La diabolica trappola di Iriza

di Gatto1967
(/viewuser.php?uid=784417)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** E tanto peggio per Iriza ***
Capitolo 2: *** con la rabbia in lei cresceva sempre di più l'odio ***
Capitolo 3: *** Portatela via! ***
Capitolo 4: *** lasciò che le lacrime scorressero libere sulle sue guance ***
Capitolo 5: *** L'odio contro Candice White Andrew ***
Capitolo 6: *** Se solo si decidesse a sorridere un po' ***
Capitolo 7: *** un giorno in casa nostra è arrivata... ***
Capitolo 8: *** sola come mai si era sentita in vita sua ***
Capitolo 9: *** C'è dell'altro vero? ***
Capitolo 10: *** poveraccio quel disgraziato che se l'è presa ***
Capitolo 11: *** Vivi il tuo destino ***
Capitolo 12: *** fidati di me! ***
Capitolo 13: *** Iriza aveva ragione! ***
Capitolo 14: *** Non sei la santa che credi di essere! ***



Capitolo 1
*** E tanto peggio per Iriza ***


-Allora signorina Legan?-

Al suono della potente voce di Suor Gray Iriza avrebbe voluto sparire sotto terra.

-Ecco Suor Gray… io…-

-In questa stalla non c’è nessuno! Dove sarebbero la signorina Andrew e il signor Grandchester?-

La perfida ragazza e la sua degna compagna di malefatte Louise avvamparono, ma poi Iriza prese coraggio e rispose.

-Io sono sicura di quello che ho visto Suor Gray! Candy usciva dalla sua stanza calandosi con una corda, e si dirigeva verso le stalle! E non è la prima volta che succede! Mi creda Suor Gray! Deve essersi accorta di noi ed è tornata indietro!-

La suora scrutò severamente Iriza per un lunghissimo istante.

-Va bene, se quello che dice è vero non può essere tornata già nella sua stanza e anche se fosse non può certo essersi mangiata la corda. Andiamo a vedere!-

Il drappello di suore con Iriza e Louise al seguito si diresse verso i dormitori delle ragazze.

-Ecco guardate!- disse Iriza indicando una finestra. -Quella è la stanza di Candy e la finestra è aperta. Candy è uscita di lì!-

-Lo vedremo.-

Le suore e le due ragazze salirono rapidamente le scale e si diressero lungo il corridoio che portava alla stanza di Candy, lì Suor Gray bussò energicamente alla porta.

-Signorina Andrew! Le ordino di aprire immediatamente questa porta!-

Seguì un lungo istante di silenzio.

-Ecco visto? Candy non è in stanza.-

Come Iriza ebbe finito di parlare la porta si aprì e un’assonnata Candy si affacciò dall’interno della stanza.

-Oh Suor Gray… che c’è? Stavo dormendo…-

-Ci faccia entrare signorina.-

Candy si spostò e il drappello di suore entrò nella stanza.

Perquisirono molto attentamente la stanza di Candy, finché la pur acida Suor Christine concluse:

-Qui non c’è niente reverenda madre. Nessuna corda.-

-Potrebbe averla buttata fuori dalla stanza dopo essere risalita. Controllate il terreno circostante. Se davvero la signorina Andrew si è disfatta della corda, questa non può essere lontana. Lei Suor Margaret, controlli gli stivali della signorina Andrew.-

-Eccoli reverenda madre, e sono puliti. Se davvero la signorina fosse uscita e avesse camminato sul terreno umido che c’è stasera, non potrebbero esserlo, e lei non potrebbe mai averli puliti così in fretta.-

-Ma… ma si può sapere di cosa parlate? Cosa state cercando? Una corda? E che ci faccio con una corda? Mi ci impicco al primo albero?-

-Ma che linguaggio è questo signorina? Si ricordi con chi sta parlando!-

-Le chiedo scusa reverenda madre.- disse Candy avvampando e abbassando la testa. -Ma io veramente non capisco. Cosa state cercando?-

-Vorrei tanto saperlo anch’io. Ha niente da dire signorina Iriza?-

Iriza avvampava di vergogna e di collera.

-Io… io… sono sicura di quello che ho visto! Candy stava uscendo da questa stanza per recarsi a un appuntamento clandestino con Terence Grandchester…-

-Cosa?! Iriza, ma sei impazzita?! Io a un appuntamento clandestino con Terence Grandchester?-

-Lo sanno tutti che quest’estate tu non facevi altro che corrergli dietro in Scozia!-

-Iriza! Ma come ti permetti?! Tu mi stai calunniando!-

-Questo lo vedremo signorina.- intervenne la potente voce di Suor Gray -Se non troveremo nessuna corda questo vuol dire che la signorina Legan ha mentito, e allora ci saranno conseguenze.-

Candy avvampò di collera e Iriza di vergogna.

 

Poco dopo le suore incaricate dell’ispezione esterna rientrarono.

-Reverenda madre, fuori non c’è nessuna corda, almeno non alla distanza a cui avrebbe potuto eventualmente lanciarla la signorina Andrew.-

Suor Gray squadrò severamente Iriza e Louise che avrebbero voluto sprofondare.

-Torni pure a dormire signorina Andrew. Le faccio le mie più sincere scuse per il disturbo. E voi due andate subito a dormire! E domani mattina presentatevi alle 9.00 in punto nel mio ufficio!-

 

Rimasta sola Candy si sdraiò sul letto e tirò un sospiro di sollievo: ce l’avevano fatta! Lei e Terence erano riusciti a ingannare Suor Gray.

E tanto peggio per Iriza e la sua degna amica!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** con la rabbia in lei cresceva sempre di più l'odio ***


Seduto insieme a Candy sotto il grande albero della “seconda collina di Pony”, Terence proruppe in una sonora risata. 

-E così Iriza è stata punita.- disse poi prima di ricominciare a ridere. 

-Non fare così.- lo rimproverò Candy. -Piuttosto, dove hai messo la mia corda e i miei stivali sporchi?-

-Li ho buttati nella spazzatura.-

-Cosa? Ma come…-

-Preferivi essere punita a causa della trappola di quella vipera?-

-No, certo che no. Per fortuna ti sei accorto delle suore e abbiamo fatto in tempo a nasconderci.-

-E sempre per fortuna nessuna di quelle dannate suore ha pensato di puntare le lampade in alto verso le travi della stalla prima che uscissimo da quella specie di finestrella sul tetto.-

Candy ridacchiò.

-Ieri sera me lo sono proprio meritato il soprannome Tarzan.-

-Adesso forse Iriza la smetterà di tormentarti.-

-Non contarci. Anzi dopo aver scontato una settimana di punizione nella sua stanza, sarà ancora più rabbiosa e piena di odio.-

-Almeno lo sappiamo, staremo più attenti. Se dobbiamo comunicare in segreto troveremo altri sistemi, e dì anche alla tua amica occhialuta di trovare un altro sistema per comunicare con lo scienziato pazzo mio vicino di stanza.-

-Si chiamano Patty e Stear!-

-D’accordo d’accordo… ma adesso sarà meglio che andiamo. Ricordati bene quello che devi dire a Suor Gray se dovesse farti quelle domande.- disse lui alzandosi.

-Aspetta un momento!- disse lei alzandosi e bloccandolo per un braccio.

-So che è rischioso, ma a questo non ci rinuncio.-

E ciò detto Candy abbracciò Terence e lo baciò appassionatamente sulla bocca lasciando interdetto il giovane duca.

-Adesso dovresti darmi uno schiaffo.-

-Non ci penso nemmeno!-

Disse lui prima di baciarla ancora.

 

Il giorno dopo Candy fu convocata da Suor Gray.

-Prego signorina, si accomodi.-

-Grazie reverenda madre.-

-Dunque signorina, adesso le farò alcune domande e pretendo risposte sincere. Sono stata chiara?-

-Sì madre.-

-Cosa c’è fra lei e il signor Grandchester?-

-Abbiamo un amico in comune che fino a qualche tempo fa lavorava allo zoo di Londra. Una volta, durante le nostre domeniche libere, ci siamo incontrati lì madre.-

-Cosa c’è di vero nelle voci che quest’estate lei “correva dietro” al signor Grandchester?-

-Proprio niente reverenda madre. Sono insinuazioni volgari che respingo con forza.

Una volta incontrai il signor Grandchester fuori dalla residenza della scuola, il tempo minacciava temporale e il signor Grandchester da vero gentiluomo mi riportò a casa sul suo cavallo. Arrivammo che eravamo bagnati fradici.-

Suor Gray sembrava soppesare attentamente ogni parola della ragazza prima di parlare ancora.

-Mi ascolti bene signorina: se un giorno le vostre famiglie saranno d’accordo, voi potrete sicuramente frequentarvi e conoscervi meglio, ma in questa scuola è importante che fra ragazzi e ragazze non vi siano contatti al di fuori di quelli consentiti dalle attività dell’istituto. Sono stata chiara?-

-Sì reverenda madre, è stata chiarissima. E posso assicurarle che io non ho contatti assidui con il signor Grandchester né con altri ragazzi di questo istituto, ad eccezione dei miei cugini ovviamente.-

-Molto bene signorina, può andare.-

 

-Mi vergogno come una ladra!- disse Candy a Terence, ancora una volta sotto il grande albero della “seconda collina di Pony”.

-Ho mentito spudoratamente a Suor Gray, e intanto Iriza è in punizione.-

-Si meriterebbe ben altro quella vipera! Fosse per me la rinchiuderei a vita nella prigione della scuola. Quel tugurio dove è stato rinchiuso anche il tuo cuginastro.-

-Si chiama Archie!-

-D’accordo, si chiama Archie. Piuttosto: una settimana passa presto, e Iriza uscirà dalla sua punizione. Stai sempre in guardia.-

 

Suor Margaret entrò nell’ufficio di Suor Gray.

-Reverenda madre, è arrivato questo telegramma da parte del padre della signorina Louise Stevenson.-

-Me lo dia sorella.-

L’autoritaria suora prese il telegramma e lo lesse rapidamente.

