, stringendosi dentro di essa. Era rossa, molto calda e molto grande, le stava sulle spalle quasi come un mantello. - Come sto? - Chiese la ragazzina, accennando un sorriso. 
- Sei carina. - Rispose Sirius e, anche le sue guance, si accesero un po’. 
 
La mattina di Natale, Mina si alzò presto, si preparò con calma il tea, ma non mangiò niente, in vista del pranzo abbondante che la attendeva a Grimmauld Place. Passò quasi un'ora nella vasca da bagno e un'altra per fare in modo che i suoi capelli diventassero lisci e lucenti, altre due davanti all'armadio, alla ricerca di un vestito adatto alle festività natalizie, cambiandosi almeno cinque volte e mettendo a soqquadro tutta la sua camera da letto. Alla fine optò per un vestito in tartan rosso e verde e un paio di scarpe basse che le avrebbero permesso di aiutare Molly in cucina senza nessuna difficoltà. Indossò anche il mantello e uscì di casa dopo aver incantato la sua borsa per fare in modo che potesse contenere i regali per tutti quanti. Si materializzò davanti al numero dodici e camminò fino alla vecchia porta, per poi esitare. Avrebbe rivisto Harry e questo le riempiva il cuore di gioia, ma sapeva che non avrebbe potuto fare in modo di non incrociare Sirius tra quei tetri corridoi, e questo la faceva sentire infastidita e temeva che, incontrandolo di nuovo, tutto il suo lavoro per toglierselo dalla testa, finisse per essere stato vano. 
Alla fine Mina suonò il campanello e, dall'altra parte, sentì la signora Black gridare; poi la porta si aprì e una felicissima Tonks le saltò al collo, facendola quasi cadere. 
- Feccia della terra! Mostri, sanguemarcio, ibridi, nella casa dei miei padri! -
- Buon Natale! - Esclamò Dora, urlando per sovrastare la voce del quadro, passandoci davanti. 
Mina sorrise e poi si guardò intorno. I lampadari anneriti non erano più pieni di ragnatele, ma di ghirlande di agrifoglio e vischio, mucchi di neve magica scintillava sui tappeti lisi, un grande albero di Natale addobbato con fate vive nascondeva l'albero genealogico dei Black nel salone, perfino le teste di elfo domestico imbalsamate sulle pareti portavano barbe e cappelli da Babbo Natale. 
In cucina, Molly saltava da un fornello all'altro con aria allegra e quando Mina entrò si voltò per salutarla. - Oh, finalmente! - Disse, con un sorriso. 
- Molly, ho saputo di Arthur. Come sta? - Chiese Mina, educatamente. 
La signora Weasley si chinò per guardare qualcosa che cuoceva in forno. - Si riprenderà. - Esclamò, gioviale. - Ora vai di là, vai a salutare Harry. Oggi mangiamo tutti nella sala da pranzo! - 
La strega non se lo fece ripetere due volte, in fondo era sempre stata pessima in cucina e la voglia di rivedere il ragazzo era tanta. Seguì Tonks nella stanza affianco dove, già seduti a un lungo tavolo color mogano, c'erano tutti: i giovani Weasley, rumorosi e dai capelli rossi, erano schierati tutti sul lato destro, insieme a Hermione, mentre, a sinistra, Remus la salutò con la mano e Harry le sorrise, lo stesso sorriso che le avrebbe potuto fare James. Si sedette accanto a lui, augurandogli un felice Natale e poi passò di nuovo in rassegna tutti i volti, notando che non c'era traccia di Sirius, ma non fece in tempo nemmeno a pensare di chiedere di lui, che lo vide comparire sulla soglia. Sembrava allegro, ma smise di canticchiare una canzone natalizia quando la vide.
Mina fece finta di niente ma, quando lui si sedette proprio davanti a lei, tra Hermione e Ron, con aria di ostentata naturalezza, non poté fare a meno di guardarlo. Le tornò in mente dell’ultima volta in cui l’aveva visto, quando era nudo e la stava prendendo da dietro facendola gemere. Si sentì andare a fuoco, ma prese un grosso respiro profondo nel tentativo di distogliere la sua attenzione da quel bellissimo ricordo. E dai, Mina, non hai più sedici anni, pensò.
Poi la donna notò che lo sguardo di Hermione passava sospettoso da Sirius a lei e viceversa. - Come mai non vivi più qui, Mina? - Le chiese infatti, poco dopo.  
Mina si versò dell'acqua nel bicchiere, temporeggiando, mentre Sirius guardava altrove, pur di non incontrare gli sguardi degli altri commensali. - Casa mia aveva bisogno di una ripulita, nessuno ci viveva da quattordici anni. - Rispose poi lei. 
- Da quando te ne sei andata lasciando Harry da solo con gli zii? - Domandò Sirius, tagliente. 
Remus gli lanciò un'occhiata talmente tova che avrebbe potuto ucciderlo, Hermione guardò Harry, che a sua volta fissava il padrino senza capire, ma percependo la strana aria che si era appena creata tra i due. 
Mina invece alzò i lati della bocca in un sorriso senza allegria, ma non rispose.  
Molly arrivò in sala con un grosso tacchino su un piatto altrettanto grande. Mina mangiò con lo stomaco chiuso e di cattivo umore, ma tentò in modo disperato di non darlo a vedere e, anzi, si intrattenne con Hermione parlando di cosa si festeggiava a Tel Aviv in quel periodo. - Alcuni israeliani sono cattolici quindi festeggiano il Natale, ma il mio ex marito viene da una famiglia di ebrei osservanti, quindi negli ultimi cinque anni in questo periodo ho festeggiato Hanukkah. - Raccontò e, notando lo sguardo infastidito di Sirius, decise di continuare a parlare di Avi, magari tessendone un po' le lodi. - Anche se una volta, proprio per Natale, abbiamo fatto un viaggio a Parigi e fu bellissimo… - 
- Quanto sei banale, Lupin. - Borbottò Sirius, interrompendola. 
- E tu inizi ad essere fastidioso, Black. - Rispose lei, senza nemmeno guardarlo. 
- Mina ha ragione, lasciala stare. - Si mise in mezzo Remus, schierandosi come al solito dalla parte della sorella. 
Arrivati al dolce, Mina sentì il vestito farsi un po' più stretto e, alla fine del pranzo, Molly e i ragazzi cominciarono a prepararsi per andare al San Mungo a trovare il signor Weasley, salendo al piano di sopra per cambiarsi. 
Nella loro camera da letto, Ron e Hermione stavano guardando Harry che misurava a grandi passi la camera da letto, sbraitando a bassa voce. - Quei due non si sopportano! - Stava dicendo da dieci minuti. - Non riescono a stare nella stessa stanza senza darsi addosso per dieci minuti! È assurdo! -
- A me sembra che sia lui a dare addosso a lei. - Commentò Ron. - È evidente che la odi. -
Hermione scosse la testa e alzò gli occhi al cielo, come se la sapesse più lunga. - Davvero non riuscite a capire? - Chiese, saccente. - Sono ancora innamorati uno dell'altra! - 
Ron trattenne una risatina e Harry la guardò come se fosse pazza. - Ma dai, Hermione. Dopo tutto questo tempo, figurati! - Esclamò Ron. - Secondo me sei tu ad avere una cotta per Sirius, visto come lo guardi. - 
Hermione arrossì leggermente, le labbra contratte, mentre Harry sgranò gli occhi. - E come lo guarderei, sentiamo? - Domandò la ragazza, incrociando le braccia sul petto. 
- Nello stesso modo in cui guardavi il professor Allock. - Sogghignò Ron. 
- Non si può negare che Sirius sia rimasto carino, ma da qui ad avere una cotta… e comunque non è questo il punto, Ron! - Hermione si alzò in piedi e iniziò a camminare davanti ai due, come un insegnante durante un’ora di lezione. - Lui è innamorato di lei e questo è palese, magari lei lo ha rifiutato e ora sono ai ferri corti per questo. Ma io sono sicura che anche Mina provi ancora qualcosa per lui, solo che sa che sono passati troppi anni e non è ancora sicura, inoltre fanno entrambi parte dell'Ordine e una relazione tra loro la distrarrebbe sicuramente e quindi è confusa! Per non parlare del fatto che Sirius è ancora ricercato… - 
- E che Mina è anche sposata. - Aggiunse Harry, il tono lugubre. 
Hermione scosse la testa. - A pranzo ha detto ex marito e non indossa più la fede. - Disse, indicandosi l'anulare sinistro. - Secondo me hanno solo bisogno di una spinta per tornare insieme. E questa spinta gliela daremo noi, ovviamente. - 
Harry non sembrava molto d'accordo. - Non lo so… - Borbottò.
- Se continuano così sarà come avere due genitori divorziati per te, Harry. - Ron sembrava averci pensato su. - Forse Hermione ha ragione, magari con un aiuto possono fare pace. - 
Hermione annuì. - Durante il pranzo ho pensato ad un piano. - Disse, chiudendo la porta e sedendosi a terra, davanti ai due, che se ne stavano sul letto, in attesa che lei continuasse. - Dobbiamo puntare tutto sul passato. Sapete, i miei genitori hanno fatto terapia di coppia e… - 
- Che cos'è questa terapia di coppia? - La interruppe Ron. 
- Si va da una persona esperta in relazioni e si parla per cercare di risolvere alcuni problemi. - Rispose Hermione in fretta, facendo un gesto con la mano, un po' infastidita di essere stata interrotta. - Quando i miei ci sono andati, il terapeuta gli faceva scrivere dei temi per fargli tornare in mente il perché si sono messi insieme tanti anni fa. Noi dobbiamo indurre Sirius e Mina a fare la stessa cosa. - 
- Non ho capito, ti aspetti che Sirius si metta a scrivere un tema? - Chiese Harry, stizzito. 
Hermione alzò gli occhi al cielo. - No, dobbiamo solo aiutarli a ricordare, tutto qui. Ad esempio tu, Harry, dovresti provare a chiedergli più spesso di loro due e dei tempi di Hogwarts. Io posso parlare con Mina tessendo le lodi di Sirius e voi due occuparvi di lui facendo lo stesso. -  
- Di cosa parlate? - La porta si aprì e le teste di Ginny, Fred e George spuntarono. 
Harry fece per parlare, ma fu Hermione a rispondere. - Vogliamo far tornare Sirius e Mina insieme. - Disse, asciutta. 
Ginny fece un sorriso malizioso e poi entrò, seguita dai fratelli. - Vi aiutiamo anche noi. - Disse. 
- Contateci, quei due iniziano ad essere insopportabili. - 
Harry sospirò. Aveva il sospetto che non sarebbe finita bene, ma non era mai stato perspicace. 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8. Terapia di coppia ***


Quattro ragazzi erano seduti in un tavolo quadrato del pub più famoso di Hogsmeade, da dove potevano tenere sott’occhio tutta la sala. Fuori il vento soffiava forte, erano tornati da sole due settimane dalle vacanze di Natale e quella gita era caduta casualmente in uno dei giorni più freddi dell’anno. La neve era alta e soffice su tutto il villaggio, aveva danzato nell’aria ululante, ricoprendo i tetti e le strade e spingendo tutti gli studenti di Hogwarts a rintanarsi nei negozi e nei locali della cittadina. 

Sirius e Remus, seduti uno accanto all’altro, lanciavano occhiate di fuoco ad altre due persone, un ragazzo e una ragazza, seduti dall’altra parte della sala. Lei era bionda, stretta in una sciarpa rossa, gli occhi chiusi mentre il ragazzo la baciava sulle labbra, in modo molto impacciato; lui aveva i capelli castani, il viso tondo e arrossato, una mano sul collo di lei e l’altra sul suo fianco. 

- Non lo sopporto. - Bisbigliò Sirius, furente. 

- Quel verme viscido... - Borbottò in risposta Remus, stringendo i pugni chiusi sul tavolo. 

Intanto, James e Peter, seduti dall'altro lato del tavolo proprio davanti a loro, presero a fissarli con sguardi pieni di preoccupazione. - Non starete forse esagerando un po’? - Chiese Codaliscia, timoroso, approfittando di una rara spinta di coraggio.

Remus lo guardò di sottecchi. - Quel pervertito sta palpeggiando mia sorella! - Esclamò. 

- Ma Mina è abbastanza grande per avere un fidanzato, dai, Lunastorta. - Ribatté James. - Ha quindici anni, quasi sedici, doveva pur succedere, prima o poi. - 

Sirius fu scosso da un brivido, gli occhi ancora sulla ragazza dall’altra parte della sala, ma cercò di fare finta di niente. - Lei si merita di meglio. - Disse, asciutto. 

James soffocò una risatina. - Tipo uno come te? - Domandò all’amico, sogghignando. 

- Sì… no! - Rispose Sirius, lo sguardo che toccò Remus in modo sfuggente. - Lei è bella e piena di talento; ed è anche molto intelligente, quindi dovrebbe stare con uno alla sua altezza. - 

- Ma Oliver Smith è capitano della squadra di Tassorosso ed è anche prefetto. - Ricordò Peter. 

- Smith è solo un coglione. - Tagliò corto Sirius, quando notò che Mina stava camminando verso di loro, il volto sconvolto da un’espressione molto infastidita.  

- Potete smetterla di fissarmi? - Sbottò la ragazza, le mani sui fianchi. 

Sirius fece un verso sprezzante, ma non la guardò. - E tu potresti smetterla di lasciarti palpeggiare in pubblico da quello lì? - Chiese, tagliente. 

Mina arrossì, ma cercò di non lasciar trapelare il suo imbarazzo. - Che te ne frega? - Rimbeccò, stizzita. - Ti rode perché non ho più una cotta per te, come quando avevo undici anni? - 

- Figurati, tanto sei brutta. - Rispose lui, prendendo a dondolarsi sulla sedia. 

Remus guardò male l’amico, ma non disse niente. 

Mina strinse le labbra, piena di fastidio. - Io e Oliver torniamo al castello. - Disse. 

- Brava, torna a scuola con Olly. - Borbottò Sirius, incrociando le braccia sul petto. 

 

Mina che rimase a Grimmauld Place per poter passare più tempo possibile con Harry, prese di nuovo la stanza che aveva occupato la prima volta. Tutto era rimasto invariato: c’erano ancora i serpenti incastonati sulla spalliera del letto, il lampadario era ancora scuro e ammaccato, il tappeto polveroso, c'erano addirittura ancora qualche suo abito nell'armadio, ma qualche decorazione era apparsa anche lì, soprattutto sulla porta, dove il vischio vorticava instancabile e una bella ghirlanda era stata appesa proprio fuori. 

Quando i Weasley, Hermione e Harry tornarono dal San Mungo, Molly la chiamò per la cena e, anche se non aveva per niente fame, la raggiunse in cucina poco più tardi, dove quasi nessuno aveva intenzione di toccare cibo, vista la quantità di prelibatezze che avevano consumato durante il pranzo decisamente abbondante.

Davanti a lei, Tonks divertiva Hermione e Ginny trasformandosi, Remus parlava con Molly di Arthur, mentre Ron, Harry, Fred e George, due da un lato e due dall'altro, sembravano interrogare Sirius su qualcosa di decisamente molto importante. Hermione si alzò, all'improvviso, fece il giro del tavolo e si sedette al suo fianco, sorridendo allegra, per poi lanciare uno strano sguardo verso il gruppetto, fermando gli occhi proprio su Sirius. - Io credo che sia bello. - Disse. 

Mina cercò di trattenere una risata. - Non è troppo vecchio per te? - Domando, divertita. 

- Anche io penso lo stesso. - Ribatté Ginny, annuendo e poi si rivolse a Mina. - Com'era alla nostra età? - 

La donna parve pensarci su, con gli sguardi delle tre streghe addosso. - Non era male. - Borbottò. 

- Tutto qui? Mi aspettavo qualche dettaglio in più! - Esclamò Tonks. - Avanti, non essere timida, tanto non ti sente, è dall'altra parte del tavolo. Cosa ti ha fatto innamorare di lui? - 

Bella domanda, pensò Mina. Si voltò leggermente nella sua direzione ma, quando scoprì che anche lui la stava guardando, tornò subito con lo sguardo davanti a sé. - Non lo so, ero solo una ragazzina, non troppo più grande di voi due, quando ci siamo messi insieme. - Spiegò. - Lui era divertente; molto divertente in effetti… si muoveva nel castello dando l'impressione di essere uno che sapeva esattamente quale fosse il suo posto nel mondo, infatti era una delle persone più popolari della scuola. Non era mai triste e questa cosa era contagiosa; lui ha sempre avuto questa capacità di cambiare l'umore di una intera stanza non appena ci metteva piede, perché è sempre stato molto carismatico. Mi sono innamorata di lui perché non sempre tirava fuori il meglio di me, ma potevo star sicura che con lui sarei sempre stata me stessa, perché me lo permetteva, non mi giudicava mai. - 

Ginny e Tonks sospirarono e Hermione la guardò intenerita. - Sono sicura che anche lui fosse molto innamorato di te. - Disse infatti. - Ti guarda in quel modo… - 

Mina alzò un sopracciglio. - Come se volesse uccidermi, intendi dire? -

- Ma no. - Fece Tonks, avvicinandosi un po' a lei, con il tavolo che ancora le divideva. - Non ti voltare, ma anche adesso sta facendo lo sguardo. - Sussurrò. 

- Anche questa estate lo faceva sempre. - Incalzò Ginny, con sicurezza. 

Intanto, dall'altra parte del tavolo, Fred si era inventato una storia su una fantomatica ragazza di cui era perdutamente innamorato e a cui non riusciva proprio a dichiararsi. - Tu come hai fatto con Mina, Sirius? - Chiese ad un certo punto.

Davanti al tono serio di Fred, l'uomo aggrottò la fronte. - Non sono la persona più adatta a cui chiedere certi consigli, ragazzi... - Disse. 

- Ma io voglio sapere come è andata tra voi! - Esclamò Harry. - Quando ti sei accorto che ti piaceva? - 

Il ricordo fece comparire un sorriso sulle labbra di Sirius, ma lui tentò in tutti i modi di nasconderlo. - Avevo un anno in più di te, me lo ricordo benissimo. - Raccontò poi. - Era l'inizio del mio sesto anno e Mina e io eravamo in punizione per aver violato il coprifuoco, la guardai mentre lucidava i vecchi trofei e pensai che le sue… - Si bloccò per un secondo, alla ricerca dei termini adeguati ad un pubblico di minorenni. - Pensai che era cresciuta davvero molto durante l'estate e che se non fosse stata la sorella di Remus ci avrei provato molto volentieri. - Concluse alla svelta.  

Fred e George risero insieme a Ron, mentre le guance di Harry si accesero leggermente. - E adesso lei ti piace ancora? Io penso che sia davvero una figa. - Disse Ron. 

Sirius si tradì, lasciandosi sfuggire un'espressione vagamente infastidita. Come si permetteva quel ragazzino di parlare così di lei? Seriamente sei geloso di un quindicenne? Che brutta fine che hai fatto, Felpato, pensò Sirius, la voce nella sua testa molto simile a quella di James. 

- No, che non mi piace. - Borbottò. - Ma non può piacere nemmeno a te, Ron. Lei è troppo vecchia per te, è la madrina di Harry! - Aggiunse poi, nella voce una nota di urgenza.

La cena terminò, ma gli avanzi del pranzo rimasero intoccati. Piano piano, tutti gli abitanti di Grimmauld Place lasciarono a cucina, ritirandosi nelle loro stanze. 

 

I giorni che seguirono il 25 dicembre furono molto strani sotto diversi punti di vista. Mina era felice di poter passare finalmente del tempo con Harry, ma si rese conto che, durante tutta l'ultima settimana, aveva parlato quasi sempre e solo con Hermione, che tesseva le lodi di Sirius Black in maniera così zelante che la donna aveva cominciato a nascondersi ogni volta che le capitava di incrociarla per i corridoi del numero dodici. Anche Tonks e Ginny avevano preso a parlare molto più spesso di lui, narrando un uomo che Mina proprio non riusciva a vedere; bello e interessante, amorevole, con un numero impressionante di pregi e zero difetti.

Il tempo in casa era scandito dai pasti e dalle chiacchierate in salotto; Mina, Remus e Tonks erano gli unici che uscivano almeno una volta al giorno, per il lavoro o per l'Ordine, ma nessuno sembrava voler mettere piede fuori da Grimmauld Place, nemmeno Sirius, che adorava avere la casa piena di gente. 

Il pomeriggio del 31 dicembre, Mina lo passò a prepararsi per la festa di capodanno che Molly aveva organizzato al piano di sotto. Uscì dal bagno ben pettinata, truccata, indossando una lunga gonna nera e una camicia verde, camminò lungo il corridoio e, quando sentì la voce di Hermione sulle scale,  si guardò intorno, alla ricerca di un posto per nascondersi da lei. Si voltò verso destra, mise la mano sulla prima maniglia che le capitò e spalancò la porta, entrando nella stanza. 

Sirius, alle sue spalle, vicino alla finestra di camera sua, la guardò sorpreso. - Che fai? - Le chiese, il tono allarmato.

Mina sobbalzò e poi si voltò verso di lui. - Mi nascondo. - Rispose, con una mano sul petto. 

- Ti nascondi da chi? - Domandò Sirius, questa volta divertito. 

Per tutta la settimana non si erano rivolti quasi mai la parola, ma la situazione si era distesa. Sirius aveva smesso di darle addosso e lei cercava di essere civile con lui in tutte le occasioni. 

- Hermione. Ha una cotta per te e non fa altro che parlare di quanto tu sia fantastico e bellissimo e interessante. - Raccontò Mina. 

Sirius scoppiò a ridere. - Se è per questo tu piaci a Ron. Dice che sei "figa". - Disse, disegnando due virgolette con le dita. - Mi chiede come ho fatto a conquistarti almeno cinque volte al giorno, sta cominciando a diventare piuttosto irritante, a dire il vero... - 

Questo insospettì Mina, che prese a camminare avanti e indietro con sguardo pensoso e basso, mentre lui se ne stava ancora fermo vicino alla finestra. - Questo è molto strano. - Mormorò, fermandosi e voltandosi verso Sirius. - Sembra quasi che si siano messi d'accordo. - 

Sirius parve interessato e divertito allo stesso tempo. - Spiegati. - 

Mina raggiunse il letto e si sedette con un sospiro. - Anche Harry si comporta in modo strano, non come Hermione, ma comunque è strano. Ieri Tonks mi ha praticamente costretta a sedermi vicino a te sul divano, perfino Molly si comporta come se… - 

- Come se volesse che ci mettessimo insieme. - Continuò Sirius, sedendosi anche lui, ma dall'altra parte del letto. - Ci ho pensato anche io, quando giorni fa George ci ha spinti sotto al vischio. - 

Mina sorrise. - È stato così imbarazzante! -

Anche il viso di lui si fece allegro. Non la vedeva sorridere a così poca distanza da così tanto tempo che non riuscì a fare a meno di fare lo stesso, estasiato dalla sua visione. Rimasero in silenzio per un attimo, guardandosi negli occhi e poi lei si alzò di nuovo, raggiungendo la porta con passi incerti. - Credo che ormai Hermione se ne sia andata. - Disse. 

Sirius annuì. - Sì, immagino di sì. - Rispose, sommesso. 

Mina indugiò un momento, sembrava quasi che non volesse andarsene. Se ne stava lì, le braccia lungo i fianchi, girata verso di lui e lo fissava con i suoi grossi occhi verdissimi. - Sirius… io… - 

- Lo so. - Mormorò lui, voltandosi verso la finestra e guardando fuori. 

Non c'era mai stato bisogno di tante parole. Erano sempre stati bravi a parlare tra loro senza usare mai la voce, solo guardandosi, ma Mina se ne ricordò solo in quel momento. 

- Mi sono comportata da schifo con te. - Disse poi lei, quando lui tornò a guardarla. - Spero che tu possa perdonarmi per essermene andata in quel modo. - 

Sirius annuì, dall’altra parte della stanza. - Perché lo hai fatto? - Le chiese poco dopo. 

- Ho avuto paura. - Ammise Mina, guardandolo negli occhi. - Abbiamo fatto uno sbaglio quella notte, non doveva capitare, abbiamo solo complicato ulteriormente le cose per entrambi. - 

Lui scosse la testa. - Per me non è stato uno sbaglio, è stato bellissimo. - Ribatté, deciso, senza nessuna vergogna. - E… mi manchi, tanto. Lo sapevo già, dentro di me, questa cosa che mi manchi, ma adesso è peggio, perché sei qui, nella stanza accanto, tutte le notti e... - 

- No. - Lo fermò lei, senza lasciarlo finire. - Non fare così, ti prego. - 

- E ti amo. - Continuò invece lui. - So che per te è lo stesso, io ti conosco. -  

Mina scosse la testa. - Una volta, forse, mi conoscevi. - Disse. - Non ho più vent’anni. - 

- E quindi? Nemmeno io ho più vent’anni, ma questo non vuol dire niente. - Rispose lui. 

- Invece vuol dire tutto. - Concluse Mina, facendo un sorriso tristissimo. - Non possiamo stare insieme ma… facciamo pace? - Chiese poi, con voce piccola piccola. 

Sirius sorrise, attraversò la stanza a passi svelti e, quando fu abbastanza vicino, la abbracciò. Lei ricambiò, cingendogli le braccia attorno al corpo e poggiando una guancia sul suo petto. Sentì il suo cuore battere veloce, le mani di lui di nuovo sul suo corpo, ma in modo così diverso dall’ultima volta, e chiuse gli occhi. Le sarebbe piaciuto rimanere in quella posizione per sempre. 

Lui fece un passo indietro e sorrise, spostandole una ciocca di capelli dietro un orecchio, con un gesto pieno di tenerezza. - Sei bella. - Mormorò poi, con un sorriso. 

Mina scosse la testa con disappunto, lottando forte contro la voglia di baciarlo. - Devo tornare giù adesso. - Disse, facendo un passo indietro. - Ci vediamo a cena. - 

Uscì e chiuse la porta guardando verso di lui fino all’ultimo e, quando si voltò, si ritrovò davanti a tre giovani streghe, che la fecero sussultare. Tonks, Hermione e Ginny la stavano fissando con sguardi maliziosi. - Allora? Che facevate tu e mio cugino lì dentro? - Chiese Dora, ridacchiando. 

Mina boccheggiò imbarazzata. - Abbiamo solo parlato! - Esclamò, raggiungendo quasi di corsa le scale, allontanandosi dalle tre il più velocemente possibile, lasciandosi le loro risate alle spalle. 


Angolo dell'autrice: 
grazie infinite per le recensioni, mi avete resa super felice! Ecco a voi il capitolo 8, fatemi sapere cosa ne pensate! 
Con grande affetto, 
Clar

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Capitolo 10
*** Capitolo 9. Niente sentimenti ***


La cena di capodanno fu molto simile al pranzo di Natale, ma l'umore della tavolata era decisamente più alto, o forse così parve a Mina, che si sentiva serena e tranquilla. Seduta davanti a lei, Hermione lanciava occhiate allegre a Ginny e Tonks, mentre Harry, seduto accanto all'amica, guardava lei e Sirius parlare e ridere, come se non fosse mai successo nulla tra loro.

Nel corso della cena, Mina mandò giù così tanto idromele che presto sentì la testa girare e una strana allegra la prese alla sprovvista, arrossandole il volto e gli occhi chiari. 

Poco prima della mezzanotte, tutti a Grimmauld Place, si misero davanti alle finestre, in attesa dei fuochi d'artificio, con tanto di spumante e bicchieri in mano, facendo il conto alla rovescia. Allo scattare del nuovo anno Remus baciò Tonks sulla guancia, Hermione abbracciò Harry e strinse la mano a Ron, Fred, George e Ginny fecero gli auguri alla madre e Molly stappò la prima la bottiglia, finendo per bagnare il vecchio tappeto che ricopriva quasi tutto il salotto.

Sirius guardò Mina, che a sua volta ricambiava lo sguardo, sorridendo. - Che cosa c'è? Vuoi baciarmi, per caso? - Chiese lei, divertita. 

- Ma figurati se voglio una cosa del genere, piccola Lupin. - Rispose lui, tutt'altro che credibile. 

Lei aggrottò la fronte, avvicinandosi a lui. - Questo è un vero peccato. - Sussurrò suadente. 

Sirius sospirò e, nella confusione generale, la vide ammiccare verso di lui e attraversare la sala a passò spedito. Una volta raggiunta la soglia, Mina si voltò verso di lui, come in un invito silenzioso a seguirla, per poi uscire, girando verso destra, dove c'era la cucina. Sirius si guardò intorno, notando che tutti gli altri abitanti di Grimmauld Place erano ancora impegnati nei brindisi e che forse nessuno lo avrebbe notato uscire dal salotto, se si fosse dato una mossa. Raggiunse il corridoio con nonchalance e svoltò in fretta in cucina, dove lei lo stava aspettando seduta sul tavolo, a gambe incrociate. - Ciao. - Lo salutò, il tono squillante e divertito. 

- Cosa vuoi fare? - Chiese lui, la voce bassa e roca, camminando verso di lei. 

Mina scrollò le spalle e si alzò in piedi. Erano faccia a faccia, talmente vicini che sarebbe bastato un solo minuscolo passo per far aderire i loro corpi, pochissimi centimetri e lui avrebbe potuto posare nuovamente le labbra su quelle di lei. - Sei strana. - Osservò Sirius a bassa voce. 

- Credo di essere un po’ ubriaca. - Rispose lei, sussurrando. - Non reggo molto bene l’alcol. - 

Lui annuì, sorridendo appena. - Lo so. Infatti forse non dovremmo essere qui da soli. - Disse. 

- Perché no? - Chiese Mina, imbronciata. 

- Potrebbero succedere cose di cui ti pentiresti domani mattina, te ne andresti di nuovo mentre sto ancora dormendo e la cosa mi farebbe soffrire. - Spiegò l'uomo, in tono paziente. 

Lei scosse la testa. - Magari, invece, potremmo potremmo stare un po’ insieme senza mettere troppo in mezzo tutti quei sentimenti. - Disse, sfiorando piano la patta dei pantaloni di lui. 

Sirius sbuffò, diviso tra la sua testa, che gli gridava di allontanarsi subito da lei, e il suo corpo, che invece fremeva acceso dal desiderio. Sentì le mani di Mina abbassare la zip e infilarsi lentamente sotto i suoi vestiti, facendolo sospirare sommessamente. La fermò, afferrandola per il polso. - Non qui. - Mormorò, cercando di mantenere il controllo. - Potrebbe vederci qualcuno. - 

- Allora andiamo di sopra. - Disse Mina, baciandolo. 

Sirius fece un passo indietro, allacciandosi nuovamente i pantaloni, senza nemmeno guardarla in faccia. Non capiva cosa fare, se lasciarsi andare alla passione che sentiva bruciante o se fermarsi lì, aspettare che lei se ne andasse a casa lasciandolo solo di nuovo. Aveva bisogno di tenerla vicina, era l’unica cosa di cui gli importava davvero, e se l’unico modo era far finta di non amarla, far finta di voler solo il suo corpo… be’, allora lo avrebbe fatto. 

Sulla soglia della porta, Remus li osservò incuriosito. - Che state facendo qui? - Chiese. 

Sirius sobbalzò, mentre Mina rimase impassibile e sorrise al fratello, lo sguardo un po’ annebbiato dall’alcol. - Stavamo… cercando del... - Farnetico l’uomo, facendo un gesto sconclusionato della mano. - Mina aveva fame. - 

- Sì, tantissima. - Annuì lei e, alle orecchie di Sirius, suonò come un doppio senso. 

 

La casa era un monolocale al centro di Londra, con la muffa sul soffitto e una delle due finestre che dava proprio su un mercato molto rumoroso, ma Mina non aveva voglia di lamentarsene. La mattina si alzava presto, andava al Ministero, dove rimaneva fino alle tredici, e poi tornava nel mondo babbano, lavorando in un supermercato fino a sera, guadagnando tanto quanto bastava per potersi permettere di pagare l’affitto di quella sorta di casa. Due mesi prima, infatti, aveva lasciato la casa che divideva con Sirius Black, dopo una stupida discussione che le aveva fornito una buona scusa per andarsene via. Non lo aveva più visto, se non una volta di sfuggita a Diagon Alley e si era convinta che non le mancasse affatto. Passava quasi tutto il suo tempo da sola, ma almeno non sentiva più su di lei le aspettative che lui le aveva messo sulle spalle, non c’era più davanti a lei la prospettiva di mettere su famiglia e questo la faceva sentire sollevata. Eppure, soprattutto di sera, seduta sul divano sgangherato a guardare qualche vecchio film in televisione, Mina si sentiva infinitamente triste e in lotta contro il desiderio di tornare da lui. 

Quel tardo pomeriggio domenicale, Mina se ne stava affacciata alla finestra che dava sul mercato, una tazza di tea nero e bollente tra le mani e lo sguardo rivolto al cielo coperto. Febbraio stava quasi per terminare, ma il tempo non sembrava accennare nessun miglioramento. 

Sentì qualcuno bussare alla porta, sbuffando lasciò la tazza sul davanzale e raggiunse l’entrata, spalancandola e trovandola vuota. La sua fronte di aggrottò, si guardò intorno e poi una testa apparve dal nulla, ferma a mezz’aria, una testa piena di capelli neri e spettinati. 

- Sì, sì, sì “James, cosa ci fai qua, non credo ai miei occhi, dovresti stare nascosto con tua moglie e tuo figlio eccetera eccetera…”, mi fai entrare? - Disse James Potter, togliendosi il mantello dell’invisibilità e varcando la soglia sotto lo sguardo sorpreso della ragazza. Nella mano destra teneva stretto il suo manico di scopa, si guardò intorno sogghignando. - Che posto di merda, Piccola Lupin, se proprio volevi andare via non avresti fatto meglio a tornare dai tuoi? - 

Mina incrociò le braccia sul petto. - Scusa tanto se io non ho nessun ricco zio che mi ha lasciato l’intera eredità alla sua morte, come l’amico tuo! - Esclamò indignata. - Cosa fai qui? - 

James si sedette sul divano, abbandonando la scopa a terra. - Sbaglio o non sei contenta di vedermi? - Chiese, divertito. 

- Ovvio che non sono contenta, tu non dovresti uscire di casa. - Rispose Mina, sedendosi accanto all’amico. - Che succede? State tutti bene, vero? Come sta Harry? Mi mancate tanto. - 

James sorrise. - Stiamo tutti bene. Harry sta iniziando a parlottare un po’, proprio ieri ha detto papà o una cosa del genere, e dice tantissime volte mamma. - Raccontò allegro. - Per il resto direi che ci annoiamo molto. Sirius è quasi sempre da noi. - 

- Lui è il vostro custode segreto, è normale che vi venga trovare spesso. - Disse Mina. - Come sta? - Chiese poi, dopo aver esitato qualche istante. 

James sospirò. - Sono qui per lui, in realtà. - Ammise, infilandosi una mano in tasca e tirando fuori qualcosa, per poi guardarla negli occhi. - Torna a casa, Mina. Lui sente tantissimo la tua mancanza, anche se prova a non darlo a vedere. La gente sparisce e muore tutti i giorni, stanno accadendo cose terribili e io non voglio che tu abbia rimpianti, se dovesse capitare qualcosa. Hai sentito quello che è successo a Gideon e Fabian Prewett, tu potresti essere la prossima, o lui potrebbe essere il prossimo, quindi tieni, se non vuoi smaterializzarti, ti ho fatto il biglietto del treno; torna a casa. -

Mai James Potter aveva usato un tono più duro e Mina se ne rese conto. Lo guardò, totalmente incredula, come se lo vedesse per la prima volta. - Tu hai lasciato la tua casa sicura perché lui ha le pene d’amore? Seriamente, James? - Sbottò, distogliendo l’attenzione su ciò che il ragazzo aveva appena detto. - Come ti salta in mente di fare una cosa tanto stupida? - 

- Senti, non è una questione di pene d’amore. Lui ha bisogno di te e tu di lui, e voi due avete bisogno di una spintarella, come al solito. - Ribatté James, alzandosi dal divano e afferrando di nuovo il suo manico di scopa. - Io ho fatto la mia parte, ora tocca a te. - 

Lei scosse la testa, imbronciata. - Io e lui non siamo fatti per stare insieme. - Disse. 

- Invece sì, solo che tu odi la felicità perché pensi di non meritartela. - Rispose il ragazzo, sparendo nel mantello dell'invisibilità. - Torna a casa, Mina. Torna da lui. - 

 

Mina aprì gli occhi e subito fu colpita da un lancinante mal di testa e da tantissima sete. Si guardò intorno, ancora sdraiata nel letto e coperta fino al collo, rendendosi conto di non trovarsi nella sua solita e tetra stanza, ma in quella inconfondibile di Sirius, piena di stendardi di Grifondoro e poster che erano rimasti attaccati alle pareti dagli anni '70. Non sapeva come ci fosse arrivata ma, quando si rese conto di essere nuda, si portò entrambe le mani al volto, maledicendosi, mentre i ricordi della notte appena trascorsa riaffioravano prepotenti nella sua memoria annebbiata. Come la volta precedente, era stata lei a far iniziare tutto, e lui non si era ovviamente tirato indietro ma, anzi, l’aveva tenuta sveglia fino a tardi, replicando quello che era successo la notte di Halloween, solo che questa volta, e Mina non sapeva seriamente come fosse possibile, era andata addirittura meglio di quella precedente. 

Si sedette e si guardò intorno più attentamente. I suoi vestiti erano sparsi a terra, come se si fosse spogliata di fretta, allora si alzò, li raccolse e li indossò nuovamente, uscendo nel corridoio silenzioso, la testa che le faceva male anche solo se si azzardava a guardare verso una fonte luminosa. Quando poi arrivò in cucina, tra il chiacchiericcio di tutti gli abitanti del numero dodici, Mina si sedette su una delle sedie che circondavano il tavolo, le mani sulle tempie e gli occhi chiusi. Davanti a lei, Remus e Tonks la guardavano curiosi, mentre al suo fianco, Sirius le riempì una tazza con del caffè. - Non toccherò mai più una goccia di alcol, lo giuro. - Mugugnò lei, prendendola dal manico e portandosela alle labbra. 

- Ti ho sentita dire una cosa del genere tante di quelle volte. - Rispose Sirius, sorridendo. 

Lei si lamentò, prima di guardarsi intorno. In cucina c’erano tutti: Molly che preparava una sorta di brunch e che per fortuna non si era ancora accorta del suo stato piuttosto pietoso, i suoi figli molto rumorosi che Mina detestò uno per uno, Harry e Hermione, che guardavano nella sua direzione, passando lo sguardo da lei a Sirius, come se avessero scritto addosso quello che avevano fatto per tutta la notte. Si sentì in imbarazzo e poi si voltò verso l’uomo, che invece sembrava davvero di buon umore.  

- Mi spieghi cosa hai combinato questa notte, Sirius? - Chiese ad un certo punto la signora Weasley, portando in tavola una grossa padella piena di uova strapazzate e bacon. - Non sono riuscita a  chiudere occhio, il tuo letto ha cigolato per tutto il tempo, l’ho sentito dall’altra parte della parete insieme ad altri rumori molto più strani.  - Disse, il tono di rimprovero.

Mina arrossì e si portò le mani al viso, mentre lui scoppiò a ridere. - Sì, effettivamente dovrei proprio sistemarlo, quel letto. - Rispose, annuendo. 

- Sarà meglio. - Borbottò Molly. 

Remus guardò l’amico e poi la sorella, sgranando gli occhi. Lui sembrava rilassato e senza nessuna vergogna, mentre lei si crogiolava nel puro e denso imbarazzo. - Questo è sicuramente il giorno più imbarazzante della mia vita. - La sentì dire, sbuffando. 

- Come sei melodrammatica, Mina, come se fosse la prima volta che qualcuno ci sente! - Esclamò Sirius, beccandosi un’occhiataccia da lei e da Remus e facendo ridere Tonks.

- Dopo tutti questi anni la tua mancanza di pudore mi sconvolge ancora, Felpato. - Disse il lupo mannaro, scuotendo la testa. - Per non parlare di te, Mina. -  

Lei sussultò. - E che c’entro io, adesso? -

Dopo pranzo, tutti gli abitanti del numero dodici tornarono nelle loro stanze a recuperare il sonno perso e a Grimmauld Place scese il silenzio, rotto solo dal lento sonnecchiare proveniente dalle camere da letto. Mina, seduta alla vecchia scrivania tarlata che arredava la sua stanza insieme al letto e all’armadio, passava il tempo leggendo un romanzo e bevendo tea. Non aveva avuto modo di parlare con Sirius e ne era felice; il giorno dopo sarebbe tornata a casa e, con un po’ di fortuna e tenendosi molto lontana da lì, non sarebbe mai più capitato, quindi era inutile andare a rimuginare su quello stupido sbaglio. Magari un giorno, quando tutto sarebbe finito e lui finalmente scagionato, ci sarebbe stato il modo di parlare di loro ma, fino ad allora, Mina non se la sentiva, sarebbe stato troppo complicato se non addirittura pericoloso per l’Ordine.  

Quando la porta bussò, la donna chiuse il libro e disse: - Avanti. - 

La guardò spalancarsi e poi vide l’uomo che infestava i suoi pensieri apparire sulla soglia. - Posso parlarti? - Le chiese, entrando e chiudendosi la porta alle spalle, senza attendere una risposta. 

- Non credo che io abbia scelta. Accomodati. - Disse quindi lei, facendo un cenno. - Cosa vuoi? - 

Lui si sedette sul letto, guardandola. - Non hai nulla da dirmi su ieri sera? - 

Mina sbuffò. - Vedi perché me ne sono andata la volta scorsa? Per evitarmi la parte imbarazzante in cui ti dico che è stato un errore che non deve ripetersi mai più. - Disse, gelida.  

Sirius annuì e poi sospirò. - In merito a questo ho una proposta da farti. - Iniziò. - Tu torni a vivere qui e io ti prometto che non mi avvicinerò mai più a te. Oppure potrei farlo, tenendo però lontani tutti i sentimenti che tanto detesti, come mi hai consigliato di fare ieri sera. - 

Lei assunse un’espressione sorpresa e dubbiosa insieme. Ci pensò su, lo sguardo perso in qualche punto davanti a sé. - Dovranno esserci delle regole, se vogliamo che la cosa funzioni. - Disse. 

- Ad esempio? - Chiese Sirius, molto interessato. 

- Prima di tutto non si dorme insieme. E niente cose dolci dopo il sesso. - Asserì Mina. 

Sirius annuì senza obiettare. - E poi? - 

- Nessuno deve saperlo, neanche Remus e Tonks; e non dovrà mai succedere da me, ma solo nella tua stanza. - Continuò lei, più seria che mai. - Non dovrai dirmi che mi ami e nemmeno che mi vuoi bene e… niente baci fuori dal letto, mai, per nessun motivo. - 

- Hai finito? - Le domandò, con una sommessa nota di sarcasmo nella voce. 

- Sì. Anzi no! Io posso uscire con chi voglio, non c’è nessuna esclusività, chiaramente, ma meglio sottolinearlo per evitare errori di comunicazione. Per te però non sarà lo stesso: se dovesse arrivare in questa casa una che ti piace non potrai provarci finché ci sarà questo nostro rapporto. - 

- Questo è decisamente ingiusto, ma dato che non capiterà mai, e che tu detesti i rapporti occasionali, accetto. - Rispose lui. - Ma anche io ho una regola. - 

- Sentiamo. - Fece lei, incrociando le braccia sul petto. 

- Non devi scappare mai più. Me ne parlerai se qualcosa finirà per infastidirti o stancarti. - 

Mina sbuffò, non sembrava d’accordo. - Va bene. - Disse però alla fine. - Niente sentimenti? - 

- Neanche una briciola. - La rassicurò lui. 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10. Sbalzi d'umore ***


 

Capitolo 10

 

A Godric's Hollow c'era un solo minuscolo pub, gestito da una grossa babbana dal viso tondo e unticcio, in cui si beveva bene, ma dove, se si teneva alla propria vita, forse era meglio non mangiare. Fuori di lì, nonostante fosse solo giugno, faceva caldo. Era una delle estati più torride degli ultimi dieci anni, strillavano i titoli dei giornali babbani, e Sirius, mentre camminava verso la sporca porta a vetri del pub, sotto al sole cocente, non poteva fare a meno di pensare che fosse così, con il sudore che gli aveva appiccicato i capelli alla fronte.

Varcò la soglia e si guardò intorno: era assurdo quanto locali del genere si somigliassero tutti tra loro. Il bancone color mogano era a destra, alle spalle della barista c'erano una schiera di bottiglie impolverate riposte su scaffali, i tavolini di legno erano disposti a caso ed erano quasi tutti vuoti, per questo non fu difficile individuare Lily e James, seduti accanto alla finestra, lui davanti ad una birra scura e lei, incinta, che sorseggiava una coca cola.

Quando James lo vide, prese ad agitare un braccio in aria, attirando la sua attenzione, e Lily si voltò verso di lui guardandolo con un bel sorriso dipinto sul volto florido. Sirius attraversò la sala incurante di uno sguardo che una ragazza mora seduta al bancone gli aveva lanciato, si sedette davanti ai due amici con l'espressione di chi aveva tante cosa da dire.

- Allora, lo hai fatto? - Chiese Lily, senza nemmeno salutarlo, con gli occhi luminosi e la voce eccitata.

Sirius annuì, cupo come non mai, poi infilò una mano nella tasca della sua giacca di pelle e tirò fuori una piccola scatoletta rivestita di velluto rosso, sbattendola sul tavolo più forte di quanto avesse voluto fare. - Ha detto di no. - Disse, frustrato. - Non si è manco presa l'anello. -

Lo sguardo di Lily divenne accigliato e anche James assunse un'espressione piuttosto crucciata. - Cazzo, Felpato, mi dispiace. - Gli disse. - Ma come è andata esattamente? -

- Ho fatto tutto secondo i piani. - Cominciò a raccontare lui. - Ho preparato la cena, ho aspettasse che tornasse dal Ministero, abbiamo mangiato e poi ho fatto quel ridicolo discorsetto, che per altro ho anche imparato a memoria, mi sono inginocchiato per chiederglielo e lei mi ha guardato come se fossi pazzo. Poi mi ha chiesto se fosse uno scherzo e quando ha capito che facevo sul serio è scoppiata a ridere e ha detto "assolutamente no, come ti viene in mente?". -

- E non ti ha detto perché? - Chiese Lily, cauta.

- Mina pensa che non sia una cosa da noi, che non ne abbiamo bisogno. - Rispose Sirius. - Ha detto che mi ama, ma di sentirsi ancora troppo giovane per un passo così importante, di chiederglielo di nuovo tra qualche anno, magari quando l'Ufficio Misteri la avrà assunta ufficialmente e dopo la fine della guerra. -

- Allora non ti ha detto di no! - Esclamò Lily. - Ti ha chiaramente detto che prima o poi dovrai chiederglielo di nuovo, quindi devi solo aspettare che lei sia pronta. -   

- Esatto, non era un no, era un forse. - Disse James.

 

Seguirono le regole per circa una sola settimana, e poi Mina prese a rimanere a dormire nel letto di Sirius tutte le notti, finendo per infrangerle, una dopo l’altra. Arrivarono in meno di un mese a passare molto del loro tempo libero insieme, a coccolarsi stretti in goffi abbracci, davanti al camino acceso e a parlare per lunghissime ore. Remus non ci mise molto tempo a capire che tra loro stava nascendo di nuovo qualcosa, ma decise di fare finta di niente anche quando, la mattina, notava sua sorella che usciva di soppiatto dalla camera dell’amico, o quando li beccava a scambiarsi qualche gesto affettuoso o a tenersi per mano.

Fu Mina la prima a dire ti amo, durante una mattina di aprile, quando il cielo aveva ripreso a brillare, sgombro di nuvole, e la primavera era ormai vittoriosa sull’inverno. Si trovavano in cucina, era domenica ma a Grimmauld Place non c’era nessuno; Sirius la abbracciò e la baciò, spogliandola piano e finendo per prenderla proprio lì, su quel tavolo, con più forza che mai. Mina aveva capito che non c’era bisogno che lui tornasse quello di un tempo, lo amava così com’era, ogni tanto cupo e malinconico, lo amava anche quando, magari di sera, crollava nel senso di colpa e nella tristezza più profonda. Lei lo capiva e lui capiva lei. 

Spesso Mina leggeva ad alta voce e lui rimaneva ad ascoltarla come estasiato, anche se era davvero raro che riuscisse a capirci qualcosa di quegli suoi strani libri filosofici; gli piaceva invece ascoltarla recitare Shakespeare con tutta la passione di cui Mina era capace, immaginando che, magari un giorno, l’avrebbe accompagnata a teatro a vedere Amleto e in tantissimi altri posti, fare cose normali, come una coppia normale. 

Con l’inizio di maggio la temperatura si alzò di parecchi gradi, facendo rifiorire le aiuole e allungando di molto le giornate, anche le rondini erano tornate a volare nel cielo totalmente sgombro e l’estate sembrava molto vicina. 

Tante cose erano cambiate a Grimmauld Place in quegli ultimi mesi: le decorazioni natalizie erano sparite a metà gennaio, portandosi via molto del buon umore di Sirius, che cercava di essere positivo ma che finiva comunque spesso vittima dei suoi attacchi di broncio, che si susseguivano uno peggio dell'altro da settimane, nonostante gli sforzi di Mina per rendergli quel soggiorno più vivibile. C'erano giorni in cui si riduceva a parlare a stento perfino con lei, rinchiudendosi in camera sua, senza fare niente se non lamentarsi. Poi Mina si stendeva al suo fianco e lo abbracciava forte, e per un attimo quasi gli sembrava che il mondo non fosse poi un posto così orrendo. Quando invece era lei a sentirsi giù di morale, e ultimamente le capitava molto spesso, lui non sapeva mai come fare per farla sentire anche solo un po’ meglio. Mina aveva un modo tutto suo di reagire ai momenti in cui si sentiva triste; mentre Sirius si chiudeva in se stesso, rifiutandosi di parlare con chiunque, lei si arrabbiava per ogni minima cosa e diventava nervosa, intrattabile. In casa lo sapevano tutti, lei era lunatica, quindi nessuno diede peso ai suoi strani sbalzi d’umore; ma fu quando Sirius la vide piangere leggendo il Fedone, che prese a preoccuparsi seriamente. Mina non si commuoveva mai, piangeva per rabbia o per tristezza, quello sì, ma per il resto era davvero difficile che qualcosa la toccasse a tal punto da farla scoppiare in lacrime dalla commozione. 

- Non ti preoccupare. - Aveva però tagliato corto Remus, quando Sirius gliene aveva parlato. 

Quando poi, proprio Remus, la vide scoppiare in lacrime per aver lasciato bruciare il pranzo, anche lui si rese conto che aveva qualcosa che proprio non andava. Il problema era: cosa? 

Quella sera, Remus Lupin era affacciato alla finestra, osservando da oltre il vetro la strada illuminata dagli ultimi raggi di sole e la gente che rientrava a casa dopo una lunga giornata di lavoro. A pochi metri da lui, Sirius se ne stava seduto con aria cupa davanti al camino spento, tenendo in mano la piccola scatoletta di velluto, assorto nei suoi pensieri e ripetendosi dentro le parole che James gli aveva detto anni prima: non era un no, era un forse.

Non sapeva se Ramoso glielo avesse detto per tirarlo su o perché lo pensava davvero, ma all'epoca non si era posto il problema. Aveva dimenticato quell'avvenimento, seppellendo il ricordo sotto altri mille ricordi, finché, qualche notte fa, Mina non glielo aveva riportato in superficie. 

- Forse avrei dovuto dirti di sì. - Aveva detto, sdraiata accanto a lui, in tono nostalgico. 

Sirius aveva fatto finta di niente, ma gli era sembrato quasi un invito a fare quello che proprio lei le aveva chiesto di fare in quell'occasione, cioè chiederglielo di nuovo dopo qualche anno. E di anni ne erano passati fin troppi, fin troppo tempo era andato perduto. Così aveva mandato Remus a Ottery St Catchpole, dove si era intrufolato a casa di Mina, per recuperare l'anello che Sirius aveva nascosto, nella speranza che fosse ancora lì, chiuso nel doppiofondo di un cassetto. E ora ce l'aveva in mano, lo teneva in tasca da giorni, alla ricerca del momento perfetto, che però sembrava non arrivare mai.  

- Remus, dimmi la verità, pensi che sia una pessima idea, vero? - Chiese Sirius, rompendo il silenzio. 

Il lupo mannaro si voltò verso di lui. - Ma no, è che non riesco proprio a capire tutta questa fretta, Felpato. - Rispose. - Potresti aspettare dopo la fine della guerra, quando tutti si sarà calmato, parlarne con calma, dato che non sei nemmeno del tutto sicuro che state insieme, a quanto dici. - 

Sirius parve ancor più pensieroso. - Io non voglio perdere altro tempo, lo so che sembra una pazzia azzardata dettata dall’impulsività. - Disse, con lo sguardo perso. 

- Allora fallo, Sirius. Fallo prima che puoi. - Lo incitò Remus. 

- È che non so proprio come fare. - Sospirò l’altro. - Tu come lo chiederesti a Dora? - 

Remus sgranò gli occhi, voltandosi verso l’amico, le guance accese. - Come ti viene in mente di fare una domanda tanto idiota, Felpato? Siamo usciti insieme una sola volta mesi fa… -  

Sirius fece un gesto sbrigativo con la mano. - Sì, sì, va bene, continua pure a prenderti in giro, se proprio ci tieni. - Disse, sogghignando. - Non è questo il punto. Tu come faresti, in generale? - 

Remus si portò una mano al mento, pensieroso, poi mosse qualche passo avanti e indietro, finendo poi sul divano, accanto all’amico. - Credo che farei qualcosa di molto classico. Sì, una classica proposta di matrimonio davanti alla famiglia di lei. - Rispose, sorridendo appena. 

- Oh sì, una cosa così piacerebbe tanto ad Andromeda e Ted, ti adorerebbero! - Esclamò Sirius, beccandosi un’occhiataccia. - Ma non credo che sia molto nello stile di Mina, no? - 

- Effettivamente hai ragione. - Approvò Remus, annuendo. - Forse dovresti chiederglielo e basta, senza troppe cerimonie. Lei è una persona pratica, concreta; vai dritto al punto. - 

Sirius si infilò nuovamente la scatoletta di velluto in tasca. - Bene. Lo farò stasera. - Dichiarò. 

- Prendi in considerazione che lei possa dirti nuovamente di no. - Disse Remus. - O che scoppi in lacrime dicendo che il matrimonio altro non è che una istituzione patriarcale e datata. - 

- Quanto sei pessimista, Lupin. Anche se, sì, probabilmente si metterà a piangere, visto che ultimamente lo fa per ogni fottutissima cosa. - Sbuffò Sirius. - È proprio strana. - 

- A parte le lacrime cos’ha che non va? - Chiese Remus, calmo ma interessato. 

Sirius aggrottò la fronte. - Cos’ha che non va? Remus, tua sorella questa mattina si è messa a piangere perché il quadro di mia madre le ha detto “feccia mezzosangue che infesta la casa dei miei padri”, non so se mi spiego. - Disse, incredulo. - E poi… le sue tette sono strane. - 

Remus trasalì. - Come, scusa? - Domandò, sperando di non aver capito bene. 

- Le sue tette sono strane. - Ripeté Sirius, lentamente. - Sono più grandi, sono… strane! - 

Il lupo mannaro si portò una mano al viso, scuotendo la testa. - E da quando una cosa del genere rappresenta un problema per te? - Gli chiese, ridendo a suo malgrado. 

- Da adesso, dato che è diventata giusto un tantino pazza. - Ribatté Sirius. 

Il campanello suonò e Sirius si alzò dal divano. La riunione dell'Ordine sarebbe iniziata a momenti e lui non era per niente in vena di sentire cattive notizie, ma si diresse comunque alla porta, pronto ad accogliere gli ospiti. Molly e Arthur furono i primi ad arrivare, seguiti da Malocchio, Tonks e Piton, che portò i saluti di Silente e novità da Hogwarts: Dolores Umbridge aveva preso il posto del vecchio preside e questo complicava ulteriormente la vita di Harry a Hogwarts.

Poi anche Mina tornò dal ministero, entrando in cucina di corsa, quando ormai la riunione era giunta al termine. - Scusate, non ho potuto fare più in fretta di così. - Disse, sedendosi accanto a Tonks.  

Quando Piton se ne andò, Molly portò il cibo in tavola, dando il via alla cena a base di pollo arrosto con patate, che terminò con una torta di pan di spagna e marmellata. 

Sirius teneva una mano in tasca, il velluto della scatoletta gli sfiorava le dita, mentre Remus lo guardava come per spronarlo. Non poteva farlo lì, non poteva farlo davanti a tutti, lei lo avrebbe come minimo ucciso, eppure per un attimo, quasi gli sembrò la cosa più giusta. 

Mina intanto parlava con Malocchio, dall'altra parte del tavolo, di qualche affare del Ministero, mentre Molly prendeva a sparecchiare la tavola. Allora anche Mina si alzò e la raggiunse ai fornelli per aiutarla. Sirius la guardò, era dritta davanti a lui, gli dava la schiena e chiacchierava con la signora Weasley sorridendo. Sembrava contenta, per un attimo sembrò tornata in sé, divertente e radiosa come al solito. Si ricordò la prima volta in cui avevano parlato, dopo essersi conosciuti sul treno, nell'infermeria di Hogwarts, mentre Remus dormiva dopo una pesante notte di luna piena. Se ne stava lì, seduta accanto al fratello, ad aspettare che si svegliasse, con in mano una grossa barretta di cioccolato e un bel sorriso sul viso di bambina.   

Sirius sospirò e poi si alzò in piedi e rimase fermo, attirando lo sguardo di entrambi gli occhi di Malocchio, di Arthur, di Tonks e di Remus, che annuì quasi impercettibile. Quando poi Sirius si sedette di nuovo Dora alzò gli occhi al cielo. - Per Merlino, ma vuoi farlo o no? - Sbottò.  

- Non adesso, Tonks. - Rispose l’uomo, a denti stretti. 

La cucina si svuotò pian piano. Malocchio zoppicò fuori da Grimmauld Place per primo, seguito poi da Molly e Arthur, quando poi anche Tonks andò a casa, Mina raggiunse la sua stanza, schiacciata dalla stanchezza che ormai caratterizzava ogni sua singola giornata. Si mise il pigiama e si infilò sotto le coperte con una copia di memorie dal sottosuolo tra le mani, giusto per smorzare l’immotivato buon umore che aveva caratterizzato la serata. Erano settimane che si sentiva strana, come preda di qualcosa che non era capace di controllare, qualcosa di interno, viscerale e, nonostante fosse abituata a sentirsi giù di morale di tanto in tanto, sapeva che quella volta c’era qualcosa di diverso. Solo che non sapeva cosa. Con gli occhi fissi sulla pagina, Mina cominciò a pensare a tutte le cose che erano cambiate nella sua vita da quando era tornata nel Regno Unito, al fatto che aveva ritrovato l’amore della sua vita e stretto nuovamente un rapporto significativo con suo fratello, aveva rivisto suo padre dopo cinque lunghi anni, eppure si sentiva amareggiata e in ansia, come se temesse che, da un momento all’altro, tutto potesse crollare. Chiuse il libro e si alzò dal letto, affacciandosi alla finestra. Fuori la strada era buia e deserta, c’era tantissimo silenzio anche in casa, adesso che tutti se ne erano andati, e Mina cominciò a sentirsi in qualche modo anche peggio del solito. Immaginò i Mangiamorte fuori dalle mura sicure di Grimmauld Place, a Voldemort che stava sicuramente pensando ad un modo per uccidere Harry, per ucciderli tutti, proprio in quell’esatto istante, e quasi sentì il respiro mozzarsi nel suo petto. Poi la porta alle sue spalle si aprì e lei si voltò di scatto, portandosi una mano al cuore, spaventata. 

Sirius la guardò, sorpreso davanti al suo viso scosso. - Che succede? Stai bene? - Le chiese allarmato, avvicinandosi a lei.

Mina sbuffò, le labbra tremanti, prima di girarsi di nuovo verso la finestra. Le veniva da piangere e si detestava per questo, non voleva che lui la guardasse. - Vorrei stare un po’ da sola. - Disse, infatti, tirando su con il naso e asciugandosi gli occhi. - Puoi dormire di là, stanotte? - 

Lui scosse la testa, facendo un altro passo verso di lei, abbracciandola da dietro. - Mina, cosa ti sta succedendo? Non ti ho mai vista così.  - Disse, parlando piano. - Non vuoi parlare un po’? - 

- Io non lo so cosa mi succede, ma ho delle brutte sensazioni, come se dovesse capitarci qualcosa di orrendo da un momento all’altro. - Rispose, tesa, voltandosi per guardarlo. 

- Tipo cosa? - Provò a chiedere lui.

Mina alzò le spalle. - Non lo so, qualcosa di brutto. Qualcosa di orrendo. - Ripeté. - Forse ho paura che tu possa morire, o che io possa morire, o Harry, o chiunque altro; lo so che non ha senso e so che la nostra vita non è il massimo, ma non voglio perdere ciò che abbiamo, anche se è poco, anche se non è nemmeno lontanamente normale. Non voglio che te ne vai. - 

- E dove vuoi che me ne vada? Con te anche Grimmauld Place sembra un posto vagamente piacevole. - Disse lui, sorridendo. - Non ci succederà niente. Anzi, ci succederanno delle cose, ma saranno tutte cose meravigliose, lo sento. Si sistemerà tutto. - 

Lei lo guardò, i suoi grandi occhi verdi erano ancora lucidi, ma il suo volto si distese e il suo corpo si rilassò tra le braccia di lui. - Sei così ottimista che quasi mi dai sui nervi. Ti preferisco di gran lunga quando sei triste e ombroso. - Gli disse, trattenendo un sorriso. 

Sirius la accarezzò, lasciandole poi un piccolo bacio sulla fronte. C’era silenzio intorno a loro, l’aria strana della notte avvolgeva tutta la casa e lui si chiese se non fosse quello il momento giusto. Fece un passo indietro, infilandosi le mani in tasca, la scatoletta di velluto era ancora lì. 

- Devo chiederti una cosa. - Disse lui, dopo aver preso un respiro profondo. 

- Anche io. - Rispose Mina. - Ma forse no… è una cosa stupida, lascia stare… - Farneticò. 

Sirius assunse un’espressione sorpresa. - Avanti, dimmi. - La incitò. - Tanto non sarà mai una cosa stupida quanto la mia. - 

Lei esitò, le guance pallide si accesero di rosso e lo sguardo si abbassò. - So che tra noi è tutto molto complicato, quindi capisco se non vuoi. - Iniziò a dire, facendosi coraggio. - Potremmo, per così dire, cioè… solo se vuoi, e se te la senti, noi potremmo sposarci. Il matrimonio rimane comunque un’arma del patriarcato per controllare il corpo delle donne, ma non è questo il punto… insomma, ci sposiamo? -   

- Dici sul serio? - La interruppe lui, con voce roca. 

Lei scrollò le spalle, fingendosi disinteressata. - Sì, ma non devi per forza dare una risposta affermativa, puoi dire no. - Rispose in fretta. - Anzi, fai finta che non ti abbia detto niente. - 

Sirius afferrò in fretta la scatoletta, tirandola fuori dalla tasca e mostrandola alla donna, che si portò le mani alla bocca, gli occhi sgranati. - Hai appena rovinato la mia proposta, ma non potrei essere più felice di così. - Disse lui, aprendola. - Te lo ricordi? - 

Mina annuì, ma non rispose, letteralmente senza parole. 

- Mi avevi detto di chiedertelo tra qualche anno e quindi eccomi qua. Di anni ne sono passati sedici, ma spero che non sia troppo tardi. - Tirò fuori l’anello e le prese la mano, guardandola negli occhi. - Quindi… vuoi sposarmi? - 

- Sì! - Rispose lei, prima di buttarsi tra le sue braccia. 


Angolo dell'autrice: 
Ragazz, io la storia l'ho praticamente finita, non sto qui a chiedervi recensioni, ma mi chiedevo se secondo voi fosse il caso di pubblicarla tutta insieme o piano piano, come sto facendo ora. Voi cosa ne dite? FAtemi sapere! 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11. ***


Ferma davanti ad uno specchio, dentro al suo tradizionale abito da sposa, Lily Evans si guardava dritta negli occhi. I suoi capelli rossi, solitamente sciolti sulle spalle, adesso erano stati tirati su, ma alcune ciocche le ricadevano sul volto come una cornice; gli occhi verdi erano stati truccati, le guance erano accese e le labbra erano schiuse in un bellissimo sorriso, che riuscì a scaldare anche il cuore di Mina, che se ne stava a pochi passi dall’amica, guardandola attraverso lo specchio. 

Anche lei indossava il suo abito da cerimonia, lungo e verde menta, con una profonda scollatura sulla schiena, un paio di scarpe con il tacco che le regalavano preziosissimi centimetri. Mina si era lasciata truccare e acconciare i capelli come desiderava la sua amica e si sorprese quando, guardandosi allo specchio, si trovò molto carina. Ma non era mai stata bella quanto Lily, lei era diversa da tutte le altre, ma forse non era nemmeno il suo aspetto a renderla tanto fantastica agli occhi di tutti. 

Si trovavano a casa di James, un grande cottage con un grosso giardino che avrebbe ospitato la cerimonia, la scuola per loro era finita solo da un mese e mezzo, mentre Mina avrebbe dovuto cominciare il suo settimo anno a settembre e, per la prima volta nella sua vita, non era molto felice di dover tornare a Hogwarts. Non ci sarebbero state più le lunghe chiacchierate con la sua migliore amica, niente più partite di quidditch con James, ma soprattutto non ci sarebbe stato più Sirius e questo la rendeva infinitamente triste e preoccupata. Lui era bello, poteva trovare un’altra ragazza quando voleva, poteva tradirla e lei non se ne sarebbe nemmeno accorta. Ma lui era Sirius, diceva sempre suo fratello, la persona più fedele che avesse mai conosciuto, e forse Remus aveva ragione, ma Mina preferiva lasciarsi trasportare dall’angoscia della separazione e vivere nella sua mente varie catastrofi. 

- Allora, come sto? - Chiese Lily con voce piena di urgenza, distraendola così dai suoi pensieri e voltandosi per guardarla. 

- Sei favolosa. - Rispose Mina, quasi in automatico, sorridendo all’amica. 

Lily sospirò, attraversò la stanza e poi si sedette accanto all’altra, abbandonandosi sul letto dei genitori di James con aria esausta. - Secondo te, io e James stiamo correndo troppo? - Domandò, pensierosa. 

Mina sgranò gli occhi e aprì la bocca. - Stai avendo dei ripensamenti? Se è così dimmelo, rubiamo la moto di Sirius e ce ne andiamo. - 

Lily scosse la testa, un po’ divertita dalla visione di lei e Mina che scappano via dal matrimonio sulla moto volante di Felpato. - Non sai nemmeno portarla. - Disse. 

Mina fece un verso sprezzante. - Io so volare su qualsiasi cosa, Evans, dovresti saperlo. - Ribatté, pavoneggiandosi, per poi tornare seria. - Davvero, Lily, che succede? -  

Lily, che teneva lo sguardo basso, scosse la testa, assolta. - Non lo so. Mi guardo indietro e vedo quella ragazzina di quindici anni che detestava James Potter e ora invece sono qui, ad un passo da sposarlo. - Mormorò, malinconica. - Quando è successo tutto questo? - 

Mina ci pensò su. - Vediamo… forse quando ti sei liberata di quel coglione di Mocciosus? Ma la vera domanda è: chissene frega? Voi due siete perfetti insieme. - 

- Anche tu e Sirius siete perfetti insieme, ma non state per sposarvi. - Ribatté Lily. 

