The Lost Hero

di Bannysenzay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Reborn ***
Capitolo 2: *** The First Meet ***
Capitolo 3: *** The House ***
Capitolo 4: *** The Green-Eyed Man ***
Capitolo 5: *** The Dream ***
Capitolo 6: *** The School ***
Capitolo 7: *** The Vigilant ***
Capitolo 8: *** The Test ***
Capitolo 9: *** The Answer ***
Capitolo 10: *** The Explosion ***
Capitolo 11: *** Post-Explosion ***
Capitolo 12: *** The Villain ***
Capitolo 13: *** The new girl ***
Capitolo 14: *** The Puppeteer ***
Capitolo 15: *** The Bus ***
Capitolo 16: *** The Killer ***
Capitolo 17: *** The Masked Hero ***
Capitolo 18: *** The SatanRat ***
Capitolo 19: *** The True Hero ***
Capitolo 20: *** The Problem ***



Capitolo 1
*** The Reborn ***


Nishimura Aiko stava tornando a casa dopo una lunga e noiosa giornata di scuola durante la quale avrebbe solo voluto distendersi sul letto a sfogliare il suo album di Deku: il più grande eroe che fosse mai esistito, a detta sua. Invece era stato costretto a studiare materie inutili e noiose e a seguire un corso di orientamento per la scelta delle scuole superiori. Quest'ultima era stata proprio uno spreco di tempo poiché Aiko sapeva già; dove sarebbe andato l'anno dopo: il liceo Yuei. Insomma la scuola dov'era; era andato anche il suo idolo! Nishimura avrebbe davvero voluto conoscerlo ma tristemente era morto sette anni prima, dopo aver sconfitto All for One. Non fu mai trovato il corpo ma quando si scompare per sette anni...beh la gente crede che tu sia morto. L'adolescente borbottò qualcosa come: io non ci credo che è morto" e continuò a camminare. Lo zaino pesava, il sole scendeva piano e, perso nelle riflessioni tra e Aiko non si accorse di aver sbagliato strada e di essere finito in uno dei quartieri meno raccomandabili della città;. A svegliare il ragazzo dallo stato di trance fu un rumore metallico, come una mazza che sbatteva a terra, e un vociare di persone in un vicolo. Villan. Aiko ne vide cinque o sei circondare un uomo di non di ventiquattr'anni vestito di stracci e con una grave necessità di fare una doccia. Un uomo dai capelli verdi. Un uomo che, sotto lo sporco, assomigliava ad un fantasma.
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Lui non si ricordava nulla. Si era svegliato in quel vicolo per colpa di un rumore metallico e si era trovato davanti un gruppetto di villan. Beh...a dire il vero sembravano più gangster. Sapeva che non rappresentavano alcun pericolo per lui, non si seppe dire con certezza come lo sapeva. Forse istinto. Forse un indizio lasciato da uno di quei ricordi persi. Forse un disperato segnale del corpo alla quale non importava beccarsi una mazza in testa quanto di farsi una doccia il prima possibile. I capelli sporchi e verdi gli coprivano la visuale e aveva un mal di testa allucinante. Uno dei villan, quello con la mazza, esclamò scorbutico e irritato - Ehi tu dacci tutto quello che hai o ti facciamo andare i denti talmente i denti infondo alla gola che dovrai infilarti lo spazzolino su per il culo per lavarli-, rise e gli altri risero con lui.
"Deficienti".
Non vedevano che evidentemente non possedeva alcun bene di valore? Provò a spiegarglielo e la sua voce gli sembrò troppo...matura. Troppo adulta. Non gli sembrava la sua voce. Si preoccupò più di quello rispetto alla proposta di un villan nano con un viso da talpa di farlo fuori. Si preoccupò di più; di quanto fosse grande il suo corpo rispetto al fatto che un villan enorme lo cercasse di colpire con uno dei suoi pugni simili a gomme per macchine. Si preoccupò più del fatto di riuscire a controllare alla perfezione un quirk di cui non si ricordava niente rispetto al fatto che un ragazzino lo stesse guardano a bocca aperta mentre immobilizzava tutti i criminali con delle specie di fruste nere che gli uscivano dalle mani e che era in grado di fare muovere a suo piacimento. Alzò gli occhi verso il ragazzino che scappò in un secondo. Si chinò e si accorse di aver un graffio sul braccio dovuto probabilmente all'attacco di uno dei villan. Si preoccupò quando si ritrovò a pensare che per fortuna questa volta solo un graffio. Si preoccupò quando come unica risposta alla domanda: ma chi cavolo sono per pensare cose simili!? Trovò come unica risposta: non lo so, non me lo ricordo. Sospirò, si alzò e andò alla ricerca dei suoi ricordi perduti.
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Aveva visto Deku. Ne era sicuro. Ne era sicuro da quando quelle iridi smeraldine avevano incontrato le sue. Deku era tornato.

 
Note:
Mi dispiace se il capitolo è così breve ma è la mia prima fanfiction!!! Spero almeno l'inizio sia stato interessante, il capitolo 2 dovrebbe uscire tra poco. Non ci sarà un ordine preciso per l'uscita dei capitoli dipenderà di miei impegni (e dalla mia voglia di scrivere). Nei commenti non siate troppo crudeli pliz e non commentate troppo gli errori grammaticali (So di averne fatti a bizzeffe), cmq spero vi sia piaciuto e al prossimo capitolo ciauuuuuuuuuuuuuu

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Capitolo 2
*** The First Meet ***


È semplice dire: ora vado alla ricerca dei miei ricordi perduti.
Ti accorgi solo cinque minuti dopo di quanto insensato sia ciò che hai appena detto. Prima di tutto dov'è che cerchi i tuoi "ricordi perduti"? Dovrebbero costruire un discount solo per vendere le vite delle persone in videocassette nel caso se ne dimentichino.
Per il ragazzo (un ventiquattrenne si può definire un ragazzo?) in questo momento sarebbe davvero utile. Più utile di starsene seduti su un bidone della spazzatura a mo' di statua con un gruppetto di autoproclamati villan sotto i piedi legati con un quirk di cui non era a conoscenza.
Da quanto tempo non andava in un discount? Boh, a ricordarselo!
Il ragazzo/uomo, chiamatelo come vi pare, non aveva la benché minima idea sul come fare per riacquisire la memoria. Neanche su come l'aveva presa se ci si voleva porre dei dubbi esistenziali. Fu allora che gli avvenne l'illuminazione (che per qualcun'altro sarebbe stata la più grande sfiga di tutti i tempi): Il ragazzino!!!
Quella specie di micro-tappo dagli occhi blu elettrico che era schizzato via nello stesso istante in cui lui si era accorto della sua presenza. Aveva avuto una reazione simile a quella di un tappo di bottiglia: una spintarella e via a schiantarsi contro il vaso più antico e prezioso della casa.
Con un essere umano però il verdino (vi accontenterete di questo) non aveva idea contro cosa sarebbe andato a sbattersi, così ebbe la brillante idea di seguirlo e di chiedergli magari qualche informazione. E magari se poteva stare temporaneamente a casa sua. Temporaneamente si sia chiari, sono fino a quando non avrebbe trovato una sistemazione più adeguata (o una sistemazione in generale).
Così, come se fosse la cosa più naturale del mondo e non una estremamente disgustosa e rivoltante, si infilò un sacco della spazzatura in testa dopo avergli fatto due buchi per gli occhi, poi aveva legato i criminali ed era dolcemente saltato su uno dei tetti piatti delle abitazioni circostanti.
Il tutto con estrema scioltezza.
Ci mise poco ad individuare il micro-tappo in una strada deserta vicino alla costa. Correva ancora a perdifiato ed era così pallido da dare l'impressione di aver appena visto un fantasma.
" Buffo ".
Pensò l'uomo col sacco della spazzatura in testa.
La gente comune solitamente non giudica buffo un quattordicenne che corre per le strade come un pazzo come se volesse arrivare dall’altra parte del Giappone per sfuggire ad un incubo del suo passato, o al suo idolo risorto. Ci sono varie alternative.
Comunque il verdino evidentemente non aveva idea di che cosa comune dovesse significare, perché se no avrebbe capito che non è comune saltare da un palazzo ad un altro con un sacco della spazzatura in testa per chiedere ad un ragazzino visto di scorcio se poteva gentilmente appropriarsi di una delle camere da letto di casa sua (il divano andava bene) e del bagno. Principalmente del bagno.
Forse per colpa di questa sua lacuna del vocabolario o per i funghi che cominciavano lenti ma non troppo a considerare la sua pelle e i suoi vestiti un ottimo luogo per crescere, saltò giù da un condominio proprio davanti al micro-tappo.
-Ehilà-, provò a dire ma non riuscì a finire la frase perché il diretto interessato scacciò un urlo tale da spaccare i timpani perfino ai martiri che speravano di aver già abbandonato tutte le sofferenze terrene. Un urlo da ragazzina se proprio si vuole specificare. Fortunatamente il suo quirk non era basato sul suono altrimenti qualche vetro si sarebbe di sicuro rotto.
Provò a correre in un'altra direzione ma una grande mano callosa e piena di cicatrici gli si parò davanti, poi due grandi occhi verdi e stanchi sotto un sacchetto della spazzatura nero gli rivolsero quello che era interpretabile come un sorriso. Il micro-tappo squittì e si mise a guardarlo negli occhi, poi, come riconoscendoli si calmò all’improvviso, era il tipo del vicolo! Neanche avendo un quirk di velocità sarebbe potuto sfuggirgli se era chi credeva lui fosse, non se lui aveva il One for All. Oppure si era sbagliato e adesso la sua testa sarebbe stata sfracellata contro un muro solo per ottenere i pochi spiccioli contenuti nel suo portafoglio.
- Scusa se ti disturbo…sei il ragazzino di prima vero? Beh questo è un po’ imbarazzante ma… potresti dirmi dove mi trovo per favore? – e per dare più enfasi si inchinò di centottanta gradi.
Il ragazzino parve basito da quella domanda e scoppiò a ridere, ridere e ridere, fino alle lacrime. Il verdino fece una faccia tale da incrementare ancora le risate.
- Io mi chiamo Nishimura Aiko. Al momento siamo nella periferia di Musutafu, la città dove si trova la Yuei, la scuola di eroi più famosa del Giappone ma sono sicura che tu sappia che cos’è –
Yuei.
A quel nome qualcosa si accese nella testa coperta dall’ammasso verde del giovane uomo, una seguenza di immagini sfocate e troppo veloci per distinguerle che quasi si fermavano in alcune scene. Facce indistinte di cui sono una nitida, quella di un ragazzo dai capelli color cenere e gli occhi cremisi, lo stesso ragazzo che lo colpiva, l’insultava, gli sorrideva e lo sorreggeva, lo stesso ragazzo che gli diceva di tornare indietro.
Tutto il resto era sfocato e nemmeno le parole erano distinguibili, solo una, solo una era a malapena comprensibile: Deku.
Chi era? Chi era quel ragazzino che ora probabilmente non era più tanto piccolo? Chi era Deku? Ma soprattutto perché aveva qualcosa di simile a ricordi nel liceo per eroi più famoso del Giappone?
- Signore state bene? – chiese AIko preoccupato.
Allora Deku sorrise: aveva un inizio da cui partire.

Note:
Perché i capitoli vengono sempre così corti :((((?  Cmq lo pubblico molto vicino all'altro pk l'avevo già praticamente pronto. Scusate perché non succedere niente di interessante ma spero vi piaccia e ciauuuuu

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Capitolo 3
*** The House ***


La casa di Aiko era situata in una zona periferica della città. Era una piccola villetta, una cucina open-space, un salotto pieno di finestre, due bagni (uno con la doccia l’altro con la vasca interrata nel pavimento), un seminterrato, una soffitta e tre stanze da letto, quella del ragazzo, quella dei suoi genitori e quella per eventuali ospiti, ora camera di Deku. Il verdino era riuscito chissà come a seguire l’adolescente fino a casa e si era messo ad aspettare fuori dalla finestra con uno sguardo da cucciolo abbandonato.
E Aiko, che teoricamente aveva il sogno di diventare un hero, non poteva certo ignorare la copia fantasma cresciuta del suo idolo che ogni ora allo scoccare delle lancette (non aveva un orologio quindi la cosa era alquanto inquietante) premeva il bottone dorato del campanello, il quale produceva un fastidioso driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin che non permetteva all’inquilino qualsiasi svago.
Se fosse stato un adolescente normale avrebbe probabilmente chiamato i suoi genitori a lavoro per chiedergli di tornare a casa visto che uno stalker lo fissava con i suoi occhi verdi dall’altra parte della strada, o da un ufficio, o da un palazzone abbandonato, o dal tetto dei vicini. Insomma dipendeva dalla stanza in cui si trovava, in bagno Aiko aveva creduto di essere al sicuro ma Deku si era arrampicato su un albero e aveva continuato a guardarlo anche mentre faceva… beh in bagno sapete cosa si fa.
Comunque i genitori del ragazzo non sarebbero semplicemente potuti tornare a casa, cosa che comportava un viaggio da New York al Giappone. Insomma non l’avrebbero certo fatto per un semplice stalker, se Aiko fosse stato rapito forse, e sottolineo forse, si sarebbero degnati di chiamare. La loro carriera come giornalisti era certamente più importante di un figlio che, evidentemente, come quirk non cagava oro.
Dopo cinque ore passate a cercare di ignorare il verdino e i suoi grandi occhioni verdi da cucciolo abbandonato si decise ad uscire per chiedere cosa volesse ma non fece in tempo ad aprire la porta che Deku si trovava già lì, sorridente e giulivo come se gli avessero dato una caramella.
Ed era così che Aiko si era ritrovato un probabile ex-pro-hero con un attacco di amnesia seduto sul suo divano, in salotto, a cercare informazioni sulla Yuei con il suo laptop. Una bottiglia d’acqua in mano presa dal suo frigorifero.
Il tutto in meno di mezz’ora.
Quasi non fosse la prima volta che lo faceva.
Nel mentre il ragazzo gli aveva mostrato le camere (tanto sapeva già la loro ubicazione) e quale sarebbe stata la sua: una piccola stanza da letto con un armadio spazioso e una scrivania in legno chiaro, il pavimento era in parquet anche questo di legno chiaro. Il letto era singolo e molto ampio, le lenzuola erano verdi e nere con qualche accenno di bianco qua e là.
Era una bella camera, ma Aiko non permise a Deku di entrarci fino a che non si fosse fatto una doccia e non si fosse cambiato i vestiti, almeno fino a che i capelli non fossero tornati al loro colore originale qualunque esso fosse. In qualche minuto il verdino si lavò da cima a fondo e si mise i vestiti del padre dell’adolescente, quando uscì…beh fortuna che Aiko non era una ragazza altrimenti sarebbe svenuta con il sangue che usciva dal naso.
Il nuovo inquilino era semplicemente… troppo bello e troppo figo. Alto, i muscoli scolpiti come se non uscisse mai dalla palestra, i lineamenti di una statua greca che comunque mantenevano uno sguardo morbido e gentile, i capelli leggermente troppo lunghi e di un verde scuro che gli ricadevano sulla fronte ad onde coprendo in parte i bellissimi occhi verde smeraldo che sembravano in grado di illuminare la stanza con una sola occhiata.
Quando gli sorrise Aiko fu quasi tentato di diventare gay. Poi si riscosse e gli porse una bottiglia d’acqua, la stessa che ora teneva in mano, perfino le sue dita era flessuose e morbide anche con le cicatrici, anzi le cicatrici lo rendevano ancora più figo e in più aveva un quirk potentissimo, se le sue teorie erano giuste il più forte del mondo.
L’adolescente fu quasi tentato di accoltellarlo, anche se sapeva non ci sarebbe riuscito visto che il verdino aveva un istinto fenomenale, insomma cos’era lui?
Aveva i capelli un po’ lunghi e nerissimi che gli cadevano sulla faccia, il viso scarno, gli occhi troppo blu elettrico, malgrado la palestra il suo fisico rimaneva magrolino ed era pure maldestro e bassetto. In più aveva un quirk di elettricità che non riusciva neanche a controllare tanto bene per quanto ci provasse. Almeno non aveva cicatrici, su di lui l’avrebbero fatto diventare uno zombie tutto rattoppato oppure una brutta versione in scala ridotta di Frankenstein (il mostro non lo scienziato).
Forse se provava a colpirlo con un vaso avrebbe potuto riassumere la cosa come un incidente, gli era scivolato di mano tutto qui… nessuna intenzione maligna davvero. Si credici.
No. No, no, no lui doveva diventare un eroe, voleva diventare un eroe. Gli eroi non attaccano le persone solo perché sono più carine di te (carine è un eufemismo ma…), gli eroi non attaccano le persone in generale, loro devono proteggerle. Deku proteggeva le persone, o almeno le aveva protette fino all’ultimo respiro e alla sua scomparsa. Aveva protetto i suoi amici, gli sconosciuti e aveva mostrato pietà anche per i vermi come Shigaraki Tomura e All for One. Lui si che era un vero eroe…
Aiko si posò il poster dell’eroe attaccato sulla parete alle sue spalle, in camera sua, e strinse la carta fino a quasi strapparla, si accasciò a terra con la schiena contro ancora sulla fotografia. Deku l’aveva salvato, sette anni prima, prendendo uno dei colpi di All for One solo per lui, forse era per quel colpo che era scomparso, che ora una sua copia sedeva nel suo salotto.
Era stata colpa sua. Tutta colpa sua.
Lente le lacrime cominciarono a scendere e a cadere sulle sue guance, i singhiozzi lo percossero e per fermare il pianto Aiko si portò le mani sugli occhi. Ma quelle non si fermarono, anzi si fecero più intense.
L’adolescente non sentì la porta aprirsi ma sentì quando due forti braccia lo strinsero in un abbraccio, non un abbraccio paterno più amichevole, di conforto. Come se Deku volesse dirgli di non vergognarsi di piangere, non piangere non ci rende più forti. Tenersi tutto dentro ci rende fragili, lontani dagli altri, tristi, si perde il collegamento con il mondo e si diventa soli. Essere soli significa che per quanto piangerai da solo le tue lacrime non vedranno mai viste da nessuno e nessuno mai ti comprenderà, credendoti una persona fredda e falsa.
Non piangere non ci rende più forti.
Piangiamo quando abbiamo paura, quando ci facciamo male, quando siamo tristi o arrabbiati, piangiamo quando commettiamo degli errori alla quale sappiamo non potremo mai rimediare, piangiamo quando sappiamo che se non fosse stato per noi le cose sarebbero potute andare in un modo diverso, migliore. Piangiamo quando sappiamo che per quanto combatteremo nulla potrà cambiare, piangiamo quando gli altri ci mostrano una strada che credevamo non esistesse. Una strada diversa da quelle che credevamo di poter prendere.
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Il verdino posò il corpo del ragazzo addormentato sul letto e lo coprì con una coperta leggera.
Entrando non aveva acceso la luce e non notò, non notò il poster stropicciato attaccato alla parete. O forse si rifiutò di notarlo, che fosse l’effetto del quirk di All for One o Izuko che forse non voleva tornare ad essere chi era prima, a fare la vita che faceva prima. Forse gli andava bene così. O forse aveva paura di come sarebbe potuto andare se avesse agito in modo diverso. Anche gli hero hanno paura, anche gli hero piangono, anche gli hero cercano di dimenticare.
Anche gli hero a volte scappano.
Note:
Si lo so, Katzuki non è ancora apparso. 
nel prossimo capitolo (se Dio vuole) dovrebbe appararire per un attimo per farsi più frequente in seguito. 
Forse ho un po' esagerato con la descrizione di Izuko ma :/.
Spero il capitolo vi sia piaciuto è che sono terriblile a fare scene drammatiche (avevate campito che era drammatica vero???)
Beh... per il prossimo capitolo boh :/
Alla prossima!!!

