For All Of It

di MissAdler
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Parte seconda ***
Capitolo 3: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Parte Prima ***


C’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce.”


Leonard Cohen





 
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For All Of It




Parte Prima




 

A Obi-Wan non piace essere toccato.
Non è mai stato un uomo “fisico”, men che meno affettuoso. Si esprime molto meglio a parole, lui, con espressioni garbate e pensieri concisi, con frecciatine sarcastiche e pungenti che talvolta non riesce proprio a trattenere.


Anakin Skywalker se ne infischia da sempre. Gesticola e lo sfiora distrattamente quando discutono o battibeccano, gli pizzica il braccio per avere la sua attenzione, lo urta con il gomito mentre camminano vicini.
Obi-Wan suppone che si stia ancora abituando al suo corpo da adolescente e che non che si renda conto di avere le gambe lunghe e il passo sghembo. O magari chissà, gli piace semplicemente infastidire il suo Maestro ciondolandogli fin troppo vicino.
Obi-Wan però lo lascia fare. Si irrigidisce un po’ a ogni contatto, ma pensa che a lui può concederlo, che in fondo Anakin è come un fratello minore, un ragazzino con cui può sforzarsi di apparire indulgente. Ha sempre cercato di esserlo, ma non è affatto sicuro di esserci riuscito.


Obi-Wan non è mai stato bravo con i bambini. Quando si è ritrovato senza più un Maestro, e a diventarlo lui stesso nel giro di poche ore, il terreno gli si era sbriciolato sotto i piedi, ma nessuno avrebbe mai potuto scorgere il turbamento dietro quella maschera serafica e distesa, perché Obi-Wan è sempre stato abile a sfoggiarla.
Eppure non era stato facile prendere quel moccioso sotto la sua ala, occuparsi dei suoi bisogni, parlargli con disinvoltura, diventare per lui una figura di riferimento. Non si è mai destreggiato bene in queste cose e Qui-Gon lo sapeva. Lo sapeva meglio di chiunque altro eppure gli ha addossato quel fardello, gli ha chiesto di prendersi un impegno totale e definitivo, di portare avanti una crociata personale che il suo Padawan non aveva mai fatto mistero di disapprovare a costo di mettere in discussione il discernimento del suo Maestro.
Ma Qui-Gon sapeva anche che Obi-Wan non gli avrebbe mai detto di no, che avrebbe accolto qualunque sua richiesta, soprattutto una supplica esalata in punto di morte. E così gli aveva strappato quella promessa, un giuramento che era suonato più come una condanna.


Non era stato immediato, ci aveva impiegato del tempo, ma pian piano Obi-Wan aveva smesso di essere impacciato e monosillabico, aveva imparato a comunicare con quel moccioso fin troppo sveglio e vagamente impertinente, si era sorpreso a preoccuparsi per lui, a sospirare di sollievo quando non si cacciava nei guai, a gonfiare il petto d’orgoglio quando progrediva grazie ai suoi insegnamenti.
Non lo aveva mai trattato come un bambino, anche quando lo era a tutti gli effetti, perché Obi-Wan non ne era capace. Si sentiva a disagio con le manifestazioni d’affetto e a malapena riusciva a mostrare approvazione di fronte a quel tipetto fastidioso ma dall’indubbio potenziale.
Si ripeteva di star facendo un buon lavoro, ma una parte di lui sapeva che quello non era un classico rapporto tra Maestro e Padawan, che lui non si era mai relazionato a Qui-Gon con tale sfacciataggine e inopportuna confidenza.
No... non si erano mai sfidati così apertamente.




 
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Col tempo lui e Anakin sono diventati complici, amici, compagni di infinite missioni e in un certo senso, andando a scavare in profondità sotto gli strati emotivi del loro legame velatamente controverso, anche rivali.
Ogni giorno combattono una battaglia ininterrotta a un ritmo serrato e logorante, a parole o con gli sguardi, quasi a volersi affrancare l’uno dall’altro senza però volerlo fare davvero, senza poterlo fare davvero. Perché il laccio che li tiene avvinti è troppo saldo, robusto, strettamente intrecciato.
Obi-Wan non saprebbe spiegare in che modo ci siano arrivati e a volte la consapevolezza di quel legame indissolubile lo terrorizza. Non avrebbe mai pensato di potersi sentire coinvolto a tal punto con un’altra persona, con una patetica forma di vita che inizialmente non voleva neanche prendere in considerazione.
Si domanda spesso se anche per Qui-Gon provasse lo stesso attaccamento, ma non sa rispondersi. O forse gli è più comodo non farlo. E allora accantona quella domanda in qualche angolo recondito della sua anima, lì dove tiene ammassati dubbi, paure e incertezze, perché la mente di un Jedi deve restare sgombra, pulita, concentrata sul momento presente.


Adesso Anakin è un giovane uomo di quasi vent’anni e Obi-Wan si sente a disagio ogni volta che i loro corpi si sfiorano, anche solo per sbaglio.
Fa di tutto per non pensarci, ma è diventato sempre più difficile tentare di gestire quel rapporto conflittuale e tormentato. Lo rimprovera più di quanto sia necessario, solleva un muro di ghiaccio, si nasconde dietro prediche infinite ma poi si innervosisce se Anakin si allontana, se non lo ascolta e insegue pensieri che gli sono estranei, che non vuole condividere con lui.
Obi-Wan lo fa per autodifesa, ma non sa bene nemmeno lui da cosa dovrebbe difendersi. Forse da quegli occhi chiari e profondi in cui si vede riflesso più di quanto non vorrebbe, forse da quel sorriso furbesco e perfettamente inclinato, da quel corpo adulto e affusolato, le spalle che si irrobustiscono giorno dopo giorno, le gambe che si allungano fino a farlo diventare più alto di lui. O magari teme quella voce sempre più profonda, il tono ribelle e provocatorio che Anakin sfoggia quando si rivolge a lui nel bel mezzo delle loro schermaglie quotidiane, lo sguardo di sfida, il modo in cui solleva il mento per fronteggiarlo.
C’è qualcosa di inquietante nel modo in cui Anakin lo fissa in certi momenti. Ma c’è qualcosa di ancor più sbagliato nel modo in cui Obi-Wan lo guarda a sua volta, in quello che teme, nelle sensazioni che si ostina a soffocare ancor prima che prendano forma dentro di lui, nella sua testa, sotto la sua pelle.
Ripensa a quel bambino sagace e fastidioso e quasi lo rimpiange, perché di certo all’epoca non lo turbava a tal punto.




 
●○●◇●○●




“Maestro?”
“Sì?”
“Ti sei mai innamorato?”
“Cosa??”
“Sì, insomma... so che un Jedi non può legarsi, che abbiamo fatto un voto infrangibile, ma... tu ti sei mai trovato a dover scegliere?”
Obi-Wan respira a fondo e scaccia dalla testa un paio di ricordi scomodi, tentazioni fugaci a cui però ha saputo resistere e che l’hanno reso ancor più certo della sua scelta. Poi solleva lo sguardo e lo punta nei suoi occhi chiari, sentendo una strana e dolorosa contrazione nel petto.
“C’è qualcosa che vuoi dirmi, Anakin?”
Il ragazzo sospira a fondo e distoglie lo sguardo. Resta in apnea per qualche secondo e Obi-Wan può distintamente leggere il nome di Padmé scritto sulle sue labbra.
“No, Maestro. Era solo una curiosità. Ci sono così tante cose che non so di te, mentre tu di me sai praticamente tutto.”
“Nessuno può sapere tutto di un’altra persona, mio giovane apprendista. Ci sarà sempre un angolo troppo profondo, troppo buio e recondito per essere visibile agli altri. E non è raro tenerlo celato perfino a noi stessi.”


Anakin ha una relazione con Padmé, Obi-Wan lo sa da anni. Lo sa da prima ancora che iniziasse, perché conosce il cuore di Anakin meglio di quanto non conosca il suo. E conosce la debolezza umana, il modo in cui i sentimenti possono condurre al Lato Oscuro. Ha sentito così tante storie, racconti di Cavalieri Jedi corrotti e consumati dal desiderio, annientati dalla gelosia, dall’attaccamento.
Quando dopo tanti anni li ha visti guardarsi in quel modo - il suo Padawan e la giovane Senatrice - per un istante gli è parso di ritrovarsi al buio, come se qualcuno avesse improvvisamente spento tutte le luci e attorno a lui ci fosse solo gelo e vuoto siderale. Gli occhi spalancati a fissare la più totale e fredda oscurità.
Poi l’ennesima schermaglia, l’ennesimo rimprovero, gelo e imbarazzo mal trattenuto.


No.
Lui in quel baratro non ci cadrà mai, promette a se stesso. E decide che non vuole sapere, che fingerà di non averlo capito, che il suo giovane apprendista non è più un bambino e che può gestire la sua vita. Decide che ne resterà fuori, che gli permetterà di essere felice, che lo sarà lui stesso, per Anakin, per il suo bene, in un delirio di generosità altruistica ed empatico sacrificio. Decide che quel dolore tra le costole, quella lama che continua a scavargli nella carne, quel sapore metallico in fondo alla gola non sono sensazioni reali. Se lo ripete in ogni momento ed è consapevole di quanto sia bugiarda la sua mente. Ma d’altronde che altro potrebbe fare? Ha provato tante di quelle volte a farlo ragionare, a metterlo in guardia, a ricordargli quello stesso voto che tanto tempo prima ha formulato anche lui, ma tutto ciò che ha ottenuto è stato di allontanarlo, di farlo chiudere a riccio. Hanno iniziato a non parlarsi più come prima, a non raccontarsi più ogni cosa, a non capirsi.
Obi-Wan ormai non capisce più nemmeno se stesso.