- Io e lui non siamo fatti per certe cose, lo sai. - Disse Mina, in tono sbrigativo, prima di alzarsi in piedi, tendendo una mano all’amica. - Qualsiasi cosa tu scelga di fare io sarò con te. Se proprio non ti fidi della moto di Sirius possiamo prendere la scopa di James o… chiamare un taxi. - 

Lily sorrise e scosse la testa; aprì la bocca per dire qualcosa che sembrava davvero molto importante e poi qualcuno bussò alla porta, spalancarla con impeto. 

Remus e Sirius apparvero sulla soglia, nei loro vestiti eleganti. - Lily, sei bellissima. - Disse il primo, commosso.

- A che punto sei, Lily? - Chiese invece Sirius, impaziente, prima di posare lo sguardo sull’altra. 

Si guardarono in modo talmente intenso che quasi Mina non si rese conto che Lily aveva raggiunto la porta, varcando la soglia. La seguì, passando davanti al ragazzo, che non le tolse gli occhi di dosso e che le afferrò una mano, attirandola a sé. - Questa scollatura è un po’ bassa, non credi? - Sussurrò lui, accarezzandole la pelle scoperta della schiena. 

- Meno male che non l’ho messo al contrario. - Rispose Mina, sogghignando. 

Sirius sospirò, facendo un passo indietro, ma continuando a fissarla, con lo sguardo che faceva sempre quando la desiderava nuda e stretta a lui. Poi, dietro di loro, Remus arrivò di corsa e con il fiato corto. - Che state facendo? Servite di là, avanti! - Esclamò. 

Lui alzò gli occhi al cielo e lei invece sorrise e si voltò verso il fratello per sistemargli la cravatta e il colletto della camicia. 

- James si è fatto prendere dal panico? - Chiese Mina, camminando verso il giardino. 

- Ma figurati, non vede lora. - Rispose Sirius. - E Lily? - 

Mina prese in considerazione l’idea di mentire e fu ciò che fece. - Anche lei non vede l’ora. - Disse, annuendo in modo sbrigativo. 

 

Mina si era rifiutata categoricamente di partecipare ai preparativi del matrimonio, troppo occupata ad avere paura della catastrofe che sentiva incombere sulle loro teste per godersi il momento. Si era quindi limitata a scegliere un vestito qualunque in un negozio babbano qualunque, mentre Sirius si preoccupava di tutto il resto quando lei era a lavoro o di turno per l'Ordine, ottime scuse per tenersi più lontana possibile da quella casa e dal suo futuro marito, che ormai vedeva a stento solo di sera e con cui non sempre aveva voglia di parlare. 

Forse non era una buona idea, forse aveva quelle orribili sensazioni perché non era la cosa giusta da fare, forse aveva ragione Moody, che aveva anche ripreso con quegli strani discorsi, questa volta conditi con una bella dose di disapprovazione. Mina aveva voglia di scappare via, andare più lontano possibile da Londra e dimenticarsi di tutti; lo avrebbe preferito di gran lunga, piuttosto che rimanere lì e vedersi strappare via tutto di nuovo, come quattordici anni prima. Non riusciva a parlarne con nessuno tranne che con suo fratello, che la ascoltava tirare fuori quel cumulo di preoccupazioni ogni volta che Sirius non era nei paraggi. Lui, d'altro canto, sembrava più felice che mai, si era occupato di tutto con estrema meticolosità e, un mese dopo la proposta di matrimonio, a distanza di una settimana dal grande giorno, Grimmauld Place era a dir poco irriconoscibile: la scala di legno era stata addobbata con camelie e margherite bianche, i vecchi tappeti erano spariti, tante candele fluttuavano in aria nel soggiorno, quasi interamente svuotato dai mobili, l'arazzo con l'albero genealogico dei Black era stato coperto con una lunga tenda color madreperla e il lungo tavolo di legno sarebbe stato poi stato apparecchiato per l’occasione. 

Quella sera del 17 giugno, al numero dodici erano rimasti in quattro, seduti davanti al camino spento e in vena di nostalgia. Remus e Tonks erano seduti uno vicino all’altra, come al solito, rilassati e sereni, tenendo in mano una burrobirra, ascoltavano Sirius che, seduto sull’altro divano, raccontava del matrimonio di Lily e James. 

- … e quella fu la prima e l’ultima volta in cui vidi Lunastorta ubriaco. - Concluse Sirius, come se avesse appena terminato un discorso solenne, facendo ridere Dora. - Ma la parte migliore fu dopo il mio discorso, quando io e Mina abbiamo cantato quella canzone, te la ricordi, Mina? - 

- Purtroppo sì, e credo che se la ricordino proprio tutti. - Rispose lei, sorridendo nostalgica. - Il povero Frank ci prese in giro per due anni, dopo quell’atroce teatrino. - 

- E che canzone era? - Chiese Tonks, divertita. 

- Una canzone in italiano che avevamo sentito il mese prima, quando siamo andati in vacanza a Roma. - Raccontò Sirius, guardando Mina, al suo fianco. 

Remus fulminò l’amico con lo sguardo. - Vacanza? Siete praticamente scappati via! - Esclamò. 

Dora sembrò interessata alla storia. - Scappati via? Certo che eravate strani. - Disse. 

- Mio padre odiava Sirius, e dato che Mina era ancora minorenne le impediva di vederlo. - Spiegò Remus. - Ma poi, una notte, lui si è presentato a casa nostra con la sua moto volante e se ne sono andati. Per me è stato molto difficile coprirli; se solo Felpato mi avesse avvertito… - 

- Per quale motivo ti odiava, cugino? - Domandò Tonks. 

Sirius scrollò le spalle, disinteressato. - Il signor Lupin avrebbe odiato chiunque si fosse avvicinato alla figlia, quindi non credo che ci fosse qualcosa di personale. Anche perché ero praticamente perfetto. - Disse.  

- Però Avi gli piaceva. - Ribatté Mina. 

- Avi gli piaceva. - Le fece il verso Sirius. 

Mina alzò gli occhi al cielo. - Ma quanto sei infantile? - Chiese, lasciandosi scappare un sorriso. 

- Sei geloso, Felpato? - Rise Remus, portandosi una mano al volto. 

Sirius fece un verso sprezzante, scuotendo la testa. - Ma figurati se sono geloso di quello lì. Nessuno potrebbe essere geloso di un babbano che nella vita suona il contrabbasso. - Borbottò. 

Mina si avvicinò a lui, lasciandogli un piccolo bacio sulla guancia. - E poi il mio nome suona molto meglio con il tuo cognome che con il suo. - Gli disse, con un sorriso che gli scaldò il cuore. 

Quando Tonks tornò a casa, Mina decise che era arrivata anche per lei l’ora di andare a dormire. Salutò i due soli rimasti nel salotto e poi salì al piano di sopra, entrando in camera sua, piuttosto esausta. Era stato un mese pesante e, nonostante il suo umore fosse migliorato almeno un po’, si erano presentati altri strani disturbi che lei proprio non riusciva a spiegarsi. Aveva la nausea ogni singola mattina, si sentiva sempre molto stanca e affaticata e c’erano tantissimi odori che la infastidivano; inoltre era sicura di aver messo su qualche chilo, ma la cosa non le dispiaceva affatto, dato che erano spuntate sul suo corpo curve che non aveva mai visto. Mina si guardò allo specchio prima di infilarsi il pigiama, osservando quegli strani cambiamenti: il seno più abbondante, i fianchi più morbidi, aveva anche un po’ di pancia. 

Alzò le spalle e poi si rivestì, buttandosi a letto e, proprio in quel momento, la porta si aprì. Sirius si sedette accanto a lei, lo sguardo rivolto verso l’armadio dove, appeso sull’anta, c’era l’abito di Mina, chiuso in una sorta di sacco con una zip. L’uomo si sdraiò, guardando verso di lei, accarezzandola piano. - Non vedo l’ora di vederti con quel vestito. - Le disse, sommesso. - Che ne dici di farmelo vedere adesso? - Chiese suadente. 

Mina si morse un labbro. - Manca solo una settimana, cerca di avere pazienza! - Esclamò. 

Lui invece scosse la testa, deciso. - No, lo sai che non ne sono capace. - Disse. - Dai, indossalo per me. Ti prometto che farò comunque finta di essere sorpreso, tra una settimana. - 

Mina sbuffò, ma decise di accontentarlo, alzandosi in piedi e camminando verso l’armadio. - Puoi almeno uscire mentre me lo metto? - Gli chiese, con le mani sui fianchi. 

- Che c’è, sei timida? Pensavo che quella fase l’avessimo superata da un pezzo. - Disse allegro. Si alzò dal letto, per poi raggiunse la soglia e uscire. - Datti una mossa. - Aggiunse dall'altra parte. 

Attese lì, la schiena contro la porta di legno, per un tempo che gli sembrò lunghissimo. Poi la voce di Mina lo invitò a entrare di nuovo in quella stanza e lui non se lo fece ripetere due volte, quasi precipitandosi da lei. Mina era lì, vicino a letto, nel suo vestito per nulla tradizionale. Era rosso, di seta; il corpetto era stretto e con una scollatura rotonda, il tessuto morbido le sfiorava i fianchi e il punto vita segnato dava movimento alla sua figura, creando curve lì dove solitamente non c’erano. Era bella, lo era sempre stata, ma quella sera, Sirius non riuscì a spiegarsi come fosse possibile, lo era ancor di più. Non sapeva se fosse merito della luce soffusa o del colore del vestito che le donava tantissimo, o forse era merito dei capelli, che aveva acconciato in modo disordinato per poter sistemare il velo di tulle, ma era la donna più bella che avesse mai visto, ma non riusciva a dirglielo, non riusciva a dire niente.  

- Allora… come sto? - Chiese lei, accennando un sorriso che nascondeva molta apprensione. 

- Bene. - Fu tutto ciò che riuscì a dire lui. 

Mina parve rimanerci male. - Non ti piace, ti aspettavi qualcosa di più tradizionale, lo sapevo… - 

Lui si affrettò a scuotere la testa, andandole più vicino. - Invece mi piace, davvero tantissimo. Sono solo un po’ emozionato, credo; è così strano. Non vedo l’ora. - 

- Anche io. - Rivelò lei, gli occhi un po’ lucidi. - Forse ora dovrei toglierlo però. -

Sirius la guardò con occhi spalancati e pupille enormi. - Lascia fare a me. - Disse a bassa voce, prima di farla voltare e abbassare lentamente la zip sulla schiena di lei. 

Lasciò che l’abito le scivolasse via di dosso e, quando rimase solo in intimo, posò di nuovo i suoi occhi su di lei, cercando di imprimere quell’immagine nella sua mente per sempre. 

- Molto carino questo reggiseno. - Sussurrò, abbassandole una spallina. - È nuovo? - 

Mina annuì e lo spinse a sedere sul letto, con un sorriso malizioso sulle labbra. Poi sollevò una gamba appoggiando il piede sulla sua coscia. - Toglimi le calze. - Disse suadente. 

Sirius assunse un’espressione compiaciuta. Con le mani prese il pizzo che delimitava la fine della calza e con lentezza la sfilò. Fece lo stesso con l'altra lasciando anche un bacio appena sopra il ginocchio facendola sospirare. Poi si alzò in piedi, la baciò e fu il turno di Mina ad essere spinta sul letto. Fu diverso da tutte le altre volte; delicato, dolce, i loro sussurri riempirono l’aria e non smisero mai di guardarsi, nemmeno una volta, si guardarono proprio finché entrambi non caddero addormentati stretti uno nell’altra.  

 

Nel sogno, una bambina dai capelli scuri e gli occhi grigi, urlava in una culla posta al centro del salotto di Grimmauld Place, rompendo un silenzio glaciale. Mina si guardava da fuori, vedeva se stessa china su quella culla, incapace di calmare la bambina e con l’aspetto di chi non stava per niente bene. Sembrava aver sofferto le pene dell’inferno, il suo viso era pallido e smunto, due grosse occhiaie erano apparse sotto i suoi occhi verdi e i suoi capelli erano spettinati e crespi. 

Prese la neonata tra le braccia e quella gridò ancora più forte, come se la odiasse. 

- Sirius, potresti venire a darmi una mano, per favore? - Disse la donna, anche se era sola in quella stanza, guardandosi intorno. - Dove sei? - Chiese, d’un tratto spaventata. 

Nel salone qualcuno arrivò correndo, un uomo alto, i capelli chiari ma ingrigiti dal tempo e dalla fatica di essere un lupo mannaro. Remus la raggiunse, prendendo la bambina tra le braccia, che subito smise di piangere. - Mina, è inutile che lo cerchi. Lui è morto. Se ne è andato. - 

Ma Mina lo guardò come se fosse pazzo e scoppiò a ridere. - Ma piantala, Rem. - Disse, scuotendo la testa. - La bambina ha bisogno di lui, lo sai, e poi lui mi ha promesso che non se ne sarebbe andato mai. - 

- E invece se ne è andato. - Ribatté Remus, brusco, cullando la neonata. - Ma vostra figlia è così bella, guardala. Non credi che gli somigli? - 

Da qualche parte, Mina udì delle grida, la stanza si distolse e sentì il pavimento cedere sotto i suoi piedi e… 

 

Si svegliò urlando, grazie a qualcuno accanto a lei che la stava scuotendo chiamandola per nome. Spalancò gli occhi, guardandosi intorno terrorizzata; era nella sua stanza, nel suo letto, il sole ancora non era sorto, ma fuori l’alba stava illuminando la città, Sirius era accanto a lei e la guardava spaventato e assonnato. 

- Sei vivo. - Fu tutto quello che Mina riuscì a dire, prima di abbracciarlo forte. - Sei ancora qui. - 

Lui annuì, ancora un po’ scosso, poi le prese il viso tra le mani. - Che è successo? Cosa hai sognato? - Le domandò dolcemente, cercando il suo sguardo. - Ti senti bene? - 

Mina sembrava non ascoltarlo. Era sudata, tremava ancora e aveva lo sguardo perso. - Credo di essere incinta. - Disse, portandosi una mano sull’addome e alzando gli occhi su di lui. 

Sirius trattenne una risata. - In divinazione eri brava, ma non così tanto brava. Hai sempre fatto sogni strani. - Rispose gioviale. - E poi sarebbe così terrificante da urlare nel sonno? - 

Lei lo guardò aggrottando la fronte. - Ti prego, non dirmi che vuoi ancora dei figli. - Disse, sedendosi con le gambe fuori dal letto. - Ormai siamo troppo vecchi, toglitelo dalla testa. - 

- Non hai ancora nemmeno trentacinque anni. - Ribatté lui, sbuffando. - Dove stai andando? - 

- Devo farmi una doccia, stamattina devo andare a lavorare e rimarrò al Ministero fino a stasera, non mi ci far pensare. - Rispose, sospirando, voltandosi verso di lui. 

Lui si lamentò, stringendola a sé. - Non andare a lavorare oggi. Rimani con me. - La pregò.

- Non posso. Sono anche in ritardo. - Disse Mina, cercando di alzarsi. - Dai, lasciami andare. - 

Sirius scosse la testa e lei rise piano, cercando di sembrare contrariata almeno un pochino. Si lasciò baciare con impeto, stretta tra le sue braccia, affondò le mani nei capelli di lui e guidò le sue labbra sul suo collo. - Ti amo così tanto. - Sussurrò Sirius contro la sua pelle. 

- Anche io. Ma amo anche avere un lavoro. - Rispose Mina, quando lui tornò a guardarla negli occhi. - E poi voglio passare in una farmacia a prendere uno di quei test di gravidanza babbani. - 

Sirius alzò gli occhi al cielo. - Ricordo che una volta, la notte prima dell’ultima partita del mio settimo anno, hai sognato che Serpeverde avrebbe vinto la coppa del quidditch. E dimmi, chi l’ha vinta invece, quell’anno, per la quarta volta consecutiva? Oh, sì, Grifondoro. - 

Mina sbuffò. - Voglio solo togliermi il dubbio. Si spiegherebbero tante cose, ad esempio perché ho sempre la nausea e la stanchezza. - Replicò. 

- Hai sempre la nausea e il mal di stomaco perché bevi troppo tea e caffè, sei sempre stanca perché, dato che bevi troppo tea e caffè, non dormi quasi mai. - Disse Sirius, paziente. - Però va bene; magari, con un po’ di fortuna, sei davvero incinta, chissà... - 

- Fortuna? - Fece lei, scandalizzata. - Non sarebbe per niente una fortuna far crescere un bambino in un posto come questo, con il quadro di tua madre che lo chiama mezzosangue e con te che devi rimanere chiuso qui dentro a tempo indeterminato. Sarebbe un disastro e non capisco come fai a non rendertene conto. - 

Sirius alzò le mani, in segno di resa. - Va bene, stavo solo fantasticando un po’. - Disse. - Ma, spero che sia una femmina. Ci sono tantissimi nomi di stelle femminili. -  

Mina lo fulminò con lo sguardo, prima di alzarsi dal letto. - Ad esempio? - Chiese cercando di sembrare disinteressata, aprendo l’armadio e scegliendo cosa indossare quel giorno.

- Alya. - Rispose Sirius, con una strana voce. 

Mina chiuse l’armadio, ma non si voltò. - Mi piace Alya. Alya Black; suona bene. - Disse. 

- E sono sicuro che sarebbe una Grifondoro, proprio come noi. - Disse Sirius, il tono sognante, che intanto si era avvicinato a lei. - E se qualche ragazzino ci proverà con lei io lo torturerò e lo ucciderò, così nessuno le si avvicinerà mai più. -

Mina scoppiò a ridere, voltandosi verso di lui. - Non sognare troppo, magari hai ragione tu ed era solo un sogno come tanti altri. - Disse. 

- Magari era solo un sogno come tanti altri, sì. - Rispose lui, stringendola a sé. - Ma non vuol dire che non possiamo farlo avverare, no? Magari proprio adesso. - 

Lei scosse la testa, mettendogli le mani sul petto per allontanarlo e trattenendo un sorriso. - Non ci pensare proprio, te l’ho detto che sono in ritardo. - Gli disse. 

Sirius sogghignò. - Quindi lo facciamo quando torni dal Ministero. - Suppose.

- Sei pazzo. - Rispose Mina, sospirando e raggiungendo la porta. - L’unica cosa che farò stasera sarà fare il test sperando con tutta me stessa che sia negativo. - 


Questo è praticamente un capitolo di passaggio, quindi diciamo che ho sudato per  scriverlo e che, nonostante tutto, il risultato non mi soddisfra affatto (infatti non ha nemmeno un titolo). In realtà ultimamente sto detestando tutto ciò che scrivo, quindi se volete tirarmi su recensite e fatemi sapere se la storia vi sta piacendo, anche perché siamo vicini alla fine! 
Per ora grazie di aver letto fin qui. 
Clar


 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12. Luce e oscurità ***


Mina se ne stava ferma in un corridoio, con la schiena contro la porta chiusa del bagno, guardando il soffitto con aria assorta. L’ottobre del 1979 stava volgendo al termine piovoso e freddo come mai prima d’ora e la casa di Lily e James Potter era stata addobbata per Halloween con tantissime zucche gialle arancioni, proprio come le tantissime foglie secche che avevano ricoperto Godric’s Hollow durante quel pungente autunno. Mina sapeva che James adorava Halloween e che da sempre costringeva i suoi tre migliori amici a festeggiare in grande stile insieme a lui, per questo quella sera, ormai finalmente sole in casa, Lily aveva deciso che era giunto il momento di farlo.  

Mina sbuffò stizzita, si voltò e bussò. - Lily, ma quanto ci vuole? - Chiese con impazienza. 

La porta si spalancò e Lily Evans, i capelli rossi legati in una lunga treccia che le scendeva sulla sua spalla sinistra, ricambiò il suo sguardo, tenendo in mano qualcosa. - Sulla spiegazione c’è scritto che adesso devo aspettare cinque minuti. - Disse, mostrando a Mina il test di gravidanza. 

L’altra annuì, entrò in bagno e si sedette sul bordo della vasca. - Allora aspettiamo. - 

Lily la raggiunse, il test ancora in mano; cominciò a fissarlo con ansia. Lei e James stavano tentando di avere un bambino da oltre un anno ormai e tanti test come quello erano risultati purtroppo negativi. - Anche questa volta andrà male, me lo sento. - Disse. 

Mina alzò gli occhi al cielo. Non capiva perché Lily avesse così tanta ansia di riprodursi, soprattutto nel bel mezzo di una guerra, ma non glielo disse. - Io sento che sarà positivo, vedrai. - La rassicurò invece, con calma. 

Lily alzò lo sguardo dal test di gravidanza, rivolgendolo all’amica. - Sarebbe bello se anche tu e Sirius faceste un bambino. Mio figlio avrebbe un cugino con cui partire per Hogwarts. - Disse, sorridendo sognante. - Immagina la faccia di Gazza nel ritrovarsi di nuovo davanti ad un Potter ed un Black, chissà quanti guai combinerebbero. - 

Mina rabbrividì solo all’idea di dover spingere fuori dal suo corpo un neonato, ma tentò di dissimulare. - Magari tra una decina d’anni, chissà. - Rispose. 

- Ma a quel punto Harry, o Harriet, sarebbe troppo grande. - Obiettò Lily, scontenta. 

- Ci sarà il figlio di Alice e Frank a tenere compagnia al piccolo Potter, e poi anche Molly Weasley è incinta, no? - Fece Mina, scollando le spalle. 

Lily alzò gli occhi al cielo. - Ma non è la stessa cosa, lo sai. - Rimbeccò, proprio decisa a convincerla. - Almeno spero che accetterai di essere la madrina, James è d’accordo. - 

Mina sgranò gli occhi. - Lily… per me sarebbe un onore. - Rispose, incredula. 

Lei abbassò di nuovo gli occhi sul test e sussultò, alzandosi di scatto dal bordo della vasca da bagno. - Non ci credo… - Mormorò, mostrandolo all’amica.  

Mina prese lo prese tra le dita e lo guardò. Due piccole linee rosse e ben definite erano apparse dove prima non c’era niente. - Che vuol dire? - Chiese, senza capire.  

- Che tra nove mesi avrai un figlioccio! - 

 

Sedici anni più tardi, chiusa in uno dei bagni del Ministero della Magia, Mina Lupin stava aspettando i canonici cinque minuti che servivano al test di gravidanza per dare una risposta alla domanda che la stava tormentando ormai da ore. 

Non sarebbe sopravvissuta alla giornata che la attendeva con quel dubbio fermo come un chiodo fisso nella sua testa, così alla fine non aveva resistito. 

Una volta fuori da Grimmauld Place era corsa in una farmacia, aveva comprato il test di gravidanza e, nonostante il ritardo, si era concessa qualche minuto per farlo, accompagnata da Tonks, che la attendeva fuori da quel gabinetto, e che ora camminava avanti a indietro facendo rumore. 

- Mina? Allora? - La voce della strega, dall’altra parte della porta, la fece sussultare. 

Mina si alzò e aprì la porta, poggiandosi sullo stipite. - Dobbiamo aspettare cinque minuti, Dora, te l’ho detto. - Disse, cercando di mantenersi calma. 

Tonks la guardò con grande apprensione. - Io non ho ancora capito se lo vuoi o no. - 

Mina non rispose, ma guardò l’orologio che aveva sul polso; non era passato nemmeno un minuto, ma posò comunque lo sguardo anche sul bastoncino di plastica che teneva tra le dita. Sbuffò, portandosi una mano al volto, lasciandosi poi attraversare dal pensiero che, in fondo, forse, non doveva essere così male avere dei figli se tutto il mondo o quasi li desiderava. Immaginò una bambina dai capelli neri e gli occhi grigi come quella del sogno, la pensò già undicenne con indosso una divisa da Grifondoro e magari come cercatrice della squadra di quidditch della sua casa, si ritrovò a sorridere. In quel bagno, dove nessuno poteva vederla, Mina sentiva di poter ammettere che, forse, quell’idea non le dispiaceva poi così tanto.  

Che cosa stupida, pensò però poi, maledicendosi; far crescere un bambino a Grimmauld Place, tra teste di elfi domestici morti e con l’orribile quadro di Walburga Black che gli gridava dietro cattiverie, non era proprio quello che ogni madre desiderava.  

Mina abbassò gli occhi sul test di gravidaza, notando che ben due righe rosse si stavano facendo sempre più marcate. Sentì il suo cuore saltare un battito e si portò una mano al petto. Non poteva di certo dire che non se lo aspettava, ma da qui a vedere la prova del fatto che aveva ragione…  

- Allora? - Chiese Tonks, impaziente, scrutando l’espressione illeggibile dell’amica. 

Mina alzò lo sguardo su di lei e si lasciò sfuggire un sorriso, senza riuscire a mettere insieme una frase di senso compiuto. Sentì i suoi occhi diventare sempre più umidi e si portò le mani alla faccia, scoppiando in lacrime, mentre un mare di paure la trascinò via all’improvviso, facendo mutare la sua espressione.  

- Oh, cazzo, sei incinta, vero? - Domandò Tonks, sgranando gli occhi e prendendola per le spalle, scuotendola un po’. 

Mina annuì, piangendo ancora più forte, scossa da violenti singhiozzi. -  H-ho paura che… di n-non essere una buona m-mamma e che Sirius non lo v-voglia per davvero, ho paura… che moriremo t-tutti. -  

Tonks la abbracciò, non l’aveva mai fatto e questo la sorprese a tal punto che Mina riuscì a smettere di singhiozzare, spalancando lo sguardo. Poi Dora le prese il volto tra le mani, lo sguardo commosso e pieno di gioia, un sorriso gli illuminava tutta la faccia. - Mina, ma che dici? Tu sarai bravissima, Sirius impazzirà dalla gioia e nessuno morirà! -  

- M-ma V-voldemort… -

- Che si fotta, quel pelato! - Esclamò Tonks, scoppiando a ridere. - Questa è una cosa bellissima! Ho sempre desiderato una sorta di nipotino, lo sai? - 

- Ma dovrà vivere a Grimmauld Place… - Mormorò Mina, piena di ansia e angoscia. 

Tonks alzò le spalle. - E allora? Anche Sirius è cresciuto lì e non è venuto su poi così tanto male, dai. - Disse, cercando di credere a ciò che diceva ma, davanti all’espressione di Mina, che palesemente non era d’accordo, fece un sorriso divertito. - Va bene, magari non è la persona più equilibrata sulla faccia della terra, ma sicuramente non è colpa di quella casa. Dopotutto è solo una casa, Mina; ciò che veramente conta è essere amati e questo bambino sarà circondato d’amore. E poi non vivrete lì per sempre. -   

Mina, con le labbra ancora all’ingiù, sembrò tranquillizzarsi. - Mi sento così strana… avevo già qualche sospetto, ma non ci posso credere. - Disse, tirando su con il naso. 

Tonks la guardò, piena di tenerezza. - Prenditi una giornata libera oggi, passo io all’Ufficio Misteri per avvertire che non vai. Così puoi dirlo subito a Sirius. - 

Mina scosse la testa. - Ma no, Dora, gliene parlerò stasera, non ti preoccupare. - Disse, asciugandosi gli occhi ancora lucidi. 

- Chissà che faccia farà Remus, quando lo verrà a sapere. - Si lasciò sfuggire Tonks, mentre insieme a Mina usciva dal bagno, riversandosi nei corridoi affollati del Ministero. 

Mina la guardò aggrottando la fronte. - Che faccia farà Sirius, casomai. - Ribatté. - Certo che sei proprio cotta di lui, ormai… - 

- Ma se siamo cugini! - Esclamò Tonks, scoppiando a ridere. - E poi ci sei tu. - 

- Intendevo di mio fratello. - Disse Mina, ridendo anche lei. - Si vede lontano un miglio che ti piace e che tu piaci a lui. Solo che lui è un coglione e ti sta propinando la scusa del “sono troppo lupo mannaro per te”, è così, vero? - 

I capelli di Tonks divennero improvvisamente color rosso scarlatto. - Ma no… - 

Mina sospirò compiaciuta. - Non ti arrendere con lui, Dora. Anche tu gli piaci e anche tanto. - Disse all’amica, continuando a camminare verso l’ascensore che l’avrebbe portata all’ufficio. - E poi a mio figlio serve un cugino con cui partire per Hogwarts! - 

 

Qualche ora più tardi la Stanza della Morte dell'Ufficio Misteri era nel caos più totale. Le urla e le risate dei Mangiamorte echeggiavano acute e terrificanti, sbattendo sulla pietra e rimbombando nella testa di Mina come esplosioni mentre gli incantesimi illuminavano tutto di rosso e verde. La donna saltò da una panca all'altra, continuando a scendere fino a raggiungere il fondo della cavità, avanzò verso la piattaforma schivando fiotti di luce e cercando disperatamente il viso di Sirius, mentre i sussurri provenienti dall'arco di pietra si facevano sempre più vicini. Mina vide Kingsley duellare contro due Mangiamorte, Tonks e Remus che, fianco a fianco, affrontavano Malfoy e, qualche metro più in là, Harry stava trascinando Neville via dal centro dello scontro. Sirius, invece, era vicino l'arco e stava facendo incantesimi contro Bellatrix. Mina sentì l’adrenalina scorrere forte nelle sue vene; non si buttava in un duello da anni, troppi anni, ma non poteva lasciare che se la cavasse da solo.  Corse da lui e lo raggiunse, la bacchetta stretta in pugno, respinse una maledizione lanciata dalla Mangiamorte, proteggendolo.

- Che diamine ci fai qui, Sirius? - Urlò lei, con rabbia. - Ti rendi conto che sei ancora ricercato e che siamo al Ministero? - 

Lui non rispose ma le sorrise, sembrava così vivo. Poi dalla sua bacchetta partì un lampo di luce rossa che Bellatrix bloccò senza difficoltà. Si chinarono entrambi di scatto, un getto di luce verde mancò Sirius per un soffio e lei si sentì tremare dalla paura. 

- Ti prego, vattene, ci penso io a lei. - Disse Mina, stringendo forte il braccio dell’uomo. 

Bellatrix rise, un suono glaciale, inquietante, che la fece rabbrividire, mentre tutto intorno a loro la battaglia si stava spegnendo. Sirius schivò un altro fiotto di luce e derise la cugina. - Avanti, puoi fare di meglio! - Le gridò, la voce echeggiante nella sala. 

Mina gli lanciò uno sguardo di rimprovero e poi lui protesse entrambi da una maledizione lanciata da un altro mangiamorte, che si era aggiunto alla lotta. Erano schiena contro schiena e si guardavano le spalle a vicenda. - Come ai vecchi tempi, eh? - Esclamò lui, sogghignando. 

- Non fare l'idiota e concentrati! - Gridò lei, lanciando uno schiantesimo che colpì il mangiamorte, facendolo cadere all'indietro. 

Lo sentì ridere e poi staccarsi da lei per evitare un colpo.

Mina si voltò verso di lui e lo guardò per accertarsi che stesse bene. Sirius le sorrise, ma poi l'ennesimo fascio di luce lo colpì in pieno petto, il colpo gli fece sgranare gli occhi. Mina si sentì attraversata da un brivido. Vide l’arco, era a pochi passi da loro e Sirius che ci stava cadendo dentro con estrema e disarmante lentezza. Fece un passo in avanti, stese un braccio verso di lui, forse poteva ancora farcela, forse poteva recuperarlo. - No… - Sussurrò, la mano ancora a mezz’aria rivolta nella sua direzione. 

Il corpo di Sirius si piegò con grazia e cadde all'indietro. Mina colse un misto di paura e stupore sul suo volto sciupato, mentre varcava l'antica soglia e spariva dietro il velo, che per un momento ondeggiò come scosso da un forte vento, e poi cadde immobile. 

Bellatrix, a pochi metri da lei, urlò trionfante e poi Mina sentì Harry chiamare il padrino come se ne dipendesse la sua stessa vita. Fu allora che percepì il dolore; forte, straziante, insopportabile, un male indescrivibile che le stava lacerando l'anima pezzo dopo pezzo, facendosi spazio dentro a quel cuore che quasi temeva stesse per esplodere nel suo petto. 

Pensò al bambino che portava in grembo e poi si ritrovò accasciata a terra, gli occhi vacui rivolti all'arco e il respiro mozzato e, quando le mani di suo fratello la tirarono su, Mina desiderò di morire lì, in quel preciso istante. Ogni singolo secondo da quel momento in poi fu atroce, ogni attimo peggiore del precedente. La sua mente prese a torturarla mentre Remus la trascinava fuori dalla Stanza della Morte, trattenendo le lacrime. 

Sirius aveva sofferto? Aveva avuto paura? Doveva restare con lui quel giorno, se solo fosse rimasta a Grimmauld Place forse lo avrebbe convinto a restare a casa, forse ora sarebbe ancora vivo, forse… forse… se solo fosse stata un passo più avanti, se solo fosse riuscita ad afferrarlo… 

Mina liberò dalla presa del fratello, ritrovandosi a correre con furia e senza fiato, la bacchetta ancora stretta in pugno, seguendo Bellatrix Lestrange. Voleva ucciderla, ma prima l’avrebbe fatta soffrire, voleva che ogni singola cellula del suo corpo gridasse di dolore, voleva che implorasse di farla finita. Mina non pensava di essere capace di provare un sentimento così, non pensava che l’odio esistesse davvero fino a quel momento. Lanciò una maledizione e la Mangiamorte cadde ridendo, ma si alzò senza difficoltà e riprese a correre. La schiantò, Bellatrix cadde una seconda volta e fu quello il momento in cui Mina riuscì a raggiungerla. 

- Crucio! - Urlò in lacrime. 

Bellatrix strillò e si contorse di dolore, ma per un solo attimo, prima di voltarsi verso di lei con un ghigno malefico dipinto sul volto. - Sei arrabbiata? - Le chiese, con voce infantile. - Sei arrabbiata perché lo amavi, vero, piccola sporca mezzosangue? Sì, mi ricordo di te… mi ricordo di voi. -                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       

Mina, in piedi a pochi passi dalla Mangiamorte, ancora a terra, tremava, senza più la forza di alzare la bacchetta contro di lei. La guardò alzarsi con estrema calma, afferrare di nuovo la bacchetta e avvicinarsi, guardandola come se godesse del suo dolore.  

- Ti insegno io come si fa… - Disse. - Crucio! - 

Il dolore era così intenso, così devastante, che per un attimo si dimenticò dove si trovasse; dimenticò il suo nome e il motivo per il quale era lì. Aprì gli occhi, capì che era caduta a terra, ai piedi della Mangiamorte, che continuava a torturarla. 

Forse la testa le sarebbe esplosa, forse le sue viscere avrebbero preso fuoco, il suo corpo sarebbe andato distrutto, ma quel dolore non era niente rispetto a quello che provava la sua anima. Sirius se ne era andato e forse anche lei se ne sarebbe andata, anzi, lo sperava. Sarebbe tornata da lui, da Lily e James, finalmente sarebbero stati insieme. 

Mina smise di urlare quando il dolore cessò, poi alzò la testa verso Bellatrix rivolgendole uno sguardo che trasudava supplica. La vide alzare di nuovo la bacchetta; chiuse gli occhi, ormai arresa ma, poco prima che la formula uscisse fuori dalle labbra della Mangiamorte, qualcuno alle spalle di Mina la colpì con un getto di luce rossa, facendola volare di qualche metro. 

Delle mani afferrarono Mina da dietro, alzandola di peso e trascinandola via. 

- Non posso rischiare di perdere anche te, non oggi. - Le disse Remus, tenendola ferma. 

Mina gridò e si dimenò come non mai, lo riempì di insulti, ma Remus non fece una piega, si prese tutta la sua rabbia, come se fosse una cosa preziosa. 

- Ti odio, Remus! Ti odio! - Urlava sua sorella mentre la trascinava di peso fuori da quel posto. - Perché non glielo hai lasciato fare? Ti odio! Voglio andare da lui! - 

La portò fuori dal Ministero e, una volta in mezzo all’esterno, Mina si chiese come fosse possibile che qualcuno avesse ancora voglia di respirare dopo quello che era successo. Alzò lo sguardo verso Remus, i suoi occhi color ambra erano lucidi, Mina si ancorò a lui scoppiando in lacrime come mai aveva fatto in vita sua. - Non sono riuscita a salvarlo. - Disse, e la sua voce era come un lamento di un animale morente. - Non potrò mai perdonarmelo, non sono riuscita a prenderlo in tempo… non ci sono riuscita. - 

- Non è colpa tua. - Rispose Remus, che non riusciva a dire nient’altro, davanti a quella valanga di dolore. - Non è colpa di nessuno. - 

 

Raga, che vi devo dire, scrivere questo capitolo è stato difficile, ho dovuto lottare contro la voglia di non farlo morire, ma sappiamo tutti che comunque è stata una perdita necessaria alla storia. Harry doveva perdere ogni punto di riferimento, quindi Sirius doveva morire. Ora staremo a vedere come si evolveranno le cose. 

Le recensioni sono molto gradite. 

Clar

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Capitolo 14
*** Capitolo 13. Eclissi ***



Che fatica scrivere del dolore, so che questa è solo una stupida fanfiction e anche piuttosto mediocre, solo che boh... questo capitolo è stato particolarmente difficile da scrivere per motivi personali, ma in qualche modo è stato anche terapeutico, quindi mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. 
Buona lettura! 
 

La vecchia casa della famiglia Black era più tetra e cupa che mai, oppressa dal silenzio e dall'oscurità della notte più buia e lunga di sempre. In mezzo al corridoio, Remus guardò sua sorella, impassibile, silenziosa, gli occhi verdi e spalancati sembravano ciechi, l'espressione era vacua e terribile. Si era spenta come una candela consumata. La prese per mano e lei non protestò, salì le scale, un passo dopo l'altro come se non fosse del tutto presente a se stessa e, una volta in camera sua, Mina si lasciò spogliare senza alcuna vergogna, per poi farsi mettere il pigiama come un padre avrebbe fatto con la figlia. Remus la fece sdraiare sul letto e poi le rimboccò le coperte ben strette intorno al corpo, come piaceva a lei; rimase lì, immobile, a guardarla fissare il soffitto senza dire niente, come una bambola di porcellana. 

Non aveva avuto il tempo e la possibilità di piangere il suo migliore amico, doveva proteggere sua sorella dalla disperazione, ma adesso Remus sentiva una voglia fortissima di rompere tutto, urlare, tirare pugni e farsi del male. Prese un respiro profondo e si calmò, poi si sedette sul letto e si tolse le scarpe, sdraiandosi accanto a lei, rivolto nella sua direzione. Mina non si mosse di un centimetro.

Il suo viso era diverso, sembrava invecchiata di cent'anni, ma allo stesso tempo pareva di nuovo la bambina spaventata che, dopo l'attacco di Grayback, non aveva parlato per più di un anno. Remus le spostò una ciocca di capelli biondi dalla faccia, cercando disperatamente una sua reazione, ma di nuovo lei rimase ferma, con gli occhi fissi sul soffitto. Si chiese cosa le passasse per la testa, cosa stesse pensando chiusa in quella bolla di dolore, se lì dentro si sentiva al sicuro o se stava solo rivivendo la morte di Sirius nella sua mente, come un terribile circolo. 

- Mina. - La chiamò sussurrando. - Ti prego, dimmi qualcosa, o almeno guardami. - 

Nessuna reazione. Solo silenzio, un silenzio tagliente e affilato come una grossa e fredda lama pronta a trapassarti. Dagli occhi dell'uomo uscì una sola lacrima, singhiozzò stringendo la sua inerme sorella tra le sue braccia, il dolore così familiare della perdita che lo stava prendendo, facendo di lui ciò che voleva, come un burattino nelle mani di un terribile mostro. Si sentiva attanagliato, perso, immobile davanti al dolore più cupo.

Mina, invece, aveva come l’impressione di aver pianto per tutta la vita, di non essere mai stata felice, come se un dolore cronico l’avesse accompagnata da sempre. - Rem… - La voce di lei era bassa e secca, ma sul suo volto, girato verso di lui, si era acceso qualcosa di indecifrabile. - Sono incinta. - 

Remus scattò a sedere, guardandola con gli occhi sgranati e la bocca aperta. - Cosa… Mina, sei sicura? - Le chiese, e sul viso apparve un lampo di gioia. 

Lei annuì. - Sì, ho fatto il test poche ore fa. - Spiegò. 

Remus, senza parole, sentì quasi l’impulso di sorridere, ma poi impallidì e subito la sua espressione mutò. - Sirius lo sapeva? - Domandò, cauto. 

Mina scosse la testa e singhiozzò. - Volevo scrivergli, ma poi ho pensato che sarebbe stato meglio dirglielo dal vivo, volevo godermi la sua espressione… e adesso lui è morto, Rem. Sirius è morto e mio figlio non potrà avere un padre. - 

Rimasero in quel letto per un tempo che non riuscirono a calcolare, finché Grimmauld Place non si riempì di nuovo di gente, le loro voci arrivavano dal piano di sotto infastidendo Mina, che però si sforzò di alzarsi per ricongiungersi di nuovo con i membri dell'Ordine della Fenice. C'erano tutti: i signori Weasley, Molly la abbracciò strettissima, con gli occhi azzurri gonfi di lacrime; Tonks, i capelli grigi e crespi e il viso sconvolto dal dolore; Kingsley, che le mise una mano sulla spalla senza dire niente; Moody, che la salutò dall'altra parte della stanza con un cenno; e Silente, che dall'alto del suo naso adunco le sorrise dolcemente. Nessuno si sedette al posto di Sirius e Mina guardò quella sedia vuota, senza dire una parola per tutto il tempo. 

Quasi all'alba, mentre lei aveva deciso di lasciare la cucina per trovare un po' di pace nel salotto vuoto, seduta su uno dei divani, Piton arrivò al numero dodici, portando con sé una provetta da pozionista piena di un liquido blu. - Prendila, Lupin, ti farà stare meglio per un po'. - Le disse, lasciandola di stucco porgendole la provetta. - Condoglianze per Black. -  

Mina la prese, le mani tremanti e gli occhi in quelli neri e vuoti di Piton. - Cos'è? - Chiese.

- Una semplice pozione calmante. Ti darà un po' di pace per qualche ora. - Rispose il professore. 

- Tu l'hai presa quando è morta Lily? È per questo che l'hai preparata per me, perché mi capisci? -

L'espressione solitamente indecifrabile di Piton vacillò. - Non so di cosa tu stia parlando. - Disse, tornando in sé nel giro di un secondo o forse meno.  

Lei annuì. - Grazie, Severus. - 

Le guance di Piton si accesero di un tenue rossore. Non disse niente, si voltò e uscì dal salotto per raggiungere la cucina. 

 

Seduta sulla riva del Lago Nero, Mina guardava Sirius Black che usciva dall'acqua, i capelli bagnati buttati all'indietro e un sorriso ampio sul suo viso giovane e bellissimo. Il cielo sopra Hogwarts era limpido, nemmeno una nuvola faceva compagnia al sole, che batteva forte seccando i prati una volta verdi e rendendo incandescenti le mura del castello. Quella spiaggia era sempre stato il loro posto preferito, ci andavano da sempre, all'inizio per rilassarsi e poi per fare l'amore senza essere disturbati. Sirius si sedette al suo fianco, scrollandosi come un cane appena uscito dall'acqua e bagnandola tutta. - Ma la smetterai di fare l'idiota? - Chiese Mina ridendo e buttandosi su di lui.

- Mai. - Rispose Sirius, bloccandola.

La ragazza lo accarezzò piano, cercando di incidere quel volto nella sua memoria per sempre. Era così bello, sembrava al meglio dei suoi anni e totalmente inconsapevole di tutto quello che gli sarebbe successo. Ma non era lo stesso per lei; lei sapeva. - Sirius, tu sei morto. - Sussurrò, mentre gli occhi le diventavano umidi. - Mi manchi. -

- Lo so, anche tu manchi a me. - Rispose lui, sdraiandosi al suo fianco e prendendola tra le braccia.

- Voglio venire con te. Portami con te! - Esclamò lei, in tono di supplica.

Sirius scosse la testa. - Un giorno accadrà, ma è un giorno molto lontano. - Disse.

- Ma almeno stai bene? - Chiese Mina, voltandosi per guardalo negli occhi, dove le parve di vedere il grigio dell'iride muoversi in una strana danza di colori.

Lui parve pensarci su, lo sguardo nel suo. - Non lo so, Mina. Qui è tutto strano… sono tutti strani, hanno perso se stessi in questo posto. - Rispose. - Non voglio perdere me stesso. -

Mina sussultò. - Che vuol dire? - Domandò scuotendolo, mentre il volto di lui sembrava perdere vita man mano che i secondi scorrevano. - Sirius? Guardami, ti prego… non mi lasciare… -

Dal Lago Nero si alzò un'onda altissima, Mina la vide diventare alta quanto il castello, per poi riversarsi su di loro con estrama violenza…

 

La donna si svegliò urlando e in preda al panico, un dolore lancinante le bruciava nel petto, che si alzava e abbassava velocemente. Si trovava a Grimmauld Place, nella stanza che aveva diviso con Sirius, gli stendardi di Grifondoro e i poster babbani erano illuminati dalla luce del sole, che sembrava spuntato da diverse ore. A terra, in un angolo, erano stati ammucchiati i suoi vestiti, sul comodino di destra, il più vicino a lei, c'era una tazza e una povetta vuota, sul comodino di sinistra c'era una lampada e la bacchetta appartenuta a Sirius Black. Probabilmente l'aveva lasciata cadere mentre moriva e qualcuno l'aveva recuperata. Mina si allungò per afferrarla: circa tredici pollici, legno di truciolo, piuma di fenice; non era la stessa lui che aveva usato durante la scuola. 

La ripose di nuovo sul comodino e poi si alzò dal letto e uscì dalla stanza. Nel corridoio faceva freddo, nonostante fosse giugno inoltrato, e le tende erano state tirate tutte, dando all'ambiente un'aria spettrale e tetra. Al primo piano c'era silenzio, ma di sotto Mina poteva sentire delle voci provenire dalla cucina. Erano passata una settimana e, mentre scendeva le scale, Mina si domandò come aveva fatto a sopravvivere a un dolore così atroce e acuto, che adesso stava quasi diventando cronico, come una malattia. Osservò le teste degli elfi domestici attaccate alla parete e i quadri, che se ne stavano zitti e addormentati per la maggior parte. Non riusciva a sopportare quella quiete, quel silenzio, e nemmeno lo scorrere della vita fuori dal numero dodici. Se la casa avesse rispecchiato il suo stato d'animo, i ritratti avrebbero urlato di dolore e di rabbia, Grimmauld Place avrebbe preso fuoco e poi si sarebbe spenta diventando un cumulo di macerie e cenere. Era così che si sentiva, in pezzi, rotta, senza più una forma. 

Una volta sulla soglia della cucina, vide le facce di diversi membri dell'Ordine. Remus e Tonks erano seduti ai due lati opposti del tavolo, Malocchio era al centro, accanto a Arthur Weasley e a Kingsley, Molly era la più vicina alla porta e quando la vide la invitò ad entrare, posandole una mano sulla schiena e guidandola verso una sedia vuota. - Hai fame, cara? Ho fatto uno sformato, ma se vuoi c'è anche della torta e dei biscotti. - Molly le parlò con enorme dolcezza.

- No, grazie. - Disse, asciutta, sedendosi. Sentì gli sguardi di tutti su di lei, pesanti e pieni di pietà.

- Prairie, sono giorni che non mangi niente. - Sospirò Remus, chiamandola come quando erano bambini, la voce che trasudava preoccupazione. - Sei incinta e… - 

- Lo so che sono incinta, Rem; grazie tante. - Lo interruppe lei. - Ma ho lo stomaco chiuso. - 

Era stato in qualche modo anche rassicurante scoprire che era vero, che era incinta, che Sirius le aveva lasciato qualcosa, un segno della sua presenza su quella terra, eppure le aveva fatto male. Non aveva mai sentito il desiderio di diventare una madre, era sempre stato il sogno di Sirius, avere una famiglia, ma adesso lui non c’era più.  

- Tesoro, lo so. - Disse Tonks, che intanto si era seduta al suo fianco. Aveva un aspetto orrendo, sembrava che anche lei non toccasse cibo da giorni, aveva le occhiaie, i capelli grigio topo, crespi e legati in una coda. - Devi pensare al bambino, Sirius non vorrebbe che tu… - 

- Non sappiamo cosa vorrebbe Sirius, dato che è morto. - Ribatté Mina, senza permettere a Tonks di finire di parlare. Poi prese un respiro profondo, cercando di calmare tutta la sua rabbia. Alzò lo sguardo verso Malocchio. - Harry può passare l'estate qui con me, Alastor? - Domandò. 

L'auror scosse la testa. - La casa dei suoi zii è più sicura per lui, soprattutto adesso. - Rispose.

- Ma sono sicuro che gli farebbe molto piacere se tu lo andassi a trovare. - Aggiunse Remus. 

Molly, che aveva appena fatto del tea, ne versò un po' in una tazza e gliela mise davanti, insieme a un piatto pieno di biscotti al cioccolato. Mina ne prese uno tra le dita e lo guardò, prima di portarselo alla bocca. Masticò lentamente, assaporando il sapore della pasta frolla e delle gocce di cioccolato e, quando terminò, per un secondo, si sentì un po' meglio. - Non avremo mai indietro da quel velo il corpo di Sirius. - Disse, improvvisamente lucida, la voce dritta e ferma. - Ma vorrei comunque fare qualcosa per lui. Un funerale, o qualcosa del genere. E dobbiamo riabilitare il suo nome; la sua vita è stata un inferno, ma voglio che tutti se lo ricordino per chi era realmente. - 

- Conosco un bravo giornalista della Gazzetta del Profeta, ci penserà lui. - Rispose Arthur Weasley. 

- E possiamo organizzare qualcosa in suo onore quando vuoi, potrebbe essere un modo per andare avanti. - Commentò Molly, mettendole una mano sulla spalla, la voce speranzosa.  

Mina rise, un suono freddo e privo di qualsiasi allegria. Si voltò lentamente verso la signora Weasley scuotendo la testa, con gli occhi lucidi e il viso pieno di dolore. - Io non andrò mai avanti, Molly. Non voglio farlo. - Disse, a denti stretti, il tono assurdamente gioviale.  

La temperatura nella stanza parve crollare bruscamente. 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14. Il nome di una stella ***


Ultimamente sono un po' presa male, penso di scrivere di merda e mi deprimo. La storia, come ho già detto, l'ho praticamente scritta tutta, ma non faccio altro che correggerla e correggerla, cadendo sempre in meccanismi che mi rendono molto insicura. Comunque se volete lasciare un commento (anche e soprattutto critiche) sarei davvero contenta; per ora godetevi questo capitolo numero quattordici. 
Clar


 

In una sala d’aspetto di un ospedale babbano, quattro ragazzi e una ragazza stavano attendendo che qualcuno uscisse dalla porta del reparto di ostetricia da almeno tre ore. James Potter camminava avanti e indietro, passandosi una mano tra i capelli almeno una volta al minuto, ma non per scompigliarli come al solito, ma con nervosismo, come un gesto involontario volto a calmarlo. Peter Minus se ne stava seduto su una delle sedie di plastica, mangiando un biscotto al cioccolato, si guardava intorno con fare nervoso, proprio come un roditore, i capelli chiari e già radi; accanto a lui, Remus Lupin se ne stava seduto composto, in un rattoppato completo che era appartenuto a suo padre, il viso ancora giovane ma segnato da una lunghissima cicatrice fresca. 

Sirius Black, invece, era seduto a terra e guardava l’amico camminare come se si trattasse di una partita di tennis. Mina posò lo sguardo su di lui: era vestito come se fosse appena uscito dal videoclip di crazy little thing called love; una maglietta bianca, i jeans, una giacca di pelle anche se fuori facevano almeno trenta gradi. I capelli neri gli arrivavano alle spalle ed erano tirati indietro da un paio di occhiali da sole. Se ne stava lì, piuttosto annoiato, forse non capiva il perché di tanta preoccupazione, ed effettivamente nemmeno Mina la capiva.

- Sirius, perché non porti un po’ James a fare un giro? - Fece la ragazza, irritata dal continuo fare avanti e indietro di Ramoso. - Magari andate a prendere del tea per tutti? - 

- Non mi muovo da qui. - Rispose James, senza smettere di camminare. 

Sirius alzò gli occhi al cielo, guardando la fidanzata. - Ti prometto che io non farò così quando avremo dei figli. - Le disse. 

Mina inarcò le sopracciglia. - Noi non avremo mai dei figli, Sirius. - 

 

La mattina del primo gennaio 1997 fu tra le più fredde della vita di Remus Lupin. Aveva nevicato per tutta la notte, ma questo non aveva fermato i festeggiamenti per il nuovo anno ma, alle prime luci dell’alba, Londra si presentava silenziosa come durante un lungo assedio, e bianca, proprio come ci si aspettava che fosse dopo una tempesta di neve. L’aria profumava di camino, ed era gelida e tagliente, si abbatteva sul suo viso segnato senza sosta, facendogli lacrimare gli occhi e costringendolo a stringersi forte nella sua giacca logora. Aveva fatto più in fretta che potesse, lasciando quel branco di lupi mannari con una scusa e si era smaterializzanosi, anche se lo detestava, atterrando poi a poca distanza dall’ospedale. Era sicuro che Silente non se la sarebbe presa per il fatto di aver lasciato la missione in sospeso, non era assolutamente quella la cosa che lo preoccupava, bensì rivedere Tonks dopo mesi gli procurava molta più angoscia.

Remus entrò dalla porta girevole e percorse un lungo corridoio seguendo le indicazioni verso il reparto di ostetricia, e poi la notò: era lì, seduta accanto ad una donna molto più vecchia di lei. 

- Ce l’hai fatta. - Disse Dora, freddamente, quando lui fu abbastanza vicino. - Mamma, lui è Remus Lupin… il fratello di Mina. - Aggiunse, rivolgendosi alla donna al suo fianco.  

Andromeda Tonks lo guardò di sottecchi. - Quindi è lui il famoso Remus. - Fece, tra sé e sé. 

Remus arrossì. Ninfadora aveva parlato di lui a sua madre? Si sentì in imbarazzo, ma strinse comunque la mano della donna con decisione. - Dov’è Mina? Sta bene? - Chiese, subito dopo. 

- È ancora dentro, credo che ne avrà ancora per molto, poverina. - Rispose Andromeda. - Anche Sirius è nato in anticipo, avevo otto anni, ma me lo ricordo benissimo. - 

Remus si lasciò cadere su una delle sedie di plastica del lungo corridoio e Tonks lo guardò. Sembrava così stanco, molto più del solito. Aveva una cicatrice nuova sul volto già segnato, lo feriva in orizzontale sulla guancia destra, e sembrava non consumare un pasto decente da tanto tempo. Tonks si sedette accanto a lui, ma lui non la degnò di uno sguardo. - Come stai? - Chiese. 

- Bene, Ninfadora. - Rispose Remus.

- Non si direbbe. - Ribatté lei. 

Remus non disse niente, ma anzi guardò Andromeda trafficare con la macchinetta del caffè dall’altra parte del corridoio. - Credo che tua madre abbia bisogno di una mano. - Fece poi. 

Tonks scosse la testa. - Vuoi spingermi via anche qui? - Domandò, dopo un verso sprezzante. 

- Dora, per favore, non è il momento di parlare ancora una volta di questo. - Disse lui, stanco. 

Tonks incrociò le braccia sul petto, stringendo le labbra e osservando sua madre che tornava verso di loro con in mano due bicchieri di plastica pieni di caffè. Ne offrì uno alla figlia e uno a Remus, che accettò volentieri, anche se un po’ intimorito da quella donna, così simile nell’aspetto a sua sorella Bellatrix. 

Passarono altre due ore prima che la porta del reparto di ostetricia si spalancasse, ormai il sole era sorto del tutto, illuminando la neve fuori dalle mura dell’ospedale. Non appena videro comparire sulla soglia una giovane dottoressa sorridente, Remus, Dora e Andromeda scattarono in piedi. 

- Lei deve essere il padre della bambina! - Esclamò la dottoressa, rivolgendosi a Remus. 

- È una bambina? - Chiesero in coro Tonks e sua madre, sorridendo felici. 

Remus invece sentì i suoi occhi pizzicare e pensò a Sirius. - Possiamo vederla? - Domandò. 

- Certo, ma per ora può entrare solo lei. - Rispose la dottoressa, ancora convinta che fosse lui il padre della piccola. - Venga pure, le faccio strada. - 

La seguì, voltandosi una sola volta verso Tonks, che gli rivolse uno sguardo commosso prima che la porta si chiudesse. Dentro il reparto puzzava di disinfettante, il corridoio era lungo e ben illuminato, pieno di porte come ci si poteva aspettare, regnava il silenzio, ma ogni tanto si sentiva piangere un bambino da qualche stanza. La dottoressa lo guidò fino ad una delle tante porte chiuse e Remus entrò senza esitare né bussare. Era una stanza singola, dalle pareti bianche, dalla finestra entravano timidi raggi di sole che illuminavano Mina, che se ne stava nel letto con lo schienale rialzato. Non la vedeva da mesi, ma gli sembrò che stesse bene, o almeno meglio rispetto dell’ultima volta, nonostante il volto stanco e un po’ emaciato. Teneva tra le braccia la neonata, minuscola, i piccoli pugni stretti stretti e la testa piena di capelli scuri. 

- Ciao, Rem. - Lo salutò Mina, facendo un sorriso molto triste. - Stai bene? - Gli chiese. 

- Dovrei essere io a farti questa domanda. - Rispose Remus, avvicinandosi. - Non pensavo che sarebbe nata così presto, altrimenti sarei tornato molto prima. Come ti senti? Lei come sta? - 

Mina scrollò le spalle, poi abbassò il viso verso la figlia. - Sta benissimo, vuoi prenderla in braccio? - Chiese, con voce dolce.

Remus annuì subito e la prese, con un po’ di timore, tra le braccia. - Come si chiama? - Domandò, con gli occhi già lucidi. 

- Alya. - Rispose Mina, guardandoli commossa. 

- Alya… hai il nome di una stella come il tuo papà, lo sai? - Sussurrò Remus. - E sei bellissima. - 

La donna annuì. - Somiglia a lui. - Disse, con voce tremante, cercando di resistere, di non piangere per Sirius almeno il giorno della nascita di sua figlia. - Vorrei tanto averlo ancora qui. Sarebbe così felice, impazzirebbe dalla gioia, lo so. - 

Remus si sedette sul bordo del letto, mettendo la bambina un’altra volta tra le braccia della madre. - Ma tu dici sempre che l’anima è immortale, quindi magari è qui con noi proprio adesso. -

Mina scosse la testa, stringendo gli occhi pieni di lacrime. - Non ce la faccio da sola… - Disse. 

- A proposito di questo… - Iniziò lui, alzandosi in piedi. - Ho parlato con papà. - 

Lei spalancò le palpebre, piena di disapprovazione. - Cosa gli hai detto, Remus? - Urlò. 

- Tutto. Sa tutto. - Rispose Remus, calmo e pacato. - Non puoi continuare a vivere a Grimmauld Place, non ti fa bene, ma non puoi nemmeno tornare a Ottery St Catchpole, dato che saresti sola. - 

- Non voglio tornare a vivere da lui. - Ribatté Mina, indignata. - Tu avevi detto che saresti rimasto con me, che ci saremmo trasferiti a casa mia, e ora ti tiri indietro? Preferisco rimanere a Grimmauld Place, piuttosto che dovermi sorbire nostro padre e tutte le cose che avrebbe da ridire su Sirius e mia figlia, almeno lì ogni tanto lo sento ancora. - 

Remus prese un respiro profondo. - Mina, devi smetterla. Lui non tornerà, lo vuoi capire? Non entrerà mai più al numero dodici, non lo ritroverai in cucina da un momento all’altro. - Sbottò. 

- Questo lo so benissimo, non sono stupida. - Ribatté lei, glaciale. - Non voglio vivere con nostro padre, contavo sul suo aiuto, ma a quanto pare mi sbagliavo. - 

- Sarebbe pericoloso per voi tenermi in casa, lo sai. - Disse Remus. 

- Severus ti farebbe la pozione ogni mese, emerito idiota. - 

Remus alzò un sopracciglio. - Da quanto Piton è diventato Severus? - Chiese alla sorella. 

Mina fece un gesto sbrigativo con la mano. - Senti, lui mi rifornisce di pozioni per tenermi su di morale ogni volta che ne ho bisogno, non gli costa niente fare anche un po’ di pozione antilupo per te. - Disse, svelta. - Devi tornare ad assumerla, e magari così la smetti anche di comportarti da stronzo con Tonks. - 

- No, aspetta, forse non ho capito molto bene… Severus Piton ti sta praticamente somministrando degli antidepressivi? - Chiese Remus, sempre più perplesso. - Mina, non so se ti fa bene… - 

Mina sbuffò. - Non sono antidepressivi, sono pozioni. - Lo corresse interrompendolo.  

Remus guardò sua sorella sempre più sorpreso, poi abbassò lo sguardo. - Non posso permettermi di pagare gli ingredienti della pozione antilupo, lo sai. - Le disse.

Lei inclinò la testa, alzando gli occhi al cielo. - Non essere sciocco, Rem. Ci penso io. - Rispose. 

- Non posso accettare, Mina… - Borbottò l’uomo. 

Mina gli prese la mano. - Ho bisogno di te. - Gli disse, guardandolo negli occhi. - Tua nipote ha bisogno di te. Tu sei il suo padrino, devi stare con lei, dato che suo padre non c’è più. Sirius lo avrebbe fatto per Harry, quindi tu lo farai per Alya. - 

Lui sospirò, stringendo le labbra. Poi annuì. - Va bene… ma comunque papà vuole conoscerla lo stesso, quindi aspettati una sua visita a breve. - Sospirò. 

- Cosa ha detto quando gli hai raccontato tutto? - Chiese Mina, cullando la bambina, che si era svegliava e ora agitava i piccoli pugni tenendo gli occhi grigi spalancati. 

Remus fece un sorriso amaro. - Diciamo che ancora non stravede per Sirius, ma gli dispiace che tu l’abbia perso. E poi ha detto di avere finalmente una nipote, che aveva perso le speranze. - 

Mina rise sommessamente. - Magari sarà migliore come nonno di quanto sia stato come padre. - 

- Magari riuscirete a fare pace per davvero, dopo tutti questi anni, ricostruire un rapporto. - Fece Remus. - Sei riuscita a riappacificarti con Severus, quindi non mi sembra impossibile che tu ci riesca con nostro padre. - Aggiunse ridendo sarcastico. 

Mina lo guardò male ma rise ancora. - Mi stai prendendo in giro? James e Sirius sarebbero fieri di te, Lunastorta. - Esclamò, la voce felice e chiara come non era da tempo. 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15. ***


Ci ho messo una vita a pubblicare e lo so, perdonatemi, ma i capitoli di passaggio sono sempre super difficili e, inoltre, in questo periodo non mi soddisfa nulla di ciò che scrivo, nemmeno la lista della spesa. Buona lettura e fatemi sapere se lo avete trovato noioso! 


L'ultima lezione di quel pomeriggio era appena terminata e gli studenti di Hogwarts si stavano riversando in massa nei corridoi affollati. Era il 3 maggio del 1977 e i Malandrini, ormai quasi alla fine del loro sesto anno, stavano camminando tra gli spintoni degli studenti ammucchiati, parlottando tra loro, appena venuti fuori dall'aula di incantesimi. 

- Non ho capito nulla. - Disse Peter afflitto, i capelli ritti in testa per tutte le volte in cui ci aveva passato in mezzo le dita in seguito a qualche attacco di disperazione. 

- Cos'è che non hai capito? - Chiese Remus gentile. - Posso aiutarti io. -

- Remus, te l'ho detto. - Ripeté lui, vergognandosi. - Non ho capito un accidente. -

Sirius e James scossero il capo contemporaneamente. - Sei senza speranza. Codaliscia. - Commentò il primo. 

Gli altri risero; Peter un po' meno, ancora preso dalle sue preoccupazioni e da tutte le sue angosce per i compiti che avrebbe dovuto svolgere quel pomeriggio.

Avanzando con qualche difficoltà per il lungo corridoio sempre meno pieno di gente, Sirius si fermò davanti alla biblioteca, attirando su di sé gli sguardi sorpresi dei suoi tre amici. - Stai per entrare davvero lì dentro? - Chiese Remus, incredulo. - Non mi dire che vuoi metterti a studiare. -   

Sirius guardò Remus, come sconcertato. - Non essere ridicolo. - Gli disse. - Io e Mina andiamo a lago questo pomeriggio, la sto aspettando. -

Negli occhi di James apparve un lampo, mentre quelli di Remus si fecero piccoli piccoli e presero ad osservarlo attentamente. - E perché andate al lago? - Chiese infatti, sospettoso. 

Sirius scrollò le spalle. - Perché è una bella giornata, c’è il sole e che ne so; è lei che lo ha proposto. - Rispose, scocciato. - Volete venire anche voi? - Aggiunse, con il tono di chi sperava con tutto se stesso di ricevere un no.

- Io ho troppo da studiare. - Si lamentò Peter, ancora crucciato. - Proprio non posso. - 

- Sicuramente sentiremo la tua mancanza. - Disse Sirius, con una punta di sarcasmo nella voce chiara. - E tu, Ramoso, vieni? - Domandò a James. 

James sembrò combattuto e guardò l’amico molto intensamente. - S… no. No. Io e Lily abbiamo un cosa da fare, eh sì. - Farfugliò, poco convinto, prima di posare lo sguardo su Remus. - Lunastorta, perché non vieni con noi? -

- No, preferisco andare con loro. Come dice Felpato è una bella giornata. - Rispose Remus, che ancora guardava con sospetto Sirius. 

L’altro si lasciò scappare un sonoro sospiro e, nello stesso istante, la porta della biblioteca si spalancò e una ragazza di sedici anni, i capelli biondi che le arrivavano alle spalle e la divisa da Grifondoro, li raggiunse con pochi passi, tenendo su una spalla una borsa che sembrava molto pesante. Sirius gliela tolse, con uno slancio di cavalleria che la lasciò perplessa. - Wow, Black, cosa ti è successo? - Disse Mina, ridendo, mentre il gruppetto si dirigeva fuori dal castello. 

- Non ti ci abituare. - Ribatté lui, sorridendole. 

Peter li salutò poco prima dell’uscita, mentre James, che alla fine aveva deciso di rimanere con loro, tirò fuori dalla tasca un boccino d’oro, cominciando a giocarci con nonchalance, mentre camminava accanto a Sirius. - Ti è andata male, eh, Felpato. - Sussurrò sogghignando all’amico. 

Sirius teneva lo sguardo cupo sulla schiena di Remus Lupin, che camminava davanti ai due malandrini insieme alla sorella. - Remus è davvero pesante a volte. - Sospirò. 

