Thinking of a place

di MLR
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cinque Anni Prima ***
Capitolo 3: *** Cinque Anni Prima ***
Capitolo 4: *** Cinque Anni Prima ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Thinking of a place - Prologo

“Ieri la mia vita andava in una direzione. Oggi va verso un'altra. Ieri credevo che non avrei mai fatto quello che ho fatto oggi. Queste forze che spesso ricreano Tempo e Spazio, che possono modellare e alterare chi immaginiamo di essere, cominciano molto prima che nasciamo e continuano dopo che spiriamo.” Isaac Sachs, Cloud Atlas.

🀧

“Hey Sanzo, sei pronto?” La voce di Goku rimbomba dentro il bagno mentre la luce a led intermittente lo abbaglia come al solito. Si erano ripromessi di aggiustarla ma poi erano passati i mesi e quindi gli anni ed alla fine avevano deciso che avrebbero comunque lasciato quel decimo piano per buttarsi nell’acquisto di una casa vera e propria invece che rimanere in un’appartamento con una sola camera da letto. Solo che a Goku piaceva dove vivevano e quasi gli dispiaceva spostarsi, ed anche Sanzo, ne era sicuro.

Il problema sin da subito erano stati i libri e lo spazio limitato. Durante l’arco della sua vita, Sanzo aveva messo su una collezione di circa mille libri e le tre librerie non erano bastate. Alcuni erano rimasti dentro le scatole e nascosti dentro quello che entrambi chiamavano il “buco nero”; una dispensa che era destinata a riempirsi di libri, cianfrusaglie e l’albero di natale da tirare fuori una volta l’anno.

Il resto dei libri si trovava invece lungo la parete, alla base delle finestre che partivano dal pavimento ed arrivavano al soffitto. Di sicuro davano un tocco di colore alla mono-tonalità delle pareti bianche con gli infissi bianchi ed i mobili anch’essi bianchi.

“Cinque minuti.” Sanzo sfoglia velocemente uno dei suoi ultimi acquisti, lo chiama “speed-reading”. Legge solo alcune righe o parole di ogni pagina e cerca velocemente di carpire il significato o l’essenza di un libro prima che finisca in coda insieme a tutti gli altri libri che deve ancora leggere ma che non poteva aspettare di comprare. Goku ride tra sé, se la ricorda ancora quella promessa strana che gli era stata fatta. 

Vista la grandezza dell’appartamento, per il momento mi limiterò a comprare un libro per ogni tre che rivendo o che do via, Sanzo gli aveva promesso. La parte divertente è che Goku non aveva mai detto di smettere di comprare libri ma il compagno aveva deciso di auto-tutelarsi forse per paura che l’altro si sarebbe stancato ad un certo punto del continuo arrivo di nuovi libri. 

“Tre minuti.” Rilancia Goku buttando senza guardare la testina vecchia dello spazzolino, conscio della totale incapacità del biondo di staccarsi dalle sue preziose letture. Sanzo risponde con un verso che lascia intendere di non stare davvero ascoltando mentre sbuffa una nuvola di vapore bianco. La sigaretta elettronica stretta in una mano, era passato da quelle vere a quelle elettriche un paio di mesi dopo avere deciso di vivere insieme. Sanzo diceva perché era da stupidi continuare a spendere così tanto, non perché gli importasse di crepare prima del tempo, queste erano state letteralmente le sue parole.

Goku ripensa alla prima volta in cui l’aveva visto inalare dall’apparecchio elettronico, il soffio bianco che era uscito dalle sue narici gli aveva dato uno strano aspetto, come un drago appena risvegliatosi dal suo eterno dormire. Forse era davvero così. Sanzo da sempre dava l’impressione a tutti di essere questo strano essere millenario che si ripresentava in varie forme ogni cento anni circa. Goku lo sapeva, il loro incontro non era stato per caso; o così amava pensare.

“Andiamo, Sanzo, sei pronto?” Chiede ancora una volta il ragazzo con i capelli castani mentre infila al dito dell’anulare sinistro una fascetta d’oro.

“Dammi un secondo, donna.” Risponde l'altro fingendosi scorbutico come al solito ma Goku ride e non aspetta. Strappa il libro dalle mani di Sanzo e lo chiude senza tenere conto di dove fosse arrivato. Il biondo inarca un sopracciglio osservandolo dal basso, seduto sul divano, il cielo riflesso negli occhiali da lettura. 

“Ti costerà cara.” Gli promette Sanzo.

“Mandami il conto.” Lo prende in giro Goku con le mani sui fianchi in segno di rimprovero. “E niente telefono, oggi. Se ti vedo rispondere o anche solo leggere un’email o un messaggio di lavoro… divorzio!” 

“A patto che entriamo in tutti i negozi di libri usati…” Goku annuisce senza nemmeno ascoltare mentre si avvia alla porta, Sanzo lo segue acchiappando le chiavi di casa. “…e non mi stressi dopo solo dieci minuti perché ti stai annoiando.” 

“Permesso accordato.” Goku è già sul pianerottolo mentre Sanzo si tira la porta e dà un giro di chiave, una fascia d’oro come quella dell’altro brilla sull’anulare sinistro.

I due entrano nell’ascensore e osservano loro stessi nello specchio. Sanzo dà le spalle alla parete opposta, gli occhiali casualmente appesi al taschino della camicia di lino blu cobalto. Le maniche arrotolate sino ai gomiti, jeans grigi e Birkenstock ai piedi.

Goku sorride a se stesso altrettanto sportivo, con un outfit simile al compagno ma con una maglietta a maniche corte dal pattern geometrico. Poi si avvicina al fianco dell’altro e questo circonda le sue spalle con il braccio.

“Stavo pensando…” Sanzo rompe il silenzio. “… c’è quella tavola calda al centro diretta dalla società che venera Krishna. Potrebbe essere una buona occasione per provarla.” 

“Si, siamo in zona, perché no? Hanno anche un negozio di libri all’interno?” Scherza Goku.

Il “ding” dell’ascensore li avverte della loro destinazione. Goku esce per primo e Sanzo lo segue.

“Non credo ma se così fosse sarebbe il posto perfetto per entrambi.” Goku ride a quell’affermazione ed i due escono dal palazzo. La giornata è calda e soleggiata. Tutto il contrario di quando erano venuti a vedere per la prima volta l’area, con il freddo gelido di febbraio ed una coperta di nuvole. I due avevano comprato dei tramezzini al supermercato e dopo avere visitato l’appartamento in compagnia dell’agente immobiliare, erano rimasti ad osservare la riva del fiume con quel picnic arrangiato all’ultimo momento. Non avevano mai dubitato che vivere insieme fosse la scelta giusta, anche se era stata una decisione affrettata.

“Già quattro anni.” Goku parla tra sé, riflettendo sul tempo che passa. Sanzo lo fissa da dietro le lenti e prende una boccata di vapore dalla sigaretta elettronica.

“Lo so, volano in fretta.” 

La coppia s’incammina lenta verso la stazione e senza saperlo i due riflettono all’unisono su quegli ultimi anni passati insieme. Sanzo non lo ammetterebbe mai ad alta voce, eppure da quando le loro vite hanno finito per incrociarsi, la loro esistenza si era tempestata di successi. L’uno elevava la vita dell’altro.

“Ho finito la prima stesura.” Sanzo gli annuncia senza guardarlo, osservando al contrario la giungla urbana che li circonda mentre viaggiano sul treno che li conduce al centro. Goku risponde con tutto l’entusiasmo che possa avere. Il sorriso si allarga ai limiti del possibile e la sua mano cerca immediatamente la schiena del biondo. “Stiamo per diventare ricchi?” Gli chiede ridendo.

Sanzo butta gli occhi al cielo, offeso della natura materialista del compagno e sbuffa, scatenando nel moro un’altra risata.

“Lo sai che sarà un libro di nicchia. Per quanto mi duole ammettere, non credo potrà essere il nuovo best-seller. Inoltre è solo la prima stesura, devo revisionarlo e ridurlo. Sono quasi sicuro che metà delle cose scritte non servano.” Goku segue il suo discorso annuendo, emettendo solo qualche suono e quando l’altro finisce si prende ancora un secondo prima di parlare. Questo l’ha imparato dal compagno.

“Secondo me ci sono molte più persone interessate ad un soggetto come il tuo di quanto tu non creda. Se uno stupido come me lo ha compreso e apprezzato, sono sicuro che chiunque possa farlo.” Cerca di incoraggiarlo. 

“Hai ragione.” Sanzo risponde con uno sorriso di scherno che svanisce non appena Goku lo guarda di traverso di rimando. Ma entrambi sanno che quello è solo un gioco tra i due. 

“Sono conscio però del fatto che non è il solito manuale per rendere una vita migliore e non è nemmeno una sorta di guida per diventare ricchi o comunque non lo si diventa nel senso stretto del termine. Mi chiedo se non sia troppo complesso o se non sia troppo distaccato dalla realtà o dalla routine di tutti.” I due mettono in pausa quella conversazione quando il treno raggiunge il capo linea e la coppia scende insieme. L’ennesimo cambio di treno. Tra la folla cercano di stare vicini per non perdersi e Goku deve sempre preoccuparsi di girarsi nell’eventualità in cui Sanzo si sia fermato a guardare qualche poster o qualche annuncio che lo interessa.

Poche fermate dopo, i due arrivano a destinazione. Goku osserva il cielo sulle loro teste lasciando che il calore del sole lo rinfranchi. Sanzo inforca nuovamente gli occhiali, il suo è un costante toglierli e metterli. Dal taschino al suo naso. Dal suo naso al taschino. Forse per non volere ammettere di averne bisogno. Per lui sarebbero stati 42 a novembre. 

Il biondo tira fuori il telefono e controlla online la direzione giusta ma Goku lo precede e punta il dito verso ovest. “Guarda, il segnale dice di là.”

Sanzo rialza lo sguardo ed annuisce. Ancora un’aspirata dalla sigaretta ed il vapore che viene sputato circondandolo in una nuvola che odora di mela.

