Notte di mezza estate

di ElfaNike
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Questa storia non mi appartiene, ma è proprietà di Walt Disney.

L’aereo volava silenzioso sull’oceano. Le diverse sfumature di blu e azzurro tingevano orizzontalmente l’oblò, interrotte a sprazzi dalle nuvole bianche.
Tadashi guardava il mondo fuori da quella capsula magica, da sopra suo fratello Hiro, che si era addormentato conto la parete, che dalla frastornante San Fransokyo l’avrebbe trasportato in un luogo che, a detta della zia, sarebbe stato il premio perfetto per il traguardo raggiunto dal ragazzino.
Tadashi non ci credeva molto, conoscendo il carattere cittadino del fratello, ma aveva deciso di dare una possibilità a quel regalo fatto loro da una zia entusiasta e fiera.
Così erano partiti, e nelle ore di sospensione dal mondo il ragazzo aveva potuto osservare come gli ultimi avvenimenti non avevano reso suo fratello meno apatico rispetto a tutto quello che gli capitava intorno. Probabilmente non si era neppure accorto delle ore di attesa per l’imbarco, e forse non aveva fatto caso neanche a quelle passate seduto lì al suo posto, da tanto era immerso nel suo mondo tutto virtuale attraverso il telefono.
Tadashi scosse tristemente la testa.
L’aereo atterrò dolcemente e i due ragazzi scesero senza scambiarsi una parola. Raccattarono le valigie e poi si diressero a prendere un taxi: quello li portò verso l’interno dell’isola, dove raggiunsero l’hotel. Da lì potevano vedere il massiccio centrale da una parte e, dall’altra, le lunghe spiagge brillare sotto il sole del pomeriggio.
Tadashi sospirò, pensando al suo progetto lasciato in sospeso alla scuola di nerd, chiedendosi se quella perdita di tempo fosse stata davvero necessaria. Poi vide suo fratello stravaccato in fondo al letto che continuava a guardare il cellulare, e si disse che forse sì, era stato necessario per potersi dedicare a lui.
 
La prima sera cenarono direttamente all’hotel, senza avere davvero voglia di uscire. Adducendo la scusa del volo, del cambio di ambiente, delle comodità della camera, Hiro rifiutò la proposta di Tadashi di esplorare i dintorni e risalirono subito nella loro camera, dove si sdraiarono sui morbidi letti, sotto le finestre spalancate, a perdersi nei meandri della rete. Mentre Hiro girava su canali di bot duelli, Tadashi scriveva ai suoi amici: andava tutto bene, il volo era stato tranquillo, il posto era bellissimo, presto ci sarebbe venuto anche con loro.
La notte fu fresca e riposante, e quando al mattino si alzarono Tadashi si accorse che i muscoli del volto si erano rilassati dal cruccio del giorno prima.
I due fratelli si misero i costumi che zia Cass aveva messo nelle loro valigie, Tadashi inforcò il suo fidato cappellino e sequestrò il cellulare a Hiro, e dopo un’abbondante colazione finalmente misero piede fuori dall’albergo.
Il sole era quasi accecante e la cittadella, perlopiù composta di bungalow e di edifici in legno, era immersa nel verde di piante esotiche dalle enormi foglie ombrose.
La gente passava davanti a loro abbronzata, i massicci abitanti e i grossi turisti carichi di surf, ombrelloni, asciugamani e qualunque altro attrezzo in plastica dura e colorata per portare cibo o giocare con la sabbia. I due ragazzi seguirono il flusso di altri individui palliducci dalle sole braccia di una curiosa tinta ‘aragosta cotta’ verso la spiaggia più vicina.
Pestare la sabbia tiepida fu una sensazione bizzarra, quasi piacevole. Tadashi e Hiro cercarono un angolino riparato e andarono a piantare il loro ombrellone. Stesero gli asciugamani e si sedettero.
-Vuoi fare il bagno?- chiese Tadashi dopo qualche istante di silenzio.
-Magari più tardi.- rispose Hiro lasciandosi cadere sdraiato.
Tadashi non insistette oltre e decise di rilassarsi a sua volta. Zia Cass non era lì con loro, nessuno avrebbe potuto metter loro fretta.
Durante la giornata fecero il bagno, presero un gelato, mangiarono dei panini comprati al villaggio. Si accorsero che il giorno dopo sarebbe piaciuto loro prendere due sedie a sdraio, si ripromisero di noleggiarle il mattino presto.
La sera, dopo essersi fatti una bella doccia ed essersi messi pantaloncini e magliette, si recarono in un ristorante locale, dove venivano offerti spettacoli di giochi col fuoco e dove le cameriere portavano i capelli sciolti, fiori dietro alle orecchie e parei colorati legati ai fianchi.
Al tavolo accanto al loro era seduta una bambina che disegnava su un quaderno, sola. Probabilmente era la figlia del proprietario o qualcosa del genere.
I primi tre o quattro giorni non variarono molto nel programma, e tutti i giorni i due ragazzi andavano a prendere posto sempre nello stesso angolino di spiaggia e tutte le sere andavano a sedersi sempre allo stesso ristorante, allo stesso tavolo. Erano quasi a metà delle due settimane di vacanza quando, una sera, Hiro si sedette al tavolo con aria più cupa del solito, mentre Tadashi lo guardava dispiaciuto. Senza volerlo, Tadashi aveva fatto riferimento a quell’ultimo anno scolastico, e lui aveva reagito in malo modo. Il ragazzo si era morso la lingua mille volte, e si ripromise per l’ennesima volta di rimandare il discorso a dopo le vacanze.
Durante l’attesa per il dessert, sul tavolo dei due ragazzi atterrò un foglio a righe, palesemente strappato da una quaderno, con sopra scarabocchiate delle parole.
-È una formula del mio libro.- disse in tono serio la bambina che stava sempre seduta al tavolo accanto al loro -Serve per vendicarsi degli amichetti. Io la uso spesso.-
I due ragazzi la guardarono perplessi, e Hiro mormorò: -Come, scusa?-
-Oggi hai la faccia cupa. Ho pensato che questa formula potesse aiutarti.- e saltellando tornò al suo posto.
Quando arrivò il dessert, la cameriera che li servì portò una fetta di torta anche alla bambina. Allora Tadashi ebbe un’idea: si alzò e andò da lei: -Vuoi venire a mangiare il dolce con noi?- chiese.
Hiro lo guardò stralunato, preso completamente alla sprovvista.
La bambina scosse la testa: -Non posso disturbare i turisti, se no mia sorella mi sgrida.-
-Non disturbi affatto! Lo dirò io a tua sorella!- il ragazzo le fece l’occhiolino e lei lo seguì col suo piatto.
-Allora...- esordì quindi il ragazzo sotto lo sguardo di fuoco di Hiro: -Come ti chiami?-
-Lilo.- la bambina masticò una ciliegia e sputò il nocciolo. Era troppo piccola, per cui stava ginocchioni sulla sedia e si teneva sul tavolo coi gomiti -E voi?-
-Io sono Tadashi, e questo è mio fratello Hiro.- rispose lui con un sorriso cordiale -Siamo qui in vacanza.-
-Lo so... lo sono tutti quelli che vengono a mangiare qui.- quella bambina era strana. Non sorrideva, e quando parlava era fattuale, diceva solo lo stretto necessario. Tadashi si chiese cos’avesse, per essere così a quell’età.
-Lilo!- una voce femminile fece alzare la testa a tutti e tre: -Che cosa fai qui? Ti avevo detto di stare tranquilla al tavolo!-
Una ragazza, che chiaramente lavorava lì come cameriera, si avvicinò con passo deciso.
-Mi hanno detto loro che sarei potuta stare qui.- rispose Lilo alzando il naso verso di lei.
-Ha ragione.- prese la parola Tadashi, scuotendo la mano -L’ho invitata io. È qualche giorno che la vediamo lì seduta da sola...-
-Oh...- sorrise la ragazza interdetta -Non dovete preoccuparvi... il padrone del ristorante le ha dedicato il tavolo per tutte le sere in cui sono in servizio...-
-Non è un problema... sempre che non lo sia per voi. A noi fa piacere avere un po’ compagnia. Vero, Hiro?-
Hiro roteò gli occhi e il ragazzo rise: -Io sono Tadashi, lui è mi fratello Hiro.-
-Piacere. Mi chiamo Nani e questa peste è mia sorella Lilo.-
Ci fu uno scambio di sorrisi cortesi mentre i fratellini li guardavano perplessi, poi Nani alzò lo sguardo e vide che c’era bisogno di lei: -Vogliate scusarmi...- e ripartì col vassoio in spalla.
Quella sera, quando tornarono all’hotel, Hiro andò subito a dormire, mentre Tadashi rimase ancora sveglio qualche momento. Ripensò alla bizzarra sensazione che aveva provato quando, dopo tanto tempo, aveva sorriso spontaneamente a un’altra persona, e si addormentò con il cuore un pochino più leggero.
 