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Capitolo 4
*** The Green-Eyed Man ***


Era passata ormai una settimana dall'insediamento di Deku a casa di Aiko. Per comodità l'adolescente aveva cominciato a chiamare il verdino Jin.
Non che a lui importasse tanto come veniva chiamato ma era sempre meglio di: " Ehi tu ".
Nell'ultimo periodo Jin aveva usato i vestiti che il padre del ragazzo aveva lasciato a casa, ma, non gli sembravano piacere le camicie (che poi erano troppo strette) con i pappagallini e le palme.
Aveva poi bisogno di vestiti comodi per aiutare Aiko nei suoi allenamenti per entrare nel liceo Yuei. Si allenavano dalla mattina alla sera con una breve pausa per pranzare (un panino alle uova).
Ogni scontro finiva in meno di un secondo, e, fino ad ora il punteggio era 3182 a 0 per Jin.
Jin.
" Quel nome gli sembrava ancora strano " pensò Deku mentre imprigionava Aiko con la Black Ship.
- Hey Ai-kun ho bisogno di vestiti - disse Jin sedendosi su una panchina con un ham sandwich in mano.
L'adolescente lo guardò stupido, il suo compagno di allenamenti (dispensatore di botte gratis e scroccone patentato) non parlava quasi mai. Soprattutto quando mangiava.
- Vestiti? -
- Magliette, pantaloni, calzini, cinture, felpe, camicie, jeans, mutande, scarpe -.
Aiko ripassò la lista mentalmente e si accorse che Deku indossava gli stessi vestiti (i più larghi che c'erano), lavandoli ogni notte. In effetti sua padre, da come se lo ricordava, era un uomo mingherlino e senza muscoli, coi piedi grandi da dover prendere le scarpe su ordinazione malgrado fosse così basso. Sua madre invece era alta ed estremamente bella, con capelli neri, liscissimi e sempre ordinatissimi e un volto da modella che dimostrava ancora vent'anni. Aiko non aveva idea di come suo padre l'avesse conquistata ma grazie a lei aveva ancora qualche speranza.
Notò che Jin l'aveva continuato a guardare mentre rifletteva sulle sue pare mentali.
Gli occhi verdi chiusi in due fessure l'osservavano insistenti.
- Domani andiamo al centro commerciale -
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Il centro commerciale era situato in una zona centrale della città ed era immenso. All'interno ci sarebbe potuto stare l'intero quartiere di dove viveva Aiko, poi considerando che era su più piani...
Insomma all'interno ci potevo trovare qualunque cosa stessi cercando. Letteralmente.
Era il posto ideale per comprare all'ingrosso.
E beh, per Jin questo posto era estremamente familiare. Conosceva ogni negozio che fosse lì da più di sette anni e sembrava deluso quando uno di questi si scopriva essere stato chiuso e sostituito da un negozio di manga o un venditore di cover per telefono con le faccine buffe.
Molto buffe.
Per prima cosa Aiko portò il compare a comprare due paia di scarpe e un’ immensità di calzini e mutande.
Poi, essendosi accorti che era già ora di pranzo si erano rintanati in uno dei minibar sparsi per il centro commerciale come morbillo.
Il minibar che avevano scelto aveva un che di tradizionale malgrado l'ambientazione fantascientifica tra un negozio di robot e una sala che ora stava ospitanti una conferenza su Star Trek.
Dava l'idea di essere appena uscito da un’ epoca precedente, ma, a detta di Aiko, il cibo era davvero mitico. O forse al ragazzo si erano decomposte le papille gustative a forza di udon preconfezionati e cibo d'asporto.
Almeno a Deku diete quest'idea.
Il cibo era mitico, sì, ma con tutti gli anni che aveva doveva essere andato a male. In qualche modo riusciva ad essere fastidiosamente dolciastro e insopportabilmente aspro in un solo boccone.
Jin riuscì a sopportare al massimo due bocconi prima di passare il piatto al ragazzo, che fu ben felice di accettarlo e ne ordinò altri tre piatti. Il cameriere, un giovane ragazzo che utilizzava i propri capelli per portare i piatti, lo guardò stranito, come conscio di quanto orribile fosse la cucina.
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A guardare Aiko mangiare così tanti piatti di quel cibo andato a male faceva venire la nausea, infatti, Deku si alzò con la scusa di andare in bagno pur di allontanarsi da quella scena film horror. Scelse il bagno più lontanano possibile dal minibar, e, camminando piano, ci mise una quindicina di minuti per arrivare.
All’interno c’era solo un liceale con un costume da eroe, probabilmente stava facendo l’apprendistato, che si guardava allo specchio, sfinito. Evidentemente l’eroe alla quale era stato affidato non gli aveva permesso neanche una pausa.
- Stanco? –
Chiese Jin.
L’interpellato si girò e lo guardò un po’ sorpreso con i suoi grandi occhi marroni lo sconosciuto che si era messo a lavarsi le mani di fianco a lui. Un signore giovane, non più di ventitre o ventiquattr’anni, i capelli nascosti da un cappuccio e incredibili occhi verde smeraldo. Era abbastanza altro e muscoloso ma non sembrava avere cattive intenzioni. Così si decise a rispondere.
- Il mio capo non mi fa fermare un attimo, dobbiamo seguirlo ovunque ma lui è semplicemente troppo veloce e non riusciamo a stargli dietro, né io né i miei amici –
Sospirò e riabbassò gli occhi verso il lavandino.
- Non so perché ma credo di capirti –
Gli sorrise Deku.
Fu solo allora che sentirono i colpi.
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Il nemico era forte.
Troppo forte per un semplice ragazzo come lui.
Ma se non fosse intervenuto quella povera bambina forse non sarebbe più viva.
Aiko aveva finito l’ultimo piatto che gli era stato portato e si era alzato per pagare il contro quando aveva sentito una voce gruttuale e spaventosa: - AVANTI HERO VENITE A SALVARE QUESTA RAGAZZINA SE NE AVETE IL CORAGGIO! O FORSE SIETE TROPPO SPAVENTATI PER PRENDEVI LE VOSTRE RESPONSABILITÀ? SIETE CORROTTI FINO AL MIDOLLO, VOI E TUTTA LA SOCIETÀ! SARÒ IO A DIMOSTRARLO! –
Dall’altra parte della galleria, un villain alto due metri e con dei muscoli immensi stava stringendo una bambina per la gola, era così piccola rispetto a lui e il modo in cui si dimenava ricordava vagamente quello di un topolino di fronte ad un leone.
Non c’era nessun hero in vista e la mano si stringeva ogni secondo un po’ di più, la sorella della bambina era ferma, nel panico più totale. La gente di ammassava in torno senza però osare avvicinarsi, terrorizzata dal villain e in pena per l’ostaggio. Qualcuno provò a chiamare gli eroi.
Ma tutti sapevano che non avrebbero fatto in tempo.
Il suo corpo si mosse da solo e Aiko si ritrovò a correre verso il villain con una bottiglietta d’acqua che teneva sempre nello zaino in mano. La aprì e la buttò contro il cattivo.
Lui, zuppo, si girò in un nanosecondo e, con un sorriso degno di un serial killer, gli chiese: - Cosa vuoi ragazzino? Fare l’eroe? -.
Ma Aiko lo stava già ignorando troppo concentrato a incanalare le scosse azzurre d’elettricità all’interno del suo corpo e, quando raggiunse il suo limite, esclamò:
- Sai...l’acqua è un ottimo conducente –
E fece esattamente come Deku gli aveva insegnato.
Il villan venne folgorato da una scossa di elettricità e mollò di riflesso la bambina, scagliandola in aria. Il ragazzo, che aveva già previsto una reazione simile, anzi ci aveva sperato, prese la piccola al volo e la portò in un attimo alla sorella che la strinse come se non volesse più lasciarla andare.
Aiko sorrise alle due e non si accorse del villan dietro di lui che gli stava per schiacciare la testa.
Si era distratto.
 Il suo istinto di sopravvivenza gli salvò la pelle facendolo spostare un pelo più a destra, ma il villan lo afferrò impedendogli qualsiasi movimento, era semplicemente… gigantesco.
Aiko capì che per lui era finita. O almeno così credeva finché non sentì quella voce, affilata come la lama di un rasoio e fredda come l’inverno artico, così diversa dal solito, così pericolosa. Ma sapeva che ora era salvo.
- Hey gigante decelebrato, lascia andare Aiko.
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Il villan si girò verso il giovane uomo il cui volto era coperto da un cappuccio e una mascherina. Camminava verso di lui a passo lento e regolare, ma, il suo istinto gli diceva che era pericoloso.
Si sa, gli idioti non ascoltano l’istinto.
Infatti, invece di ubbidire, esclamò furioso. – EH QUINDI QUESTO MOSCERINO SI CHIAMA AIKO! COME OSI CHIAMARMI DECELEBRATO TU PICCOLO PUFFO ORA TI FACCIO A POLPETTE! -.
E gli si scagliò contro.
Non avrebbe potuto fare una scelta più sbagliata.
Deku si mosse ad una velocità inumana e gli tirò un calcio avvolto da scariche elettriche verdi nello stomaco, poi un pungo sul naso e infine lo buttò a terra e recuperò il ragazzino prima che venisse schiacciato dal peso del villan, ormai svenuto e col naso rotto.
Tutto in meno di un secondo.
Poi prese le borse e ne passò una al ragazzino.
- Andiamo a casa.
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Aki non riusciva a credere a ciò che aveva appena visto.
Quando avevanp sentito i colpi lui e lo sconosciuto erano nello stesso punto, anzi, lui era più vicino all’uscita. Eppure il signore si era mosso in un istante ed era corso verso la causa del frastuono, era stato veloce quanto se non di più di DynaGod.
Quando Aki era finalmente arrivato aveva visto solo l’ultima parte del combattimento ed era rimasto di stucco, comprendendo la sua incapacità nel momento in cui aveva visto il signore in azione. Era stato tutto semplicemente troppo veloce, troppo perfetto, nessun ferito, nessun danno, nemmeno il tempo perché gli eroi arrivassero. Nemmeno il tempo per lui di arrivare.
DynaGod corse verso di lui un attimo dopo la scomparsa dei due individui.
- SI PUÒ SAPERE COSA CAZZO È SUCCESSO!? –
Lo studente non rispose, non perché non volesse ma perché non sapeva cosa dire.
- C’era un signore…ho parlato con lui nel bagno…poi le esplosioni…poi…poi è arrivato prima lui…è stato lui a fare questo…era…diverso…aveva gli occhi verde smeraldo–
Biascicò.
DynaGod rimase in silenzio, ma Aki non l’aveva mai visto fare quella faccia. Non sapeva se doveva avere paura. Non sapeva se doveva avere paura di lui o di quell’uomo dagli incredibili occhi verde smeraldo.

Note:
Eccomi di nuovo! Avevo già il capitolo pronto da un po' ma ero al mare!!!
Insomma non avevo il computer...:/
Cmq spero vi sia piaciuto il capitolo ed ecco finalmente Kacchan!!!
Dopo avrà un ruolo importante e ci sarà molto più spesso.
No Spoiler.
Al prossimo capitolo!!!

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Capitolo 5
*** The Dream ***


- Cazzo! Cazzo, Cazzo, CAZZO! – esclamò Katsuki colpendo con un pugno la porta d’ingresso dell’appartamento che condivideva con Eijiro e Shoto. I due coinquilini si voltarono vagamente infastiditi verso l’amico che, intanto, si era tolto le scarpe per distendersi rumorosamente sul divano.
- Tutt’apposto bro? –
Chiese amichevolmente Kirishima.
Bakugou grugnì e si distese occupando per intero il sofà, non aveva voglia di parlare con nessuno al momento, meno che mai con mezza faccia e capelli rossi. Voleva solo dormire, dormire e dimenticare quello che aveva sentito da quel mocciosetto, non voleva pensarci. Non voleva pensare a lui.
Todoroki gli ghiacciò la punta delle dita per farlo spostare visto che sul divano ci era seduto anche lui. Come reazione l’eroe numero uno fece quasi far saltar in aria l’intera stanza, con sommo divertimento di Eijiro, che stava ridendo così tanto da essere in lacrime.
Ma il pro-hero non era in vena di divertimenti, per cercare di ignorare il fastidioso coinquilino si premette un cuscino sulle orecchie e accesa la TV. Non l’avesse mai fatto.
Sul telegiornale si parlava solo di un giovane uomo che aveva sconfitto un Villan nel centro commerciale di Musutafu e di come la sua identità fosse ancora celata. C’erano anche alcune interviste, tra le quali una interessò particolarmente al gruppetto.
“ Il mio nome è Ito Harumi, sono la sorella della bambina presa in ostaggio dal villain. Eravamo andate a fare alcune compere quando Hana è stata improvvisamente attaccata da quel villan, lui continuava a gridare cose come -ora che Deku ed All Might non ci sono più non c’è più nessuno da poter chiamare eroe- e un sacco di altre cose contro gli eroi. Ero terrorizzata. Ma poi… ma poi quel ragazzino è riuscito miracolosamente a salvare mia sorella rischiando di morire, se non ci fosse stato quell’uomo…non oso immaginare come sarebbe potuta finire “
“ E si ricorda l’aspetto di questi suoi salvatori? “
“ Il ragazzino aveva i capelli neri e gli occhi blu elettrici, avrà avuto tredici/quattordici anni, il suo quirk…credo fosse del tipo elettricità. L’altro invece aveva il volto coperto e sono riuscita ad intravedere solo degl’incredibili occhi smeraldini. Era alto e molto muscoloso e anche abbastanza giovane direi, meno di venticinque anni. Non saprei proprio dire quale fosse il suo quirk “
“ C’è qualcosa che vorrebbe dire a questi uomini? “
“ Sì!!! Io voglio ringraziarli dal profondo del mio cuore e, se state guardando questo programma, sappiate che vi sarò sempre grata per aver salvato Hana! E poi…"
Bakugou spense la TV, l’espressione gli si era improvvisamente rabbuiata ed era troppo, troppo, silenzioso. Eijiro e Shoto erano paralizzati ma comunque pronti ad intervenire se l’amico avesse provato a distruggere tutto ciò che era a portata di mano.
- Ehi bro che faccia…che ne dici se andiamo a prendere un po’ d’aria fresca? –
Kirishima gli tese la mano.
Katsuki la ignorò.
Si alzò.
Prima di uscire dalla stanza disse qualcosa, un sussurro arrivò alle orecchie dei due eroi:
“ Deku non è morto, non può essere morto. Non per quello, non in quel modo “
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“ Deku, Deku, Deku, Deku, Deku, Deku, Deku, dove cazzo sei Deku!? “
Bagugou Katsuki, hero number one in Giappone, scagliò un cuscino dall’atlra parte della stanza con tanta forza da far tremare la parete. Poi crollò sul letto e fece una cosa che nessuno avrebbe mai immaginato potesse fare.
Pianse.
Pianse in modo silenzioso col cuscino attaccato alla faccia per evitare che i singhiozzi si sentissero, rimase così per ore finché le lacrime calde non furono il suo unico appiglio alla realtà, finché fuori non uscirono delicate le stelle per accompagnare la Luna ne suo percorso, finché non si addormentò.
Era un sogno.
Lo sapeva ma lo stesso non voleva crederci, forse sperava che un giorno quel sogno diventasse realtà.
C’era un bambino in quel sogno. Un bambino dai grandi e gentili occhi verdi e una chioma del medesimo colore in testa. Sorrideva mentre gli porgeva una mano chiedendogli se stesse bene.
C’era un ragazzo in quel sogno. Un ragazzo con l’uniforme della scuola dei suoi sogni, un ragazzo dagli occhi verdi che correva verso i suoi amici. E sì, correva verso di lui.
C’era un eroe in quel sogno. Un eroe stanco, il costume a brandelli e gli occhi verdi simili a quelli di un cadavere. Gli stava dicendo qualcosa e alla fine gli veniva in contro e si faceva sorreggere da lui.
C’era un fantasma in quel sogno. Gli chiedeva di mantenere la sua promessa, il suo sogno.
Gli chiedeva di sopravvivere.
Gli chiedeva di diventare il numero uno.
Di salvare le persone.
Di mantenere la pace.
Di portare sorrisi sui volti della gente.
C’era un amico in quel sogno. Un amico che svaniva della nebbia con un sorriso sul volto.
Alla fine tutti esclamavano la stessa medesima sentenza.
La sua sentenza.
“ Kacchan! “
E forse quello non era un sogno.
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C’era un’ombra sul tetto di una delle case nell’area periferica della città di Musutafu. A volte l’ombra si muoveva, lentamente e con calma, si stiracchiava come un gatto randagio e si distendeva a guardare il cielo notturno. Si arrotolava e si stringeva per il freddo della notte autunnale e ascoltava in silenzio i rumori dell’oscurità, i rumori che gli uomini, gli animali e gli oggetti facevano quando credevano che nessuno potesse sentirli.
L’ombra a volte si alzava per spostarsi in una zona più comoda o per sedersi vicino alla canna fumaria di un’abitazione per prendere un po’ del caldo in eccesso. Era lì perché non riusciva a chiudere occhio e aveva scelto di uscire per evitare di sentire il continuo russare del padrone di casa. Oppure il rumore della lavatrice e del lavello che perdeva ogni 14.35 minuti una goccia d’acqua che scacciava definitivamente anche solo l’idea di avere un riposo decente.
Così l’ombra aveva aperto la finestra ed era uscita per sentire i sussurri della notte, il frastuono del silenzio interrotto dal sospiro di un bambino che stava facendo un sogno particolarmente felice. Oppure dall’urlo agghiacciante di chi aveva un incubo. Di chi stava rivivendo un ricordo o una situazione che aveva odiato e di cui avrebbe tranquillamente cancellato ogni memoria.
E l’ombra ascoltava la vita scorrere quando tutti semplicemente l’ignoravano.
Solo che l’ombra non era un gatto.
La creatura che si muoveva con passo felino da un tetto all’atro, da una panchina all’altra, da un quartiere all’altro, era un giovane uomo il cui volto rimaneva coperto dal cappuccio di una felpa appena comprata nel vano tentativo di tenere lontano il freddo del prossimo inverno.
L’uomo guardava le stelle sperando potessero indicargli la via di casa, una via che aveva perso molto, troppo tempo addietro. Sperava le stelle potessero indicargli il nome della persona a lui più cara, il nome di un ragazzo che ormai era diventato un uomo. Che con tutto il tempo che era passato doveva averlo dimenticato.
Diceva a se stesso di desiderare che si fosse dimenticato di lui quando in realtà sapeva di sperare che se ne ricordasse, che non l’avesse smarrito tra i ricordi di una vita intera.
Voleva dormire, un sonno senza sogni.
Ma sapeva non ci sarebbe riuscito.
Non dopo quel sogno.
Se così lo si poteva chiamare.
C’era un bambino in quel sogno. Un bambino con fieri e coraggiosi occhi cremisi e i capelli color biondo cenere che respingeva la mano che gli aveva porto. Come se non volesse essere aiutato
C’era un ragazzo in quel sogno. Un ragazzo con un uniforme di una scuola alla quale era sempre voluto andare e gli occhi cremisi che lo guardavano male. Ma alla fine lui sapeva che gli voleva bene.
C’era un eroe in quel sogno. Un eroe dagli occhi cremisi pieni di pentimento e serietà che gli diceva qualcosa, qualcosa di importante che non volveva dimenticare. Poi lo sorreggeva quando stava per cadere.
C’era un frammento di ricordo in quel sogno. Gli diceva di non andare avanti senza di lui. Di mantenere la promessa.
La promessa di diventare il numero uno.
Di salvare le persone.
Di mantenere la pace.
Di portare il sorriso sui volti della gente.
C’era un amico in quel sogno. Un amico col volto disperato distorto dal dolore mentre lo guardava.
Alla fine esclamavano tutti la medesima sentenza.
La sua sentenza.
“ Deku!!! “
E forse quello non era un sogno.
Note:
Eccomi di nuovo col quinto capitolo!
Spero vi sia piaciuto e beh non ho molto altro da dire quindi se avete dubbi chiedete.
E si, me l'ha chiesto pure un amica, l'ombra è Deku.
Al prossimo capitolo!!!

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Capitolo 6
*** The School ***


- Ehi Aiko stavo pensando di diventare un vigilante-
Aiko per poco non fece cadere la tazza di caffe che teneva in mano e spalancò comicamente gli occhi blu, ormai liberi da ogni traccia della solita apatia mattutina da studente andato a letto all’una e svegliatosi alle sette.
- Tu vuoi diventare cosa? –
- Un vigilante –
Il ragazzo analizzò lentamente ogni singola parola (anche se erano solo due) e posò lentamente la tazza per evitare di rovesciare la bevanda fumante e causare o a lui o a Deku un’ustione di quarto grado.
Poi alzò gli occhi verso il malato mentale che aveva raccattato per strada e alla quale doveva la vita. I suoi occhi e la sua espressione parlavano chiaro: sei pazzo, scemo, fai pessimi scherzi o tutti e tre?
Ma Jin sembrava, malgrado tutte le apparenze, perfettamente conscio della sua decisione. Sembrava anche pronto ad argomentarla come un bambino ad un’interrogazione che non aveva idea se l’insegnante avesse davvero capito un acca della sua spiegazione e se dovesse ripetere tutto. L’abusivo strinse l’angolo del bancone in legno della cucina e nel suo sguardo si accese una luce di determinazione.
- Diventerò un vigilante. Quando ho combattuto quel villan ho sentito…qualcosa, un senso di familiarità e poi c’è una persona che devo assolutamente incontrare! Sento che…se riuscirò a vederlo o a parlarci potrei recuperare la memoria o almeno in parte –
Aiko riassunse l’aria apatica da studente l’una/sette.
- Ohi ieri ti si sono ghiacciati i neuroni a stare fuori tutta la notte o hai sempre avuto istinti suicida? L’era dei vigilanti è finita, se ti troveranno ti arresteranno e indovina: verranno qui e io non potrò mai più andare alla Yuei e diventare un vero eroe –
Deku fece per rispondere ma l’adolescente lo bloccò sul posto.
- Senti fai quello che ti pare ma se ti chiedono dove vivi dì che sei un senzatetto –
Prese la borsa con i libri e la scatola del pranzo ed uscì per andare a subire un altro mortalmente noioso giorno di medie, pieno di interrogazioni a sorpresa, compiti e questionari su: cosa vuoi fare da grande? Ma era sempre meglio di parlare con un fantasma dei suoi sogni per farsi arrestare.
“ Spero solo non sia il genere di persona che porta gli altri giù con sé “
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Nel liceo Oraka l’insegnante più temuta e al contempo rispettata era la professoressa Fujiko Yui, insegnante di lettere provava una malsana passione nel far scrivere agli studenti testi lunghi necessariamente almeno quattro pagine in Kanji. Si diceva che, nella sua carriera, avesse elargito abbastanza insufficienze da far bocciare un intero anno senza neanche una materia sufficiente ad almeno 12 classi.
Il suo quirk le permetteva di scoprire ogni singolo trucco ed inganno e sicuramente avrebbe fatto furore con una carriera poliziesca od investigativa. Aveva invece scelto di seguire la sua passione (ossessione), cioè quella di far soffrire e studiare per ore ed ore dei poveri ed innocenti studentelli delle medie per stroncargli ogni possibilità di accedere ad una scuola prestigiosa.
La gente la chiamava: l’angelo diabolico. Forse per il suo incredibile aspetto in gioventù o per altre mille teorie, quel nomignolo veniva ancora usato dagli studenti della 3B. Guai però lo si utilizzasse di fronte a lei se non si desiderava una morte dolorosa a seguito di interrogazioni massacranti e verifiche incredibilmente più complesse rispetto a quelle dei compagni.
Insomma nessuno era così stupido.
O quasi.
Toshimura Momoki era uno scemo in ogni senso quella parola possa avere. Andava male a scuola, andava dietro qualsiasi ragazza pur di toccarle o guardarle il sedere, diceva in giro che sarebbe andato alla Yuei, si comportava appunto da scemo e amava bullizzare gli studenti che credeva fossero inferiori a lui insieme ad un gruppetto di scemi più di lui.
Da qualche mese aveva scelto di prendere di mira come sua preda Aiko, il quale aveva preso la buona decisione di ignorarlo di principio. O almeno era ciò che aveva fatto fino ad ora. Insomma nessuno è così scemo da togliere il pranzo ad un adolescente affamato per buttarglielo sulla testa sporcando anche la divisa che era dannatamente costosa.
Un po’ di buon senso nella vita dovrebbe essere naturale.
Di sicuro non poteva lamentarsi se dopo Aiko gli aveva tirato un pugno elettrificato e l’aveva fatto incastrare sul soffitto, peraltro durante l’ora della professoressa Fujiko.
E la vecchia megera aveva giustamente scelto di inviarli entrambi dal preside con una nota sul registro e una possibile sospensione e una convocazione dei genitori o dei tutori a scuola.
Adesso Aiko era nella cacca fino al collo.
Chi cavolo avrebbe dovuto chiamare lui???
Un’idea gli passò per la testa ma la scartò subito.
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- Quindi lei sarebbe il signor... Nishimura Jin...-
Esclamò affascinata la preside.
Qualche minuto prima un giovane a dir poco illegalmente bello si era presentato come fratello adottivo di uno dei suoi studenti, un certo Nishimura Aiko.
Il ragazzino aveva ferito un compagno utilizzando il suo quirk e i genitori della vittima (un bullo di professione) si erano lamentati fino all'inverosimile di quanto il loro pulcino fosse rimasto scosso dall'incidente e della crudeltà che Aiko quando il loro angioletto aveva chiesto di fare amicizia.
Odiava quel tipo di genitori lecchini che straviziavano i figli credendoli angioletti fino all'ultimo.
Quando Aiko era vicino a finire all'ergastolo era arrivato lui.
Giovane, bello, misterioso, intelligente ed affascinante. La preside non aveva mai visto una persona come lui se non in TV o su una rivista di modelli famosi. Anzi lui era perfino meglio!
Capelli verdi ad onde perfettamente curati ma comunque lasciato leggermente spettinati, occhi verde smeraldo così intensi da fare innamorare qualunque donna guardassero, lineamenti perfetti. Alto, muscoloso e con una voce da brividi.
Ongi interesse dell'anziana signora e di tutte le donne presenti nell'edificio si era incentrata su di lui ignorando ogni compito stessero eseguendo. La segretaria passava troppo spesso, le professoresse sbirciavano dalla sala insegnanti, orde di studentesse si ammassavano alla porta dell'ufficio e la preside, privilegiata, aveva l'onore di guardarlo direttamente in faccia.
- Si signora, il mio nome è Nishimura Jin. I nostri genitori sono in un viaggio d'affari a durata indeterminata per cui io mi occupo del mio amato fratellino -
"È pure responsabile!!! Che uomo meraviglioso!!!"
Pensò la preside arrossendo leggermente all'idea di Jin con una camicia leggermente aperta e pantaloni attillati disteso sul suo letto a sussurrarle con dolcezza "amore vieni a dormire".
Ma poi, per mantenere il suo onore come preside di fronte a tutte le donne della scuola, riassunse un aria severa ed esclamò.
- Suo fratello ha ferito uno dei nostri più cari studenti, come può ribattere? -
- Da quel che mi è stato riferito, signora, mio fratello è stato vittima di bullismo e nessun insegnante è intervenuto. Mai. Come vi aspettavate reagisse un quattordicenne!? Come vi prenderete la responsabilità di ciò che è successo?! Andiamo Aiko qui non hai niente da fare -
Si alzò ed uscì dalla stanza portandosi dietro suo fratello.
" È anche protettivo verso la famiglia!!! È l'uomo perfetto per me!!!"
Pensò la preside prima di distendersi sulla sedia con le guance leggermente arrossate.
Sapeva che le voci sarebbero girate in fretta e che presto tutti avrebbero saputo del fratello di Aiko o che nessuno (se aveva una cotta o anche solo un’amica femmina) avrebbe provato a toccarlo.
Meglio così.
Anche se forse avrebbe voluto rivederlo...
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- Siamo a due! -
Esclamò Deku tutto gioioso uscendo dalla scuola.
- Due cosa? -
Chiese Aiko.
- Due volte che ti salvo! Adesso non potrai più dire niente sul mio fare il vigilante...fratellino! -
E malgrado tutto Aiko sapeva che aveva ragione.
 
