Atto I - Antipasti

di HermaMora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo I ***
Capitolo 2: *** Capesante gratinate ***
Capitolo 3: *** Casatiello napoletano ***
Capitolo 4: *** Missultin e sarde ***
Capitolo 5: *** Prologo II ***
Capitolo 6: *** Tartellette squacquerone e fichi caramellati ***
Capitolo 7: *** Ravioli di ananas con ricotta e caviale di caffè ***
Capitolo 8: *** Cozze alla tarantina ***
Capitolo 9: *** Prologo III ***
Capitolo 10: *** Zucca marinata, soffice di nocciole, bottarga di tonno e colatura di alici ***



Capitolo 1
*** Prologo I ***


ATTO 1 “ANTIPASTI”
Prologo I

Pioveva a dirotto, tuonavano lampi ed il vento trascinava tutto ciò che trovava lungo il suo cammino.

Correva continuando a guardarsi alla spalle. Angela ansimava dietro di lui e stringeva la bacchetta tanto da sbiancarsi le nocche.

In tutto il bosco non si udiva e vedeva nulla, anche se Valentino si sentiva osservato da mille occhi.

Le radici rendevano il terreno estremamente difficoltoso e il fango ad ogni passo sembrava trattenere i loro stivali.

Ignorando le gocce d'acqua che continuavano a picchiettare su testa, schiena e spalle, Valentino si girò, con la bacchetta puntata verso il loro inseguitore.

Il ragazzo mosse la bacchetta disegnando una serpe nell'aria, per poi curvarla ancora una volta e puntarla come una spada verso l'oscurità dietro di sé, illuminata per un attimo da un lampo.

“Ardemonium!”

Dalla punta della bacchetta esplose un fiume di fiamme violette che strisciò lungo il sentiero, come fosse vivo. Mentre la lingua di fuoco si allungava, figure mostruose, dalle grandi fauci, corna e artigli emersero dal fumo, fatti anch'essi di fiamme vive.

Scivolavano come un liquido, per nulla infastiditi dalla pioggia, verso il loro obbiettivo.

Angela strattonò il compagno e con l'orrore dipinto in volto, indicò l'Ardemonio.

“Valentino, Elia è ancora lì, non sappiamo se quella cosa l'abbia già...”.

Valentino scosse la testa. Aveva la fronte corrugata per la concentrazione. Era la seconda volta che usava quell'incantesimo e mantenerlo sotto il proprio controllo gli costava uno sforzo immenso.

“Non c'è più alcun Elia. Dovremo dire al Professore che le cose hanno preso una piega imprevista”.

Valentino si stava sforzando di mantenere un tono impassibile, perché Angela sembrava distrutta e lasciarsi andare al rimpianto sarebbe stato un ottimo modo per rimanere uccisi.

Quella cosa lo fiutava, il rimpianto.

Dopo essersi scambiati uno sguardo d'intesa, i due continuarono la loro corsa.

Pozzanghera dopo pozzanghera, l'odore di uova marce non sembrava andare via. La cosa aveva lo stesso odore dello zolfo, Valentino lo sapeva bene. Se sentivano quel tanfo, allora era ancora sulle loro tracce e si stava avvicinando.

Quando si rese conto di non sentire più il peso della Maledizione della Fiamma Mutaforma, Valentino imprecò.

Doveva essere riuscita a spegnere le fiamme. Cosa poteva fare ancora? Sapeva bene che la Maledizione Mortale non avrebbe avuto il minimo effetto sulla cosa.

Angela gli strattonò di nuovo il polso, la bacchetta puntata di fronte a loro.

Nella più completa oscurità, si potevano distinguere delle pieghe fra le ombre.

Un buio più chiaro e sfumato, che si condensava in una figura alta e sottile, con lunghi arti superiori. Le sue costole erano in rilievo e la pelle plumbea luccicava al chiarore di un altro lampo.

Due sinistri occhi gialli rappresentavano per i due ragazzi l'unica fonte di luce costante; al loro interno delle pupille verticali, simili a quelle di un felino, li squadravano con attenzione.

La cosa avanzò con tranquillità, chiaramente a suo agio nella semi oscurità che li avvolgeva.

Anche Valentino sollevò la bacchetta contro la minaccia.

Ed ecco che la cosa aprì la bocca, mettendo in mostra due lunghe file di canini ricurvi, scuri di un liquido rossastro che non poteva che essere sangue, sangue fresco, a giudicare dalle gocce cremisi che macchiavano in quel momento le labbra della creatura.

“Elia..”. Boccheggiò Angela. Strinse la bacchetta con rinnovata determinazione, infondendo fiducia in Valentino. Angela era più abile di lui nei duelli: se lei fosse stata determinata, forse ne sarebbero usciti vivi.

La creature rise, un risata fredda, senza gioia. Forse fu solo per il terrore, ma a Valentino parve che l'acqua piovana che lo inzuppava si fosse congelata, dopo quel verso maligno. Rabbrividì.

“Dooove andate, evocatori?”. La creatura strascicava le parole, e i suoi occhi, come strabici, puntavano uno verso Angela e uno verso Valentino.

“Avete fatto la vossstra offerta, evocatori”.

La creatura alzò una della sua braccia. Quattro lunghe dita simili a vermi grigi, che si concludevano con degli artigli lunghi almeno dieci centimetri, affilati come rasoi, stringevano un oggetto scuro dalla forma ovale. Quando alzò l'oggetto, Angela e Valentino boccheggiarono.

Alla luce del temporale, la testa sanguinate di Elia li guardava con occhi vitrei.

“Fatta l'offerta, vi spetta una ricompensssa, evocatori”. Continuò la creatura. Forse era solo l'immaginazione di Valentino, ma per una attimo fu certo di percepire un certo autocompiacimento del mostro per l'atmosfera lugubre su cui aveva gettato la radura. Per quell'istante gli era parso di scorgere un ghigno nel sorriso altrimenti beato del mostro.

Angela si stava mordendo il labbro, indecisa e lo stesso faceva Valentino. Di certo non c'era da fidarsi, e già una volta le informazioni che avevano ottenuto si erano dimostrate errate, ma a quel punto non avrebbe più potuto tirarsi indietro: sarebbe stato un insulto alla memoria di Elia, che come loro sosteneva l'esperimento.

Valentino abbassò la bacchetta.

La creatura parve sorridere. Avanzò verso di loro, lasciando cadere la testa straziata del loro compagno a terra, dove rotolò per pochi secondi e si fermò, incastrata in una radice.

Il mostro, ora più visibile, aveva delle due orecchie feline, coperte da quel corto pelo biancastro. Dietro di lui si agitava la sua coda sottile, che terminava con un'altra mano.

Era, a differenza di quelle anteriori, una mano perfettamente umana.

Valentino deglutì, mentre Angela parlava.

“La r-ricompensa per la nostra offerta è...”.


NOTE DELL'AUTORE

 

Lettrici e lettori, salve.

Spero che il piccolo prologo vi sia piaciuto. Non vi preoccupate però, la lunghezza dei capitoli veri e propri andrà da un minimo di otto pagine ad un massimo di undici. Ogni tot capitoli aggiungerò un altro frammento del prologo, che vi darà un'idea più precisa sugli eventi precedenti alla storia vera e propria.

Ora però veniamo alla ciccia, alla sostanza. Perché ho voluto iniziare questa fan fiction? Fate conto che sono iscritto su EFP dal 2014 e di fanfiction, specie su Harry Potter, ne ho lette a bizzeffe.

Alcune mi sono rimaste nel cuore e di tanto in tanto le rileggo volentieri, altre, senza voler offendere nessuno, preferirei dimenticarle.

Harry Potter invece è il romanzo di formazione che ha letteralmente accompagnato la mia infanzia: in prima elementare ho letto La Pietra Filosofale e da lì in poi non c'è più stato scampo. Non so nemmeno quante volte ho letto quella saga, come immagino alcuni di voi, e ogni volta che la concludo, vorrei ricominciarla.

Chiarito questo, non mi baserò sui film, ma sul materiale originale: le Case avranno i titoli inglesi, i professori manterranno i nomi originali e cercherò anche di rispettare ogni spiegazione di Zia Joanne sul suo mondo magico. Nono ci saranno nemmeno resurrezioni: Albus, Fred, Tonks e Lupin sono andati. Nelle guerre i buoni muoiono come i cattivi. Attingerò di tanto in tanto al materiale di “Animali Fantastici”, ma non ci sarà nulla di eccessivamente importante.

La storia inoltre sarà incentrata su personaggi originali ispirati ai caratteri di persone che ho avuto la fortuna e la sfortuna di incontrare, travestiti da maghi e streghe. Si parlerà di Arti Oscure ragazzi, e ci si farà un sacco di male.

Non vi risparmierò scene cruente, perchè non vi nascondo che i protagonisti di questa storia sono molto più grigi di Harry, Ron ed Hermione, né altre sequenza narrative più appassionate e fisiche. Si parla comunque di ragazzi nel pieno dell'adolescenza, che non possono fare a meno di pensare alla scoperta del proprio corpo, del piacere e alla ricerca dell'amore.

Se avete letto che c'è la coppia Draco/Hermione e vi aspettate una storia incentrata su loro due che si ricattano, che scommettono o che stravolgono i loro caratteri, potete chiudere tutto e passare ad altro. Non ci sarà una versione di Hermione sottona, né un Draco tutto fronzoli e redenzione.

Si parte dalla fine della Seconda Guerra Magica, si parte dal dolore e dalle macerie. Si parte dal rancore.

Lei ha perso poco di suo, ma ha visto molte persone vicine a chi amava morire. Ha visto Harry trascinato da Hagrid e ha pensato che fosse finita. Ha distrutto persino parte dell'anima di Riddle nella Camera dei Segreti. Non può più essere l'esuberante Hermione che alzava sempre la mano in classe dal primo al sesto anno.

Draco invece è sempre stato tremendamente sfortunato. Lo si potrebbe definire lo specchio in negativo di Harry: ha dei genitori, che però sono due razzisti e sostengono un uomo crudele e maligno, ha molti seguaci nel suo dormitorio, ma pochi amici sinceri, ha avuto l'opportunità di mettersi alla prova, solo per tirare fuori il peggio di sé e anche quella volta non è riuscito ad essere davvero un cattivo. Persino Narcissa può essere una Lily in negativo.

Zia Joanne ha davvero il pallino per le madri.

Sarà merito di Tom Felton, ma sono sempre stato affascinato da Draco.

Non ho perdonato a Zia Joanne il non avergli mai dato un vero arco di redenzione. Ho sempre pensato che se lo meritasse, a differenza di molti mangiamorte.

Tocca anche parlare di Ronald Weasley. Lui è il mio tallone d'Achille.

Lo so che è simpatico e sa essere coraggioso, come so che senza di lui Harry sarebbe congelato in una pozza d'acqua gelida in una non meglio determinata zona della Gran Gretagna. Lo so.

Però io lo detesto. Insensibile, pigro, poco brillante, buono solo ad emozionarsi per lo sport o a limonare Lavanda. Quando ho letto “19 anni dopo” volevo morire. Lui ed Hermione? Non l'ho mai accettato. Non intendo trasformarlo in un violento, in un bastardo e un pezzente, come ho visto fare anche a molti autori che stimo su questa piattaforma, ma lui con Hermione non avrà più che una bella amicizia.

Quindi abbiamo un personaggio che ha bisogno di luce, un personaggio che ne emana manco fosse un faro e un tipo che non c'entra nulla.

 

Fatte queste premesse, vi invito a passare al prossimo capitolo.

 

Buona vita,

Herma.

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Capitolo 2
*** Capesante gratinate ***


ATTO I “ANTIPASTI”

Capitolo 1 “Capesante gratinate”

Imperio è per l'inglese che cucina troppo la pasta,

Crucio lo merita quello che l'umore ti guasta,

l'Avada Kedavra per freddare i razzisti dai denti gialli

in pasto al Basilisco quelli che fan troppo i galli.

 

Valentino stava ripetendo questa filastrocca da una mezz'ora buona. L'avevano inventata in cinque minuti lui e sua sorella, che lo aveva salutato di fronte alla barriera del treno Nove e Tre Quarti.

Per essere una quattordicenne, Agata ci sapeva fare. Al suo posto avrebbe maledetto la loro adorata madre fino a farle cambiare idea, fino a farle uscire dalla testa questo intento assurdo.

Uno studente dell'Accademia Profonda, un italiano, mezzosangue per giunta, obbligato a passare il suo ultimo anno in Inghilterra, insieme a dei veri inglesi!

In un paese retrogrado come quello, in cui le Arti Oscure non solo erano mal viste, ma anche illegali.

Valentino frugò fra le tasche piene di pacchetti di caramelle gommose, fino a trovare finalmente un fazzoletto. Ci vollero due minuti prima di essersi asciugato tutto il sudore che si ostinava a colare dalla sua fronte.

Aveva sempre odiato sudare.

Probabilmente a questi idioti non insegnavano nemmeno il latino, Cristo Santo!

Sarebbe stato costretto ad agitare la bacchetta come uno zotico, pronunciando formule senza studiarle davvero, sperando in una scintilla o due. Nella lettera che aveva ricevuto dalla preside di Hogwarts, tale Minerva (che razza di genitori devi aver avuto per farti chiamare come la dea della saggezza e delle arti militari?) McGonagall, che nella sua testa era già diventata la “Mcgera”, gli aveva esplicitamente vietato di usare anche un solo incantesimo oscuro in terra inglese e ancor più fra le mura scolastiche.

Gli aveva consigliato di seguire Antiche Rune, che dal programma sembrava ricordare Filologia Magica, corso obbligatorio fino al settimo anno all'Accademia Profonda di Venezia, Difesa contro le Arti Oscure, come se non ci fosse un modo più efficace delle stesse Arti Oscure per contrastarle, Trasfigurazione, che sembrava uguale alla quella che aveva seguito fin'ora, Pozioni, Incantesimi e Artimanzia, una simpatica ladrat... trovata inglese che prevedeva della basi di lingua magica per eseguire alcuni piccoli incantesimi per prevedere il corso degli eventi.

Tanto valeva rivolgersi ad un centauro, maledizione!

L'italiano si lasciò affondare sul sedile fin troppo morbido del treno e osservò la stazione fuori dal finestrino opaco.

Ma guarda un po', pioveva.

Che paese del cazzo.

La sua annoiata contemplazione venne interrotta da un rumore alle sue spalle.

“Non ci posso credere! Marchetti, anche tu su questo macinino?”.

Valentino Marchetti si girò, attirato dalla domanda posta in un italiano madrelingua.

“Angela Doragon!”.

L'italiano ringrazio la dea bendata: non era il solo costretto ad affrontare quel calvario.

Angela era una ragazza abbastanza alta, almeno un metro e settantacinque, dai ricci capelli castano scuro, un ghigno perenne stampato sul viso e grandi occhi marroni.

Valentino ed Angela avevano frequentato insieme sei anni di Accademia e il loro rapporto era più che amichevole.

Angela era la persona più brillante che Valentino avesse mai incontrato, sempre prima dei corsi, meno quello di Arti Oscure, energetica, spiritosa e pronta alla burla. Saperla in viaggio con lui riempì di felicità il cuore dell'italiano.

“Ange, che ci fai qui?”. chiese, ancora stupito, il ragazzo.

“Lo stesso che ci fai tu, temo”.

Angela chiuse la porta dello scompartimento e lasciò il suo baule a terra, prima di stravaccarsi su un sedile.

“Mio padre ha letto quello stupido annuncio e mi ha iscritta”.

Valentino digrignò i denti. Quello stupido annuncio, Angela aveva detto bene.

Dopo la morte di questo Lord Voldemort, una specie di esaltato della purezza del sangue, e dopo la battaglia servita a sconfiggere lui e i pazzi che lo seguivano, le fila degli studenti di Hogwarts sembravano essersi ridotte parecchio, sopratutto quelle dell'ultimo anno di studi: il settimo.

La Mcgera quindi aveva pensato bene di far pubblicare su diversi quotidiani magici esteri un invito ad ogni studente con una buona padronanza della lingua inglese ad eseguire un cambio d'Istituto.

“Un'esperienza che formerà i vostri figli”.

Ad Elena Marchetti, la Madre di Valentino, non era servito altro. In due giorni scarsi, poco prima dell'inizio delle lezioni a Venezia, Valentino si era trovato catapultato in un aereo verso Londra.

“Beh, dato che qui non potremo nemmeno dire “Imperio” senza essere schiantati, sarai in assoluto la prima della scuola”. La incoraggiò Valentino.

“Non ne sarei troppo sicura. Ho appena sentito una ragazza dai capelli rossi scommettere con un tipo dall'aria poco attenta che una certa Granger prenderà il massimo a tutti i MAGO a fine anno. Io francamente non mi ammazzerei di studio fino a questo punto”. Rispose Angela, con aria vagamente annoiata.

Valentino scosse la testa, sconsolato. Un'altra studentessa più in gamba di lui.

“Poi non buttarti giù, Val. Solo perché non hai trasfigurato quell'armadio in un orso l'anno scorso...”.

“Non fammene parlare, Doragon. Ci ho messo un mese ad arrivare al tuo livello con Trasfigurazione, quest'estate”. Ribatté Valentino.

“Hai davvero passato del tempo sui libri quest'astate?”. Chiese divertita Angela, ottenendo un gestaccio come risposta.

“Non sono un genio come te, Ange. Noi persone normali studiamo, se vogliamo essere promossi”.

“Non posso saperlo, Marchetti”. Angela gli fece l'occhiolino.

Lui sbuffò di rimando.

“C'è altra gente dalla terraferma la fuori?”. Chiese l'italiano dopo qualche secondo.

Angela si posò la mano sulla fronte, con aria sconfortata.

“Ecco, non ti piacerà”.

“Sansone Mari? Quello non sa nemmeno come si chiama, figurati l'inglese!”.

Angela scosse la testa.

“Erica? No, aspetta... Andrea? La Maria Maregnolo?”.

“Entrambi”. Confermò l'amica “Ma manca ancora qualcuno”.

“Ma che diavolo è preso a tutti? Si è trasferito mezzo anno di Accademia!”. Valentino si fissò nella memoria di scriverlo a sua madre. Magari con questa consapevolezza lo avrebbe lasciato tornare a casa.

“Ci sono anche l'altra Maria...”. “Non è possibile!”. “..e Leonardo”.

Era calato un silenzio assordante nella cabina. La situazione tra Valentino e Maria era problematica, ma tutto sommato era felice che ci fosse un'amica in più con lui.

Leonardo Peravelli era un'altra questione.

“Sei... Sei sicura, Ange?”. Chiese Valentino, con una voce vagamente tremante.

“Al cento per cento. L'ho visto attaccare boccone con un ragazza dai capelli biondo sporco e l'espressione svampita. L'avrà puntata”.

Il ragazzo scosse la testa. Sarebbe stato un disastro, un'autentica catastrofe.

C'erano anche entrambe le Maria, Repardi e Maregnolo. Ne avrebbero viste delle belle.

Fu in quel momento che le porte dello scompartimento si aprirono di scatto, mentre il rumore che emetteva il treno faceva presagire la loro partenza.

“Possiamo sederci?”.

Tre ragazzi e due ragazze erano comparsi davanti al duo di italiani.

Il ragazzo che aveva aperto la porta era alto, di colore, muscoloso, dai capelli corti, con un paio di occhi nerissimi.

Il secondo invece era secco e basso. Portava dei capelli lunghi e scuri, molto disordinati e aveva degli occhi verde smeraldo.

Il terzo era di gran lunga il più interessante: alto come il primo, ma magro come il secondo, pelle di un bianco perlaceo, lineamenti estremamente spigolosi e capelli tanto biondi da sembrare bianchi. I suoi occhi erano grigi e sembravano fatti di pietra.

Le ragazze, come il loro compagni, erano estremamente differenti.

Una era l'incarnazione del canone di bellezza nordico: fisico slanciato, forme delicate ma non per questo meno accattivanti, due occhi azzurri come il più sereno dei cieli e una chioma liscia e biondissima.

Lo stesso non si poteva dire della sua amica: alta, molto più della bionda, dai lineamenti forti. Nonostante la ragazza avesse le curve al punto giusto, il naso all'insù e gli occhi piccoli e scuri la facevano somigliare ad un anatroccolo. Aveva dei capelli castani, davvero molto lunghi. A colpire Valentino furono le sue labbra carnose e la bizzarra macchia di lentiggini che circondava il suo naso.

Di una bellezza bizzarra, tutt'altro che banale.

Il ragazzo pallido squadrava la coppia di italiani con diffidenza, come se temesse un'improvvisa aggressione.

Valentino scoccò un'occhiata sospettosa verso Angela, trovando subito conferma dei suoi sospetti.

La sua amica storica stava fissando ad occhi sbarrati il ragazzo di colore. Angela aveva un debole per ragazzi ben formati e dallo sguardo profondo.

L'italiano le pesto il piede, scoccandole un'occhiataccia.

Angela si riscosse.

“Certo, sedetevi pure”. La ragazza si spostò affianco a Valentino, per permettere ai nuovi arrivati di sedersi.

La risposta sembrò stupire gli intrusi.

“Siete stranieri?”. Chiese la ragazza dalle labbra carnose, indicando i loro vestiti babbani.

Valentino vestiva con un completo di uno stilista che gli stava particolarmente a cuore, tra camicia, gilet e pantalone a cinque tasche, con ogni capo con una sfumatura di blu diversa. Angela invece indossava una gonna lunga verde scuro e una camicia molto larga, di taglio coreano, di un azzurro scuro.

I cinque inglesi erano già in uniforme. Indossavano delle tuniche nere, mantelli neri e scarpe lucide, rigorosamente nere. Gli unici accenni di colore erano le camicie bianche e le cravatte, a strisce verdi e argentee.

Angela imbarazzata, annuì e ridacchiò, facendo ripartire quella serie di sguardi sospettosi e preoccupati.

“Ho un così brutto accento?”. Chiese poi la ragazza.

“No, affatto”. Rispose la bionda e si sedette vicino a lei assieme alla sua amica, mentre i tre ragazzi si disposero di fronte a loro.

Valentino aveva di fronte il ragazzo pallido, che non smetteva di fissarlo, cercando un'inesistente trappola nella loro disponibilità.

“ Piacere,” Osò Valentino “io sono Valentino Marchetti, italiano”.

Tese la mano al ragazzo pallido, che dopo un attimo di titubanza, la strinse.

“Draco Malfoy” Gli rispose quello, seguito subito dal moro e dal ragazzo smilzo.

“Blaise Zabini”.

“Theodore Nott”.

“Io sono Daphne, Daphne Greengrass e lei è...”. Stava annunciando la bionda.

“Sono Pancy Parkinson. So parlare, grazie Daphne”.

La risposta fu talmente acida e rapida che Vantino ed Angela si irrigidirono.

Questi ragazzi sembravano usciti da un catalogo di bellezza, ma in quanto a stabilità emotiva la strada era ancora lunga.

“Vi hanno già detto come vi smisteranno?”. Chiese Zabini, per spezzare l'evidente tensione.

Angela e Valentino si guardarono smarriti.

“Smistati?”. Chiesero insieme.

Finalmente il biondo si concesse un sorriso, seppur sarcastico.

“La McGonagall non ve l'ha scritto. Ad Hogwarts ci si divide in case: Slytherin, astuti e ambiziosi, GryffIndor, coraggiosi e davvero, davvero stupidi, Ravenclaw secchioni e con la testa tra le nuvole e Hufflepuff, gente leale e parecchio noiosa”.

Angela e Valentino sorrisero.

“Quindi voi siete Slytherin”. Concluse l'italiano, ammiccando a Malfoy.

“Precisamente”. Sogghignò quello.

“Draco è un'idiota, ma sì, siamo tutti Slytherin qui”. Confermò Theodore.

“Hai capito Angela. Probabilmente tu finirai con loro, o a Ravenclaw”. Scherzò Valentino.

“Perché, tu pensi di finire a Gryffindor?”. Chiese Pancy, con una nota ostile nella voce.

“Mi hai frainteso.” Scosse la testa Valentino “Io non so fare nulla in particolare, almeno non qui. Finirò di sicuro ad Hufflepuff”.

La battuta di Valentino provocò un attacco di ilarità generale, che spinse gli Slytherin a ridere, Malfoy compreso.

“Che puttanata, Marchetti.” Lo bacchettò Angela”Conosco poche persone più furbe ed ambiziose di te. Sei l'opportunista più modesto che abbia mai avuto la sfortuna di incontrare”.

“Certo, dopo l'opportunista super ambiziosa che vedi allo specchio tutte le mattine, io sono il secondo di diritto. Te lo concedo”. Le rispose l'amico.

La chimica tra i due fece sciogliere un po' gli Slytherin, che iniziarono finalmente a pesare meno le parole.

“Sembrate conoscervi bene, voi due”. Intuì Zabini.

“Già”. Risposerò insieme.

“Siamo compagni di classe da sei anni”. Aggiunse l'italiana.

“E siete... state insieme? Fate il viaggio di studio come coppia?”. Chiese Pancy, che lanciava ad entrambi sguardi curiosi.

Sta volta toccò ai due italiani ridere.

“Gli piacerebbe”. Cercò di dire Angela, tra un singhiozzo e l'altro.

“Verissimo”. Confermò Valentino “Quante volte l'ho detto, Angela? Io e te siamo fatti per stare insieme!”.

La sua espressione faceva trasparire tutto meno che serietà.

“Siamo amici, dei buoni amici”. Chiarì Angela.

“Voi invece?”. Chiese Valentino, curioso di conoscere meglio quei cinque.

Fu Nott a rispondere, fissando Malfoy con un forte sentimento, forse... orgoglio?

“Io sto con Pancy, mentre Draco, Daphne e Blaise sono liberi”.

Pancy annuì, con aria un po' stufa, come se questo teatrino si fosse già ripetuto molte volte.

Angela posò di nuovo il suo sguardo interessato su Blaise, attirando un altro pestone di Valentino.

“Crist... Mah, magari riuscirete a trovare una ragazza a questo rovina famiglie!”. Sibilò, irritata.

“Scusa?”. Chiese Daphne, incuriosita, mentre Valentino si faceva piccolo piccolo nel suo sedile e il finestrino.

“Ah, Daphne, quest'uomo è perseguitato dalla sfortuna. Ogni ragazza con cui ha un interesse amoroso risulta in seguito essere occupata con un ragazzo molto più grosso e muscoloso di lui”.

Di nuovo, tutti risero, meno Nott, che gonfiò il petto, cercando di apparire più imponente.

Valentino si mise le mani tra i capelli, occhi puntati a terra.

“Non è colpa mia, ve lo giuro”.

Il suo tono sembrava davvero disperato.

“Io sono quasi sempre l'ultimo a saperlo”.

“Ma il primo a prenderle”. Aggiunse Angela, come colpo di grazia.

Valentino mimò la sua uccisione, facendo finta d'impugnare un pugnale e “trafiggendosi” il petto.

Altre risate. Gli inglesi si guardarono tra loro. Questi italiani sembravano persone a posto.

Una musica metallica ed ovattata interruppe le chiacchiere.

Angela si affrettò a cercare tra i bagagli qualcosa..

“Ange, ma la McGonagall ci ha scritto che i dispositivi elettronici non funzionano ad Hogwarts!” Protestò Valentino, di fronte al Nokia 9000 che l'amica stava estraendo dal suo baule.

Gli Slytherin alzarono lo sguardo, come di fronte ad un oggetto terribilmente misterioso.

Angela alzò le spalle e rispose alla chiamata.

“Pronto?”. Chiese.

“Oh, sì Maria. Sono con Val e altri cinque ragazzi. Tutti simpatici, sì”.

Draco stava guardando Angela come se avesse di fronte un Ungaro Spinato.

“Certo, c'è un sedile libero”.

“Cabina numero ventuno”.

Con un sospiro chiuse la chiamata e ripose il cellulare dentro al bagaglio. Solo allora si accorse dello sguardo estremamente stupito degli Slytherin.

“Tutto bene?”. Chiese, intimidita.

“Quello...”. Pancy indicò con mano tremante il cellulare “...Quello cos'è?”.

Valentino e Angela si guardarono, sbigottiti.

“Non sai cos'è un telefono?”. Chiese gentilmente Angela.

“Temo che nessuno di loro sia pratico con la tecnologia babbana”. Sibilò Malfoy.

Valentino si rivolse subito a lui con tono curioso.

“Ma tu sì, invece?”.

Draco annuì, infastidito.

“Quest'estate... un'amica mi ha dato qualche lezione, ecco. Io, Blaise, Theo, Daphne e Pancy siamo purosangue. Non abbiamo mai avuto la possibilità, né la volontà, di interessarci a queste cose”.

“Bizzarro” Constatò Valentino.

L'italiano iniziava ad avere un tetro sospetto. Sapeva che la maggior parte delle famiglie purosangue si erano schierate con quell'esaltato, quel Voldemort. Che questi cinque fossero in qualche modo convinti delle stesse idee che avevano ridotto in macerie Hogwarts e mezzo mondo magico inglese l'anno precedente?

Cercò di osservare meglio gli Slytherin, ma questi non sembravano mostrare segni di evidente disprezzo verso il dispositivo babbano. Sembravano piuttosto imbarazzati, in verità.

“Beh”. Cercò di spiegare Angela “I babbani usano questi affari per contattarsi a larghe distanze. Ogni cellulare può contattarne un altro, anche a enorme distanza, almeno se il suo possessore conosce il codice del altro dispositivo, quello che vuole contattare. Quando ti ci abitui è davvero comodo”.

Gli Slytherin annuirono, poco convinti.

Calò di nuovo il silenzio.

“Chi ti ha chiamato?”. Chiese Valentino all'amica.

“La Repardi. Sta girando tra i vagoni a vuoto, cercando di evitare Leo. Le ho detto che può venire qui. Spero non ci siano problemi”.

Valentino borbottò, scocciato, mentre gli altri scuotevano il capo.

Prima che Valentino potesse aggiungere qualcosa, la porta si aprì di nuovo.

Una ragazza alta, con un sorriso stanco sul volto, entrò nella stanza trascinando il suo baule.

“Valentino, Ange, vedo che vi siete già dati alla socializzazione!” Esclamò Maria.

Maria Repardi era una ragazza alta e magra, dai lunghi capelli castano chiaro, due fossette particolarmente evidenti e due enormi occhi color nocciola. Labbra sottili e un nasino all'insù che la faceva sembrare un cerbiatto.

Era davvero una bella ragazza, anche se non poteva essere paragonata alle bellezze inglesi già presenti nella cabina: due belle gambe che si univano ad una vita stretta, delle curve sode, spalle strette e braccia magrissime. Condivideva il pallore cadaverico di Malfoy.

“Piacere” Disse, dopo aver fatto un cenno di saluto ad Angela e Valentino “Maria Repardi, una compagna di questi due disagiati”.

Avanzò dritta verso Angela e senza chiedere il permesso si sedette sulle sue gambe.

Quella sbuffò, divertita.

Valentino, invece, scosse la testa.

Maria Repardi, il suo incubo dal primo anno in poi. La ragazza era stata la sua prima cotta, la prima in assoluto. Ricordava ancora quando, il primo giorno del primo anno, nella Sala Comune del Dormitorio Est, lo aveva salutato subito con entusiasmo dopo le lezioni e gli aveva spettinato i capelli con affetto, così, senza un vero motivo.

Era bastato questo. Un brivido lo aveva fatto tremare dalla testa ai piedi. Non sapeva perché o come, ma era già innamorato perso.

L'ennesima delusione di fronte a sé. Sapeva di non avere speranze: non era abbastanza bello, brillante o spiritoso per fare colpo su una ragazza del genere. Valentino era sempre stato un ragazzo razionale, un lato di lui che non era mai svanito.

Ignorò questi sentimenti per cinque anni. Lui e Maria fecero amicizia, un'amicizia superficiale, che in fondo al ragazzo bastava.

In quegli anni la ragazza non aveva fatto che diventare più bella, più entusiasta della vita. Aveva sviluppato una lingua tagliente ed un orgoglio di ferro. Non sapeva nemmeno quante volte la Professoressa Gioia avesse dibattuto, litigato e perso le staffe con Maria e l'avesse punita di conseguenza. Per sfortuna sua, e del corpo insegnanti, Maria era anche talentuosa. Certo, non spiccava in Arti Oscure come faceva lui, né nelle altre materie, come Angela, ma si manteneva sulla fascia alta della media scolastica, studiando poco o niente.

Venne il quinto anno e con lui Beatrice.

La ragazza era più grande di un anno rispetto a Valentino. L'aveva conosciuta frequentando alcuni ragazzi del sesto anno, in cerca di nuove conoscenze.

Un tale Giacomo lo aveva preso in simpatia e gli aveva presentato la sua ragazza, appunto, Beatrice.

Bassa, persino più di Nott, capelli castano scuro, a caschetto, occhi verde acqua e delle labbra sottili. La natura era stata generosa con lei, regalandole degli attributi che nessun ragazzo avrebbe potuto ignorare.

La ragazza era stata amichevole fin dal primo momento. Lo aveva letteralmente riempito di domande: chi erano i suoi genitori, come si trovasse all'Accademia, quale fosse il suo corso preferito...

Scoperta l'attrazione e il naturale talento che il ragazzo aveva per la branca più sinistra della magia, l'interesse della maga era aumentato a dismisura.

Per Valentino era stata una folgorazione. Nessuno si era mai curato di fargli tutte queste domande, ad interessarsi così tanto ai suoi gusti, alle sue esperienze.

Ne fu abbagliato.

L'italiano passo due settimane, durante le pause tra una lezione e l'altra, a parlare insieme di tutto.

Valentino si confidò completamente: i suoi problemi di autostima, il disagio che provava nell'essere così portato per la magia nera, la sua inesperienza in campo sentimentale e sessuale ed altri pensieri, più oscuri e privati.

Beatrice sembrava capirlo completamente. Gli raccontò di quanto Giacomo fosse un ragazzo abbastanza noioso, comodo per tenere lontano i disturbatori, privo di personalità e buono giusto per scaldare le coperte.

Una persona più accorta e ligia alla morale comune si sarebbe insospettita, quantomeno si sarebbe messa in guardia.

Valentino invece era completamente perso.

Da lì ci misero poco tempo a finire a letto insieme. Il ragazzo si sentiva bene come mai lo era stato: era desiderato, per la prima volta in vita sua.

I mesi successivi però, sarebbero stati un inferno.

Beatrice insisteva nel voler mettere alla prova l'abilità del ragazzo nelle Arti Oscure, senza le precauzioni delle aule scolastiche. Le conseguenze furono dolorose per entrambi.

I risultati più pratici erano le contusioni, ustioni e i tagli che aumentavano di giorno in giorno.

Valentino, ancora una volta, si riteneva entusiasta. Nonostante il dolore, pensava di non poter meritare di meglio.

Ad aiutarlo, però, fu proprio Maria Repardi.

Si accorse, durante una lezione di Volo, il corso meno amato da Valentino, di una serie di cicatrici a malapena rimarginate sui suoi avambracci.

La ragazza lo affrontò, senza mezzi termini. Lo obbligò a farsi dire tutto.

Maria sembrava capirlo, in modo diverso da Beatrice. Capiva l'insoddisfazione, il desiderio di abbandonarsi al dolore, l'accontentarsi di un palliativo invece che sperare nella felicità.

Non lo giudicò, ma insistette nel ricevere resoconti precisi di tutti gli incontri con Beatrice.

Valentino iniziò a sentirsi in colpa quando la ragazza, ascoltando un sunto piuttosto violento di un suo incontro con Beatrice, dove entrambi avevano fatto uso sull'altro della Maledizione Imperius, aveva tentato di abbracciarlo, in un eccesso di compassione. I tagli che nascondeva sotto la camicia bruciarono e l'italiano, per istinto, l'aveva allontanata.

La comprensione negli occhi di Maria, seguita dal dolore e dal senso di colpa, gli avevano aperto una ferita nel cuore.

I sentimenti che aveva cercato di soffocare riaffiorarono, turbinosi e confusi.

Dopo un mese da quel giorno, Valentino interruppe la sua frequentazione con Beatrice, a onor del vero, non solo a causa del suo affetto per Maria, ma anche perché il risultato di uno dei loro esperimenti aveva lasciato un'ustione particolarmente odiosa sul suo braccio destro, che nemmeno le cure della Signoria Grazia erano riuscite a rimuovere. Beatrice accettò controvoglia la sua decisione.

I mesi seguenti non furono migliori.

Valentino aveva sottovalutato l'influenza di Beatrice, il potere sadico che aveva il dolore, il fascino delle Arti Oscure praticate senza limiti, senza alcuna precauzione.

Iniziò ad esercitarsi con le Imperdonabili da solo Prima Imperio, per disciplinarsi, per obbligarsi a studiare per delle materie che non lo entusiasmavano.

Poi fu il turno della Maledizione Cruciatus. Diventò talmente bravo nel subire in silenzio quel dolore da riuscire a non gemere.

Maria lo scoprì comunque e minacciò Valentino. Si sarebbe maledetta ogni volta che lui avesse provato a torturarsi di nuovo.

Valentino tentò di sfruttare questo ricatto per smetterla, ma dopo poco ci ricascò.

Maria non lo fece assistere, ma le camminate un tempo decise della ragazza si fecero tremolanti e anche lei, sempre affettuosa, iniziò ad evitare gli abbracci.

Successe altre tre volte. Alla fine, Valentino era dilaniato così tanto dal senso di colpa che esercitò un Imperio su sé stesso così forte, da imporsi di smettere nella maniera più assoluta.

Il 24 Aprile 1997 è ricordato da Valentino come il giorno più bello della sua vita. Il Professor Giordano, insediato da anni alla cattedra di Arti Oscure, organizzò una dimostrazione di fronte alla scuola di alcuni studenti selezionati, tra cui Valentino e Maria.

Avrebbero evocato insieme l'Ardemonio.

Erano tutti tesi, Maria e Valentino compresi, ma fu un successone.

Erano tutti talmente entusiasti che si misero a saltare, a ritmo degli strumenti magicamente animati dal professor Giordano, che sprizzava orgoglio da tutti i pori.

Anche Valentnio si lasciò prendere dall'euforia e si mise, forse scioccamente, data la sua debolezza dovuta alle maledizioni che si infliggeva fino a poco tempo prima, a saltare, cantando con i suoi compagni.

Fece un movimento sbagliato mentre piegava la gamba sinistra e con un schiocco la sua rotula si dislocò.

Maria, dimentica dei medimaghi della scuola, si lanciò in soccorso dell'amico e presa dal panico, dopo le ore di tensione precedenti, le loro vicissitudini dei mesi scorsi, e la preoccupazione del momento, lo baciò.

Ne se ne accorse nessuno, presi com'erano dai festeggiamenti, ma Valentino amava ricordare quel momento quando si rimboccava le coperte, prima di andare a letto.

Il resto fu storia: durante l'estate e l'anno scolastico successivo i due si frequentarono, senza mai ufficializzare nulla. Il loro rapporto era di fatto troppo instabile, presi com'erano entrambi da sbalzi d'umore, pesanti differenze d'opinione e di valori.

Ebbero comunque dei momenti molto belli, alcuni indimenticabili, almeno per Valentino, ma l'arrivo di una nuova fiamma, un membro della Classe B, Leone Pauza, un ragazzo oggettivamente più bello, gentile e maturo di quanto Valentino sarebbe mai potuto essere, distrusse le ceneri di un rapporto che stava già andando verso una fine inevitabile. Nel frattempo Valentino era cresciuto e grazie all'esperienza con Beatrice era riuscito ad ottenere qualche successo, almeno in campo sessuale. Iniziò, di fronte all'impossibilità di poter essere ricambiato completamente, a sviluppare un insano disgusto verso le relazioni. Aveva iniziato a trovare davvero stupide ed irrazionali le persone che si affidavano ad un sentimento confuso come l'amore per creare la base di un rapporto teoricamente destinato a perdurare.

I due provarono persino ad impegnarsi nel mantenere un rapporto d'amicizia, ma per Valentino era impossibile passare del tempo con Maria senza pensare ai tempi passati e paragonarli a quelli presenti.

La storia della loro amicizia scorreva nella mente di Valentino, veloce come la luce, mentre la ragazza gli scoccava unno sguardo scherzoso.

“Maria, sei ingrassata”. Constatò Angela con tranquillità.

In tutta risposta Maria fece un piccolo salto, assestando ad Angela un bel colpo di fianco, che la fece sbuffare.

“Ragazzi, Maria. Maria questi sono Theodore, Draco, Blaise, Daphne e Pancy”. Ripeté Valentino con pedanteria.

“Piacere!”. Esclamò Maria, sorridendo come una bambina.

“Il piacere è mio”. Disse Blaise, con voce galante.

“Non solo tuo... Blaise, giusto?”. Rispose quella.

Valentino distolse lo sguardo. Maria poteva fare quello che voleva con i ragazzi, ma flirtare di fronte a lui gli sembrava un po' di cattivo gusto. Era esattamente ciò che avrebbe voluto evitare.

Si concentrò nel suo riflesso, mentre Maria faceva conoscenza dei vari Slytherin nella cabina.

