Una Seconda Possibilità

di dirkfelpy89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** What If... ***
Capitolo 2: *** Il Giorno Dopo ***
Capitolo 3: *** Lottare ***
Capitolo 4: *** La Fine della Fenice ***
Capitolo 5: *** Questa Notte è Per Noi ***



Capitolo 1
*** What If... ***


Capitolo 1, What If

 



Il lontano eco di una potente esplosione risuonò in quel piccolo e deserto corridoio del quinto piano.
Severus Piton si fermò per qualche istante, osservando piuttosto preoccupato il forte vibrare dei muri e, per tutta premura, puntò la bacchetta verso le pareti pronto, in caso di crollo, ad avere salva la vita con un potente incantesimo difensivo.

Incantesimo che non fu necessario visto che le millenarie mura di quel castello si rivelarono molto più resistenti di quanto l'uomo avesse mai potuto pensare.
Affannato, Severus si appoggiò per un istante alle pareti, ora tornate immobili, e sospirò, asciugandosi la fronte dal sudore.
Stava perdendo tempo, la battaglia era ormai giunta quasi al culmine e già decine e decine di maghi e streghe erano morti o gravemente feriti e lui, lui che aveva una sola missione, stava fallendo miseramente.

Riprese a camminare, voltò l'angolo e con suo sommo orrore vide, al centro esatto di un ampio corridoio, il corpo riverso a terra di un giovane ragazzo con i capelli mori. Subito il cuore di Severus perse un colpo.
No, tutti, tutti ma non lui.
Con il piede spostò il cadavere e vide il volto di un ragazzo con lunghi baffi e una barba incolta.
Non era Potter.
Severus sbuffò, sollevato, ma poi subito si rabbuiò.

Che cos'era diventato? Certo, quel corpo non era Potter, ma era comunque appartenuto a una persona con emozioni, affetti, amicizie. Forse aveva una famiglia, dei genitori che aspettavano il suo ritorno e che invece avrebbero pianto la sua morte.
Non era Potter ma poteva permettersi di essere sollevato di fronte all'ennesima vita tolta da quella guerra?

L’uomo scosse la testa e continuò la sua ricerca spasmodica.
Trovare Potter, trovarlo e portarlo da Voldemort che avrebbe posto fine alla vita del ragazzo.
E pensare che aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita ad odiare con tutto sé stesso il giovane Potter ma allo stesso tempo provando a tenerlo in vita… non per lui, ovviamente neppure per il suo indegno padre, ma per lei, per Lily, e per onorare il suo sacrificio e far sì che non fosse morta invano.
E invece Silente aveva spezzato il suo sogno, uno dei tanti castelli in aria che quel vecchio aveva contribuito a distruggere.

Quel vecchio si era affezionato al ragazzo, lo aveva messo sotto la sua ala protettrice, aveva permesso che il giovane Potter commettesse, all’interno della scuola, le infrazioni più gravi e non per amore o per affetto ma solo per poterlo allevare e sacrificare al momento giusto. Quando aveva letto il libro di Rita Skeeter non aveva fatto molta fatica credere alle parole di quell’arpia, del resto ben presto Severus era giunto alla conclusione che, dietro la maschera da mago anziano saggio e buono, Albus Silente si portasse da sempre dietro una grande ombra impenetrabile.

Che cosa avrebbe fatto quanto avrebbe trovato il ragazzo e i suoi stupidi amici? Ovviamente metterli fuori gioco sarebbe stato un gioco da ragazzi ma avrebbe avuto davvero il coraggio di portare Potter al suo destino?
Avrebbe dovuto parlargli, spiegare il perché di tutto quello, che cosa si nascondeva dietro la sua profezia?
Dirgli che amava sua madre e che durante tutti quegli anni aveva vegliato su di lui?

Patetico. Davvero ti interessa il parere di Potter?

E se non lo avesse trovato? Se Potter fosse morto, colpito per sbaglio da un Mangiamorte?

"Oh, Severus, finalmente ti ho trovato!"
La voce untuosa di Lucius Malfoy riportò Severus alla realtà.
L'amico di vecchia data era comparso alle spalle del preside ed appariva trafelato ed impaurito. Poteva capirlo: si trovava nel bel mezzo della battaglia finale senza bacchetta e con un figlio coinvolto fino ai piedi. Poteva biasimarlo?
"Cosa c'è, Lucius?" Chiese Severus, asciutto.
"Il padrone ti cerca, ti vuole parlare," rispose Lucius, il volto del color latte rancido.
"Digli che sto controllando il quinto piano e appena ho terminato arriverò da lui."
"Ti… ti vuole subito, Severus," insistette Lucius, la voce roca, "vuole chiederti una cosa a proposito… a proposito della sua nuova bacchetta."

Piton si fermò, facendo un'enorme fatica a mantenere una parvenza di controllo. Nonostante tutto non poté non sbiancare in volto.
Ecco, aveva raggiunto il momento che tanto temeva sarebbe arrivato: Voldemort non era uno sciocco e prima o poi si sarebbe reso conto che la bacchetta di Sambuco non rispondeva a lui.

"Quanto tempo ci metterà a capirlo?" Chiese Piton.
"Nessuno può saperlo per certo. Dipende quando e quanto la userà," rispose il ritratto di Silente, soppesando attentamente le parole. "Ma comunque prima o poi lo farà e allora sono certo che sarai convocato al suo cospetto per un… chiarimento."


Ancora una volta il vecchio aveva avuto ragione, si ritrovò a pensare il preside. Nei loro piani però Piton aveva già trovato Harry e lo aveva già consegnato a Voldemort… quella rappresentava una grossa falla nel loro piano, una falla che poteva mettere tutto a repentaglio.
Come avrebbe potuto portare Potter davanti a Voldemort da morto?

"D'accordo," sibilò l'uomo. "Prima terminerò la mia ronda e quando avrò finito andrò da lui."
"Veramente il padrone ti vuole subito…" rispose Lucius, a disagio.
"E correre il rischio di lasciar vivo Potter? E se si trovasse nascosto a questo piano, magari qui vicino?" Rispose Piton, gelido. "Non commetterò questo errore, Lucius. Torna dal padrone e digli che tra dieci minuti sarò da lui."
Lucius aprì la bocca come per commentare quella decisione ma poi non diede forma ai suoi pensieri. Si limitò a dire: "Il padrone si trova nella Stamberga Strillante" e poi corse via.

Severus rimase immobile fino a quando i lunghi capelli di Lucius non scomparvero dalla sua vista solo allora estrasse nuovamente la bacchetta e con un ultimo sbuffo si smaterializzò.

/ / / / / / /



L'uomo ricomparve esattamente al centro dell’ufficio che aveva occupato nel corso di quell’anno scolastico.
L'ufficio del preside, faceva ancora molta fatica a considerarsi così, una carica che aveva occupato solo di facciata.
Ancora dopo un anno, quando entrava in quell'ufficio, inevitabilmente il suo sguardo andava alla poltrona vuota dietro alla grande scrivania, sicuro che ad attenderlo ci fosse Silente.
Ma Silente non c'era, di lui rimaneva solo una pallida imitazione nel quadro alle spalle della scrivania.

"Severus, ti sei materializzato direttamente qui quindi ho ragione di credere che le barriere di Hogwarts ormai non esistano più," il quadro di Silente parlò quasi serenamente. Era rimasto l'unico in quell'ufficio, tutti gli altri erano scappati via.
"Albus, ho cercato dappertutto ma non ho trovato i ragazzi," disse subito Piton, impaziente.
"Dippet mi ha riferito che qualche minuto fa ha visto Harry e i suoi amici al settimo piano," rispose pronto il ritratto, "forse dovresti controllare là."
"Temo che non potrò farlo…" borbottò Severus. "Voldemort mi vuole vedere, mi ha convocato alla Stamberga Strillante."
"Ah," il presidente del ritratto si limitò a osservare. Il quadro rimase in silenzio per qualche istante poi riprese a parlare.
"Sapevamo che questo momento sarebbe giunto, solo non mi aspettavo così presto. Ancora una volta Tom mi ha sorpreso: non credevo che ci mettesse così poco a scoprire il nostro inganno."
"Potter non si trova e Voldemort vuole porre fine alla mia vita. Temo proprio che il tuo astuto piano sia sull'orlo della catastrofe," commentò aspro Piton. "Ho fatto tutto quello che mi hai detto perché pensavo che tu avessi tutto sotto controllo e invece…"

"Severus, non ti arrendere così presto, e facilmente, alla rabbia e alla paura," lo interruppe Silente. "Non tutto è perduto, non se agiamo presto."
"E cosa potremmo fare?"
"Prima di tutto in questo momento Voldemort si deve sentire deluso, arrabbiato, sta per, molto probabilmente, uccidere quello che considera forse il suo braccio destro e non sono sicuro che possa mantenere il controllo sulla sua mente e sulle sue emozioni."
"Quindi… tu credi che aprirà la sua mente a Potter?"
"Ne sono quasi del tutto sicuro," rispose pronto il ritratto, "e quando arriverà potrai riferirgli la verità."
"E come potrò farlo se sarò morto?" Severus disse, arcigno. Erano passati già tre minuti, non aveva molto tempo.

"Tu non morirai, Severus," disse Silente, sereno. "Vedi, parti dal presupposto, secondo me errato, che Voldemort ti lancerà un Avada Kedavra ma ti sbagli. Tom sa essere decisamente impulsivo ma allo stesso tempo molto riflessivo nelle situazioni che contano. Sa che sei un mago esperto e molto forte e sa anche che al momento non ha ancora il pieno controllo della bacchetta. Non si fida di lei e perciò non si arrischierà a lanciarti addosso una maledizione così difficile da controllare contro un mago così arduo da sconfiggere. Userà piuttosto un alleato efficace e letale, uno che non ha mai sbagliato un colpo."
"Nagini." Sussurrò Piton.
Ma certo, tutto era chiaro. Voldemort avrebbe potuto utilizzare la bacchetta di Sambuco con qualsiasi altro Mangiamorte da due soldi ma con lui no, era troppo rischioso, meglio utilizzare Nagini. Ma quella bestia era un serpente e per quanto velenoso…

"Devo… devo fare un salto nel mio ufficio," sussurrò infine Severus.
Il ritratto annuì, sorridendo.
"Ti rimangono pochi minuti prima di insospettire Voldemort ma sono sicuro che assumere qualche pozione non potrà fare male."
"Bene… vado…" rispose Severus. Dopo un'ultima occhiata al ritratto del vecchio preside Piton si smaterializzò un'altra volta.

/ / / / / / /



Il suo vecchio ufficio da insegnante di pozioni era nel più completo caos. L'uomo rimase per qualche istante nascosto dietro un calderone, osservando circospetto la stanza, e poi, rassicurato del fatto che fosse completamente solo, uscì dal suo nascondiglio e si diresse verso alcuni scaffali ricolmi di boccette.

Il tempo stringeva e c'erano fin troppe pozioni. Non c'era altro tempo da perdere perciò Severus prese tre antidoti diversi che bevve uno dopo l'altro, gettò le boccette vuote per terra e poi, prendendo il coraggio a due mani, sì materializzò direttamente nella Stamberga Strillante.

Non appena atterrò al piano terra della Stamberga, il preside sentì subito lo stomaco attorcigliarsi e represse a fatica un conato di vomito. Avere ingerito tutte quelle pozioni così diverse in così poco tempo non era stata una scelta saggia ma non poteva fare altrimenti se voleva pensare di sopravvivere a Nagini. Sempre che Silente avesse ragione.
La Stamberga Strillante. Di tutti i posti che Voldemort poteva scegliere…
Ma forse era giusto così, chiudeva un cerchio iniziato a sedici anni.

"Severus… sei infine arrivato?"
La voce di Voldemort arrivò dal piano superiore.
"Sì, padrone. Mi perdoni ma ho dovuto controllare a fondo il quinto piano e ho ritardato di qualche minuto," disse Severus, avvicinandosi alle scale.
"Non ti preoccupare, Severus. Il nostro sarà un incontro piuttosto breve…" Voldemort rispose, la voce soave e minacciosa allo stesso tempo.

/ / / / / / /



Le parole del preside non servirono a nulla ma questo lui già lo aveva capito dall'espressione glaciale di Voldemort, il morso di Nagini arrivò così in fretta che Piton non ebbe nemmeno la possibilità di reagire.

La violenza dell'impatto scaraventò l'uomo contro la parete scivolando lentamente e penosamente verso terra, incapace di reagire. Il dolore era lancinante ma nonostante tutto non svenne e rimase sdraiato per terra ad occhi chiusi, boccheggiando in cerca d'aria.
Sentiva il veleno infiltrarsi nel suo corpo, avvelenare le sue vene, la testa girava all'impazzata ma non sveniva.
Resisteva.

