Maldito sea aquel día

di Diana924
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Primer capitulo ***
Capitolo 3: *** Segundo capitulo ***
Capitolo 4: *** Tercero capitulo ***
Capitolo 5: *** Cuarto capitulo ***
Capitolo 6: *** quinto capitulo ***
Capitolo 7: *** Sexto capitulo ***
Capitolo 8: *** séptimo capitulo ***
Capitolo 9: *** octavo capitulo ***
Capitolo 10: *** Epílogo ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Maldito sea aquel día
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX olombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Esa Hembra es mala" di Gloria Trevì, la canzone tra l'altro è anche la opening della celeberrima telenovelas messicana "Teresa"

Note4: in Siempre Bruja la stregoneria è unisex, sebbene le donne possano apprenderla tramite un insegnate d'ambo i sessi o possono manifestarla spontaneamente o ancora riceverla per via ereditaria, gli uomini invece sono stregoni solo se figli di streghe, pertanto mi sono dovuta ingegnare
Note5: la storia è già finita, la si trova tutta su AO3, qui conto di postarla ogni 2-3 giorni e quando sarà il momento postare anche la seconda parte

 

Toledo, 1519

 

Il piano era semplice, facile da eseguire e immediato, prevedibile avrebbe detto qualcuno.

A onor del vero non aveva avuto troppo tempo per rifinirlo sebbene ci avessero lavorato per mesi perché entrambi sapevano che sarebbe potuto avvenire prima o poi. Per fortuna la sua biblioteca aveva una sezione di libri dedicati all’argomento, non era facile arrivarci, nessuno tranne lui e Sergio sapevano della sua esistenza ed era meglio così.

Non si era mai misurato con un incantesimo simile ma doveva pur esserci una prima volta, il piano era oltremodo semplice: tornare cinque giorni nel passato, quindi salvare Sergio dal rogo, fuggire in Italia o persino nelle Indie se necessario e solo in un secondo tempo far arrivare Tatiana; in quanto a Rafael che se la sbrigasse da solo, era il momento che il ragazzo imparasse cosa volesse dire essere un uomo.

Era andato tutto bene, per fortuna nessuno si era accorto di lui, come signore del luogo aveva ottenuto di poter assistere all’esecuzione dalla finestra che preferiva e nessuno si era più occupato di lui, un vero peccato che la signora vostra madre abbia scelto come secondo marito uno stregone italiano si era rammaricato il vescovo la mattina precedente, se solo avesse saputo la verità … .

Andrés de Fonollosa, cavaliere dell’ordine di Santiago, hidalgo da cinque generazioni e pittore a tempo perso non era disposto a riconoscersi alcun difetto, Sergio, Tatiana e Rafael su quello dissentivano ma bisogna pur concedere alle persone a cui si vuol bene di parlare a vuoto si era sempre detto. L’incantesimo era semplice, nessuno badava a lui, Sergio cominciava ad irritarsi di fronte alla prospettiva di dover davvero morire sul rogo e lui aveva quasi finito quando… chi lo stava chiamando?

 

Toledo 2019

 

Avvertì una sensazione di nausea attraversargli lo stomaco e fu sicuro di aver vomitato almeno tre pasti, la magia temporale aveva dei difetti ma quello era troppo, per fortuna non pianificava di utilizzarla di nuovo.

Si mise in piedi cercando di capire dove fossero, si era focalizzato così tanto sul giorno che a malapena aveva pensato ad un luogo, fossero finiti nelle campagne attorno a Toledo sarebbe stato meglio, avrebbe mandato un messaggio a Tatiana e poi lui e Sergio sarebbero partiti il prima possibile per Siviglia o Barcellona.

<< Andrés, sicuro che il luogo sia giusto? >> gli domandò Sergio prima di sistemarsi gli abiti, aveva urgentemente bisogno del suo sarto pensò osservandolo.

<< Ho fatto quel che potevo, questi incantesimi non sono perfetti e non ho avuto abbastanza tempo, o lo padroneggiavo o ti salvavo, hermanito >> rispose piccato, che di tutti proprio Sergio dubitasse delle sue abilità …il mondo era pieno di ingrati. Sergio si limitò ad alzare le mani prima di cominciare ad incamminarsi seguito da lui, non aveva abbastanza forze per poter evocare delle fiamme per rischiarare il cammino ma entro una o due ore forse poteva provare.

<< Ma cosa … che stregoneria è questa? E dov’è la strada? >> domandò Sergio indicandogli il sentiero di fronte a loro. Era in effetti qualcosa di invero bizzarro, un materiale che non conosceva, duro al tatto e grigio che non aveva mai visto prima di allora. << Non saltiamo a conclusioni affrettate, sarà sicuramente una qualche idea dei flamencos del rey, certa gente venuta dal niente che pretende di comandarci >> avrebbe dovuto parlare a suo fratello delle voci che aveva udito ma ci teneva a saperlo al sicuro, solamente Tatiana sapeva qualcosa e non tutto.

<< Non ricominciare con questa storia, ti scongiuro, dobbiamo pensare… che razza di lumi sono quelli? >> gli chiese suo fratello indicando …com’era possibile ottenere una luce così sottile eppure intensa da una torcia?

<< Non chiederlo a me, sei tu quello che si è consumato la vista leggendo a lume di candela, dobbiamo capire come arrivare a Siviglia e poi scrivere a casa, preferisci l’Italia o le Indie? >> domandò prima di cominciare a camminare, quel materiale non gli piaceva ma almeno era solido e non sentiva il terreno sotto di sé. Sergio stava per rispondergli quando la videro.

Una luce intensa procedeva nella loro direzione, stregoneria fiamminga o meno il suo primo istinto fu spingere Sergio da una parte, se solo non avesse avuto i suoi poteri al minimo pensò.

 

***

Quel week end gli era sicuramente servito.

Lui, da solo, in un alberghetto di poche pretese dove il cellulare non prendeva, libero di potersi dedicare ai suoi numeri senza scadenze o altro, solamente lui e la sua immaginazione. Agata e Mirko protestassero pure ma ogni tanto aveva bisogno di staccare dal resto del mondo, si sarebbe fatto perdonare una volta tornato a casa pensò Martìn Berrote, forse se l’era presa troppo comoda ma per fortuna le strade per Madrid a quell’ora erano sgombre. Finita la partita, finiti i rientri del week end, finito qualsiasi cosa, solamente lui e Cristina Banegas che veniva dallo speaker per un’altra mezz’ora. E poi li vide.

Frenò per poterli evitare e fu sicuro di aver perso almeno dieci anni di vita, ma chi era l’idiota che camminava in mezzo alla strada di notte?

Scese subito sperando di non aver ferito nessuno dei due e… ma dove erano usciti quei due? Il più alto indossava abiti assolutamente fuori moda per non dire del secondo e quella sembrava proprio una spada, sembravano due comparse di un film sul cinquecento pensò d’istinto, e il più alto era anche attraente, un vero peccato che non fosse solo e che lui fosse troppo stanco per provarci sul serio.

<< State bene? Ma che vi viene in mente di camminare in mezzo alla strada? E …non ditemi che stanno girando un film? Stanno girando un film e hanno chiuso la strada? Ecco perché non c’era nessuno! >> disse cercando di non farsi sopraffare dall’accento, a giudicare dall’espressione dei due missione fallita, non era colpa sua se quando era agitato riaffiorava l’accento argentino.

<< Come osi rivolgerti a me con quel tono? Hai idea con chi stai parlando, pezzente? >> domandò quello che fino a cinque secondi prima aveva considerato persino attraente, l’ennesimo nazionalista imbecille, ma perché dovevano essere tutti così belli?

<< Illuminami, con chi starei parlando? >> replicò lui, era stanco, quel tizio lo stava irritando e non sapeva se prenderlo a pugni o limonarselo, lo sapeva che staccare per un week end sarebbe stata una pessima idea, anche se Agata non l’avrebbe mai saputo.

<< Andrés de Fonollosa, quinto duca de Fonollosa, hidalgo castigliano da dieci generazioni, cavaliere dell’ordine di Santiago e in gioventù paggio del principe Juan >> rispose il tizio, Andrés. Bello era bello ma era anche incredibilmente arrogante, non solo nazionalista ma anche aristocratico, perché tutte le sfortune capitavano a lui?

<< Martìn Berrote, ingegnere quindi qualcuno qui ha un lavoro vero, nato a Buenos Aires, vuoi anche l’inchino? >> domandò, se avesse saputo che avrebbe avuto tanti problemi li avrebbe investiti entrambi, almeno il secondo se ne stava in silenzio. Aveva la sensazione che ci fosse qualcosa di strano in quei due, anche se non riusciva a capire esattamente che cosa, era più una sensazione se doveva essere sincero.

Andrés stava per estrarre la spada, chissà se era vera o solo un rottame inutilizzabile ma che valeva qualcosa come cimelio quando l’altro tizio si frappose tra i due.

<< Fermo, fermo! Non è uccidendolo che risolveremo la situazione. Berrote … siete italiano per caso? Venite dal Regno? >> domandò l’altro. Regno? E che regno ora? Non era mai stato il primo della classe in storia ma anche lui sapeva che gli italiani avevano cacciato il loro re da oltre settant’anni.

<< Solo da parte di nonno, ho la nazionalità argentina e non intendo prendere quella spagnola >> rispose osservandoli, e dove pensava di andare quel tizio con quei due fondi di bottiglia?

<< Argentina? Non è il momento, potete dirci dove siamo? Non abbiamo cavallo ma a piedi entro cinque giorni dovremmo arrivare a Siviglia >> spiegò l’altro …. A piedi? Come se fosse un pellegrinaggio? Nobili, nazionalisti e bigotti, peggio di così non poteva andare.

<< A piedi? È una pazzia, se per caso avete dei danni cerebrali posso portarvi al più vicino ospedale, e non pensate di rubarmi la macchina >> dichiarò prima di prendere il cellulare e illuminarli con la torcia, per quale motivo si erano fatti tutti e due il segno della croce?

<< Prima di tutto togli quella stregoneria dalla mia faccia, Martìn Berrote di Buenos Aires. Seconda cosa, dove siamo? E infine cosa accidenti è quella specie di macchinario da cui sei uscito? >> Andrés aveva un’eccellente proprietà del linguaggio notò lui ma sembravano usciti da una di quelle sette ultra integraliste come l’Opus Dei.

<< Dove volete che siamo, a Toledo, mezz’ora da Madrid e… da quale setta ultracattolica siete usciti voi due? >> domandò curioso.

Li vide scambiarsi occhiate preoccupate e poi cominciare a discutere a bassa voce, ma perché tutti i pazzi capitavano a lui? << Sentite, facciamo così. Voi non siete feriti, state bene ed è evidente che non sapete dove andare, presumo vi siate persi. Vi ospito a casa mia per questa notte e domani vi accompagno alla stazione dove potrete prendere il treno per Siviglia o dove preferite, va bene? >> domandò sperando che rispondessero di no.

<< Mi sembra un compromesso accettabile, dimenticavo … Sergio Marquina, sono il fratello di Andrés >> si presentò l’occhialuto, quei due lo preoccupavano, il modo in cui guardavano la sua auto però era troppo divertente pensò prima di mordersi le labbra per non ridere, sarebbe stata una lunga notte quella.

 

***

 

Il viaggio fino a Madrid era stato il più strano della sua vita.

Quei due sembravano davvero usciti dal passato dato che ignoravano persino l’esistenza delle auto, se davvero venivano da qualche setta ultra tradizionalista allora bisognava chiamare la polizia si era detto, non lui ovviamente ma la situazione era grave. Aveva perso il conto delle volte che si erano fatti il segno della croce e persino delle volte che avevano tirato fuori i rosari, possibile che non conoscesse persone normali?

L’ascensore li aveva terrorizzati e avevano preferito andare a piedi, sei piani di scale che i due avevano affrontato con uno stoicismo eccezionale, Sergio per qualche motivo era rimasto incantato dall’ascensore e dal suo funzionamento, anche se continuava a chiedere dove si trovasse l’uomo che muoveva la corda per potergli lasciare una cifra simbolica di ringraziamento. Quei due erano la prova che le sette stile amish erano arrivate anche in Europa se ignoravano persino la corrente, quello o venivano da qualche comunità hippy, avrebbe dovuto cercare su internet se qualche aristocratica negli anni ’70 avesse lasciato tutto per unirsi a qualche comune.

Per fortuna si erano accontentati di poco da mangiare, anche se dovevano togliersi dalla testa che li servisse in ginocchio, per Andrés che lui dividesse la tavola con loro sembrava un affronto indicibile, e anche per quello aveva deciso di non dargliela vinta. << La stanza degli ospiti non è delle migliori ma il letto è comodo, domani vi accompagno in stazione ci salutiamo lì >> li avvisò prima di sparire in camera sua, ebbe appena il tempo di avvisare Mirko che era arrivato a casa che crollò, troppe emozioni quel giorno.

 

***

Era un’indecenza, un’indecenza bella e buona quella.

Ma gliel’avrebbe fatta vedere lui, poco ma sicuro. Andrés de Fonollosa non si era mai sentito così umiliato in vita sua, e da un pezzente italiano per di più. Quel tizio si era comportato con una sfacciataggine incredibile, ignorando ogni singola regola della decenza, del rango e delle regole, o ignorava forse che lui era spagnolo e quindi superiore al resto del mondo?

<< Poteva andare peggio >> si limitò a dire Sergio, quello era vero ma non era dell’umore adatto per concordare con suo fratello.

<< Non vedo come, ma quando saremo al sicuro ne riparleremo >> replicò, prima dovevano andare a Siviglia e da lì fuggire, poi avrebbero pensato al resto. << Quanto ci vorrà perché tu riesca ad utilizzare la tua magia? >> domandò Sergio, mentre Martìn era impegnato aveva dato un’occhiata all’almanacco e se quello diceva la verità allora aveva clamorosamente sbagliato: non erano cinque giorni nel passato ma cinquecento anni nel futuro, e quel futuro non gli piaceva per niente.

<< Tre giorni, forse due >> rispose lui, gli incantesimi più deboli non lo indebolivano ma quello lo aveva messo a dura prova ed era sicuro di aver sbagliato qualcosa, ma era colpa della voce che lo aveva chiamato, e perché gli era sembrata così familiare?

<< Sono abbastanza, rimarremo qui e poi proveremo a ripetere l’incantesimo >> fu la risposta mentre si mettevano a letto, quale spreco di legno per costruire un letto così lungo. Non disse una parola, tanti anni di pratica e di conoscenza della stregoneria e ora si ritrovava ospite di un argentino che ignorava le regole più elementari della precedenza, e chissà dove si trovava quel luogo?

<< Non ci sono abbastanza cuscini, per fortuna sono abbastanza rigidi >> fece notare Sergio, come faceva Martìn a dormire con un solo cuscino?

<< Ce ne sono due ma almeno possiamo dormire, domani penseremo a tutto >> rispose lui, si erano dovuti muovere a tentoni perché lui di quella diavoleria che portava la luce non si fidava, elettricità … magia o eresia per come la vedeva lui. Per fortuna entro pochi giorni sarebbe tornato a casa e non avrebbero più parlato di tutto quello.



 

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Capitolo 2
*** Primer capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Maldito sea aquel día
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX olombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Esa Hembra es mala" di Gloria Trevì, la canzone tra l'altro è anche la opening della celeberrima telenovelas messicana "Teresa"

Note4: l'antico castigliano e il moderno castigliano, ossia lo spagnolo, si assomigliano molto, motivo per cui su quel fronte non ci saranno problemi. Per fare un esempio è molto più facile per uno spagnolo legegre El cantar del Mio Cid che non per un italiano legegre la Divina Commedia


Fu un suono metallico a svegliarlo, un suono che non aveva mai udito.

Sembrava una specie di bip, non sapeva nemmeno come definirlo. Il letto era scomodo, pessimo anzi e tutto quello spazio era indubbiamente uno spreco pensò Andrés de Fonollosa quando aprì gli occhi, confermando che si trovava in un pessimo secolo e non nel luogo e nel tempo in cui meritava di stare. Quel luogo non gli piaceva, era tutto così ordinario e indegno di lui, uno come lui aveva bisogno di ben altro.

<< Andrés, abbiamo un problema >> gli disse Sergio dalla finestra, come se non avessero già abbastanza problemi.

<< Cos’è questo ennesimo problema? >> domandò lui prima di alzarsi, dove aveva messo la spada?

<< I mori, i mori ci attaccano! >> dichiarò Sergio prima di fargli spazio, la situazione era peggiore del previsto. Uomini e donne che si muovevano in assoluta promiscuità, mori che vestivano come gli altri senza alcun segno di riconoscimento, persino degli africani e… perché quella donna stava dando la mano a un moro come se fosse la cosa più normale del mondo?

<< Questo è un incubo, non solo ci hanno attaccato ma siamo persino invasi, di nuovo >> mormorò prima di ricadere sul letto. Bisognava avvertire il re, i ministri e poi far bandire dal Santo Padre una crociata, sperando che il successore di papa Medici fosse un uomo di polso e non un intrigante com’era costume degli italiani.

<< Scriveremo a chi di dovere, povera la mia Castiglia cosa ti hanno fatto >> mormorò lui prima che un odore misterioso si spargesse per casa, qualsiasi cosa stesse cucinando Martìn era nuova per loro, sicuramente uno come lui non poteva permettersi una servitù.

Come previsto Martìn li stava aspettando, quell’aroma era nuovo ma anche stranamente invitante pensò osservando la dimora, alla luce del sole era tutto più deprimente, ordinario e nauseante. Aveva bisogno di tornare a casa, nel suo palazzo a Toledo, circondato dagli arazzi fatti arrivare dalle Fiandre, dai suoi dipinti e dalla biblioteca, e da Tatiana, soprattutto dalla sua bella e giovane moglie; era disposto persino a tollerare la presenza di Rafael e quello era un sacrificio grande.

<< Ben svegliati, volete qualcosa da mangiare prima che vi accompagni in stazione? Caffè? Thé? Cioccolato? Non ho molto ma di solito chi resta da me la notte ala mattina sa che deve prendere la porta >> li salutò Martìn prima di trafficare con un aggeggio misterioso da cui usciva una fiamma azzurrina che non presagiva nulla di buono.

<< Non bevo bevande eretiche, piuttosto spiegami cosa è questa “stazione” di cui continui a cianciare? >> domandò mentre l’altro si serviva da bere in una tazza che poté solamente definire dozzinale. Caffè, si potevano dire molte cose su di lui, ma non che avesse simpatie per i mori e le loro usatanze, bere una bevanda moresca era il massimo dell’indecenza.

<< Io ancora non capisco da quale setta ultra fanatica voi due veniate ma …voglio cercarla su internet >> si limitò a dire Martìn prima di prendere una specie di piccola scatola di metallo sui cui mosse le dita impaziente mentre leggeva qualcosa. << “… fatta costruire nell’undicesimo secolo, restaurata una prima volta da quinto duca a inizio del cinquecento, discendenti ancora viventi e …oh cazzo! Ma …oh cazzo! Quello sei tu! Il tizio del quadro è identico a te…oh cazzo ma allora …oh cazzo! >> imprecò Martìn prima di mostrargli il contenuto della scatoletta.

La pessima qualità dell’illustrazione non rendeva giustizia al suo autoritratto, mesi e mesi passati a lavorarci sopra perché poi un mediocre pittore ne realizzasse una qualche copia assolutamente non al livello dell’originale.

<< Sergio, bisogna parlare con chiunque sia stato incaricato di replicare i miei dipinti, scriveremo all’Accademia Reale per rendere noto il nostro sdegno, come si pretende di formare dei buoni pittori se poi vengono fuori siffatte porcherie? >> domandò a suo fratello prima di allungare le dita verso l’immagine … perché la superficie era fredda come se si trattasse di uno specchio?

<< Non è una copia ma una fotografia e …oh cazzo …voi due non sapete nulla di quello che c’è stato in questi cinquecento anni! >> almeno Martìn era una persona intuitiva pensò Andrés.

<< E non ci interessa saperlo, siamo qui per errore e appena possibile torneremo nel tempo giusto, per prevenire questa invasione dei mori >> dichiarò Sergio, lo diceva lui che non si poteva permettere ai moriscos di continuare a stare tranquilli nei loro territori, quella gente era pericolosa.

<< Cercherò di procurarvi dei libri in serata. Per il momento … restate qui, non uscite e non guardate la televisione … la scatola grande, vi confonderebbe e basta. E questa non è un’invasione di “mori” ma di quello parleremo dopo, nazionalisti del cazzo >> ordinò Martìn prima di precipitarsi ad armeggiare con alcuni misteriosi cavi.

<< E come spieghi tutto questo? >> domandò Sergio?

<< Flussi migratori, richieste di lavoro, povertà, famiglie di merda ma …non uscite. Un’ultima cosa: la terra gira attorno al sole e le donne possono votare >> proclamò Martìn prima di uscire di lì, sentirono distintamente il rumore di un lucchetto. Li aveva chiusi dentro! Li aveva chiusi dentro e non avevano altra possibilità che non aspettare.

 

***

 

Come fosse possibile che una simile sventura fosse capitata proprio a lui Martìn Berrote non sapeva spiegarselo.

Prima di tutto niente di tutto quello era razionale ma eppure era reale e spiegava tutto. Quei due non erano usciti da una setta o da una comune hippy ma solamente dal passato, e solamente con le virgolette. Questo spiegava perché ignorassero l’elettricità, le auto e internet: venivano da un’epoca in cui ancora si pensava che sotto l’equatore non ci fosse nulla.

Era come Outlander, ma al contrario pensò prima di salire in macchina, pinche Outlander e pinche Agata che lo costringeva a quelle maratone di serie tv che lui finiva puntualmente per detestare, e lei lo sapeva. Doveva pensare, e doveva liberarsi il prima possibile di quei due anche se …doveva ammettere che Andrés era un uomo attraente, la qualità dell’immagine dell’autoritratto non gli rendeva giustizia. Come se non bastasse lui nelle materie umanistiche aveva sempre fatto onorevolmente schifo, gli piaceva filosofia da ragazzo ma non al punto di informarsi seriamente, la sua mente era più vicina ad una calcolatrice che non ad un’enciclopedia aveva spesso ironizzato Mirko; perché quei due non erano finiti sulla strada di un professore di letteratura o di storia? Perché proprio a lui?

Doveva assolutamente procurarsi dei libri, qualcosa di semplice e che sintetizzasse cinquecento anni di storia e doveva farlo il prima possibile. E perché se en preoccupava? Sergio aveva detto che appena fosse stato possibile i due fratelli sarebbero tornati nel loro tempo eppure avvertiva una sensazione strana quando pensava ai due, come se in qualche modo fossero legati ma questa era colpa delle commedie romantiche che Agata lo obbligava a guardare perché non voleva piangere da sola.

Per fortuna c’era il lavoro, c’erano stati dei momenti in cui rimpiangeva i sistemi con cui si era pagato università, dottorato e master ma… ora doveva rigare dritto, anche se il brivido gli mancava. Un progetto semplice, un cantiere discreto, non avevano sforato con i tempi o con i costi, tranne le mazzette di rito e la consapevolezza che se voleva poteva portarsi a casa qualche regalo ma con discrezione, non si sarebbe mai abituato sul serio a quella vita ma il destino aveva metodi strani per esaudire le sue richieste si disse prima di raggiungere la sua postazione, due tizi venuti direttamente dal cinquecento nel suo salotto tanto per dirne una.

<< Tutto bene? Ti sei divertito nel week end? >> gli domandò Mirko quando lo raggiunse per pranzo. Voleva bene a Mirko, come non volergliene essendo Mirko Dragic la bontà personificata, ed era meraviglioso che fossero rimasti amici dopo aver rotto, d’altronde uno come Mirko meritava un fidanzato migliore di lui, di questo Martìn Berrote era sempre stato convinto.

<< Se te lo racconto non ci credi >> rispose prima di dare un morso al suo panino, gli mancava la cucina serba della famiglia Dragic ma era consapevole di essere ospite non grato, l’ultima volta per poco uno dei cugini di Mirko non gli aveva sparato, meglio stare lontano dai serbi per … tutta l’eternità.

<< Ho fatto la guerra. Sono gay dichiarato e sono stato in carcere, racconta >> lo invitò Mirko, non meritava una persona simile nella sua vita, come fidanzato o come amico.

<< Ricordi quando abbiamo visto Outlander? >> domandò, bisognava prenderla alla lontana, e sperare che Mirko non lo facesse internare.

<< Tu non segui Outlander, ti limiti a guardare l’attore irlandese, ma si, conosco la storia >> rispose Mirko, colpito e affondato in due mosse.

<< E se ti dicessi che mi è capitata una cosa simile? >> chiese e come prevedibile vide Mirko sospirare.

<< Ne abbiamo già parlato. Passi troppo tempo nelle discoteche e nelle dark room. Per questo ti sei preso un week end di pausa, per staccare da tutto. Non avrai anche cominciato a prendere pasticche? >> fu la risposta che gli confermò per l’ennesima volta che non meritava una persona buona come Mirko nella propria vita.

<< Ne abbiamo già parlato: la vita è mia e me la gestisco io, ho faticato per arrivare dove sono dopo che mio padre mi ha letteralmente sbattuto fuori di casa perché passi avere un figlio finocchio ma un figlio finocchio che vuole che si sappia è troppo. Forse mi diverto troppo ma non mi ci vedo a sposarmi, avere figli, un cane e una casa nei quartieri residenziali, sono fuggito da un mondo così. Sai dirmi a che ora la biblioteca nacional chiude? >> domandò.

<< La sera ma non conosco l’orario? Te l'ho già detto, quella è solo teoria e dovresti occuparti del cantiere, non inseguire un sogno >> lo rimproverò Mirko. Martìn sapeva che il serbo aveva ragione ma purtuttavia quello a cui si dedicava nei ritagli di tempo era un hobby divertente, se solo … forse, un giorno, chissà. Non poteva dirgli la verità ma Mirko era una persona intelligente e poteva arrivarci da solo se gli avesse dato gli indizi più importanti.

<< Non è per quello, long short story come direbbero gli americani ho due persone che mi aspettano a casa >> ammise.

<< Hai ricominciato con le cose a tre? Almeno li hai fatti rimanere a casa tua >> si limitò a dire Mirko, maledetto il giorno in cui aveva confidato i suoi trascorsi al suo ex, ora suo amico.

<< Non è così, poi ti racconto, è una situazione complicata >> si limitò a dire, complicata era un eufemismo.

<< Mercoledì Agata ci ha invitato a cena, tutti e quattro >> annunciò Mirko per cambiare discorso.

<< Hovik si trasferisce da lei? O il contrario? >> domandò, erano stati senza alcun dubbio il triangolo più assurdo degli ultimi tempi: Agata innamorata di Mirko, Mirko innamorato di lui e lui che preferiva non amare nessuno.

<< No, vuole farci conoscere ufficialmente Axel >> rivelò Mirko riferendosi al figlio di Agata. Non aveva seguito la faccenda perché non gli interessava così tanto ma frequentare Mirko voleva dire frequentare Agata e giocoforza qualcosa sapeva.

<< Ha riottenuto la custodia quindi? Per almeno una settimana sono impegnato ma poi riesco a trovare una sera libera >> replicò, entro una settimana Sergio Marquina e Andrés de Fonollosa non sarebbero stati un suo problema, in quanto al motivo per cui i due avessero cognomi diversi… un tempo la gente moriva più spesso.

<< In attesa degli ultimi controlli, stammi bene e non metterti idee strane in testa >> lo salutò Mirko prima di tornare a lavoro. E ora doveva trovare un sistema per avvicinare lentamente i due al ventunesimo secolo, almeno aveva staccato l’antenna wii fii e la televisione, i danni che avrebbero potuto fare sulla percezione del mondo dei due erano incalcolabili. D’altro canto si trattava solamente di arrivare alla biblioteca nacional e uscirne senza destare sospetti, un tempo avrebbe saputo fare una cosa simile ad occhi chiusi e con una mano legata dietro la schiena.

 

***

 

Erano rimasti lì, in quella dimora, chiusi a chiave annoiandosi finché Sergio non aveva avuto l’idea di rovistare in giro ma con discrezione, avevano tutto il giorno per farlo.

Non era abituato a perdere la messa ma il suo fratellino aveva ragione ma in quel tempo li questioni spirituali sembravano non interessare a nessuno. Sergio aveva trovato diversi libri nella stanza di Martìn, qualsiasi cosa avesse trovato in uno dei cassetti non aveva voluto confessarglielo ma era arrossito come quando aveva portato lui e Rafael al miglior bordello di Toledo.

Non che avessero trovato poi molto, dei manuali di ingegneria che Sergio aveva cominciato a leggere e delle …non sapeva come definirli, testi di fantasia in prosa?

Erano tutti in carta e rilegati, non pensava che Martìn fosse così ricco da potersi permettere tutti quei volumi rilegati, e i caratteri erano incredibili, piccoli e curati, quei testi dovevano valere una fortuna si era detto prima di cominciarne uno. Era la vicenda di una famiglia invero bizzarra che abitava in una città imprecisata e dove una delle figlie aveva bizzarri poteri da strega. Perché la storia balzasse da lei all’uomo che avrebbe dovuto sposare sua sorella e che poi finiva per sposare lei non lo sapeva ma era un testo interessante, che lo avesse scritto una donna era un segno che forse l’intelligenza femminile era migliorata. Avrebbe dovuto seriamente insegnare a Tatiana a leggere e scrivere invece di accontentarsi del fatto che sua moglie sapesse a malapena apporre la sua firma si ripromise una volta arrivato a metà.

<< Il mondo è immensamente progredito in questi secoli, non riesco a capire la metà di quello di cui parla questo libro, addirittura sembra che siano riusciti a tagliare l’istmo di Corinto e… mi sfugge cosa sia accaduto al mar Rosso e dove si trovi questo “canale di Panama” ma sembra che ci sia una mappa alla fine del testo >> lo informò Sergio prima che si dirigesse verso la ghiacciaia personale di Martìn, quell’uomo lo sorprendeva, da un lato lo spreco più grande e dall’altro elementi assolutamente dozzinali. Si appoggiò al muro e si concentrò, doveva aver recuperato abbastanza le forze si disse.

Aveva appreso i primi rudimenti della magia poco prima di recarsi a corte come paggio del principe delle Asturie e aveva cominciato ad esercitarsi sul serio dopo la morte dell’Infante, la politica lo aveva disgustato per non dire dei meschini intrighi di corte, meritava di meglio che non sprecare la sua vita in certe futilità. Sua madre lo aveva aiutato fin quando la malattia misteriosa che l’affliggeva non l’aveva portata alla tomba prima del tempo ma per allora riusciva a padroneggiare i suoi poteri.

Lo sforzo fu maggiore del previsto ma dopo cinque minuti riuscì a produrre una piccola fiammella che danzò sul palmo della sua mano per qualche secondo prima di spegnersi. Si appoggiò al tavolino prima di mettersi a sedere, non andava bene, non andava affatto bene. Solitamente un incantesimo simile non lo stancava ed era in grado di eseguirlo con assoluta facilità ogni volta che desiderava, l’incantesimo temporale lo aveva indebolito più del previsto.

<< Quell’incantesimo ti ha stancato più di quanto sperassimo, meglio riprovare domani >> si limitò a dire Sergio sottintendendo quello che più temeva: erano bloccati lì per un periodo di tempo più lungo del previsto. Assentì distrattamente prima di tornare al volume, come fosse possibile che Martìn potesse permettersi dei testi rilegati era un mistero per lui.

Lui e Sergio rimasero in silenzio per il resto della giornata, si limitò a scaldare da mangiare con la magia prima di tornare in camera a riposare, la magia gli costava uno sforzo decisamente sproporzionato, sintomo che doveva ancora recuperare le forze.

Finito il testo, una storia invero interessante sebbene non avesse capito almeno la metà dei concetti che vi erano impressi ne cominciò un altro, la vicenda di un uomo che per vivere faceva il capro espiatorio in un luogo definito “grande magazzino” che si trovava a Parigi, e questo per badare ai suoi fratelli in quanto sua madre era né più né meno una sgualdrina. Aveva quasi finito anche quello quando la porta si aprì rivelando Martìn che aveva tra le mani una decina di volumi.