Non era un brutto ragazzo, ma nemmeno bello: i capelli mossi si erano dimostrati immuni al potere di qualsiasi pettine, e si aggrovigliavano in boccoli disordinati ad un lato e l'altro del suo viso. I suoi lineamenti erano molto sottili, come le sue labbra, del resto. Il suo mento invece era anche troppo ampio, almeno rispetto al rombo che si ritrovava al posto della faccia.

Anche lui era pallido, perché passava parecchio tempo sui libri e non usciva spesso, ma non somigliava ad un cadavere come Maria o Malfoy.

Gli occhi erano l'ennesima nota stonata: era strabico, non in modo esagerato, ma abbastanza da doversi sorbire prese in giro e osservazione fastidiose. Almeno il colore si salvava; aveva degli occhi celesti, sporcati di grigio e verde.

Se almeno funzionassero come si deve, quei dannati occhi, sarebbe davvero stato il massimo.

Quando anche Pansy si presentò alla Repaldi, Valentino si decise a concentrarsi sulla conversazione.

“Comunque...”. Esclamò Maria, rivolgendosi agli ex compagni di scuola “Avete saputo dello smistamento? Io ho sentito Leo dire che sarebbe sicuramente finito a Raven- non so che cosa!”.

“Questo Leo ha pessimi gusti”. Decise Daphne.

“Assolutamente”. Concordarono i tre italiani.

“Come funziona lo Smistamento?”. Chiese la Repaldi alle Serpi.

“Oh”. Blaise si concesse un sorriso maligno.

“Lo scoprirete”. Gli fece eco Malfoy, che imitò il ghigno, tanto bene da far pensare agli italiani che fosse solito ad avere quell'espressione in viso.

“In realtà non è nulla di che”. Si intromise Pancy, smorzando i toni dei compagni.

“Dovrete semplicemente indossare il Cappello Parlante. Al resto penserà lui”. Confidò Daphne.

Draco e Blaise sbuffarono, vedendo il loro scherzo sfumare.

“Il Cappello Parlante?”. Chiese Angela, estremamente incuriosita.

“Oh sì”. rispose Nott “Proprio il Cappello Parlante...”.

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Capitolo 3
*** Casatiello napoletano ***


ATTO I “ANTIPASTI”

Capitolo 2 “Casatiello napoletano”

Continuarono a parlare per tutto il tragitto, parlando dell'istruzione magica in Inghilterra e in Italia. Furono gli Slytherin a riconoscere le montagne che circondavano il Castello, e avvisarono gli italiani di cambiarsi,

Valentino era molto più tranquillo. Sembrava che, seppur privato della sua materia preferita, si sarebbe goduto un anno tranquillo con delle persone simpatiche.

Arrivati alla fermata del treno, dopo aver fatto promettere ai cinque Slytherin che sarebbero rimasti in contatto con gli italiani anche se questi ultimi fossero finiti a Gryffindor, si separarono da loro.

Valentino, che aveva lo stomaco chiuso per l'emozione. Si accorse che anche Angela sembrava un po' impallidita, a differenza di Maria, che sembrava elettrizzata.

Uscito da treno, Valentino rabbrividì all'aria gelida della notte. Poi, sopra le teste degli studenti, si accese una luce, e gli italiani udirono una voce roca e profonda “Primo anno e studenti dall'Estero!

Da questa parte!”.

I tre alzarono lo sguardo.

Un faccione peloso e sorridente sopra il mare di teste agitava la lanterna per attirare a sé gli studenti. Il faccione apparteneva all'uomo più gigantesco che Val avesse mai visto: criniera di capelli lunga e scomposta, barba incolta e aggrovigliata e piccoli occhi che scintillavano come piccoli scarafaggi sotto quel pelame.

“Coraggio seguitemi.... Santo Cielo! Quanti studenti grandicelli... c'è qualcun altro del primo anno?

No? Mi raccomando, state attenti a dove mettete i piedi. Seguitemi!”.

L'omone stava conducendo una fila di studenti giù per un sentiero stretto e ripido.

I tre si guardarono negli occhi per un secondo e si avviarono.

Scivolando e incespicando, seguirono l'omone giù per il sentiero. Da entrambi i lati il buio era così fitto che Val pensò che la stradina fosse fiancheggiata da folti alberi.

Nessuno aveva molta voglia di parlare.

L'italiano sentì e vide un ragazzino del primo anno tirare su col naso un paio di volte.

“Fra un attimo vista panoramica di Hogwarts!”. Annunciò l'omone, parlando da sopra la spalla.

“Ecco, dopo questa curva!”.

Ci fu un coro di “Ohhhh”.

Persino Valentino si lasciò sfuggire un sospiro stupito.

Lo stretto sentiero si era spalancato all'improvviso sul bordo di un grande lago nero. Enorme, in cima ad un'alta montagna sullo sfondo, con finestre luminose che brillavano sotto il cielo pieno di stelle, si stagliava il castello, ricco di torri e torrette.

“Dio Santo”. Angela sembrava emanare una luce tutta sua. Aveva gli occhi puntati su quell'antichissima roccaforte di magia.

“Non più di quattro per battello” avvertì il gigante indicando una flotta di piccole imbarcazioni in acqua, vicino alla riva. Maria, Valentino e Angela presero subito posto, assieme al timido ragazzo che aveva tirato su con il naso qualche istante prima.

“Tutti a bordo?” chiese l'omone, che aveva una scialuppa personale. “Bene... SI PARTE!”.

E le barchette si staccarono da riva, scivolando sul lago liscio come il vetro. Tutti tacevano, lo sguardo fisso sul grande castello che li sovrastava. Torreggiava su di loro, man mano che si avvicinavano alla rupe su cui era stato costruito.

Era indubbiamente uno spettacolo. Val capiva perché la Mcgera avesse fatto viaggiare anche i nuovi studenti del settimo anno con queste imbarcazioni e non via terra.

La preside inglese voleva dimostrare di che pasta era fatta la sua scuola e senza ombra di dubbio, ci era riuscita.

“Giù la testa”. Gridò l'omone quando le prime barche raggiunsero la scogliera; i ragazzi obbedirono e i battelli li trasportarono una cortina d'edera che nascondeva una grande apertura sul davanti della scogliera. Poi attraversarono un longo tunnel buio, che sembrava portare sotto il castello, e infine arrivarono ad una sorta di porto sotterraneo dove il gigante gli disse di arrampicarsi tra gli scogli e i sassi.

L'uomo aiutò Val quando quello stava per scivolare lungo una delle rocce lisce e bagnate.

“Ehi tu, sta più attento”. Lo ammonì.

Maria e Angela scoccarono un'occhiata rassegnata al goffo amico.

Poi si arrampicarono lungo un passaggio nella roccia, preceduti dalla lampada ad olio della loro guida. Alcuni ragazzi che venivano dall'estero, compresi i tre gli italiani, sfoderarono le bacchette e illuminarono la via, suscitando lo stupore degli studenti del primo anno.

Finalmente emersero sull'erba morbida e umida, proprio all'ombra del castello.

Salirono la scalinata di pietra e si affollarono davanti all'immenso portone.

“Ci siamo tutti? Bene, bene... Ora busso, eh, voi state attenti a non scivolare” Disse scherzoso, canzonando un ormai paonazzo Valentino.

Alzò il suo pugno gigantesco e bussò tre volte sull'immenso portone della scuola.

Questo si spalancò all'istante. Davanti c'era una strega alta, dai capelli corvini, vestita di un verde smeraldo. Aveva un molto molto severo e il primo pensiero di Val fu che questa persona non fosse davvero il caso di contrariarla.

“Ecco qua gli allievi del primo anno e quelli nuovi del settimo, Preside” Disse l'omone.

“Grazie Hagrid. Da qui in avanti li accompagno io” gli rispose gentilmente quella che Val intuì dover essere la famosa Mcgera.

Spalancò la porta.

La sala d'ingresso era enorme e avrebbe potuto contenere un'abitazione babbana tutta intera. Le pareti di pietra grigia erano illuminate da torce fiammeggianti, il soffitto era talmente alto che si scorgeva a malapena e di fronte a loro una sontuosa scalinata in marmo conduceva ai piani superiori.

I ragazzi seguirono la professoressa McGonagall calpestando il pavimento, un capolavoro di lastre di pietra levigata e udirono il brusio di centinaia di voci provenire da una porta a destra - il resto della scolaresca doveva essere già arrivato - ma la professoressa McGonagall li condusse in una saletta vuota, oltre la sala d'ingresso. Ci si assieparono dentro, molto più pigiati di quanto normalmente avrebbero fatto, guardandosi intorno tutti nervosi, studenti del primo e del settimo anno, senza esclusioni.

‘Benvenuti a Hogwarts’ disse la preside McGonagall. ‘Il banchetto per l'inizio dell'anno scolastico avrà luogo tra breve, ma prima di prendere posto nella Sala Grande, verrete smistati nei

vostri dormitori. Lo Smistamento è una cerimonia molto importante, perché per tutto il tempo che passerete qui a Hogwarts, il vostro dormitorio sarà un po' come la vostra famiglia. Frequenterete le

lezioni con i vostri compagni di dormitorio, dormirete nei locali destinati al vostro dormitorio e passerete il tempo libero nella sala di ritrovo del vostro dormitorio.

I quattro dormitori si chiamano Gryffindor, Hufflepuff, Ravenclaw e Slytherin. Ciascuno ha la sua nobile storia e ciascuno ha sfornato maghi e streghe di prim'ordine. Negli anni scorsi era usanza che ogni infrazione, come ogni risultato positivo portassero punti alla propria casa d'appartenenza, permettendo alla prima di vincere la Coppa delle Case. Ci siamo resi conto, pero, dopo gli infausti eventi che hanno avuto teatro qui, pochi mesi fa, che non sia il caso di portare avanti questa tradizione. Per troppo tempo questa scuola ha spronato gli studenti delle quattro case a rivaleggiare. Sarà un anno di cambiamenti, questo. Ora mi rivolgo a voi, studenti tanto coraggiosi o curiosi da aver voluto passare il vostro ultimo anno di studi tra queste mura...".

Molti alunni alzarono la testa, concentrarti sulle parole della donna.

"Veniamo da mondi e tradizioni diverse. Alcuni di voi praticano abitualmente magia che qui è proibita, come altri invece non sono soliti a sfruttare le branche della magia che insegniamo qui. Prendete le mie parole come un consiglio e una preghiera: non sentitevi in gabbia, o,ancor peggio, in pericolo. Forse troverete ad Hogwarts molto più di qualche incantesimo. Vi ho chiesto di accorrere alla mia scuola non solo per i luttuosi eventi che hanno sconvolto questo castello, come tutto il mondo magico inglese, ma anche perché imparare e conoscerci fra noi, fra maghi di diverse nazioni, è l'unico modo per evitare che certe tragedie si ripetano. Accettiamoci ed impariamo.

Detto questo una nota va fatta per gli studenti di Dumstrang qui presenti, come per quelli dell'Accademia Profonda. Usare in Inghilterra e in questo castello un solo incantesimo oscuro provocherà la vostra espulsione immediata. Nulla di più, nulla di meno. Fin troppa Magia Oscura è stata praticata qui, nelle aule,nei saloni e sugli studenti, l'anno scorso. Non tollererò infrazioni”.

I muscoli di Valentino si tesero e sentì anche diverse imprecazioni soffocate in qualche lingua slava.

“La cerimonia dello smistamento inizierà tra pochi minuti, davanti

a tutti gli altri studenti. Nell'attesa, vi suggerisco di farvi belli più che potete”.

Molti studenti si passarono le mani tra i capelli, o si misero a lisciare con nervosismo le pieghe dell'uniforme e del mantello.

"Tornerò appena saremo pronti per la cerimonia" Disse la Preside. "Vi prego di attendere in silenzio".

Uscì dalla stanza, facendo svolazzare il mantello colorato.

“Hai sentito, Marchetti, niente porcherie, quest'anno”.

Una voce imperiosa e bassa, che Valentino conosceva bene, lo costrinse a girarsi.

Leo era più basso di Val di almeno cinque centimetri, ma aveva le spalle leggermente più larghe, come le braccia e le gambe, che erano più muscolose di quelle di Valentino.

Portava sempre un taglio militare e aveva due intensi occhi scuri. Una mandibola squadrata e due labbra piene, ma piccole, gli davano l'aspetto di un piccolo soldato. Le uniche cosa che facevano sfumare l'illusione di severità erano il naso curvo, alla strega delle fiabe e la pancetta da burrobirra che, va detto, si notava meno, coperta com'era dall'uniforme nera.

“No, Leo; niente porcherie”.

I due si guardarono in cagnesco per un po', almeno una decina di secondi, e poi scoppiarono a ridere.

Si abbracciarono subito.

“Mi dovrai aiutare a tradurre i manuali in inglese, Leo” Supplicò Val, mentre l'abbraccio dell'amico lo soffocava.

“Tu invece dovrai tenermi lontano dalla Repaldi. Guarda che l'ho vista, vicino a te” Gli sussurrò Leo all'orecchio.

Questo era il motivo per cui la presenza di Leo faceva un po' paura a Valentino.

I due avevano un bel rapporto e condividevano la stragrande quantità di opinioni. Passavano molto del loro tempo a studiare insieme e discutere di attualità, magica e babbana che fosse. Condividevano anche l'essere due mezzosangue, a differenza di Angela e Maria, in cui scorreva un purissimo sangue magico stantio. Leo era un appassionato di Medimagia ed esclusa Angela, eccelleva nelle lezioni di Trasfigurazione, Pozioni e Alchimia.

Il vero problema era l'antipatia chimica che provava per Maria Repaldi, antipatia reciproca.

I due erano diventati amici durante il secondo anno di studi, e persino Leo se n'era innamorato, ma dopo un netto rifiuto da parte di Maria, era andato tutto in fumo.

Leo cercava di convincere l'amico che la causa di ogni suo dispiacere fosse la sua cotta storica e la cosa gli aveva anche fatti litigare furiosamente anni addietro.

Altro problema era la sua maledetta linguaccia. Nemmeno Valentino era un santo, ma Leo tendeva a non avere filtri di alcun tipo, ad esprimersi con un linguaggio che definire colorito è insufficiente, come a dimostrare la sensibilità di una pietra.

“Guarda che non è il tuo unico problema, soldatino. In questa sala, ci sono anche Andrea e la Maregnolo”.

Leo tossì sulla spalla dell'amico.

“Porca troia”.

“Già”.

L'abbraccio venne sciolto da Angela che si frappose tra i due.

“Il dinamico duo è riunito, insomma”. Affermò con severità. “Vedete di non far esplodere il laboratorio di pozioni come vostro solito”.

“Non vale! É successo solo una volta!”. Risposero all'unisono, offesi.

Maria non si unì al discorso e preferì guardarsi attorno.

Valentino ne fu contento.

Un duello il primo giorno al castello sarebbe costato parecchio ad ognuno di loro.

Fu a quel punti che alcuni spettri oltrepassarono le pareti alla loro sinistra, volteggiando sopra di studenti.

Se i diciassettenni in sala non alzarono nemmeno il sopracciglio, i ragazzi del primo anno si misero ad indicare gli spettri.

Un fantasma, che indossava una striminzita veste da monaco, si accorse dell'agitazione sotto di sé e si avvicinò fluttuando.

“Nuovi studenti!” Esclamò, abbracciando tutti con un gran sorriso. “In attesa di essere smistati, suppongo”.

Alcuni annuirono, ora in silenzio.

“Spero di vedervi tutti ad Hufflepuff” Disse. “Sapete, è stata la mia Casa!”.

“Frate Grasso, Signori Fantasmi, è ora di sgomberare!”. ordinò una voce aspra.

“Sta per cominciare la Cerimonia dello Smistamento”.

La Preside Mcgera era tornata era tornata. Uno ad uno, i fantasmi si dileguarono attraversando la parete di fronte.

“Mettetevi in fila e seguitemi” Ordinò la Preside agli allievi del primo anno e del settimo.

Val, con la strana sensazione che le gambe gli fossero diventate di piombo, si mise in fila dietro a un ragazzo dai capelli color sabbia, e Leo, Angela e Maria dietro di lui. Uscirono dalla stanza, attraversarono di nuovo la sala d'ingresso, oltrepassarono un paio di doppie porte, ed entrarono nella Sala Grande.

Val non aveva mai immaginato in vita sua che potesse esistere un posto tanto pieno di maghi e streghe. Era illuminato da migliaia e migliaia di candele sospese a mezz'aria sopra quattro lunghi tavoli, intorno ai quali erano seduti gli altri studenti. I tavoli erano apparecchiati con piatti e calici d'oro scintillanti. In fondo alla sala c'era un altro tavolo lungo, intorno al quale erano seduti gli insegnanti. Fu lì che la professoressa McGonagall accompagnò gli allievi del primo anno, cosicché, sempre tutti in fila, si fermarono davanti agli altri studenti, dando le spalle agli insegnanti. Alla luce tremula delle candele, le centinaia di facce che li guardavano sembravano tante pallide lanterne. Qua e là, tra gli studenti, i fantasmi punteggiavano la sala come velate luci argentee. Soprattutto per evitare tutti quegli occhi che li fissavano, Val alzò lo sguardo in alto e vide un soffitto di velluto nero trapunto di stelle.

L'Accademia aveva un incantesimo simile, che mostrava le profondità marine e i mostri che stavano a guardia della scuola, ma rispetto a questo aveva molto meno potere.

Era addirittura difficile credere che ci fosse un soffitto, che la Sala Grande non si spalancasse semplicemente sul cielo aperto. Rapidamente Val abbassò di nuovo lo sguardo, mentre la professoressa McGonagall, senza fare rumore, collocava uno sgabello a quattro gambe davanti agli allievi del primo anno. Sopra lo sgabello mise un cappello a punta, da mago. Era un vecchio cappello tutto rattoppato, consunto e pieno di macchie.

Il famoso Cappello Parlante, evidentemente.

Per qualche secondo regnò il silenzio più assoluto. Poi il cappello si contrasse. Uno strappo vicino al bordo si spalancò come una bocca, e lui cominciò a cantare.

“Un altro anno e infine ci siam tutti,

dopo la guerra, le morti dei compagni,

dopo scontri violenti non siamo distrutti,

dell'Oscuro abbiam fermato i disegni.

Forse perché son di stoffa, voi dubitate

che il dolore e le urla, non le abbia udite

ma son vivo e son sveglio e se vi fidate

da questo vecchia stoffa capirete le ferite

di questo Castello, un tempo il più bello

macchiato di sangue, di neri incantesimi.

un mago oscuro, tra voi era un fratello

si fece malvagio e con talenti sublimi,

ammaliò i suoi pari e ne fece dei servi,

diffuse il veleno e apprese tetri segreti,

sotto di lui i tempi si fecero impervi.

Non parlo per farlo, son danni concreti:

studenti nemici e così i professori.

Di un lieto fine non si vedevano albori.

Ma venne battaglia e venne il nemico,

Hogwarts si erse e lottò, qui io lo dico.

Furon proprio i ragazzi, pieni di fede,

fermaron di Salazar Slytherin, l'erede.

Ora che siamo qui, vi incito a ricordare,

perché nessuno, la storia, deve dimenticare.

Ma baste piangere, or ora mi avvio,

perché a smistarvi tra Case sarò sempre io.

Il prode Gryffindor, della fierezza un omaggio.

Tra i suoi premia sempre il puro coraggio.

La sveglia Raveclaw, tra mente ed aspetto,

voleva nella sua Casa il vero intelletto.

La buona Hufflepuff, di certo amerò

chi è di indole buona, di sincera lealtà.

Il fiero Slytherin, un uomo pieno d'arguzia

tra le sue schiere, voleva orgoglio e astuzia.

Venite dunque senza paure

E mettetemi in capo all'istante

Con me sarete in mani sicure

Perché io sono un Cappello Parlante”.

Non appena ebbe terminato la sua filastrocca, tutta la sala scoppiò in un applauso fragoroso. Il cappello fece un inchino a ciascuno dei quattro tavoli e poi tornò immobile.

"Una trasfigurazione straordinaria!". Sussurrò Valentino ad Angela, che gli era affianco.

"Assolutamente". Confermò lei. "Non uscirò da questa scuola senza aver trovato l'incantesimo che hanno usato per animare quel pezzo di stoffa".

Valentino ridacchiò. Non dubitava che Angela ci sarebbe riuscita.

A quel punto, la professoressa McGonagall si fece avanti tenendo in mano un lungo rotolo di pergamena.

"Quando chiamerò il vostro nome, voi metterete il cappello in testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati" Disse. "Angela Doragon!"

Val diede una pacca sulla spalla all'amica, che sorrise e si avvicinò alla sedia dove stava appoggiato il Cappello.

Angela indossò il cappello che le ricadde sopra gli occhi e si sedette. Passarono diversi secondi, senza che succedesse nulla.

Quindici secondi.

Trenta secondi.

"SLYTHERIN!" Gridò il Cappello.

Il tavolo degli Slytherin , all'estrema sinistra, si rallegrò e batté le mani quando Angela andò a prendervi posto. Ci fu invece un silenzio tombale tra le alte tavolate e Val vide molti ragazzi scoccare occhiate ostili alla sua amica.

"Lèonard Lopez!".

Un ragazzo davvero molto bello, di chiara origine francese, dai capelli biondi e i lineamenti dolci si alzò.

"GRYFFINDOR!".

"Richard Allan!".

"HUFFLEPUFF!".

"Leonida Peravelli!".

Leo era nervoso. Si mosse lentamente verso la sedia e si calò il capello in testa.

Dopo poco arrivò la sentenza del Cappello.

"RAVENCLAW!".

Val applaudì insieme agli studenti di Ravenclaw al secondo tavolo a sinistra, dove Leo si sedette frastornato. Venne accolto da una studentessa dai capelli biondo sporco e l'espressione smarrita, che Leo salutò felice.

"Bene" Pensò Val. "Forse per la prima volta l'irruenza di Leo non avrebbe mandato tutto a puttane".

"Aealim Dagmarenko!".

“HUFFLEPUFF!”.

“Hannan Jane Reeds”.

“GRYFFINDOR!”.

“Valentino Marchetti”.

Valentino, tenendo le dita incrociate, avanzò verso il Cappello, lo indossò e si sedette.

“Oh, ma cosa abbiamo qui?” La voce gli sussurrava all'orecchio.

“Un altro ragazzo complicato, eh? Di certo non sei coraggioso, ragazzo. Tu preferisci aggirare i problemi, circuirli, li ignori persino, però... no, non sei superficiale, e vedo una bella testa, già piena di nozioni, un carattere spregiudicato e tanta voglia di... no, non vuoi primeggiare. Vuoi stare a galla, vivere con tranquillità le tue giornate, ma non vedo molta onestà, se non per gli amici più cari orgoglio, sì, astuzia... sarà giusto metterti in...”

“SLYTHERIN!”

Di nuovo fu solo la tavolata all'estrema sinistra ad applaudire. La prima cosa che vide quando si tolse il Cappello fu una serie di musi lunghi e occhiate truci.

“Molto bene, Val, ottimo inizio”. Penso il ragazzo, mentre cercava di sorridere e camminava verso la chioma riccia di Angela che gli stava tenendo il posto.

Tra le varie persone che lo guardavano accigliate, lo colpì una ragazza seduta all'ultimo tavolo a destra. Non sembrava arrabbiata, come altri, ma piuttosto attenta e curiosa.

Valentino si sedette dopo aver ricambiato quello sguardo intenso vicino alla sua amica e scoprì con piacere di avere come vicini i ragazzi del vagone.

“Ben arrivato a Slytherin, Valentino!” Blaise sorrideva e gli tendeva la mano, che fu subito stretta.

“Ti sarai accorto che non siamo ben voluti. Da quel che ho capito sull'Espresso che sapete poco su ciò che è capitato qui l'anno scorso”.

Angela e Val annuirono, prima di volgere lo sguardo verso il Cappello, udito il nome della prossima smistata.

“Maria Repardi!”

Maria si calò con impazienza il Cappello sul capo e pochi secondi dopo quel mucchio di stoffa tuonò.

“GRYFFINDOR!”

Draco fece una smorfia, imitato da Pancy e Daphne. Blaise invece scosse la testa. Nott sussultò.

“Non pensavo sarebbe andata proprio lì”. bisbigliò la Greengrass. “Sembrava una con un po' di sale in zucca”.

Angela la prese con filosofia.

“Alla fine Maria è sempre stata una testa calda. Ora che è capitato mi sento abbastanza stupida a non averci pensato”.

Val annuì.

“Beh, se vi conoscete da tanto forse i Gryffindor non la travieranno completamente”. Disse acida Pancy.

“C'è veramente questo clima tanto teso tra Slytherin e Gryffindor?”. Chiese Val, curioso e preoccupato.

“Clima tanto teso è un'espressione che rende poco l'idea, Valentino”. Gli rispose Nott.

“Metà dei genitori degli Slytherin servivano il Signore Oscuro e lo hanno aiutato a istallare anche qui al Castello un clima di terrore. Lo dico con cognizione di causa. Mio padre è in galera”.

“Il mio l'ha scampata per poco” Ammise Draco.

“Il mio non ha avuto la stessa fortuna” La voce di Pancy tradiva un tremore. “Mio padre è morto qui, l'anno scorso, dopo aver ucciso una Gryffindor”.

Angela e Val ascoltavano in silenzio, rapiti dalle confidenze degli Slytherin.

“Questa estate è stata dura. I nostri genitori hanno sbagliato e questo lo abbiamo capito tutti, nessuno escluso, ma il Mondo Magico Inglese guarda a noi, i figli dei Mangiamorte come i frutti di un albero marcio. Sono in pochi a parlarci, qui”. Nott aveva la voce pregna di rassegnazione.

“Non ho capito” Disse infine Angela.

“Nemmeno io” Confermò Valentino.

“Cosa?” Chiesero in coro Blaise, Draco, Daphne, Nott e Pancy.

I due amici si guardarono e Val fece un cenno d'assenso ad Angela.

Fu lei a parlare.

“Voi che colpe avete? Siete solo ragazzi. Ok, il fatto che i vostri genitori fossero dei puristi può spaventare, ma tra questo, ed escludervi dalla società, il passo è grande”.

Gli Slytherin guardavano i due italiani come se fossero creature spaventose.

Gli italiani si guardarono imbarazzati.

“Beh... da noi certe cose funzionano in modo diverso. Pensate che sei anni fa, nel novantadue, Alessandra Mussolini è stata eletta alla Camera”. Commentò Val.

“Chi e dove?”. Chiese Draco.

“Non è importante”. Stabilì Angela. “Di fatto sappiate che per noi non c'è problema”.

Ancora un po' confusi gli Slytherin annuirono.

Angela aspettò che la conversazione volgesse su un altro argomento, prima di tirare una gomitata a Valentino.

“Ah”.

“Ma ti pare un paragone da fare, cretino?” Gli domandò, a bassa voce.

“Beh,è la nipote di un dittatore, che in Italia ha trovato un posto in politica, no? Che sia una donna terribile è un fatto, ma non dipende di sicuro da un fattore genetic...”

Valentino venne interrotto da un'altra gomitata.

Valentino sentì il nome di Andrea e della Maregnolo, che venivano affidati rispettivamente a Gryffindor e Ravenclaw.

Peggio per Leo e Maria, meglio per lui.

Mentre lo Smistamento terminava, Valentino si prese la briga di dare un'occhiata al tavole dei Professori.

All'estremità più lontana a lui sedeva Hagrid, l'omone che li aveva guidati nel Lago. Hagrid incrociò lo sguardo col suo e gli fece l'occhiolino, memore della suo scivolone sugli scogli.

E là, al centro, su un ampio scranno d'oro, sedeva Minerva McGonagall. La sua chioma corvina e la veste scintillante erano riconoscibili da ogni angolo della sala. Osservava la Cerimonia con un'espressione tra il torvo e il compiaciuto.

Per lei questo sarà stato un ritorno alla normalità.

Concluso la Cerimonia dello Smistamento, la Preside si alzò e Appellò il Cappello, che fluttuò lentamente fra le sue mani tese.

Valentino guardò nel suo piatto d'oro e lo vide vuoto. Soltanto ora si era reso conto di quanta fame avesse. Non aveva osato toccare le merendine che venivano vendute nel treno.

La Mcgera era ancora in piedi. Sorrideva agli studenti con uno sguardo radioso, le braccia aperte, come se niente potesse fargli più piacere del vederli tutti lì riuniti.

Un cambio di espressione così rapido doveva essere dovuto a qualcosa.

‘"Benvenuti!". Disse. ‘Benvenuti al nuovo anno scolastico di Hogwarts! Prima di dare inizio al nostro banchetto, vorrei dire qualche parola. Come ci ha ricordato il Cappello Parlante, veniamo da un'annata davvero tragica.

Molti studenti che erano soliti studiare qui sono morti, lottando per ciò in cui credevano, lottando anche per tutti i presenti. Per questo dobbiamo rivolgere a loro un grazie, perché senza il loro sacrificio potremo non essere qui.

Questa scuola, un tempo tempio di conoscenza e verità arcane, sotto l'influenza di V-Voldemort...".

Un brivido si diffuse nella sala.

"Dicevo, durante lo scorso anno l'ordinamento scolastico e le materie si sono insozzate di magie oscure e proibite. Alcuni insegnanti hanno persino obbligato degli studenti a esercitarsi sui loro compagni, magari con la Maledizione Cruciatus".

Altri borbottii si diffusero e si quietarono appena la Mcgera riprese il suo discorso.

“Per questo voglio essere chiara. Quest'anno le punizioni saranno inflessibili. Chiunque crei attrito tra le Case, chi userà incantesimi per fare del male ad altri studenti... beh, verrà espulso senza alcuna remora. Ad aiutare me e il corpo insegnanti saranno i Prefetti: Ginny Weasley e Neville Paciock per Gryffindor, Luna Lovegood e Cho Chang per Ravenclaw, Justin Flinch-Fletchley e Ernest Mcmillan per Hufflepuff e Blaise Zabini e Daphne Greengrass per Slytherin”.

Le ultime nomine scatenarono delle proteste bisbigliate.

Quei due come Prefetti?”.

Sono amici di Malfoy, Nott e Parkinson”.

Almeno i loro genitori non sono Mangiamorte”.

“Come Caposcuola invece...” La McGonagall alzò la voce, zittendo gli studenti. “Ci sarà Hermione Granger per Gryffindor, Hannah Abbott per Hufflepuff, Anthony Goldstein per Ravenclaw e Draco Malfoy per Slytherin”.

Si scatenò un putiferio.

Mangiamorte!”.

Assassino!”.

Lui e il suo paparino dovevano finire ad Azkaban!”.

Val osservò Maria guardare storto un ragazzo piuttosto grande al tavolo dei Gryffindor, che si era alzato sulla sedia e urlava contro Malfoy.

“Signor Finnigan, si sieda!”. Sbraitò la Preside.

Il Signor Finnigan obbedì, ma le voci non smisero di sentirsi.

Sembrava che l'allegro salone si fosse trasformato in un covo di vipere.

Angela e Valentino scoccarono qualche occhiata preoccupata al loro nuovo compagno di Casa, tanto criticato ed insultato, ma di fronte a loro trovarono una granitica espressione impassibile.

Se ne soffriva, non lo dava a vedere.

Dopo dieci minuti abbondanti, il corpo insegnanti riusci a zittire gli studenti.

“Forse non sono stata chiara... Parlavo proprio di questi atteggiamenti! A causa dell'ostilità tra le Case delle persone sono morte. Non si ripeterà, non finché sarò preside”.

Un silenzio carico di rancore fece posto alle proteste.

“Vi ricordo chi, durante lo scorso anno, aveva reso la distinzione tra tipi di studenti una vera e propria discriminante. Cercate di sfruttare quest'anno proprio per unire ciò che i Mangiamorte e il loro lascito hanno diviso. Cercate di intrecciare nuove relazioni, sorprendenti rapporti e anche qualcosa di più”.

Il brusio riprese, ma con toni più civili. La Preside stava chiaramente alludendo a qualcosa, qualcosa che però Valentino non stava cogliendo.

“Detto questo, voglio presentarvi ben tre aggiunte al nostro corpo docenti: prima di tutto, è un pacere per me annunciarvi che la Signorina Clarisse Prewett, un'ex Auror del Ministero, che ha combattuto i Mangiamorte prima a viso aperto, e poi dandosi alla macchia durante lo scorso anno, ha accettato la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure. Sono certa che sarà per voi un'insegnate eccezionale”.

Una donna apparentemente giovane si alzò dalla tavolata degli insegnanti. Aveva una corporatura minuta e non dimostrava più di trentanni. Aveva dei capelli lisci e corti, neri, portati a caschetto e un visino simile ad una goccia.

La sala esplose in un applauso sentito.

“Che bei occhi”. Si lasciò sfuggire Angela, che la guardava curiosa.

“Di che colore?”. Chiese Val con un certo imbarazzo nella voce. Per quanto portasse gli occhiali, non riusciva comunque a vedere bene.

“Sono di un bel verde smeraldino”. Rispose tranquilla l'amica.

La Prewett fece un lieve cenno del capo verso le quattro tavole e si sedette.

“Invece, per quanto riguarda la cattedra di Babbanologia il Signor Castap Spear, direttamente dal Comitato Scuse ai Babbani, ricostituito dall'attuale Ministro dopo il suo scioglimento, lo scorso settembre".

Un anziano signore, dai corti capelli argentei e un lungo pizzetto, si alzò dalla tavolata.

La Sala Grande accolse con entusiasmo il professore, ma senza l'euforia con cui era stata salutata la Signorina Prewett.

L'anziano mago si sedette, lasciando che la Preside potesse finire il suo annuncio.

“Infine, per la cattedra di Trasfigurazione, che non potrò più occupare dato il mio nuovo ruolo e gli impregni gravosi che ne derivano, il Signor Anthony Rosier ha accettato di prendere il mio posto”.

“Un altro insegnante giovane”. Commento pensieroso Malfoy.

Anthony Rosier era un uomo, come già notato da Draco, estremamente giovane. Aveva i capelli completamente rasati, ma i suoi lineamenti erano estremamente dolci, quasi da bambino. Era alto, ma di costituzione gracile.

“Rosier non era il cognome di un Mangiamorte della primissima ora?” Chiese Daphne, incuriosita.

Draco annuì, teso.

Di fatto questa domanda sembravano porsela in molti, nella sala, perchè gli applausi furono pochi, se paragonati ai sussurri tra le tavolate.

“Il Professor Rosier sarà inoltre il nuovo responsabile per la Casa Grifondoro. Ha gentilmente accettato di abbandonare il suo lavoro di Spezzaincantesmi per la Gringott per essere vostro insegnate”.

Questa frase sembrò rassicurare gli studenti, che risposero con un applauso più caldo.

L'uomo si sedette, sorridendo.

Fatti gli annunci e raccomandazioni varie, sono liete di annunciare l'inizio di quest'anno scolastico e ne approfitto per dedicare due parole a una persona a cui sono certa tutti voi avete pensato vedendomi su questa sedia. Mangiamo dunque! Pigna, pizzicotto, manicotto, tigre! Grazie!”.

E tornò a sedersi. Tutti batterono le mani e gridarono entusiasti, Slytherin compresi.

Gli unici a non applaudire furono gli studenti nuovi, che guardarono meravigliati i piatti d'oro disposti nelle tavole riempirsi di pietanze. Val era sconvolto: non aveva mai visto tante cose deliziose tutte insieme in un solo tavolo. C'era del roast beef, pollo arrosto, braciole di maiale e agnello, salsicce, bacon e bistecche, patate lesse, al forno e fritte, ma anche diversi piatti esteri. Val poteva vedere vassoi di cannoli, pasta condita in molti modi diversi, tra carbonara, guacamole e salmone croccante, lasagne alla bolognese e ravioli cinesi al vapore.

Ovunque Val si girava, trovava un piatto diverso. Era incredibile, davvero meraviglioso.

Non si poteva certo dire che i suoi genitori lo lasciassero morire di fame, anzi, tutto il contrario. Era di fatto Valentino ad evitare di magiare a sazietà.

Il ragazzo vide la sua commozione nel volto di Leo, nel tavolo dei Ravenclaw.

Valentino guardò i suo compagni Slytherin con intensità, travolto com'era d emozioni contrastanti.

“Voi non siete...”. Provò a dire, balbettando per l'agitazione.

Pancy lo guardo stupita.

“Non siamo cosa?”. Gli chiese.

“Non siete dei completi barbari”. Concluse Valentino, iniziando a servirsi la cena.

Angela rise e iniziarono a scambiarsi battute sul loro paese di provenienza.

Vennero interrotti da una voce autoritaria e fredda.

“Quel piatto sembra piacerti molto, ragazzo nuovo”.

Uno spettro, in abiti nobiliari, completamente ricoperto da del sangue traslucido, con un grosso parruccone addosso, apparve alle spalle di Valentino, facendolo sobbalzare.

Gli altri Slytherin alzarono la mano come cenno di saluto.

“Barone”. Lo accolse Nott.

“Theodore”. Gli rispose lo spettro, con un cenno del capo.

“Il Barone Sanguinario è il fantasma della nostra Casa”. Spiegò Pancy con tono tranquillo ad Angela e Val, entrambi stupiti dalla confidenza che il fantasma aveva con i loro nuovi compagni.

Lo spettro guardava con interesse morboso il Casatiello che Valentino si era servito.

“Sai, posso quasi sentire il sapore del cibo se ci passo attraverso”. Il Barone sembrava parlare più tra sé stesso che a qualcuno in particolare.

Rimase a fissare un perplesso Valentino per un minuto buono prima di scomparire nel pavimento.

I sette ragazzi si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere.

“Anche i vostri fantasmi sono strani”. Commentò mugugnando Valentino.

Il pasto continuò senza avvenimenti particolari e i ragazzi si scambiarono confidenze.

Quando tutti furono sazi, ciò che rimaneva nei vassoi scomparì e la McGonagall si alzò di nuovo.

“Ringraziamo gli elfi che ogni giorno lavorano nelle cucine per assicurare che noi possiamo godere di simili pasti. Detto questo, vi annuncio alcune novità: come si vocifera, quest'anno non ci sarà la Coppa delle Case. Non vedo motivi per alimentare ancora rivalità e antagonismo che sono state fonte di dolore per ognuno di noi. Passando ad argomenti più allegri, il torneo di Quidditch riprenderà come al solito nel mese di Novembre e le selezioni potranno iniziare a discrezione dei Capitani la settimana prossima. Quest'anno, tra le altre cose, avrete notato durante lo Smistamento la presenza di molti studenti esteri per il settimo anno. Questi ospiti sono qui per due ragioni: la prima, più triste, è l'oggettiva carenza di studenti del settimo anno. Le ragioni le conoscete tutti. La seconda ragione è legata comunque a doppio filo con i tragici eventi dello scorso anno. Dobbiamo capire, e farvi capire, quanto la diversità sia una fonte di ricchezza interiore e di bellezza. Voglio che sfruttiate quest'anno per approfondire la cultura dei vostri nuovi compagni, come spero che anche loro possano imparare qualcosa fra le nostre mura.

A nome di questo ideale di fratellanza tra maghi, sarà premura degli studenti trasferiti progettare lezioni durante il fine settimana, per mostrare qualcosa di nuovo ai nostri ragazzi. Ovviamente la partecipazione al progetto è facoltativa, ma apprezzerei una larga partecipazione tra voi studenti.

Per i progetti delle lezioni, prego gli studenti che vorranno gestirle di presentare la loro idea ai Responsabili dei loro dormitori”.

La Preside si prese qualche attimo, per osservare la reazione della Sala Grande, che ormai era un mare di sussurri eccitati e preoccupazioni.

“Con questo, signori, è tutto”.

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Capitolo 4
*** Missultin e sarde ***


ATTO I “ANTIPASTI”

Capitolo 3 “Missultin e sarde”

Il Dormitorio Slytherin era particolare: l'ingresso consisteva in una porta nascosta dietro un muro di pietra, che scivolava di lato di fronte ad uno studente in possesso della parola d'ordine. Nell'entrata c'era un piccolo tavolo, con sopra una scacchiera e delle tazze da tè. Angela e Valentino familiarizzarono subito con la Sala Comune.

Trovandosi sotto il livello del Lago, nei sotterranei del Castello, nella Sala era possibile da alcune ampie vetrate ammirare ,e creature acquatiche che abitavano il lago, come i Maridi che di tanto in tanto si avvicinavano per scrutare gli studenti. Val sussultò quando un enorme tentacolo oscurò la luce verdolina che emettevano i vetri, per poi vederlo sparire in un secondo.

La Sala era arredata in modo elegante: divani e poltrone in pelle nera erano disposte in ordine sparso di fronte a cinque camini in pietra. Ad osservare gli studenti c'erano molti dipinti di streghe e maghi, che chiacchieravano a tre metri da terra, sottovoce e in modo fitto.

Blaise spiegò ai due italiani che nell'ala est del dormitorio avrebbero potuto trovare una piccola biblioteca, dove erano conservati tomi scritti da Merlino in persona, ed altri libri alchemici che non avrebbero sfigurato nel Reparto Proibito della Biblioteca di Hogwarts. Poco più in avanti c'era una saletta molto spoglia, abbellita da un lungo tavolo e diverse sedie, illuminata dalla luce vermiglia del Lago.