Forse qualcosa si è rotto tre anni prima, quando Shmi è morta.
Anakin non gli ha mai parlato di quei giorni su Tatooine, Obi-Wan è venuto a saperlo da Padmé, ma non è riuscito comunque a fare niente per lui. Non è bravo a mostrare empatia, a rassicurare, ad abbracciare. Con Anakin poi, gli risulterebbe impossibile. Più qualcuno gli è caro, più Obi-Wan si irrigidisce.
Ogni momento non sembrava mai quello giusto per una parola di conforto, per una pacca sulla spalla, per chiedergli semplicemente come stai. E ogni volta rimandava a più tardi, a domani, a chissà quando, mentre sprecava un’occasione dietro l’altra di dimostrarsi come un Maestro degno di questo epiteto, come un amico, come un fratello, come qualunque cosa fosse ciò di cui Anakin aveva bisogno. Finché non è stato semplicemente troppo tardi.
Padmé gli è stata vicina in ogni istante, Obi-Wan vede quando lo rende felice, quanto lui sia sereno con lei accanto. Ricaccia giù il dolore e sfoggia sorrisi condiscendenti, prediche già sentite, lezioni già impartite, sarcasmo e ironia fuori contesto.




 
●○●◇●○●




È durante la guerra che la situazione degenera.
Fianco a fianco giorno dopo giorno, a rischiare la vita, a temere per quella di Anakin in ogni singolo istante.
È straziante restare in apnea a ogni grido di all’erta, a ogni esplosione troppo vicina, per ogni minuto di ritardo al punto di rendez-vous.
Di notte Obi-Wan lo guarda dormire e ringrazia per ogni respiro, per l’ossigeno che gli gonfia il petto e per la Forza che sente scorrere dentro di lui come linfa vitale.
È cresciuto ancora, pensa cercando invano di distogliere lo sguardo.
I capelli più lunghi, più scuri e ondulati, che gli si appiccicano agli zigomi, una ferita sottile vicino all’occhio, le spalle un po’ più larghe, il torace un po’ più ampio, i movimenti più adulti, più virili.
Non ciondola più adesso, quando gli cammina accanto. Non si sfiorano nemmeno per sbaglio.
A Obi-Wan non piace essere toccato, ma darebbe qualunque cosa pur di sentire di nuovo il calore di Anakin attraverso i pesanti strati di stoffa che gli fasciano il corpo.


“Stai bene, Maestro?” gli chiede incerto, aggrottando le sopracciglia.
“Sono solo stanco. È questa guerra...”
Obi-Wan non si riferisce al conflitto che stanno contenendo sull’Orlo Esterno, ma alla battaglia che ogni giorno combatte contro se stesso, soffocando sensazioni a cui si rifiuta persino di dare un nome.
“Non durerà per sempre, giusto? Presto il conflitto finirà.”
“Non ti angosciare per me, Anakin” sospira e si sforza di sorridere. “Oggi abbiamo riportato una bella vittoria ed è in gran parte merito tuo. Va' con gli altri, va’ pure a festeggiare, te lo meriti.”


È in quelle notti che Obi-Wan inizia a sognarlo, dormendo in quell’umido sacco a pelo, a meno di un metro da lui.
Sogna sorrisi sghembi e sguardi d’intesa, occhi chiari e profondi come oceani in cui naufragare, stoffa che scivola a terra, pelle chiara e liscia illuminata dalla luce delle stelle.
Si costringe a svegliarsi, annaspa, si gira e nasconde il viso nell’incavo del gomito, ma quando si riaddormenta Anakin è ancora lì, ancorato al suo subconscio, il torace scoperto, le labbra maliziosamente arricciate. Lo buca con gli occhi, allunga la mano meccanica e lo sfiora proprio al centro del petto, allarga le dita e preme quel palmo di metallo sul suo cuore. Obi-Wan sente calore, morbidezza, quando in realtà quell’arto dovrebbe apparirgli freddo, rigido, artificiale. Può avvertire il sangue scorrere in esso, pulsare e sincronizzarsi col suo battito cardiaco, scaldargli la pelle sotto i vestiti centimetro dopo centimetro.
Si sveglia febbricitante, la testa che esplode e una sensazione di nausea incontenibile. Corre fuori dalla tenda e vomita il senso di colpa, sentendosi peggio a ogni conato.


Lo sogna ancora, quasi tutte le notti. A volte gli sorride malizioso, altre è di nuovo un bambino silenzioso che ha nostalgia di sua madre, altre ancora lo vede felice accanto a Padmé e al risveglio si sente nervoso, depresso. Spera quasi di lasciarci la pelle, nella prossima battaglia. E possibilmente prima di mezzogiorno.
Qualche volta, quando Obi-Wan si sveglia di soprassalto, Anakin sobbalza nel buio insieme a lui, con la voce impastata di sonno gli chiede se è tutto okay, assottiglia le palpebre per scorgerlo nel buio.
“Era solo un sogno” spiega Obi-Wan tentando di riprendere il controllo, poi restano svegli entrambi, in silenzio, ad aspettare le prime luci dell’alba. Un’altra missione, un’altra battaglia.


Una sera bevono troppo, Obi-Wan perde una scommessa e Anakin ridacchia come un cretino.
“Io ho un bel coltello affilato da prestarti, Generale Kenobi! Se può esserti utile…” lo sfotte il proprietario del locale in cui hanno alzato un po’ troppo il gomito.
Hanno debellato l’assedio di diverse divisioni di Droidi Separatisti in quel pianeta dimenticato dalla civiltà e ora provano a godersi un po’ di meritato svago insieme allo scarno manipolo di soldati che gli hanno assegnato per la missione.
Obi-Wan sente la testa leggera, le guance bollenti, un piacevole formicolio che gli solletica la base del collo e lo percorre fino alla punta delle dita. È consapevole di star facendo una sciocchezza, ma è pur sempre una sciocchezza innocua, giusto?
Afferra il coltello, prega che sia ben lavato, medita di lavarlo di nuovo e scompare nel bagno di quella fetida bettola piena di pirati, contrabbandieri e farabutti della peggior specie.
Quando torna al bancone gli occhi dei soldati si sgranano uno dopo l’altro, tra risatine e versi di approvazione. Anakin non dice una parola, lo guarda in modo strano, forse troppo a lungo.
A Obi-Wan pizzica la pelle del viso, un piccolo taglio sul pomo d’Adamo pulsa con cadenza fastidiosa. Non può evitare di arrossire. E all’improvviso si ricorda il motivo per cui si è fatto crescere la barba, continuando a portarla in tutti quegli anni. Gli è sempre sembrato un buon modo per nascondersi.
“Sei ringiovanito di almeno dieci anni, Generale!”
I soldati sembrano trovare la cosa molto divertente, ma sono anche lievemente ammirati.
Obi-Wan non riesce a sganciarsi dallo sguardo di Anakin.


Più tardi, con le idee confuse e un caldo sfrigolio sottopelle, Obi-Wan decide di restare a dormire in una delle camere al piano superiore. Il proprietario ridacchia ancora e gli strizza un occhio indicando Anakin con un’alzata di mento.
Obi-Wan è molto tentato di usare il controllo mentale per persuaderlo a prendersi a schiaffi da solo, ma inala un respiro profondo e tenta come meglio può di restare il Cavaliere che è, di darsi un contegno e di filare subito a dormire. Peccato che Anakin non sembri dello stesso avviso. Barcolla e biascica stupidaggini, sfotte il suo Maestro per aver perso la scommessa, si sfila la casacca con gesti impacciati e la lancia in faccia a un soldato dei loro. Obi-Wan suppone che sia ubriaco lercio. Probabilmente lo è anche lui. Si sfiora le guance lisce e si sente improvvisamente nudo, scoperto.
“Non fare troppo tardi” si limita a dirgli prima di andare di sopra, consapevole che potrebbe anche evitare raccomandazioni, che tanto non le ascolta mai.


La camera è piccola e buia, orribilmente fatiscente. Obi-Wan pensa incidentalmente che avrebbe dormito molto meglio nella sua tenda in mezzo al nulla e si pente di aver sprecato crediti per quella topaia.
Ciondola verso il bagno, si sciacqua il viso e quasi non si riconosce senza barba. Quella fossetta sul mento… non ricordava nemmeno più di averla.
Si lascia cadere sul letto e cerca di non pensare alle pareti che oscillano intorno a lui, al soffitto che si alza e si abbassa. O forse è lui a galleggiare e vorticare?
Non si rende conto di scivolare nel sonno quasi subito, ancora completamente vestito, senza nemmeno assumere una posizione dignitosa, senza tirarsi addosso la coperta.


