Believer

di ClostridiumDiff2020
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 01 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 02 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 03 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 04 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 05 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 06 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 07 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 08 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 09 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 46: *** Capitolo 45 ***
Capitolo 47: *** Capitolo 46 ***
Capitolo 48: *** Capitolo 47 ***
Capitolo 49: *** Capitolo 48 ***
Capitolo 50: *** Capitolo 49 ***
Capitolo 51: *** Capitolo 50 ***
Capitolo 52: *** Capitolo 51 ***
Capitolo 53: *** Capitolo 52 ***
Capitolo 54: *** Capitolo 53 ***
Capitolo 55: *** Capitolo 54 ***
Capitolo 56: *** Capitolo 55 ***
Capitolo 57: *** Capitolo 56 ***
Capitolo 58: *** Capitolo 57 ***
Capitolo 59: *** Capitolo 58 ***
Capitolo 60: *** Capitolo 59 ***
Capitolo 61: *** Capitolo 60 ***
Capitolo 62: *** Capitolo 61 ***
Capitolo 63: *** Capitolo 62 ***
Capitolo 64: *** Capitolo 63 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

 
La stanza gli si stringeva addosso, inutile era lo sforzo della sua coscienza per liberarsi dalla morsa dei farmaci. Il veleno che gli scorreva nelle vene lo trascinava in profondità dentro se stesso. Si sentiva sempre più smarrito in quel mare burrascoso che era la sua coscienza. Una moltitudine di frammenti che componevano la sua memoria, in mille pezzi come quello specchio contro cui sbatteva ogni volta che chiudeva gli occhi. E quel teschio insanguinato che lo spingeva con forza ancora e ancora, incurante delle sue grida. Il dolore al volto lo strappava sempre all’incoscienza, una costante in quelle interminabili giornate che passava incatenato al suo letto.
Le ferite pulsavano, come se le avesse appena subite, la stanza si piegava su di lui osservandolo, lo spingeva giù soffocandolo. Bill sentì una stretta serrarglisi sul cuore, il letto era come svanito, il vuoto lo avvolgeva. Un brivido gli corse lungo la schiena mentre affondava in acque gelide e l’odore di cloro gli riempiva le narici.
Stava accadendo ancora, si stava smarrendo.
 
Intravide un volto sfocato oltre la superfice, capelli scuri occhi di giada e un immenso sorriso sornione come di un gatto dispettoso.
Oscar fuoriuscì dall’acqua e si protese oltre il bordo salutando il suo amico J che gli porse una mano per aiutarlo ad uscire dall’acqua.
“Sei in ritardo sirenetta, il direttore del Club è alquanto interdetto, sperava che il suo ragazzo d’oro fresco di Olimpiadi volesse fare un discorso ai nuovi allievi… Mentre invece si è dovuto accontentare di me… La pecora nera del Club che evita le medaglie d’oro come se potessero ustionarlo…”
“Scommetto che sei stato sufficientemente incoraggiante…” borbottò Oscar sollevandosi da terra e inforcando le ciabatte afferrando l’accappatoio. D’un tratto quel brivido familiare lo percorse. Si appoggiò al braccio dell’amico mentre cercava di afferrare con affanno ogni respiro. Sapeva bene cosa stesse per succedergli e ne era terrorizzato. Era da così tanto che non aveva una crisi, solo J ne era a conoscenza perché questo avrebbe potuto compromettere la sua carriera professionistica.
Ebbe appena il tempo di farfugliare un “J sta accadendo di nuovo…” che la vista gli si appannò, i muscoli gli si irrigidirono e la piscina sotto di lui svanì.
Era di nuovo avvolto nelle tenebre. Aveva paura ma poi lo vide e la gioia lo pervase.
Erano di nuovo uno di fronte all’altro come quando erano due ragazzini.
William lo fissava interdetto. Era molto più alto e muscoloso di quanto ricordasse. I suoi lunghi capelli neri tagliati cortissimi, di un centimetro al massimo. Il volto mostrava una grande stanchezza ed era segnato da profonde cicatrici che rendevano la sua espressione ancora più dura. Ma gli occhi, quelle immense pozze oscure erano sempre le stesse, universi in cui ci si poteva smarrire.
Oscar sorrise e le fossette apparvero ai lati della sua bocca. Aveva desiderato ogni istante della sua vita ristabilire quel legame e poter sentire di nuovo la presenza di William, percepire la sua voce nella sua mente.
“Sei tornato” sussurrò Oscar felice “Dove sei stato per tutto questo tempo?”
“Vorrei saperlo anche io, credimi…” rispose Bill abbassando lo sguardo “Sono bloccato in un letto, forse per questo adesso posso vederti di nuovo… Sono scivolato dentro me stesso cadendo, precipitando… Temo che non riuscirò mai ad emergerne…”
Oscar si protese verso l’altro e lo trasse a se per abbracciarlo. “Oh Bill, non voglio che tu svanisca di nuovo… Vieni da me, lo avevamo deciso quando eravamo ragazzi, adesso però possiamo davvero farlo! Vieni da me Bill a Berlino…”
Per un attimo Oscar ebbe l’impressione di percepire la pelle dell’altro a contatto con le proprie labbra, i suoi muscoli rilassarsi sotto la sua stretta. “Quando eravamo piccoli mi dicesti che avrei potuto trovare una casa con te…” farfugliò Bill con voce tremante “Era vero?”
Oscar gli prese la testa tra le mani e lo osservò negli occhi determinato “Ti sto ancora aspettando, vieni da me, vieni a Berlino”
“Ti troverò…”
Quelle furono le ultime parole che Oscar percepì prima che l’oscurità riassorbisse ogni cosa lasciandolo da solo a fluttuare nel nulla.
 
 


_______
Note dell'Autore:

Da un po' di tempo a questa parte mi sento molto ispirata e legata al personaggio di Billy Russo, per questo desidero creare universi alternativi in cui donargli nuove storie, nuovi percorsi.
Oggi hanno rimosso da Netflix la sua serie, chissà se Disney+ la caricherà sulla sua piattaforma, chissà se Billy emergerà nuovamente nel Multiverso Marvel Disney.

Nel frattempo vorrei dedicargli questa storia.
Ispirata dalla trilogia di Leonardo Patrignani "MULTIVRSUM" edita Mondadori nel 2014 (e se non erro ristampata di recente da un'altra casa Editrice) 
Mi intrigava l'idea della connessione attraverso il tempo, lo spazio e le diverse dimensioni, come di creare un personaggio ispirato a Julian Kostov legare a Billy.

Forte ispirazione è stata per me anche la Fan Art che la mia cara amica Blushie sta creando per me

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Capitolo 2
*** Capitolo 01 ***


 Capitolo 01



 
 
 
“Dannazione Oscar svegliati!”
La voce dell’amico lo raggiunse prima dello schiaffo, mugugnò e cercò di muoversi sentendosi tutto intorpidito. Gli arti gli formicolavano come se stentassero a riprendersi.
Piano piano percepì le fredde mattonelle della piscina premere sotto la sua pelle, la stretta di J attorno al suo corpo, l’odore del sangue che fuoriusciva dal suo naso.
Cercò di chiamare l’amico e dirgli che stava meglio ma riuscì solo a mugugnare parole senza alcun senso.
J lo scosse fissandolo con occhi ricolmi di ansia.
Oscar cercò di tamponare la perdita di sangue e si lasciò accompagnare dall’amico al bagno.
Il sangue usciva copiosamente e non accennava a smettere, J gli passava nervosamente dei fazzoletti farfugliando con voce ricolma di panico che avrebbe dovuto andare in infermeria, chiamare suo fratello, farsi vedere da un medico. Al che Oscar premette una serie di fazzoletti contro il naso e scuotendo la testa si avviò verso lo spogliatoio.
J gli trotterellò dietro continuando a fissarlo pieno di ansia.
Con dei fazzoletti infilati nelle narici a tamponare Oscar iniziò a vestirsi, avrebbe rimandato la doccia a un secondo momento, voleva solo correre a casa e sdraiarsi per ripensare a quanto successo. Aveva davvero rivisto William? Dopo tutti quegli anni Bill era finalmente tornato nella sua mente? Il solo pensiero gli strappava continui sorrisi, aveva percepito un gran vuoto il giorno in cui le loro menti avevano perso quella connessione.
“Dovresti quantomeno avvertire tuo fratello Marco? potrebbe accompagnarti a casa” incalzò J sussultando quando Oscar lo fulminò con lo sguardo prima di infilarsi la felpa e sedersi sulla panca davanti al suo armadietto per allacciarsi le scarpe.
Non era estraneo agli attacchi di apprensione da parte del suo amico J, come anche il voler correre da suo fratello e sobillare la sua anima da chioccia iperprotettiva.
Marco era suo fratello maggiore, Oscar in lui aveva non solo un fratello, ma tutta la sua famiglia. Aveva perso la madre quando Oscar era molto piccolo, a malapena la ricordava.
E loro padre era sempre stato assente. Un famoso allenatore di calcio interessato più alla carriera che alle necessità dei figli. Marco così aveva preso sulle sue spalle tutte le responsabilità. Era riuscito a portare avanti non solo la propria carriera sportiva, riuscendo.a diventare un calciatore come il padre, ma aveva anche seguito e supportato Oscar in ogni aspetto. Accompagnandolo agli allenamenti andandolo a prendere a scuola, portandolo alle gare nonostante i suoi impegni. Ed era per questo che Oscar aveva obbligato J ad aiutarlo a nascondere le sue crisi al fratello, non voleva, non poteva fargli pesare anche questo.
Ormai la sua carriera sportiva era a fine, presto sarebbe diventato un allenatore e a nessuno sarebbe importato se perdesse i sensi e sanguinasse dal naso.
Ricordava bene la prima volta che aveva avuto uno dei suoi attacchi, era accaduto assieme a J e per questo l’amico era diventato la sola e unica persona a conoscenza della cosa.
Oscar ricordava che un momento era in camera sul letto assieme a J a parlare e ridere quando il mondo si era oscurato e dalle ombre aveva visto emergere il piccolo William. Seduto con i suoi grandi occhi scuri sbarrati, infagottato in vestiti larghi e sformati, di certo ereditati da uno dei bambini della casa-famiglia dove viveva.
J gli disse lo aveva visto sbiancare, irrigidirsi e perdere sangue dal naso. Lo aveva spaventato a morte vederlo con gli occhi spenti afflosciarsi e fissare il vuoto.
Da bravo amico aveva mantenuto il segreto ma Oscar lo aveva visto rasserenarsi quando gli attacchi sembravano esser svaniti.
Come poteva J comprendere quale dolore aveva comportato quella scomparsa per Oscar, per lui valeva la pena svenire e sanguinare se questo lo interconnetteva in qualche folle incomprensibile modo con la mente di William. Perdere quella connessione gli aveva spezzato il cuore. Ma adesso erano di nuovo legati, la sua voce lo aveva raggiunto ancora una volta e adesso William avrebbe potuto raggiungerlo.
Finalmente Oscar avrebbe potuto abbracciarlo nel mondo reale, percepire il suo odore e forse dargli il bacio che aveva sempre desiderato dargli, nel mondo reale, percependo il suo vero cuore battere all’unisono con il proprio.
 
 


 

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Capitolo 3
*** Capitolo 02 ***


Capitolo 02

 


 
 
Bill lasciò correre lo sguardo lungo la fredda parte bianca, rifuggendo lo sguardo indagatore della dottoressa quanto quello di quella donna che lo scrutava ostile, posta come una statua di bronzo ai piedi del suo letto, immobile, implacabile. Una presenza constante nelle sue interminabili giornate di prigionia.
Le aveva chiesto più volte cosa volesse e quando gli chiedevano ancora, incessantemente se lo ricordasse gli urlava che NO! Non lo ricordava! E loro lo sapevano bene, perché sceglievano di ignorarlo? Rammentava solo il dolore, i suoi onnipresenti incubi, il teschio, la sua voce che riecheggiava tra una miriade di schegge che affondavano inesorabili nel suo volto dilaniandolo.
Undici ore gli avevano detto che era durato il suo intervento per drenare il sangue, riparare alla meno peggio il suo volto segnato dai tagli, rimuovere i vetri. Era rimasto incosciente per un tempo infinito e lo avevano dato più volte per morto. Aveva superato la febbre, le infezioni, la sepsi. Gli avevano dovuto rimuovere una parte del cranio per permettere al suo cervello di espandersi per poi ricomprimerlo assieme ai suoi pensieri frammentati.
Infine, aveva aperto gli occhi, e anche a quel punto aveva impiegato mesi per parlare, ritrovare la voce, il suo stesso nome, riconquistare il suo corpo, ma ce l’aveva fatta! Era stata quasi una sfida a quella cupa presenza che ogni giorno lo osservava, sempre più inasprita dalle sue conquiste.
“Perché mi odia così tanto?” aveva chiesto invano ogni giorno.
Poi nei brusii una vocina timida si era fatta avanti “Beh tu le hai sparato in testa, sono cose che tendono a far portare rancore”
Una ragazza dagli occhi nocciola, i capelli raccolti dietro la testa con un elastico improvvisato, una retina elastica per le mediazioni, e la divisa bianca ingiallita dei tirocinanti infermieri. Lui l’aveva fissata sgranando gli occhi. L’avevano cacciata ma lei era tornata sgattaiolando nella stanza, furtiva come un topolino.
“Scusa…” gli aveva detto sottovoce “Non volevo essere brusca”
Lui l’aveva osservata interdetto e lei aveva ripreso a parlare “Il fatto è che preferisco essere diretta e sincera che nascondermi dietro a mille sotterfugi. Mi infastidisce che tutti sappiano ogni cosa di te mentre tu invece non sappia assolutamente niente. Non vedo perché dovrei dubitarne, ho visto con i miei occhi il tuo cervello e insomma… quel tizio… quel Frank ti ha davvero ridotto uno schifo, la perdita della memoria mi pare il minimo… Comunque, non vedo perché tu non dovresti sapere cose che noi…”
Il fiume di parole della ragazza si era bruscamente interrotto, quelle parole lo avevano colpito come un pugno all’addome, come una lama arroventata dritta al cuore.
Era stata più che diretta, era stata lapidaria. Era quella la verità che gli avevano nascosto tutto quel tempo? Che l’artefice delle sue sofferenze era niente poco di meno che l’unico vero amico mai avuto?
L’aria gli era scivolata via spremuta via dal suo corpo. Aveva scosso la testa, aveva iniziato a sudare ansimando e gemendo. Gridando la sua incredulità prima che il mondo svanisse.
Quando aveva ripreso i sensi aveva ritrovato la verità ad attenderlo assieme a una nuova consapevolezza, che quell’incubo era stato il suo migliore amico a causarglielo.
La ragazza era sparita per molto tempo e Billy era arrivato a temere che anche lei lo avesse alla fine abbandonato. Ma poi una sera era di nuovo riemersa, il suo topolino silenzioso era tornato a controllarlo.
Quella sera Billy aveva capito che lei non gli avrebbe mai mentito, così lui aveva fatto altrettanto. Spesso nelle sue lunghe notti insonni il suo topolino lo aveva raggiunto, aiutandolo ad aggiungere novi pezzi al puzzle frammentato dei suoi ricordi.
“Perché torni da me? Anche se sai chi sono… Quello che ho fatto…”
“Sei interessante e poi, magari neanche tu sai fino in fondo chi sei… Magari puoi essere molte altre cose oltre a quanto sei stato in passato…” gli aveva risposto il suo topolino.
Erano rimasti senza presentarsi per così tanto che ormai Billy era abituata chiamarla topolino. Poi un bel giorno, una delle tante volte che aveva sciolto silenziosamente le contenzioni che lo bloccavano al letto gli aveva preso la mano con decisione stringendola. “Dimentico sempre le buone maniere, io sono Evie” Lui aveva ricambiato la stretta incerto, incredulo di quello strano senso di familiarità che stava mettendo radice nel suo spirito. Non si era mai sentito tanto a suo agio con qualcuno nella sua vita, forse solo con quella voce nella sua mente, quel volto sorridente incorniciato da due piccole fossette, solo con Oscar.
 
“William, come hai dormito questa notte?”
La voce della dottoressa Madani lo riportò alla realtà.
Bill lanciò uno sguardo alla sua scultorea custode, la detective Madani, poi tornò a concentrarsi sulla dottoressa scuotendo la testa mentre la dottoressa lo liberava.
Sentiva il pesante sguardo della detective gravare sulle sue spalle e d’istinto cercò Evie nella stanza senza trovare altro che sguardi vuoti. Si dette dello stupido, lei non si mostrava mai nella sua stanza di giorno, non poteva. Se avessero intuito, le avrebbero precluso ogni accesso, ma il suo topolino era astuto e bravo a passare inosservato. Così poteva permettersi di fargli visita e persino quasi fargli intravedere il cielo notturno una volta.
Avrebbe detto al suo topolino di Oscar? Lo avrebbe creduto pazzo o gli avrebbe creduto?
Dopo Oscar, Evie era diventata la persona che lo conosceva meglio di chiunque altro, avrebbe quantomeno dovuto provare a dirle la verità, doveva superare solo quel fastidioso dialogo. Fingere di non sapere, nascondere la verità che il suo topolino gli aveva rivelato.
Si sedette al tavolino vicino alla finestra, sollevò la maschera per bere, ingoiò la pillola che la dottoressa gli porgeva poi finalmente la detective si congedò con la consueta promessa. L’avrebbe rivista il giorno dopo, assieme all’odio nel suo sguardo.
La voce della dottoressa diventava un brusio di sottofondo, di certo a lei non avrebbe detto una parola, chissà che avrebbe pensato la strizzacervelli della voce nella sua mente di Oscar?
Niente comunque avrebbe potuto convincerlo che potesse essere un’allucinazione.
Era giunto da lui una delle prima volte che aveva avuto una delle sue crisi, era svenuto sul pavimento della sua camera e si era ritrovato avvolto dalle tenebre. Si era rannicchiato su se stesso ansimando, temendo che da un momento all’altro potessero spuntare quelle mani e quel gelido sguardo di ghiaccio ma invece era arrivato Oscar, con il suo sorriso e quelle fossette sulle guance.
“Chi sei?” gli aveva chiesto quasi intimorito.
“Mi chiamo Oscar” era stata la sua risposta. Nel suo sguardo Bill aveva letto la stessa domanda che aveva attanagliato la sua mente a cui stentava a dar voce.
“Sei reale?” si erano chiesti all’unisono.
Oscar aveva riso divertito e aveva annuito.
“Billy Russo… William in realtà, ma tutti mi chiamano Billy”
L’immagine del ragazzino dinoccolato si sovrapponeva a quella dell’uomo che gli era apparso quella notte. Un corpo atletico, spalle muscolose di nuotatore, i capelli bagnati come se fosse appena emerso dalla piscina. Quando lo aveva stretto Billy era stato certo di aver sentito il sapore del cloro sulle labbra.
Oscar gli aveva chiesto di raggiungerlo a Berlino e di sicuro stava facendo i conti con i suoi stessi pensieri.
Era la sua opportunità per una nuova vita oltre quegli incubi e lo attendeva fuori da quella ingabbiante stanza d’ospedale, doveva solo trovare la strada per la libertà.
 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 03 ***


Capitolo 03
 
 


“Tutto ok?”
Oscar spostò una forchettata di patate schiacciate nel suo piatto sfuggendo allo sguardo indagatore di suo fratello Marco.
Da quando si era ritirato come giocatore dell’Inter lo aveva raggiunto a Berlino e aveva iniziato ad allenare una piccola squadra di calcio di pulcini. Tutto per poterlo aiutare nella preparazione delle Olimpiadi di Tokyo. E ora che il tanto sperato oro olimpico era arrivato, ora che Oscar iniziava a ventilare l’ipotesi di un suo ritiro dalle competizioni per dedicarsi all’allenamento come il fratello era sceso un po’ di gelo tra i due.
J era onnipresente, per placare gli animi quando le discussioni si facevano eccessivamente animate. Oscar voleva solo che suo fratello iniziasse a mettere la propria carriera davanti a tutto. Gli era grato di essergli stato tanto vicino, ma ormai era un uomo adulto, non aveva più bisogno della balia. D’altro canto, Marco non sembrava incline a mollare la presa, era come se ammettere che il suo fratellino fosse cresciuto e che potesse non aver più così tanto bisogno di lui potesse essere in qualche modo un fallimento.
Ma Oscar quella sera non voleva discutere, parlare, confrontarsi ne con l’amico né tantomeno con il fratello, la sua testa era occupata da un solo pensiero, voleva parlare di nuovo con Bill, possibilmente per un tempo più lungo di un abbraccio. Si chiese se anche nella testa dell’altro frullassero i medesimi pensieri e sperò che così fosse.
Quando J cercò di richiedergli dell’allenamento eluse l’argomento riferendo di essere troppo stanco e di volersi stendere, così si alzò da tavola lasciando il fratello e l’amico in compagnia l’uno dell’altro.
Oscar si trattenne solo un momento per osservarli, se solo Marco non fosse stato tanto ossessionato dal suo ruolo di genitore surrogato si sarebbe accorto dei sentimenti che J provava per lui, come anche di ricambiarli da anni.
Ma anche stavolta vide J sussurrare un pacato “Allora ciao…” e congedarsi con sguardo basso.
Oscar salì le scale fino alla sua stanza e si lasciò cadere sul letto, si sentiva davvero a pezzi, come se il contatto mentale con Bill lo avesse prosciugato di ogni forza. Era stanco ma felice, osservò il muro decorato con tutte le sue medaglie, il nuoto gli aveva dato molte soddisfazioni ma avrebbe dato ognuna di esse per poter trascorrere del tempo con Bill di persona, ridere veramente assieme a lui e magari anche finalmente sfogare quei desideri che lo divoravano da fin troppi anni.
Per un brevissimo periodo aveva quasi pensato che J potesse colmare quel vuoto lasciato da Bill quando il loro legame era stato reciso, ma aveva scoperto che i sentimenti che provava per l’amico erano di gran lunga diversi. E purtroppo per lui quelli nei confronti di qualsivoglia altro essere umano che non fosse il proprietario di quegli occhi tanto profondi e intensi. Chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal ricordo della sua voce, aveva così tante cose da chiedergli, voleva sapere tutto di come aveva passato tutti quegli anni.
Poco prima di addormentarsi Oscar sentì un richiamo, aprì gli occhi pensando di veder emergere il fratello nella penombra ma la stanza sbiadiva. Un brivido lo percorse lungo la schiena ma non vi fu dolore, era come se fosse presente in due realtà al tempo stesso. Si sollevò e poté vedere un altro se steso nel letto, fissare il vuoto.
“La tua stanza è sempre arredata allo stesso modo, anche se ci sono decisamente più riconoscimenti rispetto alla prima volta che ho visto la tua bacheca dei trofei”
La voce di Bill strappò a Oscar un gran sorriso.
I due si sedettero a terra e si osservarono lentamente. Era come un grosso déjà-vu, l’uno rivedeva nell’altro il ragazzino che era stato.
“Stai bene?”
A quella domandali occhi di Billy si incupirono, poi lui scosse la testa debolmente.
“Grazie, mi hai strappato all’ennesimo incubo, grazie a questo legame mi sono potuto rifugiare da te lontano da…”
Oscar osservò le lunghe dita di Bill carezzarsi i polsi, come a controllarne l’integrità.
“Da quando sei riapparso c’è una domanda che mi assilla…” borbottò Bill tenendo lo sguardo basso. Prima che potesse aggiungere altro Oscar gli strinse una spalla.
“Franziska Giffey…”
“Come?” I grandi occhi scuri di Billy si dilatarono perplessi.
“Il sindaco di Berlino è Franziska Giffey, eletta nel 2021, così saprai che sono reale e potrai venire da me”
 
 


Billy lentamente aprì gli occhi, prima ancora sentire il proprio corpo percepì le fresche piccole mani del suo topolino sfiorargli la pelle. Evie lo osservava in attesa, le contenzioni sciolte.
Billy trasse un profondo respiro prcependo la libertà e la soddisfazione di potersi muovere senza sentire gli arti compressi.
“Evie… potresti controllare una cosa per me?” farfugliò sollevandosi, sentendosi ancora intorpidito. Il suo topolino annuì.
“Potresti controllare chi è l’attuale sindaco di Berlino?”
La ragazza prese il suo smartphone e iniziò digitare. “Qui dice una donna… una certa Giffey, Franziska Giffey”
Billy afferrò Evie e si lasciò ricadere sul letto scoppiando a ridere prima di abbracciarla, la ragazza ricambiò, anche se confusa. Bill. Le dette un bacio sulla nuca, non sapeva come dirle quando si sentisse felice, era vero! Oscar era reale!
 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 04 ***


Capitolo 04

 

 

Un mese dopo il nuovo contatto…




 
“Billy…”
Lui si scosse, sentendo la mano del suo topolino premere la manica della sua morbida felpa contro la sua fronte. L’odore del sangue gli riempì le narici, stavolta doveva essere caduto e battuto la testa. Ne ebbe la conferma, rientrando nel proprio corpo quando una fitta alla fronte lo colpì come una stilettata.
Sorrise ripensando a Oscar, adorava poter fuggire da quella prigione asettica, ritrovarsi lontano, era come illudersi di poter vivere un’altra vita. Ma per quanto fossero belle le sue fughe, restava un contatto che avveniva solamente con il pensiero, e non gli bastva più.
Quel pomeriggio era arrivato a un soffio dalle labbra di Oscar ma qualcosa lo aveva frenato. Gli aveva carezzato il collo e quegli occhi sorridenti lo avevano supplicato di andare oltre, di lasciarsi andare, valicare quel limite. Ma non era questo che Bill voleva, non in quel modo. Il loro legame mentale si era intensificato di volta in volta e senza più dolore o perdite di sangue dal naso. Ma per quanto Bill percepisse il corpo dell’altro reale, caldo ogni volta che lo sfiorava sentava un’illusione, perché non erano veramente assieme.
E Bill non voleva fare sesso con lui nella sua testa, voleva la realtà, essere libero assieme a Oscar nel mondo reale non solamente in un sogno.
Evie premette contro il taglio che si era formato sulla fronte di Bill, lui sorrise sornione osservando lo sguardo preoccupato della ragazza.
“Ti ci vorranno i punti, sei andato giù come un sacco di patate e hai urtato con forza contro lo spigolo del tavolino… Come lo spiegheremo alla dottoressa domani?”
“Mica lo noterà… Indosso sempre la maschera con lei… Solo tu puoi vedere quello che c’è sotto”
Evie arrossì lievemente e distolse lo sguardo. “Ti avevo chiesto ti avvertirmi se desideravi entrare in contatto con lui… Ti avrei fatto sistemare sul letto e ti saresti evitato l’ennesima cicatrice” borbottò sollevando la manica della felpa e osservando il taglio sanguinante.
“L’ho fatto per te, so che ti diverti a ricucirmi come una bambola…”
Bill osservò divertito il suo topolino adoperarsi con diligenza per medicarlo. Ancora stentava a credere con quanta noncuranza avesse accettato la verità.
“E poi tu adori le mie cicatrici… fosse per te dovrei averne di più, non negarlo”
A quelle parole il suo topolino arrossì fino alla punta delle orecchie e non disse niente, questo strappò a Bill un mezzo sorriso. Non pensava che sarebbe arrivato a scherzarci su con tanta naturalezza. Fino a poco tempo prima il solo guardarle gli provocava dolore fisico, poi era ricomparso Oscar e la naturalezza con cui le toccava, con cui sorrideva osservando il suo volto, nonostante fosse sfigurato, aveva dato a Billy una grande sicurezza. Quasi le apprezzava adesso.
Evie poi le definiva il suo punto di forza, gli aveva raccontato anche di quella tecnica giapponese per cui si riparava un oggetto rotto con dell’oro, rendendolo più raro e prezioso di quando era intero. E Bill ci aveva creduto. Questo era lui, qualcosa di nuovo, di diverso, di più forte.
Ormai da un mese parlava regolarmente con Oscar, anche di giorno, anche durante le sedute con la dottoressa. La cosa mandava nel panico tutto lo staff medico, lo avevano sottoposto a una miriade di indagini diagnostiche per comprendere la natura delle sue assenze senza venirne a capo. Lo vedevano perdere conoscenza anche per ore e non ne capivano il motivo. La sua carceriera era quella che ne usciva più frustrata di tutti, perché per quanto si sforzasse non poteva dimostrare che i suoi episodi non fossero reali. Non aveva strumenti per dire che stesse fingendo.
Era divertente prender in giro tutti loro ma al tempo stesso non ne poteva più di starsene in quel dannato ospedale. Desiderava volare oltreoceano ogni giorno di più.
All’ultimo contatto con Oscar gli aveva chiesto di pazientare, che presto lo avrebbe raggiunto. Ma non aveva avuto il coraggio di dirgli la verità, cioè che mesi prima lo avessero arrestato e che se mai lo avessero dimesso da quell’ospedale sarebbe stato solo per rinchiuderlo in galera, probabilmente per il resto della sua vita.
No, non sarebbero riusciti a trattenerlo per sempre, doveva solo trovare uno spiraglio, una via di fuga.
“Alle volte ho paura che tu possa svanir di nuovo… come quando eravamo piccoli… Un momento eri una presenza costante e un momento dopo nelle lunghe ore notturne vi era rimasto solo il silenzio… Io… Non potrei sopportarlo Bill. Ho come l’impressione di non aver provato più niente finché non ti ho rivisto, come se il mio cuore fosse stato messo in pausa, in attesa di tornare a battere assieme al tuo” gli aveva detto Oscar.
Gli occhi di Bill erano diventati enormi, due gigantesche pozze oscure che racchiudevano tutte le sue parole, avrebbe voluto rispondere che anche per lui era lo stesso, che si era sentito sempre più insensibile ai legami, alle emozioni finché la loro connessione non era stata ristabilita. Ma era rimasto in silenzio, aveva allungato la mano verso l’altro sentendosi sempre più piccolo, infagottato in abiti troppo grandi, come quando si erano visti la prima volta. “Verrò da te, te lo prometto” aveva ripetuto con voce sommessa prima di svegliarsi.
“Ecco fatto! Prometti che non ti toglierai quella maledetta maschera fino a che non saremo solo tu e io!”
La voce del suo topolino riportò Bill alla realtà.
Lui annuì ma la sua mente era focalizzata sul volto di Oscar, sul suo sguardo colmo di aspettative, in attesa di una risposta, forse di un bacio e molto altro.
Bill sollevò lo sguardo sulla ragazza, forse la sua unica speranza.
“Io lo devo vedere” sussurrò con i grandi occhi scuri ludici pieni di bramosia “Io lo devo raggiungere a Berlino, nella realtà!”
 
 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 05 ***


Capitolo 05
 


 
Le lunghe dita di Bill gli sfiorarono il collo, il suo volto si era avvicinato così tanto, il suo respiro gli solleticava le labbra. A Oscar scappò un mezzo sorriso quando sfiorandole fu certo di percepire un aroma alla menta. Ogni volta che si incontravano nei loro pensieri quei contatti erano divenuti sempre più realistici, concreti.
Percepiva il suo profumo, persino l’odore del disinfettante che era rimasto impresso sulla sua pelle quando gli avevano fatto un prelievo.
“Seriamente sei sfuggito dalla tua mente mentre ti stavano prelevando del sangue?” gli aveva chiesto Oscar e Bill aveva sorriso. “Sei consapevole che adesso penseranno che sei un uomo adulto che sviene per paura di aghi e sangue?” Billy aveva riso e gli si era avvicinato.
Osservare quei capelli scuri cortissimi, i suoi grandi occhi scuri parevano assorbire ogni cosa, lo osservavano così dilatati. Oscar era pronto, lo avrebbe baciato, e lo sperava fin troppo. Si premette le mani sugli occhi maledicendosi, perché si sentiva un’adolescente in preda alle tempeste ormonali? Bill non era di certo un ragazzino e Oscar di certo non era un tredicenne pieno di brufoli. Ma il suo stomaco pieno di farfalle la pensava decisamente diversamente. Così come non poteva impedirsi di essersi risvegliato colmo di delusione quando quel bacio non era arrivato e Bill si era scostato con sguardo spento. Cosa lo aveva frenato, era certo di aver visto desiderio nei suoi occhi, ma si era spento così tanto in fretta da far temere a Oscar di esserselo immaginato.
Si rigirò nel letto e osservò la sveglia, erano le 3:00 del mattino. Se non avesse voluto ridursi a uno zombie grugnente avrebbe dovuto riaddormentarsi.
Chiuse gli occhi cercando di rievocare i lineamenti di Billy, il sapore della sua pelle, il suo odore e finalmente sprofondò nella sua mente.
 
Lo specchio in frantumi gli rimandava una frammentata immagine del volto di Billy ricoperto di sangue, i suoi occhi dilatati, inorriditi.
Uccidimi…
Un teschio incombeva alle sue spalle, scarlatto e minaccioso.
Non ti lascerò morire… Non oggi… Morire è fin troppo facile… Conoscerai il dolore e dovrai imparare a conviverci… Quando vedrai il tuo volto mutilato penserai a me… Non mi dimenticherai…
Il vetro esplose e le grida di Bill eruppero nella mente di Oscar. Le schegge affondavano nella carne come tizzoni arroventati. Lacerando, penetrando in profondità.
Sei stato tu Frank? Sei stato tu!
Poteva sentire il cuore spezzarsi, mentre una lama gelata lo trafiggeva al petto.
Oscar non aveva mai sentito un dolore simile… Avrebbe immaginato che la perdita di sua madre potesse rievocargli una simile sensazione ma non era così. La ricordava a malapena e quel dolore invece era reale, penetrante, gli toglieva il fiato, lo lasciava attonito.
 
Oscar si svegliò ansimante e madido di sudore. Aveva appena condiviso uno degli incubi di Bill? Quando gliene aveva parlato Oscar non poteva immaginar che fossero tanto intensi.
Era quel che provava Bill ogni volta che la sua mente andava a quel Frank? Possibile che nonostante tutto quel che fosse accaduto tra loro l’affetto non fosse del tutto svanito?
Per questo i suoi incubi non se ne andavano? Una parte del suo cuore sentiva ancora il legame tra loro, quando lo vedeva come suo fratello?
Si sedette sul bordo del letto e si prese la testa tra le mani, gli pulsava e doleva come se avesse urtato con forza contro l’incubo di Bill, di certo non sarebbe riuscito più a chiudere occhio. Si infilò i pantaloni della tuta e scese al piano di sotto.
La casa avvolta dall’oscurità veniva saltuariamente illuminata dalla luce di qualche macchina di passaggio nella strada sottostante.
Oscar discese in cantina, non voleva che suo fratello si accorgesse che si era alzato alle 5:00 del mattino, non voleva inventarsi una frottola per spiegare perché si era alzato.
L’immagine di Bill appariva ferendo la sua mente.
Accese la luce e si sedette sul panchetto che si trovava nel mezzo della stanza ingombra di scatole. Aprì l’armadio a specchio, ogni oggetto riflettente gli riportava alla mente quell’incubo e la voce gracchiante di quell’uomo.
Dovrai imparare a convivere con il dolore… Ti ricorderai di me!
“Idiota, in quale universo un trauma cranico migliora la memoria” bofonchio carico di rancore. Non riusciva a non pensare a quanto lo odiasse. Detestava quell’uomo e non gli importava neanche conoscere cosa potesse averlo spinto a quel gesto. Niente poteva giustificarlo. Adorava il particolare volto di Bill, come le cicatrici si muovevano con le sue espressioni sornione ma adesso che aveva provato quell’atroce dolore si sentiva mostruosamente in colpa.
Iniziò a spostare scatole dall’armadio cercando di scacciare quei pensieri e il suo sguardo si bloccò davanti a una scatola. C’era scritto: MAMMA
Quando l’aprì vide che era ricolma di videocassette.
Molte erano delle sue prime gare, alcune di compleanni o passeggiate e poi Oscar sussultò.
Su una cassetta vi era scritto GUARDARE il 06 marzo 2022. Come poteva essere? Era quello stesso giorno!
Cercò per tutta la stanza e finalmente vide la televisione a cui era ancora collegato un vecchio videoregistratore. Oscar sapeva che suo fratello ogni tanto vi ci rivedeva i filmati della loro infanzia, quando erano ancora una piccola famiglia felice, prima che loro madre si ammalasse e morisse, prima che loro padre rifuggisse il dolore e il ricordo della donna che aveva amato e che non sopportava di rivedere nei volti dei suoi figli. Quando Marco si sentiva solamente un ragazzo pieno di sogni e progetti e non un tutore impegnato.
Oscar inserì la cassetta e quando lo schermo si accese il volto di Doc Brown esclamò “Grande Giove!”
Ritorno al Futuro? Perché diavolo avrebbe dovuto scrivere quella data su una cassetta su cui aveva registrato RITORNO AL FUTURO?
Poi l’immagine scomparve e al suo posto apparve il vecchio divano del salotto di quando Oscar era piccolo e un dinoccolato Oscar vi si sedette guardando con espressione seria la videocamera. Oscar aprì la bocca incredulo, non ricordava quell’evento.
Il suo piccolo sé si protese in avanti “Questo messaggio è per te, Oscar del 2022. So per certo che ricorderai William, lui ti ha detto di chiamarlo Billy come Billy the Kid. Per anni ti ha accompagnato le tue ore di riposo notturno, per anni avete condiviso i pensieri l’uno dell’altro e so che ora che lo hai ritrovato sei molto felice ma sta attento, non puoi perdere tempo! Devi trovarlo, devi salvarlo prima che sia troppo tardi!”

