Eragon - Il Ciclo della Fattanza

di AliaLexi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo – Non c'è trucco, non c'è inganno ***
Capitolo 2: *** 1 - Comparsa del sasso maggggggggggggggico ***
Capitolo 3: *** 2 - A Carnevale ogni scherzo vale ***
Capitolo 4: *** 3 - Storie di droga ***
Capitolo 5: *** 4 - Il karma dell'uovo di Pasqua ***
Capitolo 6: *** 5 - Post sbornia e rettili alati ***



Capitolo 1
*** Prologo – Non c'è trucco, non c'è inganno ***


Prologo - Non c'è trucco, non c'è inganno


    Durza puzzava. No. Sentiva puzza, questo si, ma non capiva se era la propria o meno. Erano giorni che lui e qualche centinaio di urgali fetenti attendevano il passaggio degli elfi ballerini. Non avevano avuto tempo nemmeno per una doccia, mannaggia a loro. Arrivare in anticipo è sempre stata una condanna, persino nel medioevo che nemmeno esistevano gli orologi.

    Durza era uno spettro, e - al contrario di Piton di Harry Potter - a lui piaceva molto lo shampoo. Quindi, quando il vento portò al suo naso un lieve profumo floreale di decenza olfattiva, lo spettro sorrise in automatico. Non solo lo shampoo era Gargner doppio utilizzo balsamo integrato, ma soprattutto preannunciava finalmente l'arrivo degli elfi per cui stavano tendendo l'imboscata. Tuttavia doveva essere un'imboscata da veri idioti. Andiamo, nessuna persona intelligente avrebbe mai arruolato soldati tanto puzzolenti. Sarebbero stati sgamati nel giro di due secondi.

    Ma Durza credeva nei suoi uomini. Durza era una brava persona. Siate come Durza.

    Il profumo di shampoo-balsamo-maschera per capelli era sempre più intenso, e lo spettro invidiava a morte gli elfi.

    «Preparatevi.» ringhiò ai suoi urgali «O vi faccio friggere da mia nonna.»

    La minaccia era seria. Le nonne sono tutte brave a friggere cose. Per non parlare di quella di Durza che aveva avuto molti secoli per affinare le sue tecniche culinarie. Gli urgali scattarono, qualcuno parve pure fare più rumore del necessario. Lo spettro sussultò come un gatto rabbioso a quello scalpiccio di legnetti, soffiò contro i soldati cretini e quelli si ritrassero immediatamente. Gli elfi arrivarono appena in tempo per parare il culo degli urgali. La loro comparsa aveva riempito il sentiero col profumo di pulito che Durza tanto bramava.

    La razza dei fighi profumati era la più potente e longeva di tutto il mondo. Potevano avere mille anni e sembrare ancora modelli di Victoria's Secret. Difatti, il primo elfo a passare aveva i capelli neri come la notte ed era armato fino ai denti. Il terzo elfo era ancora più tronista di lui e teneva in mano le armi in modo più figo del primo. Era l'elfa nel mezzo, però, ad attirare l'attenzione di Durza. Spada e arco erano le sue armi, ma teneva in grembo anche una bisaccia che controllava di continuo. Poteva essere shampoo, bagnoschiuma, profumo, balsamo... Oppure una gigantesca pietra pomice.

    L'abbraccio a sorpresa non era più attuabile. Durza voleva assolutamente scoprire cosa ci fosse in quella bisaccia. Si preparò a dare l'ordine. Ma, appena il vento cambiò direzione, anche gli elfi a cavallo poterono sentire il fetore dei mostri che volevano ridurli in polpette. I cavalli impazzirono dal disgusto e per poco non rimisero tutto il fieno elfico a terra. Gli urgali scoccarono tutte le loro frecce carine e coccolose intrise di veleno carino e coccoloso. I due tronisti caddero a terra assieme alle cavalcature (per non impressionare il pubblico diremo che si sono messi a dormire). L'elfa, però, non aveva sonno e si mise a scappare.

    Durza sparò un'onda energetica nella direzione di uno sperone di roccia. Lo colpì e ne ricavò una frana. Bravo Durza, questo ed altro per la pietra pomice. Ma l'elfa era sfuggita anche alla frana, così lo spettro raggiunse un posto alto da cui osservare la foresta. Mentre i suoi urgali setacciavano a terra, il nostro amico ossessionato decise che fosse una bella idea mandare a fuoco tutto quanto, così perchè non si sa mai. Gran parte del suo esercito finì a fuoco. Come ci si poteva aspettare. Però l'elfa fu scovata e catturata con un'altra onda energetica. Peccato che fosse stata in grado di evitarla.

    L'elfa estrasse dalla bisaccia quello che sembrava essere un grosso sasso blu. Con poche parole e la posa di Freddie Mercury sul palco, il sasso sparì dalla sua mano con una sonora musica epica che nemmeno nei film fatti bene. Per Durza ci fu appena il tempo di realizzare che quella era la pietra pomice più preziosa ed esfoliante dell'intero mondo conosciuto. E quell'elfa l'aveva spedita chissà dove senza nemmeno un pelo di cortesia. Poteva solo prestargliela, no? Nel frattempo tutti gli urgali erano morti andando a fuoco. E il povero spettro, per il viaggio di ritorno, sarebbe stato completamente solo, poverello. Così addormentò la cara elfa e la trascinò verso casa. E ora immaginatevelo che parla col corpo esanime di lei mentre se ne va incontro all'alba come i veri cowboy (lo so, i cowboy cavalcano verso il tramonto, ma tralasciate i dettagli haha).

 

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Capitolo 2
*** 1 - Comparsa del sasso maggggggggggggggico ***


 

1 - Comparsa del sasso magggggggggico


    La famiglia di Eragon era povera in canna. Ecco perché, una notte, il nostro mitico eroe era sulle tracce di una cerbiatta nel posto più pericoloso di tutto il suo paese. La Grande Schiena. A sentirla così, nessuno penserebbe mai ad un posto brutto e malvagio, però molta gente era convinta che lì avvenissero cose oscurissime. Non chiedetemi cosa mettevano nella birra, in quella cittadina. Ma comunque nulla di buono.

    La cerbiatta a cui puntava Eragon era insieme al suo gruppetto di amici best friend forevah. Era una povera bestia zoppa che scappava da tre giorni. Quindi capiamo che Eragon era un bullo della natura, se la prendeva sempre coi più deboli. Va bene, avevano bisogno di carne perché l'inverno era alle porte, ma almeno prendi una bestia sana al pari tuo, no? No. Eragon bullo era e bullo è rimasto.

    Aveva trovato di nuovo le tracce dei poveri cervi e cerbiatti, i loro escrementi erano molto familiari all'occhio attento del cacciatore. Anche con le tenebre della notte e gli stupefacienti nel sangue. Che eroe. Crediamo in lui. Raggiunse in fretta lo spiazzo dove gli animali si erano fermati per riposarsi e brucare un po' d'erba in santa pace. Incoccò la freccia e fece i soliti pensieri tragici sul fatto di dover abbattere la preda o sarebbe tornato a casa a mani vuote. E, se fosse tornato a mani vuote, avrebbe sprecato tre preziosi giorni rincorrendo il nulla. Che depressione, ma dopotutto questo era il medioevo. La gente crepava.

    Mirò alla cerbiatta. Altri pensieri tragicissimi. Scoccò. Il "tun" sordo della freccia nel tronco di un albero lo riscosse dalla concentrazione. Non aveva preso un bel nulla. Però la pietra comparsa magicamente con un carinissimo "puff" sull'erba catturò immediatamente la sua attenzione. Per essere un sasso grande come una palla da rugby sembrava anche troppo strano. Era blu con delle leggere e sottili venature bianche che si attorcigliavano sulla sua superficie. Ma Eragon non capì subito che quella era la famosissima pietra pomice, la più pregiata tra tutti i sassi del regno. Per Eragon era un tessssssssssssssoro. Il suo tesssssssssssssssssssssssssssssssoro. Lo portò a casa tutto contento, saltando e camminando esattamente come un nano pazzo facente parte di un'altra saga famosissima.