Si sveglia nel mezzo della notte battendo i denti, tremando e con lo stomaco sottosopra. Si maledice per aver bevuto come una spugna, ma la guerra è così: ti logora, ti fa sentire fragile, inconsistente, come una foglia secca attaccata a un ramo pronta per cadere al primo alito di vento. La guerra ti fa anche sentire solo. Solo con i tuoi fantasmi, con le tue paure più recondite. Ed è proprio questa solitudine che ti fa dubitare di ogni cosa, che ti porta a voler annebbiare la mente, a non pensare, a perderti in sciocchi svaghi, come scolarsi sette pinte di Grog e scommettere la barba al gioco più stupido dell’universo.
È forse questa solitudine che fa entrare Anakin nei suoi sogni ogni notte. Ogni singola notte, tranne questa.
Stavolta Obi-Wan non ricorda di aver sognato alcunché, solo di essersi ritrovato a galleggiare nel silenzio, in uno spazio vuoto, nero, senza gravità.
Si volta verso il letto di Anakin e lo trova ancora vuoto. Sente le tempie pulsare dolorosamente, un bruciore acido salirgli in gola. Ma tutto svanisce quando si accorge che su quel piccolo terrazzino dall'intonaco cadente c’è Anakin, voltato di spalle e col naso all’insù, a guardare le stelle.
“Bentornato” biascica vagamente sarcastico, con la bocca impastata di alcol e insonnia.
“Un altro incubo, Maestro?”
“No” borbotta portandosi una mano sulla fronte, “è questa stanza che non vuole saperne di smettere di girare…”
Anakin si avvicina su gambe malferme, si siede sul bordo del letto di Obi-Wan e strizza appena le palpebre per vederlo nel buio. Gli occhi del Generale Kenobi invece sono già abituati all’oscurità e si perdono a osservare quel viso, quei lineamenti morbidi che conosce a memoria.
Vorrebbe disperatamente smetterla di provare ciò che prova, cavarsi a forza quei pensieri dalla testa, ma questa notte folle e ubriaca di certo non lo aiuta.
“Stai bene senza barba!”
Obi-Wan si sfiora la mascella con un gesto automatico, la pelle liscia sotto i polpastrelli induriti dall’impugnatura della spada.
“Mi fa pensare a quando ci siamo conosciuti” spiega Anakin con voce involontariamente cantilenante.
“A sì?”
“Un ragazzino che si ritrovava a dover addestrare un altro ragazzino” sospira il giovane stirando le braccia dietro la schiena.
Obi-Wan pensa che il suo apprendista sia decisamente troppo brillo.
“Ehi, non ero un ragazzino” ribatte fintamente offeso, tentando di allentare la tensione. Anakin gli è troppo vicino e continua a straparlare con lo sguardo basso. Di tanto in tanto gli lancia fugaci occhiate di sottecchi.
“Non mi avresti mai preso con te se avessi potuto scegliere, non è vero?”
“Anakin, hai bevuto troppo, dovresti andare a letto.”
“Ricordo che non sorridevi quasi mai, che i primi giorni mi parlavi a malapena.”
Non gli ha mai detto cose simili. Obi-Wan lo guarda giocherellare con un filo della coperta tessuta a mano, arrotolarselo intorno alle dita, tirarlo piano, senza strapparlo, arrotolarlo di nuovo.
“Facevo di tutto per riuscire a piacerti almeno un po’, ma tu eri così… granitico! Sembravi irraggiungibile…”
“Anakin, suvvia, stai facendo discorsi senza senso... tu mi piacevi, eri come un fratello minore, ti ho voluto bene dal primo momento.” Mente e sa di mentire. Ma sa anche che non è mai stata colpa di Anakin, che è lui quello gelido e incapace, quello sbagliato che fa pensieri sbagliati e che continua a sbagliare per evitare sbagli irreparabili.
“E adesso? Adesso mi vuoi bene, Maestro?”
Obi-Wan sussulta impercettibilmente, il respiro gli rimane bloccato nel petto e il battito cardiaco inciampa una, due, tre volte, mentre le dita di Anakin gli si posano leggere sulla guancia.
“Come fai a essere sempre così impassibile?” continua il giovane avvicinandosi lentamente, quasi a voler cercare nei suoi occhi un barlume di turbamento, di esitazione. “Tu non dubiti mai, non perdi mai il controllo. Sei sempre così perfetto e impeccabile…”
“Non è così, Anakin” si lascia sfuggire Obi-Wan senza rendersene conto. E ormai è troppo tardi per rimangiarselo. “Sono ben lontano dalla perfezione, non sai quante volte sono assalito dai dubbi, dal timore di sbagliare, dalla tentazione di essere avventato, di agire prima di pensare…”
Ma all’improvviso si rende conto di non riuscire più ad articolare un suono, perché le labbra di Anakin sono premute sulle sue.








Continua...












ANGOLINO DELL'AUTRICE
Hello there! Sì, sono di nuovo da queste parti, e arrivo sempre in ritardo su tutto nella vita. Lo so, lo so. La ObiKin io non l'avevo nemmeno mai presa in considerazione, in ventidue anni di amore per Star Wars, mi è sempre bastata la Brotp, Ewan McGregor che è stato la mia primissima crush, prima ancora di Vegeta, Darth Vader che era un figo anche abbrustolito come una bruschetta aglio e olio. Ma adesso mi sono convertita, cavolo! La serie su Obi-Wan sembra fare di tutto per convincerti a shipparli e allora mi arrendo, I'm in, ObiKin shipper avete la mia anima.
E niente, questa è una roba in due capitoli che ho scritto sul cel mentre ero in vacanza. Quando mi butto su una nuova ship ho sempre il terrore di sbagliare qualcosa, perciò siate indulgenti.
Non ho visto la serie The Clone Wars, quindi non ho calcolato quei personaggi, anche se la guerra c'è anche qui. L'ho comunque immaginata io, in base a ciò che mi serviva per la storia.
Oh, per chi non lo sapesse, il Grog è quella schifezza che bevono gli Orchi di LOTR. Mi serviva un nome a caso per un drink terribilmente forte e questo mi è sembrato più che adatto!.
E niente, spero che vorrete lasciarmi qualche parola, mi farebbe tanto piacere.
A presto! ♥
Aislinn

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Capitolo 2
*** Parte seconda ***







 
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For All Of It




Parte Seconda




 

Obi-Wan percepisce calore, morbidezza, un odore che già conosce ma che ora è più intenso, più intimo, l’odore della sua pelle. Le orecchie ronzano forte, forse lo facevano già da ore, da quando ha buttato giù l’ultimo sorso di Grog con il gomito appoggiato al bancone di quella topaia. Si chiede come possa, questo frastuono, venire dai battiti del suo cuore, dal respiro di Anakin contro il suo viso. E si sente disperatamente felice, vorrebbe congelare il tempo, l’universo attorno a loro, restare in quella bolla sospesa al di là della ragione, della coscienza e della morale, tenere Anakin per sempre lì, sulle sue labbra, in quel freddo spazio vitale che è sempre stato solo suo, in cui non ha mai fatto entrare nessuno e che ora è caldo, luminoso, profumato.
Obi-Wan ha perfino paura di muoversi. Resta immobile, non lo abbraccia, non lo sfiora e quasi non respira. Si rende conto di star tenendo gli occhi chiusi, ma non ricorda nemmeno di aver abbassato le palpebre.
Poi Anakin muove la bocca, la dischiude impercettibilmente, la inclina quel tanto che basta a far combaciare le loro labbra e subito un calore liquido lo pervade, una vibrazione bollente ed elettrica che gli scorre nel sangue, che gli fa tremare i muscoli sotto la pelle, come una pulsione nuova, sconosciuta, repressa da tutta la vita. L’istinto di afferrare le spalle di Anakin, di stringerlo, di ribaltarlo su quel materasso e di ammirare i suoi capelli sparsi sul cuscino. Il bisogno di sentire di più, di provare di più, di riempire vuoti mai colmati e ricucire ferite mai guarite, mai curate, mai mostrate a nessuno. Ferite che non sapeva nemmeno di avere.
Potrebbe farlo, solo per una volta. Dare la colpa al Grog, alla guerra, a quel pianeta remoto, e poi dimenticare. Il Consiglio, Padmé, il Tempio Jedi, i loro giuramenti… tutto sembra così lontano, inconsistente, come se non fosse mai esistito, come se nell’universo ci fossero solo loro…


“Anakin, no” mormora staccandosi a fatica dalle sue labbra. E poi una valanga di non possiamo, non dovevo, è colpa mia, e altre scuse biascicate che gli rimbombano nelle orecchie quasi non fossero parole sue, così retoriche, così vigliacche.
È tutto sbagliato. Obi-Wan sa che potrebbe essere espulso dall’Ordine anche solo per averlo desiderato. Sa che quel bacio è un atto blasfemo e sa che la colpa è solo sua, anche se è stato Anakin a spingersi sulla sua bocca. Del resto un Maestro non gliel’avrebbe mai permesso. Un Maestro si sarebbe ritratto, l’avrebbe respinto, mentre lui ha indugiato anche troppo a lungo in quella precaria bolla di felicità.
Non riesce nemmeno a guardarlo, abbassa gli occhi sulle sue ginocchia, poi li gira verso quel terrazzino fatiscente e li lancia oltre il parapetto, nel buio, nel vuoto, mentre sente il materasso riassestarsi sotto di lui senza più il peso di Anakin ad affossarlo, la sua presenza allontanarsi, la sua ombra svanire sotto le coperte del letto accanto al suo.
Poi tutto tace.
Un tremolio nella Forza, rabbia e vergogna. Obi-Wan non sa a chi dei due appartengano, se ne resta semplicemente seduto lì, ad afferrarsi le ginocchia e ad accartocciarsi su se stesso, a fustigarsi e a seppellirsi sotto strati e strati di sensi di colpa, con ancora il sapore di Anakin sulle labbra.