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 06 ***


Capitolo 06

 



 
 
Evie entrò nella stanza ansimando, si chiuse la porta alle spalle e scivolò a terra senza fiato.
Aveva corso più che poteva mentre il cuore gli rimbombava in petto.
“Credevo che non potessi entrare quando il sole è alto nella mia stanza… Per i topolini non è rischioso uscire quando i predatori sono fuori dalla tana?” scherzò Billy sollevando la testa.
La fasciatura lo bloccava al letto così lui si abbandonò cercando di intravedere l’amica a terra. Il suo sorriso svanì quando la intravide pallida e tremante.
Lei sgattaiolò e si avvicinò al letto, appoggiando la testa a quel fagotto di stoffa che era l’altro. “Bill l’ho visto… quel tipo… Quel Frank…”
A quelle parole lui si irrigidì ma lei riprese a parlare.
“Stava parlando con quella tipa… Quella Madani… Di un po’ ci sei andato a letto vero? Perché da come ti guarda dà l’idea di una a cui non hai solo sparato…”
Lui inarcò un sopracciglio.
“Scusa… Non puoi ricordarlo! Ma io scommetto di sì!”
Lei voleva sdrammatizzare lo vedeva ma Bill poteva leggere l’ansia nel suo sguardo.
“Che cosa hai sentito?”
“Hanno prove che ti incriminerebbero per una quantità infinita di crimini e lei era tutta soddisfatta perché afferma che le opzioni sono due e che la allettano entrambe. Potrebbero condannarti a morte oppure richiedere che ti sottopongano a terapia elettreoconvulsivante per poi internarti in una clinica per pazienti pericolosi per sempre… O…”
La voce del suo topolino si faceva sempre più carica di ansia, era roca come se avesse gridato o pianto. Lui la guardò in silenzio, lei si protese gli sfilò la maschera e poggiò la fronte sulla sua “Will… Pare che abbiano richiesto che tu partecipi a un particolare programma del governo… Me ne ha parlato Poe, dice che le persone che vengono coinvolte spariscono nel nulla… Perdono ogni possibilità di scelta e usate come cavie di laboratorio…”
Lui deglutì e vide il volto di Oscar in lontananza svanire nella sua mente, finiva così ogni possibilità di iniziare una nuova vita con lui?
Poi i lacci si allentarono e lui si trovò libero. Lui la fissò interdetto, davvero lo stava sciogliendo in pieno giorno, con la sorveglianza a un passo dalla stanza? Poteva finire in carcere, perdere il lavoro.
“Evie hai sentito quello che hanno detto… Io sono pericoloso… Ho ucciso, mentito, tradito… Non dovresti metterti nei casini per me… Non dovresti rovinarti la vita contaminandola con me… Non…”
Ma Evie gli premette una mano sulla bocca. “Bill… abbiamo tutti un passato… Non per questo hanno il diritto di portarti via un futuro, non glielo permetterò… Sei mio amico, posso aiutarti e lo farò! C’è una persona speciale che ti attende a Berlino, e noi lo raggiungeremo!”
Gli occhi di Bill si dilatarono e lei annuì decisa “Io vengo con te, ti aiuterò in ogni modo possibile e farò di tutto perché tu possa arrivare da Oscar”
Le dita di lei erano rimaste poggiate sulle labbra di lui, quel contatto era quasi piacevole.
Gli occhi di lui erano dilatati e Evie sapeva cosa voleva chiederle.
Perché?
“Non voglio che ti facciano sparire Will… Io ti…”
La porta della stanza si spalancò e il rumore di una cartella clinica cadde a terra.
La dottoressa Dumont era sulla soglia assieme a due agenti.
Evie saltò in piedi imprecando tra i denti. “Bill…” gemette in preda al panico.
Non voleva credere che ogni speranza fosse svanita in quel modo.
 
 
 
Poe spostò gli occhiali sulla punta del naso e mise in pausa il video.
“Stupida, in che guaio ti sei infilata” bofonchiò infilando una mano tra i capelli screziati di grigio. Aveva osservato il video di sicurezza che mostrava come il paziente preferito della sua amica Evie aveva messo fuori gioco due guardie, in effetti anche con l’auto della stessa Evie che aveva atterrato con facilità uno dei due con l’asta delle flebo usata come bastone.
“Ora sì che vedo l’utilità di apprendere la nobile arte del bōjutsu… per aiutare ad evadere un pericoloso criminale…”
Poe non avrebbe mai immaginato di arrivare ad odiare il suo lavoro, controllare le telecamere dell’ospedale lo aveva sempre fatto sentire un piccolo Dio ma adesso poteva solo osservare i casini in cui si era andata a infilare la sua amica.
Conosceva Evie da che lei era giunta in ospedale dalla sua Londra, era la sola persona che non lo vedeva solo come un disabile, la sola che non gli ricordava ogni giorno quello che aveva perso con l’incidente, che lo distraeva dal senso di vuoto che gli dava la mancanza del marito, perduto per sempre in quel precipizio assieme alle sue gambe.
Non aveva approvato la sua amicizia con quel Billy Russo e ora aveva la conferma dei suoi timori. Si era innamorata di quel tipo e alla fine aveva fatto qualcosa di dannatamente stupido.
Il telefono squillò.
“Evie… Che accidenti hai fatto”
“Poe ci serve aiuto, noi dobbiamo andare a Berlino!”

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 07 ***


Capitolo 07

 


 
 
Oscar cliccò sull’icona e lesse la definizione che gli proponeva Wikipedia :
 
La telepatia, detta anche trasmissione del pensiero, è l'ipotetica capacità di comunicare con la mente, cioè senza l'utilizzo di altri sensi o strumenti.
Il termine "telepatia" venne introdotto nel 1882 da Frederic William Henry Myers e deriva dal greco τηλε, tèle (lontano) e πάθεια, pàtheia (sentimento). Come la precognizione e la chiaroveggenza, la telepatia fa parte delle cosiddette percezioni extrasensoriali o ESP e più in generale, di quello delle presunte "facoltà paranormali", e rientra perciò nel campo di indagine della parapsicologia.
 
“Che fai cerchi porno on-line? Sai che poi devi cancellare la cronologia se non vuoi essere rimproverato dal Big Boss?
La voce di J lo fece sobbalzare e chiudere la finestra del browser con aria colpevole, soppesò anche l’ipotesi di fingere di aver visto veramente un porno, ma sbuffò e scosse la testa prima di chiudere il suo portatile.
“Cercavo informazioni sulle prossime gare della stagione, non credo di poterne fare poi molte con quel dolore alla schiena…”
Si sentì soddisfatto, dopotutto era una mezza bugia, in quei giorni aveva davvero deciso di dimezzare le gare a cui avrebbe partecipato.
Era da un po’ che non sentiva Billy e la sua mente continuava a riproporgli la medesima martellante domanda, E se fosse sparito di nuovo?
Dopo l’incubo condiviso lo aveva ricercato più volte e Bill si era mostrato il meno possibile.
Come sempre a Oscar era precluso l’accesso ai luoghi di Billy, era come se il desiderio dell’altro di fuggire fosse stata tanto forte da bloccare impedirgli di vedere cosa lo circondasse, così era sempre Billy ad apparire da Oscar e mai viceversa. Non aveva mai visto la sua stanza, non aveva visto niente che non fosse ciò che Bill desiderasse mostrargli, persino le cicatrici sul suo volto inizialmente erano apparse sbiadite prima che Oscar lo vedesse rilassarsi, iniziando a mostrarsi senza alcuna remora. Ma evidentemente non riusciva ad aprirsi tanto da mostrargli cosa lo circondasse. Sapeva che era imprigionato in un luogo, che non era libero di muoversi come voleva, che una sola persona al mondo lo aiutava e pareva essere sinceramente interessata a lui, un topolino di nome Evelyn. Infine, si era lasciato scappare che aveva recentemente avuto uno scontro molto violento con quello che era stato il suo più caro amico, la causa delle sue cicatrici. Ma Oscar non era riuscito a sapere molto altro.
“Oscar sembra che ti stia uscendo il fumo dalle orecchie, ti prego smetti di arrovellarti, o ne parli con tuo fratello subito oppure vieni a bere con me fregandotene delle regole” esclamò J esasperato. L’amico annuì, si sentiva a disagio a mentirgli così spudoratamente ma non aveva mai parlato di Billy con nessuno, aveva protetto quel segreto con cura tanto da esserne geloso. Voleva sperare che fosse stato lo stesso per Billy, che nessuno conoscesse la loro speciale connessione. Che fosse preziosa e unica.
Se così non fosse stato ne sarebbe stato alquanto deluso. 

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Capitolo 9
*** Capitolo 08 ***


Capitolo - 08



 

 
“Sai ignoravo completamente quella parte di te…” farfugliò perplesso Bill sentendo tutta la rabbia scivolare via.
“Quale?”
Bill osservò l’amica riporre il bastone ripiegato dietro la schiena. Era stato un fascio di nervi dalla fuga. Avevano preso un autobus e erano rimasti in silenzio, non aveva neanche notato il bastone allungabile sulla schiena di Evie. Aveva fissato il vuoto mentre mille immagini gli vorticavano nella testa. Poi un gorilla dai ricci biondi si era avvicinato loro, attratto come un moscerino dalla luce alle cicatrici del suo volto.
Gli aveva colpito la testa deridendolo e si era trattenuto a stento dal ribaltarlo seduta stante. Ma prima di dire qualcosa Evie gli aveva fatto cenno di scendere.
“Tieni” esclamò lei riportandolo alla realtà.
Billy osservò l’orango che avevano seguito steso a terra, incosciente, Evie lo aveva conciato per le feste. Lei gli passò stivali, maglia, jeans e una giacca di pelle con il collo di pelliccia.
“Che dovrei farci?” chiese lui perplesso.
“Mettiteli genio, magari ti noteranno di meno se non indossi pigiama e ciabatte non pensi? Per fortuna l’idiota con il letame nel cervello ha una taglia simile alla tua. La sua esistenza non è stata del tutto vana…”
Lui sorrise osservando i vestiti con un mezzo sorriso. Ancora non riusciva a credere che l’amica, come una furia avesse seguito il gorilla biondo e atterrato con il suo bastone. Osservarla lo aveva improvvisamente calmato, come se la sua furia fosse stata incanalata nelle azioni di lei.
“Bill… Che aspetti? Devo voltarmi? Non dirmi che ti vergogni perché forse dovrei ricordarti che ti ho visto molto nudo e che quando eri in coma farmacologico dopo l’intervento ti ho fatto più volte il bagno e… ecco molte altre cose che preferirei non ricordare... Diciamo ormai che se una persona ti ha cambiato il catetere più di una volta e fatto l’igiene del cavo orale è il caso di andare oltre l’imbarazzo del farsi vedere in mutande…”
Lui aprì la bocca e non disse nulla poi inarcando un sopracciglio si slacciò i pantaloni.
 
 
 
Poe sobbalzò quando bussarono alla sua porta.
Sapeva già chi potesse bussare con tanta energia alla porta.
Ogni volta si capacitava di quanta energia potesse contenere il corpo minuto corpo di Evie potesse dimostrare.
Quando aprì la porta non si sorprese nemmeno di trovarla assieme a quel tipo, quel Russo William che tanti fastidi gli aveva procurato quel pomeriggio.
Senza pensarci troppo li fece entrare e offrì loro una tazza di tè.
Osservando in silenzio quel tipo Poe si chiese se valesse la pena mentire per lui, cancellare le registrazioni che ne mostravano la fuga assieme a Evie e fingersi increduli davanti alla poliziotta più furiosa che avesse mai visto.
Ma anche la dottoressa Dumont aveva mentito con lui, il suo sguardo lo aveva supplicato silenziosamente di reggerle il gioco con la detective Madani, Poe scosse la testa. Come potevano due occhioni a calamita ipnotizzare tutte le persone che lo circondavano, come potevano tutte quelle donne fare scelte per lui così discutibili per una persona come quel Russo.
“Poe puoi prestare a Will la stanza degli ospiti?”
Lui la sollevò la testa pronto a ribattere ma poi si fermò.
Poe annuì, ormai il dado era tratto, per quanto lo ritenesse stupido aveva compreso bene quanto l’amica tenesse a quel tipo. Forse perché erano entrambi orfani, forse perché si erano inspiegabilmente legati, ormai aveva preso la sua decisione e li avrebbe aiutati.
 
 
Billy si chiuse la porta del bagno alle spalle e aprì il rubinetto della vasca.
Era strano trovarsi in quella casa, affidarsi a qualcuno che gli era completamente estraneo.
Si spogliò e si immerse nell’acqua calda.
Sorrise pensando a Evie.
“Immagino che tu voglia un po’ di privacy per contattare mentalmente Oscar”
Il suo topolino premuroso anzi… Il suo topolino combattente premuroso.
Se ripensava alla sua espressione furiosa quando aveva abbattuto quella guardia in ospedale, come anche la sorprendente energia con cui con il suo bastone aveva atterrato quel tipo, lo faceva sorridere senza riuscire a smettere. Non pensava che condividere ogni aspetto di se con qualcuno, senza temere alcun giudizio, senza maschere, potesse essere tanto piacevole.
Sussultò e poggiò la testa al bordo della vasca, cosa stava facendo? Stava davvero pensando al suo topolino in quel modo nonostante Oscar?
Lasciò scivolare le lunghe dita sul volto e delle gocce d’acqua gli delinearono le cicatrici sul volto. I suoi pensieri si frammentarono, cosa voleva fare?
Poi chiuse gli occhi e si lasciò scivolare sotto la superficie dell’acqua mentre la sua mente sprofondava scivolando verso quella di Oscar.
Si ritrovò seduto sul bordo di una piscina e quando l’altro lo vide un enorme sorriso gli si allargò sul volto, lo afferrò per il polso e lo trascinò in acqua e prima che Bill potesse dire qualcosa lo baciò carezzandogli la schiena.
“Ero stanco di aspettare che tu facessi qualcosa, volevo farlo quando eravamo dei ragazzini e non riuscivo a smettere di pensarci e…”
Ma le sue parole furono divorate dalla bocca di Billy, voleva scacciare ogni dubbio, i loro corpi si intrecciavano e il pressante desiderio di Oscar era così reale. Bill lo spinse verso il bordo senza staccarsi da lui. Gli morse un orecchio stringendogli i fianchi.
“Dimmi un luogo qualsiasi dove ci possiamo incontrare e niente mi fermerà dal raggiungerti…”
“Dopo…” ansimò Oscar accompagnando i movimenti delle mani di Bill.
 
 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 09 ***


Capitolo 09



 
 
 


Due mani lo afferrarono e lo trascinarono fuori dall’acqua. Billy si ritrovò stretto dalle braccia di Evie tossendo e ansimando. Solo dopo molto si accorse di tremare, quanto era rimasto in quella vasca, immerso nella mente di Oscar? Era così strano ripensare alle sensazioni che aveva provato con Oscar che percepiva così affini a quella stretta.
“Visto che mi hai già fatto il bagno in precedenza mi aiuteresti ad uscire dalla vasca? Non mi sento le gambe…” farfugliò Billy.
“Ok…E farò finta che nella vasca ci sia solo sapone…” borbottò Evie.
“Non eri tu… Che dicevi… Che eravamo oltre l’imbarazzo?”
Evie scosse la testa sorridendo passandogli l’accappatoio attorno al corpo.
“Non ti appoggiare con tutto il pe…” ma non fece a tempo a finire la frase che Billy gravò sulle sue spalle.
“Ehi bambinone… la prossima volta avverti… sei pesante sai?”
Billy ridacchiò e si lasciò guidare verso la camera.
Poe aveva una sola camera degli ospiti e Evie gliela aveva ceduta senza pensarci troppo.
 
Bill si sdraiò sul letto rannicchiandosi sotto le coperte, Evie gli dette un colpetto sulla gamba “Ci vediamo domattina, Poe ha già predisposto tutto… Ha chiamato il tuo vecchio contatto, quindi non sarà difficile procurarti documenti e i biglietti aerei…”
“Non dovresti dormire sul divano…” borbottò lui.
“Pensi di vestirti?”
Billy scosse la testa stringendosi sotto le coperte. “Sdraiati e non fare altre domande topolino”
Lei fece spallucce e si sistemò sotto le coperte accanto a Billy.
“Notte cucciolo…”
Billy si sollevò perché quella parola riecheggiava nella sua mente con uno strano familiare eco. Si avvicinò e le baciò la fronte “notte topolino…”
 
 
Il teschio rosso si sovrappose al volto di Frank.
Tu lo sapevi? Sapevi cosa sarebbe successo?
Billy si svegliò e si premette le mani sugli occhi con forza cercando di ricacciare nel profondo quelle immagini. Forse anche Oscar aveva intravisto le stesse cose?
Aveva compreso? Forse non si sarebbe concesso tanto facilmente avesse compreso completamente i suoi trascorsi con Frank…
Poteva davvero iniziare una nuova vita? Anche una persona come lui era concesso sperare?
Il suo passato era una matassa confusa e contorta, senza Evie non si sarebbe mai liberato né ritrovato fuori dalla sua prigione a porsi domande. Come chiedersi chi sarebbe potuto essere se non avesse mai incontrato Frank?
O se avesse potuto raggiungere Oscar quando era ancora un ragazzino, se la sua vita avesse preso subito una piega diversa, se fosse fuggito da Arthur prima che lui si prendesse la sua spalla, la sua infanzia e molto altro di cui ormai aveva solamente un ricordo frammentato…
Quando aveva chiesto al suo topolino di indagare e aveva visto i documenti della Casa-famiglia dove era cresciuto, delle immagini grigie erano emerse nel caos dei suoi pensieri.
Quella notte i suoi incubi erano cambiati… Il vicolo, la mazza spezzata e il suo braccio che pendeva inerme mentre quella risata al retrogusto di whisky gli risaliva in gola, comprimendolo, riducendolo a un bambino mingherlino e denutrito facendolo tremando prima che il volto di Frank emergesse dal suo passato ancora una volta assieme a quel teschio.
“Stai bene?”
La voce assonnata di Evie lo raggiunse.
Quando lui sussurrò un sommesso “No…” lei gli si avvicinò per stringerlo.
Non aveva bisogno di chiedergli nulla, Billy sapeva di essere compreso, non serviva che dicesse niente.
“Berlino è sempre più vicino… sei felice?”
Lui annuì senza pensarci troppo, in realtà non ci aveva pensato molto, era stato impaziente di liberarsi, desiderava vedere Oscar ma non sapeva per certo cosa gli facesse provare l’idea di raggiungere veramente Berlino. Forse perché iniziava a realizzare che questo voleva dire separarsi da Evie, forse anche per sempre.
“Lo invidio sai? Oscar… Deve essere bello che qualcuno ti aspetti e non veda l’ora di vederti… Sono felice per te ma anche triste, non volevo dirtelo ma… Mi mancherai moltissimo…” sussurrò carezzandogli la nuca.
Improvvisamente lei si sollevò e si mise a sedere sul letto, Bill allungò la mano sfiorandogli le dita, adesso quel desiderio era così reale da esser diventato concreto.
Quando Evie si voltò per allontanarsi lui le afferrò il braccio.
“Verresti con me?” la sua voce era quasi incrinata e incerta.
Lei lo guardò e un sorriso incredulo apparì sul suo volto “Lo desideri davvero?
“Sei forse la sola persona che pensa che meriti qualcosa di buono nonostante mi conosca veramente e… Non voglio andarmene senza di te”
Il sorriso si allargò sul volto di lei “Verrei con te fino alla fine del mondo”
Billy sospirò sollevato, Oscar condivideva con lui i suoi pensieri ma con Evie non aveva bisogno di farlo, loro si comprendevano con uno sguardo.
 
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 


 
Oscar si appoggiò alla parete della doccia e ringraziò di esser stato solo. Lo aveva davvero fatto ed era stato così intenso. La sua pelle, il suo sapore i suoi sospiri che gli solleticavano la pelle, le sue labbra sul collo.
Avrebbe voluto imprimere nella mente ogni istante e riviverli all’infinito.
Quando Billy si era abbandonato tremando alle sue spalle sentendolo parte di se, malgrado il contatto solamente telepatico.
“Alexanderplatz… Sotto all’orologio del tempo nel mondo…” gli aveva detto Oscar e Billy lo aveva baciato prima di scivolare via.
Chiuse il rubinetto e afferrò l’accappatoio.
Adesso che la loro intimità era aumentata era certo di volerne ancora di più.
Se era stato tanto bello farlo attraverso un contatto mentale, dal vivo non poteva che essere indimenticabile.
I contatti si erano fatti sempre più duraturi.
Era come se bastasse pensare a Billy e lui arrivava.
Non sveniva nemmeno, non perdeva più sangue era un collegamento semplice e diretto, tra loro il legame più intenso che avesse mai avuto.
Si sedette davanti al suo armadietto e Billy come prevedibile apparve.
“Prenderemo un aereo stasera tardi, con scalo a Francoforte… Ci vorranno quasi quindici ore ma domani per le 10:00 saremo a Berlino…”
Oscar incrociò le braccia perplesso. “Che vorrebbe dire saremo?”
Billy aveva riso divertito “Suvvia plurale maiestatis, mai sentito?”
Oscar scosse la testa sempre più perplesso.
“Ok, te lo spiegherò poi… Prenderò presto l’aereo… arriverò a Berlino per le 10:00, ti suona meglio?”
Oscar sorrise sornione “molto meglio…Solo tu e io, finalmente assieme, l’uno di fronte all’altro… Sei pronto?”
Billy annuì e si congedò con un occhiolino.
Oscar chiuse gli occhi e provò a immaginare le ore che Billy avrebbe trascorso prima di arrivare da lui. Un lungo viaggio lo aspettava, un cambio di fuso orario, ore di sonno perdute, senza contare che Oscar non aveva alcuna intenzione di fargliele recuperare.
Sapeva bene dove lo avrebbe portato, a Postdam, alla casa che sua mamma aveva acquisito vicino al parco dei castelli, lì nessuno avrebbe interrotto il loro incontro. Marco non ricordava nemmeno di quel posto e tantomeno J, luogo ideale per isolarsi. Avrebbe pensato poi a come avrebbero affrontato il futuro, poco contava come, importava solo che lo avrebbero fatto assieme.
Sì! Era pronto!
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo - 11

 


 
FAI ATTENZIONE – POE
 
Evie rilesse l’SMS sullo schermo del cellulare, avrebbe trovato modo prima o poi di ringraziarlo. Sapeva bene che aveva scelto di aiutarli nonostante le sue remore nei confronti di Billy. Gli aveva chiesto di mettere a rischio ogni cosa e l’amico lo aveva fatto senza esitare. Era il fratello che non aveva mai avuto, non avrebbe mai dimenticato quel senso di famiglia che gli aveva dato il legame che aveva condiviso con Poe e John. Gli mancava il suo migliore amico, ma stando con Billy quel vuoto era meno opprimente, sarebbe rimasta al suo fianco, voleva assicurarsi che ottenesse la sua seconda opportunità. Intravide Billy muoversi con il suo zaino in spalla e il cappuccio tirato sulla testa, le sue lunghe dita reggevano con facilità due caffè coperti con una sola mano. Mentre nell’altro reggeva una busta di carta. Si avvicinò sedendole accanto a capo chino, mantenendo il volto nella penombra.
“Wow il mio muffin” cinguettò felice Evie lui sbuffò porgendole la busta e uno dei due caffè e iniziò a sorseggiare rintanandosi nel suo cappuccio più che poteva.
Osservò la ragazza al suo fianco sbocconcellare il suo dolce, mentre il calore del bicchiere gli riscaldava le mani.
“Oscar… Non sa che tu sarai come ne… Quando… Mi è sfuggito un plurale per errore e… Mi è parso alquanto deluso…”
Evie dissimulò la sua evidente preoccupazione ma non sfuggì a Billy che si affrettò ad aggiungere “Non ho cambiato idea sull’averti con me…”
Evie sorrise “Ma vorresti che il vostro primo incontro si svolgesse in tutta tranquillità, non preoccuparti, sarò invisibile… ma non troppo distante…” concluse Evie si appoggiandosi alle spalle dell’altro “Ti guardo le spalle!”
 
L’aereo della Lufthansa atterrò puntuale al Berlin Brandenburg Airport.
Evie si svegliò borbottando delle scuse per aver sbavato sulla spalla di Billy, lui aveva sorriso della sua espressione assonnata prima di alzarsi e recuperare il suo zaino, dove aveva raccolto tutte le sue cose. Un cambio, i suoi taccuini e la sua maschera. Non era riuscito a lasciarla a New York, in fondo ormai Jigsaw faceva parte di lui.
La stazione dell’aeroporto della metropolitana di superficie che li avrebbe condotti in centro città era affollata. Evie osservava Billy che si stringeva accanto a lei, le spalle incurvate, braccia conserte. Era chiuso a riccio in se stesso, con gli aculei pronti a pungere. Un uomo con le vesti logore sfilò davanti a loro portando una vecchia bicicletta cigolante. Si avvicinò a Billy, noncurante dello sguardo sempre più tagliente che gli veniva rivolto. I grandi occhi scuri di Billy si dilatarono, fremette ma si obbligò a rimanere immobile, mentre il vagabondo gli si avvicinava.
“Americano? O forse altro?” abbaiò con voce gracchiante.
Billy fremette, ma rimase immobile.
“Trovo le tue espressioni estremamente interessanti, stai per fare un grande salto oltre l’oceano nero, molte cose cambieranno.
Le narici di Billy si dilatarono, la mascella serrata, era teso come una corda pronta a spezzarsi. Il vagabondo continuò ad osservarlo a un soffio dal volto di Billy, il suo alito acre gli carezzava il volto.
I vagoni della metropolitana di superficie entrarono nella piccola stazione, Evie afferrò la manica dell’amico e lo strattonò verso i vagoni. Lo sentì fremere sotto la sua presa e quando sollevò lo sguardo vide che il vagabondo li stava ancora osservando e sorrise loro mostrando gli storti denti gialli
“Porta i mei saluti ragazzo nuotatore…grazioso William…”
Billy scattò il avanti ma le porte del vagone si chiusero e quando Billy si affrettò ad affacciarsi al finestrino aperto la banchina stava svanendo oltre l’orizzonte e dello sconosciuto non vi era più traccia, scomparso nella folle. 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo - 12



 
 
“Quindi questa settimana tu non sarai reperibile? Questo devo dire a tuo fratello?”
Oscar annuì bevendo dalla sua bottiglietta, poi la accartocciò e la buttò nel cestino.
“Ti ringrazio, ora scusa devo scappare o rischio di perdere la coincidenza…”
Borbottò afferrando la borsa prima di dileguarsi rapido.
“Sei un vero prepotente!” Gli urlò dietro J strappandogli una risata.
Poteva sentire la mente di Billy sempre più vicina, alle volte aveva l’impressione, socchiudendo gli occhi di vederlo seduto con lo sguardo perso nel vuoto.
Oscar lo aveva osservato furtivo, sentendosi anche un po’ in colpa di violare la mente dell’altro, come fosse un ladro. Ma adorava osservarlo quando non sapeva di esser visto.
La sua espressione pareva quasi smarrita, i suoi grandi occhi scuri persi, ricolmi di tristezza.
Si chiedeva continuamente se avrebbe rivisto le stesse emozioni quando li avrebbe visti illuminati dal sole della sua città. Corse verso la banchina e il tram si apprestava a fermarsi alla fermata. Doveva sbrigarsi, mancava pochissimo, presto lo avrebbe incontrato e stretto veramente.
 
 
Billy scese dal tram giallo e Evie notò le sue nocche sbiancare, tanto stringeva i pugni.
Era rimasto in silenzio tutto il viaggio, con la testa appoggiata al finestrino, lo sguardo perso verso il vuoto, come se stesse cercando ancora con lo sguardo quel vagabondo svanito nel nulla.
“Dici che se mi apposto là al negozio Saturn di elettronica sia rischioso?” gli disse Evie ridestandolo dai suoi pensieri.
Perché lo aveva chiamato in quel modo… Perché un estraneo lo aveva definito grazioso, adesso, osservando il suo volto segnato dalle cicatrici e quell’alito pensante, perché gli riportava alla mente quello di Arthur? Perché proprio in quel momento, che doveva concentrarsi su Oscar.
Gli occhi azzurri emergevano dai suoi ricordi, Bill oscillò ma Evie fu prontamente al suo fianco e lui si appoggiò alla sua spalla.
“Resta vicino… per favore, mi sento… confuso…”
Lei annuì cercando di sorreggerlo. “Resto a pochi passi da te ok?”
Lui annuì pallido in volto, cercando di scacciare quelle sensazioni, mentre un brivido gli correva lungo la schiena.
Osservò l’orologio, mancavano pochi minuti, doveva destarsi, mancava poto tempo all’ora prestabilita. Evie allentò la presa, lui la osservò e si tirò di nuovo il cappuccio sulla testa.
Avviandosi verso il monumento dell’orologio del tempo nel mondo sul lato della piazza.
Deglutì cercando di placare il battito accelerato del suo cuore.
“Sei venuto da me perché ora sei interessato? Ora che non sei più così grazioso? Che accidenti ti è successo alla faccia?”
La voce di Arthur gli rimbombava nella mente, ma era certo di non averlo più rivisto da anni? Di certo non dopo il suo ricovero, non dopo lo scontro con Frank, perché sentiva quella voce?
Arrivò davanti al bizzarro orologio e chiuse gli occhi cercando di riscuotersi.
Poteva sentire lo sguardo di Evie gravare sulle spalle, come anche la sua apprensione.
L’orologio scattò, era l’ora prestabilita così si guardò attorno.
C’era un ragazzo con un berretto e una giacca sportiva che gli dava le spalle, pareva poco più basso di lui, fisico atletico, Billy si avvicinò incerto, la testa gli pulsava, mentre la voce di Arthur premeva graffiante.
Altri erano felici di ricambiare il mio amore… MA non tu… Ricordi quella volta? Quando mi hai seguito con quella mazza?”
La spalla di Billy scattò e se la strinse con forza, gli doleva come se gliel’avessero forzata poco prima in una posizione innaturale, faticava a muoverla e quell’odore di alcol si mescolava all’alito del vagabondo, ansimando.
“Oscar?” riuscì a chiamare con un filo di voce imprecando contro se stesso per quel senso di debolezza.
Il ragazzo che aveva di fronte si voltò e gli rivolse una perplessa domanda in tedesco, ma aveva i capelli biondi e acquosi occhi azzurri. Billy scosse la testa incapace di comprenderlo, si guardò attorno smarrito mentre la piazza si dilatava e appannava, aveva l’impressione si trovarsi sul fondo di una zuppiera, gli mancava l’aria, Oscar non era venuto.
 
 
Oscar osservò l’orologio viola al suo polso, erano le 11:10, l’ora prestabilita era passata da 10 minuti e di Billy non c’era neanche l’ombra. Una folla si agitava davanti al chiosco di patatine, un signore con il cane gli si stava avvicinando.
Un vagabondo portava una vecchia bici arrugginita gli passò accanto con un mezzo sorriso divertito.
Oscar lo osservò e ricambiò il saluto prima di chiudere gli occhi.
L’oscurità lo avvolse.
“Bill… Dove sei?”
La sagoma dell’altro apparve davanti a lui, gli scuri occhi sgranati, il volto pallido.
“Oscar dove sei? Non riesco a vederti…”
Nella sua voce incrinata Oscar poteva sentire tutta l’ansia dell’altro.
Una risata riecheggiò e un forte odore di alcool lo raggiunse, portandolo a coprirsi il volto nauseato. “Che peccato… Eri così grazioso… Un vero peccato averti sciupato… Se solo tu avessi compreso… Sarebbe potuto essere piacevole anche per te… Invece mi sono divertito solamente io… piccolo Billy…”
Oscar vide l’altro urlare e rannicchiarsi su se stesso premendo le mani sulle orecchie.
“Va via!” urlò con disperazione.
“Bill… dove sei? Ti posso raggiungere, posso aiutarti ad uscire da questo incubo!”
Billy si era raggomitolato su se stesso tremante e quando Oscar gli sfiorò la testa sobbalzò.
“Bill dimmi dove sei?” insistette.
“Io sono dove mi hai detto di venire, sono sotto all’ orologio del tempo nel mondo…”
Oscar si bloccò sentendolo tremare sotto la propria presa.
“Perché tu non ci sei? Perché nella mia mente sento solo lui, perché questa presenza?” gemette Billy, Oscar avvertiva la sua sofferenza, era come una lacerazione della mente.
“Bill, io sono sotto all’ orologio del tempo nel mondo, esattamente dove dici di essere tu!
La visione si sbriciolò, lasciando a Oscar solo una fitta al cuore. Quando aprì gli occhi non vide Billy, sotto all’orologio assieme a lui non c’era nessuno, era solo.


 
 
Day 072 – PROMPT – Io sono di fronte allo stesso lampione… (13.03.2022)

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo - 13

 


 
Quell’odore rancido misto al tanfo di un alito pesante al retrogusto di alcool gli scendeva nella gola. Delle voci confuse svolazzavano attorno a lui in quell’incomprensibile lingua.
La spalla scattò di nuovo e il dolore lo trafisse come una pugnalata, oscillò e cadde a terra premendosi le mani con forza contro la testa.
“Billy!”
Delle mani gli presero il volto, un’eco lontano in quel mondo soffocato.
“Billy!”
La voce di Evie lo raggiunse di nuovo.
Lui si rannicchiò, facendosi piccolo nella stretta della ragazza.
Voleva scomparire in essa, annullarsi in quell’abbraccio e scacciare tutte quelle voci, quello spazio vuoto in cui riecheggiava la sua ansia.
Non ha senso! Sto impazzendo! Sento delle voci, percepisco cose non reali! Sono un povero pazzo!
“Billy respira, sono qua! Respira tranquillo!”
La voce della ragazza emerse di nuovo nel silenzio e lui vi si aggrappò.
Lui sapeva chi era, lo aveva sempre saputo, non era un ragazzino spaventato, non più!
Oscar non era solo un’allucinazione, doveva avere un senso, doveva esserci una spiegazione. Il mondo riprese ad esistere, il suolo duro sotto di se, come la calda mano di Evie che gli carezzava la nuca.
Sentì la ragazza borbottare ai passanti, di certo stava cercando di rassicurarli. Doveva esser stato stano vederlo crollare a terra e rannicchiarsi su se stesso come per rifuggire da nemici invisibili. Il suo respiro lentamente si regolarizzava.
“Bill… devi stenderti, sei fradicio, se te ne stai a terra ancora a lungo puoi solo prenderti un malanno…”
Billy sollevò il volto e la ragazza apparve davanti a lui, lo osservava con sguardo preoccupato così lui annuì.
“Evie… lui non…” farfugliò maledicendo quella sensazione che stentava ad abbandonarlo.
“Lui non c’è… Eppure mi ha detto di essere qua, dove siamo noi…”
Lei lo aiutò ad alzarsi e lo invitò ad appoggiarsi a lei. “Ne parleremo dopo Bill… Vieni, so dove possiamo riposare e mangiare un boccone e parlarne con tutta calma…”
 
 
Daniel, l’amico di Poe aprì loro la porta. Evie gli sorrise grata e si strinse a Bill. Quasi avesse paura che l’altro potesse crollare da un momento all’altro.
Si era lasciato guidare come un bambino, lei gli strinse il fianco. Il suo bambinone di quasi un metro e novanta. Ringraziò la provvidenza che Poe le avesse suggerito di contattare Daniel e che lo avesse aggiornato per tempo.
L’uomo dagli occhi scuri dai capelli castani e dallo sguardo pacato gli accompagnò verso la stanza degli ospiti. Evie lo ringraziò da parte di entrambi, gli disse che Bill aveva un calo glicemico e che dovesse stendersi un momento.
L’altro comunicò loro che si sarebbero potuti trattenere quanto volevano, quella parte della casa era disabitata da tempo e che era lieto di poter ricambiare il favore che Poe gli aveva fatto anni fa ospitandolo per un anno nella sua vecchia casa di Londra, gratuitamente.
Evie lasciò Billy in camera disteso sul letto e visitò il resto della casa, un appartamento che dava su Potsdamer Platz completamente a loro disposizione. Daniel, l’amico di Poe era un musicista e aveva molti locali vuoti a giro per il mondo, dove alloggiava nei suoi rapidi soggiorni. Quello stava per lasciarlo a breve e avrebbe permesso loro di soggiornarci per tutto il tempo che poteva servire loro.
Evie lo ringraziò prendendo le chiavi e accompagnandolo alla porta.
 
Trovò Billy dove lo aveva lasciato, non si era mosso.
Lei gli sdette accanto e attese.
“Quando gli ho chiesto dove fosse mi ha detto che era lì, sotto all’orologio, esattamente dove mi aveva detto…”
“Intendi, telepaticamente?”
Lui annuì. Era in una città, una nazione a lui estranea, schiacciato da quel forte senso di smarrimento. “Quel vagabondo… Da quando mi si è avvicinato il ricordo di Arthur è riemerso sempre più… Prima avrei voluto reagire ma le sensazioni sono aumentate e… Oscar non c’era e…La mia testa si è riempita di voci… Evie ho sentito cose che sono certo di non aver vissuto… Mi sto perdendo Evie…”
Non si era accorto di tremare urlando.
Evie si sdraiò su di lui stringendolo. Lui cercò di scacciarla inizialmente con respiro ansimante. “Arthur… Io lo uccidevo e poi ero di nuovo in quel vicolo… E lui mi sussurrava dopo che ha… Quel sapore che mi discendeva in gola… La mi spalla si spezzava ancora… Frank legato su quella sedia… Un mostro emergeva dalle ombre per divorarmi… E quel teschio che mi premeva contro quel vetro…”
“Bill calma” tentò la ragazza. I muscoli le facevano male per tentare di stringerlo.
Lui lottò a lungo prima di arrendersi alla stretta di lei.
“Bill troveremo una spiegazione, insieme… Non arrenderti” gli sussurrò cullandolo.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo – 14

 


 
Billy si rigirò nel letto allungandosi verso Evie per stringerla a se.
Lei si abbandonò alle braccia di lui. In teoria avrebbe avuto un suo letto ma non era riuscita a lasciarlo da solo. Dopo la crisi era sembrato sempre più freddo tanto che aveva temuto che gli stesse per salire la febbre così era rimasta a vegliare il suo riposo. Lo aveva visto agitarsi più volte, probabilmente in preda a uno dei suoi soliti incubi così gli aveva parlato, cercando di calmarlo e riuscendoci il più delle volte. A metà notte però si era svegliato con gli occhi sbarrati, disorientato e confuso. E a Evie erano servite tutte le sue energie per trattenerlo.
La mia faccia… Mi fa male… Falla finita e uccidimi!
Aveva urlato, ma lei non aveva mollato la presa e lentamente lo aveva sentito cedere e addormentarsi di nuovo. Era troppo stanco in seguito al viaggio, ma anche lei alla fine si era sentita travolgere dalla stanchezza.
Non voleva pensare all’aver attraversato tutto il mondo per niente, non voleva credere che il suo Billy non potesse afferrare quella gioia che gli aveva impedito di impazzire in quell’angusta stanza di ospedale.
Sentì una lacrima scorrergli lungo la guancia, afferrò le forti braccia di Billy e le strinse a sé.
“Ci penso io a te Bill… Non sei solo…”
Sussurrò mentre la stanchezza la trascinava a fondo.
Le lacrime di Billy scorrevano e Evie ne percepì l’amaro sapore sulle labbra.
Non avrebbe mai mostrato a nessun altro quel suo lato tanto fragile, Evie se ne sentiva onorata e sapeva che lo avrebbe protetto ad ogni costo, anche da se stesso.
 