La sera dopo Tadashi invitò Lilo a sedersi con loro per tutta la cena, e cercò di conversare con lei, nella speranza che questo aiutasse anche Hiro ad aprirsi un po’. Lilo gli mostrò il suo quaderno, in cui aveva segnato formule vudu alternate a pezzi di brani di Elvis e disegni di pesci colorati e di danzatrici hawaiane.
-Questa sono io.- disse la bambina indicando una figura con la gonnellina verde: -La settimana prossima faccio uno spettacolo con le altre bambine del mio corso.-
-Davvero? E potremmo venire a vederti?- chiese Tadashi, beccandosi una gomitata da Hiro.
-Stai scherzando?- gli sussurrò quest’ultimo all’orecchio.
-Ma dai, sarà divertente!- rispose il fratello.
Nani si occupò di servire tutte le portate personalmente, e rivolse a Tadashi un sorriso grato, probabilmente perché intrattenendo Lilo la sollevava dall’incombenza di dovervi badare durante l’orario di lavoro.
Tadashi le sorrise di rimando e la seguì con lo sguardo mentre si allontanava, e smise di sorridere solo quando suo fratello gli diede un’altra gomitata con sguardo perplesso.
Il giorno dopo Lilo comparve alla spiaggia con una sacca a tracolla e un costumino intero a righe gialle e rosse. Li vide e venne a salutarli.
-Sei venuta a farti il bagno?- chiese Tadashi.
-È il giorno del panino.- rispose lei al sommo della serietà.
-Il giorno del panino?-
-Sì. Ogni giovedì devo portare a Pudge il suo panino al burro di arachidi.-
-Chi è Pudge? Un turista? È qui alla spiaggia?-
Lilo sospirò forte, come se dovesse ripetere una spiegazione data ormai troppe volte: -Pudge è un pesce.-
Hiro sorrise divertito: -E perché devi portate a un pesce un panino al burro di arachidi?-
Lilo lo guardò gravemente: -Perché controlla il meteo.- e se ne andò a compiere la sua importante missione.
Tadashi e Hiro si guardarono interdetti, poi si coprirono la mano con la bocca per non scoppiare a ridere.
Quella sera ritrovarono Lilo al tavolo e le chiesero se era riuscita nella sua missione. Lei annuì gravemente.
-I tuoi genitori cosa dicono di questo tuo amico? Si fidano a lasciarti andare la mare da sola?- chiese Tadashi nella foga dell’allegria.
Lilo guardò il ragazzo come l’avesse schiaffeggiata. Tadashi si sentì profondamente in colpa, non sapendo bene perché la bambina avesse reagito così. Sentì l’improvviso bisogno di sprofondare sottoterra.
-Non vogliono che tu vada da Pudge?- chiese allora per rimediare -Non ti preoccupare, manterremo il segreto, non devi spaventarti così!-
Lilo scosse la testa, poi disse con una vocina sottile: -I miei genitori sono morti quest’anno. Pioveva, e sono usciti in macchina.-
I due fratelli si guardarono, senza parole. Dopo qualche istante Hiro disse: -Anche i nostri genitori non ci sono più. Erano andati nei Paesi poveri per aiutare chi ne avesse bisogno. Non... sono più tornati.-
Lilo lo guardò con gli occhioni spalancati: -Per questo non sorridi mai?- poi tornò ad abbassare lo sguardo: -Si vede che sei triste. Però non pensavo per questo.-
Tadashi osservò i due bambini chiusi nel loro silenzio spezzato, e improvvisamente mise in prospettiva anche Nani: capì perché Lilo era sempre al ristorante la sera, capì che non era perché tutta la famiglia lavorava, e capì perché anche la sorella maggiore aveva sempre quello sguardo desolato.
Allora si alzò e andò da Nani: -Stasera offro a Lilo e a Hiro dessert doppio. Dici tu al tuo capo che pago quando usciremo?-
Nani lo guardò interrogativa ma annuì.
Quella sera Hiro e Tadashi rimasero fino quasi all’ora di chiusura. Hiro aveva il volto nascosto nelle braccia, incrociate sul tavolo, e Lilo dondolava la testa dalla stanchezza, seduta sulla sedia, e Tadashi sorrise a Nani quando lei venne a sparecchiare.
-Avete fatto tardi, stasera.- commentò la ragazza mettendo i piatti sul vassoio.
-Né io né Hiro avevamo molta voglia di rientrare.- confessò Tadashi.
-È successo qualcosa?-
-Lilo ci ha raccontato dei vostri genitori.-
Nani si fermò per un momento e lo guardò con occhi tristi, presa alla sprovvista e senza sapere cosa dire.
Tadashi sorrise tristemente: -E noi le abbiamo detto dei nostri.-
Nani prese un momento per interpretare quella frase, poi disse: -Mi dispiace tanto. Credimi, se ti dico che ti capisco.-
Tadashi non perse il suo sorriso gentile: -Se vuoi, finché siamo qui possiamo occuparci noi di Lilo. Mi sono occupato di Hiro da quando era bambino, so come si fa.-
Nani ricambiò il sorriso: -Grazie, ma in giornata non ce n’è bisogno. E poi Lilo è molto indipendente, non gradirebbe un baby sitter.-
-Almeno la sera? Così puoi lavorare tranquilla.-
Nani rifletté un momento, poi accettò con un sorriso. Portò via i piatti e andò a cambiarsi. Ricomparve con una maglietta arancione e dei jeans a pinocchietto, salutando due ragazzoni che si diressero al loro pickup tutto scassato.
-Sono i ragazzi che si esibiscono nei giochi di fuoco.- spiegò al ragazzo prendendo in braccio Lilo.
Tadashi si era già caricato in spalla Hiro: -Non li avevo riconosciuti. Da questo angolo non vediamo bene il palco...-
-Volete cambiare posto?-
-No, no! Lì dove siamo va benissimo... e poi a me piace parlare con Lilo.-
Nani rise piano, uscendo con il ragazzo dal ristorante: -Era una bambina adorabile, fino a qualche tempo fa. Quando è successo... l’incidente... è cambiata molto. È cresciuta, credo... non lo so. Per certe cose mi spaventa, perché sembra più vicina a un mondo al di là che al nostro mondo al di qua.-
Hiro ascoltava lo sfogo della ragazza, e intanto pensava a suo fratello, alla sua passione per i bot duelli, e si chiedeva se si sarebbe limitata ai video in rete o se l’avrebbe spinto più in là... in un mondo più adulto.
-Io devo andare di qua.- mormorò ad un certo punto Nani -Il tuo hotel da che parte è?-
-Per di là.- Tadashi indicò la direzione opposta.
-Allora ci vediamo domani.- Nani sorrise, ma il ragazzo la trattenne.
-Magari sei stanca, però... Ti andrebbe di venire su da noi?-
Nani lo guardò inarcando un sopracciglio: -Non ci starai provando, spero?-
-No, no! È solo che è da un po’ che non parlo con qualcuno in questo modo.-
Nani lo squadrò per un attimo, poi alzò le spalle e accettò.
Arrivarono alla porta della camera di Hiro e Tadashi e il ragazzo stortò le spalle cercando di non far scivolare il fratellino addormentato mentre estraeva la chiave della stanza.
I due entrarono sussurrando, Hiro fu posato sul suo letto e Lilo fu fatta sdraiare su quello di Tadashi. Poi il ragazzo spalancò la porta-finestra e Nani si accomodò su una sedia pieghevole. Lui arrivò dal frigo-bar con due bottiglie di vetro e ne porse una alla ragazza.
-Non ho il diritto di bere, non sono ancora maggiorenne.- declinò lei.
-Nessuno ci vede, qui. Neppure io sono maggiorenne, ma penso che questa non ci farà male, per una volta.-
Lei alzò di nuovo le spalle e accettò la bottiglia. Poi si appoggiò col gomito alla balaustra e guardò il mare.
Lui non si era ancora seduto. Appoggiò a sua volta i gomiti alla ringhiera e guardò il paesaggio, facendo roteare lentamente la bottiglia con tre dita.
-Perché dicevi che è da tanto che non parli così con qualcuno?- chiese ad un tratto lei.
A quel punto fu il turno di Tadashi di fare spallucce: -Quando abbiamo ricevuto la notizia, anni fa... ho avuto come l’impressione che la gente avesse cambiato il modo di parlare con me. Come se provassero pena, ma non osassero dirmelo. Sono passati tanti anni... ma quella sensazione non è mai davvero andata via, come se non riuscissi a trovare davvero qualcuno che mi capisse.-
Nani annuì piano e portò la bottiglia alla bocca.
-È successo tanto tempo fa?- chiese dopo una sorsata.
Lui abbassò la testa: -Parecchio. Hiro aveva tre anni. I nostri genitori erano sempre in giro per il mondo a salvare vite. E quello è sempre stato il nostro orgoglio. Non era strano che io e Hiro rimanessimo qualche settimana da soli a casa, ma nessuno ci ha mai trattato come bambini abbandonati: ho imparato molto presto a occuparmi della casa e di mio fratello.- prese un sorso con un movimento rapido della bottiglia -Invece, quando è successo... sono cambiati tutti. Come se la nostra vita da soli a casa fosse una novità!-
-Be’, avevano ragione, in un certo senso.-
Tadashi scosse la testa: -È stato davvero difficile. Tutte le volte che qualcuno ci guardava... glielo leggevamo in faccia, che pensava a quello. E io non sono mai riuscito a sopportare la pietà degli altri.-
-Posso capire.- Nani era seduta sulla sedia con una gamba piegata sotto il sedere, il busto sbilanciato verso la ringhiera, il braccio sul corrimano e il mento appoggiato alla mano.
Lui si alzò e la guardò interrogativo, così lei continuò: -Noi non abbiamo nessuno, ora che i nostri genitori non ci sono più. E ovviamente i servizi sociali si sono immischiati. Vengono tutte le settimane per vedere se riescono a trovare un buon motivo per portarmi via mia sorella.- spiegò con una golata alla bottiglia.
Tadashi la guardava allibito, così lei si lasciò sfuggire un sorriso ironico: -Lo stai facendo tu, adesso.-
-Cosa?-
-Mi stai guardando con pietà.-
Il ragazzo ebbe un sussulto e spostò di scatto lo sguardo: -Scusami! Non me ne ero reso conto.-
Lei rise sommessamente scuotendo la testa: -Grazie per la chiacchierata.- disse, alzandosi.
Tadashi la guardò rientrare nella stanza.
-Nani...- la chiamò. Lei si girò a guardarlo e lui non seppe bene come continuare, così mormorò: -Se lavori così tutte le sere... sono sicura che non troveranno mai un buon motivo. Sembri molto forte.-
Lei sorrise e replicò: -Io vorrei non doverlo essere. Però grazie.-
Nani prese in braccio la sorellina. Tadashi andò ad aprirle la porta e si appiattì contro il muro per lasciarla passare. Lei salutò con un sorriso, e lui la guardò allontanarsi per il corridoio.
Poi richiuse la porta e andò in bagno. Dopo una doccia rinfrescante si buttò sul letto con la mente in subbuglio e una sola immagine in mente: gli occhi neri dallo sguardo pungente di Nani, e le sue domande acute.
 
Nani arrivò a casa e per prima cosa mise a letto la sua sorellina, rimanendole seduta accanto per qualche minuto ad accarezzarle la testa. Poi con un sospiro andò a lavarsi la faccia, e si buttò sul suo letto con il volto ancora fresco. Lei sapeva che aveva una sola missione, in quel momento, nella sua vita: occuparsi di Lilo, e non farle mancare mai niente.
Però si concesse, quella sera, di indugiare con la mente ripensando a quel turista dall’aria dolce, dallo sguardo gentile e l’espressione così persa e innocente. E al suo respiro tiepido, che l’aveva sfiorata quando gli era passata davanti per uscire dalla stanza.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Il mattino dopo Tadashi fu svegliato da un Hiro decisamente su di giri. Aveva finalmente dormito bene, si era svegliato a metà mattinata e aveva aspettato il fratello fino quasi all’ora di pranzo, poi si era stufato.
-Dai, Tadashi! Sono sicuro che ci hanno rubato il posto in spiaggia!- brontolò scuotendo il materasso e tutto il letto.
Il ragazzo si alzò strizzando gli occhi: una bottiglia da trentatré non bastava certo a metterlo fuori gioco, però aveva conciliato un sonno profondo e ristoratore e lui ne aveva approfittato per riposarsi davvero, una buona volta.
Si mise il berretto e seguì in spiaggia il fratello, salvo scoprire che il loro posto era stato effettivamente preso da qualcun altro.
Hiro sbuffò rumorosamente, ma Tadashi sorrise: -Dai, siamo venuti al mare tutti i giorni. Oggi visitiamo un po’ il paese.-
Il ragazzino sbuffò di nuovo, ma lo seguì per le vie luminose sotto il sole del mezzogiorno. In realtà Tadashi era poco interessato alle bellezze locali: inconsciamente aspettava solo l’ora di cena, e di andare al ristorante di Nani.
Mentre stavano seduti sotto esotiche piante dalle larghe foglie ombrose, ai ragazzi saltò all’occhio un manifesto che pubblicizzava lo spettacolo di danze hawaiane che si sarebbe tenuto di lì alla fine della settimana.
-È lo spettacolo di Lilo.- commentò Hiro guardando la foto in bianco e nero tutta sgranata sulla carta giallo stinto -Eccola qui, in mezzo alle altre bambine.-
-Sarebbe carino andare a vederla.- propose il fratello, ma Hiro scosse la testa.
-Dobbiamo controllare che non coincida con il nostro volo di ritorno.-
-Be’, nel caso possiamo rimandare il rientro di qualche giorno.-
Hiro inarcò le sopracciglia: -Ma dai? E il tuo progetto per salvare il mondo che hai lasciato alla scuola di nerd?-
-Sta andando bene, non sono due giorni in più qui che mi faranno saltare il programma.-
Il ragazzino lo soppesò con uno sguardo diffidente, poi alzò le spalle e concluse il discorso con un neutro: -Vediamo.-
 
