Cattività

di Titania
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Prima settimana: Lunedì e martedì ***
Capitolo 3: *** Mercoledì ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Trovarlo non fu difficile, l’unico peccato fu averlo trovato che era già in forma umana.
Se gli avesse sparato in quel momento tutta la caccia sarebbe stata inutile, ma se l’avesse lasciato andare chissà dove si sarebbe cacciato il mese dopo. invece era lì, a lavarsi con l’acqua del fiume, a pochi passi dal campo.
La persona che cercava da cinque anni era lì, ignaro che ci fosse qualcuno a spiarlo. Una pecora uscita dal gregge ignara di essere presto preda di un lupo feroce.

Solo che questa volta sono io il lupo pensò Travis, indeciso sul da farsi.

Non poteva sparargli, non ora, ma non poteva sprecare un’occasione così ghiotta. Si spostò abbastanza da arrivargli alle spalle, iniziò ad avvicinarsi lentamente, attento a non spezzare rami. Guardò la sua fiala chiedendosi se il sangue di lupo funziona anche in questi casi, per sicurezza se ne versò un po’ sulle mani e sulle guance, facendo una specie di trucco di guerra indiano. Sangue o meno, il ragazzo non si accorse di nulla. Non si accorse dell’uomo che si avvicinava dietro di lui, nemmeno del “bastardo” sussurrato mentre si abbassava. Forse si accorse della siringa che entrava nel suo collo, ma se l’ha fatto era troppo tardi. La morfina era già entrata e avrebbe fatto effetto in pochi secondi, il tempo da guardare il suo aggressore, e questo a guardare la causa dei casini della sua famiglia, prima di svenire.

Travis guardò il ragazzino davanti a lui: avrà avuto meno di vent’anni, il corpo rachitico era totalmente l’opposto nella sua forma umana, i capelli bianchi e ricci scompigliati davanti agli occhi, un semplice paio di mutande come unico indumento. Sembra Mowgli, ma albino. L’uomo accennò un sorriso prima di prenderlo sulle spalle e caricarlo nella sua macchina.
 
Quando il ragazzo aprì gli occhi non era al fiume: vide delle sbarre, sentì il terreno freddo sotto di lui, provò a girarsi ma la testa gli faceva troppo male per muoverla. Qualcun altro capirebbe subito di essere stato rapito, di essere in gabbia, cercherebbe di capire dove è e come scappare. Ma il ragazzo era diverso, aveva vissuto una vita diversa, e dalla sua bocca partì un solo, semplice sussurro.
“mamma?”

Pensò che quello che aveva vissuto era un brutto sogno, non c’era stato nessun incendio, sua madre non era saltata in aria, non aveva vissuto da vagabondo nei boschi per chissà quanto tempo. Ma quel sussurro non attirò sua madre ma un uomo alto con una divisa blu, un poliziotto. Non riuscì a vederlo in viso ma sentiva l’astio nei suoi confronti

“Benvenuto a casa” disse l’uomo “Silas”

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Capitolo 2
*** Prima settimana: Lunedì e martedì ***


Appena si svegliò, Travis, andò a prendere una maglietta e dei pantaloni di una vecchia tuta di Caleb e andò a darli al suo nuovo ospite

“Mettiteli” disse freddo, il ragazzo ubbidì lentamente e finalmente apparve quasi umano. Lo sguardo di quegli occhi rossi era un enigma, Travis non riusciva a capire se fosse odio, paura o la richiesta di spiegazioni, ma poco importava in quel momento