 
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Il ventre di Padmé si arrotonda. Obi-Wan nota il suo sguardo più consapevole, i tratti del suo viso più dolci, più morbidi. Immagina la mano di Anakin seguire quella curva prominente, percepire gli sfarfallii di una forma di vita così piccola, così innocente, con cui lui non avrà mai a che fare, di cui non dovrebbe nemmeno conoscere l’esistenza.


Non hanno più parlato di quella notte. Talvolta Obi-Wan si chiede se quel bacio se lo siano scambiato davvero, se non sia stato solo uno dei tanti sogni inopportuni che gli hanno tolto il sonno durante la guerra. Non sa nemmeno lui se si sentirebbe più sollevato o disperato, sapendo che in realtà non è mai accaduto.
Oh, ma quel bacio c’è stato, era reale. Così come lo erano i sogni. Forse, in qualche modo, anche Anakin sentiva la stessa connessione, anche lui la notte andava incontro alla sua proiezione onirica, vagando senza timore nelle ombre dell’inconscio. Ed era lui stesso a sfilarsi i vestiti, a lasciarli cadere a terra e a mostrargli la pelle chiara, illuminata dal tenue bagliore delle lune azzurre di Yardrath.
Obi-Wan ricorda ogni cosa, ogni dettaglio.
Dopo averlo respinto aveva passato la notte in bianco, con le ginocchia strette al petto, fissando la sagoma di Anakin sotto le coperte, cercando di raccogliere i pensieri, di essere pragmatico, logico, razionale.
Due settimane di silenzio, un breve incarico in solitaria e altre due settimane a scambiarsi monosillabi e sguardi colpevoli. Poi, quasi come se il destino avesse avuto pietà di loro, erano stati richiamati entrambi dall’Orlo Esterno per una importante missione di salvataggio. Erano partiti in fretta e furia, senza dirsi una parola, senza guardarsi in faccia, qualche scambio sterile durante il viaggio, informazioni logistiche, un piano del tutto folle e sconclusionato che Anakin aveva snocciolato senza la solita spavalda sicurezza. Obi-Wan aveva acconsentito, perché l’ultima cosa che voleva era rifilargli un’altra predica.
Concentrarsi. Doveva fare solo questo, si ripeteva sfiorandosi la barba ormai ricresciuta, era fondamentale la sua lucidità per salvare il Cancelliere e sconfiggere Dooku una volta per tutte.


Obi-Wan ci ripensa spesso e sa bene che senza Anakin non ce l’avrebbe mai fatta, che può essere grato anche solo per il fatto che non l’abbia lasciato lì a morire, che se lo sia caricato in spalla mentre era svenuto e che l’abbia portato in salvo.
Lo sente più lontano che mai e non sa se sia perché gli ha permesso di baciarlo o perché poi l’ha respinto. Eppure non riesce a togliersi dalla testa l’idea che tutto ciò che Anakin desiderasse da lui fossero attenzioni, conferme e approvazione, cose che avrebbe dovuto dargli un padre, un fratello, una qualunque figura maschile di riferimento. Cose che lui non è mai riuscito a elargire in misura sufficiente.
E amore. Anakin ha una tale sete d’amore che arriverebbe a prenderselo in qualunque forma, anche la più sbagliata, anche la più tossica. La guerra, la morte, la mancanza di Padmé… forse Obi-Wan era semplicemente la persona più vicina in quel momento, un punto di riferimento forzato, una soluzione facile, a portata di mano. Se ne convince e prova a rimediare, a essere un Maestro migliore, si complimenta con Anakin per la missione, lascia a lui gli onori del trionfo e si ritira nel silenzio, a stilare un noiosissimo rapporto sulla missione da far visionare al Consiglio.
Prima di lasciarlo in compagnia dei politici scorge la figura elegante della Senatrice appostata discretamente dietro una robusta colonna, avvolta in uno dei suoi abiti lussuosi e impeccabili, in attesa di riabbracciare il suo amato.
Non può smettere di provare quei sentimenti, quell’attaccamento così sbagliato e meschino, ma giura a se stesso che non sbaglierà mai più, che proteggerà entrambi, che li terrà sotto la sua ala e che Anakin sarà felice.
Perché quando ami qualcuno vuoi che sia felice, anche a costo di essere infelice a tua volta.


Quando inizia a sospettare della gravidanza di Padmé, Obi-Wan si scopre molto più preoccupato del fatto che Anakin si sia avvicinato fin troppo alla figura del Cancelliere. Palpatine lo ricopre di lodi e instilla nella sua mente il seme dell’ambizione e dell’insoddisfazione. Al Consiglio non piace che un politico metta bocca nelle questioni dei Jedi, men che meno approva la sua eccessiva influenza sul giovane Skywalker, ma anziché allontanare Anakin da lui, i Maestri lo spingono ancor di più nelle sue fauci, dandogli un incarico talmente meschino da non essere nemmeno pronunciato a voce alta.
“Vogliono che io spii il Cancelliere?”
“Siamo in guerra, Anakin.”
E perché non mi hanno affidato questo incarico durante la seduta?”
Quest'incarico non deve apparire dagli atti ufficiali.”
“Tu mi chiedi di fare una cosa che va contro il codice Jedi. Contro la Repubblica. Contro un mentore e un amico. Perché mi chiedi di fare questo?”
“È il Consiglio che te lo chiede” taglia corto Obi-Wan, ingoiando il suo riserbo per quella missione indecorosa.
Un altro motivo per sentirsi in colpa, un’altra dose di vergogna da mandar giù.
E il pensiero di doversi allontanare da lui, di lasciarlo solo con Palpatine in quelle circostanze, gli è intollerabile.
“Tu sei forte e saggio, Anakin” gli dice prima di partire, “e io sono molto orgoglioso di te. Ti ho addestrato fin da quando eri bambino. Ti ho insegnato tutto ciò che so. E ora sei un Jedi più grande di quanto sperassi di diventare io.”
Solo Obi-Wan sa quanto gli è costato dirglielo. Non perché non sia vero, ma perché lo è anche troppo. E ci sarebbe così tanto altro da dire, da farsi perdonare…
Se fossero due uomini qualunque potrebbero parlare di quella notte, dare la colpa all'alcol e buttarsela alle spalle. Anakin potrebbe raccontargli di Padmé, del fatto che stia per diventare padre, potrebbe chiedergli di essere felice per lui e Obi-Wan potrebbe fingere apertamente che sia così, magari potrebbe anche provare a esserlo davvero, a rompere quel legame, a cercare altrove la felicità.




 
●○●◇●○●




Mustafar è l’inferno. Perfino la freddezza di Obi-Wan si scioglie e gli cola addosso come sudore bollente.
O forse è ciò che sta cercando di fare, ciò che gli è stato ordinato di fare, a bruciargli l’anima dall’interno.
“Non ucciderò mai Anakin” aveva detto con convinzione al Maestro Yoda. Eppure adesso è di fronte a lui, i laser delle spade a ronzare e a lampeggiare, sfrigolando uno contro l’altro, quegli occhi dorati e iniettati di sangue che lo fissano come a volerlo incenerire, occhi che Obi-Wan non riconosce, che non sono di Anakin.
Quello non è Anakin!
Anakin non farebbe del male alla donna che ama, non ucciderebbe dei bambini a sangue freddo, non proverebbe a uccidere lui. Si sorprende a dubitare di quell’ultima certezza, mentre colpisce il suo apprendista disteso sul tavolo della sala di comando, calcolando una velocità sufficientemente scarsa da lasciargli il tempo di parare il fendente.
Forse Anakin lo odia davvero. Forse Obi-Wan si merita quell’odio.
Ed è stato l’oro nei suoi occhi, la voce così diversa, roca, aliena, metallica, non più sua… la cieca violenza dei suoi colpi a far sì che in un qualche momento imprecisato, tra un colpo incassato e uno sferrato, Obi-Wan abbia compreso di non avere alcuna possibilità di riuscire a salvarlo. E allora ha semplicemente smesso di dargli vantaggio, di ritardare gli attacchi, di assecondare i suoi senza approfittare del solito fianco scoperto.
Fino all’ultimo istante prega di vederlo riaffiorare da quell’oscurità, di convincerlo a desistere o di morire provandoci. E quell’ultimo colpo poco sopra le ginocchia, quella mossa spietata e letale, finisce per menomare tanto Anakin quanto se stesso.
“TU ERI IL PRESCELTO! ERA SCRITTO CHE DISTRUGGESSI I SITH, NON CHE TI UNISSI A LORO!”
Continua a farlo, Obi-Wan. Continua a sbagliare e nemmeno se ne rende conto. Ancora prediche, biasimo e un carico di aspettative deluse.
Come può gettargli addosso quello schifo proprio ora? Come può sfogare quella dolorosa frustrazione vomitandogli addosso profezie infrante in cui nemmeno lui ha mai creduto? Se lo chiede non appena finisce di pronunciare l’ultima parola, in una presa di coscienza tardiva che ormai non serve più a nulla, se non a farlo sentire ancora più colpevole.
Sì, finalmente ne è certo. Anakin lo odia. E quando glielo grida, strisciando sulla terra rovente di quella riva infuocata, pensa che vorrebbe solo morire con lui, che se non ci fosse Padmé da soccorrere e portare in salvo lo farebbe. Si stenderebbe accanto a quel corpo distrutto e si lascerebbe consumare anch’egli dalle fiamme. Per punirsi, per non lasciarlo solo, per avere finalmente la libertà e il coraggio di offrirgli ogni cosa, anche la vita.