Per accedere ai dormitori era sufficiente salire lungo una scala a chiocciala in mogano, con molte rifiniture a tema serpentino, che portava ad un lungo corridoio da cui era possibile accedere al proprio dormitorio annuale.

Angela e Valentino scoprirono con piacere che, per quanto le camere fossero divise per sesso degli studenti, non vi fosse una vera separazione tra stanze dei ragazzi e delle ragazze.

Daphne e Pancy presero un entusiasta Angela e la portarono nella loro camera, mentre un allegro Nott spiegava a Val quanto Draco russasse in modo temendo e di quanto tempo servisse ad abituarsi agli odori di un certo Goyle che lui non aveva ancora conosciuto.

La stanza era arredata con cinque letti a baldacchino con tende color verde e argento, con alcune poltroncine nera sparse nella stanza. Era ampia, confortevole e la fonte d'illuminazione era un'altra piccola vetrata che dava sul fondo del Lago.

Per Val fu bellissimo scoprire che il rumore dell'acqua sul vetro era simile a quello della sua stanza all'Accademia Profonda. Sapeva che quei dolci suoni permettevano un sonno più che sereno e il problema di trovarsi accanto un russante Draco fu meno terrificante.

Val cominciò ad aprire il suo bagaglio, per estrarre il pigiama e la vestaglia, come l'intimo per il giorno seguente, che ficcò sotto il cuscino con un gesto automatico.

“Dormi in pigiama?”. Chiese Draco, guardandolo storto.

“Sì”. Rispose tranquillo Val. “Non mi trovo a mia agio con il mio corpo e devo coprirlo anche quando dormo”.

Dopo aver parlato, prese pigiama e vestaglia e si incamminò verso il bagno del dormitorio nascondendo dietro un sorriso tirato l'imbarazzo.

Sentì Draco dire qualcosa ma sbatté la porta, anche per non sentire il suo commento

Non gli faceva piacere della questione. Aveva un corpo spigoloso e fin troppo magro, che faceva intravedere le costole e le vena sotto la pelle.

Ad aggiungere il danno alla beffa c'erano i risultati degli esperimenti con Beatrice: bruciature, tagli, ematomi di ogni genere e ferite magiche tra le più varie avevano reso il corpo di Valentino simile ad un mosaico.

Ecco perché non permetteva a nessuno, compreso sé stesso, di vederlo senza vestiti.

Con il cuore un po' in subbuglio, pentito per la porta in faccia rifilata a Malfoy che gli aveva fatto solo una domanda, Val entrò in bagno e chiuse a chiave, per poi serrare gli occhi e sfilarsi i vestiti, appoggiandoli alla bene e meglio sul lavandino, per poi mettersi il pigiama. Quando fu sicuro di avere il corpo nuovamente coperto, aprì di nuovo gli occhi e si mise anche la vestaglia.

Dopo essersi guardato allo specchio di nuovo e aver sospirato prese le sue bacchette dalla divisa e le sistemò nelle due tasche della vestaglia.

Stava pensando a come scusarsi per essersi mostrato offeso all'improvviso quando, aperta la porta si trovò proprio Draco davanti.

“Gesù santo!”. Sibilò Val, per lo spavento, in un italiano con evidente inflessione veneta.

“Prego?”. Chiese Draco, che evidentemente non conosceva la lingua.

“Nulla, era un'imprecazione che usa spesso mia nonna”. Gli rispose Val. “Senti, Draco, scusa per la porta, non sono molto bravo a gestire certi argomenti e non sapendolo hai toccato un nervo...”.

“Ho capito, tranquillo”. Lo interruppe Draco. “Non sei l'unico, comunque”.

Ora che Val ci faceva caso, anche Draco indossava un lungo pigiama in qualche tessuto pregiato, probabilmente seta, che copriva interamente busto gambe e braccia.

“Davvero”. Continuò Valentino. “Scusami per la sgarbataggine”.

Draco annuì.

“Dai, andiamo in camera. Se conosco Daphne e Pancy, sta sera si esce”.

Valentino annuì. Sua madre gli aveva raccontato di come ogni studente di Hogwarts che si rispetti non aveva mai rispettato il coprifuoco.

“Beh, se si esce dovrei avere qualcosa per rendere la serata interessante”. Sogghignò l'italiano, che intercettò l'occhiata complice di Draco.

Entrati scoprirono che Daphne, Pancy e Angela si erano già infiltrati nella loro stanza e avevano occupato il suo letto.

“Bella vestaglia”. Disse con un ghigno la Greengrass per salutare l'italiano.

Le ragazze indossavano dei pigiami leggeri.

Se Pancy e Daphne indossavano dei completi notturni molto eleganti, di color rosa antico e grigio perla. Angela invece aveva dei pantaloncini da tuta blu elettrico e una maglietta a maniche corte, di un giallo acceso.

I ragazzi invece indossavano comode tute da ginnastica.

“Beh, dobbiamo istruire le reclute sulle nobili tradizioni di Salazar”. Ghignò Blaise, facendo annuire Draco, Daphne, Pancy e Theodore.

“Si esce?”. Chiese eccitata Angela.

Gli Slytherin veterani annuirono una seconda volta.

Allora Angela si avvicinò con aria furba a Valentino e gli prese la mano.

“Per caso, Val, hai portato...?”. Fece per chiedergli, in italiano.

“Assolutamente”. Gli rispese quello, per chinarsi sul suo baule e recuperare due o tre confezioni di plastica, per infilarsele in fretta nelle tasche.

L'italiano si girò verso Angela e alzò il pollice con aria soddisfatta.

“Che succede?”. Chiese Draco, infastidito nel vedere i due nuovi compagni escludere il resto della camerata.

“Nulla, nulla”. Gli rispose Angela. “Val ha un talento nel trovate modi interessanti per passare delle ore in tranquillità”.

Draco sospirò, rinunciando a capire di che cosa stesse parlando l'italiana e recuperò dal bagaglio un pacchetto di sigarette, chiaramente di marca babbana.

“Ci sono problemi con la Disillusione?”. Chiese Pancy ai due nuovi arrivati.

“Nessuno”. Risposero entrambi, sogghignando complici.

Tutti si alzarono e qualche incantesimo dopo erano nel cortile della scuola.

Camminavano verso le rive del lago, facendo attenzione a non essere visti dai prefetti di ronda.

Sussultarono notando una sagoma della chiama rossa far capolino da una finestra e rimasero fermi per secondi per parvero ore, prima di vedere la figura scomparire.

“Sarà la Weasley”. Mugugnò Blaise, nascosto dal suo incanto. “Non penso che ci abbia visto, ma togliamoci di qui il prima possibile. Vorrei evitare le la Piattola ci faccia finire in punizione il primo giorno”.

In fretta, ma non senza circospezione, il gruppetto raggiunse le rive oscure del Lago Nero. Sicuri di essere difficilmente visibile, distanti com'erano dalle mura, interruppero tutti l'incantesimo di Disillusione e tornarono visibili.

Mentre Nott tirava fuori da un sospettosamente piccolo borsello un grossa bottiglia di Fire Whiskey, Draco passava una sigaretta a tutti.

Arrivato il loro turno, Angela e Valentino rifiutarono cortesemente. Angela continuava a fissare fremente le tasche della vestaglia dell'amico.

A quel punto Draco, spazientito, si sedette con un tonfo.

“Avanti, Valentino, che cosa nascondi nelle tasche?”. Sbuffò, stufo di vedere i sorrisi idioti sui volti dei due italiani.

In tutta risposta, Valentino iniziò a tirare fuori dalle tasche i pacchetti di plastica.

Erano tre: due sembravano contenere dei piccoli rotoli di carta, alcuni molti fini e altri più lunghi, mentre il terzo, il più largo, conteneva delle piccole foglioline rossastre ed essiccate.

“Queste”. Disse Val con aria di chi la sa lunga. “ Sono foglie di Loto”.

Draco lo guardò con espressione di chi non sa assolutamente di cosa si stesse parlando, e come lui anche Blaise, Daphne e Pancy.

Nott fu l'unico che a questa notizia fischiò, colpito.

“Ma non è Materiale non Commerciabile di classe B?”. Chiese l'inglese.

“Nessuno controlla bene come dovrebbe le tasche delle valige degli studenti trasferiti, sopratutto se sono Estendibili” Gli confessò Valentino.

“Ma allora che cosa sono queste foglie?”. Domando Daphne, spazientita come Draco.

“Sono difficili da descrivere”. Le rispose Angela. “Diciamo che in Accademia andavano molto nel periodo esami, per distrarsi un po'”.

“Se pazientate un po' ve lo mostro” Aggiunse Val, mentre arrotolava i filtri e con l'altra mano stringeva la prima cartina.

Gli inglesi annuirono e rimasero in silenzio a guardare Valentino che metteva a punto il suo capolavoro. Bacchetta alla mano tagliò alcune foglie in piccolissimi pezzi e ne avvolse alcuni con la cartina, dopo aver inserito un filtro nella sua estremità. Iniziò a girare la cartina a sinistra verso destra, per rendere uniforme il contenuto, tenendo le dita vicine al filtro. Allineato il bordo della cartina con quello del filtro e quando questo fu ben teso, sigillò la cartina, leccandola. Con la punta della bacchetta compattò le foglie di Loto e infine arrotolò anche l'estremità aperta di quella bizzarra sigaretta, ruotando la cartina in eccesso, fino a farla sembrare uno stoppino per candele.

Alla fine di quel breve ma meticoloso progetto, Valentino, con un colpo di bacchetta, la accese e ne aspirò il contenuto, per poi passarla ad Angela che lo imitò.

Quest'ultima dopo essersi concessa un paio di tiri, tese la misteriosa sigaretta verso Draco, che la prese titubante.

“Pochi tiri, Draco”. Lo avvertì l'italiana. “La prima volta è un bel casino”.

L'inglese sembrava un po' titubante, ma, forse a causa delle sei paia di occhi puntati su di lui, forse a causa della curiosità e del mistero montato su dai due italiani, si concesse un tiro.

L'espressione stupefatta e la leggera tosse che ne seguirono strapparono una risata a tutti.

“Te lo avevo detto”. Lo prese in giro Angela.

Draco sorrise, instupidito, e aspirò ancora, senza tossire più, per poi passarla a Nott, che fece lo stesso.

Con calma tutti provarono il Loto, e presto la simpatica sigaretta tornò tra le mani di Valentino.

“Com'è?”. Chiese, curioso.

Blaise, con occhi spalancati e un'espressione vitrea, alzò il pollice, in segno di approvazione.

“Ci credo che è illegale”. Ridacchio Daphne.

“Davvero assurdo”. Confermò Pancy. “Mi sento in movimento, come in una carrozza trainata da Thestral ubriachi. Giuro che ho le vertigini. Al contempo, però, è come se un grosso macigno mi stesse ancorando a terra”.

Blaise annuì con aria ebete.

Val e Angela fecero altri tiri e solo Nott e Daphne accettarono di imitarli. Gli altri si stavano rotolando nell'erba, ridendo per ogni cosa, anche la più insignificante.

Era bello vederli tanto allegri, pensò Valentino. Durante la cena era come se fossero stati ricoperti tutti da un velo di tristezza.

Quando anche Nott e Daphne si arresero all'euforia, Angela si offrì per finire il Loto e entrambi si sdraiarono con i loro nuovi compagni.

“Marchetti, giusto?”. Chiese Draco, mugugnando per la bocca impastata.

“Giusto". rispose Valentino, sorpreso. Dopotutto aveva detto solo una volta ai suoi compagni il suo cognome.

“Quanta ne hai, di questa roba?”.

“Beh...” Val guardava le stelle che illuminavano il cielo notturno sopra di loro, cercando una risposta appropriata. “Diciamo che mi aspettavo di trovare delle persone meno simpatiche, qui in Inghilterra”.

“E quindi?”. Sta volta fu Daphne a chiedere, guardandolo euforica per l'effetto del Loto.

“E quindi mi sono preparato per passare la maggior parte del tempo in questo stato. Ho una Tasca Estendibile piena di questa roba”.

Tutti scoppiarono a ridere.

“Beh, ragazzi!” Esclamò Pancy, con allegria. “Sono proprio felice che siate a Slytherin”.

“Anche perché il Loto sarebbe andato sprecato con gli Hufflepuff”. Concluse Draco, causando un'altra esplosione di risate.

Dopo la battuta di Draco rimasero tutti in silenzio, sdraiati sull'erba a guardare il cielo stellato.

Ognuno di loro sembrava perso nelle proprie riflessioni.

A Valentino, in particolare, quel cielo ricordava una notte di un anno e mezzo prima, la notte del suo esame come Primo Studente nelle Arti Oscure con i suoi amici.

Ricordava la radura, un circolo di alberi ed edera, funghi e fiori variopinti.

Ricordava la paura nel suo cuore quando aveva intravisto la sagoma della creatura la prima volta: un corpo molto più sottile che nelle illustrazioni, ma alto. Sembrava che la pelle fosse stata cucita attorno alle ossa, una pelle plumbea, che luccicava, illuminata dai lampi e dalle stelle.

Ricordava l'odore, come di uova marce, che gli dava la nausea.

Ricordava lo stridere degli artigli della belva sulla pietra rotonda al centro della radura.

Ricordava la sua voce, così simile a quella di...

“Angela, Valentino?”.

La voce di Pancy Parkinson spezzo i pensieri di Valentino.

“Domani sarà un inferno. Lo sapete?”. La voce di Pancy era velata di tristezza.

I due italiani la guardarono, non dando segno di aver compreso.

“Vi diranno di tutto su di noi, non importa cosa ha detto la McGongall”. Continuo la ragazza.

“Forse vi bersaglieranno di insulti solo per la Casa in cui siete finiti”.

Draco, Theodore, Blaise, Daphne e la stessa Pancy si girarono verso i due italiani, come se attendessero una risposta.

“Ragazzi, forse non siamo figli di pericolosi criminali...”. Cominciò a dire Angela.

“...O non abbiamo mai appoggiato un pazzo furioso con idee retrograde sulla purezza del sangue...”. Continuò Val.

“...Ma nemmeno noi siamo puliti. C'è chi ne parlerà presto, tra Ravenclaw e Gryffindor...”.

“...Si saprà presto che io e Ange non solo abbiamo praticato le Arti Oscure...”.

“...Ma ci sguazzavamo dentro. Si saprà presto che io e Val siamo stati sospesi per un po' dall'Accademia”.

“Ma per cosa vi hanno sospesi se state in una scuola dove permettono di esercitarsi con le Imperdonabili?”. Chiese Daphne, con un'espressione ancora assente per via del Loto.

Angela sospirò.

“Diciamo che rende l'idea della gravità delle nostre azioni. Nemmeno i nostri compagni sanno cosa è successo di preciso, ma sapranno colmare le loro lacune con la fantasia”. Spiego con tono arrabbiato.

“Ma cosa è successo?”. Insistette la bionda.

“Penso che qualche ora passata assieme non assicuri a nessuno di noi l'intimità che serve per questo tipo di segreto” Sibilò irritato Val. “Nemmeno voi avrete voglia di parlare della vostra Guerra, no?”.

Si sentì un mugugno di assenso.

“Vi basti sapere” Angela riusci a rialzarsi, mentre parlava. “Che noi non giudichiamo per azioni passate. Non ce ne frega un cazzo degli insulti che potremo beccarci se vi frequentiamo. So di parlare anche per Val”.

Il ragazzo fece un cenno d'assenso.

“Beh”. Intervenne Draco, alzando la bottiglia di Whiskey Incendiario verso le stelle, bottiglia che aveva ignorato da quando aveva avuto per le mani il Loto. “Ai reietti e ai segreti!”.

Di malavoglia, tutti alzarono il braccio al cielo, come per voler fare un brindisi alla propria sfortuna.

Dopo una mezz'ora passata in silenzio, ad ascoltare i gorgogli del lago e il canto dei grilli, tutti e sette gli Slytherin si alzarono intontiti, e, disillusi, tornarono al proprio dormitorio.

Valentino dormì come un bambino, cullato nel mondo dei sogni dai rumori dell'acqua, che faceva vibrare la vetrata della camera ad intervalli regolari.

Fu una normale notte senza sogni, come sempre.

Il risveglio, invece, fu piuttosto animato.

“Dove diavolo è la mia cravatta?”. Sbotto un Blaise particolarmente irritato.

A queste parole, Val si stropicciò gli occhi e decise di aprirli. Nott e Draco erano ancora a letto, mentre Zabini stava ritto in mezzo alla stanza.

Doveva aver fatto la doccia, perché Val poteva sentire perfettamente il profumo di sapone e colonia che emanava il suo compagno.

Decise di alzarsi, di malavoglia.

Zabini lo guardò con impazienza, come se si aspettasse una risposta.

“Hai provato con un incantesimo di Appello?”. Gli propose l'italiano, dopo un sonoro sbadiglio.

“Che idiota!”. Blaise si sbatté una mano sul viso e, presa la bacchetta, appellò la cravatta verde e argento, che sfrecciò da sotto il letto del moro fino alla sua mano.

Val gli sorrise e, presa la biancheria da sotto il cuscino, come l'uniforme e i prodotti che usava abitualmente per la doccia, si avviò verso il bagno.

Sembrava prima mattina, perché lungo il corridoio non c'era anima viva.

Valentino amava e odiava il rito della doccia; non sopportava lo sporco e amava la sensazione dell'acqua calda che bagnava la sua pelle, ma odiava essere costretto a vedersi nudo. Aveva sviluppato uno sciocco schema per ridurre al minimo la necessità di doversi fissare, ma anche così, per pulirsi decentemente, era costretto a scrutare il suo corpo.

La sua mente, mentre si passava dello shampoo fra i capelli castano chiaro, tenendo ben stretti gli occhi, era concentrata sulla giornata che avrebbe affrontato da lì a poco: quel giorno avrebbe dovuto affrontare Pozioni, Difesa contro le Arti Oscure e Antiche Rune.

Una bella rogna.

Pozioni era una bella materia, per cui era portato, magari non come Arti Oscure, ma di certo più di Cura delle Creature Magiche. Per lui le bestie magiche buone erano quelle morte.

Durante il suo secondo anno, un Mommotto catturato nelle boscaglie sarde gli aveva quasi staccato una mano con i suoi lunghi artigli, e come non parlare dell'Anguana che il Professor Battisti aveva portato a scuola per un simpatico incontro mostro-studente.

La megera dei laghi dopo aver scambiato due chiacchiere con la Repaldi si era trasformato in serpe e aveva tentato di inghiottirla in un solo morso.

Il professore, aiutato da Valentino e Angela, aveva dovuto tagliare il corpo squamoso della bestia a furia di Fatture Taglienti per fare uscire una Maria Repaldi salva, ma piena di bava puzzolente e con il fiatone.

Poi c'era stata la volta della gita. Nella maledetta terra sarda, l'Alcatraz delle bestie magiche, secondo Val, erano andati a vedere da “una distanza di sicurezza” la tana di quello che i babbani chiamavo il Drago Scultone.

In realtà, la voce dell'aspetto dragonesco della creatura era completamente falsa. Si trattava di un gigantesco e antico Basilisco, ben incastrato nella Voragine di Golgo, ben nascosto con la magia.

Da quel che sapeva Val, l'Accademia Profonda non aveva mai reso pubblica l'esistenza del basilisco, temendo che la Confederazione Internazionale dei Maghi lo reputasse troppo pericoloso e lo facesse abbattere.

Una scelta totalmente condivisibile, secondo Valentino.

Di fatto il bestione, accortosi dell'arrivo della scolaretta, armata di specchi riflettenti, aveva iniziato a muovere il gigantesco corpo incastrato tra le rocce, causando un piccolo terremoto. Val in quell'occasione si era beccato un bel masso sul ginocchio, e aveva rischiato di perderlo.

Non era un mistero che avesse abbandonato la materia una volta concluso il suo quinto anno.

Aveva preferito, per l'appunto, pozioni, dove chi era in grado di leggere e usare un po' il cervello non avrebbe mai potuto perdere il braccio per il morso di una Landoro Abruzzese.

Di certo non era portato come Angela, che riusciva in tutto senza sforzarsi troppo, ma sapeva di essere in gamba.

Si poteva fare un discorso equivalente con Trasfigurazione, che era per Angela quello che per lui era Arti Oscure.

Lei adorava la materia e Val sapeva che la ragazza studiava in gran segreto i misteri della Trasfigurazione umana.

Difesa, invece, era un po' un fulmine a ciel sereno. Per carità, non era un disastro, ma a quella materia nessuno badava molto in Accademia, dove i riflettori erano puntati tutti su Arti Oscure.

Conosceva diversi incantesimi difensivi, e sapeva da un anno come evocare il suo Patronus, ma purtroppo certe sciocchezze, come disarmare o schiantare, beh, non le aveva mai davvero provate.

Perchè disarmare un nemico quando puoi Cruciarlo o Imperiarlo?

Per Valentino non aveva molto senso.

Quando la doccia fu finita, tenne fisso lo sguardo sulla superficie soffice del suo asciugamano, senza guardarsi mai.

Lo prese e, una volta coperto, si asciugò con un colpo di bacchetta. Una spruzzata di profumo e un cambio di vestiti ed era di nuovo in camera, ad assistere al pietoso spettacolo della lotta tra Nott e Malfoy per il prossimo posto in doccia.

“Ragazzi, il ragazzo un po' goffo, Goyle, sta per entrare nel bagno”. Gli fece notare l'italiano, che stava di fronte alla porta semiaperta della stanza. I due ragazzi, allarmati per la notizia, si lanciarono insieme fuori dalla camera.

Si sentì il grugnito di Goyle, e il rumore di una porta che sbatteva.

Dopo pochi secondi di silenzio, alternato da dei passi pesanti, il ragazzone si presentò di fronte a Blaise e Val, che si era seduto sul letto e lo stava rifacendo.

“Malfoy e Nott sono entrati nel bagno insieme”. Riferì, lento e atono, prima di sogghignare.

Blaise e Valentino scoppiarono a ridere, coinvolgendo dopo poco il loro compagno alla porta.

Senza avere la voglia di aspettare i comodi dei due piccioncini, Blaise e Valentino si avviarono nella Sala Comune, dove solo Daphne stava, pulita e profumata, su un divanetto di pelle nera.

Aveva per le mani un plico di fogli.

“Lumacorno ha lasciato gli orari qui. Vi consiglio di prendere i vostri”. Disse, con molto sonno nella voce.

I due Slytherin obbedirono. Valentino guardò la tabella settimanale con curiosità.

Anche questa volta le capacità ottenute l'anno prima avevano dato i loro frutti. “Andiamo?”. Chiese sbadigliando la ragazza.

Blaise le sorrise, mentre Valentino, vittima della bizzarra contagiosità degli sbadigli, aprì la bocca e imitò la Greengras.

“Assolutamente”. Rispose Blaise.

I tre, camminando con un'andatura che lasciava intendere chiaramente a chi avesse prestato attenzione che non avevano dormito molto, si recarono il Sala Grande, dove Val fu stupito di trovare la tavola piena di dolci e marmellate, caffè, tè e latte.

Soddisfatto dalla visione che aveva di fronte, una volta seduto al tavolo Slytherin, Valentino si servì due grandi frittelle ricoperte di zucchero e una grossa tazza di caffè nero.

Quel posto avrebbe distrutto la sua linea in poco tempo.

“Zucchero?". Chiese Zabini, vedendolo portare alla bocca la tazza fumante di caffè amaro.

Valentino lo guardò storto e iniziò a gustarsi il suo caffè nero e amaro. Dopo averlo sorseggiato, ed essersi liberato della prima frittella, si prese del tempo per guardarsi attorno.

Forse avrebbe potuto pensarci prima.

Decine di occhi arrabbiati erano puntati su di loro.

Dai tavoli Hufflepluff, Gyffindor e Ravenclaw i tre Slytherin potevano sentire le ondate d'odio.

Sembrava che volessero trafiggerli con lo sguardo.

Gli Slytherin più furbi entravano il Sala Grande solo per prendere il cibo e filarsela subito dopo, scappando nel dormitorio.

“Adesso hai visto di cosa parlava Draco”. Decretò Daphne con fare risolutore.

“Ci odiano proprio”. Rimarcò Blaise, mettendosi a rispondere a quegli sguardi inferociti con un sorriso sereno e una strizzatina d'occhio.

L'italiano continuò a fissare gli studenti delle altre Case. Con suo sollievo, tra i visi contriti e arrabbiati dei Gryffindor, c'erano gli occhi vivaci e il sorriso felice di Maria Repaldi, che lo salutava con un gesto rapido.

Subito una ragazza dai capelli lunghi e rossi, sedutale affianco, abbassò la mano di Maria e iniziò a parlarle sottovoce, con aria contrita.

Maria la guardò storto e gli rispose, con labbra strettissime. Valentino non poteva capire cosa Maria stesse dicendo alla rossa, ma dal discorso non sembrava che con quest'ultima le cose si fossero messe bene.

Infatti la rossa si alzò con aria sdegnata e dopo aver scoccato un'occhiata di fuoco a Maria, ne riservò un'altra a la tavolata di Slytherin, in particolare a lui.

Ebbe quasi un brivido. Evidentemente il suo sesto senso lo stava avvisando che non sarebbe dovuto farsi nemica quella ragazza.

“La tua amica ha fatto incazzare la Weasley”. Commentò Blaise, che aveva appena finito di sorseggiare il suo caffè ed evidentemente nel frattempo aveva seguito la scena.

“Io la avviserei fossi al posto tuo”. Aggiunse Daphne.

“Oh sì” Angela lasciò cadere la borsa sul tavolo con un tonfo. “Malfoy in dormitorio parlava della sua Fattura Mucovolante. Mi sembra si chiami Ginevra”.

“Ginevra Weasley, cacciatrice della squadra di Quidditch di Gryffindor, fidanzatina di Sua Altezza Potter”.

Il commento acido di Draco arrivò alle loro spalle. Non sembrava esserci molto rancore nella voce del ragazzo. Evidentemente Draco era semplicemente abituato a dare nomignoli a tutti i membri delle altre Case con cui non andava d'accordo.

Il biondo si sedette tra Valentino e Blaise.

“Durante la Battaglia, ha perso il fratello maggiore, Fred”. Aggiunse ancora Daph in modo mesto.

“Ed è anche per questo che ci odia tutti, forse ancora più degli altri Gryffindor”. Concluse Blaise, sbuffando.

“Beh”. Valentino aveva appena addentato una frittella. “Ci starò attento, ora che so che si tratta di un arpia vendicativa e violenta che maledice la gente”.

“Io non sarei così duro”. Disse Blaise. “Le è morto il fratello”.

“Ma non glielo avete mica ammazzato voi”. Protestò Angela. “Sono d'accordo con Val. Se vi ritiene colpevoli di qualcosa, è solo una stupida arpia”.

Gli Slytherin rivolsero un'occhiata stupita ai due italiani. Di nuovo, il cinico razionalismo dei due ragazzi aveva colpito Draco e la sua compagnia.

“Ora andiamo”. Decretò Angela. “Chi ha pozioni alla prima ora?”.

Draco, Val, Daphne e Nott alzarono la mano, tutti con la bocca troppo piena di cibo per rispondere.

“Ci sono anche io!”. Gridò una voce femminile, in rapido avvicinamento.

Gli unici a non essere in quella classe erano Zabine e Goyle.

Pancy comparve affianco a loro con il fiatone e prese un toast dal piatto di Blaise, per poi addentarlo.

Trangugiato il panino, bevve il resto del caffè di Daphne.

I due non ci fecero caso. Evidentemente era un comportamento comune. Val decise di finire in fretta il proprio, di caffè e di alzarsi in fretta con la borsa.

“Andiamo?”. Gli esortò l'italiano.

I sei si avviarono verso il freddo sotterraneo per Pozioni.

L'aula era di forma quadrata, di dimensioni molto grandi, con grandi tavoli e finestre, un ambiente basso e molto freddo, pieno di calderoni, pozioni, barattoli contenenti viscide creature, ingredienti di vario genere e attrezzi vari per la preparazione di pozioni. In fondo alla stanza c'era un armadio dall'aria piuttosto vecchia, ed a ovest della cattedra del professore c'è una porta che conduceva chissà dove.

Alcuni studenti erano già lì e, con lo sconforto nel cuore di Valentino, tra loro c'era Maria Maregnolo.

La ragazza, si girò all'arrivo degli Slytherin e rifilò a Valentino e Angela un'occhiataccia, che i due ricambiarono con gli interessi.

Dall'altro lato dell'Aula, Val colse il saluto di Leo, che si era seduto con la ragazza dai capelli biondo sporco di Ravenclaw.

Valentino non riconobbe nessun altro e il sestetto si divise in coppie: Valentino e Angela, Pancy e Nott, Draco e Daphne. Quest'ultimo, una volta seduto, salutò un ragazza riccia in primo banco, con fare stranamente timido. Quella rispose, altrettanto timidamente. Daphne ridacchiò.

Fu allora che il Professor Lumacorno fece la sua comparsa.

Era un uomo incredibilmente simile ad un tricheco: grasso, con dei baffi biancastri spessi e molto ben curati. Era vestito in modo elegante, con dai larghi pantaloni di velluto verde scuro, camicia di un nero oliva e un panciotto coloro melma talmente tanto teso sul pancione che i bottoni sembravano sul punto di schizzare in aria.

"Buongiorno!". Esclamo il Professore. "Buongiorno, buongiorno. Quanti interessanti visi nuovi!"

L'omone scoccò un sguardo rapace ad Angela, Maria Val e Leo.

"Sarò assolutamente felice di fare la vostra conoscenza. Io sono Horace Eugene Flaccus Lumacorno e sarò, come alcuni di voi sanno già piuttosto bene, il vostro insegnante di Pozioni per questo ultimo anno di istruzione".

Rivolse un caldo sorriso alla classe.

"Quest'anno, come saprete bene, è l'anno dei M.A.G.O. o Magie Avanzate Grado Ottimale, Si svolgeranno alla fine di quest'anno scolastico e in base al numero di M.A.G.O. che conseguirete il vostro futuro potrebbe cambiare radicalmente. Spero abbiate tutti Pozioni Avanzate Volume Secondo, perché oggi ci lanceremo su un piccolo esperimento, anche per valutare..." Il Professor Lumacorno scoccò agli italiani e ad un bulgaro in secondo banco."...Il talento e la preparazione di voi nuovi arrivati. Oggi vi chiedo di andare a pagina sedici. Prepareremo una pozioncina assai utile e dannatamente difficile: la Pozione Antilupo".

Alcuni studenti sospirarono, altri invece si scambiarono occhiate preoccupate.

Val sapeva che quella pozione era un incubo da preparare.

“Democles Belby, l'inventore di questa pozione, ha cambiato in meglio la vita di molti lupi mannari che avevano difficoltà ad inserirsi nel Mondo Magico e Signor Peravelli, dovrebbe sentirsi in qualche maniera predestinato". Leo alzò la testa, stupito dal commento del Professore.

"Il Signor Belby era solito ascoltare le mie spiegazioni e lavorare alle sua pozioni in quel banco, dov'è seduto con la Signorina Lovegood".

Leo sorrise nervosamente.

"Molto bene! Fuori gli ingredienti, mano ai manuali e via!". Ruggì Lumacorno.

Detto questo, delle tinture preparate precedentemente, di Acconito, Arnica montana, Bryonia e Belladonna comparvero sui banchi, come le essenze di Dittamo, Silicea, nitrato d'argento e Lycopodium.

Valentino e Angela estrassero velocemente la bacchetta, come anche Leo e fecero levitare i calderoni, per poi metterli a cuocere.

Alcuni Hogwartsiani li guardarono perplessi, mentre facevano lo stesso a mano. Lumacorno non parve badarci.

Valentino e Angela stupiti per i modi di Hogwarts si guardarono indecisi. Presero i loro guanti in pelle di drago e presero a fare le cose manualmente. Nell''Accademia Profonda infatti il professor Bruno aveva sempre esortato gli studenti a servirsi della bacchetta per non toccare mai ingredienti potenzialmente tossici.

Evocarono un litro e mezzo di acqua nei calderoni e rimasero in attesa perché il liquido bollisse.

Con le prime traccie di sudore comparse sulle loro fronti, contagocce alla mano, iniziarono ad aggiungere le tinture: ventuno gocce di tintura di Aconito, centocinque gocce di tintura di Arnica montana, ventuno gocce di tintura di Belladonna e altre centocinque gocce di tintura di Bryonia. Fu un processo lungo e davvero stancante, ma la pozione assunse un aria verdolina e i due seppero di aver fatto un buon lavoro.

Girarono con il mestolo la pozione per tre volte in senso orario e poi si sedettero sugli sgabelli, consci di dover aspettare dieci minuti prima di poter aggiungere l'essenza di dittamo.

Angela era più rapida di Valentino e non si stupì di vederla completare il procedimento prima di lui, ma fece un gran sorriso quando vide la Maregnolo ancora in preda alla tintura di Belladonna.

Aspettati i dieci minuti, aggiunsero una goccia dell'essenza di Dittamo.

Stava per arrivare la parte più complicata della pozione.

Avrebbero dovuto aggiungere alla mistura le altre essenze e al contempo pestare le scaglie di ramora con il succo di Eleuterococco.

I due incantarono i rispettivi pestelli che iniziarono a fare il lavoro al loro posto e si concentrarono sulle essenze: 2 gocce di tintura di Silicea, quattordici gocce di tintura di nitrato d'argento, ventotto gocce di tintura di Lycopodium.

Valentino, più nervoso di Angela, si girò diverse volte verso il pestello e perse qualche secondo, facendo finire ad Angela prima, una seconda volta.

La ragazza, imitata dall'amico una ventina di secondi dopo, unì il succo e le scaglie alla pozione e i due iniziarono a mescolare in senso orario per dei lunghissimi sette minuti.

I due ne approfittarono, grondanti di sudore per i vapori delle pozioni che bollivano sotto i loro visi, per spiare il resto della classe.

Solo la riccia che aveva salutato Malfoy, lo stesso Draco e il buon Leo erano a quel punto. La pozione di Pancy era di uno spaventoso color sangue e alcune gocce le erano schizzate sulla manica della divisa, che si era coperta di una strana peluria.

La Maregnolo invece, con espressione contratta, stava dietro loro di pochi passaggi e continuava a lanciare occhiate velenose a Leo, che non si azzardava a rispondere.

Daph era indietro, ma la pozione pareva perfetta e Nott aveva chiaramente perso tempo per dare delle dritte a Pancy.

“Mancano solo dodici minuti!”. Annunciò Lumacorno, che stava passando di banco in banco, fissando i calderoni, senza fare troppi commenti.

Fece anche un giro da Angela e Valentino e sorrise alla vista del verde vomito dei loro intrugli.

Conclusa quell'ultima, afosa fase di preparazione, i due spensero i fornelli e lasciarono le pozioni a raffreddare, poi con calma, dopo aver sentito il ”Cinque minuti alla fine!” del Professor Lumacorno, filtrarono la pozione e la versarono in alcune provette, che disposero di fronte al banco.

Mentre pulivano le postazioni e riordinavano gli ingredienti avanzati, i due si scambiarono un sorriso.

Avevano preparato già due volte la Pozione Antilupo, per un loro compagno licantropo, all'Accademia.

Sapevano bene perché Guido non avesse voluto seguirli in Inghilterra: la maledizione non sarebbe stata accettata dopo una guerra che aveva visto molti licantropi dalla parte del Signore Oscuro.

Con un sospiro, si abbandonarono agli sgabelli e aspettarono la fine della prova, che non tardò ad arrivare.

“Fine! Bacchette e mani in tasca, ragazzi!”. Gridò il loro paffuto professore.

La classe non era andata affatto male: con l'eccezione di Pancy, che Lumacorno ignorò completamente, il professore lodò ogni studenti nella classe e quando si fermò di fronte al banco dei due italiani, un sorriso ancora più largo del precedente comparve sul suo volto largo e disteso.

“Due ottime Antilupo, davvero. Signorina Granger, sembra che la Signorina Doragon sia diventata una sua degna rivale!”. Esclamò girandosi verso la ragazza riccia.

Quella sorrise nervosamente.

“Anche lei ha fatto un ottimo lavoro, Signor Marchetti”. Aggiunse Lumacorno, vedendo che l'italiano si era girato verso la sua amica con un'espressione truce.

“Oh no, non si preoccupi Professore”. Disse fredda la Maregnolo “Marchetti è abituato al secondo posto. Non gli servono rassicurazioni”.

Lumacorno trasformò il suo sorriso in una smorfia nervosa e passò a Malfoy, che si meritò una lode per il buon lavoro fatto.

Angela sbuffò.

“Beh, Val, che io sappia la Maregnolo non è stata mai arrivata seconda in nulla, quindi non preoccuparti”. Disse abbastanza piano perché solo gli studenti vicini, Maregnolo compresa, potessero sentire.

Quella diventò rossa come un pomodoro.

Val ridacchiò, contento di avere un'amica come Angela.

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Capitolo 5
*** Prologo II ***


Atto 1 "ANTIPASTI"

Prologo II

Valentino aspettava da diversi minuti l'arrivo del tram. Si trovava nel centro storico di Montecchio Maggiore, un paesino nella provincia di Vicenza. Nello specifico l'italiano sedeva su una panchina di legno piuttosto marcio, di fronte alla stazione della città.
Una mosca ronzava accanto al ragazzo, infastidendolo ancor più di quanto non lo fosse già.
Prima il mezzo fiasco in Campania, poi la sospensione e come colpo di grazia c'era l'attesa interminabile del suo diciassettesimo compleanno.
Le sue dita si serrarono istintivamente sulla bacchetta, che teneva sempre in tasca. Sarebbe stato così bello estrarla e comparire con un sonoro pop nel salotto di Pietro.
Era da tempo che i due amici non parlavano e finalmente erano riusciti ad organizzare un incontro.
Valentino aveva dovuto prendere un treno babbano che lo portasse dalla sua Venezia fino alla stazione di Vicenza. Poi, dopo una spiacevole discussione con un bigliettaio, aveva percorso mezza provincia in tram.
Era una mattina di luglio e il calore era insopportabile: l'umidità, tipica della Pianura Padana, era tale da far sudare l'italiano da ogni poro possibile.
Infatti fu con incredibile sollievo che vide dal binario opposto al suo il tram che si fermava con un fischio sordo.
Alcuni babbani si accalcarono alla porta, diretti probabilmente a lavoro. Fu solo dopo due minuti buoni che due mani pallide comparvero ai lati dell'apertura assieme ad una chioma di capelli castano chiaro, decisamente spettinati e fuori taglio, seguiti da un viso furbo e il resto del corpo di Pietro.
Pietro aveva una corporatura simile a quella di Valentino: spalle larghe, molto magro, gambe lunghe, ma si differenziava da lui per gli occhi, di un grigio scuro che ricordava fumo e un paio di spessi occhiali, che lo facevano somigliare ad un gufo.
Il ragazzo si guardò attorno e una volta che ebbe individuato Valentino, alzò la mano per fargli un cenno di saluto.
Dopo essersi raggiunti, si abbracciarono con fare fraterno.
"Mi sei mancato quest'ultimo anno, vecchio mio". Gli disse Pietro, che, con una forza insospettabile, stringeva Vantino con ancor più decisione.
"Anche tu". Valentino non si lamentò per lungo contatto fisico; sapeva bene che Pietro doveva essere sentito molto solo, quell'anno.
Fu Pietro a sciogliere l'abbraccio.
"Non voglio certo tenerti in piedi tutto il giorno, Val. Conosco un locale che fa un buon caffè, ad un prezzo umano, a differenza della fanghiglia che vendete come fosse oro a Venezia".
Valentino ridacchiò.
"Non posso darti torto. Comunque, come te la passi?".
Pietro si avviò. iniziando a camminare lungo il marciapiede che dava alla strada principale.
"Vado avanti Valentino. Sono riuscito a farmi fabbricare una bacchetta sottobanco da un mago molisano dall'accento davvero buffo. Non ha fatto domande e non gli ho detto bugie".
Valentino gli sorrise felice.
"Almeno quell'ostacolo l'hai superato".
Pietro annuì.
"Il difficile è stato proseguire con gli esperimenti. Mi manca tutto quello che ci davano all'Accademia e vado avanti con quello che Angela riesce a spedirmi, rubacchiando dalle riserve dei genitori. Perlomeno io penso che faccia così".
Valentino gli fece un altro cenno d'approvazzione.
Pietro indico un piccolo bar, dietro al Duomo.
"Eccoci. Meglio parlare di quel che è successo ad Elia di fronte ad un caffè".
I due si accomodarono su un tavolino e Pietro estrasse dalle tasca zippo e sigarette.
Dopo averne passata una all'amico, accese la sua e gli porse lo zippo, che Valentino usò a sua volta.
"L'esperimento è andato storto, almeno da quanto ho capito dalle vostre lettere. Angela non ha voluto indugiare sui particolari, ma io mi sono fatto un'idea. Potresti raccontarmi precisamente com'è andata?". Chiese Pietro, con calma.
"Abbiamo fatto come ci hai spiegato, Pietro. Il Professore era entusiasta di provare e ci abbiamo messo poco ad avere la sua approvazione. Era preoccupato, quello di sicuro: sapeva che avrebbe potuto esserci, altrimenti quella bestia non si sarebbe mostrata, ma sapeva che io, Elia ed Angela eravamo pronti ad un'aggressione".
Fu a quel punto del racconto che un cameriere, probabilmente un ragazzo di pochi anni più grande di Valentino e Pietro, si avvicinò al loro tavolo e chiese se avessero deciso cosa ordinare.
Presero un caffè ristretto e Valentino chiese anche una brioche alla crema.
Quando il cameriere se ne fu andato, Valentino riprese il discorso.
"Elia aveva l'incarico di fare da suggello, perchè era il più robusto tra noi.
Io e Angela ci siamo messi di fronte alla pietra, con un bel po' d'oro e abbiamo detto le parole. All'inizio non succedeva nulla e per un attimo ho pensato che ti fossi sbagliato, ma dopo due minuti di attesa lei è amersa dalla pietra. L'ha attraversata come fosse...".
"Come fosse acqua. Un ombra nera che emerge da un pozzo". Completò Pietro.
"Esatto". Valentino rabbrividì. ripensando all'attimo in cui la creatura era comparsa. Riusciva solo a vedere quegli occhi gialli in mezzo al suo pelo plumbeo. Allora aveva cominciato a piovere. Si decise a continuare.
"Lei è comparsa e tutto si è fatto liquido. Abbiamo visto quel che è successo con i nostri occhi e nè io, nè Angela tiusciamo a capire. Quando si è avvicinata ad Elia, io e Angela abbiamo provato a urlare per attirare la sua attenzione, ma le nostre labbra si muovevano lentamente. Allora abbiamo provato a correre e sembrava di muoversi in un paltano. Facevamo fatica a sollevare i piedi.
Ad un tratto è scoppiano il primo tuono, a cui sono seguite le prime gocce. Lei si è catapultata di fronte ad Elia e lo ha...".
Pietro gurdava avido Valentino, con occhi brillanti per l'eccitazione.
"Lei ha ucciso Elia, questo mi è chiaro. Non avevo trovato alcun accenno al fatto che il suggello fosse l'offerta, ma se ci penso freddamente. ha senso. L'oro degli uomini è il loro sangue, la linfa che ci permette di vivere".
Valentino era abituato allo scarso valore che Pietro riteneva avesse la vita umana e gli andava bene così. Pietro aveva talmente tanti pregi che la sua apatia lo rendeva solo più normale, agli occhi di Valentino.

