Crestomazia di Afaneia (/viewuser.php?uid=67759)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pirate ***
Capitolo 2: *** Sinners ***
Capitolo 3: *** Morte ***
Capitolo 4: *** Pallore ***
Capitolo 5: *** Bodyguard!AU ***
Capitolo 6: *** Oroglio ***
Capitolo 7: *** Room mates!AU ***
Capitolo 8: *** Burro ***
Capitolo 9: *** Teatro ***
Capitolo 10: *** Routine ***
Capitolo 1 *** Pirate ***
Gente,
c’è qualcosa che posso dire a
parte: buon Writober 2022 a tutti? È il secondo anno che
partecipo a quest’iniziativa
e me ne sono innamorata. Anche stavolta farò del mio meglio
per arrivare fino
in fondo, o quantomeno il più vicino possibile al traguardo!
Perciò,
chiunque voglia provare a
scrivere o anche solo a leggere… i miei migliori auguri, e
buon Writober!
#1
~
Pirate ~
«C’è
dell’amara ironia, non trovi?»
domanda Maxie con noncuranza sedendosi accanto a lui sul divano.
«Stai
zitto» ringhia Ivan senza
distogliere lo sguardo dalla televisione e soprattutto senza girarsi
verso di
lui. Evidentemente non vuol dargli questa soddisfazione,
perciò Max, che a
quanto pare sarà costretto a prendersela con la forza (non
con quella fisica, è
ovvio) sorbisce la sua tisana digestiva al finocchio in modo
particolarmente
rumoroso. Ivan continua a fingere che la cosa non gli dia un dannato
fastidio.
«Sai,
la cosa più strana è che non ti
sia stata diagnosticata da bambino. Generalmente è un
problema piuttosto comune
che si risolve in poche settimane e viene diagnosticato prima
dei…»
«Max»
sibila Ivan in tono di
avvertimento.
«In
età adulta è molto più rara.
Naturalmente
non è nulla di grave, visto che il sinistro compensa
abbondantemente il destro,
perciò a quanto pare potrai risolverla facilmente se ti
convincerai a portare
le…»
«Max»
tuona Ivan
voltandosi verso di lui con l’occhio sinistro coperto da una
benda.
«Lenti
a contatto» conclude Max compiaciuto.
Ah
sì, c’è davvero dell’amara
ironia nel
fatto che a questo gigantesco pirata di trentadue anni sia stata appena
diagnosticata l’ambliopia.
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Capitolo 2 *** Sinners ***
#5
~ Sinners ~
«Lo
sa qualcuno dei tuoi?» chiede Ivan.
«Che
cosa?»
«Lo
sai… questo. Che venivi da me
stasera.»
Se
c’è una cosa che lo fa infuriare sono
le domande stupide. Max prende a vestirsi alla cieca, senza nemmeno
guardare
cosa si mette, né tantomeno guardare Ivan.
«Tu
chiedi il permesso ad Ada per
uscire?» ribatte. La domanda gli esce di bocca un
po’ più dura e rancorosa di
quanto avrebbe voluto, ma forse è esattamente
così che si sente. Rancoroso e
indurito dagli anni.
Ancora
seduto sul letto, senza la minima
intenzione di rivestirsi, Ivan non appare per niente piccato dalla sua
reazione.
«Lo sai che intendo.»
«No
che non lo so. Non proiettare su di
me i tuoi…»
«Non
ti secca mai mentire?»
Mentire,
mentire. Per tutta la sua vita
le bugie si sono accavallate le une sulle altre come onde, sommandosi e
contraddicendosi a vicenda, intrecciandosi le une alle altre tanto da
intessere
un’unica tela indistinguibile e inestricabile di menzogne; e
al di sotto di
essa, se Max si sforzasse di sollevarla, c’è
ancora la verità. Quella verità è
Ivan, è la sua sterile ossessione; ma Max, ormai, non
solleva quasi mai la
tela. Pensa a Ottavio che gli crede sempre quando dice che ha da fare,
a
Rossella che al castello delle sue teorie e costruzioni mentali ha
devoluto la
sua stessa vita e che forse non reggerebbe il colpo se la missione
dovrebbe
fallire: sono tutti avviluppati nella sua tela, anche loro. Ivan
è l’unico che
al potere di quella tela e delle sue menzogne sembra essere immune.