Ma deve salvare lei. Deve salvare il bambino che ha in grembo. E la più crudele delle consapevolezze è che l’unica persona che vuole salvare davvero è proprio colui che sta guardando bruciare.
Muore dalla voglia di soccorrerlo, di allontanarlo da quelle fiamme, di tenerlo con sé per provare con ogni mezzo a riportarlo nella luce o in alternativa restare con lui su quella linea di confine, sul limitare dell’oscurità.
Ma non può farlo. E allora grida come un pazzo, perché è l’unica cosa che riesce a fare, immobile su quell’altura di terra nera, mentre la pelle liscia di Anakin si scioglie come cera bianca.
“Eri mio fratello! TI VOLEVO BENE!”
Nemmeno ora riesce a dirgli tutto, nemmeno ora si arrende a quella debolezza sconsiderata. A che servirebbe dirgli la verità a questo punto? Dirgli ti amavo, ti amo anche adesso e vorrei morire subito piuttosto che continuare a vivere con la consapevolezza di averti fatto questo… che senso avrebbe dopo avergli tagliato le gambe, dopo avergli voltato le spalle?
In quell'istante decide che si punirà in eterno, che Obi-Wan Kenobi morirà lì, sulla riva di quel fiume di lava, insieme al Codice, ai giuramenti, ai sentimenti mai rivelati e alle emozioni soffocate. Obi-Wan Kenobi sta morendo insieme ad Anakin Skywalker, a cui non ha saputo dare nulla se non prediche, biasimo, e belle parole gettate al vento.
Completamente svuotato di tutto, si volta e abbandona il suo cuore, la sua anima, tutto ciò in cui ha sempre creduto e ciò che è sempre stato, schermandosi con la solita granitica compostezza.
Non resterà ad aspettare l’ultimo respiro di Anakin, non verserà lacrime per Padmé, fingerà di non vedere colui che amava nelle labbra sottili di Leia, negli occhi chiari di Luke. Parlerà e agirà come un automa, fin quando non si ritroverà solo in mezzo alle sabbie di Tatooine, deciso a cercarsi un buco roccioso dove rintanarsi per smettere una volta per tutte di essere il Jedi che è sempre stato, di essere forte, di essere saggio, di essere giusto. Veglierà sul piccolo Luke perché è il minimo che possa fare, ma quell’ultima patetica missione non gli toglierà quel peso dal petto, non alleggerirà quel senso di colpa, quel senso di niente.




 
●○●◇●○●




Ben Kenobi percorre ogni giorno la stessa strada per andare al lavoro, in silenzio e con gli occhi bassi. Compie gli stessi gesti meccanici, non si taglia i capelli né si cambia i vestiti più di una volta al mese.
Sono passati dieci anni.
Anakin è morto da dieci anni.
Anche Obi-Wan è morto da dieci anni.
Ben osserva il piccolo Luke da lontano, vede somiglianze che preferisce ignorare, percepisce in lui un potere latente che ora teme quasi come fosse una maledizione.
Sogna Anakin ogni notte, sogna di quando erano felici senza saperlo, di quando sembravano irrimediabilmente distanti ma in realtà erano una cosa sola. Sogna lava, fiamme e oscurità, si sveglia con la sensazione di cenere negli occhi.
Di giorno lo vede in ogni cosa, nei volti scavati degli schiavi disillusi, nei bambini che corrono a perdifiato con le guance arrossate dal sole, lo vede agli angoli delle strade, tra le dune sinuose di quel deserto infinito, la sua sagoma stagliata contro il rosso del tramonto.
A volte, quando è solo, grida di disperazione, a volte si abbandona alle lacrime, altre ancora si sente soffocare. E quasi vorrebbe morire così, una volta per tutte, senza più aria nei polmoni, con l'illusione della sua presenza e la sua immagine fittizia negli occhi.




 
●○●◇●○●




“Anakin Skywalker è vivo. E ti sta cercando… da moltissimo tempo.”


Lo sente dritto nel petto, un coltello che affonda, scava e gira nella carne, alla ricerca di un cuore che non doveva esserci più ma che forse è ancora li, che pulsa e fa male. Troppo male. E tutto il suo universo si ribalta, si scompagina, esplode e si polverizza.


Anakin…


Come ha potuto non percepirlo? Come ha potuto non crederlo possibile nemmeno per un secondo?
Forse, semplicemente, arrendersi era stato più facile.




 
●○●◇●○●




Nella vasca di rianimazione Ben è in uno stato di semi-coscienza. Sente il fresco sulla pelle, minuscole bolle che lo solleticano ovunque mentre galleggia come se pesasse meno di un granello di sabbia. Il suo corpo è sospinto e cullato dalla forza dell’acqua, la sua mente irrequieta, indisciplinata, preda di sensazioni incontrollabili. Immagini fugaci gli balenano nel cervello e gli si proiettano contro le palpebre chiuse.
Succede all’improvviso ed è come vederlo dentro di sé, percepirlo sotto la pelle, essere lui.
Ben può sentire ogni centimetro di epidermide tirare e bruciare, ginocchia e mani che non ci sono più, mancanza d’ossigeno, orecchie che fischiano…


Anakin...


Si scopre a temerlo come mai aveva temuto qualcosa o qualcuno prima di quel momento. È terrorizzato da lui perché rappresenta tutti i suoi sbagli, tutte le sue colpe e tutti i suoi fallimenti.
O forse, ancor di più, è terrorizzato dal fatto che se Anakin lo trovasse, forse Ben si arrenderebbe a lui, si lascerebbe attirare nelle tenebre solo per potergli stare accanto.


Non può correre questo rischio, pensa mentre si passa una mano sulla ferita. Una brutta ustione, macchie rosse e lucide su tutta la spalla e fino al gomito. Gli resteranno i segni in eterno ma va bene così, in qualche modo sente di essere più vicino a lui, di nuovo collegati, come se la sua pelle fosse la pelle di Anakin e viceversa.
Si infila la vecchia casacca ruvida e logora, si ravvia i capelli con le dita, chiude gli occhi e respira. Semplicemente, respira.
Gli sembra di non riuscire a fare più nemmeno quello.




 
●○●◇●○●




Non avrebbe mai pensato di ritrovare quel vigore, quell’energia poderosa, un tale controllo della Forza. Soprattutto non pensava di poter ritrovare un motivo per non arrendersi, per tornare a combattere con il cuore.
Leia.
Luke.
Il modo in cui Anakin sopravvive in loro, negli occhi chiari di lui, nel sorriso furbo di lei, nel loro sognare e guardare lontano, oltre l’orizzonte.
Obi-Wan Kenobi ora protegge semplicemente ciò che gli resta, apre le braccia, solleva decine di massi e li scaglia contro quel Signore Oscuro, contro colui che gli ha portato via ogni cosa. Sferra un colpo dietro l’altro, para quelli di Vader con grazia e precisione millimetrica. E mentre lo fa si sente leggero e inarrestabile. Si sente di nuovo se stesso, potente nella Forza e determinato.
Ma ogni sua più radicata convinzione, tutta quella forza poderosa svanisce nel momento in cui colpisce Vader sulla testa e la sua maschera si spacca in due, nel momento in cui il viso di colui che amava appare davanti ai suoi occhi.


Anakin…”


La maschera lacerata lascia intravedere un occhio dorato, cerchiato di rosso, la guancia deturpata, le labbra piegate in un ghigno storto, diabolico.
Ma tutto ciò che Obi-Wan riesce a vedere è Anakin. Il suo Anakin.
La vista gli si appanna e un liquido tiepido gli riempie gli occhi. Sente un rumore di vetri rotti, di cocci che rimbalzano a terra, da qualche parte, in lontananza. Capisce che forse si tratta del suo cuore, di quello stesso cuore che ha provato a gettare nella lava tanto tempo prima.
Smette di combattere, di essere forte, lascia cadere la spada e lascia che le lacrime gli righino le guance.


“Mi dispiace, Anakin… per tutto…”


E quel tutto racchiude davvero ogni cosa, ogni gesto mai compiuto, ogni parola mai pronunciata, ogni sguardo mai sostenuto.
In quel tutto c’è l’averlo ridotto così, l’averlo lasciato a morire sulle rive roventi di Mustafar, ma non soltanto.
In quel tutto c’è un universo intero di cose che Obi-Wan avrebbe voluto dargli: certezze, comprensione, amore a piene mani. Qualunque tipo di amore, perché Obi-Wan non osa ambire a un tipo di legame che probabilmente Anakin non ha mai voluto davvero.
Non sa spiegarlo a parole, ma abbassa le difese così tanto da permettere a colui che ha di fronte di leggergli dentro.
Sa che Anakin è in grado di farlo, perché era uno Jedi, perche ora è un Sith, ma soprattutto perché è ancora parte di lui e le loro anime saranno sempre legate da un laccio che non può spezzarsi.