 

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Capitolo 3
*** 2 - A Carnevale ogni scherzo vale ***


2 – A Carnevale ogni scherzo vale

 

    Eragon stava facendo ritorno a casa. Daje. Stava finendo il cibo. Meno daje.

    Dalla collina dov'era, poteva ammirare il bel paese dove abitava (e no, non è il formaggio). Circondato da montagne e con un fiume che passava attraverso, dirigendosi verso sud. Ma a noi frega nulla del panoraggio. Tanto sapete già che Carnevale, la famosa cittadina, era piena di poveri zozzoni che non vedevano la doccia per mesi.

    Nel pomeriggio, il nostro eroe riuscì a raggiungere il mucchio di case di Carnevale, dove ogni scherzo vale. E giustamente, decise di provare a vendere il suo tessssssssssssssssssoro a un macellaio bastardo. Non aveva ucciso la cerbiatta, quindi tentava di rifarsi con quella pietra pomice che aveva casualmente visto comparirsi davanti. Proprio mentre era sulla catena montuosa più pericolosa e malvagia dei due metri quadrati dove viveva. Bella mossa, genio.

    La macelleria di Sloan era un buco di fogna, anche se meticolosamente pulito perchè il caro proprietario non aveva una vita sociale. Il massimo che poteva fare era starsene al bancone o nel retro bottega a pulire. Tranne in quei rari casi in cui c'erano clienti.

    «Oh guarda, sei sceso dalle montagne per degnarci della tua presenza. Ma non potevi restartene lassù e norire assiderato, per una volta?» Sloan era più bullo di Eragon, e quindi adesso capiamo che essere bulli era l'unico modo per tirare avanti, a Carnevale.

    «Ti voglio bene anch'io, Sloan.» ovviamente il nostro eroe, davanti a questo esempio di stronzaggine, non potè ar altro che abbozzare «Mi dai un po' di carne plz? L'inverno sta arrivando.»

    «Ah si? Vuoi la carne? Te ne dò anche, ma con cosa paghi che sei povero?» lo sbeffeggiò Sloan, facendogli la linguaccia.

    Il nostro eroe intelligente, e soprattutto astuto, schiaffò il sassssssssso sul bancone del macellaio. Non chiedetevi dove lo tenesse prima.

    «Questo ti basta?» ribattè rischiosamente Eragon, guardando male il macellaio stronzo.

    «Oh beh, almeno non sei del tutto inutile.» fece quello, iniziando a camminare verso il retro bottega «L'hai rubata, vero?» sghignazzò.

    «A dire il vero è comparsa davanti a me con un bellissimo "puff". Ha fatto scappare tutti i cervi, dannazione.» Eragon non amava molto il karma.

    «Seh vabbè. E dov'è che l'hai "trovata"?» chiese ancora Sloan, osservando la pietra pomice più da vicino.

    «Hai presente quel posto di cui tutti parlano? Dai, quello maledetto dove vivono tanti stregoni cattivi cattivi e dove la gente muore molto easy... Ecco, lì.»

    Eragon. Sei un genio. Un genio leggermente deficitato.

    «La Grande Schiena....» spirò Sloan, facendosi subito pallido in volto.

    «Grande, fra! Proprio lì!»

    Ti riconfermi essere un genio, Eragon.

    Sloan iniziò ad urlare come un matto, dicendo che non voleva avrre nulla a che fare con quel sasso maledetto e che non avrebbe dato nulla della carne che Eragon aveva chiesto. Una camomilla potrebbe farsela, ogni tanto, però.

    Arrivò la cavalleria a parare il culo ad Eragon (perchè non può crepare al secondo capitolo, eh). In prima linea, nonchè l'unica, c'erano Horst e Katrina. Quest'ultima - figlia del macellaio - si precipitò a preparare una camomilla al padre, mentre Horst - fabbro del paese e quindi palestrato alto tre metri e mezzo - trattava con Sloan.

    «E dagliela un po' di carne. L'inverno è duro per tutti, Sloan.» cercava di convincerlo, poi si rivorse al ragazzo «Quanta ne volevi comprare, Eragon?»

    «Tutta quella che mi sta nello zaino, duh.»

    «Nais. Sloan, fagli il pieno.» lo minacciò il fabbro «Pago io e schiavizzerò Eragon per farmi ripagare il debito. Il medioevo funziona così.» era stra convinto, raga.

    Sloan, cagandosi abbondantemente sotto, ini,iò a preparare degli involti di carne per il mocciosett- ehm, per il nostro eroe. Riempì il suo zaino fino all'ultimo centimetro cubo di spazio e prese il sacchetto di monete che Horst aveva posato sul suo bancone. Poi si ritirò terrorizzato nel retro bottega per bere la sua camomilla.

    «'o sai ch'a mi' zio nun piace l'elemosina.» si lamentò Eragon con Horst, uscendo dalla macelleria. Ma sappiamo tutti che, infondo, era grato al fabbro per avergli parato il culo poco prima.

    «'Nte preoccupà, giovinotto. Mi' fijo se ne va in vacanza 'sta primavera, lo sostituirai tu alla forgia.» Horst era convinto. Peccato che Eragon fosse secco come un fuscello.

    «So secco, zì.» si rese, appunto, conto il ragazzo «Comunque grazie per prima, siete arrivati entrambi al momento giusto.» notò poi, cercando anche Katrina con lo sguardo.

    «No problem, ragazzo. Non ho mai visto Sloan così arrabbiato.» fece il fabbro, incrociando le braccia al petto. O almeno provandoci, era talmente pompato che i pettorali non gli permettevano di serrare le braccia «Sua moglie è morta suicida sulla Grande Schiena.»

    «Ah beh, felicità incredibile...» sospirò il feto sedicenne «Bella zio, torno a casa che se sta a fa' tardi!» e corse via terrorizzato. Trotta-galoppò fino a casa di suo zio. Quello vero.

    Veniamo a sapere di tutta la tragedia dell'abbandono da parte di sua mamma, della morte della zia, della povertà dello zio e tutte altre cose molto allegre che caratterizzano questa storia. E, oh guarda, siamo arrivati!

    La casa era una catapecchia di legno marcilento che stava su per miracolo. Ma Eragon era fiero di poter chiamare casa quel posto. Contento lui. Vivevano molto distanti dalla cittadina perchè, dopo la morte della moglie, lo zio di Eragon ha voluto lasciare la casa dove stavano prima e si rifugiò in quello che un tempo era un fienile. Lo rimisero a nuovo e vi si stabilirono. Bah, alla fine sono gusti.

    Eragon bussò, suo zio aprì la porta e disse già di chiudere la bocca perchè il cugino del nostro eroe stava dormendo.

    «Zì, abbiamo la carne per un bel po' di tempo!» esclamò sottovoce Eragon.

    «Non hai preso nulla in questi giorni, vero?» lo zio, Garrow, era già nel mood di essere lo stronzo. Così come richiedeva l'etichetta di Carnevale, dopotutto.

    «No, ma ho trovat-»

    «E poi come diamine hai fatto a pagare tutta quella carne? Hai venduto un rene? Sei diventato scemo?» Garrow era impazzito, che non accetti elemosine lo sappiamo già «Già è tanto se in sta epoca di merda riusciamo a stare vivi. Tu sei un idiota e vendi un rene per della carne! Sei impazzito di sicuro.» e continuò così per molto tempo, tra l'isteria e la rabbia pazza.

    Solo quando lo zio terminò il suo sproloquio di mezz'ora, Eragon potè parlare.

