Just do it

di Kameyo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. Drunk enough to say ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
Prompt: This is the sign you’ve looking for
N°parole: 1029

 
1.



 
«Oh, cazzo... Credo che morirò qui. Sento che sto per vomitare l’anima.»
Merlin strisciò di lato e si allontanò dall’amico a fatica, gli girava la testa e non si sentiva tranquillo a mettersi in piedi.
«Ti prego, non qui, rischio di vomitare anch’io.»
Gwaine emise un respiro profondo e chiuse gli occhi. «Gira tutto» borbottò.
«Quanta Tequila hai bevuto?»
«Non lo so... L’ho mandata giù con le caramelle di Morgana.»
«Gwaine, sei stupido? Erano piene di Wodka.»
Gwaine lo guardò con un’espressione ebete e annuì. «Lo so.»
Merlin sbuffò e scosse la testa, non era poi così sorpreso che il suo amico avesse mischiato più alcolici, soprattutto in una serata come quella. Sentì dei passi in avvicinamento e alzò il viso per incontrare quello di Lance, che gli sorrise con rassegnazione e gli porse una bottiglietta d’acqua.
«State bene?»
Gwaine si sdraiò sull’erba e mugugnò qualcosa d’insensato indicando Merlin, che gli schiaffeggiò una gamba.
«Sì, stiamo bene, solo... la testa...gira tutto.»
«Non... non dargli retta...» borbottò Gwaine. «Non si è... Non ha fiatato... Non ha confessato
Lance sospirò e si sedette sull’erba, ma abbastanza lontano dai due per non essere colpito dal vomito – sapeva già che prima poi Gwaine avrebbe rigettato anche la cena di Natale.
«Merlin, non ne aveva già parlato? Devi farlo stasera.»
Merlin s’imbronciò e portò le ginocchia al petto, non voleva fare niente, nemmeno provarci, perché avrebbe dovuto poi? Che gusto c’era a farsi spezzare il cuore dal proprio migliore amico? Lui e Arthur si volevano molto bene, non era abbastanza? Perché avrebbe dovuto rovinare tutto con un sentimento complicato come l’amore?
«Non lo farò. Non rovinerò il nostro rapporto.»
«Cazzo... eccolo che ricomincia.»
«Merlin, ti eri deciso, è la cosa giusta da fare.»
«Giusta un corno» rispose Merlin a voce alta. «E tu sta’ zitto, non hai voce in capitolo! Non mi pare di averti visto parlare con Parsifal!»
Lance gli mise una mano sulla spalla. «Ci occuperemo di Gwaine un altro giorno, questa dovrebbe essere la tua serata.»
Gwaine annuì distrattamente. «Tua serata, non mia. Tua.»
Merlin emise un verso sconsolato e guardò Lance con aria supplice. «E non possiamo scambiarci? Stasera Gwaine e io un’altra volta.»
«Io sono... troppo... ubriaco.»
«Potrebbe vomitargli sulle scarpe appena apre bocca» fece presente Lance.
«Parsifal capirebbe, lui è... un orso buono e coccoloso. Non è come Arthur, lui... si arrabbierà, si sentirà tradito.»
«Ti ficcherà la lingua in gola» disse Gwaine sollevando di poco la testa. «La principessa è cotta di te.»
Merlin lo guardò di sbieco. «Non è vero» disse.
Lance si avvicinò un altro po’, con cautela, come se avesse accanto un animale ferito ed emotivamente instabile, cosa che in effetti Merlin era, soprattutto da ubriaco, e disse:
«Facciamo così, adesso ci alziamo, camminiamo un po’ e ci rifletti.»
«Sì, riflettici su» concordò Gwaine. «Magari ricevi un segno.»
«Che segno?»
«Non lo so... un’illuminazione divina che ti... dice cosa fare.»