Note:
Ecco qui, scusate se ci ho messo un po', spero mi perdonerete 
Ho approfittato per scrivere tre capitoli e pubblicherò gli altri due tra poco
Mi ero dimenticata di non aver pubblicato questo :/ 
Beh spero vi piaccia ciauuu

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Capitolo 7
*** The Vigilant ***


Di giorno le cose possono succedere sotto gli occhi di tutti e ogni anima sulla Terra saprà dell’avvenuto.
È l’ora della legalità, delle azioni eroiche e di quelle quotidiane, l’ora degli eroi, dei civili e dei cattivi che si autodefiniscono tali.
Di notte ogni occhio è chiuso, le azioni compiute sono celate al mondo, nessuno saprà mai cos’è successo.
È l’ora di pianificare, di uccidere, di ferire, l’ora per quelli che cattivi li definiscono gli atri.
Ed è l’ora dei vigilanti.
Eroi senza brevetto, giustizieri della notte, persone che fanno quello che è davvero doveroso fare. 
Perché c’è un limite tra ciò che è giusto e ciò che è socialmente accettabile.
Criminali agli occhi del governo, veri eroi agli occhi di tutti gli altri. 
Non hanno un nome, non hanno un volto, non hanno alcun potere politico. Ma loro non hanno bisogno di queste cose perché loro sono hero.
Deku finì di leggere l’articolo su internet addentando un dorayaka. Non credeva quello che ci fosse scritto fosse esattamente legale ma non è che quello che stesse facendo fosse esattamente legale. Non che le azioni che i cinque villan sotto i suoi piedi fossero state esattamente legali. Ma, del resto, se era un modo per riacquisire i ricordi ed incontrare Kacchan l’avrebbe rifatto volentieri altre ventimila volte. 
Anche se sperava di non metterci così tanto. Beh il fato fa le cose a modo suo e Jin non poteva fare altro se non seguire le leggi del fato per mantenersi un minimo legale in quel mondo dove lui era totalmente fuori dagli standard. Del resto le leggi del fato sono inflessibili per tutti a differenza di quelle dell’uomo:
ciò che deve accadere accadrà non importa quali azioni tu faccia per impedirlo, però ogni azione che compi ti porterà verso quel destino qualunque esso sia. Ci puoi provare, ma alla fine, il fato saprà le tue scelte prima che tu abbia il tempo di compierle. 
E per quanto complesse possano sembrare erano spesso semplificate con “ Se deve succedere succederà se no pazienza “.
Deku sbruffò da sotto la maschera e mise via il telefono, i villain ancora che mugugnavano sotto di lui come bambini in punizione. Il vigilante guardò verso di loro ma non riuscì a ricordarsi nessuna delle loro facce, eppure era sicuro di aver avuto a che fare con parecchi cattivi molto più forti di loro in precedenza. 
- Su ragazzi si va alla stazione di polizia – 
Esclamò estendendo Black Whip, era utile quando si parlava di trasportare pesi morti o criminali che (chissà perché) non volevano andare in prigione per nessun motivo al mondo. Durante il tragitto per strade secondarie, vicoletti buoi e pieni di spazzatura e aree disabitate verso la stazione di polizia gli capitava spesso che i criminali lo minacciassero con frasi del genere “ Quando esco t’ammazzò brutto fungo! “.
Questa volta però dissero qualcosa di vagamente più interessante:
- Quando esco- parte iniziale identica-non vedo l’ora di leggere la notizia del tuo omicidio da parte di Himiko Toga! Sono sicura sarà molto interessata ad assaggiare il tuo sangue vigilantino di merda! – 
Deku si bloccò in mezzo ad un vicolo pieno di spazzatura e si mise a ridere a crepapelle. 
“ Himiko Toga eh? “
Poi sorrise e perfino al gruppetto di villan vennero i brividi, quell’espressione non sembrava quella che una persona con qualche neurone ancora funzionante fosse in grado di fare. Era il genere di espressione di un serial killer a natale quando riceve il suo coltello preferito e accoltella i genitori e il fratellino, l’espressione di un villan quando finalmente sa come fuggire dal tartaro, l’espressione di un criminale che vede il suo eroe preferito venir ucciso grazie a lui. Quella non era l’espressione di un vigilante, non era l’espressione di un eroe, non era l’espressione di qualcuno che seguiva la giustizia.
- Himiko Toga ehe…bene…ti aspetto, non vedo l’ora di rincontrarti amica mia –
--------------------------------------------------------
- Oh Jin vedo che sei tornato, la cena è quasi pronta, va a cambiarti e a farti la doccia per favore, puzzi peggio di un cane che ha fatto un bel giretto nelle fogne – 
Esclamò un Aiko con un grembiule da cucina portandosi una mano sul naso per evitare di sentire l’odore raccapricciante del fratello. Lui sorrise e con un’espressione beata rispose:
- Beh verso l’ultimo tratto per la stazione della polizia hanno aumentato i controlli per cui sono stato obbligato a passare effettivamente per le fogne –
- Stammi lontano, sei messo peggio di quando ti ho trovato, come odore dico – 
Deku rise gioiosamente ed andò in bagno con sommo stupore Aiko. Doveva aver sbattuto la testa, era lì da ormai tre mesi e da circa due mesi e mezzo aveva cominciato con questa storia del vigilante, ed era bravo, cavoli se era bravo. Aveva catturato chissà quanti criminali pericolosi e nella città il tasso di criminalità era sceso come mai prima d’ora, riusciva perfino a tornare a casa riposato e sereno senza neanche un graffio e a non farsi beccare mai dalla polizia o dagli hero. Insomma Aiko sapeva che Deku era forte, ma non si aspettava che riuscisse a fare lavori del genere senza neanche rompersi un’unghia, anche se sembrava avesse passato molto, molto di peggio. 
L’adolescente aveva modo di accorgersene in momenti come questo, dove Jin usciva dalla doccia senza la maglietta e rimanevano visibili le centinaia di cicatrici che, come una fitta rete di ragnatele, ricoprivano il petto e, principalmente, le braccia e le mani. Ogni giorno che passava con lui era una certezza in più della sua identità, anche se non aveva prove oggettive. 
A distrarlo dal suo flusso di pensieri contorti e privi di un senso oggettivo e a impedirgli di bruciare le uova fu proprio il soggetto di tali pensieri.
- Aiko, è tra una settimana il test d’ingresso alla Yuei per la sezione eroi giusto? –
Per poco Aiko non fece cadere la padella.
- Vero è tra solo una settimana, devo allenarmi di più, studiare di più, ahhh sono stra in ritardo –
Poi lanciò con una mira fenomenale la frittata sul piatto di Deku, spense il fuoco e andò ad infilarsi la felpa e le scarpe in ingresso, borbottò qualcosa tipo ora vado a correre ed uscì, lasciando il fratello acquisito da solo. Lasciando il fratello acquisito che conosceva la password del suo computer da solo, senza chiudere camera sua.
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H-I-M-I-K-O—T-O-G-A
Scisse ogni lettera con cura sulla tastiera del computer di Aiko e, per quello che quel villan aveva fatto, non gli vennero notizie molto recenti, sembrava ultimamente stesse tenendo un profilo basso. Scorrendo giù vide delle notizie risalenti ormai a quasi sette anni prima: Himiko Toga, membro dell’Unione dei Villan, riesce a scappare dagli eroi durante la battaglia finale, tutti i suoi compagni vengono arrestati, Shigaraki ed All for One vengono uccisi da DEKU; l’eroe scomparso viene dato per deceduto.
Il ragazzo spense il computer.
All for One… 
C’era qualcosa che lo collegava al criminale ormai morto, ma perché c’era scritto che era stato lui ad ucciderlo?
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- Avete trovato quel criminale del cavolo?! – 
Esclamò Bakugou all’ispettore della polizia Kobayashi, era stato costretto ad occuparsi del caso di questo vigilante che da qualche mese aveva fatto la sua comparsa abbassando incredibilmente i livelli di criminalità nella città di Musutafu. 
- Vigliante singor Bakugou, non criminale, e comunque per ora non siamo riusciti ad ottenere niente. I criminali appena gli chiedevamo di lui cominciavano a imprecare e a chiamare quel tizio Phantom ma niente di più, non sappiamo niente di lui –
- Cazzo siete proprio degli incompetenti, non è il vostro lavoro questo! Almeno qualcuno di quei stramaledetti villan ha avuto una reazione diversa?! – 
L’ispettore sospirò guardando ansiosamente l’orologio per vedere quanto mancasse perché il suo turno finisse e potesse liberarsi di quest’irascibile eroe e di questo casa rompi-cervello. Lesse il rapporto un'altra volta, un po’ disinteressato (quando lo leggi centinaia di volte capita), almeno finché non lesse l’ultimo rapporto, quello della sera stessa. 
- C’è stato un gruppetto di villan arrestato stasera stessa, loro…la loro reazione era diversa. Hanno detto che Phantom è un uomo pericoloso, terribilmente pericoloso e instabile. Secondo la testimonianza di uno dei minion mentre li stava portando qui il capo ha detto qualcosa riguardo Himiko Toga e lui ha iniziato a…ridere convulsamente sorridendo in un modo…beh credo tu possa descriverlo meglio di me signor Bakugou –
In effetti la sua espressione si era rabbuiata e si era calmato, la sua voce era fredda e piatta.
- Troverò quel criminale, vigilante o quel che è, a qualunque costo –
Note
Beh ecco uno dei due capitoli, il prossimo arriva tra poco.
Spero vi piaccia è che non sono molto bravva con il climax.
Allora al prossimo capitolo!!!

 

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Capitolo 8
*** The Test ***


- Non ce la farò, non sono idoneo, non sono abbastanza forte, non ho la stoffa di diventare un eroe-
Aiko continuava a ripetere queste cosa da tutta la mattina, impedendo a Deku di avere una colazione in santa pace. Il test d’ingresso pratico per la sezioni eroi sarebbe iniziato alle note ed era dalle sette, cioè da quando si era svegliato, che l’adolescente tartassava il vigilante.
Era stata una settimana infernale, quella, o almeno per Aiko, aveva chiesto a Jin di aumentare l’allenamento in vista dei prossimi esami e, a parte la domenica dove il vigilante si era rifiutato di alzarsi dal letto, si erano susseguiti massacri su massacri senza però rompergli niente. Un sadico provetto.
La prima giornata avevano corso dall’alba al tramonto per tutto il litorale con dei pesi su gambe e braccia. Per Deku era stato rilassante per Aiko un puro inferno, la sera si era fatto portare dal fratello adottivo in spalla perché non riusciva più a muovere le gambe, neanche le dita dei piedi.
La seconda giornata era stata passata a scalare un muro totalmente piatto, affidandosi al proprio quirk per salire, e, come ulteriore stimolo, mentre Aiko cercava di scalare Jin in cima mangiava pollo con le mandorle, a mezzogiorno. Almeno quando cadeva lo prendeva con Black Whip prima che si schiantasse al suolo.
Il terzo giorno pesistica, le braccia non avevano retto e per poco non era stato schiacciato da un peso che Deku aveva sollevato all’ultimo con un dito. Demoralizzante per qualcuno che ce la mette tutta.
Il quarto giorno era stato incentrato su addominali, squat, plank, pilates ed esercizi simili.
Il quinto giorno Aiko aveva dovuto utilizzare il suo quirk per fare cose che non aveva mai fatto prima, tenerlo attivato per troppo tempo, inventare nuovi metodi di utilizzo e fare pratica, molta pratica, con quelli vecchi.
Il sesto giorno c’erano stati gli scontri. Non serve dire il risultato.
Il settimo giorno era stato di paura e Deku l’aveva legato a letto con i libri da studiare, dicendo che il suo corpo d’adolescente si sarebbe spezzato se si fosse allenato ancora. Almeno Jin si propose per girargli le pagine.
Ed eccoci qui, la mattina dell’esame: uno zombie e il giovane uomo che l’avrebbe portato a scuola (era riuscito ad ottenere la patente e carte d’identità false da qualche criminale che aveva minacciato di arrestare, l’aveva arrestato comunque ma dettagli). Lo zombie, alias Aiko, continuava a ripassare e ripassare la stessa identica pagina da quando si era svegliato mentre Deku cucinava con calma la colazione con un sorrisetto sulle labbra.
- Ho sentito che verrà un pro-hero a vedere come vanno i vostri test, ho ricevuto una soffiata dai vicini (lavorano alla stampa) che sarà il numero uno! –
Esclamò tranquillamente Jin dopo un po’ cercando di calmarlo, evidentemente non ci riuscì poiché Aiko si fece ancora più verde.
Rimase in silenzio e gli mise la colazione sotto il naso cercando di distrarlo dai fogli, l’adolescente doveva essere davvero affamato perché ingurgitò la sbobba che Deku gli aveva preparato. Il cuoco sorrise giulivo e cominciò a canticchiare mangiando anche lui la sua porzione. Sarebbe finalmente stato in grado di vedere la YUEI dal vivo, era stato troppo impegnato con gli allenamenti, il vigilantismo e le ricerche su All for One e HImiko Toga per uscire di casa e andare a fare turismo.
- Va a prepararti, e lavati la faccia sembri un morto che cammina, ieri ti ho fatto svenire alle nove come fai ad avere delle occhiaie così? Pettinati i capelli mi raccomando e…le protezioni dovrebbero darvele lì per cui mettiti qualcosa di comodo. Ci vediamo in macchina –
Disse togliendosi il grembiule rosa e cercando di spazzolarsi i riccioli verdi, si infilò una felpa leggera e delle scarpe e portò di forza lo zombie in bagno preparandogli un cambio di vestiti.
Poi uscì ed andò ad accendere la macchina (autodidatta).
La portò fuori dal garage e poco dopo un Aiko leggermente più presentabile entrò e gli si sedette di fianco.
- Parti-
E lui obbedì.
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Il liceo YUEI era semplicemente spaziale, enorme, sia dall’esterno che dall’interno.
Era obbligatorio che un genitore, tutore o parente maggiorenne accompagnasse il ragazzo e lo venisse a prendere, poteva scegliere se guardare la prova, andarsene e tornare dopo oppure fermarsi a chiaccherare con gli altri e gli insegnanti in una sala apposita fornita di un mini buffet e molte macchinette del caffe.
Molte ma mai abbastanza.
Deku aveva deciso di piazzarsi su un divano a mangiare crocchette e aveva augurato buona fortuna al fratellino per il suo test. E chissà, forse sperava davvero passasse.
I giudici del test erano una cerchia ristretta di professori, il preside e l’eroe numero uno DinaMight. Il test pratico in sé consisteva (come in tutte le generazioni passate) nel distruggere più robot possibile.
Ogni robot avrebbe dato un TOT di punti. O almeno questo era il criterio che era stato dato agli studenti, perché probabilmente c’erano anche un sacco di altri modi in cui sceglievano chi sarebbe passato e chi no. Alla fine, secondo Deku, sarebbe stato abbastanza dimostrare il proprio spirito eroico, schiacciare tanti robot, essere efficienti e non causare troppi danni alla struttura. Allora forse, forse, sarebbe passato.
Molto rassicurante detto da uno che ha tipo centomila quirk strapotenti. Molto rassicurante da un vigilante che forse era il più grande eroe della storia ma aveva perso la memoria. Molto rassicurante detto da uno con più cicatrici che pelle. Molto rassicurante detto da uno che aveva contraffatto la patente e la carta d’identità. Molto rassicurante detto da Deku.
Perché questa è la fiducia.
Credici pure.
C’era da dire, però, che Deku l’aveva allenato bene, in qualche modo si sentiva pronto, sapeva che neanche gli altri studenti (e insegnanti) erano forti abbastanza da battere Deku, neanche unendo le forze ci sarebbero riusciti. O almeno così sperava.
A segnare l’inizio del test fu un BEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEP assordante, tutti i forse-studenti partirono in un attimo, lasciando solo Aiko a pensare ad una strategia alla linea di partenza. I robot sembravano posizionati secondo un qualche schema e ce ne erano molti di più nell’area a destra, cosa che significava ci sarebbero state più persone e meno robot per ciascuno, a sinistra invece è libero.
Dopo aver pensato questo cominciò a correre verso sinistra, il primo robot che incotrò gli sembrò enorme, troppo grande per poterlo battere, ma sapeva che erano alla portata degli studenti se no nessuno sarebbe potuto passare. Usò in modo moderato la sua elettricità per fondergli i circuiti e andò oltre, ne trovò un altro e ripetette quel metodo ancora e ancora, finché non ci fu più nessun robot da distruggere.
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- Bravino il numero 104, come si chiama? –
Chiese Present Mic ad Aizawa. Il collega guardò i registri e sussurrò la risposta, come al solito.
- NIshimura Aiko, quirk elettrico, ne ha eliminati 104 –
- Forteeeeee –
Esclamò Present Mic, infastidendo tutti i presenti.
Il numero uno era seduto malamente su una sedia a guardare gli schermi, abbastanza disinteressato, passava gli occhi cremisi da una figura all’altra fino a concentrarsi anche lui su Nishimura Aiko. Un nanetto coi capelli scuri che coprivano in parte gli occhi, blu elettrico, sembrava abbastanza stanco ma sempre pronto ad affrontare nuovi nemici. In un certo senso perfino un mocciosetto come questo glielo ricordava, se sua mamma l’avesse saputo, o i suoi coinquilini, l’avrebbero costretto a tornare dallo psichiatra.
Lui odiava lo psichiatra ed era reciproco.
- Non è niente di che, però forse ha del potenziale –
Disse ad un certo punto, stupendo tutti quanti. Lui non elargiva mai elogi.
- Beh allora sono passati nella sezione A i numeri:
  • 123
  • 4
  • 12
  • 7
  • 97
  • 56
  • 211
  • 314
  • 104
  • 9
  • 7
  • 34
  • 36
  • 98
  • 124
  • 107
  • 29
  • 39
  • 45
  • 23
Non erro giusto? –
Disse il preside.
Tutti annuirono a parte Bakugou, aveva spostato la videocamera sulla sala accompagnatori e c’era un ragazzo seduto su un sofà che gli assomigliava così tanto…
- Andiamo fratellone –
- Sì Aiko arrivo –
Quindi era il fratello del numero 104…si sarebbe ricordato di lui.
Note:
Ciaooo!!! Ecco il capitolo 8
Non so se il nono capitolo uscirà questa settimana volevo solo informarvi che per la prossima sarò off-limits
Spero vi piaccia e alla prossima :/

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Capitolo 9
*** The Answer ***