“Sai perché sei qui?” chiese. Il ragazzo lo guardò senza dire nulla, senza scuotere la testa, rimanendo immobile, in piedi a fissarlo come un soldato inglese, ma con quegli occhi che riflettevano tutte le espressioni, quindi nessuna “hai morso mio nipote cinque anni fa. La mia famiglia è nei casini per colpa tua. Non hai idea del dolore che hai causato” si avvicinò con le mani dietro la schiena, facendo perfettamente la parte del poliziotto cattivo “quindi resterai qui fino al mese prossimo. Quando ti trasformerai, io ti sparerò. Così possiamo buttarci questa brutta storia alle spalle. Capito?” nessuna reazione, Travis indietreggiò “hai tutto il tempo per pensarci” e se ne andò. Tornò qualche ora dopo con un vassoio con sopra un petto di pollo e dell’insalata. Silas prese la fetta di carne e la divorò strappandola coi denti
“ma cazzo, ragazzino!” disse Travis disgustato “usa le posate, Santo Dio!” Silas si limitò a lanciargli un’occhiataccia per poi riprendere a mangiare in quel modo.  Accovacciato come un cagnolino, un animale in gabbia. Che ha passato la vita in gabbia. Pensò Travis. Provava un po’ di pena per il ragazzo… ma non aveva altra scelta che comportarsi in quel modo.

Quando Silas finì, Travis tolse via il piatto senza dire nulla, e tornò nel suo ufficio. Nelle poche ore in cui era assieme a lui l’aveva osservato un po’, e per tutto il tempo Silas non aveva detto una parola: stava sempre lì a guardarlo con lo sguardo perso e i capelli sugli occhi. Aveva provato a chiedergli qualcosa, quanti anni aveva, da quanto tempo era infetto… ma la risposta è sempre stato uno sguardo perso. Travis si chiedeva se avesse qualche problema mentale, non era un dottore ma avendo vissuto cinquant’anni con Bobby riconosceva l’aria di un provato mentalmente. Forse Silas era nello spettro autistico? Non posso portare un dottore qui però pensò devo sbrigarmela io. Cercò su Google “spettro autistico”. Trovò qualche definizione scientifica e delle ipotesi. Come individuare lo spettro autistico. Travis riconobbe solo le capacità di comunicare ridotta, ma forse non voleva semplicemente parlargli. Non è grave, non doveva farci amicizia.

Il giorno dopo volle metterlo alla prova: prima di andare a comprò un bicchiere di noodles precotti, e disse alla famiglia che non sarebbe tornato per cena. Non dovevano sapere del Lupo Bianco in gabbia, gli avrebbe spiegato tutto a conti fatti.
Arrivata l’ora di pranzo, mise la pasta nel microonde del suo ufficio e poi la poggiò su un piatto. Quando lo portò a Silas lo trovò seduto per terra, mentalmente chissà dove, che si dondolava avanti e indietro in maniera nervosa e ipnotica. Autistico concluse Travis Rain Man l’ho visto, almeno.

“Ora di pranzo, ragazzino” a queste parole, Silas smise il suo dondolio e guardò oltre le sbarre, vedendo l’uomo con in mano il vassoio e la ciotola “sai usare una forchetta?” Silas non rispose, si limitò ad avvicinarsi alle sbarre “devi prenderla, agganciare un po’ di spaghetti, girare e alzare” disse Travis mostrandoglielo “e il gioco è fatto. Prova” Silas guardò prima la ciotola, poi Travis e poi di nuovo il piatto, poi prese la forchetta e fece le stesse mosse, dimostrandogli che sì, lo sapeva fare. Con uno sguardo di sfida prese gli spaghetti e se li mise in bocca, poi prese la ciotola e tornò in fondo alla cella, seduto per terra. Travis stette ad osservarlo mangiare assicurandosi che non affondasse le mani. Il fatto che sapesse mangiare in modo decente era un buon segno, forse iniziava a fidarsi, o forse voleva dimostrare di essere normale.

“Non sei selvaggio come vuoi farmi credere” disse Travis “non ho intenzione di trattarti male. probabilmente ti tratterò meglio di come ti trattava tua madre” alla parola “madre” il ragazzo si fermò e guardò di nuovo il suo aguzzino “sì, so abbastanza di te. Un cacciatore deve sapere cosa sta cacciando”. Per tutta risposta, Silas lanciò la ciotola di riso verso le sbarre. Si spezzò in due, ma un po’ di brodo e spaghetti finì sulla camicia dell’uomo. Che non ebbe alcuna reazione se non un sospiro, e uno sguardo alle macchie. Silas iniziò a ringhiare come un cane idrofobo verso di lui.