Mentre i due passeggiano verso la meta, il moro si ritrova di nuovo a pensare al tempo che è passato. Alla presenza dell’altro nella propria vita ed alla velocità con cui i due avevano deciso insieme di continuare quel viaggio. Era stato tutto così intenso da quando si erano conosciuti. Una lunghissima montagna russa di emozioni. Belle e brutte ma estremamente reali.

Sanzo poggia il braccio sulla spalla dell’altro, come fa sempre, ignaro dei pensieri dell’altro che fluttuano nella stessa direzione dei propri.

Le strade che li circondano scivolano via e prima che se ne accorgano i due raggiungono la loro destinazione, forse più velocemente del previsto. Primrose Hill si presenta ai loro occhi insieme al panorama della città. Goku cerca di elevarsi salendo sul muretto in pietra dove si siedono tutti e Sanzo lo raggiunge lentamente dietro di lui.

“Wooah! Guarda che vista!” Esclama il moro. Sanzo contempla silenziosamente il paesaggio ed aspira una boccata di vapore. Basta un’istante perché entrambi abbiano la stessa strana sensazione di avere già vissuto un momento simile ma con la stessa flebile malinconia dei sogni, quella sensazione sparisce insieme al vapore della sigaretta. Più cercano di aggrapparsi per ricorda e più questa diventa irraggiungibile.

“Si vede persino dove lavoravamo.” Goku punta il dito invitando l’altro a seguire la traiettoria di quel gesto. Sanzo sbuffa una mezza risata.

“Quella prima volta in cui ci siamo incontrati me la ricordo ancora.” Dice al compagno.

“Aah, ma quale prima volta?” Ci tiene a precisare Goku. Sanzo lo guarda confuso ed aggrotta le sopracciglia. 

“La sola ed unica?” Chiede incrociando le braccia al petto mentre il moro scende dal muretto.

“Andiamo, Sanzo, ne abbiamo già parlato. Quella non é stata la prima volta! Io sono venuto a vedere la galleria qualche settimana prima di iniziare. Mi sono presentato ma tu eri così concentrato…”

“Intendi annoiato forse?”

“… quello che so è che te ne stavi in piedi a guardare la gente che passava. Mi hai persino stretto la mano!”

“Non ho alcun ricordo di quell’incontro.” Sanzo scuote il capo infilando le mani nelle tasche mentre i due cominciano a discendere la collina senza una vera meta se non godersi gli alberi e la natura attorno.

“L’unica prima volta che ricordo io è il tuo primo giorno. Erano forse le sette e mezza del mattino ed eri arrivato in largo anticipo come me. Mi eri sembrato un ragazzo tranquillo, di certo non potevo immaginare la scimmia rumorosa che si nascondeva dietro l’angolo.” Goku ride a quella descrizione di se stesso mentre Sanzo continua a riesumare quel ricordo prezioso che rivive spesso, ma questo non lo ammetterebbe mai.

“Poi ricordo che avevi venduto subito un primo pezzo e che dopo averti aiutato ad impacchettare e processare la transazione, non ti eri nemmeno degnato di ringraziarmi, scimmia ingrata.” Il compagno dai capelli castani continua a ridere, Sanzo racconta sempre quell’evento con l’espressione più seria possibile e ad un occhio esterno potrebbe sembrare che il biondo stia soltanto criticando l’altro ma Goku lo conosce così bene che le sue parole non riescono a ferirlo. Al contrario, entrambi sanno che questo é il suo modo di scherzare, con la faccia di uno che potrebbe uccidere da un momento all’altro.

“Sono sicurissimo di averti ringraziato!” Ci tiene a precisare il più giovane ma Sanzo scuote il capo.

“No, no. Hai incassato i soldi e non hai nemmeno detto grazie! Ti avevo persino aiutato a caricare il quadro nella macchina del cliente!” Sanzo schiocca le labbra ed aspira dalla sigaretta. “Scimmia ingrata.”

“Si ma, sbaglio o il tipo ti ha dato una mancia da 50? Quella mancia doveva essere mia ma sbaglio non ti ho mai detto nulla? Credi che non me ne fossi accorto?” 

“Era il minimo che potessi fare!” 

I due si abbandonano ad una risata sommessa e continuano la loro passeggiata sotto le fronde degli alberi mentre il parco si estende davanti a loro ed il sole gli riscalda la pelle e le ossa. I cielo è per la maggior parte sereno sopra le loro teste e le poche nuvole che ogni tanto occorrono portano con sé una piacevole brezza.

“Ci avresti mai scommesso?” Chiede Goku.

“Che cosa?” 

“Se ti avessero detto, questo ragazzo cambierà la tua vita per sempre.”

Sanzo scuote il capo. “Decisamente no, anzi, lascia che ti dica cosa ho pensato la prima volta che ti ho visto…”

Così comincia quel racconto.

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Capitolo 2
*** Cinque Anni Prima ***


Capitolo 1 - Cinque anni prima

 

"Un giorno cadremo e verseremo lacrime, e perderemo tutto, ogni cosa.Mr O’Brien, The Tree of Life.

🀀

Quella mattina Sanzo non riusciva a stare al passo. Se i primi tempi il divano gli era sembrato comodo e si era mentalmente congratulato per l’ottima scelta, adesso gli sembrava di dormire su una tavola di legno grezzo. 

Continuava a massaggiarsi il collo e le spalle e si chiedeva quando avrebbe potuto lasciare casa. Ne aveva abbastanza della grande città. Ne aveva abbastanza di spendere oltre metà dello stipendio per l’affitto. Voleva soltanto spostarsi da qualche parte al nord, vivere davanti il mare e scrivere il libro su cui lavorava da oltre dieci anni. Voleva una stanza enorme ricoperta di libri. Voleva leggere ogni mattina e ricercare su dottrine indiane, buddiste e taoiste. Sanzo era pronto per la pensione insomma alla sola età di trentotto anni.

Era già Dicembre, il suo compleanno era appena passato e la galleria era stracolma di gente, per lo più turisti, nessuno sembrava interessato a comprare. Si poteva a malapena camminare e per via di quel dolore alla schiena, Sanzo aveva deciso di fare stazione dietro la scrivania, alla ricerca di case in affitto al nord. Non sapeva ancora come avrebbe pagato l’affitto senza avere uno straccio di lavoro ma ci avrebbe pensato dopo.

“Hey bonzo, come va?” Gojyo era sbucato da dietro l’angolo districandosi tra la gente. I due si conoscevano ormai da un paio di anni, non si ritenevano amici nel senso stretto del termine ma sopportavano la compagnia l’uno dell’altro per via di Hakkai, un amico comune che lavorava un paio di negozi dopo. Il motivo per cui lo chiamava bonzo era per via di una conversazione che i tre avevano avuto durante una pausa pranzo. Sanzo aveva - stupidamente - accennato a loro che trovava interessante le pratiche buddiste e che avrebbe voluto visitare il Giappone e soggiornare in un tempio. Da quel momento in poi Gojyo non aveva saputo resistere e l’epiteto di bonzo lo aveva perseguitato da allora. In base alla giornata, ogni tanto diventata persino bonzo corrotto.

“Dolorante.” Commenta il biondo schioccando le labbra. Questo si toglie gli occhiali e lentamente decide di abbandonare la scrivania muovendosi piano in direzione dell’amico dai capelli rossi fermo vicino l’ingresso. Non aveva mai capito se questi fossero naturali o meno. Erano di uno stranissimo colore scarlatto, tenuti in una coda alta, non gli era permesso tenerli sciolti quando era a lavoro. Né tanto meno mostrare alcun tatuaggio. Anche d’estate il tono era sempre giacca, cravatta e camicia. Ma Gojyo e Sanzo erano dei ribelli e spesso avevano deciso di non indossare alcuna cravatta o tanto meno mostrare il name-badge. In questo andavano perfettamente d’accordo: non erano cani e non avrebbero seguito ordini di indossare il proprio nome. Hakkai si stupiva sempre di come riuscissero a non essere licenziati. Gojyo si era beccato un paio di ammonimenti, mentre Sanzo riusciva ad imporre le sue decisioni senza che nessuno si azzardasse a rimproverarlo. La gente percepisce la tua aura, Sanzo, hanno paura! Scherzava spesso Hakkai.

Andiamo a pranzo alle due, vieni con noi?” Chiede Gojyo ma il biondo scuote il capo.

“Nah… ho un paio di fatture da preparare e sono indietro con le email, penso che per oggi salto il pranzo e vado a casa prima.”

“Stai ancora dormendo sul divano?” Chiede il rosso osservando le occhiaie stanche dell’altro. Di certo aveva perso peso nell’ultimo anno e mezzo. Sanzo butta gli occhi al cielo ed annuisce. “Ma cosa aspetti a cambiare casa?” Lo rimprovera.

“Non è cosí semplice.” Borbotta Sanzo, infastidito dal tono saccente dell’altro senza potere negare che quella sarebbe la mossa successiva più giusta. “Sto cercando da mesi, lo sai, ma tutto quello che trovo sono case microscopiche dal costo impossibile o case decenti lontanissime, non ho di certo intenzione di viaggiare per ore.” Il biondo scuote il capo scocciato dalla propria situazione.

Gojyo lo guarda un po’ scettico, come se fosse a conoscenza di altre forze al momento che tengono Sanzo legato a quel posto ma non indaga oltre.

“Va bene, torno di là. Manda un messaggio ad Hakkai se cambi idea per pranzo.” Conclude agitando una mano ed uscendo dalla galleria. Sanzo lo osserva allontanarsi e prende quell’occasione per affacciarsi sulla strada trafficata. L’aria gelida di Dicembre gli ferisce il viso, le canzoni di Natale rimbombano in lontananza, eco di tutti i negozi nel vicinato che ormai tengono quella playlist da Agosto. Sanzo butta un’occhiata oltre le proprie spalle, il negozio è pieno ma gli basta l’esperienza per sapere che nessuno lì dentro avrà intenzione di comprare uno dei pezzi. Un passo in avanti ed é fuori, con alcuni gesti veloci si accende una sigaretta e solleva il mento per sbuffare il fumo grigio mentre il naso si arrossisce immediatamente per via delle temperature.

