Il passato torna sempre indietro

di Rubra Bovina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il richiamo di Darkrai ***
Capitolo 2: *** Pericolose rivelazioni ***
Capitolo 3: *** Un incontro voluto dal destino? ***
Capitolo 4: *** Epilogo (e piccolo extra) ***



Capitolo 1
*** Il richiamo di Darkrai ***


Il richiamo di Darkrai



Ash non poteva di certo lamentarsi della sua vita. Aveva avuto l’opportunità di viaggiare per il mondo, di incontrare tante persone e Pokémon, nonostante la giovane età non poteva di sicuro definirsi un novellino.

A dire il vero, in quel momento, era l’allenatore più forte di tutti.

Insieme alla sua squadra, non solo era riuscito a vincere il titolo, ma anche a difenderlo.

E le cose non andavano bene solo da quel punto di vista.

Non avendo più nulla da dimostrare a nessuno, finalmente si è potuto occupare anche di altri affari, tra cui anche quelli sentimentali.

Insomma… si era fidanzato.

Con una ragazza della regione di Kalos che non ha sicuramente bisogno di presentazioni.

L’allenatore più forte e una delle migliori coordinatrici al mondo insieme è stata una notizia al centro di molti articoli di cronaca rosa, sebbene i due avessero fatto di tutto per tutelare la loro privacy.

Nulla sembrava potesse far cambiare una così bella una situazione simile, ma si sa, nulla dura per sempre.

Erano le due di notte.

In giro per Ferropoli, ridente cittadina a sud di Kalos, nota principalmente per il circuito automobilistico, situato ad alcuni chilometri dalla sua periferia, nemmeno un’anima viva.

Dopotutto erano le tre di notte, non ci si doveva sorprendere troppo.

Ash si svegliò di soprassalto. Facendo spaventare tanto il suo fedele Pikachu, quanto la sua ragazza.

-Ash, che ti prende? Mi ha spaventato!

Ti ricordo che saremo io e la mia squadra a esibirci… te dovrai solo guardare.

E poi è solo giovedì, i prossimi due giorni saranno semplici prove, non capisco cosa ti preoccupi.

-Si, tranquilla, non è quello, è come se avessi avuto, sai, delle strane visioni, nel sonno…

Le rispose il ragazzo, ancora molto scosso.

-Una sorta di incubo, quindi?

Gli chiese la ragazza, ricevendo una risposta non esattamente soddisfacente.

-Non so, non l’ho vissuto io in prima persona, è difficile da spiegare, è come se stessi guardando un film, al cinema, ma, invece di avere quella piacevole sensazione di stare su una comoda poltrona, magari sgranocchiando qualcosa, era come se mi avessero legato a una sedia e forzato a guardare.

-Come se stessi vivendo il sogno di qualcun altro?

Gli chiese la ragazza.

-Esattamente. Ma è come se mancasse qualcosa. 

-Cosa?

-Non sono riuscito a capire di chi fosse il sogno.

Non conoscevo nessuna delle persone che sono apparse. Scusami se ti ho svegliato. Notte.

- Notte. 

Mentre Serena riuscì ad addormentarsi, subito, lo stesso non si poteva dire per Ash.

Non solo perché si doveva ancora scusare con Pikachu, ma anche perché voleva andare un attimo in bagno a rinfrescarsi.

Così fece. Il ragazzo scese dal letto, si infilò le ciabatte e raggiunse il bagno. Aprì silenziosamente la porta ed entrò. Accese la luce ed attese alcuni secondi, prima che la lampadina, al centro del soffitto, illuminasse completamente la stanza con il suo rilassante e delicato colore giallo. Il ragazzo aprì il rubinetto dal lato dell’acqua fredda e si lavò la faccia. Fatto questo tornò a letto. E riuscì a riprendere sonno, anche se non ci volle molto perché il sogno, come se fosse il secondo tempo di un film, riprese.

Almeno all’inizio, in quel sogno, non c’era nulla di troppo spiacevole.

