Antologia di Afaneia (/viewuser.php?uid=67759)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** We wanted to be the sky ***
Capitolo 2: *** Tattoo ***
Capitolo 3: *** Occhio ***
Capitolo 4: *** Drunk enough to say I love you? ***
Capitolo 5: *** Rabbia ***
Capitolo 6: *** Verde ***
Capitolo 7: *** Sbagliato ***
Capitolo 8: *** Castello ***
Capitolo 9: *** Ladro ***
Capitolo 1 *** We wanted to be the sky ***
#2
~ We wanted to be the sky ~
«Sei
stato gentile a invitarmi.»
«Link»
risponde Kashiwa sorridendo, come
divertito dalla sua umiltà. «Sai bene che
l’onore di averti qui è tutto per noi
Rito.»
I
piccoli Rito sono così emozionati di
prender parte alla prima cerimonia ufficiale al Volodromo, durante la
quale
riceveranno il loro primo vero Arco Rondine in nome
dell’antico Campione. Link
strizza gli occhi per cercare tra loro Tulin, il figlio di Teba, ma non
riesce
a individuarlo in mezzo alla folla di piccole teste piumate.
È troppo poco
abituato ai bambini.
È
una cerimonia che si svolge ogni anno
in nome del Campione dell’aria. Link sorride amaramente
quando i piccoli Rito guidati
dal loro maestro si levano in volo tutti insieme per la prima volta,
compiendo
una complessa virata in direzione della dirupata città
mentre gli adulti, raccolti
nel Volodromo al di sotto di loro, l’incoraggiano
d’entusiasmo. Kashiwa s’accorge
del suo sorriso.
«Che
pensi?»
«Oh»
risponde Link colto alla
sprovvista. «Ai bambini.»
«Davvero?»
domanda Kashiwa sorridendo, e
Link sa che lui sa che era una bugia.
«No»
ammette, ma senza dispiacere. «Pensavo
a che cosa avrebbe detto Revali se avesse saputo che ancora nessuno, in
tutto
questo tempo, è stato ancora in grado di superarlo nel volo
o nell’arco.»
«È
il destino dei martiri, Link» mormora
Kashiwa «E forse lo saprebbe anche lui.» Resta in
silenzio per un momento. «Pensi
che ne sarebbe andato fiero?»
Link
ha bisogno di concentrarsi un
momento, colle ginocchia raccolte al petto e lo sguardo perso nel
vuoto, gli
occhi che vagano dietro ai piccoli Rito come fiamme nel cielo. Quando
si sforza
così, concentrandosi, Revali torna a lui come un fiotto di
sensazioni. «Credo
che avrebbe voluto che i Rito divenissero più grandi, dopo
di lui.»
Kashiwa
fa cenno col capo di aver
capito.
«È
stato lui a insegnarti a usare quella
tua paravela?»
Link
scuote il capo appena, forse più
per se stesso che per lui.
«No.
Revali mi ha insegnato a volare.»
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Capitolo 2 *** Tattoo ***
#3
~
Tattoo ~
Link
si sveglia con un mal di testa
allucinante e un gran bruciore sulla spalla.
Non
ha precisamente le idee ben chiare
sulla sera precedente. A dire il vero, non è affatto sicuro
di come sia
arrivato a letto: ci è arrivato e basta, a quanto pare, il
che dovrebbe essere
rassicurante, in un certo senso: il dato di fatto è che
è al sicuro, sotto le
coperte, e ha ancora tutti i suoi arti. Di per sé, quindi,
non è un gran male. Però
è quasi sicuro d’aver fatto qualcosa di cui
dovrà pentirsi. Lo preoccupa un po’
il bruciore alla spalla, ma ci guarderà dopo colazione: se
ha fatto a botte con
qualcuno e ha una ferita, non vuole vederla prima di mangiare.
Possibilmente neanche
dopo, ma dovrà farci i conti prima o poi.