La sera in cui arrivò l'avviso riguardante l'accettazione di Aiko a casa Nishimura ci fu una gran festa. Tutti i vicini e i compagni di scuola vennero invitati e ad organizzare tutto fu niente meno che Deku.
A detta sua quello era un passo importante nel suo sogno di diventare un eroe in grado di salvare tutti e bisognava festeggiarlo come si deve.
In realtà il momento più bello della giornata era stato quando era arrivata la lettera più che la festa. Non per il messaggio in sé ma per l'espressione che Jin aveva mostrato.
Un sorriso sincero, non uno di quelli che mostrava di solito nella quale si nascondeva sempre un'intenzione nascosta o l'aver ottenuto qualcosa.
Era un sorriso vero, un sorriso orgoglioso, un sorriso per qualcun'altro. Il sorriso di un maestro o di un fratello che vede una persona impegnatasi tanto raggiungere i suoi obbiettivi.
Aiko era rimasto sconcertato dalla gioia che provò a vederlo.
Non che l a festa fosse brutta. Anzi, era incredibile. Senza persone ubriache (l'alcol veniva distribuito da Deku)o stupidaggini senza diventare però una tediosa riunione. Era una festa, una festa dove tutta l'attenzione era concentrata su Aiko.
Cosa che non era mai successa in tutta la sua vita. E Deku aveva continuato a mostrare lo stesso sorriso ogni qualvolta qualcuno si approcciasse a lui.
In realtà era strano che nessuno si chiedesse da dove fosse uscito fuori quel angelo dagli occhi verdi. Insomma in giro si spacciava per suo fratello adottivo ma nessuno dei vicini sembrava insospettirsi troppo.
Beh del resto quando lo facevano Deku abbondava un po' col vino o con la birra e tutto era sistemato.
Del resto aveva un’abilità nel mentire eccezionale. Cambiava faccia in un istante, cosa che fece sentire il festeggiato un pelo irrequieto.
Ma non abbastanza da fargli distogliere l'attenzione dalla ragazza che gli piaceva che si complimentava con lui. Niente distrae un adolescente dalla ragazza dei propri sogni che ti considera qualcosa di più di un verme schifoso da calpestare.
Niente.
Lei era l'unica a prestargli attenzione tra quelle del suo genere. O forse non si era ancora accorta del barman illegalmente affascinante in cucina. Del resto lei era malata il giorno dell'incidente.
E così la serata proseguì in modo piacevole, nessuno si lamentò dei rumori molesti poiché tutti erano lì e niente di disastroso come versare del succo di mirtillo sul vestito di qualcuno accadde.
Ma Deku non riuscì a togliersi di dosso quella sensazione che qualcosa mancasse nella sua vita che prima c'era.
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- Ehi Eijiro, Shoto se poteste chiedere una qualunque cosa a Izuko ora, cosa gli chiedereste? -
Fu Katsuki a rompere il silenzio della cucina, a fare fermare le mani di Eijiro prima di tagliarsi un dito per sbaglio affettando le carote, a far alzare lo sguardo di Shoto dal libro che aveva in mano.
Poi piano, la voce pacata, lo sguardo basso, rispose.
- Io...gli chiederei se si ricorda ancora di noi -
Poi torno ad affettare le verdure ma l'atmosfera era già diventata molto più tesa.
- Io gli chiederei se ora è felice. Non critico la sua scelta di sparire, anche se non so ancora se l'abbia fatto di sua volontà o meno, però non era il suo sogno diventare un eroe? -
La domanda di Todoroki rimase sospesa nell'aria ormai solida della stanza.
L'umore pressoché tranquillo dei tre era andato a quel paese e nessuno osò più dire una parola per un po'.
Dopo aver messo le verdure a bollire e aver preparato la tavola le solite e obsolete conversazioni sul lavoro, i villan, le nuove tecniche e qualche interesse verso Idol e modelle. Ma quellle parole erano solo lanciate a vuoto per impedire l'insopportabile silenzio che avrebbe fatto pensare tutti quanti alle domande di Shoto e Katsuki.
Nessuno voleva mai pensare o parlare di Izuko e i due non capivano perché l'amico avesse tirato in ballo l'argomento.
Bakugou era quello che di solito agiva come se non avesse mai conosciuto qualcuno chiamato Midorya Izuko.
Una persona così speciale, fantasiosa, gentile, intraprendente, forte, coraggiosa, di buon cuore e pronta ad ogni sacrificio.
Un Hero.
L'Hero.
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Kirishima fermò Bakugou prima che potesse chiudersi in camera.
Aveva il petto nudo e, essendosi appena fatto la doccia, la sua mano scivolò lungo la schiena di Katsuki, il quale di voltò guardandolo male con quel viso da fotomodello. Una volta un cattivo aveva cercato di tagliargli via la faccia e come ricordo l'eroe aveva una piccola cicatrice appena visibile vicino all'attaccatura dei capelli. Una delle tante.
- Che cazzo vuoi???-
Chiese scorbutico come al solito. Ma Kirishima non demorse, e, persistente nel suo obbiettivo esclamò imperativo:
- Tu non hai risposto. Cosa vorresti dire ad Izuko? -
- Tanto lo sai già -
E, senza ulteriori precisazioni, gli staccò la mano ed entrò in camera.
Alla fine era vero che Kirishima conosceva la risposta, chiunque fosse stato li quel giorno la conosceva.
" Vorrei chiederti perché hai infranto la nostra promessa, perché mi hai lasciato indietro, perché hai rinunciato.
Perché diavolo continui a combattere da solo"
E si buttò sul letto sapendo che non avrebbe dormito neanche questa volta.
Note:
Scusate se questa volta il capitolo è abbastanza corto.
L'ho scritto dal telefono ed è abbastanza scomodo.
Dopo innumerevoli sollecitazioni da una mia amica ho scritto sia il 9 che il 10.
Spero vi piaccia il capitolo.

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Capitolo 10
*** The Explosion ***


Era mattina presto, la città aveva appena cominciato a svegliarsi, poche rare macchine correvano pigre lungo le strade eccessivamente illuminate ed il sole cominciava appena a scorgersi dietro i condomini e i grattacieli. I genitori si alzavano per preparare la colazione ai figli ancora addormentati e i negozianti aprivano lentamente e un po’ assonnati le vetrine dei loro negozi. Era quel momento della giornata durante la quale l’unica cosa che avrebbe potuto davvero causare un po’ di trambusto e guadagnare l’attenzione sarebbe stata un’esplosione.
Un grande BOOOOM e pezzi di edifici che schizzavano da tutte le parti, panico, macchine che saltano in aria, vetri che come proiettili sfrecciano da ogni parte, un attacco terroristico.
Esattamente quello che era appena successo in mezzo alla città conosciuta per essere la città degli eroi, e, appunto, malgrado l’ora improponibile i pro-hero dimostrarono ancora una volta la loro professionalità nell’arrivare sempre più tardi di un tipo qualunque dai capelli verdi. Un tipo qualunque che si era ritrovato nel mezzo dell’esplosione insieme ad altre due studentesse che camminavano per dirigersi al loro primo giorno di scuola. E fortuna che Aiko era rimasto indietro a comprare la colazione altrimenti non era sicuro sarebbe riuscito a proteggere tutti e tre senz’alcuna ferita.
Era stata una cosa veloce, quasi istintiva, non aveva sentito la bomba a mano venir lanciata né le cariche accedersi ma sapeva qualcosa di estremamente pericoloso sarebbe successo, allora si era lanciato contro le due ragazze coprendole col proprio corpo e si era avvolto in Black Whip per proteggere sia lui che loro. Poi, con chissà quale forza di volontà e fortuna era riuscito a localizzare le posizioni delle macchine e a scaraventare tutti in aria tenendoli col medesimo quirk.
E poi…e poi c’era stata una scena film di spionaggio, un’immensa esplosione aveva fatto saltare in aria l’intero pezzo di strada facendo sbalzare Deku qualche metro più avanti, annerendogli e bruciacchiandogli tutti i vestiti e rendendo ogni suo centimetro di pelle (capelli compresi) nero come la pece, la chioma un tempo verde si era tirata dritta con la forza dell’esplosione.
E, un attimo dopo, era tutto finito, rendendo la tranquilla mattinata una scena film post-apocalittico. Tutto era distrutto ma, sia benedetto Dio, non c’era quasi nessuno per strada e, fosse perché erano abbastanza lontani o perché Deku li aveva protetti, non sembrava esserci alcun morto solo qualche ferito lieve.
Il vigilante si alzò malamente e con imbarazzo quando si accorse di star schiacciando le due quindicenni/quattordicenni, avevano i vestiti tutti rovinati e con i bordi leggermente bruciacchiati ma sembravano stare tutto sommato fisicamente bene. Per accertarsene glielo chiese comunque aiutandole ad alzarsi, anche se era lui quello con i muscoli tutti intorpiditi.
- Si… noi stiamo bene ma voi signore??? Quell’esplosione ve la siete presa in pieno solo per proteggerci, non dovevate…-
Cercò di dire quella coi lunghi capelli blu scuro molto lunghi e liscissimi e gli occhi gialli, ma venne interrotta dall’altra studentessa. Una ragazza un po’ più bassetta coi riccioli biondo oro abbastanza corti e gli occhi azzurri, molto simile ad un angioletto soprattutto grazie al suo sorriso vivace.
- Si può sapere chi siete!? E che quirk incredibile era quello, e come sapevate ci sarebbe stata un’esplosione??? Ahhh che maleducata, io sono Miyo e questa bella ragazza è Amane, siamo studentesse del primo anno della YUEI, corso per eroi! –
Deku diventò un po’ rosso per quella catena di domande che sembrava non finire più, ma quando cercò di rispondere sentì qualcosa.
Gli eroi erano arrivati.
Le ragazze fecero in tempo a voltarsi un attimo per vedere un giovane eroe che probabilmente stava svolgendo ancora il suo tirocinio che il loro misterioso salvatore scomparve. Non erano nemmeno riuscite a capire che aspetto avesse, tanto era coperti di fuliggine e di sporcizia. Solo di una cosa erano sicure, aveva i più begli occhi verdi che avessero mai visto.
- Signorine state bene? –
Chiese Aki.
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- Bene ragazzi ora seduti e muti –
I chiacchericci si interruppero non appena un uomo sulla cinquantina entrò nell’aula, aveva i capelli neri e stopposi, gli occhi coperti da un paio di occhiali protettivi e un sacco a pelo a presso. Non sembrava avesse molta voglia di insegnare e a causa delle esplosioni in varie parti della città l’apertura era stata rimandata e lui si era alzato inutilmente presto.
E poi chi non può compatire qualcuno che ha a che fare con adolescenti su adolescenti da anni, ormai li cominciava a vedere più come una rottura che altro. Beh aveva avuto una classe incredibile diversi anni prima, una classe di eroi e non di bambini viziati con quirk abbastanza forti. Si…quegli studenti erano il suo orgoglio eppure avrebbe voluto dimenticarli, del resto…dopo quello che era successo…
Le chiacchiere ricominciarono e il professore si riscosse dai suoi pensieri e guardò infastidito tutti gli alunni, alcuni avevano le divise bruciacchiate ed erano in completo disordine, altri erano perfettamente lindi e puliti. C’era poi un ragazzo che non sembrava essere stato direttamente coinvolto nell’esplosioni ma aveva comunque un’aria preoccupata e non sembrava in grado di concentrarsi su nulla, né i gossip né l’ambiente circostante oppure la lezione che stava per cominciare.
- Io sono il professor Aizawa e ora chiudete quelle vostre piccole ed adorabili bocche. Non ci saranno presentazioni perché non me ne faccio un cavolo a sapere i vostri nomi che tanto dimenticherò, i quirk li so già per cui non m’importa di sentirli dire dalle vostre boccuccie di fata. Oggi inizieremo la lezione parlando proprio delle vostre esperienze di stamattina, sembrerebbe qualcuno ci sia finito dritto in mezzo –
Disse rivolgendosi a due ragazze coi capelli rispettivamente blu e biondi, le due erano quelle conciate peggio.
Avendo capito di star venendo interpellate si spintonarono a vicenda e si alzò prima quella bionda.
- Io sono Toichi Miyo, stamattina mentre stavo venendo a scuola con Amane c’è stata improvvisamente un’esplosione. Malgrado fossi lì, proprio vicino al fulcro, non l’ho vista direttamente poiché uno sconosciuto si è messo in mezzo tra noi e la bomba proteggendoci tutti e tre con il suo quirk, qualcosa di simile a dei nastri neri. Non sono riuscita a capire che faccia avesse perché a causa del fumo e della sporcizia era completamente nero, però aveva dei grandi e limpidi occhi verde smeraldo. Era abbastanza giovane, al massimo venticinque anni. Si è dimostrato incredibilmente premuroso e si è preoccupato immediatamente della nostra situazione, se eravamo ferite, se riuscivamo a muoverci e cose così. Credevamo, anzi credevo, fosse un eroe ma appena sono arrivati i soccorsi è svanito, c’era e non c’era più. Poi siamo state portate qui e ci siamo fatto una doccia veloce per poi venire in classe. Credo che questo basti per entrambe –
Dopo aver finito di riportare l’accaduto tutti guardavano con sguardo attento dal professore alle due ragazze, tutti a parte Aiko che continuava a guardarsi i piedi in preda ad un attacco di panico, perché? Perché conosceva dannatamente quella persona, anzi, ci viveva insieme. Almeno non avevano detto che erano venute insieme a lui.
- Ah mi sono dimenticata di dire una cosa. Quando sono arrivati gli eroi quel ragazzino ci ha aiutato e siamo venuti insieme, era rimasto un po’ più indietro e aveva con sé un sacchetto con credo dentro la colazione –
Disse indicando Aiko.
Cazzo, era fottuto. Dannatamente fottuto.
L’attenzione di Aizawa si concentrò allora sul fragile ragazzino che va’ a capire come aveva totalizzato il punteggio più alto al test d’ammissione. A guardarlo ora non sembrava potesse distruggere 104 robot così facilmente, anzi, sarebbe stato più verosimile dire che sarebbe bastato un alito di vento a portarlo via.
Seguendo il suo istinto il professore avrebbe potuto dire che Nishimura sapeva più di quanto dava a credere, ciò avrebbe spiegato il suo imbarazzo e la sua mancanza di attenzione. Beh adesso che tutta la classe lo guardava sembrava volersi sciogliere o seppellirsi sotto terra, strano ragazzo.
Con quel pensiero liquidò ogni dubbio riguardante lo studentello dai capelli neri e riprese a interpellare coloro avessero assistito alle esplosioni e, alla fine dell’ora, aveva guadagnato rispetto da quasi maggior parte della classe. Tutti a parte un ragazzo dai capelli bianchi e gli occhi argentati che continuava a guardare Aiko come se volesse ucciderlo, era arrivato secondo in classifica con un distacco consistente con gli altri studenti. Sembrava il tipico bullo, e, malgrado tutto, Aizawa non riuscì a smettere di sorridere quando rivide quella scena tanto familiare: un ragazzo brillante circondato da persone pronte a diventare suoi amici e un ragazzo altrettanto brillante (e parecchio volgare) che guardava malissimo l’altro, anche lui circondato da quelli che, malgrado tutto, sarebbero diventate persone importanti per lui.
Un attacco di malinconia lo pervase e fu costretto a poggiarsi ad una parete appena fuori dalla chiassosa aula.
Dove sei, Midorya Izuko? “
Note:
Ed ecco l'attesissimo (come no) capitolo 10

Questa volta è davvero l'ultimo che pubblico per una settimana.
Spero vi piaccia (a me le esplosioni piacciono) 
BEH se non vi piace fate a meno di leggere se non vi interessa nessuno vi obbliga.
Ciauuuuuuuuuuuu alla prossima!!!

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Capitolo 11
*** Post-Explosion ***


La strada vibrava, un onda di panico sommerge come uno tsunami la poca fola mattutina. Un uomo con un sorriso viscido sgattaiola via in un vicolo, stringo la mano di Amane e sorrisi, era il nostro primo giorno di scuola e la mia migliore amica era bellissima. 
Guardo lo sguardo  di terrorizzato di Amane e mi accorgo di ciò che sta per succedere, non facci in tempo nemmeno a urlare che un uomo ci butta a terra. Non vedo la sua faccia, è coperta da un cappuccio, un attimo dopo centinaia di nastri nero pece sbucano dalla sua pelle e ci impediscono di intravedere il mondo esterno, ho paura. Un esplosione, urla, posso immaginare la distruzione.  
Poi finisce tutto e due incredibili occhi verdi mi chiedono se sto bene. 
A me che dovrei diventare un eroe. 
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Miyo si alzò dal letto con la fronte imperlarsi di sudore, aveva avuto di nuovo quell'incubo, se era definibile incubo. Era da una settimana che ogni sera infestava i suoi sogni, ciò che le faceva più paura erano quegli occhi verdi che, senza esitazione alcuna, erano stati disposti a sovrapporsi tra lei e la bomba. 
A rischiare la propria vita per cosa? Due ragazze che nemmeno conosceva? Sicuro senza di lui sarebbero belle che andate o almeno all'ospedale con ferite gravi, anche se, chiunque egli fosse non aveva riportato ferite visibili. Non era nemmeno rimasto ad aspettare arrivassero i soccorsi, anzi, era scappato quando aveva visto quel tirocinante. Earth Crack o qualcosa di simile. 
Ed ora era semplicemente scomparso. Una cosa simile per Miyo, il cui quirk era basato sul cercare informazioni, era inconcepibile. Il suo cervello continuava ad analizzare e rianalizzare tutte le informazioni presenti all'infinito senza trovare alcuna soluzione logica.
Nessuna soluzione logica.
Se volevamo seguire il filo dell'impossibile una vaga soluzione c'era, se lui era chi lei pensava lui fosse, e se Aiko avesse quel genere di rapporto lei credeva avesse, cosa del tutto improbabile, allora sarebbe stata una cosa molto...strana. Anzi peggio, sarebbe stato un sogno che si avvera, un miracolo. E Miyo sapeva che i miracoli non esistevano e non dovevano esistere in alcun modo possibile. 
I miracoli, in un mondo di persone graziate dagli dei, non avevano senso di esistere. Del resto non c'era nessun dio in grado di donare così tanto, non a una specie come quella umana. 
O almeno così sarebbe dovuto essere perché del resto Deku inizialmente non aveva ricevuto nessun sono, era nato-
Un rumoroso SBAM interruppe il filo dei pensieri della ragazza e una madre eccessivamente preoccupata entrò nella stanza con una padella in mano.
Già una padella. Quale persona sana di mente gira per casa con una madella mo' Rapunzel? Sua madre ovviamente. Nessuno al mondo a parte sua madre potrebbe avere un aria così preoccupata con la vivida intenzione di picchiarla. 
Tutto liscio come la carta vetrata. 
- Si può sapere come cazzo non ti è venuto in mente di dirmi che sei stata coinvolta in una cazzo di esplosione!? -
Ed ecco il suo interno dantesco iniziare.
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- Sto bene mamma -
Ripeté Miyo per la novecentomilionesima volta, era da un ora che la madre utilizzava i suo quirk per scannerizzare il corpo della figlia e ritrovare ogni minima anomalia.
Non faceva altro che chiedere " ti fa male se tocco qui " o semplicemente la minacciava (insultava) di dirle se stesse male. Sua madre era leggermente lunatica. La risposta ripetuta milioni di volte non sembrava mai soddisfarla, non che potesse dire tanto altro poiché era quella la verità ma ···No Comment···
Ci sono cose una figlia non potrà mai dire alla propria madre. Cose tipo sto fottutamente bene quindi smettila di rompere stronza. 
Insomma sarebbe stata cacciata di casa. Alla meglio. Alla peggio...non voleva nemmeno immaginarlo. 
La bionda dovette sottoporsi ad ogni test medico disponibile al momento in casa (la madre era un dottore) e dovette consegnare un rapporto scritto e orale dell'accaduto, nel minimo dettaglio. Era così che funzionava la vita in casa Toichi, il padre aveva una personalità normale e veniva quindi totalmente sottomesso dalla signora Mio Toichi. Donna pericolosa, così l'aveva descritta il suo professore quando era venuta all'incontro per i genitori durante la quale era stato dato l'annuncio dell'esplosione.
E se lo diceva un prof della migliore scuola per eroi del Giappone (e del mondo) doveva essere vero.
Ma non che la cosa le pesasse così tanto, essendoci abituata fin dalla nascita era diventata parte della sua quotidianità.
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Si dice che perfino il lupo teme la lepre quando essa è veramente in ira.
Pareva che quel detto potesse essere applicabile anche sugli esseri umani.
- ...Jin dove cazzo sei!!! A scuola è stato l'inferno, si può sapere quale idea cretina ti sia venuta in mente stamattina? Ma certo buttiamoci e facciamo da scudo ad una BOMBA...-
Da quando era tornato da scuola Aiko non faceva altro che girare per la casa alla ricerca del fantomatico e terribilmente sfortunato destinatario della sua ira. 
Era molto improbabile per Aiko di riuscire a trovarlo ma non che gli importasse più di tanto. Non aveva un proprio motivo per sentirsi offeso, Deku non gli aveva fatto nulla di sbagliato.
Aveva fatto l'eroe, solo non aveva capito che non era più un eroe, agli occhi del mondo era uno sconosciuto, un vigilante.
Un criminale.
Passò nel salotto, in TV c'era il telegiornale. Uno di quelli che riportano solo le notizie brutte.
La TV era sempre accesa su quel canale quando qualcuno era in casa, se qualcosa accadeva lì avevi la descrizione più dettagliata che in qualunque altro canale e, grazie ai collegamenti con la polizia, anche le più veritiere.
In onda una reporter giovane e abbastanza carina, capelli scuri e occhi neri, normale in un mondo dove quella parola aveva perso significato. 
" Da quattro mesi denunciata la scomparsa del ricercatore americano Dekhun Mid, in soggiorno all'hotel quattro stelle Kikimon Todoki. -Al suo terzo giorno odi permanenza si è alzato all'alba con la scusa di andare a comprare qualcosa e non è più tornato- così dice il proprietario. 
DESCRIZIONE:
Capelli neri, occhi verdi, alto 1.93, statura robusta.
Quirk: rafforzamento fisico.
 Non è stato rinvenuto alcun cadavere né traccia, non è stato chiesto alcun riscatto. Se avvistato avvisare la polizia potrebbe aver subito una perdita di memoria...

Aiko guardò la TV, gli occhi scuri e la bocca serrata. Era strano mettessero notizie simili su quel telegiornale, doveva essere una persona importante. Spense la televisione ma continuò a guardare assorto lo schermo nero.
L'annuncio l'aveva distratto, non era neppure più arrabbiato. 
Quando Deku gli posò una mano sulla spalla e gli chiese cosa fosse successo sussultò appena, non rispose. 
Andò in camera, chiuse la porta a chiave, accese il computer e si mise a fare ricerche.