«I
rimorsi sono per i deboli» taglia
corto Max alzandosi in piedi.
Ivan
rimane a osservarlo dal letto mentre
si mette la giacca. Non sembra convinto della sua risposta, ma Max sa
che non
insisterà più, per stanotte.
«Torni
domani?»
Max
si sofferma un momento sulla soglia
del monolocale prima di accostare la porta alle proprie spalle.
«Non
lo so. Devo vedere se ho da fare.»
A
Ivan, Max non mente mai, o quasi mai. Mente
molto più spesso a se stesso.
Non
so come ringraziare tutte voi delle
splendide recensioni! Entro la fine della settimana prometto di
organizzarmi e
passare a rispondere a tutte quante, nel frattempo grazie di cuore!
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Capitolo 3 *** Morte ***
#6
~
Morte ~
Il
petto gli si dilata nel calore del sole.
Al
gonfiarsi dei polmoni, l’aria torna
bruscamente al loro interno, bruciante, torrida, pare dilaniargli il
cuore. Max
griderebbe, ma non grida. L’aria che gli brucia la gola
è troppo calda perché
lui possa gridare. Boccheggia.
Tutti
invece gridano attorno a lui. Com’è
possibile? Com’è che a loro quest’aria
non brucia la gola e i polmoni come a
lui, com’è che loro riescono a gridare?
Eppure,
forse non gridano. Max non sente
le loro voci, vede solo le loro bocche spalancate, vacue, e i loro
occhi
sgomenti. Che gridino l’ha dedotto da sé, senza
per questo sentirli. È stranamente
calmo, forse perché tutti gli appaiono lontani, confusi,
separati da lui da una
grande irreparabile distanza.
Lo
strappano dal suo abisso silenzioso
le mani di Ottavio: Max sente che lo strattonano, lo trascinano, lo
allontanano
dal magma verso l’esterno; lo vede urlare, ma non lo sente.
Sa che dovrebbe
sapere il perché di tutta quest’agitazione, ma non
lo ricorda, o forse non vuole
pensarci.
A
un tratto le parole di Ottavio fendono
la nebbia che ha avvolto le sue orecchie. Max lo scruta con attenzione
come se
non l’avesse mai visto. La sua voce gli giunge a
intermittenza come per un
brutto effetto audio.
«Max
– mi senti – dobbiamo andare.
Groudon…»
Groudon,
già, Groudon. Dopo avergli
dedicato la sua vita, questo nome sulle labbra di Ottavio, che pure lo
ha
pronunciato tante volte, gli suona stranamente nuovo.
«Capisci?
– sbagliato tutto. Tutto –
fare qualcosa.»
L’aria
che brucia gli trafigge la gola,
ma Max impone a se stesso di farla uscire da sé come
qualcosa di estraneo,
importante, e boccheggia: «Che cosa pensi che possiamo
fare?»
«Moriranno
delle persone, Max! Bisogna
pure fare qualcosa!»
Max
si guarda attorno, vede la grotta
semidistrutta, la lava, l’orrore terrificante che li circonda
e che ha causato
lui e ci ha messo anche un bel po’ di anni a causare, e
Ottavio deve pensare
quello che pensa lui.
«Possiamo
davvero essere noi a fare qualcosa?»
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Capitolo 4 *** Pallore ***
#8
~
Pallore ~
«Sei
malato» afferma Damon incrociando
le braccia sul petto. Non è una domanda.
«Non
dire sciocchezze» ribatte Melio tirando
su col naso.
C’è
da dire che ci vuole coraggio a
negare l’evidenza. E anche una bella faccia tosta, ma quello
a Melio non è mai
mancata.
Stringendosi
ancor più nelle braccia,
Damon getta la testa all’indietro, inspira profondamente e
scandisce: «Melio,
come tuo Reggente, devo ordinarti di…»
«Puoi
ordinarmelo» lo interrompe Melio senza
mezzi termini «Ma non puoi obbligarmi, Reggente. Non
intendo lasciare
Electrode da solo per niente al mondo. Torna pure al Campo senza di
me.»