Di fatto Valentino non sopportava le persone troppo emotive o quelle che agivano per indefesso ottimismo e altruisticamente. Per sua esperienza, nove volte su dieci, erano proprio il genere di persone che avrebbero potuto fare seri danni.
"Esatto. Penso sia stato rapido: un morso secco o un'artigliata. È stata troppo veloce per capirci qualcosa. All'improvviso, quando il corpo di Elia è crollato, io e Angela siamo corsi via. Ho anche usato l'Ardemonio per seminarla, ma è stato inutile: lo ha spento. In qualche modo lo ha vinto".
Pietro guardò il suo amico con aria seccata.
"Ti avevo detto che usare le Arti Oscure sarebbe stato inutile. Contro di lei non funzionano. Perché non vi siete Smaterializzati appena Elia è morto?".
"Ci abbiamo provato, ma non ci riucivamo. Appena giravamo su noi stessi si ripresentata quella situazione "liquida": sembrava di muoversi dentro.le sabbie mobili. Abbiamo rinunciato quasi subito e ci siamo messi a correre".

Vennero di nuovo interrotti dal cameriere babbano che, da un vassoio, porse loro i caffè e la brioche. I due sorrisero e ringraziarono il ragazzo con un cenno.

Una volta che si fu allontanato, i due poterono continuare il discorso.

"Siete scappati e la cosa vi ha seguito. Tu hai usato l'Ardemonio e lei lo ha spento. Fin qui tutto chiaro". Pietro lasciò la frase in sospeso, massaggiandosi il ginocchio, sotto il tavolino. "Quello che non ho capito è se lei è riuscita a prendervi".

Valentino annuì con aria grave.

"Si muoveva tra le ombre, come ci avevi detto. Penso che ci abbia lasciato andare solo per giocare al gatto e il topo. Quando ce la siamo trovata di fronte aveva la testa di Elia in mano".

Pietro fece una faccia schifata.

"Che cattivo gusto. Queste bestie antiche confondono spesso crudeltà e benevolenza. Immagino volesse dimostrarvi di aver gradito l'offerta". Ipotizzò.

Valentino alzò le spalle.

"Di fatto a quel punto io e Angela eravamo paralizzati dalla paura: pioveva, faceva un feddo cane e l'unica fonte di luce a parte i lampi erano i suoi maledetti occhi gialli. Pensavamo di rimetterci la pelle, come Elia".

Pietro sorseggiò il caffè, gli occhi puntati verso l'amico, che lo pregavano in silenzio di continuare.

"Poi, quando la testa di Elia è rotolata via, ci ha riconosciuti come evocatori e ci ha chiesto cosa volessimo come ricompensa".

Valentino aveva la mano che tremava in modo piuttosto evidente. Non avrebbbe scordato quella notte nemmeno dopo cento Oblivion.

Pietro si guardò attorno, come per controllare se qualcuno potesse origliare. C'era solo un altro cliente, un anziano piuttosto tozzo e grasso, che siedeva ad almeno quattro metri da loro, preso dalla su Gazzetta dello Sport.

Infine Pietro si decise.

"Quindi ce l'hai fatta. L'hai portato?" Chiese, con una punta di evidente avidità nella voce.

Valentino sorrise.

"Non mi sarei mai fatto tutta questa strada per niente. Certo che ce l'ho qui".

Il ragazzo si levò il borsellino apparentemente vuoto che portava a tracolla e lo porse a Pietro.

"L'ho fatto prima di essere sospeso. Una trasfigurazione difficile, ma riuscita. Dovresti poter riportarlo al suo stato naturale con un semplice Finite Incantem. Io mi sono già trascritto tutte le formule che non conoscevo, quindi non ho problemi a dartelo".

Pietro tese le mani e prese il borsello.

"Tu non sai che piacere che mi hai fatto, Valentino". Pietro guardava ancora l'oggetto con una venerazione davvero fuori luogo ad una occhiata babbana. Il borsello non era particolarmente bello e la vista di Pietro che lo accarezzava come fosse un bambino avrebbe attirato occhiate curiose.

"Ora mettitelo a tracolla e non parliamone più. Il Libro dei Cinquecento interessava ad entrambi e senza di te non saremmo mai riusciti ad evocarla. Mi dispiace solo che tu non ci sia potuto essere. Magari con il tuo aiuto avremmo potuto evitare ad Elia quella fine".

Pietro scosse la testa.

"Il fatto che io vi abbia aiutati non cambia il fatto che tu sia generoso, amico mio. Più di un mago avrebbe scelto di denunciarmi, dopo la morte di Elia. Tu ed Angela mi avete coperto e vi siete anche presi una sospensione".

Valentino lo guardò, serio.

"Tu l'anno scorso sei stato espulso assieme a Beatrice, anche per colpa mia. Voi due non avete tirato in mezzo me e io non tiro in mezzo voi. La lealtà è una merce rara in questo paese e io non mi farò certo scappare l'opportunità di averti come amico, utile come sei".

Pietro ghignò, evidentemente superata la commozzione di poco prima, poi osservò Valentino dritto negli occhi, quasi volesse leggere i suoi pensieri.
"Utile dici? Non suona male. Mi piace ritenermi una persona ‘utile’".

Valentino inarcò un sopracciglio e sorrise divertito, ma non replicò.

I due finirono il loro caffè e Pietro guardò Valentino mangiare la sua brioche. Alla fine pagarono il loro pasto e si avviarono verso il Duomo.

Sembravanon davvero due fratelli: tanto simili e con espressioni così uguali sul volto. Un occhio attento avrebbe potuto distinguere la soddisfazione nello sguardo di Valentino dall'incredula meraviglia di quelli di Pietro, ma nessuno, a Montecchio Maggiore, sembrava avere una vista così acuta.

Entrarono nella brutta chiesa neoclassica, stanto attenti a non far sbattere le porte e interrompere la funzione.

Si sedettero con garbo sulle panche e si unirono al coro dei fedeli, guidato dalla voce del sacerdote.

"...E non ci indurre in tentazione, ma liberaci da male".

"Amen".
 


Conclusa la funzione i due si congedarono alla fermata del tram, con un altro abbraccio fraterno.

"Immagino che ci vedremo la prossima estate, amico mio. Cerca di tenerti fuori dai guai". Valentino era devvero preoccupato. L'indole fin troppo curiosa di Pietro avrebbe anche potuto farlo finire dietro le sbarre.

"Farò il possibile per tenere un basso profilo, Val. Tu invece salutami Angela e mandale mille baci da parte mia". Rispose allegro Pietro.

Valentino si avvicinò alla porticina del tram che lo avrebbe riportato a Vicenza, per poi girarsi un'ultima volta, richiamato dalla voce dell'amico.

"Ti saluta Beatrice!".

Valentino grugnì, irritato e non rispose, suscitando le risate di Pietro, che si fecero ovattate quando sbattè la porta del tram.

Si sedette su una delle scomode panche di plastica e iniziò a rigirarsi i pollici, mentre il veicolo cominciava a stridere e sbuffare.

Partirono con un sibilo sordo e a Valentino non rimase altro che guardare il suo migliore amico attraverso il polveroso finestrino del tram.

Un'anziana signora si sedette al suo fianco, con un tonfo un po' brusco.

"Tutto bene?". Chiese preoccupato Valentino.

"Non preoccuparti ragazzo. Sono abituata a questa tramvia. Gli autisti si distinguono per il poco rispetto verso ogni persona". La vecchia ridacchiò, soddisfata della propria battuta.

Valentino invece capì che lo attendeva un viaggio davvero lungo, in compagnia dell'anziana signora.
 



Fu a viaggio compiuto, mentre attreversava il portico della stazione dei treni di Vicenza, ridacchiando all'ultima battuta di Rosalina, la vecchietta del tram, che aveva fatto notare come la sigla dell'azienda che lo gestiva, il gruppo FTV, non stesse per Ferrovie e Tramvie Vicentine, ma piuttosto 'Forse Tornerete Vivi", che si accorse che il suo telefono stava vibrando.
Guardò con orrore il nome di sua madre sullo schermo e la piccola scritta sullo sfondo verdolino:
"17 chiamate perse"
Con uno sbuffo rispose alla chiamata.

"Ma per cosa hai un telefono se non lo usi?".

La voce di sua madre fu talmente forte da far girare anche molti babbani che, come Valentino, stavano entrando nella stazione.

"Mi sono fatto distrarre". Si giustifico Valentino. "Abbassa la voce, Ma', che qui si sente tutto quello che dici":

Con una voce ridotta ad un sibilo irritato, la Signora Marchetti continuò a parlare.
"Visto che sei tanto scemo da farti sospendere io e tuo padre abbiamo deciso di prendere seri provvedimenti per il tuo futuro".

Valentino sentiva questa frase da mesi e iniziava a non poterne più.
"Ne hai anche parlato con il Preside, Ma'. Ci hanno sospeso per dare una piccola soddisfazione alla famiglia di Elia. Pensa che il Professore che ha approvato l'espiremento non è stato nemmeno licenziato!".

"Sì, sì, tu me conti e me la riconti, Comunque io e tuo padre siamo felici di comunicarti, caro figlio mio, che dall'anno prossimo sarà nostra premura farti partecipare al progetto di aiuto accademico internazionale del Regno Unito". Valentino quasi lasciò cadere il telefono per la sorpresa.

"Devo andare in un College babbano per imparare la lingua? Il mio inglese non è così male, Ma'!". Protestò Valentino, mentre cercava di spiegarsi a gesti con la bigliettaia per avere un biglietto che lo portasse fino a Venezia Santa Lucia.

"No, caro mio! Nessun College babbano per te. Ci è appena arrivato questo bel volantino... Aspetta che lo trovo... Eccolo! Dicevo, a quanto pare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts cerca nuova studenti, specie del settimo anno. TI farà bene cambiare un po' aria".

Valentino sta volta lasciò effettivamente cadere il cellulare per lo shock.
Lo riprese in fretta da terra.

"Mamma, non puoi mandarmi via in questo modo! Ho degli amici in Accademia! Mi sono portato avanti con i programmi e davvero non capisco perchè dovrei andare in quel buco di scuola che...".

"Niente storie". Lo interruppe secca la madre. "Io e tua padre abbiamo preso una decisione, una decisione definitiva. Se hai delle obiezzioni allora potrai farcele quando avrai una casa tutta tua e dei galeoni con cui pagare le rette scolastiche. Ci siamo capiti?".

Valentino guardava con orrore il suo riflesso nel vetro della finestra del treno, che aveva iniziato a cigolare e fischiare.

Il suo rflesso rispondeva al suo sguardo con altrettanto orrore.

"Ad Hogwarts quindi?" Chiese, con il cuore in gola.

"Proprio così!". Confermò sua madre, con una gioia sadica nella voce.

NOTE DELL'AUTORE

 

Lettrici e lettori, salve.

Spero che la storia vi stia piacendo e dalle poche recensioni ricevute, sembra di sì.

Ringrazio moltissimo le ragazze e i ragazzi che mi hanno inserito tra gli autori preferiti, come quelli che hanno messo la mia storia tra quelle seguite.

Approfitto della seconda parte del prologo per spiegare due cose: i mostri che cita Valentino sono ripresi dalla favolistica e dal folklore italiano e persino la creatura apparsa nella prima parte del prologo, che è stata citata anche in questo capitolo, fa parte di quel folklore.

I maghi italiani che ho immaginato, come avevo anticipato in “Prologo I” sono basati su mie amici e conoscenti, che mi hanno dato il permesso di utilizzare i loro caratteri per creare i protagonisti e comprimari del racconto. In particolare ringrazio una delle mie più grandi amiche, Angela e mia sorella Francesca, da cui ho tratto i particolari per rendere più vivi i personaggi di Angela, come è ovvio, e Valentino.

Il mondo magico italiano che ho immaginato è stato ispirato in pieno da quello praghese della fanfiction “Praga Caput Regni”, di krystrka. Vi prego, leggete quella fanfiction perché si merita un premio, almeno secondo me. Non penso che avrei iniziato a scrivere la serie di Antipasti senza questa ispirazione.

Non posso non citare un'altra grande fanfiction, purtroppo incompleta, che era diventata un cult di EFP Harry Potter diversi anni fa: “Luce e ombra” di MIRCALLA_VON_KARNSTAIN, che ho avuto la fortuna di conoscere.

Scrive davvero da dio.

Spero davvero che la storia vi stia piacendo, che i miei personaggi vi piacciano e che quelli di Zia Joanne vi stiano simpatici quanto lo erano nell'opera originale.

Vi invito a recensire i capitoli e bombardarmi di domande se ce ne fosse bisogno.

 

Buona vita,

Herma.

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Capitolo 6
*** Tartellette squacquerone e fichi caramellati ***


ATTO I “ANTIPASTI”

Capitolo 4 “Tartellette squacquerone e fichi caramellati”



Nell'ora di pausa Leo e gli Slytherin si erano recati in riva al Lago, per fumarsi una sigaretta.

Il nutrito gruppo si preparava a partecipare alla lezione di Difesa contro le Arti Oscure, dalle undici a mezzogiorno.

Leo si era presentato ai ragazzi e sembrava che si trovasse già integrato nel gruppo.

“Beh, Leonida, perché non ci racconti che è successo tra Valentino e quella Maria Maregnolo?”. Chiese malizioso Blaise.

Valentino ebbe un tremito. Era impallidito di colpo.

“Storia semplice”. Rispose Leo, con fare saccente. “Valentino era super triste per colpa della Repaldi...”.

Valentino lo fulminò con lo sguardo, mentre Pancy e Daphne guardavano Leo, affamate di gossip.

Leo capì l'antifona.

“Ecco, era triste e le persone tristi sono tendenzialmente stupide e piuttosto stronze se si parla di sentimenti altrui. Valentino che è stronzo di suo, era anche peggio. Un rompicoglioni che pensava solo a sé stesso”.

“Ma quando compare la Maregnolo nella storia?”. Chiese Pancy, impaziente. Anche Blaise, Nott e Draco avevano smesso di parlare di Quidditch e stavano guardando Leo, che pareva deliziato.

“Aspetta, ci sono quasi arrivato. Io, la Maregnolo e Valentino abitiamo piuttosto vicini l'uno all'altro. Passavamo le estati assieme. Penso che la mia vita sia scandita dalle bevute nella tua taverna, Val. Di fatto però, la Maregnolo era un po' cotta di Val, ma lui era troppo preso da altro per badarci negli anni precedente. Val, forse nel suo stato peggiore, se ne accorse, e diciamocelo Val, tu te ne sei approfittato”.

Se prima era pallido, ora il colorito di Valentino era color prugna.

“Le avrai raccontato due boiate sulle amicizie che possono anche avere dei risvolti piccanti e lei c'è cascata con tutte le scarpe. Val se l'è fatta per un po' e poi quando si è reso conto che lei era fin troppo presa e che si aspettava che le chiedesse di mettersi assieme a lei, ha troncato completamente il loro rapporto”.

Daphne e Pancy ora fissavano Valentino con aria arrabbiata.

“Ci credo che è incazzata con te”. Commentò lapidaria la bionda.

“Non era il mio momento migliore”. Disse Valentino, alzando le spalle, rassegnato.

“Ma non finisce qui”. Riprese Leo, avido dell'attenzione del gruppo. “Dopo quella storia Maria si è tenuta tranquilla e si è riavvicinata a Val ed in qualche mese era tutto tranquillo, come prima. Poi Val ha confessato di essersi fatto un'altra compagna di classe, una che voleva privacy e che non avrebbe gradito che si fosse diffuso un pettegolezzo simile. Maria lo disse alla ragazza, che mobilitò la classe contro Valentino. Disse che Valentino si era inventato tutto, che la stesse sputtanando”.

“Che bastarda”. Commentò con rabbia Draco.

“Già”. Leo annuì. “Poi mi sono messo assieme con la Maregnolo”.

“Cosa?”. Esplosero i presenti, esclusi Angela e Valentino.

“Non lo so perché, ma tolto di mezzo Val, Maria aveva iniziato ad essere più carina con me. Io non ho mai avuto grandi avventure, come Ange o Val. Mi sono sentito bene”.

Nott mise il braccio attorno alla vita di Pancy, che sembrò imbarazzata dal gesto.

“Bene, fino a febbraio dell'anno scorso le cose sono andate benino, finché non è capitato il fattaccio: il padre della Maregnolo si ammalò di Vaiolo di Drago”.

Le espressioni degli Slytherin erano atterrite.

“C'è voluto meno di un mese. Alla fine è morto. Io le sono stato vicino, per qualche mese. Ho fatto davvero di tutto, ma più tempo passava, più Maria si commiserava. Io non sapevo più cosa inventarmi. Val nel frattempo non era più un argomento fresco di conversazione, ed era sempre spalleggiato dalla Repaldi e da Angela. Immagino che saperlo isolato fosse un piccolo conforto, nella situazione della Meragnolo. A me Val mancava e avevamo ricominciato a sentirci. Beh, Maria non la prese bene. Tra una cosa e l'altra, mi ha mollato”. Concluse Leo e alzò le spalle, con fare disinteressato.

“Questa è la storia”. Confermò Valentino. “Leo è stato sincero”.

“Insomma”. Disse scherzoso Blaise. “Sei un nemico delle donne”.

Gli Slytherin e Leo ridacchiarono.

“Di fatto a me fa un po' pena”. Aggiunse Valentino. “Sono stato uno stronzo con lei.”

“Non giustifica il trattamento da untore che ti hanno riservato”. Angela pareva davvero arrabbiata.

“Concordo”. Mugugnò Draco.

Pancy guardava l'amico biondo con apprensione.

“Comunque ragazzi”. Interruppe il discorso Daphne. “Abbiamo Difesa con l'Auror. Voi cosa vi aspettate?”.

Tutti si lanciarono in curiose ipotesi, meno Nott, che si distaccò da gruppo e si mise a lanciare sassi nel Lago Nero.

C'erano in più pessimisti, come Daphne e Draco, che pensavano che la Prewett, l'Auror, avrebbe reso agli Slytherin la vita impossibile, quelli come Blaise e Pancy, che invece si aspettavano interessanti lezioni di Difesa, o come Angela, che non si aspettavano nulla di chè.

Valentino pensava che in realtà il problema fosse la stessa idea di una materia simile, dato che il modo migliore per combattere le Arti Oscure sono le stesse Arti Oscure.


Quel gruppo ben assortito si avviò verso il secondo piano. Valentino e Angela, al contempo, pensarono la stessa cosa: mentre percorrevano i lunghi corridoi e le scale del Castello, non poterono non ringraziare il Signore per aver trovato degli amici che li guidassero in quel labirinto di pietra e magia.

I sette fecero la loro entrata nell'Aula di Difesa contro le Arti Oscure: una stanza rettangolare e ampia, molto più ampia di quanto si potesse pensare dall'esterno della stanza, ed era illuminata da venti grandi lampadari d'argento.

Nella parte sinistra dell'Aula c'erano banchi e sgabelli ed una cattedra, una poltroncina e una lunga lavagna.

La parte destra della stanza, che dava alle finestre del cortile, era piena di manichini di legno scuro e metallo. Il pavimento in pietra era solcato da segni di gesso bianco: lunghe linee rette interrotte da cerchi con un diametro di circa un metro.

La professoressa Prewett era in piedi, di fronte ai diversi studenti già presenti. La strega graziosa e minuto stava squadrando i nuovi arrivati con una luce curiosa negli occhi. Continuava a rigirarsi la bacchetta fra le mani, un legnetto di pochi pollici, di un legno d'abete.

Valentino cercò con lo sguardo tra i presenti visi conosciuti: c'era la Gryffindor riccia di Pozioni, che si girò per salutarli, l'altra Gryffindor dai capelli rossi e lisci e dai penetranti occhi azzurri, che stava affianco alla riccia e prese a parlarle dopo aver visto che li aveva salutati.

Notò anche la Ravenclaw con cui Leo amava parlare, quella che sembrava indossare una collana di tappi di Butterbeer.

Sembrava essere molto concentrata sulla professoressa e mugugnava qualcosa su un certo complotto Zanna Marcia.

I ragazzi si sedettero sui banchi liberi e aspettarono l'ora in cui la professoressa cominciasse la lezione.

Maria Repaldi stava seduta di fianco alla strega riccia e parlottava sottovoce, rivolta anche alla rossa.

Arrivarono dei gruppi di ragazzi e ragazze che conversavano in francese, tedesco e serbo. Sembravano di Dumstrang e Beauxbatons. Valentino venne colpito da un ragazzo, francese, alto e biondo, dalla muscolatura sviluppata e dal mento importante. Aveva degli occhi di un azzurro profondo.

Anche lui sembrò fermarsi per un istante a guardare Valentino. Portava lo stemma dei Ravenclaw.

“Laurent?”. Chiese Valentino ad alta voce.

“Valentino?”. Lo studente sembrava stupefatto.

Entrambi sorrisero, poi Valentino si alzò e abbracciò Laurent, baciandolo sulle guance. Molte teste si girarono a guardare quella dimostrazione di affetto, fatta eccezione per Angela e Maria.

Un altro studente, mescolato tra i bulgari, fece un passo in avanti.

“Dai spettacolo, Marchetti?”. Chiese un ragazzo tarchiato, totalmente privo di collo. Anche i suoi occhi erano azzurri, ma non erano profondi e belli come quelli di Laurent, ma freddi, come di giaccio.

“Andrea”. Lo salutò atono Valentino, per poi girarsi verso Laurent.

“Alor Valentino, comme diable sei finito qui?”. Gli chiese quello, sorridendo. Evidentemente non aveva nemmeno sentito Andrea.

“Mia madre ha letto l'annuncio della McGonagall”. Rispose tranquillo Valentino, alzando le spalle.

“Anche puor me è successo qualcosa di simile. Non è passionant? Il Castello è stupendo, o no?”. Laurent fischiò ammirato.

“Poi nous non ci sentiamo da années, Valentino! Tutto bien?” Ton perè, tuo padre sta bien?”.

Laurent sembrava aver sentito molto la sua mancanza, almeno quanto Valentino.

“Perchè non ci presenti il tuo amico, Val?”. La voce di Daphne Greengrass interruppe la loro conversazione.

Gli studenti che erano in piedi quando Laurent e Valentino si erano riconosciuti si erano seduti, tutti meno Andrea, che li fissava con falsa cortesia. Molti volti erano rivolti verso di loro e la Greengrass si era girata sulla sedia e fissava con interesse Laurent.

Laurent guardò Daphne e le sorrise.

“Valentino, est elle tua amica?”. Chiese incuriosito.

“Sì”. Confermo Valentino. “Siamo entrambi di Slytherin e ci siamo incontrati ieri all'Hogwarts Express. Daphne è a posto”.

Laurent allora tese la mano verso la Greengrass, che gliela strinse.

“Io e Laurent ci siamo conosciuti in vacanza anni fa, e da allora di tanto in tanto io e i miei andavamo in gita in Provenza. La madre di Laurent è una vecchia amica del mio padre babbano. Abbiamo scoperto insieme di essere maghi, facendo saltare in aria il cucinino della casa che i miei avevano affittato e ne siamo usciti entrambi incolumi. Così è venuto fuori che la anche il padre di Laurent era un mago”.

Laurent annuì.

“C'était una bella surprise, assolutamente!” Confermò il biondo.

“Da allora siamo stati soprattutto amici di penna e di tanto in tanto ci siamo trovati” Continuò Valentino.

“Signori”.

Una voce decisa e divertita interruppe la conversazione.

La professoressa Prewett sembrava avere intenzione di cominciare la sua lezione.

“Potreste sedervi, ragazzi?”.

Valentino fece posto a Laurent per farlo accomodare accanto a sé.

“Ora che ci siamo tutti e che abbiamo scambiato le nostre chiacchiere, possiamo cominciare”. Cominciò lei. “Io sono Clarisse Prewett, ex Auror del Ministero della Magia Inglese e, malauguratamente per voi, professoressa di Difesa contro le Arti Oscure. Spero andremo d'accordo per quest'anno scolastico”.

I suoi occhi smeraldini stavano scrutando le teste dei presenti.

“Quest'anno è quello dei M.A.G:O., in assoluto quello più quello più impegnativo”.

Fece un'altra pausa, guastandosi l'espressione inorridita degli studenti, comparsi sui loro volti al solo pronunciare i M.A.G.O.

“Quest'anno divideremo le lezioni in due sezioni precise. Sopratutto dopo gli eventi dei due anni passati, è convinzione mia e della Preside che degli studenti che vogliano ottenere un M.A.G.O. in Difesa contro le Arti Oscure debbano poter sostenere un duello magico. Investiremo due delle nostre quattro ore settimanali su questo. Ho già organizzato questa classe in coppie assieme alla Preside, basandomi sulle vostre valutazioni accademiche. Quando avrò finito la mia spiegazione, vi dirò come sarete organizzati, non temete”. Aggiunse in fretta, vedendo che un brusio eccitato si era diffuso tra gli studenti.

“Affronteremo diverse controfatture e Incantesimi Difensivi quest'anno. La presenza dei ragazzi dell'Accademia Profonda e di Dumstrang è una vera benedizione. Potremo effettivamente esercitarci contro della vera Magia Nera”.

Il brusio non fece che intensificarsi e Valentino percepì gli sguardi di molti ragazzi su di sé, compreso quello di Laurent, che sghignazzava piano.

“Zitti!” Li redarguì la Prewett. “Come dicevo, faremo esercizi estremamente pratici quest'anno. Non prenderò la briga di insegnarvi le Arti Oscure, ma potendo sfruttare degli esperti, non mi tirerò indietro. Il mio mentore all'Accademia Auror è stato il vecchio Moody e...”.

Una terza ondata di brusio agitò la classe. Valentino giurò di vedere Draco rabbrividire, come di sentire dire alla rossa seduta nel banco di fronte a sé “Malfuretto”.

“...credo che l'esperienza sul campo valga più di ogni capitolo imparato a memoria. Se per la prima lezione della settimana sarà incentrata su duelli magici e incantesimi, la seconda si incentrerà sullo studio delle Creature Oscure. Quest'anno il programma tratterà di molte bestiacce europee, che alcuni di voi conosceranno meglio di altri”.

Sembrava molto soddisfatta delle espressioni intimorite degli studenti.

“Professoressa Prewett?”.

Una Ravenclaw dai capelli neri e dai caratteri asiatici aveva alzato la mano.

“Signorina Chang?”.

“Beh, la Preside ha detto che non avrebbe tollerato il minimo uso delle Arti Oscure nel Castello...”.

“La Preside ha sconsigliato agli studenti pratici nelle Arti Oscure di non praticarle nelle risse da corridoio che stravolgono Hogwarts dalla sua fondazione”. Sbuffò la Prewett.

“Beh...”. La Chang sembrava avere qualcosa da dire.

“Questa è la mia ultima parola, Signorina Chang. Se ha altre perplessità ne parli pure con la Preside. Ora che abbiamo risposto alla illuminante domanda della Signorina Chang, posso passare alle coppie...”.

La Chang sembrava davvero offesa.

La Prewett iniziò a dividerli in coppie. Molti nomi non dicevano nulla a Valentino, ma altri catturarono la sua attenzione: Theodore Nott finì contro un tale Neville Longbottom, Daphne Greengrass, con un sorriso sulle labbra, finì accoppiata con Laurent Sansonne, Angela Doragon si becco la riccia, Hermione Granger, un nome che, una volta udito, iniziò a punzecchiare la memoria di Valentino, come se lo avesse letto da qualche parte. Blaise Zabini si trovo a fare coppia con quel Seamus Finnigan che aveva gridato durante il Bachetto della sera prima, Ginny Weasley con Pancy Parkinson, Leonida Peravelli con Luna Lovegood, Cho Chango con...

“Valentino Marchetti”. A Valentino parve di vedere la Professoressa sogghignare nell'assegnarlo alla ragazza dai lineamenti orientali.

Lei, guardando Valentino, pareva terrorizzata.

Mentre Andrea Russiano finiva con Dean Thomas, le chiacchiere erano ricominciate. Quello che preoccupò più Valentino fu sentire il proprio nome e quello di Angela, sussurrato da un tale Goldstein, un Ravenclaw, nell'orecchio della Chang, che aprì la bocca in un'espressione terrorizzata.

L'italiano cercò lo sguardo dell'amica. Angela lo stava già fissando, con espressione rassegnata.

“Ora che sapete con chi finirete, mettetevi sulla parte destra della stanza e no, Signorina Chang...” Si interruppe nel vedere la mano sollevata della ragazza. “Le coppie sono definitive”.

Vedendo riflesso nello sguardo della Chang la paura e la rabbia, Valentino capì di doversi preparare al peggio.

Gli studenti, lasciate le borse sui banchi ed estratte le bacchette, obbedirono agli ordini della Prewett e si spostarono vicino ai manichini.

“Guardate per terra. Ci sono delle misure disegnate sul pavimento: dovete disporvi nei cerchi, ogni combattente deve stare venti piedi di distanza da suo avversario, ogni coppia a dieci piedi dall'altra.

Non voglio incantesimi vaganti. Oggi non voglio insegnarvi nulla, ma vorrei vedere con i miei occhi quello che sapete fare”.

Valentino si dispose in un dei cerchi, nella parte più interna della stanza, mentre la Chang faceva lo stesso, mettendosi vicino alla finestra.

“Non voglio fatture illegali, non in questa occasione, ma per il resto tutto è permesso. Sfruttate ogni risorsa a vostra disposizione per vincere. Siete pronti?”. La Prewett squadrava la stanza con quella scintilla di curiosità che le illuminava gli occhi.

Valentino guardò ancora la Chang: le tremava la mano con cui brandiva la bacchetta.

“Via”.

La stanza si riempì di urla e raggi di luce.

Valentino non voleva fare la prima mossa. Era incuriosito dalla sua avversaria.

“Piacere, io mi chiamo Valentino Marchetti”. Tentò di presentarsi, un po' a disagio.

Lei lo squadrò, stranita.

“Non so cosa la Maregnolo si sia messa a dire nel vostro dormitorio, ma, te lo assicuro, sono tutte stupidaggini. Ovvio, in Italia permettiamo le Arti Oscure e le studiamo pure ma...”.

Lo sguardo della Chang era di nuovo impaurito. Valentino sbuffò.

“Davvero, io e Angela non abbiamo intenzione di stregare nessun...”.

Valentino si piegò in avanti per evitare un raggio di luce rosse uscito dalla bacchetta della Ravenclaw. Era uno degli Schiantesimi più deboli che Valentino avesse mai visto. Valentino aspettò ancora ad attaccare.

Fu con una grande sorpresa vedendola singhiozzare, con occhi lucidi.

“Perchè diavolo piangeva?”. Si chiedeva Valentino.

“Hey, io volevo solo essere cortese...”. Non ci fu il tempo di continuare. Un altro lascio di luce rossa si infranse su un rapido sortilegio scudo evocato dall'italiano.

Presto Valentino si trovo a doversi proteggere da un tornado di Schiantesimi.

La sentiva sussurrare la formula “Stupeficium” come un ossesso.

Valentino ringhiò, arrabbiato. La bambolina di porcellana aveva paura delle Arti Oscure? Bene, le avrebbe dato un motivo valido per temerle.

Puntò la bacchetta contro la Chang, disegnando un arco nell'aria.

Per fare quello che aveva progettato ci voleva concentrazione. Conosceva gli incantesimi non verbali, ma questo era un bel rischio, un errore e sarebbe stato espulso, o peggio.

“Avada Kedavra!” Gridò, più forte che poteva. Mentre decine di teste si giravano verso di lui di scatto e Cho, vedendo concretizzare le sue paure, si rannicchiò sulla finestra, aspettandosi il fascio di luce verde della maledizione mortale. Valentino sorrise.

Non successe nulla di tutto questo. Dalla sua sua bacchetta non uscì alcun bagliore verde, ma un silenzioso Oppugno infranse il vetro della finestra alle spalle di Cho. I frammenti presero a levitare attorno al corpo della ragazza, conficcandosi sul braccio che reggeva la bacchetta. Con un urlo, Cho lasciò cadere la bacchetta.

“Ottimo bluff, Signor Marchetti. Signorina Chang, attaccare come ossessi senza una strategia e la perfetta ricetta di un fallimento. Vada in infermeria!”.

La Professoressa Prewett sorrideva con fare amichevole all'italiano, mentre la Chang scappava via piangendo.

Nel mentre, gli studenti che si erano distratti per il suo trucchetto venivano schiantati dai loro sfidanti, che ne approfittarono.

Vide con piacere Blaise fargli l'occhiolino, dopo aver pietrificato Finnigan e rise quando Luna, la Ravenclaw con la collana di tappi e Leo si colpirono allo stesso tempo con una fattura Gambemolli. Caddero esattamente nello stesso istante, con un sorriso divertito sulle labbra.

Man mano che i duelli finivano, Valentino e gli altri che avevano finito si accumularono dietro la Prewett, per fissare il duello del secolo.

La riccia, Hermione Granger, si stava battendo come una leonessa con Angela, e, con sorpresa di Valentino, le stava tenendo testa.

Un arcobaleno di incantesimi di ogni tipo si era formato tra le due streghe.

Il fatto che entrambe non pronunciassero un incantesimo non rendeva affatto facile la comprensione del duello per Valentino: la Granger intesseva una ragnatela di lampi azzurri con la bacchetta e scagliava contro Angela un fuoco turchese, che venne intercettato dalla becchetta pronta dell'italiana e restituito alla mittente. La fattura Fiammafredda si infranse sul sortilegio scudo di Hermione, seguito da un schiantesimo, il quale impatto fece tremare i vetrini del lampadario sopra di loro.

Hermione per un attimo scoccò un'occhiata verso Valentino e alzò la bacchetta verso il lampadario.

Il vetro si infranse e un pioggia di vetro e ferro caddero sull'italiana.

Alzando il braccio, Angela trasfigurò il vetro in alcuni fasci color arcobaleno.

Valentino vedeva le vene sul collo della sua amica ingrossarsi per l'impazienza. Angela amava davvero essere la prima in tutto ed era chiaro che la resistenza di Hermione la stava stufando. L'italiano sapeva che la sua compagna non avrebbe mai fatto uso delle Arti Oscure ad Hogwarts, ma in una condizione di stress come quella di un duello così arduo, in cui il primato di Angela in Difesa rischiava di essere messo in discussione tutto era possibile.

I timori di Valentino si concretizzarono quando vide Angela ruotare la bacchetta verso i suoi occhi, che si accesero di una luce cremisi. L'Incantesimo della Doppia Circolazione era una formula delle Arti Oscure, piuttosto malvisto dagli esperti in materia per i danni che poteva procurare sull'utilizzatore. La magia rendeva la circolazione del sangue estremamente più rapida, per rendere i muscoli e le reazioni del corpo molto più veloci. Il problema era il rischio di infarti, che aveva mandato nella Clinica di San Marco per Maledizioni e Incidenti Dovuti alla Propria Idiozia più di uno studente poco prudente.

Valentino capiva perché Angela avesse scelto una soluzione simile. Un mago dotato poteva interrompere la magia prima che ci fossero controindicazioni, inoltre si trattava di una formula poco conosciuta e poco praticata. Il creatore di quella magia era un vampiro che aveva insegnato per pochi mesi all'Accademia Profonda e la sua arte era poco nota.

I riflessi di Angela si fecero mostruosi: Respingeva le fatture della Granger con ritrovata facilità e aveva raddoppiato la velocità delle sue fatture.

Hermione sembrava completamente chiusa in difesa e non riusciva più a contrattaccare. Con un movimento simile ad colpo di frusta, Beatrice evocò un filamento di fuoco, che sferzò l'aria attorno ad Hermione, bruciando l'ossigeno attorno alla ragazza.

Hermione tentò di usare un Testabolla, ma fu un secondo troppo lenta. Annaspò in cerca d'aria e crollò a terra. Il fumo che aveva inalato doveva averla soffocata.

La La Professoressa Prewett corse verso Hermione e, sfoderata la bacchetta, la rianimò con un incantesimo non verbale.

La strega riccia fece un respiro profondo e aprì gli occhi. L'intera classe di Difesa si era avvicinata per osservare le condizione della ragazza: aveva il colletto della divisa bruciato e uno strato abbondante di fuliggine sul viso. Alcune brutte piaghe viola stavano comparendo sul suo collo.

Valentino guardò con disapprovazione Angela, che non sembrò notarlo. Stava tronfia di fronte ad Hermione, cercando con difficoltà di fare un sorriso che non fosse di scherno.

Mentre la Prewett faceva alzare la Granger, Angela si decise a camminare verso la sua avversaria per tendergli la mano.

Quella si limito a guardare inebetita il palmo di Beatrice e a rispondere con voce roca.

”Bella prova”.

Con uno sbuffo la Prewett evoco una barella e ci sdraiò la Granger. La barella iniziò a fluttuare oltre la porta e poi giù, lungo le scale.

“Complimenti Signorina Doragon, per la conoscenza delle controfatture e la la rapidità di reazione. Davvero stupefacente. Signorina Doragon, si sente bene?”. Chiese la Professoressa ad Angela, che sembrava avere improvvisamente bisogno di un tonico. La sua pelle era diventata rossa come un pomodoro e gli occhi pulsavano di sangue.

“Angela soffre di qualche malore, Professoressa Prewett”. Intervenne Valentino. “La porto io in infermeria se me lo permette. Non penso ci sia bisogno di evocare una altra barella”.

La Prewett, che sembrava domandarsi come, dopo la sua prima lezione, ben due studentesse, le migliori del corsi per giunta, fossero entrambe ferite, annuì distrattamente.


Valentino si accostò all'amica e le fece da sostegno. Uscirono assieme dall'aula, in silenzio, consapevoli degli sguardi che li trafiggevano le spalle.

Appena si furono allontanati, Valentino sbroccò.

“Un incantesimo oscuro, Angela! Davvero? Non avevamo entrambi chiaro quanto la Magia Nera sia proibita qui?”.

Angela guardò l'amico stupita.

“Proprio tu che mi fai una simile osservazione, Val? Non è colpa mia se la Maregnolo continua a gettare merda su noi due. Dopotutto sei stato tu a...”.

Gli occhi di Valentino lampeggiarono.

“E me ne assumo tutta la colpa. Non avevo studiato quanto avrei dovuto. Rimane però il fatto che usare le Arti Oscure di fronte ad un ex Auror del Ministero Inglese mi sembra una grande cazzata, Doragon!”.

Angela fece finta di non aver sentito una parola.

“Lo fai allora, questo controincantesimo? Pensavo che la boiata dell'infermeria servisse per interrompere questa magia maledetta, dico bene?”.