Com’è che le persone più forti non riescano ad ammettere di soffre, a chiedere aiuto…
 
Evie si svegliò percependo il corpo di Bill gravare su di se.
Ripensò a quella voce che aveva sentito in sogno, la dottoressa Dumont, perché? Era certa di non averglielo mai sentito dire eppure… Di certo stava parlando di Billy, aveva notato l’ossessione che la donna aveva sviluppato per il suo paziente e a Evie non era mai particolarmente piaciuta. Un po’ perché non trovava sano che la persona che doveva esser responsabile del supporto psicologico di un paziente mostrasse tanto interesse e attrazione. Lei gli frugava nella mente, doveva aiutarlo, non sfruttare quelle conoscenze.
Evie sbuffò, forse doveva solo ammettere a se stessa di esser solamente gelosa e basta, in fondo quando erano scappati li aveva anche aiutati.
Billy farfugliò qualcosa di incomprensibile e si spostò, girandosi a fissare il soffitto.
“Come stai?” chiese Evie osservando il suo sguardo smarrito.
“Che sono venuta fare fin qua? Per cosa? Inseguire una follia? Un delirio che di certo indicava la mia follia sin da ragazzo?” disse Billy improvvisamente con voce roca e piatta.
“Magari mia madre mi ha abbandonato anche per questo, e che nessuno mi ha mai dato una casa… che nessuno mi abbia mai fatto entrare davvero nella propria vita…” Evie si tuffò su di lui per stringerlo. “No! Sono sicura che ci sia una spiegazione diversa!”
Lo sentiva fragile sotto la sua stretta, malgrado faticasse a stringerlo e sentisse la sua muscolatura tendersi e vibrare Evie aveva il timore di poterlo rompere.
Rimasero stretti nel silenzio della stanza, spezzato solo dal respiro angosciato di lui finché non si regolarizzò.
 
Evie insistette per controllarlo, lo aveva visto cadere e temeva che senza volere si fosse ferito. O che quel vagabondo potesse avergli anche iniettato qualche sostanza, Evie sapeva che la sua fantasia stava galoppando anche troppo ma non riusciva a tenerla a freno.
Bill la fissava con occhi vuoti, si lasciò visitare senza opporsi.
Evie lo aveva fatto molte volte quando era in coma ma adesso aveva uno strano senso di disagio nell’ispezionare quel corpo abbandonato. Come se gli scuri occhi di Bill si fossero fatti vitrei.
Lo sentì fremere quando gli ispezionò il fianco lasciando scivolare la mano sulla pelle, in cerca di eventuali punture. Osservò i segni lasciati dalla cicatrice sull’addome.
“Sai a volte mi chiedo se la teoria del gemello sia vera, un doppione che è molto simile a noi a spasso per il mondo eppure così diverso… O se magari esistono mondi paralleli al nostro che differenziano per microscopici e quasi insignificanti…”
Lo sguardo di Evie si accese e stampò sul fianco dell’altro un bacio schioccante.
Bill parve destarsi, la osservò muoversi per il salotto e prendere il portatile.
Poi le sedette di fronte e attese mentre lei batteva con energia sulla tastiera e attese con sguardo incerto, finché non esclamò esaltata “Ma certo il Multiverso!” 
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo  – 15



 
 
“No, non ti seguo!” borbottò Billy incrociando le braccia.
“Andiamo, hai attraversato il mondo per incontrare una persona che riesci a contattare con la mente e non riesci a comprendere una cosa tanto semplice?”
Billy inarcò un sopracciglio e gli scappò una risata nervosa “Semplice?”
Evie sbuffò “Ok complicatissima! E sicuramente non sono la persona più indicata per spiegartelo ma… Cerca di seguirmi per un momento!”
“Tu sin da piccolo hai parlato e visto nella tua mente un ragazzo”
Lui annuì così lei riprese.
“Poi improvvisamente è scomparso tutto e altrettanto repentinamente quel ragazzo è tornato. Dopo il tuo incidente, dopo l’intervento. Come se quel trauma possa aver riaperto un varco? Sbaglio o questa volta si è fatto tutto più… Intenso?”
Billy deglutì lentamente e distolse lo sguardo, Evie poteva vedere le sue orecchie divenire scarlatte. “Perché mi ripeti quello che già so?” borbottò con voce sommessa.
“Bill seguimi ancora per un po’ ok?”
La spalla di Billy scattò, lui la afferrò nervosamente ma annuì.
“Billy, questo contatto è diventato tanto reale da permetterti di stabilire un contatto quasi fisico, tu sei apparso in un altro luogo. Oscar ti ha dato dei riferimenti reali. Ti ha parlato della piazza, dell’orologio del tempo nel mondo, un punto di incontro reale. Ti ha dato il nome del sindaco di Berlino. Tutti dati che tu non potevi conoscere. Oscar esiste veramente, e vive in questa città!”
“Eppure non è venuto all’incontro…”
Evie imprecò e si alzò in piedi, delineando a grandi passi la stanza per la sua lunghezza.
“Billy! Non ascolti proprio! Come ti ho già detto, Lui era esattamente dove ti ha detto!”
Billy si voltò a osservare il modellino in scala dell’U-Boot di ottone.
“Forse sono ottuso ma, che io sappia, se una persona è davanti a un’altra… la si vede”
Evie scosse la testa “Billy! Ok ti farò un altro esempio! Ricordi il mio amico Poe?”
Billy sbuffò nervosamente ma annuì.
“Io lo conobbi quando quello che era il mio migliore amico decise di sposarlo. Purtroppo, il loro matrimonio durò poco. Erano in Italia, in Liguria. La loro auto era su un ponte, bloccata nel traffico quando… Ecco quel ponte è crollato. Ma se per un caso fortuito la loro auto fosse rimasta ferma prima del punto dove il ponte ha ceduto? E se non fossero mai caduti e John non fosse mai morto? E se i non mi fossi mai trasferita da Londra per iniziare una seconda laurea e non avessi mai trovato lavoro nel tuo ospedale?”
I grandi occhi scuri di Bill si dilatarono.
“Sto solo ipotizzando degli scenari possibili! Ci sono degli eventi, anche se inizialmente piccoli, che possono cambiare drasticamente l’andamento della vita di qualcuno… Bill sei un orfano esattamente come me e sono certa che almeno un centinaio di volte ti sarai chiesto come sarebbe stata la tua vita se tua madre avesse scelto di tenerti con se, o se qualcuno ci avesse adottato…”
La mascella di Billy si serrò e il suo sguardo si indurì “Vieni al punto” sentenziò.
“Il fatto è che anche il fatto più insignificante può portare a centinaia di varianti. Ognuno di noi segue un percorso e ognuno di essi ha infinite alternative. Bill se ogni scenario possibile esistesse? Se in questo momento, in una linea spazio-temporale alternativa magari ci sono altri noi, in condizioni leggermente diversi. Immagina un numero illimitato di mondi, dissimili di poco o infinitamente diversi. Oscar e tu esistete in ognuno di essi ma non in tutti avete seguito lo stesso percorso, universi paralleli”
Billy colpi il tavolo con un pugno “Evie non ha alcun senso! Sono solo un povero pazzo che sente le voci! Violento e inaffidabile, non serve che ti inventi teorie assurde per me”
“Non mi sto inventando proprio niente! Ci sono tantissime teorie anche di scienziati famosi e autorevoli! Fisici sin dagli anni Cinquanta teorizzano la cosa e non è la prima volta che ne leggo perché mi sono sempre chiesta se esiste un mondo dove ho una famiglia, dove John non è morto e vive felice con Poe. Magari nello stesso mondo anche tu hai intrapreso un percorso diverso ma chissà come ci siamo lo stesso trovati… O magari pensa esiste un mondo dove siamo cresciuti assieme e … Bill, ci sono infinite possibilità nel Multiverso!”
Billy abbassò lo sguardo e si accorse in quel momento che le sue mani stavano tremando, non poteva esser vero, non aveva più attacchi, il contatto telepatico con Oscar era cambiato.
La vista gli si offuscò e scivolò giù a terra. Ma non trovò il pavimento bensì un prato umido.
Una mano minuta stretta alla sua.
“Will resti con me stanotte? So che Arthur non vuole ma non riesco a dormire senza di te”
La voce era quella di una bimba ma Billy sapeva che era si Evie
“Resto con te non preoccuparti” si sentì rispondere.
“Ti voglio bene Will… Resterai sempre con me?”
La vide davanti a se “Certo Evie e tu non smetterai mai di tenere a me? Qualunque cosa faccia?”
“Certo, non potrei mai smettere ti tenere a te, sarai sempre nel mio cuore”
Nel mio cuore Will…
 
“Will…” la voce di Evie lo raggiunse
Billy sbattè le palpebre, era sempre seduto, non era svenuto e non perdeva sangue dal naso ma era certo di aver rivisto qualcosa del passato. Non del suo passato, non aveva mai incontrato Evelyn prima di risvegliarsi in ospedale, eppure quelle immagini avevano un retrogusto familiare e dolce.
Si prese la testa tra le mani sentendola le vene pulsare e dolere.
“Quindi secondo te…” sussurrò cercando di respirare con calma.
Che le parole di Evie lo avessero suggestionato tanto. Loro due assieme da piccoli, una famiglia, due bambini che si facevano forza l’un l’altro. Quanto sarebbe stata diversa la sua vita se avesse avuto qualcuno su cui contare sin da ragazzo, un legame vero, stretto e indissolubile. Si ritrovò suo malgrado a fantasticare sulla possibilità degli universi paralleli e prima che se ne accorgesse la domanda divenne opprimente.
“Credi che io e Oscar siamo in contatto da due diversi universi paralleli? Eravamo entrambi in quella piazza, sotto al medesimo orologio, le nostre menti erano in contatto ma…fisicamente ci trovavamo in due universi differenti? Due versioni diverse della stessa realtà?”
Lei gli sedette accanto, le mani di Billy tremavano ancora e Evie le afferrò osservando i suoi grandi occhi scuri smarriti.
“Ma nella sua realtà… Io esisto? E lui nella nostra?”
“Immagino di sì… Magari Oscar si aspettava di trovarti sotto quell’orologio, ma il te della sua realtà non sapeva di doverlo incontrare. In compenso però molte cose sono invariate in entrambi i mondi. Come l’esistenza della piazza o il sindaco di Berlino. Questo ti ha reso immaginabile il vostro incontro.”
Billy chiuse gli occhi, cercando di immaginare la realtà di Oscar, quasi identica alla sua, con piccolissime differenze. Chissà se il Billy di quell’universo aveva avuto un migliore amico sotto le armi di nome Frank, chissà se si era anche solo arruolato. Ma a Billy non importava, sapeva che nella sua realtà lui non sarebbe mai tornato indietro, piuttosto si sarebbe fatto ammazzare. Strinse le mani di Evie e sollevò lo sguardo su di lei.
Dovrei cercarlo?
Evie sostenne lo sguardo e nei suoi occhi Billy poté trovare la risposta, qualunque decisione avrebbe preso lei lo avrebbe sostenuto.
La voce della Evie bambina nella sua mente riecheggiò “…Non potrei mai smettere ti tenere a te, sarai sempre nel mio cuore…”
Da qualsiasi parte si originasse il loro legame, Billy sapeva che era vero, tanto quanto lo era quello con Oscar e non avrebbe rinunciato a nessuno dei due.
 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo – 16



 
 
Oscar percepì il panico di Billy prima di vederlo chiaramente rannicchiato a terra. Era nitido e splendente nella sua mente come il panico crescente come una pugnalata al cuore.
Era davvero sotto lo stesso orologio, nella stressa piazza ma quando aveva riaperto gli occhi non aveva visto che cartacce portate via dal vento.
Oscar non riusciva a comprendere. Come poteva Billy essere davanti a lui senza esserlo davvero. Lo chiamò carico di ansia ma fu solo guardato storto dai passanti.
A nulla servì cercare di contattarlo, la mente di Billy pareva essere irraggiungibile.
Oscar chiuse gli occhi e cercò di riportare alla mente ogni frammento dei ricordi di Billy.
Poi vide la borsa da cui pendeva l’etichetta dell’aeroporto, voleva leggere dettagli del suo volo, carpire informazioni. Aveva bisogno di saperne più che poteva se voleva sperare di trovarlo. Perché non si sarebbe mai arreso. Il dolore di Billy era reale, Oscar non aveva mai dubitato, e mai lo avrebbe fatto, nemmeno per un secondo. I sentimenti che provava per lui non potevano esser frutto di un’illusione.
 
Salì sul primo tram che passò si sedette e cercò di nuovo senza successo di raggiungere mentalmente Billy.
“Andiamo!” esclamò facendo sobbalzare la vecchietta che gli era seduto accanto “Vorrei solo sapere che stai bene!”
La signora si allontanò lanciandogli occhiate perplesse.
Oscar si lasciò cullare dai movimenti del mezzo e tentò di nuovo.
Chiuse gli occhi e si lasciò scivolare verso l’altro.
 
“Di il nome e cognome per esteso guardando in camera”
Dalle ombre emerse la voce di una donna e poi Oscar vide un video incrinato dentro cui un Billy dallo sguardo divertito, il volto impeccabile, i capelli più lunghi portati indietro
“Russo…William…” disse con sguardo quasi incerto.
Oscar gli si pose davanti, afferrò lo schermo e lo urlò, lo ripeté più volte e per un attimo ebbe l’impressione che lo avesse sentito voltandosi vero di lui. Poi lo schermo si spense rimandandogli solo la sua immagine in frantumi.
“William…” ripeté Oscar aprendo gli occhi mentre l’ambiente del tram tornava a fuoco.
 
 
Arrivò a Postdam in tardo pomeriggio, la casa lo accolse con un abbraccio di polvere.
Oscar si sedette sul divano senza toglierne il rivestimento.
Prese il portatile dalla borsa che si era appoggiato accanto e lo connesse alla rete del telefono. Digitò nel Browser
 
WILLIAM “BILLY” RUSSO
 
Non sapeva il senso di quella visione ma sapeva per certo che quello era il suo nome per intero, doveva provare a cercarlo in rete.
Quando cliccò sulla lente di ricerca e vide i primi risultati la sua attenzione fu attratta dalle immagini, quel volto, quei segni, quello sguardo. Internet gli dava conferma, William esisteva, era reale.
Poi il sangue gli si gelò quando vide il titolo del primo link disponibile, un necrologio.
Con mani tremanti cliccò e scorse la pagina.
La foto del corpo di Billy, pallido, in un lago di sangue.
Lo sguardo vuoto e spento, appoggiato a una parete.
Trovato morto, con ferite multiple da armi da fuoco… Il fuggitivo… Rapinatore…
Oscar scorse rapidamente, tornò indietro. Aprì più link ma niente, ogni articolo era un fulmine che gli penetrava dolorosamente la mente.
Fuggito dall’ospedale…
Falciato dalla furia del vigilante noto come Punitore…
…una croce col nome e la data su lui pianterà… Una fredda tomba spoglia… Un figlio di nessuno che nessuno avrebbe pianto…
Oscar chiuse di scatto il portatile e si portò le mani al volto lasciandosi scappare un singhiozzo.
“NO!” singhiozzò “Io ti ho parlato, ti ho toccato, ti ho baciato… Eri, sei vivo…”
Eppure per quanto tentasse di raggiungerlo da Billy arrivava solo il silenzio.
Avrebbe dovuto leggere altri articoli, cercare una scappatoia da quella tragica verità ma non voleva saperne di più.
“Bill ti prego, rispondimi…” gemette alle tenebre.

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo – 17



 
 
Quando Oscar rientrò in casa a Berlino in serata e ebbe subito la sensazione che qualcosa non andasse.
Appoggiò il borsone e lasciò cadere le chiavi sul tavolino accanto alla porta, quando il suo sguardo inciampò su una foto che non aveva mai notato in quel punto trasalì.
Marco e J si baciavano, stringendosi l’uno all’altro, sul tavolo davanti a loro una torta con una scritta in italiano
AUGURI AGLI SPOSI
Oscar deglutì e girò la foto
Dietro la cornice c’era scritto a penna
J e MARCO oggi sposi, luglio 2018
“Oscar che ci fai qua? Non eri a Budapest con la troupe per le riprese della seconda stagione  di quella serie tv fino a aprile? Com’è che sei rientrato prima?”
Oscar si girò verso il fratello con ancora la foto in mano incapace di mettere a fuoco i propri pensieri.
“Hai di nuovo litigato con Will e li hai piantati in asso?” scherzò Marco avvicinandoglisi prima di prendergli la foto dalla mano per riporta al suo posto sul tavolino.
“Non temere, tiene troppo a te, qualunque cosa vi abbia portato a discutere si farà perdonare… quel furbone di Will ci riesce sempre. J ha detto che è impossibile dire di no a quei due occhioni scuri a calamita… Lo odierei se non fosse in mio futuro cognato”
Quella fu la goccia che fece strabordare il vaso, per Oscar era semplicemente troppo, si avviò a passo rapido verso il bagno, vi entrò e vi si chiuse dentro sentendo il cuore accelerare all’impazzata.
Che diavolo stava succedendo? Era tutto assurdo… Poi il suo cellulare squillò e la foto di Billy, apparve sullo schermo. Non aveva alcuna cicatrice, folti capelli scuri e un sorriso rilassato incorniciato da una barbetta molto curata, ma decisamente più lunga di quella che era solito avere Billy nelle sue recenti visioni.
Sul display comparve la scritta
William Morozov
 
Oscar si svegliò di soprassalto, era di nuovo sul diano del suo salotto di Postdam.
Il cuore gli batteva all’impazzata.
Si premette le mani sugli occhi “Santo cielo che… sogno… Assurdo!” Ansimò mentre il volto di quel William sbiadiva nella sua mente.
“È soltanto un sogno…” si ripeté più volte. Eppure era così reale, uno scorcio di una realtà così bella. Lui assieme a Billy in procinto di sposarsi, Marco assieme a J era bello maOscar se ne sentiva estraneo. Perché malgrado tutto sentiva che quella persona, quel William non era il suo Billy. Ma lui dov’era? Poteva aver parlato con uno spettro per tutto quel tempo? Il suo Billy, con quel sorriso sghembo, quel volto segnato dal dolore eppure così bello e intenso era davvero perduto?

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo – 18

 

 
Billy si svegliò di soprassalto e per poco non cadde dal letto, rimase aggrappato al bordo come davanti a un precipizio, in fondo era così che si sentiva. In bilico davanti al baratro della follia.
Da quando aveva mancato l’incontro con Oscar e le sue speranze di iniziare una nuova vita, che avrebbe azzerato il suo passato, gli incubi del teschio rosso erano tornati.
Si alzò e sgattaiolò fuori dalla stanza, si recò in salotto e si appoggiò alla finestra che dava sulla strada illuminata dai lampioni.
Chiuse gli occhi e cercò di raggiungere Oscar.
Da quando avevano parlato sotto all’orologio in Alexanderplatz non aveva più provato a contattarlo, anche per paura di scoprire che quel contatto potesse essere una mera allucinazione. Ma poi quel vuoto lo aveva dilaniato e Evie doveva essersene accorta.
Dopo un’iniziale euforia si era rintanato in camera, incerto su come muoversi. Era libero eppure, non si era mai sentito così prigioniero dentro stesso.
Quando riaprì gli occhi sentì il sangue gelarglisi nelle vene. La strada era decisamente più buia e poco lontano dal palazzo poteva intravedere un lunghissimo muro ricoperto di scritte e filo spinato svanire oltre l’orizzonte.
Billy sbattè le palpebre perplesso, quel muro era come uno spettro di un lontano passato di cui aveva sentito solo parlare.
“Tu chi sei?”
Billy si voltò e si ritrovò a fissare il volto dell’amico di Evie, l’uomo che così gentilmente aveva offerto loro un alloggio. Adesso lo fissava interdetto e non dava segno di riconoscerlo, ma non solo. Sul suo volto capeggiavano due enormi baffi, l’abbigliamento era decisamente desueto e la sua voce… Billy ebbe l’impressione che avesse parlato in tedesco e che in qualche assurdo modo fosse riuscito a comprenderlo perfettamente.
“Parla con Evie, lei saprà spiegarti ogni cosa”
Billy sgranò gli occhi, aveva inequivocabilmente parlato in tedesco eppure non ricordava di esserne mai stato capace, che fosse un’altra di quelle mancanze che gli aveva giocato la sua mente frammentata?
L’uomo di front a lui si irrigidì, le sue narici si dilatarono “Quindi tu lei LUI! L’uomo per cui Evelyn si è fatta incarcerare e processare? Non ho modo di chiederle alcunché perché la MIA Evie verrà fucilata all’alba di domani, a causa dell’amore che prova per te morirà”
Billy fece un passo, inciampò e andò a sbattere contro il tavolo al centro della stanza. Chiuse gli occhi mentre il sangue gli scorreva lungo la gamba. Gli mancava l’aria, si sentiva svuotato.
Dove mi trovo? Questo non è reale, non può essere! Il muro di Berlino… Evie fucilata all’alba…
Il mondo gli vorticò attorno e quando riaprì gli occhi si ritrovò steso a terra, l’uomo era scomparso, la stanza pareva essere tornata quella familiare della mattina prima.
E quando a fatica si alzò da terra oltre la finestra ritrovò la stessa strada illuminata da moderni lampioni, ogni traccia del muro era scomparsa.
Billy si premette le mani sugli occhi, che gli stava capitando?

 
 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Capitolo – 19



 
 

Se Evie avesse avuto davvero ragione e lui non era mai stato un povero schizofrenico sin da ragazzino, la sua non era stata un'allucinazione. Quello che aveva appena visto era uno scorcio di un’altra realtà che aveva, inspiegabilmente visitato con il pensiero. Esattamente come quella di Oscar, anche quella era una versione alternativa della realtà, magari ancorata a quello che per lui era un passato remoto, o forse aveva viaggiato oltre che tra le realtà nel tempo.
Billy si prese la testa tra le mani temendo che potesse esplodergli.
Davvero stava considerando valide quelle ipotesi?
Si tirò su, raddrizzò la schiena lasciando correre lo sguardo lungo la stanza avvolta nella penombra e un'idea si insinuò nella sua mente. Se fosse stato vero... Forse avrebbe potuto imparare a controllarlo, come aveva, se pur per un breve periodo, imparato a guidare i contatti telepatici con Oscar. Così come aveva imparato ad andare da lui e a bloccare le sue visite, così da non mostrargli la sua realtà. Questo lo aveva appreso da ragazzino, per nascondere a Oscar i segni che gli lasciava Arthur, la propria stanza che considerava un’imbarazzante prigione. Ma soprattutto a tenerlo lontano quando Arthur mostrava il suo interesse. Quella parte non sapeva se sarebbe mai riuscito a condividerla con qualcuno.
Ma adesso era riuscito ad entrare nel corpo di una altro se, in un altro mondo sapeva di dover provare. La sua mente spezzata poteva riuscirci, mostrare a Oscar ogni aspetto di sé e pregare che lo volesse ancora incontrare. Poi un brivido lo percorse lungo la schiena. Non era solo. Si voltò e scrutò tutta la stanza che appariva deserta.
 
 
Oscar si chiuse la porta alle spalle e si guardò attorno timoroso, memore della visione che aveva avuto quella mattina. Ma la casa che si trovò di fronte era inequivocabilmente la sua.
Nessuna foto di Marco e J sposi, tantomeno suo fratello a chiedergli del suo futuro cognato.
Si diresse verso il bagno lasciando una scia di vestiti lungo il tragitto.
Riempì la vasca di acqua calda e vi si immerse, avrebbe preferito farsi una nuotata ma non desiderava arrischiarsi a incontrare J e spiegargli il motivo del suo rientro a Berlino prima del tempo. O peggio, inventarsi l’ennesima scusa.
“Billy dove sei finito? Perché non riesco più a sentirti?”
Cercò di rievocare quello che avevano vissuto assieme nella piscina, era stato così reale, il respiro di Billy. Perché adesso lo sentiva così distante?
Si sollevò si calò in vita un asciugamano e per un attimo si sentì venir meno.
“Billy?” sussurrò chiudendo gli occhi.
Uscì dalla stanza, aveva la netta impressione di non essere solo.
Che fosse un’altra visione come quella mattina?
Quando entrò in salotto, tra le sagome dei mobili impolverati vide una sagoma, Billy era seduto e scrutava davanti a se.
Billy era in casa sua, ma non era come i consueti contatti mentali, pareva che fosse Oscar ad aver raggiunto Billy e non il contrario. Billy era seduto nel suo salotto e Oscar lo osservava impalpabile come uno spettro.
“Billy, sono qua!”
Oscar cerò di parlare ma la voce gli venne meno e quando cercò nuovamente di chiamarlo ma le gambe gli cedettero e si ritrovò in ginocchio nel suo bagno.
 
 
Billy si alzò di scatto scrutando tutta la stanza, aveva sentito la voce di Oscar e sperato di vederlo apparire, ma aveva trovato solo il silenzio.
La frustrazione salì rapidamente, così avanzò fino al corridoio di ingresso, che fosse solo la sua speranza a fargli percepire la presenza di Oscar?
Il suo sguardo vagò fino alla porta di ingresso e notò una cornice appoggiata a faccia in giù.
Forse era una foto dell’amico di Evie così la prese e trasalì.
Nella foto vi era un Oscar sorridente con ciocche di capelli ossigenati, accanto ad altri due ragazzi. Uno molto alto dallo sguardo torvo e un altro minuto con occhi dolci di giada.
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Capitolo – 20

 


 

Evie si rigirò percependo lo sguardo di Billy gravare su di sé.
“L’avevi vista?”
La ragazza si tirò su cercando di scacciare via il sonno e scrutando Billy, che se ne stava seduto sul bordo del letto. La osservava cupo.
Lei afferrò l’oggetto che lui le porgeva e osservò la foto incorniciata.
“Avrei dovuto?”
La mascella di Billy si serrò “C’è Oscar in quell’immagine, ed è stata fatta in questa stessa casa…”
In un attimo Evie fu sveglia, ma per pensare aveva bisogno di mettere in corpo molto più caffè.
Scese dal letto e ciabattò fino alla cucina.
Billy la osservò assorto nei suoi pensieri mentre lei si preparava la macchinetta del caffè.
“So che Daniel affitta questo appartamento ma non molto altro… Pensi che Oscar sia stato qua? Sarebbe una curiosa conseguenza…”
Billy sfiorò la foto, non poteva nasconderle quanto gli era appena successo, la ragazza aveva buttato la sua intera esistenza per aiutarlo.
“E poi mi è successa una cosa…” borbottò mesto.
Evie lo ascoltò a bocca aperta, quando Billy accennò al fatto che in quella visione ci fosse anche lei e che rischiasse di morire per amor suo non cambiò espressione.
Billy terminò e attese.
“Wow, è incredibile!”
Billy sollevò lo sguardo incerto, non era la reazione che si aspettava.
“In quella visione ti dovrebbero fucilare…”
Evie annuì “E hai visto la Berlino di fine Seconda Guerra Mondiale? Incredibile! Chissà forse non è mai stato abbattuto il muro… Oppure quella linea temporale era indietro o… Ma soprattutto, ti rendi conto di cosa potresti aver fatto?”
Billy sobbalzò non aspettandosi la reazione della ragazza e scosse la testa perplesso.
Evie sorrise “Non hai interagito solo con Oscar, hai proiettato la tua mente in un altro universo, probabilmente eri nel corpo della tua versione in quella realtà… Billy è fantastico! Puoi consapevolmente varcare la soglia tra i mondi!”
“Dici che potrei cercare l’Oscar nella mia realtà, quello della foto? E provare a comunicare attraverso di lui con l’Oscar che parla nella mia mente?” chiese Billy incerto.
Il sorriso si allargò sul volto di Evie che annuì.
 
 
Oscar osservò il suo salotto, continuava a vederne versioni diverse, immagini simili e al tempo stesso leggermente diverse.
Prima suo fratello sposato e una chiamata da un altro Billy.
Poi vi aveva visto il suo Billy, nel suo salotto. O almeno una variante del suo salotto, era confuso.
Si diresse in cucina e mentre stava preparando il bollitore ebbe l’impressione di udire il click della macchinetta del caffè e delle voci ovattate.
Evie, lui era qua… In questo appartamento…
La voce di Billy riecheggiò nella mente di Oscar.
Oscar si guardò attorno con il respiro sempre più affannoso.
Chiuse gli occhi e cercò di raggiungere Billy, si focalizzò sul suo volto, sulle linee che segnavano il suo volto, quei segni particolari che lo rendevano unico e quando riaprì gli occhi Billy era di nuovo davanti a lui, nella sua stessa cucina, aveva in mano una cornice che si rigirava tra le mani. Oscar voleva dire qualcosa ma si percepiva come una presenza incorporea, infatti Billy non lo vide.
“Mi fa strano pensare che lui potesse esser stato qua, dove siamo noi adesso e… Che non ne sia consapevole… Magari abbiamo dormito nello stesso letto in momenti diversi del tempo…”
Oscar lo invocò ma Billy non riuscì ad udirlo, che il loro legame si stesse affievolendo?
Poi una voce lo fece sobbalzare.
“Diavolo spero proprio che siano state cambiate le lenzuola, quella foto ha almeno un paio d’anni…”
Oscar si voltò e vide da ragazza che aveva parlato. Scintillanti occhi dorati, capelli castani.
Ripensò a quando Billy gli aveva detto che stava per arrivare a Berlino, gli era sfuggito un
Saremo, per poi glissare con una battuta. Non era stato un errore, non era venuto a Berlino da solo e quindi aveva parlato del loro legame speciale con un’altra persona. Le immagini sbiadirono e Oscar si ritrovò a fissare il bollitore, era solo con quel crescente senso di delusione.

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Capitolo – 21



 
 
“Ti prego smettila di fissarmi!”
Evie sbuffò e si rigirò nel letto voltandosi a guardare il muro “posso sempre uscire”
“No!” si affrettò ad aggiungere Billy.
Evie sentì le dita di lui insinuarsi tra le sue e stringergli la mano, come se temesse che potesse andarsene comunque, nonostante la sua richiesta.
“Fa un respiro profondo, libera la mente, lasciati guidare dalla corrente dei tuoi pensieri, chissà dove potrai riemergere in questo infinito oceano di universi…”
Billy pensò ad Oscar, avrebbe voluto riemergere nel suo mondo, controllare il suo se di quel lungo e correre da lui. Poi sentì la mano di Evie, vi si era aggrappato come un bambino.
Si chiese se l’avrebbe trovata con sé anche in quella realtà e comprese quanto lo terrorizzasse che così non fosse.
Evie gli aveva impedito di impazzire, sempre lei lo aveva sorretto, aiutato a rimettere assieme i pezzi e non gli aveva mai mentito. Ma al tempo stesso non pretendeva niente da lui. Era innegabile che fosse diventata rapidamente il suo centro in quell’universo.
E in una realtà alternativa aveva rischiato nuovamente la vita per lui, come nella sua.
Il Punitore forse dava loro la caccia e a lei non importava.
Non voleva rischiare di perderla.
Nel tempo di un battito di ciglia si ritrovò sotto la pioggia scrociante, in un vicolo mal illuminato. L’umidità gli penetrava nelle ossa, l’acqua gli scorreva lungo la schiena, gli gocciolava tra le ciglia appannandogli la vista.
Stava osservando un palazzo che sentiva familiare, forse quel suo se lo conosceva in quella realtà.
Una sagoma si affacciò dal portone, ne delineava la sagoma illuminata alle spalle, era, snella, alta. “Evie?”
Che i suoi pensieri l’avessero guidato da lei e non da Oscar?
Incespicò di qualche passo, sentendosi caldo e pesante poi scivolò giù, e fu come cadere in un abisso senza fine, tra le fiamme dell’inferno.
 
“Piccolo mio sei rovente, che ci facevi là fuori sotto a quel diluvio?”
Un panno fresco si posò sulla sua fronte.
“Evie…”
Billy la invocò cercando di riemergere da quel torpore.
“Piccolo mio era tanto che non mi chiamavi così, da quando eri un bimbo smarrito… Devi stare davvero male allora… Ma sono qua, non devi temere”
Billy aprì gli occhi, la stoffa fresca di un letto comodo, una camera tiepida e il profumo di gelsomino nell’aria.
Una donna matura dai capelli screziati di grigio, racconti dietro la testa. Riconobbe subito quegli occhi ma anche se incorniciati da un volto decisamente più anziano di quello che era solito osservare. “Evie…” Ripeté sentendosi sempre più confuso.
Si guardò attorno, una stanza semplice ma moltissime foto, e lui era in ognuna di esse.
Era assieme a una giovane Evie ma lui era un ragazzino di dodici anni, a una partita di baseball. Poi al diploma, con la divisa dell’esercito assieme al suo plotone.
Sul comodino una copia del Ritratto di Dorian Gray, era leggermente aperto, doveva esser stato sfogliato molto, tanto da impedirne la corretta chiusura e sul frontespizio lesse
Per Mamma, tu sei sempre stata con me, William
 
“Mamma…” farfugliò Billy sempre più confuso.
Evie gli carezzò una guancia “Sono qui tesoro…”
Billy si voltò a guardarla, mentre i suoi grandi occhi scuri si allargavano sempre di più.
“So che l’hai incontrata e che le cose non sono andate come speravi. Mi dispiace. Sappi che malgrado lei ti abbia generato, lei non è mai stata tua madre. Quando ti ammalavi non era lei che ti rimboccava le coperte, che ti accompagnava alle partite, che esultava ad ogni home run. Ci sarò sempre per te cucciolo mio, qualunque cosa tu faccia!”
Prima che Billy potesse dire qualcosa i ritrovò tra le braccia di lei e sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Prima che se ne rendesse conto stava di nuovo scivolando verso l’oblio.
 
“Billy mi stai stritolando la mano!”
La voce della sua Evie lo riportò alla realtà. Lui si girò su se stesso e trasse la sua mano al petto.
Lei attese osservandolo in silenzio ma quando le risposte non arrivarono azzardò una domanda. “Hai trovato Oscar? Eri… teso, ma poi hai sorriso… Ho temuto che avrei dovuto assistere a un vostro momento intimo… di nuovo…”
Billy ridacchiò “No…Ma ho trovato una versione più anziana di te sai? Eri… La mia mamma adottiva…”
Evie lo abbracciò “il mio piccolino… Alto quasi un metro e novanta…” gli disse carezzandogli la testa. “E dimmi sono invecchiata bene?”
Billy ridacchiò, si sentiva spossato, quei viaggi mentali erano più faticosi di un’intensiva seduta di flessioni e pesi assieme.
“Il mio piccolino vuole dormire?” sussurrò Evie sentendo la sua stretta serrarsi.
Lui annuì chiudendo gli occhi.
Si chiedeva come avrebbe potuto spiegare a Oscar quel legame, in fondo non riusciva a comprenderlo a fondo neanche lui.
Non riusciva a comprendere le emozioni che provava stando abbracciato a Evie, era stato piacevole scivolare nella mente di un altro se che era stato cresciuto da una madre amorevole, ma quello che provava per la sua Evie aveva reso quell’esperienza più che surreale.
Percepiva ancora il suo profumo di gelsomino quando si sentì di nuovo scivolare oltre il suo corpo.
 
“Concentrati, lascia fluire i tuoi pensieri, focalizzati su ciò che hai davanti… Espandi la tua mente, percepisci la stanza, e tutto ciò che ti circonda”
“Mi stai insegnando a usare il potere della mente o mi stai insegnando ad usare la Forza di Star Wars?” si udì esclamare snervato.
Quando aprì gli occhi si ritrovò seduto a terra nel salotto della sua vecchia casa, quella posizionata sopra alla sede della sua compagnia la ANVIL. Evie lo stava fissando e quando una ciocca di capelli scuri gli finì sul viso, scostandola percepì la pelle priva di cicatrici.
Balzò in piedi e si affrettò a cercare uno specchio. L’immagine che vide era il suo vecchio sé, vestito impeccabilmente di grigio, rasato di fresco e non un solo segno ad alterare il suo bel viso. Si. Stupì a stentare a riconoscersi, era da così tanto che si era abituato a quel suo nuovo sé che non sapeva più chi fosse quell’uomo in apparenza perfetto e immacolato.
“Ok, mi arrendo! Non credo di essere in grado di insegnarti alcunché, mi pare evidente!”
Esclamò Evie distogliendolo dai suoi pensieri. Billy si mosse rapido, quando lei si avviò verso la porta la afferrò nel panico. “Evie aspetta, devo parlarti… è una situazione assurda e…”
“E cosa? Andiamo, non c’è una sola ragione per cui dovrei restare! Non mi permetti di proteggerti e non mi ascolti quando cerco di insegnarti a controllare la tua mente! Perché dovrei restare?”
Il panico lo attanagliò, era così felice di aver trovato ancora una volta Evie accanto e non voleva che se ne andasse, era come se questo volesse dire che anche la sua Evie prima o poi lo avrebbe lasciato.
La domanda di Evie lo colpì come un pugno allo stomaco.
Perché dovrei restare?
Sentì la mancanza d’aria appannargli la vista. Perché ti amo, furono le parole che gli balenarono in mente ma invece di parlare la trasse a sé e la baciò, affondando le dita tra i suoi capelli, approfondendo sempre di più quel contatto, sentendola cedere rapidamente.
Ed è con il suo sapore in bocca che si svegliò.
Mentre Billy cercava di calmarsi si accorse di sentire un pressante desiderio premere contro Evie, che iniziava a risvegliarsi.
“Cavolo Bill, non puoi immaginar che sogno assurdo ho fatto… Ero nel tuo appartamento, sai quello che ho visto negli articoli di giornale e… tu eri diverso, ma eri anche lo stesso… Ma non riuscivo a parlarti, era come se un’altra me avesse il controllo di tutto e…”
“Tu cercavi di insegnarmi a usare il potere della mente…” ansiò Billy sentendo il cuore accelerare, mentre il suo corpo andava in fiamme.
“Caspita Bill, abbiamo fatto lo stesso sogno?”
Evie scivolò sotto Billy e lui gemette, i loro occhi si incrociarono “dipende…” ansimò premendo il volto contro il cuscino.
“Bill è strano… poco fa hai sognato che ero tua madre e adesso… Beh sento premere contro il mio fianco un’emozione del tutto diversa…”
Billy strinse con forza la stoffa delle coperte “Ti prego sta ferma… peggiori solo le cose…”
Lo ripeté sentendosi fremere di un desiderio sempre più incalzante. Le fresche mani di lei gli sfiorarono le braccia.
“Perché mi hai baciato Bill...” sussurrò mentre le frementi mani di lui scivolavano sui fianchi di lei.
 