Dopo qualche secondo sentì il rumore di una smaterializzazione e solo allora Severus sbuffò, cercando di raccogliere le energie per rialzarsi. Non era morto all'istante, quindi gli antidoti avevano fatto il loro lavoro, ma non sapeva quanto tempo gli rimaneva ed era vitale che Potter venisse avvisato.
Ma dove poteva andare nelle sue condizioni?
Un rumore alla sua destra attirò la sua attenzione: aprì gli occhi e vide il giovane Potter.
Quel vecchio non sbaglia mai.

Non c'era tempo da perdere, doveva raccontare al ragazzo il suo triste destino ma… non ce la poteva fare, la testa girava troppo e sentiva un sonno impossibile da respingere.
Se non poteva raccontare allora… allora… ma certo, allora doveva mostrare!
Con le ultime forze a sua disposizione Severus raccolse dentro di sé tutti i ricordi che avevano come protagonista Harry e Lily, un processo molto doloroso ma necessario.

Hermione sussurrò qualcosa, e Harry afferrò una fialetta dove raccolse i ricordi di Piton. Severus a quel punto si rilassò; non poteva fare altro, anche volendo le sue forze erano completamente andate.
Non aveva la certezza che quelle pozioni avrebbero funzionato fino in fondo, rimaneva a quel punto solo un ultimo desiderio.
"Guardami."

Harry voltò lo sguardo e i suoi occhi verdi si posarono su di lui.
Lily.
Lily, perdonami.
Lily, ho cercato di non rendere vano il tuo sacrificio.
Lily.
Lily, mi dispiace che sia finita così. Che debba andare in questo modo.
Lily.
Lil…

Buio.

/ / / / / / /

Salve a tutti, torno con questa storia che mi, e spero vi, accompagnerà per il resto dell’estate/settembre e lo faccio con un argomento a me caro.
Nonostante adori scrivere della 1a guerra magica/Mangiamorte/Purosangue/Politica dentro di me adoro la Harry/Ginny e la Ron/Hermione e mi sono sempre immaginato le avventure dei nostri dopo la fine del settimo libro.
Questa è la mia personale visione dell’estate successiva alla battaglia di Hogwarts…con una piccola aggiunta.
Per quanto non mi piaccia Severus assistere alla sua fine nel settimo libro non mi ha mai soddisfatto. Possibile che un Potion Master esperto abbia affrontato Voldemort senza alcuna precauzione?
Non mi ha mai convinto questa cosa e quindi a questa storia aggiungerò un po’ di what if che spero non vi dispiaccia.
Spero capiate che con questa fic esco un bel po’ dalla mia comfort zone quindi, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate ^^

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Capitolo 2
*** Il Giorno Dopo ***


Capitolo 2, Il Giorno Dopo

 



Non appena Harry, Ron ed Hermione uscirono dall'ufficio del preside provarono una sensazione che nel corso di quella battaglia sanguinosa non avevano ancora sperimentato: un'immensa stanchezza e il desiderio di riposare e dormire per ore e ore, se possibile.
Ne avevano abbastanza di guerra, dolore e lacrime.
Stavano solo allora iniziando, molto lentamente, a rendersi conto di quello che era accaduto, che Voldemort era stato sconfitto e che non sarebbe mai più tornato. Che ad attenderli non c'era l'ennesima avventura ma pace e tranquillità.

"Non so voi, ma ho una gran voglia di dormire," disse Ron, soffocando con molta fatica uno sbadiglio spaccamascella.
"Credete che riusciremo a trovare un letto nel nostro vecchio dormitorio?" Chiese Hermione, dubbiosa.
"Non resta che andare su alla torre di Grifondoro e provare," propose Harry. "Potremmo provare a materializzarci, le difese di Hogwarts non sono ancora state ripristinate, ma secondo me è meglio camminare, in queste condizioni rischiamo di spaccarci!"

Gli altri annuirono e, con un'andatura un po' ciondolante, il trio si diresse lentamente verso la scalinata principale.
Arrivati in un grande corridoio che portava direttamente alle scale però Harry, Ron ed Hermione si fermarono di colpo.
La professoressa Sprite, in compagnia di due grossi ragazzi di Tassorosso, stava trasportando una barella con sopra un cadavere coperto da un lenzuolo grigio. Un braccio ciondolava quasi per terra, un arto minuto con unghie colorate; una ragazza.
Ad Harry venne in mente, come un flash, il ricordo del corpo di Mirtilla Malcontenta trasportato nell'atrio della Hogwarts di numerosi anni prima e rabbrividì.

"L'abbiamo trovata in bagno," sussurrò la professoressa Sprite, gli occhi lucidi, "forse stava cercando di scappare dalla battaglia…"
"Ma tutti i corpi non sono già stati ritrovati?" chiese Ron, sorpreso.
"Hogwarts è grande e ci sono tanti passaggi segreti e piccole stanze che ancora non sono state controllate. Forse ci vorranno ore o giorni per sgomberare tutti i corpi," rispose uno dei ragazzi che trasportava la barella.
"Con permesso," borbottò la Sprite, avanzando e facendo strada al triste gruppetto.

"Miseriaccia, era così giovane," borbottò Ron, stringendo la mano di Hermione.
I due però trasalirono quando Harry esclamò ad alta voce: "Accidenti, ce ne stavamo dimenticando!"
"Di cosa stai parlando, Harry?" Disse Hermione, osservando Harry, sbigottita.
"Piton…"
"Piton… cosa?" Chiese Ron.
"Non hanno ancora recuperato il suo corpo!" sussurrò Hermione, portandosi una mano alla bocca.
"E nessuno sa che si trova alla Stamberga Strillante," concluse Harry.
"È vero," esclamò Ron, "ma allora dobbiamo avvertire qualcuno…"

"No, non possiamo," disse Harry, deciso.
"Ma…"
"Ascoltami, Hermione," Harry esclamò, "la gente non sa ancora quello che è accaduto, non conosce la storia di Piton fino in fondo. Certo, durante la battaglia ho spiegato alcune cose su di lui, ma in molti non hanno prestato attenzione, o semplicemente potrebbero non crederci. Stanno arrivando numerose persone che non hanno nemmeno preso la battaglia e loro non sanno assolutamente nulla."
"Solo noi sappiamo come si arriva alla Stamberga Strillante e perderemo troppo tempo a spiegare a un professore perché dobbiamo recuperare il corpo di Piton e come farlo," osservò Ron.
"Esatto, inoltre se lasciamo che qualcun altro se ne occupi c'è il rischio che sfoghi la sua rabbia sul cadavere," aggiunse Harry. "E, non so voi, ma adesso non ho proprio la forza per spiegare tutta la storia di Severus."
"Hai ragione, Harry," disse Hermione dopo qualche istante di silenzio, "ma saremo io e Ron a occuparci del corpo di Severus."
"Cosa? No…"
"Hermione ha ragione," replicò Ron, "sei troppo stanco, Harry, tu più di tutti hai bisogno di riposare."
"Ma io…"
"Tutti noi abbiamo serbato un immenso rancore per il professor Piton, nel corso degli anni," spiegò Hermione. "Tu hai avuto modo di onorarlo, sconfiggendo Voldemort, adesso tocca a noi cercare di sdebitarci con lui."
Ad Harry quella cosa non sembrava molto sensata ma dalle espressioni dei due amici capì che non aveva molta scelta.
"D'accordo," sospirò, "vi aspetterò su alla torre di Grifondoro ma non dormirò fino a quando non tornerete."
"Sta bene," annuì Ron.
"Andiamo, senza materializzazione ci impiegheremo un bel po',” disse Hermione, prendendo, insieme a Ron, la direzione opposta a quella di Harry

/ / / / / / /



Ron e Hermione scesero fino al piano terra non utilizzando la scalinata principale, preferendo passare da alcuni passaggi segreti che avrebbero reso la loro missione molto più veloce e segreta.
Arrivati nel salone d'ingresso però Ron si bloccò, osservando con sgomento le porte divelte dai cardini della Sala Grande. Hermione comprese che cosa dovesse passare per la testa del ragazzo perché si affrettò ad avvicinarsi a lui e a stringergli forte la mano; questo sembrò distrarre Ron dalle sue fantasticherie.
Scosse la testa e senza dire niente si allontanò dal luogo dove giaceva il corpo di suo fratello per dirigersi, a lunghe falcate, verso madama Chips, intenta, in un angolo della Sala, a curare alcuni ragazzi rimasti feriti nello scontro.

"Madama Chips, come mai si trova qui a curare i feriti?" Chiese Hermione, stupita.
"L'infermeria è praticamente esplosa per aria e con lei quasi tutte le pozioni che conteneva," borbottò la donna, intenta a fasciare il polso di un ragazzino.
"Non è che avrebbe, per caso, una pozione Corroborante in più per noi?" Chiese Ron. "Sa, questo scontro ci ha lasciato parecchio devastati," aggiunse.
"Oh sì, certo, si capisce," borbottò la donna, "sono stata appena rifornita da alcuni Guaritori del San Mungo…" prese una boccetta che porse a Hermione.
"Questa potete usarla. Dovrebbe bastare per tre sorsi, immagino che la porterete anche al signor Potter."
"Certo, certo," annuì Hermione, prendendo la boccetta tra le mani.
Con un'ultima occhiata tremolante, madama Chips li congedò per tornare a concentrarsi sui feriti.

"Bevi un sorso e poi passamela," sussurrò Ron, dirigendosi verso il portone d'entrata.
"Che cosa hai in mente, Ron?" Chiese la ragazza dopo aver bevuto un po' di pozione.
Arrivati fuori da Hogwarts, Ron a sua volta bevve un sorso di porzione e infilò poi la boccetta in una delle tasche interne della giacca.
"Per arrivare a piedi fino alla Stamberga Strillante ci vuole fin troppo tempo," disse, "ho pensato che fosse giusto, adesso che siamo un pochino più in forze, materializzarci davanti al Platano Picchiatore. Risparmieremo molto più tempo e potremmo tenerci l'ultimo sorso di pozione in caso di pericolo."
"Ron è un piano…"
"Sciocco, inutile?"
"No," esclamò la ragazza, sorridendo, "perfetto."
"Sempre questo tono sorpreso," rispose il ragazzo, prendendo sotto braccio Hermione e sparendo nella notte.

Del Platano Picchiatore, l'albero mostruoso che così tanto aveva terrorizzato i ragazzi durante i loro anni scolastici, rimaneva ben poco dopo la notte di guerra.
Quasi tutti i rami erano stati bruciati, la corteccia annerita e rovinata in più punti.
"Adesso non sembra poi così spaventoso, eh?" Disse Ron, di fronte alla carcassa dell'albero.
"Sì, non ha fatto proprio una bella fine," ammise Hermione.
"Il nodo sull'albero che apre il passaggio segreto però mi sembra che ci sia ancora. Chissà se funzionerà."
Per tutta risposta Hermione fece levitare una piccolo sasso che si trovava ai suoi piedi e lo scagliò contro il nodo. L'albero si afflosciò ulteriormente e il passaggio segreto apparve tra le poche radici rimaste ancora intatte. Con un bel po' di difficoltà i due ragazzi riuscirono a infilarsi dentro e, piegati praticamente in due per il basso soffitto e come guida solo la luce proveniente dalla bacchetta di Ron, che avanza per primo, percorsero il corridoio che portava alla Stamberga. Al corpo di Piton.

Dopo un quarto d'ora di avanzata silenziosa Ron Hermione dovettero fermarsi per qualche istante, sedendosi per terra per recuperare le forze e massaggiare le schiene doloranti.
"'Mione," Ron, a un certo punto, borbottò. "'Mione, quando arriveremo alla stamberga che cosa faremo?"
"Evocheremo una barella dove dovremmo adagiare… il professor Piton. Poi la faremo levitare e torneremo indietro per il tunnel," rispose Hermione, la voce bassa. Sembrava sicura, per niente intimorita dalla situazione, ma il ragazzo poteva intuire facilmente dallo sguardo di Hermione, rischiarata appena dalla luce tenue della sua bacchetta, che le cose non stavano proprio in quel modo.
"Un'immagine particolarmente incoraggiante," borbottò Ron. "Io, tu e il cadavere di Piton."
"Non abbiamo altra scelta, materializzarsi con un cadavere non credo che sia possibile e certo non voglio provarci stasera," rispose Hermione, stizzita.
"Scusami… è una situazione proprio assurda. Sono stravolto da questa giornata e non vedo l'ora di andare a letto e dormire per settimane e settimane," sussurrò Ron, accarezzando la mano della ragazza.
I due rimasero in silenzio per qualche secondo fino a quando la ragazza sussurrò: "Ron, mi dispiace per…"
"No, non adesso," rispose Ron un po' bruscamente, alzandosi in piedi con un grugnito. "Ci sarà tempo per pensare a Fred e a tutte le altre persone che non ci sono più… ma non posso permettermi di farlo adesso. Se mi fermassi non troverei il coraggio di fare quello che ci aspetta."
Hermione annuì leggermente e a sua volta si rialzò. I due, senza dire una parola, continuarono la loro penosa avanzata che si concluse un quarto d'ora dopo quando finalmente trovarono la fine del tunnel e la scaletta che portava all'interno della stamberga.