NOTE:
SCUSATEEEEEEEE
Per questo capitolo sono non in super ma in iper-ultra-mega-ritardo
Avevo questo capitolo pronto da un po' ma non avevo modo di pubblicarlo,
poi avevo preparato una bozza per il prossimo ma la storia diventava noiosa quindi lo sto riscrivendo da capo.
Diciamo che l'idea iniziale era un pelino a casaccio e ora non vorrei farla diventare una pippa mortale,
!!!SE AVETE CONSIGLI O DESIDERI PARTICOLARI DI COME VORRESTE CONTINUASTE LA TRAMA PLIZ SCRIVETEMELI!!!
Se vi va ovviamente, non vorrei costringervi a niente.
Credo ci sarà uno stacco piuttosto lungo ed irregolare tra i prossimi capitoli, mi dispiace.
Al prossimo capitolo allora ;)))

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Capitolo 12
*** The Villain ***


Un colpo alla finestra.
Due colpi.
Tre colpi.
Quattro colpi.
XXXXX si alzò finalmente dal letto e, alle quattro di mattina di sabato, andò a vedere cosa continuasse a battere alla sua finestra. Dall’aspetto sarebbe potuta sembrare pacifica e tranquilla, come se fosse una cosa normalissima, ma chiunque o qualsiasi cosa l’avesse svegliata avrebbe subito la sua ira.
Fuori era buio, una figura attaccata al suo balcone continuava a battere con sempre meno forza alla sua finestra. Una figura familiare.
- One-chan? –
La ragazza era basita, cosa ci faceva la sua sorellona sul suo balcone, alle quattro di mattino (o notte se preferite). Si strizzò gli occhi per capire se stesse ancora sognando, la sua sorellona al momento si sarebbe dovuta trovare in missione nella periferia di Musutafu a dare la caccia ad un gruppo criminale insieme a dei neo-eroi. Le aveva parlato la sera stessa, prima di partire.
E poi, anche se si fosse trovata da qualche altra parte, di sicuro non sarebbe venuta lì.
Un altro colpo.
XXXXX aprì la finestra scorrevole e la sua One-chan le cadde letteralmente addosso. Era fredda e tremava malgrado lo spesso felpone rosso, morbido e…bagnato?
La studentessa accese la luce e si ritrovò la mano imbrattata di sangue, sua “sorella” era distesa a terra, gli occhi semichiusi e pallida come non l’aveva mai vista prima.
Aveva paura.
Paura di perderla.
Paura del sangue.
Paura del mondo.
Paura di quel mestiere che aveva scelto.
Paura di non essere adatta.
Paura di fallire.
Una mano inguantata le toccò la spalla.
XXXX si girò in un istante, spaventata e improvvisamente piena di adrenalina. C’era un uomo dietro di lei, alto, volto e corpo coperti da uno spesso strato di tessuto nero ed elastico, il capo e la fronte nascoste sotto un cappuccio del medesimo colore, le mani lasciarono una macchia di sangue sul pajama della ragazza
Non sembrava volerle fare del male ma sembrava ne fosse perfettamente in grado. In qualche modo, forse dalla luce di quei bellissimi ed affascinanti occhi verdi, capii che le stava sorridendo. Poi l’afferrò per la collottola e la spostò con la massima delicatezza possibile da un’altra parte della stanza dove gentilmente non avrebbe rotto le scatole.
Poi si chinò al fianco dell’eroina e si tolse i guanti, le sue mani erano piene di cicatrici che le percorrevano come una magnifica e terrificante ragnatela, simbolo di tutte le difficoltà, lotte, fatiche che aveva passato superando sempre il suo limite.
PLUS ULTRA.
Così avrebbe detto il suo prof se l’avesse visto, solo dalle sue mani si capiva tutto per cui aveva combattuto, del resto per la ragazza, le mani non erano che un altro specchio dove potevi vedere ciò che il corpo aveva sopportato, dagli occhi invece, si vedeva l’anima e, quegli occhi, le ricordavano molto quelli dei vagabondi, liberi sì, ma con una disperata mancanza di ciò che avevano da tempo dimenticato.
Mai spensierati, mai felici, mai avidi o gelosi. Occhi pronti ad aiutare il prossimo perché non debba perdere ciò che aveva perso lui.
Quelli non erano occhi da eroe, non erano occhi da vigilante, non erano occhi da villain.
Erano gli occhi di un bambino che aveva perso un sogno senza nemmeno sapere di averne avuto uno.
Erano gli occhi di chi aveva nostalgia di casa, nostalgia di quella persona che era come una parte della propria anima.
Ma questo XXXX non sapeva dove l’aveva imparato, non sapeva perché lo sapesse. Forse fu per questo che non disse nulla mentre fasciava le ferite della sua sorellona, mentre quelle mani che indubbiamente avevano fatto estremamente bene o estremamente male salvavano una vita.
Una vita che lei non avrebbe potuto salvare.
Non era abbastanza forte.
O forse non centrava quello.
Forse era l’universo che le diceva che non aveva perso abbastanza e cercava di compensare.
E, per preservare quella felicità, l’uomo di fronte a lei stava sfidando l’universo stesso.
O almeno era questo ciò in cui voleva credere.
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Qualche ora prima...
Shadow era davanti al luogo di incontro, dove lei aveva deciso si sarebbero incontrati.
Aveva ricevuto un suo messaggio una settimana prima ma ancora non credeva potesse essere vero.
Il capannone era enorme, la flebile luce dei lampioni non bastava ad illuminare completamente la facciata esterna e, forse per colpa delle pareti d'alluminio annerite dal tempo o dalle lunghe ombre che si proiettavano sull'accesso, aveva un'aria sinistra. Sbagliata.
Ma per scoprire la verità sarebbe andato anche oltre. Anche a costo di perdere tutto ciò che aveva attenuto in quei mesi, fiducia, affetti, lavoro.
Non aveva ottenuto niente in tutto quel tempo e i sogni su di lui continuavano a perseguitarlo. Non aveva tempo per simili faccende inutili, la via per scoprire ciò che si vuole non sempre è illuminata dalla giustizia.
Per quanto senso eroico avesse, il vigilante avrebbe fatto di tutto per scoprire di più sul biondo.
- Deku -
Quel nome e quella voce lo seguivano ovunque, un rimasuglio di ciò che era stato, forse.
Per quanto ne sapeva lui poteva essere un serial killer o un impiegato.
Fu preso da questi pensieri che tirò un calcio al portone causando un preoccupante SCRIIIIIC che risuonò molto probabilmente in tutto il porto, non che ci fosse qualche civile a sentirlo.
La scena all'interno era preoccupante, c'era una singola sedia in mezzo al capannone, una persona era legata e altra le sfiorava con dolcezza mortale il volto, sorridendo compiaciuta.
Xxxxxx
Shadow strinse le palpebre, c'era sangue ovunque e produceva un nauseante " cic chac" ad ogni passo, per non parlare dell'odore.
Vomitevole.
I corpi delle vittime giacevano sparpagliati per terra. Una mano gli afferrò la caviglia, alcuni erano ancora vivi.
In un certo senso si aspettava quel genere di spettacolo apocalittico. Del resto stava andando dal peggiore serial killer della città. Non era stato informato ci sarebbe stato un raid di eroi, poveretti.
Provò ribrezzo per la figura in centro alla sala, due coltelli scintillanti con riflessi rossastri le pendevano si fianchi ed indossava una maschera che le copriva solo la parte inferiore del viso lasciando scoperti gli occhi gialli.
Gli stessi occhi che, come saette, si voltarono verso di lui nell'esatto istante in cui entrò nel capannone.
- Himiko Toga, giusto? -
La ragazza sorrise, era pazza poco ma sicuro.
- Saluta il nostro nuovo amico Uri Uri -
L'hero mosse appena la testa, valutandolo con i suoi occhi marroni e dolci, solo che in quell'istante di dolce non avevano niente. Erano ricolmi d'odio.
- Non sapevo avessi ospiti, dovrei tornare in un momento più... opportuno? -
- Cosaaasaaa??? Dovrei eliminarla??? Se ti da fastidio l'ammazzo subito Shadowuccino-chan -
Una qualche parte responsabile si risvegliò nel vigilante che rifiutò prontamente l'offerta.
- Falla svenire. Del resto noi due dobbiamo parlare, ricordi? -
Il villain sorrise pimpante prima di mettere K.O. l'eroina e saltare verso di lui. Shadow schivò un attimo prima che un coltello gli trapassasse la trachea restando perfettamente impassibile.
- Tutto qui ciò che hai? -
Chiese.
E, per accontentarlo, Himiko mirò alla sua testa.
-------------------------------------------------------------------------
- Hahaahahaah
Questo non è giusto Shadowuccino, sei troppo forte per poter stare senza essere sotto vigilanza costante. Sei più pericoloso perfino di me -
Erano passati pochi minuti ed erano abbondantemente bastati al vigilante per sconfiggere Toga.
Non l'aveva ferita e non era stato neanche lontanamente graffiato da una delle sue lame.
Guardò il supercattivo come se non fosse niente, come se non valesse niente. Anzi, un valore l'aveva, gli era incredibilmente familiare.
- Himiko Toga non abbiamo tempo per parlare di queste stupidate. La mia vittoria era a dir poco scontata -
Poi diede uno sguardo alla notte che si stava schiarendo impercettibilmente.
Lo spostò sull'eroina che si era appena destata dal suo sonno e li guardava con oggi spalancati.
La luce di una lampada le illuminava il volto:
Occhi marroni, capelli dello stesso colore tagliati corti e un costume rosa e bianco.
Era carina in generale e dava l'aria di essere una persona molto gentile.
Adatta a fare l'eroe.
Shadow si avvicinò, occhi verdi incontrarono quelli marrone nocciola.
Il viso era...identico a quello che aveva visto una volta in un sogno, di sfuggita.
Però era cresciuto o meglio, maturato.
Non voleva morisse. Sarebbe stato uno spreco.
Rimase basito dal suo stesso pensiero, da quando aveva cominciato a classificare persone come utili o meno? Da quando era caduto così in basso?
Non era lo stesso di prima, questo era certo, e, dopo tutto non gliene importava niente.
Che gli altri lo vedesse come buono o cattivo non era importante.
Guardando il corpo esanime dell'hero gli venne un’idea.
- Himiko...ti va di fare un gioco? -
 
Note:
Ecco il capitolo 12.
Per il 13 ci vorrà un bel po' pk non ho la miniva voglia di fare niente weeee
Spero vi piaccia!!!

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Capitolo 13
*** The new girl ***


Era passata un’ora da quando Deku aveva lasciato l’eroina dalla ragazzina, sperando se ne prendesse cura adeguatamente.
Tutto il tempo era stato impiegato a pensare a come quella donna piena di sangue le fosse familiare, quasi nostalgica, forse era per questo che aveva scelto di salvarla dalle grinfie di Toga. O forse era stata quella voce dentro di sé che lo spingeva a salvare le persone, a fare l’eroe. C’era quella voce un’altra, una che gli diceva la cosa migliore da fare, una più letale e spietata, una alla quale l’eroismo non sembrava altro che un’altra forma di autocompiacimento.
Insomma era pieno di voci ed era alquanto difficile trovare un po’ di pace o fare la scelta giusta. Già…perché la scelta giusta non era né la migliore né la più eroica.
Non appena si accorse di star cominciando a fare troppi pensieri filosofici per un vigilante (criminale) con una seria crisi d’identità di alzò dal divano e si diresse verso l’ingresso, spalancò la porta e…
SBAM
Jin investì una bambina di quanti? Sei/sette anni? Che caccio un urlo mai sentito prima.
- AHHHHHHHHHHH –
Un istante prima della fatale caduta Deku l’afferrò e la ritirò dritta.
- Tutto OK? –
Poi vide, vide gli occhi e i voluminosi ricci di quel fatidico ed inconfondibile verde. Quelle lentiggini così adorabili e quelle guance così paffute. Era minuta e carina.
“ Cazzo hai combinato Deku? Si può dannatamente sapere perché c’è una bambina che è la tua immagine sputata di fronte a casa tua??? Non è che- “
Deku diventò bianco come un lenzuolo, tutti i pensieri peggiori gli passarono per la testa. Poi guardò di nuovo la bambina e considererò l’ipotesi che forse sarebbe stato denunciato per abbandono di minore se qualcuno li avesse visti lì davanti.
Se era davvero come pensava lui doveva essere stato al liceo ma con chi-
“ No Deku, smettila di pensarci. SMETTILA “
Ma come???
La bambina lo guardava con quegli enormi occhioni smeraldo in modalità cucciolo abbandonato.
- Che ne dici se entriamo? –
Gli chiese Jin con il sorriso più tirato che avesse mai fatto a quanto aveva memoria.
Ora erano cazzi.
Non fecero tempo ad entrare che la bambina lo bloccò prendendogli la mano.
- Sei tu lo zio? Il signore mi aveva parlato di uno signore e tu le assomigli così tanto… -
Deku per un istante si sentì perso, gli occhi di lei continuavano a fissarlo impauriti. Già…alla fine era solo una bambina, una bambina spaventata che cercava solo di trovare una casa, amore, affetto. Chissà cos’aveva passato…
- Assomiglio così tanto a chi piccola? -
Signore? Signore poteva significare papà, forse era un modo di chiamarlo perché non lo conosceva ancora o forse era solo un modo di chiamarlo un po’ più distaccato di papà forse-
- Ma voi due siete così simili –
E cominciò a piangere a dirotto come se avessero appena rotto la diga che bloccava un torrente torrenziale ed impetuoso. Le lacrime scendevano a fiumi e il volto si arrossava sempre di più. Già, una bambina.
Nel mezzo delle sue crisi paranoiche se ne era quasi dimenticato.
Se lui…se lui fosse stato quel bambino cos’avrebbe voluto?
Con le sue lunghe braccia avvolse il corpo della bambina e l’abbracciò gentilmente, la portò sul divano e andò a prendere dei biscotti extra cioccolata vietato ai minori. Troppo cioccolatosi per l’organismo.
E chissene,
- Uhm signore…? –
Deku si voltò preso alla sprovvista, era da quais un’ora che la piccola non parlava e non si era ancora abituato a venir chiamato signore, aveva la sensazione la gente l’avesse già chiamato con titoli simili, dottore, signore, mirster, master, maestro, collega, capo. Ma quando è una bambina a dirlo cambiano un sacco di cose, vuol dire che ha paura di te.
- Si piccola? –
- Uhm per caso…ehm…sei tu mio zio? –
- Che?! –
Zio? Lui? La persona probabilmente più irresponsabile del Giappone? Non aveva sorelle o fratelli, poco ma sicuro ma almeno questo escludeva la possibilità che la piccola fosse sua figlia. In quel caso sarebbe stato spacciato, e molto probabilmente arrestato per abbandono di minore.
Ma era certo quella piccola non fosse in alcun modo sua parente.
Beh a parte le schiaccianti prove quali capelli ricci e verdi e occhi smeraldini, grnadi e sinceri, una spazzolata di lentiggini e un sorriso da Top Model.
Era fregato.
- Il dott. Mood mi ha detto che qui avrei trovato mio zio, e tu assomigli così tanto alla mamma che…muhaha mi dispiaceeeeee –
E cominciò a piangere. In quel preciso istante la porta si spalancò ed entrò Aiko.
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- Quindi mi staresti dicendo che sta qui è tua presunta nipote e che non l’hai rapita? –
- Non capisco perché ti concentri tanto sull’idea che io l’abbia rapita, mica sono una persona del genere –
Un’occhiataccia da parte di Aiko mise fine ai suoi dubbi, si okay forse poteva sembrare giusto un pochino che l’avesse rapita ma perché non credergli? Aveva cominciato a strillare come un matto e solo quando la piccola (nuovo nome Mai) gli aveva mostrato quello strano medaglione con all’interno una vecchia foto di una donna più giovane di Jin e aveva detto che quella era la mamma. Le avevano chiesto perché fosse lì ma quella aveva cominciato a piangere piano dicendo che il dott. l’aveva lasciata lì con la sola informazione dell’esistenza di uno zio.
E poi aveva detto che sua madre era morta quattro anni prima in una presunta disputa tra villain ed eroi alla quale si era accidentalmente trovata in mezzo durante una passeggiata con la figlia. La bambina era stata salvata da uno dei signori presenti ma non aveva specificato da quale lato della lotta.
Non c’era stato un funerale.
Non c’era stato un corpo da seppellire se era per questo.
E, più importante, nessuna delle due era sopravvissuta quindi legalmente Mai era morta da un bel pezzo.
E non aveva una casa, una famiglia, qualcuno con la quale avesse qualche rapporto di sangue. A parte Deku ovviamente, se non fosse che Deku non aveva idea di chi fossero la bambina o la madre di essa.
- Ugh –
Disse la sera, dopo aver posato l’addormentata Mai su uno dei letti delle camere degli ospiti.
- Che c’è? –
_ Dovrò procurarmi altri documenti falsi –
E con questo se ne tornò in camera. Aiko sogghignò, eroe una volta, eroe per sempre.
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- VOI MI STARESTE DICENDO CHE DI UN’INTERA SQUADRA DI EROI TUTTI SONO FINITI IN OSPEDALE E URAVITY È ANDATA DISPERSA?
Sbraitò Bakugou all’ispettore Noichi. Tutti i presenti (compresso l’ispettore) avrebbero preferito fare una vacanza con loro suocere che subire l’ira (per’altro giustificata) dell’Hero number 1.
- SIETE UN BRANCO DI INCOMPETENTI E IDIOTI CHE NON SANNO NEMMENO SVOLGERE IL LORO LAVORO DECENTEMENTE! COME CAZZO AVETE FATTO AD OTTENERE INFORMAZIONI FALSE E A MANDARE GLI EROI PEGGIORI PER QUEL TIPO DI SITUAZIONE?! –
- Beh deve capire signore che non sempre le nostre fonti sono corrette e che beh… -
Cominciò a balbettare l’ispettore.
A impedire a Katsuki di ridurlo in polvere e carne bruciaccata fu l’ingresso nella stanza della persona più inaspettata in quella situazione.
- Uravity? –
Persino DinaMight era senza parole, soprattutto dall’aspetto dell’eroina: una felpa da uomo troppo grande, una gonna da liceale, i capelli scarmigliati e con a seguito una ragazzina che continuava a dirle di non andare troppo veloce se no le ferite si sarebbero riaperte.
- HIMIKO TOGA… –
Un’unica sentenza che bastò per fare raggelare l’intero ufficio.
-  …È RICOMPARSA –
Note:
A beh ci ho messo una vita hahaha, spero vi piaccia
DinaGod è diventato DinaMight per essere più coerente al manga
Non c’è una data per il prossimo aggiornamento
CIAUUUUUUUUUUUUUUU

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Capitolo 14
*** The Puppeteer ***