<< Questi sono per voi, si tratta di testi accademici di storia, letteratura e arte non solo spagnola ma anche europea, dopo questi dovreste avere almeno le basi per evitare figuracce in una qualsiasi conversazione >> dichiarò Martìn prima di guardare con orrore i volumi che avevano lasciato accanto al muro.

<< Potremmo aver frugato tra le tue cose ma non potevamo rimanere tutto il tempo a non fare nulla, piuttosto … dove si trova esattamente Panama? >> domandò Sergio prima che l’altro alzasse gli occhi al cielo.

<< Te lo spiego un’altra volta, ecco qui i libri di cui avete bisogno e io scendo ad aspettare le pizze, il frigo piange miseria peggio di mia nonna che arrotondava il salario da sarta facendo la prefica ai funerali e non ho avuto tempo di afre la spesa perché dovevo occuparmi della vostra istruzione >> rispose Martìn prima che Sergio gli si avvicinasse e i due cominciassero a parlottare. Non capì di cosa stessero discutendo ma doveva essere qualcosa di importante se ad un certo momento Martìn divenne scarlatto, tornato al suo posto Sergio si limitò a dire che erano faccende personali e non ci fu verso di tirargli fuori altro.

Mangiarono in silenzio, escludendo Martìn che tentò di spiegare loro come funzionava quel sistema di consegne, era sicuro che in qualche maniera Sergio avesse capito più di lui.

<< Se avrete bisogno di altro, o volete approfondire un argomento fatemelo sapere e vedrò cosa posso fare >> dichiarò Martìn prima di andare in camera sua, Sergio aveva già iniziato a leggere.

<< Sono riuscito a far durare le fiamme dieci minuti, purtroppo si sono spente da sole senza che potessi fare nulla ma è un inizio >> ammise prima che suo fratello chiudesse il testo.

<< Allora forse entro la fine del mese saremo a casa. Sai che gli inglesi hanno dichiarato lo scisma? Non ho capito bene il motivo ma sembra che sia una faccenda seria, come quello che sta accadendo in Germania >> lo avvisò Sergio, il mondo stava andando a rotoli.

 

***

 

<< Questa devi vederla >> le comunicò Angel Rubio quella mattina non appena varcò la porta della centrale di polizia.

In tanti anni nella polizia Raquel Murrillo era sicura di averle viste tutte, motivo per cui non si turbo eccessivamente di fronte a quelle parole. << Cosa c’è di così importante? >> domandò senza mascherare la noia, il rapporto tra lei e Angel ora andava per il meglio, l’uomo continuava a non capire che lei non era interessata e che dopo Alberto aveva bisogno di una pausa ma lei si era stancata di spiegarglielo, che lo capisse da solo.

<< Una nostra vecchia conoscenza è tornata in azione, te lo dicevo io che non dovevamo fidarci della sua parola >> dichiarò Angel prima di mostrarle un filmato proveniente dalla Biblioteca Nacional. Riconobbe quasi subito Martìn Berrote, erano passati almeno due anni dal suo ultimo arresto e … perché stava rubando dei libri?

<< Sta rubando dei libri? Da una biblioteca? >> domandò, tutto quello era assurdo.

<< Esatto, se ne sono accorti solamente in serata facendo l’inventario, niente prestiti o altro. So che non è un reato prendere in prestito dei libri ma qui c’è sotto qualcosa >> dichiarò Angel. In effetti era strano ma era sicura che ci fosse una spiegazione razionale.

<< Una dimenticanza, e quale sarebbe l’elenco dei libri “rubati”? >> domandò curiosa.

<< Due saggi di storia europea, uno di storia spagnola, uno di storia latinoamericana, uno di letteratura, uno di storia dell’arte moderna spagnola, l’arte italiana e due libri di antropologia, che Berrote stia cercando di farsi una cultura? >> ironizzò Angel.

<< Quel tizio ne sa più di me e te messi insieme sulla matematica e la scienza, per questo è strano che si sa procurato testi simili >> fece notare lei, poteva passare nel pomeriggio ma qualcosa non la convinceva fino in fondo.

<< Vuoi che venga con te? >> domandò Angel, esasperandola.

<< Grazie ma no, me la so cavare da sola >> rispose lei, la soluzione sembrava semplice ma era sicura che ci fosse altro, doveva esserci.

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Capitolo 3
*** Segundo capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Maldito sea aquel día
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX olombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Esa Hembra es mala" di Gloria Trevì, la canzone tra l'altro è anche la opening della celeberrima telenovelas messicana "Teresa"

Note4: il 1519 è un mondo pre concilio di Trento, pre ordinanze volute da Bartolomé de las Casas e assolutamente retrogado in tutto, anche di mentalità, soprattutto di mentalità

 

Per fortuna quel giorno era riuscito a staccare prima.

Non aveva avuto nemmeno bisogno di una scusa, era bastato far notare che finché i lavori non fossero arrivati ad un certo punto lui non poteva proseguire, benedette lungaggini europee. Era quindi tornato a casa il più velocemente possibile e Martìn Berrote aveva nuovamente maledetto la sua idea di non interessarsi alle materie umanistiche quando andava a scuola, l’importante è che non scelga una facoltà di lettere aveva chiosato l’insegnante di storia di fronte a suo padre il quale l’aveva rassicurata, nessuno dei suoi figli avrebbe mai perso tempo per sapere nozioni che si potevano trovare su un’enciclopedia.

Andrés e Sergio lo stavano aspettando, il tempo di sistemare il giaccone e Sergio gli mise sotto gli occhi una lista. Veloce la scorse prendendo nota: lo scisma protestante, sicuramente i due dovevano aver sentito qualcosa, lo scisma inglese, con tutti i film che c’erano un testo si trovava, Magellano, quello lo sorprendeva ma non troppo, la guerra dei trent’anni, l’età vittoriana e la rivoluzione francese, tutti argomenti che lui non conosceva e che mai gli erano serviti nella vita; l’arte rinascimentale italiana, il barocco, i romanzi ottocenteschi, Edgard Allan Poe?

<< Le Vostre Signorie hanno bisogno d’altro? >> domandò sperando che capissero l’ironia.

<< Gradirei che mi spiegasti il funzionamento di una “macchina fotografica” e cosa sono esattamente i film. Il testo parla di immagini in movimento ma le immagini per definizione non possono muoversi >> replicò Sergio, dimostrando che quei due non capivano l’ironia.

<< Da quello che so, tu premi il pulsante, scatti la foto e quello che si vede nell’obbiettivo resta impresso sulla carta fotografica. Poi con un piccolo esercizio di chimica fai in modo che l’immagine appaia ed ecco fatto. In quanto ai film e al resto dei prodotti simili …non solo sono in movimento ma parlano anche >> lo prese in giro lui, quella sarebbe stata una lunga settimana.

<< Come sarebbe a dire che parlano? Per magia? >> domandò Andrés prima di… Martìn non sapeva cosa fosse accaduto ma avrebbe giurato di aver visto una fiammella danzare nella mano dello spagnolo, solo che era impossibile.

<< Non conosco il processo ma è il momento che lo vediate con i vostri occhi >> dichiarò, per fortuna sul primo canale stava per cominciare il tg. Come temeva i due rimasero sorpresi quando sul televisore apparve il volto della giornalista, quando poi sentirono dei suoni li vide farsi dei segni della croce e gli fu difficile contenersi.

<< Ma… come può sapere quello che sta accadendo adesso nelle Americhe? E come può sapere che sia vero? >> gli domandò Andrés, la seconda parte era a più difficile da spiegare per due persone che credevano ancora ciecamente alla Bibbia.

<< Si trova lì, in America, che è gli Stati Uniti, è un modo di dire per renderlo più immediato anche se sbagliato. È vero perché di solito le notizie vengono controllate, ma se poi si rivelano sbagliate bisogna rettificarle, o così si dovrebbe fare >> rispose, prima o poi quei due avrebbero capito cos’era una dittatura e allora se ne sarebbe riparlato. In quanto alla questione dell’America e degli Estados Unidos … a suo tempo aveva litigato con l’insegnante d’inglese, non gliene volesse Mrs Johnson ma certe cose bisognava dirle.

Sergio stava per chiedere qualcosa quando udirono la porta bussare. Veloce spense la tv e fece segno ai due di stare zitti, i vestiti che aveva trovato non erano certo dei migliori ma non aveva tempo per dello shopping, ed era giusto che i due scoprissero le gioie del poliestere.

Andò alla porta pensando a chi potesse essere. Mirko? Agata che non si era lasciata intimidire da Mirko? La famiglia Dragic pronta a fargli la festa?

Fece un respiro profondo e aprì, rimase senza parole e poi richiuse subito, quello era un incubo ad occhi aperti pensò prima di servirsi dello spioncino: Raquel Murrillo era alla sua porta.

Non che avesse particolari motivi di rancore contro l’ispettore Murrillo, Raquel era forse l’unica persona nella polizia che arrestandolo non avesse fatto battute razziste o omofobe ma resta sempre un’ispettrice di polizia e una donna brillante, e se c’era qualcosa che odiava erano proprio le donne dotate di un cervello funzionante. Sapeva cosa le era successo, le voci giravano ma sperava che la donna fosse stata trasferita in archivio o a lavoro d’ufficio, pinche policia.

Fece un respiro profondo e aprì la porta, tanto il danno era già fatto e non aveva nulla da nascondere, nulla che non potessero provare.

<< Martìn, era da un po’ che non ci vedevamo >> lo salutò Raquel prima di mettere piede nell’appartamento, per fortuna rimase nell’ingresso senza chiedere di potergli perquisire casa.

<< Inspectora Murrillo, in effetti ho un lavoro, mi tengo lontano dai guai come da accordi, pensi che ho persino disattivato grindr >> ammise, avrebbe dovuto reinstallarlo ma non aveva tempo per quello, molto meglio rimorchiare in discoteca che perdere tempo con le app di incontri, non era abbastanza giovane da crederci.

<< Sono felice di saperlo, ma non sono qui per quello, sono qui solo per fare quattro chiacchere >> dichiarò Murrillo, come …non aveva prove.

<< E io che volevo offrirle tè e pasticcini, o preferisce il caffè? >> la prese in giro, Raquel non aveva nulla a suo carico.

<< Non approfittare troppo della mia pazienza, per caso hai deciso di voler recuperare storia e letteratura? >> domandò Murrillo, il furto di libri non era reato se non a Cuba e chi poteva sapere che non fosse un prestito?

<< Potrei aver preso dei libri senza registrare il prestito ma c’era una fila tremenda e io avevo fretta, se è solo questo il problema domani vado alla biblioteca nacional e pago la multa, bisogna pur ampliare i propri orizzonti >> ammise prima che Raquel sbuffasse. La donna stava per dire qualcosa quando udirono un rumore, uno di quei due incoscienti aveva appena fatto cadere qualcosa, un libro a giudicare dal rumore. Raquel si diresse subito nella direzione da cui proveniva il rumore e lui le andò dietro temendo i risultati.

Raquel rimase senza parole nel vedere Sergio e Andrés ma se Martìn Berrote poteva vantarsi di una cosa era di essere un discreto osservatore. Non gli sfuggì lo sguardo di sufficienza che Raquel lanciò ad Andrés e soprattutto quello che lanciò a Sergio, forse aveva la soluzione si disse, e gli sguardi dei due fratelli confermarono il suo sospetto: Andrés guardò Raquel come se fosse un animale esotico incredibilmente fastidioso mentre Sergio… ah che bella cosa i primi amori.

<< Inspectora, le presento due miei amici: Sergio Marquina e suo fratello Andrés de Fonollosa. Sergio, Andrés, vi presento l’ispettrice di polizia Raquel Murrillo, da poco divorziata e ottima nel suo campo. Resteranno da me per qualche giorno, tante care cose, conosci la porta >> disse prima di spingere Raquel verso la porta, per fortuna non era lì in veste ufficiale ed era sola. La donna cercò di ribattere ma non le diede il tempo, la spinse veloce fuori dalla porta e chiuse a chiave.

<< Il divorzio è peccato >> sentenziò Andrés, c’era ancora molto su cui dovevano lavorare ma avevano tempo, forse.

 

***

Per fortuna nei giorni successivi andò meglio.

I due sembravano essersi abituati a casa sua, Martìn si era quasi fatto convincere ad accompagnarli in chiesa quella domenica, lui sarebbe rimasto fuori ma i due potevano restare quanto volevano. Aveva chiuso con la chiesa cattolica quando si era deciso ad abbracciare la propria omosessualità e non lo aveva mai rimpianto, una vita di segreti e menzogne non faceva per lui, non era cinico al punto da sposarsi, avere figli, cercare dei rapporti clandestini e fingere di essere con un uomo le poche volte che si sarebbe scopato sua moglie, tutto ma quello no.

I due fratelli invece ci credevano davvero, d’altronde venivano da un secolo dove la Chiesa non era messa in discussione, la Bibbia era in latino e a malapena si sapeva chi era Lutero, figurarsi l’illuminismo e la nozione di stato laico.

Sergio sembrava più interessato alla teoria e soprattutto a speculazioni filosofiche che lui non capiva, gli aveva chiesto Marx e Bakunin e sarebbe stato divertente vederlo a che fare con comunismo e anarchia, Andrés almeno era maggiormente orientato verso l’estetica e l’arte, tutti argomenti che lui aveva sempre giudicato “da ricchi”.

I due gli avevano fatto diverse domande a seguito della visita di Murrillo, non aveva raccontato tutto ma aveva ammesso di essersi spesso procurato oggetti senza pagarli ma quello era un problema suo, non aveva ancora detto loro della propria omosessualità perché era sicuro che non lo avrebbero capito. Da dove venivano loro gli omosessuali li bruciavano e se anche nessuno dei due lo avrebbe toccato per qualche strano motivo non voleva vedere sgomento e disgusto nei loro occhi, specialmente in quelli di Andrés aggiungeva una vocina nella sua testa. C’era qualcosa in lui che lo attraeva senza che lo spagnolo se ne rendesse conto. Andrés era bello, consapevole di esserlo e aveva un fascino indiscusso ma era anche assolutamente etero e da quello che aveva intuito origliando le conversazioni tra i due aveva una moglie e un figlio nel suo tempo, anche se a giudicare da quello che diceva Sergio Tatiana non era la madre di Rafael e quelli non erano affari suoi. Una parte di lui voleva provarci, consapevole che l’altro non avrebbe compreso i suoi tentativi di rimorchio perché mai e poi mai ci avrebbe pensato, e un’altra parte gli raccomandava di stare attento perché se mai avesse capito Andrés avrebbe potuto tranquillamente infilzarlo e non come piaceva a lui. Che quella voce parlasse con lo stesso tono di Roberto-superstar non lo aveva sorpreso, suo fratello sapeva sempre tutto.

Lo aveva visto compiere delle piccole magie, il trucco delle fiamme, alcuni oggetti che cambiavano posto senza che nessuno li avesse toccati e piccole cose di cui però non era sicuro, almeno fino a quella mattina. Si era svegliato presto come al solito ed era andato a svegliare i due quando lo aveva visto. In altre circostanze avrebbe pensato a qualche trucco da prestigiatore ma grazie a quei due aveva la prova che la magia esisteva davvero quindi quella doveva essere magia, non c’erano altre spiegazioni: Andrés stava levitando.

Non era propriamente volare ma … era sospeso ad almeno un metro da terra e stava dormendo, lui non era un esperto di certe cose ma era sicuro che se avesse provato a toccare lo spazio tra il letto e il corpo di Andrés non avrebbe avvertito nulla.

<< I suoi poteri stanno tornando, gli succede sempre quando dorme profondamente, la povera Tatiana la prima volta ha svegliato mezzo palazzo, voleva farlo esorcizzare ma l’ho convinta che non c’era pericolo >> gli spiegò Sergio appena uscito dal bagno, appena fossero stati mediamente pronti per il ventunesimo secolo li avrebbe portati a fare acquisti, fosse solo per vedere cosa avrebbero scelto come abiti.

<< Sono felice per voi, usciamo tra mezz’ora, proverai l’emozione di prendere l’ascensore questa volta Sergito >> lo prese in giro prima che l’altro lo guardasse con un misto di divertimento e incredulità. Anche se averli per casa era una seccatura gli sarebbe dispiaciuto non averli in giro; si stava abituando pensò con uno sbuffo, e maledetto il momento in cui avevano capito come funzionava l’acqua corrente, da cui entrambi erano stati rapiti.

Il tragitto in ascensore fu il più lungo della sua vita, grazie ai suoi manuali di ingegneria Sergio aveva qualche nozione di come funzionasse l’elettricità e quando non capiva parlava di magia, era pur sempre un inizio si disse. Arrivati si sistemò su una panchina, aveva almeno un’ora di attesa e per fortuna doveva controllare alcune email riguardanti il cantiere. Non poteva credere che fosse già passata una settimana, la settimana più strana della sua vita in una vita che di stranezze ne aveva avute tante.

<< Non ci posso credere, tu qui? >> urlò una voce e alzando gli occhi rimpianse di averlo fatto: Agata.

Non che non le volesse bene ma era ben consapevole che se Agata lo sopportava era solamente perché entrambi adoravano Mirko, all’infuori del serbo non avevano mai avuto nulla in comune e ci tenevano a che le cose restassero così com’erano. Quel giorno Agata era un profluvio di colori, quasi fastidioso a vedersi pensò Martìn senza tuttavia dirlo ad alta voce, e teneva per mano un bambino, quasi sicuramente Axel. Non aveva alcun interesse a conoscerlo, i bambini non gli erano mai piaciuti e se anche suo nipote Julio lo adorava… quella era una faccenda diversa, come non amare un figlio del suo adorato fratello maggiore?

Purtuttavia avevano inventato le buone maniere così si limitò ad un saluto con la mano prima che Agata lo raggiunse, Axel devotamente a rimorchio.

 << Io qui, la libertà di movimento è garantita ovunque in Europa >> le rispose sperando di riuscire a liberarsi di lei prima che Andrés e Sergio uscissero dalla chiesa.

<< Non mi sei mai sembrato il tipo di persona devota, ho portato Axel alla messa delle nove e ora stiamo andando a fare colazione, ti unisci a noi? >> domandò Agata, come tutte le persone di origine gitana anche Agata Jimenez era devota, più superstiziosa che realmente devota ma ogni domenica la si poteva trovare in chiesa, anche dopo una notte in discoteca passata a sbronzarsi.

<< Per questa volta passo, ma tra due settimane potrei anche pensare di unirmi a voi >> rispose, nemmeno in un milione di anni chiarì la sua mente.

<< Questo è tutto da vedere e… per caso sei con quei tizi? >> domandò Agata, in effetti Sergio e Andrés erano appena usciti e stavano venendo nella loro direzione, non prima che entrambi si fossero girati verso la chiesa, si fossero esibiti in un plateale segno della croce con tanto di inchino per poi baciare un rosario, pinche cinquecento e pinche hidalgos.

<< È una lunga storia, e forse sei l’unica persona che potrebbe credermi, cosa sai di… magia temporale? >> le domandò a voce bassa.

<> lo prese in giro Agata, a giudicare di quello che sentiva dai due fratelli nessuno dei due era entusiasta della messa: forse poteva spacciarli per cattolici tradizionalisti, si chiamavano lefevriani se la memoria non lo ingannava.

<< È molto più complicato di così, e …momento presentazioni. Agata Jimenez, ti presento Sergio Marquina e Andrés de Fonollosa, li sto ospitando per qualche giorno, Sergio, Andrés, vi presento Agata Jimenez e suo figlio Axel. Come va? Tante care cose, ora dobbiamo andare >> disse a velocità Speedy Gongalez prima di cominciare a trascinare i due, Agata era troppo intelligente per non capire tutto. Come temeva lo scambio di convenevoli durò più di cinque secondi e quello che lo sconvolse fu notare come tutti e tre andassero d’accordo, anche se non gli sfuggì lo sguardo deluso di Agata quando i due fecero segno di non volerle stringere la mano, per fortuna niente era più indicato di un bambino affamato per interrompere una conversazione.

<< Ci vediamo mercoledì, a casa tua, maratona Signore degli Anelli!! >> urlò Agata prima di trascinare via Axel.

<< Ti ho detto di no, e quando dico no… Agata! Agata! Torna qui!!! >> urlò pur sapendo che era fiato sprecato.

<< Dovresti darmi le chiavi così posso chiudere l’argenteria, che non hai ma non si sa mai >> dichiarò Andrés in assoluta serietà.

<< Sembra una brava ragazza ma non dovresti fidarti: la sua gente è ladra per natura >> gli spiegò Sergio lasciandolo senza parole. Era perfettamente al corrente dei tanti pregiudizi sui gitani, lui personalmente aveva pochi pregiudizi in quanto Agata era una persona per bene… o meglio su quel filo sottile tra legalità e illegalità ma si erano sempre fidati uno dell’altra. Agata in effetti non aveva mai voluto sapere nulla del suo passato, era nata a Madrid, non parlava romanì e ai suoi occhi era sicuramente più spagnola di gran parte die castigliani che aveva conosciuto ma… quello era troppo. Capiva che nel sedicesimo secolo i pregiudizi fossero ancora più forti, gli sguardi disgustati di Andrés quando vedeva un africano o un arabo ne erano una prova evidente ma non credeva che riguardassero anche la popolazione gitana.

<< Agata non… non dite certe cose di fronte a lei o vi ucciderà nel sonno, ora dobbiamo recuperare un sacco di cose, tanto per cominciare il concetto di film e di cosa sia inventato o no, e poi penserò a cosa farvi indossare >> si limitò a dire prima di risospingerli in direzione del suo appartamento.

 

***

 

La situazione poteva andare peggio.

Aveva spiegato a Sergio e ad Andrés che per prima cosa non dovevano fidarsi di tutto quello che vedevano in tv e poi aveva spiegato come certe cose fossero possibile tramite effetti speciali e computer grafica. Per convincere i due aveva deciso che c’era un’unica soluzione: un film biblico.

Aveva quindi trovato una copia de I Dieci Comandamenti, l’unico film biblico che conoscesse, e lo avevano visto lunedì sera. Escludendo i segni della croce e le varie spiegazioni poteva dire di essersela cavata bene, Sergio non aveva mancato di far notare ogni singolo errore e differenza ma… poteva andare peggio.

Non aveva ancora trovato il momento giusto per affrontare l’argomento della propria omosessualità ma era sicuro che non fosse un’informazione necessaria, entro due settimane i due se ne sarebbero tornati nel cinquecento e lui sarebbe tornato alla sua vita. Eppure una parte di lui continuava a trovare Andrés attraente, anzi di più. Lo considerava bello, affascinante, magnetico quasi e non riusciva a smettere di guardarlo ed era consapevole che quello che provava non era più una mera attrazione fisica ma si stava trasformando in qualcos’altro, qualcosa di molto pericoloso e che gli avrebbe fatto sicuramente male. Non era la prima volta che si prendeva una cotta per un etero ma questa volta era più grave, se lo sentiva anche se non avrebbe saputo spiegarsi il perché.

Quei due non sapevano nulla di omosessualità, di parità dei sessi e di tutte le conquiste del novecento, a malapena era riuscito a far capire loro che no, i neri non erano inferiori, gli ebrei non avevano ucciso Nostro Signore e assolutamente no, i musulmani non sarebbero finiti all’inferno, spiegare cosa fosse l’omosessualità era al di fuori della sua portata. Poteva trovare qualche film, quello su Oscar Wilde, Milk, Almodovar e quello con quell’attore messicano che gli ricordava sempre un tizio che aveva conosciuto in vacanza in Messico quando erano entrambi bambini.

Aveva la sensazione che Sergio sapesse qualcosa, l’uomo spesso lo guardava in maniera strana ma non aveva tempo per quello, e come poteva saperlo quando era stato attentissimo? Non aveva portato a casa nessuno, erano due settimane che non rimorchiava e per precauzione aveva nascosto le foto di lui e Mirko.

Stava andando tutto bene quando sentì bussare: Agata.

Ebbe appena il tempo di sospirare che la porta si aprì rivelando Agata, Hovik e Mirko che aveva Axel sulle spalle, era rovinato, rovinato.

<< Ti ero mancata, vero? >> gli domandò Agata mentre avvenivano le presentazioni e Axel si guardava in giro.

<< Come mi è mancata la polizia, prendi pure possesso del mio divano e diamo inizio a questa tortura >> dichiarò lui, Andrés non aveva perso di vista Axel per un secondo, come se ci fosse qualcosa in casa sua da rubare. Andò tutto bene, meglio del previsto, per fortuna Hovik non aveva ancora menzionato i suoi sette figli sparsi per l’Europa e lui aveva spiegato cosa fosse il fantasy per sommi capi quando fu Mirko a tradirlo, proprio quello di cui più si fidava.

<< Sono felice che tu abbia disattivato grindr, non hai bisogno di certi mezzi >> mai frase fu più innocente e più rovinosa.

Vide Sergio e Andrés guardarlo meravigliati e poi Sergio, pinche Sergio, disse l’unica cosa che non avrebbe dovuto dire ossia: << E cosa sarebbe grindr, se posso permettermi? >>.

Agata e Hovik, traditori, scoppiarono a ridere prima che Mirko cominciasse a spiegare, peccato che lo scoppio di risate da parte di Agata fu più breve del previsto. << È un app per gay, per rimorchiare, ma dove avete vissuto voi due? Sotto un sasso? >>

Finito, era assolutamente finito mentre proprio in quel momento Boromir moriva, perché non poteva essere così fortunato anche lui?

Da lì in poi fu il disastro. Come previsto Sergio finse disinteresse ma sia lui che Andrés per forza di cose non avevano mai sentito quella parola, ai loro tempi cosa si usava… sodomiti? Invertiti? Di sicuro non un termine neutro e …era finito.

Tempo cinque secondi e se Agata non si era gettata a peso morto contro i due era solamente perché ci teneva alla custodia di Axel, altrimenti si sarebbe ritrovato con due cadaveri.

<< Io non ho mai visto due persone con una mentalità più bigotta e conservatrice, ma dove li hai trovati? Direttamente dal medioevo? >> domandò Agata mentre Hovik e Mirko cercavano di trascinarla verso la porta.

<< Dal cinquecento in verità >> rispose lui prima di chiudere la porta, perché capitavano tutte a lui, perché?

<< Noi dobbiamo parlare >> esordì Sergio, prevedibile. Sapeva che quella conversazione sarebbe avvenuta ma voleva almeno averne il controllo.

<< Parliamo pure, come se avessimo alternative >> replicò lui prima di sedersi.

<< Sei davvero un invertito? >> domandò Andrés, Martin nei suoi occhi non lesse en disprezzo né derisione né tantomeno odio, solamente curiosità, come se fosse una specie di animale esotico che l’altro vedeva per la prima volta.

<< Preferisco altri termini ma si, a me piacciono gli uomini. Mi piace baciare gli uomini, fare sesso con loro e ricercarne la compagnia >> rispose, per quel che riguardava l’amore... beh, in quello non era mai stato troppo fortunato ma non c’era bisogno che i due lo scoprissero.

<< Sai che andrai all’inferno, vero? >> domandò Sergio, sempre la vecchia questione.

<< Se davvero esiste un inferno e davvero quelli come me vi vengono puniti allora sarò in ottima compagnia, nessuno ha mai avuto prove tangibili dell’aldilà pertanto una punizione divina quando sarò morto non è in cima alla lista delle mie preoccupazioni >> ammise, spiegare che aveva rotto con la chiesa cattolica sarebbe stato troppo per loro.

<< Non dovresti parlare così, puoi sempre pentirti e… l’eternità è lunga Martìn >> gli disse Andrés prima di stringergli d’impulso la mano. Era sicuro che avrebbe ricamato sul gesto per settimane ma per il momento si godette la sensazione della mano di Andrés tra le sue. Quell’uomo non aveva mai lavorato in vita sua, nel senso tradizionale del termine, eppure quelle mani non erano state inoperose, questo riusciva a capirlo.

<< Ma la vita è breve e io voglio godere di ogni possibile piacere, ci sono così tanti corpi da desiderare e così tante bocche da baciare, se non vi sta bene non è un problema mio, sono così e non posso cambiare >> rispose lui, non aveva tempo per sentire delle prediche.

<< Non ha mai parlato di amore, quelli come te non provano amore ma solo desiderio? >> domandò Andrés, stava per rispondergli a tono quando si rese conto che non c’era un briciolo di derisione nella sua voce, solamente curiosità e forse preoccupazione.

<> rispose prima di dirigersi verso la cucina, per fortuna aveva lasciato qualcosa da parte per cena, le maratone di Agata lo stancavano sempre e quindi si era organizzato. E anche quella volta non sarebbe finita bene gli disse una voce nella sua testa, se anche fosse gay uno come Andrés non ti guarderebbe mai, anzi gli faresti pena, forse una scopata o due ma tu vuoi di più da lui, non è vero?

<< È triste che tu non voglia l’amore, l’amore rende tutto migliore >> ecco, lezioni da qualcuno che ancora credeva che il sole ruotasse attorno alla terra.

<< Non sono affari vostri, e ora mangiamo, poi io andrò a letto perché devo alzarmi presto >> concluse sperando che la conversazione fosse finita.

Tutto quello era strano, e doveva assolutamente parlarne.

<< Pensi che sia vero? Che si possa davvero… amare nella sua condizione? >> domandò, mai aveva udito qualcuno parlare di simili argomenti. L’amore era quello tra uomo e donna, benedetto dalla chiesa o dal proprio rango superiore, non quello tra due uomini, quello era un peccato.

<< Non vedo perché no? Non ci sarebbe nulla di male, e se la chiesa e la legge oggi non dicono nulla chi siamo noi per condannare le sue scelte? >> gli rispose Sergio. La chiesa… come se sentire la Messa in castigliano e tutta quella promiscuità… per non dire del fatto che il sacerdote li avesse guardati per tutto il tempo, che orrore. Gli mancava la cappella del suo palazzo, Tatiana che sedeva al suo posto e il latino, quel secolo era disgustoso, così… borghese, ecco, borghese.

<< Chi siamo? Due persone che si preoccupano per la salute della sua anima, ecco chi siamo >> rispose piccato. Non sapeva spiegarsi il motivo ma ci teneva a Martin, tra loro c’era un legame che non aveva mai provato fino a quel momento. Amicizia, cameratismo, riconoscenza e anche una certa tenerezza, quando l’altro aveva rivelato di aver avuto sfortuna in amore avrebbe tanto voluto abbracciarlo e… non sapeva cosa ma voleva che stesse meglio.

<< Se a lui non importa però cosa possiamo farci? Come procede la tua guarigione? >> gli chiese Sergio.

<< Per il meglio, entro due settimane torneremo a casa >> rispose, aveva bisogno di Tatiana e …per quale motivo il suo spirito era inquieto di fronte alla prospettiva di tornare al tempo cui apparteneva?

<< Molto bene, volevo chiederti un favore, vorrei recarmi in Germania per seguire meglio questo dibattito e … >> << Puoi portare Rafael con te, e visto che ci sei trovagli anche una moglie, cattolica ovviamente >> lo interruppe, almeno si sarebbe liberato anche di Rafael, poteva sempre chiedere a Sergio di lasciargli in usufrutto quel terreno che avevano in Toscana, almeno suo figlio non sarebbe più stato un suo problema.

<< Non volevo chiederti questo ma va bene, o come dicono in questo secolo “ok” >> rispose Sergio facendolo ridacchiare.

<< Sergio? >>

<< Si? >>

<< Smetti di giocare con la luce, se proprio ci tieni chiedi a Martìn un libro sull’argomento >> si limitò a dire prima che Sergio spegnesse definitivamente la lue, al di là di tutto l’elettricità era una bella invenzione, futile ma interessante.

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Capitolo 4
*** Tercero capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Maldito sea aquel día
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX olombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Esa Hembra es mala" di Gloria Trevì, la canzone tra l'altro è anche la opening della celeberrima telenovelas messicana "Teresa"

 

Nei giorni a venire Martìn Berrote fu sicuro che fosse avvenuto un cambiamento, e sapeva anche il motivo.