Tirando
la testa al di fuori delle
coperte, Link si sporge dal letto e si guarda cautamente attorno. Anche
la sua
stanza, pressappoco, è a posto: vestiti appallottolati sulla
sedia e anfibi
abbandonati sul pavimento, ma a parte questo nulla di grave. Tutto
nella norma
per un sabato mattina, probabilmente.
Appurato
ciò, Link scivola cautamente giù
dal letto, si mette una T-shirt pulita e raggiunge la cucina. Vuole la
colazione e un caffè e anche del paracetamolo per la testa.
Ma potrà prendere
il paracetamolo se ancora non ha digerito l’alcol? Lo
chiederebbe a Mipha, ma
di sicuro è già in biblioteca a studiare. Sta
preparando Farmacologia, perciò
dovrebbe saperlo. Magari le scriverà un messaggio
più avanti.
Quando
entra in cucina, Revali è già
seduto al tavolo a lavorare al suo laptop. Revali è
l’ultima persona che Link
abbia voglia di vedere durante un hangover, ma proprio al di
là del suo laptop
c’è una scatola di cereali, perciò
stabilisce di poterlo tollerare per questa
mattina.
«Oh,
ti sei svegliato» esclama Revali a
mo’ di saluto, un po’ troppo contento di vederlo,
per i suoi gusti, e Link
grugnisce con cautela in risposta. Non ha voglia di articolare niente
di più
complesso in questo momento. «Non credevo che avresti avuto
il coraggio di
farti vedere, stamani.»
Link
è troppo preso dalla ricerca del paracetamolo
nella credenza per dargli retta. «Eh?»
«Beh,
sai, dopo quello che hai fatto. Credevo
ti saresti vergognato.»
Il
paracetamolo può aspettare ancora un
minuto, anche se la testa gli pulsa tremendamente, e Link si volta
lentamente e
chiede con cautela: «Che cosa ho fatto?»
Anche
Revali si volta verso di lui e lo guarda
con una certa sorpresa da sopra i suoi sottili occhiali rotondi.
«Davvero non
te lo ricordi?»
A
quanto pare, il suo dubbio è più reale
di quanto pensasse. Tanto vale affrontare la realtà.
«Ho fatto a botte, vero?»
Revali
scoppia a ridere, dal che Link
deduce che no, non ha fatto a botte. Il dubbio che strisciava lungo la
sua
schiena si tramuta in un senso gelido di terrore. «Ti sei
guardato allo
specchio stamani?»
Link
non richiude neppure lo sportello
della cucina. Si precipita in bagno, si sfila la maglietta dalla testa
e si
contorce davanti allo specchio per guardarsi la schiena.
No,
decisamente non ha fatto a botte. Dal
suo riflesso nello specchio, coperta da uno strato di pellicola
trasparente, ricambia
il suo sguardo il tatuaggio di una piccola fata tonda con due piccole
ali.
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Capitolo 3 *** Occhio ***
#4
~
Occhio ~
Link
nutre un sacrosanto terrore delle
ferite. Non vuole vederle, non vuole saperne nulla. Forse ha avuto un
trauma che
non riesce a ricordare, non lo sa.
Quando
lo feriscono in faccia e Mipha si
cura su di lui nel cuore della battaglia, non urla perché ha
troppa paura di
farlo.
«Link»
ordina Mipha con una voce
autorevole e dura che tira fuori soltanto nel cuore della lotta.
«Link, apri
gli occhi e guarda verso di me.»
«Mipha»
ansima Link afferrandole il
polso «Mipha, non ci vedo più!»
«Link»
ribadisce Mipha che delle ferite
non prova alcun orrore, tamponandogli con la sua veste di Campionessa
il sangue
dal volto e dal sopracciglio. «Ho bisogno che guardi verso di
me, altrimenti
non vedo cos’hai. Riesci ad aprire gli occhi?»