Recovery Girl controllò per l’ennesima volta la ferita dell’eroina, sembra stressata cosa che non si addiceva al suo aspetto da anziana gentile.
Nell’infermeria della Yuei c’era un totale di sei persone, decisamente troppe per la piccola stanzetta e c’era decisamente un casino assordante. Miyo continuava a chiedere a Recovery Girl se sua cugina stesse bene, Recovery Girl continuava ad ignorarla e a raccomandare ad Ochaco di non muoversi e mostrarle altre eventuali ferite, cosa che Ochaco si rifiutava di fare per la presenza di due uomini e un topo nella stessa stanza. Bakugou continuava a urlare e imprecare esigendo spiegazioni su tutto, tutto, ciò che l’eroina aveva visto e sentito su Himiko Toga e sul Vigilante/Villain misterioso, Aizawa rimproverava Katsuki per il suo comportamento ed evitava facesse saltare in aria qualcosa come quando era ancora uno studentello da quattro soldi.
E infine c’era il preside Nezu. L’unico in silenzio in quel pandemonio, che, incapace di pensare ad un modo per far tacere tutti, continuava mostrare un sorriso alla “Si prof ho studiato per l’interrogazione per questo la prego non mi chiami”.
Andava avanti così da ormai una mezz’ora buona quando la porta di spalanco per colpa di uno spiffero di vento e l’intera sala si congelò. Todoroki, Kirishima, Kaminari, e tutti gli altri ex studenti della A entrarono sfidando ogni legge della fisica dentro la stanzetta, beh quasi tutti gli ex studenti della A. ma a pensare a questo fu solo Katsuki che si incupì improvvisamente.
Il preside se ne accorse e provvide a portare il silenzio.
- Carissimi ragazzi, vedo che avete abbandonato ogni vostro impegno per venire qui a vedere la vostra amica, sono commosso. Ochaco-san al momento non si sente al meglio a causa di un attacco da un villain per cui spererei poteste fare più silenzio. Inoltre Todoroki-san potresti per favore riportare la temperatura a un grado accettabile? –
- Ah, certo mi scusi –
Rispose Todoroki riaquisendo tutta la sua compostezza, la temperatura ritornò subito normale e tutti si sedettero da qualche parte sul pavimento o in piedi, (per alcuni sul tetto a mo’ di film horror).
Ochaco si alzò leggermente dal letto con somma protesta di Miyo e Recovery Girls e cominciò a parlare coi suoi compagni di classe.
- Sto bene ragazzi, davvero. Sono stata fortunatamente salvata da Himi- dal villain da un vigilante che passava di lì per cui davvero sto bene-
Gli eroi mantennero un’espressione dubbiosa e in risposta Uraraka fece un sorriso così bello da illuminare la stanza. Ciò bastò per pacificare alcuni dei suoi amici ma non bastava per convincerli tutti.
- Come si chiamava questo Villain? E soprattutto come ha fatto un vigilante a battere con tanta facilità qualcuno dove il number 3 ha fallito? –
Ochaco diventò rossa come un pomodoro e cominciò a balbettare cose a caso, cosa che la rese molto simile ad Izuko pensò Katsuki ma subito se ne pentì. Non doveva pensare a lui, non in un momento come questo, non in un periodo come questo, non quando ormai gli pareva di vederlo perfino quando prendeva il treno accompagnato da quello stramboide di studente quale era Aiko.
- Himiko Toga, se proprio vuoi sapere Todoroki –
Il giovane divenne bianco come un lenzuolo sentite quelle parole, non era possibile, fece qualche passo indietro rischiando di inciampare su Momo.
- Bakukuo, Himiko Toga è morta 7 anni fa insieme a Shigaraki Tomura, Double, All for One e Deku –
Magari non avesse detto quel nome, chissà forse avrebbe potuto evitare il pugno in faccia che, anche senza quirk (grazie al cielo Aizawa era nella stanza), faceva un male cane. Si, in effetti meglio non dire il suo nome, avrebbe dovuto scusarsi ma non era dell’umore. Midorya Izuko era morto e Katsuki doveva accettarlo.
- PROVA A RIPETERLO!? –
Sbraitò Bakugou. E Todoroki non esitò neanche un istante, gli tirò un calcio nello stomaco (vero, Aizawa era lì) e gli urlò di rimando.
- MIDORYA IZUKO È MORTO, MORTO MORTO MORTO. SE NON RIESCI A CAPIRLO DA SOLO QUALCUNO DOVREBBE PUR DIRTELO NON CREDI?! –
Una ginocchiata al petto gli fece perdere il fiato, cazzo se Katsuki era forte anche senza quirk. Del resto lo batteva anche con, però questa volta entrambi erano davvero incazzati. Alla faccia di non parlare di argomenti delicati. La classe era paralizzata e alcuni studenti cominciavano a sbirciare dalla porta rimasta leggermente aperta.
- DEKU NON È MORTO MEZZAFACCCIA!!! È SCOMPARSO, SOLO SCOMPARSO! –
Todoroki sogghignò e gli tirò un pugno in faccia, portandosi sopra di lui, ormai una piccola folla era disposta davanti alla porta a guardare i due più forti pro-hero del Giappone darsela di brutta parlando di un certo tipo di cui nessuno aveva mai sentito parlare.
- OH, CAPISCO QUINDI PREFERISCI L’IDEA CHE TI ABBIA ABBANDONATO? IN EFFETTI SAREBBE PLAUSIBILE, CHI NON ABBANDONEREBBE UN TIPO COME TE –
Una ginocchiata nelle parti intime e un pugno sulla fronte fecero invertire le posizioni. Ormai quasi tutta la scuola era lì a guardali e la porta era bella che spalancata, perfino le finestre erano oscurate dalla mole di gente davanti ad esse.
- BRUTTO STRONZO! NON PROVARE A RIPETERLO O TI SPACCO QUEL TUO BEL FACCINO CHE TI RITROVI-
- Smettetela! –
Urlò la ragazzina che era lì da ben prima che i due cominciassero a picchiarsi, non che fosse interessata nel fatto che si picchiassero ma più per curiosità. I due si fermarono e la guardarono stupidi, aveva fegato la piccoletta.
- Ohi qualcuno dei due mi dice chi è sto Deku? –
Nessuno dei due rispose ma abbassarono gli occhi, Bakugou era quasi in lacrime. Todoroki non avrebbe dovuto dire quelle cose, sapeva quanto a cuore stesse Izuko a Katsuki, si conoscevano da tutta la vita. Lui non avrebbe mai accettato la morte dell’altro, mai.
MAI.
Eppure Bakugou si alzò come se non fosse successo nulla, pieno di lividi e sbucciature. Uscì dalla stanza con la folla che si dissipava davanti a lui. Nello stesso istante non percepì più nessuno cadde dietro ad un albero con le lacrime agli occhi, era uno scemo, un completo idiota, non poteva piangere. Se Deku l’avesse visto avrebbe riso e l’avrebbe abbracciato, ma non avrebbe più visto quel sorriso gentile, quegli occhi verdi che catturavano tutta la luce del mondo. Alla fine aveva vinto lui, era diventato il numero 1 giusto? Allora perché sentiva che ad aver vinto non fosse stato altri se non quel verdino, una persona abbastanza egoista che, per perseguire il suo sogno, era pronto a sacrificare tutto per gli altri. Tutto per un sogno.
All’improvviso partì una chiamata, Bakugou guardò il telefono: numero sconosciuto.
Fu tentato di riattaccare ma non poteva sapere se chissà come qualche fan avesse ottenuto il suo numero di telefono (Sì, i fan sono degli stalker con nomi più carini) e ora avesse bisogno di lui.
Partì una voce strana, probabilmente modificata.
“Voi dovete essere il signor Bakugou, giusto? “
- E tu chi cazzo saresti? –
Non gli era mai capitata una cosa simile, un fan non usa la voce criptata. Guardò frettolosamente il timer della chiamata. 1-2-3-4…
- Spiacente, non c’è tempo per quello tu puoi chiamarmi il burattinaio. Sai…il gioco è appena iniziato, tutte le pedine sono in campo. Balla per me DinaMight, balla se vuoi rivederlo, rivedere Deku–
Click. Nove secondi.
La chiamata era finita.
Non abbastanza tempo per rintracciare la posizione. Non che al momento gli importasse tanto di sapere dove fosse, del resto era decisamente più importante scovare questo burattinaio.
Occhi rosso sangue brillarono di qualcosa non definibile determinazione ma nemmeno vendetta, la luce di qualcuno le cui certezze sono state rilevate esatte.
Ballare? Avrebbe ballato. Ma non come una marionetta, mai come una marionetta.
Un ghigno diabolico gli si stampò in faccia. Erano passati sette anni da quando aveva una pista, eppure nell’ultimo periodo tutti i pezzi del puzzle avevano cominciato a comparire, ancora sconclusionati e staccati gli uni dagli altri.
Ma c’erano.
Dopo sette anni c’erano.
C’era una strada, una maniera.
“ Non importa per quanto piccola possa essere Kacchan, noi dobbiamo proteggerla. Dobbiamo proteggere quel lume di speranza con tutte le nostre forze, se lui morirà per noi sarà finita ma nello stesso istante in cui comparirà ci vorrà un istante per farla diventare una fiamma potente. Ci vuole poco per farla fiorire nei cuori delle persone, è questo il nostro compito Kacchan “
Gliel’aveva detto Deku, a volte il verdino se ne usciva con delle trovate impressionanti.
Uno squillo, due squilli, al decimo squillo finalmente rispose.
- Che vuoi Bakugou? Ti sei accorto del casino che avete combinato tu e Todoroki???–
- Hey motori, raduna tutti, ho una pista. –
Detto questo inviò al loro ex rappresentante la registrazione.
Note:
Scusate se questo capitolo era un po' più breve del solito, sper vi sia piaciuto.
Per il prossimo ci vorrà un bel po' per riorganizzare le idee pk ho messo un sacco di cose senza avere un filo conduttore dietro ahahah.
Beh allora alla prossima :))))

 

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Capitolo 15
*** The Bus ***


Il centro commerciale di Musutafu era, certamente il luogo più pericoloso di tutta la città dopo la UA, il posto perfetto per trovare tutto il necessario per una bambina che non aveva mai avuto occasione di fare shopping e scegliere lei cosa vestire e cosa no.
E poi era pieno di ogni tipo di attrazioni quali bar, cinema, negozi d’abbigliamento e vestiti, sale giochi, gelaterie, etc…
Un paradiso per chi non ha paura di cariarsi tutti i denti e di svuotare il portafoglio dei genitori.
Ecco, la cosa migliore di non avere i genitori in casa, era di poter abbondantemente approfittare del conto in banca aperto a loro nome. Erano così impegnati in America che, invece di far chiedere ad Aiko il permesso per ogni sua spesa, gli avevano aperto un conto libero a loro nome.
Sapessero in che guaio si sarebbero cacciati non l’avrebbero fatto manco sotto tortura. Jin e Mai erano appassionati di Kawaii e vestiti in quel tema, in un istante la mattinata di Aiko si trasformò da un innocente giro al centro commerciale ad un lavoro non pagato da portapacchi e borse. Pernsare che non aveva neppure la ragazza e già era costretto a simili sfruttamenti.
- Mai prova questo! Oh guarda che adorabile questo! Oddio quello non l’avevo visto, ah Aiko ci sei, perfetto, porta anche questo grazie –
E così via, con Mai che l’assecondava, vittima dell’inesperienza e del tanto paghi tu.
Sarebbe stata una ragazza perfetta in futuro, già allenata al gioco che tanto è il tuo portafoglio, poveretti quelli che, affascinati da quegli occhioni verdi, l’avrebbero invitata ad un centro commerciale.
- Uhm, zio secondo te com’è questo? –
Chiese la piccola indossando un adorabile vestito rosa con il bordo in pelo bianco morbidissimo e il cappuccio con le orecchie di coniglio (bianche e morbidose pure quelle). Per un istante i due si misero in contemplazione poi Jin esclamò, sorprendendo tutti i clienti del piccolo negozio:
- Ti sta d’incanto!!! Ma sei ancora umana Mai?! Sei troppo adorabile, a e chiamami fratelloni o Oni-chan. Questo lo prendiamo sicuro! –
Cosa che aveva detto per tutti i vestiti, felpe, magliette, gonne, pantaloncini fino ad ora.
Altro peso da portare sulle spalle.
Deku prese la piccola e se la mise sulle spalle, all’inizio era un po’ sorpresa ma poi fece un sorriso di gioia così bello e dolce che parecchie persone si fermarono a guardare la peculiare coppietta: un fotomodello e una bambina così bella e dolce che avrebbe fatto sciogliere perfino il cuore del supereroe in seconda posizione, Todoroki Shouto. Beh, ne valeva la pena, pensò Aiko, il cui cuore era stato sciolto molto tempo prima. Ma non era solo il sorriso di Mai a renderlo felice, quell’espressione così radiante di felicità dell’ex eroe era qualcosa di mai visto prima, una scoperta affascinante.
- Ehi Oni-chan sono un po’ stanca, ci possiamo fermare un po’? –
Chiese Mai.
La risposta fu ovviamente affermativa e si fermarono ad un cafè.
E così la giornata passò in un modo che né Aiko né Mai avrebbero mai potuto immaginare. Piena di nuove esperienze come la nuvola di zucchero (zucchero filato) come diceva Deku, e qualche film sugli eroi.
- Voglio diventare un eroe e rendere felici le persone! –
Eslcamò la piccola sorridendo.
Sorrisi e un mare di felicità però possono anche fare male.
Ormai quella piccoletta era diventata qualcosa di indispensabile per entrambi, del resto faceva sorridere Deku, cosa in cui tutti avevano fallito. Ma quello era un sorriso vero, un sorriso per qualcuno di speciale.
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Un mese dopo.
- Perfetto ragazzi, ecco i permessi per la gita scolastica che si terrà tra una settimana, fateli firmare a chi di dovere e non rompete mentre dormo, capito mocciosetti? Sto cercando di diventare una farfalla prima di dover avere a che fare con vou ogni ora del giorno per una settimana intera per cui che nessuno provi ad interrompere la metamorfosi –
Ci furono alcune risate, spente sul nascere dal professore.
Finita la scuola Aiko incominciò a dirigersi verso la stazione, ormai andava da solo visto che Deku doveva occuparsi di prendere Mai a scuola, la piccola era timida ma brava ad ambientarsi. Beh se non fosse stato per quel fattore, una cosa a cui Deku non dava tanto peso ma tutti gli altri si.
Mai era quirkless.
Non sarebbe potuta diventare un eroe, lo sapeva pure Deku ma chissà perché ogni volta che Mai glielo chiedeva lui rispondeva che non era un quirk a fare un eroe, che lei poteva farlo.
E pian piano anche lui cominciava a crederci.
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- Aiko sicuro di aver preso tutte le mutande? Lo spazzolino e il dentifricio? E i-
- Capito, capito, mica sei mia madre. Si si ho tutto –
Esclamò spazientito il ragazzo, era da mezz’ora che Deku lo assillava chiedendogli se avesse tutto il necessario, e, a sua dritta gli mancava sempre qualcosa. Aveva un’organizzazione da paura si, ma dopo un po’ diventava assillante. Stava andando ad un campo estivo, mica si trasferiva, sarebbe stato via per una settimana, cosa che lo rendeva molto nervoso se significava lasciare Mai da sola con quel schizomaniaco.
Il problema era che i due erano incredibilmente simili, incorreggibilmente gentili ed altruisti ma spesso spaventosi, fosse per il modo con cui seguivano i loro ideali e sogni o per quanto a volte Aiko si sentisse inferiore ad una bambina di sette anni, sia per aspetto che per intelletto.
Con Deku era più accettabile ma con una marmocchia che le arrivava a malapena alla vita era difficile non sentirsi spazientiti se faceva qualcosa molto meglio di lui.
Si, del resto non si sarebbe dovuto preoccupare. C’era Deku con lei. C’era DEKU con lei. Un vigilante completamente irresponsabile alla ricerca di un passato scomparso con un senso di giustizia e gentilezza da non far capire se volesse fare a pezzetti i criminali o invitarli a cena.
Affidargli una bambina di 7 anni.
A Deku.
Mai.
Ma non aveva scelta.
- Uhm…Jin credo sia ora di andare –
- Oh, hai ragione. A che ora era il bus? –
- Alle 8 –
Guardò l’orologio, segnava le 7.15, sarebbe probabilmente arrivato prima di tutti i suoi compagni di classe.
Anche Deku lo guardò e subito il terrore si fece strada nei suoi occhi, di nuovo quella sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato.
Qualcosa di terribilmente sbagliato.
Aiko lo guardò cercando di capire che cosa gli passasse per la testa, poi lo vide girarsi ed attivare la Black Whip, che avvolse tutte le pareti dell’edificio creando uno scudo protettivo degno di un superhero. Ma perché fare tutto questo? Che fosse un’altra prova a sorpresa prima della gita oppure qualcosa di serio.
- Ohi Jin smettila di scherzare –
- Va a svegliare Mai, subito-
Sibilò lui, teso come una corda di violino. Una esplosione all’esterno e tutto l’edificio tremò. No, non era un test, definitivamente.
Corse in camera della bambina che, a causa del rumore, si era svegliata e tremava come una foglia sul letto, nascosta sotto le coperte.
Aiko prese una felpa e alcuni vestiti e li buttò in una borsa che aveva lì vicino, bisognava andarsene alla svelta prima che l’edificio crollasse per colpa delle scosse, un altro colpo, questa volta più potente, fece vacillare i fasci di Black Whip più lontani da Deku.
- È colpa mia, è colpa mia, non sarei mai dovuta venire vi ho messo in pericolo tutti –
- Che dici Mai, se eri in pericolo non c’era posto migliore dove andare, fidati –
Non è che sapesse davvero cosa stesse dicendo la bambina o lui ma sapeva che doveva fare qualcosa oppure la piccola non si sarebbe più alzata dal letto in preda ad un attacco di panico.
Doveva farla muovere, scappare, via, il più lontano possibile finché l’edificio reggeva grazie al quirk di Deku.
La bambina alzò lo sguardo verso quel ragazzo tanto dolce e tanto determinato. Aveva paura.
Paura.
Paura che qualcuno si facesse male per colpa sua.
Si racchiuse dentro le coperte e Aiko si maledisse per la sua inutilità.
Poi giunse la voce di Deku dall’altra stanza, un urlo diretto proprio a Mai.
- MAIIIIIII NON SUCCEDERÀ NULLA, NON DEVI PREOCCUPARTI, ORA CI SONO QUI IO –
A quelle parole la piccola alzò lo sguardo e a Deku parve di averle già sentite da qualche altra parte, si, le aveva sentite da qualche altra parte.
All Might.
Quelle erano le parole di All Might, ne era certo.
Mai si alzò dal letto e corse in soggiorno dove il ragazzo stava stringendo il Black Whip in modo che i muri reggessero per ancora qualche minuto, stava sudando ed evidentemente non aveva mai provato un lavoro simile.
Era abituato a combattere ma non poteva permettere agli aggressori di ferire Aiko o la piccola Mai.
- Andate, Aiko prendi le valigie e la piccola e dirigiti verso l’autobus, avvisa Aizawa sicuro saprà cosa fare. È riuscito a gestire noi dopotutto –
- Noi? Tu e chi? –
Silenzio.
Poi Deku sorrise.
- Ma va’ a saperlo hahaha –
E gli lanciò le chiavi dell’auto e, in risposta, il ragazzo gli lanciò una maschera da carnevale veneziano.
Aiko fece in tempo ad uscire dalla casa che si sentì un’esplosione più forte delle precedenti fece definitivamente crollare il tetto della casa.
“ Mia madre mi ammazza quando torna “
E, per la prima volta, fu realmente felice che il più grande della casa fosse un 24enne irresponsabile con una grave amnesia.
Poi prese le chiavi e, conscio di star infrangendo ogni legge sul codice stradale, accese il motore.
------------------------------------------------------------------------------
- Cazzo Aiko –
Esclamò il professor AIzawa quando vide scendere dal posto del guidatore il suo studente migliore, coperto di fuliggine e polvere con in braccio una bambina di si o no sette anni, nelle stesse condizioni.
Quasi tutti i compagni erano lì e rimasero basiti dalla peculiare scena davanti ai loro occhi.
- Mi ha detto che con lei Mai sarebbe stata più al sicuro –
Esclamò lui, col fiatone.
Non aveva mai guidato prima, era un miracolo che non avesse fatto un incidente nel mentre, era sicuro che sarebbero presto arrivate un sacco di multe a casa, se ci fosse ancora stato un posto dove recapitarle.
Aizawa guardò la piccola, era spaventata e tremava come una foglia.
- Chi è questa bambina Aiko? Sai che il rapimento (come la guida senza patente e tu sei perfino un minore) sono crimini gravissimi? –
Lui rise, certo che lo sapeva.
- Lei è…mia sorella –
- E da cosa dovrebbe essere protetta? –
Lui imbiancò, non lo sapeva, non li aveva visti. No, l’aveva sentito, quel nome detto da villain appena entrato in casa, certo era stato attraverso una vice-trasmittente ma l’aveva comunque sentito.
- Dal…dal burattinaio –
Tra tutte le reazioni quella era la più improbabile di sicuro.
Gli afferrò le spalle e gridò:
- Cazzo Aiko, cazzo, perché non l’hai detto prima. Salta in bus, tutti voi, dentro! Bisogna partire subito –
Poi si voltò verso lo studente che ancora stava in stato di shock, forse accumulato dal fatto che una casa gli fosse crollata in testa o dalla reazione mai vista prima del prof.
Quando l’adulto provò a prendere la mano della bambina questa si nascose dietro Aiko emettendo un urletto terrorizzato.
- Capisco… tiella vicina a te –
Detto questo entrarono nel bus.
Ma, appena chiusa la porta, si sentì un enorme boato e un gruppo di villain comparirono in lontananza.
- Jin –
Aiko quasi si strozzò. Cos’era successo a Deku? A suo fratello? Però non c’era la radio, quella che il gigante tutto muscoli si portava dietro, non c’era nemmeno il gigante. Che fossero un altro gruppo di villain?
Davanti, a 300 metri da bus, c’era un giovane donna vestita come un studentessa, un coltello in mano e un’aria da killer.

Note
Ecco il nuovo capitolo :)
Spero vi piaccia :D
 

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Capitolo 16
*** The Killer ***