-Porti qui da me la signorina Stevenson, subito!- disse poi alla giovane suora.

Poco dopo Louise entrava nell’ufficio di Suor Gray.

-Reverenda madre.- disse con un inchino.

-Signorina Stevenson, mi dispiace di informarla che suo padre ha appena scritto di aver avuto un dissesto finanziario, e che quindi non può più mantenerla nella nostra scuola.-

-Cosa? Mio padre è… diventato povero?-

-Manderà qualcuno a prenderla questa sera stessa, quindi la invito a preparare il suo bagaglio prima di quel momento.-

-Ma… ma io…-

-È tutto signorina. Può andare.-

Louise uscì dall’ufficio della gelida suora in lacrime, e poco dopo fra le braccia di Suor Chris e davanti alle sue compagne di classe, scoppiò in un pianto dirotto.

-Mio padre è diventato povero! Io non sarò mai una vera signora!-

Quelle parole rimasero impresse in Candy, che pure non aveva mai avuto buoni rapporti con Louise.

 

-Sai che ti dico?- disse gelidamente Terence

-Che forse adesso quella smorfiosa imparerà ad apprezzare le cose vere della vita!-

-Andiamo Terence! Come puoi essere così cinico? Quella ragazza ha perso tutto!-

-Mi sono informato sai? Il signor Stevenson ha sì avuto un pesante dissesto finanziario, ma non ha proprio perso tutto. Semplicemente non potrà continuare a mantenere la figlia in questo costosissimo istituto. Tutto qui.-

-Quindi Louise non è proprio diventata povera.-

-Esistono tanti poveri veri al mondo, e quella smorfiosa degna amica della vipera non è fra questi, sta tranquilla.-

-Spero per lei che se ne faccia una ragione e che capisca che la vita non è solo party e scuole lussuose.-

 

Nella sua stanza Iriza non faceva altro che gironzolare rabbiosa, e con la rabbia in lei cresceva sempre di più l’odio, l’odio feroce contro la sua nemesi.

L’odio contro Candice White Andrew!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Portatela via! ***


La punizione di Iriza finì e lei rientrò in classe.

-Hai sentito che Louise se n’è dovuta andare dalla scuola? Suo padre è diventato povero!-

Le dissero le sue compagne.

-Pare abbia fatto un investimento molto azzardato e ha perso praticamente tutto.-

-Sembra che anche lei dovrà mettersi a lavorare.-

-Povera Louise…-

A un certo punto Iriza sbottò.

-Sai che me ne importa di quella gallina!-

Le ciniche parole di Iriza lasciarono di stucco le sue compagne, incluse Candy Annie e Patty che pure rimanevano in disparte rispetto al gruppo di “piccole ladies” tanto amiche di Iriza.

Proprio Iriza cominciò a sentirsi addosso sguardi stizziti e contrariati, e all’improvviso le sue “amiche” se ne tornarono ai loro posti lasciandola sola.

Suor Chris entrò e la lezione ebbe inizio.

 

A metà mattina Iriza fu chiamata alla lavagna.

-Ma Suor Chris, io… non sono preparata…-

-Come sarebbe a dire signorina? Lei ha avuto una settimana di tempo per studiare. Cosa ha fatto nella sua stanza tutto questo tempo?-

-Ecco… io…- non poteva certo dire “ho passato il tempo a rodermi il fegato e a pensare come vendicarmi di Candy e Terence.” Così tacque e abbassò lo sguardo.

Le sue compagne ridacchiarono sotto i baffi e Iriza, forse per la prima volta in vita sua si sentì sola, terribilmente sola.

 

In suo luogo venne chiamata Candy, che fece un figurone rispondendo a domande di letteratura e matematica e suscitando così l’ammirazione delle sue compagne e l’odio ancora più profondo di una Iriza sempre più inviperita.

 

Seduto sotto il solito albero sulla “seconda collina di Pony”, Terence sbottò a ridere.

-E così la vipera ha fatto un’altra figuraccia davanti a tutta la classe.-

-Già, proprio così. Ma io non lo trovo affatto divertente, primo perché mi sento colpevole, e secondo perché Iriza ce l’avrà sempre più con me.-

-Bisognerebbe fare qualcosa di definitivo.-

-Cosa vorresti fare?- chiese una Candy atterrita e scandalizzata dalle parole del suo Terence -Eliminarla?-

-Ma no! Non essere sciocca! Sto soltanto pensando di ritorcere le sue trappole contro di lei, fare in modo che venga punita seriamente e redarguita anche dalla sua famiglia.-

-Ascoltami bene: io non sono certo un’amica di quella vipera, e ti ho già raccontato quante ne abbia passate a causa sua. Ma non intendo complottare contro di lei, mi hai capito milord dei miei stivali? Non voglio diventare come lei! Le mie mamme mi hanno educata al perdono e alla riconciliazione, e io voglio ancora sperare che Iriza un giorno possa cambiare, redimersi, diventare una persona migliore.-

-Le tue mamme sono ottimiste mia cara Tarzan…-

-A proposito: l’ho letto quel romanzo e non mi piace per niente essere paragonata a un tipo che gira nudo saltellando fra gli alberi. Sono stata chiara?-

Terence rise di cuore, le faccine buffe della sua Candy arrabbiata lo mandavano in visibilio.

Si avvicinò a lei e la baciò subito ricambiato.

 

-Ah, eccovi maledetti!-

La sgradevole e stridula voce di Iriza li fece girare.

-Suor Gray! Suor Chris! Venite a vedere presto!- cominciò a gridare la perfida ragazza correndo giù per la collina.

-Terence, torna subito in camera tua presto! Penso io a lei!-

-Ma che dici? Io…-

-Fà come ti dico dannazione! Se quella vipera racconta di averci visto insieme, devono trovarti nella tua stanza! E stai attento a non farti scoprire.-

Terence assentì: Candy aveva ragione.

Così i due ragazzi si separarono: Candy corse dietro alla sua eterna nemica e Terence si diresse verso gli alloggi dei ragazzi. Sarebbe rientrato nella sua stanza passando per gli alberi, come faceva sempre Candy.

In breve Candy raggiunse Iriza e la placcò letteralmente facendola cadere. Lei reagì e le due ragazze iniziarono a picchiarsi.

 

Inevitabilmente accorsero le suore a separarle.

-Adesso basta, calmatevi!- tuonò la pur comprensiva Suor Margaret

-E ditemi subito cosa accidenti vi è preso!-

-Iriza mi ha aggredita!- urlò Candy -

-Cosa? Ma se sei tu che mi hai inseguita e buttata a terra!-

-Ah sì? E quest’occhio nero?-

 Candy aveva fatto in modo che Iriza potesse reagire e picchiarla istericamente, e aveva fatto sì di prendersi un pugno in un occhio, in modo da avere una “prova” dell’aggressione di Iriza.

-Va bene! Spiegherete tutto a Suor Gray!- tuonò nuovamente Suor Margaret.

 

Le due ragazze vennero condotte da Suor Gray e Iriza provò a raccontare la sua versione.

-È così Suor Gray! Ho visto Candy e Terence che si baciavano su quella collinetta a sud della scuola!-

-E allora come me lo spiega che il signor Grandchester è stato trovato nella sua stanza? Come me lo spiega l’occhio nero della sua compagna?-

Iriza cominciò a rendersi conto che la sua trappola le si stava ritorcendo contro: Suor Gray non le avrebbe mai creduto considerando il precedente della stalla.

-Candy… ha fatto in modo che io la colpissi… mi ha buttata a terra e poi si è lasciata scoperta la faccia, così che…-

-Così che lei potesse colpirla con un pugno sull’occhio.-

-Sì…- sussurrò Iriza in lacrime. -Deve credermi Suor Gray… Candy vi sta ingannando… è una persona cattiva…-

Davanti alle lacrime di Iriza, Candy fremeva: Iriza stava dicendo la verità e lei mentiva.

E Iriza sarebbe stata punita molto duramente. 

Ma che accidenti di scelta aveva, dannazione? Quella strega avrebbe continuato a tormentarla e avrebbe potuto fare del male anche a Terence, anche ad Annie e Patty pur di colpire lei.

Non poteva dire la verità, doveva lasciare che le cose facessero il loro corso.

-Signorina Legan: lei è espulsa con effetto immediato da questa scuola, e finché qualcuno della sua famiglia non verrà a riprenderla resterà chiusa nella prigione della scuola. 

Portatela via!-

 

Iriza fu condotta via che urlava e piangeva disperata, e Candy si sentiva morire dentro: aveva teso a Iriza una trappola… alla Iriza.

Che diritto aveva da quel momento in poi di sentirsi migliore di lei?

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** lasciò che le lacrime scorressero libere sulle sue guance ***


Iriza guardava in lacrime la costa inglese che spariva all’orizzonte. Un  periodo della sua vita si chiudeva per sempre: forse non sarebbe mai più tornata in Inghilterra.

-Ma si può sapere cosa diavolo le è preso signorina?- tuonò il signor Stewart dietro di lei.

-Farsi espellere così da un istituto prestigioso come la Royal Saint Paul School! Con tutto quello che hanno speso i suoi genitori per mandarcela!-

Iriza non potè trattenersi da un pianto isterico e nervoso.

-Signor Stewart deve credermi: Candy Andrew mi ha teso una trappola!-

Il signor Stewart non rispose. Da come conosceva quella ragazza era molto più facile immaginarsi di come fosse lei a tendere trappole agli altri.

-Anche se fosse il fatto che lei ci sia cascata va a suo svantaggio signorina. Candy Andrew non è più la sua cameriera personale, è un membro della famiglia Andrew, e lei farebbe bene a portarle il rispetto che la sua posizione sociale richiede.-

Iriza si morse il labbro: il signor Stewart non aveva tutti i torti, e anche i suoi genitori l’avrebbero pensata come lui.