 
 
“Oscar ascoltami ti prego!”
La voce di Billy lo raggiunse come un treno facendolo sobbalzare e per poco non cadere dalla sedia.
Oscar si tolse le cuffie e balzò in piedi, seduto sul suo letto, con sguardo cupo c’era Billy.
“Vattene! Smettila di apparire quando più ti comoda, non voglio più illudermi o temere di essere pazzo! Se sei uno spettro in cerca di consolazione vattene!”
Billy deglutì e i suoi occhi si dilatarono. “Sarei morto?”
“Si Bill, ti hanno sparato! Sei morto nello scantinato di un certo… Curtis! Sei stato giustiziato da quel vendicatore da strapazzo che imperversa negli Stati Uniti, quello che chiamano il Punitore! Sei morto eppure adesso ti sto parlando! Eppure ti ho visto questo pomeriggio nella mia stramaledetta cucina, con… un’altra persona! plurale maiestatis un corno! Mi hai preso in giro!”
Billy si irrigidì!
“Che ti aspetti da me?” sibilò furente “Pensavi di potermi controllare, manipolare? Di poter gestire i miei passi, le mie emozioni? E perché? Per via di questa connessione?” Ruggì balzando in piedi.
“Nessuno può controllarmi!”
Il volto di Arthur apparve nella sua mente e lo colpì come uno schiaffo in pieno volto.
Con il suo sorriso sghembo, i denti ingialliti, l’alito di rum che gli penetrava nelle viscere.
“Nessuno può chiedermi di rinunciare a una parte di me, a qualcosa ho a cuore, a un legame…”
Le risate di due bambini, Maria gli baciò una guancia e lui scacciò quei ricordi cercando di ricacciarli dentro di sé. “Ho sacrificato fin troppo, la vita mi ha strappato brandelli di carne, e tutto quello che mi hanno portato via lo puoi vedere sul mio volto!” gridò indicando i segni che gli solcavano il volto.
“Tu la ami?”
La domanda di Oscar lo bloccò, lasciandolo immobile fremendo.
“Sì!” La risposta gli arrivò chiara, cristallina come le lacrime che gli rigavano il volto.

“Come amo anche te e… Ti sto chiedendo di fidarti di me, di seguire la mia voce e raggiungermi nel mio mondo, penso che potremo trovare un modo per incontrarci di persona e allora ti spiegherò tutto!”

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Capitolo – 22


 



 
 
Evie gli aveva morso la spalla, voleva dirgli quanto amasse le sue mani e la sua inaspettata abilità. Ma l’impellenza di rimuovere ogni barriera ebbe il sopravvento, spazzando via ogni pensiero razionale. Ben presto comprese di non aver frainteso, il desiderio di Billy era tangibile. Voleva divorarlo, stringerlo per non lasciarlo mai più andare.
Non sapeva come ma avevano lasciato assieme il loro mondo e si erano ritrovati di nuovo.
Aveva dovuto vedere Billy con gli occhi di un’altra se per comprendere quanto lo aveva desiderato. Billy gemette, fremendo, ribaltò gli occhi e si accasciò accanto a lei.
Evie gli carezzò la nuca prima di baciargli la fronte.
“Io sarò qua quando tornerai…” Gli sussurrò stringendolo e avvolgendolo con la coperta. “Ci sarò sempre…”
 
 
 
Oscar si sedette davanti a Billy, il loro contatto telepatico era più nitido che mai, come se la rabbia di Billy avesse soffiato via ogni minima foschia.
Lo osservò, i suoi grandi occhi scuri attendevano una risposta.
“Sabatini, Oscar Sabatini”
A quelle parole i lineamenti di Billy si rilassarono.
“Mia madre si chiamava Elena Petrov ed era bulgara, campionessa di nuoto. È stata lei a spingermi a intraprendere questo sport. Mentre mio fratello Marco ha seguito le orma di nostro padre Giuseppe, ed è diventato prima giocatore di calcio e poi allenatore. Quando mia madre è morta è stato mio fratello a prendersi cura di me e aiutarmi nelle gare. Nessuno ha mai saputo dei miei attacchi e del contatto con te. Non ne ho mai parlato ad anima viva” riprese Oscar con voce sempre più animata. “Non lo avrei mai fatto, perché per me era quanto di più prezioso al mondo. Non ne avrei mai potuto parlare con chicchessia.”
“Evie non è… chicchessia!” esclamò con voce tagliente Billy.
Il suo tono non ammetteva repliche e Oscar comprese che se avesse voluto incontrare Billy e amarlo avrebbe dovuto accettare anche lei, o lo avrebbe inevitabilmente perduto.
Così annuì e quando sollevò di nuovo lo sguardo sull’altro nel suo sguardo c’era un rassegnato sorriso che esprimeva un chiaro sì.
“Ok, mi fido di te Bill, cosa vuoi fare?”
“Tu e io… Ho compreso perché non ci siamo incontrati quel giorno ad Alexanderplatz”
Oscar lo ascoltava in silenzio, ormai si era arreso. Il loro amore, quel legame, ogni cosa li riguardava era fuori dal comune. Avrebbe accettato qualsiasi cosa Billy gli avesse detto.
“I nostri mondi sono simili ma al tempo stesso diversi. Ora comprendo perché non riesco a proiettare la mia mente da te perché nella tua realtà Frank mi ha ucciso… Ma invece tu potresti poter venire da me, proiettandoti nella mente dell’Oscar che vive nel mio mondo. Io scoprirò dove vivi… So che la tua versione del mio Mondo è vissuto qua, per questo mi hai visto nella tua casa, perché è qui che sono adesso… Solo che tu non ci sei. Forse ti sei trasferito, ma io ti troverò e quando tri sarò vicino di indicherò come proiettarti dentro di lui… così potremo vederci.”
Billy aveva parlato tutto d’un fiato. Quando si era interrotto aveva guardato Oscar incerto su cosa sperare.
L’altro gli aveva sorriso “Quindi, tu e io… Viviamo in due mondi diversi ma paralleli… Quindi simili e per qualche motivo riusciamo a contattarci mentalmente.”
Billy stentò a credere a quanto l’altro gli stava dicendo, gli credeva davvero?
“Credo di aver visitato altri mondi, in uno di questi io e una versione alternativa di te… Beh, stavamo per sposarci”
Billy si accorse di aver trattenuto il respiro. “Tu mi credi?”
Oscar annuì “Attenderò il tuo segnale, così potremo vederci di persona, nello stesso mondo!”
 
 
Oscar osservò Evie digitare con foga sulla tastiera, sorseggiò il suo caffè e attese.
Era ancora incapace di credere che al risveglio lei gli avesse sorriso e chiesto di come fosse andato l’incontro con Oscar. Nessun accenno di rabbia o gelosia. Era sinceramente contenta che lo avesse contattato e che avesse trovato un modo di spiegare all’altro come incontrarsi.
Poi lo aveva baciato e sussurrato “Sono felice che le cose stiano prendendo una buona piega piccolo Bill”
“Ti prego non chiamarmi così, mi fa davvero strano visto quello che tu e io abbiamo fatto stanotte…”
Lei aveva riso “Già le tue lunga dita magiche mi hanno decisamente mostrato un aspetto diverso del nostro rapporto…”
Billy ridacchiò, per quanto tutto stesse prendendo una piega forse strana per i più, a lui piaceva. Non voleva rinunciare ne a Oscar ne a Evie, era troppo sperare di non doverlo fare?
“Eccolo! Mi sembra decisamente lui? Anche se con quelle mèche bionde… Credo che non abbia lasciato da molto questo appartamento sai? Forse abbiamo sbagliato a datare quella foto…”
Billy si protese ad osservare lo schermo.
 
OSCAR SABATINI, EX CAMPIONE DI NUOVO ADESSO ATTORE PARTECIPERA’ ALL’ADATTAMENTO DELLA NUOVA SERIE TELEVISIVA ADATTAMENTO DELLA FAMOSA SAGA LETTERARIA FANTASY.
 
“Le riprese non sono molto distanti da qua sai? Qua dice che le riprese si stanno svolgendo a Dresda, potremo partire subito e…”
Billy la abbracciò con forza prima di baciarla.
Presto avrebbe potuto stringere nella sua realtà anche Oscar e poi?
Ma ci avrebbe pensato poi, non serviva a nulla preoccuparsi tanto in anticipo del futuro.


 

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Capitolo – 23

 


 
J si sdraiò sul letto, osservò il cellulare, che si aspettava potesse succedere?
Oscar gli aveva detto chiaramente di aver bisogno di tempo per se stesso, ma per quanto volesse rispettare la sua scelta non riusciva a non desiderare chiamarlo.
“Sei con quel tipo vero? Con quel Billy…” borbotto afferrando il portatile.
Si mordicchiò un labbro, aveva fatto una cosa davvero pessima.
Si era intrufolato nella casa dell’amico e aveva cercato indizi che potessero spiegare lo strano comportamento del suo migliore amico, quell’allentamento.
E poi a sorpresa Oscar era rientrato.
J sapeva che si sarebbe dovuto allontanare e invece era rimasto, cercando di carpire ogni parola e infine aveva udito quel nome.
 
BILLY RUSSO
 
Appena Oscar si era infilato in camera J era uscito dal suo nascondiglio e era sgattaiolato via, sentendo la propria coscienza più sporca di un bagno pubblico di una stazione.
Aveva cercato di ignorare quel nome per ore, ma continuava a riemergere.
Così senza quasi accorgersene si ritrovò a digitare quel nome sulla barra di ricerca e premere invio.
Numerose foto gli mostravano un uomo un completo grigio, J si soffermò ad osservarne ogni dettaglio, era visibilmente molto attraente, capelli perfettamente curati, espressione guscona e due magnetici occhi scuri che lo incantarono per svariati minuti.
“Di certo è per questo che gli piace… Perde sempre la concentrazione per due occhi a calamita…” mentì J malgrado fosse solo.
Oscar non aveva mai degnato nessuno del minimo interesse, che fosse quell’umo la causa?
Scorse gli articoli e iniziò a leggere.
 
 
William "Billy" Russo… marine della Force Recon… servizio attivo in Afghanistan…
Fondatore e capo della compagnia ANVIL…
Scontro a fuoco nel parco…
Ergastolo…
Fuga dall’ospedale…
Armato e pericoloso…
A capo di una gang…
Trovato per multiple ferite di arma da fuoco…
 
J inciampò in una foto e inorridì, l’uomo di cui stava leggendo era fotografato a terra, gli occhi sbarrati persi nel vuoto. L’oscurità pareva volerlo avvolgere.
“Non posso crederci… è morto?”
Si portò la mano alla bocca, che stava facendo il suo Oscar? Inseguiva un fantasma?
Improvvisamente il suo sguardo cadde su un’immagine, una pubblicità popup che pubblicizzava un libro. MULTIVERSUM di Garvin John Weir.
J vi scorse il cursore sopra e per errore vi cliccò sopra.
Lo schermo si oscurò e J imprecò, temendo un guasto dell’apparecchio, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa una scritta apparve sullo scermo.
Lettere bianche lattescenti che in ogni lingua componevano la frase
 
IO NON ESISTO
 
J premette esc più volte con insistenza.
 
BILLY RUSSO È PERICOLOSO, DEVI ALLONTANARLO DA OSCAR CON OGNI MEZZO…
 
J si bloccò, aveva pensato da subito che quel volto ammaliente, quelo sguardo magnetico non potesse che portare guai, ma adesso il suo computer gli stava persino consigliando di ostacolarlo.
“Come potrei?” gridò contro lo schermo.
 
DÌ A MARCO TUTTA LA VERITÀ…
 
J sentì un brivido lungo la schiena e il suo monitor si riaccese, rimandandogli una foto di Billy che impugnava una pistola sparando contro delle auto della polizia americana.
J lo osservò.
Per quanto potesse essere attraente non poteva permettergli di portar via il suo Oscar e se per salvarlo avesse dovuto tradirlo e rivelare ogni suo segreto a suo fratello, J lo avrebbe fatto.
Per quanto potesse essere crudele, lo faceva per il suo bene e un giorno lo avrebbe di certo ringraziato.
Si disse J tra se e se.
Certo, un giorno Oscar gli sarebbe stato grato.

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Capitolo 25
*** capitolo 24 ***


Capitolo  – 24


 

 


 
L’aereo iniziò la corsa sulla pista e decollò, Billy lo seguì con lo sguardo finché non lo vide sparire oltre l’orizzonte.
Evie seduta alle sue spalle stava litigando con il suo zaino, che pareva rifiutarsi di restare ordinato. “Vorrei essere metodica come te, è una cosa imparata nell’esercito o essere così preciso ti viene spontaneo dalla nascita?” Le era scappato in un impeto di rabbia.
Billy le aveva sorriso sornione e era rimasto in silenzio.
Erano simili eppure così diversi. Lui tratteneva ogni emozione dentro d i se mentre lei esternava costantemente ogni minima emozione, un vulcano costantemente attivo.
Mentre Billy tratteneva ogni cosa fino all’inevitabile punto di rottura, ma quel bizzarro equilibrio che si era creato tra loro lo apprezzava.
Billy si soffermò ad osservare un secondo aero in attesa nella zona di rullaggio, si chiese de Oscar avrebbe davvero accettato quella strana e incomprensibile relazione, lo sperava ma continuava a temere il peggio.
Evie esultò e si mise lo zaino in spalla prima di raggiungerlo. “Trovato un modo per guidare la mente di Oscar fino alla nostra realtà?”
L’aereo che Billy stava osservando iniziò la sua corsa fino a staccarsi da terra.
“Ho un vago ricordo… Per viaggiare in modo consapevole devo focalizzarmi sulla cintura di Orione”
A Evie scappò un mezzo sorriso. “Davvero? Stiamo cercando la galassia sulla cintura di Orione? Quindi inizieremo da un obitorio? Appropriato direi…”
“No agente E, sto parlando di una cosa che ho letto tempo fa… Focalizzarsi sugli astri aiuta a concentrarsi… Potrebbe aiutarmi a guidare Oscar?”
Evie appoggiò la testa sulla spalla di lui “Se c’è qualcuno che può farlo quello sei di sicuro tu!”
 
Billy si sedette appoggiandosi all’oblò, Evie stava ascoltando un nuovo album in cuffia, Songs For You, e dall’espressione estasiata doveva piacerle molto.
Lui si strinse nella felpa, poteva provare a riposarsi anche se il volo non sarebbe stato molto lungo. Il suo respiro lento e regolare, il ronzio dei motori che lentamente si stavano accendendo, fu un attimo. Scivolò giù oltre il suo mondo. Stavolta era consapevole che quella sensazione di vertigine era dovuta al viaggio, alla sua mente che toccava moltissime altre realtà, aveva quasi l’impressione di poterle vivere tutte contemporaneamente. Come se la sua mente in frantumi potesse ricadere in infinite realtà come una pioggia di frammenti di specchio. Ognuno contenenti lui. Era sul sedile del suo aereo in partenza, ma era anche in una carrozza avvolta dall’oscurità, in sella ad un drago, a una festa in costume. Stava suonando una chitarra, stava cantando mentre le dita scorrevano lungo un pianoforte.
Era caduto in una profonda fossa piena di cadaveri, era sdraiato ina una calda tenda. Era moltissime cose contemporaneamente.
Poi la sua attenzione si focalizzò su quel sorriso incorniciato da due adorabili fossette, due occhi splendenti i cuoi riflessi dorati tanto gli ricordavano quelli di Evie.
Oscar era seduto su un terrazzo e gli sorrise come se lo stesse aspettando.
“Ti cerco continuamente, anche se in questa realtà non potrò mai incontrarti. Mi sembra assurdo che per una porzione così ampia della nostra esistenza avremmo potuto stare assieme, invece abbiamo preferito ignorarci. Quanto tempo va sprecato nell’attesa… Se solo avessi saputo il tuo nome… Se…”
Billy gli premette una mano sulla bocca “Presto raggiungerò il tuo io nella mia realtà e, potremo parlare faccia a faccia. Non serve a molto recriminare non credi? Smettila, io non sono un cucciolo, non ho bisogno di esser salvato… Ne avresti di certo potuto trattenermi… Quel Billy non sono io, non completamente e tu non avresti mai potuto salvarlo!”
Oscar annuì, Billy gli delineo una guancia prima di passargli la mano dietro la nuca e trarlo a sé per un bacio e scivolare via dalla sua mente.
 
Oscar si ritrovò da solo, avvolto dall’oscurità e dai suoi frementi pensieri.
Stava per aprire gli occhi quando una flebile voce, come portata dal vento, lo raggiunse.
“Trova Memoria!
Oscar si guardò attorno, ma non vide nessuno.
Eppure, quella voce non gli era del tutto estranea. Era come uno sbiadito ricordo nel profondo della sua mente.
“Devi trovare Memoria, è l’unico modo per salvarvi. Se imparerai a viaggiare tra le dimensioni, scoprirai il potere, il dono per coloro che viaggiano tra le realtà. Ma attenzione, la predatrice vi attende, sa che Billy è colui che più di tutti ha trattenuto in sé quell’energia così preziosa e forte. L’energia dei viaggiatori. Billy è una spugna, la sua mente riesce ad espandersi a immergersi in più mondi, valicare confini. Il suo corpo trattiene un prezioso tesoro che la Predatrice brama al di sopra di tutte le cose. Farà qualsiasi cosa per ottenere il suo trofeo, affondando le sue zanne nel suo cuore. Divorandolo mentre ancora gli batte nel petto. Questo le darà una tale energia da vivere più di migliaia di soli. Ma forse… Se troverete Memoria forse potrete salvarlo…”
“Potremo?” Oscar incrociò le braccia.
“Tu e Evie… Ma questo per lei potrebbe essere fatale…Ora va via, non ho altro da dirti!”
La voce tacque e Oscar seppe che non l’avrebbe più risentita, non quel giorno almeno.
Lentamente aprì gli occhi, si era appisolato in macchina davanti alla sua palestra, si sentiva tutto intorpidito. Tirò su con il naso e si rannicchiò nella felpa. “Perché dovrebbe importarmi di Evie, neanche la conosco”. Ma sapeva di mentire a se stesso. Evie aveva salvato Billy, lo aveva aiutato a raggiungerlo. Malgrado la gelosia che non riusciva del tutto a ignorare le era grato, non voleva di certo che morisse. 
 

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Capitolo 26
*** capitolo 25 ***


Capitolo – 25



 
 
Una carezza gli scostò una ciocca di capelli dal volto, un profumo forte, una colonia di muschio selvatico, fresco intenso ma gradevole.
Si aggrappò a quelle sensazioni, così vere, al calore di quella pelle che lo stava sfiorando e lentamente aprì gli occhi.
“Sono qui Oscar, e anche tu sei qua non è vero?”
Non era nella sua mente, stava davvero udendo la sua voce.
Il volto di Billy, i grandi occhi scuri sembravano assorbire tutta la luce, il volto segnato dalle cicatrici, i capelli cortissimi.
Era come se il suo volto fosse la sola cosa a fuoco, con colori in un mondo piatto e grigio.
Oscar sorrise felice, ce l’aveva fatta.
Afferrò Billy per la giacca e lo trasse a sé per un lungo bacio. Dischiuse le labbra cercando di assaporare il più possibile quella realtà.
Billy lo aiutò ad alzarsi e intravide la sua immagine riflessa in una vetrina e gli scappò una smorfia vedendo i suoi capelli con le mèche bionde.
“È stato difficile?”
Oscar scosse la testa felice “Ho seguito il tuo profumo…”
A quelle parole Billy inarcò un sopracciglio e Oscar rise, come poteva spiegargli che era una sensazione che gli era rimasta attaccata con un senso di familiarità.
Aveva atteso che Billy lo chiamasse, aveva ignorato le chiamate di J, di suo fratello, del suo coach. Si era rinchiuso nella casa di Postdam sperando che nessuno potesse interromperlo.
E poi la voce di Billy lo aveva raggiunto e lentamente aveva iniziato il viaggio verso di lui.
Adesso erano seduti l’uno davanti all’altro a un bar, Billy aveva preso una pinta di birra, mentre Oscar aveva chiesto un bicchiere di sidro.
Era accaduto davvero, dopo anni erano assieme, nella realtà. Seduti l’uno di fronte all’altro.
Per Oscar era come se tutto ciò che non fosse Billy sbiadisse, come se esistesse solamente lui nel mondo, come se fosse la sola cosa importante.
“Davvero sono in un mondo diverso dal mio?”
Billy annuì e posò la birra che stava sorseggiando “Tu sei un attore e… Beh io sono vivo”
Oscar sorrise, anche nella visione che aveva avuto era un attore, forse non era poi così impossibile.
Poi Oscar si incupì e Billy parve notarlo perché gli sfiorò la mano preoccupato.
“Bill… l’ultima volta che ci siamo parlati… Ho sentito una voce. Dicev che eri in pericolo, che una creatura molto pericolosa ti stava cercando e che… Per salvarti dovevamo trovare… Memoria…”
Lo sguardo di Bill si incupì.
“Non c’entra lui… La voce parlava di una predatrice… Ha detto che ti divorerà… Il cuore Bill…”
L’altro lo guardava, i suoi grandi occhi scuri sembravano schermare i suoi pensieri, Oscar ebbe l’impressione di smarrircisi. Non riusciva a comprendere per la prima volta cosa gli passasse per la testa.
“Adesso devi tornare nella tua realtà” disse improvvisamente Billy “Puoi trovarmi qua, memorizza bene l’indirizzo…”
Oscar prese il foglietto che Billy gli aveva passato e rilesse più volte la scritta prima di restituirlo all’altro.
Voleva digli che non voleva lasciarlo andare ma invece annuì.
“Ci sarà anche Evie?”
Billy non sembrò sorpreso della domanda, anzi sorrise “Credo che sia l’ora che tu la conosca, ti aspetterò… Domani sera, alle 18:00” disse prima di alzarsi e allontanarsi silenzioso come un gatto.
Oscar chiuse gli occhi e si lasciò scivolare via e quando li riaprì era di nuovo sdraiato nel suo letto a Postdam.
Era felice dell’esito del suo viaggio eppure qualcosa non tornava.
Era certo che Billy gli avesse nascosto qualcosa di importante, il suo sguardo, la sua reazione quando aveva nominato la Predatrice.
Oscar si chiese se a Evie lo avesse confidato, il giorno seguente finalmente l’avrebbe incontrata, la persona con cui condivideva il cuore di Billy.
 

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Capitolo 27
*** capitolo 26 ***


Capitolo – 26

 


 
Le tenebre lo avvolgevano e quando le sensazioni del suo corpo lo riafferrarono si ritrovò legato con forza a una superficie dura.
Quando Billy cercò di parlare si scoprì bloccato da un morso di metallo, il sangue gli colava lungo il collo e quando sentì il morso sollevarsi e liberarlo trasse un respiro profondo.
Sgranò gli occhi cercando di riordinare i pensieri.
Non riusciva a capire dove fosse, poco prima era assieme a Evie, le aveva detto che presto avrebbe conosciuto Oscar. Ed era rimasto di nuovo sorpreso dalla calma che la ragazza aveva dimostrato. L’aveva stretta come se nonostante le sue parole rincuoranti potesse svanire e… Adesso era veramente solo.
Una donna anziana, con vitrei occhi lo fissava e quando quegli occhi morti incontrarono i suoi a Billy servì tutto il suo autocontrollo per sostenere la sfida.
“Che cosa sei…”
Quando la lama gli si poggio sul petto nudo percepì la lama affondare lentamente.
La donna non rispondeva ma il dolore aumentava.
Billy sgranò gli occhi cercando di comprendere.
Doveva essere un sogno, non poteva essere altrimenti.
Poi la voce disperata di Evie lo raggiunse e il terrore affiorò nella sua mente.
Lui la invocò ma la donna premette le sue dita ossute sulla sua bocca e affondò fino all’elsa.
Billy gridò, mentre il sangue gli risaliva in gola, la sua mente restava lucida, come se una volontà più forte cercasse di trattenerlo.
Voleva svegliarsi ma il dolore aumentava assieme alle grida di Evie.
 
 
Si svegliò urlando e per poco non cadde dal letto assieme a Evie, che lo stringeva con tutte le sue forze.
I loro cuori battevano all’impazzata assieme, lui la strinse a sua volta, si aggrappò cercando di afferrarsi a quel corpo caldo a quella vita fremente temendo di scivolare nuovamente in quell’incubo.
“Bill… calmati sei…” ma Billy non le lasciò terminare la frase che divorò ogni sillaba baciandola come febbricitante.
Voleva sentirsi vivo, e aggrapparsi a quella realtà e Evie era la sua ancora.
Gemette mordendole la spalla a sangue, stringendole i polsi con forza, ma tremando e sentendosi un bambino smarrito.
Lei non si mosse finché lui non allentò la presa, gli carezzò la schiena e lo strinse, perché cercava di scacciare il medesimo incubo. Avevano di nuovo condiviso lo stesso sogno e finito per fare l’amore come cura per i loro incubi, la Predatrice.
“Di nuovo…” sussurrò tremante Billy “Lei mi strappava il cuore davanti a te… Lo divorava e io… Non morivo… era come se qualcosa mi trattenesse solo per poter osservare il tuo dolore… come se questo la rafforzasse e la cosa peggiore è che temo che non sia solamente un incubo… Oscar ha fatto il suo nome… Lui ha invocato la Predatrice quindi forse…”
Ma stavolta fu Evie a bloccare le sue parole baciandolo. “No! Non accadrà mai! Dovranno ammarrarmi prima…”
Lui la bloccò per osservarla, quella frase…
Dovranno uccidermi prima… Non tornerò indietro…
“Nessuno ti catturerà mai… Ne portartelo via…” sussurrò Evie poggiandogli la mano sul cuore. 

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


Capitolo – 27



 
 
Oscar prese il portatile, stava ignorando davvero troppe mail a causa di Billy. Aveva avvertito la differenza quando aveva preso la mano di Billy per rialzarsi. Gli odori, i sapori, avrebbe voluto che quel contatto non si interrompesse mai.
Il cellulare squillò e la suoneria Pazza Interamala gli ricordò che suo fratello lo stesse cercando ancora ma lo ignorò. Voleva sapere di più della famosa Evie, ma Billy gli aveva rivelato solo quel soprannome.
Da quando si era risvegliato aveva passato tutto il tempo a cercare sul suo portatile l’immagine che aveva visto nella mente di Billy.
Sperava che Bill non se ne fosse accorto di quanto avesse scrutato nei suoi pensieri.
Era riuscito a farlo altre volte, ma non glielo aveva mai detto.
Aveva scutato nei suoi pensieri intravedendo un uomo dai freddi occhi di ghiaccio, lo inorridiva pensare a quello che potesse avergli fatto per turbarlo anche anni dopo l’avvenimento. Avrebbe voluto che gliene facesse parola.
Chiuse il portatile frustrato, come poteva trovare una persona con un solo volto e un nome spezzato?
Si concentrò su Billy, ma per quanto si sforzasse percepiva solo un lontano respiro.
Vi era una strana confidenza tra il suo Bill e quella ragazza, tale che era come se la mente di Billy cercasse di proteggerla a qualsiasi altro sguardo.
Lo schermo del vecchio televisore a tubo catodico si accese mandando una confusa immagine grigia frusciante.
Oscar trasalì e si guardò attorno, il salotto pareva osservarlo in attesa. Si avvicinò allo schermo incapace di pensare o dire qualcosa.
Si chinò verso lo schermo e all’improvviso apparve un’immagine, un tavolo d’avorio e uno sfondo chiaro.
Poi una figura con una maschera dorata si sedette e puntò lo sguardo verso lo schermo.
“So che hai parlato a William di me, di memoria… E della minaccia della Predatrice. Mi duole dirti che non era cosa nuova per il nostro William, malgrado abbia cercato in ogni modo di celarti i suoi pensieri...”
Oscar deglutì e osservò attentamente quella figura, quegli abiti rossi ricamati di nero e quella maschera dorata dietro alla quale intravedeva uno sguardo familiare.
“Bill deve morire”
Oscar sentì il sangue gelarglisi nelle vene, si strinse il braccio.
“Il Multiverso, ogni cosa in questa realtà o nelle altre scomparirà quando la predatrice avrà il suo pasto. Forse Memoria, forse il luogo dove si rifugeranno le coscienze potrebbe essere una soluzione ma… Il potere della predatrice minaccerà ogni cosa… Il giorno della fine è vicino, una vita vale la fine di tutto?”
Lo schermo si spense e Oscar scivolò a terra e lo schermo plumbeo gli rimandava il suo volto sconvolto. Chi era quella figura? Perché la sua voce gli risuonava così familiare?
Perché affermava una cosa così orribile? Come poteva chiedergli di fare del male a Bill?
 
Una vita vale la fine di tutto?

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


Capitolo – 28


 



 
 
Le persiane cigolarono aprendosi e Billy sollevò lo sguardo, la città si svegliava.
La sua attesa per quell’incontro gli impediva di riposare, di rilassarsi, anche di stare solo con Evie perché temeva che potesse leggergli in volto ogni pensiero.
“Sei troppo sveglio per pensare che questo potrà durare ancora a lungo… Un equilibrio… perfetto… Noi tre… Sono davvero un folle a sperare che tutto questo non finisca?”
Billy rabbrividì alla gelida aria del mattino e si strinse nella felpa, calandosi il cappuccio sulla testa, si strinse la mano sentendosi sempre più freddo.
Rise di sé, di quel suo dialogare al silenzio tranquillo di non essere compreso in terra straniera.
Ripensò a Oscar, poteva davvero sperare che quell’equilibrio, per quanto assurdo potesse essere reale?
Quando una donna a passeggio con il cane passò accanto a lui indugiò più del dovuto sul suo volto. Billy si rintanò ancora più a fondo nel suo cappuccio, desiderando poter essere assorbito dall’oscurità, ben consapevole di quanto quei segni sul suo volto potesse essere un manifesto della sua identità, persino in un posto così lontano dal luogo da dove si erano originati. Lo sguardo della donna indugiava ancora e Billy immaginò che il piccolo cane si allungasse verso di lui per una carezza e poco dopo sentì qualcosa di morbido sfiorargli la mano. Una lingua ruvida attirò la sua attenzione, il suo sguardo sfiorò l’animale, i loro sguardi si incontrarono per un momento e poi la donna lo allontanò.
Billy si ritrasse stringendosi, voleva tornare in casa e ricercare conforto assieme a Evie e assieme a lei rifuggire in altri mondi, assieme. Ma il timore lo tratteneva in quella singola realtà, che quella maledetta vecchia potesse afferrare la sua Evie.
Imprecò e balzò in piedi allontanandosi ad ampi passi.
Odiava sentire quella singola realtà come una prigione e odiava il senso di libertà che aveva provato lasciando che la propria mente corresse carezzando tutti quei luoghi, entrare nelle menti di così tante versioni di sé.
Si sedette raggiunta una piazza osservare quelle persone che fuoriuscivano all’alba per iniziare la giornata.
Vide due ragazzi camminare uno verso l’altro e non riuscì di impedirsi di pensare a lui, a colui che per lungo tempo aveva ritenuto essere il suo migliore amico.
Dopotutto si muovevano esattamente come loro, la spavalderia di chi è convinto di poter conquistare il mondo. Ricordò quell’ultimo vero abbraccio sul molo. Aveva sentito nel profondo, vera felicità, nonostante tutto. E immaginò quei due sconosciuti rievocare quell’abbraccio e così accadde. Accelerarono l’uno verso l’altro e stringendosi come se non si vedessero da molto. E Billy si sorprese a chiedersi se almeno in una realtà la sua amicizia con Frank avesse avuto un diverso destino, se in almeno un universo il suo volto non avesse portato il segno di tutto l’odio che era germogliato tra loro. Poi però percepì il tocco di Evie, le sue dita che delineavano con delicatezza ogni segno prima di baciare lentamente la prima cicatrice apparsa sul suo volto. “Unico, particolare e meraviglioso…”
La voce della sua Evie lo riscosse dai suoi pensieri e così parvero riscuotersi anche i due ragazzi che si scrutarono perplessi.
“Perché lo hai fatto?” udì Billy chiedere l’uno all’altro. La perplessità nei loro volti si rifletté anche in Billy, davvero i suoi pensieri avevano influito sulla sua realtà spezzandosi nel momento in cui Evie aveva spezzato quella piccola illusione.

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


Capitolo – 29


 


 
 
Billy si muoveva come sonnambulo, era come se il suo corpo si sentisse estraneo a ogni realtà, e si sentiva osservato persino dagli oggetti, come se migliaia di occhi invisibili si fossero puntati su di lui.
Era assurdo, aveva pensato a Frank, a quell’ultimo abbraccio prima che gli rivelasse la verità e le sue emozioni si erano come inspiegabilmente riflesse nella realtà che lo circondava.
Per un attimo aveva rivisto in quei due estranei se stesso e Frank, in un ultimo momento di solidale fratellanza.
Il clima stesso pareva aver assorbito il suo umore, il cielo che all’alba era stato limpido improvvisamente si era riempito di nuvole pesanti cariche di pioggia.
Poi dalle profondità emerse il teschio rosso e contemporaneamente al grido che gli risaliva dal suo cuore un lampo lacerò il cielo e un tuono scosse con violenza l’aria.
Billy si portò le mani alla testa mentre sentiva i frammenti di specchio piantarsi di nuovo nella sua mente, nel suo spirito e la terra tremava con forza sotto ai suoi piedi, come se la natura gridasse assieme a lui lacerata nel profondo da quelle visioni.
Billy si rannicchiò cercando di calmarsi, si appoggiò al portone frastornato, mentre la strada iniziava a riempirsi di voci spaventate e passi agitati.
Mentre la folla si riversava in strada, riempiendosi di brusii confusi, Billy cercò di focalizzarsi su quello sciame umano, si alzò e tentennando rientrò nell’appartamento dove Evie lo attendeva ma non la trovò da sola.
Seduti assieme in una cucina non molto diversa da quella dove entrambi, in tempi diversi avevano soggiornato ecco Evie seduta davanti a Oscar.
“Eccoti qua!” disse Oscar mentre le due fossette incorniciavano il suo sorriso. Quasi temevo che fossi scappato”
Evie parve cogliere il pallore nel suo viso e si affrettò ad andargli incontro.
Quando gli fu vicino Billy le si appoggiò e la ragazza non protestò del peso che sentì gravare sulle spalle. “Ho sentito il terremoto, i tuoni all’improvviso e…”
“Ho bisogno di stare un momento con te…” sussurrò Billy con tono quasi impercepibile.
Billy sentiva qualcosa gravare sulla stanza, un’oscurità permeare l’aria.
C’era qualcosa di strano nello sguardo di Oscar, un sorriso sinistro adornava il suo volto, in quel corpo non vi era lo spirito che aveva condiviso tanto con Billy.
La sua mente era sinistramente silenziosa.
Il falso Oscar si portò un dito alle labbra “Non puoi immaginare quanto tempo ho atteso per poterti guardare negli occhi, e intravedere il potere che in essi è racchiuso e che ho tanto bravato… Per così tanto tempo…”
Un gesto rapido e repentino, Billy vide una scintilla, la sua mente era bloccata, il suo corpo imprigionato da quelle parole. Quella voce pareva emergere dai suoi incubi, la bocca che si muoveva era quella di Oscar ma la voce che ne emergeva era quella della Predatrice.
E non comprese cosa stesse accadendo finché non vide il trionfo scintillare negli occhi del falso Oscar che si ergeva all’improvviso davanti a lui. La mano destra aveva conficcato un pugnale, Billy sentiva il caldo sangue scorrergli tra le dita, ma non era il suo. Non era lui che il falso Oscar aveva pugnalato.
“Bill…” sussurrò Evie mentre del sangue sgorgava dalle sue labbra.
La gioia svanì dagli occhi di Oscar sostituito da sconcerto e panico ma Billy non aveva tempo di pensare a lui perché Evie gli stava scivolando via tra le dita e una macchia di sangue si stava allargando rapidamente, la dove nel petto la lama era affondata.
Billy la afferrò accompagnando la sua inesorabile discesa a terra.
Gli occhi di lei si stavano chiudendo e quando la invocò la sua voce parve a Oscar quella di un bimbo smarrito Evie si destò un’ultima volta.
“Bill… stai… bene? Non sei ferito?”
A Bill scappò un mezzo sorriso spezzato dalle lacrime mentre quel cuore trafitto si fermava e la mente di lei scivolava via.
Il grido di Bill fu profondo e penetrante, Oscar temette che il mondo stesso si frantumasse in quel grido. Aveva raggiunto il suo Billy, ma quando aveva aperto gli occhi si era scoperto con orrore con le mani sporche di sangue, del sangue di Evie, una mente potente aveva preso il controllo del suo corpo e ucciso l’amore del suo Bill.
Mentre riprendeva il controllo di sé aveva udito una sinistra risata svanire nella sua mente.
“Che cosa farà ora senza la sua custode? Povero bambino smarrito…”
Oscar trattene il fiato, l’aria si faceva sempre più pensante, il cielo si incupiva, gravando sulle loro teste oltre la finestra, come se percepisse il dolore di Billy. 