Link
non ha obbedito neppure al medico
dell’esercito quando gli ha ordinato di bendare le ferite di
un suo compagno;
ma a Mipha ha affidato la sua vita più volte di quante
riesca a ricordare. Reprimendo
un gemito e la voglia di urlare, Link si allontana le mani dal volto e
impone a
se stesso di tenere gli occhi aperti nella luce e nel bruciore del
sangue verso
la dolcezza del volto di Mipha.
Allo
sforzo dei suoi occhi Mipha risponde
con sgomento. Link si aggrappa al suo polso con un impeto di
disperazione che
non aveva mai provato. «Mipha, cosa mi è
successo?»
Mipha
gli dà un bacio sulla fronte e un
buffetto sulla guancia. Link non sa come reagire.
«Sei
ferito al sopracciglio. Hai del
sangue negli occhi. Tutto qui, tesoro. Ci vedrai ancora.»
Ah.
Forse deve fare qualcosa per questa
sua fobia delle ferite.
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Capitolo 4 *** Drunk enough to say I love you? ***
Ambientata
nel canone di Hyrule Warriors,
post-Calamity Ganon.
Per
festeggiare la vittoria sulla
Calamità, Link fa offrire da bere ai soldati.
#7
~
Drunk enough
to say I love you? ~
Link
non beve, mai. Non può farlo perché
la filosofia della sua disciplina, che per volere di suo padre segue
pressappoco da quando ha iniziato a camminare, lo vieta severamente; ma
non è
che la tentazione del bere lo abbia mai affascinato più di
tanto. Se si parla
di cibo, quella è un’altra storia, e a una fetta
di torta di mele Link
difficilmente sarebbe in grado di dire di no; ma l’alcol non
lo ha mai
attratto.
Naturalmente,
la stessa disciplina non
ha mai voluto imporla ai suoi uomini. Sono soldati semplici, non
guerrieri, fin
da bambini, com’è sempre stato lui; e come
comandante della guardia, Link sa
che il morale è importante quanto e forse più
dell’addestramento. Perciò, per celebrare
la vittoria sulla calamità Ganon, Link ha ordinato di
portare dalle cucine del
Castello birra e idromele e vino a volontà senza neppure
chiedere il permesso
del Re: questi sono i suoi uomini, e al loro morale deve pensare lui
personalmente. La Calamità è allontanata, ma
Hyrule avrà ancora bisogno di
lavoro, di missioni, di rischi da correre e di qualche perdita
nell’esercito:
ancora mostri e alleati del nemico, sbandati ma irriducibili, si
aggirano nelle
profondità del regno. Gli uomini hanno il diritto di
festeggiare, stasera,
perché domani dovranno seguirlo in altre battaglie.
Ai
Campioni è piaciuta l’idea, e uno
dopo l’altro hanno abbandonato i piani alti del Castello,
dove il Re e Zelda
hanno ricevuto nobili e dignitari da tutte le regioni di Hyrule, e sono
discesi
nelle caserme. Mipha non è una bevitrice, come lui, ma
è a suo agio con i
soldati, e questa sera ha portato il suo fratellino con lei. Sidon
crescerà
come un guerriero, Link glielo legge negli occhi già ora, ed
è ammirato dalle
spade e dalle armature e i soldati lo guardano con paterna tenerezza.
Molti di
loro hanno le loro famiglie lontane, a Finterra o anche più
distanti, e forse
in quel piccolo principe Zora vedono i loro bambini. Quanto a Urbosa e
a Daruk,
pare che abbiano apprezzato molto l’idea
dell’idromele. Forse troppo per dei
Campioni, ma non sembra che l’alcol dia loro particolarmente
fastidio – almeno,
non più di quanto si addica al tono della serata.
Ma
che i Rito, o quantomeno un
Rito in particolare, non reggesse l’alcol, questa
è stata una scoperta degna di
nota.