“Non credere di farmi paura” disse Travis alzandosi. Aveva come l’impressione che il ragazzo volesse dirgli qualcosa, ma si limitò a smettere di ringhiare e rimettendosi seduto a gambe incrociare sul pavimento “non mi convincerai a lasciarti andare, la famiglia viene prima di tutto. E la prossima volta che mi tiri il cibo addosso, passerai l’intera settimana ad acqua del rubinetto” poi se ne andò. Era tentato di spegnere le luci, o accendere la radio, ma non voleva passare per torturatore. Voleva dimostrargli che sa essere più umano della sua precedente aguzzina. Anche se doveva ucciderlo, indorargli la pillola il più possibile. Ma il ragazzo doveva collaborare.

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Capitolo 3
*** Mercoledì ***


Quando Silas si svegliò, il giorno dopo, sentì il poliziotto parlare con qualcuno. Una donna. Una donna anziana a sentire dalla voce
“dovresti parlarle, a te ascolta”
“Penso direbbe le stesse cose che ha detto a te”
“Non possiamo correre questo rischio”
“Guarda che Kaylee non è stupida, avrà già calcolato tutto!”
“E’ un’adolescente! E se in una sera di luna piena ci fosse una festa al campus e lei non se la sente di rifiutare?” Lo sbirro aveva parlato di un nipote morso, ma Kaylee è un nome da femmina e usano pronomi femminili. Si riferiva a lei quindi?
“La avviseremo prima, capirà la priorità”
“Per favore, parlare! Proviamo a toglierle l’idea della scuola d’arte prima di arrenderci”
“E’ quello che vuole!”
“Se ti vedesse lavorare, magari…” il problema si sposterebbe soltanto pensò Silas
“a me? Non vuole fare la poliziotta!”
“Ma potresti farle cambiare idea”
“Se tu sentissi la sua versione invece di…”
“Devi proteggerla! I bravi ragazzi proteggono la famiglia!” a quel punto, lo sbirro non disse nulla, la donna aveva vinto la discussione. Si sentì solo uno sbuffo
“Le parlerò, ma non dare per scontato che…”
“Te la porto domani, sei un tesoro” passi. Era andata via.
“Ma porca put…” disse lo sbirro. Quindi alla fine sotto la corazza da poliziotto burbero c’era un mollaccione succube di sua madre. Diceva tanto di quella di Silas, eppure anche lui è prigioniero. Potrei girare la cosa a mio favore pensò il ragazzo, ancora seduto per terra.
 