La gente gli cammina intorno e Sanzo non può fare a meno di pensare alla situazione in cui si trova. Ogni tanto si è chiesto se le scelte prese nella propria vita lo abbiano condotto ad un vicolo cieco. É sicuro di avere fatto innumerevoli errori e per quanto alcuni li rimpianga, la maggior parte di questi sono solo un monito per il futuro o una lezione che ha dovuto imparare. Ha accettato tanto tempo fa chi era e non si è mai voltato indietro. Eppure non si sentiva così da tanto. Bloccato, esausto e senza via di fuga. Ha chiaro nella sua testa cosa vorrebbe fare, dove vorrebbe spostarsi e in che direzione la sua vita vorrebbe che andasse ma qualcosa lo trattiene. Gojyo ha maledettamente ragione. Cosa aspetta a cambiare casa? Cosa aspetta ad andarsene e finire quel libro?

Sanzo butta la sigaretta per terra con un gesto secco e la spegne con la punta della scarpa, improvvisamente risoluto, deciso che entro fine serata avrebbe trovato un nuovo appartamento. Il biondo torna dentro il negozio, direzione computer e scrivania ma prima che possa sedersi una voce alle spalle reclama la sua attenzione.

Hakkai gli sorride con la mano alzata in segno di saluto. Sanzo si blocca e torna indietro all’ingresso infastidito dall’interruzione. Finirà col perdere quel treno di pensieri e si ritroverà a sera con gli stetti dubbi ed impossibilitato a prendere alcuna decisione.

“Hey Sanzo, credo di avere trovato il tuo nuovo collega.” Annuncia l’amico. Sanzo segue il suo volto ed il gesto della sua mano che invita a fare un passo avanti a qualcuno dietro di lui. Un ragazzo dagli capelli castani dal volto sorridente.

“Piacere di conoscerti!” Esclama, la sua voce è squillante ed il ragazzo porge immediatamente la mano in avanti per presentarsi. Sanzo la stringe distratto, troppo concentrato nel tenere a mente quella promessa di trovare casa nuova di qualche minuto prima.

“Piacere…” il biondo annuisce ma non sembra essere davvero concentrato in quella conversazione. Non si stupirebbe se finisse per dimenticarla. “… Genjo Sanzo Hoshi.” Si presenta per intero, intimidendo per un secondo il più giovane dei tre.

“Goku.” Dice soltanto sorridendo. Sanzo lo squadra dall’alto ma senza cattiveria, sta solo cercando di rimanere aggrappato a quella risolutezza di pochi minuti prima che l’aveva spinto a trovare casa entro una nuova prestabilita scadenza.

Di rimando, Goku rimane affascinato dagli occhi color ametista dell’altro e non può fare a meno di rimanere lì ad assordarlo senza aprire bocca. Hakkai sposta lo sguardo dall’uno all’altro, forse dovrebbe introdurre un qualche argomento di conversazione?

“Quando cominci?” Chiede Sanzo finalmente rompendo quel silenzio ancestrale.

“Lunedì prossimo. Alle otto del mattino credo.” Risponde immediatamente Goku, con la foga al pari di un cadetto alle prese con il suo primo giorno di scuola militare.

“Perfetto. Ci vediamo lunedì allora.” Conclude il biondo prima di girare i tacchi e tornare alla scrivania lasciando Hakkai e Goku da soli fuori la porta. Il ragazzo dagli occhi verdi e gli occhialetti scuri sul naso si gratta imbarazzato la nuca, eppure Goku non sembra offeso, al contrario sul viso si espande un sorriso divertito.

“Che tipo!” Commenta cercando la figura del biondo tra la gente che entra ed esce dal negozio, ma questo si riesce a vedere a malapena.

“Un amico comune paragona Sanzo alla sensazione delle unghie sulla lavagna. Ma devo essere sincero, è giusto il primo impatto. Una volta che lo si conosce meglio, ha davvero tanta conoscenza da offrire e se lo si lascia bere un po’ persino un grande senso dell’umorismo.” Hakkai cerca di difenderlo, è pur sempre un amico di vecchia data.

“Ne sono sicuro! Ho inoltre la sensazione di averlo già incontrato per qualche ragione. O non so se fosse lui o qualcuno che gli somiglia. In ogni caso, non mi preoccupa più di tanto, sono sicuro troveremo il modo di lavorare insieme.” Goku è risoluto e convinto delle proprie azioni mentre annuncia quel piano all’altro. Ha una strana sensazione al petto e solleva il capo per guardare l’insegna della galleria. Non può esserne certo, ma qualcosa gli dice che quello potrebbe essere l’inizio di un nuovo capitolo.

“Piacere di averti conosciuto Goku, devo tornare a lavoro ma vieni a salutare quando cominci Lunedì e fammi sapere se vuoi pranzare assieme.” Hakkai gli stringe la mano e i due si salutano. Goku osserva ancora una volta il biondo che adesso parla con un cliente prima di allontanarsi.

Inevitabilmente, i pensieri ricadono sulle decorazioni di Natale e le strade che brulicano di turisti, le vetrine decorate con fiocchi, alberi e nastri d’oro. L’atmosfera è frenetica, tutti che cercano di comprare gli ultimi regali eppure non ricorda l’ultima volta di avere provato quella strana sensazione. Gli sembra di avere tutto il tempo del mondo.

Con le mani nelle tasche e gli occhi puntati verso il cielo, Goku sorride divertito per certi versi dalla vita e da quella strana sensazione che il mondo stesse girando nella direzione giusta. Tutto si stava allineando e non dubitava nemmeno un secondo di essere nel posto giusto al momento giusto.

 

Arrivato alla fine del turno, Sanzo raccatta velocemente un paio di scartoffie ed il portatile sotto il braccio, non si preoccupa nemmeno di salutare la direttrice del negozio e si fionda fuori la porta. Strappa via la cravatta e la getta accartocciata nello zaino insieme al name-badge e qualsiasi cosa trovi nelle tasche. Bastano pochi minuti ed è già in metro, districandosi tra la moltitudine di persone. Salta per miracolo sul primo treno, le spalle schiacciate tra la porta e lo zaino di qualcuno che non si è degnato di toglierlo e metterlo per terra, prendendo dunque tutto lo spazio e l’ossigeno disponibile.

Al secondo cambio di treno deve aspettare una cabina decente che abbia uno straccio di spazio vitale per entrarci dentro. Sanzo guarda l’orologio, sperando di potere arrivare ad un orario decente e potersi fare un bagno ed una lunga dormita.

Quando raggiunge casa sono già le sette e mezza e non ci sono luci accese, solo il tremolio di una candela che s’intravede dalla finestra. Il biondo butta gli occhi al cielo, chiedendosi quale sorpresa oggi possa trovare.

“Koumyou, sono io.” Annuncia la sua presenza chiudendo la porta alle spalle e seguendo la luce della candela accesa. Koumyou è seduto a terra ed è avvolto in una coperta, regge tra le mani un foglio lunghissimo che si ripiega ai lati delle sue gambe incrociate. Sembra estremamente raro ed estremamente antico. Questo non risponde e Sanzo si avvicina alle spalle del genitore per osservare oltre la sua spalla cosa stia leggendo, anche se una parte di sé conosce già la risposta.

Quando l’uomo finalmente si accorge della presenza del figlio, questo si volta a guardarlo con un’aria spaesata sul volto.

“Ho fatto un sogno.” Dice, la sua voce è appena un soffio e Sanzo nota il guizzo di follia che spesso accompagna quelle strane rivelazioni. 

“Ah si? Perché non me lo racconti mentre ti alzi dal pavimento?” Chiede il biondo aiutando l’altro a sollevarsi. Koumyou a malapena si regge in piedi e lascia tutto il peso del proprio corpo sul figlio che lo sorregge acchiappando il suo braccio e ponendolo sulle proprie spalle. “Dove hai lasciato la sedia a rotelle?” Chiede guardandosi intorno, avrebbe dovuto accendere la luce prima di recuperare l’altro dal pavimento.

“C’era il deserto e tanti, tantissimi volti ed il segno delle ruote sulla sabbia…” Koumyou racconta quel sogno con lo sguardo perso nel vuoto. Sanzo lo trascina fino alla sola camera da letto della casa e sospira con una nota di disperazione quando vede tutti i libri sparsi per terra. 

“Sembra la perfetta vacanza.” Commenta il biondo senza ridere ed aiuta il genitore a coricarsi ed abbandonare quello stato delirante. Non che non ci fosse abituato. Era ormai oltre un anno che Sanzo aveva dovuto prendersi cura del padre adottivo, purtroppo gli era stata diagnosticata una grave forma di schizofrenia e paranoia. Dopo avere perso il lavoro e la casa, Sanzo aveva deciso di prendersene cura, la verità è che non ci aveva mai creduto a quella diagnosi ed il biondo era fermamente convinto che fossero prevalentemente gli anti-psicotici ad avere peggiorato la situazione. Ma erano passati i mesi e Koumyou non aveva fatto altro che peggiorare. “Qualcuno è morto nel mio sogno.” 

Sanzo non ascolta davvero, lo aiuta a sedersi sulla sedia e si premura di coprirlo con una vestaglia pesante così che non prenda freddo. Il doversi prendere cura di lui aveva alzato tutti i costi mensili ed il figlio riusciva a malapena a coprire il costo del riscaldamento. Aveva dovuto prendere la triste decisione di riscaldare soltanto la camera da letto.

Koumyou gli afferra il colletto della camicia di colpo e reclama la sua attenzione.

“Cosa?!” Sbotta infastidito il biondo.

“Perché sono vivo?” Il tono della sua voce è serio ed il suo sguardo ha improvvisamente perso quella luce di follia che lo contraddistingue e che probabilmente viene spesso peggiorata dalle medicazioni che lo lasciano debole e confuso.

“Che razza di domanda è?” Chiede Sanzo stringendo il polso dell’altro. “Lasciami.” Ordina sospirando amareggiato.