Valentino era tentato di lasciare lì l'amica, magari di farle provare la magica esperienza di un arresto cardiaco, ma dovette desistere di fronte alla prospettiva di dover spiegare al corpo insegnanti come la sua amica fosse morta a causa di una Magia Oscura.

“Tardisanguine”. Sibilò il ragazzo, toccando la fronte dell'amica con la punta della bacchetta. Subito i suoi occhi si schiarirono e il colorito abbronzato tipico della Doragon ricomparve.

“Bene” Concluse offeso il ragazzo. “Dopo abbiamo Antiche Rune, giusto? Anche tu volevi il M.A.G.O. in una materia simile a Filologia, no?”.

Angela annui. Si stiracchio e fece schioccare le sue nocche.

“Andiamo!”.

I due si incamminarono fino alla Sala d'Ingresso, dove chiesero al Barone, il fantasma in abiti nobiliari, dallo sguardo fisso e vuoto, il volto macilento e il corpo ricoperto da fiotti di sangue argenteo, la strada per la classe della Professoressa Babbling.

Lo spettro, con modi piuttosto inquietanti, gli indicò la posizione dell'aula.

Con calma, dati i minuti di anticipo guadagnati con la scusa dell'infermeria, i due procedettero verso il sesto piano, alla torre Ovest, nella classe accanto al quadro del fenicottero rosso in abito da sera.

Mentre imboccavano un corridoio piuttosto largo, incontrarono un fiume di studenti Hufflepuff che scoccò loro una serie di sguardi timorosi e preoccupati.

Un ragazzo con una ridicola espressione tronfia e una camminata pomposa si fermò di fronte ai due Slytherin.

Angela e Valentino lo squadrarono in silenzio. Aveva dei folti capelli biondi e una pelle pallida, che da quel che Valentino capiva non era una caratteristica rara in Inghilterra.

Forse il silenzio dei due italiani imbarazzò l'Hufflepuff, perché le sue guance si tinsero di un rosa piuttosto vivo.

Il ragazzo si schiarì la voce.

“Ehm, ehm. Voi dovete essere due dei nuovi studenti trasferiti, dico bene?”. Il ragazzo tese loro la mano.“Sono Ernest Mcmillan, di Hufflepuff, tanto piacere”.

Angela, notando la riluttanza con cui Valentino guardava la mano dell'inglese, gliela strinse con forza.

“Io sono Angela, Angela Doragon, mentre questo timidone è Valentino Marchetti. Puoi chiamarlo Val”.

Mcmillan rise con fare sostenuto.

“Avete dei nomi particolari. Siete spagnoli?”. Chiese, sempre con quell'aria di superiorità.

Valentino emise un sibilo irritato.

“Italiani” Rispose secco.

“Ah, certo. Come mai vi siete trasferiti, se posso chiedere? Si sa così poco delle altre scuole che viene spontaneo pensare che oltre ad Hogwarts esistano solo Durmstrang e Beauxbatons in Europa. Esiste anche una scuola italiana?”.

Angela e Valentino si guardarono sorpresi.

“Non conoscete l'Accademia Profonda?”.

Mcmillan scosse la testa, imbarazzato. “Abbiamo avuto a che fare con i ragazzi di Durmstrang e Beauxbatons quattro anni fa. Sono venuti qui per il Torneo Tremaghi”.

Angela annuì. “Ne abbiamo sentito parlare. Di solito sono le maggiore scuole europee a partecipare al torneo e l'Accademia è per sempre una scuola di magia che ospita poche decine di studenti. Non siamo in tanti. In Italia è comune per i maghi avere un'istruzione domestica”.

Valentino confermò con un cenno del capo.

L'Hufflepuff sorrise, evidentemente contento di aver avviato una conversazione con i due stranieri.

“Beh, io non sono mai stato in Italia. Come mai avete deciso di venire qui? Penso non sia facile lasciare tutto e concludere la propria istruzione in un paese straniero”.

Valentino, nervoso, spostò il peso da una gamba all'altra.

“Io sono stato incoraggiato dai miei genitori. Mia madre considera molto importante la collaborazione internazionale tra i maghi ed era una vecchia amica del vecchio preside”.

Valentino scelse con cura le parole, soprassedendo sul fatto che fosse stato obbligato a trasferirsi.

Angela fu rapida.

“Più o meno vale lo stesso per me. In più avevo una gran voglia di vivere per qualche mese in una scuola piena di nostri coetanei come Hogwarts. Da noi le classi sono molto più piccole e non ci sono Case”.

Ernest non parve ascoltare Angela. Il suo sguardo era concentrato su Valentino. Aveva forse detto qualcosa di sbagliato?

“Di quale preside parli?”. Chiese a Valentino, gli occhi attenti.

“Beh, il precedente Preside”. Rispose tranquillo Valentino “Il Professor Severus Snape. Mia madre e mio padre sono nell'industria dei cosmetici. Mia madre è una notevole pozionista e aveva un corrispondenza con Snape. Ho saputo che è morto, mi dispiace per tutti voi. Secondo mia madre era un uomo eccezionale”.

Mcmillan ora era davvero stupito.

“Beh, Snape era un tipo difficile e per un po' tutti sono stati convinti che fosse un Mangiamorte di Voi-Sapete-Chi, ma poi è venuto fuori che faceva il doppiogioco e agiva per ordine di Dumbledore. Sono certo che fosse necessario molto coraggio per esporsi in quel modo”.

Valentino cercò lo sguardo di Angela. Chi diavolo era Voi-Sapete-Chi? Di certo Valentino non sapeva chi fosse.

Angela alzò la manica e mostrò il suo orologio da polso a Valentino. Erano in ritardo.

“Scusami Mcmillan, ma dobbiamo andare”. Tagliò corto Angela.

“Esatto. É stato un piacere”. Completò Valentino.

Mcmillan chinò il capo, sempre con quell'atteggiamento pomposo, poi si scansò e gli lasciò proseguire.

I due arrivarono senza fiato all'Aula di Antiche Rune. Videro la Granger assieme a Luna, la ragazza dai capelli color biondo sporco, con la collana di tappi di Burrobirra.

La classe 6A era piuttosto piccola e non brillava particolarmente per la sua atmosfera.

C'erano davvero pochi banchi, una libreria dall'aria piuttosto vecchia, ricoperta di libri dalle copertine muffite e un leggio che doveva essere ad uso e consumo dell'insegnante.

Oltre alla Granger e alla Lovegood, seduti allo stesso banco, c'erano il Ravenclaw dai capelli biondi e l'aria piuttosto precisa, Goldstein e il buon Blaise, che giocherellava distrattamente con la penna d'oca, rigirandosela fra le mani.

Blaise, vedendo il duo di italiani, abbandonò il passatempo e rivolse loro un largo sorriso.

Per un attimo anche il Ravenclaw sembrò interessato alla loro comparsa, ma la sua curiosità durò poco: scoccò loro un'occhiata penetrante e si rimise a fissare il soffitto con interesse rinnovato.

La Granger fece un cenno di saluto ad Angela e la Lovegood disse inconfondibilmente:” Ciao” con un accento che era tutto, meno che italiano.

Dopo aver ricambiato i saluti, Valentino ed Angela si sedettero uno affianco all'altro ed estrassero le loro copie di Tradizione Avanzata delle Rune di Yuri Bishen, come piume e calamaio, per poi fissare con curiosità la porta, aspettando, come tutti, l'arrivo dell'insegnante.

Dopo una manciata di secondi la porta si aprì nuovamente e una strega entrò nell'aula: era una bassa strega dai lunghi capelli corvini e un bel viso a goccia, due occhi color nocciola e due labbra piene. Vestiva con un completo da strega rosso e blu e portava un lungo cappello a punta.

Si schiarì la voce e parlò con una voce acuta e sonora.

“Benvenuti o bentornati a questo corso! Per coloro che non mi conoscono, io sono Bathsheda Babbling e insegno, come dovreste aver ben presente, Studio delle Antiche Rune. Devo dirvi solo poche cose, e siccome sono tutte molto serie, credo che sia meglio toglierci il pensiero prima che finiate frastornati dalla lezione".

I pochi studenti presenti nell'aula si guardarono tra loro, incuriositi.

"Quest'anno purtoppo il nostro corso è più che dimezzato. Molti ragazzi sono rimasti a casa, altri si sono trasferiti e la Battaglia di Hogwarts non ha certo contribuito ad aumentare gli iscritti dell'ultimo anno. Sono lieta di riaverla in aula, Signorina Granger e Signorina Lovegood, come voi, Signor Zabini e Signor Goldstein. Salutate i nuovi arrivati: il Signor Marchetti e la Signora Doragon. Ancora, benvenuti".

La strega sorrise al duo di nuovi arrivati e continuò.

"Pur essendo assai triste, lo scarso numero di studenti iscritti sarà sicuramente molto proficuo per voi: ci permetterà di approfondire in modo millimetrico lo studio del programma di quest'anno. Sono consapevole...".

Scoccò un nuovo sguardo ai due italiani.

"...Che il vostro programma della materia equivalente all'Accademia Profonda sia lievemente più avanzato rispetto al nostro, ma dovete capire che per gli studenti di Hogwarts non si tratta di un corso obbligatorio e non lo si frequenta per sette anni, solamente cinque".

Nel suo sguardo era ben visibile il disappunto per l'organizzazione accademica di Hogwarts.

"Detto questo, non ci metteremo molto per rimetterci in pari. Se non ci saranno problemi sono certa che riusciremo ad ottenere tutte le compotenze per affrontare gli M.A.G.O. di quest'anno".

Blaise sbuffò.

"Hai capito benissimo, Zabini. Ritengo appropriato ricordarti che il prossimo giugno affronterete un importante esame, durante il quale sarete messi alla prova su quanto avete imparato della trauzione e dell'uso delle antiche rune. Sebbene in questa classe ci sia indubbiamente qualche studente lavativo..."

Blaise abbassòil capo, apparentemente lusigangato e si guadagno uno sguardo esasperato da parte della Granger.

"... Mi aspetto che otteniate almeno un “Sufficiente” nel vostro M.A.G.O., mi sono spiegata? Quello che dovete ricordare è che questi esami influenzeranno il vostro futuro per molti anni a venire! Dovrete tenere in conto che saranno delle prove indispensabili per la vostra carriera. Allo stesso tempo sono spiacente di comunicarvi che dovremo lavorare più duramente del solito affinché possiate ritenervi fieri di voi stessi”.

Blaise e Goldstein si guardarono, con un'espressione terrorizzata.

"Ora iniziamo la lezione!".

La Professoressa Bathsheda Babbling sollevò la bacchetta e diverse rune appervero sulla lavagna.

Valentino sorrise soddisfatto: sembrava proprio che questa Bathsheda Babbling prendesse molto sul serio il proprio lavoro, esattamente come il buon Professor Livius.

Fu una lezione davvero interessante, per quanto Valentino e Angela conoscessero già gli argomenti trattati.

Dopo che Angela e la Granger ebbero otttenuto venti punti a testa per le loro traduzioni e che con soddisfazione la Professoressa Babbling ebbe dichiarato che non sembrava esseci necessità di assegnare compiti che non fossero un semplice ripasso degli appunti appena presi.

Conclusa la lezione, Blaise chiamò Valentino e Angela fuori dalla classe.

«La Babbling!». Disse. "Ma quanto è forte, eh?".

“È più che forte”. Disse Angela, appena uscita dall'aula.

“Superforte”. Disse Valentino, entusiasta e iniziò ad incamminarsi verso la Sala Grande.

I tre raggiunsero di gran carriera le scale, con gli stomaci che ululavano per la fame.

“Ragazzi!”

Una voce ansiosa li raggiunse da dietro. Il trio di Slytherin si girò, curioso.

La Granger stava correndo loro dietro. Aveva il fiatone. Doveva essersi fermata a parlare con la Babbling, per poi mettersi a correre dietro a loro tre.

Blaise si girò, sorpreso.

“Cosa posso fare per te, Granger?”.

La ragazza ricordò a Valentino se stesso mentre parlava con Ernest Mcmimallan. Spostava il peso da un peso all'altro e sembra nervosa.

“Zabini, potresti dire al Malfuretto che lo aspetto al parco dopo pranzo?”. Chiese la Granger, con una nota imbarazzata nella voce roca.

Zabini sorrise e annuì, tranquillo, mentre Angela e Valentino scoccavano sguardi curiosi all'uno e all'altra.

La Granger non era solo nervosa. L'incantesimo Linguafiamma di Angela doveva aver infiammato la gola alla povera ragazza.

“Posso anche contare sul fatto che la cosa non sia sulla bocca di tutti per 'sta sera?”. Chiese nuovamente la Gryffindor, abbandonato il nervosismo, con un sorriso divertito.

“Non posso assicurartelo, Granger, ma farò il possibile”. Ghignò Blaise, altrettanto divertito.

La Granger rise e li sorpassò, dopo aver scoccato un'occhiata curiosa ad Angela e Valentino.

A Valentino parve di sentire:”La gola mi brucia ancora. Doveva proprio fare quella fattura...”.

I tre si guardarono e scoppiarono a ridere.

Scesero la scale scambiandosi commenti sulle tre lezioni che avevano appena sostenuto. Blaise era colpito da un frase della Professoressa Prewett. Lei aveva detto che non avrebbe permesso l'uso di fatture illegali per quella lezione. Questo, secondo Blaise, voleva dire che forse avrebbe mostrato loro della Magia Oscura prima o poi.

Angela e Valentino iniziarono a prenderlo in giro, ricordandogli la pensosa figura della Chang.

Dopo che Angela promise sulla vita di Valentino che avrebbe insegnato l'incantesimo Linguafiamma a Blaise, i tre arrivarono finalmente in Sala Grande.


I cibo era già comparso sui quattro tavoli, quando si sedettero a quello di Slytherin.

Valentino si impadronì di una teglia piena di uno speziatissimo ragù di cinghiale e polenta fritta. Anche Angela favorì volentieri e passò il cinghiale ad Draco, fresco fresco della sua ora di pausa.

Angela sembrava proprio felice.

“Pensaci, Val, abbiamo già finito tutte le lezione della giornata prima del pomeriggio. Abbiamo pochi appunti da ripassare e potremo farci un bel giretto al Lago per un po' di divertimento chimico”.

Anche Valentino sogghignava, il sugo di cinghiale che gli arrossiva le labbra.

“Siete maledettamente fortunati”. Sibilò Draco, che stava addentando del roast beef.

“Io, Pancy e Theodore e Daphne dobbiamo sorbirci l'ora di Babbanologia. Ordini della McGonagall. Immagino che sia parte della nostra riabilitazione”. Spiegò, con un tono amaro nella voce.

Blaise gli si rivolse con un sorriso perfido sulle labbra.

“Comunque mio viscido amico, sarò latore di buone notizie”. Sembrava gustarsi ogni momento.

“Possa sapere perché hai quell'aria compiaciuta, Zabini?”. Gli chiese Draco, che finse un tono freddo, per mascherare la sua curiosità.

“Beh, Dracuccio, la Granger mi ha raggiunto dopo Antiche Rune. Voleva che ti comunicasse l'ora in cui voi due...”.

Draco lo guardava impaziente mentre sorrideva.

“... L'ora in cui vi troverete per il prossimo segretissimo appuntamento. Sarà dopo pranzo, nel parco”.

Draco si fece sfuggire uno sbuffo soddisfatto.

“Chi deve andare al parco?”.

Daphne, che aveva appena parlato, Theodore e Pancy si sedettero, con aria stanca.

“Come mai avete quei musi lunghi?”. Chiese Angela guardando i nuovi arrivati.

“Erbologia”. Disse cupo Theodore. “La Sprout ha iniziato a parlarci dei Treant. Ci ha portato nella foresta a vederne uno. Penso di dover riconsiderare gli Schiopodi Sparacoda...”

Valentino impallidì. Treant? Nella foresta c'erano i Treant?

“Sei sicuro di quello che dici?” Gli domandò Zabini, assolutamente stupefatto.

“Assolutamente”. Rispose Daphne, al posto di Nott. “Gli Schiopodi erano orribili, sputavano fuoco, mordevano e pungevano, ma almeno erano di una grandezza contenuta. I Treant sono alti come querce, anzi, in effetti sono querce”.

Pancy la interruppe, altrettanto traumatizzata. “Folle, folle davvero. Uno di loro ha completamente polverizzato una grossa roccia muovendo una gamba. Sembrano piante tranquille, ma a quanto pare sono molto orgogliosi e se si incazzano non li fermi con nulla”.

Anche Angela sembrava colpita.

“Cosa sono gli Schiopodi Sparacoda?” Chiese.

Una risata generale si sollevo dalla tavola di Slytherin, attirando l'attenzione di tutti.

“Una idea geniale del Professor Hagrid”. Disse disgustato Blaise, indicando l'uomo enorme che li aveva traghettati sul Lago Nero, che sedeva al tavolo degli insegnanti, impegnato ad asciugarsi del succo di zucca che si era versato sul giaccone.

“Un simpatico incrocio tra Manticore e Fiammagranchi. Lo abbiamo scoperto mesi dopo averli incontrati comunque. Le femmine avevano delle ventose per succhiare il sangue, mentre i maschi una sorte di pungiglione esplosivo”.

Le facce di Angela e Valentino erano maschere di terrore.

“Fortunatamente dopo i quarto anno l'idiota si è sbarazzato di quei mostri, ma se ci penso posso ancora sentire le scottature sulle mani”. Si lamentò il moro.

Il gruppo rise ancora e la conversazione proseguì tranquillamente tra una battuta e l'altra.

Concluso il pasto, Draco si congedò in fretta per uscire in fretta dalla Sala Grande, camminando a grande falcate verso il parco.

Angela e Valentino si avviarono, con le borse cariche di libri, verso il dormitorio di Slytherin.

I due ragazzi, raggiunto il divanetto di pelle nera, i due vi si coricarono e iniziarono ad estrarre gli appunti. Si divisero il lavoro: Angela si occupò di sistemare Antiche Rune, mentre Valentino di impegnò per Pozioni. Infine i due misero a punto un lavoro più che discreto per Difesa.

Soddisfatti, corsero a rimettere le loro borse nelle camere.

In sole due ore, i compiti erano finiti e il duo si affrettò a raggiungere le rive del lago.

Con dei sorrisi furbi sul volto, i due ragazzi presero a fumare beati, dopo il solito incantesimo di disillusione.

Valentino si lasciò andare. Guardava stordito e sorridente l'orizzonte che si stagliava di fronte a lui.

Il sole, che si stava per nascondere dietro alle cime delle montagne, illuminava lo specchio d'acqua del lago; era davvero uno spettacolo eccezionale.

La pace appena trovate venne distrutta da Angela, che si alzò la schiena di scatto e si avvicinò, gattonando, all'amico.

“Valentino, io non voglio passare un anno senza potermi esercitare nelle Arti Oscure”.

Valentino la guardò negli occhi: era indubbiamente fatta. Andava detto che anche Valentino pensava la stessa cosa: aveva fatto di tutto per non praticare incantesimi oscuri durante la lezione di Difesa, quando sarebbe stato il suo primo istinto.

“Non hai torto”. Rifletté Valentino. “Sarebbe bello trovare un posto capace di permetterci un po' di privacy per allenarci in pace su quello che abbiamo scoperto sul Libro”.

Angela annuì.

“Appena torniamo lo chiedo a Blaise. Sono sicura che lui conosce un posto sicuro fra i territori della scuola, che potremmo sfruttare”.

Valentino sentiva la testa farsi così pesante da non sapere bene come rispondere: da un lato immaginava che un ragazzo furbo come Blaise effettivamente sapesse davvero dove trovare un posto simile, ma di sicuro non glielo avrebbe rivelato senza voler sapere cosa ci avrebbero fatto.

Quasi leggendogli nel pensiero, Angela suggerì ancora: “Potremo Obliviarlo una volta che ci avrà rivelato dove andare e come arrivarci. Sembra un ragazzo abile, ma noi due non dovremmo aver problemi a...”.

“Sono già parecchie infrazioni al regolamento scolastico”. Disse secco Valentino. “Un incantesimo di memoria, per quanto potente, può sempre essere spezzato”.

Angela si morse il labbro.

Valentino, incapace di muovere bene il proprio corpo, rotolò sull'erba per raggiungere il fianco dell'amica.

Sputando l'erba fresca che si era trovato in bocca, Valentino disse:”Secondo me ci conviene aspettare. Questo è il primo giorno di scuola e già sembriamo decisi a ricominciare ad esercitarci. Non dico che non faremo, ma dobbiamo essere prudenti e capire se possiamo fidarci degli Slytherin. Se così fosse non mi dispiacerebbe insegnare anche a loro due cosette”.

Angela annuì soddisfatta.


NOTE DELL'AUTORE

 

So bene che secondo le fonti la professoressa Bathsheda Babbling dovrebbe essere morta durante la Battaglia di Hogwarts, combattendo contro i Mangiamorte.

Ho voluto glissare su questo dettaglio perché si tratta di informazioni presenti su Wizarding World/Pottermore, su cui preferisco non esprimermi, totalmente assenti dai libri.

Dato che Hermione parla di tanto in tanto della Babbling nei romanzi, ho voluto darle una personalità e metterla su carta, basandomi molto sulla mia vecchia professoressa di latino.

Ovviamente in questo capitolo l'insegnante vi è stata solo presentata, ma avremo modo di conoscerla meglio con il proseguire del racconto.

Buona vita,
Herma.

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Capitolo 7
*** Ravioli di ananas con ricotta e caviale di caffè ***


ATTO I “ANTIPASTI”

Capitolo 5 “Ravioli di ananas con ricotta e caviale di caffè


 

Per Hermione Granger il rientro ad Hogwarts era stato di sicuro insolito rispetto a quelli degli anni predenti.
Dopo il banchetto di inizio anno, era stata raggiunta da un ringhiante Argus Flich, che le aveva comunicato di essere stata convocata nell'ufficio della Preside.
Sorrise, mentre si incamminava verso le due imponenti e massicce statue di Gargoyle al secondo piano, che dovevano essere state riparate durante l'estate.

Flich le aveva detto che la parola d'ordine per il passaggio e Api Frizzole. La McGonagall doveva aver mantenuto viva la filosofia di Dumbledore.
Le due statue, vedendola, alzarlo gli artigli ricurvi in segno di saluto.
“Api Frizzole”. Disse, salutandole di ricambio.
I due mostri di pietra sorrisero e le lasciarono libero il passaggio verso la scala, che l'avrebbe condotta nell'ufficio della McGonagall.
Percorrere la lunga scala le riportava alla mente ricordi che avrebbe preferito dimenticare; ricordava Harry correre nell'ufficio dopo la morte di Snape, ricordava di averlo visto tornare, apparentemente sereno, per poi incamminarsi verso la Foresta Proibita. Ricordava il suo ultimo colloquio con il ritratto di Dumbledore, quando aveva accolto con sollievo la proposta di Harry: rimettere la potente Bacchetta di Sambuco nella sua tomba bianca.
Represse a stento un singhiozzo.

Ricordava bene quella sensazione: quando Harry aveva espresso le sue idee a proposito della bacchetta, lei era rimasta inizialmente sconvolta. Un oggetto tanto potente lasciato a sé stesso, perduto.
Allora aveva scoperto la tentazione del potere. Lei pensava, fra tutti, di esserne immune. Si era scoperta meno saggia di Harry.
La McGonagall la aspettava seduta sul suo scranno. L'ufficio di Dumbledore era uguale ad un anno prima: gli strumenti d'argento continuavano a emettere sbuffi e fischi e un filo di vapore bianco salivo denso da dei tubicini, i ritratti dei presidi erano assopiti e le enormi librerie ad ogni lato della stanza contenevano i soliti, enormi tomi.
Forse l'unica piccola differenza, una differenza che per Hermione aveva tutta l'importanza del mondo, era il nuovo ritratto, inchiodato sul fianco destro della parete alle spalle della Preside: Severus Snape dormiva serenamente su una sedia fatta in qualche legno scuro, con la testa appoggiata ad una scrivania dipinta ad olio.
La Preside si alzò appena la vide.
“Siediti pure Hermione” Le disse, con un largo sorriso in volto.
La donna agitò la bacchetta e una comoda poltroncina di puff rosso comparve di fronte alla scrivania della McGonagall.
Hermione ubbidì subito.
“Buonasera Preside”.
La McGonagall incrociò le dita delle mani. La sue espressione rilassata cambiò in fretta, assumendo i caratteri severi che Hermione conosceva bene.
“E' molto difficile per me sollevare questo argomento”. Disse la Mc McGonagall, scegliendo le parole con cura. “Perché non sono solita impicciarmi degli affari privati degli studenti”.
Hermione entrò nel panico.

Non ricordava di divieti a proposito del dormire a casa di compagni di scuola, ma non si sapeva mai.

Forse era una cosa recente. Arrossì, pensando al tempo che aveva passato con Draco quell'estate.
Il ragazzo si era presentato a tutti i funerali delle vittime della Battaglia di Hogwarts. Lei, che aveva scelto di fare la stessa cosa, non aveva potuto fare a meno di notare quel pallido viso famigliare, severo e contrito, sempre dietro al corteo.


Ricordava bene il funerale di Fred.
Molly e Arthur singhiozzavano straziati, aggrappandosi l'uno all'altra.
George sembrava l'ombra di quello di un tempo, il viso mesto e gli occhi chiusi per trattenere le lacrime.

Aveva provato a fare qualche battuta, quando era arrivato il suo momento si ricordare il fratello maggiore, ma le parole gli erano morte in bocca prima che potesse pronunciarle.
Percy aveva abbandonato la consueta aria pomposa, la sua mascella era contratta tanto da sembrare sul punto di spezzarsi, e teneva un braccio sulle spalle di Charlie, a capo chino, le cicatrici rese violacee dallo sforzo che faceva per non piangere.
Bill singhiozzava senza ritegno, appoggiato alla spalla di Fleur, che ormai aveva un bel pancione, che lo sosteneva e gli sussurrava all'orecchio qualcosa.

Ginny soffocava i suoi gemiti contro il petto di Harry. Mentre la bara che celava il corpo di Fred calava lentamente nel terreno reso molle dalla pioggia, un mago dall'aria triste, lo stesso che aveva celebrato il funerale di Dumbledore. terminava di pronunciare i suoi rituali.

Hermione raccoglieva le lacrime con  quello che un tempo era stato un fazzoletto di carta, che ora era ridotto ad una massa informe ed umida. Le sembrava impossibile che un essere umano potesse versare tante lacrime, così tante in così poco tempo.
I suoi occhi erano gonfi e arrossati, le sue mani tremavano.
Osservò Ron, in piedi dietro i suoi genitori, le mani giunte, il capo chino, gli occhi rossi che ogni tanto andavano nella sua direzione.

Ogni volta che la guardava, Hermione percepiva le ondate di dolore che sembrava irradiare nella sua direzione.
Ron aveva voluto mettere le cose in chiaro prima della funzione.

Quello che era successo durante la Battaglia, il loro bacio dopo che il ragazzo che aveva amato per una vita aveva ricordato i poveri elfi domestici, che lavoravano ignari nelle cucine mentre fuori si scatenava l'inferno, le loro mani giunte, quando le Acromantule avevano attaccato, quel calore che credeva di aver condiviso con Ronald... era stato incredibile.

Lei si era fatta forza di questa consapevolezza e aveva affrontato tutti quei funerali sicura che Ronald sarebbe stato sempre lì, per sostenerla.
Si sbagliava.
Ronald le aveva spiegato, con un tono talmente basso e triste da essere a malapena udibile, di essersi sbagliato.
Anche lui credeva che fossero destinati a stare insieme, che fosse stata solamente una questione di tempo, ma dopo la battaglia, dopo il dolore, si era chiesto perché.

Certo, si volevano bene; certo, avevano condiviso le esperienze più intense della loro vita, esperienza che la maggior parte dei maghi adulti avrebbe solo potuto sognarsi, ma finiva tutto con questo.

Tra loro, i due erano molto diversi: le loro aspirazioni, le loro idee, le loro passioni. Nulla combaciava bene.
Si amavano come fratello e sorella, ma non quanto due amanti.
Aveva pianto, aveva protestato e poi aveva capito. Anche Ron si era dimostrato, almeno una volta, più maturo di lei.

Tra lui ed Harry pareva fosse una nuova moda.
Aveva scosso la testa, sentendosi in colpa per aver pensato ai suoi piccoli problemi di cuore in un momento come quello. Era sbagliato.
Fu allora che lo vide: un ragazzo, ormai uomo, stretto nel suo cappotto scuro, dietro alla piccola folla che stava in piedi di fronte alla bara. Avrebbe riconosciuto quei capelli biondi anche in capo al mondo.
Anche quel giorno si era tenuto in disparte e copriva parte del viso con una pashmina. Per un attimo, in quel contesto tetro e deprimente, fu tentata di ridere. Se pensava di nascondersi con una pashmina ed un cappotto in pieno luglio, Malfoy non doveva essere un maestro del travestimento.
Hermione aveva perso di vista il giovane Malfoy dopo la Battaglia di Hogwarts, presa com'era dal compito di ritrovare i suoi genitori.
Le erano arrivate notizie sugli arresti domiciliari del padre, che evidentemente era riusciti a scampare ad Azkaban grazie ai suoi agganci, come dell'assoluzione di Draco da tutte le accuse.
Harry, che aveva testimoniato a difesa di Draco, le aveva assicurato, seppur non potendo scendere nei dettagli a causa della volontà di Malfoy di rendere il verbale e le testimonianze al suo processo un segreto, che il ragazzo Slytherin era sinceramente pentito e schiacciato dal senso di colpa.
Hermione ricordava la faccia di Draco mentre sua zia la torturava nel salottino di Malfoy Manor. Ricordava l'orrore dipinto sul suo viso.
Non era intervenuto, non poteva, probabilmente, ma Hermione non ce l'aveva con lui. Le ultime esperienze con Snape le avevano insegnato a mettersi nei panni degli altri, anche di coloro che le risultavano odiosi.
Draco era stato educato all'ideologia purosangue, aveva succhiato dal seno di sua madre le idee sulla discriminazione dei Nati Babbani assieme al latte e non aveva conosciuto altro.

Poi, quando era ancor ragazzo, gli era stato chiesto di uccidere un uomo, pena: la morte sua e dei suoi genitori.

Dopo aver fallito, la presenza del mago oscuro più pericoloso, potente e folle gli era stata imposta nella sua stessa casa: un luogo che aveva sempre chiamato casa era divenuta la sua prigione.

Era stato costretto da Voldemort ad usare la Cruciatus sui mangiamorte che lo deludevano, l'aveva subita altrettante volte, solo per il piacere che provave Voldemort nel veder soffrire Narcissa e Lucius Malfoy, che lo avevano deluso più di ogni altro suo servitore.
Non sapeva se in quelle condizioni si sarebbe comportata diversamente da Draco.
Hermione aveva distolto lo sguardo, lasciando a Malfoy la convinzione di essere invisibile, nascosto da quella ridicola pashmina.
Chissà come quel ragazzo aveva trascorso i suoi giorni dopo la Battaglia.
Lei aveva passato buona parte del mese precedente a dare la caccia a Wendel e Monica Wilkins.
Aveva avuto successo e aveva restaurato le memorie dei propri genitori, che, guariti, le avevano rifilato la paternale più severa che avesse mai ricevuto.

Era anche l'unica volta in cui i suoi genitori avevano avuto la possibilità di fargliene una e dovevano aver recuperato tutto il tempo perso.
Dopo quella sfuriata il Signore e la Signora Granger si erano lanciati verso di lei con i volti paonazzi e rigati da calde lacrime, per stringere la figlia in una abbraccio che era durato diversi minuti.
Fatti i bagagli, erano tornati di gran carriera in Inghilterra, dove il Ministro della Magia, il buon Kingsley Shacklebolt, aveva insignito lei, Ronald ed Harry con l'Ordine di Merlino, Prima Classe. Normalmente i tre avrebbero festeggiato, ma le ferite aperte dalle morti di Lupin, Tonks e Fred erano ancora troppo fresche.
Conclusa la ricerca dei genitori. Hermione si era sentita svuotare. Negli ultimi sette anni era sempre stata sicura di cosa fare: salvare la Pietra Folosofale, scoprire chi fosse l'erede di Slytherin, salvare Fierobecco e Sirius, fondare l'ES, aiutare Harry nella ricerca degli Horcrux e trovare i suoi genitori.
Aveva sempre avuto un obiettivo e ora che finalmente aveva completato l'ultimo, si sentiva persa.
Ron ed Harry si sarebbero iscritti all'Accademia Auror in autunno. su concessione di Kingsley e lei sarebbe tornata ad Hogwarts senza i suoi migliori amici.
Sarebbe potuta andare peggio: aveva Ginny. Neville e Luna a tenerle compagnia. Avrebbero affrontato insieme gli M.A.G.O. e si sarebbero lanciati nel mondo del lavoro.
Si ricordava ancora le parole di Rufus Scrimgeour:"Pensa di intraprendere una carriera in magisprudenza signorina Granger?".
In effetti, ad un anno da quella fatidica domanda, era proprio quello che Hermione pensava.

Non aveva abbandonato i suoi propositi: avrebbe modificato le leggi che regolamentavano i rapporti tra maghi e creature magiche, fosse l'ultima cosa che faceva in vita. Quello era il nuovo obiettivo.
Tuttavia le pareva una prospettiva così distante e remota da darle venire le vertigini.
Sentendo l'ennesimo singhiozzo di Molly, Hermione si era vergognata nuovamente di sè stessa.
Era stato più forte di lei: non voleva pensare a Fred, fra le braccia tremanti di Percy, con l'ombra dell'ultimo sorriso sulle labbra. Rabbrividiva al solo pensiero.

Lasciare che la sua mente vagasse fra i ricordi era un modo per non soffrire di più, per non dover assistere al pietoso spettacolo che è il funerale di un caro amico.

La funzione procedette tranquilla, interrotta di tanto in tanto dai singhiozzi e pianti della famiglia Weasley.

Ognuno di loro gettò sulla bara un oggetto che gli ricordava Fred.

Hermione afferrò una di quei Torroni Sanguinolenti che i gemelli avevano tentato di vendere ai più giovani studenti di Hogwarts durante il loro sesto anno. Fu con nostalgia che pensò all'ardore che l'aveva infiammata quando aveva tentato di impedire ai gemelli i loro commerci.

“Oh, Fred, mi mancherai immensamente. Mi dispiace, mi dispiace tanto”. Pensò la giovane strega, mentre lasciava cadere il dolcetto incantato, che emise un tonfo, una volta raggiunta la superficie di legno chiaro della bara di Fred.
Corse ad abbracciare i signori Weasley, che l'accolsero come una figlia. Molly le si aggrappò al collo, singhiozzando, proferendo parole senza senso, mentre il marito l'aveva cinta stretta con un braccio, gli occhi chiusi.

“Grazie, Hermione cara. Grazie per aver amato Fred. Grazie per essere venuta. Grazie per aver tenuto Ronald al sicuro. Grazie”.
Ron, commosso, si era avvicinato e si era unito a quell'abbraccio di famiglia, così tanto intimo, pur essendo di fronte ad una piccola folla. Tutti avevano pianto tanto da non poterlo fare più.
“Quante volte può spezzarsi un cuore? O forse si spezza solo la prima, mentre gli altri sono solo graffi più o meno profondi?”. Si era chiesta, ancora stretta fra le braccia delle persone che amava.

Dopo essersi congedata dai suoi affetti, aveva tagliato in diagonale la spiaggia per arrivare al punto secondario dedicato alla Smaterializzazione. Non aveva voglia di incontrare nuovamente lo sguardo di Ron. Sollevò il viso bagnato di lacrime, offrendolo alla tiepida brezza marina. Sarebbe tornata a casa, dai suoi, a farsi preparare una bella tazza di tè caldo e farsi un bagno.

Presa dai suoi pensieri, non badava granché a dove si stesse dirigendo. Si scontrò con qualcuno. Inspirò un profumo di acqua di colonia vagamente familiare, e alzò gli occhi verso il malcapitato per profondersi in scuse. Restò di sasso.
“Draco...?”.


“Signorina Granger?”. Chiese la McGonagall, con un espressione perplessa sul volto.

Hermione emerse dalle sue riflessioni, richiamata dalla Preside.

“Mi scusi, Preside”. Hermione arrossì, imbarazzata. “La prego, continui”.

Miverva McGonagall la fissò, comprensiva.

“Stavo dicendo che non sono solita farmi gli affari dei miei studenti, ma data la situazione non ho altra scelta che chiederle aiuto, Signorina Granger”.

Hermione alzò lo sguardo.

“In che modo dovrei aiutarla, Professoressa?”. Chiese la giovane strega, piuttosto perplessa.

“Mi riferisco". Disse la Preside a denti stretti. "Al Signor Bianchi e alla Signorina Doragon".

La McGonagall le porse una copia di un giornale dall'impaginatura sconosciuta. In copertina vi erano due foto particolari: c'erano due ragazzi: uno era magro da far paura, capelli di un castano chiaro, la schiena curva e un'espressione nervosa sul volto. Al suo fianco una ragazza più alta, dalle labbra piene e i capelli neri e ricci. Lei invece aveva una smorfia disgustata, e copriva il viso del compagno dalle foto, senza molto successo. Sembrava volesse proteggerlo dai giornalisti. Erano entrambi vestiti con un'uniforme color verde bottiglia. L'altra foto ritraeva un ragazzo sorridente, dai ricci capelli castano scuro, piuttosto basso. Aveva un principio di barba e baffi ed era vestito alla babbana. Il titolo sul giornale era in una lingua che non conosceva.

La McGonagall toccò con la bacchetta l'articolo di giornale. L'inchiostro che formava il titolo si mosse come vivo, ricomponendosi in inglese.

Esperimento pericoloso all'Accademia Profonda di Venezia: studente minorenne trovato morto”

Il sottotitolo era ancora più incalzante: “Due studenti sospesi”. Hermione corrugò la fronte.

Perché i visi di quei due ragazzi le erano famigliari?

“Mi è giunta notizia qualche settimana fa che due studenti ,che non erano presenti nella lista degli ospiti stranieri che avranno ricevuto quest'anno, siano stati ammessi all'ultimo. Deve sapere che le procedure per entrare nel progetto non sono semplici, Signorina Granger”. Disse la donna in tono dolce. “Ci sono esami di lingua, protocolli e scadenze, scadenze che nel caso della Signorina Doragon e del Signor Marchetti non sono stati rispettate”.

Hermione guardò la Preside con occhi sbarrati.

“Ma come avrebbero fatto ad iscriversi?”. Chiese la strega.

“Ottima domanda. Ho ricevuto un avviso dalla nostra esaminatrice in Italia che garantisce le abilità linguistiche di Angela Doragon e Valentino Marchetti, come delle loro competenze magiche. La stessa mi ha anche mandato la lista dei loro G.U.F.O., come dei corsi a cui si sono potuti iscrivere. L'unico problema è che lo ha fatto dieci giorni dopo la data di scadenza stabilita”.

Hermione aggrottò le sopracciglia e lasciò che la Preside continuasse.

“Mi sono ovviamente stupita e ho chiesto informazioni. La nostra esaminatrice mi ha assicurato che il ritardo nel comunicare i nominativi di questi due ragazzi è dipeso da un errore. Sostiene di aver perso i documenti che li certificavano come idonei all'iscrizione e dopo averli trovati, dieci giorni dopo la data della consegna, abbia spedito ad Hogwarts un gufo con un elenco aggiornato. Normalmente non ci avrei visto nulla di male, ma questo...”. La McGonagall indicò il giornale. “...Questo mette tutto questo in una luce più inquietante. A quanto pare i due ragazzi sono stati sospesi per l'ultimo mese e mezzo dello scorso anno scolastico in seguito ad un esperimento svolto con l'approvazione di un Professore di Arti Oscure dell'Accademia Profonda di Venezia, che non viene nominato nell'articolo. Il pezzo è vago, ma un ragazzo, un loro compagno di studi, ci ha rimesso la vita”.

L'espressione della McGonagall era tanto seria e corrugata che anche Hermione si scopri intimidita dalla sua insegnate preferita.

“Con queste circostanze non potevo esimermi dall'indagare un po', Signorina Granger. Non se lo sarà sicuramente fatto sfuggire al banchetto di questa sera, ma quest'anno non voglio incidenti, men che meno studenti che provocano misteriose morti, che sono riusciti ad iscriversi oltre la data di scadenza, magari con l'uso della Maledizione Imperius, e tramano qualcosa”.

Hermione accavallò le gambe e mosse un'obbiezione. “Professoressa, so che in Italia le Arti Oscure sono legali, ma dubito che due diciassettenni, per quanto dal passato torbido, abbiano in mente di attentare alla vita di qualche studente di una scuola lontana e straniera”.

La Preside osservò Hermione, soddisfatta.

“É esattamente ciò che ho pensato, ma ho voluto assicurarmi che le cose stessero così. Sa che io sono un Animagus. Mi sono trasformata e ho seguito le rispettive famiglie Marchetti e Doragon fino al binario di King's Cross”.

