Capitolo 5 – Diciannove anni prima
 
‘Lascia l’Horcrux’ Harry disse.
Ron si si tolse la catena dalla testa e depose il ciondolo su una sedia vicina. Si girò verso Hermione.
‘Cosa fai?’
‘Cosa intendi?’
‘Vuoi restare o che fai?’
‘Io…’ aveva un’aria angosciata ‘Sì-sì, resto. Ron avevamo detto che saremmo andati con Harry, avevamo detto che l’avremmo aiutato’
‘Ho capito. Hai scelto lui ’
‘Ron, no – per favore -torna indietro, torna indietro’
Era incapacitata a muoversi dal suo scudo, nel tempo che ci mise a rimuoverlo, lui era già fuggito nella notte. Harry rimase fermo e silenzioso, ascoltando i suoi singhiozzi e la sua voce chiamare Ron tra gli alberi.
Dopo pochi minuti, ritornò, i suoi capelli inzuppati incollati sulla faccia.
‘E’ an-n-andato! Smaterializzato!’
Si lanciò su una sedia, si accucciò e cominciò a piangere.
Harry si sentì stordito. Si fermò, prese l’Horcrux e se lo mise attorno al collo. Prese le coperte dal letto di Ron e le lanciò ad Hermione. Poi si arrampicò sul suo letto e fissò lo scuro tetto della tenda ascoltando il picchiettio della pioggia.
La rabbia contro Ron lo accecava e assordava a tutto eccetto a quel picchiettio. Ma come salì, per gradi, scese, lasciando un vuoto, e un’immensa tristezza riempì quel vuoto.
Si rese conto che Hermione si era trascinata nel letto sotto il suo, stava ancora singhiozzando. Aveva spento la luce e l’oscurità aveva ingoiato completamente la tenda.
Non sapeva quanto tempo fosse passato ma ancora lei non si addormentava strozzata dalle sue stesse lacrime. Harry rifletté con senso di colpa su come l’aveva trascinata in questa ricerca senza speranza, come doveva essere stato difficile per lei far sparire la sua famiglia e cancellarsi dalle loro vite.
E ora Ron.
Non poteva più far finta di non essere al corrente dei sentimenti che avevano l’uno per l’altro e una intensa pietà per Hermione lo pervase.
Scese da suo letto e si inginocchio di fianco a lei. Era buio pesto in una notte senza luna, non vedeva assolutamente nulla. Seguendo i suoi singhiozzi le accarezzò dolcemente la testa ‘Hermione… Mi spiace…’ non sapeva cosa dirle per farla sentire meglio. Era difficile trasmettere quello che voleva, non era mai stato bravo con le parole.
Cercando di smorzare il pianto, lei gli prese la mano, non parlò mai lui capì che voleva rassicurarlo.
Harry si arrampicò sul letto e l’abbraccio teneramente. Lei appoggiò la testa sul suo petto scoppiando di nuovo a piangere. Lui continuò ad accarezzarla pensando alla deprimente situazione in cui erano e un moto di tristezza lo travolse completamente
Rimasero lì fermi per un po’, svegli, ascoltando il suono della pioggia martellante. L’unico suono che si poteva sentire in quella notte avvilente.
Lentamente i suoi singhiozzi si fermarono ma non lasciò Harry, tutti e due avevano bisogno di quel semplice contatto umano.
Scaldava il cuore avere qualcuno da abbracciare. Due corpi caldi che si incontravano lottando per scacciare il gelo della temperatura che veniva da fuori e una simile che veniva da dentro.
Harry riportò alla mente l’ultima volta che aveva avuto un’interazione comparabile a quella. Era stata con Ginny, durante il suo compleanno, nella sua stanza.
Si ricordò di quel bacio passionale che lei gli diede in quella occasione e qualcosa in lui cominciò a cambiare, a peggiorare. La tristezza si trasformò in disperazione, in un acuto bisogno di qualcosa di più, di qualcosa che potesse spazzar via la deprimente realtà in cui erano, per qualcosa che, per un po’, gli avrebbe fatto dimenticare tutto quello che di orribile stava succedendo nella sua vita.
Abbracciò Hermione più forte e le baciò la testa desiderando sopprimere tutte quelle emozioni, per fondersi con il corpo caldo di lei, per proteggersi da quel terribile freddo che sentiva dentro.