“Perché sono vivo?” Chiede di nuovo, la voce è quasi uno stridulo adesso ed entrambe le mani si aggrappano alla giacca del figlio. Basta che quella domanda venga posta ancora una volta perché Sanzo sbotti esasperato.

“Smettila!” Urla afferrandogli entrambi i polsi e strattonandolo lontano da sé. Koumyou ricade sulla sua sedia ed il figlio si odia per questo. Odia dovergli urlare contro, odia quella situazione strana in cui sono finiti entrambi ed odia persino il genitore per la sua debolezza. Koumyou non è pazzo, non lo è mai stato. 

“Sei vivo perché lo sei sempre stato, questo è il semplice destino delle cose.” Risponde con rabbia Sanzo prima di lasciare la stanza e chiudersi la porta alle spalle. Ferito ed amareggiato, il biondo torna in salotto ed osserva il disordine lasciato. Anche lì, libri ovunque. La candela ancora accesa trema. Gli occhi ametista cadono sul sutra che il padre adottivo stava leggendo e lentamente lo raccoglie da terra. Koumyou aveva da sempre questa strana passione per sutra buddisti. Aveva speso tutta la sua vita per cercarli e collezionarli, Sanzo aveva ereditato quella peculiarità ed insieme ad essa l’abilità di riconoscere velocemente il vero dal falso. C’erano stati degli anni felici in cui i due avevano girato il mondo per cercarli ma Koumyou si era lentamente isolato nel suo mondo fino al giorno in cui gli era stata diagnosticata quella schizofrenia.

Il biondo siede nello stesso punto in cui il genitore era seduto pochi minuti prima e cerca di leggere le righe contenute nel sutra avvicinando la pergamena alla candela. Non aveva mai imparato a leggere il Giapponese, figuriamoci il sanscrito. Sanzo era nato in Giappone ma cresciuto per quasi tutta la vita in Occidente. 

Esausto, Sanzo arrotola le scritture e le ricolloca in uno dei cassetti della scrivania. Quando si avvicina alla candela per spegnerla, nota il proprio volto riflesso nel vetro della finestra e nota come il lampadario anch’esso riflesso sembra poggiato sulla propria testa. Ad una prima svista, sembra che una piccola corona si sia poggiata sul capo ed una strana sensazione gli aggroviglia lo stomaco.

Sanzo soffia sulla candela ed il riflesso svanisce. 

 

La mattina dopo è un po’ la stessa storia e la sua schiena emette un suono spaventoso quando si solleva dal divano, Sanzo caccia persino un gemito di dolore. La giornata ricomincia alle cinque del mattino, come d’abitudine. Una tazza di caffè, piedi nudi girando per casa ed il suo libro su cui lavora da oltre dieci anni che lo aspetta per metterci mano.

Dopo avere buttato giù oltre seicentomila parole nei primi anni, un continuo lavoro di revisione ha preso il resto del tempo conscio della lunghezza esorbitante di quella prima stesura. Sanzo inforca gli occhiali, apre il file e revisiona per circa due ore. Una seconda sveglia lo avverte che Koumyou è sveglio e dunque lascia il computer e la tazza di caffè vuota per aiutare Koumyou nel prendere tutte le medicazioni, rifare il letto ed avere una parvenza di normalità.

Quella mattina, Koumyou lo sorprende. Sanzo ha la sensazione d’essere tornato indietro a quando era ragazzino. Il padre adottivo è già seduto in poltrona a leggere, il letto rifatto e un sorriso che lo accoglie. La luce di follia presente negli occhi sembra passata. 

“Buongiorno.” La sua voce è pacata e gentile, Sanzo deve massaggiarsi la fronte convinto per un secondo di non essersi mai svegliato.

“Ti senti bene?” Gli domanda avvicinandosi con cautela, per paura che quella visione e quel momento possa infrangersi da un momento all’altro. Koumyou annuisce sorridente. “Mai stato meglio.” Risponde lasciando il libro sul comodino e sollevandosi dalla poltrona spingendo con le mani sui braccioli, le sue gambe tremano e Sanzo si premura immediatamente d’essergli accanto per dirigerlo verso la sedia a rotelle.

Il biondo non sa cosa dire, al contrario Koumyou sembra incredibilmente loquace e la sua voce riempie la casa con racconti di storie e viaggi intrapresi dai due. La mattina scivola con facilità ed una strana allegria che non pensava di poter provare di nuovo. Eppure Sanzo non riesce a goderne completamente, qualcosa lo turba, come un monito di non abbassare la guardia. Prima di lasciare casa per andare a lavoro, osserva Koumyou leggere nuovamente il sutra, questa volta con l’attenzione di chi sembrerebbe sveglio e conscio del presente e dello spazio.

“Chiamami se hai bisogno di qualcosa.” Urla Sanzo dall’uscio della porta prima di chiudersela alle spalle e scendere per le scale.

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Capitolo 3
*** Cinque Anni Prima ***


Capitolo 2 - Cinque anni prima

 

“La terra girò per avvicinarci, girò su se stessa e dentro di noi, per unirci infine in questo sogno, come è scritto nel Simposio.” La terra girò per avvicinarsi, Eugenio Montejo.

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Lunedì mattina Goku ha la nausea. Eppure non dovrebbe esserci motivo. È stato al negozio pochi giorni prima, ha conosciuto già un collega e la zona sembra affollata. Giurerebbe su Dio che si sente un leone. Ma quel groviglio allo stomaco risveglia una sorta di ansia e sfocia in una strana sudorazione fredda sotto i capelli. Se guarda il proprio riflesso nella finestra del treno, può giurare di vedere un paio di occhiaie violacee.

Forse ha solo mangiato troppo. Forse è solo un’indigestione. Niente che camminare per un paio di isolati non possa aggiustare.

Goku salta giù alla fermata dopo ed appena il freddo invernale gli rinfresca le guance, ecco che quella nausea passa. Prende un bel respiro e si stringe nel parka, tirando giù fino alle orecchie il berretto di lana colorato, un souvenir comprato anni prima in viaggio per il Perù.

Risale lentamente The Mall, così silenziosa al mattino e costeggia poi Green Park innevata. Non si vedeva una neve così alta da anni. Quando raggiunge il negozio, ecco che il magone ritorna ma lo caccia indietro dicendosi che è solo uno stupido a preoccuparsi.

Il volto sorridente di una donna dai capelli neri lo accoglie all’ingresso, la stessa donna con cui ha fatto il colloquio di lavoro e la stessa donna che gli ha offerto il posto alla galleria.

“Goku!” Esclama alla vista del moro. “Entra, entra pure!” 

Goku supera la soglia improvvisamente conscio di non essere mai stato in quella galleria senza turisti e la visione di tutti i pezzi appesi lo scuote. Sapeva cosa vendessero, ma vederli così vicini e dal vivo mette in lui una certa ansia e persino pudore. Primo tra tutti è il documento militare firmato da Napoleone stesso, appeso sulla parete centrale di sinistra, il suo ritratto lo osserva dall’alto. Sotto di esso la regina d’Inghilterra, una lettera indirizzata ad un amico e firmata da lei stessa. Il sorriso dolce incute meno paura ma il senso di magnificenza non riesce ad andarsene.

Goku rimane qualche istante con la bocca semichiusa ad osservare i quadri, la voce della donna lo risveglia da quell’incanto.

“Sanzo, arrivi giusto in tempo! Ti presento Goku, il tuo nuovo collega.”

Il biondo chiude la porta mentre si stringe nelle spalle per via del freddo e lancia uno sguardo prima alla donna e dunque al moro. “Ci siamo già conosciuti.” Commenta serafico.

“Aah, non ti preoccupare troppo di lui. Sembra un duro ma sotto la pellaccia si nasconde l’animo buono.” Ride la donna scatenando un sorrisetto divertito sul volto del più giovane. Sanzo di rimando butta gli occhi al cielo, sembra turbato da qualcosa e la direttrice sembra accorgersene.

“Tutto bene a casa?” Chiede verso Sanzo.

“Come sempre, Kanzeon. Come sempre.” Il biondo sparisce oltre la porta che conduce al retro del negozio prima che gli altri due presenti facciano lo stesso.

Kanzeon mostra a Goku la piccola cucina, l’ufficio ed il suo armadietto dove lasciare lo zaino e cambiarsi. La donna continua a parlare informandolo di uscite di sicurezza e delle ore di training da spendere per imparare i nomi e le date dei documenti storici ma Goku non ascolta o comunque finge in tutti i modi di ascoltare. I suoi occhi sbirciano la figura di Sanzo che siede nel cucinino, una mano regge un libro e l’altra regge una tazza di caffè nero bollente. Gli occhiali neri arpionati sul naso ed il completo blu scuro stirato alla perfezione, nemmeno una piccola crespa. Un perfezionista?

“Tutto chiaro dunque?” Domanda Kanzeon.

“Cristallino.” Annuisce Goku prima d’essere congedato e dirigersi verso gli armadietti. Il suo è proprio accanto quello di Sanzo ma rimane incuriosito dai nomi degli altri due dipendenti che non ha avuto ancora modo di conoscere. 

Stretta la cravatta, attaccato il name-badge e chiuso l’armadietto, Goku torna nella galleria, Kanzeon ha lasciato una pila di fogli con le descrizioni di ogni pezzo e qualche fatto interessante.

La mattinata vola silenziosamente con giusto qualche cliente curioso che si addentra nel negozio senza voler comprare nulla e Sanzo prevalentemente seduto alla scrivania con gli occhi puntati al computer. Non hanno spiccicato parola se non qualche rara occasione in cui il biondo annunciava di andare a bagno e si preoccupava di ricordare all’altro di non toccare niente

Goku trova il nuovo collega affascinante ed interessante. Tralasciando le ovvie distanze che il biondo sembra avere messo sin da subito, gli occhi ametista rivelano uno sguardo intelligente e molto umano. Come qualcuno che ha solo vissuto abbastanza nella sua vita da non essere più disilluso. I suoi occhi rivelano conoscenza.