Il bello di svegliarsi all’ora di pranzo è che, rispetto a una giornata completa, l’ora di cena arriva decisamente più in fretta.
Tadashi e Hiro arrivarono al loro tavolo che Lilo era già lì. Li aspettava con il libro dei disegni aperto e scriveva e colorava ballerine con gonnelline in paglia verde e collane di fiori voluminosi.
-Il tuo spettacolo si avvicina, eh?- chiese Tadashi allegro.
-Sì. Voi verrete a vedermi assieme a Nani?-
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata e Hiro rispose: -Dobbiamo vedere quando abbiamo il volo di ritorno.-
-Ah sì. Tutti i turisti hanno questo problema.- Lilo tornò a guardare i suoi disegni e non aggiunse niente.
Fu una reazione repentina che portò Tadashi a passare tutta la serata a chiedersi se non l’avessero offesa, mentre Hiro non sembrava molto toccato dal problema.
In un momento di pausa tra portate e discorsi, al ragazzo cadde l’occhio sul proprietario del ristorante che parlottava con aria corrucciata con delle cameriere. Non sembrava avercela con qualcuno in particolare, ma data la situazione sperò fortemente che Nani non c’entrasse.
Quella sera Lilo resse bene alla stanchezza e anche Hiro, che aveva scaricato tutto lo stress delle ultime settimane la notte passata, non sembrava particolarmente insonnolito. Vista la promettente vivacità, Tadashi portò i due in un supermercato 24/7 e fecero il pieno di popcorn, vaschette di gelato, patatine e bibite gassate, poi andarono ad aspettare Nani fuori dal ristorante.
Quando lei li raggiunse, i quattro andarono insieme all’hotel. Hiro estrasse trionfalmente l’ultimo modello di console nuova fiammante dalla sua valigia e la mostrò tutta lucida e brillante alle due ragazze, che la guardarono con tanto d’occhi. Lui la collegò alla televisione ai piedi dei due letti, che furono accostati, e i quattro si accomodarono sul morbido a gambe incrociate e controller alla mano. Tadashi e Hiro si lanciarono in battaglie accanitissime, Lilo guardava quei personaggi esotici ridisegnandoli alla sua maniera sul suo quaderno, mentre Nani aveva appoggiato la schiena ai cuscini contro la parete e li guardava divertirsi mangiando il gelato direttamente dalla vaschetta.
Poi Lilo cedette alla stanchezza e si accoccolò in un angolino di letto, contro il fianco della sorella, che la coprì con un lembo del lenzuolo e le accarezzò il braccino per un po’. Hiro, invece, si era lanciato in una partita in modalità unico giocatore e Tadashi l’aveva lasciato fare, seduto anche lui con la schiena al muro accanto a Nani mentre gli dava consigli.
-Non ho mai capito come questi giochi possano avere tanto successo.- commentò ridendo Nani, guardando Hiro che si scaldava per ogni intoppo.
-Hai mai provato a giocare?- le chiese Tadashi. Quando lei negò, lui le tese uno dei due controller: -E allora non potrai mai capire. Dai, prova.-
Hiro cedette il posto e passò il suo controller al fratello. I due giovani si sedettero per terra in fondo al letto mentre lui si sdraiava di traverso sui materassi morbidi dietro di loro, guardandoli giocare.
Tadashi mostrò a Nani come funzionavano i giochi di combattimento, e quelli di gare di corsa. Non riuscì ad appassionarla ai giochi di ruolo, perché lei non aveva i riflessi per combattere i mostri che spuntavano a caso dall’erba alta. Dopo quasi un’ora sentirono un leggero russare, e stortando il collo videro con la coda dell’occhio che Hiro si era addormentato dietro di loro.
-A quanto pare gioco in maniera decisamente noiosa.- commentò Nani.
Tadashi rise: -Assolutamente no. Sei solo inesperta: vedrai che non un po’ di pratica diventerai brava anche tu.-
Nani strinse le spalle, posò il controller e si alzò, andando in balcone. Si appoggiò con i gomiti alla ringhiera, e Tadashi andò a raggiungerla: -Tutto bene?-
-Oggi hanno chiamato a casa.- spiegò lei -Dopodomani viene l’assistente sociale per vedere se Lilo sta bene e come io mi comporto.-
-Sei preoccupata?-
-Come tutte le volte. La casa è un disastro, in questo momento. La lavatrice ha smesso di funzionare e se voglio lavare i piatti e la biancheria devo lasciar perdere i pavimenti. Non so come facesse la mamma.-
-Tua madre lavorava?-
Lei si strinse nelle spalle: -Importa? Io lavoro solo la sera, ho tutto il giorno a disposizione. Ma a quanto pare non basta. O non basto io.-
Il ragazzo allungò la mano, fermandosi a metà. Lei lo guardò perplessa e lui gliela posò sulla spalla: -Tu sei più che abbastanza, Nani. Non hai motivo di preoccuparti.-
Lei rise senza crederci, e lui continuò: -Se ti serve, domani possiamo venire ad aiutarti...-
Nani rise di nuovo: -Non allargarti troppo, turista.-
-Non sto scherzando. Posso capire la paura di perdere tua sorella. Noi siamo fortunati, abbiamo zia Cass che si occupa sempre di tutto. Ma se tu hai problemi di qualsiasi tipo puoi contare su di noi.-
-Ti ringrazio, ma posso cavarmela da sola.- Nani drizzò la schiena con orgoglio -Sono io che mi devo occupare di Lilo, e comunque voi tra una settimana sarete di nuovo a casa vostra. Non mi faccio illusioni.-
Tadashi annuì: -Hai ragione. Scusami se ti ho offesa in qualche modo.-
Lei fece un cenno con la mano con noncuranza: -Comunque direi che è ora che io vada. Grazie per tutta la compagnia che fate a Lilo.- e si diresse dentro.
Tadashi la seguì con uno slancio: -Nani...-
Lei si fermò e si girò, salvo trovarselo a pochi centimetri dal volto: -Hai bisogno?-
Lui deglutì, non aspettandosi di finirle così vicino. Deglutendo per riprendere il controllo, il ragazzo chiese: -Ci vediamo domani?-
-Al ristorante, di sicuro.- fece lei, allontanandosi di un passo. Poi si girò e andò a prendere in braccio sua sorella.
Come la sera precedente, Tadashi le aprì la porta e si fece da parte per farla passare.
Lei si fermò un attimo sulla soglia, voltò la testa verso di lui e lo guardò fisso: -Grazie per la serata, in ogni caso.-
Lui salutò con la mano e la guardò allontanarsi, prima di tornare in camera con la mente completamente sottosopra.
 