Spostando la mano le sfiorò la pelle e quella morbidezza gli riportò alla mente ancora più intensamente la memoria di Ginny, tutto quello che sarebbe potuto succedere se la sua vita fosse stata differente.
E quel pensiero, quel ricordo, improvvisamente, fu come un interruttore che venne acceso. E Hermione non era più Hermione.
Era qualcosa che l’avrebbe potuto salvare da quell’abisso di solitudine e disperazione. Voleva più contatto con il suo corpo. Voleva annegare ogni pensiero negativo in lei.
Fece scivolare le sue mani sotto la sua camicia da notte, sul suo torso, volendo provare di nuovo quella morbidezza. Lei si irrigidì immediatamente e dopo un momento di esitazione cercò di spingerlo via. Resistendo, lasciò le sue mani salire sul torso di lei e le baciò il collo avidamente. La sentì cedere, arrendendosi a quella necessità di vicinanza che li stava trasportando entrambi. Con il viso sfiorò la guancia di lei e la sentì umida per via delle lacrime che aveva versato e mentre la abbracciò più forte e il corpo di lei si inarcò sotto le sue mani, nuove lacrime scesero. Però lui non le notò. In quel momento sentiva solamente il suo corpo di donna aderire al suo e questo gli fece perdere quel poco controllo che ancora aveva su di sé.
Cominciò a svestirsi e a svestire lei freneticamente. I loro corpi risposerò immediatamente nel momento in cui scivolò sopra di lei e, in un istante, tutto fu di un’intensità come non aveva mai sperimento. Tutto, a parte quelle nuove sensazioni, furono chiuse fuori.
La sua mente andò a Ginny, ed era con lei in quel momento. Cercò di controllarsi per non pronunciare il suo nome ma non era sicuro di esserci riuscito.
Hermione sotto di lui gemette e lui sperò con tutto sé stesso che non parlasse per non riportarlo alla tremenda realtà di quello che stavano facendo.
In un angolo della sua testa una voce stava picchiando con insistenza per farsi sentire, ma l’intensità delle sensazioni che stava provando non lasciava spazio per nient’altro. Era sordo alla sua coscienza che lo rimproverava per questo pugnalata alla schiena di Ron.
Il culmine del piacere era sempre più vicino. Provò ad allontanarlo più che poté intuendo con che velocità sarebbe tornato in sé stesso dopo. E il suo istinto si rivelò corretto.
E intuì correttamente, successe molto in fretta.
Il momento prima era il culmine dell’estasi, ingolfando la sua mente e il suo corpo in uno spasmo di puro rapimento, e il momento dopo, non c’era più nulla. Non ne era rimasta traccia.
Si lasciò cadere a fianco di quella che era, chiaramente e dolorosamente, Hermione e non Ginny.
E fu di nuovo consapevole di quello che lo circondava; il freddo della stanza sul suo corpo sudato, la pioggia che colpiva la tenda, Hermione che ansimava leggermente di fianco a lui. Tornò indietro a tutto, alla disperazione, all’infelicità, alla solitudine. E al di sopra di tutto ciò un nuovo sentimento stava strisciando dentro di lui, senso di colpa.
Non era disposto a farlo succedere però. Non voleva essere schiacciato dal peso di una condanna. Aveva già così tanto da sopportare. Solo per una notte voleva essere libero da tutto questo. Libero da tutto quello che lo opprimeva. Voleva continuare a far finta di essere vicino a Ginny, felice e senza pensieri. In una vera casa confortevole, non in una tenda, libero dal pericolo, non con la minaccia di Voldemort e con la coscienza pulita senza doversi rimproverare. Aveva fatto l’amore con Ginny e Hermione sarebbe stata di Ron come avrebbe dovuto essere.
Ce la poteva fare, era sicuro di poterci riuscire. Questo era diverso dallo svuotare la mente, una cosa che aveva sempre avuto problemi a fare, questo era creare una realtà completamente differente.
Canalizzò tutte le sue energie per quello scopo e ce la fece. Dopo qualche momento, esausto dagli eventi della giornata, scivolò in un profondo sonno.
Quando si svegliò la mattina dopo, gli ci volle qualche secondo per ricordare cos’era successo. Sperò infantilmente che fosse stato un sogno, che Ron fosse ancora lì e che non se ne fosse mai andato.