 

Il viaggio filò via abbastanza liscio, eccettuata un po’ di burrasca incontrata in mezzo all’Atlantico e il Mauretania arrivò presto in vista delle coste americane.

Quel viaggio che all’andata a Iriza era sembrato quanto di più eccitante ci fosse al mondo, al ritorno si era rivelata un’esperienza noiosa e deprimente.

Dietro quella costa Iriza vedeva soltanto un amaro rientro a casa seguito dagli inevitabili rimproveri dei suoi genitori e della zia Elroy.

 

Sotto al loro solito albero Terence e Candy sedevano tranquilli dopo essersi baciati per una buona metà del pomeriggio. Il sole si avviava a tramontare e i due ragazzi sarebbero presto dovuti rientrare nelle rispettive stanze.

-Ancora con i tuoi sensi di colpa?- chiese Terence, e lei annuì tristemente.

-Non posso farne a meno, capisci? Io ho mentito e Iriza è stata espulsa!-

-Tu ti sei soltanto difesa Candy! È stata Iriza a cominciare quell’assurda guerra contro di te, fin dal primo giorno che vi siete conosciute, ricordi?-

Lei annuì fra le lacrime.

-Non ti ha lasciato scelta: o te o lei, e detto fra noi, hai fatto la scelta migliore.-

-Ma adesso che ne sarà di lei?-

-Secondo te verrà ripudiata dai suoi genitori e si metterà a vivere di elemosina?-

-Beh, no…-

-E allora di cosa ti preoccupi? Dopo qualche inevitabile rimbrotto da parte dei genitori riprenderà la sua inutile vita fra ricevimenti, impegni mondani e salamelecchi fra gente come lei, in attesa che qualche povero disgraziato se la impalmi.

Quindi di cosa ti dovresti sentire colpevole? La sua vita continuerà come prima, e come sarebbe stata se avesse terminato i suoi studi alla Saint Paul School.-

-Già…- ammise Candy, che poi dentro di sé aggiunse “Va al diavolo Iriza!”

 

La mano di suo padre si abbatté sulla sua guancia, e Iriza quasi barcollò.

Non che non se lo aspettasse, ma la forza dello sberlone quasi la tramortì, e lei lasciò che le lacrime scorressero libere sulle sue guance, ad esprimere l’umiliazione che provava. Mai in vita sua si era sentita così.

-Si può sapere cosa diavolo ti è preso? Noi spendiamo un patrimonio per farti vivere nel lusso più sfrenato, ti mandiamo a studiare in Europa in una scuola prestigiosissima, e tu mandi tutto all’aria?-

Iriza teneva la testa bassa e gli occhi chiusi, non osando guardare in faccia i suoi genitori e la zia Elroy che la squadravano con severità.

-Papà… devi credermi… è stata una trappola di Candy…-

-Ancora con questa Candy! Ma cosa ti avrà fatto mai quella ragazza! La aggredisci senza motivo, la prendi a pugni in faccia e la colpa sarebbe sua?

Iriza, quando imparerai ad assumerti le tue responsabilità?!!!

Quando ti deciderai a crescere?!!!

E guardami in faccia quando ti parlo, hai capito?!!!-

Iriza si decise ad alzare la testa e a guardare in faccia il genitore.

-Adesso basta! Da domani se vorrai ancora continuare a vivere nel lusso dovrai guadagnartelo!-

-Ma… ma cosa stai dicendo Raymond?- intervenne balbettando Sarah Legan

-Tu faresti meglio a tacere! Ti ho lasciato mano libera sull’educazione dei nostri figli ed ecco il risultato!-

-Ma… ma io…-

-Ascoltami bene Iriza!- disse poi Raymond rivolgendosi di nuovo alla figlia.

-Domani tu verrai con me in Banca e io ti assegnerò un lavoro. E bada bene di impegnarti in quel lavoro, altrimenti puoi scordarti i lussi in cui sei abituata a vivere, sono stato chiaro?-

Lei fece cenno di sì.

-Non ho sentito bene Iriza!-

-Sì… papà… ho capito benissimo…-

La pur viziata ragazza decise di fare buon viso a cattivo gioco: in fondo era pur sempre meglio uscire da quella casa piuttosto che stare tutto il giorno a sorbirsi i rimbrotti di sua madre e della zia Elroy.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** L'odio contro Candice White Andrew ***


-Come sarebbe a dire che hai deciso di lasciare la scuola Terence?-

-Sì Candy. Qui sono fuori posto, e non ho nessun motivo per restarvi. Dell’altissimo onore di essere un pari d’Inghilterra non mi interessa niente. Voglio trovare da solo la mia strada, lontano dalle interferenze di mio padre.

Voglio andare in America, raggiungere mia madre e intraprendere la carriera di attore.-

-Vuoi… vuoi fare… l’attore?-

-Sì, sai quanto io ami il teatro, la letteratura, il fantastico mondo di Shakespeare, e il mio più grande desiderio è che quel mondo diventi anche il mio.-

A Candy tremavano gli occhi: quello che Terence stava dicendo significava perderlo, non vederlo più.

-Terence…-

-Candy… io…-

Anche a lui tremavano gli occhi.

-Terence… io ti amo…-

Terence sussultò.

-Candy… anch’io… ti amo…-

Così sotto il solito grande albero della “seconda collina di Pony” Candy e Terence si scambiarono l’ennesimo bacio prima che lei scoppiasse in lacrime abbracciandolo.

-Oh Terence! Portami via con te, ti prego! Cosa ci sto a fare in questa stupida scuola! Andiamo via insieme…-

-Candy… questo non è possibile, lo sai. Se fossi stato più grande lo avrei fatto, ma così verremmo presi e separati subito… e poi non potremmo più vederci… mai più, capisci?-

Lei fece cenno di sì, Terence aveva ragione.

 

-È così allora!- la voce maschile alle spalle di Candy li fece sussultare.

-Iriza aveva ragione! Non è lei che ha mentito, ma tu!-

-Archie… io…-

-Sei solo una… una…- poi, come a voler evitare di dire una parola di troppo si voltò e scappò via in lacrime.

-Archie, aspetta!-

-Lascialo andare Candy, tu non devi spiegazioni a nessuno, tantomeno a quel damerino impomatato.

Me ne andrò stanotte stessa, così non ci sarà il pericolo di pettegolezzi di alcun tipo.

Tu promettimi di non fare sciocchezze Candy. Un giorno ci rivedremo, e sarà molto presto. E da quel giorno non ci lasceremo più: te lo giuro mia piccola Candy…-

Candy lo abbracciò scoppiando in un pianto dirotto.

 

-Ecco Iriza, questo è il signor Robert Martini.-

-Molto lieto signorina.- rispose il signor Martini alzandosi in piedi e tendendo la mano ad Iriza nella vana attesa che lei ricambiasse il gesto.

Il signor Martini era un ragazzo di circa venticinque anni, non molto alto, addirittura leggermente più basso di Iriza, ma di aspetto decisamente piacente.

-Il signor Martini ti spiegherà il lavoro che devi fare, quindi vedi di comportarti bene Iriza!-

Il tono di voce di Raymond non ammetteva repliche, e una volta di più Iriza decise di fare buon viso a cattivo gioco.

-Sì papà.-

-Molto bene. Signor Martini, confido in lei.-

-Farò del mio meglio signor Legan.-

 

Rimasto solo con la figlia del suo capo, il giovane impiegato invitò la ragazza a sedersi accanto a lui.

-Prego signorina, si accomodi.-

Iriza, di malavoglia, si sedette sulla sedia indicatale dal giovane Robert Martini, ma non aveva nessuna intenzione di impegnarsi sul lavoro, tutta la sua mente, tutto il suo essere erano impegnati in una sola cosa: l’odio contro Candice White Andrew.

 

Quella stessa notte Terence scavalcò il cancello della Royal Saint Paul School, e dopo un’ultima occhiata a quell’austero edificio che ancora ospitava la sua adorata Candy, si incamminò sulla strada per Southampthon, la strada della sua libertà.

 

Da dietro il cancello, nascosta dietro un albero Candy lo guardava allontanarsi, piangendo tutte le sue lacrime.

-Dunque è proprio così…-

La voce di Archie la fece voltare.

-Cosa fai qui Archie?-

La voce di Candy non era proprio benevola nei confronti del cugino adottivo. L’insulto pure mancato di poche ore addietro le bruciava tantissimo.

-Tu ami quel ragazzo.-

-Sì Archie.- rispose lei asciugandosi le lacrime -Lo amo con tutta me stessa, e vorrei tanto poterlo dire senza essere giudicata per questo.-

-Iriza aveva ragione: eri tu che mentivi.-

-La dolce Iriza… ci ha teso una trappola sai? Fece in modo di farci avere due biglietti dove ognuno dei due invitava l’altro a recarsi nelle stalle. Per fortuna Terence si è accorto che stavano arrivando le suore e abbiamo fatto in tempo a salire sulle travi del tetto.

Iriza è stata punita, ma se l’è cercata direi.-

-E la seconda volta? Quando vi siete picchiate?-

-Anche lì diceva la verità: ci ha sorpresi mentre ci baciavamo ed è scappata via urlando come una gallina spennata.

Io l’ho inseguita e raggiunta e ho fatto in modo di farmi picchiare da lei per dimostrare che era stata lei ad aggredirmi.-

-Non sei stata migliore di lei…-

-Credi che non lo sappia? Posso dirmi che mi sono solo difesa, ma non basta. Forse avrei dovuto assumermi le mie responsabilità e farmi cacciare via da questa stupida scuola, ma non l’ho fatto! Ma tu che diritto hai di giudicarmi?-

-Faresti meglio a tornare nella tua stanza. Le suore potrebbero cercarti e la tua rispettabilità ne risentirebbe…-

Archie si voltò per andarsene e la cattiveria delle sue parole ferì ulteriormente Candy, che tuttavia si fece forza quanto bastava per dirgli un’ultima cosa.