Inoltre, Goku lo ha osservato sorridere alcune volte in presenza di alcuni clienti. Non un sorriso felice o affettuoso, ma più un sorriso di circostanza, giusto per non spaventare alcun cliente ed al contrario invogliarlo a curiosare tra i pezzi appesi al muro. In fin dei conti tutti prendono delle percentuali su ogni pezzo venduto, essere scorbutico sarebbe stata una scelta stupida.

“Hey Sanzo.” Qualcun altro entra nella galleria verso le dodici, un ragazzo alto dai capelli lunghi rossi vermigli legati in una coda. Goku finge di osservare la locandina firmata dall’intero cast del Padrino ma in realtà osserva attraverso il riflesso il profilo dello sconosciuto che cammina dritto verso il biondo il quale ricambia il saluto con un cenno del mento.

“Pranzo all’una?” Chiede il nuovo arrivato e Sanzo sembra pensarci un secondo ma l’altro lo interrompe prima che possa rispondere.  “Chi è quello lì?”

Una nota di fastidio risveglia Goku, in realtà senza saperne il motivo, ed il moro si volta per guardare Gojyo che sorride sardonico, sapendo di avere infastidito la nuova presenza.

“È il nuovo arrivato, Goku>Gojyo, Gojyo>Goku.” Sanzo arrangia velocemente le presentazioni senza degnare di uno sguardo entrambi.

“Piacere di conoscerti.” Si presenta il più giovane avvicinandosi ai due, Gojyo alza una mano di rimando e poi riporta la propria attenzione sul biondo.

“Pranzo. Vieni con noi?”

“Non so se posso lasciare il nuovo acquisto da solo.” Sanzo storce le labbra accennando con il capo Goku accanto a loro. Le sue parole sono taglienti ma tenta di fingere che non lo abbiano offeso appena.

“Sono sicuro di potercela fare, Sanzo. Ho tutte le note e se dovessi avere bisogno di aiuto posso chiedere a Kanzeon.”

Sanzo schiocca le labbra. “Onestamente, non ti aspettare granché da quella donna. Dammi il tuo telefono.” Il biondo allunga la mano in direzione di Goku, per un secondo sembra non capire ma il gesto dell’altro impone che gli venga dato il telefono senza porre troppe domande. Il più giovane cerca tra le tasche ed infine consegna lo smartphone al collega. Gojyo osserva quella scena divertito, uno strano sorriso tra le labbra e la luce accesa dello stupore negli occhi. 

Sanzo digita il proprio numero, Nome e Cognome e salva il contatto telefonico sul telefono dell’altro per poi riconsegnarlo. “Chiamami se hai un problema.” Sentenzia prima di girare i tacchi e sparire oltre la porta per recuperare la giacca. Mentre Gojyo attende il biondo, si volta ad osservare Goku. 

“Ti ho già visto da qualche parte?” 

“mmm.. non credo ma so cosa intendi. Hai un viso familiare ma sono sicuro questa è la prima volta che ci presentiamo. Quei capelli sarebbero difficili da dimenticare.” Scherza Goku amichevolmente e prima che l’altro possa aprir bocca, Sanzo torna con il cappotto blu scuro sulle spalle ed una sciarpa intorno al collo. “Andiamo.” Dice solo.

Goku saluta entrambi con un gesto della mano e li guarda uscire per strada. Gli occhi seguono i due fin dove possono. Una volta solo, osserva la galleria nel suo complesso e solo allora si accorge di un cliente che sembra particolarmente intrigato da alcuni pezzi. Il senso di nausea torna per un secondo ma Goku inghiotte il magone e si avvia deciso.

***

Hakki e Gojyo lo salutano. Sanzo si congeda con un cenno del mento e cammina lento in direzione della galleria con le mani nelle tasche. Gli occhi guardano le strade ma senza davvero vederle e la testa rivive gli strani episodi degli ultimi giorni. Quello strano cambiamento di Koumyou che d’improvviso sembrava tornato perfettamente lucido per poi ripiombare la sera stessa in uno stato confusionario. Il giorno dopo la stessa storia. Lucido al mattino, devastato alla sera e quel continuo su e giù di emozioni lasciano una voragine dentro Sanzo. Koumyou non fa che parlare di dovere essere morto per qualche motivo e la verità é che ogni sera quando torna a casa, l’immagine del padre adottivo morto lo perseguita. Ha nascosto ogni arma contundente e tutte le candele - le uniche due che teneva in un cassetto. Forse la paranoia del genitore sta inevitabilmente riversandosi anche su di lui. Ha persino buttato via una vecchia tenda che teneva sopra l’armadio per paura che potesse usarla per impiccarsi. 

Sanzo aspira dalla sigaretta ed il fumo grigio si condensa dentro la bocca prima d’essere aspirato in gola e dunque rigettato dalle narici. Ancora un paio di boccate. La testa lo ferisce ancora una volta, la visione di se stesso che apre la porta e scopre il cadavere morto di Koumyou per poco non gli fa rigettare il pranzo. 

Sanzo spegne la sigaretta sotto la scarpa e gira l’angolo. Quando apre la porta della galleria la nausea sparisce e lascia il posto alla sensazione di una doccia fredda. 

“Sanzo!” Urla Goku. “Grazie al cielo sei tornato!” La voce del più giovane è rotta dalla disperazione mentre le mani gli tremano per via dell’adrenalina in corpo. Circa dieci pezzi sono per terra, non sembrano danneggiati ma Sanzo toglie immediatamente il cappotto dalle spalle preoccupato che possano essere rotti.

“Che diavolo hai combinato?” Chiede scocciato stando attento a dove mettere i piedi ed avvicinandosi a Goku, quest’ultimo è bloccato al centro della stanza mentre regge tra le mani i fogli consegnati da Kanzeon ed una ricevuta. Sul viso ha un’espressione euforica. “Cosa?”

“Ti avevo detto di non toccare niente. Sono rotti?”

“Rotti? No, no! Un cliente! Credevo mi facesse impazzire. Ha voluto vederli tutti ma ha preso l’Apollo 11! Ho venduto il mio primo pezzo!”

Sanzo ferma il suo passo e i due si guardano, il biondo ha bisogno di almeno mezzo minuto per ricevere quella informazione. Poi inevitabilmente schiocca le labbra ed un sorriso sorpreso si affaccia su viso. 

“Venticinque mila pounds!” La voce di Goku questa volta è quasi un urlo e soltanto quando riesce a pronunciare queste parole ad alta voce allora si lascia andare ad una risata. Sanzo scuote il capo cercando di trattenersi dal ridere.

“Dai, scimmia. Smettila di sventolare quello scontrino e aiutami a rimettere gli altri apposto così ti faccio vedere come s’impacchettano e come si spediscono.” Sanzo di colpo si chiede quando è stata l’ultima volta che qualcuno è stato così entusiasta per una vendita. 

Goku non sembra fare troppo caso all’epiteto con cui il biondo lo ha appena chiamato, gli sembra persino che suoni bene. Insieme sollevano il pezzo più grande, una lunga cornice con all’interno un disco di David Bowie firmato dal cantante ed altre piccole foto per dare una struttura visiva piacevole ed accattivante.

Goku è agile e forte, gli occhi ametista osservano il corpo del collega mentre questo solleva e riappende agilmente alcuni pezzi decisamente più grandi di lui. Quando gli vede prendere da terra il primo vorrebbe fermarlo per aiutarlo, ma Goku è veloce e prima che possa dire qualcosa la cornice è già appesa al muro.

Goku di rimando rimane altrettanto sorpreso dal biondo, sembra almeno dieci anni più grande di lui ma sotto quel volto mezzo sciupato, Sanzo è solido. Le vene che scorrono sul dorso delle mani sono tese ma belle. Prima che possa accorgersene, Goku si trova a posare gli occhi sui glutei dell’altro ed appena Kanzeon si palesa dalla porta sul retro, il moro arrossisce, abbassa la testa e nasconde un sorriso imbarazzato ma divertito da se stesso.

“Dove eri tu per aiutarlo?” Sanzo rimprovera la donna senza mezze misure. Goku deve nuovamente nascondere una risata. Sembra esserci una sorta di amore/odio/rispetto tra la direttrice ed il biondo.

“Dove eri tu piuttosto! L’ho lasciato nelle tue mani.” Lo rincalza la donna. Kanzeon si preoccupa soltanto di raddrizzare una cornice.

Sanzo butta gli occhi al cielo, la direttrice da una velocissima occhiata alla situazione ed appurato che tutto sembra essere sotto controllo decide che la sua presenza non è necessaria. Torna nel proprio ufficio.

I due spendono le successive due ore ad impacchettare e preparare per la spedizione il pezzo appena venduto. Il tempo vola. Goku non si accorge nemmeno dello stomaco che ha cominciato ad emettere suoni mentre Sanzo non ha tempo per pensare. Non c’è spazio per la paura di tornare a casa o la preoccupazione di cosa stia facendo il padre. Le domande di Goku riempiono il silenzio. Il dovergli spiegare come prendersi cura degli angoli e di cosa scrivere sulla carta per la spedizione improvvisamente diventano un tocca sana.

Quando l’orologio segna le tre e mezza, Sanzo si lascia cadere sulla sedia dietro la scrivania, sfinito e Goku fa lo stesso su una delle due sedie davanti la scrivania, quelle che di solito sono riservate ai clienti.

“Sono distrutto.” Annuncia il più giovane. 

“Benvenuto al tuo primo giorno di lavoro.” Sorride divertito Sanzo. 

Prima che Goku possa aprir bocca, la porta del negozio si apre, il cliente a cui aveva appena venduto lil pezzo li avverte che ha cambiato idea riguardo la spedizione e che la macchina è fuori.

Sanzo scaccia con un gesto della mano il moro.“Vai a pranzo.” Ordina amichevolmente e Goku non se lo fa ripetere due volte.

***

Goku mette un piede dentro casa, è stanco morto. Le braccia sono indolenzite e le gambe gli tremano appena. Ora che la tensione del primo giorno è scemata, ecco che tutta l’ansia si trasforma in una colossale stanchezza mentale e fisica. Le luci in casa sono tutte spente, segno che i due coinquilini non sono ancora tornati ed è mentalmente grato di questo.