Il ghigno di Vader si ammorbidisce impercettibilmente e a Obi-Wan non sfugge quella sfumatura diversa, quell’effimero sfarfallio nella Forza.
Si inginocchia di fronte a lui e semplicemente continua a guardarlo. Fa sì che ogni granitica barriera gli si stacchi di dosso e si lascia guardare a sua volta, in profondità, fin dentro l’anima, perché era ciò che avrebbe dovuto fare fin dall’inizio, fin dal primo momento, da quella stretta di mano davanti allo sguardo compiaciuto di Qui-Gon Jinn, quando, nonostante tutto, lui e Anakin erano ancora due ragazzini immaturi e imperfetti.
Forse lo sono ancora. Immaturi e imperfetti.
Solo adesso Obi-Wan comprende che ucciderlo non è mai stata un’opzione, che non ne sarebbe capace neppure provandoci, nonostante tutte le atrocità che ha commesso e che potrebbe ancora commettere.
“Anakin…” ripete sottovoce, mentre lentamente avvicina una mano tremante al suo viso. Non è la paura a farlo vacillare, solo il timore che quell’istante congelato nel tempo, quel silenzio carico di parole non dette, possa frantumarsi da un momento all’altro.
Si tratta di una tregua precaria, di uno stallo che si fa più delicato ogni secondo che passa.
“Avrei dovuto darti molto di più” soffia senza riuscire a trattenere altre lacrime, senza poter controllare il tremore nella voce.
Vader resta impassibile, sguardo freddo e ghigno obliquo, forse si ritrae appena, nello stesso istante in cui le dita di Obi-Wan stanno per sforargli la guancia.
“Sei l’unica persona che abbia mai amato in questo modo, Anakin. Sconsideratamente, irrimediabilmente. E ti chiedo scusa se non ho saputo farlo nel modo giusto.”
Si fa coraggio, allunga di nuovo le dita e gli sfiora lo zigomo. Pelle liscia e fredda come quella di un anfibio.
Sul viso di Anakin il ghigno diabolico svanisce, restano solo confusione e odio mal celato. O forse non è soltanto odio…
“Ci sono così tante cose che vorrei spiegarti, per cui devo fare ammenda, ma te lo giuro, ho sempre voluto con tutto me stesso che fossi felice.”
Insieme a Padme, perché lei era l’unica a riuscire a farti sorridere davvero, vorrebbe aggiungere. Ma preferisce non pronunciare il suo nome. In ogni caso non riuscirebbe ad articolare un’altra parola, perché il groppo che ha in gola ora lo soffoca.


“Tu non sei capace di amare. Nessun Jedi, così freddo, impassibile e privo di emozioni, può amare! È il Codice a dirlo, rammenti?”
Vader scaccia la mano del suo vecchio Maestro con un gesto rabbioso, ma c’è qualcosa di strano nella sua voce, nello sguardo che ora gli rivolge dal basso. L’oro delle sue iridi sembra più tenue, più opaco, quasi verdastro.
“E io non sono il tuo fallimento, Obi-Wan. Non sei tu che hai ucciso Anakin Skywalker. Ma io. Così come adesso distruggerò te.”
“Se è questo tutto ciò che vuoi, allora fallo. Fallo adesso.” E per rendere quell’invito ancora più chiaro, allarga appena le braccia in segno di resa e scopre la gola.
Non smette di guardarlo negli occhi. Le lacrime che ancora gli bruciano le guance.
“Oppure vieni con me.”
Glielo sussurra ingoiando quel groppo doloroso, mentre le dita guantate di Vader si stringono nel vuoto, soffocandolo senza toccarlo.


A Obi-Wan non piace essere toccato, ma preferirebbe mille volte morire con le dita di Anakin sulla gola, piuttosto che in quel modo.
Annaspa e si porta istintivamente le mani sul collo, anche se non c’è niente da afferrare, nessuna pressione fisica da allentare. La vista gli si oscura e il corpo inizia a formicolare, i muscoli a cedere, finché non sente l’impatto della sua testa contro la roccia dura e fredda sotto di sé. Poi solo silenzio. Solo oscurità.






Continua…





ANGOLINO DELL'AUTRICE

Lo so, dovevano essere solo due capitoli, ma alla fine il finale non mi piaceva più, perciò ho riscritto tutto il capitolo da capo e ho aggiunto un epilogo che pubblicherò a breve. Sì, sono pazza! XD
Un paio di precisazioni:
  • Yardrath è un pianeta dell'universo di Dragon Ball Z, quello dove Goku impara il teletrasporto
  • alcuni dialoghi sono ripresi da Episodio III.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Povero Obi-Wan, l'ho davvero torturato! Ma io all'angst non so proprio resistere!
Grazie a tutt3 coloro che hanno recensito, passo presto a rispondere, promesso! A presto!
Aislinn


 

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Capitolo 3
*** Epilogo ***







 
●○●◇●○●






For All Of It




Epilogo




 

Anakin Skywalker grida senza emettere alcun suono.
È come risvegliarsi sott’acqua, rendersi conto di non poter vivere senza respirare, ricordare cosa si prova a inalare ossigeno, a sentire il vento sulla faccia, il sole tra i capelli.
È l’istinto ancestrale di aggrapparsi a se stessi, di nuotare verso la luce, di riemergere, di scalciare e sgomitare per tornare in superficie. Anche se l’acqua è pesante, anche se forse non è più nemmeno acqua, ma un liquido denso, nero e viscoso che trascina giù, penetra in ogni poro, annienta e divora.


Potrebbe continuare a stringere la presa sulla sua gola. Dovrebbe farlo, perché la vita non ha ancora lasciato quel corpo. Pulsa nelle sue vene, vibra sempre più debolmente nel suo petto.
Darth Vader dovrebbe premere più forte su quella trachea, ucciderlo una volta per tutte, eppure allarga le dita e ritrae il braccio, allenta quel cappio mentale e guarda Obi-Wan accasciarsi al suolo privo di sensi.
È ancora vivo, ma lui non dovrebbe sentirsi sollevato. Non dovrebbe sentire niente.


Si avvicina con cautela, trascinandosi e respirando a fatica, calcolando mentalmente la poca autonomia che gli resta ora che la maschera è spaccata a metà e l'armatura compromessa.
Deve tornare sulla nave il prima possibile o morirà, lo sa bene. Eppure indugia ancora su di lui, sul suo viso, sulla sua gola esposta. È una curiosità morbosa a cui non può resistere.
Il suo Maestro è invecchiato. L’ultima volta non aveva quelle grinze ai lati degli occhi, linee tanto profonde sulla fronte e fili argentati tra i capelli. Eppure sembra ancora… bello?
Vader ringhia e si maledice. Maledice Obi-Wan e quella debolezza che nonostante tutto è ancora lì, a metterlo in crisi, a instillare dubbi nella sua mente, a farlo sentire come il ragazzino fragile e bisognoso d’affetto che era una volta e che ora dovrebbe essere solo cenere, perché lui stesso l’ha ucciso. Maledice soprattutto Anakin per essere tornato a galla dopo tanto tempo, per non essere morto come avrebbe dovuto!
E allora lo annega di nuovo in quell’abisso, acqua nei polmoni e luce che si allontana, che filtra sempre più debolmente dalla superficie, mentre i tentacoli del buio lo afferrano, lo trascinano sempre più giù avvolgendolo in un bozzolo di oscurità.
Ma non riesce ancora a distogliere lo sguardo da Obi-Wan e per un istante pensa di finirlo, di spezzargli il collo a mani nude o di trafiggerlo con la spada.
No, la prima ipotesi è da escludere, perché strangolarlo significherebbe toccarlo, sentire il calore della sua pelle, la sua carotide pulsargli sotto le dita meccaniche.
Un affondo dritto nel petto invece brucerebbe quel legame, carbonizzerebbe ogni singolo ricordo, ogni sentimento residuo.
Perché non l’ha semplicemente finito prima? Perché si è fermato?
Obi-Wan meritava di morire, se lo è ripetuto per dieci anni, glielo ha ripetuto l’Imperatore, glielo ha cicatrizzato addosso il fuoco di Mustafar. E in ogni singolo giorno quel dolore costante è stato come un monito di odio per rammentargli chi è il vero nemico.
Kenobi lo ha rifiutato per tutta la vita e in ogni modo possibile. È stato lui a farlo sentire un peso, a non volerlo con sé fin dall’inizio, a caricarlo di assurde aspettative e a mortificarlo per ogni sbaglio, per ogni imperfezione. È stato lui a respingerlo, a rinnegare quel bacio, quei desideri, quei sogni condivisi, lui che l’ha reso un mostro menomato, lui che l’ha lasciato a morire tra le fiamme senza voltarsi indietro.
Lo ha defraudato di ogni cosa e ora gli chiede perdono. Ora ammette di averlo amato, di amarlo ancora. Come se potesse fare la differenza. Come se importasse. Come se Anakin Skywalker potesse riemergere dal tetro abisso in cui Vader lo sta risucchiando.
No. Lui non prova niente, si ripete continuando a guardarlo.
Lo odia e basta. Lo odia con ogni fibra del suo essere. Lo odia e pensa di risparmiarlo proprio per questo, per farlo soffrire, per fargli rimpiangere di non essere morto durante la Grande Purga, per continuare a odiarlo in ogni giorno che gli resta da vivere.
Potrebbe trascinarlo sulla nave ammiraglia e farlo marcire in una cella, potrebbe torturarlo, mutilarlo, portarlo così vicino all’oscurità da non lasciargli altra alternativa che seguirlo nell’abisso. Potrebbe prendersi con la forza quello che Obi-Wan non ha mai voluto concedergli e che ora invece sembra quasi elemosinare come un povero disperato. Fallito, patetico Kenobi!
O magari potrebbe continuare a guardarlo ancora un momento, sono un istante, ripensare a quelle parole e godere di un simbolico trionfo.
Obi-Wan Kenobi, il grande Jedi senza macchia e senza peccato, perfetto, impeccabile, saggio, assennato, era segretamente innamorato del suo apprendista. Lo stesso apprendista che ha contribuito a distruggere i Jedi e che ora è il Sith più potente della Galassia.
Ironico.
Indecente.
Ma mai come il fatto che Obi-Wan continui ad amarlo anche ora. Che lo ami a tal punto da essere disposto a farsi uccidere, piuttosto che ucciderlo lui stesso.
Eppure… quella vittoria ha un gusto insolitamente dolce…
In quei dieci anni di morte e distruzione Vader ha sperimentato che la vendetta sa di sangue, di terra e ruggine, e non assomiglia minimamente al miele che si sta sciogliendo adesso sulla sua lingua.
Quello non è il sapore della vittoria, ma di qualcos’altro, di qualcosa che gli ricorda notti stellate, sogni a occhi aperti, Grog e risate. Guance insolitamente lisce sotto le dita e labbra tiepide, inesperte e gentili.
Il respiro gli si fa più debole, più rumoroso. I circuiti dell’armatura sono in tilt e la maschera sta smettendo di convertire ossigeno al posto suo.
Forse per questo la mente gli gioca strani scherzi, forse per questo quella parte di sé continua a riemergere dal suo subconscio confondendogli i sensi e rendendo debole la sua volontà.
La navetta di Obi-Wan non è lontana. Vader lo afferra bruscamente per la caviglia e lo trascina senza troppi complimenti. È eccessivamente stanco per usare la Forza, a malapena riesce a respirare.
Fa freddo, la terra sotto le suole dei suoi stivali è ruvida e irregolare, un vento gelido gli sferza la guancia esposta.
L'aria sulla pelle è una sensazione che aveva dimenticato.