Non incolpava Andrés e Sergio, non per sé almeno ma era consapevole che da quando era stato outtato i due lo guardavano in maniera diversa. Quei due venivano da un mondo dove chiunque fosse omosessuale era costretto a sposarsi per non destare sospetto, sentiva ogni domenica di essere sbagliato e se scoperto finiva sul rogo, non avevano idea di Oscar Wilde, dei movimenti gay e tantomeno delle nozze omosessuali, ne sarebbero morti di dolore aveva pensato decidendo che c’erano argomenti che era meglio sorvolare.

Se non in quello poteva almeno istruirli in altro, servendosi dei film giusti perché di certi argomenti aveva sempre avuto una conoscenza superficiale. La danza de los Lobos non aveva funzionato perché nessuno dei due aveva idea che ci fossero popolazioni nelle Americhe quindi un film su di loro non aveva avuto alcun effetto, per fortuna Raìces e Schinder’s List avevano funzionato, non l’avrebbero mai ammesso ma era riuscito a far commuovere tutti e due, certo… aveva dei dubbi che una volta tornati nel loro tempo si sarebbero dimostrati meno razzisti e meno antisemiti ma almeno avrebbero capito dove li avrebbero portati il loro comportamento.

Si era abituato ad averli in giro, tanto che il venerdì pomeriggio aveva confessato tutto a Mirko. Era sicuro che il serbo aveva pensato che fosse impazzito ma almeno si era confidato con una persona fidata, era venuto il momento che più temeva: immettere Sergio e Andrés nella cultura pop del ventunesimo secolo.

Procurare loro dei cellulari era stato più facile del previsto, per fortuna aveva ancora dei contatti dove importava e nessuno in quell’ambito faceva mai troppe domande, due cellulari con sim nuova erano una richiesta quasi per bambini, tanto che uno dei suoi vecchi contatti gli aveva chiesto se quello era uno scherzo, è troppo facile aveva spiegato. In quanto ai documenti falsi… lì era più difficile. Il miglior falsario che conoscesse era una persona fidata ma per sua sfortuna era Agata che gli aveva fatto capire che non sopportava i due fratelli, chiederle un favore simile sarebbe stato complicato e lo avrebbe esposto ad ogni possibile ricatto.

Cosa non si faceva per amore pensò dopo aver riagganciato… amore, ma quale amore? E… forse provava qualcosa per Andrés che andava oltre il desiderio di farsi scopare ma questo non voleva dire niente; innamorarsi, innamorarsi sul serio di uno come Andrés gli avrebbe portato solamente guai.

<< Conservateli perché io non li richiederò alla persona che li ha realizzati >> si limitò a dire prima di consegnare i documenti ai due, una semplice carta d’identità per ogni evenienza, per le date si era basato su quelle che aveva letto andando su internet, che il sito di palazzo Fonollosa a Toledo li considerasse entrambi dispersi poteva giocare a suo favore, forse quando sarebbero tornati sarebbero apparse le loro date di morte.

<< E chi sarebbe? Se posso chiedere, ovviamente >> domandò Sergio, doveva trovare a tutti e due dei vestiti decenti, anche perché rischiavano di rovinargli i suoi.

<< Agata, la stessa che avete disprezzato e che aveva trattato come una pezzente, ringraziate che Agata adori Mirko il quale ha messo una buona parola per voi >> rispose lui, non meritava uno come Mirko, né come amico né tantomeno come fidanzato.

<< Tu e Mirko avete avuto un affaire, come dicono i francesi, non è vero? >> gli domandò Andrés, e come faceva a saperlo?

<< Non sono affari tuoi ma si, io e Mirko abbiamo una relazione, durata solamente tre mesi e dove avevo messo bene in chiaro che non cercavo in fidanzato >> ammise, a suo tempo aveva avvisato Mirko che potevano anche provare ma era sicuro che non sarebbe durata. Erano stati i tre mesi più tranquilli della sua vita, la famiglia Dragic lo aveva accolto a braccia aperte facendogli sentire per la prima volta come fosse avere una famiglia normale e quello era ciò che più gli mancava, Radko che gli aveva sparato l’ultima volta che si era recato da Mirko era la prova che i serbi portavano rancore.

<< Va bene, non ci interessa ma… >> cominciò Sergio prima che suo fratello lo interrompesse: << Ci servono degli abiti, come quelli dei film, qualcosa che possa farci passare inosservati e allo stesso dichiarare il mio status di Grande di Spagna >> proseguì Andrés.

<< Conosco il luogo giusto, ma per il resto ve lo potete anche scordare, la democrazia non è più appannaggio deigl antichi greci >> dichiarò con un sorriso divertito prima che Sergio alzasse gli occhi dal libro che stava leggendo.

<< Ma… è vero? Questo testo dice che Leonardo da Vinci e Michelangelo… sono come te, è vero? >> domandò prima che suo fratello gli strappasse il libro dalle mani. Andrés era un artista di un certo livello persino per lui che di arte non capiva nulla, sinceramente curioso delle tecniche pittoriche che si erano sviluppate dopo in cinquecento anche se troppo eurocentrico ma quelle erano rivelazioni che non era pronto a sopportare.

<< Menzogne, chiaramente menzogne, anzi… vili illusioni e diffamazioni >> dichiarò Andrés con forza, come se l’idea fosse troppo assurda per essere vera.

<< E invece è tutto vero, molti artisti sono o dei puttanieri o dei gay, e a volte entrambi >> replicò lui ricordando l’unica volta che lui, Agata, Mirko e Hovik erano stati in Francia per l’estate.

<< Affronteremo meglio questo argomento un altro giorno, dove possiamo procurarci dei vestiti? >> oh Sergio, adorabile, ingenuo e nerd Sergio.

<< Io un’idea ce l’avrei, quanto sono forti i tuoi poteri? >> domandò divertito.

<< Più che sufficienti >> si limitò a dire Andrés prima di aprire una delle mensole della cucina, far levitare un bicchiere, riempirlo d’acqua e poi farlo arrivare dritto nelle sue mani. Era una follia ma poteva funzionare pensò Martìn Berrote, perché no?

 

***

 

Per fortuna i poteri di Andrés funzionavano al meglio.

Per l’uomo forzare una porta e mettere a tacere gli allarmi era stato un gioco da ragazzi. Aver scoperto quella sartoria grazie a una delle sue scopate era stata una benedizione, era stato sufficiente aspettare la notte e portare i due, per fortuna il trucco della fiammella si poteva migliorare.

Una volta entrati aveva spiegato ad Andrés dove si trovavano le telecamere e gli allarmi e dopo qualche secondo di concentrazione questi si erano spenti, era qualcosa di nuovo aveva annunciato l’altro con un sorriso trionfante e mai come in quel momento Martìn aveva avvertito il desiderio di baciarlo, quanto avrebbe voluto sentire quelle labbra contro le sue. Non poteva farlo, l’altro non avrebbe capito, avrebbe potuto reagire male e se anche non fosse accaduto entro poco tempo sarebbe tornato nel suo secolo… era tutto bellissimo ma apparteneva ad un sogno che non poteva permettersi di contemplare.

I due si erano provati diversi abiti, finché poco prima dell’alba ne avevano trovati due di loro gradimento, una volta capito cosa piaceva loro sarebbe stato più facile si era detto lui prima di chiudere gli occhi una volta tornato a casa. Certo, non che fosse riuscito a trasformarli in individui anonimi ma sicuramente in due persone che nessuno avrebbe guardato più di una volta di sicuro, sempre meglio di quando indossavano i suoi vestiti. L’aspetto peggiore era stato la musica, a quanto sembra nessuno dei due aveva un interesse per la musica degli ultimi tempi, e li capiva, ma che avessero deciso che dopo il jazz niente era musica era un disastro, se mai avessero dovuto parlare con qualcuno avrebbero generato sospetti e fin troppe domande.

E invece niente, niente Elvis, Beatles, Rolling Stones o altri gruppi o cantanti che potevano ascoltare vista l’età, un po’ nostalgici poteva anche andare bene, e lo si poteva accettare, ma che avessero quelle lacune no, non tanto per lui quanto per la solidità della copertura a cui stava lavorando da almeno due settimane.

<< È giunto il momento, ne farei a meno ma dovete avere almeno una conoscenza base di cosa si faccia in questo secolo, fosse solo per dire che non vi piace, almeno dopo averlo sperimentato avrete una risposta convincente >> annunciò sperando di convincerli.

<< Come il metodo scientifico, no? Fai dei tentativi finché non trovi la soluzione giusta >> domandò Sergio, il rapido segno della croce di Andrés non gli sfuggì, ingrato.

<< Esatto, un po’ come la teoria dell’evoluzione >> rispose lui prima che anche Sergio si facesse il segno della croce, doppiamente ingrati.

<< Eresia, eresia pura e semplice, la Bibbia non ammette simili scempiaggini, posso accettare che il sole non giri attorno alla terra, o che davvero ci siano altri popoli nelle Americhe ma che ora tutti noi discendiamo dal medesimo progenitore è eresia >> dichiarò Andrés, i danni che faceva la religione pensò Martìn, mai come allora fu grato di aver avuto un padre devoto solo alla forma esteriore della religione e assolutamente laico quando si trattava di tutto il resto.

<< Non dico che non sia possibile ma… è assurdo, la Bibbia dice certe cose e dovrebbero essere vere, lo sono sempre state >> intervenne Sergio, che generazione, e pensare che erano stati proprio uomini di quella generazione a conquistare mezzo mondo, nel terzo millennio sarebbero stati dei disadattati senza speranza.

<< Non è così che si organizza una rivoluzione ma ci arriveremo, comunque vi devo dare almeno un’infarinatura di musica, poi potrò anche lasciarvi uscire da soli per Madrid quando sono a lavoro >> disse, almeno non avrebbe avuto più timore che gli distruggessero casa.

<< E cosa avresti in mente? >> gli domandò Andrés sinceramente curioso, se avesse potuto fare come preferiva… quello era rimandato a quando quei due sarebbero tornati in un tempo in cui non esisteva l’acqua corrente.

<< Lasciate fare a me >> rispose con un sorriso divertito.

Forse aveva sbagliato, ma bisognava pur tentare e bisognava farlo al massimo.

Un po’ come quando suo padre gli aveva insegnato a cavalcare… escludendo due fratture alle gambe e un polso rotto era andato tutto bene più il giuramento di non salire più su un cavallo ma quello era una minuzia.

L’espressione dei due gli confermò che aveva fatto bene, quanto gli era mancato tutto quello, i suoni, i colori, l’adrenalina… era da troppo tempo che non andava a ballare. Tutta colpa di Agata che da quando si era messa in testa di riprendersi Axel aveva iniziato a fare la persona perbene ma per fortuna ogni tanto qualche sfizio se lo toglieva… poi ci si era messo di mezzo il cantiere.

<< Venite con me, non date confidenza e si offrono qualcosa rifiutate sempre, non ci vuole nulla a risvegliarsi senza un rene o a morire di overdose >> dichiarò prima di fare cenno ai due di seguirli, gli sguardi sconvolti ma allo stesso bramosi di fronte alle cubiste gli confermarono che non avrebbe mai avuto alcuna speranza con Andrés, come se il mono non gli avesse mandato già abbastanza segnali.

<< Ecco da chi stiamo andando! >> urlò indicando uno dei divanetti, per fortuna si era ricordato dell’unica persona che poteva procurargli dei biglietti gratis e ne aveva sfacciatamente approfittato. Non aveva nulla contro Daniel Ramos, a patto che se ne stesse zitto, e ancor meno contro sua moglie Monica ma a volte era esasperante stare con loro, se lo faceva era perché doveva fin troppi favori ad Augustin e gli era stato insegnato a rispettare gli anziani.

I capelli erano gli stessi di sempre, lo sguardo di chi non ha ancora capito cosa fare nella vita ma si sta divertendo non era cambiato e per fortuna Monica aveva abbastanza buonsenso per due, specialmente da quando aveva mollato il suo ex, lo diceva sempre lui che andare con gli uomini sposati non valeva abbastanza, troppi fattori di cui tenere conto specialmente per quel che riguardava le donne.

<< Eccoti! Ci sei mancato, è bello rivederti nel tuo ambiente naturale, dove sei stato tutto questo tempo? >> gli domandò Daniel prima di mettergli in mano un bicchiere e Monica cercava di presentarsi, di sicuro il baciamano ebbe un ottimo effetto su di lei, donne, bastava così poco per ingannarle.

<< Se te lo racconto non ci credi >> rispose prima di sedersi e fare cenno ai due di imitarlo, almeno la prova dello champagne andò bene, per fortuna li aveva fatti esercitare a casa anche se Andrés continuava a sostenere che per fare tutte quelle bollicine il vino doveva essere andato a male.

Stava andando tutto bene, complice la musica alta era quasi impossibile conversare e Monica che controllava l’orologio ogni cinque minuti era il segno più tangibile del fatto che avessero lasciato il bambino con Augustin, il quale in quel momento doveva sicuramente dormire.

<< Sergio, qui ci sono trenta euro, perché non vai a prendere delle birre? Fatti dare il resto e chiedi se vi possono dare anche dei bicchieri di plastica >> propose, era il momento di vedere se le sue lezioni erano servite a qualcosa. Avrebbe potuto chiedere ad Andrés ma non gli sembrava proprio il tipo da ordinare delle birre in una discoteca, aveva la sensazione che se fossero nati nello stesso secolo l’altro avrebbe bevuto solamente vino francese in calici di Boemia o altre cose da ricchi.

Sergio si guardò intorno, poi fece un respiro e si alzò, vayas con Dios gli venne spontaneo pensare.

 

***

 

Sergio Marquina cominciava a trovare interessante il ventunesimo secolo.

Era tutto così pieno di opportunità e di possibilità, il sangue non aveva più alcun valore e tutti potevano essere quel che volevano, non che lui volesse tanto.

Martìn stesso ne era il simbolo più evidente: era un invertito che non vergognava affatto di esserlo uno straniero che aveva poco affetto per la sua patria e un uomo che aveva studiato. Era sicuro che non avesse portato uomini a casa per rispetto nei loro confronti e c’era qualcosa di strano. Aveva come la sensazione che gli sguardi che l’argentino lanciava ad Andrés durassero un secondo di più di quelli che erano riservati a lui ma non poteva esserne certo.

Non poteva essere così malfidato eppure quel dubbio continuava a roderlo ma aveva altre questioni di cui occuparsi, così tanto da recuperare e allo stesso da ricordare, aveva approfittato di una delle assenze di Martin per curiosare nel suo portatile e andare su internet, navigare dicevano. La foto del “desktop” o come si chiamava lo aveva sorpreso: un uomo in uniforme militare che sorrideva abbracciato a Martin e accanto a loro un bambino di cinque o sei anni. A giudicare dalle somiglianze quell’uomo doveva essere un fratello o un cugino ma non aveva chiesto per evitare di dover confessare di aver ficcanasato in giro. Una volta entrato in rete aveva controllato velocemente le notizie sulla loro famiglia sul sito di palazzo Fonollosa per informarsi su eventuali discendenti di suo fratello. Rafael si era davvero sposato alla fine, stranamente dieci anni dopo la loro scomparsa e aveva avuto dei figli, l’ultimo discendente secondo il sito abitava a New York, nelle Americhe e lavorava nell’alta finanza, per questo aveva deciso di far restaurare il palazzo avito e di aprirlo al pubblico: affari. Il solo pensiero che degli estranei entrassero in casa sua e toccassero le sue cose lo aveva lasciato perplesso ma aveva deciso di non riferirlo a suo fratello: Andrés avrebbe avuto un colpo apoplettico al solo pensiero di qualcuno che non solo gli entrava in casa ma giudicava la sua arte.

E ora si trovava lì, di ritorno dal bancone delle bevande e con il resto in tasca nonché tre birre tra le mani, e dei bicchieri di plastica perché non erano dei selvaggi. Quel luogo non gli piaceva, troppo rumoroso, troppo irrispettoso e non capiva come quella potesse essere definita musica, non era per lui ma doveva riconoscere che Martìn aveva ragione, se gli avessero fatto delle domande avrebbe avuto delle risposte convincenti.

<< Aspetta un secondo… Sergio? >> domandò una voce e per poco non fece cadere le birre: Raquel.

La poliziotta, che una donna potesse entrare nelle forze di polizia e fare carriera era un pensiero bizzarro ma riconosceva che era un buon miglioramento, era vestita in maniera completamente diversa da quando si erano incontrati la prima volta. Indossava un abito nero che metteva in evidenza le sue forme, Tatiana lo avrebbe descritto come “positivamente indecente” e poi Andrés le avrebbe allungato un ceffone per aver anche solo pensato di vestirsi come una sgualdrina, aveva i capelli raccolti e sembrava lì quasi per errore.

<< Esatto, Raquel? Cosa... cosa ci fa qui? >> domandò cercando di controllarsi, emozionato come quando a sedici anni aveva baciato la figlia della cuoca…poi Rafael aveva fatto la spia e suo fratello aveva riso per tre giorni.

<< Sono con un’amica, non sono amante di certi posti perché mi sento troppo vecchia per frequentarli ma una sera ogni tanto non può fare male >> gli rispose Raquel come se dovesse scusarsi e poi indicò la donna che sedeva di fronte a lei.

<< Alicia Sierra, onorata >> si presentò questa lasciandolo senza parole: trucco pesante, un abito scollato e… dava l’impressione di star per partorire da un momento all’altro e aveva un piatto ricolmo di caramelle e cioccolato. I suoi occhi erano freddi e determinati, come quelli di un predatore pronto a colpire alla gola, come quando andavano a caccia e incrociavano qualche lupo particolarmente tenace.

<< Sergio Marquina, è sicuro per lei… insomma >> disse cercando di non sembrare insensibile, leggendo aveva scoperto che tante cose che per lui diceva tranquillamente nel secolo in cui si trovava non solo erano inappropriate ma persino offensive.

<< Se deve accadere che accada, prima o poi deve accadere, o no? >> lo prese in giro Alicia lasciandolo perplesso.

<< Anche io non ero entusiasta di venire qui ma Alicia aveva bisogno di distrarsi >> si intromise Raquel, qualsiasi cosa volesse dire.

<< È una brava amica allora. È già la seconda volta che ci vediamo, per la terza dovrò portarla a cena fuori >> scherzò copiando una battuta che aveva sentito in uno dei film che Martìn aveva fatto vedere loro.

<< La prendo in parola, mi dia il suo numero e mi chiami uno di questi giorni, ci conto >> propose Raquel lasciandolo spiazzato, non avrebbe mai pensato che Raquel accettasse sul serio.

<< Molto bene, un secondo >> si limitò a dire prima di appoggiare le birre e prendere il cellulare, non aveva ancora memorizzato il proprio numero ma per fortuna in rubrica c’erano solamente il numero di Martìn e quello di suo fratello.

<< Dovrebbe sbrigarsi a tornare dai suoi amici >> disse Alicia prima di aggredire l’ennesimo pacchetto di caramelle.

<< Cosa? >> domandò lui sorpreso.

<< Hai tre birre tra le mani, è evidente che non ti piace stare quindi sei qui con qualcuno che adora questo genere di locali >> dichiarò Raquel lasciandolo sorpreso.

<< In effetti ha ragione… sono qui con mio fratello e Martìn e ora… devo proprio raggiungerli >> replicò lui prima di allontanarsi, o meglio scappare.

Per fortuna il posto era facile da ricordare e gli fu facile raggiungere gli altri.

<< Pensavamo di avervi perso, stavo per mandare i cani a cercarti >> lo salutò Daniel prima di ridere, per quanto gli sembrasse un bravo ragazzo quella risata era alquanto fastidiosa pensò Sergio.

<< Ho solo incontrato un’amica e… cosa mi sono perso? >> domandò prima di rendersi conto che né Andrés né Martìn erano al loro posto.

<< Non saprei come descriverlo. Dopo un po’ Martìn ha detto che voleva andare a ballare ma… sicuro che non stiano insieme? Lo chiedo perché vostro fratello mi sembra alquanto geloso >> gli spiegò Monica, e ora cos’era quella novità?

La sua espressione doveva essere notevole nonostante il buio e le tante luci intermittenti perché Monica gli indicò Andrés che era appoggiato a una colonna mentre teneva d’occhio Martìn che… sembrava aver trovato compagnia per la serata. Sergio non riusciva a fargliene una colpa, erano pur sempre due settimane che vivevano tutti e tre senza che Martìn si fosse azzardato a fare qualcosa in loro presenza, e che ora si volesse divertire era accettabile.

<< Non dovrebbe comportarsi così, è… è indecente >> mormorò Andrés quando lo raggiunse, Sergio era sicuro di averlo visto raramente così infuriato e che avvenisse per qualcosa di così pedestre era strano.

<< È libero di farlo, è adulto e non dovremmo intrometterci nella sua vita privata >> rispose lui.

<< Invece si, è tutto sbagliato >> replicò Andrés prima di avvicinarsi a Martìn. Sergio Marquina non riuscì a seguire bene quello che accadde in seguito ma fu sicuro che il danno era fatto e che le conseguenze sarebbero state memorabili.

 

***

 

Tutto quello era indecente, disgustoso e plebeo.

Quel locale gli dava la nausea, la musica era orrenda e la promiscuità degradante, come poteva uno come Martìn divertirsi in un luogo simile lui non lo capiva. Andrés de Fonollosa riconosceva di avere gusti difficili, o meglio di essere una persona che pretendeva il meglio per sé stesso e se aveva accettato di andare con Martìn era perché non aveva altre alternative e trovava la compagnia dell’altro gradevole e accattivante.

Martìn era suo, punto, lo considerava la cosa più simile ad un amico che avesse mai avuto ad eccezione di Sergio e ci teneva a lui, che l’altro scegliesse volontariamente la dannazione eterna lo lasciava perplesso ma in quel secolo esisteva la libertà. In quanto ai due amici di Martìn… non che fossero il massimo ma erano un gradino superiori alla zingara e all’invertito serbo. Lei gli era stata antipatica fin dal primo momento, lei e le sue idee progressiste e il serbo… non sapeva spiegarselo ma il fatto che lui e Martìn avevano avuto un affaire e ora fossero amici lo faceva infuriare.

Monica aveva cercato di fare conversazione e la trovava una donna di discreto talento mentre il marito… il mondo era spacciato se simili idioti erano liberi di circolare liberamente aveva pensato ignorandolo. Poi Martìn aveva dichiarato che voleva andare a ballare, almeno una canzone o due aveva detto e se n’era andato lasciandolo con Monica, Sergio ancora disperso sulla via del ristoro.

Era stato allora che aveva cominciato ad osservarlo e quello che aveva visto non gli piaceva affatto.

Martìn era dotato di un’incredibile capacità di mettersi al centro dell’attenzione negli ambienti giusti, lo aveva visto ballare con almeno due uomini, se quello poteva definirsi ballare, e li aveva baciati entrambi, uno gli aveva persino messo le mani sul fondoschiena senza che lui lo respingesse, fare simili cose in pubblico era positivamente indecente si era detto.

Poi la sua mente aveva cominciato a fargli strani scherzi, specialmente dopo che Monica gli aveva chiesto se per caso lui e Martìn stessero insieme, come poteva pensare una cosa simile?

Quando Sergio era tornato aveva intuito che fosse accaduto qualcosa ma nel vedere Martìn strusciarsi contro l’ennesimo uomo era stato troppo.

Incurante della musica, o del rumore, e cercando di toccare quel groviglio di forme era arrivato fin dove si trovava Martìn e gli aveva poggiato una mano sulla spalla, poco prima che l’argentino mormorasse qualcosa all’orecchio del tizio. Non aveva avuto bisogno di dire nulla, l’altro li aveva guardati e poi si era allontanato, codardo.

<> aveva detto e solo allora si era accorto che Martìn era furioso, realmente furioso.

<< Cosa? Non posso avere una serata tranquilla? Cosa ti dà fastidio? >> urlò l’altro prima che gli facesse segno di uscire, prima uscivano da quel luogo e meglio sarebbe stato.

<< Mi dà fastidio che tu ti butti via così, se vuoi peccare meglio che sia con qualcuno che ami >> rispose mentre si dirigevano verso la fila, Sergio e gli altri a rimorchio.

<< È la mia vita, faccio quel che voglio e non devo rendere conto a nessuno! Se voglio avere un fidanzato lo cerco, se voglio scopare con un uomo diverso ogni sera lo faccio, se voglio farmi scopare da due uomini lo faccio, non hai alcun diritto di dirmi cosa devo fare e con chi devo farlo! >> gli urlò Martìn quando furono fuori, Madrid era una città incantevole di notte.

<< E invece si, viviamo insieme e ho il diritto di sapere a chi ti accompagni, e non voglio svegliarmi la mattina e trovarmi qualche degenerato in giro per casa >> rispose, c’era qualcos’altro ma non voleva indagare, il solo pensiero che qualcuno toccasse Martìn, che lo baciasse e che ci fosse altro lo faceva infuriare, stranamente non lo trovava degradante o rivoltante.

<< Tu vivi a casa mia perché l’ho deciso io, ci metto tre secondi a sbattere te e tuo fratello in mezzo a una strada, e non credere che non possa farlo >> fu la pronta replica, quando si erano avvicinati così tanto.

<< Non oseresti, e sappiamo entrambi il motivo >> dichiarò lui, aveva notato il modo in cui l’altro lo guardava e ne era stranamente lusingato, il suo fascino era indubbiamente unico se aveva conquistato persino un uomo.

<< Tu non sai niente, non puoi e… sei solo un codardo, come tutti quelli della tua razza che dietro il loro onore e la loro reputazione hanno distrutto intere civiltà >> questo si che fu inaspettato ma quello che fu più inaspettato fu quello che accadde dopo.

In vita sua Andrés de Fonollosa non aveva mai baciato un uomo, nemmeno da ragazzo quando sarebbe stato scusato in virtù della giovane età, non aveva mai provato simili desideri e li aveva sempre considerati innaturali. Eppure gli fu naturale rispondere al bacio di Martìn Berrote. Non sapeva perché l’altro lo avesse baciato o perché lui stesse ricambiando ma gli sembrò giusto, come se fosse la cosa più naturale da fare. C’era disperazione in quel bacio, esasperazione, rabbia e un desiderio malcelato che gli procurarono una vertigine, se Martìn era così quando baciava allora…

Si separarono solo per mancanza d’aria e l’altro lo guardò con uno sguardo dove passarono in un istante mille emozioni: paura, desiderio, tenerezza, insofferenza… amore.

<< Non… non avrei dovuto, davvero… >> mormorò Martìn sostenendo il suo sguardo anche se dovette costargli molto.

<< Perché no? >> domandò lui curioso, non si sentiva in difetto o peccatore, tutt’altro, sentiva che era giusto, tutto quello era giusto, bello e perfetto.

<< Perché tu sei etero, perché tornerai nel tuo tempo e perché temo di non riuscire a fermarmi >> ammise Martìn facendolo sorridere.

<< E chi vuole che ti fermi? >> lo provocò lui, non si era mai trovato in una situazione simile ma non si sentiva affatto a disagio. Martìn abbassò gli occhi, le mani ancora sulle sue spalle e fu lui a fare la sua mossa. Martìn rimase come bloccato quando lo baciò ma ricambiò subito, stringendosi a lui. Non aveva mai fatto qualcosa di simile ma non trovò nulla di male, in quanto al resto… se era naturale come baciarlo allora non avrebbe avuto problemi pensò prima di portare le mani sui capelli di Martìn, quella si che sarebbe stata una lunga notte.

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Capitolo 5
*** Cuarto capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Maldito sea aquel día
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX olombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Esa Hembra es mala" di Gloria Trevì, la canzone tra l'altro è anche la opening della celeberrima telenovelas messicana "Teresa"
Note4: 
il rimando alla guerra delle Filippine non è casuale bensì un inside joke in riferimento alle due puntate de El Ministerio del Tiempo a cui Pedro Alonso prese parte, ambientate durante i fatti di Baler, il nome Diego è sempre un inside joke ma riferito a Gran Hotel

 

Quando quella mattina si risvegliò la prima cosa di cui Andrés de Fonollosa, quinto duca de Fonollosa e Grande di Spagna, si rese conto fu che non era a letto da solo.

Non era e non sarebbe stata la prima volta che si svegliava con una donna accanto, Tatiana era sempre ben disposta ad aprirgli la porta della sua stanza e quando era indisposta non aveva mai avuto problemi a sedurre nessuna, ma questa volta era diverso. Tanto per cominciare si trovava a Madrid e non a Toledo, nella sua camera da letto, poi… la persona che dormiva accanto a lui non era una donna.

Martìn dormiva sereno accanto a lui e l’espressione rilassata lo ringiovaniva pensò Andrés prima che la realtà di quello che avevano, che aveva, fatto gli piombasse addosso con la stessa forza di una carica di cavalleria pesante. Si erano baciati, più volte, e gli era persino piaciuto. Ricordava bene come si fossero baciati dentro l’ascensore, le sue mani sulle spalle di Martìn e quelle dell’altro che lo toccavano ovunque, gli era sembrato tutto assolutamente perfetto. Erano entrati in casa dimentichi di tutto, preoccupati solamente dell’altro e incuranti del mondo esterno, chissà dov’era finito Sergio pensò con una punta di panico.

Ricordò come fossero arrivati fino al letto, come si fossero liberati dei vestiti, con foga, velocità, quasi con brutalità quasi e come poi fossero caduti sul letto ridendo e baciandosi, le labbra di Martìn erano le migliori che avesse mai assaggiato.

Non aveva mai fatto qualcosa di simile con un uomo, eppure gli era sembrato tutto così naturale, istintivo quasi. Non avere paura, faccio tutto io gli aveva sussurrato Martìn prima che… non si era mai sentito così bene, avrebbe voluto rimanere per sempre immerso in quel calore, il corpo di Martìn… era quello il peccato, caldo, accogliente e giusto, non si era mai sentito così bene come in quei momenti, i loro corpi che si muovevano in sincrono, Martìn che gemeva il suo nome e lui che pensava che ne voleva ancora, sempre, come aveva fatto a farne a meno?

Era quello il problema, il vero problema si disse mentre si alzava dal letto e cercava i suoi vestiti. Non avrebbe dovuto piacergli, non avrebbe dovuto affatto piacergli. Era un peccato, un peccato mortale e la sua anima sarebbe finita all’inferno non tanto per averlo commesso ma perché gli era piaciuto e perché stava già pensando a quando sarebbe accaduto nuovamente, quello era sbagliato, assolutamente sbagliato.

Una cosa era un peccato compiuto in un momento di debolezza ma pianificarlo era diabolico. Due uomini che si amavano, che … facevano quelle cose, era sbagliato, era peccato, era un crimine e quel che era peggio non riusciva a scacciare le immagini di quella notte, non aveva nemmeno la scusa di essere ubriaco, la sua anima era dannata per l’eternità e Martìn… poteva non importargli ma a lui importava e non poteva assolutamente permettere che… no, non a lui, tutti ma non lui. Si rivestì con gesti frenetici e poi uscì doveva chiedere perdono, sperare nella misericordia divina e… doveva ottenere perdono, perché era sicuro che non sarebbe più dovuto accadere, anche se una parte di sé lo desiderava, gli stava consigliando di tornare a letto da Martìn e ripetere tutto quello che avevano fatto la notte precedente.

Sapeva esattamente dove andare, sperò solo che non fosse troppo tardi.

Sergio Marquina era rimasto sorpreso dallo svolgersi degli eventi.

Un momento prima suo fratello e Martìn si stavano urlando addosso, non aveva capito cosa perché Monica e Daniel gli avevano sconsigliato di raggiungerli, e un momento dopo i due si stavano baciando come se la loro vita dipendesse da quello. Era rimasto senza parole di fronte a quello ma allo stesso tempo aveva pensato che fosse naturale, forse quella tra i due era un’attrazione nascosta, un’intesa che non aveva mai sospettato e ora stava finalmente accadendo.

I due si erano completamente dimenticati di lui che era tornato assieme a Monica e Daniel i quali avevano ridacchiato per tutto il tempo. Chiacchierando con loro era rimasto sorpreso da quanto i due fossero… progressisti. Monica a suo tempo aveva avuto una relazione con un uomo sposato che l’aveva lasciata quando era rimasta incinta, si era rimboccata le mani e dopo aver conosciuto Daniel lo aveva sposato senza che nessuno avesse nulla da ridire sulla faccenda. Daniel aveva adottato il figlio di lei e non gli pesava affatto crescere il figlio di un altro uomo, anzi era fiero di quel bambino e lo amava come un padre, sicuramente più di quanto suo fratello avesse mai amato Rafael anche se per quello ci voleva poco.

