Chiare, fresche, dolci acque

di lulette
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutta la magia che c'è in te! ***
Capitolo 2: *** Tutta colpa della natura: un giorno da dimenticare ***
Capitolo 3: *** Vendetta ***
Capitolo 4: *** Redenzione ***
Capitolo 5: *** Pensiero stupendo ***
Capitolo 6: *** Apocalisse ***
Capitolo 7: *** Il desiderio più grande ***
Capitolo 8: *** Masquerade ***
Capitolo 9: *** Il dubbio di Artù ***
Capitolo 10: *** Un cadavere nell'acqua ***



Capitolo 1
*** Tutta la magia che c'è in te! ***


Disclaimer: i personaggi di queste storie non mi appartengono, ma appartengono alla BBC, che volendo, avrebbe potuto farci sognare un po' di più

Attenzione: spoiler

INDICE della Raccolta:


 

La magia che c'è in te cap.1

Rating: verde

Genere: Introspettivo, Romantico

Note: Missing moments, What if?

Contesto: prima stagione

 

Tutta colpa della natura: un giorno da "dimenticare"cap.2

Rating: arancione

Genere: Angst, Commedia, Romantico

Tipo di coppia : Slash 

Note: Lime, Missing moments, What if?

Contesto: seconda stagione


Vendetta cap.3

Rating: giallo

Genere: Angst, commedia, Introspettivo

Tipo di coppia: Slash

Note: Missing moments, What if?

Contesto: quarta stagione


Redenzione cap.4 

Rating: Arancione

Genere: Angst, Drammatico, Erotico

Tipo di coppia: Slash, Crack pairing

Note: Hurt/comfort, Missing moments, What if?

Avvertimenti: Bondage, Lemon, Violenza

Contesto: quarta stagione


Pensiero stupendo cap.5

Rating: giallo

Genere: Commedia, Demenziale, Sentimentale

Tipo di coppia: Slash

Note: Missing moments, What if?

Contesto: prima stagione


Apocalisse cap.6

Rating: arancione

Genere: Angst, Introspettivo, Romantico

Tipo di coppia: Slash

Note: Missing moments, What if?

Contesto: terza stagione

 

Il desiderio più grande cap.7

Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo

Rating: arancione

Tipo di coppia: Slash 

Note: Hurt/comfort, Missing moments, What if?

Avvertimenti: Lime, Contenuti forti, Violenza

Contesto: Prima stagione, episodio 6


Masquerade cap.8

Rating: giallo

Genere: Angst, Introspettivo, Romantico

Tipo di coppia: Slash

Note: What if?

Personaggi: Artù, Merlino, Morgana, Gwen, Will

Contesto generale vago

 

Il dubbio cap.9

Rating: Arancione

Genere: Angst, Fluff, Introspettivo, Romantico

Personaggi: I cavalieri della tavola rotonda, Merlino, Principe Artù, Un po' tutti

Tipo di coppia: Slash 

Note: Missing moments, What if?

Contesto: contesto generale vago


Un cadavere nell'acquacap.10

Rating giallo

Genere: Commedia, Romantico

Note: What if?

Contesto generale vago.








 

3068 parole


La magia che c'è in te

 

 

   

 

 

 

 

 

Merlino era diventato valletto personale di sua altezza reale il principe Artù di Camelot solamente da un paio di mesi.

  

Il principe aveva spesso ripensato alla sera in cui il suo servo gli aveva salvato la vita dal pugnale della strega e non si capacitava di come Merlino, sicuramente intelligente ma altrettanto imbranato, fosse stato così veloce nel buttarlo a terra, appena in tempo. 

  

Forse Merlino aveva previsto il lancio del coltello prima di lui, ma Artù ricordava di aver visto la donna morente estrarre il pugnale e lanciarglielo: se non fosse stato per il servitore, sarebbe morto, inchiodato al suo trono da una pugnalata al cuore.

  

Inoltre non era mai successo che il lampadario cadesse dal soffitto, tanto meno in un momento così propizio ed esattamente su quella strega.

 

Troppe coincidenze.

  

Era molto grato al fato e soprattutto a Merlino per averlo salvato ma a pensarci bene la cosa risultava incredibile e si convinse che l'intera faccenda dovesse essere collegata alla magia, anche se non sapeva in quale modo.

  

Ma come spiegare il fatto che la magia, in quell'occasione, fosse stata così benevola con lui?

 

Forse era stato un caso, ma lui non lo credeva. Non era la magia, per sua nascita, sempre e soltanto malvagia? Non era questo che Uther gli aveva sempre detto, ogni giorno della sua vita, da quando ricordava di averne coscienza? Non erano gli stregoni e le streghe, come appunto la strega che lo voleva morto, tutti e indistintamente crudeli e ammaliatori e venefici?

  

Possibile che nemmeno uno di loro avesse un po' di buon cuore, che nemmeno uno avesse osato ribellarsi alla crudeltà del loro ruolo, per usare la magia con scopi benefici? Sarebbe stato meraviglioso!

 

Forse la magia era autonoma e possedeva un'aura negativa.

 

In questo caso gli stregoni non potevano esimersi dal diventarne schiavi e dall'utilizzarla solo per scopi infami.

  

O non era piuttosto la magia ad essere usata da stregoni che avrebbero potuto indirizzarla verso il male o verso il bene?

 

Aveva sentito tante storie legate alla magia nel tempo; alcune parlavano di guarigioni miracolose, di situazioni estreme che si erano risolte in un batter d'occhi, di catastrofi sventate all'ultimo secondo. La maggior parte però raccontavano di terribili calamità, esseri mostruosi, morti inspiegabili. Artù non sapeva più cosa pensare.

 

 

 

-------------

 



 

Quel pomeriggio di festa, dopo aver partecipato a lunghe e noiose cerimonie, Artù chiese a Merlino di accompagnarlo a vedere il mare. Si trovavano ospiti del principe di Suffolk, il cui palazzo distava poche miglia dal Mare del Nord.

  

Merlino riempì il proprio cavallo con otri d'acqua e un po' di cibo, poiché faceva davvero molto caldo quel giorno.

  

Il ragazzo dentro di sé era felice: non aveva mai visto il mare e chissà che avesse potuto fare anche il bagno. Lungo il tragitto Artù gli disse:

  

"Lascia che ti avverta di una cosa, perché sono un po' preoccupato per te. Dove stiamo andando ci sono scogliere altissime e pericolose, perché il mare al di sotto é pieno di scogli. E non vorrei, da idiota quale tu sei, che ti spiaccicassi contro di essi."

 

"Grazie Artù per la fiducia che dimostrate sempre in me!" disse Merlino sarcastico "Peccato, però, speravo tanto di poter toccare l'acqua".

 

"Sono già stato qui una volta, in passato e c'è un sentiero che può portarci fino al mare. In realtà é un sentiero un po' impervio e scosceso".

  

"Se starete vicino a me, non potrà succedermi alcun male. Al contrario di voi, io ho fiducia nel mio asino reale!"

 

Ad Artù scappò un sorriso. Il suo valletto era sempre un po' irriverente, ma il senso delle sue parole lo aveva toccato nel profondo.

  

Quando raggiunsero il mare, così azzurro e immenso, Merlino rimase a lungo a bocca aperta, senza parole, annusando l'aria salmastra e godendosi il vento che gli accarezzava il viso. Era estasiato.  

 

Artù sorrise e gli chiese: "La tua espressione mi dice che chiaramente é la prima volta che vedi il mare! Non é bellissimo, Merlino?" e tornando serio, si incantò anche lui a guardarlo.

  

"...Oh, sì! ...É ...bellissimo!" farfugliò Merlino commosso. Aveva gli occhi pieni di lacrime e se li asciugò velocemente con una mano. Odiava farsi vedere così da Artù: chissà quanto l'avrebbe preso in giro, ora. Il principe invece dimostrò di non essersi accorto di niente e Merlino gliene fu intimamente grato.  

 

Scesero dai cavalli posizionandoli presso alcuni alberi abbastanza lontani dalle scogliere.

  

"Aiutami Merlino, voglio togliermi l'armatura. Perché non mi hai ricordato di toglierla prima di partire? Fa così caldo!" gli disse il principe leggermente infastidito. 

  

Merlino aveva sgranato gli occhi, incredulo: "É ...é uno dei miei compiti? Non lo sapevo! Pensavo che se uno avesse caldo ...Starò più attento in futuro" rispose piegandosi sulle ginocchia e cominciando con lo slacciargli i gambali. Normalmente Merlino avrebbe risposto a tono, invece di tacere, ma non aveva nessuna intenzione di discutere con Artú col rischio di rovinare quello che sembrava poter diventare un così bel pomeriggio.

 

"Non c'è un elenco scritto dei tuoi compiti: per alcuni basta usare un po' di giudizio!"

  

Una volta tolta l'armatura Artù si stiracchiò: "Oh, così é molto meglio. Seguimi, Merlino, anzi, vieni! Voglio sfidarti ad una corsa: vediamo chi raggiunge prima le scogliere." 

Merlino alzò gli occhi al cielo: "Non credete che sia troppo facile per voi, Artù?"

 

"Ma, dai! É giusto per divertirsi un po'!"

  

"E va bene!" rispose il valletto, sospirando.

  

"Pronto? Uno, due, tre, VIA!"

 

I due giovani cominciarono a correre come due ossessi, alzando enormi nugoli di polvere dietro di loro. Artù era davanti, ma guardando di sbieco riusciva a vedere l'altro che stava sopraggiungendo. Artù strinse i denti, cercando di aumentare l'andatura, usando tutte le sue forze. Era pur sempre una sfida. Merlino iniziò a ridere e il principe, di rimando fece lo stesso, ma ormai era avanti di parecchio e quando giunse in prossimità della scogliera, si buttò a terra gridando:

 

"PRIMO!" e si voltò verso Merlino sorridendo con tutto il viso, ma il sorriso gli si congelò sul volto e impallidì in un attimo.

  

"Basta! FERMATI!" gridò verso di lui. Merlino stava rallentando, ma sarebbe riuscito a fermarsi in tempo?

 

Artù fece un balzo di lato quando Merlino lo raggiunse e lo afferrò per una gamba, gettandolo a terra.

  

"Ma che fai? Sei impazzito?" gli urlò in faccia Artù.

  

"Scusate ...grazie...grazie" sussurrò appena Merlino, senza fiato per la corsa e spaventato per il rischio appena passato.

  

Quando il servo alzò il volto su di lui, Artù provò un senso di tenerezza e la rabbia si dissolse in un attimo: era pieno di polvere e i capelli e le ciglia erano diventati quasi bianchi e gli venne da sorridere, soprattutto per il sollievo.

 

Si accorse solo allora che Merlino aveva una brutta abrasione sulla mandibola sinistra e che perdeva parecchio sangue.

 

"Sanguini... aspetta!"

  

"Non é niente, Artù!"

  

Il principe strappò un pezzo della propria tunica.

  

"NO!" urlò il servitore.

 

"Tanto la ricucirai tu!" ribatté Artù con ironia.

  

Il principe diede alla stoffa la forma di un quadratino e glielo mise dinanzi alla bocca:

 

 "Tira fuori la lingua, Merlino!"

  

Ma il servo si fece un po' indietro, aggrottando le sopracciglia. Artù alzò gli occhi al cielo e ribadì:

  

"La saliva disinfetta. Tira fuori la lingua o userò la mia saliva!"

 

Merlino, a quelle parole, aprì la bocca sporgendo in fuori la lingua e Artù vi premette più volte la stoffa sopra, perché si impregnasse bene di saliva e con essa tamponò delicatamente la mandibola ferita. Il servo era un po' lusingato e un po' imbarazzato mentre guardava il volto concentrato di Artù, da quella distanza ravvicinata. Gli sembrava un momento piuttosto intimo.

 

"Tutte queste premure che mi elargite così gentilmente, mi fanno ricordare mia madre: faceva così anche lei, quando da bambino mi facevo male. Solo che lei usava la sua saliva!" ridacchiò Merlino.

 

"Se é il tuo modo di dirmi grazie, lo accetto volentieri. Ed ora, se te la senti possiamo provare a scendere, ma io non so più se ne ho voglia."

 

Con la mano gli indicò una specie di sentiero:

 

"Il sentiero é quello lì, ma é peggio di quanto ricordassi. Tu cosa vuoi fare?"

 

A Merlino dispiacque molto vedere il principe così serio e cupo. Prima era così allegro e spensierato e si sentì in colpa: durante la corsa si stava divertendo un mondo e si era distratto, per cui non aveva valutato bene le distanze.

 

"Io vorrei provare. Se poi vedo che proprio non ce la faccio, posso sempre tornare indietro."

 

"D'accordo! Facciamolo allora!"

 

Cominciarono a scendere. Dei, erano veramente molto in alto e il mare era così lontano! Più che un sentiero vero e proprio, si trattava di un enorme mucchio di scogli da dover 'scalare' a ritroso.

 

Alcuni punti del percorso erano semplici, altri meno. Merlino si sentiva una sorta di damigella in pericolo a causa del comportamento del principe e quasi gli veniva da ridere.

 

Artù lo teneva ora per mano, ora per un gomito e più volte lo aveva fatto scendere dagli scogli più alti, prendendolo per la vita con entrambe le mani. 

 

Era davvero una sensazione piacevole per il valletto che non era abituato a farsi viziare in quel modo: si sentiva importante e protetto, ma poi pensò che Artù lo avrebbe senza dubbio fatto per chiunque altro, indifferentemente.

 

Se almeno non fossero stati così in alto.

  

Continuarono così per un lungo tratto, ma la discesa pareva non finisse mai.

  

Dopo essere discesi su un grande scoglio, si trovarono in una situazione particolarmente complicata. 

 

"Non so cosa sia successo, ma sembra manchino molti scogli: ci sarà stata una frana." Davanti a loro c'era un salto di circa cinque metri.

  

"Di qui é impossibile passare, proverò a passare di lato; vedo qualche scoglio dove potermi appoggiare, ma per ora fai andare me e non ti muovere!" disse il principe con autorevolezza.

 

"No, Artù, ... vi prego! Torniamo indietro!" disse il servo ansimante per la paura.

  

Ma il principe era già disceso nel dirupo, con Merlino che si era accucciato terrorizzato verso di lui.

 

"Risalite, vi prego!" Merlino si sentiva in colpa: era stata sua l'idea di raggiungere l'acqua del mare. Era stato uno stupido!

  

"Non aver paura, Merlino! So quel che faccio!"

  

E, come una beffa del destino, un istante dopo, lo scoglio dove Artù poggiava i piedi precipitò di sotto e lui non riusciva a trovare altri appigli. Si reggeva alle rocce solo con le mani e strisciava con le scarpe, lungo la parete liscia, non riuscendo a trovare un fermo per i piedi.

  

"Artù!" gridò Merlino completamente nel panico.

  

"Aiutami!" disse Artù con voce impaurita.

  

"Tenete la mia mano!" piangeva Merlino.

  

Artù si aggrappò alla mano di Merlino ma questi non riusciva a sostenere il peso del principe ed era avanzato pericolosamente con il busto sul dirupo.

  

"LASCIAMI!" urlò infine Artù.

 

"NO, MAI!"

  

E precipitarono entrambi in mare.

 

 

 

 

 

----------------

 



 

 

Artù riemerse dall'acqua 'Sono vivo!' pensò. 

 

"MERLINO!" urlò con tutto il fiato "DOVE SEI MERLINO?"

 

Passarono diversi secondi e il respiro del principe si bloccò. Si sentiva perso e stava sopraggiungendo il panico, quando proprio davanti a lui affiorò il viso di Merlino, che con la bocca aperta respirava avidamente l'aria.

  

Quando Merlino si accorse dell'altro dinanzi a sé urlò il suo nome e lo abbracciò con foga, portandogli entrambe le braccia ai lati del collo e cingendogli la testa con forza. Il principe era così sollevato e felice che gli restituì l'abbraccio con grande impeto, avvolgendo le braccia attorno alla sua schiena e stringendolo forte.

 

Rimasero per parecchi istanti così uniti e stretti poi Merlino, lentamente, si sciolse dall'abbraccio con un gran sorriso e guardandosi intorno disse: "Beh, avevo proprio voglia di fare il bagno!" al che Artù gli diede una lieve tozza sul coppino, ridendo.

 

 

 


-----------------

 

 

 

 

 

Artù non aveva visto gli occhi del suo servo illuminarsi, mentre cadevano. 

 

 

Artù non aveva sentito le strane parole che erano uscite dalla bocca di Merlino, mentre precipitavano. 

 

 

 

Artù non aveva visto gli scogli sotto di loro sparire all'improvviso, mentre stavano per entrare in acqua.

 

 

 

Eppure...

 

 

 

 

Erano sdraiati su degli scogli piatti e ampi e si asciugavano al sole.

 

Merlino si era appisolato e Artù a mente fredda pensava.

 

Dov'erano finiti gli scogli?

 

Poco prima di cadere in mare, c'erano scogli ovunque sotto di loro e invece quando erano arrivati in acqua, miracolosamente non c'erano più.

 

Ne era certo.

  

Erano soli.

  

Non c'era nessun altro. 

 

C'erano solo lui e Merlino.

  

Come spesso era avvenuto in quei due mesi.

  

E comunque quando succedeva qualcosa di strano, Merlino c'era sempre.

  

Dunque Merlino era uno stregone e possedeva la magia.

  

Non aveva più dubbi.

  

Forse era uno dei pochi stregoni al servizio del bene.

 

Forse quando diceva che il suo ruolo era quello di proteggerlo, non scherzava. Usava la sua magia per lui.

In quei due mesi Artù si era davvero affezionato al ragazzo, nonostante il suo modo di fare fosse talora impudente e petulante. Anzi forse proprio per questo si era legato al ragazzo ancor di più.

 

Essere trattato come un ragazzo normale aveva avuto su di lui effetti benefici: si sentiva più vivo, più ribelle, più umano, più compreso. Era una sensazione liberatoria e gratificante. Ed era anche piuttosto divertente.

 

L'unica altra persona che lo aveva trattato come un pari era Morgana, ma lei era sua sorella.

 

Come avrebbe reagito Merlino quando avrebbe saputo che lui conosceva il suo segreto?

 

Molto sarebbe dipeso dal modo in cui glielo avrebbe detto. Avrebbe dovuto rassicurarlo e tranquillizzarlo il più possibile.

 

Avrebbe dovuto trovare l'occasione giusta. Avrebbe dovuto fare in modo che Merlino arrivasse a fidarsi totalmente di lui. D'altronde non poteva pretendere che il ragazzo si fidasse di lui così tanto, dopo così poco tempo che si conoscevano. Essere uno stregone a Camelot in quel periodo e avere a che fare con Uther quasi quotidianamente stava a significare che Merlino era uno dei ragazzi più coraggiosi che avesse mai conosciuto.

 

Ma anche lui lo conosceva da poco, eppure gli aveva dato fiducia e gli dava fiducia anche ora che sapeva chi lui fosse veramente.

 

 

Si chiedeva perché Merlino glielo avesse tenuto nascosto. 

 

 

Forse temeva che lui avrebbe potuto tradirlo con qualcuno, primo tra tutti, suo padre.

 

Uther poteva mandarlo al rogo?

 

Sì, suo padre lo avrebbe sicuramente mandato a morte, non prima di averlo tenuto segregato e fatto frustare e torturare per farsi dire chissà cosa.

 

Non l'avrebbe detto a Uther. Era impensabile.

 

Non l'avrebbe detto a nessuno, perché avrebbe significato mettere Merlino in pericolo di morte.

 

E lui non voleva questo per lui.

 

Lui poteva dargli uno scappellotto sulla nuca o un calcio nel fondoschiena, poteva prenderlo a male parole, poteva lanciargli piatti e bicchieri, poteva mandarlo sicuramente alla gogna, e la prima volta l'aveva mandato persino in prigione, ma pensare a Merlino in balia del padre o di una folla inferocita o del boia gli provocava terribili brividi di paura.

 

 

'Potrei dirlo solo a lui, come un solenne patto segreto tra noi due. 

 

E se decidesse di scappare lo stesso?

  

É estremamente audace, ora posso dirlo, ma ...se non vedesse altra via di salvezza che la fuga? 

 

Non gli ho mai fatto capire che non la penso esattamente come mio padre sulla magia, almeno non in modo così chiaro.

 

Ma io non voglio che se ne vada!' 

 

 

Questo pensiero lo tormentava, anzi quasi lo soffocava, sia per quello che provava all'idea di passare i suoi giorni senza il suo valletto, sia per il motivo che provocava queste sensazioni angoscianti.

 

 

'Io lo voglio avere con me, al mio fianco.

 

Il perché forse non mi é ancora chiaro. 

  

Ci penserò poi.

  

Non può andare via adesso! Proprio adesso che ho trovato in lui una persona che mi fa stare bene, che mi rende felice, che mi tratta come un amico e come un ragazzo qualunque. E ... mi fa sentire a casa, ovunque siamo. Anche qui.

 

Quindi solo io saprò che possiede la magia? 

 

Troppa responsabilità sulla sua vita!

 

Non glielo dirò! Farò finta di non saperlo.

  

Dei del cielo, penserà che sono un idiota, per non essermi accorto di niente!

  

Ma non m'importa di questo. La verità é che ciò che mi dispiace di più è non potergli dimostrare la fiducia che ho in lui nonostante sappia che é uno stregone. Non solo, ma non posso dirgli che sono addirittura contento che lui sia un mago, un mago che fa un uso buono della magia!

 

Chissà se ha mai desiderato dirmelo: mi sarebbe piaciuto!

 

Non sa ancora quanto tengo a lui. Prima in acqua, quando ci siamo abbracciati, ho provato qualcosa che non avrei mai pensato di provare per un ragazzo, ma nemmeno per una ragazza.

  

O dei, guardatelo adesso: dorme sereno, ed é così bello!

  

Perché, Merlino,... perché sei nato uomo?'

 

 

 

Quasi come se si fosse sentito chiamare, il servo aprì gli occhi e Artù sentì il viso bruciare, a causa del disagio provocato dai suoi ultimi pensieri. Poi si riscosse e sorrise.

 

 

"Pronto per la risalita?"

  

"Dite che ce la faremo?" sorrise Merlino a sua volta.

  

"Se starai vicino a me, non potrà succedermi alcun male!"

  

Merlino fece una piccola smorfia, come se non capisse il senso di quelle parole.

 

"É quello che mi hai detto tu prima, Merlino!" ridacchiò Artù e continuò "Credo che tu sia una sorta di porta-fortuna, per me!"

 

"É la cosa più carina che mi abbiate mai detto" disse Merlino con un magnifico sorriso che scaldò il cuore di Artù. "In effetti prima siamo stati davvero fortunati!"

 

 

"Puoi dirlo forte! Dai, vieni. E cerca di tirare fuori un po' di energie" disse Artù incamminandosi verso la salita. "Non vorrai fare come quando scendevamo, che ti sei fatto trascinare in qua e in là, come una fanciulla."

 

"Avete fatto tutto voi, Artù! Però devo ammettere che era comodo."

 

Giunsero alle prime falde.

 

"Vai avanti tu, Merlino, così se cadi, posso prenderti!"

 

"Ma non avete detto che non avrei dovuto comportarmi come una donzella?" e si posizionò sui primi scogli, davanti al principe.

 

"Oh, non ti tratterò affatto come una donzella. Dovrai arrampicarti per conto tuo, con le tue manine e la sola forza delle tue braccia. E se non ti muovi, si dà il caso che ti spingerò su per il sedere. Cosa che non potrei mai fare con una ragazza!"

 

"Cosa?" Merlin si girò indietro a guardarlo, un po’ preoccupato.

 

"Magro magro, ma da quel che vedo, hai un sedere di tutto rispetto!" rise Artù.

 

Merlino spalancò la bocca: "Screanzato!"

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Capitolo 2
*** Tutta colpa della natura: un giorno da dimenticare ***


Rating: Arancione

Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico

Tipo di coppia: Slash

Note: Lime, Missing moments, What if?

Coppie: Merlino/Artù

Contesto: seconda stagione

 

 

 

8725 parole





 

Tutta colpa della natura:

 Un giorno da “dimenticare”







 


 

Di nuovo a caccia: l'ennesima, quel mese.

Sempre loro due, da soli.

'Chi altro avrebbe accettato con quelle condizioni?' 

Lui non aveva di certo potuto scegliere.

In piena estate, alle due del pomeriggio. 

'Certo, meglio che in pieno inverno!' rifletteva, sfinito, Merlino. Quasi non riusciva a rimanere in sella.

 

Due lepri, due pernici, tre fagiani, una cerva, tutti addosso a lui, tutti così puzzolenti di terra, di sangue, di sterco. E quanto pesavano! Non ne poteva più.

 

La cerva legata per le zampe scendeva sulla schiena del servo e quando ondeggiava fino al suo fianco, gli metteva i brividi con quel suo occhio fisso e lucido che sembrava dirgli: 'Perché non l'hai fermato? Perché non mi hai salvato? A cosa serve la tua magia se non la usi nemmeno per salvare le creature innocenti e pure come me?'

 

Merlino sentì una morsa colpevole allo stomaco, ma non aveva voglia di finire alla gogna, come tante volte era già successo in passato, quando aveva fatto in modo che molte prede scappassero ad Artù.

 

Si era già lamentato con Artù? Certamente! Quante volte? Venti? Trenta? E ogni tanto ci riprovava:

"Non abbiamo ancora pranzato, sire. Non vi andrebbe di sedervi all'ombra a rifocillarvi e a riposare un po'?" gli chiedeva cercando di tentarlo.

"Ancora un po' Merlino. Su, quante storie devi fare ogni volta" rispondeva Artù impietoso.

Gli era scappato anche di dire: "Il cavallo deve essere stanco Artù: fa degli strani scossoni che mi fan male alla sella!"

E cosa si era sentito rispondere, molto educatamente?

"Sì, alla sella! Avere il culo secco porta guai, se si va a cavallo, Merlino! Dovresti nutrirti di più e meglio!"

Artù lo stava stuzzicando. Da tanto faceva così, da quando l'aveva conosciuto, il primo giorno che era giunto a Camelot. L'aveva fatto apposta quel gradasso, perché sapeva che quello era il suo punto debole. Non il culo secco, ma il fatto che tutti lo opprimessero per la sua estrema magrezza. Che esagerati! Si facessero i fatti propri! 

Non avrebbe voluto discutere con quel babbeo ma Artù se l'era andata a cercare. Stava per svenire, ma la lingua riusciva ancora a muoverla.

"Con quello che mi pagate é già molto che io non sia morto di fame!" Non era vero: Merlino guadagnava più che dignitosamente, ma la guerra era guerra.

"Se dovessi pagarti per le tue doti di servo, vivresti a pane e acqua per sempre, Merlino!"

"Pane e acqua, in questo momento mi sembrano altamente desiderabili, mio signore!"

 

 

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Un tonfo, seguito da altri più lievi, attutiti. Il principe si girò e vide per terra la cacciagione del mattino. Vide la sella del cavallo del servo vuota, ma non riusciva più a vedere Merlino.

'E adesso dove si sarà cacciato quell' idiota?' si chiese facendo voltare il cavallo e tornando indietro a bordo di Angry, il suo possente destriero. Avvicinandosi lo vide. Era quasi coperto dall'erba alta, sdraiato con le braccia lungo il corpo.

"Ma... sei svenuto?"

"No... sono sceso. Mi spiace Artù, ma io non ce la faccio!"

"Ma perché non l'hai semplicemente detto?" 

Merlino si chiese se il principe l'avesse detto per prenderlo ancora in giro o se davvero non ci arrivasse. A volte era un babbeo tale che probabilmente sul serio non aveva capito niente.

"É più di un'ora che ve lo sto dicendo, maestà. Vi prego: ho solo bisogno di riposare un po'." 

Artù smontò dalla sella e cercò un riparo all'ombra per il suo cavallo e per sé. 

Dopo un po' di tempo Merlino si alzò a sedere in mezzo all'erba, dando le spalle ad Artù che poté notare la giacca del servo completamente bagnata di sudore sulla schiena. Artù si sdraiò sull'erba per riposare. 

Era piuttosto stanco anche lui.

 

Merlino si tolse la giacca con non poche difficoltà, sia a causa delle braccia che sentiva stanche e anchilosate, sia per la giacca che gli si era appiccicata addosso. Poi si attaccò all'otre dell'acqua con voracità. Infine si alzò a fatica, poiché sentiva fitte di dolore alle gambe, alla schiena ma soprattutto alle spalle. Spostò il suo cavallo all'ombra e tirò fuori una coperta che stese a fianco di Artù il quale gli sorrise lievemente e si spostò sopra di essa. Il servo tirò giù dal suo cavallo una bisaccia contenente frutta, pane, formaggio e carne secca, che rappresentavano il pranzo che non avevano ancora consumato. 

"Cosa desiderate mangiare?"

"Un po' di tutto. E siccome vedo che stai morendo di fame, oggi puoi mangiare assieme a me, voglio dire che non dovrai aspettare che io abbia finito per poter iniziare. Serviti pure."

"Non me lo farò certo dire due volte" disse Merlino con occhi luminosi e un sorriso furbo. Poi si rese conto che il suo comportamento non era molto educato. "Voglio dire ... grazie, maestà; questo é molto generoso da parte vostra."

 

Mentre mangiavano, Artù si guardò intorno: "Strano" disse "vengo qui a cacciare da tutta la vita ma non mi sono mai fermato in questo posto e non ho mai fatto caso a quanto fosse tranquillo e piacevole. Il laghetto poi é bellissimo, con questa luce e l'acqua così trasparente."  

Merlino seguì lo sguardo del principe e si accorse che era vero. Quell'acqua lo attirava moltissimo e avrebbe tanto voluto entrarci. 

Una volta finito di mangiare, entrambi si appisolarono. 



 

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Il principe si svegliò qualche tempo dopo a causa del caldo insopportabile che sentiva addosso. L'ombra si era spostata e lui si ritrovò quasi completamente al sole. Si cavò la giacca e si spostò di nuovo all'ombra. Prese una mela rimasta dal pranzo e l'addentò con gusto. 'Ma Merlino dove sarà, adesso?' si domandò, notando che non era più al posto in cui riposava poco prima.

 

Poi lo vide. E quasi gli si fermò il fiato nell'osservare quella scena. Merlino stava tornando verso di lui e teneva i cavalli per le briglie, uno per parte, verosimilmente dopo averli portati al lago a bere. Stava sussurrando loro qualche parola incomprensibile, con insolita dolcezza e i cavalli lo seguivano docilmente. Si era tolto la maglia. Era scalzo con i pantaloni arrotolati fino ai polpacci. Non aveva mai visto Merlino a torso nudo. Era inondato di sole, sorridente e sereno. Artù rimase sorpreso da quanto stesse bene con quel suo fisico asciutto e tonico. La vita così sottile metteva in risalto il torace, molto più ampio di quanto avesse potuto credere. Le spalle e le braccia erano ben definite e l'addome piatto mostrava delle lievi linee d'ombra. Il tutto risultava ben proporzionato e gradevole alla vista.

 

E chi l'avrebbe mai detto? Aveva sempre pensato che la parte più bella di Merlino fosse il suo viso. Con la sua pelle chiara, i morbidi capelli neri, ma soprattutto con i suoi grandi occhi blu, a mandorla, molto espressivi. E invece adesso doveva ricredersi. Credeva che Merlino fosse un ragazzo magro e gracile, ma non era così. Gli sembrava quasi di avere a che fare con uno sconosciuto. Si sentiva leggermente a disagio. 

 

Il ragazzo gli ricordava una di quelle statue antiche, quelle raffiguranti gli uomini più giovani, sottili ma con una bella muscolatura scolpita. Basta! Cos'erano tutti questi pensieri sul corpo del giovane moro? E poi si trattava di Merlino, il suo pessimo servo, più-che-idiota, quasi-amico Merlino. Aveva spesso visto i suoi cavalieri in costume adamitico: erano uomini con fisici notevoli e pieni di muscoli; erano belli ma non gli avevano mai fatto nessun effetto. Doveva essere colpa di quell'atmosfera bucolica in cui si trovavano, immersi com'erano in quella natura sfacciatamente lussureggiante. 

 

E Merlino era il protagonista indiscusso di quella scena campestre. 

 

Il servitore lo raggiunse e quando lo vide sveglio gli sorrise con calore. Eccolo "il" sorriso: come aveva potuto dimenticarlo? Merlino aveva bocca, denti e labbra bellissimi che calamitavano sempre lo sguardo, ogni volta che parlava: peccato solo per le parole che spesso uscivano da quella bocca. Sempre a sindacare ogni minima questione, a dare retta a dettagli insignificanti, a brontolare per ogni decisione presa dal principe, che lo coinvolgesse o meno.

 

Quando sorrideva invece, tutto il suo volto sorrideva, soprattutto gli occhi; quasi si illuminava e non potevi non essere contagiato dalla gioia, dalla briosità che ti trasmetteva. Merlino aveva tanti amici, tante persone che lo amavano, forse anche a causa di quel sorriso aperto e sincero. Era anche stato un po' geloso di quei suoi amici, qualche volta. Certo, lui aveva la priorità, solo che l'aveva a causa del suo ruolo di principe, anche se Artù sperava intimamente non fosse solo per quello.

 

"Perdonatemi per come mi presento a voi, Artù, ma ho messo ad asciugare la camicia e credevo dormiste ancora un po'..." mormorò il valletto, abbassando lo sguardo.

 

"Oh, figurati Merlino. Pensa che non me n'ero neanche accorto!" mentì Artù spudoratamente e siccome ormai gli si era avvicinato parecchio, ne approfittò per guardarlo un altro po'. Da vicino il suo servitore era ancora meglio.

 

Merlino arrossì e abbassò lo sguardo per terra. Non era abituato a essere osservato in quel modo da nessuno, soprattutto se si ritrovava a stare a petto nudo di fronte a qualcuno, specialmente se quel qualcuno era il principe. Si sentiva vagamente indifeso in quello stato, esposto al suo giudizio. Avrebbe voluto fregarsene! Certo, per Artù era più facile. Era sempre stato molto sicuro della propria avvenenza. Avvenenza del viso e avvenenza del corpo. D'altronde Artù aveva un fisico statuario con sopra un viso d'angelo dai tratti puri ed eleganti che gli ricordavano i dipinti più belli che avesse visto..

 

E della bellezza del principe, Merlino aveva modo di accertarsene ogni giorno, quando Artù faceva il bagno e sempre si stupiva delle fattezze di quello zuccone. Il servo aveva visto anche altri uomini belli o più alti e muscolosi di Artù, ma c'era qualcosa che solo lui aveva, che faceva passare gli altri in secondo piano. Può una testa di fagiolo avere tutto questo carisma? Gli dava quasi fastidio: tutte queste doti in una sola persona. Non era giusto!

 

Merlino sapeva che il principe era assolutamente conscio dell'effetto che il suo aspetto e il suo fascino aveva sugli altri. Lo leggeva nello sguardo adorante di tutte le dame e nell'apprezzamento sincero della maggior parte degli uomini. E poi Artù gli occhi per guardarsi li aveva anche lui. Questa consapevolezza aumentava ulteriormente la sua sicurezza rendendolo per certi versi ancora più irresistibile. Un circolo virtuoso! Virtuoso per lui! Non che l'avesse mai fatto pesare più di tanto. Conoscendolo si sarebbe potuto inghirlandare molto di più. Quando poteva si vestiva semplicemente ed era anche leggermente sciatto, anche se il suo ruolo non glielo permetteva spesso. Fosse stato per lui si sarebbe lasciato crescere la barba, che però non gli donava. Tranne quella corta barbetta ispida di due o tre giorni che gli scuriva i contorni del volto rendendolo un po' più emaciato, un po' più maturo ma estremamente virile. Almeno secondo Merlino.

 

Per nascondere il disagio che lo stava frustrando in quel momento, Merlino si girò per legare i cavalli agli alberi.

Artù non potè fare a meno di guardare quella schiena d'alabastro, più larga sopra e stretta sui fianchi e notò le graziose fossette che facevano bella mostra di sé subito sopra l'orlo dei pantaloni, lievemente abbassato attorno alla vita del servo.

 

Artù si sentiva sempre più nervoso e confuso. Non capiva perché quel giorno Merlino gli sembrasse così ... 'piacente'. Solo perché gli aveva visto un po' di pelle in più? Non pensava di essere così superficiale. Superficiale? Qui il problema non era certo quello di sentirsi superficiale: era molto peggio. Merlino era un uomo!

 

Quando Merlino si girò, all'improvviso, si accorse dello sguardo fisso su di sé, da parte di Artù. Sospirò e scosse in fretta la testa.

"Potete dirmi cosa c'è che non va? Meno di un minuto fa avete detto che non c'erano problemi. Potevate dirlo subito che vi dava fastidio!" disse con un po' di stizza prendendo in mano la sua maglia e fece per indossarla.

Artù che era trasalito al tono alto della voce di Merlino, si alzò in piedi e si avvicinò all'altro. Si era distratto e si era fatto beccare da Merlino a osservarlo come un beota! Però il ragazzo ora stava esagerando. 'E che sarà mai?' si disse cercando di minimizzare con sé stesso. "Merlino, no! Che sciocchezze stai dicendo? Lascia stare quella maglia!" e gliela strappò di mano.

"Ridatemela, maestà, per favore!" fece il servo serio.

 

"Eddai, ascolta, ti stavo guardando perché... sono sorpreso. Tutto qui. Mi dispiace se ti ho messo in imbarazzo" disse cercando un modo di giustificare il suo comportamento un po' sfacciato.

"Non mi avete messo in imbarazzo. Ma non trovo giusto che pensiate male di me, giudicandomi solo per come appaio esteriormante, quando é chiaro che anch'io, pure imbranato e idiota come sono, ho dei sentimenti e provo delle emozioni."

Artù boccheggiò più volte. Merlino non aveva capito niente, anzi aveva capito tutto il contrario di quello che stava pensando. 

Credeva che lo stesse giudicando male. Ma se lui era preoccupato perché invece gli piaceva anche troppo. 'Non posso certo dirglielo, ma non posso neanche lasciare che si senta così offeso.'

 

"Merlino, scusa ma mi viene da ridere. Non ci siamo affatto capiti. Sei un ragazzo molto insicuro, lo sai? E' vero che ti stavo guardando perché mi hai stupito, ma in bene! Non sei male come ragazzo! Non noti le ragazze che ti sorridono e ridacchiano quando passi, perché ti trovano carino? Hai sempre avuto un bel viso, a parte le tue orecchie che fanno ombra, e hai anche un bel fisico. Credevo fossi decisamente più magro."

"Spero non mi direte che sono grasso!" disse Merlino facendo finalmente un piccolo sorriso e riportando lo sguardo sul suo. 

"Stai forse alludendo a qualcosa?" disse Artù improvvisamente serio.

"No, sire, vi giuro che non alludevo a niente, parlavo di me" disse sollevando i palmi aperti come in segno di resa.

"Beh ...tutto sommato... vestito sembri più esile invece così, da quel che posso notare, sei... sei..." 

Artú si riscosse. Si può sapere a cosa stava pensando e soprattutto cosa stava per dire al suo servo? Stava per dire 'bello'? O 'affascinante'? O attraente? Il caldo gli aveva forse fritto il cervello? Attraente? Merlino? Un mucchietto d'ossa con qualche muscoletto qua e là. 

Cosa c'era in quella mela?

 

Cercò qualcosa da dire di sensato, ma riuscì solamente a cambiare argomento:

"Direi che ormai potremmo metterci in marcia, Merlino."

"Artù, io ...volevo chiedervi se potessimo tardare ancora qualche minuto prima di tornare a casa." 

"Perché?"

"Non mi sembra che oggi abbiate cose particolarmente importanti da fare. Ma la decisione come sempre è vostra. Io mi sento sporco e sudato e vorrei tanto fare un bagno. L'acqua é così bella e la trovo praticamente irresistibile." 

"... ma tra poco dovrai rimetterti addosso gli animali morti che ho cacciato e puzzerai come adesso..."

Merlino fece due o tre passi indietro, sgranando leggermente gli occhi, con fare turbato.

"Si sente così tanto, dunque?"

"Ehi, nemmeno io profumo di rose in questo momento!" Artù guardò Merlino che rimaneva imbarazzato a debita distanza da lui e gli sorrise: 

"Vai a goderti il tuo bagno: devo dire che oggi, con la fatica che hai fatto, te lo sei guadagnato! Mi sa che la cerva da sola pesa più di te."

Merlino era stupito: mai era riuscito a strappare un così veloce consenso ad Artù e temendo che cambiasse idea, raccolse in fretta vestiti e coperta e si inoltrò per un sentierino che portava in un punto del lago un po' più nascosto.

 

Arthur rifletteva su di sè: 'Cosa mi ha portato ad essere così magnanimo con Merlino? Forse il suo essere così poco vestito centra qualcosa? Mi son fatto corrompere solo per questo? Se ne sarà accorto? Non mi piace dargli quest'impressione, altrimenti corro il rischio di trovarmelo a petto nudo ogni volta che vorrà chiedermi qualcosa.' 

 

"Merlino, quasi quasi faccio un bagno anch'io: aspettami!" gridò Artù.

Ma quando Artù si girò, Merlino non si vedeva più!

'Peccato!' pensò il principe.

'Oggi sparisce in continuazione, mentre in genere me lo trovo sempre tra i piedi. Per una volta che avrei voluto degnarlo della mia presenza... vai a capirlo! Prima mentre lo guardavo avrebbe dovuto sentirsi lusingato per l'interesse dimostrato da me nei suoi confronti; gli ho fatto anche dei 'misurati' complimenti e invece sembrava l'avessi insultato. Era rosso come un pomodoro e non riusciva più a guardarmi in faccia. Ogni giorno un po' più strano. Ogni giorno sempre più un enigma' rifletteva tra sé il principe.

 

Era piuttosto seccato, con se stesso e con Merlino. Con se stesso perché non gli andava di sentirsi così interessato a Merlino, e con l'altro perché faceva di un filo di paglia, un pagliaio! Anche Artù sentiva di avere esagerato nella sua mente la leggera confusione provata poco prima. Non moriva mica nessuno, se trovava piacevole la vista del suo servo. Merlino era carino e stava bene senza maglia: tutto qui!

 

E comunque peggio per Merlino se si vergognava del suo corpo: non gliel'aveva mica chiesto lui di starsene lì mezzo nudo. E ben gli stava se adesso che se ne stava da solo a fare il bagno da qualche parte, si fosse annoiato, mentre sarebbe potuto essere divertente condividerlo con lui.

 

Decise lo stesso di spogliarsi e si buttò in acqua.

 

 




 



 

Cielo! Cos'aveva quell'acqua? Era forse magica?

 

Artù si mise a nuotare in lungo e in largo, poi fece le capriole sott'acqua. Correva sulla riva del lago fino ai punti più alti e si tuffava, urlando a squarciagola, come non aveva più fatto da quando era ragazzino. Salì persino sui rami degli alberi, gettandosi in acqua da lassù.

 

Non era riuscito a vedere Merlino che, a quanto pareva, quel giorno si divertiva ogni tanto a sparire davanti ai suoi occhi.

 

'Non so nemmeno se sa nuotare! Quello s'annega in un bicchier d'acqua, chissà qui!' e cominciava davvero a preoccuparsi.

Raggiunse un punto dove il verde del bosco era più fitto, tanto da far sembrare più buia quella zona rispetto al resto del lago.

 

Si trovò di fronte una specie di biforcazione: da una parte il lago continuava il suo espandersi e dall'altra, sulla destra di Artù, c'era una via d'acqua più stretta. Si chiese quale parte avesse scelto Merlino, cercando di far mente locale e immedesimandosi per un attimo nei panni del servo. 

 

'Non voglio assolutamente farmi da vedere da Artù! Oh, no! No, davvero! Se prendo questa strettoia, forse non mi troverà!' e gli scappò una risata, sentendosi un po' scemo a pensare di essere Merlino, ma svoltò decisamente a destra, senza pensare neanche per un secondo di lasciar stare quel pudico idiota.

 

Poco dopo, sulla riva intravide qualcosa di simile a degli stracci e avvicinandosi si rese conto che erano i vestiti di Merlino.

Proseguendo si ritrovò in mezzo a fitte fronde di salici che penzolavano sull'acqua e nascondevano alla vista ciò che c'era dietro.

 

Superato il muro di fronde, Artù si trovò davanti a un nuovo scenario. Anche questa parte del lago era incantevole e la luce del sole la raggiungeva a tratti formando giochi magici sulla superficie dell'acqua. C'era un forte odore di muschio e di pino, di terra e di erba. L'acqua qui era più fredda e Artù si sentiva più tonico e rinvigorito che mai.

 

"Merlino!" prese a chiamare. Forse si era sbagliato e magari il servitore se ne stava già presso i cavalli ad attenderlo. No, prima avrebbe sicuramente recuperato i suoi vestiti: 'Figuriamoci!'

 

Tese le orecchie per udire un'eventuale risposta. Qualcosa percepiva in realtà: una specie di fruscio lontano, ma nessuna voce umana.

 

Si mosse verso quel rumore e presto capì di cosa potesse trattarsi. Davanti a sé il lago si apriva in un'ampia zona e proseguendo, aldilà di una nuova ansa, Artù vide una meravigliosa piccola cascata. Il principe rimase a bocca aperta per quello spettacolo inatteso. Era una limpida cascata, lunga un paio di metri, anche se non molto alta: l'acqua scaturiva dalle rocce no troppo in alto rispetto ad Artù, che si arrampicò su varie rocce e si posizionò sotto il getto dell'acqua con le braccia aperte, la testa all'indietro e gli occhi chiusi, godendo del massaggio dell'acqua sulla pelle. Poi chinò il capo in avanti in modo che il getto lo colpisse sulla nuca e la parte alta della schiena e rabbrividì di freddo e di piacere. Era completamente rilassato e per la prima volta dopo tanto tempo, riuscì a non pensare a nulla.

 

Non sentiva più il canto degli uccelli o il frinire delle cicale, ma solo il fragore dello scroscio della cascata e non si accorse della presenza dietro di lui.

 

Sentì qualcosa toccargli il polpaccio. Artù trasalì e cacciò un urlo di spavento, girandosi terrorizzato: l'unica cosa a cui riusciva a pensare era la sua spada e a quanto avrebbe voluto averla con sé in quel momento.


Si asciugò gli occhi con le dita, più velocemente che poté, con i sensi acuiti al massimo, con gli arti pronti a colpire o a scappare, a seconda di cosa si sarebbe trovato di fronte.

 

Mise a fuoco e per un attimo non credette ai suoi occhi.

Non c'era molta luce, ma capì di trovarsi all'interno di una grotta, abbastanza ampia, anche se con il soffitto piuttosto basso e dentro c'era acqua ovunque.

 

Sentì una risata argentina riverberare all'interno della cavità: c'era questa leggera eco che rendeva quella risata un po' inquietante.

 

"Chi sei?" urlò Artù.

 

"Come chi sono? Sono Merlino, maestà e sono davanti a voi! Davvero non mi vedete?"

 

Gli occhi del principe non si erano ancora abituati alla penombra della grotta, ma ora riuscì a intravedere una sagoma. Al centro dello specchio d'acqua, c'era appunto il suo servo, in posizione accovacciata, proprio di fronte a lui.

 

"Eccoti! Tu lo sai che dovrei farti mettere alla gogna a vita? Ti rendi conto che stavi per farmi morire di crepacuore?"

 

"Mi dispiace, Artù. Non era mia intenzione. Vi ho chiamato, gridando più che potevo, ma la cascata fa un rumore tale che non riuscivo a farmi sentire. Forse sarebbe stato meglio non manifestarvi la mia presenza!"

"Conoscevi questo posto?" disse Artù sorvolando sul discorso.

"No, l'ho trovato prima per caso."

"Laggiù c'è una luce!"

"Sì, la grotta é aperta anche da quella parte, dove c'è un'altra cascata, più piccola di questa però."

"Sei andato a vedere?"

"Sì, ero curioso e sinceramente merita!"

"Voglio vederla anch'io: vieni con me?"

"Vedete Artù... ehm... poco fa ho messo male un piede e dev'essersi storzato un po'!"

Era ovviamente una bugia, ma a Merlino non andava giù il fatto di doversi mostrare nudo ad Artù. Era sicuro che se l'altro l'avesse saputo non gli avrebbe più dato pace. Per questo si era infilato in quella strettoia del lago e poi dentro la grotta. Ma Artù lo aveva trovato lo stesso. Quando se l'era ritrovato di fronte sotto la cascata, gli era preso un accidente, ma aveva pensato fosse meglio farsi notare per primo, per non dare al principe l'idea che volesse evitarlo, nel caso si fosse girato.

 

Non gli faceva piacere essere così a disagio, gli sembrava di essere un po' paranoico, ma se Artù lo aveva fissato a lungo mentre stava a petto nudo, cosa avrebbe fatto adesso? Non voleva assolutamente saperlo, ma qualcosa di imbarazzante certamente.

 

Prima che il reale tornasse, Merlino si spostò a sedere su delle rocce, in una zona dove l'acqua forse era un po' più profonda, mezzo metro e non di più e posizionò le mani e le braccia in modo da coprirsi senza però darne troppo l'impressione. 'Avrei dovuto tornare a riva molto prima. Adesso come faccio?'

 

In quel momento invidiò l'altro e il suo essere così allegramente impudico: Artù si muoveva da nudo, con la stessa naturalezza che mostrava da vestito.

Come avrebbe voluto riuscire a fregarsene in quel modo anche lui! Se non avesse avuto scelta, avrebbe dovuto farlo comunque. E se Artù avesse voluto che tornassero fino a riva, insieme? Era plausibile. Questo non doveva succedere e Merlino cominciò a pensare a una soluzione.

 

"Ehi, é fantastico laggiù e anche questa grotta é bellissima!" disse Artù, tornando.

"Sì, talmente bella che non sembra far parte di questo pianeta!"

"Intendi dire che é magica?"

"No, solo che lo sembra!" rispose Merlino.

"É quello che credo anch'io: prima ho pensato che l'acqua fosse magica! E ora, puoi farmi vedere dove ti sei fatto male?" chiese Artù, inginocchiandosi di fronte a lui.

"Non si vede nulla, ho controllato, ma... grazie. Non é neppure gonfia..." disse Merlino a disagio.

"Riesci a camminare? Oppure posso portarti in braccio!"

"Piuttosto mi faccio divorare da un wildreon!"

"Che esagerato!"

"D'accordo, ma sono certo di farcela!"

"E comunque ti ho già portato in braccio, ricordi?"

"Quando si dice 'testa di fagiolo'!" mormorò il servo. Poi, suo malgrado, Merlino era scoppiato a ridere fragorosamente e Artù lo seguì a ruota.

"Pensa se ci vedesse qualcuno! Che brutta figura!" disse il principe ridendo ancora più forte.

 

Dopo essersi ripresi, provò a nuotare in quell'acqua così bassa, ma le mani toccavano il fondo e proprio non si riusciva.

"Prova anche tu, Merlino. Se riesci a nuotare in un'acqua così, sei proprio un mago!"

Merlino scosse la testa, sorridendo: "Così poi mi farete tagliare la testa? No, grazie!"

"No, Merlino! Perché dici così?" lo fissò Artù, sconcertato. "Io non credo... se, per assurdo, tu lo fossi davvero, credo che ti metterei... sotto la mia protezione. Certo, ci vorrebbe un po' di tempo per abituarmi all'idea!"

"Avreste solo un modo per proteggermi veramente: quello di non farne mai parola con nessuno!"

"Una volta re, potrei consentire l'uso della magia, ma solo quella per fini benefici!"

Merlino avvertì un tuffo al cuore. Sperava così tanto che fosse vero!

"Scusa, Merlino, ma cosa facevi qua dentro da solo? Ti stavi nascondendo da me?"

Merlino avvampò di colpo e fu grato alla semioscurità della grotta che nascondeva il suo rossore.

Vide Artù spostarsi e sedersi accanto a lui sulla sponda di quello specchio d'acqua. Il principe portò le braccia dietro la schiena, appoggiando le mani lontano da sé e inarcando il busto in avanti.

Merlino con la coda dell'occhio intravide le nudità di Artù. 'Ci risiamo' pensò il servo. 'Da come stiamo seduti, si possono comprendere i nostri caratteri, decisamente opposti. Artù col viso verso l'alto, rilassato e un po' arrogante, che tiene il suo mondo in pugno. Io, col capo chino, gobbo e frustrato, praticamente un perdente.'

 

Artù, nonostante la poca visibilità, osservò di sbieco la schiena di Merlino, la bella schiena che aveva scoperto soltanto quel giorno.

Così da vicino notava la pelle bianca, le scapole in rilievo, le famose fossette e intravide nell'acqua il sedere rotondo di Merlino. 

'O dei! Ancora con questi pensieri!'

E cambiò posizione per non essere tentato di guardare ancora. Se Merlino se ne fosse accorto? Avrebbe sempre potuto dire che osservava quel muschio particolare che ricopriva quelle rocce! Che idiozia!

Merlino trovò il coraggio di rispondere: "Non stavo scappando da nessuno, Artù! Stavo solo qui a pensare a cose, diciamo... personali, ad esempio a cosa farò in futuro della mia vita!"

"Perché? Cosa vorresti fare, Merlino? Stai cercando di andartene?"

"Cosa dovrei fare? Voi pensate che dovrei sempre restare accanto a voi? É già da qualche anno che sono al vostro servizio e la mia vita non mi dispiace. Si tratta però sempre di lavoro e prima o poi vorrei riuscire a sistemarmi per conto mio, fare dei progetti, niente di strano: una casa, una famiglia mia."

"Pensavo che tu avessi trovato con me, qualcosa più di un semplice lavoro" disse Artù con la delusione dipinta sul volto. “Speravo che ti sentissi appagato anche come affetti ed amicizia e, perché no, anche come famiglia!”

Merlino non capiva cosa volesse dire Artù. "A chi vi riferite?"

"Beh, a Gaius, per esempio, non sei tu che lo consideri come un padre? Ma anche ai cavalieri, che sono tutti amici tuoi."

"Certo, tengo molto a loro." 

"E a me! Sono davvero solo 'lavoro'? Non significo nient'altro per te?"

"No, Artù... cosa dite? Voi siete la ragione principale... voi... siete il futuro re di Camelot!"

 

Artù fece una smorfia: "Già! Proprio quello che pensavo!" e si alzò in fretta, spruzzando involontariamente Merlino e dirigendosi verso la cascata. Il valletto provò a dire: "Artù...fermatevi...per favore!"

Ma il principe non si girò nemmeno: "Ti lascio qui a pensare al tuo futuro, Merlino!" disse freddamente e sparì dietro la cascata.

 

Merlino era dispiaciuto che Artù fosse rimasto così male. 'Non capisco, cosa ho detto di così terribile per farlo offendere in quel modo!' Invece di sentirsi sollevato di poter ritornare a riva, senza l'invadente presenza di Artù che lo tormentava con i suoi sguardi indiscreti, Merlino si sentì improvvisamente triste e solo. Aspettò ancora per decidere il da farsi e si maledì, perché istintivamente, si era alzato di corsa per inseguire l'altro.

Uscì dalla grotta correndo a fatica nell'acqua che gli arrivava fino al petto. Si guardò intorno: "Artù?" chiamò così piano che non avrebbe potuto udirlo nessuno. "Artù?" osò, alzando la voce un po' di più. Infine prese un ampio respiro e gridò con tutto il fiato:

"Tornate qui, Artù!"

 

Il principe, dallo spavento quasi cadde dal ramo sul quale stava appollaiato. Non ce l'aveva fatta ad andare via, come aveva fatto credere al servo, e si era arrampicato su un grosso albero dal fogliame fitto, qualche decina di metri più avanti, subito prima delle tende di salici.

Ormai non poteva più rispondere: che razza di figura avrebbe fatto? Sperò che Merlino rientrasse nella grotta, così da potersene sgattaiolare via come un ladro.

 

Merlino invece restava lì e con i pugni cominciò a colpire l'acqua: "MALEDIZIONE! Maledizione, maledizione!" Artù pensò per un attimo che il suo valletto fosse impazzito. Non l'aveva mai visto così isterico. Cominciò a sentirsi a disagio. Gli sembrava di spiarlo in un momento privato, cosa che in effetti stava facendo. Ma ormai poteva solo restare nascosto.

"PERCHÉ?" urlò ancora Merlino. "Perché, perché, PERCHÉ?" Era davvero infuriato.

"SCEMO!" e Artù sgranò gli occhi. A chi si riferiva?

"Sono uno scemo!"

Artù tirò il fiato.

 

Merlino lentamente si mosse verso di lui, lungo la strettoia d'acqua. Poco prima di giungere all'altezza di Artù, Merlino si fermò e il principe perse un anno di vita. Vide il servo sparire lentamente sotto il pelo dell'acqua per poi riaffiorare qualche metro più in là e ancora rifarlo più e più volte.

Era praticamente sotto il suo albero, quando Merlino si mise a fare le capriole sott'acqua, proprio come aveva fatto anche Artù poco prima. La vista da lassù lasciava ben poco all'immaginazione. Artù si sentiva accaldato e a disagio per cui chiuse gli occhi per non guardarlo più, per rispetto di Merlino e per la sua pace interiore. Il rumore dell'acqua cessò completamente e Artù dovette aprire gli occhi per non perdere di vista l'altro.

Merlino era ora sdraiato sull'acqua, con gli occhi chiusi e un'espressione rilassata sul viso. Artù perse il respiro: se l'altro avesse aperto gli occhi in quel momento, il principe avrebbe potuto benissimo morire di vergogna.

La tensione e la vista del suo servo, affrettarono i battiti del cuore di Artù, che non osava muovere un'unghia.

Concentrò l'attenzione sul corpo che vedeva: era perfetto. Quello che prima gli mancava per completare lo schema corporeo del servo, era lì, adesso, sotto di lui. Il corpo di Merlino era del tutto armonico e bello come non avrebbe creduto possibile. Come poteva un corpo nudo maschile, pur così diverso dal suo, essere così... soave?

Non c'era traccia di volgarità in esso, probabilmente perché apparteneva a Merlino, eppure lui ne era turbato. Era affascinato dall'estetica di quel corpo ma spaventato dalle emozioni di intimo scombussolamento che provava nel contemplarlo. Il corpo di Merlino era puro ma le sue sensazioni forse non lo erano altrettanto e questo lo infastidì: non voleva ‘sporcare’ il servitore con le idee sordide che aveva, ad esempio, per le ragazze. Artù si sentiva strano: in quel posto magico o maledetto che fosse, lui era cambiato e lo era Merlino e lo erano le loro dinamiche personali che si erano in parte capovolte.

 

Merlino ricominciò a nuotare verso il lago aperto e superò le fronde dei salici, sparendo alla vista di Artù: adesso era il momento di tagliare la strada attraverso il bosco. Il principe voleva farsi trovare da Merlino più avanti di lui, perché non pensasse di essere stato spiato. Doveva essere silenzioso e veloce, il più veloce possibile. Infatti dopo solo due passi sull'albero, Artù pestò la radice appuntita di un ramo sottile, avvertendo un dolore atroce, sotto la pianta del piede nudo. Cacciò un terribile urlo e precipitò in acqua di schiena, con un bel tonfo.

 

Merlino sussultò e tornò indietro sbucando dalle tende di fronde con aria preoccupata, per poi andare verso Artù.

"Dei, Artù! Vi siete fatto male?"

"Merlino!...Sì... il piede mi fa un male cane! Aiutami, per favore!"

"Cosa devo fare?"

"Fammi appoggiare a te, almeno finché mi fa così male!"

Artù portò un braccio intorno alle spalle di Merlino che afferrò con la mano destra il polso destro del principe e gli cinse la vita con l'altro braccio per sostenerlo.

 

Artù cercava di non infierire su Merlino con il suo peso; senza neanche farlo apposta avevano sincronizzato i loro passi.

Merlino sorrise ironico: "Cosa dicevate prima? Che mi avreste portato in braccio?"

"Me n'ero scordato, Merlino! Il tuo piede!"

"Non sento più alcun dolore. Non preoccupatevi!"

"E quindi sei tu che porti in braccio me!" disse Artù un po' umiliato.

"Non proprio! Non ne sarei in grado! Voi siete troppo pesante per me!"

"Stai dicendo che sono grasso?" provò a scherzare Artù.

"Mmmh, no! Grasso no! Ma neanche magro, però!"

"Beh, io so di pesare molto!" disse Artù con una smorfia!

"E io so di non essere forte!"

"In realtà sei più forte di quello che credessi!"

"Vi ringrazio, maestà, ma non siete molto convincente come bugiardo!"

"Sta zitto, Merlino!"

"Vi conviene trattarmi bene! Siete nelle mie mani e potrei decidere di lasciarvi qui...in balìa dei pesci!"

Artù scoppiò in una risata allegra.

 

A Merlino quel contatto stretto non dispiaceva. Per forza di cose risultava essere piuttosto intimo. La sola cosa che lo preoccupava era il fatto di cominciare a far davvero fatica. 

 

Erano giunti da poco nella parte più ampia del lago ed erano ancora parecchio lontani da dove sostavano i cavalli.

Merlino sudava e ansimava. Appena poté Artù gli chiese di aiutarlo a sedersi presso un gruppo di rocce che affioravano non lontano dalla sponda.

 

Il servitore si inginocchiò nell'acqua, sia per controllare il piede di Artù che per nascondersi. Cominciava a pesargli quella sensazione di imbarazzo che lo ostacolava ad ogni movimento. A questo punto non gliene sarebbe dovuto importare più niente.

 

Osservò la ferita di Artù: era un foro profondo che sanguinava.

 

"Se tu sapessi quanto poco mi interessa il fatto di vedere le tue nudità, soprattutto in un momento come questo, la smetteresti con tutta questa scena!"

 

Merlino non si scompose, raccolse un po' di limo dal fondo del lago e lo spalmò sotto il piede dell'altro. Artù sussultò per il dolore.

"Ahi!... Non ti rendi conto che così, mi viene solo da essere più curioso. Mi fai venire il dubbio che tu abbia una qualche menomazione spaventosa!"

"Uh, quanto parlate, maestà! Potreste chiudere gli occhi per un attimo, e magari anche la bocca? Se vi rilassate, farà meno male."

 

Artù chiuse gli occhi, come richiesto e Merlino sussurrò una formula veloce: in un attimo la ferita smise di sanguinare.

 

"Perché non accettate semplicemente il mio pudore, come una cosa che fa parte di me, anche se non vi piace?"

 

La ferita era adesso molto meno profonda.

"Oh, Merlino! Non mi fa quasi più male! Grazie!"

"Mi fa piacere... "

 

Non aveva potuto guarirla completamente, altrimenti Artù avrebbe capito.

 

"Comunque credo che il tuo problema sia una cosa che ti porti dietro fin da piccolo e che non riesci a superare!" ribadì il principe.

"Ci sono difetti peggiori!"

"Sicuramente, ma io lo dico per te... ora, credo di poter camminare da solo!"

Fatti due o tre passi, Artù si mise addirittura a corricchiare nell'acqua.

 

"Hai mai pensato che potresti fare il medico, invece che il servo? Sei molto bravo! Visto che vorresti fare qualcosa di più della tua vita? Quando Gaius non ci sarà più, e non dovrebbe mancare più molto, visto che per età ormai ha superato anche Matusalemme, tu potresti prendere il suo posto e diventare medico di corte. Potrei anche farti affiancare da un collaboratore-aiutante come fai tu con Gaius"

 

"Non ci ho pensato e forse non mi dispiacerebbe ma... povero Gaius!"

"Tu sai che gli voglio bene, non soppesare sempre troppo le parole!"

"E se volessi viaggiare per conoscere il mondo?" chiese speranzoso Merlino.

"Ti porterò con me, in missione e quando verrò invitato in altri regni, lasciandoti del tempo libero per esplorare!"

"Sarebbe grandioso! Se dovessi studiare per poter diventare medico?" 

"Farò venire a corte un bravo insegnante o un medico..."

 

"Ma... se volessi crearmi una famiglia?" disse Merlino stavolta un po' a disagio. Era stato ad ascoltare le parole del re ed era a dir poco entusiasta. Possibile che Artù fosse così aperto e disponibile nei suoi confronti? Però ...forse l'ultima richiesta era un po' eccessiva?

 

Artù si irrigidì impercettibilmente ma rispose comunque con calma: "Potrai farlo. Quelli che lavorano per me, una famiglia ce l'hanno. Ti sarà dato più tempo libero, se l'avrai... quando l'avrai..."

 

"Io non ho parole per dirvi quanto sono meravigliato dalla vostra comprensione e dalla vostra generosità" disse il servo guardandolo con occhi grati.

 

Artù era felice di ciò che l'altro gli aveva appena detto con parole così sentite e cominciò a canticchiare.

 

"Ahi, bocca..."

 

"La conosco Artù!" sorrise Merlino.

 

"Fa' sentire!"

 

"Ahi, baci..."

 

Poi cantarono insieme: "Ahi, lingua..."

 

Artù offrì la mano a Merlino che vi pose la sua sopra.

 

"Cara e dolce lingua..."

 

Camminarono in cerchio, portando le mani giunte prima in alto poi in basso.

 

"Datemi tant' umore..."*

 

E fecero un profondo inchino reciproco.

Poi a entrambi venne da ridere.

 

"Artù, è uno dei canti più licenziosi che conosco!"

"Ma cosa dici? Guarda che è un canto assolutamente romantico: é un madrigale d'amore dei popoli italici!"

"Ah, gli italici! Sempre a pensare a queste cose!" disse Merlino, scuotendo il capo velocemente!

"E all'arte!" 

"E al cibo!" aggiunse Merlino.

"Loro sì che sanno godersi la vita!" sospirò nostalgico Artù. "D'altra parte conosco canti molto più arditi di questo!"

"Vorrei sentirne uno!"

"Non voglio mica averti sulla coscienza, Merlino! Tu sei un puro! Pensi che non abbia notato come ti nascondevi le pudenda da me, prima, nella grotta?" sorrise Artù malizioso.

 

"Sicuramente non sono un narciso esibizionista come qualcun altro! Non avete pensato che potesse essere una forma di rispetto verso la vostra persona? Siete pur sempre il principe, per quanto asino!"

 

Artù lo guardò torvo: "No, non ho pensato nemmeno per un secondo che fosse per rispetto a me. Tu sei... un bambino vergognoso, Merlino!"

"Ah sì? E voi invece siete inverecondo, sire!"

"E perché mai, di grazia?"

"Anche se nella grotta mi sono coperto le ...pudenda, come dite voi, vi siete comunque rifatto gli occhi con qualcos'altro! Non sono poi così ingenuo!"

 

Artù rimase a bocca aperta. Era lui quello scandalizzato adesso. Dei, era convinto di essere stato discreto! Però gli venne anche da ridere, per l'impertinenza e il coraggio dimostrati da Merlino. In fondo era la verità!

 

"Siete rimasto senza parole?" continuò Merlino "perché ho forti dubbi sul fatto che non mi abbiate spiato anche mentre tornavo in qua e vi dirò che se così fosse, non lo troverei affatto corretto!"

 

"No. Mi ero fermato solo perché dovevo fare la pipì!"

 

"La pipì più lunga della storia! Ma che bisogno c'era? Non la potevate fare nell'acqua?"

 

"Sono inorridito, Merlino! Se tutti facessero la pipì nel lago, l'acqua non si potrebbe più bere!"

"Non ho prove, per cui lascerò perdere. Inoltre non sono affatto sicuro di volerlo sapere!"

"Ti dirò giusto questo, Merlino: volendo avrei potuto guardarti, ma non ne avevo voglia!"

"State ancora divagando."

"Cosa vuoi?"

"Sto aspettando il vostro canto osceno, Artù, o temete di essere stonato come un campanaccio..."

"Io sono un cantore nato e ti stupirò Merlino, ma se io lo farò, dovrai poi fare qualcosa anche tu..."

"E cosa?" domandò Merlino, aggrottando le sopracciglia.

"Nulla di troppo sconveniente, forse. Accetti?"

"Così a scatola chiusa?"

"Esattamente!"

 

Artù sapeva che Merlino non avrebbe resistito. Non resisteva mai alle sfide, almeno a quelle che gli proponeva lui!"

 

"Accetto, mio signore" rispose Merlino stringendo gli occhi.

 

Artù gli s'avvicinò, sorrise, gli prese le mani tra le sue per muoversi con lui a tempo di musica.


"Sdraiata sul mio cuore,

t'inebrierò d'amore,

la tazza sopra il piolo,

morire mi farai"


Il ritmo era lento, la melodia dolcissima ed era vero che Artù se la cavava molto bene a cantare. Artù sempre tenendo le mani di Merlino, allargò le braccia, girando in tondo. Erano molto vicini e il servo gli sorrise.


"Ed ora che son donna,

sollevo la tua gonna,

la tazza sulla tazza, 

morire mi farai"


Artù si spostò a lato del servitore, con il viso verso ovest e quello di Merlino verso est, poi cinse con un braccio la vita del moro, che lo imitò e girarono lentamente. 


"Ed ora che son uomo,

e uomo pure tu, 

il piolo dentro l'antro, 

son di Merlino e Artù"**


Merlino scoppiò in una risata quasi soffocante: "Ma non esiste un canto così, ve lo siete appena inventato!"

"É fatto apposta così. Bisogna creare una strofa, aggiungendo il nome di chi ascolta!

"Ho capito, ma perché vi siete messo pure voi?"

"La rima mi é venuta così. Mi sembrava divertente, ma... ora tocca a te!"

"Cosa devo fare?" sbuffò appena, Merlino.

"Una prova di grandissimo coraggio: devi saltare!"

"Tutto qui?"

"Sì! Più a lungo che puoi, più in alto che riesci e più velocemente che si può, ma qui... ora...!"

Merlino guardò l'acqua che gli arrivava alla vita e comprese il tranello di Artù.

"Oh, non credo proprio che lo farò. Per cosa poi? Soddisfare la vostra voglia da guardone?"

"Non capisci niente! Hai accettato la sfida!"

"Il vostro canto non era per niente osceno, per cui la sfida non vale!"

"Non l'hai capito? Parla di tre coppie: un uomo e una donna, due donne, due uomini!"

"É più romantico del primo canto. A me non sembra affatto sconcio!"

"Ma lo é, cavolo Merlino, lo é! Va bene, non saltare, non m'importa. Meglio tornare dai cavalli, sono incustoditi da troppo tempo."

 

Il servitore non capiva perché Artù fosse così burbero all'improvviso.

 

Non era vero, l'aveva capito benissimo. Era perché non aveva voluto saltare. 'Se é così, é proprio un asino!'

Dopo un po' che camminavano, Artù si volse indietro, ma Merlino non si vedeva più.

 

"Merlino!" chiamò 'Ma dov'è?'

 

"Sono qui, Artù!"

 

Artù guardò in alto: Merlino si trovava su un punto molto alto della riva, proprio sopra di lui. 

 

"Lasciatemi dire che siete l'uomo più viziato ed egoista della Terra" disse gridando forte Merlino che prese la rincorsa e si tuffò, abbracciandosi le ginocchia e inondando completamente Artù. Poi si mise a saltare con tutta l'energia che aveva, urlando e ridendo, cadendo sfinito in acqua quando non ne poté più. 

 

Il principe era rimasto inizialmente esterrefatto, ma poi si era messo a ridere fino a sentirsi scoppiare. Merlino era un commediante nato, un vero spasso! Ed era anche coraggioso: non credeva che l'avrebbe fatto davvero!

 

Merlino era soddisfatto di sé. Tremava decisamente come una foglia, ma era contento. Non tanto di aver accettato la sfida di Artù, quanto di avere vinto quella con se stesso. Era stata forse la cosa più difficile che avesse mai fatto e sperava intimamente di non doverla rifare mai più, ma era stata anche incredibilmente liberatoria.

 

Si sentiva come nuovo ora che il suo profondo disagio era sparito. Era una bella sensazione essere finalmente a proprio agio dopo tutti quei tentativi di celarsi. Almeno in quel momento non provava più vergogna e non doveva più invidiare Artù per la sua estrema naturalezza. E forse, chissà, Artù l'aveva sfidato per liberarlo da quelle fisime e non solamente per soddisfare la sua curiosità. Non l'avrebbe mai saputo veramente, ma ormai non aveva più importanza.