James gli diede raggiunge annuendo, poi lasciò svolazzare il boccino davanti al suo naso, prima di acchiapparlo per l’ennesima volta. - Magari se gli dici che tu e Mina state insieme le cose potrebbero cambiare. - 

- Sì, come no. Già adesso è praticamente impossibile stare da solo con lei, figurati se lo venisse a sapere. - Borbottò Sirius. - Inoltre lei dice che è troppo presto per rendere la cosa pubblica, che vuole fare le cose con calma, che si sente in imbarazzo… - Sospirò sonoramente, affranto. - Nessuna ragazza mi ha mai tenuto nascosto, solo lei; di solito non vedono l’ora di dirlo a tutta la scuola. Mina invece si vergogna di me. - 

James rise sommessamente, dandogli una pacca sulla spalla. - L’hai scelta tu, amico, lo sapevi dall’inizio quanto è strana. - Disse, soave.

Una volta sulla riva del lago, Mina acchiappò il boccino d’oro di James prima dell’amico e si sedette a terra, sull’erba. Il sole era alto nel cielo e faceva caldo. Accanto a lei, Sirius si sbottonò per intero la camicia della divisa e Mina arrossì, distogliendo lo sguardo. Stavano insieme da pochi mesi, e il contatto fisico tra loro era ancora limitato a qualche timido bacio che lei gli concedeva quando erano soli, il cuore pieno di timidezza e le mani segretamente impazienti di poterlo toccare.

- Sai che non potresti portare la divisa in questo modo, Sirius? - Gli disse, rimproverandolo. 

- Uh, la piccola Lupin vuole togliermi punti, da bravo prefetto? - La prese in giro lui, sorridendo. 

Mina alzò gli occhi al cielo. - No, è che vorrei evitare di attirare il tuo fan club qui da noi. Sai, non mi piacciono molto le oche, sono rumorose. - Disse, acidamente. 

Sirius scrollò le spalle, facendo un sorrisetto beffardo. - Che c’è, sei gelosa? - Mormorò, avvicinandosi per non farsi sentire a Remus.  

- Ti piacerebbe. - Rispose lei, con le guance accese. 

- Effettivamente un po’ sì. - Ammise Sirius. - Davvero non lo sei? Nemmeno un po’? - 

Mina sbuffò, guardandolo male. - Ma figurati! No che non lo sono. No, no. - Esclamò, lasciandosi però sfuggire una risatina nervosa. - Ma quanto sei egocentrico? - 

Lui la guardò divertito, avvicinandosi un altro po’. -  Sono innamorato di te. - Disse. 

Mina sussultò, facendo saettare lo sguardo allarmato verso Remus, che stava leggendo meno di due metri da loro. - Sei pazzo? - Sussurrò, tornando a guardare Sirius negli occhi. - La prima volta non puoi dirmelo così, davanti a tutti! - 

Sirius soffocò una risata. - Va bene, allora dopo andiamo in un luogo appartato così posso dirti che ti amo, va bene? - 

Lei si sentì arrossire fino alla punta delle orecchie. - Ma piantala… - Borbottò, per poi rivolgere lo sguardo al castello, da cui stavano uscendo tantissimi studenti che avevano finalmente terminato le lezioni. Tra tutti notò Severus Piton, che camminava da solo, come al solito. - Guardate chi c’è. - Sogghignò, attirando l’attenzione degli altri. 

Remus alzò gli occhi dal suo libro di storia della magia solo per un attimo, per poi tornare con il naso incollato alla pagina, mentre James e Sirius si misero sugli attenti, osservando il Serpeverde che si avvicinava al Lago Nero. - Ma secondo voi ogni tanto se li lava i capelli? - Fece James. 

- Probabilmente non si lava nemmeno il resto, che schifo. - Rispose Sirius. 

Mina lanciò uno sguardo al lago; era calmo, ma nessuno aveva il coraggio di immergersi. Settembre stava ormai per terminare e, nonostante la bella giornata di sole, le temperature si erano abbassate rendendo l’acqua gelida.  - Potremmo aiutarlo con l’igiene personale. - Buttò lì la ragazza. 

- Vuoi fare il bagno a Mocciosus? - Le chiese Sirius, ridendo. 

- Non come pensi tu, Felpato. - Disse, alzandosi in piedi. - Secondo voi sa nuotare? - 

James alzò le spalle e Remus gli occhi dal libro, chiudendolo di scatto. - Mina, toglitelo dalla testa. - La rimproverò il lupo mannaro, che già aveva capito dove volesse andare a parare. 

Sirius, invece, guardava la ragazza con molto interesse. - Secondo me un bagnetto può solo che fargli bene. - Disse, alzandosi, imitato subito dopo da James. 

I tre si avvicinarono a Piton di soppiatto. - Hey! - Esclamò Mina, facendolo sobbalzare. 

Piton reagì con una rapidità sorprendente, come se si fosse aspettato un attacco: lasciò cadere la borsa a terra e infilò una mano nella toga, estraendo la bacchetta. 

- Expelliarmus! - Gridò James, che intanto aveva sfoderato la sua. 

La bacchetta di Piton fece un volo di tre metri e cadde sul prato, dietro di lui. Sirius rise, divertito, la risata simile a un latrato. - Questo non è un posto molto felice per te, vero, Mocciosus? - Gli disse, avvicinandosi. - Proprio qui, tutta la scuola ti ha visto in mutande, giusto? - 

Mina fece un’espressione disgustata. - Chissà se le avrà cambiate da allora. - 

- Vuoi dare un’occhiata? - Chiese Sirius, ridendo, la bacchetta puntata su Piton. 

Lei scosse la testa e poi sfoderò la sua. Partì un lampo di luce e Piton si sollevò a mezz’aria, scalciando nel nulla. Erano a pochi passi dalla riva, Mina fece volare il Serpeverde fin sopra lo specchio d’acqua. - Non avrai mica paura… o forse sì? - Sogghignò, guardandolo agitarsi. 

Lo lasciò andare e Piton cadde nel lago, emergendo pochi secondi dopo, tra le risate degli studenti che, nel frattempo, si erano riuniti a guardare la scena.   

- Tu… aspetta che… aspetta e vedrai! - Ansimò Piton, uscendo dall’acqua, la divisa appiccicata sul corpo magrissimo, i capelli che gli ricadevano ai lati della faccia pallida. 

Raccolse la sua bacchetta e la puntò su Mina, sferrando un attacco, che lei però riuscì a parare senza sforzo. Ne seguì un duello serrato e, mentre la folla si riuniva intorno ai due, Piton sembrò scosso da un fremito di rabbia. Con un incantesimo non verbale, riucì a disarmare la ragazza, che alzò le mani, in segno di resa e ghignò, piuttosto divertita, davanti all’espressione furente di Piton. Sirius e James, alle spalle della ragazza, si lanciarono uno sguardo fugace, cercando di capire se fosse il caso di intervenire o meno, ma rimasero immobili. 

- Bravo, Piton. - Disse Mina, sinceramente colpita. - Noto che sei migliorato, ottimo. -  

Piton tremò di rabbia. - Tu sei… sei… - 

- Cosa sono, Mocciosus? Vuoi chiamarmi mezzosangue, come hai fatto con Lily? - Sibilò lei, sogghignando. - A proposito, hai saputo che adesso lei e James escono insieme? - 

Le labbra e le mani di Piton tremarono, mentre gli occhi si scontrarono per un attimo con quelli di James, che non trattenne un sorrisetto beffardo. 

Mina, invece, si voltò, percorse i metri che la separavano dalla sua bacchetta e si abbassò per raccoglierla. Mosse qualche passo verso i due Grifondoro, quando, dietro di lei, Piton gridò un incantesimo con voce tremante, e un dolore lancinante la colpì, facendole sgranare gli occhi. Fu come essere trapassata da un milione di lame; le mancò il fiato e, quando abbassò lo sguardo, notò che il sangue aveva tinto di rosso il prato ai suoi piedi. Mollò la bacchetta e si lasciò cadere a terra, circondata dalle urla degli altri studenti, il volto rivolto al cielo sgombro. I suoni divennero sempre più bassi e lontani, il suo campo visivo sempre più stretto. Mina chiuse gli occhi, si sentiva così stanca… ma poi qualcuno la scosse, e solo a quel punto, aprendo nuovamente le palpebre e scontrandosi con le iridi grigie di Sirius, la ragazza sentì la paura. 

- Sto per morire? - Chiese al ragazzo, a bassa voce.  

- No… stai con me - Le disse lui, con voce tremante e rotta, stringendola forte. 

Mina gli toccò piano il viso, puntando gli occhi nei suoi, come se da quello sguardo ne valesse la sua vita. - Guardami. - Sussurrò.

E poi tutto sembrò scivolare via. 

 

Le settimane che seguirono la nascita di Alya furono i più strani, tristi e felici della vita di Mina, che si ritrovò a guardare il mondo con occhi nuovi e il cuore gonfio di amore. Non pensava che fosse possibile amare così tanto un essere umano e si sorprendeva ogni volta che si ritrovava a guardarla mentre dormiva nella sua piccola culla accanto al suo letto, nel cottage a Ottery St Catchpole, dove si erano trasferite insieme a Remus durante la metà di gennaio. Lasciare Grimmauld Place era stata dura; quel posto era pieno di ricordi, in ogni angolo aveva baciato Sirius e, spesso, le sembrava di sentirlo ancora. Ma non era il posto adatto ad una bambina, con quell’orribile elfo domestico che aveva condannato suo padre, con il quadro della mamma di Sirius, che quasi impazzì quando si rese conto che quella neonata mezzosangue era l’erede dei Black. Così aveva raccolto le sue cose e quelle di Sirius e se ne era andata, con il cuore stretto nel petto e le lacrime agli occhi. 

Ma fu il primo giorno di lavoro all’Ufficio Misteri il più terribile di tutti, e Mina lo passò quasi per intero nella Stanza Della Morte, a fissare quell’arco e a lottare contro la voglia di attraversarlo. Così, senza nessun preavviso, si licenziò, ripromettendosi che non avrebbe mai più messo piede in quel posto. Non fu difficile per lei trovare un altro lavoro, e adesso, tutte le mattine, Mina si alzava e raggiungeva il Ghirigoro, la libreria dei maghi a Diagon Alley, dove lavorava come commessa. Quando Remus non c’era, e capitava piuttosto spesso, della bambina si occupava Andromeda, che si era rivelata un'amica fantastica proprio come sua figlia. Circa a metà febbraio, Lyall Lupin si presentò davanti a casa sua, con un regalo per la bambina e tantissime domande per la figlia e, quando se ne andò, Mina si sentì anche peggio del solito. Aveva odiato parlare di Sirius con lui perché, solo adesso che era morto, suo padre gli aveva rivolto qualche parola gentile. 

Nonostante in quella casa si respirasse un’aria di pace per la maggior parte del tempo, fuori da quelle mura sicure la seconda guerra magica era esplosa più violenta che mai. Le persone sparivano di continuo, gli attacchi dei dissennatori erano ormai all’ordine del giorno.  

In compenso, proprio lo stesso pomeriggio, Piton era andata a trovarla per lasciarle la pozione antilupo per Remus e qualcosa per lei, in caso le fosse servito, rimanendo addirittura per un tea. Era sempre strano avere a che fare con lui, Piton non sembrava molto abituato ad avere degli amici e non sorrideva mai, era come se dentro non avesse più nulla e Mina temeva che, prima o poi, anche lei avrebbe fatto la sua stessa fine, rimanendo un involucro vuoto e freddo. 

- Non credo di averti mai chiesto scusa per tutto quello che ti ho fatto a scuola. - Disse ad un certo punto lei, posando la tazza sul tavolino della sala. - Be’, ecco… scusa. Anche da parte di Sirius. - 

Piton la guardò di sottecchi. - Non ti preoccupare, Lupin. - Rispose. - E poi ti ho quasi uccisa una volta, credo che siamo pari. - 

Mina annuì, portandosi la tazza alle labbra e bevendo. - Potresti chiamarmi per nome, se vuoi, se te la senti. Nessuno mi chiama mai con il cognome. - Disse.  

- Preferisco di no. - Ribatté lui, impassibile. 

Mina inarcò le sopracciglia, poi la bambina, nella carrozzina a poca distanza dai due, scoppiò a piangere e la donna si alzò, prendendola in braccio. Si voltò e tornò a sedersi sul divano, sotto lo sguardo attento di Piton. - Vuoi prenderla in braccio? - Domandò con un sorriso.

- Non ci penso proprio, Lupin. - Rispose il professore secco, ma l’espressione solitamente impassibile aveva traballato per un attimo e questo non era sfuggito a Mina. 

La donna continuò a sorridere, per poi porgere la neonata verso l’uomo. - Avanti. - Lo prego. 

Piton esitò ancora. - Non credo sia il caso… - Tentò di dire, ritrovandosi la bambina tra le braccia. 

- Ecco, hai visto che è facile? - Sospirò Mina, abbandonandosi sullo schienale del divano, il volto soddisfatto e la tazza in mano. - Secondo me le piaci. - Aggiunse. 

- Ha solo un mese di vita, non sa neanche di stare al mondo. - Obiettò Piton, passandola di nuovo alla madre. Non aveva mai tenuto in braccio un bambino. - Ora me ne vado. - 

- Oh… va bene. - Disse Mina, quasi dispiaciuta. - Grazie ancora per la pozione, mi sei davvero di grande aiuto. - Si alzò in piedi, accompagnandolo alla porta. 

- Ci vediamo il prossimo mese. - La salutò lui, voltandosi. 

Mina indugiò sulla soglia e poi fece un passo in avanti. - Senti, Piton, aspetta un attimo! - Esclamò, richiamando di nuovo la sua attenzione. - La vita è orribile; tu sei solo, io sono sola e probabilmente passerò tutto il resto di questa giornata a piangere; quindi mi chiedevo se… ti va di rimanere a cena. Se vuoi. Non sentirti in obbligo! - 

Piton arricciò le labbra, l’espressione illeggibile. - Non mi sembra il caso. - Rispose. 

Mina si sentì avvampare. - No, aspetta, non fraintendere, non sei il mio tipo. - Chiarì, scandalizzata e nervosa insieme. - È solo che mi sento… - 

- Sola. - La anticipò Piton, guardandola. 

Mina annuì. - Mi sento come se non potessi mai più essere felice. - Rivelò, triste. - Anzi, sono sicura che non lo sarò mai più. Non come prima, almeno. - 

- Infatti è così, non tornerai ad essere quella di una volta, non ti illudere. - Rispose Piton. 

La donna fece un sorriso amaro. - Finalmente qualcuno che mi dice la verità. Tutti non fanno altro che ripetere che tra qualche anno starò meglio, che la vita può essere ancora bella e che devo essere felice per Alya, solo che mi sembra impossibile.  - Sospirò. - Vedi, tu mi capisci. Quindi puoi restare, per favore? - 

Piton strinse gli occhi scuri e vuoti e poi tornò indietro e, senza dire niente, entrò in casa. 

Mina lo seguì, chiudendosi la porta alle spalle. - È un sì? - Domandò, allegra. 

- Sì. - Rispose Piton, senza inflessione nella voce fredda. 

Mina sorrise, senza preoccuparsi di celare l’entusiasmo. - Bene! - Esclamò. - Però io non so cucinare, quindi dovremmo ordinare qualcosa. - 

- Non ti preoccupare, Lupin, faccio io. - Disse lui, e per un attimo, quasi sorrise. 

Lei aggrottò la fronte. - Tu… cucini? - Chiese, piuttosto incredula, immaginandolo ai fornelli, con tanto di grembiule allacciata attorno alla vita. 

- Sono un pozionista, quindi sì. - Fece Piton, camminando annoiato verso la cucina. 

Mina lo seguì, incuriosita. - Anche io ero brava in pozioni, ma sono comunque una pessima cuoca. - Ribatté. - Mentre Sirius era piuttosto mediocre ma bravo ai fornelli. - 

- Eri brava in pozioni solo perché studiavi senza sosta, mentre Black era mediocre perché non avrà mai aperto un libro in sette anni. - Spiegò Piton, aprendo il frigorifero e dando un’occhiata dentro. - Che desolazione, cosa mangi di solito? - 

Lei alzò le spalle. - Cibo da asporto, le cose che mi porta Andromeda… - Disse, facendo un gesto sbrigativo con la mano. - Quello che capita. - 

Piton prese una zucchina tutta raggrinzita e la guardò. - Mi arrangerò con quello che hai, ho capito. - Sentenziò, cominciando a trafficare con gli ingredienti. 

- Oppure potremmo trasfigurare qualcosa! - Propose lei. 

- No, lasciami lavorare, Lupin. - Obiettò il professore.

Mina sorrise, divertita come non lo era da tempo e lo guardò iniziare a cucinare, seduta su una delle sedie della cucina. - Sai, mi ricordi un po’ mio padre in questo momento. - 

- I tuoi problemi con la figura paterna non mi interessano. - Disse Piton, cominciando a tagliare alcune verdure. 

- Non ho detto che ho un problema con mio padre, solo che me lo ricordi. - Ribatté Mina, incrociando le braccia sul petto. - Era solo per dire, per parlare, per fare conversazione. - 

- Una che, superati i sedici anni, si sente ancora attratta da un come Black, ha per forza problemi con la figura paterna, mettiti l’anima in pace. - Spiegò l’uomo. 

Lei gli lanciò uno sguardo torvo. - E uno che è ancora innamorato della sua amichetta d’infanzia che, per altro, è anche morta moltissimi anni fa, di cosa soffre? -

Piton posò il coltello sul banco dal lavoro e si voltò verso di lei, guardandola con un’espressione che Mina non vedeva da anni su quel volto giallastro. La bocca era semiaperta, le sopracciglia corrucciate, per un attimo sembrò di nuovo il ragazzino che lei e gli altri avevano tormentato a Hogwarts. Poi si voltò di nuovo e riprese a tagliuzzare di nuovo le verdure, senza dire niente. 

- Scusami, Severus. Sono stata davvero indelicata e inopportuna. - Si affrettò a dire Mina, anche se non poco sforzo, alzandosi in piedi. - Lily era una persona meravigliosa. - 

Piton buttò le verdure in una padella e, di nuovo, non disse niente. 

- E comunque hai ragione, ho chiaramente problemi con la figura paterna, adesso che mi ci fai pensare. - Continuò a dire lei. - Sono una donna adulta e ancora mi interessa la sua approvazione. Questa mattina è venuto a trovarmi e mi sono sentita tesa per tutto il tempo, ho odiato ogni momento in sua compagnia. Tu, invece, che rapporto avevi con i tuoi genitori? - 

- Un rapporto normale. - Rispose Piton, freddo ed evasivo come al solito, mescolando il contenuto della padella. Poi sospirò e tornò a parlare: - Mia madre era una strega, mio padre un babbano. Non andavano molto d’accordo. - Raccontò. 

Per un attimo, Mina ebbe l’impressione che Piton stesse tentando veramente di cimentarsi in una vera conversazione con lei, e ne fu felice. - Mia madre era una babbana! - Disse tentando di assecondarlo. - I miei genitori, però, si amavano molto, sono stati sposati per quarant'anni, nonostante fossero praticamente opposti. Mio padre si divertiva tantissimo nel mondo dei babbani, e mamma adorava la magia. - 

- Mio padre la detestava. - Rispose l’uomo, voltandosi a guardarla. 

Cenarono poco più tardi, seduti uno di fronte all’altra, divisi dal tavolo di legno della cucina. Piton le raccontò di come aveva conosciuto Lily, in quel parchetto nella cittadina in cui erano cresciuti, e Mina parlò del suo primo incontro con Sirius, sull’Espresso per Hogwarts. - Era già così bello, così sicuro di sé, credo di essermi innamorata di lui due secondi dopo averlo guardato. - Disse, sorridendo nostalgica. - Ma lui si è accorto di me solo molti anni più tardi, quando avevo quasi perso ogni speranza. - 

Piton rimase in silenzio per una manciata di secondi, guardando la donna davanti a sé come se la vedesse per la prima volta, per poi ritrovarsi a sospirare. - Abbiamo speso la nostra intera esistenza per degli amori che non erano scritti nel destino. - Disse, piano. 

- Però non siamo ancora morti e nemmeno poi così vecchi. Un giorno potrebbe esserci spazio per qualcun altro. - Tentò di dire Mina, anche se non ci credeva per niente. 

Piton la guardò senza dire niente, le labbra strette e gli occhi vuoti; era palese che non fosse per niente d’accordo con lei, ma forse non se la sentiva di spegnere quel lieve e rarissimo bagliore di ottimismo a cui la donna si era lasciata andare. 

Poi Mina sospirò. - Il fatto è che non credo di volere qualcun altro. Ne ora ne mai. Anche solo guardare un altro uomo mi fa sentire come se lo stessi tradendo. - Disse, funebre e cupa come non mai. - Voglio lui. Voglio tirarlo fuori di lì, darei qualsiasi cosa, qualsiasi. - 

- Non puoi. - Tagliò corto Piton, senza nessuna delicatezza. 

- Se solo fossi riuscita ad afferrarlo, se solo fosse lì dentro ma ancora vivo… - 

- Non è vivo. - Ribatté l’uomo. - E tu non avresti potuto far niente. Non c’ero, ma mi è stato detto che è stato colpito da una maledizione, quindi probabilmente è passato dall’altra parte del velo che era già morto. - 

Lei scosse la testa, guardandolo seria. - No, ci siamo guardati poco prima che cadesse oltre quel velo. Ho visto l’espressione del suo volto… lui era spaventato e sorpreso insieme, quindi c’era ancora. Era vivo. - Disse. - Se solo avessi la certezza che se ne è andato io credo che starei meglio. Mi metterei l’anima in pace, capisci? - 

- Non ti illudere, non staresti meglio. - Obiettò Piton, prima di alzarsi in piedi. - Grazie per la cena, Lupin. Adesso è meglio che vada. - Dichiarò. 

- Grazie a te che hai cucinato. Non facevo un pasto vero e proprio dai tempi di Grimmauld Place. - Rispose lei, seguendolo verso la porta. - E grazie anche di aver parlato un po’ con me. -

Lui assunse nuovamente la sua tipica espressione illeggibile, si girò e varcò la soglia della porta, muovendo qualche passo, prima di sparire, accompagnato dal suono spezzato della smaterializzazione. 

Mina passò tutto il resto del sera da sola con sua figlia. Le piaceva molto parlarle, raccontandole di suo padre, di chi era stato e di quanto sicuramente l’avrebbe amata. Vedeva così tanto di lui in lei, nei suoi capelli scuri e negli occhi che erano grigi, e spesso sentiva che Sirius era ancora con loro, da qualche parte nell’aria, sentiva la sua presenza e, quando in casa non c’era nessuno, Mina parlava anche con lui, lo pregava di dargli un segno, che però non arrivava mai. Solo una volta, quando era ancora a Grimmauld Place, aveva come sentito un brivido attraversarla mentre gli chiedeva disperatamente di farsi vedere. Remus aveva detto che era solo suggestione, che non era possibile, che non era così che funzionava la morte, ma Mina non era mai stata certa. Si chiese se fosse il caso o meno di tornare all’Ufficio Misteri, magari lo avrebbe tirato fuori da lì, o almeno avrebbe tirato fuori il suo corpo, così da avere un posto in cui piangerlo. C’era stato un caso simile più di mille anni prima, ma era poco documentato e in molti pensavano che fosse solo una leggenda. Nessuno torna indietro dalla morte. 

Verso le undici, Remus tornò a casa, trovando la sorella ancora sveglia a leggere. La prima cosa che fece, come tutte le volte, fu prendere in braccio sua nipote.  

- Se la svegli ti uccido. - Borbottò Mina, guardandolo male. - Dove sei stato? - 

Remus alzò le spalle e non rispose, prendendo a cullare piano la bambina, che dormiva ancora beata. Sembrava stare bene, vestito e pettinato come se fosse appena tornato da un appuntamento; forse riuscire e prendere la pozione antilupo lo stava aiutando davvero, eppure il suo sguardo era ancora così triste… 

- Come sta Ninfadora, Remus? - Chiese Mina, chiudendo il libro e guardandolo dal divano. 

- Non ne ho idea. - Rispose l’uomo, asciutto e senza esitazioni. 

Mina ghignò. - Pensi che lei non me lo dirà, se vi siete visti? Dovresti capire cosa vuoi e smetterla di fare l’idiota. Hai trovato una donna che ti ama e anche tu la ami, non sai quanto è raro avere la possibilità di stare con la propria anima gemella. - Gli disse, il tono di rimprovero. 

- Non è così facile. - Ribatté lui, muovendo appena le labbra. - Sono troppo vecchio per lei… - 

- Troppo povero e troppo pericoloso, sì, sì, conosco a memoria tutto il tuo repertorio, Remus. - Lo interruppe Mina. - Sirius era appena uscito da Azkaban dopo dodici anni, era ricercato e pieno di problemi, eppure io lo amo lo stesso. - 

- Sono due situazioni diverse, lui non era malato, stare con lui non ti avrebbe stigmatizzata per tutta la vita. - Rispose Remus, questa volta alterato. - Lei si merita uno giovane e sano. - 

Mina scosse piano la testa. - Lei si merita te, perché sei l’uomo che ama. - 

Lui si sedette accanto alla sorella, notando che, sul tavolino davanti al divano, c’erano due tazze e una teiera. - Hai visto qualcuno oggi pomeriggio? - Domandò, per cambiare discorso. 

- Sì, Severus è venuto a portarti la pozione e poi è rimasto anche a cena, cucinando lui, per giunta. - Rispose Mina. - Ha anche preso in braccio Alya. -

Remus alzò un sopracciglio, sorpreso. - Tu e Piton avete cenato insieme e poi lui ha preso in braccio la bambina? - Ripeté, sconcertato. 

- In realtà prima l’ha presa in braccio e poi abbiamo cenato insieme… - 

- Non è questo il punto, Mina. - Riprese Remus, quasi parlandole sopra, facendo un gesto sbrigativo con la mano. - Insomma, siete piuttosto intimi ultimamente, no? - 

Lei scrollò le spalle. - Abbiamo vissuto un lutto in qualche modo simile, quindi… sì. Che c’è di male in questo? - Chiese, un po’ infastidita dalle lievi insinuazioni del fratello. 

Remus la guardò, scrutando il viso di lei, come alla ricerca di qualcosa. - Ma guarda che io lo capisco se vuoi rifarti una vita. Solo che, dopo Sirius, mi aspettavo qualcuno che seguisse quella linea… insomma, uno bello e affascinante. Di certo non Severus Piton. - 

Mina sussultò, rimanendo a bocca aperta, le guance improvvisamente rosse. - Cosa vai farneticando? - Tuonò, indignata e divertita insieme. - Tu sei pazzo, Remus, sul serio. - 

Remus scoppiò a ridere, portandosi una mano al volto e scuotendo la testa. 

- Che cosa disgustosa… - Borbottò Mina, imbronciata. 

- E quindi ha preso in braccio Alya. - Continuò Remus, sogghignando. - Non so perché ma ho voglia di dire quello che direbbe Sirius dopo una cosa del genere. - 

- Prego. - Fece lei, con un gesto della mano, ridendo. 

Remus si schiarì la voce. - Strano che non ci abbia lasciato tutto l’unto, quell’idiota di Mocciosus! - Esclamò, con voce molto più profonda, prima di scoppiare a ridere. - A lui sarebbe venuta assolutamente meglio, che ci vuoi fare. - 

Il sorriso di Mina si fece un po’ più triste. - Mi manca tanto. - Sospirò. 

- Lo so, anche a me. - Rispose Remus, guardandola, e abbandonandosi sullo schienale del divano. - Comunque tu e Piton avete la mia piena benedizione. - Aggiunse, divertito. 

Mina gli lanciò uno sguardo torvo. 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16. ***


Scusate il ritardo, ma ho avuto un problema con internet e tantissme cose da fare! Anche questo, ahimé, è l'ennesimo capitolo di passaggio, ma un passaggio, a mio parere, piuttosto importante, quindi spero che non vi annoi troppo! So che avevo detto che la storia era finita, e lo era, solo che ho deciso di riscrivere la parte che mancava, quindi bo, fatemi sapere cosa ne pensate e buona lettura!


I corridoi erano pieni di striscioni, stendardi rossi e oro e studenti urlanti che indossavano divise da Grifondoro che la acclamavano mentre tra le mani teneva stretta la Coppa del Quidditch, che aveva vinto per la prima volta nelle vesti di capitano della squadra. Era il maggio 1979, il sole splendeva altissimo durante quella calda giornata ormai tipicamente estiva, e il suo settimo anno non poteva concludersi meglio di così. Tra qualche settimana avrebbe dovuto affrontare i M.A.G.O. e poi Hogwarts l’avrebbe finalmente lasciata tra le braccia del mondo esterno e questo solitamente la spaventava a morte, ma non in quel momento, non mentre si godeva la vittoria. 

La squadra di Serpeverde, qualche metro più in là, la guardava imbronciata, mentre mano a mano i suoi membri tornavano nel sotterraneo. Mina vide Regulus Black, il loro capitano, tanto simile al fratello, camminare verso di lei. - Complimenti, Lupin. - Gli disse, porgendole la mano, il viso ancora sporco di terra dopo una brutta caduta. - Con quella Finta Wronski mi hai praticamente steso. Non c’è che dire, sei stata brava. - 

Lei aggrottò la fronte e gli strinse la mano, piuttosto sorpresa. - Grazie, Black. E scusa… non volevo che ti schiantassi in quel modo. - Disse. 

Regulus sembrò arrossire, ma non diede altri segni di imbarazzo. Annuì in fretta, poi si voltò e se ne andò via senza aggiungere nient’altro. Quando anche Mina tornò a rivolgere lo sguardo verso i suoi compagni di classe, quasi le venne un colpo. 

- Piccola Lupin, vieni qua, fatti abbracciare! - Esclamò James Potter, andandole incontro, indossando la sua vecchia divisa, con una mano tra i capelli spettinati.

Mina sgranò gli occhi. - James? Cosa ci fai qui? Hai visto la mia Finta Wronski? - Chiese, buttandosi tra le sue braccia, per poi guardarsi intorno. - Sirius è con te? - 

James annuì, facendo un cenno verso l’amico, che se ne stava appoggiato contro un muro, a intrattenere una conversazione dall’aspetto molto piacevole con una giovane Grifondoro che ridacchiava in continuazione. Mina strinse gli occhi e camminò minacciosa verso di lui, seguita da James, che non vedeva l’ora di godersi la scena. - Ti sei intrufolato nel castello per fare lo scemo con le ragazzine del quinto anno, eh, Sirius? - Domandò Mina, le mani sui fianchi, lanciando occhiate omicide all’altra. - Tu, vattene via, non parlargli mai più o ti tolgo dei punti. - 

La ragazzina obbedì, correndo via quasi terrorizzata e facendo scoppiare a ridere Sirius e James. - Sei proprio scema, lo sai benissimo che mi sono intrufolato solo per vedere la partita. - Disse poi il primo, abbracciandola. - È stato bellissimo vedere mio fratello schiantarsi in quel modo! Sono così fiero di te, Piccola Lupin. -  

- In realtà sentiva la tua mancanza e non voleva aspettare altre tre settimane prima di vederti, ormai si lagna tutto il tempo. - Fece James, prendendo in giro l’amico. - Quindi eccoci qui! Ah, Remus ti saluta, non è potuto venire… il suo piccolo problema peloso. -

Mina guardò Sirius con uno sguardo pieno di tenerezza e poi lo baciò, intrecciando la mano con quella di lui. 

- Potter, Black, cosa fate qui? La scuola per voi è finita da un bel po’ di tempo! - Tuonò la professoressa McGranitt, arrivata di soppiatto. 

- Minerva! Posso chiamarla Minerva adesso, non è vero? - Fece Sirius, sorridendo beffardo alla strega. - Com’è vincere la Coppa per il quinto anno consecutivo? - 

- Non cambiare discorso, Black. Non potete stare qui. - Ribatté la professoressa. 

- La prego! Insomma, li guardi, sembrano ancora degli studenti! - Esclamò Mina. 

La McGranitt guardò di sottecchi i due ragazzi, che sorrisero con aria angelica e innocente. - Potter, sistemati la cravatta, tu Black, la camicia va nei pantaloni, te lo ripeto da otto anni. E toglietevi dal corridoio, andate a fare una passeggiata in giardino. - Disse, cercando di non sembrare divertita, prima andarsene. 

I tre esultarono, poi Sirius prese di nuovo la ragazza per mano. - Vatti a fare un giro, Ramoso, ci vediamo dopo! - Esclamò, incamminandosi. 

- Ma dove andate? - Chiese James, seguendoli. 

- Spero in un posto molto appartato! - Rispose Mina, sorridendo. 

Lo sguardo di James si accese. - Ah. Ovviamente. Be’... allora a più tardi, ragazzi! -

 

Il cielo sopra Hogwarts si stava quasi rischiarando, in attesa che sorgesse l’alba, e i corridoi vuoti, l'aria fresca e umida di quella notte d’inizio giugno, le trasmettevano uno strano senso di irrealtà. Era strano camminare di nuovo tra quelle mura, dopo tutti quegli anni; era stato strano anche indossare di nuovo la sua vecchia divisa, ma la cosa più assurda era sicuramente il fatto che, non solo si era intrufolata nel posto più sorvegliato del mondo, ma che lo aveva anche fatto trascinandosi dietro una neonata. 

I corridoi, illuminati da un fioco raggio di luna piena, erano così vuoti e silenziosi, come se si stessero preparando per la lunga giornata che li attendeva, e i passi di Mina rimbombavano rumorosi, sbattendo sulla pietra e invadendo tutto lo spazio attorno. 

La donna continuò a camminare in silenzio per un po’, lanciando occhiate nervose a sua figlia, beata e addormentata dentro una sorta di cestino rivestito di coperte; non aveva avuto altra scelta se non quella di portarla con sé. Dopotutto come poteva spiegare a qualcuno quello che stava per fare? Magari, quando Alya sarebbe diventata grande, lei le avrebbe raccontato di quella loro piccola notte d’avventura.

Mina salì le scale fino al terzo piano, percorse l’ennesimo lungo corridoio e si ritrovò davanti alla porta della biblioteca. Un mare di ricordi la attraversarono all’improvviso, facendola sorridere e commuovere insieme. Mise la mano libera sulla maniglia della porta ed entrò, ritrovandosi subito circondata da scaffali di legno e libri, l’odore di pergamena vecchia le invase immediatamente le narici. Era nella penombra più oscura e nel silenzio più assordante; tirò fuori la bacchetta e sussurrò: - Lumus. - Facendosi luce. 

Riprese a camminare, puntando dritta verso il reparto proibito. Era stata così tante volte tra quei particolari tomi; fin da subito si era interessata ai grandi misteri dell’universo, che quasi aveva letto tutto quello che si trovava in quel reparto. 

Posò il cestino su uno dei tavoli di legno e si avvicinò ai libri, leggendo i titoli stampati sulle copertine di pelle. Non sapeva da dove cominciare, non sapeva nemmeno cosa stesse cercando; dopotutto che cos’era quel velo? Perché si trovava nella Stanza della Morte? Se c’era una risposta a quelle domande, allora doveva essere per forza tra le pagine di qualche antico libro, e lei era intenzionata a trovarla. 

Mina tirò fuori un grosso tomo dalla copertina verde, lo guardò e, quando lo aprì, questo quasi la morse, finendo a terra con un forte tonfo che rimbombò nella quiete. Alya, dietro di lei, scoppiò a piangere disperata; le sue urla risuonarono in tutta la biblioteca, amplificate dal silenzio, facendo crollare Mina nel panico. Si affrettò ad andare da lei, la prese in braccio e la cullò, guardandosi intorno con sguardo preoccupato. 

Se qualcuno l’avesse scoperta, sarebbe finita in guai talmente grossi da non poter nemmeno immaginare. 

- Shh… ti prego, Aly, fai la brava… - Sussurrò, tesa, facendo saettare lo sguardo in giro. 

Mina notò il fioco bagliore di una bacchetta tra gli scaffali più in fondo, e la paura la colse all’improvviso. Con le mani tremanti e la bambina stretta a sé, cominciò a correre per uscire più in fretta possibile dalla biblioteca, quando una voce fredda tuonò: 

- Tu! - Facendola inchiodare, raggelata. 

Mina sentì i passi di Severus Piton raggiungela; ma rimase immobile, il cuore in gola e gonfio di angoscia, proprio come quando, ancora studentessa, veniva beccata fuori dal letto da qualche prefetto o da qualche professore. 

Una delle mani di lui la toccarono su una spalla, costringendola a voltarsi nella sua direzione e, quando si guardarono negli occhi, l’uomo si lasciò sfuggire un’espressione sorpresa. - Cosa ci fai qui, Lupin? Come sei entrata? - Chiese, freddo. 

Lei esitò. - Avevo voglia di leggere. - Rispose, beffarda e intimorita intimorita insieme. 

Piton le lanciò uno sguardo talmente torvo che avrebbe potuto ucciderla. - Incredibile quanto tu e Black vi somigliate. - Sibilò, come se fosse un insulto. Poi abbassò lo sguardo sulla bambina. - Come lui, sei completamente incosciente e non pensi prima di agire. - 

Mina sbuffò, alzando gli occhi al cielo. - Ho un deja-vu. Cose del genere sono successe così tante volte quando eravamo studenti. - Disse, facendo un sorrisetto. - Vuoi portarmi dal preside, Severus? Oppure preferisci togliere punti a Grifondoro? - 

Piton la guardò, se possibile, ancora peggio, ma non parlò, scrutandola. 

- Ti ricordi quando hai beccato me e Sirius in quell’aula, durante l’ultima settimana del vostro settimo anno? Ricordo che fu molto imbarazzante. - Continuò lei, in tono più urgente. - Potevi andare da Silente e spifferare tutto, ma non lo hai fatto. - 

- Non l’ho fatto solo perché tu e Black mi avete minacciato. - Ribatté lui, gelido. - Se mi dici cosa stavi facendo qui, e come sei entrata, ti lascerò andare, Lupin. - 

Mina indugiò, prendendosi tutto il tempo per rispondere, fissando il professore dritto negli occhi neri e vuoti. - Stavo cercando qualche informazione su quel velo. - Spiegò, con estrema calma. - Ho bisogno di sapere qualcosa. Non riesco a vivere così. - 

L’espressione di Piton quasi si rilassò. - E come sei entrata? - Ripeté. 

- Sono passata per la Stamberga Strillante. - Rispose Mina. 

Ci fu un attimo di assordante silenzio, e poi lui sospirò. - Quindi sei proprio decisa, vuoi tirare fuori Black da lì. - Disse Piton, senza inflessioni nella voce. 

- Se questo fosse possibile… sì. Chiaramente sì. - Fece lei. - Tu sai qualcosa a riguardo? - 

L’uomo scosse la testa. - No, ma posso procurarti qualche libro che c’è qui a scuola, senza che ti intrufoli commettendo una quantità inimmaginabile di reati. - Disse, con il suo solito ghigno. - Non vorrai mica ripercorrere in pieno le orme di Black, finendo ad Azkaban. Chi si occuperebbe della bambina, poi? - 

Mina assunse un’espressione sorpresa. - Tu mi stai offrendo il tuo aiuto? - Chiese, quasi senza parole. - Vuoi aiutarmi a tirare fuori Sirius da lì? Sul serio? -  

- No, Lupin, non essere sciocca. Penso ancora che il mondo sia un posto migliore senza di lui. - Ribatté Piton, con malignità. - Ma vorrei evitare che tu venga arrestata. - 

Mina strinse gli occhi, guardandolo di sottecchi, infastidita dalla prima parte del suo discorso. - Non devi parlare così di lui, Piton. - Sussurrò, con rabbia. 

Lui fece un gesto sbrigativo con una mano. - Li vuoi o no questi libri? - Obiettò. 

- Certo che li voglio. - Rispose Mina, sbuffando. 

- Bene. Te li porterò io tra qualche giorno. - Dichiarò, sicuro. -  Adesso prendi tua figlia e torna a casa. Come sei venuta fin qui, a proposito? - 

- Volando, ho lasciato la scopa alla Stamberga. Ci ho messo qualche ora. - Spiegò lei. 

Piton quasi sobbalzò. - Tu hai attraversato il paese portato tua figlia di sei mesi su una scopa, in piena notte? - Domandò, incredulo. 

- A lei piace volare. - Ribatté Mina, alzando gli occhi al cielo. - Quando piange facciamo sempre tantissimi giri; questa volta siamo arrivate fino in Scozia, che sarà mai? - 

Piton intrecciò le mani davanti a sé e sospirò. - È molto difficile lasciarmi senza parole, Mina; ma complimenti, ci sei riuscita. - Disse. 

Lei spalancò la bocca e inarcò le sopracciglia, poi le sue labbra si aprirono in un enorme sorriso, che le illuminò il volto. - Mi hai chiamata per nome! - Esclamò. 

L’uomo storse la bocca. - Torna a casa, Lupin, prima che cambi idea andando a chiamare gli auror. - Le intimò. 

Mina lo guardò, continuando a sorridere, intenerita. - Se Sirius dovesse davvero tornare gli dirò che mi hai aiutato a tirarlo fuori da lì. - Gli disse. - Grazie, Severus. Ti sarò per sempre debitrice, per tutta la vita, anche se questo non dovesse accadere. - 

- Davvero commovente. - Disse il professore, prima di passarle di fianco, allontanandosi. 

Mina si voltò nella sua direzione, guardando il lungo mantello di Piton muoversi nell’oscurità della biblioteca. Lo rincorse, raggiungendolo alla svelta. - Ma se restassi a dormire qui, per stanotte? - Propose, certa che fosse un’ottima idea.  

- Non puoi. - Tagliò corto lui, varcando la soglia della porta, ritrovandosi nel bel mezzo del corridoio del terzo piano. - Vai a casa, non puoi restare qui. - 

- Ma Alya è stanca! - Fece Mina, inchiodando davanti a lui, mostrandogli la bambina. 

Piton sbuffò, prima di raggirarla, continuando a camminare verso le scale. - Anche se indossi quella divisa non sei più una Grifondoro, non puoi dormire nella torre. - Spiegò. 

- Infatti pensavo di dormire nel tuo ufficio. - Disse Mina, tenendo il passo.  

- Pensavi male, Lupin. - Ribatté Piton. - Non so cosa tu ti sia messa in testa ultimamente, forse hai frainteso, ma non siamo amici. - 

- Ma sì che lo siamo, Sev. - Obiettò lei, quasi offesa. 

Piton sentì come se le suole delle sue scarpe si fossero fuse, incollandosi all'improvviso al pavimento di pietra, rendendogli impossibile muovere anche un solo passo. - Cosa hai detto? - Tuonò, fremendo, fissandola con gli occhi vuoti. 

- Che siamo amici… - Ripeté Mina, aggrottando la fronte, quasi intimorita. 

L’uomo si riscosse e riprese a camminare, svelto, come se fosse di fretta, lasciandola indietro. - Torna a casa, Lupin. - Le disse, per l’ennesima volta, senza nemmeno voltarsi. 

- Allora ci vediamo tra qualche giorno? - Chiese dunque lei, ad alta voce, con urgenza. 

- Vedremo. - Tagliò corto Piton, scendendo le scale e sparendo dalla sua vista. 

 

Seduta in modo scomposto sul divano del suo salotto, Mina fissava una pagina ingiallita di un antico libro rilegato in pelle, senza però guardarla davvero. A pochi metri da lei, invece, chino su un altro grosso e vecchio tomo, l’espressione seria, Severus Piton sembrava concentrato; gli occhi neri che si muovevano tra quelle righe senza sosta, alla ricerca di qualcosa. Mina sbuffò, chiudendo il libro che aveva tra le mani con un tonfo sordo, poi alzò gli occhi e prese a guardarsi intorno con aria triste. Proprio quel giorno ricorreva il primo anniversario della morte di Sirius e, nell’ultima settimana, casa sua si era riempita di libri di ogni genere, provenienti direttamente dalla biblioteca di Hogwarts. Alcuni erano innocui e normalissimi, altri erano pieni di magia e quasi impossibile da leggere, altri ancora erano scritti in lingue che risalivano a moltissimi secoli prima. Lei e Piton avevano cercato di dividerli per tipologie: sul tavolo, accanto all’uomo, c’erano quelli potenzialmente pericolosi, di cui solitamente si occupava lui, mentre accatastati vicino al divano c’erano quelli che leggeva Mina.  

Seduta sul tappeto, invece, Alya stava ormai seduta senza bisogno di nessun appoggio, circondata da una quantità indefinita di giocattoli. Mina la guardò e le sorrise. Alya aveva ormai sei mesi, e cresceva meravigliosamente, cimentandosi nei suoi primi esperimenti linguistici e tentando, di tanto in tanto, di gattonare. Non si somigliavano affatto, anzi, erano totalmente all’opposto, ma a lei non importava per niente; dopotutto era sempre stato Sirius quello bello tra loro due. 

Se la immaginò ad Hogwarts, con la divisa da Grifondoro; magari sarebbe stata una cercatrice, proprio come lei, o forse sarebbe stata pessima nel volo, proprio come suo padre. All’improvvisamente, uno strano pensiero la attraversò, facendola sussultare. 

- Severus. - Fece Mina, quasi allarmata, attirando l’attenzione del mago, che tirò su gli occhi dal libro, guardandola. - Tu quando hai dato i primi segni di magia? - Gli chiese, continuando a fissare Alya. 

Lui parve pensarci su per un attimo. - Non ne ho idea. - Rispose poi, tornando a leggere. 

- E se Alya fosse una magonò? - Mina si sentì raggelare soltanto dicendolo. 

Piton alzò gli occhi al cielo. - Lupin, sinceramente non mi interessa. - Disse, stizzito. 

- Sì ma se lo fosse? - Insistette lei. - Mia madre diceva che io e Remus facevamo piccoli incantesimi involontari fin da piccolissimi; io ho imparato prima a volare che a camminare. Lei ha già sei mesi… -  

- Se sarà una magonò frequenterà la scuola babbana e diventerà un medico o un avvocato. - Spiegò Piton, girando pagina. - Ma vedrai che non sarà così. - 

Mina sospirò, preoccupata. - Lo spero, vorrei che vedesse il luogo in cui io e suo padre ci siamo innamorati. - Mormorò, fissando il viso paffuto e florido della figlia. - Ti immagini quando arriverà a Hogwarts? Se buon sangue non mente darà un gran bel filo da torcere agli insegnanti. - Disse poi, facendo un sorrisetto. 

- Sinceramente spero di morire prima che arrivi quel giorno. - Obiettò Piton. - Torna a leggere; se avremo fortuna sarà Black ad accompagnarla in stazione tra undici anni. - 

Mina fece un strana smorfia, una sorta di sorriso estremamente triste e amaro, e poi si abbandonò sullo schienale del divano. Si sentiva così stanca, triste come non lo era da tanto tempo. - Sai… oggi è passato un anno. - Disse, a bassa voce. 

Piton mugugnò, ma non proferì parola e ne la guardò. 

- Mi sento così depressa; forse dovrei tornare a prendere quella pozione che mi preparavi all’inizio. - Continuò quindi Mina, funebre.  

Il professore sbuffò, chiudendo poi il libro. Era evidente che lei avesse l’estremo bisogno di parlare di Sirius; ormai lui si era abituato ad ascoltarla e, in qualche modo, si era reso conto che farlo gli faceva anche piuttosto piacere. - Magari, invece, potresti prendere in considerazione l’idea di uscire con qualcuno. - Ipotizzò, ad un certo punto. 

Mina trasalì e scosse freneticamente la testa. - Stai scherzando! - Esclamò, indignata. - Io non ci penso nemmeno, è troppo presto. Inoltre siamo qui per trovare un modo per tirare fuori Sirius di lì, che senso avrebbe uscire con un altro uomo? - 

Piton scrollò le spalle. - Pura e semplice distrazione fine a se stessa, Lupin; non ho detto che devi cercare l’amore della tua vita. - Spiegò, il tono annoiato. 

Lei incrociò le braccia sul petto. - Proprio tu mi dai un consiglio del genere? - 

Piton inarcò le sopracciglia. - Cosa intendi dire? - Domandò, improvvisamente curioso. 

- Che non mi sembra che tu sia uscito con altre donne da quando Lily è morta; anzi, da quando tu e lei avete litigato, in realtà. - Rispose Mina. 

- Io, al contrario di te, non ho molto tempo da sprecare in appuntamenti. - Ribatté Piton. 

Lei fece un gesto sconclusionato con una mano. - Questa è una scusa bella e buona che uso anche io quando si parla di questo argomento in particolare. - Decretò, alzando gli occhi al cielo. - Il fatto è che… la prospettiva di passare tutta la vita da sola mi spaventa, ma d’altra parte non riesco a vedermi insieme a nessun altro se non lui, capisci? - 

Piton annuì, sospirando. - Certo, ma sei anche troppo giovane e carina per rimanere semi vedova per sempre; Black non vorrebbe questo per te. -  

Mina sgranò gli occhi, sorridendo imbarazzata. - Troppo giovane e carina… grazie, Severus. - Farfugliò, sentendosi arrossire. - Comunque, conoscendo Sirius e il suo ego spropositato, non credo che sarebbe felice nel vedermi con un altro. - 

- Effettivamente era proprio quel tipo di persona. - Convenì Piton. - Ma questo non vuol dire niente. - 

- Vuol dire tutto, invece. - Ribatté Mina, e poi sospirò. - Ti ricordi quella cosa che faceva sempre Lily quando era triste? - Chiese poi all’uomo, con voce nostalgica. 

- Intendi quegli strani balletti? - Domandò Piton. 

Lei annuì e poi si alzò in piedi sorridendo, per raggiungere la radio sistemata su un vecchio mobile di legno a pochi passi da loro; la accese e subito la musica partì. Quando si voltò nuovamente verso il mago, improvvisando un balletto, notò che sembrava quasi in imbarazzo. - Dai, non fare quella faccia. - Si lamentò, divertita, avvicinandosi a lui. - Il mio fidanzato, nonché padre di mia figlia, è morto proprio un anno fa e io mi sento triste, quindi puoi anche concedermi questo ballo, sai? - 

Piton strinse le labbra e gli occhi, fece un sonoro sospiro e poi si alzò in piedi. - Questa cosa stupida non ti farà stare meglio, lo dicevo sempre anche a lei. - Borbottò. 

- Invece sì, forza! - Esclamò Mina.

Piton alzò gli occhi al cielo, accennando un movimento sul posto. - Contenta? - Sbuffò. 

- Sì, ma non te la caverai così. - Disse Mina, sorridendo, prima di afferrarlo per le mani. 

Lui, da prima infastidito da quel contatto inaspettato, sembrò quasi sciogliersi un po’.

Mina sorrideva, muovendosi sul posto e canticchiando a bassa voce, e per un attimo sembrò spensierata, almeno finché la musica non cambiò, facendola quasi pietrificare. Mentre la voce di Elton John arrivava alle sue orecchie, Mina si sentì trasportata indietro nel tempo, a quella lontana sera a Grimmauld Place, passata insieme a Sirius, mentre Remus e Tonks uscivano insieme per la prima volta. 

Si odiava. Odiava che bastasse così poco per farla crollare. - A lui piaceva tanto questa canzone. - Mormorò, le labbra piegate verso il basso, prima di alzare lo sguardo su Piton. 

- Ti pareva che Black non avesse pessimi gusti in fatto di musica. - Rispose l’uomo. 

Mina quasi rise, tirando su con il naso, gli occhi improvvisamente lucidi. Fece un passo indietro, tentando disperatamente di riprendersi. - Scusa… non mi capitava di piangere per lui da un po’. - Disse.  

- In realtà hai pianto per lui tre giorni fa. - La ricordò Piton. 

- Appunto; sto migliorando, non credi? Prima mi capitava di farlo almeno due volte al giorno. - Ribatté lei, prima di tornare a sedersi sul divano. - Forse è meglio se torniamo a cercare un modo per tirarlo fuori, che ne dici? - 

Se qualcuno gli avesse detto che, un giorno, si sarebbe impegnato tanto per provare a riportare quel dannato Sirius Black in vita, e che sarebbe stato anche felice di farlo, Piton non ci avrebbe assolutamente creduto. Si sedette di nuovo al tavolo e aprì il libro. 

- Sev. - Lo chiamò Mina, dopo pochissimo. 

- Che vuoi? - Sbuffò lui, alzando gli occhi al cielo. 

- Quindi sono ancora giovane e carina? - Gli chiese, con una voce minuscola. 

Piton scrollò le spalle, ma non disse né sì né no. 

Mina lo prese come un sì, ma come lui non proferì parola. Sospirò e aprì l’ennesimo libro. 

 

***

 

Un ragazzo ed una ragazza correvano, schiamazzando per il parco della scuola. Lui indossava ciò che era rimasto del suo completo elegante; la camicia fuori dai pantaloni neri, e la cravatta allentata, mentre lei era ancora impeccabile, nel suo vestito rosso che le arrivava al ginocchio e le scarpe con il tacco, che avevano rischiato di farla cadere tantissime volte lungo il tragitto che divideva l’ufficio di Lumacorno dal giardino della scuola. Sopra di loro, il cielo era puntellato da tantissime stelle luminose e illuminato da uno spicchio di luna, che si buttava nel Lago Nero, gettando la sua aura di luce bianca sulla superficie scusa.  

Quando si fermarono sulla riva, Mina guardò Sirius: il suo volto era rischiarato dai raggi di quegli astri lontanissimi, che sembravano brillare solo per poterlo illuminare, e i suoi occhi erano persi nell’oscurità che si stagliava dinanzi a loro.  

Lui, come se si fosse sentito osservato, si voltò nella sua direzione, ricambiando lo sguardo di lei. - Sai, Mina, sapevo che le feste di Lumacorno fossero noiose, ma non mi aspettavo così noiose. - Disse, sorridendo.  

- Pensa che solitamente sono anche peggio. - Rivelò lei. - Almeno stasera c’eri tu. -

Lui annuì, dandole ragione, per poi sbottonarsi i primi due bottoni della camicia. Faceva piuttosto caldo per essere solo metà giugno, o forse era tutto l’alcol che aveva dovuto ingoiare per rendere quella serata almeno piacevole. - Pensa che per Regulus è un onore far parte del Lumaclub. - Disse. 

- In un certo senso lo è, vuol dire che sei tra gli studenti più bravi in assoluto in pozioni. E poi Lumacorno conosce tante persone, potrebbe aiutarmi ad ottenere quel posto all’Ufficio Misteri senza troppi sforzi. - Spiegò lei. 

Sirius alzò gli occhi al cielo. - Non capirò mai perché vi affannate tutti alla ricerca di questo posto fisso al Ministero. - Disse, annoiato.  

- Forse perché la maggior parte di noi non ha ereditato una fortuna in oro dal proprio zio deceduto. - Ipotizzò Mina. - Tu sarai anche stato diseredato ma resti comunque Sirius Black, sei pieno di privilegi. Io non sono così, la mia famiglia è normale e io dovrò  trovare un modo per guadagnare dei galeoni, una volta finita la scuola. Anche perché dovrò prendermi cura di Remus; lo sai che per lui sarà quasi impossibile tenersi un lavoro, per colpa del suo piccolo problema peloso.  - 

Sirius sbuffò. - Ultimamente sei così seria. Sembri quasi tuo fratello. - Commentò.  

- Non è vero. - Ribatté lei. 

- Sì che lo è; sei la versione femminile di Remus e la cosa mi rende turbato. - Sogghignò Sirius, guardandola divertito. - Dai, guardati: sei così formale, con questo vestito castigato da brava ragazza… -  

Mina aggrottò la fronte. - Non è castigato. - Obiettò. 

- Invece sì; sembri un po’ una di quelle puritane del 1500. - Rimbeccò lui, convinto.  

La ragazza lo guardò infastidita. - Non mi sembrava il caso di indossare abiti succinti per la festa di fine anno di Lumacorno. - Disse, piccata.  

- Il problema non è quello che indossi, è più una questione… di atteggiamento. - Spiegò lui. - Ultimamente appari un po’ repressa, tutto qui. Un po’ come Remus, appunto. - 

Mina sbuffò, e l’idea di farlo ricredere le sfiorò la mente.  - Facciamo il bagno. - Disse.

Sirius trattenne una risata divertita, convinto che scherzasse ma, quando la vide intenta a spogliarsi, trasalì, improvvisamente imbarazzato. La fissò immobile; la guardò togliersi il vestito, piegarlo con cura ed appoggiarlo sull’erba e poi, sotto i raggi pallidi della luna, il corpo di lei si svelò diverso da come se lo ricordava durante l’estate prima. Sembrava essere finalmente sbocciata, e lui non riuscì a fare a meno di pensare che quel reggiseno rosso che indossava le stesse d’incanto.

Mina raggiunse l’acqua, e poi si voltò verso di lui. - Che fai ancora lì? Dai, spogliati. - 

Lui pensò di rispondere con qualche battuta stupida, ma poi obbedì, rimanendo in silenzio. Senza smettere di guardarla, si sbottonò la camicia, lasciandola poi cadere a terra; quando passò ai pantaloni fu lei a distogliere lo sguardo, rivolgendolo all’orizzonte.  

- Ovviamente non spogliarti del tutto. - Precisò Mina alla svelta, con la voce un po’ più acuta di quanto fosse normalmente. 

Sirius rise, divertito dal tono allarmato di lei. - Non ti preoccupare, non era mia intenzione farlo. - Disse, raggiungendola nell’acqua fredda, che arrivava alla vita di entrambi. -  Sarebbe strano continuare ad essere amici dopo che mi hai visto nudo. - 

Mina si sentì avvampare come mai prima d’ora, ma tentò di dissimulare l’imbarazzo assumendo un’espressione disgustata. - Sì, convivere con il ricordo del tuo… affarino, sarebbe davvero devastante, l’ennesimo trauma da elaborare. - Asserì, annuendo. 

Lui sogghignò, guardandola. - “Affarino”, eh. - Ripeté. - Sembra che tu stia flirtando con me, piccola Lupin. - 

Mina fece spallucce. - Ma figurati. - Disse. - Una volta, forse, dato che mi piacevi. - 

- Lo so. - Rispose Sirius. 

Mina inarcò le sopracciglia, lo sguardo sorpresa. - Non è vero che lo sapevi. - Borbottò.

- Invece lo sapevo. Arrossivi di continuo, bastava che ti parlassi o ti guardassi anche solo per sbaglio. - Ribatté lui, prendendola in giro. - E poi è arrivato quel povero coglione. - 

- Oliver? - Chiese Mina, riferendosi al suo ex fidanzato. 

Lui annuì, funebre. - Ancora non capisco cosa ci trovassi in lui, sinceramente. - 

- E io ancora non capisco cosa ci trovi nello scoparti chiunque. - Obiettò Mina, gelida. 

- Ho diciassette anni, cosa ti aspetti che faccia? - Rispose Sirius. 

Mina alzò gli occhi al cielo. - Ah scusa tanto. - 

- E comunque anche tu mi piacevi. - Ammise lui, sentendosi arrossire, e parlando talmente velocemente che quasi si mangiò le parole. 

Mina sobbalzò, sgranando gli occhi e finendo a bocca aperta. - Quando? - Chiese. 

- Non lo so… prima, credo. Cioè in realtà sempre, anche adesso, più o meno. Adesso intendo ora, in questo momento. Ma anche prima, alla festa o ieri… - Farfugliò lui, torcendosi le mani. - Solo che… il problema è che mi piacciono praticamente tutte. Non come mi piaci tu, sia chiaro, con te sarebbe diverso perché non credo che riuscirei a fare certe cose che faccio con le altre. Ha senso? -  

Sul viso di Mina cadde una maschera gelida. Lo guardò truce, prima di uscire in fretta dall’acqua, le labbra tremanti e gli occhi lucidi.

Lui la guardò, senza capire, prima di seguirla di nuovo a riva. - Ma cos’hai? - Le chiese. 

- Niente. - Tagliò corto lei, rivestendosi in fretta. - Voglio tornare al castello. -  

Sirius, sorpreso da quella strana reazione, rimase fermo. - Mi spieghi cosa è successo? - 

- No, lasciami stare. - Rispose Mina, iniziando ad incamminarsi verso la scuola. 

Lui la seguì, tentando nel frattempo di infilarsi i pantaloni. - No, per favore, aiutami a capire. - Insistette, prendendola per un braccio e fermando la sua marcia. 

Mina si voltò nella sua direzione, guardandolo furente. - Perché non riusciresti a fare quelle cose con me? - Gli chiese, fissandolo con i suoi grossi occhi verdi e lucidi. 

Sirius boccheggiò, incredulo. - Perché tu sei… sei la sorellina di Remus! Sei tra quelle intoccabili insieme alla Evans, non posso nemmeno pensarci. - Rispose, a disagio.  

- Ma se non fossi la sorella di Remus? - Chiese lei, tremante. 

Sirius si sentì arrossire ancora, cosa che non gli era mai successa davanti a nessuna, e ringraziò la semi oscurità che li celava. - Le cose allora sarebbero diverse. - Rispose, piano. - Ma lo sei, quindi non ha senso nemmeno pensarci. - 

- E come sarebbero? - Incalzò Mina. - Cosa faresti? - 

Lui esitò per un attimo, prima di rispondere. - Ti chiederei di uscire con me. - Rivelò, con la gola secca e la voce bassa. - Ti porterei a fare una passeggiata notturna ad Hogsmeade, usando uno dei passaggi segreti. Vorrei fare insieme a te tutte quelle cose che non ho fatto mai con nessuna, come quelle cose ridicole che fanno Lily e James. - 

Mina trattenne quasi il fiato. - E poi? - Chiese.

- E poi ti bacerei. - Rispose lui, fremendo, prima di fare un passo verso di lei, avvicinandosi abbastanza da poter sentire il suo profumo. - Ti bacerei tantissimo, per un giorno intero; e poi farei tantissime altre cose che n... -  

Mina si fiondò sul volto di lui con sorprendente impeto, baciandolo per la prima volta. Sirius, dopo un attimo di esitazione nel quale si era limitato a restare immobile, come pietrificato, rispose a quel goffo bacio, spingendosi su di lei e tenendola stretta. Sentiva la pelle di Mina scottare sotto il suo tocco, e tante strane sensazioni, che non aveva mai provato prima, invaderlo dalla testa ai piedi. Forse passò un’ora, o forse un secondo, o forse mille anni, e quando si staccarono Sirius la guardò come se lei lo avesse colpito con uno schiantesimo. 

Le loro mani erano ancora intrecciate, i loro corpi ancora vicini; le loro labbra si toccarono per una seconda volta e poi lui fece un passo indietro, guardandola. 

- Forse è meglio se facciamo finta che non sia mai successo. - Disse. 

Mina trasalì. - Perché? - Domandò, piena di urgenza. 

- Lo sai bene perché. - Tagliò corto lui. 

Poi la raggirò e, passandole di fianco senza aggiungere altro, prese ad allontanarsi, puntando dritto verso il castello, lasciandola sola sulla riva del lago. 

 

Immobile, seduta composta su una delle sedie che erano state disposte in file ordinate, Mina guardava verso il Lago Nero, il calore del sole che le accarezzava il viso in quello che poteva essere un magnifico giorno d’estate.  

Attorno a lei, le persone che avevano conosciuto Albus Silente, sedevano alla stessa maniera, raccolte nel loro dolore: Lumacorno in testa alla colonna di Serpeverde, con una magnifica veste verde smeraldo ricamata d’argento. Non aveva mai visto la professoressa Sprite, direttrice dei Tassorosso, così pulita; sul suo cappello non c’era una sola toppa. Madama Prince in piedi accanto a Gazza, lei avvolta in un pesante velo nero che le arrivava alle ginocchia, lui in un antico completo con la cravatta, sempre neri, e olezzanti di naftalina.

I membri dell’Ordine della Fenice erano quelli più vicini a lei: Shacklebolt, Malocchio, Tonks e Remus, (che si tenevano finalmente per mano), i signori Weasley, Bill sorretto da Fleur e seguito da Fred e George, che indossavano giacche di pelle di drago nera. Poi c’era Tom, il padrone del Paiolo Magico, Arabella Figg, la vicina Maganò di Harry, la villosa bassista del gruppo magico le Sorelle Stravagarie, e alcune persone che Mina conosceva solo di vista, come Aberforth Silente e la strega che spingeva il carrello dell’Espresso per Hogwarts. C’era anche Rita Skeeter, che aveva un bloc-notes stretto nella mano armata di rossi artigli; e perfino Dolores Umbridge, che ostentava sul volto da rospo una poco convincente espressione contrita, e un fiocco di velluto nero sopra i ricci color ferro. In fine, i fantasmi del castello, che sbrilluccicarono alla luce del cocente sole d’inizio luglio.

Un ometto con i capelli a ciuffi e una semplice veste nera stava diritto davanti al corpo di Silente, parlando del vecchio mago con frasi di circostanza come “nobiltà di spirito" e “contributo intellettuale” e “grande cuore”; così Mina finì per pensare del funerale di Lily e James, di quanto aveva detestato ogni momento di quella fredda mattina di novembre. 

Tra la folla, scorse Harry, seduto insieme ai suoi amici, sembrava così diverso dall’ultima volta che l’aveva visto, e si sentì in colpa per il fatto di non essere riuscita ad esserci per lui nemmeno durante l’ultimo e terrificante anno. 

L’ometto in nero poi smese di parlare, ed era tornato a sedersi. Mina attese che qualcun altro si alzasse; si aspettava discorsi, probabilmente dal Ministro, ma nessuno si mosse. Poi molte persone urlarono. Bianche fiamme splendenti si erano levate attorno a Silente e alla tavola sulla quale giaceva; diventarono sempre più alte, nascondendo il corpo. Fumo bianco salì a spirale nell’aria disegnando strane forme, e poi apparì una tomba di marmo bianco, che racchiudeva il corpo di Silente e la tavola sulla quale aveva riposato.

Questo voleva dire che il funerale era finalmente giunto alla fine, e che lei poteva andarsene via, più velocemente possibile, per evitare di doversi fermare a parlare con qualcuno; evitare di parlare di Silente, evitare di parlare di Sirius, ma soprattutto evitare di parlare di Piton. Mina non riuscì a formulare quel pensiero senza sentire un mare di rabbia esploderle dentro; come era stato possibile che Silente si fosse fatto ingannare da Severus Piton? Come era possibile che lei si fosse lasciata sfiorare dall’idea che, forse, Mocciosus non era così male come tutti dicevano? 

Mina prese un lungo respiro e, mentre tutti intorno a lei si alzavano, ormai a cerimonia finita, lei fece lo stesso, evitando gli sguardi e incamminandosi verso il castello, più precisamente verso l’ala ovest, con la mente ad una vecchia aula-magazzino che Mina sperava essere rimasta intatta negli anni; quando Harry, a qualche metro da lei, la chiamò, attirando la sua attenzione. 

Mina strinse i pugni, ma si costrinse a voltarsi, indossando il migliore dei suoi sorrisi tirati. - Ciao, Harry! - Esclamò, forse fin troppo allegramente. 

Il ragazzo, infatti, la guardò vagamente sorpreso. - Come… stai? - Le chiese. 

Non si vedevano da quell’unico Natale a Grimmauld Place; avevano così tante cose di cui parlare, ma dalla bocca di lei uscì solo un superficiale: - Bene, grazie. - Detto come se si stesse rivolgendo ad un totale sconosciuto. Quasi non riusciva a guardarlo negli occhi, immaginando Sirius totalmente deluso dal suo operato di pessima madrina. - Harry, mi piacerebbe davvero tanto rimanere qui a parlare con te, ma… Alya, sai… -  

Il viso di Harry si tradì, inclinandosi in un’espressione delusa, ma annuì. - Certo, sì. - 

Mina sentì i suoi occhi farsi umidi e le labbra tremare. - Potresti venire a pranzo da noi, un giorno di questi, così potrai finalmente conoscerla. - Disse, con voce rotta.