    «La carne me l'ha pagata Horst, ma in primavera mi potrò sdebitare facendomi suo schiavo nella forgia.» (suona malissimo, tralasciamo) «E poi sulla Grande Schiena ho trovato una cosa...» aggiunse, prendendo la pietra pomice dallo zaino.

    «Hai già provato a sbatterci la testa?» domandò lo zio, osservando la pietra e soppesandola.

    «Credo di si, ma non si è nemmeno fatta un graffio.» rispose il ragazzo.

    «Allora è indistruttibile...» osservò Garrow «Se è quello che penso, potremmo farci molti soldi. Ma dobbiamo aspettare i mercanti per dare un valore a questa pietra.»

    «Daje.» gioì Eragon compostamente. Poi andò a dormire facendo più casino del necessario.

 

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Capitolo 4
*** 3 - Storie di droga ***


3 - Storie di droga


   Eragon si svegliò per merito dei raggi del sole che gli stavano bruciando la faccia. Il nostro eroe sbadigliò e si stiracchiò osservando le spoglie pareti di camera sua. D'un tratto lo colpì la rivelazione che quel giorno era molto probabilmente il suo compleanno. Non se lo ricordava di preciso, dopotutto erano passati ben sedici anni. Apprendiamo il passato tragico del nostro eroe che subì l'abbandono della madre. Che lacrima strappastorie (infatti c'è stato scritto non un libro, non due e nemmeno tre, ma bensì quattro libri. Tutti rigorosamente sopra le 700 pagine... Grande, Paolini).

    Il povero Eragon, quindi, era stato adottato dai suoi zii. Questa cosa mi ricorda tanto un certo mago, ma sarà soltanto una coincidenza. Tornando al nostro eroe, apprendiamo anche che il padre non si era mai fatto vedere. Non l'aveva nemmeno cercato. ALLEGRIA!

    Finalmente il giovane si riscosse dallo stato catatonico in cui era caduto pensando alle cose depresse della sua vita. Decise di alzarsi e andare al catino che aveva in stanza. Si lavò la faccia con l'acqua gelida e si ghiacciò per bene viso e mani come un vero genio. Poi si ricordò per un attimo del suo tesssssssssssssssoro che aveva messo sotto al letto. Recuperò il sasso e lo osservò alla luce del sole, la superficie era liscia come il cervello di un koala. Stava guardando l'oggetto con smania, quasi fosse tutto ciò che lo teneva ancora in vita. Eragon era morboso, e ora lo sappiamo.

    Gli ci volle una mezz'ora buona di contemplazione per ricordarsi che esisteva altra gente dentro quella catapecchia e che, guardacaso, erano suoi parenti. Spinto dal senso di colpa e soprattutto dalla fame, si fiondò in cucina per la colazione. Garrow e Roran stavano mangiando pollo. Di prima mattina. Capiamo che Eragon era scemo poichè cresciuto con gente strana.

    Roran era un bodybuilder, e sì che aveva solo due anni più di Eragon. Era così grosso e muscoloso che doveva per forza prestare attenzione ad ogni cosa che faceva per non distruggere tutto. Non per nulla la loro casa era sempre da aggiustare in qualche punto.

    «Yo, sono felice che tu non sia morto!» esclamò Roran al cugino «Com'è andata la caccia, bro?»

    «Una merda, fra. Ho recuperato soltanto un sasso enorme...» rispose Eragon, trattenendosi dal dire "il mio tesssssssssssssssoro" ad alta voce. Sarebbe parso un idiota.

    «Non ci nutriamo di minerali, bro...» si lamentò il maggiore «Che aria tossica tirava sulle montagne? Ti sei drogato prima di catturare un sasso?» scherzò ridendo, finendo il suo pollo (farvi un caffè no, eh. Troppo da ricchi. Almeno una cacchio di minestra... Ma non il pollo a colazione, vi prego.)

    Eragon aveva fame, e soprattutto era uno zotico cresciuto tra zotici, quindi si mise ad azzannare anche lui un pezzo di pollo mentre il cugino parlava.

    «Mo' Garrow te racconta, zì.» fece il nostro eroe tra un boccone e l'altro. Poi il povero Garrow raccontò tutto l'accaduto e il fallimento stratosferico di Eragon a caccia.

    «Però ha preso un sasso enorme.» lo giustificò il vecchietto «Ma davvero enorme! Ci possiamo fare molti soldi!»

    «Famme vedé, zì, peppiacere.» lo supplicò Roran con ancora un pezzo di pollo in bocca.

    «Viè.» lo invitò garbatamente Eragon, lasciando il povero volatile a metà nel piatto.

    Andarono in camera del nostro eroe e la pietra pomice fu rivelata al terzo e ultimo povero della catapecchia. Era come se dei topi avessero trovato e aperto un baule d'oro. L'ora seguente Roran si complimentò col compare senza sosta. Poi se ne fregò altamente.

    «Yo, ehm... Hai parlato con Katrina, fra?...» chiese imbarazzato.

    «Non ce sò riuscito, bro, me spiace.» si scusò Eragon «Stava per picchiare a morte il macellaio che stava per picchiare a morte me. È troppo tosta, bro.» mentì il ragazzo, nascondendo al cugino che l'unica arma di Katrina era la capacità di fare tisane e camomille.

    «Hehehe, modestamente lo so.» si vantò il palestrato bodybuilder con un ghigno compiaciuto sul viso.

    «Però l'ho detto all'altro palestrato del villaggio, sai, no? Quello che ha la forgia e che ieri mi ha parato il culo in modo assurdo.» fece il nostro eroe.

    «L'HAI DETTO A HORST?!» sbraitò Roran diventando rosso dalla testa ai piedi «TU SEI FUORI DI TESTA, I MIEI DRAMMI ADOLESCENZIALI NON SI TRATTANO IN QUESTO MODO! IRRISPETTOSO.»

    «Bro, chill. Quello non è uno che sparla tanto in giro come te.» cercò di tranquillizzarlo Eragon, più perchè sentiva già la catapecchia tremare pericolosamente a causa delle grida disperate del cugino.

    La discussione terminò. Roran non voleva parlare con l'eroe fallito, ed Eragon non voleva far crollare la casa cercando di esporre le sue ragioni al cugino imbottito di riso, pollo e steroidi. Tornarono in cucina per finire di mangiare la loro colazione dei campioni con la compagnia dello zio catatonico e poi si fiondarono a zappare la vigna tutti insieme appassionatamente.

    Tutto quello che c'era da raccogliere lo raccolsero, non senza distrarsi tirandosi pacche sulla nuca a vicenda e prendendosi felicemente per il culo. Raccoglievano una zucca e si facevano smorfie. Con un pugno di barbabietole avevano l'onore di tirare un calcio nelle palle ad una persona a loro scielta. E via così. S'intrattenevano, dato che ancora non esisteva la radio, né tantomeno le canzoni napoletane da cantare a squarciagola durante i lavori nei campi. Una volta raccolto tutto, tornarono in casa e iniziarono a stipare i vari ortaggi in vasetti di conserve o a fare sughi alquanto maleodoranti con cui condire il loro stramaledetto pollo della colazione.

    Nove giorni dopo venne giù l'ira di Galbatrony sottoforma di potente bufera di neve perchè si. Tutto di colpo. Così fa meglio.

    Dopo qualche giorno di nullafacenza passato davanti al camino, la bufera interminabile - stranamente - terminò. Il panoraggio esterno era una distesa infinita di bamba, ma per ragioni narrative Paolini l'ha chiamata "neve". Diffidate dal libro originale, sono solo menzogne.

    «Ah, ragazzi...» sospirò il vecchio zio catatonico del nostro eroe «Quest'anno non arriveranno erranti, il tempo fa troppo schifo. Dovremmo aspettare ancora un po' per esserne certi, ma sono già convinto che non arriveranno affatto.»

    «Quindi?» domandò ignaro il palestrato Roran.