 

Giunti nei pressi dei cavalli, Merlino si sdraiò sulla riva del lago con la parte superiore del corpo all'asciutto e l'altra metà ancora a mollo. Il calore del sole sul viso e sul petto era una sensazione molto piacevole. Artù lo imitò e rimasero a lungo sdraiati senza parlare.

 

Merlino non aveva voglia di terminare quel bagno e non sapeva che Artù ne aveva ancora meno voglia di lui.

Artù si volse su un fianco, verso il servo: sembrava volesse dirgli qualcosa ma rimase in silenzio. Merlino tirò su il capo e spostò il peso sugli avambracci; anche lui aprì la bocca più volte per parlare ma aveva la mente vuota.

 

Artù si spostò verso di lui con uno scatto veloce, gli afferrò la nuca e lo baciò: un breve bacio, rude.

 

Il valletto ebbe un motto di sorpresa, lo guardò con aria grave, poi lasciò scivolare a terra, testa e spalle, chiudendo gli occhi e respirando affannosamente.

 

Quando riaprì gli occhi, vide che il principe non si era mosso: lo guardava confuso, colpevole forse ma anche speranzoso: sembrava attendere un segno da Merlino e anche lui respirava rumorosamente. 

 

Come poteva resistere Merlino, anche solo un altro istante a quel viso emozionato e in ansia per lui? Pose quindi le mani attorno al collo di Artù, avvicinandolo alla sua bocca e si lasciò andare.

 

Ad Artù sfuggì un gemito di sollievo e quando le morbide labbra di Merlino si schiusero per lui, gli sembrò di andare a fuoco e sentì anche l'altro bruciare assieme a lui.

 

Merlino cinse la testa e la schiena di Artù, stringendolo forte. Il principe lo baciava con un trasporto che non aveva mai provato prima con nessuno e istintivamente si sdraiò sopra l'altro, impazzendo quando sentì il servo cominciare a muoversi contro di lui.

 

Come aveva fatto a non capirlo prima? Come era possibile non essersi accorto di desiderarlo così tanto. Merlino era un uomo, ma in quel momento non gli importava niente. Era Merlino, era suo, era fatto così ed era perfetto. Se poteva desiderarlo in quel modo, allora tutto quello era davvero giusto. 

 

Pensò di amarlo. Lo amava. Si era innamorato di lui senza saperlo. Forse lo sapeva da tempo, ma non aveva voluto considerarlo possibile. Ora invece...

 

Si strisciò più forte sul suo corpo e pose fine al lungo bacio per portare la bocca sul collo dell'altro.

 

"Merlino... finalmente"

 

"State zitto, per favore"

 

Succhiò con passione la pelle del collo bianco di Merlino, adorando quell'aroma di bosco e fiori selvatici. Il servitore emise un forte gemito, poi si bloccò.

 

"Artù! No! Vi prego, basta! Lasciatemi!"

 

Artù non capiva. Perché faceva così? Perché un istante prima lo abbracciava e ora teneva le mani premute forte contro il suo petto per allontanarlo da lui, dopo averlo stretto e baciato in quel modo? Era deluso, offeso e triste.

 

Merlino riuscì a liberarsi, si alzò e corse vicino ai cavalli:

"Che cosa c'è che non va, Merlino? gli urlò Artù quasi con rabbia.

"Lo sapete... é sbagliato... non possiamo!"

"Siamo noi che decidiamo se possiamo o no. Io posso... e voglio!"

"Voi non potete volerlo e anche se così fosse... non posso io!"

"Volere é potere, Merlino!" Artù non sapeva più cosa fare. "Hai visto cosa mi hai fatto? Vorresti lasciarmi così?"

Merlino diede uno sguardo all'eccitazione del principe e provò una fitta di dolore: "Mi dispiace molto. Ho sbagliato... perdonatemi!"

"Sbagliato? A me non sembra. Hai visto cosa ho fatto io a te?" disse Artù indicando con il mento, l'erezione di Merlino. "Anche tu mi vuoi! Perché lo neghi?"

"Il mio corpo vuole, ma il resto di me, no!"

"Bugiardo!" urlò Artù, portandosi disperato una mano tra i capelli.

Merlino tremava e cominciarono a scendergli alcune lacrime sul volto. Era spaventato.

 

"Vedete? Abbiamo appena provato e sta già andando tutto a rotoli! Voi state male e anch'io!"

 

Il servo corse via: doveva andare a riprendere i suoi vestiti, dimenticati sulla riva lontano. Là si fermò a piangere e a riflettere a lungo.

 

Quando tornò, Artù si era rivestito e sedeva sull'erba con una mano a coprirgli gli occhi. Merlino si sentì morire nel vederlo così. Raccolse in silenzio le ultime cose lasciate in giro. 

 

Stava per salire a cavallo quando Artù si alzò da terra e gli si avvicinò. Merlino aveva preso una decisione difficile, nel caso Artù non avesse rinunciato ai suoi propositi.

 

Fece due passi indietro. Il principe lo guardò con dolore. "Perché ti allontani? Perché hai cambiato idea?"

"Perché é giusto così!"

"Ho sbagliato qualcosa? Tu non mi vuoi?"

 

Merlino deglutì a fatica. "Certo, ma non andrà mai come noi vorremmo!"

"Io non ho fretta. Se per ora vuoi fermarti ai baci, per me va bene!" 

"Non é per questo. Io non so nemmeno cosa desiderare per me... per noi!"

"Stare insieme, amarci, non é sufficiente?"

"Amarci, dite?"

"Almeno... io ti amo!"

 

Merlino cominciò a piangere, come se le parole di Artù l'avessero ferito, invece che dargli gioia. "Davvero? ...Anch'io vi amo!"

 

Il principe aveva gli occhi lucidi e sorrise. Prese il servo tra le braccia e lo strinse forte, baciandolo tante volte, felice.

 

A sua volta Merlino lo strinse e ricambiò disperatamente tutti i suoi baci, poi lo guardò con gli occhi gonfi di lacrime, dicendo: "Perdonatemi, maestà. Vi ho sempre amato!"

 

All'improvviso Artù vide gli occhi di Merlino illuminarsi d'oro e udì parole indecifrabili uscire dalle sue labbra. Artù spalancò gli occhi spaventato e incredulo, ma non ebbe il tempo di fare o dire nulla che si accasciò svenuto tra le braccia del suo servo.


Quando riprese conoscenza, vide il dolce sorriso di Merlino, sopra di sé.

"Che sta succedendo? Dove siamo?"

"Ci stavamo riposando dalla caccia e voi avete dormito molto!"

"Mi avrai fatto addormentare con il tuo continuo brontolare!" disse facendo ridacchiare Merlino.

"O dei! Che sogni strani ho fatto!"

"Sogni, dite?" lo guardò attento Merlino.

"Sì, c'era una cascata, ... io e te cantavamo..."

 

Merlino s'irrigidì: "E poi?"

 

"Poi... niente. Mi sono svegliato!"

Merlino sospirò: "Bene, Artù! Direi che possiamo ripartire."

"Peccato che abbia dormito tanto in una giornata così bella. Sarebbe stato divertente fare qualcosa insieme!"

Il servo abbassò gli occhi e la sua voce tremò: "Ci saranno altre occasioni... Artù, guardate che meraviglioso tramonto!"

Era davvero uno spettacolo e Artù sospirò felice.

 

Due giovani a cavallo tornavano a casa dopo una normale giornata di caccia.

Due uomini dai caratteri opposti che per un attimo, quel giorno, si erano trovati uniti.

Uno dei due aveva la testa leggera e sgombra.

L'altro portava un enorme fardello nel cuore.

Aveva scelto di portare quel segreto dolceamaro, tutto da solo.

Se ne era preso la responsabilità e ne avrebbe sostenuto per sempre il peso.

Aveva deciso per entrambi.

Si era arrogato, senza averlo, il diritto di scelta anche del principe.

Non aveva intravisto nessuna possibilità per loro due.

 

Il suo compito era di proteggerlo e non di contribuire alla sua rovina.

Era stato debole ed egoista.

E avrebbe pagato caro questo momento di debolezza.

Lo stava già pagando!

 

Erano partiti da poco quando Merlino si accorse di aver dimenticato la selvaggina al lago.

Forse Artù si sarebbe molto arrabbiato più tardi. 

Quasi lo sperò!

Non vedeva l'ora che le cose tornassero alla normalità. 


Almeno per uno di loro...









 

*Parole tratte da "Sì, ch'io vorrei morir!" di Claudio Monteverdi del 1603. Reminescenza di storia della musica. Mi rimase impresso per la modernità dei concetti. Umore é la saliva.

 

**Questo canto obbrobrioso é mio: mi serviva qualcosa di diverso per introdurre chiaramente il tema dell'omosessualità a quei tempi. La tazza e il piolo sono rispettivamente il sesso femminile e quello maschile (questo non l'ho inventato!)

 

Ciao. Non é finita bene, lo so. E pensare che adoro i lieto fine. Ma questa storia é nata proprio da qui, dalla fine. Spero vi piaccia lo stesso. Un bacio!  

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Capitolo 3
*** Vendetta ***


Rating: giallo

Genere: Angst, Commedia, Introspettivo

Note: Missing moments, What if?

Contesto: quarta stagione


Qui Nimueh e Freya sono normalissime serve, senza poteri. Sembra che Gwen non esista, shhht!


4440 parole

 

 

VENDETTA













'No! No! Avevo promesso a me stesso che non l'avrei più fatto!

-Sei l'unico di cui mi posso fidare!- mi dice sempre. Ruffiano!

 

-Un vero amico lo farebbe- Mi son fatto fregare! 

 

-Io per te lo farei- Approfittatore!  

 

-Ti lascerei un giorno libero, anzi di più.- Falso!

 

-Dovrai solo trovare una scusa plausibile per la mia assenza...- Incosciente!

 

- ...e farmi da palo!- Porco!

 

Solo per pomiciare con una ragazzina... Sofia, carina, certo, ma che razza di civetta!

 

Quella volta gli ho tenuto il gioco per due giorni di fila e mi é costato due gogne!

 

Ma almeno non ho dovuto assistere. 


Ieri invece dovevo stare lì davanti a loro nella camera degli ospiti dove lei alloggiava, per controllare contemporaneamente due porte d'accesso! Lui e l'altra civetta che limonavano che era piacere, un piacere per loro, non certo per me! 

 

Parlava con me poi la baciava poi mi diceva di andare a controllare che non arrivasse nessuno e giù di lingua con lei. 


É già tanto che non abbia sboccato lì davanti a loro!


L'ho odiato! Non l'avevo mai odiato così tanto, nemmeno quando mi mandò in prigione.

 

Per fortuna prima che potessi uscire a controllare, l'intero plotone della corte della principessa Vivian con il suo terribile padre, si era praticamente catapultato dentro quella stessa stanza. E sono sgattaiolato via.


Che si arrangiasse da solo, una buona volta!

 

Ma proprio a me deve capitare 'sta roba? Questa é crudeltà mentale!

 

Vivian, la principessa BIONDA, la vipera! E meno male che Artù la trovava insopportabile!

 

Quanto vorrei fargliela pagare, al BIONDO!

 

E invece? É stato lui a farla pagare a me! Ovvio, Merlino il servo, lo deve sempre prendere in quel posto, metaforicamente parlando!

 

Artù era furibondo perché non l'ho avvertito in tempo che la corte stava arrivando.

 

Peccato che con due porte che Artù mi aveva dato da sorvegliare, tutta quella pompa magna fosse entrata da una terza porta!

 

Quanto ho riso poi, una volta fuori di lì!

 

Ma lo stupido re ranocchio se l'è presa con me!


Quanto vorrei fargli patire anche solo una piccola parte di ciò che lui ha fatto patire a me!

 

Ma a lui importerebbe poi qualcosa? 

 

Dicono che "la vendetta é un piatto che va gustato freddo!" Starò attento a cogliere la prima occasione utile.

 

Nel frattempo, mi farò vedere da lui solo il tempo strettamente necessario.

 

Mi farò trovare sempre molto indaffarato.

 

Ma soprattutto non starò più tutto il tempo ad ascoltare i suoi sfoghi e le sue smargiassate come lo scemo di turno!'



 

 

----------------------------





 

Artù era nervoso e agitato. 

 

E il caldo insopportabile di quei giorni di piena estate, certo non migliorava le cose.

 

Da una settimana a questa parte, quando aveva bisogno di lui non c'era mai!

 

E doveva fare tutto da solo!

 

Ogni volta che gli aveva chiesto di fare un giro a cavallo con lui o di accompagnarlo da qualche parte, il servo aveva risposto "Oggi viene mia madre a trovarmi", "Oggi devo raccogliere delle erbe molto rare per Gaius", "Devo pulire la lavanderia", "Devo cucire il vostro mantello." E spariva per ore!

 

Al diavolo!

 

Certo, al mattino veniva ancora a svegliarlo, gli portava i pasti, c'era per il bagno e gli faceva trovare i panni puliti; ma non rimaneva più durante gli allenamenti: semplicemente lo accompagnava e tornava a prenderlo.

 

Durante il bagno, quando Artù si rilassava, chiacchierando col suo valletto o addirittura usufruiva di qualche gustoso massaggio nel retro del collo che il servo gentilmente gli praticava, ora Merlino si chiudeva nella stanzetta dei bisogni reali e sembrava tirarla a lucido, ogni maledetto giorno!


Mentre Merlino lo rivestiva, quella sera, dopo il bagno, il re non ce la fece più:

 

"Non ti sembra di trascurare il tuo re?"

 

"Al contrario, maestà. Sto solo cercando di esaudire proprio un desiderio del mio re. Quello di essere un servo migliore e mi sto impegnando per questo" disse Merlino con disinvoltura.

 

"É necessario mettere a ferro e fuoco la stanzetta dei bisogni, tutte le sere?"

 

"Cielo, sì! Ho saputo che va pulita continuamente. Altrimenti potrebbe sprigionare dei miasmi letali!"

 

"Va bene, Merlino. Stai diventando un ottimo servo, ma la verità é che mi manchi. Mi manchi come amico. Mi mancano le nostre chiacchierate e persino i nostri bisticci."

 

Merlino non si sarebbe mai aspettato delle parole così dal suo re e per un momento provò quasi un leggero senso di colpa. Sembrava così sincero e triste. Se una volta il re gli avesse parlato in questo modo, il ragazzo si sarebbe sciolto istantaneamente. Ma Merlino doveva pensare alla sua incolumità mentale.

 

E a dire il vero una grossa parte di lui, gongolava come un tacchino!

 

Al contrario del re, per Merlino, la settimana appena trascorsa era stata positiva. Tenere lontano Artù gli aveva permesso di ritagliarsi qualche spazio per leggere, per passeggiare, per incontrare qualche vecchia conoscenza, soprattutto Nimueh.

 

Era una ragazza bellissima anche se un po' strana. La prima volta che l'aveva vista, Merlino ricordò di essere stato quasi stregato da quegli occhi talmente blu da sembrare finti e da quei fianchi ancheggianti che sembravano chiamarlo.


Ma stavolta era diverso. Non appena l'aveva scorta, Merlino aveva intravisto la possibilità di una vendetta sul re. Niente di trascendentale. Solo per rendere un po' di 'pan per focaccia' allo stolto reale.

 

Era già qualche giorno che le faceva la posta, per poi fare finta di incontrarla per caso.

 

La prima volta era stata un po' sorpresa dal fatto che Merlino si fosse fermato a parlare così a lungo con lei. I giorni seguenti Nimueh si mostrò molto più a suo agio. E Merlino si accorse che aveva cominciato a flirtare anche lei. Si toccava sovente i capelli, lo guardava di più e sorrideva sempre.

 

Merlino cominciò lentamente a farsi avanti e lei ne sembrava felice.

 

Ogni giorno, dopo gli incontri del primo pomeriggio, Artù passava proprio davanti a loro e vedeva Merlino parlare con questa ragazza molto bella. Dai vestiti sembrava una serva. Merlino aveva buon gusto, pensava il re, ma tanto sarebbe rimasto a becco asciutto. Non perché fosse brutto o stupido ma perché era un imbranato cronico.

 

'Parla pure Merlino, continua a parlare. Sei bravo solo a fare quello!' pensava Artù con un ghigno in volto che nascondeva però una certa amarezza.

 

C'era da dire che Artù si sentiva un po' geloso. Non della ragazza in sé, ma del fatto che con lei Merlino parlava, sorrideva e rideva, mentre con lui non lo faceva più. Era come se fosse sempre distratto, sempre altrove con la mente.

 

'Come Artù?' 

'Potete ripetere per favore?' 

'Scusate mi sono perso' 

'Non riesco a seguirvi, maestà'

 

Era forse stato l'amore per quella ragazza a farlo diventare un mentecatto?


Artù provava un forte senso di perdita, di nostalgia per tutti quei momenti passati insieme al suo servo, a ridere, a scherzare, a condividere tempo e idee. A vederli ora, nessuno avrebbe immaginato che fino a poco tempo prima fossero 'culo e camicia', sempre insieme e più amici che mai.


Il giorno dopo Merlino offrì un dolcetto a Nimueh, che lo gustò sorridente e maliziosa.

 

Quello dopo ancora, quando il servo vide in lontananza, arrivare il suo re, era sovreccitato. Con una piccola magia, operata senza farsi scorgere, fece apparire dietro la schiena un mazzolino di fiori della stessa tonalità di colore degli occhi della ragazza e glieli offrì:

 

"Per la ragazza più incantevole,... i fiori più incantevoli."

 

E Nimueh rispose arrossendo: "E per il ragazzo più dolce...i baci più dolci."

 

Merlino sussultò leggermente quando la ragazza gli prese il volto tra le mani e appoggiò le labbra sulle sue. Con un occhio semichiuso vide Artù che lo fissava a bocca aperta, quasi disgustato e provò un senso di euforia, nel vederlo così. Allora ricambiò il bacio avvolgendo Nimueh tra le braccia, mentre Artù girato il volto, se ne andava sdegnato con il naso all'insù.



 

Quella sera, mentre lo rivestiva dopo il bagno, il re disse, solo un po' più freddamente del solito:

"Complimenti, la tua ragazza é molto bella."

"Non é la mia ragazza…"

"Come? Tu sei un bravo ragazzo. Lo sei sempre stato. Non baceresti mai una fanciulla che non fosse la tua promessa sposa."

Merlino si mise a ridere: "Allora si vede che ho imparato dal migliore!"

"E da chi?"

"Come da chi? Da voi naturalmente."

 

Artù rimase come scottato e non sapeva come ribattere. "A... a me é concesso... sono il re."

 

"Forse non sono più il bravo ragazzo che pensate, sire. Ho anch'io voglia di fare qualcosa senza pormi troppe domande, senza pensare al dopo, come molti altri della mia età, anche senza aver bisogno di paragonarmi a voi. E mi dispiace molto di aver disatteso le vostre aspettative. Non era mia intenzione deludervi."

 

Il servo stava parlando sinceramente e con una sorta di pentimento, senza nemmeno sapere il perché.

 

"Si cresce... si cambia. La vita non é facile... si vive una volta sola" mormorò Artù cupamente, come se parlasse più con se stesso che con Merlino.

 

 

"Merlino dopo cena ho bisogno del cavallo sellato!"

"Qualche barboso ricevimento?"

"No, vado a Powis!"

 

[Guardando i suoi occhi che si erano fatti vitrei, si pentì di quanto aveva ordinato, ma poiché era impensabile il ritiro di una disposizione già data]* Artù congedò Merlino velocemente.

 

[Andare in città la sera e in quei tempi di disordini appariva manifestamente senza scopo, se si eccettuasse quello di un'avventura galante di basso rango.]*

 

Merlino uscì angosciato. 'Non smetterà mai di andare a crogiolarsi in quel pantano. Devo cacciarmelo bene in testa. E non pensarci più!'

 

Il servo cominciò a sudare. Colpa di quel caldo rovente che non dava pace neanche di notte, certo, ma anche dell'agitazione e dello scombussolamento. Merlino sapeva che era la sua gelosia a volere Artù lontano da quel posto. Ma la parte di lui che ancora lo considerava suo amico, nonostante tutto, voleva disperatamente togliere il re da quella feccia. 

Perché lo faceva? Si sentiva solo? Era oberato dalle responsabilità di regnante fino a quel punto?



 

Da quando aveva baciato Nimueh, o meglio il contrario, la ragazza lo aspettava tutti i giorni allo stesso posto e lui puntualmente la evitava.

Sapeva che lei aveva ragione, ma non se la sentiva più di andare avanti con quella farsa. L'aveva usata e un po' gli dispiaceva. D'accordo era stato uno stronzo, ma non voleva più averci a che fare se non come amico. Non le aveva promesso nulla, vero, ma l'aveva corteggiata e l'aveva illusa.

 

'Mi sono comportato peggio di Artù. Almeno a lui le ragazze con cui si sbaciucchia, piacciono!'

 

A lui neanche quello! Oh, Nimueh era bella ma baciarla gli aveva fatto provare così poche emozioni! Purtroppo!

 

Però quando il re l'aveva guardato durante il bacio, con quegli occhi assassini, allora sì che aveva provato emozioni!

 

A Merlino si era bloccato il respiro, gli si era fermata in gola una gioia sottile, tanto che avrebbe avuto voglia di mettersi a cantare e aveva provato una calda e intima soddisfazione, nel vedere Artù così stravolto per lui. Per qualunque motivo fosse. Sembrava gelosia, anche se non lo era. Sembrava rabbia e fuoco. 

 

La sua autostima aveva subito una brusca accelerazione. 

 

Voleva riprovare quella sensazione piacevole e intrigante.

 

Ma non poteva perdere più di una settimana per riuscire a baciare una ragazza che poi l'avrebbe inseguito arrabbiata e insoddisfatta. E se fosse ricorso alla magia? No, basta con i finti corteggiamenti. Nimueh insegnava!


E provò con la carta della sincerità. Almeno in parte. Si diresse da Freya, una sua cara amica e le disse che era oggetto di torture psicologiche da parte di Artù, perché gli diceva che con le ragazze era un perdente nato. Fu la stessa ragazza a proporgli un finto bacio.

 

"Merlino caro, farò volentieri questa scenetta per te, ai danni di Artù, ma in cambio voglio la verità. Il re ti ha sempre tormentato e non te ne é mai fregato più di tanto, per cui..."

"Mi piace, Freya, mi piace molto!" disse a capo chino.

"Oh, dei del cielo, Merlino. Non l'avrei mai detto... certo, a pensarci bene... sono stata ingenua!"

"Posso fidarmi di te, vero?"

Freya lo abbracciò: "Ma, certo! Sempre, Merlino, sempre. Tu sai quanto tengo a te!"

"Sì, lo so. Anch'io tengo molto a te, Freya e ti ringrazio!"


Quel pomeriggio Merlino assistette, dopo molti giorni che non capitava più, agli allenamenti di Artù che quel giorno sembrava essere particolarmente allegro e combattivo. Durante una pausa si recò alla sua tenda, dove trasalì nel vedere Merlino di schiena che si baciava con una ragazza. Un'altra!

 

'Freya è un'attrice nata!' pensava il servo divertito. 

 

La ragazza aveva appoggiato le labbra sulla fossetta del mento di Merlino, gli accarezzava la nuca, gli strattonava i capelli fino a fargli male davvero, gli grattava la schiena con le unghie e infine lo abbracciava assai stretto. In più mugolava, sospirava e Merlino pensò che al suo confronto, doveva sembrare un povero impedito o quanto meno un 'baciatore' un po' scadente.

 

Artù si schiarì la voce: "Con comodo, Merlino... ma quando hai fatto, vorrei venire a cambiarmi". 

 

Il re sapeva di comportarsi da stronzo in quel momento, ma in fondo si trovava nel "suo" territorio e la rabbia che provava era troppo forte.

 

Freya si staccò da Merlino, e come una perfetta commediante, si mise una mano sulla bocca con fare turbato, fece un veloce inchino ad Artù e fuggì con leggiadria in un tripudio di sottane.

 

Il sovrano lo fissava come se non credesse ai propri occhi e il servo riprovò quella sensazione così piacevole nel vedere Artù così sconcertato. Gli dava l'idea che in quel momento al re importasse di lui.

 

"Allora questo come me lo spieghi?" disse Artù sudato come mai l'aveva visto prima di allora.

"Cosa?"

"Il bacio, Merlino!"

"Niente,... c'è stato qualcosa tra noi, molto tempo fa!"

"Mi pare che ci sia ancora!"

"No, lei é solo molto... affettuosa!"

"Merlino, non fare lo scemo! Non era affetto quello che ho visto. Ma spiegami, che fine ha fatto quella bellezza dell'altro giorno?"

"Artù vi ho detto che é stato solo un bacio e oggi... uguale!"

"Mi sembra all'improvviso di non riconoscerti più. Tu non sei così superficiale!" gli disse Artù arricciando il naso, nauseato.

"Forse mi sono stancato, forse avevo voglia di cambiare. Ma non penso di essere il solo che..." ribatté il servitore con una certa sfrontatezza.

"Che...?"

"No, niente Artù... vado a prepararvi il bagno."

 

Nel tornare a palazzo vide Freya che lo aspettava dietro un angolo nascosto.

"Allora?" sussurrò curiosa.

"Ci è caduto in pieno. Merito tuo! É piuttosto arrabbiato e per un attimo sono stato così soddisfatto!" rispose Merlino con un mezzo sorriso.

"Sei sicuro che lui non ti ricambi? Parla spesso di te. A tavola sento i suoi discorsi. Ti é molto affezionato, si capisce, e per lui il tuo parere è più importante di quello di chiunque altro. Con re Uther ti difendeva sempre!"

"No, non mi ricambia, te lo assicuro, semplicemente ha bisogno di me, di una spalla di cui fidarsi e di me si fida. Inoltre Artù ha sempre qualche donna a mano e se non ce l'ha si reca a Powis" disse Merlino con acredine.

"Powis é la spina nel fianco di tutti i paesi qui attorno. Delle donne ovviamente. Ascolta: esiste la possibilità che gli piacciano sia le donne che gli uomini. Lo sai, vero?"

"Possibilità quanto mai remota, Freya! Io non l'ho mai visto con un uomo."

"Ci mancherebbe. Non si farebbe mai vedere a Camelot con un uomo!"

Merlino si morse un labbro. Non voleva che Freya capisse ciò che stava pensando.

 

'A Camelot con le donne... quindi quando va a Powis potrebbe frequentare degli uomini? Lì c'è disponibilità per tutti i gusti. No, é un'idea senza fondamento. Forse cerca donne in grado di soddisfare i desideri più illeciti?'

 

Quasi lo sperò. Sarebbe stato ancora peggio per lui. Si sarebbe sentito ancora più tradito. Lui era un uomo! E pensare che, poteva ammetterlo, se Artù avesse mosso un'unghia, sarebbe caduto ai suoi piedi come una pera. Evidentemente il re teneva a lui, ma non lo aveva mai preso in considerazione in quel senso. O forse molto più semplicemente lui non piaceva al re. Questa possibilità gli procurò una fitta dolorosa al petto. In quel momento odiò il suo corpo, così scarno, pallido. Odiò il suo viso così smunto e infantile. Odiò ogni particolare: le orecchie simili ad ali, le labbra grosse, il gargarozzo sporgente. E odiò tutto di sé: il suo carattere, i suoi sentimenti, il suo essere interiore! Freya parlò ricordandogli la sua presenza e Merlino si riscosse: si era dimenticato di non essere solo.

 

"Artù: che uomo meravigliosamente cieco, che non apprezza tutta questa bellezza che ha a portata di mano. Parlo di te, Merlino!"

 

"Oh sì, mi sento proprio una bellezza in questo momento! E comunque Artù é cieco, sordo e stolto da sempre!"

 

Freya si mise a ridere contagiando un po' anche Merlino.



 

Quella sera Merlino stava riordinando i panni in camera di Artù, maledicendolo per la quantità esagerata di vestiti che aveva sporcato nei giorni precedenti.

 

Aveva fretta! Non voleva farsi trovare lì da Artù. Il fatto di farsi desiderare, qualche piccolo frutto l'aveva dato.

 

'Come non detto!'

 

Infatti Artù stava entrando in camera sua, dando l'idea al servo di non essersi minimamente accorto di lui. Artù era di umore pessimo. Quando lo vide gli soffiò:

"A cosa devo l'onore della tua presenza?"

"Al fatto che qualcuno si deve essere divertito a versare fango su tutte le vostre vesti, sire!"

"Hai ancora voglia di scherzare, dopo quello che hai fatto?" disse il re con sottile sarcasmo.

"Come?" Merlino percepì la rabbia di Artù attraverso il timbro della sua voce..

"Hai avuto un comportamento inqualificabile Merlino. Sei il mio servo e invece di trovarti al lavoro, ti ho trovato di nuovo ad amoreggiare, stai esagerando. Trascuri i tuoi doveri per correre dietro a ogni gonnella che incontri."

"Ma cosa state dicendo, Artù?" 

 

La sua vendetta aveva funzionato, aveva avuto la sua piccola soddisfazione. Ma non era durata molto. E non si era sentito più così elettrizzato come la prima volta. Si sentiva solo sciocco e patetico. Se ci ripensava, tutta quella storia gli sembrava estremamente umiliante, per lui.

 

"Ti ho visto Merlino e non puoi permetterti queste libertà con una ragazza."

"Non l'ho mica costretta...eravamo in due a volerlo."

"Avrai usato, come al solito, il tuo famoso fascino per sedurla. Avrai sbattuto le tue lunghe ciglia, i tuoi occhioni blu e l'avrai ammaliata con il tuo bel sorriso. E con il tuo modo forbito di parlare le avrai riempito la testa di chissà quali smancerie!"

"Ognuno usa i doni che ha Artù!" disse il servo, stizzito.

"Ma non puoi. Sei solo un servo. Fa' queste cose lontano dal mio palazzo. Ne va di mezzo anche il mio buon nome, se ti comporti come uno svergognato."

 

Merlino si morse le labbra per non rispondere al re, altrimenti sarebbe esploso.

"Lontano da palazzo? E quando? Se mi va bene, ho un giorno libero al mese! E poi anche un servo può amare!"

"Stai dicendo che la ami? Sei forse impazzito?"

"E perché mai? Almeno io ho un cuore! Voi baciate ogni ragazza disponibile e non vi é mai importato niente di nessuna di loro. Ma tanto voi avete sempre Powis. E date dello svergognato a me?"

 

Vide Artù sgranare gli occhi e ringhiare di collera. Sapeva di aver esagerato, ma non riusciva più a fermarsi.

"É lì che andate quando qualcosa non va. Vi rifugiate nel vostro mondo di piacere e perdizione che sembra darvi così tanta soddisfazione.

Cos'hanno i vostri amanti in quel letamaio che non possiate trovare anche qui a Camelot?"

 

L'aveva detto sul serio? L'avrebbe pagata cara, lo sentiva.

 

"Come hai detto?" disse Artù con voce grave, ma ancora piuttosto controllata, cosa che in qualche modo mise in allarme il servo ancora di più.

 

"Ho detto -Cos'hanno le vostre amanti che...-" provò, cercando di salvarsi in extremis.

 

Artù lo afferrò bruscamente per la collottola della camicia, con le due mani, avvicinando Merlino al suo volto.

 

"Ti ho sentito bene. Non mentire! Perché pensi questo?" disse a bassa voce con una tonalità che fece rabbrividire il servo.

 

"É solo una supposizione..." mormorò Merlino, abbassando gli occhi.

 

"Voglio sapere chi te lo ha detto, come l'hai saputo?" urlò il re, facendo sobbalzare il valletto.

 

"É una mia idea. Nessuno me l'ha mai detto. Ve lo giuro!"

"E allora, perché TU pensi questo?" 

 

Artù si era talmente avvicinato, che Merlino sentì il suo respiro soffiargli sul viso. Invisibili goccioline di saliva gli erano arrivate in faccia, con la stessa arroganza di uno sputo.

 

"DIMMELO!" gridò più forte, strattonandolo con brutalità. A Merlino sfuggirono due lacrime veloci.

 

"Perché io sono come voi" disse a bassa voce ma in modo chiaro. Si sentiva sconfitto fuori e dentro. Artù vinceva sempre, anche se stavolta sentiva che nessuno dei due avrebbe vinto.

 

Artù si bloccò e lo fissò. Merlino vide un lampo di paura attraversare l'azzurro di quegli occhi.

 

Poi il re lo spinse sul letto con violenza e lasciò la stanza immediatamente.

 

Merlino era stravolto e si lasciò andare singhiozzando disperato, guardando e toccando le coperte di Artù, come per chiedere a loro cosa avrebbe dovuto fare adesso e come avrebbe fatto a raccogliere i cocci del suo cuore.


Quando più tardi tornò per sistemare il letto del re per la notte, Artù non c'era e pensò con dolore al motivo della sua assenza.




 

Merlino non riusciva a prendere sonno. Era già tardissimo. Ripensò ad Artù, sconvolto dalle sue parole. Pensò al motivo per cui gli erano uscite. Forse inconsciamente voleva che Artù sapesse che lui conosceva il suo segreto per potergli dire il suo. Forse voleva farlo sentire compreso, meno solo. O al contrario voleva ferirlo e scioccarlo. Cosa che in effetti era avvenuta.


Il ragazzo sentiva un caldo soffocante, si rivestì uscendo all'aria aperta mentre i suoi passi lo guidarono, quasi senza pensare, fino alla riva del fiume, che era di certo il posto più fresco che poteva trovare. Si sedette sulla sponda e mise i piedi nudi a mollo nell'acqua.

 

C'era la luna piena che si rifletteva tremolando sull'acqua lenta del fiume e riusciva a intravedere qualcosa. Qualche cespuglio, qualche albero vicino.

 

Dopo un po' chiuse gli occhi per un momentaneo abbiocco, quando sentì un sussurro leggero che cantilenava il suo nome.

 

"Chi è?" mormorò terrorizzato il ragazzo con un balzo repentino che lo portò in piedi sulla riva.

 

Poi intravide un'ombra, più nera della notte, al suo fianco e due mani lo spinsero in acqua.

 

Quando risalì, si accorse che per fortuna toccava con i piedi.

 

"Andiamo, Artù, siete voi?" ma Merlino tremava. Se fosse stato qualcuno di pericoloso avrebbe impiegato un attimo ad affogarlo.

Merlino avvertì una mano grande appoggiarsi sulla sua spalla: "E bravo Merlino! Non si riesce a nasconderti nulla, vedo! MAI!" 

Il servo tacque.

"Sei molto perspicace. Hai capito le mie preferenze, diciamo così, solo perché tu hai le stesse!" la voce del re risultava essere un misto di stupore e di sarcasmo.

"Mi dispiace. Non volevo dirvelo... mi é sfuggito"

"Io invece credo che tu lo volessi..."

"E perché mai?"

"Se non lo sai tu..."

 

Artù cambiò argomento e cambiò anche l'intonazione della voce. Forse era stanco di litigare, pensò Merlino.

"Si sta bene, qui, non trovi?"

"Sì, ma non volevo fare il bagno, tantomeno vestito." Merlino si rese conto di ciò che aveva detto, quando era troppo tardi.

"Allora spogliati!" disse Artù semplicemente.

"Non importa. Credevo foste andato... là, stasera"

"Mi hai fatto capire chiaramente che a Camelot avrei trovato di meglio." Intanto Artù con l'altra mano cominciò a sistemare i capelli bagnati di Merlino. "Ti senti a tuo agio?" 

"Sì sto bene, grazie. Prima però sono stato male."

"Beh, non credere che io sia stato molto meglio"

"Mi dispiace. Voglio che sappiate che potete fidarvi ancora di me e che sono sempre il vostro leale servitore."

"Sì, ma con una lingua lunga che taglia" ridacchiò Artù.

 

"Sono contento che abbiamo parlato. Forse adesso riuscirò a dormire"

Artù portò le mani allo scollo di Merlino, sistemandogli la camicia e nel farlo gli sfiorava le clavicole e la nuca. 

"Hai freddo? Tremi!"

"No, solo che la nuca è... un punto sensibile."

L'ombra di Artù sparì e il servo lasciò andare un respiro rumoroso quando qualcosa, molto probabilmente la bocca di Artù, lambì con dolcezza la sua nuca.

Non riuscì a dire il 'No, vi prego' che gli era arrivato alle labbra.

"E il collo? É sensibile anche quello?" aggiunse il re malizioso.

Merlino non rispose e quando le labbra di Artù lo toccarono si lasciò scappare un gemito.

 

Poi si sentì abbracciare da dietro: una mano sul petto, una sulla vita, il mento di Artù sulla spalla e l'intero corpo a contatto con il suo.

 

Maledetto Artù! Da quanto tempo era innamorato di lui? Forse da sempre. Aveva mentito a tutti, anche a se stesso, quando ribadiva che il re lo attraeva solo fisicamente. Certo che in quel momento, due occhi estranei avrebbero colto soprattutto quello.

 

"Ehi, Artù, un attimo, per favore!" disse Merlino girandosi verso di lui e facendo un passo indietro.

"Ho dato per scontato di piacerti, ma forse non é così?" chiese Artù con una punta amara.

"Non è questo! Voi piacete a tutti e io non faccio certo eccezione, ma vorrei sapere alcune cose, se non é un problema per voi"

"Tu pensi troppo Merlino, ma anch'io in effetti vorrei chiederti qualcosa"

"Prima voi, sire!"

"Da quanto tempo sai che a Powis io frequento degli uomini?"

"Da poco tempo. Prima credevo vi intratteneste con delle donne."

"All'inizio era così infatti, poi mi fu presentato un ragazzo e per me non é stato più lo stesso."

"Ho sempre detestato che voi andaste là, perché lo consideravo degradante per voi, ma soprattutto perché ero geloso!"

"Quindi ti piacevo già allora?"

"Purtroppo é così!"

"Non me l'hai mai fatto capire!"

"Con che cuore avrei potuto farlo Artù? Mi avete sempre trattato come un servo idiota"

"Non dire così. Sai anche tu che quasi sempre scherzavo o giocavo e comunque anche tu non mi hai certo risparmiato battute salaci e freddure ironiche"

"Dite che era il vostro modo di volermi bene?"

"Sì, io ci tengo a te. Sei il mio migliore amico e mi piaci molto come ragazzo."

"Secondo voi dovrebbe bastarmi?"

"Questo sei tu a doverlo decidere. Vorresti forse sentirti dire che sono disperatamente innamorato di te?"

"Sì,...per cominciare..."

Artù si aggrappò alle spalle di Merlino, ridendo come un matto.

"Dio, quanto mi sei mancato!... E perché ti vedevo baciare ragazze in continuazione?"

"Sono stati solo due baci Artù. Il migliore a tubare con le ragazze siete sempre stato voi."

"Mi sono sentito spesso solo. Ma Sofia e Vivian non mi sono mai interessate."

"A vedervi non sembrava."

"Eri geloso?"

"Molto, e voi?"

"Ero risentito, deluso... sì, ero geloso!"

 

Merlino abbassò il capo e mormorò: "Ora cosa vorreste fare?"

"Quello che vuoi tu. Non credo tu sia alla prima esperienza."

"Veramente... sì"

"Non ci credo!"

"Ci sono stati due uomini che si sono proposti e io stavo per accettare, ma poi non c'è stato nulla!"

"Come mai?"

 

"Il primo era un nobile signore, maturo, molto affascinante, ma quando mi offrì dei soldi, me ne andai offeso.

Il secondo era un giovane come me, bello per giunta, ma mi propose pratiche decisamente insolite e utilizzava un linguaggio così volgare che sono scappato come un coniglio!"

 

"Oh, Merlino, quanto avrei voluto vedere la tua faccia, in entrambi i casi!" rise il re, che cominciò a nuotare attorno a Merlino neanche fosse stato uno squalo. "Comunque sei un tipo difficile, Merlino, e anche esigente!"

"Non avevo scelta. Ho semplicemente seguito l'istinto!"

"E in questo momento cosa ti dice l'istinto?"

"... Di scappare come un coniglio!" Artù scoppiò a ridere un'altra volta e tornò di fronte al suo servo.

"No, ti prego. Non scappare da me!"

"Ma se vi deludessi, voi tornereste a Powis e non credo che sarei più in grado di sopportarlo."

"Sei l'uomo più coraggioso che abbia mai conosciuto: non vuoi usare questo coraggio con me, per me?"

"L'ho sempre fatto!"

"Ti chiedo di usarlo, ora, per noi!"

"La mia risposta é... sì!" disse solenne il servo.

"Non voglio illuderti, ma mi sento di dirti che non te ne pentirai. Farò in modo che non succeda. Voglio trattarti con rispetto, tenerezza e passione. Come tu meriti!"

"Anch'io voglio farvi stare bene, Artù!" sussurrò commosso il servo.

"C'è una cosa che non ti ho mai detto e che voglio dirti adesso: io ti trovo bellissimo!"

Merlino stava per replicare quando Artù cercò le sue labbra nel buio. E il servo seppe, ancora prima di incontrare le sue, che non avrebbe più potuto farne a meno. La notte e l'acqua erano la cornice ideale di quel momento meraviglioso.

 

Merlino lo baciò con tutto il calore possibile. Cominciava a non capire più bene cosa stesse succedendo. Sentiva solo il sapore di Artù nella sua bocca. Avrebbe dato al re tutto ciò che voleva e avrebbe preso per sé tutto quello che poteva, come il dono più grande mai avuto.



 

EPILOGO



 

Merlino uscì fuori velocemente dalle stanze di Artù e richiuse la porta alle sue spalle. Nel corridoio c'era Nimueh, che lo fissava con due occhi enormi.

"Nimueh, ciao. La guardia mi ha detto che mi cercavi!"

"Ma, cosa ti é successo? Sei tutto rosso, spettinato e hai la camicia a rovescio!"

"Sì, Nimueh." Merlino era molto agitato e non sapeva più cosa dire.

"Ma cosa stavi facendo? Lavori pesanti?"

"Beh, sai com'è il re! Lui é molto severo a volte"

"Ti stava punendo?" chiese Nimueh cercando di alzare la camicia sulla schiena di Merlino per vedere se ci fossero dei segni, ma il ragazzo gliela strappò via dalle mani, con poco garbo.

"In un certo senso..." e Merlino serrò le labbra per nascondere un sorriso.

"Ti ha frustato?"

"No, ma ci sono modi più subdoli per punire qualcuno!"

"Stai dicendo che..."

"Sì!" rispose Merlino senza avere un'idea di cosa la ragazza intendesse.

"Ma allora é per questo che non ti sei fatto più vivo!"

"Sì, lui mi ha imposto di non vederti più. Mi ha minacciato. É geloso di te. Mi dispiace che tu abbia dovuto scoprirlo così!"

"Oh, povero Merlino. Ti prego, fa qualcosa. Scappa! Non credevo che Artù fosse un tale bruto! Che egoista e che sadico! Ma tu come stai?"

"Io sono abituato ormai" disse il ragazzo a capo chino "anche il mio precedente padrone era così. E scappare non serve, credimi"

"Ma, la tua vita? E io?"

"Io vivrò del bellissimo ricordo del nostro incontro e del nostro primo bacio. Ma voglio che tu vada avanti con la tua vita!" Nimueh si mise a piangere.

"Voglio che tu incontri un altro uomo che possa amarti come a me é stato impedito di fare. Io starò bene. Non devi preoccuparti per me. So come evitare le punizioni peggiori. Ma ti prego di non dire nulla, mai, a nessuno. Se Artù lo scoprisse mi ucciderebbe, lo so, e temo, purtroppo che potrebbe fare lo stesso con te!"

"Te lo giuro, Merlino, non lo dirò, mai! Mi dispiace!" e corse via spaventata.

Merlino tornò in camera sospirando sonoramente.

 

'Sono quasi meglio di Freya, come attore' pensò.

Artù era sdraiato, rilassato e nudo. Lo guardava serio. "Ti ho sentito sai, Merlino?"

"No, non é possibile!"

"Se appoggi l'orecchio alla porta, é possibile!"

"Avete origliato?!"

"Tanto ormai non hai più segreti per me!"

"Allora, cos'altro avrei dovuto dirle?"

"Te la sei cavata bene, anche se mi hai fatto passare per un tiranno e un maniaco sessuale e anche un assassino!"

"Scusate Artù, ma almeno non parlerà!"

"Ora però devi venire qui, perché essendo io un terribile sadico, devo punirti nel modo che meriti."

Merlino sorrise e andò verso di lui, sentendosi meno tranquillo di quello che appariva.

"Che sarebbe?"

"Indovina?"

"Devo preoccuparmi?"

"Direi di... no. Intanto spogliati e raggiungimi subito. Devi recuperare tutti i baci che mi hai fatto perdere negli ultimi minuti."

Merlino sorrise intenerito. "E poi?"

"Poi... te lo dico dopo. A freddo potresti rimanere... stravolto!"

















 

* frasi tratte da "Il Gattopardo" di Tomasi di Lampedusa

 

Ciao. Ho capito ora, perché aleggia questa tristezza in questa fic che dovrebbe essere leggera. Li ho lasciati soli. Senza i cavalieri o Gaius. Senza nemmeno Morgana o Uther. Poveri!

 

Un abbraccio.

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Capitolo 4
*** Redenzione ***


Rating: Arancione

Genere: Angst, Drammatico, Erotico, Introspettivo

Tipo di coppia: Slash, Crack pairing 

Note: Hurt/Confort, Missing moments, What if?

Avvertimenti: Bondage, Contenuti forti, Violenza

Contesto: quarta stagione

 

16.813 parole

 

 

REDENZIONE












 

 


Artù era sdraiato nel suo letto. Si era rigirato una miriade di volte per trovare la posizione giusta, ma non riusciva a prendere sonno. Era ancora presto ma aveva bisogno di addormentarsi prima possibile, per poter spegnere quel pensiero fisso, quell'idea che l'aveva ossessionato tutto il pomeriggio e che ora, al buio, aveva assunto contorni mostruosi, dove il mostro non era una strega malvagia o una creatura orripilante, ma era lui!

 

Avrebbe voluto urlare!

 

Aveva bevuto molti calici di vino, per non impazzire e cercare di annebbiare il cervello, ma anche così, il sonno non veniva.

Avrebbe voluto chiamarlo così forte da farlo correre fin lì, per poterlo guardare negli occhi, per fargli capire quanto fosse dispiaciuto.

 

Dentro la testa la confusione e gli orridi pensieri rischiavano di minacciare anche la sua salute fisica: la testa gli doleva insopportabilmente e aveva la nausea forse a causa del vino, forse perché non era riuscito a mangiare niente.

 

La cosa peggiore, però era quella sensazione di pesantezza al petto, unita alla difficoltà di respirare: sembrava che l'aria entrasse nel suo corpo ma non fosse sufficiente a soddisfare il suo bisogno di ossigeno.

 

E aveva avuto il coraggio di non farsi trovare a cena! Quale coraggio? Si sentiva un codardo, il che era una novità per lui che mai lo era stato prima in vita sua. Una novità scomoda e sconvolgente.

 

Avrebbe voluto chiedergli perdono, avrebbe voluto che lo perdonasse, che gli sorridesse in quel suo modo unico, che gli dicesse che era tutto a posto, dimenticato e che per lui non era cambiato niente!

 

Ma questi erano solo pii desideri. Il ragazzo si era fatto più deciso, più duro, nell'ultimo periodo e anche questo per colpa sua.

Artù lo aveva trattato a volte con insofferenza, a volte con freddezza e altre volte, con un'ira ingiustificata e crudele, umiliandolo ad ogni occasione. Il giovane aveva provato a buttarla sul ridere in quei primi tempi bui del loro rapporto, che fino ad allora era stato così complice e, ora poteva dirlo, così felice.

 

Ma quello era prima, perché Artù ora trovava i modi più sottili per ferirlo, ogni volta che erano insieme. L'umorismo, cui era sempre ricorso con il suo servo irriverente, ora era diventato una lama di sarcasmo, per infliggergli dolore, il più bieco e profondo possibile. Il valletto aveva provato a difendersi a suo modo da quegli attacchi continui: si era chiuso a riccio e il suo viso, così naturalmente solare ed espressivo, in presenza di lui assumeva l'immobilità di una sfinge. I suoi occhi lo rifuggivano pedissequamente e Artù non sopportava nemmeno questo. 

Lo infastidiva tutto di lui: quello che in passato aveva apprezzato del suo servo, ora gli appariva ridicolo, futile, quando non apertamente detestabile.

 

Come poteva anche solo pensare che sarebbe finita bene!? Quello che gli aveva fatto quel pomeriggio davanti a tutti era stato orribile. E Merlino non avrebbe potuto perdonarlo. Non questa volta!


Dei, l'aveva colpito. Così forte! Con tutta la forza che aveva. Aveva colpito quel viso così delicato, così fragile, come fragile era tutto di Merlino. Il suo corpo esile. Il suo cuore sensibile. Come aveva potuto colpirlo così?

Lui era da sempre il suo servo più fidato, il suo suddito più entusiasta ed era suo amico.

 

Quando ne avevano parlato, quando avevano esplicitato il reciproco sentimento di amicizia intensa e profonda che li legava, nonostante non fosse contemplato dalle leggi del decoro, per via del loro status così diverso, Merlino gli era sembrato emozionato, meravigliato e visibilmente felice. Per la prima volta il re era riuscito a vederlo completamente raggiante e anche un po' commosso. Sì, perché Artù gli aveva detto:

"Per me, non sei solo il mio valletto o il mio aiutante. Io credo che tu lo sappia. Voglio che d'ora in poi tu mi consideri un amico, proprio come io considero te."

Erano passati così tanti mesi da quel giorno fausto.

E ancora gli sovvenne quella volta, qualche tempo dopo quel primo chiarimento, quando Merlino gli confidò: "Se voi foste un servo come me oppure se io fossi un re, insomma se fossimo alla pari, io non vi considererei solo un buon amico, Artù, ma semplicemente il migliore amico che abbia mai avuto." 

Al che Artù con il cuore pieno d'affetto gli aveva risposto:

"Sono ormai stanco di queste convenzioni che ci dicono cosa dobbiamo fare o chi dobbiamo essere. La mia vita intera é regolata, lo sai, da veti, obblighi di ogni tipo ma non possono regolare anche i miei sentimenti e i miei pensieri.

Vogliono decidere di chi devo fidarmi, con chi fare la guerra, con chi fare l'amore, di chi essere amico.

I miei cavalieri sono uomini eccezionali: sono più che amici, più che fratelli e darei la mia vita per loro, come loro la darebbero per me. Ma quando penso a una persona con la quale aprirmi e sfogarmi, arrabbiarmi e ridere; quando penso a qualcuno che vorrei avere sempre accanto perché mi fa stare bene, mi comprende, mi accetta e mi ama come sono, mi vieni in mente sempre tu. Solo tu, Merlino."

Quando Artù si era girato per guardarlo, si fece scappare una tenera risata, perché il suo amico non era solo commosso. Merlino aveva il viso inondato di lacrime.

 

"Ma che fai?" sorrise il re.

"Ho... della polvere negli occhi!" farfugliò Merlino.

"Ma per piacere!... La polvere... A chi vuoi darla a bere!?"

Artù tirò fuori un fazzoletto e con quello gli strofinò tutto il viso, come se avesse a che fare con un bimbo incandelato, con Merlino che cercava di schermirsi in qualche modo. 

 

Una volta ripresosi, strappò di mano al re, il fazzoletto bagnato e se lo mise in tasca.

"Vuoi tenerti il mio fazzoletto per ricordo come fanno i cavalieri con le dame?"

"Sì, ma solo perché la dama siete voi! Non credo però esistano abiti femminili in grado di contenervi: potete giusto provare a chiederne qualcuno alla cuoca."

 

"Merlino, la nostra amicizia non é ancora iniziata, che sta già per finire." disse Artù trattenendo un sorriso.

"No, io non credo che finirà mai, almeno che non siate voi a volerlo!" gli disse guardandolo intensamente.

Artù gli diede un piccolo pugno sulla spalla.

 

"Quindi posso considerarti il mio migliore amico?" e lo guardò con sguardo malizioso e divertito al contempo.

"Oh, sì! Non vedo l'ora di dirlo a tutti!" rispose il servo esageratamente estasiato.

"Se vuoi fallo pure, ma non ti crederanno!"

"Artù, scherzavo! Non ho nessuna intenzione di dirlo. Non sono mica come voi!"

"Attento! Non esagerare caro il mio migliore amico."

"Sarà il mio segreto. Ve lo giuro sul mio onore!" Merlino si mise una mano sul cuore, facendo un lieve inchino con la testa, con fare fin troppo ossequioso.

 

"Allora diciamo che sarà il nostro segreto! Anche perché altrimenti, potresti essere invidiato da molti!"

"La vostra modestia mi commuove, maestà!"



 

Artù sorrideva, ripensando a quei momenti e a tanti altri passati con Merlino: ricordi semplici ma che gli riscaldavano il cuore. 

Cercava di convincersi che la loro amicizia, così unica e speciale, avrebbe superato anche quello scoglio. Non poteva lasciare che finisse così! Doveva almeno provare a parlargli e se Merlino non avesse voluto ascoltarlo, avrebbe insistito: non si sarebbe arreso e non avrebbe lasciato niente di intentato.

 

Quando invece gli tornarono in mente i ricordi della giornata appena trascorsa, provò nuovamente vergogna e dolore e un senso di amara sconfitta si impadronì di lui.

 

Quel pomeriggio erano in tanti alla presentazione dei nuovi cadetti, che erano una quarantina in tutto. C'erano le famiglie dei cadetti e i loro amici. C'erano i cavalieri e molti curiosi. C'era anche Merlino, mentre il re stava combattendo con Leon in un duello di parata. Niente di nuovo: i colpi più spettacolari, molta maestria nell'arte della spada e sicuramente un po' di scena...

 

Artù come sempre era in vantaggio ma nel muoversi lateralmente era inciampato su una zolla di terra in modo assai rocambolesco e un po' goffo. Merlino non era riuscito a non scoppiare a ridere. Il resto del pubblico però era rimasto in perfetto silenzio per cui si sentiva solo questa risata che alle orecchie di Artù era suonata particolarmente beffarda e offensiva. In mezzo a quel silenzio, la risata di Merlino ingigantiva i sentimenti di sdegno e umiliazione che il re già provava per la caduta.

Artù si era tirato su da terra, lanciando la spada per terra dalla stizza e si era avvicinato con falcate veloci, al suo servo, il quale non fece in tempo a dire: "Artù, scusat..." che fu colpito da un manrovescio tale che prima abbagliò Merlino di una luce bianca e dopo lo accecò di oscurità.

 

Senza un lamento, Merlino cadde a terra come un sacco vuoto.

 

Si sentì qualche voce dire:

"Ben gli sta!"

"Così impara!"

"Vattene a casa ragazzo!"

"Ci vuole rispetto!"

E ancora: "Ben fatto, maestà!" E ci fu pure un accenno di applauso che Artù stoppò sul nascere, sventolando una mano, nervoso!

"Leon riprendiamo!" E nessuno fece caso più di tanto a Merlino, se non i cavalieri che lo seguivano con sguardo preoccupato.




 

Merlino era nella sua stanza, distrutto nel corpo e nell'animo e stava ripercorrendo per l'ennesima volta lo stesso doloroso ricordo di Artù, ma dal suo punto di vista.

 

Dopo il colpo ricevuto, si era nascosto il volto con una mano e camminando a fatica, se n'era andato, tutto scombussolato, sbandando in qua e in là, fino al laboratorio di Gaius. 

 

Piangeva, non per il dolore ma per l'umiliazione, ma quando le lacrime solcarono lo zigomo ferito, sentì il volto bruciare come il fuoco.

'Il solito permaloso! Il solito zuccone!' provò Merlino a sdrammatizzare con sé stesso, ma si sentì solo stupido e patetico. Questa volta non poteva giustificare il comportamento di Artù.

 

Adesso ci penserà Gaius a prendersi cura di me e tornerò come nuovo in men che non si dica. Ma quando entrò nel laboratorio, Gaius non c'era e Merlino ricordò: 'No! É vero! É partito!'

 

Sua cugina era malata e il vecchio cerusico era partito per cercare di aiutarla.

'E adesso? Niente buona cenetta, niente cure, niente tisana' e iniziò a singhiozzare disperato.

Non era certo per quelle cose che piangeva. Aveva solo bisogno di avere accanto una persona cara che gli facesse sentire il suo affetto, perché si sentiva spaventosamente sbagliato e solo.

L'altra persona su cui tanto contava e alla quale teneva più della sua vita, era quella che l'aveva appena colpito, con talmente tanta cattiveria, che per poco non aveva perso i sensi. Ed era il suo migliore amico.

 

'Ormai non più. É finito tutto!'

 

Si sdraiò sul letto, incurante del dolore al viso e dopo aver pianto tutte le sue lacrime, si addormentò spossato.

Quando aprì gli occhi, fuori era già buio. Accese qualche candela e andò a guardarsi nell'unico specchio, in camera di Gaius.

Quando si vide sussultò di sorpresa e orrore. 

 

Se ne rendeva conto solo ora. Non era solo colpa della forza che Artù aveva impresso nello schiaffeggiarlo, ma anche dei guanti che usava durante i duelli. Erano ruvidi, spessi, solcati da grosse cuciture in rilievo ed erano rinforzati all'altezza delle nocche da strati di pelle robusta e da cuciture ancora più spesse. Il risultato era terrificante. 

 

L'occhio era talmente gonfio da risultare praticamente chiuso, di un colore tra il viola e il marrone, sia nella palpebra superiore che sotto.

Lo zigomo tumefatto era di color rosso vivo e solcato da profondi graffi che percorrevano l'intera guancia fin quasi al naso. C'erano abrasioni di colore nero anche sulla tempia e su una parte della fronte. La ferita principale sullo zigomo, subito sotto l'occhio, perdeva ancora sangue e acqua.

 

Merlino cercò di pensare al modo migliore di prendersi cura di sé. Pensò a cosa avrebbe fatto Gaius per farlo stare meglio e pensò a cosa avrebbe fatto sua madre. Voleva prendersi cura di sé per loro, anche se non potevano essere lì con lui. Pensare al loro affetto lo fece sentire un po' meglio.

 

Preparò un unguento a base di erbe che tenne in posa a lungo; si cucinò una minestra calda e cercò di mangiarne almeno un po'. Aveva lo stomaco chiuso e non se ne stupì troppo. 

Poi si sedette a bere un infuso di erbe e miele e ne trasse un certo giovamento.

 

Cosa avrebbe fatto adesso? Non voleva rivedere Artù, a nessun costo, ma avrebbe dovuto portargli la cena.

 

Era arrabbiato, sì, ma era più che altro avvilito e deluso. La domanda che gli frullava in testa era: 'Perché?'

Non era la prima volta che Merlino scoppiava a ridere di Artù, per una defaillance simile a quella successa nel pomeriggio. E il re normalmente gli aveva risposto ridendo a sua volta o al massimo urlandogli una parolaccia. Una volta sola ricevette un calcio nel sedere. Niente di che.

 

'Ma oggi c'era qualcos'altro dietro... Chi voglio prendere in giro? Sono settimane che Artù mi tratta come una pezza da piedi! É successo qualcosa che lo ha cambiato nei miei confronti. Perché mi odia?'

 

Merlino tirò fuori il vecchio mantello azzurro per coprirsi il volto con il largo cappuccio e si diresse in cucina con non poche difficoltà, perché inizialmente nessuno lo riconosceva. Prese la cena e andò nelle stanze del re. Aveva paura di trovarselo di fronte e quando vide che non c'era, si sentì molto sollevato.

 

Lasciò la cena sul tavolo e già che c'era gli preparò il letto per la notte, così forse non sarebbe dovuto tornare per farlo.

Quando tornò si sedette sfinito. Doveva prendere una decisione: voleva allontanarsi da Artù. Per quanto tempo? Un mese, forse due, forse... di più?

 

Avrebbe scritto a Gaius una lettera, dove gli spiegava di sentire il desiderio di rivedere sua madre e che sarebbe tornato appena avrebbe potuto. 

Ripensandoci era un bene che Gaius non l'avesse visto così conciato. Se avesse saputo che era stato Artù, il vecchio avrebbe sofferto doppiamente.

 

L'idea era quella di partire l'indomani mattina presto, ma voleva prima capire come sarebbe andata la notte. Forse il giorno dopo non sarebbe stato in forze per partire subito. Per sicurezza però preparò la sacca con tutto il necessario per il viaggio.

Era piuttosto tardi e Merlino decise di prendere un bagno prima di coricarsi. Si sentiva i piedi e i capelli pieni di polvere e di terra. Inoltre sperava che il lavarsi potesse sciacquare via anche le brutte sensazioni della giornata.




 

Artù aprì la finestra di camera sua e si affacciò per cercare di respirare meglio. Non riusciva a non pensare. La crudeltà mostrata contro Merlino, quel pomeriggio, era stato un colpo anche per lui. Non credeva che sarebbe mai arrivato a tanto, anche se nell'ultimo periodo aveva passato molti momenti di grande rabbia a causa dell'amico.

 

Anche se Merlino aveva fatto quello che aveva fatto, lui non aveva il diritto di usargli violenza in quel modo.

Artù aveva finalmente capito il motivo di quella sua collera furiosa: non riusciva a scordare quello che era successo alla festa dei Saturnali. In realtà avrebbe dovuto capirlo molto tempo prima, ma non riusciva ad accettare il senso di quelle emozioni provate, così strane e destabilizzanti.



 

2 mesi prima



 

Artù si stava divertendo un mondo! Forse la festa dei Saturnali era da sempre la sua preferita e come ogni anno avveniva in corrispondenza del terzo plenilunio.

Tutti in maniche di camicia, re e cavalieri compresi, che potevano mischiarsi meglio in mezzo al popolo.

Tanto mangiare, tantissimo bere, musica, balli e molta allegria. Il ballo era normalmente non consentito agli uomini, ma in qualche rara occasione, come appunto quella, era concesso loro di ballare.

Del gruppo di Artù, facevano parte i cavalieri, ma anche Merlino e Morgana.

La ragazza poco prima aveva irretito una mezza dozzina di giovani contadini e ballava insieme a loro, a piedi nudi, come una gitana sensuale e ribelle ed era controllata a vista da Leon e da Gwaine.

Merlino stava parlando con un suo collega e più precisamente con un giovane servo che, più di tre anni prima, cioè la mattina in cui Artù e Merlino si conobbero, faceva da involontaria cavia al re che gli lanciava coltelli, mentre lui correva con un bersaglio addosso. Si chiamava Walden* ed era decisamente maturato da allora.

Gli altri cavalieri continuarono a bere e a ridere sgangheratamente, per molto tempo e Merlino non si vedeva già da un po'.

Artù stava cercando un posto solitario dove poter fare la pipì e andò nel retro di una grande casa colonica, per espletare in pace le sue funzioni.

Si stava risistemando, quando sentì chiaramente una voce vicina, mormorare:

"Io voglio di più!"

Artù dallo spaventò fece un balzo sul posto e pensò per un attimo di trovarsi vicino a un gruppo di ladri che si stessero spartendo il bottino della serata.

"Che intendi dire?" domandò una seconda voce.

"Lo sai benissimo!" rispose la prima.

"La mia risposta é sì... sì... Sì!"

Artù impallidì al buio: 'No, decisamente non sono ladri!' e pensò che qualcosa non quadrasse: le voci sicuramente provenivano dal fienile che aveva di fronte ma sembravano proprio quelle di due uomini.

Fece per sgattaiolare via, quando avvertì chiaramente la frase: "Merlino, spogliati, ti prego!"

Artù smise di respirare: 'Merlino?' 

Quanti Merlino potevano esserci a Camelot? E si affacciò da dietro una colonna. Voleva capire. Doveva vedere che non si trattasse proprio del suo servo. Da quell'angolazione non vedeva un accidente e il più silenziosamente possibile entrò e si avvicinò ad una apertura simile a una finestra, posta dietro di loro e si affacciò guardando in basso.

Illuminata da un fascio di luce della luna piena, Artù vide una scena che non avrebbe mai voluto vedere e che non avrebbe mai più potuto dimenticare.

C'erano due uomini, nudi, che si baciavano e che, probabilmente (non ne capiva granché) facevano l'amore con una passione che Artù trovò 'scandalosa'. La cosa che maggiormente lo sconvolse fu il fatto che quella situazione sembrasse comunque abbastanza naturale, e volendo persino un po' intima, il che non poteva essere! Nel senso che non sembravano poi così diversi da una coppia uomo-donna. E proprio come per una coppia uomo-donna, la visione sembrava essere come minimo... seducente.

'Seducente?'

Quando la nuca dell'uomo sopra si spostò, riconobbe Walden e le possibilità che l'altro fosse proprio il suo servo, si moltiplicarono a dismisura, ma lui non voleva ancora crederci.

I due uomini gemevano, si accarezzavano, si muovevano e Artù fu sul punto di lasciar perdere e di andarsene: Walden e 'quel' Merlino potevano fare ciò che gli pareva, ma lui non voleva guardarli più.

Gli venne un'idea. Se non avesse funzionato sarebbe andato via a rotta di collo. Lanciò un piccolo sasso all'interno del fienile, nella parte opposta a quella in cui si trovava e attese la loro reazione.

Entrambi i ragazzi si misero a sedere, spaventati e si coprirono le nudità immediatamente con la paglia. Uno dei due urlò: "Chi é là?"

Artù, nascosto nell'ombra, non muoveva un muscolo e trattenne il respiro.

E finalmente lo vide!

Quel Merlino, oh, dei del cielo, era proprio il 'suo' Merlino, con i suoi occhi blu atterriti, i capelli sparati in aria e il fiatone che gli faceva alzare e abbassare il petto velocemente.

Artù si tappò la bocca con una mano per evitare di emettere suono. Dopo un'attesa che al re parve interminabile Walden abbracciò Merlino. "Sarà stato un gatto o un topo..." disse al compagno ricominciando a baciarlo, ma si vedeva che il servo non era tranquillo e fermava Walden ogni volta che si riavvicinava. "Non lo so. Ho una brutta sensazione!" rispose Merlino.

Artù muovendosi più silenziosamente che in una sortita di guerra, riuscì ad uscire e una volta fuori cominciò a correre con tutta la furia possibile. Perché si sentiva così? Tradito, arrabbiato, turbato! 

Si sentiva come se avesse sorpreso Merlino in flagrante adulterio, dove lui era... il cornuto. 'Ma cosa m'importa cosa fa Merlino del suo corpo! Può darlo a chi vuole e prendersi ciò che gli pare' ma era una bugia come un'altra, per fingere che non gli importasse. Non capiva perché per lui fosse così doloroso: sarebbe stato diverso se l'avesse 'beccato' con una ragazza? Forse no. Ma così gli sembrava il peggio possibile. Era quindi maggiormente geloso perché stava con un uomo? Era disgustato dai suoi gusti sessuali? Sicuramente non se l'aspettava ed era scioccato, ma credeva di no. Era seccato perché non gli aveva mai detto niente? E quasi sorrise perché... un conto era saperlo, un conto era assistervi in prima persona. Gli sembrava che gli scoppiasse la testa! Ma dov'erano finiti tutti gli altri?

Non ebbe la forza di cercarli. 'Meglio di no! Chissà che non mi trovi davanti Elyan e Gwaine che si sbaciucchiano o Leon con Percival nudi che ci danno dentro!' e si lasciò scappare una risata squillante ma forse anche un po' isterica.

Si sedette a un tavolo e ordinò da bere, da solo, come uno dei tanti tristi beoni che aveva visto quella sera nonostante la festa intorno a loro..

Nessuno lo raggiunse, bevve in maniera smodata e si addormentò con la faccia sul tavolo.

 

Fu svegliato in piena notte da Leon che preoccupato per averlo trovato conciato in quel modo, si fece aiutare per accompagnarlo in camera.

 

La mattina dopo Merlino si presentò nelle stanze del re, con il suo solito genuino sorriso: aveva aiutato Artù ad andare in bagno, gli aveva sorretto la fronte mentre vomitava l'anima, lo aveva aiutato a riprendersi facendogli bere un cucchiaino d'acqua ogni tre minuti, per ore.

Artù non aveva la forza di dirgli niente; si assopiva in continuazione per poi risvegliarsi sussultando subito dopo.

Merlino sorrideva paziente: "Avete la febbre alta, maestà! La prossima volta é meglio che teniate addosso l'armatura o almeno il mantello. Ieri sera vi ho cercato in continuazione senza trovarvi."

'Che razza di bugiardo!' pensava Artù, ma la voce non gli usciva.

"Mi dispiace che per voi non sia stata una bella festa. O mi sbaglio?"

'In compenso lo é stata per te, però!' pensava Artù, acido. E Merlino continuava, ignaro:

"Non avete mai bevuto così da quando vi conosco" disse imboccando Artù con l'ennesimo cucchiaino d'acqua. "Si può sapere cosa vi è successo?"

Artù non ne poté più: con una mano diede un colpo al cucchiaino che volò sul letto e con l'altra afferrò la ciotola dell'acqua dalle mani del servo, scagliandola contro la parete e mandandola in frantumi. Merlino si alzò in piedi mezzo sconvolto e Artù si accucciò di lato nel letto, dandogli le spalle, coprendosi con la coperta fino alle orecchie.

Merlino si chinò ad asciugare il pavimento e uscì silenziosamente. Il re voleva essere lasciato solo.

Per tutto il giorno Artù ripensò al fienile, a Merlino, Walden e non riusciva a capacitarsi.

'Sono fatti suoi se gli piace baciare gli uomini, se gli piace...!' Non riusciva neanche a pensarlo.

Artù sapeva che i pederasti erano sempre esistiti, se ripensava ai Greci e ai Romani che aveva studiato anni prima. Non li amava, ma neanche li odiava. Si era sempre considerato abbastanza moderno rispetto agli altri su questo.

Non facevano male a nessuno; certo non dovevano avvicinarsi troppo a lui, ma per il resto, contenti loro...!

Eppure Merlino non era mai stato distante da lui, nemmeno quando prendeva il bagno e gli stava di fronte, nudo. Il suo servo avrebbe potuto essere eccitato, ma non se n'era mai accorto. Merlino non gli aveva mai fatto capire nulla. 'Forse neanche gli piaccio! Non é perché uno é pederasta che gli piacciono tutti gli uomini. A me piacciono le donne ma mica tutte!' Questa conclusione acuì la sua rabbia e quella feroce gelosia, della quale Artù non era ancora venuto a capo.

Merlino dunque aveva scelto Walden: un perdente! Carino ma assolutamente privo di carisma e personalità. 

Per un momento ebbe un pensiero piacevolmente crudele: far licenziare Walden e rivelare alla corte le tendenze del suo servo. Se non fosse morto per le frustate, sarebbe andato al patibolo.

Ma nonostante la rabbia, Artù non l'avrebbe mai fatto. In realtà preferiva tormentare Merlino a modo suo.

 

Ed era esattamente quello che aveva fatto giorno dopo giorno. 



 

Artù si riscosse. Il giorno dopo la festa dei Saturnali era stato uno dei giorni più terribili della sua vita. Anche se questo appena passato era stato ancora peggio.

Indossò gli stivali e una camicia e senza pensarci troppo si incamminò a passo veloce verso il laboratorio di Gaius.

Quando vi giunse si avvide che era tutto buio: Gaius non c'era e se ne ricordò solo in quel momento. Cosa faceva Merlino? Dormiva? Non importava. Lo avrebbe svegliato.

Quando si avvicinò, si accorse di un lieve bagliore che filtrava dalla porta accostata della stanzetta del suo servo. Si avvicinò e rimase a bocca aperta: Merlino dava le spalle alla porta, nudo, con le gambe a mollo fino ai polpacci dentro una bacinella, troppo piccola per sedercisi dentro e con una brocca prendeva l'acqua e se la versava sulla testa, sulle gambe e sulle braccia. Rimase un po' a guardarlo: Merlino era molto bello! Era la prima... la seconda volta che lo vedeva nudo, ma solo in quel momento se ne rese conto: non se lo sarebbe mai immaginato così incantevole. Stava per andare via quando Merlino si girò verso di lui e lo guardò attraverso lo spiraglio della porta. Come aveva fatto a vederlo?

'Che mi stesse aspettando?' si chiese ansioso Artù. Aprì adagio la porta e si fermò. Nella semioscurità non vedeva chiaramente il volto del servo. Intravedeva la sua espressione fredda e percepì nettamente il disagio del ragazzo nel trovarsi nudo di fronte a lui: fece infatti il gesto di coprirsi con le mani, ma poi desistette, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.