Arrivato al portone Daniel si era offerto di accompagnarlo e Monica li aveva aspettati nell’androne del palazzo, come aveva temuto la porta era chiusa e lui non aveva le chiavi. Daniel aveva trafficato per pochi secondi e aveva forzato la porta, era stato un onore aveva aggiunto prima di andarsene.

Non aveva chiuso occhio a causa delle pareti sottili e del rumore del letto che sbatteva contro la parete, almeno aveva risolto un problema aveva pensato prima di cedere alla stanchezza, anche se così ne erano nati almeno altri cento. Che a suo fratello piacessero anche gli uomini era una novità, non ricordava nulla di simile o che Andrés gli avesse mai fatto delle confessioni a riguardo.

Il problema vero era un altro, come potevano davvero sperare che quello che avevano, qualsiasi cosa fosse, resistesse quando il loro tempo in quel secolo stava per svanire?

Non si trattava della distanza, di incontrarsi una volta al mese o ogni tre mesi, ma di ben cinque secoli che a breve li avrebbero divisi? Che senso aveva cominciare una relazioni se questa era già condannata fin dal principio?

Aveva fatto dei pensieri su Raquel, inutile negarlo ma mai e poi mai avrebbe cominciato una qualche liason con lei, illuderla sarebbe stato crudele e ci teneva a lei. Raquel era stata gentile con lui, gli aveva sorriso e proprio per questo non meritava di scoprire che un giorno lui sarebbe sparito senza alcuna possibilità di ritornare. Potevano essere amici ma nulla più, avrebbe fatto del male ad entrambi e se lui poteva sopportarlo non era giusto che lei si ritrovasse in quell’impiccio.

Se erano lì era anche colpa sua, se Andrés non avesse fatto di tutto per salvarlo a quest’ora suo fratello sarebbe stato al sicuro a Toledo e tra le braccia di Tatiana, invece erano lì ed erano entrambi nei guai. Sapeva bene che le sue ricerche erano pericolose, che prima o poi qualcuno della servitù avrebbe confessato di come accumulasse libri proibiti ma che addirittura avessero deciso di giustiziarlo… era pronto a tutto e lui ed Andrés ne avevano parlato ma quello era stato inaspettato. Per fortuna suo fratello conosceva la magia sebbene fosse stata proprio quella magia ad averli messi nei guai e ora… era andato tutto a rotoli e prima del previsto. Suo fratello era uno degli stregoni più dotati che avesse mai conosciuto, la stregoneria negli uomini è ereditaria gli aveva confidato sua madre poco prima di morire e infatti Andrés l’aveva ereditata da lei, un peccato che non avesse mai pensato di scoprire se Rafael era predisposto come lui, d’altro canto i rapporti tra i due erano sempre stati al minimo, Rafael aveva smesso di cercare di conquistare il rispetto e l’approvazione di suo padre ed Andrés era deciso a comportarsi come se Rafael non esistesse o nella migliore delle ipotesi come se fosse un bambino incapace di decidere da solo

Si stava servendo del letto quando vide Andrés dirigersi velocemente verso la porta e poi uscire, e sapeva esattamente dove fosse diretto, o quantomeno poteva indovinarlo. Stava avendo dei problemi ad accettare quel secolo così laico e scientifico ma c’erano dei vantaggi, indubbiamente.

<< Buongiorno Sergio, dove… >> lo salutò Martìn, i capelli in tutte le direzioni e la stessa andatura soddisfatta e colpevole delle tante cameriere che aveva sorpreso lasciare la stanza di Andrés per anni, aveva smesso di chiedergli di controllarsi, che almeno fosse discreto se davvero era intenzionato a sedurre ogni donna che gli passava davanti.

<< Mio fratello è uscito, e so dove >> replicò, sarebbe stato difficile spiegarlo a Martìn ma doveva pur tentare.

<< Bene… bene, molto bene >> fu la risposta dell’altro, quella situazione era tremendamente imbarazzante.

<< I muri sono sottili, molto sottili >> rivelò e l’altro per poco non si strozzò col latte.

<< Sappi che è stato consensuale, lo volevamo tutti e due, non gli sono saltato addosso per poi abbassargli i pantaloni e farmi scopare, è stato il contrario >> fu la replica, duro ma comprensibile pensò Sergio.

<< Non volevo dire quello, sei consapevole di come andrà a finire, vero? >> domandò e vide l’altro sospirare.

<< Ho già avuto il cuore spezzato, una volta di più, una volta di meno… che differenza fa? Ormai non dovrebbe più farmi effetto eppure… >> rispose Martìn, non sapeva Andrés ma era evidente che i sentimenti dell’argentino erano più profondi di un semplice desiderio carnale, proprio come aveva temuto.

<< Non dovrei essere io a dirtelo ma io e mio fratello eravamo abituati a seguire due messe al giorno, abbiamo avuto dei religiosi come precettori e Andrés si è sposato in chiesa, suo figlio Rafael è stato doverosamente battezzato e… ciò che sto cercando di dirti è che il cattolicesimo è molto importante per noi, ci vorrà del tempo ma… devi avere pazienza >>

<< Capisco cosa vuoi dire, lo capisco fin troppo bene, non hai bisogno di scusarti per lui >> fu la risposta.

<< Vieni con me, so esattamente dove possiamo trovare mio fratello >> si limitò a dire, che se la risolvessero da soli, lui li avrebbe avvisati dei rischi e che poi se la vedessero loro, non aveva né il tempo né il desiderio di fare loro da balia. L’altro assentì distrattamente e Sergio considerò chiusa la conversazione.

<< Cosa hai sentito? >> gli domandò Martìn mentre aspettavano l’ascensore.

<< Tutto, ho sentito tutto e… vediamola così: sempre meglio di quando a Toledo si portava a letto le serve per poi cacciarle la mattina dopo >> rispose lui.

<< Ma non hai detto che è sposato e ha un figlio? >> domandò Martìn curioso.

<< Certo, mio fratello si è sposato tre volte, la sua prima moglie gli ha dato Rafael per poi morire poco dopo, la numero due è morta quando mio nipote aveva cinque anni e dopo alcuni anni di lutto Andrés ha sposato Tatiana. In quanto alla fedeltà… l’amore è una cosa e il matrimonio un’altra, anche quando ci si sposa per amore; so che le cose ora sono cambiate ma nel nostro tempo non ci si sposa per amore, non al primo matrimonio almeno >> tentò di spiegargli. Quel secolo credeva nell’amore, nelle coppie innamorate che si sposavano e Sergio non sapeva se fossero tutti tremendamente ingenui o incredibilmente coraggiosi.

 

***

 

 

Sergio Marquina sapeva esattamente dove andare.

Non perché fosse pratico di Madrid, che ricordava come un paesino di poche anime difficilmente individuabile su una mappa, ma perché conosceva bene suo fratello e soprattutto la mentalità con cui erano entrambi cresciuti. Certo, suo fratello spesso era di difficile decifrazione, non era facile capirlo a meno di non conoscerlo bene ma Sergio sapeva bene che essendo cresciuti insieme lui era avvantaggiato. Crescere insieme, le differenze tra di loro c’erano sempre state e nessuno dei loro insegnanti aveva mai mancato di rimarcarle, persino la servitù li aveva trattati diversamente per non dire il mondo esterno.

Andrés era il figlio di un duca e lui il figlio dell’amministratore, Andrés aveva ricevuto l’ordine di Santiago semplicemente perché era un duca, le sue richieste per poter anche solo far riconoscere legittimo il matrimonio dei suoi genitori erano state pergamena sprecata. Non dava la colpa a sua madre di essersi risposata dopo appena due anni di lutto, Jesus Marquina era stato un ottimo padre, sempre dignitoso e pieno di riguardi per una moglie che per lui aveva scelto di non essere duchessa, abituandolo fin da subito al concetto che lui ed Andrès non erano uguali e non lo sarebbero mai stati, suo fratello mangiava alla tavola principale quando avevano visite e lui doveva mangiare con la servitù e tante altre cose che in quel secolo così strano avrebbero trovato assurde e ridicole ma che all’epoca per lui erano sembrate sensate.

Agata aveva avuto un figlio fuori dal matrimonio e quando glielo avevano tolto aveva fatto di tutto per riaverlo, Monica era sposata con un uomo che non era il padre di suo figlio, tutti comportamenti che avrebbero fatto arrossire sua madre e Tatiana di vergogna, Martìn era un sodomita e non se ne vergognava affatto, e Mirko in quello era come lui, tutti e due avevano accettato quel fardello con tranquillità e forse anche divertimento. E lui… nessuno in quel secolo gli aveva mai chiesto di lasciare la cappella di famiglia perché lui non faceva parte della famiglia, o aveva pensato che valesse di meno di suo fratello solamente perché i suoi genitori si erano sposati con nozze morganatiche.

Arrivati alla chiesa più vicina controllò l’orologio, non si sarebbe mai abituato a quel congegno prodigioso ma non era questo l’importante in quel momento.

<< Vieni dentro con me? >> domandò, la messa era appena terminata e questo significava che suo fratello era ancora dentro.

<< Assolutamente no, io e la chiesa cattolica abbiamo rotto da un pezzo >> fu la risposta di Martìn.

<< Perché sei… insomma… ti piacciono gli uomini? >> domandò curioso, che altro motivo poteva avere uno così?

<< Quello è stato lo strappo finale. È cominciato tutto quando mio padre ha fatto internare mia madre senza che nessuno muovesse un dito per fermarlo, ho giurato che non avrei più messo piede in una chiesa… Roberto-superstar ha dovuto faticare perché accettassi prima comunione e cresima per non dire delle sue nozze ma… io in chiesa non ci vado >> fu la risposta, Sergio era sicuro che ci fosse altro ma non insistette, non stava a lui fare pressioni. << Roberto è mio fratello, una delle persone migliori che abbia mai incontrato, vive a Buenos Aires, ha un figlio e sono anni che ci sentiamo solo per telefono >> aggiunse Martìn, Sergio era sicuro che ci fosse di più ma non era il momento adatto.

Si fece un veloce segno della croce ed entrò.

Non si sarebbe mai abituato a tutta quella modernità ma gli piaceva, uomini e donne seduti ovunque desiderassero, poter vedere il prete in volto, lo spagnolo al posto del latino, senza dubbio erano passi da gigante ma allo stesso tempo si sentiva inadeguato. Non ebbe difficoltà ad individuare suo fratello. Andrés era vestito in maniera impeccabile, un dettaglio a cui non aveva fatto caso in precedenza, e come previsto stava pregando con un fervore che non gli conosceva, doveva essere brutto scoprire una spetto di sé in quella maniera e soprattutto rendersi conto di non essere sbagliato come gli era sempre stato fatto credere, non era per niente sorpreso che suo fratello avesse avuto quello che i libri di quel secolo avrebbero definito “un crollo nervoso”.

Si avvicinò senza far rumore e si sedette accanto a lui.

<< Quanto tempo hai intenzione di restare qui a pregare per qualcosa di cui non hai colpa? >> domandò a voce bassa.

<< Tutto il tempo necessario e ho delle colpe, così tante colpe >> fu la risposta di suo fratello che lo fece sospirare.

<< Hai tradito Tatiana, come se fosse la prima volta che accade. Non ti è mai importato prima >> tentò di farlo ragionare, adulterio, fornicazione, superbia e tanto altro, conosceva bene i peccati di suo fratello.

<< Non è così, questa volta è diverso >> fu la prevedibile replica.

<< Perché è un uomo? Non c’è nulla di sbagliato, in questo secolo si può amare chi si vuole, ho letto che due uomini possono sposarsi tra di loro, che si può cambiare il proprio corpo e tanto altro, non c’è nulla di sbagliato in una notte di passione >>

<< È proprio questo il problema hermanito, possibile che non capisci? >> replicò Andrés alzando appena la voce, le dita che sgranavano velocemente il rosario.

<< Aiutami a capire allora, cosa ti turba di più? Aver dormito con un uomo o che questo sia considerato un peccato mortale? >> domandò.

<< Che mi sia piaciuto, e che accadrà di nuovo >> fu la risposta che lo lasciò sorpreso, come… non aveva senso.

<< Come puoi dirlo? Se sei pentito non dovrebbe accadere più >> tentò di dire, c’era qualcosa di sbagliato in quello.

<< È questo il vero problema: non sono pentito e sono sicuro che accadrà di nuovo, che sarò io a volerlo e che mi piacerà fargli quelle cose. E questo è sbagliato: come posso essere pentito se questa mattina ho pensato che non mi ero mai sentito così bene? >> gli spiegò suo fratello, la rinnovata libertà di pensiero del ventunesimo secolo stava affrontando un retaggio di cui era difficile fare a meno in appena un mese pensò Sergio. Andrés non era pentito di aver fatto sesso con Martìn, anzi probabilmente avrebbe cercato ogni possibile occasione perché accadesse di nuovo, era però spaventato dal fatto che quello che era stato abituato a considerare un peccato ai suoi occhi non lo era affatto. Non era pentito perché il pentimento presupponeva il desiderio di non peccare più ma quello non poteva accettarlo e… era un bel casino.

<< Credo di capire. Hai peccato, ti è piaciuto, non sarebbe dovuto accadere ma vuoi che accada di nuovo e questo non ti piace. Hai pensato che forse hai dei sentimenti per Martìn? Sentimenti che ti hanno portato a fare quello che hai fatto? >> domandò. Non si riferiva solamente all’atto in sé ma anche ai baci e al suo comportamento la notte precedente, di cui era stato testimone.

<< Lui mi appartiene, come può anche solo pensare di stare senza di me? E se per farglielo capire devono avere dei rapporti carnali con lui allora così sia. Noi due siamo fatti per quello, è mio e farò di tutto perché le cose restino così, anche se la sodomia è peccato. Martìn mi appartiene e lo sa, lo ha sempre saputo come io so che non permetterò a nessuno di intromettersi tra di noi >> gli rispose suo fratello, quella non era affatto la risposta che si aspettava. Quello non era amore, o meglio lo era ma nel suo stato più primordiale e viscerale, un sentimento di possesso e di predestinazione che non gli piaceva, se Martìn provava gli stessi sentimenti di suo fratello allora era la fine, quei due sarebbero stati disposti a distruggere il mondo pur di non essere separati. E dovevano tornare nel loro secolo, quello era inderogabile e il distacco li avrebbe probabilmente uccisi. Non gli erano sfuggiti gli sguardi che Andrés aveva lanciato a Mirko Dragic quando avevano scoperto che lui e Martìn avevano avuto una relazione, anzi era stato Andrés il primo a notarlo e questo perché li aveva tenuti d’occhio senza nemmeno accorgersene. E in quel locale… suo fratello bruciava di gelosia senza nemmeno rendersene conto, anzi, sarebbe stato capace di negarlo. Non importava che Martìn fosse un uomo, che entrambi fossero due uomini, quello che avevano, qualsiasi cosa fosse, era più forte di quello, era qualcosa di profondo e intenso che andava oltre la sessualità e tutto il resto che nel terzo millennio era divenuto materia di studio.

<< Tutto questo non andrà a finire bene e io me ne lavo le mani. Siete adulti, capaci di intendere e di volere e non mi intrometterò anche se… finirà tutto male >> si limitò a dire prima di alzarsi e farsi il segno della croce. Martìn era imprevedibile e impulsivo, Andrés aveva da sempre l’idea che qualsiasi cosa volesse se la dovesse prendere senza curarsi delle sofferenze che avrebbe arrecato e insieme… vedeva solo caos ma non sarebbe stato un suo problema.

 

***

 

Era tutto strano, semplice eppure complicato pensò Andrés de Fonollosa quella domenica notte.

Martìn non gli aveva fatto domande, non lo aveva perso di vista per tutto il giorno e avrebbe accettato qualsiasi sua decisione, quello era palese. Sergio aveva rinunciato a loro preferendo leggere testi di psicologia e antropologia per poter meglio capire quel secolo e a cui lui non era minimamente interessato, l’unica persona che gli interessava viveva in casa con lui e suo fratello.

Non sapeva esattamente cosa provasse nei confronti di Martìn, non era un amore tranquillo e doveroso come quello che aveva provato per la sua prima moglie, o la passione che aveva avuto per Tatiana, tantomeno il desiderio estemporaneo che doveva assolutamente soddisfare con le cameriere e le contadine, era qualcosa di diverso, di assoluto e che gli toglieva il fiato. Aveva bisogno dell’altro in ogni modo possibile, anche alla maniera carnale.

Gli tornò in mente una frase che aveva udito in uno di quei film che Martìn aveva fatto vedere loro due giorni prima, un film lunghissimo su un re di baviera che ad un certo punto era impazzito: nel buio di una stanza, con l’immaginazione del peccato, ti renderai conto che il tepore di un corpo è uguale a quello di un altro. Quel film gli aveva dimostrato due cose: che i tedeschi erano tutti dei depravati e che niente restava impunito ma soprattutto che bisognava pensare in grande, e in quello lui era maestro.

Quella notte fu ancora più facile, quando raggiunse Martìn l’altro ne fu inizialmente sorpreso ma poi gli si consegnò con un abbandono che mai aveva riscontrato nelle sue conquiste precedenti. Martìn era senza freni, lo desiderava in maniera viscerale, era passionale, lo baciava come se ne andasse della sua vita stessa e il modo in cui aprì le gambe quando furono entrambi senza vestiti… avrebbe potuto passarci la vita tra quelle gambe.

Lascia fare a me sussurrò l’altro prima di prepararsi sommariamente e poi… quello era il paradiso, aveva bisogno di quel calore, di quel contatto, di Martìn, poco importava che fosse peccato, sarebbe finito all’inferno cento volte pur di poter godere di quell’amore per un altro secondo. Si mossero in sincrono, come se fossero fatti per quello, come se i loro corpi pur nascendo a distanza di cinque secoli fossero destinati ad incontrarsi e ad unirsi in quella danza perversa e primordiale. I loro baci erano traboccanti di ardore e di passione, le mani si cercavano in maniera spasmodica e i fianchi di Martìn che si muovevano gli stavano regalando il paradiso, quanto lo amava fu il suo ultimo pensiero.

E tuttavia quella sensazione amara provocata da quello che aveva appreso e da quello che la chiesa gli aveva trasmesso restava, in maniera minore rispetto a quella mattina ma restava comunque e c’era un unico sistema perché smettesse di tormentarlo.

Sergio Marquina si era finalmente addormentato dopo aver sentito perfettamente il letto sbattere contro la parete ansiti e gemiti che lo avevano tenuto sveglio per quelle che gli erano sembrate ore, aveva bisogno di trovare un sistema efficace per non sentirli.

Fu allora che sentì un altro rumore, lo conosceva e non prometteva niente di buono. Veloce si alzò e si diresse verso il salotto sperando che non fosse quello che temeva. Accese la luce e rimase senza parole: era peggio del previsto.

<< Torna a letto e non raccontare nulla >> lo ammonì Andrés, tutto quello era sbagliato, avrebbe tanto voluto fare qualcosa ma gli avevano insegnato ad obbedire a suo fratello e d era troppo stanco per ribellarsi come voleva.

<< Non… non dovresti farlo >> si limitò a dire sperando che capisse, nasconderlo sarebbe stato complicato.

<< Tutto questo finirà male, io ti ho avvisato >> si limitò a dire prima di ritirarsi, quel rumore infernale ancora nelle orecchie.

 

***

 

<<… e questo è tutto, la telecamera poi si spegne pur non avendo alcun guasto, come per magia >> dichiarò Angel prima di chiudere il filmato lasciandola senza parole.

Raquel Murrillo odiava sbagliarsi sulle persone, le era accaduto solamente un’unica volta e l’aveva pagata cara ma non poteva negare l’evidenza. Quando aveva conosciuto Sergio Marquina gli era sembrato una persona per bene, un po’ troppo timido ma una di quelle persone che ha bisogno di fidarsi e non aveva ignorato la maniera in cui l’aveva guardata, aveva Alicia come testimone come se non bastasse.

Avrebbe dovuto sospettare qualcosa quando aveva scoperto che era amico di Martìn Berrote, lì era stata ingenua. Non era omofoba o razzista ma l’argentino aveva l’insuperata capacità di vivere al limite della legge e conoscere persone come lui. Ramos padre e Ramos figlio, uno con una fedina penale lunga quanto i Pirenei e l’altro star di YouTube per le ragioni sbagliate, Agata Jimenez che faceva chissà cosa per non dire Mirko Dragic col suo passato da soldato durante le guerre nei Balcani, non persone di spiccata moralità ma nemmeno criminali irrecuperabili. E ora quello.

Nel video si vedevano chiaramente Sergio, suo fratello e Martìn, poi come per magia la telecamera si spegneva per riprendere a funzionare due ore dopo come se niente fosse.

<< A quanto ammonta al refurtiva? >> domandò scoraggiata.

<< L’incasso del giorno, piuttosto cospicuo essendo venerdì e diversi completi, la cosa strana è che sono tuti fatti a mano quindi o quei tre hanno avviato una sartoria o dubito che qualcuno li comprerà >> spiegò Angel lasciandola perplessa.

<< Io li conosco… i complici del nostro argentino preferito, li ho già incontrati >> ammise, ormai…

<< Molto bene, non ho trovato nulla su di loro, due fantasmi lascerebbero più tracce >> rispose Angel.

<< Andrés de Fonollosa e Sergio Marquina, ti dicono niente come nome? >> domandò e Angel la guardò come se fosse pazza. Veloce aprì un’altra finestra sul computer e digitò il primo nome, come primo risultato Google diede loro il sito di un palazzo di Toledo. Angel cliccò velocemente sulla galleria fotografica e cliccò su quella di un dipinto e fu il suo turno di ammutolire.

L’uomo nel ritratto era identico ad Andrés, il fratello di Sergio: stesso taglio di capelli, stesso portamento elegante, stessa espressione arrogante che induceva a volerlo prendere a schiaffi, era come se fossero gemelli pensò meravigliata.

<< “Andrés de Fonollosa, quinto duca de Fonollosa, Grande di Spagna e cavaliere dell’ordine di Santiago, nato nel 1472, data di morte sconosciuta” >> lesse Angel, un discendente? Un sosia a distanza di cinque secoli che gli era anche omonimo?

<< Un duca finito a fare il ladro? È proprio vero che la nobiltà non paga >> ironizzò lei.

<< È questo il bello: l’ultimo duca Fonollosa si chiama Roberto, lavora a New York e non mette piede in Spagna da vent’anni, suo figlio Diego studia ad Harvad, non hanno parenti da parte di padre in quanto l’ultimo conte Fonollosa fu ucciso durante la guerra delle Filippine >> le spiegò Angel.

<< Un’omonimia? >> domandò, perché complicarsi la vita?

<< Lo credevo anch’io quando hai detto il primo nome ma… domenica sono andato a Toledo con Mari Carmen >> ammise Angel, quando erano insieme evitava di menzionare sua moglie come se lei potesse dimenticarsi che era sposato. << Siamo stati anche a visitare palazzo Fonollosa che era aperto al pubblico, e una guida ci ha fatto fare un tour guidato spiegandoci tutta la dinastia compreso il fratello segreto del quinto duca >> aggiunse.

<< Fratello segreto? Figlio di una relazione extraconiugale? >>

<< No, figlio del secondo matrimonio della duchessa la quale perse la testa per il suo amministratore, tale Jesus Marquina, lo sposò ed ebbe da lui un figlio… chiamato Sergio >> rivelò Angel, fosse stata una serie americana Raquel avrebbe creduto alla reincarnazione o ai viaggi nel tempo.

<< Stai scherzando, vero? >> disse invece.

<< Affatto. Non ci sono ritratti di Sergio Marquina e di lui non si sa nulla se non che fu giudicato colpevole di eresia in quanto sembra che collezionasse libri proibiti, la condanna fu il rogo ma sembra che non ci siano prove dell’esecuzione, cosa strana suo fratello sparì poco dopo la presunta esecuzione, si presume si sia imbarcato per le Americhe e sia morto lì, Cortez sarebbe sbarcato in Messico appena due anni dopo >> le spiegò Angel, tutto quello era assurdo e illogico.

<< Se davvero è scomparso doveva avere un figlio, o anche un nipote visto che all’epoca si facevano figli molto giovani >> ragionò lei.

<< Un unico figlio, Rafael. Sposatosi dopo dieci anni dalla scomparsa del padre, sembra che se la facesse con la matrigna che era quasi sua coetanea, poi ha deciso che era meglio trovarsi una moglie sua >> l’avvisò Angel.

<< E Rafael de Fonollosa è colui che ha continuato il casato >>

<< Esattamente, ha dato origine anche alla linea cadetta dei conti de Fonollosa ed è morto durante la ribellione dei moriscos, dimenticavo… la guida ha dichiarato di essere sicuro che fino a un mese fa la data di morte del duca era presente, poi è scomparsa ma se anche fosse vero lui non la ricorda >> concluse Angel.

Andrés de Fonollosa aveva un sosia e omonimo nel ventunesimo secolo e un fratello con lo stesso nome… tutto quello era assurdo.

<< Ricapitolando, un tizio identico ad un duca scomparso dall’oggi al domani, così identico che sembrano gemelli, a meno di non escludere un intervento di chirurgia plastica è una situazione più unica che rara >> riepilogò lei, non aveva notato cicatrici visibili sul viso di Andrés o qualcosa che facesse pensare ad un’operazione volta ad alterare tratti del viso.

<< Dammi il numero del suo chirurgo se è davvero così >> ironizzò Angel prima che lei si dirigesse a prendere il cappotto.

<< Devo uscire un secondo, tornerò nel pomeriggio >> dichiarò, aveva la sensazione che dei due l’anello debole fosse Sergio, l’unico che avrebbe potuto dirle qualcosa, suo fratello non avrebbe detto nulla, si sarebbe attenuto alla recita che avevano concordato e Martìn forse non sapeva nulla. Era strano ma era disposta a vederci chiaro, come sbirro e come donna.

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Capitolo 6
*** quinto capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Maldito sea aquel día
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX olombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Esa Hembra es mala" di Gloria Trevì, la canzone tra l'altro è anche la opening della celeberrima telenovelas messicana "Teresa"



 

Sergio Marquina non poteva dire che la sua vita si fosse sistemata ma sicuramente ora procedeva in maniera più tranquilla.

Tra suo fratello e Martìn sembrava esserci una relazione o qualcosa di simile, di sicuro si incontravano ogni notte per fare chissà cosa e durante il dì erano particolarmente vicini. Non li aveva mai visti baciarsi ma alcuni tempi morti nel corso della giornata gli avevano fatto sospettare che i due si baciassero spesso e volentieri, semplicemente non volevano che lui assistesse.

Aveva cercato informazioni sulla loro famiglia, trovando poche cose, al ritorno avrebbe decisamente dovuto portare Rafael in Germania e poi in Italia per farlo studiare, se non lui chi?

Per questo rimase sorpreso quel martedì pomeriggio quando ricevette un messaggio sul suo telefono da parte di Raquel.

Aveva parlato con Raquel sabato e ricordava bene di averle dato il suo numero di telefono ma era anche sicuro che l’altra non lo avrebbe cercato. Raquel gli piaceva, inutile negarlo, ma visto e considerato l’immenso pasticcio in cui si trovava iniziare una relazione con lei o anche solo corteggiarla, sarebbe stato controproducente. Lui apparteneva ad un altro secolo, in cui sarebbe dovuto tornare e non aveva alcuna possibilità di poter spiegare la situazione a Raquel senza che lei pensasse che fosse impazzito.

Avrebbe potuto viverla tranquillamente e in maniera appassionata come stavano facendo Andrés e Martìn ma era sicuro che quando lui e Andrés sarebbero tornati nel loro secolo tutti e due ne avrebbero infinitamente sofferto.

Rimase ad osservare lo schermo per poi rispondere imbarazzato e alzò gli occhi dal telefono appena in tempo per evitare la zuccheriera che volò fino alle mani di suo fratello. Era felice che ormai suo fratello avesse ripreso lentamente le forze ma se continuava a sprecarle in quella maniera non sarebbe stato abbastanza forte per poter eseguire l’incantesimo temporale e per includere anche lui nella formula. A meno che… ma quello era impossibile.

<< Io… devo uscire, sarò assente tutto il pomeriggio, sicuro che non annoierai a stare da solo? >> domandò, il giorno precedente erano andati al museo reale del Prado ma avrebbero dovuto seriamente pensare ad uscire, fosse anche per non occupare sempre l’appartamento di Martìn, in quel momento a lavoro.

<< Nient’affatto, chi è la donna del mistero? >> gli domandò Andrés, ma come aveva fatto?

<< Non sono affari tuoi, e come sai che si tratta di una donna? >> rispose lui curioso.

<< Siamo stati sempre insieme tranne quando in quel locale sei andato a prendere da bere e sei stato via più tempo del dovuto. Hai risposto al telefono e sei arrossito proprio come quando ti ho portato per la prima volta in un bordello, è ovvio che tu stia per incontrare una donna >> fu la risposta di suo fratello, e lui si preoccupava di quello che sarebbe accaduto a lui e Martìn, doveva smettere di preoccuparsi per gli altri.

<< Non sono affari tuoi, ho bisogno di un po’ d’aria >> rispose prima che suo fratello aprisse la finestra con uno schiocco di dita.

<< Prendi la cartina di Madrid che si trova nella nostra stanza, altrimenti potresti perderti >> lo rimproverò suo fratello. La nostra stanza pensò Sergio, ma se erano tre giorni che dormiva da solo, non che se ne lamentasse ma… tutto quello era assurdo.

Raquel gli aveva mandato persino le coordinate si disse mentre si recava verso il luogo dell’appuntamento, una donna adorabile, se solo fossero appartenuti allo stesso secolo l’avrebbe sicuramente corteggiata. Non era mai stato in un bar come quello, anzi non era mai stato in un bar prima di quel momento, Martìn preferiva ordinare d’asporto, il caffè se lo faceva in casa e per il resto si arrangiava come preferiva, aveva nostalgia dei banchetti che ogni settimana suo fratello organizzava a base di cacciagione ovviamente cacciata da lui e da Andrés.

Raquel era già seduta e rispose imbarazzato al saluto di lei, era davvero attraente quel giorno.

<< Hai già ordinato qualcosa o sei appena arrivata? >> domandò dopo averla raggiunta.

<< Non ancora, è bello rivederti >> rispose Raquel.

Rimasero lì a parlare di amenità fino al caffè, non si era mai trovato in una situazione simile e non sapeva esattamente cosa dire. Raquel per fortuna era intelligente, spiritosa e attraente, la donna perfetta si ritrovò a pensare, se solo l’avesse conosciuta nel suo tempo.

Stava per congedarsi, sicuramente a quell’ora Martìn doveva essere tornato a casa e probabilmente lui ed Andrés erano impegnati in chissà cosa o stavano ridendo di lui, o entrambe, quando sentì qualcosa che premeva contro la sua gamba.

<< Ti consiglio di non scherzare, sono un poliziotto e stai sicuro che troverò persone pronte a dichiarare che mi hai aggredita >> dichiarò Raquel, gli stava puntando la pistola d’ordinanza, ma che cosa… cosa stava succedendo?

<< Cosa… cosa significa? >> domandò mentre la sua mente cercava una scappatoia.

<< Sai benissimo cosa significa, so tutto >> rivelò Raquel lasciandolo senza parole. Sapeva che l’altra era intelligente ma che avesse capito tutto e lo avesse accettato era impossibile. Martìn stesso aveva avuto problemi ad accettare la verità eppure vivevano insieme da un mese, come aveva letto in un libro la mente umana era portata a cercare spiegazioni scientifiche ai fatti più assurdi e ad adattare la realtà alle proprie conoscenze.

<< Come… come hai fatto? >> sussurrò, eppure erano stati attenti, persino quando… la sartoria! Ecco dove si erano traditi, Raquel era un poliziotto, di sicuro aveva visto il video e se suo fratello aveva spento al telecamera per ultima… lo si vedeva benissimo utilizzare i suoi poteri, ecco dove avevano sbagliato.

