Guard Me For Eternity

di LadyYuna94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Roma ***
Capitolo 2: *** La Tana della Tigre Bianca ***
Capitolo 3: *** I sotterranei del Colosseo ***
Capitolo 4: *** Il Giuramento ***
Capitolo 5: *** Sii mio Guardiano ***
Capitolo 6: *** Il momento degli addii ***
Capitolo 7: *** La partenza ***
Capitolo 8: *** New York ***
Capitolo 9: *** Niente storie ***
Capitolo 10: *** Mattinata al PPB ***
Capitolo 11: *** Ricordi dolorosi ***
Capitolo 12: *** Un solo leader ***
Capitolo 13: *** Tornare a combattere ***
Capitolo 14: *** Vienna ***
Capitolo 15: *** Diventare forte ***
Capitolo 16: *** Il Primo vero incontro ***
Capitolo 17: *** La potenza della Volpe Bianca ***
Capitolo 18: *** Sfiorarsi ***
Capitolo 19: *** Come ragazzi normali ***
Capitolo 20: *** Vulpilyon vs Wolfer ***
Capitolo 21: *** Debolezze ***
Capitolo 22: *** Accanto a te ***
Capitolo 23: *** Monaco ***
Capitolo 24: *** Andare avanti ***
Capitolo 25: *** Una Vecchia Conoscenza ***
Capitolo 26: *** Problemi di Cuore ***
Capitolo 27: *** La Mente prima del Cuore ***
Capitolo 28: *** Sento ancora la Vertigine... ***
Capitolo 29: *** La Verità brucia in Faccia... ***
Capitolo 30: *** Io non sono sola... ***
Capitolo 31: *** Madrid ***
Capitolo 32: *** Il Bit Power Supremo (Parte I) ***
Capitolo 33: *** Il Bit Power Supremo (Parte II) ***
Capitolo 34: *** Lo Scontro Finale ***
Capitolo 35: *** Risparmia le lacrime... ***
Capitolo 36: *** ...Per un altro giorno ***
Capitolo 37: *** Ci rincontreremo ***
Capitolo 38: *** Preparativi ***
Capitolo 39: *** Tuo ***
Capitolo 40: *** Proteggimi per l'Eternità ***



Capitolo 1
*** Roma ***


Capitolo 1:

Quella mattina Elena si era svegliata insolitamente felice, una parte di lei sapeva bene il perché.
Ancora con gli occhi chiusi iniziò a sorridere, quando piano piano li aprì si accorse che il sole entrava già prepotentemente dall’ampia vetrata della sua camera da letto e la leggera brezza del mattino scuoteva dolcemente le tende di pura seta acquistate qualche anno prima in Marocco.
La ragazza si alzò dal letto, indossò una vestaglia leggera ed uscì sul balconcino a godersi l’aria fresca e la meravigliosa vista su Roma, la sua città.
Vivere in un’imponente villa poco fuori la città eterna e goderne ogni giorno del panorama mozzafiato non è una cosa da tutti, ma lei era fortunata e lo sapeva benissimo.
Quanto le sarebbe mancata quella vista quando se ne sarebbe andata da casa sua, le mancava ogni volta che partiva per un viaggio e non vedeva l’ora di tornarci solo per riassaporare solo quello che casa sua riusciva a darle.
Elena tirò fuori dalla tasca della sua vestaglia un oggetto da cui non si separava mai, il suo Beyblade argentato e ne ammirò la forma controluce pensando a quante battaglie aveva vinto da quando lo aveva ricevuto in dono da suo fratello maggiore e quante gliene aspettavano. Ne era passato di tempo da allora, talmente tanto che non capiva ancora perché Gianni non voleva più sentir parlare di Bey, o di gare e tornei. Un po’ come tutti, da qualche anno a quella parte.
Qualcuno bussò leggermente alla porta, un tocco che chiunque altro non avrebbe neanche udito, ma lei conosceva quel tipico bussare alla perfezione, da che ne aveva memoria.
- Avanti – disse, avviandosi nuovamente in camera, sempre col sorriso sulle labbra e affrettandosi a nascondere la trottola nella tasca.
Entrò in camera una donna sulla sessantina, non molto alta, paffutella, ma con un viso davvero delizioso, la classica persona che trasmette dolcezza e allegria.
- Buongiorno, signorina Elena, dormito bene?- chiese la donna, posando quasi a passo di danza un enorme vassoio d’argento sul tavolo di marmo posto accanto al balcone.
- Splendidamente – si affrettò a rispondere la giovane
- Hai visto, Adele? La superficie del Tevere sembra brillare questa mattina, è sensazionale! - e poi andò a sedersi al tavolo e ammirò rapita le pietanze nel vassoio disposte ordinatamente, con le posate perfettamente lucidate.
Elena rivolse uno sguardo alla donna
- Pancakes con crema pasticcera, i miei preferiti! Grazie, Adele- commentò felice, abbracciando brevemente la donna, che quasi aveva le lacrime agli occhi, nonostante fosse abituata alle dimostrazioni d’affetto della ragazza.
Adele la conosceva bene, da prima che venisse al mondo. Era la governante della famiglia Tornatore da più di trent’anni ed era stata la balia sia di Gianni, il primogenito della famiglia, sia di Elena.
La donna sapeva bene che Elena era speciale, da quando era nata una luce strana, quasi eterea, avvolgeva la ragazza.
Fu quello uno dei motivi che spinse la donna, alla morte dei signori Tornatore in un tragico incidente aereo, a diventare il tutore legale di Gianni ed Elena, fino a quando il maggiore non avrebbe compiuto diciotto anni e, nonostante da allora di anni ne fossero passati più di dieci, Adele era rimasta a villa Tornatore, continuando a badare ai ragazzi anche se ora quasi non avevano più bisogno di lei.
Gianni viveva ormai da qualche anno a Firenze. La perdita di un caro amico durante un torneo lo aveva messo a dura prova, così aveva deciso di andare via e cambiare aria e in quell’immensa magione era rimasta soltanto Elena, insieme ad Adele e poche altre persone di fiducia che si occupavano della casa e degli affari della famiglia.
- Dio ti benedica, Elena- disse alla fine Adele, prima di darle un dolce bacio sulla testa e lasciarla a fare colazione in pace.
Non appena la porta della camera fu chiusa, Elena sentì il cellulare squillare
- Talpa chiama Volpe, ci sei?- chiese una voce maschile dall’altra parte
- Ciao, Marco- rispose lei, per poi addentare un pezzo di quei fragranti pancakes preparati dalle sapienti mani di Adele
- Sei ancora in pigiama a sfogliare riviste di moda scommetto...-
- Chi io? Macché...- rispose in tono poco convinto la ragazza, rendendosi conto che stava facendo esattamente ciò che Marco aveva appena detto: le lunghe gambe appoggiate al tavolo, la forchetta che volteggiava in una mano e “Vogue” aperto in una pagina a casaccio riguardante le collezioni estive.
- Oggi ci sono incontri importanti, l’hai dimenticato?-
- Certo che no- rispose a bocca piena
- Ti aspetto alle due in punto alla tana- aggiunse Marco, in tono serio.
- Alle due non posso -
- Che hai da fare? Sai bene che manca poco alla selezione...-
Elena osservò la sua immagine nell’ampio specchio del bagno stile barocco: gli occhi neri come la pece, le labbra carnose e il nasino all’insù e lasciò cadere i suoi lunghi boccoli castani che teneva legati con un fermaglio di perle.
- Il grande capo mi ha chiesto di incontrarci per pranzo, vuole parlarmi – disse all’amico in tono vago, come se non fosse sicura di poter rivelare quell’informazione.
- Vuoi dire che ha già scelto? Che stronzo e vuole dirtelo di persona voi due soli? Abbia almeno un po’ di rispetto per noialtri...- iniziò Marco, in tono molto nervoso.
- Calmati, magari vuole solo essere aggiornato sugli ultimi allenamenti...- lo rassicurò l’amica
- Sarà, ma a me non ha mai chiesto di andare a pranzo fuori...- borbottò lui
Lei sospirò, aprendo l’acqua calda nella grossa vasca da bagno di marmo di Carrara, per poi abbandonare la vestaglia e la camicia da notte sul pavimento, avendo cura di tirare fuori il suo Bey e portarlo in vasca con lei. Si perse ad osservarlo ancora una volta, la luce del sole illuminava l’oggetto, ma al suo centro, qualcosa mancava: un cerchio vuoto attendeva di essere colmato.
- Leni, sei ancora lì?- chiese il ragazzo, chiamandola col soprannome che le aveva dato molti anni prima.
- Sì, scusami, pensavo… senti, ora sto facendo il bagno, possiamo sentirci più tardi? Devo ancora sbrigare alcune faccende e poi andare in centro per incontrarmi col capo.-
- D’accordo, mi aggiorni sull’incontro? In ogni caso ti aspetto alla tana- concluse Marco
- Alle tre sarò lì, ci vediamo oggi-
Si salutarono e lei mise giù, perdendosi nuovamente nei suoi pensieri e rigirandosi quella preziosa trottola tra le mani.
Elena non considerava il Beyblade solo un passatempo o un hobby, anzi c’era stato un tempo in cui in tutto il mondo questo sport era amato e praticato da molti giovani, quando lei era ancora poco più che una bambina.
Suo fratello maggiore Gianni, il quale le aveva regalato il primo e unico Bey che avesse mai avuto per il suo undicesimo compleanno, era stato un grande campione a quei tempi, anzi, era uno dei quattro più forti d’Europa, insieme a Andrew, Ralph e Olivier… Olivier, povero ragazzo, pensò Elena.
A ripensare all’amico di suo fratello venne presa da un’indicibile tristezza, stringendosi nelle spalle e abbassandosi un altro po’ in acqua.
Da quando era finito quel maledetto mondiale in Russia, dieci anni prima, Gianni era cambiato e tutto il mondo sembrava essere cambiato con lui.
La misteriosa dipartita del suo amico e compagno di squadra Olivier, per mano di quattro blader dotati di poteri sovrannaturali, lo aveva definitivamente distrutto, spingendolo a riporre Amphylion, il suo amato Bey, in una scatola custodita in un cassetto di cui solo lui aveva la chiave e da quel momento, in casa Tornatore, come in qualsiasi altra parte del mondo, nessuno ha mai più parlato del Beyblade o ha anche solo pensato di praticarlo.
I pochi blader rimasti, Elena compresa, lo praticavano in forma clandestina, poiché pene severe erano previste per chi fosse stato beccato anche solo in possesso di un Bey.
Gli stessi, si allenavano segretamente in ogni parte del mondo, per sperare di sconfiggere un giorno quei Beyblader misteriosi, che da anni ormai tenevano in pugno le sorti del mondo.
Ad Elena venne un terribile mal di testa a ripensare a tutti quei problemi, poi diede un’occhiata all’orologio del cellulare e si maledì per non aver fatto più in fretta. Uscì dalla vasca, schizzando acqua ovunque, afferrò il morbido accappatoio dal gancio e lo indossò, asciugandosi in frettae correndo in stanza a scegliere cosa mettere.
Il grande capo, il suo Maestro, l’uomo che da anni la allenava a diventare una campionessa di Beyblade aveva chiesto di parlarle, in privato, con la scusa di un pranzo insieme. Una parte di lei cominciava a pensare che le parole di Marco potessero essere veritiere: Elena sapeva di essere una blader fortissima, non c’era da stupirsi se Daitenji le aveva chiesto di intraprendere il Cammino, solo le sembrava strano volesse chiederglielo in modo così diretto e informale.
Senza arrovellarsi troppo sui motivi di quel pranzo, la ragazza indossò un jeans chiaro, una maglietta blu non molto scollata e dei sandali dello stesso colore. Si truccò in modo carino, ma non troppo marcato, sistemò la sua lunga chioma di boccoli con qualche colpo di spazzola e fu pronta per uscire, senza dimenticare di riporre il suo Bey nella borsetta.
Salutò Adele che era intenta a preparare già il pranzo e fece per uscire.

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Capitolo 2
*** La Tana della Tigre Bianca ***


Capitolo 2:

La primavera a Roma era ormai arrivata da un po’, ma era soltanto da pochi giorni che l’aria iniziava a farsi più calda.
Lungo i Fori Imperiali, miriadi di turisti erano intenti a scattare fotografie, Elena si lasciò scappare un sorrisetto, mentre passeggiava osservando quel paesaggio che conosceva benissimo, ma di cui si innamorava ogni volta.
Prese il cellulare dalla borsetta per ricontrollare l’indirizzo del ristorante dove Daitenji aveva prenotato per pranzo e, via via che raggiungeva la meta, si rese conto che praticava quella strada tutti i giorni andando agli allenamenti e che passava davanti a quel ristorante cinese, quasi non facendoci caso. Era aperto solo da qualche mese, ma doveva saltarle all’occhio, considerando che la cucina cinese era anche tra le sue preferite, le parve strano in un primo momento non aver mai nemmeno preso in considerazione l’idea di fermarsi a mangiare lì di ritorno dai suoi estenuanti allenamenti, magari con il suo amico Marco.
Senza indugiare oltre, spinse la grossa porta di vetro del locale ed entrò.
La Tana della Tigre Bianca aveva un’atmosfera decisamente lussuosa, gli arredamenti erano sobri ed eleganti e l’odore di spezie nell’aria era così piacevole che Elena si sentì come sotto effetto di stupefacenti. Ai tavoli occupati, si sentiva un lieve brusio, quasi come se i commensali non volessero disturbarsi fra di loro e godersi il cibo.
Elena si avvicinò sorridente alla reception, dove un ragazzo sulla ventina, le sorrise a sua volta.
- Salve, benvenuta alla Tana della Tigre Bianca, la signorina ha una prenotazione?- chiese in tono cortese il ragazzo
Elena non sapeva con esattezza a nome di chi fosse la prenotazione, ma una cosa era sicura: Daitenji, come tutti gli altri Maestri, cercava di tenere un profilo basso per non farsi scoprire dalle autorità.
- Controlli se c’è una prenotazione a nome Tornatore, per favore- chiese alla fine la giovane
Il ragazzo iniziò a digitare velocemente sui tasti di un computer e poi sorrise nuovamente ad Elena
- Ah, ecco, Tornatore, un tavolo per due.-
- Esatto- l’intuizione di Elena non era stata sbagliata.
- Prego, da questa parte-
Il giovane fece strada ad Elena sino ad un tavolo rotondo più appartato rispetto agli altri clienti, ma che dava la vista sul Colosseo. Le venne addirittura spostata la sedia per farla accomodare.
​Era cresciuta in una famiglia ricca, doveva essere abituata a tutte quelle cortesie, ma ancora si stupiva di come la gentilezza non fosse cosa da tutti e quel gesto la fece sentire subito a suo agio.
Si guardò intorno ancora una volta e pensò che Daitenji, per la prima volta da quando l'aveva conosciuta, stava prendendo in considerazione il suo ceto sociale per decidere di pranzare in un posto del genere.
- Vuole già ordinare, o preferisce aspettare che arrivi l’altra persona?- chiese in tono cordiale il cameriere, interrompendo i suoi pensieri
- Preferisco aspettare- concluse con un sorriso
Il cameriere si congedò, lasciandole al tavolo due menù per iniziare a dare una prima occhiata alle pietanze proposte.
Passarono dieci minuti abbondanti, quando Elena iniziò ad insospettirsi, sapendo bene che il ritardo non era una delle caratteristiche del suo Maestro, anzi aveva una puntualità quasi maniacale quell’uomo.
Provò a telefonarlo al cellulare, ma gli squilli andavano tutti a vuoto e iniziò ad essere presa da una leggera ansia che potesse essere successo qualcosa al suo anziano mentore.
Gestire una società segreta e allenare ragazzi in uno sport ormai bandito da quasi un decennio non doveva essere una cosa estremamente facile per un uomo di ottant’anni e il terrore che qualcuno possa aver scoperto quello che facevano iniziò a farla boccheggiare.
All’ennesima vana telefonata, Elena tentò di inviare un messaggio, ma Daitenji la batté sul tempo.
Scusami cara, ho avuto un contrattempo, riunione telefonica con altri Maestri, ti dispiace se parliamo dopo alla tana?”
Perfetto, pensò Elena, aveva fatto le corse per niente e il gran Maestro le aveva dato anche buca. Per di più, si sentiva in colpa per Marco, lo aveva liquidato quasi alla svelta quella mattina, perché era tremendamente eccitata di sapere come mai Daitenji le aveva chiesto di pranzare da soli.
A quanto pareva, la sua sete di curiosità doveva attendere un altro po’ per essere placata.
Rendendosi conto di essere ormai destinata a consumare il pasto da sola, Elena chiamò un cameriere e iniziò ad ordinare diversi piatti.
Non era esattamente una di quelle ragazze fissate con la dieta, anzi amava definirsi una buona forchetta e gli incontri di Beyblade le facevano bruciare così tante calorie da farla sentire perennemente affamata, inoltre la aiutavano anche a rimanere in forma, non che Madre Natura non fosse stata già clemente con lei. Elena sapeva di essere osservata dagli uomini quando passeggiava per strada e non solo per i capi eleganti e firmati che indossava quotidianamente, ma perché aveva tutto fin troppo al posto giusto: abbastanza alta, un seno prosperoso, e gambe lunghe e agili, insomma quella che nella sua città natale tutti chiamavano in dialetto “Fata”.
Era quasi alla fine del suo pollo alle mandorle, quando le iniziò a squillare il cellulare. Sperò che fosse il Maestro, ma la speranza venne vanificata dal nome sul display che era quello del suo migliore amico.
- Pronto?-
-Senti, o tu sei a pranzo con un clone, o mi racconti bugie e sarebbe scorretto da parte tua, dopo tutti questi anni in cui ci pariamo il culo a vicenda- la voce di Marco era tremendamente ironica.
Elena si lasciò sfuggire un sorriso
- Il Maestro mi ha dato buca, ma mi sembrava poco carino andare via, ero già al tavolo-
- Ma senti senti, e lei che credeva che il capo le avrebbe fatto l’offerta del secolo, povera piccola Leni- continuò Marco, in tono canzonatorio
- Senti, non mettertici anche tu, già è abbastanza imbarazzante pranzare da soli in un ristorante di lusso, anche se devo ammettere che è stato tutto buonissimo, dobbiamo venirci insieme- ribatté lei, sperando di placare l’ironia di Marco.
-E poi Daitenji ha detto che parleremo dopo alla tana, quindi non è ancora detta l’ultima parola-
-Oh, sì, certo-
-Vuoi smetterla?- lo rimbeccò lei
Solo in quel momento Elena si rese conto che qualcuno era in piedi, poco distante dal suo tavolo, attendendo cortesemente in disparte, che lei finisse di parlare.
Alzando lo sguardo venne quasi rapita da quella figura: un ragazzo alto, con i capelli neri e i lineamenti particolari quasi a ricordare un maestoso felino, aveva preso ad avvicinarsi a lei lentamente, reggendo una teiera finemente dipinta.
Indossava un tipico changshan a giro manica total black, mettendo in mostra il suo fisico tonico e ben allenato.
- La signorina gradisce del thè?- chiese quell’affascinante giovane ad Elena.
Quando lui la guardò negli occhi, Elena sentì come se qualcosa si fosse sbloccato dentro di lei, come se una qualche serratura segreta fosse stata aperta.
Quegli occhi ambrati così singolari contornati da lunghe ciglia nere la scrutavano attento, come se volessero carpire le emozioni della ragazza. Elena si sentì quasi incapace di muoversi o parlare, riuscì semplicemente ad annuire, rapita dallo sguardo magnetico del tizio che si apprestava a versarle il thé con una grazia e una maestria mai visti prima.
-Leni, ma che fai svieni ogni tanto?- La voce di Marco la riportò per un attimo alla realtà
-Posso richiamarti?- chiese lei poco convinta
-Come al solito...- rispose la voce all’altro capo del telefono
-Ascolta, ci vediamo tra poco… e dì a Daitenji di aspettarmi, mi ha già presa in giro una volta quest’oggi, la seconda non gliela perdonerei.- aggiunse l’ultima frase sottovoce, ma non abbastanza da permettere al giovane accanto a lei di sentirla e chiuse la telefonata.
Elena giurò di vedere una scintilla negli occhi dell’aitante ragazzo che le aveva appena versato il thè verde più buono che lei avesse mai bevuto.
Nel frattempo, lui quasi non accennava ad allontanarsi dal suo tavolo ed Elena iniziò a sentirsi a disagio, non tanto perché uno sconosciuto le stava intorno così, ma perché la bellezza così particolare di quel tipo l’aveva messa in una posizione di estremo impaccio. Non che Elena non fosse abituata ad avere ragazzi intorno e a fare apprezzamenti e a fare apprezzamenti quando doveva, si allenava in uno sport dove praticamente c’era una maggioranza di uomini e poi a ventun anni aveva avuto le sue cotte e storielle, ma qualcosa in quel ragazzo lì davanti a lei le fece sentire le farfalle nello stomaco.
A quel punto si sentì quasi in dovere di dire qualcosa
- Questo thè è buonissimo, davvero- iniziò, con la prima cosa che le venne in mente, non che fosse una bugia
- La ringrazio.- rispose il ragazzo con una voce gentile
Elena sorrise e lui ricambiò
- Per favore, mi fa sentire vecchia se mi da del lei...- iniziò, sentendo un lieve rossore alle guance.
Il tizio le sorrise
- Beh, lo stesso vale per me… non credo di essere molto più grande di… te- calcò volutamente l’ultima parola. La sua voce profonda, ma dolce era come musica per le orecchie di Elena, era come se lui l’avesse ipnotizzata.
-Meglio… - si lasciò sfuggire un sorriso lei
- Anzi, fai i complimenti allo chef, ho mangiato divinamente, tornerò senz’altro, anche perché adoro la cucina cinese.- disse alzandosi da tavola, lentamente.
-Ce l’hai davanti- rispose sicuro il ragazzo.
Elena fu quasi sorpresa a quella rivelazione, quel tipo non doveva aver avuto più di trent’anni e cucinava già con un’esperienza senza eguali.
- Allora, i miei complimenti, cucini da dio, lo dico sinceramente- rispose dolce
Lui accennò un breve inchino, Elena quasi si sentì in dovere di ricambiare, si congedò con gentilezza e poi fece per procedere verso la cassa e pagare il conto, ma mentre il cameriere che l’aveva accolta nel locale digitava sul display del POS l’importo del pranzo, Elena continuava a guardare nella direzione del ragazzo, che a sua volta non le toglieva gli occhi di dosso.
Una volta fuori dal ristorante, la ragazza quasi faticava a riprendere fiato, l’incontro con quell'avvenente chef l’aveva trascinata in un turbine di emozioni difficile da spiegare.
Passeggiando verso la tana a passo abbastanza spedito, la ragazza si rese conto che era troppo tempo che non usciva con un uomo se al primo sguardo con uno carino, i suoi ormoni davano di matto in quel modo facendola sentire come sulle montagne russe e, al contempo, decisamente stupida e infantile.
Del resto, aveva solo ventun anni, come doveva sentirsi? Per le ragazze della sua età tutto questo era normale, ma lei era stata così tanto presa dal diventare una blader professionista che aveva trascurato i suoi bisogni primordiali: uscire e divertirsi.
Era quello che le diceva sempre anche Gianni, nonostante non sapesse realmente come sua sorella impiegasse la maggior parte del suo tempo, poiché ormai assolutamente contrario al Beyblade. Pensava semplicemente che era troppo presa dai suoi studi all’Accademia della Moda e che doveva rilassarsi un po’.
Su quello, Elena non poteva dargli tutti i torti.
Senza neanche rendersene conto, Elena arrivò al Colosseo, si guardò intorno furtiva e fece per imboccare un’entrata secondaria.
Di questi periodi diventava difficile intrufolarsi nel noto sito culturale, vista la grande affluenza di turisti, ma erano anni che Elena entrava di nascosto senza farsi notare ed era diventata piuttosto brava. Conosceva a memoria tutti i posti, le deviazioni, avrebbe potuto farlo tranquillamente ad occhi chiusi quel percorso e finalmente, dopo una mattinata abbastanza movimentata, si ritrovò in quel posto che lei chiamava casa.
Nei sotterranei dell’antica arena dei gladiatori, un gruppo abbastanza nutrito di ragazzi si esercitava in duelli amichevoli di Beyblade, nelle apposite arene di gioco: quella era la sede italiana dove lo sport veniva ancora insegnato e dove da quasi dieci anni, ormai, Elena era cresciuta e si era formata come blader, sotto l’ala protettrice del Maestro Daitenji.
Non appena la ragazza entrò e salutò i suoi compagni, Marco le andò accanto.
Il suo amico la strinse in un abbraccio da orso com'era solito fare. Marco era alto il doppio di lei, magro e con uno sguardo e un sorriso dolcissimi, se non fosse stato per il fatto che lei lo considerava alla stregua di Gianni, Elena avrebbe sicuramente puntato su di lui per costruire una relazione, ma nessuno dei due era pronto e decisamente interessato ad una storia d'amore in quel momento.
Stava per essere svelato il nome del blader che sarebbe partito per il Cammino e da settimane non si parlava d'altro durante gli allenamenti.
-Allora, quanto ti è venuto a costare il pranzo non offerto dal Maestro?- chiese ridacchiando
- Piantala...- lo bloccò lei, socchiudendo gli occhi
- A proposito è già arrivato?- chiese, togliendosi la borsetta e appoggiandola lì vicino.
- E’ in ufficio, ma è ancora impegnato, anzi mi ha detto di dirti che se fossi arrivata ti avrebbe chiamato lui personalmente-
- D’accordo, allora approfitto per fare qualche lancio, ti va?- chiese a Marco, facendo un po’ di stretching
- Ci sto!- rispose sicuro il ragazzo dal sorriso dolce, mostrando il suo dispositivo di lancio già pronto all’uso.
-Dammi un attimo, mi preparo-
Elena si avvicinò alla sua borsa, la aprì convinta di trovare il suo Beyblade, ma lì non c’era. Trasalì, iniziando a scavare energicamente tra le cianfrusaglie della sua borsa.
- Qualcosa non va?- chiese Marco, avvicinandosi
- Andiamo, dove sei...- mormorò Elena, quasi stesse parlando alla borsa.
Dopo qualche minuto, arresa, Elena guardò Marco in preda al panico.
- Ho perso il mio Bey.-

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Capitolo 3
*** I sotterranei del Colosseo ***


Capitolo 3:
Rei Kon non era esattamente un tipo da pedinamenti, anzi odiava l’idea di seguire qualcuno, poiché lui stesso odiava la sensazione di avere qualcuno alle calcagna.
Ma oggi aveva dovuto fare uno strappo alla regola, uno strappo decisamente grosso.
Lasciare il suo ristorante, nell’ora di punta, in mano al suo secondo chef era stato un sacrificio decisamente grande per come era fatto lui, ma non aveva potuto fare a meno di uscire di corsa dalla Tana della Tigre Bianca, non appena quella ragazza dai lunghi capelli castani aveva pagato il conto ed era andata via.
Il suo interesse per quella giovane donna era cominciato poco prima quando si era avvicinato per servirle il thè, come faceva con tutti i clienti alla fine di ogni pasto e, senza intenzione alcuna, aveva origliato la conversazione che lei stava avendo al telefono. Rei sapeva di essere stato poco educato in quella circostanza, ma qualcosa in quella conversazione telefonica aveva catturato la sua attenzione. Un nome in particolare, che lui conosceva benissimo.
Pensava, o meglio, sperava di essersi sbagliato, ma ogni dubbio venne fugato quando lei, alzandosi per andare via aveva perso qualcosa dalla borsa e quando lui se ne era reso conto, lei era già uscita dal ristorante.
Rei si era chinato per raccogliere ciò che la ragazza aveva perso e rincorrerla per restituirglielo se necessario, ma quando tra le mani si ritrovò un Beyblade, tenuto quasi come un gioiello, venne assalito da una serie di sensazioni contrastanti e non ebbe più dubbi.
Riuscì a stento a dire al suo staff che usciva e che sarebbe tornato il prima possibile, ma il suo pensiero fisso era ritrovare quella donna e chiederle perché aveva un Bey con sé.
Il giovane chef, come tutti, sapeva che ormai quello sport era bandito da tempo, anzi, forse lui lo sapeva meglio degli altri e si ritrovò a pensare che quella era la prima volta che vedeva o teneva in mano un Beyblade diverso dal suo da dieci anni e la cosa lo aveva fatto sentire più strano del previsto.
Una volta era più che abituato ad avere a che fare con quegli oggetti, anzi, far roteare a tutta velocità la sua trottola in un’arena di gioco era ciò che, da ragazzino, gli aveva dato più soddisfazione di qualsiasi altra cosa, ma quei tempi ormai erano troppo lontani e troppo dolorosi per ricordarli.
Il ragazzo si trovò quasi nei pressi del Colosseo, quando riconobbe da lontano la sagoma della cliente che lui tanto cercava, correre proprio in direzione dell’imponente costruzione.
L’aveva vista guardarsi intorno furtiva e con uno slancio che avrebbe confuso gli occhi di chiunque altro, ma non i suoi abituati a scrutare anche il minimo movimento, quasi come una tigre che osserva la sua preda prima di attaccarla, la ragazza si era intrufolata in un ingresso secondario.
Rei non perse un attimo e si rimise all’inseguimento della misteriosa proprietaria del Bey che aveva in tasca e fece esattamente ciò che aveva fatto lei pochi minuti prima, si intrufolò all’interno del Colosseo e cercò di concentrarsi per sentire suoni o voci che potevano guidarlo attraverso quella specie di labirinto sotterraneo.
Dopo qualche minuto a vagare in quel posto sconosciuto, Rei iniziò a sentire delle voci sempre più vicine, in particolare ne sentì una femminile decisamente agitata, quando ormai si rese conto di essere vicinissimo, si nascose dietro ad un muro per dare un’occhiata e non poteva credere ai suoi occhi: ragazzi di ogni età si sfidavano a Beyblade senza esclusione di colpi, altri si allenavano con gli attrezzi, altri ancora si allenavano a simulare dei lanci. Rei venne preso da una strana euforia, mista ad un’indicibile tristezza che gli strinse lo stomaco in una morsa, facendogli quasi girare la testa. La vista di tutte quelle persone che praticavano lo sport che lui ancora amava, dopo così tanto tempo e che dolorosamente aveva dovuto abbandonare, quella vita spensierata e piena di adrenalina fatta di gare e tornei che aveva vissuto fino a dieci anni prima, lo fecero sentire particolarmente felice, ma arrabbiato al contempo.
Non era mai stato un tipo rancoroso o rabbioso, tutt’altro, era sempre molto calmo e pacato, ma gli ultimi dieci anni lontano da quel mondo che lo aveva reso così grande, avevano trasformato dei lati di lui che ancora oggi faceva fatica ad accettare. Certi giorni ce l’aveva col mondo intero e, a volte, non sapeva bene il perché, o forse lo sapeva troppo bene, ma evitava di pensarci per non stare male.
- Che vuol dire lo hai perso, sei impazzita?!- disse una voce maschile, in tono terrorizzato.
- Significa che non lo trovo, quale parte non è chiara?- rispose di rimando una voce femminile.
Era lei. La ragazza del ristorante, aveva riconosciuto la sua voce dolce, seppur in quel momento stridula per l’ansia.
A Rei si dipinse un sorriso divertito in volto. Sicuramente lei stava cercando il suo Bey come una disperata già da un po’ ormai e lui era lì, ad un passo, pronto a risolvere tutti i suoi problemi.
Se solo fosse stato così facile per tutte le altre cose nella vita. D’altro canto, ricordava bene la sensazione di custodire il Beyblade come fosse la cosa più preziosa nella vita e si sentì un po’ in colpa per non aver restituito prima ciò che non gli apparteneva. Ma Rei era lì non solo per compiere una buona azione: il suo scopo era sapere perché tutti quei ragazzi si affannavano tanto a praticare uno sport che, di fatto, non esisteva più.
- Sono finita, Daitenji mi ucciderà.- sentenziò la giovane donna
- Calmati, magari lo avrai dimenticato a casa- cercò di rassicurarla la voce maschile accanto a lei.
Per parlarle così, doveva essere sicuramente un suo amico, pensò Rei.
- Non me ne separo mai e tu lo sai- ribatté la ragazza
Fu allora che Rei pensò fosse il momento giusto per uscire allo scoperto
- Cercavi questo?-
L’attenzione di tutti i presenti, persino quella dei più lontani nell’ampia stanza, venne catturata da quella voce sconosciuta. Tutti si girarono in direzione della fonte di quella voce, col terrore stampato in faccia.
Alcuni si chiedevano se Rei fosse una spia venuta qui per spifferare tutto alle autorità, altri si chiedevano se veramente erano stati scoperti ed erano in pericolo, altri restavano semplicemente in silenzio, cercando di non muovere nemmeno un muscolo.
La tensione nell’aria si tagliava con un coltello. Nessuno era abituato a vedere facce estranee in quel luogo e il fatto che ce ne fosse una, proprio in quei giorni in cui sarebbe stato scelto il prossimo candidato ad intraprendere il Cammino, non prometteva nulla di buono, anzi alcuni pensavano che fosse addirittura di cattivo auspicio e che dovevano smettere con quello sport che li costringeva a vivere come dei criminali.
Elena trasalì, si girò lentamente riconoscendo la voce, seppur relativamente nuova alle sue orecchie, quella voce da cui sapeva benissimo di essere rimasta affascinata da quando quell’uomo aveva aperto bocca.
Quasi ebbe un mancamento a ritrovarsi lo chef del ristorante dove aveva appena pranzato davanti ai suoi occhi, in quel luogo così sacro per lei, che teneva in mano il suo Bey e lo lanciava a mezz’aria per poi riprenderlo subito, ripetutamente.
Era appoggiato al muro e la guardava con un sorrisetto di sfida, come se aspettasse che lei gli desse delle spiegazioni o dicesse una qualsiasi cosa pur di togliersi da quella situazione.
Era stata beccata, ma Elena non sapeva perché il fatto che fosse stato proprio quel ragazzo a scoprirla la faceva sentire tremendamente fuori posto. Eppure lui non stonava affatto col contesto, non sembrava particolarmente spaventato da quella situazione o a disagio, anzi quasi quasi sembrava goderne dello sguardo smarrito di lei e di tutti i presenti.
- Oh, merda.- riuscì a mormorare Marco, dopo quello che sembrò un tempo infinito.
Elena riprese il controllo di parte delle sue facoltà motorie e mentali e fece una corsa dritta verso quello sconosciuto, spingendolo in un corridoio adiacente quasi in malo modo.
Quando furono soli, con uno spicchio di luce che entrava da una fenditura sul soffitto, Elena fece appello a tutte le sue forze per trovare le parole giuste da dire, ma il filtro bocca cervello era completamente disattivato in quel momento.
- Tu… cosa… cosa ci fai qui? Come sei entrato?- riuscì a dire, sforzandosi di mantenere un tono calmo, per quanto possibile.
- Diciamo che non sei l’unica brava a nascondersi ed entrare furtivamente nei posti...- disse lui con un mezzo sorriso, rigirandosi tra le mani il Beyblade della ragazza, la cui corazza argentea quasi scintillava alla luce del sole che lo colpiva direttamente.
- Che c’è, fai anche il ladro oltre allo chef?- chiese lei, tagliente.
Tutto il disagio e la timidezza che aveva mostrato al ristorante, sembrava essere sparita di colpo. Era come se fosse diventata un’altra persona. E anche lui, era diventato molto più sfacciato, come se la situazione lo divertisse.
- E imprenditore, il ristorante è mio- le disse, di tutta risposta.
Elena in quel momento si ricordò della cosa più importante: quel tizio aveva in mano il suo Beyblade.
Lei fece per allungare una mano per riprenderlo, ma il giovane chef cinese la batté sul tempo, ritraendo il braccio e stringendo la trottola nel pugno, quanto bastava per nasconderla alla vista di lei.
-Non ti ho mica detto che te l’avrei restituito- iniziò lui, in tono mellifluo ed Elena sentì le guance arrossarsi per qualche motivo sconosciuto.
-Senti, non ho tempo per i giochetti, mi è caduto il Bey al ristorante, sei stato carino a riportarmelo e ti ringrazio, ma adesso ridammelo, per favore- rispose lei in tono esasperato e poi tentò di appropriarsi nuovamente di ciò che era suo, ma lui glielo impedì.
La ragazza sospirò rumorosamente e poi prese a mettersi le mani in fianco.
- Non so quali siano i tuoi motivi, ma ti conviene non denunciarci alle autorità, qui c’è gente che lavora duro, gente che si allena da anni per perseguire un nobile scopo. Io non ti permetterò di distruggere tutto, è chiaro?- minacciò lei, sentendosi invincibile per un attimo.
Ma quando lui alzò lo sguardo e quegli occhi dai riflessi dorati scintillarono nel buio, lei si sentì quasi le forze mancare.
- Non farò niente del genere, puoi stare tranquilla. In fondo...- si interruppe subito
- In fondo…?- chiese lei, per farlo continuare
- Una volta giocavo anche io a Beyblade… ed ero piuttosto bravo- ammise con un sorrisetto
Elena venne presa da una strana eccitazione, il fatto che quel tizio fosse carino e anche un blader gli faceva guadagnare decisamente un sacco di punti, aggiungendo anche il fatto che non avrebbe denunciato le loro non proprio legali attività, la faceva sentire molto meglio.
- Ti va una sfida?- chiese lei, entusiasta, ma il ragazzo diventò serio di colpo, quasi un velo di tristezza si posò sul suo sguardo così particolare
- Magari un’altra volta- rispose triste e poi prese la mano della ragazza e gli posò il Bey tra le mani per poi richiuderle dolcemente le dita intorno. Quel tocco così fugace, ma al contempo così intimo, fece avvertire ad Elena un calore inaspettato per tutto il corpo. Lei non lasciava toccare a nessuno il suo Bey, neanche a Marco, ma il fatto che quel ragazzo lo avesse tenuto tra le sue mani per tutto quel tempo e poi glielo avesse restituito in quel modo così dolce, aveva risvegliato in lei delle sensazioni quasi sconosciute.
Il tipo misterioso fece per andarsene, ma Elena si girò e lo fermò
- Aspetta-
Lui le rivolse nuovamente lo sguardo
- Posso sapere come ti chiami?-
- Rei- rispose lui con un sorriso
- Rei… non mi è nuovo sai?- pensò Elena ad alta voce, poi si avvicinò a lui.
- Io sono Elena, piacere di conoscerti- e gli porse la mano che lui, prontamente strinse.
- Senti, ho capito che non sei qui solo per riportarmi il Beyblade, mi sbaglio?- chiese lei, dopo qualche secondo, come se volesse evitare che lui se ne andasse.
- Beccato- rispose Rei, un po’ a disagio
- Già che sei qui vuoi assistere a qualche incontro? Non vuoi disputarne uno, ma almeno resta a guardare… so che vuoi farlo, coraggio- propose lei, dandogli una leggera spallata per scherzo, l’entusiasmo di quella ragazza nei confronti del Beyblade faceva sentire Rei di nuovo quel ragazzino in giro per il mondo a scontrarsi con altri blader e a vincere gare.
- Solo uno- cercò di negoziare lui
Elena sorrise e lo trascinò con sé nella stanza, dove gli altri, vedendo la reazione di Elena a quello sconosciuto, sentirono di potersi fidare, almeno per il momento.

Elena disputò l’incontro più emozionante della sua vita, contro Marco.
Ci mise tutta sé stessa, forse perché Rei la osservava attento seduto sul muretto vicino al campo da gioco. Era come se il suo sguardo la stesse giudicando, non in modo negativo, ricordava un po’ quello del Maestro Daitenji quando osservava periodicamente gli incontri tra i blader che lui allenava personalmente ed era per questo motivo che Elena e Marco si ritrovavano quasi sempre a fronteggiarsi: entrambi erano stati cresciuti e allenati allo stesso modo dal gran Maestro.
Quando il Bey di Elena fece schizzare fuori dall’arena quello di Marco, Rei rimase piacevolmente sorpreso, tanto da farsi sfuggire un breve applauso.
- Sei brava, devo ammetterlo- gli disse lui, quando lei gli andò accanto, rimettendo il filo di caricamento all’interno del dispositivo di lancio.
- Ti è piaciuto? Devo ancora migliorare, lo so- ammise lei, con un sorriso.
Marco, intanto, li osservava corrucciato, come se la vicinanza di quell’avvenente giovane a Elena lo facesse in qualche modo ingelosire. Poi lei quando parlava di Beyblade era come illuminata da una luce particolare: si sarebbe messa a parlare persino con le pietre di quello sport. Per lei, rappresentava tutto. Quella trottola faceva girare tutto il suo mondo.
- Allora, dimmi, come sei finita qui sotto ad allenarti?- chiese Rei, sinceramente incuriosito
- Beh, sai meglio di me che è impossibile farlo da qualsiasi altra parte e questa...- disse guardandosi intorno
- è l’unica alternativa che abbiamo trovato- concluse
- Avete davvero coraggio, complimenti- commentò Rei, ammirato.
- Mi fa tornare in mente tanti ricordi...- aggiunse, riprendendo quello sguardo triste di poco prima
- Come mai hai smesso di giocare?- chiese Elena, curiosa
- E’ una lunga storia- tagliò corto lui, appoggiandosi con la schiena al muretto
- Mi sarebbe piaciuto vederti in azione- confessò lei
- Sai una volta è stata disputata una gara in questa arena, tra un mio amico e un ragazzo di qui… mi pare si chiamasse...- Rei venne interrotto da un ragazzino che si avvicinò veloce ad Elena
- Elena, il Gran Maestro vuole parlarti- disse in fretta
- Certo, vado subito- rispose lei
- Chi è il gran Maestro?- chiese lui con un sorrisetto
- La persona che ci allena tutti i giorni tutto il giorno- ammise lei, con un pizzico di ironia, alzandosi dal muretto. Si mise di fronte a Rei, cercando di trovare parole carine per salutarlo, visto che non sapeva quanto tempo ci avesse messo a discutere con Daitenji e non voleva lasciarlo lì da solo.
- Allora ci vediamo...-
Ma proprio nel momento in cui Rei si stava alzando per salutare la sua nuova amica, una voce anziana alle sue spalle, in tono sorpreso esclamò.
- Rei! Che piacere vederti, ragazzo mio!-
- Signor Daitenji!- Rei quasi non riusciva a trattenere l’emozione. Quello era il motivo per cui aveva rischiato tutto quel giorno, intrufolandosi nei sotterranei del Colosseo, rivedere il suo vecchio mentore.
-Vieni qui, abbracciami!- il tono dell’anziano era decisamente emozionato.
Tutti i presenti rimasero di stucco, cercando di dare un senso a tutto quell’affetto tra il loro venerabile Maestro e quello sconosciuto che si era presentato poco prima.
Elena era quella più sconvolta.

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Capitolo 4
*** Il Giuramento ***


Capitolo 4:


Lo sguardo della giovane donna corse saettante da Daitenji a Rei più di una volta.
- Scusate, vi conoscete?- chiese alla fine
- E’ una lunga storia...- rispose Rei, usando volutamente quella frase.
- Non attacca, non in questo caso- disse Elena, scuotendo leggermente la testa.
- Elena, cara, vieni nel mio ufficio… Allora, come te la passi?- chiese rivolgendosi nuovamente a Rei mentre si incamminavano verso l’ufficio del capo, Elena guardò Marco per un attimo che scosse le spalle spaesato quanto lei, poi decise di seguire quei due.
La faccenda diventava decisamente interessante e quel mal di testa cominciato quella mattina poteva solo peggiorare dopo quegli avvenimenti.
L’ufficio di Daitenji non era altro che un buco scavato nella parete con una scrivania e un computer. Poco confortevole, soprattutto per un uomo dell’età del Maestro, ma quello era il massimo che erano riusciti a fare senza danneggiare la struttura del Colosseo, cosa che avrebbe destato non pochi sospetti.
- Qualcuno mi spiega che succede?- chiese la giovane, chiudendosi la porta a soffietto alle spalle.
- Calmati, non c’è bisogno di agitarsi, ti verrà spiegato tutto- la rassicurò il Maestro
- Ma prima, voglio fare due chiacchiere con lui. Cosa ti porta qui, Rei, è un po’ che non ti vedo- chiese l’anziano, sinceramente interessato, ma il suo sguardo nascondeva qualcosa che andava al di là della semplice curiosità nei confronti di quello chef.
Rei sospirò, poi sorrise
- Da dove comincio… ho aperto un ristorante qui in città, sono anni che mi dedico alla cucina- rispose il giovane dai capelli corvini, sperando che quella spiegazione placasse la sete di novità del suo vecchio amico.
- Questo lo so- rispose Daitenji sicuro.
Elena in quel momento capì tutto. Si sentì in qualche modo presa in giro, ma non sapeva neanche per quale motivo, era frustrante.
-Lei lo sapeva? Per questo ha prenotato lì, lo ha fatto apposta!- disse al suo Maestro. 
- Ma certo! Volevo essere sicuro che fossi davvero tu- indicò Rei
- Quanto a te...- rivolse lo sguardo ad Elena
- Proprio non ti ricordi di lui?- chiese con un sorriso il Maestro.
Elena fu presa in contropiede.
- Io? Ricordarlo? E perché?- chiese in ansia.
Nella sua testa iniziavano a frullarle strane idee, ma in nessuna di questa figurava il fatto che lei potesse in qualche modo conoscere Rei. Era talmente carino che se lo sarebbe ricordato senza ombra di dubbio, per questo le suonava strana quella domanda del Maestro.
-Quando Rei è venuto a Roma per la prima volta, insieme alla sua squadra, hanno sfidato tuo fratello Gianni- disse tranquillo Daitenji.
Quella notizia colpì Elena come una palla a tutta velocità in pieno stomaco.
- Cosa?- esclamarono i due ragazzi quasi in coro
- Lei… lei è la sorella di Gianni? Quel Gianni?- chiese sorpreso Rei
- Sì, quel Gianni, suppongo, ma io continuo a non capire tu chi sia- ribatté Elena, aggrottando la fronte.
- Lui è uno dei Bladebreakers- rispose pacato il Maestro
- Ero...- lo corresse Rei, con una certa durezza nel tono.
- I Bladebreakers?!- disse in un soffio Elena.
Quella squadra era una leggenda nel mondo del Beyblade. Loro erano stati gli unici a vincere tutti i tornei in giro per il mondo e gli unici, nella storia, ad aver sconfitto il Team delle Tenebre.
Tutti i blader professionisti da sempre prendevano loro come modello e cercavano di migliorarsi per eguagliarli, nella forza, nella tecnica e nella velocità.
Elena aveva sempre sentito parlare di quei quattro ragazzi venuti dal niente, che avevano riscritto la storia e ogni Prescelto che intraprendeva il suo Cammino, sperava di avere con sé durante il viaggio qualcuno che lontanamente combattesse come i Bladebreakers.
Elena stessa pregava ogni notte, prima di dormire, di incontrare qualcuno alla loro altezza, o di diventare lei stessa come loro e fu proprio quella consapevolezza di trovarsi davanti ad uno dei suoi idoli (senza averlo neanche riconosciuto) che la fece sentire ancora peggio.
- Perdonami, non avevo idea… io, sono una vostra grande ammiratrice- confessò Elena, quasi senza fiato.
Rei si sentì per un attimo profondamente a disagio.
Non solo stavano toccando un argomento per lui molto delicato, il solo sentir pronunciare il nome della sua vecchia squadra gli faceva tornare alla mente una marea di ricordi, belli e brutti, ma il fatto che Elena avesse improvvisamente preso a venerarlo quasi fosse un dio, lo faceva sentire fuori posto. Non era più abituato.
- Credimi, Elena, non c'è bisogno di dirlo a voce alta, ormai è da un pezzo che non giochiamo, anzi pensavo che ormai i Bladebreakers fossero passati di moda- ammetté con un po’ di amarezza nella voce.
- Dai campionati in Russia di dieci anni fa avete smesso, lo so. Anche mio fratello ha concluso allora la sua carriera, un po' come tutti immagino.- commentò triste
Rei corrugò la fronte e si mise imbronciato
- Anche Gianni ha smesso?- chiese piegando un po' la testa di lato
Elena annuì triste
- Gianni non vuole proprio più saperne da quel torneo, anzi, se sapesse che gioco a Beyblade mi ucciderebbe- ammise la ragazza, abbassando lo sguardo.
- A volte di notte, sembra di sentire Amphisbaena urlare di dolore dal suo Bey, mi fa star male- continuò Elena con gli occhi lucidi, riferendosi all’animale sacro custodito nel bit di suo fratello, da cui Gianni si era separato tempo prima.
- Ho sempre saputo che qualcosa di strano era accaduto durante quel torneo, la morte di Olivier rimane ancora un mistero per me, nessuno me ne ha mai voluto parlare, ma da qui a smettere di giocare l’ho sempre reputato esagerato da parte sua- continuò lei quasi con le lacrime agli occhi.
Rei lanciò uno sguardo a Daitenji, che scosse impercettibilmente la testa, serio.
Il giovane sospirò e tornò a guardare Elena.
- E’ da allora che il mondo è così come lo conosciamo adesso, tante cose non sono mai state chiare neanche a noi- cercò di rassicurarla lui.
- Allora perché avete smesso? Perché non combattere?- chiese Elena, rincarando la dose
- Lunga storia.- Commentò, abbassando lo sguardo
- Ovviamente- concluse lei.
- Tornando a noi...- iniziò il Maestro, tentando di cambiare argomento.
- Elena, tu oggi sei qui per un motivo- continuò alzandosi dalla sua vecchia poltrona di cuoio e andò a prendere un cofanetto di legno finemente intagliato e lo posò sulla scrivania, di fronte ai due ragazzi.
Elena si sentì improvvisamente emozionata, forse era il momento che attendeva da tutta la vita. Aveva visto e rivisto quella scena anche nei suoi sogni.
- Oggi ti conferisco il sacro Bit Power, il tuo animale guida ti aiuterà nelle battaglie più dure- disse in tono solenne l’anziano Maestro.
- Un Bit Power? Perché se deve combattere solo qui sotto tra amici?- lo interruppe Rei, leggermente agitato.
- Te lo spiegherò tra poco.- gli rispose Daitenji
Elena gli scoccò un’occhiata tagliante, come se quello che facevano sotto al Colosseo da anni lui potesse sminuirlo così, a meno che Rei non era totalmente allo scuro della missione che attendeva i Prescelti, o peggio, non sapeva proprio più come funzionava il mondo del Beyblade.
Il Maestro fece un breve cenno ad Elena e lei si avvicinò con mani tremanti a quel cofanetto, lo aprì e al suo centro troneggiava un il bit della Volpe Bianca. La volpe era da sempre l’animale guida di Elena, il suo Bit Power non poteva essere diverso da questo.
La ragazza fu presa da un’emozione incontrollabile e scoppiò a piangere, prendendo tra le mani quella minuscola targhetta e posizionandola al centro del suo Bey, finalmente completo.
Elena sospirò
- Ce l’ho fatta- disse alla fine, più a sé stessa che ai presenti.
Daitenji annuì, Rei se ne stava lì con un sorrisetto tirato, forse ricordando il momento in cui anche lui aveva ricevuto il suo Bit Power o forse per cercare di celare la sua preoccupazione.
- Elena Tornatore, da oggi tu sei una blader Prescelta, sei pronta ad affrontare il viaggio che ti condurrà faccia a faccia con la Morte?- chiese il Maestro, tornando serio di colpo
- Sì, Maestro- rispose convinta lei
- Sei pronta ad affidarti ai compagni di squadra che tu stessa, in piena libertà, deciderai di portare con te e affidargli la tua vita come tuoi Guardiani?- chiese, di nuovo, l’anziano.
-Sì, Maestro- rispose nuovamente Elena
- Buona fortuna, Prescelta- concluse Daitenji in tono fiero, ma al contempo triste.
La sua ultima, piccola, aquila stava per spiccare il volo, o meglio, la piccola volpe stava per lasciare la sua tana e andare a caccia da sola per la prima volta.
- Credo di non averci capito molto...- commentò Rei, confuso
- Ora veniamo al vero motivo per cui ti ho attirato qui quest’oggi- confessò il Maestro al ragazzo.
- Prima vorrei sapere di cosa parlava quella specie di giuramento. Chi sono i Prescelti e perché devono intraprendere un viaggio che li porterà faccia a faccia con la Morte?- chiese il giovane, iniziando ad agitarsi sempre di più.
Aveva praticato il Beyblade per tutta la vita, in ogni parte del mondo e non aveva mai sentito parlare di un giuramento o di un viaggio suicida.
Dovevano essere cambiate parecchie cose dall’ultima volta in cui aveva lanciato il suo Bey.
-Elena, per favore, puoi lasciarci soli?- chiese il Maestro, intuendo che quella conversazione doveva forzatamente essere privata.
-Ma certo- rispose lei alzandosi dalla sedia e uscendo dall’ufficio poco convinta.

-Allora?- chiese Marco su di giri, non appena vide Elena varcare la soglia della stanza degli allenamenti.
La ragazza si aprì in un ampio sorriso e gli mostrò il Beyblade con al centro il bit della Volpe Bianca.
-Caspita! È stupendo, congratulazioni amica mia, o devo chiamarla Prescelta?- disse ironico
- Smettila, sono felice, ma qualcosa frena il mio entusiasmo- ammise, oscurandosi un po’ in volto
- Ci credo, le sfide che dovrai affrontare non sono facili e sai bene che chi lo ha fatto prima di te… non sempre ha avuto fortuna- concluse, usando modi gentili per non gettare nello sconforto la sua migliore amica. Però Elena sapeva bene a cosa stava andando incontro, dal primo secondo in cui aveva tirato il filo di caricamento e fatto roteare il suo Bey in un’arena.
L'unico pensiero che attraversava la sua mente in quel momento era confidare il suo stato d’animo a Gianni.
Quanto sarebbe stato fare tesoro dei suoi consigli, avere il suo appoggio, ma soprattutto averlo come suo Guardiano, proprio lui che era stato uno degli European Dream, uno tra i quattro blader più famosi d’Europa. Sarebbe stata l’occasione per parlarsi finalmente a cuore aperto, avere finalmente la verità che Elena rincorreva da anni. Vendicare Olivier, se fosse servito a qualcosa. Elena avrebbe fatto di tutto per convincere Gianni, ma già sapeva che non appena avrebbe pronunciato la parola Beyblade, suo fratello avrebbe dato di matto e l’avrebbe convinta a tutti costi a sottrarsi a quella missione.
Ma lei ormai non poteva tornare più indietro.
La giovane donna aveva giurato davanti al suo Maestro e ad uno dei più grandi blader al mondo, aveva una missione e avrebbe fatto di tutto per portarla a termine.
A qualsiasi costo.
- Propongo di andare da qualche parte a festeggiare!- cominciò Marco, allegro, distogliendola dai suoi pensieri.
- Sì, magari dopo...- rispose lei senza neanche pensarci troppo, continuando a fissare la porta dell’ufficio chiusa.
Avrebbe dato di tutto per ascoltare quella conversazione privata tra Daitenji e Rei. Chissà perché il ragazzo dagli occhi ambrati era diventato così suscettibile all’argomento “Bladebreakers”. Era sicuramente qualcosa di cui andare fieri, eppure lui, proprio come Gianni, sembrava voler rinnegare con forza il suo glorioso passato.
Marco si accorse che Elena era abbastanza distratta
- Hey, Leni, ma mi ascolti?- le chiese, girandole dolcemente il viso verso di lui
-Sì...- disse sospirando
- Ma quel tizio che era con te, come mai è ancora lì dentro col Maestro?- chiese a quel punto Marco
-Vorrei saperlo anche io, credimi- commentò, per poi sospirare nuovamente, come se improvvisamente quella situazione la stesse mandando in angoscia e non capiva neanche il perché.
-Daitenji sembrava conoscerlo bene- continuò lui
- Sai chi è quello? È Rei dei Bladebreakers- rispose Elena, sinceramente ammirata, ripensando alla figuraccia che aveva fatto poco prima non riconoscendolo.
Marco sgranò gli occhi
- Balle.- rispose all’amica, mantenendo un’espressione sbigottita
- Giuro-
- E cosa ci farebbe una delle leggende del Beyblade in un posto come questo?- chiese lui, stupendosi sempre più di quello che aveva appena sentito.
- Se lo sapessi non starei qui a farmi domande come te, no?- disse Elena, piuttosto seccata.
- In ogni caso, hai ragione. Perché non usciamo? Inizio a dare di matto qui sotto- propose poi la ragazza, invitando il suo migliore amico ad andarsene con lei.
Marco non ebbe nemmeno il tempo di annuire che iniziarono a sentire urla provenire dall’ufficio in fondo: Rei e Daitenji stavano discutendo animatamente.
L’anziano Maestro stava pregando il giovane di restare calmo, ma lui sembrava aver perso le staffe.
Tutti i ragazzi presenti nell’area allenamento si fermarono e guardarono nella direzione dell’ufficio, cercando di capire perché i toni erano diventati di colpo così accesi.
Elena era la più preoccupata (considerando le reazioni che aveva avuto Rei anche alla vista del suo Bit Power), ma al contempo, la più curiosa di tutti.
Qualcosa le diceva, non appena si erano seduti di fronte all’ex Presidente della BBA, che quell’incontro non sarebbe finito nel migliore dei modi e, infatti, stava andando peggio del previsto.
- Lei è fuori di testa, non se ne parla neanche!- urlò Rei, uscendo dall’ufficio, scuro in volto, avviandosi a grandi falcate verso l’uscita.
Nessuno ebbe il coraggio di mettersi in mezzo, solo Elena con uno scatto si avvicinò al ragazzo, tirandolo leggermente per un braccio
- Che succede?- chiese agitata
Ma Rei si liberò dalla presa in malo modo
- Lasciami in pace!- disse a denti stretti alla ragazza, che quasi fu spaventata da quella reazione.
Il giovane chef del meraviglioso ristorante cinese dove Elena aveva pranzato quel giorno (ignorando che quello era stato l’avvio di un meccanismo sconosciuto) le aveva voltato le spalle e se ne stava andando nervoso dal Colosseo. Elena non sapeva se l’avrebbe rivisto o meno, ma ogni fibra di lei ci sperava fortemente.

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Capitolo 5
*** Sii mio Guardiano ***


Capitolo 5:

Quel lunedì mattina Elena si alzò prestissimo, si vestì e truccò di fretta e lasciò un biglietto in cucina ad Adele dove chiedeva di non prepararle la colazione e di non preoccuparsi, poiché non sapeva a che ora fosse rientrata.
Quando uscì di casa non erano neanche le otto, si fermò nella sua pasticceria preferita e prese due croissant e due cappuccini da portar via e poi si era avviata verso Piazza di Spagna.
Camminando verso la sua meta, ripensò al fatto che non era riuscita a dormire per tutto il week-end.
Aveva alternato lunghe tazze di caffè ad allenamenti durissimi col suo Beyblade e per tutto il tempo non era riuscita a togliersi dalla testa l’immagine di Rei che usciva come una furia dal Colosseo.
Daitenji l’aveva messa davvero in una posizione scomoda, quando poco più tardi l’uscita di scena di Rei quel venerdì precedente, le aveva rivelato che aveva chiesto lui stesso all’ex campione del mondo di diventare suo Guardiano e accompagnarla durante il Cammino.
In un primo momento Elena fu felice di quella scelta, poi pensò alla reazione che il cinese aveva avuto e si sentì da schifo e non fece altro che ripensare a quella scena per i due giorni successivi, rimuginando sulle diverse possibilità che avevano spinto Rei a rifiutare.
Evidentemente il ragazzo non si sentiva pronto a tornare, aveva smesso di giocare da troppo tempo, aveva dato una svolta alla sua vita e probabilmente non se la sentiva di accompagnare una giovane Prescelta in un viaggio così duro. Inoltre la reazione che lui aveva avuto riguardo il suo Giuramento e la consegna del Bit Power per il viaggio l’avevano lasciata alquanto perplessa. Le sembrava impossibile che un blader del suo calibro non sapesse di cosa trattasse il Cammino e cosa fa esattamente un Prescelto insieme ai suoi Guardiani.
Un’altra ipotesi era che Rei non la ritenesse una giocatrice abbastanza forte da essere degna di essere “protetta” da uno come lui, che era una leggenda vivente e quella prospettiva faceva aumentare la rabbia e la stizza di Elena in modo esponenziale. Si era davvero allenata duramente per arrivare dov’era e se Daitenji la riteneva in grado di reggere il peso di quella missione di vitale importanza, non sarebbe stato di certo Rei a poter giudicare le scelte fatte dall’anziano Maestro.
Persa tra tutti quei pensieri, Elena era arrivata a Piazza di Spagna dove, secondo Daitenji, abitava Rei.
La ragazza si avvicinò ad uno dei grossi palazzi antichi, riconobbe il portone che il Maestro le aveva descritto e per fortuna lo trovò aperto.
Si avviò nell’immenso androne settecentesco, guardandosi intorno, sperando di incontrare qualcuno e avere qualche informazione, ma nessuno era nei paraggi.
La sua attenzione venne catturata dalle cassette della posta sulla parete a sinistra, lì sicuramente c’erano segnati gli interni, infatti, vide che Rei abitava al 3B.
Prese l’ascensore e arrivò al secondo piano, uscì e si ritrovò davanti la porta che doveva essere quella del ragazzo che cercava.
Rimase infiniti secondi a fissarla, maledicendosi di essere stata così impulsiva e di non aver pensato di telefonargli prima di piombare a casa sua come una stalker, ma Elena era fatta così, anche in battaglia certe volte agiva d’istinto e, fino a quel momento, quell’istinto non l’aveva mai tradita.
Reggendo in una mano la colazione che aveva preso sperando di addolcire Rei, iniziò a bussare con le nocche sulla grossa porta di legno.
Passarono più di dieci secondi e poi Elena bussò nuovamente, con più decisione.
Finalmente la ragazza sentì qualcuno aprire la serratura dall’altra parte e sospirò, improvvisamente in preda all’ansia.
Rei aprì la porta assonnato, i capelli corvini che gli cadevano fino alla vita e gli occhi ancora socchiusi. Elena non poté fare a meno di pensare che quel pigiama di seta gli stava divinamente. Nonostante fosse appena sveglio, Rei era una visione.
- Ciao- disse lei con non molto entusiasmo, ma lui non appena mise a fuoco chi era la persona che lo aveva svegliato alzò gli occhi al cielo e fece per richiudere la porta.
Elena rimase a bocca spalancata, quando si ritrovò praticamente la porta sbattuta in faccia. Quando si fu ripresa da quell’affronto, prese a bussare nuovamente, stavolta al campanello e giurò che avrebbe davvero buttato giù la porta se lui non le avesse aperto.
Rei riaprì, ma stavolta la stava fissando seccato.
- Buongiorno, ti sembra questo il modo di trattare una ragazza che ti porta la colazione?- chiese lei, con la voce più stridula di quanto avesse voluto, mostrandogli i cornetti e i cappuccini.
- E a te sembra questo il modo e l’orario di svegliare una persona che ha finito di lavorare alle tre di notte?- la rimbeccò lui, con lo stesso tono.
Elena si sentì tremendamente in colpa in quel momento. Era davvero prestissimo e per un attimo aveva dimenticato che Rei gestiva un ristorante nel centro storico e, sicuramente, la sera precedente, avevano lavorato da matti.
- Perdonami, ma avevo urgente bisogno di parlarti, non sapevo come fare- disse lei, sinceramente dispiaciuta.
Lui sospirò, appoggiato allo stipite della porta.
- Ti piacciono i cornetti al cioccolato?- chiese lei, cercando di essere dolce e di convincerlo.
Sperava che i suoi occhioni neri da cerbiatta che imploravano di farla entrare in casa con la colazione della miglior pasticceria della città potessero far cambiare idea al ragazzo. Quella tattica con Marco aveva sempre funzionato quando lui era arrabbiato con lei e, col tempo, Elena si era convinta che forse avrebbe funzionato anche con tutti gli altri uomini.
Segnò ancora una volta un punto per lei, quando Rei si spostò e la invitò ad entrare con un cenno.
- Grazie- gli disse, sorridendogli contenta.
Rei accompagnò Elena nell’ampio salone di casa sua, con vista sulle famose scale della piazza romana e la fece accomodare sul divano.
- Dammi cinque minuti, vado a farmi una doccia- disse il giovane, per poi sparire in corridoio.
Elena poggiò la colazione sul tavolino basso davanti a lei e poi prese a guardarsi intorno stupita.
L’arredamento era decisamente elegante e di classe, anche se minimal. Per essere un ragazzo che viveva da solo, Rei era estremamente ordinato poiché non c’era una cosa fuori posto ovunque lei posasse lo sguardo. Si chiese se effettivamente vivesse da solo o aveva una fidanzata, o magari una moglie e l’idea che lei possa essere andata lì mentre lui era da solo, la fece sentire strana. Magari la sua era una compagna gelosa, si ritrovò a pensare.
La sua attenzione venne poi catturata da un grosso dipinto posto sulla parete di fronte dov’era seduta, il quale raffigurava un meraviglioso paesaggio.
Elena si alzò per ammirarne i dettagli più da vicino, quando Rei riapparve in salone senza maglietta, con indosso dei pantaloni da tuta, i capelli ancora bagnati raccolti in una coda bassa e l’asciugamano intorno al collo.
Elena deglutì, non si aspettava di ritrovarselo davanti così e indugiò un po’ troppo con lo sguardo sul corpo tonico del ragazzo e, soprattutto, su quel particolare tatuaggio raffigurante una tigre che Rei sfoggiava sul pettorale sinistro.
La ragazza sentì le guance andare a fuoco e, per togliersi dall’imbarazzo, prese a guardare nuovamente il quadro.
- Bellissimo questo dipinto… cosa rappresenta?- chiese imbarazzata
- E’ il villaggio da cui provengo- rispose lui, andandosi a sedere su una delle poltrone accanto al divano.
Elena ritornò al suo posto e ci fu un breve silenzio tra i due. La giovane sperò fino alla fine che lui si vestisse, ma le speranze furono annullate quando lui prese uno dei due caffè-latte e fece un sorso.
- Allora, di cosa volevi parlarmi?- chiese lui, mostrando il minimo interesse.
- Beh… non so davvero da dove cominciare- commentò lei, sentendosi improvvisamente incapace di formulare qualsiasi discorso. Eppure c’era stata sveglia per tre notti di fila a pensare a cosa dirgli.
- Ti semplifico la cosa: se sei qui per chiedermi di essere tuo Guardiano, scordatelo- sentenziò lui, per poi fare un altro sorso di cappuccino.
Elena si sentì ferita, più di quanto avesse immaginato. Il tono con cui lui le aveva parlato l’aveva fatta sentire un vero schifo, ma non si sarebbe arresa così facilmente.
- Dai, perché no? In fondo sei uno dei blader più forti che esistano al mondo, perché non vuoi allenarmi?- chiese lei, quasi implorandolo
- Perché ho chiuso- concluse lui, secco
- Ma questa cosa non riguarda solo te, riguarda me, il mio futuro, il futuro del Beyblade e del mondo intero. Non ti importa neanche un po’?-
Rei rimase in silenzio
- Non ti piacerebbe tornare ai tempi in cui tutti potevano allenarsi alla luce del sole e godersi solo il bello di questo gioco?- rincarò la dose Elena.
- Sinceramente a me non cambia nulla, faccio lo chef adesso, non sono più un campione di Beyblade- ribatté lui, evitando di guardarla negli occhi.
- Senti, so che stai cercando di rifilarmi un sacco di cavolate, che non ti importa e che per te fa lo stesso, so che non è così. Se ami questo sport e so bene che tu lo ami, almeno quanto me, aiutami- Elena era pronta a supplicarlo.
Rei fu colpito da quelle parole, più che altro il fatto che lei stesse parlando quasi con le lacrime agli occhi stava smuovendo qualcosa dentro di lui che pensava essere ormai sopito. Il desiderio di tornare a combattere.
- Siamo in pericolo, tutti, nessuno escluso e noi Prescelti siamo l’unica speranza rimasta per fermare il Team delle Tenebre. Ti prego, ti supplico, sii mio Guardiano, Rei- Elena stava per mettersi a piangere, ma l’unica cosa che non doveva fare era proprio quella: mostrarsi debole di fronte a chi avrebbe dovuto proteggerla e allenarla a diventare una macchina da guerra.
Lui sospirò
- Non so che strane idee ti abbia messo in testa Daitenji, ma credimi, il Team delle Tenebre non può essere sconfitto- rispose lui, amaro.
- Invece sì, voi Bladebreakers ci siete riusciti, no?- ribatté lei
- Sì, ma per quanto? Sono ritornati e chi è venuto dopo di noi non ha avuto molta fortuna- commentò, in tono triste.
- Io sono convinta di potercela fare, ma ho bisogno del tuo aiuto. Ti prego, intraprendi il Cammino con me. Ti giuro che sarò un’allieva diligente, non darò problemi, sono abituata ad allenarmi a ritmi durissimi- iniziò lei, tentandole tutte per convincerlo.
Rei rimase in silenzio, sembrava iniziare a valutare quella proposta ed Elena si stava via via rilassando, notando il suo sguardo non può stizzito, ma più disteso, intento ad ascoltarla.
- D’accordo, accetto- concluse lui, dopo aver sbuffato
- Veramente, ci stai?- disse Elena felice, balzando dal divano.
- Sì, anche se non so con esattezza quanto possiamo fare io e te da soli contro quei quattro- disse lui, inarcando le sopracciglia
- A questo proposito, ho una condizione...- disse Elena, mordendosi un labbro. La parte difficile del discorso che aveva provato in quelle notti ancora doveva arrivare e quel che era peggio era che non era stata un’idea del suo Maestro, ma sua.
- E sarebbe?- chiese Rei, di nuovo seccato
- Vorrei che tutti i Bladebreakers fossero miei Guardiani- le parole le uscirono fuori talmente velocemente che non era sicura che Rei avesse davvero capito.
- Tu sei fuori di testa- commentò il giovane, cercando di mantenere la calma.
- Daitenji deve essere davvero vecchio e rincoglionito per chiedere una cosa del genere- disse Rei, agitato
- Non è una sua idea questa, ma mia.- chiarì Elena
- Ancora peggio, sei troppo giovane per soffrire di demenza- rispose lui, sarcastico
- Rei, ascolta, chi meglio di voi per aiutarmi in questa missione? Lo hai detto tu, gli altri hanno fallito, ma gli altri Prescelti non avevano i Bladebreakers al loro fianco, io li avrò- disse Elena con un sorriso fiero
- Credo di avertelo già detto in più di un’occasione: i Bladebreakers non esistono più, chiaro? Non so perché ti ostini a parlarne.- Rei sperava che la conversazione finisse lì, ma Elena era un osso duro e non se ne sarebbe andata da casa sua finché non avrebbe ottenuto quello che voleva. Una parte di lui era infastidita da quell’atteggiamento, ma un’altra parte era sinceramente ammirata dalla forza d’animo che quella ragazza possedeva.
- Non posso partire senza quattro guardiani e si da il caso che io voglia i migliori- commentò lei, vedendo che restava in silenzio.
- Chiedi a tuo fratello, no? D’altronde anche lui e i suoi amici erano blader professionisti- cercò di negoziare il giovane
- Ti ho già detto che Gianni non sa nemmeno che io giochi, figuriamoci dirgli che parto per sfidare il Team delle Tenebre. No, è fuori discussione.- concluse Elena, ravviandosi i lunghi boccoli castani.
- Ma io non parlo con gli altri da anni ormai, come puoi pretendere che chieda loro una cosa del genere?-
- Possiamo provarci. Dai, ti prego, dimmi di sì- disse Elena, mettendosi quasi in ginocchio di fronte a lui, rendendosi conto subito dopo che forse aveva esagerato a buttarsi ai suoi piedi in quel modo e che lui avrebbe potuto considerarla pazza, cosa che forse già stava pensando.
Rei sospirò
- Non mi mollerai facilmente, vero?-
Le stava sorridendo, buon segno. Elena fece no con la testa
- Ok, proveremo a contattare gli altri, ma non ti prometto nulla.- si affrettò ad aggiungere Rei
- Grazie, grazie, ti sono debitrice!- Elena quasi stava urlando e si era praticamente gettata addosso al ragazzo e lo stava abbracciando. Rei rimase per qualche secondo immobile, poi si limitò a darle qualche pacca sulla schiena, arrossendo e sorridendo sempre di più. L’entusiasmo di quella ragazza era assolutamente contagioso.
- Ti conviene iniziare a preparare i bagagli, partiamo per gli Stati Uniti domani stesso.- disse Rei, a un certo punto. Elena inizialmente sembrò non capire
- Max. Max è il primo che andremo a cercare- spiegò lui.
Elena annuì.
I due restarono a chiacchierare un altro po’, poi Elena decise di lasciare Rei alle sue cose, poiché doveva sistemare alcune faccende al ristorante prima di partire e, lei stessa aveva da fare prima di andarsene.
Dire addio alle persone che amava.