    «Quindi saremo costretti a mangiare il pollo gommoso e secco che ci vende Sloan...» si rassegnò Garrow «O i polli tutti ossi che cattura Eragon.»

    «Ma zio, io ho un'idea pe-»

    «Stai zitto tu che l'ultima volta che hai avuto un'idea hai quasi buttato giù tutta la casa.» lo spense il vecchissimo, rientrando in casa.

    Tornarono tutti in "casa" e si arresero all'attesa. Si parlavano sempre meno, bevevano più caffè del normale, continuavano a mangiare pollo a colazione, Roran e lo zio Garrow stavano per mettere mano alle loro riserve di allucinogeni pur di non ascoltare quello che il nostro eroe aveva da dire...

    Quando l'ottavo giorno, udite udite, gli erranti non erano ancora arrivati. Così si prepararono per andare a comprare i polli marci da Sloan. Impacchettarono roba da vendere ed Eragon portò il suo tessssssssoro per capire quanti money potevano guadagnarci. Per dire addio al sasso, il nostro eroe s'incantò da solo e rimase ad osservarlo per ore intere mentre gli altri due facevano il resto. Eragon scansafatiche.

    Roran notò questa strana ossessione, anche se per pochi attimi. Però oramai era arrabbiato col cugino, così lo spedì sul sentiero per vedere se i fattoni chiamati erranti fossero passati. Eragon, a malincuore, andò fuori e vide delle impronte sul sentiero.

    «LA BAMBAAAAAAAAAAA!» gridò di gioia tornando in casa, e tutti si rimisero al lavoro per impachettare quello che mancava. Si, "la bamba" era il segnale per dire che gli erranti erano arrivati. Non fatevi domande.

   La sovreccitazione che quel messaggio in codice aveva scatenato durò incredibilmente fino all'alba del giorno dopo. Impachettarono qualsiasi cosa: mobili, stoviglie, i polli secchi di Sloan da barattare con almeno qualche cartina. Tutto.  Garrow ci tenne anche a portare i propri risparmi di un anno. Le monete le mise tutte in una saccoccia che appese in bella vista alla cintura. Sembrava fatto apposta perchè la gente potesse rubargli tutto. Una famiglia di geni.

    Il tesssssssssoro di Eragon venne nascosto e posizionato tra gli oggetti più morbidi che avevano portato. L'eroe era preoccupato di scalfire la preziosissima pietra. Pffffff, se era sopravvissuta alle sue testate poteva sopravvivere a tutto.

    Dopo una frettolosa colazione - ovviamente a base di quel loro stramaledetto pollo - salirono finalmente sul carro, diretti a Carnevale dove ogni scherzo vale. E una volta entrati nella strada maestra si resero conto di quanti erranti spacciatori fossero già arrivati. Perchè si, non venivano a vendere solo carne buona e spettegolezzi dalle altre città.

    Era passato mezzogiorno quando i tre sfigati barboni raggiunsero il villaggio. Le periferie e i pochi punti che non erano stati occupati da case ospitavano tende di ogni tipo e colore. Un pugno in un occhio vero e proprio dato che contrastavano malissimo con la neve e l'una con l'altra. Alcuni intelligentissimi erranti avevano portato le tende quelle flash della decathlon (no product placement, non mi sponsorizzano per sparare cagate, sigh) perchè erano troppo pigri per piantarsene una fatta bene. Altri avevano pensato che una tenda rosa fluorescente fosse stata ottima per attirare clienti di giorno e lupi affamati di notte.

    Carnevale faceva schifo. La neve era tutta sciolta e aveva formato in più punti delle patine di ghiaccio dove la gente andava a morire dolorosamente. C'era fumo ovunque per via dei falò dove le persone si scaldavano, e anche per i cannoni che alcuni si stavano fumando. C'era odore di erba dappertutto.

    Ritrovato il brio della sera prima grazie al fumo passivo, Garrow legò cavalli e carro ad un palo di sosta appena fuori dal villaggio. Trasse dalla saccoccia qualche moneta che diede ai due giovini.

    «Compratevi erba di qualità, mi raccomando. Roran, fai quello che vuoi e fuma quello che vuoi, appena hai fame ci vediamo da Horst. Eragon, prendi il sasso magico e vieni con me.» tutto questo lo comunicò raucamente e in pochissimi secondi manco stesse rappando. Tirava aria forte, da sballo praticamente.

    Eragon fece un gran sorriso a Roran e s'infilò il denaro in tasca: sapeva già come spenderlo. Non potreste nemmeno immaginare la quantità di spacciatori che il nostro eroe aveva conosciuto nell'arco della sua breve e futile vita a Carnevale. In pratica conosceva tutti gli erranti. Ma il migliore era uno che viveva direttamente al villaggio tutto l'anno. Va bene, va bene, non spoilero.

    Roran se ne andò via a pugni chiusi e faccia seria. Lui reagiva diversamente alla droga.

    Lo zio Garrow, nonostante la vecchitudine, riuscì a trascinare l'eroe sfigato nella calca di trocati che era Carnevale. Il villaggio era totalmente irriconoscibile dal solito: la gente sorrideva e socializzava, le bancarelle erano colorate - male ma erano colorate - e i bambini avevano abbastanza energie per correre e giocare per merito del cibo migliore portato dagli erranti. In parte era anche merito della bamba, ma non diciamolo.

    Strisciando a terra come uno straccio, Eragon notò che molti degli erranti spacciatori avevano AK-47 tracolla, le donne portavano pugnali tra le pieghe dei vestiti e i bambini erano magrolini e denutriti. L'eroe giustificò il tutto pensando che facevano parte di una storia dark fantasy con gente cattiva e cose disgustose. Garrow continuava a trascinarlo tra la gente in cerca di qualcuno per valutare la pietra, fregandosene altamente se il nipote fosse vivo, morto o temporaneamente ibernato.

    Il valutatore in questione, pur chiamandosi Merlok, non era un pennutok (con mio estremo disappunto, devo dire). Era uno di quelle persone che prenderesti a pugni solo perchè esiste. Pizzetto, faccia da schiaffi, gioielli a cascata da vendere a gente con pochi soldi e tanto disprezo nell'anima. Tuttavia abbiamo ormai imparato a conoscere Carnevale, e se si voleva sopravvivere lì bisognava essere bulli. Merlok se la cavava bene perchè era un infido bastardo. Con affetto, ovviamente.

    Erano talmente tante le donne di Carnevale intorno a quella bancarella che zio e nipote dovettero addirittura aspettare che se ne andassero. Non facevano più i mercatini di una volta.

    Quando Merlok ebbe un attimo di pace dalle svampite signore di mezz'età accecate dai brillocchi, si vide arrivare questi due buzzurri alla bancarella. Per qualche secondo ebbe una crisi esistenziale, ma tornò presto coi piedi per terra.

    «Amici, scusate, ma non vendo droga.» disse semplicemente «Posso darvi gioielli, rose d'oro e argento, diamanti e roba varia.»

    «Non siamo qui per comprare ma per vendere.» borbottò Garrow con sguardo duro.

    «Ah, quindi l'avete voi la droga?» Merlok non era certo un genio, ma si era capito «Scusatemi nuovamente, ma io non...»

    «Fagli vedere, Eragon.» ordinò il vecchissimo al nipote.

    «Abbiamo un sasso!» disse quello orgogliosamente, estraendo da non so dove il suo tessssssssoro. Inevitabilmente attirando l'attenzione della gente attorno a loro. Un genio.

    Uno scapellotto da parte di Garrow teletrasportò tutti e tre nella tenda della decathlon di Merlok. Era subito dietro la bancarella, quindi è plausibile.

    «Valutala.» disse di nuovo il vecchissimo rivolto al mercante. Gli porse il sasso e tirò un altro ceffone ad Eragon perchè se lo meritava. 