Ci fu un gran trambusto nel giardino di fronte, una porta che veniva spalancata di colpo e rumore di roba che finiva a terra. Merlin cercò di capire cosa stesse succedendo, ma le luci della casa erano tutte spente e non si vedeva nulla. D’un tratto però, apparve un’insegna luminosa proprio al centro del giardino, era rossa e diceva: Just do it!
Merlin si voltò lentamente verso Gwaine, che bestemmiava a bassa voce, poi verso Lance, che aveva lo sguardo fisso a terra e scuoteva la testa. Un’illuminazione divina. Che bastardi! pensò stizzito.
«Parsifal ha sbagliato i tempi» disse arricciando le labbra. «Avreste dovuto affidare questo compito a Leon.»
Gwaine si sollevò sui gomiti. «Le prove sono andate bene, deve essere ubriaco anche lui.»
«E Leon è in missione» aggiunse Lance.
«Con Arthur?» chiese Merlin, sentendo un bisogno urgente di mettersi a urlare.
Lance annuì e tre rimasero per lunghi minuti in silenzio a contemplare l’insegna. Merlin non sapeva se mettersi a ridere o a piangere, aveva un gran mal di testa e riusciva soltanto a pensare a Leon, che in quel momento stava cercando di convincere Arthur a dargli una possibilità; era tutto davvero assurdo.
«Da quanto tempo cercate di farci mettere insieme?» chiese all’improvviso, mentre sentiva qualcosa pungergli lo stomaco. Devo farlo? Lo faccio?
«Dalla terza elementare» confessò Gwaine.
«Dal liceo» rispose Lance. «Ma credo che tutti ci stiamo impegnando di più da quando Gwen ha lasciato Arthur.»
Più di un anno e mezzo, considerò Merlin senza parole. I suoi amici avevano passato un anno e mezzo a cercare di farli mettere insieme e la loro ultima risorsa era stata un’insegna luminosa rubata – non voleva essere nei panni di Elyan quando suo padre si sarebbe accorto che nel reparto Nike del loro negozio mancava qualcosa.
«E non vi è venuto in mente di lasciar perdere?»
«E a te non è venuto in mente di fare come ti si dice, per una volta?» gli rispose Gwaine a tono. «Pensa al povero Elyan, non ti pare anche questo un segno? Ha sfidato suo padre per aiutare voi due idioti in amore!»
Lance non aggiunse altro, ma il suo viso parlò per lui. Merlin fece ricadere le mani lungo i fianchi, gli scoppiava la testa, era stanchissimo e voleva soltanto rintanarsi in camera sua a dormire, ma, più la guardava, più quell’insegna gli sembrava un faro nel buio, o era l’alcol a fargli brutti scherzi?
«Dai, Merlin. Siete fatti l’uno per l’altro! La principessa è pazza di te!»
«Ha picchiato Valiant la scorsa settimana.»
«Ed è geloso di Freya.»
Merlin li guardò, avevano sorrisi rassicuranti, e poi... quell’insegna, sembrava davvero un faro in mezzo al nulla, una luce di speranza nell’oscurità. Cazzo, quanto sono ubriaco.
Gwaine si alzò barcollando e gli avvolse un braccio attorno alle spalle.
«Puoi farcela.»
«Stiamo insistendo perché siamo sicuri che andrà tutto bene» disse Lance.
Merlin guardò l’insegna. Just do it! diceva. Just do it!
«Va bene» si decise. «Lo faccio!»
Gwaine lo abbracciò di slancio e gi diede una pacca sulla spalla. «Così si fa!» disse soddisfatto, poi però il suo sorriso si spense e il suo viso divenne pallido.
«Gwaine!» urlò Lance, ma fu troppo tardi.
Merlin andò a cercare Arthur con delle macchie di vomito sulle scarpe.
 