Non
che Revali abbia perduto neppure per
un istante il suo contegno dignitoso. In effetti, a meno di non
conoscerlo
molto bene e di osservarlo ancora meglio, Link dubita che chiunque
potrebbe
accorgersi che è un tantino ubriaco: è
perfettamente stabile, e alle canzonacce
e alle battute pesanti dei soldati si limita a sorridere con altezzosa
condiscendenza. Ma si dà il caso che Link lo conosca molto
bene e lo osservi
ancora meglio, perciò, allontanandosi per un istante dai
soldati che per l’ennesima
volta nel corso della serata stanno acclamando il suo nome (e di questa
distrazione
è grato perché la cosa lo sta mettendo un
po’ in imbarazzo), si schiera in
silenzio al suo fianco e mormora: «Ti senti bene,
sì?»
«Link»
esclama Revali un po’ troppo
forte e gioviale per i suoi standard. «Perché non
dovrei sentirmi bene?»
«Sht»
mormora Link ritraendosi impercettibilmente
verso l’esterno rispetto alla folla, e Revali senza
accorgersi della sua
manovra è costretto ad accostarglisi per poter continuare a
udire le sue parole
troppo basse. Il fatto che non si sia accorto di questa banale
strategia per
allontanarlo dalla folla è la prova che non è del
tutto in sé: l’intuito di Revali
è secondo soltanto al suo, e non in tutte le situazioni.
«Non è che hai bevuto
un po’ troppo?» domanda piano, accennando con lo
sguardo al suo boccale di
idromele.
«Questo? Nah…
Link, sei troppo
bacchettone. Perché non ti godi la festa anche tu,
piuttosto?»
«Me
la sto godendo» ribatte Link
meccanicamente. «Solo che non posso bere.»
«Non
puoi?» indaga Revali con un sorriso
strano. «Sei allergico?»
«Certo
che no.»
«Non
vuoi, allora. Quindi, è come dico
io. Sei troppo bacchettone. Tieni, dai» proclama porgendogli
il suo boccale con
generosità da ubriaco. Link, che non l’ha mai
visto così, declina con un cenno
del capo e Revali scoppia a ridere. «Ti fa paura?»
«No.
È solo che…» Link cerca invano le
parole per dirgli che non ha mai bevuto in vita sua e non gli interessa
farlo
senza suonare per questo bacchettone. Peccato che
l’intuito di Revali
arrivi più in fretta della sua lingua.
«Non
hai mai bevuto in vita tua?»
esclama un po’ troppo forte.
«Zitto»
ordina Link, perché, sebbene
tutti a questa festa sappiano che è astemio, detto in quel
modo da Revali tutt’a
un tratto ha un suono che non gli piace. Ma Revali, a quanto pare, non
ha mai
sentito niente di più divertente in tutta la sua vita e non
accenna a smettere
di ridere. «Dai qua» sbotta strappandogli il
boccale di mano e bevendo tutto d’un
fiato.
Quattro
minuti e un intero boccale dopo,
la stanza gli appare annebbiata come dopo una tempesta e Revali sta
ancora
ridendo. È una fortuna che tutti siano troppo impegnati a
ubriacarsi per far
caso a lui.
«Quindi
avevo ragione» conclude Revali
togliendogli gentilmente il boccale di mano. «Non avevi mai
bevuto prima.»
«Stai
zitto» mormora Link che non è più
tanto sicuro di stare in piedi in autonomia.
«No
che non sto zitto. Nello specifico
penso proprio che proclamerò a tutti che io, il Grande
Revali, sono stato il
primo a far ubriacare…»
«Revali»
esclama Link aggrappandosi al
suo petto. Non è affatto sicuro di sapere cosa sta per dire,
ma bisogna che in
qualche modo lo dica, proprio adesso, proprio stasera. «Ti
dispiacerebbe star
zitto e far parlare me?»
«Sì»
ribatte Revali senza mezzi termini.
«Tuttavia, cosa vuoi dirmi?»
Link
è sicuro che un’espressione
semplice per dire quello che vorrebbe esista, ma in questo momento
proprio non
gli viene in mente, perciò dovrà ricorrere a una
perifrasi.