Non appena la coppia fece il suo ingresso al piano terra della Stamberga Strillante si accorsero subito che, fortunatamente, non si era introdotto nessuno all'interno della casa, dopo la morte di Voldemort. Un silenzio pesante circondava Ron ed Hermione, era ovvio che non ci fosse nessuno tranne loro e, al piano superiore, il corpo di Piton.
Al solo pensiero il ragazzo sentì le budella attorcigliarsi.
Tenendo sempre bene in alto le bacchette illuminate, cercando di fare più luce possibile, Ron si diresse verso le scale seguito da Hermione.
L'atmosfera era pesante, il ragazzo avrebbe voluto cercare di attenuare un po' quella tensione palpabile nell'aria ma la verità era che aveva la gola serrata da una morsa che non sembrava volerlo lasciare.

Sto per osservare il corpo senza vita di Piton, sto per compiere un viaggio lunghissimo nell'oscurità, in uno stretto corridoio, con il cadavere di Piton…

Trovarono il corpo del preside esattamente dov'èra morto, riverso per terra, la testa appoggiata a una parete rovinata.
Il volto, incorniciato dai lunghi capelli unticci, per la prima volta ai loro occhi appariva sereno.
Sembrava che dormisse, se non fosse per le ferite inferte dal serpente e per una chiazza di sangue che si allungava sotto il suo corpo.

"Povero professor Piton… e pensare che per tutti questi anni abbiamo dubitato di lui," sospirò Hermione.
"Sì, beh, diciamo che ci ha reso le cose molto facili, visto come si è comportato con noi," borbottò Ron, suo malgrado. "Sì insomma, lui e Silente avrebbero potuto avvertire Harry… 'Ehi ragazzo, a fine anno tirerò le cuoia e dev'essere Piton a uccidermi, per motivi che non vi riguardano al momento, ma non dubitate di lui!' Ci avrebbe reso le cose più facili."
Hermione scosse la testa, avvicinandosi a Piton. "Non avrebbe mai potuto rivelarci quelle informazioni, non con Harry che condivideva un pezzo d'anima con Voldemort!"
Ron alzò le spalle, non propriamente convinto, ma poi a sua volta si avvicinò alla ragazza che, nel frattempo, si era chinata sul corpo del preside.
"Cosa facciamo per prima cosa, evochiamo la barella? Hermione cos…"

La ragazza si era rialzata con uno scatto e osservava Piton con gli occhi sbarrati.
"Ro… Ron, ho distintamente sentito un respiro," disse, il tono acutissimo.
"Non dire sciocchezze, avrai sentito il mio!"
Per tutta risposta Hermione puntò con mano tremante la bacchetta alla gola dell'uomo e con enorme difficoltà sussurrò: "Sonorus!"

Distintamente, in quella stanza ormai in decadenza, i due poterono sentire un respiro debole che inequivocabilmente proveniva da Piton.
Ron ed Hermione si osservarono attoniti, il ragazzo si chinò sull'uomo e appoggiò l'orecchio al petto.
Tonf
Un lontano, debole, appena percettibile battito del cuore.
"Miseriaccia…. è vivo!"

/ / / / / / /



Arrivato davanti alla Signora Grassa, a Harry non servì nemmeno pronunciare una parola d'ordine perché subito il ritratto si aprì e il ragazzo poté entrare nella sua vecchia sala comune.
Non c'era anima viva, Harry lo aveva sospettato perché tutti erano ancora riuniti nella Sala Grande: nessuno aveva voglia di dormire ma la cosa non valeva per lui.
Non appena mise piede in quello spazio così comodo e familiare, però, il ragazzo dovette reprimere il desiderio di correre alla piccola scala a chiocciola che portava ai dormitori. Ma non era giusto che lui dormisse mentre i suoi amici cercavano di compiere da soli un gesto così bello ma allo stesso tempo gravoso.
Si sarebbe seduto su una poltrona e gli avrebbe aspettati, decise.

"Harry?"
Il ragazzo si voltò, sorpreso. Chi c’era?.
"Ginny."
Il cuore di Harry perse un colpo. La giovane Weasley era in piedi, di fronte alla scala dei dormitori.
Nei suoi piani le avrebbe parlato, certo, le avrebbe raccontato tutto quello che era accaduto e che cosa provava per lei… ma con calma, dopo essersi riposato e aver scelto le parole giuste da dire.
Non così, con lui insanguinato, stanco e pronto ad addormentarsi anche in piedi da tanta stanchezza provava.
"Cosa.. non eri…" balbettò, cercando con tutte le sue forze di reprimere l'ennesimo sbadiglio.
"Mi ha mandato Bill a cercare George, non sappiamo dove sia andato," disse lei.

Ginny piangeva raramente ma le sue guance portavano ancora i segni di numerose lacrime versate quella notte.
Era incredibilmente fragile e lui avrebbe dovuto rassicurarla, mostrarsi come il suo scudo alle cattiverie della vita, la verità era che non ce la faceva. Il suo cervello, ormai stanco, era dominato dal solo stimolo di dormire per recuperare le forze e affrontare quella conversazione il giorno dopo.
"Mi dispiace tanto per Fred e per tutti gli altri, non sai quanto," borbottò Harry, le parole che incespicavano, "ma è finita, Voldemort non c'è più."
"Più…" sussurrò Ginny, osservano l’altro intensamente.
"È dura, lo so, ma finalmente potremo pensare alle nostre vite senza la sua ombra…" continuò Harry ma si bloccò immediatamente perché l'espressione di Ginny era mutata.
"Le nostre vite?"
"Sì, insomma…"
"Sei sparito per un anno senza dirmi niente della tua missione o di quello che ti aspettava, stasera sei comparso all'improvviso e hai finto la tua morte," disse la ragazza, il tono duro.
Sapeva di essere ingiusta, stava sfogando le sue frustrazioni per quell'anno tremendo e maledetto con la persona sbagliata. Eppure Ginny non riusciva a fermare le sue parole e quei pensieri provati nei momenti più bui nella sua vita.
"Io… io non ho finto…" balbettò Harry, preso completamente alla sprovvista da quella reazione.
"E adesso che tutto è finito, Tac, la povera stupida, Ginny Weasley deve cadere tra le braccia del Salvatore del Mondo Magico?"

Quelle parole colpirono Harry come un pugno allo stomaco. Davvero? Davvero pensava questo di lui? Davvero questa era tutta la sua considerazione?
Non ebbe tempo di rispondere, però, perché improvvisamente alla sua destra si udì un crac e Hermione apparve.
"Hermione…"
La ragazza sembrava agitata come Harry non la vedeva da tempo.
"Harry, sono riuscita a materializzarmi qui, grazie alla Pozione Corroborante," disse Hermione, "pensavo di spaccarmi da quanto sono sconvolta."
"Cosa è successo, dov'è Ron?" Chiese Harry, per un attimo dimenticandosi completamente la discussione con Ginny, che a sua volta osservava i due con espressione accigliata.
"Harry… Ron è nel cunicolo con Piton," rispose Hermione, agitatissima, "Presto, devi venire con me, dobbiamo avvertire anche madama Chips e la Mcgranitt!"
"La Chips e la Mcgranitt?" chiese Ginny, "ma se Piton è morto…"
"È proprio questo il punto," esclamò Hermione, prendendo Harry per mano e avvicinandosi alla porta, "Piton… è vivo!"

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Eccoci qui. Ammetto che questo capitolo è stato un po' difficile da creare perché avevo mille idee su come far scoprire la verità ai ragazzi, e cioè che Piton è vivo.
Spero che questa soluzione vi sia piaciuta, la trovo quella forse più plausibile e ho voluto tanto inserire una scena della coppia Harry/Ginny. Ho cercato di mantenerli più Ic possibili, sappiamo che Harry non è proprio un genio per quanto riguarda le relazioni e dopo tutto quello che ha passato Ginny secondo me è plausibile che se la sia presa con la persona sbagliata.
Non preoccupatevi comunque ci sarà modo per rimediare nel futuro, anche se ora l'attenzione di Harry sarà concentrata inevitabilmente su Piton.

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Capitolo 3
*** Lottare ***


Capitolo 3, Lottare

 



Con un movimento controllato e, per quanto possibile, delicato, la splendente pietra bianca tornò alla sua posizione originaria. Harry, Ron ed Hermione osservarono in silenzio, per qualche secondo, la bianca tomba di Silente, finalmente tornata integra dopo che Voldemort aveva osato profanare quel luogo di eterno riposo.
Quando i tre si erano svegliati, quella mattina, una delle prime cose che avevano deciso di fare, insieme, era stata sistemare due situazioni ancora aperte: riparare la tomba di Silente dove avrebbero nascosto la bacchetta di Sambuco.
Harry sospirò, sollevato.
Finalmente non si sarebbe più dovuto preoccupare di nasconderla per paura che qualcuno gliela rubasse. Certo, nascondere la bacchetta più potente di tutte era una mossa che in molti non avrebbero compreso, ma la verità era che quel potente artefatto magico portava più guai che altro e adesso che il suo nemico più potente e mortale era stato infine sconfitto… non aveva alcun senso attrarre altri problemi.

I tre ragazzi si osservarono e poi di comune accordo si smaterializzarono da quella piccola isola, diretti nell'ufficio della McGranitt.
C'era un'altra situazione che doveva essere risolta, per lo meno in parte, quella mattina prima del funerale delle vittime della battaglia di Hogwarts, cerimonia che si sarebbe celebrata a mezzogiorno.

Hermione bussò alla porta chiusa dell'ufficio della donna la quale subito rispose con un secco: "avanti!"
Non era sola. Seduto di fronte alla scrivania della Mcgranitt infatti c'era il nuovo ministro della Magia, Kingsley Shacklebolt.
"Ministro, professoressa, grazie per aver organizzato questa piccola riunione," disse Harry, stringendo le mani del neo Ministro che sorrise, cordiale.
"Prima di tutto la mia nomina deve essere ancora ratificata e poi ministro… chiamami Kingsley!" Esclamò l'uomo, evocando tre sedie dal nulla.
"Ci sono novità sulle condizioni del professor Piton?" chiese Hermione, diretta alla professoressa.
"Chiaramente le sue ferite erano troppo gravi per essere trattato qui," disse la donna, "Sappiamo che si trova ancora al San Mungo e che non ho ancora ripreso conoscenza. Il professor Lumacorno si trova là, penso che prima del funerale potrà ragguagliarci sulle condizioni di Severus."
"A proposito di Piton," aggiunse Kingsley, "avete richiesto questa piccola riunione informale, prima del funerale, con molta urgenza. Di cosa si tratta?"

I tre ragazzi si osservarono per qualche istante e poi, come a un segnale convenuto, Harry parlò.
"Vogliamo parlarvi perché abbiamo letto i giornali e sappiamo che ci saranno numerosi processi, le illazioni su quello che è accaduto non si fermano. Voi due siete forse tra le poche persone delle quali ci fidiamo abbastanza per rivelare in parte quello che è accaduto in quest'anno."
"E sul reale ruolo avuto da Severus Piton nella caduta di Voldemort," aggiunse Hermione.
"Siamo pronti a riferire molte delle cose che confermeremo in tribunale, se necessario, ma ci sono alcune parti che preferiremmo restassero in questo piccolo ufficio," concluse Ron.

Kingsley e Minerva si osservarono negli occhi per qualche istante poi la donna sussurrò: "Grazie per la fiducia, ovviamente riferiremo solo quello che vorrete."
Kingsley annuì e Harry, dopo un lungo sospiro, iniziò il suo racconto.