 
 

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Capitolo 2
*** 2. Drunk enough to say ***


Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
Prompt: Drunk enough to say “I love you”?
N° parole: 1462
 

 
 
Le scale si muovevano e questo, decisamente, non era un buon segno.
Merlin salì i gradini tenendosi al corrimano, aveva un mal di testa terribile e la musica che arrivava dal salone era inascoltabile, chi diavolo aveva il scelto il dj per quella festa? Ah, ricordò vagamente, è stato Gwaine. Si guardò le scarpe sporche e lo maledisse.
Arrivò al primo piano della villa barcollando. Prima che si decidesse a confessare – manco avesse commesso un crimine – Parsifal gli aveva fatto bere dell’altra Tequila, «Ti sentirai più coraggioso» gli aveva detto. Solo che non si sentiva affatto più coraggioso, ma in procinto di svenire e morire nel suo stesso vomito.
«Mai più» giurò alla foto di nonno Arthur. «Non berrò mai più.»
Il nonno gli rispose con un sopracciglio sollevato che sembrava dire: «Hai qualche problema mentale?»; Uther gli aveva posto la stessa domanda solo qualche anno prima e ancora non era certo della risposta.
Ondeggiò, sbattendo più volte il fianco contro il muro, fino ad arrivare all’ultima stanza sulla sinistra, quella che lui stesso aveva aiutato a riarredare e in cui passava più della metà delle sue giornate: la camera di Arthur. Bussò tre volte, solo per poi ricordarsi che lui non bussava mai, non per entrare lì dentro, quindi afferrò la maniglia e aprì.
«Sono io» biascicò entrando, e si richiuse la porta alle spalle facendo bene attenzione a far scattare la serratura.
Trovò Arthur sdraiato per metà sul letto intento a guardare il soffitto. A terra, proprio accanto ai suoi piedi, c’erano una bottiglia di Tequila ancora piena, un pacco di preservativi da 50 bustine e una bottiglietta di uno sgargiante rosa shocking a cui era stato attaccato un post-it verde mela. Merlin si avvicinò all’amico e prese la bottiglietta, che si rivelò essere un tubetto di lubrificante al gusto ciliegia, e lesse ad alta voce:
«Dateci dentro, ma non fatevi male.» Sbuffò. «Quel coglione di Gwaine.»
Arthur annuì con un sospiro. «Ho visto l’insegna. Tom ucciderà Elyan domattina.»
Merlin posò il tubetto per terra e fece il giro del letto per andare a sdraiarsi sul lato destro, solo che anche il soffitto, come le scale, si muoveva e la cosa non lo aiutò affatto a sentirsi meglio; aveva la nausea e gli tremavano le gambe – e non era solo colpa della Tequila.
«Parsifal ha detto che la rimetteranno a posto stanotte» disse dopo un po’.
«E tu gli credi?»
«Stava russando quando sono andato via. Forse ci penserà Lance.»
«Lance è con Gwen, sono andati a dormire a casa dei suoi zii.»
Merlin rimase per qualche minuto in silenzio, poi chiese:
«Ma gli zii di Lance non sono ancora in giro per l’Europa?»
Arthur annuì arricciando le labbra.
«Oh, Elyan non verrà in montagna allora. Tom lo chiuderà in negozio fino alla fine dei suoi giorni.»
«Neanche gli altri verranno.» disse Arthur a voce bassa. «Saremo solo tu ed io.»
Merlin annuì e si passò la lingua sulle labbra, aveva la gola secca e il cuore gli batteva così forte che era sicuro gli sarebbe scoppiato. E la Tequila non stava avendo alcun effetto benefico, dove diavolo era il coraggio che Parsifal gli aveva promesso? Pensò di andarsene. Ci pensò cinque volte prima di lasciar perdere, Arthur non lo avrebbe mai perdonato se lo avesse lasciato lì senza dire una parola. Ma che altro doveva fare? Non era già palese? Non ci avevano già pensato gli altri a dire tutto quello che serviva? Mentre rifletteva, cercò di respirare il più piano possibile, ma ebbe l’impressione che ogni suono proveniente dal suo petto fosse amplificato. Non si era mai sentito tanto nervoso e spaventato in tutta la sua vita.
«E a te sta bene?» chiese.
«E a te?» gli rispose Arthur velocemente.
Merlin si passò di nuovo la lingua sulle labbra e pensò alla Tequila ancora intatta sul pavimento, forse quella lo avrebbe aiutato, o forse avrebbe dato il colpo di grazia al suo stomaco.
«Siamo sempre solo io e te» disse. «E... ci divertiamo, no? Non che con gli altri sia noioso, ma... Non devono venire per forza se non vogliono, giusto? Sarà come al solito, solo... noi due e... i boschi... e... tutto... tutto come sempre.» Rilasciò un sospiro tremulo. «A me che tu non voglia restare in città con gli altri e-»