Riprendendo completamente coscienza ricordò anche quello che era successo dopo che Ron se n’era andato e non poteva fare più finta che fosse stato tutto un sogno. Era nudo in un letto che non era il suo, tracce della notte precedente erano sparse tutte intorno a lui. Un’imprecazione gli salì sulle labbra ricordando ogni dettaglio.
Che cosa diavolo ho fatto?
Poteva sentire Hermione in cucina e velocemente recuperò i suoi vestiti dal pavimento e si vestì. Sgattoiolò in bagno per riflettere sulla gravità della situazione e per darsi un contegno, la prima cosa facile da fare, la seconda quasi impossibile.
Si fece una doccia che lo aiutò a calmarsi leggermente ma non gli diede nessuna ancora idea di come affrontare Hermione. Lei era lì, fuori dalla porta e l’imbarazzo sarebbe stato estremo.
Stranamente si ricordò com’era sembrato difficile nel suo quarto anno, invitare una ragazza allo Yule ball e come avesse pensato che affrontare il drago fosse stato più semplice. Ora, ammise a sé stesso, avrebbe preferito affrontare tutti e quattro draghi al posto di quello che lo stava aspettando fuori dalla porta.
Comunque, non poteva stare chiuso lì dentro per sempre, non importa quanto ardentemente lo desiderasse, doveva affrontare quello che c’era fuori. Sfortunatamente non quattro pericolosi draghi ma solo Hermione. Prese un bel respiro, tutto il coraggio che poté raccogliere e aprì la porta.
Lei non gli augurò il buongiorno ma si girò dall’altra parte velocemente quando lui le si avvicinò. Consumarono la loro colazione in silenzio. Gli occhi di lei erano rossi e gonfi, sembrava non avesse dormito.
Lui capì che voleva far finta che nulla fosse successo e a lui andava benissimo. Non poteva chiedere niente di meglio.
Per la fine della mattinata tutto era stato messo via e non rimase niente a testimoniare l’evento della notte.
Si comportarono normalmente considerando l’assenza di Ron e verso sera avevano fatto finta così bene che era come se veramente nulla fosse successo tra i due. Il tutto poteva facilmente essere dimenticato e archiviato come un triste errore da non ripetersi mai più.
Però, quando la luce si spense e l’oscurità avvolse di nuovo la tenda così similmente alla notte precedente, tutto cambiò di nuovo per Harry.
Non si era mai sentito così sveglio in tutta la sua vita. Era anche molto consapevole di Hermione fuori dalla tenda a fare la guardia solo a pochi metri da lui. Un flash della sera precedentemente apparì nella sua testa molto vividamente, un po’ troppo vividamente considerando che se ne era già dimenticato.
Si sforzò di pensare ad altro e ovviamente Ginny prese quel posto, riempiendo la sua mente con una forza che lo destabilizzò. Era lì così cocentemente, il suo odore, la morbidezza delle sue labbra mentre lo baciava. Era una tortura. Diede un pugno al cuscino per sfogare la frustrazione e si mise a pancia in giù.
Non stava facendo un buon lavoro. Doveva cambiare il filo dei suoi pensieri.
Si impose di pensare  a Voldemort, la serietà della missione che doveva svolgere, il pericolo, gli Horcrux ancora da trovare, così tanti insidie che lo circondavano…
Curiosamente, tutto quello che riuscì a venirgli alla mente era che la notte prima aveva risvegliato la memoria di Ginny per scacciare Voldemort dalla sua testa. Ora stava facendo rivivere Voldemort per scacciare Ginny. Harry sorrise rendendosene conto.
Era sicuro che poteva controllarsi però. Doveva essere determinato e solo concentrarsi nel dormire.
Gli ci volle più di mezz’ora di continui rigiramenti nel letto come un ossesso per rendersi conto che era impossibile. C’erano cose che non erano così facili da controllare. Sospirò. Una lunga notte inquieta e insonne lo stava aspettando.
Ma poi sentì un rumore; Hermione era di ritorno nella tenda.
Per prendere un bicchiere d’acqua sicuramente.
Ma no, si stava arrampicando sul suo letto.
Grazie a dio!
La notte non sarebbe stata come aveva sospettato dopotutto. E pensandolo, emise un respiro di sollievo e la tirò contro di sé.