“…na…kin…”
Obi-Wan è ancora stordito e biascica qualcosa che somiglia al suo nome. Al nome che una volta era il suo.
Perché il suo vecchio Maestro respira ancora? Perché non ha potuto ucciderlo?
Vader sente quella domanda rimbombargli nel cervello, rimbalzare da una tempia all’altra come una scheggia impazzita.
“Anakin…” si sente chiamare ancora. E la sensazione è di strapparsi il cuore a mani nude, un dolore che gli afferra il petto e che gli brucia fino in gola.
Obi-Wan si solleva su un gomito e lo fissa sgranando gli occhi. Fa rimbalzare lo sguardo da lui alla navetta con la quale era arrivato ed è ancora visibilmente confuso.
“Risali a bordo e vattene” soffia Vader facendo appello alle poche forze che gli sono rimaste, una sovrapposizione di voci che stride nel silenzio della notte.
Non può sopportare per un altro minuto la vista di quell’uomo, dei suoi occhi lucidi e compassionevoli che promettono redenzione, speranza e meravigliose utopie.
Obi-Wan aggrotta le sopracciglia, i capelli troppo lunghi gli spiovono sugli zigomi.
“Vieni con me” mormora con un filo di voce. Una scintilla che gli brilla negli occhi chiari.
Vader si sforza di sorridere mellifluo e già solo questo gli costa uno sforzo sovrumano.
“Cerchi ancora di redimermi, Maestro? Te l’ho detto, Anakin Skywalker è morto.”
“Eppure è stato Anakin a risparmiarmi.”
Vader inspira profondamente, rumorosamente, e gli sembra quasi di vederlo. Di vedersi.
Anakin è proprio lì, sul ciglio delle tenebre, a pochi passi dalla luce. E lui può salvarlo o farlo scomparire per sempre in quel tetro abisso.
“È troppo tardi, Obi-Wan” ansima distogliendo lo sguardo. Il contatto visivo e insopportabile, perché la luce alla quale Anakin cerca di aggrapparsi è proprio quella dei suoi occhi. “Vattene ora!”
Adesso Vader sembra solo stanco, l’odio e la rabbia sono un fardello troppo pesante da portare in quelle condizioni, a malapena riesce a inalare ossigeno e anche solo pronunciare poche parole gli provoca fitte lancinanti.
Anakin, che adesso di Vader ha davvero ben poco, si lascia muovere senza opporre resistenza, lascia che Obi-Wan gli passi un braccio intorno alla vita, che lo sorregga e che lo adagi accanto alla postazione di guida, che gli sistemi la maschera come meglio può, per dargli almeno un po’ di sollievo.
Un piccolo droide insetto pigola e svolazza attorno a loro, poi si poggia quieto sul monitor delle coordinate.
Obi-Wan siede alla postazione di comando e gli sussurra qualcosa che non riesce a comprendere, perché ogni cosa intorno a lui è già solo nebbia e silenzio, finché le palpebre non si fanno troppo pesanti e un rantolo secco gli rallenta ancor di più il respiro.




 
●○●◇●○●




Anakin si spinge verso la luce, annaspa e nuota verso l’alto, senza gambe, senza braccia, senza fiato. È così dannatamente difficile…


Vieni con me.”


Riconoscerebbe quella voce tra mille. Quel tono dolce, conciliante, sempre un po' sarcastico. Ma non stavolta. Stavolta è solo una supplica, una dichiarazione, una promessa.


Sente le sue mani ovunque. Lo sorreggono, lo cingono e lo guidano con delicata fermezza.


Il bozzolo nero attorno a lui si è dissolto, l’acqua è più leggera, la superficie più vicina.
Può vedere il cielo oltre lo specchio dell’acqua.
Non ricordava che fosse così azzurro, così chiaro, così luminoso.




 
●○●◇●○●




Si sveglia con la sensazione di un tubo che gli scende giù in gola. Ogni centimetro di pelle brucia come se lo stessero scuoiando vivo e un ronzio continuo gli buca i timpani.
Prova ad aprire gli occhi ma una luce bianca e fredda lo acceca. Non sente le braccia e neanche le gambe.
Prova a pensare, a ricordare, a capire dove si trovi, ma una sensazione di nausea gli fa annodare i brandelli di uno stomaco che nemmeno usa più. Scintille luminose contro le palpebre e poco dopo il nulla.




 
●○●◇●○●




Riapre gli occhi sott’acqua. Conosce bene quel marchingegno, sta galleggiando in una vasca di bacta. È nudo, cinghie attorno al petto per sorreggerlo, tubi che gli si agganciano al corpo, una maschera per l'ossigeno su naso e bocca.
L’immagine di Obi-Wan oltre il vetro lo fa sussultare. Ora ricorda.


Che cosa ho fatto?


La lucidità torna a pulirgli la mente, a far luce sui suoi ricordi e sulle sue azioni, generando mille rimorsi e un senso di colpa intollerabile. Vorrebbe gridare e dimenarsi, ma se ne resta lì, a galleggiare nudo e senza difese davanti al suo vecchio Maestro, che sorride debolmente e preme il palmo della mano contro il vetro della vasca.




 
●○●◇●○●




Anakin trascorre un paio di giorni in una camera bianca e senza finestre, steso su un letto che odora di disinfettante, diversi tubi collegano il suo corpo a un’apparecchiatura rudimentale, che tuttavia sembra riuscire perlomeno a tenerlo in vita.
Una vecchia Tsufuru dal naso aquilino entra a sostituirgli la flebo e a controllare i parametri vitali. Gli sistema la mascherina sul viso senza guardarlo, gli misura la pressione, gli osculta il torace, gli cambia la medicazione sulla guancia e sulla testa. Poi se ne va senza dire una parola.
Non sembra spaventata. Non sembra nemmeno sapere chi sia, altrimenti non sarebbe lì, probabilmente.
Solo una volta Anakin ha provato a chiederle di Obi-Wan, con un filo di voce e il respiro mozzato, ma lei ha risposto solamente “tornerà presto”, per poi uscirsene da dove era venuta.
Potrebbe ucciderla, scardinare la porta senza nemmeno toccarla, andarsene da lì. Ma senza armatura e senza quelle cure basiche morirebbe in poche ore.
E poi… non è sicuro di volerlo fare davvero. Non è più sicuro nemmeno di quale sia il suo vero nome.