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Capitolo 6
*** Il momento degli addii ***


Capitolo 6:

Quello stesso pomeriggio, Elena dovette affrontare la parte più difficile prima di intraprendere il suo viaggio: salutare Marco.
Mentre si dirigeva a casa sua in auto, nel quartiere EUR, stava pensando ai milleuno modi gentili per dire al suo migliore amico che sarebbe partita il mattino seguente.
Stava valutando se essere diretta o meno. Marco amava le persone che andavano subito al sodo ed era questa, forse, la caratteristica che più amava in lei. Elena non si perdeva in chiacchiere, se aveva un obiettivo andava dritta per la sua strada fin quando non lo aveva raggiunto.
Lei e Marco erano inseparabili, da anni ormai, erano cresciuti insieme tra lotte di Beyblade e cene clandestine sotto il Colosseo e la prospettiva che lei intraprendesse questa missione che poteva seriamente mettere a rischio la sua vita senza il suo migliore amico, d’un tratto la faceva stare da schifo.
Del resto Elena era troppo altruista per questo. Chiedere a Marco di aiutarla e proteggerla in quella missione sarebbe stato troppo e, per la sua incolumità, sarebbe stato meglio per lui rimanere a casa, dove lei lo sapeva al sicuro.
Quando arrivò sotto casa sua, parcheggiò l’auto e si diresse veloce verso il palazzo che ormai conosceva e frequentava da tutta la vita.
Al pianerottolo, trovò la porta di casa socchiusa.
Dal silenzio, intuì che Marco fosse solo. In effetti erano le cinque e i suoi dovevano essere per forza ancora al lavoro.
-Hey, talpa, ci sei?- chiese la ragazza, in quel linguaggio in codice solo loro.
- Di qua- le urlò Marco, dalla voce era su di giri.
Entrando in camera sua, Elena notò che alcuni vestiti erano piegati sul letto, altri erano buttati alla rinfusa in due grosse valige e lui era in piedi davanti al suo armadio aperto.
- Ma che stai combinando? Sembra sia scoppiata una bomba qui dentro- chiese Elena guardandosi intorno
- Che domande. Preparo i bagagli per partire.- disse lui, con un sorrisone.
Elena inarcò le sopracciglia e una sensazione di malessere la pervase. Se ci avesse pensato un secondo di più, avrebbe dato sicuramente di stomaco.
- Allora, quando partiamo? Daitenji ti ha già detto qual è la prima tappa? Come tuo Guardiano voglio essere aggiornato e preparato su tutto- disse lui, entusiasta
Elena sospirò profondamente.
- Marco, forse è meglio che ci sediamo, che dici?- cominciò Elena, sinceramente dispiaciuta per quello che stava per dire.
- Oh oh. Non mi piace affatto il tuo tono, qualcosa non va?- lui cambiò subito espressione, perdendo parte dell’entusiasmo di poco prima.
- Vieni qui-
Elena lo invitò a sedersi sulla sponda del letto accanto a lei, spostando le pile di vestiti e poi fissò il vuoto per qualche secondo, cercando di riordinare i pensieri.
- Leni, tutto bene? Non hai una bella cera- chiese lui preoccupato.
- Ecco, il fatto è che… porca puttana, non so proprio come dirtelo- Elena stava iniziando ad imprecare e dire parolacce, quello era il chiaro segno del suo nervosismo al massimo livello.
- Ma cosa? Cosa stai cercando di dirmi?- Marco era impaziente e questo non aiutava affatto la ragazza.
- Senti io… ho già scelto chi dovrà accompagnarmi nel Cammino.- cominciò lei, cauta, sperando che lui cogliesse al volo le sue intenzioni.
- D’accordo, quindi chi verrà con noi?- riprese lui
Elena alzò gli occhi al cielo, sperando di non dover essere brutale, ma Marco sembrava non capire quindi non le restò altro da fare che dire la verità, così com’era.
- Senti, inutile girarci intorno. Parto con i Bladebreakers, nella loro formazione originale, almeno in teoria- disse secca lei e si ritrovò a sperare per la prima volta che gli ex compagni di Rei si unissero davvero alla causa.
Marco aggrottò la fronte e restò in silenzio per qualche secondo
- Cioè, fammi capire, hai altri...- cominciò, confuso, ma Elena lo interruppe subito
- Sto cercando di dirti che ho già i miei quattro Guardiani e tu non sei tra questi-
Le parole le uscirono più dure di quanto volesse, tant’è vero Marco si irrigidì, fissandola quasi come fosse un’estranea e quella sensazione ad Elena non piacque per niente.
- Ti prego dì qualcosa.- cominciò lei, vedendo che il suo amico restava in silenzio
- Cosa vuoi che ti dica? Hai fatto la tua scelta- disse quasi senza voce, scrollando le spalle
- Se può consolarti, mi dispiace tantissimo, davvero, ma cerca di capirmi lo faccio solo per proteggerti, io non vorrei mai che ti succedesse qualcosa, non per colpa mia, non durante il mio Cammino- disse lei, con le lacrime che iniziavano a solcarle le guance
- Non sia mai detto.- disse lui secco
- Che intendi?- Elena era confusa
Marco fece una risatina amara
- Non cercare di dirmi che lo fai per me, perché sai bene qual è la verità.- il tono di lui stava diventando decisamente troppo alto.
- Spiegati meglio- tentò Elena
- Non lo sai? Nonostante siamo cresciuti insieme, ne abbiamo passate di tutti i colori, dagli allenamenti, alle notti insonni a sfidarci a Beyblade, siamo stati allevati dallo stesso Maestro, tu sei sempre stata un passo davanti a me- cominciò lui, ferito.
- Tu eri Elena Tornatore, tuo fratello era uno degli European Dream, un vero fuoriclasse. La tua, era una cosa di famiglia, dicevano. Ho sempre saputo che saresti stata tu ad intraprendere il Cammino, perché era il tuo destino.- concluse Marco, con gli occhi lucidi
Elena era quasi stupita. Marco non le aveva mai confidato di sentirsi inferiore a lei, anzi, tra i due era sempre stato quello che ostentava la sua forza e la sua tecnica. Mai si sarebbe aspettata che lui soffrisse la competizione nei suoi confronti in maniera così forte.
- Mi aspettavo solo che… mettessi la tua vita nelle mie mani e non in quelle di quattro sconosciuti, solo perché sono dei campioni- disse lui, mantenendo quel sorriso pieno di amarezza.
- Mi dispiace-
Fu la sola cosa che Elena riuscì a dire, con voce rotta. Tentò di mettere la sua mano su quella di Marco, ma lui si alzò di scatto e le diede le spalle.
- Ora, Elena per favore, lasciami solo. Devo ripulire questo macello.- chiuse così la discussione, mentre Elena osservava la sua sagoma in controluce, con un’amara consapevolezza: aveva perso il suo migliore amico nel peggiore dei modi, tradendolo e lui, per la prima volta dopo undici anni, l’aveva chiamata col suo nome.
Era davvero finita tra loro due.
Elena si alzò lentamente dal letto e fece per uscire, si voltò un’ultima volta indietro sperando che Marco le lanciasse uno sguardo, le dicesse qualcosa, ma lui rimase immobile a guardare fuori dalla finestra, dandole le spalle, per non darle la soddisfazione di vederlo piangere.
Elena scese veloce le scale di quel palazzo, realizzando che quella sarebbe stata forse l’ultima volta che le percorreva nella sua vita terrena.
Aprì l’auto con il telecomando automatico e si sedette alla guida. Indossò la cintura di sicurezza e poi mise le mani sul volante. Prima che potesse mettere in moto, iniziò a piangere a dirotto, quasi singhiozzando, nel silenzio dell’abitacolo della sua macchina. Tirò pugni allo sterzo, facendo suonare il clacson più di una volta e urlò con tutta la voce che aveva.
Solo dopo essersi calmata, riuscì ad accendere l’auto e fare rotta verso casa, ancora con gli occhi rossi e gonfi di pianto.

Una volta rientrata, l’unica cosa che avrebbe voluto fare Elena sarebbe stata rannicchiarsi sul suo letto, chiudere gli occhi e sparire.
Era stata davvero una giornata stressante e, purtroppo, non accennava ancora a concludersi. Tutte quelle emozioni e quei discorsi pesanti fin dal mattino l’avevano mentalmente sfinita, ma non poteva fermarsi. Doveva preparare i bagagli e, cosa ancora più importante, doveva trovare una scusa convincente con Adele, per giustificare la sua lunga assenza da casa.
Mentre preparava il primo bagaglio, Elena pensò che sarebbe stato meglio per la sua tata e, soprattutto per lei, raccontare parte della verità.
La ragazza frequentava una nota accademia di moda a Milano, dove si presentava solo per sostenere gli esami, dunque avrebbe detto ad Adele che avrebbe intrapreso un viaggio in Europa per studiare le diverse nuove collezioni degli stilisti e prendere parte a qualche sfilata, di modo da arrivare preparata alla sessione estiva.
Una scusa abbastanza plausibile che avrebbe retto anche con suo fratello Gianni, sperando che quest'ultimo avrebbe telefonato raramente, come era solito fare, nelle circostanze richieste come ad esempio un compleanno o un’occasione speciale.
Elena era sempre stata una ribelle e nonostante i tentativi di suo fratello maggiore di tenerla al guinzaglio per proteggerla, lei aveva sempre fatto di testa sua proprio per dimostrargli che non aveva bisogno di essere sorvegliata, come anche e soprattutto stava per fare in quella particolare situazione, quindi dopo i diciotto anni della piccola di casa, Gianni prese un po’ le distanze portando quello che una volta era uno splendido rapporto di complicità fraterna, ad un semplice sentirsi come dei conoscenti.
Mentre Elena valutava se portarsi dietro o meno il lungo cappotto nero che le aveva regalato Adele in occasione del suo ultimo compleanno, qualcuno bussò alla sua porta.
Senza neanche attendere la risposta, fu proprio Adele ad entrare.
- Ciao, Adele, scusami se non ti ho avvisato, sono appena rientrata- le disse sentendosi un po’ in colpa.
Quella donna si era presa cura di lei per tutta la vita e lei andava e veniva quando le pareva e piaceva, senza prendersi neanche il disturbo di avvisarla sui suoi spostamenti, come avrebbe fatto con sua madre.
Si sentiva davvero un’ingrata certi momenti.
Adele sorrise in modo materno
- Nulla. Ero solo venuta per chiederti cosa volessi per cena.-
Elena fece una smorfia
- Non ho fame, ti ringrazio- rispose asciutta, continuando a dare un’occhiata ai vestiti appesi ordinatamente ad una rella al centro della sua stanza.
- Elena, cosa stai facendo? Perché questi bagagli?- chiese stupita la donna, come se si fosse accorta in quel momento che la giovane stava preparando due grosse valige, facendo presagire un’imminente partenza.
La ragazza sospirò. Non era pronta all’ennesimo discorso complicato di quel giorno, eppure doveva. Adele se lo meritava, forse più di tutti gli altri.
- Domani parto, perdonami il poco preavviso, ma ho dato un’occhiata agli esami del prossimo trimestre e ho pensato che farmi un viaggetto in Europa per dare un’occhiata alle nuove proposte fosse la soluzione migliore- disse, cercando di far trasparire dell’entusiasmo
- Oh, capisco. Ma quanto starai via?- chiese Adele leggermente preoccupata, notando che tutto quello che Elena si stava portando dietro era decisamente troppo per un breve tour.
- Non lo so di preciso- rispose vaga la giovane dagli occhi neri
- Ma è meglio premunirsi con diverse cose, me lo hai insegnato tu- disse alla donna che l’aveva cresciuta, con un sorriso che l’altra ricambiò.
- Brava, copriti bene. Ho sentito che a Parigi, soprattutto di sera, tira sempre molto vento, non vorrai beccarti un malanno- concluse Adele.
- Non c’è pericolo- commentò Elena, sempre sorridendo, ma quel sorriso nascondeva tanta tristezza.
Anche in quell’occasione si era resa conto che quella forse era l’ultima volta che vedeva Adele, quindi abbandonò per un attimo le grucce sul suo letto e corse ad abbracciare la donna, che ricambiò l’abbraccio.
Elena sapeva che Adele sentiva che quell’abbraccio nascondeva dell’altro, non solo un semplice saluto con la promessa di rivedersi presto.
- Ti voglio bene, Adele- disse Elena, con gli occhi chiusi, stringendo quella donna piccoletta tra le sue braccia.
- Anche io, Elena- rispose Adele, poi le diede un bacio sulla guancia così forte che le sembrò quasi che la mascella uscisse dal suo asse e poi entrambe si guardarono con le lacrime agli occhi, iniziando a ridere.
Chi non le conosceva avrebbe detto che quelle due erano matte, ma Elena sapeva che non c’era nessun altra persona al mondo che poteva capirla come Adele ed è per questo che quella specie di addio le sembrava più doloroso degli altri.
- Beh, allora… ti lascio preparare le tue cose con calma- concluse Adele, congedandosi e cercando di ricacciare indietro le lacrime.
- Grazie-
La giovane era quasi sollevata nel ringraziarla e non solo perché le stava lasciando i suoi spazi, ma perché Adele aveva capito che non era necessario fare altre domande sulla sua partenza.

Quando Elena si mise a letto era mezzanotte passata ormai.
Proprio quando stava per chiudere gli occhi, sentì il cellulare vibrare sul comodino. Lo prese in fretta e non riconobbe il numero.
“Ho dovuto chiedere il tuo numero a Daitenji, tra tutte le cose che ci siamo detti stamattina, ci siamo dimenticati quelle più pratiche…”
In quel momento Elena realizzò che era Rei a scriverle e, chissà per quale motivo, iniziò a sentire il cuore batterle un po’ più forte.
Ti aspetto domani all’aeroporto alle 10 in punto. Non fare tardi. Rei”
La ragazza pensò per diversi minuti se fosse il caso di scrivergli o meno, anche solo per fargli capire che aveva ricevuto il messaggio.
Accidenti, si sentiva come una scolaretta alla prima cotta e la cosa la faceva sentire tremendamente a disagio. Si limitò a confermare il loro appuntamento per la mattina seguente e poi cercò di prendere sonno, a fatica.
Ripensò velocemente a tutto quello che era successo quel giorno e ebbe come la sensazione di aver chiuso definitivamente un capitolo della sua vita. Elena quella notte stava lasciando la sé stessa ragazzina nell’immensa villa a Roma e, una volta uscita di lì il giorno seguente, avrebbe abbracciato la sua nuova vita, la sé stessa adulta che andava incontro al suo destino.
Chiudendo gli occhi pensò a Rei.
Non sapeva perché, ma il viso di quel ragazzo non aveva lasciato i suoi pensieri nemmeno per un secondo negli ultimi giorni. Era innegabile il fatto che fosse molto attraente e che chiunque sarebbe rimasta affascinata, ma si era creato come un qualcosa di inspiegabile tra loro due e, in quel momento, Elena fu profondamente grata che lui avesse accettato di accompagnarla ed essere suo Guardiano.
Sentiva di essere al sicuro con lui, la sua sola presenza la faceva sentire protetta e questo era decisamente un vantaggio. La cosa che Daitenji le aveva sempre detto è che doveva fidarsi dei suoi Guardiani ciecamente, visto che gli stava affidando la cosa più preziosa al mondo, la sua stessa vita.
Elena strinse il suo Beyblade nella mano destra prima di addormentarsi profondamente e pensò che era giunto il momento di dare un nome al suo fedele compagno di avventure.

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Capitolo 7
*** La partenza ***


Capitolo 7:

Il mattino seguente, Elena arrivò con largo anticipo all’aeroporto.
Probabilmente quella strana adrenalina che aveva preso a scorrerle in ogni parte del corpo l’aveva spinta a buttarsi giù dal letto all’alba sia per godersi la sua ultima colazione col panorama che tanto amava osservare dal balcone di camera sua, sia per dare un’ultima occhiata alle cose da portare e, perché no, darsi un tono per il viaggio.
Sapeva benissimo che avrebbero dovuto affrontare circa quindici ore di volo, durante le quali sperava di riuscire a dormire un po’ (cosa che difficilmente faceva sugli aerei) o, ancora meglio, parlare di più con Rei per conoscersi meglio.
Del resto stavano per iniziare una sorta di convivenza forzata da quel punto in avanti, dunque come minimo, lei si aspettava di saperne un po’ di più sul suo conto, anche se i primi tentativi non erano andati granché bene, perché lui sembrava sempre molto restio a parlare di sé.
In attesa del check-in, Elena si concesse una sosta al bar per il secondo caffè della giornata e poi si sedette a leggere un libro che si era portata dietro, nel caso che tra lei e il suo accompagnatore iniziassero a scarseggiare argomenti di conversazione.
Mentre era assorta nella lettura, si sentì toccare la spalla, si girò e vide Rei. Le venne spontaneo sorridergli.
-Buongiorno, sei mattiniera anche tu, ottimo- disse lui, sedendosi accanto a lei.
-Buongiorno a te, ma non sembrava così quando sono venuta a parlarti ieri mattina- commentò lei ironica. Rei le sorrise
- Touché-
Ridacchiarono entrambi.
L’atmosfera sembrava molto più rilassata rispetto a quando si erano conosciuti e, soprattutto, rispetto alla mattina precedente in cui lui sembrava voler rinunciare alla missione a tutti i costi.
-A che ora è il volo?- chiese dopo un po’ Elena
- Alle 11 decolliamo, dovremmo essere a New York alle 18 ora locale- rispose lui sicuro.
Sembrava intendersene di viaggi intercontinentali. Del resto al tempo dei tornei di Beyblade, lui e la squadra dovevano aver girato un po’ tutto il mondo.
Saliti sull’aereo, le convinzioni di Elena sul fatto che avevano cominciato col piede giusto iniziarono a vacillare. Erano rimasti in silenzio per quasi tutto il tempo, a parte parlare della situazione meteo e del jetleg, c’era stato poco di cui discutere, dunque lei era tornata al suo romanzo e Rei si era messo ad ascoltare musica.
Il viaggio prometteva proprio bene, così come tutto il resto della missione, pensò Elena con ironia.
Al momento del decollo, alla ragazza venne in mente un dettaglio non proprio trascurabile, dunque si girò verso il suo accompagnatore che era intento a guardarsi delle video ricette sul portatile.
- Il tuo amico Max come l’ha presa che andiamo a trovarlo? Gli hai già accennato qualcosa?- chiese lei, curiosa
Rei si sfilò le cuffiette e la guardò
- Scusami, non ti seguivo, dicevi?- disse, chiudendo lo schermo del computer.
- Ti ho chiesto se Max sa già del nostro arrivo-
Elena era un po’ seccata dal fatto che lui non la stesse minimamente considerando e si era messo a guardare programmi di cucina.
Diamine, avrebbero dovuto stare in quello spazio angusto per quindici lunghe ore, chiacchierare poteva essere tra le opzioni per far passare il tempo.
Rei si rabbuiò e quella non era esattamente la reazione che Elena si aspettava.
- In realtà, non sa che stiamo andando lì- confessò il ragazzo, evitando di guardarla negli occhi
- Cosa?- chiese stupita Elena
- Fermati un attimo. Noi siamo su un aereo diretto a New York, per andare a trovare un tuo vecchio amico che non vedi da diversi anni, senza preavviso?- chiese lei, più per convincere sé stessa che per fare una domanda a Rei.
- Più o meno, sì- rispose lui, visibilmente imbarazzato.
Elena sgranò gli occhi. Tra tutte le cose che potevano succedere o che Rei potesse fare, questa era decisamente la più stupida.
Era convinta che lui avesse già quantomeno preparato Max al loro arrivo, invece sarebbero piombati lì come in una fottuta sitcom, senza prevedere il risultato finale di quella visita.
Elena tirò un lungo respiro, Rei la stava osservando in attesa di una sua reazione: non sapeva se avrebbe dato di matto o l’avrebbe presa con filosofia.
- Ok, d’accordo, restiamo calmi. Tu conosci Max, come potrebbe prendere la nostra “visita di cortesia”?- chiese Elena, decisamente in preda al panico che a fatica nascondeva.
- Senti, non lo so, te l’ho detto. Non lo vedo da dieci anni. Ti ho promesso che avremmo fatto un tentativo, ma non ti ho dato la garanzia che tutto sarebbe andato bene- rispose lui in sua difesa e poi fece per riaprire lo schermo del computer.
La ragazza lo richiuse di nuovo, Rei le scoccò un’occhiataccia, ma lei aveva decisamente lo sguardo più stizzito del suo.
- Non ci provare, sto cercando di parlarti- disse lei, in tono quasi imperante.
- D’accordo, parliamo.- concluse lui, sarcastico e poi si sistemò meglio sul seggiolino.
- Cosa vuoi sapere?- chiese Rei in tono retorico
- Non lo so, almeno sai dove sia Max o saremo costretti a girare tutta New York con una sua foto e sperare che qualcuno ci dica dove abiti?- mormorò Elena
- Rilassati, Daitenji mi ha dato il suo indirizzo- commentò lui serafico
Elena si rilassò visibilmente, ma comunque la prospettiva di presentarsi a casa dell’ex compagno di squadra di Rei senza preavviso, la faceva sentire terribilmente a disagio, ancor di più per il fatto che non erano lì per una semplice reunion come quelle dei liceali o delle boyband.
- Ora, se non ti dispiace, stavo facendo un corso di aggiornamento- commentò tagliente il ragazzo dai capelli corvini, riaprendo il portatile davanti a sé e rimettendosi le cuffiette.
Elena lo guardò socchiudendo gli occhi.
Certi momenti quel suo modo di fare era davvero insopportabile e lei odiava essere presa con quei modi. Avrebbero fatto scintille in quei mesi insieme, pensò Elena.

Il viaggio sembrava durare ormai da un’eternità.
Elena aveva dormito poco e male e iniziò ad accarezzare l’idea che atterrata negli States avrebbe avuto bisogno di almeno un giorno per riprendersi, prima di chiedere ad un altro membro dei Bladebreakers di unirsi alla sua complicata missione.
Non riusciva proprio a pensare a dove prendere le forze per rifare tutto il discorso che aveva fatto a Rei solo un giorno prima, ma le sembrava che da allora fossero passati mesi.
Stavolta, però, Elena sperava di contare sull’aiuto del suo primo Guardiano, ma come si erano messe le cose tra loro due, pensò che avrebbe dovuto parlare a Max personalmente per avere la possibilità di convincerlo.
Guardò Rei con la coda dell’occhio e notò che si era addormentato con le cuffiette alle orecchie. Elena ridacchiò pensando che lo trovasse molto più carino e dolce quando dormiva, poi chiuse piano lo schermo del computer e gli sfilò le cuffiette con un movimento impercettibile e si ritrovò ad osservarlo con attenzione.
Alcune ciocche di capelli gli cadevano sulla fronte, quelle lunghe ciglia nere che quasi gli sfioravano le guance a contornare perfettamente quegli occhi che sembravano oro fuso e che l’avevano messa k.o. dal primo sguardo, il naso perfetto e quella bocca sensuale. Eppure sembrava che Rei avesse il peso del mondo addosso anche mentre dormiva.
- Smettila di guardarmi, non riesco a dormire- disse lui, restando ad occhi chiusi e immobile.
Elena sentì l’imbarazzo trasformarsi in rossore sulle guance, anche se lui non poteva vederla, lo aveva capito.
- Non ti sto guardando- si affrettò a ribattere lei, ma il suo tono di voce la tradì
- Credo tu ne sappia abbastanza su di me da ricordare che sono come un felino: ho i sensi super sviluppati- commentò e poi lei lo vide sorridere soddisfatto, ma quella frase, in qualche modo, aveva fatto imbarazzare Elena ancora di più che si ritrovò a rimettersi dritta sul sedile e a maledirsi mentalmente per essersi persa ad osservarlo come fosse una specie di divinità.
- Non ti stavo guardando- cercò di convincerlo, ma Rei rimase col suo ghigno soddisfatto dipinto sul volto per un bel po’.
- Cerca di dormire anche tu, altrimenti sarai stanca quando arriveremo- le disse dopo un po’.
Elena giurò di aver carpito una nota di dolcezza e sincera preoccupazione per lei in quel consiglio e questo la fece sentire meglio, tanto da riuscire ad addormentarsi.

Quando atterrarono a New York, Elena aveva le gambe intorpidite e si trascinava i bagagli dietro quasi per inerzia. Rei la osservava divertito e quella sua espressione sarcastica fece definitivamente andare la ragazza su tutte le furie.
- Sono uno straccio, lo so, d’accordo? Ma non c’è bisogno che tu me lo faccia notare guardandomi in quel modo!- gli aveva detto, non appena furono fuori dall’aeroporto
- Io non ho detto niente- rispose lui sorridendo e alzando le mani come per difendersi
- Non ce n’era bisogno- ribatté lei, guardandolo in cagnesco
Chiamarono un taxi e optarono per fare prima una sosta nell’albergo dove lui aveva prenotato per la notte per darsi una rinfrescata e sistemare i bagagli.
Si accordarono per rivedersi nella hall entro mezz’ora, di modo da non presentarsi a casa di Max troppo tardi, visto che da dove erano fino a casa del biondo dei Bladebreakers, ci sarebbero voluti altri quindici minuti di taxi.
Elena decise di mettersi comoda, indossando una delle sue tute d’allenamento e le sneakers. Era decisamente troppo stanca per farsi bella e poi era meglio mostrare la sua vera identità: quella che sfoggiava in occasione degli incontri di Beyblade.
Quando scese nella hall, Rei era già fuori dall’albergo che parlava al cellulare.
- Sì, sono appena arrivato. Ti chiamo dopo, d’accordo?- e chiuse la telefonata, non appena Elena si avvicinò.
Pensò se chiedergli o meno con chi stesse parlando, ma immaginò che lui le avrebbe risposto che non erano affari suoi e, in effetti, non lo erano.
Attesero l’arrivo del taxi in silenzio e, quando entrarono nella tipica vettura gialla, Elena sospirò
- Sei nervosa?- chiese Rei ad un certo punto.
- Un po’. Sai non è che stiamo andando esattamente a chiedergli di venire in vacanza con noi- rispose ironica, riuscendo a strappare un sorriso a Rei
- E tu?- Elena si girò a guardarlo, Rei era tesissimo e si vedeva.
- Idem. Forse anche di più- si limitò a rispondere
- Immagino. Deve farti un certo effetto sapere di rivedere un caro amico con cui non hai contatti da anni, ma col quale hai condiviso parte della tua vita- commentò Elena, dolce.
- Già, l’hai detto. Parte della mia vita, una gran bella parte- Rei aveva uno sguardo malinconico e Elena decise che per il momento non voleva sapere altro e lasciarlo in pace a godersi i ricordi che in quel momento, di sicuro, gli stavano passando per la testa.

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Capitolo 8
*** New York ***


Capitolo 8:

Stando alle informazioni ricevute dal Maestro, Max abitava in un bellissimo quartiere residenziale della famosa metropoli statunitense.
Non appena il taxi li lasciò all’indirizzo designato, Rei ed Elena si persero per qualche minuto ad osservare quella lunga stradina costeggiata da meravigliose villette a schiera con dei deliziosi steccati e i giardini curati nei minimi dettagli.
Immaginavano che da un momento all’altro qualche vicino si fosse affacciato da quelle bellissime finestre con un sorriso smagliante e li avrebbe salutati con un sorriso e dato il benvenuto.
Elena aveva visto qualcosa del genere soltanto nei film, eppure aveva viaggiato un bel po’ anche lei, ma l’America era rimasta un territorio ancora inesplorato fino a quel momento. Soprattutto per quanto riguardava quartieri così chic.
- Però!- aveva esclamato sinceramente ammirata Elena.
- Il tuo amico si è sistemato proprio bene- continuò, dando una leggera gomitata a Rei, più che altro per sciogliere la tensione che si era creata. Lui era rimasto in silenzio, quasi terrorizzato, a fissare quella che doveva essere casa di Max.
Elena non capiva perché Rei si sentisse così profondamente turbato all’idea di rivedere il suo vecchio amico. Non ricordava di aver mai sentito parlare dello scioglimento dei Bladebreakers a causa di un litigio tra i membri e la conseguente rottura dei rapporti. Aveva sempre immaginato che la squadra avesse smesso di essere tale, come tutte le altre, con l’avvento del Team delle Tenebre, ma evidentemente c’era molto di più sotto ed Elena era intenzionata a scoprire cosa. Già parte della sua esistenza era stata piena di segreti e verità mai svelate con suo fratello Gianni, non voleva fare la stessa fine con i suoi Guardiani.
- Coraggio, andiamo- disse incoraggiante Elena a Rei e poi i due salirono dei gradini di legno, ritrovandosi sotto un porticato lievemente illuminato.
Elena attese che fosse il ragazzo a bussare al campanello, ma quando vide che lui era diventato praticamente una statua di sale, si decise a prendere in mano la situazione. Bussò e dopo qualche secondo sentì dei passi decisamente svelti e poco coordinati correre verso l’ingresso.
Con grande sorpresa, soprattutto di Rei, aprirono la porta due simpatici bambini che presero a guardarli curiosi.
La bambina non avrà avuto più di sei o sette anni, aveva lunghe trecce bionde, meravigliosi occhi azzurri e deliziose lentiggini sul nasino, mentre il maschietto, sui tre anni più o meno, aveva gli stessi occhi azzurri della sorellina, ma i capelli di un color rame molto particolare.
Rei aveva gli occhi quasi fuori dalle orbite, Elena sfoderò uno dei suoi sorrisi più teneri e si avvicinò alla bambina. Adorava i bambini, la sua era una famiglia numerosa, piena di teneri cuginetti più piccoli e Elena amava coccolarli alle riunioni di famiglia, quando ancora i suoi erano vivi e quelle riunioni avvenivano piuttosto spesso.
- Ciao, piccola- disse sorridendo
- Ciao - rispose lei dondolandosi sul posto, mentre il suo fratellino andava a nascondersi dietro di lei.
- Io mi chiamo Elena - disse la giovane donna, porgendo la mano alla bimba, che prontamente la strinse sorridendo timidamente
- Io sono Judy- rispose con una vocina dolce e a quella risposta Rei fu ancora più scioccato, se era ancora possibile.
- Judy, un nome da signorina. Ascolta, Judy, io sto cercando una persona, si chiama Max Mizuhara, per caso abita qui?- chiese Elena, mantenendo un tono decisamente mieloso.
La bimba annuì lentamente, continuando a sorridere, quando alle sue spalle si udì una voce maschile.
- Judy, David, quante volte vi ho detto di non andare da soli ad aprire la porta-
Quando il proprietario della voce spalancò ancora di più la porta, Rei ed Elena si trovarono davanti un ragazzo alto, con un fisico decisamente allenato, una massa di capelli biondi in un cespuglio di ricci, occhi azzurrissimi da far invidia al cielo e simpatici lentiggini, come quelle della piccoletta. Fu un attimo che sembrò eterno: Rei e quel ragazzo che doveva essere Max si stavano scrutando increduli, chiedendosi mentalmente se l’uno fosse davvero l’altro.
- Ma… Rei...- il biondo fu il primo a parlar
- Sei tu? Non posso crederci- Max era emozionato e si stava chiedendo ancora una volta se quello davanti a lui fosse il suo amico di vecchia data.
- Ciao, amico- disse alla fine il cinese, rilassandosi di colpo ed Elena si ritrovò a riprendere fiato solo quando vide i due abbracciarsi in modo fraterno, stretti, proprio come dovrebbe essere un abbraccio dopo dieci anni fra due amici che hanno condiviso vittorie e sconfitte, gioie e dolori.
- Che ci fai qui? Caspita, è bello rivederti!- disse entusiasta Max, dando una pacca sulla spalla a Rei
- Te lo spiego, possiamo entrare?- chiese Rei e Max sembrava essersi reso conto solo allora che c’era anche Elena che, per il momento, si limitò a fare un cenno con la mano e un sorriso.
- Certo, ma che maleducato che sono. Come in, entrate pure- e si fece da parte per far entrare i due ragazzi arrivati da lontano.
Prima che potessero addentrarsi in casa, dall’arco che dava sulla cucina apparve una donna minuta e snella con grossi occhiali e i capelli ramati raccolti in una coda bassa.
- Max, tesoro, chi era alla porta?- chiese.
E quando vide chi erano gli ospiti rimase sinceramente stupita.
- Devo cambiare lenti o tu sei Rei?- chiese la donna, diretta, avvicinandosi lentamente
- Emily?!- domandò Rei, quasi sconvolto come alla vista di quei bambini sul portico poco prima, rivolgendo all’amico uno sguardo confuso, che Max si limitò a ricambiare sorridendo.
- Non posso crederci, che ci fai qui?- disse, andandolo a salutare
Rei voleva tanto farle la stessa domanda, ma dall’espressione che gli si dipinse in faccia, Emily capì cosa aveva pensato.
- Ti starai chiedendo cosa ci faccio io qui, beh… dai un’occhiata- disse Emily, indicando una cornice appesa sulla parete, la cui foto all’interno ritraeva lei e Max in abito nuziale, intenti a tagliare la torta.
Elena non fu così stupita a quella notizia, le sembrò subito ovvio che quella donna potesse essere la moglie di Max, ma a giudicare dalle continue espressioni di sbigottimento che si stavano susseguendo sul viso di Rei sembrava che avesse appena scoperto la verità su Babbo Natale.
- Voi siete... sposati?- chiese Rei e Emily e Max annuirono, mentre lui le cingeva le spalle con un braccio, superandola in altezza di almeno venti centimetri.
- Quindi quei bambini… sono i tuoi figli- disse Rei con un sorriso così tenero che a Elena quasi le si sciolse il cuore.
Era la prima volta che lei vedeva il suo Guardiano così e quella tensione che c’era stata, fin da quando lei gli aveva chiesto di ricostituire i Bladebreakers, sembrava aver lasciato di colpo il suo corpo.
- That’s right! Judy e David.- rispose Max orgoglioso.
Emily poi si sporse per guardare alle spalle di Rei, dove Elena era rimasta, quasi in disparte, giusto per lasciare che i vecchi amici si salutassero come si deve.
- Ciao, non ci hanno presentate, Emily Watson- disse la ragazza, porgendo ad Elena la mano con un sorriso. La sua stretta era decisamente salda, si ritrovò a pensare la mora delle due.
- Elena Tornatore, molto piacere-
-Tornatore, l’ho già sentito…- disse Emily a suo marito.
- Già, conoscevamo un ragazzo che si chiamava così, te lo ricordi Rei? Gianni Tornatore- disse Max, ricordandosi di quando aveva conosciuto quel giovane romano, un decennio prima.
- Sono sua sorella- rispose Elena con un sorriso e, per la prima volta da quando avevano varcato quella soglia, erano Emily e Max quelli sconvolti, finalmente.
- Bene...- disse Max dopo un po’, squadrando Rei ed Elena.
- Perché non ci accomodiamo in salotto, vi va una limonata?- I due accettarono contenti, pensando che l’ultima cosa che avevano ingerito era stato il cocktail di benvenuto quella mattina in aereo.
- Allora...- cominciò Emily, appoggiando un grosso vassoio su un tavolino posto al centro di due divani disposti l’uno di fronte all’altro e poi prese a versare la fresca bevanda nei bicchieri.
- Cosa vi porta a New York?- chiese, passando il primo bicchiere ad Elena, che ringraziò educatamente.
- Non penso vi siate fatti, quanto, più di dieci ore di volo? Solo per sapere come ce la passavamo- rispose Max con un sorriso e anche gli ospiti riuscirono a sorridere.
- Non esattamente...- disse Rei, riprendendo ad essere teso tutto d’un tratto.
- Su, avanti, sarà anche passata un’eternità, ma resti pur sempre un pessimo bugiardo- disse Max in tono allegro, prendendo in giro Rei, intuendo che il suo amico era in difficoltà.
Elena intervenne, pensando che Rei non si sarebbe deciso a parlare neanche se fossero rimasti seduti su quel divano per ore.
- In realtà, siamo qui per chiederti una cosa...- cominciò Elena cauta
Dal tono con cui la ragazza aveva parlato, tutti i presenti si misero allerta e presero ad essere di colpo seri, ma prima che Elena potesse continuare, Emily la interruppe.
- Suppongo sia un argomento di discussione abbastanza delicato per una semplice limonata, che ne dite di restare a cena?-
Tutti tirarono una specie di sospiro di sollievo
- Magari anche per la notte, lo spazio non manca- propose Max
- L’invito a cena lo accettiamo volentieri, per la notte siamo già sistemati in un hotel, ma grazie comunque, siete gentilissimi- si affrettò a rispondere Elena
- Figurati, immaginavo che avevate prenotato da qualche parte, avete tutta l’aria di due che non stanno soli da un bel po’, eh?- commentò Emily, alludendo sicuramente a qualcos’altro.
Rei ed Elena diventarono bordeaux dalla vergogna e si scambiarono un’occhiata imbarazzata, sperando che l’altro dicesse qualcosa.
- Ma noi, non stiamo...- iniziò Rei, balbettando
- Già, non è che noi...- continuò Elena, imitando il suo Guardiano e indicando entrambi con gesti confusi.
Emily e Max scoppiarono in una fragorosa risata
- Rilassatevi, vi prendevo in giro. E poi, Rei è impegnato con Mao, no?- disse Emily sorridendo, quando un DIN proveniente dalla cucina, segno che qualcosa in forno era cotto, attirò l’attenzione della padrona di casa.
- Oh, l’arrosto è pronto, andiamo a tavola!- invitò tutti allegra. Max seguì subito sua moglie, mentre Elena guardò con la coda dell’occhio Rei che era diventato ancora più rosso di prima.
L’ultima frase di Emily le aveva scatenato una serie di emozioni strane e la sua mente aveva preso a farsi milioni di domande.
Rei era fidanzato e non capiva perché non gliel’aveva detto, si era ritrovata a chiedersi la ragazza. E la sua compagna gli permetteva di intraprendere un viaggio insieme ad una sconosciuta, con lo scopo di proteggerla a costo della sua stessa vita, senza battere ciglio? Suonava decisamente molto strano.
Il cinese si alzò di scatto dal divano
- Andiamo a tavola? Muoio di fame- disse ad Elena, senza guardarla negli occhi
- Sì, arrivo- rispose la ragazza, seguendolo poco dopo.
E poi si accomodarono a tavola.

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Capitolo 9
*** Niente storie ***


Capitolo 9:

Per tutta la durata di quella cena improvvisata, Max Mizuhara si era chiesto se quello seduto alla sua tavola fosse davvero il suo ex compagno di squadra.
Rei era cambiato parecchio, non solo fisicamente, come del resto era successo anche a lui, ma era come se in quel momento si fosse reso conto che i dieci anni che erano passati erano stati davvero lunghissimi.
L’ultima volta che lo aveva visto, Rei a stento si reggeva in piedi, dopo una sfida durissima ed era finito in ospedale. Almeno lui se l’era cavata, ripensò Max.
A volte ricordava a quanto aveva trovato la forza di sorridere e di combattere anche in quelle che erano state circostanze tragiche ed oggi lo sguardo del suo amico sembrava essersi indurito tremendamente.
Max si chiese se anche Rei stesse pensando la stessa cosa sul suo conto, visto quello che avevano passato insieme l’ultima notte come membri della stessa squadra.
Il biondo americano aveva sempre considerato il suo team mate cinese come il collante del gruppo, il più saggio dei Bladebreakers, quello con più esperienza sul campo visto che aveva iniziato a viaggiare da giovanissimo per sfidare bladers di tutto il mondo. Era da sempre un esempio da seguire, un ragazzo d'oro.
E oggi era seduto di fronte a lui, con gli occhi bassi, i pugni quasi serrati e un tatuaggio che spuntava dallo scollo a V della sua t-shirt.
Sì, Rei non era decisamente più il ragazzino calmo e pacato dei Bladebreakers che Max aveva conosciuto anni addietro. Era un uomo con tanta rabbia inespressa e Max, che lo conosceva bene, se ne rese conto con tristezza.
La serata si era spostata nuovamente in salotto, dove Emily aveva servito il caffè agli ospiti, scusandosi con Elena per averlo fatto alla maniera americana e chiedendole consigli su come preparare un cappuccino con i fiocchi.
Mentre le donne erano prese a parlare, Rei seguì Max fuori, sedendosi accanto al suo amico sulla grossa altalena di legno, in fondo al porticato.
Per i primi secondi restarono in silenzio, poi Rei ruppe il ghiaccio.
- Emily, eh?- chiese a Max con un sorrisetto, che il suo amico ricambiò
- Sai è successo tutto all’improvviso.- cominciò Max, dandosi una leggera spinta con la gambe per far ondeggiare leggermente l’altalena
- Dopo quella notte in Russia, sono tornato qui da mia madre. Iniziò un periodo di gran caos alla PPB, tutti i progetti riguardanti il Beyblade furono sospesi o decretati illegali e così mia madre e il suo team si ritrovarono a lavorare in clandestinità, al servizio del Presidente degli Stati Uniti-
Rei osservava il suo amico attento, ascoltando ogni singola parola. Si era sempre chiesto che fine avesse fatto la grande azienda della famiglia di Max dopo quel torneo.
- Io, beh, ero distrutto, puoi immaginarlo...- disse, lanciando un’ occhiata eloquente a Rei, che annuì subito.
- Mi sentivo tremendamente solo, così come Emily, visto che Steve, Michael e Eddy si erano trasferiti in diversi campus universitari per continuare la loro carriera da sportivi- continuò Max, per poi fare una breve pausa.
- Poi, che vuoi farci, un drink, una cena, quello che era nato come semplice rivalità per avere l’approvazione di mia madre, diventò complicità e, considerando quello che era successo, avevo imparato una lezione: la vita è breve e va vissuta, così nel giro di un paio d’anni ci siamo sposati e abbiamo messo su famiglia- concluse il biondo, sorridendo.
- Pensa quanto mia madre abbia toccato il cielo con un dito quando le due persone che più adorava al mondo avevano annunciato il loro fidanzamento- disse ridacchiando Max, che contagiò anche Rei con la sua risata

- Già, posso solo immaginare- rispose Rei ironico

- Chi c’è rimasto un po’ meno bene è stato il Professor Kappa, ha sempre avuto una cotta per Emily- buttò lì, Rei lo guardò sorpreso

- Come? Il Professore?- chiese stupito

- Non lo sai? Lavora alla PPB da almeno cinque anni- commentò ovvio Max

- Non ne sapevo niente… - si limitò a rispondere Rei, quasi cercando di dare un senso al suo non essersi fatto vivo con nessuno dei suoi ex compagni negli ultimi dieci anni, non che Max o gli altri lo avessero fatto con lui. Avevano preso strade diverse ormai e nessuno di loro aveva mai osato chiedere spiegazioni agli altri.
- E’ l’unico con cui sono rimasto in contatto proprio perché lavoriamo nello stesso posto- confessò Max a tranquillizzare implicitamente il suo amico, nel caso si sentisse in colpa per non aver tentato nessun contatto fino ad allora.
Restarono nuovamente in silenzio
- Ma dimmi, Rei, perché sei venuto fin qui? Che succede?- chiese finalmente Max, che aveva atteso fin troppo tempo prima di fare quella fatidica domanda.
Rei tirò un lungo sospiro, lasciandosi dondolare dall’altalena.
- Quella ragazza, Elena, è una blader professionista come suo fratello, vero?- chiese il biondo, facendo un cenno col capo ad indicare dentro casa.
-Sì, è una blader-
- Lo sospettavo, me ne sono accorto quando mi ha stretto la mano. Ho notato subito che aveva i calli tipici di chi è abituato ad usare un dispositivo di lancio da molto tempo-
- Max, hai mai sentito parlare del Cammino del Prescelto?- chiese il ragazzo dai capelli corvini, cercando di sondare il terreno e capire quanto dovesse raccontare al suo vecchio amico.
Max si rabbuiò
- Certo, molti blader della PPB sono partiti da Guardiani e sono tornati devastati da quell’esperienza e alcuni non sono tornati affatto-
Rei constatò con sollievo che Max ne sapeva quanto e forse più di lui, del resto lavorava per una delle organizzazioni più importanti al mondo riguardo allo studio del Beyblade, era quasi impossibile che questo fenomeno che era iniziato poco dopo la loro separazione non avesse influenzato anche la PPB.
- Un po’ come è successo a noi- disse Rei, sicuro
- Già- concluse Max, amaro
- Ho paura che siamo stati proprio noi ad iniziare tutto questo- confessò Rei per la prima volta, in vita sua, ma più passavano i minuti e parlava col suo amico, più tornava indietro nel tempo a quel periodo in cui lui, Max e gli altri si confidavano e non esistevano segreti tra loro.
- Amico mio, credo tu abbia ragione, ma del resto se non fosse stato per noi, il mondo adesso sarebbe peggio di com’è.- poi sospirò
- O almeno, è quello che mi racconto ogni sera prima di dormire, da dieci anni-
Rei fu sollevato da quella confessione di Max.
Certo, sapere che anche uno dei suoi migliori amici stava ancora da schifo per quella storia, nonostante fosse andato avanti con la sua vita molto meglio di lui, non lo aiutava, ma il solo fatto di aver condiviso il suo peso con qualcuno di cui si fidava, era stato liberatorio per certi versi.
- E il motivo per cui sono qui, è proprio questo.- cominciò Rei, serio.
- Vuoi chiedermi di diventare Guardiano di Elena, non è così?- rispose Max con un mezzo sorriso, ma quello a sorridere per davvero, dopo quello che gli sembrò un tempo indefinito fu Rei.
- Beh...- riprese il cinese, cercando di contenere l’entusiasmo.
- Niente storie, accetto.- rispose sicuro Max.
Rei era sconvolto dalla velocità con cui Max aveva preso quella decisione, del resto si era presentato alla sua porta solo qualche ora prima e per quanto il suo amico avesse potuto immaginare la reale motivazione per cui si era fatto vivo dopo così tanto tempo, sperò che non avesse accettato senza prima rifletterci su quanto dovuto.
- So cosa stai pensando. Non è una decisione da prendere a cuor leggero, decisamente.- cominciò Max.
- Ma voglio provare il tutto per tutto, questa volta. Non voglio che i miei figli crescano con la paura di sfiorare Draciel, solo perché qualcuno minaccia di fargli del male per questo.- spiegò Max, aggrottando le sopracciglia e Rei fu sinceramente colpito dalla sua motivazione.
- Non voglio lasciargli in eredità un mondo fatto di terrore e oppressione, non è questo che voglio per loro- concluse il biondo.
Combattere per difendere chi si ama e credere nei valori dell’amicizia, del coraggio e della lealtà. Questo avevano di speciale i Bladebreakers ed era stata questa, durante quella tragica notte in Russia, l’arma che aveva distrutto, seppur temporaneamente, il Team delle Tenebre.
E Rei sembrava essersene ricordato soltanto in quel momento, dietro le parole di Max.
- Quando partiamo?- chiese Max a Rei, con un sorriso emozionato e Rei scosse la testa con un ghigno, quando scoppiarono a ridere di gusto entrambi.
Max non aveva analizzato attentamente il cambiamento del suo caro amico, perché ora che lo vedeva ridere divertito, con quei canini un po’ appuntiti che da sempre lo contraddistinguevano, aveva rivisto quel ragazzino che aveva conosciuto anni prima alle finali del primo torneo di Beyblade a cui aveva partecipato.

Convincere Max era stato più semplice del previsto, pensò Elena. Doveva voler davvero molto bene a Rei per lasciarsi convincere a partire lasciando a casa la sua famiglia e intraprendere un viaggio rischioso, solo per proteggere una sconosciuta. Ma Max era così, Rei glielo aveva detto: tante risate e un cuore grande quanto un pianeta. Quindi, per il biondo fu la cosa più naturale del mondo considerare da subito Elena come fosse una vecchia amica, o una sorella minore da proteggere e a cui insegnare tutto ciò che sapeva.
Emily aveva abbracciato forte Elena prima di salutarsi, le aveva chiesto di prendersi cura di Max, anche se le regole del Cammino dettavano il contrario e di restituirglielo tutto intero. Elena promise senza indugi, perché iniziava ad accarezzare l’idea che con quella squadra leggendaria e invincibile al suo fianco, la vittoria poteva essere considerata certa.
Rei e Max si diedero appuntamento per il mattino successivo alla sede della PPB. L’idea era quella di convincere il terzo possibile Guardiano, ovvero il Professor Kappa.
Elena avrebbe avuto estremamente bisogno dei suoi preziosi consigli e della sua infinita conoscenza in materia di riparazione e upgrade del suo Bey e quando Rei le comunicò la cosa, la ragazza ne fu entusiasta.
Quando entrarono nel taxi che doveva riportarli in albergo, era quasi mezzanotte.
A Elena sembrava di essere sveglia da una settimana, mentre Rei, rispetto al viaggio di andata e ai giorni precedenti, sembrava molto più rilassato e sereno.
Considerando il modo in cui avevano finalmente rotto il ghiaccio quella sera a cena con Max ed Emily, Elena si permise di ritornare su un argomento che avevano sfiorato prima di sedersi a tavola e sul quale aveva ancora molti interrogativi.
- Si chiama Mao allora...- cominciò vaga Elena, aprendo la zip della sua felpa e liberandosi da quell’indumento ingombrante per quel clima, restando con un top da allenamento decisamente troppo corto e scollato, che valorizzava appieno il suo seno prorompente.
- Cosa?- rispose il suo interlocutore, senza pensarci troppo
Rei si trovò a posare lo sguardo sul generoso decollété della ragazza per qualche secondo di troppo, rischiando di farsi accorgere da lei che era intenta a legare le due maniche della felpa intorno alla vita, con non poca difficoltà, visto il movimento dell’auto.
Quando Elena alzò lo sguardo, Rei si girò a guardare fuori dal finestrino, mordendosi un labbro, ma Elena attendeva ancora una risposta che sembrava tardare ad arrivare.
- Mao, la tua ragazza, si chiama così no?- riprese Elena, con una punta di malcelata gelosia nella voce.
- Non so di cosa tu stia parlando, Mao è solo un’amica d’infanzia, niente di più- tagliò corto Rei
- Pare che le cose stiano diversamente secondo Emily- ribatté Elena, inarcando le sopracciglia, con aria saccente.
Rei continuava a guardare il paesaggio newyorkese scorrere fuori dal finestrino, ma riuscì a vedere il suo riflesso con un ghigno soddisfatto: stuzzicare Elena e farla irritare stava ufficialmente diventando il suo passatempo preferito. Del resto era pur vero che stavano per intraprendere un viaggio molto pericoloso, ma divertirsi un po' nel frattempo non gli avrebbe fatto altro che bene.
- Puoi dirmi la verità, tanto, sai che mi importa- disse Elena con un’alzata di spalle, ma il suo atteggiamento era in contraddizione con le sue parole.
Il cinese continuava a restare in silenzio, sforzandosi di non scoppiare a ridere in faccia alla sua protetta.
Se c’era una cosa che Rei aveva imparato su Elena in quei due giorni era che non conveniva farla arrabbiare, ma c’era qualcosa in quei capricci da fidanzatina gelosa che a Rei faceva impazzire.
- Vorrei solo saperlo per una questione di correttezza, a me non andrebbe che il mio ragazzo partisse per un viaggio che lo terrebbe lontano da me per mesi, insieme ad un’altra, scusa eh- continuò Elena, sperando che lui le parlasse.
- Quante storie hai avuto?- chiese Rei, dopo qualche minuto, cambiando completamente argomento.
Elena fu presa in contropiede e quella domanda la imbarazzò da morire. Certo, quella stessa mattina aveva pregato quasi dèi sconosciuti affinché lui intavolasse una qualsiasi conversazione e ora che le stava facendo una domanda così intima, si sentì fin troppo esposta.
- E cosa c’entra adesso?- chiese stridula
- Tu rispondi alla domanda- incalzò Rei, con un sorrisetto di sfida
- Aspetto ancora che tu risponda alla mia di domanda- negoziò lei, mettendosi a braccia conserte, mettendo involontariamente ancora di più in mostra quel seno prosperoso e Rei dovette sforzarsi parecchio per non posare lo sguardo più in basso del suo viso.
Sarà stata la birra bevuta a casa di Max, il caldo umido e insopportabile che faceva in quel cavolo di taxi e quel giochino che stuzzicava entrambi, ma l’atmosfera tra i due giovani iniziò davvero a surriscaldarsi.
- Siccome sono una persona corretta ed educata, ti rispondo subito: ho avuto due relazioni serie e pochissime avventure. Non sono una facile, vado a letto solo con chi mi piace davvero e di chi mi fido e, cosa non meno importante, di chi sono innamorata.- disse Elena, quasi tutto d’un fiato.
- Bene, non sei vergine allora.- rispose lui per poi tornare a guardare fuori dal finestrino.
Elena trasalì e i colori sul suo viso erano simili ad un quadro della Pop Art.
- Ma come… come ti permetti?!- chiese Elena sgranando gli occhi.
Non poteva davvero credere che lui, il suo Guardiano, uno dei blader che venerava da quando era una bambina, le avesse fatto quella domanda decisamente troppo personale per conoscersi da soli tre giorni, ma una parte di lei stava decisamente sorridendo...

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Capitolo 10
*** Mattinata al PPB ***


Capitolo 10:

Per tutto il resto del viaggio, Elena rimase irritata a braccia conserte, mentre Rei escogitava nuovi modi per farla arrabbiare.
Non si sentiva così leggero da tanto Rei, che quasi aveva voglia di recuperare il tempo perduto tutto in una volta e si sentì sollevato che al suo fianco ci fosse una ragazza come Elena, sveglia e intelligente, spiritosa, ma soprattutto pronta al sacrificio.
Sarebbe diventata decisamente una grande blader, Rei ne era convinto.
Quando arrivarono fuori l’albergo, Elena era tornata alla carica.
- Ti ho concesso una domanda decisamente troppo personale, adesso puoi almeno rispondere tu- lamentò la ragazza, mentre entravano in ascensore. Lei sapeva di aver assunto un atteggiamento fin troppo infantile, ma non poteva farci nulla. La curiosità la stava mangiando viva.
- Ci risiamo...- rispose Rei, alzando gli occhi al cielo, ma stavolta non riuscì a nascondere il suo divertimento
- Ti fa ridere? Io non mi sto divertendo, sai? Sei stato scorretto, prima- incalzò lei
- Era una domanda lecita- rispose lui, alzando le spalle, mentre l’ascensore saliva lentamente.
Elena era così accaldata e irritata che non sapeva se dargli un pugno in faccia o saltargli addosso. Lui la stava provocando parecchio.
Le porte dell’ascensore si aprirono e loro si avviarono nel corridoio che portava alle camere.
- Non aspetterò in eterno- concluse Elena, quando Rei si fermò di fronte alla sua porta e lei proseguì verso la camera successiva.
- D’accordo.- rispose lui prima di chiudersi la porta alle spalle, Elena si fermo con la chiave già inserita nella serratura.
- Io e Mao siamo cresciuti insieme, lei era perdutamente innamorata di me, per un po’ abbiamo provato a stare insieme, ma è andata male. Provavo solo affetto fraterno per lei, nient’altro.- ammise alla fine Rei, scoccando un’occhiata profonda ad Elena che sentì tutto il potere di quelle gemme dorate colpirla forte.
- Ci sei andato a letto?- chiese sfacciatamente Elena, ma in totale diritto di porgli quel quesito.
- Ora chi è che fa domande scomode?- commentò lui ironico
- Che ti costa rispondermi?- continuò Elena, alzando le spalle e sostenendo ancora il suo sguardo, seppur con qualche difficoltà.
- Ovvio, ed è stata anche la mia prima volta, se può interessarti- concluse lui, per poi farle l’occhiolino.
Elena si era sforzata di non sorridere, ma quel gesto così da ragazzino l’aveva fatta andare definitivamente fuori.
- Hai avuto altre storie dopo di lei?- chiese, nuovamente, la ragazza
- Ne parliamo la prossima volta, ora sono troppo stanco- concluse lui con un mezzo sorriso
Elena annuì
- Riposa, domani abbiamo un altro compito da svolgere e non credo sarà facile come con Max- Rei tornò serio di colpo, Elena sospirò e poi fece per aprire la porta della sua camera.
- Allora, buonanotte Rei- disse lei, prima di ritirarsi
- Buonanotte, Elena- rispose lui con breve sorriso.

Il mattino seguente, Elena si svegliò come se avesse passato la notte ad un rave party.
Tra il jetleg, l’ansia di parlare con Max a quella cena improvvisata e il modo decisamente inaspettato in cui quella giornata si era conclusa con Rei, avevano messo a dura prova il suo corpo.
Il bello era che il viaggio vero e proprio non era neanche lontanamente iniziato.
Si alzò, andò in bagno e si fece una doccia rinfrancante.
Dopo venti minuti era pronta, aveva indossato un paio di shorts di jeans, una t-shirt bianca e le sneakers.
Aveva raccolto i lunghi capelli in una morbida treccia laterale e si era truccata in modo molto leggero, osando soltanto con il rimmel.
Quando era uscita dalla sua camera, le venne il pensiero di bussare alla porta di Rei, ma proprio mentre lei passava lì davanti, sentì la chiave girare nella serratura e, pochi secondi dopo, Rei uscì
- Buongiorno- disse Elena, con un sorriso
- Buongiorno a te- rispose il ragazzo, ricambiando il sorriso
Per i primi secondi ci fu un leggero imbarazzo fra i due, quasi non sembravano le stesse persone che meno di otto ore prima parlavano di sesso ed ex fidanzati in modo abbastanza diretto, forse era proprio quello a metterli a disagio.
- Dormito bene?- chiese Rei ad un certo punto, mentre si avviavano al primo piano dove stavano servendo la colazione.
- Mi sento ancora un po’ stordita, ma nel complesso sto bene- ammise lei.
- Durante il Cammino non avremo di questi problemi, il massimo del fuso orario sono due ore, non ne risentirai- la rassicurò lui e Elena si trovò a pensare a quanto stesse diventando sinceramente protettivo nei suoi riguardi.
Sembrava essere nato per fare il Guardiano. Il suo soprattutto.
Mangiarono in silenzio, ma quello calato a tavola non era necessariamente un silenzio di imbarazzo, anzi l’atmosfera era talmente distesa e rilassata, che i due pensarono di non rovinarla.
Si scambiarono di tanto in tanto impressioni sul cibo e Rei confidò a Elena che la colazione migliore per lui era quella italiana e che i cornetti e il cappuccino che lei gli aveva portato poche mattine prima, erano i più buoni che avesse mai mangiato.
Elena gli disse che quella era la sua pasticceria preferita e che ogni volta che tornava a casa da un viaggio, non rientrava finché non passava di lì a mangiare qualcosa e promise a Rei che, una volta tornati a Roma, sarebbero andati a fare colazione insieme lì. Poi lei gli confidò il suo rituale per la colazione perfetta: guardare il panorama dalla sua camera da letto, dove riusciva a vedere tutta Roma e Rei ascoltò il suo racconto quasi rapito.
- Continuando a parlare di cibo...- riprese Elena, quando ormai erano in taxi diretti al PPB.
- Perché hai scelto proprio Roma per aprire il tuo ristorante?- chiese curiosa
Rei ci pensò un attimo su.
In realtà erano diverse le motivazioni che lo avevano spinto ad aprire nella capitale italiana il suo primo ristorante, ma cercò di fare ordine nei pensieri e raccontare ad Elena quelle più importanti.
- Ricordi quando abbiamo sfidato tuo fratello, la prima volta?- iniziò Rei.
Elena sospirò, cercando di ricordare quanto più possibile, ma erano passati più di dieci anni e i ricordi erano molto confusi.
- Vagamente, ricordo solo che il tuo amico fece incazzare da morire l’animale sacro di Gianni- commentò Elena con un sorrisetto, Rei fece lo stesso, ricordando quanto era stata vincente la tattica di Takao, il capitano dei Bladebreakers, in quella circostanza.
- A parte quello...- riprese Rei
- Ricordo che passeggiammo per il centro storico e io rimasi tremendamente affascinato dall’architettura. C’era come una sorta di perfetta eternità in quella città.- concluse Rei
Elena non avrebbe saputo descrivere con parole migliori la sua Roma e il modo in cui Rei ne parlava, la faceva inorgoglire.
- Quando è stato il momento di cambiare vita e voltare pagina, la prima cosa a cui ho pensato è stata il Colosseo. Asimmetrico e incompleto a causa di catastrofi in alcuni punti, ma per queste caratteristiche famoso in tutto il mondo, mi rivedevo molto in quel monumento. Per questo ho voluto che il mio ristorante fosse proprio lì vicino- confessò Rei alla ragazza.
- Beh, spero che tu non ti sia pentito della tua scelta- disse Elena con un sorriso, profondamente colpita dal fatto che lui si fosse paragonato ad uno dei simboli della sua amata città.
- Lo rifarei altre mille volte- rispose Rei, contento
- Oh, guarda, ci siamo quasi...-
Il ragazzo indicò fuori dal finestrino ed Elena guardò in quella direzione: in lontananza, sorgeva un imponente edificio a forma di Beyblade.
- Quella è il PPB.- disse Rei.

Elena aveva sentito parlare molte volte del PPB, ma adesso starci davanti all’ingresso le sembrava quasi surreale.
Per riuscire a vedere l’intera struttura, doveva quasi gettare indietro la testa e quel via vai di persone in camice attraverso quelle vetrate la fecero sentire di colpo a disagio, maledicendosi mentalmente per non aver indossato qualcosa di più consono, ma davvero quella mattina aveva fatto parecchia fatica ad alzarsi.
- Hey, ragazzi!-
Una voce ormai conosciuta si sentiva in lontananza. Max stava raggiungendo a passo svelto i due amici ed Elena si rilassò quando vide che il suo nuovo Guardiano era in abiti casual esattamente come lei.
- Scusate il ritardo- disse Max, mentre salutava Rei
- Ma che, siamo in perfetto orario- commentò Elena
- Allora, si va prima dal prof o vi va di salutare la mamma?- chiese con un sorrisetto il ragazzo dagli occhi azzurri.
Elena e Rei alzarono le spalle, per loro andava bene qualunque cosa, purché la conversazione col Professore andasse a buon fine.
Rei era di nuovo nervoso come la mattina precedente e quella prima ancora ed Elena aveva capito ormai che prendeva a comportarsi così ogni volta che doveva fare i conti con le reazioni dei suoi ex compagni.
Per ora gli era andata di lusso con Max, ma a giudicare dallo sguardo che aveva, col Professore e con chi sarebbe venuto dopo di lui non sarebbe stato tanto facile.
I tre si addentrarono nei lunghi corridoi del PPB ed Elena era rimasta sinceramente affascinata da quel modo di vedere il Beyblade come una scienza.
- Scusa, Max, posso farti una domanda?- chiese la ragazza ad un certo punto
- Of course- rispose lui con un sorriso
- Considerando che ora anche solo possedere un Bey è illegale, come fate a portare avanti le ricerche qui dentro? Non si attira troppo l’attenzione?- domandò Elena
Max sorrise sicuro, mentre procedevano a passo svelto verso l’ufficio di sua madre.
- Anche la sperimentazione sugli animali è illegale, eppure molte case farmaceutiche lo fanno- cominciò, ovvio.
- Qui dentro non viene torto un capello a nessuno e finché il Presidente degli Stati Uniti finanzierà le nostre ricerche, saremo in una botte di ferro.- concluse Max
Elena si trovò a pensare che la gestione americana di quella strana situazione che affliggeva il mondo del Beyblade da anni era completamente diversa da quella a cui era abituata in Italia.
Non che lì negli USA avesse visto ragazzini giocare e sfidarsi per strada, come accadeva quando lei era bambina e andava a giocare con Gianni in piazza, ma non riusciva ad immaginare come sarebbe potuta sopravvivere una struttura del genere che faceva ricerche sui Bey in Italia, dove le pene erano severissime a riguardo.
Arrivarono davanti la porta dell’ufficio della Dottoressa Mizuhara e Max bussò e, senza neanche aspettare la risposta, entrò.
La mamma di Max era una donna molto bella e raffinata che dimostrava decisamente molti anni di meno rispetto a quelli che aveva.
Ci accolse con un sorriso e salutò calorosamente Rei, complimentandosi con lui per quanto fosse cresciuto e cambiato.

Max era decisamente la copia sputata di sua madre in tutto e per tutto, persino le stesse lentiggini e anche nella risata contagiosa erano uguali.
- Ho saputo che hai intrapreso il Cammino, i miei complimenti- disse ammirata la Dottoressa ad Elena
- La ringrazio- rispose lei
- Hai scelto i migliori- riprese la donna, guardando Rei e Max
- Lo so, mi sento al sicuro con loro- rispose sorridente lei, soffermandosi per qualche secondo di troppo a fissare Rei.
- Anche se ora vuoi portarmi via uno dei miei scienziati migliori, un colpo basso- commentò ironica la Dottoressa Judy, riferendosi sicuramente al Professor Kappa.
- Avrei portato Emily con me, un’altra donna in squadra mi avrebbe sicuramente dato una mano, ma già ho sottratto il papà ai suoi nipotini, non volevo lasciarli senza mamma- rispose Elena
- Ah, vedrai, il Professore è il massimo, loro due possono confermarlo. Senza il suo aiuto, non sarebbero mai diventati campioni del mondo, anche se non lo ammetteranno mai- concluse la donna
Scoppiarono tutti a ridere.
Dopo una decina di minuti, la Dottoressa si congedò per partecipare a una riunione, ma lasciò il suo ufficio a disposizione per poter parlare con il Professore lontano da occhi indiscreti, così Max dal centralino convocò il prof nell’ufficio di sua madre.
Max era seduto dietro la scrivania dondolandosi come un bambino sulla comoda sedia e dando un’occhiata distratta alle varie scartoffie sulla scrivania, mentre Rei ed Elena erano seduti sull’elegante divano in pelle accanto all’ampia vetrata dell’ufficio da cui si scorgevano miriadi di grattacieli.
Col passare dei minuti, in attesa dell’arrivo del loro amico, anche Elena era diventata nervosa e aveva cominciato a tamburellare con le dita sul bracciolo del divano, producendo un rumore sordo e continuo, e muoveva su e giù la gamba come avesse un tic, finché Rei non ci poggiò una mano sopra chiedendole implicitamente di smettere. Nonostante l’ansia, quel gesto l’aveva fatta calmare in un attimo.
Quel ragazzo esercitava uno strano potere su di lei e questa cosa cominciava a diventare difficile da gestire per Elena. Lei non aveva mai avuto bisogno di nessuno, ma ora si rendeva conto che aveva paura di fare anche un solo passo se non c’era Rei accanto.
Sentirono finalmente bussare alla porta
- Avanti- urlò Max, dando una veloce occhiata a Rei ed Elena, che erano balzati in piedi.
- Ciao Max, volevi vedermi?- chiese il prof, entrando trafelato, continuando a guardare sul suo grosso I-pad, non accorgendosi di altre persone in ufficio.
- Non esattamente- disse Max con un sorrisetto, per poi fare un cenno col capo ad Elena e Rei.
Il Professor Kappa dovette sistemarsi meglio gli occhiali sul naso per capire se veramente quello fosse Rei o stesse sognando. Così, per rendergli le cose più facili, Max si alzò e andò accanto a Rei, mettendogli un braccio sulla spalla
- Allora, adesso puoi dirlo, siamo rimasti i più fighi della squadra, eh?- commentò ironico il biondo.
Seguì un breve silenzio e poi qualcuno tirò su col naso: il Professore stava piangendo. Aveva le lenti appannate e non era riuscito a contenere la sua emozione. Per un attimo, Rei ed Elena si sentirono profondamente in colpa per avergli suscitato quella reazione.
- Oh, amico, che bello vederti!- disse con la voce rotta dal pianto, correndo verso Rei e abbracciandolo forte.
- E’ bello anche per me, hey ma non sei cambiato di un giorno, sei sempre lo stesso- notò Rei, sorridendo, trattenendo l’emozione.
Elena provò un moto di tenerezza a vedere quella scena e si chiese se anche Gianni avesse avuto una così bella reazione nel rivedere i suoi vecchi compagni.
Poi si rese conto, continuando ad osservare quella scena così vera e genuina tra vecchi amici che avrebbe potuto girare il mondo intero, ma nessuna squadra aveva avuto (e a giudicare da quello che vedeva, aveva ancora) un legame così forte come quello che si era creato tra i Bladebreakers. Oltre che essere dei semplici compagni di squadra, loro erano come fratelli e, nonostante fossero passati molti anni, quel sodalizio era ancora autentico ed eterno.
Forse Daitenji non aveva proprio avuto una pessima idea quando aveva chiesto a Rei di diventare suo Guardiano, pensò Elena, perché lei avrebbe automaticamente fatto sì che lui ritrovasse i suoi amici e si sentisse per la prima volta, dopo tanto tempo, a casa.
- Dovete raccontarmi tutto!- disse il Professore, emozionato, sedendosi sul divano.

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Capitolo 11
*** Ricordi dolorosi ***


Capitolo 11:

Dopo aver presentato Elena al prof e aver scambiato qualche dovuta chiacchiera di circostanza, era arrivato anche in quel caso, il momento di chiedere al Professore di unirsi alla squadra.
Come Rei aveva previsto, lo studioso ebbe quasi un mancamento a quella richiesta e sprofondò completamente nella seduta del divano. Elena si preoccupò tantissimo, vedendo che diventava via via più pallido.
- Fatemi capire bene, voi siete masochisti o cosa? No, perché altrimenti non si spiega- osservò, guardando torvo Rei e Max, che non risposero.
- Lo stanno facendo per me, gliel’ho chiesto io- tentò Elena, sperando che la tattica che aveva usato con Rei funzionasse ancora una volta.
- E’ stata mia l’idea di ricongiungere la squadra e non potevamo partire senza di te- si affrettò ad aggiungere la ragazza
- Sei molto carina, Elena e apprezzo la tua considerazione, ma vedi… immagino tu sappia già che questa non è la prima volta che affrontiamo il Team delle Tenebre- disse, spostando lo sguardo verso i suoi amici.
Rei quasi gli chiedeva di non aggiungere altri dettagli a quella storia, lo stava implorando con lo sguardo.
Max era serio e aveva abbassato il capo e ad Elena quella cosa non sfuggì, ma aveva smesso di fare domande già da un pezzo.
- Sì, infatti ed è per questo che ho voluto che foste voi ad accompagnarmi: siete gli unici che ce l’hanno fatta- ribatté lei.
- Ok, ma per quanto? Un anno? Due? Abbiamo sprecato tempo e altre persone sono andate incontro alla morte proprio perché noi non abbiamo compiuto per davvero la missione. A proposito, tuo fratello cosa ne pensa di tutta questa storia?- chiese il prof in tono inquisitorio, sistemandosi gli occhiali sul naso.
Elena odiava quando le veniva fatta quella domanda e, ancor di più, odiava che in qualsiasi circostanza si dovesse menzionare Gianni. Iniziava a diventare una tortura.
Era stato un grande blader senza dubbio, lei ne era fiera quando disputava gli incontri, ma vivere nella sua ombra da quando aveva smesso, per la ragazza iniziava a diventare davvero soffocante.
- Mio fratello non sa nulla e deve continuare a non saperlo.- tagliò corto lei e, dal suo tono di voce, la mente dei Bladebreakers capì che non doveva più toccare l’argomento.
Seguì un breve silenzio, dove nessuno osò parlare.
Elena ci aveva provato, ma non poteva costringere il Professore ad unirsi al gruppo e si trovò a riflettere sul fatto che invece, pochi giorni prima, Rei lo aveva supplicato per accompagnarla, come se iniziare quel viaggio senza di lui costituisse un pericolo ancora maggiore e quando anche Max aveva detto di sì, la sera precedente, si era rilassata di più. Ma ora non voleva forzare più di tanto la mano, forse a frenarla era stato il terrore che si era insinuato negli occhi del prof non appena lei aveva pronunciato la parola Guardiano.
- Ho bisogno di pensarci- concluse il Professore dopo un po’ ed Elena tirò un sospiro di sollievo.
Perlomeno non aveva detto già di no e lei credette essere un buon segno e se ne convinse quando vide un accenno di sorriso sui volti di Rei e Max.
- Allora ci stai, sei dei nostri, magnifico!- esultò Max.
- Calmati, ho detto che ci penserò...- si affrettò a ribattere il prof in sua difesa, ma a poco servì visto che Max era già corso ad abbracciarlo, stritolarlo e quasi lo stava soffocando rischiando di fargli cadere gli occhiali.
Rei fu più calmo e quando il biondo mollò la presa, si limitò a dare una pacca sulla spalla al Professore, che sospirò arreso.
- Siete i soliti, non mi lasciate mai finire di parlare- lamentò, togliendosi gli occhiali e notando se fossero sporchi, per poi iniziare a pulirli col bordo del camice.
- Ah, quante storie, ci divertiremo, sarà come ai vecchi tempi- incoraggiò Max
- Già, i vecchi tempi- mormorò il prof, rimettendosi gli occhiali, con una certa amarezza.
- Bene, direi che adesso manca solo una persona...- cominciò cauto Rei, dopo qualche secondo
Sembrò calare il gelo in quella stanza, nessuno aveva il coraggio di aprir bocca, solo Elena era impaziente.
- Dobbiamo chiamare Takao, manca lui all’appello- disse Elena con un sorriso.
Tra i membri dei Bladebreakers, il capitano era quello che più aveva lasciato il segno quanto a tecnica nella mente di Elena. Lo scontro con Gianni al Colosseo di anni prima l’aveva impressionata a tal punto che fu proprio quella partita a spingere Elena a cominciare a giocare a Beyblade. Voleva diventare come i suoi beniamini, come Takao, la migliore al mondo.
- Ragazzi, io non lo sento e non lo vedo da quella volta...- si scusò Max, facendo intendere che non sarebbe stato lui a prendersi la responsabilità di cercarlo.
- Idem, come ben sapete, non ho più rivisto nessuno di voi da allora, non so neanche dove sia onestamente...- continuò Rei, concordando con Max.
Il Professore rimase in silenzio, quasi con la paura di dover rivelare finalmente una grande verità ai suoi compagni.
- Io lo so...- disse infine lo scienziato.
- Beh, allora, dove si va?- chiese Max, riprendendo il suo solito entusiasmo
- Non è così facile- lo frenò il prof, con un sorrisetto.
- In effetti Takao è rimasto dov’era. Nella sua casa d’infanzia, proprio dove l’ho conosciuto- ammise il Professor Kappa
- Wonderful! Io ricordo benissimo dov’è, se mi fate dare un’occhiata ai voli, ci organizziamo in un attimo- disse Max, prendendo lo smartphone dalla tasca.
- Ragazzi, fermatevi un attimo- iniziò il prof, cercando di spegnere l’entusiasmo ed Elena non capiva bene il perché.
- L’ultima volta che l’ho visto, beh, non se la stava passando proprio bene- iniziò il Professore.
- Di quanto tempo fa parli?- chiese Rei, aggrottando le sopracciglia.
- Circa cinque anni, poco prima che mi trasferissi e iniziassi a lavorare qui, andai a trovarlo- rispose triste

*********************
Cinque anni prima

La pioggia quella mattina era incessante, ma nonostante sapesse che sarebbe tornato a casa zuppo il Professor Kappa doveva fare una cosa importante. L’ultima cosa importante che lo teneva legato a casa sua, prima di trasferirsi definitivamente negli States.
Ancora non poteva crederci di aver ricevuto la chiamata del PPB solo un paio di settimane prima; l’azienda più grande del mondo riguardo lo studio dei Beyblade voleva che fosse proprio lui ad occuparsi di un progetto importante, certo la mamma di Max ci aveva messo una buona parola, ma erano state la sua conoscenza e il suo profondo amore per quello sport a farlo arrivare dov’era. In cima. E anche se il mondo aveva voltato le spalle al Beyblade, lui non lo avrebbe mai fatto, avrebbe continuato a studiare quegli oggetti pieni di misteri e sapere, sperando che un giorno le sue ricerche potessero tornare utili a chi sarebbe venuto dopo di lui.
Quando uscì di casa, fu quasi sbalzato via da una folata di vento e fece fatica a tenere il suo ombrello sgangherato tutto intero. Si ripromise di comprarne uno da mettere in valigia, prima di partire.
Si diresse per i vicoletti che conosceva bene, con lento incedere e con uno sguardo triste.
Aveva fatto una bella figuraccia con uno dei suoi migliori amici proprio quella mattina, non presentandosi al funerale del nonno, una persona che tra l’altro lui conosceva benissimo, ma era stata proprio quella tragica motivazione a spingere il futuro scienziato del PPB ad andare a trovare quell’amico che non vedeva da cinque lunghi anni, nonostante fossero tornati ad abitare a pochi isolati di distanza.
Il prof pensò per tutto il tempo alle parole da dire, ma non gli venne in mente nulla, perdere una persona cara è sempre molto doloroso e lui e quell’amico lo avevano imparato sulla loro pelle nel modo peggiore possibile.
Quando arrivò a destinazione trovò il cancello aperto, lo aprì e vide Takao seduto sulle scale di casa, sotto la pioggia scrosciante. Aveva la testa bassa, i vestiti eleganti zuppi e la cravatta mal messa, sembrava si fosse addormentato proprio in quel punto, crollando prima di riuscire ad entrare in casa.
Il Professore gli corse incontro e lo riparò col suo ombrello.
- Takao! Ma cosa fai qui fuori, rischi di beccarti una bronchite, ma sei matto?- disse il prof, scuotendolo.
Takao aprì lentamente gli occhi, se li strofinò energicamente e cercò di mettere a fuoco la persona che era andata a trovarlo.
- Professor Kappa, sei tu?- biascicò l’ex capitano dei Bladebreakers
- Certo che sono io, cosa fai qui sotto la pioggia? Entriamo in casa, svelto- ordinò il Professore, ma capì subito che Takao non era del tutto cosciente di sé, quando si alzò e iniziò a barcollare, così il più basso dei due lo prese sottobraccio e lo sorresse fino all’interno della casa.
Una volta dentro, lungo il tragitto verso la cucina, il Professor Kappa notò una gran confusione e una serie di bottiglie vuote, pregando mentalmente che il suo vecchio amico non avesse preso brutti vizi.
Il prof riuscì con non poca fatica a sistemare Takao sul divano e lo aiutò a togliersi i vestiti bagnati di dosso. Mentre mormorava qualcosa di indistinto, il prof si rese conto che i suoi sospetti erano purtroppo fondati: Takao puzzava di alcol da morire.
Preparò un thé caldo, dando il tempo all’ex campione del mondo di Beyblade di riprendersi e solo al quarto sorso della calda bevanda, Takao sembrava più vigile.
- Mi dispiace tantissimo per nonno Jay, scusami se non sono venuto al funerale- disse sinceramente triste il Professore
- Non preoccuparti, del resto, non eri tenuto a farlo- commentò Takao, per poi fare un altro sorso dalla tazza.
Il prof si limitò a restare in silenzio, d’altro canto Takao aveva perfettamente ragione, non si vedevano da cinque anni e la loro separazione non era stata facile per una serie di fattori.
Osservò il suo amico che sorseggiava piano il thé con lo sguardo basso, sentendosi improvvisamente in colpa: Takao aveva cominciato a bere e lui non era stato lì per impedirgli di fare stupidaggini, come aveva sempre fatto, era stata un po’ la sua missione per tutta l' adolescenza evitare che quel ragazzo che una volta aveva il sorriso sempre stampato sulle labbra commettesse cavolate. Stavolta, quando proprio gli serviva il suo aiuto, il prof lo aveva abbandonato, così come avevano fatto tutti gli altri da quella orribile notte agli ultimi mondiali, ma la colpa sembrava ricadere soltanto su di lui.
- E Hilary dov’è?- chiese il Professore, tentando di fare conversazione.
- Non ne ho idea- rispose Takao scuotendo la testa
- Ha detto qualcosa come “se non cambi mi perderai” e poi credo se ne sia andata, ma non so dirti con precisione quando sia successo- continuò confuso e il prof si rese conto che la situazione era più grave del previsto. Avrebbe avuto voglia di telefonare a Rei, lui era sempre stato quello più riflessivo, quello che aveva sempre fatto ragionare Takao con calma, ma non sapeva neanche dove fosse e chiamarlo di punto in bianco per dirgli che il loro amico comune stava male, avrebbe fatto stare lui anche peggio.
All’ultimo sorso di thé, Takao fece una smorfia, alzandosi dal divano
- Ho bisogno di qualcosa di più forte...- osservò, andando verso il frigorifero, lo aprì e prese una birra. Una delle tante in fresco.
- Takao...- lo redarguì il prof con non troppa violenza
- Ti rendi conto che ti stai rovinando? Guarda come ti sei ridotto e come hai ridotto questo posto, non è quello che nonno Jay avrebbe voluto per te, lo sai- continuò, guardandosi intorno
- Ma sta’ zitto. Sai quanto cazzo te ne importa di che fine farò...- commentò amaro Takao, aprendosi la birra per poi fare un lungo sorso
- Cosa?- il Professore si sentì ferito da quelle parole
- Andiamo, vuoi dirmi che sei qui solo perché all’improvviso ti interessi a me? Beh, arrivi tardi, game over- disse duro, scolandosi un altro po’ di birra.
- Sono qui per salutarti- rispose irritato il Professore
- Beh, ciao, ora puoi andare- ribatté Takao, stravaccandosi sul divano e facendo un gesto eloquente con la mano.
- Intendevo salutarti per davvero. Parto per gli Stati Uniti, la mamma di Max mi vuole nel suo team al PPB- spiegò, per poi pentirsi di aver rivelato quella notizia, per qualche strano motivo.
Takao fece un fischio di approvazione con ironia
- Però, ti fai vivo dopo cinque anni, nonostante abiti a cento metri da qui, con la scusa della morte di mio nonno, solo per sbattermi in faccia i tuoi successi. Che classe!- quasi urlò Takao e il prof rimase in silenzio, non sapendo davvero cosa dire. Gli si erano bloccate tutte le parole in gola.
- Non dire così, lo sai che abbiamo sempre condiviso tutto noi- cercò di dire in sua difesa il prof.
- Una volta forse- commentò amaro Takao
Seguì un breve silenzio
- Ve la siete svignata, tutti quanti, avete avuto paura delle conseguenze, invece sai che ti dico, Professore? Io il dolore l’ho affrontato e ci faccio i conti tutti i fottutissimi giorni- disse duro Takao, battendosi una mano sul petto.
- Nessuno di voi ha avuto il fegato di dire “ma forse se restiamo uniti la supereremo meglio questa cosa!”. No, siete scappati come conigli, fuggendo nelle vostre luride tane e se la notte avete avuto gli incubi, lo sa solo la vostra coscienza. Io sono apposto- concluse, poggiandosi soddisfatto contro lo schienale del divano.
Il Professor Kappa si sentì completamente annichilito di fronte all’atteggiamento di Takao e non poté fare altro che restare in silenzio.
Ad un certo punto, Takao sollevò la bottiglia di birra.
- Ai Bladebreakers, una squadra di emeriti stronzi e campioni del mondo di tradimento- disse a mo’ di brindisi.
Il Professore abbassò lo sguardo e si rese conto che era arrivato il momento di levare le tende.
Uscì senza neanche salutare Takao e né tanto meno lui gli rivolse un cenno, continuò a sorseggiare la sua birra stravaccato sul divano.
Era come se lo avesse visto per la prima volta, il Professor Kappa non riconosceva più Takao, quello non era lo stesso ragazzo che con tanta determinazione e forza di volontà aveva vinto il torneo mondiale di Beyblade, per poi affrontare una battaglia durissima che costò quasi la vita a tutti loro e non solo.
Si era lasciato sopraffare dal dolore e ora che era rimasto completamente solo, il prof temeva che non si sarebbe più ripreso, ma questa non poteva essere una sua responsabilità. Takao aveva reso chiare le sue intenzioni: voleva cavarsela da solo.
Il Professore si voltò a dare un’ultima occhiata a quella casa dove aveva vissuto tanti pomeriggi spensierati insieme al suo vecchio amico e poi guardò in cielo. Aveva smesso di piovere e tutt’intorno si udiva solo il lieve gocciolare dalle grondaie. Si chiuse il cancello alle spalle, sperando con tutte le sue forze che quella non fosse l’ultima volta che vedeva il suo migliore amico.
Non appena sentì il cancello chiudersi, Takao si alzò dal divano, posò la bottiglia di birra ormai vuota sul tavolo, la quale si andava ad aggiungere alle altre sei che si era scolato la notte prima, e fece per andare in camera sua. Aprì il cassetto del comodino e ne tirò fuori il suo amato Beyblade, Dragoon.
Uscì in giardino col suo fedele compagno, l’unico che in quegli anni non lo aveva abbandonato e si mise in posizione
- Pronti, lancio!- disse a sé stesso e poi tirò con forza il filo di caricamento.
Dragoon iniziò a percorrere il giardino, roteando ad una velocità tremenda e mentre Takao lo osservava, sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
- Amici miei, mi mancate da morire.- ammise, iniziando a piangere
In quel momento, Dragoon rallentò sempre di più, fino a smettere di roteare ai piedi del suo proprietario, che distrutto, si era accasciato al suo fianco, piangendo disperato.