- Certo, mi piacerebbe. - Fece Harry. - Adesso ti lascio andare… - 

- Ciao, Harry. - Lo salutò lei, prima di voltarsi, il cuore stretto nel petto. 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17. La battaglia ***


Questo capitolo segna finalmente la fine dei dannatissimi capitoli di passaggio che tanto detesto, quindi sono molto felice di essere finalmente uscita da quello infinito tunnel di disperazione! Per questo riguarda il capitolo in se... come avrete capito dal titolo, si tratta della battagli di Hogwarts: io adoro scrivere le scene di azione, solo che mi vengono fuori sempre brutte in culo, quindi fatemi sapere se sono sembrate quanto meno credibili! Per ora buona lettura e ci si vede tra qualche giorno con il capitolo numero 18, che segnerà una sorta di secondo atto della storia!




L’aria, tutta intorno a loro, sembrava essere esplosa frantumando le vetrine dei negozi, e mandando in fiamme le vecchie insegne legnose. 

Mina procedeva lenta e incerta nel fumo, la bacchetta in pugno, gli occhi che lacrimavano e i polmoni che sembravano fatti di fuoco, cercando disperatamente il volto di Sirius della devastazione. Le urla degli abitanti del villaggio di Hogsmeade, e degli studenti che quel giorno si stavano godendo la gita, rimbombavano nella sua testa, fastidiose come unghie sulla lavagna, ma lontane e soffocate allo stesso tempo.

Si sentiva come se non fosse più nel suo corpo, come se potesse vedere la scena solo da fuori, come se galleggiasse, sospesa nell’aria. 

I Mangiamorte se ne erano andati da poco, ma il terrore era rimasto, proprio come nel cielo c’era ancora il loro enorme marchio; un grosso teschio verde smeraldo, da cui usciva un lungo serpente, come a simulare una lingua. Era la prima volta che Mina lo vedeva brillare sopra la sua testa. 

Quando finì addosso a qualcuno, una ragazzina, forse del terzo anno, con i vestiti e il volto coperti di sangue e polvere, Mina si sentì quasi riscuotere, ma non fece in tempo a chiederle scusa, che era già scomparsa nella ressa e nel fumo che si stava man mano disperdendo. Fu allora che, finalmente, guardandosi intorno, li vide: James e Lily erano vicini e si tenevano per mano, Peter e Remus cercavano di consolare alcuni studenti più piccoli, mentre Sirius gli corse incontro, sporco di fuliggine e ferito, con l’espressione preoccupata e sollevata insieme. Senza riflettere, senza preoccuparsi del fatto che forse Remus li stesse guardando, la abbracciò con talmente tanto slancio da sollevarla da terra, per poi premere le sua labbra su quelle di lei, come se da quel contatto dipendesse l’intera esistenza della razza umana. 

Lei ricambiò con lo stesso impeto ma, quando si staccarono, gli occhi di lui si posarono immediatamente sul gruppo di Grifondoro alle loro spalle. Lily e James erano raggianti e compiaciuti, Peter fece un sorrisetto imbarazzato, ma lo sguardo di Sirius cercava soprattutto Remus e non tardò a trovarlo. Il giovane lupo mannaro se ne stava lì, a bocca aperta e con gli occhi sgranati, come se fosse stato appena colpito da uno schiantesimo in pieno petto. Per una frazione di secondo nessuno si mosse, poi Remus strinse un po’ le labbra e fece un cenno con il capo, che Sirius interpretò come un “se proprio devi”.  

- Quindi è vero, state insieme. - Disse poi il ragazzo, alzando gli occhi al cielo. 

Mina fece un sorrisetto, mentre Sirius annuì e poi, in mezzo ad una Hogsmeade quasi distrutta, lui strinse la mano di lei, per la prima volta alla luce del sole. 

 

La Sala Grande era stracolma di gente e Mina cercava in modo disperato uno spazio tra la folla, alla ricerca di almeno un viso conosciuto. Sotto il soffitto incantato era buio e privo di stelle, gli studenti scarmigliati, alcuni in mantello da viaggio, altri in vestaglia, erano allineati lungo i quattro tavoli delle Case. La battaglia stava per cominciare e Mina era davvero felice di essere arrivata in tempo. Aveva ricevuto un patronus da Kingsley Shacklebolt appena qualche ora prima e ci aveva messo un secondo per decidere cosa fare. Aveva preso sua figlia tra le braccia, Alya, che ormai aveva quasi un anno e mezzo, l’aveva coperta per bene ed era volata via con lei, per portarla a casa di Andromeda, dove sarebbe stata al sicuro mentre al castello l’ultimo scontro avrebbe avuto atto.  

Qua e là rilucevano le figure dei fantasmi della scuola. Gli occhi di tutti erano fissi sulla professoressa McGranitt, che parlava dalla pedana in fondo alla Sala. Dietro di lei erano schierati gli insegnanti rimasti, tra cui Fiorenzo il centauro, il professor Lumacorno e i membri dell'Ordine della Fenice che erano arrivati per combattere. Mina riconobbe Remus che, non appena la vide, le corse incontro. - Che fai qui? Dovresti essere con Alya. - La rimproverò. 

Mina scosse la testa. - Davvero pensavi che me ne sarei rimasta a casa, mentre tutti gli altri sono qui a rischiare la vita? - Chiese al fratello. - E poi voglio far fuori Bellatrix dato che, due anni fa, tu me l'hai impedito. Magari stanotte è la volta buona. - 

Remus alzò gli occhi al cielo, ma non rispose. Non si aspettava niente di diverso da lei.

Mina scorse tra la folla il viso di Harry. Non lo vedeva dal giorno del funerale di Silente, quando lo aveva praticamente evitato, ma era così fiera di lui che dovette lottare contro la voglia di stringerlo forte davanti a tutti, scusandosi con lui per non esserci stata quando ne aveva davvero bisogno. Ormai era un uomo e sul suo volto si vedeva tutto ciò che aveva dovuto passare negli ultimi mesi. Fu lui a raggiungerla quando la vide, camminando verso di lei quasi commosso e sicuramente senza parole. 

- Harry. - Lo salutò, mettendogli una mano sulla spalla. 

- Ciao, Mina. - Rispose lui, cercando di sorridere. - Non dovresti essere con Alya? Come sta? - 

Mina si frugò nelle tasche, tirando fuori una piccola fotografia della bambina. - Io sono qui proprio per lei. Voglio che cresca in un mondo migliore di questo. - Disse, prima di porgere la foto al ragazzo. - Eccola qui, ormai è grande! - 

Harry la guardò, rimanendo a bocca aperta. Alya aveva i capelli neri, gli occhi grigi e il sorriso beffardo del padre, sembrava una sua curiosa versione al femminile. - Somiglia davvero tanto a suo padre. -  

Mina annuì fiera. - Lei è praticamente la sua copia sputata. Ed ha un bel caratterino, proprio come lui, vedessi che guai che mi combina. La potrai conoscere presto, Harry, se vorrai. - Assicurò. - E… Harry, volevo dirti che, il giorno del funerale di Silente… - 

- Lo so. - La fermò lui. - Non ti preoccupare. - 

- No, Harry, sul serio. - Rimbeccò Mina, nervosa. - Sono una pessima madrina, davvero orribile, la peggiore scelta che i tuoi genitori abbiano fatto, ma ti voglio bene. - 

Harry sorrise e fece per parlare, quando, proprio in quel momento una voce fredda e acuta parlò raggelando l’ambiente: - So che vi state preparando a combattere. -  Ci furono urla tra gli studenti; alcuni si aggrapparono ai compagni, guardandosi intorno terrorizzati in cerca della fonte del suono. - I vostri sforzi sono futili. Non potete fermarmi. Io non voglio uccidervi. Nutro un enorme rispetto per gli insegnanti di Hogwarts. Non voglio versare sangue di mago. - Nella Sala calò il silenzio, il genere di silenzio che preme contro i timpani.  - Consegnatemi Harry Potter. - Proseguì la voce di Voldemort. - E a nessuno verrà fatto del male. Consegnatemi Harry Potter e lascerò la scuola intatta. Consegnatemi Harry Potter e verrete ricompensati… avete un’ora. -

Il silenzio li inghiottì di nuovo. Le teste si voltarono, ogni occhio nella Sala sembrava aver trovato Harry e tenerlo immobilizzato nel riverbero di migliaia di raggi invisibili. Poi una figura si alzò dal tavolo di Serpeverde; Harry riconobbe Pansy Parkinson, che levò un braccio tremante e urlò:  - È laggiù! Potter è lì giù! - 

Prima che Harry potesse parlare, ci fu un movimento collettivo. I Grifondoro si alzarono a fronteggiare non lui, ma i Serpeverde. Poi anche i Tassorosso si alzarono, e quasi nello stesso istante i Corvonero: davano tutti le spalle a Harry e guardavano Pansy. Harry, sgomento e commosso, vide bacchette sbucare dappertutto, sfilate da sotto i mantelli e dalle maniche.

- Bene signorina Parkinson, spero non le dispiaccia seguire il signor Gazza nelle segrete. - Disse la professoressa McGranitt con voce gelida. 

Si udì il rumore delle panche spostate e dei ragazzi che uscivano e poi Mina seguì Remus dagli altri membri dell’Ordine della Fenice. Quando Molly la vide la abbracciò forte, prima di guardarla in viso. - Sei così magra, stai mangiando a sufficienza? - Le chiese,  prendendola per le guance. - E la bambina come sta? - 

Mina tirò fuori di nuovo la foto della piccola, mostrandola ai presenti e godendosi i commenti. Poi venne il turno di Remus di far vedere suo figlio a tutti. Il piccolo Teddy Lupin, nato poco più di un mese prima, aveva un ciuffetto di capelli azzurri in testa e somigliava tanto al padre quanto alla madre. 

- Io me li immagino già a Hogwarts. - Sospirò Mina, sorridendo. - E se buon sangue non mente so che daranno un bel po’ di filo da torcere agli insegnanti! - 

- Spero proprio di sì! - La voce squillante e inconfondibile di Ninfadora Tonks attirò l’attenzione di Mina, che si voltò di scatto nella sua direzione. 

- Dora, dovresti essere con Teddy… - Disse Remus, quando la vide. 

Tonks scosse la testa. - Dormirà fino all’alba, sono chiaramente molto più utile qui. - Rispose, e poi guardò Mina facendo un sorriso. - Anche Alya dormiva quando sono uscita. Sta bene. Probabilmente né lei né Teddy si ricorderanno di questa notte. Beati loro! - Disse, prima di scoppiare a ridere. 

Urla e grida, e l'inconfondibile fragore di un duello riempirono il castello. Mina si guardò intorno e si sentì mancare: i Mangiamorte erano entrati a Hogwarts. 

Si era sempre considerata piuttosto capace nel duello, era brava a mantenersi calma, distaccata, ma poi si ricordò dell’ultima volta che lo aveva fatto, dell’Ufficio Misteri, di Sirius e, per una manciata di interminabili secondi, rimase ferma, gli occhi sbarrati sulla battaglia che prendeva vita davanti a sé: Harry, Ron e Hermione stavano aiutando Fred e Percy Weasley contro due uomini incappucciati.  

L’aria esplose e lei si sentì volare indietro, e non poté far altro che tenersi stretta con tutte le forze a quel sottile bastoncino di legno che era la sua sola e unica arma, riparandosi la testa con le braccia. Quando alzò di nuovo lo sguardo, Mina si rese conto che il fianco del castello era esploso e che stava sanguinando copiosamente da una guancia; mentre qualcuno, molti metri più in là, scuoteva il cadavere esanime di Fred, gridando, un grido che le strappò via le viscere.  

Si alzò, scossa e confusa, e fu quello il momento in cui Remus la prese per mano, trascinandola letteralmente fuori dalla Sala Grande; attraversarono il corridoio e la Sala d’Ingresso ma, poco prima di raggiungere il cortile, suo fratello la spinse tra le macerie di una nicchia. - Cerca di riprenderti o torna a casa! - Gridò, rimanendo all’erta, mentre lunghi fiotti di luce volavano sopra le loro teste. - Hai visto Dora? - 

Mina scosse subito la testa, chiudendo gli occhi per un solo secondo e facendo un respiro profondo, nel disperato tentativo di calmarsi. Quando li riaprì, si ritrovò a guardare in quelli del fratello. - Sto bene… sto bene… andiamo. - 

Fuori dal castello, l’aria era umida e afosa, come se fosse già piena estate e non appena primavera; sopra di loro, il cielo era di un denso blu scuro, quasi nero, e puntellato di stelle luminosissime. Sarebbe stata una serata fantastica, se solo se solo non sembrasse la fine del mondo. I duelli si susseguivano rapidi, Mangiamorte dopo Mangiamorte, lei e Remus contro tutto il male dell’universo, come quando erano ancora dei bambini, dei bambini soli e uniti da un trauma comune. 

Tra la folla e i lampi di luce, Mina scorse qualcosa simile ad un animale, chino a quattro zampe, che affondava i denti in uno studente, che ormai si muoveva appena. Fu in quel momento che la paura sembrò abbandonarla una volta per tutte. 

- No! - Strillò, correndo in quella direzione.  

Fenrir Greyback si voltò rapido, balzando verso la donna, che aveva già levato la bacchetta contro di lui. Il getto verde lo colpì in pieno petto e la sua espressione passò da essere famelica ad essere terrorizzata; morì prima ancora di toccare terra. 

- Hai davvero ucciso Greyback… - Mormorò Remus, il fiato corto, al fianco della sorella. 

- Volevi farlo fuori tu? Mi ringrazierai più tardi. - 

Altri Mangiamorte li raggiunsero. Mina riconobbe Dolohov, che iniziò subito un fitto duello con Remus, e poi Rookwood, che invece tentò di colpirla ripetutamente, finché uno degli schiantesimi di lei non lo prese, facendolo volare indietro. 

Mina si voltò, gli occhi che cercavano suo fratello nell’enorme e buio giardino dove la battaglia procedeva serrata; qualche metro più a destra rispetto a dove si trovava lei, Remus stava ancora combattendo contro Dolohov e sembrava in netto svantaggio. Mina corse nella sua direzione ma, poco prima di riuscire a raggiungerlo, vide saettare un potente raggio dalla bacchetta del Mangiamorte, che colpì Remus abbastanza in pieno da farlo sussultare. Con il cuore in gola, a meno di quattro metri dalla scena, Mina vide la mano di Remus mollare la presa sulla sua bacchetta, l’espressione del suo viso farsi terrificante e poi le sue ginocchia cedere, facendolo crollare a terra, la faccia nell’erba.

Tutto, intorno a lei, sembrò rallentare all’improvviso. Mina guardò Dolohov allontanarsi senza fretta, scavalcando il corpo di suo fratello come se si trattasse di un oggetto inanimato, incantesimi che volavano sopra la sua testa accompagnati da formule magiche gridate e urla di disperazione. Nessuno sembrò badare a lei, e dunque attraversò quei pochi metri annullando la distanza che la separava dal fratello, attaccandosi alla speranza che fosse ancora vivo, e quando si inginocchiò al suo fianco, voltandolo, Mina fu da prima felice, perché Remus respirava ancora, e poi devastata, nel vedere il modo in cui stava morendo sotto i suoi occhi. 

Non aveva mai visto una maledizione del genere, probabilmente era un incantesimo che lo stesso Mangiamorte aveva inventato, qualcosa di talmente oscuro da lasciarla senza parole. Remus rantolava, gli occhi erano fissi e iniettati di sangue, il volto pallido e rivolto verso il cielo stellato sopra di loro; sembrava come se nel suo corpo tutto stesse lentamente cedendo, facendolo soffrire enormemente. 

Mina gli tenne a mano, trattenendo un singhiozzo. - Rem… no… - Sussurrò, piano. 

Lui puntò gli occhi nei suoi e strinse la presa, in un gesto che sembrava quasi dire “non lasciarmi andare”. Tentò di parlare, ma dalla sua bocca uscì solo un breve lamento. 

Intorno a loro si continuava a combattere, ma a Mina non importava: avrebbero potuto ucciderla in quel momento e non se ne sarebbe preoccupata. 

Tutto quello che riusciva a vedere, la sola cosa a cui riusciva a pensare, era a Remus che moriva dolorosamente tra le sue braccia. Sentì la stretta di lui farsi più debole, il suo sguardo più assente e, nello stesso momento, Mina percepì gli occhi bruciare. - Remus, guardami, ti prego… - Mormorò, con la voce rotta. - Ti prego… resta con me… - 

Lui rantolò, la bocca aperta nella disperata ricerca di un po’ d’ossigeno. - Teddy… - 

- Teddy sta bene. - Si affrettò a dire Mina, tremante e pallida, la voce soffocata dal pianto e gli occhi annebbiati dalle lacrime. - Tu stai bene, stiamo tutti bene… - 

Remus scosse piano la testa, poi batté le palpebre, lo sguardo più vuoto ed annacquato, il volto sconvolto da una smorfia di dolore. Non disse niente. Poi emise un lungo e doloroso respiro, i suoi occhi si fecero fissi e la sua espressione si rilassò di colpo. 

Mina si portò una mano alla bocca e pianse, urlò, il cuore dilaniato nel petto, l’anima distrutta. 

 

Il bambino era riverso a terra, steso in un lago di sangue, e circondato da una squadra di guaritori che stavano tentando disperatamente di tenerlo in vita. 

Mina guardava la scena, immobile, impietrita, ferma sulla soglia della porta, gli occhi sbarrati e gonfi di lacrime, la bocca aperta come se fosse sul punto di gridare ma senza aver più fiato. Intorno a lei, le persone si muovevano veloci, sua madre piangeva e suo padre cercava di consolarla, l’odore di quella bestia non se ne era ancora andato ma, anzi, si era mischiato con quello del sangue di Remus, che usciva dalle sue innumerevoli ferite aperte. Lei, invece, non aveva riportato neppure un graffio, neanche una piccola escoriazione, ne era uscita totalmente illesa; e questo solo perché suo fratello era stato abbastanza pronto e abbastanza coraggioso da buttarla fuori da quella stanza poco prima che quel luogo si trasformasse in un girone infernale. 

Uno dei guaritori, un uomo panciuto di mezza età, sporco del sangue di Remus, la prese in braccio, allontanandola dal quella orrenda scena, per poi lasciarla cadere sul divano, abbassandosi alla sua altezza, per visitarla per l’ennesima volta. 

- Remus morirà? - Domandò Mina, la voce e l’espressione vuota. 

- No. - Si limitò a dire il medimago. 

La bambina annuì. - Diventerà come quella cosa? - Chiese poi.  

Il guaritore sospirò, guardandola addolorato. - Purtroppo sì, piccola. - Rispose, alzandosi in piedi. - Non potrà più essere il tuo fratellino, capisci? Diventerà pericoloso. -

Mina strinse gli occhi, guardandolo, piena di sdegno. - Lei è cattivo! - Tuonò. - Sarà per sempre mio fratello! Anche quando diventerà come quella cosa! - 

 

Il corpo freddo e rigido di Remus Lupin era stato sistemato accanto a quello della moglie, fredda e rigida anche lei, il pallore del suo viso rivolto all’alba, sembravano entrambi fatti di sale. Se ne stavano lì, gli occhi chiusi, come se dormissero, le mani vicine, come se se le fossero strette fino alla fine. Nessuno in Sala Grande stava piangendo, nemmeno lei era riuscita a versare una lacrima sui loro cadaveri gelidi, una volta finita la battaglia; non aveva sentito la commozione salire nemmeno quando aveva visto il corpo del giovane Fred Weasley e la disperazione composta dei suoi genitori. Tutto quello a cui Mina riusciva a pensare era il volto di sua figlia e al fatto che, finalmente, era tutto finito. Dall’altra parte della Sala vide Harry che, a sua volta, ricambiava lo sguardo, gli occhi verdi, luminosi come fari, erano puntati proprio verso di lei, che era seduta accanto al suo defunto fratello. Non aveva voglia di muoversi da lì, voleva stare con lui finché avesse potuto, fare quello che non aveva potuto fare con Sirius. 

Sirius, Mina pensò a lui, tenendo gli occhi fissi sul pavimento, e percepì il dolore meno pungente del solito. E poi, dal nulla, vide spuntare un paio di scarpe sporche. Mina alzò lo sguardo; davanti a lei, un uomo sulla quarantina le stava porgendo la mano. Non lo aveva mai visto, o forse sì, forse lo aveva visto ai tempi della scuola. Aveva i capelli castani e gli occhi scuri, quasi neri, un viso gentile e pallido, sporco di terra, come se fosse caduto con la faccia nella polvere. Quando lui notò che Mina non aveva nessuna intenzione di alzarsi in piedi, si chinò su di lei, inginocchiandosi. - Ciao. -  Le disse, gentile. - Sono un medimago, posso dare un’occhiata alla ferita che hai sulla testa? -  

Mina annuì disinteressata e poi lo vide aprire la borsa logora che si trascinava dietro, tirando fuori alcune provette e dei cerotti. - Andavamo a scuola insieme? - Gli chiese, ad un certo punto. 

L’uomo annuì. - Sì, ma tu eri troppo popolare per notarmi. Cercatrice della squadra di quidditch di Grifondoro, prefetto… la fidanzata di Sirius Black, il più bello della scuola. - 

Lei alzò i lati della bocca, come in una sorta di sorriso. - In che Casa eri? - Domandò. 

- Corvonero. - Rispose lui, versando qualcosa su una garza e tamponando delicatamente la ferita sulla fronte di Mina. - Ma sono un anno più piccolo di te, quindi non credo che abbiamo mai parlato prima d’ora. Quindi tanto piacere, sono Elliot Fray. - 

- Io sono Mina Lupin. E questo è mio fratello Remus, ma è morto. E lei, invece, è Ninfadora Tonks,  sua moglie, morta anche lei. - 

L’uomo fece un sorriso triste, guardandola con dolcezza. - Sei un po’ sotto shock, vero? - 

Mina annuì. - Voglio solo tornare a casa da mia figlia e dormire per almeno sei mesi o giù di lì. - Disse. - Tu hai perso qualcuno stanotte? - Gli chiese. 

- No, stanotte no, ma mio fratello e i miei genitori sono scomparsi mesi fa. Lui era un auror e, quando è caduto il Ministero, non ha avuto scampo. - Raccontò, mettendole un cerotto. - I miei genitori, invece, erano babbani entrambi. Sono stati torturati e uccisi dai Mangiamorte. - 

- Mi dispiace molto. - Disse Mina. - Anche mia madre era una babbana. -

- Anche lei è stata uccisa? -  Domandò Elliot. 

- No, no. Lei è morta parecchi anni fa, dopo una lunga malattia. Ma ho ancora mio padre, anche se non siamo mai andati molto d’accordo a dire il vero. - Raccontò lei. 

L’uomo si era seduto proprio davanti a lei, riponendo tutto di nuovo nella sua borsa logora. - Quindi hai ancora una famiglia, sei fortunata. - Le disse. - E il padre di tua figlia, è ancora vivo? - 

A quell’ultima domanda, Mina sussultò. - Lui è morto. - Rispose, seccamente. - Sirius è morto due anni fa, probabilmente lo avrai letto sulla Gazzetta del Profeta. - 

Elliot spalancò gli occhi. - Siete rimasti insieme anche dopo che è finito ad Azkaban? - Chiese, sorpreso.

Mina scosse la testa. - È una lunga storia. Ci siamo ritrovati dopo quattordici anni, ma è durato ben poco. - Disse, con dolore. - Ci saremmo dovuti sposare, mancava una sola settimana. - 

- Scusami, non avrei dovuto chiedertelo, mi sto facendo gli affari tuoi. - Disse lui, alzandosi in piedi. 

Mina alzò le spalle e poi gli occhi sull’uomo. - Non fa niente, non ti preoccupare. - Lo tranquillizzò. - Hai per caso una lista delle persone che sono sopravvissute alla battaglia? So che alcune sono state già trasferite al San Mungo. - Domandò poi, tentando disperatamente di aggrapparsi a qualcosa di bello. 

L’uomo si frugò nelle tasche, tirando fuori un foglio stropicciato. - Ti interessa qualche nome in particolare? - Chiese, passando lo sguardo da lei alla carta. 

Mina parve pensarci un attimo su. - Bellatrix Lestrange? - 

Elliot mosse gli occhi tra quelle righe. - No, direi che non è su questa lista. - Rispose. 

La donna tirò un sospiro di sollievo, anche se una punta di fastidio si fece sentire in fondo al suo orgoglio. Le sarebbe piaciuto davvero tantissimo farla fuori di persona, ma decise di accontentarsi. - Bene, spero che abbia sofferto parecchio. - Asserì. 

Lui aggrottò la fronte, quasi spaventato. - Qualcun altro? - Domandò poi. 

Mina esitò. - Sì… - Mormorò poi. Sapeva che era una domanda stupida, soprattutto perché Harry lo aveva trovato in fin di vita, facendo appena in tempo a raccogliere quei ricordi, ma decise di tentare lo stesso. - Severus Piton? - Chiese, quasi tremando. 

- Pi… Piton… Piton. - Borbottò Elliot, cercando tra i nomi. - Severus Piton, sì, eccolo qui. È stato trasferito in condizioni praticamente disperate, quindi non so se è ancora vivo. - 

Mina sussultò, scattando in piedi. - Bene. Grazie. Bene. - Farfugliò. - Io ora devo andare, grazie per la ferita, è stato un vero piacere conoscerti. Addio. Ciao. - E uscì dalla Sala Grande, praticamente correndo. 


 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18. Abituato a fare miracoli ***


Eccoci qui al primo capitolo del "secondo tempo" di questa storia! Non ho molto da dire a riguardo, è anche questo una sorta di mezzo capitolo di passaggio, giusto per fare il punto della situazione; un po' una sorta di trampolino per quello che succederà poi, dunque fatemi sapere cosa ne pensate, e per ora buona lettura!



Severus Piton, nel suo solito lungo e nero mantello, le braccia incrociate sul petto, la stava guarando quasi con sdegno, la cicatrice sul collo, lasciata dal morso di Nagini, ancora rossa e molto visibile sulla pelle giallognola. Era passati circa otto mesi dalla fine della guerra e lui era tornato ad occupare il suo ruolo di insegnante di pozioni da pochi giorni.

Si trovavano in quello che era tornato ad essere l’ufficio di lui dopo la battaglia, seduti uno davanti all’altra, la scrivania che li divideva, nella stanza nei sotterranei dalle pareti piene di scaffali su cui erano posizionati decine di barattoli contenenti ogni sorta di scorta per produrre pozioni; il camino, perpendicolare alla porta d’ingresso, era acceso e propagava dolci onde di calore nell’aria gelida che li circondava. 

- Quindi ti stai arrendendo, è questo che stai cercando di dirmi. - Esordì lui, dopo un lungo attimo di penetrante silenzio. - Te ne vai così, lasciando Black lì dentro. - 

Mina sbuffò. - Non c’è modo di tirare Sirius fuori da quel velo, Sev. Abbiamo letto tutto a riguardo. Mi sembra di rincorrere una speranza vana. - Ribatté, con il cuore stretto nel petto. - E, sinceramente, non ce la faccio più. Voglio buttarmi questa storia alle spalle e in questo paese non posso farlo. Mi capisci, o no? - 

- Sinceramente no, non ti capisco affatto. - Disse Piton, piccato. 

- Io invece non capisco te, non capisco perché ti ostini a vivere con il fantasma di Lily, non capisco come riesci a tollerare di svegliarti in questa scuola ogni mattina, come se tutto fosse rimasto uguale. Nulla è rimasto uguale, sono tutti morti. - Sbottò lei, gli occhi che iniziavano a farsi più umidi. 

- Non vivo con il fantasma di Lily. - Obiettò Piton, senza fare una piega. 

- Invece lo fai eccome, Sev. - Disse Mina. - Non voglio che sia così anche per me. La prospettiva di passare tutta la vita da sola sta iniziando a spaventarmi, ma qui non riesco ad andare avanti, perché tutti quelli che conosco conoscevano Sirius; tutto il nostro mondo lo conosce, è perfino sulle figurine delle cioccorane! -

Piton fece un verso sprezzante e poi un lungo e sonoro sospiro. - Non so più cosa dirti, Lupin. - Ammise poi, unendo le mani davanti a sé, poggiate sulla scrivania. 

Lei aggrottò la fronte. - Mi chiami di nuovo per cognome? - Domandò, triste. 

Piton rimase impassibile. - Quando partirai? - Chiese a sua volta. - Tornerai quando Alya dovrà frequentare Hogwarts o la iscriverai lì? -  

- Non so nemmeno se Alya sia effettivamente una strega, quindi non lo so. - Rispose lei, alla svelta, quasi irritata. - Tra circa un mese ho l’aereo. - Aggiunse poi. 

Piton annuì. - Bene. - Tagliò corto. 

- Verrai a trovarmi? - Domandò Mina. - Ti farebbe bene una bella vacanza estiva. - 

- Non ci penso proprio; odio il caldo, odio il mare, non conosco la lingua e non mi piace la cucina mediorientale. - Rispose lui. 

Mina trattenne un sorriso divertito. - Il caldo di Tel Aviv è secco, quindi quasi non si sente; inoltre non c’è solo il mare, potremmo prendere il treno e visitare Gerusalemme; quasi tutti parlano inglese e, per quanto riguarda il cibo, ti ricordo che la cucina kosher è tra le migliori al mondo. - Spiegò, tutto d’un fiato. 

Piton scrollò le spalle. - Vedremo. - Sentenziò, asciutto. 

- Dai, per favore! - Insistette lei, unendo le mani davanti a sé, come in preghiera. 

L’uomo alzò gli occhi al cielo, tradendosi poi con lieve ghigno. - Va bene, se ci tieni così tanto verrò a trovarti. - Disse, arreso. 

Mina esultò e poi si alzò in piedi. - Bene, ci conto. - Gli disse, prima di raggiungere la porta chiusa alle sue spalle. - Ora è meglio che vada, Alya uscirà dall’asilo tra poco. -  

Piton la vide mettere la mano sulla maniglia di ferro, spalancare la soglia con un cigolio e fare un passo in avanti, varcandola. - Mina, aspetta un attimo… - Fece, alzandosi in piedi e raggirando in fretta la scrivania, ritrovandosi davanti a lei.

- Dimmi. - Lo incitò Mina, sorridendo. 

Piton esitò, la bocca aperta come se le parole non riuscissero ad uscire dalla sua gola ferita. - Che fai venerdì? - Chiese poi, dopo un lungo attimo di silenzio imbarazzante. 

Mina sgranò gli occhi, facendo un passo indietro. - Cosa… faccio venerdì? - Ripeté, imbarazzata, iniziando a tormentarsi le mani. - Perché? Vuoi invitarmi a cena?  - 

- Sì, per salutarci prima che tu parta. - Rispose lui. 

- È una sorta di appuntamento romantico? - Chiese lei, tesa. 

Piton sogghignò. - Adesso non esagerare, Lupin. - Obiettò. - Non abbiamo mica sedici anni. E per giunta tu non sei il mio tipo. -

- Giusto, ho gli occhi verdi ma mi mancano i capelli rossi. - Ribatté Mina. - E comunque nemmeno tu lo sei. - 

- Lo so, per fortuna sono troppo intelligente per esserlo. - Rimbeccò Piton, continuando a sogghignare. - Dunque? - 

Mina arrossì, rimanendo a bocca aperta. - Va bene. Ci vediamo davanti a casa mia alle otto, andremo in un ristorante italiano a Bristol. - Disse, dopo un lungo attimo di esitazione. - E vestiti da babbano. - 

- Non ci penso proprio. - Obiettò il professore. - Io non ho abiti babbani. - 

Mina alzò gli occhi al cielo - Allora ti porterò qualcosa di Sirius. - Buttò lì, facendo un gesto sconclusionato con la mano. 

- Solo il pensiero mi fa rabbrividire. - 

Lei annuì. - Effettivamente anche a me, quindi tenta di fare del tuo meglio con ciò che hai... fatti prestare qualcosa. - Disse. - Allora ci vediamo tra qualche giorno. - Aggiunse, prima di uscire dall’ufficio senza attendere nessuna risposta.

 

L’aereo cominciò la sua discesa attraversano un denso strato di nuvole grigie e piovose, puntando dritto verso la pista dell’aereoporto di Londra. 

Mina lanciò un’occhiata fuori dal finestrino, quasi come se si aspettasse di vedere qualcuno ricambiare il suo sguardo: la fredda pioggia della fine di novembre aveva reso  l’aria umida e scura; da lontano si potevano già intravedere gli edifici dall’inconfondibile gusto inglese, il Big Bang, l'Occhio di Londra, e le tantissime luci che illuminavano tutta la città, che traballavano piano nella nebbia fitta, facendo sbrilluccicare l’aria bagnata.  

Sospirò e poi il suo volto si aprì in un grande sorriso. Era il 26 novembre del 2001 ed erano passati un paio di anni da quando aveva lasciato l’Inghilterra, proprio come aveva fatto dopo la morte di Lily e James. Ma, questa volta, non era stato Lord Voldemort a farla tornare, bensì le feste di Natale e, inoltre, l’invito ad un matrimonio, quello di Harry e Ginny, che si sarebbe svolto l’ultima di marzo, dandole un’ottima scusa per fermarsi in Inghilterra per qualche mese. 

Al suo fianco, una bambina di quasi cinque anni, i capelli neri che le arrivavano alle spalle e un atteggiamento fin troppo altezzoso per una della sua età, la stava fissando con due grandissimi occhi grigi e impazienti. - Siamo arrivati, mamma? - Domandò, per l’ennesima volta da quando erano partite, in ebraico. 

- Aly, qui devi parlare in inglese. - La riprese Mina. - Altrimenti nessuno ti capirà. -

Alya sbuffò, incrociando le braccia sul petto. - Non mi piace l’inglese a me! - Esclamò, nella lingua della madre, ma trascinandosi dietro un forte accento.  

- Lo so che non ti piace. - Borbottò Mina, mentre l’aereo finalmente atterrava. - Non sei contenta di rivedere Teddy? Questa estate vi siete divertiti tanto, no? - 

- No. - Tagliò corto la bambina, imbronciata. - Teddy è stupido, è piccolo e stupido! - 

Mina sospirò. Alya non era sicuramente una di quelle bambine che potevano essere definite “simpatiche”, ma più diventava grande e meno aveva parole gentili da rivolgere a chiunque. Non le piaceva nessuno, letteralmente, detestava qualsiasi cosa e non si faceva mai entusiasmare da niente e, in qualche modo, iniziava a ricordarle orrendamente Regulus Black. - Vedrai che ti divertirai; quest’anno si festeggia il Natale tutti insieme e poi vedrai finalmente la casa in cui è cresciuto tuo padre! - Tentò di dire, cercando di trasmettere un po’ di eccitazione - Non sei contenta? - 

Alya scosse la testa. - Io preferisco Hanukkah. - Obiettò, la bocca piegata verso il basso. 

I motori dell’aereo si spensero e Mina slacciò la sua cintura e poi quella della figlia, prima di alzarsi, recuperando il suo bagaglio a mano sulla cappelliera. - Dai, andiamo. - La incitò, facendola alzare nel trambusto degli altri passeggeri che si preparavano. - Mi raccomando, Aly; per favore, davvero, comportati bene e sii educata. - Iniziò a dire, camminando verso l’uscita del velivolo. - Sarà una bellissima vacanza, te lo assicuro. - 

La bambina non rispose e si lasciò trascinare lungo lo stretto corridoio con l’espressione di chi va verso il patibolo, ormai senza speranze.   

Fuori, intanto, aveva appena smesso di piovere, ma la nebbia c’era ancora, come per dare alle due il bentornato, e una volta raggiunta l’uscita dell'aeroporto, con una grossa valigia stretta in una mano, e quella piccola e calda di Alya nell’altra, Mina prese a muovere gli occhi nella ressa che si stagliava davanti a loro, passando in rassegna, ad uno ad uno, tutti i volti delle persone che le sfrecciavano davanti, piene di fretta. 

- Mamma, Harry si è scordato di venire a prendere noi? - Chiese Alya, quasi speranzosa. 

Mina aprì la bocca per ribattere e, in quel preciso momento, dall’altra parte della strada, sul marciapiede parallelo a quello in cui si trovavano le due, un ragazzo alzò la mano, agitandola in aria. Harry Potter era diverso da quell’adolescente che Mina aveva conosciuto a Grimmauld Place durante l’estate del 1995, molto più alto, e decisamente molto più sicuro di sé, sempre più simile al padre.

Il ragazzo attraversò la strada quasi correndo, andandole incontro con un grandissimo sorriso che gli illuminava tutto il viso allegro e florido, in un’espressione che lei aveva visto tantissime volte disegnata sulla faccia di James. - Ciao! - Esclamò felice, prima di abbassare lo sguardo su Alya. - Ciao, Pulce, come sei cresciuta. - Aggiunse.  

Alya borbottò qualcosa, mescolando l’ebraico all’inglese e, dopo un’occhiataccia da parte della madre, riuscì a tirare fuori un piatto e vuoto: - Ciao, Harry. - 

Mina lo abbracciò e lo baciò su entrambe le guance, per poi guardarlo, scrutandolo per bene. - Come sta il mio figlioccio preferito? - Domandò. 

- Sto bene! - Esclamò Harry, gioviale, prima di prendere la valigia di lei, iniziando ad avviarsi verso l’auto. - E voi come state? Bentornate a casa, a proposito! - 

- Grazie, Harry. - Rispose Mina, seguendolo. - Anche noi stiamo bene; il viaggio è filato liscio come l’olio. Era ora di tornare. - 

- Ma ce ne andiamo presto, vero, mamma? - Si mise in mezzo Alya, il tono urgente. 

Harry fece saettare lo sguardo dalla bambina a Mina. - Non mi sembra molto felice di essere qui, o sbaglio? - Chiese. 

Mina alzò gli occhi al cielo e annuì. - Lei non è mai felice di nulla. - Rispose, cupa. 

Raggiunsero una grossa e fiammeggiante auto rossa dall’aspetto piuttosto costoso; Harry caricò la valigia nel portabagagli e poi tutti e tre salirono a bordo. Dentro, c’era ancora un forte odore di plastica nuova. 

Harry mise la macchina in modo, accese la radio, e poi si voltò verso la bambina, che se ne stava mollemente accomodata sui sedili posteriori. - Pronta per vedere Grimmauld Place, Alya? - Chiese, allegro. 

Alya alzò gli occhi al cielo e sbuffò. - Sì. - Disse poi, tanto perché sua madre le aveva detto di essere educata. - Anche Ted sta a Grimmauld Place? - Domandò poi. 

- Lui e sua nonna verranno a Natale. - Rispose Harry, immettendosi nel traffico. 

A quelle parole, Mina trattenne un gemito. - A proposito di nonni. - Disse, alzando gli occhi al cielo. - Ci toccherà andare in Galles a trovare il nonno, Alya. - 

- Come sta il vecchio signor Lupin? - Chiese Harry, gli occhi sulla strada. 

Mina fece un’espressione che diceva già tutto. - Lo sai, è sempre il solito; negli ultimi anni so che hai imparato a conoscerlo, no? - Sospirò. 

Harry annuì, continuando a guidare verso nord, senza dire niente. Il silenzio, rotto solo dal basso pulsare della radio, cadde all’interno dell’auto, come se attendesse solo di essere infranto con la domanda che Mina non aveva il coraggio di fare. 

- Piton mi ha detto di salutarti. - Disse Harry, come per arrivare dritto al punto. 

Mina mugugnò qualcosa di poco comprensibile e le sue guance si tinsero di rosso. - Ti ha detto altro? - Chiese poi, cercando di mostrarsi calma e disinteressata. 

Harry scosse la testa. - No, ma sono sicuro che gli farebbe piacere se tu lo andassi a trovare a Hogwarts. -

- Non credo. - Mormorò Mina, guardando fuori dal finestrino, mentre alcune gocce stavano tornando a cadere piano appannando il parabrezza. 

 

Le risate dei due ragazzi ferirono il silenzio sonnacchioso che avvolgeva il castello di notte, mentre varcavano la soglia di un’aula vuota, chiudendosi la soglia alle spalle.  

Mina guardò Sirius e sorrise, la schiena ancora contro la porta chiusa, per poi rivolgere lo sguardo alle spalle del ragazzo: vecchi banchi e sedie erano stati ammassati e abbandonati, c’era una vecchia lavagna e anche una cattedra mezza rotta. I vecchi arredi allungavano le loro inquietanti ombre sulle pareti sporche, e oltre ai banchi e alle sedie, Mina scorse un vecchio giradischi d’ottone. - Guarda. - Disse a Sirius, avvicinandosi, e notando poi un grosso disco in vinile poggiato sul piatto. - Secondo te funziona? - 

- Non saprei. - Rispose lui, raggiungendola. 

Mina prese la puntina e la appoggiò delicatamente sul disco, che sussultò, prima di far partire una elaborata melodia di un valzer molto sentimentale. - A quanto pare direi proprio di sì. - Fece lei, voltandosi verso il ragazzo con un sorriso. 

Sirius assunse un’espressione sorpresa e divertita insieme, si avvicinò a lei e le porse la mano, facendole cenno di andargli incontro. - Balliamo. - Disse. 

Mina scoppiò a ridere, scuotendo la testa. - Non siamo qui per ball… - Ma non riuscì a terminare la frase, in quanto lui l’aveva afferrata, attirandola a sé. 

Con una mano sulla schiena della ragazza e l’altra intrecciata in quella di lei, Sirius mosse qualche passo, con tutta l’aria di uno che era piuttosto abituato a farlo. - I passi di valzer sono facili, tutto sta nel seguire il ritmo, un passo più grande e due quasi sul posto. Un, due, tre, un, due, tre… - Le spiegò, guardandola. - Ora lasciati guidare da me, e tieni la schiena più dritta, avanti. - 

Lei balbettò qualcosa di indefinito e avvampò, imbarazzata. - Questa è la cosa più strana che io abbia mai fatto. - Disse poi, ridendo. 

- Che esagerata che sei, Lupin. - Ribatté lui, divertito, facendola muovere in giro per la stanza. - E sei anche tremendamente scoordinata. Sembri un troll. - 

- E tu una ragazzina al ballo delle debuttanti. - Ribatté lei. - Chi ti ha insegnato? -  

- Quella pazza di mia madre. - Rispose lui, e intanto la puntina saltò, arrestando la musica. Sirius si fermò sul posto, ma senza nessuna intenzione di allontanarsi da lei. - Torturava me e Regulus con queste stronzate da aristocratici. Soprattutto me, a dire il vero, diceva che così avrei trovato una nobile strega purosangue da sposare una volta finita la scuola. - Spiegò, rabbrividendo.   

Mina tentò di immaginarselo vestito bene e intento a danzare sulle soffici note di un valzer, ma non ci riuscì. - Chissà cosa direbbe di noi due, tua madre. - Mormorò. 

Sirius scrollò le spalle. - Probabilmente qualcosa di spiacevole sul tuo stato di sangue, ma per fortuna non è un problema. - Rispose lui, prima di baciarla piano, sulle labbra. 

Mina gli sorrise, stringendosi a lui. - Ti amo. - Disse, a bassa voce.  

- Anche io. - 

La ragazza alzò lo sguardo, per poterlo guardare negli occhi. - Ma io intendo dire per davvero. Ti amo per davvero. - Spiegò, sicura che lui non avesse capito. 

- Anche io ti amo per davvero. - Ripeté Sirius, sorridendo. 

- E quindi rimarrai con me per sempre? - Domandò Mina, avvampando. - Mi amerai anche quando, a ottant’anni, diventerò vecchia e brutta? - 

Sirius annuì, smorzando una risata. - Certo. E ti troverò comunque assurdamente attraente, come sempre.  - Rispose, accarezzandola. - Come adesso… - 

Lei sorrise, lo allontanò di un passo e lo guardò negli occhi, portando le mani sui pantaloni di lui. Glieli slacciò piano, sorridendo maliziosa, per poi inginocchiarsi senza interrompere il contatto visivo. 

Sirius la guardò mentre lo provocava, accarezzandolo con la punta della lingua; Mina sapeva esattamente come fare per farlo impazzire. Sentì il suo respiro contro la sua pelle, poi di nuovo la sua lingua che percorse tutta la sua lunghezza. Chiuse gli occhi e sospirò trattenendo un gemito, mentre le labbra di lei si schiudevano e la bocca lo avvolgeva come un morbido guanto. Ma poi la fece alzare e la baciò con tenerezza, stringendola a sé, prima di prenderla per le spalle, facendola voltare, faccia al muro. 

- Ti voglio. - Sussurrò Mina, mentre lui gli alzava la gonna della divisa e la accarezzava tra le gambe.   

- Io ti voglio molto di più. - Rispose lui con voce roca nel suo orecchio, prima di darle una pacca sul sedere. - Sei solo mia. - 

Mina sentì l’erezione di lui strusciarsi sulla sua apertura umida. - Non essere avido, Sirius. - Disse eccitata, muovendosi contro di lui. 

Sirius non rispose, ma le entrò dentro senza troppe cerimonie, sospirando piano.

Mina si lasciò andare ad un forte gemito, cosa che spinse lui a darle di più, a farla impazzire. Voleva sentirla tremare tra le sue braccia, voleva che lo pregasse di andare più forte e di farla venire come solo lui sapeva fare. Strinse forte le sue natiche tra le mani, spingendosi dentro di lei senza sosta, finché lei, dopo un rapido sguardo rivolto alla porta, non sussultò, spingendolo via. - C’è Piton. - Sussurrò, rossa in viso.  

Sirius trasalì; si allacciò velocemente i pantaloni e uscì fuori dall’aula, seguito anche dalla ragazza, beccando il Serpeverde, intento a correre via. - Mocciosus! - Tuonò, sfoderando la bacchetta e raggiungendolo in pochi secondi.  

Piton si voltò verso di loro, sogghignando. - Avete violato il coprifuoco, meno trenta punti a Grifondoro. - Dichiarò, con aria di sfida. - Volevo andare a chiamare Lumacorno, così che anche lui potesse godersi lo spettacolo della vostra fornicazione, ma a quanto pare le storie che girano su di te sono finte, Black. Quanto è durato l’amplesso, trenta secondi? - 

Sirius tremò dalla rabbia, la bacchetta stretta in pugnò, ma con una forte voglia di colpirlo alla maniera dei babbani. 

- Adesso andiamo; racconterete voi stessi al professor Lumacorno perché vi trovate fuori dal vostro dormitorio a quest’ora. - Continuò Piton, irrisorio.  

Mina fece un passo in avanti. - E tu, ti stavi divertendo a spiarci? Maniaco che non sei altro… - Disse, furiosa. - Se dici qualcosa a qualcuno, Piton, noi diremo a tutti che ti abbiamo beccato con il tuo ridicolo cazzetto in mano, mentre ci guardavi, come un depravato. Immagina cosa direbbe Lily, immagina cosa potrebbe pensare di te. - 

Le guance di Piton si tinsero di uno sgradevole rossore. - Mi stai minacciando, Lupin? - 

- Sì, Piton. - Rispose lei. - Diventerai il pervertito della scuola, è questo che vuoi? Io e Sirius stiamo insieme, tutti si aspettano che scopiamo; ma tu… che ci guardavi… - 

Piton guardò i due con sdegno. - Nessuno vi crederebbe. - Disse, a denti stretti. 

- Vuoi rischiartela? - Sussurrò Mina, ghignando. 

Piton esitò per un momento, tremante di rabbia. - Vi odio. - Sibilò. 

Sirius rise e Mina scosse la testa, divertita. - Essere nelle tue grazie non interessa a nessuno, Piton. - Disse il ragazzo. - Adesso vattene. Prova a dire solo una parola… - 

- E sarai rovinato, avrai per sempre addosso il marchio del molestatore. - Concluse lei. 

Piton non disse niente, si limitò a lanciare un’ultima occhiata piena di disprezzo, per poi voltarsi, allontanandosi da loro a passi svelti. 

Mina lo guardò svoltare l’angolo e una strana sensazione la prese all’improvviso. - Forse avremmo potuto gestire la cosa meglio. - Mormorò, quasi a sé stessa. 

Sirius alzò le spalle. - Che te ne frega. - Disse. - Da quanto ti dispiace per Mocciosus? - 

- Non mi dispiace per lui. - Ribatté Mina, gelida, iniziando a camminare verso il dormitorio di Grifondoro. - Secondo te inizierà davvero a pensare a noi mentre… - 

Sirius sogghignò, guardandola sconvolto e divertito insieme. - Su di te sicuramente sì. - Annuì, sarcastico. 

- Che schifo. - Commentò Mina, arricciando il naso. - E la cosa non ti infastidisce? - 

Lui aggrottò la fronte. - Ma dai, è Mocciosus. - Disse. - Non avrebbe nessuna speranza con te neppure nelle sue fantasie più sfrenate, no? -  

- Nessuno ha speranza con me, lo sai che ho gusti molto ricercati. - 

- Nessuno tranne me. - Obiettò lui. 

Min fece un sorrisetto. - Nessuno tranne te. - 

 

La donna aprì gli occhi di scatto, sospirò, e prese a guardarsi intorno nella penombra, ancora sdraiata in quel letto in cui non si trovava da troppi anni. La luce di uno dei lampioni, fuori da Grimmauld Place, filtrava tra le tende di velluto rosse, illuminando di poco la stanza: gli stendardi di Grifondoro e i poster babbani erano ancora lì, immobili nel tempo, e su uno dei due comodini c’era ancora la copia del Fedone che Mina aveva letto a Sirius tantissimi anni prima. 

Accanto a lei, sua figlia giaceva profondamente addormentata, con il viso rivolto nella sua direzione, la bocca semi aperta e una montagna di capelli, ricci e neri, che le ricadevano sul viso in modo disordinato. Anche lei, come faceva il padre, spesso parlava nel sonno, ma quella notte sembrava assolutamente beata. Mina sorrise, guardandola; si sentiva così fortunata ad essere una madre, anche se la faceva dannare, anche se ancora non aveva dato nessun segno di essere effettivamente una strega, cosa a cui, in un modo o nell’altro, si stava ancora abituando. 

Si mise a sedere, le gambe fuori dal letto, poi prese un respiro profondo e si alzò. Attraversò la stanza, ritrovandosi davanti all’armadio. Quando aprì le ante si ritrovò davanti ad una schiera di camicie piuttosto eccentriche e ben inamidate, messe su alcune stampelle. Più in alto, invece, c'erano alcune paia di pantaloni e magliette in perfetto stile anni '70. Mina fece un sorriso molto triste, poi passò le dita sulle camicie, apprezzandone la morbidezza; ne prese una, la guardò e la indossò sopra il pigiama, stringendosi un po’ nelle proprie braccia e sforzandosi di ricordare l’odore della pelle di Sirius Black. Era esistito, aveva indossato quella camicia, aveva dormito in quel letto insieme a lei, eppure non c’era più nessuna traccia di lui in quella casa. 

Mina sospirò, voltandosi verso sua figlia. Tra circa un mese, avrebbero passato il Natale tutti insieme, riuniti in quel posto tanto caro e odiato insieme, ma lei non riusciva a provare nient’altro che tristezza. 

Silenziosamente, uscì dalla camera da letto, ritrovandosi nel buio corridoio. Avanzò lentamente, le braccia stese davanti a sé, per poi scendere le scale, che scricchiolarono sotto i suoi piedi, come per protesta. Quando arrivò all’ingresso, mosse qualche passo superando la schiera di teste di elfo rinsecchite e montate su targhe appese lungo tutta la parete e poi varcò la soglia della cucina. Dentro, in piedi accanto alla finestra, un ragazzo dai capelli neri e spettinati, e gli occhiali tondi sul naso, guardava fiori, pensieroso. 

Mina si fermò per un attimo sulla soglia, guardandolo e ripensando a tutti gli attimi che avevano passato in quella cucina. - Harry, come ancora sveglio a quest’ora? - Esordì poi, raggiungendolo. 

Harry si voltò verso di lei, lo sguardo cupo e un po’ triste. - Be’... lo sai già. - Rispose, facendo un cenno verso la camicia indossata dalla donna. 

Mina annuì, stringendosi un po’ nel tessuto morbido. - Lo so, Harry. Capisco. - Sospirò. 

Ci fu un attimo di silenzio, di quelli assordanti e pensanti; un silenzio pieno di cose non dette, e tristezza, e dolore represso. Harry guardò la sua madrina, scorgendo un mare di sofferenza che ancora albergava negli occhi di lei e si lasciò attraversare da un pensiero che lo accompagnava da ormai diversi anni: se solo lui non fosse mai nato, chissà quante vite sarebbero state risparmiate. Se solo lui si fosse impegnato di più in occlumanzia… 

- Mina. Scusa… - Mormorò Harry con la voce spezzata, quasi tremante.  

La donna inarcò le sopracciglia, guardandolo senza capire. - Scusa di cosa, Harry? - Domandò, sorpresa e preoccupata insieme.  

- Per Sirius, per Remus… non ci sono più a causa mia... - Spiegò il ragazzo, affranto. 

Mina rimase per un attimo senza parole, la bocca aperta, come alla ricerca delle parole giuste con cui confortarlo. Poi, sulle sue labbra, si disegnò un sorriso che era un misto di dolcezza e tristezza. - Harry, tu hai salvato la vita a tutti noi. - Disse, piano. - Hai fatto si che mia figlia potesse vivere in un mondo in pace. Non hai nulla di cui scusarti, anzi, io credo di non averti mai ringraziato abbastanza. - 

- Ma se… - Tentò di dire lui, ormai con gli occhi lucidi. - Io non lo so come fai a non odiarmi, non so come fate a non odiarmi tutti; la signora Weasley, la signora Tonks... -  

Mina parve fremere, poi fece un passo in avanti e lo abbracciò, stringendolo come se fosse lei ad avere bisogno di conforto. - Harry, per favore, adesso smettila. Non ha senso torturarsi in questo modo.  - Disse, quasi con rabbia, tornando poi a guardarlo dritto negli occhi. - Sei folle se credi davvero che qualcuno di noi possa mai odiarti. Io ti adoro, per Molly sei come un figlio, e Andromeda ha il caratteraccio dei Black, ma guai a chiunque si azzardi a dire anche solo una parola contro di te. Anche Alya ti vuole bene, anche se si comporta da ragazzina stronza la maggior parte del tempo! - 

Harry alzò i lati della bocca e poi tirò su con il naso, annuendo. - Anche io le voglio molto bene. - Disse. - Dici che il manico di scopa giocattolo le piacerà? - 

Mina trasalì, facendo un sorrisetto tirato. - Alya è un po’ negata per il volo. - Spiegò, nervosamente. - Anzi, in realtà… è un po’ negata per la magia in generale. - 

Una densa nube di imbarazzo parve scendere su tutta la cucina. - Non ha ancora fatto nessun incantesimo? - Domandò Harry, meno cautamente di quanto avrebbe voluto. 

Mina scosse la testa. - Niente di niente. Ma non è importante. Come diceva Severus, se Alya dovesse essere effettivamente una magonò, diventerà un medico o un’avvocata. - 

Al suono del nome del suo ex professore di pozioni, Harry sembrò mettersi molto più all’ascolto, ma cercò di dissimulare, senza riuscirci. - Mina, ma… tu e Piton… - 

Lei si sentì avvampare in un secondo. - Vuoi sapere se c’è stato effettivamente qualcosa, immagino. - Suppose, tentando di celare l’imbarazzo. 

Harry fece spallucce, ma annuì. 

- Siamo andati a cena insieme, una volta soltanto, poco prima che partissi. - Raccontò Mina, iniziando a tormentarsi le mani, nervosamente. - Tra noi è successo qualcosa, ma sono praticamente scappata via subito dopo… ma non credo che sia il caso di parlarne con te. Io, al contrario di Sirius, so che non sei James. - 

Harry annuì, nascondendo la curiosità. - Ma perché te ne sei andata? - Le domandò. 

- La mia mente bacata è finita sul tuo padrino e mi sono sentita come se lo avessi tradito. - Spiegò lei, dopo un attimo di esitazione. - Lo so che lui non vorrebbe vedermi passare tutta la vita da sola; ma con Piton… sentivo di avergli fatto un torto, capisci? - 

- Ma come avete fatto a diventare così intimi? - Chiese Harry, ancora più curioso. 

- Per un primo periodo, dopo la morte di Sirius, Severus veniva a casa mia una volta al mese per portare la pozione antilupo a Remus. - Iniziò a dire lei. - Ma abbiamo cominciato a passare molto tempo insieme quando ci siamo messi alla ricerca di un modo per far uscire Sirius fuori da quel maledetto velo. - 

Harry trasalì. - Farlo uscire? Come… - 

- Sì, abbiamo letto praticamente tutto il reparto proibito di Hogwarts. - Raccontò Mina, rispondendo a quella domanda lasciata a metà. - Non ne sapevi nulla? - 

Il ragazzo scosse la testa, chiedendosi perché il suo ex professore non avesse mai accennato ad una cosa del genere. Non che adesso avessero un rapporto idilliaco ma, qualche mese dopo la battaglia di Hogwarts, Harry e Piton si erano concessi una lunghissima chiacchierata in cui si erano detti praticamente tutto; o almeno così aveva creduto Harry. E se Piton, durante gli ultimi anni in cui Mina non c’era stata, avesse scoperto qualcosa sul velo? Non era possibile, glielo avrebbe detto, ne era sicuro, lo avrebbe fatto; non sarebbe stato così egoista da tenere Mina lontano da Sirius solo perché si era preso una cotta per lei. 

- Davvero Piton ti stava aiutando? - Chiese, incredulo. 

Lei annuì. - Credo che lui, più di tutti, riuscisse a comprendere cosa provavo; per questo mi stava dando una mano. - Suppose, quasi nostalgica. - Poi, quando Silente è morto, tutto è crollato ed io ho perso ogni speranza di potercela fare da sola. Dopo la guerra, io e Severus ci abbiamo riprovato, ma più cercavo tra quei libri un modo per riavere Sirius indietro, più mi sentivo male. - Fece una pausa e poi un respiro profondo. - Anche se, una volta, quasi mi convinsi che lui mi stesse parlando dall’aldilà, che cosa ridicola. - 

- Parlando? In che senso? - Chiese Harry, con improvvisa urgenza. 

Lei alzò le spalle. - Ma niente… ho solo immaginato che lui fosse in qualche modo intorno a me. Non chiedermi il perché, so che non ha senso. - Spiegò alla svelta, quasi prendendosi in giro da sola. - Ero molto triste, insomma, lo sai. - 

- E cosa avete scoperto riguardo al velo, tu e Piton? - Rimbeccò il ragazzo, impaziente. 

- Quasi niente. Erano libri a dir poco complessi. - Rispose. - Eravamo sempre a un passo dalla risposta, abbiamo anche scoperto alcuni casi in cui qualcuno è uscito di lì, ma tantissimi secoli fa, e sono tutti poco documentati, quasi delle leggende. Dunque ho smesso da molto tempo di farmi illusioni ormai. - 

Harry si voltò, lo sguardo rivolto fuori dalla finestra e improvvisamente perso nel bianco opalino che colorava la strada che si stava innervando fuori dal numero dodici. Mille domande cominciarono ad affollarsi nella sua testa, ma cercò in tutti i modi di mantenere un atteggiamento stoico. Pensò a Sirius, all’espressione del suo volto mentre passava quel velo, quando sembrava ancora così… vivo.   

- Scusa, non volevo turbarti con questa storia. - Disse Mina, ma lui la sentì appena. - Lui è andato via, Harry. Se ne è andato. - 

Harry prese un lungo e profondo respiro, per poi buttare fuori l’aria tutta insieme, con forza. Ci fu un lunghissimo minuto di silenzio e poi il ragazzo annuì freneticamente. - Sì, infatti… se ne è andato. - Ripeté, quasi per accontentarla. - Ma se tornasse… -  

- Sarebbe un meraviglioso miracolo. - Convenne Mina. 

Harry si lasciò sfuggire un sorriso: ad un anno di età era sopravvissuto alla morte, a dodici anni aveva battuto un basilisco, a quattordici era riuscito a sfuggire al più temibile mago oscuro di tutti i tempi e a diciassette aveva praticamente salvato il mondo. Forse si stava sopravvalutando ma, dopotutto, lui era abituato a fare miracoli. 


 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19. Ritorno all'Ufficio Misteri ***


Ci ho messo una vita per scrivere questo capitolo e, sinceramente, sono un po' in ansia nel postarlo ma, dopo averlo riletto e riscritto una cosa come sedici volte, eccomi qui. Spero che vi piaccia, a me non è che garba tantissimo, ma vabbe, è inutile aspettare oltre, quindi... buona lettura e fatemi sapere cosa e pensate!
 

Quella mattina, in Sala Grande, Sirius Black fissava il cucchiaino da tea che aveva in mano con espressione assorta, ben attento ad osservare il riflesso allungato del suo volto su quella superfice metallica. Era mattina e, come al solito, i quattro tavoli delle Case erano gremiti di studenti con indosso le loro impeccabili divise, e ansiosi per l’inizio delle lezioni. Davanti a lui, Remus era seduto accanto a Mary, ed entrambi stavano aiutando Peter con un compito di trasfigurazione che Sirius non si era nemmeno lontanamente preoccupato di portare a termine, alla sua destra, invece, James mangiava una ciotola di latte e cereali come se non toccasse cibo da un secolo mentre, a sinistra, Mina leggeva uno dei suoi tanto amati romanzi babbani con l’aria di chi si era totalmente dimenticata di dove in realtà si trovasse. 

Sirius sospirò, mettendo poi giù il cucchiaio e voltandosi per guardare meglio la ragazza al suo fianco che, invece, non lo degnò di uno sguardo. - Mina? - La chiamò, battendole una un dito su una spalla. 

- Che vuoi? - Chiese lei, senza alzare gli occhi dalla pagina. 

- Tu sei una ragazza. - Osservò Sirius, il tono di chi era appena giunto ad una illuminazione.  

Mina aggrottò la fronte e poi chiuse il libro, che produsse un tonfo abbastanza forte da attirare l’attenzione di chi sedeva attorno a loro. Guardò Sirius stringendo gli occhi in uno sguardo torvo. - Ci conosciamo da quattro anni e te ne accorgi solo adesso? - Chiese, stizzita. 

Lui annuì senza pensarci troppo. - Perché quelle come te pensano che io sia bello? -

- Quelle… come me? - Fece Mina, senza capire a cosa si riferisse. 

- Sì, perché le ragazze pensano che io sia bello? - Ripeté Sirius, il tono urgente. 

Mina si ritrovò per un attimo a boccheggiare, alla ricerca di una risposta. - Io non credo che tu sia bello, penso piuttosto che tu abbia un buon atteggiamento. - Disse poi, guardandolo. - Non sei tanto più bello di molti altri, ecco tutto. - 

Mary, dall’altra parte del tavolo, sgranò gli occhi. - Tu sei pazza, Lupin. - Sentenziò. 

Mina alzò un sopracciglio, guardando l’altra dall’alto al basso, con sdegno. - E perché, scusa? - 

Mary passò lo sguardo da Mina a Sirius e viceversa, indicando poi il ragazzo con entrambe le mani. - Tu credi che Sirius non sia bello? - Domandò, incredula. 

Mina alzò le spalle. - Non così bello come tutti dicono. - Rispose. - Ad esempio, James è molto più carino di lui. - 

- Grazie, Mina. - Esclamò James, sporgendosi un po’ sulla panca per guararla. 

Sirius lanciò invece uno sguardo compiaciuto verso Mary, che quasi arrossì. - Quindi tu pensi che io lo sia, Macdonald? - Le chiese, facendo un sorrisetto. 

La ragazza annuì, cercando di ostentare senza successo una certa sicurezza. - Sì. - 

- Allora vieni a Hogsmeade con me, sabato? - 

Mina sussultò, James diede una pacca sulle spalle dell’amico, e Remus e Peter fissarono Mary, in attesa di una risposta, che arrivò dopo una atroce risatina acuta. - Sì, va bene. -  Disse la ragazza, prima di alzarsi in piedi. - Adesso vado, ho incantesimi. - 

Mina guardò Mary attraversare la Sala Grande con una strana sensazione all’altezza dello stomaco, qualcosa che non aveva mai provato prima: era come se un mostriciattolo verde fosse appena nato dalle sue viscere e ora stesse lottando con tutto se stesso per uscire fuori. Quando abbassò lo sguardo, si rese conto che stava stringendo il suo libro talmente forte che le sue falangi erano impallidite. 

- Anche io uscirò con qualcuno, questo sabato. - Sentenziò, gelida. 

Remus la guardò male, mentre James, Peter e Sirius si scambiarono occhiate divertite. 

- Con uno più carino di Sirius. - Aggiunse Mina, sicura. 

Sirius sogghignò. - Non puntare troppo in alto, Lupin. - Le disse. 

Mina lo fulminò, per poi rivolgere lo sguardo sugli studenti in Sala Grande. Passò in rassegna il tavolo dei Grifondoro, quello dei Tassorosso, quello dei Corvonero e, suo malgrado, anche quello dei Serpeverde, proprio dietro di lei; e fu proprio in quel momento che sul suo viso si accese qualcosa. 

A parte qualche insulto sul campo di quidditch e qualche parola  tirata fuori a stento durante le lezioni e le cene di Lumacorno, lei e Regulus Black non avevano mai veramente parlato. Mina lo fissò intensamente e lui, forse sentendosi osservato, ricambiò la sua occhiata, rivolgendole uno sguardo parecchio perplesso. 

- Uscirò con Black. - Asserì Mina, alzandosi in piedi. 

- Ma io esco con Mary, l’ho appena invitata. - Rispose Sirius, sogghignando. 

Mina fece un sorrisetto. - L’altro Black. Tuo fratello. - 

Sirius scoppiò a ridere. - Non accetterà mai un tuo invito, ti ricordo che tua madre è babbana. - Disse, divertito. 

- E poi lui è il nemico. - Rimbeccò James, con urgenza. - Non è solo un Serpeverde, ma è anche il capitano della squadra di quidditch, è il peggio del peggio. - 

- E sei troppo giovane per uscire con un ragazzo.  - Sottolineò nervosamente Remus. 

- Inoltre non hai il coraggio di chiederglielo. - Disse Sirius, il tono di sfida. 

Mina scoccò a tutti e quattro uno sguardo acceso da una certa eccitazione, poi scavalcò la panca. - Io ho il coraggio di fare qualsiasi cosa, Sirius. - Disse, prima di incamminarsi, dirigendosi subito dopo verso il tavolo dei Serpeverde. 

Percorse tutta la sua lunghezza, beccandosi tantissime occhiate diffidenti dagli studenti vestiti di verde e argento e, quando finalmente si ritrovò vicino a Regulus Black, si sedette al suo fianco, facendosi prepotentemente spazio tra lui e Piton. 

- Ciao. - Gli disse. 

Lui la guardò quasi terrorizzato. - Ciao. - Rispose poi. 

Mina sentì la sua gola farsi improvvisamente secca. Non era mai uscita con un ragazzo e, nonostante fosse abituata ad avere interazioni con l’altro sesso, si sentì improvvisamente imbarazzata. - Sai chi sono? - Gli chiese, nervosa. 

- L’amica di Sirius. - Rispose lui, con una certa aria altezzosa. - La cercatrice. -

Mina annuì. - Esattamente. - Disse. - Io sono una cercatrice, tu sei un cercatore, siamo entrambi bravi in pozioni… insomma, siamo proprio pieni di cose in comune, no? - 

Regulus socchiuse la bocca e inarcò le sopracciglia, ma non rispose. Sembrava in imbarazzo e fece saettare lo sguardo verso Piton, che a sua volta appariva perplesso. 