    Merlok, pover'anima, si arrabattò per cercare gli arnesi che gli servivano allo scopo. Estrasse un involto di cuoio da un angolo buio della tenda e lo srotolò. Al suo interno c'era un intero set da manicure e pedicure, tutte forbicine diverse, pinzette, smalti e cose varie.

    «Ops, hehe... Ho sbagliato.» si scusò brevemente per poi rituffarsi nel casino della sua tenda. Ne riemerse con tutti gli altri involti di cuoio che possedeva. Eventualmente trovò quello giusto e ne estrasse un martelletto in legno. Picchiettò gentilmente la pietra ma quella non subì nulla. Prese un martello leggermente più grande e testò nuovamente la resistenza del sasso. Quello non subì nulla. Fu il turno di un martello da carpentiere. Stessa reazione: nessuna. Merlok si accanì sul sasso magico perchè voleva aprire il suo dannatissimo uovo di Pasqua. Prese un martello da forgia e un'incudine (che per qualche strana legge della fisica riusciva a stare in un rotolo di cuoio). Battè fortissimo quel sasso, ma nulla. Solo un fischio acutissimo.

    «È indistruttibile.» constatò pizzetto-man restituendo la pietra ai proprietari.

    «Questo lo sapevamo già grazie alle sue testate.» ribattè Garrow indicando il nipote col pollice «Vogliamo che ce la valuti.»

    «Quindi voi non conoscete il valore di quest'oggetto assai curioso?» domandò l'altro, massaggiandosi il pizzetto. Merlok era duro a capire e ora lo sappiamo. Garrow si rifiutò di rispondere perchè non aveva voglia di perdere tempo, quindi il mercante continuò a parlare «Beh, nemmeno io so quanto vale sta roba e non ho la minima voglia di portarmela in giro per Allergeni soltanto allo scopo di scoprirlo.»
    
Fair point, bro.

    Garrow si riprese il sasso e lo restituì a Eragon, il quale era visibilmente in estasi nel riavere il suo tesssssssssssoro.

    «Giusto una domanda, se posso permettermi.» continuò Merlok che quel giorno si era alzato con l'intento di rompere le scatole «Dove avete trovato sto agglomerato di minerali?»

    «Sulla Grande Schiena.» rispose Eragon, ancora intontito dal vario fumo passivo che si respirava fuori.

    «Freganulla, sapete perchè noi erranti siamo arrivati tanto tardi quest'anno?» riprese il mercante. Gli altri due alzarono le spalle perchè a loro fregava poco, sinceramente, della questione.

    «Avete trovato una nuova droga?» ipotizzò Garrow, interessato abbastanza da chiederlo ma non così tanto da pensare di dover provare in assoluto i nuovi stupefacenti.

    «Nah, siamo arrivati tardi solo perchè Galbatrony ha fatto capricci quest'anno.» rispose Merlok alla propria stessa domanda «Quel pazzo di un sovrano ha avuto cali affettivi e si è messo a chiamare gente da tutta Allergeni solo per un concorso di abbracci. E sta cosa ha rallentato il nostro spacciare felicemente per le città.»

    «Bella fra, chissene.» ribatterono educatamente zio e nipote uscendo dalla tenda e mostrando un velato dito medio a Merlok.

   Garrow non credeva a quello che aveva detto il mercante. Aveva vissuto abbastanza a lungo da sapere che i mercanti raccontano balle a tutti pur di vendere di più. E chiamali scemi. Lo zio spedì il nostro eroe nella calca della gente e lo lasciò libero a suo rischio e pericolo. Oramai aveva sedici anni, doveva imparare a socializzare e cavarsela da solo. Tuttavia vediamo il caro sedicenne sperperare i suoi averi in troche e dolciumi allucinogeni. Ah, questa gioventù.

    Il nostro eroe, dopo aver fumato di tutto ed essersi ingozzato di acidi, si perse a pensare a quella sera. Con gli erranti spacciatori arrivavano anche i fattoni cantastorie. Noi abbiamo le sagre con una marea di giostre meccaniche, loro avevano della gente che raccontava Netflix. E non pagavano la rata mensile. In verità a Carnevale avevano già un fattone, ma i suoi deliri erano diventati monotoni e prevedibili. I fattoni degli erranti passavano il resto dell'anno a provare tutti gli acidi di Allergeni, quindi quando arrivavano a Carnevale erano freschi e pronti con nuove allucinazioni da raccontare a tutti. Si, andavano ad aggiornare l'algoritmo, in pratica.

    Le fantastificazioni del nostro eroe vennero lanciate nel cesso a seguito del passaggio di Sloan. Uno Sloan arrabbiato e irritato perchè nessuno voleva più comprare i suoi polli marci. Eragon lo schivò prontamente e si fiondò nella taverna di Morn, un altro palestrato alto tre metri che faceva la birra corretta per tutta Carnevale.

    Nella taverna c'erano alcuni mercanti che avevano svenduto in anticipo tutti i loro averi e in quel momento se la stavano spassando. Raccontavano dei cali affettivi di Galbatrony e del concorso di abbracci. Ma grazie all'aiuto della magica birra di Morn, le loro storie iniziavano a dilungarsi in dettagli poco credibili. Parlavano di una fazione ribelle chiamata Pollice Verde che non voleva sprecare tempo nell'andare a trovare Galbatrony per il concorso. Anzi, questi Verdi avevano addirittura fatto il pollice in giù al sovrano di Allergeni, e questo se l'era presa a male, giustamente. Quindi era probabile che di lì a poco ci sarebbe stata una guerra di qualche tipo. Daje così.

    «Bella fra!» esclamò Morn salutando Eragon «Come butta?»

    «Bah, nulla de che, bro.» fece lui, alzando spallucce «Che stanno a raccontà quei pazzi? Ancora la storia di Galbatrony che fa i capricci?»

    «Già, ma si stanno inventando di quelle robe assurde sui Pollici Verdi e sulla guerra.» mugugnò l'armadio pulendo un boccale di birra «Mah, valli ad ascoltare tu, io ho una taverna da portare avanti e non posso stare ad ascoltare le loro immense cagate.» e detto questo, Morn se ne scappò dietro al bancone per servire altra gente. Dopo aver fumato tanto, un po' di fame la si sentiva.

    L'eroe restò giusto il tempo di far partire una rissa così per gioco. Poi, appena prima che la gente iniziasse a pestarsi violentemente e a lanciarsi sedie a vicenda, Eragon uscì sbattendo la porta della taverna. Quanta educazione.

    Mentre Eragon tornava per la via principale, intravide il cugino palestrato in un vicolo che parlava con Katrina. La poveretta doveva piegare il collo in modo innaturale per guardare in faccia Roran tanto era alto e armadioso, ma questi sono dettagli. I due si scambiarono qualche ultima frase e conclusero con un bacettino carino. Poi il bodybuilder raggiunse a passi veloci il cugino.

    «Te piace spià, nè?» domandò il maggiore con evidente accento strano perchè si.

    «Beh, anche Sloan non è che ci sia rimasto tanto bene.» commentò Eragon riferendosi ai bacetti della coppietta.

    «Mi ammazzerà nonappena saprà che mi faccio allegramente sua figlia, non è vero?»

    «E me lo stai pure a chiedere?» ribattè l'eroe tormentato «Ti devo forse ricordare che quello è un macellaio?? Non credo abbia mai venduto carne umana, ma con te potrebbe addirittura iniziare.»

    «Grazie per l'ansia, bro.»

    «Di nulla, fra.»

    La cena a casa di Horst era buona, eh. Fiumi di alcolici e portate succulente vennero servite fino a quando tutti gli ospiti non furono più in grado di camminare. Rotolando tutti insieme appassionatamente, ripercorsero la strada principale fino ad uno spiazzo che era stato adibito ai racconti dei fattoni cantastorie. Dei pali con in cima delle candele erano stati disposti in cerchio e la gente iniziava già a prendere posto nell'area circoscritta.