-Annie!-

-Che diavolo c’entra Annie adesso?-

-Non illuderla Archie. Se non la ami lasciala, ne soffrirà certo, ma non trattarla come un ripiego. Anche lei merita una vita…-

Senza rispondere oltre Archie se ne andò e Candy diede di nuovo sfogo alle sue lacrime. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Se solo si decidesse a sorridere un po' ***


Robert Martini non ce la faceva più! Era una settimana che sopportava quella stupida ragazza arrogante e maleducata.

Glie lo aveva chiesto nientemeno che il signor Legan, il direttore della Banca di Chicago, uno degli uomini più importanti dello stato dell’Illinois, ma quando è troppo è troppo!

-Allora signorina, se vuole fare un po’ d’attenzione le mostro questa pratica. Si tratta di un investimento a basso rischio adatto per piccoli risparmiatori che…-

Iriza prese i fogli che Robert teneva in mano e li stracciò sotto lo sguardo allibito del giovane impiegato.

-Odio i piccoli risparmiatori! Odio le pratiche di banca! Odio gli investimenti a basso rischio! E odio anche le persone basse come lei Martini, o come diavolo si chiama!-

Robert si alzò, prese la caraffa piena d’acqua che teneva sulla scrivania, si avvicinò all’indisponente ragazza seduta sulla scrivania accanto alla sua e le rovesciò in testa il contenuto della caraffa.

Poi si avvicinò alla porta della stanza.

-Sa una cosa signorina? Anche la mia pazienza è bassa!

Non capisco perché suo padre la porti qui in banca a lavorare, in fondo carina com’è le basterebbe poco per accalappiare un buon partito e farsi mantenere a fare la vita della gran Signora dell’alta società!

Adesso andrò da suo padre e rassegnerò le dimissioni!

Posso lavorare giorno e notte, sbrigare decine di pratiche al giorno, ma sopportare un’altezzosa arrogante come lei, per quanto carina, è decisamente troppo! Quanto ai piccoli risparmiatori sono loro la vera ossatura di questa banca, quelli che permettono a persone inutili come lei di fare la gran vita! Farebbe bene a pensarci prima di dire che li odia.-

Aprì la porta e prima di uscire disse a Iriza un’ultima cosa:

-Sa signorina? Se solo si decidesse a sorridere un po’ invece di essere sempre accigliata e scontrosa, sarebbe ancora più carina!-

Ciò detto uscì dalla stanza sbattendo la porta.

 

Poco dopo entrò la signora Wilder, una delle segretarie di suo padre, che era venuta a consegnare un documento a Robert.

-Signorina Legan!- esclamò vedendo Iriza bagnata come un pulcino.

-Cosa le è successo?-

-Una cosa… meravigliosa… ha detto che sono carina…-

Davanti all’espressione serena di Iriza, la segretaria strabuzzò gli occhi.

-Signorina, si sente bene?-

 

Nel suo ufficio Raymond Legan ascoltava sconsolato il resoconto del suo giovane impiegato.

-Non si preoccupi signor Martini, le sue dimissioni sono respinte, e anzi mi scuso con lei per l’accaduto.

Adesso vado di là e porto via quella cretina di mia figlia. Se vuole vivere da inutile dama dell’alta società, faccia pure. Io cercavo solo di farla crescere un po’.-

In quel mentre qualcuno bussò alla porta.

-Avanti!- rispose Raymond

La porta si aprì ed entrò Iriza fradicia da capo a piedi.

-Ciao papà, scusa il disturbo ma volevo parlare con Ro… con il signor Martini.-

-Cosa vuole ancora signorina?-

-Vorrei chiederle scusa per l’accaduto signor Martini. Sono stata inqualificabile e vorrei chiederle di darmi un’altra possibilità. Desidero lavorare efficacemente in questa banca, e le chiedo di insegnarmi il lavoro.-

-Ne è sicura signorina? Sà, io non diventerò più alto e i piccoli risparmiatori non diventeranno più ricchi.-

-Nemmeno io diventerò più bassa, e spero neanche più povera.- disse lei ridacchiando -Sul serio signor Martini, sono veramente dispiaciuta e le garantisco che non succederà più.-

-Va bene.- disse lui con un mezzo sorriso -Se suo padre non ha nulla in contrario possiamo anche tornare di là, visto che le mie dimissioni sono state respinte.-

-Ma certo. C’è da riscrivere la pratica che ho appena stracciato!- disse lei con un’espressione distesa e nient’affatto accigliata.

Uscendo dalla stanza lasciarono Raymond Legan così esterrefatto da non riuscire a proferire parola o muovere un muscolo.

 

Candy usciva dalla sua aula e si diresse verso il refettorio delle ragazze, era l’ora del pranzo. Dopo se ne sarebbe andata nella sua stanza per studiare, forse insieme ad Annie e Patty, a Patty almeno. Annie da qualche tempo sembrava evitarla e lei non ne capiva il perché.

Mancava poco all’ingresso del refettorio quando all’improvviso qualcuno la colpì in faccia facendola barcollare.

-Annie!- esclamò lei con stupore misto a dolore. -Ma che fai? Perché mi hai colpita?-

-Come hai potuto? Come hai potuto portarmi via Archie?-

-No Annie, che dici? Non c’è niente fra me e Archie…-

-Bugiarda!- gridò lei fra lo sconcerto e la sorpresa generali prima di scappare via in lacrime.

Anche Candy scoppiò in lacrime: che diavolo stava succedendo nella sua vita?

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** un giorno in casa nostra è arrivata... ***


-Posso chiederti una cosa Robert?-

-Certo Iriza, dimmi pure.-

Dopo più di un mese che i due ragazzi si conoscevano e lavoravano insieme, avevano deciso di uscire insieme a cena. Robert l’aveva portata in un rinomato ristorante di Chicago, buono sì ma adatto alle sue tasche. Finita la cena lui la stava riaccompagnando a casa a piedi.

-Tu sei italiano?-

-Per via del cognome dici? In realtà l’italiano è il mio vecchio. Arrivò in America negli anni ’70 del secolo scorso dalla Campania, una regione italiana.-

-Sì certo, la regione di Napoli e del Vesuvio, ho fatto in tempo a studiarla prima di farmi cacciare via dalla Royal Saint Paul School…- disse lei ridendoci sopra -Immagino che avrà avuto una vita dura in qualche fabbrica dell’Est.-

-Sbagli sai? Lui si arruolò nell’esercito e fu assegnato al famoso 7° cavalleria, quello del generale Custer.-

-Cosa? Tuo padre morì al Little Bighorn?-

-Oh no, tutt’altro! Custer gli affidò un importante messaggio da consegnare agli ufficiali distaccati da un’altra parte del campo di battaglia, e quell’ordine gli salvò la vita. Lui fu l’ultimo uomo bianco a vedere vivi Custer e i suoi uomini.-

-Caspita! Ed è… ancora vivo?-

-Sì certo, vive a New York. Piuttosto dimmi di te Iriza.-

-Di me? Di un’inutile signorina dell’alta società americana?-

Lui sorrise.

-Quelle parole le ho dette in un momento di rabbia, lo sai. Ma in realtà non le penso affatto. In questo mese che ci conosciamo ho avuto modo di apprezzarti. Sei una ragazza in gamba che può raggiungere qualsiasi obiettivo nella vita.-

-Ti ringrazio.- disse lei con voce tremante per l’emozione. -Ma io lo ero veramente una inutile signorina dell’alta società. Mio padre tu lo conosci per il suo lato migliore, quello lavorativo, ma con me e mio fratello è stato molto assente.

In casa non c’era mai e quando c’era si rinchiudeva sempre nel suo studio perché “aveva da fare”.

È stata mia madre a occuparsi della nostra educazione, e temo che ci abbia lasciato un po’ troppa mano libera.

Poi un giorno in casa nostra è arrivata…-

Si fermò come consapevole di aver detto troppo.

-È arrivata chi?- 

-Niente,- disse lei con evidente imbarazzo.

 

Patty uscì dalla stanza di Candy lasciando la sua amica sola e sconsolata. Ormai in tutta la Royal Saint Paul School erano rimasti solo lei e Stear ad esserle amici.

Le altre ragazze, le suore, persino la comprensiva Suor Margaret, la squadravano con sospetto e diffidenza. Tutti la ritenevano colpevole di chissà quali macchinazioni ai danni di Iriza Legan e di Annie Brighton, e tutti la evitavano.

Una volta Neal Legan le aveva teso un agguato nei pressi della seconda collina di Pony insieme ad alcuni suoi degni compari, e insieme l’avevano spintonata in cerchio fino a farle quasi perdere i sensi.

Ormai Candy aveva deciso: non poteva più restare lì, anche lei se ne sarebbe andata in cerca del suo destino in America.

Si mise allo scrittoio e cominciò a scrivere due lettere: una breve per comunicare la sua decisione allo staff della scuola e ai suoi amici (i pochi che aveva ancora), e una più lunga indirizzata allo zio William in cui spiegava le ragioni del suo gesto, ammetteva la parte avuta nell’espulsione di Iriza e chiedeva scusa per il suo comportamento discutibile.

Si mise a preparare il suo bagaglio e radunò il pochissimo denaro che aveva con sé. Poi avrebbe recuperato il suo fedele Klin e avrebbe abbandonato per sempre la Royal Saint Paul School.

La lettera allo zio William l’avrebbe spedita strada facendo da un ufficio postale di Londra: non si fidava delle suore.

 

Iriza guardava il panorama notturno di Chicago dalla finestra della sua stanza, e provò un senso di malinconia.

Dopo essersi spogliata e aver indossato una veste da notte, prima di andarsene a letto, si era concessa un drink. 

Lei non era solita bere, tranne poche occasioni, per lo più mondane, la ragazza era quasi completamente astemia, ma quella sera decise che ne aveva bisogno. Anche il solo accennare a Candy l’aveva turbata.

Per la prima volta da quando l’aveva conosciuta tanti anni addietro, si trovò a pensare che in fondo anche lei aveva le sue ragioni.