- Stavo pensando. - Tornò a parlare lei. - Potremmo uscire insieme. Sabato. - 

- Se è uno scherzo di quell’idiota di mio fratello, sappi che non è divertente. - Sbottò lui, guardandola dall’alto in basso. 

Mina sorrise. - Non è uno scherzo. - Lo tranquillizzò. - Vuoi uscire con me o no? - 

Regulus sgranò gli occhi e arrossì. - Sì, va bene. -  Rispose poi.  

- Ottimo. Ci vediamo sabato, verso le undici, nella Sala d’Ingresso. - Disse Mina, alzandosi. - Non fare tardi. - 

 

Quella gelida mattina di fine novembre, una donna camminava per i corridoi deserti della scuola, un sorrisetto nostalgico dipinto in volto, e una busta color carta da zucchero stretta in una mano, piena zeppa di dolci direttamente da Mielandia. 

Non sapeva esattamente per quale motivo, ma quel giorno si era svegliata presto, si era vestita da strega (cosa che non le capitava praticamente mai), aveva pettinato i capelli in modo da sembrare molto ordinata e si era perfino truccata; poi, dopo aver lasciato Alya a casa di Molly, alla Tana, si era diretta a Hogwarts, fermandosi prima a comprare qualcosa a Hogsmeade. 

Non metteva piede in quella scuola da quattro anni, da quando era partita con l’intento di non tornare mai più, di rifarsi una vita, eppure si sentiva assurdamente a casa, al sicuro, anche se era proprio lì che suo fratello e tantissimi altri erano morti in battaglia. Era inutile, più tentava di scappare, più le circostanze la facevano tornare; era successa la stessa cosa nel 1995, quando la vita le aveva sbattuto in faccia il fatto che in realtà non era mai andata avanti, e succedeva adesso, mentre lottava contro la voglia di tornare a stabilirsi di nuovo nel Regno Unito. 

Sospirando, Mina scese le scale verso le segrete, puntando dritta verso l’aula di pozioni, il cuore gonfio di emozione e una strana sensazione che la attanagliava all’altezza dello stomaco. Era immersa in un silenzio quasi fastidioso, percorse il corridoio e, quando finalmente giunse a destinazione, aprì furtivamente la porta, dando una sbirciata all’interno della casse. Piton camminava avanti e indietro tra i calderoni degli studenti e i fumi prodotti da essi, parlando in tono annoiato. 

- … un lieve vapore d’argento dovrebbe ora sprigionarsi dalle vostre pozioni. - Stava dicendo, scrutando i calderoni con sguardo vuoto, prima di fermarsi davanti ad uno in particolare, quello di un ragazzino di Grifondoro dai capelli color cioccolato, che ricambiò il suo sguardo, quasi terrorizzato. - E questa che cosa sarebbe? - Tuonò. 

- L-la bevanda della pace. - Balbettò il ragazzo. 

Piton lo guardò facendo un sorrisetto mellifluo ma, prima che potesse aprire bocca, Mina spalancò del tutto la porta, che si aprì con un cigolio, e varcò finalmente la soglia, attirando l’attenzione di tutta la classe su di sé. Quando anche Piton alzò lo sguardo su di lei, Mina percepì uno strano calore partire dal suo petto fino ad arrivare alle guance. Alzò una mano, facendo un vago cenno di saluto, imbarazzata dagli sguardi degli studenti e dai bassi mormorii. 

- Secondo te è la fidanzata di Piton? -  Mormorò una ragazzina nell’orecchio dell’amica. 

Piton sussultò, voltandosi verso la studentessa e guardandola malissimo. - Riempite una fiaschetta con un campione della vostra pozione, scrivete chiaramente sull’etichetta il vostro nome e portatela alla mia scrivania per la verifica. - Disse, raggiungendo la cattedra. - Compito: trenta centimetri di pergamena sulle proprietà della pietra di luna e i suoi usi nella preparazione di pozioni, da consegnare giovedì. -

Ci fu un gran trambusto generale; gli studenti si alzarono e portarono le loro fiaschette alla cattedra, poi uscirono senza risparmiare altre occhiatine a quella strana donna che non avevano mai vista prima, ma che aveva fatto vacillare l’espressione solitamente impassibile e stoica del loro professore di pozioni. 

Quando finalmente anche l’ultimo studente uscì dall’aula, chiudendosi la porta alle spalle, il silenzio cadde sui due. Lui, ancora seduto dietro alla cattedra, la stava guardando come se stentasse a riconoscerla. Mina sembrava diversa; aveva tagliato i capelli e ora le arrivavano al mento, incorniciandole il suo solito visto da ragazzina, sembrava più magra, ma in compenso appariva in salute. Indossava un abito sul verde, che si vedeva appena sotto ad un pesante mantello scuro, ed era truccata. 

- Perché sei vestita in questo modo? - Fu questa la prima domanda che le fece, dopo quei quattro lunghi anni in cui non si erano potuti guardati negli occhi, dandosi dell0 stupido. 

- In quale modo? - Chiese Mina, guardando verso il suo vestito. 

Piton alzò le spalle. - Da strega. - Rispose. 

Mina aggrottò la fronte, perplessa. - Perché lo sono. - Ribatté, il tono ovvio.     

- Sembri Narcissa Malfoy. - Osservò lui, sogghignando. 

- Grazie, Sev… - Disse Mina, sorpresa, ma poi la sua espressione divenne piuttosto pensierosa. - Era un complimento, vero? Insomma, lei sarebbe molto bella se non avesse quella espressione eternamente altezzosa, però... - 

- Non era un complimento, era un fatto. - Spiegò Piton, interrompendola. - Stai bene così, anche se non è molto da te. Forse ti preferisco con le camicie a quadri e i jeans. - 

- Ho fatto quarant’anni ad agosto, era ora di darmi un tono. - Ribatté Mina. 

Piton alzò le spalle, disinteressato. - Come stai? Potter mi ha detto che sei tornata circa una settimana fa. - Disse, dopo qualche attimo di silenzio. 

- Sto bene. - Rispose Mina, attraversando l’aula e sedendosi sulla cattedra. - Ho portato del cibo, non chiedermi il perché, pensavo che fosse una buona idea. - E dicendo questo, svuotò l’intera busta sul tavolo, davanti a lui, afferrando una cioccorana. 

Piton la guardò mentre la scartava; la rana di cioccolato saltò sul grembo di lei, ma lei non se ne rese conto, troppo occupata a guardare la figurina che ci aveva trovato dentro, che gli mostrò poco dopo. - Guarda, sei tu. - Disse, sorridendogli. 

- È una cosa che detesto. - Borbottò Piton, afferrando una confezione di pallini acidi. 

Mina sgranò gli occhi. - Sei pazzo? Finire nelle figurine delle cioccorane è il sogno segreto di tutti, Sirius sarebbe assurdamente felice di sapere che ce l’ha fatta. - Disse, la rana ormai inanimata tra le dita. - Allora, Sev, dimmi: come sono andati gli ultimi quattro anni? - Domandò all’uomo, pronta all’ascolto. 

- Ti ho scritto qualche mese fa, non è successo granché da allora. - Rispose Piton. - Tu, piuttosto, Potter mi ha detto che resterai fino al suo matrimonio. -  

Mina annuì. - Sì, ho preso qualche mese di aspettativa dal lavoro e ora sono qui, a farmi una bella e lunga vacanza. - Raccontò, disinvolta. 

- Per quale motivo lavori ancora, nonostante tutti i galeoni che Black ti ha lasciato, non lo capirò mai. - Disse Piton. - Lavorare tra i babbani, per giunta. - 

Mina sbuffò. - Mi piace insegnare inglese, va bene? - Sbottò. - E non voglio toccare i soldi di Sirius, sarebbe come dover ammettere ufficialmente che è morto. - 

- Pensavo che, in tutti questi anni, tu avessi finalmente fatto i conti con la cosa. - Disse Piton. - Tutte quelle tue belle parole sull’andare avanti, rifarsi una vita… ma tuttavia sei rimasta ancorata a lui e non hai nessuna intenzione di lasciarlo andare. - 

L’espressione di Mina divenne improvvisamente tesa. - Almeno io ci ho provato, ad andare avanti. - Obiettò, gelida. - E non è vero che sono ancora ancorata a lui. - 

- Se lo dici tu. - 

- Sono anche uscita con un uomo, l’anno scorso. - Raccontò lei, annuendo. - Scommetto che tu non esci con nessuna e che sono stata l’ultima che hai visto nuda. - 

- Ti piacerebbe. - Ribatté Piton. 

Mina sogghignò, divertita, ma poi, man mano che lo guardava, la sua espressione si fece più seria. Chissà come sarebbero andate le cose tra loro se solo non fosse scappata via; magari sarebbero stati felici entrambi, magari Alya avrebbe trovato in lui una sorta di padre. L’idea la fece sentire quasi in colpa; divisa tra l’amore incondizionato e struggente che sentiva ancora per Sirius, e quella strana prospettiva di futuro che riusciva ad immaginare con Piton. 

Mina prese un respiro profondo e lo guardò negli occhi, tesa. - Stavo pensando che, in questi mesi in cui starò qui, noi potremmo… vederci, qualche volta. - Gli disse, abbozzando un sorriso imbarazzato. - La volta scorsa è stata una bella serata, no? - 

Piton rimase impassibile e stranamente distaccato, nascosto dietro alla sua maschera, come all’inizio della loro amicizia. - Se Black tornasse? - Le chiese, serio. 

Mina sentì il suo cuore quasi fare male. - Ma cosa dici, Sev? - Mormorò. - Non può uscire da lì, lo abbiamo assodato, no? Sai qualcosa che io non so? -  

Piton mosse lentamente la testa. - Non può uscire da lì. - Ripeté, senza inflessione nella voce fredda. - Ma se potesse, tu vorresti che tornasse? - Domandò. 

Mina aggrottò la fronte. - Certo che vorrei che tornasse, mi sembra stupido anche solo doverlo sottolineare! - Esclamò, indignata. - Perché, tu non vorresti riavere Lily? - 

- Sì, ma è diverso. - Rispose Piton. 

- Non è diverso. Tu la ami come io amo Sirius, quindi dovresti saperlo che è ovvio che vorrei riaverlo con me. - Obiettò Mina. - Non ci si libera mai del proprio primo amore. - 

Piton abbassò lo sguardo e quelle parole risuonarono nella sua mente, sbattendo sulle pareti del suo cranio; e fu quello il momento in cui decise che avrebbe aiutato Harry Potter. 

 

***

 

Severus Piton aprì gli occhi e scattò seduto, allarmato da alcuni rumori provenienti dall’ingresso di casa sua. Si guardò intorno: si trovava nella sua camera da letto, immerso in un'oscurità poco densa, rotta dalla luce dei lampioni che entrava trapassando i vetri opachi della finestra. Sul suo comodino c’era la sua bacchetta, a terra, invece, i vestiti babbani che aveva raccattato dall’armadio di suo padre, talmente brutti e male assortiti da avere un senso tutto loro. Piton li prese e li indossò il più velocemente possibile, uscendo dalla stanza quasi di corsa e ritrovandosi, poco dopo, nel bel mezzo dell’ingresso, dove Mina lo guardò nel buio, gli occhi che le brillavano nella penombra come quelli di un gatto, stretta nel suo cappotto color cammello, immobile. 

- Dove stai andando? - Le domandò Piton, rompendo il silenzio. 

- A casa, non posso dormire fuori. - Fu la risposta di lei. - Devo tornare da Alya, è con Andromeda e vorrei evitare di beccarmi una delle sue infinite ramanzine nelle quali mi da della pessima madre solo perché oso uscire di casa senza la bambina. - 

Piton strinse un po’ le labbra. - In realtà stai scappando. - Ribatté, il tono piatto.  

Mina sospirò. - Sì. - Ammise. - Questa cosa tra noi non doveva succedere, lo sai. -  

- Hai pensato a lui? - Chiese Piton, dopo un breve attimo di silenzio. - Hai pensato a Black per tutto il tempo? - 

- No, non per tutto il tempo; però sì, ci ho pensato. - Rispose Mina. - E ho pensato anche che questa cosa non è una buona idea, dato che tra qualche settimana partirò, finendo a cinque ore di volo da qui. -  

Piton ringraziò l’oscurità che celava la sua espressione affranta. Avrebbe voluto dirle di restare, e non solo di restare in Inghilterra, ma in quella casa, con lui, ma non ci riuscì. Non riuscì a dire proprio niente per almeno un minuto, finché non raccolse le forze, prendendo poi un lungo e sonoro respiro. - Resta. - Disse, facendo un passo verso di lei. - Per favore, resta qui. Non partire. - 

Mina scosse la testa, l’espressione sconvolta da quello che sembrava dispiacere. - No, non ce la faccio, ho bisogno di rifarmi una vita e lì, anni fa, c’ero anche riuscita. - Rispose. - Perché non vieni con me, piuttosto? - Gli chiese poi. 

Piton sussultò. - Non posso. - Rispose asciutto. 

- Perché no, Sev? Potremmo ricominciare tutto da capo, solamente io e te in un posto in cui nessuno ci conosce, un posto in cui tu non sei l’ex Mangiamorte, in cui nessuno sa niente di me e Sirius. - Tentò di convincerlo lei, guardandolo dritto negli occhi, ormai vicinissima. - Potresti insegnare pozioni lì, oppure difesa contro le arti oscure, hanno una scuola di magia anche loro, sai? - 

- Non posso. - Ripeté Piton. - Sarebbe bello, ma non posso. Non ci riesco. - 

Mina poggiò le mani sulle spalle dell’uomo, adesso era talmente vicina che lui poteva sentire di nuovo il calore di quel corpo che, poche ore prima, si era ritrovato ad adorare. - Io spero che tu cambierai idea. - Gli disse, a bassa voce, prima di alzarsi sulle punte dei piedi per poterlo baciare sulle labbra. 

Poi fece un passo indietro, si voltò e spalancò la porta, usando. La luce fioca dei lampioni la illuminò, facendola diventare una macchia di luce dorata in mezzo a quella stradina buia e fredda. 

- Buonanotte, Sev. - Disse, voltandosi appena per poterlo guardare. 

Il suono della smaterializzazione spezzò il silenzio; e lui, fermo davanti a quella porta spalancata, si sentì tremare il cuore. 

 

Un uomo e un ragazzo camminavano rapidi, fianco a fianco, rompendo il silenzio che li opprimeva con il rumore dei loro passi svelti. Uno era più vecchio, almeno quarantenne, il mantello, nero e talmente lungo che quasi sfiorava terra, gli dava un’aria da pipistrello, l’espressione impassibile sul viso ambrato; teneva in mano una borsa di pelle marrone piena di provette e strani antidoti. Vicino a lui, un giovane smilzo, gli occhiali tondi sul naso e i capelli spettinati, sembrava fare strada lungo un corridoio deserto. 

Era notte fonda, il Ministero della Magia era incessantemente vuoto, e l’unico suono che si udiva, a parte quello dei passi dei due, era lo scroscio della fontana dorata nel bel mezzo dell’atrio, dove l’acqua zampillava dalle bacchette di una strega e  di un mago, ricadendo nella vasca. 

- Sei davvero sicuro di volerlo fare, Potter? - Chiese Piton, senza inflessione nella voce. 

- Certo che sono sicuro. - Rispose Harry, quasi indignato, continuando a camminare. 

Varcarono un cancello dorato e raggiunsero gli ascensori. Harry chiamò il più vicino, premendo il pulsante, e quando arrivò, la grata si aprì con un gran fragore. Entrarono, Piton premette il pulsante numero nove, la grata si richiuse con un tonfo e l’ascensore iniziò a scendere stridendo  e sferragliando nel cupo silenzio. 

- Lo sai che potresti morire? - Fece Piton, guardando dritto davanti a sé. 

- Lo so, conosco tutti i rischi, ne abbiamo parlato parecchio. - Ribatté Harry. - Abbiamo passato l’ultimo mese ad escogitare tutto, non dico di essere fiducioso, ma quasi. - 

Piton non rispose, lasciandosi prendere dai suoi pensieri. Da quando Harry Potter era entrato nel suo ufficio come una furia, circa quattro settimane prima, accusandolo di star nascondendo il modo per far uscire Black dal velo, per il professore di pozioni non c’era stato un attimo di respiro: Potter era sempre ad Hogwarts, gli stava col fiato sul collo, arrogante e pomposo come al solito, con la sua mania di fare l’eroe. 

Insieme avevano letto di nuovo tutti quei libri, giorno e notte, senza tregua, e poi Potter aveva deciso che avrebbe tentato, poggiandosi sulla base di alcuni casi analoghi avvenuti molti secoli prima. 

La grata dell’ascensore si aprì, mostrando ai due un corridoio deserto. L’unica cosa che si muoveva nello spazio erano le fiammelle delle torce più vicine, che tremavano nella corrente d’aria provocata dall’ascensore. 

- Forse è meglio se entro io, nel velo. - Disse Piton, incamminandosi verso la porta nera che davanti, la voce con una strana inclinazione, come se fosse preoccupato. 

- No, lei mi serve quando usciremo, Sirius potrebbe essere ferito. - Obiettò Harry, teso. 

- Ti stai sopravvalutando, Potter, come al solito. - Sibilò Piton. - Io sono un mago di gran lunga più preparato di te, dunque sarebbe meglio se tu abbandonassi, almeno per una volta, questa smania di fare l’eroe. -  

Harry sfiorò la porta nera e questa si aprì. - Io non faccio l’eroe. - Borbottò, varcando la soglia. - Lei era d’accordo sul piano, lo abbiamo strutturato insieme. - 

Piton non rispose, consapevole di star lottando contro i mulini a vento. Dopo tutto quello che aveva dovuto passare per proteggerlo, dopo che Lily si era sacrificata per lui, quel dannato ragazzino si stava per buttare tra le braccia della morte, e per cosa? Per tirare fuori una delle persone peggiori che Severus Piton avesse mai conosciuto. 

Si ritrovarono in una grande stanza circolare. Tutto era nero, pavimento e soffitto compresi; sulle pareti nere si suseguivano a intervalli regolari porte nere tutte uguali, prive di contrassegni e di maniglie, e fra l’una e l’altra ardevano grappoli di candele dalla fiamme azzurre. La fredda luce tremolante riflessa nel lucido pavimento di marmo dava l’impressione di camminare su una pozza d’acqua scura. 

Harry ripercorse nella sua mente quella terribile notte in cui aveva perso Sirius, e il dolore fece capolino mentre camminava spedito verso la Stanza della Morte. Fu proprio quando varcarono l’uscio di quel luogo maledetto che il cuore di Harry sembrò quasi esplodere, tanto grande era la sofferenza che gli aveva recato quel posto. L’arco era ancora lì, si ergeva antico e rovinato, privo di pareti che lo sorreggessero e con il logoro velo nero che pendeva fluttuando come se qualcuno lo avesse toccato. 

Insieme a Piton, Harry scese lentamente i gradini, fino a ritrovarsi nell’incavo di quella sorta di anfiteatro; i primi sussurri cominciarono subito ad arrivare alle sue orecchie, bassi e lontani, lo stavano chiamando. Harry si chiese se, tra quelle voci, ci fosse anche quella del suo padrino. 

Alle sue spalle, Piton lasciò cadere la borsa di pelle che si trascinava dietro, per poi abbassarsi ad aprirla, tirando fuori tutto il contenuto. Harry si riscosse e poi si voltò per guardare cosa il professore stesse facendo: provette piene di pozioni scintillanti, fiale vuote e calici cominciarono ad affollarsi sul pavimento di pietra, insieme a barattoli contenenti ingredienti che Harry non aveva mai visto.

Piton alzò lo sguardo sul suo ex studente. - Come già sai, Black potrebbe morire una volta attraversato nuovamente il velo. - Disse, alzandosi in piedi. - In questo caso… - 

- Mina non dovrà saperlo; lo seppelliremo e la faccenda rimarrà tra noi, lo so. - Lo anticipò Harry. - Non ha senso riportare tutto a galla, non ha senso che soffra ancora. -

Avevano fatto quel discorso decine di volte durante tutto quell’interminabile mese, ed erano arrivati alla conclusione che, se le cose fossero andate storte, quella notte sarebbe rimasta un segreto tra loro. Nessuno, infatti, a parte Ginny, sapeva cosa Harry e Piton stavano per fare. 

- Bene. - Approvò Piton. - Allora direi che siamo pronti. Hai la bacchetta? - 

Harry annuì, tirando fuori dalla manica la bacchetta di Sambuco. - Direi che è stata una buona idea nasconderla alla Gringott, all’insaputa di tutti. - Borbottò Harry, più a se stesso che a Piton, impugnandola. - Non so se ce l’avrei fatta a dissacrare la tomba di Silente, anche se per una buona causa. -  

Piton alzò gli occhi al cielo. Potter era sempre stato un ragazzino tremendamente sentimentale. - Bene, la pietra? - Fece, dunque, stizzito. 

Harry aprì il pugno sinistro, dove la pietra della resurrezione era poggiata sul suo palmo. 

- Se lì dentro dovessi vedere anche mia madre… vuole che io le dica qualcosa da parte sua? - Chiese il ragazzo, cauto. - Ha un messaggio per lei? - 

Piton strinse le labbra e gli occhi, in un’espressione molto truce. - Forza, Potter, datti una mossa, non abbiamo tutta la notte. - Rispose, ignorando totalmente la sua domanda. 

Harry sospirò, si voltò verso il velo e fece un passo in avanti. Levò la bacchetta in alto e gridò: - Expecto Patronum! - Il cervo d'argento, maestoso e splendente, balzò fuori dalla sua bacchetta magica e lo guardò, esortandolo a seguirlo. - Bene. Ci siamo. - Mormorò Harry, incamminandosi verso il velo e varcando l’arcata senza esitazioni. 

Nell’esatto momento in cui passò, poggiando il piede dall’altra parte, Harry si ritrovò al buio e sentì la strana sensazione di fluttuare in mezzo al nulla e di essere l’unico essere vivente dell’interno universo. Guardò giù, quasi preso dal panico, dove notò che il suo patronus scorrazzava nell’oscurità e poi, all’improvviso, la gravità tornò e Harry cadde gridando, prima di scontrarsi su un pavimento lurido, come se fosse semplicemente inciampato.  Poi si tirò su e si guardò intorno, confuso e frastornato. 

Si trovava in quella che sembrava una stazione della metropolitana, l’odore di umidità gli entrò pungente nelle narici, mentre la testa gli faceva male e il freddo vento che soffiava nel tunnel in cui doveva passare il treno gli entrava nelle ossa. La banchina sarebbe stata deserta, se solo non fosse stato per un uomo, anzi no, un ragazzo, che se ne stava in piedi a parecchi metri di distanza, le mani nelle tasche e l’aria parecchio annoiata. Harry si mosse per andargli incontro e, nello stesso momento, un treno sfrecciò rumorosamente sul binario davanti a loro senza nemmeno fermarsi. 

Il ragazzo imprecò, pieno di rabbia, per poi voltarsi nella sua direzione, quasi sorpreso di vedere qualcun altro. - Hey tu! - Esordì. - Hai idea di come si prenda il treno? - 

Harry trasalì. - S-sirius? - Chiese tremante. - Sei così… così… - 

Il giovane Sirius Black lo guardò, alzando un sopracciglio. - Tu chi sei, scusa? - 

Harry boccheggiò, gli occhi che si facevano sempre più lucidi e brucianti. - Sono Harry… Harry Potter! - Esclamò, buttandosi su di lui, abbracciandolo. 

Sirius scoppiò a ridere, sorpreso di quell’inaspettato contatto, ma ricambiò l’abbraccio battendo una mano sulla sua schiena di Harry. - Quindi sei un parente di James? Effettivamente vi somigliate parecchio. - Disse, quando finalmente Harry si staccò. - Mi sei venuto a prendere? - 

Harry annuì. - Sì… - Rispose, incredulo e commosso insieme. - Ti porto a casa. - 

L’altro tirò un sospiro di sollievo. - Meno male. Sono qui da ore e stavo seriamente cominciando a scocciarmi. - Spiegò, divertito. - Il macchinista dice che non ho il biglietto e non vuole farmi salire sul treno. Tu sai dove si acquista? - 

- Io… sì, più o meno. Sì… qui fuori, vieni. - Farfugliò Harry, iniziando a camminare verso l’uscita della metropolitana. - Quanti anni hai?  - Chiese poi al suo padrino. 

- Ventuno. - Rispose Sirius seguendolo, camminando con casuale eleganza. - Andavo a scuola con James. A proposito, lui è tipo tuo cugino o roba del genere? - 

Harry mosse la testa dicendo sia sì che no insieme; poi si fermò, guardandolo. Sembrava così diverso rispetto all’uomo che lui aveva conosciuto e non solo fisicamente. Sirius sembrava così… felice, anche se non riusciva a trapassare del tutto, anche se lì era da solo, in attesa di morire davvero. 

- Stai bene, Harry? - Gli chiese Sirius, distraendolo dai suoi pensieri. 

- Sì, sì. - Si affrettò a rispondere lui. - Tu e Mina state già insieme, non è vero? -

Sirius sembrò sorpreso da quella domanda. - Conosci anche lei? - Domandò, sospettoso.

Harry annuì. - Sì… di vista. - Buttò lì, alzando le spalle. - Lei ti ama, davvero tanto. - 

Sirius fece un sorriso sghembo. - E io amo lei allo stesso modo. - Rispose. 

Harry prese un lungo e profondo respiro. - Allora dobbiamo trovare il tuo corpo, così puoi tornare da lei. - Gli disse, lasciandolo un po’ perplesso.  

- Il mio corpo? - Chiese Sirius, guardando Harry come se fosse un pazzo. 

Harry strinse il pugno in cui teneva la pietra della resurrezione. Sapeva che il luogo in cui si trovavano non era nient’altro che frutto dell’idea che aveva lui del limbo in cui si trovava Sirius in quel momento, sapeva di essere l’architetto della sua visione, ma non aveva idea di dove potesse trovarsi il corpo del padrino in quel preciso momento. Chiuse gli occhi e si concentrò, cercandolo nella sua mente. Quando poi li spalancò di nuovo, si rese conto che l’anima di Sirius Black stava fissando qualcosa, a qualche metro da lui. 

- Cosa mi è successo? - Domandò l’anima, guardando il suo corpo sdraiato a terra. 

Harry lo raggiunse, posando gli occhi su quello che sembrava il cadavere di Sirius. Era più vecchio di come se lo ricordava, ma in qualche modo sembrava stare molto bene, come se non avesse mai sofferto, come se non fosse mai stato ad Azkaban. Harry aprì la bocca per spiegargli almeno una parte della storia, ma l’anima di Sirius lo anticipò:

- Harry, ma cosa è successo? - Ripeté, spaventato, gli occhi sgranati e fissi su di lui. 

Harry sospirò. - Tantissime cose, davvero. - Si limitò a dire. - Andiamo via di qui. - 

- Come… - 

Harry aprì la mano, mostrando la pietra della resurrezione e rispondendo a quella domanda che Sirius aveva lasciato a metà. - Ti farò tornare nel tuo corpo. - Disse. 

La girò per tre volte nel suo palmo, sotto gli occhi di Sirius, e tutto tornò buio e vuoto. Harry si sentì di nuovo fluttuare nel nulla, poi cadde con un grido silenzioso, per un tempo che gli parve l’eternità. Quando finalmente toccò nuovamente terra, l’impatto fu forte e doloroso abbastanza da farlo gemere forte.  

Aprì gli occhi, ma ci mise qualche secondo per riuscire a mettere a fuoco; le orecchie gli fischiavano, mentre una voce lontanissima lo stava incitando ad alzarsi in piedi. Harry si voltò verso destra, notando che Sirius era steso accanto a lui, privo di sensi e con un orrendo squarcio sul petto, provocato dalla maledizione di Bellatrix.

Si mise a sedere e si trascinò, scuotendolo. - Non respira! - Urlò disperato, mentre Piton trafficava con le provette e gli ingredienti. - Fa qualcosa! Aiutalo! -  

- Stai calmo, Potter e non toccarlo. - Disse Piton, stoico, stappando una fiala e versando l’intero contenuto sulla ferita fresca dell’altro.   

Harry teneva stretta una delle mani di Sirius, fredda e rigida, proprio come quella di un cadavere. Passarono una manciata di secondi e poi l’uomo spalancò gli occhi e la bocca, prendendo un respiro profondissimo, come se non respirasse da anni. Mosse lo sguardo spaventato, ma sembrava incapace di muoversi. Tentò di parlare, ma la voce non gli uscì. Sembrava terrorizzato, paralizzato dalla paura.  

- Riesci a sentirci? - Chiese Piton, schiaffeggiandolo.   

- Sirius? Guardami, sono qui… - Disse Harry, scuotendo. - Sei tornato, sei al sicuro. - 

Sirius guardò Harry e spalancò gli occhi, perplesso. - James? - Balbettò, cercando di tirarsi su.  

- No, Harry, sono Harry. - Esclamò il ragazzo, il tono urgente e preoccupato. - Non ti ricordi di me? - 

Piton si alzò. - Dobbiamo portarlo subito al San Mungo. - Dichiarò.

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Capitolo 21
*** Capitolo 20. Regalo di Natale ***


Ecco qui il ventesimo capitolo, scritto alle tre e mezza di notte e in preda a chissà quale delirio. Spero che non faccia troppo schifo, dato che a me (stranamente) piace come è uscito fuori. Fatemi sapere voi cosa ne pensate e buona lettura!


La corsia del San Mungo era piuttosto piccola e buia. Dall’unica finestra, minuscola e molto in alto, provenivano alcuni timidi raggi di luna, ma la maggior parte della luce proveniva perlopiù da alcune sfere di cristallo luminose, raggruppate al centro del soffitto. Le pareti erano rivestite di pannelli di quercia, dove erano appesi alcuni quadri di vecchi curatori che avevano lavorato in quell’ospedale. Parallele ai quadri, sulla parete opposta del lungo corridoio, c’erano tantissime porte chiuse e, in una di quelle, Harry Potter si stava riposando poggiando la testa sul letto occupato da Sirius Black. L’alba stava sorgendo e un flebile raggio di sole stava entrando dalla finestra della stanza, infrangendosi contro il muro, ma illuminando tutto l’ambiente. C’erano solo loro in tutto il reparto, il Ministro della Magia, Kingsley Shacklebolt, si era raccomandato che Sirius avesse tutta la privacy di cui necessitava e alcuni maghi della guardia di sicurezza si stavano occupando di tenere lontani i giornalisti tanto interessati a quella storia. Sirius Black non solo era riuscito a evadere da Azkaban, ma era anche scappato dalla morte. 

Harry sospirò e tirò su la testa, posando lo sguardo su di lui. Aveva parlato appena da quando lo avevano tirato fuori da quel velo e, una volta raggiunto il San Mungo, si era addormentato sotto l’effetto del latte di papavero. Aveva riportato una brutta lesione da maledizione, ma stava tutto sommato bene, almeno fisicamente, ma era piuttosto probabile che la sua mente avesse riportato qualche danno, seppur minimo. Harry gli strinse piano la mano, desideroso che si svegliasse, così da potersi assicurare che era ancora lui, che era ancora l’uomo che aveva conosciuto, il suo padrino; quante cose gli avrebbe dovuto raccontare… 

Sirius si mosse nel sonno, lamentandosi in modo sommesso, poi fu scosso da un brivido e, nello stesso istante, spalancò le palpebre, guardandosi intorno, spaesato. 

Harry sorrise. - Come ti senti? - Chiese, il tono urgente. - Hai bisogno di qualcosa? -

Lui sembrò non capire le parole del ragazzo, strinse gli occhi, per metterlo a fuoco, quasi come se non lo avesse ancora riconosciuto, e poi prese a guardarsi intorno, confuso. - Io ti conosco. - Disse, dopo qualche attimo di silenzio, la voce bassa e roca di chi non parlava da tanto. - Solo che non capisco… non capisco chi sei. -  

Harry sentì il suo cuore fermarsi per qualche istante, spezzato. - Davvero non mi riconosci? - Domandò, affranto. - Cosa ti ricordi? Sai cosa è successo? -

Sirius esitò, chiuse gli occhi e si portò le mani alle tempie, massaggiandosele. - Sono molto confuso. - Mormorò, affondando nuovamente la testa nel cuscino. 

- Lo so che sei confuso. - Disse Harry. - Ti prego, cerca di sforzarti, cosa ricordi? - 

Sirius sbuffò, portandosi le mani al volto. - Non lo so. - Biascicò, assonnato. - Mi sento stanco, possiamo parlare più tardi? - 

- No, parliamo ora. - Ribatté Harry, scuotendolo. 

Sirius mugugnò qualcosa difficile da capire, e poi si voltò dall’altra parte, portandosi il lenzuolo bianco fin sopra alla testa. Si addormentò quasi all’istante, e Harry rimase lì, pietrificato accanto al suo letto, a vegliare su di lui. 

Pensò a Mina, ad un modo per spiegarle che Sirius era tornato, ma che forse non era più se stesso, che forse non si ricordava nemmeno di lei, e sentì il cuore stringersi nel petto. Come poteva dirle una cosa del genere? Ma, soprattutto, come avrebbe fatto lei ad accettarlo? Dopo tutto quello che aveva passato, sembrava quasi una sorta di sadica tortura metterla davanti ad una cosa del genere dato che, in fondo, alla fine, lei era riuscita a ricostruirsi una parvenza di felicità. A Tel Aviv, Mina aveva un lavoro che le piaceva, una bella casa davanti al mare, Alya andava a scuola e cresceva che era una meraviglia: che senso avrebbe avuto far tornare lo spettro di Sirius Black nella loro vita?  

Sirius rimase addormentato, immobile in quella stessa posizione, finché il sole non allungò i suoi raggi, che passarono dalla piccola finestra in alto, illuminando tutta la stanza. L’uomo aprì gli occhi, la testa che gli scoppiava ancora, ma con una strana e nuova consapevolezza: ricordava il suo nome, ricordava tutte le cose terribili che gli erano capitate, ma sentiva come se gli mancassero ancora dei pezzi. 

Rimase immobile, sdraiato su un fianco, fissando il muro bianco davanti a sé per qualche minuto, prima di voltarsi finalmente verso Harry. 

- Ciao, Harry. - Lo salutò. - Dove siamo? Cosa è successo? - Domandò. 

Harry esitò per qualche istante, il cuore gonfio di angoscia. - Ti trovi al San Mungo. - Rispose. - E sono successe tante cose. Tu cosa ricordi? Ti ricordi di me? - 

Sirius abbassò lo sguardo, pensieroso. Quasi non sembrava lui tanto era confuso e frastornato. - Stavo combattendo al Ministero e poi… tutto è diventato improvvisamente scuro e silenzioso per molto, molto tempo. - Disse, tornando a guardare il ragazzo. - Ma cosa è successo? - Chiese ancora, impaziente come solo lui sapeva essere. 

Da dove poteva iniziare a raccontare? 

Harry sospirò. - Sei caduto oltre il velo nella Stanza della Morte e tutti ti abbiamo creduto morto per oltre cinque anni. - Cominciò a raccontare. 

Sirius trasalì. - Cinque anni? - Ripeté, incredulo, rimanendo a bocca aperta. - Ecco perché sei così diverso; sei praticamente un uomo adesso. - Lo scrutò per un attimo e fece un sorrisetto. - Io ricordo niente, mi sento come se avessi dormito tantissimo, ma non ricordo assolutamente nulla. Ricordo solo qualche lontana sensazione. - Rivelò. 

- Lo so, immagino che sia così, nemmeno io ricordo niente di quello che ho visto dall’altra parte, quando sono venuto a prenderti. - Disse Harry. - Non importa. - 

Sirius, invece, sembrava ancora profondamente turbato. C’erano così tante domande che voleva fare al suo figlioccio che non sapeva nemmeno fare ordine nella sua testa. Decise dunque di iniziare da quella più importante: - Dov’è Mina? Lei era al mio fianco… il suo viso è l’ultima cosa che ricordo. Sta bene? - 

- Mina è a Grimmauld Place. - Rispose subito Harry. 

- Vive ancora lì? - Domandò, con estrema urgenza, tirandosi a sedere. - Perché non è qui con noi? Come sta? Raccontami tutto, ti prego. - 

- No, non vive più al numero dodici. - Disse, alla svelta. - Dopo la fine della guerra, sì, è finita, ma ci arriviamo con calma, è tornata in Israele, dove insegna inglese ai babbani; non è più una indicibile, non è più riuscita a mettere piede all’Ufficio Misteri. - 

- Non dirmi che lei e il suo ex marito sono tornati insieme! - Tuonò, afflitto. 

- No, no, non ti preoccupare. - Si affrettò a dire Harry. - Credo che avesse solo bisogno di andare via, ha sofferto davvero tantissimo per te. E per Remus. - 

Il viso di Sirius si incupì, diventando terribilmente ombroso. - Lui è morto? - 

Harry annuì, tristemente. - C’è stata una battaglia terribile a Hogwarts. - Iniziò a raccontare. - Voldemort è stato sconfitto, ma anche noi abbiamo subito gravi perdite. Silente, Malocchio, Fred. Remus e Tonks… nemmeno loro ce l’hanno fatta, ma si erano sposati, sai? Hanno anche avuto un bambino, Ted, come il padre di Dora, è tale e quale a Remus, ma è un metamorfomagus come la mamma. - 

Il viso di Sirius si contrasse come se stesse provando dolore fisico, ma non disse niente, guardò Harry in silenzio, come per invitarla a tornare a parlare. 

- C’è un’ultima cosa che devi sapere. - Continuò dunque Harry, e un piccolo sorriso si disegnò sulle sue labbra sottili. - Tu e Mina avete avuto una figlia. Si chiama Alya. - 

Sirius spalancò gli occhi, inarcando le sopracciglia in un’espressione sorpresa. - Non ci posso credere, allora era davvero incinta! - Esclamò. - E lei… lei cosa sa di me? - 

- Sa tutto, fin troppo, a mio parere. - Rispose Harry. - Il primo di gennaio compirà cinque anni, è nata prematura, ma è come se ne avesse almeno il doppio, dato che Mina non le ha risparmiato di sapere niente nei suoi racconti sulla guerra e su di te. - 

Sirius si sentì fremere. - Voglio andare da lei. - Disse, alzandosi in piedi. 

- Non ci pensare proprio. - Ribatté Harry severo, prendendolo per le spalle e spingendolo di nuovo seduto sul letto. - A parte che dovrai aspettare di essere dimesso, inoltre non puoi presentarti a Grimmauld Place così, senza nessun preavviso; vuoi far prendere uno spavento a tutti quanti? Ti credono morto! - 

Sirius prese un respiro profondo, chiudendo gli occhi, e annuì. - Va bene, allora chiama un medimago, fammi dimettere e poi scrivi a Grimmauld Place per avvertirli. - Disse, cercando in tutti i modi di non sembrare impaziente. - Harry, per favore, ho bisogno di rivedere Mina e di conoscere mia figlia. Mia figlia… assurdo. - Poi qualcosa gli balenò nella mente. - Mina ha un altro uomo? - Domandò, cauto.  

Harry scosse la testa. - No, è ancora sola. - Ripose. 

- E non c’è stato proprio nessuno nella sua vita durante tutti questi anni? - Chiese Sirius. 

Il ragazzo mosse le mani in modo sconclusionato, pensando se fosse il caso o meno di dirgli di Piton. - N… no. - Disse poi, nervosamente, con lo sguardo che vagava in tutta la stanza. - Nessuno, figurati. Mai. Proprio niente. -  

Sirius lo scrutò con uno sguardo indagatore e penetrante. - Stai mentendo, anche James faceva così quando mentiva. - Disse, gelido. - Dimmi la verità. Di chi si tratta? - 

- Piton. - Rispose Harry, di getto, come se tenere quel segreto lo stesse uccidendo. 

Ma prima che Sirius potesse dar voce a tutta la sua indignazione, la porta della camera si spalancò e Severus Piton in persona apparve sulla soglia. - Ben svegliato, Black. - Esordì. 

- Mocciosus. - Sibilò Sirius, lanciandogli uno sguardo talmente torvo che avrebbe potuto ucciderlo. - So che ti sei divertito, in mia assenza. - Tentò di alzarsi, ma Harry lo spinse nuovamente sul letto, gli occhi che rimbalzavano svelti tra i due. - Maniaco perverso, mi ricordo di quella volta che ti abbiamo beccato a spiarci! -  

Piton alzò i lati della bocca, facendo un ghigno spiacevole. - Vedo che la morte non ti ha reso più riconoscente, Black. - Disse, con sdegno. - Ma non so di cosa tu stia parlando. - 

- Lo sai eccome! - Tuonò. - Tu e lei. Tu e Mina! - 

Piton rimase impassibile e imperturbabile. - Stai buono, Black, per nostra sfortuna sei appena tornato dal mondo dei morti, il medimago dice che non ti fa bene scaldarti in questo modo. - Disse. - Non vorrai rischiare di tirare di nuovo le cuoia. - 

Sirius, furente, tentò nuovamente di alzarsi e, ancora, Harry lo fermò. - Cosa le hai fatto, eh, Mocciosus? - Ringhiò. - Se ti avvicini a lei, se solo provi a guardarla più del dovuto… -  

- Sirius, il professor Piton ha contribuito a liberarti dal velo! - Esclamò Harry, che mai si sarebbe aspettato di dover prendere le difese di Piton, invece che quelle del suo padrino. 

- Ma lui… Mina non può davvero… -  

Piton ghignò, mentre le guance di Sirius si accesero di un tenue rossore. - Lascia stare, Potter, sappiamo tutti che la gratitudine non gli si addice. - Disse il primo.

- Gratitudine? - Tuonò Sirius, quasi tremante. - Ti avverto, Piton… io non ho la pazienza che ha avuto James; se ti avvicini nuovamente a lei, io ti farò pentire di essere nato! - 

L’espressione di Piton non si scompose. - E cosa farai? L’ultima volta che ti sei battuto ti sei fatto uccidere o sbaglio? Certo, immagino che dopo tutti quei mesi chiuso in casa di tua madre, utilizzando solo incantesimi di pulizia, mentre tutti noi altri rischiavamo la vita, ti abbiano un po’ arrugginito. - 

- Professore, la prego… - Tentò di dire Harry, facendo scorrere lo sguardo tra i due come in una partita di tennis. - Almeno lei sia ragionevole! Smettetela. -  

- Harry, tu non sai lui chi è. - Ribatté Sirius. - Era innamorato di tua madre, lo sapevi? Anzi, oserei dire che ne era ossessionato; ma, nonostante ciò, non ha mosso un dito per impedire a Voldemort di ucciderla. - 

- Ci sono tante cose che non sai, Sirius. - Obiettò Harry, guardando Piton. 

Ci fu un lungo attimo di teso silenzio; Sirius guardava Piton con uno sguardo che avrebbe potuto ucciderlo in un secondo, mentre il professore rimaneva impassibile, o forse quasi compiaciuto davanti a tutta quella rabbia. 

Non poteva essere vero, si ripeteva Sirius, non era possibile che Mina si fosse concessa a uno come Piton, ad una persona che entrambi avevano disprezzato da sempre.

- Sono venuto solo per informarvi che tra poco passerà il primario del reparto e che forse Black verrà dimesso. - Disse poi Piton, senza inflessione nella voce, rompendo quello strano silenzio. - Fisicamente sta bene, le lacrime di fenice che io ho prontamente messo sulla sua lesione sono bastate per guarirlo. -

- Bene, la ringrazio, professore. - Disse Harry. - Per tutto. -

Piton non aggiunse altro, lanciò un’altra torva occhiata a Sirius, poi si voltò ed uscì, lasciandoli soli in quella stanza.

 

***

  

Ginny aprì gli occhi di scatto, come se qualcuno le avesse gridato in un orecchio, e la prima cosa che fece, ancora mezza addormentata, fu quella di girarsi nella direzione in cui, solitamente, trovava Harry. Era la mattina di Natale e su Grimmauld Place gravava un profondo silenzio sonnacchioso che le suggerì che, forse, in casa erano ancora tutti profondamente addormentati. 

Ginny sospirò, guardando la parte del letto vuota al suo fianco, lasciandosi trapassare dalla preoccupazione, ma solo per un secondo; dopo tutto, se Harry fosse effettivamente rimasto intrappolato in quel velo insieme a Sirius, era sicura che il professor Piton si sarebbe precipitato lì per avvertirli, insomma lo avrebbero saputo per primi.  

Con fatica, la ragazza si mise seduta, le gambe fuori dal letto, tentando di scrollarsi l’angoscia che l’aveva attanagliata per quasi tutta la notte, una sensazione molto simile a quella che aveva provato durante tutti quei mesi in cui Harry era andato alla ricerca degli Horcrux insieme a Ron e Hermione. 

Fece un altro lungo e sonoro sospiro, puntò i gomiti sulle ginocchia e si portò le mani alle tempie, gli occhi chiusi, prima di alzarsi in piedi. 

La sera prima, durante la cena della Vigilia, tutti erano rimasti piuttosto delusi nel notare che Harry non si era presentato, dopo aver accampato solo qualche pessima scusa. Se solo avessero saputo… chissà che faccia avrebbe fatto Mina. 

Quasi con un’espressione divertita dipinta in volto, Ginny uscì dalla stanza, ritrovandosi sul corridoio del secondo piano. A destra, la porta della camera da letto di Ron e Hermione era accostata senza essere chiusa. Ginny la raggiunse in silenzio, facendo capolino sull’uscio prima di varcare la soglia: la stanza era in penombra e un solo raggio di sole, passato attraverso il denso strato di nuvole nevose e poi attraverso i vetri chiusi della finestra, illuminava di poco l’ambiente. Ron e Hermione, schiena contro schiena, giacevano addormentati nel letto a baldacchino. 

Ginny si avvicinò, furtiva. - Ron? - Sussurrò, scuotendo il fratello. - Svegliati! -  

Ron mugugnò qualcosa di incomprensibile, voltandosi dall’altra parte, mentre Hermione si stiracchiò, aprendo poi gli occhi gonfi e assonnati. - Che c’è, Ginny? - Chiese, la voce ancora soffocata dal sonno. - Ma che ore sono? - 

Ginny sospirò, cercando di assopire l’ansia che ancora la attanagliava e morendo dalla voglia di raccontare tutto alla sua migliore amica e a suo fratello. - Harry non è tornato, stanotte. - Disse, maledicendosi, consapevole di non riuscire a resistere.  

Hermione si mise seduta sul letto. - Effettivamente si è comportato proprio da idiota; andare a lavorare durante la vigilia di Natale, e proprio quest’anno, che c’è anche Mina insieme ad Alya. - Borbottò, risentita. - Spero solo che sia stato necessario. -  

- Lui non è andato a lavorare. - Confessò Ginny, sedendosi accanto a Ron e tornando a scuoterlo per svegliarlo. - Dai, Ron, forza… - 

Hermione guardò l’amica senza capire. - E dove si è cacciato, allora? - Domandò. 

Ron, finalmente, spalancò gli occhi, tirandosi a sedere con un lamento. - Che è successo, Ginny? - Chiese, scocciato, lanciando un’occhiata torva alla sorella. 

- Ginny dice che Harry, che in realtà ieri non è andato a lavorare, non è ancora tornato qui a Grimmauld Place. - Riassunse Hermione, alla svelta. 

Ron sembrò sorpreso. - E dove è andato, allora? - Domandò a sua volta. 

Ginny sentì gli sguardi impazienti dei due su di lei. - Ragazzi, se ve lo dico deve restare assolutamente tra noi. - Iniziò, dopo un attimo di esitazione. 

- Vi siete lasciati! - Esclamò Hermione, incredula portandosi entrambe le mani alla bocca.

Ginny scosse la testa. - Ma no, come ti viene in mente. Ci stiamo per sposare. - Disse subito. - Lui e Piton sono andati al Ministero stanotte… all’Ufficio Misteri. - 

Hermione e Ron si lanciarono uno sguardo allarmato. - E perché mai? - Chiese lui. 

Ginny prese un respiro profondo, temporeggiando. - Pensano di aver trovato un modo per tirare Sirius fuori dal velo. - Sussurrò, angosciata.  

Ron sgranò gli occhi e Hermione socchiuse la bocca, come per dire una frase che le era rimasta però incastrata nella gola. - Non è possibile. - Mormorò Hermione. 

- Invece, a quanto pare, sì. - Ribatté Ginny. - La bacchetta di Sambuco sarebbe capace di produrre un patronus talmente forte da proteggere l’anima di chiunque passi quel velo. - 

- La bacchetta è nella tomba di Silente. Non ce lo vedo Harry che la trafuga. - Disse Ron. 

Ginny scosse la testa. - Harry non l’ha rimessa lì, aveva paura che qualche fanatico la recuperasse. La bacchetta di Sambuco è sempre stata alla Gringott. - Spiegò. - Con quella e la pietra della resurrezione, nulla è impossibile. Non so il piano nel dettaglio, ma se perfino uno come Piton lo ha approvato, allora potrebbe davvero funzionare. - 

Ci fu un silenzio talmente assordante e denso, poi Hermione parlò: - Mina non ne sa niente, vero? - Domandò, addolorata. - Immagino che Harry non volesse darle l’illusione di poter riavere Sirius. - 

- Esattamente. - Rispose Ginny. - Sirius potrebbe addirittura uscirne morto. In tal caso, Harry ha deciso che lo seppellirà a Godric’s Hollow, vicino ai suoi genitori, senza dire nulla a nessuno, senza dire nulla nemmeno a Mina. Non vuole farla soffrire di nuovo. - 

- E davvero Piton sta aiutando Harry a fare questa cosa? - Domandò Ron, incredulo. 

- Sì, lui e Mina avevano già tentato di trovare un modo, tempo fa. - Raccontò Ginny. 

Hermione sospirò. - Povero Piton. - 

Ron e Ginny la guardarono come se fosse pazza. - Povero Piton? - Ripeté Ron, indignato. 

Hermione si strinse nelle spalle. - Lui e Mina hanno avuto quella mazza specie di tresca, prima che lei partisse per Tel Aviv, vi ricordate, no? - Disse. - Inoltre, nell'ultimo mese, loro due si sono visti molto spesso, almeno due volte a settimana, o almeno così dice Hagrid. Lei è praticamente sempre a Hogwarts, escono insieme, capite?  - 

Ginny arricciò il naso. - Ce ne vuole di coraggio per finire nel letto di Piton. Soprattutto dopo uno come Sirius, lui era così… - Chiuse la frase facendo un gesto sconclusionato. 

- Non credo che lei stesse con lui solo perché era bello. - Obiettò Hermione. - Loro due si amavano per davvero, li ho sempre trovati molto teneri, anche quando litigavano. - 

- A me lui non sembrava nemmeno questo granché. - Si mise in mezzo Ron. - Insomma, che aveva di tanto speciale? Aveva gli occhi spiritati! - 

Hermione e Ginny risero, come se Ron avesse fatto una battuta molto divertente. - Dai, Ron, non essere ridicolo. - Fece Ginny, dandogli una pacca sulla spalla. - Aveva l’aria di uno che ci sapeva fare e la prova l’abbiamo avuta a capodanno, ti ricordi, Hermione? - 

Hermione fece un sorrisetto imbarazzato e Ron quasi trasalì. - Miseriaccia, cosa è successo a capodanno? - Chiese, molto allarmato. 

- Io e Ginny dormivamo nella stanza accanto a quella di Sirius. - Raccontò Hermione, tenendosi sul vago. 

- E lui e Mina lo hanno fatto per tutta la notte. Letteralmente. - Continuò Ginny. - La mattina dopo avevano entrambi un’espressione molto più rilassata, soprattutto lei, a dire il vero. È ovvio che lui fosse uno di quelli molto passionali, che ti prendono e.... -

- Fu molto imbarazzante. - La interruppe l’altra, arrossendo vistosamente. 

- Secondo me Hermione aveva per davvero una cotta per lui, vero, Herm? - Sogghignò Ginny, divertita. 

Hermione arrossì ancora di più, ma si lasciò sfuggire un sorrisetto. - Forse un po’ sì, è vero. - Ammise, annuendo. - Io ero una ragazzina… e lui aveva il fascino del bello e dannato. L’ho sempre trovato molto affascinante. - 

- Bello e dannato… - Borbottò Ron, imbronciato. - Dannato forse, ma bello proprio no. Insomma, te lo ricordi alla Stamberga Strillante? E poi era troppo vecchio per te. -  

- All’epoca era appena scappato da Azkaban! - Esclamò Hermione alzando gli occhi al cielo. - Inoltre a te piaceva Mina, lei non era troppo vecchia per te? - 

- Lei sembrava molto più giovane. - Ribatté Ron, arrossendo.  

Una testa spuntò da fuori la porta, Mina, ancora in pigiama, si era appena affacciata e ora guardava i tre sorridendo divertita. - Di chi parlate? - Domandò, con aria allegra, entrando. 

Tutti e tre si scambiarono un’occhiata. - Sapevi che Ron aveva una cotta per te molti anni fa? - Disse Ginny, soave, beccandosi una gomitata dal fratello.  

- Davvero? - Chiese Mina, piuttosto sorpresa. - Grazie, Ronald! Comunque la colazione è già in tavola, quindi scendete, prima che sia Molly a salire! -  

 

Proprio come durante quell’unico Natale che Mina aveva passato a Grimmauld Place nel 1995, anche quell’anno la casa era stata addobbata in grande stile, se non addirittura meglio. I lampadari erano stati riempiti di ghirlande di agrifoglio e vischio, la neve finta cadeva dal cielo senza però sporcare il pavimento, l’albero di Natale alto fino al soffitto, ovviamente addobbato con fate vive, era stato sistemato in modo da nascondere almeno una parte dell’arazzo con l’albero genealogico del Black nel salone. Anche le teste di elfo domestico erano state decorate con cappellini rossi e lunghe barbe. Appese al camino, invece, erano state sistemate due calze che la signora Weasley aveva cucito per Alya e Teddy, contrassegnate dalle loro rispettive iniziali. 

Per quanto Alya fosse ancora del tutto convinta che le festività israeliane fossero di gran lunga migliori, doveva ammettere che quell'atmosfera le piaceva, ma soprattutto adorava l’idea che, di lì a poco, lei e Teddy avrebbero potuto scartare tutti i pacchetti che si trovavano sistemati sotto il grosso abete illuminato. Per diluire un po’ la nostalgia di casa sua, inoltre, sua madre aveva preparato per lei, e per tutti gli altri abitanti del numero dodici, un vassoio intero pieno di sufganiot, dolci simili ai bomboloni, fritti nell’olio, come ogni altro cibo tipico della festa di Hanukkah, e ripieni di marmellata alla fragola. 

Tutti insieme, quella mattina, fecero colazione nella sala da pranzo addobbata, e Mina, osservando i visi che la circondavano, si sentì improvvisamente felice e al posto giusto, tanto che, per un momento, la sfiorò l’idea di tornare a stabilirsi in Inghilterra. Anche Alya, seduta davanti a lei, accanto al cugino, sembrava allegra e spensierata, cosa molto rara per lei, che aveva ereditato tutta la malinconia di Sirius. Chissà, magari anche a lei avrebbe fatto piacere restare. 

In tutta la vecchia casa dei Black, si respirava una stupenda e meravigliosa aria di festa: Molly e Andromeda avevano preparato un bel tacchino che li attendeva per pranzo, mentre Ted ed Alya fremevano dalla voglia di scartare i regali; gli unici che sembravano incapaci di godersi il momento erano Ron, Ginny e Hermione, che si scambiavano continue occhiate angosciate, facendo saettare di tanto in tanto gli occhi verso l’ingresso. 

- Qualcuno di voi tre ha sentito Harry? - Chiese loro, ad un certo punto, Molly.

Ron, Ginny e Hermione quasi trasalirono, prima di scuotere insieme la testa. 

- Non me lo aspettavo da lui, assolutamente, proprio quest’anno che Mina ed Alya sono qui in Inghilterra, a Grimmauld Place, per giunta! - Esclamò la signora Weasley. 

- Ma no, Molly, Harry è un auror, ha dei doveri. - Disse subito Mina. - Abbiamo davanti ancora molto tempo prima della nostra partenza. - 

Alya, ascoltando le parole della madre, si imbronciò. - Poi quando torniamo qui, mamma? - Chiese, parlando un inglese di gran lunga migliore di quello del mese scorso. 

- Presto, amore. - Rispose Mina. 

- A me mi piace stare qui, perché ci sono tutti. - Spiegò la bambina. - E poi mi piace perché è la casa di papà, anche se il quadro della nonna si comporta male e mi dice sempre che sono mezzosangue eccetera eccetera e poi ci litigo. - 

Andromeda, dall’altro lato del tavolo, seduta vicino al nipote, rise piano. - Sai, Aly, tua nonna era anche molto peggio quando era viva. - Raccontò. - Sirius sarebbe fiero di come le tieni testa. - 

Al suono del nome del padrone di casa, Ron lasciò cadere il cucchiaio nella ciotola, Hermione sussultò e Ginny per poco non cadde dalla sedia, tutti e tre si beccarono dunque lunghe occhiate incuriosite. 

- Credo che sia stata proprio lei a bruciarmi dall’arazzo, come ha bruciato Sirius, quando sono scappata con Ted. - Tornò a parlare Andromeda. - Sirius era ancora un ragazzino, ma so per certo che ha fatto il tifo per me. Quando poi ho saputo che aveva seguito il mio esempio, non avete idea di quanto sono stata orgogliosa del mio cuginetto. - 

Mina sospirò. Tutto quel sentir parlare continuamente di Sirius spesso la faceva sentire svuotata e stanca, ma soprattutto la faceva sentire come se non fosse capace di rifarsi una vita dopo di lui. Era morto da più di cinque anni, e non c’era stato nessuno, a parte Piton, capace di darle anche solo il lontano miraggio di poter essere felice accanto ad un altro uomo. Probabilmente sarebbe rimasta da sola per tutta la vita e forse era arrivata l’ora di accettare la cosa.

- Che ne dite se scartiamo i regali? - Disse, per cambiare discorso.

Alya e Ted esultarono, e i pacchetti vennero finalmente portati in tavola. Alya ricevette il suo primo maglione in stile Weasley, di lana e con una grossa A gialla ricamata sullo sfondo rosso, un manico di scopa giocattolo da parte di Harry, che la rese un po’ triste al pensiero di non riuscire a fare magie, cosa invece che ormai invece Ted riusciva a fare senza sforzo, nonostante fosse un anno più piccolo di lei, un grosso libro da parte di Hermione intitolato “storia di Hogwarts” e una puffola pigmea rossa e davvero molto carina da parte di Ron, George e Ginny. 

Molly passò uno degli ultimi pacchetti a Mina, che lo prese facendo un gran sorriso. - Oh, dai, Molly! Avevamo detto che noi adulti non ci saremmo scambiati regali! - Esclamò, comunque contenta, scartandolo e ritrovandosi un orologio, simile a quello appeso nella cucina della Tana, tra le mani. - Grazie, Molly! - Disse, guardandolo.   

Tre lancette si allungavano sulla superficie: due puntavano su “Grimmauld Place” e avevano il nome di Mina ed Alya, mentre la terza puntava su “San Mungo” e sopra c’era scritto il nome di Sirius. Mina sentì gli occhi bruciare all’improvviso, ma cercò di trattenersi. Non piangeva per lui da tantissimo tempo, ormai quel dolore era così cronico che quasi non ci faceva più caso, ma era appena tornato ad essere più pungete che mai. 

- Oh no, cara, cosa è successo? - Chiese Molly, allarmata. 

Mina tirò su col naso, asciugandosi le lacrime e ringraziando che Alya fosse andata a giocare con il manico di scopa, facendoci volare sopra il cugino; non voleva sicuramente farsi vedere così da lei. - L’orologio… è difettoso. - Spiegò. - Guarda, Molly, dice che Sirius è al San Mungo in questo momento. - 

Su tutta la sala da pranzo cadde per un attimo il silenzio. Ron, Ginny e Hermione non riuscirono a trattenersi e si scambiarono un grosso sorriso, che non sfuggì per nulla ad Andromeda, mentre Molly, mortificata, tolse l’oggetto dalle mani di Mina, che scoppiò definitivamente in lacrime. - Scusate… scusate, sono una stupida! - Tentò di dire, le labbra tremanti. - Questa casa, tutto questo parlare di lui, e adesso l’orologio… delle volte quasi penso che non finirà mai, che soffrirò per sempre per lui, e ultimamente mi manca così tanto… vorrei tanto che fosse qui con noi. - 

I tre ragazzi continuarono a sorridere, ma gli occhi di Ginny e Hermione si erano anche fatti estremamente lucidi. - Mina, credo che tu debba sapere una cosa. - Disse la prima.  

La donna la guardò, la fronte aggrottata. - Dimmi, Ginny. - La esortò. 

- No, dobbiamo aspettare. - Si mise in mezzo Hermione, piena di urgenza e tesa. 

Mina cercò una risposta nei volti di Ron e Ginny, senza però riuscire a trovarla. Quei tre le stavano nascondendo qualcosa e sicuramente c’entrava Sirius. - Che succede? - Chiese.  

Molly, in piedi e immobile vicino ad Andromeda, mollò la presa sull’orologio, che cadde a terra, andando in mille pezzi e facendo un gran frastuono; poi alzò gli occhi lucidi su Mina. - Non è possibile… - Mormorò, prima di precipitarsi all’ingresso. 

Ron, Ginny e Hermione si alzarono insieme e di scatto, seguendo la signora Weasley quasi di corsa e lasciando Andromeda e Mina da sole nella sala da pranzo. Mina avvertì uno strano senso di attesa e poi sentì il suo cuore palpitare nel petto. Sentì la porta d’ingresso aprirsi e poi delle voci difficili da distinguere arrivarono alle sue orecchie, e fu solo allora che decise di alzarsi da tavola. Attraversò la stanza, seguita da Andromeda, varcò la soglia ritrovandosi dunque all’inizio del lungo corridoio poco illuminato che faceva da ingresso al numero dodici. In fondo, vicino alla porta ormai di nuovo chiusa, Molly, Ron, Ginny e Hermione, sembrava stessero piangendo e ridendo insieme.  

- Dov’è Mina? - Chiese Sirius, mentre cercava di svincolarsi dall’abbraccio di Molly. 

Al suono di quella voce, che sembrò riempire l’aria di tutta la casa, Mina si portò una mano sul petto, da cui il suo cuore sembrava voler schizzare via. Poi le lampade a gas si accesero, accompagnando con un sibilo sommesso la luce fioca, e fu allora che lo vide.  

- Sirius… - Mormorò, incredula e incapace di muovere anche un solo passo verso di lui. 

Tutti, nel corridoio, si voltarono nella sua direzione, guardandola commossi, felici e preoccupati insieme, come se si aspettassero di vederla svenire o chissà cos’altro. 

Sirius, dopo un breve attimo di esitazione in cui si limitò a fissarla, attraversò lo spazio che li separava, fermandosi a poco meno di un metro da lei. - Ciao. - Riuscì solo a dire. 

Mina avrebbe voluto fare un passo in avanti, toccarlo per accertarsi che fosse reale, abbracciarlo e baciarlo, ma non riuscì a fare nulla di tutto questo. Si limitò invece a stringere gli occhi, mentre tutto intorno il silenzio li avvolgeva, terrorizzata dall’idea di vederlo sparire di nuovo sotto il suo sguardo da un momento all’altro, proprio come era sparito dietro a quel velo cinque anni prima. - Non è possibile… - Disse, tremante, scuotendo la testa. - No, non può essere… tu non puoi essere qui, non è possibile. -  

- Invece sì. - Rispose lui, sorridendo commosso, e guardandola con gli occhi lucidi, prima di avvicinarsi di un altro passo, abbracciandola. - Mina, guardami, sono io. -  

Mina singhiozzò, e scosse ancora la testa, per poi sciogliersi in un pianto quasi disperato tra le braccia di lui, mentre tutti a Grimmauld Place li guardavano pieni di emozione. Quante volte aveva sognato di poterlo rivedere, quante volte aveva immaginato di poter tornare ad abbracciarlo e a farsi abbracciare, e in quell’istante, mentre tornava a guardarlo negli occhi, Mina si chiese come avesse fatto ad arrendersi, a perdere la speranza. Pianse così tanto, forse molto di più di quanto aveva pianto quando lo aveva perso e, ancora incredula, prese il viso di lui tra le mani e lo guardò: Sirius era diverso da come se lo ricordava; esattamente come lei, era invecchiato, ma sul suo viso non c’erano più i segni dei dodici anni che aveva passato ad Azkaban. Sembrava come se fosse appena rientrato da una lunga, lunghissima, vacanza e lei era sicura che non fosse mai stato più bello di così, nemmeno a vent’anni. 

Tremando, posò le sue labbra su quelle di lui; un contatto talmente leggero che forse non poteva nemmeno considerarsi un vero bacio, ma per lei fu come riprendere fiato dopo cinque lunghissimi anni di apnea. Lui cercò di fare un passo indietro, ma Mina si tenne a lui come se quel contatto tenesse in vita l’intera razza umana. - No, ti prego, non ti muovere. - Lo supplicò, quasi angosciata. - Non credo di poter riuscire a staccarmi da te in questo momento. - 

- Sono qui. - Mormorò lui, continuando a tenerla stretta, le loro dita intrecciate. - Non ho nessuna intenzione di lasciarti andare. - 

Mina sorrise e poi guardò Harry, a poca distanza da loro. - Harry… grazie… - Disse, con voce rotta. - Non posso crederci che l’hai riportato da me, ma come hai fatto? - 

Il ragazzo sorrise. - Piton mi ha aiutato, non ho fatto tutto da solo. - Spiegò. 

Lei sgranò gli occhi. - E dov’è Severus adesso? - Domandò, con una certa urgenza. 

- Severus… - Borbottò Sirius, teso e infastidito. - Che carina, adesso lo chiami per nome. -

Mina arrossì vistosamente; aprì la bocca per ribattere ma, nello stesso istante, dalle scale, si udirono i passi e le voci di due bambini. 

Alya e Teddy, lui con il manico di scopa giocattolo stretto in una mano, lei con la sua puffola pigmea appoggiata sulla spalla, fecero il loro ingresso nel corridoio, fermandosi però pietrificati accanto all’ultimo gradino e scrutando Sirius come se si trattasse di una creatura mitologica o di una bestia potenzialmente pericolosa. 

- Papà? - Chiese Alya, incredula, gli occhi grigi spalancati. - Sei tu? - 

Sirius sussultò, come se non si aspettasse affatto di essere chiamato in quel modo e, quando si voltò verso la bambina, rimase quasi senza parole. 

Non sapeva per quale motivo ma, da quando aveva saputo della sua esistenza, se l’era immaginata tale e quale a Mina e si aspettava infatti di trovarsi davanti ad una bambina bionda e con le lentiggini, proprio com’era lei da piccola; ma Alya era totalmente opposta a sua madre. Aveva i capelli scuri, esattamente come i suoi, e gli occhi grigi che accumunavano tutti i Black, insieme a quell’atteggiamento da piccola nobile che invece Sirius aveva sempre tentato di nascondere. 

- Ciao, Alya. - Disse, facendo un passo verso di lei. 

- Ma tu sei morto, non puoi essere lui. - Si mise in mezzo Teddy, fronteggiandolo come per voler proteggere la cugina. 

Sirius si ritrovò a sorridere, ripensando a tutte quelle volte che Remus aveva difeso Mina da tutti gli scherzi che lui le faceva. 

- No, no, Teddy, è proprio lui; non vedi che siamo uguali? - Insistette invece Alya, fissandolo curiosa. - Mamma, è vero che è lui? - Chiese poi, posando lo sguardo sulla madre. 