Eppure
è evidente che ha gli occhi
lucidi di febbre e le guance arrossate dal calore, allora
perché, perché è così
testardo? Damon quasi deve trattenersi dal pestare i piedi a terra,
perché dei
suoi uomini Melio è il migliore ma anche il più
imprevedibile, e a volte con lui
la pazienza non è sufficiente.
«Melio,
smettila di fare i capricci!»
Melio
sorride appena. «E tu smetti di
cercare di convincermi.»
«Torna
al campo solo un paio di giorni. Manderò
qualcuno a darti il cambio qui, può andare? Ma devi stare al
caldo e
riprenderti.» Che a quest’altitudine non possa
restare è evidente: già ora,
trascinata dal vento, inizia a cadere una neve grigiastra e sottile.
Per
tutta risposta, Melio distoglie lo
sguardo e non risponde.
«Melio,
ascoltami. Non costringermi a portarti
in braccio.»
«Provaci.»
Vabbè,
quando è troppo è troppo. Augurandosi
che non ci sia nessuno nel raggio di qualche centinaio di chilometri,
Damon si
rimbocca le maniche e lo solleva di peso. Melio emette un indignitoso
urlo di
sorpresa, ma in questo momento Damon presta più attenzione
al fatto che brucia
come fosse fuoco.
«Ti
ricorderai che l’hai voluto tu»
ringhia trascinandolo via.
C’è
da dire che Melio non sembra trovare
questa soluzione particolarmente sgradevole. Non che Damon, di questo,
avesse
dubitato.
«Oh,
beh, se insisti» conclude
appoggiandosi contro di lui. «Immagino che non sapresti
vivere senza di me,
vero?»
«Melio…
stai zitto.»
«Oh.
Scusa.»
È
da tipo una vita che volevo scrivere
qualcosa su questi due, e a dire il vero speravo che venisse un
po’ meglio. Ma
non si può essere al top dell’ispirazione sempre,
no? Spero che non siano
troppo OOC!
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Capitolo 5 *** Bodyguard!AU ***
Ieri
ho avuto una lunghissima giornata
fuori casa e non ho avuto modo di scrivere, perciò recupero
oggi!
Giusto
per chiarirci, ho preso ispirazione
da quest’immagine qui:
https://www.cnet.com/culture/jason-momoa-bodyguards-game-of-thrones-aquaman-meme-viral-photo/
#9
~
Bodyguard!Au ~
Seduto
composto sul divanetto all’ingresso,
Max aspetta fingendo di non ascoltare. Naturalmente, ascolta, ma
sarebbe
scortese farlo presente.
Nella
stanza accanto della suite dell’albergo,
il suo potenziale cliente, un pezzo molto grosso di nome Ivan qualcosa,
sta
discutendo a voce altissima al telefono con l’agenzia di
guardie del corpo che
gli ha affidato l’incarico.
«No,
voi non mi avete mandato quello che
vi ho richiesto!»
«Che
devo farci? È più basso di me!»
«Sì,
ma…»
«Che
figura ci faccio ad andare in giro
con una guardia del corpo più piccola di me?»
Ha
sentito abbastanza. Sistemandosi
gli occhiali sul naso, Max si
alza dal divano, liscia le pieghe del completo scuro e sistema sul
tavolino al
centro della stanza una valigetta scura. Dall’altra stanza,
la discussione
prosegue: a quanto pare, Ivan ha deciso di passare alla persuasione.
«Lo dico anche
per voi, per la vostra agenzia… quel piccoletto non vi fa
una buona pubblicità.»
Max
fa scattare le serrature della
valigetta ed estrae un rilevatore portatile di microspie, uno strumento
abbastanza basilare, ma in grado di rilevare i modelli più
comuni e presenti
sul mercato. Per quello che deve fare basterà.