La prima immagine era quella di un laboratorio:

Diversi scienziati stavano lavorando ad un macchinario che il ragazzo non riusciva ad identificare in alcun modo.

Era una sorta di contenitore di metallo di forma cilindrica che, per certi versi ricordava una pattumiera.

Dalla parte superiore del contenitore usciva una sorta di proboscide.

Il ragazzo riuscì a capire cosa fosse quel dispositivo solamente quando uno degli scienziati, un uomo sui quaranta, massimo quarantacinque anni, di altezza media, capelli castani scuri, corti, occhi castani. Indossava un paio di occhiali da vista molto spessi, che assomigliavano a dei fondi di bottiglia. L’uomo aveva in mano una Pokéball e dalla sua espressione si capiva che non era la sua. In ogni caso non la tenne in mano per molto tempo. Si affrettò ad appoggiarla su di una sorta di ripiano realizzato in metallo.

L’uomo puntò quella sorta di proboscide sulla Pokéball. E quest’ultima, molto lentamente, iniziò a smaterializzarsi.

Ash aveva capito che quel dispositivo era una versione molto primitiva del trasferitore.

Un dispositivo che aveva usato decine e decine di volte.

Per questo aveva sempre dato la sua presenza come qualcosa di scontato.

Non aveva idea che lo stesso dispositivo, appena una ventina di anni prima, non fosse nulla più di un prototipo.

In uno dei suoi viaggi gli era capitato di visitare un centro Pokémon abbandonando e ricordava di aver visto una vecchia macchina scambiatrice pneumatica. 

Solo che, nei suoi pensieri, quella macchina, doveva essere molto, molto più vecchia.

Mentre il suo subconscio elaborava queste informazioni, la proiezione andava avanti.

Sembrava seguire il percorso di un cavo e… attraversò una parete. 

Dalla parte opposta della parete vide un macchinario molto simile a quello precedente.

A operare con quel macchinario una donna, di massimo trent’anni. Una donna di altezza media, magra, occhi verdi e lunghi capelli rosa. Indossava un camice da laboratorio bianco. Perfettamente ordinato.

In quella visione, Ash riuscì a vedere la Pokéball materializzarsi, con la stessa lentezza con cui si era smaterializzata.

Ci fu come un taglio, come un salto temporale.

Ora, ad armeggiare con quella primitiva macchina non c’era più quel gruppo di scienziati, ma solo un uomo. Un volto noto.

Ma certo! Era lo stesso dell’altra volta, quello che aveva aveva sistemato la Pokéball.

Doveva essere passato del tempo dall’ultima volta.

Questo si poteva intuire dall’aspetto dell’uomo, che sembrava assai più stressato.

Il macchinario, dall'esterno, non era cambiato, sempre simile a una pattumiera con una proboscide che partiva dalla parte superiore. 

Per un motivo sconosciuto al ragazzo, l'uomo non usò una Pokéball, ma un mazzo di chiavi. 

Come in un cambio di scena al cinema ora a essere inquadrata era una donna, anche lei non un volto nuovo. La stessa donna dai capelli rosa dell’altra volta. Ma a questo punto Ash aveva più di una domanda. 

Perché dovevano passarsi un mazzo di chiavi in quel modo?

Come mai i due avevano un’espressione sconcertata?

Lui non aveva idea del fatto che il trasferitore potesse essere usato in quel modo.

E, in più, pensava che i due avessero idea del fatto che il trasferitore potesse essere usato in quel modo.

Ma così non era.

I due si trovavano nella stessa stanza e stavano discutendo di quanto avevano sperimentato.

-Hai visto, Sebastian? Con questo trasferitore possiamo trasferire anche gli oggetti! Non è fantastico? Non vedo l’ora di raccontarlo ai nostri colleghi!

- No. Non dobbiamo dirlo a nessuno! 

Sebastian fece il gesto di avvicinarsi un dito alla bocca per rendere ancora più evidente il fatto di stare in silenzio.