«No!» Rispose Arthur voltandosi a guardarlo. «Voglio andarci, con te.»
Merlin si girò a sua volta e finalmente lo guardò in viso. Arthur non aveva le guance rosse o un’espressione imbarazzata – come Gwaine aveva immaginato -, era serio, molto serio, e i suoi occhi azzurri lo fissavano con un’intensità tale da fargli venire le vertigini nonostante fossero entrambi sdraiati. Oh, realizzò.
«A-Allora andiamoci.»
Arthur s’inumidì le labbra e gli guardò la bocca. Merlin sentì il viso andare a fuoco e capì che se voleva fare qualcosa di stupido, come baciare il suo migliore amico e confessargli amore eterno, quello era il momento giusto per farlo. Se fosse andata male, avrebbe potuto dare la colpa all’alcol e a Gwaine e Parsifal, e persino a Lance, che con le sue rassicurazioni lo aveva convinto a rischiare. Poteva farcela. Doveva solo tenere la bocca chiusa, sporgersi e il resto sarebbe venuto da sé.
«Arthur» disse invece. «Io... io ti devo dire una cosa.» Che cazzo sto facendo?
Arthur si mise di fianco e gli si avvicinò. «Cosa?» gli chiese.
Merlin si spostò per stargli meglio di fronte. «Io...» Non glielo posso dire. Non posso! «Non so come... da dove...»
«Dillo e basta» lo incitò Arthur con un sorriso.
Merda, pensò Merlin sciogliendosi davanti a quell’espressione così serena e speranzosa. Forse non era ancora abbastanza ubriaco per buttarsi senza esitazione, ma capì che se si fosse tirato indietro sarebbe stato anche peggio. Prese un respiro profondo e...
«Ti amo» confessò, e si trasformò in un fiume in piena. «Ti amo tantissimo. Ti amo dalla seconda elementare, da quando hai dato un pugno a Mordred perché voleva darmi un bacio anche se a me non andava. E ti ho odiato per ogni ragazza con cui sei uscito. E ti ho odiato ancora di più quando ti sei messo con Gwen. Però non importa. Non importa perché so che tieni a me, so che ci tieni molto anche non fai altro che insultarmi. E va bene se non mi ami, lo capisco. Non ti posso costringere ad amarmi tanto quanto ti amo io, però voglio che tu lo sappia perché... perché non ce la faccio più. E io... io... Voglio andare in montagna con te, e anche al mare, e in quel ristorante terribile in cui non hanno il menù vegano. Voglio fare tutto quello che ti rende felice, perché io-»
Arthur lo baciò impedendogli di blaterare ancora, affondò le dita fra i suoi capelli e lo fece girare supino per sovrastarlo. Merlin schiuse le labbra e lo abbracciò per averlo più vicino, dimenticò qualsiasi altra cosa volesse dirgli, che importanza avevano le parole se poteva sentirlo addosso in quel modo? Sapore di Tequila, notò con la mente annebbiata dall’alcol e dall’eccitazione. Oh, cazzo. Oh, cazzo, cazzo, cazzo. Si lasciò andare completamente.
«Dillo di nuovo» ordinò Arthur ad un certo punto.
Merlin non seppe spiegarsi come, ma si ritrovò completamente schiacciato contro il materasso, mentre Arthur, sdraiato in mezzo alle sue gambe, sfregava i loro bacini e gli mordeva il collo. E dov’erano finite le loro magliette?
«Cosa?» ansimò senza fiato. «Che ti amo? Perché credo di amarti ancora di più proprio adesso.»
Arthur rise contro il suo orecchio e gli aprì la patta per pantaloni con una velocità disarmante. «Ti amo anch’io» sussurrò.
Il mondo si capovolse.
Anche con i sensi annebbiati dall'alcol, Merlin percepì qualcosa aggiustarsi dentro di sé. Tutte le paure e i dubbi svanirono. Prese il viso di Arthur tra le mani, gli baciò gli occhi, le guance, la bocca. Succhiò la carne tenera del collo, scese con la lingua ai suoi capezzoli, li sentì indurirsi sotto il suo tocco. Sfiorò con adorazione la sua pelle chiara, strinse tra le dita le sue cosce muscolose, affondò il naso in mezzo ai riccioli scuri del suo pube, inspirò il suo odore. Lo accolse tra le labbra e ingoiò ogni goccia del suo piacere.
E si beò dei suoi ansiti spezzati, dei suoi gemiti, del suo calore.
Arthur era stretto, rovente. Ed era suo, finalmente suo.
Merlin fece l’amore con lui sul letto che avevano condiviso fin da bambini, tra i cuscini e le coperte che tante volte avevano usato per costruire fortini e tende indiane. Si ubriacò di Arthur, del suo odore, del suo sapore, delle sue parole e delle sue promesse. Gli giurò di amarlo più e più volte.
E quando alla fine dovettero cedere al sonno, Merlin sentì in lontananza la voce irritante di Gwaine che gli diceva:
«Io te l’avevo detto!»

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