Quando
Ivan lascia la camera da letto e
si ripresenta da lui nel salotto della suite, sforzandosi di assumere
un’aria
dispiaciuta per comunicargli che non avrà bisogno dei suoi
servigi, Max lo
accoglie con una cimice sul tavolino. Ivan rimane interdetto.
«Ehm…
sì. Che cos’è?»
«Una
microspia. Pare che qualcuno ti
stia spiando» ribatte Max scrollando le spalle. «Se
t’interessa sapere chi,
potrei aiutarti a scoprirlo. Peccato che, senza volere, ho sentito che
la cosa
non t’interessa.»
Ivan
guarda lui, guarda la cimice, apre
la bocca e la richiude. Ci pensa un momento.
«Vado
a richiamare l’agenzia» risponde. «Tu
intanto mettiti comodo, eh?»
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Capitolo 6 *** Oroglio ***
#12
~
Orgoglio ~
Rocco,
checché se ne possa pensare, è un
tipo semplice. Non gli piacciono le cose in grande stile: cose pompose,
vistose
e via discorrendo. E non crede di essere il solo: se hanno deciso che
questo
tipo di cose si può sistemare con due firme in comune col
sindaco e due testimoni,
un motivo ci sarà.
Peccato
che a quanto pare sia il solo a
pensarla così.
Che
ad Adriano piacesse far le cose in grande
lo sapeva, certo, e a quest’idea si era anche adattato
piuttosto bene: partecipazioni,
fiori, catering e più roba di quanta credesse necessaria per
sposarsi.
A
dire il vero, era da suo padre che non
si aspettava tutta quella partecipazione.
Pierangelo
Petri ha contattato già tre
emittenti televisive per contrattare la vendita dei diritti della messa
in onda
del suo matrimonio. In condizioni normali Rocco si sarebbe infuriato,
ma in
questo caso specifico rimane così perplesso ed esterrefatto
che non riesce a
dir nulla: dopo aver impiegato un tempo molto lungo ad assimilare la
notizia,
tutto ciò che riesce a chiedere è:
«Come ti è venuta in mente una cosa del
genere?» Perché che suo padre fosse megalomane era
cosa nota, ma questo
supera ogni limite mai immaginato.
«I
paparazzi ci saranno comunque, perciò
ho pensato che potrebbe un modo efficiente di limitare il
problema» spiega suo
padre come se fosse la cosa più logica del mondo.
«È solo un’idea,
naturalmente. Puoi parlarne con Adriano e…»
«Papà»
lo interrompe Rocco bruscamente «Non
posso credere che sia solo per questo. Che cosa
c’è? Se è per le spese, non
c’è
bisogno che…»
Se
lo avesse pugnalato a tradimento, non
avrebbe offeso suo padre in modo peggiore di così.
«Rocco!
Per chi mi hai preso?» protesta vibrante
d’indignazione. «Pensi che sia un problema per me
pagare per il matrimonio?» Se
non lo avesse già offeso a sufficienza, Rocco gli
ricorderebbe che nessuno gli
ha mai chiesto di pagare nessuna delle spese delle nozze, ma non
è il caso di
rischiare più di così.
«Beh,
quindi?»
Dall’altra
parte del ricevitore, suo
padre tace per un po’. Sta cercando le parole.
«Non
capita tutti i giorni che un figlio
si sposi. Potrò andarne orgoglioso, oppure no?»
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Capitolo 7 *** Room mates!AU ***
#13
~
Room mates!Au ~
«Ehi»
esordisce Ivan entrando in camera
e gettando la sacca da ginnastica sul proprio letto.
«Ehi»
ribatte Max senza alzare gli occhi
dal computer.
Di
solito quello è il massimo dei
convenevoli che si scambia col suo compagno di stanza, e per quanto lo
riguarda
la cosa può benissimo proseguire come d’abitudine
anche oggi. Ma a quanto pare
Ivan non è dello stesso parere, perché si getta
disteso sul suo letto, a pancia
in giù, e domanda: «Che fai?»
«Sto
finendo il progetto di Chimica
molecolare» risponde Max, massaggiandosi per un istante gli
occhi arrossati dalla
stanchezza sotto gli occhiali.
«Bello»
risponde Ivan.