Le aveva giocato un brutto tiro sì, ma in fondo si era soltanto difesa. Se non avesse agito così forse sarebbe stata lei ad essere espulsa, e per lei poteva essere davvero la fine.

Da un mese a quella parte si sentiva un’altra persona, e soltanto pensare a Candy le stava facendo riemergere il suo lato peggiore.

Si accigliò come avrebbe fatto la vecchia Iriza e ruppe il bicchiere sul pavimento.

-Va al diavolo Candy! Tu non condizionerai più la mia vita!-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** sola come mai si era sentita in vita sua ***


Passarono altri due mesi e Iriza stava imparando sempre meglio il suo lavoro. Ormai non vedeva l’ora di arrivare in ufficio dal suo amato lavoro e da… Robert!

Già Robert, un ragazzo di umili origini che si era fatto largo nella vita con le sue sole forze, un ragazzo che lei solo qualche mese addietro avrebbe snobbato con un’alzata di spalle e di sguardo, ma che ora sembrava aver fatto colpo su di lei.

Cosa doveva fare? 

Confidarsi con sua madre o con la zia Elroy era impensabile: loro avrebbero ritenuto quel giovanotto indegno del loro rango. Suo padre? Forse, ma come avrebbe reagito a pensare che uno dei suoi dipendenti stava “provandoci” con sua figlia? Perché questo avrebbe pensato, non l’avrebbe mai ritenuta capace di avere suoi pensieri e sensazioni.

Si sentiva sola, sola come mai si era sentita in vita sua. O forse come non aveva mai compreso di essere in realtà.

 

Candy aveva preso la sua grande decisione: avrebbe fatto l’infermiera! Questo sarebbe stato il suo scopo nella vita, il suo posto nel mondo.

La cara miss Pony aveva già scritto ad una sua cara amica d’infanzia e di studi, una certa miss Mary Jane che dirigeva una scuola per infermiere nello stato dell’Illinois, e ora quel treno la stava portando verso una nuova vita, lontana dall’alta società e dalle sue stupide convenzioni. Quello era un posto per gente come Sarah e Iriza Legan, non per lei!

Già… Iriza… chissà cosa stava facendo in quel momento…

 

Iriza era carica di lavoro: ormai si era specializzata in fondi di investimento per piccoli risparmiatori, gente senza grandi pretese di guadagni facili, ma che costituivano veramente la spina dorsale della banca per cui lavorava.

Stava cominciando anche a valutare le garanzie fornite da chi richiedeva piccoli prestiti. Era un lavoro interessante anche se complesso e a tratti poco piacevole.

Non sempre era facile dire di no a chi vedeva in un prestito un modo per salvare la sua piccola attività commerciale, o magari per realizzare un progetto tanto desiderato, ma una banca non è un ente benefico e doveva essere mandata avanti in un certo modo, anche a tutela degli stessi piccoli risparmiatori che le affidavano i loro soldi.

D’un tratto l’occhio le cadde su una voluminosa cartella che conteneva una pratica identificata da un numero di serie e un nominativo.

-E questa cos’è?- si chiese la ragazza. -Mi sembra un po’ troppo voluminosa per me, forse Robert si è sbagliato. Beh, tanto vale darci un’occhiata.-

Aprì la cartella e cominciò a leggere.

-Caspita! Questo inglese chiede un milione di dollari di prestito! Decisamente non è il signor Smith del negozio di calzature.- considerò con un sorriso ironico.

-Robert si è sicuramente sbagliato, ma…-

Cominciò a leggere un po’ più attentamente e il suo sguardo si incupì.

In quel mentre entrò Robert.

-Ah Iriza, vedo che hai tu la pratica Stevenson. Ridammela pure, mi sono sbagliato a metterla sulla tua scrivania, devo vederla insieme a tuo padre.-

-Cosa sai di questo William Stevenson?-

-Beh, non lo conosco certo personalmente. È un ricco uomo d’affari della “City of London” e…-

-Balle!-

-Come dici?-

-Ho detto che sono balle! Quest’uomo sta cercando di truffare la nostra banca. Si farà accreditare un milione di dollari su un conto fasullo che poi provvederà a chiudere sparendo nel nulla.-

-E… tu come fai a saperlo?-

-Vedi, William Stevenson non è affatto un industriale affermato, è semplicemente un broker che ha fatto fortuna speculando abilmente in borsa, ma che di recente ha avuto una forte sbandata. Una sua speculazione è andata male e lui ha perso più della metà del suo patrimonio. Figurati che ha dovuto levare la figlia dal prestigioso collegio dove studiava!-

-Ripeto la domanda: come diavolo fai a saperlo?-

-Semplice: la figlia studiava alla Royal Saint Paul School, la scuola da dove sono stata cacciata pochi mesi fa.-

 

Poco dopo Iriza e Robert sedevano alla scrivania di Raymond nel suo lussuoso ufficio.

-Iriza ha ragione Robert.- concluse l’esperto banchiere -Queste garanzie sono false come una banconota da due dollari. E credo proprio che con qualche telegramma inviato ai giusti indirizzi di Londra ne avremo la conferma.

Devo farti i miei complimenti Iriza, non era facile accorgersi che quei movimenti bancari erano falsi.-

-Oh andiamo papà, poteva sforzarsi di trovare dei numeri di serie più credibili per quei documenti. “123456789” e “2222222” sono un po’ sospetti. Senza contare quelle firme… si è sforzato di cambiare la grafia ma si vede lontano un miglio che sono state scritte dalla stessa mano. E poi il nome Stevenson, per quanto comune mi ha fatto subito accendere una scintilla in testa.-

-Non ti dispiace per la tua amica? Suo padre subirà un ulteriore durissimo colpo, e la nostra inevitabile denuncia lo affosserà del tutto.-

Iriza abbassò gli occhi.

-Sì papà, mi dispiace sinceramente per Louise che probabilmente diventerà davvero povera… ma noi dobbiamo pensare alla nostra banca, ai nostri investitori e risparmiatori. Abbiamo dei doveri.-

Raymond sorrise, sua figlia stava davvero cambiando.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** C'è dell'altro vero? ***


Quella stessa sera rientrando a casa, Iriza trovò i suoi genitori seduti in salotto. Sua madre era particolarmente accigliata.

-Ti sembra questa l’ora di rientrare?- le disse

-Ero al lavoro mamma, ho dovuto sbrigare delle pratiche che andavano consegnate entro domani. Papà lo sa.-

-Sì certo, è così Sarah. Iriza è davvero diligente al lavoro, possiamo essere orgogliosi di lei.-

-Lavoro! Lavoro! Lavoro! Sempre con questo dannato lavoro! Il lavoro è una cosa da uomini, non da signorine dabbene! Neanche nostra figlia fosse una cameriera o addirittura quella sciacquetta di… Candy!-

Iriza si rivolse ad una cameriera di mezza età che aveva appena servito il tè.

-Signora Carter, mi scuso con lei se mia madre può esserle sembrata offensiva nei suoi confronti…-

-IRIZA!-

-…ma adesso devo chiederle di lasciarci soli, e di fare in modo che nessuno ci disturbi per un po’. Devo parlare con mia madre di questioni personali.-

-Sì… signorina…- disse la signora Carter evidentemente imbarazzata.

Come la donna fu uscita dalla stanza ed ebbe chiuso la porta, Iriza accigliata come non mai, si avvicinò a sua madre che la aggredì verbalmente.

-Ma cosa ti è preso?! Umiliarmi in quel modo davanti ad una cameriera!-

-Dì un po’ mamma: qual è il tuo concetto di “signorina dabbene”?-

-Ma che cosa…-

-Cosa fa una signorina “dabbene”? Passa le sue giornate a gingillarsi fra cappellini e vestitini che indosserà una sola volta?

Risponde male alle persone che lavorano per lei?

Se ne frega di tutto e di tutti?

Rispondimi mamma!-

-Ma… cosa ti è preso Iriza?! Come osi parlarmi così?- Sarah era livida in volto mentre Raymond era imperscrutabile.

-Da quando lavoro ho scoperto che esiste tutto un altro mondo fuori di qui, un mondo fatto di gente che si alza presto per andarsi a guadagnare una paga di pochi soldi, e permettere a signorine e signore dabbene come noi di vivere la loro inutile vita!-

Sarah tirò un violento schiaffone a sua figlia e lei rimase impassibile.

-D’accordo mamma. Ho esagerato e ti chiedo scusa. Sei sempre mia madre e definirti “inutile” non è stato un tocco di gran classe da parte mia.

Però sia ben chiara una cosa: io continuerò a lavorare perché amo il mio lavoro. Mi occupo di tutelare i risparmi di povera gente, sai? Anche i nostri dipendenti in questa villa affidano i loro pochi soldi alla nostra banca, e in questo modo mi sento di ricambiare quello che fanno per noi ogni giorno. Non mi sento più “inutile” mamma, e continuerò su questa strada perché sento che è quella giusta.-

-C’è dell’altro vero?-

-Cosa dovrebbe esserci d’altro?-

-Tuo padre mi ha detto che lavori con un impiegato, un tipo dal cognome italiano mi sembra…-

-Sì certo.-

-Cosa provi per lui?-

Iriza sembrò esitare, ma poi si lasciò andare sciogliendosi in lacrime

-Io lo amo…-

-A lui lo hai detto?-

La voce di Raymond sembrò scuotere le due donne.

-No…-

-E allora diglielo.-

-E cosa dovrei dirgli?-

-“Ti amo”. È più o meno quello che mi disse tua madre tanti anni fa.-

Iriza sembrò farsi pensierosa, poi si scosse.

-Non aspettatemi a cena!- disse poi prima di infilare la porta.

 

Arrivò sotto casa di Robert di corsa, e vide che la finestra del suo appartamento era illuminata. Una volta era stata sotto casa sua.

-Robert!- gridò -Robert!-

Lui si affacciò alla finestra incuriosito da quella voce che pure gli sembrava familiare.