Si trascina sotto la doccia, riscalda un sacchetto di riso precotto nel microonde e quando il corpo impatta contro il letto ed il cuscino, un gemito di soddisfazione gli scappa dalla bocca.

Con una mano acchiappa il telecomando lasciato sotto il cuscino ed accende la televisione appesa al muro. Il suono del telegiornale lo culla ed accompagna velocemente in uno stato di dormiveglia. La sua mente sta per buttarsi nel dolce mondo dei sogni ma una vibrazione lo riporta bruscamente sul pianeta terra. 

Goku apre un occhio e la mano cerca a tentoni il telefono sul comodino. Un numero sconosciuto sembra richiedere la sua attenzione. 

“Pronto?” Risponde, la voce appena roca per via del sonno.

“Stavi già dormendo alle sette di sera?” La voce di Sanzo ha la stessa potenza di un macigno sullo stomaco. Goku si alza di scatto a sedere. “Sanzo?” Domanda stupito.

“Si.” Conferma il biondo camminando nell’ultimo tratto che separa la stazione da casa propria. Questa sera sembra fare ancora più freddo. “Ho chiesto il tuo numero a Kanzeon. Spero non sia un problema.” Spiega, ma il tono è imperativo e Goku ride tra sé.

“No, non fa niente. Hai fatto bene.” Risponde appena imbarazzato, non troppo sicuro del motivo di quella chiamata. I due si sono pur sempre appena conosciuti. “È successo qualcosa al negozio? Ho dimenticato qualcosa?” Chiede preoccupato.

Sanzo scuote il capo ma ovviamente l’altro non può vederlo.

“No, volevo soltanto congratularmi per la prima vendita. Non vendevamo niente da un paio di settimane, il resto del team sembra contento di cominciare un po’ di sana competizione. Quindi.. ben fatto.” Conclude sbuffando una risata. Goku ride dall’altro lato del telefono e per fortuna il moro non può vedere il sorriso che compare sul volto di Sanzo. Non vorrebbe ammetterlo, ma il suono di quella risata è piacevole. Chissà che non possa sentirla più spesso.

“Sono contento che sia andata bene. Hey, grazie dell’aiuto.” Nel buio della propria camera da letto, Goku si lascia cadere nuovamente sul materasso. Non sa da cosa dipenda, ma è felice che lo abbia chiamato.

“Cool.” Commenta il biondo. “A domani.”

“A domani.” Sospira Goku.

I due chiudono quella chiamata all’unisono. Sanzo alza lo sguardo, la luce di casa è accesa e l’ombra di Koumyou è visibile vicino la finestra. Il biondo sospira sollevato. 

Nessuna tragedia per stasera.

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Capitolo 4
*** Cinque Anni Prima ***


Capitolo 3 - Cinque Anni Prima

 

“Il più grande errore è credere che l’uomo abbia un’unità permanente. Un uomo non è mai uno. Continuamente egli cambia. Raramente rimane identico, anche per una sola mezzo’ora.” George Ivanovitch Gurdjeff

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Il secondo giorno la nausea è svanita. Goku salta giù dal letto con l’energia di chi spera di vendere ancora e ancora. Mentre faceva la doccia la sera prima il pensiero delle commissioni sulla vendita era apparso dentro la sua testa ed improvvisamente la semplice euforia d’avere venduto un pezzo così velocemente aveva aggiunto quel bonus inaspettato. Chissà quanto poteva guadagnare in un mese solo.

Goku divora la colazione, lava i denti ed indossa il berretto di lana, il paesaggio fuori è grigio e cupo e la neve sembra essersi completamente sciolta, alcune montagnette negli angoli cercano di resistere alla pioggia ma questa sciacqua via ogni cosa lasciando le strade pulite.

Il tragitto per lavoro è affollato e claustrofobico come sempre e Goku si ritrova ad affrontare il tragitto in metro schiacciato contro un palo o con lo zaino di qualcuno schiaffato contro il viso. Lui ci prova con tutte le sue forze a reclamare l’attenzione della gente per chiedere di mettere lo zaino per terra ma il suo animo pacifico alle volte lo trattiene e finisce spesso per sopportare interi tragitti soffrendo. 

“Hey, non lo vedi che non c’è spazio qui? Metti giù quella roba adesso.” Goku inarca le sopracciglia sorpreso. Preoccupato che il suo subconscio alla fine abbia tirato fuori quella frase dalla propria bocca senza accorgersene. Quando l’uomo davanti a sé finalmente toglie lo zaino dalle spalle e lo piazza per terra tra le proprie gambe, il volto di Gojyo si presenta sotto la luce tremolante del vagone. 

“Hey! Goku, giusto?” Il rosso fa cenno di saluto con il mento e Goku rimanda altrettanto impossibilitato a muoversi, dovranno mantenere le distanze per il momento.

“Giusto, Gojyo?” Il rosso annuisce confermando il nome.

“Vedo che sei sopravvissuto al primo giorno nella galleria. Com’è andata?” Scherza il più alto cercando di farsi appena più spazio in quel minuscolo anfratto vitale creatosi tra una vecchia signora seduta e due giovani alti quanto lui.

“Credo sia andata bene, sarò in fase di prova per i prossimi tre mesi ma al momento il lavoro sembra interessante. Ovviamente è solo il primo giorno e non ho nemmeno conosciuto il resto del team. Ho lavorato soltanto con Sanzo, voi due siete amici?” Chiede ricordando il rosso ed il biondo allontanarsi per il pranzo assieme.

“Amici è una parola grossa, il vero amico in comune è Hakkai ma sopportiamo le personalità l’uno dell’altro, mettiamola così.” Gojyo ride cercando di dare una descrizione che abbia un senso a quello strano trio che cerca d’incontrarsi ogni giorno a pranzo. Se dovesse davvero riflettere sul perché, non sarebbe capace di rispondere. Una strana forza di gravità li aveva uniti, come se non avessero davvero mai avuto scelta. Era inevitabile che dovessero conoscersi ed era inevitabile che dovessero passare del tempo assieme. Difficile da spiegare ad un estraneo sul treno delle sette e mezza.

“Oggi dovresti conoscere Dokugakuji, gli dirò di trattarti bene allora.” 

“Si, credo di avere letto il suo nome in uno degli armadietti. Conosci anche lui?” Domanda Goku dando un’occhiata verso fuori dalla finestra del vagone per assicurarsi di non mancare la propria fermata.

“Si, è mio fratello maggiore.” 

Goku offre un’espressione sorpresa ed annuisce, un po’ di circostanza non sapendo bene come continuare da quel punto ma il rosso rincalza con altre domande che rompono un po’ il ghiaccio tra i due.

“Hey, dovresti venire a pranzo con me e Hakkai oggi. Sanzo non c’è, ti facciamo vedere un po’ la zona e ci racconti un po’ di te.”

Goku annuisce. “Si, perché no!” Esclama sorridendo, non gli è mai dispiaciuto conoscere nuove persone e di sicuro non potrà che aiutare conoscere la zona. 

Una voce all’improvviso li avverte entrambi della prossima fermata e i due scendono insieme dal treno, districandosi nella valanga di gente che sembra arrivare da tutte le parti della piattaforma.

“Ti va di camminare? Sono letteralmente due fermate.” Chiede Goku indicando il segnale dell’uscita sopra le proprie teste. Gojyo ride e concorda con la decisione del più basso incamminandosi poi dritto verso le scale mobili.

Quando finalmente raggiungono l’esterno, Goku prende una boccata d’aria e solo allora nota Gojyo accendere una sigaretta. Il fumo grigio è pungente contro l’aria gelida di Dicembre.

“Credo di avere capito allora cosa vi lega tu e Sanzo.” Scherza Goku accennando alla sigaretta tra le mani del rosso.

“Ora che ci penso finisce per scroccarle spesso.” Ride Gojyo.

***

Sanzo solleva la schiena lentamente massaggiando una delle spalle ed il collo. Gli ci vogliono dieci interminabili minuti di dolore per mettersi in piedi ed assicurarsi che la schiena non si spezzi. Ha decisamente dormito meglio, nel senso che non ha mai finito per svegliarsi e non ha sentito alcun suono provenire dalla camera di Komyo. Eppure non è stata una notte così tranquilla. Sanzo ha sognato tanto, ne è abbastanza sicuro ma non riesce a ricordare niente. Chiude gli occhi e aggrotta le sopracciglia sforzandosi di ricordare qualcosa, ma nulla.

Mentre prepara un lunghissimo caffè Americano alcuni dettagli sbrecciano dentro la testa ma appena cerca di aggrapparsi ad uno di questi, ecco che il ricordo si volatilizza. Era qualcosa a che fare con Komyo. No, forse non era Komyo. Forse era se stesso? Il volto di Komyo compare e poi il suo si manifesta, entrambi contratti dal dolore. Entrambi… feriti?

Sanzo guarda la tazza di caffè tra le mani, quanto tempo è rimasto a fissarla? Scuote il capo e si trascina nel corridoio che conduce alla camera da letto. La apre lentamente per controllare che il padre sia ancora vivo. Si premura che respiri. Chiude la porta alle spalle. Risale il corridoio e torna in salotto piazzandosi dietro la scrivania. Inforca gli occhiali, accende il portatile e finalmente da la prima sorsata al caffè nero. Compiaciuto di quel traguardo e della pace di quel mattino, Sanzo osserva il cielo azzurro fuori la finestra prima di buttarsi sulla stesura del libro su cui lavora ormai da circa cinque anni. In sua difesa, ci sono stati così tanti cambianti negli ultimi anni da avere rallentato notevolmente quel processo di scrittura. Riportare tutte le annotazioni accumulate in una vita intera non è stato facile. 

Le prime ore della mattinata volano e quando solleva lo sguardo per cercare l’ora nell’angolo destro del computer, le dieci e mezza del mattino lo avvertono che è ora di mangiare qualcosa e preparare uno straccio di colazione per lui e per Komyo, sempre che questo non dorma ancora. Gli duole tremendamente ammetterlo ma stargli dietro è un lavoro a tempo pieno e nel suo unico giorno libero vorrebbe soltanto dedicarsi alla lettura ed al suo libro.