Il giorno seguente i due fratelli si riappropriarono del loro pezzettino di spiaggia. Tadashi si rese conto, con una certa sorpresa, che zia Cass non aveva tutti i torti: passare due settimane lì li stava davvero rilassando.
Nel primo pomeriggio, Hiro si era allontanato per buttare della spazzatura: la quantità di gente alla spiaggia era incredibile e tutti i cestini nei paraggi erano stracolmi. Quando trovò un cestino disponibile aveva superato il lungomare e si era addentrato nella cittadella. Soddisfatto del suo operato, si voltò per tornare dal fratello, quando degli strilli acutissimi lo fecero voltare di scatto: un gruppo di bambine stava litigando violentemente una decina di metri più in là.
Hiro non si riteneva interessato alle femmine, tantomeno se troppo piccole, ma una voce che ripeteva ‘Lasciala! Lasciala!’ gli impedì di allontanarsi con le mani nelle tasche.
Il ragazzino si voltò e corse verso le bambine: Lilo era in mezzo a loro e stava strattonando una bambola di cui una ragazzina dai ricci rossi cercava di appropriarsi.
-Dai, è solo per una seduta di bellezza! Solo cinque minuti!- urlava lei.
-Non se ne parla! A Scrump non piacciono le sedute di bellezza! È malata!- si difendeva Lilo.
Hiro piombò nel gruppetto in quel momento: -Cosa succede!?-
Le bambinette lo guardarono infastidite, probabilmente chiedendosi come mai i loro affari interessassero a un turista.
-Niente... niente.- dissero mettendo le mani dietro la schiena.
-Allora perché sentivo urlare?-
-Niente, non è successo niente.- le bambine si allontanarono -Arrivederci, signore.-
Quando furono lasciati soli, Hiro mise una mano sulla spalla a Lilo, e le chiese con dolcezza: -Stai bene, Lilo?-
Ma lei se lo scrollò di dosso con un movimento secco: -Ma perché non mi lasciate tutti stare?- urlò, e se ne andò battendo i piedi.
Hiro la seguì: -Ma dai! Mi sembrava avessi bisogno di aiuto, tutto qui.-
-Con le mie amichette posso cavarmela da sola.-
-Quattro contro una?- rise Hiro -Non mi è sembrato, in tutta sincerità.-
-Allora non capisci niente.-
Hiro non si fece destabilizzare: -Ho fatto quello che fanno gli amici. Anche se non capisco niente.-
Lilo si fermò e lo guardò perplessa: -Siamo amici?-
-Considerando che ceniamo assieme tutte le sere...- Hiro sorrise e si voltò verso la spiaggia -Però se non sei convinta me ne vado... come desideri tu.-
-No!- urlò allora la bambina, correndo a fermarlo -Non andare via anche tu!-
Hiro sorrise trionfante e obbedì. I due andarono a sedersi sotto un albero ombroso.
-Adesso mi spieghi perché ce l’hanno con te?- chiese Hiro.
-Mertle Edmonds mi ha chiamata strana, alla lezione di danza. E io l’ho picchiata.-
-L’hai... picchiata?- Hiro si immaginò con sorprendente facilità la bambina rispondere violentemente agli insulti dell’altra quattrocchi.
-Poi sono venute a prendere Scrump. Dicono che è brutta, e che ha bisogno di una seduta di bellezza. Ma Scrump è malata, non può andare o peggiora e poi devo operarla.-
Hiro annuì comprensivo, senza dire niente.
-Odio quando mi chiamano ‘strana’.- concluse Lilo, affondando il mento fra le ginocchia raccolte.
Hiro sospirò. Dopo un po’ disse: -Anche a me è successo. È il motivo per cui siamo venuti qui.- confessò.
-Sei venuto qui perché ti hanno chiamato strano?- domandò Lilo. Francamente, faceva fatica a vedere il nesso.
Il ragazzino sospirò e spiegò: -Quest’anno mi sono diplomato alle superiori.-
-Cosa vuol dire?-
-Che a tredici anni ho fatto quello che fanno quelli di diciotto anni. I miei compagni di scuola superiore non l’hanno presa bene. Gli scherzi non erano una novità quando ero in classe.-
-Ti facevano gli scherzi perché sei bravo?-
Hiro annuì. Continuò: -Per mio fratello e mia zia ho raggiunto un ‘grande traguardo’. In realtà per me è stata una liberazione. I professori chiedevano sempre cose banali, e i miei compagni si arrabbiavano quando a me riuscivano subito. Non sopportavo nessuno, a scuola: i professori mi trattavano come un alieno, i miei compagni come un mostro. D’intelligenza, ma pur sempre un mostro.-
Lilo annuì comprensiva: -Come succede a Scrump!- esclamò.
Hiro sorrise: -Come succede a Scrump. Solo che nessuno è mai venuto a impedire che mi facessero una ‘seduta di bellezza’, come invece è successo oggi a lei.-
Lilo studiò quello che Hiro le aveva appena raccontato, ed esclamò infine: -Quindi sei intelligente!- Hiro si sentì leggermente offeso dal tono sinceramente sorpreso della bambina.
-Ammetto che quando parlo con te non ne sono così sicuro. Parli di un sacco di cose che non conosco.- concesse lui. Non le disse che in realtà la maggior parte delle volte la ascoltava con un orecchio solo.
-Quindi sono intelligente anch’io?- chiese speranzosa la bambina.
-Più di quelle gallinelle di sicuro.- commentò placidamente Hiro.
-Hiro! Ecco dov’eri finito!- Tadashi comparve dal nulla -Ti ho cercato dappertutto, non tornavi più! Oh, ciao Lilo! Come stai? Cosa fai qui?-
Hiro e Lilo si scambiarono un’occhiata e stabilirono un’intesa.
-Niente. Stavamo chiacchierando.- rispose con una bella faccia tosta Hiro.
-Be’, visto che siete qui... vi andrebbe un gelato? Ce lo andiamo a mangiare alla spiaggia, vi va?-
I due annuirono contenti, e seguirono Tadashi verso il gelataio più vicino.
Lilo fece loro compagnia per il gelato e anche dopo, ma decise di tornare a casa quando i due ragazzi le proposero il bagno: aveva già fatto danza e ora era necessario che rientrasse per praticare qualche formula vudu che aveva letto in un suo libro.
I due ragazzi la salutarono senza parole, come al solito, e come al solito, quando lei fu sparita, risero insieme per la sorpresa che quella bambina rappresentava nella sua interezza.
Quando arrivarono a sera, Lilo li aspettava già al tavolo, mentre Nani serviva le portate con aria assorta.
-C’è qualcosa che non va?- chiese Tadashi alla bambina, guardando la ragazza vagare per il dehors.
-Dice che la casa è ancora un disastro.- commentò lei disegnando -E che in una giornata non è riuscita a finire tutto quello che doveva fare. Ha brontolato tutto il giorno.-
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata, e Hiro gli esclamò in faccia: -Non pensarci nemmeno!-
Ma Tadashi tirò fuori il suo miglior sorriso politico1.
Una volta finita la cena, il ragazzo portò i due a fare una passeggiata in spiaggia, in attesa della chiusura del ristorante, e Lilo mostrò loro le stelle, e il riflesso latteo della luna sulle onde.
Quando fu l’ora di chiusura, i tre si presentarono puntuali al ristorante, da cui Nani uscì con una certa fretta.
-Grazie Tadashi, ma ora dobbiamo proprio andare. Purtroppo stasera ho troppo da fare.-
Il ragazzo sfoderò quindi il sorriso di tolla che aveva sfoggiato poco prima: -Senti, io non insisto per aiutarti. Ti dico solo che, se vuoi, io mi intendo di robotica ed elettricità, e tu hai una lavatrice rotta.-
Nani si sfregò gli occhi scavati: -Ma per la lavatrice non si chiama l’idraulico?- replicò stancamente.
-Non lo so. Può darsi, però io non ho mai avuto bisogno di chiamare qualcuno per riparare gli elettrodomestici. Se riesco a trovarti il guasto è una spesa risparmiata...-
Nani lo guardò per un momento, indecisa: -Davvero lo faresti? Gratis?-
-Assolutamente.- rispose lui portando la mano al cappellino.
La ragazza accettò e prese per mano Lilo.
Sulla strada, Hiro sussurrò al fratello: -Guarda che siamo qui in vacanza. Non ti sembra di allargarti troppo?-
-È solo per essere gentili, Hiro.-
-Tu e la tua mania di aiutare sempre tutti!- sospirò il ragazzino roteando gli occhi.
Quando arrivarono, Nani spedì Lilo in camera sua: -Vai subito a dormire.- le ordinò.
Ma la bambina non ne aveva voglia: -Non ci penso nemmeno! Voglio stare con i miei amici!-
Nani si coprì gli occhi con una mano: -E questa da dove salta fuori, adesso?!-
Hiro si sentì improvvisamente tirato in causa, e intervenne: -Non è mica grave, no? In fondo ceniamo sempre insieme...!-
Nani guardò prima lui e poi Tadashi, che allargò le braccia con espressione altrettanto perplessa. Il ragazzino fece un cenno di noncuranza e prese per mano Lilo: -La accompagno io, così voi potete riparare la lavatrice.-
I due salirono le scale, e Lilo ammise Hiro nel suo regno.
Il ragazzino vide il palchetto vicino alla finestra, e il letto a baldacchino e la macchina fotografica sul comodino.
Lilo si arrampicò sul materasso e gli fece segno di seguirla: -Guarda! Non sono meravigliosi?- chiese con dolcezza.
Hiro vide sulla parete un sacco di scatti di turisti, grossi, flaccidi, eburnei, dalle braccia color aragosta. Con un certo disgusto lasciò che Lilo gli presentasse la sua opera.
Al piano di sotto, Nani stava mettendo a posto i piatti puliti. Aveva rassettato il salotto, mancava tutto il giardino e non aveva idea di cosa preparare per il pranzo del giorno dopo.
Stava mettendo via gli ultimi bicchieri quando sentì un sonoro ‘Ahi!’ provenire dalla stireria. Sospirò con un sorriso e andò a vedere.
-Tutto bene?-
Tadashi stava seduto con le gambe incrociate davanti alla lavatrice aperta e smontata, mentre con un cacciavite scrostava dei pezzi dallo sporco: -Sì, sì, tranquilla. È stata solo una molla.-
Nani osservò i pezzi della sua lavatrice sparsi per la stanza: -Solo una molla, dici?-
-Certo! Ho quasi finito... se mi dai una mano a rimontarla...- Tadashi rimise il cestello, poi le guarnizioni, e con l’aiuto di Nani anche la molla che teneva le guarnizioni, con un sacco di grugniti di fatica e di indicazioni: ‘Attenta, tira di là... io tengo qui, tu fai entrare il filo di metallo nella fessura... Ok, attenta che qui scappa...’
Maneggiarono un po’, spalla contro spalla, il volti vicini per vedere che tutto andasse al suo posto. Quando sentirono l’ultimo ‘tak’ di assestamento, Tadashi fece un passo indietro e lasciò campo libero a Nani, che premette il tasto di accensione. L’elettrodomestico attese un paio di secondi carichi di tensione, poi cominciò a riempire il cestello d’acqua e a far partire il programma di lavaggio.
-Funziona!- asserì Nani, e Tadashi si compiacque del suo tono sorpreso.
-Che ti dicevo? Un giro dell’idraulico risparmiato!-
Nani sorrise e gli diede una leggera spinta alla spalla: -Dai, vieni in cucina.-
Tadashi la seguì e lei si diresse al frigo: -Guarda cosa ho trovato in dispensa...- disse, tirando fuori due bottiglie -Non so più come ci siano finite, là, però credo che la cosa non ti disturbi.-
Tadashi scosse la testa con un sorriso, e le prese in mano. Facendo leva sul bordo del piano di lavoro a cui era appoggiata la ragazza, le stappò con un movimento rapido.
-Certo che sei esperto...- commentò Nani -...per essere un bravo ragazzo ancora minorenne.-
-Al mio laboratorio di nerd ogni tanto capita che qualche studente più grande porti da bere. Non organizziamo rave party, però il pomeriggio al parco tutti insieme sì. Non è male.-
Lei lo guardò bere un sorso soddisfatto, seduto ti traverso sulla sedia, un gomito sul tavolo e l’altro sullo schienale. Poi prese un sorso anche lei, e chiese: -Com’è questo laboratorio di nerd di cui parli sempre?-
Tadashi sorrise, e cominciò a raccontarle. Le spiegò dei progetti dei suoi amici, e del suo, con cui contava di salvare il mondo.
-Addirittura salvare il mondo?- chiese lei ridendo -Non ti sembra un po’ ambizioso?-
-Non vedo perché non puntare in alto. Se la mia invenzione funziona, potrei non andarci tanto lontano.-
Nani prese un altro sorso: -Beato te che ci credi.- non sapeva se fosse per l’ora, per la giornata passata a fare le pulizie, per la serata particolarmente intensa o per lo sforzo fatto per riparare la lavatrice, ma sentì che l’alcol le faceva girare la testa. A ben pensarci, forse si era anche dimenticata di cenare...
Tadashi, dal canto suo, non staccava gli occhi dalla ragazza. L’ambiente rumoroso del ristorante, i muscoli completamente rilassati, la passeggiata in spiaggia gli avevano fatto abbassare la guardia, e ora sentiva la testa particolarmente leggera.
-E tu? Cosa fai nella vita?- chiese, per tenere viva la conversazione.
-Adesso? Lavoro. E mi occupo di Lilo e della casa.-
-Nient’altro?-
Nani sorrise: -Non sono mai stata una gran studiosa. Preferisco lo sport. E mi sono scoperta... neanche troppo portata per le faccende di casa.-
Tadashi sorrise e si alzò, andandole vicino: -A me sembra che tu te la cavi benissimo, nonostante tutti i problemi.-
Lei appoggiò la bottiglia, lasciando le braccia rilassate e le mani sul piano di lavoro. Il ragazzo era davanti a lei, quasi vicino quanto lo erano stati la sera prima, e lei non fece nulla per allontanarsi.
Tadashi bevve un altro sorso, poi abbassò la bottiglia e fece un altro passo verso di lei.
Nani alzò il volto a guardarlo: -Ero convinta non ci provassi...-
Lui sorrise e premette il suo ventre contro quello della ragazza: -Ammetto, non lo pensavo neppure io.-
Gli occhi scavati dalla stanchezza e la testa che girava, Nani lo osservò portarle una mano al mento, e accarezzarle il profilo della guancia con due dita. Lei non reagì, e si godette la prima carezza ricevuta dopo tanto tempo. Continuò a fissare Tadashi negli occhi, mentre lui ricambiava lo sguardo con uguale intensità. Poi piano lui abbassò la testa, e lei allungò il collo verso l’alto, e si scambiarono un bacio al sapore di alcol e sollievo.
Quel semplice contatto durò parecchi secondi di dolcezza, di baci leggeri che cercavano il sapore l’uno dell’altra. Poi uno scalpiccìo interruppe l’incantesimo, e nel tempo che Hiro facesse le scale Tadashi era già tornato a sedersi al tavolo.
-Io ho visto tutti i turisti di Lilo. Voi come siete messi? Possiamo tornare all’hotel?-
Nani rise: -Ah, ti ha mostrato le sue foto. Scusa per lo spettacolo imbarazzante.-
-Imbarazzante... non so se per voi o per noi. La lavatrice funziona, adesso?-
Tadashi fece segno di sì, e si alzò: -Allora torniamo all’hotel. Domani voi due dovete essere in forma, non vi teniamo sveglie un minuto di più.-
Nani annuì, e li accompagnò alla porta. Loro salutarono e Tadashi disse: -Fateci sapere come va, domani.-
-Sarà fatto.-
-Ci vediamo domani?-
-Ci vediamo domani.-
Nani chiuse la porta, e si appoggiò allo stipite a riprendere fiato. Poi, con un sorriso ebete, andò in camera sua.
Tadashi, dal canto suo, temeva che Hiro avesse colto qualcosa. Non che volesse tenerglielo segreto, però temeva una sua reazione negativa. Poi lo vide girare, sul cellulare, sui siti di bot duelli, e si rese conto che forse non aveva davvero corso questo rischio. Finalmente tranquillo, si godette sorridendo la passeggiata silenziosa verso l’hotel.

 
1Che dà prova di grande abilità e di astuta spregiudicatezza nel trattare con gli altri, avendo come mira spec. il proprio vantaggio personale

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Non sapevano bene cosa... sarà forse stata l’espressione cupa di Lilo, che come al solito li aspettava al tavolo, sarà forse stato lo sguardo assassino di Nani, che girava rabbiosamente tra i clienti, sarà forse stato il tempo, l’allineamento dei pianeti, la triangolazione degli astri. Fatto sta che, la sera dopo, passata la giornata in attesa solo di sapere come si fosse svolto l’incontro, tutti gli indizi lasciarono intuire ai due ragazzi che non doveva essere andato proprio al meglio.
Le due sorelle si guardarono a malapena per tutto l’arco del pasto e, quando la serata fu finita e Nani fu lasciata andare a casa (a quanto pareva la sua espressione doveva essere sembrata molto convincente anche al capo), la ragazza uscì dal ristorante a lunghe falcate e a passo deciso.
-Tadashi e Hiro vengono da noi, stasera?- chiese Lilo guardando fissa la sorella.
-Tadashi e Hiro stanno pagando una stanza d’hotel, credo che vogliano anche approfittarne, ogni tanto.- rispose secca Nani.
-Guarda che non è importante... possiamo accompagnarvi, se volete...- si offrì cauto Tadashi.
Ma Nani alzò la mano con un gesto deciso: -No. Stasera non è il caso.-
-Ma loro hanno detto di sì!- protestò la sorellina.
-E io ho detto che non è il caso.- replicò secca la ragazza.
-Tutto bene?- chiese allora Tadashi, e Nani lo fulminò.
-No, non benissimo. Per favore, stasera preferisco evitare.-
Il ragazzo si arrese, e osservò le due ragazze allontanarsi. Hiro sollevò gli occhi dal suo cellulare, su cui stava leggendo tecniche di combattimento dei robot, e passò lo sguardo al fratello: -Non andiamo con loro?-
-A quanto pare no. Credo sia andata più male di quanto pensassimo.-
Hiro sospirò: -Magari una sessione di Tekken l’avrebbe rilassata.-
-Ne sono certo, ma penso preferisca rimanere da sola.- Tadashi represse una leggera sensazione di delusione, poi guardò il fratello con un sorriso: -Però possiamo giocare io e te. Che ne dici?-
Hiro mise in tasca il cellulare: -Hai capito tutto, fratello!-
Rientrarono nella loro camera e il ragazzino si precipitò ad accendere la console, mentre Tadashi estraeva le bibite avanzate qualche sera prima e due bicchieri. Si lanciarono in duelli accaniti e vittorie sudate. Hiro si lanciava in esclamazioni continue e talvolta saltava in piedi, premendo i tasti del controller al limite della loro resistenza, mentre Tadashi si sporgeva in avanti e giocava di colpi precisi e combo micidiali.
-Ti scaldi troppo.- il ragazzo spiegò al fratellino quando lo schiacciò senza pietà. Poi aggiunse, allungandosi a prendere il cellulare che aveva preso a squillare: -In questo modo perdi il controllo della situazione e ti lasci prendere di sorpresa.-
Era zia Cass. Chiedeva come stesse andando, se si stessero riposando. Tadashi la rassicurò, raccontandole delle giornate in spiaggia e delle cene al ristorante.
Quando finì, Hiro lo guardò dall’alto in basso: -Mi lascio prendere di sorpresa, dici?-
Il duello seguente non durò neppure due minuti, e Hiro non aveva mosso un sopracciglio per tutta le durata. Tadashi si alzò in piedi in preda all’adrenalina: -Si può sapere cos’è successo?!-
-Mi hai detto di giocare sul serio.- rispose Hiro con un sorriso sornione -Quello preso di sorpresa sei tu, adesso.-
E infatti, da quel momento, Tadashi non riuscì più a vincere un duello. Per un momento, capì perché Hiro doveva aver messo a dura prova la pazienza dei compagni, a scuola.
 