Travis trovò di nuovo Silas sdraiato sul pavimento, aveva spostato le coperte per poter dormire per terra. Travis sospirò e scosse la testa, forse era così che dormiva in quella gabbia del circo. Batté le sbarre col manganello e il ragazzo si girò a guardarlo. Ancora impossibile capire cosa stesse pensando quel ragazzo.
“Colazione” e mise il vassoio per terra. Silas si avvicinò lentamente e osservò la ciotola di porridge. Lo annusò e poi guardò Travis “non ho intenzione di avvelenarti”. Il ragazzo prese il cucchiaio e si mise di nuovo nel solito angoletto della cella, iniziando a mangiare “ragazzo, so che non è il massimo della situazione”  iniziò a dire “ma dobbiamo trovare il modo di comunicare. Sai scrivere?” Silas continuava a mangiare, ogni tanto alzava lo sguardo “fosse per me nessuno di noi due sarebbe in questa situazione” ancora silenzio. Silas posò la ciotola vuota ma si tenne il cucchiaio. Travis non ci fece caso.
“Fammi sapere se vuoi qualcosa. In qualche modo” l’uomo si alzò ma si fermò quando sentì finalmente la voce di Silas. Una voca flebile, quasi un sussurro
“Mi dispiace” disse “per tuo… nipote…” lo diceva in modo triste, tenendo lo sguardo basso e dondolandosi
“Il fatto che ti dispiace non cambia la cosa” rispose Travis “ma le tue scuse sono ben accolte”
“Non sono responsabile di quello… che fa lui…” aveva iniziato a strofinarsi le mani, un altro tic, o un altro modo per calmarsi
“Mi spiace che dovrete pagare entrambi” e il poliziotto se ne andò.
Era vero. Silas era dispiaciuto. Piangeva per ogni essere vivente che lui uccideva o feriva. Per questo sua madre lo teneva in gabbia, per fare in modo che non ferisse nessuno.
Ma poi era stato liberato
E sua madre era morta.
Così come Frank, e Lily, e Mike
Tutti i suoi amici del circo, l’incendio gli aveva tolto tutto e ora si ritrovava a fare le elemosina nelle strade di North Kill e dormire negli ospizi nelle notti normali, per poi nascondersi in quelle di luna piena… era solo. Aveva diciotto anni ed era totalmente solo.
“Devi farti una doccia” il poliziotto era tornato ed aveva aperto la gabbia. Silas rimase a guardarlo per qualche secondo finché l’uomo non fece un cenno con la testa. C’era da fidarsi? Nel dubbio, il ragazzo si alzò e lo seguì.
Entrarono in un bagno con dei tubi della doccia e un accappatoio bianco. Travis fece avvicinare Silas a uno di quei tubi in cui c’erano delle boccette appoggiate sul muro.
“Shampoo, bagnoschiuma, accappatoio” indicò Travis “hai cinque minuti” e lo lasciò di nuovo solo.
La doccia finì dopo tre minuti esatti, e i due tornarono subito alla cella. Silas aveva dei vestiti nuovi adesso, una maglietta bianca e dei pantaloni elastici. Bene, mi piace il bianco. Si sedette per terra vicino al suo angolo e decise di fare una cosa: iniziò a scavare col cucchiaio della colazione attorno a una mattonella. Forse sarebbe servito per nasconderci qualcosa, ma il lavoro era più difficile di quanto pensava e già dopo pochi secondi di lavoro aveva le mani piene di calce. Fece uno starnuto e si girò, sperando che lo sbirro non venisse. Nessuno è arrivato e allora continuò.
Era facile, basta muoversi nel modo giusto.
Silas aveva abbastanza pazienza, continuava canticchiando e fermandosi solo per pochi minuti quando le mani gli facevano male, ma facendo sempre lo stesso movimento il lavoro divenne più leggero. Si svegliò solo più tardi quando sentì i passi dello sbirro avvicinarsi. Nascose il cucchiaio sotto il materasso e spostò il letto per nascondere la polvere. Per fortuna la maglietta bianca faceva mimetizzare bene quella addosso.
“Pranzo” disse Travis. Aveva iniziato la mattina, quanto aveva lavorato? Due, tre ore? “Tutto bene, giovanotto?” Silas annuì e prese il piatto. Hamburger “Almeno questo puoi mangiarlo con le mani” Silas fece un lieve sorriso e addentò il panino.
“Vuoi che ti prendo qualcosa che possa aiutarti?” chiese lo sbirro. Sembrava non essersi accorto del casino nella stanza “non dico da mangiare, dico… qualcosa che ti interessa… una fissa… ho letto che potrebbe aiutarti” davvero vuole aiutarmi? Che gioco sta facendo?
“Carte” rispose Silas “tarocchi” Travis annuì
“Vedrò che posso fare” e se ne andò di nuovo. Silas si chiese di nuovo se stesse bluffando. Si accorse ora che gli mancavano le carte, aveva voglia di mischiare, tagliare, fare una domanda e vedere la risposta. Riprese a cantilenare.
devi stare calmo, Silas” sentì la voce di sua madre nella sua testa “supererai anche questa, io sono con te…”
Matto. Mago. Papessa. Imperatrice. Imperatore. Papa. Amanti. Carro. Giustizia. Eremita. Ruota. Appeso. Morte. Temperanza. Diavolo. Torre. Stelle. Luna. Sole. Giudizio. Mondo.
Ripeteva gli arcani maggiori per calmarsi Travis è un matto. Un matto che si crede imperatore. Crede di sapere tutto, di avere il controllo, ma è solo all’inizio. Non sa niente. niente. Non puoi cacciare senza sapere niente.
Si calmò, prese il cucchiaio, ma stavolta non scavò sulla mattonella. Voleva dare un messaggio al matto.

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