Prima di alzarsi dalla sedia, connette il computer alle casse ai lati di esso e accende in sottofondo una playlist di canti buddisti, gli erano sempre piaciuti, sin da bambino. Il volume è basso, appena udibile, non vuole disturbare il genitore nell’altra stanza.

Sanzo torna a sbirciare nella camera da letto, Komyo è già sveglio, seduto nella poltrona accanto al letto, deve essere riuscito a trascinarsi. 

“Buongiorno Sanzo.” Lo saluta il padre adottivo.

“Ti ho svegliato?” Risponde il biondo avvicinandosi cauto, non è mai troppo sicuro delle reazioni dell’altro. Eppure Koumyou questa mattina lo sorprende di nuovo, il viso è rilassato e gli occhi brillano di quella lucidità che Sanzo riconosce immediatamente.

“No, ero sveglio già da un po’ ma non volevo disturbare la tua scrittura mattutina. Come sta andando il libro?” La voce di Komyo è un piacevole toccasana. Sanzo ha bisogno di alcuni istanti per convincersi di non stare dormendo. Il padre è nuovamente sul pianeta terra. Conversa con lui come se nulla fosse accaduto.

“Ah… ahm.. grazie. Credo.” Nemmeno lui è certo di cosa rispondere. “Hai fame?” 

Koumyou annuisce sorridendo, le braccia fanno leva sui braccioli della poltrona e prima che Sanzo possa fare nulla per fermarlo o aiutarlo il padre adottivo si alza in piedi. Dritto come una canna senza nessuna esitazione. Sanzo rimane basito, non ricordava neppure che Koumyou fosse alto appena più di lui. Il tempo sembra tornato indietro a quando era bambino ed il padre adottivo era tutto il suo mondo. Non aveva mai avuto paura di niente in sua presenza. Il biondo fa un passo indietro, come per dare spazio all’altro e per un secondo i sogni della sera prima si riaffacciano dentro la sua testa e si proiettano nel mondo attorno a lui. Per un secondo o nemmeno una frazione di secondo, Koumyou è davanti a lui ma i suoi vestiti sono completamente diversi. Prima di battere le ciglia Koumyou è un monaco buddista e subito dopo avere riaperto gli occhi Koumyou ha addosso la solita vestaglia di casa annodata sul davanti.

Scombussolato da quello scambio di corpi e vestiti, Sanzo stringe i denti impaurito che anche lui sia sull’orlo di un collasso mentale. In silenzio esce dalla camera e si muove spedito verso la cucina.

“Eggs on toast?” Chiede ad alta voce per farsi sentire dall’altro senza avere il coraggio di voltarsi indietro per paura che la sua testa lo prenda in giro di nuovo.

“Si, grazie.” Risponde di rimando Koumyou, può sentirlo muoversi per la camera e rifare il letto. Le ore successive sono un susseguirsi di conversazioni surreali e sensazioni al di fuori dalla realtà. Un po’ come essersi risvegliati in un episodio di The Twilight Zone. Sanzo non può fare a meno di tenere gli occhi incollati sul genitore il quale dopo avere fatto colazione si è immediatamente candidato per fare i piatti e persino uscire per fare una spesa decente.

Sanzo alza lo sguardo sull’orologio, chiedendosi quanto durerà quel sogno.

***

Goku osserva l’orologio appeso al muro e lo stomaco brontola conscio dell’ora di pranzo che scatterà tra meno di dieci minuti. La mattinata è volata, il collega appena conosciuto sembra un chiacchierone con cui conversare facilmente. Essendo questo il fratello di Gojyo, ci ha tenuto a mortificarlo raccontando vecchie storie di quando erano bambini e ragazzini. I due hanno avuto decisamente un’infanzia movimentata ma anche divertente per certi aspetti.

Poi è stato un bel susseguirsi di clienti interessati a comprare e Goku ha sfruttato quell’occasione per ascoltare tutte le conversazioni iniziate da Dokugakuji ed imparare qualche fatto interessante o imparare qualche tecnica di persuasione.

Eppure ecco che finalmente l’ora scatta e Goku cerca immediatamente lo sguardo del collega il quale sbotta in una risata “Vai, vai.” Il più giovane non se lo fa di certo ripetere due volte. Corre a prendere parka e cappello e corre fuori. Non appena mette un piede fuori la porta, due voci reclamano la sua attenzione.

“Hey, Goku! Siamo qui!” Una voce lo spinge sulla destra sino a quando non vede Hakkai e Gojyo, quest’ultimo tiene una mano alzata per segnalare la propria posizione.

Hakki e Gojyo introducono il nuovo membro nella loro tana, la piccola caffetteria dove si ritirano ogni giorno per pranzo, i baristi ormai li riconoscono subito appena entrano e l’atmosfera è accogliente. Goku sceglie di tutto, affamatissimo e curioso di provare ogni panino o fetta di torta.

Pagato, ritirati i caffè e finalmente seduti con ognuno la propria scelta per pranzo, i tre conversano con una piacevole familiarità e con una certa naturalezza. Non sono troppo timidi, la chiacchiera arriva velocemente e in meno che se ne accorgano si ritrovano a scherzare come se si conoscessero da tempo.

“Quindi, dicci di te Goku. Cosa ti porta a lavorare nella galleria e come sei arrivato qui?” Hakkai ha un volto spesso sorridente e gentile ed il suo modo di parlare è eloquente e deciso, difficile dirgli di no.

“Non che ci sia molto da raccontare o comunque non abbastanza.” Comincia Goku abbassando lo sguardo sul gigantesco cinnamon roll. Gojyo ed Hakkai sembrano non capire. Il moretto prende un morso, mastica, deglutisce e solo dopo quella lunga attesa finalmente chiarisce. “Non sono molto sicuro di come sia arrivato qui, nel senso che non ricordo praticamente nulla dei miei primi sedici anni di vita. Da quel che mi è stato raccontato, sono nato in Sud Korea ma la mia famiglia mi ha dato via in adozione ad una famiglia Cinese. Poco dopo avere compiuto sedici anni la mia famiglia adottiva decise di trasferirsi in Europa, non so per quale motivo scelsero di prendere una nave, onestamente non ho mai capito il senso. Morale della storia, la nave colò a picco ed io sono uno dei pochi sopravvissuti, naturalmente rimasto in coma per circa due anni e mezzo. Quando mi sono risvegliato qui a Londra non avevo alcun ricordo e tutt’oggi non ho idea della mia vita prima del risveglio. Per questo ho un accento da north-london, per certi versi è come se fossi nato per la prima volta a diciotto anni.” Goku alza lo sguardo verso gli altri due presenti soltanto alla fine di quel racconto e solo allora si accorge del volto scioccato di Gojyo e del sorriso pietrificato di Hakkai. “Intendevo come sei arrivato qui.. da casa…”

“Cosa? Oh! Intendevi… oh damn! Scusatemi, ho frainteso la domanda!” Goku nasconde gli occhi dietro una mano imbarazzato per l’avere esposto all’improvviso quel tragico passato che i due non avevano richiesto.

“Come puoi raccontare una cosa del genere con tanta leggerezza?!” Sbotta il rosso.

“Non fa niente.” Cerca di mitigare Hakkai sorridendo imbarazzato. “È decisamente una storia incredibile, da ascoltare magari una sera dopo avere alzato il gomito.”

Gojyo sbotta in una risata e così segue Goku gettandosi sul proprio pranzo, le guance rosse non riescono a nascondere il totale imbarazzo.

“Vivo a Limehouse adesso. Di solito esco a Green Park e faccio un pezzo a piedi o a volte cammino da Westminster, dipende dalla giornata.” Il più giovane cambia discorso - o semplicemente lo riporta dove avrebbe dovuto essere. “E voi? Come vi conoscete?”

“Questa è decisamente una storia da raccontare solo in presenza di litri di alcool!” Scherza il rosso lanciando uno sguardo ad Hakkai il quale butta gli occhi al cielo.

“È meno eccitante di quello che vuol farti credere.”

“Raccontala tu allora!” Lo incalza Gojyo.

“Andrò con la versione breve e sarò felice di soffermarmi sui dettagli una sera dopo il lavoro. C’è un pub dietro la galleria.” 

“Ho visto un Be at One nella strada opposta.” Aggiunge Goku ma gli altri due lo interrompono subito.

“Oh no.. Gojyo non può più entrare al Be at One… in tutti i Be at One di Londra. O perlomeno non fino a quando non assumeranno nuovo personale femminile.” Hakkai lancia un’occhiata di rimprovero all’amico ma il rosso ride. “Non è colpa mia! Sono le ragazze che mi cercano!”

“Mi eri sembrato un po’ un pervertito ma non credevo di averne conferma così presto.” Goku rincara la dose.

“È molto peggio.” Aggiunge Hakkai con un’aria dispiaciuta sul viso, come se avesse in qualche modo fallito lui stesso nel prendersi cura di Gojyo.

“Hey, non sei mica mia madre! Smettila con la lagna e racconta.” 

“Va bene, va bene.” Hakkai ritorna al suo racconto. “Gojyo ed io ci conosciamo durante gli anni dell’Art College. Seguivamo lezioni diverse. Storia dell’Arte per me e Disegno e Scultura per lui. Immagino avrai già capito l’antifona con lui.”

“Era lì solo per le ragazze?” Chiede Goku. Gli altri due presenti annuiscono all’unisono.

“Ovvio che ero lì solo per le ragazze, dovresti vedere la tavole che disegnavo. Il mio professore continuava a dire che fossi un genio incompreso… lungi da me rinnegare le sue parole!” Il rosso ride.

“Abbiamo diviso un’appartamento insieme all’inizio  ma dopo circa un anno ho dovuto trovare un posto da solo. Con Gojyo era solo un via vai di ragazze. Ho dunque dovuto prendere la dura decisone di salvare la nostra amicizia e lasciarlo da solo in compagnia delle povere malcapitate. Altrimenti sarei finito in galera per omicidio. Per diamine se sai essere rumoroso.”