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Capitolo 12
*** Un solo leader ***


Capitolo 12:

Il racconto del Professore riguardo l’ultima volta che aveva fatto visita a Takao fece andare Elena in panico.
Max e Rei si lanciavano occhiate senza parlare, probabilmente una parte di loro era convinta che Takao non sarebbe mai tornato con loro. Eppure, per quanto ne sapeva Elena, era stato proprio lui ad infondere lo spirito di squadra a tutti gli altri membri.
- Sono trascorsi cinque anni, forse gli è passata- cominciò lei, con leggerezza.
- Non lo conosci...- osservò Rei, preoccupato
- Takao è testardo, quando dice una cosa è quella ed è difficile fargli cambiare idea- concluse, asciutto
- Ma tentar non nuoce, secondo me un po’ gli manchiamo- disse Max, cercando di sdrammatizzare
- Già, sono pronta a scommettere di sì- lo incoraggiò Elena, che riguardo all’entusiasmo, si sentiva molto vicina al suo Guardiano americano.
- Una telefonata non ha mai ucciso nessuno, no?- propose il Professor Kappa.
E convennero che contattarlo telefonicamente fosse la soluzione migliore, sia per testare la sua reazione, sia perché Rei ed Elena venivano già da un viaggio intercontinentale e non erano decisamente pronti ad affrontare altre infinite ore di volo dopo un solo giorno.
Considerando che il Cammino sarebbe cominciato a breve, pensarono di farsi raggiungere da Takao, nel caso il ragazzo avesse deciso di prendere parte alla missione, per poi fare rotta per l’Europa tutti insieme, o darsi un punto d'incontro nel vecchio continente.
- Siamo di nuovo al punto di partenza, chi gli telefona?- chiese Rei, spostando lo sguardo via via su tutti i presenti.
- Lo faccio io- si candidò Elena.
- Se a me chiude il telefono in faccia non ne morirò di sicuro- commentò sarcastica, alzandosi dal divano e andando verso la scrivania.
- Posso telefonare da qui?- chiese a Max
- Sure.- rispose lui, nella sua lingua madre.
Rei si mise a braccia incrociate ed occhi chiusi, quasi concentrato su chissà cosa. Il Professore osservava tutti, forse ancora doveva realizzare che la squadra stava per tornare al completo.
Max era tranquillo, seduto sul bracciolo del divano.
Elena compose il numero e dopo qualche squillo qualcuno rispose. Era una voce giovane, serena, ma comunque con un timbro deciso.
- Salve, sto cercando Takao Kinomiya.- cominciò Elena, mettendosi dritta.
- Sono io, con chi parlo?- chiese curiosa la voce dall’altro capo del telefono
- Tu non mi conosci ma… hai conosciuto mio fratello molto tempo fa, anzi lo hai sfidato a Beyblade e hai vinto alla grande- disse ammirata Elena, mentre Takao restava in silenzio. Pensò che rompere il ghiaccio con quell’informazione potesse essere la tattica vincente.
- Ho sostenuto parecchie battaglie a Bey, ti spiace essere un po’ più precisa?- incalzò lui, sinceramente interessato alla conversazione.
- Ti accontento subito: è stato al Colosseo, a Roma, e hai rivoltato il Bit Power contro il suo proprietario, vincendo la sfida.-
L’idea di Elena sembrò funzionare, perché Takao trasalì
- Mi ricordo bene di quell’incontro, fu davvero emozionante- cominciò Takao, con voce entusiasta.
- Sei la sorella di Gianni?- chiese curioso, dopo qualche secondo.
- Esatto e sono una blader, grande ammiratrice dei Bladebreakers- concluse, in tono solenne.
Takao si lasciò sfuggire una risatina
- Mi fa piacere sapere che esistano ancora blader al mondo, ma mi spiace deluderti: i Bladebreakers non esistono più da tempo ormai.- disse lui, con una nota di tristezza nella voce.
Elena fece una smorfia
- Non è detto...- disse vaga
- Che cosa stai cercando di dirmi?- chiese Takao, decisamente preso da quello che la donna gli stava dicendo
- Cosa diresti se ti dicessi che al momento ho i Bladebreakers al completo, senza te chiaramente, di fronte a me?- lo stuzzicò Elena, guardando Rei, Max e il Professor Kappa che stavano seguendo la telefonata col fiato sospeso.
- Ti direi che sei pazza, decisamente- poi scoppiò a ridere, ma era una risata che nascondeva parecchio nervosismo.
- Allora se non ti fidi, non ho altro modo se non dimostrartelo- Elena fece un cenno agli altri di avvicinarsi e mise il viva voce al telefono.
Il primo a parlare fu Max
- Hey, amico, come stai?- disse con un sorriso, anche se Takao non poteva vederlo, conosceva talmente bene Max che sapeva che stava sorridendo.
Dall’altra parte non si udì risposta.
- Takao, siamo noi- disse Rei, calmo.
- Ti prego, parlaci- continuò il Professore.
- Visto? Io non dico bugie- concluse Elena trionfante
- Siete davvero voi?- chiese Takao, piano.
- Sì e abbiamo una proposta da farti che sappiamo ti farà piacere ascoltare- incalzò Max e Takao restò in silenzio come ad invitarlo a continuare.
- Vorrei che tu diventassi mio Guardiano- disse Elena, diretta.
Conoscendo Takao, i suoi amici sapevano bene che si era tenuto aggiornato riguardo al mondo del Beyblade e, dunque, diedero per scontato che l’ex capitano dei Bladebreakers sapesse che cosa gli stava chiedendo Elena.
Oltre ogni pronostico, visto come stava andando la conversazione, Takao staccò la telefonata, lasciando tutti di stucco.
- Ha riattaccato- sentenziò Elena, triste.
Aveva detto che non ci sarebbe rimasta male se Takao avesse rifiutato, ma in quel preciso istante dovette ricredersi.
- Ecco, è finita, ha riattaccato, non vuole avere più niente a che fare con noi- disse il prof, triste.
- Non agitarti, è naturale che sia sconvolto. Non ci siamo fatti vivi nemmeno per la morte di nonno Jay e ora gli stiamo chiedendo di rivivere un’avventura che lo ha profondamente cambiato. Diamogli un po’ di tempo-
- Concordo con Max- disse Rei
Per secondi interminabili restarono in silenzio, fissando il telefono che dopo qualche minuto, riprese a squillare.
Elena, che per gioco qualche volta aveva risposto al telefono nell’ufficio di suo padre, ricordò le buone maniere prima di tutto quando alzò la cornetta.
- PPB, buongiorno- disse in tono allegro, facendo sorridere Max che le fece l'ok con la mano.
- Elena, sono io- disse Takao, sembrava essere arreso.
- Takao, dimmi- lei si mostrò sicura e premette nuovamente il tasto del viva voce per permettere agli altri di seguire la conversazione
- Scusa, ho agito d’impulso.- si scusò lui
- Come sempre...- si affrettò ad aggiungere Rei
- Guarda che ti sento- lo rimbeccò Takao, ma non sembrò infastidito, piuttosto divertito.
- Senti, sappiamo di chiederti tanto...- cominciò il Professore, con calma.
- Io stesso ancora mi chiedo se dire di sì a questi pazzoidi sia stata la scelta migliore- continuò, scoccando occhiatacce a Rei e Max che sorrisero
- Ma potrebbe essere l’occasione giusta per riscattarci, non credi?- concluse il Professore, con convinzione.
- E poi io non voglio vivere in un mondo dove praticare il Beyblade è male, quando è l’unica cosa che fino ad ora mi ha resa felice- disse Elena
Lui restò in silenzio
- Come ha detto Max, non vorrei che i miei figli crescessero in questo modo, con la paura di gareggiare in questo sport meraviglioso- concluse la ragazza e si ritrovò ad incrociare il suo sguardo con Rei, per qualche motivo inspiegabile.
- Sono pronto.- sentenziò sicuro Takao, cogliendo tutti di sorpresa.
- Dici sul serio?- chiese Rei, sperando che il suo amico non ritrattasse.
- Non aspettavo altro, se volete saperlo- confessò l’ex campione del mondo.
- Questo momento è stata l’unica cosa che mi ha dato la forza di svegliarmi al mattino negli ultimi dieci anni, non posso tirarmi indietro, mi sento responsabile.- disse serio.
- E poi, Dragoon scalpita per combattere e quale migliore occasione di questa-
- Sei ancora il nostro leader, Takao- concluse Elena, sinceramente felice.
- Sono dei vostri, al cento per cento- sottolineò ancora una volta Takao.
- Bene, allora è fatta, ci vediamo presto- concluse Max, in tono tremendamente entusiastico.
Era fatta per davvero. I Bladebreakers erano tornati.

Dopo aver pranzato insieme alla mensa del PPB, il Professore fu costretto a tornare al suo lavoro, mentre Max si offrì di riaccompagnare in hotel Rei ed Elena, ma i due rifiutarono gentilmente, in quanto quel tragitto in taxi sembrava essere diventato una sorta di rituale che ai ragazzi non dispiaceva, anzi, qualcosa nello stare seduti vicini nell’auto li spingeva ad aprirsi e conoscersi.
Del resto i Prescelti devono fidarsi dei loro Guardiani e se non li conoscono non potranno mai farlo ed è pur vero che i Guardiani stessi devono conoscere i propri Prescelti, per capirli e seguirli al meglio durante il Cammino.
- Direi che ti sei preoccupato per nulla- cominciò Elena, quando Rei comunicò la meta al tassista.
- Riguardo a?- chiese lui
- A tutto, ogni volta che dovevamo chiedere agli altri di diventare Guardiani ti irrigidivi e te ne stavi lì, triste e ansioso.- spiegò Elena
- Fatica sprecata- sentenziò lei, stiracchiandosi, per poi abbandonarsi contro lo schienale del sedile posteriore dell’auto gialla.
- Hai avuto ragione fin dall’inizio, non è stata proprio una cattiva idea- rispose lui, mettendosi comodo come la sua Prescelta.
- A pensarci bene, la reazione più accesa è stata proprio la tua- Elena non vedeva l’ora di dirglielo.
Rei ripensò a come si era comportato quando Daitenji gli aveva chiesto di diventare Guardiano e si rese conto di essere stato alquanto irruento, eppure una volta era calmissimo, non avrebbe mai fatto una piazzata del genere.
Gli sembrò essere passata un’eternità da quel pomeriggio, invece che pochi giorni.
Il tempo si era fermato e aveva iniziato a prendere un ritmo tutto suo, pensò Rei, da quando aveva accettato di proteggere quella ragazza.
- Già, anzi, non ti ho mai chiesto scusa per quello- disse, sinceramente in colpa per il suo comportamento
- Non ti devi scusare, io avrei reagito esattamente alla stessa maniera, al posto tuo- confessò Elena.
- Siamo più simili di quanto pensi, forse per questo è un bene che sia stato Daitenji a farti la proposta, io non ci sarei mai riuscita- continuò lei, ad occhi bassi, poiché quella confessione rischiava di farla arrossire, se avesse incrociato gli occhi di lui.
- Il merito va a te se ho accettato, del resto sei stata tu a presentarti a casa mia ad implorarmi, l’hai dimenticato?- le disse lui, retorico, ma con un sorriso talmente rassicurante, che Elena non poté fare a meno di ricambiarlo.
- Diciamo però che quella colazione ha giocato a tuo favore- disse Rei, mantenendo il sorriso ed Elena arrossì violentemente.
- Prima hai detto una cosa a Takao...- cominciò Rei e stavolta fu lui ad abbassare lo sguardo.
Elena restò in silenzio per farlo continuare
- Hai detto che non vuoi che i tuoi figli crescano in un mondo come questo.- alzò lo sguardo e la fissò.
Ogni volta che Rei le lanciava uno sguardo del genere, Elena si sentiva come se tutta l’armatura che si era creata intorno al cuore per tutta la vita, si sgretolasse. Rei aveva il potere di farla scattare come una serratura e lui era l’unica chiave al mondo.
- Ho ripensato alle parole che ti ha detto Max e mi ci sono trovata d’accordo, in effetti è una cosa a cui penso spesso anche io- ammise Elena
- Quindi, pensi di volere dei figli un giorno?- chiese lui, interessato
- Certo, anzi, quando tutto sarà finito vorrei davvero incontrare l’amore della mia vita, sposarmi e avere dei figli miei- confessò lei, sentendosi improvvisamente stupida a dirlo proprio a Rei.
- Tu non ci pensi mai?- chiese Elena, tremendamente curiosa.
Rei sospirò
- Per un po’ sì, ci ho pensato.- ammise più a sé stesso che a lei.
- Sono cresciuto in un piccolo villaggio, isolato da tutto e tutti, lì era un po’ l’ordine naturale delle cose arrivare presto in età da matrimonio e mettere su famiglia quanto prima.- cominciò Rei
- Ti ho parlato di Mao… Ho sempre pensato che sarei finito per sposarla appena fosse stata abbastanza grande, ma più crescevo io più quella prospettiva non mi soddisfaceva.- confessò Rei
Elena a solo sentir pronunciare di nuovo il nome di quella ragazza, fu un tantino gelosa, ma mascherò la sua smorfia alla perfezione.
- Così me ne sono andato, mi stava stretto quel modo di vedere le cose, anche se sono profondamente legato alle mie origini.-
Elena lo ascoltava rapita e si rese conto che quella era forse la prima volta in cui Rei le parlava a cuore aperto.
- Ho cominciato a girare il mondo per conto mio, fin quando non ho conosciuto gli altri e sono stato completamente assorbito dalle gare e dai tornei, finendo per abbandonare completamente l’idea di trovare l’anima gemella e sposarmi, non che a quell’età fosse logico pensarci, pensavo a divertirmi come tutti- continuò lui, Elena annuì brevemente.
- Ho conosciuto un’altra ragazza poco dopo l’ultimo torneo, ma non è andata bene e ho iniziato a pensare che ero io a non essere pronto per una relazione stabile, del resto avevo vent’anni- disse in sua difesa.
- Non hai ancora trovato quella giusta- disse Elena con un sorriso dolce
- Già, non è facile tenermi testa e da dieci anni a questa parte non sono più un tipo calmo e riflessivo, lo hai visto da te- ammise, un po’ imbarazzato
- A me piace chi reagisce d’istinto- rispose Elena sicura
- Io sono così e mi piacerebbe che chi dovrà stare al mio fianco per tutta la vita capisca questo mio modo di essere-
Rei annuì, colpito dalle sue parole
Restarono a guardarsi per qualche secondo, sostenendo lo sguardo l’uno dell’altra, quando quel momento così intimo venne interrotto dal tassista che gli comunicava di essere arrivati a destinazione.
- Sai dovremmo affittare un'auto- disse Elena, rientrando in albergo
- Tu sai guidare?- chiese Rei con un sorrisetto
- Certo, perché tu no?- chiese lei alzando un sopracciglio
- Ti prendevo in giro- continuò lui, divertito
E lei di tutta risposta, gli diede una finta gomitata.
Quegli attimi di leggerezza erano la parte del viaggio che Elena amava, capiva che in quei momenti usciva fuori la vera essenza di Rei: dolce, giocherellone e sensibile.
Pregò con tutta sé stessa che quelli non fossero gli ultimi sprazzi di normalità che avrebbe avuto, prima di cominciare per davvero la missione.

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Capitolo 13
*** Tornare a combattere ***


Capitolo 13:

Quando quella mattina si era alzato, Takao Kinomiya tutto immaginava, fuorché diventare Guardiano di un Prescelto.
L’idea non l’aveva neanche mai sfiorato negli ultimi tempi, tranne in rare occasioni quando lanciava il suo Dragoon in giardino e lo lasciava roteare per un tempo indefinito, fino a quando non si fermava non avendo nessun avversario con cui misurarsi. Qualche volta si era ritrovato a pensare che sarebbe stato entusiasmante trasmettere il suo sapere a qualcun altro, le sue esperienze e la sua tecnica al servizio dei blader del futuro. Semmai ci fosse stato un futuro in cui credere.
Da quando erano finiti gli ultimi campionati del mondo in Russia e l’avvento del Team delle Tenebre aveva scosso profondamente tutto il mondo, tutti avevano iniziato ad essere ostili verso il Beyblade e veder girare un Bey in un’arena era diventato un evento sempre più raro, persino tra amici.
Non era passato giorno, però, che Takao non avesse parlato al suo Drago Azzurro, chiuso nel bit del suo Beyblade. Ne avevano passate decisamente troppe insieme per decidere di relegarlo per sempre in un cassetto e quando aveva appreso che dei giovani venivano allenati ad intraprendere una sorta di missione di sopravvivenza per sconfiggere i blader della Morte, sperò che qualcuno di loro lo contattasse per accompagnarlo.
Per i primi anni era stato arrabbiato, riducendosi a uno straccio tra poco sonno e alcol a volontà.
Voleva vendicarsi a tutti i costi, era il suo pallino fisso e si era persino deciso a partire lui stesso, da solo, per mettere la parola fine a quell’incubo iniziato alla finale mondiale, ma con la morte di nonno Jay, Takao sentì che era arrivato il momento di crescere e lasciarsi alle spalle tutto quel rancore e quell’astio che si portava dentro da tanto, ma che ormai appartenevano ad un tempo passato. Prima o poi qualcuno avrebbe annientato quei mostri al posto suo, pensava.
Così diede una svolta alla sua vita, raccogliendo l’eredità di suo nonno e diventando insegnante di kendo nel dojo della sua famiglia e, grazie alla fama che si era guadagnato negli anni con il Beyblade, le iscrizioni ai suoi corsi non tardarono ad arrivare.
Per la prima volta, dopo tanto tempo, Takao sentì di star facendo qualcosa di buono e che la sua vita non era stata un completo fallimento, soprattutto dopo che aveva smesso di giocare a Bey a grandi livelli e da cinque anni a quella parte era tornato il Takao Kinomiya che tutti conoscevano: determinato, ritardatario e con la battuta sempre pronta.
La sua fidanzata di vecchia data, Hilary, aveva fatto ritorno a casa poco dopo la morte di nonno Jay ed era stata lei ad aiutarlo ad uscire dal baratro, lei era stata la ragione principale per cui lui decise di chiudere definitivamente col passato e le cose tra loro andavano decisamente a gonfie vele, tanto che il ventinovenne giapponese si portava dietro da un po’ un anello di fidanzamento, pensando al momento giusto in cui chiederle di sposarlo.
Ci pensava su da parecchio ormai e aveva deciso che lo avrebbe fatto quel pomeriggio stesso, al parco, al tramonto, dove la loro storia era nata quando erano solo due ragazzini.
Aveva pensato a tutto.
Avrebbe attirato Hilary al posto e all’orario prefissato, si sarebbe nascosto e quando lei avrebbe iniziato a cercarlo, avrebbe lanciato Dragoon da dietro un albero per attirare la sua attenzione, tenendosi ben lontano da occhi indiscreti e il Bey le avrebbe girato intorno, dando il tempo a Takao di inginocchiarsi alle sue spalle, con il cofanetto dell’anello già aperto. Riusciva già ad immaginare gli occhi castani pieni di stupore della sua Hilary e poi pensò che si sarebbe arrabbiata perché aveva paura che lui le avesse dato buca.
Il piano era perfetto e non c’era margine di errore.
Il giovane passò la mattinata ad allenare il gruppo dei tredici-quindici anni e la sua mente tornava, di tanto in tanto, ai dettagli della proposta di matrimonio.
Il suo flusso di pensieri era stato interrotto dallo squillo del telefono.
- Continuate, ragazzi- aveva ordinato ai suoi allievi, che eseguirono, scagliando fendenti precisi con le loro lunghe spade di legno.
La voce dall’altro capo non l’aveva riconosciuta, ma quando quella stessa voce sconosciuta aveva parlato dei Bladebreakers pensò che fosse uno scherzo (decisamente di cattivo gusto) e aveva messo giù, d’istinto.
Quando Takao aveva riattaccato, in un primo momento si era reso conto che le sensazioni che l’avevano pervaso a sentire la voce dei suoi ex compagni erano decisamente contrastanti. Per di più gli stavano chiedendo di ricostruire la squadra.
Era innegabile che il giovane volesse ancora molto bene a Max, Rei e al Professor Kappa, per quanto a quest’ultimo aveva detto il contrario l’ultima volta che si erano visti, ma l’idea di riprovare quelle emozioni di dolore e rabbia che, con fatica, aveva chiuso in un angolo della sua anima, lo spaventava da morire.
Qualcosa però gli fece cambiare in modo repentino idea, in quel preciso istante.
Takao alzò lo sguardo dal telefono e vide scintillare, dietro la Spada del Cuore di Drago, cimelio della sua famiglia, il suo Dragoon gelosamente custodito in una teca di vetro.
Il ragazzo sbatté le palpebre più volte, incredulo e poi si avvicinò al suo Beyblade, aprì la teca e lo strinse tra le mani, chiudendo gli occhi. Il Drago Azzurro voleva tornare in campo, aveva sete di combattere, Takao poteva quasi sentirlo parlare nella sua testa.
In quel momento, l’ultimo campione del mondo di Beyblade non ebbe dubbi: doveva accettare di diventare Guardiano di una giovane blader, nonché sorella di un suo grande avversario europeo.
Takao si sentiva investito di una sorta di responsabilità, lui era sempre stato un leader, lui aveva guidato i Bladebreakers attraverso una vittoria dopo l’altra, ed era arrivato il momento di rimettersi finalmente in gioco.

Una settimana dopo, Takao stava correndo come un forsennato, trascinandosi a fatica più di un bagaglio dietro, tra i vari gate dell’aeroporto di New York alla ricerca del suo.
Non vedeva i suoi amici da dieci anni e non voleva assolutamente che pensassero che lui non fosse cambiato di una virgola: era sempre in ritardo, per quanti sforzi facesse proprio non ce la faceva ad arrivare puntuale ed era una cosa che anche alla sua futura sposa Hilary dava enormemente fastidio.
Quando le aveva dato l’anello e le aveva fatto la proposta per poi dirle che sarebbe partito per diventare Guardiano di lì a poco, l’unica cosa che Hilary riuscì a dirgli fu “Speriamo che tu non faccia tardi alle nozze” e Takao non se la sentì proprio di prometterglielo.
- E’ in ritardo, come al solito- sentenziò il Professore guardando l’ora
- Andiamo, è Takao, lo sappiamo com’è- disse Max, mentre sfogliava una rivista.
- Speriamo non ci faccia perdere il volo- concluse Elena
- Ragazzi, aspettatemi!!!- urlò qualcuno dall’ingresso del gate, sventolando il biglietto aereo.
- Eccolo- disse Rei, sorridendo
Quando Takao arrivò, si appoggiò alle ginocchia riprendendo fiato.
- Caspita, non ho più l’età per questo- disse, respirando a fatica, riuscendo a strappare un sorriso a tutti i presenti.
Takao alzò la testa e squadrò tutti i suoi compagni con un sospiro soddisfatto, uno ad uno.
Elena riconobbe in lui il ragazzo che aveva sfidato suo fratello tempo addietro, ma rispetto agli altri suoi Guardiani, pensò che il tempo era passato più per lui che per gli altri.
Takao portava tutti i capelli raccolti in una coda bassa e quell’acconciatura faceva risaltare tantissimo i suoi occhi di un colore a metà tra il castano e il blu notte e sul suo viso un accenno di barba ben curata.
- Vi odio, sembrate ancora dei ragazzini- disse a Rei e Max che sorrisero soddisfatti
- Sei tu ad essere invecchiato male, caro mio- si difese Max
- Giusto e poi toglila questa barba, ti sta malissimo- incalzò Rei
- L’ultima volta ce l’aveva anche più folta- aggiunse il Professor Kappa.
- Hey, hey, non mi vedete da dieci anni ed è questo il modo di accogliere il vostro capitano? Vergogna- disse, facendo il finto offeso e tutti scoppiarono a ridere, quando finalmente tutti i membri di quella che era stata la squadra di Beyblade più forte al mondo si strinsero in un abbraccio collettivo e sembrò che più che dieci anni fossero passati dieci giorni.
Quando Takao si presentò ad Elena le fece una richiesta insolita, una cosa che né Rei, né Max, né tanto meno il Professore le avevano domandato.
- Posso vedere il tuo Beyblade?-
Elena rimase sorpresa da quella richiesta, ma senza esitare più di tanto aveva tirato fuori il Bey dalla tasca e lo aveva dato a Takao, che prese ad osservarlo attento.
Anche gli altri, incuriositi dal gesto dell’ultimo Guardiano arrivato, si erano avvicinati per conoscere il Beyblade della loro Prescelta, quello che secondo le previsioni di Daitenji era in grado di sconfiggere il Team delle Tenebre.
- Lo tratti molto bene, brava- disse Takao ad Elena
- Ti ringrazio- rispose lei, felice
- Ha già un nome?- chiese Takao, mentre lo sguardo di tutti si posava su Elena che per un attimo si sentì in imbarazzo. Non immaginava che il suo Bey dovesse superare un esame prima di partire.
- Si chiama Vulpilyon- disse sicura Elena
- Un bel nome da combattimento- commentò ammirato Takao.
- E il Bit Power?- chiese, prendendo ad osservare il centro del Beyblade, dove era custodito il vero potere.
- L’ho ricevuto da poco, non ho avuto modo di combattere e di testare la sua potenza- confessò Elena.
Takao annuì, per poi restituire il Beyblade alla sua legittima proprietaria.
- Non temere, da domani inizieremo ad allenarci sodo- la rassicurò, porgendole la mano ed Elena la strinse con gioia.
- Ragazzi, se non ci sbrighiamo perderemo il volo- il Professore riportò tutti alla realtà e i ragazzi si incamminarono verso la pista di decollo.
Takao si era messo tra Rei e Max e aveva abbracciato entrambi. Quel gesto così amichevole era mancato da morire a tutti loro.
- Allora? Cosa avete combinato mentre il vostro capitano non vi controllava?- chiese ironico a entrambi
- Io ho aperto un ristorante di lusso a Roma- gli disse Rei
- Sei sempre stato un cuoco provetto, anzi mi mancavano decisamente i tuoi manicaretti, Rei- confessò Takao al cinese
- Lo sospettavo, ma aspetta di sentire Max.- proseguì Rei, scoccando un’occhiata al biondo
- Ho sposato Emily degli All Starz e ho due figli, Judy e David- disse sorridendo
Takao rimase sconcertato a quella notizia
- Cosa? Sei diventato papà?! Non posso crederci, ma è una notizia favolosa, le mie congratulazioni amico- commentò Takao, sincero.
- E tu? Dai, raccontaci- cominciò Max impaziente
- Beh, si da il caso che io adesso sia il maestro Kinomiya al dojo- disse Takao, con aria saccente
- Caspita, che bravo- commentò Rei ironico
- E… siete tutti invitati al mio matrimonio, anche se non ve lo meritereste, in realtà- sentenziò, facendo il finto offeso.
- Really?! Ti sposi, quando?- aveva chiesto Max su di giri
- Il prossimo autunno- disse sorridendo
- Se tutto va come deve andare, ovviamente- osservò, rabbuiandosi di colpo e dando un’occhiata alle sue spalle a Elena e il Professore poco lontani da loro.
- Tranquillo, ho fiducia in Elena- lo rassicurò Max.
- Sì, è una ragazza davvero capace, potrà farcela col nostro aiuto- disse Rei, perdendosi ad ammirarla, mentre rideva di gusto a una battuta del Professore.
- Non vedo l’ora di cominciare- concluse Takao, mentre raggiungevano le scale dell’aereo.

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Capitolo 14
*** Vienna ***


Capitolo 14:

Quando misero piede nella capitale austriaca erano le undici di sera ed Elena si sentì in qualche modo a casa.
Poteva sentire l’aria europea e respirò quella brezza fresca a pieni polmoni, avvertendo subito il cambiamento di temperatura tra lì e l’America. Nonostante fosse ormai giugno, Vienna era ancora in un clima prettamente primaverile.
I cinque ragazzi si avviarono fuori dall’aeroporto e, con loro grande sorpresa, ad aspettarli fuori c’era un pullman della BBA.
- Non posso crederci, esiste ancora?- aveva chiesto Takao, andando verso il mezzo pesante e squadrandoselo
- Deve essere un regalo del Presidente- osservò il prof.
- Già, ora com’è che si fa chiamare Daitenji?- chiese Max ad Elena
- Maestro, o gran Maestro, dipende dalle situazioni- disse lei con un sorriso
- Che aspettiamo? Andiamo- propose Takao pieno di entusiasmo e lui e Max iniziarono a salire sul pullman, litigando su chi dovesse stare al lato finestrino. Il prof li seguì borbottando qualcosa sottovoce riguardo al loro essere rimasti gli stessi ragazzini infantili che aveva conosciuto in adolescenza. Rei si spostò di lato e fece un gesto eloquente ad Elena
- Dopo di te-
Lei sorrise e lo ringraziò, salendo sul pullman.
- Allora? Dov’è che alloggiamo?- chiese dopo un po’ Takao
- E’ un po’ fuori mano, nei pressi del bosco- disse Max, seguendo il tragitto tramite Google Maps.
- Così possiamo allenarci senza problemi e lontano da occhi indiscreti- concluse Rei
- Per quanto ne so, il Prescelto e i Guardiani non hanno problemi ad allenarsi alla luce del sole, ma non so dirvi esattamente perché- disse Elena, scrollando le spalle
- Lo so io- intervenne il prof.
- Quando un Prescelto parte per il Cammino, viene comunicato a tutte le Associazioni di Beyblade ancora esistenti, a tutti i presidenti e alle più alte cariche dello Stato. Quelle persone diventano intoccabili, un po’ come chi è nel programma protezione testimoni- concluse il prof ed Elena restò affascinata da quella spiegazione così esaustiva. Neanche il Maestro glielo aveva mai spiegato così bene, anzi fu anche abbastanza frettoloso nel comunicarle questa cosa, poco prima di partire.
- Benissimo, così potrò dare il meglio di me- disse Takao, in preda all’entusiasmo.
- A proposito, Elena, ho elaborato per te un programma di allenamento in aereo.- cominciò il Professore, passandole un plico.
Elena cominciò a sfogliare le pagine, ma non ci capì moltissimo, riusciva a vedere soltanto il modello 3D del suo Beyblade con varie descrizioni accanto.
- Approfittando del tuo sonno, mi sono preso la briga di dare un’occhiata al tuo Vulpilyon e testare il suo livello di preparazione al computer. In base ai dati che ho raccolto, ecco il tuo training completo- concluse il prof vedendo che Elena sorrideva entusiasta.
- Certo, questa è solo una bozza, finché non ti vedrò in campo non potrò capire esattamente di cosa avete bisogno tu e il tuo Bey- si affrettò ad aggiungere
- Mi va benissimo, anzi, grazie infinite. Non avevo mai avuto un programma da seguire, mi sono sempre allenata da sola- ammise la ragazza
- Beh, ora sei ufficialmente una blader professionista e, come tale, devi essere seguita al meglio.- le disse Rei con un sorriso.
Elena si fermò a fissare i suoi Guardiani uno per uno e si limitò a sorridere.
Avrebbe tanto voluto dire qualcosa, ma le parole non le uscirono di bocca, non sapeva proprio come esprimere la sua gratitudine.
Quattro persone avevano deciso di prendersi cura di lei, quattro campioni, lasciando a casa chi amavano davvero per partire ed aiutarla a perseguire uno scopo, per un bene più grande.
Una piccola parte di lei si sentì in colpa in quel momento.
Quei quattro giovani che avevano giurato sui loro Bit Power di proteggerla erano seduti al suo fianco in quel pullman e lei gli teneva nascosto il segreto più grande riguardante la missione, ma doveva farlo. Toccava anche a lei proteggere loro.

Quando arrivarono in hotel non era neanche mezzanotte.
Gli uomini decisero su come dividersi nelle camere e poi consegnarono ad Elena la chiave della sua. Si salutarono sul pianerottolo e poi ognuno sparì dietro la rispettiva porta.
Elena gettò i bagagli alla rinfusa in un angolo, nonostante fosse una ragazza estremamente ordinata, non aveva proprio la forza di mettersi a disfare anche un solo borsone in quel momento. Quell’andirivieni per tutto il mondo nel giro di qualche giorno l’aveva decisamente stressata e si trovò a chiedersi, ancora una volta, come avesse fatto Rei a riabituarsi a quel ritmo così presto.
Tirò fuori giusto il pigiama e lo spazzolino dal bagaglio e si tappò in bagno per una breve doccia, si lavò i denti, fissando la sua immagine allo specchio e notò di avere delle occhiaie pazzesche, maledicendosi mentalmente per non essersi portata un po’ di correttore dietro ed essersi data un tono in aereo. Non che gli uomini facessero caso a queste cose, soprattutto quando alcuni sono lì per il solo scopo di prepararti ad essere la migliore in assoluto e lei lo sapeva bene, ma era per sé stessa che odiava farsi vedere non in ordine in pubblico. E poi c’era Rei.
Rei che la mandava fuori di testa ogni volta che le posava quegli occhi incantevoli addosso. Rei che la faceva sorridere quando era un po’ giù di morale. Rei che in quelle due settimane trascorse insieme le aveva dato così tanto e lei non gli aveva detto grazie neanche una volta.
Rei che aveva giurato sulla Tigre Bianca di proteggerla a costo della vita.
Elena si rese conto che quel ragazzo iniziava a diventare decisamente troppo importante. Aveva cercato di starsene sulle sue, di non pensare a lui anche quando andava a dormire, ma era diventato sempre più difficile, ogni giorno di più che passavano insieme. Ormai era troppo presa, ma sapeva bene che tra loro non poteva esserci nulla, o meglio, sarebbe stato opportuno non mischiare gli affari di cuore con la missione, era quella ad avere la priorità ed Elena lo sapeva fin troppo bene, quindi si era messa l’anima in pace e stava cercando di vedere Rei semplicemente per quello che era, cioè il suo Guardiano e ce la stava mettendo tutta per riuscirci, però che fatica, si era detta tra sé e sé ogni sera prima di andare a dormire. E quella sera non era diversa dalle altre.
Si mise sotto le coperte, strinse come sempre tra le mani il suo Beyblade e si addormentò quasi subito, sperando con tutta sé stessa di non sognare il suo Guardiano, per l'ennesima notte di fila.

Qualcuno bussò alla porta così forte che Elena pensò che fosse scoppiata la fine del mondo.
Si svegliò di soprassalto, cercando di capire se quel suono fosse reale o frutto della sua mente, provata da tutta quella stanchezza accumulata nei giorni precedenti, ma quando quel bussare così dirompente si ripeté per una seconda volta, la giovane non ebbe dubbi.
Si alzò barcollando e andò ad aprire.
C’era Rei fuori dalla porta, già sveglio e vestito che la guardava a braccia conserte e un sopracciglio alzato. Elena sperò di essere ancora in uno dei suoi sogni.
- Rei...- rispose con la voce impastata dal sonno
- Giù dal letto, comincia il tuo allenamento- disse lui ovvio
Elena era confusa, diede un’occhiata all’orologio da polso che portava sempre con sé e, con sua enorme sorpresa, segnava le cinque del mattino.
- Ma è prestissimo- protestò lei
- Niente ma, ti voglio pronta entro dieci minuti. Ti aspetto qui sotto- e fece per andarsene.
Eccolo lì, sembrava essere tornato quello freddo e antipatico di quando lo aveva conosciuto, pensò.
- Ma io sono stanca, Rei- ritrattò di nuovo lei, sbadigliando.
- Elena, ho detto dieci minuti, ne hai già perso uno ed ora sono nove, quindi ti consiglio di sbrigarti- le disse lui, continuando a camminare per il corridoio, tranquillo, facendo ondeggiare la sua lunga coda corvina.
Elena lo guardò in cagnesco, anche se lui non poteva vederla, si chiuse la porta alle spalle e si vestì in tempi record, indossando la prima tuta che le era capitata a tiro e legandosi i capelli in modo abbastanza distratto. Ebbe giusto il tempo di mettersi un po’ di mascara, afferrò il suo Beyblade, una felpa e fece per uscire dalla sua camera, imprecando sottovoce per l’orario decisamente troppo mattutino.
Rei la attendeva all’ingresso dell’hotel, era anche lui in tuta total black e una fascia rossa sulla fronte con dei ciuffi che sfuggivano alla sua presa. Un dettaglio che Elena ricordò proprio in quel momento: quella stessa fascia rossa con il simbolo dello Yin Yang, Rei la indossava quando i Bladebreakers sfidarono suo fratello Gianni.
- Era ora- cominciò lui quando la vide
- Sono stata precisa, sono le cinque e dieci spaccate, di cosa ti lamenti?- disse lei, tagliente, seguendolo ed Elena giurò di vederlo sorridere brevemente e, questo, la fece rilassare. Non era tornato ad essere stronzo, poteva stare tranquilla.
- Dove andiamo?- chiese la ragazza dopo un po’.
Il sole ancora non era sorto, ma il cielo iniziava a colorarsi di quelle sfumature tipiche dell’alba e l’aria frizzante del mattino costrinse Elena a stringersi ancora di più nella sua felpa.
- Nel bosco- si limitò a risponderle Rei, ma lei non capì perché avesse scelto proprio quel posto per gli allenamenti.
Quando arrivarono lì, si addentrarono nella lussureggiante boscaglia, seguendo un sentiero.
Si fermarono in un ampio spiazzale, dove tutt’intorno c’erano piante alte e altri sentieri.
- Ok, ci alleniamo qui?- chiese Elena, tirando fuori il Bey e fissandolo al dispositivo di lancio.
Rei le andò accanto e le tolse dolcemente gli oggetti dalle mani, poggiandoli su un muretto lì vicino
- Questi non ti serviranno con me- le disse.
- Come? Non combatteremo?- Elena era confusa
- Di questo si occuperanno Takao e Max, saranno loro i tuoi maestri sul campo, io mi occuperò del tuo esercizio fisico- spiegò Rei con calma e improvvisamente quella prospettiva ad Elena non piacque per niente. Certo, sviluppare una buona muscolatura nelle braccia per i lanci e avere una buona resistenza fisica per poter controllare il proprio Bit Power e reggere match più o meno lunghi erano principi imprescindibili per un blader e, da una parte fu grata che fosse proprio Rei a seguirla in quel tipo di allenamento, ma Elena moriva dalla voglia di combattere contro di lui dal giorno in cui lo aveva conosciuto, non poteva negarle una cosa simile.
- D’accordo, ma non sarà sempre così, no? Avrò l’occasione di sfidarti in allenamento- disse Elena, speranzosa.
- Io non combatto e non ho il mio Beyblade con me, quindi la vedo difficile come cosa- concluse lui, secco.
Quella risposta colpì Elena in pieno.
Non sapeva esattamente perché l’aveva presa così male, ma fatto stava che quella confessione di Rei sul non voler combattere e di non avere più il suo Bey con sé la fece sentire da schifo. Lei e Vulpilyon erano inseparabili, così come Takao e Dragoon e Max era a dir poco entusiasta all’idea di tornare in campo con Draciel, ma Rei sembrava non volerne proprio sapere di lanciare un Bey in un’arena, anche solo a scopo dimostrativo e, quel che era peggio, Elena non concepiva il fatto di separarsi dalla cosa più preziosa che avesse mai avuto.
La ragazza fu improvvisamente colta dalla curiosità di sapere perché Rei aveva deciso di essere suo Guardiano se poi non l’avrebbe aiutata a formarsi come blader, ma capì che non era né il luogo né il momento di fare altre domande.
Così, rassegnata, si mise agli ordini.
- Sei pronta?- chiese Rei
- Certo- rispose Elena sicuraE realizzò che era quello il momento, il punto di partenza esatto del suo Cammino.

Carissimi lettori, innanzitutto colgo l'occasione per ringraziare chi sta leggendo la mia fan fiction e sono estremamente contenta del riscontro! A questo giro il capitolo è stato postato con qualche giorno d'anticipo causa feste natalizie che mi porteranno lontana da casa e dalla mia postazione pc preferita <3
Auguro un sereno Natale a tutti voi e grazie ancora per seguirmi, un abbraccio fortissimo <3
LadyYuna94

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Capitolo 15
*** Diventare forte ***


Capitolo 15:

Maledetto il Professore e il suo training intensivo, pensò Elena, al decimo giro intorno al bosco.
Un kilometro di sentiero che lei stava percorrendo per l’ultima volta in quella batteria, sentiva le gambe andare a fuoco, ma non poteva fermarsi, Rei era stato categorico.
- Se ti fermi, ricominci da capo- le aveva detto serio, prima di cominciare ed Elena si era ritrovata a lanciargli occhiate torve ogni volta che passava dallo spiazzale per ricominciare il giro, mentre lui se ne stava lì seduto a guardarla con un sorrisetto divertito. Gli avrebbe volentieri mollato uno schiaffo.
Giunta nuovamente al punto di partenza, la ragazza si sedette per terra stendendo le gambe e appoggiandosi sulle braccia, non prima di aver afferrato la sua bottiglia d’acqua e farne un lungo sorso.
Quando riprese fiato, Rei la stava guardando con un ghigno
- Stanca? Ma come, di già? Non ci siamo per niente- osservò lui, alzandosi dal muretto
- Ho corso per dieci kilometri senza fermarmi, ti dispiace essere meno sarcastico? Se ti tiro la bottiglia potresti sentire dolore- commentò lei, incanalando più aria possibile.
- Abbiamo appena cominciato, non farmi pentire di essere diventato tuo Guardiano- disse lui, porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
- Non te ne pentirai, vedrai- rispose lei a mo’ di sfida
- Riprendiamo, allora-
Sembrò passare un tempo infinito tra circuiti di esercizi a intensità crescente.
Rei pretendeva il massimo, la perfezione da lei e se qualcosa non era fatto per bene, lui glielo mostrava nel modo corretto e nonostante Elena sentisse i muscoli di tutto il corpo dolere ad ogni movimento e aveva il viso arrossato dallo sforzo, davanti al suo Guardiano pensava a mostrarsi di ferro, senza alcuna debolezza.
Rei voleva vedere questo, che Elena diventasse forte nel corpo e nello spirito, una blader perfetta in grado di avere il controllo sotto ogni aspetto e avere la pazienza di migliorarsi con costanza, solo così avrebbe garantito prestazioni migliori sul campo di battaglia, poiché avrebbe avuto piena consapevolezza delle possibilità sue e di Vulpilyon, sfruttandone al meglio le capacità.
Era stato questo uno dei motivi per i quali il cinese aveva chiesto al Professore di occuparsi personalmente del suo allenamento.
Rei non era pronto a tornare in campo, anche solo per sfidare la sua protetta a scopo di renderla una guerriera. Non aveva più lanciato il suo Driger da quella famosa notte in Russia, dove giurò di non farlo mai più, nonostante la lotta nelle semifinali contro i padroni di casa lo aveva ridotto anche peggio, facendolo finire in ospedale, Rei non aveva perso la voglia di combattere fino all’incontro successivo. Quello con i blader della Morte.
Però quella mattina, vedendo lo sguardo di Elena intristirsi lievemente quando le aveva confessato di non avere il suo Beyblade con sé, gli aveva scosso qualcosa dentro. Quella ragazza iniziava ad avere un’influenza troppo forte su di lui e improvvisamente immaginò di lottare contro di lei, proprio in quel bosco. Quanto l’avrebbe resa felice, pensò Rei, ma non avrebbe potuto realizzare quell’idea, non in quel momento.
Doveva accontentarsi di vederla sfoderare la sua grinta contro Max e Takao.
L’altro valido motivo per cui aveva chiesto al prof di allenarla, ma che non avrebbe mai ammesso a voce alta, era che amava stare da solo con Elena.
Era come se tutto il mondo intorno sparisse e restassero solo loro due e il fatto che lei avesse intuito quanto lui ci stava mettendo del suo in quell’allenamento per renderla più forte e quanto anche lei apprezzasse la sua vicinanza e il suo volerla spronare a tutti i costi, fece sentire Rei irrimediabilmente vicino ad Elena, come se i due si fossero definitivamente legati.
Una conferma di quelle sensazioni Rei la ebbe quando aiutò Elena nell’esercizio di simulazione del lancio.
Si era messo dietro di lei, l’aveva aiutata ad assumere la posizione corretta con le braccia, accarezzandogliele per tutta la lunghezza e le aveva sfiorato le spalle e il collo chiedendole di tenere la testa dritta e lo sguardo fisso, per poi riprodurre il movimento del lancio insieme a lei, più volte, in quella stessa posizione.
Rei sperò che quei secondi a distanza così ravvicinata fossero eterni e giurò di sentire il cuore della ragazza battere sempre più forte nel suo petto ad ogni lancio.
Il fatto che Elena fosse così forte e determinata, ma al contempo così dolce e ingenua in quelle situazioni procurò a Rei una serie di sensazioni contrastanti.
Sapeva bene che Elena gli aveva affidato la sua vita, glielo aveva praticamente chiesto lei in ginocchio e sentirla così vicina lo faceva stare talmente bene da non ricordare quando era stata l’ultima volta che si era sentito così, ma avere la grossa responsabilità di badare a lei, il peso della sua giovane vita sulle spalle, lo spaventava a morte e sperò con tutte le sue forze di essere sempre all’altezza di quel compito così importante.
- Sono a pezzi, come farò ad affrontare Max e Takao?- lamentò lei, mentre tornavano in albergo e il sole del mattino faceva capolino al limitare del bosco.
- Dopo aver fatto colazione ti sentirai meglio- la rassicurò lui
- Comunque, grazie- cominciò Elena, prendendo coraggio
- Per cosa?- chiese Rei, aggrottando le sopracciglia
- Per tutto, è una cosa che finora non ti ho mai detto e non è giusto, non te lo meriti.- continuò lei, tenendo gli occhi bassi.
- Ti stai facendo in quattro per me e anche se hai deciso di farmi sgobbare e di non volermi sfidare, io sono felice che sia tu ad allenarmi- concluse lei, con un sorriso, alzando la testa per guardarlo.
Rei le sorrise, un sorriso tanto dolce e sincero che Elena sentì sciogliere il cuore come neve al sole.
- Sei la nostra unica speranza e io sarò al tuo fianco fino alla fine- le promise lui, Elena sgranò gli occhi, sinceramente colpita dal tono così solenne del suo Guardiano.
Si fermò per un attimo e lui la imitò, qualche passo più avanti, si guardarono per secondi interminabili aspettando che l’altro facesse qualcosa.
Elena aveva il cuore a mille e pensò che quella era esattamente l’atmosfera strana e magica che si veniva a creare prima di qualcosa di importante, ma era incapace di muoversi o anche solo di pensare quando lo sguardo dorato di Rei incontrava il suo. Aveva faticato a portare a termine gli ultimi esercizi poco prima, per via della vicinanza che si era creata tra i loro corpi che sembravano calamite pronte ad attrarsi.
E proprio quando Elena stava per aprire bocca e dire qualcosa.
- Ragazzi, finalmente, ma dov’eravate finiti?- chiese Takao vedendoli lì immobili fuori dall’hotel.
Il momento carico di aspettativa venne interrotto dal capitano, che li osservò per qualche secondo perplesso.
Rei ed Elena furono come risvegliati da un torpore e si avviarono all’interno della hall, giustificandosi con Takao di essere usciti presto per allenarsi.
- Ah, quindi ve la siete svignata per fare due lanci? Interessante- osservò Takao, con fin troppa malizia nel tono di voce e che metteva a disagio la giovane protetta.
- Io alleno Elena, allenare lei con Vulpilyon è compito tuo e di Max, lo sai- commentò Rei, lanciando uno sguardo eloquente al suo compagno di squadra.
Takao alzò le braccia in sua difesa
- Lo so, lo so, non combatti più- disse, in tono canzonatorio.
- Dai, venite, altrimenti mangio anche la vostra colazione- riprese Takao, con neanche troppa ironia.
Quando presero posto al tavolo più in disparte della sala da pranzo dell’hotel, il Professore era intento a fare ricerche al computer con il piatto vuoto accanto e Max stava sorseggiando un caffè.
- Vi siete persi il meglio: Takao e il suo show con la colazione a buffet- disse Max con un sorrisone, mentre Rei ed Elena, affamati da morire, attaccarono i loro piatti colmi di pietanze.
- Come se non lo conoscessimo- disse Rei
- Avevamo affrontato estenuanti ore di volo e ieri sono andato a letto senza cena, questa mattina pensa quanto stavo morendo di fame- si difese Takao, legandosi i capelli nella sua solita coda bassa.
- Sei sempre il solito, non cambierai mai- osservò il cinese, mentre spalmava la marmellata su una fetta di pane tostato.
- Allora, Elena, com’è andato il primo allenamento?- chiese il Professore, chiudendo lo schermo del computer.
- Bene, cioè, sono stanca e affamata in questo preciso momento, ma credo che a lungo termine questo allenamento sia giusto per potenziare la mia forza fisica- commentò sincera Elena
- Ottimo-
- Il nostro cinese ti fa lavorare sodo- cominciò Max, facendo saettare lo sguardo da Elena a Rei e viceversa, per poi fare un sorso dalla tazza di caffè
- Beh, come spero facciate tutti voi- si limitò a rispondere la ragazza, visibilmente in difficoltà e tentando a tutti i costi di nascondere il suo imbarazzo riguardo il suo allenamento personale con Rei.
- Tra poco vedremo come te la cavi- disse Takao in tono di sfida
- Ricorda che ha ancora tanto da imparare, non partire a razzo- lo ammonì il prof.
- Il tuo compito è insegnare e sostenere la tua Prescelta, non mostrarle quanto sei forte e vincere a tutti i costi- continuò lui, sistemandosi gli occhiali sul naso.
- Questo lo so, grazie- ribatté Takao facendogli una smorfia
- E poi quando mai sono stato tipo da voler vincere a tutti i costi?- chiese lui, stupito
Calò un silenzio gelido in tavola. Max, Rei e il Professore si guardavano senza sapere cosa dire, Takao se ne accorse
- Begli amici che siete, non credevo mi reputaste spocchioso e arrogante, non ve ne ho mai dato modo- disse, sinceramente offeso.
- Qualche volta...- commentò Max, vago
- Ammettilo, in qualche occasione sei stato testardo e non hai ascoltato i nostri consigli- incalzò Rei ed Elena si ritrovò a pensare che forse erano state determinate scelte del capitano dei Bladebreakers, all’epoca, a far sì che si separassero, ma era un motivo fin troppo futile per rompere un’amicizia lunga e solida come la loro e poi si capiva che Max e Rei stavano prendendo un po’ in giro Takao.
Da ragazzini doveva essere stato un vero spasso viaggiare in loro compagnia.
Elena avrebbe tanto voluto conoscerli meglio in quel periodo, invece aveva solo un vago ricordo di loro al Colosseo contro Gianni. Vago fino a quando Rei non aveva indossato quella fascia e lei se ne era ricordata come l’avesse visto il giorno precedente. Incredibile quanto un dettaglio possa far tornare alla mente certe cose, pensò.
- La smettete di prendermi in giro? Siete decisamente più stronzi di quanto vi ricordassi- ammise Takao
- E tu infinitamente più volgare- ribatté Rei, tagliente
- Già, hai un repertorio di parolacce tutto nuovo, sei il massimo- continuò Max, sarcastico
- Piantatela, ragazzi e se avete finito direi di prepararci ai combattimenti, che dite?- propose il Professore
- Non vedo l’ora- Max era su di giri
- Ti senti pronta?- chiese Rei sottovoce ad Elena e la sua vicinanza e quel sussurrare, fecero arrossire la ragazza in un baleno.
- Sì, sono pronta- rispose non troppo convinta.
Una cosa è sognare di sfidare i campioni del mondo, una cosa è ritrovarsi a pochi minuti da una vera sfida con loro, ma non aveva scelta.
- Bene, andiamo allora- concluse Takao, alzandosi in fretta dal tavolo.

Come settimana scorsa, propongo il nuovo capitolo con un paio di giorni d'anticipo.
Rinnovo a tutti i miei auguri, che sia un 2022 sereno e pieno di cose belle e speriamo di tornare un po' alla normalità <3
Un abbraccio fortissimo <3
LadyYuna94

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Capitolo 16
*** Il Primo vero incontro ***


Capitolo 16:

Ritornarono nel bosco dove Elena si era allenata per tutta la mattina con Rei e capì che per quella settimana sarebbe stato quello il luogo in cui avrebbe dovuto dare il meglio di sé, fuori e dentro l’arena di gioco.
- Sarò io a battermi per primo- disse Max convinto
Elena deglutì, vedendo Max che preparava il suo leggendario Draciel, agganciandolo al dispositivo di lancio.
Rei si accorse dello sguardo preoccupato della ragazza
- Qualcosa non va?- le chiese dolce
Elena sospirò e prese a prepararsi anche lei, inserendo il filo di caricamento e assicurandosi che Vulpilyon fosse a posto.
- Beh, non è che proprio muoia dalla voglia di battere Max e Takao, sono fortissimi- ammise Elena
- Proprio per questo li hai voluti come tuoi Guardiani, no?- disse Rei con un sorriso incoraggiante
- Ovvio, ma ho paura di fare una figuraccia e se non fossi all’altezza?- cominciò lei, andando in panico.
Rei, capendo che Elena si sentiva sotto pressione e in ansia da prestazione riguardo al primo incontro, decise che era suo compito rassicurarla, così le poso entrambe le mani sulle spalle e la guardò dritta negli occhi.
- Mai mostrare la paura al tuo avversario, potrà usarla contro di te- le suggerì lui ed Elena annuì lentamente, rapita completamente dallo sguardo di lui.
- Max e Takao sono qui per insegnarti, lo ha detto anche il Professore, più imparerai da loro più possibilità avrai di sconfiggere il Team delle Tenebre- continuò Rei convinto, Elena sospirò.
- Non andare di fretta e cerca di prevedere le loro mosse, puoi farcela- la motivò Rei e la ragazza si sentì improvvisamente inondata di una forza e una sicurezza incredibili.
- Blader in posizione- urlò il Professore, mentre Max si avvicinava all’arena di gioco costruita apposta dal prof per gli allenamenti di Elena.
Rei diede un’occhiata a Max poi guardò di nuovo la sua protetta.
- Draciel è un Bey difensivo, sfrutta questa cosa a tuo vantaggio- suggerì il ragazzo dagli occhi dorati ed Elena annuì convinta
- Grazie- gli disse fissandolo negli occhi
- Ora vai e fagli vedere chi sei- concluse Rei.
La Prescelta si avvicinò all’arena e si mise in posizione come Rei le aveva insegnato solo poche ore prima.
- Tre, due, uno, pronti, lancio!- urlò il Professore e poi tutti si misero a seguire l’incontro.
Elena e Max lanciarono i loro Bey che in un turbinio verde e argento presero a rincorrersi al centro del campo.
Il prof in particolare aveva acceso la sua fedele videocamera per raccogliere quanti più dati possibili sullo sconosciuto Beyblade di Elena, Takao era balzato in piedi a seguire l’incontro e a giudicare dal suo sguardo rapito, era come se attendesse da tutta la vita di rivedere due Beyblade rincorrersi in un’arena, mentre Rei se ne stava a braccia incrociate, concentrato sui movimenti di Elena.
La ragazza passò subito all’attacco.
- Vai, Vulpilyon, attaccalo!- ordinò e il suo Beyblade andò alla caccia dell’avversario come una saetta, raggiungendolo e iniziando a scontrarsi, creando delle scintille.
Max aveva un sorriso divertito stampato in faccia
- Oh, great! Non sei niente male, Elena, complimenti- commentò l’avversario sinceramente ammirato, ma la giovane non abbassò la guardia, mentre il suo Bey continuava l’attacco serrato contro quello di Max.
- Draciel, è il tuo momento, coraggio!- disse Max e il suo Bey sembrò fermarsi per un attimo, per poi cominciare a girare più veloce di prima.
- Non mi incanti con questi trucchetti, continua ad attaccare- ordinò Elena al suo Beyblade che, senza sosta, assestava colpi precisi e netti contro quello del suo Guardiano, ma stavolta sembrava che Max li incassasse senza soffrirne minimamente.
- La ragazza ha talento, Daitenji non è tanto vecchio e demente, allora- disse Takao sottovoce a Rei, che sembrava una statua con lo sguardo fisso sull’incontro.
- E’ stupefacente. Vulpilyon attacca Draciel solo quando sente che è scoperto in difesa, Elena è davvero una blader preparata- disse il Professore, seguendo l’incontro dal suo computer, che avidamente, stava memorizzando un sacco di informazioni utili al fine di migliorare la formazione della Prescelta.
- E’ ora.- disse Elena e poi urlò al suo Beyblade di andare all’attacco con tutta la forza possibile e Max, forse con la guardia troppo abbassata e sottovalutando l’incontro, incapace di correre subito ai ripari, si lasciò buttare fuori dal ring, mentre Vulpilyon continuò a girare all’interno dell’arena per qualche altro secondo.
Elena era incredula.
- Draciel è fuori, Vulpilyon vince l’incontro.- decretò il Professore.
- Abbiamo battuto uno dei Bladebreakers- disse Elena tra sé e sé, prendendo in mano il suo Bey e osservandolo.
La sua prima vera battaglia fuori dagli allenamenti al Colosseo tra amici era stata vinta, con un pronostico decisamente sfavorevole e la paura di sfigurare.
Max le andò accanto e le posò una mano sulla spalla
- Sei stata veramente eccezionale, brava- si complimentò con un sorriso il biondo dei Guardiani.
- Grazie e tu, beh, la difesa di Draciel è leggendaria- osservò Elena
- Devo ammettere che sono più arrugginito di quanto pensassi, mi sa che sarai tu a dover allenare me- ammise Max, un po’ in imbarazzo per poi scoppiare a ridere divertito insieme ad Elena.
- Max sarà anche fuori allenamento, ma io no- cominciò Takao, balzando nuovamente in piedi e attirando l’attenzione di tutti, per poi mettersi a fare stretching.
- Io e Dragoon ci siamo allenati tutti i giorni, anche se non avevamo avversari da sfidare.- ci tenne a sottolineare Takao.
- Dunque, vediamo se riesci a buttare me fuori dal ring, novellina- propose Takao ad Elena, mettendosi in posizione di lancio.
La ragazza fece un sorrisetto di sfida.
- Vedremo se avrai ancora tanta voglia di chiamarmi novellina dopo il nostro incontro- ribatté Elena, sentendo che l’atmosfera iniziava a diventare elettrica.
Max era solo un riscaldamento in quella circostanza, un modo per sciogliere la tensione e rompere gli indugi, ma la vera sfida per testare la sua forza Elena sapeva bene essere quella che stava per disputare.
- In posizione, tre, due, uno, pronti, lancio!- fu Max stavolta a fare l’arbitro e a dare inizio a quell’incontro che si preannunciava emozionante, mentre il prof continuava a riprendere il tutto con la videocamera e Rei non si era spostato di un millimetro dalla sua posizione.
Elena si accorse subito che Dragoon era votato all’offensiva come il suo Bey e pensò che Takao era stato il primo, anni addietro, a sconfiggere suo fratello Gianni. E oggi toccava a lei vendicare l’onore dei Tornatore, così passò all’attacco senza pensarci due volte.
- Avanti, Vulpilyon, vai all’attacco!- ordinò Elena
- Schiva, Dragoon- ribatté Takao
I due Beyblade si stavano rincorrendo nell’arena, schivando l’uno i colpi dell’altro, e mantenendo alta la concentrazione.
- Era da tanto che non mi misuravo con un’avversaria così- ammise ammirato l’ex campione del mondo.
- Ma non ti servirà a nulla per sconfiggermi. All’attacco, Dragoon!-
Takao aveva caricato il suo Dragoon a tutta potenza, così come Elena aveva fatto con Vulpilyon e il loro scontro era stato così forte da produrre una serie di scintille.
- Allora? Sono degna di essere tua protetta?- chiese Elena a Takao, alzando per un attimo lo sguardo dall’arena, lui le sorrise soddisfatto
- Non mi lamento, ma potrò dirlo con certezza solo tra poco...- concluse lui ed Elena aveva capito bene dove voleva arrivare, infatti il bit chip di Takao iniziò a brillare di una luce sempre più forte e tutti capirono che era arrivato il momento di fare sul serio.
- Evviva, mi era mancato questo momento!- il Professore era davvero su di giri, Max esultava e Rei si irrigidì, seguendo l’incontro senza proferire parola.
- Vieni fuori, Drago Azzurro!- urlò Takao
Un fascio di luce accecante partiva dal centro del Beyblade di Takao, sollevandosi in alto e diventando sempre più forte, fino ad udire qualcosa simile ad un ruggito.
Il leggendario Drago Azzurro, fedele compagno di avventure di Takao, si stagliava maestoso davanti agli occhi di Elena e lei ne rimase completamente catturata, quasi fu sopraffatta dalla bellezza di quella creatura.
Non era di certo la prima volta che vedeva un Bit Power in azione, era cresciuta giocando con Amphysbaena e Gianni, ma c’era qualcosa nel Drago Azzurro che infondeva ad Elena una sensazione di forza, probabilmente era il legame indissolubile che univa quell’animale sacro al suo blader.
- Takao fa sul serio- osservò Max
- Già, non vuole perdere l’incontro, anche se non so di preciso cosa voglia insegnare ad Elena così- commentò secco Rei
- Lasciamolo fare, sa il fatto suo- concluse Max
- Ora ci divertiamo. Vai Drago Azzurro, attacca!- ordinò Takao al suo Bit Power ed Elena si immobilizzò, vedendo il drago in un bagliore puntare dritto verso il suo Beyblade.
- Chiama il tuo Bit Power!- urlò Rei ad Elena, temendo che l’incontro si stesse avviando inesorabilmente all’epilogo
- Non so come fare!- confessò lei di rimando.
- Se non invochi l’aiuto della Volpe, perderai la sfida- incalzò Max, ma Elena sembrava come intontita, aveva perso il controllo anche su Vulpilyon che aveva preso a girare senza andare in una direzione precisa.
Quando si decise a tentare qualcosa era ormai troppo tardi: Dragoon l’aveva sconfitta, gettando il suo Beyblade fuori dal ring.
Elena guardò impotente il Bey roteare sempre più lentamente fino a fermarsi ai suoi piedi, mentre il bagliore del Drago Azzurro spariva, segno che era tornato nel bit.
La ragazza prese il suo Bey e lo osservò. Vulpilyon non aveva mai riportato una sconfitta fino a quel momento ed Elena non si era resa conto quanto fosse difficile incassare un colpo del genere e ammettere di avere contro un avversario più forte. Sapeva benissimo che Takao fosse il miglior blader al mondo, ma quello che più la ferì fu che non era riuscita a fare niente per evitare la sconfitta, era rimasta immobile ad aspettare che Dragoon la buttasse fuori dal campo da gioco.
Takao le andò vicino e l’aiutò ad alzarsi, anche gli altri ragazzi accorsero.
- Hai una buona tecnica, si vede che sei cresciuta allenandoti con blader forti come Gianni- osservò Takao.
Elena era tentata dal dirgli che aveva disputato veramente pochissimi incontri con suo fratello e il suo vero allenamento erano stati quegli anni al Colosseo, nascosta agli occhi della gente comune, mietendo una vittima dopo l’altra. Chiunque volesse sfidarla, sapeva di aver perso in partenza contro di lei. Ma ora la storia era diversa.
- Ti prego, voglio diventare più forte- mormorò la giovane a Takao, lui le sorrise, così come Rei e Max.
- Abbiamo da lavorare, non voglio farti false promesse, ma puoi davvero diventare fortissima- la rassicurò Takao
- Ti aiuterò, vedrai insieme ce la faremo- concluse il capitano ed Elena si sentì decisamente meglio.
Poi guardò Rei che annuì soddisfatto, non sapeva se era perché d’accordo col suo amico o perché era rimasto colpito dal suo modo di combattere, sebbene fosse stata sconfitta.
Elena non ebbe abbastanza coraggio da chiederglielo e proseguì con i suoi allenamenti.

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Capitolo 17
*** La potenza della Volpe Bianca ***


Capitolo 17:

Quella settimana a Vienna ad Elena sembrò un anno e al contempo un’ora.
Le giornate si perdevano tra allenamenti e poche tregue. Era la prima ad alzarsi al mattino e l’ultima ad andare a letto la sera e nonostante si stesse impegnando e ci stesse mettendo tutta sé stessa e la stanchezza iniziasse a fare spazio alla voglia sempre più pressante di combattere, Elena non riusciva a chiamare il suo animale sacro.
Cominciò a credere che ci fosse qualcosa che non andasse nel suo Bey, ma dopo un’attenta analisi del Professore e qualche aggiustamento qui e là per aumentarne le prestazioni dove possibile, Elena si convinse di non essere meritevole di quel potere contenuto nel bit chip, per questo la Volpe Bianca non accorreva mai in suo aiuto in battaglia.
Durante quelle mattine ne aveva parlato con Rei e lui ipotizzò che probabilmente, essendole stato da poco donato il bit della Volpe Bianca dovevano ancora stabilire un vero e proprio legame. 
Elena prese in considerazione questo punto di vista, del resto era vero che il Beyblade era suo e ce l’aveva da quando era bambina, ma il Bit Power, proprio come lei contro Takao, doveva ancora “prendere le misure” e fidarsi della sua amica.
Quella era la cosa importante, considerare l’animale sacro chiuso all’interno del Beyblade come un amico e un compagno, Rei lo sapeva bene e fu in quel momento che confidò ad Elena che una volta, poco dopo essersi unito ai Bladebreakers, la Tigre Bianca lo aveva abbandonato per poi fare ritorno qualche tempo dopo.
Elena fu sconvolta a quella notizia, aveva sempre creduto che una volta ottenuto un Bit Power, esso avrebbe ubbidito agli ordini, ma stando alle parole di Rei, controllare quella forza sovrannaturale e, soprattutto, far sì che quello spirito sovrannaturale si fidi del suo blader richiedeva tempo, attenzione e soprattutto moltissima fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità. Per questo Rei era stato abbandonato dal suo Bit Power, aveva perso temporaneamente la capacità di credere in sé stesso e chiese ad Elena di promettergli che qualunque cosa fosse accaduta da lì in avanti, lei non avrebbe mai perso fiducia in sé stessa e avrebbe continuato a combattere.
Elena promise. Glielo promise col cuore.