Il mattino dopo il ragazzo svegliò il fratellino senza neppure togliersi lo spazzolino dalla bocca: -Dai, ché abbiamo da fare.-
Hiro si tirò su stropicciandosi gli occhi: -Certo, andare in spiaggia e goderci la sabbia e l’ombra.-
-In dieci giorni non abbiamo fatto altro. Non ti andrebbe di cambiare?-
-Perché, qui a te viene in mente altro da fare?-
-No, però conosco qualcuno che potrebbe consigliarci.-
Hiro realizzò in una frazione di secondo e guardò suo fratello. Tadashi gli sorrise dall’alto, così lui sospirò: -Purché non mi lasciate da solo a farmi spiegare tutte le foto di turisti, ok?-
-Affare fatto.- il ragazzo gli fece un occhiolino complice e i due si avviarono.
Si arrampicarono ciabattando per la strada sterrata fino alla casetta arroccata in cima alla salita, isolata fra le piante, poi in tre passi salirono i gradini della veranda e Tadashi bussò allegramente, sperando in cuor suo che a Nani fosse passata la collera.
La ragazza venne ad aprire con aria perplessa, mentre Lilo, con la tazza in mano, sporgeva la testa dalla cucina.
-Ciao...- azzardò il ragazzo -Disturbiamo?-
Nani si aprì in un sorriso obliquo: -Stavamo facendo colazione.-
I due ragazzi sorrisero a loro volta, imbarazzati, e Nani li fece entrare.
-Volevamo cambiare un po’ dalla spiaggia...- spiegò Tadashi, appoggiando la sacca con gli asciugamani in un angolo -...e ci chiedevamo se non poteste darci qualche consiglio...-
-Non saprei dirti.- rispose Nani sparendo in lavanderia -Potete vedere per le gite all’interno dell’isola, o qualche traghetto verso le altre isole dell’arcipelago.-
-Voi cosa contate di fare?- chiese il ragazzo, sedendosi al tavolo, mentre Hiro si accomodava sulla terza sedia.
Nani comparve sulla porta e si appoggiò con una spalla allo stipite: -Adesso devo stendere... sai, mi è tornata a funzionare la lavatrice. Poi devo fare un po’ di spesa.-
-Possiamo farvi compagnia?-
-Oh, sì!- esclamò Lilo dalla sua tazza di latte -Sì, sì, per favore!-
Nani sospirò: -Purché tu non li assilli con le foto dei tuoi turisti, d’accordo?-
Lilo le fece la linguaccia: -È arte, e loro sono meravigliosi. Sei tu che non capisci!-
I due fratelli sorrisero, e Hiro decise che era il suo turno di mostrare qualcosa a Lilo. Prese il cellulare e cercò qualche video: Lilo fu introdotta al mondo dei bot duelli, alle loro mosse da film, ai vicoli in cemento e neon, umidi di pioggia e costellati di cassonetti, alle folle che si schiacciavano intorno al ring urlando e scommettendo.
I suoi occhioni neri riflettevano nella loro perplessità il riquadro luminoso di un mondo che non sarebbe mai giunto nella sua isola bucolica e incontaminata.
Quando fu il suo turno, tirò fuori dal nulla una giradischi e mise su un quarantacinque giri. Nel giro di qualche suono graffiato, il ritmo di Stuck on you invase la casa mentre Nani esclamava dalla lavanderia: -Ma già di primo mattino?!-
A occuparsi della casa il mattino passò velocemente. Nani estrasse un paio di tavole da surf dalla rimessa sul retro e le presentò ai due ragazzi: -Ok, oggi pomeriggio facciamo attività alternativa.-
Pranzarono insieme su un tavolo da picnic fuori da un fast food, poi le ragazze portarono i loro ospiti a una spiaggetta lontana dalla zona turistica, raggiungibile solo a piedi, discreta e poco frequentata. Si sdraiarono sulla prima sabbia, sotto l’ombra delle piante, e si rilassarono un paio d’ore prima di essere trascinati in acqua da Nani. La ragazza mise Lilo sulla tavola e si spinse verso le onde, surfando mentre la bambina alzava le mani in alto.
Tadashi e Hiro le guardarono scivolare da sinistra a destra, poi Nani fece un ampio giro e li raggiunse, proponendo a Hiro di montare al posto di Lilo. La bambina saltò in braccio a Tadashi e Hiro si arrampicò goffamente sulla tavola. Nani prese a remare con le braccia, e alla prima onda si mise in piedi e si lasciò cadere giù, in una caduta che mozzò il fiato al ragazzino. Quando rallentò, Hiro si era completamente eccitato e chiese un secondo giro, e al terzo Lilo protestò che poi toccava anche a lei.
Tadashi rimase a guardarli, i piedi ben piantati nella sabbia del fondale, ma l’entusiasmo di Lilo non risparmiò neppure lui: -E tu? Lo fai un giro, Tadashi?-
Nani rise quando la sentì: -Lui potrebbe direttamente imparare.-
A nulla servirono i timorosi complimenti del ragazzo: senza sapere come si ritrovò a cercare di salire su una tavola, facendola ribaltare goffamente fra le risate di un crudele Hiro, che si godeva la scena comodamente seduto sull’altra tavola.
Quando Tadashi si sentì finalmente sicuro sul surf, provò a mettersi in piedi, finendo per farsi prendere dal panico e cadere rovinosamente in acqua. Nani gli intimò di provare ancora, e quando lui finalmente riuscì a mettersi in piedi, mulinando le braccia senza credere ai suoi occhi, esclamò tutto contento: -Ce l’ho fatta! Guarda Hiro, ce l’ho...- ma non finì la frase, perché un’onda un po’ più alta delle altre mise fine ai suoi sforzi.
Quando il sole prese a calare, i ragazzi uscirono ad asciugarsi sulla sabbia fine. Costruirono castelli e Hiro fu coperto di sabbia. La sera arrivò in un batter d’occhio.
I due ragazzi andarono all’hotel a farsi una doccia e a prepararsi per la cena, mentre Lilo accompagnava Nani a casa a prepararsi per il lavoro.
Quella sera rientrarono tutti a casa delle ragazze, e Nani preparò la stanza degli ospiti per Hiro. Il ragazzo si chiuse dentro con un sospiro sollevato ed estrasse il cellulare, immergendosi in video di bot duelli e analisi degli stili di combattimento.
Nani mise a dormire una Lilo esausta dalla giornata, poi uscì in veranda dove Tadashi la aspettava appoggiato al corrimano in legno.
-Come stai?- gli chiese, posandogli una mano dietro la spalla.
Lui girò la testa e le sorrise: -È stata la più bella giornata della vacanza.-
Nani rise: -Per essere la prima volta che provi a fare surf non te la sei cavata neppure male.-
-Non prendermi in giro, per favore...- Tadashi si girò verso di lei e le diede un leggero bacio sulle labbra -Ti senti meglio da ieri?- chiese poi.
Nani lo guardò con gli occhioni spalancati, poi abbassò la testa: -Un po’. Ma in realtà questa volta è stato peggio delle altre volte.-
-Cos’è successo?- azzardò i ragazzo -Cioè... se hai voglia di parlarne...-
Nani fece spallucce e si appoggiò con la spalla alla trave che reggeva la veranda, senza tuttavia alzare la testa: -Ho avuto un ultimatum. La casa era messa abbastanza bene, però il giardino era un nido di insetti, e all’assistente questo non è piaciuto. Per la salute di Lilo, dice. E poi Lilo le ha mostrato il suo manuale di formule vudu, e la sua bambola zombie. Diciamo che con le sue storie bizzarre non ha aiutato.- inspirò profondamente, per non abbandonarsi alle lacrime -La signora ha detto che tornerà un’altra volta, e sarà l’ultima. Se non andrà bene neppure quella volta, si rivolgerà a dei colleghi specializzati in casi disperati.-
Tadashi la ascoltò senza parlare, poi le passò un braccio intorno alla spalla: -È per questo che eri così arrabbiata, ieri?-
-O piango o mi arrabbio. E davanti a Lilo non posso piangere.- mormorò Nani.
-Ma davanti a me sì.- la consolò il ragazzo -Io ho pianto molto quando ho perso i miei e non sapevo come occuparmi di Hiro. Zia Cass ha provato ad aiutare, ma i pannolini a mio fratello li sempre cambiati io, e andavo in tilt quando di notte non mi lasciava dormire. Quello ha messo davvero a dura prova i miei nervi.-
Nani alzò lo sguardo su di lui con un sorriso triste, poi le lacrime cominciarono a scorrere e Tadashi l’abbracciò stretta: -Non voglio perdere mia sorella, Tadashi...-
Tadashi la strinse fra le braccia e lei alzò una mano per afferrare la sua maglietta.
La ragazza si sfogò per qualche minuto, poi alzò di nuovo gli occhio su di lui: -Sei gentile, e molto più forte di quanto dai a vedere.- commentò, tirando su col naso.
Tadashi le sorrise dolcemente, poi le avvolse la vita con una mano e la ricondusse dentro. Si sedettero sul divano e Nani accese la tv. Dopo pochi minuti, i due si addormentarono una nelle braccia dell’altro.
 
Il mattino dopo, in spiaggia, tutto sembrava perfetto. Tadashi si era svegliato allegro e sereno e anche Hiro dava l’impressione di essere riuscito a uscire un po’ dagli argomenti malsani che aveva sempre per la testa.
Sollevato da quel pensiero, il ragazzo volle godersi il suo fratellino al massimo, ma l’incanto si spezzò quando gli chiese di mettere il via cellulare per farsi il bagno.
-Cosa stai guardando?-
-Niente di interessante.- rispose Hiro chiudendo la schermata.
Ormai, però, a Tadashi era caduto l’occhio sul titolo cubitale che tagliava a metà lo schermo: -Sei ancora sui video di bot duelli?!- chiese incredulo.
-Mi interesso alle nuove tecnologie di punta, e i bot sono fra quelle.-
-Le nuove tecnologie di punta si trovano nei laboratori, non nei vicoli di San Fransokyo.-
-Come il tuo laboratorio di nerd?- ribatté il fratellino.
-Sì, esatto. Perché non vieni a dare un’occhiata? Se ti piacciono le tecnologie di punta, potrebbe interessarti quello che facciamo là dentro.-
-Oh, no.- Hiro si mise in piedi -Il patto era che facessi quello che mi dicevate tu e zia Cass fino al diploma. Ora non potete più dirmi niente.-
-Non prevedevamo che ci mettessi così poco!-
-Eppure mi sono spicciato. Adesso non puoi più dirmi cosa fare, e tantomeno obbligarmi a entrare in una scuola. Di nuovo.-
Tadashi emise un risolino incredulo, arrivando a una realizzazione: -Il laboratorio di nerd non è una scuola normale. Non ti sentiresti...-
-So come ci si sente in una scuola dove tutti hanno dieci anni in più di te, Tadashi! E so anche come andrebbe a finire per uno come me!-
-Se ti fossi visto in queste ultime settimane capiresti anche il perché! Non faccio fatica a capire quando un ragazzino troppo piccolo mi umilia perché è troppo bravo e poi si comporta come nulla per lui fosse importante!-
-Io non ti ho mai umiliato!-
-No, ma ti sei mai chiesto come si sentissero i tuoi compagni?!-
Hiro lo guardò senza parole, poi mormorò: -Lo so benissimo come si sentivano i miei compagni. Ho un paio di quaderni distrutti che si premurano di ricordarmelo tutte le volte che li prendo in mano.-
Tadashi si mise una mano sulla bocca, rendendosi conto di fin dove si fosse spinto: -Hiro, io...-
Non finì la frase, Hiro era già partito correndo dalla spiaggia.
-Hiro!- gli urlò dietro, raccogliendo gli asciugamani senza staccare gli occhi dalla sua schiena che si allontanava: -HIRO!-
 
Hiro procedette a passo deciso con il solo pensiero di seminare suo fratello. Il liceo non gli era piaciuto per niente, e l’aveva sopportato solo perché gli permetteva di assaporare la libertà in arrivo.
Tuttavia, quegli ultimi anni fra ragazzi sensibilmente più grandi lo avevano fatto sentire non un genio, come aveva creduto al momento dell’iscrizione, ma uno strano, diverso.
E lui era diverso. Era troppo cresciuto per i ragazzini della sua età, ma troppo piccolo perché i ragazzi più grandi potessero accettarlo come uno di loro.
Alla ricerca di un po’ di solidarietà, il ragazzino prese la strada per la casa di Lilo.
 