Mina annuì, facendo un sorriso, il volto sconvolto dalla commozione.

- Sì, direi che sono proprio io. - Disse Sirius.

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Capitolo 22
*** Capitolo 21. Smussare gli spigoli ***



Ho scritto tipo sedici versioni diverse di questo capitolo e, naturalmente, quella che mi sembra uscita mezza meglio è questa, buttata fuori alle tre e venti del mattino, con il mal di testa e in preda a qualche delirio da febbre alta provocata dal covid (pensavo di averla scampata e invece no, quarantena). Comunque sto bene, non vi preoccupate, ho tanto tempo per scrivere quindi presumo che vi beccherete qualche capitolo uno dietro l'altro. Vabbe, basta parlare del nulla, vi lascio a questo ventunesimo capitolo, buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate!


Pranzarono tutti insieme nella sala da pranzo addobbata, gustando un abbondante pasto a base di tacchino, divinamente cucinato da Molly. 

Mina, seduta accanto a sua figlia, aveva lo stomaco chiuso dalla gioia e quasi non toccò cibo, troppo occupata a fissare Sirius per dare attenzioni al suo piatto; lui, dall’altra parte del tavolo, ricambiava le sue insistenti occhiate sorridendo ogni volta che i loro occhi si scontravano. Lei, sotto lo sguardo di Sirius, appariva ancora bellissima; i capelli biondi erano più corti rispetto a cinque anni prima, e adesso le cadevano appena sopra alle spalle, gli occhi erano ancora di quel colore meravigliosi in cui lui adorava perdersi e le sue labbra erano rosa ed invitanti, si piegavano per sorridere a chiunque le parlasse. 

Sirius passò gli occhi su tutta la tavolata, scrutando i visi degli altri commensali: Harry, Ron, Hermione e Ginny erano seduti all’estremità destra del tavolo, mentre a sinistra c’erano i signori Weasley, mentre Teddy era al suo fianco, con i suoi capelli blu elettrico che cambiavano colore ogni volta che si emozionava, e subito dopo di lui, Andromeda. 

In quella casa, rimasta esattamente uguale a come se la ricordava, tutti erano esattamente dove dovevano essere e, per la prima volta da tantissimi anni, per un breve attimo, Sirius si sentì pienamente felice e in pace. E poi, mentre guardava il piccolo Teddy Lupin, la sua mente cadde su Remus e Dora, sul fatto che aveva perso il suo ultimo amico e che lui era l’unico ad essere rimasto ancora in vita. Ci aveva messo anni ad abituarsi alla morte di James, e spesso ne soffriva ancora, chissà quando sarebbe riuscito ad elaborare anche la perdita di Remus. Era così ingiusto, così atroce; immaginò Mina, da sola dopo la fine della guerra, da sola con Alya, da sola con Piton. 

Con gli occhi puntati sulla donna che amava da tutta la vita, Sirius finì per immaginarla insieme a quello che considerava il suo peggior nemico. Non sapeva esattamente cosa c’era stato tra loro, Harry non era sceso in dettagli, ma lui sapeva che Mocciosus l’aveva toccata, sapeva che aveva poggiato le sue viscide labbra su quelle di lei, e Sirius non riusciva proprio a non sentirsi arrabbiato, a non sentirsi… tradito.  

Con il cuore stretto nel petto, vide Alya sussurrare qualcosa a sua madre, in una lingua che non riuscì a riconoscere; allora Mina sorrise intenerita. - Perché non glielo chiedi direttamente tu? - Domandò alla figlia. - Non morde mica. - 

Alya scosse in fretta la testa e poi sussurrò qualcos’altro nell’orecchio della madre. 

Lei ascoltò con pazienza e poi rivolse nuovamente lo sguardo su di lui. - Alya vorrebbe tanto vedere Felpato. - Gli disse. 

Teddy sgranò gli occhi. - Sì! Anche io voglio vederlo! - Esclamò, eccitato. 

Sirius cercò di sorridere. Non aveva molta voglia di giocare in quel momento, ma decise di accontentare i due bambini e si alzò in piedi. - Non vedevo l’ora che uno di voi due me lo chiedesse! - Disse, sfoggiando un tono allegro, prima di trasformarsi.  

Alya e Teddy corsero a giocare, e Mina si ritrovò a sorridere quasi commossa, davanti a un’immagine che aveva sognato di vedere per cinque lunghissimi anni. Sirius era sempre stato più bravo di lei a far divertire i più piccoli, se lo ricordava bene con Harry, come lo faceva ridere facendo qualche magia divertente o trasformandosi in Felpato. 

- C’era un incantesimo che adoravi, che Sirius e tuo padre facevano sempre per farti mangiare senza storie. - Disse ad un certo punto Mina ad figlioccio. - Prendevano un penny, se lo mettevano sul palmo, poi chiudevano le mani una sull’altra e, quando le riaprivano, il penny si era trasformato in un piccolo aeroplanino che svolazzava tutto intorno. Una volta ne avevano fatti così tanti che, a incanto finito, io e Lily abbiamo raccattato da terra almeno due sterline! -  

- Era l’unico modo per farti mangiare quelle orrende pappette che ti preparava tua madre. - Rispose Sirius, sorridendo, seduto sul tappeto insieme a Teddy ed Alya. - E poi quello è stato il primo incantesimo che ho fatto volontariamente in vita mia, ci ero molto affezionato. - Spiegò, e poi guardò sua figlia, che se ne stava seduta a gambe incrociate proprio davanti a lui. - E tu, Aly, ricordi il tuo primo incantesimo? - 

A quella domanda, il viso di Mina divenne teso e i suoi occhi cercarono quelli della figlia che, a sua volta, guardò sua madre e arrossì vistosamente. Come avrebbe potuto sua madre spiegare a suo padre che probabilmente lei non era una strega? Si sentiva una enorme delusione, e un peso cominciò a farsi sentire sul suo petto. La bambina non parlò, si alzò in piedi e, sotto lo sguardo sorpreso di tutti, uscì fuori dalla sala da pranzo, quasi in lacrime, correndo su per le scale. 

Nel silenzio generale, pieno e denso di cose non dette, Sirius guardò Mina, sorpreso e preoccupato insieme. - Ma che le è preso? - Domandò. 

- Alya probabilmente non ha poteri magici. - Rispose Mina, il tono piatto e vuoto, prima di alzarsi per raggiungere la figlia, evitando lo sguardo di tutti. 

Al piano superiore, nella stanza che una volta era appartenuta a Sirius Black, Alya se ne stava sdraiata sul letto, distesa su un lato, dando la schiena alla porta e cercando in tutti i modi di non piangere. Lei era grande, non piangeva quasi mai, era una bambina forte, sua madre glielo aveva ripetuto per tutta la vita. Ma allora perché si sentiva così fuori contesto in quel momento? Sospirò, per la prima volta da quattro settimane, desiderò più di ogni altra cosa di tornare a Tel Aviv, dove non si sentiva in obbligo di essere nient’altro che sé stessa, una bambina normale, con una vita normale. 

- Alya. - La chiamò sua madre, appena arrivata sulla soglia della porta. 

Lei non si mosse né parlò, rimanendo in silenzio e tentando di reprimere le lacrime. 

Mina sospirò, varcò l’uscio e si sedette sul letto, al suo fianco. - Te l’ho detto mille volte che non è un problema se non sei una strega. - Iniziò a dire, con pazienza. - Sei la mia bambina e io ti amerò che tu riceva o no la lettera per Hogwarts. - 

- Però mio padre… - 

- Se Sirius non riuscirà ad accettare la cosa allora sarà un suo problema, non tuo. - La interruppe Mina. - Tu sei perfetta così come sei. Sei speciale così come sei. - 

Alya tirò su con il naso, si asciugò gli occhi e si voltò verso sua madre. - Davvero, ma’? - 

Mina annuì. - Certo, amore. - La rassicurò, accarezzandola. - Tu sei intelligente, sei bella, hai un futuro radioso davanti, che tu sia o meno una strega; non è importante. - 

Alya annuì e poi si mise seduta, lanciando un’occhiata alla soglia della porta, dove Sirius le aveva raggiunte e adesso le guardava, quasi intimorito. - Non è importante. - Ripeté, prima di entrare. - Non fa niente, davvero. Finirai la scuola babbana e poi andrai in quel posto dove vanno i babbani intelligenti. Come si chiama, Mina? - Domandò. 

- L’università. - Rispose, facendo un sorriso. 

- Sì, andrai in questa università a studiare per diventare un… medimago, ma babbano. - 

- Un medico, si dice medico. - Lo corresse Mina, smorzando una risata. - Una volta eri bravo in babbanologia, cosa ti è successo? - 

Sirius scrollò le spalle, facendo un gesto sbrigativo con la mano. - Puoi essere tutto ciò che desideri, Alya. - Disse, guardando sua figlia dritta negli occhi. 

- Tranne una strega. - Mormorò la bambina, le labbra piegate verso il basso. 

- Non è detto. - Obiettò subito Sirius. - Non so se lo sai, ma avevo un fratello, si chiamava Regulus. Era un ragazzino ansioso, pieno di voglia di compiacere i nostri genitori; tanto che, per colpa della pressione che si sentiva addosso, non riuscì a fare nemmeno un incantesimo finché non ricevette la lettera per Hogwarts che accertava che lui fosse effettivamente un mago. - Raccontò, con una voce che Mina non gli aveva mai sentito usare quando parlava della sua famiglia. - E non era un mago qualunque, no, era uno di quelli bravi. Harry mi ha raccontato che senza di lui non avremmo mai vinto la guerra, quindi magari tu sei come lui. Magari sei solo… bloccata. - 

- Harry ti ha raccontato di Regulus? - Chiese Mina. 

Sirius annuì, chiudendo gli occhi che si stavano facendo man mano più lucidi. Quando li riaprì, prese un respiro profondo e tornò a parlare: - Era un eroe e io non me ne sono mai reso conto. - Disse. - Sono così fiero di lui, e tu un po’ me lo ricordi, Alya. - 

Le labbra piegate verso il basso di Alya tremarono, e poi si buttò su suo padre, abbracciandolo per la prima volta e lasciandolo di stucco. - Grazie. - Mormorò. 

Si fece buio presto e, poco dopo una sonnacchiosa cena, il numero dodici di Grimmauld Place iniziò a svuotarsi. Ron e Hermione tornarono a casa per primi, insieme ai signori Weasley, seguiti poi da Andromeda e Teddy; e quando anche Harry e Ginny uscirono, chiudendosi la porta alle spalle, il silenzio piombò sulla casa, ma Sirius non la reputò una cosa negativa. Si sentiva piuttosto stanco, come se avesse consumato tutte le sue energie, inoltre non vedeva l’ora di rimanere un po’ da solo con Mina ed Alya.

La bambina, mollemente affondata in uno dei divani accanto al camino acceso, fece un grandissimo sbadiglio, gli occhi a mezz’asta. 

- Aly, vuoi andare a dormire? - Chiese la madre, guardandola, mentre era seduta sul divano parallelo a quello in cui si trovava lei, accanto a Sirius. 

Alya annuì. - Sì però vieni anche tu, ma’. - Disse, alzandosi in piedi. - E anche lui. - 

Sirius sorrise, facendo uno sguardo intenerito, prima di tirarsi su. - Andiamo. - Disse. 

Tutti e tre insieme, salirono al piano di sopra, verso quella che una volta era stata la stanza che sua madre e suo padre avevano diviso quando vivevano ancora a Grimmauld Place. Anche lì, tutto era rimasto esattamente uguale a tantissimi anni fa: c’erano ancora tutti i poster attaccati alle pareti, gli stendardi di Grifondoro, le fotografie; nell’armadio c’erano ancora tutti i vestiti di Sirius e perfino la sua bacchetta, caduta un attimo prima che attraversasse il velo, era stata custodita per tutti quegli anni tra quelle mura che tanto aveva detestato. Eppure, mentre l’uomo guardava Alya e Mina sdraiate sul letto vicine a lui, la bambina già in pigiama e sotto le coperte, Sirius pensò che non ci fosse posto migliore al mondo che quella stanza.   

Nella luce fioca della lampada a gas, Sirius guardò sua figlia, notando nel suo volto i tratti tipici dei Black; l’aria vagamente altezzosa, gli zigomi alti, gli occhi grigi, e il suo cuore quasi esplose per la quantità di amore che quella bambina gli aveva fatto nascere dentro. - Mi sembra ancora tutto così assurdo. - Confessò lui, a bassa voce, quando Alya si addormentò, senza togliere gli occhi dal suo viso. - Abbiamo una figlia. -  

Mina sorrise, l’espressione beata. - A me sembra molto più assurdo il fatto che tu sia tornato dal mondo dei morti. - Ribatté. - È bella, vero? - 

Sirius rimase a lungo in silenzio, l’aria pensierosa. - Deve essere stata molto dura per te, crescerla da sola. - Mormorò, alzando lo sguardo sulla donna. 

- Sarebbe stata dura se non ci fosse stata. - Rispose Mina. - Lei è una parte di te. Mi ha letteralmente salvata dalla disperazione più di una volta, mi ha spinta ad andare avanti nonostante tutto. - 

Sirius sospirò, ma non proferì parola, improvvisamente triste. 

- Sono stati anni terrificanti. - Continuò lei, sussurrando. - Credo che non ci sia stato un momento, negli ultimi cinque anni, in cui io mi sia sentita veramente felice. Ogni volta che stavo bene sentivo comunque e sempre quel retrogusto di amarezza. Mi sei mancato; mi sei mancato troppo. - 

Sirius sentì una montagna di tristezza e dolore cadergli addosso, seppellendolo. Mina era lì, al suo fianco, eppure sembrava essere ancora in pezzi ed era solo colpa sua. Avrebbe voluto scusarsi, prenderla per mano o abbracciarla, ma non riusciva a muoversi; riusciva solo a pensare a tutto il male che le aveva fatto da quando la conosceva. 

Rimasero zitti e immobili per almeno un’ora, lasciando che il silenzio si dilatasse tra loro, avvolgendoli. Sirius ascoltava il respiro regolare di Alya e fu allora che sentì, per la prima volta, quel tipo di amore di cui James gli aveva parlato subito dopo la nascita di Harry. Voleva proteggerla a tutti i costi e lo avrebbe fatto a costo della sua vita, avrebbe attraversato un mare di dissennatori solo per lei. 

La fissò nella penombra, e poi guardò Mina, sdraiata accanto ad Alya, con gli occhi spalancati e brillanti nel buio, proprio come quelli dei gatti. - Andiamo di là? - Le chiese.

- Dove? - Domandò Mina a sua volta. 

- In una delle tante stanze libere. - Rispose Sirius, prima di alzarsi in piedi. 

Mina si sentì improvvisamente andare a fuoco. - Ma Alya… - 

- Se vuoi dormire con lei non preoccuparti, va bene. - Si affrettò a dire lui. - Pensavo solo che ti avrebbe fatto piacere parlare un po’. Cinque anni sono tanti da raccontare. - 

Mina aggrottò la fronte, guardandolo. - Davvero vuoi solamente parlare? - Chiese, senza preoccuparsi di celare un po’ di delusione nella voce. 

Sirius alzò le spalle. - Se tu avevi in mente qualcosa di diverso… dimmi pure. Sappi che sono disposto ad accettare proposte. - Disse, con nonchalance. 

Mina esitò per un momento, il cuore che le batteva forte e una sensazione che non provava da parecchio tempo che l’aveva ormai totalmente invasa. Si alzò, fece velocemente il giro del letto e lo prese per mano, trascinandolo letteralmente fuori dalla stanza. - In effetti qualche idea ce l’avrei. - Ammise, una volta giunti nel corridoio. 

- Ad esempio? - Mormorò lui, avvicinandosi. 

Non le diede il tempo di rispondere, semplicemente annullò la distanza che li divideva e la baciò, stringendosi a lei ed accarezzandola come desiderava di fare da ore. La sentì sospirare sulle sue labbra, e quando finirono in una delle stanze, chiudendosi la porta alle spalle, si guardarono come per la prima volta. 

- Non lo so proprio come ho fatto a resistere per tutto il giorno. - Sussurrò Mina, mentre lo spogliava, le mani che vagavano sul corpo di lui e la voce piena di desiderio.   

- Resistere a cosa? - Domandò Sirius, quando lei lo spinse sul letto con ben poca grazia. 

- A te. - Rispose Mina, prima di tornare a baciarlo, da sopra di lui. 

Finirono di spogliarsi di fretta, abbandonando gli abiti a terra, e poi Sirius la prese per le spalle, invertendo la posizione. La accarezzò e la baciò come nessuno faceva da troppo tempo, facendola sospirare e gemere piano, assaporando la sua pelle. Mina sentì il respiro di Sirius sul suo collo e le dita di lui sotto il tessuto delle sue mutandine, che la sfioravano in quel modo che l’aveva sempre fatta impazzire. La liberò da quell’ultimo inutile indumento guardandola negli occhi e quasi si sentì tremare davanti alla profondità dello sguardo di lei.  

Voleva farle capire che solo lui poteva farla sospirare in quel modo, che nessuno a parte lui poteva toccarla e baciarla e godere della vista del suo corpo nudo; ma poi la sua mente si lasciò sfiorare da un orribile pensiero, lasciandolo pietrificato e facendo svanire ogni traccia di eccitazione: Piton era stato al suo posto, e Sirius si ritrovò a pensare a in qualche modo l’aveva potuta prendere; la immaginò mentre gemeva sotto il tocco di un uomo che non era lui, sotto le mani di Piton, e si sentì letteralmente morire. 

- Che hai? - Gli chiese lei, preoccupata, accarezzandogli il volto. 

Sirius si lasciò cadere al suo fianco e sospirò. - Tu e Piton. - Si limitò a dire. 

Tanto bastò per far sobbalzare e arrossire Mina. - Io e Piton cosa? - Chiese, tentando di dissimulare, ma la voce le uscì rapida, allarmata e acuta. 

Sirius si voltò verso di lei, guardandola di sottecchi, nella bassa luce della lampada a gas accesa sul suo comodino. - Guarda che è inutile che fai così, Harry me lo ha detto. -  

- E cosa ti ha detto, di preciso? - Domandò Mina, sbuffando. 

- Non è sceso in dettagli, ma so che tra voi c’è stato qualcosa. - Rispose lui, gelido. 

Mina, da prima esitò, poi si alzò, raccattò i suoi vestiti sparsi sul pavimento e si rivestì in fretta, sotto lo sguardo attento di lui, senza proferire parola.  

- Non hai niente da dire? - Fece Sirius, sedendosi, la schiena contro la spalliera del letto. 

- Cosa vuoi che ti dica? - Chiese Mina, leggermente stizzita, a sua volta, rimanendo in piedi, con le braccia incrociate sul petto. - Cosa vuoi sapere? - 

- Ad esempio cosa avete fatto. - Rispose lui, impaziente. 

- Siamo usciti insieme una volta, a cena. - 

- E poi? Lo avete fatto? Sei stata a letto con Piton? - 

Mina sbuffò. - Dovresti essere riconoscente con Severus, se sei qui è anche grazie a lui, Sirius! Sei proprio un ingrato, perché non cresci un po’? - Sbottò, infastidita. 

- Se sono qui è grazie a Harry, non grazie a Mocciosus! - Esclamò Sirius, iniziando a rivestirsi rapidamente, mentre la rabbia ammontava dentro di lui. 

- Harry è un ottimo mago, ma senza Piton non ce l’avrebbe mai fatta, e tu lo sai. - Ribatté Mina, incredula di doverlo sottolineare. - Non ci posso credere che mi stai facendo una scenata di gelosia per lui, alla tua età, inoltre! - 

Sirius trattenne il fiato per un istante, poi la guardò con uno sguardo truce. - Io non sto facendo nessuna scenata, Mina. - Disse, freddamente. - Ma non posso crederci che sei stata con Piton. Con Mocciosus; l’uomo che ha ucciso Silente. - 

Mina strinse gli occhi e socchiuse la bocca, ormai senza parole. - E io non posso credere di essere stata con te, un ragazzino viziato e ingrato, incapace di crescere e comportarsi da uomo adulto come dovrebbe. - Esclamò, indignata.

- Bene, adesso parli proprio come lui! - Sbottò Sirius, pieno di sdegno. - Lui ti ha fatto qualcosa, io lo so. Ricordi se ti ha fatto bere qualcosa? Ti ha incantata? - 

- Piantala; stai diventando paranoico, te ne rendi conto? - Ribatté Mina, scuotendo la testa. - Severus non solo ci ha salvati tutti, ma ti ha fatto anche praticamente resuscita, dovresti baciare la terra su cui cammina invece di insinuare una cosa del genere. -  

- Oh sì; certo, Severus Piton, il grande eroe del mondo magico! Meno male che c’era lui, altrimenti chissà come avresti fatto! - Gridò Sirius. - Spero proprio che vi siate divertiti, voi due, mentre io ero prigioniero di quel velo, perdendo altri cinque anni della mia vita! Anzi, forse speravi che rimanessi lì per sempre, non è forse così? - 

- Sei uno stronzo. - Tuonò lei, arrabbiata e con gli occhi lucidi. - Tu non hai nemmeno lontanamente idea di quello che ho passato mentre non c’eri! Ho cresciuto nostra figlia da sola, nel bel mezzo di una guerra, avrei dato volentieri la mia vita in cambio della tua, avrei dato qualsiasi cosa per poterti rivedere anche solo per cinque minuti, quindi non puoi permetterti di dirmi una cosa del genere! - 

- Tu sei una stronza, Mina. E hai anche il gusto dell’orrido. - Replicò Sirius. - Non credo di poter riuscire a toccare nuovamente una che si è lasciata scopare da Piton. - 

Ci fu un lungo attimo di silenzio in cui Mina guardò Sirius con il volto pieno di delusione e il cuore che le faceva quasi male, ferito dalle parole di lui. Si sentiva così umiliata… 

- Io ed Alya ce ne andiamo. - Annunciò, dopo un respiro profondo, prima di raggiungere la porta. 

Sirius la seguì lungo il corridoio. - Non provarci nemmeno, non puoi portarla via così. -  

- Invece posso eccome, sono sua madre. - Obiettò lei, camminando spedita verso la camera da letto in cui dormiva Alya. 

- Lei è anche mia figlia! - Esclamò Sirius, fermandola. 

Mina si voltò e lo guardò. - Alya ti conosce appena, per lei non sei niente, sei al pari di qualsiasi altro sconosciuto. - Disse, con l’intenzione di farlo soffrire. - Quindi adesso noi ce ne andiamo. E sappi che, quando sarai tornato in te, io mi aspetterò delle scuse. - 

- E di cosa dovrei scusarmi, di grazia? Sicuramente non è colpa mia se mi disgusta il fatto che si sei lasciata scopare da quello lì. - Disse Sirius, glaciale. - Sappi che se esci da quella porta è finita, Mina. Finita sul serio. - 

Mina lo guardò talmente intensamente che, per un attimo, Sirius si sentì quasi in soggezione. - Mi stai ricattando? - Gli domandò. 

- No, è solo la verità. - Rispose lui. - Se te ne vai, io e te abbiamo chiuso. - 

Mina rimase impassibile. - Bene. - Disse solo. - Allora addio. - 

Lui impallidì, ma mollò la presa sul suo polso. Mina gli lanciò un’ultima occhiata piena di astio, poi punto dritta verso la camera in cui dormiva Alya, raccolse velocemente tutte le loro cose e uscì, lasciandosi alle spalle un terrificante silenzio. 

Immobile e solo, in mezzo a quel tetro corridoio, Sirius Black si rese conto di essere tornato da meno di un giorno e di aver già combinato un casino.

 

Un uomo, vestito in modo piuttosto insolito agli occhi dei babbani, il lungo mantello nero da viaggio che gli arrivava fino a terra, era seduto su una sedia molto scomda, in attesa, all’interno di un pub a Notting Hill. Si trattava di un piccolo locale polveroso dalle pareti di pietra grezza, arredato con tavoli di legno e sgabelli alti posti lungo il bancone dietro cui, riposte su appositi scaffali, c'erano le bottiglie esposte per i clienti. Alcuni vecchi ventilatori piuttosto rumorosi ed ammaccati erano stati posti qua e là all’interno della sala, nel disperato tentativo di rendere quella caldissima giornata di agosto quantomeno vivibile, ovviamente con scarso successo, dato che Severus Piton era più che certo di non aver mai sentito più caldo di così in vita sua.

Alla sua destra, due ragazze lo stavano fissando con sguardi molto diffidenti, mentre a sinistra vide un vecchio che aveva un giornale aperto tra le mani, ma teneva lo sguardo incuriosito fisso su di lui. Forse indossare un mantello, per giunta nel pieno di una afosa estate come quella, non era stata la scelta più azzeccata, ma tutti gli abiti babbani che Piton possedeva erano quelli che erano precedentemente appartenuti a suo padre, cosa che li rendeva piuttosto detestabili. 

L’uomo sospirò, dando un’occhiata alla porta d’ingresso del locale, sperando di vederla aprirsi, ma non accadde. Dovette infatti attendere altri quindici minuti prima di poter finalmente vedere entrare una donna: i capelli color paglia erano legati in una coda disordinata, la frangetta appiccicata alla fronte dal sudore e dall’umidità dell’aria; aveva l’aspetto di una persona che aveva appena corso, le guance rosse e le labbra schiuse, respirava velocemente, ed indossava un vestito a fiori dalle spalline molto strette e che lasciava scoperta molta più pelle di quanto fosse stato conveniente, e teneva in mano una borsetta di tela. 

Appena lo vide, Mina si precipitò nella sua direzione, lasciandosi cadere sulla sedia dall’altra parte del tavolo, esausta. - Io non capisco come facciano i babbani a usare la metro con quella nonchalance. - Esordì. - Ho sbagliato linea cinque volte, non sono riuscita a comprare il biglietto e dunque la guardia mi ha fatto la multa. - 

- Perché sei venuta con la metropolitana? - Domandò Piton. 

- Per pura curiosità, ricordo che a James e Sirius piaceva. - Rispose lei, sventolando la mano davanti alla faccia, accaldata. 

Piton alzò gli occhi al cielo, ma prima che potesse ribattere, una cameriera piuttosto giovane, e forse incuriosita da quello strano duo, si avvicinò quasi con timore. - Volete ordinare? - Chiese, tenendo in mano un blocchetto ed una penna. 

- Sì. - Rispose Mina, guardandola con un sorriso. - Quella bevanda molto frizzante e nera… ce l’avete? -

La cameriera alzò un sopracciglio. - La coca cola? - Domandò. 

Mina annuì, continuando a sorridere. - Sì! Per me una coca cola. - Asserì.  

- E per lei, signore? - Fece la cameriera, guardando Piton. 

- Quello che ha detto lei, qualsiasi cosa sia. - Rispose. 

La cameriera fece una risatina, convinta che quello strano individuo scherzasse, e annuì e se ne andò, per poi tornare poco dopo con l’ordinazione. 

- Allora, ti piace? - Chiese Mina, quando lui assaggiò per la prima volta nella sua vita della coca cola. 

Piton assunse un’espressione disgustata e poi scosse la testa. - È una delle cose più terrificanti che io abbia mai bevuto. - Sentenziò. 

Mina alzò gli occhi al cielo, facendo però un piccolo sorriso divertito. - Non ti piace mai nulla, hai dei gusti sempre così difficili! - Gli disse. - A me questa roba piace un sacco, mia madre la comprava sempre. -  

- Davvero commovente. - Rispose Piton. - Perché mi hai fatto venire fin qui, Mina? - 

Lei prese un respiro profondo, poi afferrò la sua borsetta di tela e cominciò a frugarci dentro, tirando poi fuori una pergamena piuttosto stropicciata, e poggiandola sul tavolo. 

- Qualche giorno fa mi è successa una cosa strana. - Iniziò a dire lei, improvvisamente seria. - Stavo guardando un album di fotografie che ho trovato a casa di Remus e Dora e, sfogliandolo, mi sono resa conto che la maggior parte delle persone che amavo sono morte e che io e Alya siamo quasi completamente sole. Insomma, se io morissi come farebbe mia figlia? - 

- Ci sarebbe tuo padre. - Rispose Piton. 

Mina scosse la testa. - Mio padre ha ottantasei anni, Sev, è vecchio, non potrebbe prendersi cura di lei. - Spiegò. - A parte lui, Alya non ha parenti. - 

- Ci sono sempre Andromeda Tonks e Narcissa. - Ribatté Piton. 

Mina sgranò gli occhi e trattenne una risata amara. - Stai scherzando, spero? Andromeda ha già Ted di cui occuparsi, e poi non ha mai accettato del tutto Remus, quindi mi sta un po’ sulle palle. - Disse, alla svelta. - Su Narcissa Malfoy e la sua famigliola inquietante è meglio se non mi esprimo. - 

- Vai dritta al punto, Mina. - La spronò Piton, unendo le mani davanti a sé.

Mina annuì, prese la pergamena e la spinse sotto gli occhi di lui. - So che è una cosa grossa da chiederti, ma mi fido ciecamente di te, sei l’unica persona a cui affiderei la vita di Alya, quindi, se te la senti, vorrei che fossi tu ad occuparti di lei, in caso mi dovesse succedere qualcosa. - Dichiarò. - Devi solo mettere una firma qui. -  

Piton guardò il foglio di pergamena come se non lo vedesse davvero, poi alzò lo sguardo vuoto su di lei. - No. - Rispose, asciutto. 

- Sev, ti prego. - Insistette lei. - Non dovrai amarla o crescerla come se fosse tua, dovrai solo proteggerla, come hai fatto con Harry. Ti prego. - 

- Non ci penso proprio, ho smesso di fare il baby sitter. - Obiettò Piton. - Non ti accadrà niente, la crescerai tu, la proteggerai tu. -  

Una mano di lei andò a stringere quelle unite di lui. Non c’era mai stato molto contatto fisico tra loro, avevano sempre mantenuto un certo imbarazzato distacco, ma Piton non si sentì per niente infastidito, anzi, quasi gradì il calore delle dita di lei. 

- Se sei così sicuro che non mi accadrà nulla allora fima. - Disse Mina, con le labbra che tremavano e gli occhi nei suoi. - Da quando Remus e Dora non ci sono più non c’è stato un giorno nel quale io mi sia sentita tranquilla su questo argomento. Lo so che ti sto chiedendo molto, ma sei l’unico di cui io mi fidi. -  

Piton non disse niente per quella che sembrò un’eternità, guardandola fisso, assorto in chissà  quale pensiero. Poi fece un lungo e sonoro sospiro. - Va bene. - Sbuffò. - Ma tu vedi di rimanere in vita, sopportare la figlia di Black… ho l’orticaria al solo pensiero. - 

Mina sorrise e rafforzò la stretta sulle mani di lui. - Grazie. - Disse. - Ho un’ultima cosa da chiederti. - 

- Sentiamo. - La esortò Piton. 

- Stasera vieni con me alla Royal Opera House a vedere La Traviata? - 

L’uomo alzò un sopracciglio. - Il fatto che io sia una sottospecie di padrino per tua figlia non vuol dire che adesso noi usciamo insieme, Lupin. - Chiarì, gelido. - E l’Opera mi fa orrore. - 

Mina alzò gli occhi al cielo, abbandonandosi sullo schienale della sua sedia. - Sei proprio antipatico. - 

 

Immerso nell’innaturale silenzio che avvolgeva il castello di Hogwarts, Severus Piton, ancora vestito da giorno, era seduto dietro la scrivania del suo ufficio, una bottiglia di whisky incendiario e un bicchiere ancora pieno davanti e due biglietti per La Royal Opera House di Londra in mano. Erano fatti di cartoncino azzurro e bianco, plastificati, e Piton li stava fissando come se volesse mandarli in fiamme. Aveva sempre detestato l’Opera lirica, l’aveva sempre trovata stucchevole e pomposa, eppure si era recato fino a Londra, aveva comprato due biglietti per Turandot solo perché Mina gli aveva detto che era la sua opera preferita e, adesso, non sapeva più che farsene. 

Piton si lasciò andare ad un sonoro sospiro, prima di abbandonare i due biglietti sulla scrivania e afferrare il bicchiere, portandoselo alle labbra. Non era mai stato un gran bevitore, anzi poteva ritenersi quasi astemio, ma non quella sera, non quel dannato Natale, non mentre lei giocava insieme a Black a fare la famigliola felice. Davanti alla consapevolezza di essere stato complice di quell’irritante lieto fine, si sentì uno stupido perché, di nuovo, aveva buttato la donna di cui si era innamorato tra le braccia di un altro. Però, almeno questa volta, la donna in questione non lo odiava e, forse, lui non avrebbe mai contribuito alla sua uccisione; questo era già un lato positivo, tentò di convincersi, guardando il bicchiere mezzo pieno che aveva in mano.

Ci aveva sperato fino all’ultimo, diviso in parti uguali tra ciò che era giusto e ciò che lo avrebbe reso felice, aveva sperato che Black rimanesse prigioniero di quel velo per sempre, di vederlo morire, anche mentre versava quelle lacrime di fenice sulla sua ferita; invece lui aveva aperto gli occhi, aveva ripreso a respirare, dannatamente attaccato alla vita. 

Adesso, Severus Piton sentiva di essere in un eterno ritorno nietzschiano, in cui era destinato a rivivere la stessa e identica cosa ancora innumerevoli volte, ripercorrendo gli stessi passi. L’eterna clessidra dell’esistenza veniva sempre di nuovo capovolta e lui con essa ma, in quel momento, ebbe l’impressione che non ci fosse più nulla di sensato per cui andare avanti: non c’era più nessun ragazzino arrogante da proteggere, nessun mago oscuro da ingannare, nessuna donna da sollevare dal dolore, nessuna possibilità di poter avere quella vita che, per un attimo, aveva creduto di poter meritare e magari avere. 

Si sentiva immobile spettatore della felicità altrui, come al solito, del resto: aveva visto Lily felice con James Potter, ancora sentiva il cuore fare male se ripensava al giorno in cui aveva saputo del loro matrimonio, e adesso gli sarebbe toccato guardare anche Mina insieme a Black e alla loro ragazzina, che già immaginava sgradevole e boriosa almeno quanto il padre. 

Guardò nuovamente i biglietti; non aveva amici, non aveva parenti, non aveva più nessuno con cui andare a vedere quella ridicola pantomima. Sospirando, posò gli occhi su uno dei quadri in cui, solitamente, Silente appariva per fare due chiacchiere e, nello stesso momento, dalla canna fumaria del camino, proprio davanti a sé, arrivò un forte boato, che terminò con il tonfo secco di una persona caduta proprio nel bel mezzo del focolare spento. Sotto lo sguardo a dir poco incredulo del professore, una bambina strisciò fuori, si alzò in piedi e si tolse la fuliggine dal vestitino rosso che indossava, prima di alzare i suoi grandi e intimoriti occhi grigi su di lui. 

- Chi sei? - Tuonò Piton, alzandosi in piedi. 

La fronte della bambina si aggrottò e le labbra tremarono, senza un perché e senza nessun preavviso, scoppiò a piangere, come spaventata e, nello stesso momento, ci fu un altro forte boato proveniente dalla canna fumaria e una seconda persona sgusciò fuori dal camino, il viso, i capelli e i vestiti sporchi di fuliggine. 

Mina guardò prima sua figlia, che si nascose prontamente dietro alle sua gambe come se il professore le avesse urlato contro, e poi alzò lo sguardo sconcertato su Piton. - Ma che le hai fatto? - Domandò, piccata. 

Piton si ritrovò a boccheggiare, guardando Alya, che a sua volta ricambiava il suo sguardo, spaventata. - Non le ho fatto niente, si è messa a piangere da sola non appena mi ha visto, senza un motivo. - Rispose. - Ma che ci fai qui? Perché non sei con Black? - 

Mina esitò. Non sapeva nemmeno lei che ci faceva lì, non era stato nemmeno il primo posto che le era venuto in mente quando aveva varcato la porta d’uscita del numero dodici: aveva camminato a piedi e piena di rabbia fino al Paiolo Magico, era entrata, si era scaldata, aveva preso in considerazione l’idea di passare una notte lì, ma poi aveva chiesto di usare il loro camino e, senza un reale motivo, aveva deciso che l’ufficio di Piton sarebbe stata la sua meta. 

- Io ed Alya possiamo dormire qui, per stanotte? - Chiese, guardandolo. 

Piton annuì, poi fece il giro della scrivania, ritrovandosi a meno di un metro da lei, e prese a scrutarla. - Cosa ha fatto Black? Ti ha cacciata di casa? - Le domandò duramente. 

Mina scosse la testa, ma i suoi occhi si riempirono di lacrime. - Abbiamo litigato. - Disse. 

- Per quale motivo? - Piton cercò di spronarla a parlare, il tono impaziente. 

Lei guardò Alya. Era sempre stata sincera con sua figlia, le aveva sempre detto la verità, qualunque essa fosse, ma non era del tutto sicura di volere che la sua bambina sapesse che razza di stronzo era il padre. 

- Mamma, andiamo a casa? Sono stanca, ho sonno… - Mormorò Alya, parlando in ebraico, mentre si stringeva alla sua gamba, e guardando Piton di sottecchi. - Lui non mi piace, ma’, è brutto, sembra un pipistrello brutto e cattivo. Voglio tornare a casa. - 

Mina alzò lo sguardo verso Piton, ringraziando il cielo che sua figlia avesse usato una lingua diversa per insultarlo, e poi tornò a guardare sua figlia. - Severus è nostro amico, non è cattivo. - Le disse, nella stessa lingua. - E non è nemmeno così brutto, dai. -  

- No, è brutto! - Insistette Alya a gran voce, questa volta in inglese. - Non mi piace! - 

Mina avvampò, mortificata. - Alya! - La rimproverò. - Chiedigli subito scusa! - 

- Non ti preoccupare. A quanto pare buon sangue non mente. - Si mise in mezzo Piton, la voce gelida. - Metti la tua graziosa creaturina a dormire, così possiamo parlare. - 

Adiacente all’ufficio del professore, c’era il suo piccolo appartamento privato, composto da una camera da letto, un bagno e una sorta di soggiorno. Una grande vetrata dava sul fondo del Lago Nero, proprio come nella Sala Comune dei Serpeverde, le spoglie pareti di pietra davano all’ambiente un aspetto per nulla ospitale. Era tutto talmente ordinato da sembrare quasi innaturale. 

Nel letto singolo di Piton, Alya ci mise almeno un’ora per addormentarsi, e chiuse gli occhi solo quando Mina la minacciò di spedirla ad Azkaban. Quando, alla fine, la bambina si lasciò cadere tra le braccia di Morfeo, Mina lasciò quella triste e umida camera da letto per raggiungere nuovamente Piton nell’ufficio.

Se ne stava lì, dietro la sua scrivania, continuava a bere whisky incendiario con aria molto assorta. - Allora, cosa è successo tra te e Black? - Le chiese, quando la vide. 

Mina si sedette sulla sedia dall’altro lato della scrivania. - Abbiamo litigato. - Disse, con un peso sul petto, le labbra piegate verso il basso. - Abbiamo litigato per te, e credo che mi abbia lasciata. - 

- Che peccato. - Bofonchiò Piton, cercando di trattenere un piccolo ghigno compiaciuto. 

Mina sembrò non averlo neppure sentito. - Ha detto che non riuscirà più a toccarmi perché è successa quella cosa tra noi. - Continuò a raccontare. - Che se uscivo da quella casa tra noi sarebbe finita, ma in quel momento non mi importava, capisci? Volevo solo stargli il più lontano possibile, così ho preso Alya e ce ne siamo andate. - 

- Parli con un tono molto disilluso. - Osservò Piton. 

Mina annuì tristemente. - Mi sento strana, come se lo vedessi per la prima volta solo ora, come se fossi stata innamorata per tutta la vita di una idealizzazione che avevo di lui. - 

- Forse hai finalmente capito che non è perfetto come tutti dicono. - Disse Piton, soave. 

- Non ho mai pensato che fosse perfetto. - Obiettò Mina. - Pensavo solo che mi amasse quanto lo amo io, che il nostro fosse più maturo di così. - 

Piton non rispose, ma si limitò a prendere la bottiglia di whisky incendiario e a riempire il bicchiere, prima di portarselo alle labbra. 

Mina guardò quel liquido ambrato danzare sotto la luce fioca del lampadario e poi alzò lo sguardo verso Piton. - Ma tu non eri astemio? - Gli chiese, curiosa.  

- Non stasera. - Tagliò corto lui, senza guardarla, appoggiando il bicchiere sul tavolo. 

- Perché? - Domandò Mina.  

Piton alzò gli occhi su di lei, lanciandole uno sguardo che la fece sussultare. I suoi occhi vuoti presero a fissarla quasi come se fossero capaci di vedere ben più in là della realtà che vi si palesava davanti. - Perché? - Ripeté, gelido. - So che puoi arrivarci da sola. - 

Mina annuì. - Certo. - Disse. - Le feste natalizie sono deprimenti. Ho letto da qualche parte che sono il periodo dell’anno con più suicidi in assoluto. - 

- C’è una domanda che avrei voluto fare a Lily. - Esordì Piton, cambiando radicalmente discorso, tornando a guardare il bicchiere ormai vuoto che aveva in mano. - E questa domanda è: perché James Potter? Cosa aveva di speciale? -
- Non lo so, Sev. - Ammise Mina. - So solo che insieme erano davvero perfetti. Lui era l’acceleratore e lei era il freno, insieme si compensavano, smussavano gli spigoli uno dell’altra. James aveva reso Lily più incline a lasciarsi andare, Lily aveva reso James un ragazzo migliore di quanto non sarebbe mai potuto essere da solo. -  

- Quindi l’amore è smussare gli spigoli? - Domandò Piton, con la voce piatta e distaccata. 

Mina annuì. - Immagino di sì. - Rispose. 

- Ma Black non smussa i tuoi spigoli, e tu non smussi i suoi. - Obiettò lui. 

Mina sembrò pensarci su, improvvisamente assorta e con lo sguardo perso in un punto indefinito davanti a lei. - Hai ragione. - Mormorò poi, facendo un sorrisetto triste. - Ma, una volta, i nostri spigoli si incastravano; e adesso… non lo so più. - 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22. Magari è semplicemente finita ***


Lo so, ci ho messo una vita per pubblicare 'stavolta, ma questo capitolo di passaggio è stato particolarmente difficile da scrivere, poiché si presentavano davanti ai miei occhi innumerevoli scenari diversi. Dunque ho scritto, ho scritto davvero tantissimo in questi giorni, e tra tutte le versioni diverse di questo capitolo ho scelto questa, che mi sembrava la meno peggio (pensa come erano le altre, vabbé ahahah). So che si tratta di un capitolo di passaggio, quindi non così interessante quanto vorrei, ma era necessario. Se non lo avessi interrotto così sarebbe uscita una roba lunghissima e davvero pesante da leggere.
Comunque fatemi sapere cosa ne pensate e al prossimo capitolo (che pubblicherò alla svelta, dato che è già pronto)


Sirius Black, sdraiato su un grosso letto matrimoniale, fissava il soffitto di casa sua con uno sguardo vuoto mentre, con la faccia tra le sue gambe, una ragazza dai capelli biondi tentava disperatamente di compiacerlo. Marlene Mckinnon, la bella ex Grifondoro con cui aveva passato tantissime notti prima di Mina, andava avanti così da almeno dieci minuti, passando con la lingua in punti che, solitamente, lo avrebbero fatto impazzire. 

Il ragazzo chiuse gli occhi, tentando di concentrarsi su qualcosa di eccitante, mentre lei lo avvolgeva nella sua bocca, lanciandogli uno sguardo pieno di interrogativi. “Mina”, quasi sussurrò Sirius, portandosi una mano al volto, per poi ricordarsi il motivo per il quale non c’era lei, nuda tra le sue gambe a dargli piacere. 

Mina se ne era andata da almeno due mesi, senza fornire una vera e propria spiegazione, approfittando di una ridicola discussione che avevano avuto su un argomento talmente inutile che Sirius non se lo ricordava nemmeno, e da allora non l’aveva più vista né sentita. 

Sospirando, Sirius ripensò ai tempi in cui era lui quello capace di spezzare cuori, e Marlene prese a succhiarlo ancor più forte, facendolo sussultare. 

- Fa’ piano. - La rimproverò piccato. - Quello è il mio cazzo, non una sorta di ghiacciolo. - 

Marlene si fermò, lanciandogli un’occhiataccia. - Se fosse un ghiacciolo sarebbe duro, Sirius. - Lo canzonò, pungente. - In questo momento somiglia di più a… un vermicolo, di quelli appena usciti dall’uovo. -   

Sirius la guardò di sottecchi. - Sei divertente, McKinnon, davvero. - Disse, stizzito. - Lo sai benissimo che non mi è mai successo. - 

Lei si stese nuovamente al suo fianco, guardandolo divertita e preoccupata insieme, per poi allungarsi verso il comodino per prendere una sigaretta. - Lo so, non ti preoccupare. - Rispose, accendendone una con un colpo di bacchetta. - Vuoi dirmi cosa ti prende? - 

Lui scrollò le spalle. - Niente, credo di essere solo un po’ stressato. Lo sai, c’è la guerra, e poi l’Ordine, le missioni potenzialmente mortali, i Mangiamorte… - Spiegò.

Marlene lo guardò con uno sguardo di chi non credeva a nemmeno una parola. - Ero convinta che queste cose ti esaltassero. - Ribatté infatti. - Dai, dimmi la verità. - 

Sirius sospirò, tirandosi a sedere. Esitò un momento e poi, dopo un altro grande sospiro, parlò: - Lo sai che Mina mi ha lasciato, no? - Fece cupamente. 

Marlene alzò gli occhi al cielo. - Lo sa tutto il mondo, dato che non fai altro che lamentartene - Disse, dopo aver buttato fuori una profonda boccata di fumo. 

- Siamo stati insieme per quattro anni, non per due giorni, che ti aspettavi? - Ribatté lui, stupito dal fatto di doverlo sottolineare. 

Lei alzò le spalle. - Mi aspettavo che, dopo tutto questo tempo con la stessa persona, tu avessi voglia di guardarti intorno, tornare su piazza. - Rispose, con nonchalance. - E comunque non capirò mai cosa ci trovi in lei. - 

- E tu cosa ci trovi in Remus? - Chiese Sirius, sogghignando.  

Marlene aggrottò la fronte. - Che c’entra l’altro Lupin? - Obiettò. 

- Dai, McKinnon, non insultare la mia intelligenza. - Disse lui, divertito. - Sei pazza di lui da una cosa come dieci anni! Se vuoi posso metterci una buona parola… - 

- Non ci provare, Black! - Esclamò lei, puntandole il dito contro, prima di spegnere la sigaretta sul posacenere. - Giuro che se gli dici qualcosa ti ucciderò! - 

Sirius scoppiò a ridere, prima di affondare di nuovo la testa nel cuscino, guardando il soffitto con aria assorta. - Secondo te che dovrei fare con lei? - Chiese poco dopo. - Le ho scritto decine di lettere, ma non ha risposto, neppure una volta. Anzi no, una volta sì, ma solo per dirmi di spedirle tutti i suoi libri. Ti rendi conto? -  

Marlene, intenerita davanti a quel ragazzo che quasi stentava a riconoscere, si ritrovò a sorridere amaramente. - Magari dovresti solo metterti l’anima in pace, Sirius. - Gli disse. - Magari è semplicemente finita. - 

Sirius sospirò, passandosi una mano sul volto. - È finita. - Mormorò, più a sé stesso che alla ragazza al suo fianco. 

 

Il cielo sopra Grimmauld Place era un denso strato di nuvole opache, dietro cui il sole brillava fioco, infrangendo i suoi raggi sul manto nevoso che aveva ricoperto Londra e sui vetri della finestra chiusa, illuminando tutta la stanza. 

Sirius si girò svogliatamente nel letto e poi spalancò gli occhi, come se qualcuno l’avesse scosso violentemente, svegliandolo. Prese a guardarsi intorno: era in camera sua, a Grimmauld Place, ma non c’erano più stendardi di Grifondoro e poster con ragazze babbane in bikini, niente più letto a baldacchino e anche la carta da parati antica era sparita, proprio come in tutto il resto del numero dodici. Negli ultimi giorni, da quando era tornato, aveva lavorato instancabilmente per rendere quel posto così tetro una vera casa; era ancora all’inizio, ma Sirius era sicuro che ci sarebbe riuscito. 

Accanto a lui, una ragazza stava dormendo ancora  profondamente, la bocca semiaperta e lunghi capelli scuri che le ricadevano sul volto dandole un’aria beata. Sirius sbuffò, portandosi una mano agli occhi e poi si voltò per dare un’occhiata all'orologio poggiato sul comodino. Era ancora piuttosto presto, ma tutto quello che voleva era liberarsi di quella semi sconosciuta, magari il più velocemente possibile. 

La scosse un po’ e, quando la sentì protestare con un gemito sommesso, quasi si sentì in colpa. - Scusa… è che tra poco arriverà mia figlia e non voglio che ti trovi qui. - Mentì spudoratamente, quando lei aprì gli occhi. 

La ragazza lo guardò sorpresa. - Hai una figlia? - Domandò, con una certa urgenza nella voce assonnata e gli occhi improvvisamente spalancati. - Per Merlino, sei sposato? -

Sirius si affrettò a scuotere la testa. - No, no, mai stato sposato; anche se una volta ci sono andato molto vicino, ma poi, come ben sai, sono morto. - Rispose.  

- Questa cosa è così macabra. - Disse lei, anche se il tono sembrava dire tutt’altro, avvicinandosi ancora nuda all’uomo con fare malizioso.  

Sirius la fermò. - Senti, davvero, te ne devi andare. - Ripeté, gelido. 

La ragazza sembrò offesa, ma obbedì, raccattando i suoi vestiti a terra e indossandoli in silenzio, lanciandogli occhiate imbarazzate. - Domani ti va di venire con me a… -  

- No. - La interruppe lui, che intanto si era alzato dal letto. 

Ma lei non demorse. - Allora venerdì potremmo… - 

- No. - Disse di nuovo Sirius. - Pensavo di essere stato chiaro con te… ehm… Pamela? - 

- Mi chiamo Penelope. - Ribatté lei, risentita. - Penelope Wells. - 

Sirius la guardò mortificato, cercando nella sua testa una frase che potesse tirarla su di morale ma anche mandarla via, quando, proprio in quell’istante, il campanello suonò e la voce del quadro di sua madre (l’unico che non era riuscito a staccare) rimbombò in tutta la casa: - Feccia della terra! Mostri nella casa dei miei padri… - 

Sirius sospirò, per poi dirigersi fuori dalla stanza. Scese svogliatamente le scale, allacciandosi la camicia della sera prima e, una volta raggiunto il corridoio, si diede una rapida occhiata allo specchio e poi raggiunse la porta, spalancandola.  

Davanti a lui, un ragazzo e una ragazza ricambiarono il suo sguardo, sorridendo: di prima occhiata, e senza nemmeno il bisogno di troppa immaginazione, Harry e Ginny sembravano una copia molto ben riuscita di James e Lily, e Sirius non sapeva ancora che effetto gli faceva questa cosa. 

- Buongiorno, ragazzi. - Disse, rivolgendo loro un sorriso. - Che ci fate qui così presto? - 

Harry e Ginny si scambiarono un fugace sguardo perplesso. - Ci avevi detto di venire per colazione. - Rispose il primo.

Sirius sgranò gli occhi e inarcò le sopracciglia, come sorpreso: da quando era tornato gli capitava spesso di avere dei vuoti di memoria anche molto significativi, o di perdere la cognizione del tempo. - Sì. Giusto. - Disse. - Allora presumo che vogliate entrare. -

- Eccoli qui, mezzosangue e mostri che tornano ad infestare la mia dimora! - Ululò Walburga Black, mentre Harry e Ginny entravano in casa. - Schifosi ibridi! Feccia…! -

Poi una ragazza apparve dall’altro capo del corridoio, vicino le scale e solo in quel momento il lamento della signora Black si zittì, facendo crollare in tutta la casa un silenzio imbarazzante. - Io me ne vado. - Disse la giovane, guardando Sirius con astio.

- Sì, ciao, Pame… Penelope. - Fece Sirius, del tutto disinteressato. 

La ragazza attraversò il corridoio a passo svelto e poi uscì dalla porta, chiudendosela alle spalle, passando in mezzo a Harry e Ginny, senza degnarli di uno sguardo. 

Sulla casa crollò di nuovo il silenzio e fu allora che Harry prese a guardarsi intorno: Grimmauld Place non era più come una volta, adesso sembrava quasi una comunissima casa come tante altre, anche se continuava a mantenere un’aria piuttosto cupa. La vecchia carta da parati era stata cambiata, i lampadari di ferro erano puliti e senza ragnatele, le teste di elfo domestico che una volta arredavano l’entrata erano sparite. 

Dopo qualche attimo di imbarazzante esitazione, Harry e Ginny seguirono Sirius verso la cucina e, passando per la sala da pranzo, il ragazzo notò che anche l’arazzo con l’albero genealogico del Black era sparito. 

- Chi era quella, Sirius? - Chiese Ginny, una volta varcata la soglia della cucina. 

Sirius alzò le spalle con ostentata naturalezza, per poi raggiungere i fornelli e iniziare a preparare qualcosa per colazione. - Potreste non dire niente a Mina di questa cosa? - Fece poi, cercando di mantenere un tono e un atteggiamento disinteressato. 

Harry, ormai seduto su una delle sedie attorno al tavolo, prese a fissare il suo padrino con uno sguardo molto preoccupato. - Sì, ovviamente. - Disse. - Vorrei evitare che tu venga ucciso di nuovo, sai. - 

Sirius non rispose, ma prese a sbattere le uova. 

Se lo si guardava di sfuggita, Sirius Black sembrava stare benissimo, più di quanto non fosse mai stato, almeno da quando Harry lo conosceva. Ma se poi ci si fermava ad osservarlo per bene, si potevano notare alcuni piccoli, e apparentemente innocenti, dettagli che suggerivano tutt’altro: molto spesso, Sirius non riusciva a mantenere l’attenzione su qualcosa per più di dieci minuti di seguito, si distraeva di continuo, si incantava fissando un punto davanti a sé con sguardo vuoto, come se ci fosse ancora un velo a dividerlo dalla realtà. 

Al San Mungo glielo avevano detto, Sirius avrebbe riportato dei danni lievi, ma più Harry lo guardava, più non poteva fare a meno di essere in pena per lui. Ogni tanto però, fortunatamente, c’erano giornate in cui l’uomo stava bene, e Harry assaporava quel tempo con lui, godendosi un po’ di sana e meritata normalità, come una sorta di versione annacquata della vita che avrebbero potuto vivere se le cose fossero state diverse. 

- Avete visto Alya, ultimamente? - Chiese Sirius, tornando a tavola con un piatto pieno di uova strapazzate. 

Ginny e Harry si guardarono per un secondo. Sapevano che quella domanda era un modo indiretto per chiedere di Mina. Durante quegli ultimi giorni, i due non si erano mai visti, nemmeno una volta, e Sirius faceva di tutto per evitare di parlare di lei. Lei, in compenso, faceva esattamente la stessa cosa, comportandosi come se lui non esistesse e come se non fosse il padre di sua figlia.  

- Sì, sta bene. - Disse Harry, percependo uno strano peso sul cuore. - Proprio ieri abbiamo fatto una passeggiata a Diagon Alley; Mina ha accompagnato Ginny a scegliere l’abito per il matrimonio insieme a Molly, mentre io e Alya abbiamo passato un intero pomeriggio ai Tiri Vispi Weasley. Si è divertita molto. -

Sirius abbozzò un sorriso. - Bene, ne sono felice. - Rispose, asciutto, dopo un sospiro. 

Da quando era tornato in vita, non c’era stato nemmeno un giorno in cui si fosse sentito in pace con sé stesso, troppo occupato a tirare le somme della sua vita per essere grato di avere avuto una seconda possibilità per viverla. Ogni mattina si svegliava con la consapevolezza di dover affrontare un’altra giornata inutilmente; in pochi giorni aveva visto tutti i film cult che si era perso durante quei dodici anni ad Azkaban, rilasciato decine di interviste a tutti i giornali del mondo magico spiegando che no, non era uno zombie, e per finire si era crogiolato nel dolore di aver perso anche Remus, tentando disperatamente di elaborare la cosa senza alcun successo. 

La maggior parte delle persone che aveva amato erano morte e lui, invece, era tornato, ma spesso si ritrovava a chiedersi se ne fosse valsa la pena. Dopotutto non c’era più nessuno per lui: Harry era ormai un uomo adulto, la donna che amava da sempre lo detestava, sua figlia sapeva a malapena che faccia avesse e, per quanto quella casa fosse diversa da quando Silente ce lo aveva chiuso dentro, si sentiva ancora prigioniero di tutti i ricordi spiacevoli non facevano altro che tornargli in mente. 

Magari, una volta che Mina fosse tornata a Tel Aviv, sarebbe tornato a Ottery St Catchpole, nella casa che avevano diviso da giovani, solo che, nonostante facesse fatica ad ammetterlo, l’idea di andarci a vivere da solo lo terrorizzava. In realtà l’idea della solitudine in generale gli faceva paura, ma era una cosa che preferiva tenere per sé. 

- E tu come stai? - Ginny dovette ripetere quella domanda tre volte prima di riuscire ad attirare l’attenzione di Sirius, che parve riscuotersi all’improvviso. 

- Siamo tutti un po’ preoccupati per te. - Continuò Harry, guardandolo negli occhi. 

- E perché? Sto bene. - Tagliò corto, senza inflessioni nella voce. - Sono di nuovo libero e vivo, la guerra è finita, Voldemort è stato sconfitto; tutto si è sistemato alla fine. - 

- Ma forse l’aiuto di un professionista potrebbe farti stare ancora meglio. - Disse Harry, cercando di andare dritto al punto. - Ad esempio quel medimago del San… - 

- No. - Lo interruppe lui, freddamente. - Non preoccuparti, Harry. Ho solo bisogno di un altro po’ di tempo per riprendermi del tutto, ma sto bene. - 

Harry e Ginny si lasciarono scappare un breve sospiro, iniziando poi a fare colazione con uova e pancetta e bevendo tea nero, almeno finché Ginny non mise nuovamente giù la forchetta, guardando l’uomo che aveva davanti a sé, dritto negli occhi. - Anche Mina è preoccupata per te. - Esordì, beccandosi un’occhiataccia dal suo fidanzato. 

Sirius aggrottò la fronte. - Certo, si nota da tutte le lettere che non mi spedisce. - Ribatté, sarcastico. - E anche dal fatto che mi impedisce di vedere mia figlia. Chissà cosa le avrà detto di me, Alya penserà che l’ho abbandonata. - 

Harry scosse la testa. - Non pensa che tu l’abbia abbandonata. - Lo tranquillizzò. - Non so cosa le abbia detto Mina, ma conoscendola presumo solo la verità. - 

- Cioè, che mi ha tradito con Piton? - Fece Sirius, piccato. 

Harry sospirò. - Non ti ha tradito; tu eri morto da anni. - Obiettò, come se avessero affrontato quel discorso milioni di volte. 

- Noi ti voglio bene, vogliamo bene ad entrambi, ma sinceramente non capisco perché ti ostini a mantenere una posizione tanto ridicola, Sirius. - Continuò Ginny. 

Sirius trasalì; nessuno dei due non gli aveva mai parlato in quel modo, schierandosi apertamente con uno dei due. - Quindi sei dalla sua parte. - Disse, gelido. - Anche tu, Harry, pensi che abbia ragione lei? - Chiese al figlioccio. 

Harry esitò: certo che pensava che avesse ragione lei, ma come poteva dire una cosa del genere davanti a lui, che sembrava essere ad un passo dall’andare in frantumi? Doveva mantenersi in una zona neutra a tutti i costi. - No… - Tentò di dire. - Però… no. - 

- Invece sì, sei dalla sua parte. Siete tutti dalla sua parte. - Ribatté lui. - Io non capisco come fate a non capire la gravità della cosa. Sapete cosa è venuto fuori durante tutte le pratiche per riconoscere Alya? Che Piton è il suo padrino. Se Mina e io morissimo sarebbe lui a crescere mia figlia e questa cosa io non posso proprio accettarla! -  

- Lo sapevamo già. - Rivelò Harry. 

Sirius spalancò la bocca, indignato. - E questa cosa ti sembra davvero normale? - Chiese, risentito. - Per quale motivo non lo ha chiesto a te? - 

- Non saprei… - Fece Harry, con un tono falsamente meditabondo. - Magari perché ero un ragazzino di poco meno di diciotto anni, pieno di casini e con la responsabilità del figlio di Remus già sulle spalle? - Disse, con un po’ di supponenza, ma pentendosene quasi all’istante. 

Sirius non rispose, ma lo guardò con uno sguardo che su di lui non aveva mai usato, quasi come se ce l’avesse perfino con lui. 

Ginny, invece, prese un respiro profondo, unì le mani davanti a sé, e si ritrovò a pensare al fatto che mancavano solo due mesi al suo matrimonio e che doveva trovare a tutti i costi un modo per tenere Sirius e Mina lontani per tutta la durata del banchetto. - Dovete fare pace. - Disse poi, alzando gli occhi su di lui. 

- Non credo che lei voglia. - Obiettò Sirius, cupo. 

- Perché tu sì? - Chiese allora Ginny, senza preoccuparsi di celare una punta di sarcasmo. 

Sirius le lanciò un’occhiata un po’ torva. - No. - Disse, sicuro. - Ormai è finita. -  

 

Piton era sdraiato nel letto e guardava il soffitto con espressione vacua, in una delle stanze del reparto “ferite da creature magiche” del San Mungo. Era ricoverato lì da ormai un mese: aveva subito diverse trasfusioni, gli avevano somministrato ogni sorta di pozione e avevano perfino usato dei rimedi babbani per curarlo e, nonostante fosse arrivato in quell’ospedale in condizioni disperate, ad un solo passo dalla morte, Severus Piton respirava ancora. 

Tra pochi giorni sarebbe stato finalmente dimesso, ma non era del tutto sicuro che la cosa gli facesse piacere: uscire da quell’ospedale voleva dire rischiare di incontrare gli sguardi di tutti quelli che lo avevano considerato un traditore e che adesso sapevano tutto di lui e di Lily, voleva dire tirare le somme della sua vita e rendersi conto che, a quasi quarant’anni, non gli era rimasto più niente per cui vivere. Aveva fatto cose terribili e forse, quel suo stare ancora in vita, era la giusta punizione per tutti i peccati che aveva commesso. 

Piton sospirò e si passò una mano sul volto stanco. Era stato un mese terribile, e lui ne aveva odiato ogni singolo istante. Detestava la curiosità morbosa dei giornalisti per il rapporto che aveva legato lui e Lily, detestava le visite settimanali di Potter, ma ancora di più detestava quelle giornaliere di Mina. Da quando si era svegliato, una settimana dopo la battaglia, lei non aveva saltato nemmeno un giorno e, puntualmente, alle quattro del pomeriggio, lei varcava la soglia della sua stanza, si sedeva sulla sedia di legno accanto al suo letto, e gli raccontava come stavano andando le cose fuori di lì. Kingsley Shacklebolt era il nuovo Ministro della Magia, il castello di Hogwarts stava pian piano ritornando alla sua solita forma maestosa, Alya aveva detto la parola “papà” per la prima volta e lei si era messa a piangere; erano queste le cose di cui di solito Mina parlava. 

E anche quel giorno, allo scoccare delle quattro del pomeriggio, la donna apparve sull’uscio, un sorrisetto dipinto sul volto e uno zaino sulle palle che le dava un’aria da scolara. - Ciao! - Esclamò in tono allegro. 

Piton alzò gli occhi al cielo, stringendo le labbra con disappunto. - Per Salazar, Lupin, ma tu non ce l’hai una vita? - Le disse, mentre lei entrava. 

- Effettivamente no. - Rispose Mina, sedendosi accanto al letto. - Come stai oggi? - 

- Sto bene. - Borbottò Piton, la voce gelida. 

- Ottimo. Anche io sto bene. - Dichiarò lei, tirando fuori qualcosa dallo zaino. - Ti ho portato un altro romanzo: dato che quello dell’altra volta ti è piaciuto ho pensato di continuare con i classici tedeschi. - Disse, mostrandogli un libro dalla copertina rossa intitolato “le affinità elettive”. 

- Quello dell’altra volta l’ho detestato. - Ribatté Piton, guardandola storto. 

- Ma se lo hai finito in quattro giorni! - Obiettò Mina, sogghignando. 

Nonostante quell’aria apparentemente spensierata e la sua voce che sembrava sprizzare allegria da tutti i pori, Mina aveva un aspetto orribile: sotto i suoi occhi era disegnate due profonde occhiaie che suggerivano il fatto che non riuscisse a dormire molto, era più emaciata di quanto non fosse mai stata, i suoi capelli apparivano crespi e poco curati e, a guardarla, sembrava sia molto più vecchia che molto più giovane di quanto non fosse. E sembrava carina, ma si sarebbe fatto mordere di nuovo da Nagini pur di non ammetterlo, ma soprattutto, si sarebbe fatto mordere di nuovo da Nagini pur di non ammettere che, in realtà, la sua presenza accanto al suo letto gli faceva piacere. 

 

Nell’umido ufficio del professore di pozioni di Hogwarts, Mina stava facendo avanti e indietro, misurando la stanza con grandi passi, gli occhi fissi su un articolo di una rivista intitolata “il Settimanale delle Streghe”, sotto lo sguardo annoiato di Piton che, invece, era intento a correggere un’altissima pila di temi sull’amortentia. 

- ... “pare infatti che Sirius Black, noto a tutti noi, non solo per la sua evasione da Azkaban, ma per essere sfuggito perfino alla morte, stia cercando di scappare anche davanti alla prospettiva di trovare l’amore: lo sa benissimo la signorina Penelope Wells, (di anni venticinque)”, ti rendi conto, Sev? Venticinque anni, praticamente una bambina! “... sedotta ed abbandonata dall'uomo che, negli ultimi giorni, stiamo imparando a conoscere...” -

Piton sbuffò, tornando con lo sguardo sulla pergamena che aveva in mano. - Sinceramente non capisco di cosa ti sorprendi. - Borbottò, disinteressato. - Black è sempre stato uno stupido donnaiolo; inoltre ormai vi siete lasciati. - 

Mina trasalì, guardando Piton con uno sguardo perplesso. 

Durante quegli ultimi giorni, aveva pensato a Sirius di continuo, in modo quasi instancabile, come non faceva da molto tempo: gli aveva scritto tantissime lettere che però, imprigionare dall’orgoglio, non era mai riuscita a spedire, era passata davanti Grimmauld Place tantissime volte, sperando di riuscire vederlo, ma non aveva mai trovato il coraggio di suonare il campanello, aveva letto tutte le sue interviste. Lui le mancava così tanto, forse molto di più di quanto non gli fosse mai mancato, ma si sentiva ferita, aveva deciso che non sarebbe tornata da lui per nessun motivo al mondo. 

- Sai da quanto tempo ci siamo lasciati? Da cinque miseri giorni. -  Disse Mina. - Ci ha messo cinque giorni per dimenticarsi degli ultimi venticinque anni e tu lo difendi? -

- Certo che no, figurati se mi metto a difendere quel reietto di Black, solo che stai sbraitando da mezz’ora, inizi a diventare irritante. - Rispose Piton, senza alzare lo sguardo. Poi, dopo un breve attimo di silenzio, mise giù la pergamena e la piuma e alzò finalmente gli occhi su di lei, intrecciando le mani davanti a sé. - Immagino che sia difficile rendersi conto di aver sprecato tutta la tua intera esistenza dietro ad una persona che non ti meritava nemmeno lontanamente, ma devi iniziare a fare i conti con questa cosa e prendere in considerazione l’idea di andare avanti. - Le disse.  