<< Davvero me lo stai chiedendo? >> lo prese in giro Raquel, la pistola sempre puntata contro la sua gamba.

<< Posso spiegarti tutto, sei davvero una donna eccezionale >> ammise lui.

<< Comincia col dirmi il tuo nome e quello di tuo fratello >> lo incalzò Raquel.

<< Mi chiamo Sergio Marquina, sono nato a Toledo nel 1475, figlio di Isabel de Corral e Jesus Marquina, fratello uterino del duca Andrés de Fonollosa, quinto duca de Fonollosa e Grande di Spagna, zio di Rafael de Fonollosa, futuro duca de Fonollosa, condannato dall’Inquisizione per detenzione di testi proibiti e apostasia. Ci tengo a far saper che non sono un eretico, solo uno studioso >> rivelò, Raquel era una donna intelligente, doveva già sapere tutto, lui stava solamente confermando. Quello che lo sorprese fu l’espressione di Raquel cambiare, come se avesse detto chissà cosa.

<< Tu sei folle, e come saresti arrivato nel ventunesimo secolo, non sarai immortale? >> gli domandò la donna cercando di controllarsi, forse si riferiva a qualcos’altro quando aveva dichiarato di sapere tutto.

<< Magia, mio fratello è uno stregone per eredità, voleva salvarmi dal rogo e… ci è riuscito ma siamo finiti cinque secoli nel futuro e non cinque giorni nel passato >> spiegò.

<< E pensi che debba credere a questa storia? >> lo incalcò Raquel.

<< Ti invito a casa, mio fratello adora mostrare i suoi poteri e ormai Martìn si è abituato a noi >> rispose stancamente.

<< Io… accetto ma se mi renderò conto che stai mentendo e vuoi giocarti la carta dell’infermità mentale sappi che ti farò davvero male >> concluse Raquel prima di alzarsi e fargli cenno di seguirlo. Era sicuro di essersi rovinato con le sue mani ma almeno si sarebbe tolto un peso dallo stomaco.

 

***

 

Martìn Berrote stranamente si sentiva fiducioso nel futuro.

La sua relazione, o quello che aveva, con Andrés proseguiva più che bene e non si era mai sentito in quella maniera. Non sapeva se fosse amore o semplice passione ma non voleva rinunciarvi, Andrés era tutto quello che aveva atteso per anni, l’uomo perfetto per lui. Certo, l’esperienza non era troppa, era il primo uomo dell’altro, ma lo spagnolo compensava con una certa abilità e una resistenza encomiabile, era dai tempi dell’università che non scopava tanto.

Andare a lavoro era stato una tortura ma doveva pur guadagnarsi da vivere, Mirko per fortuna non gli aveva fatto domande e aveva evitato di parlare di Agata, cosa di cui gli era grato. Solo una cosa lo lasciava perplesso ossia Andrés che insisteva per non togliersi la camicia, all’infuori della loro prima notte insieme l’altro non si era mai tolto la camicia o il pigiama, gli faceva tutto quello che voleva, sapeva ascoltarlo ma non si spogliava.

Probabilmente era qualcosa di tipico nella sua era, anche nei film si vedevano uomini e donne con quelle orrende camicie da notte quindi si era detto che non c’era nulla di preoccupante.

Quel giorno era andato tutto per il meglio, appena tornato Andrés gli aveva fatto capire cosa desiderasse ed era stato più che felice di seguirlo in camera da letto, Sergio era uscito quindi questo significava che potevano essere rumorosi, e lui adorava poter essere libero di esternare quanto gli piacesse farsi scopare. Era stato… fantastico pensò prima di accendersi una sigaretta, non era mai stato tipo da sigarette del dopo ma ogni tanto bisognava variare.

<< È .. ora capisco molte cose >> gli disse Andrés prima di rimettersi i pantaloni, era sicuramente l’uomo più affascinante che avesse mai visto, come poteva non essersi innamorato a prima vista non lo sapeva proprio, di sicuro quello che avvertiva era un sentimento profondo, amore, passione, desiderio o tutte e tre.

<< Non hai …mai? Sul serio? >> gli domandò curioso, voleva sapere tutto dell’altro. Non riusciva a pensare che a breve Andrés e Sergio sarebbero tornati nel loro tempo e aveva risolto quella situazione rifiutandosi di pensarci. Un sistema stupido e infantile, ne era perfettamente a conoscenza ma doveva funzionare, pensarci avrebbe solo anticipato il dolore che avrebbe inequivocabilmente provato.

<< Assolutamente no, ho avuto tante donne nella mia vita, grandi dame e serve, ricche e povere ma non ho mai pensato a un uomo, e non ho mai pagato per loro, tranne quando avevo tredici anni e dovevo pur imparare. Tu invece, mai stato con una donna? >> gli domandò Andrés, c’erano così tante cose di cui dovevano parlare e così poco tempo per farlo.

<< A 12 anni, tre mesi con Alexia Gil, ci siamo baciati un’unica volta e il mio unico pensiero è stato che non volevo più farlo, poi ho baciato suo fratello José e ho capito che quello invece mi piaceva e volevo rifarlo >> gli spiegò lui, erano anni che non pensava a José eppure gli aveva voluto bene, lo aveva persino amato con la tipica incoscienza degli adolescenti, questo prima che suo padre lo scoprisse, prima dei bar dove si recava da ragazzo la sera di nascosto per rimorchiare, prima di Dario, soprattutto prima di Dario.

Andrés sorrise divertito, se solo avessero avuto del tempo, del vero tempo e non quella specie di intervallo. Stava per chiedergli qualcosa sul suo passato, qualsiasi cosa andava bene perché voleva solamente ascoltare il suono della sua voce, quando sentì la porta aprirsi, pinche Sergio.

Sentì l’altro bussare velocemente alla loro porta e poi dei passi, a differenza di Andrés che si precipitò essendo già vestito si prese i suoi tempi, non poteva essere così urgente si disse.

E invece lo era, era fin troppo urgente si disse nel vedere Raquel Murrillo seduta sul suo divano.

Perché capitavano tutte a lui? Perché? Una cosa sbagliata aveva fatto, una sola e ora era finito. Eppure era sicuro che Andrés avesse spento le telecamere, non aveva ancora capito come funzionavano i poteri dell’altro ma lo aveva visto lui.

<< Abbiamo avuto un qui pro quo, lei si riferiva ad una cosa, io ho creduto si riferisse ad un’altra e ora sa tutto >> spiegò loro Sergio, pinche Sergio, almeno era doverosamente imbarazzato.

<< Lo dicevo io che dovevi incontrare una donna >> si limitò a dire Andrés prima di fare il baciamano a Raquel che rimase sorpresa.

<< Ma... quindi è tutto vero? Voglio una prova, qualcosa che non possa essere smentita >> dichiarò la donna, sbirro fino in fondo pensò lui con una certa ammirazione.

<< Andrés, perché non ti comporti da cavaliere e non offri a Raquel una tazza di thè? >> domandò divertito. Andrés gli sorrise, chiuse gli occhi e poi schioccò le dita.

Come previsto tempo dieci secondi dopo vide il thermos e una tazzina volare nella loro direzione, la tazzina si diresse poi verso Raquel, il thermos si svitò da solo e rovesciò un po’ di thè dritto nella tazzina per poi richiudersi. Lui ormai era abituato a quello, e così Sergio ma Raquel rimase senza parole. Veloce la donna bevve un sorso, poi appoggiò la tazzina sul bracciolo e allungò la mano, come previsto stava cercando dei fili, prevedibile. Anche lui ci aveva pensato i primi giorni, che tutto quello fosse un trucco da illusionista e che se non se n’era accorto era semplicemente perché la sua mente aveva deciso di farsi imbrogliare; solo che non c’era nessun trucco, quella era davvero magia.

<< Dov’è il filo? >> domandò infatti.

<< Nessun filo, se non fosse con mio fratello mi riterrei personalmente offeso dalla vostra insinuazione, mai avuto bisogno di trucchi >> le rispose Andrés, ed ecco che doveva intervenire prima che l’altro dicesse qualcosa di sbagliato o di irrispettoso senza nemmeno rendersene conto.

<< Quindi lei è… è davvero uno stregone? Conosce davvero la magia e venite davvero dal 1519? >> domandò Raquel, Sergio doveva aver raccontato tutto ma un conto era sentirselo dire da un tizio che vestiva come un bibliotecario, grazie Hovik per quella citazione che avrebbe dovuto riciclare il prima possibile e un’altra vederlo con i propri occhi.

<< Esattamente, non appena mi sarò rimesso in forze ritenterò l’incantesimo per riportare me e Sergio nel nostro tempo, ma cinque giorni prima della data di partenza >> le comunicò Andrés e Martìn era sicuro che la sua espressione e quella di Raquel fossero identiche.

<< Non vorrei suonare stupida ma… se davvero ha bisogno di rimettersi in forze perché continua a sprecare così i suoi poteri? >> chiese Raquel e…cosa? In effetti negli ultimi giorni Andrés aveva fatto tutto con la magia, dal chiamare l’ascensore ad accendere le luci, come se…oh dios. Andrés non voleva andarsene, non voleva tornare nel suo tempo o almeno il suo inconscio non lo voleva, per questo stava sprecando i suoi poteri in quella maniera, non sarebbe mai stato forte abbastanza per portare sé stesso e Sergio nel sedicesimo secolo se persino per aprire una porta utilizzava la magia. Andrés avrebbe sicuramente negato ma il suo comportamento diceva tutt’altro.

<< Questo non è uno spreco, non certi incantesimi da dilettanti, impari a stare al suo posto e a non tediare gli uomini con le sue inutili preoccupazioni >> fu la risposta, doveva spiegargli che Raquel era un poliziotto e poteva arrestarlo per molto meno.

<< Come si permette di parlarmi in questo modo? Solamente perché nessuno le ha mai fatto sapere quanto è arrogante non vuol dire che devo farmi trattare così >> replicò subito Raquel, per fortuna Sergio la pensava come lui ma non sapeva come intervenire.

<< Lei non sa chi sono io, come si permette lei di alzare la voce in mia presenza? Mia moglie non mi parlerebbe mai così e lei… follia, follia >>

<< Vostra moglie deve essere una povera martire, un vero peccato che da dove venga non esista il divorzio o che non possa denunciarlo per violenza domestica >> sbottò Raquel, allora quelle voci erano vere, e lui che non ci aveva mai creduto.

<< Mia moglie è una santa, sa che cosa fa ogni volta che ho dovuto picchiarla? Mi ha baciato le mani, non ne fanno più di donne così >> fu la risposta. Aveva sospettato che Andrés non fosse un marito e un padre modello, almeno per gli standard di quel secolo, e quella ne era la conferma, non era nemmeno cosciente di essere nel torto, anzi se ne vantava persino, per quanto lui stesso fosse un uomo vecchio stampo e fondamentalmente misogino sapeva bene che c’erano cose che si potevano fare e cose che non si potevano fare. Come previsto Sergio non disse niente, di sicuro lui e Andrés da bambini erano stati picchiati ed erano cresciuti con l’idea che fosse del tutto normale, anzi che fosse dovere di ogni buon marito allungare qualche ceffone ogni tanto. Non che anche lui non avesse avuto la sua buona razione di botte da bambino ma sapeva perfettamente che quello era sbagliato e non solo perché Roberto superstar lo aveva sempre difeso ma perché quando suo padre se ne usciva dalla stanza con la cinghia dei pantaloni ancora in mano suo fratello giurava che lui non sarebbe mai stato un genitori simile, e a sentire suo nipote aveva mantenuto la promessa.

<< E vorrei vedere, e scommetto che l’ha anche tradita? E quante di quelle donne voleva davvero avere rapporti con lei? >> quello era un colpo basso ma era anche qualcosa che aveva sospettato. Andrés a letto si comportava come se il piacere gli fosse dovuto, gli aveva chiesto se gli piaceva quello che faceva ma solamente perché quelle erano le sue prime volte con un uomo.

<< Tutte, non sono certo un mostro, nessuna di loro ha mai avuto nulla di cui lamentarsi, mi hanno lasciato fare quello che dovevo com’era giusto, come uomo e come loro signore se voglio una donna me la prendo >> fu la risposta, dovevano fare una bella chiacchierata, il prima possibile.

Raquel stava per sbottare, e probabilmente per uccidere Andrés quando udì il citofono, e ora chi era?

Veloce riuscì a disimpegnarsi per andare a rispondere sperando che quei due non si ammazzassero nel suo salotto. << Martìn, sono Agata, mi fai salire? >> e ora cosa voleva anche lei?

<< Sono un po’ impegnato al momento >> replicò lui prima che Agata dicesse le parole magiche: anche lei sapeva. << Sali pure, siamo in salotto >> ammise sconfitto, com’era possibile che ora stesse accadendo tutto quello?

Per fortuna Agata non gli fece troppe domande quando entrò, salutò tutti con cortesia e un pizzico di interesse negli occhi per poi appoggiarsi alla parete e poi lo guardò sghignazzando: Daniel aveva cantato… lo sapeva lui che non poteva fidarsi.

<< Ieri sera sono andata a cena con la mia amica Silene, ricordi Silene? >> cominciò Agata.

<< La truffatrice? Madame Tokyo? >> domandò divertito. Come dimenticarsi di Silene? Anche se avrebbe voluto farlo era impossibile. Insopportabile, caotica e impulsiva, ufficialmente cartomante e ufficialmente truffatrice, come tutte quelle come lei.

<< Esatto, e non è una truffatrice ma una cartomante >> replicò Agata e vide tre paia d’occhi guardarla.

<< Predice il futuro coi tarocchi e altre stronzate, quella si chiama truffa anche se metà dei suoi clienti se la cerca >> replicò lui.

<< Quello è un altro discorso, comunque… dicevamo? Ah, si, Silene. Le ho parlato del tuo caso e quando ho fatto il suo nome è rimasta senza parole: è per caso un discendente del leggendario Fernando de Fonollosa? A quanto pare Silene è davvero una strega ma ha capito che guadagna meglio facendo la cartomante >> rivelò Agata. E così Andrés aveva dei discendenti e uno di loro era addirittura famoso nell’ambiente della stregoneria, o come si diceva.

<< Rafael ha avuto dei figli? Allora il ragazzo non è pessimo come credevo >> dichiarò Andrés prima che Sergio alzasse gli occhi al cielo rassegnato.

<< Fernando de Fonollosa, ventesimo duca de Fonollosa, gentiluomo di camera di re Fernando VII, chiamato “el brujo”, una leggenda gli attribuisce il terremoto di Lisbona del 1765 >> si intromise Raquel, << ho fatto delle ricerche quando ancora pensavo che foste dei truffatori e dei ladri, volevo essere sicura di non essere impreparata nel caso avessi dovuto interrogarvi >> ammise con un certo orgoglio.

<< Un mio discendente ha causato un terremoto? >> domandò Andrés chiaramente entusiasta della situazione, così entusiasta che cominciò a levitare.

<< Torna giù, parleremo di questa faccenda dopo, perché ci dovrebbe interessare? >> domandò lui mentre Agata lo guardava meravigliata, doveva smetterla di sopravvalutare le persone.

<< Credevo che… allora non sei impazzito, quando Mirko mi ha raccontato tutto credevo che fossi uscito di testa >> pinche Agata.

<< Cerchiamo di ragionare, questa vostra amica… Silene, potrebbe aiutarci? >> domandò Sergio.

<< Per cinquanta euro all’ora Silene vi aiuterà di sicuro, anzi lei e il suo nuovo fidanzato vi aiuteranno di sicuro >> rispose Agata divertita.

<< Ha per caso perfezionato il sistema? >> domandò lui, non sarebbe mai andato d’accordo con Silene Olivera ma ne ammirava l’abilità e tenere in piedi una truffa del genere per anni presupponeva un certo cervello. Come tutti in un certo ambiente aveva saputo della morte del precedente fidanzato di Silene, i dettagli gli sfuggivano ma René era una brava persona e non meritava di morire in quella maniera. Che Silene si fosse trovata un altro era un bene, per lei ovviamente, per il poveraccio che se la scopava nient’affatto visto e considerato che Madame Tokyo era una bomba ad orologeria ma poi ad esplodere erano gli altri.

<< Assolutamente si, questa devo proprio raccontartela. Quando il cliente di turno entra Silene chiede di sistemare cellulare e portafoglio in una scatola, poi il cliente va in un’altra stanza per “svuotarsi delle energie negative” mentre il suo ragazzo, che è un hacker, clona la scheda del telefono e le manda i dati più importanti. Finiti i cinque minuti il cliente viene ammesso, Silene finge di leggere i tarocchi e sa già tutto, geniale no? >> spiegò loro Agata.

<< Lei lo sa che potrei far arrestare la sua amica per truffa, furto di dati telematici e chissà cos’altro, vero? >> domandò Raquel, perché certa gente doveva per forza rovinare tutto il divertimento?

<< Lei non può provare nulla inspectora, potevano essere quattro chiacchere tra amiche o una vanteria, chissà? >> replicò Agata divertita.

<< Come vuoi, possiamo andare a trovare Silene quando vuoi ma dopo l’orario di lavoro. Vi ricordo che a differenza di tutti voi io ho un lavoro, un lavoro vero con orari precisi e delle scadenze e ora chi non vive qui esca da casa mia! >> urlò prima di cominciare a spingere le due donne in direzione della porta, se avesse saputo tutti i guai che quei due gli avrebbero procurati li avrebbe investiti quella domenica sera, ripetutamente.

 

***

 

Era accaduto di nuovo, e questa non c’erano scuse.

Sapere che Rafael aveva avuto dei figli e che uno dei suoi discendenti aveva causato una catastrofe destinata a rimanere negli anni lo aveva confortato, una volta tornato nel suo tempo avrebbe dovuto insegnare la magia al suo inutile figlio, o a suo nipote, molto meglio suo nipote. Sergio aveva chiesto se poteva usare internet e servendosi del portatile di Martìn aveva mostrato loro la sua discendenza, non si era mai sentito così orgoglioso in vita sua, e per fortuna nessuno di loro aveva scoperto la sua biblioteca segreta, quella piena di libri di magia e stregoneria.

Dopo cena lui e Martìn si erano scambiati un’occhiata e tempo cinque secondi si stavano baciando, il corpo dell’argentino premuto tra lui e il muro. Quei baci erano inebrianti, ne voleva ancora pur sapendo che quello che provava per Martìn era sbagliato.

Eppure non riusciva a farne a meno, non mentre si toglievano i vestiti per poi cadere sul letto, non mentre sentiva le mani dell’altro su di sé e lo baciava come se ne andasse della propria vita, e certamente non mentre i loro corpi si perdevano in un abbraccio sensuale, proibito e peccaminoso eppure più dolce e del miele e ben più appassionato di tutti gli incontri carnali che aveva avuto prima di conoscere Martìn.

Proprio per questo lo faceva si disse prima di alzarsi dal letto e dirigersi in soggiorno senza fare rumore. Non lo faceva per sé stesso, la sua anima era ormai condannata all’inferno ma per Martìn, lui non meritava di finire come lui e se poteva salvarlo allora… quello era il minimo, non faceva mai troppo male se sapeva dove colpire, avrebbe dovuto aspettare che si rimarginassero ma non aveva tutto quel tempo.

Martìn Berrote solitamente aveva il sonno pesante, Mirko aveva tranquillamente scherzato che nemmeno una guerra lo avrebbe svegliato, eppure per qualche motivo sconosciuto quella notte si svegliò di colpo. D’istinto allungò la mano cercando il corpo di Andrés ma non trovò nulla e la cosa lo preoccupò.

Forse Andrés era al bagno, forse aveva optato per uno spuntino di mezzanotte o stava leggendo qualcosa in salotto eppure c’era qualcosa che lo preoccupava, una sensazione che non riusciva a spiegarsi ma che era incredibilmente forte. E poi li sentì.

Dei gemiti a malapena trattenuti e dei colpi, come se un oggetto stesse colpendo qualcosa.

Veloce si rivestì alla meno peggio e si precipitò, quello che vide quando accese la luce era sicuro che non lo avrebbe mai dimenticato.

Andrés era inginocchiato al centro del soggiorno, gli dava le spalle e la sua schiena era un disastro, non riusciva a trovare un centimetro che non fosse scuro di sangue. Aveva tra le mani una frustra e… si stava flagellando, come si diceva che si facesse un tempo per chiedere perdono per i propri peccati.

Per cinque secondi rimase senza dire una parola, immobile mentre il suo cervello registrava la gravità della situazione e poi finalmente ricevette il segnale di muoversi. Corse verso l’altro terrorizzato, quello cosa stava a significare ore? Che Andrés si vergognava di quello che avevano? Che si sentiva in colpa? Che non lo riteneva degno di lui?

<< Andrés! Andrés! Perché lo stai facendo? Perché ti imponi questo? >> domandò, si rese conto di aver urlato solamente quando scorse Sergio che li stava osservando. Sergio sapeva tutto, lo aveva sempre saputo e non aveva fatto niente per fermarlo… perché?

<< Possibile che non riesca a capirlo? >> replicò Andrés poco prima di fermarsi, da quanto quella follia andava avanti? E per questo l’altro non si era mai fatto vedere senza camicia?

<< Esatto, non lo capisco. Perché cazzo devi infliggerti delle ferite? Perché devi farti del male? Un secondo fa mi stavi scopando e ora sei qui a … ti sei frustrato da solo! È da pazzi, se davvero ti faccio così schifo basta dirlo, sei venuto di tua volontà nel mio letto e di tua volontà mi ha scopato! >> urlò mentre Sergio li lasciava soli dirigendosi in cucina.

<< È proprio quello il problema. Mi piace quello che facciamo, fosse per me non lasceremo mai il tuo letto e so che questo è sbagliato ma non riesco a trovare motivi validi per non farlo, e questo è ancora più sbagliato >> gli rivelò Andrés. Non si vergognava di quello che facevano, si vergognava del fatto di non trovarvi nulla di sbagliato.

Si era aspettato di sentirsi sbagliato, colpevole e peccatore e invece gli piaceva, gli piaceva eccome e quello aveva prodotto nella sua testa una dissonanza cognitiva o come accidenti si diceva quando la realtà non corrispondeva alle proprie idee. A parer suo Andrés era sempre stato bisessuale, semplicemente la religione e il proprio retaggio culturale avevano inibito quella parte di lui che lui lo aveva aiutato a portare a galla.

<< Penso di capire quello che ti sta succedendo, non sono uno psicologo ma credo di capirlo. Torna a letto, ti aiuterò con … con le ferite e domani ne parliamo, possiamo parlare e basta >> propose, non voleva perdere Andrés e se davvero avevano poco tempo a disposizione voleva goderselo al meglio, e quello implicava niente più autoflagellazioni, niente recriminazioni e niente dolori inutili, d’altronde era sicuro che a breve avrebbero sofferto entrambi quando Andrés sarebbe tornato nel suo secolo.

Andrés si fece sollevare come se non pesasse nulla e si fece ricondurre in camera come se non fosse in sé, mentre gli disinfettava le ferite alla schiena Martìn avrebbe giurato di aver visto Sergio con in mano un bicchiere di latte che gli sorrideva grato.

<< In questo secolo le persone parlano, non sono un fan di certe cose ma noi due dobbiamo parlare, ci sono tante idee che devi toglierti dalla testa, per il tuo stesso bene >> disse dopo aver finito di medicarlo. Non seppe perché ma gli fu spontaneo avvicinarsi all’altro e cominciare a baciargli la schiena, percorrendo con le labbra il percorso delle ferite, qualsiasi dottore nel vedere tutto quello avrebbe ricoverato Andrés d’urgenza per poi segnalarlo al reparto psichiatrico. Lo sentì fremere e non smise, portò le mani sui fianchi dell’altro e sebbene desiderasse con tutte le sue forze portarle verso un'altra parte del corpo dello spagnolo si trattenne, quello non era il momento adatto per cominciare dei preliminari, forse la sera dopo o quando l’altro ne avrebbe avuto voglia.

<< Questa sera no, domani mattina forse ma questa sera no >> disse infatti Andrés e lui sorrise prima di stringerlo a sé, quando l’altro se ne sarebbe andato avrebbe avuto bisogno di aiuto.

<< Dormiamo e basta allora, mi sta bene >> rispose lui prima che Andrés lo baciasse, quanto lo amava, quando l’altro sarebbe tornato nel suo tempo avrebbe avuto una voragine al posto del cuore e non sapeva se sarebbe riuscito a sopportarlo, non così, mai si era sentito in quella maniera.

<< Ti amo tanto. Non dovrei eppure non sento vergogna per quello che prova >> ammise Andrés e lui si sentì come di fronte ad un precipizio.

<< Non puoi nemmeno immaginare quanto ti ami, non farlo mai più, non per colpa mia. Sono ateo, la mia anima è persa da tempo se vuoi saperlo, potremmo sempre essere dannati insieme >> lo confortò prima che Andrés spegnesse la luce con la magia. Tutto quello era un gran casino e il problema, il vero problema era che non poteva fare a meno di Andrés de Fonollosa e nemmeno ci avrebbe seriamente provato.

Stava per chiudere gli occhi quando se ne accorse: Andrés de Fonollosa aveva dichiarato di amarlo e lui aveva ricambiato. Erano anni che non diceva parole simili, nemmeno a Mirko le aveva dette, forse l’ultimo era stato Dario, o forse Ruben ai tempi del dottorato, e sicuramente non era mai stato facile tirargliele fuori eppure con Andrés gli era venuto naturale, tutto era stato così naturale che nemmeno ci aveva fatto caso inizialmente.

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Capitolo 7
*** Sexto capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Maldito sea aquel día
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX olombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Esa Hembra es mala" di Gloria Trevì, la canzone tra l'altro è anche la opening della celeberrima telenovelas messicana "Teresa"

 

Silene Olivera aveva dichiarato che li avrebbe ricevuti giovedì pomeriggio, aveva persino cancellato tutti gli appuntamenti del giorno per loro.

Martìn Berrote continuava a trovare tutto quello assurdo e privo di senso, a meno che lei ad Andrés non riuscissero ad agire insieme non vedeva l’utilità di sprecare così un pomeriggio. Non avevano più affrontato quel discorso, avrebbero dovuto ma non era mai il momento più opportuno per farlo, come se il mondo non volesse che si spiegassero. Non si sentiva così dall’adolescenza e gli piaceva quell’amore maturo, totalizzante e spontaneo, non era cieco da intuire che non sarebbe durata a lungo ma proprio per questo voleva godersi ogni momento.

Per quel che riguardava le altre questioni… di quello avevano parlato.

Era sicuro di non poter eliminare in due giorni un retaggio di oltre quarant’anni, e proveniente da un tempo in cui si pregava in latino, la religione non era incentrata sul pentimento e si credeva che la meritocrazia fosse una bestemmia ma almeno poteva dare una spolverata di illuminismo e diritti civili, pur non essendo la persona migliore per parlarne. Sergio in quello non gli era stato d’aiuto, pur essendosi meglio abituati al ventunesimo secolo nemmeno lui capiva cosa ci fosse di sbagliato in molti dei loro comportamenti, limitandosi a sostenere che seppur eticamente sbagliati erano però legali e lui non era la persona giusta per simili discorsi filosofici.

Non era uscito dall’armadio, aveva direttamente buttato giù la porta, o almeno così si divertiva a raccontare suo fratello ma non aveva mai provato sentimenti di vergogna o di odio verso sé stesso, quello mai. Che suo padre lo avrebbe odiato perché non aveva paura di vivere la sua vita come preferiva lo aveva messo in conto, che al suo rifiuto di sposarsi e condurre una doppia vita si sarebbe ritrovato spedito in Europa era stato imprevisto ma non lo rimpiangeva, non si era mai vergognato di quello che era e non avrebbe certamente cominciato a quell’età. Spiegarlo però era difficile, specie per uno come lui che non si era mai negato nulla e che era sempre stato cristallino sulle proprie preferenze.

In quanto al resto… a quello ci avrebbe pensato l’inspectora Murrillo, o Agata, non era certo un suo problema.

<< Era proprio necessario andare a piedi? È un’ora che camminiamo >> sbottò per l’ennesima volta, e si era persino preso il pomeriggio libero per quello.

<< Io su quel coso non ci salgo, una volta è stata più che sufficiente >> fu la risposta sprezzante di Andrés, generazione senza valori.

<< Non dico che non sia più veloce ma ritengo che camminare faccia bene, per una lunga distanza è raccomandabile ma per una distanza così breve è opportuno camminare un po’, fa bene ai polmoni e mantiene in forma >> intervenne Sergio per mediare o forse no. Che ci credesse davvero visto lo smog di Madrid era dubbio, se si fossero trovati in campagna o sulla costa avrebbe potuto anche dargli ragione.

<< Io non so se tu mi stia definendo pigro tra le righe o se davvero sei una specie di hippy ma la tecnologia esiste, avrei dovuto farvi andare a piedi e seguirvi in macchina ma siccome sono troppo buono eccoci qui >> rispose, se solo avesse potuto sbarazzarsi di Sergio e tenersi Andrés.

<< Cosa sono esattamente gli hippy? >> domandò Andrés curioso poco prima che una macchina per poco non li investisse: Agata.

<< Te lo spiego quando torniamo a casa >> rispose, aveva notato come i due fratelli si stessero informando sul mondo: Sergio stava cercando di leggere di tutto, servendosi dei documenti falsi si era procurato una tessera della biblioteca e attingeva a piene mani da ogni scaffale mentre Andrés era molto più selettivo, letteratura, storia dell’arte, qualche romanzo attentamente selezionato e ogni tanto un libro di psicologia che puntualmente lo portava  servirsi della sua enciclopedia perché che un uomo che ancora credeva alla teoria degli umori capisse Freud era impossibile.

<< Visto? Quei cosi non sono sicuri >> si limitò a dire Andrés poco prima che Agata frenasse di colpo, se non aveva fuso i freni era un miracolo si ritrovò a pensare.

La situazione era peggiore del previsto in quanto dall’auto uscirono Agata, Hovik e Mirko e persino Axel, come tutti e quattro riuscissero a stare nella stessa auto per lui era un mistero.

<< Perché a me? Perché a me? >> si disse ad alta voce. Un momento proponi un pompino in bagno a un tizio e il momento dopo ti ritrovi a dover maratonare per la seconda volta Grey’s Aanatomy assieme al tizio in questione e alla sua migliore amica, nonché a passarle fazzoletti quando prevedibilmente scoppia a piangere, se solo lo avesse saputo sette anni prima avrebbe tenuto Mirko a debita distanza, o avrebbe scelto qualcun altro.

<< Perché voglio sapere come questa storia andrà a finire, loro due sono qui per supporto morale inoltre Axel trova loro due simpatici >> rispose Agata con un sorriso tutto denti, l’espressione curiosa di Sergio e quella scandalizzata di Andrés gli fece capire che nessuno dei due era pratico di bambini, pur avendo avuto un figlio Andrés si era completamente disinteressato di Rafael, sicuramente più di quanto il contesto storico, o altre stronzate, giudicavano accettabile.

Sergio stava per dire qualcosa quando videro Raquel Murrillo raggiungerli, a giudicare dalla direzione doveva aver preso l’autobus. Poteva sempre tentare per il ritorno, poi avrebbero dovuto camminare per venti minuti buoni ma quella era un’esperienza adorabilmente plebea che i due fratelli meritavano di fare.

<< Scusate il ritardo, non potevo non mancare >> li salutò Murrillo prima di voltarsi in direzione di Sergio che arrossì, no, veramente?

Non ci aveva mai pensato ma se i due si piacevano allora la sua situazione diventava molto più facile, e Sergio aveva un motivo per restare e per convincere suo fratello a rimanere. L’inconscio di Andrés su quello era stato cristallino, specialmente quella mattina quando l’altro si era servito della magia per ogni piccola azione, se il piccolo Sergio aveva una motivazione solida come una donna… perché no?

<< La ringrazio, inspectora, ora … ma chi? >> Sergio si interruppe di colpo quando una moto si fermò a pochi metri da loro e Agata scoppiò a ridere mentre Daniel aiutava Monica a scendere, come quei ricci non si fossero rovinati col casco era un degno mistero della fisica.