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***


Capitolo – 30



 
 
Billy prese il volto di Evie tra le mani e la chiamò ancora e quando Oscar tentò allungare una mano verso di lui gli ardenti occhi di Billy lo paralizzarono.
“Bill… dovremo chiamare un medico…”
“Lei non è più qui…” gli urlò contro Billy.
Le lacrime bruciavano quasi quanto la rabbia verso l’essere che aveva ucciso la ragazza.
Si era frapposta tra lui e lama, senza esitare.
“Bill… io non… Non ero in me…” sussurrò Oscar stringendo la mano come ustionata dal rifiuto di Billy.
"La predatrice doveva pugnalare me... Non lei... Era il mio di cuore che voleva divorare..." farfugliò Billy chino sul corpo senza vita di Evie, mentre i frammenti dei suoi pensieri si assemblavano.
“Sapeva che lei si sarebbe frapposta, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggermi… Voleva separarmi da lei attraverso te…”
“Io non avrei mai… Volevo capire… conoscerla…Ma non…”
“Tu sapevi di lei… Sapevi che mi stava dando la caccia… Me ne hai parlato… Sapevi…”
“No, non potevo immaginare…”
Billy scosse la testa e scostò una ciocca di capelli dal viso di Evie.
“Bill, dobbiamo fare qualcosa prima che io scivoli via, non voglio lasciarti da solo con un me che ti è estraneo e un cadavere…”
“NO!” ringhiò Billy “Lei non è morta! Non la sua mente… Io l’ho vista…”
Aveva visto nei suoi occhi, scivolare via, il suo spirito era sprofondato nel Multiverso e Billy l’avrebbe ritrovata.
La mano di Oscar afferrò la sua e quando Billy incrociò lo sguardo di Oscar vide la sua stesa determinazione.
“Anche io ho avuto la medesima sensazione e voglio aiutarti, voglio cercarla assieme a te. Lascia che ti aiuti, inseguiamola!”
Billy strinse la mano e lasciò cadere di nuovo lo sguardo su Evie.
“Perché…”
Oscar prevenne la domanda e strinse la mano dell’altro con rinnovato vigore.
“Non la conoscevo ma è come se così fosse stato perché io avrei fatto lo stesso al posto suo, perché ti amo e sento che anche per lei è lo stesso. E ti giuro che la ritroveremo Bill…”
 
 
 
L’ultima cosa che aveva visto era stato il suo volto, i suoi grandi occhi scuri ricolmi di lacrime. Evie gli aveva chiesto con le ultime forze se stesse bene ma non aveva udito la sua risposta il mondo era svanito prima di poter afferrare le sue parole.
Era forse quella la morte? Un’eterna incertezza?
Evie ripensò alla strana espressione di Oscar e come avesse compreso troppo tardi che non fosse il ragazzo che Billy attendeva. Non lo spirito che lo ospitava almeno.
Ma si era mossa sufficientemente rapida per proteggere il suo prezioso Bill.
Ma il suo non essere si rese improvvisamente concreto.
C’era della dura pietra a contatto con la sua schiena.
Lentamente Evie aprì gli occhi e trasse un nuovo respiro e la gelida aria notturna di un nuovo mondo la accolse.
“My Lady, state bene?”
Un volto familiare apparve davanti a lei Poe si protese verso di lei per aiutarla ad alzarsi, Evie si osservò. Indossava un lungo abito rosa antico e aveva lunghi guanti fino al gomito del medesimo colore. Anche quel Poe, che evidentemente non era l’uomo che aveva empre conosciuto, malgrado avesse i suoi stessi ricci screziati di grigio e la osservasse con il medesimo affetto. Aveva letto nelle sue ricerche, aveva udito attraverso la voce di Billy di quelle esperienze e adesso stava accadendo a lei. Era scivolata via dalle braccia di Billy ed era entrata nel corpo di un’altra se, in un altro mondo. Era viva, ma era una sola cosa che desiderava sapere. “Dov’è Bill?”
Le parole emersero spontaneamente, incapaci di essere trattenute e nello sguardo di Evie Poe non vide sorpresa.
“Non è né il luogo nel il momento per parlare di quell’inferiore creatura”
La rabbia di Evie esplose e la fiamma di tutte le candele presenti nella stanza avvamparono illuminando tutta la stanza.
Evie sussultò. Si trovava in un’ampia sala da ballo, con ampie vetrate, candelabri e lampadari di cristallo. “Ma dove sono finita?” annaspò mentre sentiva la fiamma ardere nella sua mente. Era stata lei a alimentare le fiamme? La sua rabbia? E che luogo era mai quello? Era certa di parlare una lingua diversa dalla sua solita, un tedesco inusuale, di certo non inglese. E le persone erano vestite in modo così inusuale, era come se fosse finita nello sceneggiato in stile ottocento che tutti amavano guardare su Netflix.
Si sentiva frastornata ma una cosa improvvisamente la portò a sorridere, Quel Poe aveva riconosciuto il nome del suo Bill, lo conosceva anche in quella realtà.

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 ***


Capitolo – 31



 
 
“Vuoi smetterla di cercarlo ovunque, non lo vedrai qua, non alla tua iniziazione”
Evie abbassò lo sguardo delusa, non ne poteva più di attendere, voleva ritrovare la sicurezza di quegli occhi di tenebra. Dopo tanto tempo passato assieme non sentirlo vicino, non avere la certezza che avrebbe incrociato presto il suo sorriso beffardo le dava l’impressione di aver perso un arto.
“E ti prego evita di dar libero sfogo al tuo nuovo dono, non sei in grado di gestirlo e pare fin troppo legato alle tue emozioni”
Evie deglutì e cercò di frugare nei ricordi di quel corpo e finalmente comprese.
Il suo dono, la fiamma. Era quello che stavano festeggiando, la fioritura del suo potere, come tutte le brave ragazze e i ragazzi di buona famiglia, finalmente era arrivato il suo momento. E Billy… Evie stentava a riconoscere quei ricordi come propri. In quel mondo la famiglia di Poe, la famiglia Estrada l’aveva adottata e Poe era diventato suo fratellastro e infine suo tutore alla loro morte e Billy… Il suo Billy… Erano cresciuti assieme, ma lui era rimasto solo e lei… Aveva cercato in ogni modo di mantenere il contatto ma poi lui si era arruolato e si erano persi di vista… Almeno fino a pochi giorni prima, quando era tornato…
Anche in lui era sbocciato il dono, le sue abilità però lo avevano reso un’arma.
Nemmeno in quel momento Poe aveva accettato che si vedessero, perché lui era pur sempre un figlio di nessuno e lei doveva trovare un’unione che avrebbe elevato il suo status.
Eppure Evie sapeva che mai, in nessuna realtà al mondo lo avrebbe abbandonato, ma non riusciva a comprendere come raggiungerlo.
In più mantenere il controllo del suo potere sembrava particolarmente difficile perché più pensava a Billy più sentiva le fiamme ardere dentro di sé.
Quella mattina avevano fatto all’amore in modo così disperato, le pareva impossibile fosse accaduto in un altro mondo. Avevano condiviso l’ennesimo incubo, la Predatrice, con i suoi occhi vitrei, quella lama nera che lacerava il suo petto ma nello sguardo di Billy aveva visto cieca disperazione. Quell’orribile essere aveva fatto in modo che sopravvivesse in modo che potesse sentire ogni momento, ogni istante di atroce agonia e quando entrambi si erano svegliati avevano sentito un irresistibile bisogno di amarsi e ritrovare l’uno la vita nell’altro.
Evie chiuse gli occhi ricacciando le lacrime indietro. Voleva solo rivedere Billy e sentire il suono della sua voce, magari sentirlo anche arrabbiato per quello che aveva fatto ma sapere che quell’orrida strega non gli aveva fatto del male. Invece era incastrata in quel mondo a lei estraneo, in una farsa che non riusciva a comprendere. Ogni parola era un ostacolo che si frapponeva tra lei e Billy.
E poi non comprendeva come potesse essere scivolata in un altro mondo, non aveva mai vissuto le esperienze di Billy e Oscar, ne aveva solo letto eppure quel mondo che le sorrideva era la prova che anche lei aveva il medesimo dono del suo Billy.
In fondo aveva iniziato a condividere con Billy l’amore in una realtà dove aveva avuto poteri telepatici ed era stato in quella strana condivisione che aveva compreso di amarlo più di quanto ritenesse comprensibile. La prima volta che anche lui si era rintanato in lei, ricercando conforto dall’angoscia. Evie credeva che fosse stata la mente di Billy a trascinarlo via con se ma poi era morta. Eppure era sopravvissuta.
Ricordava bene il falso Oscar, perché quello sguardo non era affatto quello del ragazzo gentile che aveva intravisto nella mente di Billy, lo aveva visto pugnalarla al petto.
Era scivolata tra le braccia di Billy per proteggerlo, aveva sentito il sapore delle sue lacrime aveva sentito il suo grido di dolore scuotere la realtà stessa eppure… Adesso era viva e vegeta in un paradossale mondo così diverso dal suo…
Poe stava ancora decantando ai suoi ospiti il dono della sua protetta, ma Evie non lo ascoltava, voleva solo abbracciare Billy, incrociare il suo sguardo e ritrovare ogni sua certezza.
 

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 ***


Capitolo – 32



 
 
Evie annuì trattenendo a stento il fastidio. Poe le scoccò uno sguardo carico di rimprovero.
Evie sorrise ignorando i presenti, anche se non era lui era proprio come il suo amico, le leggeva nel pensiero e capiva al volo cosa le frullasse per la testa.
Poi un uomo con un abito nero le si avvicinò.
“My Lady c’è un gentiluomo che chiede con insistenza di vedervi”
Prima che Poe potesse interferire Evie scattò in avanti, con il cuore che le rullava in petto.
Trovava divertente che qualcuno definisse il suo Bill un gentiluomo e non vedeva l’ora di riderne assieme, di afferrare la sua faccia e baciarla un’infinità di volte, delineando quei segni che le erano più familiari di qualsiasi altra cosa al mondo, che le avrebbero dato la certezza di essere ancora viva. Si mosse seguendo l’istinto di quel corpo, che ben conosceva la strada, quei saloni austeri così diversi dalla sua casa spartana a New York.
Corse fino all’ampio salone e si arrestò in cima alle scale, in fondo ad esse non vi era il suo Billy ma sotto una tuba di velluto rosso, occhiali ovali del medesimo colore due occhi dorati e un sorriso incerto incorniciato da fossette, vi era Oscar.
Lui le si avvicinò con un inatteso sollievo “Sei davvero viva?”
Evie percepì la delusione dilagare e avvampare.
Il ragazzo si scansò a tempo mentre una tenda della finestra vicina prendeva fuoco.
Evie sobbalzò profondendosi in mille scuse e avvicinandosi a Oscar “Perdonatemi, ancora non riesco a controllare questo stupido potere! Mi rincresce moltissimo!”.
Lui la scrutava ancora in attesa di conferme così lei annuì osservando un sorriso allargarsi sul volto di lui.
“Dov’è Bill…” sibilò rapido.
“Credo che dovremo… Allontanarci”
Evie si guardò attorno “Credo che io e il Signor Sabatini, dovremmo passerggiare… dopotutto lui è…” Evie sentì l’aria venir meno quando la realtà la colpì come uno schiaffo “… il mio promesso sposo…”
Il valletto annuì e Evie afferrò la mano di Oscar trascinandolo in giardino.
La villa era enorme e Evie si chiese dove avesse già visto quelle linee eleganti.
“Mai avrei pensato di ritrovarmi in un mondo diverso dal mio… Di certo non lo sapevo in quel momento io volevo solo…”
“Salvarlo, lo so!” proseguì Oscar trascinato da lei e arrancando trascinato dall’energia di lei.
Evie si arrestò e lo fissò dritto negli occhi e Oscar comprese senza che lei dovesse dire nulla. “Sì è illeso… nel corpo. Ma lo hai ferito profondamente nello spirito! Ti ha visto spirare tra le sue braccia con il solo pensiero nella testa fino alla morte… Come ultima cosa gli hai chiesto se stesse bene. Il suo dolore stava per spezzare la realtà stessa… L’ho inseguito per aiutarlo, perché era certo che non potesse averti perso… Se davvero lo ami devi giurarmi che non lo farai mai più soffrire tanto!”
Evie scosse la testa incredula, davvero la stava rimproverando?
“Tu portami da lui e assieme ne parleremo, forse voi siete abituato a tutto questo ma io… Non osavo sperare di poter sopravvivere a quel colpo… è tutto troppo! Questo mondo, questo…” concluse indicando prima lui e poi lei.
“Evie…” ma lei era già ripartita allungando il passo fino quasi a correre. Si aggrappava a ogni pensiero, ogni appiglio che l’avrebbero riportata da Billy.
“Lui è venuto qua assieme a te?” Ma non aveva voglia di ascoltare la risposta di Oscar, voleva solo trovare quello sguardo, chiedergli scusa di averlo ferito.
E poi ebbe un’illuminazione, quella sera, il giorno della rivelazione del suo dono, Bill non sarebbe mancato nemmeno in quella realtà e l’avrebbe attesa come quando erano ragazzi alla serra, la dove la sua famiglia coltivava i fiori della luna.
Evie accelerò afferrando la veste per correre più velocemente.
Non si fermò finché non intravide l’edificio illuminato da chiaro di luna, la porta dischiusa.
Evie entrò ansimando e per poco non perse di nuovo il controllo delle fiamme.
E poi lo vide, la mano poggiata su un fiore pallido e opalescente. “Buffo non trovi? Che questa pianta si prodighi tanto per generare un singolo fiore che splenderà solamente una notte per poi appassire e morire… Eppure anche se per poche ore sarà quanto di più bello tu possa mai vedere…”
Evie trattenne il fiato, che quello non fosse il suo Billy? Ma un altro spirito, una variante ma non l’uomo che amava? 
 

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


Capitolo – 33


 


 
 
Oscar si fermò a un passo dalla porta, quella commissione di emozioni, non pensava che il loro incontro potesse essere così tanto complicato, in una realtà così estranea eppure forse più vera. I ricordi emergevano come un fiume in piena, in quella realtà sentiva affetto per quella ragazza che per lungo tempo aveva occupato solo le sue ipotesi. In quella realtà quel legame con Billy si fondeva con lei in modo così naturale e meraviglioso.
Riviveva quelle sensazioni in modo così intenso, come se le vivesse in quel preciso momento. Si sentiva stanco e frastornato se pensava che mentre il suo corpo nell’altro mondo era posseduto da un’anima crudele e spietata e affondava un pugnale nel corpo di quella che poteva essere una rivale, in quel mondo che adesso era il suo aveva condiviso una passionale unione.
Aveva sorriso avevano entrambi stretto Billy tra loro baciato catturando ogni gemito e sospiro promettendo solo amore. Un amore condiviso a cui non importava se al di fuori di quel luogo non fosse compreso.
Poteva essere così semplice?
Aveva adorato l’amore riflesso nello sguardo di Bill, la felicità rovente che aveva visto ardere nei suoi grandi occhi scuri e quel senso di amore che li aveva avvolti tutti e tre, in una bolla di assoluta perfezione.
Sollevò lo sguardo all’interno della serra dove Evie attendeva.
Oscar attese assieme a lei mentre lo sguardo di Billy rimaneva basso, posato su quel candido fiore perfetto e delicato.
Oscar pensò che niente meglio di esso potesse descrivere quel legame.
Era qualcosa di raro, delicato e prezioso, forse sarebbe stato altrettanto fragile ma era davvero quanto di più prezioso Oscar avesse mai visto. E finalmente comprendeva perché lo aveva inseguito senza esitare, senza pensare a nessun’altro se non al voler proteggere il cuore di Billy. Il suo dolore era riecheggiato ferendolo, come una pugnalata, come migliaia di schegge di specchio che gli laceravano l’anima. Ma non aveva compreso cosa lo avesse spinto a seguirlo attraverso i mondi all’inseguimento dell’anima di quella ragazza finché non aveva condiviso con quel suo nuovo s i ricordi e quell’affetto che trascendeva i mondi.
Era come se lo avesse sempre saputo, come se quel legame avesse influenzato le loro vite attraverso il tempo e lo spazio.
I grandi occhi scuri di Billy si sollevarono finalmente su Evie e Oscar vi riconobbe l’uomo che conosceva da sempre, il sollievo di averla ritrovata dopo il terrore della perdita.
Evie si ritrovò stretta tra le braccia di entrambi senza neanche accorgersene ritrovandosi sorpresa di pensare che quello strano folle mondo fosse sempre stata casa sua.
 
 
 
Day 093 – PROMPT – Piuttosto stanco e frastornato (03.04.2022) - Believer
 

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


Capitolo – 34



 
 
Billy sospirò e a Evie scappò un sorriso, nell’osservare quel volto rilassato, abbandonato al sonno senza riserve o timori. Un sospiro soddisfatto, a Evie parve quasi compiaciuto.
Se ne stava sdraiato e occupava quasi tutto il letto. Evie guardò la stanza e si chiese quanto la loro piccola tana sarebbe rimasta inviolata. In fondo era dal suo fidanzato ufficiale, unione benedetta dal suo precettore e dalla regina stessa, la sua permanenza in quel luogo non sarebbe stata contestata.
La faceva sorridere avere nella mente così tanti ricordi, di due vite così distanti. Eppure quelle due vite erano accomunate da quell’amore per quell’uomo addormentato accanto a lei. Fu tentata di allungare la mano per delineare quei segni che tanto amava ma si trattenne a un soffio dal volto di lui. Lo sguardo di Oscar gravava su di lei.
“Non voglio svegliarlo…” sussurrò Evie
Lo capisco, non gli ho mai visto un’espressione così rilassata…
La voce di Oscar le riecheggiò nella mente riportandole alla mente il suo dono.
Mi dispiace Evie per quanto successo, non ero in me e… Adesso che mi sono appropriato delle emozioni di questo altro me mi odio ancora di più…
Evie scosse la testa. Smettila, so che non eri tu, ho visto la Predatrice nei tuoi occhi…
Sono felice di essere qua…
Evie sollevò lo sguardo su Oscar dopo aver udito quel pensiero e un dubbio la pervase.
Non ti dispiace di aver lasciato nessuno nel tuo mondo di origine?
Oscar deglutì e scosse la testa. E tu?
Stavolta fu Evie a scuotere la testa. “Nessuno è mai stato casa, non quanto Bill…” sussurrò prima di rintanarsi nascondendo il volto nell’incavo del collo di Billy. Trasse un profondo respiro e si beò del suo odore che la accompagnò verso il sonno.
 
 
Ho dovuto!
Billy stava urlando mentre il sangue scorreva dal suo volto e la mano premeva con forza.
Evie cercò di afferrarlo e l’immagine gli scivolò tra le dita tra sbuffi di fumo.
“Evie, Bill deve morire!”
Il sangue le si gelò nelle vene, era una voce familiare eppure non riusciva a rammentare a chi potesse appartenere.
“Se la strega delle dimensioni acquisirà tutto quel potere divorando il suo cuore distruggerà ogni cosa! Bill deve morire per salvarci tutti.”
“Che bruci il mondo!” Ruggì lei alle tenebre “La Predatrice non lo toccherà! Nessuno di voi potrà averlo”
Si sentiva fremere dalla rabbia ma la voce non demorse. “Davvero non ti importa che il mondo possa finire? Ti sei mai chiesta se è questo che lui voglia?”
“Il mio mondo non esiste senza di lui!” Non aveva dubbi, era quella certezza che l’aveva spinta su quella lama senza esitare. “Perché dovrei voler salvare delle realtà in cui lui non c’è? Perché dovrebbe interessarmi?”
“Perché potresti non avere scelta, perché potrebbe essere lui stesso a chiedertelo…”
Evie vide le sue mani apparire opache, afferrarle il polso. Evie vide una lama nel suo pugno. Billy era davanti a lei e le sorrise indirizzando la lama verso il suo petto e Evie si svegliò di soprassalto.
Ansimando vide la stanza illuminata da un filmine mentre fuori della finestra imperversava la tempesta.
Oscar dormiva ma Billy aveva lasciato il letto e se ne stava seduto illuminato a spazzi dai lampi. Evie si sollevò e gli si avvicinò, voleva ritrovare quella serenità che aveva sfiorato prima di addormentarsi.
Quando gli fu sufficientemente vicino Bill la afferrò per il polso e la trasse a sé, portandoselo alle labbra. “Ti prego non farlo mai più…” Era come se avesse serbato quelle parole nel profondo e Evie temette di aver condiviso con lui ancora una volta i suoi sogni, ma non dette voce ai suoi pensieri. Bill premette con forza le labbra sulla pelle di lei.
“Sento che non è la prima volta… Ho intravisto la tua morte, in così tante realtà e… Fa sempre troppo male… Ti prego… Smettila di farmi da scudo, di gettarti via per proteggermi, non essere incurante della tua incolumità per me, credi che sia un mostro senz’anima? Che non mi ferisca vederti soffrire per causa mia?”
Evie si strinse a lui, le veniva così facile scordare quanti mondi Billy aveva già visitato, quante altre sue varianti di se avesse vissuto e condiviso. Ma non poteva acconsentire a quella promessa. Si soprese a riconoscere del vero nella voce dell’incubo.
“Non posso Bill… Non smetterò mai di proteggerti” sussurrò chinandosi per baciare quella linea che solcava la parte sinistra del suo volto. “Non posso mentirti” gli sussurrò all’orecchio “ Non posso dirti che non morirei ancora infinite volte per te, sarebbe solamente una menzogna…”
Bill rimase ad occhi chiusi “Lo so…” annuì deglutendo e stringendo la mano di lei portandosela al cuore. “Un tempo avrei pensato di non desiderare altro, nessuno ha mai sacrificato niente per me ma… Quando ti ho stretto e ti ho visto scivolare via… Non ho mai sentito un dolore simile…Ti prego non farlo di nuovo…”

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Capitolo 36
*** Capitolo 35 ***


Capitolo – 35


 



 
“Ti ho preso questo”
Billy prese l’oggetto che Evie gli stava porgendo e sorrise soddisfatto.
Soppesò il coltello rigirandoselo tra le dita.
“Perfettamente bilanciato…”
“Come tutto dovrebbe essere…” concluse Oscar ironizzando.
Billy rise prima di concentrarsi di nuovo sulla lama soddisfatto.
Oscar li osservò, parlavano rilassati e si soprese di quel piacevole senso di familiarità. Forse si sarebbe dovuto sentire in colpa per essersi lasciato la sua famiglia, il suo amico più caro che sembravano essere svaniti in quella realtà eppure… Voleva solo godersi quel legame che aveva finalmente iniziato a comprendere.
“Per quante cose cambino… Questo…” sussurrò carezzando la lama “In ogni mondo ritrovo le mie certezze…”
Evie comprese che parlasse del suo bisogno di sentirsi parte di un gruppo, come se aver dei compagni gli rendessero quella famiglia che ogni bambino abbandonato desidera e che a Bill come a lei era stato negato.
Ma un altro dubbio si era insinuato nella mente di lei. “Quando vi siete accorti per la prima volta di aver proiettato la mente in un altro mondo, percepivate altri ricordi?”
Oscar si strinse le braccia “Prima che Billy me ne avesse parlato, non avevo del tutto compreso… Ma più prendevo consapevolezza di questa capacità più i ricordi degli altri me si delineavano e mettevano a fuoco…”
Billy poggiò la lama e scrutò Evie “Quando mi hai parlato dei mondi paralleli ero quasi certo che tu li avessi vissuti eppure…”
Evie annuì “Mi erano familiari ma non ricordavo, non pensavo… Ma più tempo passo in questo mondo più ho l’impressione di aver già vissuto nel corpo di altre me, di aver viaggiato nella mente di altre mie versioni e non capisco perché non riesca a ricordare la cosa… Però magari potreste aiutarmi…”
Bill si irrigidì “No…”
Oscar inarcò un sopracciglio “Bill… Ha ragione, ora che siamo tutti e tre assieme potremmo provare, siamo legati tutti e tre e anche io vorrei comprendere e in questo mondo tu puoi entrarle nella mente e comprendere cosa ci viene nascosto”
Billy strinse con forza il coltello e le sue nocche sbiancarono. “Non mi serve sapere cosa ci ha legato, ho dimenticato molto e non mi serve sapere niente oltre a quello che sto vivendo…”
La mano di Evie e Oscar si posarono all’unisono su quella di Billy e lui rie delle sue stesse parole. “Affrontiamo assieme la cosa…”
Billy le sfiorò la fronte, sapeva bene come quel dono, penetrare la psiche degli altri potesse essere doloroso. Tanto più opponevano resistenza tanto più soffrivano. Ma Evie lo guardava senza timore, si era sempre fidata, malgrado tutto.
Poteva sentire le loro mani unite e chiuse gli occhi, concentrandosi su quel legame, che sentiva sempre più arcaico e profondo. Molto più di quando avrebbe mai potuto immaginare. E scivolò nella mente di lei, ma non era solo, Erano tutti e tre e potevano vedere scorrere i ricordi di lei come un film davanti ai loro occhi. Non sapevano esattamente cosa stessero cercando eppure erano certi che qualcosa avrebbero visto. Che avrebbe dato loro una spiegazione di come tutto quello che era avvenuto loro si sarebbe un po’ schiarito.
E poi una bambina emerse, una piccola Evie dai boccoli color miele, scuriti poi dal tempo.
Piangeva e Billy la riconobbe, aveva visto quella bambina come aveva visto Oscar.
Non era mai stato solo Oscar nei suoi viaggi lontano dalla prigione della Casa Famiglia eppure aveva scordato, lo avevano fatto tutti e tre.
E poi una donna emerse dalle ombre della memoria, aveva dei fogli in mano su cui era scritto i loro nomi.
WILLIAM… OSCAR… SIAMO REALI…
E poi il nome di Billy ripetuto all’infinito.
“Non è possibile! Ci siamo di nuovo! Il dottore aveva detto che una sola seduta sarebbe dovuta bastare, la terapia farmacologica non basta più a curare questo delirio!”
Ma la piccola Evie era balzata in piedi “NO! Billy è reale! E sta soffrendo! Io devo andare a prenderlo prima che il mostro lo divori!”
Lo schiaffo che le dette l’anziana tutrice la fece cadere.
“Temo che l’elettro-conduzione sia l’unico rimedio definitivo, così dimenticherai questa malattia”
Evie sentì la stretta sulla sua mente serrarsi e prima di venir strappa a quel ricordo vide la piccola se stringere i pugni.
“Io non smetterò mai di cercarlo, e nemmeno Oscar! Noi ci ritroveremo!”
 
Quando Evie aprì gli occhi Billy tremava, i grandi occhi erano due pozzi oscuri di tristezza.
Lei si alzò per abbracciarlo mentre Oscar li osservava silenzioso.
Fu lui a prendere la parola “Quindi è stato questo a spezzare il legame? Gli effetti della cura a cui ti hanno sottoposto ha avuto effetto anche su noi e abbiamo scordato molto… Ma nel profondo, percepivamo ancora il legame che ci aveva unito…”
Evie strinse Billy che si nascose tra le braccia di lei. “Ricordo che mi hanno curato quando ero in affidamento per un problema alla testa… ma… Ero piccola e non mi hanno mai detto molto… Mi hanno sottoposto all’elettroshock per farmi dimenticare ma alla fine Bill… Ti ho trovato lo stesso… Ti abbiamo trovato…” concluse sollevando lo sguardo su Oscar che sorrise.
“E mi hai salvato…” singhiozzò Billy stringendosi con forza a lei.
“Ma la Predatrice è sempre in caccia e cerca ancora di dividerci… Scommetto che è stata lei a interferire ogni volta… A isolarci nei nostri mondi a…” Oscar si interruppe per guardarsi le mani.
“Perché vuole il cuore di Billy… Perché non quello di uno di noi due?”
“Perché il suo più di tutti, in ogni realtà è stato temprato nel fuoco e…Entrambi ne riconosciamo il valore e…” Oscar allungò la mano verso Billy per poi ritrarla.
Evie lo strinse con rinnovata energia “Non lo avrà mai!”

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Capitolo 37
*** Capitolo 36 ***


Capitolo – 36



 
 
Oscar si svegliò di soprassalto quando lo schiaffo energico lo colpì.
“Billy no!” urlò balzando in piedi ansimando.
Marco, suo fratello lo guardava torvo e carico d’ansia e al suo fianco J si portò le mani alla bocca stravolto. “Te l’avevo detto, vaneggiava… Parla di questo Billy… Un uomo morto! Un delinquente della peggior categoria… Chissà cosa può avergli fatto!”
Oscar si guardò attorno nel panico.
Era scivolato via, lontano da Billy, tornando nel suo corpo originario.
“Marco… che ci fai qua?” sussurrò senza fiato.
Il respiro gli moriva in gola, si portò le mani alla gola annaspando, era nel panico.
Billy gli aveva sorriso e poi tutto era precipitato e Evie sanguinava.
Oscar chiuse gli occhi e invocò i suoi amati… Evie era di nuovo lontano come Billy.
Gli mancava l’aria sempre di più.
Billy che combatteva per raggiungere lui e Evie, lei ferita e quell’altro J, quell’orribile persona che puntava il dito contro Billy urlando di abbatterlo.
“Billy dove sei…” sussurrò Oscar prima di perdere i sensi.
 
 
L’oscurità lo avvolse, era solo, rannicchiato dentro se stesso, incapace di raggiungere le menti di Evie e Billy.
Oscar pianse tutte le sue lacrime.
Come era potuto succedere.
Poco prima aveva riscoperto il suo legame con Evie, compreso le proprie emozioni come anche la minaccia della Predatrice che aveva guidato la sua mano suo malgrado.
Aveva giurato a se stesso di proteggere entrambi.
E poi tutto era precipitato. Poe, il precettore di Evie aveva fatto irruzione con le guardie, istigato da una sorprendentemente crudele variante del suo J.
Li aveva denunciati, mettendo su tutte le piazze il loro legame, condannando Billy a morte.
Billy aveva fatto quello che gli era sempre riuscito meglio, era fuggito assieme a loro e li aveva condotti la dove aveva creato la sua piccola armata. Oscar aveva sperato di avere una possibilità ma poi lo scontro tra i soldati e la milizia di Billy era iniziato e Evie era stata ferita da una pallottola vagante e l’ultima cosa che Oscar aveva visto prima di scivolare via da quel mondo era il volto di Billy urlante, Evie priva di sensi e nelle ombre una risata lo aveva spinto via.
“Lei è troppo forte…” singhizzò Oscar prima di risvegliarsi.
Marco lo aveva steso nel letto della sua casa di Postam, Oscar avrebbe voluto sentirsi orribile udendo le voci di J e Marco cariche di angoscia.
Voleva comprendere la preoccupazione di suo fratello e del suo amico ma riusciva solo ad angosciarsi per Billy. La consapevolezza che la Predatrice aveva una volontà tanto forte da ostacolare il legame tra loro tre. Allontanarli pur di indebolire Billy e ottenere ciò che maggiormente desiderava, il suo cuore.
Oscar invocò i loro nomi, si nascose nel cuscino piangendo e disperandosi.
“Io non mi arrendo! Vi ritroverò!” sussurrò nella sua mente silente e solitaria. 

 

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Capitolo 38
*** Capitolo 37 ***


Believer – 37

 


 
Silenzio
Oscar aprì gli occhi e lentamente la sua stanza tornò a fuoco.
Non si era mai sentito così solo, ora ricordava di aver rimosso una grossa fetta della sua infanzia. L’amore per Billy era stato troppo forte e quel frammento di malinconia era rimasta aggrappata a lui, ma ora sapeva, che vi era stato un tempo in cui la sua vita era stata costantemente condivisa dalle coscienze di Billy e Evie. Un flusso ininterrotto di pensieri ed emozioni che gli avevano dato un senso di completezza che mai più era riuscito a ritrovare una volta reciso il legame.
 
Voglio solo proteggerlo…
 
La voce di Evie emerse all’improvviso e Oscar balzò in piedi con il cuore che batteva all’impazzata.
“Evie!” gemette.
Ma non venne risposta, forse era solo un residuo dei suoi ricordi che riecheggiava nella sia mente.
La porta si spalancò e quando la luce dilagò per la stanza Oscar non fece a tempo a proteggersi che suo fratello lo afferrò scuotendolo con forza. “Confessa si tratta ancora di Billy non è vero? E di Evelyn… Li hai visti di nuovo?”
Oscar rimase interdetto ma comprese rapidamente, era stato tradito.
J era sulla porta della sua camera con sguardo basso e colpevole. “Dovevo parlargliene… Io non sapevo che avessi avuto le medesime allucinazioni da bambino, che ti avessero già curato per questo… Tu mi avevi parlato solo di sogni… E inoltre non avevo ancora compreso quanto questo… Billy potesse essere pericoloso per te…”
Oscar cercò di dimenarsi ma la stretta di suo fratello era troppo forte.
“Non parlare di Billy, non sai niente di lui… e non erano allucinazioni… Noi siamo sempre stati legati come… Come hai fatto a…”
Poi la risposta arrivò rapida. Come con Evie, anche lui doveva esser stato sottoposto all’elettroshock. Eppure, lo aveva rimosso così bene, anche in quel momento, con la verità sbattuta con forza in faccia, nello sguardo colpevole di suo fratello non riusciva ad accettarla.
“Devi incontrarlo di nuovo Oscar, è per il tuo bene…”
Oscar cercò allontanare il fratello, per la prima volta lo spaventava, voleva farlo ancora, recidere completamente quei fili, isolare la sua mente, imprigionarlo in quella singola realtà, impedirgli di volare di nuovo.
Ripensò a Billy, legato a quel letto d’ospedale, sedato, imprigionato in se stesso.
Evie, inconsapevole del loro legame, sapeva che era la Predatrice che stava tirando i fili, che manipolava la realtà per tenerli separati, per indebolire William, il suo Billy.
Perché?
“Lei ci teme… Teme il potere che abbiamo uniti, quando le nostre menti sono un tutt’uno…” farfugliò.
Chiuse gli occhi e la sua mente li invocò con forza e la volontà della predatrice si rivelò colpendolo con forza.
 
Non temere, quando sarà il momento, potrai vedermi mentre lo dilanio… Niente potrebbe rendere il mio pasto più delizioso…
 
E lo vide, una vecchia donna dagli occhi vuoti, opachi, Billy sdraiato a terra. Un altro Billy, i capelli lunghi, nessuna cicatrice e gli occhi vitrei persi nel vuoto, il viso immerso nel sangue. Poteva vedere gli ultimi istanti, il dolore. E la certezza che quell’essere non si sarebbe fermato finché non avesse ottenuto il potere racchiuso dal cuore del suo Bill…
Il dolore lo afferrò e Oscar venne trascinato giù perdendo i sensi. 

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Capitolo 39
*** Capitolo 38 ***


Believer – 38



 
 

Colpì con forza la parete sentendo il sangue ribollire e la disperazione dilagare.
“Fammi uscire!” urlò
Poteva sentire le dita di quell’essere scorrere lungo il suo corpo mentre la sua mente ne era imprigionata. Era successo di nuovo, lo avevano incarcerato dentro se stesso.
Non importava quanto lottasse, quanto alzasse la voce, alla fine vincevano sempre gli altri.
Non si era mai sentito forte come quando era stato stretto in quell’abbraccio, tra Evie e Oscar, né tanto furioso come quando aveva realizzato che anche la vita di Evie era stata intrecciata alla sua e per colpa delle interferenze della predatrice si era ritrovato solo, isolato al buio, stritolato nella presa di così tante persone, pronte a farlo a pezzi.
Sentiva la mancanza dei loro pensieri, per quanto una voce gli sibilasse insidiosa che lo avessero abbandonato non poteva non ricordare che Evie aveva anteposto il suo amore a se stessa più volte. E anche in quella realtà, era stata al suo fianco. Una dea avvolta tra le fiamme. Sperava solo che stesse bene e che non si stesse mettendo in pericolo solo per lui.
Anche se in parte lo voleva e si odiava per questo.
E Oscar? Perché doveva perderlo ogni volta che riusciva a sfiorarlo?
 
Billy si svegliò quando la punta di metallo si appoggiò alla base dell’occhio.
La donna anziana lo fissava, attraverso quel corpo estraneo. Ma Billy poteva vedere oltre la marionetta che muoveva.
L’essere sorrise poggiò lo strumento e carezzò le cinghie che costringevano il corpo della sua preda.
Il suo sguardo si alzò verso la finestra “Ho cercato a lungo, un cuore forte come il tuo… Ho attesto intrecciando le trame della realtà… strappando vite… plasmandole… Esattamente come ho fatto con la tua. Portando tua madre in quella stazione, legandola a quell’uomo e portandoti alla luce…”
Billy osservò la punta di metallo delineargli il profilo, poggiarsi alla base del suo collo.
“Dovevo nutrire le tue emozioni, forgiare il mio bramato pasto attraverso le fiamme… Ma devo ammettere che non avevo previsto questo legame… Ma è stata una piacevole sorpresa. Voi tre siete un unico essere, ma è nel tuo prezioso cuore che si è raccolto ogni forza… Se ti concentri puoi sentire il loro amore che ti avvolge… E quando li tradirai, vendendoli per salvarti, il loro dolore potrà solo rendere il mio pasto l’atto finale. La liberazione dal mio secolare castigo. Questo mondo è nato dal caos e io lo spazzerò via, alla fine di tutto rimarrà solo un gelido silenzio…”
“Io non…”
La predatrice poggiò il punteruolo “Non li tradirai? Questo stavi per dire? Certo che lo farai. È la tua natura… Lo hai già fatto, proteggi te stesso a discapito di chiunque. In fondo perché dovresti fare diversamente… Nessuno lo ha mai fatto al posto tuo…” La creatura si avvicinò e quello che Billy notò era un senso di mancanza. Quell’essere non respirava, non emanava alcun calore. “E perché un estraneo avrebbe mai dovuto farlo quando la tua stessa madre, la persona che ti aveva generato non vedeva l’ora di sbarazzarsi di te… estraendoti dal suo corpo come si elimina un cancro amputandolo via…”
Il punteruolo si poggiò nuovamente sulla guancia di Billy avvicinandosi pericolosamente al suo occhio.
“Nient’altro che un viso grazioso… un giocattolo da usare… da rompere e poi buttare via…”
“Mi hai preso… sono qua… prenditi ciò che ti serve e smettila di parlare!” ringhiò Billy sentendo le lacrime di frustrazione bruciargli negli occhi.
Ma la predatrice si allontanò allentando la presa sul suo spirito, lasciando in Billy cono solo vuoto e senso di mancanza.
“Non ancora… Non sei pronto… Non sei… Completo!”
“Non hai un pubblico vero? Sei stata tu ad allontanarli… ma credo che ti si sia ritorto contro… Come molte altre cose… Mi hai messo in rotta verso i loro mondi… Hai intrecciato le nostre esistenze ma non avevi previsto quanto questo potesse rafforzarmi vero?” Billy rise esaltato, era questa la sua unica certezza. Non importava che lo catturassero, incarcerassero o uccidessero. La sua mente aveva Memoria, aveva il legame con Oscar e Evie. Quel legame sarebbe sopravvissuto al tempo e alla vita stessa.
Poi la testa gli esplose in una miriade di colori e Billy urlò.
Stava scivolando lontano da quel mondo, la sua mente si infrangeva contro quel vetro ancora e ancora. Le mani di Frank lo afferravano pressandolo con forza. Le schegge di quello specchio in fratumi gli penetravano in profondità, lacerandolo.
 