    Eragon e Roran dovettero fare a botte con qualche moccioso sotto ai dieci anni per accaparrarsi i posti in prima fila com'era loro abitudine da oramai troppo tempo. Sfortuna per quelli dietro a Roran perchè, grosso com'era, impediva la visuale a tutti i nani ignoranti alle sue spalle.

    I fattoni cantastorie erano tutti vestiti con roba colorata e ovviamente abbinata male. I più grandi nomi della moda avrebbero urlato di terrore a quei pezzi di stoffa buttati a random addosso. Però almeno le storie erano comiche e molto funny, quindi la folla gradì immensamente quelle ore passate al freddo, seduti sulla neve e di notte.

    Fu solo quando le candele stavano ormai finendo la cera a disposizione che Brommo, il mitico fattone di Carnevale, fece la sua entrata. Era un vecchissimo antico, barba bianca che arrivava alle ginocchia, un mantello con strascico comprato da Zara e una gobba da competizione. Iniziò a raccontare il tutto con voce rauca, bassa e incomprensibile a tutti tranne a quelli in prima fila.

    «Voi credete che i Volatori di Lucertole Alate non siano mai esistiti. E invece ci sono stati, gne gne. Prima che i vostri bisnonni potessero nascere, i Volatori sorgevano e proteggevano le terre. Gli elfi ci vendevano l'erba magica, i nani bevevano la birra insieme a noi e tutti eravamo felici. Ma quando Galbatrony apprese i segreti dei Volatori e diventò il migliore della combricola, iniziarono le disgrazie di tutta Allergeni.

    «Volò in degli accampamenti Urgali con altri suoi amici della gang e l'intenzione di ammazzare tutti. Il posto era freddo, ma così freddo che il sole estivo non aveva sciolto nemmeno un po' del ghiaccio che copriva quelle terre. Galbatrony sarà pure stato un genio, ma non aveva un istinto di sopravvivenza tanto sviluppato.

    «Una notte, lui e i suoi best friends forevah vennero passati a fil di spada e messi a dormire. Loro e rispettive lucertole magiche. Solo Galbatrony sopravvisse - perchè aveva bevuto molto caffè nelle ultime ore - e tornò a comprare un nuovo animale volante, solo che la gente più intelligente di lui non gli concesse di ripetere da capo gli stessi errori.

    «Si fece tutta la strada a piedi perchè gli piaceva camminare. Rischiò un paio di volte di morire di fame, ma sfortunatamente qualcuno si preoccupò di aiutarlo. Per colpa di quelle persone gentili ora ci troviamo con un re pazzo psicopatico, dannazione.

    «Dopo la richiesta scomoda di una seconda lucertola alata, Galbatrony perse ogni neurone sopravvissuto. Impazzì talmente da uccidere due persone importanti che nessuno ricorda. I Volatori lo braccarono per anni, ma non potevano trovare un uomo che era diventato l'ombra di se stesso. Soprattutto se questo si nascondeva in posti bui. Come fai a trovare un'ombra al buio? Ecco, i Volatori, nonostante la magia, non seppero scovarlo.

    «Galbatrony, però, era anche un manipolatore bastardo, quindi trovò un Volatore idiota tutto muscoli e niente cervello che potesse tenergli aperti i cancelli della città delle lucertole magiche. Sto pazzo masochista manipolatore stronzo entrò nella città e si arrubbò un uovo di lucertola, poi fuggì. Assieme al suo nuovo amico-schiavo Mortan, quello che gli aveva aperto i cancelli, e alla lucertola, Galbatrony fu nuovamente uno stronzo assassino in piena regola. La bestia volante la chiamò Cane, tali erano i livelli di pazzia del nostro attuale re.

    «Nonappena ebbe insegnato a Mortan tutti i cheat per diventare un Volatore malvagissssssimo, Galbatrony iniziò a volare per Allergeni uccidendo ogni singolo Volatore che trovava. Altri dodici Volatori si unirono alla gang di bulli perchè volevano abolire i costi delle macchinette e per altre questioni che, secondo la loro mente malata, si potevano risolvere solo grazie all'uccisione di gente.

    «Una battaglia epica prese luogo e tutta Allergeni combattè contro quei quattordici ritardati con manie di grandezza. Alcuni caddero, ma c'era poco budget quando hanno girato quello scontro, quindi i cattivi overpower vinsero senza problemi. Galbatrony, uccidendo l'ultima persona intelligente rimasta, si autoproclamò re di sto pezzo di schifo che chiamiamo casa. E da allora ci schiaccia sotto il suo tallone puzzolente.»

    Il delirio depresso di Brommo il maggggico terminò così. Lui e gli altri fattoni si ritirarono nelle tende a indicare che lo spettacolo era finito. Eragon giurò di aver visto il vecchissimo lacrimare per un attimo, ma era troppo buio per capirlo con certezza. Sarà stato a causa della grossa dose di allucinogeni, oppure era allergico alla neve. Nessuno lo sa.

    Garrow raggiunse i due bambinoni in prima fila e disse ad entrambi:

    «Boia raga, sta storia non la raccontava da secoli. Aveva anzi giurato di non raccontarla mai più. Forse gli erranti stavolta hanno trovato qualcosa di davvero buono nei loro viaggi..... Devo assolutamente provarlo, venite con me?»

    «Daje.» cconsentirono entrambi all'unisono, alzandosi da terra.

 

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Capitolo 5
*** 4 - Il karma dell'uovo di Pasqua ***


4 – Il karma dell'uovo di Pasqua

 

    Eragon quella sera, di ritorno dalle storie di Brommo il fantastico, si sentiva molto piccolo scienziato. Quindi decise di prendere martelli di diversa taglia e materiale per picchiare a morte il sasso.

    Questi abusi psicologici, il tessssssssssoro, non poteva sopportarli. Aiutatemi a firmare petizioni sulla pace per i minerali, vi prego.

    Il sedicenne confuso iniziò impugnando un martello di legno e picchiettando """delicatamente""" il sasso. Si udì un suono argentino e, come aveva detto Merlok quel pomeriggio, probabilmente la pietra era cava. Per questo pensava che dentro ci fosse la sorpresa come nelle uova di Pasqua. Money? Troca? Giocattolini di plastica da assemblare e che poi andranno persi dentro l'aspirapolvere? Troppe possibilità.

    Eragon cambiò martello e ne prese uno da carpentiere, ma il suo era moooolto più vecchio e inutile del martello che aveva utilizzato il mercante. Quindi il suono che ne uscì questa volta faceva schifo. L'eroe ne fu diludendo. Prese l'ultimo martello che aveva a sua disposizione e lo picchiò fortissimo contro la pietra. Un'esplosione sonora di una tale acutezza da spaccare i timpani ad un sordo si propagò per tutta la catapecchia e anche oltre.

    Il fischio insopportabile svegliò gli animali nella stalla e fece impazzire Roran qualche stanza più in là. Il cugino dell'eroe si svegliò a sua volta e prese subito a picchiare le pareti che lo confinavano in camera. Gli steroidi che facevano nel medioevo non funzionavano tanto bene, si vede.

    Eragon controllò la pietra. Nessun graffio, nessuna ammaccatura, nulla. Come ultimo test voleva sbatterci la faccia, ma lo considerò come un impatto troppo violento, specie dopo tutte quelle martellate. In più aveva già svegliato tutti. Decise quindi, saggiamente, di andare a dormire. Posizionò la pietra su di uno scaffale e si seppellì sotto le coperte, ronfando sonoramente.

TWO HOURS LATER

    L'eroe venne svegliato sventuratamente per via del karma. Continuava a sentire uno strano ticchettìo, uno scalpicciare forse proveniente da fuori della sua stanza. Non aveva voglia di alzarsi, quindi tornò a ronfare. Tuttavia tenne stretto in mano un pugnale che aveva sempre sotto al cuscino in caso di assalti da parte di cocainomani impazziti.

