Antologia

di Afaneia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** We wanted to be the sky ***
Capitolo 2: *** Tattoo ***
Capitolo 3: *** Occhio ***
Capitolo 4: *** Drunk enough to say I love you? ***
Capitolo 5: *** Rabbia ***
Capitolo 6: *** Verde ***
Capitolo 7: *** Sbagliato ***
Capitolo 8: *** Castello ***
Capitolo 9: *** Ladro ***



Capitolo 1
*** We wanted to be the sky ***


#2

~ We wanted to be the sky ~

 

 

«Sei stato gentile a invitarmi.»

«Link» risponde Kashiwa sorridendo, come divertito dalla sua umiltà. «Sai bene che l’onore di averti qui è tutto per noi Rito.»

I piccoli Rito sono così emozionati di prender parte alla prima cerimonia ufficiale al Volodromo, durante la quale riceveranno il loro primo vero Arco Rondine in nome dell’antico Campione. Link strizza gli occhi per cercare tra loro Tulin, il figlio di Teba, ma non riesce a individuarlo in mezzo alla folla di piccole teste piumate. È troppo poco abituato ai bambini.

È una cerimonia che si svolge ogni anno in nome del Campione dell’aria. Link sorride amaramente quando i piccoli Rito guidati dal loro maestro si levano in volo tutti insieme per la prima volta, compiendo una complessa virata in direzione della dirupata città mentre gli adulti, raccolti nel Volodromo al di sotto di loro, l’incoraggiano d’entusiasmo. Kashiwa s’accorge del suo sorriso.

«Che pensi?»

«Oh» risponde Link colto alla sprovvista. «Ai bambini.»

«Davvero?» domanda Kashiwa sorridendo, e Link sa che lui sa che era una bugia.

«No» ammette, ma senza dispiacere. «Pensavo a che cosa avrebbe detto Revali se avesse saputo che ancora nessuno, in tutto questo tempo, è stato ancora in grado di superarlo nel volo o nell’arco.»

«È il destino dei martiri, Link» mormora Kashiwa «E forse lo saprebbe anche lui.» Resta in silenzio per un momento. «Pensi che ne sarebbe andato fiero?»

Link ha bisogno di concentrarsi un momento, colle ginocchia raccolte al petto e lo sguardo perso nel vuoto, gli occhi che vagano dietro ai piccoli Rito come fiamme nel cielo. Quando si sforza così, concentrandosi, Revali torna a lui come un fiotto di sensazioni. «Credo che avrebbe voluto che i Rito divenissero più grandi, dopo di lui.»

Kashiwa fa cenno col capo di aver capito.

«È stato lui a insegnarti a usare quella tua paravela?»

Link scuote il capo appena, forse più per se stesso che per lui.

«No. Revali mi ha insegnato a volare.»

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Capitolo 2
*** Tattoo ***


#3

~ Tattoo ~

 

Link si sveglia con un mal di testa allucinante e un gran bruciore sulla spalla.

Non ha precisamente le idee ben chiare sulla sera precedente. A dire il vero, non è affatto sicuro di come sia arrivato a letto: ci è arrivato e basta, a quanto pare, il che dovrebbe essere rassicurante, in un certo senso: il dato di fatto è che è al sicuro, sotto le coperte, e ha ancora tutti i suoi arti. Di per sé, quindi, non è un gran male. Però è quasi sicuro d’aver fatto qualcosa di cui dovrà pentirsi. Lo preoccupa un po’ il bruciore alla spalla, ma ci guarderà dopo colazione: se ha fatto a botte con qualcuno e ha una ferita, non vuole vederla prima di mangiare. Possibilmente neanche dopo, ma dovrà farci i conti prima o poi.

Tirando la testa al di fuori delle coperte, Link si sporge dal letto e si guarda cautamente attorno. Anche la sua stanza, pressappoco, è a posto: vestiti appallottolati sulla sedia e anfibi abbandonati sul pavimento, ma a parte questo nulla di grave. Tutto nella norma per un sabato mattina, probabilmente.

Appurato ciò, Link scivola cautamente giù dal letto, si mette una T-shirt pulita e raggiunge la cucina. Vuole la colazione e un caffè e anche del paracetamolo per la testa. Ma potrà prendere il paracetamolo se ancora non ha digerito l’alcol? Lo chiederebbe a Mipha, ma di sicuro è già in biblioteca a studiare. Sta preparando Farmacologia, perciò dovrebbe saperlo. Magari le scriverà un messaggio più avanti.