- Non ti stai concentrando- la ammonì duro Takao.
Ormai mancava un solo giorno alla prima sfida ufficiale del Cammino ed Elena cominciava a sentire la pressione schiacciarla talmente tanto da toglierle il fiato.
La ragazza raccolse il suo Bey, gettato fuori dal ring per l’ennesima volta e gli diede una veloce ripulita.
- Mi sto concentrando, io ci sto provando, Takao- ribatté lei con lo stesso tono
- Non vedo i risultati- commentò lui aprendo le braccia, come rassegnato
- Domani c’è la tua prima sfida, pensi che il blader che ti affronterà sarà clemente come lo sono io?- chiese lui, retorico. Elena rimase in silenzio
- O peggio, pensi che il Team delle Tenebre ti dia il tempo di pensare ad una strategia o di pregare il tuo Bit Power di venire fuori? No. Ti distruggeranno prima ancora che tu possa tirare il filo di caricamento- il tono di Takao era decisamente più aspro del solito.
- Non ce la farai mai ad affrontarli, è meglio e più sicuro per te tornartene a casa, abbiamo perso solo tempo- concluse, asciutto, facendo per andarsene.
Max, Rei e il Professore restarono in silenzio
- Dove credi di andare? Io sono pronta a combattere di nuovo- Elena era in posizione di lancio, il viso e le braccia sporche, per essere caduta più volte per terra sotto gli attacchi tremendi di Dragoon, ma nel suo sguardo c’era la fierezza e la determinazione di una vera guerriera. Takao lo notò, ma non volle darle la soddisfazione di dirglielo.
- Sei cocciuta, forse più di me, devo dartene atto- disse tornando indietro
- Se proprio ci tieni, combatteremo di nuovo- acconsentì lui, mettendosi in posizione analoga alla sua protetta.
- Tre, due, uno, pronti, lancio!- urlò Rei ed Elena tirò il filo di caricamento con così tanta forza che Vulpilyon atterrò sul ring quasi creando un buco. Takao non si trattenne come sempre e lanciò il suo Dragoon all’attacco.
- Non puoi farcela, Daitenji nella sua infinita saggezza questa volta ha fatto un buco nell’acqua- cominciò Takao, mentre Dragoon colpiva a ripetizione il Beyblade della ragazza.
- Non sei in grado di intraprendere questo viaggio. Hai scelto i migliori Guardiani, ma non possiamo combattere al tuo posto- proseguì, così come il suo Bey seguitava a scontrarsi con Vulpilyon
- Non è vero- riuscì a dire Elena, quasi senza fiato
- Sai che ti dico? Sei come tuo fratello. Una bambina viziata che si crede la migliore, ma notizia flash, non sei neanche da competizione cittadina, in realtà- commentò sprezzante Takao ed Elena sentì le lacrime pizzicarle gli occhi, ma riuscì a trattenersi, ricacciando tutto il dolore che le parole di Takao stavano provocando giù nello stomaco e come se non bastasse, lui aveva chiamato il Drago Azzurro per infierire ancora di più sul suo indifeso Beyblade.
Elena ricordò le parole di Rei: mai mostrare paura o debolezze all’avversario e, quindi, si sforzò di restare composta.
- Takao, smettila, stai esagerando- ebbe il coraggio di dire il Professore ad un certo punto, vedendo che Elena cominciava a tremare dal nervoso.
- Basta, non ti permetto di parlarmi così! Guardiano o no- sbottò lei, con tono severo
- Allora dimostrami che mi sbaglio!- Takao la stava aggredendo e il Drago Azzurro era andato all’attacco verso Vulpilyon.
- Sei solo una ragazzina capricciosa che si è messa in testa di salvare il mondo, pf… che cazzata- Takao le stava ridendo quasi in faccia.
Elena aveva i pugni stretti e stava pensando a come difendersi sia dalle parole del suo Guardiano sia dagli attacchi del drago.
A quel punto Max fece un passo in avanti.
Gli venne una gran voglia di prendere a pugni Takao: davanti ai suoi occhi c’era una ragazza che il suo amico stava umiliando, raccontando tutte le cattiverie possibili.
Max si sentì profondamente toccato da quella scena e pensò che se qualcuno avesse parlato così alla sua Judy un giorno, lo avrebbe probabilmente ucciso a mani nude.
Rei lo fermò, stendendogli un braccio davanti.
- Ma Rei!- protestò il biondo
Rei si limitò a scuotere la testa, serio, continuando a guardare l’incontro e Max non poté fare altro che tornare a sedersi sul muretto e cercare un modo per calmarsi
- Ti sbagli, io posso farcela- disse Elena ad un certo punto
- No, non puoi, fidati di uno che li ha affrontati quei mostri. Ti annienteranno- incalzò Takao, sempre più ostile.
Elena sentiva come un fuoco farsi strada dentro di lei.
Adrenalina mista a voglia di riscatto, un cocktail micidiale che sentiva di poterla far esplodere da un momento all’altro e capì che quella sensazione poteva essere l’arma giusta per innescare il Bit Power.
- Io posso. All’attacco, Volpe Bianca!- urlò Elena con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre le lacrime che a fatica aveva ricacciato indietro, le scesero sulle guance.
Improvvisamente dal centro del bit chip di Vulpilyon un’accecante luce viola si fece strada nel cielo, sotto gli occhi stupiti di tutti, di Elena soprattutto.
Quella luce, sempre più grande e luminosa prese le sembianze di una Volpa Bianca, che si mise a difesa di Elena, ringhiando contro il Drago Azzurro.
- Ecco la Volpe, oh yes!- esultò Max
- Vai forte, Elena!- urlò il Professore
Rei sorrise fiero, guardando la splendida e potente creatura venuta fuori dal bit della sua Prescelta.
Non poteva essere altrimenti, quell’animale sacro era proprio come Elena: un aspetto etereo e maestoso che nascondeva un’indicibile potenza.
Takao si lasciò scappare un sorrisetto.
- Finalmente- mormorò
Elena si riprese dallo choc di conoscere la sua creatura sacra e si ricordò che aveva un importante match da vincere.
- Coraggio, Volpe Bianca, attacca!- ordinò Elena al suo Bit Power.
La creatura andò all’attacco e improvvisamente l’aria si fece gelida e la situazione nel campo da gioco era ribaltata: il Drago Azzurro faceva fatica ad incassare i colpi della Volpe Bianca.
- Però, che potenza- si era trovato ad osservare Max
- Già, la velocità di rotazione del Beyblade di Elena si è triplicata, guardate qui- disse soddisfatto il prof, mostrando lo schermo del computer a Max e Rei, che non staccava gli occhi dall’incontro.
- Coraggio, il colpo di grazia- mormorò Rei sottovoce, impercettibile, ma fu come se Elena lo sentisse.
- Ora, mettiamo fine a questo match. Respiro di Ghiaccio!- ordinò Elena al suo meraviglioso Bit Power.
- Dragoon, Attacco Tornado, vai!- urlò Takao
Vulpilyon e Dragoon si scontrarono, creando un boato terribile e alzando parecchia polvere.
Takao ed Elena vennero colpiti dall’onda d’urto di quello scontro e lo spostamento d’aria li costrinse a sedersi per terra.
Quando la polvere si diradò, si sentiva solo il rumore di un Beyblade che girava al centro dell’arena e tutti erano impazienti di scoprire chi aveva avuto la meglio in quello scontro.
Con grande sorpresa dei presenti, a girare al centro dell’arena era Vulpilyon. Dragoon era stato sbalzato fuori dal ring ed era fermo accanto ai piedi di Takao.
Elena non poteva credere ai suoi occhi.
Rei, con un sorriso felice e soddisfatto, decretò il vincitore.
- Dragoon è fuori. Il vincitore dell’incontro è Vulpilyon!- quasi stava urlando.
- Ce l’ho fatta- mormorò Elena, riprendendo tra le mani il suo Beyblade, mentre Max, Rei e il Professore correvano ad abbracciarla. Il biondo addirittura l’aveva sollevata da terra.
- Sei stata micidiale!- commentò Max contento
- Il tuo Bit Power è fortissimo, continuando con gli allenamenti riuscirai a controllarlo alla perfezione- continuò il prof.
Elena stava ridendo a crepapelle, forse scaricando la tensione del match e cercava gli occhi di Rei.
Aveva bisogno di sapere che era fiero di lei e glielo confermò semplicemente guardandola: le stava facendo un applauso e le sorrideva contento, mettendo in mostra quei canini così singolari.
Arrivò anche Takao e l’entusiasmo per un attimo si spense.
Max rimise Elena a terra e lei si diede un contegno, era come se bisognasse mantenere un certo controllo davanti a Takao. Lui era il capitano, anche se non lo avevano deciso a tavolino, era stata una scelta automatica, visto che senza di lui non se la sarebbero mai sentita di partire neanche gli altri.
Takao in un primo momento fu serio, abbastanza da far credere di pensare ancora tutto quello che aveva detto durante l’incontro, quelle parole così forti da far vacillare Elena, ma al contempo capaci di svegliare la sua vera potenza, racchiusa in Vulpilyon.
Tutti erano in attesa di una sua reazione e, quando meno se lo aspettarono, Takao sorrise felice, abbracciando Elena.
- Ce l’hai fatta! Lo sapevo, ne ero convinto!- disse stritolando la sua protetta.
Per un attimo la confusione prese possesso di Elena, ma decise di godersi i complimenti del suo Guardiano.
La giovane Prescelta aveva appena sconfitto il blader più forte di tutti i tempi e non si sarebbe rovinata questo momento per nulla al mondo.

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Capitolo 18
*** Sfiorarsi ***


Capitolo 18:

Mentre Max e il Professore ricontrollavano al computer i dati raccolti durante quel match e analizzavano lo stile di gioco del suo Beyblade, Elena se ne stava seduta su un tronco d’albero con Vulpilyon tra le mani, sorridente come non lo era da tempo memorabile.
Passò il pollice sul bit chip, come a lucidarlo, contemplando l’immagine della Volpe Bianca al centro di essa.
Rei aveva avuto ragione fin dall’inizio: la fiducia in sé stessi è la cosa più importante, se non avesse mantenuto la calma e avesse vacillato, il Bit Power lo avrebbe sentito e non sarebbe corso in suo aiuto durante la battaglia. E invece, nonostante Takao ce la stesse mettendo davvero tutta per demoralizzarla, lei non aveva ceduto e aveva continuato a credere, venendo ripagata con l’aiuto del suo animale sacro.
Elena alzò lo sguardo e vide che Rei si stava occupando di smontare il campo da gioco che avevano usato per allenarsi tutti i giorni quella settimana, lui si accorse che lei lo osservava e si girò nella sua direzione.
Il ragazzo le sorrise ancora una volta, un sorriso così bello da oscurare anche il sole che Elena ricambiò, abbassando poco dopo lo sguardo e sentendo le guance andare a fuoco.
Takao si sedette accanto ad Elena, sospirando con soddisfazione. Lei lo guardò, poi tornò a guardare il suo Beyblade.
- Ci tenevo a farti di nuovo i complimenti- cominciò Takao, in tono pacato
- Già, non sarei mai riuscita a batterti senza l’aiuto della Volpe e suppongo di doverti ringraziare per questo- disse lei, guardandolo di sottecchi.
Takao era in imbarazzo.
- Ti chiedo perdono, Elena, ma lo hai visto tu stessa: le abbiamo tentate tutte in questi giorni pur di far uscire fuori il tuo Bit Power, non mi ero mai trovato in una situazione del genere- spiegò lui
- Domani è il grande giorno e non potevamo rischiare di buttarti nella fossa dei leoni senza un valido alleato, quindi non potendo far appello alla tua tecnica di blader, ho dovuto far appello alla tua parte emozionale e alla tua rabbia, scusami- concluse lui sommessamente, sperando che lei capisse le sue reali intenzioni.
- Ero troppo presa dal match per capire che lo facevi per scuotermi- rispose lei, serafica
- Hai colpito punti davvero delicati- continuò Elena
- Per questo ti sto chiedendo scusa, so che non hai esattamente un buon rapporto con tuo fratello, al momento...- cominciò Takao
- Non pensarci, da quando Gianni ha smesso di giocare è diventato un coglione snob e arrogante, non che prima non lo fosse- aggiunse Elena e riuscì a strappare una risata sinceramente divertita al suo Guardiano.
- Ma per un attimo ho avuto paura di perdere tutto ed è una cosa che Rei mi ripete come un mantra ogni mattina, mai vacillare, mai perdere il controllo, mai perdere la fiducia in sé stessi- ripeté anche lei.
Entrambi guardarono nella direzione del cinese e Takao si accorse che lo sguardo di Elena non era esattamente fraterno.
Quell'occhiata nascondeva molto più di una semplice ammirazione, anzi quello che Takao vide sul volto di quella ragazza era qualcosa più simile al desiderio, all'amore, all'appartenersi.
- Rei è un ragazzo raro, sapessi quante volte mi ha tirato fuori dai guai e, soprattutto, ha messo un freno alla mia impulsività- cominciò Takao, attirando l'attenzione di lei.
- Ne so qualcosa- ammise Elena
- Certo, è cambiato, però da quando abbiamo intrapreso questo viaggio e si sta dedicando anima e corpo alla tua preparazione, rivedo il Rei ragazzino che si entusiasmava ad ogni incontro di Beyblade- confessò sorridente lui, in tono rilassato e quelle parole trasmisero ad Elena una sensazione di profonda felicità, tanto che si sarebbe messa a ballare, ma si sentiva decisamente troppo stanca per farlo, quindi restò seduta, rendendosi conto che il match contro l'ex campione del mondo l’aveva completamente prosciugata quanto ad energia.
- Tu gli fai bene- concluse Takao, per poi alzarsi dal tronco dov’era seduto accanto ad Elena.
- Ragazzi, io qui ho finito- esordì Rei, attirando l’attenzione di tutti gli altri.
Il Beyblade stadio era pronto per essere riposto e trasportato verso la prossima meta, subito dopo lo scontro che attendeva Elena il giorno successivo.
- Io direi che possiamo concederci la serata libera- propose Max
- Io ci sto!- Elena fu subito d’accordo
- Ho bisogno di riposare un pochino, di rimettermi in sesto e poi, se vi fa piacere, fare un giro per la città questa sera, dopo tutto siamo comunque in una meravigliosa capitale europea- la Prescelta cercò di essere quanto più convincente possibile, infatti i ragazzi accolsero subito con gioia la proposta.
- Per arrivare freschi e riposati allo scontro, non è male l’idea di fare un tour, sì ci sto, decisamente- concordò Takao.

Mentre tornavano in hotel, Rei notò che Elena faceva qualche smorfia di dolore ogni volta che muoveva il braccio destro, quello con cui dava la carica al Bey.
La osservò per tutto il tragitto, fino a che non arrivarono al corridoio delle camere. Elena fece per aprire, ma le cadde la chiave dalle mani.
- Lascia, faccio io- disse Rei, abbassandosi a raccoglierla al suo posto
La stava davvero mettendo a dura prova con gli allenamenti, qualche volta poteva diventare insopportabile o, peggio, silenzioso e schivo, ma Rei era un vero gentiluomo e lo aveva dimostrato in più occasioni nei confronti suoi confronti e Elena non poté fare a meno di pensare quanto amava questa caratteristica in un uomo.
Se era Rei, poi, quell’uomo, ancora meglio.
- Grazie- disse Elena e restò per qualche secondo a rigirarsi la chiave tra le mani, mentre Rei tentava di aprire la sua.
- Hey...- cominciò la giovane, attirando lo sguardo ambrato del cinese su di sé.
- Dimmi- disse subito lui
- Volevo chiederti se… sei stato fiero di me oggi- chiese Elena, timidamente.
Rei le sorrise brevemente.
- Non solo oggi-  rispose e vide gli occhi di lei illuminarsi
- Ma, sì, forse durante il match di poco fa ho realizzato quanto tu ti stia allenando duramente per questa missione- confessò lui
- Se non fosse stato per voi, non sarei mai riuscita ad invocare il mio Bit Power e avrei fallito miseramente ancor prima di cominciare- si affrettò a rispondere Elena.
- Ci sei tu nell’arena, Elena- cominciò lui risoluto e la ragazza aveva i brividi ogni volta che pronunciava il suo nome con quella voce così calda, sembrava quasi una poesia.
- Il sostegno della squadra è importante, certo, ma sei tu a combattere e oggi hai dimostrato di saperlo fare anche molto bene- concluse, soddisfatto.
Elena gli sorrise ancora, sperando che quella conversazione non si interrompesse subito, in quel corridoio.
- Ora riposati, te lo meriti- le consigliò Rei e lei con un sospiro aprì la porta e sparì nella sua camera, dopo averlo salutato.
Lui rimase per qualche secondo a fissare la porta chiusa e poi entrò in camera sua.

Elena credeva che quella fosse la prima vera doccia che faceva dopo tempo memorabile.
Si lasciò coccolare dall’acqua calda che scorreva lungo tutto il suo corpo e restò sotto il getto del soffione ad occhi chiusi a godersi quella sensazione per svariati minuti.
Quando uscì dalla doccia, rimosse l’alone creato dal vapore dallo specchio e fissò la sua immagine.
I morbidi boccoli castani cadevano bagnati da un lato in attesa di essere districati ed Elena si ricordò che era una cosa che Adele amava fare da quando era bambina, pettinarle ed acconciarle i capelli. Quanto le mancava la sua adorata tata, pensò.
Gli occhi neri erano stanchi, ma pieni di soddisfazione e il sorriso ce l’aveva stampato in faccia da quando aveva visto Dragoon fermo ai piedi di Takao quella mattina.
Avrebbe tanto voluto condividere quella soddisfazione con Gianni e, perché no, anche con Marco.
Si chiese cosa stesse facendo il suo migliore amico, si chiese se dopo quasi un mese dalla sua partenza fosse riuscito a capire le ragioni che l’avevano spinta a scegliere i Bladebreakers come suoi Guardiani a discapito suo, o ce l’aveva ancora con lei.
Se c’era una cosa che Elena aveva imparato in quelle settimane era che non esisteva rapporto d’amicizia davvero concluso se quello che era stato condiviso era stato davvero importante. I suoi Guardiani ne erano la prova evidente, ma poi rifletté sul fatto che loro ci avevano messo dieci anni per perdonarsi, non tre settimane.
Era decisamente troppo presto tentare di riallacciare i rapporti con Marco, d’altro canto Elena non era il tipo di persona da portare rancore e preferiva sempre chiarire subito le incomprensioni, ma decise che per quella sera doveva lasciar perdere cose così importanti e impegnative e che, soprattutto, richiedevano un dispendio di energie a cui lei non aveva accesso.
Era la vigilia della sua prima battaglia e aveva bisogno di serenità e tranquillità.
Con l’asciugamani avvolto intorno al corpo, si sedette sul pouf nascosto sotto alla toilette di camera sua e inizio a pettinarsi i capelli, lanciando di tanto in tanto un’occhiata distratta allo specchio di fronte a lei.
Ad un certo punto qualcuno bussò e senza pensarci troppo sopra rispose.
- E’ aperto- disse, senza smettere di districare i suoi lunghi capelli, che bagnati risultavano ancora più lunghi.
Rei entrò in camera.
Indossava uno dei suoi meravigliosi e particolari changpao, total black con le chiusure rosse. Era una visione.
Elena non si trattenne e lo osservò per lunghi istanti, Rei, invece, si accorse che la ragazza non era esattamente vestita e, rosso in volto, si girò di spalle per non metterla in imbarazzo.
Lei in un primo momento parve non capire quella reazione, ma poi si ricordò di avere addosso un asciugamani striminzito che a stento le copriva le parti intime.
- Volevi dirmi qualcosa?- chiese lei, iniziando a sentirsi piuttosto accaldata, ma soprattutto imbarazzata più per come aveva guardato Rei, che per il fatto che fosse mezza nuda.
- Si, cioè, Takao vuole portarci a cena, dice che… vuole festeggiare il tuo Bit Power- la informò lui, dandole sempre le spalle.
Rei era profondamente imbarazzato anche lui e lo si intuiva chiaramente dal suo tono di voce.
Elena sorrise notando quanto fosse impacciato anche lui in quelle situazioni, come era capitato anche a lei quella mattina proprio a casa sua, quando lui era uscito dalla doccia senza maglietta.
- D’accordo, mi fa piacere- rispose lei, continuando a pettinarsi, poi tornò di nuovo quel dolore al braccio. Fulmineo e lancinante.
Ci faceva i conti da quel pomeriggio e nonostante avesse riposato, Elena sentiva ancora indolenzimento in vari punti, dal polso al gomito.
Rei si accorse di quella stessa smorfia di dolore che aveva visto anche quel pomeriggio sul volto di lei, con la coda dell’occhio.
- Che hai?- chiese preoccupato, girandosi leggermente verso la sua protetta.
- Devo aver tirato il filo di caricamento con troppa foga- ammise lei, cercando di muovere il collo e le braccia e sciogliere i muscoli.
- Posso?- chiese Rei  facendo un cenno con la testa dopo una breve pausa, prima di muovere anche solo un passo verso la ragazza.
Elena sgranò leggermente gli occhi e poi, balbettando in confusione, rispose
- C...certo- lasciando subito andare il pettine sul ripiano di fronte a sé.
Elena lo lasciò avvicinare e fissò il loro riflesso allo specchio per qualche secondo, sinceramente presa da quello che stava vedendo.
Rei le spostò i capelli su un lato, dolcemente e poi prese a massaggiarle la base del collo, dopo qualche secondo di esitazione.
- Rilassati- sussurrò a Elena e tutti i suoi muscoli sembrarono obbedire subito alla sua voce, pur avvertendo un fremito dentro.
Le mani esperte del ragazzo si spostavano dal collo alle braccia e poi indietro, ancora, andando toccare i punti dove Elena sentiva dolore, senza che glielo avesse detto.
Era come se lui stesse parlando direttamente al suo corpo bypassando la sua ragione. Talmente tanto che Elena si mise ad occhi chiusi a godersi quel tocco così dolce, ma così deciso e si lasciò involontariamente sfuggire un gemito di sollievo e soddisfazione che fece sogghignare Rei.
- Va meglio?- chiese lui ad un certo punto, continuando a massaggiarla
Lei fece sì con la testa, restando ad occhi chiusi quasi in beatitudine e si ritrovò a sperare che Rei non smettesse mai di toccarla, che continuasse a sfiorarla in quel modo così piacevole, esplorando anche il resto del suo corpo con quella stessa dolcezza.
A quel pensiero, Elena dovette serrare le gambe e cercare, con tutte le sue forze, di calmare quel calore intenso e piacevole che si stava facendo strada nel suo basso ventre. Era eccitata da morire e se Rei non se ne fosse andato entro i cinque minuti successivi, avrebbe rischiato di agire d’istinto, senza pensare alle conseguenze, saltandogli addosso. Puro e semplice desiderio carnale animava i suoi pensieri in quel momento.
Elena sospirò, cercando di riprendere il controllo e riaprì gli occhi.
Non poteva permettersi la debolezza, non in quel momento.
- A che ora è la cena?- chiese cercando di mantenere un tono normale, ma i suoi occhi lucidi la tradirono.
- Alle ventuno, ce la fai ad essere pronta?- chiese Rei premuroso.
Sembrava diventare un'altra persona fuori dagli allenamenti e ad Elena quella cosa non dispiaceva affatto. Amava quel Rei così dolce e attento a lei.
- Meglio che vada a vestirmi, allora- propose lei, decidendo di mettere fine a quell’idillio che era durato decisamente troppo poco.
Rei le accarezzò per l’ultima volta le spalle e poi si allontanò, andando verso la porta, Elena trasalì meravigliata.
- Sei un mago, non sento più dolore- esultò con un sorriso.
- Non sarò più un Beyblader, ma qualcosa la so ancora fare- le fece l’occhiolino e poi uscì dalla sua stanza, lasciandola nuovamente sola.
Elena rimase a fissare ancora una volta il suo riflesso: gli occhi lucidi, le labbra e le guance leggermente arrossate
Rei doveva aver capito che quel massaggio le stava provocando una reazione così profondamente esplosiva, difficile da contenere, visto il ghigno di soddisfazione che aveva in faccia mentre usciva dalla stanza e una parte della ragazza sperò che lui si fosse sentito allo stesso modo. Eccitato.
Persa nei pensieri di quello che sarebbe potuto accadere se Rei non le avesse tolto le mani di dosso, Elena andò a scegliere cosa mettere per la cena di quella sera, chiedendosi se il codice d’abbigliamento dovesse essere formale o casual.
Afferrò qualcosa dalla sua valigia che potesse andar bene per qualunque situazione e andò in bagno ad asciugarsi i capelli e vestirsi, per poi ultimare l’opera osando con un po’ di make-up, ripensando ancora a quello che era successo con il suo sexy Guardiano.

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Capitolo 19
*** Come ragazzi normali ***


Capitolo 19:

Caspita, quel massaggio lo aveva messo davvero a dura prova, pensò Rei mentre rientrava in camera sua, per poi buttarsi sul letto, in attesa che tutti fossero pronti per andare a cena.
Come al solito era in anticipo e questo gli dava del tempo per pensare, cosa che faceva fin troppo spesso e che aveva finito per odiare col tempo.
L’immagine di Elena avvolta in quell’asciugamano, intenta a spazzolarsi i capelli bagnati che lasciavano minuscole goccioline sulla sua pelle facendola quasi brillare, l’aveva fatto impazzire non appena aveva messo piede in quella stanza e lei sembrava godere della sua reazione d’imbarazzo.
Non che Rei fosse un santo o un ragazzino alle prime armi con le donne, ma per qualche motivo inspiegabile quella scena lo aveva fatto sentire esposto, come se quello senza vestiti fosse stato lui.
Aveva fatto sesso parecchie volte, ma nessuna delle ragazze con cui era stato l’aveva mai preso così da quel punto di vista, persino le sue ex fidanzate.
Con Mao era stata certamente una bella favola, ma sotto quell’aspetto si sentiva imbarazzato da lei più per il rapporto fraterno che avevano sempre avuto che per il fatto che fossero le prime volte che faceva l’amore, sforzandosi di non risultare impacciato. Inutile dire quanto c’era rimasta male lei (di nuovo) quando lui se n’era andato, lasciandola quella volta in modo molto più doloroso dopo quello che avevano condiviso e dopo che lei gli aveva rinfacciato di avergli dato la cosa più preziosa della sua vita: la sua verginità.
E poi era arrivata quella psicopatica di Salima, lei sì che ci sapeva fare con gli uomini, sapeva bene come giocare le sue carte per sedurlo, dai completini sexy di pizzo nero che creavano un contrasto pazzesco coi suoi capelli rossi, al presentarsi a casa sua in piena notte solo perché aveva voglia di fare sesso. Salima passava dall’essere indifesa e tranquilla a una furia senza raziocinio, soprattutto a letto e Rei aveva già i suoi gran bei problemi da gestire, le sue emozioni, la sua rabbia e tutto il resto e non poteva permettersi il lusso di prendersi anche quelli della ragazza, che aveva traumi forse peggiori dei suoi, quindi per evitare che quella relazione distruggesse entrambi, ancora una volta fu Rei a decidere di troncare.
Da quel momento si convinse che probabilmente non era fatto per una relazione stabile.
Le cicatrici che si portava dentro e le questioni irrisolte col passato non gli permettevano di aprirsi completamente come era richiesto in un rapporto con un’altra persona e, nonostante non si fosse mai reputato un tipo da una notte e via, cominciò a credere che il sesso senza amore, completamente disinteressato e privo di qualunque sentimento, potesse essere la soluzione per non sentire troppo il rumore dei pensieri. E così fece, arrivando addirittura a perdere il conto delle donne che si portava a letto in un mese.
Le portava a cena e poi a casa sua, un bicchiere di vino di troppo e si finiva tra le lenzuola. Nonostante si sentisse bene in quegli attimi, non appena il momento di passione si spegneva, Rei chiedeva a tutte di andare via e non rimanere, tornando a stare a pezzi per i sensi di colpa, per quello che avrebbe potuto fare soprattutto la notte della finale mondiale e che invece non aveva fatto.
Quel pensiero lo tormentava di continuo e per quanti sforzi facesse, neanche il miglior sesso della sua vita avrebbe potuto cambiare le cose.
E poi si era ritrovato ad essere Guardiano di una splendida giovane donna.
Rei sentì che Elena era speciale dal primo secondo che l’aveva vista seduta nel suo ristorante a godersi estasiata ciò che lui aveva preparato.
Lei non era come le altre, non era come Mao o come Salima e non era come le decine di donne con cui era stato a letto. Lei era semplicemente Elena, dolce, ingenua e forte Elena e lo capì soltanto guardandola e più passava del tempo con lei e più se ne convinceva.
Era quasi un mese ormai che camminavano fianco a fianco e Rei sentiva di legarsi sempre più a lei e questa cosa sfuggiva al suo controllo.
Non era più abituato a provare dei sentimenti e il fatto che fosse stata proprio la sua protetta a risvegliarli, lui proprio faticava ad accettarlo. Quella situazione lo faceva sentire decisamente vulnerabile ed era una sensazione decisamente sconosciuta per lui.
Rei sapeva bene che il suo unico compito era proteggerla, salvarle la vita se fosse stato necessario, ma Elena non sapeva che era stata lei a salvare la vita a lui in un certo senso, quando gli aveva chiesto di diventare suo Guardiano.
Ricordava ancora quell’abbraccio che lei gli aveva dato quella mattina a casa sua e di come rimase sorpreso da quella reazione, era troppo tempo che nessuno lo abbracciava e lo stringeva così, in quel modo unico e sincero. Elena gli aveva detto che aveva bisogno di lui al suo fianco per partire e quando lo aveva stretto a sé era come se avesse dato senso a quella richiesta. Rei si sentì a casa tra quelle braccia ed era, con tutta probabilità, una cosa che non gli era mai capitata.
Il ragazzo tornò poi, nuovamente, con i pensieri alla scena di poco prima, a quanto sarebbe bastato un semplice tocco per far cadere quel maledetto pezzo di stoffa e godersi lo spettacolo di Elena senza vestiti. Quell’ardente desiderio stava facendo bruciare Rei e sentì il cavallo dei pantaloni tirare decisamente troppo a quel pensiero.
Immaginò di accarezzare quel corpo meraviglioso che ogni mattina durante gli allenamenti faticava a non guardare, immaginò di baciare Elena con talmente tanta foga da toglierle il respiro, immaginò di farla sua. Completamente. Senza riserve. Ma Rei era un Guardiano e fare l’amore con la sua Prescelta avrebbe complicato le cose, avrebbe distolto l’attenzione dalla missione, che era assolutamente vitale, come era vitale mantenere alta la concentrazione se speravano di uscirne tutti vivi.
Lui aveva giurato sul suo onore di capo della Tribù della Tigre Bianca che Elena sarebbe arrivata sana e salva fino alla fine del suo viaggio ed era sua intenzione mantenere quella promessa a tutti i costi, per questo si rassegnò e decise che era meglio tenerselo nei pantaloni, almeno per il momento.
Qualcuno bussò alla porta, distogliendo il cinese da quel vortice di pensieri, dunque si alzò di scatto e andò ad aprire.
- Sei pronto?- chiese Max, il cui profumo era talmente forte da far invidia ad una profumeria, invadendo la stanza del suo amico
- Io sì, gli altri?- chiese affacciandosi fuori dalla porta
- Ci siamo tutti, mancate tu ed Elena- disse Takao, indossando la giacca di pelle.
- Vado a chiamarla io- propose Rei.
Si diede un’ultima occhiata allo specchio, si sistemò i vestiti e fece per uscire, andando in direzione della camera di Elena. Bussò.
- Sei presentabile?- chiese sarcastico e sentì la ragazza ridere attraverso la porta e rumore di tacchi sul pavimento.
Elena aprì e Rei era indeciso se quella era la scena più bella con lei protagonista o quella a cui aveva pensato nell’ultima ora.
La giovane italiana era semplicemente spettacolare con i suoi boccoli morbidi che le cadevano su un lato, gli occhi truccati con una linea nera che davano quel quid in più al suo sguardo già espressivo, quelle stille di petrolio freddo che colpivano Rei ogni volta come un colpo di pistola, e le labbra erano di un rosso acceso.
La ragazza indossava una maglietta nera molto aderente con scollo a barca che metteva in evidenza il suo seno prosperoso, dei pantaloni neri altrettanto attillati che fasciavano quelle gambe allenate alla perfezione e facevano risaltare ancora di più il suo sedere sodo. A chiudere il look dei tacchi rossi paurosamente alti, tanto da raggiungere Takao in altezza, cosa che lo avrebbe messo sicuramente in imbarazzo per il resto della serata.
- Andiamo?- chiese lei sorridendo, Rei sembrava incantato
- Sì, gli altri ci aspettano- disse lui, ricambiandole il sorriso poi le porse il braccio e lei si avvicinò, grata di poter sentire ancora il suo corpo vicino.
- Caspita, che eleganza- commentò il Professore, vedendo arrivare Rei ed Elena
- Spero di non aver esagerato indossando queste scarpe, ma mi sembrava l’occasione adatta- ammise Elena, arrossendo.
- Stai benissimo, dobbiamo festeggiare, il look è importante, anche se sei più alta di me- concluse Takao con un sorriso divertito

Passeggiarono per il centro della capitale, c’era davvero tantissima gente per strada e i ragazzi ricordarono di non essere mai stati a Vienna durante i tornei, quindi decisero di rallentare il passo e godersi le meravigliose attrazioni artistiche che la città aveva da offrirgli.
Mentre raggiungevano il ristorante dove avrebbero cenato, seguendo Takao che si era riservato di non rivelare a nessuno di loro il luogo della cena, Max, osservando Elena, cominciò a viaggiare con la mente, pensando a sua figlia, complice la forte mancanza che sentiva di quest'ultima.
- Non riesco ad immaginare quanto sarà difficile per me accettare che Judy esca vestita così, con queste scarpe bellissime e andrà a divertirsi, lontano da me, con i ragazzi- cominciò Max, un po’ triste.
- E dai, goditela finché puoi, Judy è ancora piccola in effetti- osservò il prof.
- Ma cresce talmente in fretta che ad ogni candelina che spegne io mi sento un pochino più distante da lei- continuò il biondo
- Sarà il tuo trauma infantile, il fatto di essere cresciuto con tua madre lontano, per questo hai paura del distacco dai tuoi figli. Non vuoi fargli vivere la stessa esperienza che hai vissuto tu, o che ho vissuto io ad esempio- commentò Takao
- Forse hai ragione- concordò Max
- Ma è l’ordine naturale delle cose che i figli, crescendo, si distacchino dai genitori- continuò il Professore, con un'alzata di spalle.
- Almeno saprà sempre di poter contare su una mamma e un papà, cosa che non ho potuto fare io- si intromise Elena e Max la guardò con aria interrogativa
- Io e Gianni abbiamo perso i nostri genitori da bambini, è stata la nostra tata a crescerci- spiegò la ragazza, con un sorriso malinconico
- Non ne sapevo niente- si scusò Max, quasi pentito di aver toccato quell’argomento
- Tranquillo, è stato tanto tempo fa- si affrettò a rassicurarlo Elena.
- Ragazzi, eccoci- Takao attirò l’attenzione di tutti e si fermò soddisfatto davanti ad un ristorante.
Da fuori sembrava molto carino ed intimo, ben illuminato e c’erano parecchi tavoli occupati, decisamente un posto molto in vista.
- Non posso crederci che sia stato tu a scegliere un posto tanto carino- disse il prof sarcastico, mentre venivano accompagnati al tavolo e Takao, di tutta risposta, gli scoccò un’occhiata torva
- Ti ricordo che ho una bellissima fidanzata che di tanto in tanto ama cenare in posti così chic e io cerco di accontentarla, facendo il gentiluomo, non posso fare lo stesso per i miei amici?- rispose il leader dei Bladebreakers, mentre si sedeva tra il Professore e Max.
- A proposito, come ha preso il fatto che partivi così all’improvviso e che dovevi accompagnare una ragazza in questo viaggio?- chiese Elena, curiosa.
- Hilary è molto aperta su queste cose- rispose sicuro Takao
- E poi anche lei ci ha accompagnato in qualche occasione, prima dell’ultimo torneo- disse piano l’ultima frase
- Quindi, anche lei gioca?- chiese Elena, aprendo il menù
- Non ha mai lanciato un Bey in vita sua, ma ha sempre amato vedere me farlo, anche se probabilmente non lo ammetterà mai davvero- disse Takao, facendo scoppiare a ridere tutti.
- Emily al contrario, quando le è capitato di vedere me giocare le è tornata la voglia di farlo più di prima. Voleva accompagnare lei Elena e lasciare me a casa, pensate un po'- attaccò Max, iniziando a versare a tutti il vino rosso negli appositi bicchieri.
- E tu prof? Ancora non ci hai detto come procede la tua vita dal punto di vista sentimentale- chiese Takao, per poi fare un sorso dal suo bicchiere.
Il Professor Kappa diventò talmente rosso che per un attimo tutti pensarono essere colpa del vino, ma in realtà era tremendamente in imbarazzo.
- Ragazzi, lo sapete, non parlo mai delle mie cose personali- tagliò corto, sperando che quella risposta soddisfacesse i suoi amici
- Oh no, stiamo parlando tutti delle nostre faccende personali, tocca anche a te- lo rimbeccò l’americano
- Chiedete a Rei, piuttosto- concluse il prof, indicando il moro seduto alla sua destra.
- Io? No, grazie, passo volentieri- rispose Rei con un mezzo sorriso da marpione.
- E dai, tanto ho sentito che te la spassi parecchio- disse Takao alzando un sopracciglio.
Elena, per ascoltare quella conversazione aveva decisamente bisogno di altro vino e quindi si versò il secondo bicchiere, avendo già vuotato il primo senza neanche aspettare l'antipasto. Ringraziò mentalmente la sua famiglia per l'infinita conoscenza in fatto di vini, sapeva bene quale era in grado di reggere o meno.
- Non c’è molto da dire. Legarmi a qualcuno probabilmente non fa per me, quindi vado all’avventura, che c’è di male?- si mise sulla difensiva Rei.
- Da un lato ti invidio- rispose Takao, notando che Elena si era messa lì ad occhi bassi, a sorseggiare la rossa bevanda alcolica.
- E la nostra Prescelta?- concluse sempre Takao, spostando lo sguardo sull'unica donna presente.
- E’ noioso parlare di me...- disse vaga, notando anche che Rei si era girato completamente nella sua direzione, pronto ad ascoltare interessato quello che aveva da dire.
- Sono sempre stata troppo concentrata sul Beyblade per avere tempo per altre cose- confessò Elena
- Un errore che tutti facciamo in gioventù, ti è concesso- rispose Max
- Non posso crederci, però, che non c’è nessuno che ti fa battere il cuore- incalzò Takao e ad Elena sembrava essere improvvisamente tornata alle scuole elementari, vista la piega che stava prendendo la conversazione.
- No, ho solo la missione in testa. Ordiniamo, per favore?- chiese, cambiando completamente argomento e Takao capì che quel tasto non doveva essere più toccato, almeno non durante quella cena.

Mangiarono per la maggior parte del tempo in silenzio, ricordando di tanto in tanto vecchi aneddoti e qual era il posto in cui avevano mangiato meglio durante i campionati.
Al momento del dolce, Takao ordinò dello champagne e propose un brindisi, cogliendo tutti di sorpresa.
Augurò soprattutto ad Elena un Cammino tranquillo, le fece promettere di fidarsi sempre di loro e di ascoltare i loro consigli e poi brindò al suo Bit Power e ai Bladebreakers 2.0
Fu in quel momento che il più grande sogno d'infanzia di Elena si avverò.
Si sentì completamente parte della squadra e riuscì finalmente a ringraziare sinceramente tutti loro per averla seguita in quella missione complicata e si augurò di non deluderli mai.Sospirò dopo qualche sorso di champagne, sperando che quella non fosse la prima e ultima volta in cui si erano goduti una serata magnifica e spensierata.
Come dei ragazzi normali.
Il suo sguardo si posò ancora una volta su Rei e vederlo sorridere lì a tavola con tutti i suoi amici la fece sentire decisamente meglio, felice, serena.
Come forse non lo era mai stata in vita sua.

 

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Capitolo 20
*** Vulpilyon vs Wolfer ***


Capitolo 20:

Elena non aveva chiuso occhio per tutta la notte.
Dopo essersi girata e rigirata nel letto per una mezz’ora buona aveva pensato di andarsi ad allenare nel bosco, ma avrebbe trasgredito la regola principale che le aveva imposto Rei, ovvero cercare di riposare per essere completamente in forze per la sfida.
La faceva facile lui, pensò Elena, chissà quanti incontri aveva disputato che l’ansia da prestazione non la sentiva neanche più.
Una volta visto sorgere il sole, decise di alzarsi e provare qualche altro esercizio, poi andò a farsi una doccia per cercare di scrollarsi di dosso quella sensazione sgradevole di timore e indossò una delle sue tute portafortuna che metteva negli incontri più importanti.
Quando gli altri scesero a fare colazione, Elena era già lì che sorseggiava il suo cappuccino e giochicchiava con Vulpilyon facendolo roteare sul tavolo con le dita.
- Buongiorno, da quanto sei sveglia?- le chiese Rei posandole una mano sulla spalla, per poi sedersi accanto a lei, mentre anche tutti gli altri prendevano posto.
- La domanda è quanto hai dormito?- rispose lei, retorica
- Che ti avevo detto sul riposare?- disse lui, mentre si versava il caffè
- Lo so, ma proprio non ci riuscivo.- si difese lei
- Facciamo in questo modo, quando non riesci a dormire, vieni da me- propose Rei, pentendosi subito dopo di essere stato diretto e poco esplicito.
Magari Elena poteva fraintendere, soprattutto dopo gli argomenti toccati la sera precedente a cena e il modo in cui Rei l'aveva accarezzata durante quel massaggio che aveva tormentato i suoi sogni per tutta la notte.
Elena sorrise, un po’ in imbarazzo.
- Anche in piena notte?- chiese cauta
- Sì, anche in piena notte- la rassicurò Rei
- E’ che non sapere niente sul mio avversario mi ha mandata in crisi- lamentò lei, cambiando argomento
- Certo, avere un appuntamento al buio col proprio avversario sicuramente non è bello, ma ti lascia la possibilità di concentrarti, proprio perché non sai chi ti troverai davanti- la rassicurò Max, intromettendosi in conversazione.
La giovane blader aveva bisogno di più rassicurazioni possibili e chi meglio dei suoi Guardiani che erano lì con lei proprio per quel particolare motivo.
- Se può consolarti questo Peter non lo abbiamo mai affrontato, dunque non credo sia ad un livello avanzato come blader- continuò Takao
- Ma voi siete fuori dai giochi da un decennio, non sapete adesso chi combatte meglio di chi- commentò il Professore saccente.
- Devo dirtelo, sei proprio l’anima della festa, lo sai?- disse Takao al prof, scoccandogli un’occhiataccia.
E quel breve battibeccò che cominciò fra i due, riuscì a far sorridere Elena.

Il viaggio in pullman durò circa un quarto d’ora, quando fu il momento di scendere, i cinque si ritrovarono davanti ad un’immensa palestra, in una zona periferica della città.
- Allora è qui che si disputerà l’incontro- commentò Takao guardandosi intorno.
Si avvicinarono all’ingresso e c’erano due guardie che subito li bloccarono.
- Alt. Riconoscimento- disse uno dei due, con gli occhiali scuri e due minacciose pistole nelle fondine attaccate alla cintura.
Qui facevano sul serio, peggio che a Roma, pensò Elena, che sospirando fece un passo in avanti.
- Sono Elena Tornatore, devo sfidare Peter Zemmer, mi sta aspettando- disse sicura.
Senza battere ciglio, le guardie si spostarono e lasciarono passare la Prescelta e i suoi Guardiani e uno di loro li condusse all’interno della palestra, nella sala dove si sarebbe tenuto l’incontro.
Takao stava sorridendo, erano tutti tremendamente su di giri, tranne la diretta interessata. L'ansia la stava divorando viva.
Avevano sentito la mancanza di quel mondo, l'adrenalina delle gare, disputare incontri in un vero campo da gioco, i giorni gloriosi del passato erano tornati a far capolino nei ricordi dei ragazzi, portando con sé anche un pizzico di amarezza.
- Non c’è nessuno qui- osservò il prof e la sua voce fece eco in quell’immensa sala con al centro il campo da gioco.
- Ne approfitto per prepararmi- propose Elena.
Qualche esercizio di stretching sotto lo sguardo attento di Rei e Takao, mentre Max e il Professore ricontrollavano che Vulpilyon fosse al massimo delle prestazioni.
- Bene, sono pronta- disse la ragazza, agganciando il Bey al dispositivo di lancio
- Concentrati e osserva il tuo avversario, non andare subito all’attacco, studialo- le consigliò Takao e lei annuì
- Abbiamo fiducia in te, puoi farcela- continuò Rei
E in quel momento iniziarono ad udire dei passi sempre più vicini. L’avversario si era fatto finalmente vivo, in compagnia dell'arbitro e osservava soddisfatto Elena dall’altro lato del campo di gioco.
Peter Zemmer era un ragazzo di ventun anni, della stessa età di Elena e praticava il Beyblade da quando era bambino proprio come lei. I capelli biondi erano rasati nei lati e grandi occhi verdi pieni di sfida passarono in rassegna i Guardiani della sua sfidante.
Dopo un respiro profondo, quel giovane dai lineamenti tipicamente bavaresi prese la parola.
- Benvenuta Prescelta, oggi comincia il tuo Cammino.- cominciò lui, in tono solenne.
- Se mi batterai, sarai degna di continuare il tuo viaggio. La sfida di oggi, come tutte quelle che ti attendono, consiste in un solo match. O vinci o perdi. Con il Team delle Tenebre non avrai più di un’occasione.- concluse lui, spiegando le regole che Elena già conosceva alla perfezione.
Avrebbe voluto passare al sodo all'istante, si sarebbe calmata solo quando avrebbe lanciato il Beyblade.
Rei, lì accanto, poteva sentire il battito del suo cuore tremendamente accelerato.
- Vedo che hai scelto l’élite del mondo del Beyblade per accompagnarti, i miei più sinceri complimenti- commentò ammirato Peter, notando i Bladebreakers alle spalle della ragazza.
- Ma non so quanto ti sarà utile in ogni caso, cominciamo pure quando sei pronta- disse lui, mettendosi in posizione
- Sono nata pronta- lo imitò la ragazza.
- Blader in posizione. Tre, due, uno, pronti, lancio!- urlò l’arbitro del match e i due ragazzi lanciarono i loro Bey all’interno dell’arena che subito avevano preso a rincorrersi, in particolare quello nero di Peter scagliava già i primi attacchi che Elena incassò senza problemi.
La giovane cercò di tenere a mente le parole del suo Guardiano. Si stava lasciando colpire per studiare la tattica del suo avversario e stava funzionando. Elena aveva capito subito che Peter era uno che andava all’attacco senza pensarci troppo sopra e questo poteva costituire un vantaggio per lei: lo avrebbe colpito quando meno se lo aspettava.
- Coraggio Wolfer continua ad attaccare!- urlò Peter
- Schiva, Vulpilyon- ordinò Elena
Con grande sorpresa del padrone di casa, il Bey di Elena schivò il suo attacco, facendo finire il suo Bey sul bordo del campo da gioco e facendolo vacillare pericolosamente, ma tornò presto all’attacco e Vulpilyon schivò ancora.
- Vai forte, Elena, continua così- la incitò Max dalla panchina
- Sono impressionato, devo dirtelo- cominciò Peter.
- Molti tuoi predecessori hanno avuto talmente tanta paura di intraprendere questo viaggio che arrivati qui alla prima tappa o hanno rinunciato ancor prima di combattere, o si sono fatti sconfiggere nel giro di pochi secondi- spiegò lui, cercando forse di far distrarre Elena, ma lei era assorbita completamente dal suo Beyblade e dalla sfida che non fece neanche caso al fatto che lui le stesse parlando.
- Bisogna ammettere che non è proprio una missione da niente e le possibilità di riuscita sono decisamente scarse, ma tu hai molto coraggio, è ammirevole- continuò a dire Peter ed Elena andò su tutte le furie
- Adesso basta! Quest’incontro è durato fin troppo, non sono qui per fare un aperitivo e due chiacchiere con te. Volpe Bianca, vieni fuori!- urlò la ragazza e il bagliore viola, ormai a lei conosciuto, invase l’ambiente e il suo animale sacro venne fuori.
Peter non sembrò avere alcuna reazione di fronte al Bit Power della Prescelta, anzi prese a sorridere, come se non aspettasse altro.
- Adesso le cose si fanno interessanti, a te Lupo!- ordinò Peter e dal Beyblade ne uscì il suo potente Bit Power, con le sembianze di un lupo grigio dagli occhi rossi.
Le due fiere si osservarono per un po’, davanti ai loro protetti, ringhiando l’uno all’altra.
- Il tuo Bit Power sembra molto forte, ma non potrà niente contro il mio Wolfer- avvisò il biondo austriaco
- Questo è tutto da vedere- lo rimbeccò Elena
- Non perdere la calma- la redarguì Rei dalla panchina
- Coraggio, Elena, hai l’incontro in pugno- continuò Takao
Elena si ritrovò a ringraziare mentalmente i suoi Guardiani per il sostegno e pensò che non poteva affatto deluderli, non in quel momento, non durante la prima sfida.
C'era decisamente troppo in gioco.
- Vai, Volpe Bianca, all’attacco!- urlò Elena con tutto il fiato che aveva in corpo e il suo Beyblade prese a girare vorticosamente da diventare quasi uno scintillio argentato che si muoveva al centro dell’arena.
- Ma cosa…- disse Peter, per poi rimanere senza fiato, incapace di seguire i movimenti del Bey.
Vulpilyon non solo aveva decuplicato la sua velocità di rotazione, ma sembrava sparire agli occhi dell’avversario ad ogni spostamento diagonale.
Peter era confuso, perse in un attimo il controllo del match, così come il suo Lupo ed Elena iniziò a sorridere, capendo di avere grosse possibilità di vittoria, ma solo se fosse rimasta concentrata sull’attacco.
La giovane attese con pazienza il momento giusto e quando si accorse che Wolfer aveva ormai la guardia abbassata, confuso dai suoi attacchi diagonali, la Prescelta inflisse il colpo di grazia.
- Ora! Respiro di Ghiaccio, vai!- ordinò Elena e la sua Volpe si preparò al suo potentissimo attacco, che immobilizzava l’avversario in una sorta di tormenta, impedendogli di vedere e di muoversi, cosicché poteva andare a colpirlo, buttandolo fuori dal ring.
E così fece.
La Volpe si fece strada tra il ghiaccio che il suo attacco aveva prodotto e con un solo colpo deciso mise al tappeto il Lupo.
Il Bey di Peter iniziò a perdere l’equilibro e dopo qualche secondo smise di girare, cadendo da un lato. Vulpilyon era ancora in piedi e continuava la sua rotazione.
L’arbitro non ebbe dubbi.
- L’incontro è finito, Vulpilyon è il vincitore.- disse l'uomo, stendendo un braccio in direzione di Elena
- Ce l’ha fatta, sì!- esultò il Professore, chiudendo il suo portatile
Elena riprese il suo Beyblade e si girò verso i suoi Guardiani, facendogli il segno della vittoria, poi corse in panchina e tutti l’abbracciarono, ma Rei la strinse un po’ più degli altri, senza parlare. Quel gesto aveva detto tutto.
- Complimenti- una voce alle spalle stava interrompendo i festeggiamenti.
- Un bell’incontro, farai sicuramente un ottimo Cammino- la voce di Peter era rilassata e i suoi occhi verdi non erano più pieni di sfida, ma comprensivi e speranzosi.
- Ti auguro il meglio, Elena- disse, porgendole la mano che lei prontamente strinse
- Grazie, Peter, farò tutto ciò che devo- concluse lei per poi tornare a festeggiare con la sua squadra, ma mentre Takao le stava raccontando in modo concitato qual era stata la parte del match che aveva preferito, Elena iniziò a sentire la testa girare, le voci dei ragazzi ovattate e un senso di nausea fortissimo.
Diventò pallida di colpo e tutti si preoccuparono subito.
- Va tutto bene?- chiese Max, notando per primo il suo cambiamento repentino
- Sì- rispose lei non troppo convinta, abbozzando un sorriso
- Vieni, siediti- Rei subito la prese tra le sue braccia forti e l’aiutò a sedersi, ma Elena si sentì peggio e collassò addosso al suo Guardiano. Rei subito la sorresse, tenendole alta la testa e la scosse, chiamandola.
- Elena, Elena!- urlò tentando di risvegliarla
- Svelti, datele dell’acqua- propose Takao, mentre Max già armeggiava con lo zainetto e il Professore cercava di farle aria.
Mentre era svenuta Elena vide scorrere immagini confuse, che si facevano via via più chiare davanti ai suoi occhi, col passare dei secondi.
Notte, luna piena alta nel cielo, la sabbia del deserto si alzava sotto il vento forte.
Al centro del nulla una grossa piramide, Elena camminava veloce verso di essa e quando l’aveva raggiunta era tutto buio al suo interno. Improvvisamente milioni di candele si erano accese come risvegliate da una forza misteriosa e, davanti agli occhi della giovane, cinque inquietanti feretri. Un sarcofago, due bare di legno e una cassa d’acciaio, un’altra bara era aperta, ma Elena si rifiutò anche solo di pensare cosa ci fosse lì dentro, convincendosi di essere in un incubo e comandando a sé stessa di svegliarsi.
La morte e tutto ciò che la riguardava aveva sempre dato un senso di nausea ad Elena e quando, con un po’ di coraggio, fece per avvicinarsi a quelle grosse scatole sinistre, quattro figure scure saltarono fuori spaventandola da morire.
Non le mise a fuoco subito per via della luce fioca in quella stanza, notò solo che avevano gli occhi che scintillavano.
Gialli, rossi, blu e verdi.
Quegli occhi strani e terrificanti la stavano fissando e quelle figure incedevano con fare minaccioso verso di lei.
- Benvenuta, Prescelta- aveva detto uno di loro, con una voce da far venire i brividi
- Che coraggio a venire qui, abbiamo preparato già la tua eterna dimora- disse un’altra voce, aggiungendo una risata cattiva alla fine.
- Spero sia di tuo gradimento- aggiunse un altro, mentre sentiva le loro mani gelide afferrarla per le braccia e ridere tra loro. Come un'eco.
Elena cercava di divincolarsi e prese a dare calci e pugni, ma non riusciva neanche a parlare o a gridare e quelle figure incappucciate e oscure la condussero a forza davanti a quella bara che lei credeva essere vuota, ma dove vide con disgusto e terrore sé stessa pallida, gli occhi vitrei, morta con Vulpilyon in mille pezzi tra le mani.
- E’ questo quello che ti aspetta, questo è il tuo destino- disse quello con gli occhi gialli.
- No! No, non è possibile- riuscì a dire lei, con voce roca, sentendo la gola ardere.
- Lasciatemi, quella non sono io!- stava urlando la ragazza
- Certo che sei tu, non manca molto- ribatté il proprietario degli occhi rossi mentre le loro risate invadevano la mente di Elena e brividi gelidi di terrore le percorrevano la schiena.
- No, no!!!- urlò lei con tutte le sue forze e in quel momento il buio, mentre quelle risate disgustose si sentivano sempre più in lontananza.

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Capitolo 21
*** Debolezze ***


Capitolo 21:

Elena si svegliò di soprassalto, ancora urlante e sudata.
Rei era seduto ai piedi del suo letto e si era subito messo accanto a lei, non appena era balzata a sedere dal sonno.
La ragazza si guardò intorno confusa, poi riconobbe la stanza dell’hotel di Vienna dove stava alloggiando con i ragazzi e notò che fuori il sole stava per tramontare. Si portò una mano alla fronte cercando di dare un senso a quel terribile mal di testa e, ancor di più, a quello che aveva appena sognato.
- Sei sveglia, grazie al cielo, ci hai fatto prendere uno spavento- il tono di Rei era un misto tra rabbia e sollievo.
- Rei… ma che è successo?- chiese lei spaesata
- Dopo la vittoria contro Peter hai avuto un collasso, pensavamo ti riprendessi subito, ma non rispondevi- cominciò lui, raccontando cos’era successo con una nota di agitazione nella voce.
- Ti abbiamo caricata sul pullman e Max voleva portarti all’ospedale, ma ti agitavi nel sonno, dicevi cose senza senso e, quindi, abbiamo preferito portarti qui.- continuò lui, mentre Elena lo ascoltava ancora sconvolta.
- Sei rimasta svenuta per ore, temevo ti fosse successo qualcosa di grave- disse Rei, azzardando ad allungare una mano verso la guancia di lei per accarezzarla,, Elena si godé quel tocco ormai così familiare e iniziò a calmarsi, sentendosi finalmente al sicuro.
- Sei stato accanto a me?- chiese lei piano
- Non ti ho lasciata neanche per un attimo- confessò lui, lanciandole uno sguardo talmente dolce da farla sentire di nuovo debole e indifesa.
- Sai bene che il mio scopo è vegliare su di te- le ricordò lui, continuando a guardarla in quel modo tenero.
- Grazie, davvero- fu la sola cosa che Elena riuscì a dire.
- Vado a dire agli altri che ti sei svegliata- propose Rei, alzandosi dal letto e andando verso la porta, ma Elena lo fermò all’ultimo.
- Rei, ho fatto un sogno bruttissimo, ma credo non fosse soltanto un sogno-
Quando Elena ebbe finito il racconto di ciò che aveva visto in quelle ore in cui aveva perso conoscenza, Takao e gli altri si lanciarono un’occhiata preoccupata.
- Loro sanno- concluse il capitano dei Bladebreakers, alzandosi dal pouf
- Non ti seguo- disse Max, socchiudendo gli occhi, mentre era appoggiato allo stipite della porta e il Professore e Rei erano seduti ai piedi del letto di Elena, che se ne stava a gambe incrociate, al centro di esso.
- Loro sanno che Elena ha cominciato il Cammino e cercano di spaventarla- continuò Takao
- Hanno questo potere?- chiese il Professor Kappa, terrorizzato
- Non mi stupirebbe se riuscissero ad entrare nella mente delle persone, guarda che cosa hanno combinato- disse Takao nervoso, indicando un punto metaforico del mondo, fuori dalla finestra.
- Tu pensi che possano leggermi nel pensiero?- chiese Elena, cercando di non farsi prendere dal panico.
- Non lo so, ma so che sono potenti e che nessuno è riuscito mai a fermarli, si servono di poteri che vanno al di là del semplice uso del Beyblade- continuò Takao, visibilmente agitato.
- Beh, tu sei riuscito a fermarli- osservò Rei, aggrottando la fronte
- E tu sai bene a quale prezzo- ribatté il suo compagno di squadra, calcando volutamente la frase e Rei abbassò lo sguardo.
- Perchè a te non sono mai apparsi in sogno per spaventarti? Sei stato l’unico a sconfiggerli, dovrebbero spaventare te, no?- chiese dubbiosa Elena a Takao.
Calò un pesante silenzio nella stanza. Lo sguardo della Prescelta correva da un Guardiano all’altro, in attesa di una qualche spiegazione.
- Quando io li ho affrontati, pensavamo tutti fossero semplici blader arrivati per sfidare i neo campioni del mondo, ma quando piombarono nello stadio poco dopo la premiazione e seminarono il panico, capimmo che non erano esattamente normali- spiegò Takao, pesando le parole.
Elena sperava che Takao le raccontasse di più su quella misteriosa notte in Russia, ma non ebbe il coraggio di chiedere altro, visto che lui aveva assunto la stessa identica espressione di suo fratello Gianni e anche di Rei, quando parlava del medesimo argomento.
- Il Cammino, la scelta di un solo blader per sconfiggerli e dei Guardiani per proteggerlo è stato tutto postumo, frutto delle organizzazioni che ancora erano rimaste in piedi dopo il loro attacco. Io ho avuto semplicemente fortuna quella notte, tanto coraggio e un preziosissimo aiuto.- concluse Takao, asciutto.
La giovane era consapevole del fatto che Takao fosse una leggenda per le gare e i campionati vinti in parte, ma la sua figura era stata accostata al mito proprio quando uscì vittorioso dalla lotta contro il Team delle Tenebre.  Nessuno, dopo di lui, era stato in grado di portare a termine quella missione e tutti i Prescelti e i Guardiani che avevano preso quella strada erano morti provandoci o, nel migliore dei casi, erano impazziti di ritorno dalla missione per qualche oscuro motivo. Elena sapeva che prima o poi avrebbe dovuto svelare ai suoi Guardiani la realtà nascosta sul suo viaggio, la triste verità riguardante il suo sacrificio per sconfiggere i blader della Morte e una parte di lei si ritrovò a sperare che ne fossero già al corrente, in modo da evitare quella conversazione che presto o tardi avrebbe dovuto avere con i ragazzi, ma stando alle parole di Takao, la ragazza pensò che non avevano la minima idea di quello che li aspettava.
- Propongo di fare dei turni per controllare Elena questa notte, che dite?- cominciò il Professore e quella prospettiva gettò Elena nello sconforto.
- Per me va bene- commentò Max.
- Ragazzi, io sono qui e non ho bisogno della balia.- ribatté la giovane, alzandosi dal letto e mostrando sicurezza
- Se quelli hanno deciso di tormentarmi nel sonno, resterò sveglia- propose, alzando le spalle
- Non dire sciocchezze, ti aspettano incontri decisamente più difficili di quello di oggi, hai bisogno di riposarti e ti controlleremo noi- lo sguardo ambrato del cinese sembrava non voler ammettere ragioni.
- Rei ha ragione, almeno per questa notte- si trovò d’accordo Takao
- Sto bene, tranquilli e poi il prossimo incontro è tra una settimana direi che stasera e domani possiamo rilassarci e riprenderemo gli allenamenti tra due giorni, ci state?- cercò di negoziare la Prescelta e gli altri non poterono fare a meno di essere d’accordo.

Elena passò la serata a ripetere che stava bene e che non aveva bisogno di nulla a chiunque dei suoi glielo chiedesse e, all’ennesima visita di uno dei Guardiani aveva pensato di lasciare la porta di camera sua aperta, per farli entrare e uscire a loro piacimento. Avevano promesso di non controllarla, dopo le sue proteste, ma tutto stavano facendo, fuorché mantenere quella piccola promessa.
Mentre era intenta a riprendere la lettura del romanzo che si era portata dietro per il viaggio, felice di aver trovato la posizione più comoda per leggere, qualcuno bussò nuovamente alla sua porta.
La giovane si trovò ad alzare gli occhi al cielo e decise di non muoversi per non guastarsi la lettura.
- Ragazzi, sto benissimo, sono sveglia e sto leggendo un romanzo con delle scene di sesso molto romantiche ed esplicite, perciò non disturbatemi, grazie- urlò dal suo letto, tenendo gli occhi fissi sul libro.
Ma chi era fuori dalla porta non si arrese e tornò alla carica a bussare.
Elena chiuse con forza il libro, lo gettò da un lato e scese dal letto per andare ad aprire, fumante di rabbia.
- Scene di sesso esplicite eh?-
Elena diventò paonazza quando vide Rei fuori dalla sua porta, rendendosi conto di aver esagerato con la spiegazione della trama del romanzo e, quel che la metteva ancora più a disagio, era il sorrisetto che lui aveva stampato in faccia. Gli avrebbe dato un pugno su quei canini adorabili, pensò Elena per un istante.
Rei entrò in camera senza che lei glielo chiedesse ed Elena notò che reggeva tra le mani un sacchetto. Lui si andò a sistemare sul letto e iniziò a tirare fuori dei vassoietti da quello stesso sacchetto, Elena era confusa.
- Cosa hai intenzione di fare?- chiese, andando verso di lui
- Che domande? Ti ho portato la cena- rispose serafico, intento a cercare di apparecchiare alla buona.
- Grazie, ma nelle ultime cento volte in cui sei venuto a controllare come stavo, non ricordo di averti detto di avere fame- commentò sarcastica lei
- Io sì- disse lui, scrollando le spalle.
Elena alzò nuovamente gli occhi al cielo, ma in fondo era felice che Rei stesse cercando in tutti i modi di farla stare meglio e il modo in cui si prendeva cura di lei la fece sentire come fosse l’unica donna al mondo.
- D’accordo, per questa volta te la faccio passare liscia- concluse lei, salendo sul letto accanto a lui
- Guarda che è solo per stasera, non approfittartene- rispose lui sorridendo ed Elena si trovò a ricambiare il sorriso.
- Che cos’ha portato il grande chef?- chiese lei con un sorriso
- Ho faticato un po’ per trovare una soluzione, sai?- cominciò Rei
- La pizza non era contemplata, sei italiana e mangiarla all’estero è un tradimento alla tua patria- disse lui, continuando a tirare fuori le vaschette dal sacchetto.
- Giusta osservazione- rispose lei
- La cucina cinese se non è la mia o di chi conosco e mi fido, è un tradimento alla mia di patria, quindi… McDonald’s- concluse soddisfatto, passando un vassoio ad Elena.
- Ti adoro, anche se per essere uno chef pluristellato, non mi aspettavo che amassi il cibo spazzatura - disse lei, aprendo lo scatolo contenente il panino.
- Raramente mi concedo qualche debolezza- si confidò lui, facendole l'occhiolino
E iniziarono a mangiare, seduti sul letto, come due bambini ad un pigiama party.
Per un po’ Elena e Rei consumarono la cena in silenzio, godendosi quello strappo alla regola che nessuno dei due si concedeva da un po’ visti gli allenamenti.
Rei fu il primo a parlare, dopo un lungo sorso di Fanta
- Sei stata grande oggi, non ho avuto occasione di dirtelo- cominciò
Elena ingoiò l’ultima patatina fritta e gli sorrise
- Grazie, ma non ce l’avrei mai fatta senza i vostri preziosi consigli- disse sincera
- Te l’ho sempre detto, ci siete tu e Vulpilyon nell’arena- disse Rei, mettendo via le vaschette ormai vuote.
- Sì, ma il lavoro di squadra è fondamentale e questo anche lo hai sempre detto- concluse Elena con un sorrisetto
- Prossima tappa?- chiese poi lei, sperando di avere qualche informazione in merito.
- Berlino, partiamo domani pomeriggio, ma non ho idea di chi sia il tuo avversario, ovviamente- rispose lui, aggrottando la fronte
- Perché tanto mistero, secondo te?- domandò Elena, curiosa
Rei scrollò le spalle
- Forse perché qualcuno potrebbe far del male ai blader che hanno il compito di sfidare chi intraprende il viaggio, per impedirgli di proseguire e non parlo del Team delle Tenebre, ma di quelli che hanno paura che possa succedere qualcosa ai Prescelti e i Guardiani- ipotizzò il cinese
- Davvero? È capitato?- incalzò la ragazza
- Non che io sappia, lo sai prima di seguirti non ero molto aggiornato riguardo questa situazione, ma non pensarci, Daitenji e gli altri Maestri controllano personalmente i tuoi avversari e si assicurano che rimangano anonimi fino all’incontro con te, neanche per loro è facile mettersi in gioco- la rassicurò Rei ed Elena annuì continuando a mangiare.
Il fatto che si fossero lanciati in quella conversazione, dava qualche possibilità ad Elena di chiedergli qualcosa in più sul suo passato, riguardo al quale Rei era sempre stato molto reticente.
Esitò qualche istante e poi, dopo un lungo sospiro, tentò di portare quella conversazione al livello successivo...

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Capitolo 22
*** Accanto a te ***


Capitolo 22:

- Ti manca combattere?- iniziò lei.
Era una di quelle domande a cui Rei non aveva mai risposto ed Elena doveva sapere a tutti i costi il perché. Ormai erano abbastanza vicini e si conoscevano abbastanza bene da aprirsi l’una con l’altro, pensò la ragazza.
Rei si rabbuiò di colpo e lei si maledì mentalmente per avergli posto quel quesito evidentemente scomodo, rovinando l’atmosfera leggera che si era venuta a creare.
- Avanti, tornare nelle palestre, vedere le sfide ufficiali e i Bey nell’arena non ti fa ricordare che un tempo anche tu eri il migliore?- disse Elena, tentando di suscitare una reazione positiva in lui.
- Non quanto credevo- rispose lui secco e non era decisamente quello che lei sperava di sentire.
- Certo, vederti combattere con tanta grinta e determinazione mi ha fatto un po' pensare che una volta anche io ero come te.- continuò lui con la fronte aggrottata.
- Le vedi queste?- Rei spostò un po’ il colletto della sua t-shirt bianca e mostrò ad Elena delle cicatrici sul collo e sulle spalle.
Era incredibile non ci avesse mai fatto caso fino a quel momento, eppure le era capitato di vederlo senza maglietta addosso. Più di una volta e quell'immagine tormentava le sue notti.
- Ne ho altre sul corpo. Finale dei mondiali, il blader russo che sfidai era un animale- disse lui, rabbrividendo a quel ricordo.
- Cioè, attaccò anche te oltre al tuo Bey?- chiese Elena scioccata e Rei annuì
- Tutti chiedevano la squalifica a gran voce, persino il pubblico e loro giocavano in casa. I ragazzi mi urlavano di smettere di combattere o sarei morto. Ci sono andato molto vicino quella volta.- ammise Rei ed Elena sentì le lacrime pizzicarle gli occhi a quel racconto, nonostante narrasse vicende vecchie di dieci anni.
Il solo pensiero che qualcuno potesse far del male a Rei le faceva salire il panico.
- Il mio Bit Power mi ha protetto, fino all’ultimo secondo, della vittoria poi non ricordo quasi nulla, ricordo solo di aver chiesto a Takao di vincere la finale e poi mi sono svegliato in ospedale il giorno dopo.- concluse lui
- Non ne avevo idea- commentò Elena con la voce rotta
- Non lo racconto mai a nessuno, non è una bella storia- ammise lui con un sorrisetto
- Ma è per farti capire che un tempo ero come te e combattevo a tutti i costi senza mai arrendermi, non mi fermavo davanti a niente- aggiunse il cinese
- Fino all’arrivo del Team delle Tenebre- disse lei e sperò che Rei continuasse il racconto, ma lui non disse nulla.
Se ne stava lì con uno sguardo pieno di rabbia e tristezza, uno sguardo che Elena aveva imparato a riconoscere da quasi un mese e odiava quando quegli occhi così particolari si intristivano e quindi decise di lasciar perdere anche quella volta, chiudendo l'argomento.
La ragazza sospirò, mettendo via gli ultimi vassoi che avevano usato per la cena.
- Cos’è che leggevi?- chiese Rei, gettando uno sguardo alla copertina del romanzo ed Elena fu grata di vedere di nuovo quel sorrisetto sghembo sul suo viso per un attimo, affrettandosi poi a tirargli il libro di mano prima che lui potesse aprirlo, ma senza successo.
- Niente di interessante, ridammelo- tentò lei, ma il suo Guardiano era molto più veloce e con uno scatto tipico di un felino si alzò dal letto, sfuggendo alla presa.
- Notti d’inverno”, il titolo promette bene- commentò Rei con un sorriso malizioso mentre passeggiava per la stanza.
- Dammelo, ti ho detto!- ribadì Elena
Ma era troppo tardi, Rei aprì il libro in una pagina a casaccio e Elena si alzò in piedi sul letto, tentando di saltare per riprendersi ciò che era suo, implorando in tutti modi Rei di restituirle il romanzo, ma lui ben pensò di cominciare a leggere.
- Erano così vicini che sarebbe bastato un movimento impercettibile per unire le loro bocche e lasciarsi andare al piacere...”- cominciò lui, con voce da narratore.
La giovane credette che sarebbe andata in fiamme da un momento all’altro, non solo per l’imbarazzo dato dal fatto che lui stesse leggendo quel libro che lei aveva scelto con cura prima di partire, ma anche perché quelle frasi dette da lui, pronunciate dalla sua voce calda, le facevano tornare in mente la sensazione meravigliosa di quando Rei le aveva fatto quel massaggio e l’eccitazione che aveva provato in quei minuti.
Non poté fare a meno di pensare che per tutto il tempo che aveva speso a leggere quel romanzo, Elena immaginò che i protagonisti fossero proprio loro due.
- “E fu lei a fare il primo passo, aveva bisogno di quel bacio più di ogni altra cosa al mondo e nel mentre tentò di liberarsi dei vestiti che indossava...”- continuò Rei, mentre Elena sentiva che l’atmosfera stava diventando sempre più incandescente.
- Cattivona...- disse Rei in un sussurro, scoccando un’occhiata maliziosa ad Elena.
Gli occhi ambrati di lui scintillavano nella penombra di quella camera e lei si sentì inchiodata al letto, incapace di muoversi e si chiese, per un attimo, se fosse possibile provare un orgasmo solo tramite uno sguardo.
- Ora basta- tuonò lei, paonazza in volto, tirandogli il libro dalle mani
- Ma era il protagonista a parlare, mi stavo semplicemente calando nella parte- si difese lui, cominciando a ridere.
- Non è il caso di proseguire oltre- concluse lei, chiudendo il libro e poggiandolo sul comodino, cercando di darsi un contegno e riprendere fiato. Erano stati decisamente minuti infuocati.
La risata di Rei era così bella che Elena non poté fare a meno di ridere di rimando per la prima volta dopo chissà quanto tempo, erano seduti su quel letto a ridere fino alle lacrime. Quella doveva essere la normalità per dei ragazzi della loro età, ma a loro quel lusso non era concesso poi così spesso.
Improvvisamente Elena si rese conto di essere assonnata, ma una paura primordiale e inspiegabile tentava di tenerla sveglia. Fu come se Rei leggesse nella sua mente, solo dal cambio repentino nel suo sguardo.
- Hai sonno?- le chiese dolcemente
- Sì, un po’, l’incontro di stamane e tutto quello che è successo ha prosciugato le mie energie- confessò lei
- Ti lascio dormire allora, se hai bisogno di qualcosa, sono nella stanza accanto, lo sai- la rassicurò ed Elena annuì
- Grazie per la cena e… beh, per le risate- si affrettò a dirgli, prima che uscisse.
- Quando vuoi- rispose lui facendole l’occhiolino, ma prima che Rei uscisse Elena ebbe il coraggio di fermarlo.
- Rei, aspetta-
- Cosa c’è?- le chiese curioso
- So che può sembrare strano visto come mi sono comportata per tutto il pomeriggio, ma… ora ho paura di restare da sola- ammise Elena ad occhi bassi e Rei la guardò teneramente.
- Puoi farmi compagnia finché non mi addormento? Appena sarò nel mondo dei sogni, quelli belli, giuro potrai andare- lo implorò lei
Lui tornò indietro ancor prima che lei finisse di parlare e si risistemò sul letto. Elena rimase senza parole, stupita dal fatto che lui avesse accettato senza batter ciglio.
Rei spense l’abat-jour e, nel silenzio di quella stanza, Elena poteva sentire il cuore andarle a mille, di quel passo non si sarebbe addormentata neanche dopo un’ora.
Solo in quell’attimo di quiete e di buio, la giovane si pentì di aver chiesto al suo Guardiano di restare con lei. Più passavano i secondi, più non credeva di aver avuto il coraggio di domandarglielo.
- Vieni qui- disse lui sottovoce e fu un gesto automatico per Elena accoccolarsi tra le braccia del cinese.
Inizialmente fu una sensazione strana, non si era mai trovata ad addormentarsi così vicina a qualcuno. Quando le era capitato di dormire con Marco, lei aveva sempre preferito farlo a casa sua, di modo che il suo amico dormisse nella dependance degli ospiti e lei poteva restare in camera sua e in quel momento Elena realizzò che non aveva mai dormito accanto ad un uomo, nemmeno i suoi ex fidanzati. Il suo Guardiano cinese era il primo ad avere l’onore di stringerla mentre si addormentava e, malgrado non ci fosse abituata, Elena sapeva di sentirsi protetta e al sicuro e quelle sensazioni riusciva ad infondergliele solo Rei.
Poteva sentire il suo profumo così bello, le sue braccia forti che la cullavano con dolcezza e il suo cuore batteva insolitamente veloce, ma quel ritmo era la ninna nanna perfetta e persa tra quei pensieri meravigliosi, Elena riuscì finalmente ad addormentarsi e sognò di rimanere così accanto a Rei, stretta a lui, per tutta l’eternità.