«Tu
sei stato a giocare?» domanda Max a
questo punto, immaginandosi che sia educato anche da parte sua
interessarsi a
lui per una volta. Non che si possano avere molti argomenti di
conversazione
con lui, dato che a quanto pare è qui solo per aver vinto
una borsa di studio
sportiva.
«Già»
risponde Ivan. Dopodiché, in tono
fintamente indifferente, prosegue: «L’hai finita in
anticipo, la ricerca. È venuta
bene?»
Max
aggrotta la fronte continuando a
scrivere. «La sto finendo, non l’ho finita.
Comunque, spero di sì.»
«Oh,
bene. Su che argomento…»
A
questo punto Max, che di perder tempo
non ha voglia, rotea sulla sedia girevole per voltarsi a guardarlo.
«Vuoi
chiedermi di fare una ricerca
anche per te, vero?»
Ivan
a quanto pare si reputa dotato d’infallibili
doti attoriali, perché non s’aspettava che ci
sarebbe arrivato tanto presto.
«Ho
la finale di campionato, Max! E
questo weekend verranno i miei genitori a trovarmi e dovrò
portarli in giro per
la città perché non possono mica restare in
albergo ad annoiarsi e…»
«Ivan»
lo interrompe Max alzando
autorevolmente una mano. «Non c’è
bisogno di commuovermi. La faccio io.»
Questo
davvero Ivan non se l’aspettava.
«Ah. Davvero?»
Max
torna a dedicarsi al suo computer e
si rimette al lavoro. «Sì, davvero.»
Cioè, non la farà davvero: quello che
farà
sarà recuperare una vecchia tesina delle superiori e
sistemarla un po’ così che
sia al livello di uno studente universitario non particolarmente
brillante. Un lavoro
da non più di mezz’ora.
«Max,
non me l’aspettavo. Ti devo un
favore, davvero!»
Oh,
sì che glielo dovrà. Non
che Max
sappia già in anticipo cosa gli chiederà,
ovviamente – ma è sempre bene avere
debitori in giro. Non si può mai sapere chi ci
potrà tornare utile in futuro –
ma proprio mentre Max si sta dedicando a sprofondare di nuovo nei suoi
sogni d’opportunismo,
Ivan afferra lo schienale della sua sedia, lo fa girare su se stesso e
lo
stritola tra le braccia. Prima che Max faccia in tempo a ricomporsi e a
sistemarsi gli occhiali, Ivan è già scappato via
gridando: «Vado a comprarti un
paio di birre per ringraziarti!»
Max
rimane irrigidito alla scrivania per
un po’, incapace di pensare, e con la netta sensazione
d’essere arrossito.
Forse
il suo compagno di stanza non è
male come credeva.
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Capitolo 8 *** Burro ***
#15
~
Burro ~
Max
non si è mai visto precisamente nei panni
di una brava massaia. Al massimo di una con gli occhiali che ha
rischiato, in
modo del tutto accidentale, di distruggere il mondo. Però
ogni tanto si diletta
in cucina, anche perché bisogna che, ogni tanto, uno dei due
lo faccia. E poiché
da Ivan non c’è da aspettarsi molto, è
necessario che ci pensi lui. Non gli dispiace
nemmeno più di tanto. E modestamente, come tutte le cose che
fa, gli riesce
anche bene.
È
in uno di questi momenti che Ivan,
giungendo alle sue spalle di soprassalto in cucina, gli accosta un
panetto di burro
con aria invitante.
«No»
ribatte Max senza nemmeno
guardarlo.
Com’era
prevedibile, Ivan non demorde. «Maxie…»
«Ivan.
Ho detto di no.»
«Dai,
Maxie, per una volta… corriamolo
un piccolo rischio.»
«Questo
non è un rischio, Ivan! Questa è
una follia!» ribatte Max allontanando da sé il
burro. «Hai trecentoventi di
colesterolo, non intendo mettere il burro nella torta!»
(Sì,
è totalmente nonsense. Sì, mi sono
arrivate le analisi del sangue. Sì, ho il colesterolo
altissimo. Sì, mi sono
divertita un sacco a scrivere questo nonsense)
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Capitolo 9 *** Teatro ***
#16
~
Teatro ~
«Quello
è il compagno del professor
Sycamore?»