Quando entra in cucina, Revali è già seduto al tavolo a lavorare al suo laptop. Revali è l’ultima persona che Link abbia voglia di vedere durante un hangover, ma proprio al di là del suo laptop c’è una scatola di cereali, perciò stabilisce di poterlo tollerare per questa mattina.

«Oh, ti sei svegliato» esclama Revali a mo’ di saluto, un po’ troppo contento di vederlo, per i suoi gusti, e Link grugnisce con cautela in risposta. Non ha voglia di articolare niente di più complesso in questo momento. «Non credevo che avresti avuto il coraggio di farti vedere, stamani.»

Link è troppo preso dalla ricerca del paracetamolo nella credenza per dargli retta. «Eh?»

«Beh, sai, dopo quello che hai fatto. Credevo ti saresti vergognato.»

Il paracetamolo può aspettare ancora un minuto, anche se la testa gli pulsa tremendamente, e Link si volta lentamente e chiede con cautela: «Che cosa ho fatto?»

Anche Revali si volta verso di lui e lo guarda con una certa sorpresa da sopra i suoi sottili occhiali rotondi. «Davvero non te lo ricordi?»

A quanto pare, il suo dubbio è più reale di quanto pensasse. Tanto vale affrontare la realtà. «Ho fatto a botte, vero?»

Revali scoppia a ridere, dal che Link deduce che no, non ha fatto a botte. Il dubbio che strisciava lungo la sua schiena si tramuta in un senso gelido di terrore. «Ti sei guardato allo specchio stamani?»

Link non richiude neppure lo sportello della cucina. Si precipita in bagno, si sfila la maglietta dalla testa e si contorce davanti allo specchio per guardarsi la schiena.

No, decisamente non ha fatto a botte. Dal suo riflesso nello specchio, coperta da uno strato di pellicola trasparente, ricambia il suo sguardo il tatuaggio di una piccola fata tonda con due piccole ali.

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Capitolo 3
*** Occhio ***


#4

~ Occhio ~

 

 

Link nutre un sacrosanto terrore delle ferite. Non vuole vederle, non vuole saperne nulla. Forse ha avuto un trauma che non riesce a ricordare, non lo sa.

Quando lo feriscono in faccia e Mipha si cura su di lui nel cuore della battaglia, non urla perché ha troppa paura di farlo.

«Link» ordina Mipha con una voce autorevole e dura che tira fuori soltanto nel cuore della lotta. «Link, apri gli occhi e guarda verso di me.»

«Mipha» ansima Link afferrandole il polso «Mipha, non ci vedo più!»

«Link» ribadisce Mipha che delle ferite non prova alcun orrore, tamponandogli con la sua veste di Campionessa il sangue dal volto e dal sopracciglio. «Ho bisogno che guardi verso di me, altrimenti non vedo cos’hai. Riesci ad aprire gli occhi?»

Link non ha obbedito neppure al medico dell’esercito quando gli ha ordinato di bendare le ferite di un suo compagno; ma a Mipha ha affidato la sua vita più volte di quante riesca a ricordare. Reprimendo un gemito e la voglia di urlare, Link si allontana le mani dal volto e impone a se stesso di tenere gli occhi aperti nella luce e nel bruciore del sangue verso la dolcezza del volto di Mipha.

Allo sforzo dei suoi occhi Mipha risponde con sgomento. Link si aggrappa al suo polso con un impeto di disperazione che non aveva mai provato. «Mipha, cosa mi è successo?»

Mipha gli dà un bacio sulla fronte e un buffetto sulla guancia. Link non sa come reagire.

«Sei ferito al sopracciglio. Hai del sangue negli occhi. Tutto qui, tesoro. Ci vedrai ancora.»

Ah. Forse deve fare qualcosa per questa sua fobia delle ferite.

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Capitolo 4
*** Drunk enough to say I love you? ***


Ambientata nel canone di Hyrule Warriors, post-Calamity Ganon.

Per festeggiare la vittoria sulla Calamità, Link fa offrire da bere ai soldati.