Mina sospirò e annuì, con un’espressione triste dipinta in volto. Poi chiuse la rivista e si avvicinò all’uomo, sistemandosi sulla cattedra dietro cui lui era seduto. - Ti aiuto a correggere questa roba. - Mormorò, prendendo uno dei fogli di pergamena riposti uno sull’altro in un angolo della scrivania. 

Piton non obiettò ma, senza un reale motivo, si ritrovò ad osservarla con molto interesse. 

Da quando Mina era uscita dal suo camino, la notte di Natale, lui aveva cominciato a sentire nuovamente quella stranissima e piacevolissima sensazione di essere nel posto giusto, con la persona giusta. Da quella sera, lei lo era andato a trovare a Hogwarts tutti i giorni, e spesso anche lui era andato a Ottery St Catchpole per passare insieme a lei delle qualche sera in cui guardavano film babbani e mangiavano sul divano, ma nonostante ciò, ancora non avevano mai parlato veramente di quello che c’era stato tra loro anni prima: Mina si comportava come se non fosse mai successo e lui tentava in tutti i modi di fare lo stesso, anche se non aveva fatto altro che pensarci per mesi e, perfino tutt’ora, gli capitava di rimuginarci su molto spesso.  

Dopo la guerra, lei era stata come un’oasi nel bel mezzo dell’aridità della sua esistenza, eppure non riusciva a dirglielo e lei sembrava non riuscire a capirlo.

- Sev, di che sa la tua amortentia? - Chiese ad un certo punto Mina, alzando gli occhi dalla pergamena, e distraendolo dai suoi pensieri. 

- Di niente. - Rispose lui. 

Mina aggrottò la fronte, facendo un sorrisetto divertito. - Sì, come no. - Disse. - Dai, dimmelo, di che ti vergogni? - 

- La tua di cosa sa? - Chiese lui a sua volta, fissandola con un ghigno sulle labbra. 

Mina sembrò pensarci su. - Una volta sapeva di manici di scopa, carrot cake e tea al bergamotto. - Disse, sorridendo con un po’ di nostalgia. - Ma sono molti anni che non annuso dell’amortentia, quindi non saprei, magari è cambiato. - 

Piton esitò. - Bene, vediamo. - Fece poi, alzandosi in piedi e aggirando la cattedra.  

Attraversò la stanza e raggiunse l’armadio delle scorte; aprì entrambe le ante e, dopo aver afferrato una ampolla chiusa da un tappo di sughero, tornò indietro, fermandosi proprio davanti a lei. Piton gliela mostrò e poi la stappò: dalla bottiglietta salì un denso fumo rosa e profumato che sembrò riempire improvvisamente tutta l’aria attorno a loro. 

- L’amortentia non è illegale? - Chiese Mina, guardandolo perplessa. 

- Dovevo pur mostrarla in qualche modo agli studenti. - Rispose lui, incredulo di doverlo sottolineare. - Non ti preoccupare, non è mia intenzione usarla contro di te. - 

- Anche perché non ne avresti bisogno. - Ribatté Mina, sarcastica. 

Piton la guardò male, per poi metterle la provetta sotto il naso. - Cosa senti? - Le chiese. 

Mina annusò intensamente e il vapore della pozione sembrò quasi saziarla come una bibita. Rimase ferma, assorta in qualche pensiero che sembrava intenso e poi il suo respiro divenne lento e profondo e un’enorme contentezza la pervase, facendo nascere sulle sue labbra un gran sorriso. - Il tea al bergamotto c’è ancora, e anche la carrot cake, ma nessuna traccia dell’odore dei manici di scopa. - Raccontò, con una strana voce incrinata. - Al suo posto credo che sia comparso qualcosa di legnoso e morbido; ma non so dove l’ho già sentito, è come se ci fosse sempre stato. Magari sono così egocentrica da sentire il mio stesso odore, chissà. -  

- Credo che tu senta la puzza di Black. - Dedusse Piton, con disappunto.

Mina fece un verso sprezzante. - Ma piantala. - Ribatté, sentendosi arrossire senza un reale motivo. - E tu? - Chiese poi, alzando gli occhi dalla bottiglietta. - Cosa senti? - 

Piton annusò e poi chiuse l’ampolla quasi di scatto. - Pergamena vecchia e giornata invernale. - Rispose sbrigativo, prima di tornare a riporre la pozione nell’armadio. 

Mina aggrottò la fronte. - Di solito si sentono almeno tre fragranze ben distinte. - Disse. 

- Io ne sento solo due. - Ribatté Piton, evasivo, tornando alla cattedra. 

Mina sbuffò e incrociò le braccia sul petto, ma sorrise. - Va bene, tieniti pure i tuoi segreti. - Disse poi, continuando a sogghignare. - Tanto saprà di Lily, del suo shampoo all’albicocca o cose del genere. - 

- Se lo dici tu. - 

- Quindi vorresti dirmi che non è così? - Insistette Mina. - Se non senti più il suo odore nell’amortentia vuol dire che magari ti è passata davvero, è un bella notizia! - 

Piton alzò gli occhi al cielo, ma prima che riuscisse ad aprire bocca per controbattere, la porta dell’ufficio si spalancò e una donna sulla trentina apparve sulla soglia. Indossava un lungo vestito da strega blu notte, era di bassa statura, con i capelli castani, lunghi e tirati su in modo disordinato, la pelle era talmente chiara da sembrare quasi trasparente e il volto florido era incorniciato da un paio di occhiali con montatura marrone di corno. 

La donna guardò Mina, scoccando uno sguardo che lei si era vista rivolgere tantissime volte dalle ragazzine innamorate di Sirius ai tempi della scuola, poi posò gli occhi su Piton. - Oh, scusa, pensavo fossi solo. - Esordì. 

- Non ti preoccupare, Burrows. - Disse Piton, con voce fredda. - Cosa c’è? - 

- Per te sarebbe un problema se, domani, la squadra di Corvonero usasse il campo da quidditch al posto di Serpeverde? Sai, abbiamo trovato un nuovo cercatore. - Spiegò la donna, facendo un sorrisetto incerto.  

- Nessun problema. - Tagliò corto Piton. - C’è altro? - 

La donna lanciò un altro, seppur fugace, sguardo verso Mina, per poi posare di nuovo gli occhi su Piton. - Sì… No! No, nient’altro, tutto qui. - Tentennò, imbarazzata. - Comunque molto piacere, Abigail Burrows, insegno difesa contro le arti oscure qui a Hogwarts dall’inizio dell’anno. - Disse, rivolgendosi a Mina, facendosi avanti.   

Mina alzò i lati della bocca, forzando un sorriso mal riuscito, e poi strinse la mano dell’altra più saldamente di quanto avesse voluto. - Mina Lupin. - Si presentò. 

Abigail sembrò sorpresa. - Lupin come Remus Lupin, il primo lupo mannaro nell’Ordine di Merlino, prima classe? - Chiese. 

Mina annuì. - Sì, era mio fratello. - Rispose, ignorando una strana fitta allo stomaco. 

- Oh… - Fece l’altra, triste. - Mi dispiace molto per la tua perdita, deve essere stata dura. - 

Mina si lasciò scappare una risatina nervosa, cercando ancora di non dar peso alla morsa che aveva preso a stringere ancora più forte il suo stomaco. - Sono passati tanti anni… - Farfugliò, tesa. - Abbiamo tutti subito delle perdite durante la guerra, ma si va avanti. -  

Abigail annuì, facendo un sorriso un po’ amaro. - Certo, ma scommetto che in due sia più facile, no? - Alluse, muovendo gli occhi da Mina a Piton e viceversa.  

L’uomo sgranò gli occhi, mentre Mina rise di nuovo, ancor più nervosamente di prima, sentendosi arrossire. - Oh no, io e Severus non abbiamo quel tipo di legame. - Si affrettò a dire. - No, no, no. Assolutamente. No, no… no. No. - 

- Immagino che la professoressa Burrows abbia capito. - Borbottò Piton, risentito. 

Mina avvampò, cercando di capire perché si sentisse così tanto in imbarazzo; dopotutto quella donna era solo una strana sconosciuta, mentre lui era solo Piton. 

- Adesso è meglio che vada. - Disse Abigail, tirandola fuori dal flusso di coscienza in cui stava era entrata. - È stato un vero piacere conoscerti, e scusate ancora per avervi interrotti. - Continuò, muovendosi goffamente verso la porta.

- Sì, anche per me… credo. - Disse Mina, imbarazzata.  

- Severus, ci vediamo in Sala Grande per cena. - Concluse Abigail, ormai di nuovo sulla soglia, prima di chiudersi la porta alle spalle. 

Ci fu un lungo attimo di strano e denso silenzio, nel quale Mina fissò con insistenza Piton, che a sua volta teneva gli occhi fissi, immobili, su una delle pergamene da correggere, una ruga tra le sopracciglia che gli dava un’aria molto pensierosa. 

- Sev, quella è cotta di te! - Esclamò Mina, con una voce insolitamente acuta.  

- Non dire scemenze. - Obiettò lui, alzando gli occhi al cielo. 

Mina sogghignò, sedendosi sulla cattedra a gambe incrociate e le mani unite in grembo, pronta a raccontare qualcosa che sembrava essere di vitale importanza. - Severus, ascoltami molto attentamente. - Iniziò, con aria solenne. - Quella donna è pazza di te, l’ho capito dallo sguardo omicida che mi ha lanciato quando è entrata. Mi sono beccata occhiate simili per mesi quando io e Sirius ci siamo messi insieme, dammi retta, dovresti chiederle di uscire. - 

- Non ci penso neanche. - Ribatté Piton. - È troppo giovane, e inoltre siamo colleghi. - 

Mina sbuffò. - Ma ti piace, almeno un po’? A me sembra piuttosto carina. Forse un po’ strana, ma carina, non credi? - Insistette, con una certa eccitazione nella voce. 

- Sei insopportabile. - 

- E tu sei noioso. - Rimbeccò Mina, sospirando e alzandosi in piedi. - Sul serio, pensaci. A lei piaci e secondo me anche parecchio. - Continuò. - Adesso vado; sai, ieri è morto Fierobecco e voglio andare a vedere come sta Hagrid, ne era davvero molto affezionato . - 

- Sì, vattene, così forse riesco a concludere qualcosa. - Borbottò Piton, guardando cupamente la pila di temi da correggere. 

- Stai dicendo che ti distraggo? - Domandò Mina, con un tono piuttosto compiaciuto. 

- Sai, è difficile concentrarsi su ciò che devo fare mentre assisto alle scenate di gelosia a cui ti lasci andare quando leggi un articolo su Black. - Rispose Piton, una punta di disapprovazione nella voce. 

Mina trasalì. - A parte che non sono gelosa. - Iniziò a parlare, offesa, prima di raggiungere la porta. - Io speravo di distrarti per altri motivi, ma come non detto. -

Piton la guardò intensamente, quasi come se stesse cercando disperatamente di reprimere qualcosa. - Smettila di flirtare con me. - Disse poi, con voce piatta e chiara. 

- Non sto flirtando con te, quella fase l’abbiamo superata da un po’. - Obiettò Mina, guardandolo dalla soglia della porta, mentre l’aria attorno a loro si faceva densa di cose non dette. - Venerdì è il compleanno di Alya, ti va di venire? - Chiese poi. 

- Chi ci sarà? - Domandò Piton a sua volta. 

- Praticamente tutti. - Disse Mina. - I Weasley, Andromeda e Ted, Harry, Hermione… ci sarà perfino mio padre. - 

Piton strinse le labbra, con un po’ di disappunto. - Allora no. - Rispose freddamente. - Però posso passare a casa tua per portare un regalo a quella ragazzina irritante prima della festa. -  

- Certo, va bene. - Acconsentì lei. - Ormai non le fai nemmeno più paura, anzi oserei dire che quasi le piaci, cosa piuttosto rara per Alya: a lei non piace mai nessuno. - 

Piton non rispose, ma scrollò le spalle, tornando con gli occhi sulle pergamene. 

- Ci vediamo venerdì allora. - Disse dunque Mina. 

- Sì. - Fece lui, senza guardarla. - Ciao, Mina. - 

- Ciao, Sev. - Lo salutò e, dopo un lungo attimo di esitazione, uscì dall’ufficio.

Intorno a lei, i corridoi della scuola erano ancora addobbati per le feste e, mentre camminava verso l’uscita del castello, Mina si lasciò trasportare da qualche dolce ricordo di quegli anni in cui quel luogo era stato per lei una casa. Pensò alle giornate di pioggia passate in Sala Comune, a quando invece era bel tempo, e tutti insieme si godevano il sole in giardino, alle piccole fughe per andare a Hogsmeade di nascosto o da Hagrid a prendere un tea. 

Mina guardò l’orologio sul suo polso: erano appena le quattro, aveva ancora molto tempo. 

Varcata l’uscita, si ritrovò nel bel mezzo del giardino: i prati attorno al castello erano ancora ghiacciati e fuori faceva freddo; il cielo era coperto da un denso strato di minacciose nuvole grigie che preannunciavano pioggia, ma lei non se ne preoccupò e si incamminò a passo spedito verso la capanna del guardiacaccia. 

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Capitolo 24
*** Capitolo 23. ***



Con questo capitolo siamo a - 1 (più epilogo) dalla fine! Non mi piace molto come è uscito, ultimamente sono un po' distratta, ma ho pensato di postarlo comunque, quindi fatemi sapere cosa ne pensate!
Credo che sarà difficile distaccarmi da questi personaggi, ma hanno ormai fatto il loro corso, quindi è tempo di dirgli addio... solo che non so proprio come si fa! Come ci si "disintossica" da una storia? Vi prego illuminatemi. 
Okay, dopo questa delirante intro vi lascio all'effettivo capitolo! Buona lettura!  


Un forte tuono increspò il silenzio, dando inizio ad un violento temporale, ma né Sirius né Hagrid sembrarono preoccuparsene, troppo occupati a parlare dei vecchi tempi, per dare attenzioni al cielo sopra di loro. 

L’odore di terra umida, betulla e quercia, arrivava alle narici dell’uomo, trasportato dal vento dalla foresta proibita vicina alla capanna di Hagrid, fin proprio all’interno di essa. Da una parte c’era il camino acceso, una grossa montagna di legna e una poltrona, dall’altra un letto grandissimo con sopra una coperta di patchwork, al centro, invece, c’era un tavolo di legno rotondo e alcune sedie, su cui i due erano seduti, davanti a loro due calici e una bottiglia di vino elfico.  

Hagrid stava raccontando il primo incontro che aveva avuto con Harry, e Sirius si stava sforzando con tutto se stesso per rimanere concentrato sulle parole del guardiacaccia, anche se spesso sembravano lontanissime e incapaci di penetrare. Odiava che essere ridotto in quel modo, ma andare a chiedere aiuto al San Mungo gli sarebbe costato troppo orgoglio e, secondo lui, non ne valeva assolutamente la pena; sarebbe guarito da solo, si ripeteva di continuo, sarebbe tornato ad essere sé stesso, prima o poi.

- Sirius? Ci sei ancora? - Chiese Hagrid, guardandolo preoccupato. 

Sirius si riscosse ed annuì. - Certo, dicevi di Harry, i suoi undici anni. - Rispose. 

Hagrid aggrottò le sopracciglia, perplesso. - No, quello prima, cinque minuti fa almeno. - Obiettò. - Stavamo parlando di quando tu e James avete rapito il gatto di Mina. - 

Sirius rise sommessamente. - Lo abbiamo fatto solo per irritarla. - Spiegò, nostalgico. 

- E c’eravate riusciti proprio. - Disse Hagrid, dopo aver bevuto. - Aveva pianto per una settimana almeno, finché non glielo hai riportato. Era un bravo micetto. - 

- Questo è vero, era un bravo gatto, tanto affettuoso. - Convenne Sirius. 

La porta bussò alle loro spalle, e Hagrid si alzò goffamente da tavola, raggiungendola. Attraversò la stanza con pochi, giganteschi, passi pesanti e poi la spalancò, ritrovandosi davanti ad una donna, zuppa di pioggia dalla testa ai piedi e tremante, che gli sorrise.  

- Parlavamo proprio di te! - Esclamò il guardiacaccia, facendola entrare in casa. - Vieni, entra, entra… - 

Mina fece un passo in avanti, continuando a sorridere. - Parlavamo? Tu e chi? - Chiese, prima di guardarsi intorno e notando la presenza di Sirius dall’altra parte della stanza. 

Hagrid chiuse la porta e il silenzio cadde sulla capanna, rotto solo dall’incessante battere della pioggia sul tetto e sulle finestre chiuse. Si guardarono senza dire niente per una manciata di secondi, nei quali si scrutarono a vicenda. 

Forse perché non la vedeva da giorni, o magari perché, zuppa di pioggia e infreddolita in quel modo gli faceva un’infinita tenerezza, ma la trovò bellissima, perfetta, sotto la luce fioca del camino acceso di Hagrid: i suoi capelli erano bagnati e tutti appiccicati alla fronte e al viso, mentre i suoi occhi erano sporchi di mascara sciolto, dandole quasi l’aspetto di una persona che aveva appena pianto; lo stavano fissando, facendolo quasi sentire sotto esame. 

- Io me ne vado. - Esordì Mina, distogliendo lo sguardo e voltandosi verso la porta. 

- No, resta; tanto stavo giusto per andarmene via. - Ribatté prontamente Sirius, alzandosi in piedi. 

- Perché non restate entrambi? - Si mise in mezzo Hagrid, guardandoli come si guarda un duello serrato. - Aspettate che smette di piovere, no? Finiamo il vino. -

Mina sospirò, lanciando un’occhiata fugace verso Sirius che, a sua volta, sembrava avere lo sguardo perso in un qualche punto indefinito del pavimento. - Non so se sia il caso. - Disse, tesa e imbarazzata insieme. Non era del tutto sicura di volerlo avere vicino. 

Solo allora lui alzò gli occhi verso di lei. - Perché no? - Le chiese. 

Mina non riuscì a trovare nessuna risposta abbastanza credibile, dunque non rispose e, poco dopo, si ritrovò seduta al tavolo di Hagrid, in una delle grosse sedie di legno, che la fece sentire minuscola, con un calice di vino elfico tra le mani e una coperta sulle spalle.  

Almeno un’ora dopo, Hagrid, diventato espansivo sotto l’influenza dell’alcol, si tuffò in una serie di deprimenti racconti su Fierobecco. - Beccuccio ha aspettato che Sirius tornasse per morire, loro si che avevano un legame profondo. - Disse a Mina, alla fine, come se a lei potesse interessare qualcosa. - Ma tu che fai a Hogwarts, invece? - Le domandò. 

Mina sussultò appena, passando lo sguardo dal calice a Sirius, e viceversa, alla ricerca di una risposta che non includesse il nome di Severus Piton. - Mi trovavo nei paraggi per delle cose… cose molto noiose. - Farfugliò poi, con ostentata nonchalance. 

- Eri con Piton? - Domandò Sirius, di getto, senza nessuna inflessione nella voce. 

- Non sono affari che ti riguardano. - Ribatté lei, gelida. - Piuttosto dimmi, come sta Penelope Wells? - 

Sirius alzò un sopracciglio, senza capire. - Chi è Penelope Wells? - Chiese, perplesso.  

Mina gli lanciò uno sguardo così brutto che Hagrid si preoccupò per lui. - La ragazza che, per citare il Settimanale delle Streghe, hai “sedotto e abbandonato”. - Spiegò lei, disegnando due virgolette in aria, con le dita. 

Lo sguardo di lui si accese, come se se ne fosse ricordato solo in quel momento. - Come faccio a sapere come sta se, proprio come dici tu, l’ho “sedotta e abbandonata”? - Disse, ghignando, e facendole il verso. - Non sarai mica gelosa, Mina. -   

Mina fece un verso sprezzante, portandosi il calice alle labbra. - Ma figurati… la gelosia è per gli insicuri e gli immaturi come te, Sirius. - Disse, tagliente. 

Hagrid si versò quasi tutta la bottiglia nel suo calice e bevve. - Voi due avete sempre litigato tanto. - Biascicò, guardandoli. - Già dai tempi in cui lui ti rapiva il gatto e… - 

- Sei stato tu a far sparire Bowie? - Chiese Mina, interrompendolo e guardando Sirius con gli occhi sgranati. - Ma perché? Cosa...? -  

Lui la fissò in silenzio per qualche secondo, un sorrisetto dipinto sul volto, creando un po’ di sana attesa. - Ricordi quando te l’ho riportato, dicendo che lo avevo salvato da un berretto rosso che voleva randellarlo a morte? Ovviamente non era vero, ma era una storia inventata per attirare un po’ della tua attenzione. - Raccontò sogghignando. 

Mina si lasciò scappare una risata sommessa, ma poi si ricordò che doveva odiarlo e tornò subito seria, guardandolo male. - Quindi la cotta che avevo per te deriva da una bugia. - Disse, risentita. 

- Quindi ti sei innamorata di me solo perché ho finto di salvare il tuo gatto da un berretto rosso? - Domandò Sirius, piuttosto incredulo. 

Mina sospirò, gli occhi sul calice davanti a sé. - Non lo so perché mi sono innamorata di te. - Bofonchiò, come se ci stesse effettivamente pensando su. Poi sospirò e tornò a guardarlo. - Non me lo spiego nemmeno io. Forse perché eri molto carino. - 

- Anche tu, decisamente molto carina. - Rispose lui. 

- Dovremmo brindare a quel povero micetto, andato via troppo presto, proprio come il povero Beccuccio. - Intervenne Hagrid, come se non li avesse sentiti parlare. 

- Ma Bowie aveva quasi vent’anni, quando è morto. - Obiettò Mina.

- Vent’anni sono troppo pochi, troppo pochi… ma i migliori muoiono giovani. - Grugnì il guardiacaccia, scivolando sul tavolo. - Lily e James erano troppo giovani per andare… e anche Remus… -  Grosse lacrime iniziarono ad uscirgli dagli angoli degli occhi. 

Quando invece Sirius sentì quei nomi, sussultò appena, muovendosi a disagio sulla sedia. Era riuscito a passare le ultime ore senza pensare troppo al fatto di essere l’ultimo rimasto ancora in vita ma, a quanto pareva, la spensieratezza non faceva per lui. Guardò Mina, notando che anche lei sembrava rapita da qualche pensiero poco piacevole, e tutto ciò che provò fu il desiderio di abbracciarla, baciarla e tenerla più lontana possibile da tutto il male che c’era al mondo, proteggendola.  

- Sono ancora cose che fanno soffrire, tanto proprio. - Biascicò Hagrid, e poi il testone irsuto gli rotolò di lato sulle braccia, e si addormentò di colpo, russando forte.

Mina si riscosse, posando lo sguardo su Hagrid. - Ma come ha fatto ad addormentarsi così? - Chiese, più a se stessa che ad altri, leggermente perplessa. 

- Ha bevuto una bottiglia di vino elfico praticamente da solo. - Rispose Sirius. - Sarebbe strano se fosse ancora sveglio. - 

Mina annuì, e poi si voltò verso di lui, prendendosi un vero momento per guardarlo, tenendo fuori qualsiasi forma di astio e di rabbia, da quando era arrivata. Sembrava stare così bene senza di lei, che quasi si sentì ridicola se si soffermava a pensare a quanto invece lui le mancasse. 

Fece un breve sospiro e poi si alzò in piedi. - Adesso torno a casa. - Disse, raggiungendo la porta. - Spero che Alya non abbia fatto esaurire troppo Andromeda. - 

- Come sta Alya? - Domandò Sirius, mentre Mina spalancava la soglia. 

Fuori aveva smesso di piovere, ma la capanna era circondata da tantissima nebbia che dava al parco della scuola un’aria spettrale e tetra. 

- Sta bene. - Rispose Mina, con lo sguardo perso in tutto quel mare di bianco opaco che si estendeva davanti a lei. - Inaspettatamente le piace stare qui. Potrei seriamente prendere in considerazione l’idea di tornare. - 

- Sarebbe molto più comodo per tutti. - Convenne lui. - Così magari potrei vederla, ogni tanto. - 

Mina annuì, ma continuò a non guardarlo. - Stavo pensando che venerdì potresti venire al suo compleanno, se vuoi. - Gli disse, quai faticando. 

- Davvero? - Chiese Sirius, cercando di celare l’entusiasmo nella sua voce. 

- Sì. - Rispose Mina, voltandosi finalmente nella sua direzione. - Insomma, sempre se non devi uscire con Penelope Wells, ovviamente. - 

Sirius fece un verso sprezzante. - Dimmi, ci sarà anche Mocciosus, per caso? - Ribatté.

Mina sbuffò, lanciandogli uno sguardo torvo. - Non voglio litigare con te in questo momento, quindi piantala di chiamarlo in quel modo, per favore. - Disse, freddamente. 

- Io non voglio litigare con te in generale. - Replicò Sirius. 

- Ottimo, sono sicura che, con un po’ di pratica, riusciremo ad imparare ad essere civili uno con l’altra. - Ribatté Mina, con gelido distacco. - Non perché io voglio avere a che fare qualcosa con te, sia ben chiaro. Dobbiamo farlo per Alya, lei merita di avere un padre, dopotutto, anche se non sei questo granché. - 

Sirius prese un respiro profondo, tentando di raccogliere ogni briciola del suo scarso autocontrollo per non gridarle contro. - Bene. - Rispose quindi, facendo un sorrisetto tirato. - Ci vediamo venerdì allora. - 

Mina annuì, e poi lasciò uno rapido sguardo verso Hagrid, ancora addormentato con la testa appoggiata sul tavolo. - Dovremmo metterlo a letto. - Dichiarò. 

- Immaginò di sì. - Annuì lui. 

Bacchette alla mano, trasportarono senza sforzo Hagrid sul suo enorme letto, gli rimboccarono le coperte e poi lasciarono la capanna, iniziando a camminare insieme verso Hogsmeade, in perfetto silenzio. Lei guardava fisso davanti a sé, con uno sguardo piuttosto assorto ed un’espressione seria e severa dipinta in volto, ignorando Sirius a tal punto da farlo quasi sentire invisibile. Lui, d’altro canto, sembrava invece non aver nessuna intenzione di smettere di fissarla.  

- Hai bisogno di un passaggio per tornare a casa? - Chiese Sirius, una volta giunti al villaggio. - Sai ho riavuto la mia moto. - 

- Preferisco tornare usando un camino, fa troppo freddo per volare. - Rispose Mina. 

Sirius aggrottò la fronte, guardandola. - Quando giocavi a quidditch non erano le basse temperature a tenerti a terra. Hai decisamente volato con un clima peggiore di questo. -  

- Avevo diciassette anni, se lo facessi adesso mi prenderebbe un colpo. - Spiegò lei. 

- E se non volassimo? - Tentò di convincerla Sirius. - Potremmo fare come i babbani. - 

Mina alzò gli occhi al cielo e prese ad allungare il passo, quasi come se volesse scappare da lui. - Da qui a Ottery St Catchpole saranno almeno ottocento chilometri, non ci penso nemmeno. - Ribatté, senza voltarsi. 

- Perché no? Lo abbiamo fatto tantissime volte, da giovani. - Insistette lui, seguendola. 

- Hai detto bene, da giovani. - Rispose Mina. - Quando ancora non avevo una bambina ad attendermi a casa e quando tu non ti comportavi di merda perfino con me. - 

- Sì, e anche quanto tu non ti scopavi Piton. - Aggiunse lui, le parole che gli uscirono di bocca prima ancora di riuscire a pensarle. 

Mina si fermò di scatto, come se le suole delle scarpe le si fossero attaccate al terreno ghiacciato, impedendole di muoversi. Prese un interminabile respiro profondo e poi si voltò nella sua direzione, fissandolo intensamente e piena di sdegno, ma senza dire niente. Intorno a loro, l’imbrunire si stava dilatando, avvolgendoli in una densa oscurità nebbiosa, e mentre gli abitanti del villaggio cominciavano a rintanarsi uno ad uno nelle loro case, uno strano e surreale silenzio stava calando su High Street. 

Nella mente di Mina balenò una delle tante occasioni in cui lei e Sirius erano sgattaiolati fuori dal castello, violando il coprifuoco, per fare una passeggiata notturna a Hogsmeade, quando ancora non erano stati segnati da tutte le loro perdite, e da tutti i loro traumi, totalmente inconsapevoli delle cose terrificanti che avrebbero dovuto subire, e quasi riuscì a rivedere sé stessa, proprio lì, che camminava in quella strada ormai deserta. Si immaginò sedicenne, mentre teneva la mano di lui, mentre gli giurava che l’avrebbe amato per sempre, e i suoi occhi presero improvvisamente a bruciare. Come erano arrivati al quel punto? Perché avevano deciso di detestarsi in quel modo? 

Quando finalmente singhiozzò, portandosi una mano alle labbra, Sirius fece un tremante passo verso di lei. - Scusa. - Le disse piano, quando fu distante di un solo passo o forse meno. - Mi dispiace, per tutto. Ho capito di aver combinato un disastro due secondi dopo che sei uscita da Grimmauld Place, forse avrei dovuto rincorrerti, fermarti…. scusa se non l’ho fatto.  - 

Mina scosse la testa e singhiozzò di nuovo. - Tu non puoi pretendere che questo mi possa bastare. - Disse, con voce rotta. - Mi hai fatta sentire sbagliata e sporca; dopo tutti quegli anni io volevo solo stare con te e tu mi hai letteralmente spezzato il cuore… - 

- Anche tu hai spezzato il mio. - Dichiarò Sirius. 

- Tu eri morto! Non ho spezzato il tuo cuore, perché il tuo cuore non batteva!- Sbottò Mina, la rabbia e la tristezza che sembravano volerla fare esplodere. 

- E tu devi capire che per me non sono passati cinque anni! - Ribatté lui. - Per me sono passati pochi secondi; ho chiuso gli occhi per un istante, e quando li ho aperti di nuovo ho scoperto che la donna della mia vita è andata al letto con un altro uomo, e non uno qualunque, ma con una delle persone peggiori che io abbia mai conosciuto. - 

- Ma purtroppo è così! Non sono passati pochi secondi da quando ti ho visto sparire oltre quel velo. - Disse Mina, ormai in lacrime. - Sono passati cinque anni, Sirius. Io ti amo, e so che anche per te è ancora lo stesso, ma non mi conosci, non sai più nulla di me e della mia vita, di quello che ho dovuto passare senza di te. - 

Ci fu un attimo di assordante silenzio, nel quale entrambi rimasero fermi a fissarsi, il fiato corto e gli occhi lucidi, poi Sirius parlò di nuovo: - Quindi è finita? - Domandò, tremante e teso. - Ci stiamo lasciando sul serio? -  

- Sì. - Tagliò corto lei, tirando su con il naso. 

Mina stava soffrendo, lui poteva notarlo dal modo in cui era contratto il suo viso, le sopracciglia aggrottate e le labbra serrate, piegate verso il basso. 

Sirius scosse la testa, e poi mosse piano una mano verso quella di lei, sfiorandola. - No. - Si limitò a dirle, prendendo il suo volto tra le mani. - Non è vero che non ti conosco. - 

- Sirius… - Mormorò Mina, come una supplica. 

- Io so tutto di te. - Continuò lui, deciso. - So che la prima notte a Hogwarts hai pianto perché ti mancava casa tua, che quando sei triste leggi a ripetizione “Cime Tempestose", che dormi sempre raggomitolata su te stessa e stesa sul lato sinistro, e che ti piace se ti parlo mentre facciamo l’amore… non voglio lasciarti andare. - 

Mina lo guardava dritto negli occhi, come se stesse cercando in tutti i modi di imprimere l’immagine del volto di lui nella sua mente. Sospirò piano, poi mise le mani su quelle di Sirius, ritrovandosi a stringerle nelle sue, e scosse piano la testa. - Questo non basta, lo capisci? - Gli disse, seria, ancora con gli occhi lucidi. - Adesso che c'è Alya non posso permettermi di dare una possibilità a chiunque mi dica qualche bella parola. Se lei si affeziona e poi ti comporti da stronzo, facendola soffrire, deludendola, come potrei mai spiegarglielo? Devi essere una persona migliore se vuoi avere a che fare di nuovo con me, e soprattutto mia figlia. -

- Nostra figlia. - Ribatté lui, gelido. 

Mina alzò gli occhi al cielo. - Nostra figlia. - Ripeté, dopo un sospiro. - Ma il punto rimane lo stesso: non puoi comportarti da immaturo adesso che c’è lei, non puoi rischiare di ferirla, non dopo tutto quello che ho fatto per crescerla come una bambina normale e più o meno felice. Se lo fai io non ti perdonerò mai. - 

- Non accadrà, te lo prometto. - La rassicurò lui, svelto. - Ma devi darmi la possibilità di dimostrartelo; per favore. Abbiamo avuto di nuovo un’altra possibilità, mi sembra così stupido non coglierla. Io e te siamo fatti per stare insieme. - 

Mina sospirò ma non disse niente, limitandosi solo a guardarlo molto intensamente, come se volesse che lui continuasse a parlare. 

- Mina, dimmi la verità. - Disse dunque Sirius, dopo un lungo attimo di esitazione e con improvvisa austerità. - Sei innamorata di lui, di Piton? - Le chiese. 

Quella domanda prese Mina alla sprovvista, facendole assumere un’espressione sorpresa e perplessa insieme. - Come ti viene in mente una cosa tanto stupida? - Disse, indignata. 

- La mia è una domanda lecita. -

- Invece non lo è. Non mi sono mai innamorata di nessuno se non di te, ti amo da così tanto tempo che non ricordo nemmeno come fosse la mia vita prima di amarti. - Ribatté Mina. - Mentre eri ad Azkaban mi sono sposata ma perfino quel giorno, perfino con tutto l’odio che provavo nei tuoi confronti, non c’è stato un singolo istante in cui io non abbia desiderato che ci fossi tu al posto di Avi. Poi ti ho ritrovato, ma meno di un anno dopo sei sparito oltre quel velo, mi hai lasciata di nuovo e questa volta con una bambina da crescere, da sola. Ma ho continuato ad amarti senza nessuna riserva e sono convinta che avrei continuato a farlo anche se mi fossi rifatta una vita dopo di te. Quindi no, non sono innamorata di lui; sono innamorata di te, ma tu mi dai così tante ragioni per non farlo, così tante ragioni… - 

Sirius fece un passo verso di lei e Mina chiuse gli occhi, il respiro accelerato, mentre il naso di lui ormai quasi toccava il suo. Fu allora le loro labbra si sfiorarono piano, quasi timorose, in un bacio poi che si fece via via più incalzante. Mina sospirò, tenendosi alle sue spalle e lasciandosi stringere in un abbraccio quasi soffocante, mentre la bocca di lui le lambiva il collo. 

- Andiamo a casa. - Gemette Mina, quasi come una supplica, mentre lui continuava a baciarla e a tenerla stretta a sé.  

 

Due ragazzi erano fermi davanti al basso cancelletto, al di là del quale, dopo un breve vialetto sterrato, si poteva notare un cottage fatto di mattoni con il tetto scosceso, e un giardino piuttosto trascurato. Lui era alto e molto affascinante, teneva le mani nelle tasche della sua giacchetta di pelle, gli occhiali da sole sul naso celavano i suoi occhi grigi, un sorrisetto compiaciuto era disegnato sul suo volto florido incorniciato da lunghi capelli neri e mossi. Al suo fianco, invece, la ragazza aveva le braccia incrociate sul petto, era bionda e teneva i capelli legati in una coda bassa, guardava verso la casa, gli occhi grandi e verdi erano piuttosto curiosi, ma la sua espressione lasciava dedurre che non sapesse veramente perché si trovasse lì. Dietro di loro c’era una motocicletta e, la signora Sophie, che se ne stava nascosta dietro le tende di una casa proprio alle loro spalle, poteva giurare di averla vista venir giù dal cielo.

- Che ci facciamo qui, Sirius? - Chiese Mina, insospettita. 

Lui si voltò verso di lei e sorrise eccitato, puntando entrambe le mani verso il cottage. - Ti ho comprato una casa. - Rispose, come se fosse ovvio. 

La ragazza sgranò gli occhi e aprì poco la bocca, senza capire. - Tu cosa hai fatto? - 

- Ti ho comprato una casa. - Ripeté Sirius, e poi fece un passo verso il cancello, spalancandolo con un cigolio. - Vuoi entrare a dare un’occhiata? - 

Lei rimase immobile, ancora incredula, ma lo seguì lungo il vialetto, guardandosi attorno. - E come hai fatto a comprare una casa? Hai preso un mutuo o cosa? Non ha senso tutto questo, lo sai? - Domandò, mentre lui tirava fuori da una tasca un mazzo di chiavi. 

Sirius infilò una delle chiavi nel buco della serratura, che scattò, aprendo la porta su un ordinato salotto poco arredato. - Cos’è un mutuo? - Chiese il ragazzo, entrando e facendo strada. 

Mina lo seguì, senza smettere di guardarsi intorno. Si trattava di un'ampia stanza luminosa da cui si vedeva una rampa di scale salire al secondo piano, era arredata con pochi mobili, un grosso divano in tessuto grigio, il camino spento, e un giradischi impolverato. 

- Adesso tu la stai guardando così. - Iniziò Sirius, camminando avanti e indietro. - Ma, con un po’ di fantasia, puoi immaginarla. Ad esempio, qui potremmo mettere una bell… - 

- Sirius, mi devi spiegare cosa diamine ti è saltato in mente. - Lo interruppe lei, gelida, smorzando l’entusiasmo. - Prima di tutto come hai fatto a comprare questo posto? - 

Lui alzò le spalle. - Ho preso una parte dei miei galeoni, li ho cambiati in soldi babbani alla Gringott e poi ho pagato l’ex proprietario. - Spiegò, come se nulla fosse. - Loro hanno dei fogli di carta invece che delle monete, lo sai? Credo che sia molto più comodo. Ah, e su questi pezzi di carta c’è una signora disegnata, sembra un po’ a mia madre… - 

Mina sgranò gli occhi. - Quella è la regina, Sirius. - Disse, portandosi una mano alla faccia e scuotendo la testa. - Tu mi stai davvero dicendo che hai pagato questo posto in contanti? - 

Lui sembrò non capire. - Che cos’è contanti? - Chiese, prima di buttarsi sul divano. 

La ragazza alzò gli occhi al cielo. - Con soldi effettivi, veri, tutti insieme… - Tentò di spiegare. 

Sirius annuì. - Sì, certo. Con le sterline, così si chiama la valuta babbana. - Rispose. 

- Lo so come si chiama, mia madre è babbana, ricordi? - Mina si lasciò cadere al suo fianco, lo sguardo rivolto al camino spento. - Ma perché lo hai fatto? - Chiese poi. 

- Per il tuo compleanno. - Disse Sirius. - Così, non appena finirai la scuola, potremmo venirci a vivere e tuo padre non potrà dire più nulla su di noi. - 

Mina sospirò, voltandosi a guardarlo. - Deve essere davvero bello essere così ricchi da poter comprare una casa in contanti alla propria fidanzata per il compleanno. - Borbottò, amareggiata. 

- Si compiono diciassette anni una volta sola, cosa volevi che ti prendessi? - 

Mina alzò le spalle. - Qualcosa di meno costoso, magari. Qualcosa che non mi facesse sentire in debito con te, tanto per iniziare. - Spiegò, arrossendo. - Non posso accettare, dico sul serio. Questa è una cosa strana perfino per noi. - 

Lui non si scompose. - Va bene, se ti senti così tanto in difficoltà allora, sulla carta, sarà casa mia. - Disse, annoiato. - Però tu vieni a viverci con me? - 

Mina alzò gli occhi al cielo, tentando di celare un sorrisetto. - Mi stai chiedendo di andare a vivere insieme? - Domandò. 

Lui annuì. - Sì, certo. Io ti amo, tu mi ami, stiamo insieme da abbastanza per poterlo fare. - Rispose. - E comunque se ne parla tra dieci mesi, dopo il tuo diploma. - 

- Va bene. - Disse lei, dopo un attimo di esitazione. - Andiamo a vivere insieme. - 

 

I raggi fiochi del pallido sole del primo giorno dell’anno, colpirono Mina in piena faccia, facendola voltare faticosamente dall’altra parte e, ancora mezza addormentata, si ritrovò ad aprire pigramente gli occhi. Accanto a lei, in quel cottage a Ottery St Catchpole, Sirius dormiva ancora, occupando la maggior parte dello spazio, sepolto dalla pesante coperta grigia che ricopriva il letto: i capelli gli ricadevano sul viso in un modo che non sembrava casuale, dandogli un’aria di distratta eleganza, aveva un braccio attorno attorno alla vita di lei, quasi come se temesse di perderla. Non avevano mai dormito troppo vicini, ma durante quelle due ultime notti era capitato che Sirius si stringesse forte a lei, addormentandosi tra le sue braccia, e Mina non aveva di che lamentarsi.

Lo guardò, accarezzandogli piano il viso. Non sapeva cosa fosse successo dietro quel velo, ma Sirius aveva esattamente l’aspetto che avrebbe dovuto avere un uomo di circa quarant'anni in buona salute. Sul suo corpo non c’erano più segni di quei dodici lunghi anni ad Azkaban, il suo viso era di nuovo rigoglioso e per nulla emaciato ma, nonostante ciò, tutto quello che aveva passato lo tormentava ancora, tenendolo spesso sveglio fino a tarda notte, provocandogli incubi orrendi e rendendolo terribilmente instabile. Spesso era così tanto di cattivo umore che sembrava circondato da una invalicabile muraglia che rendeva difficile ogni tentativo di contatto.  

Mina si avvicinò a lui, lasciando qualche lieve bacio sulla sua guancia. Anche quella notte, si era svegliato urlando terrorizzato, e lei si era sentita inutile e impotente come al solito. Avrebbe dato qualsiasi cosa per sollevarlo dai suoi dolori, anche solo per un istante. 

La donna sussurrò dolcemente il suo nome e Sirius mugugnò sommessamente, prima di spalancare finalmente gli occhi, guardandola e accennando un piccolo sorriso. - Ciao. - Mormorò con voce roca. - Sei così bella… ma come fai? - 

Mina alzò gli occhi al cielo, ma rise. - E tu sei così scemo. - Rispose, avvicinandosi un alto po’ a lui. - Oggi è il compleanno di Alya, ti ricordi? Verranno Harry e gli altri a cena. - 

Sirius annuì e poi si fece scappare un sospiro. Non che non volesse avere gente intorno, ma ultimamente la sua batteria sociale si scaricava molto rapidamente. C’erano momenti in cui perfino l’avere a che fare solo con Mina era troppo per lui. 

L’amava, la desiderava, ma in fondo alla sua mente c’era sempre lo stesso pensiero fisso, che sembrava messo lì esclusivamente per torturarlo: Piton, le sue sporche mani su di lei, il tempo che avevano passato insieme mentre lui non c’era. 

Mina gli aveva raccontato tutto, aveva risposto a tutte le sue domande, una per una, anche a quelle più intime, senza fare una singola piega. Gli aveva raccontato di come erano diventati amici, di come si era svolto quel loro unico appuntamento, di quando lui l’aveva baciata e di come lei non si fosse tirata indietro. Gli aveva confessato che le era piaciuto, che Piton si era inaspettatamente rivelato un buon amante, ma che lei si era ritrovata comunque a pensare a lui cosa che, per un attimo, lo aveva fatto sentire un po’ meglio. Eppure gli risultava così difficile lasciarsi andare: era come se la presenza di Piton aleggiasse continuamente sopra di loro, facendolo sentire estremamente insicuro senza alcun motivo logico. Dopotutto Mina aveva scelto lui; era lui che dormiva insieme a lei, era lui che poteva averla ogni volta che desiderava.  

- Sirius, se non te la senti di vedere gente non fa niente. - Esordì Mina, tirandolo fuori da quell’angolo oscuro della sua mente. - Sono sicura che Harry e gli altri capirebbero. - 

Sirius si affrettò a scuotere la testa, e poi si alzò a sedere. - No, è giusto che Alya abbia la sua festa di compleanno. - Disse. - Sto bene, non preoccuparti per me, dico davvero. - 

- Sei sicuro? Stai bene? - Cercò di accertarsi lei, con una certa apprensione. 

Sirius sbuffò. - Sto bene. - Ripeté. - Non trattarmi come se fossi malato. -  

Mina aggrottò la fronte e schiuse le labbra, pronta a ribattere, quando il suono del campanello non la fece sussultare. - Vado io, tu intanto sveglia Alya. - Ordinò con aria cupa, mentre si alzava dal letto. 

Uscì dalla camera da letto senza aggiungere altro, attraversò il corridoio e scese le scale, mantenendo una certa aria irritata, per poi raggiungere la porta, aprendola. Lì immobile sull’uscio spalancato, la figura sottile di Severus Piton si ergeva davanti a lei, con i soliti abiti neri e un pacco regalo tra le mani. Mina lo guardò con gli occhi sgranati e la bocca aperta, come se si trovasse di fronte ad un enorme e devastante catastrofe. 

Piton ricambiò la sua occhiata, perplesso, scrutandola. - Che ti prende? - Le domandò. 

Mina boccheggiò, alla ricerca di una risposta. Si era totalmente dimenticata del fatto che lui sarebbe venuto a casa sua per portare il regalo di compleanno ad Alya, e se Sirius non fosse stato in casa in quel momento, sicuramente lo avrebbe invitato ad entrare, avrebbe preparato il tea e si sarebbe messa a far colazione insieme a lui, ma adesso, una cosa del genere, avrebbe come minimo fatto scoppiare la terza guerra magica. 

Fu mentre si faceva assalire dal panico che notò che gli occhi di Piton si erano posati su qualcosa dietro alle sue spalle. - Black. - Sibilò il professore di pozioni. - Cosa fai tu qui? - 

Mina si voltò di scatto, guardando Sirius con aria di supplica. 

- Questa è casa mia, Mocciosus. - Rispose Sirius, senza nascondere una velata nota di aggressività nella voce, avvicinandosi ai due. - Che vuoi? -

- Severus è venuto fin qui per portare il regalo di compleanno ad Alya. - Rispose Mina, anticipando Piton, nella speranza di riuscire a mantenere la situazione distesa. - Sono stata io ad invitarlo, ho dimenticato di dirtelo. - 

Sirius prese un respiro profondo, e chiuse gli occhi; poi due parti ben distinte di sé stesso presero a battibeccare in modo serrato nella sua testa. Una, che quasi sembrava avere la voce di James, gli stava dicendo di cacciare immediatamente Mocciosus fuori da quella casa, l’altra, che invece aveva la voce di Remus, gli suggeriva di non comportarsi da stronzo ma, anzi, di essere perfino gentile con quell’idiota oleoso di Piton. 

Quando spalancò di nuovo le palpebre, fece al professore un sorriso più finto di un galeone di ottone. - Bene, Piton. - Esordì, gelido. - Prego, entra. Accomodati. - 

Piton guardò Mina, che a sua volta guardava Sirius con uno sguardo che sembrava dire “che intenzioni hai?”, e poi varcò la soglia, passando al fianco della donna e seguendo Black lungo il corridoio. La casa era luminosa e caotica come al solito, e una volta in cucina, Piton si guardò intorno, rimanendo in piedi accanto a Mina, vicino alla porta. Black si muoveva con nonchalance, come se fosse estremamente a proprio agio e dando mostra di essere proprio nel suo elemento, lì nella casa che aveva comprato solo per andarci a vivere insieme a Mina, lì in quello che era il suo territorio. Lo guardò riempire il bollitore di acqua e preparare tre tazze e poi si voltò verso i due. Proprio come Mina, anche Sirius era in pigiama, e questo fece intendere a Piton che aveva dormito lì, magari con lei, e questo gli provocò quella morsa allo stomaco a lui purtroppo molto conosciuta. L’aveva sentita tantissime volte durante i suoi ultimi due anni a Hogwarts; l’aveva sentita quando era venuto a conoscenza del fatto che Lily avesse accettato di uscire con James Potter, quando li aveva visti baciarsi per la prima volta nel bel mezzo di un corridoio, quando aveva saputo del matrimonio e, infine, quando gli era giunta la notizia della nascita del loro bambino. Aveva detestato così tanto Potter per il fatto che stesse vivendo quella vita al posto suo, ma si sorprese quando si rese conto che, forse, odiava Black molto di più. Non era stato davvero Potter ad allontanarlo da Lily, in quel caso aveva fatto praticamente tutto da solo, inoltre lei non lo aveva mai voluto; ora, invece, era proprio Black l’unico, e apparentemente invalicabile, ostacolo.  

Il bollitore fischiò e Piton si riscosse improvvisamente dai suoi pensieri. Tutto quello che voleva era andarsene, uscire da quella casa, allontanarsi più velocemente possibile da quella quotidianità in cui quei due sembravano sguazzare, tenersi lontano dalla loro felicità, eppure non si mosse. Rimase immobile e con lo sguardo su Black che faceva il tea, con una strana sensazione addosso, come se la gravità sul pianeta terra fosse aumentata, schiacciandolo. 

Mosse solo la testa, piano, voltandosi verso Mina, che se ne stava impietrita al suo fianco e imbarazzata. 

Anche lei, come Piton, sentiva una forte spinta verso la fuga ma, al contrario di lui, riusciva a muoversi, ma non poteva di certo lasciare quei due da soli. Non sapeva per quale motivo Sirius si stesse sforzando di essere gentile con Piton, ma era sicura che non fosse per nulla di buono. 

Quando poi Sirius si sedette su una delle sedie attorno al tavolo, lei fece la stessa cosa e, poco dopo, Piton la imitò, poggiando il pacchetto per Alya sul tavolo. La situazione era talmente surreale e stressante, che Mina pregò di non vedere Alya spuntare da un momento all’altro, magari correndo incontro a Piton e chiedendogli qualcosa sulle pozioni, come faceva di solito, rendendo Sirius geloso e complicando ancora di più le cose. Si chiese se Sirius l’avesse effettivamente svegliata e se in caso fosse meglio tenerla al piano di sopra, lontano da quella ridicola faccenda. 

- Sirius, hai svegliato Alya? - Domandò dunque Mina, ad un certo punto, fissando la sua fumante tazza di tea. 

- Ci ho provato, ma voleva te. - Rispose Sirius, usando un tono tranquillo che non gli aveva mai sentito. - Forse dovresti andare a controllarla. -

Mina lanciò un fugace sguardo verso Piton, che assurdamente sembrava il più teso dei due, poi tornò a guardare Sirius, che invece era abbandonato sullo schienale della sua sedia come se di fronte a lui non ci fosse la sua nemesi. - Ci metto un attimo. Spero vivamente che riusciate a non affatturarvi per cinque minuti. - Disse Mina, alzandosi. 

- Non ti preoccupare. - La tranquillizzò Sirius, sorridendole. 

Mentre lei usciva dalla cucina, lasciandoli soli, Piton guardò Sirius con uno sguardo pieno di odio e anche Black fece finalmente lo stesso, abbandonando la maschera di falsa affabilità che aveva indossato fino a quel momento. 

Passarono pochi secondi, poi Black si alzò e, continuando a guardarlo, fece il giro del tavolo, avvicinandosi a Piton, che lo imitò, scattando in piedi, pronto. 

- Te l’ho detto che non sono paziente come James, vero, Mocciosus? - Disse Sirius, gelido. - Adesso tu sei qui e va bene così, magari non ti aspettavi che ci fossi anche io, lo capisco. Ma se ti vedo girare nuovamente intorno a lei, se solo ti avvicini più del dovuto… io ti giuro che rimpiangerai di essere sopravvissuto. - 

- Davvero tenero il fatto che tu abbia aspettato che lei ci lasciasse soli per dirmi questo, Black. - Rispose Piton, mellifluo. - Probabilmente Mina ti ha chiesto di comportarti bene e tu, da bravo cagnolino, stai obbedendo, non è così? -  

Sirius strinse un po’ gli occhi, ma non rispose, il viso contratto e pieno di sdegno. 

- Lo so, una volta nessuno poteva darti ordini, vero? - Continuò dolcemente Piton. - Tu e il tuo amico Potter eravate troppo superiori per sottostare alle regole di noi comuni mortali, ma guardati ora, sei così docile… è proprio vero che Azkaban ti ha rammollito. - 

Sirius trasalì, ma prima di poter anche solo cercare la sua bacchetta, alle spalle di Piton, Alya entrò in cucina, seguita da sua madre che rivolse loro uno sguardo sospettoso mentre la bambina li raggiungeva. - Buongiorno, signor Piton. - Esordì educatamente Alya. - Lo sai che oggi faccio cinque anni? -  

Piton alzò i lati della bocca, facendo un sorrisetto che Sirius trovò molto fastidioso, mentre Mina piuttosto tenero. - Lo so che fai cinque anni, ragazzina. - Rispose Piton. - Ti ho portato il regalo di compleanno. - E indicò il pacchetto sul tavolo. 

Lo sguardo di Alya si illuminò, corse in quella direzione prendendo il suo regalo tra le mani e scuotendolo, cercando di immaginare cosa fosse. Adorava scartare i pacchetti, non tanto per l’oggetto che essi potevano contenere, ma perché le piaceva tantissimo strappare con cura la carta che li ricopriva. Quando Alya lo fece, si ritrovò davanti ad una scatola di cartone che si affrettò a scoperchiare, scoprendo con sorpresa che era stata incantata e che, all’interno, risultava essere molto più spaziosa di quanto risultasse dall’esterno. Ci infilò entrambe le braccia, quasi affacciandosi dentro la scatola, sotto lo sguardo pieno di ansia e sdegno di suo padre, e quando le tirò nuovamente fuori lo fece tenendo tra le mani un cucciolo di gatto nero e bianco, con due mucchietti di lunghi baffi che gli spuntavano ai lati del musetto, come delle antenne. 

Alya, incredula, si girò verso sua madre, che se ne stava vicino alla porta, insieme al professor Piton. - Mamma, guarda, un gatto… - Cinguettò, emozionata. - Posso davvero tenerlo? Per davvero davvero? -  

- Immagino che Severus non possa riportarlo indietro, quindi… presumo di sì. - Disse Mina, sorridendo alla bambina e poi a Piton. - Credo che ormai tu l’abbia proprio conquistata. Come facevi a sapere che lo voleva proprio così? - Domandò all’uomo. 

- Me lo ha detto lei. - Rispose Piton. 

Alya strinse il gattino, che protestò miagolando infastidito. - Questo è il miglior regalo di sempre! - Esclamò. - Grazie, signor professor Piton! - 

Sirius guardò sua figlia e subito percepì una dolorosa morsa afferrarlo per lo stomaco, come se un mostro gli fosse appena nato dentro e adesso gli attanagliasse le viscere con i suoi lunghi artigli taglienti. Piton le aveva regalato uno stramaledetto gatto, come poteva competere contro un gatto? Si ritrovò mentalmente a maledire Harry e quella sua idea di regalare ad Alya quell'inutile aggeggio tecnologico babbano con cui giocare, ma da fuori Sirius Black sembrava totalmente ed assolutamente stoico. 

- Come vuoi chiamarlo? - Chiese ad Alya, guardando il gattino tra le sue braccia. 

Alya il micio, cercando di capire quale nome gli si addicesse di più. A parte un pesce rosso di nome Marx (nome che, per giunta, aveva da sua madre), durato solo pochi mesi, non aveva avuto altri animali domestici. - Non lo so… - Mormorò, pensierosa. - Signor Piton, tu come lo chiameresti? - 

- Dalì. - Rispose Piton, dopo una alzata di spalle. 

- Dalì… - Ripeté Sirius, borbottando. - Che razza di nome è Dalì? - 

Piton gli rivolse uno sguardo glaciale. - Solo il nome di uno dei più famosi esponenti del surrealismo, Black, non mi aspetto che tu capisca. - Gli disse.  

- Effettivamente i suoi baffi sembrano davvero molto simili a quelli di Dalì. - Convenne Mina, guardando il gatto. - Che ne dici, Alya? - 

La bambina annuì. - Dalì mi piace. - Rispose, sorridendo contenta. 

Sirius avrebbe voluto mettersi ad urlare, afferrare la bacchetta e affatturare Piton, prima di cacciarlo quella casa a suon di schiantesimi, ma continuava a ripetersi di stare calmo, di comportarsi bene, anche se la voglia di fare qualcosa di molto stupido c’era eccome. 

- Adesso è meglio che io torni a Hogwarts. - Disse Piton, lanciandogli un ultimo sguardo compiaciuto, prima di voltarsi verso la porta. - Buon compleanno, Alya. Mina… - 

- Ti accompagno alla porta. - Si affrettò a dire lei, andandogli dietro. 

Sirius avrebbe voluto seguirli, non poteva di certo lasciarli da soli, ma Alya gli impedì di passare, mostrandogli, ancora sprizzante di gioia, il gatto. 

Mina, nel frattempo, aveva raggiunto l’ingresso insieme a Piton, che si era fermato sull’uscio, come in attesa che lei dicesse qualcosa. Si fissarono per una manciata di secondi interminabili e poi fu lui ad aprire bocca per primo: - Quindi tu e Black siete tornati insieme. - Disse, senza nessuna inflessione nella voce fredda. 

Mina annuì, guardandolo con uno strano sguardo crucciato. - So cosa pensi. - Asserì.  

- Non credo. - Ribatté lui, con un certo distacco. 

- Invece lo so. - Rimbeccò Mina. - Pensi che io stia facendo un grosso sbaglio. Credi che mi farà soffrire, che non è adatto alla persona che sono diventata, ma non è così. -  

- Il fatto che tu senta il bisogno di doverlo sottolineare mi fa pensare il contrario. - Disse Piton. - Ciao, Mina. - 

Le rivolse un ultimo penetrante e vuoto sguardo, poi Piton mise una mano sulla maniglia e spalancò la porta, uscendo da quella casa con il cuore che gli sanguinava a fiotti nel petto e la consapevolezza di aver perso, di nuovo. 

Mina lo guardò attraversare il vialetto con passo svelto, con il solito mantello nero che ondeggiava sulle sue spalle strette e poi, poco prima di arrivare al cancello, il suono della smaterializzazione spezzò il silenzio, e Severus Piton sparì davanti ai suoi occhi. 

Mentre guardava dritto davanti a sé, Mina si lasciò attraversare dalla strana sensazione di aver perso qualcosa di molto prezioso, chiuse la porta e si voltò, incontrando lo sguardo di Sirius, che la osservava dall’altra parte del corridoio. 

- Se ne è andato? - Domandò l’uomo. 

Mina annuì, e poi deglutì, accorgendosi che aveva la gola parecchio secca. - Sì, è andato via. - Rispose, avvicinandosi a lui. - Grazie, per non aver fatto niente di stupido. - 

Sirius alzò le spalle. - So che lui è importante per te, quindi non posso fare altro che accettare la cosa, no? - Le disse, talmente sicuro di ciò che aveva pronunciato che quasi si convinse da solo. 

Lei abbozzò un sorriso. - Sei stato comunque molto bravo, non me lo aspettavo. - Disse, annuendo. - Conoscendoti mi sarei aspettata di tornare in cucina e trovare Piton che levitava a qualche metro da terra, in nome dei vecchi tempi. - 

- Ti ricordo che eravate soprattutto tu e James ad avercela con lui. - Ribatté Sirius. 

- Ma tu ci davi manforte. - Rispose Mina. - A quei tempi avevo un motivo per odiarlo, lui sapeva di Remus per colpa tua e, nella mia testa di quindicenne, bullizzarlo era un buon metodo per fargli tenere la bocca chiusa. -  

- In realtà dicevi che alcune persone erano fatte apposta per essere trattate male e che Mocciosus era una di quelle. - 

- Ero proprio una persona di merda. - Sospirò Mina. 

Sirius alzò le spalle. - Io ti ho sempre trovata fantastica. - Le disse, avvicinandosi e lasciando un bacio sulle sue labbra. - Ti amo. - 

- Anche io. - Mormorò Mina. 



 

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Capitolo 25
*** Capitolo 24. Il matrimonio ***



Siamo finalmente giunti all'ultimo capitolo di questa fan fiction (ci sarà un piccolo epilogo tra qualche giorno ma la storia è praticamente finita); la cosa mi rende un po' triste,  ma mi sono divertita tantissimo a scriverla, ci ho speso molto tempo e alla fine mi ha dato qualche soddisfazione. Dunque adesso che siamo arrivati alla fine mi farebbe tanto piacere sapere cosa ne pensate, se vi è piaciuta o se magari l'avete detestata, quindi se vi va lasciatemi un piccolo commento con le vostre impressioni! 
Adesso vi lascio al capitolo, buona lettura!  



Il vapore aleggiava attorno a loro, riempiendo tutto il bagno, rendendo l’aria satura, umida e profumata di vaniglia. Era il 26 marzo, il cielo preannunciava una giornata molto primaverile, e questa era un’ottima notizia, dato che Harry e Ginny avevano deciso di sposarsi all’aperto, in un bellissimo giardino affittato proprio per l’occasione, facendo una festa in grande stile. E mentre fuori brillava uno tiepido e basso sole, e gli uccellini cantavano dagli alti rami fioriti, in casa regnava ancora il silenzio sonnacchioso dell’alba.

Alle sue spalle, Sirius la strinse ancora un po’; lei sorrise e si voltò per poterlo guardare, scrutandolo per qualche istante. Era bellissimo; i capelli scuri erano bagnati e tirati indietro, gli occhi grigi erano arrossati e la sua bocca era piegata in uno di quei suoi sorrisi sghembi.  

Da quando erano tornati in quella casa, a Ottery St Catchpole, le cose tra loro avevano iniziato a prendere la giusta direzione. Insieme stavano cercando di vivere una versione di quella vita che, fino a pochi anni prima, avevano solo sognato di poter avere, una vita fatta di cose semplici, noiosi impegni familiari e piccoli piaceri, e a lei andava benissimo così. 

C’erano dei giorni in cui lui si oscurava ancora, rifiutandosi di uscire dalla loro camera da letto, notti in cui si svegliava urlando, spaventando perfino Alya, o momenti in cui si arrabbiava per qualsiasi cosa, ma anche giornate buone nelle quali Sirius Black sembrava di nuovo assurdamente pieno di vita, proprio come a vent’anni. E Mina, in quel momento, ancora immersa nell’acqua calda, sperò che quel giorno fosse una di quelle. 

- Se la Skeeter viene a parlarti… - Esordì lei ad un certo punto. - Cerca di essere educato, non come la settimana scorsa che le hai praticamente urlato contro. - 

Sirius sospirò. - Lo so: devo essere educato, tenermi sul vago e non risponderle male. Nemmeno io voglio un altro articolo in cui mi si da del pazzo. - Ribatté, alzando gli occhi al cielo. - Ma proprio non riesco a capire perché Harry l’abbia invitata. - 

- Perché altrimenti si sarebbe intrufolata, lo sappiamo tutti che è un animagus; almeno così sappiamo che c’è, possiamo tenerla d’occhio. - Spiegò Mina. - Ma non è lei che mi preoccupa. Quelli del Settimanale della Streghe, piuttosto… loro sono la vera piaga. - 

Sirius fece un sorriso amaro. - Ma come, non ti è piaciuto l’articolo di due settimane fa? - Le chiese. - Era così credibile. Tu che stai con me solo per mettere le mani sull’oro dei Black… - 

Mina gli lanciò un’occhiataccia, ma poi decise di stare al gioco, portandosi teatralmente una mano al petto. - Pensi che io sia stata scoperta? - Domandò, melodrammatica. 

- Altroché. - Sentenziò lui, annuendo. - Ero più che sicuro che tu stessi con me solo per le mie innate e illimitate doti di amante universalmente note, e invece… -  

- Una volta, forse, quando eri giovane e instancabile. - Obiettò Mina.  

Sirius socchiuse gli occhi, guardandola con sospetto. - Dimmi, cosa avresti da lamentarti adesso? - Le chiese, falsamente indignato. 

- Assolutamente nulla. - Rispose Mina, voltandosi del tutto nella sua direzione ed appoggiandosi con la schiena dall’altro lato della vasca. - In realtà sei molto meglio ora rispetto a prima. Sai eri un po’ troppo dominante e sicuro di te, da giovane. -  

Sirius inarcò le sopracciglia, guardandola perplesso. - Però non ti dispiaceva. - Disse. 

Lei si strinse nelle spalle e fece un sorriso beffardo. - Certo che non mi dispiaceva; avevo sedici anni, ero molto insicura e senza nessuna esperienza, per giunta ero anche in preda ad una tempesta ormonale. - Rispose ridendo, un po’ imbarazzata. - Con il senno di poi direi che sei migliorato con il tempo, un po’ come… il whisky incendiario. La prima volta che lo abbiamo fatto a Grimmauld Place è stato pazzesco. - 

Anche Sirius sorrise, allungando una mano nella sua direzione. - Vieni qui. - Sussurrò, attirandola nuovamente a sé. 

Mina si avvicinò piano, facendo strabordare un po’ la vasca e bagnando il pavimento, per poi baciarlo, finendo sopra di lui con un ghigno malizioso. Lasciò che Sirius la toccasse e la stringesse, ancora ammollo nell’acqua che si stava facendo via via sempre più fredda, poi Mina si allontanò di qualche centimetro, quel tanto che bastava per poterlo guardare negli occhi, improvvisamente seria. - Facciamo un altro bambino. - Disse, di getto. 

Lui trasalì, quasi spaventato da quella inaspettata affermazione, per poi fare una risatina nervosa. La guardò fisso, con i lati della bocca ancora alzati, tentando di capire se Mina dicesse sul serio o meno. - Non sei un po’ troppo vecchia? - Chiese poco dopo, pentendosene quasi all’istante. 

Mina strinse gli occhi e serrò le labbra, si alzò velocemente in piedi e uscì fuori dalla vasca, infilandosi nell’accappatoio senza dire una parola. - Datti una mossa, non voglio arrivare in ritardo. - Borbottò, tamponandosi i capelli con un asciugamano. 

Sirius sbuffò. - Guarda che non ho mica detto che non voglio. - Ribatté. 

- Hai detto che sono vecchia. - 

- Ma lo sei per fare dei figli, o no? - Rimbeccò Sirius. 

Mina si voltò, lanciandogli uno sguardo talmente brutto che avrebbe potuto ucciderlo in un secondo. - Ho quarant’anni! - Sbottò, indignata. - Senti, non parliamone più, fa finta che non ti abbia detto niente e datti una mossa; se arriviamo in ritardo Harry ci uccide. -

Sirius esitò per un secondo, ma poi si alzò in piedi, si avvicinò a lei e la abbracciò da dietro, lo sguardo rivolto al loro riflesso nello specchio mezzo appannato davanti a loro. - Sai cosa vedrei se questo fosse lo Specchio delle Emarb? - Mormorò, accarezzandola.  

- Cosa vedresti? - Chiese dunque lei, fissando il riflesso dei suoi occhi. 

- Esattamente quello che vedo ora. - Rispose Sirius. - Io e te insieme, nel bagno di casa nostra, che facciamo cose normali. -

Mina sospirò, voltandosi verso di lui. - Io credo che vedrei Remus, James, Lily e Dora. - Disse, tristemente. 

- Qui con noi, in un bagno, mentre siamo nudi? - Domandò Sirius, fingendosi sconvolto.  