Rei non sapeva bene perché aveva accettato subito di restare accanto ad Elena per riuscire a farla addormentare, ma il pensiero della sua Protetta perseguitata anche nei sogni dai blader della Morte lo faceva stare male, dunque aveva acconsentito a tenerla al sicuro anche in quella particolare occasione.
Del resto, quello era il suo ruolo e aveva accettato di mettersi in gioco da qualunque punto di vista. Solo non era abituato a tenere una donna tra le sue braccia mentre dormiva così beatamente.
Aveva dormito con Mao un paio di volte da ragazzino, ma non era la stessa cosa e quando le era capitato, invece, che Salima si addormentasse accanto a lui dopo aver fatto sesso, non chiudeva occhio per tutta la notte, come se si sentisse fuori posto, estremamente allerta.
Ancora una volta la sua giovane Prescelta lo stava mandando in crisi, sgretolando ad una ad una tutte le sue convinzioni e Rei si sentì talmente rilassato in quella circostanza che si sarebbe tranquillamente addormentato anche lui, gli occhi gli erano infatti diventati pesanti, ma doveva continuare a restare vigile per vegliare sulla sua protetta.
Almeno per quella notte e tenerla lontana da chi infestava i suoi incubi.
Si ritrovò ad accarezzare distrattamente i lunghi capelli di Elena, le sfiorò il viso e la punta del naso, le labbra carnose dischiuse per respirare e il petto che si alzava e abbassava a ritmi regolari, segno che il suo sonno era tranquillo e, per il momento, non disturbato dai quattro blader della Morte.
Per la prima volta da quando si erano conosciuti, Rei si chiese perché si erano dovuti incontrare proprio in quella situazione, in quelle circostanze così sfavorevoli per loro, dove la possibilità di stare insieme gli era stata negata ancor prima che decidessero di tentare. Se solo si fossero conosciuti prima, le cose sarebbero andate diversamente, pensò Rei, ed ebbe la conferma di tutti quei sospetti che da un po’ gli giravano in testa: in ventinove anni di vita non aveva mai incontrato una come Elena Tornatore.
E lui se ne stava innamorando perdutamente, ma avrebbe dovuto portarsi questo peso dentro almeno fino alla fine del Cammino, sperando di poterle rivelare i suoi sentimenti quando quell’incubo sarebbe finito. Se fosse finito.
Nonostante tutti i tentativi per rimanere sveglio, Rei era finito addormentato anche lui ed Elena aveva definitivamente annullato tutte le sue convinzioni riguardo ai sentimenti e all’amore, semplicemente chiedendogli di restarle accanto quella notte.

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Capitolo 23
*** Monaco ***


Capitolo 23:

Al suono della sveglia, Elena aprì subito gli occhi. Diede un’occhiata fuori dalla finestra e notò che era alba appena inoltrata, quando si tirò su a sedere, Rei si girò sul fianco e se ne stette con gli occhi chiusi.
Elena lo guardò con dolcezza e fu tentata di allungare una mano per accarezzargli i capelli, cosa che sognava di fare ogni volta che lui era a distanza ravvicinata.
Era così bello mentre dormiva, somigliava a una divinità si ritrovò a pensare la ragazza, ma ciò che la colpì fu il fatto che Rei era riuscito a rimanere tutta la notte accanto a lei, sentendosi anche un po’ in colpa perché gli aveva chiesto di restare solo per aiutarla a prendere sonno, finendo per addormentarsi anche lui.
- Buongiorno- la voce assonnata del giovane la destò dai suoi pensieri, lei gli sorrise brevemente
- Ciao- rispose dolce e anche un po’ imbarazzata, era una situazione decisamente nuova per lei.
Rei si guardò intorno e vide che il sole era sorto.
- Devo essermi addormentato anch’io, ieri sera- cominciò, quasi scusandosi.
- Spero solo di non averti dato fastidio, stanotte- commentò lei, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
- Tranquilla, hai mica avuto altri incubi?- chiese lui preoccupato ed Elena scosse la testa
- Ho riposato benissimo- lo rassicurò
- Grazie- concluse lei
- Senti, ripeti questa parola un po’ troppo spesso, lo sai che questo è il mio dovere, non c’è bisogno di ringraziarmi ogni volta- rispose Rei, cercando di nascondere a sua volta l’imbarazzo e sperando che lei cogliesse la sfumatura nascosta dietro la parola dovere.
- Ma non so in che altro modo dimostrarti che ti sono grata- disse lei, alzando le spalle
- Vincere le tue battaglie, questo è il tuo modo di ringraziarmi- ribatté Rei, sorridendo
Restarono per qualche secondo in silenzio, cercando un modo per rompere gli indugi.
- Vado a farmi una doccia- propose Elena, sperando di togliersi dall’impaccio
- Vado anche io, ci aspetta un viaggio piuttosto lungo in pullman- concordò lui, alzandosi dal letto e stiracchiandosi
- Ci vediamo giù tra un’ora- le ricordò il ragazzo
- A dopo- disse lei
E prima che il giovane uscisse, i due si scambiarono uno sguardo potentissimo, pieno di aspettative e di parole che non potevano essere pronunciate. Rei fu il primo a distoglierlo e fece per uscire.
- Cosa cavolo stai combinando, Rei- mormorò lui sottovoce a sé stesso, mentre si avviava ad ampie falcate verso camera sua.

Dopo aver fatto colazione, alle otto in punto i Bladebreakers erano pronti a salire sul pullman dell’ex BBA.
Il viaggio verso la Germania sarebbe durato qualche ora, quindi Elena approfittò per fare un altro sonnellino, così come tutti gli atri ragazzi. Sembrava non dormissero da giorni e, in effetti, da una parte era così tra i lunghi allenamenti e i ritmi decisamente stressanti, gli ultimi campioni del mondo di Beyblade si resero conto di essere fuori allenamento per reggere quelle trasferte, ma il pensiero fisso di sconfiggere i blader della Morte superava di gran lunga la stanchezza. Elena era ormai abituata ai training all’alba con Rei e alle sfide contro Takao e Max, ma nonostante cercasse di restare forte, quelle orribili immagini che le erano passate davanti agli occhi, quando aveva perso i sensi dopo la prima sfida, non lasciavano la sua mente, facendole venire i brividi ogni volta che ricordava gli occhi luminescenti e sinistri dei suoi nemici.
Come avrebbe fatto da sola a sfidarli tutti e quattro, si chiese. Ci credeva che nessuno ci era riuscito prima di lei, tranne i suoi Guardiani ed erano lì, vivi e vegeti, con le loro vite realizzate e lei sperò con tutte le sue forze di restituirli così com’erano alle loro famiglie e alla loro vita, alla fine di quel viaggio.
Quando si svegliarono erano a un’ora da Monaco ed Elena sentì il Professore parlare al telefono con la struttura che li avrebbe ospitati in quella tappa, evidentemente per la conferma delle camere.
Diede un’occhiata veloce in giro: Takao sonnecchiava con il cappello calato in faccia, Rei aveva le cuffiette nelle orecchie e gli occhi chiusi, mentre Max era in videochiamata con la sua famiglia. Sentire il piccolo David dire al suo papà che gli mancava e Judy mostrare i disegni che aveva fatto a scuola, fece stringere il cuore ad Elena e notò che Max dovette fare appello a tutte le sue forze per non piangere. Lei non sarebbe mai riuscita ad esprimere a parole quanto stava male per aver strappato i Guardiani ai loro cari e per la prima volta cercò di calarsi nei panni di chi era a casa e aspettava, in preda all’ansia, di avere notizie ogni giorno.
Immaginava Emily da sola a prendersi cura dei figli, della casa e del lavoro, immaginava Hilary immersa nei preparativi per il matrimonio con il dubbio sempre fisso se il suo futuro sposo fosse tornato a casa o meno, pensò ai genitori anziani del Professor Kappa, in pena per il loro unico figlio.
E poi pensò a Rei, come sempre. Lui era al centro dei suoi pensieri ormai.
Stando a quanto lui aveva raccontato non aveva nessuno ad attenderlo e lo aveva constatato lei stessa quando era andata a casa sua quella mattina e per un attimo fece correre la fantasia, immaginando come sarebbe stata la loro vita insieme, litigare sul fatto di andare a vivere a Villa Tornatore o a casa di lui, discutere sul colore delle pareti per la tinteggiatura, fare la lotta per avere il monopolio del telecomando ogni sera, godersi i suoi deliziosi piatti ogni volta che voleva e, cosa non meno importante, stare a letto con lui.
Elena sospirò guardando il suo primo Guardiano e capì che le sue sarebbero rimaste, purtroppo, solo delle belle fantasie.
Arrivati in albergo, i ragazzi si sistemarono nelle rispettive camere e poi decisero di andare a mangiare un boccone veloce, per poi ritirarsi nuovamente a riposare.
L’incontro si sarebbe tenuto di lì a un paio di giorni, quindi Elena voleva tenersi in forma e soprattutto dare il tempo al Professore di ricontrollare il suo Beyblade e metterlo a punto per la sfida successiva.
Elena non sapeva nulla sul conto del blader tedesco che avrebbe dovuto affrontare e sperò con tutta sé stessa che la sfida sarebbe stata tanto impegnativa quanto rapida. Era solo all’inizio del suo viaggio e scalpitava per arrivare faccia a faccia con i suoi veri nemici, ma l’impazienza, come le aveva detto una volta Takao, era la peggior nemica di un blader e lui, ne era la prova vivente.

Il giorno seguente era passato veloce, tra l’allenamento intensivo che Rei prediligeva il giorno prima di un incontro e la sfida impegnativa che Elena aveva affrontato contro Takao. Si sentiva carica di energia e promise a sé stessa e ai suoi Guardiani che quella notte avrebbe riposato, al contrario della vigilia del primo incontro.
Infatti così fece e al mattino del fatidico match, la giovane Prescelta si era svegliata fresca e riposata, pronta ad affrontare qualsiasi tipo di incontro. Cominciava ad acquisire sempre più fiducia in sé stessa e nelle sue capacità e questo lo doveva solo alla costanza e al supporto che i suoi Guardiani le davano giorno per giorno e per un attimo pensò a quanto sarebbe stata diversa la sua missione, se non ci fossero stati Takao, Max, Rei e il Professor Kappa con lei.
Le sensazioni di angoscia che l’avevano presa il giorno precedente, durante il viaggio in pullman, l’avevano abbandonata del tutto.
Si era sentita per un attimo schifosamente egoista nel vedere Max parlare con i suoi figli attraverso lo schermo, o a pensare alla fidanzata di Takao, ma più andava avanti nella missione più si convinceva di aver fatto la cosa giusta. Se fossero riusciti nel loro intento, il futuro sarebbe stato decisamente migliore ed Elena aveva preso da un po’ e per forza di cose, l’abitudine di vedere le situazioni in una prospettiva più ampia.
- Buongiorno!- esordì carica, sedendosi a fare colazione con i ragazzi
- Good morning, dear, qualcuno è riuscito a riposare bene stanotte- osservò Max con un sorriso
- Mi sento super carica! - continuò Elena entusiasta, afferrando la caraffa del latte, mentre Rei la guardava soddisfatto
- Ottimo, questo è l’atteggiamento che vogliamo vedere fino alla fine del viaggio, affrontare le sfide con la giusta determinazione incide molto sul risultato finale- commentò Takao
- Vedo che stai imparando- le disse Rei con un sorrisetto
- Ho il maestro migliore- rispose lei facendole l’occhiolino e, quel gesto lasciò Rei stupito.
Di solito era lui a farlo e ora vedere Elena così sicura e disinvolta quella mattina, su di giri per l’incontro tedesco, l’aveva lasciato un po’ di stucco. Era una delle cose che più amava in lei: la sua allegria contagiosa, capace di sciogliere persino un cuore ormai di ghiaccio come il suo.
- Non perdiamo altro tempo, allora, il pullman ci aspetta di sotto- disse il Professor Kappa, dopo aver vuotato la sua tazza di caffè
- Oh God, mi manca viaggiare in aereo- lamentò Max
- Lì ci sono tutti i comfort- continuò, mentre indossava la felpa
- Niente paura, per la prossima sfida dovremo per forza viaggiare in aereo- lo rassicurò il prof
- Evviva!- esultò il biondo americano, dimostrando ancora una volta quanto non fosse mai davvero cresciuto sotto quell’aspetto.
I cinque salirono sul pesante mezzo di trasporto che li condusse verso la seconda tappa del loro viaggio.
Via via che percorrevano le strade della città, si resero conto che si stavano allontanando un bel po’ dal centro di Monaco e stavano raggiungendo una zona limitrofa e poco abitata.
- Bene, non sarà una palestra il luogo dell’incontro, a quanto pare- osservò Elena, vedendo che l’ambientazione tipicamente metropolitana della città faceva spazio a campagne e villette.
- Siamo decisamente fuori Monaco- commentò il prof
- E di parecchio, aggiungerei, guarda qui che desolazione- concordò Takao
- Ho come la sensazione di esserci già stato qui- cominciò Rei, dopo un po’ ed Elena si illuminò a quella notizia
- Davvero? Cerca di ricordare, per favore, potrebbe essere qualcuno che avete già affrontato!- disse lei speranzosa.
- Finché non arriveremo lì, non posso dirtelo con precisione- si scusò il moro dei Bladebreakers ed Elena si rassegnò a tenere al guinzaglio la sua solita curiosità.
Il pullman li lasciò poco lontano un vecchio maniero, dall’aria tetra, ma pur sempre elegante.
Risaliva di sicuro all’epoca medievale e chi ci abitava doveva averlo ricevuto in eredità da qualcuno, forse una tenuta di famiglia che si tramandava di generazione in generazione.
La giovane blader rimase stupefatta davanti a quell’ambientazione che tanto stonava con le famose e piuttosto avanguardiste principali città tedesche, capitale compresa.
- Giurerei di trovarci il Team delle Tenebre lì dentro, questo posto mi fa venire i brividi- commentò la ragazza, via via che procedevano verso il cancello principale della struttura.
- Puoi dirlo forte- disse Takao ironico, mentre tentava di scorgere qualcuno attraverso le sbarre del grosso cancello di ferro battuto, all’ingresso della magione.
- C’è qualcuno?- urlò Max, per poi rendersi conto di un citofono lì accanto
- Scusate, che figura- disse con un sorriso
- Almeno qui non sembra super sorvegliato come la palestra di Peter- osservò Rei, restando comunque allerta.
- Già, ragione in più per stare attenti- disse Takao circospetto
Max premette il bottone del citofono e una voce piuttosto anziana rispose dall’altra parte.
- Sì?-
- Siamo qui per sfidare il blader tedesco- disse Max e dopo qualche secondo il cancello si aprì, cigolando in modo sinistro, per farli passare.
Elena sospirò e ringraziò il cielo che fosse una bellissima giornata di sole. Non avrebbe potuto immaginare come si sarebbe presentato quel posto cupo con un tempo meno favorevole. Sentì uno strano gelo dentro al sol pensiero, eppure una parte di lei si sentiva decisamente serena.
All’ingresso di quella sorta di castello c’era una persona anziana che li attendeva, con tutta probabilità la stessa che li aveva fatti entrare. Fece un ampio inchino quando i cinque gli si avvicinarono e il suo sguardo stanco, ma comunque attento, passò in rassegna gli ospiti. Fece un sorrisetto soddisfatto e poi chiese loro di seguirli, con gentilezza, poiché era suo compito scortarli nel luogo dell’incontro. Elena ebbe come la sensazione che quel signore avesse in qualche modo riconosciuto i ragazzi, ma accantonò subito l’idea quando vide che nessuno dei suoi Guardiani commentò l’atteggiamento del maggiordomo.
Passeggiarono attraverso lunghi corridoi arredati in uno stile tipicamente medievale, con tappeti, drappeggi e stendardi. Grossi dipinti di battaglie riempivano le vecchie pareti e uno stemma con un grifone, molto familiare ad Elena, si ripeteva in ogni angolo di quegli ambienti, persino sulle vecchie armature sistemate in grosse teche di cristallo.
La ragazza procedeva in quelle stanze con la fronte aggrottata, arrovellandosi il cervello per cercare di ricordare doveva aveva già visto quello stemma, ma per quanti sforzi facesse, proprio non le tornava in mente.
Il vecchio maggiordomo si fermò dinanzi ad una grossa porta, la aprì e fece segno ai ragazzi di accomodarsi, quando se la chiuse alle spalle, i cinque si ritrovarono in una sorta di salone arredato in stile barocco con un accogliente camino acceso, però non c’era traccia né del campo da gioco né tanto meno del blader che avrebbe dovuto sfidare la ragazza.
- Che significa? Dov’è l’arena?- chiese Elena agitata
Takao, che come gli altri era rimasto in silenzio fino a quel momento, trasalì
- Ragazzi, forse so dove siamo- disse guardandosi intorno  per carpire ulteriori dettagli, quando in quel momento la parete accanto al camino prese a muoversi scivolando verso destra e rivelando un passaggio segreto.
Elena fu la prima ad avanzare verso la stanza nascosta dal buio e gli altri si affrettarono a seguirla.
Il passaggio rivelò il reale luogo del match, con al centro l’arena di gioco e tutt’intorno pareti di mattone in linea con il gusto cavalleresco del resto del castello, ma prima che Takao o qualcun altro dei Guardiani potesse aprir bocca e avvisare Elena, un ragazzo alto, con gli occhi neri come il carbone, i capelli pettinati all’indietro e la bocca serrata fece capolino, attirando l’attenzione dei presenti.
- Benvenuti Guardiani e benvenuta Prescelta - aveva detto quel ragazzo, facendo quasi la riverenza, e quando Elena riuscì a guardarlo bene in volto, una sgradevole sensazione di vertigini e nausea le attanagliò la bocca dello stomaco.
- Ralph… sei tu?- chiese cauta la ragazza e il suo avversario di tutta risposta strabuzzò gli occhi per poi spalancarli del tutto, incredulo.
- Elena- riuscì a dire lui in un soffio.

Siamo ormai giunti al giro di boa della storia! Ci tenevo a ringraziare chi mi sta seguendo dall'inizio e chi è arrivato in corso d'opera, spero che la fan fiction continui a piacervi!
Un abbraccio grande a tutti <3

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Capitolo 24
*** Andare avanti ***


Capitolo 24:

Elena si aspettava di affrontare chiunque durante tutto il viaggio, ma la sua mente non aveva mai nemmeno sfiorato l’idea di battersi contro uno dei migliori amici di suo fratello.
Eppure lui era lì, scioccato quanto lei di incontrarsi in quella particolare circostanza.
Ralph conosceva Elena sin da quando era bambina, lui e Gianni erano molto legati e lei era convinta che anche lui avesse smesso di giocare a Beyblade dopo il torneo in Russia, quando Olivier era misteriosamente morto all’arrivo del Team delle Tenebre, lasciando gli European Dream con un importante membro in meno.
Una parte di lei fu sollevata nel sapere che uno degli idoli della sua infanzia praticava ancora il Beyblade, ma un’altra parte era terrorizzata all’idea di affrontarlo. Ralph era uno dei blader migliori al mondo e batterlo per poter continuare quella sorta di pellegrinaggio fece sentire Elena ancora più responsabile nei confronti della sua missione. Mai si sarebbbe aspettata che Ralph diventasse uno degli sfidanti del Cammino.
- Che cosa ci fai qui? E voi...- chiese alla ragazza, per poi dare un’occhiata alle sue spalle e scorgere, con sua grande sorpresa, i Guardiani che l’accompagnavano, sue vecchie conoscenze anche loro.
Takao scoppiò in una risata divertita.
- Sapevo che eri tu! Ricordavo di essere stato in questo castello. Come te la passi, amico?- chiese
- E’ bello vederti, Ralph, è passato tanto tempo- continuò Max, in tono amichevole
- Non sei cambiato affatto, eppure non ti vediamo da dieci anni- proseguì Rei
Ralph era immobile e il suo sguardo era tornato su Elena, che si sforzava di restare calma.
- Tuo fratello sa che sei qui?- chiese Ralph, ignorando deliberatamente i Bladebreakers e i loro convenevoli.
- No e gradirei che non lo sapesse da te, se è possibile- disse Elena, con un sorriso tirato.
- Questa è una follia, Elena, ti rendi conto?- tuonò il padrone di casa, che girò attorno al ring per andare accanto alla ragazza.
Rei e gli altri, ebbero come l’istinto di frapporsi, vedendo il passo spedito con cui Ralph stava raggiungendo la loro protetta.
- Tu non capisci. Questo… non è un torneo normale- cominciò Ralph, sottolineando ogni sillaba, tenendo le mani sulle spalle di Elena e stringendola più del dovuto.
Rei, più degli altri, si sentì infastidito da quel gesto, ma si costrinse a restare dov'era.
- Lo so - ribatté lei
- Sono stati loro a spingerti a farlo? Takao sa essere una vera spina nel fianco, farebbe di tutto pur di battersi a Beyblade, lo so per esperienza diretta- commentò Ralph, scoccando un’occhiataccia al leader del gruppo, che ricambiò con un altro sorrisetto tagliente.
- Hey, hey, calmo con le parole, d’accordo?- disse Takao sarcastico
- Sono stata io a chiedergli di accompagnarmi- ribatté Elena, divincolandosi dalla stretta di Ralph.
Lui fu colpito dalle sue parole e restò interdetto nel vedere con quanta determinazione Elena lo stava sfidando.
- Tu non capisci, Ralph.- cominciò la ragazza, con un sorriso amaro
- Tu non sei cresciuto in un mondo dove il Beyblade è il male e va a tutti costi evitato. Tu hai vinto gare, tornei, hai visto gli stadi pieni esultare per te. Io non conosco questa sensazione e non voglio che chi verrà dopo di me si dimentichi di questo sport meraviglioso- disse la ragazza, cercando di metterci tutta sé stessa in quel discorso
- Lo faccio per noi, per il mondo intero, per riavere la nostra libertà e non vivere nella paura- concluse, sorridendo sinceramente
- E tu saresti disposta a rischiare la tua vita per vedere la gente sugli spalti esultare? Non se ne parla, adesso chiamo Gianni e gli racconto tutto e tu non ti muoverai di qui, finché non sarà lui personalmente a venire a riprenderti- ribatté lui, facendo per andarsene
- Ralph, aspetta!- lo fermò Elena, prendendolo per un braccio
- Non puoi togliermi questa possibilità. Se ho qualche speranza di vincere contro il Team delle Tenebre, anche una sola chance, non puoi essere tu a negarmela.- tentò lei e Ralph rimase in silenzio
- Fallo per me, per la bambina a cui hai insegnato a lanciare. In nome dell’amicizia che ti lega a mio fratello e in nome della memoria di Olivier, ti prego, lasciami tentare- Elena si sarebbe messa a supplicare Ralph se la situazione lo avesse richiesto, avrebbe fatto di tutto pur di proseguire il suo Cammino.
Ralph la osservava in silenzio e parve avere un leggero sussulto nel sentir pronunciare il nome del suo amico defunto, poi il suo sguardo passò in rassegna i Guardiani alle spalle della ragazza. I loro volti erano il ritratto della determinazione. Sapeva bene quanto potevano essere cocciuti quelli lì quando si mettevano in testa una cosa, Ralph lo aveva imparato a sue spese, quando anni prima si erano fermati proprio lì a casa sua, giurando di non andarsene finché non si fossero sfidati. La piccola Elena aveva decisamente tanto in comune con i suoi Guardiani, pensò il tedesco.
- Proprio perché voglio bene a te e Gianni, non posso permettertelo- rispose lui, asciutto
- Lasciamo che sia il campo a decidere. Sai bene che vige una sola regola: o si vince o si perde.- cominciò Elena, sicura
- Se vinci tu, sarò costretta ad abbandonare il viaggio in ogni caso, se vinco io dovrai lasciarmi andare e dovrai promettermi anche di non dire nulla a mio fratello- negoziò lei.
- Allora, ci stai?- chiese lei alla fine, mostrandogli Vulpilyon
Ralph sospirò arreso.
- D’accordo, accetto, non ho altre alternative- concluse ed Elena era talmente felice che sarebbe corsa ad abbracciarlo, ma cercò di mantenere un certo contegno, dopo tutto dovevano sfidarsi e Ralph sembrava avere tutta l’intenzione di non voler perdere, non per il match in sé, ma perché avrebbe fatto il possibile per interrompere il viaggio di Elena.

La battaglia era cominciata da qualche minuto ed Elena pensò di attuare la stessa tattica che le era stata utile contro Peter, ovvero quella di osservare l’avversario e lasciarsi colpire per studiarlo, prima di scoprire le sue carte.
Ma il Grifolyon di Ralph era potentissimo, incassare colpi decisi e continui, alla lunga avrebbe danneggiato il Bey, senza neanche dare il tempo ad Elena di contrattaccare, quindi doveva pensare in fretta e agire altrettanto in fretta, se non voleva che il suo avversario raggiungesse il suo scopo di interrompere il Cammino.
- Vulpilyon, contrattacco, vai-
Elena passò all’offensiva, sfruttando le capacità del suo Bey e Vulpilyon iniziò , come sempre, a girare talmente veloce intorno al Beyblade di Ralph, sparendo anche in alcuni punti. Elena poteva contare sulla furbizia, caratteristica sua e del suo amato Bey, per questo il Bit Power che le era stato donato era una volpe delle nevi, saggia e furba, proprio com’era lei.
- Niente male, sei migliorata parecchio dall’ultima volta che ti ho vista combattere- commentò Ralph con un sorriso
- L’ultima volta che mi hai visto combattere avevo undici anni e a stento riuscivo a tenere il Bey in piedi per qualche secondo- lo rimbeccò lei
- Avanti, Elena, non perdere la concentrazione- mormorò Rei fra i denti
- Cerca di distrarla, ma non ci riuscirà- lo rassicurò Takao
- Il Beyblade di Ralph ha subito delle modifiche rispetto all’ultima volta: il disco d’attacco è di maggiori dimensioni, di conseguenza la sua potenza è migliorata notevolmente, non è lo stesso Bey che hai affrontato tu, Takao- comunicò il prof agli altri Guardiani
- Si mette male, Ralph era già fortissimo all’epoca, ma ora?- si chiese Max, guardando i suoi compagni
- Elena se la sta cavando abbastanza bene, deve solo restare tranquilla e non lasciarsi distrarre dalle chiacchiere inutili dell’avversario- concluse Rei
- Ora mi diverto io, aspettati di vedere qualcosa che dieci anni fa non avresti neanche immaginato- cominciò Elena
- Vulpiyon, a te!- urlò la Prescelta e la sua meravigliosa Volpe Bianca balzò fuori dal bit, aumentando la velocità di rotazione al massimo.
Ralph fece un breve applauso.
- Ma complimenti, fai sul serio. Ci tieni proprio a continuare il viaggio- disse lui, osservando ammirato la creatura sacra che era uscita fuori da Vulpilyon
- Ma sappi che non te lo permetterò, Grifolyon, vieni fuori!- urlò Ralph ed Elena poté subito avvertire la potenza del Bit Power di Ralph, del suo grifone.
Aveva avuto modo in passato di vederlo in azione, Elena aveva osservato quella creatura per interi pomeriggi combattere contro quella di suo fratello e fu proprio quella conoscenza radicata del suo avversario, in quella circostanza, a salvare Elena e Vulpilyon.
Lei sapeva che Ralph trattava il suo grifone come uno strumento e non come un amico fidato, come le avevano insegnato fin dal primo allenamento Rei e gli altri. La creatura sacra racchiusa all’interno del Beyblade ti starà accanto e ti proteggerà solo se vi fiderete l’una dell’altra, erano quelle le parole che le aveva detto Rei e ricordò quello che lui le aveva raccontato riguardo la semifinale mondiale, di come il suo Bit Power lo aveva protetto, impedendogli di finire male contro i russi.
- Respiro di ghiaccio, adesso!- urlò Elena
- All’attacco!- ribatté Ralph
E poi in un attimo una luce abbagliante inghiottì tutto quello che c’era, esplodendo poi in un grosso boato, attraverso il quale Elena riuscì a vedere il Bey di Ralph passare accanto al viso del suo proprietario fuori dal ring e cadere ai suoi piedi, mentre il bit smetteva di illuminarsi.
- Ha vinto!- urlò Takao alle sue spalle e questa volta fu Rei ad andare ad abbracciarla per primo e complimentarsi per l’ottima prova sostenuta.
Ralph raccolse il suo Beyblade con un sorrisetto a metà tra l’amaro e l’ammirato e poi andò da Elena.
La ragazza lo guardò con gli occhi colmi di gratitudine, proprio come una sorella minore.
- Sei cresciuta, Elena, non sei più la bambina piagnucolona che implorava me e Gianni di insegnarle a giocare a Beyblade- cominciò Ralph con un sorriso malinconico
- Puoi continuare il tuo Cammino, Prescelta- concluse in tono solenne ed Elena sospirò, sollevata
- Non dirò nulla a Gianni, tranquilla- la rassicurò infine
- Ma tu cerca di stare attenta, d’accordo?- le disse e poi le scompigliò i capelli come faceva quando era piccola. Elena sorrise annuendo
- Quanto a voi Guardiani, mi raccomando, saranno guai se non tornerà tutta intera a Roma, intesi?- indicò uno a uno i ragazzi, redarguendoli.
- Tranquillo, Ralph, con noi è al sicuro- disse fiero Rei
- Sai quanto ci teniamo a sconfiggere il Team delle Tenebre- disse Takao
- Lo so, lo so bene, ragazzi, è per questo che vi chiedo di tenerla d’occhio e di assicurarvi che non le accada nulla-
Ralph era stranamente protettivo.
Certo, voleva bene ad Elena, l’aveva vista praticamente crescere, ma da quando Gianni aveva smesso di giocare, le visite del suo amico erano diminuite sempre di più, fino a diventare semplici telefonate di auguri per le feste comandate ed Elena ricordò di essersi sentita molto triste a riguardo.
La missione era pericolosa e questo lei lo sapeva benissimo, ma si trovò a chiedersi se Ralph sapeva dell’estremo sacrificio che occorreva per eliminare il Team delle Tenebre e sperò che non ne parlasse con i suoi Guardiani. Quello era il suo compito, ma ci stava ancora facendo i conti e pensava ogni giorno all’occasione giusta per parlarne con loro, occasione che fino a quel momento lei aveva anche evitato di creare.
- Bene, ora che abbiamo messo da parte le ostilità, che ne dite di fermarvi a pranzo? Sarebbe un onore per me avervi come ospiti- disse Ralph e Takao non se lo fece ripetere due volte, senza aspettare neanche di sentire il parere dei suoi compagni
- Fantastico, ti ringrazio! Anzi, stavo proprio per chiederti se il tuo maggiordomo, nonostante l’età avanzata, è ancora un asso come un tempo in cucina- disse Takao, avviandosi insieme a Ralph e gli altri fuori dalla stanza dove avevano disputato l’incontro.
Elena quel giorno di giugno si era tolta più di una soddisfazione: battere uno dei più grandi blader d’Europa e avere la sua approvazione a continuare il viaggio, non poteva chiedere di meglio e se ne stette, infatti, per tutto il giorno col sorriso stampato sulle labbra. Sorriso che Rei non poté fare a meno di notare e che sperò non andasse mai via dalle sue bellissime e carnose labbra.

 

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Capitolo 25
*** Una Vecchia Conoscenza ***


Capitolo 25:

Erano ormai passati tre mesi da quando Elena aveva lasciato Roma per intraprendere la sua missione.
Degli incontri che occorrevano per partire alla volta dell’Egitto e sconfiggere i blader della Morte che la attendevano inesorabile al varco ne mancavano soltanto due.
La giovane blader aveva superato egregiamente otto dei dieci match previsti dal Cammino, durante l’ultimo dei quali Vulpilyon ne era quasi uscito completamente distrutto contro il blader belga e, approfittando del tempo che occorreva per riparare e rimettere in sesto il suo Beyblade per le ultime importanti sfide, Elena decise di comune accordo con i suoi Guardiani di concedersi un po’ di riposo, senza mai trascurare gli allenamenti e gli esercizi fisici.
Prima di partire per l’Inghilterra dove Elena avrebbe disputato la penultima battaglia e, trovandosi vicini alla Francia, la Prescelta propose di fermarsi a Parigi per un po’, avrebbero fatto un po’ i turisti e si sarebbero goduti la splendida e romantica capitale francese, considerando che quella forse sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbero potuto farlo tutti insieme.
La ragazza temporeggiava ancora sul fatto di svelare il triste destino che l’attendeva ai suoi Guardiani e quei tre mesi insieme, tra allenamenti, sfide durissime e notti insonni non aveva fatto altro che rendere più difficili le cose, visto il legame che ormai si era instaurato, soprattutto con Rei.
Elena ne era consapevole ormai. Era innamorata di lui, lo aveva capito da un po’ di tempo, ma non poteva dirglielo apertamente e ogni giorno era una sfida con sé stessa riuscire a tenersi dentro i suoi sentimenti per lui, per una serie di motivi, primo su tutti non sapeva se lui la ricambiava e prendersi una bella delusione d’amore poco prima di affrontare l’importante questione del Team delle Tenebre non era esattamente la cosa giusta da fare, quindi, decise di tenere anche questo segreto per sé, nonostante il fardello stesse iniziando a diventare troppo pesante, sommato a tutte le altre cose che la affliggevano. La ragazza aveva deciso di godersi il tempo che le restava così come se ne presentava l’occasione e cercava di passarne il più possibile con Rei.
La cosa che la rincuorava era che lui le stesse vicino in ogni momento e, anche se aveva pensato di non dirgli mai che lo amava, una parte di lei sperava che lui lo avesse comunque capito.

Arrivarono a Parigi una domenica mattina e, dopo aver riposto i bagagli in hotel come da consuetudine, i cinque decisero di godersi un tour in città e visitare le migliori attrazioni turistiche.
Max fu il primo a separarsi dal gruppo con la scusa di qualche commissione e souvenir per la sua famiglia, Takao e il Professore ricordavano di non essersi mai davvero goduti il Louvre l’ultima volta che avevano visitato la capitale francese, dunque optarono per un giro al famoso museo e rimasero soltanto Elena e Rei.
- Che ne dici di fare un giro? Se ci ispira qualcosa, ci fermiamo- propose la ragazza entusiasta
- Va bene, andiamo- concordò Rei
E i due si incamminarono per gli Champs-élysées chiacchierando del più e del meno.
Elena si fermava a guardare le vetrine di tanto in tanto e Rei la prendeva in giro per il suo modo di vestire troppo sofisticato nei giorni in cui non si allenavano, ma che lui sotto sotto adorava e fu proprio in quel momento che Elena rivelò al suo Guardiano di essere iscritta ad una Accademia di moda, ma che per via degli allenamenti a cui Daitenji la sottoponeva per aspirare a diventare una blader prescelta, non le erano rimasti né il tempo né le energie per studiare. Rei le augurò di tornare presto alla sua vita e le promise che il giorno in cui si sarebbe laureata le avrebbe preparato una grande festa nel suo ristorante.
L’atmosfera tra i due era sempre più rilassata e leggera, ormai si poteva dire che erano in totale confidenza. Elena si fidava di lui a tal punto da lasciargli scegliere la strategia per le sue battaglie, ma proprio perché ormai c’era molto di più oltre al semplice rapporto Prescelta-Guardiano, faticava a rivelargli il suo segreto più grande e, ancor di più, il suo amore per lui. Rei dal canto suo non nascondeva il suo voler bene ad Elena, anzi in più di un’occasione aveva dimostrato di tenerci per davvero a lei, ma Elena era convinta fosse perché doveva proteggerla e basta durante la missione. Senza pensare troppo a tutto ciò che li aspettava, i due pensarono solo a godersi quegli spensierati momenti insieme e a vederli passeggiare in quei luoghi incantevoli la gente li avrebbe scambiati senza problemi per due fidanzati, vista la complicità che si era creata e il modo in cui ridevano mentre camminavano tranquilli per le strade parigine.
Senza neanche rendersene conto, erano arrivati a Place de la Concorde e lì dei suoni familiari avevano attirato la loro attenzione.
- Non ti sembrano...- chiese Elena aggrottando la fronte
- Beyblade che girano, già- confermò Rei guardandosi intorno e con loro grande sorpresa notarono dei gruppetti di ragazzi intorno a delle arene che facevano il tifo.
Elena era rimasta un attimo scioccata a vedere quella scena: blader che si sfidavano a cielo aperto senza paura di essere visti.
- Com’è che possono farlo?- chiese la giovane al suo accompagnatore, venendo rapita dalla felicità che sprizzava dagli occhi di quei ragazzi che potevano sfidarsi senza ansie, come era successo a lei per tutta la vita, costretta a nascondersi alla vista del suo stesso fratello.
- Non so dirtelo- Rei era confuso quanto lei, mentre incedevano a passo piuttosto incerto verso uno dei gruppetti.
Elena attirò l’attenzione di uno dei ragazzi che era lì a fare il tifo.
- Scusami, come mai si sfidano tutti a Beyblade, non è proibito giocarci?- chiese lei, abbassando la voce sull’ultima frase.
Il ragazzino le sorrise.
- Oggi è il giorno dedicato a Olivier Polange, il più grande blader francese di tutti i tempi- cominciò questo, con gli occhi che gli brillavano.
Elena rimase di stucco nell’apprendere quella notizia.
Non sapeva che in Francia avevano istituito una sorta di giorno della memoria per il caro Olivier e si ritrovò a chiedersi se suo fratello Gianni ne fosse al corrente.
- Per onorare il suo ricordo si organizzano dei tornei, chiunque può partecipare- continuò quel ragazzino, entusiasta di condividere quelle notizie con dei turisti.
- E’ l’unico giorno dell’anno in cui le istituzioni non possono farci niente se ci vedono giocare a Beyblade.- concluse lui, notando che Elena e Rei erano decisamente e positivamente confusi nel vedere tutte quelle persone giocare. Rei ci era abituato forse, ma sentire il tifo dopo tutti quegli anni gli fece ritornare alla mente vecchi ricordi, Elena invece conosceva soltanto le incitazioni dei suoi amici nei sotterranei del Colosseo; non aveva mai avuto una platea che la sostenesse e, l’idea la fece andare su di giri.
- Che ne dici se...- cominciò lei cauta, rivolgendosi a Rei
- Già immagino cosa vuoi dirmi, ma la risposta è no, tu sei una Prescelta, non una blader qualunque- le ricordò lui con fermezza, Elena sbuffò
- E dai, un po’ di allenamento non mi farà male, il Professore mi ha appena restituito Vulpilyon con delle modifiche, muoio dalla voglia di provarlo!- lamentò lei
- Sai ti preferisco quando guardi le vetrine, sei più silenziosa e tranquilla- commentò tagliente Rei ed Elena, di tutta risposta, gli fece la linguaccia.
- Ti prego, un match solo, poi ti giuro che andiamo via-
Elena attaccò con la sua solita opera di convincimento, a cui Rei era fin troppo abituato e prima che lei potesse iniziare a supplicarlo, abbracciarlo e tirarlo, pensò che sarebbe stato conveniente per lui cedere prima, ma non poteva farci niente, quando Elena si metteva a fare la bambina capricciosa per qualcosa che voleva disperatamente fare e lui per qualche motivo glielo impediva, a Rei piaceva la sensazione che gli dava quella situazione. Adorava stuzzicare la sua protetta e si divertiva un mondo a vederla sbattere le ciglia chiedendogli di darle il permesso. Era una delle cose che l’aveva fatto innamorare di lei, si ritrovò a pensare il Guardiano cinese, nonostante a primo acchito aveva mal sopportato quel suo modo di fare un po’ infantile.
- Non posso non dedicare un incontro ad Olivier, in fin dei conti, lo conoscevo bene, era come di famiglia per me- disse Elena, sperando che Rei non si opponesse a quella condizione, ma prima che lui potesse dire qualcosa, la sua attenzione venne attirata da dei ragazzini passarono di lì con i loro Beyblade ridotti male tra le mani, lagnandosi di chi li aveva sconfitti.
- Quella ragazza è fortissima- disse uno di loro
- Già, guarda il mio disco d’attacco, è andato in pezzi, mi toccherà ripararlo, mio padre mi ucciderà- si lamentò un altro e Rei osservando quei Beyblade si rese conto di conoscere benissimo quel tipo di attacco e i suoi effetti e si guardò intorno circospetto, quasi in ansia.
Elena smise di pregarlo per partecipare al torneo e si concentrò sulla sua espressione, cambiata repentinamente.
- Che ti succede? Sembra tu abbia visto un fantasma- commentò lei ironica
- Fidati, sarebbe meglio- le disse e in quel momento una voce alle spalle, li costrinse a voltarsi
- Bene, bene, allora è vero quello che si dice in giro-
Elena non riconobbe la voce femminile che stava parlando, anzi era sicura di non averla mai sentita in vita sua, ma dalla faccia stupefatta che aveva Rei, capì che lui, invece, la conosceva benissimo.
Quando la giovane blader si girò per vedere chi fosse, si ritrovò davanti una ragazza molto bella, con lunghi capelli rosa acceso legati in un fiocco di qualche tono più chiaro, grandi ed espressivi occhi dorati come quelli di Rei, decisamente simile a lei nella forme, ma più bassina. Indossava una tuta rosa e bianca, con la felpa aperta sul davanti all’altezza del seno, stretto a fatica dalla cerniera.
Rei si irrigidì e fu la prima cosa che Elena notò e quell’atteggiamento la mise sulla difensiva.
- Ti conosco?- chiese Elena, girandosi completamente verso quella ragazza e assumendo un'espressione accigliata.
- No, ma io conosco bene lui- indicò Rei immobile dietro Elena, la quale istintivamente guardò lui e poi tornò a guardare quella misteriosa ragazza.
- Ok, ma dalle mie parti ci si presenta però con chi non si conosce- disse la Prescelta, tagliente.
- Vuoi fare tu gli onori, Rei?- ribatté la sconosciuta, continuando imperterrita a rivolgersi al ragazzo, quasi ignorando Elena.
- Elena, lei è Mao- disse Rei, riprendendosi da quella sorta di trance in cui era caduto.
A quella notizia, Elena sentì la terra mancarle sotto i piedi per un istante.
Quella era la famosa Mao, l’ex fidanzata di Rei, il suo primo amore e a giudicare da come lo sguardo dorato di lei la stava fissando, pensando evidentemente ci fosse qualcosa tra loro due, era pronta a vendicare la sua delusione.
- Ti sei messo a giocare al Guardiano adesso, ma che eroe- cominciò lei, con malcelato sarcasmo
- Non so a quanto ti servirà, visto che affrontare i blader della Morte ti porta dritto dritto nella tomba e poi...- tornò a guardare Elena quasi con disprezzo.
- Una ragazzina, come si può pretendere da questa piccolina di salvare il mondo da quei quattro?- continuò lei con un sorrisetto
- Oh, non vedermi così, sono una tosta io- ribatté Elena, prendendo lo stesso atteggiamento sarcastico e di sfida di Mao
- Tesoro, guarda che lui ti protegge solo finché gliela dai.- cominciò lei, mantenendo lo stesso sorriso ironico e a quell’affermazione, Elena sentì il sangue ribollirle nelle vene dalla rabbia e il viso andarle a fuoco.
- Sei solo un’altra nella sua immensa collezione di bamboline che si porta a letto inaugurata proprio dalla sottoscritta, se vuoi saperlo.- disse, per poi fare un inchino.
Elena vide Rei stringere i pugni, ma non capiva ancora perché si stava lasciando insultare da quella lì.
- So tutto, Rei, anche dell’altra puttanella dai capelli rossi, com’è che si chiamava? Salima...- continuò Mao dopo qualche secondo di silenzio, riempito solo da una serie di sguardi pieni di disprezzo verso il giovane chef cinese.
- Quello che faccio della mia vita privata non sono più cose che ti riguardano, Mao- disse lui duro ed Elena fu sollevata nel sentire che finalmente stava cercando di difendersi
- Tu avevi tutto. Avevi me, il rispetto di tutta la Tribù della Tigre Bianca, ma non ti bastava, volevi di più- sibilò lei
- Io sarò sempre il leader del villaggio e questa conversazione l’abbiamo già avuta, direi che forse è il caso di smetterla, andiamo Elena- concluse lui, tirando dolcemente per un braccio la Prescelta.
Quella scena fece innervosire Mao ancora di più.
- Ma guarda, il grande Rei ha paura che riveli alla sua nuova fidanzatina tutti i suoi segreti? Poverino- ribatté Mao, per poi farsi una risatina
 Elena non ne poteva più. Già non sopportava di suo le persone sarcastiche e prepotenti, ma vedere il modo in cui Mao parlava di Rei e il tono con cui si rivolgeva a lui, la fece andare su tutte le furie, quindi tornò indietro e tirò fuori il suo Vulpilyon.
- Se hai tanta voglia di parlare, perché non lasciarlo fare al campo? Ti sfido a Beyblade- propose Elena, con gli occhi pieni di sfida.
Mao prese a ridere ancora più forte
- Non mi batto con le ragazzine indifese, mi spiace-
Quell’affermazione fece andare definitivamente fuori Elena, Rei la tirò nuovamente per un braccio, ma lei si divincolò dalla sua presa, continuando a guardare Mao.
- Come hai detto? Io sono la Prescelta, ho sfidato i migliori blader d’Europa e li ho battuti, hai paura di me per caso?- continuò la ragazza e Mao trasalì
- Ma come osi? Ti sbatterò fuori dal ring mentre stai ancora lanciando, vedrai.- ribatté, mostrando alla sfidante il suo Beyblade rosa.
L’occhio di Elena cadde subito sul bit e, come immaginava, anche Mao poteva contare sull’aiuto di un Bit Power.
- Non vedo l’ora di farti mangiare la polvere- concluse Elena, con un sorrisetto.

 

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Capitolo 26
*** Problemi di Cuore ***


Capitolo 26:

- Elena, cosa stai facendo? Mao è fatta così, le piace provocare, non devi batterti con lei- aveva provato a dissuaderla Rei, mentre Elena si sistemava velocemente per la sfida.
- Avrà avuto uno dei suoi attacchi di gelosia nel vederti insieme a me e non appena si calmerà andrò a chiarirle la situazione, ma credimi, non vuoi combattere contro di lei- continuò lui, ma Elena sembrava non ascoltarlo, anzi le sue parole quasi la infastidivano.
Rei sembrava quasi voler proteggere quella ragazza. Era comprensibile, erano cresciuti insieme, fra loro c’era stata una gran bella storia d’amore finita male e, per un attimo, Elena si mise nei panni di quella ragazza e d’impulso pensò che avrebbe reagito alla stessa maniera.
Ciò che la infastidiva di più, però, era la totale mancanza di fiducia che Rei stava dimostrando nei suoi confronti in quella data occasione, eppure aveva dato prova della sua forza in tutto quel difficile percorso, ma ora il suo Guardiano le sembrava di colpo cambiato. Mao sembrava avere ancora una qualche influenza su di lui ed Elena ebbe paura che sotto sotto, lui provasse ancora qualcosa per lei.
- Non preoccuparti ci andrò piano, se ti fa sentire meglio- ribatté Elena, senza guardarlo negli occhi.
- Non hai capito, è lei che non ci andrà piano con te. Se solo mi dessi la possibilità di parlarle, eviteremmo questa sfida inutile per entrambe- tentò lui
- Mi dispiace, ma a differenza tua se insultano le persone a cui tengo, io le difendo nell’unico modo che conosco e ora, se vuoi scusarmi, devo mettermi in posizione per il lancio- concluse Elena secca e quasi scansò Rei per andare verso l’arena di gioco.
Rei era sempre stato attratto dalle ragazze impulsive e testarde e, proprio per questo, realizzò che Mao contro Elena sarebbe stata una sfida tremenda senza esclusione di colpi. Le due avevano dato vita ad un’accesa rivalità nel giro di qualche minuto, solo per causa sua e, finché non si fossero battute, non avrebbero avuto pace.
- Blader in posizione, pronte, lancio!- urlò Mao ed entrambe le ragazze lanciarono subito i loro Beyblade al centro dell’arena che iniziarono già a darsele di santa ragione.
- Non sarà facile per te battermi. Tutto quello che so me l’ha insegnato proprio Rei- cominciò Mao, tentando di far innervosire Elena, che riuscì a mantenere la calma, nonostante dentro di sé stesse provando un’indicibile gelosia.
Quella ragazza aveva avuto innumerevoli privilegi, pensò Elena, era cresciuta insieme al suo amato Guardiano, aveva giocato a Beyblade con lui, era stata la sua prima volta, l’aveva avuto tutto per sé e lui l’aveva amata. La giovane beyblader realizzò in quell'istante che tutte quelle cose con Rei non le avrebbe mai avute, anche se tra loro si era creato un rapporto speciale, capì che non sarebbe mai stata come Mao nella vita di Rei e quel pensiero la fece impazzire, facendole quasi perdere la concentrazione sul match, per la prima volta in vita sua.
L’avversaria la vide in difficoltà e ne approfittò subito.
- Vai Galux, all’attacco!- urlò Mao e chiamò il suo Bit Power, una bellissima lince rosa che prese subito ad attaccare.
Faceva davvero sul serio, pensò Elena, come se in palio in quella sfida ci fosse il cuore di Rei e lei, di certo, non poteva permettersi di perdere.
Elena si riprese e chiamò la sua Volpe Bianca e la presenza di un Bit Power anche nel Bey della sua avversaria italiana innervosì non poco la blader cinese.
- Pensavi di avere solo tu una creatura sacra che ti proteggesse? Mi spiace per te, ce l’ho anche io e mi ha insegnato Rei a controllarla- ribatté Elena con uno sguardo di sfida.
La Prescelta sapeva bene che tutto quella foga di sfidarsi si stava riducendo ad un farsi i dispetti a vicenda come le bambine, ma era stata Mao a cominciare con tutte quelle offese e se c’era una cosa che Elena non sopportava era starsene zitta mentre gli altri la insultavano.
- A te Vulpilyon, Respiro di Ghiaccio, ora!- ordinò Elena al suo Beyblade, ma la ragazza dai capelli rosa non restò lì a guardare.
- Galux, Attacco felino, vai!- Mao rispose al fuoco col fuoco e i due Beyblade cozzarono rumorosamente, schizzando entrambi fuori dal ring nello stesso momento, con sorpresa delle due sfidanti.
Elena si abbassò per riprendere il suo Bey, gli diede una veloce ripulita e fece per metterselo in tasca.
- Bell’incontro, hai avuto un grande maestro e si vede- si complimentò Elena senza metterci troppo entusiasmo nella voce, ma notò che Mao aveva ripreso il suo Galux velocemente e se ne stava andando con le lacrime agli occhi.
- Mao, aspetta!- aveva detto Rei ed Elena non ebbe neanche il tempo di girare i tacchi e andare da lui, che il suo Guardiano si era messo all’inseguimento della sua vecchia fiamma.
Elena rimase lì, con gli occhi sbarrati, senza nemmeno avere la forza di mettere un piede davanti all’altro, sia per seguire Rei che era già lontano con Mao, sia per tornare indietro verso l’hotel.
La reazione che lui aveva avuto alla fine di quel match non era quella che sperava ed Elena capì tutto in quel momento.
Che stupida era stata, un’emerita idiota per tutto quel tempo a credere che Rei potesse provare qualcosa nei suoi confronti. Tutti quei discorsi sul non aver trovato ancora quella giusta e sul suo periodo buio dove aveva chiuso a chiave il suo cuore, Elena capì che erano per proteggersi dal fatto che provasse ancora qualcosa per Mao, ormai era innegabile, gliene aveva appena dato una prova lampante e in quell’istante la giovane sentì una parte del suo cuore andare in pezzi, prendendo la terribile consapevolezza che ciò che provava per il suo Guardiano era un amore immenso. Tale da spezzare il cuore e fare male.
Per fortuna era stata restia a rivelargli i suoi sentimenti, qualcosa le diceva che avrebbe solo rovinato il bellissimo rapporto che si era creato tra loro, la parte razionale di lei era salva, quella che le avrebbe permesso di sopravvivere fino al match della sua vita, contro i blader della Morte.
Senza aspettare oltre, Elena si mise in cammino verso l’hotel, stringendosi nel suo giacchino leggero e asciugandosi velocemente le silenziose lacrime che cadevano sulle sue guance. Tirò su col naso e cercò di ricomporsi subito, odiava quando la gente la fissava e, ancor di più, odiava piangere in pubblico. Lei era una Tornatore e non poteva permettersi di non comportarsi bene davanti agli estranei, ripeteva a sé stessa ogni volta che le succedeva di piangere fuori da casa.
Quando arrivò in hotel, prese le chiavi alla reception e si rintanò nella sua stanza.
Andò a farsi una lunga doccia, cercando di riordinare i pensieri, ma per quanti sforzi facesse la sua mente tornava sempre all’espressione dispiaciuta di Rei nel vedere Mao piangere e di come lui fosse partito al suo inseguimento, senza curarsi minimamente di lei ancora lì.
Che razza di Guardiano era uno che abbandonava la sua Prescelta in mezzo alla strada, si chiese Elena, ma nonostante cercasse un motivo per avercela con lui, riusciva solo ad avercela con sé stessa, lei che si era lasciata andare e si era concessa il lusso di innamorarsi di Rei, senza pensare alle conseguenze che questo avrebbe avuto su di lei e sulla missione.
Ma ormai era tutto finito, ora doveva solo cercare di rimettersi in sesto velocemente, far finta che non fosse successo nulla e, soprattutto, farsi una bella dormita.
Diede fondo alle ultime energie nel mettere in ordine i suoi bagagli e, in una delle tasche interne della sua valigia, Elena aveva trovato un pacchetto di sigarette aperto. Estrasse una sigaretta, aprì la finestra e l’accese, osservando la Torre Eiffel che si stagliava in lontananza.
Elena non era esattamente una fumatrice, Daitenji gliel’aveva praticamente vietato durante gli allenamenti, ma lei si divertiva a fare qualche tiro per rilassarsi di tanto in tanto, solo quando era molto nervosa e aveva bisogno di sfogarsi in qualche modo.
Quando la sigaretta era a metà, Elena la spense in uno dei portacenere presenti sul balconcino e poi pensò che aveva bisogno di sentire una voce amica, quindi afferrò il cellulare e compose un numero che conosceva a memoria, attese qualche istante e poi una voce gioiosa rispose dall’altra parte.
- Elena, che piacere sentire la tua voce!-
- Ciao, Adele, come stai?- cominciò la ragazza, sforzandosi di mantenere un tono allegro.
- Benissimo, anche se si sente molto la tua mancanza qui- confessò la tata ed Elena sorrise.
- Allora? Cosa mi racconti? Dove ti trovi al momento?- chiese Adele curiosa, la ragazza sospirò e poi iniziò a parlare.
- Sono a Parigi, c’è davvero un sacco da fare per questi corsi- rispose lei vaga, ma Adele la conosceva talmente bene che si rese subito conto che qualcosa non andava.
- Sento che non sei particolarmente felice, sai vero che puoi tornare a casa quando vuoi, al diavolo i corsi e la moda, ti preparo le mie lasagne ai funghi porcini e vedrai come ti torna il sorriso!- propose Adele.
- Lo so, ti ringrazio e non vedo l’ora di tornare- disse lei poco convinta, abbassando lo sguardo.
- Oh, bambina, ma c’è forse un ragazzo che ti fa stare così male? A me puoi dirlo...- cominciò Adele ed Elena si sentì per un attimo sola e indifesa e cominciò a piangere.
- Tesoro, alla tua età è normale, ma non lasciarti coinvolgere tanto. Sei bellissima, intelligente, hai un futuro roseo davanti a te, chi non ti ha capita non ti merita- cercò di rassicurarla Adele, mentre Elena continuava a singhiozzare, sentendosi tremendamente stupida e infantile per quella reazione improvvisa.
Non aveva mai pianto per amore, nemmeno quando era ragazzina, ma forse in quell’occasione era stata una serie di cose a scatenare quel pianto.
La lontananza da casa, la paura di non riuscire a superare la missione e, ancor di più, la paura di morire che iniziava a diventare sempre più concreta. Quello che era successo quella mattina era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, solo che lei ad Adele non poteva dire esattamente le cose come stavano, le bastò semplicemente che lei l’ascoltasse piangere, per sentirsi meglio.
- Scusami, non volevo farti preoccupare- concluse lei, tirando su col naso e sforzandosi di sorridere.
- Quando vuoi io sono qui, a qualche squillo di distanza- le disse Adele in tono dolce e, solo dopo essersi assicurata che Elena si fosse davvero calmata, conclusero la telefonata.
La ragazza si sdraiò sul letto e cercò di chiudere gli occhi, quando qualcuno bussò alla sua porta.
- Sì?- chiese con la voce ancora un po’ rauca.
- Elena, sono io- rispose Rei, con un tono decisamente sommesso.
Elena sospirò pesantemente. Non aveva alcuna intenzione di aprirgli.
- Volevi dirmi qualcosa?- chiese lei non muovendosi dalla sua posizione e restando ad occhi chiusi.
- Non ti ho più vista in piazza, mi chiedevo dov’eri finita, sono stato in pensiero- aggiunse lui, sempre con lo stesso tono.
Elena avrebbe tanto voluto dargli un pugno in faccia, ma tenne a freno la sua rabbia e cercò di rimanere impassibile. Rei aveva lo strano potere di far andare il suo umore su e giù come sulle montagne russe e queslla cosa iniziava a dare sui nervi alla Prescelta.
- Tranquillo, sto benone. Se non ti dispiace ho un po’ di mal di testa, vorrei riposare- concluse lei e poi sentì Rei sospirare e allontanarsi dalla porta.
La giovane era un po’ dispiaciuta per averlo trattato così freddamente, ma se voleva continuare quel viaggio con lui, salvando sé stessa, doveva iniziare a tenerlo a distanza e trattarlo per quello che era, semplicemente uno dei suo Guardiani.
Mentre stava chiudendo nuovamente gli occhi, sentì dei passi veloci verso la sua porta e Rei bussò di nuovo.
- Cosa c’è ancora?- chiese lei esasperata, al limite della pazienza.
- Senti, volevo solo dirti che mi dispiace, ma in realtà non so neanche perché te lo sto dicendo...- disse lui confuso ed Elena lo lasciò continuare.
- Non capisco perché sei scappata e non mi hai aspettato, in ogni caso scusami se in qualche modo mi sono comportato male nei tuoi riguardi, ma mi piacerebbe sapere almeno il motivo- disse lui, ma Elena non era pronta per quella conversazione, non quel giorno.
- Rei, per favore, non devi scusarti di niente, ho solo bisogno di riposare, credimi, è stata una giornata pesante- concluse lei in tono neutro e lui parve farsi andar bene quella risposta per il momento e, senza aggiungere altro, si allontanò definitivamente dalla porta della stanza della sua protetta.
Elena sbuffò prendendo ad abbracciare il cuscino, chiedendosi perché proprio lui, perché non si era innamorata di un altro e per l’ennesima volta nella sua breve vita si domandò se quello che stava facendo fosse giusto, mettendo in discussione persino il suo Cammino. Doveva essere proprio a pezzi, pensò, ma non poteva fermarsi.
Se c’era una cosa che doveva fare era salvare il mondo, quella era la risposta a tutte le sue domande e giurò solennemente che da quel momento fino alla fine del viaggio non si sarebbe concessa nessuna distrazione. Rei compreso.

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Capitolo 27
*** La Mente prima del Cuore ***


Capitolo 27:

- Si sono sfidate? Porca vacca, avrei dato di tutto per vedere questo match- disse Takao, mentre si versava nel piatto un’altra porzione di fonduta di formaggio.
- Già, se le sono date di brutto- rispose Rei inarcando le sopracciglia e ricordando quanta energia ci avevano messo le ragazze quella mattina nello sfidarsi.
- Mao ai tempi era una blader fortissima, sarà sicuramente migliorata ed Elena non è da meno, è giovanissima, ma è formidabile, lo sappiamo bene- commentò Max
- Non vorrei essere nella stessa stanza con quelle due e i loro Bit Power- aggiunse Takao, con la bocca piena.
- Elena non mi ha lasciato dare nemmeno un’occhiata al suo Bey, la lotta con Galux deve avergli lasciato qualche piccolo danno- osservò il Professore grattandosi la fronte, dopo aver rivolto uno sguardo alla sedia vuota di fronte a lui.
Elena non era scesa neanche per la cena.
- Non ha risposto neanche quando sono andato a chiamarla, forse sta dormendo- disse Rei poco convinto, scrollando le spalle.
Takao lo osservò di sottecchi e Max sospirò, prendendo un po’ di insalata.
- Perché quelle facce?- chiese Rei infastidito
- Oh my God, sveglia, quelle due oggi hanno lottato per te- disse Max e il moro alzò un sopracciglio.
- Cosa? Per me? Sei matto?- disse Rei in sua difesa
- Un match tutto al femminile per contendersi il tuo cuore, quanto è romantico- incalzò Takao, con un velo di ironia nella voce.
Il cinese arrossì e le tentò tutte per far cambiare idea ai suoi compagni.
- Voi vi sbagliate e di grosso anche- commentò Rei, sforzandosi di restare composto.
- Ah sì? È cosa risaputa che Mao è stata il tuo grande amore e c’è rimasta molto male quando l’hai lasciata- cominciò Max, in tono teatrale.
- Ed è cosa ancora più risaputa che Elena si è innamorata di te- concluse Takao.
A quelle parole Rei ebbe un sussulto, ma cercò di non darlo a vedere. Takao sarebbe stato capace di andare avanti a prenderlo in giro fino alla fine del Cammino.
- Non è vero, Elena pensa solo alla missione, come tutti noi- si difese Rei
- Tu dormi in piedi, amico mio, come fai a non accorgerti di come ti guarda, di come ti sorride e di come cambia espressione quando tu sei nei paraggi. Di certo con noialtri non succede, quindi...- disse Takao, evitando deliberatamente di completare la frase.
Rei sapeva bene che i suoi amici avevano ragione al mille per mille. Lui stesso aveva notato l’atteggiamento di Elena nei suoi riguardi e si era sforzato per tutto il tempo di non ricambiare i suoi sentimenti, di relegarli a forza in un angolo della sua anima.
Arrivati a quel punto, sarebbe stato facile per lui rivelare ciò che provava per la sua protetta ai suoi amici, così da sentirsi più sicuro nel parlarne anche con lei. Ma Rei ricordava bene i suoi doveri ed era proprio in virtù del suo essere così integro e votato alla missione che non poteva parlarne con nessuno.
- Prof, tu cosa ne pensi?- chiese Rei, voltandosi verso di lui. Il Professor Kappa arrossì.
- Oh, beh, io non faccio caso a questi dettagli...- rispose vago
- Non dargli retta, è stato il primo a dirlo- avvisò Takao socchiudendo gli occhi e indicando con la forchetta il prof che gli scoccò un’occhiataccia.
- In ogni caso, tornando seri, sarebbe un guaio se Elena in un impeto di gelosia nei tuoi riguardi, perdesse di vista il motivo principale per cui siamo tutti qui- riprese il Professore, guardando Rei
- Questo non accadrà e sarò io a ricordarglielo, se sarà necessario- ribatté sicuro il moro dei Bladebreakers.
- Siamo ormai quasi alla fine di questo viaggio, Elena dovrà essere pronta a scoprire la verità- disse Takao, divenendo serio di colpo.
- Già, sembra proprio che le occasioni inizino a scarseggiare- osservò il prof.
- Non c’è più tempo, dobbiamo parlarle- concordò Max
- Ragazzi, avevamo stabilito che sarebbe stato compito mio dirglielo- ricordò Rei
- Daitenji è stato categorico a riguardo- concluse lui
- Lasciamole disputare l’incontro in Inghilterra in pace e poi le parlerai, d’accordo?- propose il biondo
Rei sospirò arreso.
- D’accordo.- e poi riprese a mangiare, nonostante lo stomaco gli si fosse improvvisamente chiuso.

Il soggiorno rilassante a Parigi non era stato esattamente come Elena se l’era immaginato e, purtroppo, se l’era rovinato sin dal primo giorno, quando aveva sfidato Mao e qualcosa tra lei e Rei si era definitivamente rotto.
Aveva passato il resto della settimana ad allenarsi per conto suo e a starsene in camera, uscendo e andando a mangiare in orari diversi rispetto a quelli dei ragazzi, che quasi facevano fatica ad incrociarla anche in corridoio.
Elena sapeva bene che escludere i suoi Guardiani dalla sua vita non era esattamente una mossa saggia, soprattutto in quella fase così avanzata del Cammino, dove la fiducia costruita durante il viaggio costituiva parte integrante dell’arma segreta per arrivare sani e salvi fino alla fine. Ma lei non poteva tradire sé stessa, non fino a quel punto e far finta che le cose non fossero cambiate, quindi decise di starsene da sola per fare chiarezza nel suo cuore. Quando sarebbe stata pronta, sarebbe ritornata a far parte del gruppo e sperava che quel momento arrivasse presto. Era così frustrante.
All’arrivo a Londra, il tempo uggioso e malinconico tipico della capitale britannica non l’aveva aiutata per niente e le continue pressioni dei ragazzi nel farla aprire a tutti costi e capire quel cambio di atteggiamento nei loro riguardi l’aveva mandata definitivamente in crisi. Evitava di parlare con Rei, evitava anche di guardarlo se era possibile, perché sapeva bene che sarebbe bastato un solo sguardo, uno dei suoi potenti, a sciogliere come burro tutti i muri che si stava creando per proteggersi dai suoi stessi sentimenti.
Durante gli inevitabili allenamenti mattutini, Elena se ne stava in silenzio eseguendo come un’automa tutto quello che Rei le chiedeva di fare e quando alla fine di ogni sessione lui le tentava tutte per parlare, la ragazza afferrava semplicemente la sua felpa e si avviava a passo svelto verso l’hotel.
Il cinese, dal canto suo, era ugualmente esasperato da quella situazione.
Non capiva il reale motivo per il quale Elena aveva preso a comportarsi così, anche se una parte di lui sapeva benissimo che quel cambio improvviso d’atteggiamento era dovuto all’incontro con la sua ex e quello che la Prescelta non sapeva era che Rei si malediceva ogni giorno da quella mattina per non essersi fermato da lei e aver agito d’impulso inseguendo Mao.
Se solo gli avesse dato la possibilità di spiegarsi, pensò lui, le avrebbe rivelato che era andato da Mao proprio per dirle che tra loro c’era molto più che un rapporto Guardiano-Prescelta, ma che per il bene della missione e di tutti, era meglio non parlare a nessuno di ciò che provava.
Mao, prima di essere stata la sua fidanzata, era stata la sua migliore amica per tutta la vita. Lei avrebbe capito, almeno così sperava Rei e in parte, forse ci era riuscito, quando l’aveva vista sorridere tra le lacrime e dirgli che, nonostante non sopportasse l’idea di saperlo accanto ad un’altra, lei era felice che lui si fosse finalmente innamorato per davvero e Rei fu sollevato nel sentirlo, anche se non aveva potuto condividere quella sensazione con la diretta interessata. Elena continuava ad evitarlo e questo stava iniziando a distruggerlo dentro.

Il giorno del penultimo incontro, la Prescelta era nervosissima, ma non lasciò trasparire alcuna emozione, soprattutto ai suoi Guardiani. Era stanca, stanca di combattere, ma arrivata a quel punto non poteva più tirarsi indietro, era arrivata più avanti di quello che avesse mai creduto e la battaglia finale era ormai alle porte. Ciò per cui aveva sempre lavorato e per cui si era duramente allenata da che ne aveva memoria era lì ad un passo e l'ago della bilancia pendeva decisamente dalla parte dei suoi ideali e dei suoi obbiettivi, anteponendo tutto quello in cui credeva alla sua stessa vita.
Elena aveva affrontato la sfida contro il blader inglese con una calma quasi inquietante, tanto che aveva fatto fuori il suo avversario in pochi colpi ben assestati, sotto lo sguardo stupito dei suoi stessi Guardiani.
- E’ mia impressione, o sembra che gli incontri siano sempre più facili? Non vorrei arrivare impreparata contro il Team delle Tenebre- disse lei ai ragazzi, consegnando Vulpilyon al Professore, che a prima vista, sembrava non aver riportato neanche un graffio.
- Sei tu che diventi più forte ogni giorno che passa- la rassicurò Takao
- Ormai ci siamo, manca un solo incontro e poi sarà la battaglia della vita- aggiunse il leader e la giovane sospirò, guardando ad uno ad uno i suoi Guardiani, in particolare Rei che quasi la implorava di rivolgergli la parola, dopo giorni passati in un pesante silenzio.
Fu quello sguardo di lui che fece capire ad Elena che non poteva continuare in quel modo. Era come se avesse preso davvero coscienza di quello che la aspettava in quell'istante.
Se voleva avere anche solo la minima possibilità di salvarsi dopo lo scontro finale, doveva riporre nuovamente fiducia nella sua squadra e rimettere completamente la sua vita nelle mani dei ragazzi che l’avevano guidata, vittoria dopo vittoria, quasi alla fine di quel lungo pellegrinaggio, anche se una cosa sarebbe rimasta uguale: non avrebbe più permesso a sé stessa di lasciarsi andare in qualunque modo con Rei, era il momento di tenere alta la concentrazione e non poteva permettere ai suoi sentimenti di offuscarle la mente. Almeno quello, doveva essere pronta a farlo.

- Ragazzi, che ne dite di fare qualcosa insieme, domani?- propose la Prescelta e i ragazzi si lanciarono un’occhiata sorpresa, a sentire quella proposta.
- E’ un po’ che non usciamo tutti insieme e Londra è la mia città europea preferita, che dite, di fare un giro?- continuò, mettendoci l’entusiasmo che bastava a convincerli
- Io ci sto, decisamente- le aveva detto Takao, alzandole il cinque.
- Funny! Sono dei vostri- rispose Max e anche il Professore aveva annuito, poi Elena, sospirando aveva guardato Rei negli occhi senza dire nulla, sperando con tutta sé stessa che lui non le facesse lo stesso effetto di sempre. Capì subito di essersi sbagliata di grosso.
- Tu che fai?- chiese lei, sforzandosi di rimanere tranquilla
- Io vado dove vai tu, sempre- le aveva detto lui, scoccandole un’occhiata profonda ed Elena sentì nuovamente le forze mancarle, realizzando che quei giorni in cui non si erano parlati, lei aveva solo sprecato energie cercando di evitarlo.
Comprese che l’errore più grande che aveva commesso nel Cammino fu proprio credere di potercela fare da sola, eppure lei per tutta la vita si era costruita questa convinzione che in qualunque circostanza ne sarebbe venuta fuori con le sue sole forze. Ora, però, non era più sola e prima se lo sarebbe messo in testa, meglio sarebbero andate le cose.
Quella sfida a Parigi contro la ex di Rei l’aveva mandata in crisi e lei, invece di comportarsi da donna matura quale si reputava, aveva assunto un atteggiamento da ragazzina gelosa, allontanando i suoi Guardiani. Non poteva più permetterselo, non così vicina al momento che aspettava da tutta la vita. Il destino del Beyblade e del mondo intero, il futuro di tanti ragazzi innamorati di quello sport era nelle sue mani e lei non poteva perdere tempo dietro le questioni di cuore.
Aveva accettato l’idea di non essere ricambiata da Rei, ci aveva fatto i conti e stava cercando di andare avanti, prendendosi tutto il buono di quegli ultimi momenti insieme a lui, ma senza lasciarsi coinvolgere più di tanto.
La Prescelta aveva proposto di passare la giornata insieme anche e soprattutto con l’intenzione di creare l’occasione per raccontare ai ragazzi quale sarebbe stato l’epilogo di quel viaggio, quella sarebbe stata probabilmente l’ultima volta, prima di farsi assorbire completamente dall’ultimo e decisivo incontro in Spagna e, il conseguente viaggio in Egitto per sfidare il Team delle Tenebre.
Riguardo all’idea di raccontare tutta la verità sul Cammino, Elena ci pensava da tempo sopra, ma il fatto di dirlo ad alta voce guardando negli occhi i suoi accompagnatori, le sue ancore di salvezza le dava una sensazione di nausea orribile che le attanagliava la bocca dello stomaco e passò il resto della giornata a raccogliere il coraggio necessario per parlare con loro il giorno successivo.

Il mattino seguente Elena si alzò a fatica, ma cercò di mascherare la sua preoccupazione.
Aveva provato e riprovato per tutta la notte il discorso da fare ai Bladebreakers e, come se non bastasse, gli incubi sui blader della Morte l’avevano tormentata anche in quella circostanza, ma al contrario di come era stata abituata negli ultimi mesi, in quegli ultimi dieci giorni era rimasta sveglia senza chiedere aiuto né a Rei né a nessun altro dei Guardiani per addormentarsi. Pessima idea, pensò.
La parola d’ordine per quel giorno insieme che aveva promesso con tanto entusiasmo ai ragazzi era spensieratezza, sperando di indorare la pillola riguardo ciò che li aspettava e, soprattutto, che loro capissero perché ci aveva messo così tanto tempo ad aprirsi e confidarsi. Non era facile dire a cinque persone che avevano promesso di proteggerla che i loro sforzi erano e saranno stati vani, perché il destino che la aspettava non poteva essere cambiato in alcun modo, ma lei glielo doveva. Lo doveva a Max che aveva una meravigliosa famiglia ad attenderlo, lo doveva al Professor Kappa per tutto l’aiuto che le aveva dato, lo doveva a Takao che discuteva ogni sera con la sua futura moglie e cercava di non darle preoccupazioni.
Lo doveva a Rei, a colui che amava e che non avrebbe mai potuto avere. La sua paura di rivelare la verità risiedeva nel fatto che non voleva vedere in alcun modo quei meravigliosi occhi dorati intristirsi per lei, ma Elena non aveva più scelta. Il tempo stava scadendo.