-Iriza! Ma… che cosa fai qui?-

-Ti prego scendi, ti devo parlare.-

Prese le chiavi di casa il giovane impiegato scese le scale e uscì per strada.

-Allora? Cosa devi dirmi di così importante?-

-Ti amo!-

Robert quasi strabuzzò gli occhi.

-Sei… sei sicura?-

-Sicurissima Robert!-

-Perché vedi… anch’io ti amo…-

Lei perse una lacrima

-E allora cosa aspetti? Baciami stupido!-

Si baciarono lì, sotto la finestra illuminata dell’appartamento di lui.

 

Candy guardava il cielo notturno punteggiato di stelle.

La sua taciturna compagna di stanza si era già addormentata e lei si era lasciata prendere un po’ dalla malinconia: pensava sempre a Terence. Chissà dov’era in quel momento. Chissà se l’avrebbe mai rivisto…
 

Sdraiato sul letto del suo appartamento Terence pensava a Candy. Entro poche settimane avrebbe debuttato sulle scene con la sua piccola parte nel “Macbeth”, ma il suo pensiero era tutto rivolto a lei, al suo amore perduto.

Dov’era Candy in quel momento?

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** poveraccio quel disgraziato che se l'è presa ***


Il matrimonio di Iriza e Robert fu celebrato in pompa magna a New York un paio di mesi dopo, così da dare modo anche ai fratelli e sorelle di lui che vivevano in quella città, di poter partecipare agevolmente.

Iriza fece un’ottima impressione a tutti, non solo per il fatto di appartenere ad una ricca famiglia, ma perché tutti la trovarono simpatica e attraente.

Neal, Archie Annie e Stear furono fatti rientrare dall’Inghilterra per l’occasione, e difficilmente vi sarebbero rientrati, ora che sull’Europa si addensavano venti di guerra.

Grandi assenti furono lo zio William, e Candy.

 

Candy e le sue colleghe allieve infermiere sedevano al tavolino all’aperto di un bar di Chicago.

Uscite fuori dall’ospedale avevano gironzolato per un po’ per quella città, fino a stancarsi.

-Ragazze!- esordì Flanny dopo un po’. -Non so voi ma io comincio ad averne le tasche piene di gironzolare per Chicago senza costrutto. Io me ne torno in ospedale!- concluse alzandosi dalla sedia.

-E cosa vuoi fare? Rinunciare a questi due giorni di libertà e rimetterti a studiare?-

-Sì Candy. Tu per caso hai qualche idea migliore?-

Lei sembrò pensarci su.

-No, a dire il vero no. Vengo con te Flanny.- disse anche lei alzandosi -E voi che fate ragazze?-

Le altre tre ragazze si scambiarono un rapido sguardo d’intesa e poi si alzarono all’unisono.

-Veniamo anche noi Candy!-

Così le cinque allieve infermiere della scuola di Miss Mary Jane si diressero verso il loro nuovo ospedale, il Santa Johanna di Chicago.

 

D’un tratto l’attenzione di Candy fu attratta da un giornale esposto su un’edicola.

-Che fai Candy? Ci hai ripensato?- chiese la solita glaciale Flanny. 

-Andate pure ragazze, io vi raggiungo!-

Si avvicinò all’edicola e comprò il giornale che aveva attratto la sua attenzione.

-“Iriza Legan, la secondogenita della prestigiosa famiglia di Chicago, convola a nozze….” Questa poi… la vipera si sposa… poveraccio quel disgraziato che se l’è presa!- disse prima di buttare il giornale e di raggiungere le sue colleghe.

-Signorina! Il suo giornale!- gridò l’edicolante senza tuttavia ricevere risposta.

-Mah. Valle a capire certe donne…-

 

A svariate miglia di distanza, Iriza e Robert concludevano la loro giornata. Ora erano marito e moglie.

Il mattino seguente svegliandosi, Iriza si scoprì malinconica. Non che non fosse più che convinta del passo che aveva compiuto, non che non fosse felice di sentirsi un’altra persona, più amata ed apprezzata non solo dal suo uomo ma da tutti, ma sentiva di aver ancora qualcosa da regolare con il suo passato.

E quel qualcosa, anzi quel “qualcuno”, portava lunghi capelli biondi raccolti in due buffi codoni ai lati della testa.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Vivi il tuo destino ***


Passò qualche tempo, e la vita delle due ragazze proseguì ognuna sul suo binario personale, binari che sembravano destinati a non incontrarsi mai.

Iriza iniziava la sua vita matrimoniale continuando a lavorare in banca, mentre Candy stava per concludere i suoi studi da infermiera.

Un giorno durante una pausa dal suo lavoro, Candy si concesse cinque minuti all’aperto nel vasto cortile dell’ospedale, e a un certo punto si sentì chiamare.

Si voltò e i due volti che vide la lasciarono di stucco facendola piangere:

-Annie! Archie!-

-Oh Candy…- disse Annie prima di correre ad abbracciarla in lacrime.

 

-Così siete tornati insieme.- disse Candy mentre beveva qualcosa insieme ai suoi amici seduta ad un tavolino del bar interno dell’ospedale.

-Sì Candy, dopo che te ne sei andata, abbiamo ricominciato a parlarci, sia pure come amici.- spiegò Archie. -E poi… abbiamo capito di amarci.-

-Ne sono felice.-

-Candy, potrai mai perdonarci? Siamo stati orribili con te.-

-Neanche parlarne Annie! È stato tutto un gigantesco malinteso, e sono contenta che vi siate chiariti.-

-Hai lasciato la scuola per colpa nostra.- aggiunse Archie

-Oh no Archie, posso assicurartelo. Ormai in quella scuola mi si era fatta terra bruciata intorno, e poi… non era proprio per me. Io non sarò mai una vera signora come intende la zia Elroy. Preferisco essere semplicemente Candice White e non Candy Andrew!-

-Il mondo della buona società ti va stretto, eh?- disse Archie con un sorriso.

-Già.- confermò lei con una strizzata d’occhio.

-Oh Candy, se penso a quello che stavo per dirti quella volta alla Saint Paul School…-

-Andiamo, è tutto passato! E poi in fondo non lo hai detto! Non pensiamoci più e brindiamo alla nostra rinnovata amicizia!-

Le mani dei tre amici alzarono i bicchieri fino a farli cozzare.

 

Iriza e Robert passeggiavano per le strade di Londra. La loro missione in Inghilterra per conto della Banca di Chicago era finita, e il giorno successivo si sarebbero imbarcati per gli States.

Così avevano deciso di trascorrere le loro ultime ore Londinesi gironzolando come turisti qualsiasi per i vicoli della città.

Il tempo era nuvoloso tendente alla pioggia, come quasi sempre a Londra, e dopo diverse ore che camminavano decisero di fermarsi a mangiare qualcosa in una taverna.

Entrarono proprio mentre fuori cominciava a piovere.

-Non vedo l’ora di essere di nuovo nella nostra Chicago!- esclamò Iriza -Non ne posso più di questo accidenti di paese dove piove un giorno sì e l’altro pure!-

Robert sorrise

-Da questo punto di vista sono convinto che la mia Italia ti piacerebbe molto di più. Quello è davvero il paese del sole e del mare!-

-Un giorno o l’altro lo visiteremo, ma tu ci sei mai stato?-

-No, mio padre non aveva certo la possibilità di portarci in vacanza fin laggiù, ma me ne ha parlato moltissimo. Mi ha anche insegnato un po’ di italiano! Certo, studiarlo teoricamente è una cosa, parlarlo dal vivo è un’altra. È una lingua molto complessa, sai?-

-Beh? Allora che ne pensi della nostra missione? Abbiamo trovato fior di investitori e potenziali clienti per la nostra banca, e soprattutto abbiamo verificato personalmente le loro garanzie.-

-Già, tuo padre e la signora Elroy non hanno badato a spese, dopo la mancata truffa del padre della tua amica…-

-Povera Louise…- disse lei abbassando lo sguardo.

-Ascoltami bene Iriza: è nobile che tu provi dispiacere per la tua amica, ma non potevi agire diversamente. Se la truffa di quello speculatore fosse andata in porto sarebbero state diverse famiglie a finire sul lastrico, forse l’intera credibilità della Banca di Chicago sarebbe venuta meno.-

-Lo so, ho agito nell’unico modo in cui potevo agire denunciando la truffa di quell’uomo. Ma non posso fare a meno di pensare che Louise adesso è diventata davvero povera.-

-Purtroppo sì, dopo il suicidio di suo padre quella ragazza non ha più niente. Ma vedrai che magari si sarà rimboccata le maniche e sarà andata oltre, un  po’ come hai fatto tu.-

Iriza ridacchiò amabilmente.

-Nel mio caso è stata una caraffa d’acqua a farmi “andare oltre”.-

A quelle parole Iriza fu investita da una secchiata d’acqua che qualcuno alle sue spalle le rovesciò in testa.

-Ma… come osa lei!!!- esclamò Robert alzandosi in piedi e rivolgendosi ad una cameriera del ristorante.

Iriza si alzò in piedi e si portò vicino a suo marito, vedendo così in faccia la persona che le aveva giocato quel brutto scherzo.

-Lou… Louise?-

-Già, Louise! La tua vecchia amica di intrighi alla Royal Saint Paul School… La figlia dell’uomo che hai definitivamente rovinato!-

-A-a-aspetta un momento Louise… le cose non stanno…-

Nel frattempo la padrona della locanda, una signora sulla sessantina e dal fisico corpulento, si fece vicino al tavolo

-Louise! Che diavolo ti è saltato in mente?!!! Sei licenziata!!!-

-Sta bene! Ne avevo abbastanza di questa puzzolente taverna e dei suoi puzzolenti clienti!-

Al che la pesante mano della taverniera si abbatté sulla guancia della ragazza che cadde addirittura a terra.