Avevano deciso insieme fin dove spingersi, cosa raccontare e cosa nascondere: era chiaro che se avessero voluto dare una mano, e capire appieno che cosa fosse successo, dovevano raccontare gran parte della loro storia a qualcuno che possedesse un effettivo potere decisionale.
"Immagino che la storia parta dall'infanzia di Voldemort…"

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Il primo piano del San Mungo era sempre stato un reparto relativamente calmo, o perlomeno non affollato come gli altri: gli attacchi di creature magiche erano dopotutto piuttosto contenuti. Il professor Horace Lumacorno perciò si sorprese moltissimo dal via vai di Guaritori, calderoni, barelle o semplici visitatori che affollavano quel reparto tutto sommato di solito tranquillo.
Riuscendo a fatica a districarsi in quella massa di persone e oggetti, l'uomo riuscì dopo numerosi spintoni e improperi ad arrivare alla zona che ospitava i vari Guaritori del primo piano.
Non c'era nessuno tranne che per un uomo piuttosto anziano con lunghi baffi grigi: il Guaritore responsabile del Reparto Ferite da Creature Magiche, Fergus Mcghautrie.

"Salve, Horace," esclamò l'uomo, stringendo cordiale la mano dell'insegnante di Pozioni.
"Fergus, sempre un piacere!" Rispose costui con aria un po' altezzosa: Fergus era stato uno dei suoi primi alunni, uno dei membri fondatori del Lumaclub.
"Mi sono sentito con la professoressa Minerva Mcgranitt, qualche ora fa, mi ha annunciato il tuo arrivo. Si tratta del preside Severus Piton, non è così?"
Lumacorno annuì mentre Fergus recuperò la cartella clinica di Piton e la osservò con uno sguardo accigliato.

"Un caso molto complesso, molto molto complesso," borbottò poi, mettendo da parte la cartella e osservando il suo vecchio professore con aria grave. "Purtroppo al momento è impossibile vederlo di persona, ma comunque sarà sincero con te sulle sue condizioni."
"I morsi del serpente già di per sé hanno causato delle ferite importanti. A questo va aggiunto un veleno mortale e il fatto che non abbia ricevuto cure immediate. Onestamente è un miracolo che sia sopravvissuto fino a questo momento," disse, il tono professionale.
"Da quello che siamo riusciti a ricostruire, pare che abbia ingerito diversi antidoti prima dell'attacco del serpente," osservò Lumacorno.
"In realtà abbiamo trovato numerose tracce di antidoto nel sangue dell'uomo," rispose Fergus. "Se vuoi la mia opinione, Severus Piton deve avere iniziato a ingerire piccole dose di antidoti un paio di mesi fa. Questa scelta, insieme a quelli ingeriti poco prima dell'attacco, lo ha salvato da morte certa."
"E, secondo la tua esperienza, Severus sopravviverà?" Chiese Lumacorno, terrorizzato dalla risposta.
"In questo momento si trova ancora sotto sedazione," rispose, pronto, Fergus. "Ogni ora somministriamo diverse pozioni e antidoti ma il corpo è debole. Tutto dipende da lui e dalla sua volontà di reagire, di sopravvive, di lottare. Se manca quella sarà tutto inutile, noi non possiamo fare nient'altro."

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Quando, a mezzogiorno in punto, le prime persone iniziarono ad affollare il grande prato dove avrebbe avuto luogo il funerale collettivo delle vittime della battaglia di Hogwarts, Harry sentì che tutta la preparazione psicologica che aveva affrontato nelle ore precedenti e tutti discorsi e le sagge parole che si era studiato non sarebbero serviti a nulla.
Il ragazzo, un po' in disparte, osservò le due file di bare, ognuna delle quali recava sul coperchio il nome del deceduto e una piccola foto, e gli invitati, che lentamente sciamavano, con il cuore in gola.
Nonostante tutto sapeva che sarebbe stato inevitabilmente al centro dell'attenzione, che avrebbe dovuto fare il giro di tutte le bare e consolare i familiari e gli amici presenti e alla fine tutti avrebbero atteso il suo inevitabile discorso al termine di quella cerimonia pubblica.
Rivedere quelle bare, i volti più o meno familiari che sorridevano dalle foto, avrebbe riaperto una ferita che ancora sanguinava copiosamente.
Ma del resto quello era il suo compito, tutti i presenti si aspettavano la presenza del Salvatore del mondo magico.
Tutti… e se lo avessero odiato? Se i familiari delle vittime non lo considerassero come il salvatore del mondo magico ma come un ragazzino che aveva mandato persone innocenti alla morte?
Perché così si sentiva, molto poco eroico. Senza il sacrificio di decine e decine di persone lui non sarebbe vivo, questo lo sapeva molto bene.

"Harry… sei pronto?"
Hermione, in piedi al suo fianco, osservava il ragazzo con espressione ansiosa.
"Sì," rispose Harry, la salivazione azzerata.
"Bene… io… io starò con Ron, d'accordo?"
Il ragazzo annuì, lo stomaco contratto.
Gli ospiti nel frattempo erano tutti arrivati, i confini del Castello sigillati, anche se in modo un po' approssimativo, per la prima volta dalla fine della battaglia.
Con passo incerto, Harry si avvicinò verso le bare e i primi invitati.

La mezz'ora successiva fu una delle più difficili della sua giovane vita.
Ben presto Harry capì che alle famiglie dei defunti non interessavano discorsi triti e ritriti o parole vuote, senza alcun significato per loro, ma piuttosto un abbraccio, o una stretta di mano, molto spesso era tutto quello che serviva per trasmettere i suoi sentimenti.
Raccontò alla signora Canon di quanto fosse stato coraggioso il piccolo Colin, pronto a rischiare la vita pur non avendo l'età giusta per combattere, consolò decine e decine di famiglie e amici inconsolabili ma che avevano bisogno di sentire il simbolo della resistenza vicino a loro.
Di vedere che i loro cari non erano morti invano.

L'unico momento di tensione fu quando l'ex ministro della Magia, Cornelius Caramell, si presentò ma dovette subito ritirarsi, accompagnato da una caterva di fischi e occhiatacce.
Sicuramente il momento più triste fu quello della famiglia Weasley. George era assente, si era rifiutato di partecipare al funerale del fratello, Percy piangeva, inconsolabile, abbracciato al signor Weasley mentre Ron e Bill sorregevano Molly con fatica.
Anche in questo caso non ci furono bisogno di parole. Harry abbracciò tutti, cercando di imprimere in quegli abbracci tutto il suo senso di colpa, la gratitudine per quello che avevano fatto e per quanto era stato sacrificato per lui.
Più di tutti gli altri invitati temeva di vedere nei loro occhi la rabbia, se Fred era morto era anche colpa sua in fondo perché aveva attirato Voldemort a Hogwarts.
Negli occhi dei Weasley però vide solo tristezza e rammarico, soprattutto in quelli di Percy, e quando Ginny si avvicinò a lui e lo abbracciò, piangendo, Harry pensò di fermarsi là e di asciugare tutte quelle lacrime. Sarebbe rimasto là per ore, a sotterrare il suo dolore in quell'abbraccio, ma non poteva: c'erano altre bare, altri corpi e altre famiglie inconsolabili.

Fu con molta fatica, e dopo aver fatto per due volte il giro di tutte le bare, che infine il ragazzo si decise ad avvicinarsi alle ultime due, quelle di Remus e di Tonks.
Non riusciva ancora a credere che non avrebbe più visto Remus, e le sue sagge parole, oppure Tonks, e la sua innata voglia di vivere e scherzare. Se avesse visto le foto di quei due sulle loro bare allora… allora avrebbe significato che la cosa era reale, tangibile, e Harry non voleva, non poteva pensare una cosa del genere. Si rifiutava di crederci.
Alla fine le sue gambe si avviarono da sole, contro la sua volontà, perché c'era una donna con la quale non aveva ancora avuto occasione di parlare, una donna che aveva in braccio un bambino in fasce e che assomigliava terribilmente a Bellatrix Lestrange.

"Signora…" no, non poteva chiamarla 'Tonks', non voleva pensare a Dora. "... signora Black?"
Andromeda si voltò nella sua direzione, evidentemente sorpresa di essere chiamata in quel modo, i suoi occhi si posarono su Harry e una piccola ruga apparve tra i suoi occhi. Non aveva pianto, il suo contegno Black aveva avuto il sopravvento o forse, molto più probabilmente, il suo dolore andava al di là delle lacrime. A Harry ricordò terribilmente la madre di Cedric Diggory: distrutta, vuota, ma allo stesso tempo composta nel lutto e nel dolore.

"Mio marito è morto ma comunque ho deciso di conservare il suo cognome, del resto Andromeda Black non c'è più da molti anni, signor Potter."
Harry annuì e sentì immediatamente le guance arrossire: possibile che con quella donna non riuscisse ad iniziare una sola conversazione con il piede giusto?
"Io… mi dispiace molto per quello che è successo a suo marito, a Remus e Dora...”
Harry arrossì ancor di più. Che parole fiacche e vuote, proprio quelle che si era ripromesso di non usare.
Il fatto era che Andromeda Tonks aveva costruito una corazza intorno a sé e il ragazzo dubitava che avrebbe potuto romperla con un semplice abbraccio o con una stretta di mano.
"Questa notte ho perso anche una sorella…" sussurrò la donna.
"Possibile che provi pietà per quella donna che ha ucciso…" Harry mormorò, suo malgrado.
"So quello che ha fatto e so anche che, se avesse potuto, avrebbe ucciso anche me ma questo non cambia il fatto che la sua morte non mi procuri gioia," rispose la donna, la voce acuta. "È morta, sì, ma questo non riporterà indietro i miei cari."

Harry distolse lo sguardo dalla donna e lo posò sulla Foresta Proibita, cercando le parole giuste da dire. Forse aprirle il cuore con sincerità avrebbe funzionato per fare breccia in quella barriera impenetrabile.

"Quando Sirius morì ho desiderato ardentemente la morte di Bellatrix. Sono anche riuscito a lanciarle un Cruciatus ma non credo che abbia sortito molto effetto," disse infine Harry, dopo qualche secondo di silenzio.
"E quando Sirius è morto non desideravo altro che stare da solo… però poi mi assalivano cupi pensieri e allora ecco che cercavo la compagnia degli altri. Solo che nessuno riusciva a capire il mio dolore e i tentativi maldestri di tirarmi su sortivano l’effetto contrario."
Al solo ripensare a quei giorni lo stomaco del ragazzo si contrasse: faceva ancora terribilmente male.
"Hagrid una volta mi disse che Sirius era una persona vitale e che sarebbe stato felice di morire in quel modo. Io pensavo solo che Sirius non avrebbe mai voluto morire!"
Nessuno di loro avrebbe voluto.
"Quindi, ecco, capisco quanto a poco servono tante parole inutili. Le volevo solo dire che… che gli volevo bene."

Andromeda abbassò la testa, apparentemente colpita dalle parole del ragazzo.
"Ho cercato di fermare Dora,” disse infine, la voce poco più che un sussurro, "ho tentato di farle capire che le cose sarebbero andate bene anche senza di lei, che Remus ce l'avrebbe fatta, che suo figlio aveva bisogno di lei. Ma non ha voluto darmi ascolto, appena ho voltato lo sguardo è scappata."
"Immagino che abbia preso da suo cugino," rispose Harry, "anche lui poteva rimanere al calduccio del quartier generale dell'Ordine ma ha preferito affrontare la morte pur di salvarmi. Certe persone non sono fatte per rimanere in disparte ad aspettare."
Andromeda singhiozzò e l'ombra di un sorriso amaro comparve sul suo volto. Proprio in quel momento il bambino che aveva in braccio si mosse e solo allora Harry notò che aveva dei capelli gialli fosforescenti.