Quando arrivò, sentì un’imprecazione uscire dalla finestra, così come un curioso odorino di bruciato.
-È permesso?- chiese, spingendo la porta.
-Avanti!- Nani comparve dalla cucina, con una padella in mano da cui si alzava un fumo scuro: -Ciao Hiro! Tutto bene? Hai dimenticato qualcosa, stamattina?-
-Ciao Nani. Cercavo Lilo.-
-Lilo non c’è, è al corso di danza. Dopodomani c’è il saggio.-
-Capisco.-
Nani lo osservò un momento, dall’alto della sua perplessità: -Va tutto bene?-
Hiro fece spallucce, così la ragazza gli offrì un bicchiere di succo.
-C’è qualcosa che non va?- chiese sedendosi a tavola davanti a lui.
-Ho discusso con mio fratello.-
-Davvero?- Nani drizzò la schiena, sorpresa. Era davvero possibile discutere con uno come Tadashi?
-Sì.-
-E vuoi parlarne?-
Hiro fece spallucce: -Non è importante.- poi dopo un momento aggiunse: -È che vuole decidere tutto della mia vita.-
Nani trattenne un sorriso: -Ma davvero?-
-Sì. Però non può! Voglio dire... io sono diplomato, adesso, no? Siamo tutti e due diplomati allo stesso livello, lui ha scelto una cosa e io un’altra. Che male c’è?!-
Nani si sporse verso di lui: -Hiro, mi ricordi quanti anni hai?-
-Tredici.- mormorò il ragazzino abbassando lo sguardo.
-Se posso parlare come sorella maggiore... e posso perché sono una sorella maggiore...- spiegò allora lei -...sappi che non lo fa con cattiveria. Mi ha raccontato dei vostri genitori, e ti posso assicurare che si sta facendo in quattro per te e per loro.-
Hiro tirò su col naso: -Lo so questo.-
-Non deve trattarti come un bambino, però prova a dargli retta, ogni tanto. Se non altro lo terrà buono per un po’.-
Hiro annuì roteando gli occhi, poi disse: -Allora posso dirti una cosa anch’io?-
-Dimmi.-
-Prova a dare anche tu credito a Lilo. È brutto sentirsi quello strano, ed è facile sentirsi soli.-
Nani si passò una mano dietro il collo: -D’accordo. Cercherò di non lasciarla sola.-
Hiro le sorrise e lei ricambiò: -Allora, per caso hai fame? Stavo giusto preparando il pranzo...-
Il ragazzino lanciò un’occhiata preoccupata a quel campo di battaglia che erano stati i fornelli, però accettò.
 
Tadashi aveva cercato suo fratello per tutto il paese e all’hotel, poi aveva deciso di cercarlo alla spiaggetta di Nani prima di andare direttamente da lei per vedere se non fosse andato a disturbarla.
Quando arrivò, invece di suo fratello trovò Lilo, rannicchiata sotto una pianta intenta a giocare con la sua bambola.
-Oh, ciao Tadashi.-
-Ciao Lilo! Cosa ci fai qui da sola?-
-Sono andata alla lezione di danza, ma non ho voglia di tornare a casa per pranzo. Nani cucina malissimo.-
Tadashi sorrise e si sedette accanto a lei.
-Non sei alla spiaggia grande con Hiro?-
-Abbiamo litigato, e lui è andato via.-
-Capisco. Anche io e mia sorella litighiamo spesso.-
-Davvero?-
-Certo! Ogni tanto fa la mamma, ma non è molto brava. Ha bisogno di fare più esperienza.-
Il ragazzo sorrise divertito e lasciò cadere indietro il collo, muovendo lentamente la testa di lato per sciogliere un po’ i muscoli.
-Stai bene?- gli chiese dopo un momento Lilo.
Tadashi annuì, ma il suo sguardo si perse all’orizzonte.
-Non essere preoccupato per Hiro.- gli disse allora la bambina -È bravo, per essere un maschio. Se la caverà.-
Il ragazzo rise sommessamente e le spiegò: -Se non lo fermo, finirà col frequentare cattive compagnie. E ho paura che questo lo porterà a farsi male.-
-Capisco. Anche Nani è sempre preoccupata che io mi faccia male.- rispose con un sospiro rassegnato Lilo, alzando la testa.
-Be’, non è il lavoro dei fratelli maggiori, questo?-
-Non lo so. Era nel contratto, quando lo hai firmato?-
Tadashi rise con più convinzione, ma Lilo aveva l’espressione di una che non aveva fatto alcuna battuta.
-Né io né Nani abbiamo firmato nessun contratto. È così e basta. Se può esserti di aiuto, lei fa tutto il possibile perché vuole che tu stia bene.-
Lilo annuì pensosa, poi commentò: -È solo che non è molto brava a fare la mamma. E poi lei non è la mamma, no? Io la preferisco come sorella...-
Tadashi annuì a sua volta, capendo un po’ meglio suo fratello. Sospirando, decise di lasciarlo tranquillo per tutto il pomeriggio. Magari ne aveva bisogno.
 