-Sciacquati la bocca quando parli della mia taverna e dei miei clienti stupida ragazza! Queste sono persone per bene che ci danno il pane ogni santo giorno! Adesso non sei più una “signorina dell’alta società” che tutti servono e riveriscono, adesso sei tu a servire gli altri, e se vuoi sopravvivere in questa città farai bene a scordarti la Royal “quello che era” e a ricordarti bene quello che sei adesso. Intanto vattene e non farti più vedere!-

Louise si alzò livida in volto, e dopo aver squadrato con odio profondo la sua vecchia compagna di studi corse fuori dalla taverna, incontro al suo amaro destino.

-Vi faccio le mie più sincere scuse signori.- disse poi la taverniera rivolgendosi a Iriza e Robert. 

-Ovviamente stasera siete miei ospiti, adesso sarete serviti e non pagherete niente.-

-Ma signora, non è necessario. Lei non ha colpa dell’affronto fatto a mia moglie.-

-Mi permetto di insistere signori. La signora è stata gravemente oltraggiata nella mia taverna e io non posso non sentirmene responsabile.-

 

-Lou…ise…- Farfugliò Iriza in lacrime

-Lascia stare Iriza, non puoi farci niente, e poi la signora ha ragione. È Louise che ha sbagliato, nel trattare così una cliente e nel prendersela con te.

Tu hai fatto solo il tuo dovere, e se vuoi continuare a fare questo lavoro dovrai indurirti un po’ questo tuo cuore tenero.-

-Insomma…- disse lei piangendo -Devo tornare ad essere la vecchia Iriza…-

-Una via di mezzo…- disse Robert con un sorriso un po’ amaro.

-Coraggio, non pensarci più. Vivi il tuo destino come Louise dovrà vivere il suo.-

E quello di Louise non sarà certo un bel destino, pensò Iriza. 

 

Candy corse con il fiato in gola in direzione del teatro. Non era riuscita a vedere lo spettacolo a causa del suo lavoro, ma voleva a tutti i costi incontrare Terence.

 

Lui stava aspettando col cuore in gola. Annie gli aveva detto quello che faceva Candy e dove lo faceva, ma lui adesso doveva tornare a New York. 

-Tieni Annie. Consegna questo foglio a Candy, è il mio indirizzo di New York. Potrà scrivermi lì.-

-Sarà fatto Terence, ma ti prego aspetta ancora un po’.-

-Aspetterò finché potrò, ma il mio treno parte fra un’ora e devo prenderlo.-

Stear ebbe come un lampo negli occhi.

-Archie vieni con me! Dobbiamo ritardare la partenza di un treno!-

-Cosa? Fratellone, ma tu vuoi mettermi nei guai!-

-Coraggio, dobbiamo aiutare due amici!

-Ragazzi, cosa volete fare?- chiese un agitato Terence.

-Non preoccupartene Terence! Resta qui e aspetta Candy!-

 

Di lì a mezz’ora Candy arrivò davanti al teatro e vide da lontano il suo amore.

-Terence! Terence, amore mio, sono qui!-

-Candy!-

Nel vederla corrergli incontro con l’uniforme da infermiera, lui ebbe un sussulto, e poi le corse incontro.

Si abbracciarono e si baciarono davanti ad una commossa Annie: anche la sua cara sorellina aveva la sua felicità.

 

Arrivarono di corsa alla stazione, che per fortuna di Terence non distava molto dal teatro dove si erano esibiti.

-Siamo arrivati in tempo: il treno non è ancora partito.- disse Candy

-Veramente…- disse Annie -Credo che qui ci sia lo zampino di Stear e Archie.

-Cosa vuoi dire?-

-Poco prima che tu arrivassi Stear ha avuto un’idea per fermare il treno.- le spiegò Terence

-Oh mio dio, non si saranno messi nei guai?-

Come a rispondere al dubbio angosciato di Candy alcuni viaggiatori di passaggio dissero:

-Sembra che qualche imbecille abbia ostruito i binari appena fuori dalla stazione con dei tronchi. Sono stati visti due uomini fuggire dal binario e scomparire nella notte.-

-Sì ma ci metteranno poco a liberare i binari. Così i treni potranno riprendere a partire.-

-Ringraziate per me quei due incoscienti.- disse Terence 

-Io devo salire sul treno, ma a questo non ci rinuncio Candy!-

Candy si aspettava un altro bacio, ma Terence fece qualcosa di totalmente inaspettato.

-TI AMO CANDY!- gridò a pieni polmoni prima di salire sul treno mentre dal finestrino gli attori della sua compagnia lo guardavano stupiti, e un’attrice era invece livida in volto.

Terence salì sul treno e rimase attaccato ai corrimani della porta mentre il pesante mezzo cominciava a muoversi.

A Candy gli occhi tremavano, ma poi cominciò a rincorrere il treno e gridò anche lei: -TI AMO TERENCE!-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** fidati di me! ***


Con un astuto strattagemma, Annie, Archie e Stear avevano portato Candy fuori dalle corsie dell’ospedale fino nel cortile, e lì l’attendeva una bellissima sorpresa: Patty.

Da dietro un albero venne fuori Patty O’Brien, la sua antica compagna e amica inglese, nonché fidanzata di Stear.

L’abbraccio fra le due amiche fu lungo e appassionato.

 

-Albert… è ricoverato qui…- si era lasciata uscir detto Candy fra le lacrime.

Candy aveva spesso parlato di Albert ai suoi amici, e di quanto lui avesse fatto per lei quando stava dai Legan.

-Ha perso la memoria!- aveva detto poi scoppiando in un pianto dirotto.

 

Qualche tempo dopo Candy e Albert, in barba a tutte le chiacchere e i pettegolezzi, erano addirittura andati a vivere insieme in un appartamento affittato a buon prezzo non troppo lontano dall’ospedale.

 

Una sera però rientrando dall’ospedale, Candy trovò una carrozza ferma davanti a casa sua, e dentro c’era l’austero dottor Leonard.

L’uomo l’aveva vista dalla finestra del suo ufficio mentre si allontanava dall’ospedale insieme ad Albert, e non ci aveva messo molto a fare due più due.

 

-Non posso ignorare la vita immorale che lei sta conducendo signorina, e perciò devo metterla davanti ad una scelta: o lei torna a dormire in ospedale o mi vedrò costretto a licenziarla!-

-Dottor Leonard… la prego… io ho bisogno di questo lavoro, e Albert sta migliorando tantissimo…-

-Mi fa piacere per lui, ma ciononostante io devo salvaguardare il buon nome dell’ospedale.-

Ciò detto l’uomo diede un segnale al cocchiere che spronò il cavallo facendo muovere la carrozza.

Candy rimase annientata davanti all’idea di aver perso il lavoro, ma non poteva lasciare Albert, non poteva.

 

-E così Candy e Terence si sono giurati eterno amore nella stazione piena di gente.- la voce di Iriza in visita a casa dei suoi non tradiva alcuna inflessione.

-Proprio così!- disse sua madre tradendo una certa rabbia. -La zia Elroy è semplicemente furiosa! Pensa che scandalo per la famiglia Andrew…-

-Beh, non sono affari nostri mamma. Se Candy vuole sposarsi quell’attore la cosa non ci riguarda. 

Ho già abbastanza problemi con il lavoro per occuparmi dei problemi sentimentali di Candy. Piuttosto, sei a conoscenza di quello che va dicendo Neal?-

-Parli dell’albergo in Florida? Sì, me lo ha accennato. Devo dire che non sono certo contrarissima, la famiglia Legan ha numerosi interessi in quello stato, e se Neal vuole seguire quella strada ben venga. Mi preoccupa il suo matrimonio…-

-Matrimonio? Neal vuole sposarsi? E chi è la santa martire che se lo piglia?-

-Ma smettila! Tuo fratello non sarà certo un’aquila d’accordo, per questo mi preoccupa l’idea che si sposi Daisy Dillman.-

-Daisy Dillman? Quell’oca giuliva?-

-Oca giuliva un corno! Quella è un’intrigante di prima categoria! Il mio timore è che possa giostrarsi tuo fratello come vuole e poi buttarlo via come una scarpa vecchia!-

-D’accordo mamma, penserò io a tastare il polso a Daisy, ora dimmi: ci sono novità sullo zio William?-

-Nessuna purtroppo. La zia Elroy non ne ha notizie da un paio di mesi ormai. L’ultimo telegramma che ha mandato veniva dall’Italia.-

-E che diavolo ci faceva lo zio William in Italia?-

-Ah questo non lo so, forse un viaggio d’affari, ma da quel momento non ha dato più notizie.-

 

Albert trovò lavoro ben presto come lavapiatti in un ristorante vicino casa e Candy si fece riassumere dal Santa Johanna come donna delle pulizie. Le sue colleghe infermiere intercessero per lei presso il dottor Leonard e lei fu presto reintegrata nel suo vecchio lavoro.

Tutto sembrava volgere al meglio per la bionda infermiera: la sua vita lavorativa era ormai ben avviata, la sua vita sentimentale prometteva bene con la prospettiva di una prossima riunificazione con Terence. I Legan e in particolare quella strega di Iriza e quell’idiota di Neal, sembravano essersi dimenticati di lei.

Una sola ombra sembrava turbare la sua vita: che ne era dello zio William?

Non lo aveva mai conosciuto d’accordo, ma quell’uomo l’aveva aiutata in passato: l’aveva sottratta ad una vita di miseria e umiliazioni continue. Ci teneva a conoscerlo e a ringraziarlo di persona.

 

Iriza entrò nello studio della zia Elroy.

-Buongiorno zia.-

-Iriza…-

L’anziana matriarca non sollevò nemmeno lo sguardo dalla scrivania, continuando a tenere la testa fra le mani.

-Nessuna notizia dello zio William, vero?-

-No, nessuna.-

-Zia ascoltami bene. Devi dirmi tutto dello zio William, è molto importante!-

Elroy alzò la testa incrociando lo sguardi con gli occhi di Iriza. Quella ragazza era molto cambiata, e in quegli occhi non vedeva inghippi e menzogne, ma tanta decisione e intraprendenza.