Quando Artù si fece avanti, rimase immobile a occhi sbarrati, non appena vide quel volto. 'Oh, dei!' pensò con orrore. 

Quello che aveva davanti a lui non era il risultato di uno schiaffo, ma di una tremenda furia animale che aveva orrendamente sfigurato il bellissimo viso del suo valletto. Artù aveva voglia di piangere. Si avvicinò come se non potesse farne a meno, gli pose delicatamente una mano dietro la testa e l'altra sul braccio e appoggiò il suo viso contro quello martoriato del suo servo, le labbra di Artù poggiate all'angolo della bocca di Merlino, come per caso. Non fu un bacio, ma per certi versi entrambi lo percepirono come qualcosa di ancora più intimo. Merlino rimase fermo e impassibile.

"Che volete Artù?"

"Volevo chiederti perdono!"

"Vi perdono, ma sapete meglio di me che lo schiaffo di oggi non era per la risata" disse serio.

"Cosa vorresti dire?"

"Spiegatemelo voi, sire. Siete voi che siete cambiato nei miei confronti"

Di nuovo Artù si soffermò a guardarlo. Nudo sembrava ancora più fragile, ancora più indifeso ed ora che lo aveva vicino pensò che fosse un uomo incredibilmente attraente, sia per la bellezza del suo corpo appena scoperta ma soprattutto per ciò che il ragazzo significava per lui. 

Il re aveva avuto molte donne. Nessun uomo per quanto bellissimo o formidabile combattente o geniale per intelligenza, gli aveva mai smosso altro che stima, ammirazione e al massimo un senso di emulazione.

Merlino andava oltre tutto questo: per lui, Artù aveva sempre provato sentimenti importanti, un forte istinto di protezione e un attaccamento quasi ossessivo. Dopo quella sera al fienile, Artù si era ritrovato invece in balìa dei sensi e il forte desiderio che ora provava unito alla feroce gelosia avevano fatto sì che esplodesse. Voleva distruggere quei pensieri e quei sentimenti; non erano da lui; erano osceni! E voleva distruggere Walden e sé stesso e anche Merlino... Ora gli era chiaro perché l'avesse colpito!

"Non potete dire di non essere radicalmente diverso da prima con me!"

"Sì, é vero, ma... "

"Eravamo ottimi amici, Artù. Poi é successo qualcosa. Io adesso sento solo il vostro rancore, la vostra ira quando non addirittura il vostro disprezzo, come oggi!"

"Avresti potuto dirmelo!"

"Che cosa?"

"Avresti dovuto dirmi che sei un... pederasta"

Merlino boccheggiò per un attimo: "É questo il motivo del vostro odio?"

Il ragazzo non era poi così tanto stupito: "Eravate dunque voi nel fienile quella sera!?"

"Già! Mi scappava la pipì."

A Merlino scappò una risata nervosa poi uscì dall'acqua senza neanche asciugarsi e si mise un panno legato attorno ai fianchi.

"Mi avete smascherato in questo modo? Mi dispiace che abbiate dovuto scoprirlo così! Non sono riuscito a dirvelo ma poi, cosa avrei potuto dirvi, Artù? -Mi fate conoscere qualche vostro amico piacente? -"

"Non essere ridicolo!"

"Sapete cosa fanno a quelli come me. Nel migliore dei casi voi avreste mantenuto il segreto, ma non mi avreste mai più guardato allo stesso modo."

"Questo non puoi saperlo."

"Si avvicina molto a quello che é successo!"

"Ero sconcertato, ma ho reagito male. Con quanti uomini sei andato, Merlino?"

"Se proprio vi interessa sono stato solo con Walden."

"Tu guarda il caso", disse Artù sarcastico e scettico "l'unica volta in cui sei stato con un uomo é stata proprio quella in cui ti ho beccato!"

Merlino sentì l'astio aumentare dentro di sé e rispose per ferire.

"Ho detto solo con uno, non ho detto l'unica volta!"

"Quindi non puoi incolpare la luna piena o il vino o l'aria di festa di quella sera. Voi due state proprio insieme!"

"Non stiamo insieme, solo che é successo di nuovo."

Artù cominciava a vedere verde dalla gelosia. 

"Dunque, lo ammetti, sei innamorato di lui?"

"Sono anni che Walden é invaghito di me (e credo sia colpa vostra). Walden é un bravo ragazzo e mi ama, ma purtroppo non sono innamorato di lui."

Artù era frustrato e strinse i pugni fino a infilarsi le unghie nella carne: "No? E allora, perché vai a letto con lui?"

"Per lo stesso motivo per cui voi andate a letto con le vostre serve!"

"Non con le serve! É successo solo con Gwen e sai che é già finita!"

"Anche se l'amate ancora!"

"No, non é vero! Io l'amavo ma poi mi ha tradito, cosa avrei dovuto fare? Tu invece sai già di non amarlo, ma ci vai lo stesso!"

Merlino aveva gli occhi lucidi e la voce poco ferma: "Siete bravo a sputare sentenze voi. E tutte le altre donne che avete avuto prima di Gwen? Le amavate tutte? E non rispondetemi che voi siete il re e quindi potete e gli altri no."

Il principe si ritrovò a non saper cosa ribattere e tacque.

"Voi credete di sapere tutto di me e invece non sapete un bel niente! Ho 24 anni, Artù, e non ho mai incontrato nessuno da amare finora. Quando ho amato non ero riamato e viceversa. E quelli come me non vanno in giro con la scritta "pederasta" sulla schiena; voglio dire che per noi non é facile riconoscersi; non siamo molti e abbiamo paura. Sono ormai così rassegnato che sto prendendo in considerazione l’idea di rimanere accanto a Walden per un lungo periodo, forse per sempre."

Artù respirava più velocemente e la sua voce tremò: "Non c'è bisogno che ti dica quello che sai già e cioè che non andrà bene!"

"Vero. Ma meglio questo che il niente assoluto! E comunque ho bisogno di prendermi un periodo di riposo."

Artù si sentì mancare la terra sotto i piedi. Avrebbe dovuto immaginarlo:

"Io non ti ho ancora dato il mio permesso, però!"

"Allora fuggirò a meno che..."

"A meno che non decida diversamente: non vorrei essere costretto a prendere decisioni drastiche!" dichiarò Arthur acido.

Merlino capì di essere stato ingenuo e cambiò versione:

"La verità é che vorrei andare a trovare mia madre a Eldor. Non la vedo da così tanto tempo. Comunque dovrò aspettare prima che il volto guarisca: non voglio che si spaventi. E non le dirò mai che mi avete colpito. Lei tiene a voi come a un figlio e non vorrei certo darle un dolore così grande. Se vi va potreste venire con me: a Eldor siete un eroe, lo sapete!"

"Vedremo..." ribadì Artù un po' più calmo. "Tornando a Walden, che farai con lui?

"L'idea sarebbe quella di costruirmi un futuro che non dipenda unicamente da voi. Avere un compagno stabile, una piccola casa qui vicino; qualcosa da costruire giorno dopo giorno, che mi facesse sentire se non felice, almeno sereno. Una vita che avesse un senso, dato che non potrò mai avere figli miei..."

"Merlino, non offenderti ma... le donne non sono male, credimi! Potresti provare almeno una volta..."

"Artù! É come se vi dicessi: -Gli uomini non sono male, credetemi! Potreste provare almeno una volta-..."

"Se per ipotesi dovessi farlo, avrei già scelto la persona adatta!"

Merlino spalancò la bocca e l'unico occhio con cui poteva farlo. Si sentiva spiazzato su tutta la linea.

"Davvero? Sono senza parole, maestà. Chi é? Lo conosco?"

"Sì!"

'Lancelot no! È magnifico ma si odiano a causa di Gwen!' si disse Merlin.

"Gwaine!"

"Piuttosto il rogo!"

Merlino rise: "Allora Elyan. È molto dolce e saprete anche voi cosa dicono sui 'mori'!"

"Peccato che sia il fratello di Gwen!" Il servo scoppiò a ridere, non ne aveva tenuto conto. "E questa enormità che lasci intendere non é un'attrattiva per me, bensì un deterrente."  

"George?" osò Merlino.

"George chi?"

"Il valletto!"

"Forse sei tu che vuoi finire sul rogo!"

"Non vi do torto, Artù. Certo che se é così noioso anche quando fa l'amore..." Stavolta fu Artù a scoppiare a ridere.

"Ormai li ho detti tutti. Non ditemi che é Leon?"

"Per favore. Lui é un fratello per me!"

"Adesso é facile: Percival. Un vero pezzo da novanta!"

"Appunto, troppo grosso. Penso che preferirei qualcuno di più... esile!"

Merlino diventò rosso come la camicia che Artù indossava in quel momento e abbassò gli occhi.

"Merlino, io ho sofferto molto quando ti ho visto con Walden, ma tu forse hai fatto bene a pensare a te stesso, per una volta. Non so se sarebbe cambiato qualcosa ma io non ti ho mai fatto capire che volevo di più, da te. Non l'avevo capito nemmeno io! Sei tu che hai la precedenza in questo momento. Ma sappi che il dolore che ti ho causato é come se l'avessi inflitto anche a me. Non ho più pace."

Merlino era ancora scioccato e non parlò per lungo tempo. Non era possibile farsi una ragione di ciò che Artù aveva detto. E comunque non ci credeva. Decise di essere sincero anche se forse avrebbe contrariato Artù, ma quando mai non l'aveva fatto?

"Il momento é già passato Artù. Fino alla festa, sarei stato felice del vostro interesse per me ma, vi renderete conto che il vostro interesse é coinciso con l'inizio della vostra ira per me, cioè quando mi avete scoperto nel fienile. Se fosse successo in un altro modo, avrei accettato con gioia il fatto di essere considerato da voi. Ma ormai..."

"Io non ho fretta. Vorrei solo che tu mi dessi la possibilità di starti vicino per dimostrarti che sono pentito e che vorrei ricominciare tutto da capo con te. Io vorrei fare qualcosa per te..."

"Per farvi perdonare, lo so. L'ho capito, Artù, ma non é necessario!"

"Ascoltami, vorrei fare qualcosa che non potrei fare per nessun altro, non solo per farmi perdonare. Qualcosa per renderti felice, per farti sentire sicuro di me, perché tu possa di nuovo fidarti."

Il principe furtivamente si asciugò una lacrima inopportuna. "Voglio che tu ti senta accettato completamente, come amico ma soprattutto come l'uomo che sei."

"Questa accettazione prima di tutto é una cosa che deve venire da me, non dagli altri. Nemmeno da voi. Ci sto lavorando ma sono ancora indietro. E poi mi confondete: come vorreste fare perché possa arrivare a sentirmi così ben accetto e fiducioso e felice? Non credo voi intendiate ciò che sto pensando! Non é da voi. Sarebbe assurdo. Potete parlare chiaro?"

"Non fare il finto tonto! Hai capito perfettamente!" disse Artù con un' espressione buia.

"Allora vi dirò grazie del succulento invito, ma... non ne ho bisogno!"

"E se ti dicessi che ne ho bisogno io?"

"Allora vi direi che l'altruismo che mostrate verso di me non é altro che un vostro bisogno egoistico per smettere di soffrire, dettato dal vostro senso di colpa, che faticate a gestire. Lo capisco, ma non mettetemi in mezzo come al solito. Non questa volta! E vi direi anche che qualsiasi donna del regno sarebbe ben lieta di consolarvi tra le sue morbide carni e sicuramente anche parecchi uomini sarebbero pronti a 'sacrificarsi' per il loro bellissimo re, senza farsi troppe domande."

"Gli uomini mi disgustano, vuoi capirlo o no?"

Merlino arcuò le sopracciglia verso l'alto:

"Vi é forse sfuggito qualcosa, maestà? Oppure é sfuggito a me? Forse quando prima facevo il bagno, non mi avete guardato bene: non sarò l'uomo più dotato del regno, né quello più virile, ma io sono abbastanza sicuro di essere un uomo!"

"Non hai capito niente come al solito!" ringhiò sottovoce il re. "Gli altri uomini mi disgustano, ma tu non sei come gli altri!"

"Non mi sento di considerarlo un gran complimento, Artù!" disse Merlino tra l'offeso e il divertito "Cosa ne pensate? Mi manca qualcosa o meglio, ho qualcosa di troppo?"

"Sei un'idiota!" e il servo scoppiò in una fragorosa risata. 

"Artù sospirò deluso. "Ha a che fare con la tua emotività, con l'intelligenza, la simpatia e tutto quello che sei diventato nel tempo per me! É l'insieme di quello che sei nella mente, nell'animo e sì, anche nel corpo!" 

"Lo dite come se il mio corpo fosse accettabile solo perché ci sono tutti gli altri requisiti favorevoli."

"Diciamo che il corpo dovrebbe essere l'ultima cosa, e, sì, in virtù del resto ci si può passare sopra."

Il servo rimase a bocca aperta, scandalizzato: 

"Vi rendete conto di ciò che state dicendo? State dicendo che merito di essere amato per tutto ciò che sono, tranne che per il mio aspetto esteriore! Sono superficiale? Può essere! Ma a meno che non stiate parlando di un'unione puramente spirituale, l'aspetto fisico e il corpo centrano, eccome! Se stavate cercando di sedurmi, sappiate che quello che mi avete appena detto non ha alcun effetto seducente. Anzi detta così sembra che voi dobbiate fare un favore a me. E mi sto stancando, Artù!"

"Sei poco coerente Merlino. Se per caso ti avessi detto che il tuo corpo era la parte più importante rispetto alle altre per me, sarebbe già venuto giù il soffitto."

"Si vede che sono uno che non si accontenta. Io voglio tutto."

"Forse per questo sei rimasto solo a lungo. Non sei tu che non vai bene agli altri: é a te che non va bene nessuno!"

Merlino distolse lo sguardo. 'Forse perché nessuno era voi!' pensò amaramente, ma disse "Questo é un colpo basso!" 

Entrambi tacquero, ognuno afflitto a modo suo.

 

Fu Artù il primo a riprendere il discorso: "Non so se sia più colpa mia o tua. Sembra che parliamo due lingue diverse! Chi ha parlato di aspetto esteriore? Cosa c'è che non va nel tuo aspetto? Assolutamente niente. Dovresti essere più sicuro di te e di come appari agli altri. Ma mi accorgo solo ora che non é così. E quando dico che potrei avere problemi con il tuo corpo é unicamente perché sei un uomo."

"Non mi travestirò da donna, per voi, Artù!"

"Non ci ho mai pensato, nemmeno per un secondo. Non te l'ho chiesto!"

"Allora cosa volete da me?"

"Vorrei che tornassimo amici!"

"Lo vorrei tanto anch'io!" Merlino sentì gli occhi farsi lucidi "ma non credo sarà possibile. Voi non lo volete davvero."

"Invece sì! Lo voglio talmente tanto che sono disposto ad andare contro tutto quello in cui credo e contro tutto ciò che sono stato finora. Voglio cancellare il male con il bene, la rabbia con la passione, il dolore con il piacere, l'odio con l'amore."

"Voi credete che la compassione che provate per me e il senso di colpa unito alla voglia di trovare sollievo, sia amore?  Io ho creduto per molto tempo di avervi amato in passato, ma forse non era vero amore perché, quando avete cominciato a trattarmi male... io vi ho odiato!"

"Ho meritato quest'odio, ma ti assicuro che ho sofferto tanto anch'io. Non mi ero mai sentito così tradito, abbandonato e solo, nemmeno quando é morto mio padre, nemmeno quando scoprii che Morgana voleva la mia morte per prendere il trono. Puoi farlo per me? Puoi cancellare il mio peccato?"

"E come?"

"Dimostrami che mi hai perdonato?"

"L'ho fatto! Vi ho perdonato!"

"Ti guardo e vedo che stai male, che sei ferito dentro. Lo dici ma non lo senti!"

"E pensate che se facessimo l'amore, questo cambierebbe tutto e potremmo tornare a essere amici e a volerci bene? Io posso passare sullo schiaffo di oggi e sulle altre cattiverie, ma voi? La vostra colpa e il desiderio di emendarla vi tolgono lucidità. Mi spiace che vi sentiate così, ma... é successo davvero: vi ho nascosto quel che sono, e per come la vedete voi, vi ho tradito con Walden e voi mi avete fatto male... e oggi di più! E pensate che vi basterebbe giacere con me per risolvere tutto quanto?"

"Potrebbe funzionare! Riuscirei a dimostrarti quanto tengo a te!"

"Già! Con questo 'estremo' sacrificio! É troppo tardi, ormai. La mia risposta é no!"





 



 

Artù prese qualche respiro profondo: il rifiuto di Merlino faceva male.

"Questa decisione, cioè l'idea di una casa con Walden, l'hai presa a causa mia?" chiese ancora, ma sentendosi ormai vuoto.

"L'avevo in mente anche prima, ma é vero: ho agito perché all'improvviso mi é venuta a mancare la vostra amicizia e tutto quello che significava."

"Hai agito? In che senso?"

"Sono andato a vedere qualche casa, ma é una cosa mia e non ho coinvolto Walden, non ancora. Prima sistemo le cose per me, poi vedrò se invitarlo."

 

"Io non ho fretta... nel senso che se tu volessi pensarci un po'... io ti capirei... é stato tutto un po' troppo improvviso. Sai come sono, un po' irruento e precipitoso ma, quando a una cosa ci tengo davvero, so anche essere paziente e tollerante... se tu mi dessi la possibilità di dimostrartelo, sono sicuro che rimarresti sorpreso... Per Walden non mi devi dare giustificazioni... non mi devi niente, ma ... se solo fino a due mesi fa tu saresti stato contento delle mie attenzioni... e non so perché non ne abbia approfittato allora, maledizione... può essere che le cose potrebbero sistemarsi, no? Vorrei comunque che tu mi dessi la possibilità di starti vicino, per mostrarti la sincerità del mio pentimento e poter ricominciare tutto da capo, con te... anche solo come amico." Ecco che, per non perderlo del tutto e salvare la faccia mi son messo anche a inventare bugie!' si disse Artù.

"Vi ho già dato la mia risposta, Artù! Accettatela!"

"Forse non mi sono spiegato bene, Merlino!" disse Artù alzando la voce.

"A me sembra di sì!" ribatté il servo con voce forte.

Artù si sentì offeso e umiliato. Non aveva mai supplicato nessuno in vita sua, come aveva fatto adesso con Merlino. E venne fuori la parte di sé che avrebbe voluto tenere a bada.

"Cosa vorresti? Potrei darti quello che vuoi. Potrei farti diventare consigliere anche adesso. D'altronde lo meriti. Lo hai sempre meritato, solo che non volevo ti allontanassi da me. Vuoi viaggiare? Ti prometto la possibilità di viaggiare per un mese ogni tre o quattro di permanenza a Camelot. Vuoi essere trattato come un re? Potrei farti sistemare in una delle camere reali e saresti servito e riverito come me. Hai bisogno di più denaro? Potrei centuplicare il tuo salario attuale" gli gridò tutto in un fiato Artù, con ira.

Merlino fece una smorfia. Non sapeva se sentirsi più disgustato o incredulo. "Denaro? Mi volete comprare? E ovviamente in cambio dovrei prostituirmi per voi!"

Con due passi veloci Artù si avvicinò a Merlino. Come osava? Prima lo rifiutava poi lo insultava. Ma non era Merlino, il pederasta frustrato tra i due? Si chiese. 

Anche se Artù ormai aveva ceduto alla forza di un sentimento che non riusciva a capire, ma che sapeva essere più forte della sua volontà e di ogni buon proposito, lui non si considerava un deviato. Ma se lui era disposto a buttarsi nel baratro assieme all'altro, perché Merlino gli presentava questo no incomprensibile, inaccettabile, come se Artù non fosse degno, come se ciò che gli offriva non fosse abbastanza? Gli avrebbe dato tutto e l'altro lo buttava via con disprezzo.

Lo avrebbe preso per la collottola, se avesse avuto la camicia, ma aveva solo quello stupido panno sui fianchi. Con una mano gli afferrò i capelli; stava per strattonargli la testa, avanti e indietro, quando ritirò la mano come se si fosse bruciato. Lo fissò con gli occhi sbarrati. Non credeva a quello che stava per fare. Di nuovo! Davanti a lui, come un monito, il viso di Merlino, gonfio e scuro con un occhio di sangue a scrutargli l'animo in pezzi. 

Il servo parlò con espressione triste: "Vedete, Artù? É più forte di voi! Tutto quello che dico o faccio ha il potere di mandarvi fuori di senno!"

Artù non rispose, fece due passi indietro, abbassando lo sguardo a terra. Merlino non l'aveva ancora visto in quello stato e si avvicinò di un passo  per osservarlo meglio e capire cosa stesse meditando con quell'aria stravolta che non gli piaceva neanche un po'. Si rivolse al re più gentilmente: "Questa volta é anche colpa mia, sire. Non avrei dovuto parlarvi così!" e fece un altro passo verso Artù.

"Stammi lontano!" gridò il re senza più guardarlo. "Non sei al sicuro con me. Stavo per farti male! Ancora!"

"Ma non l'avete fatto! Vi siete fermato!"

Il re si sentì mancare il respiro. "Devo uscire di qui! Mi manca l'aria!" disse con occhi opachi. 

"Vi prego, fermatevi un po' con me, solo finché non vi sarete calmato..." disse Merlino preoccupato per il padrone.

Ma il re prese la porta e uscì di filato, lasciando Merlino col dubbio se rincorrerlo oppure no.





 

Artù fece una passeggiata per l'ampio giardino reale: aveva bisogno di staccare, di smettere di pensare, anche solo per un po'. Dietro di lui, a debita distanza, lo seguivano le due guardie reali, che l'avevano aspettato davanti alla porta del laboratorio, ma lui quasi non ci fece caso tanto era afflitto. Si sedette sul bordo di un torrente, ma era inutile, i pensieri tornavano sempre a Merlino. 

Artù aveva capito finalmente. Tutto ciò che riguardava il suo profondo malessere per il modo orribile di relazionarsi al servo degli ultimi due mesi, era reale. Anche il dolore per lo schiaffo dato e per quell'ultimo gesto di violenza anche se non agito, lo faceva davvero stare male. 

Ma, sinceramente, cosa centrava con il donarsi a Merlino? Che senso aveva offrirsi al suo servo, solo perché, visto che a questi piacevano gli uomini, lui lo avrebbe accettato, come se fosse scontato. Era una giustificazione che non stava in piedi. Era una scusa, anche piuttosto banale. Una scusa che aveva usato prima con se stesso, poi con il suo servo. 

Merlino l'aveva capito e forse il rifiuto era nato da questo. La gelosia che quella sera lo aveva fatto impazzire, l'aveva occultata con cura dietro una maschera altera e superba come se fosse giusto schierarsi contro questo presunto sgarbo alla morale comune e tutti quei conformismi, dei quali gli importava poco o punto. La gelosia gli aveva dimostrato violentemente il desiderio che provava per Merlino e in un secondo tempo, aveva svelato sentimenti ed emozioni che ristagnavano chissà da quanto nelle profondità del suo essere. Sentimenti ed emozioni che suo malgrado ogni giorno venivano fuori e che avevano a che fare con l'affetto, l'amicizia e quel legame speciale che c'era sempre stato tra loro. Ma questi sentimenti, ora andavano oltre, per conto loro: si mescolavano, si fondevano, trasformandosi in una nube di fumo che annebbiava i sensi, il cervello e l'anima.

Aveva cercato disperatamente di tenere separato il desiderio dai sentimenti. Separati si sentiva ancora in grado di tenerli a bada, in qualche modo; uniti avrebbero messo Artù con le spalle al muro, senza più scampo. Lo avrebbero annientato con la comprensione di qualcosa che non aveva voluto vedere e che aveva assunto potenza e proporzioni tali da far vacillare tutti i suoi principi e valori, lasciando solamente il desiderio di gettarsi nel baratro che c'era dietro.

Artù sentiva il forte bisogno di chiedere alcune cose importanti a Merlino e prima di rientrare in laboratorio congedò le guardie.


        


Merlino era preoccupato per come si stava mettendo la faccenda con Artù. Aveva sbagliato: Artù aveva provato a confidarsi con lui, con evidente fatica ed impaccio. Gli aveva detto cose così tenere e inaspettate che lo avevano commosso ed emozionato così tanto che era stato ad un passo dal buttarglisi tra le braccia. La cosa lo aveva così spaventato, che aveva indossato la maschera dell'alterigia e tutto era andato a scatafascio! 

 

Si era rivestito e stava rimettendo in ordine la stanza con l'aiuto della magia. Dire che si sentiva scombussolato era dire poco. Davvero Artù gli si era offerto? E davvero lui gli aveva detto di no? Aveva paura: il re non si arrendeva facilmente. Lo conosceva troppo bene. Era sembrato così strano sul momento, ma trattandosi di Artù, aveva toccato con mano la difficoltà di avergli detto di no e quella ancora più grande di aver dovuto ribadirglielo. Perché una parte di lui era pentita. Se pensava che la vita é una sola e che nessuno sa quanto durerà ancora, poter amare Artù, anche solo una volta, gli sembrava la cosa più preziosa e l'unica degna di essere vissuta, al contrario di tutti i piccoli dubbi e  intrallazzi quotidiani. Ovvio che sarebbe stato meglio poterlo amare per sempre, ma lui era il re!  Avrebbe avuto una regina al suo fianco, un giorno non così lontano.

Merlino ebbe un'idea istantanea. Artù l'avrebbe cercato dappertutto, se lui avesse deciso di andare via. Non sarebbe riuscito a scappare per sempre. Era già successo e lui l'aveva ritrovato, ogni volta.

Doveva fare qualcosa, qualcosa di talmente enorme che avrebbe fatto desistere il re dal cercarlo. Doveva arrivare a farsi detestare, molto più di adesso comunque. Doveva fare in modo che il re smettesse di sentirsi in colpa. Doveva fargli male dentro. E fargli male fuori.







 

Merlino sentì bussare: "Avanti!" rispose Merlino un po' in ansia. 

Il re entrò "Artù, mi avete quasi spaventato!"

"Aspettavi qualcun altro?"

"No, nessuno. Walden é ammalato!" gli disse sorridendo. Tanto valeva iniziare quanto prima. 

Artù ingoiò il rospo: non voleva arrabbiarsi di nuovo.

"State meglio, maestà?"

"Meglio, grazie!"

"E comunque, perché avete bussato?"

"Perché? Non busso sempre?"

"Non bussate mai!"

Artù si fece scappare un mezzo sorriso.

Merlino avanzò di un paio di passi verso il re e lo fissò negli occhi. "É giunta l'ora di rivelarvi il mio segreto Artù!"

"Un altro segreto? Se é come il primo, non mi interessa!"

"Eppure mi avete baciato!"

"Non era un vero bacio! Era una bacio di scuse, da amico e non quello che può pensare giusto uno 'come te'!"

Merlino incassò il colpo. "Non vi ho mai visto baciare gli altri vostri amici in quel modo!"

Artù gli andò più vicino: "Perché solo tu sei il mio migliore amico!"

"Siete bravo ad arrampicarvi sugli specchi, ma... allontanatevi, sire. Non vorrete mettermi a disagio?"

"Giusto, io ti metto a disagio!? Ma Walden non ti metteva a disagio, là nel fienile!? E lui era... molto più vicino di me!"

Merlino fece finta che Artù non avesse parlato: "Sono uno stregone!" disse serio guardandolo.

"Davvero?" Artù scoppiò a ridere sguaiatamente. "Cosa non diresti pur di cambiare argomento! Perché non ti curi il volto allora?"

"Non posso guarire me stesso con la magia!"

"Come puoi pretendere che ti creda?" disse Artù allibito dalla sfacciataggine del suo servitore.

Merlino allungò un braccio verso l'alto, parlando un linguaggio indecifrabile, mentre i suoi occhi diventavano luminosi. Artù si ritrovò inondato da una cascata d'acqua fredda. Si asciugò gli occhi con le mani e guardò in alto per scoprire quale trucco avesse escogitato Merlino, ma non vide nulla.

"Come hai fatto?" domandò cominciando a tremare dal freddo. Merlino ripeté gesti e parole e una nuova cascata d'acqua, calda stavolta, si riversò sul principe.

"Dei, Merlino! Che significa tutto questo?" 

Nuove, arcane parole uscirono dalla bocca del servo. Artù si sentì sollevare da terra e cominciò a strillare: "No! Riportami giù! Aiuto!"

"State calmo, Artù! Non voglio farvi male. Non tanto, almeno!" ridacchiò il mago.

Il re, con occhi e bocca spalancati, fluttuava vicino al soffitto ed era terrorizzato e incredulo.

"Ho capito, Merlino! Ti credo, mettimi giù!" E con una nuova magia, Artù si ritrovò sdraiato a pancia in su, sul piccolo letto di Merlino, legato mani e piedi da strisce di stoffa!"

"Che vuoi farmi ora?"

"Nulla. Nulla che non vogliate anche voi!"

Artù ansimava di paura. Merlino gli si avvicinò e gli diede una carezza sui capelli bagnati, sorridendo caustico, poi portò il suo viso ancora più vicino a quello di Artù, che chiuse gli occhi, sorprendendosi di desiderare quel contatto, pur in quella situazione degradante. Ma Merlino, soddisfatto, si scostò.

 

Aveva appena saputo che Merlino era uno stregone, che lo era stato per tutti i tre anni in cui lo aveva avuto accanto. Gli sembrava impossibile essere stato così cieco. Merlino non era l'ingenuo e fedele servo che aveva immaginato. Era un mago molto potente, e forse pericoloso. Perché gliel'aveva rivelato adesso? Cosa voleva? Perché in quel momento non sembrava importargli così tanto della natura magica del suo servo? Come mai quella scoperta non lo aveva fatto infuriare come era certo che normalmente sarebbe successo? E, ancora più grave, perché quella paura lo attraeva come un magnete e le frasi indecenti in bocca al suo servo, suonavano anche così eccitanti?

Dal suo comportamento sembrava proprio che Merlino ora lo volesse. Aveva forse cambiato idea? Ma che bisogno c'era dei legacci, se fino a poco prima, lui gli si era offerto spontaneamente? Certo se l'era immaginato molto diversamente da ... questo. Ma andava bene anche così. Anzi forse sarebbe stato meglio. L'umiliazione avrebbe contribuito a fargli espiare gli errori commessi verso Merlino e avrebbe mitigato il suo dolore, cosa per la quale, avrebbe fatto di tutto.

"Ora bisogna togliere questi vestiti bagnati, maestà o vi raffredderete!"

Pronunciando un nuovo incantesimo inintelligibile, con un dito usato a guisa di coltello, Merlino tagliò la camicia dallo scollo al bordo inferiore e i lembi si aprirono istantaneamente, lasciando scoperto il busto di Artù. Poi fu la volta dei calzoni. Con un ghigno Merlino sistemò "generosamente" un panno a coprirgli l'inguine. 

Se l'intento di Merlino fosse stato quella di voler spogliare Artù, avrebbe fatto sparire i suoi vestiti in un baleno, ma l'intenzione di Merlino era quella di spaventare il re il più possibile, quella di deluderlo e di disgustarlo. Una volta fuori da Camelot avrebbe intrapreso un nuovo percorso di vita, senza temere di dover essere braccato continuamente dagli uomini di Artù. Ma forse era esagerato. Forse ad Artù sarebbe importato il giusto. Stava peccando di superbia? Probabilmente sì, ma Merlino sapeva che Artù era sempre stato un po' fissato, nel bene come nel male, con lui. 

"Oh, mio signore! Come mai non parlate? Non era questo che desideravate da me?"

"Puoi fare quello che vuoi, Merlino. Te l'ho detto: merito il peggio che vuoi farmi!"

Merlino mise una mano aperta sul viso di Artù, senza toccarlo e seguì con essa il profilo del suo corpo nell'aria, scendendo lentamente. Artù percepiva il leggero calore della sua mano vicina, rabbrividendo quando intuì le intenzioni del mago. Il mago si fermò all'altezza del panno che copriva l'inguine di Artù, ma il gesto rimase puro e allontanò la mano.

Il mago si disse che doveva fare più attenzione. Artù sembrava alla sua mercé, ma anche così immobilizzato e arrendevole, aveva ancora un potere enorme su di lui. Si ripeté che non doveva farsi amare, ma detestare. Era una delle cose più difficili che avesse fatto. 

"Guardate Artù! E poi non dite che non vi voglio bene! Mi privo del piacere che mi procura la vista della vostra pelle bagnata, per evitare che vi prendiate una brutta infreddatura." E con le due mani e una nuova formula tra le labbra, la sua magia diede vita a un forte vento caldo che in poco tempo asciugò la pelle e i capelli del re. Artù pensò che se non fosse stata una situazione così complicata, quel vento caldo sarebbe risultato estremamente gradevole.

Merlino era uno stregone, ancora non si capacitava. Lui non aveva mai preso in considerazione una possibilità del genere. Lentamente gli tornarono in mente quelle situazioni che si erano risolte in modo incomprensibile: tutte le volte in cui miracolosamente lui o altri vicini a lui, avevano scampato la morte. Ogni volta Merlino era lì, al suo fianco. Merlino era la risposta a tutte quelle domande che si era sempre fatto. Chissà quante altre lui non ricordava o non immaginava nemmeno. 

L'immagine di stregone non sembrava avere molto a che fare con il 'suo' Merlino! Ma soprattutto chi era il 'suo' Merlino? Era questo uomo suadente, crudele e spudorato? Aveva sempre mentito prima o mentiva adesso?

Inoltre ogni volta che Merlino usava la magia, Artù restava come incantato, provando un forte scombussolamento interiore, legato sia alla paura che al desiderio.

La paura derivava dal fatto di rendersi conto che Merlino era cambiato. E non solo per la magia. Lo percepiva diverso, più forte, più sicuro e più... impertinente per non dire maleducato!

Il desiderio di Artù invece derivava da... dal loro passato, dal tempo passato insieme a ridere, a scherzare, a parlare e dal sostegno, dalla reciproca preoccupazione per l'incolumità dell'altro nei momenti di pericolo, dall'amicizia, dalla stima... insomma non gli era ancora così chiaro. Merlino era un ragazzo e già solo per quello non avrebbe dovuto considerarlo in quel modo. Però era indubbiamente un bel ragazzo. Eppure si era più volte ritrovato a contatto con uomini molto più belli di Merlino, ma a lui non erano mai interessati minimamente se non come amici. E tutt'ora non gli interessavano! Che fosse la magia che magari inconsciamente poteva aver percepito ad avergli fatto coltivare quell'insana passione? Non ci credeva neanche per un secondo.

Inoltre era un po' destabilizzato, non era del tutto sicuro di dove Merlino volesse andare a parare con quella sceneggiata delle corde.

"Allora, Artù! Non sono un animale e voglio tener conto anche delle vostre preferenze, purché non siano troppo distanti dalle mie, s'intende! A Walden piace essere posseduto e a voi?" Il re subì un brutto contraccolpo a causa della gelosia e del senso delle sue parole.

Non riuscì a trattenersi: "Io-non-sono-Walden!" sillabò inferocito.

"Volete dire che preferite possedere?"

Artù non rispose: Merlino gli metteva in bocca parole non sue.

"Ma così non ci siamo, non ci siamo neanche un po'. Io vi desidero, naturalmente. Voi siete magnifico e lo sapete, ma io non sono disposto ad andare contro quelle che sono le mie... priorità, Artù, mi dispiace!"

"Se é quello che vuoi per me va bene!" disse Artù stringendo i denti.

"Così dolce e così accomodante. Sei un sogno: mi fai girare la testa!"

"Perché mi dai del tu?"

"É un modo come un altro per farti capire che qui, con me, ora, tu non sei più il re, ma un semplice ragazzo qualunque. Gli dèi soli sanno quanto ne hai bisogno: di liberarti dagli orpelli, di rivelare la tua vera identità, quella più segreta che nessuno ha mai visto, senza stupidi pudori e freni inibitori, di lasciare che qualcuno si occupi di te, veramente. Ti piacerà molto!..."

Alle parole di Merlino, Artù sentì un velo di sudore freddo ricoprirgli il viso. 

"Ti voglio svelare un segreto... oggi deve essere la giornata dei segreti... Prima che tu scoprissi quanto io adori giacere con un bell'uomo, prima che tu diventassi così cattivo con me, avrei fatto di tutto per te. Ero talmente innamorato, povero piccolo ingenuo che ero, che avresti potuto fare di me ciò che volevi e io l'avrei accettato alla stregua di un agnello sacrificale."

Artù era sconcertato. "So che sei arrabbiato con me, Merlino, ma faccio fatica a credere alle tue parole. Tu non sei così."

"Io non ero così, perché non potevo. Ma ora che lo sai, sono finalmente libero di essere ciò che sono."

"Ti prego, Merlino. Fa' ciò che devi ma vedi di sbrigarti!"

"Queste cose van fatte con calma, perché io possa goderne appieno." Merlino avvicinò ancora il suo volto a quello di Artù, che di nuovo prese a tremare. Con fare malizioso gli annusò a lungo la pelle del viso, sfiorandolo con il naso e le labbra e fermandosi con la bocca a un soffio dalle sue labbra, sfidandolo a fare la prima mossa "Il tuo odore mi ha sempre mandato il sangue alla testa"

Alcune lacrime sfuggirono dagli occhi di Artù. Era disgustato da se stesso. Merlino lo stava plagiando e lo prendeva in giro, mentre lui avrebbe desiderato quel bacio. Come poteva? Sentiva chiaramente il disprezzo del mago per lui e cominciava a odiarsi e a odiarlo a sua volta, eppure... 

Artù fece uno sforzo per recuperare un po' di lucidità: avrebbe dovuto scappare, tornare libero.

"Slegami!" sussurrò all'altro, supplice.

"Cosa? Quello che dobbiamo fare, possiamo farlo benissimo anche così! Non ti facevo così frettoloso!"

"Basta adesso!" alzò di poco la voce Artù.

"Figuriamoci! Slegarti? Guardami Artù! Hai visto il mio viso e come l'hai ridotto? Mi fidavo di te e tu mi hai trasformato in un mostro!" ringhiò Merlino "Solo perché ho provato ad avere una cosa mia... perché tu non mi avevi mai dato niente!"

"Mi dispiace!" mormorò il re, confuso da mille emozioni contrastanti. 'Merlino ha ragione! Questo é niente a confronto di ciò che meriterei!'

Merlino parlò un po' più dolcemente: "Vuoi che ti tolga questa brutta sensazione dalla testa?"

Artù annuì confuso.

"Vuoi che dia conforto al tuo povero cuore?"

"Sì! Se puoi, fallo!"

Con una nuova magia, Artù si ritrovò sollevato a un metro sopra il letto. Forze misteriose lo fecero girare nell'aria e il re si ritrovò sdraiato a pancia in giù e ancora legato.

Merlino gli tolse i brandelli delle vesti che Artù aveva ancora attaccati alla pelle. 

Un nuovo incantesimo e tra le mani di Merlino si materializzò una grossa frusta. Gli tremavano le mani. Non avrebbe voluto farlo. Forse non ci sarebbe riuscito nemmeno! Ma voleva farsi odiare. Doveva.'Tre colpi' si disse 'solo tre!'

Artù non si era accorto di niente. Merlino sapeva che il re si aspettava un altro genere di trattamento: era stato lui stesso a farglielo credere! Con un piccolo incantesimo sciolse i legacci di Artù. Dopo il primo colpo a sorpresa il sovrano poteva andarsene, se voleva. 

Merlino chiuse gli occhi e con forza vibrò un colpo sulla schiena di Artù. Il re avvertì un dolore acutissimo, come se fosse stato marchiato da un ferro rovente ed emise l'urlo più spaventoso che avesse mai lanciato. Eppure quel dolore così atroce gli aveva fatto percepire, per qualche istante, la sua colpa come più sopportabile, come un peso meno oneroso da portare. Davvero il servo aveva alleviato le sue sofferenze interne con una più grande e netta?

"Ancora Merlino! Ti prego, più forte!"

Con gli occhi lucidi, il mago vibrò un secondo schiocco di frusta, mettendoci tutta la forza che aveva. L'urlo che uscì dalle labbra di Artù era agghiacciante. Il re viveva una situazione del tutto destabilizzante: più dolore provava all'esterno del corpo, e ne provava moltissimo, più si sentiva leggero internamente.

Artù non era più in sé: "Merlino! Adesso devi usare la tua magia, per colpirmi più forte! Ti scongiuro!" gridava.

"Non voglio ammazzarti, idiota!" e usando le due mani insieme, Merlino vibrò un terzo colpo micidiale ma senza intervento magico, poi si accasciò a terra piangendo silenziosamente, mentre Artù urlava il suo dolore intollerabile, provando insieme un indicibile conforto.

"Merlino! Sono vicino alla redenzione. Ancora uno, ti supplico"

"No, basta così! Se sapevo che ti piaceva così tanto, non ti avrei toccato nemmeno con un dito. Tu sapevi di essere masochista?" disse rialzandosi da terra.

Mentre Artù, respirando con affanno, continuava con i vaneggiamenti sulla redenzione e le suppliche per avere altre frustate, Merlino si riscosse e si mosse velocemente. Prese l'impacco di erbe rimasto che aveva utilizzato prima per sé, lo spalmò sulle ferite del re e le fissò con delle bende. Con un unico tocco rivestì Artù delle sue vesti tornate magicamente integre.

"Perché non hai continuato Merlino?"

"Perché non avete scelto di andarvene?"

'Non sto facendo del bene ad Artù e nemmeno a me stesso. Credevo di farmi odiare e invece Artù ha raggiunto il Nirvana e mi é devoto come mai é stato prima. Qualsiasi cosa faccia per quanto estrema, ottengo solo il risultato contrario alle mie speranze. Forse l'unica cosa giusta è andarsene e cercare di non farsi trovare. Dovrò pensare a un altro piano. Questo é fallito miseramente!'

Artù fece il gesto di togliersi la maglia: "Merlino, per favore!"

"No! Se vi piace così tanto, andate in armeria a prendere uno scudiscio e colpitevi da solo!"

"Non sarebbe la stessa cosa! É perché sei tu che mi punisci che provo il piacere dell'assoluzione. Da solo non conta!"

"Prendete uno dei ragazzi che lavorano per voi, travestitelo come me e fatevi punire da lui!" quasi rise Merlino.

"Dovrei barare al solitario?" 

"Potrebbe essere un'idea! Se avessi fatto con voi quello che vi ho fatto credere, scusatemi, ma avreste goduto di meno!" e rise

Artù aprì un po' la bocca. Già non stava più pensando a quello, non dopo aver provato questo insospettato dolore/piacere, che lo aveva travolto, portandolo altrove.

"È giusto che tu sia arrabbiato. Tu l'hai fatto per vendicarti. Ma né tu né io potevamo sapere che ne avessi così bisogno" disse Artù tremando, mentre si alzava dal letto.

"Buonanotte Artù! Ho sonno e non mi sento al massimo delle forze" Merlino lo prese per un braccio e lo mandò fuori dalla porta che richiuse e bloccò con la magia. Il re bussò per qualche minuto, poi finalmente Merlino sentì i passi di Artù allontanarsi.

'Artù starà bene. É forte e nel giro di qualche giorno sarà come prima!'  Erano sette i colpi di frusta previsti dalla corte reale per un crimine di minima gravità. Erano trentuno per gli assassini e per gli stregoni, che spesso morivano sotto i colpi prima ancora di giungere al patibolo. Le ferite di Artù non si sarebbero infettate, grazie alle ottime erbe curative di Gaius. Inoltre Merlino, nello spalmare l'unguento aveva leggermente risanato le piaghe con la magia, facendo attenzione che il re non se ne accorgesse. Non le aveva guarite del tutto perché altrimenti tutta quella messinscena cruenta non sarebbe servita a nulla, anche se poi non aveva avuto gli effetti sperati dal mago.

'Presto tornerà l'asino di sempre' si disse Merlino con un piccolo sorriso. 'Ma io cosa devo fare? Mi scoppia la testa e non riesco a pensarci ora, non in questo momento!'

Si rivestì, prese il mantello azzurro con un ampio cappuccio che indossò sul capo e uscì, facendo una cosa che non aveva mai fatto e che invece Artù pensava facesse fin troppo spesso. Sorrise al ricordo 'Non avrò più bisogno di questa scusa, in futuro. Non pensavo sarei arrivato a tanto!' si disse e si avviò.








 

Era già da un'ora che si trovava seduto a quel tavolo. Vari avventori lo squadravano per poi disinteressarsi di lui quando lo vedevano così giovane. Lo avevano servito con circospezione, quasi con timore poiché aveva scelto di tenere il cappuccio in testa per non mostrare le sue ferite. Quando videro che ordinava e pagava ogni volta, smisero di guardarlo in quel modo, anche se nelle loro menti rimaneva un forestiero probabilmente pericoloso. Nel tavolo di fronte al suo si sedette un uomo con l'armatura che Merlino si accorse essere Lancelot. Non avrebbe voluto farsi vedere, ma da un lato gli fece piacere e lo guardò sorridendo.

Il cavaliere buttò un occhio sul forestiero e rimase enormemente sorpreso di scoprire l'amico. 

"Merlino, amico mio!" e si sedette al tavolo dell'altro, ordinando da bere per entrambi. "Oggi avrei voluto venire a trovarti. Io e Leon l'abbiamo chiesto ad Artù, ma ci ha detto di no, perché voleva passare prima lui da te! É poi venuto?

"Sì, poco fa é passato a scusarsi. Sta molto male."

"Meglio! Come fai a giustificarlo e a pensare a lui? Si è comportato malissimo con te."

"É un po' di tempo che non mi sopporta più. L'avevi notato?"

"Sì, ma pensavo aveste litigato come al solito o qualcosa del genere. Senti, tra un po' verranno anche gli altri cavalieri, qui. Te lo dico solo perché non so se ti va di vederli"

"Anche Artù?"

"No, non credo. Nessuno lo ha più visto dopo oggi. Sai che sei inquietante con il cappuccio?" sorrise il cavaliere.

"Oh, sì! Ho spaventato quasi tutti i tavernieri e gli avventori" rise Merlino ma si bloccò a causa del dolore, portando una mano sull'occhio.

"Dei, Merlino! Hai così male? Mi fai vedere?"

"Meglio di no, Lancelot, non è un bello spettacolo!"

"Per favore, Merlino" e la mano di Lancelot scoprì la parte di volto nascosta fino a quel momento"

Lancelot sbiancò e si alzò in piedi. "Come ha osato farti questo, quel maledetto? Giuro che lo ammazzo!"

Merlino rimase come impietrito e si alzò a sua volta: "Se mi vuoi bene, non dire mai più una cosa come questa!" 

In quel frangente entrarono nella taverna i cavalieri con in testa Leon che sorrise a Lancelot: "Ehilà, Lance. C'è una sorpresa! Guarda un po' chi ho incontrato venendo in qua. C'è il nostro re, con noi!"

Artù era entrato per ultimo, quando ormai i cavalieri avevano preso posto. Il re aveva guardato Merlino e Lancelot, senza riconoscere il primo, cosa che probabilmente valeva anche per Leon e gli altri cavalieri. 

Come una furia, Lancelot si sfilò il guanto e con quello schiaffeggiò Artù che rimase di sasso, come del resto tutti gli uomini seduti a quel tavolo. 

"Vi sfido, Artù. Vi sfido a duello per quello che avete fatto a Merlino!"

Gwaine si alzò e fronteggiò Lancelot.

"Ehi, Lancelot! Artù ha sbagliato e lo sa ma é sempre il tuo re e non ti é permesso trattarlo così!"

Tutti sapevano che tra Artù e Lancelot non correva buon sangue a causa di Ginevra, che alla fine aveva scelto il cavaliere. E da allora tra loro ci fu sempre tensione: Artù lo accusava di aver sedotto Ginevra e di averla indotta all'infedeltà. Lancelot lo accusava di non averla mai amata veramente e di non averla trattata come la ragazza meritava, altrimenti lui non si sarebbe mai intromesso.

"Lui però come ha trattato Merlino, eh? Guardalo!" urlò Lancelot verso Gwaine. E con delicatezza tolse il cappuccio a Merlino, facendo trasalire il re che non si aspettava di vederlo lì e impallidire gli altri cavalieri, Gwaine compreso.

Merlino aveva il volto rigato di lacrime a causa di tutta quella triste scena cui aveva assistito e di cui si dava la colpa. Cosa stava succedendo? Non era bastata ancora?

"Lancelot, se vuoi aggiungere dolore al mio dolore, ti batterai con Artù, ma se tu tieni a me come io credo, non lo farai. L'unica cosa che voglio adesso é dimenticare tutta questa faccenda! E vorrei che lo facessi anche tu, anzi, tutti quanti voi che siete miei amici e soprattutto siete amici e cavalieri del re."

Ascoltando le sue stesse parole, Merlino si rese conto che in lui non c'era più rabbia, né odio, ma solo paura per le conseguenze e per il futuro. E si diresse verso l'uscita. 

Una volta fuori, pianse di nuovo. La sua presenza era diventata foriera di sconcerto e di violenza.

Quando giunse a palazzo, si recò in cucina, in quanto doveva riportare la cena che Artù non aveva toccato.

Lì, cercando di farsi notare il meno possibile, aveva sentito parlare di Artù. Aveva sentito che la gente aveva paura del re, che quel giorno aveva massacrato un giovane servo. Merlino si sentiva la febbre ma non gli importava. La sua presenza stava facendo di Artù un re malvisto dal popolo: stava succedendo  tutto ciò che non voleva. E se anche la colpa non era la sua, tutto quanto era successo a causa sua.

E invece era proprio sua, la colpa, pensò con un moto di rabbia Merlino. Perché quella volta, quella maledetta sera dei Saturnali, aveva voluto sperimentare il sesso e non l'amore, rinnegando se stesso e il suo amore per Artù, come un ragazzo rozzo e superficiale: aveva spento il cervello e il cuore e non era riuscito a tenerselo dentro i calzoni! Al pensiero ebbe un conato di vomito, tanto era il ribrezzo che provava per se stesso.

Sarebbe partito domani mattina al più presto. Scrisse la lettera a Gaius, prese un paio di medicinali per la febbre e il dolore e si mise sotto le coperte pur sapendo che non avrebbe dormito. Il suo cuore era a pezzi come non lo era mai stato prima: sarebbe andato via, ma era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare.

 

                    



 

Sentì bussare. Sapeva bene di chi si trattasse. Se lo aspettava. Artù infatti entrò e si sedette sullo sgabello vicino al letto, al buio.

"Non ci sarà nessun duello. Io e Lance ci siamo chiariti" anticipò seriamente.

"Mi fa piacere e vi ringrazio, Artù, ma non mi sento tanto bene: se foste così gentile da lasciarmi dormire!"

"Non credo riuscirai a dormire e nemmeno io, se ti interessa!"

"Voi dormite sempre a pancia in giù. Le piaghe non dovrebbero darvi troppo fastidio. Ma se volete posso darvi un sedativo o un tocco di magia..."

"Hai detto che non puoi curare le ferite!"

"Le mie no. Quelle degli altri sì. Molte, almeno."

"E comunque non ho bisogno di nulla. É solo che io... non voglio dormire."

Merlino lo stuzzicò. "E pensare che non vi ho mai considerato romantico. Mentre trovo sia una cosa molto dolce, voler stare a guardarci tutta la notte negli occhi. Al buio per di più!"

"Sciocco! Una volta non ti sarebbe dispiaciuto, l'hai detto tu!"

"Una volta non l'avreste mai fatto!"

"Idiota! Non puoi saperlo con certezza. E comunque alla taverna ho notato che il tuo viso si é gonfiato ulteriormente, per cui non riuscirai a dormire, credi a me!"

"Adesso siamo pari. Voi avete le vostre tre nuove cicatrici, come ornamenti della vostra bella schiena, a ricordarvi di me, per tutta la vita. Non é commovente? E a me, se sarò fortunato, rimarrà un bel livido perenne sullo zigomo, che tra l'altro é una delle parti più attraenti del mio viso, dicono. Quindi oltre che seducente lo trovo anche romantico. Non potrò mai scordarmi di voi! Non siete felice?" disse Merlino con sarcasmo.

"Tu avrai anche ragione, Merlino, ma si vede che non sei avvezzo al vino, perché cominci a sragionare!"

"A proposito di taverna, questa non posso fare a meno di dirvela poiché mi avete dato il tormento! Io non sono mai andato in taverna senza di voi... ero occupato con la magia... magia che ho usato sempre e solo per voi..."

"Ma... me lo disse Gaius, della taverna... dei del cielo... Gaius l'ha sempre saputo, voglio dire ...della tua magia!"

"É il mio più grande sostenitore!"

Artù rifletté non poco: "Questo mi fa pensare che tu sia un mago buono... l'hai usata solo per me?" chiese Artù.

Merlino non rispose. Aveva smascherato se stesso e la grande commedia del malvagio stregone, ormai.

"Allora se sei in grado di ragionare, dimmi cosa vorrei adesso!" propose Artù.

"Oh, so molto bene cosa vorreste adesso"

"E cosa?" chiese il re incuriosito.

"Frustatina?"

Artù scoppiò a ridere. 

"E poi volete che vi perdoni, cosa che ho già fatto."

"Senti, Merlino..." provò a inserirsi Artù, invano.

"E voi?... Siete disposto a perdonare me? Questa é una cosa che mi farebbe davvero piacere." disse senza ombra di ironia nella voce.

"Tu non hai niente da farti perdonare. Le frustate... ho voluto io che continuassi."

"Dio! É stato tutto così estremo! Non sono mai stato così brutale e violento con nessuno, tranne in battaglia o per legittima difesa." A Merlino scappò un singhiozzo.

"Perché piangi?" chiese il re rattristato.

"Perché farlo, colpirvi così, non mi é piaciuto!"

"Se l'hai fatto per me, ed io so che é così, non solo ti perdono ma devo anche ringraziarti. Non importa cosa potrebbero pensare gli altri, se lo sapessero!"

"Io... non vi dirò perché l'ho fatto... non posso. Non é come dite voi, ma... credo di portarvi male, Artù!"

"Non dire sciocchezze. Sei la cosa migliore mi sia capitata nella vita."

"Allora significa che non siete molto fortunato, maestà!"

Il re ridacchiò brevemente: "Con tutte le volte che mi hai salvato di cui sono a conoscenza, oltre a tutte quelle di cui non sono a conoscenza, ma che comincio a capire solo ora, questo tuo discorso non ha senso."

"Sto parlando del presente e dell'ultimo periodo" disse Merlino con voce rotta dal pianto. Era devastato e Artù non avrebbe mai saputo fino a quanto.

"Dimmi cosa posso fare per farti stare meglio" gli disse stringendogli una spalla, nell'oscurità della stanzetta.

"Niente. Tocca a me trovare una soluzione, voi non centrate!"

"Quale soluzione? Credevo che ormai ci fossimo chiariti e che tra noi le cose si stessero sistemando?"

"Voi... voi continuate a venire in camera mia. Vi dico di no e voi tornate. Vi frusto e tornate ancora. Vi mando via e voi restate. Mi state torturando. Lo sapete ma non v'importa."

Artù gli mise una mano sulla guancia sana, con molta delicatezza. "Certo che m'importa! Ma so anche che quello che farebbe felice me, farebbe felice anche te!"

Merlino, suo malgrado, ebbe un lungo brivido sulla schiena. Dopo quanto era successo, Artù lo voleva ancora? Si pulì gli occhi. "Sono orgogliosamente uomo, Artù!"

"Sai essere molto arrogante, sai?"

"Voi provate disgusto per gli uomini, parole vostre! E io possiedo tutti gli attributi di un uomo, nessuno escluso."

"Prima me ne sono decisamente accorto!"

Il servo arrossì al buio. 

"Ora posso dirtelo" si schiarì la voce Artù "ti desidero tantissimo, Merlino!"

Il ragazzo sospirò e deglutì confuso. Non sapeva nemmeno lui dove trovasse il coraggio per rispondere: "Voi mi desiderate perché siete possessivo con le vostre... 'cose'. Quando avete pensato che ero stato di un altro, vi siete sentito messo da parte e non l'avete sopportato."

"No, io non credo sia solo per questo!"

"Siete un re e fin da piccolo siete stato abituato a prendere ciò che volevate, a imporre la vostra volontà, a non essere contraddetto, a vedere le vostre richieste considerate ed esaudite. Con il tempo avete preteso e ottenuto cose nuove e i vostri appetiti si sono affinati. Non vogliatemene, ma credo che il fatto che qualcuno abbia osato derubarvi di un vostro 'giocattolo', unito al fatto che forse le tante donne passate per il vostro letto vi siano venute a noia, potrebbe spiegare questa specie di ossessione che avete per me."

"Sei fortunato che oggi io mi sia trovato in così grave fallo con te. Mi hai appena detto delle cose orribili. Mi hai dato del re viziato, vizioso, egoista e incontentabile! Forse una parte é vera, ma so riconoscere le cose che hanno importanza per me da quelle che invece non ce l'hanno. Tu sai cosa sento nei tuoi riguardi, ma voglio rassicurarti su questi tuoi dubbi un po' stupidi ma che devo aver contribuito mio malgrado a creare nella tua mente. Tu mi piaci molto. Mi piacciono anche e soprattutto le tue caratteristiche maschili, nessuna esclusa" disse con un tono semiserio Artù.

"Solo le mie?" si fece uscire Merlino in un soffio.

"Solo le tue!"

"Perché?"

"Perché é così e basta!"

Merlino rimase in silenzio.

"Perché fanno parte di te!" concluse Artù.

Merlino sentì sciogliersi il groppo che aveva in gola. Artù era riuscito a dirgli ciò che voleva sentirsi dire. O quasi, ma poteva accontentarsi." 

"Ho capito, grazie!" e sfiorò un braccio ad Artù. Un invito neanche tanto sottile.

"Scusate sire, ma col vostro peso... sul lettino..." ridacchiò il servo.

"Potrei offendermi" sorrise il re. Non capiva se Merlino scherzasse o meno. Era un terreno pericoloso quello su cui ora il servo aveva deciso di camminare, ma ad Artù non dispiacque nemmeno un po'.

"Prima non l'ho affatto distrutto, Merlino e comunque tu... sei un mago!"

Merlino si sentiva spaventato e divertito allo stesso tempo. Forse davvero il vino aveva rimescolato tutte le sue emozioni. O forse era Artù che lo stava facendo. Non capiva nemmeno lui cosa gli stesse succedendo esattamente.

"D'accordo ma la vostra ampiezza non vi consentirebbe di occuparlo, tanto meno insieme a... qualcun altro!"

"Scommetti che si può? Soprattutto se quel qualcun altro fosse sottile e flessibile come un giunco." Merlino non era mai stato definito in quel modo da nessuno. Non era abituato a sentirsi fare dei complimenti sul suo aspetto. Solo Walden l'aveva fatto negli ultimi tempi, ma lui ...non era Artù. Merlino sospirò di desiderio ed il re avvertì che il servo stava cedendo, ma c'era ancora qualcosa che rendeva il servo titubante e Artù non voleva correre il rischio di perderlo per una parola o un gesto fuori posto.

"Io mi sento come diviso a metà, quando non sei con me. Provi anche tu questa sensazione? Ti prego, sii sincero!" disse Artù emozionato.

"Qualcosa del genere, sì... ma per voi é ancora così, ora che sapete che possiedo la magia?"

"Ora ancora di più e voglio conoscere meglio questo tuo lato intrigante e misterioso."

"Sappiate solo che il servo e il mago sono da sempre la stessa persona che conoscete!"

"Ho intenzione di scoprirlo. Senza fretta."

Il re prese l'iniziativa. Non ce la faceva più. Scostò le coperte e si sedette sul bordo del letto poi afferrò una mano di Merlino, intrecciando le dita alle sue e facendolo alzare a sedere con la schiena contro la testata del letto.

"Non ho molto equilibrio, Artù. Non vorrei cadere giù. Potremmo provare domani?"

'Sta ancora cercando di resistermi' pensò Artù.

‘Ultimi, patetici tentativi!’ si disse Merlino.

"Come servo sei poco servizievole, lo sai? Ti tengo io. Non permetterò che tu cada" e lo cinse con un braccio attorno alla vita, sorreggendolo, in una posizione tutt'altro che comoda.

Con le dita di una mano sola allargò lo scollo della leggera camicia di Merlino, strappandola poco per volta e sussurrando: "Quando prima l'hai fatto a me, l'ho adorato!"

"Ammetto che é uno dei numeri migliori del mio repertorio!" Artù strinse i denti per sopportare una nuova ondata di gelosia. Che fosse un ulteriore tentativo di Merlino per far fallire la cosa?

"Hai ancora dei dubbi? Ti senti scorretto nei confronti di Walden?" arrischiò Artù.

"Dubbi? Certo, tanti! Per Walden forse dovrei sentirmi in colpa, ma non é così. Lui lo sa e non gli ho fatto promesse."

"Quindi non lo rivedrai più?"

"Non ho detto questo. Ma se ci fosse qualcuno in grado di convincermi, potrei anche farlo."

Questo andirivieni di Merlino lo stava massacrando e Artù decise di soprassedere. Con la mano libera aprì i lembi strappati della camicia, poggiandola poi sul suo petto. Lo massaggiò adagio, con molta dolcezza. Il servo aveva cominciato a respirare profondamente.

"Vorrei vederti, Merlino!" Il mago sussurrò delle parole misteriose e fece accendere una candela. "Molto romantico" commentò il re. Guardò Merlino e lo trovò bellissimo.

"Vorrei anche che tu rifacessi quella cosa dell'acqua su di te. Bagnato sei molto tenero: mi ricordi un pulcino appena nato" disse il re giocando con il bordo dei suoi calzoni.

"Quella, l'ho inventata apposta per voi. Perchè bagnato siete molto eccitante!"

Artù ebbe un brivido di piacere molto intenso. Una cascata tiepida molto più vasta delle precedenti inondò i due uomini. "Fantastico!" rise Artù "Ti trovo meraviglioso quando fai il grande mago!"

Artù si mise in ginocchio sul letto, cercando un altro modo per sorreggere Merlino e ridacchiò: "Così potente! Così forte! Il mio servo idiota! Mi hai fregato per bene! L'enigma che sei sempre stato, ora é svelato!" Gli tolse i calzoni con fatica, poiché erano incollati al corpo e gli cinse una coscia con un braccio mentre con l'altra mano scese dal petto all'addome di Merlino, carezzandolo intorno all'inguine, senza mai toccarlo direttamente. Ad ogni carezza Merlino sussultava leggermente, finché si accorse di essere completamente eccitato.

Il re nonostante la luce fioca notava ogni particolare del suo amato: la leggera peluria al centro del petto, l'addome piatto, le coste in rilievo, i due nei vicini sul fianco, il fatto che il sesso di Merlino fosse leggermente più sottile del suo ma anche un po' più lungo. 

Ogni tanto ad Artù veniva da ridere: gli sembrava stranissimo toccare un uomo in quel modo, ma poiché si trattava di Merlino risultava tutto anche molto seducente. Il re era piuttosto soddisfatto del suo lavoro.

Merlino intanto non ne poteva più di quel giochetto sadico. "Artù, vi prego!"

"Hai notato" lo interruppe il re "che qui in cima assomiglia alla faccia di un uccellino appena nato, quando é ancora cieco, a causa delle membrane sugli occhi?" lo stuzzicò Artù, forse per farlo impazzire.

Merlino alzò gli occhi al cielo: "Forse è per questo che viene anche volgarmente detto 'uccello'! Ma scusate, il vostro non é uguale?"

"Non lo so. É il primo che vedo da questa angolazione." disse il re con finta ingenuità.

"Artù, se state cercando di farmi capire che avete cambiato idea, io vi comprendo, ma almeno fatemi rivestire!"

"No! Cosa dici? Sei una persona impaziente!"

"Vedremo dopo, quando toccherà a voi, cosa penserete!"

Il re sorrise."A dire il vero, stavolta voglio soltanto prendermi cura di te, ma lo faccio con enorme piacere!" Artù strinse delicatamente il sesso del servo tra due dita e Merlino subito emise un forte gemito: non ebbe tempo di pensare al senso delle parole dell'altro. Il re avvicinò la sua bocca e baciò quella zona così sensibile; la baciò come fosse la bocca del suo mago, mentre Merlino fremeva. Ad Arthur piacque immensamente: dare piacere al suo servo lo rendeva intimamente felice.Cominciò a muovere le labbra come ricordava che le donne avevano fatto per lui tempo prima. Il sapore di Merlino era adesso un po' più acre, ma era il suo Merlino, per cui era tutto a posto, tutto giusto!

Dal canto suo il servo non riusciva a togliere gli occhi da quella visuale: i capelli bagnati di Artù, le labbra e persino il naso erano una visione da togliere il fiato, quasi commovente, se non fosse stata anche così sensuale. Non ricordava di essere mai stato così eccitato in vita sua. 

Artù era molto bravo a dispetto dell'inesperienza con gli uomini e non era credibile che fosse lì a farlo impazzire in quel modo. Forse era un sogno o un'allucinazione molto concreta.

"Guardatemi Artù! Voglio che vediate ciò che mi state facendo!"

L'altro alzò gli occhi sul suo viso e Merlino non resistette all'impulso di portare una mano tra i capelli del re, cominciando a muovere i fianchi più in fretta. Artù deglutì, in leggero affanno, portando l'altro ad avvicinarsi notevolmente all'apice. 

Cosa doveva fare? Merlino cercò negli occhi dilatati del re una risposta. Artù si staccò da lui e prese a spogliarsi con una certa impazienza, senza mai togliere gli occhi da quelli di Merlino. Una volta nudo si girò a carponi di fronte a lui, dando al servitore la visuale più sgarbatamente eccitante della sua vita. Merlino distolse lo sguardo dal perfetto fondoschiena di Artù per non rischiare di arrivare al limite così, senza contatto: doveva mantenere il controllo su se stesso. Scappò dalla stanza, lasciando Artù attonito e imbarazzato.

Bevve dell'acqua, si fermò per prendere qualche respiro, si tolse la camicia a brandelli e prese al volo la bottiglia dell'olio d'oliva dalla credenza di Gaius: in mancanza di meglio sarebbe andato bene lo stesso. Ritrovò Artù seduto sui talloni che quando lo vide sospirò di sollievo, ma subito dopo, guardando la bottiglia dell'olio, inorridì, sbarrando gli occhi.

"Cosa vorresti fare con quella... cosa? Non credo di essere pronto per dei giochi così estremi!"

"Perdonatemi! avevo capito che lo volevate anche voi...la vostra...posizione non dava adito a molti dubbi" disse stupito e forse un po' deluso Merlino.

"Volevo darmi a te, ma questa cosa con gli oggetti...non fa per me"

Merlino scoppiò a ridere di gusto: "No...Non  avete capito. Voglio solo usare l'olio."

"Perché adesso? Non ho voglia di un massaggio,... ma se lo vuoi tu,... per me va bene..."

Il servo sorrise: "L'olio va usato localmente per diminuire  l'attrito che... può rivelarsi doloroso"

"Oh!" fece il re, finalmente comprendendo.

Merlino non lo disse ma era contento. Sicuramente Ginevra e le altre donne non gli si erano concesse in quel modo, altrimenti il re avrebbe saputo cosa fare, dell'olio. Era contento perché, quando più tardi fosse toccato ad Artù per lui sarebbe stata un'altra prima volta: gli sarebbe piaciuto, ne era certo!

Vedendo l'eccitazione di Artù, una delle tante deliziose novità per il suo unico occhio, Merlino fece un bel respiro: "Artù, siete magnifico così! E devo chiedervelo: non preferireste usare quest'olio ora... su di me?"

"Dopo Merlino! Ci sarà tempo! Ora vorrei solo tornare al momento prima che tu scappassi!" E si rimise a gattoni, con il capo girato a guardarlo. Merlino capì di essere perduto: gli si inginocchiò tra le gambe e ... rabbrividì, ma non di piacere, vedendo le tre piaghe aperte sulla schiena del suo amato. Con un nuovo tocco magico, sussurrato e non percepito dal re, le risanò in modo abbastanza evidente, rispetto alla prima volta. Ora si presentavano chiuse e ben rimarginate. In una settimana sarebbero guarite, lasciando solo tre piccole cicatrici di colore chiaro. Artù sospirò profondamente di piacere, ignorando che esso era dovuto al calo del dolore sulla sua schiena.

Merlino si soffermò ad accarezzare i glutei tondi e sodi del sovrano. Poi li baciò con passione, portando una mano sul davanti di Artù, per accarezzarlo. C'era letteralmente di che perdere la ragione! Ad Artù sfuggì un grido involontario. Per fortuna aveva congedato le guardie!

Merlino si bagnò le dita con l'olio e molto lentamente operò sul corpo dell'amato. Nonostante Merlin cercasse di essere più delicato possibile, Artù si lamentò in più di un'occasione. Il servo era talmente preso dallo svolgere una buona preparazione su Artù che non si rese conto di quanto lui stesso fosse eccitato.

Merlino si accorse di non riuscire ad attendere oltre e si cosparse con abbondante olio, preparandosi a fare suo il corpo di Artù con la stessa devozione che avrebbe usato nell'entrare in un tempio sacro. Cominciò dandogli morbidi baci sulla schiena, lontano dai segni delle frustate e abbracciò il re, accarezzandogli il petto con le mani.

Artù fremeva: "Dai, Merlino, non voglio più aspettare!"

Il servo sentiva che il calore del corpo di Artù lo ubriacava, ma il re si lamentava così forte che si fermò. 

"Non fermarti! Sto bene. Continua!" E Merlino non sapeva bene cosa fare, non ci capiva più niente. Gli girava la testa e non comprendeva se il re gemesse di dolore o di piacere.

Provò a rallentare i movimenti e contemporaneamente ne aumentò la profondità, provando a cercare quel punto che avrebbe dato ad Artù molto piacere. Il re continuava a lamentarsi quando, dopo una ulteriore spinta, mirata leggermente verso l'alto, Artù lasciò andare una specie di singhiozzo, cominciando a gemere più forte e a parlottare: "Merlino... che cos'é?...Mi sento strano... stai usando la magia?..."

"Niente magia... ho trovato il vostro punto, Artù... é normale sentirsi così... va tutto bene!"

Merlino fu eroico e riuscì a durare qualche altro minuto, ma ormai era al limite da troppo tempo e i gemiti di piacere del re, non lo stavano certo aiutando!

"Artù... temo che ormai...!"

"Sì... Merlino... fallo per me... adesso!"

Il valletto si tese completamente e cominciò a tremare, mentre trattenendo il fiato poi si lasciò andare con diversi forti gemiti. Si accasciò sul suo amante per qualche istante, riprendendosi dal piacere più grande che avesse mai provato.

Poi sorrise e chiese ad Artù di girarsi verso di lui. Il re si girò tra le sue braccia e ricambiò con un dolce sorriso. "Ora tocca a voi" e cominciò ad accarezzargli il volto e il petto gentilmente.

"Questa volta era solo per te. La prossima volta non sarò così generoso. Ricordalo!"

Merlino rimase di ghiaccio: "No, Artù, vi prego. Lasciate che anch'io mi occupi di voi!"

"Tu... lo hai sempre fatto e comunque lo farai, non temere. Quando starai meglio!" e fece per rivestirsi.

Il servo quasi andò in panico: "Non fatemi questo, ve lo chiedo col cuore in mano. Non allontanatemi! Siete così eccitato, lo vedete, e voglio darvi sollievo! Non mi sembrerebbe di aver fatto l'amore per bene, se non mi permetteste di toccarvi. Io vi amo, Artù!"

Il re sospirò felice: "Anch'io ti amo... ora lo so!"

"E non mi avete nemmeno dato un bacio!"

Artù gli accarezzò i capelli: "Ho paura di farti male. poi... non credevo tu gradissi i baci."

"Prima mi avete preso di sorpresa... ma io desidero i vostri baci. Vivrei dei vostri baci!"

Artù accostò le labbra socchiuse a quelle di Merlino, sfiorandolo appena. "Non ci riesco! Guarda il tuo volto!"

"Rimarrò fermo con la testa e voi vi regolerete di conseguenza. Mi fido di voi. Ma non potete privarmi dei vostri baci!"