La
gente dovrebbe imparare a sussurrare
molto piano quando si è a teatro, e ancora più
piano quando parla alle spalle
della gente. Vorrebbe farle capire, anche senza parlare, che ha sentito
tutto; ma
proprio mentre sta per voltarsi verso la signora impellicciata che ha
mormorato
questa frase, seduta nella fila immediatamente dietro la loro
all’Opéra di
Luminopoli, una grande mano bianca e affusolata si posa sulla sua sul
bracciolo
della poltroncina: Lysandre china appena la testa verso di lui.
«Presumo
stiano parlando di noi.»
«Temo
di sì» mormora Augustine
sorridendo appena. Sul volto di Lysandre si è dipinto
quell’altero sguardo
sprezzante ch’egli ha imparato a conoscere. «Non
voleva dire niente di
offensivo» soggiunge a voce ancora più bassa
sapendo di dire una bugia e
sapendo, al contempo, che le sue parole non serviranno a niente.
«Lasciamo
stare.»
Aveva
ragione: non è servito a niente. Un
istante dopo, Lysandre si volta sul sedile e sollevandosi appena porge
la mano
alla signora impellicciata – e impicciona – della
fila retrostante.
«Dottor
Lysandre, prego» dice a voce
abbastanza alta da farsi sentire da tutta la sala: Augustine si copre
gli occhi
con la mano desiderando di sprofondare nella sua poltroncina e non fare
mai più
ritorno alla vita mortale. «Sono il fidanzato del
professore, se è
questo che voleva sapere.»
È
una fortuna che lo spettacolo non sia
ancora iniziato, perché Augustine non è sicuro
che Lysandre non avrebbe fatto
lo stesso anche nel pieno del Nessun dorma.
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Capitolo 10 *** Routine ***
#18
~
Routine ~
C’è
stato un tempo in cui voleva cambiare
il mondo – beh, ciascuno ha il suo passato. No? Ed era
davvero, davvero
convinto che un mondo ricco d’acqua sarebbe stato una
benedizione che agli
uomini non era stata concessa e che era suo dovere portare sulla terra.
Baggianate,
d’accordo; ma da ragazzo ci
credeva sul serio.
Oggi
Ivan crede in cose completamente
diverse. Crede in una colazione particolarmente abbondante e nel
lavoro, lavoro
duro che insudicia le mani (cosa che, lo deve ammettere, lo diverte
come un
bambino), nel pranzo e in altro lavoro. È noioso,
d’accordo, e abitudinario e
monotono: ma è la sua vita, adesso, la sua vita di uomo
adulto e concreto che
si sporca le mani e porta il pane a casa, e gli va bene
così. Non ha più spazio
per le illusioni, adesso. E crede anche nella sua casa, una casa solida
che lo
tiene al caldo, e gli piace tornarci, la sera, e sapere con certezza
che ci
sarà una cena in tavola ad aspettarlo, o eventualmente un
take-away da ritirare
lungo la strada del ritorno.
Dopo
cena, lui e Max rassettano la
cucina e poi guardano un po’ la tv, o lui gioca ai
videogiochi mentre Max legge
un libro barboso, e vanno a letto presto. Questo è il
momento della giornata
che preferisce: infilarsi tra le lenzuola fresche e distendere le gambe
stanche, mentre Max si rannicchia sotto le coperte durante qualsiasi
stagione,
e concedersi l’ultima mezz’ora di cellulare prima
di dormire. La sua cosa
preferita, e non ha alcuna vergogna a dirlo, è guardare
insieme video buffi di
cuccioli di Pokémon che fanno cose e, tendenzialmente,
cadono in modo adorabile.
Max si appoggia alla sua spalla mentre legge e ogni tanto, quando lo
sente
ridere più forte, alza lo sguardo sul video e ride anche lui.
Ivan
crede fermamente che questo sia il
miglior mondo possibile. Per questo non gli sembra più che
valga la pena
sforzarsi di cambiarlo.
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