- Pensaci, noi abbiamo sperimentato con un mazzo di chiavi, ma in futuro cosa potrebbero trasferire?

Armi? Materiale di contrabbando? O chissà cos’altro! Non dobbiamo dirlo. E se dovessero scoprirlo facciamo finta di nulla.

Ash era confuso, forse anche di più della donna dai capelli rosa.  

Ancora non aveva capito perché mai qualcuno dovrebbe mostrargli la storia dei trasferitori.

Per tutto il giorno cercò di non pensarci e riuscì anche a non parlarne con la sua ragazza.

Si era promesso che ne avrebbe parlato solo qualora la situazione fosse degenerata.

Buona parte del giorno l’aveva spesa ad assistere alle prove.

Quella piccola arena, poco più di un campo lotta con una gradinata, che integrava al suo interno i bagni e gli spogliatoi, non sarebbe stata il luogo dell’esibizione, ma era semplicemente uno dei posti messi a disposizione da parte dell’organizzazione per provare.

Tra i vari posti disponibili era quello più vicino all’hotel dove i due avevano deciso di passare la notte.

Dopo una dura sessione di allenamento, sia per lei che per la sua squadra, Serena era soddisfatta. Aveva provato numerose combinazioni ed era abbastanza sicura che sarebbe andato tutto per il meglio.

Ormai da tempo aveva più paura di esibirsi davanti al pubblico. 

Poco importava se fosse dal vivo o da remoto.

Sapeva anche che la sua squadra avrebbe preso esempio da lei. Qualora avessero percepito la sua tensione, sarebbero stati tesi a loro volta, mentre se l’avessero vista calma e tranquilla, sarebbero stati calmi a loro volta.

Aveva ottenuto risultati importanti, era riuscita a spodestare dal trono la precedente regina di Kalos, Aria, ed era diventata una super coordinatrice, consacrandosi ad Hoenn, sconfiggendo Vera in finale. 

E, nonostante questa esibizione non fosse valida per alcun concorso, avrebbe comunque fatto del suo meglio.

Nonostante fosse praticamente certa di non avere rivali, avrebbe comunque dato il massimo e i suoi Pokémon come lei.

Erano le due di notte e Ash stava avendo nuovamente uno di quei sogni.

Ormai il ragazzo non il temeva più, aveva capito che erano innocui. Non potevano fargli male perché non erano suoi.

Questa volta la proiezione era in un laboratorio diverso, sempre di notte.

Aveva ormai imparato a conoscere le due persone presenti nel laboratorio, perlomeno di vista. Uno era Sebastian, l’altra la donna dai capelli rosa, di cui non conosceva il nome.

Doveva essere passato diverso tempo dall’ultima volta.

Sebastian, aveva in mano una sorta di Pokéball.

Era abbastanza simile a quelle che conosceva, tranne per il colore, un rosso scuro.

L’uomo si rivolse alla donna:

-Immagino che tu conosca questa Pokéball. E, come sai, l'abbiamo progettata per due scopi.

Studiare il comportamento dei Pokémon e permettere agli allenatori meno esperti di migliorare il loro rapporto con i Pokémon che catturano.

- Mi sembra uno scopo nobile. Non ci avranno chiamato per questo, ma abbiamo comunque accettato.

- Si, non ho alcun dubbio che sia così. Il problema di cui volevo parlarti è un altro. Ho notato qualcosa che non torna e volevo parlartene. E lo sai, sei la sola persona di cui mi fido davvero.

- Dimmi.

- Lo sai benissimo, nell’ala del laboratorio dove sperimentiamo non possiamo introdurre alcun tipo di Pokéball a parte questa. 

- Si, e quindi?

- Secondo te perché dovrebbero impedire a chi ha delle normali Pokéball di entrare se le possiede?

- Effettivamente non c’è alcun motivo per farlo.

Gli rispose la donna.