<< Meritano anche loro di sapere, Dani mi ha raccontato tutto, ma tutto tutto >> dichiarò Agata mentre avvenivano le precisazioni.

<< Ecco perché mi sembravano strani: vengono da un altro secolo! >> dichiarò Daniel facendolo sospirare sconsolato mentre Hovik e Agata si scambiavano un’occhiata e Mirko appariva scoraggiato, almeno Monica cercò di rimediare allungandogli una gomitata di nascosto.

<< È tutto così strano ma sono sicura che ne verremo a capo >> si limitò a dire Monica, se solo fosse stato etero le avrebbe chiesto di sposarlo, la voce della ragione in un mondo di pazzi.

<< Per quando abbiamo finito… abbiamo ancora le bistecche che ci hai regalato due anni fa, tutto congelate a casa di mio padre, andiamo da lui, le tiriamo fuori dal freezer e organizziamo una cena tutti assieme >> propose Daniel, ma allora il mondo ce l’aveva davvero con lui!

<< Com’è possibile che abbiate ancora del cibo di due anni? >> domandò Mirko curioso.

<< Sono vegana, Dani e Augustin mangiano carne in mia presenza quando andiamo da mio suocero ma a casa preferiamo evitare >> rispose Monica.

<< Vegana? E cosa sarebbe? >> domandò Sergio.

<< Non mangia carne, state tranquilli: non è contagiosa >> rispose Hovik, da sempre nemico giurato del veganismo.

<< Non è una malattia ma una scelta di vita. Non mangio carne e altri prodotti di derivazione animale >> spiegò loro Monica fingendo di non vedere il segno della croce che Sergio e Andrés si fecero, per due abituati a mangiare carne, per cui la carne era addirittura uno status sociale, le scelte di Monica dovevano apparire come aberranti.

<< Abbiamo finito o cosa? Di questo passo faremo prima a trovare la madre di Luis Miguel che non sentire quello che Madame Tokyo deve dirci >> disse cercando di riportare un minimo di sanità mentale in tutta quella faccenda.

 

***

 

Silene Olivera, nota nell’ambiente come Madame Tokyo, non li ricevette di persona.

Ad aprire la porta fu un ragazzino che doveva avere l’età di Rafael, almeno questo pensò Sergio Marquina nel vederlo per la prima volta. Le somiglianze però finivano lì, tanto Rafael era insicuro e timoroso, scacchiato dalla presenza di Andrés che odiava e temeva dopo aver deciso di smettere di ricercarne l’amore, tanto quel ragazzino era pieno di vita e determinato, gli abiti non aiutavano ma vestito nella maniera giusta avrebbe potuto ottenere grandi cose.

<< Silene… Madame Tokyo vi sta aspettando >> disse con un sorriso prima di farli entrare tutti.

Il luogo dove si trovavano era di quanto più anonimo avesse visto, un appendiabiti, le pareti bianche e delle mattonelle assolutamente anonimo, dava un’idea di tranquillità, non sapeva perché ma in quel luogo si sentiva tranquillo, forse era così che si sentivano i clienti della donna, al sicuro e pronti a credere a tutto quello che avrebbe detto, volevano farsi ingannare per preservare quel falso senso di tranquillità..

<< Mi avevi detto che era giovane ma non pensavo così giovane… quello lì va ancora a scuola >> sentì dire da Martìn rivolto verso Agata.

<< Che devo dirti? Lui è maggiorenne, ha finito la scuola e guadagna più di tutti noi messi insieme facendo l’hacker, pensi davvero che andare con una più grande lo preoccupi? >> rispose Agata. Era inusuale che la donna fosse maggiore d’età ma forse in quel secolo era normale si disse.

<< Cinque anni, sette al massimo ma questo… questo non è normale. Ho avuto avventure con uomini più grandi e qualche notte interessante con ventenni ancora all’università ma una cosa è una botta e via e un’altra una relazione >> fu la pronta replica.

<< Forse dovreste far decidere loro, non fanno male a nessuno e se vogliono fare è meglio che imparino da soli >> intervenne Mirko, quindi non era così strano si disse, stava per dire qualcosa quando la porta si aprì rivelando Silene Olivera, madame Tokyo, in persona.

Consapevole che non si trattava di avere a che fare con i soliti clienti la donna aveva optato per un abbigliamento… tradizionale. Pantaloni corti e maglia lunga, un accostamento particolare almeno per lui, ancora non era abituato al fatto che anche le donne portassero i pantaloni. A Raquel stavano bene, specialmente se mettevano in risalto le sue forme si ritrovò a pensare con un certo imbarazzo.

<< Bueno bueno, bueno ma chi abbiamo qui? >> domandò Silene, doveva essere la citazione a qualcosa che gli altri conoscevano perché vide Martìn e Raquel alzare gli occhi al cielo mentre Agata e Monica cercavano di non ridere.

<< Signorina Olivera, vogliamo arrivare al motivo per cui siamo tutti qui senza perdere tempo? >> domandò Raquel.

<< Come vuole, ho fatto qualche ricerca in questi giorni. Magia temporale e assieme a una seconda persona, erano almeno cento anni che nessuno ci provava… o siete più potente del vostro discendente Fernando o è stata solo fortuna >> dichiarò Silene, e così l’incantesimo non era più utilizzato pensò Sergio e ne capiva i motivi. Ne avevano parlato per settimane durante il processo, era un procedimento rischioso, con infinite lacune e che poteva non funzionare ma suo fratello aveva insistito e aveva funzionato perché avevano viaggiato nel tempo ma non dove avrebbero dovuto arrivare.

<< Non è stata fortuna, solamente improvvisazione e un rischio calcolato, cosa potete saperne voi? >> fu la replica di Andrés che fece ridacchiare Silene.

<< Ne ho incontrati tipi come voi, solamente perché riuscite a dire quattro formule non vuol dire che siate degli stregoni, certo… la stregoneria scorre nel vostro sangue a differenza della sottoscritta che ha dovuto imparare da sola ma…vogliamo fare una prova? >> rispose Silene prima di tirare fuori un accendino dalla tasca, quella però non era magia o almeno qualcuno avrebbe potuto pensare a un trucco.

<< Quella non è magia, potevi avere un filo trasparente collegato all’accendino >> dichiarò Daniel, obiezione sensata si disse lui.

<< Verdad, ma vi assicuro che la realtà è molto più divertente >> replicò Silene prima di accendere la fiamma e cominciare a farla danzare nelle sue mani con aria di sfida. Stava per dire qualcosa quando le parole le morirono in gola nel momento esatto in cui la fiamma cambiò colore divenendo azzurrina per poi dividersi in due e cominciare a ballare la pavana, Andrés.

<< Vi basta come prova? >> domandò suo fratello prima di avvicinare le due fiammelle ai capelli di Monica e cambiar loro nuovamente colore facendola sussultare.

<< Meraviglioso >> disse Silene osservandolo rapita prima che le fiammelle si dividessero a loro volta per danzare attorno ai capelli di Monica, infine divennero celesti, si riunirono in una e si avvicinarono ad Axel. << Prendila in mano, non brucia >> dichiarò Andrés prima che il bambino allungasse la mano, Agata pronta a scattare nel caso suo figlio si fosse fatto male, fu allora che Sergio si accorse che il colore della fiamma era lo stesso degli occhi di Martìn.

<< È vero, è fredda >> mormorò Axel prima che la fiamma gli sfuggisse di mano per deporsi sulla mano di Andrés che la chiuse facendo scomparire la fiamma, lui e Martìn furono gli unici a rendersi conto di quanto tutto quello lo avesse affaticato.

<< Eccezionale, non ho mai visto un tale controllo. Forse potrei aiutarvi ad essere più precisi per quando tornerete a casa >> dichiarò Silene entusiasta.

<< Non ho bisogno di aiuto, non da una donna come lei >> fu la prevedibile risposta, seguita da una serie di prevedibili proteste.

<< Se lo dite voi, potete però chiedere aiuto a voi stesso, gli stronzi egocentrici come voi si fidano solo di sé stessi >> dichiarò Silene divertita.

<< Come sarebbe a dire che dovrebbe chiedere aiuto a sé stesso? >> domandò Agata curiosa.

<< Non in senso letterale, penso, ma forse dovrebbe cercare a Toledo, se il tempo è ciclico allora vuol dire che una volta tornati nel suo tempo avete lasciato delle informazioni perché nel ventunesimo secolo voi stessi le trovaste >> fece notare Raquel.

<< Come Ritorno al Futuro? >> domandò Monica.

<< Esatto, hanno creato un paradosso temporale >> intervenne il compagno di Silene facendola ridacchiare.

<< Anibàl è una delle persone più intelligenti che abbia mai conosciuto >> dichiarò orgogliosa.

<< Quindi vuol dire che loro due torneranno nel passato perché hanno lasciato degli indizi per aiutarsi nel loro passato ma che sarebbe il nostro futuro? >> domandò Martìn, quel discorso cominciava a diventare complicato, una volta tornato a casa avrebbe dovuto lavorarci con calma perché era sicuro che fosse oltremodo affascinante come argomento di studio. Sergio intuì anche quanto Martìn fosse preoccupato, non sapeva cosa fosse il sentimento che univa suo fratello a Martìn ma era qualcosa di primordiale e viscerale, quei due non avrebbero facilmente rinunciato all’altro, ne era sicuro.

<< Più o meno, gli incantesimi temporali sono strani, provate a usarne uno spaziale prima, e se funziona… allora potete provare a tornare nel vostro tempo >> propose Silene.

<< Ci sono stati dei casi in cui l’incantesimo non ha funzionato? >> domandò.

<< Non possiamo dirlo, non con questo tipo, per altri incantesimi è più facile e… oh cazzo >> mormorò prima di portarsi una mano alla testa.

<< Tutto bene? >> chiese Mirko preoccupato, era ormai un minuto buono che Silene si teneva la testa.

<< Assolutamente, questo incantesimo funzionerà, oh se funzionerà >> si limitò a dire prima di scoppiare a ridere istericamente. Non ci fu verso di cavarle di bocca cosa le fosse accaduto, solamente che a sentire lei i prossimi sviluppi sarebbero stati divertenti.

 

***

 

Silene Olivera non era stata di nessuno aiuto, di questo Andrés de Fonollosa era sicuro.

Sapeva già di per sé che la magia nelle donne poteva essere insegnata o appresa, che sarebbe tornato nel suo tempo era una certezza e che l’incantesimo fosse complicato lo sapeva fin dall’inizio. Era stato tutto una perdita di tempo ma almeno si era divertito. Erano anni che non manteneva un incantesimo così a lungo e si era stancato più del previsto, per fortuna camminare lo aveva rinvigorito quanto bastava per una certa attività notturna che aveva sempre praticato con piacere.

Non gl’importava che ora la facesse con un uomo, avrebbe dovuto ma non accadeva e forse doveva davvero cominciare ad accettare quell’aspetto di sé stesso e godersi Martìn il più possibile, l’altro era palesemente e follemente innamorato di lui e… capire i propri sentimenti era difficile in quel secolo ma era sicuro di non aver mai provato qualcosa di simile per qualcun altro, non si era mai sentito così vivo in tutta la sua vita.

Non capiva metà dei concetti dell’altro, da quelli scientifici a quelli riguardanti cosa dire e cosa non dire, ma solitamente bastava far scivolare la mano lungo la schiena dell’altro e Martìn si zittiva per poi implorarlo con gli occhi di portarlo a letto o comunque di prenderlo contro la prima parete, mai aveva avuto amanti così appassionate e pronte ad esaudire ogni suo desiderio.

Era sicuro che Sergio e la Murrillo avessero un idillio, non era la donna perfetta per suo fratello ma ne avrebbero parlato una volta tornati nel loro tempo, doveva organizzare il matrimonio di Rafael e quello di Sergio una volta tornato a casa. Lo disturbava tutto di lei, che facesse un lavoro maschile, che vestisse spesso come un uomo e che fosse persino divorziata, il concetto del divorzio era interessante ma sarebbe dovuto essere appannaggio esclusivamente maschile e aristocratico.

Sapeva perfettamente dove recuperare altre informazioni, e dove poteva averle sistemate una volta tornato nel proprio tempo: nella sua biblioteca.

Sergio aveva fatto una ricerca servendosi del portatile di Martìn e aveva appurato che la sua biblioteca non risultava nelle mappe di palazzo Fonollosa, segno che il passaggio segreto che aveva ideato sua madre poco prima di morire aveva svolto egregiamente il suo dovere.

Martìn aveva accettato di accompagnarli, ma dopo l’orario di lavoro e avevano accettato. Aveva trascorso i tre giorni precedenti quell’irruzione anomala vagando per Madrid e rifugiandosi nell’arte, che dovesse pagare un biglietto per entrare al Prado era scandaloso ma per fortuna la magia in quello gli era stata d’aiuto. Che vergogna, che disonore aveva pensato osservando i tanti turisti vagare per quel luogo senza una meta, ignari delle bellezze lì custodite, lo diceva lui che l’arte doveva essere appannaggio di pochi.

Lasciare quel secolo non gli sarebbe dispiaciuto per niente, tranne per Martìn ma se solo… non doveva pensarci.

<< Sapevo che era qui, ora bisogna solamente spingere >> dichiarò Sergio prima di indicare la porta di cui si serviva per uscire di nascosto, come se non sapesse che spesso usciva per incontrarsi con i sapienti moriscos, almeno avesse avuto un’amante moresca, non era mai stato favorevole ma quelle donne erano abbastanza esotiche da attirare gli sguardi maschili.

<< “solamente spingere”? Quella porta avrà almeno cinquecento anni e da altrettanti nessuno la tocca, forse la potete buttare giù con un cannone >> replicò Martìn che li stava illuminando con una torcia, la tecnica aveva fatto passi da gigante ma aveva perso eleganza e arte in quei secoli.

<< Come sempre devo occuparmi io di tutto >> dichiarò, facendo sbuffare gli altri due, piccoli ingrati. Per fortuna si trattava di un incantesimo facile si disse prima di far passare gli altri due, il tempo di richiudere la porta e Martìn aveva illuminato tutto, ma il suo discendente non aveva una servitù?

<< Riesci a far saltare le telecamere o dove occuparmene io manualmente? >> domandò Martìn prima che si concentrasse, quell’uomo era un genio, l’unico degno di poter stare degnamente al suo fianco, un peccato che lo avesse trovato nel secolo sbagliato.

<< Fatto, ci saranno delle conseguenze domani >> rispose lui quando cominciarono a salire. Sergio spinse con decisione la porta che questa volta era aperta ed entrò deciso, seguito da lui e Martìn. Niente lo avrebbe però preparato a quello.

Aveva passato la vita a circondarsi di arte e bellezza, ogni singolo mobile era stato realizzato sotto la sua supervisione per non parlare degli arazzi che aveva fatto importare dalle Fiandre quando la regina era morta, un gioiello senza pari, erano queste le parole del marchese di Villena che lo avevano riempito d’orgoglio e ora… perché a lui?

<< Cosa hanno fatto alla mia casa? >> domandò quando riuscì ad articolare nuovamente due parole in ordine coerente.

Mobili dozzinali, tendaggi modesti e tutto fuori posto, quei mobili erano orrendi, cosa era accaduto alla sua discendenza?

<< Il progresso avanza, devo dire che pensavo di peggio, lo stile liberty non è mai stato il mio preferito ma devo dire che qui ci sta bene >> infierì Martìn prima di puntare la torcia contro la parete, ora capiva perché detestava la vernice, tutto quello era orribile, avrebbe dovuto lasciare una postilla nel testamento per impedire che la situazione cambiasse. Almeno il suo autoritratto era rimasto al suo posto pensò con sollievo.

<< Eccoti qui, ti sono mancato? >> domandò al ritratto, inutile dirlo: quello era senza alcun dubbio il suo capolavoro.

<< Parlare da soli è il primo sintomo di pazzia, parlare in terza persona solamente di egocentrismo >> dichiarò Martìn mentre Sergio cercava di ignorarli.

<< Ed ecco gli altri, “ritratto di Rafael de Fonollosa, sesto duca de Fonollosa”, poi abbiamo… “Carlos de Fonollosa, settimo duca” e “Fernando de Fonollosa, primo conte de Fonollosa” >> lesse Sergio mentre Martìn illuminava i ritratti indicati e lui si sentiva sopraffare dall’emozione. Quelli su quei ritratti erano i suoi discendenti, uomini che avevano portato avanti la sua eredità nonché la prova finale che Rafael non era del tutto inutile. Osservò il volto di suo nipote Carlos, vi colse il suo stesso sguardo fiero e la postura di sua madre, per fortuna Rafael non gli aveva trasmesso nulla tranne il nome.

<< Tuo nipote ha dato inizio ad una linea collaterale >> mormorò Sergio prima di fermarsi di fronte alla sua biblioteca.

<< Quando torneremo dovremo occuparci di questa faccenda, assolutamente >> si limitò a dire. Non era mai stato un buon padre e nemmeno lo aveva mai desiderato, Rafael era l’unico figlio che aveva avuto e serviva a portare avanti il casato, solo per questo si era assicurato che sopravvivesse, del resto si erano occupati la sua balia, Sergio e poi Tatiana. Ora però… poteva provare ad essere un nonno decente e spostare le sue ambizioni su quel nipote che nel suo tempo non era ancora nato.

<< Ecco la biblioteca, ora cosa dobbiamo cercare? >> domandò Martìn prima di illuminare la biblioteca. Aveva visto quei film con meccanismi segreti e non erano così sbagliati, questo a patto che la molla ancora funzionasse.

<< Un volume in particolare, è collegato ad un meccanismo che conduce ad un’ala segreta dove ho sistemato testi proibiti >> rispose lui mentre Martìn illuminava la biblioteca, i suoi volumi… per fortuna niente sembrava essere stato toccato. Stava per posare la mano sul volume giusto, per fortuna era rimasto al suo posto, quando udì un suono, lungo, molesto e penetrante.

<< Le telecamere devono essere collegate a dei sensori, probabilmente se non ricevono segnali scatta un timer e poi parte in automatico l’allarme >> spiegò Martìn terrorizzato.

<< Quanto tempo abbiamo prima che arrivi la polizia? >> domandò Sergio mentre lui premeva sul volume e sentiva i meccanismi scattare, la molla funzionava ancora.

<< Cinque minuti, dieci se siamo fortunati e tre se siamo sfortunati >> ammise Martìn prima che lui li spingesse dentro.

Rimasero stretti attorno alla porta finché non udirono le sirene della polizia, arrestato per essere entrato in casa sua, era scandaloso.

Uno degli aspetti positivi era che Martìn era premuto contro di lui e poteva esserci un risvolto positivo. Lentamente fece scivolare la mano sul fondoschiena dell’altro e Martìn si morse le labbra, la mano che non stringeva la torcia si posizionò contro la sua gamba dandogli il segnale che aspettava. Cominciò a strusciarsi contro l’altro che cominciò ad assecondare i suoi movimenti, la stoffa era una tortura e non era l’unico a pensarlo a giudicare dai sospiri dell’argentino, non aveva mai pensato che il rischio di essere scoperti avesse quell’effetto collaterale.

<< La volete smettere voi due? Vi sembra il momento di fare certe cose? Escludendo la polizia ci sono anch’io qui con voi, non costringetemi a separarvi con le secchiate di acqua gelata come facevo con i cani >> li interruppe Sergio riportandoli alla realtà. Avendo deciso che i cani erano troppi e che non potevano mantenere una muta così grande ogni volta che le cagne andavano in calore Sergio si armava di acqua fredda e tentava di impedire alla natura di fare il suo corso, puntualmente tre mesi dopo la cuoca affogava dei cuccioli tranne una volta quando Rafael aveva insistito per averne uno e alla fine aveva dovuto cedere, la voce di suo figlio gli procurava sempre delle emicranie.

Per fortuna c’erano ancora delle fiaccole esattamente dove le aveva lasciate, accenderle fu fin troppo facile.

<< Questo è meglio che nei film >> disse Martìn a voce abbastanza bassa perché solo lui potesse sentirlo. L’ambiente era pieno di ragnatele, la polvere regnava sovrana ma per fortuna sembrava che nessuno avesse toccato nulla, sicuramente nessuno vi entrava da almeno cento anni. Sergio si precipitò subito verso una parete precisa, dove aveva nascosto i suoi libri e come previsto cominciò ad esaminarli.

<< E ti hanno arrestato per una copia del Corano e una raccolta di poesie? >> domandò Martìn… poteva passare sopra la raccolta di poesie, Villon piaceva anche a lui ma la copia del Corano… quella no, assolutamente no.

<< Mi hanno arrestato perché adoro collezionare ogni libro su cui riesca a mettere le mani, e mi hanno accusato die resia per questa copia del Corano e per una raccolta di poeti arabi, prima di essere opere eretiche sono un patrimonio prezioso che non potevamo perdere, ovviamente il fiammingo queste cose non può capirle >> replicò Sergio. Il fiammingo non piaceva nemmeno a lui ma bisogna sopportare, ancora per poco almeno si disse, quanto aveva odiato quell’invasione di fiamminghi, almeno la prima volta il re aveva avuto la ragionevole idea di morire ma questa volta non sarebbe stato così facile.

<< Quale fiammingo? >> chiese Martìn, genuinamente curioso mentre si allontana da lui per cercare i suoi testi.

<< Adriaan Florenszoom, vescovo di Tortosa e inquisitore generale, il cui unico segno distintivo è l’essere stato precettore del re >> rispose lui. La reazione di Martìn lo sorprese, l’altro aveva infatti iniziato a ridere, una risata divertita e a pieni polmoni, come se lo trovasse molto divertente.

<< Non vi libererete di lui, ma almeno vi toglierete una soddisfazione, non vi anticipo nulla ma…peccato che non ci sarò quando avverrà, scusate ma…oh dios… ora la smetto, promesso >> disse tra una risata e l’altra, cosa ci fosse di così divertente non riusciva a capirlo. I suoi testi erano rimasti gli stessi, prendendone uno in mano ebbe la sensazione che fosse stato consultato di recente ma era impossibile, doveva esserlo.

<< “Addì, terza domenica prima di Pentecoste del decimo di regno del nostro imperatore ho avuto un’interessante conversazione con il signor nonno a proposito di… “ >> qualsiasi cosa stesse leggendo Sergio si interruppe di colpo, proprio ora che voleva sapere.

<< Sarai pure stato un padre di merda ma almeno sei un nonno decente >> chiosò Martìn, lo sguardo ferito che albergava nei suoi occhi non gli era sfuggito. E così sarebbe tornato nel suo tempo e cosa più importante sarebbe vissuto abbastanza da poter parlare con suo nipote e forse cominciare ad istruirlo nella magia. Forse poteva recarsi da Martìn ogni tanto, saltare da un secolo all’altro, col tempo avrebbe padroneggiato l’incantesimo al punto che non avrebbe avuto bisogno di pause, un mese nel ventunesimo secolo con Martìn e il mese successivo nel proprio tempo ad occuparsi della tenuta e a crescere suo nipote, poteva farcela, voleva farcela e ci sarebbe riuscito.

<< Qualcosa non torna ma non riesco a capire cosa, non avrei dovuto leggere ad alta voce, a quanto sembra tuo nipote Carlos è grafomane, ci sono relazioni di viaggio, compendi di magia, trattati di alchimia, tutti con la sua firma >> annunciò Sergio.

<< Almeno qualcuno si è reso utile nella vita a differenza dell’idiota >> chiosò lui prima di prendere tre volumi, li avrebbe trovato tutte le informazioni di cui aveva bisogno, maledetto il giorno in cui aveva trovato l’incantesimo temporale e deciso che non ne avrebbe mai avuto bisogno e si era limitato a voltare pagina.

<< Smettila di trattare così Rafael, hai trovato i testi che cercavi? >> lo rimproverò Sergio, aveva sempre avuto un debole per Rafael senza vederne mai i difetti, per fortuna Tatiana era disposta a dargli ragione.

<< Eccoli qui, ora dobbiamo uscire >> rispose voltandosi in direzione della porta, stava per schioccare le dita quando Martìn lo bloccò. << Dobbiamo essere cauti, forse hanno pensato a un falso allarme o a un guasto ma potrebbero aver lasciato qualcuno di pattuglia, dobbiamo essere prudenti >> li ammonì, arrestato in casa sua, quello sarebbe stato il colmo pensò prima che Martìn si affacciasse alla porta. I segni che fece loro indicavano che non c’era nessuno, o almeno così intuì prima di uscire seguito da Sergio, chiudere la porta fu complicato e fece fin troppo rumore ma forse sul serio non c’era più nessuno.

<< Ora torniamo a Madrid e cerchiamo di capire cosa sia andato storto >> dichiarò Sergio, se solo fosse stato così facile. Era sicuro di non aver sbagliato nulla, eppure era un dato di fatto che l’incantesimo non era andato come previsto, in quella situazione c’era qualcosa di strano ma se ne sarebbe occupato a suo tempo.


 

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Capitolo 8
*** séptimo capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Maldito sea aquel día
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX olombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Esa Hembra es mala" di Gloria Trevì, la canzone tra l'altro è anche la opening della celeberrima telenovelas messicana "Teresa"

Note4: Nel film " El árbol de la sangre" Najwa Nimri interpreta Macarena, madre della protagonista nonché ex cantante in rehab nota come "La Maca", da qui l'inside joke. NB: la protagonista, Rebeca, è interpretata da Úrsula Corberó


 

Sergio Marquina era sicuro di aver fatto un errore, anche se non sapeva dove.

Lui e Andrés avevano controllato i testi su cui erano riusciti a mettere le mani ma a quanto sembrava non c’erano errori, non nella forma almeno. Quindi se l’incantesimo era stato pronunciato correttamente perché si erano ritrovati cinquecento anni nel futuro e non cinque giorni nel passato?

Doveva pur esserci una spiegazione razionale, anche se secondo Andrés la magia era per definizione irrazionale e seguiva regole tutte sue. Purtuttavia aveva obbiettato che c’erano delle regole, non fisse ma che comunque anche la magia poteva essere regolarizzata, avevano dibattuto per anni sull’argomento senza giungere ad una soluzione che soddisfacesse entrambi.

L’errore c’era stato, era evidente e lo si poteva anche correggere ma cominciava a non avere più tanta voglia di tornare nel suo secolo. Il ventunesimo secolo era pieno di opportunità, esisteva la meritocrazia e a nessuno importava veramente di sapere di chi fosse figlio, anzi c’erano così tante coppie che convivevano pur non sposandosi e coppie divorziate.

Nessuna censura, nessuna approvazione, nessuno che riteneva inadatte delle pubblicazioni, si poteva parlare di qualsiasi cosa in assoluta libertà, si poteva davvero fare quel che si desiderava.

Se fosse rimasto avrebbe potuto conseguire chissà quali traguardi, poteva aspirare ad una vera istruzione, ottenere i riconoscimenti che meritava e per proprio merito, che secolo meraviglioso era quello. E Raquel, in quel secolo c’era Raquel.

L’inspectora gli piaceva, inutile negarlo anche perché altrimenti suo fratello lo avrebbe preso in giro fino all’esasperazione, solamente era fin troppo consapevole che non avevano un futuro, non con lui destinato a tornare nel suo secolo. Avrebbero potuto cominciare qualcosa, vedere se il sentimento era reciproco e ricambiato ma poi… come si sarebbero comportati?

Non poteva chiederle di andare con lei, Raquel aveva una vita lì, forse una famiglia e sarebbe stato da egoisti chiederle di buttare tutto all’aria per stare con lui in un tempo in cui il divorzio non era nemmeno contemplato. Come avrebbe potuto chiederle di rinunciare al suo abbigliamento, alle sue idee e a tutto quello a cui era abituata, che dava per scontato, per amore?

Suo fratello sosteneva che l’amore fosse abbastanza ma Andrés era… un romantico come avrebbero detto in quel secolo e lui sapeva bene che col tempo l’amore si sarebbe logorato e Raquel avrebbe finito per odiarlo e rimpiangere le sue scelte e lui quello non lo voleva. Era sicuro che lei lo avrebbe seguito in capo al mondo se solo glielo avesse chiesto ma in un altro secolo… cinquecento anni erano troppi, bastava pensare come solamente dopo due mesi lui e Andrés avessero realmente cominciato ad abituarsi.

Il rapporto tra suo fratello e Martìn continuava a preoccuparlo.

Nessuno dei due aveva parlato molto dopo la loro incursione a palazzo Fonollosa ma sembravano aver sviluppato un sesto senso che li portava ad anticipare le richieste dell’altro senza che le parole fossero necessarie. Bastava uno scambio di sguardi, una certa postura e l’altro sapeva perfettamente come comportarsi, era diventato imbarazzante stare in loro compagnia.

Come se non bastasse non perdevano occasione per stare insieme in maniera squisitamente carnale, come se volesse imprimersi ad ogni costo ogni ricordo dell’altro nella pelle, Sergio aveva perso il conto delle docce gelate a cui si era dovuto sottoporre perché i due avevano finito l’acqua calda, il rumore del letto che sbatteva contro la parete ormai era divenuto un rumore di fondo, o rumore bianco come si diceva, e dopo alcuni… disagi si era detto che era opportuno bussare, sempre bussare.

Separarsi per quei due sarebbe stato un dolore pari alla morte e temeva le reazioni di suo fratello una volta tornati a casa, se lo conosceva abbastanza bene Andrés era capace di trascorrere i successivi vent’anni saltando da un secolo all’altro pur di vedere Martìn anche solo per un’ora.

E c’era quel dettaglio, qualcosa nel testo scritto da Carlos de Fonollosa che gli era sfuggito, o per meglio dire che non gli tornava, anche se non sapeva esattamente cosa. Non aveva osato proporre un’altra incursione a palazzo Fonollosa nel timore che questa volta venissero davvero colti con le mani nel sacco ma era sicuro di aver trascurato un dettaglio importante.

La notizia di una sua discendenza aveva entusiasmato suo fratello, al punto che spesso e volentieri e senza nemmeno accorgersene Andrés levitava, l’ultima volta Martìn lo aveva ripreso in tempo prima che toccasse il soffitto ma la situazione era ancora gestibile.

Silene aveva giurato che a breve lei e il suo fidanzato si sarebbero autoinvitati a cena e anche Agata voleva assolutamente sapere come la situazione stesse proseguendo, motivo per cui lui aveva bisogno di stare da solo, privacy come, si diceva in quel tempo; quel termine inglese gli piaceva, avrebbe dovuto studiare quella lingua una volta tornato a casa.

Per quel motivo spesso andava in biblioteca o quando Martìn tornava a casa lui puntualmente usciva, determinato a stare via fino a cena. Aveva scoperto la metropolitana, che non gli piaceva sebbene ne ammirasse l’idea dietro, gli autobus, che invece gli piacevano e le scale mobili, che ancora lo terrorizzavano ma ci stava lavorando.

Anche quel pomeriggio, quando uscì di casa nessuno gli domandò niente, suo fratello e il suo innamorato erano troppo impegnati a guardarsi l’un l’altro per accorgersi seriamente di lui. Non avrebbe dovuto accettare quell’invito da parte di Raquel ma ormai era tardi per tirarsi indietro e non sarebbe stato onorevole. Poteva però parlare di quello che era accaduto nei giorni trascorsi dall’incontro a casa di Madame Tokyo, evitando l’incursione toledana, ed evitare perciò di parlare di sé stesso, poteva funzionare.

<< Com’è crescere come… che parola hai utilizzato?, ah si, “fratello uterino di un duca”? Pensa che ho dovuto googlarlo, è un termine così arcaico che non l’avevo mai sentito prima >> gli domandò Raquel dopo che il cameriere ebbe preso le loro ordinazioni, missione fallita.

<< Più noioso di quanto sembri. Faccio parte della famiglia ma non ufficialmente, sono di una classe sociale inferiore rispetto a mio fratello ma superiore alla servitù e non ho titoli di sorta >> le spiegò sperando che Raquel cambiasse argomento.

<< Ho un’idea: io ti faccio una domanda, tu devi rispondermi ma in cambio puoi farne una a me, come ti sembra? >> gli domandò Raquel, era più furba di quanto immaginasse pensò Sergio con una certa ammirazione.

<< Interessante, allora… hai una famiglia? >> domandò cercando di rendere la domanda inespressiva.