Tik Tak piccolo Billy… il tuo fratello in armi ti attende… Tutto questo è… Inevitabile!
 
Il pensiero della predatrice fu l’ultima cosa che Billy avvertì prima di scivolare via da quel mondo.
Precipitava attraverso il Multiverso.
Il volto era un inferno di dolore impedendogli di ragionare e orientarsi.
I ricordi riemergevano assieme al fiume in piena di emozioni.
Rabbia, dolore, la fatalità di quel destino inesorabile che gli si dispiegava davanti.
 
“William!”
Quelle voci che emergevano tra le grida erano inequivocabilmente le loro e Billy vi si aggrappò con tutte le sue forze ed emerse.
 
Crollò a terra, sputò sangue e la pallottola uscì.
Gridò mentre e la risata della predatrice riecheggiava dal profondo della sua mente.
Si toccò la guancia, il foro… la prima ferita a quel volto…
 
Neanche un segno su un viso così grazioso?
 
Balzò in piedi, quel mondo dolorosamente familiare scintillava ed esplodeva in una miriade di colori e sangue.
E in mezzo ad essi Frank. Poi le fiamme ricoprirono tutto, la giostra, il suo ex migliore amico, un inferno di fiamme lo avvolsero lasciandolo indenne in mezzo alla morte.
Billy osservò quell’oceano scarlatto danzare e in mezzo ad esso emergerne Evie e Oscar.

 

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Capitolo 40
*** Capitolo 39 ***


Believer – 39

 


 
Billy era rannicchiato davanti a lui, era come lo ricordava una delle prime volte che lo aveva visto. Un bambino magro, troppo magro e terrorizzato. Non lo aveva mai visto in quello stato eppure era certo che quel bambino si annidasse ancora nel profondo dell’animo di William. Oscar avanzò e si sedette davanti a lui.
“Scusa… Se a volte dimentico quanto hai sofferto, quanto le cicatrici che segnino il tuo cuore influenzino ancora ogni tua scelta… Vorrei solo che ti fidassi di me…”
Non era certo che Billy potesse sentirlo, era come se la mente fosse compressa dentro a una gabbia di emozioni.
“Vieni con me Frank… ti prego…” Singhiozzò il piccolo Billy.
Uno spettro lontano, l’ombra di un uomo che si voltava andandosene.
“Non…” i singulti lo scuotevano con forza “Non ho mai voluto che finisse così…”
Cercò di abbracciarlo ma il piccolo Billy si dissolse e Oscar si svegliò ritrovandosi in una stanza di ospedale.
Quando si mosse si sorprese ad essere legato, J lo osservava seduto al fianco del suo letto.
“Marco è andato a parlare con i dottori, ma io ho preferito restare qua…”
Oscar strattonò le corde incapace di dar voce alla rabbia e alla delusione che gli bruciava dentro.
J si avvicinò i suoi occhi di giada vitrei, spenti e quando sorrise Oscar comprese che la mente del suo amico era scomparsa.
“Strano come sia spesso l’amore ad aprirmi le porte… Come quello che ha portato la mente del tuo caro J.. A dischiudersi a me… come un fiore al mattino. Voleva sapere, conoscere questo pericoloso Billy che stava insidiando il suo prezioso Oscar… E prima che se ne accorgesse lui era sparito, per far posto a me…”
Oscar sentì la rabbia crescere di fronte a quell’essere, quell’insidioso parassita che si insinuava nelle anime corrodendole dall’interno finché non esplose.
Oscar si ritrovò libero, allontanò la predatrice nel corpo di J che barcollò sorpresa.
Il mondo gli rallentava attorno fino quasi a fermarsi e Oscar comprese, il potere che aveva scoperto nell’altra realtà, lo aveva seguito. Era come se le abilità acquisite dalla sua mente potessero trasferirsi seguendo il flusso della sua coscienza.
Sapeva cosa doveva fare per raggiungere Billy e liberarsi momentaneamente dalla presa della Predatrice si sedette sul bordo della finestra e la spalancò
Marco in quel momento entrò nella stanza e si paralizzò.
Oscar guardò oltre il bordo, era sufficientemente alto, ripensò a quella canzone che un amico della nazionale italiana di nuoto gli aveva fatto ascoltare.
La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare…
Chissà se quell’artista conoscesse il Multiverso, la capacità della mente di scivolare tra i mondi. Chissà se avesse avvertito le sue stesse emozioni osservando il vuoto.
“Oscar ti prego vieni qua…” farfugliò Marco.
“Ti ringrazio di esser stato presente nella mia vita… Ma non posso permetterti di ancorarmi a questa realtà… Tu non capirai… E forse è meglio così perché lei non mi cercherà più attraverso te. Perdonami se puoi, ma io non posso sentirmi completo senza di loro e questo è il solo modo per raggiungerli…”
Detto questo Oscar si lasciò andare e la sua mente volò.
 
Oscar si risvegliò e trasse il suo primo respiro in un nuovo mondo.
Per un attimo aveva avvertito la paura ma poi il pensiero di Billy e Evie lo aveva riafferrato.
Un nuovo mondo gli sorrideva e da qualche parte avrebbe trovato le parti mancanti del suo essere e desiderava solamente riunirsi a esse e sentirsi di nuovo un tutt’uno.
Vivere in Memoria, senza quella forza condivisa non avrebbe avuto alcun valore.
Accese la televisione e raggelò, il telegiornale, e un prefabbricato in fiamme e una foto, un volto più giovane, senza segni ormai familiari ma era inequivocabilmente Billy.
La sua compagnia era appena esplosa e lui era ricercato dalle autorità.
Oscar bloccò l’immagine e si avvicinò allo schermo della televisione.
Quella camera da letto era così simile alla sua. Trofei, vestiti ovunque ma la data sul calendario… In quel mondo Billy era vivo e non si era ancora scontrato con il Punitore.
Oscar carezzò lo schermo e delineò i lineamenti su quella fredda superficie.
Poi qualcuno bussò alla porta con forza facendolo sobbalzare.
La maniglia si fece incandescente e la porta si spezzò gemendo come una bestia ferita.
Evie fece irruzione nella stanza “Oscar so che sei qua… ho sentito il tuo richiamo… Dobbiamo muoverci, dobbiamo andare perché sai bene cosa accadrà adesso… Si scontreranno e rischierà di farsi ammazzare!”
 

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Capitolo 41
*** Capitolo 40 ***


Believer – 40

 



 
Si chiusero la porta alle spalle e  Evie aiutò Billy a sdraiarsi.
“Sta calmo… Devo controllare… sei…”
“Il Billy sbagliato, ecco cos’è! Mi sono ammazzato per niente! Ero certo che le nostre menti si sarebbero ritrovate subito, come quando abbiamo inseguito te oltre la morte… E invece l’ho perso… Di nuovo!”
Oscar urlava e si dimenava.
Le aveva raccontato tutto e lei lo aveva trascinato da Billy.
Avevano fermato Frank ma non era più lui o lo avrebbero di certo ucciso se non fosse stato per la presenza della predatrice nel suo corpo. Ma assieme avevano trovato la conferma di ciò che già sospettavano, cioè che quando le loro menti si avvicinavano i poteri che avevano scoperto e trasportato dall’altro universo si rafforzava e potevano attingere l’uno al potere dell’altro, potenziandosi in modo esponenziale. Questo aveva ricacciato momentaneamente la Predatrice. Eppure erano mutilati, perché la mente di Billy non era connessa alla loro.
Lui li aveva guardati e nei suoi grandi occhi scuri e in esse avevano trovato solo smarrimento. Evie gli si era avvicinata offrendogli una mano ma Oscar lo aveva osservato ostile, perché si sentiva tradito. Come se la persona che amava lo avesse tradito.
 
“Andiamocene, possiamo scivolare in un altro mondo del Multiverso finché non avremo trovato il Nostro Billy”
Le parole di Oscar distolsero Evie dai suoi pensieri, terminò la sutura e applicò la medicazione. “Non vado da nessuna parte, è ferito…”
“Non è il nostro Billy…” insistette Oscar.
Evie sollevò lo sguardo, Billy era rimasto in silenzio e li scrutava come in attesa.
Quando Evie si protese verso il suo volto si ritrasse, terrore, dolore, diffidenza.
“Voglio solo aiutarti William, anche se non mi riconosci, anche se non saprai mai chi siamo, ti giuro, voglio solo farti stare meglio…”
Oscar sbuffò e attese e Billy annuì consentendo a Evie di avvicinarsi
Evie si trattenne a stento e chiuse gli occhi, voleva tanto baciare quella guancia, per solco, come aveva fato così tante volte con la cicatrice che aveva generato.
“Perché non lo fai…”
Evie aprì gli occhi e sorrise. Incredula perché adesso lo vedeva, quello era lo sguardo che più adorava e il tocco di quella mente era la cosa più familiare al mondo.
“Perché ti nascondevi…”
“Grazie di avermi aiutato… Anche in questo mondo, grazie topolino…”
Billy si sollevò e si avvicinò a un Oscar esterrefatto. “Eri tu? Ma come…”
“Ho imparato da molto tempo a nascondere i miei pensieri… Quando sono rimasto solo con lei, con la Predatrice e le voci nella mia testa continuavano a ripetermi cose… Mi sono nascosto di nuovo a te, a lei… Come quando ero ragazzo… Per paura del rifiuto, non lo avrei sopportato…”
Mentre parlava si avvicinava a Oscar ma quando cercò di toccarlo l’altro scattò colpendolo con un pugno dritto sul naso ed allontanandosi.
 
 
Billy sollevò la testa e la mandò all’indietro, ora che non sanguinava più la sua faccia, toccava al suo povero naso rotto.
“Fa vedere…”
“Sto bene…” 
Evie gli afferrò il mento e lo obbligò a guardarla. “Sei un disastro, e sono la sola che può mettere le mani qua sopra ricordi? Loro…” e indicò le ferite “Loro erano e saranno sempre mie…”
Billy chiuse gli occhi percependo la barriera che Oscar aveva eretto all’improvviso e comprese cosa dovesse aver provato sentendosi tagliato fuori dalla sua mente.
“Mi odia vero?”
Quelle parole, anche solo il sospetto di quell’emozione gli faceva più male di qualsiasi colpo di pistola, o specchio spezzato o taglio.
“No che non ti odia, lo sento… e se non fossi ancora chiuso a noi lo sentiresti pure tu…”
Billy deglutì.
“E perché tu invece non mi hai colpito?”
Il sibilo insidioso era così forte da rendere impossibile ignorarlo.
 
Alla fine, ti odierà anche lei… Come Frank, come chiunque altro ti abbia visto davvero… Tolte tutte le maschere purtroppo per te, resta solamente il tuo spregevole vero io…
 
Evie gli prese la mano e la strinse tra le proprie. “Ti amo William, in tutte le tue parti meravigliose, ma anche in tutte le tue imperfezioni e paure. Non sarebbe vero amore se mi allontanassi in momenti come questi quando cadi e cerchi di aggrapparti per non affondare nella tenebra... So che il mondo ti ha strappato fin troppo da quando sei nato e non posso pretendere che tu metta da parte la tua diffidenza, ciò che fai per proteggere te stesso… Non mi allontanerò, non arretrerò! Sappi che anche Oscar ti ama così… Solo che deve ancora capirlo… Dagli tempo…”
Evie gli carezzò il volto, ricreando nella propria mente le cicatrici che amava, i segni della sua forza. E come rievocate dalla loro mente apparvero.
“Come…” sussurrò Evie e Billy gli sorrise “Sapevo che la tua mente li avrebbe ricordati…”
Evie annaspò “No… non dovevi… non… potevi ricordare qualsiasi versione del tuo volto…Io…”
Ma Billy le poggiò una mano sulle labbra “Le amo anche io attraverso di te… Ho scelto, è questo il volto che voglio mostrare al mondo… Anche se non sarò mai… la versione migliore di me stesso…”
Evie lo strinse in un forte abbraccio “Io non vorrei condividere la mia vita con nessun’altro al mondo. Ascoltami… Leggi nella mia mente, nella nostra… siamo… insieme… Sappiamo che non sempre la vita ti permette di mostrare la migliore versione di te. Puoi trovarti nei guai, non poter che fare scelte complicate e… Billy, te ripeterò all’infinito, finché non mi crederai. Questa…” Sussurrò Evie delineando ogni parte del volto dell’altro. “Tutto questo è chi amo, non vorrei mai perdermi nulla ogni emozione, ogni cosa…”
Billy chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quelle parole. “Ho paura…”
Era la prima volta che lo ammetteva a voce alta, ma era Evie e la sentiva come parte di sé.
“Perché un giorno so che mi odierete, perché sono orribile e…”
“Vuoi smetterla di dire queste cose?”
Oscar li raggiunse di corsa e lo strinse con forza.
Billy si abbandonò a quella stretta lasciando andare le proprie emozioni.
Le mani di Evie e Oscar si incontrarono sul petto di Billy e il mondo esplose in un bagliore accecante. Le loro menti erano di nuovo connesse, libere da ogni altro vincolo, in una realtà dove erano una sola cosa. Un tutt’uno.
E Billy comprese e al tempo stesso lo fecero anche Oscar e Evie.
Era quello Memoria, le loro menti fuse l’una nell’altra, il loro posto sicuro, ciò che avrebbero protetto a qualsiasi costo.

 

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Capitolo 42
*** Capitolo 41 ***


Capitolo 41






 

Billy si mosse nella penombra, e il suo Daimon lo seguiva di soppiatto. Sorrise sentendo la piccola creatura arrampicarglisi lungo la schiena rannicchiandosi dietro il suo collo.
“Smettila di essere preoccupata” borbottò divertito sentendo la morbida coda attorcigliarglisi attorno al collo. “Tu non prendi questa cosa sul serio…”
Billy si guardò attorno cercando un buon posto per nascondersi.
“Ancora non ho capito cosa stiamo facendo, perché mettere a rischio tutto per una mera curiosità, vuoi spiegarmelo William?”
Billy agitò la mano infastidito individuando un armadio da cu avrebbe potuto ascoltare senza essere visto. Doveva sbrigarsi, il Gran Consiglio si sarebbe radunato presto, Billy osservò la grande tavolata riccamente imbandita.
“Sai Al… So fin troppo bene che fin quanto lo desideri, non potrò mai sedere come loro pari a questa tavola… Eppure non riesco a smettere di desiderarlo…”
“Sono loro che ci rimettono e lo sanno… Invece che lasciar entrare tra il Gran Consiglio degli accademici un figlio di papà come quel Frank… Una zucca vuota…”
Billy arruffò il pelo del suo Daimon e lei lo morse.
“Sei dispettoso, sai che non lo sopporto” gli ringhiò prima di leccargli la mano.
“Se scoprirò cosa mi stanno nascondendo forse troverò il modo di rendermi indispensabile… Magari potrò comprarmi il mio posto a questa tavola…”
“O sedertene alla testa…”
Billy aprì il grande armadio guardaroba e ne scostò le toghe per farsi spazio. Si protese e ne toccò il fondo, bussando il legno sul suo fondo.
“Cosa ti aspettavi? Un varco verso un magico mondo innevato?” gli sussurrò Aleksandra all’orecchio.
Billy aprì la bocca per rispondere, ma le parole gli morirono in gola.
 
Un magico mondo innevato… Un Natale che non arriva mai… Una strega…Conosco questa storia…
 
Aleksandra lo chiamò agitata, lo morse sentendolo rigido e freddo, il battito flebile a malapena percepibile. C’era qualcosa che non andava nel suo umano, la sua mente… c’era qualcosa di nuovo, ricordi che non riconosceva, volti e due cuori che battevano all’unisono con il suo. Anzi che lo avvolgevano protettivi, una corazza invalicabile.
 
Evie…
 
Oscar…
 
Noi siamo Memoria…
 
E Billy trasse un profondo respiro in un altro nuovo mondo.

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Capitolo 43
*** Capitolo 42 ***


Capitolo 42

 



 


Un piccolo naso umido che gli solleticava la pelle, la stoffa di un divano a contatto con la pelle, odore di tabacco da pipa.
Billy aprì gli occhi e una fitta gli mozzò il fiato.
Si portò entrambe le mani al volto sentendo l'intrico di cicatrici sotto i polpastrelli.
Ricorderai il dolore... Ricorderai la perdita... Ogni volta che ti guarderai allo specchio...
La voce di Castle urtò contro il suo volto penetrando nella carne come mille schegge roventi.
Poi un piccolo corpo caldo gli si raggomitolò sul cuore.
Il suo Daimon.
Billy deglutì, quel piccolo corpo che viveva e sospirava in pena per lui, Aleksandra, parte della sua anima che viveva al di fuori dal suo corpo.
Billy cercò di placare il suo respiro, quel mondo faticava a accettarlo, era come se tentasse di rigettarlo indietro, nel suo vecchio corpo adesso in coma in un letto di ospedale, debole e deperito.
Solitamente quando scivolava attraverso il Multiverso non aveva difficoltà a penetrare e fondersi con l'essenza delle sue varianti ma quel corpo sembrava resistergli, precludendogli i propri ricordi. Forse perché parte di quell'anima viveva all'esterno, incarnata in quel dolce ermellino che Billy sapeva chiamarsi Aleksandra.
"Stai bene?" la udì sussurrargli con un filo di voce.
Lui scosse la testa, mentre i suoi pensieri si frammentavano nuovamente.
Sapeva che non avevano avuto altra scelta, lasciare quel mondo era l'unica via di fuga dalla Predatrice ma il rischio di dividersi di nuovo era lo spettro di quanto più temeva e si era realizzato e si era risvegliato da solo, incapace di ricordare, impossibilitato a ritrovare la strada che lo avrebbe ricondotto alle altre parti che componevano il suo sé, a Oscar e Billy.
Non avvertiva i loro pensieri, non avvertiva niente solo un assordate dolore al petto, la dove la mancanza del loro battito scavava un solco profondo.
"Non comprendo ancora appieno quello che senti ma... Ti aiuterò a ritrovare quelle persone Will..." gli disse la soffice voce del suo Daimon, filtrando attraverso le sue dita.
"Sei sveglio finalmente, piccolo William"
Billy sobbalzò sollevandosi, era in un salotto di dimensioni ridotte, qualcuno doveva avercelo portato dopo che aveva perso i sensi.
Un uomo con folti capelli screziati di grigio, un'ampia barba ondulata e dallo scuro sguardo austero lo osservava. Non doveva essere molto alto e i lineamenti indicavano che fosse di origine sudamericana. Billy deglutì lentamente, riconosceva una versione di quella persona... Molte versioni di quello stesso individuo. Nel suo mondo di origine lo aveva addirittura aiutato a scappare dall'ospedale assieme a Evie. In un altro invece lo aveva incarcerato e consegnato alla Predatrice affinché lo lobotomizzasse. E in ogni mondo il suo nome era Poe, Poe Dameron.
"Malgrado i miei tentativi di ucciderti ti vedo in salute, piccolo William, e sei finalmente giunto qua, nella mia realtà. Tu, il nostro distruttore... Lo strumento della fine dei giorni"
Billy sentiva l'ansia di Aleksandra fondersi con la propria.
"Ho usato la mia connessione con i me sparsi per il Multiverso per indurre i tuoi alleatati a tradirti, perché sapevo che eri il più grande pericolo mai affrontato dalla nostra e da tutte le realtà...Ma dato che questo piano è miseramente fallito ti offro una tregua"
"Vuoi allearti con me contro la Predatrice?" sibilò Billy sorprendendosi a ricercare con la mano conforto da parte del suo Daimon.
Un corvo planò dalla finestra, era un corvo pallido e molto grosso.
"Sono arrivati" disse il corvo rivolgendosi a Poe con una gracchiante voce femminile e Billy dedusse che quello dovesse essere il Daimon dell'altro. Aveva mille domande che gli frullavano per la testa ma non era il momento opportuno per porle.
Anche se quella più pressante era una soltanto.
Se sei Poe, se sei come me e puoi proiettarti attraverso i mondi tu li conosci anche in questo piano di esistenza? Sai  dove sono Evie e Oscar? Dimmi come ricongiungermi a loro o ti strappo le viscere dal corpo e ti ripagherò di quanto hai cercato di farmi nelle altre realtà...
"Parleremo più tardi piccolo William, adesso devi tornare al nascondiglio che avevi scelto, ascolta ed osserva attentamente gli uomini che entreranno, in particolare il tuo fraterno amico, Frank Castle, le sue reazioni a quello che il tuo Billy di questo mondo sperava di scoprire nascosto in quel vecchio armadio guardaroba. Se mi dirai qualcosa di utile potrei anche decidere di aiutarti a ricongiungerti alle parti mancanti del tuo cuore... Oscar e Evie!"





 

 

 

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Capitolo 44
*** Capitolo 43 ***


Capitolo 43




 
 
Aleksandra gli si accoccolò in grembo. Billy detestava quel silenzio carico di attesa, giocherellava con l pelo del suo Daimon chiedendosi la natura di quel legame. Quella creatura era una parte di lui, una parte femminile, istintiva e decisamente più razionale.
Era un altro essere vivente eppure era parte del suo spirito. Lei di certo poteva colmare le sue lacune, i ricordi che quel corpo così ostinatamente cercava di bloccare.
“Al… Che cosa mi è successo? Cosa...” le parole si smarrirono e la sua voce si incrinò.
Chiuse gli occhi e cercò di ricacciare le brucianti lacrime di rabbia.
Si strofinò gli occhi e sfiorando i segni cercò di ricordare il mondo delicato e bramoso di Evie di delinearle. Pensò a quanto sarebbe stata felice di vederle ancora, doveva ritrovarla anche solo per quello.
Sono tue Evie, lo saranno sempre…
L’ermellino fremette “Non ricordi più?”
Billy deglutì e fece un breve cenno di diniego con la testa, era sempre al punto di partenza, con la stessa opprimente domanda che riecheggiava come quella volta in quel parcheggio, in un’altra vita.
Che mi è successo?
Quella domanda esplodeva nella sua mente.
Billy si accorse che il Daimon era incerto su cosa dire, come se soppesasse attentamente ogni parola ma poi dal loro nascondiglio nel guardaroba udirono il rumore di passi e ben presto nella stanza entrarono i vari accademici assieme a Poe Dameron, Billy dal suo spioncino lo vide scrutare nella sua direzione, una sfida. Se voleva il suo aiuto per ritrovare Oscar e Evie in quel mondo estraneo doveva dargli qualcosa senza però sapere esattamente cosa.
Si irrigidì quando intravide tra quei volti anonimi la nuca rasata di Frank e Aleksandra gli strofinò il muso contro la mano.
“Capitano Dameron, siamo lieti di rivederla al nostro piccolo seggio…”
Era stato proprio Frank a prendere parole e Billy si sorprese a serrare il pugno.
Aleksandra gli dette un piccolo morso, come a ricordargli la posta in gioco.
Al di là del patto stretto, se lo avessero scovato avrebbe dovuto pagare cara la sua audacia.
“Vi ringrazio, Master… Castle…”
La pausa di Poe strappò a Billy un sorriso soddisfatto, che anche il Capitano Dameron trovasse ridicolo che Frank si trovasse in mezzo a quel gruppo di accademici? Non per la sua età ma per la sua peculiare caratteristica di essere una persona più fisica che dedita al coltivare la propria mente. Era palese che fosse in quel luogo per via dei legami con il sommo Priore. Billy sbattè le palpebre e cercò di mettere di nuovo a fuoco il mondo che lo circondava, le conoscenze di quel corpo sembravano lo avessero soffocato.
“Non ti appisolare…” gli sussurrò Aleksandra piantandogli i suoi piccoli dentini nella mano.
“Come sapete, sono tornato dal mio viaggio verso Nord da poco.”
Poe si avvicinò alla finestra, tirò le tende e accese un proiettore.
Billy si perse in una proiezione tridimensionale di un paesaggio innevato, illuminato da una bizzarra e opalescente luce verde che si innalzava dal suolo avvolgendo una figura umana.
“Quella è…”
“Polvere e come vedete sembra attratta da quell’uomo, come vedete l’alone sembra concentrarsi attorno a lui”
“è un Viaggiatore?”
Poe annuì e mostrò una seconda immagine proiettata come tridimensionalmente al centro della stanza. Il sangue di Billy si gelò, il sorriso, le fossette che lo incorniciavano e quegli splendenti occhi dorati.
“Si tratta di un soggetto intero?”
Poe annuì “Sembra sia diventato improvvisamente reattivo alla Polvere e questo è andato a confermare la mia teoria, la vera cosa che stavo testando a. Nord. Il legame tra l’Aurora Boreale, la Polvere e i viaggiatori del Multiverso… La polvere è la scia che questi Viaggiatori si lasciano alle spalle… e che grazie a essi possiamo provare a tracciare le vie e mappare il Multiverso…”
“Fate finta che noi no siamo venuti con voi in questo viaggio, come potete provare la presenza del Multiverso?”
Poe fece una pausa e mostrò loro un’ultima foto che lasciò tutti gli astanti senza parole.
Tra le pieghe di smeraldo si intravedevano grattacieli, alberi e, con sommo sgomento di Billy, una giostra con cavallucci che girava lentamente.
“Quello è un altro mondo?” farfugliò Frank incredulo.
Poe annuì e il nostro Viaggiatore è giunto a noi proprio da quel luogo, ma è stato anche in molti altri luoghi, la sua mente ha vissuto esperienze al di là di ogni nostra immaginazione.
“Possiamo parlare con questo viaggatore?”
“Purtroppo, poco dopo aver scattato questa foto è stato catturato… E per questo sono qua… Vi devo chiedere di aiutarmi ad organizzar e una spedizione di recupero, perché sapete bene cosa accadrà a lui e a tutti i Viaggiatori che il Magisterium ha catturato…”
Un brusio si diffuse tra gli accademici.
“Ha davvero osato accusare il Potere Eterno?” sussurrò Aleksandra incredula. Ma Billy non la stava ascoltando, lasciava scivolare lo sguardo tra Poe e la foto di Oscar.
Poi Frank si mosse impercettibilmente e il suo Daimon a forma di cane si riscosse e Billy intravide il nome sul collare
Maria
Una fitta al volto gli strappò n gemito, si morse una mano mentre la sua mente oscillava tra le realtà.
Aleksandra si arrampicò sulle sue spalle e lo chiamò cercando di destarlo ma la fitta esplose e Billy ebbe l’impressione di esplodere in una miriade di frammenti.
E l’oscurità l’avvolse trascinandolo giù. 

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Capitolo 45
*** Capitolo 44 ***


Capitolo 44







 

Noi siamo simili Frankie Boy… Abbiamo provato ad avere una vita diversa… Ma sapevamo che fosse solo un’illusione… Questo siamo…
 
Un volto sfocato, due occhi tristi e colmi di angoscia, due pozzi scuri così simili ai propri.
 
“Benjamin… va via…”
 
Due labbra premute contro le sue respiravano assieme a lui.
Ma erano estranee, fredde… fredde come quelle dita che si insinuavano gelide… Due occhi di ghiaccio… “My pretty boy… Mio piccolo dolce Billy…”
Un gemito insidioso…
La lama della predatrice gli scorreva sulla pelle e infine la sua risata lo riportò alla realtà.
 
 
Poe lo scosse con forza.
“Alzati… Non abbiamo tempo…”
Billy si sollevò mentre la nausea lo pervadeva.
Aleksandra gli si arrotolò attorno al collo preoccupata. “Sei diventato pallido e rigido… Credevo avessi uno dei tuoi attacchi… era tanto che non ti capitava” gli sussurrò il suo Daimon.
Poe lo afferrò per un braccio obbligandolo ad alzarsi.
“Vieni bambinone, hai visto la foto di Oscar, quindi sai dove una parte della tua anima si trova… Ma non sai che se non ti sbrigherai a raggiungerlo… molto probabilmente non lo rivedrai mai più”
Il Daimon a forma di corvo arruffò le penne “Su Nick, non essere scortese… il nostro Bill è ancora scosso… Non è dopotutto un viaggiatore dimensionale così esperto…”
Billy lo fulminò con lo sguardo “Taglia corto, chi ha preso Oscar, cosa vuole da lui e come diamine me lo riprendo?”
Billy sentiva forte la mancanza di Evie, non era mai stato tanto senza di lei, alla fine si erano sempre ritrovati e in quell’assurdo viaggi era lei quella razionale, che comprendeva quella folle realtà. Ma Poe non sembrava propenso a dirgli dove si trovasse, a stento gli stava accennando di Oscar, di certo perché era nel suo interesse farlo.
“Era preoccupato?”
“Chi” ringhiò Billy infastidito da come l’altro avesse ignorato le sue domande.
Nick gracchiò e Poe le fece cenno di tacere “Sta buona Nick, forse il nostro caro Billy il bello non ricorda il nostro patto. Le informazioni sulle sue metà perdute a patto di osservazioni utili sulla conversazione origliata. Quindi ti rinnovo la mia domanda, era preoccupato?”
Billy serrò il pugno e Aleksandra ringhiò dalle sue spalle, desiderosa di aggredire l’altro Daimon, ma non aveva scelta.
“Era… tranquillo…” borbottò cercando di riportare alla mente il volto di Frank. “Non sembrava affatto sorpreso ne dalle immagini ne dalla notizia del rapimento, il suo Daimon invece osservava le reazioni degli altri, nessuno si aspettava la notizia del rapimento e il Maestro era visibilmente sconvolto…”
Poe sorrise “Sapevo che era lui la talpa, ma qualcuno deve averlo aiutato… Questo posto non è più sicuro, torneremo immediatamente al Nord, devo trovare nuovi alleati prima di lasciare questo piano di esistenza. Immagino che la nostra breve collaborazione termini qua, piccolo Bill…”
Billy balzò in piedi e afferrò l’altro per un braccio “Non vai da nessuna parte senza di me! Non mi hai detto un accidenti su Oscar ne su Evie!”
Poe si mosse rapido ma Billy non comprese il gesto finché una fitta al petto non lo costrinse in ginocchio.
Poe aveva afferrato Aleksandra e la stringeva con forza, incurante dell’agitazione del Daimon. “Tu non sai perché hai la sensazione di morire, è come se ti strappassi il cuore dal petto, come se in questo momento la predatrice ti trafiggesse con il suo pugnale non è vero?”
Billy cercò di muoversi, ma le forze venivano meno. Era debole e dilaniato, non aveva mai provato niente prima di tanto doloroso, nonostante lo avessero pugnalato e gli avessero sparato più volte.
Si protese verso il suo Daimon mentre la vista gli si appannava.
“Per il futuro, non permettere a nessuno di toccare il tuo Daimon, è una parte della tua anima, per questo ti sta ferendo così tanto che io lo tocchi… Ma dovevi provare per comprendere. Non posso portarti con me perché non cercherò Oscar, quello è compito tuo. Io ho un compito molto più importante e non serve che tu sia a conoscenza di ogni dettaglio! Tu non verrai con me questo è quanto!”
Billy si accasciò ansimando e finalmente la presa sul suo cuore si allentò e Aleksandra fu libera. Il Daimon si affrettò a raggiungerlo.
“Oh Bill… come ha potuto è un tabù, è vietato toccare i Daimon delle altre persone… Come ha potuto quell’orrido… maldetto
Billy si accorse di tremare senza alcun controllo, aveva sentito le mani di Poe stringergli l’anima. Era debole, nauseato… La cosa peggiore era che quella sensazione gliene riportava alla mente molte altre, gli ricordava Arthur, come se qualcosa di disgustoso si insinuasse con forza di nuovo in lui.
Era arrabbiato, con Poe ma soprattutto con se stesso, con quel senso di impotenza e debolezza. “Non ho niente…” ansimò frustrato “Non mi è rimasto niente…”
“Bill… no!” esclamò Aleksandra “Sappiamo che Oscar è al Nord e è stato rapito! Sappiamo che in qualche modo dovremmo raggiungerlo!”


 

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Capitolo 46
*** Capitolo 45 ***


Capitolo 45





I suoi piedi si muovevano con eccessiva familiarità, era come se riconoscessero ogni minimo dislivello, doveva aver passato in quel luogo fin troppo tempo.
“Perché Frank mi ha detto di venire qua?” Il Daimon dell’altro gli aveva latrato la cosa come un ordine e lui come un’idiota aveva obbedito senza esitare. Che diavolo gli era preso? Il suo corpo si era mosso come in automatico.
A quella domanda Aleksandra sbuffò “Come vorrei che riavessi i tuoi ricordi, è dannatamente faticoso avere a che fare con questo smemorato nuovo te…”
Billy le passò una mano nel pelo come a scusarsi.
Si guardò attorno, per quanto si trovasse i una cripta, piena di teschi e vecchie ossa non si sentiva affatto a disagio.
Quel mondo gli ricordava quanto letto in molti libri di fantasia, tecnologico ma non troppo, diviso in stati non troppo dissimili da quelli della sua originaria realtà.
Anche se non capiva bene cosa ci facesse uno come lui, un figlio di nessuno in un prestigioso college in Gran Bretagna. Lui, che si sentiva Statunitense fin nel midollo come tuttofare a Oxford, sembrava una barzelletta, di quelle pessime a cui nessuno rideva mai.
Nei precedenti viaggi non si era mai sentito tanto respinto dalla propria variante.
In quel mondo era come se qualcosa gli impedisse di ricordare nei dettagli.
 
Una mano si serrò sul suo braccio e prima che potesse comprendere si ritrovò con la lingua di Frank che i agitava nella sua bocca.
Era rapido, vorace e aggressivo.
La sua mente si sbloccò solo quando la mano dell’altro si insinuò nei suoi pantaloni a quel punto scattò allontanandolo violentemente.
Frank rise per nulla sorpreso “Ieri non sei venuto… Sei in debito…”
Maria si mosse rapida e prese Aleksandra tra le fauci, ringhiando minacciosa.
Billy gemette e scivolò in ginocchio.
“Bravo Billy… così devi stare… In ginocchio… Quello è il tuo posto, sottomesso… a me e a nessun altro… ricordalo…”
Billy fremette furioso ma il dolore gli impediva di reagire, poteva avvertire i denti del Daimon di Frank serrarsi minacciosi sulla gola di Aleksandra.
Frank gli afferrò la testa gli delineo le labbra con il pollice e Billy intravide la soddisfazione nel suo sguardo.
Era così diverso dal Frank che ricordava nel suo mondo.
“Eri… il mio migliore amico…” sussurrò furente.
“Tu invece sarai sempre il mio…”
Ma non terminò la frase perché un Daimon a forma di civetta planò tra di loro obbligando Frank ad allontanarsi. L’animale poi planò su Maria obbligandola a lasciare la presa su Aleksandra che corse tra le braccia di Billy infilandoglisi sotto la felpa.
“Smettila di giocare Frank, Lei è qua e vuole vederlo adesso!” tuonò il Daimon a forma di gufo. Frank fremette furioso ma arretrò ubbidiente.
“Seguimi” ordinò il Daimon civetta.
 
Billy coccolava Aleksandra, non si era mai sentito tanto estraneo a se stesso.
Non era mai stato tanto remissivo, non sottomesso a Frank e aveva l’orrenda sensazione di avergli concesso fin troppe libertà.
Avanzava a passo svelto tra i corridoi del Jordan College chiedendosi chi fosse la Lei proprietaria di quel Daimon.
Poi la creatura planò in una stanza, un salotto luminoso e Billy la seguì.
Tutti i suoi pensieri sbiadirono davanti a ciò che la realtà gli mostrava.
In un salottino color panna e oro, seduta impettita sorseggiando una tazza di tè, ad accogliere la civetta con un sorriso gelido vi era Evie.
Billy sentì il mondo vorticare, perché non percepiva i suoi pensieri? Perché trovava solo il vuoto tra loro, una distanza immensa tra i loro spiriti.
“Evie…” sussurrò appoggiandosi allo stipite della porta.
La ragazza all’udire quel nome si irrigidì, il suo sguardo lo osservò tagliente e furioso, ma poi si addolcì e Billy vide la maschera calare sul volto di lei.
La ragazza si voltò verso il suo Daimon “Allora Benji, il nostro cagnolino ha fatto storie quando gli hai tolto il giocattolo di bocca?”
La civetta arruffò le piume divertito “No Daisy, ma solo perché spera di porselo gustare più tardi… Devo dire che è stato alquanto divertente, ma avrei preferito lasciarlo fare almeno un po’… Diventa straordinariamente più efficace se appagato…”
Billy era certo che il suo cuore stesse rallentando, era così simile alla sua Evie, due gocce d’acqua… Eppure diverse al tempo stesso.
Daisy finalmente tornò a osservare Billy e quando gli sorrise lui fu certo di non vedere niente della persona che amava in lei.
“Io so chi sei, so da dove viene la tua mente raminga e sono qua per proposti un affare che ti conviene accettare. Entrambi vogliamo la stessa cosa, riavere Evie, mia sorella e attraverso te, attraverso il tuo legame con la sua mente io posso darti il mezzo per raggiungerla di nuovo!”

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Capitolo 47
*** Capitolo 46 ***


Capitolo 46






“Non mi piace per niente!” ringhiò Aleksandra una volta che Billy ebbe chiuso la porta della sua camera alle loro spalle.
Billy si lasciò scivolare a terra e il suo Daimon si arrampicò su di lui apprestandosi a leccar via le lacrime dal suo volto.
“… Non avevo capito quanto la sua vicinanza mi desse sicurezza… Quanto abbia iniziato a confidare di averla sempre vicino… Non fino ad ora…” sussurrò mentre l’angoscia gli risaliva su per la gola.
Scoprire che in quel mondo Evie fosse morta da tempo dalla sua gemella lo aveva sconvolto.
“Perché sono qua… Perché di tutti i mondi sono arrivato qua… lontano da loro… Perché?”
Ansimò prendendosi la testa tra le mani.
“Bill… Lei ha detto che potrete ritrovarla, quindi nulla è perduto e sappiamo dove trovare Oscar… Bill… non chiuderti ti prego…”
Lui se ne rimase stretto tra le braccia, sentendosi sempre più un bambino smarrito.
E poi i ricordi emersero…
 
Sarai sempre nel mio cuore Will…
 
“Lei era qua… ecco perché sono venuto qua… Ero già stato nel vostro mondo… Io e lei eravamo assieme…”
Aveva ricordato un momento passato assieme, da ragazzi e Evie gli aveva giurato che sarebbero rimasti assieme, che lui sarebbe sempre stato importante per lei…
“Al… Tu sai com’è morta?”
Il Daimon scosse la testa “Semplicemente è scomparsa, adesso ricordo che soffrimmo molto, forse per questo lo avevamo rimosso…”
“E per questo sua sorella ci odia?”
“Credo odiasse il legame che si era creato tra di voi… come se potesse in qualche modo…”
“Danneggiare il loro…” completò Billy.
 