Artù rimase serio e pensieroso per un po' di tempo poi fece un piccolo sorriso di quelli storti, che Merlino adorava. "Siamo quasi asciutti... e non va bene!"

Lo stregone sentì un meraviglioso calore inondargli il petto e in un attimo fece scendere un nuovo scroscio non troppo caldo, su di loro: doveva tener conto delle ferite di Artù e delle sue.

Artù accostò la bocca a quella di Merlino, muovendo appena le labbra: aveva ancora timore, ma a Merlino vennero mille nuovi brividi anche con quel piccolo contatto. Poi il re continuò a baciarlo con tanti piccoli e casti baci, cosa che fece commuovere Merlino fino alle lacrime. Infine Artù osò un po' di più. Con il pollice poggiato sul mento del servo gli fece aprire la bocca  e poggiò su di essa la sua bocca aperta. Da fuori sarebbe sembrato un bacio statico, ma l'idea di Artù era quella di usare unicamente la lingua. E il re baciò il suo servo facendo giocare la sua lingua con quella dell'altro, con sapienza e passione: Merlino tornò eccitato all'istante, anche se aveva finito di fare l'amore da poco tempo.

"Io... non so bene come prepararti, Merlino! Dovrai guidarmi tu!"

Il valletto si sdraiò a pancia in su: "Lo farò io, ma voi guardatemi, così sarà più facile!"

Merlino per un attimo pensò che l'unica cosa positiva del rapporto avuto con Walden fosse quella di permettergli di avere adesso quel minimo di esperienza che si era rivelata utile nel rapporto con Artù.

Il re notò che il servo si muoveva in modo molto naturale: era l'essere più adorabile del mondo e superava in fascino e bellezza tutte le donne che aveva avuto in vita sua e aveva offuscato persino il ricordo di Gwen. E quando lo prese, Artù dimenticò tutto: era questa la vera, unica redenzione. Ricominciò a baciarlo come se attraverso la bocca di Merlino, Artù riuscisse finalmente a respirare bene. Ed era così

Merlino rimaneva fermo, passivamente languido, dolcemente sotto di lui, ma emetteva continui gemiti e sospiri che gli mandavano il sangue al cervello. Avrebbe voluto rimanere così per sempre, unito all'altro in ogni modo possibile. Dopo parecchio tempo, Merlino cominciò a provare un leggero fastidio. Si chiese come facesse Artù a durare tanto.

'Forse non riesce a lasciarsi andare perché é la sua prima volta con un uomo... oppure non gli piaccio abbastanza... No, basta con i pensieri negativi

"Artù... voi siete un magnifico amante, ma se continuate così, non riuscirò a sedermi per settimane, comprendete?"

"Scusami... é solo che... non vorrei smettere mai!"

"Avete un controllo che ... non credevo potesse esistere. Ma vorrei vi abbandonaste a me. Lo desidero molto!" Nonostante il fastidio, Merlino trovava quella situazione irresistibile, con Artù, nudo e bellissimo, che si muoveva su di lui e cominciò a toccarsi. Quella visuale, a sua volta, portò Artù ad un più alto livello di eccitazione. Si chinò a baciarlo con grande tenerezza, poi si rizzò sulle ginocchia, alzando con le mani il bacino di Merlino verso l'alto e sorreggendolo con forza, in modo che il volto dell'amante fosse quasi parallelo al suo, sotto di sè. Osservava il servo e ciò che stava facendo a una distanza ora molto ridotta, divorandolo con gli occhi.

Merlino ricambiò il suo sguardo con una intensità nuova sul viso. Artù sentì di amarlo infinitamente e non solo per quello che stavano facendo in quel momento. Lo avrebbe amato anche se non lo avesse avuto, anche se non gli si fosse concesso. Lo sapeva anche da prima: era così chiaro adesso! Solo che aveva preferito rimanere cieco e sordo. Erano stati così stupidi e testardi! Se c'era stata una cosa positiva nell'atroce ricordo di Merlino con Walden, era stata quella di fargli aprire finalmente gli occhi, una volta per tutte, su ciò che provava per il servo. Che fosse un uomo non aveva alcuna importanza: Merlino era perfetto in tutto! Era perfetto per lui! Lo amava al di là di tutto e si ripromise di non tornare ad essere, per lui, solo l'amico o il padrone affezionato di qualche tempo prima, perché nel frattempo erano molto cambiati. Voleva renderlo felice, tenerlo vicino a sé, proteggerlo con questa nuova consapevolezza.

Merlino rovesciò il capo all'indietro e il re udì dei rantoli soffocati uscire dalla gola del valletto, mentre questi raggiungeva il piacere supremo. Artù non resistette oltre e come richiamato da quei gemiti, si lasciò andare a un piacere talmente forte, da lasciarlo intontito e spossato.

Rimasero a lungo abbracciati sul letto zuppo, a scambiarsi lievi baci e carezze. Artù si alzò e prima che potesse rimboccare le coperte al servo, Merlino lo fermò evocando lo stesso vento caldo di prima che asciugò teste, corpi, vesti e letto.

Quando il re fece uscire, Merlino lo richiamò: "Artù, datemi ancora un bacio!" Cosa che il re subito gli concesse in un gesto pieno di tenerezza. Merlino d'istinto lo abbracciò con foga: "Artù, io vi amo! Promettete di non dimenticarlo mai!" Il re ricambiò l'abbraccio, serrando gli occhi e sussurrando: "E come potrei? Forse non hai ancora capito quanto ti amo io! Ti aspetto domattina, anzi, tra poche ore con la colazione in camera mia" gli disse con un luminoso sorriso.

Merlino non rispose e il re richiuse la porta dietro di sé.

 

EPILOGO


Artù era sfinito ma finalmente felice. L'unione con Merlino lo faceva sentire completo, riassemblato. Si mise sotto le coperte e prima di addormentarsi, pensò al suo uomo, al fatto che già non vedeva l'ora di rivederlo, a quanti momenti felici avrebbero passato insieme.

Ripensò al dolore, alla rabbia e alla paura di quel giorno: tutto era sparito in nome di quell'amore che permeava ogni fibra del suo essere. Non credeva che un giorno avrebbe potuto essere così felice!

Fu vinto dal sonno, un sonno tranquillo e ristoratore. Sul suo viso addormentato era presente un sorriso.

Non sapeva che all'alba il suo servo aveva già superato Ealdor, dopo aver salutato la madre, afflitta nel vedere suo figlio sfigurato e che aveva capito che Merlino doveva andare lontano per sfuggire il male che qualcuno gli aveva fatto e voleva fargli ancora. E Merlino glielo lasciò credere.

A mattina inoltrata Artù aprì gli occhi sorridendo: sapeva che sarebbe stato un giorno meraviglioso, ora che amava, riamato. A momenti Merlino sarebbe entrato dalla sua porta: gli scoppiava il cuore di felicità!

Artù non poteva sapere che Merlino era ormai lontanissimo da lui...

...non poteva sapere che Merlino, la notte precedente aveva voluto amarlo, per portare con sé il ricordo più prezioso che avesse mai posseduto...

...non poteva sapere che Merlino non era riuscito a smettere di piangere per lui, per tutto il tempo...

... e non l'avrebbe mai saputo...














*Walden è un nome inventato perché il ragazzo non viene nominato nella prima puntata. L'avevo detto una volta che l'avrei preso in considerazione come ragazzo di Merlin e qui l'ho fatto.


Questa storia era un esperimento su di me, ma alla fine è un capitolo che non sento mio e non mi rispecchia, per non parlare del 'lieto' fine!

Grazie comunque a chi ha letto. Un bacio!










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Capitolo 5
*** Pensiero stupendo ***


Rating: giallo

Genere: Commedia, Demenziale, 5 treSentimentale

Tipo di coppia: Slash 

Note: Missing moments, What if?

Contesto: prima stagione

 

4.331 parole


 

Pensiero stupendo








 

Merlino ci stava provando già da parecchi giorni. Appena il principe egocentrico e possessivo gli concedeva qualche minuto libero, si rifugiava nella sua stanza piena di antichi libri di magia e studiava. 

 

L'idea era quella di mettere a punto un raffinato metodo di magia che fino ad allora però non aveva avuto nessun tipo di riscontro. Gaius, con il quale aveva parlato ripetutamente, era convinto che non potesse esistere una formula per ciò che Merlino desiderava sperimentare. Secondo lui doveva trattarsi di una formula ancora da inventare ma se c'era qualcuno in grado di arrivare a fare una cosa del genere, questo era sicuramente Merlino.

 

Il ragazzo aveva l'ambizioso scopo di riuscire a visualizzare a distanza, con la mente, una persona, per capire dove si trovasse e cosa facesse nello stesso identico momento in cui Merlino provava a 'raggiungerla'.

 

Se fosse riuscito nel suo intento, chiunque si fosse perso o fosse stato rapito, in un determinato raggio di miglia di distanza da lui, almeno per iniziare, avrebbe avuto molte più possibilità di essere ritrovato e salvato. A meno che non fosse già morto, ovviamente.

 

Per addestrarsi il mago, si infilava nel bosco a sera tarda, quando sapeva che Artù probabilmente non l'avrebbe più cercato e si esercitava da lontano. 

 

Provò prima con Gaius che tra l'altro era nel suo laboratorio, concentrato a sua volta nell'esperimento. Non successe niente. Cambiò la formula e poi l'altezza, l'intensità e il timbro della voce, provando tutte le possibili varianti. No, non lo vedeva e nemmeno percepiva dove si trovasse esattamente il suo mentore.

 

Pensò di provare con Morgana, ma data l'ora non voleva rischiare di trovarla in un momento privato della sua toeletta. Era pur sempre un gentiluomo.

 

Provò con Artù. In mille modi diversi, ma inizialmente non successe nulla. Quando però fece un tentativo, aggiungendo un lieve afflato alla sua voce e una breve interiezione alla fine della formula, Merlino non visualizzò il re, né la sua camera o altro, ma percepì un paio di parole dentro la sua testa che sembravano provenire proprio da Artù. Almeno la voce era la sua. Le parole giungevano molto confuse e lontane per cui riprovò più volte variando l'intonazione della voce e allungando le mani spostandole in diverse direzioni, cercando di migliorare la ricezione di quelle parole. 

 

Probabilmente Artù stava dormendo e parlottava nel sonno, facendosi uscire frasi senza senso.

Merlino tornò in laboratorio piuttosto insoddisfatto ma Gaius gli disse che era comunque un primo passo verso la strada giusta e che doveva ritenersi fortunato e avere più pazienza.


 

 

La mattina dopo, Merlino irruppe come un ciclone nella stanza del principe, per svegliarlo, come faceva da molti mesi ormai. Svegliare l'orso dal letargo notturno era sempre un po' un' impresa, ma era anche divertente, a meno che Artù non incominciasse a tirargli addosso qualsiasi cosa avesse a portata di mano, compresi cibo e vasellame.

 

"Oggi il sole é assolutamente magnifico, maestà!" disse allegro spalancando le tende.

Artù aprì un occhio: "E io lo trovo sguaiato e irriverente almeno quanto lo sei tu!" mugugnò infastidito infilando la testa sotto le coperte. "Cinque minuti ancora!"

Il servo preparò i panni da far indossare ad Artù, concedendogli ancora qualche istante di sonno, poi con un gesto secco tolse tutte le coperte al principe che rabbrividì. 

 

'Ti odio!'

Merlino rimase interdetto e guardò Artù: "Mi odiate?"

 

"Cosa stai dicendo, Merlino?" 'Ma io credevo di averlo solo pensato!'

 

Merlino non poteva credere ai suoi occhi e alle sue orecchie: aveva sentito la voce di Artù, ma le sue labbra non si erano mosse. 

"Niente... Devo aver capito male!"

 

Ma il servo aveva bisogno di una conferma per ciò che aveva sentito e mentre, chino ai suoi piedi, lo aiutava a infilare gli stivali, Merlino alzò il volto verso il principe con il suo miglior sorriso e gli occhi grandi e luminosi:

 

"Ho pulito i vostri stivali fino a farli brillare, stavolta!"

 

"Ben fatto!" 'Non per niente, Merlino ma, l'ultima volta che qualcuno mi ha guardato così, me lo sono fatto!' *

 

Merlino scappò dalla stanza affannato: era un po' sbalestrato dalla scoperta della magia in atto e dai pensieri del principe. Poteva davvero sentire i pensieri di Artù? Pensieri contorti, non c'era dubbio!

 

Forse poteva sentire i pensieri anche degli altri? Era una cosa fondamentale da capire per poter trovare eventualmente un rimedio, un antidoto, un contro-incantesimo.

 

Quando si trovò davanti alla cuoca, dall'aspetto e dal carattere noti per non essere tra i più gradevoli, Merlino esordì: "Cosa vi é successo? Avete una faccia strana stamattina!" La cuoca lo guardò stringendo gli occhi e le labbra come se avesse voluto ucciderlo con lo sguardo e se ne andò senza rispondergli.

 

'Quindi sento solo i pensieri di Artù! Forse a causa della magia di ieri sera, che ha funzionato ma non come avrebbe dovuto.'

 

Temeva che quella magia non fosse di alcuna utilità, anzi per certi versi non avrebbe proprio voluto sapere cosa pensasse quella testa di fagiolo, ma in fondo, chi poteva dirlo, avrebbe anche potuto trarne un po' di sano divertimento.

 

Gli venne in mente di controllare se anche Artù potesse percepire i suoi pensieri. Prima era così sorpreso che non ci aveva fatto caso.

 

Probabilmente se ne sarebbe già accorto: tanto valeva fare un tentativo per togliersi quel dubbio del tutto. Tornando dal principe con la sua colazione, Merlino vide che Artù era ancora come l'aveva lasciato: seduto sul letto, calzoni e stivali indossati, mezzo addormentato e a torso nudo.

 

Appoggiò il vassoio sul tavolo e prese la camicia di Artù in mano con l'intento di fargliela indossare. Si avvicinò a lui, piegandosi per poterlo vedere bene negli occhi; strinse le labbra per nascondere un sorriso, lo fissò intensamente e pensò nel modo più chiaro possibile: 'Posso - accarezzarvi - il petto - Artù?'

 

Il giovane reale lo guardò con curiosità: "No, Merlino!" rispose freddamente.

 

Il servo si portò una mano davanti alla bocca, scioccato e Artù continuò: "Nessun aumento di stipendio e nessun giorno di riposo." 

 

Merlino respirò sollevato. "Che cosa credevi che mi sarei lasciato incantare dal tuo sguardo ammaliatore?" disse Artù e Merlino non rispose neppure, lasciandogli credere ciò che voleva.




 

Quella mattina Artù doveva fare il giro di ronda nei boschi attorno a Camelot: era un compito dei cavalieri che a turno pattugliavano i confini della città, ma ogni tanto aveva preteso di farlo anche lui e chiedeva al servo di accompagnarlo.

 

Prima di uscire Merlino informò Gaius sugli ultimi sviluppi. Il vecchio medico lo rassicurò dicendo che avrebbe provato ad accedere alla sezione dei libri proibiti ovvero quelli sulla magia della biblioteca reale. "Dovessi sedurre Jeoffrey per riuscirci" aveva aggiunto Gaius, scoppiando a ridere insieme a Merlino.

 

Appena usciti da palazzo Artù si sincerò sulle vettovaglie: "Hai preso sufficienti cibo e acqua per entrambi?"

 

"Certo Artù. Non patirete la fame!" sorrise il servo.

 

"Bene!" 'Sarebbe meglio che non la patissi tu, la fame! Sei uno stecchino!'

 

"Ma, come...?" disse il servo, offeso... poi si morse la lingua: non poteva rispondere, non doveva. Se Artù avesse saputo che era in grado di leggergli nel pensiero, sarebbe stato come ammettere di essere un mago e i rischi li conosceva già, purtroppo.

 

"Che cos'hai Merlino, oggi?... Sei strano!"

 

"Non ho niente, sire! Sto bene, grazie!"






 

Gwen si stava avvicinando a loro per salutarli. Aveva tra le mani un cestino di stoffe che faceva dondolare maliziosamente.

 

"Buongiorno maestà, ciao Merlino!"

 

'Mmmh... le donne no!' pensò Merlino scocciato, comprendendo che non avrebbe voluto sapere i pensieri del re al riguardo.

 

"Di nuovo a caccia?" sorrise dolcemente Gwen.

 

Il principe rispose: "No, solo di ronda." 'Però se vuoi potremmo giocare insieme al cacciatore e alla preda!' 

 

Merlino era una sfinge, con questo sorriso forzato stampato in faccia, rivolto a Gwen che chiese:

 

"Andate da soli?"


Rispose Artù: "Sì, solo io e Merlino, il mio fido compagno" 'Preferirei giocare insieme a lui, ma é sempre così bacchettone!'

 

Merlino distolse lo sguardo anche da Gwen e lo fissò per terra. 'Oh dei, ma che diavolo sta pensando?'

 

Ad osservare bene il ragazzo, sembrava uno che sospirasse angosciato per le formiche vicino ai suoi piedi che avrebbero potuto attaccare pericolosamente i suoi stivali. 

 

'Sicuramente ho frainteso. Cosa intenderà con giocare? Prendermi in giro come sempre!'

 

"Mi sa che oggi farà molto caldo. Fate attenzione!" aggiunse la ragazza.

 

"Sei gentile, ma non preoccuparti" rispose Artù. 'Oppure potremmo giocare in tre... uuuh, pensa che meraviglia! Io al centro, lui che mi bacia con passione e mi sussurra quanto mi ama e lei dolce e sorridente come sempre che si occupa delle mie parti basse, hahahah!'

 

Merlino si asciugò il sudore dalla fronte per poi coprirsi un attimo gli occhi. Non ce la faceva più. Era talmente sconvolto che non aveva realizzato che la fantasia di Artù includesse tre persone. Cioè sì, l'aveva capito ma ciò che lo ammutoliva era il fatto che nel gruppetto fosse presente anche lui. Ma ancora una volta preferiva non rendersene conto.

 

'Ha pensato "lui", magari si riferiva ad un altro uomo!... Sapevo che Artù era fissato con il sesso, ma questo é troppo anche per uno come lui...'

 

Artù sorrideva estasiato: 'Non ci ho mai pensato, chissà perch... ma si vedrebbero nudi anche loro due! E se poi si scambiassero dei baci tra loro? E se lei lo toccasse? E se lui usasse la bocca per... NO, no no no, MAI! Che orrore!'

 

L'espressione di Artú era ora piena di rabbia e disgusto.

 

"Ehi Merlino... stai bene?" chiese Gwen vedendolo così affranto. Il ragazzo non diede segno di vita. Dopo i pensieri scandalosi di Artù su ciò che avrebbero potuto fare insieme Gwen e lui, Merlino era convinto che non l'avrebbe mai più guardata in faccia per tutta la vita.

 

"Non mettetevi nei guai!" disse con un gran sorriso la ragazza, ma Merlino non si mosse, né aprì bocca.

 

"Siamo già in ritardo. Se vuoi scusarci!" disse Artù freddo. E le scoccò un'occhiata decisamente ostile. Merlino sentì Artù pensare:

 

'Giù le mani, Gwen, da tutti e due!'

 

Entrambi i giovani la sorpassarono velocemente. 

 

Gwen non capiva perché i due ragazzi, di solito così gentili, tutt’ad un tratto avessero avuto quell'atteggiamento. Merlino praticamente muto e Artù che le aveva addirittura lanciato uno sguardo adirato: non aveva senso. Mise una mano a coppa sulla bocca per controllarsi l'alito e si strinse nelle spalle, tornando al suo giro.



 

Dopo quasi due ore di ronda, senza mai fermarsi, non avevano ancora finito.

 

"Dio, che caldo! Non ne posso più, Merlino!"

 

"Adesso non si riesce a stare con la testa al sole. Dobbiamo trovare un riparo all'ombra, per qualche ora, meglio se vicino a un corso d'acqua."

 

"Non sono venuto per fare il bagno, sai?"

 

"Invece non vi farebbe male. Manterrebbe al fresco il vostro cervello!"


Dopo mezzora erano sistemati all'ombra a mangiare e a riposare, vicino ad un invitante specchio d'acqua.

 

"Avevi ragione, sai? Ci facciamo un bagno?" ammise il principe.

 

"Andate avanti, vi raggiungo più tardi, maestà!"

 

'Il solito guastafeste! Ti lamenti di continuo del lavoro e quando é ora di divertirsi, ti tiri sempre indietro.'

 

Merlino provò una specie di senso di colpa ai pensieri di Artù.

 

"Ho cambiato idea, sire, aspettatemi." 

 

Artù era già nudo come un neonato, ovviamente gigante e perfetto. Entrò in acqua, tuffandosi con un certo stile.

 

Merlino al contrario non ce la poteva fare e fin dentro l'acqua, tenne la coperta sui fianchi per poi lanciarla sulla riva all'ultimo istante utile.

 

'Ti vergogni? Che ragazzino!'


A Merlino normalmente sarebbe piaciuto fare il morto ma qui la cosa era da escludersi a priori. Artù correva fuori dall'acqua per tuffarsi dai punti più alti: il ponte, le rocce, la collinetta.

 

"Dai, tuffati Merlino, non essere timido. Siamo tra uomini, che ti importa!" 'Ma perché ti vergogni così tanto?'

 

"Se ce l'hai piccolo giuro che non lo dirò a nessuno!"

 

"Con rispetto parlando, Artù, andate a farvi friggere!" disse l'altro a voce alta.

 

Artù scoppiò in un'allegra risata. Si stava divertendo un mondo!

 

'E dai, giovinetto, che voglio vedere come sei fatto!'


Merlino nuotava poi si immergeva e poi di nuovo, ancora e ancora. Teneva le distanze da Artù e lo controllava lasciando fuori dall'acqua solo gli occhi, neanche fosse stato un alligatore a caccia.

  

'Ma tu guarda in che situazione mi devo trovare. Asino e pure maniaco! Che guardi qualcun altro! Io non voglio assolutamente che mi veda. Fosse anche solo per non dargliela vinta.'

 

Artù si allontanò fino a sparire e Merlino decise che ne aveva avuto abbastanza. E uscì dall'acqua, approfittando dell'assenza dell'altro.

 

'Santissimi numi, Merlino, hai un culo fantastico!' 

 

Merlino ricadde nell'acqua per lo spavento.

'Le ultime parole famose' pensò furioso.

 

Quello spocchioso di principe si era nascosto da qualche parte per beccarlo. Come osava, quel troglodita?

 

Ed eccolo lì, dietro un cespuglio vicino alla sponda. Era vicino e Merlino arrossì fino al petto, poi lo fissò con gli occhi lucidi di rabbia e lo sguardo cupo. Artù sembrava un po' a disagio.

 

"E dai, Merlino scusa! Possibile che tu sia sempre così abbottonato? Sono io! Sei tu! Che paura hai?"

 

'Magari,... chi lo sa?'

 

Era disgustato dalle parole di Artù? No.

Era a disagio? Non più di tanto: adesso era solo arrabbiato per la mancanza di sensibilità dell'altro.

Gli dava fastidio che Artù pensasse così di lui?

Non proprio, era in un certo senso anche lusingato, ma soprattutto era confuso e... confuso.

 

'Forse mi sono sbagliato. Su tutto.

Forse quando prima Artù pensava di farlo in tre, era solo una sua fantasia che mai avrebbe pensato di mettere in pratica, come quando ad esempio una persona ha come fantasia quella di essere presa con la forza, quando non lo desidererebbe mai nella realtà.

Forse ho davvero un culo fantastico e non me ne sono mai accorto prima e quindi Artù non ha potuto fare a meno di pensarlo, ma questo non vuol dire che sia attratto da me. 

Forse non è vero che Artù fa poi così tanto sesso come lascia intendere e potrebbe avere dei grossi problemi di arretrati...'

 

'Perché non rimani ancora un po' qui insieme a me, in acqua?'

 

"Senti..." esordì Artù dopo un po' di tempo "So che sei a disagio, ma così fai sentire a disagio anche me! Non so cosa ci sia che non vada... ma io non sono abituato a sentirmi in imbarazzo. Non riesci proprio a rilassarti un attimo? Si sta così bene qui, ma non insisterò oltre, se non ti va..."

 

Merlino lo guardò. Il giovane reale aveva un'espressione così sinceramente dispiaciuta e tenera al contempo che ebbe un tuffo al cuore. Artù sapeva essere davvero simpatico e dolce quando voleva. 

 

"Va bene Artù, ma non dovete più spiarmi!"

 

"Croce sul cuore. Ho visto che nuoti molto bene." 

 

"A Ealdor ero sempre in acqua."

 

"Ti va di fare una gara con me?"

 

"D'accordo. Ma solo se mi promettete di non piangere se vi batto..."



 

Merlino ce la mise tutta e gli sembrò impossibile quando arrivò al traguardo prestabilito giusto un attimo prima di Artù. Si chiese persino se il principe l'avesse fatto vincere di proposito. 

 

'Mi hai battuto. Sei davvero veloce!'

 

"Fantastico, Merlino" e portò le braccia in alto afferrando quelle del suo servo, come una specie di tributo al campione. Artù faceva queste cose anche con i suoi cavalieri.

 

Senza staccare le mani dalle sue ma allungando le braccia sull'acqua, Artù prese a nuotare in tondo, ridacchiando e Merlino lo imitò: aggrappandosi alle mani l'uno dell'altro avevano preso a girare velocemente, sorridendo ma con una smorfia sulla bocca a causa dello sforzo, non avendo ancora ripreso fiato dopo la gara.

 

'Dei del cielo, come sei bello!'

 

"Anche tu", sussurrò sorridendo il servo.

 

"Cosa? Cos'hai detto?" urlò Artù.

 

"Niente!" gridò Merlino di rimando.

 

"Mi hai dato del tu?" continuarono, ad alta voce.

 

"Non mi permetterei mai, sire!"

 

"In realtà ora potresti farlo, se vuoi."

 

"Grazie, ma non voglio!"

 

Stavano ancora girando al limite delle loro forze.

 

'Perché no? Sei il solito idiota!'

 

Merlino lasciò le mani del re con uno strattone e si fermò. Non ne poteva più di quella stupida magia. Non serviva a niente se non a sentirsi offeso un momento sì e pure quello dopo. 

Guardò Artù e notò il volto serio del principe. Artù si era offeso per le sue parole, ecco perché si era arrabbiato. In effetti gliel'aveva detto in un modo che poteva passare quasi per un insulto, come se Artù valesse solo in quanto principe e non come persona.

 

"Non prendetevela Artù. Non significa che io non vi ritenga un amico. Oramai questo dovreste averlo capito, e non vuol dire nemmeno che io non vi consideri, al di là del vostro titolo, un ragazzo come gli altri, un ragazzo pigro ma generoso, borioso ma coraggioso." 

 

"Un modo davvero carino per mantenere le distanze!" ribatté Artù, con un sorriso amaro.

 

"Questo non é del tutto falso, maestà. Darvi del voi, serve a me, per non dimenticare mai chi siete e chi sono invece io."

 

"E chi sei tu?" chiese con un piccolo broncio.

 

"Non lo so, ma voi direste che sono solo il vostro servo idiota!"

 

Artù finalmente sorrise e lo guardò dritto negli occhi, scuotendo un po' la testa, divertito. E sospirò.

 

'Quanto é facile volerti bene!'

 

Merlino avvampò spalancando leggermente gli occhi. Era la cosa più inaspettata che Artù potesse pensare di lui. E sicuramente la più carina fino a quel momento.

 

Si sarebbe aspettato ormai uno dei soliti complimenti un po' volgari sui quali Artù sembrava indulgere con una certa compiacenza.

 

E invece quel pensiero lo aveva lasciato più intenerito e anche molto più emozionato di qualsiasi altro concetto avesse potuto ricevere da quella mente strampalata.

 

E non riuscì a trattenere la sua gioia che si trasformò in uno di quei suoi sorrisi aperti e luminosi. Al che Artù si sentì preso da una strana euforia.

Prese la testa del servo e la tenne sott'acqua per pochi istanti, poi lo fece riemergere e lo rifece, al che Merlino cercò di divincolarsi e cominciò a spruzzare tanta acqua in faccia ad Artù, perché rimanesse accecato in modo da non poterlo più rifare. 

 

Artù diede la schiena a Merlino per poi lanciargli valanghe d'acqua, imitato poi dal servo. Durarono un bel po' a giocare come ragazzini in questo modo. 

 

Poi Artù sparì sotto il pelo dell'acqua e Merlino si sentì tirare giù per i fianchi. 

 

'Mi piace molto quello che vedo.' 

 

Merlino boccheggiò in preda al panico. Non si era reso conto della visuale che Artù avrebbe avuto sott'acqua e provò a non farsi trascinare sotto ma era una guerra persa in partenza. Forse era meglio tirare su la testa di Artù, ma come? Non poteva tirarla su per i capelli, né per il collo né per le orecchie! Decise di lasciar perdere e si fece trascinare sott’acqua, tanto cos'altro poteva fare, ormai?

 

Quando aprì gli occhi vide vicino al suo, il volto di Artù, con gli occhi aperti, i capelli che fluttuavano e piccole bollicine che gli uscivano dalla bocca.

 

'Io vorrei baciarti, ma per te sarebbe un disastro, lo so.'

 

Merlino si avvicinò lentamente, sorrise e gli diede un tenero bacio all'angolo della bocca, poi nuotò via da lui, verso la riva, verso i  cavalli.

 

Artù mise la testa fuori dall'acqua e lo guardò. Era talmente sorpreso che non riusciva a pensare a niente.

 

'Cavolo e chi se l'aspettava?'

 

Merlino si chiese il perché di quel bacio. Non aveva mai considerato nessun uomo in quel modo. Certo, il principe era di una bellezza tale, che spesso e volentieri si era incantato mentre gli parlava senza riuscire a seguire più il discorso. Era convinto si trattasse di una pura questione estetica. 

 

Ma Artù era stato così dolce. 

 

Aveva pensato che gli voleva bene. Sentirglielo ammettere era stato come vedere un mondo nuovo che si apriva per lui.

Anche Merlino sapeva di volergli bene da tanto, ma se ne era reso conto solo quando Artù l'aveva confessato a sé stesso nella sua mente.

 

La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato sentire che Artù avrebbe desiderato baciarlo, ma non l'avrebbe fatto per rispetto a lui e questo l'aveva fatto commuovere. E lo aveva reso coraggioso come mai avrebbe pensato di poter essere. 

 

Inoltre, perché no? 

 

C'era stata la voglia di contraddire i pensieri di Artù, poteva ammetterlo!

 

E la voglia di stupirlo in un modo tale da farlo ammutolire... per una volta...

 

Anche se la molla primaria era stato proprio il desiderio di baciarlo. 

 

Era stato un bel bacio. Era come i baci che lui aveva dato ad alcune ragazze. Il brivido era lo stesso, non cambiava per il fatto che baciasse un uomo, anzi era stato decisamente più emozionante. Probabilmente per via della novità assoluta e poi anche il fatto che fosse considerato proibito e peccaminoso rendeva tutto più eccitante.

 

Dal canto suo aveva avvertito un gorgo nello stomaco in quel momento e tanti piccoli brividi sparsi un po' dappertutto. E dulcis in fundo non si trattava di un uomo qualsiasi, si trattava del suo principe, di Artù. Il più bell'uomo che ci fosse al mondo, purtroppo con uno stuolo di donne da far paura. 

 

Se c'era una cosa che lo aveva infastidito, non era venuta da parte di Artù, ma proprio da sé stesso: Merlino era consapevole che aveva osato baciarlo solo perché aveva conosciuto i pensieri di Artù in quel momento. 

 

'É molto facile baciare una persona che sai che desidera baciarti a sua volta. É quando non c'è la certezza di ciò che l'altro vuole, quando c'è la paura di essere rifiutati, il rischio di beccarsi un pugno o di rovinare per sempre una bella amicizia, quando c'è la possibilità di aver frainteso parole e intenzioni dell'altro, che allora si può parlare di vero coraggio.'



 

Quando Artù tornò, felice e sbarazzino, tanto da non far altro che guardarlo ogni momento, Merlino era già in sella al suo cavallo con in mano le redini del destriero del principe.

 

Artù si rivestì da solo, perché Merlino proprio non se la sentiva di stargli vicino in quel momento: era per quello che si era fatto trovare al sicuro, in alto, sul cavallo. Adesso che conosceva qualcosa in più di ciò che il principe pensava di lui, non si fidava più tanto delle reazioni dell'altro e tanto meno delle proprie.

 

Artù stava per montare a cavallo, quando ci ripensò e si diresse verso di lui guardandolo da sotto in su.

 

"Concedimi di chiedertelo, Merlino! Perché mi hai baciato?"

 

"Siete arrabbiato con me, Artù?"


"Dipende dal motivo per cui l'hai fatto!"

 

"Suvvia, Artù, era un piccolo bacio castissimo, concorderete anche voi, vero?"

 

"Per quanto casto era sempre un bacio sulla bocca!"

 

Merlino inspirò ed espirò sonoramente. "Avevo voglia di dimostrarvi che anch'io so rilassarmi, se voglio. Sembravate tenerci molto."

 

"Tutto qui?" Artù apparve piuttosto deluso.

 

"Voi cosa avete pensato?"

 

"Ho pensato di piacerti, sbaglio?"

 

"In quel momento in effetti non mi dispiacevate."

 

Merlino era nervoso. Perché non riusciva più a sentire i pensieri del principe? Proprio adesso che ne avrebbe avuto più bisogno. Forse la magia era stata temporanea? Forse Gaius era riuscito a trovare un contro-incantesimo e l'aveva già usato?

 

"Ricapitolando: in quel momento ti piacevo e mi hai baciato. Fai così abitualmente anche con altre persone?"

 

"Beh, mi é capitato qualche volta in effetti, ma non così spesso."

 

"Intendi con le ragazze?"

 

"Sì"

 

"E con i ragazzi?"

 

"Meno."

 

"Che significa meno? Sì o no?"

 

"No."

 

"Ma con me sì!"

 

"Oh,... mi sono sbagliato. Mi dispiace! Ho agito d'impulso." 

 

"A questo non credo." 

 

Merlino aveva voglia di urlargli: - L'ho fatto perché voi lo volevate! -

 

Disse invece: "Figuriamoci. Non avete mai brillato per umiltà!"

 

"Allora che cos'hai pensato?" domandò Artù con maggiore insofferenza.

 

"A niente. Il mio cervello dev'essersi inceppato."

 

"Vedo che vuoi evitare di parlarne. Andiamo a casa." Artù si volse verso il suo cavallo e fece due passi.

 

Era piuttosto offeso e a Merlino non fece piacere.

 

"Mettetela così!" disse il servo alzando il tono di voce "Tutti vi dicono sempre che siete bellissimo ed é vero. Bellissimo più simpatico più dolce..."

 

"Non é un motivo sufficiente!" ribatté Artù accigliato.

 

"Come no?" chiese Merlino stupefatto "Con le ragazze é sufficiente che siano appena passabili"

 

"Sono più che d'accordo con te, solo che io non sono una ragazza."

 

"E va bene. Ho pensato che se avessi dovuto aspettare voi, allora non sarebbe mai accaduto." 

 

"Mi credi così vigliacco?" s'inalberò Artù.

 

"No, è solo che mi rendo conto di allontanare le persone con la mia timidezza, cosa che se non erro, anche voi mi avete fatto notare, poco fa."

 

"Non credevo ti piacessero gli uomini."

 

"Non credo mi piacciano."

 

"Allora l'hai fatto solo per stuzzicarmi?"

 

"No, ma se non fossi riuscito a stuzzicarvi anche solo in minima parte, potrei ritenermi offeso."

 

Artù sorrise: "Ci stai girando attorno ma non ho ancora capito, sai?"

 

"E se avessi voluto soltanto dimostrarvi il mio affetto, perché ho sentito da parte vostra dell'affetto per me? 

Oppure se vi avessi baciato perché percepivo che anche voi lo volevate, in qualche modo?"

 

Artù aprì la bocca per lo stupore ma sembrò soddisfatto della risposta e salì a cavallo.

 

"Ti dirò la verità. Sono contento che tu l'abbia fatto. Ma ho le idee ancora un po' confuse e sento la necessità di riparlarne. Direi che stasera dopo cena, ti aspetto da me, se sei d'accordo."

 

'Accidenti! Sembra quasi un appuntamento!'

 

Merlino sorrise un po' forzatamente e annuì con il capo. Si sentiva nervoso e osò:

 

"Ma voi vi aspettate qualcosa da me, Artù?"

 

"Non capisco Merlino. Voglio solo parlare per chiarirci le idee con calma e da buoni amici." 

 

'Voglio te, idiota! Davvero non l'hai ancora capito?'

 

Merlino deglutì. La contro-formula di Gaius doveva essere andata a farsi benedire.  

 

"Molto bene, Artù! Sappiate però, che se inviterete anche Gwen, io me ne tirerò fuori…"












 







*Citazione da Supernatural 5x18, la famosa frase rivolta da Dean a Castiel.













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Capitolo 6
*** Apocalisse ***


Rating: arancione

Genere: Angst, Drammatico, Romantico

Note: Missing moments, What if?

Coppie: Merlino/Artù

Contesto: terza stagione




 
5026 parole

 

APOCALISSE










 

Era successo quello che più aveva temuto da sempre.

 

L'avevano visto in tanti: per salvare la vita di Artù dalla creatura degli abissi, aveva lanciato in aria centinaia di rami appuntiti e l'aveva trafitta a morte. La creatura era caduta sul suolo, con un boato che aveva squassato la terra, mentre Artù magicamente illeso, era sfuggito agli artigli della bestia ed era calato dal cielo, adagio e in piedi. Di fronte aveva il ragazzo che puntava le mani verso di lui e che aveva gli occhi che emettevano una intensa luce dorata.

 

Artù, già psicologicamente a pezzi per la morte sfiorata che aveva ormai data per certa e scioccato dall'incredibile visione del suo servo, si era accartocciato a terra, perdendo conoscenza.

 

Nel frattempo gli abitanti di Camelot e i soldati di Artù erano come impazziti.

 

Si era lasciato catturare senza opporre la benché minima resistenza, dai soldati, terrorizzati che potesse ucciderli con una sola mossa della mano.

 

Il popolo era diviso. Chi aveva riconosciuto in Merlino un amico, un collega, quel bravo ragazzo al servizio del principe, gridava che fosse liberato, che aveva salvato Artù, che aveva salvato tutti loro, che aveva ucciso il mostro.

 

Chi invece condivideva il parere di re Uther e la sua interpretazione della magia come malvagia sempre e comunque, gridava che il ragazzo fosse portato al cospetto del re, che perisse sulla forca, che fosse mandato al rogo.

 

Merlino non sentiva quasi più niente in tutto quel vociare. 

 

Avrebbe solo voluto sapere se Artù era sano e salvo. L'aveva visto venir meno ed era preoccupato per lui.

 

Ogni tanto gli arrivava un sasso addosso, scagliato da qualche cittadino infuriato; in altri momenti erano le guardie a dover fare i conti con le pietre lanciate da qualche popolano: era tutto un gran guazzabuglio e quasi Merlino si trovò a sperare di raggiungere presto il castello di Camelot, per non dover più avere a che fare con quella sorta di guerra civile in atto.

 

Con la sua magia avrebbe potuto scappare, ma almeno per il momento non avrebbe fatto nulla.

 

Sperava tanto che Artù si svegliasse e gli portasse conforto. Non che il principe avrebbe potuto far niente per lui, contro suo padre, ma sperava di poterlo vedere lo stesso, prima di morire: per lui sarebbe stata una gran consolazione. 

 

Se avesse potuto esprimere un ultimo desiderio, avrebbe chiesto di parlare con Artù.

 

Voleva dirgli che gli dispiaceva di non avergli mai detto della sua vera natura di mago. Lo avrebbe rassicurato sul fatto di aver usato la sua magia per il suo bene e nient'altro. Gli avrebbe chiesto di perdonarlo o almeno con il tempo di provare a farlo. Avrebbe aperto il suo cuore, ammettendo quanto lo stimava, quanto gli era stato fedele e che era sempre stato al primo posto nella sua vita, come interesse e come affetto. Poi tutto il resto non era così importante.

 

Sentiva anche l'esigenza di parlare con Gaius  o di rivedere sua madre, ma non li avrebbe fatti chiamare. Per loro sarebbe stato uno strazio vederlo lì in prigione, sapendo già che non c'erano speranze.

Era vero. Con Uther niente e nessuno avrebbe potuto fare qualcosa per salvarlo.

 

Non aveva paura. Com'era possibile? Probabilmente il suo cervello ancora non era riuscito a razionalizzare quella situazione.

Lentamente la paura sarebbe arrivata. Non tanto la paura della morte in sé, perché per certi versi la morte poteva considerarsi una sorta di liberazione, ma la paura del dolore, la paura di vedere i volti amati, straziati dal dolore per lui, la paura di non poter fare più quelle cose che aveva amato e che lo avevano reso felice.

 

Si ritrovò in ginocchio a piangere: non avrebbe potuto adempiere al suo destino con Artù, ma forse anche quello era il suo destino. Se non avesse usato la magia, Artù a quest'ora sarebbe sicuramente morto, per cui in fondo non aveva rimpianti. Se il suo destino era quello di morire per salvare il suo principe, probabilmente andava bene così. Questo pensiero lo tranquillizzò e sfinito si addormentò su un giaciglio di paglia. 

 

Il mattino dopo si svegliò con un'idea. Tirò fuori da una tasca interna della giacca, un cristallo, uno di quelli trovati nella grotta dei re. Guardò attraverso di esso, sussurrando una formula magica e visualizzò la stanza di Artù.

Uther era in camera del figlio, preoccupato per il fatto che Artù tardasse a riprendersi.

 

Arrivò Gaius, quasi di corsa. La sua comparsa fece sorridere Merlino. Il vecchio medico fece respirare dei sali al principe, che lentamente riprese i sensi.

 

"Padre... cos'è successo?"

"Sono io che dovrei chiederlo a te!"

Artù si riscosse: "La creatura degli abissi é stata sconfitta da... Merlino!" aggiunse il principe in un sussurro.

 

Gaius sbarrò gli occhi. Merlino pensò che il vecchio dovesse essere prudente. Non doveva esporsi perché rischiava la prigione o la vita a causa sua ed ebbe sinceramente paura per lui.

 

Gaius si portò una mano al petto e un'altra alla gola. Merlino sgranò gli occhi e capì che Gaius non riusciva a respirare. Non respirava! Il vecchio mentore boccheggiò più volte e cadde malamente a terra.

 

In cella Merlino cacciò un urlo di dolore e iniziò a piangere. Gaius stava morendo e lui non poteva far niente per aiutarlo.

Uther fece subito chiamare le guardie per portarlo in camera sua e ordinò loro di cercare un guaritore tra il popolo, perché potesse occuparsi di Gaius.

 

Merlino vide che anche Artù era stravolto:

"Gaius, no... padre, vi prego, salvatelo."

"Sto facendo quello che posso. Stai calmo e cerca di dormire!"

 

"Merlino... dov'è? Voglio vederlo, ho bisogno di vederlo ora!"

Uther conosceva il profondo affetto che stranamente lo legava al ragazzo e mentì:

"Non so dove sia... è scappato"

 

Merlino si bloccò: era spacciato. Uther mentiva al figlio, così avrebbe potuto farlo giustiziare prima che Artù se ne accorgesse.

"Dovete farlo ritrovare, ma non dev'essergli fatto alcun male, vi prego! Prima di tutto devo parlare con lui."

"Farò il possibile, Artù, ma é un mago e sarà difficile trovarlo, se non vuole essere trovato!"

 

"Io so solo che lui non scapperà da me. Sa che ho bisogno di lui. Mi ha salvato la vita, lo sapete questo?"

"Ci sono varie teorie... Qualcuno dice che voleva ucciderti, per prendere il tuo posto sul trono."

"A questo non crederò mai..."

"D'accordo, ma non avresti nemmeno mai creduto che lui fosse uno stregone o sbaglio?"

Artù si accasciò sul cuscino, tenendosi la testa con entrambe le mani.

 

Merlino si agitò, vedendolo così sofferente.

 

"Adesso ti farò portare un tranquillante, uno di quelli che Gaius mi prescrive quando ho bisogno di dormire. Vedrai che dopo sarai un po' più razionale sul tuo servo. Ha una colpa grave, molto grave, Artù: ti ha mentito per tutto il tempo e tu dovrai capire, prima o poi, che ti sei sbagliato su di lui. D'altronde tutti noi ci siamo sbagliati su Merlino. Un servo devoto, un ragazzo così sensibile e dolce nei confronti di tutti, ma soprattutto nei tuoi... capisco che tu sia quanto meno... confuso. So che per te non era solo un servo, ma un amico... e gli amici possono tradire!"

 

Il re guardò il figlio con un sorriso triste: 

"É successo anche a me, purtroppo, e so bene il dolore che questo può causare."

 

Merlino scuoteva la testa e pregava che Artù non gli credesse. Uther lo stava plagiando, approfittandosi della debolezza fisica e psichica del figlio.

 

Il re continuò sospirando: "È colpa mia! Questa volta, la responsabilità di tutto quanto è mia. È stato furbo il ragazzo: quando ti salvò la vita, io gli ero così grato che non ragionai lucidamente. Non avrei dovuto permettere ai miei sentimenti di offuscare la normale prudenza che avevo sempre avuto nei tuoi riguardi. L'ho messo io al tuo fianco, decisione di cui mi pento tantissimo. Tu capisci che già da allora lui aveva tramato per la tua fine? Un attore incredibile, questo Merlino, devo ammetterlo; tutte le cose che ha fatto per te, le ha fatte con uno scopo. Pensa: uno stregone così potente che si é lasciato tiranneggiare da te, così, senza un perché, non é possibile! Te ne rendi conto anche tu? Non puoi prenderti nessuna colpa, ci sarebbe cascato chiunque!

So che soffri e soffro anch'io, per non averti protetto, per non essere riuscito a evitare che ti facesse soffrire. , come adesso.

Sono stato un padre severo, ma ti ho sempre voluto bene. Tu rappresenti il futuro di Camelot e io sono così orgoglioso di te. Ti prego, non scordarlo mai. Sei mio figlio e non potrei amarti di più." Uther si chinò per dare un bacio in fronte ad Artù. Il principe aveva le lacrime agli occhi. 

 

Il re uscì e Merlino vide che Artù, silenziosamente, non faceva altro che asciugarsi gli occhi dal pianto. Nel guardarlo Merlino non si rendeva neanche conto di piangere a sua volta.

 

Uther era stato davvero convincente nella sua arringa e molto abile: non aveva neanche usato parole così dure contro di lui, lo aveva quasi elogiato e poi aveva fatto intendere al figlio che ormai aveva capito che anche Artù si rendeva conto della malevolenza del mago, facendogli credere di parlare a suo nome e cercando di sostituirgli i pensieri con altri non suoi. Come se il principe avesse già deciso per conto proprio.

 

Merlino era così angosciato, nel vedere Artù in quello stato che preferì visualizzare il laboratorio di Gaius: il suo mentore giaceva nel letto, ancora senza conoscenza, con accanto due uomini che cercavano di rianimarlo.

 

Quando più tardi gli fu portato il cibo, chiese a gran voce di poter parlare con il principe.

 

Qualche ora dopo, fu Uther in persona a presentarsi nella sua cella.

"Merlino! Mi dispiace, ma Artù non può venire. Non sta bene. Vedi... é rimasto traumatizzato, quando ha capito che il suo fedele servitore ha tramato contro di lui, per anni! ... Come? Uno stregone? Quel ragazzino goffo, che quando arrivò finiva alla gogna tutti i giorni? Immaginati come può stare!... La persona di cui ti fidi di più al mondo, non è altro che un falso e un traditore!"

 

"Maestà, voi in fondo sapete che non è così! Ho usato la magia solo per proteggerlo e aiutarlo e se Artù dovesse non averlo ancora capito, lo farà, lo capirà..."

 

"Ma, se mai avverrà, per te sarà comunque troppo tardi! Sai come la penso sulla magia. Non esiste magia buona e non esiste stregone buono!"

 

"Voi siete stato sfortunato: io so che la vostra vita è stata distrutta da maghi malvagi. Ma esistono anche maghi che vogliono il bene e la pace. È stato il fato che mi ha messo al servizio di Artù!"

 

"No, sono stato io! Con me è perfettamente inutile che continui questa farsa. Io non sono Artù. Io conosco la magia che possiedi ed è ... malefica!"

 

"Maestà, ascoltatemi..."

 

"BASTA!" tuonò Uther autoritario per poi riprendere a parlare come se niente fosse successo "Sono qui per portarti una buona notizia. In virtù dell'affetto che il principe ha sempre provato per te, domani non sarai arso sul rogo, ma verrai giustiziato semplicemente tramite decapitazione. É Artù che mi ha chiesto una pena più clemente per te. Dovresti essergli grato, per questa generosità che ti concede."

 

Merlino abbassò il capo, sconfitto: Artù aveva davvero chiesto questo al padre? Allora Uther aveva vinto. In mezz'ora era riuscito a spezzare ciò che di buono, lui e Artù avevano creato nei tre anni precedenti.

 

Merlino non aveva piú guardato nel cristallo, per cui non poteva sapere se il re dicesse la verità. Artù aveva chiesto una morte veloce e indolore per lui? Aveva senso. Era un atto di compassione di quelli che Artù compiva frequentemente.

 

In fondo non era una cattiva notizia. Si diceva che morire arsi vivi, fosse una delle torture terrene più indicibili. I più fortunati morivano soffocati dal fumo. Per chi rimaneva in vita invece era una delle morti più atroci: quando le fiamme avvampavano attorno al corpo, bruciavano la pelle, scioglievano le carni e le urla dei disgraziati non avevano più niente di umano. Forse il taglio della testa era cruento e umiliante, ma era una morte senz'altro migliore.

 

Merlino tuttavia era turbato dalle strane dicerie che circolavano sulla decapitazione. Sembrava che chi avesse tenuto in mano la testa ancora calda di un giustiziato, come potevano essere ad esempio gli assistenti del boia, riferissero che spesso il capo mozzato sbarrava gli occhi e muoveva la bocca, quando veniva mostrato al pubblico, come fosse ancora in grado di vedere e di capire.

 

Merlino sperava di cuore che non fosse così. Non riuscì a mangiare nulla e cadde per tutto il giorno in uno stato di torpore agitato e pieno di incubi.

 

Doveva essere sera quando Merlino si riprese: fuori era già buio e il ragazzo si preparava a passare l'ultima notte della sua vita. Avrebbe voluto salutare alcune persone. Si sentì gli occhi pieni di lacrime al pensiero di sua madre, del dolore che l'avrebbe annientata quando avesse saputo.

 

Sentì le chiavi girare nella toppa. Girò il capo e si ritrovò davanti Artù, che con un lungo mantello e il largo cappuccio calato sulla testa, lo fissava con occhi duri: "Vieni con me!" disse perentorio a Merlino.

"Artù, non vi lascerò fare questa follia. Vostro padre potrebbe punire anche voi!"

"Vuoi morire, allora?"

"No, ma sarà così in ogni caso!"

"Ho bisogno di parlarti: ne va della mia salute mentale e tu, ora, verrai con me!"

Lo obbligò ad indossare un mantello gemello del suo, lo prese per un braccio e se lo portò dietro con forza. Azzittì un paio di guardie che cercavano di farlo ragionare. Fece sedere Merlino sul suo cavallo, dietro di lui e cavalcò veloce verso il fitto bosco a nord di Camelot.

 

Cavalcò per più di un'ora. Merlino non sapeva cosa pensare. Lo stava salvando? Voleva portarlo lontano al sicuro o voleva vendicarsi di lui? Voleva ucciderlo? Cosa importava? Non era peggio di ciò che lo aspettava a Camelot. 

Si sentiva sfinito. Non aveva mangiato nulla, pur potendo e ora pagava il digiuno e il senso di oppressione con quella stanchezza invincibile. Non era spiacevole quel contatto stretto con Artù, quasi un abbraccio. Appoggiò il capo alla schiena di Artù. Il principe non si scompose, né disse nulla e il servo si lasciò andare a una sorta di dormi-veglia.

 

Quando si fermarono, Merlino si svegliò e ancora inebetito fu tirato giù dal cavallo in malo modo da Artù. Il principe lo fece sedere su una roccia e tirò fuori acqua e cibo per lui. "Non ho fame, Artù."

"Non m'importa, tu adesso mangerai, perché ho bisogno di chiederti delle cose e ti voglio lucido e con la pancia piena."

Merlino si sforzò di mandare giù qualche boccone, ma la gola era chiusa e lo stomaco gli bruciava.

"Vedi? Se ti sforzi ce la fai? Hai sempre avuto una fame da lupo. Non ho mai capito dove la mettevi tutta quella roba che ti mangiavi: sei sempre rimasto magro."

 

"Artù, che intenzioni avete?"

"Non fare il finto tonto. Sai benissimo cosa voglio sapere."

"Ve l'avranno già detto!"

"Sì, ma io voglio sentirlo dire da te, non é la stessa cosa, credimi!"

 

"Mi dispiace Artù... io sono uno stregone, possiedo la magia, ma la uso per voi, solo per voi."

La voce di Merlino tremava.

 

"Tu sai perché sono furioso con te?"

"Pensate che trami contro di voi, per diventare re al vostro posto."

"Sbagliato. Questo l'aveva già fatto Morgana. Ormai sono abituato e non mi sconvolge."

"Il...il fatto di non avervelo detto?"

"Esatto!" e lo prese per il collo del mantello, strattonandolo e soffiandogli in faccia:

"Tu, il mio servo più fidato, il mio migliore amico, che ha sempre fatto finta di essere quel che non é. Tu mi hai preso in giro, umiliato. Mi hai tradito! Lo sai, credevo che nessun tradimento potesse essere peggiore di quello che ho vissuto con Gwen e Lancelot, e invece...

 

"Voi potete ancora fidarmi di me. Sono sempre la stessa persona. Anche prima avevo la magia, ma capisco che la cosa cambia, per voi."

"Cambia per me? E per te? Stavi per finire alla forca, te ne rendi conto? Che cosa stavi aspettando, Merlino, per venire alla luce con i tuoi propositi? Forse aspettavi che diventassi re? Come mai mio padre é ancora vivo? Sarebbe stato facile per te, per come ti muovi all'interno del castello, annientarlo."

"Non ho mai pensato di uccidere il re." 

"Allora perché sei ancora il mio servo? Tu potresti avere un regno tutto tuo."

"Perché il mio destino é sempre stato quello di servirvi e di proteggervi."

 

Artù tirò fuori Excalibur dalla custodia e un lampo di paura brillò nello sguardo dello stregone.

Il principe avvicinò la spada al suo collo e Merlino alzò la testa, chiudendo gli occhi. 

"Perché non ti difendi? Dimostrami chi sei veramente. La tua magia, la tua potenza."

"Perché mi fido di voi, siete mio amico, so che per me provate un affetto profondo, so che sentite il legame che c'è tra noi, perché per me é lo stesso. É così terribile sapere che tengo a voi più che alla mia vita, che vi ..."

 

"TACI!" urlò Artù, scagliando la spada lontano. Lo prese di nuovo per la collottola del mantello e lo trascinò lontano dalle rocce. "Difenditi!" e gli diede un pugno che fece cadere Merlino in un canale d'acqua poco profondo, per fortuna. Artù andò a riprenderlo, bagnandosi completamente e lo tirò su con forza. "Sei un bugiardo!" e gli sferrò un altro pugno, più doloroso. 

 

Quando Artù si avvicinò per riportarlo in piedi, Merlino gli diede una forte spinta che servì soltanto a guadagnare pochi istanti per rimettersi in piedi. Non voleva fargli male, ma non voleva altri pugni.

 

Era offeso da quelle illazioni del principe. Sentiva una grande rabbia oscurargli la vista e alzò la voce, per ferire: "Io non sono bugiardo! Artù ditemi: davvero non vi siete accorto della mia magia in questi tre anni? Come è possibile? L'ho usata sotto il vostro naso, decine di volte. Un abile stratega, un combattente astuto, una persona perspicace come voi, come ha fatto a non avere nemmeno un dubbio sul fatto che potessi possedere la magia? Forse non volevate vedere? Forse preferivate non saperlo e rimanere con la testa sotto la sabbia come uno struzzo? ... Non è da voi! Vi siete rammollito, Artù! Com' è successo?"

 

Artù annaspò nell'acqua verso Merlino:

"Non parlarmi così!" gridò Artù e gli si buttò addosso, tenendolo sotto di sé. Merlino cadendo aveva sbattuto la schiena e la testa e per un momento temette di perdere conoscenza. Tra l'altro era quasi sott'acqua con il viso e temette che Artù volesse affogarlo.

Il viso corrugato dall'ira di Artù, si stemperò per un attimo in un sorriso, ma Merlino tremò quando vide che il sorriso del principe era aspro e sferzante. 

 

"Bravo Merlino, mio padre ha ragione. Avresti dovuto recitare a teatro. Il piccolo Merlino, la sua storia triste, il suo cuore immenso, grande almeno quanto i suoi occhi blu."

 

"Ma cosa dite? Siete condizionato da vostro padre. Io non sono mai stato così!"

"E come dovrei vederti allora? ... Ho capito: il potente stregone, un duro, uno che può fare tutto ciò che vuole. Mi piace questa tua nuova immagine rude e oscura: il bel tenebroso, il giovane mago ribelle, il bello e dannato" soffiò Artù con feroce sarcasmo. È un'immagine quasi affascinante. La trovo sicuramente più sensuale di quella noia mortale di Merlino, eterno verginello."

 

Merlino boccheggiò e subito distolse lo sguardo da Artù, che si era avvicinato con il volto fin troppo al suo.

 

Le gocce cadevano copiose dai capelli e dal volto di Artù sul suo viso e si sentì ferito nel profondo. Quelle parole facevano davvero male, più che per il senso, per il motivo per cui venivano dette in quel modo. Alcune lacrime gli uscirono dagli occhi ma in mezzo a tutta quell'acqua, Artù non se ne accorse.

 

Non rispose.

 

"Oh, ti sei offeso? Con quale dei due Merlino sto parlando adesso? Con il pulcino o con il falco?"

 

Merlino percepì qualcosa di strano nel comportamento di Artù. Non gli sembrava possibile che in un momento grave come quello, in cui lui rischiava la morte, Artù si mettesse a fare congetture superficiali e un po' volgari su di lui. 

Ma capì che ancora non aveva visto niente, quando Artù si avvicinò e lo leccò con la punta della lingua dal mento fino a sotto il naso. 

 

"Artù!" gridò e lo allontanò spingendolo per le spalle con tutte le forze. 

Per tutta risposta, il principe si sedette sui talloni di fianco a lui e cominciò a ridere come un matto. Merlino si aspettava che da un momento all'altro Artù si sarebbe trasformato in un troll o in Morgana. Era davvero sicuro che non poteva trattarsi del suo principe! Forse era quello stupido goblin che leccava tutte le monete?

 

Ma Artù rimase Artù. E in più, rideva ancora.

 

Merlino si sedette un po' lontano da lui. Era offeso, confuso e non aveva più pensieri propri. 

 

"Ah, Merlino, adesso te lo posso proprio dire. Lo sai che con tutti i tuoi sguardi, le parole e gli atteggiamenti verso di me, e sì anche il tuo umorismo vattelapesca, ho pensato, qualche volta, che tu fossi innamorato di me?"

 

"Davvero, Artù? Anch'io ho pensato lo stessa cosa di me, ma poi mi sono detto che non era possibile..."

 

Artù rimase di sale e lo guardò come oltre ad essere un mago, fosse una specie di pazzo furioso.

 

Merlin continuò: "...perché le ragazze mi sono sempre piaciute. Penso che quest' idea sia dovuta al nostro legame, all'affetto reciproco, alla mia missione con voi, alla complicità e all'amicizia e per finire alla vostra bellezza. Oppure era il contrario: forse era il fatto di essermi invaghito di voi ad aggiungere importanza a tutto il resto."

 

"Tu sei invaghito di me?" chiese sbattendo gli occhi, Artù.

 

"Non temete. É quasi esclusivamente una questione mentale. E comunque non é troppo chiaro neanche a me!"

 

"Mentale, sì! Ma la mia bellezza cosa centra con la questione mentale?"

 

"Voglio solo dire che se voi non foste stato così bello, forse non avrei mai pensato a voi come a una specie di innamorato."

 

"Ah, no? Vuoi dire che il mio aspetto esteriore é molto più importante di ciò che sono dentro" disse ferito il principe.

 

"Forse voglio dire che esternamente siete ineccepibile, ma dentro avete i vostri pregi e i vostri difetti come tutti!"

 

Merlino, non sapeva più che pesci pigliare e rivoltò la domanda come tentativo di difesa.

 

"E voi siete mai stato innamorato di me?"

 

"Ma cosa dici? Il corpo degli uomini è orribile."

 

"Il mio no. E poi non é vero. Ritenete di avere un corpo orribile?"

 

"No, ma solo perché é il mio. Che discorsi fai?"

 

"Cerco di seguire il vostro ragionamento, Artù. Ma... toglietemi un dubbio... se gli uomini vi fanno tanto orrore, come mai mi avete baciato?"

 

"E secondo te quello era un bacio?"

 

"Non saprei come altro definirlo. Una ...leccata?"

 

"Non devi aver ricevuto molti baci, in vita tua!"

 

"Molti no, ma qualcuno sì!"

 

Artù era scandalizzato dall'ignoranza e ingenuità del servo: "Era... era... un gesto di disprezzo nei tuoi confronti!"

 

"Se quello era un gesto di disprezzo, non so cosa avreste potuto farmi se vi fossi piaciuto."

 

Artù non credeva che sarebbe mai vissuto tanto a lungo da sentire una bestialità simile uscire dalle labbra di Merlino.

 

Poi si incupì, si mise una mano sulla fronte, e lo guardò fisso:

 

"Scappa Merlino!"

"Che cosa?" il ragazzo non riusciva a realizzare.

"Io voglio che tu ti salvi. Ma devi scappare adesso, altrimenti sarà troppo tardi."

"Se è per il bacio, sono disposto a fare finta di niente" disse Merlino dispiaciuto.

"Non è per quello. E comunque me la sono cercata!... Io vorrei tanto che tu potessi rimanere con me, ma preferisco saperti vivo e lontano che morto qui a Camelot"

 

"Quindi voi mi credete?" sorrise commosso il mago.

"Sì, adesso ti credo. Penso di averti sempre creduto, ma la verità è che ho avuto paura."

 

Merlino non riusciva a parlare. Iniziò a singhiozzare sottovoce. Non voleva andare lontano da Artù. Lui era tutto ciò che aveva di importante al mondo.

 

"Io non voglio lasciarvi, Artù!"

"Quando mio padre non ci sarà più, sappi che dovrai tornare subito da me. Mi mancherai tanto!" anche ad Artù scesero alcune lacrime di sconforto. "Trova il modo di farmi sapere che stai bene!"

 

I due uomini si abbracciarono forte in mezzo all'acqua bassa del canale. Merlino strinse a sé la nuca di Artù con le due mani e il principe avvolse le braccia attorno alla schiena del servo, pensando a quanto era piacevole da abbracciare un corpo sottile come quello dell'altro: ognuno sentiva di stare per perdere una parte importante di sé.

Artù allontanò il viso d unalle spalle di Merlino e abbassò lo sguardo sulle sue labbra. Merlino sospirò profondamente e a sua volta fissò la bocca di Artù. Merlino chiuse gli occhi e Artù schiuse appena le labbra. Un bacio d'addio. Un bacio triste, ma ognuno di loro intimamente in quel momento non desiderava altro.

Entrambi si avvicinarono lentamente e sentivano già il respiro dell'altro sulla bocca, quando furono investiti da una terribile folata di vento che li scaraventò nell'acqua.

Merlino vide su di sé una grande ombra che nel buio era volata troppo vicina a loro. 

La sagoma si era avvicinata ad Artù e quando Merlino la riconobbe urlò:

"Kilgharrah! No!" Ma il drago aveva già colpito Artù con la sua coda, facendolo volare parecchi metri più in là. Il principe aveva perso conoscenza.

"No! Artù! Perché l'hai colpito?" urlò rivolto al drago.

"Stava per ucciderti, signore!"

"No, stava per salvarmi" Merlino si accorse che Artù era solo svenuto.

"Mi dispiace!" disse Kilgharrah, volandosene via e Merlino neanche se ne accorse.

 

"Merlino! Allontanati da Artù, per favore!"

"Leon!"

"Ho l'ordine di riportarti in prigione!"

"Artù ha bisogno di aiuto: é ferito!"

 

"Ci pensiamo noi. Non preoccuparti"

"Gwaine!"

 

"Sali davanti a me sul mio cavallo, vuoi?"

"Percival!"

"Sappi che non é stato Artù a darci quest'ordine, ma Uther"

 

"Merlino mi dispiace tanto, ma sai che anche questa nuova ferita di Artù, sarà addebitata a te, qualsiasi cosa noi diremo" disse Lancelot, con voce tremante.

"Capisco... andiamo!"


Il mattino seguente, di buon'ora Merlino fu trasportato dalle guardie fino al patibolo. Era vestito di bianco e aveva una camicia con un profondo scollo, davanti e dietro, per non interferire con la traiettoria della lama dell'ascia. Avrebbe voluto sapere qualcosa di Artù, ma non gli fu concesso l'ultimo desiderio.

Era svuotato. Nel cristallo, poco prima, aveva visto Artù che ancora dormiva e aveva visto che portavano via il suo amato Gaius su una barella, coperto da un lenzuolo.

Sarebbero forse stati seppelliti nello stesso giorno. Era quasi consolante.

Guardò Uther. Avrebbe potuto gridargli ciò che voleva in quel momento. Uther lo guardava con uno sguardo freddo, ma a un certo punto il re abbassò gli occhi. Merlino vide del senso di colpa, sul suo viso. 

No, il senso di colpa non era rivolto a lui, ma ad Artù che non sapeva ancora niente e che quando l'avrebbe saputo, avrebbe dato di matto.

Merlino fu fatto inginocchiare e la sua testa fu posizionata su un grosso ceppo, di profilo. Era strano ma l'idea di poggiare il capo su quel ceppo macchiato dal sangue dei precedenti giustiziati, gli fece venire la nausea. Fu legato per impedirgli di scappare. Sorrise quasi: se avesse voluto quei legacci si sarebbero sciolti come niente.

Non gli fu nemmeno consentito l'ultimo gesto di pietà, che era il cappuccio bianco, per celare agli altri il suo volto durante la morte.

Chiuse gli occhi per non vedere tutte quelle facce curiose ed estranee. 

Sentì avvicinarsi il boia e staccare l'ascia dal suo sostegno.

Decise di pensare a quel momento meraviglioso che era stato il bacio mancato con Artù. Decise che la morte sarebbe avvenuta nell'esatto momento in cui Artù, nella sua fantasia, avrebbe raggiunto le sue labbra con la sua bocca.

 

"Merlino! No! Merlino!" era Artù, che arrivava di corsa, disperato.

 

Una folata di vento fortissima: Merlino la riconobbe. Il drago provava a salvarlo. Aprì gli occhi e vide una terribile, potente fiammata avvolgere Uther, i cavalieri e ... no, NO!

 

"Artù! No!"

 

Il boia in quel momento abbassò veloce e potente la lama sul collo di Merlino. 

E fu il buio!



 

"Merlino!"

 

"Merlino!"

 

"Svegliati ragazzo mio" 

 

'Ma questo é Gaius! Allora,... sono morto!'

 

"Ti prego, Merlino!"

'Artù? No... allora é morto anche lui!'

 

Merlino aprì gli occhi. Riconobbe la sua stanzetta 'Bizzarro questo Olimpo!'

 

E vide Gaius, con un sorriso dolce, le lacrime agli occhi e in mano una bambolina di paglia sporca di succo denso e nero di mandragola.

 

Merlino capì molte cose da quella visione inquietante, ma quando spostò lo sguardo e lo vide, il suo cuore spiccò un balzo così alto che temette gli uscisse dalla gola.

Artù disse solo: "Merlino!" e sorridendo, gli prese il volto tra le mani, dandogli un lungo e appassionato bacio.

Quando si staccò da lui, il principe si portò le mani alla bocca, sconvolto da ciò che aveva appena fatto.

 

"Scusa, é che... pensavo... fossi morto!" 

 

Merlino sorrise: "Io sto bene... più che bene!" disse con aria sognante.

 

Poi intercettò il volto di Gaius, il cui sopracciglio destro, già molto alto di per sé, toccava vette inesplorate sulla fronte del vecchio.

Gaius comunque sorrise: "Ho del lavoro da sbrigare. Ma ti lascio comunque in ottime mani, Merlino!"

 

"Vi prego, Artù! Raccontatemi quel che é successo. Io ho passato di tutto: sono morto e anche voi, Gaius, i cavalieri...!"

 

"Mi dispiace! Sai anche tu che la mandragola dà delle allucinazioni terribili, le peggiori in assoluto!"

 

"Sapete chi é stato? Per favore se lo sapete, ditemelo!"

 

"E chi lo vuole sapere? Il pulcino o il falco?"







 











Ciao, chiedo venia per come ho descritto il povero Kilgharrah, che normalmente adoro. Qui non solo prende iniziative pessime, ma é assolutamente 'invornito'. Non ne becca una! Un abbraccio!

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Capitolo 7
*** Il desiderio più grande ***




 

Rating: Arancione

Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo

Tipo di coppia: Slash 

Note: Hurt/comfort, Missing moments, What if?

Avvertimenti: Lime, Contenuti forti, Violenza

Contesto: Prima stagione, episodio 6

 

In questa storia Artù e Merlino si conoscono da più di tre anni, anche se é ambientata nella prima stagione. Si frequentano cioè da quando Merlino aveva circa 19 anni, anziché 22. Buona lettura!

   

13.438 parole

 

 


Il desiderio più grande







 


Quel giorno l'avevano fatto. Lui e Merlino. Tante volte. 

Lui con un uomo! Lui con il suo servo! Non  avrebbe potuto crederci nessuno, lui in primis.

Era stata la cosa più assurda e più folle che ad Artù fosse mai successa. Era stata anche la migliore! Quando mai aveva amato qualcuno così intensamente?

Quando mai si era sentito amato in maniera così intensa da qualcuno?

Si sentiva stordito. E a tratti affranto. Chissà perché!

Aveva la leggera sensazione che qualcosa non fosse andata per il verso giusto. Ma poi ripensando al pomeriggio sorrise e gli sembrò nuovamente di toccare il cielo con un dito.

Guardò il suo nuovo amante: Merlino era nudo, spalmato sull'erba. Dormiva. Sembrava più svenuto in realtà. Era meraviglioso e Artù faticava a distogliere lo sguardo da lui. Gli sembrava ancora impossibile scoprire che l'amore che provava per Merlino fosse così potente, così carnale e che il servo lo ricambiasse con così grande ardore. 

Fino ad allora tra loro era stato tutto solo molto spirituale: una mente, un' anima che amava un altro spirito puro e affine. Ed era stato soprattutto onore e devozione, fratellanza e lealtà.


Erano nascosti da folti cespugli in riva a un piccolo specchio d'acqua, in mezzo al bosco, lontani dai principali sentieri di passaggio e ormai stava calando la sera. Erano stati lì tutto il giorno, a consumarsi labbra, mani e corpi. Per fortuna era un giorno di festa e riposo, per cui quasi sicuramente nessuno aveva cercato il principe a palazzo.

Artù ricoprì il suo servo con i suoi vestiti per ripararlo dall'umidità che stava sopraggiungendo e si rivestì, sedendosi poi su un masso con le mani in mano. Non aveva idea di quello che avrebbe dovuto fare adesso. Forse non doveva fare proprio niente. Forse lo attendeva la felicità!

 

Dopo qualche tempo Merlino si mosse e si stiracchiò voluttuosamente per poi sobbalzare prima alla vista delle sue nudità per metà esposte, e poi alla presenza del principe poco dietro di lui.

"Artù? Vi dispiace lasciarmi da solo per un attimo? Vorrei vestirmi" disse il ragazzo premendo le sue vesti contro il corpo.

"Cosa vuoi che importi ormai? Dopo quello che... "

"Dèi, Artù, certo che importa!" lo interruppe il servo. "Sapete che mi sento a disagio per certe cose. Io non sono come voi!"

"Scusa, Merlino, ma non ti sembra fuori luogo tutta questa pudicizia? Prima non mi sembravi certo così timido!"