"È… Teddy, vero?"
"Sì," rispose la donna, "tutto quello che mi è rimasto è questo piccolino…"
"Immagino che lo sappia, " disse Harry, "ma Remus e Dora mi avevano nominato come suo padrino. Insomma, non c'è stato il tempo per un battesimo ma comunque credo che…"
Il ragazzo si zittì, sorpreso dalla reazione della donna che, a sentire quelle parole, si ritrasse, tenendo Teddy ancor più stretto tra le sue braccia.
"Sì, sei il suo padrino ma… ma non me lo porterai via!" Esclamò la donna, agitandosi.
"Portarlo via?" Rispose il ragazzo. "No… è sua nonna, non vorrei mai… mai una cosa del genere. È giusto che viva con lei, l'unica cosa che le chiedo è di essere presente nella sua vita."
A quelle parole, la donna si rilassò leggermente.
"Voglio esserci, ecco, quando lei avrà bisogno di una mano," aggiunse Harry, osservando il bambino e reprimendo a fatica le lacrime, "quando Teddy inizierà a muovere i primi passi nel mondo della magia, quando avrà problemi di cuore e cercherà consigli, anche se non so quanto le mie parole potranno essere sagge. Voglio essere una figura di riferimento per lui… perché so cosa significa crescere senza averne una."
Andromeda rimase per qualche secondo in silenzio, soppesando le parole del ragazzo che aveva di fronte.
"Quando ti scelsero come padrino, io ero contraria. Eri una figura troppo in vista dal nemico, c'erano persone più adulte, più sagge e più sicure… non capivo il perché di questa scelta, " disse infine, "ma, a quanto pare, le persone così non sono fatte per rimanere in questo mondo. Ti manderò un gufo, appena tutto sarà sistemato, così potrai conoscere Teddy."
"Grazie…"

Andromeda annuì e si voltò. In lontananza Kingsley aveva preso posizione sul palchetto e stava iniziando un evidente lungo discorso.
Doveva andare, il prossimo sarebbe stato il suo, ma poi subito si fermò: le erano venute in mente le prime parole della donna.
"Ha perso una sorella, certo, ma forse ne può recuperare una," sussurrò rivolto ad Andromeda la quale evidentemente non comprese.
"Narcissa."
"Io per lei sono morta e adesso che il suo signore è caduto lo sarò ancora di più."
Harry scosse la testa, si avvicinò alla donna e sussurrò: "Narcissa mi ha salvato la vita nel bosco: ha mentito al suo signore per salvare suo figlio. Prima ancora che la lealtà per Voldemort, a guidarla è stata quella per suo figlio. Le parli, sono sicuro che, dopo tutto quello che è successo, l'ascolterà."
Detto questo salutò Andromeda, che rimase pensierosa e in silenzio, e si avviò verso il palchetto.

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Fare un discorso pubblico e attirare ancora di più l'attenzione su di lui, specie in quel momento così delicato come il funerale dei caduti della battaglia di Hogwarts, era un'idea che a Harry non piaceva affatto. Era stata un'idea del nuovo Ministro della Magia per lanciare un forte e deciso messaggio ai sostenitori di Voldemort ancora presenti nel paese: nonostante le numerose vittime la comunità magica resisteva ed era pronta a continuare la lotta.
Se qualsiasi altro Ministro della Magia nella storia avesse proposto questa idea ad Harry lui si sarebbe rifiutato, ovviamente, ma non gli sembrava giusto fare questo torto a Kingsley e perciò, anche se con numerose riserve, aveva accettato di rilasciare una breve dichiarazione.

Osservò la folla davanti al palco trattenendo l’istinto di darsela a gambe. Non poteva farlo, non a Kingsley e a tutta la gente che lo osservava in attesa.
"Grazie, grazie per essere qui, oggi," disse il tono della voce piuttosto insicuro, "non è facile per me parlare pubblicamente, ed intromettermi in questo dolore, ma è necessario farlo, soprattutto per lanciare un messaggio a chi ancora crede al messaggio di violenza e sopraffazione di Voldemort."
Numerose persone nel pubblico si ritrassero a sentire quel nome. Al ragazzo venne in mente il pomeriggio di qualche anno prima alla "Testa di Porco" quando quel nome sortiva ancora quell'effetto e per la prima volta si trovava a parlare a una platea che pendeva dalle sue labbra.
"La comunità magica è stata profondamente ferita nel corso di questi anni, una ferita che farà molto fatica a rimarginarsi," continuò Harry e davanti a sé, nella sua mente, vide i volti di tutte le persone care che aveva perso.

"Oggi è il momento del dolore, di stringerci tutti insieme e piangere chi non c'è più. Ma se vogliamo che il loro sacrificio non sia stato vano allora da domani dobbiamo decidere di agire, rimettendo in sesto tutto quello che è stato distrutto da Voldemort e dai suoi seguaci."
Vide alcuni volti annuire convinti e sentì distintamente Hagrid ululare: "ben detto, ragazzo!"

"In memoria di tutte le persone che abbiamo perso dobbiamo reagire e combattere per ciò che è giusto anche, e soprattutto, nel loro nome. Perché non possono fare più nulla… ma noi sì, noi possiamo lottare per cambiare le cose. Lottare,” esclamò, “lottare, non ci rimane altro da fare!"

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Ammetto che questo capitolo è stato uno dei primi che mi sono immaginato dopo aver terminato di leggere il settimo libro e più o meno non è cambiato molto da allora.
Spero di essere riuscito a descrivere in maniera perlomeno decorosa uno dei momenti più delicati dell'immediato dopoguerra e di aver mantenuto il più possibile IC i protagonisti.

Prossimo capitolo vedremo finalmente i nostri fuori dalla scuola e chissà come e quando Piton si risveglierà!
Grazie ancora a chi ha messo le storie tra le preferite e le seguite, a chi recensisce e ci vediamo alla prossima!

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Capitolo 4
*** La Fine della Fenice ***


Capitolo 4, La Fine della Fenice

 



Terminata la funzione funebre, venne il momento per le famiglie di reclamare i corpi dei loro cari per i vari funerali che si sarebbero tenuti in formula privata, mentre i caduti senza più familiari in vita ottennero una dignitosa sepoltura a spese dello stato.
Harry rimase nel castello insieme ad Hermione per altri due giorni, Ron era tornato a casa insieme agli altri Weasley, giusto il tempo di organizzare le sue cose e di avere un ultimo colloquio con la Mcgranitt.

"Nel corso dell'estate i professori rimarranno qui per iniziare la ricostruzione del Castello. Il ministro ci ha assicurato che invierà periodicamente alcuni collaboratori," disse la donna, seduta al tavolo dei professori in compagnia dei due ragazzi, "perciò credo che riusciremo ad aprire il primo settembre, anche se con alcune zone inaccessibili."
"Professoressa, se lei desidera, posso restare qui a dare una mano," propose Harry.
"Per dover riparare tutto quello che è stato distrutto è necessaria la presenza di maghi adulti, Harry. Anche se apprezzo la tua offerta, è meglio che torniate a casa. Sarete più utili là," rispose la donna con uno dei suoi rari sorrisi.
E così, il 10 maggio Harry e Hermione fecero ritorno alla Tana, lasciandosi alle spalle l'odore di distruzione e morte che il castello portava ancora con sé.

I giorni seguenti furono estremamente strani: la Tana, senza l'energia portata dai gemelli Weasley, sembrava terribilmente silenziosa e, per quanto tutti cercassero di tirarsi su il morale a vicenda, Harry non riusciva a gioire appieno della fine della guerra.
Tutte le mattine si materializzava presto al San Mungo per ricevere notizie aggiornate sulle condizioni di Severus Piton. Nonostante l'uomo continuasse a rimanere privo di coscienza, lentamente il suo corpo stava riprendendo le forze e, secondo i Guaritori, era questione di giorni prima che si risvegliasse.
Terminata la visita rituale al San Mungo, Harry poi trascorreva, spesso in compagnia dei suoi amici, quasi tutta la giornata al Ministero della Magia. Fin dalla fine della guerra aveva deciso che non poteva rimanere in disparte e lasciare che gli altri facessero il suo lavoro di ricostruzione e perciò, non potendo entrare direttamente in azione non essendo ancora un Auror, fece tutto quello che era in suo potere per far arrestare più Mangiamorte o sostenitori possibili ancora in libertà.

Non appena venne nominato Ministro della magia, Kingsley aveva subito deciso che avrebbe cacciato dal Ministero tutti i membri che avevano sostenuto Voldemort e anche quelli che non avevano fatto niente per fermarlo, preferendo accettare le sopraffazioni del nuovo regime pur di non perdere il lavoro.
Subito dopo essere entrato in carica, però, dovette fare i conti con la realtà: se avesse cacciato via tutti i membri che non si erano opposti al governo dell'ultimo anno e che avevano semplicemente chiuso occhi e orecchie, si sarebbe ritrovato solamente con un manico di maghi a governare il mondo magico inglese.
Decise perciò di tornare parzialmente sui suoi passi e permise a questi burocrati di continuare la loro presenza nel Ministero della Magia, anche se privati di tutte le posizioni di potere.

Per questo motivo Harry, insieme a Ron, Hermione e a tutti i membri della resistenza all'interno di Hogwarts dell'ultimo anno, riversarono il loro fiume di testimonianze e accuse direttamente al nuovo capo Auror, un uomo piuttosto in là con l'età che era stato cacciato dal ministero alla morte di Scrimgeour per le sue posizioni, e la nuova direttrice dell'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, Agatha Blimi, a sua volta una vecchia dirigente di quell'ufficio andata in pensione tre anni prima ma tornata per senso di responsabilità.
Era piuttosto chiaro come quelle fossero posizioni temporanee ma comunque si rivelarono persone capaci e ascoltarono attentamente tutte le testimonianze.

"Harry, mi senti?"
Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri: era domenica, la maggior parte degli uffici del Ministero erano chiusi e per questo motivo lui, insieme a Ron ed Hermione, si trovava disteso sotto l'ombra di un albero di betulla nel giardino della Tana.
"Sì… certo, Hermione!" Rispose, balbettando.
La ragazza scosse la testa mentre Ron, sorridendo, disse: "non sei affatto convincente, amico!"
"No, scusatemi, stavo pensando… tra un paio di settimane inizieranno i primi processi," borbottò Harry, lasciando vagare lo sguardo verso la Tana. "Sono un po' sotto pressione, ecco, ma immagino che passerà una volta che la fase processuale entrerà nel vivo."
"Harry, ti capisco, ma oggi è domenica, dovresti cercare di rilassarti e di goderti questa pace!" Rispose Ron.
"Non è facile, la mia mente non è come un interruttore che improvvisamente può dimenticare tutto quello a cui stiamo lavorando!" Esclamò Harry, riscaldandosi.
"Che cos'è un interruttore?" Domandò l'altro.
"Inoltre stasera verrà Kingsley," concluse Harry, ignorando la domanda dell'amico, "insieme agli altri membri dell'Ordine, in visita… è una giornata importante, penso che sarà l'occasione per sciogliere ufficialmente l'Ordine della Fenice."

"Parlando d'altro," esclamò Hermione, decisa a cambiare argomento, "è probabile che mercoledì io e Ron non verremo al Ministero con te."
"Andremo a Londra, in effetti," aggiunse Ron.
"Per quale motivo?" chiese Harry. Fino ad allora non era mai capitato che quei due si allontanassero senza di lui.
"Abbiamo appuntamento in un'agenzia di viaggi Babbani," spiegò Hermione, "vogliamo informazioni per il volo in Australia."
"Ah... accidenti, è vero… i tuoi genitori!" esclamò Harry, "con tutto quello che sta accadendo mi sono completamente dimenticato… quando partirai? Avete bisogno di aiuto?"
"Di sicuro aspetterò dopo il tuo compleanno, quindi dovrei partire per i primi di agosto," spiegò la ragazza.
"E io andrò con lei," aggiunse Ron, semplicemente.
"Io avevo deciso di…"
"No, Hermione, non ti lascerò andare all'altro capo del mondo da sola!" esclamò il rosso. "Ho già diverse lettere di raccomandazione di Kingsley e ho già viaggiato in aereo da sola…"

La mente di Harry però era già volata oltre quel battibecco.
Era ovvio che Hermione volesse trovare i suoi genitori ed era altrettanto palese che Ron desiderasse andare con lei. Dopotutto stavano insieme, erano fidanzati.
I tre vivevano insieme da un anno, era ovvio che la situazione non potesse durare per sempre.
Avrebbe potuto chiedere di andare con loro ma sentiva che non era la cosa giusta da fare. Che quei due si meritavano un periodo da passare da soli, anche se comunque quello non sarebbe stato un viaggio di piacere.

"Per quanti giorni andrete via?" Chiese infine.
"Con gli agganci che mi ha procurato il ministro…" la ragazza calcolò velocemente, "se tutto va bene quindici, venti giorni al massimo. Vorrei in ogni caso tornare qui entro il primo di settembre per iniziare la scuola."
"Ci dispiace non poterti essere utile in quei giorni, con i processi," ammise Ron.
"Non c'è nessun problema… al massimo potremmo vedere il calendario e se necessario lasciarmi qualche testimonianza scritta. No, quello che davvero importa è che troviate i tuoi genitori, Hermione, e sono sicuro che ce la farete," rispose, sorridendo sincero.
"Oh… Harry… Ron," esclamò la ragazza, stringendo stretta gli altri due.
Quel momento venne però interrotto da un fruscio di ali: un piccolo gufo si era appena appollaiato su un ramo dell'albero proprio sopra la testa dei ragazzi e tubava allegramente rivolto a Ron.
Costui, sbuffando, si alzò in piedi e prese la piccola lettera che il gufo portava legata alla zampa.