Will…
 
Billy si raddrizzò e Aleksandra lo scrutò perplessa.
 
Will…
 
La voce di Evie riecheggiò di nuovo seguito da un flebile tic toc.
Billy si guardò attorno, era certo, lo stava chiamando, qualcosa o qualcuno lo stava chiamando.
Si alzò e scansionò la stanza e quando il suo sguardo si posò su una cassapanca di legno chiaro il rintocco si intensificò e la voce di Evie lo invocò di nuovo.
Billy si apprestò a sollevarne il coperchio, frugò tra i suoi abiti e poi lo sfiorò con le dita, un duro oggetto sferico.
Lo afferrò e lo estrasse dall’interno della cassapanca rigirandoselo tra le dita.
Un pacchetto avvolto in un panno riccamente ricamato di velluto nero. Sembrava una stoffa strana, che non aveva mai toccato prima o non ne aveva memoria.
“Che cos’è Bill… non ricordo di avertelo mai visto…”
Billy scostò i lembi di stocca ritrovandosi ad osservare l’orologio d’oro più strano che avesse mai visto. Aveva lancette che si muovevano in modo caotico e lungo il quadrante vi erano incise delle piccolissime immagini. Lateralmente presentava tre piccole rotelline e muovendole si poteva indicare diverse immagini. Billy ne soppesò il peso, era come un grosso orologio da polpo o un piccolo orologio da tavolo, non riusciva a comprenderne la natura. Billy mosse la lancetta sul disegno di un topolino, poi su una piccola mappa e infine sul cuore, il suo, spezzato e sofferente.
Le lancette rimasero immobili per un po’ e poi iniziarono a vorticare.
Billy rimase ad osservare come ipnotizzato, mentre la sua mente scivolava come attratto da quel movimento. Chiuse gli occhi e vide Evie mentre si trasformava in un gatto rosso molto grosso. Poi vide le catene, la vide rannicchiarsi mugolando e poi vide le sue mani affondare nel folto pelo.
Evie…
 
“Ahi!” esclamò quando Aleksandra lo morse.
Il suo Daimon lo fulminò con lo sguardo “Che diavolo ti prende, sembravi in trans, che cosa hai fatto con quell’affare?”
“Io non lo so… Ho solo… Seguito l’istinto…”
“Tu hai un pessimo istinto, hai presente quando hai deciso di fare amicizia con quel… con Frank?”
Billy si potò la mano morsa alla bocca con un mezzo sorriso e un biglietto cadde a terra.
Aleksandra si affrettò a scivolare giù da Billy e aprì il biglietto con il muso per leggerne il contenuto. “Mio caro Bill, quello che vedi è un Aletiometro, sono certo che scoprirai che ti sarà molto utile, abbine cura e sarà indirizzarti verso la giusta via – tuo, in ogni universo A…” Aleksandra sollevò lo sguardo perplesso sul suo umano.
Billy prese il biglietto, poi osservò la stoffa con maggiore attenzione, sulla stoffa color ossidiana poteva rimirare dei ricami delineare il simbolo dell’eclisse.


 

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Capitolo 48
*** Capitolo 47 ***


Capitolo 47








Billy si caricò in spalla Aleksandra e si soffermò ad osservare il grosso dirigibile ormeggiato vicino agli edifici dell’università.
“Non ho mai visto niente di simile nel mio universo, ho volato in aereo, ho viaggiato con molti mezzi pesanti quando ero sotto le armi ma… Non sono mai salito su uno di questi…”
Il suo Daimon rabbrividì “Non dirlo con tono di voce così alto, potrebbe sentirti qualcuno…”
“Aleksandra ha ragione”
La voce di Frank lo fece sobbalzare “…Ovvio che non sei il mio Bill… Sei fin troppo stupido per essere lui…”
Billy osservò Maria passargli vicino senza sfiorarlo e guardarlo con piglio di sfida finché il suo padrone non li raggiunse afferrandogli il mento con forza per baciarlo.
Billy lo morse allontanandosi. “Intendi che non sono più il tuo giocattolino?”
“Lo sarai sempre Bill, ora andiamo, non facciamo attendere la nostra padrona…”
Billy avanzò fremendo di rabbia, quando Daisy lo aveva mandato a chiamare tramite il suo Daimon civetta non aveva immaginato che avrebbe convocato anche Frank.
Si chiese perché Poe lo avesse lasciato indietro e se quegli incontri facessero parte del piano. Forse voleva usarlo per manipolare Frank e magari anche Daisy dato il loro interesse per il suo corpo.
Billy ripensò all’Aletiometro nella sua piccola borsa da viaggio e alla risposta che aveva cercato di avere.
Lasciati usare e raggiungerai il tuo scopo.
Era quella la sola via per ricongiungersi a Oscar e Evie e sentirsi di nuovo completo? Lasciare che lo usassero come una bambola?
Quando aveva cercato di spiegare a Aleksandra come gli arrivassero le risposte lei aveva scosso la testa scettica, come potevano delle piccole immagini indicate da delle lancette fargli comprendere così tante parole? Eppure, lui sentiva che quelle sensazioni erano veritiere, anche se non ne comprendeva la natura. Doveva solo lasciarsi usare… ancora una volta…
 
Daisy li aspettava e quando furono a bordo il grande velivolo si sollevò da terra.
Billy non si soprese che Frank lo conducesse in una camera da letto, voleva ristabilire le gerarchie, mostrargli che non avrebbe lasciato la presa.
 
Lasciati usare…
 
Deglutì e si sedette vicino a Daisy che lo scrutava divertito.
“Sono lieta che hai accettato di unirti alla nostra piccola spedizione…”
“Dove stiamo andando?”
“Lo scoprirai a suo tempo, nel mentre… sigilliamo questa piccola collaborazione che ci restituirà la nostra Evie… baciami!”
“Devo solo seguirvi in silenzio?”
Daisy annuì e gli indicò il letto “Tu ci darai tutto quello che ti chiederemo e. in cambio ti daremo modo di dare un senso alla tua misera esistenza…”
 
Lasciati usare.
 
Billy fu certo che Poe sapesse, che sorridesse all’idea di immaginarlo inginocchiato, prostrato.
“allora? Dammi un bacio…”
Billy si mosse quasi meccanico, era strano non provare niente, quasi fastidio di fronte a un volto così simile a quello di una persona tanto amata.
Ma non era Evie, era ovvio.
“Ora… Frank vorrebbe riscuotere la sua libra di carne…”
Billy chiuse gli occhi e udì il sussurrò di Aleksandra supplicarlo di non farlo.
 
Lasciati usare
 
Lasciò scivoalre le dita sulla cinghia dei pantaloni e si voltò verso il letto su cuoi Marie e Frank lo attendevano.
Sarebbe bastato per illuderli di avere il controllo su di lui? Sperava di sì, doveva solamente assecondar ogni singola richiesta, non importava quanto disgusto protesse causargli, era la sola via che gli era rimasta.

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Capitolo 49
*** Capitolo 48 ***


Capitolo 48







Billy si arrese alla mancanza di sonno, trovava intollerabile quel silenzio nella sua mente.
La mancanza dei pensieri di Evie e Oscar era intollerabile, dolorosa.
I polsi segnati dalle corte, i lati della bocca segnati dal morso, Aleksandra sussultò nel sonno e Billy si protese verso il suo Daimon “Mi dispiace che tu abbia dovuto sopportare tutto questo… dovevo pagare solo io per la mia scelta… scusa…” se sussurrò prima di scivolare già dal letto.
Il dirigibile si ergeva oltre ne nuvole, e Billy si ritrovò a chiedersi dove stessero andando, se davvero tutte quelle umiliazioni servissero a qualcosa.
 
Lasciati usare…
 
Per ore aveva concesso loro ogni parte di se, fino a desiderare di sparire per sempre, fino quasi a sperare che la Predatrice lo strappasse alla vita per liberarlo.
Billy scacciò scuotendo con forza la testa ogni pensiero, afferrò l’ Aletiometro ricercando in quel bizzarro strumento una risposta.
 
Chi è A?
 
Le lancette si fissarono su un’eclisse in modo insistente
 
Sei di questo mondo?
 
Le lancette rimbalzarono ancora sull’eclisse, poi sulle stelle e infine sul disegno di una fitta nebbia…
 
Un mare senza stelle, un non mare… Il Re della notte…
 
Le lancette rimbalzarono su una corona e nuovamente sul simbolo dell’eclisse.
 
Ombre, eclissi, mare…
 
Non mare?
Oscurità…
Un mare di oscurità….
Oscuro…
 
Darkling…
 
Il volto emerse tra le ombre dei suoi pensieri come evocate per magia, un volto simile al suo ma Billy nei suoi occhi intravedeva molti secoli, moltissimo tempo vissuto in solitudine.
La mantella che indossava era della stessa stoffa che aveva avvolto l’Aletiometro.
 
“Ti amerò sempre in tutti gli universi William…”
Sussurrò prima di svanire riassorbito dalle ombre veloce come era apparso.
 
Una lacrima gli cadde sulla mano e Billy si destò.
Aleksandra lo osservava preoccupata “Ti prego non permettergli più di farti quelle cose…”
Billy scacciò via le lacrime, ma il senso di malinconia non voleva lasciarlo.
“Non riesco nemmeno a ricordare il suo nome… Non so chi sia e come mi abbia portato questo eppure… Sento…” sussurrò portandosi l’Aletiometro al petto “… Sento la sua mancanza…”
Aleksandra si arrampicò sulla spalla del suo umano e gli leccò il volto cercando di rincuorarlo.
“Solo questo mi è rimasto… La mancanza… Odio questo mondo… Mi dispiace Al, non voglio ferirti ma questo sento… solo… Mancanza…”
“Promettimi che non ti lascerai più manipolare…” insistette il Daimon ma Billy scosse la testa. “Devo fidarmi di questo oggetto se voglio sperare di ritrovarli… Io ne ha bisogno… Mi sento… Ancor più danneggiato senza di loro...” Le ultime parole gli risalirono in gola come una serie di singhiozzi.
Aleksandra osservò l’Aletiometro “Come può questo… orologio? Bussola?”
“Aletiometro” precisò Billy.
Il Daimon sbuffò “Come sai cosa vuole dirti? Come sai a sapere dove trovare i significati dietro quei disegni… Ti prego non parlarmi del tuo istinto…” concluse Aleksandra sbuffando.
Billy le grattò la testa e lei le leccò i segni che aveva sui polsi.
“Lo vedo, lo sento… La mia mente scivola nello stesso modo con cui riesco a migrare da un mondo all’altro e… La sento, allo stesso modo io ho visto Lui… E avvertire il suo amore… Di cui non ricordo l’origine, non so il suo nome… vedo solo le sue ombre ma… In qualche modo mi ha portato questo oggetto e so che mi aiuterà a tornare la dove il mio cuore si è sempre sentito completo… Assieme a loro…”
Aleksandra lo osservò perplessa, per nulla convita da quelle spiegazioni.
“Sai che probabilmente la Predatrice a quel punto di ucciderà? Perché a quel punto forse sarai completo… pronto…”
Billy si concentrò sul battito del suo cuore e riportò alla mente la sensazione che gli aveva lasciato le mani di Evie e Oscar intrecciate sul suo petto, il sorriso di entrambi.
“Affronteremo la cosa assieme” sussurrò mentre quella mancanza lo colpiva di nuovo.




 

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Capitolo 50
*** Capitolo 49 ***


Capitolo 49


 


 
 
Bill
 
Spalancò gli occhi sentendo il cuore battergli all’impazzata in petto.
Un sorriso si delineò sul suo volto, ce l’aveva fatta.
Chiuse gli occhi e inseguì quella voce nella sua testa e finalmente Oscar emerse tra le ombre. Se ne stava rannicchiato stringendosi con forza.
Billy accelerò finché non lo ebbe afferrato e stretto a se.
“Bill sei tu?” ansimò Oscar stretto da quella presa.
Billy annuì e una testa pelosa gli si strusciò contro la mano.
“Bill tu puoi toccare il Daimon di un’altra persona… come?” sussurrò esterrefatta Aleksandra.
“Questo non è reale Al… Stai sperimentando per la prima volta un contatto telepatico… E le nostre menti hanno fatto ben altro…” ridacchiò grattando il Daimon a forma di lontra.
Billy osservò la tenera Lontra che si stava strusciando felice contro il suo braccio.
“Piaci a Nomi, ma non avevo dubbi…” commentò Oscar prima di baciarlo.
Iniziò esitante sentendo la reticenza di Billy, ma quando lo sentì cedere approfondì con forza.
Il volto di Frank emerse tra le ombre Billy si allontanò di scatto ma Oscar lo vide mentre la variante di quello che nel suo mondo pressava su di loro.
Billy cercò si mosse scacciando l’ombra di quel ricordo ma non prima che Oscar condividesse con la sua mente il ricordo di quelle mani strette alla sua gola.
“Che diavolo…” ansimò portandosi le dita alla gola, ogni ricordo di quanto passato da Billy affiorava lasciando ad Oscar un forte senso di disgusto. “Bill perché ti sei lasciato usare in quel modo?”
Billy si aggrappò alla sua Aleksandra che gli leccò le ferite al volto cercando di rincuorarlo.
“Era il solo modo per raggiungerti… So che sei in pericolo…”
Oscar avrebbe voluto negare ma Billy poteva leggere nei suoi pensieri e memorie, quindi non avrebbe potuto negare di temere per la sua incolumità.
“Ci sono altri viaggiatori e… uno a uno ci stanno uccidendo… credo che stiano cercando di usarci per aprire dei carchi e attraversare il Multiverso… Bill… Non devi venire, tu… Hai viaggiato più di tutti noi… Come la predatrice anche queste persone cercheranno di farti a pezzi… Non…”
Nomi, il Daimon a forma di lontra scivolò vicino a Aleksandra strusciandosi contro di lei.
Billy si sentì sospinto verso Oscar “mi sei mancato… Mi siete mancati… io… ho bisogno di venire da te… di ritrovare Evie… di essere di nuovo un tutt’uno…”
“Sarà furiosa quando scoprirà che ti sei lasciato usare da quei due… Credo che potrebbe scatenare l’armageddon e consumare questo mondo…”
Billy sorrise “credo sia un buon motivo per trovarla presto...”
Oscar prese la mano di Billy tra le proprie “Non riesco a sentirla… Sono preoccupato…”
“Lei qua non c’è… dobbiamo scivolare via…”
Billy avvertì l’ansia aumentare nell’altro “Bill… non ci riesco… sono… bloccato in questo corpo… Anche questo semplice contatto mi sta sfibrando… Bi… la prigione in cui mi hanno rinchiuso ingabbia anche la mia mente… Non posso scivolare via… Sono… confinato qua…”
Billy gli prese la testa e lo baciò “Vengo a prenderti, non provare a dissuadermi… Assieme saremo più forti e ritroveremo Evie, di nuovo!”
 
Billy si svegliò ritrovandosi di nuovo nel suo corpo, non poteva più assecondare i ritmi di viaggio dei suoi carcerieri, avevano di certo priorità diverse.
La corda che Frank aveva usato era ancora avvolta attorno al suo collo e l’uomo era profondamente addormentato. Billy sgattaiolò via dal letto e si rivestì furtivo.
Prese il coltello abbandonato al base del letto, lo stesso che Frank aveva usato poco prima su di lui.
Aleksandra gli si attorcigliò attorno al collo “Bill… non hai tempo… dobbiamo andarcene adesso…”
Le mani di Billy fremettero ma convenne che avesse poco tempo. Uscì dalla stanza furtivo.
“Bill… eri deciso a restare qua a qualsiasi costo, cosa ti ha fatto cambiare idea?” chiese Aleksandra “Hai così tanta paura di perderlo?”
Billy avanzò in silenzio finché non raggiunse l’hangar del dirigibile.
“Da quando sai pilotare un aereo?” chiese il suo Daimon perplessa.
Billy sorrise e saltò sull’elegante biplano e apprestandosi a rimuovere i primi blocchi.
“Ti prego, non dirmi che la tua risposta è che lo sai pilotare ma non atterrare…”
“Il nostro vero viaggio verso Nord inizia adesso…” sussurrò Billy rimuovendo l’ultimo blocco che ancorava il piccolo aereo.

 

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Capitolo 51
*** Capitolo 50 ***


Capitolo 50







Si infilò dentro la capanna e cercò con lo sguardo qualcosa per tamponare le ferite.
“Sei un pessimo pilota!” esclamò Aleksandra prima di prendere in bocca un telo per strattonarlo verso Billy.
“Siamo atterrati o no? E siamo vicinissimi alla base che abbiamo intravisto dall’alto…”
“Ti sei schiantato” ringhiò il Daimon e spingendo il telo con forza verso il suo umano.
Billy si tamponò il fianco “Credi di riuscire a restare cosciente mentre io cerco di raggiungere Evie ovunque lei sia?”
Il Daimon lo scrutò perplessa. “Non ci sei riuscito fino ad adesso… cos’è cambiato?”
“Adesso so che posso farcela, devo! Ho bisogno di lei… di sentire la sua energia… Non posso affrontare il seguito di questo viaggio altrimenti…”
Il Daimon non sembrò convinta ma gli si arrampicò sulle spalle attorcigliandoglisi attorno al collo. “Non ho ben capito come funziona…”
Billy si guardò attorno, la baracca doveva essere un capanno usato da cacciatori, adocchio una specie di branda e si sdraiò su di essa. La cosa gli strappò una risata, era come se la voce apprensiva di Evie lo avesse raggiunto intimandogli di stendersi per non rischiare di cadere ferendosi.
“Lei si preoccupa sempre per me… E io… Non sono brava ad ascoltare…”
Aleksandra sbuffò “Come capisco questa Evie… Ma… Stiamo parlando della gemella di quella stronza sadica di Daisy?”
Billy si massaggiò i polsi dove poteva sentire i segni delle corde. Ripensava alla sua espressione soddisfatta mentre lo guardava con Frank. “La mia Evie è un’orfana come me… non ha parenti… Forse per questo siamo entrati subito in sintonia…”
E mi odierà per quando scoprirà quello che ho concesso a Evie e Frank… già lo so…
Chiuse gli occhi e carezzò Aleksandra. “Tornerò presto…”
“Bravo! Perché non credo che i tuoi aguzzini tarderanno a rintracciarti…”
Billy scacciò quei pensieri e cercò di isolarsi da quel mondo.
Si concentrò sul ricordo di Evie, il suo sorriso quando gli aveva passato il pugnale, il sapore delle sue labbra la prima colta che l’aveva baciata, la sensazione di forza che aveva percepito avvolto dalle fiamme quando era corsa in suo soccorso.
 
Evie dove sei…
 
Scivolava attraverso le realtà rincorrendo un ricordo.
Ma poi ripensò al sogno dove Evie era stata sua madre e la malinconia lo pervase.
Forse perché era ferito e solo, o perché finalmente lontano da quelle persone si concedeva la disperazione che il disgusto per quanto successo ma avrebbe voluto provare nuovamente quel senso di protezione. Voleva rintanarsi tra quelle braccia e scacciare dalla sua mente lo spettro di Arthur.
 
E poi qualcosa di caldo, umido e ruvido scivolò sul suo corpo.
Una lingua molto grossa lo stava leccando e Billy si svegliò ansimando ritrovandosi nudo umido, imbarazzato ed eccitato.
Un grosso naso umido si premette contro di lui e la grossa lingua lo percorse nuovamente strappandogli un gemito.
Una scossa di piacere lo attraversò e Billy dovette sforzarsi per non scivolare via, scacciato da quella realtà.
C’era un grosso gatto nero che lo guardava la grossa coda pelosa lo avvolgeva.
Billy si ritrovò immenso nel pelo scuro di un gatto grosso come un’auto.
Era fradicio, quella strana creatura lo aveva leccato interamente e non comprendeva come potesse sentirsi eccitato, imbarazzato e al tempo stesso felice, perché lo sapeva, quella creatura gigantesca era Evie.
Poggiò la mano sul pelo “Evie tu sei…”
Il muso del gigantesco gatto si premette contro di lui e Billy comprese che le loro menti erano finalmente in contatto, lentamente si abbandonò a quell’abbraccio.
Le lacrime scivolarono lungo il collo.
“Evie…” voleva dirle così tante cose, del mondo dove era finito, di Oscar, di Daisy ma riuscì solo a ripetere quel nome come un mantra.
Sentiva qualcosa di umido scorrergli sulla testa, delle gocce gli scivolarono sulle labbra, lacrime?
“Pensavo di averti perso” singhiozzò Evie.
Ma finalmente si stava calmando, poteva sentire il suo cuore battere all’impazzata assieme al proprio.
Billy si ritrovò seduto a terra stretto dalle braccia della ragazza.
Lentamente si liberò da quella stretta e la osservò, il volto rigato di lacrime, un sorriso familiare. “Evie…Come…”
“Non riuscivo a tornare umana a calmarmi…” stava di nuovo piangendo ma di gioia.
“Beh adesso vedo che ci sei riuscita…”
“Mi calmo sempre con te…”
Billy la strinse a se e chiuse gli occhi, ogni ansia, pensiero spazzato via. “Anche io…”
Ricordava la prima volta che aveva ritrovato la calma grazie a lei, era quello che stava ricercando.

 

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Capitolo 52
*** Capitolo 51 ***


Capitolo 51






“Quindi ho una sorella pazza… Che ti odia a morte perché ti accusa di essere la causa della mia morte…”
Billy annuì con un sorriso divertito di fronte all’espressione interdetta della sua Evie.
“Dovremo seriamente pensare di stampare le magliette sai?” e a quel punto Billy scoppiò a ridere.
“Odio Billy più di qualsiasi cosa al mondo? Oppure… Club del VOGLIO VEDERE BILLY MORTO” borbottò lui con un mezzo sorriso sghembo. Ma poi si rabbuiò.
“Devo tornare indietro, ma non ti sto abbandonando… Ma…”
“Oscar è in pericolo, lo capisco! Vorrei poterti seguire, assieme siamo più forti, i tuoi poteri sono miei e mi sento mutilata quando la tua mente è lontana ma…”
Evie gli prese la mano e lui ricambiò la stretta.
“…non sarò mai davvero lontano, saremo assieme, uniti in ogni momento del Multiverso. Torneremo presto, prima che tu possa rendertene conto…”
Evie si appoggiò alle sue ampie spalle “Guardaci, finiamo l’uno le frasi dell’altro come dei gemellini inquietanti di un film horror…”
Billy stava per rispondere quando una morsa al cuore gli strappò ogni parola, era come se degli artigli si si fossero conficcati nel cuore e conosceva bene quell’orribile sensazione.
“Aleksandra…” sussurrò prima di scivolare indietro.
 
Precipitava attraverso le realtà e per una frazione di secondo intravide altri mondi.
Si vide addormentato in una macchina a fianco di uno uomo che non aveva mai incontrato… Si vide seduto su un letto di fronte a un giovane se. Vide un ragazzo in piscina che lo stringeva in un accappatoio con sguardo protettivo e infine vide il suo corpo di origine, magro, steso in un letto attaccato a moltissime machine. Frank lo osservava e nel suo sguardo Billy vide solo confusione. Lo osservò poggiare una lama sul suo petto.
“Voglio sapere perché… Perché mi hanno chiesto di strapparti il cuore?”
Billy chiuse gli occhi, la stretta si rafforzò, Aleksandra lo stava invocando ma altre realtà gli si ponevano davanti.
Ricercò Evie e per un attimo la vide, la percepì e si aggrappò a quelle sensazioni.
 
 
Evie era rannicchiata con mani frementi, cercava invano di scacciare la sua rabbia. Billy ricordava una discussione, una ragazza e alcune parole che affioravano in quella mente. MOSTRO SFREGIATO.
Billy aveva sentito il potere di Evie fluire forte e quando quella ragazza aveva gridato con le lacrime agli occhi per la mano ustionata, solo allora Evie aveva compreso e si era ritirata.
Quando Evie percepì un tocco delicato sulla sua testa riconobbe subito il profumo che l’accompagnava.
“Bill… va via…”
“Le hai dato un bel colpo…”
La voce di lui era delicata.
“Pensi di colpire tutti quelli che hanno… da ridire sulla mia faccia?”
Evie balzò in piedi “Penso di fare a pezzi il prossimo che oserà anche solo pensare qualcosa…”
Lei si ritrovò sorpresa nel vedere un sorriso divertito nel volto dell’altro.
Allungò la mano “posso?” chiese a un soffio dal volto di lui.
“Fa pure, te le ho regalate lo sai…”
Evie sorrise delineando con le dita i segni sul volto di lui. “Questi sono…”
“Mostrano quello che sono davvero!” concluse lui
Evie si incupì e gli sedette di nuovo accanto “Questi dimostrano che creatura forte, resiliente, temprato nel fuoco, nella tempesta e unico come la gemma più preziosa e… Nessuno al mondo…”
Bill distolse lo sguardo ma Evie gli afferrò il volto poggiando la fronte su quella dell’altro.
“Puoi provare a credere alle mie parole?”
“Non dubito della tua sincerità ma… Io sono quello che sono… Mio padre mi ha…Sparato su questa terra e mia madre mi ha abbandonato in una stazione, forse non sopportava nemmeno l’idea di udire anche un solo gemito di quell’immondizia che era felice di gettar via… Eppure…”
“Eppure tutto quello che è stato di ha reso…”
“Un figlio di puttana?”
“Un capo, indomabile e capace di rimettere assieme i pezzi…”
Billy nascose la testa nell’incavo del collo di lei, Evie lo strinse e sentendolo tremare per un attimo temette di aver detto qualcosa di sbagliato, ma questo lo portò a stringerlo solo con più forza. “Vorrei crederci, vorrei davvero… Ma non mi sento affatto così e tu sembri essere la sola a… Vedermi davvero in ogni momento…”
Rimasero in silenzio, uniti, avvolti come uno spazio sacro che apparteneva solamente a loro.
Billy comprese perché era scivolato in quel mondo, aveva bisogno di rafforzare il suo spirito, ma la stretta lo trascinò di nuovo via.
 
L’ombra della Predatrice incombeva e altri mondi gli si pararono davanti
Frank…
Davvero in ogni realtà la loro amicizia finiva in quel mondo?
Anzi… Era mai davvero esistita?
Era di nuovo legato, in balia della Predatrice.
 
Bill strattonò con tutte le forze che gli restavano quelle catene, il metallo incideva la carne, il sangue impregnava la stoffa, il dolore aumentava ma lui non si fermò.
Non si era mai sentito così esposto, come una farfalla inchiodata in una teca e quella vecchia pazza lo punzecchiava, giocando con ogni sensazione.
Quando la benda che gli copriva gli occhi fu rimossa la luce lo colpì come uno schiaffo.
Le scheletriche dita della predatrice scivolarono sulla sua pelle facendolo rabbrividire.
“Il cacciatore si è fatto preda. Tutto questo potrebbe esserti familiare… Ma volevate solo provocare dolore io invece da te voglio ogni cosa. Ogni emozione, ogni sensazione provabile… Non solo dolore e paura… Ma anche piacere, disgusto… La rabbia vedo che ne abbiamo in abbondanza… Ora dovrai darmi l’amore per quei due ragazzi, così potrò strappartelo via assieme alle altre sensazioni. Un cuore ricolmo di emozioni è decisamente la cosa più potente che esita e tu…”
Mentre parlava, le mani della predatrice si muovevano abili, i suoi strumenti si insinuavano, premevano contro ogni punto sensibile di quel corpo da cui Bill cercava di estraniarsi.
“Se avesse saputo quale prezzo avrebbe avuto la sua vendetta forse ti avrebbe ucciso invece di venderti a me…” proseguì con voce gorgogliante la predatrice.
Billy gemette cercando di scivolare via, di abbandonare quel luogo almeno non la mente ma la Predatrice lo riafferrò.
Billy rivide Frank mentre lo spingeva oltre la soglia, il suo sguardo spento, davvero ignorava a cosa lo aveva condannato quando lo aveva consegnato alla Predatrice?
Per un attimo Bill aveva sperato che avesse accettato una tregua, che avrebbe accettato di salvare Evie. Le lacrime emersero rivedendo la grande creatura in cui la sua Evie si era trasformata per proteggerlo, il respiro appena percepibile. La disperazione nello sguardo di Oscar. Davvero aveva pensato che Frank potesse rinunciare alla sua vendetta anche solo per un istante?
 
Frank mi consegnerà a lei… Pur di vedermi morto sacrificherebbe qualsiasi cosa…
Sarà questa la fine del nostro percorso?
 
Ma non era ancora il momento, e Billy emerse da quell’oscuro Oceano, Aleksandra lo stava invocando, Frank, quella versione del suo ex migliore amico gli premeva lo scarpone contro il torace. Billy non riusciva a respirare mentre lui stringeva con forza la sua Aleksandra tra le dita. Lo violava di nuovo sorridendo. “È scaduto il tempo piccolo mio… Abbiamo scoperto come ritrovare Evie e… per tua sfortuna… Tu… non sei più necessario…”
Maria, il Daimon di Frank gli scivolò tra le gambe.
“Forse qualcosa mi mancherà davvero di te…”
Billy si sentì venir meno.
 
Ogni volta, quando non era più utile lo buttavano via…
O lo divoravano….
In quel momento più di ogni altra cosa voleva sentire di nuovo sua la sicurezza che le parole di Evie gli aveva trasmesso.
Esattamente come Oscar Evie aveva visto ogni suo lato, anche quelli più oscuri… E continuava a restargli accanto e a lottare per lui con lui…
Doveva tornare a Memoria a qualunque costo. 

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Capitolo 53
*** Capitolo 52 ***


Capitolo 52





L’acqua gelida lo colpì come uno schiaffo facendolo trasalire. Ogni parte del suo corpo gemette, i muscoli si contrassero. Annaspò incapace di muoversi.
Aveva viaggiato così a lungo che il suo corpo rispecchiava la spossatezza del suo spirito.
Mentre la realtà riacquisiva consistenza, era appoggiato a una gabbia di metallo.
Afferrò le sbarre e cercò di alzarsi andando a sbattere la nuca contro il coperchio della gabbia.
“William… Stai bene?”
Billy si massaggiò la nuca cercando di mettere a fuoco il mondo che lo circondava.
Vedeva tante macchie scure attorno a sé, quella che lo stava chiamando doveva essere Aleksandra. Di certo lo avevano drogato, aveva la bocca impastata, la vista annebbiata e un insopportabile senso di nausea.
Le mani di Frank avevano stretto la povera Aleksandra quasi a morte, ma non poteva esser stato solo quello a metterlo KO per ore. Anche se probabilmente il suo prolungato viaggio nel Multiverso lo stava indebolendo oltremodo. A differenza di Oscar e Evie lui aveva ancora un corpo ancora vivente, lo aveva intravisto nel Multiverso, debole e bloccato in un letto. Una spranga di metallo urtò contro le spranghe della sua prigione.
Una sagoma indistinta divenne a fuoco e Frank si chinò su di lui.
“Mi dispiace che la nostra storia finisca così ma… Daisy mi ha promesso che una volta effettuata la procedura potrò avere le tue spoglie e… potrò farci tutto quello che vorrò… Insomma… Sarai un po’ noioso, un guscio vuoto senza quella rabbia che rende i nostri momenti intimi così speciali ma… Mi farò bastare renderti la mia bambola preferita…”
Billy si limitò a sollevare un sopracciglio.
Era prigioniero dentro se stesso.
“Che cosa vuoi… volete…” sussurrò a fatica.
Frank insinuò la mano tra le sbarre per afferrargli il collo e strattonarlo verso di se.
“Ci serve energia, un’immensa quantità di energia per raggiungere l’Evie che ci hai gentilmente mostrato nei tuoi viaggi nel Multiverso…”
Billy sgranò gli occhi ma quando cercò di parlare Frank gli premette un pollice sulla bocca.
“Sì, abbiamo scrutato dentro di te e abbiamo trovato quello che cercavamo… Quindi il tuo sacrificio ci traghetterà verso la nostra meta…”
Lo strattonò verso la gabbia per baciarlo “Grazie…”
Billy racimolò tutte le sue forze per allontanarsi e crollò a terra di nuovo.
“Al… Cos’è questa… Cosa?” annaspò quando Frank lo ebbe lasciato solo.
Il Daimon si premette contro la grata che li separava. “Questa macchina recide il legame tra un umano e il suo Daimon… lo chiamano Taglio… Bill…”
Poteva percepire la sua angoscia e lo dilaniava.
“Ti… Strapperanno via da me?” sussurrò Billy realizzando con orrore da cosa dipendesse il divertimento di Frank.
Sarebbe sopravvissuto e Aleksandra sarebbe scomparsa, avrebbero tagliato via una parte della sua anima, in pratica lo avrebbero annullato. Ecco cosa lo divertiva tanto, sarebbe diventato un oggetto e nulla più, isolato per sempre da Memoria, da Evie e Oscar.
Avrebbero continuato a cercarlo?
“Perché?”
Aleksandra sospirò “Pare che questo rilasci energia sufficiente da aprire un varco nel Multiverso…”
E raggiungere Evie… Per colpa mia…
Billy cercò di avvicinarsi a Aleksandra si protese attraverso la grata ma non riuscì nemmeno a sfiorarla.
“Al… Non voglio che ci separino…”  ansimò cercando di allungarsi incurante del dolore.
Non era molto che vedeva quella parte di sé al di fuori del proprio corpo ma era certo di non volerci rinunciare. Ne perdere di nuovo Evie e Oscar ora che era così vicino al riunirsi a loro. A un passo da Oscar eppure così lontano. Ingabbiato in quella prigione di metallo e droga. Una luce si accese in alto e iniziò a discendere verso di loro, era quello l’inizio della fine?
“Al ti prego… Non andartene anche tu…”
Si sentiva un bambino spaventato, con una ghigliottina che pendeva sulla sua anima.

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Capitolo 54
*** Capitolo 53 ***


Capitolo 53



 




La gabbia si aprì con un clangore metallico e Billy venne strattonato fuori dalla gabbia.
Cercò di ribellarsi ma qualcosa lo colpì con forza alla fronte.
“Aspetta…” annaspò poi qualcosa lo pugnalò al petto e una scarica di adrenalina lo attraversò facendolo saltare in piedi.
Una siringa spuntava e Billy la estrasse sentendo il suo cuore pulsargli nelle orecchie.
Poe nel frattempo si apprestava a aprire la gabbia di Aleksandra che una volta libera corse tra le braccia del suo umano.
Billy la strinse tremando sentendo l’energia scorrergli in ogni cellula.
Oscar gli si avvicinò scrutandolo chirurgico.
“Se ti sei ripreso direi che è il momento di andare… Loro non immaginavano che ti conoscessi o che avessi seppellito l’ascia da guerra, ma verranno presto a controllare perché lo squarcio che speravano di attraversare non si è aperto e noi per allora dovremmo essere altrove…”
“Non vado da nessuna parte se non mi dici che ci fai qua… Tu… Eri d’accordo che mi…”
Poe lo afferrò e lo strattonò in piedi.
“Quando ti ho dato l’impressione che mi importasse della tua incolumità?”
Billy stava per colpirlo con forza quando il suo nome fu gridato con forza riecheggiando nella sua mente.
 
Oscar?
 
 
Nomi gli dette un colpetto alla mano e Oscar le carezzò la testa.
“Ti ha sentito, arriverà…”
“Sempre che non si faccia ammazzare prima o… che non si lasci usare come un pupazzo… o che non…”
“Oscar!”
Lui sbuffò e allontanò il suo Daimon rigirando la sua piccola gabbia.
Era stato difficile allontanarsi da loro, ma sapere Billy così vicino tanto da poterlo sfiorare con il pensiero era ancora più doloroso e frustrante.
“Mi mancano, mi manca… Noi… Eravamo un’unica cosa e adesso tutto questo silenzio mi annienta… Oltretutto la Predatrice incombe costantemente sul suo cuore e io non posso proteggerlo da qua dentro!” concluse colpendo la parete con un pugno.
“Davvero sei così convinto che lui abbia bisogno di protezione?”
Oscar guardò il suo Daimon incredulo “Ti prego, davvero non riesci a vederlo?”
Il Daimon non rispose perché la porta si aprì e Billy irruppe nella piccola stanza correndo da
Oscar per stringerlo. “Bello sentirti di nuovo davvero qua…” gli sussurrò prima di baciarlo.
 