Bentrovati miei cari lettori! Ormai ci stiamo avviando all'epilogo. Elena ce la farà a dire ai suoi Guardiani la verità riguardo la conclusione del Cammino e il sacrificio previsto per tentare di sconfiggere i blader della Morte?
Restate connessi ahahah auguro un buon week-end a tutti e grazie a chi perde tempo a leggere questa fanfiction, mi rendete felicissima <3
 

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Capitolo 28
*** Sento ancora la Vertigine... ***


Cari lettori bentrovati con questo appuntamento settimanale xD. Faccio questa breve premessa per dirvi che per alcuni capitoli (questo che seguirà è il primo...) è prevista una soundtrack che mi ha aiutato a scriverlo per entrare meglio nella storia ed essere più vicina ai miei personaggi. Sono una di quelle persone che quando è felice, giù di morale, o in qualsiasi altro stato d'animo ha una canzone per quel determinato momento (sarà l'anima da singer e perfomer che ho da tutta la vita ahahah) dunque perché non farlo anche per le fanfiction e dare un tocco "telefilmico" alla siuazione *-*
Colgo anche l'occasione per ringraziare ancora una volta chi mi segue, chi legge silenziosamente e chi recensisce, un ringraziamento particolare a LadyK_1989 con me dall'inizio dell'avventura <3
Buona lettura <3


Capitolo 28:

Senza indugiare oltre e, soprattutto, cercando di mostrarsi quanto più calma e naturale possibile, Elena bussò alla porta di Takao.
- Sì?- rispose la voce del ragazzo dall’altra parte
- Takao, sono io-
- Hey, ma non avevamo appuntamento per le quindici?- chiese lui una volta aperta la porta, guardando l’orologio sul polso e notando il netto anticipo.
- So che è presto, ma il Professor Kappa è già uscito e mi ha detto che hai tu il mio nuovo dispositivo di lancio, potrei averlo?- chiese la ragazza
- Certo, entra pure, vado a recuperarlo subito-
Takao si spostò dalla porta e fece accomodare la giovane, la quale notò subito che l’ultimo campione del mondo di Beyblade era tutto il contrario di Rei: in quella stanza regnava un gran disordine, vestiti sparsi ovunque, paia di scarpe e cinture lasciate alla rinfusa in ogni angolo ed Elena sorrise pensando a quanto fosse invece un maniaco dell’ordine il suo Guardiano preferito.
Qualcosa sul comodino catturò l’attenzione della ragazza, si avvicinò e prese in mano una cornice rettangolare che ritraeva i Bladebreakers nella loro formazione originale, con le medaglie appese al collo.
Elena passò in rassegna i volti dei ragazzi.
Notò subito l’inconfondibile sorriso di Rei e il suo viso da ragazzino spensierato e felice per aver appena vinto il titolo, Max e Takao erano venuti con gli occhi chiusi e dei mega sorrisoni a mostrare le medaglie e, all’estrema sinistra, un altro ragazzo abbastanza alto con gli occhi color ametista, le braccia conserte e un sorriso appena accennato sotto dei caratteristici segni blu dipinti a forma di triangolo. Elena aggrottò la fronte cercando di ricordare quel giovane, ma non riuscì in alcun modo a farsi venire in mente qualcosa.
- Eccolo- la voce di Takao distrasse Elena e lei si sentì per un attimo in imbarazzo, come se avesse in qualche modo scavato in qualcosa di strettamente privato, ma lui le sorrise malinconico, consegnandole il dispositivo di lancio.
La Prescelta rimase in silenzio per qualche secondo, ma vedere com’era stata davvero la sua squadra dieci anni prima, moltiplicò a dismisura le domande nel suo cervello. Sicuramente anche quel tizio ritratto nella foto doveva essere stato a Roma quando sfidarono Gianni, ma lei sembrava aver d’un tratto rimosso quei ricordi.
- Takao, quando è stata scattata questa foto?- chiese cauta e lui, di tutta risposta, sospirò
- Questa è l’unica foto che abbiamo della nostra vittoria ai campionati del mondo, cinque minuti dopo è cambiato tutto. La storia che conosci...- disse lui vago, ma Elena era troppo vicina a sapere qualcosa di cui neanche Rei le aveva mai parlato e non si sarebbe arresa tanto facilmente.
Si sedette sul letto accanto a Takao, che prese ad osservare quella foto con un’espressione accigliata.
- Chi è lui?- chiese ancora Elena, indicando il ragazzo dallo sguardo tenebroso ritratto nella foto accanto a Rei.
- Non me lo ricordo, faceva parte della squadra?- incalzò ancora la ragazza e Takao si limitò ad annuire.
- Senti, perché non vai a provare qualche lancio? Il Professore dice che questo gioiellino tiene anche conto delle rotazioni al minuto, sono un po’ geloso- rispose Takao abbozzando un sorriso ed evitando deliberatamente di rispondere alle domande della sua protetta.
Lei, capendo che Takao avrebbe agito esattamente come Rei ogni qual volta si toccava l’argomento “finale dei mondiali”, non andò oltre, prese ciò che era suo e lasciò la stanza sospirando.
Rientrò in camera sua e provò qualche lancio tirando semplicemente il filo di caricamento e mettendoci tutta la forza possibile.
Era arrabbiata, di nuovo, e lo era soprattutto con Rei, le milleduecento rotazioni riportate sul display del nuovo dispositivo di lancio ne erano la prova lampante.
Si chiedeva perché non le era mai stato neanche menzionato quel ragazzo ritratto nella fotografia dei vincitori del campionato del mondo e perché ogni volta che si toccava quel tasto, tutti sembravano essere troppo tristi e arrabbiati per parlarne, dirottando in un lampo la conversazione su un altro argomento.
Elena non ci stava, quella stessa sera avrebbe dovuto rivelare un’amara verità a quei ragazzi, si stava fidando di loro fino a quel punto e in cambio cosa avevano fatto per tutto il tempo? Le avevano nascosto una cosa così importante, Rei prima di tutti. Aveva bisogno di risposte e questa volta il suo primo Guardiano non sarebbe sfuggito facilmente a quell’interrogatorio.
Ripose il dispositivo accanto a Vulpilyon e si avviò a grandi falcate verso la camera di Rei, prendendo a bussare con insistenza. Lui aprì dopo qualche secondo e dall’espressione preoccupata che Elena aveva dipinta sul volto, Rei capì che quella non era una semplice visita di cortesia.
- Elena, che succede?- chiese aggrottando la fronte
- Ho bisogno di risposte, possiamo parlare?- chiese trattenendo quasi il fiato e Rei, credendo che voleva finalmente parlare di ciò che era successo con Mao, la fece entrare senza troppi convenevoli.
Elena si sedette di peso sul bordo del letto, tenendo i pugni stretti sulle ginocchia e Rei la imitò, prendendo posto accanto a lei.
- Cosa volevi dirmi?- chiese lui, legando frettolosamente in una coda i suoi lunghi capelli neri.
- Ho visto una foto, in camera di Takao- cominciò lei cauta, testando man mano la reazione del suo interlocutore, ma a Rei si dipinse un’espressione interrogativa sul volto che invitava la giovane a continuare.
- La foto che vi hanno scattato quando avete vinto il mondiale- tagliò corto Elena
- Ah, quella- disse lui, cercando di mantenere un tono neutro, per poi restarsene in silenzio, mentre le sue dita legavano alla velocità della luce le ciocche corvine.
- Non fare finta che la cosa sia normale, c’era un altro ragazzo in squadra, perché non è venuto con noi? Perché non lo abbiamo mai neanche contattato o provato a parlargli?- chiese lei agitata e improvvisamente scoprire l’identità di quel tizio sembrava essere diventata una questione di vitale importanza, come se sentisse che ci fosse qualcosa di grosso sotto che doveva restare a tutti i costi segreto.
- Ascolta, non è né il luogo né il momento per parlare di questo- ribatté Rei, alzandosi dal letto visibilmente nervoso e lasciando andare nuovamente la sua indomabile chioma. Si appoggiò pesantemente con i pugni sullo scrittoio di fronte a sé, tenendo lo sguardo basso.
https://www.youtube.com/watch?v=WYSW_-vMQVA )
- Con te non è mai il momento!- sbottò Elena esasperata, alzandosi in piedi anche lei.
- Ti chiedo di diventare mio Guardiano e tenti in tutti i modi di dissuadermi facendo una piazzata per chissà quale motivo- cominciò lei, cercando gli occhi di Rei attraverso lo specchio.
- Ti chiedo di parlarmi del tuo passato e sei sempre dannatamente evasivo, ti chiedo di un tuo ex compagno di squadra, apparentemente sparito nel nulla e mi dici che non è il momento. Ma quando lo sarà, Rei?- chiese Elena senza fiato, facendo coraggiosamente qualche passo nella sua direzione.
Rei si girò e le scoccò un’occhiata che Elena non riuscì a decifrare. Come se il suo sguardo implorasse comprensione, pur sapendo di non poterle rivelare nulla.
- Quando ti deciderai una buona volta a fidarti di me e parlarmi di tutto ciò che ti tormenta!- riprese lei, facendo un altro passo verso di lui, tanto da stare a pochi centimetri l’uno dall’altra.
- Fidati, io ti capirò- sussurrò Elena, prendendo ad accarezzargli il viso con una mano tremante. Rei chiuse gli occhi per un attimo come a godersi quel tocco e poi si scostò bruscamente da lei.
- Non posso parlartene, non ora, ma ti giuro che ti spiegherò tutto- aveva le lacrime agli occhi e proprio quelle sue reazioni a quell’argomento e il suo essere così schivo, facevano incuriosire e arrabbiare ancora di più Elena e, al contempo, la facevano stare da schifo. Lei sospirò pesantemente, arresa.
- Sai cosa penso? Che tu sia diventato mio Guardiano solo per avere la coscienza pulita per qualche motivo che non puoi o non vuoi dirmi- cominciò Elena, rassegnata.
- Che cosa hai detto?- chiese lui sconvolto
- Non te ne importa proprio niente di me, nè della missione, se morirò combattendo contro quei quattro. A te non importa niente!- urlò lei iniziando a piangere, scuotendo la testa, come se stesse faticando ad ammettere quella verità. Quell’emozioni l’avevano sopraffatta.
- Non puoi dirmi questo, non a me!- ribatté lui con la voce dura, senza nessuna intenzione di lasciarsi insultare, ma aveva anche lui un tremendo nodo alla gola.
- E io come una scema che… lascia stare. Preferiresti morire per chiunque altro, preferiresti morire per Mao se te lo chiedesse, ma non per me e questa cosa mi uccide- concluse lei, chiudendo gli occhi e stringendoli, lasciando cadere copiose lacrime sul suo viso.
- Elena, ti prego...- cominciò lui ancora con gli occhi lucidi. Tentò di abbracciarla, ma lei sfuggì.
- No!- disse brusca ritraendosi
- Non tentare di farmi cambiare idea. Le promesse che mi hai fatto erano tutte bugie.-
Rei serrò le labbra e sospirò, mentre la voce rauca di Elena continuava a sfogarsi contro di lui.
- Io ci tenevo, ci credevo a quello che dicevi e invece…- lei, ormai distrutta, iniziò a singhiozzare e non poté fare altro che uscire dalla stanza sbattendo la porta e correre in camera sua, gettandosi sul letto a piangere, senza neanche dare il tempo a Rei di replicare.
Il suo grande amore l’aveva definitivamente delusa.
Quando lei cominciava a dargli di nuovo fiducia era come se avesse paura e la respingesse e quel giorno era arrivata al limite, non sopportava più questo suo umore così altalenante e soprattutto aveva avuto la terribile riprova che i suoi sentimenti erano a senso unico.
Ce l’aveva messa davvero tutta a farsi andare bene quella sorta di distanza che aveva creato tra loro, ma per l’ennesima volta aveva fallito, dando al suo cuore di nuovo il comando del gioco.
Elena si calmò, si sciacquò il viso e decise di uscire comunque. Stare chiusa in camera l’avrebbe fatta stare solo peggio e prendere una boccata d’aria da sola era quello che ci voleva.
Uscì dall’hotel e iniziò a camminare in una direzione indefinita, dove i suoi piedi decidevano di portarla. Ricordò l’ultima volta che era stata a Londra, i suoi genitori erano ancora vivi, ed era stato proprio lì che Gianni le aveva regalato il suo Beyblade, il suo Vulpilyon, ed Elena si chiese se il negozio dove le avevano fatto il regalo più bello e importante di tutta la sua vita, esistesse ancora, ma aveva forti dubbi vista la situazione in cui erano da anni.
Quando era nei pressi di Piccadilly sentì alcune gocce di pioggia caderle in testa via via sempre più frequentemente e la giovane blader si maledì a voce fin troppo alta per non essersi portata dietro un ombrello, che nelle giornate di fine estate a Londra rappresentava un oggetto indispensabile e lei lo sapeva benissimo.
Si sedette su una panchina ad osservare il viavai di gente dalla piazza più famosa della capitale inglese. Imprenditori di mezza età correvano con i giornali poggiati sulla testa verso i parcheggi, mamme tentavano in tutti i modi di riparare i propri figli dalla pioggia che stava aumentando d’intensità, giovani innamorati cercavano un riparo di fortuna sotto qualche palazzo o insegna di un negozio e, bagnati fradici, prendevano a baciarsi con passione, divertiti da quella situazione.
Elena in quel preciso momento vacillò.
Avrebbe scambiato volentieri la sua vita con uno di quegli sconosciuti, proprio lei che aveva sempre creduto nel valore della sua missione e si allenava da che aveva memoria per raggiungere il suo scopo, il bene più grande. In quei momenti di totale sconforto, sotto la scrosciante pioggia londinese, desiderò per una volta di avere una vita normale e fare le cose delle ragazze della sua età, comprese quelle stupide. Uscire la sera, andare in discoteca, bere alcolici, guidare con lo stereo ad alto volume, passare la notte fuori con un ragazzo e innamorarsi.
Riguardo l’ultima parte aveva appena preso una gran bella fregatura e pensò che avrebbe decisamente eliminato l’amore nella lista di cose da fare come una normale ventunenne. Almeno per il momento.
Mentre era presa da tutti quei pensieri, con le lacrime che si mischiavano alla pioggia, qualcuno la riparò con un grosso ombrello. Elena si girò e fu sollevata nello scoprire l’identità di chi l’aveva salvata da un malanno sicuro.
- Max- mormorò lei, felice di vederlo
- Elena, che fai sotto la pioggia? Guardati, sembri un pulcino bagnato- commentò lui con un sorriso tenero
- Ero così sovrappensiero che ho dimenticato l’ombrello in albergo- ammise lei abbassando lo sguardo, tenendosi dentro, per qualche motivo, la discussione avuta con Rei.
- Hai tutta l’aria di qualcuno che ha bisogno di una bella cioccolata calda con tantissima panna, conosco un posto nei dintorni che le fa very very tasty- propose il biondo dei suoi Guardiani e ad Elena quell'invito a mettere qualcosa sotto i denti parve allettante. E poi aveva proprio bisogno di sfogarsi con un amico.
- Su, coraggio, non è passato molto tempo da quando ero un ragazzino come te e, purtroppo per me, non passerà molto tempo fino a che mia figlia sarà come te, almeno inizio ad esercitarmi per non farmi trovare impreparato- disse lui allegro porgendole il braccio ed Elena si alzò dalla panchina con un sorriso sincero, riparandosi dalla pioggia insieme al suo Guardiano, che con fare paterno le lasciava quasi tutto lo spazio sotto l’ombrello.
Arrivati in quel caffè molto carino e dallo stile tipicamente british che conosceva Max, presero un tavolo per due e nel giro di pochi minuti gli vennero servite due cioccolate calde fumanti con un generoso ciuffo di panna come decorazione, accompagnate da dei deliziosi biscotti al burro.
Elena si tolse il giubbotto di pelle gocciolante e si legò i capelli bagnati in una coda alta, già il calore irradiato dalla gustosa bevanda sul tavolino davanti a sé la fece sentire di colpo meglio.
- Avevi ragione, è ottima- si complimentò lei dopo il primo assaggio, cercando di trasmettere tutta la sua gratitudine a Max.
- Dimmi, che ci facevi tutta sola a Piccadilly? Ero convinto ci dovessimo vedere allo Shard tutti e cinque- cominciò lui con tono leggermente investigativo, rigirando il cucchiaino nella cioccolata.
- Beh, l’idea era quella, ma credo che anche per stavolta salterà il nostro giro turistico- lo informò lei con un velo di delusione nella voce.
- Comincio a pensare che porti sfortuna organizzare un tour tutti insieme, ogni volta che decidiamo di farlo succede qualcosa- concluse seccata poggiando pesantemente la testa su una mano, per poi soffiare sulla cioccolata.
Max le sorrise, probabilmente sapeva bene a cosa era dovuto quell’ennesimo sbalzo d’umore.
- Fa niente, avremo comunque tanti bei ricordi di questa esperienza, ti pare?- chiese lui ed Elena annuì abbassando nuovamente gli occhi sulla sua cioccolata.
Seguì un breve silenzio.
- Ho litigato con Rei per la milionesima volta, credo- iniziò a sfogarsi la ragazza, senza che lui glielo chiedesse, ma qualcosa dentro di lei le diceva che almeno di Max poteva fidarsi e lui, infatti, la lasciò parlare.

- Quindi, avete discusso perché lui ti esclude dalla sua vita, ho capito bene?- chiese Max, quando ormai le tazze di cioccolato erano vuote ed Elena aveva parlato a raffica per un bel po’, tirando fuori tutto quello che pensava. Se il compito di un Guardiano era proteggerla durante il viaggio, come minimo doveva essere anche una spalla su cui piangere.
- Non è solo questo, Rei diventa decisamente troppo schivo riguardo un argomento in particolare, lo stesso che per giorni l’ha tormentato e terrorizzato prima di chiedere a voialtri di unirvi alla missione- si confidò lei
- Fammi indovinare, finale dei mondiali in Russia- ribatté sicuro Max ed Elena annuì.
- Quello è un argomento spinoso per tutti noi, Elena e non sarò io a dirti il perché- concluse l’americano con un sorrisetto e la sua protetta sbuffò rumorosamente.
- Ma perché nessuno di voi vuole dirmi nulla? Né mio fratello, né Rei, né Takao e ora neanche tu. Cos’è successo di così grave che non potete dirmi?- si lamentò lei esasperata.
- Perché al momento giusto, ti spiegheremo tutto, vedrai- la rassicurò Max, ma Elena continuava a pensare che tutto quel mistero non faceva altro che incrinare i rapporti in squadra ed era proprio quello che il Team delle Tenebre voleva: la paura del Prescelto senza il supporto dei suoi Guardiani. Eppure un terribile pensiero dentro di lei, le diceva che erano stati probabilmente i suoi comportamenti a spingerla all’isolamento.
- Guarda, ha smesso di piovere- disse Max, guardando fuori dalla vetrata del dehor della caffetteria dov’erano seduti.
- Dai, torniamo in hotel, gli altri saranno in pensiero- propose lui ed Elena lo seguì, ma la sua mente non faceva altro che cercare risposte ai milioni di interrogativi che da tutta la vita le frullavano in testa.
Mentre tornavano in albergo, ad Elena squillò il cellulare, lo prese dalla tasca e notò che era una mail di Daitenji. Che strano, pensò, il Maestro non la contattava mai in quel modo e ultimamente si era sempre interfacciato con il Professor Kappa per le questioni riguardanti il pellegrinaggio.
Aprì la mail e la lesse sottovoce.
Prescelta, innanzitutto i miei complimenti per essere giunta al tuo ultimo incontro, sei l’onore della nostra associazione e della tua famiglia e io come Maestro ed ex Presidente della BBA sono molto fiero di te e del percorso che hai compiuto, insieme ai tuoi Guardiani.”
Elena sorrise commossa leggendo le parole di Daitenji. Era come un padre per lei e quelle parole erano decisamente ciò che ci voleva in quella giornata per tirarla un po’ su.
Nell’augurarti buona fortuna per le tappe decisive del tuo cammino, voglio ricordarti di affidarti sempre al consiglio dei tuoi Guardiani, di ascoltarli e di tenerli sempre al tuo fianco…”
Le parole del Maestro suonavano assolutamente indicate per quel particolare momento.
Sentirai l’irrefrenabile impulso di voler fare di testa tua, che la battaglia è solamente tua, però ricorda che la luce di una sola candela si spegne in un attimo, ma la luce di molte resiste al tempo e illumina ancora il mondo.”
Elena rimase profondamente colpita da quel messaggio e anche se non ne comprese appieno il reale significato, qualcosa dentro di lei scattò.
Guardò Max che passeggiava serafico davanti a lei e intuì che quello sarebbe stato il momento giusto per dare prova della fiducia che aveva riposto nei suoi Guardiani, rivelandogli la verità.
Ringraziando mentalmente il suo Maestro, Elena con un paio di falcate raggiunse Max e insieme varcarono la soglia dell’hotel.

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Capitolo 29
*** La Verità brucia in Faccia... ***


Capitolo 29:
(https://www.youtube.com/watch?v=P7k6LBFaSno)
Dopo quella discussione con Elena, Rei era rimasto per tutto il pomeriggio sdraiato sul letto ad occhi chiusi.
In un primo momento, non appena la ragazza aveva lasciato la stanza in lacrime, aveva dato sfogo a tutta la sua frustrazione con dei pugni al muro, ma ora gli erano rimaste solo le nocche gonfie e decisamente il doppio dei sensi di colpa sommati a quelli che già si portava dentro da un po’.
- Rei, dai amico, muoviti, gli altri ci aspettano-
Takao stava bussando già da qualche minuto con molta insistenza alla porta del suo compagno, senza ricevere alcuna risposta.
Una cosa che al giapponese parve molto strana.
Rei non era mai in ritardo, aveva anche una marea di difetti, ma era un maledetto perfettino e si lamentava sempre, soprattutto quando proprio Takao non rispettava gli orari.
Il cinese, dopo aver sbuffato rumorosamente, si alzò di scatto dal letto e aprì la porta. Dallo sguardo truce che gli aveva lanciato, Takao capì che probabilmente non voleva essere disturbato.
- Non ho voglia di venire in giro a fare finta che mi interessi visitare Londra, fine della storia - Rei fece per chiudere la porta, ma l’amico, che era rimasto a bocca aperta a quella singolare reazione, aveva messo un piede tra la porta e lo stipite, per impedirgli di sbattergliela in faccia.
- Ti spiacerebbe togliere il piede prima che te lo spezzi?- chiese Rei nervoso
- Calmati, bello, ma che hai? E che cazzo hai combinato alla mano?- chiese Takao alzando un sopracciglio e facendo un cenno al gonfiore sul dorso della mano destra di Rei.
Rei guardò nella stessa direzione, ma ritrasse subito la mano, cercando di nasconderla al meglio, prendendo ad infilarsi il suo mezzo guanto rosso che gli stava piuttosto stretto in quella circostanza.
- Niente, un piccolo incidente- tagliò corto.
- Il Professore è sparito, Max ed Elena non si trovano, tu sembra abbia fatto a botte con qualcuno, mi spiegate che vi prende a tutti oggi?-
Takao si era intrufolato nella stanza mentre parlava e intanto Rei lo seguiva con lo sguardo esasperato.
- Senti, Takao, proprio non mi va di parlarne – concluse asciutto il cinese, sbattendo la porta e appoggiandosi contro di essa.
- Ma guarda, senza il nostro amico hai preso tu il posto dello stronzetto scorbutico dei Bladebreakers- osservò il giapponese, mettendosi a braccia conserte.
- Non ti azzardare...- cominciò Rei puntandogli l’indice contro, Takao alzò le braccia in sua difesa.
- Ok, d’accordo, ma devi ammettere che sei cambiato e anche tanto, quasi certi momenti stento a crederci che sei lo stesso ragazzo che una volta mi faceva ragionare quando mi comportavo da coglione egoista- osservò Takao e Rei sospirò, rendendosi conto che il suo amico aveva perfettamente ragione.
- Gli ultimi dieci anni sono stati difficilissimi- confessò Rei dopo un lungo sospiro, sedendosi accanto a Takao.
- E lo dici a me? Alcolismo, notti insonni, l’unico membro dell’unica famiglia che abbia mai avuto che muore all’improvviso lasciandomi in preda alla più totale solitudine- cominciò il giapponese guardandoolo di traverso.
- Hilary che ti urla nelle orecchie da mattina a sera e ti assilla per avere un matrimonio da fiaba- concluse ironico, riuscendo a strappare una risatina a Rei.
- Sto sbagliando tutto, Takao, ero convinto di essere un buon Guardiano per Elena, ma ho fallito e non solo con lei come protetta, ma con lei come donna- disse Rei sospirando, perso a fissare il vuoto, sentendosi decisamente meglio a confidarsi con il suo amico e pentendosi di non averlo fatto prima.
Takao gli diede una sonora pacca sulla spalla.
- Ma quante cazzate, ma sei hai fatto un ottimo lavoro!- lo tirò su il leader.
Takao, nonostante tutto, non aveva perso la caratteristica di vedere sempre il lato positivo delle cose. Gli era accaduto veramente di tutto in quegli anni, eppure lui sembrava sempre lo stesso ragazzino quindicenne che Rei aveva sfidato per la prima volta al torneo regionale.
- Elena è diventata fortissima, a volte ho paura a sfidarla in allenamento e se si è dedicata con tanta devozione a questa missione è anche per merito tuo- lo rassicurò Takao
- Tu la ispiri, la spingi a fare sempre meglio, a superare i suoi limiti. Anche io e Max ci proviamo, ma lei sembra stare a sentire solo te e, in effetti, la cosa inizia a diventare seccante- proseguì ironico, grattandosi la fronte.
- A volte penso di non meritarmi il suo rispetto e la sua fiducia- ammise Rei
- O vuoi dire il suo amore, forse- osservò Takao guardandolo di sottecchi, mentre Rei alzò lo sguardo e sospirò arreso, incapace di dire qualunque cosa.
- Tranquillo, lo so, starò zitto perché dovrai dirglielo tu- disse il giapponese in tono canzonatorio.
- Come faccio a dirglielo? Non posso mandarla in battaglia dopo tutto quello che le ho fatto passare dicendole che… la amo- si difese Rei, deglutendo a vuoto dopo le ultime due oesanti parole.
- Proprio perché dobbiamo affrontare quella battaglia, merita di saperlo, non credi?- chiese Takao, mordendosi un labbro.
- Potrebbe essere l’ultima occasione. Vorresti che tutto finisse senza che lei sappia cosa provi? Non se lo merita, Rei e neanche tu- continuò lui facendo riflettere l’amico, il quale si sentì talmente confuso da non sapere proprio cosa fare.
- Che pasticcio- mormorò il moro, buttandosi di peso sul letto, Takao lo imitò e i due restarono a fissare il soffitto in silenzio.
- Ti manca?- chiese Takao quasi sottovoce, dopo un po’, sperando che il suo compagno di squadra capisse subito a chi si stava riferendo.
- Tutti i giorni- rispose Rei e i due restarono lì per minuti interminabili, a guardare il vuoto, senza parlare.

Al rientro in albergo, Elena si trovò davanti i suoi quattro Guardiani e non sapeva se chiedere scusa in ginocchio per come li aveva trattati negli ultimi giorni, o aspettare che fossero loro a dirle qualcosa. Fatto stava che si sentiva un vero schifo e avrebbe voluto tanto rimediare, anche se era convinta non sarebbe bastata una potente dose di scuse per cancellare i suoi capricci. Ma le parole di quella e-mail di Daitenji le erano rimaste impresse e anche quel pomeriggio tranquillo con Max l’avevano aiutata a riflettere, qualcosa quegli eventi di quella giornata avevano smosso dentro di lei.
- Ragazzi, visto che per la millesima volta è saltato il tour per la città, che ne dite di andare semplicemente a fare due passi all’Hyde Park?- propose Takao ad un certo punto, notando il silenzio di tutti mentre l’ascensore saliva ai piani.
- Visto che è la nostra ultima notte a Londra e abbiamo tanto di cui parlare- continuò lui, guardando Elena fisso negli occhi  la giovane sentì che in qualche modo l’argomento di cui dovevano discutere potesse essere proprio quello che lei stessa stava cercando di evitare dal primo giorno del Cammino. Sostenne lo sguardo di Takao e annuì impercettibilmente.
- Sono d’accordo, ho delle cose da dirvi e credo sia giunto il momento- confessò lei, sospirando.
- Bene, allora che aspettiamo?- disse il Professore sistemandosi gli occhiali sul naso.
- Se mi date giusto cinque minuti per togliermi questa roba bagnata di dosso, faccio in un attimo, promesso- disse Elena, aprendo velocemente la porta di camera sua.
Si cambiò in un lampo, sentendosi sollevata nell’indossare finalmente vestiti asciutti, si asciugò i capelli quel tanto che bastava per non beccarsi un terribile raffreddore visto che era calata la sera e, di conseguenza anche le temperature e scese veloce le scale arrivando nella hall dove i ragazzi la stavano aspettando.
- Possiamo andare- annunciò Elena con un sorriso tirato.
Nel tragitto verso l’Hyde Park, i cinque erano rimasti inizialmente in silenzio, ed Elena si era affiancata a Rei. Era come se l’uno aspettasse che l’altra parlasse, così Elena prese coraggio per prima, sentendo il cuore batterle all’impazzata nel petto.
- Senti, Rei, ti devo delle scuse- cominciò lei, sinceramente pentita.
- Non fa niente, abbiamo detto tutti cose che avremmo voluto rimangiarci negli ultimi mesi, non devi chiedermi scusa di nulla- disse lui dolce e la giovane Prescelta, per l’ennesima volta, si chiese cosa aveva fatto per essersi meritata quell’uomo perfetto come Guardiano.
Tutta la collera che aveva provato nei suoi confronti quella mattina si era diradata come nebbia in un giorno di sole.
- Io però oggi ho proprio esagerato, non dovevo pressarti in quel modo e soprattutto, non pensavo tutte quelle cattiverie che ho detto- continuò Elena, sperando che lui la perdonasse davvero. Non poteva sopportare l’idea di affrontare gli ultimi incontri senza avere il supporto di Rei, che era stata la carica per superare tutte le sfide precedenti.
- Tu sei un Guardiano meraviglioso e soprattutto una persona meravigliosa e io… sono fortunata ad averti, non ti merito- Elena sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi, ma non poteva mettersi di nuovo a frignare davanti a lui.
Rei sfoderò uno dei suoi sorrisi bellissimi e guardò Elena, lei sembrava ipnotizzata, come la prima volta che l’aveva visto al ristorante. Il cielo scuro della sera faceva risaltare i suoi occhi ambrati ancora di più.
- Io devo chiederti scusa per come ti ho trattata per tutto questo tempo, escludendoti dai miei pensieri, ti chiedo scusa per quel giorno a Parigi, per non averti messa al centro di tutto certi momenti e per non essermi fidato di te quanto dovuto, se c’è uno che non si merita una Prescelta come te, quello sono io- le parole uscirono a Rei senza che lui potesse in qualche modo controllarle e si tolse finalmente una parte di quel peso che si teneva dentro da tempo.
Per la prima volta in tre mesi Elena aveva forse visto il vero Rei, il Rei senza quel velo di tristezza e rabbia sul viso, il Rei senza la facciata da Guardiano duro e tutto d’un pezzo. Elena vedeva solo Rei, un ragazzo meraviglioso, che tentava in tutti i modi di riguadagnarsi la sua fiducia.
- Pace fatta- disse lei ricambiando il sorriso e sperò con tutta sé stessa che quel momento non venisse rovinato dalla confessione che stava per fare a lui e a tutti gli altri.

Né Elena né i ragazzi erano mai stati in quel famoso parco londinese di sera.
L’atmosfera era calma, l’odore della pioggia sull’erba rendeva l’aria frizzante e l’immensa distesa verde sembrava essere deserta, considerato il forte maltempo di qualche ora prima, era comprensibile che per strada non ci fosse quasi nessuno.
Max si sedette su un muretto accanto al Professore che era intento a pulirsi gli occhiali dalle gocce di pioggia che erano cadute da qualche cornicione, Takao aveva preso a lanciare sassolini nello stagno di fronte a loro ed Elena e Rei erano seduti su una panchina ad osservare Takao e i cerchi che si andavano formare sulla superficie dell’acqua, dietro i suoi colpi.
La giovane blader iniziò a tremare e a torturarsi le dita e poi, con un tono di voce fin troppo acuto, attirò l’attenzione dei ragazzi.
- Hey, Guardiani, devo dirvi una cosa importante, potete venire tutti qui, per favore?- cominciò lei, impedendo a quel terribile nodo a metà tra laringe e faringe di interromperla.
Takao smise di lanciare sassi in acqua, si girò e tornò vicino ai suoi amici, che andavano a raggrupparsi lentamente intorno alla loro pupilla.
- Siamo noi, in realtà, che dobbiamo dire una cosa a te- esordì il giapponese.
Il suo sguardo era paurosamente serio ed Elena giurò di non aver mai visto Takao così accigliato da quando lo conosceva.
- Davvero? Cosa riguarda?- chiese Elena ansiosa
- Riguarda il match con il Team delle Tenebre- proseguì Takao, per poi scoccare un’occhiata eloquente a Rei, lo sguardo di Elena si spostò su Rei e quegli occhi neri come la notte, pieni di aspettative, misero a dura prova tutto il coraggio che il cinese aveva raccolto per parlare.
- Vedi, Elena, al momento della partenza per intraprendere la missione, Daitenji ci ha fatto giurare sui nostri sacri Bit Power di proteggerti fino all’ultimo secondo- cominciò Rei, pesando le parole.
- Lo so e volevo ringraziarvi fin da ora per questo, ma...-
- Ti prego, lasciami finire, già è difficile così- la interruppe Rei, posandole una mano sulla spalla.
- No, aspetta- la voce di Elena si sovrappose a quella di Rei ancora una volta.
- Ragazzi, davvero, se state tentando di dirmi che morirò durante la battaglia contro il Team delle Tenebre, vi risparmio la fatica. So già tutto- le parole le uscirono fuori senza che lei ci pensasse troppo e per un attimo si sentì stupida per aver aspettato tutto quel tempo, quando sarebbe bastato essere diretti e dire semplicemente la verità. Si sarebbe risparmiata un sacco di notti insonni e si sarebbe sentita da subito più leggera.
Elena passò in rassegna i volti dei suoi Guardiani e, a primo acchitto, non parvero né sollevati, né tanto meno sorpresi alla sua confessione e quella reazione così strana la mandò in confusione.
La ragazza si alzò in piedi.
- Ragazzi, ho appena detto che sarò io a sacrificarmi durante la battaglia finale, ma a giudicare dalle vostre facce, direi che lo sapevate già e che eravamo venuti qui per parlare di questo- disse lei aggrottando le sopracciglia, Rei si alzò e la prese dolcemente per mano.
- Elena, è meglio che tu ti rimetta seduta- la voce sommessa del moro la scosse leggermente.
La ragazza obbedì, sempre più confusa e poi Takao sospirò pesantemente. Quel peso di cui Elena pensava di essersi liberata, tornò a pesare il doppio sul suo petto.
- Stiamo per rompere il giuramento che abbiamo fatto a Daitenji, dato che tu non avresti dovuto scoprire nulla fino alla vittoria contro il blader spagnolo, ma abbiamo pensato che non fosse giusto, visto il legame che si è creato, tenerti allo scuro di tutto- cominciò Takao, mentre la sua protetta lo guardava interrogativa.
- E poi, anche noi avremmo voluto che qualcuno ce lo dicesse prima, per… farci abituare all’idea...- concluse il giovane con un sorriso triste.
Il Professor Kappa stava tirando su col naso e Max e Rei avevano lo sguardo basso, erano piombati di nuovo in un silenzio fin troppo assordante.
- Cosa… cosa dovete dirmi? Cos’è che non so?- chiese Elena impaziente, spostando lo sguardo da un Guardiano all’altro, sperando di avere finalmente le risposte alle domande che l’avevano tenuta prigioniera e l’avevano fatta sentire fuori dal mondo per tutta la vita.
- Io non ci riesco, mi dispiace- mormorò Rei scuotendo energicamente la testa, per poi alzarsi e allontanarsi.
- Rei, dove vai?- chiese Elena con una nota di tristezza nella voce, realizzando che quella era la prima volta che il suo Guardiano stava mostrando le sue debolezze e quella reazione sconosciuta la fece agitare ancora di più.
- Elena, ascolta, sai che per sconfiggere quei mostri c’è bisogno di un grande potere...- cominciò Takao, sentendo la necessità di continuare lui stesso il discorso.
- Certo, il Bit Power- rispose lei ovvia
- Non esattamente- ribatté lui e la ragazza iniziò a percepire la strana sensazione che tutte le convinzioni che l’avevano tenuta in piedi fino a quel momento, che le avevano permesso di restare sana di mente fino a quel punto, erano delle menzogne. Un macigno di qualche tonnalleta le stava spaccando il petto.
- C’è bisogno di una forza ancora più potente, ed è il Bit Power Supremo- concluse Takao, cercando di mantenere un tono piatto.
- Il Bit Power Supremo, che cos’è?- chiese Elena in preda alla più totale confusione.
Takao sospirò, chiedendo aiuto con gli occhi sia a Max che al Professore, i quali avevano decisamente degli sguardi più tristi del suo dipinti sul volto.
Nessuno sembrava avere il coraggio di dare quella spiegazione.
- E’ il potere che si ottiene quando un Guardiano si sacrifica per la sua Prescelta- la voce di Rei che pronunciava quelle parole fu come un fulmine a ciel sereno, come la pioggia scoppiata all’improvviso quel pomeriggio, non lasciava via di scampo.
Quelle parole colpirono Elena dritta al cuore come una manciata di spilli infuocati. Sentì la testa girarle tremendamente e dovette tenersi forte alla panchina con entrambe le mani per non cadere.
- Cosa… state cercando di dirmi?- chiese lei in un soffio, sperando di non aver compreso appieno il significato di quella frase.
- Che uno di noi dovrà dare la sua vita per permetterti di sconfiggere il Team delle Tenebre- disse Max serio
Elena spostò le mani dalle ginocchia e lentamente si coprì il viso, restando a testa bassa. I suoi movimenti li vedeva come al rallenti e cercava disperatamente di dare un senso a quello che i ragazzi le avevano appena detto.
- Quindi, i Prescelti sopravvivono allo scontro, ma come è possibile?- chiese lei dopo un po’, sforzandosi di non piangere
- Non tutti, ovviamente. Solo chi è forte e riesce a fuggire prima che sia troppo tardi, ma per la maggior parte sono alcuni Guardiani a non tornare dal Cammino, per questo i Prescelti vengono allenati duramente da loro durante il viaggio, per essere degni di controllare il Bit Power Supremo- spiegò Takao, mentre Rei con incertezza aveva allungato una mano verso di Elena, accarezzandole dolcemente la schiena per confortarla. Tutte quelle informazioni si erano andate ad annidare nello stomaco della ragazza, procurandole un bruciore terribile.
- Ma allora, Olivier...- disse lei, interrompendosi a metà della frase, ricordandosi del mistero che da sempre aveva avvolto la morte dell’amico di suo fratello, ma Takao scosse la testa.
- Olivier è stata una vittima fortuita del Team delle Tenebre, il primo che si è trovato davanti a tutti al loro arrivo- confessò Takao
- Gli European Dream furono i primi a sfidarli, poi toccò ai blader russi che ci avevano dato filo da torcere durante l’incontro precedente, ma neanche loro ebbero scampo, quando capirono di non potercela fare, se la diedero a gambe- continuò con una smorfia, mentre Elena lo ascoltava sotto shock.
- Ricordo ancora gli occhi pieni di terrore di tuo fratello, quando Kairone ha usato il suo Bit Power, Mummia, per strangolare il suo amico- disse duro Takao.
Elena inspirò profondamente, incanalando quanto più ossigeno possibile, poiché la nausea aveva preso possesso di ogni singola cellula del suo corpo. Ora capiva perché Gianni aveva odiato il Beyblade fino a quel punto. Olivier era morto sotto i suoi occhi e lui non aveva potuto fare niente per impedirlo. Immaginò il dolore e la primordiale paura che aveva dovuto provare suo fratello in quegli attimi, così come Ralph o Andrew e si sentì peggio per essere stata così insistente riguardo al conoscere la verità.
In quel momento sperò di poter tornare indietro nel tempo e non conoscerla mai.
- E allora voi… come avete fatto a fermarli?- chiese Elena speranzosa
- Il ragazzo che hai visto in foto stamattina, il nostro amico, il vero motivo per cui noi non ci siamo parlati per dieci lunghi anni...- riprese Takao con voce tremante
- Lui... divenne il mio Bit Power Supremo- concluse con gli occhi pieni di lacrime.

Ciao a tutti! Questo capitolo lo considero il cuore di tutta la storia (diciamo che è stato il primo a cui ho pensato quando ho deciso di scrivere la fan fiction) e spero di aver trasmesso le sensazioni giuste che ho provato nello scriverlo anche a voi. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, se qualcuno di voi aveva capito il ruolo di Kei in questa vicenda e se ne è valsa la pensa, secondo voi, aver perso i contatti per dieci anni perché il dolore per la perdita dell'amico aveva fatto sì che nessuno dei Bladebreakers riuscisse più a guardare gli altri negli occhi.
La scelta del brano non è stata casuale. Rei confessa a Takao (finalmente ahaha) di amare Elena, dopo tutto il suo passato da latin lover, pieno di sesso senza amore, ha chiuso e ha messo la testa a posto, anche se la sua "parte oscura" e i suoi doveri gli impediscono di aprire il suo cuore ad Elena, per la quale capisce di provare qualcosa di forte solo quando sta per perderla definitivamente e da qui la canzone, un passaggio in particolare mi riporta alla mente il loro turbolento rapporto Guardiano-Prescelta "Metterò il peggio di me dentro una crisalide, per non farti più male se lo farai anche te."
Grazie ancora una volta a chi legge, recensisce e silenziosamente mi segue <3
LadyYuna94

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Capitolo 30
*** Io non sono sola... ***


Capitolo 30:

Elena non sapeva esattamente come aveva fatto a tornare in albergo.
Sapeva solo che aveva messo un piede davanti all’altro per inerzia e che per tutto il tragitto le braccia forti di Rei l’avevano sorretta in più di un’occasione, quando aveva sentito la testa girare troppo vorticosamente.
Avrebbe dovuto sentirsi sollevata perché aveva scoperto che quel viaggio non l’avrebbe uccisa, ma la verità era che si sentiva molto peggio del previsto.
Tutto ciò in cui aveva sempre creduto e per cui aveva sempre lottato era stato spazzato via come polvere e una cosa era sapere di dover morire ed essere pronta da sempre a farlo, un’altra era chiedere a qualcun altro di farlo al posto suo. Elena non poteva permettere che ciò accadesse, ma stando al racconto di Takao, quella era l’unica soluzione se volevano almeno sperare di fermare i blader della Morte, questa volta definitivamente.
Il Bit Power Supremo, più pronunciava quel nome nella sua mente più si lasciava assalire dall’angoscia e dalla confusione.
Una tra le persone a cui lei teneva di più al mondo, una tra le persone che l’avevano sostenuta, allenata, accudita e spronata in quei mesi avrebbe dovuto dare la vita per generare una creatura leggendaria che si sarebbe dovuta fondere con il suo Beyblade. Era a dir poco assurdo e Elena tentò con tutte le sue forze di convincersi che si sarebbe presto svegliata da quel terribile incubo.
Come poteva solo pensare di chiedere una cosa del genere a Max, con una moglie e due bambini piccoli che non vedevano l’ora di vederlo tornare a casa. Come poteva chiederlo al Professor Kappa che non aveva neanche ancora incontrato la ragazza giusta, o fatto una sensazionale scoperta in laboratorio e la sua vita doveva ancora cominciare del tutto. Come poteva azzardarsi a chiederlo a Takao, che aveva già vissuto la terribile esperienza di essere un Prescelto, il primo della storia e ne era uscito completamente a pezzi, proprio in quel momento che era in procinto di dare una svolta positiva alla sua vita con un matrimonio e la prospettiva di un futuro felice e sereno alle porte. E infine, non meno importante, come faceva a chiedere a Rei, all’uomo che amava così tanto, di morire per lei.
Elena si sentì ancora di più uno schifo per le parole che aveva detto proprio quella mattina al suo Guardiano, ma come poteva immaginare che ciò che Rei aveva sempre detto riguardo la missione, riguardo al proteggerla fino alla fine, di essere pronto a dare la vita pur di salvare la sua, era più concreto di quanto lei avesse mai potuto credere e capì finalmente perché quando lo aveva conosciuto, lui aveva avuto quella reazione alla richiesta di Daitenji di essere suo Guardiano. Rei non si era mai tirato indietro davanti a niente e avere la responsabilità di un’altra vita e quelle di tutto il resto del mondo che dipendevano dalla sua era il genere di gesto eroico che lui avrebbe compiuto senza pensarci due volte, anche a costo della sua stessa vita ed era proprio quella responsabilità ad averlo mandato inizialmente in crisi.
Elena aveva ormai il quadro della situazione ben chiaro. E ancora una volta sperò con tutte le sue forze di poter tornare a vivere nella beata ignoranza.
A quel punto capiva anche perché suo fratello si era sempre opposto con tanta forza al suo voler diventare una blader professionista.
Gianni voleva solo proteggerla e risparmiarle il grande dolore che si provava nel perdere qualcuno che si ama, visto che la vita già gli aveva strappato i genitori in tenera età. Voleva risparmiarle l’impotenza che aveva provato lui stesso di fronte alla pura malvagità, nel vedere la vita lasciare gli occhi di Olivier, un respiro mancato dopo l’altro. Suo fratello era stato il suo primo vero Guardiano ed Elena non lo aveva mai saputo fino a quel momento e, quel che era peggio, aveva preso ad odiarlo per quel suo modo di fare così distaccato nei suoi riguardi. La stava semplicemente proteggendo da sé stessa e dal suo stesso destino.

I ragazzi arrivarono in albergo intorno all’una di notte e senza dire una parola si trascinarono fino al corridoio delle camere.
Fu il Professor Kappa a ricordare a tutti che il volo per Madrid era previsto per le undici del mattino seguente, tutti annuirono e poi sparirono ognuno nel buio della propria stanza.
Elena si andò a fare una lunga doccia, non prima di aver dato di stomaco un paio di volte, poi si lavò i denti, indossò uno delle sue camice da notte di seta e si mise a letto, dopo aver spento l’abat-jour.
Si girò e rigirò sul fianco per almeno una decina di minuti, ma non riusciva proprio a trovare la via del sonno; ogni volta che chiudeva gli occhi, i suoi pensieri correvano ai volti dei suoi Guardiani, a chi di loro si sarebbe sacrificato al posto suo e quella soluzione così drastica a cui sapeva bene di non poter sfuggire la faceva letteralmente impazzire. Così si alzò, afferrò la sua vestaglia in tinta con la camicia da notte e uscì nel corridoio illuminato da una luce fioca, ricordandosi di ciò che Rei le aveva sempre detto di fare quando non riusciva ad addormentarsi.
Quella le sembrò decisamente la notte più adatta per chiedere il suo aiuto.
Bussò piano alla porta del ragazzo, il rumore delle nocche sulla porta di legno rimbombarono nell'ambiene vuoto, attese qualche secondo e poi fece per andarsene, dandosi mentalmente della stupida per averlo disturbato nel cuore della notte, ma proprio mentre Elena stava per tornarsene in camera, Rei aprì la porta.
Non sembrava per niente assonnato, anzi, Elena sentiva che era nervoso e irrequieto quanto lei, per di più indossava ancora la t-shirt nera aderente e quel paio di jeans grigi che gli stavano divinamente di quella stessa sera, segno che non aveva neanche ancora pensato di andare a letto.
- Scusami, Rei- disse Elena in tono sommesso, abbassando lo sguardo e il suo Guardiano di tutta risposta, si spostò dalla porta e la fece entrare, conoscendo bene il motivo per cui era andata a bussare a quell'ora così tarda.
Elena si sedette sul bordo del letto sospirando e Rei fece lo stesso, nel buio di quella camera illuminata solamente dalle luci lontane della città.
- Una serata davvero interessante- cominciò Elena, sforzandosi di essere sarcastica e lasciandosi andare di peso sul materasso.
- Puoi dirlo forte- commentò Rei, mettendosi entrambe le braccia dietro la testa, dopo aver imitato la sua protetta.
- Mi sento ancora più in colpa per averti detto quelle cose stamattina- cominciò lei, tentando di togliersi di dosso quella sensazione di nausea che la accompagnava da ore ormai.
- Non pensarci più, non lo potevi sapere- concluse lui, fissando serio il soffitto.
Elena volse leggermente lo sguardo e, dopo aver indugiato per qualche secondo sui muscolosi quadricipiti tesi accanto al viso del suo Guardiano, parlò di nuovo per prima.
- Com’era lui? Intendo… il vostro amico- chiese e Rei rimase in silenzio.
- Perdonami, non devi parlarne se non te la senti- la Prescelta aveva imparato la lezione e tentare di aprire quella ferita mai davvero sanata, costituiva solo un immenso dolore per Rei e lei non voleva in alcun modo farlo soffrire più del dovuto e ora sapeva bene il perché.
- Kei era un tipo freddo, solitario, non si era mai davvero considerato parte del gruppo, nonostante ce l’avessimo messa tutta per farlo sentire uno di noi- cominciò Rei, dopo un breve silenzio e con grande sorpresa di Elena.
- Era stata proprio la vittoria appena proclamata contro i suoi vecchi amici russi a farlo sciogliere e quel sorriso appena accennato che hai visto nella fotografia che ha Takao è stata forse l’unica volta in cui io e gli altri lo abbiamo visto così-
Elena restò in silenzio e immobile, pensando che anche il più impercettibile movimento avrebbe causato l’interruzione di quel racconto, di cui lei sperava di conoscere tutti i dettagli da quando era cominciato quel viaggio.
- Io ero appena arrivato allo stadio, ero stato dimesso dall’ospedale quella mattina solo per la premiazione ed ero conciato ancora piuttosto male.- continuò lui
- Sai, fu Mao ad accompagnarmi, lei era rimasta al mio capezzale fino al mio risveglio, forse per questo quando sono tornato a casa, quando tutto finì, ho pensato che tra noi potesse funzionare, ma era soltanto riconoscenza e profonda amicizia fraterna la mia nei suoi confronti, purtroppo me ne sono reso conto troppo tardi- spiegò Rei in tema di confessioni, forse col tentativo di chiarire ad Elena perché si era comportato in quel modo quella famosa mattina a Parigi. Ad Elena sembrava essere passata un’eternità da allora e decisamente ciò che l’aveva fatta andare in escandescenza quella mattina, era una bazzecola al confronto di ciò che stava provando in quel momento.
(https://www.youtube.com/watch?v=OJkqkWIpFAI)
- Neanche il tempo di scattarci quella foto e quattro figure apparvero dal nulla, afferrarono Olivier e lo uccisero, così, senza un vero motivo-
Rei sospirò rumorosamente.
- C’era il panico allo stadio, tifosi, famiglie sugli spalti vennero colpite brutalmente. Molti blader scesero in campo anche contemporaneamente contro quei mostri, ma alcuni di loro morirono, uno dopo l’altro, in pochi riuscirono a mettersi in salvo- continuò Rei con la voce piena di dolore.
- Uno dei Beyblader della squadra spagnola, colui che sarà il tuo ultimo avversario, afferrò me e Takao e ci chiese se eravamo disposti a ricorrere alla magia pur di liberarci di quei tizi-
Elena strinse gli occhi, avvertendo quanto dolore stava provando Rei nel raccontarle finalmente cosa era successo davvero quella notte in Russia.
- Eravamo campioni del mondo da neanche dieci minuti e già stavamo litigando su chi dovesse diventare il Bit Power Supremo, forse l’euforia per la vittoria e la paura per quello che stava succedendo, ci impedì di ragionare lucidamente: quel tizio e sua sorella ci avevano appena chiesto chi di noi fosse disposto a morire per salvare tutti gli altri, una richiesta assurda a pensarci- Rei fece un sorrisetto amaro.
- Kei era rimasto in disparte per tutto il tempo e, poi, senza neanche rendercene conto aveva consegnato il suo Beyblade agli spagnoli, chiedendo loro di fare a lui l’incantesimo- concluse il giovane, amaro.
Elena allungò una mano sul letto e toccò la spalla di Rei, lui liberò un braccio da sotto al cuscino e strinse la mano della sua Prescelta. I due si strinsero talmente forte che la giovane ebbe paura di spezzarsi le falangi.
- Il resto lo conosci bene, il Team delle Tenebre è tornato poco dopo e così, per evitare di finire come a quella finale mondiale in cui persero la vita centinaia di persone, praticare il Beyblade è diventato reato in ogni parte del mondo e io, come tanti altri blader professionisti, ho smesso di giocare un po’ per paura, un po’ per il dolore immenso che provai quella notte-
Elena gli strinse ancora di più la mano e Rei, per la prima volta, non si stava sottraendo al suo tocco.
- Ogni volta che lanciavo il mio Beyblade pensavo a Kei e al suo sacrificio, stavo di merda e mi sentivo in colpa per non essere stato tanto coraggioso da scegliere di sacrificarmi al posto suo- confessò lui.
Elena sospirò e Rei si girò ad osservarla, i suoi bellissimi occhi dorati erano colmi di lacrime e lui aveva uno sguardo implorante.
- Tu sei la nostra unica speranza- le disse sottovoce
Elena lo guardò per interminabili secondi, entrambi che a fatica ricacciavano indietro le lacrime.
Occhi negli occhi, come ferro e calamita che non riuscivano a stare lontani, poi si avvicinò lentamente a lui, prendendo coraggio gli accarezzò i capelli, chiuse gli occhi e poggiò le labbra sulle sue. Un tocco fugace, un bacio casto, ma Elena sentì che era come se le sue labbra fossero fatte apposta per andarsi ad unire a quelle di Rei, come un diamante incastonato alla perfezione in un anello.
- E questo per cos’era?- chiese lui dolcemente, riaprendo piano gli occhi.
- Sai, potrebbe essere l’ultima volta che ti chiedo di dormire con me perché ho gli incubi- ammise Elena con un sorrisetto, sperando che Rei capisse finalmente cosa provava per lui, che capisse che era perdutamente innamorata di lui.
Di tutta risposta, il ragazzo dagli occhi ambrati tirò a sé Elena e la baciò con molta più foga di quanta ce ne avesse messa lei poco prima, mandando mentalmente al diavolo tutte le sue responsabilità e facendosi travolgere dalla passione. Elena schiuse le labbra e lasciò che la lingua di Rei invadesse la sua bocca e la assaporasse, come se in quel momento l’uno fosse l’ossigeno dell’altra, impossibile sopravvivere senza.
Rei fece scivolare Elena sotto di sé e la osservò per qualche secondo, lei pensò che avesse tutta l’aria di una tigre maestosa pronta a prendersi la sua preda preferita, proprio come quella che lui aveva tatuata all’altezza del cuore, quella del suo Bit Power.
Rei prese a baciare Elena prima sulle labbra, poi scese sul collo mentre le tirava giù la camicia da notte, abbastanza larga da scivolare da sotto, scoprendo il meraviglioso corpo della sua Prescelta, quel corpo che Rei aveva immaginato per molte notti di tenere tra le braccia, proprio come stava facendo in quel momento.
Si avvicinò al suo seno e cominciò a baciarlo e a morderle i capezzoli inturgiditi dal piacere. Elena si lasciò sfuggire un gemito di soddisfazione, mentre lui continuava a lasciare una scia di baci sul suo corpo, fino al suo basso ventre. Elena inarcò la schiena e si tenne forte alle lenzuola, incapace di contenere tutto quel desiderio e quel piacere, mentre Rei esplorava il centro della sua femminilità con la lingua, famelico, portandola all’apice del piacere.
Mentre Elena era ancora scossa dagli spasmi, fece uno scatto in avanti, prendendo in mano la situazione, sfilò la maglietta a Rei e fece correre lentamente le mani sulle cicatrici che il giovane aveva su quel corpo perfetto nonostante tutti quei segni, i segni dell’ultima dura lotta da blader professionista, Rei chiuse gli occhi e si godé quel tocco dolce, poi lasciò che lei gli aprisse la lampo dei jeans e gli tirò giù anche i boxer, liberando la sua erezione e cominciando ad accarezzarla con intensità crescente, godendosi l’espressione di puro godimento che Rei aveva sul viso. Elena si era messa a sedere e gli aveva intrecciato le braccia dietro al collo, facendo aderire perfettamente i loro corpi, Rei la prese per i fianchi e la fece mettere a cavalcioni su di lui, tenendola stretta a sé e baciandola ancora, mentre con le mani percorreva ogni centimetro delle curve del suo corpo.
Elena insinuò le mani tra i capelli del suo Guardiano e gli tirò leggermente la testa all’indietro servendosi della sua lunga coda corvina, per baciargli la base del collo, una scia di baci fino all’orecchio, che Elena intuì essere il suo punto debole quando gli morse il lobo e Rei reagì con un grugnito di soddisfazione.
Il ragazzo si insinuò con una mano tra le gambe della sua protetta, cominciando ad accarezzarla, una lenta tortura che proseguì fino a quando Rei la penetrò prima con due dita e poi con tre ed Elena fu costretta a soffocare un grido di piacere.
Rei estrasse le dita e cominciò a leccare avidamente gli umori che la sua protetta gli aveva lasciato sull’indice e sul medio e quel gesto fece definitivamente impazzire la ragazza.
- Ti voglio- sussurrò lui
Ed Elena non se lo fece ripetere due volte, si sistemò meglio sulle sue gambe e si lasciò invadere, trasalendo quando Rei scivolò dentro di lei in un sol colpo e cominciando a muoversi ritmicamente sopra di lui, mentre lo baciava e lo teneva ancorato a sé per i capelli.
Il cinese spinse la sua protetta dolcemente verso il materasso e la fece sdraiare nuovamente sotto di sé, la baciò ancora una volta con una dolcezza e una passione che Elena non aveva mai visto in nessun altro e poi Rei si sistemò tra le sue gambe, penetrandola di nuovo, questa volta più lentamente come a non volersi perdere nulla di quel momento.
Elena iniziò a gemere sempre più forte, quando lui la prese per i fianchi e assestava colpi decisi, prendendosi tutto di lei, una spinta alla volta, centimetro dopo centimetro.
Rei le prese le braccia e gliele portò dietro la testa, intrecciando le mani con le sue, poggiando la fronte contro la sua e aumentando sempre di più il ritmo con cui si spingeva dentro di lei ed Elena capì di essere di nuovo vicina al limite, ansimando quasi senza fiato.
- Rei...- Elena pronunciava il suo nome tra i sospiri, lo invocava, come solo una donna innamorata riesce a fare.
Rei le sussurrò che stava per venire e lei annuì con un sorriso imbarazzato e i due si fecero travolgere dall’orgasmo nello stesso momento, come un maremoto impetuoso che colpisce la costa ed Elena sentì il seme caldo del suo Guardiano invaderla completamente.
Quando Rei si sdraiò accanto a lei riprendendo fiato, la giovane blader Prescelta realizzò che quella era la prima volta in cui faceva per davvero l’amore, perché nessuno l’aveva mai presa così prima di Rei, nessuno le aveva mai fatto provare quelle meravigliose sensazioni prima di quella notte.
Elena chiuse gli occhi sentendo il cuore che le andava a mille e sperando di non essere in uno dei tanti sogni che aveva fatto in quei tre mesi.
- Devo confessarti una cosa- disse Elena restando ad occhi chiusi
- Dimmi- rispose Rei, riprendendo a respirare regolarmente
- Non lo avevo mai fatto così...- confessò Elena un po’ in imbarazzo e Rei sorrise dolcemente
- Ti sembrerà strano, visto il mio passato, ma nemmeno io ero mai stato così bene- le disse lui sicuro
- Sai io e te siamo come il sole e la luna...- cominciò Rei ed Elena si mise ad ascoltarlo
- Tu sei sempre sorridente, nonostante tutto ciò che ti aspetta e la missione dura che stai affrontando, non smetti di infondere allegria, sicurezza e calore a tutti noi, proprio come i raggi del sole nella bella stagione- Elena sorrise a quel complimento, pensando che quella era la prima volta che qualcuno la paragonasse al sole.
- Sì e non dirmi che tu sei la luna perché dentro di te è più buio della notte, perché non ci crederò mai- disse la Prescelta interrompendo il suo Guardiano, che prese a sorriderle in quel modo tra il dolce e il divertito tipico suo.
- Sappi che la luce della luna si dice sia dotata di poteri misteriosi e io lo so perché tu mi hai ipnotizzata, dal primo secondo- confessò lei, cavalcando l’onda del coraggio partita quando aveva baciato Rei, immaginando tutto, fuorché finire a fare l’amore con lui. Rei, dal canto suo, si stupì di fronte a quelle parole, pensando a quanta fatica ci aveva messo lei a rivelargli i suoi sentimenti, anche se non direttamente.
Quella probabilmente sarebbe stata davvero l’ultima notte che avrebbero passato insieme ed Elena aveva la netta sensazione che se non gli avesse detto tutto ciò che pensava se ne sarebbe pentita amaramente. Quella notte era un po’ come l’eclissi, giorno e notte che si incontrano in un evento più unico che raro...

Eccomi qui!!! Ricordo di aver faticato parecchio a scrivere questo capitolo. Sì, lo ammetto, è la prima scena di sesso che descrivo esplicitamente in una fanfiction quindi chiedo perdono se non è perfetta e so che è abbastanza ripetitiva. Spero solo si colga il significato, Rei ed Elena ci hanno fatto sudare per finire a letto insieme e confessarsi i reciproci sentimenti, ecchecavolo xD
Detto questo, zozzonerie a parte (hihi) è stato uno dei capitoli più intensi per me, ci ho messo l'anima e il cuore e soprattutto uno dei miei brani preferiti come colonna sonora (che invito caldamente ad ascoltare, perché giuro non sarei mai riuscita a finire se non l'avessi ascoltata a ripetizione per entrare al meglio nel mood *.*) che descrive appieno soprattutto le sensazioni dal punto di vista di Elena.
A parte il mio monologo interiore, ringrazio ancora tutti e un mega abbraccio, auguro a tutti voi una buona Pasqua e, mi raccomando, mangiate tanto xDxD <3
LadyYuna94

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Capitolo 31
*** Madrid ***


Capitolo 31:

Quando si riprese del tutto, Elena fece per alzarsi e andò in cerca della sua camicia da notte, nel frattempo Rei la osservava stranito.
- Che ti prende, perché scappi?- chiese preoccupato d'un tratto.
- Beh, so che dormi con me solo per tenermi d’occhio, ma non sei esattamente a tuo agio e voglio lasciarti riposare- confessò lei, dandogli le spalle.
- Non fare la stupida, torna qui- la invitò lui, tirandola dolcemente per un braccio ed Elena gli finì di nuovo addosso, lo baciò ancora una volta e poi, rassegnata ma felice, si sdraiò nuovamente sul letto e si mise sul fianco ad osservare il suo Guardiano che se ne stava ad occhi chiusi, per la prima volta da quando lo aveva conosciuto con un'espressione serena sul volto.
- Ti lascio dormire qui, ma sai che non devi guardarmi- la avvisò lui con un sorrisetto
- Non posso farci nulla- ammise Elena
- E poi voglio imprimermi per sempre nella mente questa immagine- disse lei e poi prese a percorrere i lineamenti di Rei col pollice, le sopracciglia scure, quelle lunghe ciglia, quel naso un po’ all’insù e quelle labbra sensuali che avevano baciato tutto il suo corpo poco prima e, a ripensarci, ad Elena vennero brividi di piacere. Poi passò ad accarezzargli i lunghi capelli neri e scese sulle spalle e le braccia, sentendo sotto le dita i segni delle cicatrici.
- Rei...- sussurrò Elena e tutti i suoi pensieri si interruppero lì e lui aprì piano gli occhi, quegli occhi magnetici e rari di cui Elena si sentì prigioniera sin dal primo sguardo. Ogni volta che quelle stelle la fissavano, Elena perdeva ogni facoltà motoria e intellettiva. Avrebbe ucciso per lui solo se glielo avesse chiesto con uno sguardo, ma realizzò in quel momento che poteva essere lui a morire per lei e quella prospettiva la fece stare malissimo. L’idea di non vedere più quegli occhi la fece sentire indifesa e sola. Rei era il suo faro in mezzo ad un mare in tempesta.
- Devo darti una cosa- disse lui interrompendo il flusso dei suoi pensieri. Elena si appoggiò con la testa su una mano e Rei si allungò verso uno dei cassetti del comodino, lo aprì e ne tirò fuori qualcosa, poi si girò di nuovo verso la ragazza e le chiese di chiudere gli occhi.
Lei, un po’ titubante, eseguì.
- Dammi la mano- sussurrò lui e Elena gli porse la mano libera, improvvisamente agitata da quella situazione, poi chiuse lentamente il pugno e sentì un oggetto metallico dalla forma irregolare, che riconobbe essere un Beyblade. Trasalendo, la Prescelta aprì gli occhi e non poteva credere a quello che vedeva.
- Rei, ma questo è...- cominciò confusa, studiando la trottola.
- E’ il mio Driger- asserì lui sicuro
Elena si fermò ad osservarlo alla luce fioca della stanza, era argentato come il suo Vulpilyon e al centro di esso troneggiava il Bit Power della Tigre Bianca, di cui Rei andava molto fiero.
- Ti ho detto una mezza verità- abbozzò lui imbarazzato, notando lo sguardo spaesato di lei.
- E’ vero che ho smesso di giocare, ma non mi sono mai separato dal mio Bey in questi anni- si confidò
- La Tigre Bianca è rimasta sempre al mio fianco, come una fedele compagna, e ora voglio che protegga anche te- concluse Rei
Elena non sapeva cosa dire e il primo istinto fu quello di restituirgli il Bey, scuotendo la testa.
- Non posso accettare, la Tigre Bianca significa tanto per te, come la Volpe per me, non posso tenerlo io il tuo Bey, è una responsabilità troppo grande- si giustificò Elena, poi realizzò che probabilmente glielo stava dando in quel momento per un particolare motivo e sentiva di poter dare di matto.
Il cinese le spinse dolcemente indietro la mano come a non voler essere contraddetto.
- Rei, no, riprenditelo- ribatté categorica la ragazza, ma lui la zittì dolcemente con un dito sulle labbra.
- Lascia che sia il mio Bit Power a proteggerti, il simbolo della mia tribù, le mie origini e la mia storia. Ti sto affidando questo, la mia vita- disse lui, richiudendole la mano intorno a Driger, con un po' di fermezza in più, come aveva fatto quella volta al Colosseo con Vulpilyon, quando si erano conosciuti.
Elena sentì che le lacrime tornarono a fare capolino nei suoi occhi, ma prima che potesse cominciare a piangere Rei la strinse a sé e la cullò tra le sue braccia.
- Sei al sicuro, io ti proteggerò fino alla fine- le sussurrò
Ed Elena riuscì finalmente ad addormentarsi, tra le braccia dell’uomo che amava.
Il mattino seguente la sveglia suonò alle otto.
Elena aprì gli occhi e sperò di non aver sognato quella notte e quando spostò lo sguardo sull’altra piazza del letto sorrise, vedendo Rei in controluce che si stava svegliando.
- Buongiorno- disse lei sorridendogli
- Buongiorno a te- rispose lui, girandosi completamente verso di lei e il fatto che fossero ancora nudi imbarazzò un pochino Elena.
- Vado a vestirmi- propose lei arrossendo e dandogli un bacio sulla guancia.
Lui rimase immobile a godersi quella scena, toccandosi la guancia con un sorrisetto.
- Che c’è?- chiese Elena recuperando la camicia da notte e la vestaglia finiti sul pavimento
- Devo abituarmi a tutta questa dolcezza- disse lui, facendole l’occhiolino
- E questo è niente, so essere decisamente diabetica- rispose la Prescelta, rivestendosi alla buona e facendo per uscire dalla stanza.
- Ci vediamo a colazione- gli disse, prima di tornare in camera sua e Rei sospirò contento, lasciandosi cadere nuovamente sul materasso e chiudendo gli occhi come a voler ricordare per sempre quella notte. La notte in cui lui ed Elena avevano stabilito un legame che sarebbe durato anche dopo la vita terrena, o almeno così sperava lui.

- Ragazzi, ma che avete?- chiese Takao dopo che l’aereo decollò, notando che Rei ed Elena stavano sbadigliando ripetutamente.
- Io non ho riposato molto- si affrettò a giustificarsi Elena, abbassando lo sguardo per evitare che Takao la vedesse con le guance color porpora.
- L’argomento di cui abbiamo parlato ieri sera le ha tolto il sonno e io sono stato a vegliare su di lei- aggiunse Rei, sperando che Takao, Max e il Professore si bevessero quella scusa, che tanto scusa non era.
Lo sguardo dei tre Guardiani si spostava saettante sugli altri due compagni di viaggio.
- In ogni caso cercate di rimettervi in sesto, soprattutto tu Elena, ti aspetta l’ultimo e decisivo incontro- concluse serio Takao
- Certo, anzi, adesso penso proprio che mi metterò a dormire- propose lei, sistemandosi meglio sul seggiolino.
Il volo sarebbe durato circa un paio d’ore, dunque Elena avrebbe avuto giusto il tempo per riposarsi e riprendere le forze, visto che l’incontro col blader spagnolo era in programma per quello stesso pomeriggio.
La giovane Prescelta non poté fare a meno di ripensare a ciò che era successo quella notte, non appena chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi e una serie di sensazioni contrastanti la pervase. La sua mente tornò non solo al modo in cui l’aveva sfiorata, baciata e amata Rei, ma al gesto che aveva fatto subito dopo aver fatto l’amore con lei.
Le aveva dato qualcosa a cui lui teneva più della sua stessa vita, il suo Beyblade, il leggendario Driger. Elena faceva ancora fatica a capire il perché di quel dono e soprattutto perché Rei lo avesse dato proprio a lei in custodia, dicendole che la Tigre Bianca l’avrebbe protetta, come aveva fatto con lui in più di un’occasione.
La giovane scacciò con tutta sé stessa dalla mente il pensiero terrificante della realtà di quel gesto.
Rei le aveva consegnato Driger perché aveva intenzione di diventare il suo Bit Power Supremo.
Quella possibilità concreta fece venire un terribile mal di stomaco ad Elena e mise in campo tutte le sue forze per evitare di sentirsi male e preoccupare ulteriormente i suoi Guardiani, che da quella mattina si comportavano con lei in modo diverso. Erano più premurosi e si erano preoccupati di chiederle come stesse più di una volta.
Considerando la marea di informazioni non proprio piacevoli che la ragazza aveva dovuto immagazzinare a poche ore dalla sfida finale del suo Cammino, era come se i ragazzi si sentissero in qualche modo responsabili del suo umore e credevano che le sorti di quell'ultimo match dipendessero anche e soprattutto da come lei avrebbe reagito a quelle notizie. Quello che però gli altri non sapevano, o meglio, che potevano immaginare ma che non avrebbero saputo certamente da lei era che proprio che era stato un Guardiano a farla sentire bene e così dannatamente viva quella notte, scacciando per una volta tutti i pensieri negativi e tutte le preoccupazioni che la attanagliavano dall’inizio di quella missione.
Quella notte erano stati solo Rei ed Elena, due ragazzi profondamente attratti l’uno dall’altra che avevano passato splendidi momenti d’amore insieme.
Col sole ormai alto in cielo, però, si tornava alla realtà, ma in un qualche modo Elena si sentiva invasa di una nuova e sconosciuta forza. Il suo destino era tutto da scrivere, il Team delle Tenebre non aveva ancora nessun potere decisionale sulla sua vita e quella dei suoi Guardiani. Sarebbe stata lei a scegliere, lei conduceva il gioco, lei avrebbe deciso quando e come lanciare, lei avrebbe riportato il mondo alla normalità.

All’arrivo all’aeroporto di Madrid, il solito pullman della BBA li attendeva fuori dal gate.
I ragazzi salirono e si avviarono verso il luogo del match. Elena aveva le mani in tasca e stringeva sia Vulpilyon sia Driger tra le mani. Ora aveva due sacre creature a proteggerla, non poteva deluderle e, ancor di più, era anche suo compito difenderle e non lasciare che accadesse soltanto il contrario.
Rei si era seduto accanto ad Elena nel pullman e per tutto il tempo se n’era stato ad osservarla mentre lei guardava un punto fisso fuori dal finestrino, assorta nei suoi pensieri.
Poteva soltanto lontanamente immaginare la lotta che stava avendo luogo nell’animo della giovane, quel tremendo senso di impotenza misto a voglia di cambiare le cose. La stessa terribile sensazione che aveva dovuto provare Takao dieci anni prima.
Per un attimo Rei si sentì decisamente più in colpa del solito. Aveva lasciato da solo il suo amico in un momento tanto difficile, sia lui che gli altri lo avevano abbandonato, quando aveva salvato loro la vita in quell’occasione e non gli avevano detto nemmeno grazie, concentrandosi solo sul dolore di aver perso il loro amico. Takao gli aveva dato la possibilità di condurre una vita normale, prendendosi lui tutte le colpe e portando da solo il peso del sacrificio di Kei, quando nessuno di loro gliel’aveva chiesto. Oltre ad essere un grande blader, Takao era una grande persona e Rei era onorato di combattere al suo fianco... per l’ultima volta.
Inaspettatamente il leader dei Bladebreakers si sentì toccare la spalla, si voltò ed era Rei che lo guardava con gratitudine.
Il giapponese fu colto alla sprovvista, osservando inizialmente Rei confuso, ma non disse nulla, era come se avesse letto nella mente del suo compagno di squadra e capì che lui lo stava ringraziando, non per qualcosa in particolare, ma semplicemente per essere rimasto fedele a sé stesso nonostante tutto quello che aveva dovuto passare.
- Ci siamo-
La voce di Max attirò l’attenzione di tutti e in lontananza scorsero un’immensa struttura che si sviluppava su più livelli, quella doveva essere la sede dell’ultimo incontro.
I battiti di Elena accelerarono e la giovane si trovò a stringere la mano di Rei, come a cercare conforto in quel tocco ormai così conosciuto e familiare.
- Tranquilla, andrà tutto bene- la rassicurò Rei ed Elena sospirò quando il pullman si fermò per farli scendere.
L’aria era decisamente soffocante nonostante fosse quasi ottobre ed Elena si chiese se fosse il suo corpo a non riuscire ad immagazzinare ossigeno, data l’agitazione, o era quell’afa insopportabile.
- Entriamo, altrimenti rischiamo di scioglierci qui fuori- propose il Professor Kappa e salirono la lunga rampa di scale della palestra spagnola.
Alla porta né guardie né maggiordomi né altre persone ad attenderli com’erano stati abituati nelle altre sedi europee. Semplicemente la porta si aprì come comandata da una strana forza, quando i cinque si trovarono sulla soglia.
Nel lungo corridoio che percorsero, si udiva soltanto l’eco dei loro passi e presero a guardarsi intorno circospetti.
- Possibile che non ci sia nessuno qui? Sembra deserto- commentò Max
- Lui ci aspetta, sa bene che siamo qui- disse Takao sicuro, quando si fermarono davanti ad una grossa porta in ferro battuto.
Elena pensò che dietro quella porta ci fosse il campo di battaglia, ma improvvisamente l’idea di conoscere il suo ultimo avversario, avvolto da tutto quel mistero, la fece agitare.
- Proviamo ad aprirla...- il Professor Kappa avvicinò la mano alla maniglia, ma la ritrasse subito, spaventato
- Scotta da morire, che male!- protestò lo scienziato, scuotendo su e giù la mano.
- Qualcosa non va- disse Rei guardandosi intorno
- O il nostro amichetto vuole solo giocare a spaventare la Prescelta- disse Takao con un sorrisetto
- Una porta rovente non potrà fermarmi- osservò Elena con determinazione.
Ma quando iniziarono a pensare ad un modo per segnalare la loro presenza e forzare quella dannata porta senza restare ustionati, quest’ultima si aprì davanti a loro.
- Doveva per forza farmi del male prima di aprirsi?- si lamentò il Professor Kappa mentre avanzavano all’interno della grossa sala.
Nessuno di loro poteva credere ai loro occhi.
Era come se si trovassero al centro di un vulcano attivo, dei geyser di fuoco si sollevavano di tanto in tanto dalla rovente distesa di lava sotto i loro piedi. Al centro di quella sala una semplice arena di gioco e le postazioni dei due sfidanti, all’estremo nord un’altra grossa porta molto simile a quella che avevano oltrepassato, coperta da una sorta di tendone da circo, si aprì in quel momento e il blader spagnolo ne uscì, scendendo una lunga rampa di scale che lo portò a mettersi di fronte ad Elena, al suo lato del ring.
Raul Fernandez era un blader di trentun anni, aveva i capelli rossi con una singolare frangia biondo platino che quasi gli copriva gli occhi. Indossava degli elegantissimi e finemente decorati abiti da torero, con un dispositivo di lancio d’oro scintillante agganciato al braccio destro. Raul era conosciuto nel mondo del Beyblade per aver fatto parte della squadra degli F-Sangre insieme a sua sorella gemella Julia, della quale nessuno aveva più sentito parlare da anni, credendo si fosse ritirata nella medesima maniera di Gianni. I due erano cresciuti in un circo itinerante e questo gli aveva permesso di imparare arti magiche nei loro soggiorni in est Europa. Ecco perché a lui veniva solitamente affidato l’ultimo match del Cammino: la magia aveva un ruolo importante in quell’ultima parte del viaggio.
Rei aveva raccontato ad Elena che era compito preciso di questo blader donare al Prescelto che l’avrebbe battuto il potere del Bit Power Supremo, come aveva fatto con Takao e Kei alla finale dei mondiali in Russia inaugurando quella tradizione di sacrifici che si era susseguita per dieci anni.
- Ti do il mio benvenuto alla tua ultima battaglia, Prescelta- disse Raul, in tono solenne, col suo particolare accento spagnolo.
- E bentrovati Bladebreakers- aggiunse, dando uno sguardo alle spalle della ragazza.
- Innanzitutto i miei complimenti per aver completato il Cammino, se sei qui è perché ti sei rivelata degna di combattere contro il Team delle Tenebre- disse lui ed Elena ringraziò in silenzio, chinando semplicemente il capo e realizzando che non sarebbe stato facile combattere con Vulpilyon a quelle temperature.
- Quando sei pronta, possiamo cominciare- propose Raul
- Quando lo sei tu- disse Elena sicura, mettendosi in posizione e sperò con tutte le sue forze di trovarsi davanti un avversario degno di lei.