Quella sera, Hiro era arrivato al ristornate con Nani, dopo aver passato il pomeriggio a esplorare l’isola intorno a casa sua, e Tadashi si presentò con Lilo, con cui aveva passato il pomeriggio.
Il ragazzo e i fratellini si sedettero al tavolo e Nani andò a cambiarsi. Durante il servizio, Nani si accorse che il personale non era al completo e che il capo non sembrava molto sereno, ma quando provò a chiedere spiegazioni l’uomo le rispose che non era il momento. Nani colse il messaggio e si fece i fatti suoi, pur sperando di non essere licenziata improvvisamente.
Mentre serviva al tavolo, Tadashi le sussurrò: -Ma non hai nemmeno una sera libera a settimana?-
Nani sospirò: -Per contratto sì, ma per come sono messa desso non me lo posso permettere.-
Tadashi annuì gravemente. Poi guardò Hiro e pensò a zia Cass,al fatto che avesse insistito lei perché partissero per quella vacanza e a quanto loro le dovessero. Il ragazzo osservò Lilo e Nani tutta la sera e si disse che, comunque, le cose durante quelle due settimane non erano andate poi così male.
Dopo cena, i quattro ragazzi si diressero di nuovo a casa di Lilo e Nani, per guardarsi un film tutti insieme.
Nani camminava sentendo le gambe stanche e i piedi che le dolevano, però quando vide Lilo annegare Hiro di discorsi sulle tecniche vudu si lasciò sfuggire un sorriso. Era vero che non valeva la pena legare con i turisti. Di solito questi venivano per la sabbia fine e le onde tutte da surfare, e basta. Era un flusso continuo, non si faceva in tempo a memorizzare il volto di uno che era già ripartito lasciando il posto ad un altro. Tra loro, specialmente i più giovani, lo vedeva, potevano nascere storie eccitanti e passeggere come eccitanti e passeggere erano le vacanze estive. Ma lei, e tutti gli abitanti della sua cittadina, sapevano che c’era un muro fra queste storie da spiaggia e la loro vita di tutti i giorni, con la scuola, gli impegni, il lavoro, le commissioni. Per cui a lei non era mai interessato legare con queste presenze fatue, rapide, leggere.
Eppure... Hiro e Tadashi, per una volta, avevano fatto eccezione. E non per il famoso bacio in cucina, scambiato dopo un sorso di birra. Nani si era aperta con loro perché, per la prima volta dopo tanto tempo, aveva trovato una persona che potesse capire appieno il suo dolore silenzioso, le sue preoccupazioni così anomale nei giovani della sua età. Non solo: questa persona, inoltre, si era offerta di aiutarla, di supportarla. Non era stato il bacio in cucina, ma la lavatrice riparata. Era stata l’offerta di baby-sitting. Tadashi e Hiro avevano abbattuto quella barriera ed erano diventati davvero degli amici, per quanto tutti sapessero che quest’amicizia non sarebbe durata per sempre.
Arrivati a casa, i quattro si buttarono disordinatamente sul divano e attaccarono la tv, ma non ci volle molto prima che Lilo si addormentasse per l’ora tarda e Hiro richiedesse di poter stare un po’ per conto suo. Tadashi accompagnò Hiro alla camera per gli ospiti e Nani portò la sorellina nel suo letto. Poi i due giovani si fermarono un attimo in mezzo al corridoio e si scambiarono un’occhiata perplessa.
Nani non disse niente, ma andò in camera sua e si sedette sul letto, fissandolo intensamente. Tadashi la seguì con un mezzo sorriso e, entrando, spinse la porta dietro di sé. Mentre questa si chiudeva, il ragazzo si sedette accanto a Nani, le appoggiò una mano sulla gamba e si sporse verso di lei per darle un bacio.
La porta si chiuse con un clic.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Ormai era chiaro che i quattro ragazzi avrebbero passato insieme gli ultimi giorni di vacanza. Mancava poco alla serata di danze hawaiane e Hiro e Tadashi avevano comunicato a Lilo e Nani che il loro aereo sarebbe decollato proprio il giorno dopo. Alla notizia, Lilo fu molto contenta di poter offrire loro uno spettacolo per salutarli come si deve.
La giornata fu trascorsa alla spiaggetta appartata, lontano dalle folle di turisti, dalla calca e dalla plastica. Nani surfò sulle onde, Tadashi provò di nuovo a imparare a stare sulla tavola. Lilo nuotava intorno ai ragazzi e faceva gli agguati mantre Hiro chiedeva un altro giro sul surf con Nani.
Nelle pause dall’acqua, Nani costruì un castello di sabbia su una divertitissima Lilo, mentre Tadashi prendeva in giro suo fratello per il puro gusto di vederlo reagire.
A pranzo, Tadashi e Nani andarono a prendere panini e gelato, e i quattro mangiarono sotto le fronde ombrose tra la sabbia e il pendìo verde dell’isola.
Stava andando tutto bene.
Quella sera, i due fratelli e Lilo furono raggiunti al tavolo da Nani che mormorò, mentre li serviva: -Ho parlato col mio capo.-
-Spero niente di grave...- rispose sottovoce Tadashi.
-Ha cacciato i ragazzi che si occupavano dello spettacolo pirotecnico.- spiegò la ragazza -Ha scoperto che rubavano dalla cassa. Sono molto sollevata di non c'entrare1 niente.-
-Sarebbe stato il colmo della sfortuna.- le diede ragione il ragazzo.
Nani gli rivolse un sorriso grato, ricambiato con dolcezza da Tadashi. Quello scambio di sguardi non passò inosservato: Hiro, che aveva ascoltato con interesse la faccenda dei furti, in quel momento stava guardando i due ragazzi e provò un'inspiegabile sensazione di fastidio, come se gli fosse sfuggito qualcosa.
-Quindi andesso come farete per gli spettacoli?- chiese, per spezzare l'atmosfera che si era creata.
-Dovrebbe arrivare un nuovo ragazzo. Credo si chiami David. Inizia il contratto questo week end.-
Hiro annuì con convinzione, ma non era realmente interessato alla notizia. Per il resto della serata osservò con sospetto suo fratello, ma questi non si lasciò più sfuggire alcun altro comportamento strano. Era il Tadashi di sempre, e Hiro si costrinse a scacciare quella prima sensazione: doveva sicuramente essersela inventata.
Finita la serata, Tadashi, Hiro e Lilo aspettarono che Nani uscisse dal ristorante e andarono insieme a casa delle ragazze. Come ogni sera, andava tutto bene. Tadashi lo pensava mentre guardava dall'alto prima il fratello che gli trotterellava davanti, poi Nani accanto a lui che non staccava gli occhi da Lilo.
Il ragazzo sorrise. Andava davvero tutto bene.
Arrivarono alla casa e come la sera prima si buttarono sul divano. Nani accese la TV e i quattro guardarono la replica su un canale nostalgia de Il mostro della laguna nera. E, come la sera prima, non ci volle molto prima che Lilo si addormantasse contro il fianco della sorella. Anche Hiro, quella sera, si appisolò seduto ai piedi del divano, la schiena contro il bracciolo. Tadashi lo fissò chiedendosi come quella posizione scomoda non lo svegliasse.
Un tocco leggero gli fece voltare la testa: Nani gli accarezzava il braccio per attirare la sua attenzione. Gli fece segno con il mento, si alzò appoggiando delicatamente la sua sorellina sui cuscini del divano. Prese Tadashi per mano, lui si alzò e la seguì fuori, nel verde che circondava la casa. Salirono dei gradini verso una terrazza in legno da cui si poteva godere di un paesaggio mozzafiato sul paese, la spiaggia e il mare. Lì, fra due palme, era agganciata una larga amaca in stoffa dai fiori colorati.
Tadashi sorrise, le strinse le braccia intorno ai fianchi e le posò un leggero bacio sulle labbra. Lei chiuse gli occhi e si godette quel contatto così rinfrancante.
Il ragazzo saltò sull'amaca e si distese, mentre lei si sistemava fra le sue gambe e allungava la schiena sul petto di lui.
Rimasero così, a godersi quell'abbraccio, nell'aria frizzantina della notte, il loro dondolìo lento, il silenzio dei grilli lontani e le stelle che li tingevano di latte sopra di loro. Tadashi giocherellava con una ciocca dei capelli di Nani. Nani passava la punta delle dita sull'avambraccio di Tadashi.
-Sai, ho pensato al tuo progetto per salvare il mondo...- esordì dopo un attimo lei -Ora che ti conosco un po' di più comincio a credere che ce la farai davvero.-
Tadashi rise sommessamente, poi però sospirò e Nani percepì che si era incupito: -Però cosa è più importante?- si chiese lui -Il mondo o Hiro?-
-Cosa vuoi dire?- Nani alzò leggermente la testa e stortò il collo per guardarlo.
-Io in questo momento sto producendo un robot per salvare il mondo. Però in queste due settimane mi sono accorto che quello più in pericolo è Hiro. Avevamo fatto un patto: una volta preso il diploma lo avremmo lasciato libero di scegliere la sua strada. Avevo fiducia nel suo buonsenso e l'ho trascurato. Mi sono buttato nel mio progetto e l'ho perso di vista. Non mi sono accorto di quanto la scuola lo facesse soffrire. Il succo sulla sua maglietta? Giocava in mensa con i compagni. L'astuccio pieno di crema? Un barattolo rotto da nascondere al professore per evitare che sgridasse lui e i suoi "amici". Il cellulare spaccato? Giocava a basket e gli è caduto di tasca. Certo, come no! E io ci ho pure creduto! Dovevo occuparmi di lui e non mi sono accorto di niente. E ora lo sto perdendo, non mi ascolta più, e non so come salvarlo.-
-Come avete fatto ad accorgervene?-
-Ho visto un livido sospetto. E sono andato a frugare nel suo zaino. Ho visto lo stato in cui erano ridotti i suoi quaderni. Le scritte, gli scarabocchi. Io e zia Cass l'abbiamo torchiato tutta la sera. Non... non sono stati bei racconti.- Tadashi strinse le labbra e girò la testa.
Nani girò la schiena e incrociò le braccia sul ventre di lui: -Tadashi, tu stai portando avanti il progetto dei tuoi genitori. Stai lavorando perché nessuno perda più la vita per aiutare gli altri.-
-Ma loro avrebbero voluto che io mi occupassi di mio fratello.-
-Lo stai facendo. Non puoi lasciare da parte tutti i tuoi sogni, però. Non avrebbero voluto neppure questo.-
-Me lo dici tu, questo?-
-In che senso?-
-Guarda che li ho visti, i tuoi trofei di surf in camera tua. Anche quelli più recenti, dell'anno scorso. Tu invece puoi lasciare da parte tutti i tuoi sogni?-
Nani sospirò: -Tadashi, io non ho una zia Cass che mi possa aiutare.-
Il ragazzo sbarrò gli occhi: -Hai ragione. È vero, scusa.- e alzò una mano per accarezzarle una guancia.
Nani sorrise tristemente, poi appoggiò la testa alle braccia e abbassò gli occhi: -Lilo è tutta la mia vita, adesso. Per questo per me gli assistenti sociali sono un incubo. Sono sempre lì a dirmi che quello che faccio non va bene. A volte... mi chiedo se io sia davvero in grado di badare a mia sorella e fare sempre quello che è meglio per lei, o se non sia il caso di lasciarla andare da dei veri genitori...-
-Stai scherzando!-
-Devo pensare a cosa sia meglio per lei, Tadashi. Che cosa possa permetterle di crescere in maniera normale, serena, come le altre bambine. Da quando è... successo... è sempre più isolata e strana, con tutte le sue formule e i suoi pupazzi zombie. Dove ho sbagliato perché diventasse così?-
-Nani, non puoi pensare davvero una cosa del genere.- Tadasci le accarezzò la testa e lei sollevò gli occhioni lucidi su di lui -Dopo quello che è successo lei non sarà più come le altre bambine. Come mio fratello non sarà mai come gli altri ragazzini. Ma come neppure io e te saremo mai come gli altri ragazzi della nostra età.-
Nani annuì titubante, così lui continuò: -Lilo non ha bisogno di nuovi genitori. Lei ha bisogno di te. Lei ha bisogno di essere strana, e di qualcuno che la capisca. Credi che una famiglia affidataria le permetterà mai di esprimersi così come fai tu?-
Nani scosse piano la testa, distogliendo di nuovo lo sguardo, e lui aggiunse, un po' più dolcemente: -Tu sei una famiglia meravigliosa per lei. Fai tutto quello che puoi e sono sicuro che questo per lei è abbastanza. Non arrenderti da quel punto di vista. Potresti ferirla davvero.-
Nani ebbe una risata tremula, poi alzò di nuovo gli occhi su di lui: -Lo stesso vale per te.- rispose. Aveva riacquistato il suo tono deciso: -Se Hiro non ti ascolta più adesso non è importante. Secondo me lui è abbastanza intelligente da capire il tuo progetto. Gliene hai mai parlato?-
Tadashi scosse la testa: -È solo un abbozzo. L'ultima volta che ho provato a metterlo in funzione ha fatto saltare la corrente a tutto il laboratorio. Chissà perché, di colpo erano tutti contenti che partissi per due settimane...-
-Va bene, ma lo aggiusterai. E allora glielo mostrerai. Sono sicura che lo adorerà come adora te. Sì sì, non fare quella faccia perplessa. Vedo come ti guarda. E, se da adesso in poi sarete sempre insieme, sono sicura che ricomincerà a darti retta. Ma tu non lo mollare, d'accordo? Non lo stroncare, non dargli ordini, si accorgerà da solo che...- ma non riuscì a finire la frase.
Tadashi si era curvato in avanti e l'aveva baciata appassionatamente, facendole allungare il collo verso di lui. Il bacio durò a lungo, Nani ebbe i brividi lungo tutta la schiena e Tadashi sentiva lo stomaco in subbuglio. Quando si staccarono, il ragazzo le sorrise: -Grazie.- disse semplicemente.
Lei sorrise a sua volta e si sporse di nuovo verso di lui. Ripresero a scambiarsi brevi baci intramezzati di sorrisi.
Tadashi si sentiva completamente catturato dal momento. Hiro era al sicuro, Nani era meravigliosa, e stava andando tutto...
-Tadashi!- la voce incredula spezzò l'incantesimo. I due ragazzi si staccarono e guardarono verso la scala che portava alla casa: Lilo e Hiro erano lì, in piedi, senza parole, che li fissavano a bocca aperta.
-Che cosa stai facendo?- chiese il ragazzino con un tono insicuro in cui il fratello riconobbe furia, dolore e delusione.
-Hiro...- Tadashi allungò la mano verso di lui -...posso spiegarti...-
-No.- Hiro alzò le mani in segno di resa e indietreggiò di due passi -Traditore.- e si voltò per scappare verso il paese.
Lilo, dal canto suo, guardava la sorella a bocca aperta.
-Lilo...- Nani aveva teso le braccia verso di lei -Lilo?-
-NO!- strillò la bambina, pestando un piede, e scappò anche lei, in direzione dei pendii verdi dell'isola.
Le due fughe erano avvenute praticamente nello stesso istante, e Tadashi e Nani erano balzati altrettando velocemente in piedi per correre loro dietro. Non si scambiarono neppure un'occhiata, e si allontanarono col panico, col terrore di perdere per davvero i loro fratellini.
 
Ritrovare Lilo poteva sembrare un'impresa ardua: la bambina conosceva bene la zona e la sua taglia minuta le permetteva di nascondersi senza problemi nel sottobosco. Ma Nani conosceva sua sorella e la seguì senza perderla di vista, chiamandola disperatamente per nome.
Alla fine la raggiunse che era in lacrime, rannicchiata in un angolo fra un tronco affusolato e una roccia coperta di verde.
-Lilo, vieni. Andiamo a casa.-
-No!- strillò Lilo.
-Per favore, Lilo. Andimo a casa... così ti spiego tutto.- la pregò la sorella.
-NO!-
Nani sospirò e si rannicchiò davanti a lei, a distanza di sicurezza. Attese un lungo momento, nel silenzio, senza staccarle gli occhi di dosso.
Alla fine fu Lilo a parlare: -Ma tu mi vuoi bene?- chiese in un mormorìo.
-Lilo!- esclamò la sorella, scandalizzata -Da dove ti vengono certe idee?-
-Non mi hai risposto!-
-Ma certo che ti voglio bene, Lilo! Niente può cambiare questa cosa!-
-Neppure un turista?-
La domanda di Lilo lasciò Nani interdetta. La ragazza aveva drizzato la schiena dalla sorpresa, poi era tornata a guardare la sorellina: -Perché un turista dovrebbe cambiare il fatto che io ti voglia bene?-
-Perché poi lui torna a San Fransokyo. E se gli vuoi bene poi lo segui.-
Nani la guardò senza parole. Lilo continuò: -Mertle Edmonds dice che sono strana, e che è normale che nessuno mi voglia.-
-Questo non è assolutamente vero! Io ti voglio, Lilo!-
-Ma se vuoi bene a Tadashi, e a me no...-
Nani, sempre rannicchiata, fece un goffo passo verso di lei: -Tu queste cose non le devi pensare, Lilo. Io ti voglio bene, e te ne vorrò sempre. Non potrei mai lasciarti sola. Poi non potremmo più essere strane insieme!-
Lilo rifletté un istante: -In effetti quando fai i lavori di casa sei strana anche tu. Ma credevo che fosse perché cucinare ti stressa.-
Nani rise e si avvicinò definitivamente alla sorellina, passandole un braccio attorno alla schiena.
-Pensavo volessi sostituire mamma e papà.- mormorò infine, sottovoce, Lilo.
-Nessuno potrà mai sostituire mamma e papà. Neppure Tadashi.-
Lilo annuì, poi chiese: -Quindi, quando dopodomani andranno via, tu cosa farai?-
Nani ebbe un tuffo al cuore e spalancò gli occhi. Guardò il cielo e non rispose.
 