-Perché vuoi sapere tutto dello zio William?-

-Ho fatto fare delle indagini e… penso di aver trovato una possibile pista, ma devi fidarti di me zia. Devi dirmi tutto dello zio William.-

-Vuoi sapere qualcosa in particolare?-

-Lo zio William ha figli?-

-No, perché questa domanda? Cosa pensi di aver scoperto?-

-Zia: fidati di me!-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Iriza aveva ragione! ***


Iriza si sentiva particolarmente fiera di se stessa: in pochi giorni aveva aiutato quell’idiota di Neal a non farsi infinocchiare da Daisy Dillman, e aveva convinto quell’altro imbecille di Stear a non partire per la guerra.

 

-Cosa credi di trovare in guerra Stear? Tanti poveracci che vanno a farsi ammazzare per i lerci interessi di gente come noi! La guerra va fermata, non incoraggiata! E poi… non pensi a Patty? Se ti succedesse qualcosa lei ne sarebbe annientata!-

Queste parole avevano sconcertato Stear, che diavolo era successo a Iriza? L’aveva sempre conosciuta come una intrigante menefreghista, possibile che quel Robert l’avesse cambiata fino a tal punto?

 

Quanto a Neal era stato sufficiente suggerire a suo padre alcune varianti al contratto di finanziamento che la Banca di Chicago stava per stipulare con Daisy e lo stesso Neal.

Attraverso alcune postille si sanciva che in caso di divorzio o separazione fra i due, l’intestatario dell’attività che i due novelli fidanzati si apprestavano ad avviare in Florida, sarebbe stato Neal. A Daisy sarebbero andate le briciole.

Quando Daisy se ne rese conto, affrontò Iriza con un cipiglio terribile, ma davanti all’impossibilità di cambiare i termini del contratto o di impugnarlo, se ne andò sbattendo la porta dell’ufficio di Iriza, non senza prima averle dato della strega intrigante. E per un momento lei si era sentita proprio così, come se la vecchia Iriza fosse riemersa in lei. 

E in fondo capì che la vecchia Iriza non se ne era mai andata del tutto, era solo maturata, si era solo stancata di intrighi inutili e cattivi. Si era anche accorta di tutto un mondo che si muoveva intorno a lei.

 

Candy andò alla porta ed aprì rimanendo di stucco.

-Questa poi… e tu che diavolo ci fai qui…-

-Non ci fai entrare Candy?- la voce di Iriza non era come se la ricordava, non aveva il tono mellifluo e sgradevole che l’aveva sempre contraddistinta.

E anche il suo sguardo era diverso, disteso, cordiale. Che diavolo succedeva?

-Sì certo… accomodatevi… anche tu zia Elroy…-

Iriza e la zia Elroy entrarono nel modesto ma dignitoso appartamento che Candy divideva con Albert.

-Candy, ti prego di non fraintendermi, ti assicuro che non voglio procurarti alcun problema, ma devi rispondere ad alcune domande: è molto importante Candy, ti prego…-

Iriza Legan che la pregava? I suoi amici le avevano detto che era cambiata, ma fino a quel punto?

-D’accordo Iriza, ti ascolto.-

-Dov’è il tuo amico… quello che… ha perso la memoria?-

-Albert? È uscito a fare la spesa, dovrebbe tornare fra poco. Ma che diavolo vuoi da lui?-

-Da quanto tempo lo conosci?- la potente voce della zia Elroy la scosse, sembrava quasi la voce di Suor Gray.

-Beh, lo conosco da quando stavo a casa Legan, allora… non me la passavo tanto bene e lui mi aiutava, mi dava… conforto.-

-Candy, non hai idea di quanto mi dispiaccia per quello che ti ho fatto passare, ma è importante che la zia Elroy possa parlare con quell’uomo!-

-Iriza… ti senti bene?-

-Sì Candy, non mi sono mai sentita meglio credimi…-

In quel mentre la porta di casa si aprì, ed entrò Albert.

-William!-

Albert ebbe come uno shock a sentire quel nome.

-William! Sono la zia Elroy, ti ricordi di me?-

Candy era allibita: che accidenti stava succedendo?

-Sono la sorella di tuo padre, e questa ragazza, Candy, è la bambina che hai adottato, ricordi?-

-Che… ha adottato? Ma…-

-Non lo hai ancora capito Candy?- intervenne Iriza -Quest’uomo è il signor William Albert Andrew. È lo zio William!-

Candy era sul punto di svenire, e Albert invece svenne per davvero.

 

Poche ore dopo, nella sala d’aspetto del Santa Johanna, Candy, Iriza, la zia Elroy, Archie, Annie, Stear e Patty, aspettavano notizie dai medici di guardia.

 

La porta della sala del pronto soccorso si aprì e un medico si fece incontro ai parenti del ricoverato.

-Tutto a posto signori. Il signor Andrew ha riacquistato la memoria. Lo terremo ricoverato a scopo precauzionale per questa notte.-

Fra i presenti si diffuse un prolungato sospiro di sollievo, e la zia Elroy si sciolse in lacrime.

-Dio sia lodato.-

-Zia Elroy, non credi che dovresti ringraziare qualcun altro?- le disse Iriza.

-Candy…- disse la zia con voce tremolante -La famiglia Andrew, la TUA famiglia… ti sarà sempre grata per quello che hai fatto.-

-Grazie zia… ma ho soltanto ricambiato quello che Albert… lo zio William ha sempre fatto per me.-

-Continua pure a chiamarlo Albert se ti fa piacere Candy. Anche sua sorella, la povera Rosemary lo chiamava sempre così.-

-Zia Elroy.- disse di nuovo Candy -Forse non è il momento giusto, ma vorrei chiederti una cosa.-

-Dimmi pure Candy. Albert, come lo chiami tu, ormai sta bene e possiamo pur permetterci qualche chiacchera informale.-

-Ecco… esistono altri parenti… per così dire nascosti degli Andrew?-

-Cosa intendi dire?-

-Anni fa, sulla collina di Pony, incontrai un ragazzo che somigliava come una goccia d’acqua al povero Anthony. Al punto che quando conobbi Anthony pensai che fosse lui quel ragazzo.-

-Allora sei dura di comprendonio mia cara cugina!-

La voce di Iriza la fece sobbalzare, sembrava la voce della vecchia Iriza.

-Guarda bene il volto di “Albert”, possibile che tu non te ne sia accorta?-

-Accorta… di cosa?-

-Quell’uomo è il ritratto di come sarebbe oggi il povero Anthony se fosse ancora vivo!-

Candy sgranò gli occhi: Iriza aveva ragione!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Non sei la santa che credi di essere! ***


Una volta ristabilitosi, Albert entrò a pieno titolo nel suo ruolo di capofamiglia degli Andrew e di presidente e manager delle poliedriche attività di famiglia.

Iriza, Candy, Annie e Patty presero a frequentarsi, e in particolare Candy e Iriza divennero ottime amiche.

Candy capì quello che Iriza aveva già capito: che la vecchia Iriza non era mai del tutto scomparsa, era solo maturata, addolcita nel carattere e nell’atteggiamento verso il prossimo.

 

Ben presto Annie ed Archie, e di lì a poco Patty e Stear, annunciarono il loro matrimonio. Anche i due ragazzi cominciarono a lavorare nelle aziende di famiglia, e contemporaneamente studiavano per perfezionarsi nel loro futuro ruolo di dirigenti d’azienda.

Annie si mise a lavorare come stilista presso una nota casa di moda e Patty come segretaria proprio alla Banca di Chicago.

Solo un tassello mancava a completare il quadro già lieto della famiglia: la riunificazione e il  matrimonio di Candy e Terence.

 

Candy era devastata interiormente: Susanna Marlowe, proprio quella Susanna a cui aveva poc’anzi salvato la vita, le stava chiedendo di lasciarle Terence.

D’accordo: lei aveva perso la gamba per lui, aveva perso la sua carriera di attrice, ma quello che le chiedeva, era giusto?

Sul volto di Candy apparve un’espressione diversa, cattiva. Un’espressione un po’ “alla Iriza”.

-Susanna, come puoi chiedermi questo?

Se io ti lasciassi Terence credi davvero che lui ti renderebbe felice? Lui non ti ama, lui ama me!

Starebbe con te solo per pietà, e tu meriti molto di più della pietà.

Non puoi restare aggrappata per sempre ad un sogno da bambina!

Se non riesci a capirlo, se non riuscirai a capirlo in futuro, tanto vale che ti ci butti davvero da quella terrazza!-

Ciò detto uscì dalla stanza lasciando Susanna sola e interdetta.

Sul volto di Susanna apparvero prima due lacrime, lacrime che lei ricacciò a forza dentro di sé.

-Va al diavolo Candy! Forse hai ragione tu, forse hai fatto quello che dovevi, ma non sei la santa che credi di essere!-

 

Fuori dalla stanza Terence le rivolse uno sguardo duro.

-Ma ti sembra questo il modo di parlare a quella ragazza?-

-Le ho detto soltanto la verità Terence!- 

L’espressione sul viso di lei sconcertò Terence, non sembrava più la sua Candy… sembrava quasi… Iriza!

-Io ho fatto la mia scelta, e ho scelto te. Adesso sta a te fare la tua! E se non sarà quella giusta sai che ti dico? Vai al diavolo anche tu!-

Ciò detto la ragazza scese dalla scala dell’ospedale e Terence la guardò per un istante che a lui sembrò lunghissimo.

Poi si scosse e la rincorse 

-Aspetta Candy!-

La cinse con le mani da dietro, e piangendo le disse:

-Anch’io scelgo te!-

 

L’espressione contrariata di Candy, gradualmente si addolcì e anche lei si mise a piangere. 

Si girò verso di lui e lui la vide diversa, diversa da come l’aveva sempre vista, ma anche lui si sentì diverso: non erano più due ragazzi spensierati persi in romanticherie e sciocchezze da studentelli di un prestigioso collegio inglese.

Erano un giovane uomo e una giovane donna che si apprestavano a vivere la loro vita insieme.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4040354