Buonasera! Capitolo di passaggio, ma ci troviamo ormai all'ultimo match del lungo viaggio della nostra Prescelta. Chi sarà il vincitore di questo match? Riuscirà Elena a sconfiggere Raul e ottenere il Bit Power Supremo, unica arma di distruzione possibile contro i blader della Morte? Lo vedremo...
Nel frattempo, ringrazio sempre tutti quelli che mi seguono <3 Alla prossima <3

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Capitolo 32
*** Il Bit Power Supremo (Parte I) ***


Capitolo 32:

I blader iniziarono ad affrontarsi a viso aperto senza esclusione di colpi.
La Prescelta doveva chiudere in fretta il match, avendo tutta l’intenzione di non cedere alcun margine di vantaggio all’avversario.
- Coraggio Vulpilyon, continua ad attaccare!- ordinò Elena e il suo Beyblade andava a colpire a ripetizione quello di Raul che sembrava non risentire minimamente dei colpi dell’avversaria.
Più i minuti passavano, più Elena notava che Vulpilyon perdeva velocità di rotazione e potere d’attacco e iniziò a boccheggiare, sentendosi improvvisamente molto debole.
Raul stava riuscendo nel suo intento: far stancare l’avversario facendosi colpire a ripetizione e poi l’elevata temperatura del campo da gioco in cui si stava disputando il match avrebbe fatto il resto.
- Fa un caldo insopportabile qui dentro...- mormorò lei, facendo fatica a restare in piedi.
- Siamo nei guai- avvisò il Professore e tutti si misero a guardarlo preoccupati.
- Vulpilyon si sta indebolendo, guardate- indicò verso il campo da gioco e tutti notarono subito che il Beyblade di Elena girava più lentamente e faticava a stare in piedi.
- Di questo passo a Raul basterà un solo abile colpo per gettarla fuori dal ring- sentenziò il prof.
- Per di più, la Volpe Bianca di Elena è una creatura di ghiaccio, se anche lei ricorresse al potere del Bit Power, non reggerebbe molto contro il cavallo di fuoco di Raul- concluse il Professore
Takao si morse un labbro, mentre Max e Rei iniziarono ad incitare Elena.
- Elena, rimani concentrata sul movimento del Bey!- urlò Max
- Andiamo, non perdere la calma, continua a far girare il Beyblade- continuò Rei, ma Elena cadde in ginocchio, debole e sudata.
- Vi è piaciuta la mia idea? Vedete mi sono ispirato alle alte temperature del deserto egiziano che vi vedrà protagonisti contro i blader della Morte, forse aggiungendo quel tocco di estro che mi contraddistingue da sempre e soprattutto sfruttando al meglio le capacità del mio Bey- cominciò Raul, mentre Flame Pegasus colpiva a ripetizione Vulpilyon che sembrava perdere l’equilibrio ad ogni colpo.
- Se non sarai in grado di battere me in queste condizioni, cara la mia Prescelta, sarà meglio per te tornare a casa- disse, mentre il suo Beyblade assestava un altro colpo a quello di Elena
- Ti fa onore essere arrivata fin qui, sicuramente il merito è anche dei tuoi leggendari Guardiani, ma sarai sola contro quei mostri- continuò lo spagnolo
- Sei semplicemente una dei tanti convinta di cambiare le cose, ma anche stavolta sto sprecando il mio tempo e la mia preziosa magia- e poi il Pegasus colpì fortissimo Vulpilyon sollevandolo in aria, sotto gli occhi preoccupati di Elena e dei suoi Guardiani.
- No, non può finire così, mi rifiuto di crederci- mormorò Takao con gli occhi spalancati, Max e il Professore avevano le mani giunte, mentre Rei a braccia conserte, aveva stretto così tanto le mani intorno alle braccia da conficcarsi le unghie nei bicipiti.
Elena osservò il suo Beyblade fare molteplici capriole nel vuoto e in quei secondi interminabili pensò a tantissime cose. La sua mente iniziò a fluttuare.
Una parte di lei si sentiva libera come l’aria, se avesse perso quell’incontro se ne sarebbe tornata a casa, avrebbe ricominciato da capo e avrebbe condotto una vita normale e spensierata. Daitenji avrebbe formato sicuramente un altro Prescelto di lì a un anno, magari sarebbe toccato proprio a Marco intraprendere il Cammino e forse lui avrebbe fatto meglio di quanto non avrebbe potuto fare lei stessa, magari avrebbe sconfitto lui il Team delle Tenebre, liberando il mondo da quell’ombra malvagia.
Sì, Elena fu terribilmente tentata di lasciarsi scaraventare fuori dal ring, poi sentì le voci dei suoi Guardiani in lontananza, come in sogno, le stavano chiedendo di tenere duro, di non mollare e di non lasciarsi sopraffare dal calore. Cosa avrebbero pensato se lei avesse rinunciato così facilmente a lottare, si chiese tra sé e sé. Pensò agli sguardi delusi di Takao e Max, ai sospiri del Professore e a Rei. Lui l’avrebbe guardata con occhi diversi, proprio lui che le aveva affidato la Tigre Bianca per proteggerla, lo avrebbe ripagato senza nemmeno fare uno sforzo, stringere i denti e continuare a combattere. Non era così che si comportava una blader Prescelta, non poteva deludere le aspettative di tutte quelle persone per cui lei stava combattendo così duramente, i suoi amici al Colosseo, il Maestro Daitenji, i suoi Guardiani e soprattutto non poteva permettere che le morti di tutti coloro che si erano sacrificati prima di lei col tentativo di eliminare quei mostri fossero state vane. Lo doveva a Olivier e lo doveva soprattutto a Kei, che aveva creduto nella forza della fiducia nei Bladebreakers prima di lei.
Elena non se lo poteva permettere, quindi chiuse gli occhi, riprese fiato e si rimise in piedi con rinnovato vigore.
- Guardate, si sta rialzando!- disse agitato Max, attirando l’attenzione dei compagni.
E in quel momento Vulpilyon atterrò in piedi al centro del ring, riprendendo a girare vorticosamente e partendo all’inseguimento del suo avversario.
- Ma cosa...- mormorò Raul confuso
- Ti sbagli. Con me non stai sprecando né il tuo tempo, né la tua magia.- cominciò Elena, mentre Vulpilyon metteva alle corde Flame Pegasus.
- Io sono stata scelta per questa missione, io posso distruggere i blader della Morte e non sarà il fuoco a fermarmi, perché dalla mia ho il potere distruttivo del ghiaccio- sentenziò lei con gli occhi pieni di sfida.
Elena raccolse tutte le sue ultime forze e ordinò al suo Beyblade di sferrare un attacco micidiale.
- Vai, Iper Respiro di Ghiaccio- urlò lei con tutta la sua forza e improvvisamente, nel giro di qualche secondo, quell’arena da cuore di un vulcano attivo passò ad essere un lago ghiacciato, sotto gli occhi stupefatti di tutti i presenti.
- Che potenza- commentò Takao fiero
La neve e il ghiaccio avevano affondato i loro gelidi artigli in ogni cosa persino un geyser di magma che, ricoperto dal potente attacco di Vulpilyon, aveva preso le sembianze di una stalattite.
Elena ansimava osservando il suo avversario, stremata da quell’ultimo assalto, mentre Vulpilyon girava al centro dell’arena e il Bey di Raul era stato congelato e poi colpito, riducendosi in mille pezzi, sotto gli occhi stupefatti del suo proprietario.
- L’ha battuto- disse Max senza fiato
- Sì, evviva, c’è riuscita!- esultò Takao, quando si rese conto che il Bey dello spagnolo non era in grado di continuare il match.
Elena cadde nuovamente in ginocchio e quel cambio repentino di temperatura le fece girare così forte la testa che si sentì svenire.
Rei andò subito in suo soccorso, sorreggendole la testa prima che potesse cadere a terra, poi la prese tra le braccia e la adagiò sulla panchina.
In quegli attimi, Elena vide il ripetersi di una scena che ormai conosceva bene, ma che le dava ogni volta i brividi.
- Non manca molto, Prescelta- disse una voce rauca nel buio, quando un paio di occhi rossi squarciarono l’oscurità.
- Ti aspettiamo, sarà divertente vedere la vita scivolare via dai tuoi giovani occhi- si aggiunse un’altra voce da brividi, questa volta il proprietario era il blader dagli inquietanti occhi gialli.
- Ti riserveremo lo stesso trattamento del tuo amico Olivier- disse quello con gli occhi verdi per poi perdersi tutti in quella risata cattiva e spettrale che a Elena dava il voltastomaco.
La ragazza si svegliò di soprassalto come sempre e Rei si affrettò a rassicurarla, come era ormai abituato a fare.
- Li hai visti?- chiese Takao preoccupato ed Elena annuì mentre il Professore le offriva un bicchiere d’acqua, che lei tracannò avidamente.
- Mi aspettano- disse sollevando lo sguardo sui suoi Guardiani, senza aggiungere altro.
- Saremo pronti- la rassicurò come sempre Rei, accarezzandole il viso.
- Ragazzi, qui non è ancora finita- mormorò Max triste, riportando tutti alla difficile realtà che li attendeva.
Raul si avvicinò e tutti gli lasciarono spazio, Elena si rimise in piedi in segno di rispetto nei confronti del suo avversario.
- Complimenti, Prescelta, hai superato con successo tutti e dieci gli incontri del Cammino, adesso, almeno in teoria, sei pronta a sfidare i blader della Morte- disse Raul in tono solenne.
- Ma per farlo, come ben sai, non basterà il tuo solo Bit Power- la avvertì, passando in rassegna i volti dei ragazzi ed Elena annuì brevemente.
- Dunque, hai già scelto chi dei tuoi Guardiani si sacrificherà per permetterti di eliminare il Team delle Tenebre?- chiese Raul, cercando di mantenere un tono freddo e distaccato.
Elena deglutì, si voltò e i suoi occhi scrutavano gli sguardi fieri e determinati dei suoi compagni.
- Lo so che la scelta non è e non sarà facile, ci sono passato anche io- Raul interruppe i pensieri confusi di Elena.
- Mia sorella Julia si è sacrificata per diventare il mio Bit Power Supremo, quando il Team delle Tenebre ha fatto ritorno dopo quella notte in Russia- disse Raul, cambiando per un attimo tono di voce, assumendone uno sommesso e comprensivo ed Elena sentì lo stomaco rovesciarsi.
- Non passa giorno che non pensi a lei e nonostante il suo sacrificio, eccoci di nuovo qui, a scegliere tra le persone che più amiamo al mondo, chi dovrà morire per salvare noialtri- Raul sospirò e poi fece per andarsene.
- Ho un po’ di tempo per decidere?- chiese Elena cauta, richiamando nuovamente l’attenzione di Raul che le dava le spalle. Lui si fermò e si girò a guardarla.
- Certo- le disse sorridendole brevemente e lei immaginò che quella non fosse la prima volta che il blader spagnolo desse del tempo al Prescelto per prendere una decisione così importante.
Poi lui sospirò, drizzando nuovamente la schiena e portando entrambe le braccia dietro di essa.
- Prescelta, Guardiani, vi concedo due ore a partire da adesso per scegliere chi diventerà il Bit Power Supremo e darvi il tempo materiale per fondere i due Beyblade- sentenziò Raul, sparendo dietro quel drappo rosso da cui era apparso prima del match.
I successivi cinque minuti fecero esplodere un terribile mal di testa ad Elena.
La sfida contro Raul l’aveva sfinita, ma ora si trovava ad affrontare forse la parte più critica di tutta la missione.
- Ragazzi, poche storie, tocca a me- disse sicuro Takao
- Aspetta, non trarre conclusioni affrettate, cerchiamo di ragionare- lo calmò Max
- Non c’è niente di cui discutere, è mio dovere e basta!- ribatté Takao duro, mentre il Professore fissava il vuoto ed Elena era seduta accanto a Rei, con gli occhi bassi mentre lui le stringeva la mano, in silenzio.
- Sono pronto, per me possiamo anche convocare Raul e dirgli che abbiamo deciso- continuò il giapponese, fermo sulla sua decisione.
- Vuoi darti una calmata? Non abbiamo sentito ancora il parere di tutti e soprattutto di Elena che ha l’ultima parola sulla scelta, non dimenticarlo- lo ammonì Max severo, un tono per niente da lui.
Doveva essere tremendamente nervoso anche lui per rispondere a quel modo al suo compagno di squadra.
Poi sospirò.
- Cerchiamo di riflettere sulle caratteristiche dei Beyblade- riprese l’americano e Takao scrollò le spalle, sicuro di sé, un gesto che non ammetteva alcuna replica.
- Dragoon è imbattibile e ha già sconfitto quei quattro bastardi una volta, insieme alla Volpe di Elena avranno una potenza d’attacco inimmaginabile. E poi, tocca a me e lo sapete benissimo, è stata la mia unica condizione per unirmi alla missione- ci tenne a sottolineare Takao, condizione di cui la Prescelta non era a conoscenza e di cui evidentemente ne avevano parlato solo tra ragazzi.
- Draciel è un Bey difensivo, potrebbe bilanciare alla perfezione le caratteristiche offensive di Elena, dando vita a un Beyblade perfettamente equilibrato- osservò Max accigliandosi, ignorando per un attimo Takao.
- Ma soprattutto, ci tengo ad Elena, è come una sorella piccola per me, o come una figlia. Vorrei che Judy fosse come lei un giorno, forte e determinata e io voglio lasciare un esempio del genere ai miei bambini, proteggendola- incalzò Max
- E poi Emily non me lo perdonerebbe mai se non mi mettessi in gioco fino alla fine, competitiva com’è- concluse il biondo, ridacchiando e grattandosi imbarazzato la nuca.
- Max, la tua è pura follia!- sbottò Takao esasperato
- Proprio perché hai una famiglia non puoi permetterti il lusso di sacrificarti! Vuoi lasciare Judy e David orfani di padre? Ma che razza di genitore saresti?- continuò duro il leader.
Il biondo cambiò subito espressione.
- E tu, allora? Che hai una futura sposa che ti aspetta a casa! Vuoi negare ad Hilary e a te stesso la gioia di avere una famiglia vostra? Considerando che tu sei cresciuto con tuo nonno, senza tua madre e con tuo padre e tuo fratello sempre in viaggio. Fa’ un favore ad entrambi, sta’ zitto- ribatté Max, redarguendo aspramente l’ex campione del mondo e Takao rimase con la bocca spalancata, incapace di dire altro.
- Professore, tu cosa ne pensi?- Max si voltò nella sua direzione.
- Credo che sia giusto che lo faccia io- sentenziò lo scienziato, sospirando pesantemente e cogliendo tutti di sorpresa.
- Che cosa? No, non esiste!- disse Takao alzando la voce, ma il suo amico lo interruppe, con un sorriso amaro.
- Vedete, io a differenza vostra non ho nessuno che mi aspetti a casa, non ho una moglie, non ho una fidanzata, non ho dei figli e non importa a nessuno se vivo o muoio- disse triste il Professor Kappa, con un’alzata di spalle.
- Non dire sciocchezze, importa a noi e devi restare tutto intero- ribatté Takao.
- Per una volta, Takao, lasciami dire la mia, per favore!- disse il prof alzandosi in piedi con uno scatto.
- Quello che è successo a Kei ha sconvolto tutti noi e non credere che non ci abbia fatto i conti anche io! Nonostante tutto era uno di noi e io soffro ancora per la sua scomparsa- riprese il Professore, con le lacrime agli occhi.
- Mi sono rintanato dietro lo schermo di un computer, tra i dati, gli studi e le scienze, perdendomi il meglio della vita, perciò vi prego, vi supplico, lasciatemi dare un senso alla mia esistenza. Lasciatevi salvare da me, per una volta- li supplicò lui.
- No, niente da fare, è fuori discussione e poi tu non hai un Bit Power, finiremo solo per indebolire Vulpilyon- concluse Takao, scuotendo convinto la testa.
- A questo punto non abbiamo ancora sentito il parere di Rei e di Elena, ovviamente. Ma dove sono?- disse Max sospirando, quando capì che le loro ipotesi non si sarebbero concretizzate. Guardò in direzione della panchina e vide che il suo amico e la sua protetta non erano più seduti lì.
Mentre erano intenti a litigare tra loro, Rei aveva preso Elena dolcemente per mano e si erano allontanati di poco dalla discussione.
- Hey, voi due. Stiamo cercando di arrivare ad una soluzione che metta d’accordo tutti- disse Takao pungente, avvicinandosi insieme agli altri e l’attenzione di tutti venne catturata da un particolare, quando furono a distanza ravvicinata.
Elena stringeva tra le mani un Bey che non era il suo e copiose lacrime le rigavano il viso mentre guardava Rei che si sforzava di non piangere anche lui.
- Ma quello… è Driger- disse Takao sconvolto.

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Capitolo 33
*** Il Bit Power Supremo (Parte II) ***


Capitolo 33:
(https://www.youtube.com/watch?v=ZrOSmyc5pco)
Elena era rimasta immobile a fissare Rei, non aveva osato muovere un dito, sentiva solo di non riuscire a fermare le lacrime.
- Rei, hai avuto Driger con te per tutto questo tempo e non ci hai detto nulla?- chiese Max scioccato
- Ragazzi, è una questione tra me ed Elena, non vi riguarda- disse lui calmo
- Ah, non ci riguarda, hai una bella faccia tosta lo sai? Che ci fa Elena col tuo Beyblade?- chiese Takao accennando a Driger con la testa e incrociando le braccia al petto.
- Per favore, lasciatemi parlare con lei- chiese Rei, Elena chiuse gli occhi e le lacrime iniziarono a scenderle ancora più veloci, sentiva il trucco colarle sulle guance.
- Elena, tesoro, ascoltami- cominciò Rei, prendendole il viso tra le mani e tentando di asciugarle le lacrime e di rimuovere i residui di make-up, passando i pollici sotto gli occhi di lei.
Nonostante il pianto e il rossore, Rei trovava che la sua protetta era molto più bella senza trucco.
- Devo dirti delle cose e questa potrebbe essere l’ultima volta, quindi ascoltami bene, ok?- disse lui dolcemente, tentando di calmarla e lei annuì, soffocando a malapena i singhiozzi. Le emozioni erano balzate tutte fuori dal suo corpo e lei era incapace di contenerle.
- Ti ho detto che ti avrei protetta a costo della mia vita e non ho mai scherzato su questo, ho sempre creduto che alla fine di questo viaggio sarei stato io a combattere al tuo fianco, come ci sono stato dal primo momento- esordì lui, mentre Elena prese a singhiozzare più forte, abbassando lo sguardo, come a non voler ascoltare quel discorso.
- E’ il mio compito e lo sai e ho giurato sul mio onore di capo della Tribù della Tigre Bianca, non posso tirarmi indietro adesso- proseguì Rei, facendo di tutto per calmare la giovane, che sembrava non fare minimamente caso alle sue parole, stava solo piangendo disperata e scuoteva il capo. I singhiozzi la facevano tremare come se fosse stata colpita da continue scosse elettriche.
- Io, Driger e Vulpilyon saremo il tuo scudo e la tua spada e andrà tutto bene, tornerai a Roma e vivrai una vita piena. Riprenderai a studiare, diventerai una grande stilista, ti sposerai e avrai dei meravigliosi bambini e io sarò fiero di te ad ogni passo che farai- le disse Rei con un sorriso rassicurante, accarezzandole il viso e rendendosi conto di star piangendo anche lui. La sensazione sconosciuta e dimenticata del viso bagnato dalle lacrime fece sentire il cinese sollevato per un attimo.
Elena a quelle parole si gettò tra le sue braccia, urlando disperata, si nascose nel suo petto e capì che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrebbe tenuto stretto a sé in quel modo. L'ultima volta che avrebbe sentito il suo calore e respirato il suo profumo.
- Non puoi lasciarmi. Io ti amo, Rei- confessò tra i singhiozzi, stringendo la stoffa del changshan del giovane, mentre tutti i membri dei Bladebreakers alle loro spalle assistevano impotenti a quella conversazione, con gli occhi lucidi.
- Lo avevo capito, e... ti amo anch’io, scusami se non te l’ho detto prima, l’ho fatto per il tuo bene, guardami...- le disse Rei quasi in un sussurro e la staccò dolcemente da sé, spostandole i capelli dal viso arrossato dal pianto e asciugandole nuovamente le lacrime.
Elena osservò i meravigliosi occhi del suo amore colmi di lacrime e non si capacitava per niente del fatto che non li avrebbe mai più rivisti, ma lui sembrava aver palesato le sue intenzioni ed era irremovibile.
- Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata e avevi ragione, non avevo ancora incontrato la persona giusta, finché quel giorno di maggio non ti ho vista seduta nel mio ristorante- confessò Rei con la voce rotta, sforzandosi di mantenere un tono rassicurante.
- Non mi lasciare- tentò disperata Elena cadendo in ginocchio e scuotendo la testa.
- Non ti lascerò mai, questo lo sai.- la convinse Rei, abbassandosi verso di lei.
-Sarò sempre nel tuo Beyblade e soprattutto sarò qui dentro- disse lui, mettendole una mano sul cuore.
Poi prese lentamente Driger e Vulpilyon dalle mani di Elena che rimase inerme e incapace di muoversi e li consegnò al Professore, ancora incredulo.
- Sono tuoi, prof, puoi procedere- gli disse Rei con un mezzo sorriso e poi fece per andare verso la panchina, ma Takao lo rincorse, il Prof partì subito dietro di loro per mettersi all’opera il prima possibile, mentre Max cercò di rimettere in piedi la Prescelta e consolarla.
- Sei un figlio di puttana, Rei!- gli urlò contro Takao, mentre il cinese si stava per girare verso di lui, Takao l’aveva già afferrato per il colletto del suo changshan.
- Perché vuoi sacrificarti tu, me lo dici? Rispondimi!- Takao era furente e Rei pensò che se avesse reagito male lui si sarebbe innervosito ancora di più, dunque pensò di mantenere quella calma tipica sua, quella che pensava di aver perso dieci anni prima.
Prese le mani del suo amico e si liberò dalla sua stretta gentilmente, senza dire una parola.
- Non puoi chiedermi di sopportare tutto questo, un’altra volta!- riprese Takao, tirando su col naso
- Takao, io...- cercò di interromperlo, ma il giapponese urlò. Un urlo pieno di rabbia e frustrazione.
- La stessa terribile storia si ripete, prima Kei e ora tu. Se non ci riusciamo il prossimo sarà Max? Avete tutti intenzione di lasciarmi da solo, come avete fatto in questi anni?- chiese arrabbiato, impedendosi con tutte le forze di versare una sola lacrima, ma gli occhi lucidi lo tradirono all’istante.
- Mi dispiace- si limitò a dire Rei
- No, non è vero! Non raccontarmi cazzate! Se veramente ci tenevi, lo sapevi che questa era la mia occasion!.- disse Takao, battendosi la mano sul petto.
- Negli ultimi dieci anni, l’unico pensiero che mi ha dato la forza di alzarmi al mattino era aspettare il giorno in cui avrei vendicato Kei con le mie stesse mani e invece tu che fai? Me lo impedisci, stupendo!- continuò lui, in preda alla collera.
- Takao, ascolta- tentò ancora Rei
- No, ascolta tu, cazzo! Io non avevo scopi nella vita se non questo!- disse rassegnato
- Vuoi diventare un martire? E per cosa?- chiese Max stupefatto a Takao, mentre teneva Elena tra le sue braccia, che sentiva quelle urla e quel litigio come in sogno.
- Perché ancora non mi spiego perché Kei si sia sacrificato per noi- ammise, con un sospiro triste e abbassando lo sguardo.
- Te lo dico io- rispose Rei
- Kei ha scelto di diventare il tuo Bit Power Supremo perché nonostante tutto ti voleva bene, a te più di noialtri- disse sicuro Rei e tutti presero a guardarlo, increduli.
- Daitenji mi ha detto che affinché l’incantesimo di imprigionamento nel bitchip funzioni ci deve essere un legame tra il Prescelto e il Guardiano che sceglie di sacrificarsi per lui- spiegò Rei e Takao sembrava sconvolto a quelle affermazioni, così come gli altri.
- Lui non te l’avrebbe mai detto chiaramente, ma quella notte te l’ha dimostrato, ce l’ha dimostrato che teneva a noi e sono convinto che se non fosse andata come è andata, ora saremmo la squadra di Beyblade più titolata di tutti i tempi- ammise Rei, fiero
- Lui… teneva a noi- disse Takao, quasi a sé stesso.


Dieci anni prima.
(
https://www.youtube.com/watch?v=zX5GSHJ7eG8)
- Ragazzi, cercate di calmarvi-
Il Professor Kappa tentò di dividere Rei e Max che stavano discutendo su chi dovesse diventare il Bit Power Supremo in toni troppo accesi, nel tentativo di sconfiggere quei quattro blader misteriosi che stavano seminando il panico all’interno dello stadio, uccidendo chiunque gli capitasse a tiro.

- Non scherzare Rei, tu sei troppo debole, l’incontro con Boris ti ha ridotto male, non saresti in grado di raccogliere le forze in così poco tempo- convenne Max, mentre il suo amico lasciava cadere la stampella e tentava di reggersi in piedi da solo, a fatica.
- Guarda, sto bene- e mentre lo diceva, Rei era il ritratto del dolore, con le braccia fasciate e vistosi graffi e lividi sul viso.
- Lo faccio io, mi va bene, Draciel sarà un portento dopo che lo avrò fuso con Dragoon- disse sicuro Max.
Takao se ne stava seduto ad osservare il suo Dragoon.
Non aveva ben capito che cosa sarebbe successo ad uno dei suoi amici e ai loro Beyblade. Le parole di quel blader spagnolo sulla magia e su un Bit Power dai poteri straordinari lo avevano mandato nella più totale confusione.

Kei rimase come al solito in un angolo, con gli occhi bassi, le braccia incrociate e un piede appoggiato al muro. Sembrava una statua di marmo. Si era sforzato di sorridere solo per la foto di rito da neo campione del mondo insieme ai suoi compagni. Già, i suoi compagni, pensò. Quei tre moscerini che lui non avrebbe considerato nemmeno come validi avversari, se li era ritrovati come compagni di squadra. E anche quando lui aveva scelto di voltargli le spalle, entrando nei Demolition Boys della Borg, gli spietati ed invincibili blader russi capitanati dal suo vecchio mentore Vorkvov, sotto la guida di suo nonno, quei tizi l’avevano sorpreso ancora, tentando di farlo ragionare e parlandogli di spirito di squadra, di amicizia e famiglia. Valori totalmente estranei al modo di essere e di fare di Kei. Eppure, una parte di lui, sentiva che doveva fare la cosa giusta in quella circostanza.
Si staccò dal muro e a passo sicuro si diresse verso il Professore, che alzò lo sguardo per osservarlo, quasi terrorizzato. Kei amava incutere timore nelle persone, aveva sempre avuto il rispetto di tutti per il suo modo di fare freddo e deciso. Il Professore si trovò a deglutire il nulla, sentendosi a disagio ogni volta che lui era nei paraggi e ora che se lo trovava davanti e lo osservava col suo sguardo di ghiaccio, il prof ebbe paura che volesse fargli del male in qualche modo, soprattutto quando lo vide prendere qualcosa dalla tasca.
La mente dei Bladebreakers si rilassò visibilmente quando vide che Kei gli stava porgendo il suo Beyblade, anche se non ne capiva il motivo.
- Ecco il mio Dranzer, fondilo col Dragoon di Takao- disse serio, per poi voltargli le spalle.
Rei, Max e Takao lo guardavano stupefatti, increduli di fronte a quella presa di posizione del loro compagno di squadra.
- Un attimo, Kei, stai dicendo che vuoi sottoporti tu all’incantesimo?- chiese Takao scioccato, alzandosi dalla panchina e andando verso di lui.
- Non ti devo alcuna spiegazione- ribatté freddo il ragazzo che dava le spalle a Takao. I suoi singolari capelli metà grigi e metà neri sembravano essere scossi da un vento invisibile.
- Aspetta, non puoi chiedermi di usarti come Bit Power Supremo senza una scusa plausibile- continuò Takao, parandosi davanti a lui.
Kei serrò la mascella e osservò il suo compagno di squadra con i suoi gelidi occhi dai riflessi viola. Takao era l’unico che era riuscito a batterlo in tutta la sua vita, l’unico per cui provava una sorta di grande affetto, ammirazione, misto ad odio e gelosia, un sentimento talmente forte sconosciuto a Kei.
Alcuni l’avrebbero definita “migliore amicizia”.
- Senti, Takao- cominciò lui e Takao si stupì che lo chiamasse per nome, quella era probabilmente la prima volta che lo faceva.
- Vi ho creato solo problemi, soprattutto quando mi sono unito ai russi- disse in tono neutro, Takao si sforzò di sorridere, mentre Max e Rei sorretto dalle stampelle si avvicinavano a loro.
- Ma dai, amico, è acqua già passata, ora siamo campioni del mondo e siamo una squadra- disse entusiasta.
- Tu sei uno di noi- si intromise Rei
- Già, totally- accordò Max
Kei sospirò, ma non infastidito come sempre, quasi a scusarsi e incapace di trovare le parole giuste.
- Lasciatemi fare qualcosa di bello. Non voglio che la gente mi ricordi solo per essere stato uno spregevole traditore- il tono di Kei era quasi implorante. Quasi perché lui non era certo il tipo che implorava qualcuno per ottenere qualcosa. Aveva sempre usato la forza per quello.
- Ma al diavolo ciò che pensa la gente, conta ciò che pensiamo noi e noi ti consideriamo un amico- ribatté Takao
- Te lo chiedo come favore personale. Se mi consideri un amico, lasciami diventare il tuo Bit Power Supremo- chiese serio Kei e Takao fu sinceramente colpito dalle sue intenzioni
- Ma Kei...- cominciò Rei
- Niente ma. E poi, lasciatevelo dire, Dranzer è molto più potente di Draciel e Driger. Io e Takao daremo vita ad un Beyblade impossibile da sconfiggere, vedrete- li rassicurò con un sorrisetto di sfida il blader di origini russe, procedendo col suo passo calmo verso Raul per dare l’ok all’incantesimo.
E aveva ragione.
La creatura nata dalla fusione tra Dranzer e Dragoon, il temibile drago sputa fuoco sarebbe stato l’unico Bit Power Supremo capace di sconfiggere il Team delle Tenebre. E così fu.
Kei fu fiero del suo gesto, ma non poteva sapere che il suo inaspettato sacrificio sarebbe stato un peso da sopportare per i suoi amici, per il resto delle loro vite.
(
https://www.youtube.com/watch?v=v0_TKe27ABc)
- Ora capisci le mie intenzioni- concluse Rei, asciutto
Takao boccheggiava e non sapendo cosa dire, rimase in silenzio.
Le ragioni del suo amico erano plausibili, lui ed Elena avevano un legame fortissimo e con tutta probabilità sarebbe stato proprio quel legame la chiave per distruggere definitivamente i blader della Morte.
- Non posso fermarti- disse alla fine Takao, alzando le braccia come in segno di resa e Rei sospirò, grato ad uno dei suoi migliori amici per aver capito i motivi che lo spingevano a compiere quel gesto estremo.
- Ecco, ho finito- esordì il Professore, attirando l’attenzione di tutti su di sé.
Lo scienziato aveva creato questo nuovo Beyblade, la sintesi perfetta del Driger di Rei e del Vulpilyon di Elena. Sembrava avere l’aria di un Bey nuovo di zecca, i suoi innesti bianchi e argento lo facevano somigliare ad un fiocco di neve e sembrava brillare di una luce propria. Al centro di esso un cerchio vuoto.
Il Professore si curò di consegnare i due bit ai rispettivi proprietari.
Elena e Rei si scambiarono uno sguardo d’intesa e poi Max si offrì di andare a chiamare Raul per comunicargli la loro decisione.
Quando il blader spagnolo riapparve, in anticipo rispetto al tempo stabilito, fece avanzare Elena.
- Prescelta, hai deciso chi dei tuoi quattro Guardiani sarà il tuo Bit Power Supremo?- chiese con poca curiosità Raul.
Elena annuì ancora scossa dai singhiozzi e si girò in direzione di Rei senza parlare, lui avanzò e si mise al suo fianco.
- Bene- disse Raul osservandoli
- Vi spiego come funziona, anche se voi Bladebreakers lo sapete già bene- disse, scoccando un’occhiata eloquente a Takao, seduto in panchina con i pugni serrati.
- Poggiate qui davanti i vostri bit- ordinò Raul a Elena e Rei, che eseguirono, posando ai suoi piedi i minuscoli oggetti intrisi di potere.
- Una volta cominciato l’incantesimo, il Guardiano designato verrà assorbito dai due Bit Power, mettendo a loro disposizione tutta la sua forza vitale-
Elena ascoltava attenta, eppure la sua mente era da tutta altra parte e sperò con tutta sé stessa che quel processo non fosse troppo doloroso per il suo Rei.
Soffriva già troppo lei per tutti e due.
- La creatura sacra più forte assorbirà poteri e caratteristiche dell’altra, dando però il suo aspetto finale al Bit Power Supremo- continuò Raul
- Ad esempio, prendendo il caso specifico di Takao, il Drago Azzurro risultò essere il più forte e mantenne il suo aspetto, ereditando i poteri e le caratteristiche dell’Aquila Rossa di Kei- chiarì Raul ed Elena e Rei annuirono.
- Quando vi sentite pronti, procediamo- concluse Raul con un sospiro.
Elena ricominciò a piangere, guardando per l’ultima volta negli occhi Rei. Lui la baciò dolcemente sulle labbra e poi guardò i suoi amici.
- Prendetevi cura di lei e proteggetela fino alla fine- chiese Rei, guardando Max, Takao e il Professore dritti negli occhi.
- Lo faremo, promesso- disse il Professore, convinto, Rei annuì e poi fece cenno a Max di allontanare Elena da lui.
- Rei, ti scongiuro, non lo fare, non mi lasciare!- cominciò di nuovo lei, mentre Max la trascinava via con dolcezza, ma lei imperterrita restava ancorata con la mano a quella di Rei.
- Andrà tutto bene- la rassicurò lui e poi le lasciò la mano. Quel gesto fece avvertire un crack nel cuore di Elena.
Infatti cominciò ad urlare disperata, mentre Max la allontanava di peso da Rei e la teneva ferma a fatica insieme a Takao e al Professore. La giovane Prescelta cercava di divincolarsi in ogni modo dalla presa solida dei suoi Guardiani, ma senza successo.
Raul alzò le braccia, chiuse gli occhi e dai due bit uscirono fuori in un bagliore la Tigre Bianca e la Volpe Bianca. Le due creature sacre presero a rincorrersi, sembrava stessero giocando e stessero facendo amicizia, quasi in una danza. In quel momento Rei fu come sollevato in aria da una forza misteriosa e i Guardiani dovettero mettercela tutta per tenere ferma Elena che si dibatteva per liberarsi, urlando il nome di Rei tra le lacrime.
Lui si girò e sorrise alla sua Elena per l’ultima volta. L'unica donna che aveva per davvero amato, seppur per breve tempo.
- Ti amerò per sempre- le disse, mentre lei vedeva il suo corpo avvolto in una luce.
Gli occhi dorati di lui scintillavano come mai prima di allora e poi Rei li chiuse, godendosi quella sensazione di pace che l’incantesimo gli stava infondendo. Sembrava non fargli male ed Elena si aggrappò a quell’esile speranza rimasta. Il suo Rei avvolto in quella luce quasi di beatitudine.
A quel punto Rei era al centro delle due creature sacre, che presero una rincorsa una da una parte e l’altra dal lato opposto, incontrandosi all’esatto centro dov’era lui. Ci fu un boato e una luce accecante avvolse l’intera sala, costringendo tutti a ripararsi gli occhi.
Quando quella luce si fu dissolta, sembrava che dal soffitto cadesse una sorta di polvere di stelle e l’attenzione di tutti venne catturata da quello strano fenomeno. Il corpo nudo di Rei era disteso sul pavimento, un’espressione serena dipinta sul volto.
Raul fece un passo indietro e fece cenno ad Elena di avvicinarsi, ma prima che lui potesse anche solo aprir bocca, Max lasciò andare la ragazza che subito corse verso il suo Rei. Si liberò di fretta dalla giacca e gliel’ appoggiò addosso, per poi stringerlo forte a sé continuando a piangere disperata.
- Perché l’hai fatto? Perché?- urlò lei piena di dolore, continuando a cullare tra le braccia il corpo senza vita di colui che amava, ma una luce simile a quella di una stella attirò nuovamente la sua attenzione.
- Non avere paura- le disse sottovoce Raul.
Elena adagiò delicatamente Rei sul marmo della sala e avanzò carponi in direzione di quella luce che man mano si irradiava, prendendo sempre più le sembianze della Tigre Bianca.
La giovane blader italiana sorrise sorpresa tra le lacrime.
La Tigre aveva al collo la splendida catena di diamanti del suo Vulpilyon, le sue zanne sembravano di ghiaccio, ma aveva mantenuto tutte le caratteristiche tipiche del Bit Power di Rei, risultato quindi il più forte nella fusione.
La creatura maestosa si accucciò ai piedi di Elena, che la osservava con timore e poi si mosse con la testa in direzione della mano della ragazza, chiudendo gli occhi e facendo le fusa, in cerca delle carezze della sua protetta.
Elena si rilassò e prese ad accarezzarla, sorridendo sempre di più e poi la Tigre la guardò fissa negli occhi. Un bagliore dorato che Elena avrebbe riconosciuto ovunque.
"Sono qui e ti resterò accanto fino alla fine".
La Tigre Bianca non poteva aver parlato, era impossibile, pensò Elena. Eppure aveva sentito chiaramente la voce di Rei che le diceva che non l’avrebbe lasciata.
Elena sospirò, commossa.
Il suo Rei non l’aveva abbandonata, era proprio lì davanti a lei sotto forma di Bit Power e avrebbe continuato a proteggerla e, indipendentemente dall’esito della battaglia finale, lei era sicuro che l’amore che li legava sarebbe sopravvissuto a qualunque cosa, per l’eternità.

Non volevo piangere alla vigilia del mio compleanno, ma è capitato questo capitolo che mi ha fatto versare lacrime dal primo che ho scritto, fino all'ultimo.
Spero di far piangere anche voi xDxD (suona orribile così ahahah) e ringrazio, come sempre, tutti voi che mi seguite <3

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Capitolo 34
*** Lo Scontro Finale ***


Capitolo 34:

Elena aveva un ricordo vago degli ultimi giorni, soprattutto del viaggio che l’aveva portata in Egitto insieme a ciò che era rimasto dei Bladebreakers.
Era una settimana che non faceva altro che allenarsi, mangiando poco e piangendo decisamente troppo, sperando che Takao, Max e il Professor Kappa non stessero troppo male a vederla in quello stato.
Non poteva farci nulla, fissava ogni mattina la sua immagine riflessa allo specchio e ripeteva a sé stessa che sarebbe andato tutto bene, che lei avrebbe completato la missione e che il sacrificio di Rei non sarebbe stato vano. Lo recitava come un mantra, esaminando il suo aspetto decisamente orribile che sembrava peggiorare di giorno in giorno.
La giovane aveva perso interesse per qualunque cosa, persino per sé stessa e i ragazzi ebbero la terribile sensazione che la perdita di Rei l’avesse messa troppo a dura prova, tanto da mettere a rischio l’esito stesso della missione per la quale lui aveva deciso di dare la sua vita.
Elena non parlava, neanche con i suoi Guardiani. Ricordava soltanto che la sera dell’incontro in Spagna, dopo aver lasciato la palestra ed essere tornati in albergo, si era chiusa in camera, si era seduta alla finestra con quel nuovo Beyblade stretto tra le mani e aveva pianto fino a quando non si era sentita sfinita. A quel punto aveva sentito Takao e gli altri entrare nella sua stanza e si erano seduti accanto a lei, in silenzio, mettendo le mani sulle sue a stringere quel Bey che conteneva lo spirito combattivo di Rei ed erano rimasti lì con lei per un tempo indefinito.
Neanche in quell’occasione, la Prescelta era riuscita ad esprimere la sua immensa gratitudine a quei ragazzi che ancora una volta avevano messo da parte loro stessi e il loro dolore nel perdere, per la seconda volta, un altro grande amico, anteponendo le priorità di Elena alle loro.
Atterrati nella capitale egizia, li aspettava un’altra ora di viaggio in pullman.
Nessuno sapeva con certezza dove si nascondessero i blader della Morte in attesa di nutrirsi della Prescelta e del suo Bit Power Supremo, ma chi aveva completato il Cammino prima di lei, aveva parlato di un luogo misterioso tra vecchie rovine, apparso quasi per magia nel deserto. A quel punto della missione, persino Takao che aveva sempre mostrato sicurezza, cominciò a vacillare, sforzandosi però di restare tranquillo per non agitare ulteriormente Elena. Era tutto nuovo anche per i Guardiani, loro che erano stati i primi e gli unici a sconfiggere quei mostri dotati di poteri sovrannaturali e si erano trovati, al contempo, completamente impreparati di fronte ai loro attacchi.
Takao lo aveva detto più di una volta che quella notte in Russia aveva avuto fortuna, ed Elena ci aveva creduto, finché non aveva stretto tra le mani il suo nuovo Beyblade, il suo Drigelyon e si era sentita invincibile. La Prescelta provò a immaginare se il suo Guardiano prima di lei avesse provato la stessa sensazione di onnipotenza quando era entrato in possesso di Dragooner, ma non ebbe mai il coraggio di chiederlo.
Elena si era semplicemente chiuse in sé stessa, in un mondo dove c’erano solo lei e il suo Beyblade, calandosi il cappuccio della felpa sulla testa e restando ad occhi chiusi, mentre il pullman della BBA li accompagnava in quell’ultima decisiva tappa, facendoli ballare parecchio per colpa delle strade dissestate e poco praticate.
Quando il sole stava ormai calando, in lontananza, Max e il Professore scorsero delle ombre in mezzo a tutta quella sabbia e pensarono di essere ormai vicini alla meta. Elena si avvicinò al finestrino e mise a fuoco quegli imponenti blocchi di pietra. Erano due sfingi, di cui una senza testa, vecchie quanto il mondo.
- Ci siamo- mormorò lei e i suoi Guardiani furono sollevati nel sentire di nuovo la sua voce, dopo un tempo che era sembrato infinito.
- Si fermi, per favore- ordinò Takao all’autista e quando il mezzo frenò, Takao si voltò dietro e guardò Elena.
- E’ la resa dei conti, Elena, questo è il momento per cui ti sei allenata costantemente, per cui tutti abbiamo fatto sacrifici, grandi e piccoli- cominciò Takao ed Elena fu grata di sentire un discorso motivazionale dall’ultimo campione del mondo di Beyblade. Ne aveva decisamente bisogno.
- Rendici orgogliosi, tutto il mondo oggi fa il tifo per te, è una grossa responsabilità, ma sono sicuro che tu puoi farcela- la rassicurò Takao
- Let’s rock, guys- li caricò Max ed Elena sorrise emozionata, chiedendo ai suoi Guardiani un ultimo grande abbraccio di gruppo.
I ragazzi la strinsero in una morsa d’acciaio e lei sentì di essere nel posto giusto con le persone giuste a darle coraggio.
Sentirli così vicini era come se Rei non se ne fosse mai andato e, anche se non lo aveva mai conosciuto davvero, poteva sentire persino Kei lì con loro.
Lo spirito combattivo di tutti i membri dei Bladebreakers era tutto racchiuso dentro l’anima di quella giovane blader italiana che aveva speso sangue, energie, lacrime e sudore per arrivare preparata all’incontro della sua vita.
Quando scesero dal pullman, si avvolsero tutti in dei grossi scialle per ripararsi dal vento che alzava la sabbia.
- Che bel posticino- commentò Takao ironico, avvicinandosi a quelle rovine che, viste a quella distanza, sembravano ancora più antiche.
- Credo sia di qua- propose il Professore, indicando una rampa di scale di pietra malconce e consumate dal tempo.
- Attenzione a dove mettete i piedi- li mise in guardia Max, indicando una fossa con dentro almeno una dozzina di bisce sibilanti.
Elena si sforzò di non dare di stomaco e continuò a camminare, aiutata da Takao a muoversi su quelle rovine.
Si ritrovarono sotto un grosso arco che dava in un’ampia sala con il tetto crollato per buona parte e con le pareti ricoperte di pittogrammi e affreschi tipicamente egizi.
I ragazzi si guardarono intorno rapiti, ma pur sempre circospetti. Quei mostri dagli occhi luccicanti sarebbero potuti piombare fuori da un momento all'altro.
- Chissà se qualche archeologo o storico conosce o ha mai visto questo posto- commentò il Professore, realmente interessato a quei disegni antichissimi, passando delicatemente un dito su uno degli affreschi rappresentante il dio Anubi.
- Lo so per certo- disse Takao, liberandosi dallo scialle.
- Lo ha scoperto mio padre- concluse serio, riconoscendo i disegni.
- Quindi, tu sapevi bene dove trovarli, giusto?- chiese Max, avanzando cauto attraverso quella sala
- Diciamo che ho sempre avuto una mezza idea- rispose Takao, continuando a guardarsi intorno.
Elena si fermò di colpo e chiese di fare lo stesso ai ragazzi, zittendoli.
- Lo sentite?- chiese Elena, mettendosi in ascolto.
La ragazza poteva sentire in lontananza quelle risate sinistre e crudeli che tormentavano i suoi incubi da mesi. Le avrebbe riconosciute ovunque.
- Tenetevi pronti- avvisò Takao, accorgendosi anche lui che quelle risate erano sempre più vicine, ma prima che potessero fare qualsiasi movimento o dire qualsiasi cosa, quattro paia di occhi dallo scintillio sinistro si materializzarono davanti a loro e delle forme scure vi si avvilupparono intorno.
Elena trasalì quando si trovò faccia a faccia con il Team delle Tenebre.
Quegli esseri sovrannaturali che lei aveva temuto e di cui aveva sentito parlare con orrore per tutta la vita erano finalmente davanti a lei.
Vlad, Jai, Kairone e Ozlav.
- Prescelta, pensavamo te la fossi data a gambe- cominciò il blader dagli occhi rossi e la faccia più pallida della luna ed Elena lo osservò in silenzio, con lo sguardo pieno d’odio.
- Ben ritrovati Bladebreakers, o meglio, quello che ne rimane- ironizzò Kairone, strappando risate sguaiate ai suoi compari. Takao serrò i pugni e tentò di dare addosso ai quattro, ma Elena lo fermò.
- Non cadere in provocazione. Avranno anche poteri sovrannaturali, ma sono dei coglioni, non li vedi?- disse lei con un sorrisetto sicuro e Takao le diede una pacca sulla spalla, stupendosi della freddezza e della superiorità che la sua protetta stava dimostrando in quell’occasione cruciale.
- Siamo rimasti in pochi è vero, ma siamo ancora vivi e con la stramaledetta voglia di annientarvi- disse Max, guardandoli ad uno ad uno.
- Ma davvero? Peccato che a breve andrete a fare compagnia ai vostri amichetti e quel gingillo vi servirà a poco- commentò Ozlav, indicando con un disgustoso dito peloso, più somigliante a un artiglio che a un dito umano, il Beyblade che Elena custodiva gelosamente tra le sue mani.
- Vedremo chi avrà ragione- disse lei in tono ostile, liberandosi dello scialle e tirando fuori il dispositivo di lancio, caricandolo alla velocità della luce e mettendosi in posizione.
- La ragazzina ha fegato, non c’è che dire- osservò Jai
- Quasi mi dispiace rovinare questo bel faccino- disse Kairone e poi lanciò il suo Beyblade, ed Elena capì subito che in quella lotta non esistevano regole da seguire e che i suoi avversari, malvagi com’erano, giocavano decisamente sporco.
Senza avere neanche il tempo di lanciare anche lei, il Bit Power della Mummia uscì fuori dal Bey di Kairone e quelle grosse mani ricoperte di bende afferrarono subito Elena per il collo, sollevandola da terra.
- Attenta, Elena!- urlò Takao, ma ci mise qualche secondo di troppo a raggiungerla, venendo colto di sorpresa, così come Max e il Professore. Era impossibile riuscire ad anticipare la mossa scorretta e pericolosa del blader dagli occhi gialli.
I quattro malvagi iniziarono a ridere, mentre Mummia stringeva pericolosamente le mani intorno all'esile collo della Prescelta.
- Che peccato, pensavo che l’incontro durasse un po’ di più- osservò Ozlav
- Già, tanta strada per niente, sarei rimasto volentieri a riposare nella mia comoda cassa- disse Vlad, sbadigliando.
- Maledizione, Elena, reagisci!- urlò Takao, sentendogli le lacrime pizzicargli gli occhi.
Elena chiuse gli occhi sentendo che ormai l’ossigeno stava abbandonando i suoi polmoni, ma non poteva già arrendersi così, non poteva. Lo doveva a Rei. Così con le poche forze che aveva ancora, tirò il filo di caricamento dal dispositivo di lancio.
- V-v-vai, a-attacca, Drigelyon- e lo scintillante Bey di Elena cominciò a girare vorticosamente una volta atterrato sul pavimento rovinato di quella sala, sollevando un vortice di sabbia.
Il Bit Power della Prescelta balzò subito fuori avvolto dal suo bagliore accecante e la Tigre Bianca ruggì agguerrita tanto da far tremare le pareti, scaraventando il Beyblade di Kairone lontano e liberando Elena da quella presa mortale.
La giovane Prescelta cadde a terra e riprese fiato, tossendo e tenendosi la gola.
- Stai bene, Elena?- chiese Max andandole subito accanto, mentre Takao e il Professore l’aiutavano ad alzarsi.
- Sì, sto bene.- rispose lei, senza staccare gli occhi di dosso ai suoi nemici.
Kairone iniziò a ridere, in modo sempre più profondo e terrificante.
- Quel micetto coi gioielli non ci fa alcuna paura, addosso blader della Morte!- urlò e gli altri eseguirono lanciando i loro Beyblade, che si scagliarono con crudeltà sia su Drigelyon sia su Elena.
(https://www.youtube.com/watch?v=_qmQ4HMFMNo)
Era una lotta impari, quattro accaniti contro uno, che razza di match di Beyblade era quello, pensò Elena, ma capì ben presto che lo scopo di quei tizi era ucciderla, lei insieme ai suoi Guardiani e di certo non decretare il semplice vincitore di un match. Aveva notato la faccia sorpresa di alcuni di loro nel vedere Takao e Max essere tornati per sfidarli, anche se si erano sforzati di mascherarlo. Elena sapeva che stavano provando divertimento nel farla soffrire, sapeva che facevano del male a lei solo per provocare i ragazzi e giocavano prima di toglierla di mezzo, ma quello che quei quattro esseri ignoravano era che Elena non poteva soffrire più di quanto non stesse già facendo da giorni.
Il cuore, ormai, le era stato strappato dal petto quando Rei era stato imprigionato nel suo bit chip.
Una parte di lei era morta quel giorno a Madrid e ora il Team delle Tenebre si sarebbe potuto inventare di tutto per torturarla, umiliarla e finirla. Elena non sentiva più nulla, solo l’istinto di proteggere il suo Bit Power nella lotta, quella parte importante di Rei le restava.
I blader maligni si concentravano ad attaccare lei, più che il suo Beyblade, ferendola e facendole del male, nonostante la Tigre Bianca la stesse difendendo a spada tratta.
- Oh, poverina- disse il prof, notando che Elena aveva iniziato a sanguinare copiosamente dalle labbra e da un braccio
- Eppure guardatela, combatte ancora.- disse Max
- Già, resta in piedi nonostante tutto, come se volesse difendere lei il suo Bit Power e non il contrario- osservò Takao corrugando la fronte.
- Lo avete notato anche voi? È come se Elena si stesse facendo attaccare di proposito per proteggere Drigelyon- si accordò preoccupato l’americano
- Non va così, finirà per farsi uccidere- disse Takao a denti stretti
- Interveniamo- propose Max e Takao scosse la testa
- Non ce lo perdonerebbe-
Elena restava immobile ad incassare i colpi ben assestati di quei Bit Power malefici, Vampiro l’aveva morsa in più punti, mentre gli altri cercavano di indebolirla colpendola ripetutamente. Ora avevano preso di mira il suo addome, colpendola forte e a ripetizione, cercando di spezzare la sua guardia, di ferro fino a quel momento.
Li guardava con gli occhi pieni di sfida, come ad invitarli a colpirla. Avrebbe fatto di tutto per vincere, lei era convinta che dall’inizio non sarebbe uscita viva da quella battaglia e, a quel punto, tanto valeva farsi uccidere pur di toglierli di mezzo. Inoltre, voleva evitare che quei maledetti colpissero la sua preziosa Tigre Bianca. Non poteva sopportare di vederla gettarsi in battaglia per difenderla, senza muovere un dito, era come se aggredissero Rei e lei non riusciva a reggere la vista di un attacco al suo Bit Power.
I blader della Morte non sapevano più che strada tentare per piegare la volontà di Elena, dunque decisero che era arrivato il momento di sferrare il colpo di grazia. Il fatto che stessero iniziando ad innervosirsi costituiva un vantaggio per la Prescelta.
- Adesso ci hai davvero stancati, ragazzina, è arrivata la tua ora- sibilò Vlad, mentre tutti e quattro i Beyblade si mettevano in formazione di fronte ad Elena, minacciosi, pronti a sferrare un attacco micidiale.
La Tigre Bianca ruggì ancora, mettendosi a difesa della giovane.
- Arrenditi, non puoi batterci, nessuno può- confermò Kairone.
- La tua luce si spegnerà presto- urlò Jai.
E nonostante Elena non avesse smesso di sogghignare per provocare i quattro avversari per tutta la durata del match, sapeva bene che quella era davvero la fine.
Chiese mentalmente scusa a Rei per non essere stata degna del suo sacrificio. Chiese scusa a Kei, a Olivier e a tutte le persone che aveva deluso in quel momento e che sapeva per certo la stessero guardando, in qualche modo.
Chiuse gli occhi e con un sorriso tranquillo attese che il suo destino si compisse, ma una voce nella sua testa la svegliò da quel torpore e da quell’amara rassegnazione.
Elena, continua a lottare!
- Rei!- urlò Elena
La giovane avvertì un indicibile calore farsi strada nel suo corpo e si lasciò invadere da quella sensazione meravigliosa.
Anche se era rimasta ad occhi chiusi, poteva sentire lo spirito di Rei che era lì ad abbracciarla, a stringerla forte. Elena lo avvertiva così chiaramente, come se il suo amore fosse ancora lì e le stesse dando la forza necessaria per concludere quella tremenda battaglia.
Il suo Bit Power, Rei, la stavano proteggendo e le stavano infondendo coraggio.
Non ti arrendere, amore mio, ricorda le parole di Daitenji.
Elena aprì gli occhi di scatto.
Ma certo, pensò, la mail che le aveva inviato il Maestro doveva pur significare qualcosa e la giovane blader iniziò a ricordare quello che c’era scritto e le parole di Jai riguardo la sua luce.
- La luce di una sola candela si spegne in un attimo...- cominciò a ripetere ad alta voce, mentre il Team delle Tenebre era pronto a scagliare l’attacco finale, facendo partire i quattro Beyblade a tutta velocità in direzione di Elena e della Tigre Bianca.
Sono qui con te, pronto a combattere
Elena vide Rei accanto a sé, così come l’aveva visto la prima volta nel suo ristorante, mettersi in posizione da combattimento e annuire tranquillo. Sorrise emozionata a quella scena.
- Ma la luce di molte candele resiste al tempo e illumina il mondo- concluse convinta, guardando ancora Rei negli occhi.
- All’attacco, blader della Morte!- urlò Vlad e tutti lo seguirono, aumentando la velocità di rotazione dei Bey.
- Come ho fatto a non pensarci!- disse Elena e poi si girò alle sue spalle.
- Takao, Max, Professore, presto, lanciate i vostri Beyblade!-
I tre Guardiani erano confusi.
- Cosa aspettate?!- urlò Elena disperata e, ubbidendo alla loro Prescelta, Max, Takao e persino il Professore presero i dispositivi di lancio e si prepararono ad entrare in battaglia.
Mentre erano in posizione per lanciare, Takao guardò alla sua sinistra trasalendo.
- Kei...- disse sconvolto, sgranando gli occhi.
Kei era anche lui lì. Non si sarebbe perso quel match per nulla al mondo e a giudicare dallo sguardo di superiorità che aveva sul viso, quello che Takao ricordava benissimo, non vedeva l’ora di scendere in campo.
Il suo amico si girò e gli sorrise sicuro, poi tornò a guardare in direzione dei nemici, con il dispositivo di lancio ben saldato nella mano destra.
Takao si riprese e, con rinnovata forza, lanciò il suo Bey, affrettandosi ad inserire nuovamente il filo di caricamento per un secondo lancio. Kei, gli aveva implicitamente chiesto di lanciare Dranzer per lui, visto che Takao lo custodiva da dieci anni a quella parte.
- Vai Draciel!- urlò Max
- Vai Dragoon!- lo imitò Takao
- Avanti, Einstein!- il prof si unì alla battaglia col suo Beyblade
- E ora, tocca a te Dranzer!-
I sacri Bit Power si misero tutti a difesa dei propri Beyblader: il Drago Azzurro, l’Aquila Rossa, la Tigre Bianca e la Tartaruga Nera.
- Non è possibile!- urlò Vlad, coprendosi gli occhi, e gli altri lo imitarono accecati dalla luce dei Bit Power dei loro avversari.
- E’ ora di finirla qui, bastardi, stavolta per davvero- disse Takao e denti stretti.
- No!!!- urlò di dolore Ozlav, piegato sulle ginocchia, a coprirsi il viso con le mani.
Elena e i suoi Guardiani, tutti i suoi Guardiani, si scambiarono uno sguardo d’intesa e poi annuirono.
- Attacco finale!- urlarono tutti in coro e i loro animali sacri si gettarono come fasci di luce contro i Beyblade del Team delle Tenebre, polverizzandoli ad uno ad uno e disintegrando anche i loro padroni che, tra urla disumane di dolore, sparivano in quella luce accecante, talmente potente, che aveva spinto all’indietro anche Elena e gli altri.
Poi il silenzio

La Prescelta riaprì gli occhi, rendendosi conto di essere sopravvissuta allo scontro e il suo primo pensiero fu assicurarsi che gli altri avessero fatto altrettanto.
- Ragazzi, state bene?- chiese Elena preoccupata
La ragazza si stava rimettendo in piedi a fatica, tossendo per la sabbia che si era alzata e notando di aver preso una bella botta alla schiena, oltre a sentire tutto il corpo indolenzito per l’incontro tremendo appena concluso.
- Sono tutto intero, credo- rispose Takao, aiutando il Professore ad alzarsi, il cui primo pensiero fu assicurarsi che gli occhiali non fossero rotti. Anche Max, poco distante, si stava togliendo la sabbia dai pantaloni.
- Dove sono andati a finire?- chiese il Professore, avanzando con cautela di qualche passo.
- Dove non potranno mai più fare del male a nessuno- disse sorridente Elena e Max e Takao la ricambiarono, poi andò a raccogliere il suo Beyblade ancora intatto che aveva però smesso di girare e vide scintillare la Tigre Bianca al suo centro.
- Grazie, amore mio- disse sincera, alzando gli occhi al cielo.
Ma quel momento di apparente pace venne interrotto da una fortissima scossa di terremoto, che quasi fece cadere nuovamente a terra i ragazzi.
- Ragazzi, dobbiamo uscire e in fretta anche- disse il Professore, indicando la parte di soffitto che non era ancora crollata che stava iniziando a cedere proprio in quel momento così come le pareti e il pavimento stava iniziando a creparsi.
- Di qua, presto!- urlò Max, afferrando Elena per un braccio e correndo in direzione dell’uscita subito dietro Takao e il Professore, mentre al loro passaggio pesanti massi cominciavano a cadere e l’intera antica struttura sembrava si stesse accartocciando su sé stessa, dopo aver perso la magia che la teneva in piedi.
Si fermarono solo quando capirono di essere fuori pericolo e si piegarono sulle ginocchia riprendendo fiato, gettando uno sguardo su quella sala del cerimoniale ormai sepolta nella sabbia del deserto.
- Che dite, sarà finita?- chiese Max con un sorrisetto
- Lo spero, stavolta ho temuto davvero di non farcela- confessò Takao
- Ora abbiamo un altro problema- disse il prof
- Oh, ti prego, una tregua, porca vacca!- disse Takao, roteando gli occhi.
- Come facciamo a dire all'autista dove siamo precisamente?- chiese preoccupato il Professore
- Non preoccuparti, ci troveranno- rispose Elena, sicura.
E sperò di avere ragione. Si guardò alle spalle e sospirò, felice e soddisfatta, vedendo quelle rovine che via via venivano nascoste dalle sabbie mobili.
La sua missione era finalmente compiuta.

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Capitolo 35
*** Risparmia le lacrime... ***


Capitolo 35:

Quando il bus li raggiunse in mezzo al deserto era quasi l’alba e Max dovette trattenere Takao dal prendere a pugni l’autista.
Il viaggio verso l’aeroporto fu silenzioso, anche se nessuno di loro era riuscito a dormire, per via dell’adrenalina che quell’epica battaglia gli aveva lasciato in circolo.

- Sapete, ho visto Kei stanotte- confessò Takao ad un certo punto, con un sorriso malinconico
- Dici sul serio?- chiese Max stupito, mettendosi all’ascolto del racconto
- Era così reale, accanto a noi, pronto a lanciare il suo Dranzer- Takao si lasciò sfuggire una risatina
- Che buffo, quando senti che stai per morire, ti appaiono tutte le persone care- disse, guardando Max.
- Ci hanno aiutato tutti, la luce dei vostri Bit Power è riuscita a sconfiggere le Tenebre, per sempre- disse il Professore.
- Ecco perché gli altri hanno fallito prima di noi, speravano di combattere da soli contro quei quattro, ma è l’unione della squadra a fare la differenza, come abbiamo potuto non pensarci fin dal principio?- osservò Takao corrugando la fronte
- Già, avremmo risparmiato a tanta gente un bel po’ di sofferenza- commentò Max inarcando le sopracciglia e poi il suo sguardo si spostò su Elena, che come al solito guardava il sole sorgere dal finestrino, stavolta con un sorriso rilassato dipinto sul volto e si rigirava tra le mani il suo Beyblade.
La ragazza sospirò e si girò verso il Professore.
- Prof, posso chiederti un favore?-
- Certo, Elena, quello che vuoi, ma prima voglio già dirti che mi sono occupato del... corpo... di Rei- disse lui cauto. Elena per un attimo non afferrò il concetto, però poi si ricordò delle parole del Professor Kappa di qualche giorno prima, riguardo la sistemazione di Rei nei laboratori del PPB.
- Certo, disse lei, ma io volevo chiederti un altro favore, se posso- chiese ancora la ragazza e il ragazzo annuì, quindi lei poi lei gli consegnò il Beyblade
- Potresti ripristinare Driger e Vulpilyon?-
Il Professore fu colpito da quella richiesta insolita, ma poi capì il perché e si trovò a pensare che anche Takao gli aveva avanzato la stessa pretesa, esattamente dieci anni prima.
- Rei era il capo della Tribù della Tigre Bianca e se un giorno mi chiederanno di restituire il suo Bit Power, voglio che sia fatto insieme con il suo Beyblade, come è sempre stato- ammise Elena, abbassando lo sguardo
- Non c’è problema- la rassicurò il Professore
- Grazie- disse sincera Elena.
E quel ringraziamento nascondeva molto di più e sperò che i suoi Guardiani la capissero al volo.
​Quando giunsero all’aeroporto, Elena si rese conto che il momento dei saluti era forse il più duro dopo aver sconfitto per sempre il Team delle Tenebre. La giovane odiava dire addio, aveva come la paura di non rivedere più le persone che stava salutando, come era successo con i suoi genitori che erano partiti per il Principato di Monaco e poi non erano più tornati.
- Attenzione, si avvisano i signori passeggeri che il volo B55 per New York è in partenza al gate 19-
- E’ il nostro- disse Max sospirando al Professore, che annuì
- Beh, amico mio, ci vediamo al matrimonio- disse Takao con un sorrisone a Max
- Già è vero! Per favore, mi mandi una mail con la data? Così la segno in calendario e io ed Emily ci terremo liberi- si raccomandò Max
- Tranquillo, ti spedirò l’invito ufficiale- disse Takao e poi i due si abbracciarono forte.
Era come se con uno schiocco di dita tutto fosse tornato alla normalità. Non sembrava per niente fossero tornati da una missione suicida visto il modo rilassato e sereno con cui si stavano salutando, promettendosi di rivedersi presto, ma bensì sembrava essere appena finita una bella vacanza.
I loro discorsi fino a qualche ora prima riguardavano la missione, la battaglia e il Team delle Tenebre. Dal momento in cui erano riusciti ad uscire da quella sala dove si era svolto l’incontro con i nemici, era come se il mondo avesse ripreso a girare nel verso giusto.
- Vale anche per te prof, Hilary è entusiasta di vederti alle nozze- continuò Takao, rivolgendosi al Professor Kappa.
- Verrò molto volentieri- e poi si alzò sulle punte per abbracciare forte il suo migliore amico.
- Buon viaggio.-
- Thanks, anche a voi- disse Max facendo il segno della vittoria
- Saluta Emily e i bambini da parte mia- disse Elena con le lacrime agli occhi
- Lo farò senz’altro e ricorda se trovassi a passare dalle parti di New York, avrai sempre un letto pronto per te a casa Mizuhara- la rassicurò Max e poi Elena allargò le braccia per stringere il suo Guardiano americano.
- Grazie di tutto, Max- disse con gli occhi chiusi
- Grazie a te, darling, ti voglio bene-
- Anche io-
- Ti farò recapitare i Beyblade per posta, abbi un po’ di pazienza- si scusò il Professore, prima di salutare Elena
- Fai con calma, non credo che i membri della tribù di Rei vengano a bussare alla mia porta reclamando il suo Beyblade così presto- commentò lei con un pizzico di ironia.
E dopo gli ultimi saluti, Elena e Takao videro sparire tra la gente dell’aeroporto i loro due amici.
La ragazza sospirò
- E’ strano, siamo partiti in cinque e ora torniamo a casa da soli- disse Elena a Takao
- Sai, stanotte ho capito una cosa, che non siamo mai soli finché il ricordo di chi non c’è più vive per sempre in noi- disse Takao sicuro
- Sono decisamente d’accordo con te- rispose Elena, annuendo convinta
- Tu come stai?- chiese premuroso Takao, dopo un po’
Elena sospirò ancora pesantemente
- Dire che sto bene è un parolone, ma mi sento più leggera. So che abbiamo fatto qualcosa di buono, abbiamo compiuto una missione straordinaria e il merito è solo vostro, non ce l’avrei mai fatta senza di voi- disse lei, emozionata.
- Smettila, se c’è qualcuno che deve prendersi il merito quella sei tu. Hai lottato come una vera guerriera fino alla fine, ora capisco perché Rei si era innamorato di te.-
Elena nascose a fatica le lacrime a sentir pronunciare quella frase e solo in quel momento parve ricordarsi che l’unica e ultima volta in cui aveva confessato il suo amore a Rei era stato prima che lui diventasse il suo Bit Power Supremo. Quanto avrebbe voluto avere più tempo.
- Sei una forza della natura, Elena e non devi cambiare mai, mi hai capito?- continuò il giapponese e lei annuì
- Lo sai, se il Beyblade fosse ancora uno sport praticato ad alti livelli, mi sarebbe piaciuto misurarmi contro di te, magari ad una finale mondiale- disse il suo ormai ex Guardiano.
- Avremmo dato sicuramente spettacolo, ma mai dire mai nella vita- concordò Elena, dandogli una finta gomitata
- Attenzione, si avvisano i signori passeggeri che il volo D49 per Roma è in partenza al gate 21-
- Questa è la mia chiamata- disse Elena, sistemandosi meglio la borsa sulle spalle. Takao temporeggiò qualche minuto, mentre la osservava sistemare i bagagli.
- Elena, inutile dirti che sei invitata anche tu al mio matrimonio, anzi è grazie a te se Hilary non è rimasta vedova prima del tempo- ammise in tono scherzoso, lei ridacchiò.
- Ci sarò Takao, promesso, Rei avrebbe voluto così- si sentì di dire lei
- Bene, ti aspetto allora-
Takao l’aiutò a prendere tutta la sua roba e poi i due si abbracciarono forte.
- Buona fortuna, Elena-
- Grazie, Takao, di tutto e per tutto. Sei davvero il numero uno- disse lei per poi staccarsi dall’abbraccio e avviarsi verso il gate.
Takao, mentre la vedeva sparire tra la gente, trascinandosi dietro i suoi ingombranti bagagli, pensò che quella ragazzina aveva appena salvato il mondo e forse non si era resa ancora conto di quanto contasse quello che aveva fatto, perdendo però qualcuno che per lei era importante quanto il mondo stesso.
L’amore della sua vita.
L’ex campione del mondo di Beyblade raccolse le sue cose e si avviò, con largo anticipo al suo gate, riflettendo sul fatto di essere davvero fortunato ad avere qualcuno a casa che lo aspettava, pronto a cancellare tutto il dolore e la tristezza che quella missione aveva portato con sé.

Ad Elena quasi non sembrava vero rivedere le strade di casa sua, della sua adorata Roma e più che quattro mesi le sembrò che fossero passati quarant’anni, forse perché la ragazza che aveva lasciato la capitale italiana per intraprendere quel viaggio, non era la stessa che vi era tornata.
Elena ci mise un po’ prima di bussare alla porta di casa.
Guardò il suo giardino sempre in ordine, con l’amaca che si dondolava sotto il vento autunnale e la piscina ormai vuota, al cui interno solo foglie gialle e rosse. Adele avrebbe sicuramente dato di matto col giardiniere non appena si fosse accorta delle foglie sul fondo dell’immensa vasca.
Poi la ragazza prese coraggio e si decise a suonare al campanello, iniziando a sorridere non appena riconobbe i passi delle scarpe col tacco quadrato di Adele sul marmo del pavimento dell’ingresso.
- Arrivo- aveva detto la voce della donna dall’altra parte della porta.
Quando Adele aveva aperto la porta di Villa Tornatore era rimasta scioccata dalla gioia.
- Elena, tesoro, sei tornata!- saltò felice quando riconobbe la sua piccolina sulla soglia della porta.
Elena entrò in casa e Adele quasi le strappò i bagagli da mano e la ricoprì di baci sulla guancia, per poi osservarla.
- Bambina, che ti è successo? Sei pallida e dimagrita- cominciò preoccupata Adele e Elena sperò che non facesse molto caso ai lividi che aveva sul corpo, maledicendosi mentalmente per non essere ricorsa al make-up neanche in quell’occasione, durante quelle ore di aereo.
- Sto bene, Adele, davvero- la rassicurò la ragazza, affrettandosi a calare le maniche del maglione, per nascondere i graffi che l’ultima lotta le aveva lasciato addosso, evitando di menzionare assolutamente la parola "ospedale".
- Lo dico io che in Europa non sanno cucinare come noi italiani!- disse Adele, andando verso la cucina.
- Cosa ti preparo per cena? Esco a fare la spesa, ci metto un attimo, chiedimi quello che vuoi- aveva cominciato con tono allegro la donna.
- Davvero, non ho fame- disse Elena, cercando di non farla preoccupare
- Ho solo bisogno di disfare questi bagagli e andarmene a dormire- continuò la ragazza e vide l’entusiasmo negli occhi della sua tata spegnersi a poco a poco.
- Come vuoi tu, ma chiama se ti serve qualcosa- si raccomandò Adele
- Certo, grazie- poi andò verso le scale che conducevano al piano di sopra
- Adele- chiamò la ragazza
- Sì?-
- E’ bello essere di nuovo a casa- disse Elena, sforzandosi di sorridere.
Quando si chiuse in camera sua si perse per un attimo a riscoprirne i dettagli.
Era tutto esattamente come lo aveva lasciato quella mattina prima di partire per gli Stati Uniti, prima di incontrarsi con Rei all’aeroporto.
La ragazza sospirò e si sedette sul letto guardandosi intorno, come se dovesse riappropriarsi di ciò che era da sempre suo e riconoscerlo nuovamente, ma era lei ad essere diversa, di certo non la sua stanza, non il suo bagno con l’immensa vasca che lei amava riempire di schiuma, non l’ampia vetrata della sua camera da letto con la vista su Roma. Lei era profondamente cambiata dopo quel viaggio e ora che aveva affidato i Beyblade al Professore per ripristinarne l’assetto originario, si sentiva come privata di una parte importante di sé.
Di notte lei stringeva il Bey tra le mani e gli parlava, gli raccontava della sua giornata e si sentiva, in qualche modo, vicina a Rei, come se stesse parlando con lui.
Era da pazzi ed Elena lo sapeva, ma quel gesto la faceva stare bene.
Decise di occupare la mente disfacendo i bagagli, afferrò tutto il mucchio di vestiti che si era portata dietro e lo lasciò nel cesto accanto alla porta, per essere portato in lavanderia, ma quando fece per tornare in direzione della valigia aperta, notò per terra una striscia di carta lucida.
Si avvicinò, la raccolse e le salirono le lacrime agli occhi.
Elena fissava quelle tre fotografie formato tessera che ritraevano lei e Rei in pose diverse.
Ricordava ancora la storia legata a quelle foto.
Si trovavano in Olanda e, dopo l’allenamento mattutino, nel tragitto di ritorno verso l’hotel, l’attenzione di Elena era stata catturata dalla macchina delle fototessere. Aveva costretto Rei e fare qualche scatto insieme e nonostante le proteste del ragazzo, alla fine lei l’aveva trascinato in quella piccola cabina e lui, arreso, si era lasciato fotografare insieme a lei.
L’ultima delle tre era la più spontanea, era stata scattata senza preavviso e vedeva i due ridere come matti.
Elena poteva ancora sentire la risata melodiosa di Rei nella sua testa, forse quella mattina era stata una delle poche volte in cui l’aveva visto ridere davvero di gusto, insieme a quella serata McDonald’s in camera sua a Vienna. Quei ricordi la fecero star talmente male, che smise per un attimo di pensarci, chiudendo forte gli occhi.
- Rei, mi manchi tanto, sai- mormorò la ragazza, sfiorando con un dito il volto del suo amore stampato sulla carta fotografia e poi decise di mettere quelle foto sullo specchio della sua camera, così ogni mattina avrebbe guardato lei e Rei, felici e si sarebbe ricordata di quanto lo amasse, anche se non c’era bisogno delle foto per farlo.
Lui era sempre lì, al centro del suo mondo.