 

#7

~ Drunk enough to say I love you? ~

 

Link non beve, mai. Non può farlo perché la filosofia della sua disciplina, che per volere di suo padre segue pressappoco da quando ha iniziato a camminare, lo vieta severamente; ma non è che la tentazione del bere lo abbia mai affascinato più di tanto. Se si parla di cibo, quella è un’altra storia, e a una fetta di torta di mele Link difficilmente sarebbe in grado di dire di no; ma l’alcol non lo ha mai attratto.

Naturalmente, la stessa disciplina non ha mai voluto imporla ai suoi uomini. Sono soldati semplici, non guerrieri, fin da bambini, com’è sempre stato lui; e come comandante della guardia, Link sa che il morale è importante quanto e forse più dell’addestramento. Perciò, per celebrare la vittoria sulla calamità Ganon, Link ha ordinato di portare dalle cucine del Castello birra e idromele e vino a volontà senza neppure chiedere il permesso del Re: questi sono i suoi uomini, e al loro morale deve pensare lui personalmente. La Calamità è allontanata, ma Hyrule avrà ancora bisogno di lavoro, di missioni, di rischi da correre e di qualche perdita nell’esercito: ancora mostri e alleati del nemico, sbandati ma irriducibili, si aggirano nelle profondità del regno. Gli uomini hanno il diritto di festeggiare, stasera, perché domani dovranno seguirlo in altre battaglie.

Ai Campioni è piaciuta l’idea, e uno dopo l’altro hanno abbandonato i piani alti del Castello, dove il Re e Zelda hanno ricevuto nobili e dignitari da tutte le regioni di Hyrule, e sono discesi nelle caserme. Mipha non è una bevitrice, come lui, ma è a suo agio con i soldati, e questa sera ha portato il suo fratellino con lei. Sidon crescerà come un guerriero, Link glielo legge negli occhi già ora, ed è ammirato dalle spade e dalle armature e i soldati lo guardano con paterna tenerezza. Molti di loro hanno le loro famiglie lontane, a Finterra o anche più distanti, e forse in quel piccolo principe Zora vedono i loro bambini. Quanto a Urbosa e a Daruk, pare che abbiano apprezzato molto l’idea dell’idromele. Forse troppo per dei Campioni, ma non sembra che l’alcol dia loro particolarmente fastidio – almeno, non più di quanto si addica al tono della serata.

Ma che i Rito, o quantomeno un Rito in particolare, non reggesse l’alcol, questa è stata una scoperta degna di nota.

Non che Revali abbia perduto neppure per un istante il suo contegno dignitoso. In effetti, a meno di non conoscerlo molto bene e di osservarlo ancora meglio, Link dubita che chiunque potrebbe accorgersi che è un tantino ubriaco: è perfettamente stabile, e alle canzonacce e alle battute pesanti dei soldati si limita a sorridere con altezzosa condiscendenza. Ma si dà il caso che Link lo conosca molto bene e lo osservi ancora meglio, perciò, allontanandosi per un istante dai soldati che per l’ennesima volta nel corso della serata stanno acclamando il suo nome (e di questa distrazione è grato perché la cosa lo sta mettendo un po’ in imbarazzo), si schiera in silenzio al suo fianco e mormora: «Ti senti bene, sì?»

«Link» esclama Revali un po’ troppo forte e gioviale per i suoi standard. «Perché non dovrei sentirmi bene?»

«Sht» mormora Link ritraendosi impercettibilmente verso l’esterno rispetto alla folla, e Revali senza accorgersi della sua manovra è costretto ad accostarglisi per poter continuare a udire le sue parole troppo basse. Il fatto che non si sia accorto di questa banale strategia per allontanarlo dalla folla è la prova che non è del tutto in sé: l’intuito di Revali è secondo soltanto al suo, e non in tutte le situazioni. «Non è che hai bevuto un po’ troppo?» domanda piano, accennando con lo sguardo al suo boccale di idromele.

«Questo? Nah… Link, sei troppo bacchettone. Perché non ti godi la festa anche tu, piuttosto?»

«Me la sto godendo» ribatte Link meccanicamente. «Solo che non posso bere.»

«Non puoi?» indaga Revali con un sorriso strano. «Sei allergico?»

«Certo che no.»

«Non vuoi, allora. Quindi, è come dico io. Sei troppo bacchettone. Tieni, dai» proclama porgendogli il suo boccale con generosità da ubriaco. Link, che non l’ha mai visto così, declina con un cenno del capo e Revali scoppia a ridere. «Ti fa paura?»