«Non
mi sarei mai perdonato se tu fossi
morto in battaglia… ma mi fidavo solo di te a guardarmi le
spalle. Non so cosa
sto dicendo. Ha senso per te?»
Se
solo fosse un po’ più sobrio, forse
Link si renderebbe conto che Revali rimane in silenzio per un tempo
assurdamente lungo.
«Se
ti rispondo, ti ricorderai della mia
risposta, domani?»
«Lo
spero» ammette Link che di più non
può promettere in questo momento.
«Lo
spero anche io. Neanche io me lo
sarei mai perdonato.»
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Capitolo 5 *** Rabbia ***
#10
~
Rabbia ~
«Mia
nipote è venuta a dirmi che smani
per parlarmi» dice la voce di Impa dall’alto della
scala. È vecchia e tarda e non
prova nemmeno a scendere le scale da sola, senza aiuto, e rimane a
guardarlo
dall’alto. I suoi occhi privi di giudizio percorrono la
stanza d’ingresso. «Vedo
che non stava esagerando.»
Link
si alza da terra e si guarda
attorno nel caos che la sua disperazione ha provocato. Ha rovesciato
tutto, spaccato
tutto, e tutto ciò che è in grado di fare per
rimediare è allargare le braccia
e dire: «Scusami.»
«Ah,
lascia stare» ribatte Impa. «Sono
solo cose. Non preoccuparti per questo.»
Da
quel poco che Link ha ricordato di
lei finora, in un certo senso si aspettava che rispondesse
così. Lei era la
sola da cui potesse andare: tutti del suo passato lo hanno abbandonato.
Eppure è
arrabbiato con lei, forse stolidamente, perché di certo lei
non aveva colpe: ma
è anche l’unica con cui possa ancora arrabbiarsi.
«Tu
lo sapevi» l’accusa. Non c’è
nient’altro
di cui possa accusarla. «Lo sapevi che erano morti.»
«Certo»
risponde Impa con calma. «Non te
l’ho mai nascosto.»
«Ma
lo sapevi che cosa significavano per
me!» urla Link. Non sa neppure se a farla trasalire sia il
tono della sua voce
o la sua disperazione. «Sapevi che li ho visti morire e mi
hai mandato lo
stesso a cercare di ricordarli!»
D’un
tratto Impa sembra capire.
«Mi
dispiace, Link» dice, e la sua voce
vibra davvero di dolore. «Bisognava che tu sapessi. Non
potevo mandarti a
combattere al Castello senza che tu ricordassi tutto ciò che
era accaduto e
fossi in grado di scegliere.»
«Potevi
lasciarmi all’oscuro di tutto!»
urla Link prendendosi il capo tra le mani. «Sarebbe stato
tutto più semplice…»
«Link»
ribatte Impa. La sua voce è
ferrea eppure ancora dolce. «Lo sai anche tu che non sarebbe
stato giusto
mandarti al massacro senza che tu sapessi perché.»
Link
leva su di lei lo sguardo. I suoi
occhi implorano una pietà che Impa non può dargli.
«Ma
lo sapevi che avrebbe fatto meno
male.»
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Capitolo 6 *** Verde ***
#11
~
Verde ~
«I
soldati si lamentano. Dicono che il
loro comandante si accolla i turni di notte per non lasciar loro
nemmeno la
gloria d’avvistare i nemici.»
Link
alza lo sguardo dal fuoco. Nel buio
a pochi passi di distanza dal suo bivacco, lontano da quello dei suoi
uomini, gli
occhi di Revali lampeggiano come gemme nella notte.
«Tieni»
aggiunge il Rito gettandogli qualcosa
al volo. Link se l’aspettava tanto poco che un piccolo
oggetto rotondo e
bitorzoluto gli rotola in grembo prima che faccia in tempo ad
afferrarlo: è una
piccola mela verde, soda e brutta, di quelle lasciate seccare nella
paglia. Revali
non si lascia sfuggire il fatto che non l’abbia presa al volo.