<< Vivo con mia madre e mia figlia, ho divorziato da quasi un anno; non hai ereditato titoli da tua madre? >> e Sergio notò un leggero tremore nella voce della donna.

<< Mia madre era la moglie di un duca, non aveva titoli suoi e se anche li avesse avuti sarebbe stato Andrés ad ereditarli, non io. Avrebbe potuto passarmene uno ma in verità nessuno dei due ci ha mai pensato. Cosa ti ha spinta al divorzio? >>

<< Divergenze di comportamento con mio marito. Forse era già così quando l’ho conosciuto e mentiva, o forse lo è diventato dopo e me ne sono accorta troppo tardi. I tuoi genitori si sono sposati per amore? >>

<< Si, mia madre fece passare un anno di lutto e poi sposò mio padre in segreto, sua suocera non glielo ha mai perdonato, minacciò di portarle via Andrés per crescerlo “come meritava” ma mio padre conosceva abbastanza la legge per opporsi. Come si chiama tua figlia? >>

<< Paula, Paula Vicuña, ha dieci anni. Cosa facevi esattamente nel tuo tempo? >>

<< Avevo ereditato il posto di amministratore di mio padre, mio fratello e suo figlio sono brave persone ma da soli non saprebbero mandare avanti un pollaio, figuriamoci una tenuta grande come la nostra; mi occupo della contabilità, della servitù e di tanto altro. Cosa fa esattamente un ispettore di polizia? >>

<< Mi occupo di interrogatori e indagini, un po’ come nei film ma meno emozionante. Conosci anche tu la magia? >>

<< Solamente a livello teorico, negli uomini è ereditaria e mia madre la trasmise ad Andrés ma da parte mia non c’è mai stato interesse. Tuo marito non approvava il tuo lavoro? >>

<< Mio marito lavora nella polizia scientifica, non è per quello che abbiamo divorziato. Hai una fidanzata o una promessa sposa che ti attende? >>

<< Nessuna, non che Andrés non abbia provato a sistemarmi ma la mia è una posizione particolare che offre scarse prospettive e tutti lo sanno. E perché avete divorziato allora? >>

<< Il gioco finisce qui, grazie per il bel tempo trascorso insieme >> rispose Raquel spiazzandolo.

Prima che potesse dire qualcosa la donna si alzò quasi di colpo, frugò nella sua borsa e con un movimento veloce ma allo stesso tempo tremante mise sul tavolo una banconota da dieci euro per poi uscire il più velocemente che poteva.

Era sicuro di aver detto qualcosa di sbagliato, non sapeva esattamente cosa ma doveva assolutamente rimediare.

 

***

 

Raquel Murrillo era ben consapevole che non avrebbe dovuto perdere le staffe in quella maniera ma era stato più forte di lei.

Non avrebbe saputo dire esattamente com’era cominciato tutto, secondo lo psicologo era normale che non ricordasse il momento preciso, una strategia difensiva secondo l’uomo. Ricordava però il momento in cui Alberto aveva alzato le mani su di lei, quando aveva smesso di servirsi delle parole per passare alle mani, e ricordava anche quello che era accaduto in seguito, tutto da manuale.

Le lacrime, le promesse di non farlo più, i giuramenti che sarebbe migliorato e che se voleva denunciarlo aveva ogni ragione per farlo, che lui se ne sarebbe andato per timore di afre del male a Paula e tante altre belle parole al vento. Avrebbe dovuto capire che era tutta una farsa, che Alberto la stava mettendo alla prova, che ci sarebbero state altre occasioni e che non sarebbe cambiato, non più, era solo un test per scoprire se lei era disposta ad incassare altri schiaffi e altre botte. E lei stupidamente lo aveva perdonato, si era persino chiesta se per caso non fosse stata lei a sbagliare, se non lo avesse provocato al punto da costringerlo a reagire in quella maniera.

Non era cambiato niente, Alberto si era semplicemente fatto furbo, essendo un poliziotto conosceva tutti i trucchi per farla franca e lei sapeva come evitare domande scomode.

Alberto non l’aveva mai colpita in volto, mai di fronte a testimoni e soprattutto mai davanti a Paula, anzi con lei si comportava come un padre perfetto e sua figlia l’adorava, non era come tanti uomini violenti che non si facevano scrupoli a picchiare la moglie davanti ai figli o picchiavano i figli; no, Alberto Vicuña era furbo, era un poliziotto e sapeva come muoversi.

Sapeva anche che lei non ne avrebbe parlato con nessuno, inizialmente perché aveva paura di creare problemi e di ingigantire un problema, poi per evitare domande scomode, perché non l’hai denunciato era la prima a cui tutti avrebbero pensato.

Non aveva avuto il coraggio di parlarne nemmeno quando avevano divorziato, solo sua madre lo sapeva ma le aveva fatto giurare di non dire nulla e lei stessa non avrebbe aperto bocca se non ci fosse stato un imprevisto. Aveva sospettato che tra sua sorella e Alberto ci potesse essere del tenero, Isabel era abbastanza ingenua e Alberto abbastanza manipolatore, ma che i due si sarebbero messi insieme dopo il divorzio… quello superava i suoi peggiori incubi.

Aveva denunciato Alberto e ottenuto l’ordinanza restrittiva non tanto per sé stessa ma per tutelare Isabel, voleva solo che sua sorella sapesse chi fosse realmente l’uomo con cui viveva, che sapesse dell’incubo da lei si era risvegliata troppo tardi e non ripetesse i suoi errori. E tutto era andato male.

Quasi nessuno le aveva creduto, per tutti era solamente la mossa disperata di una donna furiosa che il suo ex si fosse messo con la sorella, nessuno aveva capito che lei in realtà voleva salvare Isabel da Alberto, esporlo come il mostro che era. L’unico a crederle a lavoro era stato Angel Rubio e il motivo per cui lo aveva fatto era più evidente: era ancora preso da lei e sperava così di poter avere una chance pur essendo sposato.

Alicia aveva i suoi problemi in quel momento, se il suo matrimonio era andato a rotoli nel caso di Alicia si era trattato della sua stessa vita.

Raquel si era chiesta se non fosse stata una pessima amica in quel frangente, era stata così presa dal divorzio e dalla denuncia che a malapena si era accorta che Germàn, il marito di Alicia in appena un mese era peggiorato al punto che non avrebbe mai potuto vedere sua figlia.

Come tutti aveva saputo della gravidanza ma la notizia della diagnosi doveva esserle sfuggita tra un problema e l’altro, motivo per cui si era ritrovata al funerale con un senso di straniamento, come se non lo credesse possibile. Era stata anche l’ultima occasione in cui lei e Alberto si erano visti, se non avevano litigato era stato solamente perché sua madre le aveva fatto notare che litigare ai funerali era sconveniente e non poteva dare quell’ulteriore dolore ad Alicia, se non a lei pensa alla creatura che ha in grembo.

Alicia non aveva pianto al funerale, ennesimo motivo per cui i loro superiori di sesso maschile la consideravano una stronza senza cuore, la conosceva troppo bene per non sapere che a breve sarebbe esplosa e infatti erano accaduto. Per farsi perdonare si era offerta di aiutarla a sistemare le cose di Alberto e a metà di uno scatolone, uno scatolone qualsiasi, Alicia era scoppiata a piangere con la stessa sorda disperazione di una bambina.

L’aveva consolata come meglio poteva, erano rimaste sul divano a bere succo di mirtillo, l’unico che potesse passare per vino ad occhi esterni, e a mangiare caramelle mentre si aggiornavano sulle rispettive vite.

Da allora le cose erano migliorate, o almeno così aveva creduto.

Lei ed Alicia erano tornate se non ad essere migliori amiche almeno due conoscenti abbastanza intime, Alicia era stata spesso ospite a casa sua e le aveva creduto, Raquel era sicura che se non fosse stato per la gravidanza Alicia Sierra si sarebbe occupata personalmente di Alberto. Tutto si stava assestando in una tranquilla normalità quando le era capitato quel caso, scoperto che la magia esisteva e aveva conosciuto un uomo che in altre circostanze le sarebbe piaciuto frequentare.

Pur venendo da un secolo dove si credeva che le donne fossero esseri imperfetti e che i superiori fossero delle divinità, e con un gusto nel vestire alquanto discutibile, Sergio Marquina le piaceva. Era gentile, discreto e intelligente, non l’avrebbe portata a fare bunjee jumping o a fare paracadutismo ma avrebbero potuto intendersi a meraviglia. Peccato che l’altro a breve sarebbe tornato nel suo tempo e sembrava deciso a non fare la prima mossa. Non cercava una relazione stabile e duratura, non subito almeno, ma un’amicizia amorosa e forse qualcos’altro, che poi quel qualcos’altro sfociasse in amore… perché no?

Ci aveva provato, in maniera discreta e l’altro rispondeva ogni volta in maniera prevedibile ma allo stesso tempo non osava troppo, era come se attendesse un segnale da parte sua o da parte dal mondo esterno per fare la sua mossa. Tutto il contrario del fratello che non ci aveva pensato due volte a portarsi a letto Martìn Berrote, non che fosse un’impresa così difficile perché le voci correvano e pur non essendo una pettegola spesso le era capitato di ascoltare certi discorsi.

Doveva in parte ringraziare Alicia per quella serata in discoteca, entrambe avevano estremamente bisogno di staccare la spina per un po’ e pur essendo troppo vecchie era sempre meglio di stare sul divano a bere succo di mirtillo e ad ascoltare in loop l’unico album de La Maca, la cantante preferita di Alicia. Che avrebbe nuovamente incontrato Sergio era stato un piacevole imprevisto, che poi si sarebbero rivisti … gradevole, tutto il resto era arrivato da sé.

Forse non era ancora pronta per una vera relazione, o per avere nuovamente fiducia negli uomini, non voleva parlare di quello che le era accaduto, e non tanto per colpa dell’altro, Sergio non aveva colpe. Sapeva però come la si pensava un tempo sulla violenza domestica, ricordava molto bene certi discorsi di suo padre e prima ancora di suo nonno, la donna che viene picchiata se lo merita, la moglie che viene picchiata non è una brava moglie e se un uomo non picchia la moglie è un pessimo marito. Non aveva mai avuto il coraggio di fare quella domanda a sua madre ma era sicura che Sergio l’avrebbe incolpata, che avrebbe pensato che era colpa sua e che Alberto era un santo per non averla uccisa, o le avrebbe chiesto perché non era fuggita, come un tempo facevano le donne maltrattate. Aveva sentito lei stessa Andrés dichiarare con assoluta tranquillità di aver picchiato la propria moglie e che costei lo aveva persino ringraziato, sicuramente aveva colpito anche il figlio e Sergio non aveva fatto nulla, se perché ritenesse che i due lo meritassero o perché non riteneva la questione di sua competenza non voleva saperlo, come poteva un uomo simile capire tutto quello che le era capitato?

Troppi secoli e troppi cambi di mentalità li separavano perché potesse davvero funzionare.

Ci aveva provato con quell’uscita e stava andando tutto bene ma poi Sergio le aveva fatto quella domanda e… non era pronta, non ancora almeno. Un conto erano sua madre, Angel ed Alicia, persone di cui si fidava senza riserve e un’altra cosa era confidarsi con una persona che conosceva appena e che veniva dal sedicesimo secolo. Non era colpa di Sergio, assolutamente, ma… aveva avuto paura di quello che sarebbe potuto accadere ed era fuggita come una vigliacca, come quando indossava maglioni a collo alto per nascondere i lividi o mentiva a Paula sostenendo di aver sbattuto contro il muro perché era stanca o distratta.

Quello che non si aspettava fu quello che seguì. Aveva pensato che Sergio se ne sarebbe andato, che si sarebbero tenuti in contatto solamente per sapere come sarebbe andata a finire quella storia, e invece rimase sorpresa nel vederlo correrle dietro, quello si che era inaspettato.

<< Raquel, io… credo di aver sbagliato, capisco se non vorrai più vedermi ma almeno accetta le mie scuse >> le disse Sergio una volta che l’ebbe raggiunta, gli occhiali un po’ di traverso sul viso e il respiro corto. Si portò una mano alla testa in un gesto automatico, come se volesse togliersi il cappello per salutarla come aveva visto nei film e le venne spontaneo sorridere.

<< Non hai sbagliato, solo… non credo di essere pronta per parlare, non con una persona che conosco da poco tempo. Spero di riuscirci prima del tuo ritorno >> ammise imbarazzata sperando che l’altro capisse il sottotesto delle sue parole.

<< Prenditi tutto il tempo che vuoi, se mio fratello riuscirà a padroneggiare bene l’incantesimo potremmo… potrei tornare ogni tanto >> ammise Sergio mentre il suo viso progressivamente si imporporava peggio di quello di un adolescente.

<< Sarebbe bello rivederti >> ammise lei.

Solitamente non era una donna che agiva d’istinto, gli anni in polizia le avevano insegnato a fare più affidamento sulle prove e non sulle intuizioni ma nella vita bisognava pur osare si disse un istante prima che accadesse.

Non avrebbe saputo dire chi fosse stato il primo e chi avesse ricambiato, sapeva solo che si erano guardati e tra di loro era passato un accordo implicito, poi avevano abbassato lo sguardo per un istante e un secondo dopo si erano baciati. Sergio era gentile, delicato e la trattava come se fosse di vetro ma allo stesso tempo Raquel intuiva che dietro quello c’era della passione a lungo repressa, se solo… doveva solo capire come liberarla.

Fece aderire il suo corpo a quello di lui e sentì le mani di Sergio sulle proprie spalle, era stupido e da film ma era da tanto tempo che non si sentiva così bene si ritrovò a pensare.

Non seppe dire quanto tempo rimasero a baciarsi in strada come due adolescenti ma quando si separarono per mancanza d’aria si ritrovò a pensare che ne voleva ancora, Sergio era una brava persona e lei meritava una brava persona.

<< È una pazzia >> disse quando si separarono.

<< Non dovremmo assolutamente farlo >> le fece eco Sergio prima di baciarla una seconda volta, questa volta fu lui a prendere l’iniziativa.

<< Finiremo solamente per soffrire >> replicò lei quando si separarono, non voleva lasciarlo, né ora né mai.

<< E se cominciasse una qualche relazione tra di noi finiremo per farci del male a vicenda >> rincarò la dose lui senza però lasciarla andare.

<< Dovremmo restare amici, conoscenti… semplici conoscenti >> sussurrò lei, lo sbirro in lei le suggeriva di andare fino in fondo a quella faccenda, e poi arrestarli tutti, al reato avrebbe pensato dopo, ma la donna offesa, ferita e umiliata da Alberto voleva una rivincita e tornare a sentirsi come un tempo, senza paura e felice.

<< Vuoi rimanere per cena? Martìn mi ha dato dei soldi perché secondo lui ormai sono pronto per fare acquisti nei… supermercati >> le rivelò Sergio facendola sorridere.

<< Offro io, il tempo di chiedere ad un’amica se può badare a mia figlia e poi ti accompagno, tre uomini che vivono da soli… credo che nel frigo di Martìn ci sia l’eco >> scherzò lei prima di prendere il cellulare. Alicia doveva essere entrata nel periodo di maternità anche se aveva fatto di tutto per continuare a lavorare fino al parto al punto che il loro superiore, il colonello Prieto, aveva dovuto prenderla di peso e trascinarla fuori dal commissariato o almeno così si mormorava attorno a lei.

Alicia rispose al terzo squillo, rise come una ragazzina nel sentire del suo programma e accettò, in sottofondo una canzone di La Maca e quasi sicuramente una confezione di caramelle tra le mani.

<< Possiamo andare, sei mai salito su una macchina? >> domandò, la sola idea di dover camminare con delle buste della spesa per una città come Madrid le era indigesta.

<< Solamente il nostro primo giorno… si, solo quel giorno >> rispose Sergio, non le aveva detto qualcosa ma non era il momento di pensarci si disse Raquel prima che lui le desse la mano e lei accettasse di prenderla.

 

***

 

Quella quotidianità gli piaceva, proprio per quello Martìn Berrote era sicuro che non sarebbe durata a lungo e quindi voleva goderne nella maniera più assoluta.

Il lavoro proseguiva come sempre, anzi proseguiva in maniera quasi noiosa ma il resto… il resto era perfetto. Non aveva mai avuto una relazione così intensa e dove si fidasse in maniera così assoluta dell’altro, nemmeno con Mirko aveva avuto un’intesa simile, con Andrés invece era spontanea, non avevano bisogno di parole, bastava loro uno sguardo per dirsi tutto quello che dovevano e sembravano non averne mai abbastanza dell’altro, era dall’università che non scopava così tanto, e con la stessa persona per di più.

Sapeva che il tempo a loro disposizione stava diminuendo sempre di più ma cercava di non pensarci, non quando si svegliava tra le braccia di Andrés, quando l’altro cercava le sue labbra coinvolgendolo in un bacio appassionato o quando facevano l’amore, era la prima volta che era disposto ad ammettere che faceva l’amore e non sesso e quello era grave.

Andrés aveva dimostrato di avere bisogno di poche informazioni sul ventunesimo secolo ma allo stesso tempo non sembrava ansioso di tornare nel suo tempo a giudicare da come stava sprecando la propria magia. Silene aveva promesso di aiutarli quando sarebbe stato il momento ma aveva la sensazione che non l’avrebbe vista per molto tempo, o almeno così voleva sperare.

<< Parlami di te, com’era la tua vita prima di questo? >> gli domandò quel pomeriggio, le mani di Andrés che giocavano tra i suoi capelli e i loro corpi abbracciati.

<< Noiosa, elegantemente noiosa. Una moglie a cui mi univa l’abitudine, un figlio che si è dimostrato una costante delusione, Sergio che si occupa della tenuta, tutto uguale al giorno precedente e niente che cambia mai. Ogni tanto una cameriera o una contadina, in alcune occasioni una cortigiana ma detesto pagare per quello che posso avere gratis. Da ragazzo a corte ho visto la regina Isabella, una virago come poche, forse solamente la Cazadora le era pari. Ho avuto diversi incontri con la Cazadora ma siccome quasi tutti gli uomini della corte conoscevano i suoi appartamenti non era nulla di eccezionale, ne valse la pena se vuoi saperlo >> gli rispose Andrés.

Beatriz la Cazadora, sapeva bene chi fosse perché Agata aveva un suo poster in casa e lo aveva ammorbato per anni declamandone i pregi.

<< E come facevi a scopartela se aveva l’armatura? >> domandò, sinceramente curioso della logistica.

<< Prima di tutto non indossava sempre l’armatura, secondo quando non intendeva togliersela lasciava un drappo di velluto tra le gambe da sollevare, per quanto possa sembrarti strano avere rapporti carnali con lei è stata una delle cose più erotiche che abbia mai fatto >> gli spiegò Andrés facendolo scoppiare a ridere.

<< E come hai fatto a passare da una donna in armatura ad una moglie come tante altre? >> gli chiese.

<< Tutti dobbiamo crescere e mettere su giudizio, la mia prima moglie mi ha dato Rafael, la seconda la sua giovinezza a Tatiana mi ha dato al sua devozione e il suo cuore, e ho sempre creduto mi fossero sufficienti >> replicò Andrés.

<< E poi sei finito nel ventunesimo secolo e ci siamo conosciuti >> mormorò lui, una voce nella sua testa gli sussurrò che lui era solo un passatempo, un sistema per ingannare il tempo in attesa del ritorno di Andrés nel proprio tempo dove ad attenderlo c’era sua moglie.

<< Il destino ha modi bizzarri per scomporre una vita che sembra destinata ad essere come tutte le altre, potresti evitare? >> gli domandò Andrés quando si accese la sigaretta del dopo, dimenticava sempre che l’altro non era abituato al tabacco e che non sapeva niente del fumo.

<< Mi stai chiedendo molto, vuoi provare? >> domandò avvicinando la sigaretta al portacenere che teneva sul comodino.

<< Assolutamente no, sembra un’azione alquanto peccaminosa >> rispose Andrés facendolo sorridere.

<< Un peccato in più non farà differenza >> replicò divertito mentre l’altro continuò a negare scuotendo la testa.

Stava per tentarlo una seconda volta quando udirono la porta di casa: Sergio con la cena. I due avevano avuto qualche problema a capire la cartamoneta ma almeno avevano intuito le basi dell’economia, certo… Andrés ancora doveva capire che nessuno era disposto a fargli credito solamente perché era un duca ma proprio per quello quel giorno aveva mandato Sergio, almeno avrebbe evitato troppe figuracce. Sergio non se la cavava meglio ma almeno aveva capito come funzionassero “quei pezzi di carta”.

Veloce si rivestì mentre Andrés richiamava i suoi abiti con la magia, tutto quello era troppo bello per essere vero e troppo bello per capitare a uno come lui, non se lo meritava e temeva che il mondo esterno si ricordasse di quel piccolo particolare insignificante.

Rimase senza parole nel vedere Raquel Murrillo nella sua cucina mentre aiutava Sergio; appurato che la donna non era lì per arrestarli a causa di quello che era accaduto a palazzo Fonollosa si rilassò e cominciò ad osservarli meglio. Tra quei due era successo qualcosa, ne era sicuro sebbene non sapesse dire cosa con esattezza, ma non avevano scopato, non ancora pensò mentre l’inspectora sembrava aver preso in ostaggio il suo frigorifero.

Non ci fu verso di mandarla via, si erano ritrovati in quello che era la cosa più vicina ad un doppio appuntamento e non aveva alcuna scusa per lasciare casa propria, se almeno fossero usciti a cena fuori poteva inventarsi una possibile fuga di gas, di doversi alzare presto per andare a lavoro, dare la cena al gatto… che non aveva ma che doveva assolutamente procurarsi per evitare il ripetersi di certe situazioni, non era mai stato tipo da appuntamenti al buio, appuntamenti a quattro o uscite di gruppo, non lui.

<< Allora, ho controllato tutto, ho fatto alcune ricerche e penso che potremmo riprovare entro la prossima settimana, al massimo due settimane se vogliamo essere sicuri che tu abbia pienamente recuperato le forze >> dichiarò Sergio facendogli gelare il sangue. Come? Perché? Perché ora?

Non era pronto a lasciarli andare, non era pronto a rinunciare ad Andrés e se poi… poteva davvero passare la vita in attesa che l’altro apparisse da un momento all’altro? Anno dopo anno ad attendere che Andrés recuperasse ogni volta le forze per poter stare con lui qualche settimana?

Non voleva rinunciare ad Andrés pur sapendo che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, non avrebbero dovuto cominciare quella relazione e ora… questa volta non sarebbe sopravvissuto al dolore, ne era sicuro. Aveva commesso un errore innamorandosi di Andrés sapendo che quella relazione non avrebbe avuto futuro? Certamente, ma avrebbe rifatto tutto se ne avesse avuta l’occasione, per la prima volta dopo tanti anni non aveva rimpianti.

<< Come desideri, devi solamente avvisarmi e obbedirò, sarebbe opportuno recarsi a Toledo per poter… limitare i danni, come dicono in questo secolo >> disse Andrés una volta che ebbero finito di cenare senza però guardare in faccia suo fratello, l’idea non gli piaceva, questo lo intuì ma allo stesso tempo…. Era un bel casino, tutta quella situazione era un bel casino.

Raquel stava per dire qualcosa quando il suo telefonò squillò e veloce rispose: << Paula, tesoro, tutto bene? E la nonna? Cosa?... e dove siete ora? E lei? No, sei stata bravissima, ora resta lì che vengo a prenderti… certo che arrivo tesoro mio >> e detto questo spense il telefono per poi metterlo in borsa.

<< Una mia amica è in ospedale, sta per avere un bambino e… era con mia figlia quando è cominciato tutto, devo andare >> rivelò loro Raquel prima di prendere il cappotto e uscire non prima di aver lanciato un bacio a Sergio, che bella cosa i primi amori pensò Martìn Berrote, tutto quello gli sarebbe sicuramente mancato, ne era sicuro, gli mancava già.

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Capitolo 9
*** octavo capitulo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Maldito sea aquel día
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX olombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Esa Hembra es mala" di Gloria Trevì, la canzone tra l'altro è anche la opening della celeberrima telenovelas messicana "Teresa"



 

Ne parlarono solamente qualche giorno dopo, a letto.

Andrés de Fonollosa non era per niente entusiasta del corrente corso degli eventi. Il ventunesimo secolo non gli piaceva affatto, e aveva espresso più di una volta quel suo pensiero in maniera che quell’aspetto fosse chiaro a tutti, purtuttavia non voleva affatto andarsene, non subito almeno. Era sicuro dei suoi poteri e dell’incantesimo temporale, semplicemente non voleva utilizzarlo così presto, non conveniva a nessuno.

Sergio aveva cercato di spiegargli i risultati di quel medico austriaco di nome Sigmund Freud ma ammetteva tranquillamente di non averci capito nulla, i giudei cercano sempre dei sistemi per complicarsi la vita e quelle erano tutte assurdità. Voleva tornare nel suo tempo anche lui, ma non subito, non quando aveva così tanto da apprendere e aveva Martìn.

Non avrebbe mai pensato di trovarla di suo gusto ma la sodomia gli si confaceva e mai aveva provato un godimento simile, il modo in cui si cercavano e si davano piacere aveva superato le sue più rosee aspettative. Era anche sicuro che con un altro uomo non avrebbe funzionato, anzi sarebbe stato incredibilmente penoso e umiliante mentre quando era con Martìn provava emozioni che non pensava esistessero, non con quell’intensità. Non avrebbe dovuto farsi coinvolgere, non avrebbe dovuto nutrire simili sentimenti per l’altro, avrebbe dovuto tenerlo a distanza limitandosi ad immaginare come poteva essere invece di viverlo, sapevano entrambi che la loro relazione non aveva futuro eppure entrambi vi si erano lanciati con passione ardore e deliberata incoscienza sapendo che tutto quello avrebbe portato loro solamente dolore.

Tornare nel passato e vivere una vita senza Martìn gli sembrava una follia ma sapeva anche che non poteva costringerlo a passare una vita attendendolo, e se un giorno l’incantesimo temporale non fosse riuscito? E se invecchiando non fosse riuscito ad essere preciso? E se Martìn avesse conosciuto qualcuno di quel secolo? O se la loro relazione gli avesse impedito di conoscere qualcuno?

<< Ho deciso come fare >> annunciò mentre gli accarezzava i capelli, rinunciare a quello lo avrebbe sicuramente ucciso ma c’era un sistema per non soffrire, era ingiusto nei confronti dell’altro ma non aveva alternative.

<< E come? >> gli domandò Martìn stringendosi istintivamente a lui.

<< Torneremo indietro… di cinquecento anni e cinque giorni >> dichiarò e sentì l’altro tremare. Martìn era una persona intelligente, lo aveva visto risolvere calcoli matematici che avrebbero messo in crisi il più sapiente dei moriscos, aveva capito tutto e per un istante odiò la capacità dell’altro di saperlo leggere così bene, in quel momento era tutto sbagliato.

<< Vuoi cancellare tutto, tutto quello che abbiamo avuto >> dichiarò infatti Martìn, che uomo intelligente era colui che amava, che mente prodigiosa aveva.

<< Tutto questo… tornerò a cinque giorni prima dell’esecuzione di mio fratello, lo libererò e fuggiremo per le Americhe, purtroppo dimenticheremo tutto ma è meglio così, noi non ci ricorderemo di voi ma nemmeno tu ti ricorderai di me >> ammise, quella era l’unica soluzione, altrimenti il suo cuore non avrebeb retto a quella separazione. Se tutto fosse andato come previsto non avrebbe ricordato nulla e la sofferenza sarebbe durata a malapena un giorno, forse ci sarebbero stati dei giorni in cui avrebbe avvertito una certa melanconia di cui avrebbe ignorato l’origine ma così almeno sarebbe sopravvissuto.

<< E.. non puoi salvare Sergio dopo? Puoi salvarlo e poi dopo aver atteso qualche settimana tornare in questo tempo >> gli propose Martìn. Ci aveva pensato, ovviamente. Avrebbe potuto far bloccare tutto, ordinare a Rafael di prelevare Sergio e rifiutarsi di consegnarlo ma poi il fiammingo lo avrebbe preso di mira e allora si che la situazione sarebbe divenuta insostenibile. Poteva servirsi della magia ma sarebbe stato debilitato dall’incantesimo precedente e al massimo sarebbe riuscito a tentare di slegare le corde, non abbastanza per salvare suo fratello.

L’unica soluzione era tornare indietro di cinque giorni e liberare allora Sergio. Avrebbe dimenticato tutto, dall’uso del televisore al gusto dei cibi surgelati e soprattutto l’amore di Martìn ma Sergio era famiglia e la famiglia veniva al primo posto, prima ancora dell’amore, un giorno suo fratello avrebbe capito quanto grande fosse il sacrificio che gli stava chiedendo, o forse non lo avrebbe mai saputo. La sua discendenza era destinata a grandi cose e avrebbero potuto ottenerle solamente grazie al suo sacrificio, doveva riversare le sue attenzioni sul nipote che quell’idiota di Rafael gli avrebeb dato e sperare che fosse migliore del padre, anche se ci voleva poco, sua madre glielo diceva sempre: il sangue era l’unico legame di cui tenere conto.

<< Ci ho pensato, ma non funzionerebbe, meglio così. Sarà meglio per tutti, smetteremo di soffrire perché non sarà mai accaduto >> gli rispose cercando di controllarsi.

<< E non hai mai pensato di coinvolgermi? Chiedermi un consiglio? Ti fidi così poco di me da presentarmi il tuo brillante piano solo dopo aver finito di progettarlo sperando che lo accetti passivamente? Dopo tutto quello che abbiamo avuto pensi che ti lascerei andare? >> lo affrontò Martìn dopo essersi allontanato da lui.

<< L’ho fatto proprio per questo, perché sapevo che avresti cercato di fermarmi e che non sarei stato abbastanza forte da respingerti più di una volta >> cercò di spiegargli mentre Martìn si rivestiva evitando di guardarlo.

<< Non voglio… non ho mai provato qualcosa di simile per nessun’altro e odio l’idea che entro pochi giorni dimenticherò persino il tuo nome. Resta, riporta indietro Sergio ma tu resta con me >> gli propose Martìn, non che non ci avesse pensato ma nemmeno quell’idea gli andava a genio.

<< Io non appartengo a questo secolo e tutto quello che qui esiste mi disgusta profondamente. Tu sei l’eccezione ma finirei per odiarti se dovessi restare >> gli rispose, sarebbe stato meglio metterlo di fronte al fatto compiuto ma dovevano avere quella conversazione.

<< E se venissi io? Se venissi con voi nel sedicesimo secolo? Potrei venire con te e Sergio rimarrebbe qui al sicuro >> un’altra idea che aveva vagliato e poi eliminato, romantica ma impraticabile.

<< Tu? Nel mio tempo? Senza automobile, internet e costretto a nascondere quello che sei? Finiresti per odiarmi dopo appena un mese. Hai una vita qui: un lavoro, degli amici, una famiglia, potresti farti una famiglia… tu non verrai con me >> dichiarò, lo sguardo che Martìn gli lanciò avrebbe fatto soccombere un uomo meno forte ma lo stava facendo per il suo bene si ripeté per l’ennesima volta, sarebbe stato egoista imporgli un secolo dove l’altro avrebbe conosciuto solamente miseria.

<< Potrei riuscirci, per te >> lo supplicò Martìn, ormai rivestitosi.

<< Non si vive solo d’amore. Sarebbe bello se fosse così ma dobbiamo guardare in faccia la realtà, come non ho fatto per tanti anni >> dichiarò sperando che l’altro capisse e accettasse tutto quello, non era facile ma potevano farcela. Tutto quello gli sarebbe mancato, forse, la magia gli aveva dato tanto ed era giusto che lui la ripagasse con la stessa intensità.

<< Puoi dormire con Sergio questa notte. Ti voglio fuori dalla mia stanza quando tornerò dal bagno >> gli comunicò Martìn prima di lasciare la stanza, sapeva bene di meritare tutto quell’odio e quel rancore ma per salvare Sergio avrebbe sopportato anche di peggio, era meglio per tutti loro, solamente alcune parole, il tempo giusto e quel dolore che lo stava pervadendo avrebbe cessato di esistere e di avvelenargli l’anima.