«No. È solo che…» Link cerca invano le parole per dirgli che non ha mai bevuto in vita sua e non gli interessa farlo senza suonare per questo bacchettone. Peccato che l’intuito di Revali arrivi più in fretta della sua lingua.

«Non hai mai bevuto in vita tua?» esclama un po’ troppo forte.

«Zitto» ordina Link, perché, sebbene tutti a questa festa sappiano che è astemio, detto in quel modo da Revali tutt’a un tratto ha un suono che non gli piace. Ma Revali, a quanto pare, non ha mai sentito niente di più divertente in tutta la sua vita e non accenna a smettere di ridere. «Dai qua» sbotta strappandogli il boccale di mano e bevendo tutto d’un fiato.

Quattro minuti e un intero boccale dopo, la stanza gli appare annebbiata come dopo una tempesta e Revali sta ancora ridendo. È una fortuna che tutti siano troppo impegnati a ubriacarsi per far caso a lui.

«Quindi avevo ragione» conclude Revali togliendogli gentilmente il boccale di mano. «Non avevi mai bevuto prima.»

«Stai zitto» mormora Link che non è più tanto sicuro di stare in piedi in autonomia.

«No che non sto zitto. Nello specifico penso proprio che proclamerò a tutti che io, il Grande Revali, sono stato il primo a far ubriacare…»

«Revali» esclama Link aggrappandosi al suo petto. Non è affatto sicuro di sapere cosa sta per dire, ma bisogna che in qualche modo lo dica, proprio adesso, proprio stasera. «Ti dispiacerebbe star zitto e far parlare me?»

«Sì» ribatte Revali senza mezzi termini. «Tuttavia, cosa vuoi dirmi?»

Link è sicuro che un’espressione semplice per dire quello che vorrebbe esista, ma in questo momento proprio non gli viene in mente, perciò dovrà ricorrere a una perifrasi.

«Non mi sarei mai perdonato se tu fossi morto in battaglia… ma mi fidavo solo di te a guardarmi le spalle. Non so cosa sto dicendo. Ha senso per te?»

Se solo fosse un po’ più sobrio, forse Link si renderebbe conto che Revali rimane in silenzio per un tempo assurdamente lungo.

«Se ti rispondo, ti ricorderai della mia risposta, domani?»

«Lo spero» ammette Link che di più non può promettere in questo momento.

«Lo spero anche io. Neanche io me lo sarei mai perdonato.»

 

 

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Capitolo 5
*** Rabbia ***


#10

~ Rabbia ~

 

«Mia nipote è venuta a dirmi che smani per parlarmi» dice la voce di Impa dall’alto della scala. È vecchia e tarda e non prova nemmeno a scendere le scale da sola, senza aiuto, e rimane a guardarlo dall’alto. I suoi occhi privi di giudizio percorrono la stanza d’ingresso. «Vedo che non stava esagerando.»

Link si alza da terra e si guarda attorno nel caos che la sua disperazione ha provocato. Ha rovesciato tutto, spaccato tutto, e tutto ciò che è in grado di fare per rimediare è allargare le braccia e dire: «Scusami.»

«Ah, lascia stare» ribatte Impa. «Sono solo cose. Non preoccuparti per questo.»

Da quel poco che Link ha ricordato di lei finora, in un certo senso si aspettava che rispondesse così. Lei era la sola da cui potesse andare: tutti del suo passato lo hanno abbandonato. Eppure è arrabbiato con lei, forse stolidamente, perché di certo lei non aveva colpe: ma è anche l’unica con cui possa ancora arrabbiarsi.

«Tu lo sapevi» l’accusa. Non c’è nient’altro di cui possa accusarla. «Lo sapevi che erano morti.»

«Certo» risponde Impa con calma. «Non te l’ho mai nascosto.»

«Ma lo sapevi che cosa significavano per me!» urla Link. Non sa neppure se a farla trasalire sia il tono della sua voce o la sua disperazione. «Sapevi che li ho visti morire e mi hai mandato lo stesso a cercare di ricordarli!»

D’un tratto Impa sembra capire.

«Mi dispiace, Link» dice, e la sua voce vibra davvero di dolore. «Bisognava che tu sapessi. Non potevo mandarti a combattere al Castello senza che tu ricordassi tutto ciò che era accaduto e fossi in grado di scegliere.»