"È la professoressa Mcgranitt," disse, dopo aver letto il messaggio, "a quanto pare stasera verranno con lei anche Hagrid, il professor Vitious e la professoressa Sprite."
"Oh no, tua madre non si aspettava due posti in più, questa sera!" Esclamò Hermione.
"Meglio se recapito subito il messaggio, se voglio evitare una crisi isterica" borbottò il ragazzo che estrasse la bacchetta e subito si smaterializzò.

Rimasti da soli, in silenzio, Harry lasciò ancora una volta vagare lo sguardo. Proprio in quel momento vide Ginny uscire dalla porta principale della Tana, intenta, insieme a sua madre, a pulire lo spiazzo dove avrebbero sistemato il lungo tavolo per la cena.
Come sempre, ogni volta che i suoi occhi si posavano su Ginny, il ragazzo sentì le viscere contrarsi. Hermione, dopo essere rimasta per qualche altro istante in silenzio, finalmente disse: "non pensi che sia il caso di parlarle?"
"Hermione…"
"Non avrei mai pensato di dirlo ma a volte sei più snervante di Ron" continuò la ragazza, "è ovvio che vi piacete, lo si capisce ogni volta che vi…"
"Hermione, ci dovevi essere quella sera. Le cose che mi ha detto… lei mi odia, " borbottò Harry, finalmente dando forma ai suoi dubbi.
Hermione alzò gli occhi al cielo.
"Lo sai che non è vero… ma devi parlarle prima che questa cosa si fossilizzi, prima di perderla davvero."

"Io… lo so, ma con tutto quello che sta accadendo in questo momento… i processi, i Mangiamorte ancora a piede libero e tutto quanto, io non riesco a concentrarmi e a pensare a queste cose. Vorrei concentrarmi sul nostro futuro ma ogni volta che mi fermo a rifletterci mi assalgono mille dubbi," rispose il ragazzo, mettendo la testa tra le mani. "Vorrei darle tutto me stesso ma so che non potrei."
"Non pensare che io non ti capisca, Harry, perché lo stesso vale per me," ammise Hermione, dopo qualche secondo di silenzio. "Il futuro, i miei genitori e le tante persone che abbiamo perso… però i pochi momenti che passo con voi e con Ron, da sola, riescono a darmi la forza per andare avanti. Sono consapevole di non potergli dare il 100%, ma anche quel 30 o 40 o 50%, mi basta. Ginny è arrabbiata per questo, perché teme che tu la metterai sempre in secondo piano."
"Non è vero e lei lo sa. Potevo rimanere insieme a lei, potevo illuderla, ma non l'ho fatto," esclamò Harry, ferito.
"Però in questo momento è fragile. Lei ti ama ma ha bisogno di certezze e non può aspettarti per sempre," spiegò la ragazza.
"Ho rovinato tutto, lo so," ammise Harry.
"No, no se le dimostri che al primo posto, nella tua vita, c'è lei," rispose Hermione, sorridendo. "Ron lo ha fatto, proponendosi fin da subito di accompagnarmi in Australia quando potrebbe starsene qui, con i suoi genitori. Non ti sto dicendo di andare all'altro capo del mondo per lei… ma dimostrale il tuo amore."

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Il resto della giornata trascorse in maniera penosa: la signora Weasley ordinò di mettere a nuovo la Tana ( "Chissà cosa penseranno Kingsley e gli altri, vedendo la confusione che c'è in questa casa!" era stata la frase più ripetuta da Molly in quel pomeriggio)
Harry e Ron pulirono la loro stanza e poi trascorsero il resto del tempo all'aperto, aspettando i vari ospiti.

I primi ad arrivare furono Bill e Fleur, seguiti a breve distanza da Hagrid e i professori.
Dopo aver evitato una manata letale di Hagrid, il ragazzo lasciò che Ron portasse gli ospiti a destinazione, nello spiazzo fuori dalla Tana, mentre lui rimase da parte con Bill.
"Bill, ti potrei chiedere una cosa?" Disse il ragazzo a bassa voce.
"Certo, Harry," rispose l'altro, sorridendo, "spara!"
"In realtà ti volevo chiedere un favore, se ti è possibile aiutarmi, chiaramente."
Bill rimase in silenzio, evidentemente in attesa, e così Harry, dopo qualche istante, parlò.

"Hai presente Grimmauld Place, vero?"
"La vecchia casa di Sirius, giusto?" "Oh, sì, mamma odiava quel posto!" Esclamò Bill.
"Sarebbe un problema se tu, o qualche altro Spezzaincantesimi a disposizione, potessi fare una vista piuttosto approfondita a quella casa ed eliminare tutti gli oggetti pericolosi e staccare quelli attaccati alle pareti?" Chiese Harry.

L'altro rimase per qualche secondo soppesando le parole del ragazzo, grattandosi il mento con la mano, poi alla fine esclamò: "in questo momento siamo molto impegnati… però ci sono un paio di colleghi in pensione che ancora svolgono questo genere di attività. La paga normalmente è piuttosto elevata… ma sono sicuro che lavorare per il Salvatore del Mondo Magico potrebbe portare a un prezzo molto scontato."
"Perfetto, potresti mettermi in contatto con queste persone?"
"Certo, nessun problema," rispose Bill. " Ma come mai sei così interessato a quella vecchia casa? Vuoi già lasciare la Tana?"
Aveva temuto quella domanda perciò Harry era già pronto con la risposta.
"Beh, insomma, per il momento no ma prima o poi o poi dovrò farlo e Grimmauld Place è l'unico luogo che ho dove poter vivere… anche se è ridotto piuttosto male."
Il rumore di una materializzazione distrasse i due: Elphias Doge era appena apparso in compagnia di uno Sturgis Podmore piuttosto assente.

Finalmente, intorno al calar del sole, tutti gli invitati presero posto al lungo tavolo, l'ultimo ad arrivare fu l'ospite d'onore, per certi versi, e cioè il Ministro della Magia, Kingsley Shacklebolt, in compagnia di Hestia Jones la quale, pochi giorni prima, aveva preso il ruolo di Sottosegretario Anziano.
Per certi versi, a Harry sembrò di tornare indietro nel tempo quando, prima di andare a Hogwarts, i Weasley organizzavano la solita cena nello spiazzo davanti casa loro.
L'argomento di discussione principale, com'era prevedibile, era la politica.

"Tra qualche giorno avremo il programma completo di tutti i processi," stava spiegando Hestia.
"E il primo sono sicuro che sarà una sorpresa piuttosto gradita per voi," aggiunse Percy.
"Chi è?" Chiese Ginny.
"Dolores Umbridge," rispose Kingsley. Al solo sentire il nome di quella strega, Harry sentì le viscere attorcigliarsi e lo sguardo andò, come sempre in quelle occasioni, sulle cicatrici della mano.
Non devo dire bugie.
Oh no, avrebbe detto solo la verità il giorno del processo.

Dopo una portata piuttosto impegnativa di costine al sugo, Dedalus Lux si avvicinò a Harry, il posto accanto a lui momentaneamente lasciato libero da Ron.
"Ehi, Dedalus, come stai?" Chiese il ragazzo, stringendo la mano dell'uomo.
"Magnificamente, Harry, magnificamente come al solito!"
"Come sta Sturgis? L'ho visto un po' assente…"
"Il buon vecchio Sturgis si è fatto tre anni ad Azkaban da innocente," rispose Dedalus, "ovviamente la cosa ha lasciato un segno su di lui ma sono sicuro che con l'andare dei mesi si riprenderà!"

"Non ho avuto ancora occasione di ringraziarti per quello che hai fatto quest'anno," aggiunse Harry, dopo aver terminato le Sue costine. "Immagino non sia stato facile aver avuto a che fare con i Dursley per un anno."
"In effetti i primi tempi no, in realtà i tuoi zii ci hanno sempre reso la vita un po' difficile ma tuo cugino lentamente è cambiato, ha mostrato interesse verso il nostro mondo," rispose l'altro, "pensa un po', gli abbiamo insegnato a come ricevere e inviare posta via gufo!"
La notizia colse di sorpresa Harry che mai si sarebbe aspettato, dopo tutta la paura che Dudley aveva dimostrato nel corso degli anni, che suo cugino si sarebbe così interessato al suo mondo.
"Ora stanno bene, una settimana fa sono rientrati in possesso della loro abitazione!" concluse Dedalus. "Se vuoi lasciargli un messaggio… dimmi pure, sono ancora in contatto con loro!"

Harry annuì in silenzio perché, con la coda dell'occhio, aveva visto Kingsley alzarsi in piedi. Subito il silenzio cadde sulla tavolata.
"Quando Silente ci lasciò, parlai a lungo con Malocchio che era appena stato nominato nuovo leader dell'Ordine della Fenice," iniziò a dire l'uomo. "Mi disse che una delle cose più difficili che affrontò con il vecchio Ordine fu la cena finale, dopo che Voldemort era stato apparentemente sconfitto. Fu dover osservare il tavolo dove erano seduti e notare i posti vuoti di tutti quelli che non ce l'avevano fatta, tutte le persone che non erano in grado di gioire di quel momento. Non capivo appieno il dolore di Alastor, ma ora sì."
Hagrid si soffiò il naso nel suo grosso fazzoletto e, accanto a lui, Harry vide la Mcgranitt con gli occhi lucidi. Aberforth, seduto in un angolo, abbassò la testa.
"Ora, dopo la morte di Malocchio non è stato nominato un leader ufficiale… ma visto che al momento ho la carica più alta nel mondo magico inglese, mi sembrava doveroso essere io a fare questo discorso" continuò Kingsley. Alzò il calice, imitato da tutti i presenti.
"Un brindisi a tutti quelli che hanno dato la vita per un futuro migliore!"
"A loro!" Tutti i presenti esclamarono.
"A noi, per avere lottato fino alla fine!"
"A noi!"

Tutti bevvero, compreso Harry che venne improvvisamente colpito dalla sacralità del momento e dal ricordo di tutte le persone che aveva perso.
Nella sua testa vide chiaramente Sirius fargli l'occhiolino, seduto accanto a lui, Silente a capotavola con Malocchio accanto intento a raccontare qualche sua avventura; vide Remus parlare con Fred e i ragazzi mentre Tonks divertiva tutti con le sue buffe trasformazioni. Harry ebbe improvvisamente una gran voglia di scappare via di corsa e di vomitare allo stesso tempo.
Non sarebbe riuscito a tollerare oltre quella situazione, non poteva sentirsi così sollevato e affranto allo stesso tempo.

"Voldemort è sconfitto, le sue schiere in fuga o arrestate. Il compito dell'Ordine della Fenice e perciò concluso, questa volta si spera per sempre," concluse Kingsley. "Per questo motivo dichiaro ufficialmente chiuso l'Ordine della Fenice."
Tutti applaudirono composti tranne Harry che si sentì come mancare. Non poteva rimanere lì fermo, non ce la faceva ad affrontare tutto quello. Scusandosi, si alzò dal tavolo e corse via.

/ / / / / / /



Come poteva essere felice e sollevato dalla fine della guerra ma allo stesso tempo sentire un vuoto così grande dentro il petto?
Non sapeva cosa fare, se mettersi a piangere, a sorridere o fare entrambe le cose e per questo motivo Harry era andato via, tornando sotto lo stesso albero che l'aveva ospitato quel pomeriggio, osservando la luna che si specchiava nel lago vicino.
Forse solo allora per la prima volta si era davvero reso conto che era tutto finito e quanto era costata la pace. Non era una persona che scappava di fronte alle difficoltà… ma davanti a tutta quella mole di emozioni contrastanti non ce l'aveva fatta ed era crollato per la prima volta dalla morte di Voldemort.
Sentì tutto il peso di quelle persone a lui care che non c'erano più e la cosa lo faceva stare troppo male per rimanere con gli altri.

Sentì distintamente dei passi venire dalla sua destra, voltò la testa aspettandosi di vedere Ron, oppure Hermione, ma si sbagliava: era Ginny.
Harry saltò subito in piedi come una molla. Aveva pianto, era stato sull'orlo di un crollo nervoso… possibile che i due non riuscissero a parlarsi in situazioni normali?
Era così bella, così… così…

"Harry… Hermione mi ha detto che ti avrei trovato qui," sussurrò la ragazza.
"Sì, avevo bisogno di scappare, dopo tutto quello che è successo, troppo emozioni troppo contrastanti da processare," rispose Harry.
Era la prima volta che si trovava da solo con lei, era l'occasione perfetta per scusarsi e per mettere in chiaro i suoi sentimenti.
Perché allora stava lì in silenzio?
"Ginny, mi dispiace per quello che è successo," borbottò. Inizio patetico…
"Sì insomma da quando sono tornato qui ho pensato solo al Ministero della Magia, a Piton e a mille altre cose."
"Sì, in effetti l'ho notato," rispose l'altra, glaciale.
"Ecco, io non vorrei che tu pensassi che… che io non ci tenga… a te," continuò Harry, le parole che uscivano con molta difficoltà.
Ginny rimase in silenzio, osservandolo con attenzione.
O la va o la spacca.
"Sono così impegnato con quello che sta accadendo qui fuori che ti ho trascurato. Ma io voglio che tu sappia che, anche se non lo dimostro, in cima a tutto ci sei tu."