Hermione era ammirata per la dedizione e l'impegno che la McGonagall metteva nel suo lavoro, ma seguire personalmente un mago e una strega a malapena maggiorenni le pareva un'esagerazione.

“Non si scordi che Colui Che Non Deve Essere Nominato ha avuto diciassette anni, che lei e me, Signorina Granger”. Disse lapidaria la Preside, come leggendo il flusso di pensieri che stavano attraversando la mente di Hermione.

“Tuttavia, per quanto la mia prudenza fosse giustificata, il massimo che ho scoperto è il loro pessimo carattere e il fatto che nessuno dei due volesse iscriversi. Sembra che entrambi siano stati costretti dalle rispettive famiglie. Potrebbero aver mentito per tutto il tempo, ma la Signorina Doragon ha usato un'espressione così colorita per definire sua madre che io non...”. La McGonagall arrossì per l'imbarazzo. “...Mi scusi Signorina Granger. Il punto è che non penso che siano loro il problema. Temo che qualcuno abbia permesso la loro iscrizione a loro discapito, aggirando l'ostacolo delle scadenze”. Hermione non sapeva bene come rispondere. Se da un lato la situazione era senza dubbio curiosa, dall'altro nulla contraddiceva la versione ufficiale di questa esaminatrice. L'ipotesi più probabile era chiaramente che si fosse scordata i nomi dei due italiani quando aveva mandato per la prima volta il suo elenco ad Hogwarts. La giovane strega allungò la mano sul giornale e osservò i due ragazzi: ora ricordava!

Erano i due nuovi Slytherin che si erano seduti vicino a Draco e avevano iniziato subito a parlargli.

“Per quanto ritenga probabile che non ci sia nulla di sbagliato nell'avere due studenti che provengano da una scuola che ritiene importante l'insegnamento delle Arti Oscure, come fa Durmstrang del resto, sono ancora in guardia. Non ho voluto insistere o proibire loro l'iscrizione, ma non rimarrò nemmeno con le mani in mano. A questo punto entra in gioco tu: veniamo a quello che puoi fare per me, Hermione”.

Finalmente la McGonagall era arrivata al punto della discussione. Hermione si preparò ad ascoltare la richiesta della Preside.

“Desidero semplicemente che tu li tenga d'occhio”. L'espressione della McGonagall si addolcì. “Non lo chiederei ad uno studente in circostanze normali e ovviamente gli insegnanti sono stati avvisati, ma, Signorina Granger, so di potermi fidare di lei”.

Gli occhi di Hermione lampeggiarono d'orgoglio. Se la Preside aveva riposto quella fiducia in lei, non le avrebbe dato modo di pentirsene. La giovane strega si alzò.

“D'accordo, Terrò d'occhio i due italiani. Posso vedere i loro orari e i loro risultati ai G.U.F.O.? Immagino che lei li abbia qui, giusto?”.

La McGonagall, con un sorriso ancora stampato in faccia, quasi commossa nel vedere che lo spirito della sua studentessa preferita non era stato spezzato durante la guerra, le tese il foglio che conteneva gli orari.

Hermione fissava i corsi, piuttosto sorpresa.

“Hanno lo stesso orario, che strano... Accidenti, partecipano a molti corsi: Incantesimi, Storia della Magia, Difesa contro le Arti Oscure, Trasfigurazione, Pozioni, Aritmanzia Antiche Rune... Cavolo, pensavo che fossero davvero pochi gli studenti interessati a certe materie!”. Commentò la riccia, leggendo il documento.

“Non troppo. Per quanto sia effettivamente un corso poco frequentato ad Hogawrts, sembra che una variante della nostra Aritmanzia, Filologia Magica, sia ritenuta molto importante in Italia. Anche la traduzione delle Rune, anche se ancor meno popolare, ha una certa rilevanza nel loro vecchio programma educativo”. Rispose veloce la Preside, curiosa di ascoltare le valutazione della sua studentessa più brillante. "Anche se va detto che nessun altro studente della loro Accademia si è iscritto a quei corsi. Magari lì sono materie importanti, ma forse non molto amate". Spiego la McGonagall. In gioventù anche lei era stata in un brutto rapporto con Artimanzia. Ricordava quella materia con orrore.

“Questa Doragon ha ottenuto Eccezionale in ogni materia nel suo G.U.F.O., meno un Oltre ogni previsione in...”.

“---Arti Oscure”. Completo piccata la McGonagall.

“Non è incoraggiante. Marchetti invece, per quanto abbia una buona media, ha ricevuto un Eccezionale solo in questa Filologia Magica e...”. Hermione sospirò.”...Sempre in Arti Oscure. Che strano...”.

La McGonagall era soddisfatta. Hermione aveva notato quel piccolo errore.

“Potrei sbagliarmi, ma forse c'è stato un errore?” Chiese Hermione. “Vedo che il suo G.U.F.O. in Difesa è solo un Accettabile. Com'è possibile che sia stato ammesso agli M.A.G.O. Di Difesa?”.

La Preside era raggiante. Non si aspettava di meno dalla Granger.

“Questo errore è una mia idea. Ho spedito la lista dei corsi al Signor Marchetti due settimane fa, permettendomi di aggiungere Difesa al suo elenco. Concorderà con me quando le dico che avere lo sguardo vigile di un ex Auror su questo ragazzo sia solo un vantaggio”.

Hermione guardò ammirata la Preside. Aveva pensato a tutto.

La riccia ci pensò un po'. Forse fare una richiesta del genere sarebbe stato rischioso, ma sarebbe stato peggio agire di propria iniziativa per poi fare un disastro.

“Posso parlarne con Malfoy?”. Chiese tutto d'un fiato.

Minerva McGonagall al guardò stupita. La vecchia strega sapeva che Malfoy non era lo stesso ragazzo che anni prima tormentava i Nati Babbani nei corridoi della scuola. Aveva assistito personalmente al suo processo e lo aveva ascoltato descrivere ogni attimo rilevante del soggiorno di Coli Che Non Deve essere Nominato a Molfoy Manor. Alla luce di quei fatti, non poteva non provare una certa compassione per il ragazzo, ma non si spiegava il perché della richiesta della sua studentessa preferita. Da quello che sapeva nei sette anni precedenti Malfoy ed Hermione erano sempre stati in pessimi rapporti.

“Posso chiedere il motivo?”.

Hermione si schiarì la voce. “Malfoy è di Slytherin, come Marchetti e Doragon. Potrebbe aiutarmi nel tenerli d'occhio. Di fatto avrebbe molte più occasioni di me per scoprire se nascondono qualcosa. Io seguo tutte le materie che frequentano, ma le lezioni non bastano. Serve qualcuno che li possa controllare mentre sono in dormitorio. Malfoy è perfetto per il ruolo. Non è solo un occlumante molto capace, ma non è nemmeno necessario spiegargli il motivo di questa richiesta: se saprà che la presenza questi due potrebbe mettere in pericolo i suoi compagni, sarà più che volenteroso di dare una mano”.

Non sarebbe stato l'unico vantaggio: se questi due erano davvero un pericolo, anche se manipolati da qualcuno che li aveva voluti iscrivere, Draco ne sarebbe stato avvertito e sarebbe stato più al sicuro. Hermione non lo spiegò alla McGonagall, ma represse a stento un altro sorriso.

Non era sicura che la Preside avesse ragione, ma lei era la prima a voler passare più tempo con Draco e se la lei le forniva anche una scusa, tanto meglio.

“Se lei ne è sicura, Signorina Granger, non ho obiezioni”. Decise la McGonagall.

Hermione le tese la mano, che la Preside strinse, con un'inaspettata forza fisica.

“Ti ringrazio Hermione”. La Preside si era addolcita di nuovo. “So cosa hai passato l'anno scorso e Dio solo sa se vorrei che tu passassi un ultimo anno scolastico in serenità. Parte di me già si pente per averti fatto una simile richiesta”.

Hermione scosse il capo. “Se ho imparato una cosa nell'anno passato è che odio non essere messa al corrente di ciò che succede attorno a me. Sono felice che lei faccia affidamento su di me, Professoressa”.

Le due streghe si sorrisero e si augurarono la buona notte.


Hermione uscì dall'infermeria cinque minuti dopo esserci entrata: la gola le prudeva ancora parecchio, ma la pomata che Madame Pomfrey le aveva applicato aveva già attenuato completamente il dolore. Doveva ammetterlo: aveva sottovalutato Angela Doragon. Aveva accolto con entusiasmo la possibilità di misurarsi con lei in un duello. Dopotutto la missione che le aveva assegnato la Mcgonagall era proprio valutare se i due italiani fossero una minaccia. Dopo quell'ora di Difesa, Hermione era sicura che almeno la Doragon avesse tutte le carte in tavola per esserlo.

Per la prima parte del duello era sicura che lei ed Angela fossero praticamente alla pari e verso la fine era stata certa di stare per riuscire a sopraffare la strega, ma quella all'improvviso era diventata una specie di furia scatenata: aveva preso a respingere le sue fatture ad una velocità incredibile, come, alla stessa incredibile velocità, l'aveva tempestata di incantesimi. Quell'ultimo Incantesimo Linguafiamma l'aveva colta di sorpresa e non era riuscita ad usare in tempo il Testa Bolla. Per un attimo le era sembrato che gli occhi della Doragon fossero diventati rossi come quelli di Voldemort.

Scacciò quel pensiero: sarà stata autosuggestione.

Rimuginando ancora sul duello, Hermione incontrò una smarrita Maria Repaldi, che correva tra i corridoi sbirciando di classe in classe.

Hermione aveva avuto il piacere di conoscere Maria la sera precedente, durante il banchetto.

La ragazza le sembrava allegra e solare: un piccola forza della natura. Dopo il banchetto aveva tempestato Ginny di domande, chiedendo di Hogsmeade, dei passaggi segreti, dei professori... praticamente di tutto.
Tornata dal colloquio con la McGonagall anche Hermione era stata presa in ostaggio dalla ragazza, che non aveva fatto altro che spergiurare che lei le ricordava troppo la sua migliore amica, che si era rivelato proprio Angela Doragon.

Quando la notte si era fatta troppo tarda e Maria aveva iniziato a tormentare Ginny per sapere chi fosse il suo ragazzo, quest'ultima ed Hermione avevano dovuto fare il diavolo a quattro per convincerla a lasciarle andare a letto.

Lei aveva anche spiegato loro qualcosa in più della sua scuola: quel piccolo istituto magico nel Nord Italia noto come Accademia Profonda. Non aveva detto loro dove si trovasse, ma Hermione era riuscita a capire che fosse sott'acqua, magari in mezzo al mare. Sembrava un scuola molto più piccola di Hogwarts, Ogni anno aveva al massimo quindici studenti e le classi erano minuscole. Oltre alle Arti Oscure, all'Accademia si insegnavano anche le discipline babbane, per preparare i giovani maghi ad avere a che fare con quel mondo una volta diplomati.

“Una noia mortale” a detta di Maria.

In confronto, secondo Maria, Hogwarts era davvero immensa. Sembrava entusiasta della scuola e non vedeva l'ora di cominciare le lezioni.

Hermione aveva appreso quanto poteva dai discorsi vivaci di Maria, ed era solo contenta che una ragazza con un modo di fare così leggero fosse giunta ad Hogwarts.

Aveva persino riso di gusto quella sera, quando l'unica persona che l'aveva fatta ridere da tre mesi a questa parte era stato Draco.

Quando Maria vide Hermione, corse verso di lei, scivolò e quasi cadde a terra. Ebbe la prontezza di riflessi di aggrapparsi ad un armatura, che la sostenne educatamente.

“Un piacere, dolce dama”. Disse quest'ultima ad una stupefatta Maria, che ringraziò in fretta e corse verso Hermione.

“Hermione, dove diavolo è l'aula di Divinazione? Questi corridoi sono tutti uguali e i quadri mi danno sempre indicazioni diverse.”. Le chiese con il suo buffo accento.

Hermione provò pena per la ragazza. Non sapeva che volesse seguire Divinazione, che magari era insegnata decentemente in Italia. Si immaginava la faccia che l'italiana avrebbe fatto di fronte a Sybill Trelawney, con le sua collezione di collanine di perle, i suoi scialle e il fumo asfissiante della sua aula.

“Non puoi sbagliare: è in cima alla torre nord. Vai per questo corridoio, sali le scale facendo attenzione al quinto gradino a partire dal basso, che è pestifero e si appiattisce, cerca con lo sguardo il quadro un un cavaliere sopra un pony bianco, non parlargli assolutamente, percorri le scale a chiocciola che iniziano alla sinistra di quel quadro e corri fino all'ultimo piano. Lì troverai una botola sul soffitto. Di solito è aperta. Quella è l'aula di Divinazione”.

Maria l'ascoltava con aria chiaramente preoccupata. Dopo pochi secondi di silenzio, annuì, concentrata.

“Dritta, scale, gradino bastardo, pony bianco, parlare assolutamente, scale a chiocciola, botola. Capito tutto”.

Prima che Hermione potesse correggerla, Maria partì come un fulmine, travolgendo un duo di Ravenclaw del secondo anno, che si scostarono, spaventatissimi.

“Non parlargli, ho detto, NON PARLARGLI ASSOLUTAMENTE”. Provò ad urlare la riccia, ma dubitava che Maria l'avesse sentita.

Sir Cadogan e la Trelawney: per la ragazza, Hermione ne era certa, quella non sarebbe stata una giornata facile da dimenticare. Alzò le spalle e si avviò vero l'aula di Antiche Rune, pronta ad un secondo incontro con Angela Doragon.


Hermione sfruttò la lezione di Antiche Rune come poteva: la Professoressa Babbling era partita in quarta con la spiegazione di alcune rune avanzate e lei non voleva perdersi una parola. Ebbe comunque modo di dare un'occhiata ai suoi due obiettivi: Angela sembrava seguire la lezione in totale tranquillità: prendeva qualche appunto di tanto in tanto e annotava alcune nozioni della Bubbling nel libro di testo, ma sempre con un'aria piuttosto annoiata. L'aveva sorpresa più di una volta mentre giocava con i suoi ricci o disegnava svogliatamente sul foglio di pergamena degli uccellini. Velentino era tutto un altro discorso: il ragazzo scriveva come un ossesso, cancellava spesso le sue note con la bacchetta e poi le riscriveva; sembrava incredibilmente concentrato e sudava copiosamente dall'attaccatura dei capelli, che tormentava con la mano sinistra, spettinandosi ancor di più di quanto non lo fosse di solito.

Guardandolo Hermione non poté fare a meno di sorridere: si rivedeva un po' in quel ragazzo.
Fissarlo le faceva venire in mente sé stessa al primo anno, sempre agitata e con l'ansia di non riuscire a comprendere quel mondo che le era sconosciuto fino a pochi mesi prima.

Più di questo, non riusci a capire. I due non facevano rumore, né attiravano l'attenzione facendo domande, come era solita fare lei.

Sembravano, in tutto e per tutto, due ragazzi tranquilli.

Hermione però, dopo il duello, non se la beveva più: Aveva visto quell'inquietante bagliore rossastro emesso dagli occhi di Angela, era stata colpita da i suoi incantesimi e non poteva fare a meno di pensare che in quella ragazza si nascondesse la voglia di primeggiare, ambizione che l'aveva resa Slytherin di diritto. Non solo, era anche certa della forza che sosteneva quell'ambizione.

Non aveva potuto assistere al duello di Valentino, ma venendo verso la classe aveva sentito Goldstein lamentarsi del suo modo di fare. Da come ne parlava, aveva usato un trucco per vincere sulla Chang e non si era davvero meritato la vittoria.

Aveva senso, si disse Hermione: dalle valutazioni G.U.F.O. di Valentino non doveva essere molto portato per la materia e non poteva usare che l'astuzia per vincere quelle competizioni.

“Signorina Granger, il suo banco è così interessante?”. La Professoressa Bubbling l'aveva sorpresa a fissare con aria assente il suo foglio di pergamena, mentre era persa nelle sue riflessioni.

“Mi scusi, professoressa. Non si ripeterà”. Si scuso la giovane strega, ignorando le occhiate perplesse di Blaise e Anthony, che non avevano mai sentito un'insegnante rimproverare la Grenger per non aver seguito la spiegazione.


Hermione aspettava Draco seduta sotto una quercia, vicino al Lago. Aveva chiesto a Blaise di portargli il messaggio e questi, che l'aveva sempre trattata in malo modo negli anni scorsi, non aveva fatto storie.

Hermione sapeva che tra gli Slytherin c'era aria di redenzione, ma non pensava che tutti, persino Zabini, avessero abbandonato le idee purosangue.

Da quel che sapeva il ragazzo non aveva perso nulla durante la guerra, perché la madre non si era mai fatta marchiare ed era stata attenta a non avvicinarsi mai ai giri di Voldemort, ma era noto che le idee di Blaise in merito a Nati Babbani e Traditori del Proprio Sangue non differissero per nulla da quelle che avevano Draco e gli altri figli e figlie di Mangiamorte.

Se non aveva affrontato le conseguenze della guerra, come aveva fatto a cambiare così tanto? Che fosse stato grazie agli amici?

Mentre era persa nel suo pensare a Blaise Zabini, una mano le si posò sulla spalla.

“Granger”. Draco Malfoy, che sembrava sempre più alto ogni giorno che passava, are finalmente arrivato.

Hermione sussultò per la sorpresa. Più che per lo spavento, ciò che per lei era ancora incredibile, era il fatto che Draco accettasse di toccarla.

“Mi hai fatto chiamare da Blaise solo per rimanere a fissarmi con la bocca aperta, Granger?”. Chiese sorridendo il biondo. Non c'era traccia della passata ironia maligna nella sua voce.

Hermione si assicurò di non aver più la bocca spalancata per lo stupore e si ricompose.

“Non proprio Draco. Ti va di sederti un secondo? Non abbiamo avuto tempo per parlare da quando siamo arrivati ad Hogwarts”.

“Avevo le mie cose da fare, Granger. I ragazzi di Slytherin sono tutti un po' spaventati, sopratutto quelli dei primi anni. Temono ritorsioni da parte dei ragazzi che hanno perso genitori e fratelli, quindi vengono da me a parlare”. Draco sembrava irritato. “Non so davvero come aiutarli. Non posso seguirli tutti e Blaise e Daphne hanno lo stesso problema come Prefetti”.

Hermione annuì, comprensiva,

“Se ti può essere d'aiuto, chiederò a Neville e Ginny di tenere occhi e orecchie aperte per qualsiasi bravata dei ragazzi della mia Casa verso studenti Slytherin, ok?”.

Draco sorrise e si lasciò cadere sull'erba del prato.

“Mi sei mancata Granger”. Le disse il ragazzo, catturando uno dei suoi ricci e iniziando a giocarci, rigirandoselo attorno al dito.

“Hermione arrossì. “Anche tu mi sei mancato, Malfoy”. I loro sguardi si incrociarono, ed erano pieni di affetto. Distolsero subito lo sguardo e fissarono imbarazzati qualche ciuffo d'erba divenuto improvvisamente interessantissimo.

“Comunque non mi hai chiamato per parlare dei giovani Slytherin, vero Granger?”. Chiese Draco, strappando un stelo d'erba e giocandoci come aveva fatto con il capello di Hermione qualche secondo prima.

“Hai ragione, non ti ho chiamato per questo”. Hermione sospirò. Sperava davvero che Draco non la prendesse male. Sapeva quanto unita fosse Slytherin e non voleva che quella amicizia appena costruita con Malfoy si incrinasse a causa dell'incarico assegnatole dalla McGonagall.

“Ti devo chiedere una cosa.. un po' odiosa, almeno dal tuo punto di vista”.

“Devo baciare Potter?”. Chiese Draco, sarcastico.

Hermione scoppiò a ridere. “No, anche se sarebbe divertente vedervi. No, Draco, quello che voglio chiederti è di tenere d'occhio i nuovi arrivati del settimo anno nella tua Casa: Valentino Marchetti e Valentina Doragon”.

La strega vide il viso dell'amico oscurarsi.

“Come mai?”. Chiese brusco. Sembrava che Hermione avesse ragione: Draco, come gli altri Slytherin, non amavano minimamente fare la spia e tradire i propri compagni. Se con le altre Case negli anni passati si erano comportati come delle vere vipere, era anche vero che Hermione non aveva mai sentito di problemi interni a Slytherin. Quei ragazzi si coprivano tra loro le spalle.

“Non posso dirtelo, non del tutto. Ti basta sapere che la Preside è nervosa. Sembra che abbiano un passato davvero discutibile...”.

Draco tossì apposta e le guance Hermione si tinsero nuovo di un rosso acceso per l'imbarazzo.

“Tu hai dimostrato a tutti di che pasta sei fatto quest'estate. Il Wizengamot ti ha assolto da ogni accusa. Sei un mago libero e pulito”.

Malfoy la fissava dubbioso. Hermione notò che premeva la mano destra sull'avambraccio sinistro, dova sapeva celarsi, scolorito, il Marchio Nero.

“Non voglio sapere vita, morte e miracoli su quei due, Draco. Vorrei solo che tu mi dicessi se fanno qualcosa di... pericoloso, o se a loro succede qualcosa di pericoloso. Sarebbe veramente importante”. Hermione ora cercava di guardare Draco negli occhi, ma questo continuava a strappare gli steli dal prato, negandole quel contatto visivo.

“Dici che quei due siano una minaccia anche per i ragazzi?”. Chiese lo Slytherin, chiaramente sovrappensiero.

“Non lo so”. Rispose sinceramente Hermione. “Anzi, per quello che ho capito, i due potrebbero essere qui solo per farsi l'ultimo anno di scuola all'estero. Il punto è il rischio e a me non piace molto accollarmi altri rischi dopo l'anno scorso. La Preside è sicura che ci sia sotto qualcosa, che qualcuno abbia fatto in modo che si iscrivessero aggirando le regole della Scuola e io non dubito dell'intuito della McGonagall”. Spiegò Hermione, decidendosi a dire un po' di più all'amico.

Draco si alzò all'improvviso e abbassò lo sguardo verso la Granger.

Ecco che la strega ebbe finalmente modo di ammirare quelle iridi di un grigio tempestoso, che l'avevano fatta piangere molte volte negli anni passati, ma che ora avevano un'eredità diversa.

“D'accordo Granger, ma non intendo fare la spia per delle stupidaggini. Se li vedo fumare nel parco o copiare ad un compito, non li denuncerò. Sarà solo nel caso facciano qualcosa di veramente grave”. Decretò Draco.

Hermione sorrise. Era tutto quello che le serviva.

“Per me va benissimo”. Concordò la strega.

“Comunque...” Draco assunse per un attimo il suo vecchio tono borioso e vanesio. “...Non è che ti brucia solo perché la Doragon te le ha suonate a Difesa?”.

Hermione rincorse un Draco davvero divertito per tutto il parco, lanciandogli delle fatture pungenti sui piedi per tutta la corsa.
Mentre i due correvano, le loro risate erano udibili fino alle porte del Castello.
 


NOTE DELL'AUTORE


Allora, siamo arrivati al quinto capitolo (Settimo se si contano i due prologhi). La prospettiva della storia è cambiata e sono sicuro che alcuni degli ormai duecento lettori silenziosi che seguono questa storia abbiano diverse domande. La prospettiva della storia verte e verterà sempre su Valentino e Angela, ma da ora in poi, ogni tanto aggiungerò un capitolo con un POV diverso. Vi faccio un esempio più pratico sul modo in cui voglio procedere: ogni tre capitoli, ci sarà un frammento del prologo e uno di quei tre sarà un capitolo con un POV diverso da quello dei due italiani. Sono avanti rispetto alla pubblicazione di una dozzina di capitoli e mi piace come impostazione. Ditemi se avete suggerimenti e questo modo di narrare vi piace o vi fa schifo (MA DITEMELO). 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Recensite e mettete la storia tra quelle seguite (così vi arrivano gli aggiornamenti sulle pubblicazioni).

Buona vita,
Herma.

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Capitolo 8
*** Cozze alla tarantina ***


ATTO I “ANTIPASTI”

Capitolo 6 “Cozze alla tarantina
 

Quando il sole fu completamente oscurato dalle montagne e i due italiani si fossero finalmente ripresi, si avviarono lentamente verso il Castello.

Mentre camminavano disillusi, non poterono fare a meno di notare due figure, non troppo distanti dal portone, entrambe sedute sotto un faggio.

Si sentiva uno strano e bizzarro motivetto provenire dalla stessa direzione.

Vieni, mescola il mio calderone
e, se con passione ti riuscirà,
il mio forte amor bollente
questa notte ti scalderà”.

Pur senza vederla, sentì la risatina di Angela. La canzone proveniva una vecchia magiradio di legno scuro.

Più si avvicinavano, più si le figure in lontananza si facevano nitide.

Fu a quel punto che anche Valentino ridacchiò.

Luna Lovegood agitava le braccia compulsivamente, in un ballo davvero ridicolo.

Vederla lì, seduta, mentre agitava gli arti come un polpo faceva pensare a delle convulsioni.

Al suo fianco, un Leonida piuttosto intimidito agitava pigramente le mani e fissava preoccupato la sua nuova amica, evidentemente intenzionato a non tradire la sua evidente inesperienza in quella sorta di balletto, ma anche riluttante a darci dentro come Luna.
"Oh, mio povero cuore, dov’è andato?
Per un incantesimo mi ha lasciato…”

Valentino sentì il peso di Angela sulla sua spalla. Lei rideva istericamente e il buon Leo aveva iniziato a guardarsi intorno nervoso, avendo evidentemente sentito qualcosa.

Valentino, agguantando la vita trasparente di Angela, la spinse in fretta verso i portoni del Castello.

“Ma sei scema?”. Chiese Valentino all'amica.

“...Il mio forte amor bollente...”. Angela continuava a ridacchiare.

Valentino scosse la testa.

Erano arrivati finalmente all'ombra dell'enorme portone, quando sentirono di nuovo la voce dalla cantante proveniente dalla magiradio farsi più forte.

“… e adesso che per bene l’hai spezzato,
ridammi, ti prego, il mio cuore innamorato”.

Luna e Leo stavano venendo verso di loro.

Angela era ancora piegata in due dal ridere, forse per il testo ridicolo della canzone, forse per il ballo forsennato di Luna. Valentino decise di aspettare ai lati del portone che la bizzarra coppia ballerina.

Per un attimo a Valentino parve che Leo si fosse girato verso di loro, forse attirato dai singhiozzi di Angela, ma dopo pochi attimi decise di essersi sbagliato e prosegui.

Dopo che lo strano duo fosse scomparso oltre le porte della Sala Grande, diretti al banchetto, Valentino fece un sospiro di sollievo.

Rimosse il proprio incantesimo di disillusione e venne imitato da un'Angela che ancora cercava di rimettersi ritta, scossa da risolini nervosi.

Valentino la guardò esasperato.

“Riprenditi Doragon”. Sibilò Valentino, irritato.

Dopo qualche decina di secondi Angela si riprese e dopo aver fatto due respiri profondi si diresse verso la Sala Grande, seguita da Valentino.

La tavola era apparecchiata riccamente, anche se non era ricca come quella della sera precedente. I piatti d'oro erano già ricolmi dell'ottimo cibo di Hogwats. Angela e Valentino non si fecero aspettare; camminarono spediti verso il loro tavolo e si sedettero, l'uno accanto all'altro, vicino ai soliti Slytherin: Draco, Daphne, Blaise, Pansy e Theodore.

Valentino alzò la testa verso l'alto: un cielo stellato risplendeva sopra le loro teste. Il ragazzo cerco di riconoscere le costellazioni che svettavano luminose sulla Sala Grande, ma essendo sempre stato una frana totale in Astronomia, non ebbe fortuna.

Riportò la sua attenzione sui suoi compagni: erano impiegati in una discussione accesa; a quanto pare l'oggetto della contesa era la frequentazione di Draco con quella Gryffindor del loro anno, Hermione Granger.

Pancy, Daphne e Blaise facevano pressioni per saperne di più, mentre Theo sosteneva Draco nel mantenere una certa riservatezza sulla questione.

“Dai Draco”. Pancy gli aveva artigliato la mano e lo guardava con una vena sadica negli occhi.

“Dopo questi anni così tristi ci devi qualche gossip. Io e Theo ti abbiamo già spiegato come ci siamo messi insieme”.

Draco sembrava imbarazzato.

“Nessuno si è messo insieme con nessuno, Pans”.

Pancy strinse ancora più forte la mano del povero Malfoy, che guardava Theo con una tacita richiesta d'aiuto.

“Non ti fidi dei tuoi amici, Draco?”. Disse Pancy, con un tono molto divertito.

Pansy Parkinson era, contrariamente a quanto si potesse pensare, una ragazza discretamente intelligente e Valentino questo lo aveva capito. Non aveva la fredda genialità di Daphne, né la logica di Draco o la lungimiranza di Blaise, ma sapeva impegnarsi a ottenere ciò che voleva. Sembrava decidere le sue strategie in base alla conoscenza dei punti deboli altrui, agevolata dalla sua innata capacità di coglierli nelle persone, a mano a mano che quelli venivano fuori. Draco era indubbiamente capace di cavarsela in una conversazione, ma con Pancy era indubbiamente in svantaggio. Pancy si volto verso Daphne con un espressione divertita sul volto. Sembrava davvero soddisfatta da piccolo interrogatorio che aveva imbastito.
"Tu cosa ne dici Daph?". Chiese all'amica.
"Sono d'accordo con Te, Pans. Dai Draco, di noi ti puoi fidare. Siamo semplicemente curiosi e di certo non puoi biasimarci. Hai passato sei anni a detestarla e ora accenni al fatto che vi siete visti per mezza estate".

La stoccata di Daphne trafisse Draco, tanto da costringerlo ad abbassare lo sguardo verso il suo piatto, dove l'unica visione possibile era un'aletta di pollo a malapena toccata dallo Slytherin.
Angela intervenne, rompendo l'incantesimo che Pancy e Daphne stavano lanciando. "La Granger è quella contro cui mi sono battuta 'sta mattina, giusto? Sembrava molto, molto abile".

"Lo è". Draco aveva alzato lo sguardo e fissava Angela con la luce della speranza negli occhi.

"Davvero eccezionale: all'Accademia, al corso nostro anno c'era veramente poca gente che poteva tenermi testa nei duelli, e nessuno che ci sarebbe riuscito per tutto quel tempo. Ci sono sono stati dei momenti in cui sono stata sul punto di perdere". Continuò la Doragon.

Pancy, Blaise e Daphne la guardavano scocciati. Evidentemente la bravura di Hermione Granger era un argomento molto meno interessante della sua amicizia con Draco Malfoy.
"Che la Granger sia brava lo sappiamo tutti". Si decise finalmente ad intervenire Blaise. "Quello che ci stupisce è come questo anatroccolo di un Malfoy si sia avvicinato ad un cigno tanto in vista senza che nessuno se ne accorgesse".

Draco rifilò a Blaise un'occhiata mesta. "Non sono affari tuoi Zabini". Gli sibilò contro.

"Ma devi ammettere che questa amicizia sia tutto meno che poco interessante, Draco". Gli rispose il moro.

"Anni di insulti, la guerra, la morte del Signore Oscuro e ora questo. Non puoi non dirci qualcosa. Vi siete già...?".

Con un sorriso sornione sul viso, fece un gesto osceno così palese che anche Daphne sbuffò per irritazione. Finalmente Valentino si decise ad intervenire. "Non capisco bene. Lei era di Gryffindor e per questo non eravate in buoni rapporti, giusto? Se si tratta solo di questo non riesco proprio a comprendere tanto stupore. Dopo una certa età certe buffonate come le cricche, i club o le Case perdono di significato, no?".

Gli Slytherin lo guardarono storto, come se il fatto che considerasse l'assegnazione ad una Casa una questione per ragazzini fosse una gravissima offesa. Alla fine fu Daphne a parlare. "Glissando sul commento insulso sulle Case, che hanno molta più importanza di quanto tu possa ritenere, Marchetti, la questione Granger è più complicata di così".

Valentino ed Angela la guardarono, curiosi e lei continuò. "Vedete, la Granger è una Nata Babbana, una Sanguemarcio, detto volgarmente". Valentino scoppiò a ridere, imitato da Angela. "Sanguemarcio? Si dice così qui?". Theodore, che evidentemente non ci trovava proprio nulla di divertente, gli scoccò uno sguardo velenoso. "Volete farmi credere che in Italia non ci sono modi offensivi per riferirsi ai Nati Babbani?".

Angela, prevenendo un'altra risposta secca di Valentino, parlò per prima. "Diciamo che in Italia le discriminazione sono di tipo diverso. La questione del sangue non interessa praticamente a nessuno. Dai noi maghi e streghe infrangono lo Statuto Internazionale di Segretezza continuamente e c'è un rapporto molto solido fra l'elite industriale e politica del mondo babbano con i maghi italiani". Ora tutti gli Slytherin guardavano curiosi Angela, che continuò, evidentemente compiaciuta di aver attirato l'attenzione del gruppo. "Il punto è che da noi c'è un forte arrivismo economico. Nessuno si fa problemi a trattare con i babbani, o usare mezzi e tecnologia babbana se è necessario. Prendete Valentino".

Cinque paia di occhi si puntarono su sul ragazzo.

"La madre di Valentino è una strega, figlia di una famosa e illustre famiglia del Nord Italia, mentre suo padre un un babbano un po' tocco, che però gestisce un'azienda cosmetica. Pensate che sia stato l'amore a consolidare un'unione tanto strana? Certo che no! Sono stati i soldi".

Angela bevve un sorso di succo di zucca e continuò, appassionata. Valentino la capiva: lo spirito pratico che avevano i maghi italiani era qualcosa di cui era molto fiero e gli sembrava una medaglia al valore in mezzo a tanti stigmi e valori medioevali portati avanti da l'elite dei maghi inglesi. "Semplicemente i due si sono messi assieme per profitto. Elena è una grande pozionista e aiuta sensibilmente il marito, che invece ha i mezzi per una grande distribuzione, impossibili da ottenere per un mago, che per quanto abile avrà comunque meno clienti di un babbano. Se pensate alla enorme sproporzione della popolazione tra noi e loro unirsi e assicurarsi un benessere maggiore non appare certo stupido". Valentino annuì piuttosto soddisfatto della spiegazione dell'amica.

"Non è che in Italia non ci siano gli stronzi, che sia chiaro. C'è un grande senso di rivalità e competizione tra i maghi del Sud e del Nord, che non si piacciono molto, un problema che condividono anche i babbani". Angela, con il tono di chi ha finito il suo discorso, smise di parlare. Gli Slytherin sembravano sconvolti.

"Quindi nessuna discriminazione fondata sul sangue?". Chiese stupito Blaise.

"Non sul sangue, come ho detto. Diciamo che i problemi ci sono comunque: ceto sociale, abilità, provenienza territoriale... Anche noi abbiamo i nostri conflitti interni. Ci sono state tante tensioni tra Accademia Profonda e Accademia Ardente, le nostre due piccole scuole, tensioni che sono spesso sfociate in gravi crisi nazionali. Il vantaggio rispetto a voi altri è proprio la liberalizzazione delle Arti Oscure". Spiego Valentino.

Daphne sembrava ancora perplessa. "Scusate, ma non è peggio? Chiunque potrebbe uccidersi se addestrato nelle arti Oscure. Ogni lite tra gruppi di maghi potrebbe finire in guerra civile!".

Angela sorrise. "Questo è il punto, Daphne! Nessuno ha il coraggio di fare nulla di troppo estremo, perché teme la reazione dell'avversario. Abbiamo una lunga storia di Signori Oscuri in Italia. Da migliaia di anni, in realtà, la penisola è stata teatro di grandi movimenti guidati dal Signore Oscuro di turno. Nessuno di questi a avuto la fortuna di rimanere vivo troppo a lungo. Nel tempo si è creata una stasi, una situazione in cui nessuno rischia di prendere il potere per paura di esporsi troppo".

Draco fissava pensoso i due. "Ma non mette paura vivere in una comunità magica del genere? Non rischi di morire per un nonnulla?".

"Proprio come ha detto Angela, assolutamente no". Rispese Valentino. "Nessuno rischia di fare la voce grossa, nessuno provoca liti e nessuno muove guerre sociali. In realtà la comunità magica italiana è molto tranquilla da sessant'anni a questa parte. Di certo Grindelwald aveva moltissimi sostenitori in Italia, ma non ha mai avuto il coraggio di volersi imporre personalmente come guida del paese. Sono sicuro che in quel caso sarebbe stato assassinato molto prima di essere catturato dal vostro Dumbledore".

Gli Slytherin rimanevano perplessi. La società descritta da due compagni di Casa era molto diversa dalla loro e gli era difficile immaginarla. Il pregiudizio del Sangue e il ripudio delle Arti Oscure, almeno per apparenza, erano fondamenti della società magica inglese. Sapevano bene che anche quella dell'est Europa, come delle lontane Americhe, non differivano.

"Come mai il pregiudizio del sangue non ha attecchito in Italia?". Chiese Pancy, dando voce ai pensieri dei loro amici.

"Non penso ci sia una sola ragione. Immagino che il motivo principale sia che le famiglie purosangue in Italia siano davvero poche, molte meno che in Inghilterra. L'Italia nei secoli è stata spesso invasa da popolazioni estere: germanici, austriaci, francesi, spagnoli, arabi... le contaminazioni culturali sono state molti e i maghi di ogni epoca, per sopravvivere e prosperare sono spesso saltati sul carrozzone del vincitore, con il mezzo più comune di tutti: il matrimonio. Quindi le famiglie purosangue in Italia saranno rimaste tre o quattro: un esempio è Angela. La famiglia Doragon è rispettata in Italia come uno dei pochissimi nuclei purosangue del paese, ma non è nemmeno lontanamente influente come certe famiglie di mezzosangue o nati babbani". Valentino si lasciò cadere sulla sedia, stanco di spiegare.

"Precisamente". Confermò Angela. "Diciamo che oltre alla questione storica in Italia c'è un forte senso pratico e tendiamo tutti a fare il massimo con quello che abbiamo. Non importa poi a molti di chi tu sia figlio, quanto piuttosto tu possa essere utile o abile".

Sperando che la curiosità dei compagni fosse stata appagata, i due italiani si tuffarono sul cibo.

Blaise, evidentemente soddisfatto delle informazioni ricevute sul mondo magico italiano, si girò verso Draco con una rinata scintilla di malignità negli occhi. "E allora Draco, come ti sei infilato sotto la lunghissima gonna della Gr...".

Tutti gli Slytherin videro la lingua di Blaise annodarsi su sé stessa. Draco aveva alzato la bacchetta così in fretta che nessuno se n'era accorto e con un formidabile Languelingua aveva sistemato la curiosità del migliore amico.

Tutti risero, compreso Blaise, che emise degli strani suoni gutturali.

Nessuno nominò più Hermione Granger e la cena finì in modo tranquillo. Blaise si liberò della Maledizione di Draco solo dopo che tutti furono arrivati al dormitorio. I gruppo si impossessò dei divani in pelle vicino al camino e sferrando occhiate di fuoco, Draco scacciò ogni altro Slytherin interessato a passare la serata in Sala Grande.

Valentino era stanco: tra le lezioni, il Loto e le lunghe chiacchierate non vedeva l'ora di coricarsi e non pensare proprio a nulla. I ragazzi si scambiarono qualche battuta, ma era chiaro che tutti loro fossero spossati dal primo giorno di scuola. Dopo poco più di mezz'ora i ragazzi corsero a farsi la doccia e Valentino, dopo l'esperienza della mattinata, fu lesto e riuscì a farsela per primo.

Infilato il pigiama, percorse il corridoio del dormitorio maschile, quando Daphne comparve all'improvviso dalla porta che dava alla scala per la Sala Comune. Apparì così in fretta che Valentino per lo spavento scivolò e sbatté di schiena sul duro pavimento di pietra. Si accorse troppo tardi che nella caduta due bottoni del pigiama erano salati e avevano esposto il suo ventre, pieno di strane cicatrici dalle sfumature che andavano dal verde al viola, che si allungavano come crepe sulla sua pelle.

Daphne lo guardava stupefatta, con la bocca aperta. Valentino, pieno di paura e di vergogna si rialzò e si sistemò la vestaglia con un colpo di bacchetta, per poi alzare lo sguardo verso la compagna.

"Daphne, scusami, non mi aspettavo che spuntassi così, da un momento all'altro...". Il ragazzo si mangiava le parole e parlava a basse voce.

"Cosa sono quelle?" Chiese con un freddezza micidiale la bionda, indicando la pancia di Valentino.

"Nulla Daphne, davvero". Rispose Valentino, questa volta troppo velocemente. Era rosso per il disagio.

Daphne sembrava serissima. Si avvicinò al ragazzo e il piccolo tacco delle sue scarpe scandì ogni passo. Era talmente tanto vicina che Valentino poteva sentire il suo profumo: una fragranza floreale, rosa forse, o qualcosa di ancor più delicato.

"Noi di Slytherin ci copriamo e ci aiutiamo, Marchetti. Questo dormitorio è una famiglia e tra famigliari ci si protegge. Se hai bisogno di parlarne, sto nella stanza con Pancy e Millicent. Sentiti libero di passare per fare due chiacchiere".