«Potevi lasciarmi all’oscuro di tutto!» urla Link prendendosi il capo tra le mani. «Sarebbe stato tutto più semplice…»

«Link» ribatte Impa. La sua voce è ferrea eppure ancora dolce. «Lo sai anche tu che non sarebbe stato giusto mandarti al massacro senza che tu sapessi perché.»

Link leva su di lei lo sguardo. I suoi occhi implorano una pietà che Impa non può dargli.

«Ma lo sapevi che avrebbe fatto meno male.»

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Capitolo 6
*** Verde ***


#11

~ Verde ~

 

«I soldati si lamentano. Dicono che il loro comandante si accolla i turni di notte per non lasciar loro nemmeno la gloria d’avvistare i nemici.»

Link alza lo sguardo dal fuoco. Nel buio a pochi passi di distanza dal suo bivacco, lontano da quello dei suoi uomini, gli occhi di Revali lampeggiano come gemme nella notte.

«Tieni» aggiunge il Rito gettandogli qualcosa al volo. Link se l’aspettava tanto poco che un piccolo oggetto rotondo e bitorzoluto gli rotola in grembo prima che faccia in tempo ad afferrarlo: è una piccola mela verde, soda e brutta, di quelle lasciate seccare nella paglia. Revali non si lascia sfuggire il fatto che non l’abbia presa al volo.

«Difese abbassate, eh, Link? Non va bene per una sentinella.»

«Non vedo il motivo di guardarmi da te» obietta Link semplicemente. «Tu che ci fai sveglio? Non sei di guardia e non aspetto il cambio.»

«Non riesco a dormire» risponde Revali, ma Link ha la sensazione che sia una risposta un po’ elusiva. Comunque, non ci bada troppo.

«Lo sai, vero, che so benissimo che i soldati non dicono questo?»

«Ah sì? E che cosa direbbero, sentiamo?» ribatte Revali sedendosi accanto a lui, a gambe incrociate, sulla polvere.

«Che sono ben contenti di risparmiarsi un turno di notte. Fanno una vita già abbastanza dura così.»

«Anche tu la fai» obietta Revali. Il suo sguardo verde scintilla nel fuoco e non si distoglie da lui per un istante. «Ma tu sei il comandante e il Campione che porta la Spada che esorcizza il male. Avresti diritto a risparmiarti tutto questo.»

«Anche tu, eppure sei sveglio qui con me» ribatte Link lanciandogli la mela per dispetto, ma senza troppa forza. Revali l’acchiappa ancora a mezz’aria.

«Lo sai che intendo dire.»

«Lo so» conferma Link appoggiandosi alla sella del suo cavallo, proprio dietro di lui, e distendendo le gambe. «Ma servo Hyrule anche servendo i miei uomini. Io posso reggere tutto questo, perciò è mio dovere risparmiarlo a loro.»

Revali resta in silenzio per un po’, osservando il fuoco.

«Che fai, Link? Mica dormirai proprio adesso?»

«Beh, non ho mai detto che abbia senso restare svegli in due» sbadiglia Link arrotolandosi nel suo mantello. «Già che ci sei, questo turno puoi finirlo tu, sì?»

Dopodiché, sentendosi beatamente rilassato, Link scivola nel sonno mentre Revali impreca nel buio.

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Capitolo 7
*** Sbagliato ***


#17

~ Sbagliato ~

 

Il passo di Saria è leggero e dolce sulle foglie come la sua voce, i suoi piedi calpestano l’erba senza quasi piegarla. Link la sente solo perché… forse neppure la sente: forse soltanto la percepisce nell’aria, con l’intensità con cui percepirebbe un vento o un profumo. Saria è nell’aria allo stesso modo.

«Sei venuto a nasconderti?» domanda Saria. Link, appoggiato contro il tronco colle ginocchia contratte al petto, fa cenno di sì col capo. Non ha molta voglia di parlare, nemmeno con lei; ma la sua presenza riempie in parte il vuoto che gli scava dentro e che non si colmerà mai.

«Non devi dar retta agli altri, Link. Mido è uno sciocco, ma non è cattivo, e prima o poi si pentirà di quello che ti ha detto. Oggi che cosa ti ha detto?»

Link affonda la faccia tra le ginocchia per non doverla guardare negli occhi.

«Che non ho una fata» borbotta. È un vero miracolo che Saria riesca a decifrarlo.