 
●○●◇●○●




Quando finalmente Obi-Wan compare sulla porta con la solita aria arruffata, Anakin sente una microscopica scintilla nel petto, la ignora e istintivamente fa per afferrare il lenzuolo e tirarselo addosso. Ma è senza protesi, indossa una tunica bianca senza cuciture, la testa che affonda tra i cuscini sterili. Le energie stanno tornando, ma la voce è ancora roca, il respiro ancora debole.
“Dove mi trovo?”
“Al sicuro” spiega Obi-Wan con tono paziente, come faceva quando Anakin era ancora un bambino. “Sono miei amici, sta' tranquillo, ci aiuteranno e non faranno domande.”
“Non posso restare qui senza armatura.”
“Riusciremo a ripararla o a trovare un’alternativa, ho rintracciato un vecchio amico che può fare al caso nostro, sta venendo qui proprio adesso.”
Conosce quello sguardo. Obi-Wan è determinato, inarrestabile, nulla potrebbe farlo vacillare. Ma non sa che quell’armatura è l’unica soluzione possibile per lui, che i suoi congegni traggono forza vitale dal Lato Oscuro e dall’alchimia dei Sith, che nessuno può ripararla o costruirne un’altra, nemmeno un Jedi, nemmeno un genio.
“Hai sempre una soluzione per tutto, non è così, Obi-Wan? Ma non tieni in considerazione il dettaglio più importante. È Darth Vader a tenermi in vita, la sua armatura, la potenza del Lato Oscuro che la alimenta. Non puoi salvare Anakin senza salvare anche Darth Vader.”
“Ne sei sicuro?”
Obi-Wan si siede sul bordo del letto, sorride e una ciocca di capelli gli spiove sulla guancia.
Anakin prova a cercare rabbia e odio dentro di sé, ma trova solo pena, rimorso, tristezza. Pensa che lasciarsi morire sarebbe l’alternativa migliore. Sarebbe facile, rapido, indolore. E non dovrebbe portare sulle spalle il carico mastodontico delle sue azioni. Non basterebbero cento vite per espiare tutti quei peccati. E poi Vader è ancora lì, lo sente. Una nuvola scura che gli vortica sulla testa, attorno alle spalle, che lo lambisce sulla schiena col suo tocco umido e freddo. Come potrebbe vivere sospeso sul ciglio di quell’abisso, guardandoci dentro ogni volta che chiude gli occhi e rischiando di precipitare da un momento all’altro? Potrebbe essere lui stesso a lasciarsi cadere. A lasciarsi prendere di nuovo dalle tenebre. E se anche potesse resistere, l'Imperatore non smetterà mai di cercarlo.
“È davvero questo ciò che vuoi?” chiede freddo e palesemente disgustato da se stesso, mentre si solleva dai cuscini e con uno scatto di Forza fa schizzare la maschera dell’ossigeno contro il muro. Ora Obi-Wan può vedere tutto, tutto il male che gli ha inflitto, la veemenza con cui il Lato Oscuro ha iniziato a consumarlo. E Anakin può vedere il colore scivolargli via dalle guance.
“Desideri ancora baciarmi? Pensi davvero che troveresti piacevole questo corpo mutilato? O questa faccia sfigurata?”
Le labbra di Anakin si arricciano nel solito sorriso storto, ma stavolta sembra più una smorfia di rassegnazione.
“Colui che dici di amare è più una macchina, ormai, che un uomo.”
Obi-Wan apre lentamente la bocca, poi la richiude senza emettere un suono. Tende le mani, le appoggia delicatamente sulle sue guance e sorride. Di nuovo nei suoi occhi brillano promesse di scenari irrealizzabili, che adesso Anakin vorrebbe con tutto se stesso credere possibili.
“Vader vive ancora dentro di me, non se ne andrà mai.”
“E allora noi gli troveremo un posto.”
“E tutto quello che ho fatto? Non si può cancellare in nessun modo. Ci sono cose che non si possono riparare.”
Forse non è vero che Obi-Wan ha una soluzione per tutto. Di certo non ha risposte per questo. Chi mai potrebbe averne?
Ma continua a tenergli il viso tra le mani, muove i pollici lentamente, stando attento alla ferita che lui stesso gli ha inferto, li ruota in piccole carezze calde e delicate che ad Anakin quasi spezzano il cuore.
Non ricordava più di averne uno. Non ricordava più nemmeno di avere una faccia.
È surreale sentire quella crudeltà ancora dentro di sé, la consapevolezza di essere stato un mostro, di esserlo tuttora, la memoria di tutti i suoi crimini che lo strangola come un cappio. E allo stesso tempo quel morbido calore sulle guance, un profumo che credeva di aver dimenticato, la sensazione di avere ancora una pelle, un corpo fatto di carne e sangue, non solo di metallo, circuiti e ingranaggi.
Come è successo? Come ha fatto a perdersi tanto a lungo, tanto a fondo?
È come risvegliarsi da un incubo ancora vivido e temere le ombre anche se la luce del giorno è alta nel cielo.
Gli sfugge un sospiro lungo e regolare. Non gliene rimangono molti in autonomia.
Prende un altro faticoso respiro ed è come se Obi-Wan seguisse la traiettoria dell’ossigeno che sta cercando di inalare. Gli si avvicina lentamente, con i capelli arruffati e gli occhi chiari cerchiati di insonnia.
Abbassa lo sguardo sulle sue labbra e quando le bacia Anakin pensa che non respirerà mai più. Tutto il suo universo si ribalta, si riavvolge, cancellando per un solo microscopico istante ogni altro pensiero.
Con gli occhi chiusi percepisce solo lui, la Forza che scorre nelle sue vene, la vita che gli fa pulsare il cuore, che lo scalda e gli solleva il petto respiro dopo respiro.
Per un momento gli sembra di tornare a quella notte su Yardrath, di fluttuare ancora in quella bolla silenziosa e perfetta, come se non ci fosse niente e nessuno nell’universo tranne loro. Ed è una sensazione talmente incredibile, talmente inebriante, che si allontana dalla sua bocca, solo per controllare che Obi-Wan sia davvero lì, che Anakin sia davvero lì, ad avere il totale controllo, come dovrebbe essere.
La sua bocca è come la ricordava, tenera, cedevole, calda. La barba gli punge la pelle, ma è un bruciore piacevole, leggero, che lo fa sentire sveglio, vivo, presente a se stesso.
Obi-Wan è così vicino adesso... così caldo... e non solo nel corpo. Quasi non lo riconosce. O forse si riconoscono più profondamente ora di quanto abbiano fatto in tutta una vita.
Stavolta è Anakin a restare immobile, mentre lui si sposta, dischiude le labbra, inclina la testa quel tanto che basta a farle combaciare perfettamente. Obi-Wan lo bacia ancora e ancora, ignorando quel sapore metallico, quell’odore di cenere e ferro, finché i suoi gesti non si fanno più fluidi, più audaci. Le sue mani scendono leggere sulla sua gola, sulle spalle, lungo le braccia, e Anakin avverte il suo corpo risvegliarsi, reagire, riacquistare sensibilità, centimetro dopo centimetro. Si ritrae appena, ma Obi-Wan lo afferra con decisione, gli sfiora con reverenza le cicatrici delle amputazioni, gli respira tra i denti, gli sussurra sulle labbra che andrà tutto bene, che non lo lascerà mai più.
Una lacrima gli scende lungo la guancia, gli si impiglia nella barba e rimane lì, mentre il respiro di Anakin si fa più debole e irregolare, l’affanno sempre più evidente. E forse è solo questo che persuade Obi-Wan a staccarsi da lui, a rimettergli la mascherina sul viso, ad adagiargli il lenzuolo sulle cosce con una premura quasi paterna.
“Riposa ora” gli ordina con dolcezza, baciandogli la testa calva e grinzosa.




 
●○●◇●○●




Anakin è terrorizzato. Non sa come riuscirà a sopravvivere e l’idea di potercela fare lo terrorizza ancora di più.
Non ha idea di come potrà convivere con se stesso, di come potrà perdonarsi. Ci sono così tanti pensieri che lo tormentano e che lo tormenteranno per sempre…
C’è la sua dolce Padmé, c’è quel figlio che non è mai nato e che forse avrebbe potuto amare, ci sono tutti gli innocenti che ha ucciso e che ora può quasi vedere in piedi di fronte a sé, come un incubo a occhi aperti. Lo guardano e lo aspettano. Forse lo compatiscono, perché sanno che non avrà mai pace.


Una volta Yoda gli disse che la luce trova sempre il modo di penetrare nell’oscurità.
Anakin pensa che forse Obi-Wan è sempre stato l’unico in grado di ferirlo, che quella crepa aperta nella sua armatura è la stessa che ha intaccato il suo bozzolo nero e viscoso, che ha dissipato le ombre e gli ha fatto intravedere il cielo dal fondo dell’abisso.
È stato Obi-Wan Kenobi a salvare Anakin Skywalker. E l’ha fatto aprendogli una crepa nell'anima, per farvi tornare la luce. Un giorno saprà come ringraziarlo, come farsi perdonare, come perdonarsi. Per tutto.
Per ora decide di iniziare col dargli retta, una soddisfazione che come allievo forse non gli ha mai concesso.
E allora si abbandona tra i cuscini e respira, semplicemente respira. Perché ora non fa quasi più male. Perché ora inizia finalmente a ricordare come si fa.








 
Fine







ANGOLINO DELL'AUTRICE
Salve a tutti! Doveva essere un epilogo piccino, sono uscite tremila parole. E vabbè!
Innanzi tutto grazie a chi è arrivato fin qui, a chi ha letto, ricordato, preferito o recensito! Vi adoro!

Inizialmente il finale doveva essere diverso, mi sarei attenuta al canone e avrei solo aggiunto angst a palate ma, ehi, mi piangeva il cuore! Io devo salvarli questi due, li amo troppo e non ce la facevo a farli soffrire ancora. Non è anche per questo che scriviamo fanfic?
Insomma, spero che comunque il finale vi sia piaciuto. ♥
Ci sono diverse citazioni al canone, come ad esempio la frase pronunciata da Ben in episodio IV: “è più una macchina, ormai, che un uomo”, che qui viene detta da Anakin stesso. E beh, gli Tsufuru sono presi da Dragon Ball!
Certe cose nel finale sono lasciate un po' all'immaginazione, tipo come farà Anakin a sopravvivere senza armatura, se incontrerà i suoi figli, dove vivrà e cosa si inventerà ora quel buontempone di Palpatine, ma ehi, avrei dovuto scrivere 30 capitoli! L'importante è che Anakin e Obi-Wan siano finalmente insieme e che Anakin sia tornato in sé in largo anticipo. Alderan e un'altra dozzina di pianeti ringraziano!
Se vi va di lasciarmi qualche riga, sappiate che vi blesso tantissimo!
A presto! Ci si vede.
Aislinn

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