 
“Dove stiamo andando?”
Billy scosse la testa e si voltò mentre la base si allontanava alle loro spalle.
Voleva allontanarsi da Daisy e Frank, quindi non aveva chiesto a Poe dove li avrebbe portati e quale fosse la destinazione.
Avrebbe chiesto a Oscar di seguirlo verso Evie ma aveva bisogno di allontanarsi ancora un po’. Ma passo dopo passo l’effetto dell’iniezione di Poe diminuiva sempre di più e non era più certo di poterlo fare.
“Bill… Rallenta… Fermati… Il tuo cuore sembra fremere impazzito…” gli sussurrò Aleksandra avvolgendoglisi attorno al collo.
“Sai ho visto molte aurore boreali quando sono qua… E… Il Multiverso in quei momenti diventa sottile e posso intravedere altri possibili mondi…”
Billy si voltò verso Oscar nel frattempo erano arrivati in uno spiazzo.
Poe si era fermato e aveva appoggiato a terra la sua borsa.
“Tu conosci quei mondi, la nostra mente si muove in essi…”
“Potremmo andare via adesso…” sussurrò Oscar “E Tornare da Evie…”
E in quel momento Billy realizzò di essere bloccato. Se avesse lasciato quel corpo ancora una volta sarebbe morto e la sua mente si sarebbe dissolta. Il suo corpo fisico ancora lo imprigionava, non poteva tornarci ma la lontananza da esso lo uccideva.
“Dobbiamo lasciare questo mondo, adesso…”
La voce di Poe attirò di nuovo la sua attenzione e raggelò, Aveva in mano un arnese portatile di quella piccola lucente ghigliottina da cui lo aveva estratto.
Rapido il Daimon di Poe ghermì la piccola Nomi e Billy comprese, per quello lo aveva guidato da Oscar per sacrificarlo per aprirsi un varco attraverso i mondi.
Rapido prese la sua mano e iniziò a correre.
“Sai che è tutto inutile, vero Billy?” gli urlò dietro Poe.
Più si allontanavano da Nomi più Oscar urlava dal dolore finché non si arrestò ma Billy lo strattonò via “Troveremo un altro modo… Arriveremo da Evie ma non così!” gemette Billy cercando di far avanzare Oscar.
“Perché non ha lasciato che usassero me? Perché? In fondo mi odia… La predatrice…”
E Billy comprese che se avesse usato quella macchina su di lui l’energia liberata avrebbe potuto distruggere quella realtà. L’energia del Multiverso che la Predatrice voleva divorare.
“Bill…” gemette Oscar prima di cadere.
Billy lo afferrò e lo strinse e in quel momento un lampo squarciò il cielo.
“Dovevo provarci… Dovevo morire e provare ancora una volta a viaggiare… Dovevo provar per te…”
Il corpo di Oscar era stretto tra le sue braccia la una mente era silente e Billy seppe di averlo perduto. Il suo spirito era stato tagliato. Via, reciso dal Multiverso con un semplice taglio.
L’oscurità si illuminò tingendosi dei clori dell’Aurora Boreale e Billy la vide, una strada, un dorato sentiero fatto di polvere che gli indicava la via verso un altro Mondo.
Così adagiò il corpo di Oscar a terra e Aleksandra gli leccò via le lacrime dal volto. “Andiamo Bill… attraversiamo assieme la soglia… Dobbiamo trovar e Evie e… Non voglio perdere la speranza, ritroveremo anche l’anima di Oscar…”

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Capitolo 55
*** Capitolo 54 ***


Capitolo 54






Aleksandra gli si raggomitolò attorno al collo piantando i suoi piccoli artigli nel collo.
Lui gemette preso di sorpresa e lei li ritrasse.
Avevano attraversato quel varco e adesso camminavano in un nuovo mondo ma era qualcosa che Billy non aveva mai visto. Era molto simile al suo luogo di origine ma una versione passata attraverso un filtro post apocalittico.
Case sventrate e su tutto calava un silenzio surreale.
Billy aveva vissuto la guerra e mai lo aveva spaventato come lo terrorizzava quel luogo.
“Quindi è questo che si prova?”
“A fare cosa?” sussurrò Billy in risposta al suo Daimon con voce sommessa. Era come se temesse che quelle strade dissestate potessero improvvisamente esplodere lasciando emergere l’orrore che percepiva al di sotto di quella calma fittizia.
“A viaggiare tra i mondi… Tu lo hai già fatto, come Oscar… Per questo la polvere vi si attaccava addosso…”
 
Per questo Poe lo ha sacrificato per aprire il varco… Ma perché non ha usato me?
 
Il pensiero di Oscar morto tra le sue braccia riaccendeva un dolore ancora troppo fresco.
“Non ho mai viaggiato così io… Mi muovo con la mente… e…” Billy si fermò sentendosi venire meno e per un breve istante rivide il suo vecchio corpo, bloccato in quel letto.
Mentre uno sciame di voci lo circondavano.
Poi Aleksandra lo chiamò ridestandolo.
“Io non mi sono mai spostato con un corpo fisico tra i mondi, questa è la prima volta per entrambi…”
Billy avvertì la lingua del suo Daimon carezzargli la guancia, comprese che entrambi percepivano la medesima minaccia, il gelo della morte che cercava di afferrarli.
“Questo posto è sbagliato…” sussurrò Billy osservando quella strada “Sono stato in guerra nel mio mondo e… Non ho mai avvertito niente di simile… è come se mi avessero piantato una lama nelle viscere…”
Un flash lo colpì come un pugno, la mano di Frank e quel frammento di vetro che affondava nel suo addome, il dolore trafittivo, il sangue che defluiva via. Era una sensazione analoga.
“Ehi Bill… c’è qualcuno…”
Il muso del suo Daimon indicò un punto in lontananza in mezzo alla strada.
Una sagoma avanzava rapida e più si avvicinava più Billy sentiva il sangue gelarglisi nelle vene. Aveva movimenti sgraziati, scoordinati. Era come se oscillasse attraverso la realtà, faticava a metterlo a fuoco, pareva costituito di ombre.
Sembrava uno spettro di luce che attraversava la realtà e più si avvicinava più ogni molecola del suo corpo gli urlava di fuggire ma non riusciva a muoversi, si sentiva inchiodato a terra, come se il corpo in coma nel suo mondo lo avesse immobilizzato.
“Bill… non mi piace… Ti prego non lasciare che ci tocchi… ti prego… ho un gran brutto presentimento…”
Billy deglutì mentre la creatura si avvicinava rapida, voleva assecondare il suo Daimon ma le sue gambe non rispondevano, era bloccato, paralizzato.
L’essere gli fu improvvisamente addosso si protese verso, Billy avvertì un’ultima volta il richiamo di Aleksandra poi la mano dello Spettro gli affondò nel petto e fu come se il vetro di Frank affondasse nuovamente in lui. Arretrò e cadde all’indietro con un tonfo.
Ansimando si guardò e lo vide, una scheggia insanguinata sporgeva al suo addome e Frank incombeva su di lui.
“No… sussurri… Non è andata così… è sbagliato…”
“Non temere, lasciati andare… Sai che è la cosa giusta…” ringhiò Frank afferrandolo per il collo stringendo con forza.
Un solo pensiero gli riecheggiò
 
Tutto questo non è reale…
 
Billy annaspò cercando di ribellarsi, avvertiva la stretta dello spettro. Era bloccato in un incubo mentre quella creatura gli stava risucchiando via la vita.
 

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Capitolo 56
*** Capitolo 55 ***


Capitolo 55







“Ricorderai… Il dolore, la perdita…”
Frank lo ripeté cantilenante e Billy lo colpì per allontanarlo da sé.
Frank cadde e si dissolse come le altre cento volte e poi riapparve alle sue spalle, pronto a combattere di nuovo, in un ciclo infinito.
 
No... Non infinito…
 
Si disse Billy tra sé e sé, sarebbe durato il tempo necessario allo spettro di ucciderlo.
Lo avvertiva… La sua stretta, i ricordi che riaffioravano vorticosi in quel limbo di immagini confuse.
 
La voce della predatrice gli sibilò nell’orecchio.
 
Delizioso…
 
Gridò ricordando la sensazione che gli lasciavano addosso quegli incubi.
Così diversi da tutti gli altri.
Il dolore, quel senso di insopportabile sottomissione.
 
Era questo ormai? Un cucciolo ammansito?
 
Ringhiò e si aggrappò a quella furia.
Non si sarebbe arreso, non si sarebbe fatto imprigionare da nessuno, a qualsiasi costo.
E il mondo attorno a lui si incrinò colpito dal potere della sua mente.
L’illusione si infranse e lo spettro arretrò impaurito rimpicciolendosi, sfarfallando come una luce spezzata.
Billy gridò, vomitando fuori tutta quella rabbia accumulata in tutto quel tempo.
La sua mente ricordava quanto potere aveva acquisito durante i suoi viaggi.
In un grido inumano lo spettro si dissolse, il sangue iniziò a scorrergli da naso.
 
Che stupido… Ero troppo debole per scivolare tra i mondi… Ma anche per attingere ai poteri della mente…
 
Sorrise però soddisfatto.
“Non mi prendere… dovrete prima uccidermi…”
Si disse sogghignando.
Cercò di immaginare la faccia arrabbiata di Evie, quella colma di disapprovazione di Oscar.
Gli avrebbero dato dell’idiota e poi lo avrebbero stretto cercando di dargli la propria forza.
 
“Come ci sei riuscito? Come sei sopravvissuto?”
Billy si voltò verso la fonde della voce. Due ragazzi lo stavano osservando increduli.
“come puoi esserti liberato dalla presa di uno spettro, tu sei… un adulto… Eppure sei ancora vivo… Come?”
Billy rise e allargò le braccia, era ancora in gioco, era ancora lì.

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Capitolo 57
*** Capitolo 56 ***


Capitolo 56







Il ragazzino più alto li seguiva a distanza, scrutandolo accigliato.
Billy sbuffò con un mezzo sorriso sconcertato, se non fosse stato tanto debole non si sarebbe certo fatto mettere i piedi in testa da un branco di mocciosi che puzzavano ancora di latte.
Ma dopo aver scacciato uno spettro succhia vita e con un corpo morente in un'altra dimensione si era ritrovato debole e indifeso come un poppante e lo detestava.
Si guardò attorno. Erano entrati in un palazzo malmesso.
La mocciosa con i capelli color paglia dette una strattonata alla corda con cui lo avevano legato e lo guardò con un mezzo sorriso divertito. Lui rispose prendendo un appunto mentale di scordare la sua regola aurea di non far male ai ragazzini, dopotutto restava sempre quella di non farlo agli animali, poteva essere più che sufficiente per la sua coscienza.
La marmocchia doveva avere una quindicina d’anni eppure lo squadrava con uno sguardo decisamente inadatto per uno scricciolo di quell’età.
Lui se la rise tentato di dirle che non sarebbe mai stato interessato a una mocciosa che poteva tranquillamente essere sua figlia.
 
“Dobbiamo proprio darlo in pasto alle creature? È così carino… con quegli occhioni da cucciolo… Posso tenerlo come animaletto da compagnia?”
Billy digrignò la mandibola e maledì quella spossatezza. Se solo avesse riacquistato i suoi poteri… Se solo quella dannata marmocchia non…
Una morsa allo stomaco, un crescente senso di nausea e gemette.
Se solo non avesse stretto tra le mani la sua Aleksandra.
La seconda mocciosa, con fin troppe lentiggini e una cesta di capelli rossi lo scrutò. “È vecchio… Buono solo come carne da macello, lo doneremo agli spettri… visto quello che è riuscito a fare prima ci dovrebbe dare anche un bello spettacolo… Ma visto quel colorito palliduccio dubito che durerà a lungo… E noi avremo un altro mese di tregua… Dopo aver banchettato con lui gli spettri ci lasceranno in pace per un po’…”
Le sue parole erano sprezzanti ma il suo sguardo lo scandagliava con ancora più cura della sua compagna.
“Dobbiamo proprio lasciarlo vestito?” sbuffò la marmocchia dai capelli color paglia.
La rossa scosse la testa e Billy dilatò le narici, a questo era ridotto? A essere il giocattolo che si strattonavano finché non lo avessero rotto?
La predatrice, Daisy… E adesso due marmocchie di cui era felice di non essere padre.
 
Alla fine lo spintonarono sulla terrazza, ma era riuscito a tenersi i vestiti.
Se doveva morire lo avrebbe fatto con la sua dignità ancora indosso.
Gli spettri erano già là… Billy poteva avvertire i loro sguardi bramosi.
Se gli avessero strappato l’anima nutrendosi della sua vita cosa sarebbe successo? Sarebbe svanito?
Cercò il potere dentro di sé ma riuscì solo a ritrovarsi ancora più debole e impotente.
Mentre la nausea lo divorava… Aleksandra era ancora stretta nelle mani di quella maledetta ragazzina.
Cercò quello strano oggetto dorato che portava ancora legato alla cintura, il regalo di uno sconosciuto… un oggetto misterioso… Non seppe nemmeno perché lo aprì perché scrutò l’aletiometro cercando di vedere oltre quei simboli scarabocchiati sul quadrante.
Le lancette rimbalzarono più volte sul simbolo del gufo, ancora e ancora strappando a Billy un sorriso.
 
Evie…Oscar…
 
Avrebbe voluto rivederli, sentirsi di nuovo completo…. E invece…
 
Lo spettro incombeva su di lui, lui chiuse gli occhi sperando di sprofondare in un ricordo bello, di morire con almeno un sorriso.
Rivide il suo corpo steso in quel letto, avvertì la stretta della Predatrice e almeno quello gli dette soddisfazione, non lo avrebbe avuto… anche se morire per negare un pasto a quella creatura era una magra consolazione.
Poi fu l’oblio.
 
 
 
Ehi sei sveglio?
 
La voce di Evie lo raggiunse e Billy aprì occhi. Lei era seduta accanto a lui e gli sorrideva cercando di nascondere l’apprensione stampata nei suoi occhi.
“Non mi freghi piccola… Stai morendo di ansia, smettila di fare la dur…”
Evie lo abbracciò con forza e Billy si abbandonò, era con lei, ancora una volta.
“Mi stritoli…” ansimò lui divertito. La sentiva, calda. Il suo profumo gli riempiva la narice. L’odore di viaggio nel Multiverso, di stanchezza e lotta, di fuoco e rabbia, l’odore di Evie.
Non aveva più timore, imbarazzo era tutto così semplice quando quella connessione si intrecciava.
“Billy non voglio lasciarti mai più! Desidero restare sempre con te e condividere ogni cosa. Non solo la gioia ma la rabbia, il dolore… Anche quando ci feriamo l’un l’altro tienimi con te. Anche quando sei arrabbiato con tutto e tutti voglio poter restare accanto a te, sanguinare con te e gioire in ogni sfumatura del tuo essere…”
Lui annuì accorgendosi di tremare.
“hai rimesso in riga quelle pesti?”
Evie rimase nascondendo il volto nell’incavo del suo collo “Qualcuno doveva dar loro una bella sculacciata…”
Billy la strinse, il tremore non voleva andarsene, il suo corpo stava morendo e lo tirava a fondo, ma Evie era con lui e non lo avrebbe più lasciato.
Si aggrappò a quella presa, a lei, a quel senso di completezza che iniziava ad avvertire malgrado il vuoto lasciato da Oscar.
“Evie… Il mio corpo nel mio mondo mi sta richiamando… Io… Sto sprofondando sempre di più… E la predatrice mi attende… è là… in attesa… Quando cadrò di nuovo lei mi ucciderà…”

 

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Capitolo 58
*** Capitolo 57 ***


Capitolo 57



 
 
Quando Evie lo aiutò ad alzarsi lui la afferrò, lasciando correre la mano lungo il collo e la baciò con foga approfondendolo più che poteva. Senza prendere fiato, cercando di assaporare quel momento, sentendosi nuovamente completo… Almeno in parte.
“Vi prego… Se dovete farlo andate in un’altra stanza maniaci…” urlò la ragazzina
Evie rimase immobile e lasciò che fosse Billy ad allontanarsi, quasi con dolore, prima di scoccare uno sguardo rovente ai loro prigionieri.
Evie gli carezzò la nuca. “Perché non hai usato i tuoi poteri Will… Quella cosa stava per divorarti…”
Billy si strinse a Evie e trasse un profondo respiro perdendosi nel suo odore. Era lei, e malgrado tutto, i pezzi della sua essenza stavano andando a posto.
Era arrivata a tempo, aveva messo in fuga gli spettri, messo KO i ragazzi e trovato un riparo per la notte. O meglio per riposare in un mondo che non vedeva mai discendere l’oscurità.
Così gli aveva detto Evie.
Aveva vagato per un po’ in cerca di lui.
Evie lo aiutò a alzarsi e lo fece sistemare nella cucina improvvisata del rifugio di quella baby gang.
Lui osservò il piatto che lei gli passò.
“Oh ti prego, volevano sacrificarti per saziare gli spettri e far sì che non si nutrano del loro caro amichetto… Sai perché? Sta diventando grande… E se mangiavano te… Lui sarebbe stato salvo per un po’… Quindi non farmi la predica se gli prendiamo un po’ di cibo… Presto ce ne andremo…”
Billy osservò il piatto, deglutì lentamente “Io non posso spostarmi nel Multiverso… sono arrivato qua solo perché una Variante di Poe… Lui…”
Il corpo di Oscar, pallido, esangue affiorò nei suoi pensieri.
“Poe ha usato un macchinario per separare Oscar dalla parte di sé che lì chiamano Daimon…”
A quelle parole Aleksandra gli premette il muso sotto la mano come a rassicurarlo.
“Lo ha tagliato via liberando una gran quantità di energia… Ha aperto un varco e attraversandolo sono arrivato… Ma… Sono sempre più debole… Per cercarti ho viaggiato tanto, troppo e… mi sono indebolito… Il mio corpo originale sta morendo… Mi trascinerà a fondo… E comunque sono bloccato in questo mondo schifoso pieno di ragazzini e Sprettri assassini non ho scampo…”
Billy sussultò quando Evie gli mise uno stranissimo coltello sotto al naso.
La lama sembrava assorbire la luce e fatta di un metallo molto scuro, quasi nero.
Billy la osservò ammirato e la prese dalle mani di lei, soppesandone la bilanciatura. Perfetto…
E non solo…
Quella lama gli sussurrava… Lo invitava a impugnarlo, ma lui rese la lama a Evie e cercò nella sua borsa, prese il fagotto e ne estrasse l’aletriometro porgendola a Evie.
“Che cos’è?”
Lui sorrise “Buffo vero? Tu hai una lama e io… Ho una strana bussola d’oro…  è un aletiometro e quando muovo le lancette … riesco a percepire cose. Intuizioni… Immagini…”
Evie sorrise affascinata “Puoi vedere il futuro?”
“Futuro, passato… Quello che mi serve…”
Evie carezzò la lama del coltello. “Questo non è un semplice coltello Will… Se seguo le voci… Mi concentro su dove voglio andare, posso tagliare la realtà e lacerare il Multiverso. Così ti ho raggiunto… Quando non ti sentivo più ho temuto il peggio. Mi sono concentrata su te, su Oscar e il nostro legame e ho aperto un varco su questo mondo…”
 
Oscar…
Billy sentì quel vuoto nel suo cuore bruciare “Sai Evie… Rivivo quei brevi momenti in cui eravamo uno… Assieme, senza nessuna barriere… Le nostre menti intrecciate e condivise… Alle volte penso di sentire la sua presenza… Come se fosse con me… E poi però mi ricordo che è morto, che potrei averlo perso sempre…”
Evie gli prese la mano e la strinse con forza poi gli mostrò il coltello. “Non è perduto, e nemmeno tu… Con questo andremo a recidere il vincolo che ti lega al tuo corpo e poi quando ti sarai rimesso in forze potremo trovare Oscar e saremo di nuovo uno, uniti in Memoria… e la Predatrice non potrà mai avere quanto è più prezioso ok?”
Mentre parlava la ragazza aveva allungato la mano verso il petto dell’altro e l’aveva poggiata all’altezza del cuore.
“Come va, vedo che non hai più problemi a tenere sotto controllo la trasformazione…”
Sussurrò lui ponendo la mano su quella di lei.
“Certo” sussurrò Evie “Sei con me…”
“E assieme troveremo Oscar…” proseguì Billy.
“e saremo di nuovo uno… Più forti che mai!” concluse Evie prima di baciarlo.

 

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Capitolo 59
*** Capitolo 58 ***


Capitolo 58







Billy osservò la lama nella sua mano e Evie lo osservò in attesa.
 
Protenditi verso il mondo che vuoi raggiungere, verso le emozioni che avverti, protenditi verso di loro finché non ti fanno male… Ricorda quel mondo, le emozioni belle ma soprattutto quelle dolorose. Lascia che ti conficchino le unghie nell’anima e lasciati trascinare. E solo in quel momento taglia e apri il varco.
 
Protese la mano.
 
Ripensò a quel vicolo, al dolore alla spalla…
All’alito che gorgogliava alcool…
Il primo di molti che lo avevano usato come un pupazzo… Un volto carino da sfregiare…
Il senso di nausea che lo trascinava su quella giostra… Il dolore al volto mentre la sua anima andava in mille pezzi e mentre il volto di Frank si delineava nei suoi ricordi, con la mano ben serrata attorno all’elsa affondò la lama sottile nell’aria e delineo una linea di luce nel nulla.
Billy arretrò mentre un rivolo di sudore gli solcava il volto.
Aveva tagliato la realtà e poteva già intravedere la sua realtà di origine oltre quel taglio.
 
Lo intravedeva, un letto e un corpo magro avvolto da un lenzuolo familiare.
Il BIP ritmato di un monitor…
Ricordava quel suono…
La prima volta che si era risvegliato, disorientato e solo…
Si voltò verso Evie con i grandi occhi scuri ricolmi di lacrime.
Lei gli prese la mano e gli sorrise incoraggiante.
 
“Fa attenzione…” sussurrò Aleksandra avvolta attorno al suo collo.
Lui le carezzò la testa cercando di rincuorarla o forse di trovare conforto dal suo Daimon.
Poi Evie accarezzò i bordi di quella lacerazione surreale nello spazio-tempo.
Billy avvertì il suo passato richiamarlo con voce flautata oltre la soglia, poi stretto alla presa di Evie avanzò e attraversò la soglia.
Avvertì mille schegge di luce esplodere in lui.
Mille colori esplodergli nella mente.
 
Ricorderai il dolore…
Ricorderai la perdita…
 
Billy avanzò poggiando il piede su un mondo dolorosamente familiare e crollò a terra.
Stringendo la mano di Evie e sentendo il calore di Aleksandra attorno al collo.
Poi lentamente aprì gli occhi e sollevò lo sguardo su quel corpo abbandonato nel letto davanti a loro.
Era quasi un estraneo, così pallido, magro e debole.  Billy allungò la mano verso quel corpo che un tempo era stato suo, carezzandogli le dita ma prima che potesse dire qualcosa delle voci lo fecero sobbalzare…
Evie afferrò i bordi del varco e con un rapido gesto se lo chiuse alle spalle. “Comunque non era il caso di tornare in quel luogo spettrale…” sussurrò Evie con un mezzo sorriso.
“Nascondiamoci… stanno venendo da questa parte…”
“Devo mostrarti una cosa…” Sussurrò Evie strattonando Billy dietro il paravento “Questo l’ho preso da te… e quanto starai meglio sarai in grado di ricordare…”
La porta si aprì e un uomo entrò nella stanza, guardò nella loro direzione ma Billy sorrise quando si accorse che non potesse nemmeno avvertire la loro presenza. Evie aveva creato un’illusione dietro cui erano nascosti, era il suo dono?
Ma poi l’uomo si avvicinò e Billy lo vide chiaramente da dietro il velo che li nascondeva, Frank.
L’uomo scrutò l’illusione per un po' ma poi si sedette accanto al corpo sdraiato nel letto.
“Allora Bill… eccoti qua… Ci ritroviamo finalmente…”

 

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Capitolo 60
*** Capitolo 59 ***


Capitolo 59



 
 
“Pensavo che fossi il vecchio Bill che conoscevo… La persona con cui condividevo…”
Billy deglutì mentre la voce di Frank oltre l’illusione di Evie lo raggiungeva.
Gli arrivava ovattata ma lo colpiva, come poteva essere così, così tante cose al tempo stesso.
Era stato il migliore amico che avesse mai avuto e poi la fine di tutto.
Il teschio rosso, la bomba che esplodeva nella sua mente frammentando ogni pensiero.
 
Forse per questo si ritrovò ad avanzare nonostante i richiami mentali di Evie.
Aleksandra se ne stava avvolta attorno al collo del ragazzo fremendo.
Lei conosceva un altro Frank, che l’aveva stretta tra sue umane mani, violando un sacro tabù. Era proibito toccare i Daimon delle altre persone era come toccare parte della loro anima. Lei lo ricordava bene e così anche Billy. Come quella versione di Frank aveva giocato con lui. Ogni variante di quell’uomo si confondevano nella sua mente.
Eppure adesso vedeva il vecchio Frank, l’uomo che per un breve periodo aveva chiamato fratello.
 
Quando lo vide l’altro sobbalzò, guardò il corpo in coma nel letto e poi l’uomo che avanza verso di lui. Era lo stesso eppure al tempo stesso era anche diverso.
“Perché sei qua?” esclamarono all’unisono.
Frank indicò il corpo e poi si portò le mani alla testa pieno di confusione. Poi indicò l’uomo che stava avanzando. Vedeva che era un uomo in carne e ossa ma non riuscì a trattenersi dal chiederlo. “Che cosa sei?”
A quella domanda a Billy scappò una mezza risata ma fu Aleksandra a rispondere ringhiando “Cosa ti sembra? Una persona su cui non dovresti osare posare lo sguardo, allontanati subito!”
Billy le carezzò la testa cercando di calmarla ma avvertì Evie emergere dalle ombre.
“Che diavolo sta succedendo?” esclamò Frank sempre più confuso indicando Evie “Tu sei l’infermiera che è sparita assieme a lui… Credevamo ti avesse preso in ostaggio…”
A quelle parole fu Evie a sorridere divertita e Frank proseguì “Ma poi abbiamo visto le riprese dell’aereo e… Pensavamo di aver capito che tra voi ci fosse un diverso tipo di legame… Fino a quando non vi abbiamo trovato in quella casa, tra morti e sangue… E una voce continua a ripetermi in sogno di venire da te… Perché devo tenerti in vita… Ironico non trovi? Io dovrei proteggerti e da cosa?” Indicò la lama nella mano di Billy “Da te stesso?”
 
Il mondo parve rallentare.
 
La predatrice….
Oscar gli aveva detto di aver avvertito la sua voce…
Anche suo fratello e il suo amico l’aveva sentita…
 
E poi il Poe del mondo dei Daimon aveva cercato di contrastare la Predatrice cercando di farlo uccidere….
 
“Non sai cosa ci sia in gioco…” sussurrò avanzando lentamente verso quel corpo addormentato “Vattene… Che ti importa se lo uccido? Tu lo odi, ci odi… in ogni nostra versione… Se lei ti ha chiesto di proteggerlo non può esserci alcun buon motivo…”
Aleksandra era tesa come una corda sulle sue spalle, Evie emanava energia alle sue spalle pronta ad agire. Ma soprattutto Billy avvertiva la presenza di quell’antica malvagia creatura aleggiare tra di loro, la volontà della Predatrice che pressava per prendere il controllo della situazione per reclamare il suo premio, il suo cuore pulsante.
 
Frank lo scrutò torvo “E perché diavolo dovrei darti ascolto?”

 

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Capitolo 61
*** Capitolo 60 ***


Capitolo 60





Quel momento si distende, si dilata protendendosi verso un agonico infinito…
 
Ti scopri nuovamente imprigionato…congelato… incollato in un istante dilatato nel tempo…
Sei bloccato sotto la stretta di Arthur… Incollato a terra come un ratto in una trappola adesiva…
 
Sei rimasto incastrato in quell’istante di terrore… E ogni volta che provi a staccarti da quella trappola senti di perdere un pezzo… che ti sei staccato a morsi come una bestia braccata e terrorizzata…
 
Te ne sei accorto troppo tardi, e adesso sei bloccato in quella stanza davanti al tuo corpo emaciato, una prigione che ingabbia la tua mente, davanti al tuo migliore amico…
Al tuo ex migliore amico…
Alla tua punizione…
 
Lui ti osserva… Il suo sguardo è vuoto, assente…
 
Le voci di Evie e di Aleksandra che ti richiamano, cerchi di scuoterti da quella stasi mortale e terrificante…
“Non ho mai voluto che finisse così…” farfugli prima che l’oscurità ti avvolga…
 
Oscar… Evie…
Sei ancora solo, bloccato nel dolore…
È quello la morte?
Ciò che ha provato Oscar quando la lama lo ha tagliato, dividendo la sua anima?
E il tuo corpo ti ha trascinato giù… E stai sprofondando…
Verso gli inferi…
 
 

 

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Capitolo 62
*** Capitolo 61 ***


Capitolo 61





Freddo, un gelo che ti penetra, ti pugnala come gelide stilettate…
Nel tuo cuore solo vuoto, lo senti straziato da tante troppe mancanze.
Aleksandra… Strappata via da te…
Quel silenzio ti fa sentire mutilato.
È così che si sente Oscar da quando è sprofondato?
 
Apri gli occhi e trovi solo il silenzio.
Provi a ricercare la mente di Evie, ma non ti arriva alcuna risposta…
 
Ricordi Frank che incombeva sul tuo corpo e poi?
Eri troppo debole, ti sei dissolto come cenere nel vento?
Ricordi di aver cercato di avvicinarti a lui in trans, come sonnambulo.
Di aver avvertito la presenza della predatrice e sei quasi certo di averla sentita urlare.
 
Ti fa male il cuore, freme nel tuo petto.
Sei precipitato via dalla vita all’improvviso, strappato dal Multiverso con forza lasciando sulla tua anima profonde cicatrici.
“Sto andando in pezzi…” ansimi stringendoti con disperazione.
Non capisci cosa possa la Predatrice volere da te, sei debole, fragile…
Hai volato vicino al sole e sei precipitato consumandoti…
 
“Bill…”
 
Una voce tra le ombre.
Sollevi lo sguardo e senti le lacrime bruciarti i tuoi non occhi.
Oscar emerge, uno spettro incorporeo…
“Bill che ci fai qua? Ti prego dimmi che non sei morto… Che Poe non ti ha sacrificato per non salvare il suo stramaledetto mondo?”
 
Lo osservi incapace di dar voce ai tuoi pensieri.
Aspettavi con trepidazione di poterti ricongiungere a quella parte di te eppure adesso che Oscar è davanti a te non ti senti parzialmente completo come con Evie.
Non avverti il sollievo della condivisione delle menti, sei sempre vuoto, anche se lui è davanti a te. Vederlo con i tuoi occhi eppure avvertirlo così distante è un’ulteriore lacerazione.
 
Una fitta al petto, una scossa ti attraversa e gridi stringendo i pugni.
La vita? Qualcuno sta cercando di portarti indietro?
Allunghi la mano verso Oscar, lui si protrae verso di te ma le vostra dita non riescono a sfiorarsi, come se non appartenessero alla medesima realtà.
 
Lui ti osserva addolorato ma felice “Vivi Bill… Vivi anche per me…”
“Tornerò! Te lo giuro!!!” gli gridi prima che una nuova scarica elettrica ti lasci senza parole, senza aria, tremante e lacerato.
Gridi, avverti i muscoli tendersi apri gli occhi e l’aria ti punge, sei di nuovo vivo… Respiri, soffri.
Il tuo corpo freme e quando cerchi di muoverti ti ritrovi legato al letto, imprigionato nel tuo corpo Frank ti osserva divertito e giocherella con il coltello do Evie, la lama sottile che attraversa le realtà, nel suo sguardo uno spirito antico e felice, la Predatrice “Ce l’avevi quasi fatta… Ma alla fine sei di nuovo bloccato… E forse è destino che tu mi abbia consegnato gli strumenti che mi permetteranno di spezzare la mia prigione…”
Una fitta al cuore ti congela la risposta sulla lingua. Aleksandra stretta tra le mani di Frank.
 
Sei felice di avvertire di nuovo la sua presenza, in quella stanza avverti il flebile respiro di Evie, ferita, stordita ma viva.
Ha lottato per te, come sempre. Ha cercato di liberarti, forse ha ucciso il tuo vecchio corpo ma la Predatrice ti ha agguantato comunque.
La lama ti carezza il volto e si posa sul tuo petto, è davvero la fine?
 

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Capitolo 63
*** Capitolo 62 ***


Capitolo 62

 



 
Il dolore fu così intense che avrebbe dovuto trascinalo nell’oblio, un pugnale dritto al cuore avrebbe dovuto recidere la sua vita in un attimo. Eppure, ricordava bene quell’incubo, sapeva che lei non gli avrebbe concesso quel dono. Voleva ogni sua emozione…
 
Il suo amore, quel senso di pace e completezza che gli lasciava il tocco delle menti di Evie e Oscar. Quell’abbraccio familiare e materno che gli era sempre stato negato.
Evie… La sua unica famiglia, la persona che più al mondo teneva sinceramente a lui.
Il dolore della perdita davanti a Frank, a quello che sperava invano di aver trovato.
Il rimpianto ma al tempo stesso l’accettazione di se stessi.
Lui era anche questo dopotutto, non poteva tagliare via da sé le parti più oscure, come una mela da scattivare. Se lo avesse voluto davvero avrebbe dovuto accettare tutto.
Ma non lo aveva mai davvero visto, l’abbandono non cambia nome se si maschera da compassione.
La rabbia, contro la donna che non aveva desiderato averlo eppure lo aveva comunque trascinato in quella terra per poi gettarlo via come immondizia. Per quell’uomo che o aveva usato e poi lasciato in frantumi solamente per il proprio diletto.
Non è servito niente ucciderlo, quello che gli ha portato via, la spensieratezza e i sogni del te bambino niente potrà mai più ridarglieli.
Il dolore lo ha forgiato, in fondo non desiderava rinunciarci. Lo aveva definito, delineato per così tanto tempo.
 
Perché quella persona che ha vissuto una vita felice, senza cicatrici, realizzata… Quell’uomo non sarebbe stato Billy Russo.
Senza le sue crepe avrebbe semplicemente cessato di esistere per lasciare spazio a un estraneo. Forse più equilibrato ma di certo non lui. E Billy non aveva mai voluto altro se non poter vivere. Da quella fredda e gelida mattina. Aveva lottato dal suo promo vagito
Avvertì le sue dita insinuarsi nella ferita, farsi strada come un’amante.
Il dolore era esploso all’istante, lo aveva fatto gemere e gridare e lei si era fermata per osservare la sua opera. Così Billy aveva incrociato lo guardo di Frank. La spocchia aveva lasciato lo spazio all’orrore.
 
Era questo che pensavi meritassi?
 
Aveva tentato di urlarglielo contro ma la voce era venuta meno quando la predatrice si era chinata su di lui per affondare i suoi denti nella ferita.
Era esposto come lo era stato alla sua nascita, ogni sospiro lo aveva portato a quel momento, ogni suo viaggio a quel macabro pasto.
 
Perché proprio lui… di tante persone dotate della sua stessa capacità di attraversare i mondi… E ne aveva incontrate così tante… Perché proprio lui.
 
“Perché tu sei la causa di tutto…” sospirò la predatrice emergendo.
 
Finalmente gli mostrava il suo vero volto, il volto di Daisy, la perduta gemella della sua Evie.
E nel momento in cui Billy la vide Frank sollevò la sua arma e le sparò dritto in testa.
Fu solamente un attimo.
I loro sguardi si incrociarono e Billy rivide il fratello che era stato per lui per un soffio di vita. In un altro piano di esistenza.
“Avrei voluto che le cose andassero diversamente tra noi…E forse in un qualche angolo del Multiverso è così… Magari ci siamo amati… o magari sei stato solo mi fratello, il padrino dei miei ragazzi, mio compagno e io non ti ho messo da parte… Vorrei vedere quelle realtà… Forse in un’altra vita… Ma adesso devi andare.
 
Frank lanciò il pugnale a Evie che si liberò in un attimo precipitandosi al fianco dell’altare su sui Billy era disteso.
Lo liberò tamponando la ferita e concentrandosi su di essa riuscì a guarirla.
Lui si strinse a lei, mentre il suo animo si alleggeriva.
“Dobbiamo andare…” Le sussurrò “Oscar è ancora imprigionato nell’Ade e dopo che ci saremo ricongiunti a lui so come trovare la predatrice…”
 
Evie annuì e con determinazione fendette l’aria creando uno squarcio nella realtà con il suo pugnale.
Poco prima che lo attraversassero Frank lo afferrò “Quando l’avrai sconfitta, spezzate quest’arma… I tagli che create per passare da un universo all’altro generano spettri… Lo ha detto la predatrice mentre eravamo connessi… Lei stessa li teme perché potrebbero divorare ogni cosa vivente, persino lei…”
Billy lo osservò un’ultima volta e annuì sussurrando un flebile “grazie…” mentre i suoi occhi scuri sussurravano un ultimo mi dispiace prima di sparire oltre il varco che li avrebbe condotti nel mondo dei morti.

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Capitolo 64
*** Capitolo 63 ***


Capitolo 63


 
 




Le terre dell’oltretomba gli apparivano diverse, come un tenue sogno che si libera attorno a voi. Billy strinse la mano di Evie.
Avevano attraversato il fiume, lasciando in pegno una parte del loro spirito, ma assieme erano comunque più forti, uniti.
Lei si aggrappò alla mano di lui.
“Credo di saper chi è veramente la predatrice…”
Lui annuì, perché attraverso di lei comprendeva.
“Credo che le nostre anime abbiano vagato così a lungo attraverso il tempo e lo spazio… Molto più di quanto noi riusciremo mai a ricordare…”
Billy annuì.
Avanzando tra le ombre riusciva a scorgere molti dei sentieri del Multiverso che avevano percorso.
Ricordava anche quando quel lungo viaggio era iniziato.
Daisy non avrebbe mai fatto del male alla gemella, ma la sua gelosia per il legame che aveva intrecciato con lui e Oscar l’aveva resa folle.
A causa sua Evie era morta e Billy l’aveva inseguita assieme al suo Oscar.
Un lungo interminabile viaggio attraverso i mondi che li aveva mutati, deformati, smarriti.
Daisy più di tutti loro… E alla fine era stata rinchiusa… Per preservare tutti i mondi.
Li avrebbe seguiti fino all’infermo pur di avere il suo pasto…
Il cuore del viaggiatore, il Cuore die Memoria.
 
Ed infatti era là, al centro di tutto, alla fine della vita c’era lei.
La Predatrice che aspettava.
L’anima spezzata, ancora prigioniera oltre il tempo stesso.
 
Lei sorrise stringendo tra le sue mani ridotte ad artigli l’anima di Oscar.
Erano vicini, più di quanto non lo fossero mai stati da anni.
La Predatrice, l’anima che aveva rinnegato il suo nome perdendo tutto, persino il suo scopo, era tornato al luogo del suo eterno riposo.
Dove sarebbe scomparsa per sempre.
 
Non importava quanto li tenesse lontani le loro menti erano unite e lo sarebbero sempre state. Il loro potere esplose, unito e impetuoso.
Billy si strinse sentendosi parte di qualcosa di più ampio, libero e senza paura.
 
Torna qua…
Ritorniamo assieme…
 
 
 
Poe si svegliò, si voltò, John, suo marito dormiva al suo fianco.
Il cuore fremette per un momento, poi si rammentò che quello era solamente un sogno.
Il Multiverso, la Predatrice e… Evie?
La sua migliore amica, le persona che amava per cui era pronta a sacrificare qualsiasi cosa…
 
Si alzò e si vestì rapidamente.
Era felice di essersi svegliato abbandonando quel sogno doloroso, ma avrebbe voluto svegliarsi e scoprire che la sua migliore amica era ancora con lui.
 
Sospirò e poi il suo cuore accelerò felice.
Seduti a un tavolino, l’uno vicino all’altro c’erano loro.
Billy, Oscar e Evie.
Finalmente assieme, uniti.
 
 
 

THE END

 
 

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