ONE HOUR LATER

    Ancora scalpiccii, ancora ticchettii. Stavolta Eragon dovette alzarsi perchè a lui il karma non piaceva e doveva dirlo in un comunicato stampa. Raccolse un megafono da terra mentre si dirigeva alla porta della stanza, pronto a dare l'annuncio.

    Aveva spalancato la porta e i polmoni erano già rigonfi di fiato per urlare, ma non vide nulla. Un po' perchè era buio e un po' perchè davvero non c'era nulla a fare casino lì fuori. Dopo un momento di visibile rompitura di scatole, l'eroe rientrò in stanza chiudendosi la porta alle spalle. Lanciò a terra il megafono e si ributtò a dormire.

    Non fece in tempo nemmeno a comparire un altro meme di Spongebob a segnare quanto tempo fosse passato, che l'eroe udì nuovamente gli stessi rumori.

    Questa volta non potè far altro che starsene seduto a letto, pugnale in mano e il sasso magico in grembo per calmarsi. Aspettava la sua eventuale fine. Sapeva che trocarsi ad un'età così giovane portava conseguenze, ma non credeva fosse necessariamente un assassino che scompariva nelle ombre di casa sua che lo avrebbe portato alla morte. Il nostro eroe era troppo preso dalla scaga per accorgersi subito che non c'erano assassini ninja nella catapecchia. Non erano nemmeno insetti o lo zio sonnambulo che andava a sbattere sulle pareti dei corridoi. Era il sasso che teneva in mano.

    «DANNATA PIETRA! PRIMA NON VALI UNA CIPPA,  ADESSO MI TIENI SVEGLIO ANCHE LA NOTTE?!» sbraitò quello, lanciando il suo tessssssssoro a terra. Tanto ormai erano tutti svegli. Tranne Garrow che per poco non morì di crepacuore per essersi svegliato nel bel mezzo di un doppio carpiato in aria che stava facendo da sonnambulo.

    Il sasso non rispose al tragico sfogo di Eragon. Era un sasso, e i sassi non parlano. Per ora.

    La pietra rotolò per un paio di piedi verso la porta della stanza, capitando casualmente nell'unica zona illuminata dalla luce della luna che filtrava dalla finestra. Era sotto ai riflettori e per poco non partì un musical fantastico con coreografie e canzoni disagiate.

    Ancora quel rumore di rametti rotti e termiti che si mangiano il legno, ma questa volta era tutto più intenso. Il sasso si crepò. Prima una, poi due, tre crepe. Ne spuntò una cosa nera e viscida. Un topo? Un pipistrello? No, faceva molto più schifo. La creatura uscì da quello che Eragon ipotizzò dovesse veramente essere l'uovo di Pasqua, e se ne scappò alla finestra. Alla luce diretta del satellite naturale del pianeta Terra, le forme si tagliavano molto più nettamente. E il sedicenne complessato ne rimase stupito, un pelo schifato ed enormemente in botta. Era una lucertola magica. (Maestro, musica epica per cortesia. *Parte musica epica sparata a palla*)

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Capitolo 6
*** 5 - Post sbornia e rettili alati ***


 

5 - Post sbornia e rettili alati





   Non era passato nemmeno un minuto da quando l'uovo di Pasqua si era schiuso che la lucertola iniziò a fissare l'eroe nell'oscurità. Nemmeno un giorno di vita e già stalkerava. Precoce.

    Tuttavia Eragon non era così interessante. Era solamente un sedicenne spaventato in pigiama. La bestia volante perse subito la voglia di osservare quella stupida faccia sbigottita e cominciò ad esplorare la stanza.

    

    Il rettile era della grandezza di un gatto adulto. Sperando che non avesse anche lo stesso carattere stronzo, il feto sedicenne si avvicinò per osservarlo meglio attraverso lo stramaledetto buio. Ma accendersi una lampadina? Una candela? No, eh?

    La lucertola aveva le scaglie color blu, gli occhi color blu, le ali color blu, le zampe color blu e la coda color blu. Eragon era un genio. Identificò l'animale come di colore blu. Daje. Come avesse fatto a capirlo nel pieno della notte resta un mistero.

    Il problema era che le uniche cose non blu del gatto non gatto erano artigli, zanne e spine che armavano quel minuscolo aggeggio vivente per uccidere e sbranare. Eragon, giustamente, decise di avvicinarsi ancora di più.

    Glielo paghiamo un corso di sopravvivenza? Dai, colletta e si vola. Letteralmente. *Tu-tum cha*

    

    Col palmo sfiorò la pelle squamata della lucertola grossa. E il suo cervello esplose.

    Un dolore tale da uccidere cento e uno uomini palestrati alla riscossa gli martellò il corpo in ogni sua parte. Gli sembrò di star andando a fuoco. Mille spade gli trafissero il cranio in un macabro e sadico alternare di turni. Il mignolo del piede destro sembrò sbattere più volte contro lo spigolo di un mobile, forte. Era tutto troppo doloroso, specialmente il dolore al mignolo del piede. Quello era micidiale.

    Eragon restò lì a terra con braccia e gambe intorpidite, mani e piedi non li sentiva più. Le dita sembravano essersi staccate dal corpo, tale era l'insensibilità in quei punti. Era sdraiato a terra, immobile. Traumatizzato a vita.

    Tuttavia non riusciva a smettere di pensare che quello era davvero un animale volante. Ceh, era una figata assurda! E, tecnicamente parlando, lui poteva potenzialmente (Garrow permettendo) diventare un Volatore delle leggende. Era andato in trip.

    

    Uscito dal trip dopo qualche minuto, Eragon riuscì finalmente a muoversi e, rialzandosi, decise di accarezzare nuovamente la lucertola volante. Si avvicinò ancora al rettile e gli accarezzò il muso.

    Stavolta, invece dei patimenti dell'inferno e delle mille spade infilzate nel corpo, sentì soltanto un formicolare odioso al braccio. Ma erano dettagli.

    Però solo in quel momento il giovine si accorse di avere il palmo della mano tagliuzzato manco fosse una girella alla cannella. Non fece una piega.

    La lucertola si lasciò accarezzare solo per pena nei confronti del feto sedicenne mentre questo si faceva di nuovo i viaggi mentali e fissava il vuoto.

    

    Ad un certo punto, mentre Eragon pettava l'animale in modo inquietante, un pensiero insistente e incredibilmente forte lo perseguitò. Una fame tremenda gli attanagliò lo stomaco e immagini di polli secchi e spugnosi gli attraversarono gli occhi. Che fosse già ora di fare colazione? No, non era nemmeno passata mezzanotte. Ma allora perchè aveva fame così di colpo?

    Si scopre che la lucertola alata in realtà è Charles Xavier degli Xmen e sa comunicare con la mente.

    Nei libri non si sa come Eragon ci sia arrivato in così poco tempo, ma non lo credo tanto intelligente da intuire una roba del genere. Paolini mi deve spiegazioni.

    

    Siccome la fame comunicata dal gatto non gatto era tale da far venire fame anche ad Eragon, il giovane eroe si decise ad alzarsi dal letto e a scendere in cucina per procurare della carne secca con cui nutrire il quadrupede blu che aveva in camera sua.

    Mentre Garrow si faceva i suoi viaggi notturni all'interno della catapecchia deserta, Eragon lo notò, nuovamente sonnambulo, costruire torri di sedie e sgabelli sopra ad un tavolo (chi mi trova la cit si merita una medaglia).

    Lo ignorò bellamente e arraffò quelle strisce di carne secca che gli servivano. Tornò in camera di corsa e si chiuse la porta alle spalle.

    Il tonfo del legno massiccio non si udì manco per sbaglio per merito del casino che stava ancora facendo Roran dalla stanza accanto, picchiando ogni parete possibile.