- Non credevo si potesse andare così veloci con un pullman -
Esclamò Shimano Mahoro con un pelo di paura. Ovviamente tutti l'avrebbero vista in perfetta forma grazie alla sua abilità con le illusioni che la portava a cambiare perfino il suo stesso aspetto.
- Hahaha la UA è proprio movimentata, esattamente come aveva detto lui -
Rispose il gemello con una risata gioviale.
Era sempre felice, almeno era così che l'aveva sempre visto Aiko. Eppure questa volta si sentiva un pelo di preoccupazione nella voce.
E stringeva forse troppo forte il bracciolo del sedile di fianco ad Aiko.
Si girò a sorrise a Mai che lo stava guardando con interesse. Lei si fece subito piccolissima e si nascose tra le braccia del ragazzo.
- Comunque...da dove sbuca la bambina Aiko? Tu non hai una sorella -
Gli sussurrò nell'orecchio Katsuma.
Aiko fece un sorriso imbarazzato.
- Hahaha le cose belle arrivano per caso...-
Un botto fuori dal pullmann
-...E anche quelle brutte-
Terminò lui, guardando fuori dal finestrino.
La ragazza col sorriso da killer stava correndo ad una velocità inumana dietro al veicolo. Correva e rideva, rideva e correva.
Sembrava di essere in un incubo. L'atmosfera era cupa e gli unici a sorridere erano i gemelli Shimano.
- Hey tu piccolo pezzo di merda che non sei altro grazie mille di averci fatto finire in questa situazione ancora più di merda! -
Urlò Monomoto Akira ad Aiko, facendo sobbalzare tutta la classe.
- Scusa. Mi aveva detto che qui Mai sarebbe stata al sicuro -
- Ohhh... e quindi chi è il bastardo che ti ha detto di metterci tutti in pericolo -
SBAM.
Monomoto si porto la mano alla guancia, dove aveva ricevuto il pugno e fece qualche passo indietro per lo sbalzo.
Aizawa non intervenne.
Nessuno intervenne.
- Mi va bene che mi insulti ogni giorno, che mi spintoni in corridoio, che mi fai gli sgambetti quando mi alzo e quando mi colpisci a tutta potenza durante gli allenamenti ma non osare. Non osare insultare mio fratello, pezzo di merda -
Tutti fecero facce sbalordite o addirittura scioccate da quelle parole. Tutti a parte i gemelli, Eri e Monomoto che non fece altro che arrabbiarsi di più.
- Pezzo di merda-
Fece per caricare un pugno ma Eri si mise in mezzo.
- Monomoto Akira, Aiko non è il momento né il luogo. Abbiamo problemi molto più grandi di questo ora -
Ed era vero. Aiko si chiese come mai avesse perso tutta la sua compostezza.
Si girò verso Mai che era più spaventata che mai. Eppure aveva un’espressione tenace e, con aria guerrigliera, andò contro Monomoto.
- Tu non conosci il mio fratellone! Non metterebbe mai in pericolo altre persone, appena avrà finito tornerà qui e sconfiggerà tutti i cattivi!!!  -
Gli urlò in faccia.
- Ora che ci penso, ragazzino, chi è rimasto a casa tua a prendersi cura dei villain? -
Chiese Aizawa.
Aiko non ebbe il tempo di rispondere che un enorme botto avvenne sopra il tetto del bus.
Il rumore del ferro che si sfascia è molto più raccapricciante se tu sei sotto e se sai che è l'unica cosa che ti divide da morte certa.
Forse raccapricciante non è esattamente la definizione esatta. Il problema è che non c'erano parole per descrivere quella sensazione, come se...come se al posto del ferro fosse il suo cuore a star lentamente (ma comunque troppo in fretta) venendo distrutto, strato per strato.
E poi c'era sì la paura di quando il tetto avesse ceduto ma era ancora peggio l'ansia scaturita da quell'irritabile lentezza.
Se proprio dovevano morire tanto vale farlo in modo veloce e indolore no? No...?
Non che volesse morire ovviamente solo era stressante aspettare. Come quando il prof si ripresenta per cinque settimane e ogni volta, chissà perché, si dimentica sempre quel fottutissimo compito dove sei sicuro di aver preso 2.
Un’ansia quotidiana per qualunque studente italiano ma per lui, abitante di un paese fin troppo efficiente e studente della migliore tra le migliori scuole, era abituato a ricevere il compito subito dopo averlo fatto.
Insomma era un sentimento mai provato prima.
Era...orribile.
SCRICCCCCCC
Di nuovo quel rumore orripilante, il coltello che piano piano entrava con forza nel telaio. Poi, con un colpo secco, la punta di un coltello seghettato spuntò giusto sopra la testa di Eri. La ragazza sussultò ma non emise alcun suono. Ma era evidente avesse paura, anche senza il coltello.
Senza che nessuno osasse emettere un rumore, rischiando di segnalare la loro posizione, Aizawa le indicò di camminare piano verso di loro.
Poi di nuovo lo schiocco secco e il coltello scomparse, lasciando un buco. Un occhio giallo da gatto comparse e guardò all'interno. Era possibile sentire il battito dei cuori di ognuno di loro quindi non era proprio necessario guardare ma quando sorrise, almeno sembrava lo facesse, la scena divenne improvvisamente vietato ai minori.
" Dove sei, Deku? "
Un altro paio di colpi e il tetto cedette, una spessa lastra di ferro si ripiegò su sé stessa creando una curva innaturale, sbagliata. Sembrava il guscio di una chiocciola oppure una di quelle torte arrotolate che mangi a merenda. Col ferro aveva un aspetto più…spettrale.
Non che qualcuno pensasse al perché un coltello riuscisse a perforare quella lastra, del resto l’artefice era lì, in piedi, a guardali con quel sorriso da sberle e manicomio. Tutti, tutti¸ perfino il prof, erano gelati sul posto, troppo terrorizzati per pensare a cosa fare dopo, l’unico problema al momento era come salvarsi la pelle. C’erano due scelte: buttarsi da finestrino o sperare che il prof li salvasse, tempo per gli studenti di formulare questo pensiero che gli sguardi si posarono su Aizawa, il quale sembrava essersi risvegliato da quella specie di tranche e che poneva tra il villain e i ragazzi.
- Himiko Toga –
Un nome, una storia. Le informazioni cominciarono a scorrere nella testa di Aiko alla velocità della luce, Himiko Toga, membro portante del Fronte di Liberazione del Sovrannaturale (alias Unione dei Villain), organizzazione che otto anni prima aveva messo a ferro e fuoco l’intero paese, decimando gli hero. Grazie ad un attacco da parte degli eroi rimasti e il misterioso Deku, l’eroe dagli occhi verdi possessore di un misterioso potere, la battaglia era stata vinta con non poche perdite e difficoltà. Il villain davanti a loro era molto più pericoloso di quanto potesse sembrare ma niente in confronto a Shigaraki. Del resto l’aveva vista con i suoi occhi quella battaglia…e per poco non sarebbe morto se quel’hero non si fosse messo d’avanti a fargli da scudo.
Era lì che era nato un sogno e finito un altro.
Contro quella fottutissima organizzazione.
Quella ragazza…all’improvviso un’immagine si sovrappose alla realtà, un ricordo.
- Diventiamo Hero insieme Aiko! Noi due diventeremo i fratellii più forti al mondo! Ovviamente sarò più forte io però! –
Poi una lama, rosso, caldo e poi freddo.
Due sogni, erano finiti due sogni.
Il ragazzo strinse i denti, fosse stato il lui di qualche mese prima sarebbe corso incontro al Villain che aveva ucciso suo fratello ma ora non poteva più, aveva troppo da perdere. Doveva proteggere Mai fino all’arrivo di Deku e poi sarebbe andato tutto al suo posto.
Mi dispiace Kei.
Non posso.
Non più.
Nel mentre Toga si era lanciata contro Aizawa ferendolo alla guancia, l’eroe aveva prontamente schivato il danno maggiore evitando il coltello diretto allo stomaco. Non era una buona zona di combattimento per lui, lo spazio era ristretto e non c’era modo di usare le bende al meglio, e poi non era più quello di una volta.
Tirò una benda al villain e cercò di intrappolarla ma lei schivò e lo attaccò di nuovo.
Continuarono così per qualche minuto, il silenzio di tomba intorno a loro faceva sembrare irreale il fatto che stessero combattendo per uccidere, ma nessuno osava dire niente rischiando di distrarre o attirare le attenzioni di uno dei due.
Uno spruzzo di sangue e Aizawa cadde a terra.
- Aizawa-sensei! –
Eri si mise subito davanti a lui facendo a scudo col suo corpo all’eroe ferito, lo conosceva da quasi tutta la vita, quell’eroe l’aveva salvata, cresciuta, le aveva dato i mezzi per trovare la felicità. Era come un padre per lei.
Toga scoppiò in una risata agghiacciante e scagliò un coltello verso il cuore di Eri che d’istinto chiuse gli occhi, se si fosse spostata la lama avrebbe colpito il suo sensei, il quale restava fermo, impossibilitato al movimento dalle ferite, gli occhi spalancati dal terrore. Non di nuovo, mai di nuovo.
Ma non poteva fare niente per impedirlo. Era inutile.
Mezzo secondo prima che l’arma colpisse la studentessa una striscia nera la bloccò. Un lungo e indistruttibile nastro nero.
Uno che aveva bloccato Aiko chissà quante altre volte.
- Sei in ritardo –
Disse rasserenato alla figura scura con la maschera veneziana in piedi sul restante tetto del bus.
Il peggio era passato.
O almeno così credeva.
Note:
Ecco il nuovo capitolo. Spero vi piaccia.
Boh non c'è nulla da dire...
Al prossimo capitolo e grazie a tutti i lettori!!! ;)
 

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Capitolo 17
*** The Masked Hero ***


Cazzo, cazzo, cazzo.
Tenere a bada i villain cercando di mantenere “intatta” la casa era stato molto più difficile del previsto. Soprattutto per colpa di quella fastidiosa radio che continuava a sparare cazzate come ballate, marionette, burattinaio, creazione, nuova era. Insomma chiacchere che si era dovuto sorbir per trenta minuti buoni, il tempo che gli ci era voluto per abituarsi ad usare così tante Black Whip contemporaneamente e picchiare i villain nel mentre.
E poi ovviamente gli era servita quasi un’ora solo per fargli sputare l’osso. Il gigante era direttamente svenuto (o morto per quel che ne sapeva) dopo il primo colpo e tutti gli altri a seguito. Solo uno era rimasto, risparmiato per il puro scopo di ottenere qualcosa di utile che gli desse anche solo una minima traccia di chi dovesse picchiare dopo. Di chi fosse il Boss.
Il dialogo era stato molto fluido ma non era riuscito ad ottenere alcun’informazione fino alla fine, quando Deku si era quasi deciso di lasciarlo andare per la sua totale inutilità lui aveva cominciato a dire cose davvero interessanti.
- Il piano del Burattinaio è ritrovare l’unico vero eroe che il mondo abbia mai avuto e di utilizzare il quirk dell’eletta per distruggere l’intera società e riportarne una migliore con l’aiuto del vero eroe! –
Urlò tutt’an tratto, quasi avesse paura di sputare quelle parole dalla bocca ma nel farlo avesse provato un immenso sollievo, era strano, seguiva ideali strani e aveva un’idea veramente confusa di cosa volesse fare il suo capo.
- Hai detto che cercate il Vero Eroe e da come parli al momento avete perso l’eletta…fammi indovinare, è Mai vero? Si può sapere cosa cazzo volevate farle? –
Lui balbetto un po’ frasi senza senso prima di giungere alla conclusione finale.
- Brutto bastardoooooooooo –
Gridò cercando di tirargli un pugno con quelle poche forse che gli rimanevano. Fu completamente inutile, Deku schivò in completa tranquillità e gli tirò un pugno nello stomaco, non usò neanche il suo quirk ma quello basto per atterrare il villain. Fece per tirargliene un altro ma lui attivò il suo quirk, che gli permetteva di ricoprirsi di specchi. Adesso al posto del ragazzo c’era qualcun altro a guardarlo: un giovane col volto nero di sporcizia e coperto da una maschera, gli occhi verdi erano freddi e insensibili mentre alzava un pugno coperto di sangue. Gli fece paura, non capiva chi fosse, poi si guardò le mani e capì. Cosa stava diventando?
Lui che sognava di essere un hero.
Lui? Lui chi? Non era nessuno se non un fantasma senza passato e senza futuro.
L’immagine di Kacchan gli coprì lo sguardo, diventiamo eroi insieme, stupido Deku, non lasciarmi.
Basta! Basta! Basta!
Strinse gli occhi sperando che l’immagine scomparisse, ma non lo fece, non lo faceva mai. Non lo faceva quando la notte si svegliava madido di sudore, non lo faceva quando portava Aiko a scuola e lo fedeva sorridere con i suoi compagni, non lo faceva quando si guardava allo specchio o quando incrociava un qualsiasi eroe.
Occhi cremisi che lo giudicavano, pesavano la sua anima.
Riaprì gli occhi, una scintilla di gentilezza li illuminava.
Non sarebbe mai diventato un Villan. Non se lo sarebbe mai concesso, per quanto a volte gli sembrasse la via più facile, quella con meno spine, quella che gli avrebbe permesso di dimenticare tutto, non poteva e non voleva.
Promettimelo Deku!
Già… gliel’aveva promesso.
Abbassò il pugno e guardò il villain, o meglio, il ragazzino. Era più giovane di lui, forse qualche anno in più di Aiko, chissà che cosa l’aveva portato lì, cosa vedeva ora davanti a sé.
Gli porse la mano e sorrise, un sorriso che diceva andrà tutto bene.
- Ti prego, cambia. Trova un lavoro onesto e sii felice, questa vita non ti darà mai quello che cerchi. La vendetta non sarà mai una strada che porterà alla gioia e alla soddisfazione, lo so meglio di quanto tu possa immaginare. Non abbandonare tutto per questo, VIVI. E scusa, scusa se nessuno è riuscito a salvarti, scusa se non sono riuscito a salvarti –
Silenzio. Il ragazzo cominciò a piangere.
- Chi sei tu? –
Chiese.
- Deku, chiamami solo Deku –
E se ne andò, non sapeva quanto quelle parole avrebbero influito sul ragazzo, non sapeva se davvero avrebbe abbandonato quella vita tanto penosa. Non lo sapeva e non voleva saperlo. Ma, almeno per una volta, se ne andò a cuor leggero.
- Pronto, qui stazione la stazione di polizia di Musutafu –
- Giorno, vorrei segnalare dei villain –
------------------------------------------------------------------
Toga gli lanciò contro un coltello così velocemente che alcuni studenti non se ne accorsero nemmeno fino a che non finì per qualche legge della fisica assai bizzarra, proprio in mano a quello che in teoria era il bersaglio.
Avete presente il gioco delle freccette? Bene, immaginatevelo in una maniera un po’ diversa: una killer sfrenata che cerca di colpire (mancandolo miseramente ogni volta) un’ombra un po’ inquietante. Fatto sta che l’ombra è l’unica in grado di pararvi il culo e impedire che diventiate voi stessi i bersagli. Non so se ho dato l’idea.
La cosa preoccupante era che nemmeno Toga rideva più, sembrava infastidita, “ Perché mai non riusciva a bucare quel bel faccino? “. O almeno sembravano questi i suoi pensieri.
Totalmente normale.
La 1° A era diventata il pubblico di tale spettacolo, solo che era reale e non una finzione televisiva per cui ad ogni lancio si cagavano tutti sotto. Tutti a parte Aiko, che se ne stava tranquillamente in disparte, e la piccola Mai che faceva un tifo a dir poco sfrenato per l’uomo maschera, e avrebbe fatto ancora di più se non fosse stata trattenuta da Eri, la quale, insieme ai gemelli, sembrava avere una seria crisi psicologica.
Neanche Miyo sembrava poi così scioccata, il suo quirk di analisi le permetteva di rimanere calma anche in questo genere di situazioni, non che ci fosse nulla di analizzabile, vallo a trovare tu qualcosa di sensato in tutto questo. Probabilmente la tua testa aveva classificato tutto come: sogno. E non aveva intenzione di accettare altre supposizioni.
E poi successe la cosa più inaspettata, cosa che non potrebbe mai succedere in un talent show, Toga finì i coltelli. O almeno quasi, gliene rimase uno che usò per attaccare da vicino il Villain/Vigilane/Hero. E dalle freccette diventò un adorabile balletto mortale. Sembrava che il mascherato stesse aspettando per qualcosa, o meglio, qualcuno. Però evidentemente si annoiò perché diede un leggero colpo al collo di Toga che la fece letteralmente collassare sul tetto del bus. Ahhh i tetti quanti usi che possono avere.
E, finalmente, si decise ad entrare nel bus, si avvicinò ad Aizawa e nessuno mosse un dito per impedirlo. Lui si abbassò e con gentilezza cominciò a far uscire dei fili neri dalle sue mani che suturarono le ferite del professore. E poi li staccò dal proprio corpo, cosa che Aiko era sicuro non sapesse fare prima.
Ma non si mosse, non fece alcuna domanda e non diede alcun segno che potesse simboleggiare una conoscenza.
- Autista (povvero autista ci eravamo dimenticati di lui LOL)… va dritto al campo. Lì ci saranno degli heros ad attendervi, almeno credo. E voi ragazzi…sappiate che questa non sarà la fine –
Poi spostò quegl’incredibili occhi verdi su Mai, la quale ne rimase affascinata e ricambiò il sorriso. Gli stessi occhi, lo stesso sorriso, gli stessi capelli ribelli. Probabilmente tutti se ne accorsero ma nessuno osò aprire bocca.
- Con voi sarà più al sicuro che con me –
Disse buttandosi dal bus e scomparendo alla vista.
Note:
Scusate capitolo un po' breve ;/
Per chi non l'avesse capito la prima parte narra (avv mi sento importante a usare questo verbo) di ciò che è avvenuto dopo che Aiko e Mai se ne sono andati e quella dopo si ricollega al capitolo precendente.
Bho per chi l'aveva capito (e per chi non ;)) spero vi sia piaciuto e alla prossima 

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Capitolo 18
*** The SatanRat ***


- Fratellone! -
Aiko saltò dal letto come se gli avessero piantato una molla sulla schiena. Si guardò attorno, stordito, prima di concentrare la sua attenzione sulla bambina dai capelli verdi che lo fissava con ostinazione.
- Si Mai? -
Chiese, gli occhi stanchi che minacciavano di chiudersi in qualsiasi momento. La notte precedente non aveva chiuso occhio fino alle 5 e aveva dormito per poco più di due ore.
E aveva bisogno di caffè. Chissà forse il professor Aizawa gliene avrebbe dato un po', aveva delle scorte infinite dentro quel sacco a pelo.
Aspetta...
-Come sta il professor Aizawa Mai?! -
La bambina lo guardò e sospirò, il suo fratellone era terribile, ovviamente non peggio di Jin ma •••, eppure gli voleva bene, ad entrambi.
- È con Recovery Non-Piu-Tanto-Girl-
Il ragazzo ci mise un po' ad analizzare la risposta e quando ci riuscì sospirò.
Solo allora si guardò attorno: si trovata in una stanza spartana, file di brande oltre alla sua si allungavano per tutta la stanza. Le pareti erano dipinte di bianco e perfettamente intonse, probabilmente perfino appoggiando il dito sarebbe rimasta l'impronta marrone.
A terra giacevano diversi zaini e sui letti pacchetti di patatine di provenienza dubbia.
- Fratellone insomma! Devi svegliarti, il topo ha detto che alle sette e mezza ci sarebbe stata una riunione –
- Il...topo? -
Solo dopo capì che parlava di Netzu (spero di averlo scritto giusto). Il preside.
In effetti dopo gli eventi della giornata precedente non c'era da stupirsi. L'episodio dell'autobus era stato solo uno di tanti attacchi messi in atto contemporaneamente dall'organizzazione del Burattinaio.
Era stato scioccante per la società degli Heros, un simile attacco e un'organizzazione così pericolosa non so vedeva da sette anni col Fronte di Liberazione del Sovrannaturale (FLS).
Tutti gli studenti del corso per eroi erano stati trasferiti nella BPPI (Base Protezione Pericoli Imminenti).
In un certo senso la gita l'avevano avuta no? La base era situata nel bel mezzo di una foresta non troppo lontana da Tokyo.
Erano in pochi a saperne l'ubicazione esatta. Meglio così.
O forse no se significava che per Deku ci sarebbero stati problemi per venire da loro.
Doveva essere preoccupato a morte, quello oppure girava per il Giappone per cercare a chi intestare la cauzione per la casa. E riempirlo di botte per l'esattezza.
Aiko non aveva mai visto Deku arrabbiato e non ci teneva affatto, era già abbastanza pericoloso e suicida quando era al pieno delle sue facoltà mentali figuriamoci senza.
Malgrado tutto il ragazzo un po' si impietosì per chiunque avesse deciso di pestargli i piedi. Nei mesi precedenti l'aveva visto all'opera e beh...nulla da dire non c'era nessuno che riuscisse a tenergli minimamente testa. Era un mostro. Un mostro dannatamente bello e intelligente. E forte, perché non poteva certo mancargli questo fattore.
Spesso Aiko si trovava a fantasticare cosa avrebbe fatto il giovane una volta recuperata la memoria, sua malgrado, cominciava a considerarlo parte della famiglia.
-Ohi ti alzi da quel letto o devo venire a buttartici giù io?! -
Gli urlò contro la piccola.
Anche lei faceva paura a volte, quirk o meno.
Così, anche non volendo, Aiko si alzò dal letto, si vestì, prese la piccola in braccio e si diresse verso la sala riunioni sperando di non perdersi nell'immensa struttura.
---------------------------------------------------------------------------------------
- Quindi Nishimura...potreste dirci in che modo conoscete l'uomo che vi ha aiutato sull'autobus? -
Okey. Come cazzo era finito in un fottutissimo interrogatorio? Insomma non era esattamente noOkeyrmale venir assillato da una specie di ratto/cane in smoking esageratamente intelligente.
Per non parlare del rilevatore di bugie umano e il caffeina-man che ti fissano manco fossi tornato dalla tomba.
Qualcuno che era tornato dalla tomba lo conosceva pure, pensa un po' era il protagonista di quel questionario! Magari potesse essere lì a rispondere a quelle domande al posto suo, sicuramente sarebbe stato in grado di inventarsi scuse tanto convincenti da fregare perfino il detective e il ratto (che teoria volendo era il suo preside ed etc). Era bravo a mentire Deku, faceva credere alle persone di star sentendo quello che volevano dicendo quello che voleva lui.
Ma non era qui e, il ragazzo, non aveva la benché pallida idea di dove fosse. Ma essendo un tipo sveglio l'ex morto aveva insegnato al suo adolescente preferito come inventarsi scuse della miglior fattura.
- Vede, tra di noi non c'è alcun tipo di relazione che voi possiate immaginare. Un incontro causale oserei dire -
- Tsukauchi? -
- Non mente -
Mica era così stupido! Aveva passato ore a farsi fregare da Deku che sembrava aver una passione per omettere parti leggermente fondamentali di un qualsiasi avvenimento.
Ratto lo guardò in modo sospetto mentre mummia-che-ha-bisogno-di-caffeina sembrava pronto a crollare al suolo e a rintanarsi nel suo sacco a pelo sperando di trasformarsi in una farfalla.
- Ciò non risponde alla mia domanda... Quindi la vostra relazione è più complessa -
Dannatissimo ratto. Cosa aveva mangiato da bambino per renderlo tanto ###.
Con un sorriso rilassato Aiko rispose.
- Oh no davvero. Ho solo la SFORTUNA di incontrarlo più spesso di quanto vorrei -
Quel verdemodello portava solo guaio con sé, era riuscito addirittura a fargli adottare una bambina che sembrava una sua copia sputata.
O forse era peggio.
- Ohi Ratto Satanico vuoi smetterla di rompere al fratellone!? Ti ha già detto quello che volevi sapere e poi tu sottospecie di farfalla non evoluta non dovresti essere in infermeria ora? Ti ha tagliuzzato per benino la sorellona -
-Sorellona!? -
Esclamarono tutti.
In effetti Mai aveva già incontrato Toga parecchie volte. Da quando Deku aveva preso l'abitudine di portarla da lei come babysitter quando faceva i giri di pattuglia.
Da quando avevamo messo a posto la testa dopo parecchie sessioni nel Tartaro aveva deciso di diventare una mercenaria. Un modo molto più ragionevole e redditizio di fare ciò che le pareva.
Dopo il suo incontro con Deku si era formata un'amicizia tra i due e almeno non si cercavano di ammazzare ogni volta che si incrociavano.
Ma ovviamente nessuno a parte Mai nella stanza lo sapeva. E teoria volendo nessuno avrebbe dovuto saperlo, e già Deku era abbastanza incacchiato con Toga per cui...
- Asticazzi -
Sussurrò la bambina prima che scoppiasse il pandemonio.
Note:
ThATAAAAAAA
Indovinate chi non è morta???
Esattamente: IO
Muhahahahaha il mondo non si libererà mai di me!
Cmq spero vi piaccia il capitoloooooo
(Mi peldonate se vi dico che ne pubblico due in una volta? ;))

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Capitolo 19
*** The True Hero ***