“Da dove arriva tutto questo risentimento improvviso? Sono passati oltre nove anni ormai.” Gojyo sbotta e Goku cerca disperatamente di trattenere una risata. “Inoltre, sei veramente un codardo a lasciare fuori il vero motivo per cui decidesti di lasciare. Ti sei forse dimenticato del periodo in cui eri un tantino ossessionato con il gioco e non avevi più soldi nemmeno per pagare l’affitto? Quante volte ho dovuto coprirti?”

Hakkai nasconde lo sguardo dietro la tazza di caffè gigante fingendosi non curante di quel commento. Goku rimane sorpreso dalla naturalezza con cui i due sembrano battibeccare mettendo a nudo il loro passato ed i loro problemi senza ferirsi. Un’amicizia al di fuori lo spazio e di cui lui piuttosto non è mai riuscito a vantarsi. Forse per via degli anni passati in coma e della totale sensazione d’essersi perso, Goku non è mai riuscito a legarsi davvero con nessuno. Eppure non appena quel pensiero si fa largo, per qualche ragione la chiamata della sera prima di Sanzo spazza via quell’insicurezza. La curiosità quindi si fa subito largo. “Hey, come conosci Sanzo?”

“L’ho conosciuto circa sei anni fa. Come Gojyo stava dicendo, ho avuto un periodo difficile in cui non riuscivo più a controllarmi e ho preso la dura decisione di ritirarmi in un centro speciale per chi soffre di dipendenza o in generale ha bisogno di aiuto per schiarirsi le idee.” Hakkai cerca di essere il più vago possibile, conscio della vita privata di Sanzo e della difficile situazione in cui si trova. Lo conosce troppo bene da sapere che non vorrebbe la compassione di nessuno.

“Sanzo ed io ci siamo conosciuti lì e per certi versi lui è stato anche un grande aiuto nella mia riabilitazione. Dopo il centro abbiamo lavorato insieme in HMV, il negozio di DVD ed album sulla via principale ed ho sempre trovato affascinante il suo modo di affrontare la vita. Sprezzante ed allo stesso tempo perfettamente consapevole delle proprie responsabilità.”

Tra i tre cala il silenzio. Gojyo volge gli occhi su Hakkai e poi cerca lo sguardo di Goku. “Un maniaco psicopatico.” Riassume il rosso.

“In buona sostanza? Si, certe volte gli vuoi mettere le mani addosso ma si finisce per sopportare nella speranza di ascoltare qualche sparuta perla di saggezza.” Hakkai sorride mortificato da se stesso per il ritratto orribile che ha appena presentato a Goku eppure quest’ultimo non sembra sconvolto, al contrario gli occhi color miele sono curiosi e genuini. Gli stessi occhi scorgono alle spalle dei due interlocutori l’orologio appeso alla parete. L’ora del pranzo è finita da un pezzo.

“Fuck! Oddio è tardissimo!” Esclama Goku raccattando le sue cose, la bottiglia di lucozade e sparendo oltre la porta.

***

“Fuck!” Sanzo geme di dolore all’ennesimo colpo di martello contro il muro che questa volta invece di colpire la testa del chiodo schiaccia il dito del biondo. Istintivamente porta questo alle labbra succhiando l’indice immediatamente gonfio.

“Dovresti metterlo sotto l’acqua fredda.” Koumyou lo guarda dal basso reggendo con le braccia la scala a pioli su cui Sanzo si è arrampicato per montare alla parete l’ennesima mensola su cui collezionare libri. Questa volta era stato diverso però, Koumyou aveva insistito che i due montassero insieme una mensola specifica per i cinque sutra che avevano collezionato durante i loro viaggi.

“Non è niente. Passami quello.” Il biondo accenna con il mento uno dei sutra abbandonato sul divano. Koumyou consegna il prezioso manoscritto all’altro e questo lo poggia sulla mensola appena montata. “Dovremo comprare un vero e proprio supporto, altrimenti non si vedranno mai dal basso.”

“Per il momento andrà bene.” Commenta criptico il padre consegnando gli altri quattro. Sanzo cerca di posizionarli in un modo consono o con qualche straccio di composizione estetica ma quando finalmente abbandona la scala e fa qualche passo indietro per osservare il proprio lavoro, la delusione è evidente. “Non si vede niente!” Sbotta aprendo le braccia.

“Va bene così per il momento. Ordinerò delle vetrinette.” Koumyou sorride con le braccia incrociate al petto e gli occhi puntati verso la mensola. Sanzo osserva il genitore chiedendosi ancora una volta quanto durerà quella farsa. Da un lato è felice e sollevato di vederlo rinsavito, in forze e il Koumyou che conosceva e che adorava da bambino ma allo stesso tempo una voce dentro la testa continua a dirgli di non fidarsi e di non rimanere nuovamente ferito se dovesse avere una ricaduta. Il biondo scuote il capo cercando di cacciare quel dolore al petto che ha conosciuto e visto tante volte. L’illusione del miglioramento e poi la ricaduta repentina.

Sanzo apre il pacchetto di sigarette poggiato sul bordo della finestra ed estrae due di queste. Una per lui ed una per Koumyou. I due siedono entrambi sul bordo con il freddo dell’inverno che investe i volti pallidi. Le gote di Sanzo diventano rosse in fretta mentre Koumyou sembra immune a quella temperatura gelida.

“Stavo pensando.. forse dovresti prendere il letto per stanotte. O fare dei turni da questo momento in poi fino a quando non troviamo una sistemazione più grande.” Koumyou inizia quella conversazione dal nulla tra una boccata e l’altra. Gli occhi ametista guardano il padre adottivo e poi scrutano le luci delle macchine per le strade. La luna piena incombe sulle loro teste. 

“No. Tu ne hai più bisogno, io posso resistere un po’ più a lungo.” Il biondo non da occasione di scelta.

“Insisto.” Koumyou non lascia spazio al compromesso e Sanzo lo conosce troppo bene, quel tono lo ha sentito tante volte quando era bambino e ragazzo. Se Koumyou prendeva una decisione, non c’era verso per lui di fargli cambiare idea. Solo che non riesce a fidarsi. Non che lo avesse mai recluso nella camera da letto, la porta è sempre stata aperta ma il saperlo nella stanza più lontana dal salotto lo ha sempre fatto sentire più al sicuro. La situazione opposta non gli farebbe chiudere occhio e dunque sarebbe quasi uno spreco dormire sul letto comodo.

“Non ho più quindici anni. Dormirò sul divano come sempre.” Sanzo emula il tono deciso di Koumyou ed aspira l’ultima boccata dal mozzicone schiacciandolo poi in una tazza vecchia e rotta usata per lungo tempo come posacenere. Non si era mai convinto a comprarne uno.

Mentre si allontana dalla finestra, può sentire lo sguardo del genitore perforagli le spalle e persino una strana aura d’astio. Sanzo si volta per invitarlo a rientrare e chiudere la finestra ma Koumyou sembra non sentire. Gli occhi del padre tornano ad osservare il cielo e poi scivolano sulla strada sotto di lui. Il corpo s’incurva appena nel vuoto e gli occhi ametista immaginano immediatamente il peggio. Sanzo muove un passo nella sua direzione ma prima che possa aprir bocca Koumyou ritorna dentro e chiude la finestra.

“Va tutto bene?” Domanda ingenuamente osservando l’espressione trafelata di Sanzo il quale ingoia il magone di terrore ed annuisce silenziosamente. Le mani gli tremano. “Vado a fare una doccia.” 

Silenziosamente si rinchiude in bagno cercando il proprio riflesso nello specchio. L’espressione non è cambiata, un velo di terrore si nota negli occhi ed insieme ad esso uno strano ed improvviso formicolio alle mani. I polmoni che si restringono. Quanti anni erano passati dall’ultimo attacco di panico?

Eppure quel vortice di emozioni è interrotto dalla vibrazione del proprio smartphone nella tasca dei jeans. Sanzo deglutisce un paio di volte per calmarsi e quando lo schermo si accende sul nome di Goku, un suono nella testa improvvisamente spegne tutti quei sintomi. Il biondo scivola il dito sul tasto rosso e porta il telefono all’orecchio dando le spalle al proprie riflesso e poggiando il proprio peso contro il lavandino.

“Hey! Ho fatto un’altra vendita!” La voce del nuovo collega è così forte da rimbombare nel bagno.

“Ehm.. cosa?” La voce di Sanzo si affaccia rauca ed incerta.

“Oddio stavi dormendo? Scusami, non volevo disturbarti.” 

Il biondo si schiarisce la gola e scuote il capo dimentico come sempre che l’altro non possa vederlo.

“No, no. Sono solo sorpreso della chiamata.” Risponde con sincerità.

Goku cammina lungo the Mall con le mani nelle tasche per tenerle al caldo e delle cuffie auricolari nelle orecchie. Il cavetto bianco è incastrato sotto i vestiti.

“Oggi sono stato a pranzo con Gojyo ed Hakkai, sembrano simpatici.” Ride il più giovane e Sanzo sbuffa una mezza risata insieme a lui. “Oh no, ti hanno catturato?” Domanda scatenando l’ennesima risata nel moro.

“Già, ma mi hanno raccontato un paio di storie divertenti.” 

Sanzo butta gli occhi al cielo cercando il bordo della vasca per sedersi con più comodità, completamente dimentico di Koumyou, dell’attacco di panico di pochi secondi prima e del mondo intero. Chiuso in quel bagno di appena tre metri-quadri, la voce del nuovo collega riempie ogni spazio e tutte le cellule del corpo e della mente di Sanzo. Di colpo non c’è spazio per la paura o per nascondersi. All’improvviso l’intero universo è riverso dentro quel telefono e la voce di Goku apre una grande voragine dentro cui viene risucchiato.

Passano i minuti e le ore e i due chiacchierano per tantissimo tempo e Sanzo continua a chiedersi quando è stata l’ultima volta in cui ha potuto parlare così liberamente con qualcuno. Quando è stata l’ultima volta che una chiamata così inattesa fosse la fonte di un sorriso celato.

 

 

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