«Difese
abbassate, eh, Link? Non va bene
per una sentinella.»
«Non
vedo il motivo di guardarmi da te»
obietta Link semplicemente. «Tu che ci fai sveglio? Non sei
di guardia e non aspetto
il cambio.»
«Non
riesco a dormire» risponde Revali,
ma Link ha la sensazione che sia una risposta un po’ elusiva.
Comunque, non ci
bada troppo.
«Lo
sai, vero, che so benissimo che i
soldati non dicono questo?»
«Ah
sì? E che cosa direbbero, sentiamo?»
ribatte Revali sedendosi accanto a lui, a gambe incrociate, sulla
polvere.
«Che
sono ben contenti di risparmiarsi
un turno di notte. Fanno una vita già abbastanza dura
così.»
«Anche
tu la fai» obietta Revali. Il suo
sguardo verde scintilla nel fuoco e non si distoglie da lui per un
istante. «Ma
tu sei il comandante e il Campione che porta la Spada che esorcizza il
male. Avresti
diritto a risparmiarti tutto questo.»
«Anche
tu, eppure sei sveglio qui con me»
ribatte Link lanciandogli la mela per dispetto, ma senza troppa forza.
Revali l’acchiappa
ancora a mezz’aria.
«Lo
sai che intendo dire.»
«Lo
so» conferma Link appoggiandosi alla
sella del suo cavallo, proprio dietro di lui, e distendendo le gambe.
«Ma servo
Hyrule anche servendo i miei uomini. Io posso reggere tutto questo,
perciò è
mio dovere risparmiarlo a loro.»
Revali
resta in silenzio per un po’,
osservando il fuoco.
«Che
fai, Link? Mica dormirai proprio
adesso?»
«Beh,
non ho mai detto che abbia senso
restare svegli in due» sbadiglia Link arrotolandosi nel suo
mantello. «Già che
ci sei, questo turno puoi finirlo tu, sì?»
Dopodiché,
sentendosi beatamente rilassato,
Link scivola nel sonno mentre Revali impreca nel buio.
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Capitolo 7 *** Sbagliato ***
#17
~
Sbagliato ~
Il
passo di Saria è leggero e dolce
sulle foglie come la sua voce, i suoi piedi calpestano l’erba
senza quasi
piegarla. Link la sente solo perché… forse
neppure la sente: forse soltanto la
percepisce nell’aria, con l’intensità
con cui percepirebbe un vento o un
profumo. Saria è nell’aria allo stesso modo.
«Sei
venuto a nasconderti?» domanda
Saria. Link, appoggiato contro il tronco colle ginocchia contratte al
petto, fa
cenno di sì col capo. Non ha molta voglia di parlare,
nemmeno con lei; ma la
sua presenza riempie in parte il vuoto che gli scava dentro e che non
si
colmerà mai.
«Non
devi dar retta agli altri, Link.
Mido è uno sciocco, ma non è cattivo, e prima o
poi si pentirà di quello che ti
ha detto. Oggi che cosa ti ha detto?»
Link
affonda la faccia tra le ginocchia
per non doverla guardare negli occhi.
«Che
non ho una fata» borbotta. È un
vero miracolo che Saria riesca a decifrarlo.
«Link»
mormora Saria. È dispiaciuta,
mortificata, e vorrebbe che la sua voce riuscisse a consolarlo.
«Mido non ti
capisce perché gli sembra che tu sia…
così diverso. Ma non è colpa tua. Lo sai,
questo, vero?»
Mido
non mi capisce perché crede che io
sia sbagliato, vorrebbe
urlare Link. Ma gridarle addosso un dolore che Saria non è
in grado di
consolare sarebbe meschino e ingiusto contro di lei, e Link si limita a
sollevare il volto dalle ginocchia e si sforza di sorriderle.