Per prima cosa, Aiko non sapeva che del fuoco blu potesse letteralmente uscire dalle ventole. Perfino satana e il prof sembravano discretamente sorpresi, se per discretamente si intende fare un salto di due metri quando ti accorgi che delle fiamme cercano di bruciarti il fondoschiena.
Si ecco…non sembrava particolarmente piacevole. Comunque che reazione, satana dopo aver elegantemente saltato aveva buttato la sedia verso il ventilatore, rompendolo, nel caso il piano fosse stato far propagare le fiamme a circoli grazie all’aria emessa facendo diventare la stanza un forno (letteralmente). Non sembrava poi possibile fare una chiamata, uscire dalla stanza e dare l’allarme in meno di un battito di ciglia. Ovviamente ognuno dei tre individui presenti fece un’azione diversa ma per dare l’idea è come quando dopo essere usciti dal bagno siamo già teletrasportati sotto le coperte ad un centimetro dallo schermo del telefono.
Comunque in un attimo la stanza era vuota a parte un adolescente confuso e una bambina sollevata. C’era quasi da pensare fosse tutta parte del suo piano malefico per non dover dire che era stata lei a mangiare l’ultimo budino come a casa (si l’aveva fatto, e per conseguenza non aveva mangiato budino per una settimana), se non fosse stato per l’allarme che proveniva da tutto l’edificio.
Dopo che gli eroi e il detective se ne furono andati Aiko guardò Mai e questa sorrise, con un sospiro la prese in braccio e, come ogni adolescente normale educato da un certo DEKU, corse dritto verso il pericolo. E come ogni bambina normale educata da DEKU gridò di gioia per tutto il tempo della carneficina.
No okey non fate educare i vostri figli da Deku mi raccomando.
Appena arrivati fuori, dove sembrava starsi svolgendo la fonte dell’attacco, ad aspettarli c’era una scena da film apocalittico: fiamme blu si alzavano a colonne del cielo attaccando gli hero e bruciando la vegetazione (e edifici ma ;-;), centinaia di minion fuoriuscivano da una specie di portale nero e viscoso colpendo alla sprovvista gli eroi, gli studenti lì rifugiati cercavano di neutralizzare i villain al massimo delle loro capacità. I feriti erano ovunque ma la maggior parte continuava a combattere incurante del dolore.
Eri stava per venir schiacciata da un gigante fatto d’acqua e, sculato com’era, Aiko riuscì a colpirlo in tempo e a provocargli una scossa che quantomeno lo fece sembrare svenuto (o morto). La ragazza alzò lo sguardo verso di lui con un sorriso che diceva “grazie”, prima di lanciarsi verso i cattivi trasformandolo tutti in bambini di massimo tre anni, prima che sviluppassero il loro quirk. Era forte, forse quanto i pro hero presenti, probabilmente si era ritrovata in difficoltà con l’acqua perché era già di per sé una delle cose più antiche del pianeta.
Poi c’erano i gemelli Shimano, Mahoro stava facendo picchiare i villain a vicenda con un’illusione che ne distorceva le fattezze mentre Katsuma curava gli hero a terra, erano una grande coppia e non sembravano aver bisogno di aiuto. Miko stava combattendo con Atsume contro un paio di villain minori e Kota stava aiutando gli heros con il tipo dalle fiamme blu ma sembrava in difficoltà.
- KOTA! –
Gridò Aiko correndogli incontro, gli era venuto in mente un piano per attaccare il villain. Ci mise un attimo a spiegarglielo e subito dopo cominciarono a fare un attacco combinato dove l’acqua di Kota fungeva da ponte per trasmettere l’elettricità fino al Boss.
O quello che sembrava il boss.
Perché, dopo un po’ di tempo ad attaccarlo, gli sembrava troppo debole e troppo forte per essere il cattivo principale.
Sembrava più…una pedina.
E di certo non si sarebbero aspettati che quelle cazzo di fiamme bruciassero così tanto, facevano un male cane e dopo un paio di volte ad essere colpiti di striscio e a schiavarle tutto il tempo erano esausti. Lo stesso valeva per tutti i loro compagni di classe e per gli heros. Poi, una fiammata improvvisa colpì in pieno Kota mandandolo letteralmente a fuoco.
- KATSUMAAAAAAAAAAAA!!! –
Urlò Aiko richiamando l’attenzione del compagno in quell’inferno di fiamme e sangue. Lui, accorgendosi di Kota, corse verso di loro e si mise al fianco dell’amico, era però un una posizione delicata poiché le fiamme l’avrebbero potuto colpire da un momento all’altro e molto probabilmente ucciderlo, inoltre Aiko non era sicuro di riuscire a proteggerli contemporaneamente dal pollo bruciacchiato (il cattivo era praticamente una bambola di pelle bruciata) e tutti i minion contemporaneamente.
Non era sicuro di non riuscire a proteggere neanche sé stesso. Poi un pensiero gli balenò in mente: “MAI”. Dov’era finita sua sorella? Non riusciva a vedere la zazzera di capelli verdi da nessuna parte e non si era nemmeno accordi di non averla più sulle spalle, era riuscita rintanarsi in un posto sicuro? Si era fatta male?
Era così preso nei suoi pensieri che non si accorse fino all’ultimo della fiammata che lo stava per ambrustolire, non era sicuro sarebbe stato in grado di fermarla neanche se l’avesse notata, era a pezzi, ferite e lividi ovunque con di sicuro qualche osso rotto e un bel po’ di carne bruciacchiata, la pelle si era annerita formando una tonalità unica con i capelli. Era stanco. Certo che era proprio un bel modo di morire, prima ancora che il suo sogno fosse iniziato, prima ancora di aver iniziato a sognare.
Prima di essere riuscito a salvare qualcuno, chiunque. Però voleva salutare i suoi ancora una volta, fare una festa di compleanno decente per Deku, fargli incontrare i suoi amici, vederlo recuperare la memoria e capire che non era solo una persona totalmente inutile che camminava sulla terra avvenelandola. Voleva vederlo felice, vedere Mai felice, voleva essere felice come era stato fino ad ora. ma chissà. Forse aveva sempre preteso troppo.
- Saremo eroi insieme Ko!!! –
il volto felice di un bambino gli sorrideva, aveva la stessa età di Mai, grandi occhi verdi e capelli neri. Sorrideva come se il mondo non gli potesse fare alcun torto, quel mondo che ormai era andato in malora, che gli eroi non erano riusciti a salvare. Quel mondo protetto da una figura verde che tante volte li aveva salvati, e che per una volta non era riuscita a salvare entrambi.
Era mattina, il sole illuminava timido il rifugio UA, due bambini giocavano sotto lo sguardo apprensivo della madre, Aiko era uno di loro. E poi il cielo si era tinto di scarlatto e tutto sembrava essersi fermato, la madre prima sorridente ora urlava mentre i suoi bambini venivano strappati via dalle sue braccia, gli eroi che non arrivavano, impegnati in una lotta che in teoria avrebbe dovuto salvarli tutti.
E poi era arrivato lui, lui e quello che aveva reso il cielo un mare di sangue, combattevano con le unghie e con i denti. Poi lui prevaleva per venir rimesso sotto dalla figura mostruosa che per quanto ne sapeva l’altro aveva ucciso tutti i suoi amici, il suo mentore e chiunque gli fosse vicino. Combattevano, combattevano mentre il verde cercava di salvare anche tutti i civili che erano stati per sbaglio inglobati nella lotta, tra di loro, due bambini. Capelli neri, occhi azzurri e verdi, sorrisi che non c’erano più mentre guardavano come l’eroe dava la priorità a quelli che doveva salvare che a sé stesso.
Avevano paura.
Paura, paura, paura, paura, paura.
Ma non c’era alcun luogo dove scappare.
Quando sembrava che finalmente l’eroe stesse vincendo un attacco casuale si diresse zigzando verso i gemelli.
- Diventiamo eroi insieme! –
Sembrava una frase tanto lontana ora…forse irraggiungibile.
Forse in quell’epoca di villain ed eroi non c’era posto per il sogno di due bambini alla quale il mondo non aveva mai fatto un torto, almeno fino ad ora, perché il mondo non è mai giusto.
Ma lui si mise in mezzo, incurante delle ferite, della paura, dell’istinto e della sua sopravvivenza.
Ma doveva scegliere, quando la volontà non basta a salvare tutti. Non si può salvare SEMPRE tutti.
Non si può e basta.
Ci saranno sogni che verranno infranti.
Promesse che non potranno essere mantenute.
Ma che eroe è quello che non può salvare tutti?
Quello che non TI può salvare.
Quello che ti lascia cadere nel baratro della tua disperazione?
Ma un eroe non è solo un altro essere umano? Perchè mette la sua vita in gioco. Perchè non scappa? Non ha paura? Non teme la morte? Non ha qualcuno che lo aspetta a casa?
Allora perchè lo fa?
Non può salvare tutti. Ma un eroe non è per questo che è stato creato.
Ma allora un eroe...cos'è un eroe?
Il bambino sapeva solo che quel ragazzo davanti a lui era un eroe.
E fu quello in giorno in cui seppe che gli eroi non vengono creati da nessuno, non sono sempre stati forti, col sorriso sulle labbra. Che forse a volte quel sorriso celava un abisso dalla quale non c'era ritorno.
Ma allora perchè?
"Chi ha paura ha il diritto di tremare. Chi affronta una situaxione difficile ha il diritto di piangere. è così che diventiamo gli eroi dei fumetti"
E nell'istante in cui decise di salvare lui il bambino capì che l'eroe non sarebbe mai riuscito a perdonarsi.
- Grazie -

Sussurrò tra le lacrime.

- Diventiamo eroi insieme! –
Alla fine, proprio come sette anni fa, la sua vita era destinata finire prima che riuscisse a far diventare realtà il suo sogno.
O almeno così credeva prima che lui si sovrapponesse tra la morte e il ragazzo. Distruggendo il destino scritto per lui, ancora una volta.
Un vero eroe. 
Note:
Ed ecco il misterioso diciannovesimo capitolo!
Se non ci capite niente sappiate che le parti in corsivo sono un flashback 
;-;
Ah Boh tra una decade ci vediamo con il prossimo capitolo ciauuuuuuuuuuuuuuuuuu

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Capitolo 20
*** The Problem ***


In quell’istante, nessuno pensò che fosse arrivato un eroe, nessuno si senti felice dall’arrivo di qualcuno in grado di resistere così facilmente a quelle fiamme infernali alla quale nulla poteva porre rimedio.
No, l’unica parola, sfuggita per sbaglio dalla bocca di una studentessa particolarmente frivola fu:
- Mostro –
Quello sembrava, un potere incomprensibile e inconcepibile, nessuno paura verso la morte se si poteva salvare anche una singola vita, qualcuno disposto al sacrificio del suo intero essere.
I capelli resi neri dal fumo, pelle grigia dalla cenere e occhi verdi, così intensi e sinceri che sembravano poterti scrutare nel profondo. Che sembravano sapere chi eri e perché eri lì.
Che sembravano. Tutto in quell’uomo sembrava qualcosa che non era, o forse era ma aveva sepolto in un passato che aveva deciso di dimenticare. Ecco, non era più.
Sicuramente un tempo era stato cattivo e in un altro era stato buono, in un tempo era stato solo e in un altro aveva avuto tanti amici. C’era stato un tempo, passato da chissà quanti anni, in cui si era permesso di sognare. In cui era riuscito a realizzare il suo sogno anche se per un piccolo, ma incommensurabilmente importante, istante, forse il peggiore o il migliore della sua vita.
Questo però non se lo ricordava, non ricordava molte cose.
Ma quella parola, mostro, andava contro tutto ciò che l’uomo aveva sempre cercato di diventare.
Lui aiutava le persone.
Lui rendeva felici le persone.
Non poteva essere un mostro.
Non poteva, vero?
Una lacrima scese lenta dalle guance dell’uomo mentre abbassava le braccia doloranti, il ragazzino dietro di lui piangeva, poteva permettersi di piangere.
“Ricomponiti!”
Pensò l’uomo, doveva ancora sconfiggere il cattivo, salvare gli eroi e gli studenti, dimostrare che non era un mostro. Forse doveva dimostrarlo a sé stesso.
Allora strinse i pugni, si mise in posizione e spiccò un salto fino al villain, che, a causa di qualche eroe ossessionato da caffè che era appena arrivato, non riusciva più ad usare il suo quirk. Sconfiggerlo fu semplice, un pugno e via.
Ma non bastava, non riusciva a smettere di pensare a quella parola.
Così corse, sconfisse tutti i minion che trovava, nei suoi movimenti non c’era più la minima tecnica, solo dolore, dolore e una forza persino a lui sconosciuta. Un istinto che non sapeva di avere, un’abilità di prevedere le mosse dei nemici come se avesse combattuto da sempre, con e senza quirk.
Chissà da quanto tempo aveva quella forza, chissà se un tempo aveva avuto paura di nasconderla agli altri, se aveva avuto paura del giudizio degli altri.
Chissà se era mai stato debole.
SI
Gli rispose il suo subconscio.
Era stato il più debole degli uomini
Ma non lo era più.
Solo quando nemmeno un villain fu in grado di resistere all’oblio l’uomo dalla maschera veneziana si fermò. Era terribilmente stanco, mentalmente almeno, fisicamente…non sapeva, troppa adrenalina in circolo.
E solo quando permise a sé stesso di fermarsi osò voltarsi, chiunque avesse occhi lo guardava, spaventato e preoccupato. Qualcosa di caldo gli scorreva dal fianco ma non se ne preoccupò.
Il ragazzo che aveva salvato aveva smesso di piangere per il troppo fumo finitogli negli occhi, una ragazza con un corno sulla fronte si copriva la bocca con le mani, doveva essere preoccupata per qualcuno, due gemelli, una distesa a terra mentre l’altro cercava di fermarle l’emorragia, avevano gli occhi pieni di gratitudine e lacrime salate.
Una bambina, che meno di tutti sarebbe dovuta stare su quel campo di battaglia, correva verso di lui. Aveva morbidi capelli verdi e occhi smeraldini, gli ricordava qualcuno, gli ricordava una donna che era stata sua madre, tanto, troppo tempo fa.
Non ricordava il suo volto, si era dissolto nelle volute del tempo. Non ricordava la sua voce né il suo nome, non ricordava come lei l’aveva chiamato.
Non ricordava tante cose.
- DEKUUUUUUUUUUU!!!!!!!!!!!!!! –
-Si Kacchan? –
- Diventiamo eroi insieme! Me lo prometti! –
- Sì Kacchan!!! Diventiamo il numero uno e il numero due! –
- Però io sarò il numero 1! –
- E io ti supererò! –
O forse, pensò, ricordava solo quelle cose che aveva paura di dimenticare.
Ricordava il volto di un bambino, un ragazzo che ora doveva essere un uomo, che ai suoi occhi era stato più importante della sua stessa madre.
Allora si girò e le rivolse un sorriso e, prima che potesse raggiungerlo scomparì nel fumo e nella nebbia.
Un eroe dai cappelli biondo cenere comparve l’attimo dopo, pronto a portare aiuto a chiunque ne avesse avuto bisogno.
La scena era quella di centinaia di villain a terra, gli studenti in lacrime e una bambina che sembrava guardare il vuoto.
Il volto inespressivo.
Mai avrebbe capito o pensato quanto sarebbe cambiato se fosse arrivato solo un istante prima, se solo l’avesse incontrato di nuovo.
Se l’avesse fatto tutta questa sofferenza avrebbe potuto essere evitata.
Se solo l’avesse fatto.
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Era passato un mese dall’incidente della gita, la stampa era riuscita chissà come a scoprirlo in un tempo brevissimo e ormai tutti i giornali avevano dato la loro opinione sulla cosa.
Ora, però, nessuno diceva niente, come se niente fosse accaduto. Come se la gente riuscisse a dimenticare tutto in un istante, come se, una volta detto tutto, non ci fosse più bisogno di evidenziarlo.
Perfino la vita degli studenti era tornata normale, o quasi. Erano stati riammodernati i vecchi dormitori, rimasti inutilizzati dalla fine della guerra di All for One, e a tutti gli studenti del corso per eroi era stato chiesto (se non imposto) di trasferirvici.
Mai era venuta con Aiko, del resto la loro casa era andata distrutta e di Deku…di Deku non c’era traccia. Il ragazzo rimaneva sveglio per notti intere non riuscendo a dimenticare, cosa? Beh un po’ tutto, il fumo, il fuoco, le lacrime, il sudore freddo che gelava, gli urli sciagurati di coloro che soffrivano, gli eroi che non riuscivano niente, lui che svaniva nella nebbia, lui che non era più lui. Neanche Shadow si era più fatto vedere.
Li aveva visti quegli occhi freddi e senza anima. Gli stessi occhi di quando l’aveva incontrato la prima volta, in quel vicolo buio e sporco, in mezzo alla spazzatura senza alcuna forza, senza alcuna speranza. No, non era stata la prima volta, eppure non riusciva a convincersi che lui fosse davvero quell’eroe. All’inizio…all’inizio ne era certo, all’inizio non aveva visto quella parte di lui che spaventava, chissà cos’era diventato in quegli anni trascorsi nella parte buia del mondo, chissà se avrebbe ricordato anche quello, e se un giorno quella parte gentile fosse sparita per sempre.
Così passavano le notti, sempre più stanco e preoccupato. Mai faceva finta di non accorgersene, Aizawa faceva finta di non accorgersene, i suoi compagni fingevano, pure loro, di ignorare la verità.
E in quest’inferno erano passati quei trenta giorni, un inferno dolce, dove le fiamme lambivano solo i sogni.
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“Non posso tornare”
“Tornare dove poi?”
“Sono un mostro, non merito la felicità”
“Se non un mostro cosa sono? Chi sono? Sono mai stato qualcuno? Qualcuno si è mai preoccupato per me?”
“Kacchan…dove sei? Chi sei? Perché ricordo solo te? Sei felice? Sei felice più di quando c’ero io? Eri felice quando c’ero?”
Pensieri simili lo tempestavano, impedendogli il sonno. Aveva paura di sognare, nei suoi sogni si nascondeva il suo vero io. A volte sognava un bambino che gli sorrideva, che lo spronava, altre sognava lo stesso ragazzo morto in una città distrutta, a volte sognava il riflesso di un uomo crudele, di un villan, sognava il suo riflesso. Aveva paura dei sogni. A volte non si vuole sapere la verità.
Voleva muoversi, correre, allenarsi, e non voleva fare del male a nessuno. Così rimase lì, in quel capannone abbandonato, a combattere i suoi demoni come se avesse forma fisica, combatteva da alba ad alba fino a non riuscire più a muovere un muscolo, e demoni ridevano, ridevano e ridevano.
Era debole.
Troppo.
O forse era forte.
Ma comunque non bastava.
Non bastava mai.
Perché i suoi demoni sapevano, e la conoscenza è un potere che non si ottiene allenandosi.
Così scelse.
Si alzò, e, nel cuore della notte, si avviò tra i magazzini della periferia, si fermò davanti ad un magazzino particolarmente fatiscente, i vetri rotti e le travi cadenti, si poteva intuire che il tetto fosse rotto e nemmeno un barbone avrebbe osato entrarci per paura di qualche incidente spiacevole. Non sapeva bene perché proprio quel magazzino, nel senso, lui non lo sapeva ma il suo subconscio conosceva qualcosa che lui ignorava.
Si diresse verso una porticina laterale, nascosta dall’edera, era di un materiale scuro che al tatto sembrava un qualche nuova lega. Spinse un interruttore nascosto dalle piante, immediatamente si aprì un piccolo schermo, Deku sollevò la massa di capelli verdi e sporchi per lasciare al sensore la possibilità di analizzargli la retina. Dopo qualche secondo ci fu un clic e la porta si aprì senza il minimo cigolio.
Il capannone era vuoto, pulito fino alla nausea. L’uomo camminò verso un punto ben definito conosciuto solo da lui e spinse una piccola pietra, che, spostandosi, lasciò vedere un altro schermo. Inserì la password, non sapeva bene come la conoscesse, solo…solo era così e basta.
Si aprirono delle scale da suolo e lui cominciò a scendere piano, in allerta.
Appena messo dentro un piede dentro al sotterraneo tutte le luci si accesero lasciando accecato l’uomo, l’intero basamento del capannone aveva le pareti grigio metallo, coperte di schermi che mostravano le telecamere dell’intera città. Sull’ingresso, a destra, c’era una piccola stanza dalle pareti in vetro che fungeva da mini-ospedale, c’era un lettino e tutta l’attrezzatura medica immaginabile, fermo davanti alla porticina (anch’essa in vetro) c’era un robot, spento e con la testa abbassata. Lo sguardo di Deku venne attratto da una parete scintillante non ricoperta dagli schermi, a produrre il luccichio erano le armi, armi e armi di tutti i tipi. Fucili d’assalto e pesanti, cecchini, mitragliette, coltelli da caccia, pugnali, spade, insomma tutto ciò che riuscite ad immaginare.
Attaccate alla parete c’erano delle scatole e Deku seppe che erano granate, bombe e munizioni. Per potersi avvicinare alla parete bisognava passare per una specie di linea nera disegnata per terra, c’era un monitor poco prima della linea e molto probabilmente se non si fosse inserita una password come per la porta si sarebbe saltati in aria o peggio. Molto peggio.
In fondo, verso la fine della struttura c’era una cucina ed una porta con sopra l’insegna del bagno, c’era un'altra stanza, di fianco al bagno, era abbastanza ampia e serviva un codice per accedervi, come con gli altri ingressi. Una volta inserito fu necessaria anche la scannerizzazione dell’iride e l’impronta digitale.
La porta scorrevole si aprì autonomamente, all’interno c’era una sedia con centinaia di monitor attorno e diversi computer davanti, in un angolo c’era un letto e un armadio. C’era anche una porta comunicante col bagno, se si voleva passare dalla camera al bagno non sembrava esserci bisogno della password ma per viceversa probabilmente sì.
Solo allora si accorse di quanto lui fosse sporco e stanco, di come non avesse praticamente mangiato in un mese intero e di come la vista cominciasse a diventare sempre più sfocata.
NO
Impose a sé stesso, non si sarebbe mai disteso su quelle lenzuola pulite senza prima essersi lavato.
E così fece, non aveva mai trovato una lunga doccia d’acqua calda più rilassante.
Avendo troppo sonno per mangiare decise di procrastinare il pasto al giorno successivo.
Adesso sapeva cosa doveva fare.
Doveva aiutare le persone.
E, se non poteva essere un eroe, era già stato un vigilante, no?
Ma Shadow era una persona che cacciava i criminali per sé stesso. No, lui avrebbe aiutato le persone.
Shadow, Deku e Jin non c’erano più.
Lui era diverso.
Non aveva bisogno di un nome.
- Benvenuto a casa, signor No One –
Fu l’ultima cosa che sentì prima di cedere all'oblio.
NOTE:
Okey okey lo so ci ho messo una vita!!!
Cmq eccomi qui quindi alla fine sono perdonata no? 
😉😉😉
Boh non è che abbia tanto da dire...solo spero vi sia piaciuto il capitolo! Ditemi se volete qualche piccolo flashback di cose che non influiranno nella storia (Compleanni, feste, giornate a scuola, gite minori, etc...) per qualche mini capitolo in mezzo a quelli principali. Uhhh vabbè alla prossima ciauuuuuuuuuuuuu!!!


 

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