- Prova con la tua, fai uscire uno dei tuoi Pokémon.

La incoraggiò l’uomo.

- Ok. Vieni fuori Vulpix! 

Niente. Il piccolo Pokémon Volpe non uscì dalla Pokéball, nonostante l'insistenza della scienziata. 

-Visto? Sembra impedisca alle altre Pokéball di funzionare. E ho paura che nascondano anche altri segreti.

- Cosa intendi?

- Sai, per studiare il comportamento di un Pokémon viene usato una sorta di chip, e lo stesso permette anche di rendere i Pokémon più… docili. Per cui cosa vieta di usare i due dispositivi insieme per degli scopi diversi dai motivi per cui la stiamo progettando?

-Dici come per i trasferitori?

- E forse anche peggio.

Poi, toccando la pancia della donna, con un tono molto, molto più dolce

-Dobbiamo assicurarci che abbia un futuro, qui non potrà mai avere una vita normale.

- Hai ragione. Ma non possiamo scappare ora. Ci scoprirebbero subito. 

-Allora aspettiamo. Intanto non ne facciamo parola con nessuno. Sinché resta fra noi non dovrebbe esserci alcun pericolo.

Ash ancora non aveva ancora capito il perché.

Perché mostrargli quella storia?

Altro giorno di allenamento per Serena e la sua squadra. Stavano perfezionando la tecnica ideata il giorno prima, quando, a un certo punto…

La porta della piccola arena si aprì.

Entrò una ragazza, accompagnata da un Piplup.

Ash non si accorse di nulla, era troppo preso dall’esibizione della sua di ragazza.

Lucinda, capendo di non essere stata ancora vista, approfittò per fare una delle sue solite entrate in scena.

Lanciò uno sguardo fulminante al suo Piplup, che ben poteva tradursi con la frase “fai silenzio”, e, con passo furtivo si diresse dietro le tribune, per entrare negli spogliatoi.

Qui posò la borsa sportiva che portava a tracolla. Era bianca e aveva il disegno di una Pokéball stilizzata rosa.

All’interno della stessa si trovavano il suo vestito, che appena ritirato dalla tintoria, le capsule con bolli per la sua squadra e una borsetta dove teneva le sue sei Pokéball.

Per rendere ancora più teatrale la sua entrata, era riuscita a convincere il suo Piplup a aspettare nello spogliatoio.

Per non farlo sentire solo, aveva fatto uscire dalla Pokéball la sua Togekiss.

Tenne gli altri quattro Pokémon nelle rispettive Pokéball.

La sua Togekiss era il Pokémon più educato e silenzioso che conoscesse, in precedenza era stata allenata da una principessa, la principessa Salvia. 

Nonostante viaggiassero insieme da anni, quest’ultima non aveva perso un briciolo della sua flemma.

In più, i due Pokémon erano estremamente legati, Togekiss lo difendeva molto spesso dai fallimentari Dragobolide del Gible di Ash. Ogni volta che il Pokémon di tipo Drago/Terra tentava di usare la mossa Dragobolide, questa precipitava sempre addosso al malcapitato Pokémon Pinguino, la Togekiss della ragazza rispediva al mittente il colpo con una delle sue ali. 

Ora che la ragazza non stava più indossando l’ingombrante borsa, poteva finalmente salire sulle tribune senza farsi sentire dall’amico. 

Ash era seduto al centro di una delle prime file, in una posizione con una buonissima visuale sul campo.

Lucinda era salita in silenzio sino alla fila sopra quella in cui era seduto Ash.

Si era accovacciata dietro la seggiola dove lo stesso era seduto, in modo da non fasi vedere.

Iniziò a toccargli leggermente la spalla con un dito, ma non sortì alcun effetto. Il ragazzo era troppo concentrato a guardare l’esibizione della sua ragazza e, al contempo, stava coccolando il suo Pikachu.

Era stupita dal fatto che l’amico potesse fare due cose insieme.

Provò allora a togliergli il berretto.