Tadashi arrivò all'hotel e vide che la luce in corrispondenza del loro balcone era accesa. Senza neppure aspettare l'ascensore corse su e spalancò la porta della loro camera, chiamando disperato Hiro.
In tutta risposta, si prese un cuscino in faccia.
-Hiro, per favore...- provò a riprendere lui, buttando il cuscino sul letto -Lascia almeno che ti spieghi!-
-Cosa, eh? Questa era la nostra vacanza, la nostra!, e tu ti sei trovato la ragazza!-
-Nani non è la mia ragazza!-
-Scusa, la scena di prima deve avermi fatto capire male!- Hiro sbatté i suoi ricambi dall'armadio alla valigia aperta per terra.
-Ma cosa stai facendo?!-
-Dopodomani torniamo a San Fransokyo, no? Mi porto avanti.- Hiro staccò rabbiosamente i cavi della console dal televisore.
Tadashi si precipitò su di lui e lo prese per le braccia: -Fermo, fermo, fermo! Non esagerare, adesso!-
Hiro lo scacciò via con un movimento brusco e il ragazzo ripeté: -Lascia che ti spieghi!-
-Non voglio ascoltarti! Dovevamo passare la nostra vacanza insieme!-
-No che non vuoi ascoltarmi! Tu non mi ascolti mai! Magari è per questo che...- si interruppe, non sapendo bene come metterla -...che io e Nani...-
Hiro lanciò i cavi sul letto, ma Tadashi riprese con forza: -Sei sempre su quei siti di bot duelli. Hai sempre il cellulare in mano. Come puoi pensare che io creda che tu mi ascolti?-
Il ragazzino si fermò e lo guardò corrucciato, così il fratello continuò: -Però le giornate al mare sono state solo nostre, Hiro. E anche le partite a Tekken. E i gelati... e quando ti prendevo in giro.- lo prese per le spalle perché lo guardasse negli occhi: -Per cui adesso, ti prego, ascoltami!-
Hiro lo fissò stralunato.
-È vero, io e Nani... ci siamo trovati bene insieme. E ti dirò che non ho fatto nulla per nasconderlo. È vero, ero preoccupato per la tua reazione, ma siccome mi fido del tuo buonsenso...-
-E questo non è un modo per dirmi che me l'hai tenuto nascosto?!-
-Ma ovviamente io e Nani ci siamo lasciati andare solo quando eravamo soli! Cosa ti aspetti, che avremmo cominciato a sbaciucchiarci davanti a voi?-
-Ma no, che schifo!-
-Ecco, appunto! Nani vive per sua sorella, e io sono qui per te! Ti pare che avremmo lasciato che... io e lei... questa cosa ci allontanasse da voi? E comunque...- concluse -Io ogni tanto mi chiedo se tu ti sia accorto di qualunque cosa, durante questa vacanza. Eri sempre su internet!-
Hiro era senza parole. Processava ininterrottamente tutto quello che suo fratello gli aveva detto. Poi, alla fine, prese il cellulare dalla tasca e lo buttò sul letto, e si sedette a sua volta sul materasso morbido: -Non pensavo potesse succedere.- disse solo.
-Ma questo non cambia niente.- lo consolò Tadashi. Prese il suo cellulare, si sedette accanto a lui e gli mostrò delle foto: erano i selfie che avevano fatto da mandare a un'amica di Tadashi, una certa Honey Lemon. Erano loro due, solo loro due, sotto una palma, sotto un ombrellone, col gelato in mano, sulla sabbia della spiaggia.
Hiro si calmò un pochino. Guardò il suo cellulare, immaginò che le statistiche di navigazione dessero una netta maggiornaza di percentuale di canali di video in streaming e che il grosso della cronologia fosse dedicato ai bot duelli. Non aveva scattato neppure una foto, lui.
Hiro guardò Tadashi, che non disse nulla.
-Quindi con Nani non è una cosa seria?- chiese infine.
-Non è così semplice.- rispose lui -Il fatto che... che questa storia duri solo queste due settimane...-
-Quindi finirà una volta che torneremo a casa?-
Tadashi non rispose subito. Il fratello dovette scrollargli un braccio: -Tadashi!-
Il ragazzo sospirò: -Suppongo di sì.-
-Quindi con lei non era una cosa seria?- ripeté il fratellino.
Tadashi ebbe un gesto stizzito: -Era una cosa seria! Non l'ho presa in giro, se è questo che vuoi sapere!- sospirò stancamente e si passò la mano sugli occhi: -Tu ti sei portato dietro i tuoi bot duelli. Siamo qui per te, perché sia io sia zia Cass ci rendiamo conto che sei stato straordinario e non vogliamo... non voglio... che tu stia male per un gruppo di compagni idioti. Ma io?... A che serve che io ti sorvegli ora, che la scuola è finita e non hai più bisogno di aiuto?-
Hiro lo guardò senza parlare, e Tadashi concluse: -Mi dispiace, Hiro. Ti prego, perdonami se quest'anno non ho potuto aiutarti, con la scuola.-
Hiro capì molte cose di suo fratello in quel momento.
-Non credo avresti potuto fare molto...- mormorò infine.
Tadashi gli passò il braccio intorno alle spalle e lo strinse a sé: -Non ti obbligherò a niente, fratellino. Abbiamo fatto un patto e lo rispetto. Però sappi che potrai sempre contare su di me, per qualunque scelta tu faccia. Anche se ti metti nei guai. Sarò sempre pronto a tirartene fuori.-
Hiro ridacchiò e si alzò dall'abbraccio: -Non serve, me la so cavare da solo.- poi gli porse il pugno: -Però grazie.-
I due ragazzi fecero esplodere il pugno nel loro saluto speciale.
Quando Hiro si fu addormentato, dopo una cospicua dose di vittorie ai videogiochi, Tadashi rimase sveglio a pensare per un po'. Si sentiva euforico per aver ritrovato il rapporto con suo fratello, ma un macigno gli pesava sullo stomaco. Per prima cosa no, non l'aveva presa in giro. Secondo, l'indomani sarebbe stato il loro ultimo giorno di vacanza.
 
Il giorno dopo, Tadashi e Hiro passarono le loro ultime ore in spiaggia. Da lontano videro Lilo portare il panino di burro di arachidi a Pudge, ma nessuno dei due ebbe il coraggio di andare a salutarla.
Arrivata l'ora di cena, scoprirono il tavolo deserto, e la cameriera a cui chiesero disse che Nani aveva preso la serata per poter assistere allo spettacolo della sorellina.
I due ragazzi mangiarono discutendo di nuove tecnologie e di zia Cass. Hiro non tirò fuori il cellulare e Tadashi si impegnò a non fargli una pubblicità costante della sua scuola di nerd.
Quando il dessert fu finito, Hiro posò la forchetta e guardò suo fratello: -Andiamo allo spettacolo?-
-Sei sicuro? Non vuoi che passiamo la serata insieme?-
Hiro gli sorrise: -Questa è la nostra vacanza, non solo la mia. E poi... comunque Lilo e Nani sono state anche mie amiche in queste due settimane. E Lilo teneva molto a salutarci con il suo spettacolo.-
Non ci volle niente di più per convincere Tadashi. In pochi secondi, si era alzato e aveva saldato il conto.
Raggiunsero a piedi il luogo dove si svolgeva lo spettacolo. Si trattava di una casetta in legno, l'interno composto da un unico grande locale con, da un lato, un palcoscenico dove passavano nervosamente ballerine e maestri e, dall'altro, una distesa di sedie in plastica inizialmente sistemate in file ordinate ma ora spostate di qua e di là dagli spettatori che stavano prendendo posto.
I due ragazzi entrarono che era quasi pieno e si sedettero in fondo, dove ancora trovarono due seggiole libere.
Tadashi allungò il collo: -Eccola lì.- disse. Hiro sorrise: Nani era in seconda fila, dietro ad altri genitori, e aspettava da sola, in silenzio, l'inizio dello spettacolo.
Le luci furono abbassate, calò il silenzio e un presentatore che picchiettava ancora sul microfono salì sul palco.
Le danze furono appassionanti. Le ballerine erano esotiche e incantevoli, e la musica coinvolgente. Lilo si esibì con entusiasmo, in mezzo alle compagnuzze che Hiro riconobbe subito: -Quelle sono le bambine che volevano rubarle la bambola zombie.- spiegò al fratello.
Tadashi annuì e tornò a guardare il palco. In realtà non riusciva a staccare gli occhi dalla schiena di Nani. Quando finì il turno di Lilo non fece più neppure finta di guardare i danzatori.
Alla fine dello spettacolo Nani si alzò e si diresse dietro le quinte. I due ragazzi uscirono col flusso degli spettatori e si fermarono subito fuori dalla porta, in attesa. Dopo un momento, comparvero anche Nani e Lilo.
-Lilo!- chiamò Tadashi -Sei stata bravissima, stasera!-
Lilo li guardò sorpresa e si aprì in un sorriso sollevato.
-Quindi siete riusciti a venire!- esclamò Nani.
-Non potevo certo perdere lo spettaccolo di una mia amica.- Hiro fece l'occhiolino a Lilo, che rise nelle manine.
I quattro si avviarono insieme. Quando raggiunsero la strada principale si fermarono.
-Quindi domani andrete via...- sospirò Nani -Vi è piaciuta la vacanza?-
Hiro annuì. Tadashi guardò altrove.
Lilo andò ad abbracciarli e li ringraziò di cuore per essere venuti a vederla. I due ragazzi ricambiarono con affetto la stretta, poi Hiro e Nani si abbracciarono a loro volta. Tadashi, invece, le tese la mano: -Grazie. Grazie per tutto. Davvero.-
Nani ingoiò la delusione e gliela strinse allegramente: -Grazie a voi per tutto il supporto.-
Con un ultimo saluto, Tadashi e Hiro si avviarono verso il loro hotel mentre Nani e Lilo andarono nella direzione opposta, verso casa loro.
Dopo qualche decina di metri, però, Tadashi si fermò di colpo.
-Hiro...- disse solo -Scusa, Hiro. Devo andare ancora un momento.-
Hiro sorrise e annuì: -Tranquillo, fratello. Ti aspetto qui.-
Tadashi girò sui tacchi e spiccò una corsa disperata. Come fare a parlare con Nani di fronte a Lilo, non ne aveva idea. Ma doveva parlarle. Non voleva lasciare nulla in sospeso, di quella vacanza.
Arrivò all'altezza della scuola e la vide, in attesa, all'angolo della strada.
-Nani!- esclamò, arrestando la sua corsa e riprendendo fiato -Ero convinto che foste andate a casa...-
-Lilo ha dimenticato dei pezzi del costume di scena nello spogliatoio.- spiegò lei con un'alzata di spalle.
Tadashi annuì, e fra i due calò un silenzio imbarazzato.
-Per come ci siamo lasciati ieri notte...- esordì lui.
-Sì, ecco. Volevo parlarti proprio di quello.- assentì lei.
-Nani, io...- balbettò lui -Nani. Per me quello che è successo quest'estate è stato...- cercò la parola.
-Importante.- completò lei, poi sorrise -Sì, lo è stato anche per me.-
-Ma non posso non scegliere. Lo capisci, vero?-
-Certo. Anch'io.-
-Ho fatto la mia scelta. Capisci anche questo, vero?- spiegò lui, alzando il braccio in direzione dell'hotel.
Nani annuì: -Non c'era neppure da rifletterci.- lanciò un'occhiata alla scuola di danza -Io non credo avrei scelto nient'altro.-
Tadashi sospirò sollevato. Rimasero ancora un momento in silenzio. Tadashi sapeva di dover tornare da Hiro. Nani lo guardava, in attesa di Lilo.
-Però...- aggiunse il ragazzo a denti stretti -Però, Nani... volevo dirti anche questo... è stato bellissimo. È stato bellissimo.-
La ragazza ebbe un'espressione sorpresa, poi si aprì in un sorriso. In quel momento passò una compagnia di rumorosi turisti palliducci e lucidi di antizanzare. Nella calca che li circondò di colpo, Tadashi strinse forte le braccia intorno ai fianchi di Nani e le diede un bacio disperato. La ragazza ebbe un singhiozzo e ricambiò con calore, aggrappandosi alle sue spalle e passandogli le dita di una mano fra i capelli dietro la nuca.
Quando la folla fu passata e loro due si separarono, Nani lo guardò sorridendo dolcemente: -Sì, è stato bellissimo. Davvero... tutto bellissimo.-
Tadashi le sorrise, poi riprese a correre per tornare da suo fratello.
 
Il giorno dopo, Hiro e Tadashi si recarono in pullman all'aeroporto. Con la pelle scaldata dal sole e una bibita in mano, aspettarono che chiamassero i passaggeri del loro volo all'imbarco.
Mentre loro facevano la fila, Nani si alzava e andava a preparare la colazione. Lilo scendeva i gradini stropicciandosi gli occhi.
Hiro pensava intensamente a un progetto per un bot, a partire da un documentario scientifico che aveva visto in un sito specializzato in fisica e magnetismo. Tadashi aveva ricominciato a fare congetture per il suo progetto per salvare il mondo.
Nani fissava la sedia dove qualche sera prima si era seduto Tadashi.
-Lilo...- chiese dopo un momento di silenzio -Per caso hai fatto qualche foto a Hiro e Tadashi?-
-Perché avrei dovuto?- chiese lei -Non metto la nostra ohana sul muro assieme ai turisti.-
Nani le sorrise e le diede ragione. Poi si riscosse e andò a vestirsi. Si sarebbe battuta fino all'ultimo per tenere con sé sua sorella. La sua battaglia era appena ricominciata.
 

 
1Verbo italiano che lascia sempre grandi dubbi. Chiariamo: il verbo "centrare" vuol dire "fare centro". Il verbo "entrarci" vuol dire "avere a che fare". Ora: come scrivo questo averbo all'infinito? Perché grammaticalmente è corretto "entrarci", tuttavia se la frase fosse stata "Sono molto sollevata di non entrarci niente." avrebbe perso la sua colloquialità. Vedere per iscritto "Sono molto sollevata di non c'entrare niente" mi fa venire i brividi, ma trattandosi di una battuta di un dialogo "orale" posso provare a resistere. Posso provare.

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