"Prima, quando? Cosa state dicendo, Artù... Ma... dove siamo?"

"Siamo allo stagno vicino a Ederwick! Ma cos'hai?"

Merlino spalancò gli occhi, guardandosi intorno. Sentiva il panico crescere dentro di sé.

"Artù, deve essere successo qualcosa!"

"Qualcosa? Molto di più, Merlino!" sorrise il principe con malizia.

"Ho paura, maestà. Non capisco cosa stia succedendo. L'ultima cosa che ricordo é di aver partecipato al banchetto reale... l'arrosto e poi più niente!"

"Quello é stato ieri sera, circa un giorno fa!" Artù era confuso. Mise un ginocchio a terra per arrivare con il volto all'altezza del viso dell'altro e lo guardò attentamente. Merlino si premette le vesti addosso con maggior cura e non riuscì a sostenere lo sguardo di Artù che per pochi istanti.

"Non ti va di darmi un bacio?" chiese Artù per saggiare l'integrità mentale del suo servo. Merlino spalancò occhi e bocca e rotolò su se stesso, balzando in piedi neanche l'avesse morso uno scorpione.

"Che vi piglia? Certi scherzi non sono da voi!"

"Tu non ricordi niente di quello che é successo oggi? Poco fa?"

Com'era possibile che si fosse scordato? Merlino aveva ancora le labbra gonfie dei suoi baci e il collo e il petto pieni di lividi viola con cui lui lo aveva marchiato.

"Adesso mi state davvero spaventando Artù. Se é uno scherzo, vi prego, ditemelo subito!"

Il principe sospirò: "Io non sto scherzando Merlino, ma forse sei tu che stai fingendo. Per non doverti assumere la tua parte di responsabilità, per ciò che é accaduto. Comodo però! Io, dal canto mio, la mia fetta di responsabilità me la prendo. Eravamo in due. La colpa o il merito, non lo so ancora, é di entrambi."

"Cos'è accaduto?" chiese Merlino afflitto.

"Diciamo che... se tu vuoi dimenticare, e la cosa s'intende, non mi sta bene, farò anch'io in modo di dimenticarla! Così saremo pari! E vestiti in fretta!"

Artù sparì nel fitto del bosco e Merlino si rivestì più in fretta che poté, osservandosi intorno guardingo perché nessuno lo vedesse. Artù invece lo spiava attraverso un cespuglio e quel comportamento del servo sembrava smentire il fatto che Merlino facesse finta di aver dimenticato tutto. Forse Artù aveva ancora qualche dubbio.

Sarebbe stato comodo, in fondo, anche per lui, non dover rendere conto di niente al ragazzo, se Merlino fosse stata solo una piacevole parentesi, un incantevole diversivo. Ma Artù aveva messo tutto di sé quel pomeriggio passato a far l'amore col servo: testa, corpo e anima.

Nonostante fosse il primo uomo con il quale fosse giaciuto, era stato tutto così naturale e meraviglioso. Lo aveva desiderato, si era sentito del tutto conquistato da Merlino e l'aveva amato sul serio. Avrebbe potuto ricominciare anche in quel preciso momento.

E se per Merlino, lui avesse rappresentato solo un piacevole diversivo ma fosse pentito e non sapesse come altro fare per cavarselo di torno una volta per tutte? Questo pensiero per un attimo lo colpì come una frustata.

No, non avrebbe mai creduto che Merlino gli potesse fare una cosa del genere. Ormai gli credeva, ma il problema adesso era che questo Merlino non era pronto a sentire la verità.

Era quasi impossibile da comprendere. Anche Merlino l'aveva amato con totale dedizione ed entusiastica passione. Era dunque tutto finito da parte del ragazzo? O meglio... c'era mai stato qualcosa di reale da parte sua? Che fosse così traumatizzato da ciò che avevano fatto che la sua mente si rifiutava di accettarlo?

Ad Artù sembrava che il cervello stesse per esploderglu. Si sentiva persino male fisicamente.

E infine, cosa doveva fare ora? Corteggiarlo? Lasciar perdere per il momento e sperare che ricordasse? Far finta che non fosse mai successo?


Quando ritornarono a Camelot, Artù ordinò al servo in modo perentorio: "Stasera hai la serata libera. Se sei stanco la metà di quanto lo sono io, avrai bisogno di riposare. Anche per quanto riguarda la cena ritieniti libero. Hai capito?"

"Sì, sire ma..."

"Niente ma... buonanotte!"

 

Artù non aveva mentito: era spossato. Nel corpo perché mai si era concesso così tanta attività di quel tipo, nella mente perché accettare quella benedizione che lo aveva portato a cambiare i suoi sentimenti per Merlino, era stato comunque faticoso per il suo sistema nervoso. Tutte quelle emozioni così profonde venute alla luce quel giorno, lo avevano travolto e stravolto. Infine l'amara scoperta di Merlino immemore di tutto ciò che era successo tra loro gli aveva dato il colpo di grazia.

Ordinò alle guardie di non essere disturbato per nessun motivo. Si spogliò e si mise sotto le coperte, avvolgendosi stretto come per essere consolato da un abbraccio.


Nel frattempo Merlino nella sua stanza si faceva senza sosta sempre la stessa domanda. Perché non ricordava niente? Non gli era mai successo ed era una sensazione davvero inquietante.

Merlino era confuso, era arrabbiato anche, perché Artù era strano, incomprensibile e non voleva dirgli niente, mentre lui aveva necessità estrema di capire, di sapere. Lui avrebbe potuto illuminarlo e magari avrebbe ricordato e comunque avrebbe potuto capire ciò che gli era successo.

Per quanto ne sapeva avrebbe potuto aver detto o fatto qualsiasi cosa: per lui quel giorno non era esistito. Era nauseato. L'unico che poteva aiutarlo gli aveva voltato le spalle. Il suo amico. La missione della sua vita. Cominciò a pensare che la sua estrema fiducia in Artù fosse mal riposta. La verità nuda e cruda era che si sentiva tradito dalla persona che aveva sempre messo al primo posto negli ultimi tre anni della sua vita.

Doveva ammettere di sentirsi stanchissimo: fisicamente, il suo corpo non chiedeva altro che di riposare e dormire.

Si spogliò, si guardò nello specchio e rabbrividì. Da quale animale era stato attaccato? Si avvicinò per osservare meglio i particolari. Le labbra erano gonfie, screpolate e contornate da un alone rosso.

Le spalle, il petto e persino l'addome erano cosparsi di ematomi viola e blu e da strani cerchi che sembravano morsi: qualcuno doveva aver anche sanguinato.

E il collo? Che ne era del suo collo? Aveva cambiato colore. Era pieno di strisce rosse e di puntini viola e rossi, puntini che aveva ritrovato a chiazze un po' dappertutto, sul viso e sul corpo, persino in mezzo alle cosce.

Non aveva mai visto dei segni così e non riusciva a capire come se li fosse fatti. Inoltre alcune parti del corpo come le braccia e le gambe e, cielo, persino la lingua e i glutei risultavano parecchio indolenziti.

Forse al banchetto la sera prima aveva mangiato qualcosa che gli aveva dato fastidio. Un po' come quando faceva scorpacciate di frutti di bosco, procurandosi una brutta dissenteria.

Oppure, e di questo si convinse, nell'acqua dove aveva fatto il bagno quel giorno (ecco perché era nudo quando si era risvegliato al laghetto) dovevano esserci un'infinità di pulci d'acqua molto aggressive e sicuramente anche molte sanguisughe giganti.



 

Artù nonostante la stanchezza, non riusciva a prender sonno e ripercorse con la mente gli avvenimenti di quell'ultimo periodo che gli aveva cambiato la vita.




 

Una settimana prima 


Erano successi alcuni fatti che avevano sconvolto la vita di corte a Camelot, ma soprattutto quella di Merlino.

Morgana aveva contratto una rara malattia della quale Gaius, pur provandole tutte, non era riuscito a venire a capo. 

Un certo Edwin, un uomo con il volto gravemente sfigurato si era proposto ai reali come colui che era in grado di curare qualsiasi male e Uther e Artù, disperati, l'avevano invitato mettendosi nelle sue mani. 

Il fatto fu che poco dopo essere rimasto solo con Morgana, questa si era ripresa miracolosamente.

Edwin diventò all'istante l'uomo del momento, anche se Merlino aveva forti dubbi sul suo operato. Sia lui che Gaius credevano infatti che Edwin possedesse l'uso della magia. 

Il pomeriggio seguente Merlino si trovava nella camera assegnata dal re a Edwin, ufficiosamente per fare le pulizie, in realtà per cercare di scoprire qualcosa di più sul mago, quando fu scoperto proprio da Edwin stesso con le mani in pasta.

L'uomo fu molto gentile con lui e ad un certo punto gli mostrò una piccola magia, senza alcun timore osservando poi la reazione del servo. Merlino rispose a sua volta con un' altra magia. Edwin sorrise: aveva percepito che il ragazzo fosse uno stregone anche lui.

Gli fece una proposta che sorprese Merlino e che forse per un attimo lo tentò: unirsi a lui per diventare insieme i più potenti stregoni mai esistiti e ottenere tutto ciò che desideravano nella vita. 

Il giovane non si espose apertamente, ma fece capire di non voler accettare. Edwin chiese a Merlino di pensarci e lo lasciò andare mettendo in chiaro che il loro segreto avrebbe dovuto rimanere tale. Ciascuno dei due sapeva di non poter tradire l'altro, altrimenti sarebbe stato smascherato a sua volta.


Il giorno successivo Gaius fu messo nelle condizioni di dover lasciare il suo incarico a corte. Gli fu fatto capire che dopo l'errore fatto con Morgana, era tempo di fermarsi e di lasciare spazio all'altro medico più giovane e aggiornato. Raccolse i suoi averi, ma quando fece per salutare Merlino, si avvide che questi era triste, arrabbiato, preoccupato e provò a fermarlo, ma Gaius non volle intender ragioni e se ne andò.





 

La sera prima

 

Gaius era via già da qualche giorno e Uther aveva indetto un grandioso banchetto, durante il quale Edwin sarebbe stato nominato ufficialmente nuovo medico di corte.

Durante la sua presentazione Edwin parlò di Merlino in termini entusiastici: disse che era davvero un valido aiutante e che sperava gli stesse accanto come aveva fatto in passato con il suo predecessore. Uther era a capotavola e si dimostrò così felice che invitò Merlino, che in quel momento stava servendo il vino, a sedersi a tavola con loro e a prendere parte al banchetto.

Artù che sedeva al centro del lato lungo della tavolata lo chiamò e lo volle di fianco a sé, alla propria sinistra e di fronte a Edwin.

Merlino si sentiva allo stesso tempo molto imbarazzato e lusingato. Edwin parlò ancora: "Qualcuno vuol dire qualcosa al nostro Merlino?"

"Io!" disse Uther un po' a sorpresa.

"Sono felice che tu sieda con noi a questa tavola, Merlino. Un servo assieme ai suoi padroni é una novità. Non ho mai desinato con un cittadino inferiore ma nel tuo caso, onore al merito! Sei sempre stato più di un servitore per Artù, un amico leale e ti sei contraddistinto per coraggio e dedizione, per cui vorrei fare un brindisi a Merlino" disse sollevando il calice in aria.

"A Merlino" risposero i convitati in coro.

Edwin gli faceva dei grandi sorrisi. Quel mago di cui nessuno sapeva niente aveva sicuramente degli scopi, dei motivi per quel comportamento e per quel modo di fare così strano che aveva con lui. Certo la sua cicatrice deturpante al volto inizialmente allontanava le persone. Guardandolo meglio, però, pensava Merlino, si capiva che era molto più giovane di quel che sembrava e senza la cicatrice sarebbe stato sicuramente un gran bell'uomo. Aveva i capelli folti e biondi, il naso diritto, le labbra carnose e i grandi occhi astuti e fieri su un corpo solido e snello anche se coperto da lugubri e un po' ridicole palandrane.

Usava parole gentili e sorrideva ma i suoi discorsi risultavano essere sempre un po' misteriosi, sottili e lasciavano spesso sottintendere qualcos'altro o almeno a lui facevano quell'effetto.

 

Artù si alzò in piedi. "Ora tocca a me! Merlino sono passati almeno tre anni da quando ti conosco e posso dire con franchezza che da quando sei il mio servo, non credo di essermi mai annoiato, neppure un giorno. Sei la quintessenza dell' imbranataggine e dell'ingenuità ma sai sorprendermi perché a volte sei saggio, sei coraggioso, sei divertente. La mia vita é migliorata da quando mi sei accanto; questo non cambia il fatto che sei il peggior servo che io abbia mai avuto."

L'intera tavolata scoppiò a ridere e Merlino non sapeva più che faccia fare. Artù era stato un po' cafone ma gli aveva anche detto delle cose profonde, toccanti persino.

 

"E cos'altro potete aggiungere su Merlino, Artù?" disse Edwin con un sorriso aperto.

Merlino fulminò il mago con lo sguardo. 'Che uomo infido e falso. Che cosa vuole realmente con questa farsa dell'uomo cortese? Possibile che fosse solo lui a considerarlo in quel modo?'

Merlino si chiese se stesse esagerando. Lui sapeva di avercela con Edwin perché era riuscito a umiliare e poi ad allontanare Gaius, il quale, dopo pochi giorni, gli mancava già tantissimo. Non era più la stessa vita alla quale era abituato. La mattina quando si svegliava e doveva passare per il laboratorio di Gaius, c'era Edwin, che aveva fatto togliere quasi tutte le medicine e i libri di Gaius, per far posto alle sue cose: sestanti, alambicchi, strani strumenti e un quantitativo impressionante di polveri di tutti i tipi. Non sostava mai con Edwin, non mangiava mai con lui. Non l'avrebbe sopportato. O stava rinchiuso nella sua stanzetta o stava fuori dal laboratorio.

Insomma, Merlino lo odiava. Era forse perché Edwin nascondeva a tutti la sua magia, tranne a Merlino? No, su questo non poteva avere da ridire, visto che lui lo faceva da molto più tempo. E non poteva dimenticare che aveva salvato la vita a Morgana.

Artù era ancora in piedi: "Che dire del mio servo? Beh, molti di voi non lo sanno, ma il giorno che arrivò, stavo giustamente punendo un servitore impudente, ma vi assicuro in modo scherzoso e non crudele e lui mi affrontò chiamandomi -asino-!"

Tutti scoppiarono a ridere, Uther più degli altri.

"Lo feci prima sbattere in prigione e poi lo mandai alla gogna. Non sapeva chi ero. E una volta saputo, immaginerete che abbia avuto un atteggiamento più sottomesso o almeno più modesto. No! Mi sfidò apertamente chiamandomi -babbeo reale-!" Edwin scoppiò in una risata sfacciata, alla quale si unirono tutti gli altri.

"Devo dire che questa sua irriverenza mi colpì: nessuno aveva mai osato tanto e inoltre capii che doveva esserci qualcosa in lui che mi sfuggiva..."

"E che cos'era?" chiese Gwaine interessato.

"Oh, Gwaine, non ne ho la più pallida idea. Lui é rimasto per me, ancora quell'enigma che é sempre stato" rispose Artù, aprendo le braccia.

"In questo devo darvi ragione, maestà. Anch'io ho avuto da subito questa sensazione. E non mi sbaglio mai!" aggiunse Edwin.

Merlino non poté fare a meno di guardarlo male, ma tornò a fare quello che stava facendo da quando era iniziata quella situazione così imbarazzante e cioè bere vino. "Capisco ciò che volete dire, Edwin" disse Merlino in modo affabile "perché la stessa cosa, potrei pensare io di voi. Potremmo fare un patto: che ne dite se ognuno di noi badasse ai propri fagioli?"

"Per me va benissimo, Merlino, ma non credo stiamo parlando della stessa cosa. Personalmente mi riferisco ad altro."

Il servo lo guardò socchiudendo gli occhi. 'Ad altro cosa? A cosa diamine si riferisce?'

Fu servito l'arrosto. Non aveva mai avuto una portata così abbondante di carne, in vita sua. Quando lo assaggiò, rimase incantato dalla bontà di quel piatto. Edwin si rivolse ad Artrù: "Maestà, l'arrosto é fantastico ma trovo manchi un po' di sale. Volete?" disse offrendogli la saliera. Artù assaggiò un pezzo di carne e disse: "Giusto un po'! Grazie Edwin." 

Merlino chiese a Edwin un po' di sale anche per sé, ma il mago fece una cosa strana. Si allungò sul tavolo per prendere un'altra saliera e gliela passò.

"Andava bene anche quella usata da Artù" disse Merlino confuso. "Questa, dici?" e Edwin gliela pose davanti al piatto. Merlino la prese e si accorse che era vuota.

 

Forse davvero stava calcando la mano con i sospetti che aveva su di lui. In fondo Edwin stava vivendo un momento magnifico della sua vita. Da uomo indigente e malvisto era diventato il medico di corte. Servito e riverito come un nobile, veniva invitato a ogni banchetto o celebrazione importante. Questo perché godeva del rispetto e della fiducia del re. Sarebbe stato un pazzo a buttare via un'occasione simile di benessere e agiatezza. 

Un pazzo! 

Merlino non era poi così sicuro che non lo fosse, ma decise di non pensarci, non in quel momento e si volse verso destra per guardare Artù che masticava con gusto il suo arrosto e che in quel momento, a sorpresa, si voltò verso di lui  accorgendosi di essere guardato dal servo. Il principe gli sorrise e gli fece pure l'occhiolino.

Merlino gli fece un piccolo sorriso e distolse lo sguardo, arrossendo come un ragazzino colto in fallo.

In quel momento Edwin si rivolse ad Artù: "Vostra maestà, in virtù delle vostre doti di sublime intrattenitore, per nostra suprema celia, vorrei farvi qualche domanda, forse un po' irriverente. Siete un uomo di così fine umorismo che sono sicuro avrete incuriosito, non solo me, ma la totalità degli astanti presenti a questa tavola." Artù annuì divertito all'ospite.

"Anzi. Se siete d'accordo vorrei pregare anche gli altri di porre a voi le loro domande" Artù sbuffò sorridendo: "Purché abbia la facoltà di non rispondere..." disse alzando l'indice e muovendolo contro Gwaine, il quale scoppiò a ridere. Sembrava che tutti fossero già un po' alticci.

"Comincerò io" esordì Edwin. "Chi é la persona alla quale avete salvato la vita più volte?"

Artù strinse gli occhi pensando. "Non saprei. Forse Ginevra."

"No, Artù, pensateci meglio!" intervenne Leon.

"Mio padre?" 

"No!" sorrise Gwaine.

"Allora chi?" chiese Artù interdetto.

I cavalieri risposero in coro: "Merlino!"

"Merlino? Conta anche lui?"

Il diretto interessato aprì la bocca offeso: "Come?  

- Conta anche lui?-"

Artù scoppiò a ridere, posandogli una mano sulla spalla e pizzicandogli la guancia con l'altra mano "Certo, scusa, non volevo intendere questo" e gli sorrise con dolcezza. Poi, rivolto a Edwin: "Il popolo ha deciso. Ho dovuto salvare Merlino un'infinità di volte, più da se stesso che dagli altri pericoli." E mentre l'ilarità si diffondeva al tavolo, Edwin sorrise soddisfatto guardando intensamente Merlino.

Uther prese la parola: "E invece chi ritieni sia la persona che ti ha salvato la vita più volte? Io propenderei per Leon."

Artù sorrise imbarazzato. Stavolta non aveva dubbi, ma chissà perché non gli andava di condividerlo con gli altri. Ma poi pensò che Merlino lo meritasse e stava per rispondere quando Leon si rivolse al re.

"Maestà, vi ringrazio, ma non sono io la persona che ha salvato più volte vostro figlio, anche se avrei tanto voluto esserlo..."

"Tranquillo sei sempre il cavaliere che ogni re vorrebbe accanto al proprio figlio!" rispose Uther al che Leon sorrise chinando il capo.

"Ma si può sapere chi é allora?" se ne uscì fuori Edwin.

"Merlino!" rispose Artù piuttosto emozionato. "Non so davvero quante volte e in quanti modi mi abbia salvato. E ritengo che lo abbia fatto più volte di quelle che io sappia."

Gli occhi di tutti erano addosso a Merlino. Nessuno rideva. Molti avevano sorrisi commossi sul volto. E il viso del servo apparì a tutti come paonazzo.

Uther parlò nuovamente: "Stavolta non posso esimermi dal dirti il mio grazie più sincero e profondo, Merlino. Voi sapete che Artù é tutto per me. Mio figlio e il futuro di Camelot. E se tu lo hai protetto e salvato così tante volte, io non lo dimenticherò. E quando sarà il momento sarò in grado di dimostrarti la mia riconoscenza."

Edwin in quel momento sembrava gongolasse.

"Avrei una domanda per voi, Artù!" saltò su Gwaine "Quante donne avete avuto nella vostra vita?" Uther si mise a ridere e aggiunse: "Sono proprio curioso di saperlo. Artù é sempre stato molto restio a parlarne." Merlino era ora a disagio e avrebbe proprio voluto andarsene, ma si sarebbe inimicato l'intera corte se avesse osato farlo. Per cui si concentrò sull'arrosto e sul calice pieno di vino di fronte a lui. 

Artù si chinò verso il valletto e gli sussurrò all'orecchio: "So che certi discorsi ti infastidiscono ma non devi preoccuparti!"

Merlino lo guardò con occhi interrogativi. Da quando Artù gli leggeva nel pensiero? Pensò anche che fosse adorabile.

"Mi dispiace deludervi padre, ma questa é una di quelle domande a cui non risponderò!" dichiarò Artù.

"Ditemi allora chi é il vostro migliore amico?" chiese Gwaine malizioso.

"Voi tutti lo siete: siete come fratelli per me. Tuttavia posso tranquillamente affermare che é Merlino, così nessuno dei cavalieri potrà considerarsi offeso!"

"Ma non é giusto!" brontolò un Elyan un po' offeso ma sorridente "Ogni vostra risposta é -Merlino-!"

"Hai ragione!" ridacchiò Artù "Ma ormai lui é la mia ombra e anche un po' la mia coscienza."

"Fino a questo punto, Artù?" ribatté Gwaine "Allora é inutile che vi chieda quale persona volete sposare!"

Tutta la tavola esplose in una risata sgangherata. Merlino guardò Artù e gli mormorò con un'espressione fintamente scocciata: "Per fortuna che non dovevo preoccuparmi!"

Il principe gli mise una mano sulla testa, facendola dondolare in qua e in là, gesto che non migliorò di certo la loro situazione a quella tavola.

Gwaine, che era ormai partito per la tangente vuoi per il vino vuoi per la situazione, decise di improvvisare uno dei suoi ormai famosi canti.

"Oh, poveri noi" disse Leon, schiaffandosi una mano in faccia.

 

"La regina non avremo, 

re Merlino noi vorremo,

regni accanto al suo Artù,

lo rallegri sempre più.

Voi eredi non avrete,

ma felici, sì, sarete.

Noi saremo i bei figlioli

concepiti da due pioli"

 

"Dio, Merlino! non mi sono mai vergognato tanto!"

 "Io invece, non credo di essermi mai divertito tanto. Se volete possiamo dargli qualcos'altro di cui sparlare!" sussurrò Merlino dolcemente malizioso. Artù sgranò gli occhi, credendo di aver capito male. Il servitore si girò verso Artù e appoggiò languidamente i polsi sulle spalle di Artù: avrebbe lasciato l'iniziativa al suo padrone.

Ad Artù girò un po' la testa, osservando il viso dell'altro, così vicino, sorridente e... disponibile. 

Fossero stati da soli forse l'avrebbe baciato...

'Ma no!' Artù scosse la testa. 'É colpa del vino e di quest'atmosfera licenziosa.' Prese la testa di Merlino tra i palmi e lo baciò dolcemente sulla fronte. E rabbrividì di tenerezza e di qualcos'altro meno opportuno. 

In certi momenti gli sembrava di essere ancora se stesso, ma in altri non si riconosceva più. Però era Merlino il vero enigma, ancora di più: non gli dava certo fastidio, ma non si comportava come al solito. Il servo gli sorrise, per l'ennesima volta quella sera e tolse le mani le mani da lui. Ma Artù non voleva staccarsi e gli si avvicinò con la sedia, portando un braccio sopra le sue spalle, come qualche volta era già successo in passato.

Edwin si alzò e si chinò verso Merlino: "Un grosso successo! I miei complimenti!"

:

 

Più tardi in camera del principe, mentre Merlino lo spogliava e lo rivestiva per la notte, Artù chiese: "Ti sei davvero divertito stasera o prima dicevi così per dire?"

"É stata forse la sera più divertente della mia vita. La compagnia era eccellente e vi ringrazio di avermi invitato accanto a voi. Mi sentivo stranamente a mio agio, ma solo per merito vostro! E non ho mai mangiato così tanto e così bene. Tre dolci, Artù! Il vino, il pane..."

"Dimentico sempre che sei un gran mangione: a vederti non si direbbe!"

"Oh, no! Non anche voi!"

"Voglio solo dire che sei magro! Non credo ci sia alcuna offesa in questo!"

"Non saprei..."

"E comunque mai offensivo come quando tu mi dai del -grasso-!"

"Se io potessi mangiare quello che mangiate voi, tutti i giorni, altro che grasso, non passerei dalla porta! Io scherzavo! Non siete affatto grasso, lo vedete. Siete perfetto così!" Artù provò un piacevole scombussolamento a queste parole e rispose:

"Cielo, Merlino! Non mi hai mai detto una cosa simile. Sono quanto meno sorpreso!"

"É il vino, maestà! Cercate di perdonarmi. Sapevo che mi sarebbe uscito qualcosa di imbarazzante!"

"Ma anche di... carino!"

"Vi auguro la migliore notte di sonno che possiate avere, sire!"

"Ti ringrazio Merlino, lo stesso vale per te!"

Merlino era praticamente scappato.

Una volta solo, Artù si ritrovò a pensare a quelle ultime parole così dolci e piene d'affetto e si addormentò felice. Non lo aveva detto al servo, ma anche per lui era stata una delle serate più belle della sua vita. E sapeva che il motivo principale era stata la vicinanza di Merlino.



 

Quella stessa mattina

 

Merlino era giunto senza far rumore. Aveva aperto solo leggermente il lembo di una delle tende e si era accucciato accanto al letto , all'altezza del viso di Artù, guardandolo prima di chiamarlo sussurrando: "Artù! Che ne dite di aprire i vostri occhi per me? Mi dispiace svegliarvi. Quando dormite sembrate un angelo. Ma noi sappiamo che non é così" e ridacchiò tra sé. 

Il principe aprì gli occhi e si trovò davanti il sorriso di Merlino. 

"Che fai? É successo qualcosa di grave?"

"No, cercavo solo un modo diverso per svegliarvi. Avete sentito ciò che vi ho detto?"

"Sì, ho sentito tutto. Anche che sembro un angelo quando dormo, ma che in realtà non lo sono."

"Cercavo solo di stuzzicarvi per farvi aprire gli occhi e ha funzionato! Oggi sarà uno dei giorni più caldi che abbiamo mai visto. Vi prego, però, fate in modo che non rimaniamo seppelliti in casa tutto il giorno."

"Ma é pericoloso andare in giro se fa così caldo!"

"Non se partissimo subito. Mi sono permesso di preparare due sacche con cibo e acqua in abbondanza."

"E dove vorresti andare?" chiese Artù divertito dall'intraprendenza del servo.

"In un posto all'ombra, vicino all'acqua. Un posto dove, almeno per oggi, non ci fosse nessun altro. Non conoscete un posto un po' isolato?"

"Sì, ma perché oggi che giorno é?"

"É il mio compleanno."

"Davvero? E quanti anni fai?"

"Ventidue."

"Auguri e comunque la tua idea mi ispira per cui, sella i cavalli Merlino. Farò colazione quando saremo arrivati là!"

Avevano cavalcato a lungo, si erano anche persi per un attimo, ma poi giunsero al laghetto che Artù aveva in mente. Erano lontani da Camelot.

 

Merlino si era spogliato con la massima naturalezza, cosa che non era assolutamente da Merlino, rifletté Artù. Si era poi tuffato, nuotando per un bel po' infine era tornato vicino a lui che nel frattempo era entrato in acqua.

"Quest'acqua é fantastica, non trovate? Mi avete fatto il miglior regalo di compleanno che abbia mai ricevuto portandomi qui!" e gli sorrise in modo così solare che Artù si sentì a sua volta felice.

Avevano nuotato e parlato e Artù aveva avviato una lotta epica di spruzzi alla quale Merlino alla fine dovette cedere per non rischiare di affogare: "Basta, Artù! Avete vinto, mi arrendo!"

Dopo aver ripreso fiato Merlino fece un'assurda proposta di gioco. "Vorrei capire una cosa: se dovessi portarvi in salvo, sarei in grado di trasportarvi fino a riva?"

Artù scoppiò in una grossa risata.

"Ridete pure! So anch'io che sulla terraferma non riuscirei nemmeno a sollevarvi, ma in acqua é tutta un'altra cosa."

"Dai, allora, prova? Voglio proprio vedere come farai!" e si sdraiò sull'acqua come fosse privo di sensi. Merlino non sapeva bene da che parte farsi poi per iniziare lo prese sotto le ascelle, trascinandolo per un bel pezzo e fin qui tutto bene.

Poi quando l'acqua si abbassò, si accucciò nell'acqua prendendo in braccio Artù, ma ancora riusciva ad avanzare. Artù si rilassò: che bella sensazione essere portato in braccio in quel modo dal suo servitore! Merlino provò a mettersi in piedi quando l'acqua era ormai troppo bassa e con una fatica immane dando diversi strattoni al principe riuscì a mettersi in piedi con Artù tra le braccia. Il principe aprì gli occhi incredulo e vedendo Merlino con la faccia più rossa e sofferente che avesse mai visto, gli si aggrappò alle spalle per aiutarlo. Il servo respirava in modo molto affannato e dalla sua gola fuoriuscivano dei gemiti strozzati da sforzo: Artú si sentí accaldato e a disagio per ciò che quei versi gli facevano venire in mente e per il turbamento che gli provocavano.

"Ce l'hai fatta, cavoli! Non l'avrei mai detto! Ora, mettimi giù, siamo arrivati!"

"...No... !" disse Merlino che intanto aveva perso la presa su una gamba di Artù e per evitare gli cascasse del tutto, lo alzò fino al petto, mettendo a dura prova la sua schiena, che infatti non resse e il ragazzo cadde, schiacciato da Artù.

"Oh Dio, stai bene?" mormorò il principe rialzandosi in fretta.

"Mh... sì, insomma..."

"Sei proprio un caprone, sai? Non potevi mettermi giù?"

"Non vi avevo ancora tratto in salvo. Credevo di riuscirci. Accidenti! Riproviamo!"

"No!" disse Artù con sguardo atterrito "Poi ho fame! E ora tocca a te!" Ancora prima che Merlino potesse dire o fare qualcosa, Artù lo prese in braccio con estrema facilità. 

"Ma... che fate?" boccheggiò Merlino.

"Ma tu non stai mai zitto?" chiese l'altro con fare sicuro.

Merlino si mise a ridacchiare, mentre Artù era un po' emozionato nel portare il servo, nudo, tra le sue braccia e sentì il cuore aumentare i battiti, ben consapevole che non era lo sforzo di portare il ragazzo a provocarlo.

Non si rivestirono neppure e mangiarono, rilassati e senza parlare, sdraiati su una grande coperta poi si addormentarono.

Quando Artù aprì gli occhi, vide Merlino molto vicino a sé: il servo si era spostato a causa del sole che aveva raggiunto la sua parte di coperta, per cui si era dovuto spostare. Ad Artù sembrava di vivere in un magnifico sogno: non aveva bisogno di altro per sentirsi felice. Merlino era bellissimo e provò un forte desiderio di toccarlo. Lo stava ancora contemplando quando Merlino aprì gli occhi e gli sorrise dicendo: "Allora non é stato solo un sogno!"

"Mi hai letto nel pensiero!" sorrise a sua volta Artù.

"Non credo. Deve essere il nostro legame che spesso ci fa pensare le medesime cose!"

Artù sbuffò ridendo: "Allora dimmi a cosa sto pensando adesso!"

"Vediamo... state pensando che se al posto mio ci fosse una bella dama, questo sarebbe per voi il paradiso..."

"Mmh... corretto per quanto riguarda il paradiso, ma non ho pensato a nessuna 'Eva'!"

"Non ho mai sentito parlare di un paradiso con due 'Adamo', Artù!"

"Nemmeno io ma non vuol dire che sia così sbagliato."

Merlino rispose con una punta amara nel tono di voce: "Anche secondo me non lo é, ma lo é... per tutti gli altri!"

"Per fortuna qui ci siamo solo noi!"

"Vero, ma... prima o dopo dovremo tornare!"

Artù prese un respiro profondo e sentì la sua voce tremare. Se ci fosse stato un momento perfetto per provare ad avere ciò che voleva così tanto, sarebbe stato quello.

"Non ti ho fatto alcun regalo... vorrei rimediare... anche se non ti ho comprato nulla!"

"Mi avete già regalato questo, qui, ora" sussurrò il servo emozionato.

Artù sentì il cuore martellargli nel petto: "Chiudi gli occhi un attimo, Merlino!" E il ragazzo obbedì.

Il principe si avvicinò al servo, gli prese le guance tra le mani e lo baciò: un lungo, tenero, casto bacio.

Merlino sbarrò gli occhi sorpreso e sicuramente  imbarazzato.

"Beh, almeno non mi hai schiaffeggiato!" mormorò Artù con mezzo sorriso e un po' di ansia.

A Merlino sfuggì uno sbuffo divertito: "Schiaffeggiato per un bacio? No, anzi é stato un pensiero... molto dolce e vi ringrazio! Se poi é venuto da voi, dall'amico più caro che ho, per farmi gli auguri più graditi, io non posso che sentirmi onorato."

 

In quel momento Artù pensò che Merlino non solo fosse l'idiota che aveva sempre pensato, ma che avesse qualcosa tipo una pera al posto del cervello. Certo non era una cosa molto romantica da dire, ma possibile che Merlino non avesse capito? L'aveva baciato sulla bocca! Dopo quel discorso dei due "Adamo" in paradiso! Una cosa del genere non l'avrebbe travisata nemmeno Leon!

"No... non devo essere stato chiaro... Non é questo il mio regalo!" disse in un soffio con voce profonda e un po' roca. "Il mio regalo... sono io... per te... se mi vuoi!"

Merlino deglutì e si mise a sedere. La sua espressione non era delle migliori, notò Artù. Era serio, stupito e molto preoccupato. E in quell'attimo Artù avrebbe voluto sprofondare, pensando di aver fatto l'errore più stupido che potesse fare. Non voleva rovinare la loro amicizia.

Poi grosse lacrime uscirono dagli occhi di Merlino e Artù in panico, cominciò a balbettare: "Non... non fare... così. Io... dai, é lo stesso... Non fa niente!"

"No, Artù, non avete capito! Io vi voglio! Vi voglio per me! Da così tanto tempo ormai" e si sdraiò a pancia in su, senza staccare gli occhi da quelli dell'altro, mostrando tutta la sua arrendevolezza.

Artù nel vederlo così, perse lucidità, comprendendo solamente che il cuore rischiava di schizzargli fuori dal petto.

Il resto del pomeriggio lo passarono ad amarsi, ora in maniera estremamente delicata, ora in modo più caldo e passionale, ora decisamente in modo rude e possessivo. Ogni volta che finivano di farlo, passavano pochi minuti e bastava uno sguardo, una parola o un gesto per riaccendere il loro fuoco. 

Artù era un amante instancabile, era noto, ma anche Merlino, pur meno esperto, viveva quell'evento con un calore e un vigore da lasciare l'altro impressionato. 

Merlino era stato disarmante nella sua cedevolezza ma stupefacente nella sua caparbietà, nelle sue pretese, così assurde secondo Artù ma del tutto sensate agli occhi del servo. In un secondo momento aveva richiesto al suo padrone la stessa arrendevolezza e Artù si era stupito nell'avergliela concessa così facilmente. E dire che aveva pensato fosse impossibile accontentare quel servo arrogante e insistente pur incantevole che oggi si trovava di fronte. 

Il problema non era tanto nel metterlo in atto dal punto di vista fisico, quanto da ciò che significava da un punto di vista interno, personale.

Da quando era nato, Artù aveva sempre comandato ed era abituato a mantenere il controllo di ogni situazione, anche tra le lenzuola.

Merlino ora gli chiedeva con perseveranza di dare a lui il controllo della situazione, di cedere per una volta le redini del comando, di affidarsi totalmente a lui e di lasciarsi completamente andare. Non pensava che ci sarebbe riuscito, ma se c'era qualcuno in grado di farglielo fare questi era Merlino.

All'inizio era stato doloroso e imbarazzante, poi incredibilmente era stato anche molto piacevole. 

Ma la cosa che lo aveva cambiato radicalmente era quella sensazione del lasciar fare e perdere il controllo: era stata una sensazione paurosa ma anche illuminante. Si era sentito fragile come non era mai stato, ma allo stesso tempo più forte, perché Artù non pensava di poter essere così coraggioso da perdere per un momento se stesso, affidandosi a un'altra persona: ci voleva più coraggio nel far questo che ad assumersi la responsabilità di tutto un regno, di una guerra, di un popolo.

Si era sentito fuori da se stesso, quasi unito a qualcosa di molto più grande. E si era sentito ebbro di felicità, totalmente innamorato della vita e dell'uomo che gli faceva provare quelle emozioni immense, inimmaginabili e che riteneva impossibili.


Questo pensava Artù, quella sera, senza riuscire a trovare sollievo nel sonno, ma poi ripensò al fatto di aver perduto tutto quanto, prima ancora di potersene rendere conto.

Si portò una mano al viso e pianse amaramente.





 

PARTE SECONDA





 

Il mattino seguente Merlino si svegliò molto presto ed ebbe modo di riflettere a lungo su ciò che poteva essere successo il giorno prima a lui e ad Artù. Non poteva fare a meno di pensare che la sua amnesia fosse opera di magia. Ed Edwin era il nome che non smetteva mai di rimbombargli in testa.

 

Quando andò a svegliare Artù e a portargli la colazione si accorse che il principe era di cattivo umore: sembrava triste ed era un po' spigoloso e freddo, persino con lui. Anzi soprattutto con lui, perché con George che aveva bussato per ricordargli un appuntamento, era stato piuttosto cortese.

 

Non era riuscito a chiedergli niente, anche se lentamente sentiva montare una certa rabbia, dentro di sé, a causa del comportamento di Artù nei suoi riguardi, rabbia che era sempre più difficile da contenere.

 

Tornando verso il laboratorio, Merlino venne folgorato da un'illuminazione che lo fece bloccare in mezzo al corridoio: il sale! C'era qualcosa nel sale con il quale Artù aveva condito il suo arrosto, su consiglio di Edwin. Lo stesso sale che pochi istanti dopo era finito, o meglio svanito.

 

Entrò nel laboratorio puntando diritto verso Edwin e lo investì come un uragano:

"Cosa mi hai fatto? So tutto. Hai usato il sale!" urlò Merlino "e perché non ricordo niente di ieri?"

 

Edwin gli mostrò un bel sorriso, per nulla turbato, almeno apparentemente, dalle domande e dal tono di voce del ragazzo.

"Io?... Io non ti ho fatto proprio niente, caro Merlino... ah, ho capito, ma io non centro. So che farai fatica a credermi, ma non é colpa mia se qualcun altro ti ha coinvolto nel suo 'destino', chiamiamolo così. So che non é nemmeno colpa tua, probabilmente, ed é per questo che la magia ti ha fatto dimenticare tutto quanto, per proteggerti, per tenerti all'oscuro di fatti da considerare estranei alla tua personalità, anche se per te capisco che debba essere molto difficile."

 

"Stai dicendo che non hai fatto nessun incantesimo? Perché a questo non credo!"

 

Edwin spostò i capelli che gli erano caduti sulla fronte e Merlino lo guardò in faccia. Lo odiava così tanto che la sua cicatrice non gli era mai sembrata così orrenda e disgustosa come in quel momento.

 

"Sto dicendo che non ho fatto nessun incantesimo a te! Io ho colpito Artù! La magia ha fatto quello che doveva, ma... l'ha fatto da sola. E pensa che nemmeno Artù é colpevole, in fondo: cosa può farci se ciò che é successo é ciò che ha sempre desiderato? Penso che nemmeno lui ne fosse ancora del tutto consapevole."

 

"Ma perché l'avete colpito allora?" Merlino era così confuso e afflitto. E come se non bastasse ci stava capendo poco o niente.

 

"Ho colpito Artù solo per colpire il re!"

 

"Questo posso anche immaginarlo, ma tu sai o no che cosa ho fatto ieri?"

 

"Vedo che il principe non ti ha detto niente. Che animo nobile! Un vero gentiluomo! Ma si potrebbe considerare la cosa anche al contrario e dire che si é comportato da codardo. Tu che ne pensi?"

 

Merlino era diventato rosso dalla collera che provava verso il bieco stregone e rispose istintivamente: "Codardo? Artù? Come si vede che non sapete niente di lui. Lui é l'uomo più valoroso, coraggioso e puro che esista sulla faccia della Terra!"

 

"Già... puro, soprattutto!" mormorò Edwin con voce dolce e occhi languidi "e ricorda che non ho niente contro il principe. Anzi sono riuscito a regalargli per un giorno la felicità più grande. Meglio un giorno che niente, non credi? Molti non la conosceranno mai, purtroppo, la vera felicità, ma lui non é tra questi, grazie a me!"

 

"Allora come mai Artù é triste, come non l'ho mai visto prima?"

 

"La felicità eterna non esiste, nemmeno con l'aiuto della magia più potente. Lo scotto da pagare per la felicità é il dolore di averla perduta."

 

"Perché non vuole dirmi nulla?"

 

"Credo sia perché tenga a te. O forse si vergogna! O teme che tu non approveresti, anche se da come lo difendi non é detto che tu avresti trovato la cosa necessariamente sgradevole. Magari ti ho fatto un favore senza saperlo!" e scoppiò a ridere di gusto.

 

"Cosa avrebbe dovuto dirmi?"

 

Edwin cambiò completamente espressione e si immobilizzò guardandolo come si guarda un pazzo. "Dovrei dirti il suo segreto? Ma per chi mi hai preso? Se vuoi saperlo, dovrai chiederlo a lui. Sei grande ormai e devi arrangiarti. Non sei forse un potente stregone? Non sarò io a dirti come fare."

 

Merlino era furente ma al medesimo tempo si sentiva avvilito e incapace. Non aveva idea di come avrebbe potuto fare a trovare il bandolo della matassa più intricata che gli fosse mai capitata.

 

"Tuttavia" aggiunse Edwin "voglio essere magnanimo e ti darò un aiuto importante. Ti dirò l'incantesimo che ho usato su Artù:

 

- Il tuo più grande desiderio diverrà realtà

raggiungerai la massima felicità

che ti sarà tolta dopo un giorno

e mai più farà ritorno -

 

Niente di così complicato, come vedi. E ora sparisci!"

 

Merlino se ne andò via velocemente, per non rischiare di esplodere. Doveva parlare con Artù e subito! Di Edwin si sarebbe occupato più tardi.

'Dovrà dirmelo o quanto è vero Gwaine, glielo farò sputare!'



 

Artù non si trovava. Merlino l'aveva cercato ovunque, ma nessuno l'aveva visto da ore. Era preoccupato: se ciò che gli aveva detto Edwin era la verità, Artù avrebbe avuto solo un giorno di estrema felicità seguito da giorni di profonda depressione. 

 

'E mai più farà ritorno!' Queste erano le parole che più l'avevano sconvolto. Una magia perenne. Nemmeno lui era capace di tanto e non sapeva nemmeno che fosse possibile.

 

Quindi adesso Artù si trovava in un momento di grande sconforto. Ed era solo. Merlino si rendeva conto solo ora della difficile situazione del suo principe. E voleva trovarlo! 'Maledizione!' Quasi gli veniva da piangere.

 

Decise di prendere il cavallo e dopo aver girato nei luoghi dove più spesso si recava con Artù, provò anche al cimitero dei re di Camelot, dove c'era la sepoltura di Ygraine, madre di Artù. Il principe, infatti era là, piegato sulla tomba della madre, con un ginocchio per terra, mentre con le mani accarezzava l'erba che ricopriva la sepoltura.

 

"Artù!" lo chiamò Merlino. Il principe si girò verso di lui e quando lo vide fu illuminato da uno splendido sorriso, che però sfiorì quasi subito dalle sue labbra.

 

Attese lontano che Artù finisse la sua visita e che uscisse dal cimitero. Quando lo raggiunse il nobile lo investì: "Non avresti dovuto venire fin qui."

 

"Mi dispiace Artù, ma ero preoccupato per voi. Siete giù di morale, lo vedo e siete così... diverso, almeno con me!"

 

"A te non capita mai? Non hai mai voglia di restare da solo?"

 

"Certo, ma anche quando volete star solo, in genere riuscite a tollerare la mia presenza!"

 

Artù aggrottò le sopracciglia: "Non questa volta!"

 

"Vedete, io ho proprio bisogno di parlare con voi!" disse Merlino con un tono di voce quasi supplicante.

 

"Cosa vuoi, Merlino? Comincio a poterne più!"

 

"É stato Edwin! Lo so che forse non mi crederete, ma lui possiede la magia!"

 

Artù lo guardò serio senza ribattere, e il ragazzo continuò: "Vi ha fatto un incantesimo!"

 

"Se anche fosse vero, non credo che l'incantesimo l'abbia fatto a me, quanto piuttosto a te! Sei tu che sei ... diverso, o forse lo eri ieri. E poi hai ragione! Non ti credo!"

 

Il servo non si scompose e si avvicinò ad Artù, quasi sussurrando: "Vi siete sempre fidato di me! Stamattina ho parlato con lui e lo ha ammesso. Mi ha detto che lui sa esattamente cosa ci é successo ieri, ma non me lo dirà. Solo voi potete dirmelo. Vi prego, Artù. Ne ho bisogno!"

 

Artù arretrò di un passo: stare così vicino a Merlino che lo implorava era intossicante, per lui. Sentiva di nuovo quel forte desiderio del giorno prima, ma adesso era solo lui a provarlo. Poi si concentrò a fatica sul discorso del servo.

 

'Edwin lo sa? Allora é davvero uno stregone! Avrà anche visto ciò che abbiamo fatto? Oddio!' pensò senza poter fare a meno di arrossire furiosamente. 'E potrebbe usarlo per ricattarci o smascherarci con tutti!' Artù chiuse gli occhi come se fosse in una sorta di trance, poi si riscosse, turbato:

"Tu non hai bisogno di sapere proprio un bel niente! Tu... rimarresti sconvolto e basta! Se tu non sai niente per me é meglio, é quasi come se davvero non fosse accaduto" ma Artù sapeva che non era vero. Era insopportabile da accettare. Solo lui sapeva cosa aveva provato il giorno prima. L'esperienza più incredibile della sua vita: amare in un modo che non credeva potesse essere possibile; amare davvero per la prima volta credendo di essere ricambiato. 

 

E invece non era così.

 

Era stato come essere preda di un'allucinazione molto realistica. Che enorme beffa! Ovvio che ci fosse sotto la magia. Quale altra spiegazione sarebbe stata possibile?

 

"Mi hai detto che Edwin ha usato la magia su di me, ma per quale motivo?"

 

"Mi ha riferito che voleva colpire voi per colpire il re vostro padre!"

 

Artù sbarrò gli occhi. Ci mancava solo che Uther lo venisse a sapere. In qualità di re avrebbe cercato una scusa come ad esempio la magia, per non dover diseredare Artù, ma Merlino sarebbe finito sul patibolo, dopo essere stato frustato a sangue. Non importava che il servo fosse innocente. Che razza di giustizia infame! Pensò che poteva scappare assieme a Merlino, ma Uther li avrebbe fatti ritrovare dopo un giorno. Poteva allontanare Merlino da lui, in modo definitivo però. Questa decisione gli provocò un fitta bruciante allo stomaco.

 

"Cos'altro sai?"

 

"Ha usato il sale! E conosco le parole esatte dell'incantesimo" e gliele ripetè. Artù spalancò gli occhi per lo stupore. Era esattamente quello che gli era capitato.

 

"E di te cosa ha detto?"

 

"Che ero stato coinvolto nell'incantesimo solo perché si potesse compiere. Per questo io non ricordo nulla!"

 

Artù si sedette per terra, incapace di reggersi sulle proprie gambe. Lui lo aveva amato con tutta la dedizione di cui era capace; quello che aveva fatto Merlino era solo in funzione della magia: il servo non gli avrebbe mai parlato o sorriso in quel modo. Non gli avrebbe mai concesso quelle libertà sul suo corpo, né avrebbe osato prendersi le medesime libertà sul corpo di Artù. Per Merlino nulla era stato reale. Oh, quel maledetto incantesimo diceva il vero sulla felicità persa per sempre: non si era mai sentito più disperato in vita sua. Si coprì gli occhi con una mano, lasciandosi andare a un pianto silenzioso e amaro.

 

Merlino il cui intento primario era quello di subissare Artù di domande, soffriva a vederlo così vulnerabile e avrebbe tanto voluto aiutarlo, ma non sapeva come e tanto meno perché.

 

Quando Artù si riprese, Merlino vide una nuova determinazione nello sguardo del principe, unita a una grande tristezza.

 

"Scusami, Merlino. Quello che sto per dirti non é colpa tua."

 

"Ieri sono andato in giro per Camelot, nudo, terrorizzando donne e bambini?"

 

Artù rise per un attimo: "No. So cosa stai facendo Merlino, ma non cambiare discorso! É un favore personale quello che ti chiedo e non ti piacerà per niente, lo so."

 

Merlino sentì le gambe tremargli, per cui si sedette per terra accanto ad Artù. Non disse nulla perché capì la gravità del momento. Ed ebbe paura, una paura enorme. Non avrebbe mai voluto sentire quelle parole, che già immaginava avrebbero distrutto il suo piccolo mondo, che per lui era tutto.

 

"Vi prego, Artù. Non dite niente... non adesso... per favore!" supplicò Merlino, con un nodo alla gola.

 

"Mi dispiace tanto. Io... devo dirtelo e devo dirtelo ora. Non dimenticare che tu sei l'uomo più coraggioso che abbia mai incontrato. Sono sicuro che riuscirai a fare ciò che ti chiedo anche se non potrai comprenderlo e non sarai d'accordo" disse Artù guardandolo negli occhi e stringendo i denti perché tutto avrebbe voluto fare con Merlino, tranne chiedergli ciò che doveva.

 

"In questo momento mi sento tutto tranne che coraggioso!" Merlino iniziò a piangere grosse lacrime.

 

"Ho bisogno che tu ti allontani da me, per un po': dovrai licenziarti da valletto. Diremo a tutti che non avevi tempo per te e che cercavi un lavoro che ti permettesse contemporaneamente di seguire i tuoi interessi. Ti farò avere un elenco di persone che hanno bisogno di un servo. Ti darò buone referenze: sono comunque il principe. Magari fra qualche tempo ti farò richiamare. Nel frattempo potrai continuare a stare con Gaius, ma preferirei non vederti più a palazzo"

 

"Non mentitemi Artù! Non mi farete richiamare mai più. Se almeno sapessi cosa ho fatto, forse sarebbe più facile da accettare..."

 

"Ti ho detto e ripetuto che tu non hai fatto nulla; e se anche fosse é perché hai agito in funzione dei miei desideri, per cui non conta. Se fossi stato in te non l'avresti fatto, ne sono certo."

 

"Ho ucciso qualcuno che odiate per farvi contento?"

 

"No, ma cosa dici?"

 

"Da come ne parlate, mi sembra di aver fatto le cose più terribili del mondo!"

 

"Non é così!"

 

"Se avessi fatto cose buone, voi non mi mandereste via" disse Merlino frustrato.

 

"Ascoltami. Tu mi sei molto caro, più di quello che pensi e lo sarai sempre."

 

"Sì, purché stia alla larga da voi!" proseguì il servo amaro.

 

"É anche per il tuo bene!"

 

"No, non é vero. Io volevo solo continuare a rimanere a quello che credevo essere il mio posto. Io volevo portare a termine la mia missione. Da quando vi conosco é la cosa più importante per me."

 

"Ma quale missione?"

 

"Quella di proteggervi e aiutarvi a compiere il vostro destino!"

 

"Non é compito tuo. Sei il mio servo!"

 

"Siete anche mio amico e la prima persona per cui darei la vita!"

 

Artù lo guardò, sentendo già la sua mancanza: "Non so cos'altro fare, Merlino!"

 In

"Non ce n'è bisogno, ho capito" aggiunse infine Merlino, asciugandosi gli occhi e tirando su con il naso. Velocemente recuperò il cavallo e se ne andò, mentre Artù non fece, né disse niente per fermarlo e nuove lacrime gli rigarono il viso.




 

Artù, il mattino dopo, aprì gli occhi e avrebbe voluto richiuderli subito, magari per sempre. 

 

La testa, lo stomaco, la gola...gli faceva male quasi tutto. Non c'era da stupirsi: aveva passato una notte d'inferno, alternando momenti di veglia allucinata a momenti di torpore funestati da orribili incubi.

 

Dopo qualche tempo, George entrò nelle sue stanze: aveva preso il posto di Merlino. Ciò che aveva detto il giorno prima al servo, si era avverato troppo in fretta e troppo chiaramente. Non era preparato e fu per lui un colpo al cuore. Aveva già una voglia irresistibile di vederlo e si pentì di avergli parlato così. Ma...forse era meglio.


Una volta vestito, Artù saltò la colazione e si diresse verso il laboratorio di Gaius. Non aveva idea di ciò che avrebbe detto al servo, ma sentiva che sarebbe impazzito se Merlino non avesse subito ripreso il suo posto di valletto.

 

Quando aprì la porta vide che il laboratorio era così diverso che lo riconobbe a fatica. Davanti a lui non c'era Gaius e si rese conto di quanto gli mancasse, solo in quel momento. Si sentì anche in colpa per non aver preso le sue difese e per non aver fatto in modo di farlo rimanere.

Non c'era nessuno e Artù si diresse nella stanzetta di Merlino: era vuota. Niente abiti, niente di niente! Era già partito. Uscì dalla stanza angosciato e si trovò davanti Edwin che gli rivolse un sorriso strano, quasi torvo.

 

"Buongiorno, maestà!"

 

"Edwin... hai visto Merlino?"

 

"Stamattina non l'ho ancora visto. Credevo dormisse, ma..."

 

"Merlino mi ha detto delle cose su di te, cose molto gravi. Avrei piacere che facessi le valigie e te ne andassi"

 

"É stato il re vostro padre a mettermi qui e solo lui ha il potere di togliermi dal mio ruolo"

 

"Potrei dirgli che sei uno stregone. Sai cosa pensa mio padre di loro."

 

"Lo so benissimo, ma Uther si fida di me, ma se anche dovesse credere a voi e mi mandasse a morte, qualcun altro morirebbe con me e per lo stesso identico motivo."

 

"Di chi parli?"

 

"Preferirei non darvi altri dolori. Mi sembrate già piuttosto abbattuto, mio signore"

 

"E come potrei lasciarti qui, sapendo che hai colpito me per far soffrire mio padre"

 

"Quel ragazzo! Ha proprio la lingua lunga. Meriterebbe di ricordare tutto quello che il vostro desiderio lo ha costretto a fare."

 

"Hai fatto un incantesimo per farci innamorare?"

 

"No, no, no! Un momento! Il mio incantesimo era tutt'altro. Voi eravate già innamorato di Merlino, da prima e non fate finta di non saperlo! Io ho solo fatto in modo di far avverare il vostro più grande desiderio. La vostra felicità l'ho percepita chiaramente, sia quando avete usato il vostro potere su Merlino, sia quando vi siete concesso docile a lui. Mi avete stupito, ne convengo e forse mi avete anche un po' deluso, Artù. Il grande principe ereditario di Camelot ridotto a schiavo sessuale dal suo servo. Dunque non é colpa mia se il vostro desiderio più grande era accoppiarvi col vostro servo!"

 

Artù estrasse la spada dal fodero, ringhiando.

 

Edwin arretrò di alcuni passi. "Sono stato un po' brusco. Scusate: avrei dovuto parlare d'amore, nel vostro caso. Ma magari, se foste fortunato, al ragazzo potrebbe non essere dispiaciuto ciò che gli avete fatto, quando lui era sotto l'effetto della magia. Viceversa, potreste ritrovarvelo a vomitare sui vostri stessi stivali. Un vero peccato!"

 

Artù sentì la rabbia aumentare ulteriormente: "Che cosa vuoi?" gli urlò irato.

 

"Ah, vorrei tante cose! La prima é che vostro padre morisse soffrendo!"

 

Artù si sentì in pericolo. Edwin era uno stregone e il fatto che si stesse aprendo con lui, in quel modo lo aveva messo in allerta. "Perché?"

 

"Voi forse non lo sapete ma io sono l'unico superstite di una famiglia di druidi, che vostro padre sterminò mandando tutti al rogo, vent'anni or sono."

 

"So di cosa parli. La famiglia di stregoni più crudeli che ci sia mai stata. Rapinarono e uccisero tanti cittadini di Camelot."

 

"Sarà così, ma era la mia famiglia. Io mi salvai solo perché mia madre mi nascose sotto il suo abito e mi disse di scappare quando il fumo fosse stato denso. Purtroppo ero piccolo e scappai troppo tardi, così il mio viso rimase ustionato e sono diventato un mostro."

 

"La tua ustione non fa di te un mostro. Il tuo comportamento e le tue intenzioni di morte, sì!"

 

"Su quel patibolo giurai di vendicarmi di Uther: la violenza porta solo alla violenza!"

 

"Sai che dovrò dire tutto a mio padre?"

 

"Gli direte anche della vostra relazione con un uomo?"

 

Artù rimase a bocca aperta per un attimo e Edwin ne approfittò per alzare una mano verso il re, che rotolò velocemente sotto un tavolo, evitando di essere colpito dal gesto magico. Edwin, però, con un nuovo gesto fece volare il tavolo per aria e riuscì a colpire Artù scaraventandolo in alto e facendolo sbattere malamente contro un muro. Molte delle polveri di Edwin caddero a terra, spargendosi ovunque. Artù rimase a terra, immobile e Edwin uscendo, bloccò la porta del laboratorio con la magia.


Il mago si diresse velocemente verso le stanze del re. Uther valeva poco come padre, rimuginò Edwin, oltre che come re. Non si era minimamente accorto dello stato depressivo in cui suo figlio versava.

 

Non gli importava o probabilmente non ci arrivava: aveva la stessa sensibilità di una statua di marmo. Quindi l'incantesimo su Artù era stato solo una stupida perdita di tempo. Uther non aveva nemmeno saputo che suo figlio amasse un uomo. Figuriamoci!

Non ci avrebbe creduto neppure se l'avesse beccato in flagrante con i suoi stessi occhi. Avrebbe come sempre dato la colpa alla magia, anche se stavolta in parte era vero, ma non nello stesso modo che avrebbe pensato Uther.

 

Entrò in silenzio nella stanza del re: Uther era immobile e aprì gli occhi. "Vedo che avete preso la mia medicina! Bravo! Solo che non é per il vostro mal di schiena. Devo essermi sbagliato. É un veleno che porta alla paralisi e... quando anche i polmoni saranno paralizzati... Ma per questo ci sono ancora molte ore. Volevo che sentiste arrivare la morte in modo così lento e doloroso che prima di morire, impazzirete."

 

Uther non sgranò gli occhi. Non poteva fare nemmeno quello. Lo guardava e basta ma dentro di sé era completamente terrorizzato.

 

"Sapete che quando scappai dal rogo dei miei genitori ero gravemente ustionato e fu Gaius a prendersi cura di me. É merito suo se adesso morirete. Credo che mi abbia anche riconosciuto. Sono riuscito a farlo scacciare da voi e Artù ha scacciato Merlino! Non sono stato bravissimo? Loro erano gli unici due che forse potevano mettermi in difficoltà.

Capisco che verso Gaius non mi sono comportato da persona riconoscente, ma la mia vendetta era più importante di tutto il resto. Inoltre ho guarito Morgana perché sono stato io a farla ammalare con la magia!"

 

Uther aveva gli occhi umidi.

 

"Piangete pure, finché riuscite a farlo. Io tornerò tra poco. Ora che anche vostro figlio é inoffensivo, potrò godermi in pace la vostra fine. Non avete idea del piacere intimo che sto provando, maestà!"


Edwin tornò in laboratorio, sbloccando la porta, per preparare le sue cose e ripartire appena avesse portato a compimento la sua vendetta. Non ci avrebbero messo molto a capire che era stato lui! E poi doveva sistemare le cose con il principe che era ancora senza conoscenza.

 

"Edwin!" 

 

Il mago sussultò: "Gaius! Maledizione! Che volete ancora?"

 

"Che cosa hai fatto ad Artù?"

 

"Niente, non preoccuparti. Dormirà ancora un po'! Vedi... ora é triste, ma ieri ho esaudito il suo più grande desiderio" disse il mago con un grande sorriso.

 

"Ne dubito!" rispose Gaius con astio.

 

"Oh, siete un malfidente, ma vedo che morite di curiosità. Il vostro beneamato Artù, ha scoperto le gioie della carne,... della carne maschile, intendo" e qui Edwin scoppiò in una grande risata.

 

Gaius alzò un sopracciglio, contrariato.

 

"Dio, Gaius, se sapeste... con chi?" singhiozzava il mago, faticando a parlare per il troppo ridere.

 

Gaius deglutì. Edwin si sbagliava. Forse lo sapeva, ma non aveva mai voluto soffermarcisi troppo. Conosceva Artù dalla nascita e da più di tre anni viveva con Merlino. La sua sensibilità era diametralmente opposta a quella di Uther.

 

Vedeva come il servo pendesse dalle labbra del principe e vedeva Artù illuminarsi ogni volta che era con Merlino. Come osava quell'essere, molto più orrendo dentro di quanto fosse fuori, intromettersi nella loro amicizia, sciupare il loro delicato rapporto, il cui disfacimento avrebbe portato i ragazzi all'infelicità e il regno alla rovina.

 

"É il vostro figlioccio, l'uomo con cui Artù si é tanto divertito!"

 

"Sono tutte fandonie!" e soprattutto non erano fatti suoi, pensò il medico.

 

"Ma come? Non avete visto i segni sul suo corpo? Ah, no, é vero. Voi non c'eravate già più"

 

"Basta così!" disse Gaius "É stata colpa della tua magia!"

 

Il vecchio allungò un braccio verso Edwin, articolando parole magiche verso di lui, ma non successe nulla. 

 

"Forse volevi dire questo!" e Edwin proferì lo stesso incantesimo di Gaius, ma corretto, e il vecchio mentore si ritrovò accerchiato dalle fiamme.

 

"Non volevo finissi al rogo, ma come mago non vali più niente!"

 

In quel momento qualcuno si precipitò nella stanza.

 

"Oh, no! Anche tu, adesso?" gemette Edwin.

 

Merlino era sulla porta del laboratorio, e quando vide Artù a terra e Gaius circondato da un cerchio di fuoco, provò a mandare un incantesimo sull'altro mago. Edwin fu più veloce e con la sua magia staccò un'ascia dalla parete, facendola roteare verso Merlino.

 

Fortunatamente il servo riuscì a stopparla con la luce dorata degli occhi, proprio a pochi centimetri dal suo viso e con nuove parole magiche rimandò l'ascia indietro che, roteando a grandissima velocità, si conficcò nel cranio di Edwin, aprendolo in due e causandone l'istantanea morte.

Merlino tremante ma in salvo distolse lo sguardo da quel macabro spettacolo.




 

Erano poi successe molte cose, quasi tutte in contemporanea. Merlino aveva spento il fuoco attorno a Gaius e aveva salvato Uther con la magia. In breve le cose erano tornate a posto. Quasi tutte.

 

Uther si era poi scusato con il cerusico e lo aveva reintegrato come medico di corte. Il re voleva fare una grande cerimonia in onore di Gaius per dargli finalmente l'ambito riconoscimento di cittadino libero di Camelot. Era un privilegio raro per un uomo che come lui non era nativo di Camelot, anche se viveva e lavorava lì da più di 20 anni.

 

Gaius aveva apportato delle migliorie al laboratorio, tenendo gli oggetti più interessanti di Edwin e mettendo ordine ai libri e ai preparati, che aveva ritrovato intatti nel magazzino nascosto della biblioteca reale. Merito di Geoffrey.


Merlino era molto felice per lui. "Allora domani é il gran giorno. Di nuovo medico di corte e cittadino libero in un solo colpo. Come si dice: non tutti i mali vengono per nuocere."

 

"Hai parlato con Artù?" chiese il medico.

 

"Certo che no. Mi ha detto di non farmi più vedere a palazzo!"

 

"Ma quello era prima. Certo non sa che sei stato tu a liberarci di Edwin e a salvare Uther, Artù e me! Non sono sicuro che Edwin avrebbe lasciato Artù in vita! Tutti credono che sia stato io a salvarli."

 

"Te l'ho chiesto io di farli, anche per me stesso. Come avrei potuto farlo senza rischiare di rivelare la mia magia?"

 

"Artù però sa che eri con me e che mi hai aiutato: gli ho fatto presente che se non fosse stato per te, non sarei riuscito a sopraffare Edwin."

 

"Edwin! Che stupido! Aveva raggiunto i massimi onori, poteva avere una buona vita!"

 

"Vedi, l'odio a quei livelli fa fare cose che ai più sembrano insensate e lo sono! Uther in passato ha fatto molti errori, ma per la famiglia di Edwin non mi sento in grado di giudicarlo. Erano veramente stregoni terribili e il loro comportamento ha danneggiato il resto dei maghi e ha contribuito a farli odiare ancora di più."

 

Merlino strinse le labbra ed esordì: "Sono già due giorni che sto qui con voi. Artù me l'aveva consentito, ma siccome so che sta meglio, per non rischiare di incontrarlo é bene che parta oggi stesso."

 

"Come? No, ti prego, Merlino. Non puoi mancare alla cerimonia in mio onore. Sei il figlio che non ho mai avuto, lo sai. Sei la persona più importante che abbia al mondo. Ho sperato che saresti rimasto con me a Camelot, ma almeno, domani, devi esserci!"

 

"Ma, Gaius, non capite? Come dovrei fare?"

 

Gaius ci pensò su: "É sufficiente che tu arrivi poco dopo l'inizio della cerimonia. Prevedo che la sala sarà piena. Artù rimarrà seduto sul trono tutto il tempo. E tu starai in fondo alla sala. Non ti vedrà!"

 

"Ho capito. Detta così sembra abbastanza semplice! Ma non rischio di trovarmelo qui, oggi?"

 

"No, Artù sa che sei tornato e ripartito. Oggi mi ha chiesto diverse volte dov'eri e gli ho risposto che sei andato a Ealdor e ha aggiunto che appena sarà in grado, andrà lì a riprenderti."

 

Il ragazzo aprì la bocca per lo stupore. "Prima mi caccia via poi mi rivuole indietro. Un po' capriccioso il principino. Vorrà dire che quando partirò domani, non mi recherò a Ealdor. E comunque gli sta bene!" disse Merlino con il viso tirato e una smorfia amara sulla bocca.

 

Gaius scosse la testa avvilito.

 

"Gaius! Edwin... vi ha detto nulla di me, prima di morire?"

 

Il vecchio si dovette sedere per le parole dirette del ragazzo. Temeva questo momento sin dalla morte di Edwin. Stette a lungo in silenzio, guardandolo ogni tanto. Merlino avvertì la speranza di poter finalmente sapere ciò che non gli dava pace e stette in silenzio con il respiro bloccato.

 

"Non mi ha spiegato esattamente la situazione... ma me l'ha fatta capire..."

 

"E dunque...?"

 

"Merlino, vedi, non dovrei essere io a parlarti di questo"

 

"Sì, ma non potete permettere che io rimanga così sulle spine!"

 

"Lo so, lo so. E se tu me lo chiederai, io te lo dirò... ma aspetta! Si tratta di una questione molto delicata e privata. Una questione che dovrebbe essere affrontata esclusivamente da te e da Artù, a quattr'occhi! Non é giusto che tu ne parli con me. Se tu conoscessi la verità, saresti d'accordo. Sai quanto ti voglio bene e ne voglio ad Artù. Non affrettare i tempi. Io capisco che Artù sia restio a parlarne. É normale che trovi difficile farlo. E credimi se ti dico che affrontare il discorso con me, non sarebbe piacevole per te e nemmeno per me oltre a non essere di alcuna utilità, perché non avrei consigli da darti!"

 

"Ho capito, Gaius. Vorrà dire che non lo saprò mai!" disse il giovane abbassando il capo.

 

"Ora che sai che Artù ti vorrebbe di nuovo vicino a sé, non potresti mettere da parte l'orgoglio e provare a riparlare con lui?"

 

"L' orgoglio centra poco, Gaius. Non credo che la mia presenza faccia bene ad Artù!"

 

"Le cose sono cambiate. Edwin é morto!"

 

"Speravo che una volta morto Edwin, avrei ricordato e che la sua magia sarebbe svanita con lui!"

 

"Ha usato una magia molto potente!"

 

"Sono preoccupato per l'incantesimo su Artù, riguardo alla parte in cui Edwin disse che non sarebbe stato mai più felice."

 

"Ci ho pensato, Merlino, ma credo non valga più, ora che lo stregone che l'ha pronunciata é morto. Artù é più sereno e più attivo di prima. Qualche volta sorride."

 

"Almeno questo. Mi fa piacere! Forse ci sarei dovuto arrivare anch'io. Edwin mi disse che nessuna magia può dare la perenne felicità, quindi, nemmeno la perenne infelicità!"

 

"Esatto. Tuttavia l'amnesia permane e non ho idea di come aiutarti."

 

Le labbra di Merlino si tirarono in un lieve sorriso storto. "Ormai non lo so più, Gaius! Forse, alla fine... é giusto che non ricordi... sembra tutto così complicato ed é meglio che non sappia come sono andati i fatti. Inoltre il mio alter ego, qualsiasi cosa abbia combinato, ha sconvolto Artù e anche voi. Se fossi stato in me, non sarebbe accaduto niente di strano: quello non ero io..."

 

Gaius rispose con voce piena di tenerezza e commozione: "Non sono sicuro di questo. Forse sarebbe successo ugualmente... ma magari non in modo così... repentino."

 

Gaius cominciava a non poterne più. Era triste, turbato ed era diventato rosso come non gli capitava più da cinquant'anni. Cercò di cambiare argomento:

 

"Allora, confermi che domani ci sarai?"

 

"Certo, non mi vedrete, ma ci sarò!" disse Merlin, sorridendo al vecchio amico.





 

Era stato difficile non guardare Artù per tutta la durata della cerimonia. A dirla tutta, qualche volta era capitato. Come al solito Artù era bellissimo. Forse era dimagrito un po'; gli sembrava di non vederlo da una vita e gli venne un magone in gola. Gli fece male sapere di essere lì e di non potergli stare vicino, non potergli parlare.

 

Il principe sembrava agitato e si guardava intorno in continuazione. Merlino pensò che Artù lo stesse cercando in mezzo alla folla.

 

Il re parlò di Gaius come di un amico ritrovato: il vecchio sembrava essere assai lusingato e non riusciva a nascondere la sua felicità. Anche Gaius parlò brevemente per ringraziare il re e la corte: dal tono di voce, Merlino capì che l'anziano amico era molto commosso. Nessuno meritava quella felicità più di lui, pensava orgoglioso Merlino.

 

Quando la cerimonia finì, la corte si spostò nei giardini reali dove era stato allestito un banchetto per brindare e mangiare. Gaius aspettò che tutti uscissero e corse letteralmente attraverso la sala ad abbracciare Merlino.

 

"Gaius, sono così felice! Ho provato un brivido quando Uther si é scusato pubblicamente con voi."

 

"Quasi non mi sembra vero. Vieni a brindare con me, ti prego. Staremo defilati."

 

"Defilati? Con l'ospite d'onore? Sapete anche voi che non è possibile."

 

"Uther non sa nulla di te. Artù non gli ha detto niente e stranamente neanche Edwin!"

 

"Devo salutarvi!"