Sergio non gli disse nulla, limitandogli a fargli spazio, d’altronde avevano discusso di quella faccenda per tutto il giorno. Anche suo fratello avrebbe lasciato qualcuno in quel secolo ma sembrava molto più determinato di lui, forse perché si era fatto coinvolgere di meno, forse perché era più razionale o chissà per quale motivo.

<< Mi devi un favore >> disse prima di chiudere gli occhi.

<< Non volevo finisse così ma dobbiamo affrontare la realtà >> gli rispose Sergio prima di girarsi dall’altra parte.

Da in poi la situazione era peggiorata in maniera esponenziale.

Martìn li aveva evitati per tutto il giorno, la notte non aveva osato andare in camera sua temendo la reazione dell’argentino e si era limitato a ripassare l’incantesimo assieme a suo fratello. L’ultima notte però era stato l’altro a fargli cenno di raggiungerlo, una scopata d’addio aveva pensato prima di baciarlo e poi aveva smesso di pensare.

Si erano cercati con un desiderio disperato, esplorando ogni singola parte dell’altro nel tentativo di memorizzarlo, gemendo il nome dell’altro, dandogli tutto quel che poteva. Martìn gli si era offerto con un abbandono che mai aveva avuto e che lo aveva inebriato, avrebeb potuto fargli qualsiasi cosa e l’altro avrebbe accettato con piacere. Il modo in cui lo aveva baciato, la maniera in cui si erano sfiorati e poi come avevano fatto all’amore… pensare che avrebbe dimenticato tutto quello perché niente sarebbe mai accaduto gli procurava un dolore quasi fisico ma non c’erano alternative, era per il bene di tutti. Aveva persino pensato di concederglisi, un’unica volta e per dimostrargli quanto lo amava ma… quello no, non ancora almeno, ossia mai. Non perché non lo amasse ma perché quello era troppo per lui, era stato cresciuto con delle idee e due mesi e mezzo in un secolo che non era il suo non potevano cambiare quelle idee, se avessero avuto più tempo forse avrebbe potuto prendere in considerazione quell’idea.

Non erano solo, prevedibile ma non si sarebbe mai aspettato di vedere Silene Olivera con il suo… compagno, che una della sua età frequentasse un ragazzino era a dir poco indecente a parer suo. Non erano i soli, c’erano anche l’ispectora di Sergio e la gitana, che bel quadretto familiare gli venne spontaneo pensare, almeno Martìn avrebbe avuto qualcuno a cui appoggiarsi quando lui e Sergio sarebbero ritornati nel proprio secolo.

<< Ho intenzione di immortalare questo momento, fosse anche per cinque minuti ma voglio conservarne il ricordo >> dichiarò Silene indicando il ragazzino che brandiva un oggetto che non aveva mai visto ma che stando a quello che aveva letto Sergio serviva a catturare le immagini in movimento, le stesse immagini che poi si vedevano alla televisione in diretta o meno. Suo fratello aveva scelto come luogo dell’incantesimo Toledo nei pressi di palazzo Fonollosa così avrebbe dovuto sostenere uno sforzo minore, solamente un incantesimo temporale senza coinvolgere lo spazio si era giustificato Sergio.

Stava per cominciare quando sentì una vibrazione proveniente dalla tasca della giacca. Non si era mai servito del cellulare, c’erano solamente due numeri e lo trovava un aggeggio inutile se non dannoso, proprio per questo ignorava chi lo avesse contattato. Lo prese in mano e lesse, esattamente come gli aveva insegnato Martìn e rimase di sasso. Era impossibile ma se lo stava leggendo in quel momento… come aveva fatto a non pensarci subito?

Ora sapeva esattamente cosa fare, e sapeva che avrebbe funzionato, altrimenti non avrebbe mai letto quel messaggio, era una situazione strana, quasi unica nel suo genere ma questo non significava che non fosse impossibile.

<< Allora, vogliamo muoverci o cosa? >> domandò la gitana per poi lanciargli uno sguardo carico di rimprovero, sicuramente sapeva tutto tramite il serbo che doveva averlo saputo da Martìn, quei due si stavano preoccupando per qualcosa che non aveva motivo di esistere.

<< Ai vostri ordini, quando siete pronti >> rispose con un sorriso divertito prima di fare cenno al fratello di avvicinarsi. Sergio lanciò un ultimo sguardo a Raquel Murrillo e lo raggiunse, apparivano stranamente fuori posto nei loro vecchi abiti si ritrovò a pensare; cercò Martìn con lo sguardo ma Martìn fece di tutto per evitarlo, poco male pensò con un sorriso, avrebbe sistemato tutto e in una maniera a dir poco spettacolare. Si erano cambiati d’abito poco prima, se solo avesse saputo tutto dal principio avrebbe avvisato suo fratello ma a quanto sembra anche Sergio era destinato a scoprire tutto sul momento.

Si concentrò, chiuse gli occhi e disse le parole, sapeva esattamente cosa sarebbe accaduto e non era quello che gli altri immaginavano, oh no. Avvertì un rumore familiare e riaprì gli occhi: era andato tutto esattamente come previsto.

 

Toledo, 1519:

 

Respirò a pieni polmoni quando i suoi piedi toccarono terra.

Aprì gli occhi, ma quando li aveva chiusi si domandò, e pensò di essere finito in un incubo. Erano a Toledo, forse, ma sicuramente c’era qualcosa di sbagliato, tanto per cominciare la strada non c’era, il cielo era troppo luminoso e non si vedeva un lampione nemmeno a pagarlo, dove cazzo era finito.

<< Dove… dove siamo? >> disse una voce e istintivamente si voltò, peccato che il suo stomaco non gradì affatto. Si piegò in due e cercò un sostegno prima di vomitare, era dai suoi anni universitari che non si sentiva così male. Quasi non registrò due mani che gli accarezzavano la fronte, era troppo impegnato a rigettare i pasti di almeno dieci anni, ma cosa cazzo era accaduto?

<< Tutto bene? >> disse di nuovo la voce, alzando gli occhi notò Raquel Murrillo che lo guardava preoccupata.

<< Mi sento come dopo quella volta che io, Agata, Hovik e Mirko siamo andati all’Oktober Fest >> rispose Martìn Berrote, la bocca ancora amara, che ricordi… . Quell’anno si erano sbronzati tutti e quattro in maniera a dir poco indecente, era sicuro di aver rimorchiato almeno tre tedeschi, una vacanza divertente come poche altre.

<< Vuoi una mentina? >> gli domandò l’ispectora e lui assentì con la testa, cosa cazzo era successo e dov’erano?

Si guardarono attorno, quella era Toledo, doveva esserlo, cosa era andato storto di nuovo?

<< Dove siamo? E soprattutto, quando siamo? >> disse a voce alta, sapendo fin troppo bene che pur essendo grammaticalmente sbagliata la sua frase era corretta.

<< Non ne ho idea, perché l’incantesimo avrebbe dovuto colpire noi? Che senso ha? >> domandò a sua volta Raquel.

Che senso aveva? Andrés aveva elaborato il piano perfetto, quello che portandoli ad annullare il primo incantesimo avrebbe fatto dimenticare tutto quello che era accaduto, eppure aveva cambiato idea all’ultimo minuto. Per quale motivo avrebbe dovuto spedire lui e Raquel nel passato, se quello era davvero il passato? Non aveva senso, era illogico e stupido e forse Andrés non era il grande stregone che credeva di essere se in due occasioni aveva sbagliato lo stesso incantesimo. A meno che… che figlio di puttana! Che geniale figlio di puttana!

<< Penso di aver capito, dobbiamo solo chiedere indicazioni >> dichiarò prima di muovere un passo, peccato che l’inspectora riuscì a fermarlo.

<< Dove pensi di andare vestito così? Dobbiamo trovare degli abiti per passare inosservati, pensa a quante domande si farebbe la gente se ci vedesse vestiti così >> lo ammonì la donna, se erano quando pensava lui effettivamente dovevano cambiare look il prima possibile.

<< Se siamo a Toledo vuol dire che nei pressi dovrebbe esserci il Tago, e attorno ai fiumi ci sono sempre delle lavandaie, dobbiamo solo prendere in prestito qualcosa >> ragionò prima che l’altra lo guardasse male.

<< Stai parlando di rubare, tu vuoi rubare degli indumenti >> puntualizzò Murrillo, sbirro una volta sbirro per sempre.

<< Sto parlando di adattarsi ma si, se pensa di poterne fare a meno faccia pure ispectora, sarà bello vedere quando la metteranno al rogo come strega >> replicò lui e lei sospirò rassegnata. Tirò fuori il cellulare per sapere se almeno funzionava ma niente, completamente andato, l’incantesimo lo aveva letteralmente rotto e fu sicuro che la stessa cosa fosse accaduta a Murrillo.

Per fortuna aveva indovinato, non fu facile trovare un abbigliamento completo ma almeno aveva pantaloni e camicia, Murrillo aveva avuto qualche problema per il vestito e quella era la prima e l’ultima volta che aiutava una donna a vestirsi, ma come funzionavano tutti quei nastri?

<< Il corsetto non lo metto, quel coso è una tortura. Mia nonna ne aveva uno simile e le toglieva il fiato ogni volta che doveva fare qualche passo, col cazzo che indosserò uno di quei cosi >> gli aveva spiegato Raquel, ennesimo motivo per cui essere gay era sottovalutato.

Quella era indubbiamente Toledo ma su quale fosse l’anno… quello dovevano obbligatoriamente chiedere informazioni e in quel momento non passava nessuno. Fu Raquel a trovare qualcuno, colmo dell’ironia si trattava proprio di una lavandaia.

<< Scusi, potrei sapere come mai è tutto deserto? >> domandò Raquel e lui sperò che la ragazza non si insospettisse.

<< Non lo sapete? Oggi bruciano il fratello del duca, sono tutti in piazza per assistere allo spettacolo >> rispose la ragazza con la stessa naturalità con cui lui avrebbe detto di aver dovuto fare una deviazione a causa di lavori stradali in corso.

<< Il fratello del duca? >> si intromise lui, il suo futuro comportamento dipendeva dalla risposta.

<< Il fratello del duca Fonollosa, è accusato di eresia, commercio di libri proibiti e apostasia. Il duca ha fatto di tutto per salvarlo ma il fiammingo non ha voluto sentire obiezioni, la famiglia di Sua Grazia assisterà all’esecuzione: il duca medesimo, sua moglie e suo figlio >> rispose la ragazza lasciandoli senza parole. Raquel sembrò aver realizzato qualcosa perché per poco non svenne, quindi se erano in quel giorno e in quell’anno precisi… allora … figlio di puttana, che geniale figlio di puttana era l’uomo di cui si era innamorato.

<< Vostra moglie si sente bene? >> domandò la ragazza preoccupata.

<< Non è mia moglie ma mia cognata, il mio povero fratello era un corrispondente del fratello del duca e mia cognata voleva tanto conoscerlo >> rispose lui, mentendo ma non troppo. Era sicuro che tra Sergio e l’ispectora ci fosse qualcosa, dal suo accento la ragazza avrebbe subito capito che non era del luogo quindi tanto valeva passare subito per straniero.

<< Un vero peccato, di dove siete? Non siete di qui >> disse subito la ragazza.

<< … veniamo dal… dal Regno >> rispose sperando che capisse, Sergio aveva nominato un regno riferendosi all’Italia e sperò che la ragazza capisse.

<< Venite dal regno di Napoli dunque? Un vero peccato che siate arrivati così tardi >> si limitò a dire, credendogli. Poi si congedò con una riverenza e si incamminò per la sua strada, doveva riflettere, se solo Andrés lo avesse avvertito in anticipo.

<< Cosa… che vuol dire tutto questo? >> gli chiese Raquel.

<< Andrés ha sbagliato, di proposito, e ha spedito noi due nel cinquecento, per la precisione nel giorno stesso in cui ha lanciato il primo incantesimo >> cominciò lui, quello sarebbe stato un discorso impegnativo.

<< E perché lo avrebbe fatto? Non ha senso? >> fu la pronta replica.

<< Lo pensavo anch’io, poi mi sono ricordato di Groundhog Day, conosci il concetto di loop temporale? >> domandò, doveva ringraziare Agata per le maratone di film ma ovviamente lo avrebbe fatto col pensiero, non le avrebbe dato una tale soddisfazione a voce.

<< Intendi quando le azioni si ripetono ciclicamente, e cosa avrebbe a che fare con noi? >> domandò Raquel prima di spalancare gli occhi: aveva capito, lo dice sempre lui che l’ispectora Murrillo era una donna intelligente.

<< Andrés ha creato un loop temporale. Una volta mi ha detto che mentre stava per lanciare l’incantesimo qualcosa lo ha distratto e per questo si è sbagliato. Noi siamo quel qualcosa: in qualche maniera lo abbiamo distratto e per questo ha spedito sé stesso e Sergio cinquecento anni nel futuro e dove li avrei incontrati: la sua magia ha percepito la nostra presenza come estranea e deve essersi ancorata ai noi stessi del passato; i noi stessi del nostro passato ma i noi stessi del loro passato, o qualcosa di simile >> spiegò, ecco per quale motivo Andrés aveva mandato loro due nel passato, un loop temporale.

Andrés de Fonollosa aveva sbagliato volontariamente il suo incantesimo per ben due volte, la prima volta aveva spedito sé stesso e Sergio nel futuro, dove lui e Andrés si sarebbero innamorati, e poi aveva mandato lui e Raquel nel passato perché potessero permettere il primo viaggio nel tempo, e lui aveva bisogno di un’aspirina perché era tutto dannatamente complicato e cervellotico.

<< Lui ci ha mandati qui perché così noi potessimo fare in modo che spedisca sé stesso e Sergio nel nostro presente, e come abbiamo fatto? >> domandò Raquel mentre entravano in città, qui cominciò ad esserci più movimento ma sembrava che convergesse verso un punto preciso: il punto in cui Sergio Marquina a breve sarebbe diventato un arrosto in forma umana.

<< Non ne ho idea ma dobbiamo inventarci qualcosa >> replicò lui mentre diversi occhi si voltavano scandalizzati nella loro direzione, lui in camicia e Raquel con i capelli sciolti e senza corsetto, per fortuna avevano tenuto le loro scarpe, come faceva certa gente a camminare per ore su un selciato simile?

<< E dobbiamo farlo il prima possibile >> dichiarò Raquel mentre raggiungevano infine la piazza, proprio un bel giorno per un bel barbecue con gli amici si ritrovò a pensare lui. Era stato a Toledo solamente due volte da quando era arrivato in Spagna e quella città aveva un suo fascino ma non era il momento adatto per fare il turista. A forza di spintoni furono abbastanza vicini da vedere Sergio, già legato sul rogo, stessa espressione e stessi occhiali di sempre, quando tutto quello sarebbe finito avrebbe dovuto portarlo da un ottico per un formato più moderno, l’ispectora lo avrebbe senz’altro ringraziato.

Poi si voltò e lo vide e rimase senza parole.

Andrés era bellissimo, vestiva come un re, la spada che aveva alla cintura scintillava e lo sguardo, quanto orgoglio e quanta ambizione in quegli occhi si ritrovò a pensare, e pensare che lo aveva trovato ridicolo la prima volta che lo aveva visto, lo avrebbe trovato ridicolo entro pochi minuti si ritrovò a pensare; quello che per lui era già passato per Andrés era il futuro. La donna accanto a lui doveva essere sua moglie, Tatiana, e Martìn dovette ammettere a sé stesso che in effetti Tatiana era una donna attraente persino per gli standard del suo secolo. Magra, dalla pelle diafana, i capelli rossi acconciati in una maniera quasi impossibile, sembrava quasi una statua da quanto era eterea, capiva benissimo perché Andrés l’amasse e perché l’avesse sposata, con una donna simile al proprio fianco chiunque si sarebbe sentito realizzato.

Dietro la coppia intravide un movimento, doveva trattarsi di Rafael, il figlio di Andrés di cui l’altro gli aveva sempre parlato così male.

<< Dobbiamo fare qualcosa >> gli disse Raquel riportandolo con i piedi per terra, e dovevano farlo ora pensò osservando Andrés chiudere gli occhi e Tatiana allontanarsi discretamente da lui. Non gli venne in mente nulla eppure qualcosa doveva accadere ma cosa?

<< Andrés! Andrés! >> cominciò a farsi largo tra la folla seguito da Raquel che lo imitò tenendosi l’abito per evitare di perderlo di vista.

Seppe di aver avuto successo quando Andrés si voltò per un istante nella loro direzione, troppo tardi per interrompere l’incantesimo ma ancora in tempo perché la destinazione finale di lui e Sergio cambiasse, o almeno sperò che accadesse.

Accadde tutto in un istante, un momento Andrés lo aveva guardato e un momento dopo era sparito, le urla della folla gli fecero comprendere che a Sergio era avvenuta la stessa cosa, Raquel glielo confermò pochi istanti dopo. << E ora? >> domandò l’ispettrice.

<< Ora aspettiamo. O spariremo e ci ritroveremo nel nostro tempo o resteremo qui e allora avrà funzionato >> rispose lui, era tutto assurdo e seguiva le leggi della fantascienza ma stava funzionando, a modo suo.

Rimasero in attesa mentre la folla rumoreggiava, per precauzione si infilarono nel primo vicolo che trovarono, d’altronde erano stati testimoni di un incantesimo e se mai Sergio fosse tornato lo avrebbero accusato anche di stregoneria, quel secolo sembrava avere una certa facilità nel condannare a morte.

<< Ha funzionato, ora dobbiamo … che dobbiamo fare? Dobbiamo attendere che il tuo fidanzato venga a riprenderci? Dobbiamo tornare con le nostre forze? >> domandò l’ispectora, e che cazzo!

<< Prima di tutto non è il mio fidanzato anche se una volta tornati a casa dovremmo riprendere un certo discorso, secondo… voltati lentamente e alza le mani >> le rispose cercando di rimanere calmo. Raquel Murrillo obbedì e alzò le mani: almeno cinque soldati li stavano tenendo sotto tiro, non conosceva la capacità offensiva di un’alabarda e non era intenzionato a scoprirlo quel giorno.

<< Noi… io e mio cognato stiamo cercando il duca >> intervenne Raquel, per fortuna aveva il tono autorevole dello sbirro, anche se in quel secolo poteva essere un problema.

<< Il duca? E cosa vorrebbe mai il duca da due pezzenti? >> rispose quello che sembrava il capo.

<< Il duca Fonollosa ci attendeva, abbiamo delle informazioni importanti… chiedete all’imbecille >> dichiarò lui, se davvero era tutto come gli avevano raccontato allora la notizia che Andrés disistimasse Rafael doveva essere nota.

<< Avvisate don Rafael, e voi venite con noi >> fu la risposta, prevedibile solamente nella prima parte. Dobbiamo inventarci qualcosa sussurrò a Raquel in inglese sperando che capisse il suo piano, per fortuna l’ispectora era abbastanza intelligente: gli rispose con un ok che in quel secolo non potevano capire e tirò un sospirò di sollievo.

Ora si che dovevano davvero lavorare di fantasia.

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Capitolo 10
*** Epílogo ***


Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Maldito sea aquel día
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX Colombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna Cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Esa Hembra es mala" di Gloria Trevì, la canzone tra l'altro è anche la opening della celeberrima telenovelas messicana "Teresa"
Note4: la seconda parte è già finita e postata su AO3, a suo tempo la posterò anche qui




 

Che Sergio lo avrebbe preso a pugni per quello che aveva fatto era una possibilità che Andrés de Fonollosa non aveva trascurato.

E infatti era avvenuto, e capiva benissimo il motivo di quel pugno. Gli altri pensassero pure che lui aveva sbagliato ma una cosa era sicura: lui non sbagliava mai e lo avrebbe dimostrato a quel pubblico entro pochi minuti. Silene e il suo… partner erano intervenuti anche se aveva la sensazione che la cartomante avesse adorato quel momento e il ragazzino aveva proposto di tornare a Madrid per decidere il da farsi.

Se non fosse stato per lo spreco di energie avrebbe potuto servirsi della magia ma per fortuna Silene Olivera sapeva il fatto suo. Si portò le mani alla testa e sorrise, ora era tutto perfetto. Finalmente sapeva cosa lo avesse distratto quando aveva lanciato l’incantesimo per la prima volta, ora bisognava solo spiegarlo anche se non aveva idea di che parole usare, per lui la magia era sempre stata istintiva, aveva studiato gli incantesimi nei testi di sua madre ma si era trattato di memorizzare le varie formule, quando si era trattato di lanciare incantesimi si era sempre affidato all’istinto.

Silene aveva subito chiamato gli altri che si erano precipitati, quel maledetto aggeggio infernale su cui viaggiava Daniel aveva fatto un rumore tremendo quando l’altro era arrivato portandosi dietro la moglie.

<< Non è stato uno sbaglio, vero? >> sentì dire, forse Silene era più intelligente del previsto, aveva sbagliato a sottovalutarla… a onor del vero nel suo secolo nessuna donna aveva mai messo in dubbio le sue doti, in nessun campo.

<< Io non sbaglio mai >> rispose lui, il compagno di Agata e il serbo dovettero trattenere Sergio che sembrava intenzionato a colpirlo una seconda volta, lo diceva lui che azzuffarsi con i figli della servitù avrebbe temprato suo fratello, disgraziatamente non aveva avuto lo stesso risultato con Rafael.

<< Come puoi dirlo? Dove sono finiti Raquel e Martìn? Io posso capire una volta ma due volte… hai sbagliato per due volte l’incantesimo e continui a sostenere di aver agito correttamente >> lo affrontò Sergio, mai suo fratello gli aveva parlato in quella maniera ma era disposto a perdonarlo, era ancora scosso dall’accaduto.

<< Perché io non ho sbagliato. Poco prima di scagliare l’incantesimo ho ricevuto questo messaggio, il solo fatto che qualcuno conoscesse il mio numero mi ha insospettito ma poi ho letto il mittente e… è stato tutto chiaro >> rispose lui prima di prendere il telefono e passarlo a suo fratello.

<< “Manda Martìn e Raquel al giorno dell’esecuzione di Sergio, sapranno cosa fare. Poi vai a riprenderli” e allora? Cosa vuol dire esattamente? >> lo interrogò Sergio prima di guardarlo come se fosse impazzito, quella mancanza di fiducia lo feriva profondamente.

<< Leggi il mittente hermanito >> lo provocò lui, quello si che era sorprendente.

<< “AdF” e… sei stato tu! O meglio… sarai tu, o sei stato tu… quella è la firma che si trova su i tuoi dipinti e… cosa hai fatto? >> domandò Sergio mentre gli altri cominciavano a realizzare.

<< Ha creato un loop temporale, è geniale! Un autentico loop temporale >> esclamò il giovane Anibal, che ragazzino intelligente pensò lui anche se non aveva capito una parola ma l’entusiasmo dell’altro era palpabile.

<< Cosa avrebbe fatto? >> domandò Monica, se solo avessero saputo…

<< Mi serve un foglio per potervelo spiegare bene >> le rispose il ragazzino, le nuove generazioni erano davvero recettive. << Allora: x e y, ossia voi due, siete finiti qui, nel nostro tempo, in seguito a qualcosa che ha deviato l’incantesimo. Quando si è trattato di tornare nel loro tempo però x ha ricevuto un messaggio da … x al quadrato, chiamiamolo così, e ha deciso di mandare k e z nel passato. E k e z sono quel qualcosa che ha deviato l’incantesimo di x. Questo vuol dire che siamo finiti in un loop temporale ossia qualcosa destinato a ripetersi ancora e ancora: x e y finiranno nel nostro tempo perché z e k faranno una qualche azione di disturbo, ma non avrebbero potuto farla se x e y non fossero finiti nel nostro tempo. E se x al quadrato a mandato quel messaggio al sé stesso del passato, il suo passato, vuol dire che in futuro si risolverà tutto ma per perché questo accada doveva mandare il messaggio, insomma… siamo finiti in una specie di ruota per criceti che continua a muoversi >> continuò il ragazzino emozionato.

<< Sembra una cosa da film di fantascienza, sicuro che sia così? >> gli domandò la gitana.

<< La fantascienza dei viaggi nel tempo poggia le sue basi sulla scienza più autentica: teoria delle stringhe, buchi neri, Einstein, fisica al suo livello più puro >> spiegò Anibal sempre più emozionato.

<< Quindi tutta questa è teoria... che funziona grazie alla magia? >> domandò Sergio, finalmente stava cominciando a capire.

<< O forse la magia è solo una forma diversa di scienza, non possiamo ancora dirlo >> lo corresse il serbo e quello lui non poteva accettarlo. La magia era la magia e la scienza era la scienza, due entità diverse e lui aveva appena dimostrato di essere uno degli stregoni più potenti del millennio grazie ai suoi poteri.

<< E ora cosa facciamo? >> domandò Daniel, loro perdessero il loro tempo, lui sapeva esattamente cosa avrebbe fatto.

<< Voi fate quello che volete, io so già cosa devo fare >> rispose, come aveva potuto permettere a un simile crogiuolo di pezzenti di considerarlo uno di loro? Lui che aveva nelle vene il sangue più puro di Spagna pari a quella variegata umanità, che pensiero rivoltante.

<< E sarebbe? >> gli domandò suo fratello, dal tono intuì che suo fratello aveva indovinato i suoi propositi e che la domanda era puramente retorica.

<< Rimettermi in forze e poi andare a prenderli >> rispose. Tornerò a prenderti amore mio pensò, quello non lo avrebbe detto ad alta voce di fronte a quei pezzenti ma Martìn era suo e cinque secoli non potevano certo dividerli, non quando lui aveva la magia dalla sua.

 

Toledo 1519:

 

Rafael de Fonollosa era stato comprensivo.

A dire la verità non era stato lui ad interrogarli bensì Tatiana e nessuno era sembrato sorpreso da quello, la sfiducia che Andrés nutriva nei confronti del suo unico figlio doveva aver contagiato metà Toledo aveva pensato Martìn Berrote.

La donna era sicuramente molto intelligente, l’aria da brava statuina era solo una posa, o quantomeno apparenza, ed era sicuro che non avesse creduto ad una sola parola di quello che lui e l’ispectora avevano riferito. Non avevano avuto abbastanza tempo per concertare una versione comune così uno aveva cominciato e l’altro gli era andato dietro, lui aveva contato almeno tre errori da parte sua e due da parte della Murrillo, e Tatiana ne aveva sicuramente notati altri.

<< E conoscete l’argomento della corrispondenza tra il vostro defunto fratello e mio cognato? >> domandò Tatiana, capiva perfettamente perché Andrés l’avesse sposata, bella, determinata e stupida solo all’apparenza.

<< Francamente lo ignoro ma voleva assolutamente che mia moglie incontrasse Marquina ed essendo morto ho deciso di accompagnarla io >> spiegò lui.

<< Signor Marquina per voi; avrete sicuramente delle lettere, quando è venuto a mancare vostro fratello? >>

<< Un anno fa, sono vedova da un anno >> intervenne Raquel che stava cominciando a perdere la pazienza.

<< Un anno… e perché nessuno di voi due indossa il lutto? >> si intromise Rafael. Ecco cosa aveva sbagliato! Come aveva fatto a non pensarci? A quei tempi il lutto era una cosa seria, c’erano persone che vestivano a nero per tutta la vita per un parente di settimo grado che nemmeno conoscevano, sua nonna aveva indossato il lutto per tutta la vita pur essendo rimasta vedova ad appena quarant’anni, gli altri trentacinque li aveva passati in nero, non ricordava di averla mai vista indossare altri colori. E quello era avvenuto nella Buenos Aires degli anni ottanta, figuriamoci in Spagna nel sedicesimo secolo, e loro due avevano detto di venire dall’Italia… dove in alcune zone ancora si dava importanza a certe cose, ricordava quando era andato a Palermo dopo la laurea in cerca delle proprie radici.

Erano finiti, dovevano solo inventarsi qualcosa ma cosa… Cazzo!!!

<< Mio marito non meritava che indossassimo il lutto, vecchi rancori di famiglia >> dichiarò Raquel, poteva funzionare anche se aveva dei dubbi. Rafael sembrò trovare la risposta di suo gusto perché disse qualcosa in francese a cui Tatiana rispose nella stessa lingua, lui le lingue straniere non le capiva, inglese e italiano erano il massimo che era riuscito a capire in quarant’anni di vita e gli andava bene così.

<< Comprendo. Per il momento vi ospiterò e quando tornerà mio marito parleremo della faccenda, sicuri che l’incantesimo abbia funzionato? >> domandò Tatiana, su quello erano stati onesti fin dal principio.

<< Assolutamente, sono a Siviglia, anzi a quest’ora la nave per L’Avana sarà già salpata >> rispose lui fingendo di controllare l’orologio, l’occhiata meravigliata di Tatiana e Rafael gli fece capire che aveva commesso l’ennesimo sbaglio.

<< Come dite voi, fatemi parlare con la servitù e vi troveremo una stanza disponibile. Madre mia, dobbiamo discutere su cosa raccontare al fiammingo quando vorrà delle spiegazioni >> dichiarò Rafael prima di alzarsi, non che fosse una persona mediocre o altro, solo… con un padre come Andrés era palese che Rafael sarebbe dovuto essere straordinario e invece il ragazzo era desolatamente ordinario si ritrovò a pensare.

Tatiana si limitò ad un sorriso enigmatico prima di dargli il braccio e i due uscirono dalla stanza lasciandolo infine soli, Raquel per qualche strano motivo che non si era scomodato a chiederle non li aveva mai persi di vista, come se si aspettasse un passo falso da entrambi.

Si appoggiò meglio sulla sedia, com’era possibile che fosse tutto così scomodo pensò? Palazzo Fonollosa aveva un suo fascino, il toccò di Andrés era evidente in ogni anfratto, dagli arazzi che ricoprivano le pareti ai soprammobili, tutti oggetti di gran classe e di un certo pregio, sicuramente molto meglio dell’arredamento stile liberty pensò anche se non era un intenditore.

<< E ora? Cosa facciamo? >> gli chiese Raquel.

<< Aspettiamo, non possiamo fare altro, dovremo abituarci a questo secolo sperando che vengano a prenderci quanto prima >> replicò lui.

<< Ci sarà pure qualcosa che possiamo fare nell’attesa che il tuo fidanzato venga a prenderci >> dichiarò Raquel cercando di non ridacchiare.

<< Sarà anche il mio fidanzato ma prima ancora è il marito di Tatiana, noi due dobbiamo imparare a mimetizzarci in questo secolo: se penso che la gente crede che la terra sia al centro dell’universo e ignori il metodo scientifico mi sento male >> le fece notare, sarebbero state delle settimane molto lunghe quelle.

<< Dobbiamo farcela, non resteremo qui per sempre >> disse Raquel, anche quello era vero.

<< Speriamo >> rispose lui prima di appoggiarsi all’unica parete senza arazzi, quella situazione stava mettendo a dura prova i suoi nervi ed era tutto così assurdo. L’ispectora non disse nient’altro e curioso guardò fuori dalla finestra: sarebbero state delle lunghe settimane quelle. Quel secolo ignorava tutto quello che per lui era scontato… non avevano nemmeno scoperto la sua città d’origine, non ancora almeno, e come dimenticare che quel secolo sembrava amare i barbecue? Barbecue di ebrei, di musulmani, di eretici, di omosessuali, ogni scusa era buona per accendere un fuoco espiatorio lì. Ne era stato testimone lui stesso quella mattina e ora… ora doveva solo sperare che nessuno facesse troppe domande, non aveva mai nascosto il suo orientamento sessuale e non sapeva come vivere nell’armadio, non quando aveva letteralmente buttato giù la porta a tredici anni.

Andrés sarebbe arrivato, se non per lui almeno per vedere Tatiana. In effetti… era sicuro che Andrés avrebbe scelto sua moglie ma che prima se lo sarebbe scopato, forse avrebbero passato una o due notti insieme e poi li avrebbe rimandati nel loro secolo mentre lui e Sergio avrebbero ripreso i loro posti, non doveva illudersi troppo eppure… non aveva mai provato sentimenti simili per nessuno si disse Martìn prima di chiudere gli occhi. Ti sto aspettando amore mio, vienimi a prendere pensò, troppo romantico forse ma incredibilmente adatto.

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