"Harry…" sussurrò Ginny.
"Harry!"
I due si voltarono e videro con stupore il Ministro della Magia avvicinarsi a grandi falcate.
"Ti ho cercato dappertutto dopo che sei scappato via. Immagino che sia un momento difficile da comprendere fino in fondo," disse l'uomo.
"Scusami se sto interrompendo un momento privato," continuò l'uomo, piuttosto imbarazzato, "ma devo parlarti un attimo in privato, Harry, prima che io parta per il ministero e non abbia più un'occasione come questa per parlarti."
No, proprio adesso!
"S… ok, sì…" borbottò Harry. Ginny annuì, all'apparenza anche lei delusa, e tornò alla Tana, lasciando i due da soli.

"Perdonami ancora ma è un argomento piuttosto privato, visto che ancora non c'è nessuna certezza a riguardo," disse Kingsley, lasciando vagare il suo sguardo in lontananza. "Non ho la presunzione di capire come tu ti debba sentire ma immagino che questa sera sia stato per te un momento piuttosto difficile da affrontare."
"Sì, in effetti è stato quello il problema. Volevo gioire per la fine della guerra ma allo stesso tempo non potevo farlo per tutti quelli che non sono a festeggiare con me," ammise Harry.
"La notizia che ti porto forse potrà un attimo distrarti da questi pensieri," aggiunse Kingsley sorridendo, "non è ancora ufficiale quindi ti prego di riferirla solo a Ron e Hermione."
Harry annuì, in silenzio, effettivamente incuriosito.
"Come saprai, l'anno scolastico si è interrotto prima dei vari esami. Abbiamo deciso di promuovere comunque tutti gli alunni che al momento della battaglia avevano dei buoni voti," disse l'uomo.
"Ah… ok, immagino sia giusto," rispose il ragazzo, un po' deluso. "Ma io Ron e Hermione, così come tutti gli altri Nati Babbani, non abbiamo preso parte all'anno scolastico quindi immagino che la cosa per noi non cambi."
Il sorriso di Kingsley si allargò.

"In realtà le cose non stanno proprio così. Molti Nati Babbani sono dovuti andare in cattività, sopravvivendo con estrema difficoltà in un mondo a loro avverso. Per te vale la stessa cosa, hai dovuto affrontare, insieme ai tuoi amici, incantesimi e sfide che un mago appena uscito da Hogwarts, ti assicuro, non sarebbe in grado di superare, " disse l'uomo.
"E quindi…"
"E quindi abbiamo deciso che tutti gli alunni che, per un motivo o per un'altro, non sono riusciti a frequentare Hogwarts ma che hanno partecipato alla battaglia finale… saranno automaticamente promossi!"

Harry rimane in silenzio, riflettendo su quella notizia incredibile. Possibile che avesse capito sul serio?
"Quindi… io, Ron e Hermione…"
"Se volete concludere il vostro percorso accademico, trascorrendo un ultimo anno a Hogwarts senza più pericoli mortali… lo potete fare, altrimenti la scuola vi assicurerà il massimo dei voti!"
Il ragazzo incamerò la notizia con lentezza. Automaticamente sarebbe stato promosso, avrebbe ottenuto i suoi M.A.G.O. e avrebbe potuto iniziare…

"Ci sto, accidenti è fantastico!!" Esclamò, finalmente sorridendo come non gli capitava da giorni.
"Non è necessario che tu decida adesso, ti do il tempo per pensarci e riferire la cosa ai tuoi amici. Però, ecco, se tu decidessi di accettare questa offerta potresti già da settembre trovarti un lavoro," concluse Kingsley.
Trovare un lavoro? Questo significava che poteva…
"Quindi io potrei frequentare l'accademia Auor a settembre?"
L'altro annui.
"Se vuoi la verità, al momento il Ministero ha forte difficoltà ad andare avanti con i pochi membri che ha. Siamo stati costretti a richiamare alcuni in pensione ma la cosa non vale per gli Auror."
"Sì, ovvio… ci sarò!"
"Ti avviso che però le cose non saranno facili: abbiamo bisogno di nuovi Auror, certo, ma questo non vuol dire che i criteri di selezione saranno livellati verso il basso," spiegò l'uomo, la voce profonda. "Normalmente il corso dura tre anni ma stiamo studiando una soluzione per diminuirlo a due, lasciando il primo anno come Auror per dei corsi formativi che normalmente si affrontano alla fine dell'accademia.”
"Il duro lavoro non mi spaventa!"
"Dovresti studiare moltissimo, applicarti come mai hai fatto, per riuscire a rimanere al passo con quelli che il settimo anno lo hanno completamente ultimato."
"Studierò!"
"Inoltre," aggiunse Kingsley, "ci tengo a informarti che non verranno fatti alcun tipo di favoritismi nei tuoi confronti."
"Giusto così!" Esclamò Harry.

Kingsley sorrise.
"Bene, allora parlane con i tuoi amici e poi mandami un gufo con la tua decisione entro una settimana. Se davvero vorrai entrare nell'accademia Auror, ti manderò tutti i documenti necessari… compreso il tuo diploma di Hogwarts!"
Harry annuì convinto, stringendo forte la mano dell'uomo.
Costui si voltò, estrasse la bacchetta, pronto per materializzarsi, ma si bloccò.
In lontananza apparve una luce che si avvicinava sempre più e che, a poca distanza da loro, prese la forma di un riccio luminoso: un Patronus.

"Perdonami, Ministro, se ti disturbo a quest'ora tarda ma mi hai detto di informarti se avessi avuto delle novità," il riccio parlò con il pesante accento scozzese del dottor Fergus.
Harry e Kingsley tesero le orecchie.
"Un'ora fa Severus Piton ha ripreso conoscenza. Non sta affatto bene… ma è fuori pericolo, l'uomo vivrà."

I due si osservarono mentre il riccio luminoso si dissolse nell'aria. Severus era vivo… ce l'aveva fatta!

/ / / / / / /



Forse mi odierete per aver interrotto la conversazione tra Ginny e Harry. Forse sa un po' di clichè, effettivamente, però con tutte le persone presenti alla Tana è plausibile. Inoltre avevo bisogno che il discorso di kingsley avesse il sopravvento.
Non vi preoccupate, ci sarà tempo per i due piccioncini di chiarirsi.

Scusatemi se questo aggiornamento è arrivato un pochino in ritardo ma L'estate è un periodo un po' complicato per me e la scrittura ma comunque ho tutta intenzione di continuare e concludere questa storia
Spero che vi piaccia, in caso lasciatemi una recensione, e grazie a tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite e seguite.
Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Questa Notte è Per Noi ***


Capitolo 5, Questa Notte è Per Noi

 



Pareti bianche, luce forte… era morto e si trovava nell'aldilà?
Non c'era altra spiegazione perché si ricordava perfettamente l'attacco del serpente e adesso era sdraiato in quella stanza che non riconosceva ma che sembrava così eterea e… distante dalla realtà.
Ma se si trovava nell'aldilà… dov'era Lily?
Se si trovava nel mondo dei morti, dove non esistono travagli o sofferenze, perché sentiva un dolore diffuso in tutto il corpo? Come mai non riusciva a muoversi?

"Severus, non agitarti, ti sei appena risvegliato dopo quasi dieci giorni di coma!"
L'uomo riuscì appena a voltare la testa verso la fonte di quella voce, un uomo piuttosto anziano. Un angelo?
"Sei stato sull'orlo tra la vita e la morte per molto tempo e sei ancora debolissimo," l'uomo continuò a parlare, "ma, e sembra quasi impossibile, sei riuscito a sopravvivere ai morsi del serpente e al suo veleno."
Solo allora la mente di Severus Piton si schiarì un poco. Sentiva le parole dell'uomo ma non riusciva a carpirne il significato.
Era sopravvissuto? Ma no, non era possibile… Nagini… Voldemort…

Poi l'uomo ricordò: Voldemort…Potter… la guerra, che cosa era successo, come mai era sopravvissuto? Si agitò e fece per alzarsi ma venne subito bloccato facilmente da quello che, adesso riconosceva, era un Guaritore.
"No, non agitarti Severus, non sei ancora fuori pericolo!"
"Pott… Vold…" Severus provò a parlare, doveva sapere come erano andate le cose!
"Professore…"
Quella voce e gli occhi di Lily… il ragazzo che, in compagnia di Kingsley Shacklebolt lo osservava, appoggiato alla porta era… ma no, non poteva essere lui, doveva essere morto, il suo sacrificio avrebbe… allora Voldemort era ancora…

"Non ti agitare, Severus, non è il caso," la voce profonda di Kingsley cercò di calmarlo. "Sì, i tuoi occhi non ti ingannano, Harry è vivo!"
Il ragazzo sorrise e poi aggiunse: "e Voldemort morto per sempre. L'idea di Silente era tutto sommato giusta, anche se non ha funzionato completamente, visto che sono ancora qui."
"Come… io…"
"Gli antidoti che hai ingerito nel corso dell'anno, e subito prima del morso, ti hanno salvato la vita. Ron e Hermione ti hanno recuperato in tempo, qualche ora più tardi e saresti morto," rispose Kingsley.

Una singola lacrima fuggì dagli occhi di Severus che finalmente poté rilassarsi. Voldemort era morto, Potter ancora in vita, il sonno lo vinse completamente.

"È ancora molto debole," disse Fergus, lasciando la stanza di Piton, " ci vorranno dei giorni prima che possa tornare a casa e non sappiamo se recupererà del tutto la funzionalità della gamba destra, è ridotta piuttosto male."
"Considerando che aveva pochissime possibilità di sopravvivere, direi che possiamo comunque ritenerci soddisfatti," ammise Kingsley.
"L'importante è che vivrà," aggiunse Harry.
"Lo farà. Forse la sua vita non sarà come prima ma posso assicurarvi che uscirà di qui sano e salvo," disse Fergus, stringendo le mani degli altri due.



/ / / / / / /



"L'importante è che si sia risvegliato e sia fuori pericolo," dichiarò Hermione, terminando di pelare una patata particolarmente grossa e gettandola in un secchio, insieme alle altre già pelate, "ci vorrà del tempo ma almeno sappiamo che non morirà."
Erano le nove di sera alla Tana e Harry, Ron ed Hermione stavamo terminando di pelare tutte le patate che la signora Weasley quella sera aveva affibiato loro.
In un piccolo tavolo accanto a loro c'era Ginny che aveva già terminato di tagliare le sue carote ed era intenta a scrivere una lunga lettera a Luna.

"Già, insomma se l'è vista proprio brutta," borbottò Ron.
"Una volta che si sarà ripreso dovrà affrontare il processo ma immagino che sarà una formalità," disse Harry, attaccando un'altra patata.
"Come sarebbe a dire? Piton ha già dimostrato che era tutto fuorché un traditore!" esclamò Hermione, indignata.
"Lo sappiamo noi e il ministro ma è necessario che ne venga a conoscenza tutta la comunità magica ed è un passaggio dovuto, se vuole tornare a insegnare a Hogwarts," rispose Harry.
"Già… chissà se rimarrà come preside!" si domandò Ron.
"Improbabile, non sappiamo quanto tempo ci vorrà prima che torni in forma e nel frattempo avrà un processo da affrontare, anche se una formalità, e il castello non può rimanere nelle sue condizioni attuali," rispose Harry. "Kingsley mi ha detto che, questione di giorni, nominerà come preside la Mcgranitt che già si sta occupando della ricostruzione del castello, perlomeno fino a quando Severus non tornerà in forza e non sarà scagionato completamente. Allora potrà decidere cosa fare: se tornare come preside, come insegnante o prendere un'altra strada."
Ron Hermione annuirono in silenzio e per qualche secondo non si udirono altri rumori che il pelare delle patate e la penna di Ginny che scriveva sulla pergamena.