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Capitolo 36
*** ...Per un altro giorno ***


Capitolo 36:

I giorni trascorrevano lenti e ad un mese dal suo ritorno a casa, Elena stava cercando di recuperare a poco a poco il tempo perso.
Nonostante avesse sempre pensato di fermarsi subito al Colosseo, alla fine della missione, Elena ci aveva messo qualche settimana prima di tornare alla tana e lì era stata accolta come un’eroina da tutti i suoi amici, persino da Marco che le aveva fatto i complimenti e si era scusato per come si era comportato prima della sua partenza. Elena lo perdonò senza troppi convenevoli, aveva decisamente bisogno di tutte le persone care vicino, l’idea di perdere qualcun altro per qualsiasi motivo le faceva salire il panico e Marco, al momento, rappresentava la sua ancora di salvezza. Poi Daitenji l’aveva abbracciata forte, senza parlare e aveva portato la sua ex Prescelta nel suo ufficio, intuendo l’urgenza della ragazza di piangere e sfogarsi. Infine, per distrarsi, aveva aiutato a smontare i campi da gioco dalla tana.
Non c’era più bisogno di nascondersi e, soprattutto, non esisteva più il corso di formazione per i Prescelti, ora si chiamavano semplicemente corsi per diventare blader professionisti.
I Presidenti di tutto il mondo avevano abolito le leggi che vietavano il gioco del Beyblade e c’era stata una grande festa in ogni parte del globo per celebrare questa novità e un insolito boom di vendite per i Beyblade, come non accadeva da dieci anni. Daitenji, addirittura, aveva confidato ad Elena che se le cose fossero andate secondo quel ritmo, non avrebbero tardato ad organizzare i primi campionati del mondo di Beyblade dopo un decennio, in suo onore.
Elena aveva dato il via ad un meccanismo di rinascita, ma proprio lei che era stata il motore di tutto, sentì di essere l’unica a non essere rinata.
Nonostante l’atmosfera di serenità in cui il mondo che lei aveva contribuito a salvare con tanto dolore e sacrificio era tornato e l’allettante possibilità di essere l’ospite d’onore al mondiale di Beyblade, la giovane non riusciva a godersi appieno quella meritata gioia che credeva di provare subito dopo la missione. Ogni giorno che passava capiva sempre più perché Takao aveva passato i primi anni della sua vita dopo la sconfitta del Team delle Tenebre a stare male per Kei e a chiedersi se avesse fatto la scelta giusta quella notte.
Quel pensiero la stava consumando.
Adele iniziò a preoccuparsi seriamente per la salute di Elena, notando che la ragazza saltava i pasti e se ne stava rintanata in camera sua per giorni interi senza uscire e, di tanto in tanto di notte la tata la sentiva piangere. Decisa a darle una scossa, ma non riuscendoci da sola, la governante di casa Tornatore chiese a Gianni di venire a Roma per aiutarla a parlare con sua sorella minore.
Elena era andata su tutte le furie quando Adele le aveva detto di aver chiamato Gianni, quasi non si riconosceva mentre urlava contro la sua adorata tata e dopo aver fatto le dovute scuse per quel comportamento sconsiderato e maleducato, Elena realizzò che stava davvero perdendo il controllo.
(https://www.youtube.com/watch?v=sYFNgaIaE_g)
Così, quella mattina, si sforzò di farsi bella per incontrare Gianni e dargli l’impressione che andasse tutto bene, per non far preoccupare ulteriormente anche lui, che già portava il peso di gestire gli affari di famiglia. E poi dopo tutto quello che le era stato rivelato su Olivier e sul suo tragico destino ai mondiali in Russia, non voleva di certo essere motivo di cruccio per suo fratello.
Elena aveva dato appuntamento a Gianni accanto alla Fontana di Trevi e si era appoggiata sul bordo della maestosa costruzione in marmo, perdendosi a guardare quella normalità che tanto le era mancata e per la quale aveva faticato tanto, rischiando la sua stessa vita.
Vide un bambino chiedere alla sua mamma di comprargli un Beyblade e, per un attimo, ebbe paura che sua madre lo strattonasse dicendogli di non chiederle mai più una cosa simile, una scena che aveva visto un milione di volte, ma poi vide quella donna sorridere e promettere a suo figlio di comprargliene uno fortissimo.
Elena sorrise dolcemente di fronte a quella scena e sperò di essere anche lei, un giorno, una madre che prometteva al proprio figlio un Beyblade davvero forte. Anzi, Elena avrebbe chiesto al suo bambino di scegliere tra Vulpilyon, il suo amato Bey, compagno fedele di tante avventure e, perché no, Driger, il leggendario Beyblade dell’uomo che le aveva salvato la vita. E non solo...
Abbassò lo sguardo e poi sentì l’inconfondibile profumo del dopobarba di Gianni. Le sembrò essere passata un’eternità dall’ultima volta, eppure avrebbe riconosciuto quel sentore di colonia a miglia di distanza.
- Vuoi lanciare una monetina, piccola Elena?- le chiese lui, come quando erano bambini, avvicinandosi e abbracciandola forte.
I capelli biondi di Gianni quasi brillavano al sole e gli occhi azzurri sembravano avere delle venature blu cobalto col cielo sereno di quella mattina. Chiunque li vedesse insieme a primo impatto, stentava a credere che fossero fratello e sorella, ma quando i due sorridevano sembravano la fotocopia l’uno dell’altra.
Gianni si sedette sul bordo della piscina e ispezionò sua sorella.
- Smettila, ti odio quando mi fissi in quel modo- disse Elena, distogliendo lo sguardo e stringendosi nell’elegante cappottino rosso, perfettamente in tinta con i tacchi a spillo che aveva deciso di indossare sotto l’abitino nero e le labbra truccate stile anni Cinquanta.
- Sei dimagrita parecchio- sentenziò Gianni.
- Sai meglio di me che i posti in cui si mangia bene in giro per l’Europa si contano sulle dita di una mano- disse lei, sperando di essere convincente.
- Non mi riferisco a quello, Adele dice che quasi non tocchi cibo da quando sei tornata- continuò Gianni con sguardo serio ed Elena, di tutta risposta, scrollò le spalle
- Non ho fame, posso decidere io se mangiare o meno?- disse ironica e il maggiore dei Tornatore sospirò pesantemente.
- Elena, smettila con la commedia, so tutto- cominciò, diretto
- Tutto…?- chiese confusa lei
- Di te, del Cammino, dei Bladebreakers e del Team delle Tenebre- disse duro lui.
Elena boccheggiò, estremamente in difficoltà e sperò che quel senso di vertigine che le aveva intrappolato le viscere passasse in fretta, prima di dare di stomaco.
- Come lo hai scoperto?- chiese arresa
- Beh, la rinascita del Beyblade nel mondo si è espansa a macchia d’olio, di certo non è qualcosa che passa inosservato- cominciò neutro lui
- E non appena è stata resa nota la notizia della scomparsa dei blader della Morte, Ralph mi ha telefonato, dicendomi che lo avevi sfidato in Germania e che eri stata tu, con tutta probabilità, ad uccidere Kairone e gli altri- concluse sintetico Gianni
Ralph, razza di traditore, pensò Elena tra sé e sé. Almeno aveva avuto la decenza di mantenere il segreto fino alla fine del viaggio.
- Che dici? Mi dai una spiegazione?- chiese il biondo, sforzandosi di restare calmo
- E’ una lunga storia- rispose sua sorella abbassando lo sguardo, poi si lasciò sfuggire una risatina, ricordando che era la risposta che le dava sempre Rei a qualsiasi sua domanda e che lei non sopportava affatto.
- Perché ridi?- chiese suo fratello aggrottando la fronte
- Niente, ricordavo una cosa- liquidò la faccenda lei.
- Ascolta, Gianni, se non ti ho detto niente è perché sapevo che ti saresti opposto con tutte le tue forze alla mia partenza- disse lei, tornando seria
- E lo credo bene, tu sei mia sorella, l’unica famiglia che mi resta!- la interruppe lui
- La gente muore durante questo pellegrinaggio, ma credo tu lo sappia già- continuò tagliente, pentendosi subito di aver usato quel tono, nel vedere lo sguardo di Elena diventare triste di colpo.
Il ragazzo sospirò esasperato, massaggiandosi le tempie, mentre Elena teneva gli occhi bassi, imponendosi di non piangere per la milionesima volta quella settimana.
- Perdonami, sorellina, so che hai perso qualcuno di importante durante questo viaggio- si scusò Gianni, posando una mano sulla spalla di lei, come a confortarla
- Non era solo qualcuno di importante, Rei era tutta la mia vita- confessò Elena per la prima volta a voce alta a qualcuno, alzando lo sguardo.
Gianni si morse un labbro.
- L’ho conosciuto, lo sai, era davvero un gran bravo ragazzo e cucinava anche da dio- ricordò lui ed Elena ebbe un flash.
Era stata contattata da un avvocato qualche giorno prima e aveva appreso, con sua immensa sorpresa, che la gestione della Tana della Tigre Bianca era passata in mano sua. Rei lo aveva progettato dall’inizio del Cammino, ecco perché all’arrivo negli Stati Uniti era sempre impegnato in telefonate sottovoce e interrotte in presenza di Elena. Il ragazzo immaginava che non sarebbe tornato vivo da quella missione, dunque aveva deciso di fare le cose per bene, inserendo, prima dell’incontro in Spagna, anche la sua Elena in quella sorta di testamento.
Le venne in mente come l’avevano accolta nel ristorante di Rei, quando vi era tornata per la prima volta dopo la missione. Tutto lo staff si era parato davanti a lei e, con orgoglio e emozione, l'avevano applaudita. Elena pianse tantissimo quella sera, parlare con tutte le persone che avevano conosciuto e lavorato con Rei in quegli anni o da quando il ristorante a Roma era stato inaugurato e sentire da tutti quanto fosse un ragazzo in gamba, la fece stare malissimo e quella cena non fece altro che aumentare il senso di vuoto che Elena si portava dentro da quando era tornata dal Cammino. Da quando lui l’aveva lasciata.
Poi si ricordò che proprio quel giorno, il 6 di novembre, era il compleanno di Rei, forse per questo l’avevano invitata al ristorante proprio in quell’occasione. Il suo Rei avrebbe compiuto trent’anni e lei non poteva fare a meno di pensare che grande festa avrebbe voluto organizzargli, in pieno stile Tornatore, una cosa di cui avrebbero parlato tutti, ma anche in quel caso, la possibilità le era stata negata da un po’.
Elena, uscendo dal locale aveva notato la foto dello staff al completo incorniciata sul bancone della reception. Si fermò ad osservarla e vide l’immagine di Rei sorridente, con le braccia incrociate sul petto e lo sguardo fiero, davanti a tutti. Sorrise tra le lacrime e si lasciò sfuggire un
Buon compleanno amore mio, ovunque tu sia…
- Mi ascolti?- chiese Gianni riportandola alla realtà
- Sì… sai, volevo parlarti di questa cosa. Rei aveva un ristorante nei pressi del Colosseo, di cui ora gestisco una parte, che dici se qualche volta ceniamo lì insieme, quanto rimani?- chiese Elena, improvvisamente entusiasta di avere la compagnia di suo fratello.
- Rimango solo questa sera e ho già promesso ad Adele che avremmo mangiato a casa, tutti insieme, ma possiamo andarci più tardi a pranzo, se ti va- disse Gianni
- Ci sto, voglio mostrartelo- disse Elena, sorridendo.
- Al di là di tutto, comunque, ci tenevo a dirti una cosa- cominciò Gianni e lei lo guardò in attesa
- Sono veramente molto fiero di te- disse suo fratello con un sorriso ammirato ed Elena si sentì, per la prima volta in vita sua, veramente presa in considerazione da lui.
- Davvero?- chiese emozionata la ragazza
- Sicuro! Io e Amphilyon non siamo degni di te e Vulpilyon, dico sul serio- sottolineò Gianni
- Ora non cercare di abbindolarmi- ribatté Elena, stringendo gli occhi a due fessure.
- Giurin giurello, croce sul cuore- disse Gianni in tono solenne
Elena gli diede una finta spallata e poi i due ridacchiarono, leggeri, spensierati.
- Senti, devo andare ad un matrimonio la prossima settimana e non ho idea di cosa mettermi, ti va di accompagnarmi a fare shopping? Ho bisogno del tuo parere e del tuo gusto sopraffino per queste cose- propose Elena
- Accetto volentieri, ma solo se mi fai un regalino costoso- negoziò il biondo dei Tornatore, mentre si alzavano dal bordo della famosa fontana.
- Sei sempre il solito, ti lasci comprare facilmente- commentò Elena scuotendo la testa
- Che vuoi farci, è la mia natura- si difese lui e poi Elena intrecciò il braccio con quello di suo fratello e insieme si avviarono verso Via Condotti, in cerca dell’abito che Elena avrebbe indossato al matrimonio di Hilary e Takao previsto per la settimana successiva.
Fu quell’unico pomeriggio, insieme a suo fratello, che Elena riscoprì il rapporto che i due per anni avevano smesso di coltivare, raccontandosi bugie e mantenendo segreti l’uno con l’altra.
Elena un po’ si sentì in colpa, perché anche in quell’occasione, stava mantenendo un segreto con suo fratello. E lui non era il solo ad essere allo scuro di quella cosa.

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Capitolo 37
*** Ci rincontreremo ***


Capitolo 37:

- Rei… Rei, mi senti?-
Il ragazzo era come se sentisse quella voce nei suoi sogni. Conosceva bene la persona che gli stava parlando, ma non riusciva ad aprire gli occhi e guardarla in faccia, le palpebre erano pesanti come macigni e lui sentiva i muscoli completamente bloccati.
Provava una sensazione strana, come se l’anima si fosse staccata dal suo corpo e stesse fluttuando chissà dove, incapace di tornare nel suo contenitore originario.
- Andiamo, svegliati!- continuò quella voce, in tono imperante.
Rei si sforzò di aprire gli occhi, imponendosi a sé stesso di metterci la forza necessaria per fare quel semplice gesto e quando mise a fuoco il volto della persona che lo aveva svegliato da quello strano torpore, si sentì più confuso che mai, trasalendo paurosamente.
- Kei… ma come…?- chiese sconvolto poi diede una rapida occhiata intorno e quel posto ricordava tanto un ospedale, ma qualcosa dentro di Rei gli diceva che quello non era decisamente un ospedale. O almeno, non uno reale.
- Dove siamo? E tu come fai ad essere qui?- chiese poi incerto il cinese
Il suo amico Kei se ne stava nella sua solita posizione con le braccia incrociate sul petto e lo sguardo basso con i capelli a coprirgli gli occhi. Rimase in silenzio per un po’, mentre gli interrogativi di Rei restavano sospesi nell'aria senza trovare una risposta.
Rei, come primo istinto, si alzò dal letto e gli andò accanto. Da quando uno dei suoi migliori amici era, di fatto, morto alla finale dei mondiali, Rei non aveva fatto altro che pensare a quello che avrebbe voluto dirgli se avesse avuto la possibilità di vederlo ancora. Erano tantissime le cose che gli erano passate per la mente negli ultimi dieci anni, ma ora che si trovava di fronte a Kei, le parole gli erano rimaste tutte bloccate in gola senza avere la possibilità di essere pronunciate.
Il blader di origini russe alzò lo sguardo e fissò il suo ex compagno di squadra e, al di là di ogni aspettativa, sorrise.
Rei si rilassò.
Ecco cosa voleva dirgli, voleva semplicemente ringraziarlo per avergli salvato la vita quella notte a Mosca, per aver aver avuto più coraggio di lui nel compiere quel sacrificio. Kei gli aveva dato una seconda occasione e lui in quegli anni non aveva fatto altro che autocommiserarsi e sentirsi in colpa.
Poi dei flash gli passarono davanti agli occhi.
La Tigre Bianca, Elena, il Team delle Tenebre e l’incantesimo per trasformarlo in Bit Power Supremo.
Rei sussult e quasi perse l'equilibrio, attraversato prepotentemente da quei ricordi, allora Kei alzò lo sguardo.
- Ora sai cosa si prova- disse in tono comprensivo il ragazzo dai capelli bicolore.
- Elena- riuscì a dire sospirando il moro, ricordando immagini confuse della battaglia in Egitto e portandosi stancamente una mano alla fronte con una smorfia. Anche quello strano mal di testa non era decisamente reale.
- Ce l’ha fatta, li ha distrutti- lo rassicurò Kei, dando le spalle al suo amico.
- Ne ero sicuro, non si sarebbe mai arresa- rispose Rei abbozzando un sorriso
- Lei sta bene?- chiese improvvisamente in ansia, vedendo che Kei restava in silenzio.
- E’ a casa, tranquillo. Anche se non smette di piangere per te, mi fa saltare i nervi!- commentò infastidito il russo.
Rei aggrottò le sopracciglia.
- Piange? E tu come lo sai?- chiese con una nota di tristezza nella voce
- Dieci anni in questo limbo e il mio unico passatempo è stato osservare voi idioti che vi rovinavate la vita, la parte divertente è stata solo vedere Elena battere Takao in allenamento, a ripetizione- commentò con un ghigno sarcastico Kei.
- Mi dispiace- fu l’unica cosa, tra quelle che avrebbe voluti dirgli, che uscì a Rei.
Avrebbe dovuto provare ad aggiungere qualcos’altro, ma anche in quel frangente le parole gli morirono una dietro l'altra prima di arrivare alle corde vocali.
- Ad ogni modo, tu non puoi stare qui- tagliò corto l’eterno diciannovenne dei Bladebreakers, voltandosi e prendendo a camminare per quella stanza, fermandosi davanti ad una finestra.
Accettare delle scuse non era proprio nello stile di Kei e, nonostante ci fosse la concreta possibilità che Rei si stesse immaginando l’intera conversazione, notava che il suo compagno di squadra era esattamente come quando lo aveva visto l’ultima volta: sicuro, freddo e spavaldo, che non lasciava trasparire alcuna emozione.
Rei era di nuovo confuso, forse più di quando si era svegliato, ammesso che lo avesse fatto per davvero.
- Che vuoi dire?- chiese aggrottando la fronte
- Voglio dire che devi andartene, questo non è il tuo posto- cercò di chiarire Kei
- Andarmene? E dove? Se ci hai osservati come dici, sai bene che ho dato la mia vita in cambio del potere del Bit Power Supremo, esattamente come hai fatto tu- sottolineò Rei, indicandolo
- Per me è diverso- ribatté il ragazzo dagli occhi violacei.
- Io non avevo faccende in sospeso nella mia vita terrena- spiegò neutro, continuando ad osservare un punto indefinito fuori dalla finestra.
- Kei, avevi solamente diciannove anni, come puoi dire di non aver avuto faccende in sospeso? La tua vita non era neanche ancora cominciata- ribatté Rei
- Fidati- lo rassicurò il suo amico
- Avevo chiuso con il mio passato e la mia infanzia che mi tormentavano da sempre, avevo troncato i rapporti con mio nonno e la sua influenza negativa non poteva più nuocermi, avevo conosciuto voi, che mi avete reso una persona migliore e mi avete dato la possibilità di compiere una buona azione, tanto grande da cancellare quelle cattive che avevo commesso per tutta la vita- spiegò il ragazzo, voltandosi verso Rei e facendo brillare quel singolare orecchino nero sul lobo sinistro.
Rei rimase stupito ad ascoltare il suo amico e fu incapace di rispondergli.
- La mia anima si era già evoluta. Il mio tempo terreno era completo- concluse Kei serio, poi si spostò dalla finestra e si mise di fronte al suo amico.
Gli mise entrambe le mani sulle spalle e Rei non si riuscì a spiegare come mai lo sentisse davvero, se in quel limbo come lo aveva definito Kei stesso, ci finiscono solo le anime, teoricamente. Eppure, quel contatto sembrava terribilmente reale.
- Anche se...- disse il russo, prendendo ad essere serio di colpo
- Anche se…?- lo incoraggiò Rei con lo strano terrore di avere poco tempo per dei chiarimenti.
- Non so come spiegartelo, ma voglio che tu ora mi ascolti… molto attentamente- esordì Kei prendendo coraggio e guardandosi intorno circospetto.
Rei si limitò ad annuire sicuro.
- Qualcuno vuole farmi del male… o me lo sta già facendo, non so dirtelo con esattezza- le iridi ametista di Kei scintillavano di una strana luce, come di preoccupazione e Rei trasalì.
- Cosa? Come?! Come fanno a farti del male se… se…- non riuscì a completare la frase, bloccandosi a metà.
- Se sono già morto? Già, ottima domanda- rispose con sarcasmo Kei
- Devi spiegarti meglio, come faccio ad aiutarti sennò?- chiese disperato il cinese
- Qualcuno tiene legata la mia anima da qualche parte, se ne vuole servire per qualcosa di oscuro, ma non so cosa e vorrei tanto saperlo- a quella rivelazione Kei strinse forte i pugni lungo i fianchi.
- Ok, d’accordo, usciremo di qui, insieme… te lo prometto, Kei- disse Rei, poggiando lui questa volta le mani sulle spalle dell’amico e stringendole leggermente, ma il russo scosse la testa.
- Non posso tornare, Rei- asserì sicuro
- Certo che puoi, troveremo un modo, vedrai- cercò di rassicurarlo il moro, ma la realtà era che neanche Rei aveva la benché minima idea né di dove si trovassero, né se fosse stato possibile andarsene da lì, né tanto meno se tutta quella situazione se la stesse immaginando.
- Io non posso… ma tu devi tornare indietro, tu puoi, so come farti uscire da qui- disse risoluto Kei
- Beh, è perfetto! Che aspettiamo allora? Andiamo via!- rispose Rei, quasi esultando
- Tu. Io non posso, te l’ho già detto. Il mio tempo terreno si è esaurito- gli ricordò, mentre ciuffi grigi gli andavano a coprire nuovamente gli occhi.
- Allora perché mi hai detto che qualcuno vuole farti del male se non mi dai la possibilità di aiutarti? Vuoi continuare a farmi sentire in colpa per altri dieci anni?- chiese stizzito Rei
- Non è colpa tua se sono finito qui, lo sai benissimo- lo informò Kei dopo un lungo sospiro, poi gli rivolse uno sguardo rassicurante.
- Sarà meglio che tu vada adesso… perché al contrario di me, hai ancora una marea di cose da fare- lo incoraggiò Kei, piegando leggermente la curva delle labbra in un sorriso.
- Ad esempio?- chiese Rei incerto e Kei iniziò a ridere talmente di gusto che il cinese quasi fu spaventato da quella reazione. Non aveva mai visto il suo amico ridere così, eppure avevano trascorso insieme tre lunghi anni tra campionati e tornei, come una squadra, insieme a Takao, Max e il Professor Kappa.
Era incredibile come avessero passato così tanto tempo insieme e lui non ricordava di aver sentito la risata di Kei nemmeno una volta.
- La cosa più complicata del mondo. Ti sei innamorato- gli disse cercando di rimanere serio e per un attimo Rei si sentì in imbarazzo. Il suo amico da quella specie di aldilà li aveva osservati per bene, si trovò a pensare il moro.
- D’accordo e allora? Che differenza fa, ormai?- chiese Rei rassegnato e la loro attenzione venne catturata da una luce che si irradiava dal fondo di quel corridoio deserto.
Kei sorrise sicuro, guardando in direzione della luce.
- Ci siamo- lo informò Kei
- Cosa? Che vuol dire?-
Rei era nella più totale confusione.
- Consideralo un regalo per aver salvato il mondo e un premio per la Prescelta, te l’avevo detto che conoscevo una scorciatoia per farti uscire- rispose tagliando corto il giovane.
- Perché non vieni con me? Andiamo via insieme, ti prego Kei!- urlò Rei disperato, come se avesse capito di non avere più il tempo di avere altre risposte dal suo amico.
Kei scosse la testa e poi con uno scatto uscì da quella stanza chiudendosi la porta alle spalle, lasciando Rei da solo.
Quest'ultimo tentò di aprirla e chiamò il suo amico più volte, quasi urlando e cercò di buttare giù quella maledetta porta. Kei lo osservava attraverso il vetro e Rei cercò di leggere il suo labiale in qualche modo.
Non lasciare che mi facciano del male.
- Kei! Kei, ti prego, torna qui!!! Chi è che vuole farti male?- chiese ancora Rei, forzando ancora una volta la maniglia che sembrava non voler scattare in alcun modo.
Ci rivedremo, Rei, ho fiducia in te.
Queste furono le ultime parole del russo, prima di voltare le spalle a Rei e sparire attraverso quella luce, mentre una strana forza risucchiava Rei per trascinarlo via. E poi il buio.

Il Professor Kappa era arrivato tremendamente in ritardo quella mattina in ufficio.
Bevve il suo adorato caffè Starbucks bollente mentre si infilava il camice e trafficava con le scartoffie che il suo assistente gli aveva mollato tra le mani non appena lo aveva visto varcare la soglia del PPB, facendo attenzione a non versarci sopra la bevanda. Avrebbe tanto voluto anticiparsi, proprio per godersi quel rito che era la sua colazione nell’amata caffetteria sotto casa, ma anche una cosa semplice come bere un caffè in pace, era diventata difficile per l’impegnatissimo scienziato.
Tantissimi giovani che erano tornati a praticare il Beyblade provenienti da ogni parte del mondo si erano iscritti ai corsi tenuti dalla grossa azienda americana, nota per formare blader fortissimi, dunque il da fare si era praticamente decuplicato al ritorno dal viaggio in Europa.
Il prof si era diretto ad ampie falcate verso il suo ufficio, sperando che la Dottoressa Mizuhara fosse tanto impegnata da non notare il suo ritardo. Oltre a tutto il lavoro da fare riguardante le sue ricerche, aveva anche promesso ad Elena di ripristinare i Beyblade che lei gli aveva dato prima di salutarsi, ma era stato così sommerso di impegni che era riuscito solo a smontare i due Bey e aveva ancora tutti i pezzi sparsi sul suo tavolo da lavoro, in attesa di essere rimontati.
Quando entrò in ufficio e alzò lo sguardo, tutti ciò che aveva in mano, compreso il caffè, cadde a terra combinando un vero disastro sul pavimento. Il Professor Kappa si lasciò sfuggire una parolaccia, cosa che non era davvero da lui. I tre mesi passati con Takao dovevano aver avuto una terribile influenza su di lui, pensò per un attimo.
- Prof non ti agitare.-
Gli stava chiedendo con cautela quel ragazzo alto e atletico mezzo nudo, parandosi di fronte a lui.
Il Professor Kappa, deglutendo a vuoto, si avvicinò al telefono fisso della scrivania e continuando a guardare ad occhi sbarrati quella persona che, inaspettatamente si trovava nel suo ufficio, premette il pulsante dell’interno di Max.
- Good morning, prof, mi chiami per chiedermi di coprirti con mia madre perché hai fatto tardi? Tranquillo è in riunione, sei salvo- lo rassicurò il suo amico con la solita voce allegra, ma il Professore parve non farci caso.
- Max, per favore, vieni nel mio ufficio. Credo che da Starbucks abbiano messo degli stupefacenti nel mio caffè stamattina- e mise giù.


Ciao a tutti! Capitolo in anticipo perché non avrò modo di pubblicare domani... 
Ad ogni modo, ci avviciniamo inesorabilmente alla fine (sono molto triste per questa cosa...) manca davvero un niente per sapere come andrà a finire tra i nostri eroi.
Colgo l'occasione per ringraziare tutti, ma proprio tutti i miei lettori ancora una volta e, in particolare come sempre LadyK_1989 con i suoi preziosi consigli e la carica giusta!
Un abbraccio a tutti <3
LadyYuna94

 

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Capitolo 38
*** Preparativi ***


Capitolo 38:

Elena stava preparando le ultime cose per il viaggio in Giappone, in vista del matrimonio di Takao a cui aveva promesso di prendere parte, mentre la pioggia non smetteva di scendere. La giovane odiava quando la bellezza del panorama che ammirava dal suo balconcino veniva offuscata dai lampi e dalla pioggia battente e sperò che il volo di quella sera non subisse ritardi, o peggio, venisse cancellato.
Gli sposi avevano chiesto ai loro amici di anticiparsi di almeno due giorni, sia per evitare appunto problematiche legate allo spostamento (in particolare per Max che viveva praticamente dalla parte opposta del globo rispetto a Takao) e anche perché Hilary voleva conoscere meglio Elena ed Emily, nonostante quest’ultima l’avesse già vista agli incontri anni prima, senza mai però stringere un vero e proprio legame d’amicizia.
Takao aveva accennato ad Elena che la sua futura moglie era una ragazza con un carattere per certi versi particolare e faceva amicizia molto difficilmente, dato che dovevano presentarsi delle pseudo sconosciute al matrimonio, voleva prima scambiarci quattro chiacchiere. Ad Elena non creava alcun problema quella condizione, anzi si trovò a pensare che probabilmente nei panni di Hilary avrebbe fatto la stessa cosa.
Lasciò vagare la mente mentre riponeva con cautela in valigia l’abito lungo che aveva scelto per la cerimonia e pensò che probabilmente non ci sarebbe stato nessuno sconosciuto da invitare nel suo caso, perché al contrario di quello che aveva sempre immaginato nel suo futuro, da quando era tornata dal suo Cammino Elena aveva definitivamente accantonato l’idea del giorno più bello della sua vita. La giovane blader sapeva che a ventun anni nessuno di certo ha le idee chiare sull’amore e sulla vita in generale, ma lei aveva una sola certezza, unica e incrollabile: non avrebbe mai amato nessun altro uomo come aveva amato Rei. Neanche se fosse nata una seconda volta.
Persino Adele aveva capito che il suo stato d’animo era strettamente legato ad una questione di cuore. "Soltanto una donna che soffre per amore piange nel silenzio della notte..." così le aveva detto un giorno la sua tata, ma ogni volta che la donna provava a parlarne e cercava di farla aprire, lei cambiava argomento o prendeva ad essere quanto più evasiva possibile. In più di un’occasione, Elena aveva realizzato che si stava comportando esattamente come aveva fatto Rei all’inizio nei suoi riguardi e capì le sue ragioni, per la prima volta. Non voleva dare agli altri il peso delle sue preoccupazioni e si sentì sciocca per aver discusso con lui riguardo la sua freddezza tante volte e avrebbe dato tutto ciò che aveva per tornare indietro e non sprecare quel tempo prezioso che aveva avuto a disposizione con lui.
Quando uscì di casa erano ormai le venti e, nonostante avesse rifiutato più volte durante la giornata, Adele si offrì comunque di accompagnarla all’aeroporto, per evitarle di prendere freddo e con la paura di un nuovo temporale.
Elena in macchina era silenziosa, osservava fuori dal finestrino la città che iniziava a prepararsi all’arrivo delle feste natalizie. Quello era il periodo dell’anno che lei amava di più, nonostante di festività spensierate e come una normale famiglia non li viveva da anni, ormai. Ricordava quanto amava addobbare l’imponente albero di Natale nel salone di casa insieme a Gianni e il suo momento preferito era quando suo fratello la prendeva sulle spalle e le lasciava mettere gli addobbi sui rami più alti.
Quando era partita per il suo viaggio l’estate precedente, si era convinta che quello sarebbe stato il Natale più bello della sua vita, dopo tanto tempo, il Natale della rinascita, quello in cui sarebbe tornata la normalità. Per certi versi quello che stava per arrivare era decisamente un Natale bellissimo, ma non perfetto come lo aveva immaginato Elena. Nella sua mente, l’immagine fiabesca di lei e Rei che scartano i regali a mezzanotte per poi finire a fare l’amore sul pavimento accanto al fuoco del camino, le infuse un indicibile calore e chiuse gli occhi per poter godere ancora di quella visione, nel silenzio della sua anima.
Adele l’aveva accompagnata fino al gate e aveva insistito per aspettare che si imbarcasse, ma Elena le aveva chiesto di tornare a casa prima possibile visto che era buio e minacciava nuovamente di piovere e non voleva stare in pensiero. Alle ventidue e trenta, la giovane era già in viaggio da un’ora abbondante e sentendo gli occhi decisamente pesanti, pensò di addormentarsi e sperò di riuscire a dormire almeno per la metà del viaggio, ricordando i battibecchi tra lei e Rei seduti in aereo, mentre andavano a New York da Max.
Se solo fosse possibile tornare indietro con le lancette, pensò mentre si addormentava...

La cosa che Elena più odiava al mondo era il jet-leg.
Amava viaggiare quanto odiava quella fastidiosa sensazione del fuso orario che si traduceva in un pesante mal di testa, che di solito le durava qualche ora prima di riprendersi completamente, con l’aiuto di un’aspirina.
Prese un taxi e raggiunse l’hotel di cui Max le aveva mandato la posizione tramite GPS e tenne bene a mente di ringraziare, come prima cosa, il suo ex Guardiano e sua moglie per essersi preoccupati di prenotare una stanza anche per lei.
Dopo aver posato i bagagli, Elena si fece una doccia veloce, si cambiò d’abito e si risistemò il trucco, poi diede un’occhiata al costosissimo orologio che le aveva regalato Gianni in occasione del suo ultimo compleanno e uscì dalla stanza, quindi raggiunse la zona lounge dell’hotel e lì c’era la famiglia Mizuhara al completo.
Elena sorrise vedendo Max che sorseggiava un caffè macchiato, mentre teneva David sulle ginocchia che sembrava stesse lì lì per addormentarsi. Rivedere il biondo nella hall di un hotel fece sentire Elena come in un déja-vu, quella scena di Max che beveva il caffè leggendo le notizie sportive sul suo smartphone, la giovane l’aveva vista tutti i giorni per mesi.
- Ciao, ragazzi- esordì allegra avvicinandosi ai divanetti dove i coniugi si erano accomodati
- Elena, che piacere vederti- disse Emily alzandosi e andandola a salutare
- Sai, non ti avevo riconosciuta senza occhiali- confessò Elena
- Beh, per le occasioni importanti metto le lenti a contatto, ma siccome le sopporto poco, mi sto abituando già da adesso così domani non farò un disastro. A proposito, mi piacerebbe avere una mano da te domattina, sai non sono esattamente un asso con il trucco e parrucco- ammise l’ex campionessa All Starz.
- Messaggio ricevuto- disse Elena sorridendo
David e Judy salutarono con la manina, ricordando di aver visto quella ragazza qualche tempo prima, soprattutto la bambina.
- Come stai, darling?- chiese Max abbracciandola, con un sorriso così allegro che Elena non poté fare a meno di ricambiarlo
- Bene, non mi lamento- rispose Elena, scrollando le spalle. Max ed Emily si scambiarono un’occhiata complice, ma Elena parve non notarlo.
- A che ora ci aspetta Hilary?- chiese la ragazza
- Mi ha mandato l’indirizzo del ristorante dove pranzeremo, mi sa che è già lì- disse Emily inarcando le sopracciglia
- Andate, io credo che porterò i ragazzi di sopra a fare un pisolino, sono distrutti e anche io- confessò Max, per poi sbadigliare.
- Poi ho appuntamento con Takao e il prof per stasera, credo staremo fuori a cena, non mi aspettare in piedi- disse Max ad Emily e poi le scoccò un tenero bacio sulla fronte.
- Non fare molto tardi, non vorrei rischiare di arrivare dopo la sposa, domani- disse Emily, guardando Max con la coda dell’occhio. Lui le fece un sorriso rassicurante e poi le due donne si avviarono all’appuntamento con Hilary.
Durante il tragitto, le campionesse di Beyblade parlarono tanto e di tutto e nonostante si fossero viste soltanto una volta in vita loro, le due sembravano andare stranamente molto d’accordo, vista la diversità di carattere che le contraddistingueva.
- Andare ai matrimoni mi fa tornare in mente il mio- cominciò ad un certo punto Emily con aria trasognata, Elena la guardò cercando di nascondere la malinconia per qualcosa che sapeva bene non avrebbe mai avuto, dietro un sorriso emozionato.
Anche lei amava andare ai matrimoni, immaginando il giorno in cui sarebbe toccato a lei, ma evitò di dirlo per un motivo sconosciuto.
- Raccontami- la incoraggiò Elena
- Beh, io e Max ci siamo sposati che eravamo due ragazzini, a volte stento a credere che siano passati tutti questi anni.- raccontò la ragazza dai capelli ramati, con uno sorriso
- Ci odiavamo quando ci siamo conosciuti. Davvero, non lo sopportavo, era una gara continua per avere l’approvazione di sua madre, discutevamo per ogni minima sciocchezza, ma dopo quei mondiali, Max cambiò e io mi resi conto che aveva bisogno di qualcuno che gli stesse vicino-
Elena annuì lasciandola continuare.
- Me ne innamorai perdutamente. Nonostante quello che aveva vissuto, cercava sempre di essere allegro, di trovare il lato positivo in tutto e decisi di non farmelo scappare.- ammise Emily, facendo l’occhiolino ad Elena, che fu pervasa per un attimo da un senso di tristezza.
Anche lei si era innamorata perdutamente e il suo rimpianto più grande e ciò che la tormentava più di ogni altra cosa ogni giorno era che le era stata negata la possibilità di condividere il resto della sua vita con l’uomo che amava.
- Ma basta parlare di me, dimmi di te- propose Emily
- Non c’è molto di cui parlare- rispose Elena alzando le spalle ed Emily capì che la ragazza non si sentiva esattamente a suo agio ad aprirsi su quell’argomento, ma il modo in cui l’americana la fissava di sottecchi, come se volesse scrutare i suoi pensieri, fece un pochino innervosire la giovane italiana, ma cercò di cacciare quella sensazione e cambiò argomento, con la scusa di osservare le vetrine. Fortunatamente, il ristorante in cui la futura signora Kinomiya le aspettava era a nemmeno cento metri da lì ed Elena si salvò in corner.
Quando entrarono notarono subito una giovane donna seduta da sola, che si guardava intorno in attesa di qualcuno, non c’erano dubbi riguardo al fatto che quella fosse Hilary. Emily indicò il tavolo, riconoscendo la ragazza dai capelli castani portati sulle spalle e i grandi ed espressivi occhi dello stesso colore.
Già, loro due si conoscevano, sarò io quella a cui verrà fatto il terzo grado, pensò Elena.
- Emily e tu devi essere Elena!- disse lei sorridendo e alzandosi in piedi in uno scatto, quando le due si avvicinarono al tavolo
Dopo le presentazioni di rito, Hilary non smetteva di osservare le sue ospiti.
- Che bello, Emily ti trovo bene, non indossi più quei grossi occhialoni che ti coprono il viso!- disse entusiasta la ragazza
Elena cercò di soffocare una risatina, ma dal modo in cui Emily aveva stretto gli occhi a due fessure faceva presagire che avrebbe risposto male ad Hilary da un momento all’altro. La moglie di Max non ebbe tempo di replicare, perché lo sguardo di Hilary si spostò su Elena e prese ad esaminarla.
- Tu invece sembri molto più adulta- disse indicandola
- E questo è un bene o un male?- chiese cauta Elena, prendendo posto accanto ad Emily
- Decisamente un bene!-
Takao non aveva esagerato quando aveva detto che la sua fidanzata era una maniaca del controllo di prima categoria, ma sul fatto di non riuscire a fare facilmente amicizia, Elena aveva forti dubbi, si conoscevano solo da qualche minuto e già le stava simpatica.
Probabilmente era il suo essere molto diretta e senza peli sulla lingua che poteva mettere in difficoltà chi non la conosceva bene, ma per il resto Hilary sembrava in gamba.
Era briosa, quasi iperattiva, probabilmente l’ansia da vigilia del matrimonio che hanno un po’ tutte le spose stava influendo molto, ma fatto stava che quell’allegria contagiosa ad Elena piacque tantissimo e si trovò a pensare che quella era probabilmente la prima volta in vita sua, in cui andava fuori con delle amiche e parlava di argomenti leggeri e superficiali come il make-up, gli abiti e le diete sponsorizzate dalle star che promettevano risultati miracolosi in pochi giorni.
L’unica compagnia che Elena aveva avuto per tutta la sua vita erano stati Gianni e i suoi amici e poi Marco e si rese conto con rammarico che avrebbe davvero avuto bisogno di una presenza femminile nella sua vita. Ringraziò mentalmente Takao e Max per avergli dato la possibilità di conoscere Hilary ed Emily che non solo la stavano aiutando a distrarsi, ma potevano capire il suo stato d’animo se si fosse toccato l’argomento Beyblade, che per il momento, veniva accuratamente evitato.
Il pranzo era passato tranquillo, anche se Elena aveva toccato poco cibo, giustificandosi con le ragazze di avere un po’ di bruciore di stomaco e al momento del dolce, a cui però la giovane non seppe dire di no, Hilary diventò di colpo seria.
- Vi ho invitate a pranzo per un motivo- cominciò osservando Emily ed Elena
- Non era solo perché non volevi avere due estranee al tuo matrimonio?- chiese Emily con un sorrisetto
- Anche, ma il punto è un altro- rispose Hilary
- Vedete, non ho molte amiche donne- ammise lei in imbarazzo
- Non ho sorelle, né cugine con cui ho rapporti stretti. E le colleghe di lavoro sono insopportabili, le ho invitate al ricevimento solo per fare scena- confessò alle due ragazze.
- Hilary, dove vuoi arrivare?- chiese Emily, che era sempre molto diretta nelle situazioni, notò con piacere Elena.
- Beh, volevo chiedervi se fosse un problema per voi farmi da damigelle- chiese arrossendo.
Un silenzio imbarazzante aleggiò per qualche secondo a quel tavolo, ma una vocina nella testa di Elena le diceva già da quella mattina che quel pranzo a tre tutto al femminile nascondeva un secondo fine bello e buono.
- Capisco che per voi sia un po’ imbarazzante e vi chiedo scusa per il pochissimo preavviso e so anche che ci conosciamo davvero poco, ma vorrei avere delle donne fidate come voi al mio fianco domani- disse la ragazza, con sincerità.
- Emily, tu sei la moglie di uno dei migliori amici di Takao e Max è importante per lui quanto per me- disse guardandola negli occhi, poi il suo sguardo si spostò su Elena.
- E tu, hai fatto sì che Takao avesse di nuovo uno scopo nella vita, gli hai restituito la gioia di lanciare il suo Bey e lo hai fatto tornare sano e salvo da me, credo ti spetti un posto d’onore alla cerimonia- continuò, un po’ emozionata.
Elena ed Emily si scambiarono un’occhiata e poi sorrisero ad Hilary.
- Se non abbiamo alternative...- disse l’americana alzando le spalle
- Accettiamo- rispose sicura Elena, interrompendo Emily che non era esattamente entusiasta di stare al centro dell’attenzione su tacchi vertiginosi e avvolta in vestiti scomodi.
Hilary scoppiò a piangere dalla contentezza, le due blader sedute al tavolo con lei non sapevano se quella reazione fosse dovuta alla sua gratitudine nei loro riguardi per aver accettato la sua proposta, o perché aveva semplicemente avuto un crollo di nervi pre matrimonio.
Non lo scoprirono mai, ma erano convinte fosse la seconda opzione.

 

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Capitolo 39
*** Tuo ***


Capitolo 39:

Elena ed Emily neanche ventiquattr’ore dopo quel pranzo, si erano pentite amaramente di aver accettato di essere le damigelle d’onore di quel matrimonio, poiché Hilary si era rivelata essere una di quelle sposine isteriche. Quella mattina, prima della cerimonia, Elena si sorprese della velocità con cui la ragazza cambiava umore, passando dalle lacrime alle risate e dalla calma all’ira nel giro di pochi minuti e si chiese se quella fosse una peculiarità di tutte le spose o solo di quella sposa in particolare.
Le due blader avevano perso il conto delle volte in cui aveva chiesto loro di stringere il bustino dell’abito, rigorosamente di taglio occidentale e di controllare se lo strascico fosse scucito in qualche punto.
Elena aveva sperato di mangiarsi la lingua, dopo aver rivelato la sua conoscenza nel campo della moda e Hilary da lì divenne un fiume in piena, riempendola di domande tecniche sul suo abito da sposa e chiedendo continuamente conferma, per paura di essere stata imbrogliata, se quell’abito corrispondeva alla mano dello stilista che aveva espressamente richiesto in atelier al momento dell’acquisto.
Emily aveva la bocca bloccata in un tirato, ma pur sempre rassicurante sorriso di marmo e pensò di aver pronunciato la frase "Sei bellissima" più volte durante quella mattinata che in tutta la sua vita. Non lo aveva mai detto così spesso nemmeno a sua figlia Judy.
Le due ragazze ringraziarono la loro buona stella per aver pensato di acquistare degli abiti sui toni del rosso, tema portante della cerimonia, perché erano convinte che Hilary le avrebbe sicuramente mandate a comprarsi altri vestiti a un’ora dall’inizio della cerimonia, se quelli che indossavano non avessero soddisfatto le sue aspettative.
La cerimonia e il successivo ricevimento erano stati organizzati nell’immenso giardino di casa Kinomiya, in uno splendido gazebo illuminato a festa, con rose rosse e bianche a fare da contorno e, quando era partita la marcia nuziale e le ragazze si erano sistemate davanti alla sposa che incedeva a passo lento, tirarono un grosso sospiro di sollievo non appena videro Takao stringere la mano di Hilary e sistemarsi entrambi sull’altare.
- Ricordami di non accettare mai più di fare la damigella d’onore- disse Emily ad Elena sottovoce, mantenendo quel sorriso granitico che aveva sulla faccia da ore e continuando ad osservare gli sposi. Elena non riuscì a contenersi e le sfuggì una risata che cercò di soffocare subito.
Nonostante tutto, la cerimonia fu davvero commovente.
Max e il Professore erano i testimoni di Takao ed erano carinissimi con i papillon rossi, in tinta con tutta la scenografia ed Elena non poté fare a meno di immaginare il suo Rei lì con tutti i loro amici. Se lo immaginò bello come il sole in quelle vesti eleganti e le lacrime le riempirono gli occhi, pensando che avrebbe potuto dare la colpa alla cerimonia, se qualcuno le avesse chiesto perché stesse piangendo.

Quando il ricevimento era ormai iniziato da un’ora, Elena si liberò dalla morsa dei tacchi a spillo che indossava da ore, nascondendo i piedi sotto il tavolo e sotto la stoffa del suo lungo abito cremisi e dalla faccia di sollievo che aveva fatto, Emily capì cosa avesse fatto.
- Tranquilla, non lo dirò a nessuno. Anzi, se vuoi ho portato un paio di scarpe di ricambio in più- le disse sicura la ragazza dai capelli rame.
- Ti dirò, sono una abituata ad indossarre i tacchi, ma queste fanno particolarmente male- confessò Elena, notando quanto fossero gonfi i suoi piedi.
- Io sono una tipa più da jeans e sneakers, infatti non sono per niente a mio agio oggi, quindi, ho giocato d’anticipo- Emily sollevò di poco il suo vestito con un sorriso soddisfatto, mostrando ad Elena le scarpe da ginnastica che aveva ai piedi.
- Donna, tu sei un genio- disse Elena facendole l’occhiolino
- Ma mi odierei se venissi nelle foto senza le mie adorate Jimmy Choo- ammise Elena con un sorrisetto, facendo un cenno alle sue costosissime scarpe abbandonate sotto al tavolo, poco lontano dai suoi piedi.
Proprio in quel momento, Max si alzò in piedi attirando l’attenzione di tutti per il classico discorso di auguri agli sposi che, per fortuna, fu abbastanza breve.
Invitò tutti a fare un brindisi alla fine ed Elena si limitò ad alzare il calice di champagne, che Emily notò essere ancora pieno. Le parve strano perché quello era almeno il terzo brindisi che facevano, il Professore aveva inaugurato quella serie di auguri al microfono, tediandoli per un quarto d’ora buono sul fatto di aver visto nascere l’amore tra Takao e Hilary. E poi ricordava benissimo che Elena non era astemia, visto che a casa sua quando si erano conosciute, aveva accompagnato con piacere l’arrosto con un paio di bicchieri di rosso.
Emily osservò la giovane italiana con fare accusatore e poi sorrise, Elena se ne accorse e aggrottò le sopracciglia.
- Che c’è?- chiese curiosa di sapere perché la sua amica la fissasse.
- Di quanto sei?- tagliò corto Emily ed Elena rimase completamente spiazzata da quella domanda.
- Non capisco a cosa ti stai riferendo...- tentò vaga la ragazza, prendendo a tagliare l’anatra che aveva nel piatto.
- Andiamo, Elena, sono una donna e ci sono passata prima di te- cominciò Emily, cercando di guadagnarsi la sua fiducia.
- Bruciore di stomaco continuo, poco appetito, non tocchi alcol, piedi gonfi. Tu aspetti un bambino- sentenziò la rossa americana sorridendo ed Elena non riuscì a trovare una scusa plausibile che Emily potesse bersi. Dopo tutto era una scienziata e aveva un occhio attento, inoltre la sua reazione non fece altro che confermare i sospetti della trentunenne americana.
- Non dirlo ad anima viva, per favore- la pregò Elena in un sussurro, capendo di non avere scampo, ed Emily trasalì
- Lo sapevo! Ma perché non me ne hai parlato?- chiese la rossa alzando un sopracciglio
- Non lo sa nessuno- confessò Elena, sentendosi improvvisamente troppo esposta nel rivelare quel segreto ad alta voce.
- E pensare che ieri mi avevi quasi convinta quando avevi detto che non c’era niente di importante di cui parlare riguardo la tua vita sentimentale, che non c’era nessuno per te, bugiarda- disse Emily con fare scherzoso
- In effetti è così, non c’è nessuno per me- cercò di giustificarsi Elena, facendo aumentare la confusione di Emily.
- Tesoro, non ti aspetterai che creda davvero alla storia della cicogna, spero- rispose tagliente l’ex tennista.
- Emily, sono incinta di Rei- ammise Elena ad occhi chiusi e le parole sfuggirono alle sue labbra prima che lei potesse fermarle.
Al solo pronunciare quella frase ad alta voce le venne in mente il momento in cui il test di gravidanza era risultato positivo qualche settimana prima e lei non aveva fatto altro che piangere per i successivi tre giorni, andando nel panico più totale all’idea di crescere suo figlio da sola, alla sua età e, soprattutto, senza suo padre.
La sua interlocutrice cambiò totalmente espressione, sgranando gli occhi e spalancando la bocca. Confusione e vera sorpresa si alternavano nel suo sguardo.
- Fermati, aiutami a capire- cominciò Emily spaesata ed Elena sospirò, rimettendo in ordine i pensieri.
- Io e Rei abbiamo fatto l’amore la notte prima dell’ultimo scontro in Spagna, quando lui...- l'ex Prescelta si bloccò, le costava troppa fatica ricordare cosa era successo a Madrid quel giorno.
- E, scusa la franchezza, ma non avete usato precauzioni?- chiese Emily, avvicinandosi di più.
In effetti quella domanda suonava più che lecita, visto con quante donne era stato Rei in passato, era diventato il massimo esperto in materia di sesso occasionale e contraccettivi e i suoi amici ormai sembravano saperlo bene. Elena stessa era sempre stata una tipa con la testa sulle spalle e si era ben guardata dal praticare sesso non protetto con i ragazzi con cui era stata. Ma quella notte, fu tutto diverso.
- E’ successo tutto talmente in fretta- cercò di giustificarsi Elena, mordicchiandosi il labbro
- Prendevo la pillola anticoncezionale, ma considerando lo stress fisico e psicologico a cui ero sottoposta durante il viaggio e tutto quello che avrei dovuto affrontare di lì a poco, devo essermela dimenticata… per un bel po’ di volte- ammise la giovane italiana, inarcando le sopracciglia.
- D’accordo- sospirò Emily
- Dunque, di quanto sei?- chiese ancora l’americana
- Otto settimane per l’esattezza, ho il secondo controllo al rientro a Roma- si confidò Elena
Emily mise una mano su quella di Elena e le sorrise emozionata
- Sei una donna forte, lo sai e meriti di essere felice- disse Emily ed Elena immaginò che quel gesto costasse parecchio alla ragazza, considerando quanto le aveva raccontato Max sulla poca emotività e, soprattutto, poca empatia di sua moglie.
- Grazie. Non vedo l’ora che nasca, vivo solo per quel momento. È la parte di Rei che mi resta, oltre al suo Driger- confessò Elena abbassando lo sguardo, portandosi istintivamente una mano al ventre.
La conversazione venne interrotta dall’inizio della canzone del ballo degli sposi.
Elena vide Hilary sgridare Takao e ordinargli di smettere di mangiare per andare a ballare, per poi prenderlo e trascinarlo a forza al centro del gazebo, mentre lui non mollava i suoi spiedini di manzo.
(https://www.youtube.com/watch?v=WAXmph1FEI0)
- A proposito, c’è qualcuno che vuole restituirti i tuoi Beyblade- disse Emily sorridendo, quasi con le lacrime agli occhi, guardando oltre Elena.
La ragazza si voltò alle sue spalle avvertendo una presenza, sperando che fosse il Professore che si era ricordato di ridarle i suoi Beyblade come promesso, ma quando Elena si voltò, una serie di emozioni che facevano a cazzotti tra loro invasero ogni parte di lei.
Si sentì la terra mancare sotto i piedi e immaginò di essere in uno dei sogni ad occhi aperti che aveva fatto negli ultimi tempi.
- Vuoi ballare con me? Poi prometto di restituirti i Beyblade-
Quella voce dolce ma profonda, quegli occhi che somigliavano all’oro scintillante, quei capelli corvini raccolti in un elegante coda bassa, con i ciuffi ribelli e disordinati sulla fronte ad incorniciare quel viso perfetto. Il completo total black che indossava faceva apparire il suo fisico molto più tonico e muscoloso e il papillon rosso al collo era proprio la ciliegina sulla torta.
Rei davanti ai suoi occhi appariva esattamente come lo aveva immaginato Elena solo poche ore prima. La giovane non riusciva a credere a quello che vedeva.
Aveva sognato talmente tante volte di vedere Rei accanto a sé che aveva paura stesse cominciando a confondere la realtà con la fantasia.
Elena gli porse la mano, continuando ad osservarlo scioccata e si lasciò guidare al centro della pista.
Gli altri sembravano essere tranquilli, quasi non badavano al loro amico che era tornato dall’aldilà e fu quella sorta di positiva indifferenza a convincere Elena che stava immaginando tutto, fregandosene del fatto che sarebbe potuta apparire stupida o addirittura pazza agli occhi degli altri, da sola al centro di una pista da ballo, nel bel mezzo di un matrimonio.
Elena chiuse gli occhi e, sicura di essere in una delle sue fantasie, si appoggiò con la guancia al petto di Rei, sentendo il battito del suo cuore e stupendosi di sé stessa nel riuscire a ricordare persino il ritmo del cuore di lui.
Rimasero in silenzio a dondolarsi lentamente al centro della pista, mentre il cinese stringeva dolcemente a sé la sua protetta. Quasi ad Elena sembrava di sentire le dita affusolate di Rei che le accarezzavano le braccia nude, dandole quei brividi che solo lui riusciva provocarle.
- Mi manchi, amore mio, ho tante cose da raccontarti- confessò Elena restando ad occhi chiusi e respirando a fondo il profumo inconfondibile di Rei. Se ne riempì i polmoni, come se dovesse farne scorta, per non restare senza quando quella visione sarebbe finita.
- Potrai raccontarmi tutto quello che vuoi, io non vado da nessuna parte- disse Rei in un sussurro, per poi posare un dolce bacio sulla fronte della ragazza. Il tocco delle sue labbra calde, fece sussultare la giovane.
Elena si staccò lentamente, iniziando ad avvertire un leggero panico nel farsi trascinare da quella visione, seppur stupenda, ma pur sempre frutto della sua mente. Guardò Rei che le sorrideva rassicurante e si ritrovò a pensare che era molto più bello e affascinante di quanto ricordasse.
Avvicinò una mano tremante al suo viso e quando avvertì nuovamente il contatto con la pelle di lui, Elena cominciò a respirare a fatica.
- Rei, io ti sento, possibile?- disse lei accarezzandolo, con le lacrime agli occhi, per poi toccargli la spalla, il braccio, fino ad intrecciare la sua mano con quella del ragazzo.
Elena seguì con gli occhi tutti i movimenti senza battere neanche le palpebre per paura di perdersi qualche dettaglio che rivelasse la natura fantasiosa di quello che stava vivendo.
- Elena, sono qui- disse lui, portandosi la mano di lei sul cuore. Elena chiuse gli occhi, nuovamente in ascolto di quel battito che poteva dire di conoscere a memoria come una ninna nanna.
- Non prenderti gioco di me- ribatté lei, cominciando a piangere e aprendo di colpo gli occhi, senza muoversi dalla sua posizione. Rei sentì le parole bloccarsi in gola, incapace di dargli un senso logico.
Non sapeva neanche come spiegarlo a sé stesso ciò che era successo, figuriamoci raccontarlo a qualcun altro, soprattutto a chi sapeva per certo aver sofferto più di tutti per la sua morte. Il ragazzo sperò che Elena capisse che la ragione per cui era riuscito a compiere quella specie di miracolo, tornando alla vita, era stata lei.
Era stato il suo amore a farlo tornare e il suo amico Kei gli aveva dato una grossa mano.
- Amore mio, toccami, sono vivo e sono tornato da te- la rassicurò lui, prendendole il viso tra le mani ed Elena decise che, per la prima volta in vita sua, non avrebbe fatto più domande a Rei.
Le bastava il fatto che lui era lì, non voleva sapere se c’era sotto qualche patto alla Cenerentola e che a mezzanotte lui sarebbe potuto svanire. Rei era davanti ai suoi occhi, in tutta la sua bellezza quasi divina da cui lei era stata ipnotizzata dal primo secondo. Elena avrebbe fatto di tutto, avrebbe dato di tutto, purché lui le fosse rimasto accanto per sempre. Purché lui l’avesse protetta per l’eternità.
Iniziò a piangere e con uno scatto si gettò nuovamente tra le sue braccia, in un pianto liberatorio e disperato.
- Non mi lasciare mai più, capito?- disse lei singhiozzando
- No che non ti lascio, lo sai che il mio compito è proteggerti, per sempre- rispose lui con le lacrime agli occhi, stringendola a sé.
Elena si alzò sulle punte e baciò Rei, incurante che fossero sotto gli occhi di tutti, premendo le labbra contro le sue e costringendolo a schiuderle. Lei aveva sentito la sua mancanza in un modo inimmaginabile e ora poter sentire di nuovo la sua lingua che esplorava la sua bocca la fece sentire viva all’improvviso, come un incendio che divampa.
Rei ci mise di certo tutta la passione che aveva in quel bacio, tenendo Elena stretta a sé e facendola cadere un po’ all’indietro come se fossero ancora presi dai passi tipici di quel lento che erano intenti a ballare fino a poco prima.
E mentre tutti si godevano quella scena, contenendo a stento la commozione, fuori da quel gazebo dove si stava tenendo il ricevimento nuziale del capitano dei Bladebreakers, iniziò a nevicare, regalando a quel momento già speciale, quel pizzico di magia in più.
Quella magia in cui Elena, nonostante ciò che aveva vissuto, non aveva creduto fino a quel momento.


Ciao a tutti! Avevo fatto intuire da un po' che ci sarebbe stato un lieto fine per i nostri protagonisti (eheh povera Elena, l'ho fatta penare un pochino prima di restituirle il suo grande amore), ma mi piaceva l'idea di dare un po' di gioia a questa ragazzina, che dopotutto, ha salvato il mondo.
Se il link di Youtube non funzionasse (non so perché oggi mi da problemi) la canzone che ho scelto per questo momento è "Yours" di Jin (BTS) che da anche il titolo al capitolo perché pensavo sposasse a meraviglia con tutto il mood xD
Manca un solo capitolo alla fine di questo meraviglioso viaggio cominciato un po' di mesi fa, ma non vi spoilero nulla!
Ancora un grazie gigantesco a tutti voi che mi leggete e seguite <3
LadyYuna94

 

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Capitolo 40
*** Proteggimi per l'Eternità ***


Capitolo 40 Finale:

Quella mattina Elena si era alzata col sorriso stampato sulla faccia, non che fosse una novità ultimamente, ma quel giorno era particolarmente felice.
Afferrò la sua vestaglia appoggiata ai piedi del letto e scostò le tende, facendo entrare quel tiepido sole primaverile. Sorrise e vide che la superficie del Tevere in lontananza sembrava essere ricoperta di diamanti, riflettendo la luce del mattino, amava osservare quel fenomeno e il ricordo di aver già vissuto una mattinata simile le tornò in mente, colpendola nel profondo, il ricordo della mattina in cui aveva conosciuto l’uomo della sua vita. Le parve strano per un attimo che era passato quasi un anno da quel momento, il momento in cui tutto era cambiato.
Chiuse gli occhi e si godé quella sensazione di pace appieno, immaginando già di fare colazione nel suo modo preferito, con i piedi distesi sul tavolo di marmo e i pancakes con la crema.
- Buongiorno, amore mio- disse Rei abbracciandola da dietro e dandole un bacio nel collo
Elena sorrise e si lasciò dondolare continuando a godersi il panorama, cosa che fece anche Rei e se ne stettero in quella posizione per qualche secondo.
- Buongiorno, a te- rispose lei, poi si voltò e realizzò che quel nuovo panorama batteva decisamente Roma a mani basse.
Il suo Rei con i lunghi capelli neri sciolti che gli arrivavano alla vita, gli occhi che brillavano più di qualsiasi astro, e quel sorriso con i canini appuntiti, se ne stava lì ad osservarla con dolcezza. Elena gli accarezzò il corpo nudo, i pettorali scolpiti, facendo scorrere lentamente le dita sulle cicatrici e seguendo il contorno del tatuaggio raffigurante la creatura sacra del blader cinese.
- Qualcuno aveva promesso una colazione speciale stamattina- ricordò Elena, facendo la voce da bambina
Rei le prese una mano e la baciò, continuando a guardarla negli occhi.
- Hai ragione, sei la moglie del capo della Tribù della Tigre Bianca adesso, meriti un trattamento da regina- confermò lui, passando il pollice sull’anello che Elena aveva all’anulare, a cui ancora anche lei doveva abituarsi e pensò che ventiquattro ore per farlo non erano decisamente sufficienti.
- Ora sì che mi piaci, anche perché qui c’è qualcuno che protesta- disse lei ironica, indicando in basso.
Rei sorrise e prese ad accarezzarle il pancione, facendo ancora fatica a credere che dentro la sua Elena stesse crescendo il frutto del loro amore, concepito durante quella notte di passione, prima delle battute finali del Cammino quando Elena era ancora la blader designata a salvare il mondo dal Team delle Tenebre e Rei era il suo Guardiano.
- Torno tra poco- annunciò lui, stampandole un bacio sulle labbra e avviandosi di sotto.
Elena sospirò felice, vedendo l’uomo che amava sparire dietro la porta della camera da letto e poi si stiracchiò. Si girò verso il grosso specchio sul comò e diede un’occhiata alle foto buffe con Rei che aveva messo lì mesi prima, si avvicinò, notando le polaroid che aveva scattato Max il giorno precedente, ispezionò qualche istantanea velocemente e poi decise di aggiungere un altro ricordo a quelli già presenti, la foto che ritraeva lei e Rei in abiti nuziali, intenti a imboccarsi con la torta.
Elena sorrise pensando di aver inaugurato uno strano album di momenti spensierati sulla superficie del suo specchio, poi sentì scalciare.
- Sì, lo so, la prossima foto che aggiungerò sarà la tua. Speriamo avrai il sorrisetto del tuo papà, è una cosa che mi fa impazzire, ma non dirglielo, è un segreto tra noi- confessò Elena, accarezzandosi dolcemente il ventre-
E mentre parlava con il suo bambino, cosa che faceva ogni giorno, fece correre le dita su due meravigliosi contenitori di vetro in bella mostra sul comò e sorrise fiera, guardando Driger e Vulpilyon scintillare come due preziosi gioielli.
- Chissà quale sceglierai...- pensò ad alta voce accigliandosi
Aprì il cofanetto e prese Vulpilyon, guardò in basso attendendo una reazione, ma tutto sembrava tacere, così ripose il suo Beyblade e prese Driger. Attese una reazione e dopo qualche secondo che stringeva il Bey tra le mani, sentì un altro calcio.
- Sei proprio una piccola peste, lo sai? Ma ti capisco, il Beyblade del tuo papà è leggendario e la Tigre Bianca sarà la tua migliore amica, la tua forza e il tuo punto di riferimento, potrai sempre contare su di lei- disse Elena, osservando il bit, per poi riporre soddisfatta il Beyblade nella sua teca.
- Sono tornato- la voce di Rei in cima alle scale distolse Elena dai suoi pensieri e quando lo vide entrare in camera era piuttosto confusa.
- Dov’eri? Ero convinta stessi preparando la colazione- disse lei
- In un certo senso...- rispose il moro con un sorrisetto, mostrando un sacchetto il cui logo Elena conosceva benissimo.
- Non ci credo!- disse lei emozionata
- Una promessa è una promessa- commentò lui ovvio, tirando fuori dal sacchetto i cappuccini e i cornetti della pasticceria preferita di Elena. La stessa identica colazione che lei gli aveva portato quando era andata a casa sua per convincerlo a diventare suo Guardiano.
Quella colazione che si erano promessi di ripetere, una volta finita la missione.
- Sei unico- disse convinta la ragazza, Rei le sorrise un po’ in imbarazzo. Si stava ancora abituando a tutta la dolcezza della sua amata Elena.
- E ti amo da morire- concluse
- Io...- la interruppe lui
- Sono io che ti amo da morire, lo hai dimenticato?- disse Rei alzando un sopracciglio ed Elena scosse la testa sorridendo, per poi addentare il suo cornetto, godendosi la colazione più bella di tutta la sua vita.
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Cinque anni dopo

- Dio benedica villa Tornatore- disse Emily indossando gli occhiali da sole e sdraiandosi su uno dei lettini a bordo piscina.
Elena sorrise, alzando il calice di champagne verso di lei, in segno di brindisi.
Come ogni anno ormai da tre, Rei ed Elena ospitavano gli amici a casa loro a Roma per tutta l’estate, era diventato una sorta di rito, come se il tempo perso in precedenza si dovesse, in qualche modo, recuperare più in fretta.
- E quest’anno Natale a New York, come promesso- avvisò Max, salendo le scalette della piscina.
- Assolutamente, Makoto non vede l’ora di vedere l’albero di Natale gigante a Times Square- ammise Hilary, sedendosi accanto a Takao.
- Già, non fa che parlarne da quando David glielo ha mostrato in foto, comincia a diventare irritante il piccoletto sull’argomento- proseguì Takao.
- Poi pattineremo sul ghiaccio, andremo in giro per negozi, it’ll be amazing!- concluse Max già gasatissimo con quattro mesi di anticipo
- Max vive per il Natale, è peggio di me- ammise Elena con un sorriso
- Fosse per lui addobberebbe già casa o sbaglio?- disse Rei prendendolo in giro
- Smettetela, intanto ho il primato nel quartiere per gli addobbi più belli- disse il biondo fiero
Poi la loro attenzione venne catturata da un rumore molto familiare: Beyblade che cozzavano tra di loro e si rincorrevano e i bambini che si davano la carica l’un l’altro.
- Hanno cominciato- disse Takao con un sorriso di sfida
- Non azzardarti a disturbarli, lo sai che se si sentono osservati smettono di giocare- lo ammonì Hilary
- Daitenji ieri si è lasciato sfuggire delle qualificazioni ai campionati del mondo aperte a tutti davanti a loro ed ecco che hanno cominciato ad allenarsi con molta più intensità del solito- osservò Rei in tono fiero.
- Non ce la faccio, il richiamo è troppo forte- commentò Takao, incapace di stare fermo e, in effetti, non era l’unico ad avvertire il forte impulso di lanciare il suo Bey.
- Judy mi ha chiesto di gareggiare con Draciel, ha detto che dalla prima volta che lo ha lanciato ha sentito i brividi- disse Max con un sorrisetto
- Le spetta, è la primogenita- rispose ovvio Rei
- Ma David ha Trygator e non so so se sua sorella avrà tanta voglia di combattere contro di lui, non appena imparerà ad usarlo come si deve- commentò con aria di superiorità Emily
- Anche Lyn combatte con Driger – aggiunse Rei, facendo l’occhiolino ad Elena che lo guardò in cagnesco
- Nostra figlia è anche una Tornatore, nel caso te ne fossi dimenticato, potrebbe anche scegliere di gareggiare con Vulpilyon un giorno, magari proprio ai mondiali- ribatté Elena abbassandosi gli occhiali da sole sul naso, Rei le si avvicinò
- Sì, ma prima di essere una Tornatore, è la primogenita del capotribù e mi dispiace amore mio, ma non c’è paragone, il richiamo delle sue origini cinesi è troppo forte.- concluse il moro col suo sorrisetto sghembo, per poi dare un bacio a stampo ad Elena che non poté fare a meno di pensare che, in effetti, i geni di Rei avevano fatto quasi tutto il lavoro nel concepimento della piccola.
Lyn era una bambina meravigliosa, tranquilla ma determinata quando ce n’era bisogno, proprio come suo padre. Era nata la notte del solstizio d’estate e, secondo un’antica credenza della tribù d’origine di Rei, questo le avrebbe portato forza, gioia e fortuna nella vita. La bimba aveva da poco compiuto cinque anni ed Elena ancora faticava a realizzare come avesse fatto a mettere al mondo una creatura tanto perfetta, con lunghi boccoli neri, gli occhi ambrati e i canini un po’ aguzzi, l’immagine in miniatura del suo papà.
Sì, Rei aveva ragione, Lyn era proprio l’erede della Tribù della Tigre Bianca.
- Lo ammetto all’inizio ho faticato un po’ a cedere Dragoon a Makoto, ma sapete com’è, è figlio di suo padre e sembra essere nato per questo sport, anche se non avrei condiviso il mio Drago Azzurro con nessuno- ammise Takao
- E il premio come miglior padre dell’anno va a...- cominciò Hilary decisamente troppo sarcastica, facendo scoppiare a ridere tutti.
- Ragazzi, questo lo dovete venire assolutamente a vedere. Si vede che sono vostri figli, hanno talento da vendere- disse il Professor Kappa entusiasta, facendo cenno di seguirlo.
- Adesso gli faccio vedere io come si combatte- disse Takao, alzandosi con uno scatto dalla sdraio
- Bambini, lo zio Takao sta arrivando e vuole sfidarvi tutti!- stava dicendo Takao mentre si avvicinava a passo veloce alla zona del giardino dove i quattro bambini erano in posizione per lanciare, tutti e quattro contemporaneamente.
- Non cambierà mai- commentò Hilary, portandosi una mano al volto, esasperata, per poi seguire tutti gli altri.
Judy Mizuhara sembrava quella più sicura, lo stesso sguardo di sfida e di superiorità della sua mamma. A undici anni padroneggiava il Beyblade meglio di suo fratello di sette, ma Makoto Kinomiya e Lyn Kon, nati a pochi mesi di distanza e figli di due grandi campioni, nonostante gli anni di differenza con la figlia maggiore di Max ed Emily, non stavano lì a farsi intimidire.
- Però, il match a quattro è una novità, non lo avevano ancora sperimentato!- disse Elena entusiasta
- Daitenji. Gli ha suggerito di provare questa modalità, magari vuole reintrodurla ai mondiali- disse il Professore.
- Ragazzi, non per fare la guastafeste, ma per i nostri non è un po’ presto per i mondiali?- chiese Hilary a tutti, indicando sé stessa ed Elena accanto, con malcelata preoccupazione nella voce.
- Se la cavano alla grande! Se sei bravo a giocare e passi le selezioni, non c’è mai stato un limite d’età per le gare, certo ci vuole il consenso dei genitori quando sono così piccoli- commentò il prof e Hilary sospirò pesantemente
- Ho paura che Takao non mi darà voce in capitolo in questo caso- disse rassegnata
- Rilassati, li seguiremo passo dopo passo. Se riterremo non idonea la loro partecipazione, dovranno tornare a casa senza fare storie- la tranquillizzò Elena
- Mi preoccupano i nostri mariti. Si faranno trascinare anche loro a casa con i bambini?- chiese con un sorrisetto ironico ed Elena ridacchiò, poi la loro attenzione venne catturata dai bambini pronti a lanciare.
- Tre, due, uno. Pronti, lancio!- urlarono i quattro ragazzini, lanciando contemporaneamente i loro Beyblade nell’arena, mentre i loro genitori li osservavano rapiti.
- Vai, Dragoon, attacca!- Makoto era già partito all’inseguimento
- Ah! Non mi prendi! Corri, Draciel- ordinò Judy al suo Bey, facendo le smorfie al figlio di Takao.
- E’ tutto tuo, Trygator!- David non dava tregua a Lyn, ma la bambina sorrideva serafica, sapendo il fatto suo.
- Mostriamogli la nostra velocità, coraggio, Driger!- ribatté la bimba
- Non mollarlo, Makoto- suggerì Takao
- Papà, mi stai guardando?- chiese Lyn, senza staccare gli occhi dal suo Beyblade
- Non mi sto perdendo neanche un attimo di questo incontro, vai forte, piccola mia- la rassicurò Rei
Quei quattro bambini stavano dando vita ad un match sensazionale proprio di fronte agli sguardi fieri e stupefatti dei loro genitori, forti del fatto che quello che stavano facendo era praticare uno sport meraviglioso, che avrebbe sviluppato il loro senso del dovere, del rispetto nei confronti degli avversari, lo spirito di squadra e tante altre meravigliose caratteristiche che li avrebbero formati non solo come futuri blader, ma anche come esseri umani, senza dimenticare la cosa più importante: divertirsi da morire nel giocare. Quello era lo scopo principale per cui si lanciava un Beyblade, la prima cosa che i loro genitori gli avevano insegnato nel trasmettere loro questa passione, ancor prima che venissero al mondo.
E fu così che la nuova generazione dei Bladebreakers cominciò a muovere i primi passi verso un futuro costellato di successi e soddisfazioni, in un giorno caldo d’agosto, in una imponente villa poco fuori Roma.

FINE (FORSE...)
 

Ciao a tutti!!! Siamo giunti alla fine di questo viaggio e, come annuncia l'ultima parte del capitolo *rullo di tamburi* questa storia avrà un sequel a cui ho lavorato per mesi e che non vedo l'ora di condividere con voi!!!
Colgo ancora una volta l'occasione per ringaziare tutti, è stata la mia prima esperienza come autore su questa meravigliosa community e devo dire che i riscontri sono stati decisamente positivi!!!
Ci vediamo preso... stay tuned <3
LadyYuna94

 

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