Valentino annuì, poco convinto.

Le passò di fianco camminando svelto fino alla porta della sua camera e la saluto con una timido "Buona notte", prima di chiamare Theo per dirgli il cambio alla doccia.

Corse sotto il lenzuolo del comodo letto a castello e vi si coricò. Non ascoltò le ultime chiacchiere tra i compagni e rimase sveglio anche quando l'ultimo di loro ebbe finito di parlare.

La mattina seguente, Valentino guardandosi allo specchio emise un sibilo di frustrazione. Era rimasto sveglio per diverse ore, prima di essere sconfitto dal sonno. Aveva due segni grigi sotto gli occhi, che gli davano l'aria di un vampiro.

Mandò al diavolo il suo aspettò e si lavò in fretta il corpo, si vestì e corse in Sala Comune, solo per essere accolto dallo sguardo indagatore di Daphne, seduta già pronta al fianco di Blaise. Sembrava che fosse destino che i primi tre a prepararsi fossero sempre loro.

Mentre si avviavano per fare colazione Valentino sentì lo sguardo della bionda trafiggergli la schiena per tutto il viaggio. Ma che voleva, maledizione? Aveva capito a cosa erano dovute quelle cicatrici? Forse voleva denunciarlo alla Preside? Probabilmente no. Forse era solo preoccupata perché in fondo era stata sincera la sera prima, dichiarando che Slytherin era una famiglia che proteggeva i suoi membri.

“Praticamente come una Mafia”. Penso l'italiano, mentre si sedeva al suo posto in Sala Grande e iniziava a servirsi un'abbondante tazza di caffè. Quel giorno avrebbe avuto la sua prima lezione di Trasfigurazione, di ben due ore, seguita, nel pomeriggio, da altrettante ore di Incantesimi.

Sarebbe stata una giornata sicuramente impegnativa.

Mentre beveva il suo concentrato di caffeina, scoccò un'occhiata furtiva a Daphne, che stava parlando con Blaise della Trasfigurazione Umana. Si era spettato un terzo grado, ma la ragazza aveva deciso di non metterlo a disagio di fronte al compagno. L'italiano strinse la banconota da mille lire che aveva sempre con sé.

In realtà la banconota era una bacchetta che si era fatto fare di nascosto dai genitori quell'estate, per poi trasfigurarla dopo aver compiuto diciassette anni il ventuno di luglio. Se fosse stato costretto, avrebbe Obliviato Daphne con quella bacchetta, per non essere rintracciabile da un esame Prior Incantatio.

Era la sua unica arma in Inghilterra per emergenze che avrebbero richiesto qualche incantesimo illegale e gli sarebbe dispiaciuto usarla sulla compagna, che tutto sommato era sempre stata gentile con lui. Il problema era che se Daphne ne avesse parlato con un insegnante, sarebbe stato facile per la Prewett, che era stata Auror, scoprire che si trattava di cicatrici da magie parecchio oscure. A quel punto avrebbero potuto venire a sapere degli esperimenti di Beatrice e magari risalire persino a Pietro; un'evenienza che Valentino doveva scongiurare a tutti i costi.

Angela si sedette stancamente al suo fianco e si verso del caffè, forse persino in quantità più massicce del compagno.

Anche lei sembrava giù, ma Valentino preferì parlarle più tardi, lontano della orecchie troppo attente dei loro compagni di Casa. Venne fuori che tutti gli Slytherin meno Pancy avevano Trasfigurazione e si avviarono compatti verso l'aula di Rosier, che a detta dei loro più esperti amici, si trovava al pianterreno, non troppo distante dalla Sala Grande.

La loro sfilata attirò gli sguardi incattiviti dalle tavole di Gryffindor, Ravenclaw e Hufflepuff. Valentino, che era abituato all'essere detestato dai compagni in Accademia, non ci fece caso, ma Angela digrignò i denti.

Un ragazzo si alzò dal tavolo dei Gryffindor: era lo studente che aveva insultato Draco la sera dello Smistamento, un ragazzotto dai capelli color sabbia, che, se Valentino non sbagliava, si chiamava Seamus Finnigan.

Camminò spedito verso il gruppo, bacchetta alla mano, ed era talmente rosso dalla rabbia da emanare una sorta di bagliore cremisi, come un grosso lampadario ambulante. Valentino si fermò, notando la sua aggressività, imitato da Angela e Blaise. Tuttavia Daphne, Theo e Draco fecero finta di non notarlo. Valentino vide Pancy fissare la scena con aria spaventata dal tavolo.

“Hey, Mangiamorte!”. Urlò Seamus.

Tutti nella Sala Grande tacquero. I pochi professori presenti al tavolo, che non dovevano preparare una lezione alla prima ora, intuendo che qualcosa non andava, si alzarono di gran carriera e iniziarono a dirigersi verso il ragazzo, che alzò la bacchetta verso Malfoy, o meglio, verso la sua schiena, dato che il biondo continuava ad ignorarlo e ad incamminarsi verso l'uscita.

Seamus, che fremeva dalla rabbia, scagliò un Maledizione Gambemolli sul ragazzo, ma non tenne conto di Angela. La ragazza, che Valentino sapeva estremamente appassionata di duelli, non si faceva problemi ad usare incantesimi illegali per vincere quando si trovava faccia a faccia con l'avversario, ma non sopportava i codardi che colpivano alle spalle.

Alzò la bacchetta che evidentemente aveva estratto di nascosto, intuendo il pericolo, e tagliando l'aria respinse la Maledizione al mittente, che crollo a terra quando legacci invisibili legarono le sue caviglie.

“Signor Finnigan, Signorina Doragon, che cosa succede?” Domando allarmato Lumacorno, che era stato, nonostante la stazza non indifferente, il primo ad accorrere.

Valentino fu rapido. “Professore, Finnigan ha aggredito Malfoy mentre quello gli dava e spalle e Angela si è limitata a respingere l'incantesimo. Immagino che questa aggressione meriti l'attenzione della Preside, dico bene?”.

Finnigan alzò la testa da terra, guardando in cagnesco Angela e Valentino.

“Ha ragione, Professore”. Una voce ancora piuttosto roca arrivò alla spalle di Lumacorno. La Granger doveva essere scivolata sul lato esterno della tavolata di Gryffindor. Con lei c'erano Maria Repaldi e Ginny Weasley, che sembrava non voler essere lì.

“Seamus è della mia Casa. L'ho visto aggredire Malfoy e beccarsi la sua stessa fattura”. La Granger aveva gli occhi ridotti a fessure e gli occhi lampeggianti. Sembrava incredibilmente simile alla McGonagall. Seamus si girò per guardare la sua compagna di Casa, con un sguardo omicida.

“Come fai a tollerarlo Hermione? Lui è qui, cammina tranquillo tra i corridoi, mentre Lavanda e gli altri...”.

“Non hanno dato la vita perché tu ti comportassi in questo modo, Seamus”. La Granger sembrava poter esplodere. Poi si rivolse verso Lumacorno, che continuava a fissare a turno Seamus, Malfoy, che si era fermato e ora guardava il professore, e la Granger.

“Professore, sono Caposcuola di Gryffindor. Mi conceda di provvedere a scortare Seamus dalla Professoressa McGonagall, perché decida la sua punizione”.

Il Professore sembrava combattuto, come se avesse un'idea chiara e spiacevole della punizione che sarebbe spettata a Finnigan se fosse stata la Preside ad emettere il verdetto. Sembrò pensarci molto, ma alla fine, dopo aver scoccato un'ultima occhiata rassegnata verso Finnigan, annuì alla Granger. Quella, dopo aver sciolto la Maledizione con un colpo di bacchetta, afferrò Finnigan per il braccio e lo spinse fino all'uscita.

Si sentì qualche lamentela, ma presto i rumori dei due Gryffindor si attenuarono.

Maria si avvicinò a Valentino ed Angela, con aria sollevata.

“Non sapete quanto sia contenta. Seamus è davvero terribile. Sarà un sollievo quando la McGonagall lo espellerà”.

Evidentemente parlò troppo forte, perché la Weasley sembrò rabbuiarsi ancora di più e, tirando una spallata a Valentino, a cui cadde la borsa di mano, oltrepassò il gruppo di Slytherin e sparì oltre l'arcata d'ingresso.

“Che peperino”. Commentò irritato Valentino, risistemandosi la borsa sulla spalla.

“Te l'ho detto Valentino”. Gli disse Daphne. “Lasciala perdere. Ha subito una perdita e non è stata lei a tentare di affatturare Draco”.

Valentino alzò le spalle. “Sai cosa ne penso”.

I due si guardarono per un attimo. Valentino si pentì subito della risposta secca. Doveva tenersi buona quella ragazza, finché non avesse chiarito le cose.

“Qual è la scusa di quel Finnigan allora?”. Chiese acida Angela.

“L'anno scorso ha fatto l'impossibile per opporsi al regime di terrore dei mangiamorte qui ad Hogwarts. L'hanno torturato non so quante volte con la Cruciatus. Poi durante la Battaglia ha combattuto con la resistenza fianco a fianco con la Granger, la Lovegood, Potter, Weasley e il corpo insegnanti”. Disse Draco. Il ragazzo evidentemente era tornato sui suoi passi ed era arrivato alle spalle della comitiva.

Angela si fece pensosa. “Ma cosa c'entri tu?”.

Theodore sbuffò, assieme a Daphne e Draco.

“Andiamo, che è meglio”. Concluse Draco, lapidario.

Il gruppo si avviò in silenzio verso l'aula.

Oltrepassarono insieme il cortile interno ed entrarono nell'aula. L'aula era grande, circondata da alte finestre, ha quattro file da tre banchi, e uno spazio sufficiente per diverse gabbie e librerie, due lavagne, e una scrivania.

Rosier non c'era, come anche la Granger e Finnigan. Al loro posto la Weasley sedeva immobile come una statua, con gli occhi che lampeggiavano. Al suo fianco c'era un ragazzo alto e piantato, dai capelli neri e le guance rotonde. Stava dicendo qualcosa alla rossa.

“Ginny, Malfoy è un Mangiamorte più di quanto non lo sia io. Seamus è stato uno stupido, ha seguito un impulso stupido. Malfoy non ha fatto nulla per provocarlo. Mi dispiace molto, ma se la McGonagall decide di buttarlo fuori, non potrò che concordare". Disse il ragazzo, tenendo gli occhi bassi.

Il ragazzo si alzò veloce dalla sedie, e uscì dalla classe, incrociando lo sguardo di Valentino.

La mandibola della Weasley tremolava. Altri Gryffindor si erano seduti vicino a quella coppia e parlottavano concitati. Quando Draco si decise ad entrare nell'aula gli occhi di tutti si puntarono su di lui. C'era chi lo fissava come si fissa un colpevole, altri con sincera curiosità. Anche Angela attirò qualche commento.

La voce autoritaria della McGonagall riverberò lungo il corridoio, facendo rabbrividire dallo spavento tutti i presenti.

"Granger!". Chiamò la Preside, da un punto sconosciuto del corridoio, fuori dall'aula. "Mentre io mi occupo di questo gentiluomo, fammi il favore di rimproverare i tuoi compagni di Casa. Tutti i professori si riuniranno per discutere di quanto è appena successo. Pensa ad una punizione per i tuoi compagni che sapevano cosa Finnigan aveva in mente di fare, Granger, e mi raccomando, non andarci né troppo leggera né troppo pesante. Quei quattro hanno organizzato questa bravata idiota e pagheranno per il loro errore. Il Professor Rosier arriverà in classe dieci minuti, ha avuto un malore e Madama Pomfrey lo sta dimettendo in questo momento".

A quella notizia i Gryffindor imprecarono. Valentino si sedette assieme ad Angela in ultimo banco, mentre Daphne, Blaise e Draco preferirono stare di fronte alla cattedra. Dopo pochi secondi, pieni di bisbigli, Hermione Granger entrò nella classe, l'aria feroce e le mani ad artiglio.

"Spero che siate soddisfatti: Thomas, Swann, Dumbar, con me. Sarete felici di aiutare Flich a raccogliere le foglie del parco, senza magia". Sputò quella frase come fosse veleno. Draco non aveva nemmeno girato la testa per guardarla. Evidentemente quello sciocco Malfoy pensava davvero di meritarsi quel trattamento. Uno dei ragazzi nominati da Hermione provò a protestare a bassa voce, ma l'occhiataccia che gli rifilò la Granger lo ammutolì. Il terzetto si alzò e seguì la Granger in corridoio.

Prima di uscire dalla stanza, Hermione scoccò un'altra occhiata furente agli studenti della sua Casa che erano rimasti a guardarla a bocca aperta.

"Spero davvero che nessun altro Gryffindor faccia un'idiozia simile. Nel caso, chiederò alla Preside di espellere esecutori e complici, senza fare un distinguo tra le colpe". Sibilò, per poi sbattere la porta dietro di sé.

Passarono due minuti pieni di silenzio.

La porta si aprì di nuovo: Laurent, Leonida, la Maregnolo e la Chang entrarono di gran carriera nella classe. Il mago francese sembrava essere piuttosto scocciato e si allontanò da Maria con aria infastidita, per fuggire in ultima fila a far compagnia ad Angela e Valentino, che lo salutarono. Leonida scambiò con loro un piccolo cenno del capo e poi si sedette vicino agli Slytherin in prima fila. La Chang e Maria si misero davanti ai due italiani. Valentino era sicuro che Maria stesse ghignando. La ragazza, incapace di nascondere la sua soddisfazione, si girò verso i due vecchi compagni di scuola.

"Come ti senti, Valentino?". Gli chiese con una falsa dolcezza, in italiano.

"Una principessa, Maregnolo. Leggero e aggraziato". Valentino le fece un mezzo sorriso storto e iniziò a tirare fuori dalla borsa i materiali, imitato da Angela e Laurent. Non aveva proprio voglia di sorbirsi anche le provocazioni della ragazza. Aveva altro a cui pensare.

"Spiritoso, Marchetti". La voce di Maria rimase dolce. "Spero che tu ti stia godendo la tua nuova vita qui. Vedo che hai fatto amicizia con gli studenti più amati della scuola". La ragazza guardava Draco e gli altri con quel sorriso irritante sul volto.

"Sono sicura che ti sarai sentito a casa, in un dormitorio pieno di criminali e reietti". Il suo tono ora era freddo e basso. Parlava ancora in italiano, per fare in modo che nessuno capisse cosa stava dicendo. "Non temere però. Dammi una settimana e tutti nella scuola sapranno quanto siate schifosi voi due mostri".

Valentino sbuffò, con aria stanca. Angela scelse di girarsi verso Laurent e chiedergli come facesse a mantener i suoi capelli così lisci e morbidi. Maria fece una smorfia di disappunto.

La porta si aprì una terza volta. Il Professor Rosier percorsa ad ampie falcate il lato sinistro dell'aula e si sedette dietro la scrivania. Aveva la fronte aggrottata e le sopracciglia inarcate.

Tutti tacquero.

"Bene, possiamo cominciare". Esordì, facendo chiudere bruscamente la porta con un colpo di bacchetta.

"Come ben sapete il mio nome è Anthony Rosier eoltre ad essere un saggista nel privato, da quest'anno ricopro questa cattedra. Di certo saprete bene che quest'anno dovrete tutti sostenere gli M.A.G.O. e questo vuol dire che lo sforzo che vi sarà richiesto sarà il più grande da quando avete messo piede in questa scuola, o in altre scuole”. Concluse la frase fissando uno ad uno i visi dei nuovi studenti.

Angela emise un altro sbuffo, mentre Valentino intinse la sua piuma nel calamaio, pronto a prendere appunti.

"Tuttavia lo stress per gli esami che sosterrete a giugno non sono una giustificazione per comportamenti idioti come quelli a cui abbiamo assistito questa mattina. La Preside si è già espressa in merito due sere fa. Nemmeno io tollererò problemi dovuti al rancore generatosi l'anno scorso e non farò sconti a nessuno. Studenti e maghi dell'ordine della Fenice hanno dato la vita per lottare contro l'odio fra maghi. Ogni violazione del regolamento che vada ai danni di un qualsiasi studente sarà punita con l'espulsione. La Preside ha affidato il Signor Finnigan alle cure di Madame Pomfrey e questa sera sua madre lo accompagnerà a casa. Spero davvero che sia di lezione a tutti voi".

Fece una pausa. Il silenzio nell'aula sembrava vibrare. Ogni studente. meno quelli trasferiti, fissava con intensità il Professore. Angela aveva iniziato a giocare con la bacchetta, rigirandosela tra le mani; Laurent e Valentino stavano leggendo il primo capitolo di Trasfigurazione Avanzata, volume secondo; Maria Maregnolo invece fissava ancora in cagnesco i ragazzi alle sue spalle.
Se Rosier si rese conto di queste circostanze, scelse di ignorarle.
"Fette le dovute premesse, vecchi studenti di Hogwarts, vi auguro di continuare ad impegnarvi in Trasfigurazione quanto, se non più, negli scorsi anni. Nuovi arrivi, da quanto ho letto nei documenti che le vostre scuole d'appartenenza ci hanno spedito, non avrete difficoltà a sostenete i ritmi delle mie lezioni. Iniziamo pure".
Valentino alzò la testa dal manuale.
Aveva studiato tutta l'estate per quel momento.

Due ore dopo la comitiva di Slytherin uscì dalla classe con delle smorfie di dolore tanto appariscenti da attirare gli sguardi di molti compagni che squadravano il gruppo, curiosi, nel corridoio.
Era stata la lezione di Trasfigurazione più difficile che avessero mai sostenuto. Persino Angela aveva ammesso, sotto voce, in modo che solo Valentino la sentisse, che sarebbe stato meglio organizzare un ripasso.
L'italiano era completamente spiazzato: che fosse solo a causa di Rosier, che fosse colpa di quei stramaledetti M.A.G.O., gli standard di Hogwarts per la Trasfiguazione erano molto più alti di quelli dell'Accademia.
La Trasfigurazione Umana. che sarebbe stata il fulcro del programma per quell'anno sembrava quantomeno ardua. Anche la Granger, rientrata dopo alcuni minuti dall'inizio della lezione, non aveva fatto altro che prendere appunti per tutte le due ore di Trasfigurazione, senza permettersi di alzare la mano per fare domande. La quantità di informazioni era semplicemente troppa.
Per altro Rosier aveva richiesto un tema di cinquanta centimetri di pergamena sull'argomento della lezione. Angela e Valentino avevano deciso di correre in dormitorio per iniziare subito a lavorarci e sia Daphne che Theo si erano aggregati.
Draco e Blaise avevano l'allenamento di Quidditch, programmato così presto per prendersi avanti rispetto alle altre squadre.
Erano le undici. Se i quattro compagni di studio se la fossero sbrigata in un paio di ore, avrebbero potuto correre in Sala Grande, trangugiare qualcosa e volare al terzo pieno per la lezione di Incantesimi. Draco, prima di correre al campo aveva rassicurato Valentino e Angela. dicendogli che Flitwick era un insegnante molto meno tirannico di Rosier, ma il dubbio di trovarsi a studiare fino a tarda notte per tenersi in pari con i compiti non li aveva abbandonati.
Arrivati nel dormitorio i quattro si erano lanciati sui divanetti in pelle, con fogli di pergamena e Penne Autocorreggenti alla mano, avevano cominciato a lavorare, scambiandosi domande e consigli.
Dopo un'ora e mezza, Daphne e Angela avevano finito e si erano buttate in un'accesa conversazione che verteva sulla lucentezza dei capelli di Laurent, su che prodotti usasse e se era fidanzato.
Theodore, stufo di lavorare, decise di scrivere le ultime tre righe del tema ripetendo con alcuni sinonimi ciò che aveva già scritto sulla pergamena. Una volta fatto corse oltre l'entrata segreta del dormitorio per andare a cercare Pancy.
A Valentino ci volle più tempo, e quando decise che il lavoro svolto era soddisfacente, Daphne e Angela si stavano già dirigendo verso la Sala Grande.
L'italiano sistemò alla bene e meglio piuma, boccetta d'inchiostro e tema nella borsa, per correre dietro alle due ragazze.
Valentino, sudato e con il fiatone, le raggiunse alle porte della Sala Grande. Si sedettero alla loro tavolata e mangiarono in fretta del pasticcio di carne.
Theodore stava chiacchierando animatamente con Pancy, a qualche metro di distanza.
Valentino invece pensava solo a mangiare, stanco com'era, ed ad accompagnare ogni boccone con un bicchiere di zucca di zucca. Angela era dello stesso avviso e Daphne li guardava abbuffarsi con un cipiglio divertito, mentre spulciava il suo pranzo con tutta la dignità di una purosangue.
Quando scoccò l'ora i quattro Slytherin si avviarono, un po" stravolti, verso il terzo piano per l'ora di Incantesimi.

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Capitolo 9
*** Prologo III ***


Atto 1 "ANTIPASTI"

Prologo III


 

Il soffitto della Sala dei Pasti dell'Accademia era un turbinio di verde e blu. I riflessi di luce che tagliavano come lance l'acqua lagunare di Venezia sfumava e regalava ai pochi studenti mattinieri uno spettacolo grandioso.

Quello che i babbani chiamavano il Mostro delle Acque Nere, un enorme Kelpie, originario della Punta della Dogana, danzava assieme ai Maridi, offrendo una visione incredibile. Le spire della serpe marina si avvolgevano su sé stesse, la luce del sole faceva risplendere le squame vermiglie dalla bestia, in contrasto alla pelle pallida dei Maridi, che sembravano giocare con l'enorme creatura.

la Sala dei Pasti ornata dai vasi settecenteschi a motivo “palla di neve” e dai servizi d'argento, di manifattura francese, servizi da caffè e cioccolata, servizi da tè realizzato a Berlino, con i lati della Sala adornati da armadi storici contenenti prestigiosi servizi in porcellana e cristallo di produzione europea. Un vero capolavoro del Rinascimento.

Oltre ai servizi i tavoli erano pieni di corredi e grandi zuppiere ovali, legumiere, casseroles à entremets, salsiere, oliere, saliere e mostardiere, cucchiai per la senape, sottobottiglie, posateria per una cinquantina di persone, piatti da portata, cloches, vassoi, zuccheriere, caffettiere, lattiere, teiere e una fontaine à eau chaude con il suo fornello, per riscaldare le pietanze contenute nei vassoi fluttuanti che si libravano nella stanza e accorrevano al minimo cenno degli studenti, per servirli con brioche e pasticcini.

Il caffè di Valentino era amaro, proprio come piaceva a lui. Lo gustò com'era abituato; un sorso rapido; il liquido caldo dal sapore caldo sulla gola; il calore lungo il petto.

Meraviglioso, pensava Valentino, sarebbe tutto meraviglioso senza il dolore al ventre.

Aveva chiuso i rapporti con Beatrice, finalmente. Si era deciso, grazie alla scommessa fatta con Maria. I mesi che aveva passato assieme alla Loro lo avevano cambiato per sempre, nel bene e nel male. Beatrice gli aveva fatto capire il suo talento, lo aveva spinto a superare i limiti del semplice studente e lo aveva spinto ad esplorare le branche più estreme di quella branca della magia, ma non si era limitata a questo: Beatrice aveva creato un'ossessione che si era protratta per due lunghi mesi. Aveva cominciato ad usare le Imperdonabile su sé stesso per autodisciplinarsi, per migliorare i lati del suo carattere: eliminare la pigrizia, l'indecisione e le sciocche distrazione con l'aiuto della Maledizione Imperius, come la sua debolezza fisica, la sua fragilità che aveva provato ad eradicare con la Cruciatus.

Ma Maria Repaldi si era accorta di tutto e i suoi programmi erano cambiati. In nome della loro amicizia quella matta aveva giurato che se lo avesse trovato con altre ferite lei si sarebbe inflitta gli stessi dolori.

Aveva visto Maria zoppicare vistosamente ieri e si era vergognato di sé stesso.

Doveva essersi accorta delle ferite e aveva deciso di onorare la loro stupida scommessa.

Nella Sala dei Pasti entrarono tre ragazzi, che spezzarono il flusso dei pensieri di Valentino. Quest'ultimo riconobbe immediatamente quello al centro: era il giovane dal colorito pallido che aveva incontrato nel qualche volta in corridoio accanto a Beatrice: aveva capelli di un castano molto chiaro, sempre spettinati, lineamenti affilati, labbra sottili e due occhi penetranti, color fumo. Stava osservando Valentino con un interesse assai maggiore di quello che aveva manifestato durante i brevi incontri tra lui e la sua ex amante a scuola. Sapeva che si trattava di Pietro Scolari, uno studente famoso e versato nelle Arti Oscure, proprio come lui. Pietro e gli altri due si incamminarono fino a raggiungere Valentino.

Quest'ultimo non aveva mai avuto ragione o opportunità di parlarci, ed ora che se lo era ritrovato davanti, non sapeva nemmeno il motivo.

"É vero?" Chiese, senza il preambolo di un saluto. ‘Sei tu il ragazzo che ha respinto Beatrice?"

"Sì". Disse Valentino, guardando gli altri due ragazzi. Uno di loro era basso e muscoloso, un po' tarchiato; aveva ricci capelli neri, che gli cadevano fino alle spalle. Lo conosceva: era uno studente del suo anno, un tale Elia, mentre il suo compagno, alto, dall'aria un po' malaticcia, con un principio di barda, capelli corti e corvini e una sorta di luccichio pericoloso negli occhi.

Più che essere amici del ragazzo pallido, sembravano piuttosto guardie del corpo.

"Oh, questo è Elia e questo è Giacomo". Fece il ragazzo pallido con noncuranza, notando lo sguardo di Valentino. "E io mi chiamo Pietro. Pietro Scolari".

Valentino diede un colpetto di tosse che avrebbe potuto benissimo dissimulare una risatina. Tutti a scuola sapevano chi fosse e quella presentazione pomposa non faceva che confermare quel che si diceva in giro: dalle voci di corridoio si sapeva che Pietro fosse un vanaglorioso so-tutto-io, un tipo davvero pieno di sé, che non provava nessun imbarazzo nel comparsi come una sorta di principe, nella loro Accademia. Pietro Scolari lo guardò.

"Trovi buffo il mio nome, per caso? Beatrice mi ha detto che non avevi sciocchi preconcetti di sangue, anche se da quel che so Marchetti è un cognome babbano, esattamente come il mio".

Valentino si allarmò. Pietro aveva frainteso tutto: aveva scambiato il suo imbarazzo per uno scambio di parole tanto pomposo per un atteggiamento snob nei confronti dei mezzosangue.

"Figurati, sono mezzosangue anch'io, non ridevo per questo". Si affrettò a dire Valentino. "Semplicemente in Accademia ti conoscono un po' tutti e questa cerimonia di presentazione mi sembrava superflua, tutto qui".

Pietro lo guardò intensamente, poi scoppiò a ridere, imitato da quello che doveva essere Giacomo.

Valentino non capiva bene il motivo di tante risate.

"Deve essere tutto uno stupido scherzo di Bea". Spiegò Pietro, ancora scosso dalle risate. "Mi aveva detto che eri un tipo molto formale e ti piacevano le persone che si presentavano con garbo. Ci sono cascato con tutte le scarpe".

Pietro si sedette di fronte a Valentino e si stravaccò sulla sedia. Giacomo ed Elia lo imitarono, mettendosi ognuno ad un lato dell'amico. Avevano tutti un'espressione molto più rilassata rispetto a prima.

"Comunque Valentino, il motivo dietro a questo incontro resta lo stesso. Bea mi ha detto due cosette sugli ultimi mesi".

Valentino guardò Pietro con preoccupazione. Sapeva che i due erano amici, ma dubitava che Beatrice sarebbe stata tanto sciocca da parlare di quello che avevano fatto ai quattro venti. Non si rendeva conto dei rischi in cui sarebbero incorsi se la voce avesse raggiunto anche il Corpo Insegnanti?

Quello che lo impensieriva di più era proprio la nuova espressione di Pietro, che aveva abbandonato l'aria formale e sembrava piuttosto preoccupato.

"Continui con gli esperimenti sulle Imperdonabili?". Chiese quello, secco.

Valentino si sentì mancare la terra sotto ai piedi. Era finita: Pietro sapeva tutto e ora persino i sue due amici. Entro un mesetto a scuola lo avrebbero saputo tutti.

"Ecco, io...". Valentino non sapeva cosa dire.

"Non preoccuparti". Le labbra di Pietro di arricciarono in un sorriso conciliante. "La cosa non uscirà da qui e so per certo che Beatrice non lo dirà a nessun altro. Fidati di me".

Incredibilmente, nonostante le brutte voci che sapeva circolassero su Pietro, Valentino seppe con certezza assoluta che quella era la verità e non la contestò. Rilassò le spalle e sospirò, non potendo far altro che credere cecamente nelle rassicurazioni di Pietro.

"Detto questo...". Pietro si versò un'abbondante tassa di caffè. "C'è una cosa di cui vorrei discutere con te, se non ti dispiace".

Valentino scosse la testa.

"Bene". Pietro sorrise di nuovo. "Vorrei parlare di quello che hai intenzione di fare con te stesso e la brutta dipendenza che ti porti appresso, Marchetti".

"La brutta dipendenza...". Valentino era confuso e non capiva di cosa Pietro stesse parlando.

"Le Cruciatus nel silenzio della tua stanza o con la donna che ami, l'Imperius di fronte allo specchio, per obbligarsi a trovare la forza per affrontare un giorno nuovo... Non sei l'unico che ci è passato, Valentino".

Valentino ascoltava rapito le parole che uscivano dalla bocca di Pietro e osservava che i due amici di Pietro avevano annuito in segno di conferma dopo la sua ultima frase, come se la cosa riguardasse anche loro.

"Per un bel po' risulta difficile abbandonare certe cattive abitudini. Di tanto in tanto autodisciplinarsi va bene, ma il corpo e la mente umana non sono fatti per sostenere quotidianamente le Imperdonabili, Marchetti. Non puoi, come sono certo che tu faccia, continuare a maledirti".

Valentino aveva diverse domande che gli turbinavano in mente: in che senso "non era l'unico che ci era passato"? Perché Pietro gli stava dicendo tutte queste cose? Perché lo faceva dopo mesi dalla sua rottura con Bea?

"Sono certo che ti chiederai perché ti parlo di queste cose". Pietro sembrava leggergli nel pensiero. "Il punto è che avrei davvero voluto che qualcuno mi spiegasse come uscirne in maniera pulita quando è capitato a me. Fortunatamente, mentre attraversavo questa "fase" dello studio delle Ari oscure" ho incontrato Giacomo, che mi ha messo sulla buona strada da questa prospettiva, quindi ti prego di dargli ascolto".

Valentino spostò lo sguardo verso il ragazzo alto dai capelli neri, che lo fissava con curiosità.

"Allora Marchetti, come ti diceva Pietro c'è un momento, nella vita di chi è veramente versato nelle arti Oscure in cui si accarezza l'idea di utilizzarono in modo originale le Imperdonabili, in particolare su sé stessi, per un'infinita quantità di ragioni. Non sei il primo che ci passa e non sarai nemmeno l'ultimo. Se Beatrice ti ha dedicato tante attenzioni probabilmente è perché ha percepito del talento grezzo in te.

Il punto è che questa serie di rituali non fa veramente bene a nessuno. Tu rinunci a parte di te stesso con l'Imperius, mentre la Cruciatus sarà anche capace di alzare di molto la soglia del dolore, ma può produrre danni mentali e fisici permanenti, come poi immaginare benissimo. Insomma, non è sano".

Valentino non poté fare altro che annuire.

"Il problema è l'assuefazione e tu sembri esserci dentro fino al collo, a quanto mi ha detto Pietro”.

Valentino lanciò un'altra occhiata al ragazzo, ma questo stava fissando, con aria annoiata, Giacomo, che riprese il suo discorso.

“Ovviamente se siamo tutti qui e camminiamo ancora sulle nostre gambe, senza strisciare come vermicoli un modo c'è. Hai mai sentito parlare delle foglie di Loto?”.

Pietro scosse la testa. Erbologia era una materia che non aveva mai amato e di certo non ricordava di aver mai sentito parlare di una pianta simile, anche se il nome gli era in qualche modo famigliare.

“Si tratta di un ritrovato recente. Si tratta di foglie essiccate e tritate di una pianta greca davvero rara. Se fatta bruciare e inalata o inspirata, ha degli effetti spico-attivi davvero interessanti: permette di avere maggior coscienza di sé, meno filtri e una grande capacità di controllare le proprie emozioni. Inoltre, quando si consuma la fogli di Loto per un po', ci sono anche altri effetti interessanti: rilassamento, innalzamento della soglia del dolore e una controllo maggiore sul potere magico. Si tratta davvero di un medicinale dal potenziale incredibile”.

Valentino cominciava a capire. Magari non sarebbe stato come con le Imperdonabili, ma la foglia, da quanto diceva quel ragazzo, avrebbe avuto effetti simili che non avrebbero rappresentato un rischio per Valentino o per le persone a cui lui voleva bene.

“Come mai non ne ho mai sentito parlare da Professor Giordano? Se questa pianta è miracolosa come dite non vedo come non possa essere sulla bocca di tutti”. Chiese Valentino, che proprio non credeva nelle panacee che salvavano da tutti i mali. Valentino sorrise ed Elia fischiò ammirato.

“Buona intuizione”. Commento Giacomo, più freddo rispetto agli altri due. “Il punto è che si tratta di una pianta greca, che deve essere trattata con alcuni incantesimi oscuri prima di ricavarne le foglie, incantesimi che prevedono che la pianta sia piantata nella terra di provenienza per fare effetto. Mi capisci, Marchetti?”.

Valentino annuì. In Grecia le Arti Oscure non sono legali. Se portare i semi della pianta o la pianta stessa in Italia non sarebbe stato possibile proprio per un clausola di quell'incanto oscuro di cui parlava Giacomo, allora si trattava di Beni Non Commerciabili, e non di una classe bassa. Ritrovarsi con quella roba poteva farti passare un bel po' di problemi.

“Detto questo”. Continuò Giacomo, un po' stizzito e stufo per aver parlato tanto. “Pietro è stato tanto gentile da devolvere al mio conto alla Faustin una generosa quantità di galeoni e io ho i miei agganci in Grecia. Siamo qui per farti un regalo, Marchetti, quindi apprezzalo”.

Valentino non sapeva bene che dire. Era stato avvicinato da quei tre che gli aveva detto un sacco di cose e ora gli stavano per regalare una sostanza evidentemente costosa e illegale. Valentino scoccò uno sguardo indagatore su Pietro, che lo squadrava soddisfatto.

“Perché?” Chiese a Pietro.

“Perché mi sembri una persona utile, Valentino Marchetti. Sono sicuro che questo sarà l'inizio di una meravigliosa amicizia”.

Giacomo gli scoccò uno sguardo un po' critico. “Sai rollare, Marchetti?”. Gli chiese, con il tono di chi si aspetta un no come risposta.

“No”. Valentino fumava solo sigarette industriali.

“Bene!” Esclamò Valentino, ancor più soddisfatto ed iniziò a estrarre diverse bustine di cartone dalle tasche. “Ora ti mostro come si fa”.


 

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Capitolo 10
*** Zucca marinata, soffice di nocciole, bottarga di tonno e colatura di alici ***


ATTO I “ANTIPASTI”

Capitolo 7 “Zucca marinata, soffice di nocciole, bottarga di tonno e colatura di alici"

NOTE DELL'AUTORE

Nota all'inizio del capitolo. Novità in arrivo? No, ma al posto delle novità vi capita il secondo capitolo arancione della storia, dopo la prima parte del prologo con la testa mozzata di Elia. In questo capitolo c'è una scena di sessualità esplicita, assieme ad un paio di violenza altrettanto esplicita. Niente gore, però, solo tanto, tanto dolore.

Le scene sono tutte abbastanza importanti per la trama e vi consiglio di tenere duro, nel caso non apprezziate i toni più duri. Questa è la prima volta che tento di mettere in scena del sesso, quindi abbiate cura di recensire o mandarmi messaggi privati per farmi capire come è andata la... prestazione. Troppo trash, non ce la faccio. Penso di essere stato abbastanza controllato, ma voi fatemi sapere.

Vi auguro una buona lettura fioi.


C’era silenzio nella stanza, se si faceva eccezione per lo scoppiettio del fuoco nel camino e il leggero fruscio delle pagine di un libro che venivano sfogliate. Rannicchiato sulla grande poltrona di pelle un po’ sformata, Pietro si godeva il tepore delle fiamme, affondando di più tra i cuscini e sistemando meglio la coperta che gli copriva le gambe nude. Sorrise senza accorgersene quando arrivò alla fine della pagina. Non era mai stata un grande amante dello studio nella sua accezzione teorica, ma quello che Valentino gli aveva portato da quel bosco in Campania non era un normale libro di incantesimi. Era da anni che lui lo bramava. Aveva fatto di tutto per attirare l'attenzione della Gatta, ignorando i particolari sul rituale d'evocazione. Era stato espulso dall'Accademia per essersi spinto troppo oltre. Come se la vita di un babbano senza nome avesse più importanza della vera comprensione delle Arti Oscure, degli Horcrux, come se valesse più del Libro dei Cinquecento. Nemmeno quella di un mago, per altro simpatico, come Elia, valeva il tesoro che stringeva tra le mani. Aveva dovuto mentire al suo amico, a quel ragazzo un po' più giovane che gli si era avvicinato due anni prima durante un seminario di Giordano, quello sciocco, ambizioso insegnante di Arti Oscure. Valentino era curioso, ma non avrebbe scambiato la vita di un amico per la conoscenza, Pietro ne era sicuro. Per Valentino l'amicizia era un valore che superava tutti gli altri, persino l'amore.

La voglia di leggerlo tutto era quasi fastidiosa, ma cercava di centellinare ogni pagina, assaporando il sapere sempre più grande che stava apprendendo da quelle pagine giallastre.

Una strana nostalgia lo invase, costringendolo a chiudere il libro e posarlo sul bracciolo. Quando sollevò il viso, quello che si trovò davanti agli occhi gli fece venire voglia di ridere e piangere assieme.
Sopra al camino svettava la foto che avevano scattato tutti un anno e mezzo fa. Vedere lui, Beatrice, Valentino e Angela; due generazione di studenti delle Arti Oscure; quattro anime così chiaramente incrociate, legate da un destino inevitabile. Avrebbe dovuto nascondere quella fotografia, ma doveva ancora trovare un nascondiglio adatto.

Sdraiata supina sul divano, Beatrice Loro dormiva profondamente. Il viso finalmente rilassato, i capelli arruffati e una coperta che copriva quel corpicino che ricordava tanto una bambola di porcellana, bianca come il latte. Pietro fece una smorfia: se fosse stato lui, ad addormentarsi in quella posizione, sarebbe somigliato ad un cane uscito da una lavatrice. Invece lei ricordava un angelo, perfetta com'era.

Il mago si morse il labbro inferiore, trattenendo il magone: ore di preparazione, programmazione, piani e bugie, tutto l'aveva condotto a quel momento, a Beatrice, al Libro dei Cinquecento.

Ebbe un brivido. Nonostante il fuoco del camino, stare seduto nella seminudità gli stava facendo prendere freddo. Decise quindi di raccogliere la sua vestaglia da terra, la indossò e camminò lento verso la cucina, per rinfrescarsi la gola. Il Fiore di Loto era perfetto per rilassare la mente prima dello studio, o prima del sesso, ma ora la gola gli sembrava ricoperta un irritante patina di muco.

Dopo essersi servito un bicchiere d'acqua, tornò alla sua poltrona e raccolse il libro.

"Pietro, ti dispiacerebbe darmi una mano?".

La voce di Beatrice lo fece sobbalzare, facendogli perdere la presa sul libro, che cadde a terra con un tonfo sordo sul tappeto. Sollevò lo sguardo, quasi smarrito, fino ad incrociare le iridi meravigliose della sua complice: erano d'oro, tanti fili d'oro che si attorcigliavano attorno alla sua pupilla nera. Pietro s'incantò a guardare quello spettacolo.

"Devo chiedertelo in inglese, per caso?". Beatrice lo fece tornare alla realtà come al solito. La sua espressione non era più quella distesa e dolce, che assumeva solo mentre dormiva. Le sue labbra erano piegate all'insù, in un sorriso inequivocabilmente provocatorio. Le lo era sempre stata, provocatoria.
Aveva scoperto Valentino prima di lui: lei lo aveva visto subito come l'inestimabile tassello mancante del loro enigma.

Lei aveva sempre avuto un dono per capire le persone, a differenza sua, che invece sapeva come usarle, le persone.

"No". Si alzò in fretta e raccolse il libro, per posarlo al sicuro, sulla poltrona. "No, arrivo".

Si avvicinò alla sua compagna e le tese la mano, subito stretta in quella di lei. Lui le fece da leva, e lei poté alzare il busto, solo per prendersi un bacio rubato alle labbra di Pietro.

Quando Pietro decise di interrompere quel contatto, Beatrice si scostò. Lo capiva, Beatrice.