    

    In quattro e quattr'otto, il piccolo gatto non gatto si ingozzò della carne secca che coso aveva portato in stanza. Subito dopo la scorpacciata, cadde riverso a terra con una panza da mangiatore professionista. Ruttò anche con uno sbuffo di fumo nero.

    Eragon era in estasi e continuava a fantasticare su quanto sarebbe stato figo diventare un Volatore ufficiale. Con la medaglia consegnata da Obama e tutte le solite cose cerimoniose del medioevo dark fantasy. Si addormentò in overdose da trip di questo genere.

    

    La mattina successiva, proprio all'alba, Eragon era stranamente sveglio. Roran picchiava ancora le pareti della propria stanza facendo casino, ma l'eroe si era ormai abituato. Un pazzo sotto steroidi non poteva impedirgli di dormire.

    Il gatto non gatto era appollaiato sulla colonnina del letto di Eragon e stava fissando il sorgere del sole dalla finestra. Adesso il feto poteva ben notare il colore delle squame della lucertola. Adesso ha senso, Paolini.

    La girella di cannella che aveva sulla mano, invece, era diventata argentea. Pensò di poterla nascondere tenendo le mani sporche di fango e schifo. Come scusa avrebbe potuto dire che i germi erano l'unica cosa capace di dare un sapore ai polli secchi che avevano.

    

    In grande fretta, Eragon si precipitò in cucina portandosi appresso l'animale. Recuperò un bel po' di carne, degli stracci e qualche pezzo di cuoio. Uscì di casa facendo meno rumore possibile, quindi tanto.

    L'aria all'esterno era frizzante, merito della bamba che imbiancava tutto il panorama. Il giovine si sentì subito energico e partì a razzo verso il bosco - o foresta che fosse - che aveva dietro casa per cercare un posto dove abbandonare momentaneamente la lucertola blu.

    Trovò un bellissimo albero spoglio e triste sopra una collinetta, i rami grigi che si aggrappavano al vento come scheletriche dita morenti e imploranti. Era il posto perfetto in cui lasciare un animale nato da poche ore.

    

    L'eroe si approprinquò subito a costruire una cuccetta sopra l'albero con gli stracci e i pezzi di cuoio che aveva portato con sé. Seguendo un tutorial su youtube, riuscì a mettere insieme qualcosa che poteva sembrare, forse, un rifugio vagamente stabile. Lo stesso albero scricchiolava e si piegava sotto il peso del giovine.

    Riempì la cuccia di carne secca e ci infilò di prepotenza la lucertola, la quale continuava a guardarlo come la gente normale guarderebbe una persona vestita col solo costume da bagno in pieno inverno.

    «Finchè resterai qui non ti farà male nessuno.» disse l'eroe all'animale volante, ma quello continuava a guardarlo storto «Devi restare qui, d'accordo, fra?» ritentò il giovine.

    La lucertola non fece una piega.

    "Resta qui". Gli intimò Eragon per via mentale, stavolta irritato per il fatto che quell'animale non capisse un tubo. Ripetè quelle parole più volte finchè il gatto non gatto non sembrò capire perfettamente. Poi il nostro eroe scese dall'albero con un triplo carpiato e fece ritorno a casa.

    

    Una volta arrivato in camera, si sbarazzò subito del guscio di quello che alla fine era un uovo e buttò tutto fuori dalla finestra. Colpì erroneamente un passante a una decina di miglia di distanza.

    Gli altri due non avrebbero minimamente notato l'assenza del tessssssssoro di Eragon, dopotutto non potevao comunque comprarci nulla quindi l'avevano già dimenticato.

    Quando si trovarono tutti per la colazione COL LORO DANNATISSIMO POLLO, Roran accennò a dei rumori nella notte. Peccato che fosse stato lui a farli e che né Eragon né Garrow avevano veramente dormito. Ma la conversazione non durò a lungo, conoscevano tutti i brutti effetti degli steroidi di quell'epoca e non volevano far spaventare troppo Roran.

    

    La giornata passò in fretta per il giovane eroe. Le mani le tenne sempre coperte di schifo così da non mostrare il segno che la lucertola blu gli aveva lasciato. Per qualche motivo per lui era divertente non lavarsi mai le mani, e per fortuna che non era tempo di peste.

    

    Quando tutti i lavori della giornata furono terminati, Eragon sgattaiolò nuovamente via di casa per andare a vedere se l'animale alato era ancora vivo. Con sua sorpresa sì, era ancora vivo e stava azzannando altra roba con quelle zanne e denti carini carini.

    Eragon aveva portato delle salsiccie rubate alla dispensa della catapecchia per darle alla lucertola, ma quella sapeva cacciare da sola, quindi darle le loro scorte di cibo per l'inverno era una bruttissima idea. Il giovine le diede lo stesso perchè oramai sembrava brutto negare altro cibo a quel buco nero di un gatto non gatto.

    Proprio mentre l'animale stava consumando i suoi insaccati, Eragon si rese conto che non conosceva l'identità di genere e nemmeno il genere di quella lucertola. Non si fece scrupoli a prenderla sottosopra rischiando di farle rimettere il pranzo, e questo solo per controllare se ci fossero segni distintivi. Non ne trovò.

    «Va bene, tieniti i tuoi segreti.» sospirò il ragazzo sottovoce, rimettendo la lucertola a terra.

    

    Eragon, da quel momento in avanti, iniziò a passare molto tempo con l'animale, esploravano il bosco insieme e lui gli parlava dei suoi problemi adolescenziali. Insieme prendevano in giro Roran - anche se la lucertola non parlava, gli squittii che emetteva alle battute dell'eroe sembravano risate. Insieme giocavano a caso e raccoglievano tutte le siringhe perse per la foresta con lo scopo di fare la raccolta differenziata.

    Il gatto non gatto cresceva in fretta e nel giro di pochi mesi fu abbastanza grande da arrivare alla vita dell'eroe. Non era ancora abbastanza grande da poterlo cavalcare, ma Eragon continuava imperterrito a farsi i suoi film mentali. Con la connessione mentale che avevano, ad ogni modo, potevano guardare in streaming tutti i suoi trip allucinogeni. Meglio del Netflix che offriva Brommo il fantastico agli abitanti di Carnevale.

    

    Ci sono altre cose che Paolini racconta e che a noi poco frega. Di base passa tempo e questi due fanno amicizia mentre il drago cresce. Ecco, avanti veloce.

    

    Ben presto, intorno alla fattoria dove abitavano i tre sfigati, iniziò a riempirsi di visibili ed enormi pile di merda di lucertola grossa. Eragon non poteva farci nulla, era costretto ad andare via col gatto non gatto e lasciare casa sua.

    Prima però gli serviva un nome da dare a quella cosa, non poteva continuare a chiamarla lucertola volante, eh. E poi per viaggiare servivano i documenti, quindi doveva farne anche per l'animale. Dunque, approfittando dello shopping mensile di Roran, decise di accompagnarlo a Carnevale per andare a trovare Brommo in cerca di consigli.

    

    La sera prima di partire, Eragon uscì di casa e andò a trovare il gatto non gatto per spiegargli che sarebbe stato via un po' e che non doveva cagare troppo vicino a casa sua. La lucertola era ovviamente irritata da ciò e fece un po' la stronza giusto perchè sì. Eragon tentò di calmarlo con film mentali belli, ma l'animale non accennava a starsene buono.

    "Eragon". Si lamentò mentalmente la lucertola, frustando l'aria con la coda.

    Incredibile, sto coso aveva una coscienza e un cervello. L'eroe rimase F4, osservando la lucertola negli occhi sconcertato.

    "Eragon". Disse di nuovo mentalmente il gatto non gatto. Era molto sad, ma al nostro eroe servivano veramente un nome e dei documenti per quel coso, quindi doveva andare.

    Girò i tacchi e se ne tornò a casa con lo stomaco sottosopra dalla novità.

    "Quel coso parla..."

 

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