Non
sa cosa farebbe se non ci fosse
Saria.
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Capitolo 8 *** Castello ***
#19
~
Castello
~
Avanzano
tra le macerie e la polvere in
silenzio. Più di una volta Zelda gli fa cenno di avanzare e
di camminare al suo
fianco, al suo pari, ma Link non transige: è il Campione e
la guardia della
Principessa, e deve stare un passo dietro di lei, alla guida dei
guerrieri
Sheikah che si sono offerti di accompagnare la principessa di nuovo al
Castello.
Dopo un po’, Zelda si arrende e non insiste oltre.
Un
piccolo Korogu fa capolino a un
tratto tra le frasche e i detriti, e Zelda si sofferma a guardarlo
ridendo
appena. Link attende obbedientemente che lei riprenda il cammino, ma
Zelda si limita
a sollevare lo sguardo sui bastioni semidistrutti. Per un
po’, non dice niente.
«Eri
in grado di vederlo, quando eri là
dentro?»
Zelda
riflette un momento.
«In
un certo senso» risponde a bassa
voce. «Ma in un altro non lo ero e tutto ciò che
vedevo era la Calamità.»
Quello
che si estende davanti agli occhi
di Zelda, ora, è la sua casa devastata e distrutta.
«Ricostruiremo
tutto» promette Link. È la
sola cosa che possa dirle ora. «Cercheremo di riportare tutto
com’era prima.»
Zelda
annuisce lentamente, ma d’un
tratto il suo capo non si risolleva più, rimane chino in
avanti, col mento reclinato
contro il petto, e Link intuisce che sta piangendo.
«Non
potremo riportare indietro tutto,
vero?» domanda piangendo.
A
questa domanda Link non può rispondere
con una bugia.
«No,
non tutto» risponde a bassa voce. «Non
tutti.»
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Capitolo 9 *** Ladro ***
#21
~
Ladro ~
«Ridammelo»
esordisce Link tendendo la
mano.
Revali
aggrotta la fronte sollevando lo
sguardo dall’impennaggio delle sue frecce. «Che
cosa?»
«Lo
sai benissimo cosa.»
Revali
trae un sospiro profondo. «No,
Link… non so leggere nella tua mente. In quella di nessuno,
in realtà, ma nel
caso specifico…»
«Revali»
lo interrompe Link spazientito.
«Non prendermi in giro. Non mi arrabbierò, ma devi
ridarmelo ora. È chiaro?»
«No
che non è chiaro» ribatte Revali
tornando a chinare gli occhi sulle frecce che sta adornando, e per lui
la
questione è chiusa. «Non so di cosa stai parlando,
perciò non posso sostenere
questa conversazione. Se avrai voglia di parlare come due adulti, sai
dove
trovarmi.»
Link
tace per un istante colla rabbia
che gli ribolle negli occhi.
«Ti
avverto, Revali» conclude ad alta
voce prima di allontanarsi. «So che sei stato tu. E intendo
anche dimostrarlo.»
Quando
Link scompare furibondo nelle
stalle del Castello, Impa appare alle sue spalle in silenzio come se vi
si
fosse appena materializzata. Revali sobbalza perché quella
dannata Sheikah è ancora
l’unica guerriera che sia in grado di coglierlo alla
sprovvista… più di una
volta.
«Ce
lo hai tu sul serio, vero?»
Revali
sospira, di nuovo. «Perché
pensate tutti che ce l’abbia io?»
«Perché
ti conosco» ribatte Impa
sorridendo. «Non c’è bisogno che tu mi
risponda, comunque. So già che ce l’hai
tu.»
Beh,
dal momento che ha avuto l’esplicita
autorizzazione a non rispondere, non intende farlo. Se lo lasciano
concentrare per
qualche minuto, magari riesce persino a finire questo dannato lavoro e
a
riprendere gli allenamenti.
Chi
l’avrebbe detto che avrebbe avuto
tutte queste grane per aver rubato un muffin alle mele?
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