"Mi guardavi ancora dormire? É inquietante, amore mio". Beatrice sorrise. "Se fossi più pudica me ne andrei di qui di gran carriera, Signor Scolari, e ti lascerei solo in questo posto caldo e triste".

"Fortuna che non sei pudica, Beatrice". Le rispose Pietro, raddrizzandosi e scoccandole un'occhiata sprezzante.

"Sono questi i momenti in cui vorrei che Valentino fosse qui". Continuò quella, con quella irritante smorfia divertita. Provocatoria. "Lui sarebbe un balsamo anche per te. Io ti ho proposto, ormai due anni fa, di farlo partecipare al nostro gioco".

Pietro sospirò. Il più grande difetto di quella ragazza era quella mania che la obbligava sempre a giocare col cibo.

"Era piuttosto occupato con il tuo gioco, Beatrice. Ti avevo avvertito: replicare il nostro allenamento con le Imperdonabili sarebbe stato troppo per lui. Sarà stato abile, ma non dominava bene le sue emozioni. Avresti potuto romperlo". Pietro non aveva tanta voglia di tornare su quella questione: ne avevano parlato davvero troppe volte e nessuno cedeva mai.

"Ma non è successo. Ha scoperto il vero sé stesso, come me e te. Ha disciplinato il suo essere con l'Imperius, ha dominato il dolore con la Cruciatus. L'unica cosa che gli manca...". Beatrice si alzò in fretta e prese tra le mani il volto di Pietro.

Beatrice rimaneva sempre colpita da questa sua peculiare caratteristica: qualsiasi persona, di fronte ad un contatto così rapido e invadente avrebbe distolto lo sguardo, sarebbe arrossito o l'avrebbe scostata. Pietro rimaneva fermo, gli occhi congelati, di quel grigio tanto scuro sa sembrare il fumo che usciva dalla città babbana, là fuori.

Sembrava una statua.

"Poteva succedere e non è successo, più grazie ai suoi amici e a me, che alla tua fame, Beatrice". Di nuovo, Pietro si era mosso a malapena: anche quando parlava, sollevava pochissimo le labbra. Qualsiasi altra persona avrebbe emesso mugugni, parole strascicate, ma la voce di Pietro e calda, sonora, come quella di un attore. Qualche volta Beatrice si chiedeva se provasse davvero qualcosa, il suo Pietro.

"Hai riportato sua madre a casa sua?". Chiese lui.

"E le ho dato l'antidoto al Distillato della Morte Vivente, come mi hai spiegato ormai troppo volte. Non devi preoccuparti. Elena sta benissimo. Ricorderà solo di aver accompagnato il figlio in stazione a Londra, dopo averlo iscritto al progetto dopo una bravata di troppo, come la Signora e il Signor Doragon, del resto. Ricorderanno di averlo fatto nei tempi giusti. Anche la piccola Agata non ha notato nulla. L'Imperius che ho lanciato su quella stupida esaminatrice è forte. Fra un mese, quando potrà tornare in Inghilterra, avrà uno sfortunato, tragico incidente".

Pietro annuì, meccanicamente. Poi la baciò lui, con trasporto. Beatrice si ritrovò con il divano che le bloccava le caviglie. Pietro sapeva quello che faceva. Lei gli aveva insegnato bene a fare l'amore, come lui le aveva insegnato a fare dell'altro.

Gli sciolse il nodo della vestaglia e la gliela tolse. Un altra cosa positiva di Pietro era la totale mancanza della mondana voglia di mettersi qualcosa addosso. Girava sempre per casa seminudo, o con quella stupida vestaglia blu. D'inverno invece era costretto a pigiami di lana. Non che non badasse all'igiene: si lavava spesso, ma quanto a vestirsi, non sembrava mai averne voglia, o tempo.

Lei era già nuda, quindi avrebbe dovuto semplicemente allargare le gambe e lasciarsi cadere.

Interruppe il bacio e gli si accostò alla spalla.

“Cosa vuoi, Pietro Scolari?”. Gli sussurrò all'orecchio, prima di morderlo.

Pietro si tormentà il labbro, indeciso, come sempre. Capiva così bene il libro noioso che era il fulcro del loro minuzioso piano, ma con il piacere Pietro non aveva mai voglia di decidere. Fortunatamente per lui, c'era lei pronta a prendersene cura.

“Hai sempre trovato carina quella babbana di paese, vero?”. Lo morse più forte. Una goccia di sangue scese dall'elice fino al lobo, per poi cadergli sulla clavicola.

“Come si chiamava? Laura, Veronica, Valeria...”. Beatrice sentì la pressione dell'erezione del suo compagno sul suo ventre, trattenuta dai boxer.

Pietro emise un verso strozzato. Non sapeva davvero come gestire il piacere, quel ragazzo. La strega abbassò la mano e raccolse l'eccitazione di Pietro coperta dall'intimo. Iniziò ad accarezzarla.

“Caterina”. Si arrese il ragazzo. Beatrice rise. Ovviamente sapeva già che si chiamava Caterina. Aveva notato gli sguardi del suo compagno e anche lei la trovava carina. Lavorava all'ufficio delle poste locale: un viso lungo, quasi di stampo egiziano, ma caucasica, dal taglio a caschetto, bionda, bella.
Beatrice tenne a mente quei dettagli mentre mutava; i suoi capelli castani s'illuminarono e presero a retrocedere dal bacino fino al collo; si lisciarono in un attimo; i suoi occhi color oro si tinsero di scuro; la sua pelle guadagno colore; la sua statura aumentò; il suo viso si fece più cavallino.

La mutazione non faceva alcun male, anzi: il prurito era quasi piacevole.

Quando Pietro vide il risultato finale assunse un'aria quasi orgogliosa; come se fosse fiero del lavoro di Beatrice; come se fosse stato un compito ben realizzato di fronte ad un professore soddisfatto.

In effetti, rifletté Beatrice, quel potere lo aveva coltivato proprio grazie a Pietro.

Il mago le prese il mento tra le dita e ricominciò a baciarla. La sua lingua, vivace, si fece largo tra le sue labbra, prima di unirsi a quella di lei.

La mano di Beatrice si liberò dell'impiccio dei boxer e poté davvero toccarlo.

Lui gemette, lei sorrise ancora di più.

Si lasciò cadere sul divano e per un attimo Pietro si raggelò, rimasto solo, in alto, lontano dal corpo di lei. Poi, come al solito, si riprese da quella paralisi e si piegò per baciarle il collo. Non aveva capito le intenzioni di Beatrice. Era notte fonda, un po' tardi per i baci sul collo.

Gli afferrò i capelli lunghi, che profumavano di pulito, forse vaniglia.

Lo spinse molto più in basso rispetto al collo, e lui obbedì, da bravo complice. Se lui era naturalmente portato per l'occulto e lei non si opponeva ai suoi ordini quando si parlava di magia, non permetteva che lui si opponesse a lei quando era Pietro a dover imparare ancora molto.

Si sorprese quando lui la morse, tra la coscia e il sesso di lei. Gli strinse i capelli tanto forte da strappargli alcune ciocche dalla nuca.

Se voleva fare il ribelle, avrebbe pagato lo scottone.

L'ammonimento bastò a calmarlo: vide i suoi occhi attenti, concentrati, mentre ripeteva i movimenti che lei gli aveva insegnato. Aveva una lingua sorprendentemente lunga per essere un ragazzo che stava quasi sempre immobile e zitto.

Fu il turno di Beatrice di gemere. Pietro si comportò bene: gli umori della sua compagna bagnavano il mento del ragazzo, che continuava e continuava a stimolarla con la punta della lingua; si dava assistenza con un dito; a momenti con due dita.

Pietro sapeva che Beatrice si sforzava di non dimostrare mai i suoi orgasmi, ma aveva scoperto un segno rivelatore: quando veniva tendeva a piegare tutte le dita dei piedi, contemporaneamente. Pietro adorava avere successo, sopratutto negli ambiti che gli erano meno congeniali. Con la coda dell'occhio, mentre teneva impegnata Beatrice con le dita, vide i segni rivelatori del piacere della sua compagna. Si sentì bene nel soddisfarla.

“Non vuoi divertirti con questa giovane babbana, Signor Scolari?” Gli chiese scherzosa Beatrice, accarezzandogli la schiena tesa.

Pietro si rialzò, solo per trovarsi Beatrice di fronte. Anche lei si era alzata all'improvviso ed erano a meno di un centimetro di distanza.

Lei gli girò attorno, rapida, e lo spinse sul divano. Pietro, lievemente stupito, fece per girarsi, ma Beatrice lo inchiodò a sedere, spingendolo per le spalle.

Le sua dita, più lunghe del solito, dato che aveva preso l'aspetto di Caterina, si strinsero attorno al suo collo.

“Cara vecchia Beatrice, così mi vizi”. Pensò il ragazzo, mentre il suo respiro si faceva più flebile.

La ragazza, premendogli le dita abbastanza da concedergli un filo d'aria, piego una gamba e appoggiò il ginocchio sinistro sul divano.

Pietro cominciò a vedere delle macchie bianche che prima non c'erano; le sue giugulari, come le carotidi gli si tendevano sul suo collo, come corde dibattute da due bambini in qualche insulso gioco.

Non se ne preoccupò. Questo era il loro, di gioco.

Sentì il ginocchio destro di Beatrice toccare la sua anca destra, come la mano della ragazza ora gli stringeva l'erezione e la guidava dentro di lei.

Sentì la pressione al suo collo farsi meno decisa, in un momento. Beatrice aveva spostato la mano destra sul suo petto, per reggersi meglio. Pietro rimase immobile mentre provava l'incredibile sensazione che è congiungersi con un altro essere umano, resa ancor più incredibile da Beatrice, l'essere umano più affascinante che lui avesse mai incontrato. Ogni volta un corpo nuovo, ma sempre la stessa forza, sempre la stessa violenza.

“Muoviti, dai”. Gli ordinò dolcemente, e dolcemente Pietro si mosse. Poteva sentire il bacino di lei ondeggiare sul suo inguine, in una danza circolare. Non poteva abbassare lo sguardo, non con la sua mano ancora stretta sul collo.

Il piacere e il dolore, generato dall'asfissia, culminavano insieme un mare ribollente di euforia, che facevano sentire a Pietro un mare di fuochi bruciargli la pelle dall'interno.

“Più veloce”. Obbedì di nuovo, muovendo il bacino, entrando in lei più profondamente. La sentiva stringere, avvolgerlo per soffocare anche quella parte di lui.

Rimase stupito per un attimo, quando non sentì più la pressione al petto dovuta alla sua mano destra, ma capì quando un oggetto piccolo, lungo, freddo e puntuto lo toccò tra le costole.

“Sei stato bravo”. Lo ringrazio lei. “Crucio”.

Una violenta scossa pervase tutto il corpo di Pietro, mentre ogni parte del suo corpo urlava, in preda ad un tremendo dolore famigliare. Pietro non emise un gemito. Sentiva le ossa che sembravano voler sgusciare fuori dalla pelle, la sua lingua ardeva, la fronte scottava e le scosse, sempre più violente, non finivano. Al mare di sensazioni, si unì quell'atroce dolore interno, peggiore di ogni tortura babbana: fu quello di cui Pietro aveva bisogno.

Venne in lei spingendo in profondità, stappandole un piccolo gemito di sorpresa.

Il dolore si acquietò, poco a poco. Le braccia intorpidite iniziarono nuovamente a rispondergli, le gambe, fredde e tremanti si muovevano. Anche la pressione alla gola si fece meno forte, fino a scomparire. Beatrice gli aveva preso il mento tra le dita e gli aveva abbassato il viso. Lo guardava euforica, perfetta come un angelo.

Lo baciò con dolcezza, prima di dargli la bacchetta.

Era ancora dentro di lei quando una nuovo brivido di piacere gli ridiede rigidità.

Ora toccava a lui.

Era stato lui ad insegnare a Beatrice ad usare le Maledizioni senza Perdono, ma senza lei non avrebbe mai scoperto quell'uso peculiare, tutto loro, dell'Imperdonabile della Tortura.

Si separò da lei, le prese i fianchi, per poi girarsi di scatto e spingerla contro il divano, come una specie di contrappasso. Lei rise, come una bambina, facendo ruggire qualcosa dentro Pietro.

Beatrice si girò verso un poggiamano, prona, piagata sulla ginocchia, con la sua solita espressione selvaggia sul viso.

“Avanti Pietro”. Non aveva smesso di comandare, solo di infliggergli dolore.

Si mise alle sue spalle, a cavalcioni e preso il bacino da ogni lato, entrò in lei senza aspettare un'istante.

Un altro gemito. Bene, si sarebbe preso questa soddisfazione. Le afferrò i capelli corti con la mano sinistra, mentre con la destra le puntava la bacchetta contro la schiena tesa.

“Crucio”.


Lui stava lì, sella Stanza Verde del Manor, una stanza lunga, illuminata da un camino. Lui era seduto sul suo scranno, lo scranno che era stato di suo padre. Gli ordinava di muoversi, di alzare la bacchetta.

Doveva volerlo, diceva. Doveva voler punire, doveva volere che soffrisse, altrimenti sarebbe stato lui a provare la furia del Signore Oscuro.

Vedeva l'ombra di Voldemort e sentiva la sua rabbia montare, pulsare in quelle vene pallide, violenta e repentina come una scarica elettrica.

Il sogno inizia con Rowle, che si agitava, grasso, biondo e urlante, Si contorceva sul pavimento come un gigantesco insetto. Draco gli era di fronte, incombeva su Rowle, la bacchetta tesa, la mano tremante, mentre Lui parlava a voce acuta, fredda, spietata.

“Ancora Rowle, o vuoi che la facciamo finita e ti diamo in pasto a Nagini? Lord Voledemort non sa se ti perdonerà questa volta... Mi hai chiamato per questo? Per dirmi che Harry Potter è fuggito di nuovo? Draco...”.

Il ragazzo aveva sentito una corrente gelida attraversargli il corpo quando l'Oscure Signore lo aveva nominato.

“Basta”. Pensava. “Fai che si sia stufato, fai che la smetta”.

“...Dai a Rowle un altro assaggio del nostro scontento. Fallo o sarai tu a subire la mia collera!”.

Draco aveva alzato di nuovo la bacchetta. Deve soffrire, o lui mi ucciderà, poi ucciderà mio padre e mia madre. Deve soffrire, deve soffrire, deve soffrire...

Un ceppo cadde dal fuoco: le fiamme si ridestarono e la luce danzò sul suo volto pallido e spaventato. Fu come essere esposto di fronte alla morte fatta persona.

“Crucio”. Rowle aveva ricominciato ad urlare.

Poi l'incubo cambiava e Rowle veniva sostituito: un Nato Babbano che non aveva mai visto, che continuava a chiedere della figlia, poi il padre di Theodore, quello di Goyle, un altra Nata Babbana, tanto piccola da essere di certo in età da Hogwarts. Lui se lo continuava a ripetere: non hai scelta, lui li ucciderà comunque e tu devi pensare a te stesso, a tuo padre, a tua madre.

La Nata Babbana poi diveniva proprio Lucius Dopo la fuga di Potter dal Manor, il Signore Oscuro aveva di nuovo trovato un motivo per odiare i Malfoy.

Aveva pensato, secondo Draco, che tanto valeva che Lucius facesse da esempio per il figlio, un esercizio per dimostrare che lui non era debole come il padre.

Era stato difficile obbedire a quegli ordini. Suo padre non la smetteva di guardarlo negli occhi: quegli spettrali occhi grigi, i suoi stessi occhi che si riflettevano... ma lo aveva fatto, per sua madre, per lo stesso Lucius. Non era sicuro di averlo fatto per sé stesso però. Quel giorno aveva sentito parte di sé morire.

Gli occhi grigi di Lucius divenivano d'ambra ed ora non stringeva più la bacchetta. Lo faceva sua zia.

Hermione Granger era piegata a terra, legata da ceppi invisibili. Bellatrix aveva detto che Pietrificare qualcuno prima di Cruciarlo era una pratica da adottare con i Sanguemarcio. Non era bello vederli scuotere, agitarsi e contorcersi rischiando di insozzare il tappeto pregiato del salotto, o i mobili di mogano che abbellivano la stanza. Poi, aveva spiegato al nipote, come fosse un altra lezione normalissima, che quando il dolore ti coglie e non può dargli sfogo con un movimento, rimbomba nel corpo come un terremoto, un eco perpetuo di sofferenza, che ti fa desiderare la morte.

Zia Bella però aveva l'esperienza: sapeva evocare una Petrifucus che permetteva alla vittima di poter continuare muovere la bocca. Privarsi delle urla dei Sanguemarcio, diceva, era un vero peccato, in un'occasione tanto lieta.

Draco era terrificato. Non aveva mai amato Hermione Granger: sapeva di averla invidiata per i suoi risultati, disprezzata per le sue origini, detestata per quell'atteggiamento insopportabile da so-tutto-io. Forse l'aveva odiata, in qualche momento della sua adolescenza. Mai però, aveva augurato alla ragazza il supplizio che stava subendo. Intrappolata nell'immobilità, il viso una maschera di orrore e l'unica libertà che gli era stata concessa era umiliarsi in urla disperate di dolore.

Voleva vomitare, andarsene o Schiantare sua zia, sentiva il suo corpo ribellarsi alla mente. La bacchetta di agrifoglio farsi più pesante nella tasca della sua veste. Doveva fermare quello che stava succedendo, doveva fare qualcosa.

Poi però guardava sua madre, imperturbabile, immobile, composta come se fosse solo una normale serata al Manor, suo padre era eccitato come un lupo di fronte all'agnello. Draco non pensava che c'entrasse la Granger, ma anche Lucius doveva ormai essersi reso conto che il ragazzo sfigurato che stava nelle segrete dovesse essere Potter.

Era la sua famiglia, le persone che gli avevano sempre voluto bene.

“Che altro avete preso, che altro? RISPONDIMI! CRUCIO!”.

Le urla di Hermione riecheggiavano nella stanza. Zia Bellatrix continuava ad alzare la bacchetta, Hermione Granger continuava ad urlare e Draco era lì, fermo, immobile come una statua.

Draco si svegliò, sudato, ansimante, Aveva di nuovo lo stesso, maledetto incubo. Anche questa notte non era riuscito a muoversi, a salvarla.

Perché non riusciva a non tradirla ogni notte?

“Elia”.

Draco si girò, spaventato dalla voce che veniva da un punto alla sua sinistra.

Valentino Marchetti si rigirava tra le coperte. Il suo volto era fradicio di sudore e la sua fronte era corrugata tanto da farlo apparire molto più vecchio.

Era un ragazzo pallido, quindi vederlo così arrossato spavento Draco, che fece per alzarsi a controllare che stesse bene.

Prima che lo potesse fare, Valentino parlò di nuovo in una lingua che Draco non sapeva, probabilmente italiano.

“Se avessi saputo lo avrei impedito, Elia. Io non potevo muovermi: l'aria era come fango. Scusami, scusami tanto”. L'italiano singhiozzava. Draco vide molte macchie sul lenzuolo. Doveva aver pianto nel sonno.

Draco non capiva cosa l'italiano stesse dicendo, ma conosceva bene il tono con cui pronunciava quelle parole sconosciute; il tono di chi si sente colpevole e implora il perdono.

Lo Slytherin non chiuse occhio quella notte e si obbligò ad ascoltare le poche parole dolorosamente pronunciate da Valentino. Draco avrebbe voluto svegliarlo e provare a parlarci, ma da quanto aveva capito dell'italiano, non era tipo da esporsi senza la certezza di potersi fidare.

Draco lo capiva, perché anche lui la pensava allo stesso modo. Pensò ai timori di Hermione, alle sue confidenze. Avrebbe tenuto d'occhio Valentino, questo era ovvio, ma avrebbe preferito aiutarlo, piuttosto che denunciarlo alla McGonagall.


Daphne Greengrass non era una ragazza stupida, ancor meno superficiale.

Si considerava sveglia, forse la più sveglia del dormitorio Slytherin, per quanto la riguardava.

Aveva avuto le sue soddisfazioni: valutazioni alte ai G.U.F.O., uno sciame di proposte di matrimonio al suo diciassettesimo compleanno, dei buoni amici e una fortuna ad aspettarla, data la fortuna della famiglia Greengrass, che seppur di minor grado, era una famiglia appartenente alle Sacre Ventotto. Era stata persino tanto fortunata da non avere Mangiamorte in famiglia. Il nome dei Greengrass non era stato infangato come quello dei Malfoy, dei Parkinson o dei Nott.

Insomma, Dpahne Greengrass non aveva nulla di cui lamentarsi.

Eppure da un anno a questa parte, non riusciva a dormire bene. Copriva le occhiaie con pozioni e unguenti e si sforzava per apparire sempre attenta, sempre reattiva, ma sentiva il suo fisico cedere ogni giorno di più. Quella sera era stata sul punto di andare in infermeria per chiedere la Bevanda della Pace alla Pomfrey, ma si era ripresa. Una Greengrass non si mostrava debole, mai.

Era seduta su una delle poltrone della Sala Grande e guardava le fiamme crepitanti del camino. Faceva freddo quella notte.

Si sentiva terribilmente sola quell'anno: Draco sembrava aver definitivamente messo la testa a posto. Aveva iniziato a trattare tutti con più cortesia, persino Goyle. Stava affrontando i suoi sensi di colpa e tutte le terribili esperienze passate l'anno prima.

Erano stati amanti, per poche volte e poco tempo, lei e Draco. Ormai Daphne faceva fatica a ricordare quel periodo del quinto anno. Che sciocchezza: lui probabilmente non ci pensava più. Aveva lasciato al passato il ragazzo immaturo che era e ora aveva abbracciato il futuro, era maturato, l'aveva lasciata indietro.

Theo invece era pazzo di Pancy e per ora lei contraccambiava. Nott non era più taciturno e immusonito, anche se suo padre era morto l'anno prima. Anche se sua madre era ad Azkaban, e ci sarebbe rimasta a vita. Persino lui era cresciuto e aveva fatto i suoi passi verso il futuro affianco a Pancy, alla sua migliore amica. Pancy che passava i pomeriggi con lei a parlare di ragazzi, di idiozie. DI ragazzi liberi ne erano rimasti pochi e le idiozie di cui discutere erano finite. La Parkinson aveva superato l'estate a testa alta, senza vivere nel passato. Daphne la invidiava.

Blaise era il solito vecchio Blaise; l'anno prima si erano avvicinati molto: entrambi non appartenevano all'elite dei figli di Mangiamorte e si erano fatti da scudo l'uno con l'altra. Daphne aveva immaginato di provare qualcosa, per quel moro vivace, intelligente e sarcastico, ma poi lo aveva visto andare avanti, maturare, lasciarla indietro. Anche lui, senza volerlo, l'aveva abbandonata a sé stessa.

Vergognandosi Daphne avrebbe volentieri portato indietro le lancette dell'orologio a tempi più semplici, tempi in cui prendersi gioco di Potter o della Granger non era un pericolo, tempi in cui i ragazzi non facevano che parlare di Quidditch, tempi in cui erano stati fieri di essere a Slytherin, te mpi in cui il Signore Oscuro era solo un uomo del passato, ricordato con nostalgia, senza sapere cosa davvero voleva dire vivere sotto il suo dominio.

Dapgne avrebbe volentieri riportato indietro quelle maledette lancette, ma non poteva.

Era persa in quelle riflessioni da mesi, cristallizzata nella nostalgia, fino alla sera precedente, fino alla caduta clamorosa di Valentino, che si era spaventato nel vederla comparire all'improvviso nel corridoio del dormitorio.

Le era sembrato come se il tempo, sempre troppo veloce a detta della Slytherin, fosse stato improvvisamente lentissimo: aveva visto a rallentatore il compagno cadere, i bottoni che saltavano e quelle inquietanti cicatrici. Daphne non era riuscita a pensare ad altro per tutto il giorno.

Chiazze multicolori ricoprivano la pelle del compagno, cicatrici dall'aria malsana, maledetta. Non aveva mai visto nulla del genere, mai. Nemmeno quando Draco le aveva mostrato il frutto delle Cruciatus del Signore Oscuro.

Aveva visto quelle macchie allungarsi fino alle costole, che erano coperta del tessuto del pigiama.

Non dubitava che ferite simili coprissero tutto il corpo dell'italiano, schiena e busto. Come diavolo si era fatto quell'orrore?

Si passo le mani fra i capelli, di un biondo dorato.

Quando aveva visto quello spettacolo, la sera di ieri, si era sentita improvvisamente colpita da un'illuminazione. Si era sentita determinata, viva, dopo mesi di sedentarietà. Forse era quella la redenzione che stava cercando, la sua strada per crescere, per raggiungere i suoi amici.

Aveva deciso che Valentino aveva bisogno del suo aiuto e lei glielo avrebbe fornito. Doveva solo trovare il coraggio di parlargliene apertamente.

Sorrise al fuoco.

“Che ipocrita che sono”. Sussurrò alle fiamme.
Non aveva aiutato Draco durante il sesto anno, quando era evidente che avesse bisogno di aiuto, non aveva aiutato i mezzosangue e l'ES l'anno prima, quando i Carrow infuriavano spietati per la scuola. Non aveva mai aiutato nessuno in vita sua. Chi le dava il diritto di tendere la mano ad uno sconosciuto che chiaramente era consapevole del suo problema? Tutto per il desiderio egoista di evolvere come i suoi amici di sempre. Non c'era nulla di maturo, nulla di giusto nel suo ragionamento. Si lasciò sprofondare nella poltrona e la tristezza tornò a tormentarla, a ricordarle della sua immobilità. Come una statua, ferma di fronte alla marea del cambiamento.

Immobile, uno scarto da lasciare indietro.

“Daph?”. La voce calda di Angela Doragon la fece tornare alla realtà. La Slytherin si grò, per trovarsi davanti Angela, con addosso la sua tuta babbana, i capelli cespugliosi che serpeggiavano da tutte le parti e due occhi semichiusi, con Astoria al suo fianco. Sua sorella la guardava con i suoi enormi occhi azzurri.

“Tua sorella ti cercava in camera, ma non c'eri”. Angela sembrava un po' irritata. Forse era una di quelle persone che teneva molto alle ore di sonno.

“Daphne, stai bene?”. Sua sorella le si era avvicinata. La Greengrass maledì sé stessa e la sua insonnia. Si era struccata dopo la doccia e pensava che nessuno passase in Sala Comune a quell'ora di notte.

“Sto benissimo Astoria”. Daphne sorrise e si piegò appena, per abbracciare forte la sorella minore.

Angela le guardava, un po' intenerita. Con uno sbuffo, l'italiana si sedette sulla poltrona di fianco a quella che aveva ospitato Dpahne fino al loro arrivo.

“Di cosa volevi parlarmi, Astoria?”. Chiese Daphne alla sorella, che puntava i suoi occhioni su di lei.

“Continuo a pensarci Daph e non so davvero come fare con quello stupido di Selwyn”. Daphne capì subito e sorrise.

Astoria era cinque anni più piccola di lei. Frequentava il terzo anno e dal primo giorno a scuola era subito stata rapita dallo sguardo dell'ultimo erede della famiglia Selwyn, Fabius, un ragazzetto coetaneo di Astoria, dal carattere timido e remissivo.

“Lui continua a farsi gli affari suoi e non mi calcola minimamente!”. Si lamentava Astoria.

Daphne avrebbe ucciso per sua sorella, anche per momenti stupidi come quello. Le arruffò i capelli, ignorando le sue proteste.

“E vieni a parlarmene a quest'ora?”. Le chiese divertita la sorella maggiore.

“Nancy e Susan mi prendono in giro e io non so bene cosa fare”. Daphne scosse la testa: Astoria era una Greengrass solo nell'aspetto, ma ricordava molto più una Abott, come loro madre.

Non sapeva reggere alla critiche e non rispondeva mai a tono alle prese in giro.

“Astoria, sei una Greengrass e sei mia sorella. Se quelle ochette delle tue amiche ti prendono ancora in giro garantisci loro che farò in modo di rendere il loro anno un inferno in terra, ok?”.

Angela ridacchiò dalla sua poltroncina e si piegò per chiamare Astoria.

“Ragazzina, vieni qui”.

Astoria, ubbidiente, si avvicinò all'italiana. Daphne fissava la sua compagna senza capirne le intenzioni, ma certa che fossero buone.

“Hai la bacchetta, Astoria?”. Le chiese Angela, con un sorriso.

Astoria annuì, tirando fuori dalla tasca della vestaglietta una lunga bacchetta di agrifoglio.

“Bene”. Angela sorrise. “Se Nancy e Susan ti prendono ancora in giro, tira fuori quella e assicurati di fissarle bene negli occhi”.

Astoria, rapita, annuì.

“Poi devi puntarla contro di loro così, come una stoccata”. Angela si esibì nell'imitazione di un schermidore.

“A quel punto devi dire chiaramente la formula magica. Che sia chiara e sonora, altrimenti non succederà nulla, intesi?”.

Astoria guardò Angela con i suoi occhioni e fece la domanda più ovvia di tutte a bassa voce.

“Qual è la formula?”.

Angela si sentì piuttosto stupida a non averlo detto subito.

“La formula è Monstrum. Quella che ti sto spiegando è la Fattura Oscovolante e ti assicuro che una volta che le tue amiche l'avranno provata, non proveranno più a prenderti in giro. Assicurati di farlo nel dormitorio però, lontano dagli insegnanti”.

Astoria annuì, con una strana luce maligna che risplendeva negli occhi blu.

La bambina salutò entrambe e con un largo sorriso sulle labbra corse verso la sua camera.

Daphne guardò accigliata la sua nuova compagna.

“La Fattura Orcovolante? Ad una bambina di tredici anni?”. La nota divertita nella sua voce tradiva la sua espressione severa.

“Io l'ho imparata a dodici, Valentino pure”. Entrambe le ragazze repressero un risolino.

Daphne si girò per guardare bene Angela. Sembrava che morisse proprio dalla voglia di tornare a letto, ma lei aveva qualcosa da chiederle.

“A proposito di Valentino. Devo chiederti una cosa importante”.

Angela si fece subito seria.

“Ti ha offeso? Ha fatto qualcosa che non andava? Devi capirlo Daphne, non siamo ancora abituati a...”.

Daphne la interruppe, scuotendo il capo.

“Nulla del genere. Valentino si è comportato benissimo, figurati”.

L'espressione di Angela si distese, ma i suoi occhi, prima assonnati, ora erano attenti e fissi sulla Greengrass.

“Ieri Valentino stava uscendo dal bagno e aveva addosso il pigiama”.

“Quel ridicolo pigiama”. Commentò Angela.

“Esatto. Lui mi vede entrare nel corridoio e prende paura. Cade e e per l'urto gli saltano tre bottoni”.

Angela ora era chiaramente sull'attenti, la Greengrass ne era sicura. Aveva le mani strette ad artiglio e fissava nervosa Daphne.

“Quindi?”. Chiese, con l'aria di chi sa bene di cosa volesse intendere Daphne.

“Io ero preoccupata e mi sono avvicinata per dargli una mano. Nel farlo ho visto che la sua pancia era piena delle cicatrici più impressionanti che avessi mai visto”. Daphne disse finalmente quello che covava da un giorno e mezzo. Si sentì meglio per un attimo, ma il viso truce di Angela la mise in allarme.

“Lo hai detto a qualcuno?”. La dolcezza e la complicità dimostrata con Astoria erano scomparse. La sua voce era ridotta ad un sibilo.

Daphne scosse di nuovo la testa. Aveva la strana sensazione di essere in pericolo. Vedeva la bacchetta di Angela sbucara dalla tasca dei pantaloni della tuta. L'italiana non aveva mostrato segni aperti di ostilità, ma il cambio di tono allarmò la Greengrass.

“Non lo avrei mai fatto. Noi Slytherin ci copriamo e non siamo famosi per diffondere i nostri segriti ma...”.

“Lo hai detto a me”. Angela la interruppe, piatta.

“L'ho fatto perché tu e Valentino siete amici. Dimmelo Angela, sta male? Ha qualche malattia? Chi gli ha fatto una cosa del genere?”. Daphne aveva una nota di panico nella voce. La sua, di bacchetta, era sul comodino di camera sua.

Angela sembrò perforarla con lo sguardo. Gli occhi scuri dell'italiana, stretti a fessura, valutavano la verità della sua affermazione.

Ad un certo punto parve decidersi. Prese la bacchetta e con sommo sollievo di Daphne la punto verso le scale che conducevano al dormitorio.

“Muffliato”. Sussurrò.

Daphne alzò il sopracciglio.

“Come fai a conoscere quell'incantesimo? Sapevo che non fosse presente nei manuali... Lo si usa solo in questo paese”.

Angela la ignorò e si rimise la bacchetta in tasca.

“Non sta male, Valentino intendo”. Disse, brusca.

Daphne la guardò dubbiosa.

“Angela, io non voglio insultare la tua intelligenza, ma il suo ventre era come...”.

“Come un arcobaleno, dico bene?”. La interruppe Angela. “Sono vecchie cicatrici da incantesimo, e non da un incantesimo qualsiasi. Io ora potrei anche parlartene, ma ho bisogno che tu mi giuri di non farne parola con nessuno, nemmeno tua sorella. Siamo solo in due, quindi niente Voto Infrangibile, ma ti assicuro che se tradirai la mia fiducia, Daphne, la pagherai. Mi sono spiegata?”. Il suo sguardo era di nuovo affilato come una lama.

Daphne sapeva di essere di fronte ad un bivio: da una parte c'era la sua curiosità morbosa. Voleva conoscere cosa diavolo si fosse fatto Valentino e desiderava anche sapere se avesse bisogno di aiuto. D'altra parte sapeva bene quanto fosse pericoloso tenere un segreto, specie se il segreto era fra lei e la strega che aveva battuto la Granger.

Era sicura che Angela non stesse esagerando: se avesse rivelato il segreto, l'italiana gliela avrebbe fatta pagare cara.

“D'accordo, non occorre minacciare. Noi di Slytherin ci copriamo le spalle a vicenda”. Decise di rispondere Daphne.

Angela annuì, seria, poi sorrise.

“Se sono così seria è perché si tratta di cose private, Daphne. Sono certa di sapere che Val soffrirebbe come un cane se questa voce si diffondesse, ancor di più se giungesse alle orecchie di un professore”.

Ora che la tensione si era allentata, Daphne si stravaccò sulla poltrona, fece un gran sospiro e stette in silenzio, aspettando che Angela rivelasse il segreto.

Quest'ultima si mise accanto a lei e si sedette sul bracciolo della sua poltrona. Vederla lì la faceva sembrare molto alta, simile ad uno strano gufo bruno e riccioluto.

“Devi sapere che nella nostra scuola ci sono molti studenti insoliti”. Cominciò Angela. “Hai visto Leo e Valentino. Anche io e Maria siamo dei soggettoni e la lista di ragazzi e ragazze un po' originali all'Accademia è relativamente lunga. Una ragazza e un ragazzo, dell'anno superiore al nostro, quindi della vostra età, erano forse i più peculiari di tutti. Il loro nomi erano e sono Beatrice Loro e Pietro Scolari. Il primo è diventato famoso in Accademia come creatore di incantesimi, oltre che di guai. Forse si potrebbe definirlo il genio disordinato della sua generazione. Era bravo solo in quello che gli interessava e non si faceva molti problemi ad infrangere le regole”.

“Un tipo simpatico”. Commentò Daphne.

“Un tipo simpatico”. Concordò Angela. “Era brillante e andava sempre in giro con due ragazzi: Beatrice Loro, che ti ho già nominato, e il suo ragazzo, Giacomo Villani. Un tipo strano che sembrava sempre assorto in strane riflessioni e che spesso se ne usciva con idee stravaganti. Serve solo per darti l'idea. Era Beatrice quella che si faceva notare: era risaputo che tradisse spesso il ragazzo e aveva una padronanza pratica della magia che metteva in ombra tutti. Mai incontrato una duellista del genere, altro che la Granger. Loro erano come una loggia in Accademia, non so se riesci a figurartela”.

Daphne sorrise. Eccome se poteva figurarsela: Angela aveva descritto la versione più Slytherin del trio Granger-Weasley-Potter.

“Dal sorriso penso che la risposta sia un sì. Bene. Ora portiamo le lancette a due anni fa. Noi frequentavamo il quinto anno e loro il sesto. Valentino era ancora meno sicuro di sé e tendeva a non farsi notare, finché, tutto d'un tratto fece amicizia con nientemeno che Beatrice Loro. Non so bene come, Valentino non me lo ha mai detto. Quello che fu chiaro presto a tutti è che Valentino Marchetti era il nuovo rampollo della Loro. Se lo portava in giro, studiava con lui e dormiva con lui. Alcuni pensavano che il ragazzo di Beatrice, Giacomo, ad un certo punto si sarebbe stufato e avrebbe fatto un vero macello, ma non successe nulla. Se lo fece andare bene. In quel periodo però, Valentino iniziò a diventare più sicuro, più determinato, ma sopratutto, molto più abile in Arti Oscure, tanto da risultare il migliore dell'Accademia, assieme a Scolari”.

Daphne cercava di seguire la parlantina veloce di Angela, ma non era facile tenere a mente nomi che non riusciva a collegare ad un viso. Cerco di associare questa Beatrice alla Granger, questo Pietro a Potter e Giacomo a Weasley.

“Il fatto è che in quei mesi Valentino aveva cominciato ad avere una strana abitudine: evitava sempre il contatto fisico, di qualsiasi tipo. Parlo proprio di tutto: strette di mano, abbracci... ogni volta che ti avvicinavi a lui schizzava come un matto a tre metri di distanza e si faceva nervoso, farfugliava persino. Durò per diversi mesi e poi finì improvvisamente com'era iniziata. All'improvviso Valentino aveva tagliato ogni rapporto con la Loro e si era avvicinato ad un altro studente importante”.

“Quel Pietro Scolari?” Tentò Daphne.

“Esatto. Allora Val non si apriva con me su questi argomenti e non ne avrei cavato un ragno dal buco da sola, ma Maria, quella ragazza che hai incontrato in treno, poi finita a Gryffindor, era molto vicina a Val in quel momento e mi spiegò cosa facevano lui e Beatrice.

A quanto pare...”.

Angela fece una pausa e si guardò attorno, come preoccupata che il Muffliato non avesse più effetto.

“A quanto pare Beatrice faceva uso della Maledizione Imperius e della Maledizione Cruciatus su Valentino e lui, dopo aver tagliato i rapporti, aveva iniziato ad maledirsi da solo”.

Daphne inorridì. Draco le aveva parlato del dolore della Cruciatus, aveva visto le cicatrici sulla sua schiena, ma non era la stessa cosa. Come aveva potuto lasciare che qualcuno gli facesse qualcosa del genere? Come aveva potuto continuare ad infliggersi quel dolore?

Angela non sembrava contenta di parlarne: anche lei aveva un'espressione schifata.

“Da quanto ho capito, Beatrice era convinta che l'uso prolungato dell'Imperius su sé stessi conducesse ad una coscienza e controllo di sé che nemmeno il più saggio e anziano dei maghi poteva vantare. Quanto alla Maledizione Cruciatus, pensava che allenare il proprio corpo al dolore più estremo lo avrebbe rafforzato. Capisci Daphne? Rafforzi la mente e rafforzi il corpo. Valentino, che ne era divenuto dipendente, continuava a farlo da solo, anche dopo aver allontanato Beatrice”.

Daphne era scossa. Si aspettava un incidente di natura magica, magari una storia simile a quella di Potter, non un racconto di abusi e autolesionismo. Non potè fare altro che provare pena per Valentino.

“Continua a farlo anche ora?”.

Angela scosse la testa.

“Per questo ti ho detto che ora sta bene. Io, Maria e Pietro lo abbiamo aiutato a superarla. Ad un certo punto persino Beatrice gli ha chiesto scusa. A Maria non sono mai piaciuti né Pietro nè Beatrice, ma l'anno scorso, per un po' siamo stati tutti amici. Purtroppo storie come queste lasciano le cicatrici sulla gente, letteralmente. Non voglio che se ne parli perché qualche professore potrebbe venire a saperlo e l'occhio di un esperto riconoscerebbe la Cruciatus. Metterebbero sotto torchio Valentino per sapere come si è fatto quelle cicatrici e finirebbero nei guai diverse persone, Valentino compreso. Spero che tu ora possa comprendere”.

Daphne annuì. Ora comprendeva il riserbo di Angela, anche se non riusciva a non essere d'accordo con Maria Repaldi: come Angela e Valentino avessero potuto riappacificarsi con Beatrice le era difficile capirlo. Quella storia aveva chiaramente dei buchi che la Greengrass non si spiegava, ma per quella sera poteva bastare.

“Ora andiamo a letto”. Decise Angela, prima di lasciarsi andare ad uno sbadiglio. “Non mi reggo più in piedi dal sonno”.

Daphne scosse la testa. Come Angela fosse la presenza minacciosa che l'aveva intimidita e anche la ragazza in pigiama che sbadigliava a bocca spalancata, non riusciva quasi a d accettarlo.

Camminarono in punta di piedi fino alla loro camera dove Pancy dormiva serenamente.

Daphne, quella notte, si gustò un sonno senza sogni.

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