 

"Dove sarai? Vorrei scriverti!"

 

"Forse a Ederwick ma vi manderò una lettera con l'indirizzo, appena troverò un posto dove stare"

 

"Sai già che mi mancherai, vero?"

 

"Lo so, mi dispiace, anche voi mi mancherete tanto"

 

Si abbracciarono un'ultima volta e prima di uscire Gaius si girò: "Aspetta un po' prima di uscire. Qui davanti é ancora pieno di gente."


Rimase solo nella sala del trono e si girò a guardare per l'ultima volta quel posto che era ormai diventato familiare per lui. Un brivido di nostalgia gli percorse la schiena.

 

"Merlino!" 

 

Il suo nome e l'eco della sala vuota gli risuonarono in testa. Quella voce l'avrebbe riconosciuta in mezzo a migliaia di altre. Merlino si irrigidì, senza voltarsi. Avrebbe voluto andarsene ma una parte di lui non ce la fece. Sentì il principe arrivare di corsa: ogni passo un colpo al cuore. Artù si fermò dietro di lui. Merlino deglutì a fondo, provò a fare un piccolo sorriso e si girò verso l'altro.

 

"Artù... so che avevate detto che non volevate vedermi più, a palazzo, ma Gaius..."

 

"Certo che Gaius ti voleva qui... hai fatto bene"

 

"Vi trovo meglio, maestá"

 

"Si, sto abbastanza bene, grazie. E tu come stai?"

 

"Bene, tutto sommato, direi bene!"

 

"Volevo dirti che mi è dispiaciuto farti andar via e sono pentito. A Camelot c'è bisogno di te!"

 

"Ormai non più. Edwin è morto!"

 

"Grazie a te e a Gaius. So che avete salvato me, il re e l'intera Camelot. Anche tu avresti meritato un premio!"

 

"É stato Gaius. Io non centro!"

 

"Non é quello che ha detto lui! Rimarrai? Per favore! Rivoglio indietro il mio servo irriverente e pasticcione! George fa quello può ma... non é te!"

 

Merlino si sentì quasi male a dover fingere che le parole di Artù, non lo avessero toccato. Il principe faceva fatica a parlare di sentimenti, ma percepiva la sua sincerità.

 

"Io... non credo di poter restare. Questa situazione... é insopportabile...per me!"

 

"Ho capito Merlino, ma... "

 

"Ditemelo!" mormorò pianissimo Merlino.

 

Artù si portò la mano prima sugli occhi, poi sulla bocca, sospirando più volte. Poi portò entrambe le mani a grattare la cute, infine lo guardò in modo triste. Afferrò le braccia di Merlino, lo avvicinò a sé e premette le labbra sulla sua bocca, dandogli un bacio breve ma intenso, che ad Artù ricordò il loro primo bacio allo stagno. Il principe sapeva di essere più bravo ad agire che a parlare e sperò che Merlino capisse.

 

"Ma... cosa fate?" disse Merlino facendo un balzo all' indietro.

 

Artù continuava a guardarlo negli occhi sempre più serio e triste. Abbassò lo sguardo poi lo riportò su di lui e aggiunse con un sorrisetto infelice: "Anche l'altra volta non mi hai schiaffeggiato!"

 

"Volete dire che l'altra volta ci siamo baciati?" 

 

"Stai scherzando, spero! Non sarei stato così male, solo per due bacetti!" rispose Artù esterrefatto.

 

"Oh!" ribattè Merlino quasi offeso. "Ma perché?"

 

"Perché... ero il tuo regalo di compleanno!"

 

Merlino sbiancò, spalancando occhi e bocca. Poi si portò una mano a soffocare un intenso gridò che gli uscì involontariamente dalle labbra.

"Ti sei ricordato di qualcosa?" domandò Artù speranzoso.

 

Merlino scosse la testa e chiuse gli occhi. Finalmente aveva capito! Il viso di Merlino cambio colore: un intenso cremisi dalle orecchie al collo e un caldo insopportabile addosso.

 

Gli vennero in mente le macchie, i lividi, l'indolenzimento dei muscoli e ... quel dolore che aveva voluto ignorare anche con se stesso. Gli vennero in mente le parole di Edwin, di Gaius, di Artù. 

 

"Oddio,... i morsi che ho addosso, sono vostri?"

 

"Ci siamo lasciati trasportare un po' troppo" e così dicendo Artù scostò la cotta di maglia che indossava, mostrandogli un enorme morso viola sotto il collo.

 

Merlino era attonito. Com'era potuto succedere?   

 

"É stata la magia?"

 

"Per te sì, ma per me... no!"

 

"E i puntini viola e rossi che ho ovunque e voi sembrate non avere?"

 

Artù ridacchiò: "É colpa tua: quella mattina ti sei dimenticato di farmi la barba."

 

"Oh, é vero!... Oh, mio Dio!"

 

"Presto andranno via, senza lasciare traccia, non preoccuparti..."

 

"Ma chi se ne frega! ... Scusate!... Cosa abbiamo fatto esattamente?" disse Merlino tremando, senza riuscire a guardare Artù negli occhi.

 

"Tutto quello che é umanamente possibile, credo. Tieni però presente che anche per me era la prima volta."

 

"Davvero?"

 

"Con un uomo, sì"

 

"Non é possibile che noi... noi..."

 

Artù sorrise appena. Comprendeva l'imbarazzo del servo: "Non riesci neanche a dirlo!"

 

"Voi sì?"

 

"Sì. Tu sei stato mio e io sono stato tuo!"

 

"Voi?... No, io non credo..."

 

"Puoi crederci. Sei stato davvero insistente, sei stato così... cùpido"

 

"Vi ho usato violenza?" chiese Merlino quasi in lacrime, con un filo di voce.

 

Artù si mise a ridere: "No, scusa ma come avresti potuto? Però l'hai voluto fortemente. Tutto qui!"

 

"No. Io non potrei mai..." qualche lacrima cadde dagli occhi di Merlino.

 

"Probabilmente non eri in te"

 

"Già. La magia! Quella magia deve aver fatto qualcosa anche a voi!"

 

"Non la magia. Tu l'hai fatto!"

 

"Che significa? Che quel giorno vi ho reso felice?"

 

"Io ho creduto di essere morto e di essere finito in paradiso."

 

"E io? Come vi sembravo?"

 

Il viso di Artù tornò ad avere un'espressione cupa e mesta. "Perdonami!" disse piano "Avevo capito che qualcosa non andava in te, ma sono stato egoista e ho preferito non tenerne conto."

 

"Ma com'ero? Vi sembravo felice?"

 

"Molto felice. Tu eri perfetto. Eri dolce, appassionato, sensuale e forte."

 

"Sono dunque io, il vostro più grande desiderio?"

 

"Io neanche lo sapevo con certezza, ma ora posso dire che sì, sei tu!"

 

Merlino era sempre più agitato e la sua voce si fece man mano sempre piú stridente.

 "Intendo desiderio in senso fisico! Per voi ero un semplice passatempo e nient'altro! Non vi ho sentito parlare di sentimenti. Perché non ho sentito parlare di sentimenti? Sarebbe più accettabile se ci fossero stati dei sentimenti..." Il ragazzo adesso piangeva forte ed era vicino a farsi venire un attacco isterico.

 

"Per favore, basta così!" Artù era preoccupato e si avvicinò all'altro.

 

"Voi mi avete usato, senza nemmeno amarmi!" urlò Merlino furioso e si scagliò contro di lui, colpendolo ripetutamente con dei pugni al petto. Quei pugni Artù li sentiva all'interno di sé e facevano molto più male che all'esterno. Merlino era sconvolto e aveva perso il controllo delle sue emozioni.

Il principe lo abbracciò e lo strinse a sé.

Merlino provò a ribellarsi ma poi si lasciò andare a un pianto ancor più disperato, quasi soffocante, che rattristò Artù. Ma quando, poco dopo, avvertì le braccia di Merlino aggrapparsi a lui e stringerlo forte, Artù si sentì sciogliere internamente di dolcezza e di pienezza.

 

Dopo alcuni minuti, Merlino si era calmato e i due si staccarono lentamente.

 

"Edwin aveva torto. Non stai vomitando sui miei stivali!" disse Artù con un sorriso.

 

"Come?"

 

Il principe scosse lievemente la testa.

 

"Ditemi cosa volete che io faccia, Artù. Devo restare o devo andare via?"

 

"Tu mi hai insegnato una grande lezione. Meglio dire, l'altro te stesso mi ha fatto capire che a volte é bene lasciare delle responsabilità ad altri di cui ti fidi e che bisogna avere il coraggio di far prendere agli altri le proprie decisioni. Quindi stavolta sceglierai tu, per tutti e due."

 

"Io vorrei restare ma non credo sia un bene per noi."

 

Artù avvertì una fitta lancinante all'addome, come se Merlino gli avesse appena sferrato un calcio. Aveva sperato che Merlino sarebbe rimasto, nonostante avesse lasciato a lui la facoltà di scelta. Si disse che era giusto così, che andava bene così, anche se era doloroso. "Per quel che vale, anch'io vorrei tu restassi!"

 

Merlino rimase silenzioso e confuso a lungo, poi non riuscì più a trattenersi: "Se restassi...avrei bisogno di tempo per capire"

 

"Tutto il tempo che ti serve, Merlino" disse Artù con un filo di speranza nel cuore.

 

"E vorrei anche... un'altra cosa!"

 

"Certo, se posso..."

 

"Vorrei che trovaste qualche ritaglio di tempo per noi due, da soli, per poter parlare e per comprendere se..."

 

"Se anche tu puoi amarmi come ti amo io?"

 

Merlino lacrimò ancora qualche goccia. Artù in quel momento lo vide come il bambino che era, un bambino che parlava con un tenero broncio sulle labbra: "Voi mi amate? E perché non l'avete detto? Questo cambia molte cose! Vedete... anch'io ho provato qualcosa... provo qualcosa per voi... da tanto tempo, ormai!"

 

Artù rimase a bocca spalancata: "Sul serio? Non me ne sono mai accorto!" 

 

"Mmh..." brontolò Merlino "Ora mentite! Tutte le volte che vi ho guardato e voi avete ricambiato e viceversa? Tutte le volte che ci siamo sostenuti e salvati a vicenda? Tutta la gioia e il dolore condivisi?

 

Merlino aveva smesso di piangere ed era tornato a lamentarsi e Artù si stupì di quanto ciò lo rendesse felice, quando generalmente lo considerava piuttosto fastidioso. "Sì. É vero! Era per quello? Che bello! Ne sono felice! Dunque... ricapitolando... vorresti avere degli appuntamenti con me!"

 

"Non ho parlato di appuntamenti!"

 

Ormai Artù sorrideva come non faceva più, da tempo. "E ovviamente vuoi anche essere corteggiato!"

 

"No, cioé... No!"

 

"Bugiardo. Però é vero che non ti ho corteggiato a dovere, mentre tu con me l'hai fatto!"

 

"Io vi ho corteggiato?" disse Merlino fintamente inorridito.

 

"Tu... è stato come se tu avessi sparato a un bersaglio immobile,

due parole, un sorriso ed ero già perso.

Non so ancora cosa tu mi abbia fatto:

un uomo adulto non dovrebbe cadere così facilmente" *


"Che parole intense!" sorrise Merlino.

 

"Ciò che provo é intenso, ma ti assicuro che l'altro te, lo era ancora di più!"

 

"L' altro me era uno spudorato! Non mi rispecchia per niente e credo vi abbia mentito!"

 

"Lo pensi davvero?" chiese Artù improvvisamente confuso.

 

"Oh, sì! Io compio gli anni tra due mesi!"

 

"Cosa?... Era tutta una bugia, allora?" Artú chiuse gli occhi, sospirando.

 

"Non lo so, ma posso dire che mi date l'impressione di esservi innamorato di lui, più che di me."

 

"No. Per me eri tu! Completamente. E poi io era già innamorato di te, molto tempo prima."

 

"Dovrete dimostrarmelo, dovrete convincermi!" 

 

Artù gli si avvicinò con fare malizioso: "Lo farò! E tu cosa farai, quando capirai che anche tu mi vuoi?"

 

Merlino cercò di trattenersi ma la risata gli uscì lo stesso. "Siete il solito gradasso! Siete ancora lo stupido asino di sempre! E non datemi per scontato, Artù! -Se- lo capirò... la prima cosa che vi farò, sarà la barba!"








 

* Traduzione riadattata di una frase tratta dalla canzone "Lay all your love on me" degli Abba.

 

Ciao ragazze. Ringrazio chi ha letto la storia. Un abbraccio grande a tutte!

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Capitolo 8
*** Masquerade ***


Rating: giallo

Genere: Angst, Commedia, Introspettivo, Romantico

Tipo di coppia: Slash

Note: What if?

Personaggi: Artù, Merlino, Morgana, Gwen, Will

Contesto generale vago














 

9.011 parole

 

Masquerade










 

“Ti rendi conto di quel che stai facendo? Stai buttando al vento un’occasione d’oro! E quando ci ricapita? E stai rompendo le uova nel paniere anche a me!”

 

“Vi ho già detto di no! Non mi interessa!”

 

“Dai, fallo per me! Sei mio amico, no? Il più caro che ho. Pensa a quando saremo vecchi che ce lo racconteremo e ci faremo un sacco di risate!”

 

“Non chiedetemelo, vi prego. Andate voi! Io vi aspetterò al castello!”

 

Merlino avrebbe voluto piangere. Per fortuna era bagnato fradicio e non si sarebbe notato. Artù scosse la testa. Non si capacitava. “Cos’hai al posto del cervello? Dico! Ma le hai viste? Scegli quella che vuoi, io proverò con l’altra!”

 

“Non è per disubbidirvi, Artù! É che proprio voi non vi rendete conto di chiedermi una cosa al di sopra delle mie possibilità!”

 

"Cos'è successo? Mi sembrava che ci stessimo divertendo prima. Eri così allegro e avevi tanta voglia di scherzare…”

 

Così parlavano o meglio bisticciavano i due ragazzi, durante un assolato pomeriggio estivo, fradici con solo i calzoni addosso, seminascosti da un’insenatura di roccia, in riva a un lago.

 

“È vero, ma poi sono arrivate loro e… divertimento finito!"

 

“Ti vergognavi?”

 

“Certo! Eravamo nudi… ci siamo dovuti infilare i calzoni sott’acqua, una fatica disumana, perché le due spudorate volevano venire a fare il bagno proprio in quel momento!”

 

“Va bene, ma eravamo in acqua, non credo ci abbiano visto! Ma se ci pensi è meglio che ci abbiano visto, cosí abbiamo già la strada spianata…sembra che gli piacciamo!”

 

“Sì, ma non piacciono a me!”

 

“Sh, non farti sentire!”

 

Merlino abbassò di molto il tono della voce: “Non mi piacciono le ragazze poco serie!”

 

“Sono ragazze normalissime e carine, forse appena un po’ più disponibili delle altre!”

 

“Appunto! Comunque la strada è spianata solo per voi… in quanto al fisico…lasciamo perdere!”

 

“Non fare il finto ingenuo. Sai bene di essere un ragazzo piacente. E se me ne accorgo io, che sono un uomo, pensa a come possono vederti le ragazze!” 

 

Merlino aggrottò la fronte: “Voi davvero pensate che io sia ‘piacente’?”

 

Artù si schiarì la voce: “Certo! Non ho paura di dire a un uomo che è bello se è bello! Non sono come quegli uomini che dicono: - Sono un uomo e non sono in grado di giudicare la bellezza negli altri uomini…-”

 

“Praticamente tutti…” rise Merlino. Dio, quanto era vero! “Qualche volta è capitato che una ragazza mi guardasse, ma siamo sinceri, per qualsiasi ragazzo, reggere il confronto con vostra maestà non è possibile…"

 

“Vedo che anche tu come me, non temi di dire a un uomo che è bello…mi fa piacere!”

 

“No, n-non avete capito, sire…” balbettò Merlino visibilmente a disagio “io parlo per sentito dire,...la vostra fama di rubacuori vi precede e vedo come si comportano le ragazze quando siete nei paraggi…”

 

Artù annuì con le labbra arricciate, per niente convinto. Merlino sorrise suo malgrado: “Sono un uomo e non sono in grado di giudicare la bellezza negli altri uo …”

 

Artù lo prese per le spalle e cominciò a ridere, seguito a ruota da Merlino.

 

“Sei un idiota! E sei geloso, perché pensi che le ragazze sceglierebbero entrambe me…”

 

“Veramente non me ne importa nulla, anche se sono convinto che sia così!”

 

“Tu non riesci a vederti come ti vedono gli altri: ti butti sempre giù, ma ti sbagli. È vero che io in genere piaccio alle ragazze, ma ti assicuro che tu non sei da meno!”

 

"È già pomeriggio inoltrato Artù. Stasera c’è la festa. Fatemi andare. Devo ancora finire di sistemare il vostro costume. E anche il mio! Vi prego!”

 

“Dai, se non le raggiungiamo adesso se ne andranno. Sono io che ti prego, Merlino!”

 

Artù fece un cenno col braccio alle ragazze, sfoggiando il suo miglior sorriso. Le ragazze risposero al saluto. E Merlin sorrise a denti stretti facendo loro un inchino.

“No, Artù!”

“Te lo ordino! In qualità di tuo padrone, tuo principe e futuro sovrano!”

“Nientemeno!”

“Sono serio!”

“Ma non potete!”

“Oh, sì che posso!”

“Non verrò!”

“D’accordo, ma non farti trovare alla festa, stasera!”

“Cosa?...Artù, no! Per favore! Sapete bene che io aspetto questa sera tutto l’anno…”

"È la tua punizione, Merlino. Tu mi hai fatto un torto enorme e io…”

Il moro provò una fitta di rabbia molto forte. Credeva sarebbe esploso: “Ma quale torto enorme! Si vede dalla faccia e dai modi che loro sono… che hanno l’aria di due... Posso suggerirvi un menage a trois per poterne poi ridere da vecchio con chi vi pare?”

“Sei meschino! Bada a come parli che oltre alla festa ti becchi pure la prigione…”

“Perché non direttamente le frustate allora? Purché siate voi stesso a fustigarmi…” disse Merlino con aria di sfida “Non avete bisogno di me con quelle due. Una o due ve la caverete lo stesso. Non credo siate un uomo che voglia fare le cose in quattro, per giunta con la presenza di un uomo, anche se amico! O sì? Maschi e femmine tutti insieme come nelle antiche feste dei baccanali?”

Artù invece di arrabbiarsi, scoppiò in una grande risata: “Sei un idiota Merlino, ma un idiota simpatico, devo ammetterlo! Però sei andato un po’ troppo oltre, mi pare, per cui ti dirò io cosa penso di te. Tu devi essere vergine e hai il terrore delle ragazze. Sei timido con loro e non ti ho mai visto ricambiare le ragazze che flirtavano con te. 

“Forse dimenticate la regina della festa, giusto un anno fa!”

“Ah sì, è vero. Ma secondo me eri ubriaco fradicio!”

“Non è assolutamente vero! Quello ubriaco fradicio eravate voi!”

“Comunque sia, ti ripeto che oggi hai perso un’occasione. Pazienza. Fatti tuoi. Ma io un esame di coscienza me lo farei, al posto tuo! A meno che… tu non preferisca i ragazzi… in questo caso posso capire che quelle due ti stiano sui nervi! E ora levati dai piedi!”

 

Senza aspettare risposta, Artù si tuffò in acqua con un elegante tuffo e raggiunse le ragazze.

Merlino finì di rivestirsi poi si girò verso le fanciulle, salutandole con un profondo inchino: “Mie belle dame, è con immenso rammarico che sono costretto a privarmi della vostra adorabile compagnia. Perdonatemi, ma impegni nefasti mi costringono ad allontanarmi da voi. Spero in cuor mio di rivedervi quanto prima e vi auguro un’incantevole serata, incantevole almeno quanto siete voi!”

Artù rimase a bocca spalancata. ‘Che razza di sporco mentitore!’ pensò.

Le due ragazze sembravano piuttosto deluse mentre sventolavano le mani per salutarlo.





 

‘Lo odio! Lo odio? Sì, sì, lo odio! E tanto anche!’ 

 

Non sarebbe potuto andare in strada con gli altri ragazzi che lo attendevano. Non avrebbe visto i loro costumi, che ogni anno cambiavano e per i quali ridevano così tanto.

Non avrebbe indossato il suo costume, mai così bello come quest’anno. Non avrebbe partecipato alla sfilata dei carri e nemmeno all’ incoronazione del re e della regina della festa.


L’anno prima era stato eletto re della festa. Indossava un costume da antico imperatore romano, con la tunica, la stola, il mantello, i coturni ai piedi e la corona d’alloro sulla testa. Si era divertito tantissimo e aveva baciato la sua “regina” più volte. Si chiamava Freya e si stava già innamorando della ragazza, quando purtroppo lei si trasferì lontano. Ci pensò Will a consolarlo. Con sua grande sorpresa e un pizzico di terrore, scoprì quanto gli piacessero i ragazzi, e Merlino all’inizio era davvero preso da Will. Si accorse ben presto, però, che qualcosa non andava nel suo rapporto con lui e fu costretto a lasciarlo quanto prima. Will non riusciva ad accettare la cosa e fu un periodo terribile per Merlino. Mesi dopo sembravano essere tornati a rapporti più civili, ma la loro amicizia non fu mai più come prima della loro storia. Quell’esperienza lo aveva spaventato: non si fidava più dei ragazzi e temeva che se avesse avuto un’altra storia con uno di loro, si sarebbero potuti ripetere gli sgradevoli episodi vissuti con Will. Dentro di sé si era sentito colpevole, almeno quanto lo era Will. Per amore aveva accettato una situazione degradante, che in breve lo aveva portato dalla felicità all’infelicità più completa.

 

Merlino si riscosse da quei pensieri che lo lasciavano sempre profondamente afflitto e ritornò alla malinconia per la festa che avrebbe perso. 


Non avrebbe mangiato i dolci tipici di quella sera e non avrebbe bevuto vino fino a sentirsi allegro e disinibito. Non avrebbe cantato e ballato con gli altri e soprattutto non avrebbe scherzato e preso in giro tutti i nobili, persino la famiglia reale, Uther e Artù compresi, perché quella sera  non solo era consentito farlo ma era caldamente consigliato, prima dell’inizio del periodo di penitenza e rinunce, come accadeva ogni anno per la quaresima.

Merlino ricordava bene il divertimento irresistibile che leggeva sul viso del principe quando lui e gli altri gliene dicevano di tutti i colori.

Proprio quell’anno Merlino riteneva di essersi superato  nel creare i due costumi: quello da faraone egizio per sé e quello per il principe, da schiavo egiziano. Aveva preparato anche dei monili. Il più bello era per Artù, da mettere nel braccio al di sotto del bicipite: era a forma di spirale e finiva con una testa di aspide. Un magnifico serpente avviluppato sul possente braccio di Artù!

 

Merlino sentì montare una rabbia fortissima verso il principe, tuttavia portò il suo costume in camera di Artù: consisteva in un corto gonnellino bianco, semplici sandali e una vaporosa parrucca a caschetto mora e ondulata.

 

La cosa più elaborata sarebbe stato il trucco, che Merlino aveva pensato e creato su disegni e maschere fino ad ottenere l’effetto desiderato. Il trucco consisteva in un largo vasetto di argilla misto a henné rosso, con cui cospargere il viso e l’intero corpo per dare l’idea di avere la pelle più scura. Artù con il corpo che aveva  sarebbe stato addirittura abbagliante. C’era poi l’henné nero per gli occhi e polvere dorata per dare luce ad alcuni punti di viso e corpo.  

Con un sospiro affranto lasciò tutto lì, compresi i suoi disegni, ma quando tornò in camera sua, cominciò a piangere. Pianse più per la cattiveria gratuita di Artù nei suoi confronti, che per la frustrazione per la festa mancata. Pianse più per l’ingiustizia, che per il dispiacere.

Helena e Mithian non gli piacevano: non era obbligato a corteggiarle. Se avesse proprio dovuto scegliere sicuramente avrebbe lasciato Helena ad Artù. La ragazza dava l’idea di non essere neanche tanto normale.

E Mithian oltre che carina sembrava essere anche intelligente, a meno che non apparisse Artù all’orizzonte. Allora diventava peggio dell’altra, se possibile.

Non era colpa loro, anche se in quel momento ce l’aveva con loro e con il mondo intero.

 

Bussò qualcuno alla porta: “Avanti Gaius, sono vestito!”

“Sono Gwen!”

“Ciao, Gwen! Come posso aiutarti?” chiese Merlino stupito, asciugandosi il viso di nascosto.

“Volevo chiederti se avevi qualche abito da servo, per la mia padrona!”

“Per Morgana? Vestiti da servo -uomo- per lei?”

“Sì, ha appena cambiato idea sul suo costume. Non serva, ma servo!”

Merlino aprì un armadio e mise dentro una cesta tutti i suoi vestiti da dare a Gwen: non erano poi molti.

“Sai che mi sembra un’idea geniale, quella di Morgana?”

La ragazza lo guardò confusa: “Come mai non hai iniziato a prepararti? Lo sai che ci vuole una vita solo per il trucco.”

“Non dirlo a nessuno, ma Artù mi ha impedito di partecipare alla festa, pena la cella o peggio.”

“Si può sapere cos’hai combinato?”

“Stavolta niente. Voleva che corteggiassi una ragazza che non mi piaceva… senti, come ti sembra il mio costume?”

“É uno dei più belli che abbia mai visto!”

“Lo vuoi? Per te!”

“Ma é da uomo!”

“Esatto, come quello di Morgana!”

“Sai che…non mi dispiacerebbe? Mi é venuta un’idea…”

“Forse è la stessa che è venuta a me?

"Piuttosto pericolosa?” chiese Gwen sorridendo.

“Direi proprio di sì!”

 

Gwen si allontanò velocemente per poi tornare poco dopo con un abito e una parrucca meravigliosi tra le braccia.
“É stupendo!”

“Lo ammetto: l’abito mi è venuto bene. La parrucca è di Morgana. Te lo cedo di cuore. Prova a indossarlo che tra poco torno che ci aiutiamo con i trucchi!”



 

Artù non lo aveva fatto chiamare  per farsi aiutare nella vestizione e nel trucco. ‘Si sarà fatto aiutare da George per spalmarsi tutta quella argilla…’ si disse Merlino. Almeno George era un tipo preciso! Da un lato gli fece piacere poter dedicarsi alla sua preparazione e a quella di Gwen. Ma dall'altro avrebbe voluto essere lui a curare tutti i dettagli della trasformazione del principe. Il progetto era stato suo fin dall’inizio. Forse avrebbe dovuto fare un po’ il cretino con Mithian; nel peggiore dei casi avrebbe dovuto darle qualche bacio! Fino a quando Merlino era stato convinto che gli piacessero le donne, baciarle era stato spesso un piacere, ma dopo Will aveva capito di preferire di gran lunga gli uomini e non gli andava più di baciare una ragazza, quando poteva baciare un ragazzo!

In realtà non voleva fare più neanche quello: le ferite inferte da Will non gli erano ancora passate.

 

Gwen era bellissima. Già aveva la pelle scura di suo, quindi l’effetto su di lei era sorprendente. Unico neo: l’altezza della ragazza. Alla fine avevano dovuto accorciare di parecchio la casacca. Stesso discorso, ma al contrario e un po’ più complicato per Merlino.

L’abito di un bel colore cremisi era corto, ma con una sottogonna più lunga erano riusciti a ovviare all’inconveniente. Le scarpe erano un altro problema. Le uniche calzature femminili che riusciva a indossare erano pantofole da camera, ma Merlino avrebbe dovuto evitare di alzare la gonna.

Il pomo d’Adamo di Merlino fu coperto da una striscia di velluto nero, ben aderente al collo e il seno finto fu ottenuto inserendo strategicamente della stoffa all’interno del busto.

Quel busto era una vera tortura cinese. ‘Come diavolo fanno a respirare…povere donne!’

Infine infilò la parrucca castana piena di lunghi boccoli.

Gwen portò in avanti molte ciocche della parrucca, tagliandole e creando una lunga frangia voluminosa e due ciocche più lunghe ai lati del viso, per coprire il più possibile il volto di Merlino e in particolar modo le sopracciglia scure del ragazzo.

“Scusa ma chi dovrei essere? Una campagnola?”

“No, Merlino! Tu sei una regina” e lo aiutò a indossare la corona sul capo e il lungo mantello sulla schiena.

Il trucco per Merlino, non sarebbe quasi stato necessario poiché il ragazzo aveva già di suo due grandi occhi blu con ciglie lunghe e folte e labbra carnose naturalmente rosse.

Tuttavia bisognava fare in modo che non fosse riconoscibile per cui optarono per un trucco decisamente pesante. Per gli occhi utilizzarono l’hennè nero e altri trucchi di Gwen. Merlino dovette radersi perfettamente e con ciprie di varie tonalità assottigliarono il naso, smussarono gli angoli della mandibola, schiarirono la zona perilabiale. 

Il ragazzo indossò anche un paio di orecchini giganteschi a pinza che facevano un male pazzesco, e bracciali e anelli che ingentilivano polsi e dita di Merlino.

“Ehi, Gwen” disse Merlino ridendo “Non farti arrestare da Artù. Lui conosce bene il tuo costume. Non vorrei che ti scambiasse per me!”

“Penso che più di venti centimetri di differenza li noterebbe anche lui e poi stasera non può imprigionare nessuno. Non dimenticare che è uno schiavo!”

“E non mi tradire! Meno gente lo sa…meglio è!"

“Ops, l’ho già detto a Morgana!”

“Non fa niente, non credo che lei mi farà scoprire: lei adora questo genere di sotterfugi…”






 

Artù si trovava in mezzo alla calca della piazza principale. Nonostante la festa fosse appena iniziata, era già decollata. Per ora nessuno l’aveva ancora riconosciuto, sebbene molte persone lo avessero notato e diverse ragazze avessero ridacchiato maliziose tra loro, indicandolo. Forse era un po’ troppo nudo, ma faceva così caldo che non avrebbe resistito con altre vesti addosso. Quando si era specchiato col costume e il trucco quasi non si riconosceva. Merlino aveva fatto un lavoro incredibile, nonostante George lo avesse torturato per ore per raggiungere la perfezione!

Era un po’ pentito di essere stato così inflessibile con Merlino. Si sarebbe divertito con lui accanto che vestito da faraone gliene avrebbe fatte di tutti i colori.

 

Quel pomeriggio, dopo che il servo si era allontanato, non aveva avuto più voglia di fare lo svenevole con le due ragazze e anche loro sembravano essere più a disagio.

Dopo avergli mostrato qualche capriola e qualche tuffo spettacolare, giusto per intrattenerle un po’, si era allontanato adducendo come scusa la verità: doveva andare a prepararsi per la festa e per buona educazione aggiunse che sperava di vederle durante la serata. Ecco, questa era una bugia. Dopo quello che era successo con Merlino, Artù si era stufato anche di loro. Se non si fossero avvicinate, lui e Merlino non avrebbero litigato e avrebbero terminato quel pomeriggio nel modo felice in cui era iniziato. E il suo servo sarebbe stato al suo fianco, per cui quella festa non sarebbe risultata così ‘vuota’ come gli sembrava in quel momento.

 

Fu quasi tentato di andare a richiamare Merlino, quando un gran vociare attirò la sua attenzione. C’era un gruppo di giovani uomini molto allegri e li riconobbe: erano i suoi cavalieri, seminudi, travestiti come gli antichi dei romani.

Sorrise quando riconobbe Percival nelle vesti di Giove con i lunghi capelli argentei, una folta barba grigia, un gonnellino microscopico e uno strale di metallo in mano.

 

Riconobbe Marte in Elyan armato fino ai denti, con pugnali infilati in lacci sparsi per tutto il corpo, scudo, spada, arco e frecce. 

Leon impersonava Mercurio, con cappello, sandali e scettro alati e come costume una stola che gli attraversava i fianchi e una spalla: Artù rimase stupito, perché Leon era timido e non era da lui indossare un costume così succinto.

 

Lancelot era davvero divertente, con la parrucca riccia e bionda da putto, un arco bianco, i dardi con punte a forma di cuore e un gonnellino più corto di quello di Artù: rappresentava Cupido, il dio dell’amore.

 

Lo schiavo egizio si mise a ridere da solo, come un matto, quando si accorse di Gwaine-Venere. Il ragazzo era riconoscibile dalle gambe muscolose e cosparse di peli scuri, che fuoriuscivano da due vertiginosi spacchi della sua gonna color rosa pallido, come il busto dentro il quale erano state probabilmente nascoste due grosse mele. Portava una lunghissima parrucca bionda un po’ spettinata, che Gwaine toccava in continuazione. Per non parlare della voce della dea che risuonava come un falsetto stridulo e gracchiante.

 

Avrebbe voluto farsi riconoscere, ma in quel momento partì la musica e la gente cominciò a ballare.

Di fronte a sé vide un uomo vestito da faraone: il costume di Merlino! E non poté fare a meno di girare verso di sé la persona che lo indossava: “Chi sei?”

Il faraone gli sorrise: “Oh, maestà, state benissimo così…svestito!”

“Gwen? Sei Gwen?”

“Sì, il costume me l’ha dato Merlino, tanto a lui non serviva più!” gli rispose con un’espressione di rimprovero sul viso.

“Sì! Ho sbagliato. Ti andrebbe di andare a dirgli che ho cambiato idea?”

La ragazza impallidì: “Adesso? Magari un po’ più tardi! Ora ho appuntamento con Lancelot. Lo avete visto?”

“Devi cercare il dio dell’amore. Lui e gli altri dei erano qui proprio un attimo fa!”

Gwen si mosse, ma Artù la richiamò: “Ehi, sei molto carina come ragazzo!”

La ragazza ricambiò il sorriso e scappò, in realtà per cercare Merlino più che Lancelot.

 

Artù sorrise tra sé: Gwen era stata la sua promessa sposa, fino a pochi anni prima ed era stato convinto che sarebbe stata lei a diventare regina di Camelot al suo fianco. Un giorno venne a sapere da voci fidate che la ragazza prima di lui era stata molto innamorata del suo più valoroso cavaliere: Lancelot.

Una volta tornato Lancelot a Camelot, Gwen era cambiata: era ancora dolce, ma più triste e sempre distratta. Una sera l’aveva seguita di nascosto e l’aveva colta sul fatto insieme a Lancelot! In maniera inequivocabile! 

Furioso, li aveva fatti cacciare entrambi dalla città. Con il tempo e l’appoggio di Merlino era riuscito a perdonarli e li aveva fatti rientrare a Camelot.

I due stavano per sposarsi e Artù non soffriva più per Gwen. Anche se la sensazione di soffocamento che gli aveva lasciato quel tradimento, forse non l’avrebbe mai abbandonato del tutto.

 

Si riscosse quando vide un volto conosciuto: Helena! Vestita da zingara, scalza, con un lungo abito a fiori, i capelli sciolti, due anelle enormi ai lobi delle orecchie e decine di bracciali sottili ai polsi, puntava dritta verso di lui.

Stavano ballando tutti, in quel momento, ma Artù non aveva nessuna voglia di ballare con lei. Era tardi per scappare e il principe si girò in cerca di una partner temporanea per quel ballo.

 

E così la vide!

 

Proprio lì vicino c’era questa ragazza, alta almeno quanto lui. Anzi con la corona in testa sembrava anche più alta. Era estremamente raffinata ed elegante, sia nell’abito che nei modi. Forse risultava un po’ altezzosa, ma era decisamente bella, nonostante il naso e il mento leggermente pronunciati. Le labbra però sembravano due petali di rosa e i denti erano di un candore eccezionale.

Artù fece un profondo inchino, adocchiando Helena, che si era bloccata a pochi passi da loro. “Mia signora, perdonate il mio ardire, ma la vostra beltà é tale che non posso esimermi dal chiedervi di concedermi l’onore di danzare con me questa allemanda.” 

La dama lo squadrò a bocca aperta: “Ecco…io non ballo, mio caro!” disse Merlino con voce appena più acuta del normale.

Artù raddrizzò il busto e guardò da vicino quella ragazza alta. Tra il trucco scuro e i capelli sul viso, non riusciva quasi a vederle gli occhi.

“Vi ho già vista? Vi conosco? Chi siete?”

Merlino con una mano calò di più sul volto la parrucca. Possibile che quell’asino l’avesse già riconosciuto?

“Sono la regina…dei sogni, caro e tu chi sei?”gli chiese, offrendo la mano ad Artù per farsela baciare, come una dama beneducata.

“Sono il princ… mi chiamo Radames!” e baciò quella mano liscia dalle lunghe dita, decisamente molto lunghe. 

‘La sua pelle sa di buono e di fresco’ pensò Artù.

“Vi prego, mia signora, fate solo due passi di danza con me! Mi aiutereste a togliermi da una situazione incresciosa…” disse sinceramente alla donna. 

Merlino guardò verso Helena e la riconobbe. Forse capì sia le intenzioni della ragazza, sia quelle di Artù.

“Dieci secondi ragazzo…dieci secondi e non di più…”

Merlino pose le mani in quelle di Artù e cominciò a girare con lui, mentre contava: Uno…due…tre…”

Poi si misero uno di fianco all’altro  e avanzarono ondeggiando leggermente. “Quattro…cinque…sei…” scandiva la dama. Batterono entrambi le mani a tempo, poi: “Basta così, Radames” disse Merlino facendo un passo indietro.

“Avete detto fino a dieci…” disse lo schiavo deluso.

“Sì, ma il tuo problema è scomparso!"

Artù si voltò ed Helena non c’era più! “Non potreste ballare con me ancora un po’?”

“Sei un magnifico danzatore, mio caro, ma lo spesso strato di argilla colorata che hai sul corpo temo rovinerebbe il mio abito!”

“Ah!” Artù rimase di sale e la regina continuò: “Se posso permettermi, ti consiglierei di coprirti un po’ di più, altrimenti troverai tante altre ragazze a importunarti…Così nudo, dai l’idea di essere molto disponibile…ma soprattutto sei una visione per gli occhi!” rise la dama. “Poi…non capisco: era graziosa la piccolina.”

“Sì, ma non mi piace!”

“Sei un tipo particolare, caro! Passa una buona serata!”

“Ma il vostro nome?”

“Ti direi un nome fasullo, come Radames, quindi cosa importa?”

La signora misteriosa si voltò e se ne andò. 

 

‘Che donna strana…eppure mi sembra di averla già vista! Per essere bella è bella, ma non è mica tanto simpatica però!’ si disse Artù un po’ offeso. ‘E come avrà fatto a capire che volevo ballare con lei per poter sfuggire alle grinfie di Helena?’

L’importante era che Helena non gli desse più il tormento. Si chiese come aveva fatto la ragazza a riconoscerlo, quando nessun altro c’era riuscito. Forse perché era stato un paio d’ore davanti a lei a torso nudo quel pomeriggio… certe donne avevano davvero un sesto senso, pensava turbato, erano delle streghe, erano… tremende e gli vennero in mente per prime sia la regina dei sogni che sua sorella.


La regina camminava in mezzo alla ressa. Quello stupido l’aveva usata per togliersi Helena di torno. Ma perché poi? Quel pomeriggio sembrava volerle saltare addosso. ‘Oh, Dio!’ pensò Merlino cupo ‘Forse é riuscito davvero a saltarle addosso! E adesso lei lo tampina e lui, dopo aver avuto ciò che voleva, non è più interessato!’

 

Merlino si sentì agguantare da un paio di mani: ‘Se è ancora Artù, giuro che gli do una ginocchiata in quel posto!’ 

E si girò infuriato.

“Balla con me, Merlino!”

“Gwen, mi hai fatto prendere un colpo!”

La ragazza gli diede la mano e si ritrovarono in cerchio con tante altre persone, per quel ballo chiamato rondello.

“Ascoltami bene Merlino! Artù mi ha chiesto di venire a cercarti. Vuole che tu partecipi alla festa!”

“Un po’ tardi, ormai. Tu cosa gli hai detto?”

“Ho preso tempo, ma si aspetta che tu ti faccia vedere…”

“Illuso!”

“Ma se dovesse chiedermelo?”

“Gli dirai che non sto bene, d’accordo?”


Artù si guardava intorno, in mezzo alla calca. C’era un uomo che stava ballando  con…Gwaine?

Questo era davvero imbarazzante. Gwaine, come Venere, era davvero la donna meno femminile del mondo, con quei movimenti più da orso che da essere umano e tutti quei pelacci neri che facevano capolino da ogni anfratto del suo abito. Eppure aveva trovato un uomo per ballare.

Un uomo distinto, che ballava molto bene, un uomo vestito da servo…Dio!...Un uomo vestito da Merlino! Sì, era lui con l’unica differenza che questi portava un cappello in testa.

Si avvicinò sorridendo. ‘Si vede che Gwen è andata  a chiamarlo!’

Gli faceva piacere averlo lì!

Gwaine si voltò verso Artù con sguardo truce. Chi osava disturbare il suo ballo?

Artù fece un inchino: “Mia meravigliosa dea. Potreste concedermi il prossimo ballo?”

“Ehi, amico! Toglitelo dalla testa! Non so per chi tu mi abbia preso, ma io ballo solo con le donne!” Tuonò Gwaine con la sua profonda voce. Che ne era stato del suo famoso falsetto? 

Artù si mise a ridere: “Merlino non sarà l’uomo più virile di Albion, ma definirlo ‘donna’ mi sembra un po’ eccessivo!” e si girò verso Merlino che gli sorrideva a sua volta. 

Solo che non era Merlino, era… “Morgana?”

“Mi hai scambiato davvero per Merlino?” rise la sorella.

“Tranne per il cappello!”

“Già. É per nascondere i capelli! Ma tu, fatti guardare: sei sexy da morire! Guarda che bel bracciale! Ti correranno tutte dietro!”

“No. Solo una, per ora!”

“Non ci credo!”

“Ce n’era un’altra… un’altona, antipaticona, che mi ha subito dato il benservito!”

“Forse era cieca!” commentò stupita la sorella.

“Aveva un bel vestito color cremisi ed era vestita da regina!”

Morgana spalancò occhi e bocca: aveva capito! “L’ho vista! Sì, l’ho notata, a causa della sua straordinaria bellezza. Non trovi anche tu che sia un incanto?”

“Non mi aspettavo che le donne potessero colpirti così tanto, Morgana!” sorrise malizioso il fratello.

“Non dimenticare che stasera sono un uomo!” rise forte la ragazza. “E ricorda che servi e reali sono spesso associati, nell’immaginario collettivo, a perverse relazioni erotiche clandestine!”

“Mi sa che sei impazzita del tutto!”

E cominciarono entrambi a ridere.

 

“Morgana, si può sapere chi é questo tuo intimo amico?” si lamentò Gwaine, spostandosi i capelli dal viso con poca grazia. “Non trovo carino che tu mi lasci a ballare da sola. Non sta bene!”

“Attento, Gwaine, hai detto ‘da sola’!” lo pungolò Morgana. “Guardalo bene! Davvero non lo riconosci?”

Il cavaliere si avvicinò ad Artù: “Occhi azzurri…fisico statuario… Non è possibile… Artù?”

“In persona!”

“Complimenti per la trasformazione. Non vi avrei mai riconosciuto!”

“Complimenti a te, sei favolosa!” disse Artù allegro.

“Posso dirlo agli altri? Artù, per favore!” Gwaine sembrava diventato un incontenibile cagnolone scodinzolante. “Altrimenti che divertimento c'è?"

“Possiamo andare da loro, ma dovranno essere i cavalieri a indovinare chi sono!”

Poi si rivolse alla sorella: “Morgana, puoi far dire a Merlino che la sua punizione é finita?”

La ragazza balbettò qualcosa: “S-sì. Me ne occupo io, ma tra un po’. Ora voglio vedere la reazione dei tuoi cavalieri, quando ti riconosceranno!”

 

Tanto stupore e tante risate dopo, si sparse in fretta la voce che il bellissimo schiavo egiziano altri non era che il principe Artù di Camelot!

 

Merlino vide da lontano la gustosa scena dei suoi amici che scoprivano finalmente l’identità del principe e sorrise, orgoglioso di aver creato quella maschera che tanto donava ad Artù. A dire il vero, il principe sarebbe stato meraviglioso anche solo con un sacco di iuta addosso!

 

In quel momento Merlin venne afferrato con vigore e quasi abbracciato da un uomo.

“Ehi, come ti permetti!”

“Merlino, sono io,... Morgana!”

“Stasera vi siete messi tutti d’accordo per farmi morire di spavento!” disse Merlino con una mano sul petto.

“Dai, danza con me, che devo dirti una cosa!”

Merlino si preparò per ballare quella vivace gavotta, prendendo una mano di Morgana nella sua e mettendendole il braccio sopra la spalla, mentre lei lo teneva per la vita: trottarono per un po’ in un'unica direzione. 

“Artù è pentito! Vuole che tu partecipi alla festa, ora…” Ma era il momento di cambiare compagno di ballo e Merlino si trovò abbracciato a un arzillo vecchietto con lunghi capelli lisci e bianchi e barba uguale. Indossava un vestito sul rosso, che arrivava fino ai piedi. Quell’uomo o meglio quel costume lo turbò, rimandandogli  l’immagine precisa di un certo stregone che lui conosceva bene. Non sapeva cosa pensare ed ebbe un brivido di paura.

Poi tornò a danzare con Morgana che ansimava per il ballo “Gli ho detto che ti avrei avvisato tra un po’!”

“Digli che sto male!” gli disse in fretta Merlino, prima di venire ripreso dalle braccia del vecchio che lo strinse per la vita un po’ troppo forte per i suoi gusti.

Il ballo finì e il vecchio si inchinò profondamente con insospettata agilità, afferrandogli la mano e dopo averla baciata disse, guardandolo negli occhi: “Siete sempre la più bella, dolce regina di Ealdor!”

Merlino rimase a bocca spalancata. Chi era quell’uomo? Cosa voleva da lui?

 

Il ragazzo si mise a correre, allontanandosi da lì e s’incamminò per i mercatini dove la gente era meno numerosa. Aveva paura. Non perché Artù avrebbe potuto scoprirlo e castigarlo, ma perché quel vecchio conosceva il suo segreto: il segreto della sua magia e il segreto di Dragoon, la versione vecchia di Merlino! E gli aveva fatto intendere di conoscerlo bene.

‘Chi sa della mia magia? Gaius, ma in lui ho cieca fiducia. Will l’ha scoperto anni fa, ma non gli ho mai parlato di Dragoon. Lo stesso vale per Lancelot.’

Nella sua mente si delinearono tanti nomi, ma non riusciva  a capire chi mai lo stesse ricattando a quel modo e perché!



 

Artù stava dando un’occhiata ai mercatini, come faceva tutti gli anni. Ogni tanto qualcuno lo salutava: “Ciao Artù!” Quella sera i formalismi erano assolutamente banditi. Qualche uomo gli offriva da bere, qualche ragazza gli donava un fiore o un frutto e qualche ambulante gli regalava qualcosa: un anello di latta, un braccialetto di corda, piccole cose che gli riempivano il cuore di gioia.

 

Ed eccola là, di nuovo. La regina seduta al tavolo di un chiostro che beveva dell’acqua. Vedendola sola, ebbe come la sensazione di dover andare da lei.

“Bentrovata, granduchessa!”

“Oh, il giovane schiavo egizio, molestato dalla zingarella!” In quel momento Merlino era talmente turbato dal pensiero del vecchio, che quasi non gli importava della possibile, squallida storia tra Artù ed Helena. “Non sono granduchessa, sono regina!”

“E io non sono uno schiavo, sono il principe Artù, pensavo ormai lo sapeste!”

“Si vede che non frequentiamo le stesse persone!”

“Non siete stupita?”

“Moltissimo, in realtà ed è un onore conoscervi, sire. Solo che…preferivo parlare con il piccolo Radames”

“D’accordo, ma quella è finzione e io vorrei sapere chi siete voi!”

“Non mi conoscete, maestà! Almeno io non ricordo di avervi mai visto prima!” mentì Merlino.

“Come mai ve ne state tutta sola?”

“I miei amici non mi hanno riconosciuta!”

“E cosa aspettate a palesarvi a loro?”

“É abbastanza esilarante! Anche voi l’avete fatto prima!”

“Sì, ma poi mi sono fatto scoprire, altrimenti dov'è il divertimento? Raccontatemi qualcosa di voi! Qualcosa di vero però!”

“Naturalmente, se stasera ho scelto di fare la regina, significa che sono una serva! Si può capire tanto di una persona dal suo costume.”

“Non pensavo che foste una serva.: avete le mani lisce e un portamento ben eretto!”

“É vero, non sono una semplice serva. Sono la serva personale di …una ricca nobildonna.”

“E siete felice?”

“Sì, spesso lo sono. A volte c’è qualche problema con la mia padrona, ma…non la lascerei mai. Le sono molto affezionata e anche lei lo è nei miei confronti…lo so!”

“Che bello il vostro rapporto!”

“Voi non avete un buon rapporto con il vostro servo personale?” chiese Merlino, approfittando di quell’occasione.

“Oh, sì…Io lo adoro” sorrise Artù. “Anche se lui non lo immagina. È un amico, un confidente, un uomo a cui devo tanto!...Però stasera non l’ho fatto partecipare alla festa, per punizione!”

“Cosa ha fatto di così grave il poveretto?”

“A volte alza un po’ troppo la cresta… Ma ora mi manca!”

“Vi manca?”

“Sì. Stare con lui mi rende felice, tranne quando mi fa arrabbiare, ovviamente.

Lui è divertente. Lui è …tremendo! Solo che è … speciale!”

“E non glielo avete mai detto?”

“Figurarsi! Già non riesco a tenerlo così! Immaginatevi cosa farebbe se sapesse di avere un tale ascendente su di me!”

“Sembra che stiate parlando più di un’innamorata che di un servo!” osò Merlino con il cuore che galoppava nel petto, mentre fingeva indifferenza sorseggiando la sua acqua. (Quando mai avrebbe avuto un’altra occasione simile per sapere una cosa che tanto gli interessava?)

“Vi scandalizzerò, ma” disse Artù con un enorme sorriso intrigante sul viso “se si potesse… io…credo che lo sposerei!”

Merlino rovesciò il bicchiere sul vestito: “S-scusate! M-ma lui accetterebbe di sposarvi?”

“Lui? Mai! Perdonatemi, vi ho turbata! Devo aver bevuto troppo stasera e non so cosa dico. Gli uomini non si sposano. Gli uomini non stanno insieme. Dovrò sposare una regina un giorno: peccato che voi non lo siate davvero. Mi ispirate fiducia e mi piacete!”

“Vorreste sposare anche me, oltre al vostro servo?” disse Merlino profondamente deluso. Artù era davvero ubriaco e stava dicendo solo scemenze.

“Perché no? Voi per certi versi me lo ricordate e  come lui siete un po’... insolente, ma credo di dover accettare che l’insolenza per me sia più un pregio che un difetto! Tutta colpa di Merlino!”

“É così che si chiama il vostro servo?”

 

Artù si alzò in piedi. Stava decisamente parlando troppo.

“Vi prego di dimenticare ciò che ho detto. Era solo uno sfogo senza fondamento. Stupidaggini senza capo né coda.”

“Vi giuro che le vostre stupidaggini moriranno con me.”

 

Anche Merlino si alzò in piedi. “La prossima volta però decidetevi, prima di dichiararvi a destra e a manca. Avete bisogno di fare chiarezza dentro di voi!”

“É che voi me lo ricordate davvero tanto! Avete la stessa gestualità e la vostra bocca é uguale alla sua! Fatemi un favore, volete? Tirereste indietro i capelli solo per un attimo? Vorrei vedervi meglio!”

“Mi dispiace Artù, ma… credo di avere dei nemici a questa festa e preferirei passare inosservata!”

“Nemici? Voi?”

“Sì. Immaginate di avere un segreto di cui quasi nessuno è a conoscenza. E che questo segreto fosse mal visto e mal considerato da tutti. Anche se, conoscendolo meglio, si potrebbe capire che non c'è nulla di pericoloso in questo, anzi! Immaginate poi che una persona di cui non conoscete il volto, né il nome, vi facesse capire di sapere tutto. Non pensereste di avere un nemico?”

“Lo penserei senza dubbio! Ma quale segreto può mai celare una persona come voi?”

“Eppure è così! Ora è meglio che vada, maestà!”

“Vorrei scortarvi: non siete al sicuro da sola!”

“Grazie, ma ho capito che la soluzione ai miei problemi, almeno per adesso, é quella di andarmene da qui quanto prima.”

Artù si sentì triste: avrebbe voluto rimanere con quella donna per parlare ancora con lei, ma la lasciò andare.

“Vi sono grato della fiducia che mi avete dimostrato. Parlare con voi è stato utile ed interessante, ma soprattutto è stato bello! E anche voi mi avete ispirato grande fiducia, tanto che mi sono aperto con voi in modo quanto meno imbarazzante! Vi auguro ogni bene. Vi rivedrò?”

“Sarò sincera. Non credo mi rivedrete, non in queste vesti almeno. E comunque non mi riconoscereste.”

“Potreste farmi capire che siete voi, ad esempio, schioccando tre volte le dita…” sorrise Artù.

La signora rise: “Addio Artù! Addio piccolo Radames!”


Artù tornò alla festa. Ora si annoiava davvero. Senza Merlin, senza la regina tutto gli sembrava obsoleto e un po’ infantile. Si mosse deciso e raggiunse il laboratorio, dove Gaius russava rumorosamente e aprì la porta della stanzetta di Merlino, senza bussare.

C’era un grande disordine: stoffe e trucchi erano sparsi ovunque, ma Merlino non c’era ed il letto era intatto.

Dapprima si indispettì: probabilmente era uscito per partecipare alla festa, senza il suo permesso, ma forse l’avevano avvisato della sua decisione ed era giustamente uscito.

 

Decise di tornare verso la piazza principale, con una certa ansia di vederlo. Se Merlino avesse indossato un nuovo costume, sarebbe stato difficile da riconoscere.

Nonostante l’ora tarda, l’aria era afosa e non tirava un alito di vento. Artù si ritrovò quasi senza accorgersene sulla riva del fiume, dove la presenza dell’acqua mitigava in parte la calura estiva di quella sera.

Camminava lungo la riva, quando sentì in lontananza due voci che sembravano litigare. Si diresse verso le voci quando scorse due figure in mezzo agli alberi: la bella regina e un vecchio strambo. 

Artù si nascose dietro un albero e rimase ad osservare.

 

“Come mi hai riconosciuto?” stava dicendo la regina che sembrava tesa e impaurita.

“Andiamo! Riconoscerei il tuo corpo e le tue movenze sotto qualsiasi costume!” fece il bieco vecchietto.

“Perché indossi questa maschera?”

“Una volta ti ho seguito e ho visto che ti trasformavi in…questo!” disse indicando sé stesso.

 

Artù non sentiva quasi niente e si avvicinò di soppiatto. Che fosse quello il ‘nemico’ della regina?

 

“Cosa vuoi?” chiedeva sconcertata la dama.

“Vorrei tornare ad un anno fa! Ti ricordi quanto era bello tra noi?” mormorava il vecchio.

“Bello per te! Eri sempre aggressivo, violento e non ti importava niente di me e di cosa volevo io!”

“Perché menti? So che ti piaceva!”

 

Artù sentì una fitta di gelosia allo stomaco. Possibile che l’incantevole regina avesse avuto come amante quel… coso? Che sembrava pure essere stato un bruto?

 

“Non mi piaceva, altrimenti non ti avrei lasciato!”

“Il ricordo dei tuoi gemiti, la notte, non mi fa dormire…”

“Oh, Will! Erano gemiti di dolore e non di piacere. Come facevi a non accorgertene?”

“Erano l’uno e l’altro e mi mandavano fuori di senno!”

“Tu-sei-un-sadico!”

“Può essere, ma ti piacevo così!”

“Forse all’inizio, per un po’. Ma appena ho capito com’eri veramente, non ti ho mai più voluto! Accettalo e lasciami in pace!”

“Non dire così: non vorrei essere costretto a parlare del… segreto al tuo Artù!”

 

Artù pensava: ‘Ma cosa significa? Cosa c'entro io? La regina ha detto di non avermi mai conosciuto. Questo non aveva alcun senso.’

 

“Fai quello che vuoi!” urlò la regina con voce rotta.

“Ma … se tu ammettessi di voler stare ancora con me, io potrei restarmene zitto e buono…” aggiunse Will con voce dolce. Fece un passo verso Merlino e si tolse la parrucca e la barba.

 

Artù rimase sbalordito dalla giovinezza del ragazzo, che doveva avere su per giù l’età del suo servo. 

 

“Tu sei stato il mio errore più grande” continuava la dama “e l’unica cosa che vorrei fare è cancellarti per sempre dalla mia mente” 

“Bugie!” gridò furioso Will.

Il ragazzo si mosse fulmineo verso la regina, gli prese con forza il viso e la baciò, poi con entrambe le mani, le lacerò il vestito, strappandolo dalla scollatura e mettendo in mostra il busto sottostante.

 

Artù corse più veloce che poté per poter fermare il fellone che insidiava la sua regina. A un certo punto vide una cosa che la sua mente si rifiutava di considerare ed ebbe la sensazione di trovarsi in una specie di sogno al rallentatore.

La signora aveva steso le braccia davanti a sé. Una luce improvvisa le illuminò d’oro gli occhi e dalle sue mani un intenso fascio di luce colpì Will che carambolò verso l’alto fino a colpire un albero e ricadde poi a terra con un tonfo sordo. Will rimase immobile.

Artù sentì cedere le gambe dal panico.

La sua regina era una strega! Aveva agito per legittima difesa, ma era una strega!

 

Artù si ritrovò in ginocchio, ai piedi della donna che quasi urlò quando lo vide: “Artù! State bene? Cos’avete?”

Poi la ragazza si accucciò accanto a lui! Era sconvolta e fiumi di lacrime le solcavano il viso.

“Una strega…possedete la magia! Era questo il vostro segreto” mormorò scioccato Artù.

“É vero…ma io l’ho sempre usata solo a fin di bene. Lo so che non mi credete!”

Anche Artù aveva cominciato a piangere. “Non so perché, ma io vi credo!”

Merlino asciugò una guancia di Artù, nascondendo nel gesto la più dolce delle carezze. “Questa è la cosa più carina che mi abbiano mai detto, grazie!” singhiozzava Merlino.

 

Fu un attimo. Non si sa chi dei due si mosse per primo ma finirono abbracciati, unendo le bocche in un lungo bacio appassionato.

Merlino fu il primo a staccarsi. Non sapeva che fare. Si drizzò velocemente in piedi. Gli girava la testa e indietreggiando mise un piede in fallo, precipitando nel fiume sotto di loro.

Artù non perse tempo e si gettò subito in acqua dietro di lui.

In quel punto del fiume non si toccava e la corrente era veloce, a causa della pendenza del terreno. Anche se Merlino sapeva nuotare bene, tutto quel viluppo di sottane impregnate d’acqua lo tirava sotto e si sfilò il vestito dallo strappo della scollatura. Con fatica tolse anche le ampie sottogonne che lo intralciavano nei movimenti, attorcigliandosi alle gambe. La corrente era aumentata e Merlino si sentì in pericolo e di nuovo usò la magia per piegare il ramo di un albero fino alla sua portata. E ci si aggrappò con forza.

Artù in breve lo raggiunse, finendogli praticamente addosso.

Merlino cercava invano di nascondere il viso, mentre l’altro lo osservava con particolare attenzione.

La regina aveva il volto pieno di strisce di trucco nero e azzurro. La parrucca ormai zuppa pendeva da un lato e Artù gliela sfilò lentamente.

“NO! …Vi prego!” implorò Merlino.

“Oh, Dio! No! Dimmi che non é vero!” Artù lo guardava come se stesse vedendo uno spettro, un mostro. 

 

Merlino lo guardava disperato: tutto il suo mondo era distrutto! Avrebbe perso tutto quanto! Non aveva nemmeno voglia di scappare: Artù era del tutto scioccato e avrebbe avuto bisogno di lui, almeno per capire.

 

Con fatica uscirono dall’acqua.

“Artù, parleremo dopo. Vi dirò tutto quello che dovete sapere, ma prima devo fare una cosa importante. Aspettatemi al chiostro!”

“No, Merlino. Non voglio rischiare che tu scappi.”

“Non è ciò che vorreste?”

“Certamente non adesso”

“Allora venite con me…”

 

Poco dopo giunsero presso Will che giaceva nell’erba ancora privo di sensi.

“Hai intenzione di ucciderlo?” domandò Artù.

“No, che dite? Io non ho mai ucciso nessuno tranne solo per salvare qualcuno.”

“Me, per esempio?”

“Sì, voi in primis, ma non solo!”

“Cosa gli farai?”

“Gli toglierò la memoria che riguarda me e me soltanto!”

“Tu…sei capace di fare questo?”

“Sì, almeno spero!”

 

Merlino stese le braccia verso la testa di Will, ma poi le riportò lungo i fianchi. “Siete sicuro di voler vedere?”

Artù annuì solennemente.

Mentre gli occhi di Merlino diventavano d’oro, Artù udì lo strano linguaggio con cui l’altro recitava la formula magica ed ebbe un brivido lungo la schiena: se di paura o di altro genere, non fu in grado di dirlo. Merlino era un mago potente: avrebbe dovuto capirlo prima? Sicuramente sì, si disse.

 

“Vieni, ho bisogno di bere qualcosa di forte!”

Ma guardatemi, Artù! Ho perso la parrucca e il trucco è un disastro: sono in busto e mutandoni da donna. Come faccio a farmi vedere in giro, così?

“Aspetta: prendi questa!” Artù si levò la parrucca che stranamente era riuscito a mantenere in testa, nonostante il bagno nel fiume e gliela diede.

“Tanto ormai tutti sanno chi sono!”
“Ma così sembrerò una peripatetica!”

“E ti vergogni?”

“Forse un po’ e questi pelacci nelle gambe?”

“Donna pelosa, molto gustosa, dice il proverbio e comunque hai visto Gwaine?”

Merlino sorrise. 

Artù non aveva perso la voglia di scherzare. Per ora!

 

Si sedettero a un tavolo del chiostro e ordinarono la bevanda più forte che riuscirono a trovare.

Artù la ingoiò tutta d’un fiato, mentre Merlino ne bevve pochi sorsi: si sentiva la gola ancora chiusa a causa di tutto ciò che era successo!

Stettero a lungo in silenzio. Artù se ne stava con il capo tra le braccia, semisdraiato sul tavolo, ma Merlino non ne poteva più e toccò gentilmente un polso di Artù:

“Vi prego, guardatemi. Non volete che lo faccia anche per voi?”

Il principe alzò il viso e lo guardò da sotto in su. 

“Che cosa?”

“Quello che ho fatto a Will?”

Artù sgranò appena gli occhi ma non disse nulla.

“Pensateci! Sarebbe la soluzione a tutto. Per voi e per me.”

“Vorresti che mi dimenticassi di te del tutto?”

“Del tutto o solo di stasera…”

Artù scosse la testa. Capiva il ragionamento di Merlino, aveva senso, solo che lui non voleva.

“Scordatelo Merlino!”

“Che cosa volete che faccia, allora?”

“Vorrei che tu rispondessi alle mie domande!”

“D’accordo!”

“Allora…tu sei la regina, la regina è una strega, tu sei uno stregone…”

“Sì”

“E stasera mi hai disobbedito fin dall’inizio…”

“Sì”

“Dove hai preso il costume?”

“Era quello di Gwen. La parrucca era di Morgana. Forse mi ammazzeranno ora che li ho persi.” 

“Tutte e due d’accordo con te?”

“Esatto”

“Mia sorella e la mia ex!”Si sedettero a un tavolo del chiostro.”

“Sì”

“Tu hai baciato Will…”

“No, mi ha baciato lui”

“Ma in passato l’hai baciato…”

“Sì. É stato l’unico ragazzo con cui ho avuto una…storia”

“Ti piacciono gli uomini?”

Merlino chiuse gli occhi in difficoltà: “Sì”

“Io ti ho baciato!”

“No, voi avete baciato una donna, Artù!”

“Io credo proprio di aver baciato un uomo!”

“Senza saperlo, quindi non conta!”

“E perché tu hai baciato me?”

“Io…devo essermi immedesimato troppo nella regina. Ho sbagliato. Vi chiedo perdono.”

“Quindi ti piaccio?”

“N-no. É stata una cosa così, Artù,…una cosa così! Non significava niente. Non era una cosa fatta con intenzione. É successo ed è finita lì. Solo un bacio!”

“Solo un bacio? Solo uno stupido bacio?”

“É così, lo sapete. Capisco che siate arrabbiato. Se non vorrete più vedermi, me ne andrò!”

“Troppo comodo, Merlino!”

“Avete intenzione di parlarne con vostro padre? Morirò sul rogo, lo sapete, vero?”

“Non voglio che tu te ne vada e non voglio che tu venga processato o giustiziato per stregoneria: sei mio amico e non ti tradirò, ma non dovrai mentirmi mai più!”

Merlino si asciugò gli occhi e sorrise sollevato.

 

“Oh, mio Dio!” gridò Artù, portandosi le mani sugli occhi. “Tu mi hai baciato per… per quello che ho detto di te alla regina!”

“Forse… può essere. Le vostre parole su di me mi han certo fatto piacere, ma io so che la vostra era solo una fantasia, una fantasia irreale da raccontare a una persona che non conoscevate.”

“Le ho detto che se fosse stato possibile…ti avrei sposato…” mormorò Artù. 

“Me lo ricordo bene, ma ... non è possibile. Non si può fare! Lo sappiamo, per cui era una semplice fantasia. Ma mi avete fatto capire quanto tenete a me e quanto vi piaccio come persona! E non dimenticate che subito dopo vi siete proposto anche alla regina!”

“Era per imbrogliare le carte… e poi lei mi ricordava te!”

“In effetti…non pensateci più Artù!”

“Hai il potere di togliere la memoria anche a te stesso?”

“Purtroppo no” sorrise Merlino. “Ma tenete a mente che anch’io tengo molto a voi. E prima vi ho mentito quando vi ho detto che non mi piacete…”

Il principe sorrise appena, ma si vedeva che era emozionato.

“A proposito. Ora è venuta fuori anche questa mia ‘situazione’. Se si venissero a sapere le mie inclinazioni, finirei comunque sulla forca!”

“Accidenti Merlino! Stasera sei un disastro!” ridacchiò Artù e Merlino scoppiò in una risata sincera.

Il principe spiegò: “La tua situazione riguarda solo ed esclusivamente te. Io non ne so nulla! Va bene?”

Merlino toccò una spalla ad Artù, guardandolo con occhi pieni di gratitudine e sussurrò: “Non vi darò mai occasione di pentirvene!”

 

Artù si alzò in piedi, visibilmente sollevato. “Volete venire a ballare con me, gentile signora poco seria?”

“Con sommo piacere, altezza!”

 

La serata proseguì in maniera brillante per i due giovani.

Artù vinse il titolo di re della festa, anche senza parrucca e come regina fu eletta Gwen. Un completo successo per i costumi di Merlino!

E quando finalmente fu riconosciuto dagli amici, tutti i cavalieri, eccetto Gwaine, desiderarono ballare con lui.

E Artù, ebbro di felicità, fece ballare persino Helena e Mithian, le zingarelle, che ebbero anche il piacere di posare i loro occhi su tutti quegli dei mezzi nudi. Leon ed Elyan risposero ai loro sguardi più degli altri e le fecero ballare molte volte, durante il resto della serata.

Unico momento di panico, fu quando Will passò dinanzi a loro. Merlino e Artù trattennero il respiro all’unisono.

Will li guardò per un attimo, confuso, poi si allontanò senza più considerarli. I due ragazzi ripresero fiato e Merlino si sentì finalmente libero.

 

Era tardissimo quando Merlino seguì Artù accompagnandolo a palazzo.

“Vai a casa! Non stare a scortarmi!” disse il principe.

Merlino sospirò: avrebbe voluto che quella sera non finisse mai. “No, non vi lascio!”

“Qui c'è il corridoio dove in fondo ci sono le guardie! Vai ti dico!”

“Artù, che serata folle e incredibile!” disse Merlino accomiatandosi dal principe.

“Direi che il merito è tutto tuo!”

“Buona notte, maestà” e il servo piegò il capo.

“Senti…” lo richiamò Artù “C’è una cosa che non ti ho detto…”

“Quale?”

“Il bacio! Vedi… il bacio alla regina è stato il bacio più bello che abbia mai dato e ricevuto!”

"Perché credevate di darlo alla regina!”

“Non ne sono così sicuro. Io…credo che mi sarebbe piaciuto lo stesso! Penso che tu …mi faccia uno strano effetto in abiti femminili…”

“Uh! Questa è una devianza all’interno di una devianza più grande e non è certo una cosa da persone bene educate!” scherzò Merlino.

Artù quasi gridò: “Ma chi se ne frega, scusa!”

Merlino scoppiò in una nuova risata.

“Quindi?” fece Artù.

“Cosa?

“Ora sei vestito da donna!”

“Più o meno!”

“E?”

“E cosa?”

Artù alzò gli occhi al cielo. “Vorrei…provare di nuovo, Merlino…”

Il servo non sapeva cosa fare o meglio lo sapeva benissimo. Guardò Artù stringendo gli occhi come se stesse pensando intensamente; infatti stava pensando che non gli andava affatto bene di piacere ad Artù solo in versione femminile.

Lui voleva piacergli per com’era, voleva piacergli come ragazzo.

Artù, stufo di aspettare si mosse verso di lui.

“Fermatevi!” gli disse Merlino, portando una mano davanti a sé.

Artù lo guardò deluso e un po’ confuso.

Merlino lentamente si tolse la parrucca poi osservò la reazione del principe, che gli sorrise. “Sei comunque vestito da donna. Una deliziosa ragazza con i capelli corti.”

Il mago s’imbronciò: come gesto di sfida, cominciò a sciogliere in fretta i legacci del busto, fino a strapparli e sfilò l’indumento dalle braccia lasciandolo cadere a terra.

Artù si ravviò i capelli a disagio e cominciò a ridere.

Con il dorso della mano il servo cancellò i residui di rossetto dalla sua bocca.

Tolse i braccialetti dai polsi e gli anelli dalle dita, facendoli cadere sul resto delle cose a terra.

Artù capiva sempre meno dove volesse arrivare Merlino.

Quasi con rabbia, il servo afferrò con entrambe le mani, la striscia di velluto sul suo collo e la strappò a metà, gettandola via.

“Adesso, sarei pronto per quel bacio, sempre che io sia ancora di vostro gusto, Artù!”

Il principe scosse piano la testa, ma si avvicinò all’altro e si prese il suo bacio. Cinse con un braccio la vita di Merlino e con l’altro avvolse la sua schiena nuda. Sussultò quando il suo petto toccò quello dell’altro. Era una sensazione unica, di estremo piacere. Come estremo era anche quel suo gesto eppure era proprio lì, dove voleva essere.

Fu un bacio molto lento e molto dolce. Almeno all’inizio, perché stava diventando man mano sempre più caldo e appassionato. Merlino accarezzava la nuca e i capelli di Artù con voluttà e avrebbe voluto svenire tra quelle braccia. Non ci mancava poi molto.

 

Quando si staccarono, Merlino ebbe paura che ad Artù non fosse piaciuto perché il principe lo stava guardando molto seriamente. E si diede dell’idiota per aver voluto strafare.

Artù lo afferrò per un polso con una certa forza. “Hai ragione tu, Merlino. É meglio che mi scorti fino in camera. Non si sa mai di questi tempi!”

“Ehi!” si divincolò il servo e il principe gli lasciò il braccio rimanendo di nuovo confuso.

Merlino lo prese dolcemente per mano. “Ancora per stasera tu sei lo schiavo e io sono la regina! Seguimi: stanotte dovrò insegnarti molte cose, piccolo Radames!”

 

Artù non disse nulla, incantato da quella mano nella sua e da quelle parole che gli promettevano il paradiso.

 

E dentro di sé si ripromise di fare il possibile e l’impossibile per fare sì che si realizzasse quella semplice fantasia che li vedeva sposi. 