«Link» mormora Saria. È dispiaciuta, mortificata, e vorrebbe che la sua voce riuscisse a consolarlo. «Mido non ti capisce perché gli sembra che tu sia… così diverso. Ma non è colpa tua. Lo sai, questo, vero?»

Mido non mi capisce perché crede che io sia sbagliato, vorrebbe urlare Link. Ma gridarle addosso un dolore che Saria non è in grado di consolare sarebbe meschino e ingiusto contro di lei, e Link si limita a sollevare il volto dalle ginocchia e si sforza di sorriderle.

Non sa cosa farebbe se non ci fosse Saria.

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Capitolo 8
*** Castello ***


#19

~ Castello ~

 

Avanzano tra le macerie e la polvere in silenzio. Più di una volta Zelda gli fa cenno di avanzare e di camminare al suo fianco, al suo pari, ma Link non transige: è il Campione e la guardia della Principessa, e deve stare un passo dietro di lei, alla guida dei guerrieri Sheikah che si sono offerti di accompagnare la principessa di nuovo al Castello. Dopo un po’, Zelda si arrende e non insiste oltre.

Un piccolo Korogu fa capolino a un tratto tra le frasche e i detriti, e Zelda si sofferma a guardarlo ridendo appena. Link attende obbedientemente che lei riprenda il cammino, ma Zelda si limita a sollevare lo sguardo sui bastioni semidistrutti. Per un po’, non dice niente.

«Eri in grado di vederlo, quando eri là dentro?»

Zelda riflette un momento.

«In un certo senso» risponde a bassa voce. «Ma in un altro non lo ero e tutto ciò che vedevo era la Calamità.»

Quello che si estende davanti agli occhi di Zelda, ora, è la sua casa devastata e distrutta.

«Ricostruiremo tutto» promette Link. È la sola cosa che possa dirle ora. «Cercheremo di riportare tutto com’era prima.»

Zelda annuisce lentamente, ma d’un tratto il suo capo non si risolleva più, rimane chino in avanti, col mento reclinato contro il petto, e Link intuisce che sta piangendo.

«Non potremo riportare indietro tutto, vero?» domanda piangendo.

A questa domanda Link non può rispondere con una bugia.

«No, non tutto» risponde a bassa voce. «Non tutti.»

 

 

 

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Capitolo 9
*** Ladro ***


#21

~ Ladro ~

 

«Ridammelo» esordisce Link tendendo la mano.

Revali aggrotta la fronte sollevando lo sguardo dall’impennaggio delle sue frecce. «Che cosa?»

«Lo sai benissimo cosa.»

Revali trae un sospiro profondo. «No, Link… non so leggere nella tua mente. In quella di nessuno, in realtà, ma nel caso specifico…»

«Revali» lo interrompe Link spazientito. «Non prendermi in giro. Non mi arrabbierò, ma devi ridarmelo ora. È chiaro?»

«No che non è chiaro» ribatte Revali tornando a chinare gli occhi sulle frecce che sta adornando, e per lui la questione è chiusa. «Non so di cosa stai parlando, perciò non posso sostenere questa conversazione. Se avrai voglia di parlare come due adulti, sai dove trovarmi.»

Link tace per un istante colla rabbia che gli ribolle negli occhi.

«Ti avverto, Revali» conclude ad alta voce prima di allontanarsi. «So che sei stato tu. E intendo anche dimostrarlo.»

Quando Link scompare furibondo nelle stalle del Castello, Impa appare alle sue spalle in silenzio come se vi si fosse appena materializzata. Revali sobbalza perché quella dannata Sheikah è ancora l’unica guerriera che sia in grado di coglierlo alla sprovvista… più di una volta.

«Ce lo hai tu sul serio, vero?»

Revali sospira, di nuovo. «Perché pensate tutti che ce l’abbia io?»

«Perché ti conosco» ribatte Impa sorridendo. «Non c’è bisogno che tu mi risponda, comunque. So già che ce l’hai tu.»

Beh, dal momento che ha avuto l’esplicita autorizzazione a non rispondere, non intende farlo. Se lo lasciano concentrare per qualche minuto, magari riesce persino a finire questo dannato lavoro e a riprendere gli allenamenti.

Chi l’avrebbe detto che avrebbe avuto tutte queste grane per aver rubato un muffin alle mele?

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