Mina alzò gli occhi al cielo. - Quanto sei stupido, Sirius. - Lo bacchettò, prima di concedersi un sorriso un po’ triste. - Mi mancano tanto, soprattutto Remus. Spesso mi chiedo dove sia, dove siano andati a finire tutti. - 

Il viso di lui si incupì, come se Sirius fosse caduto in uno dei suoi innumerevoli momenti di assenza, lo sguardo vacuo, la bocca semi aperta, poi alzò gli occhi su Mina. - Non c’è niente dall’altra parte, se è questo che ti stai chiedendo. - Le disse, con una voce gelida e piena di rassegnazione. - Non c’è proprio niente. Io non ricordo nulla, solo buio e una vaga sensazione di oblio, come se stessi man mano perdendo me stesso. - 

- Ma tu non eri realmente morto, è diverso. - Ribatté Mina. - Io non ci voglio credere che non esiste qualcosa. Anzi, io credo il contrario: la morte non è la fine. - 

Sirius non rispose, ma si limitò ad abbracciarla, cercando in tutti i modi di liberarsi da quel senso di angoscia che lo attanagliava ogni volta che pensava a quei lunghi cinque anni di non vita. - Non voglio pensarci. - Mormorò, baciandola e facendo scivolare le mani sotto l’accappatoio che avvolgeva il corpo di lei - Ma quindi vuoi farlo adesso o no? - Le chiese.  

- Cosa? - Domandò Mina, a sua volta, quando l’accappatoio finì a terra. 

- Il bambino. - Rispose Sirius, come se fosse ovvio. 

Lei fece un sorrisetto, spingendolo indietro, guardandolo negli occhi. - Quindi vuoi farlo davvero? - Tentò di assicurarsi. - Non credi che siamo davvero troppo vecchi? -  

Sirius scosse la testa. - I genitori di James erano molto più vecchi di noi, e anche tuo padre. - Rispose. - Inoltre mi piacerebbe avere un figlio che non mi detesta. - 

- Alya non ti detesta. - Ribatté Mina, alzando gli occhi al cielo. 

Sirius la guardò scettico. - Lei mi chiama per nome, è ovvio che mi detesta. - Borbottò cupamente. - Inoltre, lo sai cosa mi ha detto ieri? “Perché non puoi essere un po’ più come il professor Piton?” - Disse, imitando la vocina di Alya. 

- E sappiamo tutti cosa le hai risposto, Sirius. - Obiettò Mina con un certo gelo nella voce, incrociando le braccia sul petto e raccogliendo l’accappatoio da terra, indossandolo nuovamente. - “Tu perché non puoi essere un po’ più come Teddy?” - 

Sirius sbuffò. - Non dicevo sul serio. - Disse, scocciato. - E comunque ha cominciato lei! - 

- Per Diana, lei ha cinque anni! - Sbottò Mina. - E… vestiti, per favore, non posso discutere con te se sei nudo. - Aggiunse, arrossendo. 

Il volto di Sirius si aprì in un sorrisetto compiaciuto, fece un passo in avanti, lasciando un bacio sulle sue labbra, beandosi del contatto dei loro corpi e passando piano le dita tra i capelli bagnati di lei. 

- Scusa se non sono esattamente il padre dell’anno con lei. - Le disse, dopo un po’, tornando a guardarla. - Solo che… Alya è molto diversa da come immaginavo i nostri ipotetici figli o magari sono io a non essere capace, in fondo non ho dei buoni esempi su cui appoggiarmi. Vorrei solo piacerle, tutto qui; invece a lei piace Piton e quello stupido gatto… - 

Mina sospirò. - Le piacerai. - Lo rassicurò. - Ma devi darle del tempo. Io credo che lei ti avesse un po’ idealizzato; in tutti i racconti che ha ascoltato negli anni tu eri Sirius Black, il padrino di Harry Potter, uno dei pochissimi che sono riusciti ad evadere da Azkaban, caduto in battaglia, dunque scoprire che sei solo un essere umano come tanti altri l’ha un po’... delusa. - 

- Adesso sì che sto molto meglio. - Ribatté Sirius, sarcastico.  

Mina fece un piccolo sorriso amaro. - Sai, forse non dovremmo fare altri figli. - Disse, mordendosi il labbro inferiore. - Siamo un disastro, tutti e due. - 

- Io sono un disastro, tu sei una madre fantastica. - Obiettò lui, un po’ imbronciato. - Ma… non lo senti il forte ticchettio inesorabile del tuo orologio biologico che ti ricorda che non abbiamo più tanto tempo per procreare? Insomma, pensaci su. - 

Mina sgranò gli occhi e poi scoppiò a ridere, portandosi una mano alla bocca. - Questa è la cosa meno eccitante che chiunque mi abbia mai detto, te ne rendi conto? - Obiettò, sconcertata e divertita insieme. 

- Se avessi voluto farti eccitare lo saresti già, lo sai. - Mormorò Sirius, con un tono di voce suadente, facendo scorrere piano le sue mani su tutto il corpo di lei. - Come adesso. - 

Mina sentì il profumo della pelle di lui, e le tornò subito in mente l’amortentia che aveva annusato ad Hogwarts non troppo tempo prima e, forse per riflesso, si ritrovò a pensare anche a Piton. Sospirando, Mina alzò lo sguardo su Sirius, guardandolo con una certa apprensione. - Ci sarà anche Severus al matrimonio, lo sai? - Gli disse. 

Lui sbuffò, facendo un passo indietro. - Sì, lo so. Si tratta di un altro invito che proprio non riesco a capire. - Rispose. 

- Stai scherzando, spero. - Obiettò freddamente Mina. 

- No che non sto scherzando, James si rivolterebbe nella tomba se venisse a sapere che suo figlio ha invitato Mocciosus al proprio matrimonio. - Disse Sirius, beccandosi un’occhiataccia. - Senti, Mina, odio il fatto che voi siate amici, va bene? Lo detesto; detesto anche tutte quelle lettere lunghissime che vi scrivete, ma so che per te è importante, quindi lo accetto. Ma questo non significa che lui debba piacermi per forza. - 

Mina sospirò e annuì, incrociando le braccia sul petto. - Sarai gentile con lui anche stavolta. - Disse, con un tono che non ammetteva repliche. - Promettimelo. - 

- Te lo prometto. - Borbottò lui, sbrigativo. - Adesso possiamo tornare alle cose davvero importanti? - 

- Ad esempio? - Domandò Mina, alzando gli occhi al cielo. 

Sirius sbuffò, afferrò il suo accappatoio e lo indossò. - Ad esempio perché ti sei messa a parlare di quello lì mentre tentavo di sedurti. Adesso pensi a Piton anche quando ti sfioro? - Sbottò, prima di uscire dal bagno senza aspettare una risposta, puntando dritto verso la camera da letto. 

Mina rimase immobile e perplessa per qualche istante, poi lo seguì svelta, ritrovandosi a fissarlo mentre si rivestiva, ferma sulla soglia della porta della loro stanza con le braccia incrociate sul petto, in attesa che lui dicesse qualcosa. Ma Sirius non proferì parola; si infilò i pantaloni, si abbottonò la camicia con cura e poi si lasciò cadere sul letto con un sonoro sospiro, come se fosse stanco. Fu in quel momento che Mina lasciò la soglia della porta, chiudendosela alle spalle e avvicinandosi finalmente a lui. Seduta sul letto, alle sue spalle, lo abbracciò, poggiando la guancia contro la sua schiena e lasciando che lui le stringesse forte le mani, una presa che sembrava dire solamente “resta”. 

- Lo vuoi capire o no che non hai niente da temere? - Sussurrò Mina, senza muoversi di un centimetro da quella posizione. - Il mio cuore è tuo, Sirius, da almeno vent’anni. - 

Sirius sospirò e poi annuì stancamente, voltandosi verso di lei senza però parlare. Si limitò a guardarla in silenzio per qualche attimo, come se stesse cercando di ritrarla per sempre nella sua mente, fermandosi sui dettagli di quel viso che ormai conosceva forse più del suo. Gli occhi di lei ricambiavano il suo sguardo, luminosi e verdissimi, il suo naso delicato sormontava le labbra chiare, che si piegarono in un piccolo sorriso, facendo sentire l’uomo, se possibile, ancor peggio: Sirius non riusciva proprio a capire dove Mina trovasse la forza e la pazienza per amarlo nonostante tutto. 

La baciò con delicatezza, quasi come se avesse paura di romperla, per poi affondare il viso nel collo niveo di lei, lasciandosi accarezzare. - Grazie. - Mormorò piano. 

Rimasero in quella posizione per qualche minuto, godendosi il contatto tra i loro corpi, poi Mina si allontanò da lui quel poco che bastava per poterlo guardare negli occhi, senza però staccarsi del tutto. - Credo che adesso sia davvero l’ora di darci una mossa. - Disse sospirando. - Tra due ore inizia la cerimonia, Alya dorme ancora e i miei capelli sono un disastro. - 

Sirius si lamentò sommessamente, stringendola a sé. - E il bambino? - Le chiese. 

Mina si lasciò sfuggire un sorrisetto. - Se arriviamo in ritardo sarà per una buona causa. - 

 

Al tramonto di quella calda e tremendamente assolata giornata di fine agosto, Sirius Black, quasi ventenne e nel suo abito elegante da perfetto testimone dello sposo, guardava la folla, accorsa per il matrimonio di Lily e James, che invadeva ancora il giardino ben allestito dei signori Potter. 

I due sposini, bellissimi e raggianti, lei con un abito bianco molto tradizionale, e lui con la giacca, e la crava ancora ben stretta attorno al collo, si aggiravano tra gli invitati, intrattenendo con loro lunghissime conversazioni e prendendosi le congratulazioni di tutti, mentre in un angolo la pessima band che avevano assunto continuava a suonare una versione annacquata di una qualche canzone dei Beatles. 

C’erano proprio tutti: Hagrid, con il suo miglior completo che consisteva in un gilet peloso davvero osceno e una grossa cravatta rossa e gialla, la professoressa McGranitt, nel suo abito da strega verde smeraldo, Alastor Moody, che a quei tempi aveva ancora entrambi gli occhi ed entrambe le gambe. Dall’altro lato del giardino, Sirius riuscì a scorgere finalmente lo sguardo annoiato di Mina, che si sforzava di star a sentire quello che il professor Lumacorno aveva da dirle, stringendo in mano un bicchiere vuoto, nel suo vestito da damigella color menta che le stava davvero d’incanto. 

Si lasciò sfuggire un sorrisetto fin troppo sognante e, nello stesso momento, qualcuno gli lanciò uno scappellotto, facendolo voltare, di scatto ed irritato. - Ahia, Lunastorta! - Esclamò, massaggiandosi il collo. - Ma sei pazzo? - 

- Scusa, è che ancora ci devo fare l’abitudine. - Rispose Remus, mettendosi al suo fianco. 

- A cosa? - Domandò Sirius, guardandolo. 

Anche Remus, quel giorno, non era per niente male, i capelli chiari che gli ricadevano sulla fronte e il vestito buono, fatto proprio per giornate come quelle. - Tu e Mina. - 

Sirius alzò gli occhi al cielo. - Ma lo sai da mesi. - Sbuffò. 

Remus scrollò le spalle. - Sì, ma è mia sorella, e tu la guardi in quel modo. - Spiegò. 

- In che modo? - Chiese Sirius, ridendo. 

- Come se volessi saltarle addosso di continuo o roba del genere; che schifo. - Rispose Remus, storcendo il naso. 

- In realtà la stavo guardando, sì, ma nel mentre pensavo a quando io e lei saremo al posto di Lily e James. - Obiettò Sirius.  

Remus sussultò e sgranò gli occhi. - E da quando avresti cambiato idea sul matrimonio, Felpato? - Domandò, incredulo. 

Sirius fece spallucce. - Direi da quando ho visto tua sorella nuda, quindi circa un anno fa. - Disse, scoppiando a ridere e beccandosi un altro scappellotto.  

- Ma se stavate insieme da meno di un mese, un anno fa! - Esclamò Remus, indignato. 

Sirius sogghignò. - Va bene, scusa, allora direi nove mesi fa. - Ribatté. - La prima volta lo abbiamo fatto a novembre, mentre tu e gli altri eravate in gita ad Hosgm… -   

- Sirius… io giuro che alla prossima luna piena… - Sussurrò il ragazzo, guardando di sottecchi l’amico.

- Remus, la smetti di importunare il mio fidanzato? - Esclamò Mina, il tono divertito, che  nel frattempo era riuscita a liberarsi di Lumacorno, e che si era appena avvicinata ai due. 

- Guarda che è lui che mi importuna. - Obiettò Remus. 

- Come sei carina, che mi difendi. - Sogghignò invece Sirius. 

Lei lo baciò e Remus fece un’espressione schifata. - Siete orribili, indecenti. - Borbottò. 

Mina e Sirius risero, tenendosi per mano. - Secondo me dovresti trovarti una ragazza, davvero. - Disse lui, facendo un sospiro. - Ad esempio… la vedi quella lì? - 

Remus posò lo sguardo dove il dito dell’amico puntava, su una ragazza piuttosto carina, dai lunghi capelli neri e lisci. - Quella con il vestito azzurro? - 

Sirius annuì, appoggiando un braccio sulla spalla di Remus. - Sì, ti piace? - Chiese. 

L’altro alzò le spalle. - Non lo so… immagino di sì. - 

- È la cugina babbana di Lily, ci ha provato con me due ore fa e io ovviamente ho detto di no quindi è ferita nell’orgogl… - 

- Cosa? - Trasalì Mina, interrompendolo, improvvisamente interessata. - Quella ci ha provato con te e tu hai detto di no? Sono commossa. -  

Sirius alzò gli occhi al cielo, tornando a rivolgersi a Remus. - Dicevo… lei è ferita nell’orgoglio, quindi è il tuo momento. - Gli diede una forte pacca sulla spalle. - Avanti vai, così io e tua sorella possiamo andarci ad imboscare in camera di James. - 

Mina scoppiò a ridere, un po’ imbarazzata, un po’ divertita, e Remus, indispettito, incrociò le braccia sul petto. - Sirius, prima o poi ti ucciderò. - 

 

Sirius sospirò nostalgico, seduto a uno dei tanti tavolini rotondi che affollavano l’ampio parco che Harry e Ginny avevano scelto per il banchetto del loro matrimonio, mentre il sole tramontava piano piano sopra le loro teste. Si trattava di un giardino all’italiana caratterizzato da suddivisioni geometriche degli spazi mediante filari alberati e siepi, sculture vegetali di varia forma ottenute con la potatura di cespugli sempreverdi e fontane, che brillavano sotto la calda luce di quel perfetto giorno di primavere. In fondo, poco prima dell’entrata della grossa villa che sormontava l’ampio spazio aperto, alcuni musicisti intrattenevano gli ospiti e, proprio davanti a loro, nel bel mezzo della pista, Harry e Ginny si stavano concedendo l’ennesimo ballo da marito e moglie, sorridendo felici. 

Lui, con i capelli insolitamente ordinati e pettinati, indossava un completo molto elegante che aveva tutta l’aria di essere stato scelto da qualcun altro, e quel giorno, più di qualunque altro giorno da quando lo conosceva, Harry gli ricordava James tanto da farlo stare male. Ginny, invece, con la sua bella acconciatura che le dava un aspetto da principessa, indossava un lungo vestito da sposa bianco, a maniche lunghe, con il corpetto ricamato e la gonna in tulle. 

Passando lo sguardo sulla folla che circondava i due sposini, e poi nuovamente sul giardino, Sirius si rese conto che avevano fatto proprio le cose in grande: montagne di cibo continuavano ad essere portate sul tavolo del buffet, mentre i calici si riempivano magicamente sotto gli occhi degli invitati. 

L’Ordine della Fenice, o meglio, quei pochi membri rimasti, erano stati invitati tutti, dal Ministro della Magia Kingsley Shacklebolt ad Arabella Figg; c’erano gli ex compagni di scuola di Harry al completo, tutti i professori di Hogwarts e, per finire, qualche giornalista della Gazzetta del Profeta e del Settimanale delle Streghe, da cui Sirius era riuscito a scampare dileguandosi ogni volta che qualcuno gli si avvicinava troppo. E ovviamente, tra quella folla di visi conosciuti o sconosciuti, c’era anche quello di Mina, che in quel momento stava intrattenendo una conversazione dall’aria noiosa con Lumacorno, proprio come il giorno del matrimonio di Lily e James, e che ogni tanto lanciava nella sua direzione occhiate disperate a cui lui rispondeva sorridendo: non aveva nessuna intenzione di invischiarsi in una chiacchierata tediosa con il vecchio Horace. 

E poi lo vide, Severus Piton, che fino ad allora ancora non aveva fatto la sua comparsa, camminare con passo spedito nella direzione di Mina e del professor Lumacorno. 

Sirius rimase immobile ma allerta, come un segugio che fiuta la preda, senza mai staccargli gli occhi di dosso. Lo guardò salutare in modo formale il vecchio insegnante, per poi rivolgere a Mina un sorriso, cosa che lo turbò, dato che era certo che Piton non fosse capace di sorridere; insomma, lui al massimo ghignava.  

Sirius li guardò, cercando in tutti i modi di rimanere impassibile e calmo, ma soprattutto di non immaginarli insieme, di non immaginare le labbra di lui su quelle di lei, trattenendosi dalla voglia di attraversare il giardino, raggiungerli e prendere quello stronzo a schiantesimi finché non gli fosse entrato in quella testa unticcia che non doveva avvicinarsi a lei, che non doveva guardarla nemmeno, figuriamoci parlarci. 

Ma non poteva, doveva fare il bravo, essere gentile. 

Sirius non fece in tempo a finire di formulare quel pensiero, che Andromeda Tonks, nel suo bel vestito da strega verde bottiglia e quell’atteggiamento elegante che la accomuna a Sirius, si sedette al suo fianco, facendo saettare lo sguardo da Piton al cugino e viceversa. 

- Sirius, riesco a sentirti pensare. - Esordì, dopo un attimo di esitazione. 

L’uomo divenne, se possibile, ancor più teso. - Va tutto bene. - Buttò lì, tentando di liquidare la questione in fretta. - Piuttosto tu come te la stai passando ultimamente, cugina? - 

Andromeda alzò le spalle. - Non c’è male. - Rispose con nonchalance. - Sai, qualche giorno fa Narcissa mi ha chiesto di te. Dopo la guerra ci siamo più o meno riappacificate, e adesso vado da lei a prendere il tea una volta a settimana. Dovresti venire anche tu. -  

Sirius fece una smorfia disgustata. - Non ci penso proprio. - Rispose. 

Andromeda alzò gli occhi al cielo, e sulle sue labbra apparve un piccolo ghigno. - Non fare il sostenuto, che lo sappiamo tutti che avevi una cotta per lei, da ragazzino. Era la tua preferita. - Disse, il tono canzonatorio. 

- Casomai era lei ad avere una cotta per me. - Ribatté Sirius. - E non era per niente la mia preferita, volevo solamente farmela. - 

- Ahimé, questo lo so bene. - Sogghignò Andromeda. 

Sirius guardò la cugina stringendo un po’ gli occhi. - E come lo sai, scusa? - Domandò. 

- Mi ha raccontato di una volta le hai rubato un paio di mutandine, mentre eravate tutti insieme in vacanza alla tenuta in Cornovaglia. - Rispose, Andromeda. - E che poi ti ha beccato con le mani sul fall… fatto. Le mani nel fatto. - 

Sirius sbuffò, incrociando le braccia sul petto, arrossendo leggermente. - Quella di rubargliele fu un’idea di Regulus, non mia. - Borbottò, cercando di trattenere un piccolo sorrisetto imbarazzato. - Che poi mi sia sfuggita di mano la situazione… be’, quello è un discorso che non si addice per niente ad una lady come te, Meda. Anzi è un discorso che non si addice per niente nemmeno all’ora del tea in casa Malfoy, insomma cosa direbbe quel sociopatico ad alto funzionamento di Lucius se vi sentisse parlare di certe cose? - 

- Guarda che c’era anche lui quando Cissy me lo ha raccontato. - Obiettò Andromeda, divertita.  - Comunque tu pensaci su e poi dimmi. - 

- A cosa devo pensare, alle mutandine di Cissy? Non credo di averne bisogno, ormai. - 

Andromeda alzò gli occhi al cielo. - No, razza di pervertito che non sei altro, parlavo del tea. - Disse, cercando di apparire seria. - Io e Narcissa ci vediamo il giovedì alle cinque a Malfoy Manor. Porta anche Mina ed Alya, ovviamente. - 

Sirius sospirò, e poi i suoi occhi si mossero tra la folla che gli si palesava davanti, fino a posarsi su Alya, che giocava insieme a Teddy e agli altri bambini. La osservò per un po’, in silenzio, senza dare alcuna risposta ad Andromeda. La bambina indossava un vestitino elegante, di un tenue rosa perla, che le arrivava più o meno alle ginocchia, aveva i capelli scuri legati ma un po’ spettinati e si muoveva tra gli altri bambini come se fosse lei a comandare quella piccola banda. 

- Credo che Alya mi odi. - Mormorò cupamente, senza smettere di fissarla. 

Andromeda assunse un’espressione un po’ scettica. - Perché? - Chiese.

Sirius scrollò le spalle. - Non ne ho la più pallida idea, davvero. - Disse, e poi sbuffò. 

- Intendevo dire perché pensi che lei ti detesti. - Spiegò meglio la strega. 

Lui esitò per qualche secondo, pensandoci su. - Mi parla appena; e quelle rare volte in cui lo fa è solo per rinfacciarmi qualcosa, oppure usa quella strana lingua per non farsi capire, lo fa apposta. - Spiegò, dopo un sospiro. - Con Teddy è stato tutto così facile, lui è un bambino dolce e simpatico, mentre Alya è sempre sfuggente e distaccata e fredda. È praticamente impenetrabile. - 

- È una Black. - 

Sirius guardò la cugina ed annuì. - Già. - Disse cupamente. - Manca solo che finisca in Serpeverde o che si metta a ballare il valzer o a parlare in francese. - 

- A proposito di francese, forse è ora di cambiare quel motto. - Commentò lei. - Anche Narcissa pensa che sia ora di staccare il nome dei Black da certe cose. - 

Sirius apparve piuttosto sorpreso. - Vorresti dire che non le importa che Alya sia mezzosangue? Ma dai. - 

- Non le importa niente, anzi lei vorrebbe conoscerla, farle conoscere Draco. - Rispose Andromeda. - Sai cosa la turba, invece? Il fatto che tu e Mina non siate ancora sposati. - 

Sirius guardò dall’altra parte del giardino, dove Mina era ancora impegnata a conversare con Piton e Lumacorno, e in quello stesso momento Harry Potter si lasciò cadere sulla sedia al suo fianco, l’aria stremata, attirando la sua attenzione e quella di Andromeda. 

- Non ne posso più. - Esordì il ragazzo, più a se stesso che ai due, prima di rivolgere a Sirius una rapida occhiata, notando che lui a sua volta stava fissando Piton che si rivolgeva a Mina, mentre Lumacorno ascoltava. - Di cosa stavate parlando? -

- Del fatto che Sirius e Mina non sono ancora sposati. - Lo informò Andromeda. 

- Sai com’è, Andromeda, ero un po’ impegnato con la morte. - Borbottò Sirius. - Prima o poi lo faremo, anche se non so se lei lo voglia ancora. -

Harry guardò il suo padrino e poi sembrò colto da un'improvvisa illuminazione. - Perché non lo fate ora? - Chiese, entusiasta. 

- Ora? - Ripeté Sirius, sorpreso. 

Harry annuì in fretta, per poi indicare con le mani lo spazio intorno a loro. - Siamo circondati da ufficiali del Ministero, c’è perfino il Ministro della Magia. - Spigò, allegro come un bambino. - Inoltre ci sono anche tutti quelli che vi vogliono bene. - 

- A me sembra un’ottima idea! - Esclamò Andromeda, allegra. - Sai cosa c’è di meglio di un matrimonio? Due matrimoni! E poi così mi eviterò di venire anche alla vostra festa. - 

Sirius esitò per un lungo attimo. - Non abbiamo gli anelli. - Disse poi. 

- Minerva trasfigurerà sicuramente qualcosa per voi. - Rispose subito Andromeda. - Vai a chiederle se vuole ancora sposarti, Harry cercherà una pergamena ed una piuma, mentre io mi occuperò di Kingsley e poi penseremo ai testimoni. - 

- Harry, tu sarai il mio. - Sentenziò subito Sirius, come per prenotarlo. 

- Va bene. Ci vediamo dentro tra qualche minuto! - 

I tre si alzarono nello stesso momento, Harry corse verso la villa, Andromeda puntò dritta verso il Ministro della Magia e Sirius attraversò il giardino, tentando di non incontrare nemmeno per un attimo gli occhi neri e vuoti di Mocciosus. Quando poi fu abbastanza vicino da essere notato, Mina sussultò e divenne tesa, Lumacorno agitò la mano in aria salutandolo e Piton gli lanciò uno sguardo torvo.

- Signor Black! - Esclamò l’ex professore di pozioni. - Stavamo giusto parlando di lei. - 

- Professor Lumacorno, Mocc… Piton. - Fece Sirius, in segno di saluto. - O preferisci che anche io ti chiami per nome, Severus? - 

Piton gli lanciò uno sguardo di fuoco, riducendo i suoi occhi a due strette fessure scure e torve. - Il cognome va benissimo, Black. - Disse, gelido. 

Mina incrociò le braccia sul petto, guardando Sirius con uno sguardo vagamente indispettito. 

- Meno male, è proprio la risposta che speravo. - Disse Sirius, soave, guardando Piton con uno strano sguardo che appariva quasi compiaciuto, prima di spostare gli occhi su Mina, che invece sembrava più tesa di una corda di violino. - Scusate l’interruzione ma… Mina, vuoi ancora sposarmi? - Le chiese, davanti agli altri due. 

Lei aggrottò la fronte, guardandosi attorno, imbarazzata. - Perché? - Domandò.  

Sirius sbuffò, alzando gli occhi al cielo. - Vuoi ancora sposarmi o no? - Disse, di nuovo. 

- Sì, certo che lo voglio ma perché ne stiamo parlando ade… - 

- Perché potremmo farlo ora. - Spiegò lui, interrompendola, il tono urgente. Poi le prese entrambe le mani, stringendole nelle sue e, guardandola dritto negli occhi, formulò di nuovo la domanda: - Vuoi sposarmi? Questa è la terza volta che te lo chiedo, potrebbe essere quella buona, tu non credi? - 

Piton sembrò rabbrividire, mentre lo sguardo di Lumacorno si accese con una scintilla di entusiasmo. - Andiamo, Lupin, di’ di sì! - Esclamò il più vecchio.

Mina sgranò gli occhi e spalancò la bocca. - Vuoi farlo proprio adesso? Adesso in questo momento? - Domandò, incredula e quasi divertita. 

- Sì, adesso in questo momento. - Ripeté Sirius. - Abbiamo a disposizione perfino il Ministro della Magia, inoltre ci sono anche tutti quelli che ci conoscono. Anzi, forse siamo fin troppi. - E dicendo questo, lanciò un fugace sguardo verso Piton. 

Mina, quasi senza parole, prese un lungo respiro profondo. Si voltò per un secondo verso Piton, che se ne stava a fianco a Lumacorno, immobile e imperturbabile, ma con gli occhi fissi sul suo volto. Per un attimo, Mina scorse negli occhi vuoti di lui qualcosa, come una scintilla, un fremito, ma si riscosse e si voltò verso Sirius, che la guardava ancora, in attesa di una risposta. 

- Sì. - Disse semplicemente, lasciandosi andare ad un sorriso. - Facciamolo. - 

Sirius non aggiunse altro, ma la prese per mano e, letteralmente, la trascinò verso la villa, nella sala in cui, poco prima, Harry e Ginny li avevano anticipati. 

Si trattava di un spazio rettangolare, ampio almeno quanto la Sala Grande di Hogwarts, ancora pieno di fiori rosa e bianchi, dove una piccola folla si era riunita ad attenderli. Facendosi spazio per raggiungere Kingsley Shacklebolt, fermo in fondo alla sala, Mina guardò le facce di tutti: Hagrid, grosso e peloso come sempre, spiccava tra tutti, Molly Weasley, insieme ad Arthur e ai suoi figli, già pronta per sciogliersi in un fiume di lacrime, Alya e Teddy, incuriositi al fianco di Andromeda, la professoressa McGranitt, Harry, che li guardava felice, Ron da una parte e Ginny dall’altra, e poi Hermione, che come Molly già sembrava ad un passo dalla commozione. C’era perfino suo padre, che stava guardando Sirius con lo stesso sguardo torvo di sempre. 

- Bene, adesso ci siamo proprio tutti. - Esordì Shacklebolt, quando i due si fermarono a pochi passi da lui. - Avete gli anelli? - Domandò. 

- Certo, eccoli qui. - La McGranitt si fece avanti, mettendo nelle mani del Ministro due tappi di burrobirra trasfigurati in fedi, anche piuttosto carine a dirla tutta.  

- E i testimoni? - Continuò il Kingsley.  

Sirius si voltò verso Harry, che ricambiò il suo sguardo, mentre Mina passò nuovamente gli occhi sul gruppo di persone che li stavano guardando, e fu quello il momento in cui scorse Piton, appena sulla soglia della massiccia porta di legno di quella grande sala. Per un momento si guardarono; non dissero niente, ma lei fu quasi tentata di chiamarlo, di chiedergli se voleva fargli lui da testimone. Ma poi lo vide fare un passo indietro, esitare e voltarsi, prima di allontanandosi dall’uscio, il solito mantello nero che sfiorava il pavimento, camminando spedito finché non sparì dalla sua vista. 

Poi Mina tornò con lo sguardo sulla piccola folla davanti a sé, alla ricerca di un testimone. Se solo ci fosse stata Lily… o Dora. Dora.

- Andromeda, vuoi essere la mia testimone? - Domandò, guardando la strega. 

- Ma certo, quasi signora Black. - Rispose Andromeda, facendo un passo in avanti. 

Shacklebolt guardò Andromeda e Harry e poi Mina e Sirius. - Possiamo cominciare? Bene, ottimo. - Dichiarò, prima di schiarirsi la voce, iniziando a frugarsi nelle tasche del suo vestito elegante, alla ricerca di qualcosa. - Non ho avuto molto tempo per prepararmi un bel discorso come al solito, ma comunque eccoci qui! - Disse, quando tirò finalmente fuori un tovagliolino da cocktail bianco su cui aveva appuntato qualcosa. - Siamo qui riuniti oggi per celebrare l’unione di due anim… -   

- Kingsley, sei il mio Ministro della Magia preferito, ma possiamo evitare tutta questa parte melensa e molto imbarazzante, andando subito al sodo? - Lo interruppe Mina. 

Sirius invece sbuffò. - Non essere senza cuore, si è scritto il discorso. - Ribatté alzando gli occhi al cielo. - Continua pure Kingsley. - 

Shacklebolt fece saettare lo sguardo tra i due, indeciso sul da farsi. - Siamo qui riuniti oggi per celebrare l’unione di due anime affini: Sirius e Mina, che, come sapete tutti, non si sono lasciati dividere da niente. - Iniziò a leggere, in tono solenne. - Tra loro c’è quella cosa che tutti noi abbiamo cercato almeno una volta nella vita, quel tipo di amore di cui sentiamo tanto parlare, un amore imperfetto, un amore vivo, un amore spesso non facile da sopportare. Per questo, vorrei citare un estratto di un libro babbano, Anna Karenina, di Tolstoj. - Kingsley girò il tagliolino, si schiarì la voce e poi tornò a leggere: - “Credo che non ti amerei tanto se in te non ci fosse nulla da lamentare, nulla da rimpiangere. Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, non hanno mai inciampato. La loro è una virtù spenta, di poco valore. A loro non si è svelata la bellezza della vita.” Questa è, a mio parere, l’essenza del sentimento che lega queste due persone che ho davanti in questo momento, queste due persone che si sono amate in tempi difficili e che continuano a farlo tutt’ora e con la stessa passione di sempre. Dunque, in qualità di Ministro della Magia, ma anche da vostro amico, mi sento onorato di poter ufficiare il vostro matrimonio, quindi credo che sia giunto il momento di fare la fatidica domanda: Mina, vuoi prendere S… -  

- Sì. - Rispose lei, impaziente, senza farlo finire. - Scusa, continua pure. - 

Shacklebolt sospirò, scuotendo la testa, per poi posare lo sguardo su di lui. - E tu, Sirius, vuoi prendere Mina come tua sposa? - 

Un suono di trombone dal fondo annunciò a tutti che Hagrid aveva estratto uno dei suoi fazzoletti-tovaglia, commosso; Mina si ritrovò a domandarsi perché la gente piangesse durante i matrimoni e, nello stesso momento, Sirius rispose: - Decisamente sì. - 

Ci fu lo scambio degli anelli-tappi e poi Shacklebolt mosse la bacchetta in aria e un nastrino bianco apparve a mezz’aria, per poi legare le mani unite di Sirius e Mina. - Allora vi dichiaro ufficialmente uniti per sempre. - Disse, e il nastrino scomparve senza emettere alcun suono, rilasciando un lieve fumo argenteo, simile a quello prodotto da un patronus. Ci fu un breve applauso e qualche gioiosa congratulazione, poi il Ministro aggiunse: - Adesso lo sposo può b… ah, vedo che siete già arrivati a quel punto. - 

- Bleah, si stanno baciando! - Esclamò Teddy, disgustato, i capelli tutti rossi. 

- Certo, fanno così perché si amano o roba del genere. Tu non lo capisci perché sei troppo piccolo. - Ripose altezzosamente la cugina, dall’alto dei suoi cinque anni.  

- A me mi sembra una cosa schifosa. - Ribatté Teddy, facendo tornare la sua capigliatura di un brillante blu elettrico. 

Alya annuì. - Anche a me, un pochetto. Io infatti non lo farò mai. - Sentenziò. 

- Che cosa non farai mai? - Chiese Sirius, che intanto si era avvicinato insieme a Mina. 

- Baciare qualcuno. - Rispose Teddy, al posto della bambina. 

Sirius e Mina si scambiarono uno sguardo intenerito. - Brava, piccola. - Disse lui. - Non dovrai baciare nessuno almeno finché non compirai trent’anni, altrimenti tuo padre potrebbe mettersi a piangere, e tu non vuoi farmi piangere, vero? - 

Alya scollò le spalle, scoccandogli uno sguardo che sembrava quasi dire “chissene frega”. 

- Sirius, così la traumatizzi. - Si mise in mezzo Mina, alzando gli occhi al cielo. 

- Tu invece, Teddy, puoi fare ciò che vuoi, ma… va bene, credo che non sia ancora il momento giusto per il discorso. - Continuò il mago, facendo un sorrisetto imbarazzato. 

- Che discorso, zio? - Chiese il bambino, curioso. 

Sirius mugugnò qualcosa di poco comprensibile, alla ricerca di una risposta, mentre Alya prese a giocare con una delle piccole roselline che addobbavano la sala, con fare annoiato e pensieroso. E poi, senza alcuna vera motivazione, accadde: il bocciolo che aveva sul palmo prese ad aprire e chiudere i petali, come una sorta di buffa medusa. 

Alya sobbalzò, lasciandola cadere, e Mina, al suo fianco, si portò una mano alla bocca. - Aly, hai fatto una magia. - Disse, incredula. 

- Hai fatto una magia? - Chiese Sirius, guardandola, il tono urgente. 

La bambina boccheggiò. - I-io… credo di sì, non lo so. Credo di sì. Sì! - Rispose, facendo un grande sorriso. - Quindi andrò per davvero a Hogwarts? - 

Sirius annuì, fiero. - Sì, e sarai una perfetta Grifondoro. - Rispose. 

- O qualsiasi altra cosa. - Lo corresse Mina. - Non metterle ansia già da adesso. - 

- Magari sarò una Serpeverde, come il professor Piton. - 

Sirius trasalì, come se fosse stato colpito da un schiantesimo. 



 

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Capitolo 26
*** Epilogo. Tredici anni dopo ***


Una sgangherata macchina volante rossa atterrò bruscamente a terra, proprio nel bel mezzo del giardino estremamente curato. La giovane spense la radio e guardò fuori dal finestrino, verso la casa davanti a sé. Nessuno, davanti a quella porta di legno marrone, avrebbe potuto pensare che lì, in quella villetta da perfetti e noiosi borghesi, ci vivesse una intera famiglia di maghi dato che, almeno da fuori, tutto appariva estremamente come doveva essere: estremamente normale. 

Si trattava di una grande abitazione quadrata, a due piani e con il tetto di tegole scosceso, posta accanto ad altre abitazioni quadrate e più o meno identiche, che si estendevano, una vicina all’altra, ai due lati della strada deserta alle sue spalle. 

Quell'anno l'autunno sembrava volersi fare attendere, e la mattina del primo settembre era calda e assolata come l’inizio di una qualunque giornata estiva. 

Alya scese dall’auto e chiuse lo sportello più forte di quanto si aspettasse, prima di attraversare il prato, raggiungendo finalmente la porta. Da una delle tasche dello zaino che portava sulle spalle, la ragazza tirò fuori un mazzo di chiavi, infilandone una nella serratura e spalancando la soglia, oltrepassandola. Si ritrovò così nella fresca penombra del corridoio di casa sua, circondata da un silenzio rotto solo dal sommesso canticchiare di un uomo in cucina. Alya fece un sorrisetto; abbandonò lo zaino a terra, prese a camminare silenziosamente verso quella direzione e, quando arrivò sull’uscio, nascosta dietro lo stipite, osservò suo padre preparare la colazione con l’aiuto della magia, per almeno un minuto. 

Era indecisa: poteva entrare in modo normale, salutarlo dicendo “buongiorno”, oppure poteva materializzarsi dietro di lui, facendogli prendere un colpo; ovviamente, mentre tirava fuori la bacchetta, scelse la seconda opzione. 

Il suono della smaterializzazione fece voltare Sirius di scatto, la bacchetta salda in pugno, e quando Alya riapparve, poco più a destra rispetto a dove si trovava l’uomo in quel momento, si ritrovò disarmato prima che potesse rendersene conto. 

- Alya! - Sbottò, incrociando le braccia sul petto. - Ma ti pare normale? - 

Lei scoppiò a ridere. - Non mi pare normale che tu ti faccia disarmare così. - Disse, prendendolo in giro. - E se fossi stata una Mangiamorte evasa da Azkaban? - 

- E perché una Mangiamorte evasa dovrebbe venire qui, in casa nostra? - Chiese Sirius. 

Alya alzò le spalle, prima di raggiungere i fornelli, dando un’occhiata al bacon che friggeva in padella, e riconsegnando la bacchetta al suo legittimo proprietario. - Non lo so, per farci fuori tutti, prenderci in ostaggio, attirare Harry qui da noi e ucciderlo, così da vendicare Voldemort. Le ragioni possono essere molteplici. - Spiegò, soave. - Comunque sono discorsi stupidi, lo so. Piuttosto, hai seguito la partita, vero? - 

Sirius strinse un po’ le labbra, e poi scosse la testa. - Ho dovuto accompagnare tua sorella a Diagon Alley per finire di comprare i libri per la scuola. - Rispose, spiacente. - Però tua madre, Harry e Ted l’hanno seguita tutta. Era solo un’amichevole, no? -  

Alya lo guardò di sottecchi. - Sì, ma era anche la mia prima dell’inizio della stagione; delle volte sei proprio un padre di merda. - Disse cupamente, andandosi a sedere su una delle sedie che circondava il tavolo della cucina. 

Sirius sussultò, voltandosi a guardarla, la fronte aggrottata. - Aly, senti… - 

- Lascia perdere. - Lo interruppe lei, gelida. - In compenso allo stadio c’era Piton. -  

Sirius lasciò trapelare un’espressione di fastidio sul suo volto. - E che è venuto a fare? - 

Alya fece spallucce. - Noi di Serpeverde non siamo mai stati granché negli sport, magari, da direttore della Casa, voleva fare il tifo per me. - Disse, disinteressata.  

- Chissà cosa ci trovate tu e tua madre in quello lì. - Borbottò Sirius, togliendo il bacon dalla padella e iniziando a sbattere le uova.  

- Piton è un genio. - Si limitò a dire Alya con un tono ovvio. - Non solo ha salvato il mondo, ma ha anche inventato la cura per la licantropia, non so se mi spiego; solo che tu non riesci a vederlo perché sei ancora accecato dalla gelosia per quella vecchia storia. -

Sirius fece un verso sprezzante. - Sarà anche bravino con quelle sue provette da chimico, ma non è mai stato il tipo di tua madre, quindi non sono geloso. - Ribatté. - A lei piacciono affascinanti e belli. - 

Alya scoppiò in una fragorosa risata. - E allora perché sta ancora con te? - Sogghignò.  

Sirius le lanciò un’occhiataccia, cercando di reprimere un sorriso. - Cosa vorresti dire? - 

- Che stai invecchiando e non sei più tanto bello. - Rispose Alya, guardandolo. 

L’uomo sospirò. Era vero, stava invecchiando, ma spesso se ne dimenticava. A novembre avrebbe compiuto cinquantasei anni, i suoi capelli erano ormai più bianchi che neri e sul suo volto c’erano ormai parecchie rughe. 

Prima che Sirius potesse rispondere, Mina entrò in cucina, seguita da una ragazzina di undici anni, erano già vestite. Nessuno, nemmeno guardandole attentamente, avrebbe potuto pensare che Alya e Phoebe fossero sorelle: mentre la prima aveva i capelli scuri e i lineamenti aristocratici dei Black, la più piccola era gracilina, con il naso e le guance coperte di lentiggini, occhi verdi e i capelli color grano, proprio come la madre. 

Mina si avvicinò alla figlia maggiore e la baciò su una guancia, salutandola. - Di che stavate parlando? - Chiese poi, aiutando Sirius con la colazione. 

- Di Severus, era alla mia partita. - Rispose Alya. 

- E come sta? - Domandò Mina, portando in tavola un piatto pieno di uova strapazzate. 

- Ancora innamorato di te, suppongo. - Disse Alya, per poi lanciare uno sguardo fugace verso il padre, cercando di coglierne la sua reazione.  

Mina alzò gli occhi al cielo, arrossendo. - Non è mai stato innamorato di me, quante volte ve lo devo dire? - Ribatté, alterata. - Inoltre lui ed Abigail Burrows stanno insieme da anni, sono felici e innamorati l’uno dell’altra. - 

- Quei due stanno insieme soltanto perché quella povera donna è rimasta incinta per sbaglio, infatti non si sono mai sposati, come ben sai. - Obiettò Sirius. - Quanti anni ha quell’orribile ragazzino adesso? - 

- Dodici, quest’anno inizia il secondo anno. - Rispose Alya, mentre spalmava del burro su una fetta di pane tostato. - E non è orribile, è un bambino fantastico, talentuoso e molto gentile. Anzi… Phoebe, secondo me dovresti farci amicizia, lui ne avrebbe bisogno. -  

- Lo prendono in giro? - Domandò Mina. 

Alya annuì. - Sì, praticamente non ha nessun amico. - Spiegò. - Il fatto che i suoi genitori insegnino entrambi a Hogwarts non aiuta, inoltre c’è un gruppetto di Grifondoro che l’ha proprio preso di mira. Lo scorso anno hanno fatto sparire i suoi vestiti e poi lo hanno buttato nel lago, davanti a tutti, è stato davvero orribile. -

Mina e Sirius si scambiarono uno sguardo strano, che non sfuggì per niente ad Alya, che prese a guardarli con uno sguardo indagatore. 

Sirius, al pensiero di tutte quelle volte in cui anche lui aveva fatto qualcosa del genere, sentì una strana punta di dolore che lo attraversava, da parte a parte, all’altezza dello stomaco. - Phoebe, devi fare amicizia con il figlio di Piton. - Borbottò quindi. 

- Sì, decisamente devi farci amicizia. - Convenne Mina. 

- Ma che sia solo quello e nient’altro! - Obiettò subito Sirius.

Phoebe, che se ne stava seduta accanto alla sorella, dall’altra parte del tavolo rispetto ai suoi genitori, guardò entrambi con un’espressione perplessa. - E se lui non mi piace? - 

- Te lo fai piacere. - Rispose il padre. 

- È lo studente più bravo di tutta la scuola. - Raccontò Alya. - Fare amicizia con lui ti conviene, credimi. Mi faceva i compiti di difesa contro le arti oscure quando avevo gli allenamenti nonostante fosse solo del primo anno, mentre io del settimo. Sul serio, è un genio, infatti non capisco perché non si difende mai. - 

- Ma Severus devo chiamarlo professor Piton, a Hogwarts? - Chiese Phoebe, cambiando discorso, prima di versarsi del succo di zucca nel bicchiere. 

- Certo, se ti sfuggirà di chiamarlo per nome davanti a tutta la classe probabilmente ti ucciderà. Per non parlare dell’imbarazzo che proverai nell’essere la cocca del professore. Sai ci sono passata. - Rispose Alya. - Ma, dimmi, sei emozionata per lo smistamento? - 

La ragazzina scosse la testa. - No, io finirò in Grifondoro; papà dice sempre che ci può essere solo una pecora nera in ogni famiglia, e che in questa sei tu. - 

Alya guardò Sirius, sconcertata. - Grazie, sei sempre così gentile. - Gli disse sarcastica. 

- Guarda, che non era proprio un insulto, Aly. - Ribatté Sirius, sedendosi dall’altra parte del tavolo. - Ormai ho fatto i conti con questo tuo essere così tanto Black. - 

- Che non è per forza una cosa negativa. - Si affrettò ad aggiungere Mina. 

- Sì certo. - Tagliò corto Alya, storcendo la bocca e alzandosi poi in piedi. - Metto a fare il tea. - Aggiunse, raggiungendo i fornelli. 

Sirius sospirò. Era così complicato avere a che fare con Alya, lo era stato quasi fin da subito, tanto che, spesso, pensava che lei avesse ragione: probabilmente era davvero un padre di merda. 

- Quando arrivano Harry, Ginny e James? Sono quasi le dieci. - Disse Alya, tornando a tavola con la teiera e qualche tazza al seguito. 

Phoebe sgranò gli occhi. - Perché devono venire qui? Non possiamo vederci direttamente in stazione? - Domandò, imbronciata. - Io lo detesto James, si comporta da idiota! - 

Mina e Sirius si scambiarono uno sguardo piuttosto divertito. - Sembra quasi di sentir parlare Lily, vero, Sirius? - Sospirò lei, nostalgica. 

- Non è che un po’ ti piace James, Phoebe? - Chiese Sirius, sogghignando. 

Alya scosse la testa. - A lei piace Louis, è così palese. - Rispose, al posto della sorella. 

- Louis Weasley? - Fece Mina, piuttosto interessata. - Effettivamente è un bel ragazzo. - 

- Veela per un ottavo, ci mancherebbe che fosse brutto. - Rimbeccò Sirius. 

Phoebe boccheggiò. - No! Smettetela, non mi piace nessuno! - Urlò imbarazzata e  indignata, arrossendo vistosamente. - Sapete chi piace ad Alya? L’amico di Ted, Alec Hunt! - 

Alya alzò gli occhi al cielo. - Io e lui stavamo insieme, non è una novità che mi piacesse, stupida idiota che non sei altro, sicuramente non finirai in Corvonero. -  

- Non parlare così a tua sorella, Alya! - La sgridò Mina. 

- Victoire dice che Alya cambia sempre fidanzato e che una volta lei e Teddy l’hanno vista mentre uno di Serpeverde le  metteva le mani sotto la gonna! - Gridò Phoebe, tutto d’un fiato per evitare che la sorella la interrompesse. 

Alya per poco non si strozzò con il succo di zucca, ma poi posò con grazia il bicchiere sul tavolo e si ricompose, assumendo un’espressione di puro e gelido disinteresse. - E quindi? - Disse, scrollando le spalle. - Io posso fare quello che voglio con il mio corpo, e se in quel momento volevo farmi mettere le mani sotto la gonna non è una cosa che ti riguarda, stronzetta repressa che non si altro. - 

- Alya! - La sgridò di nuovo sua madre. 

Sirius, invece, sgranò gli occhi e spalancò la bocca. - Ti sembra una cosa da dire davanti a me, Alya? - Sbottò, pieno di imbarazzo. - Tu sei una bambina, sei piccola, queste cose non dovresti nemmeno lontanamente pensarle! -  

Lei, totalmente indifferente davanti a tanta indignazione, scrollò di nuovo le spalle.  

- E comunque Alec era un bravo ragazzo, carino, totalmente innocuo, molto educato, mi piaceva. - Continuò Sirius. - Perché l’hai lasciato? Mi ha scritto dei messaggi per tutta l’estate, era disperato. - 

Alya aggrottò la fronte. - Tu hai un telefono? - Disse, stupita. - Ma soprattutto… perché tu e il mio ex fidanzato parlate ancora? Questa è una cosa strana, lui non dovrebbe piacerti così tanto, sei mio padre, dovresti odiarlo. - 

- E perché? N    on credo che tu possa trovare di meglio, visto il carattere che ti ritrovi. - 

Alya lo fulminò con lo sguardo. - Sai chi poteva trovare di meglio? Mamma. - Ribatté.  

- Lo credo anche io. - Convenne Sirius. 

- Non essere sciocco, Sirius. - Disse Mina, facendogli un bel sorriso. 

Sirius lasciò sulla guancia di Mina un rapido bacio, e Alya alzò gli occhi al cielo: i suoi genitori erano sempre stati affiatati e innamorati, ma lei proprio non riusciva a capire cosa ci trovassero uno nell’altra: lei era una noiosa dipendente ministeriale del dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici, dove lavorava nel Comitato Scuse ai Babbani, mentre lui passava quasi tutto il suo tempo a cercare di perderlo, dedicandosi a hobby di dubbio gusto come aggiustare oggetti babbani insieme ad Arthur Weasley.  

Il campanello suonò, ed Alya colse l’opportunità per alzarsi da tavola, raggiungendo la porta e spalancandola. Davanti a lei, Harry, sua moglie Ginny e il loro primogenito James, ricambiarono il suo sguardo, facendo dei grandi sorrisi. 

- Ciao, Pulce. - La salutò Harry, entrando in casa. 

- Harry, ho diciotto anni. - Sbuffò lei, alzando gli occhi al cielo. - La smetterai mai di chiamarmi così? - 

- Mai, Pulce, mai. - Disse Harry, divertito. 

- Complimenti per la partita, Alya. - Fece invece Ginny, varcando la soglia. - Io e James eravamo sugli spalti, nella curva giornalistica. - 

- Quella Finta Wronski è stata pazzesca, Alya! - Esclamò il ragazzino, eccitato, varcando la soglia della cucina. - Dopo mi fai un autografo così… ciao, Phoebe! Hey, Phoebe! -  

- Lasciami stare, James. - Obiettò freddamente Phoebe, quando lui cominciò a picchiettare sulla sua spalla, nel disperato tentativo di attirare la sua attenzione. 

- Ma ti ho detto solo ciao! - 

- Bene, adesso che ci siamo tutti, credo che sia ora di iniziare ad avviarci. - Esordì Sirius, alzandosi in piedi.  

Phoebe sgranò gli occhi. - Verrai anche tu? - Chiese tesa.  

- Sì, perché? Non mi vuoi? - Domandò Sirius a sua volta, fissandola crucciato. 

La bambina si morse nervosamente un labbro. - Ci guarderanno tutti. - Rispose. - Harry è Harry, ed Alya… be’, lei gioca nel Puddlemere United, la riconosceranno. Se vieni anche tu sarà anche peggio, ci guarderanno proprio tutti tutti. - Ripeté. 

Sirius guardò entrambe le sue figlie e sentì il cuore stringersi nel petto. L’unica cosa che aveva sempre desiderato per loro era che potessero vivere una vita normale, lontane dagli sguardi indiscreti della gente. Voleva che fossero solo Alya e Phoebe, non Alya e Phoebe Black, le figlie di quello scappato da Azkaban e tornato dalla morte, ma troppo spesso la cosa sembrava impossibile.  

Alya era sempre riuscita a gestire bene la cosa, usandola quasi a suo vantaggio, ma non aveva la timidezza che invece caratterizzava sua sorella più piccola. 

- Phoebe, ma che ti frega se ci guarderanno? - Disse Alya, quasi rassicurante. - Dovresti essere contenta di conoscere Harry e fiera di essere figlia di nostro padre. Insomma, Harry ha salvato il mondo, mentre papà… be’, lui non è che abbia fatto granché, ma è pur sempre sulle figurine delle cioccorane, no? Io sono contenta di essere sua figlia, in fondo. Molto in fondo, ma sono contenta, quindi dovresti esserlo anche tu. - 

Sirius guardò Alya e sorrise, consapevole che quello fosse lo strano modo di lei per dirgli che, nonostante tutto, gli voleva bene. 

 

Nella folla di studenti e studentesse che occupavano il lungo corridoio dell’Espresso per Hogwarts, la bambina cercava disperatamente il volto di suo fratello. Il treno aveva appena lasciato la stazione e stava prendendo velocità man mano che lasciava la città, immergendosi sempre di più nella vasta campagna nei dintorni di Londra. 

Mina sbuffò, avanzando a fatica tra le decine di altri studenti, guardandosi intorno, mentre il cuore che aveva nel petto le si stringeva dalla paura man mano che si avvicinava alla coda della locomotiva. E se Remus fosse rimasto per sbaglio a King’s Cross? Come avrebbe fatto a cavarsela da sola? 

Tra le sue braccia magroline, il grosso gatto dal folto pelo lungo e bianco che le avrebbe fatto compagni a scuola, si guardava attorno con sdegno, infastidito dalla ressa.  

Arrivata all’ultimo scompartimento, ormai quasi arresa, la bambina si affacciò, notando che era occupato da due ragazzini, probabilmente più grandi di lei che, non appena la videro spuntare sulla porta, avevano smesso immediatamente di parlare. Uno era piccolo e smilzo, spettinato e con gli occhiali sul naso, l’altro era più alto, dai capelli neri che gli arrivavano sulle spalle e l’espressione un po’ altezzosa.

- Ciao. - La salutò quello con gli occhiali. - Bel gatto, come si chiama? - 

Mina, che non era molto abituata agli altri bambini, arrossì. - Bowie. - Mormorò. 

Il ragazzino altezzoso inarcò le sopracciglia, sorpreso. - Come il cantante? - Domandò. 

Lei annuì, senza dire niente. 

Fu lui, dunque, a continuare a parlare, rivolgendosi però al suo amico. - Questa estate mia madre mi ha messo in punizione solo perché mi ha beccato ad ascoltarlo. - Disse. 

Mina aggrottò la fronte. - E perché? - Chiese, approfittando di un moto di coraggio. 

Il ragazzo non sembrò molto felice di quella domanda, dunque fu l’altro a rispondere al posto suo: - La famiglia di Sirius è strana. - Spiegò. - I tuoi sono babbani? - 

- Solo mia madre. - Disse Mina. - Posso sedermi qui con voi? Questo è il mio primo giorno e dovrei stare con mio fratello, che è più grande, ma non lo trovo più. - 

Sirius alzò le spalle, totalmente disinteressato, mentre l’alto annuì, facendole cenno di sedersi al suo fianco. - James, comunque. - Si presentò. - E lui è Sirius. - 

Mina gli strinse la mano. - Io sono Mina. Piacere. - Disse.

- In che Casa vorresti finire? - Chiese James, accarezzando la testa del gatto di lei.  

- Grifondoro. Anche se mio fratello dice che finirò in Corvonero, perché sono intelligente e mi piace studiare. - Rispose. - Voi in che Casa siete stati smistati? - 

- Entrambi in Grifondoro. Il Cappello ci ha messo due secondi per scegliere! - Esclamò James. - È decisamente la Casa migliore della scuola, abbiamo la migliore squadra di quidditch e la Sala Comune è la più accogliente del castello. - 

- Allora conoscete sicuramente mio fratello, si chiama Remus. - Disse lei, colta da un'improvvisa illuminazione. - Ma certo, tu sei sicuramente James Potter! -  

Sirius e James si scambiarono un fugace sguardo. - Certo che lo conosciamo, è in camera con noi. - Disse il primo, che adesso la osservava con rinnovato interesse. - Vorresti dirmi che Remus ha parlato solo di James, questa estate, e mai di me? - Chiese, quasi infastidito. 

Mina gli rivolse uno sguardo sprezzante. Quel ragazzino non gli piaceva per niente. - Già. Forse perché James è simpatico. - Spiegò, piena di sottintesi. 

- Ma perché tuo fratello sta sempre male? - Domandò bruscamente James. 

Mina trasalì, gli occhi spalancati. - L-lui ha… soffre di… una terribile forma di una grave malattia p-per nulla contagiosa. - Balbettò, alzandosi in piedi. - Ha l’asma! - 

- Sì, certo. Una brutta forma d’asma che lo colpisce una volta al mese. - Disse Sirius, sarcastico - Io lo so cos’ha Remus. - 

Mina lo guardò, stringendo gli occhi, come se si stesse trattenendo dal prenderlo a pugni. 

- E cos’ha? - Fece James, impaziente. 

- Non te lo posso dire, James; scusa, ma lo dovrà fare lui se mai si dovesse sentire pronto. - Chiarì Sirius. - E comunque a me non importa niente se ha quella cosa. - 

La ragazzina si rilassò, e quasi sorrise. - Davvero non ti importa? - Domandò, incredula. 

Sirius annuì. - Anzi, io credo che sia una cosa da veri fighi.  - Rispose. 

- Oh… - Fu tutto ciò che riuscì a dire Mina in quel momento, prima di sedersi al suo fianco. - Sai, forse ti stavo giudicando male. - Ammise. 

La porta dello scompartimento si spalancò e Remus Lupin apparve sulla soglia. Guardò i tre e poi parve tirare un sospiro di sollievo. - Eccoti qui. - Disse alla sorella. - Per un attimo ho pensato che fossi rimasta a Londra per sbaglio; mamma mi avrebbe ucciso. - 

 

Il binario 9 e 3⁄4 era rumoroso e affollato, abbracci e saluti lacrimevoli erano in ogni angolo del grande binario, gufi e rospi si agitavano indispettiti nelle gabbie o tra le mani dei padroni, e giovani maghi e giovani streghe parlottavano tra loro eccitati per l'incombere di un nuovo anno scolastico. La magia, infine, era l'ultimo elemento caratteristico di quella scena, e aleggiava attorno all'imponente treno a vapore rosso e alle famiglie con invisibile grazia. E non solo la magia scagliata con le bacchette o racchiusa nelle persone, ma la magia presente in ogni particella d'aria che premeva in quel luogo e nei cuori di chi vi era presente. Se ne percepiva in qualche modo il sapore, si notava negli occhi dei ragazzi e delle ragazze che caricavano sul treno i grandi bauli e altri bagagli, le gabbie, prima di saltare anche loro a bordo.

Phoebe si guardò intorno a bocca aperta, seguendo la sua famiglia, Harry, Ginny e James, verso la grossa locomotiva scarlatta che aveva appena acceso i motori, riempiendo il binario di vapore, mentre i gatti giravano indisturbati tra la folla e i gufi si chiamavano a gran voce tra loro. Anche lei aveva deciso di portare con sé un animale, un bel gattone bianco e nero, ma il suo se ne stava chiuso nella sua gabbietta, infastidito da tutto quel baccano. 

Man mano che avanzavano tra folla, gli sguardi della gente cominciarono a rimbalzare da Harry a Sirius ad Alya e viceversa, facendo imbarazzare Phoebe, che prese a camminare con lo sguardo rivolto al pavimento, e il pensiero che tra poco sarebbe salita sulla locomotiva, dove magari sarebbe stata solo una delle tante studentesse del primo anno. 

Finalmente raggiunse una delle porte spalancate del treno e, mentre Alya raggiungeva Ted e Victoire qualche vagone più in là, per salutarli, e sua madre si era fermata a parlare con una sua collega del Ministero insieme a suo padre, Phoebe si ritrovò a guardare James con una certa angoscia. 

- Te la stai facendo sotto. - Le disse James, sogghignando, mentre entrambi guardavano Harry che caricava il bagaglio del figlio sulla carrozza. - Ammettilo, Phoebe: hai paura di partire. -

- Ma piantala. - Ribatté lei, guardandolo malissimo.

Fu allora che Alya si avvicinò di nuovo a loro, questa volta con Ted al seguito e con l’aria di chi aveva qualcosa di molto importante da dire. Phoebe e James guardarono i due ragazzi con un po’ di sospetto, scrutandoli in attesa che parlassero: dire che Alya e Ted fossero agli opposti era di certo un eufemismo. Mentre lei fissava tutti dall’alto al basso, mantenendo quasi sempre un’espressione di altezzosa superiorità che, di tanto in tanto, cedeva al posto ad un ghigno beffardo, lui aveva lo sguardo dolce e malinconico del padre e l’atteggiamento allegro della madre, capace di mettere chiunque di buon umore. 

Alya e Ted si guardarono per un istante, poi lei si infilò una mano in tasca, tirando fuori una vecchia pergamene spiegazzata. - Credo che sia giunto il tempo di passare il testimone, ragazzi. - Sussurrò con urgenza, guardandosi intorno di soppiatto.

- Che ci dobbiamo fare? - Chiese Phoebe, aggrottando la fronte. 

Ted sorrise, tirò fuori la bacchetta e colpì la pergamena dicendo: - Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. - Subito la Mappa si animò, con grande stupore dei due ragazzini. - Ecco a voi la Mappa del Malandrino. - Disse, solenne. 

- Ma papà aveva detto che l’avevate persa! - Esclamò James. 

- Invece eccola qui, adesso è vostra. Tanto Ted la conosce tutta a memoria. - Rispose Alya. - Fatene buon uso, e non dite a nessuno che ve l’abbiamo data. Ma, soprattutto, quando avete finito di utilizzarla, ricordatevi di darle un colpetto dicendo “fatto il misfatto”; altrimenti possono leggerla tutti. - 

La Mappa sparì dalla vecchia pergamena, Alya la chiuse e la consegnò alla sorella, che se la infilò nello zainetto. - Sapete, un po’ mi dispiace non poter partecipare a questa sorta di rievocazione storica dei Malandrini. - Ammise, sospirando. 

- Cosa state confabulando, voi quattro? - Chiese Mina, andandogli incontro. 

- Stavo giusto salutando Ted e dicendo a Phoebe e a James di comportarsi bene e di non farsi mettere in punizione. - Disse Alya, scambiando uno sguardo pieno di complicità con i due ragazzini, che annuirono.  

- Sì, come no, non ti crede nessuno. - Ribatté Sirius, sorridendo, mettendo il baule di Phoebe nella carrozza del treno, con l’aiuto di Harry. 

Mina abbracciò forte la figlia minore, per poi guardarla negli occhi. - Scrivici appena arrivi, facci sapere dello smistamento. - Le disse, tornando a stritolandola in un abbraccio. - Mi raccomando, studia e comportati bene. Sii educata e non metterti nei guai. -

- Divertiti, cerca di fare amicizia già sul treno. - Continuò Sirius. - Andrà bene, vedrai. - 

- E fatti valere ai provini per la squadra di quidditch, altrimenti mi vergognerò di essere tua sorella, dico davvero. - Le disse invece Alya. 

Phoebe annuì in fretta, il viso felice e preoccupato insieme. - Mi mancherete. - Disse. 

Tutti e tre la guardarono inteneriti e poi il treno fischiò, annunciando la partenza. 

- Ti vogliamo bene. - Le disse Mina. - Saluta tanto Severus da parte mia, ricordati di chiamarlo professor Piton quando sarai a scuola. -  

Sirius alzò gli occhi al cielo, ma si risparmiò di ribattere. Abbracciò sua figlia, lasciandosi trapassare dal pensiero di non farla partire, di tenerla con sé, protetta da tutto il male del mondo, ma poi fece un passo indietro e la guardò. - Ci vediamo a Natale. - Disse. 

- Non trattare male James. - Le ricordò Mina, scompigliando i capelli del ragazzo. 

Phoebe annuì e sorrise, poi le porte si chiusero e la locomotiva cominciò a muoversi piano, per poi aumentare via via la velocità fino ad uscire dalla stazione. Phoebe salutò i suoi genitori, Alya, Harry e Ginny fino all'ultimo e poi, si incamminò lungo il corridoio insieme a James e Ted, alla ricerca di uno scompartimento ancora libero. 

Il treno svoltò e l'ultima traccia di vapore svanì nell'aria autunnale. La mano di  Mina era ancora alzata in segno di saluto, quando la solita e conosciuta sensazione di perdita che provava ogni primo settembre la invase. 

Fuori dal binario, salutarono in fretta Harry e Ginny, che dovevano correre a lavoro, e poi seguirono il flusso di gente verso l’uscita. 

- Tu e Ted avete affidato a quei due la Mappa, vero, Alya? - Chiese Mina, poco dopo.

- Avete ancora la Mappa? - Domandò Sirius a sua volta, piuttosto sorpreso. 

La giovane annuì. - Sì. - Rispose, senza esitare. - Gliela abbiamo data, ma non vi arrabbiate: Phoebe è miss perfettina, non si metterà nei guai. Non più di quanto non abbia fatto io. - 

Mina sospirò, fermandosi appena fuori dalla stazione. - Non sono arrabbiata… sono solo preoccupata, come al solito. - 

Sirius sorrise e le strinse la  mano. - Se la caverà. - Disse. 

- Lo so. - Rispose Mina.


“Quello di cui ho bisogno è il dente di leone che fiorisce a primavera. Il giallo brillante che significa rinascita anziché distruzione. La promessa di una vita che continua, per quanto gravi siano le perdite che abbiamo subito. Di una vita che può essere ancora bella.”


Eccomi qui, siamo finalmente giunti all’epilogo. 

Sono contenta. Contenta di aver scritto questa storia, contenta di essere riuscita perfino a terminarla (cosa non scontata, se ci pensate bene), sono contenta anche per il fatto che, alla fine, il risultato ottenuto non mi dispiace. 

Adesso che siamo arrivati alla fine sento un po’ di vuoto, un po’ come quando finisci di leggere un libro e ti senti un po’... orfana, non so se mi spiego. Insomma, mi mancheranno questi personaggi, mi mancherà prendermi qualche ora la sera per scrivere, pensare alla trama durante i momenti vuoti della mia giornata, ma va bene così; magari prima o poi mi sentirò nuovamente ispirata e scriverò qualcos’altro. 

Comunque adesso parliamo dell’epilogo: vi è piaciuto? Lo so, non ho approfondito la faccenda Piton, ma vi basti sapere che, nel piccolo universo di questa fan fiction, è più o meno felice, soprattutto per gli standard di uno come lui. 

Sirius e Mina, dopo qualche mese per riadattarsi uno all’altra, si sono nuovamente incastrati come i pezzi di un puzzle e, nonostante tutto ciò che hanno passato, riescono a compensarsi. Nella mia testa lui ha comprato una cadillac anni ‘70 super eccentrica con cui tenta di vivere quella giovinezza che non ha potuto avere, mentre lei si gode un po’ di meritata stabilità. 

Dopo tutto questo inutile sproloquio direi che vi saluto. 

Fatemi sapere cosa ne pensate, mi rendereste davvero felice; non petendo recensioni dettagliate, ma anche una frase, davvero ahahahah. 

Grazie a chi è rimasto fin proprio alla fine, 

con affetto, 

Clar. 

 

P.s. per chi non se ne fosse accorto, l’ultima frase viene dall’ultimo libro di Hunger Games, mi era venuta nostalgia dei miei quindici anni, scusate! 




 

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