Ciao a tutt! È chiaro che qui strizzo l'occhio al travestitismo. Mi sono sempre divertita da morire quando i miei compagni di scuola o gli amici si travestivamo da donne per Carnevale. Il modo di parlare, di muoversi, le parrucche, il trucco e le scarpacce. L'unica cosa che non riuscivano a trovare erano delle scarpe con i tacchi della loro misura. Il mio Gwaine ricalca abbastanza fedelmente quello che ho visto in quegli anni. La storia è piuttosto leggera, anche se ho scelto un Will decisamente bad. Spero vi piaccia. Love!

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Capitolo 9
*** Il dubbio di Artù ***


 

Rating: Arancione

Genere: Angst, Fluff, Introspettivo, Romantico

Personaggi: I cavalieri della tavola rotonda, Merlino, Nuovo personaggio, Morgana, Principe Artù

Tipo di coppia: Slash, Crack pairing

Note: Missing moments, What if?

Contesto: contesto generale vago




 







 

Siamo alla fine della terza stagione ma i personaggi che appaiono nei ricordi di Artù sono diversi dagli originali. Morgana é rimasta la dolce ragazza della prima stagione; Morgause qui non é sorella di Morgana ed é un personaggio tutto sommato positivo; forse anche Cendred.





 







16.517 parole


IL DUBBIO DI ARTÙ



















 

Erano partiti la mattina all'alba ed erano stati in missione tutto il giorno. 

Avrebbero passato la notte all'aperto e per fortuna la stagione era mite.

Si trovavano in una foresta del Cheshire, a nord-ovest di Camelot.

Artù e i suoi cavalieri erano alla ricerca di un pericoloso gruppo di briganti, particolarmente aggressivo, che aveva saccheggiato alcuni villaggi appartenenti al regno di Camelot, bruciando case e malmenando qualche povero contadino che si era ribellato alle loro scorrerie. C'era scappato anche il morto.

 

Poco prima Elyan aveva individuato nella zona alcune tracce che probabilmente appartenevano ai malviventi che stavano cercando. Per il momento dovevano solo aspettare: di notte non ci si poteva muovere.

 

Ovviamente Merlino non poteva non esserci. Era lui che si occupava di sfamare la brigata, nonché i cavalli. 

Merlino da un lato detestava queste missioni e cioè quando erano così numerosi, perché la mole di lavoro diventava esagerata. C'era però un'atmosfera carica di vita e nei momenti più tranquilli, come ad esempio la sera, era molto piacevole e anche divertente passare il tempo assieme ai cavalieri, accanto al fuoco a bere e a raccontarsi storie. 

 

C'erano tutti i cavalieri questa volta, tranne Lancelot. Era partito da diversi mesi ormai, dopo essersi accorto che Artù provava ancora dei sentimenti per Ginevra. Aveva lasciato la ragazza in lacrime, dopo averla salvata da un temibilissimo wildreon, con l'aiuto di Artù e Merlino che erano giunti infine a scongiurare il peggio.

In quell'occasione Lancelot si era dichiarato e lei lo aveva corrisposto con trasporto e si erano baciati. 

Dopo l'esilio volontario di Lancelot, le cose tra Artù e Ginevra non erano tornate a posto: lei era sempre giù di morale. Forse lo incolpava inconsciamente di essere stato lui la causa della partenza del cavaliere e Artù stava ricominciando a guardarsi intorno.

Non che fossero arrabbiati, no. Tenevano ancora l'una all'altro, e forse sarebbe stato sempre così, ma Artù non provava più quello scombussolamento interiore quando la vedeva, sempre triste e persa nei suoi pensieri.

Ormai Artù e Ginevra sapevano che era finita tra loro.

 

A Merlino mancava molto Lancelot: era forse il più coraggioso e leale degli uomini di Artù.

Era anche l'unico tra i cavalieri a sapere tutto della sua magia e aveva sempre mantenuto il segreto. Era un uomo amabile e sensibile e se non fosse stato per Artù sarebbe stato lui il suo migliore amico. Almeno con lui avrebbe potuto rilassarsi ed essere completamente se stesso, se fossero riusciti a parlare un po' da soli.

 

Oltre ai cavalieri c'erano anche quattro promettenti cadetti: la mole di lavoro per Merlino era quindi ancora maggiore.

 

Artù era seduto su un masso: stava mangiucchiando un grappolo d'uva con fare distratto ed era piuttosto stanco.

Avevano appena sistemato l'accampamento per la notte e tutti erano indaffarati, soprattutto il suo valletto personale.

 

Erano già parecchi giorni che stava osservando il suo valletto, fin da quando erano ancora a Camelot. Aveva un'idea in mente che lo riguardava e non ci sarebbe stata occasione migliore di questa missione per avvalorare o confutare la sua ipotesi, combattimenti permettendo.

Era iniziato come un semplice divertimento, quasi uno scherzo tra sé e sé, mentre ora faticava a non pensarci ogni qualvolta lo aveva sotto gli occhi.

 

Era molto incuriosito da certi atteggiamenti, all'apparenza 'normali' che Merlino aveva in presenza dei cavalieri.

Questi erano tutti giovani e forti, ardimentosi e fieri, valorosi e devoti, a lui e a Camelot.

Erano anche dei bei ragazzi con volti freschi e fisici prestanti.

E Merlino ogni tanto faceva quel qualcosa che insinuava in Artù il dubbio. Quel qualcosa che non era da lui, perché Merlino era timido! Solo con lui risultava un po' più aperto anche se sempre e solamente con le parole.

Però, a quanto pareva, se ne accorgeva solo Artù, perché gli altri sembravano non notare niente di strano o di particolare.

 

Che avesse preso un granchio?

 

O forse notava quegli atteggiamenti solo perché era la persona che nel gruppo lo conosceva meglio di tutti?

 

Dopo cena, sdraiato vicino al fuoco, acceso non tanto per dare calore ma per fare luce e tenere lontani gli animali pericolosi, Artù come al solito ripensava al suo dubbio su Merlino.

 

Ma in fondo, anche se fosse stato, che cosa avrebbe dovuto importargli? Aveva conosciuto parecchi uomini che erano senza dubbio interessati solo a persone del proprio sesso.

 

C'era re Alined che mostrava una spiccata attrazione per ogni giovane uomo che incontrava, Artù e Merlino compresi e non si premurava di celarlo. In più sembrava avere questa storica relazione con il suo giullare-servitore-segretario, che ridacchiava se il suo re faceva il cascamorto con un altro uomo in sua presenza. Vallo a capire! 

Personalmente se Artù fosse stato al suo posto avrebbe tirato il collo ad Alined come ad un fagiano. Non è che Alined lo facesse apposta per far ingelosire il servo? O forse, e questa era la più probabile, il vecchio re era talmente sordido e insopportabile, oltre a essere tutt'altro che seducente, che il suo presunto compagno era perfettamente consapevole che il re non avrebbe mai cavato fuori un ragno da un buco?

 

C'era poi re Cenred.

 

L'ultima volta che l'aveva visto, fu quando Cenred era appena stato nominato re: doveva avere circa vent'anni e Artù era poco più che un ragazzino. Su di lui all'epoca c'erano già molte dicerie riguardanti squallide maratone di sesso con i suoi cadetti all'interno del suo castello. Sembrava che per passare al livello successivo dell'addestramento, i cadetti, uno alla volta dovessero passare più giorni e più notti nella camera del re, da dove provenivano urla di ogni tipo. Artù ingenuamente, a quei tempi aveva pensato che Cenred li sottoponesse a delle prove fisiche faticose e dolorose per cui erano questi i motivi dei suoni che provenivano dall'interno delle sue stanze.

 

Cenred, allora, portava una barba corta molto curata, aveva capelli scuri lunghi e ondulati, era molto alto e con un fisico possente. Era anche bello con i grandi occhi neri, brillanti e magnetici. Se Artù fosse stato una donna se ne sarebbe sicuramente invaghito. Artù non credeva alle voci sul re perché Cenred avrebbe potuto avere qualsiasi genere di persona avesse voluto, semplicemente alzando un dito. Non aveva bisogno di fare niente del genere per avere quel tipo di prestazione da chicchessia. 

 

Con il tempo anche Cenred smise di nascondere i suoi amanti e ne portava uno sempre con sé, con il quale si faceva trovare spesso e volentieri in atteggiamenti piuttosto intimi e Artù dopo averlo visto con i suoi occhi, capì di essersi sbagliato sul suo conto. 

 

Fino ad allora, Artù era convinto che Cenred fosse innamorato di una sua lontana parente: una ragazza di sedici anni, fredda, forte e battagliera, che si batteva con gli uomini e spesso li sopraffaceva, nonostante la giovane età. Lei possedeva tutte le caratteristiche di un ottimo cavaliere, pur rimanendo una ragazza  molto bella. Si chiamava Morgause e aveva dei meravigliosi capelli biondi: Artù si era preso una bella berretta* per lei, all'epoca.

 

Peccato che lei allora non considerasse, né avrebbe considerato in futuro, nessun uomo. Non le importava degli uomini, se non per combatterci. L'unica persona che riusciva a trasformarle il volto glaciale in uno sorridente e dolce era la sorella di Artù, Morgana. 

 

Era da parecchio tempo ormai che Artù aveva capito che la bionda era pazzamente innamorata di sua sorella. Quindi ecco un'altra persona, stavolta donna, che aveva questo interesse amoroso 'particolare'.

 

E siccome Morgana l'aveva accolta come più che una sorella, più che un'amica del cuore, ad Artù passò per la mente che le persone con 'quell'interesse' potessero essere di più ancora. In fondo sua sorella, da quel che ne sapeva lui, non aveva mai avuto nemmeno un breve flirt con nessun ragazzo, nonostante la sua bellezza e i corteggiamenti continui da parte degli uomini ai quali lei rispondeva sempre in modo malizioso, quasi da dare speranza a ognuno di loro, per poi lasciarli tutti con un pugno di mosche in mano. 

 

Ricordava con fastidio il giorno in cui Morgause, che passava quasi tutto il tempo al castello con Morgana, lo aveva sfidato a duello e per non passare da codardo aveva dovuto accettare. Lei, dopo uno sfiancante combattimento, lo aveva battuto. Lui, che non aveva mai perso prima! E invece stavolta era successo! E contro una ragazza! Che smacco!

Merlino, i giorni a seguire, aveva rischiato grosso: con tutte le battute e i riferimenti che faceva in continuazione, mandava il sangue alla testa del principe, che cominciò a immaginare di sottoporlo alle peggiori torture.

E invece Artù non fece niente, non lo mandò neppure alla gogna, come ormai non faceva più da anni. Forse Merlino voleva solo farlo ridere, cercando di sdrammatizzare quella situazione, che aveva scavato un solco nell'autostima del re.

 

A quei tempi Artù non voleva assolutamente pensare a Morgana e Morgause insieme: era troppo per lui! La sua amata sorella coinvolta in una relazione saffica? Si fosse trattato di un'altra relazione tra due donne, la cosa non lo avrebbe toccato, anzi forse non gli sarebbe nemmeno dispiaciuta - e nel pensarlo Artù sorrise fra sé - ma se si parlava di sua sorella, allora era tutto un altro paio di maniche.

 

Anche Merlino lo sapeva, come tutti del resto, ma non aveva mai menzionato la cosa. L'unico che non lo sapeva e che ormai non l'avrebbe più saputo era Uther, a causa dell'amore cieco che aveva sempre provato nei confronti della figlia.

 

Un giorno Merlino vide Artù particolarmente provato: 

"Cosa vi succede, maestà? Questa settimana non mi avete lanciato addosso nemmeno una coppa e devo dire che comincio a sentirmi trascurato da voi!"

Artù gli sorrise e sospirando aggiunse:

"Pensavo che non avrò mai il piacere di sentirmi chiamare zio da qualcuno."

"Morgana … Chiedetevi solo questo, Artù: "Voi volete bene a Morgana?"

"Sì!"

"Volete che lei sia felice?" 

"Sì!"

 

E Artù capì che non gli serviva altro.

 

"Ti ho mai detto, che a volte mi sembri ... saggio, Merlino?" 

"Saggio? Io?...Nah!" e avevano riso insieme.

 

Dopo dieci anni che le due donne si frequentavano, sempre insieme quasi fossero una persona sola, sembravano ancora felici, anzi più felici che mai. Ogni tanto partivano per viaggi che duravano mesi e ovviamente Morgause era diventata la guardia personale di Morgana. 

'Quando si dice unire l'utile al dilettevole!' Artù sorrise di nuovo.

 

Quindi sia Cenred che Morgause! Forse era una caratteristica di famiglia!

Artù spalancò la bocca, scioccato dai suoi stessi pensieri. 'Qualcuno potrebbe dire lo stesso di me e Morgana! Quindi no, decisamente la famiglia non centra niente!'

 

Ma da dove erano partiti tutti questi pensieri?

Certo, da Merlino!

 

Il servo andava avanti e indietro in continuazione, quasi da fargli venire il mal di mare. 

Questo dubbio per certi versi divertiva Artù, per altri lo infastidiva, ma soprattutto lo confondeva.

 

La sera prima al banchetto di Camelot per festeggiare quella che sarebbe stata appunto la partenza della spedizione, Merlino era stato seduto su una panca a parlare con Gwaine per più di un'ora!

E quell' idiota del suo servo non aveva fatto altro che ridere e ridacchiare tutto il tempo, neanche fosse uno sciocco ragazzino. I due stavano molto vicini e spesso Merlino batteva con il dorso della mano il petto del cavaliere come a dirgli: 'Ma cosa stai dicendo?'

Niente di male, certo, però Merlino non era mai stato così!

Artù non era geloso (assolutamente), ma come osava ignorare il suo principe, per così tanto tempo? Era davvero un pessimo servitore, questo l'aveva sempre pensato. E strano che Gwaine si trattenesse così tanto al banchetto. In genere, appena finito di mangiare, se ne andava in cerca di dolce compagnia. Chissà: forse riteneva di averla trovata!

 

Qualcosa era successo anche quella sera, poco prima.

 

Elyan aveva affiancato Merlino e gli aveva messo un braccio sulle spalle per ringraziarlo dell'ottima cena. Merlino aveva le mani occupate dai piatti da lavare e aveva appoggiato la testa sulla spalla del cavaliere, fermandosi così più di quanto fosse stato necessario, almeno secondo Artù.

 

Il re si sdraiò nel suo giaciglio e piegò le braccia sotto il capo.

 

E per fortuna non c'era Lancelot! 

Loro due insieme erano addirittura disgustosi: sempre a parlarsi nelle orecchie, che tra l'altro Artù aveva sempre considerato un'azione da maleducati. Sempre a parlarsi senza mai staccare gli occhi da quelli dell'altro, a un tiro di bacio: vergognosi! Sempre a stoccazzarsi: Merlino metteva ora una mano sul braccio dell'altro, ora sulla sua spalla e Lancelot, più ardito ancora, gli metteva la mano sulla guancia, sulla nuca e sulla testa, gesto quest'ultimo di cui, pensò Artù con amarezza, si era illuso di avere l'esclusiva su Merlino.

 

In quell'istante, Merlino tornava dal lago dopo aver lavato i piatti. Percival gli andò incontro e lo aiutò ad appoggiare tutto quel pentolame e poi il gigante se lo caricò in spalla come niente fosse.

Merlino mandò un gridolino, di sorpresa o di paura, data l'altezza a cui si trovava da terra. Le gambe erano sorrette dal braccio di Percival, mentre testa e busto penzolavano all'ingiù sulla schiena del colosso.

Merlino urlò più forte ma cominciò a ridere, e a ridere ancora, e ancora.

 

Artù ricordò seccato quella volta in cui lui e Merlino dovevano scappare da un pericolo e essendo il servo infortunato, se l'era caricato in spalla nel medesimo modo. Altro che ridere! Merlino aveva brontolato tutto il tempo: Basta! Mettetemi giù!

 

Percival aveva preso a girare su sé stesso sempre più velocemente e Merlino urlava, ridendo a più non posso.

Quando il ragazzone si fermò e lo mise a terra, Merlino si appoggiò con la testa e con le mani contro il petto del cavaliere. Teneva gli occhi chiusi - da lì poteva vederlo chiaramente - e non rideva più. Probabilmente stava solo cercando di recuperare l'equilibrio, ma Artù si sentiva un po' deluso. Gli altri cavalieri, alcuni coricati nei loro giacigli ed altri in procinto di farlo gli urlarono qualcosa: 

"Guarda che carini!" disse una voce.

"Sembrano Achille e Briseide!" disse un'altra.

"Achille e Patroclo, vorrai dire!" fece una terza e tutti si misero a sghignazzare.

"Questo era per ringraziarti della squisita cena, Merlino" gli sorrise Percival dall'alto.

"Per fortuna ti é piaciuta! Non oso pensare a cosa mi avresti fatto, se non fosse stato così."

 

Staccandosi da Percival, ancora un po' incerto sulle gambe, Merlino andò a inciampare in una radice, cadendo di faccia proprio davanti ad Artù. I cavalieri scoppiarono all'unisono in una grossa risata.

 

Il re si alzò a sedere senza ridere. A volte i suoi cavalieri si comportavano proprio come degli animali.

"Posso aiutarti?"

"No, grazie" disse il servo, sputacchiando polvere invisibile dalle labbra. "É sufficiente che non mi ringraziate anche voi per la cena" disse con un mezzo sorriso, al quale Artù sorrise di rimando.


La mattina dopo Artù si svegliò molto presto e sentì una voce alle sue spalle.

"La colazione è pronta, maestà. Venite a mangiare con me?" Artù sorrise e si girò:

"D'accordo, Merlino ... Leon?" Artù provò una sorta di delusione. Il giorno precedente era riuscito a scambiare giusto due parole con il suo servo. Gli erano mancate la sua irriverenza e la sua allegria.

"Volevo dare un po' di tregua al ragazzo, Artù. Ieri é stato quello che ha lavorato più di tutti" disse il cavaliere.

"Meriteresti una promozione per la tua nobiltà d'animo, Leon!"

"Sono già il vostro vice-comandante, Artù. Non credo che possano farmi comandante, se prima non mi fanno re!"

Artù ridacchiò poi chiese "Come stai oggi?"

"Purtroppo mi devo abituare, Artù. La schiena sono anni che non mi dà tregua. I rimedi di Gaius funzionano, ma solo per qualche ora."

'Ecco' pensò Artù, 'Leon é l'unico con cui Merlino si comporta normalmente. Che non gli piaccia? Forse é troppo maturo per lui?' 

Ma certo! Leon era timido e riservato anche più di Merlino e probabilmente con lui certi atteggiamenti non gli venivano naturali.

 

"Senti, Leon, vorrei il tuo parere su una cosa" disse Artù bevendo il suo infuso d'orzo, "una sciocchezza in realtà ma devi promettermi che manterrai il più assoluto riserbo al riguardo."

"Potete fidarvi Artù, lo sapete!"

"Già!... Sembra solo a me che Merlino abbia una simpatia... speciale … per i ragazzi?"

"Sì, è vero! Merlino adora i cavalieri e loro adorano lui!"

Artù chinò il capo frustrato.

"No, intendevo, un interesse … amoroso … per gli uomini, in generale."

Leon sbarrò gli occhi come fosse una delle cose più sorprendenti che avesse mai sentito.

"Io non credo, ma se lo pensate avrete i vostri buoni motivi. Siete voi che lo conoscete meglio. L'unica cosa che posso dirvi é che Merlino circa un anno fa é stato visto baciare una ragazza."

"Davvero?" chiese Artù sinceramente sorpreso. "E chi?" 

"Non si sa, ma uno dei cavalieri ha pagato due ragazzini perché si intrufolassero nei sotterranei di una casa, dove Merlino era stato visto spesso entrare e loro riferirono di almeno due baci alla medesima ragazza."

"E perché questo cavaliere voleva sapere i fatti di Merlino?" "Voleva fargli uno scherzo. Voleva smascherarlo di fronte a tutti e soprattutto di fronte a voi."

"Gwaine dovrebbe imparare a farsi gli affari propri!" 

"Io non ho fatto nomi, Artù, ma comunque non se ne fece più niente, perché quando la ragazza sparì Merlino era a terra. E comunque se voi avete questo sentore, non é certo qualche bacetto a una ragazza che possa smentire il vostro dubbio."

Rimasero in silenzio per un po', mangiando.

"Se glielo chiedessi apertamente?"

"Non credo che nessuno, con un po' di sale in zucca, andrebbe a dire in giro una cosa di sé così privata ma soprattutto pericolosa come questa. Sapete bene cosa gli fanno! E dopo, Merlino rimarrebbe sulla difensiva e qualsiasi cosa voi faceste non otterreste più una risposta."

"Temevo proprio qualcosa del genere!"

"Forse un modo ci sarebbe per capirlo!" s'inalberò Leon.

"E quale?"

"Tutti noi sappiamo che l'uomo più amato e apprezzato dalle donne siete voi, Artù. Se Merlino dovesse resistere alle vostre... attenzioni, potreste avere la prova che vi serve."

"Stai dicendo che dovrei corteggiare Merlino, qui davanti a tutti?"

"No, non ho detto questo! Basterebbe stuzzicarlo un po', fargli capire qualcosa per poi tirarsi indietro, mettere nella mente di Merlino lo stesso dubbio che voi avete riguardo a lui."

"E se invece avessi ragione io? Rischio che mi salti addosso!"

"Un uomo forte come voi non può temere di essere sopraffatto da un grillo come Merlino."

"Non é questo. Se dovesse rimanerci male? Se dovessi illuderlo?"

"In questo caso, niente da fare. Comunque... siete molto sicuro di voi, vedo" rise Leon "a meno che non vogliate chiedere a Gwaine di farlo. Lui non si fa scrupoli per certe cose. Per lui é tutto un gioco e sguazzerebbe in una situazione del genere, come un orso a mollo nel miele! Inoltre é sempre stato molto apprezzato dal gentil sesso, anche se non tanto quanto voi!"

"Non dirlo neanche per scherzo!" alzò la voce infastidito, Artù provando una specie di crampo all'addome come se Leon gli avesse appena sferrato un pugno nello stomaco.

"Se mai qualcuno dovesse farlo, quel qualcuno dovrò essere io" disse solennemente come se si trattasse di dover sacrificare la propria vita per Camelot.

"Almeno io sarei gentile. Gwaine potrebbe arrivare a farlo innamorare per poi spezzargli il cuore. Sai com'è fissato! E su di lui ho più dubbi che su Merlino, se proprio vuoi saperlo!"

"Sono d'accordo, Artù: é meglio che lo facciate voi" gli disse Leon annuendo "perché io so, come anche gli altri sanno, che voi volete veramente bene a Merlino!"

"Sì, é vero, come voglio bene a te e agli altri cavalieri!"

"Non fraintendetemi, ma credo che teniate a lui più che ad ogni altro!"

"Davvero? E tutti voi pensate questo? Che tenga a lui più di quanto tenga a Ginevra?"

"Fino a qualche mese fa forse no, ma adesso direi proprio di sì!"

Artù rifletté sulle parole dell'amico. "E da cosa lo deduci?"

"Da tutto. Lui é sempre con voi, tutto il giorno, tutti i giorni: i vostri battibecchi continui sono uno spasso! E quando siete insieme sembrate entrambi molto felici!”

"Io sembro più felice, quando c'è lui?" stentava a crederci.

"Decisamente!"

"E Merlino sembra più felice, quando è con me?" chiese con interesse, ma celandosi dietro un serioso cipiglio.

"Molto!"

"É questo che sembra da fuori?"

"Forse anche qualcosa di più!"

I cavalieri e Merlino stesso stavano cominciando a svegliarsi e i due dovettero interrompersi. 

Artù era sconvolto. 'Forse anche qualcosa di più?'


Poco dopo avrebbero dovuto ripartire, ma Percival aveva notato delle tracce fresche che andavano in direzione opposta a quelle trovate la sera precedente. Così Artù decise di mandare due uomini in avanscoperta, proprio da quella parte, perché capissero dove i briganti si fossero diretti veramente.

Ancora per quella mattina avrebbero dovuto aspettare. Quindi, per distrarsi, cosa c'era di meglio che continuare con l'osservazione di Merlino?

 

Artù attendeva il servo per una prima prova: quando il ragazzo gli passò di fronte, senza degnarlo di uno sguardo, con le tazze e i bicchieri lavati tra le mani, Artù si avvicinò a lui velocemente e gli mise una mano sulle spalle, come aveva fatto Elyan la sera prima. Merlino sussultò a tal punto, che fece cadere tutto per terra.

"Ora mi toccherà rilavarle. Era questo il vostro scopo, maestà? Come se non avessi già abbastanza da fare!" 

 

Merlino raccolse il tutto, sbuffando e tornò al lago.

Artù era rimasto bloccato sul posto. 'Non era così che credevo che andasse ... con Elyan, Merlino era stato così ... tenero!'

 

Merlino era seduto su un masso. Era sudato e sentiva gli arti anchilosati: benché fosse ancora presto aveva già pulito e tagliato la cacciagione per lo stufato: era un lavoro infame che gli lasciava addosso un orrido fetore. Avrebbe voluto lavarsi subito per mandarlo via ma temeva che avrebbe dovuto aspettare la sera tardi per fare un bagno.

Quando Artù lo vide, non gli sembrò vero e con molta indifferenza si sedette accanto a Merlino, nonostante il masso fosse 'stretto' per due persone.

"Posso Merlino?" Il servo si alzò all'istante e Artù lo trattenne afferrandogli con la mano un avambraccio. Il re aveva previsto una reazione simile.

"Siediti, per favore! Non volevo toglierti il posto, ma sedermi solo per un attimo, perché ho le gambe stanche e la schiena a pezzi."

"Siete un po' anziano per essere così giovane!" ridacchiò Merlino. "Sto scherzando. Dormire per terra non é il massimo per nessuno."

"Tuttavia rimarrò seduto solo se ti siedi anche tu!" lo redarguì Artù.

"Ma non posso. Ho pulito la selvaggina e puzzo più di un maiale!"

Artù avvicinò il naso a Merlino e inspirò: "Boh! Io non sento niente! Se ci stringiamo, ci stiamo." Merlino si sedette e solo allora Artù gli lasciò il braccio.

Il servitore si sentiva un po’ a disagio e il re gli appoggiò una mano sulla spalla quasi a sorreggersi. 

"Mi sei mancato in questi giorni. Non abbiamo più avuto modo di starcene un po' per conto nostro a parlare..."

"...a prendermi in giro, volete dire!" 

Artù fece un ampio sorriso "Anche! Ma tu non sei da meno!"

"È che qui c'è molto lavoro da fare!"

"Stavo pensando che la prossima volta che verrai in missione con noi, avrai bisogno di un aiuto. Non é giusto che tu debba lavorare in questo modo!"

"É un gesto davvero generoso e... lo apprezzerei davvero tanto."

"Stai bene? Parlo della caduta di ieri sera. Vedo che hai un piccolo livido sulla fronte."

"Non é nulla. Almeno é servita a far ridere i ragazzi!"

"Diventano un po' delle bestie quando bevono!"

"Non dite così! Sono miei amici, ma soprattutto sono amici vostri. Se non fosse per loro, qui sarebbe piuttosto grigio. La vita durante le missioni non è facile."

"Allora posso caricarti in spalla anch'io?"

"No, vi prego!"

"Non sarebbe la stessa cosa che ha fatto Percival?"

"Forse sì, ma voi siete pur sempre il re!"

"Ma sono anche tuo amico, sbaglio?"

"Non sbagliate!"

"Allora perché non mi permetti di comportarmi come fanno loro con te?"

"Noi condividiamo un legame più profondo** Artù, noi non abbiamo bisogno di dimostrarlo l'uno all'altro o alle altre persone.”

Il re si sentì così oltremodo lusingato e felice, che avrebbe voluto solamente abbracciarlo per la gioia e l'affetto da cui si sentiva pervadere in quel momento. Invece, l'unica cosa che fece fu quella di stringere un po' di più la spalla del ragazzo su cui ancora teneva la mano.

Quando si girò verso Merlino, vide che il ragazzo lo guardava a sua volta, con le guance arrossate e gli occhi lucidi.

"Mi hai detto una cosa bellissima, Merlino!"

Il servo scattò in piedi: "Ora, scusate, maestà, ma devo proprio correre. Ci vediamo dopo."

 

Artù rimase di sale, ma ricordando le dolci parole di Merlino, sorrise: avrebbe solo voluto rimanere un altro po' con lui. Pensò poi alla differenza che c'era stata tra il dialogo appena avvenuto tra loro e quelli che aveva visto tra Merlino e Gwaine o Lancelot. Quello che più saltava all'occhio era il comportamento di Merlino. Con gli altri era a suo agio e rideva, con lui era più teso e imbarazzato. Anche se non sempre.

'Forse sto sbagliando approccio?' si chiese. 'Probabilmente non serve ricalcare le medesime situazioni che ho osservato tra Merlino e gli altri cavalieri! Se é vero, come lui ha appena detto che tra di noi c'è un legame più forte, più sentito, dovrei inventare qualcosa che sia all'altezza di questo vincolo.'

 

Artù, però, partiva svantaggiato. Intanto non aveva idea di cosa poter fare e poi Merlino gli aveva detto chiaramente che tra di loro non c'era bisogno di dimostrare niente. E quindi? Forse doveva soprassedere e lasciare che Merlino vivesse la sua vita, senza interferenza alcuna da parte sua e senza voler scoprire a tutti i costi i suoi gusti amorosi. In ogni caso sapeva che il suo modo di vedere Merlino non sarebbe cambiato.

 

Oppure sì?

 

Il ragazzo comunque meritava l'incondizionata accettazione da parte sua, accettazione che gli veniva di dare in maniera del tutto incondizionata, ma c'era anche la questione della discrezione che Artù avrebbe dovuto concedergli, ma riteneva questo, un compito di difficilissima realizzazione per lui. Artù era sempre stato di indole curiosa, ma quando si parlava di Merlino, questa curiosità si trasformava in una vera e propria fissazione. Ed era stato così fin dal primo giorno, fin dalla prima frase che gli aveva rivolto. Ed era ancora così, nonostante gli sembrasse di conoscerlo molto meglio.

Forse con Merlino avrebbe dovuto solamente lasciar parlare il cuore, ma con le parole, Artù era sempre stato poco a suo agio. Lui era portato ad agire, a muoversi, a combattere, a dimostrare il suo valore con le armi in mano. Insomma lui era più pratico, più concreto e si esprimeva meglio con i gesti.

Cosa avrebbe dovuto fare? Abbracciarlo?

 

Si sentiva frustrato: avrebbe dovuto studiare la cosa, organizzarla come si fosse trattato di una sortita di guerra. 

Per il momento, però, si sarebbe limitato ad osservare e eventualmente a cogliere le occasioni che si fossero presentate.


Tutti i cavalieri, tranne Leon che non era troppo in forma, si erano spostati nella zona delle ultime tracce trovate, sperando di trovarne di nuove o cercando di capire qualcosa di più su dove si trovassero i briganti.

Artù tornò indietro prima degli altri, sperando segretamente di rimanere ancora un po' insieme a Merlino. Appena giunse in prossimità del fuoco che ardeva al centro dell'accampamento, Artù sbarrò gli occhi e silenzioso come un gatto si nascose dietro un tronco.

Non credeva ai propri occhi: Leon? Leon e Merlino? E dire che solo poco prima aveva pensato che Leon non potesse piacere al suo servo. Invece, eccoli lì: Leon sdraiato a pancia sotto su una coperta, a torso nudo e Merlino, senza giacca, senza fazzoletto al collo, con le maniche tirate su e sudato come non l'aveva mai visto, toccare la schiena del rosso, accarezzarla e massaggiarla in un modo che ad Artù non piacque per niente. Merlino, con estrema naturalezza si girò verso di lui. Probabilmente l'aveva sentito arrivare. Poi si mise un dito sul naso, come per chiedergli silenzio e con la mano gli fece cenno di avvicinarsi.

 

Artù fu tentato di fare dietrofront e andarsene lontano da lì: l'unica cosa che aveva voglia di fare era trovare un posto isolato, dove avrebbe potuto lasciarsi andare all'urlo liberatorio più potente della sua vita. Stava sudando e tremava dal nervoso. Merlino prese un pezzo di stoffa, si alzò in tutta fretta e lo raggiunse, pulendosi con lo straccio le mani unte, che Artù guardò deglutendo disgustato.

Là, steso, c'era il suo vice, grande amico da sempre, ora 'grande traditore' con la parte superiore del corpo che luccicava dell'olio spalmato da Merlino, l'altro grande, 'ancor più grande traditore'.

 

Merlino, all'apparenza completamente ignaro, sorrise soddisfatto: "Dorme!" sussurrò "era messo piuttosto male, poveretto! Spero di essere riuscito a farlo stare meglio!"

"Non ho dubbi su questo. Hai davvero un gran cuore!" disse Artù con un sorriso forzato che non arrivò agli occhi, ma forse  Merlino non percepì il sarcasmo delle sue parole, o nel caso non lo diede a vedere. Il servo lo ringraziò per poi tornare nel bosco e continuare il suo lavoro.

Artù si sentiva svuotato. Si sedette per terra con la schiena appoggiata ad un albero e portò la testa all'indietro, posandola sul tronco e chiudendo gli occhi. Le belle parole di Merlino che prima lo avevano riscaldato tanto, ora gli rimbalzavano in testa, prive di significato, come un mero riempitivo: erano forse un tentativo di tenerselo buono per poter fare ciò che voleva senza amareggiarlo, per tenere a bada l'istinto possessivo di Artù?

Come al solito gli occhioni blu del ragazzo uniti al suo adorabile sorriso, lo avevano incantato.

Era proprio un asino, come l'altro non smetteva mai di sottolineare.

La soluzione era a portata di mano: lasciar perdere tutte quelle assurde congetture. Era stufo e si appisolò sperando di smettere di pensare.

 

Quando si sentì chiamare, aprì gli occhi e vide Leon davanti a sé, che sembrava l'immagine della beatitudine più profonda. 

"Artù, sapeste! Merlino è un mago!" disse con gli occhi lucidi e un sorriso così grande che Artù non gli aveva mai visto. "Mi ha guarito, con un massaggio! Ad ogni tocco delle sue dita, un po' di dolore in meno. É stata un'esperienza davvero catartica. Ripeto, é un mago!"

"Allora appena torniamo, lo manderò al rogo!" si fece uscire il re, senza allegria.

"No, non in quel senso. Ma forse é uno di quelli che hanno il 'tocco guaritore'!"

Artù disse con uno sguardo un po' opaco: "Leon, sei sicuro di non aver scoperto prima di me, se il mio dubbio su Merlino é reale oppure no?"

"Oh no, Artù, no! Non volevo certo essere io la causa di un nuovo dubbio su Merlino! Siete ... geloso di lui? Mi dispiace ma, come sapete, non stavo affatto bene e lui si é limitato a massaggiare solo la schiena, ve lo giuro!"

"Non preoccuparti, é tutto a posto!"

"Scusate, sire, ma voi avete mai chiesto a Merlino di farvi un massaggio?"

"Sì, quando sono teso gli chiedo di occuparsi del mio collo ed é vero che ha le mani d'oro, ma non mi sono mai ridotto come te, palpitante e commosso, a dichiarare al mondo le sue qualità chiropratiche."

"Se avrete del dolore, vi consiglio caldamente di mettervi nelle sue mani! Se si venisse a sapere che é un così bravo guaritore potreste rischiare di perderlo. Potrebbe diventare ricco, se girasse di paese in paese a curare i dolori come ha fatto con me."

"Farà ciò che vuole. Non potrò fermarlo se deciderà in proposito!"

"Che avete Artù? Normalmente non mi rispondereste mai in modo così rassegnato, ma vi ripeto che se é a causa di ciò che avete visto, sappiate che non era niente, se non il tentativo di un ragazzo di buon cuore nell'atto di curare un amico sofferente. E ora scusate ma devo andare a lavarmi."

"Già... ti manca solo la farina e sei pronto da friggere" rispose Artù, con un lieve sorriso.


Dopo aver fatto abbeverare i cavalli, Merlino si accorse che i cavalieri erano tutti in acqua, per un bagno. Artù dal lago gli si rivolse gentilmente: "Su, Merlino, vieni a fare il bagno!" Il re si era reso conto di aver esagerato con la faccenda di Leon e voleva cercare di passare sopra la cosa.

Merlino stava per rispondergli di no, quando Artù si alzò in piedi. L'acqua era bassa, in quel punto, e arrivava appena alle cosce del giovane reale. Il servo distolse lo sguardo da lui, non sapendo più dove posarlo. 'Il solito esibizionista impudico!'  brontolò tra sé. In quei tre anni Merlino l’aveva visto in pratica più nudo che vestito, ma in quella situazione, all'aperto e con gli altri, il re avrebbe potuto essere più discreto. Gli sembrò quasi che l'avesse fatto apposta e la cosa lo infastidì.

"Grazie, ma non farò il bagno, sire! Ho molto da fare!"

"E cosa? Hai raccolto verdure per un esercito di almeno quaranta persone ed é ancora troppo presto per preparare il pranzo."

"Non é mai troppo presto per preparare il pranzo, specie quando si deve sfamare un'orda di cavallette che mangiano come un esercito di quaranta persone e che, se potessero, mangerebbero anche me!"

E se ne andò, sparendo nel bosco. Raccolse tanta legna, molto più di quella che sarebbe servita. Ogni volta che ne portava un po' al campo, dava un'occhiata veloce in acqua. E vedeva i cavalieri inseguirsi, fare gare di velocità, fare i tuffi, lanciarsi una palla di pezza, schizzarsi e ridere.

 

Doveva andare al lago per riempire un secchio d'acqua per il pranzo. Decise di spostarsi verso una piccola insenatura nascosta da rocce e cespugli. Era un punto incantevole: l'acqua era limpida e profonda e Merlino si sdraiò a pancia in giù calando il secchio legato a una corda, continuando a guardare la luce del sole che si rifletteva sull'acqua abbagliandolo. 

Quando cercò di issare il secchio, si accorse che era pesantissimo, che non riusciva a tirarlo su e temeva che si fosse incagliato in qualcosa sott'acqua.

Una bellissima testa di tritone bionda, fuoriuscì veloce dall'acqua sottostante e Merlino lo vide alzare il volto verso di lui con un grande sorriso.

Il servo cacciò un urletto per lo spavento, poi guardò nuovamente verso Artù, faticando a staccare gli occhi da lui. Era una visione, una versione maschile di Venere che usciva dalle acque. E non si accorse che il principe aveva impugnato la corda del secchio.

"Te lo sto chiedendo ancora, Merlino! Vieni a fare il bagno?" Sorrise malevolo e senza aspettare risposta, tirò forte la corda, facendo precipitare il ragazzo in acqua.


Quando Merlino riemerse, sbottò: "Artù, potrebbe essere divertente, se non mi steste facendo perdere così tanto tempo e sapete bene che non ne ho!"

"Oh, suvvia, Merlino!" e il re gli diede una pacca sul petto con fare complice "non hai tempo per me, ma per massaggiare Leon il tempo l'hai trovato, eccome!"

Il servo boccheggiò lievemente: non se l'aspettava e per un attimo rimase senza parole. Artù continuò con ironia: "Ho parlato con Leon e mi ha detto che si é trattato di un'esperienza mistica. Mi viene da pensare che forse lo é stata anche per te! Fai bene a ritagliarti degli spazi personali, quando riesci a trarre beneficio dal piacere che può derivarne!"

"State blaterando a caso!" rispose il servo irritato, mentre cercava di recuperare il secchio. Merlino si immerse e riemerse frustrato: "É più giù di quanto pensassi! Se non riuscite a recuperarlo voi, Artù, io non credo di farcela!"

"Per forza: hai ancora gli stivali e i vestiti addosso" e il principe gli si mise proprio davanti con un sorriso sfrontato, un po' troppo vicino per i gusti di Merlino, che gli scoccò una breve occhiata diffidente: "Allora, vi chiederei di riportarmelo. Non ho tempo, né interesse a spogliarmi adesso."

Artù fece una smorfia contrariata: "Certo che rilassarsi non é il tuo forte!"

"E il tempismo non è il vostro!"

"Perché non ti fai aiutare da Leon oggi?

Era così estasiato e desideroso di ricambiarti in qualche modo!"

"Ha già preparato la colazione per tutti, al posto mio. In realtà con il massaggio stavo cercando di sdebitarmi con lui!"

"Ma è meraviglioso!" urlò quasi Artù "sdebitati tu, che mi sdebito anch'io! In questo modo non terminerete mai. Chissà dove andrete a finire!?" 

"Da nessuna parte. Leon é solo un caro amico: state vedendo cose che non ci sono. Io non so cosa vi é preso!" e gli diede le spalle, muovendo un passo verso riva, ma Artù lo trattenne da dietro afferrandolo per le braccia.

In quel momento lo scollo della camicia essendo stato tirato da un lato, si allargò scoprendogli una bianca spalla. Di fronte a quella liscia pelle d'avorio, Artù fece fatica a trattenersi: avrebbe avuto voglia di dare un morso in quel punto di Merlino, come si faceva con le dame in un momento di passione; solo che in quei casi si parlava di un bacio e non di un morso. 

Un morso di rabbia e forse sì anche un morso di desiderio; e nel pensare questo avvicinò ancora di più le labbra alla pelle del ragazzo.

"Potreste anche lasciarmi andare, sire!"

"Eh, no! Dopo tu scappi e io non credo di aver ancora finito con te!"

"Se vi piace lo stufato crudo...!"

Artù non rispose perché all'improvviso ebbe una specie di rivelazione: il dubbio che aveva su Merlino non era una mera indagine antropologica sui gusti amorosi di generici valletti reali, quanto un suo tarlo che aveva nei confronti del suo servo, dovuto alla gelosia quando gli altri uomini gli si avvicinavano. Ora lo capiva bene: qualcosa non stava andando per il verso giusto! Mente e corpo non erano sulla stessa linea.

"A tutti i tuoi amici cavalieri, dispensi gesti affettuosi, pacche amichevoli, abbracci, sguardi e risate mentre per il tuo principe hai solo parole, parole belle certo, ma solo quelle."

"State scherzando? Sguardi e risate sono la base del nostro rapporto!"

"E va bene, ma non sono così tangibili e reali come gli altri gesti d'affetto!"

"Vi ho già spiegato prima...!"

Artù lo interruppe: "Sì, ma preferirei di gran lunga che tu ti comportassi con me, come fai con loro!"

Merlino si irrigidì: sentiva letteralmente 'il fiato sul collo' da parte di Artù ed era preoccupato riguardo ai reali motivi che gli impedivano di comportarsi con il re come con gli altri ragazzi. E mai avrebbe potuto rivelarli.

"É perché loro sono sempre così… toccosi!" improvvisò il servo.

"Io credo di essere il più 'toccoso' di tutti!"

"Lo vedo!" aggiunse mesto Merlino, alludendo alle mani del re che gli bloccavano ancora le braccia. 'Maledetto Artù!' pensò 'sempre così orgoglioso, accentratore e...' ma i suoi pensieri furono interrotti da un brivido involontario causato dal respiro dell'altro sulla quella zona così sensibile della sua pelle.

Artù lasciò la presa e Merlino si girò verso di lui, guardandolo con una stilla di insofferenza e dichiarando: "Ho capito Artù... se è ciò che volete...!"

Il servo si appoggiò con una mano a una spalla del re, sorreggendosi, altrimenti sarebbe sprofondato. Mise per pochi istanti l'altra mano sulla nuca di Artù e gli schioccò un grosso bacio sulla guancia. Non contento gli diede un lieve pizzico al viso, e sempre con la mano libera, gli sistemò i capelli dietro un orecchio e sulla fronte, seguì con un dito la linea delle sopracciglia per pettinarle, gli tolse da sotto il mento una goccia d'acqua e un'altra anche da sotto il naso, gli passò la mano dalla guancia fino al collo, strisciando una lunga carezza fino alla spalla poi al braccio, dove gli lasciò qualche breve stretta affettuosa.

Merlino sorrise, si inchinò e tornò a fatica sulla riva: "Vi prego, maestà, ora potete passarmi il secchio?" Artù si tuffò raccogliendo il secchio dal fondo e lo passò a Merlino che se ne andò a passo spedito.

Artù rimase lì immobile, un po' felice e un po' con l'idea di essere stato gabbato ancora una volta.








I cavalieri stavano pranzando quando gli uomini mandati in avanscoperta da Artù, ritornarono e riferirono che le orme erano senza dubbio un tentativo di depistaggio dei briganti, perché dopo aver battuto tutti i sentieri e i fuoripista percorribili a cavallo, gli uomini non avevano trovato nessuna traccia 'fresca' del loro passaggio.

 

Artù era furioso: "Maledetti! Sono riusciti a rallentarci: hanno guadagnato mezza giornata di vantaggio su di noi. Dobbiamo recuperare il distacco. Partiremo subito dopo mangiato.

Merlino avrá bisogno di una mano per il riordino. Qualche volontario?"

Leon alzò subito la mano, seguito da altri cavalieri.



 

Erano a cavallo da parecchie ore. 

Merlino era meno stanco di quel che pensasse. Stare a cavallo per lunghe tratte era normalmente sfiancante, ma lo era molto meno che correre tutto il giorno per preparare i pasti e occuparsi dei cavalli.

Prese quella cavalcata quasi come un momento di rilassamento.

Aveva notato che Artù era un po' strano nei suoi confronti.

Gli cavalcava a fianco ma non lo guardava mai. Non gli faceva neanche tutte quelle battutine insolenti, così tipiche sue, cosa alquanto bizzarra. Merlino ne sentì quasi la mancanza. Le battute di Artù gli davano la possibilità di ribattere con altrettanta ironia e avrebbe voluto continuare a stuzzicarlo come al solito, ma il re non gliene stava dando motivo. Peccato. Le loro schermaglie rappresentavano spesso la parte migliore della giornata, per il servo. Per quanto Artù si sforzasse, Merlino se la cavava sempre meglio del re, con le parole.

 

Forse al fiume aveva esagerato un po' ma si era divertito così tanto a vedere Artù, prima così possessivo e poi stupito per i suoi gesti affettuosi verso di lui.

Si era sentito anche lusingato, poteva ammetterlo. In quel modo Artù l'aveva fatto sentire importante e anche con una sorta di maggior potere su di lui. Aveva l'impressione di poter fare impazzire il re con poco sforzo, se solo avesse voluto. Ne avrebbe approfittato? Non lo sapeva ancora. La stanchezza e il poco tempo a disposizione rispetto alla mole di lavoro che lo attendeva gli davano l’idea che non avrebbe potuto farlo, almeno per il momento.

 

Poco prima del tramonto si fermarono nel bosco, vicino a un fiume, in un luogo decisamente piacevole. 

 

Non c’era stato tempo di riposare dopo pranzo, per cui si accamparono piuttosto presto quella sera.

Artù chiamò Gwaine in disparte, per parlargli di cose importanti.

“Gwaine, dovremmo essere piuttosto vicini, ormai. Prendi un uomo con te e cerca di trovarli. Guarda quanti sono ma senza farti scoprire poi torna a riferire. Te la senti?”

“Certamente Artù! Se dovessi trovarli pensate a una sortita notturna?”

“Dipende da quanti sono. Se fossero troppi rispetto a noi, sì. Avremmo più possibilità. Se tu riuscissi a capire chi è il loro capo e dove risiede, sarebbe il massimo…”

“Farò del mio meglio. Prenderò Elyan con me: è il migliore a mimetizzarsi e sa essere silenzioso come una pantera.”

Artù sorrise pensando a quanto fosse vero.


Tutti si misero a mangiare. Merlino non aveva dovuto faticare particolarmente per quella cena, perché non c’era stato il tempo materiale per prepararla e avevano utilizzato le scorte di cibo pronto portate per quelle occasioni: formaggi, carne secca, pane e frutta.

Dopo cena gli uomini si riposarono sedendosi o sdraiandosi attorno al fuoco. Cominciarono a girare caraffe di vino. Non c’era molta allegria. La tensione era palpabile, però riuscirono a rilassarsi un po' quando  qualcuno tirò fuori qualche simpatico aneddoto. Certo, mancando Gwaine, l'atmosfera non riusciva a decollare del tutto.

Merlino tornò con la solita fila di piatti, mentre Artù, che ancora non gli aveva rivolto la parola dal bagno del mattino lo chiamò per farlo sedere con loro.

"Non posso Artù, ma vi ringrazio molto. Devo ancora asciugare i piatti e metterli via."

"D'accordo" disse il re alzandosi in piedi e seguendolo. Merlino si girò verso di lui con fare interrogativo, al che Artù confessò: "Non riesco a stare fermo. Ti do una mano, così finisci prima."

"Come volete, maestà" rispose Merlino con leggera ansia. Poteva essere imbarazzante starsene da soli, dopo quel che era successo al lago.

Artù si mise ad asciugare i piatti e le coppe, Merlin le pentole e le posate.

"Spero che Elyan e Gwaine siano in grado di fornirci le informazioni che ci servono, ma soprattutto che non vengano scoperti. Dio solo sa quello che potrebbero fargli."

"Non preoccupatevi, sire: Gwaine è una vecchia volpe, Elyan è attento e veloce ed entrambi sono forti e ben addestrati. Merito vostro!"

"Quindi non sei preoccupato per i tuoi 

cari amici?" domandò il re con una punta di rancore.

"Ho fiducia in loro. È diverso. Ovvio che se succedesse loro qualcosa ci rimarrei molto male."

 

Artù stette in silenzio per qualche tempo poi chiese: "Posso farti una domanda personale?"

"Va bene!" 

"Quale dei cavalieri ti piace di più?"

"Dunque, come amico … sicuramente Lancelot, ma anche voi, … lo sapete."

"Non ti ho chiesto questo. Non intendevo come amico. Intendevo come uomo, considerando la presenza, il carattere e il fascino!"

 

'Come se non lo sapesse … quello che vuole è sentirselo dire. Vuole essere elogiato per le sue virtù. Che borioso! Ma io non ci sto …"

 

"Se proprio volete saperlo" sospirò Merlino con aria languida "penso che per bellezza e carisma il mio preferito sia decisamente … Gwaine!

La sua risata, i suoi capelli …"

Artù rimase a bocca mezza aperta, chiaramente sconcertato.

"Quanto ad imponenza fisica, muscolatura in primis, senza dimenticare il suo altruismo e la sua genuinitá, il migliore secondo me è Percival.

Elyan ha il sorriso più incantevole e contagioso del mondo, una voce grave e suadente e lo considero un ragazzo simpatico e intelligente.

Leon è la discrezione fatta persona. È così dolce e disponibile: un perfetto gentleman e ha gli occhi verdi più limpidi che abbia mai visto.

Ovviamente, coraggio e lealtà sono caratteristiche comuni a tutti loro e non saprei farne una classifica…"

 

Artù lo aveva ascoltato con il cuore in subbuglio. L'altro non aveva speso una sola parola per lui e quel lungo elenco appassionato di doti  dei suoi cavalieri, lo turbò non poco. 


Tutt'ad un tratto il re si immobilizzò. 

'Rumore di zoccoli di cavalli … troppi cavalli!' pensò Arthur e, uscito dalla tenda, incominciò a correre come un pazzo verso la fonte di quei rumori, sguainando la spada.

 

"Vedo che sei sempre all'erta, bravo Artù" disse una voce di donna nella penombra.

Il re rimase fermo per un attimo poi scoppiò in una sonora risata . 

"Vieni giù Morgana. Vieni ad abbracciare tuo fratello."

La ragazza scese da cavallo con un agile salto e gettò le braccia al collo del fratello che la strinse forte.

"Che magnifica sorpresa! Non so più quanti mesi sono che non ci vediamo e mi sei mancata" rispose allontanandosi per guardarla meglio.

"Sette mesi, Artù! Ma non è un caso se siamo qui. A Camelot ci hanno informato e siamo qui per darti manforte. Ho portato degli amici … venite!"

Una cascata di capelli biondi volò giù dal cavallo più vicino.

"Beh, lei giá la conosci!" sorrise Morgana con dolcezza.

"Morgause…" Artù si chinò e le baciò galantemente la mano.

"Bentrovato re Artù!"

"Eccolo lì! Non ti lasci mai scappare l'occasione di fare il cascamorto con una bella donna" rise Morgana, maliziosa come suo solito. "Guarda che tanto lo so che avevi una cotta per Morgause…"

 

Artù divenne rosso come una ciliegia, ma decise di contrattaccare con le stesse armi della sorella.

"Questo non è affatto vero! Ma se anche avessi avuto una cotta per lei, qualcun altro me l'avrebbe certamente portata via! E non mi sembra di fare il cascamorto se bacio la mano a mia … cognata!"

 

Non ne avevano mai parlato chiaramente, lui e la sorella e fu una sensazione un po' strana. A Morgause scappò una piccola risata, cosa abbastanza singolare per lei e Morgana rimase a bocca aperta, cosa ancora più singolare.

"Volevo dire che … mi piacerebbe fosse così … se lo fosse…" Arthur si stava impappinando con le parole, al che decise di tacere, mezzo disperato.

 

"Buonasera Artù" intervenne una profonda voce maschile a salvarlo dalla situazione.

Voce che, assolutamente il re non fu in grado di riconoscere. "Devo dire che sei cresciuto moltissimo dall'ultima volta che ti ho visto. Sei un uomo adesso e ti trovo davvero in ottima forma."

 

Due cavalieri avanzarono lentamente verso di lui: sembravano due nobili d'alto lignaggio. 

Artù si avvicinò loro e riconobbe il primo: "Re Cenred? Tutti mi sarei aspettato tranne te!" E si strinsero calorosamente gli avambracci. 

"Anche tu sei cambiato molto e non ti avevo riconosciuto. A cosa devo l'onore della tua visita?" chiese Artù.

"I vostri briganti sono passati anche da noi. Abbiamo un conto in sospeso con loro" spiegò Cenred.

"Venite, prego, avrete bisogno di riposare e di mangiare!"

"Grazie, ma abbiamo cenato. Lascia che ti presenti Humbert***,  il mio valletto personale."

Humbert era un giovane uomo dai capelli lisci, biondi, pettinati all'indietro e dai caldi occhi castani. Era molto curato nel vestire ed elegante nei modi. Era molto bello, anche se di una bellezza del tutto diversa da quella di Cenred. Il re l'aveva presentato con un sorriso e una dolcezza particolari: Artù non ebbe dubbi sul fatto che anche Humbert fosse un amante del re.

"Piacere di conoscerti, Humbert!"

Il valletto rispose al saluto con garbo, inclinando il capo. "È un onore conoscervi, re Artù. Quello che si dice di voi rispecchia la realtà."

"E sarebbe?" chiese incuriosito Artù.

"Un giovane re, forte e splendido!"

"Humbert!" mormorò Cenred interrompendolo e scoccandogli un'occhiataccia.

"Artù, loro sono …" disse Cenred indicando due mastodontici soldati "Agilulf e Armand, i miei più fidati cavalieri. Ognuno di loro vale almeno come dieci uomini in quanto forza e acume."

"Benvenuti" disse Artù alle guardie, accorgendosi che i due uomini erano tra i più grossi e muscolosi che avesse mai visto. Due veri e propri colossi, ciascuno dei quali avrebbe potuto mettere in seria difficoltà un cavaliere della stazza di Percival.

 

In quel momento si stava avvicinando Merlino con una brocca in mano. Quando vide il gruppo di persone attorno ad Artù, si fermò e fece per tornare indietro.

"Merlino!" lo chiamò il re che gli corse incontro sorridendo, gli prese la brocca dalle mani appoggiandola per terra e gli portò le mani dietro al collo. Il servitore trasalì per la sorpresa e quando Artù avvicinò il viso al suo, Merlino sbarrò gli occhi, non comprendendo le ragioni di quel comportamento, soprattutto di fronte a tutte quelle persone. Il sorriso di Artù era gigantesco e malizioso, mentre gli sussurrava: "Siamo circondati, Merlino!" 

Il servo spostò la testa all'indietro per poterlo guardare meglio in viso e con stupore divertito chiese: "Circondati da chi?"

"Lo capirai! Vieni, ti voglio presentare qualcuno" e lo prese per un gomito tornando con lui dal gruppo.

"Merlino, mi sei mancato!" disse Morgana abbracciandolo con trasporto ma tirandosi subito indietro con il naso arricciato, sussurrandogli di nascosto:"Perdonami, ma hai una puzza tremenda!" 

Il servo arrossì fino alla punta delle orecchie.

"Oh … la selvaggina!"

"E hai anche un aspetto sciupato e stanco. Quel prepotente di mio fratello ti schiavizza ancora? Mi sa che dovrò fargli un discorsetto."

"Guarda che vi sento!" sghignazzò Artù.

"No, non è così. È che durante le missioni … è dura per tutti." disse Merlino.

"Questo sembra essere diventato il motto di Merlino" sorrise il re.

"Ma … questi prima non c'erano!" disse la ragazza, tastando impudicamente il petto e le braccia di Merlino, alludendo ai muscoli che il ragazzo si era fatto partecipando spesso agli addestramenti dei cavalieri.

"Morgause, lui te lo ricordi?"

"Certamente, l'ombra di Artù! È un piacere rivederti!"

"Grazie. Anche per me" si inchinò il servo, rimanendo a distanza di sicurezza a causa del suo odore.

 

"Lui è Merlino, il mio valletto" disse Artù con orgoglio, mostrandolo a Cenred.

"Finalmente ti conosco! Morgana mi ha detto meraviglie su di te!" disse Cenred che aggiunse rivolto ad Artù: "Fossi in te, lo nutrirei un po' meglio, ma devo ammettere che hai gusto Artù: è assolutamente adorabile!"

 

Quelle parole scombussolarono l' intero gruppo. Artù e il suo servo gareggiavano a chi arrossiva di più. Morgana scoppiò a ridere, portandosi dietro la compagna. Humbert squadrò Cenred con profondo astio, probabilmente geloso dei complimenti fatti dal suo re a Merlino. 

 

Cenred si voltò verso Merlino. "Questo è Humbert, il mio valletto. Mi piacerebbe che tu gli insegnassi la devozione e la lealtà che hai per il tuo re e per le quali sei famoso."

Humbert alzò gli occhi al cielo.

"Vi ringrazio, maestà, ma credo che parliate di qualcun altro, perché con me Artù dice sempre che sono il servo peggiore che abbia mai avuto" confessò Merlino.

 

Artù mise un braccio sulle spalle del servitore, sorridendo: "Non farci caso, Cenred. Lui è un tipo modesto. Non è solo il mio valletto, ma anche un caro amico. Il migliore, direi." 

"Visto?" mormorò stizzito Humbert al suo re, che forse pentito, continuò: "Per me è lo stesso con lui" e indicò il valletto. E ammetto che quando ha voglia di cucinare, Humbert è insuperabile."

"Non solo per quello, voglio sperare" brontolava sommessamente il valletto di Cenred.

 

"Ma venite a sedervi, sarete stanchi. Merlino per favore occupati dei loro cavalli" ordinò Artù.

Merlino ebbe un moto interno di sconforto. Altre dodici bocche da sfamare, contando i cavalli. Quell'Humbert dava l'idea di uno che si facesse servire più che quella di un servo. Non poteva contare sul suo aiuto.

Cenred si rivolse alle guardie.

"Armand, Agilulf, occupatevi voi dei cavalli e anche di predisporre le nostre tende per la notte. Merlino ha già molto da fare." 

E rivolto ad Artù concluse: "Le mie guardie sono abituate a fare di tutto e purtroppo Humbert non è in salute in questo momento."

Merlino era cosí sollevato che avrebbe voluto andare a baciare ripetutamente le mani di re Cenred, ma si rese conto che non era il caso.







Stava riordinando la tenda adibita a cucina quando entrò Artù.

Il servo non si stupì più di tanto e visto che il re taceva, fu lui a parlare per primo.

"Non vedo l'ora di togliermi questo lezzo di dosso, maestà. Morgana prima era inorridita. Il bagno che mi avete costretto a fare oggi, non è servito a cancellare il pessimo odore di spezie e carne cruda dal mio corpo. Ora che ci penso, siete l'unico che non si è lamentato del mio odore. Persino Leon mi ha detto qualcosa, pur con molta delicatezza." 

 

E dire che Artù non gli era mai stato appiccicato così tanto come quel giorno!

 

Artù avvicinò il naso ai capelli di Merlino e inspirò profondamente, cosa che fece fremere il più giovane per un lungo attimo.

 

"Io sento solo un buon odore … cioè un odore normale …"

Merlino non capiva: "Sarete raffreddato …"

Credevo foste in compagnia dei vostri ospiti. Non è bello che li trascuriate così" commentò Merlin.

"Stai cercando di liberarti di me?" alluse il re.

"Come potrei? Io vivo per servirvi e stare accanto a voi è un piacere oltre che un onore" ironizzò il servo.

"Sì, come no? Comunque i miei ospiti stanno sistemando le loro cose. Si stanno facendo aiutare da Agistulf e Arvald!"

"Chi?" Merlin scoppiò a ridere. "Volete forse dire Agilulf e Armand!"

"Quello che sono! Certi nomi … dovrebbero essere proibiti!"

"Io li trovo affascinanti!"

"I loro nomi?"

"No, loro due. Sono due giovani uomini grandi e possenti, ma sembrano avere la delicatezza di due bambini!"

 

Artù non ne poteva più di quel giochetto, sempre che si trattasse di un giochett e lui non ne era poi così sicuro.

"Ho capito, Merlin! Ogni cosa che incontri oggi, purché dotata di membro erettile, sembra farti sciogliere come una ridicola donnicciola!"

 

Dire che Merlino era basito, era dire poco.

Il ragazzo boccheggiò a lungo, non trovando le parole per esprimere il proprio disappunto.

"Che avete? Non vi ho mai sentito pronunciare parole così volgari…"

"Si vede che non sei mai venuto a bere nelle taverne con me e i cavalieri!  A proposito, perché non sei mai venuto?"

"Forse … proprio per non sentire pronunciare parole così volgari…"

"E quando ci vai per conto tuo, non le senti?" 

 

Merlin sollevò gli occhi verso l'alto. 

Ancora con quella storia! Per un paio di volte che Gaius l'aveva usata come scusa per coprirlo!

 

Il re continuò: "E se non sono abbastanza fine per te, forse sarebbe meglio che tu cambiassi re. 

Cenred non sarebbe mai volgare come me … perlomeno a parole."

"Non parlate male di lui. Avete visto cosa ha fatto prima per me, per non appesantire il mio lavoro? È un re magnanimo, anche se non sono un suo suddito, anche se sono solo il servo di un altro re" si animò Merlino.

 

Artù sentì aumentare la stizza dentro di sé.

"E vi ha detto anche di nutrirmi meglio!" Si infervorò il servitore.

"Perché non ha idea di quanto mangi! Ha detto pure che sei adorabile."

"Se Cenred mi trova adorabile io non posso che sentirmi lusingato!"  

"Non mi stupirei se ti chiedesse di seguirlo nel suo regno, anche perché ti assicuro che lui avrebbe ben altre intenzioni che farti diventare il suo servo."

"Intendete il suo … amante?"

"Non ti piace il re?"

"Non è questo. Lui è bello, coraggioso e generoso, ma …"

"In effetti dicono che a letto sia molto generoso …"

"E poi ha già un amante …"

"Forse quello che vuole è averne due, magari contemporaneamente. Cosa ne pensi?"

 

Merlin diventò rosso più per la rabbia che per la vergogna.

"Dico che, anche se siete il re, certe cose non dovreste dirle nemmeno voi!"

"Non ti piace neanche Humbert?"

"È una splendida buccia vuota, secondo me."

"Sei un puritano!"

"No, sono solo normale. Le cose a tre mi disgustano, per ciò che significano."

"E sarebbe?"

"Si possono amare sul serio due persone simultaneamente? No, quindi è chiaro che si tratta di altro.

Come può una coppia che dice di amarsi, accettarlo? Per me si tratta di un tradimento reciproco e consenziente, molto peggio di un normale tradimento. Nel migliore dei casi significa che i due sono stufi, annoiati e quindi che non sono più innamorati e così facendo, arrivano a perdere la cosa più importante: il rispetto di sé e degli altri. Qualcosa di molto triste oltre che squallido! Ma questa è solo l'opinione di un servo che non conta nulla!"

"Dai basta, fermati! Io scherzavo: volevo solo stuzzicarti un po'!" sorrise Artù sorpreso dalla reazione sconvolta dell'altro!

 

"Avete sbagliato, allora! È un argomento che mi fa male! Comunque non sono interessato a Cenred, né come servo, tanto meno come altro… ed ora se volete scusarmi, ho bisogno di prendermi una pausa!"

 

Merlin se ne andò in fretta: era molto arrabbiato con Artù e il re se ne accorse. Era quello che voleva ottenere visto come Merlino lo aveva fatto arrabbiare a sua volta, poco prima. 

Eppure quello che provava ora non era soddisfazione, ma solo amarezza.


Finalmente Merlino si immerse nell'acqua del fiume. Era tutto il giorno che lo desiderava. Voleva solo rilassarsi e dimenticare le stupide parole di Artù.

Con la magia aveva appena fatto apparire della cenere profumata.

Sentì uno sciacquìo alle spalle, che gli fece fare un balzo e cacciare un piccolo strillo.

"Tranquillo Merlino! Sono Humbert!"

"Oh, Humbert!" 

'Addio al bagno  rilassante!' si disse seccato.

 

"Scusami, ma cos'è questo odore nauseabondo che hai addosso? Me ne sono accorto anche quando ci hanno presentato. Forse eri sotto vento."

'Figuriamoci!' pensò Merlino.

"Ho dovuto pulire la selvaggina."

"Che cosa? Io non potrei farlo neppure sotto tortura!"

 

'Come si vede che non è un vero servo! Si comporta più come un nobile! Sarà anche un tipo raffinato ma è un po' troppo snob per i miei gusti e così, a pelle, mi sta pure antipatico. Però è molto bello. Probabilmente per questo è l'amante di Cenred.'

 

"Ho qui un sacchetto di cenere ed erbe. Spero funzioni: l'acqua da sola non basta a lavare via questo schifo" spiegò il ragazzo ad Humbert.

"Posso vedere? Mmh … che profumo meraviglioso. L'hai preparato tu?"

"Sì, ne vuoi un po'?"

"Ti ringrazio" e ne prese un pizzico spargendoselo sulle braccia e sul petto, cosa che fece anche Merlino.

Humbert si girò di schiena, spostando i capelli da un lato.

"Dietro non riesco. Mi daresti una mano?"

Merlino sgranò gli occhi e allungò il collo controllando che Artù non fosse nei paraggi. Ricordava la faccia del re, quando aveva fatto il massaggio a Leon e chissà cosa avrebbe pensato vedendoli così!"

 

Cominciò dalle spalle e strofinò la schiena del giovane con vigore, nel modo più professionale possibile.

 

"Sei fortunato Merlino!"esordì Humbert, dopo un po'.

"Per cosa?"

"Per Artù. Penso davvero che sia uno degli uomini più belli che ci siano al mondo …"

"Così dicono … "

"Non sei d'accordo? Com'è possibile?"

"No, sono d'accordo. Artù è bello, forte, leale, coraggioso e giusto. Ma ha anche parecchi difetti!"

"Chi non ne ha! Prendi Cenred ad esempio. È bellissimo, non ha paura di niente, è molto virile, se capisci cosa intendo. Anche troppo virile, se è per questo."

Merlin era già arrossito. Non era abituato ad affrontare argomenti così intimi, soprattutto con uno sconosciuto.

Humbert si immerse per sciacquarsi e quando riemerse, ordinò a Merlino:

"Dammi il sacchetto e girati!"

Humbert iniziò dai capelli. "La maggior parte degli odori si concentra nei capelli" e cominciò a massaggiarli sapientemente.

Merlin doveva ammettere che era piuttosto piacevole.

"Dicevo" riprese Humbert "Cenred è fin troppo virile. Questo è il problema. Non gli basta mai, ma io sono abbastanza cagionevole di salute.

Ogni tanto mi tradisce e non mi fa piacere."

"Sei sicuro?" 

"Certo, lui lo ammette. Dice che sono il più importante per lui, ma se ogni tanto gli capita, non riesce a trattenersi. Dice anche che si tratta solo di sesso fine a se stesso e non di amore. Io so che è vero, ma mi dà ugualmente fastidio. Una volta ho anche pianto."

 

Humbert era passato a lavare la schiena di Merlino. A parte sua madre, nessuno gli aveva mai lavato i capelli o la schiena. 

"Quindi?" 

"Ho iniziato a rendergli pan per focaccia. L'unico modo per sopportare le sue scappatelle era fare come lui. Tradirlo! Sciacquati!" E gli spinse la testa sott'acqua.

Quando si rialzò, spruzzando acqua dalla bocca, Merlino gli sorrise tristemente: "Non hai pensato che forse sarebbe meglio per te cercare un uomo che ti rispetti e ti ami veramente? E che  anche Cenred dovrebbe fare lo stesso?"

"Ma sei impazzito forse? Dove lo trovo un altro re che mi voglia al suo fianco? E in più è magnifico e sa farsi perdonare …"

 

Merlino ci rimase male. Perché Humbert si lamentava allora, se aveva già deciso tutto!

"E tu come fai quando Artù ti tradisce? Gli rendi la pariglia anche tu?" gli chiese Humbert con voce suadente, avvicinandosi fin troppo a Merlino.

 

'Superficiale. Vacuo. Ecco perché non lo sopporto! Ed ora questo e le sue assurde conclusioni!' 

Come si permetteva?

"Hai capito male, Humbert" rispose allontanandosi di un paio di passi. "Io e Artù non ci tradiamo perché semplicemente non stiamo insieme!"

"Vi ho visto oggi, faccia a faccia, abbracciàti."

"Ti assicuro che non c'è mai stato altro che amicizia tra noi. Un'amicizia importante, questo sì, ma solo quella."

"Non hai bisogno di mentire. Non con me, almeno. Tra due giorni non mi vedrai più."

"Non m'importa se non mi credi!"

"Beh, se ho sbagliato, scusa. Ma anche Cenred la pensa così su di voi. E Morgana non l'ha mai negato."

"Morgana si diverte solo a stuzzicarci. L'ha sempre fatto!"

"Ma chi ti dice che proprio ora Artù non lo stia facendo con Cenred?" disse Humbert malizioso. "Artù è un sogno e anche Cenred non scherza."

 

"No, non è vero!" s'infuriò Merlino. "Artù non è come te o Cenred. Non ci crederò mai. Sei solo tu che vuoi farmelo pensare!"

 

Humbert scoppiò a ridere.

"Dio! Ma ti vedi? E poi dici che Artù non t'interessa? Solo a parlarne, impazzisci! Ammettilo?"

"Io vado a dormire. Ho perso già troppo tempo qui."

"Solo un momento Merlino. Tieni il tuo sacchetto" e avvicinandosi gli afferrò un polso. 

"Ti chiedo scusa. Non ho giocato bene le mie carte. Avrei dovuto concentrarmi su di te, invece. Farti capire quanto ti trovi attraente. Cenred ha ragione: tu sei davvero adorabile e la cosa più adorabile di tutte è che non ti accorgi di esserlo."

"Lasciami!" disse fermamente Merlino. L'altro lo fece, ma gli appoggiò le dita sul petto, accarezzandolo lievemente:"Stai con me stanotte … saprò essere molto dolce …"

"Sei rimasto indietro e devi pareggiare i conti con il tuo re?" gli chiese Merlino con una smorfia di sarcasmo sul viso. Poi gli tolse sgarbatamente la mano dal petto e girate le spalle si incamminò verso la sponda. Alcuni uomini vivevano vite molto squallide. Fatti loro, non gli importava, ma lui non voleva averci troppo a che fare.




 

"Aiuto!"

Artù si svegliò di soprassalto. Il primo pensiero fu per Gwaine ed Elyan.

"Aiuto! Vi prego, aiutatemi!" continuò la voce di uomo fuori dalla sua tenda. Anche gli altri si svegliarono e si precipitarono fuori.

Humbert, completamente nudo e bagnato, era inginocchiato per terra, tenendosi la testa con una mano.

Cenred corse verso di lui, accasciandosi preoccupato. Morgause con sensibilità insolita per lei, prese una coperta con cui ricoprì il corpo del valletto. Cenred la guardò con gratitudine.

"Merlino …" mormorò Humbert con un filo di voce. Ad Arthur venne un colpo. Sentì una scarica bruciante all'altezza dello stomaco e si abbassò vicino ad Humbert.

"Merlino? Cosa gli è successo? Parla, ti prego!"