"A proposito di scuola," disse infine Hermione, "avete deciso che cosa fare, se accettare o no la proposta del ministro?"
"Io sì, mi mancherà Hogwarts, e affrontare un anno senza problemi a parte lo studio sarebbe un'esperienza interessante, ma non posso farlo," rispose prontamente Harry. Lo scrivere forsennato di Ginny si fermò per qualche secondo poi riprese a un ritmo più lento.
"Sì, beh, insomma Harry ha ragione. Hogwarts senza Mangiamorte o Voi-Sapete-Chi che minaccia di farci secchi da un momento all'altro sarebbe una bella esperienza… però anch'io non so, pensavo di rimanere vicino alla famiglia, almeno per quest'anno, e nel frattempo provare l'accademia Auror," borbottò Ron, pensieroso. "Insomma, con tutto quello che abbiamo visto e quello che potremmo fare, un anno a Hogwarts sarebbe una perdita di tempo!"
Ma il ragazzo si accorse subito di aver detto la cosa sbagliata.
"Io pensavo di tornare ad Hogwarts per completare la mia istruzione magica," disse Hermione, il tono glaciale, "ma se per te è una cosa inutile…"
"No, 'Mione, io… non intendevo che…"
Area di tempesta tra quei due, ormai Harry la sentiva da lontano. Si voltò verso Ginny, sorridendo e pronto a condividere un'alzata di occhi, ma la ragazza non c'era più.
"Dov'è andata Ginny?"
"È uscita di casa con la lettera, se vuoi andiamo a cercarla," propose Ron, speranzoso, ma subito si fermò, intercettando lo sguardo di Hermione.
Sorridendo sotto i baffi, Harry si alzò dalla tavola e si diresse fuori dalla Tana: forse sapeva dove si era rifugiata Ginny.

/ / / / / / /



La temperatura nel cortile era piuttosto piacevole: a differenza dell'anno precedente, quando la potenza dei Dissennatori aveva plasmato il tempo e una nebbia perenne opprimeva le loro anime, quell'estate si preannunciava calda al punto giusto.
Harry rimase in silenzio per qualche secondo, annusando gli odori di quella florida tarda-primavera e puntando gli occhi al cielo che andava via via incupendosi.
Aveva un sospetto piuttosto fondato di dove si fosse diretta la ragazza ma per esserne completamente sicuro avrebbe avuto bisogno di un'ulteriore prova.
Dopo qualche secondo di silenzio, improvvisamente sentì il rumore di un frullare di ali e infatti ben presto intravide la sagoma di un gufo volare via alta nel cielo. Il ragazzo sorrise e si avviò nella direzione dalla quale l'animale era partito: come sospettava, aveva avuto ragione.

Vicino a un grande salice, anni prima, il signor Weasley aveva costruito una piccola altalena, il rifugio preferito della sua unica figlia femmina quando desiderava starsene lontana dalla confusione generata dai suoi fratelli.
Ginny sedeva immobile proprio su quella, ormai piccola, altalena, lo sguardo puntato verso il cielo.
Era così bella, con quel vestitino arancione, eppure, allo stesso tempo, il ragazzo si meravigliò di quanto apparisse triste. La cosa lo disorientò più di ogni altra cosa perché mai aveva visto la ragazza in quella condizione così fragile.
Fece per avvicinarsi ulteriormente ma calpestò un ramo secco che si spezzò, avvertendo Ginny della sua presenza.

Costei si voltò, sorpresa, e non appena i suoi occhi si incrociarono con quelli di Harry, sobbalzò dall'altalena.
"Harry… cos…"
"Ginny, scusami non ti volevo disturbare, è solo che…" Harry non seppe continuare. Sotto la luce della luna piena poteva vedere chiaramente che gli occhi dell'altra erano umidi. Si era rifugiata per pensare, forse per piangere, e lui aveva interrotto quel momento privato?
Si diede dello stupido, fece per voltarsi, ma la voce di Ginny lo fermò: "No, figurati…"
Raccogliendo tutto il coraggio, Harry si avvicinò a lei e sussurrò: "ti ho visto piuttosto strana, oggi, e quando, prima, sei sparita da un momento all'altro ho pensato che ti saresti rifugiata qui."
La ragazza abbassò la testa, asciugandosi quasi con rabbia gli occhi.
"Ti sei ricordato il mio nascondiglio?"
"Dai temibili fratelli Weasley, sì," rispose Harry, sorridendo. "Me lo mostrasti un paio di anni fa."

"Se mi vedi così strana è perché lo sono, Harry," Ginny disse, infine. "Perché prima vi ho sentiti parlare del futuro e io non ci riesco. Non riesco a pensare a niente, se non al fatto che Fred non c'è più e che George è sempre fuori casa a bere e quando c'è si comporta come un Vermicolo. Che mamma fa finta che tutto sia a posto ma che poi, quando crede di essere da sola, piange, inconsolabile."
Una nuova, singola, lacrima cadde dagli occhi della giovane Wesley.
"Non riesco a pensare al futuro, non riesco nemmeno a focalizzarmi sul presente e Fred mi manca così tanto che fa male, e…"

Ma Harry non poteva rimanere ancora fermo a sentire quello sfogo: in silenzio, fece gli ultimi tre passi che lo dividevano da Ginny e l'abbracciò forte. Sulle prime la ragazza rimase rigida ma poi si lasciò andare e pianse a dirotto, come forse non le accadeva da anni.
Harry rimase fermo, tenendola stretta, facendole sentire la sua presenza. I due rimasero così per alcuni minuti in totale silenzio se non per i singhiozzi della ragazza che lentamente scemarono.
Già una volta si era ritrovato tra le braccia una ragazza che stava piangendo ma allora la cosa era sembrata strana, in quel momento invece non sentiva altro che una profonda dolcezza pervaderlo nel profondo.

"Scusami, Harry, per come mi sono comportata ma…"
"Non c'è bisogno di scusarsi, Ginny, sono io che dovrei farlo perché non ti sono stato vicino come avrei dovuto e voluto," rispose Harry. "La verità è che concentrarmi su quello che accade al Ministero mi aiuta a non pensare, a scappare dal dolore. Non mi ero reso conto di quanto fossi stato egoista."
"Fa così male… pensare che Fred…" sussurrò la ragazza.
I due si staccarono, rimanendo comunque molto vicini.

"È un dolore che non passerà mai. Come una ferita, si cicatrizzerà però rimarrà e a volte basterà un odore, un sapore, una parola o qualche semplice e stupida cosa per farla riaprire e sanguinare," disse Harry. "E come una cicatrice che non puoi mandare via, dovrai abituartici. Ma come ho detto al funerale, andare avanti, lottare, vivere a pieno le nostre vite è l'unica cosa che possiamo fare per rendere il loro sacrificio utile e non vano."
Ginny annuì, rimanendo in silenzio. Una leggera brezza si era alzata nel frattempo ma i due sembravano non farci caso, Harry era letteralmente ipnotizzato dagli occhi di lei.

"Sai, la notte della battaglia di Hogwarts sono andato di mia spontanea volontà da Voldemort, questo lo saprai," disse infine il ragazzo, "Quel che forse non saprai, è che effettivamente, in quella radura, penso di essere morto per qualche secondo."
"C…cosa?" Esclamò Ginny, lo sguardo terrorizzato.
"Questa è una cosa che non ho detto a nessuno, tranne a Ron, Hermione e al ritratto di Silente," continuò Harry, "ma effettivamente Voldemort mi ha lanciato un Avada Kedavra. Solo che ha colpito la parte di anima che aveva nel mio corpo, lasciando la mia intatta."
"Harry… io non lo sapevo…"
"No, è una cosa che ho rivelato solo alle persone più importanti della mia vita e tu sei una di quelle, volevo dirti questo la notte che Kingsley ci ha interrotto," rispose Harry, sorridendo. "C'è un'altra cosa che nessuno sa, a parte voi, e cioè che, poco prima di entrare in quella radura, ho trovato la Pietra della Resurrezione e, per qualche istante, ho rivisto i miei genitori, Sirius e Remus."

Gli occhi di Ginny si riempirono nuovamente le lacrime e la ragazza prese immediatamente le mani di Harry tra le sue. Quel contatto così caldo e intimo riempì il cuore del ragazzo di gioia e serenità, dandogli la forza di andare avanti.
"E così quella sera ho capito due cose," disse, "la prima è che le persone care non ci lasciano mai del tutto ma rimangono sempre dentro di noi. Anche se non riusciamo a vederle loro ci sono e ci guidano," concluse, posando una mano sul cuore di Ginny.
"E la seconda?" Chiese la ragazza.
"Poco prima di andare in quella radura ho visto un'altra persona, anche se lei non ha potuto farlo visto che indossavo il Mantello dell'Invisibilità. E quella persona eri tu,” rispose Harry.
L'altra fece per parlare ma tacque a un gesto del ragazzo.
"E per un folle istante ho pensato di mollare tutto, prenderti la mano e materializzarci via. Ovviamente non avrei potuto farlo, ma il pensiero mi ha assalito numerose volte. Quindi, in breve, la seconda cosa che ho capito è che non posso vivere senza di te, Ginny Weasley."

Ecco, l'avevo detto, lo aveva fatto.
Prima di quella sera si era preparato mille e mille discorsi molto più nobili e aulici ma là, davanti a quegli occhi, si accorse che i discorsi preparati non servivano a niente. L'unica cosa necessaria era che parlasse attraverso il suo cuore.
Ginny rimase in silenzio, come colpita da una fattura stordente e per un folle istante Harry pensò di avere detto la cosa sbagliata, che non avrebbe dovuto farsi avanti in quel modo, quella sera. Che aveva rovinato di nuovo tutto.
"Ginny… se io ho detto la cosa…"
Ma l'altra per tutta risposta colmò la distanza tra di loro un'altra volta e i due si baciarono. Un bacio molto diverso rispetto, ad esempio, a quello che si erano scambiati nella stanza della ragazza l'estate precedente. Quello era stato un bacio feroce, quello che si stavano scambiando in quel momento era pieno di tenerezza e dolcezza.
Pieno di cose non dette e di tempo sprecato a non farlo.

/ / / / / / /



"Finalmente, ce ne hanno messo di tempo," esclamò Hermione, in piedi sulla soglia della Tana, in compagnia di Ron.
"Bah," borbottò il ragazzo, le braccia conserte.
"Oh, non dirmi che sei ancora geloso!"
"No, non è quello…"
"Ho visto che Ginny era molto strana e ho notato anche il fatto che Harry stesse sempre a guardarla. Per questo motivo, quando lei è uscita dalla Tana, ho spinto Harry a seguirla, inscenando una finta litigata," spiegò la ragazza, "penso di essere stata piuttosto convincente."
"Oh, sì, anche se avrei gradito se tu mi avessi avvertito prima," rispose Ron.
"Non sarei risultata così naturale," disse Hermione, abbracciando il ragazzo e baciandolo sulle labbra.

"Ma, davvero, speravo che tu continuassi per un ultimo anno Hogwarts. Sarebbe stato d'aiuto per la tua futura vita lavorativa e non nego che mi sarebbe piaciuto passare un anno tranquillo, come fidanzati."
"Considerando che avremmo dovuto frequentare l'ultimo anno, quindi affrontare i M.A.G.O., dubito che sarebbe stato un anno normale, sopratutto per te" ghignò Ron. Hermione sorrise e scosse la testa.
"Andiamo dentro, lasciamolo loro un po' di privacy," propose.
"Oh, no. Rimango qui," rispose Ron.
"Peccato, pensavo di rivedere le dichiarazioni da portare tra qualche giorno in tribunale e poi… insomma, rimanere un po' da soli prima di andare a letto," sussurrò la ragazza.
Per tutta risposta, Ron, dopo qualche secondo di lotta interiore, alla fine sbuffò, abbassando le spalle.
"E va bene, immagino che dovrò rimandare il discorso da fratello maggiore a domani."

Hermione annuì, prese per mano il ragazzo ed entrarono nella Tana.
"Questa notte è per loro," disse Hermione.
"E per noi," sussurrò Ron.

/ / / / / / /



Chi mi conosce sa che sono un amante dell'angst, di scene di battaglia, politica o guerra. Per questo motivo alcuni momenti che ho dovuto affrontare in questo capitolo non sono proprio la mia cup of tea.
Ho paura di risultare troppo smieloso, di andare OOC, spero che non sia il caso, chiaramente.
Non vi preoccupate già dal prossimo capitolo tornerà un po' di angst, politica e rivedremo il caro vecchio Severus, finalmente in grado di parlare ma non ancora di lasciare il San Mungo.

Come sempre vi invito a lasciarmi una recensione con i vostri pensieri su questa storia e noi ci vediamo al prossimo capitolo

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