"Facevamo il bagno … al fiume…"

'Bagno al fiume? Insieme? Di notte? Perché?' pensò Artù con un nodo in gola.

"Erano quattro o cinque … mi hanno colpito…" Humbert spostò la mano dalla testa e tutti inorridirono: perdeva sangue copioso da un grosso bernoccolo gonfio su un lato del capo.

"E Merlino?" chiese Artù sempre più angosciato.

"Gli hanno tappato la bocca, l'hanno sollevato … non ricordo altro perché sono svenuto, ma ora … non c'è più."

"Leon, Percival, prendete i cadetti e le torce e andate a riva a cercarlo" ordinò Artù.

 

Morgana arrivò di corsa con delle pezze imbevute. "Dobbiamo farlo sdraiare!"

"Portatelo nella mia tenda" disse Cenred ai suoi uomini.

"Un attimo ancora, vi prego" supplicò Artù.

"Li hai visti? Com'erano?"

"Vestiti di scuro … strani cappelli larghi… sembravano briganti."

 

Il re si alzò in piedi.

'Sono quei maledetti! Hanno preso Merlino in ostaggio per ricattarci. Questa sera devono averci spiato e hanno individuato in Merlino la vittima perfetta. Avrei dovuto stare con lui, avrei dovuto proteggerlo… basta!'

Doveva agire subito. Sapeva di non essere perfettamente lucido. Aveva bisogno di aiuto.

 

Nessuno riusciva a trovare Merlino. L'unico segno del suo passaggio erano i suoi vestiti, abbandonati su un roccia vicino alla sponda del fiume.

Era stato ritrovato anche il sacchetto ormai vuoto contenente la cenere profumata.

 

Più tardi erano seduti tutti in cerchio vicino al fuoco. 

"Ho bisogno di elaborare un piano, sicuro e veloce."

"Conta su di noi, Artù." disse Cenred. "Metterò i miei uomini a tua completa disposizione."

"Grazie! La cattura dei briganti diventa ora del tutto secondaria. La priorità è salvare Merlino e portarlo via di là."

'Voglio che torni da me!'

Leon disse cauto: "Voi siete troppo coinvolto Artù. Non sarebbe meglio che andassimo solo noi cavalieri? Ve lo riporteremo!"

"Ho fiducia in voi e so che lo fareste, ma non posso lasciarlo da solo, mi capisci?"

Leon gli sorrise comprensivo e annuì.

Artù tremava dalla tensione e dalla paura per la sorte di Merlino. 

'Se almeno Gwaine ed Elyan tornassero! Forse sono stati scoperti e catturati anche loro! Forse tornando hanno incrociato i briganti che hanno rapito Merlino!"

 

Come richiamati dai pensieri del re, i due uomini a cavallo, sporchi e affaticati comparvero di fronte al gruppo. 

Artù e gli altri cavalieri si alzarono per abbracciarli. Alcuni andarono a prendere cibo e vino per loro.

"Avete visto Merlino?" chiese subito Artù. "No, perché?" domandò a sua volta Elyan.

Leon spiegò brevemente l'accaduto ai due cavalieri che rimasero profondamente addolorati dalla notizia.

"Abbiamo incrociato un gruppo di uomini al galoppo, ma ci siamo nascosti. Non sapevamo che portassero Merlino con loro. Era buio." disse Gwaine con forte rammarico.

"Non avreste comunque potuto fare nulla" commentò Artù.

 

I due cavalieri riferirono al gruppo tutto ciò che avevano scoperto.

Un accampamento di tende. Circa trenta uomini. A mezz'ora di galoppo di distanza. Nessuna donna, nessun bambino.

La tenda al centro dell'accampamento era occupata da Alvarr, così lo chiamavano gli altri ed era il loro capo. Biondo, capelli lunghi portati all'indietro, alto, ben piazzato. Un bell'uomo, strano e pericoloso. Lo avevano sentito vantarsi con gli altri dell'omicidio del contadino.

Morgana che era dietro di loro in quel momento, sbiancò: "Artù, ho conosciuto Alvarr e anche tu. Era a capo di un gruppo di druidi e ha poteri magici. È uno stregone, fra i più malvagi. È subdolo, falso e molto ambizioso. Ti prego di stare attento a lui. È dotato di un carisma magnetico e io fui molto vicina a cedere alle sue lusinghe. È colpa mia se è ancora in circolazione. Fui io a farlo scappare di prigione. Seppi poi che aveva ucciso molte persone."


Partirono tutti. Anche Cenred e Morgause. Gli unici rimasti al campo erano Morgana che si stava prendendo cura di Humbert ed Elyan, convinto da Artù, per restare a proteggere sua sorella e il compagno di Cenred.

Gwaine non avrebbe sentito ragioni pur di andare a salvare il suo amico e comunque Artù aveva bisogno di qualcuno che conoscesse il luogo.

"Artù, c'è un problema" disse Gwaine. "Hanno rapito Merlino in modo da scambiare la loro libertà con la sua vita."

"Non mi fido di loro. Alvarr è uno stregone ed è malvagio. Lo ucciderà e cercherà di uccidere anche noi."

"Anch'io non mi fido, Artù. Un lato del loro campo si trova sul ciglio di un burrone a strapiombo. L'hanno fatto apposta. Ci stanno aspettando! Non riusciremo a coglierli di sorpresa. Meglio non attaccare stanotte. Ci apposteremo e attenderemo un momento più propizio per coglierli impreparati. Sono quasi il doppio di noi e sono armati fino ai denti."

"Dio, Gwaine! Non pensi a Merlino? Tutta la notte in mano a quelli!"

"Se ci facciamo ammazzare, non ci sarà nessuno a salvarlo!"

 

Era ancora buio, quando giunsero all'accampamento dei malviventi e si posizionarono a gruppi di due dietro rocce e cespugli, il più vicino possibile al campo.

Morgause era vicino ad Artù. "Maestà, mi dispiace dovervelo dire così, ma io possiedo … la magia. E voglio usarla per voi e per Merlino.

Artù era esterrefatto, ma non aveva tempo di pensarci. Non in quel momento.

Chiese solo: "Morgana lo sa?"

"Morgana lo sa … da tanto tempo!"

"Se lei si fida, allora mi fido anch'io!"

"Voi lasciate che mi occupi di Alvarr e pensate al resto!"

 

Quando più tardi Artù vide Merlino, strinse i denti per imporsi di non intervenire. Il ragazzo veniva sballottato in qua e in là da un losco energumeno. Era svenuto. Chissà cosa gli avevano dato per ridurlo in quello stato. Merlino non era nemmeno stato rivestito: era malamente avvolto da una coperta, che gli lasciava scoperte le spalle e le gambe.

Fu messo di traverso, a pancia in giù sopra un cavallo. 

Alcuni uomini, tra cui Alvarr stavano mangiando qualcosa, mentre altri stavano piegando le tende o caricando i cavalli.

"È il momento!" sussurrò Arthur, facendo un cenno agli altri.

Uscirono dai loro nascondigli veloci e silenziosi. Artù andò dritto a prendere Merlin e se lo caricò sulle spalle. Doveva stare attento, perché lì vicino c'era il profondo dirupo.

Tutti i briganti sguainarono allora le loro spade, tranne Alvarr.

Morgause con la magia fece spezzare un grosso ramo d'albero, perché cadesse su Alvarr, ma lo stregone si gettò a terra rotolando sui fianchi e lo evitò.

Ogni cavaliere stava combattendo contro uno o due briganti. Tutti tenevano un occhio su Artù e Merlino. L'ordine era quello della ritirata, non appena Artù fosse riuscito a fuggire a cavallo.

Ma il re faceva molta fatica a muoversi liberamente, a causa dell'ingombro e del peso di Merlino. Uno alla volta i cavalieri si paravano davanti al re per favorirne la fuga e combattere al posto suo.

Morgause si preparò per un nuovo attacco magico ad Alvarr, ma lui la anticipò e la fece sbattere contro un albero con la sua magia. La ragazza perse conoscenza.

Agilulf che in quel momemto stava combattendo davanti al re, fu attaccato in contemporanea da tre briganti ed Artù si vide costretto ad indietreggiare verso il burrone, quando altri due delinquenti lo fronteggiarono.

Alvarr si avvicinò ad Artù con il chiaro intento di voler gettare lui e Merlino giù dal dirupo usando la sua magia.

Non fece in tempo però, perché Cenred arrivò contro di lui come un cinghiale inferocito, dandogli un colpo tale da farlo precipitare con un urlo nel vuoto dietro di lui.

 

Nell'istante successivo tutti i briganti gettarono a terra le loro spade, arrendendosi.

"Noi non c'entriamo" cominciò a dire  uno di loro "sì, noi rubiamo, ma non uccidiamo nessuno. È stato Alvarr a uccidere quel pover'uomo."

 

Un altro continuò: "Lui è malvagio e potente. Noi siamo stati praticamente costretti a seguirlo. Chi si è rifiutato di farlo, è sparito poco tempo dopo. E sappiamo che è stato lui ad ucciderli."

Un altro ancora si fece avanti per parlare.

"Per fortuna ora è morto! Noi veniamo tutti da famiglie di contadini, da gente povera. Avremmo voluto ribellarci ma avevamo paura."

 

Artù e il suo seguito tornarono al campo senza fare prigionieri.

Quel che era successo era chiaro. Senza il loro capo quel gruppo di briganti era solamente un altro gruppo di ladri di galline, come ce n'erano tanti. Portarli in prigione per poco tempo e fargli magari dare qualche frustata, non sarebbe servito a cambiarli. Al contrario: avrebbe contribuito a inasprirli ancora di più, contro la corte reale.

 

I sani si occuparono di curare i feriti. Anche Humbert con la testa fasciata, diede una mano a Morgana.

 

Ogni tanto Morgana si faceva prendere dallo sconforto e piangeva, dal terrore che Morgause non si risvegliasse. Non smetteva comunque di darsi da fare, perché l'aiutava a non farsi sopraffare dal dolore. 

Insieme ad Humbert, preparò il pranzo per tutti.

Ogni volta che passava davanti ad Artù, Morgana andava ad abbracciarlo per dare e ricevere conforto.

Artù soffriva proprio come lei.

 

Il re era spaventato a morte.

Come avrebbe fatto senza Merlino? La sua vita sarebbe stata vuota e grigia, per sempre.

In più si sentiva in colpa per Morgause.

A metà pomeriggio la ragazza bionda si svegliò. 

Morgana pianse di gioia e la coccolò a lungo, dicendole dolci parole d'amore che commossero Artù.

Purtroppo, per lui, l'attesa non era ancora finita. 

Cenred si sedette vicino a lui. "Sono sicuro che tra non molto si sveglierá. L'avranno drogato per farlo stare calmo. Con queste droghe ci vuole tempo."

"Cenred, mi hai salvato la vita. Sono in debito con te. Ti ringrazio molto. E se Merlino vivrà, avrai salvato anche lui …"

Nel dire questo Artù scoppiò a piangere. Cenred gli strinse una spalla con forza.


Stava per tramontare il sole quando Merlino aprì gli occhi.

"Artù?" chiamò. "Dov'è Artù?" chiese con Humbert e Morgana.

"Bentrovato anche a te!" disse la ragazza ridendo felice.

 

Quando Artù lo vide sveglio, seduto sul suo giaciglio, non disse nulla. Si buttò in ginocchio e lo abbracciò, posando la guancia sui suoi capelli e versando silenziose lacrime di sollievo.

Dopo il lunghissimo momento, Artù cominciò a borbottare: “Stupido sciocco, che se va in giro nudo per i fiumi, di notte, a tentare i briganti …”

“Anch’io sono felice di rivedervi sano e salvo” sorrise Merlino.

 

Finalmente, quella sera si sentivano tutti felici. Persino Morgause e Merlino riuscirono a mangiare qualcosa, seduti in mezzo agli altri.

 

Artù osservava Merlino da lontano. Qualche cavaliere lo abbracciava, altri gli davano un bacio sulla guancia o sulla testa. Qualcuno gli prendeva la mano con la sua tenendola stretta per un po'. Altri gli davano pacche affettuose sulle spalle o sulla schiena.  Altri ancora gli davano dei colpetti al viso, dolci come carezze.

 

Ora non era geloso. 

Era felice di tutte quelle attenzioni per Merlino. Tutti gli volevano bene. E lui aveva visto la malizia dove non c’era, poiché la malizia era dentro la sua testa, concepita da un desiderio che non avrebbe dovuto esserci, ma c’era.

 

E il suo dubbio su Merlino era in realtà una speranza nascosta. La speranza di poter essere amato da lui, anche se uomo. Anzi di più! Voleva essere amato da lui, in quanto uomo!

 

Il suo dubbio non era altro che lo specchio del dubbio che Artù aveva su se stesso. 

Fin da ragazzino si era reso conto che anche gli uomini potevano essere belli e attraenti. Ma siccome gli piacevano anche le donne, non se n’era mai fatto un problema. Era convinto che fosse così anche per le altre persone.

 

Lui, in più, sarebbe diventato re e doveva dare degli eredi a Camelot. Anche se poteva sempre decidere di adottarne. Molti re l'avevano già fatto in passato. Era comunque un'alternativa che a corte avrebbe fatto storcere il naso a molti.

 

Da quando aveva conosciuto Merlino, prima così irriverente e coraggioso, poi così leale e devoto, infine così divertente e … affascinante, lentamente tutto era cambiato. Solo il rischio di perderlo in quel modo però, aveva rivelato ad Artù, la profondità dei suoi sentimenti per Merlino.

Avrebbe rinunciato al trono per stare con lui? La risposta gli fece paura. Sì, l’avrebbe fatto e per un’unica ragione. Sapeva che sarebbe stato felice con Merlino, come con nessun’altra persona, uomo o donna che fosse.

Tutto però era ancora incerto. Stava facendo i conti senza l’oste. Il suo dubbio su Merlino non aveva avuto ancora una risposta certa. E se anche avesse accettato di amare un uomo, Artù non era sicuro che quell'uomo sarebbe stato lui.

 

Dopo cena, Merlino era seduto da solo vicino al fuoco, mentre gli altri cominciavano a sistemare le loro cose per il viaggio di ritorno e qualcuno già dormiva.

Era molto tardi, ma Merlino non aveva sonno: aveva dormito per quasi un giorno intero, a causa delle droghe che gli avevano propinato o della magia. Gli avevano dovuto raccontare tutto, perché non ricordava niente, se non il momento del rapimento: un momento terribile! Rivedeva Humbert che urlava disperato e che era stato colpito con un bastone, poi più nulla. La testa gli faceva un male cane in corrispondenza di un bitorzolo in mezzo al capo. Avevano colpito anche lui.

 

"Come stai?"

"Sto bene, grazie a voi. Mi avete salvato la vita e consideratemi servo vostro, per tutto il tempo a venire!"

"Attento a quel che dici" sorrise Cenred "perché mi piacerebbe molto portarti a palazzo con me. Sei il ragazzo più coraggioso e leale che conosca. Verresti?"

"Se sono leale come dite, come posso voltare le spalle ad Artù?"

"Lui è molto fortunato e spero che lo sappia. Solo che … Artù è talmente legato al suo ruolo di re e alle convenzioni della corte, che non sono certo che tu possa essere felice con lui … con me saresti libero, libero di essere te stesso sempre e comunque."

"È una bella proposta e vi ringrazio, ma sono piuttosto felice anche qui. È la verità!"

Cenred pensò che in ogni caso non avrebbe meritato uno come Merlino. Il massimo che gli era concesso era avere un uomo come Humbert, un uomo molto bello che gli rimanesse accanto nonostante le sue scappatelle. Non tutti erano in grado di amare nello stesso modo. Forse aveva sperato che uno come Merlino avrebbe potuto dargli di più, renderlo così felice da farlo diventare un uomo migliore. Ma quel cambiamento desiderato poteva avvenire solo partendo da se stessi.

Merlino gli disse solo: 

"Credo che Humbert tenga molto a voi e non solo perché siete il re.

Anche se ha un modo strano di dimostrarvelo."

Il re salutò Merlino con un cenno della testa e se ne andò.

 

Il ragazzo pensò che rifiutare l'offerta di Cenred fosse una cosa da pazzi.

Eppure non era tentato dalla sua proposta. Perché c'era Artù, la cui presenza riempiva la sua mente, i suoi giorni, ogni momento.

C'erano anche quei sentimenti e il desiderio che provava per lui. Erano quelli i motivi per i quali Artù pensava che Merlino lo trattasse diversamente dagli altri cavalieri. Era vero.

Quelle cose che sentiva per il suo re dovevano rimanere celate in profondità dentro di lui. Forse per sempre.

L'avrebbe fatto, se così doveva essere.

Artù doveva pensare prima al suo regno, poi al resto: per questo era un bravo re.

 

Poco dopo sentì dei passi vicini e pensò che fosse Artù: era Humbert.

"Ciao Merlino. Volevo salutarti. Domattina partiremo  Come ti senti?"

"Ancora un po' scosso e tu?"

"A parte un grosso bernoccolo in testa, sto bene!"

"Ti capisco!"

"Mi è dispiaciuto molto sai?"

"Adesso è tutto finito e comunque tu non c'entri!"

"Io non parlavo del tuo rapimento … ovvio che che mi sia dispiaciuto … "

Merlino lo prese in giro: "Ho sentito come urlavi! Sembravi una gallina a cui stessero per tagliare il collo!"

Humbert rimase a bocca aperta poi si riprese: "Vorrei ben vedere! Immagina se quando stai per portarti a letto uno, te lo soffiano via da sotto il naso, in quel modo!"

"Ehi!" fece Merlino scandalizzato. "Tu non stavi portando a letto proprio nessuno. Io …" 

Lo guardò e vide il sorriso sornione di Humbert che chiaramente scherzava e soffiò uno sbuffo divertito dal naso.

 

"Parlavo di quello che ti ho detto ieri sera" continuò Humbert "mi sono permesso di giungere a delle conclusioni sbagliate. Tu non sei affatto come me o Cenred. E nemmeno Artù."

"Anch'io voglio scusarmi per averti giudicato senza conoscerti veramente. E poi, voi due non siete così male. A Cenred devo la vita. Tu stai cercando di salvare il vostro rapporto con le unghie e con i denti, anche se in un modo che credo non concepirò mai!"

"Sei davvero speciale!"

"È la verità. Io non potrei mai farlo, nemmeno per amore!"

"Non dirlo così forte. Potresti doverlo fare, se un giorno Artù si sposerá" aggiunse Humbert serio.

 

Un' ombra  passò sugli occhi di Merlino. 

 

"Scusa, ho parlato troppo come al solito… Artù è fortunato ad essere amato da te. Lo capisco. Sarebbe piaciuto anche a me. Ma non mi hai voluto. È vero che volevo vendicarmi di Cenred, però mi piacevi sul serio."

"Ti è passata in fretta, però" sorrise Merlino.

"Diciamo che non mi hai incoraggiato molto! Non ci crederai ma non devo faticare così tanto, in genere. Se tutti fossero come te, io sarei l'uomo più fedele del mondo!" 

Merlino sospirò e sorrise.

"L'ultima cosa, poi giuro che sparirò" concluse Humbert "Tu non lo sai ancora, ma secondo me, il tuo Artù è irrimediabilmente innamorato di te!" E se ne andò lasciando l'altro rosso come un papavero e con il cuore a soqquadro.

 

Il mattino dopo Merlino si svegliò per  primo. Fisicamente si sentiva bene e portò i cavalli al fiume a bere.

Era ancora scioccato, lo sentiva: aveva i nervi a fior di pelle e scattava per un nonnulla.

Lo shock del rapimento non era ancora passato. Gli sembrava sempre di essere osservato. Come in quel momento.

Udì un nitrito provenire da dietro un'alta siepe e andò a vedere. 'Eppure i cavalli sono sedici!' si disse.

Aggirata la barriera verde vide un bellissimo cavallo nero: era sellato, per cui apparteneva a qualcuno.

Un lieve scricchiolio, proveniente dall'alto, lo portò a voltarsi verso la chioma dell'albero, sopra di sé e ebbe uno scatto fulmineo, quando su un ramo, vide un uomo con una benda sul viso.

Lo riconobbe dai capelli e dai vestiti: era Alvarr. Non era morto come tutti avevano creduto.

Schivò un primo colpo magico e scappò a nascondersi, subito dopo averne sfiorato un secondo.

"Artù!" urlò a squarciagola, completamente nel panico.

Si pentì immediatamente: Artù non era un mago e sarebbe stato in pericolo.'Stupido che sono!" pensò Merlino furioso.

Se Artù o qualcun altro fossero giunti per aiutarlo, Merlin aveva un solo modo per evitare che Alvarr gli facesse del male: affrontarlo a viso aperto.

Merlin uscì dal nascondiglio e gridò.

"Vieni giù! E affrontami da stregone a stregone!"

Funzionò: con un salto degno di un acrobata, Alvarr scese dall'albero e si fermò di fronte a lui, a testa alta.

Merlino aveva i sensi acuiti dalla tensione e lo guardava con un'espressione grave in volto.

I due si mossero praticamente all'unisono, facendo partire una forte luce dalle mani tese davanti a loro, ma Alvarr fu più veloce e Merlino fu scagliato in alto contro un tronco, sbattendo malamente la schiena, cosa che gli tolse il respiro, poi precipitò a terra in un nugolo di polvere. 

Non perse conoscenza ma rimase impietrito dal terrore, quando vide Artù che, alle spalle di Alvarr, gli cingeva un braccio attorno al collo e gli puntava la lama della spada alla gola.

Merlino non riusciva quasi a muoversi e Alvarr concentrò il suo sguardo argenteo sulla spada di Artù, rendendola incandescente, elsa compresa.

Il re lasciò andare la presa sulla spada con un grido terrificante di dolore.

Merlino urlò a sua volta poi, con la forza della disperazione si alzò e vibrò un colpo magico in direzione di Alvarr che riuscì a schivarlo, gettandosi a terra, vicino ad Artù. Il re che si teneva la mano ustionata con l'altra sembrava impazzire dal dolore, non si accorse del gesto magico del suo servo.

Alvarr si alzò per poi scappare e Merlino raggiunse Artù.

"Perdonatemi per questo, Artù. Non odiatemi!" disse Merlino ad alta voce.

Puntò le mani alla schiena del fuggitivo e con gli occhi dorati, pronunciando parole dell'antica religione, scoccò un tremendo colpo ad Alvarr. L'uomo venne sollevato in aria, a un'altezza impressionante e poi sbattuto contro un albero. Ricadde a terra, con una posizione innaturale della testa, dando l'impressione che si fosse spezzato l'osso del collo.

 

Merlino non osava guardare il re. Artù se ne stava immobile con gli occhi lucidi per il dolore. Per il doppio dolore: alla mano e al cuore.

"Merlino, ti prego, dimmi che ciò che ho visto, non è vero! Dimmi che non sei ciò che penso!"

"Fatemi vedere la vostra mano!"

Artù continuava a guardarlo e la non risposta dell’altro, lo annientò. Comprese tutto! Tutte quelle volte, tutte le cose inspiegabili … c'era lui dietro, sempre, … mago Merlino!

 

Con molta delicatezza il servitore pose una mano aperta sollevata sopra quella di Artù. La piaga era spaventosa. Merlino mormorò una frase incomprensibile e una sfera di luce passò dalla sua mano a quella del re.

In un attimo la mano tornó integra e perfetta: Artù avrebbe pianto per il sollievo.

 

E così fu. Grosse lacrime rigarono il suo viso, sia per la sensazione di calda gratitudine che provava per il servo, sia per quella di profondo sconcerto per quello che, dentro di sé, percepiva come il tradimento del suo migliore amico.

Anche Merlino piangeva: "Mi dispiace tanto, Artù! Sono stato sul punto di dirvelo così tante volte."

 

"No. Io questo … non posso! Non lo accetto!

Non hai idea di quanto io sia deluso da te! Mi fidavo … Attento!" gridò Artù afferrando Merlino per la giacca e buttandosi a terra insieme a lui.

Alvarr. Era ancora vivo.

'Dei del cielo, ma non muore mai?' si chiese Merlino spaventato.

Alvarr scagliò un nuovo colpo magico su di loro.

Purtroppo Merlino ebbe la peggio: venne colpito alle gambe.

'Non le muovo più!'

E si sentì perduto, quando vide Alvarr, ormai vicinissimo, pronto a sferrare un ulteriore attacco. Merlin strinse gli occhi: da quella distanza non sarebbe riuscito a sopravvivere.

Artù, come gesto estremo, tirò fuori un pugnale dal gambale dell'armatura e lo lanciò con tutta la forza verso lo stregone.

Alvarr aveva già cominciato a formulare un nuovo incantesimo, quando si fermò, si guardò il petto e cadde a terra senza un lamentò. Il pugnale lo aveva centrato in pieno petto, trapassandogli il cuore.

 

"Dai, vieni Merlino, andiamo via da qui" disse il re piuttosto provato.

"Artù! Le gambe … non riesco a muoverle!"

"Maledizione! Ti ha colpito!"

Il re ci pensò su, per qualche istante, poi lo prese in braccio con agilità, sorreggendogli schiena e gambe con gli avambracci. Merlino portò le sue braccia attorno al collo di Artù, stringendolo forte, per agevolarlo nello sforzo.

"Abbiamo bisogno di aiuto! Ma … non sei in grado di guarirti da solo?" chiese il re dubbioso.

"No. Purtroppo ci vorrebbe un altro mago, e molto potente per giunta!"

"Credo di averlo" sorrise Artù. "E chi?"

A Merlino venne in mente solo Morgana. Possibile che Artù avesse scoperto anche lei? 

"Lo vedrai! Ti voglio tenere un po' in sospeso, come tu hai fatto con me!"

Artù si mosse veloce per raggiungere il campo. 

"Dio, Artù! Mi avete salvato la vita! Di nuovo!"

"Non credo che sarò mai pari con tutte le volte in cui tu hai salvato me, soprattutto quelle di cui non ho mai saputo nulla."

"Mi perdonerete? Arriverete mai a perdonarmi?"

"È ancora presto per parlare di questo, Merlino."

Artù sentiva le sue difese vacillare sempre di più. In fondo, per Morgause, non aveva fatto una piega. Merlino, però, gli era vicino da così tanti anni. Si sentì anche stupido e cieco. Si accorse di tutte le volte in cui avrebbe dovuto capirlo, ed erano davvero tante. Ma non poteva cedere adesso. Lo aveva appena saputo e c'erano mille domande che avrebbe voluto fare a Merlino prima di prendere una decisione.

"Allora, dovrò scappare. Non voglio morire sul rogo, ma non voglio nemmeno andarmene. Io non voglio lasciarvi … fermatevi, per favore!"

Artù era ancora combattuto, ma averlo lì tra le braccia, ferito e ascoltare le sue parole, gli fece capire che il potere di Merlino su di sé, stava per prendere il sopravvento, quasi che l'altro stesse usando la magia, pur senza usarla. Si fermò.

"Avrei bisogno di un po' di tempo per pensare, Merlino … ma posso dirti che non morirai. Tengo ancora a te, purtroppo. E manterrò il tuo segreto."

"Manterrete il segreto con tutti?"

"Ti do la mia parola d'onore."

Guardò gli occhi lucidi di Merlino. Artù si era fermato, ma teneva Merlino ancora in braccio, come se non volesse lasciarlo.

 

"Anch'io tengo molto a voi, Artù" 

"Ora lo so. Sei rimasto con me a Camelot, quando avresti potuto avere l'intera Albion ai tuoi piedi."

"Non mi è mai interessato avere un regno. Volevo stare con voi!"

"È questo che intendevi con legame profondo!"

"Sì, ma non solo questo!"

Merlino prese un ampio respiro poi gli sorrise. "Artù, abbiamo fatto trenta. Facciamo trentuno?"

"Che significa?"

"Io vi amo!" Merlino strinse il capo di Artù tra le braccia, baciandolo senza neanche lasciare all'altro il tempo di capire cosa stava succedendo.

Merlino prolungò il bacio, come per fare capire ad Artù quanto lo volesse.

Lo stomaco del re sussultò per la sorpresa. Si lasciò baciare: era così piacevole.

Quando Merlino si staccò, Artù, mezzo intontito, rimase per un attimo con gli occhi chiusi, come per assaporare meglio quel momento.

"Ecco! Ora non ho più segreti per voi!"

"Meno male … " sorrise Artù senza guardarlo. 

"Non so se sarei in grado di sopportarne un altro …"

Merlin fece un sorrisetto sarcastico: "In effetti non vi ho detto che sono anche l'ultimo …"

"Non oggi, Merlino. Te lo chiedo per favore!" lo interruppe Artù con voce un po' severa.

 

Merlino scostò le braccia dal collo del re e si guardò intorno con occhi persi.

Artù non era felice del suo bacio. Non aveva avuto una particolare reazione alla sua dichiarazione.

Si sentì uno stupido e pensò di aver fatto l'errore più grosso della sua vita. E adesso?

Artù ripartì, veloce, mentre Merlino avrebbe voluto solo sparire.

Dopo un po' di fermò di nuovo.

"Siamo quasi arrivati, Merlino. Quindi se vuoi baciarmi ancora, è meglio farlo ora, perché poi, per un po', non sarà più possibile. Dobbiamo farti guarire, prima di tutto!"

Merlino non riuscì a non sorridere, ma decise di giocare.

Voleva che il re si esponesse di più con lui.

"Vi ho detto che vi amo e vi ho baciato. Se volete un altro bacio, dovrete venire a prendervelo."

Artù lo guardò pensoso e imbronciato.

"D'accordo, mago dei miei stivali!"

E lo baciò, stringendoselo contro con forza.

Lo baciò con la lingua, sorprendendo il mago, che prima non aveva osato tanto. Gli succhiò le labbra con voracità, gliele mordicchiò voluttuosamente. Merlino gli stava dietro come poteva: non era facile avere ragione di un uomo come Artù. Si rese conto di quanto Artù fosse forte, soltanto in quel momento. Se il re avesse voluto, avrebbe potuto fare polpette di lui. E la cosa invece di spaventarlo, lo eccitò tantissimo. E istintivamente Merlin mostrò al re la sua passione violenta: gli tirò i capelli, gli morse il collo, gli alzò la camicia per infilarvi sotto le braccia e graffiare la schiena nuda di Artù.

Il re si lamentava per il dolore, ma gli andava bene lo stesso.

Per parte sua Artù sfilò l'odioso fazzoletto dal collo di Merlino, gli succhiò il collo e il petto fin dove la scollatura della camicia glielo permetteva, infine gli spostò le gambe mettendolo a cavalcioni davanti a sé, sorreggendogli il sedere con le mani, mentre i gemiti di Merlino lo mandavano in brodo di giuggiole.

 

Artù si fermò. Entrambi erano spettinati, ansimanti ed eccitati.

 

"Mettetemi per terra e sdraiatevi con me!" mormorò Merlino all'orecchio del re.

"Prima andiamo da Morgause!"

"Da Morgause? Perché?" brontolò Merlino.

"È lei lo stregone di cui ti parlavo …"

"Davvero? Forse avrei dovuto saperlo! Ma noi stavamo per … non fermiamoci adesso…"

"Non va neanche a me di fermarmi. Credimi! ma … di giorno…vicinissimi al campo… e poi voglio che tu mi corteggi un po' prima!" Artù fece un largo sorriso.

"In che senso?"

"Innanzitutto voglio un massaggio come quello che hai fatto a Leon. Era in visibilio …"

"Mi sono aiutato con un pizzico di magia…"

"E allora puoi usarne un pizzico anche con me. Visto sei un mago al mio servizio…"

Merlino ridacchiò poi fece una smorfia buffa: "Se non volete giacere ora con me, toglietemi almeno le mani dal sedere!"

Artù spostò Merlino in una posizione più consona. "Scusami" e si schiarì la gola. "Poi, voglio fare un bagno notturno al fiume con te" sussurrò piano.

"Ma non dovevamo tornare a Camelot oggi?"

"Troverò una scusa. Partiremo domani… stavo dicendo che tu laverai me con la cenere profumata e io laverò te."

"Come ho fatto con Humbert!" disse Merlino con molta ingenuità.

"Cos'hai fatto tu con Humbert?" quasi urlò Artù.

"Sh! Non è successo niente. Lui ci ha provato ma io mi sono tirato indietro!"

"Mi piacerebbe molto crederti!" ribatté Artù con aria affranta.

Merlino prese il volto di Artù tra le mani e gli disse dolcemente fissandolo negli occhi:

"Artù! Ve lo giuro! Ho sempre avuto solo voi nel cuore!"

Il re si perse in quegli occhi blu, dimentico persino del bagno di Merlino con Humbert e disse sorprendendo l'altro: "Non immaginavo fossi così aggressivo in amore ..."

"Non lo sono."

"Sembravi un gattino inferocito ..." disse Artù con voce soave.

"Un gattino inferocito non ha molte possibilità contro un toro ..."

"Essere paragonato a un toro, non mi dispiace affatto. Ma mi scuso se ho esagerato ... so anche essere tenero ..."

"Vada per il toro tenero, allora!"

Artù sorrise di nuovo: "Tu sai cosa provo, vero?"

"Io non so niente…" 

"Non ti credo, ma è giusto che te lo dica: Anch'io ti amo!"

"Mi amate?"

"Si, non lo sapevi?"

"No, anche se tutti continuavano a dirmelo."

"Tutti chi?" chiese Artù allarmato.

"Morgana, Cenred, Humbert …" Merlino scoppiò in una sonora risata. "Ora capisco! Ecco a chi vi riferivate quando avete detto che eravamo circondati!"

"In fondo non c'è tanto da ridere, se pensi che ora potremmo farne parte anche noi!"

 

Artù era serio e Merlino si sentì all'improvviso turbato.

"Siete ancora in tempo per ritirarvi. Non è successo niente di irreparabile."

"Non sono abituato a scappare dalle mie responsabilità!"

"Non avete nessuna responsabilità. Sono io che ho commesso un errore. Possiamo dire che abbiamo avuto un momento di debolezza a causa dell'estremo pericoloso vissuto."

"Ci siamo detti che ci amiamo."

"Mi avete salvato la vita e io ero ferito: non volevate deludermi…"

"Ci siamo baciati!"

"Io ero commosso per ciò che avevate fatto per me e voi avete risposto a una mia precisa provocazione."

"Posso dunque affermare nuovamente e senza tema di smentite, che sei l'idiota più grande del mondo!" disse Artù con aria solenne.

"Questo no, non è giusto!"

"E va bene, lo ammetto. Non mi piace sentirmi un deviato, solo perché amo te. E non mi va nemmeno che gli altri lo pensino! Ma se è il prezzo che devo pagare per averti accanto e poterti amare, allora va bene. Credano pure ciò che vogliono! Perché non potremmo fare anche noi come Cenred e Humbert?"

'Beh, magari non proprio come loro' si disse Merlino, ma aveva capito cosa intendesse dire, Artù. Non sembrava una cattiva idea. 

"Se tu mi ami come dici, io posso renderti molto felice, Merlino, come so che tu renderai felice me."

Merlino sentì il cuore invaso di gioia. Si rese conto di essere stato un po' troppo permaloso e commentò con dolcezza: "Io sono già felice e se voi siete disposto a rischiare così tanto per me… lo sono anch'io! So che non dovrei farvelo fare, ma non riesco più a trattenermi, non ora che so che mi ricambiate. Ma è davvero così?"

"Si, certo, ma ti capisco. Anch'io non me ne rendo ancora conto. Ora dobbiamo andare, però ricordati del nostro appuntamento… stasera ... ma prima, baciami ancora un po'!"



















*berretta= cotta, infatuazione.

** famosa frase di Castiel rivolta a Sam e Dean nella serie tv Supernatural.

***Non c'è mai stato nessun Humbert in "Merlin". Il nome l'ho scelto da quello del protagonista del libro "Lolita." Volevo dare l'idea di un dissoluto, inconsapevole di esserlo. Anche se poi ho cambiato idea, il nome è rimasto.😁





 

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Capitolo 10
*** Un cadavere nell'acqua ***


Rating: giallo

Genere: Commedia, Romantico

Note: What if?

Contesto generale vago.





4824 parole



 

Un cadavere nell’acqua



 



 

Il giovane Merlino era a pesca quel giorno. Faceva un gran caldo per cui si era messo all’ombra di un grande tiglio.

Aveva preso già qualcosa, ma meno di quello che aveva sperato. Due piccoli sgombri e tre aguglie. 

 

Voleva far fare bella figura a sua madre con gli ospiti di quella sera. Avevano invitato a cena il suo migliore amico Will e i suoi genitori. Per cinque persone quei pochi pesci non bastavano assolutamente. Senza pensare al fatto che sua madre ci contava.

 

Ma era così orgoglioso del suo ruolo di pescatore che non aveva voluto con sé nemmeno Will. 

“Se non ti dispiace, vorrei fare da solo, per oggi, Will. Tu sei mio ospite e voglio pescare io tutto il pesce per la nostra cena insieme. È la prima volta che io e mia madre abbiamo degli ospiti e ci tengo molto” gli aveva detto quel mattino.

 

Con il passare delle ore, si era fatto un po’ troppo caldo per cui si era spogliato. Tanto non c’era mai nessuno da quelle parti. Si era buttato nel fiume che in quel punto si apriva a formare un laghetto e aveva fatto una nuotata, piacevolissima in quell’acqua fresca e pulita. 

Poi, una volta asciutto, si era rivestito ed era tornato a pescare.

 

Spesso e volentieri si appisolava e si ridestava all’improvviso, quando sentiva la canna tendersi o il rumore dell’acqua che i pesci catturati, disperati, facevano contorcendosi.

Era riuscito a catturare altri pesci, non molto grandi ma abbastanza numerosi. 

‘Ancora un paio’ si disse, ‘e sono a posto.’

Mangiò un po’ di pane e frutta che si era portato dietro.

Buttò la canna in acqua e come al solito attese che succedesse qualcosa. Ma stavolta i pesci si rifiutavano di abboccare. Forse aveva fatto troppo rumore. 

 

Sbadigliò per la noia. Forse avrebbe dovuto farsi accompagnare da Will. L’amico aveva fatto una faccia così delusa quando gli aveva detto di non voler stare insieme a lui quel giorno. 

E a parte il bagno, si era annoiato mortalmente. 

‘La prossima volta non rifarò quest’errore’. 

E come poco prima, scivolò in un sonno leggero e senza sogni. 



 

Uno sciacquio più forte del solito e la canna che veniva trascinata in acqua, lo fecero svegliare di soprassalto. 

 

“Oh, no! La canna!” Merlino si tuffò in acqua vestito e siccome sapeva nuotare bene, riuscì a riprendere la canna. 

‘Chissà che razza di pesce è passato, per trascinare via la mia canna!’

 

Si girò verso il centro del fiume e vide un punto dove l’acqua si increspava.

‘Forse è un tronco!’

Ma ad una seconda occhiata, si accorse che qualcosa che non tornava.

C’era qualcosa che si muoveva. Sembravano alghe e i rami di quell’albero si muovevano in modo strano: non erano rigidi come i rami normali.

 

‘Oh, Dio!’

 

Merlino nuotò più vicino all’oggetto delle sue attenzioni.

 

‘No!’ pensò. ‘Un cadavere!’

 

Merlino aveva il terrore dei morti. Non aveva voluto nemmeno vedere la salma del nonno, quando era morto qualche anno prima.

 

“C’è nessuno? Ho bisogno di aiuto!” urlò sapendo che nessuno gli avrebbe risposto.

 

Merlino era un mago, molto giovane e ancora inesperto e sinceramente non aveva idea di cosa fare. 

 

Per un attimo pensò che ormai per il povero morto non c’era più niente da fare e che avrebbe potuto lasciarlo anche lì.

 

Era un maschio. Questo si capiva molto bene, visto che era nudo. Certo, avrebbe potuto almeno ricoprire le povere parti intime del cadavere così esposte agli occhi di chiunque. Probabilmente al malcapitato non importava un accidenti, ma quel corpo meritava un minimo di pietà umana. 

 

Merlino si tolse con fatica la casacca fradicia. 

Coprì con essa la zona pubica del morto e fece un nodo stretto con le maniche dietro la sua vita. In pratica stava abbracciando il morto. Rabbrividì di paura e si scostò con un moto di orrore. Poi qualcosa attirò la sua attenzione.

 

“Porc…”

 

Ora vedeva chiaramente il viso del morto. Non più con la sola consapevolezza che fosse un cadavere ma con l’idea dell’ essere umano che non era più. Si trattava di un ragazzo molto giovane, forse poco più grande di lui. Ed era bellissimo. I tratti del volto perfetti: il naso, le labbra, la mascella, il collo, le spalle … 

‘Ma che sto facendo? È morto!’ 

 

Erano i suoi capelli biondi, scuriti dall’acqua che, da lontano, aveva scambiato per alghe. 

Probabilmente il poverino aveva avuto un malore mentre faceva un bagno. 

Non aveva quella pelle grigia e a tratti più scura che sapeva essere caratteristica dei cadaveri, né le dita livide: doveva essere morto da poco.

 

‘Peccato non essermi accorto di nulla: forse avrei potuto salvarlo’ si disse Merlino, sostituendo il sentimento di paura con quello della pietà.

 

Con un ultimo sforzo nel tentativo di coprirlo al meglio possibile, cercò alla cieca di tirare più giù la camicia sul di dietro del morto.

 

“Ah!”

 

Merlino saltò in aria di paura, quando il cadavere gli afferrò un polso con forza. 

 

“Cosa sei? Un fantasma… uno spirito?”

 

Il cadavere aveva ora gli occhi aperti e dalla sua bocca uscì un debole: “Aiutami!”

 

Merlino che si sentiva ancora pulsare il cuore in gola per lo spavento, non poteva non cogliere quella richiesta disperata, fosse anche venuta da uno spirito. 

 

“Dai! Stai tranquillo. Ci penso io. Ti riporto a terra.”

 

Nuotò sorreggendo il ragazzo con le braccia sotto le ascelle, perché non bevesse altra acqua. Poi, siccome rimanevano quasi fermi, provò a nuotare tenendo il braccio sotto il mento del giovane.

 

Faceva una fatica terribile e dopo poco non aveva più fiato. Purtroppo la riva era ancora lontana e Merlino non riusciva a toccare il fondo del fiume con i piedi. 

 

L’altro ragazzo era di spalle rispetto a lui e Merlino si disse che poteva provare a usare un incantesimo … com’era la formula?

 

‘... mh … tocca il fondo con i piedi… sì’

 

E mormorò appena la formula nell’antico inglese, la lingua utilizzata dalla vecchia religione.

 

Merlino andò in panico quando si sentì sprofondare insieme al ragazzo risuscitato.

‘Ho sbagliato la formula…’ e velocemente disse gorgogliando sott’acqua la formula antica corrispondente a “Fondo del fiume alzati fino ai miei piedi”

 

Stavolta funzionò. Ma il bel defunto era girato verso di lui con gli occhi così sgranati che Merlino ebbe timore che si fosse accorto della sua magia. 

 

Entrambi poterono camminare fino a riva anche se il ragazzo sconosciuto aveva poco equilibrio e Merlino lo sorreggeva ancora.

 

Arrivato a riva Merlino si sdraiò mentre l’altro invece cadde a terra, sfinito.

 

“Non so se sei un fantasma o un’altra roba del genere...”

 

“Ho mal di gola” soffiò l’altro praticamente senza voce .

“Si sente. Prova a dirmi chi sei però”

“Artù!”

“Ciao io sono Merlino”.

L’altro fece un piccolo sorriso poi chiuse gli occhi, distrutto. 

E fu allora che Merlino vide il sangue sgorgare da una ferita sul lato della testa di Artù. L’acqua aveva nascosto il suo sangue.

 

“Vorresti dormire un po’?”

 

Artù scosse la testa.

 

‘Così non va, però! Se dormi posso provare a guarire la tua ferita…’ pensò Merlino frustrato.

 

“Sei un mago?” chiese il ragazzo a terra.

 

Merlino lo guardò riflettendo.

Chi poteva essere costui? Aveva i capelli tagliati perfettamente e una rasatura accurata. Anche le mani, pur robuste, erano lisce e curate.

Aveva parecchie cicatrici sul corpo come fosse un combattente o un guerriero, ma era troppo giovane per esserlo veramente. 

 

“Ehm… Dipende!” rispose.

“Mh?”

“Dipende da chi sei tu. Se sei una persona importante, come sembra, allora non lo sono. Non voglio che si sappia!”

 

Artù si mise la mano sul cuore e gli fece un piccolo, dolce sorriso. Quel gesto equivaleva forse a un sacro voto di silenzio?

Dentro la testa di Merlino le nuvole fecero spazio al sole, con tanto di enorme e scintillante arcobaleno.

“Scusami, ma tu sei per caso la reincarnazione di una qualche antica fanciulla?” chiese Merlino rapito.

L’altro ragazzo aggrottò le sopracciglia: “No!” soffiò.

 

‘Peccato!’ pensò Merlino. Se fosse stato così avrebbe potuto spiegarsi la strana sollecitudine che provava per quel ragazzo.

“E va bene. Sì, sono uno stregone. Vuoi che ti curi? Posso farlo!”

 

Artù gli prese la mano con la sua e accennò di sì con il capo. Merlino deglutì a fatica la saliva che gli si stava seccando nella bocca.

 

“Bene! Chiudi gli occhi per favore!”

 

E Artù lo fece. 

 

“La mano però… mi serve”

 

Artù riaprí gli occhi per un attimo, forse imbarazzato e lasciò subito la mano del ragazzo.

 

Merlino si concentrò. Non voleva fare brutta figura con lui, ma soprattutto voleva farlo stare di nuovo bene.

 

Pose le mani sopra la sua testa:

 

“Ic willan þīn benn wendan”

 

Una calda sfera di luce magica ricoprì parte del capo di Artù. 

Già che c’era, Merlino passò una mano anche sulla gola di Artù sussurrando le seguenti parole:

 

“Ic bot þīn wasend and þīn heafodwoþ”

 

Poi rimase in attesa.





 

“Grazie, Merlino! Mi hai salvato la vita! Due volte“ disse Artù con voce chiara e forte.

 

“Stai bene?”

Artù si tiró su a sedere. E solo allora notó la strana imbragatura che portava. 

“Sì, sto bene.”

Si toccò la testa: non c’era più nulla. Né dolore, né ferita.

 

“Come posso sdebitarmi?” domandò avvicinandosi a Merlino con un’espressione grata e soave sul viso.

 

A quella breve distanza, guardando quegli occhi grandi e straordinari, per un attimo solo, a Merlino qualcosa venne in mente.

Ma disse soltanto:

 

“Mantenendo il mio segreto”

 

“Sì, te l’ho giurato! Ma io … devo ripagare in qualche modo la tua gentilezza. Sono un… cavaliere, figlio di cavalieri e ho l’obbligo di ricompensarti.”

 

“Magari potresti aiutarmi a prendere qualche pesce. Sono per una cena di amici. Oppure se hai una canna da pesca in più non mi dispiacerebbe” e non aggiunse - visto che ho perso mia a causa tua.-

“Oppure più semplicemente puoi ridarmi la mia casacca” disse ridendo.

 

Arthur si alzò in piedi e cominciò a slegare le maniche dietro la schiena.

 

“Ma no … no! Più tardi. Quando avrai recuperato i tuoi vestiti.”

 

E solo in quel momento Merlin si rese conto di essere seminudo anche lui.

Incrociò le braccia per nascondersi. Poi recuperò il suo fazzoletto e lo aprì mettendolo davanti al petto.

 

“Non vergognarti. Tu sei il mio eroe di oggi. Anche se non hai il fisico pieno di muscoli, a chi importa? Ci siamo solo noi qui.”

“Non mi vergogno” mentì Merlino.

 

Artù rimase a lungo in silenzio poi domandò: “Potresti dirmi l’effetto che fa?”

 

“Che cosa? Essere magro finito?”

 

“No!” rise Arthur. “Essere un mago!” aggiunse come se parlasse di una cosa meravigliosa.

 

“Sono solo alle prime armi. Non sono ancora un vero mago. Bisognerebbe studiare, imparare da qualcuno che lo sappia fare.”

“Dovrei pensarci…forse Gaius potrebbe fare al caso tuo”

“Chi?”

“Nessuno, sto solo pensando ad alta voce.”

 

“Abiti vicino a Ealdor?” chiese Merlino.

“No. Abito più in là. Di parecchio!”

“Hai anche tu qualche segreto da mantenere, giusto?”

“Non proprio, solo che…”

 

Merlino si alzò in piedi. “Cosa ti è successo? Come mai eri lì nell’acqua, ferito a morte?”

“Purtroppo non lo so. Qualcuno deve avermi dato una botta in testa.”

“Non hai visto chi?”

“No”

“Perché sei nudo?”

“Che domande! Volevo farmi un bagno. Adoro questo periodo dell’anno in cui posso fare il bagno nel fiume tutti i giorni.”

 

“Eri da solo?”

 

“No. Ero in compagnia di mia sorella. Devo tornare lì. Sarà in pena per me. O potrebbe essergli successo qualcosa.”

 

“Scusa ma, non credi possa essere stata lei? A volte sono proprio i migliori amici o i familiari a fregarti.”

 

Artù non considerò nemmeno le sue parole.

 

“Vengo con te!” aggiunse Merlino con fare sicuro.

 

“Non vorrei che il colpevole o i colpevoli fossero ancora in zona. Siamo disarmati e potrebbe essere pericoloso. Lo dico per te. Io me la cavo anche a mani nude.”

 

“Ci avrei giurato! Ma io sono un mago, forse posso aiutarti, anche contro nemici molto grossi … benché io sia ancora un principiante.”

 

“Sarà anche vero, ma prima mi hai salvato la vita. Non mi butterei così giù se fossi in te.”


Merlino raccolse le sue cose e i pesci.

Percorsero un lungo tratto di riva, costeggiando il fiume. 

“Come hai fatto a non affogare? Io ero convinto che fossi morto, quando ti ho trovato”

“Non ne ho idea! Si vede che non era la mia ora. Capisci? Oppure c’è qualcuno lassù che veglia su di me. Qualcuno che mi ha mandato te …”

Merlino suo malgrado arrossì.

 

“Mi piace credere che sia mia madre… pensa che non l’ho mai vista… ma so che mi amava…” spiegò Artù.

Merlino si intristì per lui. Lui aveva mamma Hunit, che era stato quasi tutto il suo mondo fino ad allora. E lo stesso valeva per lei. Non poteva pensare a cosa avrebbe fatto senza sua madre.

 

“Mi dispiace… e tuo padre?”

“Mio padre … a modo suo, mi vuole bene, solo che lui è il re …  del mondo.”

“Che vuol dire?”

“Ha grandi responsabilità e viene onorato da tutti come fosse un sovrano. Non ha mai avuto troppo tempo per me… io stavo con la servitù: forse è per questo che mi trovo più a mio agio con i servi e con i contadini. Adoro le persone semplici. Trovo che siano più giuste, più oneste e più sincere.”

 

Merlino rise, forse un po’ a sproposito. “Allora con me ti troverai benissimo. Ma puoi aggiungere alla lista degli aggettivi anche ‘ingenue, goffe, maldestre’…”

 

“Non sono d’accordo. Capisco che tu non abbia molta stima di te stesso e che ti senta un po' insicuro. Ma solo perché sei molto giovane. Crescendo cambierai e imparerai il tuo valore.”

 

“Chissà quanto più grande sarai tu, di me?”

“Ho quasi ventitré anni e tu?”

“Io… quasi venti! Non c’è poi molta differenza di età tra noi” disse Merlino.

 

“Vero… ma io credo di avere un problema opposto al tuo. Sono stato cresciuto come la persona più importante del mio palazzo. Ero un bambino piuttosto viziato e arrogante. Poi fu il calore delle persone semplici che mi ha aperto un po’ il cuore e gli occhi. E mi sono buttato nelle cose che mi riuscivano meglio e che per fortuna mi piacevano di più, come combattere e cavalcare. E tu, invece cosa ami fare?”

 

“Io? Come vi ho già detto mi piacerebbe imparare a controllare la mia magia. Ma è molto pericoloso coinvolgere qualcun altro. Sia per lui che per me”

“Lo so bene. Per questo ti ho giurato che manterrò per sempre il tuo segreto!”

Merlin sorrise rassicurato. “Per il resto so pescare, so nuotare, so condurre una barca sull’acqua…”

“Tutte cose che hanno a che fare con l’acqua. Anch’io sento un particolare legame con l’acqua.”

“E infatti stavi per morire annegato!”

“Io invece credo che le acque abbiano contribuito a mantenermi in vita fino al tuo arrivo…”

“Sei un inguaribile ottimista”

“Forse sei tu che … “ ma Artù si interruppe. Erano arrivati.

 

Nessun segno di lotta. Artù vide i propri vestiti. Ma Morgana non si vedeva e nemmeno il suo cavallo.

“Morgana!” cominciò a chiamare Artù, spostandosi nei dintorni. "Morgana, rispondi!" Poi disse parlando più a se stesso. “Dio! Mio padre mi ammazzerà se torno senza mia sorella.”

“Credete che l’abbiano rapita?”

Artù non rispose subito. Gli veniva da piangere ma non voleva farsi vedere.

 

Dopo un po’ rispose. “Sì. Non credo che se ne sia andata di sua volontà.”

“Ti chiedo scusa, ma Morgana si è mai allontanata volontariamente da casa, prima?”

“Sì, è successo! Lei mi era molto cara, una volta, anche se abbiamo sempre litigato molto, negli anni. Non è la mia vera sorella, in realtà. I miei l’hanno adottata quando il migliore amico di mio padre morì, lasciandola da sola… Solo che ultimamente ... è cambiata: ha cominciato a frequentare delle brutte compagnie, gente ricca e ostile al regno e si è allontanata molto sia da mio padre che da me. Per cui ogni tanto sparisce, ma stavolta…”

Artù si coprì la faccia con le mani. Singhiozzava per rabbia, paura e senso d'impotenza. “Avrei dovuto prendere una scorta con me.”

“Dio! Tu hai una scorta?” domandò Merlino 

“Sì, degli amici, intendo. Ma siamo sempre venuti qui da soli e non era mai successo niente.”

“Sei troppo sconvolto. Ti va di venire a cena a casa mia?”

“Ma … hai degli ospiti!”

“Appunto. È la serata giusta. Un ospite in più è il benvenuto. Mia madre è molto generosa…”

 

“D’accordo allora… mi vesto e …”

“Ti aspetto laggiù…”

“Perché?”

“Così ti rivesti in pace!“

 

“Scusa, ma non sei tu che mi hai salvato? Non mi hai già visto nudo?”

“Non è per questo. È solo questione di buona educazione” e fece una corsa vicino al fiume. Era quasi sera. Dovevano sbrigarsi.

 

 

“Salta su. Così faremo prima!” disse Artù portando il cavallo vicino a lui.

“Ma non so, io…”

“Non esagerare con la buona educazione, Merlino. Vieni, dai!”

Artù lo prese per i fianchi e lo issò sulla sella del cavallo, poi montò dietro di lui e partirono.

Merlino era rigido come un pezzo di legno e si attaccò con forza alla sella. 

“Se stai così in avanti rischi di ribaltarti. Fatti un po’ più indietro, è meglio”

 

Merlino arrossì come un papavero, ma non gli importava poiché il cavaliere non se ne sarebbe accorto. 

Si fece indietro, giusto per farlo tacere, ma di poco, perché per lui era una situazione un po' imbarazzante. 

Non lo faceva apposta, ma pensò che la colpa fosse di Artù. Non era stato mai a disagio con gli altri uomini, ma questo era di una bellezza e fierezza tali da indurgli una certa soggezione.




 

La cena fu piacevole. La madre di Merlino fu davvero ospitale e gentile. Gli altri ospiti furono molto affabili, tranne forse il … giovane amico di Merlino, che fu taciturno e leggermente scostante per tutta la cena. Merlino pensò che Will fosse contrariato dalla presenza di Artù. Il vecchio amico provava gelosia nei confronti del suo nuovo amico.




 

“Devo andare Merlino! Grazie di tutto” disse Artù, quando anche gli altri ospiti se ne andarono.

“Di notte? È una pazzia! Non troverai tua sorella al buio … se partirai domattina, verrò con te …”

“Non offenderti, ma ci ho pensato. Non sai combattere, è pericoloso…"

“Ma sono veloce e ho …la magia! Forse però preferisci affidarti all’aiuto dei tuoi colleghi cavalieri…” disse Merlino risentito.

Artù fece un sorriso storto: “Ok, accetto il tuo invito: dormirò qui, per terra, vicino a te.”

“Prendo altre coperte…”

“Aspetta. Devo parlarti…” Artù si sedette per terra appoggiando la schiena contro il muro. E altrettanto fece Merlino, turbato dalla serietà dell’altro.

“Dimmi. Ti ascolto…”

“Mi dispiace ma oggi ti ho mentito. Ti ho detto che sono un cavaliere ma non lo sono, o meglio lo sono ma non sono solo questo … l’ho fatto perché temevo che tu ti spaventassi per via della tua magia. Io sono il figlio del re di Camelot.”

 

Merlino impallidì. “Voi siete il principe di Camelot? Siete figlio di re Uther? Il re che manda al rogo ogni stregone che cattura?”

“Sì, ma io non sono come mio padre. Non l’ho mai sostenuto in questa sua follia!”

“Non dovevo fidarmi di te… di voi. Adesso non so più nemmeno chi sei. Io mi sono fidato di te e ho fatto male. Ha ragione Will quando dice che sono un coglione…” Suo malgrado a Merlino uscirono calde lacrime sulle guance 

 

Artù si spostò verso di lui e gli afferrò un polso. 

“No!” strillò Merlino. “Non toccarmi!” Si alzò in piedi. “Puoi dormire nel mio posto se vuoi… ma domattina, ovviamente, non verrò con te”

“Merlino non ho finito. Per favore ascoltami!” 

Ma Merlino aveva già lasciato la casa.

Artù si alzò a sua volta. Stava per inseguirlo, ma ci ripensò. Merlino si era sentito tradito e al momento riteneva di non poter fare molto per lui. 




 

Merlino aprì gli occhi. ‘Ma che ci faccio qui?’ Era l’alba e da fuori proveniva già il chiarore del giorno. Si trovava nel piccolo fienile di casa sua. Era ricoperto di paglia dal collo in giù. Poi si ricordò di tutto. Della lite con Artù anche se in realtà era solo lui ad essersi arrabbiato. ‘Dunque Artù è il principe di Camelot.’ Avrebbe dovuto capirlo da subito. Dal suo aspetto curato, dai suoi abiti preziosi e dal suo spettacolare cavallo, oltre che dalla spada più incredibile che avesse mai visto. 

Girò il volto e rimase paralizzato vedendo il volto di Artù che dormiva accanto a lui e come lui ricoperto di paglia. Era davvero un uomo di straordinaria bellezza, persino con l’espressione un po’ beota che ti dava il sonno e la barba scura di un giorno.

 

‘Se crede che lo perdonerò per questo, si sbaglia di grosso.’ 

Si mosse lentamente per alzarsi. Sperava che il principe non lo sentisse.

“Merlino!”

‘Come non detto!’ Merlino ebbe un moto di stizza. “Buongiorno principe Artù! Il mio giaciglio era troppo poco per voi?”

 

“Non chiamarmi così. Per te sono solo Artù. E sono qui perché tua madre era preoccupata quando non ti ha visto in casa. E siccome dormivi già, le ho detto che sarei rimasto con te. Sembrava più tranquilla.”

“E le hai detto il motivo per cui ce l’ho con te?”

“No. Avrei dovuto farlo?”

Merlin gli diede le spalle con l'intento di andarsene. “Questo non m’importa. Ti auguro di ritrovare tua sorella.”

“Vuoi aspettare un attimo?” urlò Artù alzandosi a sedere.

“Sbrigati però, che ho fame!” gridò Merlino a sua volta.

“Io non dirò mai a nessuno che tu possiedi la magia. E meno che mai a mio padre! Io non vado affatto d’accordo con lui. Mio padre è un tiranno e l’unica cosa che voglio fare, se mai sarò re, è di non essere come lui. Cambierò la legge sulla magia, non appena potrò. Ieri ti sei fidato e hai fatto bene. Io mi ritengo una persona estremamente leale, proprio come lo sei tu, Merlino.”

“Non vi conosco e mi avete mentito!”

“Perché temevo … questo!”

“Cosa t’importa di me? Sono solo un mago e neanche tanto bravo…”

“Con me sei stato molto più che bravo!”

 

Merlino si arrabbiò con se stesso. Non voleva cedere, eppure sentiva che era quello che stava per fare.

 

“Ok. Ti ho salvato la vita. Ma è stato un caso. Io pensavo che fossi un cadavere da riportare a riva per potergli dare degna sepoltura”

“Che immagine poetica!” sorrise Artù. Anche Merlino si lasciò scappare una risatina.

“Vorrei tanto che venissi con me. Mi fido di te come se ti conoscessi da sempre. Però un po’ di paura per te ce l’ho ancora. Sei così giovane…” disse il principe.

“Oh, sì! Tu invece sei un vecchio saggio!”

Ora fu Artù a ridere.

Merlin fece due passi verso Artù. "D’accordo. Voglio riportare a casa tua sorella! ... È bella?”

“Molto, ma non l’ho mai vista interessarsi troppo ad alcun uomo. È molto maliziosa, li fa cadere ai suoi piedi e li lascia tutti a bocca asciutta!”

“Forse aspetta me…” sorrise Merlino.

“Non avrei nulla in contrario … ma temo che tu non abbia capito. La vedo molto più coinvolta con la sua bella amica bionda…”

“Oh! Che peccato!” 

“Non è ancora detto, Merlino. Tu non lo sai ma molti nobili hanno gusti strani. Hanno tutto ciò che vogliono, dal primo giorno di vita e per questo motivo spesso si annoiano. Per cui anche in amore sono propensi a provare un po’ di tutto. Capisci cosa intendo?”

 

“Credo di sì!” rispose Merlino turbato.

 

“E Morgana non fa eccezione.”

 

“Capisco…”

 

All’improvviso Merlino spalancò gli occhi talmente tanto che quasi rischiò gli cascassero fuori le orbite. “E tu … fai eccezione?”

 

Artù abbassò gli occhi, fece una smorfia, una specie di mezzo sorriso e lo guardò:

“No… nemmeno io!”

 

Merlino rimase a bocca mezza aperta per un lungo, imbarazzante momento.

“Io non credevo, non pensavo … ma non ci sono leggi che lo vietano?”

“Certo, ma non valgono per i nobili e tanto meno per i membri di una famiglia reale.”

“Che fortuna!”

“Come?”

“No, no! Fortuna nel senso che puoi fare tutto quello che vuoi senza conseguenze…”

“Ci sono anche controindicazioni. Io, ad esempio, non potrò mai essere sicuro che una persona, donna o uomo che sia, mi voglia per come sono veramente o se miri ai soldi, al potere o ad altre ricompense.”

 

“Per quanto riguarda me, posso solo dire che ti preferivo ieri quando non eri nessuno o quasi.”

 

Artù sorrise. “Andiamo a fare colazione e a parlare con tua madre?”

“Detta così sembra che abbiate intenzione di chiedergli la mia mano!” disse Merlino con un gran sorriso.

“Potrei anche farlo, soprattutto se continui a fare così, ma è colpa mia: non avrei dovuto dirtelo. Sei troppo immaturo per queste cose.”

Merlino quasi si offese e rientrò in casa senza aspettarlo.




 

“Che cos’è quel ronzino?”

“È il cavallo di Eustace. Me l’ha prestato…”

“Non potevamo stare tutti e due sul mio cavallo come ieri? Angry è il cavallo più forte che ci sia in tutta Albion ed è il più veloce…”

“Ho pensato che dopo aver recuperato tua sorella, avremmo avuto bisogno di un cavallo in più. Angry sarà forte ma con tre persone a bordo non credo che andrebbe lontano.”

“È una buona idea. Pensa che per un attimo ho creduto che tu non volessi più salire a cavallo con me… già ieri eri a disagio …” Artù si mise a ridere. Le facce che faceva Merlino in quei frangenti erano impagabili.

E comunque il giovane mago fece un piccolo sorriso tirato e tacque.



 

“Da dove cominciamo?” chiese Merlino, carico come una molla.

“Torniamo dove eravamo ieri e vediamo se ci sono tracce di uno o più cavalli.”

 

Cercarono a lungo.

“Le uniche tracce che ci sono sono quelle che vanno verso Camelot. Ci sono tracce di più cavalli, l’erba è alta e non si capisce un accidente” disse Arthur frustrato.

 

“Hai qualcosa di tua sorella?”

“No. Era tutto sul suo cavallo…”

Merlin cominciò a guardare per terra. “Dove stava tua sorella?”

“Era qui, sdraiata al sole”

“E tu ti sei denudato di fronte a lei?”

“No, un po’ più in là… uffa, siamo fratelli!”

“Un po’ di pudore ci vuole. È da quando ho dieci anni che mia madre non mi vede più nudo”

“Scusa ma adesso cosa c'entra?” fece Artù seccato. “Non mi va molto che tu mi consideri un depravato solo perché ti ho detto alcuni miei segreti. Sappi che non lo sono. Tu al mio posto credi che avresti fatto diversamente?”

“Credo di sì ma non posso dirlo con sicurezza perché sono nato povero.”

“Tu non hai mai trovato attraente un ragazzo?”

Merlin stava per dire: “Prima di ieri, no” ma sarebbe potuto sembrare uno sfrontato, dopo ciò che aveva saputo di Artù.

Merlino restò sul vago: “Ci sono ragazzi belli e ragazzi brutti. Questo sì”

“Non è ciò che ti ho chiesto.”

“No, Artù!” mentì Merlin intanto che continuava a cercare “In compenso ho trovato attraenti molte ragazze.”

“Questo anch’io”

“Diciamo che per cominciare anche una sola ragazza attraente mi basterebbe!”

“Stai dicendo sul serio? Vuoi dire che tu non hai mai…”

“Ecco! L’ho trovato”

“Che cosa?”

“È una forcina per capelli. Ora devo mettermi a dormire!”

“No. Non è il momento!”

“Ma io devo. Non capisci? Farò un incantesimo su di me e dormirò con la forcina in mano. Per sognare Morgana! Per capire dove si trova.”

Artù rimase silenzioso e stupito. 

Vide Merlino stringere al cuore la forcina. Le sue iridi mandare una luce dorata. Le sue labbra pronunciare una formula incomprensibile. Infine lo guardò sdraiarsi e addormentarsi. 

Rimase a guardarlo, incantato anche lui. Il viso del mago era una immagine di candore e purezza. Nessuna disarmonia, solo bellezza, il meglio della giovinezza e della bontà d’animo, concentrato in una sola persona. 

 

Poco dopo Merlino si svegliò con un sussulto. 

“Che c’è?” chiese Artù preoccupato.

Merlino respirava in fretta e cercò di concentrare la mente sul sogno appena fatto. “Artù!”

“Cos'hai visto?”

“Ho visto un castello, un castello in Essetir, non lontano da qui.”

“È viva?”

“Sì. Ma non credo che ti piacerà sapere cosa ho visto…”

“Dimmelo. Lo pretendo!"

“Non sono del tutto sicuro che si tratti di un sogno profetico.”

“Merlino?”

“Va bene … C’era questa donna con lunghi capelli scuri che io sapevo essere Morgana anche se non l’ho mai vista. Era a tavola con una ragazza bionda che indossava un'armatura e un uomo dai capelli lunghi, con barba e baffi neri.”

“E?”

“Morgana stava mangiando con loro. Sorrideva, rideva…”

 

“Quindi non è stata rapita? Stai dicendo che se n’è andata volontariamente, dopo avermi colpito. Ha cercato di ammazzarmi…”

“Io ...”

“Ti credo, Merlino. Speravo tanto che non fosse così, ma qualcosa dentro di me mi diceva che Morgana non è più lei…”

 

“Sono davvero dispiaciuto… non è meglio andare a controllare di persona?”

 

“So bene con chi è adesso. Ormai Morgana è grande e può fare quello che vuole. L’ho persa. Ora è mia nemica . Nemica di Camelot. Io … non ho più una sorella.” Artù era abbattuto dal dolore.

 

Merlino provò una gran compassione per lui. 

“Artù, quanto mi dispiace!” disse avvicinandosi a lui. 

Il principe lo abbracciò portando una mano dietro la sua testa e tenendolo stretto a sé.

 

Merlino fu travolto da questo abbraccio così avvolgente e dalle emozioni provate da Artù. Aprì le braccia e lo strinse a sua volta. Non aveva più paura di lui. Perché mai ne aveva avuto paura? Ora voleva solo stringerlo talmente forte da fargli dimenticare tutto il suo dolore. 

Stava così bene con lui, soprattutto in quel momento. Sentiva che Artù aveva bisogno di lui. Sentiva che nel suo piccolo, lo stava aiutando. 

 

Quando si lasciarono Artù disse: “Sono in debito con te, Merlino! Spero che un giorno saprò ricompensarti. Ora devo andare!”

 

“Come? Cosa? Dove andate?”

“A Camelot. È finita e vado a casa.”

“Oh!” Merlino era così deluso. Avrebbe dovuto saperlo e invece chissà cosa si era aspettato.

 

“Se hai bisogno di me, sai dove trovarmi!” disse Artù guardandolo.

“Ehi! Ma, te ne vai così?”

“Fosse per me, ti porterei a Camelot anche subito, ma non credo tu voglia venire”

“E cosa ci verrei a fare, a Camelot?”

“Potrei offrirti un lavoro. Come mio servitore personale, ad esempio.”

 

Merlino ci pensò su: “Ma… la paga quanto sarebbe?”

“Una moneta d’argento al giorno”

Era molto più di quanto Merlino avesse mai preso facendo il contadino. 

“Davvero? Sono piuttosto tentato.”

“Bene, è quello che speravo!”

“Perché io?”

"Perché di te mi fido... ma, vieni sul serio?”

“Devo prima sistemare alcune faccende, ma entro la fine della settimana sarò a Camelot.”

 

Il volto di Artù si illuminò: “Fantastico allora. Terrò il posto per te. Ma tu non farmi aspettare troppo.”

E salì sul cavallo. 

Merlino di nascosto, fece un salto di gioia ma poi con le guance rosse si avvicinò al cavaliere: “Artù, tu non ti aspetti di più da me, vero?”

“E secondo te perché ti vorrei a Camelot? Per le tue capacità di servitore? Mi sa che ha ragione il tuo amico Will: tu sei un po' 'coglione'.”

“Io… non posso… sono un bravo ragazzo.”

“Beh, anch’io! Infatti ti dò la mia parola che non ti sarà fatto niente che tu non voglia.” disse Artù, serio.

 

“Mi piacciono le donne…”

“Anche a me…”

“Solo le donne!”

“Mi dispiace per te, ma questo non lo credo. Forse non te ne sei accorto, ma mi hai lanciato dei segnali molto chiari!"

Merlino aveva il fiato corto, ma trovò lo stesso il coraggio per dire: “Io … voglio stare con una persona che voglia solo me…”

“Se te lo meriterai, perchè no?” gli rispose il principe con un grande sorriso.

 

Artù spronò il cavallo e partì al galoppo.

 

Merlino rimase a guardarlo estasiato, con una mano sul petto per sentire i battiti del suo cuore impazzito. Forse avrebbe dovuto sentirsi offeso dalle ultime parole di Artù, ma non era così.

 

Sarebbe partito per Camelot ad ogni costo, nonostante sua madre, gli amici e Will. Sarebbe fuggito, se fosse stato necessario.

 

‘Forse sono impazzito’ si disse Merlino sconcertato e felice. ‘O forse sono solo innamorato…’























 

Ciao! 

Ho lasciato i nomi in italiano di Artù e Merlino, anche se ora uso quelli inglesi, per rimanere fedele ai capitoli precedenti. E mi fa uno strano effetto che Merlino dia del tu ad Artù. Avrò fatto almeno trenta correzioni in proposito.

Leggerissima oneshot. Mai come adesso ho bisogno estremo di leggerezza. Nemmeno la parte che riguarda Morgana va in porto. Qui il fulcro della storia è la conoscenza dei due ragazzi in un contesto nuovo e molto diverso dal solito. E anche provare ad immaginare questa conoscenza (che dà l'idea di volersi trasformare presto in qualcos'altro) in tempi estremamente ridotti.😄

Un caro saluto. 

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