E funzionò.

Il ragazzo si alzò di scatto, spaventando il suo Pikachu.

Il povero topo elettrico si trovava in uno stato a metà tra il sonno e la veglia.

- Ehi! Chi va là?

Lucinda soffocò una risata.

Ash si guardò attorno, ma non vedendo nessuno, aveva pensato che potesse essere uno degli scherzi del suo Gengar, ipotesi scartata i non appena si rese conto del fatto che il Pokémon spettro si trovasse ancora dentro la sua Pokéball, che risultava perfettamente chiusa. 

Sapeva che Gengar amava fare scherzi, ma detestava quando veniva accusato ingiustamente di qualcosa. E Ash, volendo bene a tutti i suoi Pokémon, evitava di accusarlo, se non aveva prove.

Doveva essere qualcos’altro, o meglio… qualcun’altra.

Il suo cervello, per una volta dopo molto tempo, stava elaborando qualcosa di diverso da una strategia al limite da applicare in una lotta in cui la sua squadra si trovava alle strette.

- Lucinda! Quanto tempo!

- Ehilà, Ash! Sei sempre il solito distratto, vedo! Non hai notato nulla?

- No? Cosa avrei dovuto notare?

- Non importa, prima o poi te ne accorgerai.

Lucinda abbracciò Ash, con quest’ultimo che aveva l’espressione da vittima degli eventi.

E questo, con tutta probabilità, lo avrebbe salvato dall’ira della sua ragazza.

Lo stesso non si poteva dire di Lucinda.

Ci volle poco perché Serena se ne accorgesse. E che si precipitasse sulla tribuna.

Intanto Lucinda si era seduta accanto a Ash.

Ash, vedendo l’espressione cupa della sua ragazza capì che la situazione poteva degenerare.

- Ma lo sai che Ash è il mio ragazzo, vero?

- E… quindi?

- Non sopporto che altre ragazze gli girino attorno, sappilo.

La tensione tra le due era paragonabile a quella che si respira nella griglia di partenza di un Gran Premio, a pochi istanti dallo spegnimento dei semafori.

- Sai, io e Ash siamo solo ottimi amici. Abbiamo viaggiato insieme per un’intera regione, ho fatto il tifo per lui quando sfidava le palestre e lui ha fatto lo stesso quando prendevo parte alle gare.

Pensa che ero anche tra il pubblico quando è diventato l’allenatore più forte di tutti.

- Lo stesso ho fatto io con lui con le palestre qui a Kalos e lui con i varietà a cui ho partecipato. Mi è sempre stato vicino quando ho dovuto affrontare delle cocenti delusioni, e io con lui.

- Se è per questo pure io.

- A questo punto, dato che è Ash il soggetto della contesa direi che dobbiamo risolverla alla sua maniera. Ehi, tu!

Un ragazzo biondo, magro, non molto alto, era entrato nell’edificio, mentre le due ragazze discutevano.

- Io?

- Si, tu!

- Cosa v… v… vuoi da me?

Il ragazzo, rendendosi conto di essere stato chiamato in causa dalla Regina di Kalos in carica, aveva avuto un attimo di esitazione. Pensò di aver fatto qualcosa di sbagliato o altro del genere.

Capendo la situazione, Serena cambiò tono. In fondo quel ragazzo non le aveva fatto nulla.

- Abbiamo una piccola cosetta da sistemare. Ti andrebbe di fare da arbitro per una lotta Pokémon?

- Oddio, non l’ho mai fatto in vita mia, ma ci posso provare. Dopotutto non dovrebbe essere troppo difficile, no?

Ma che importava. Glielo aveva chiesto la Regina in carica, non poteva rifiutare.

- E sia!

- Inizia la lotta tra Lucinda e Serena, sarà una lotta uno contro uno, vince chi per prima riesce a rendere il Pokémon non più in grado di lottare.

Intanto le due ragazze si erano disposte una di fronte all’altra, lungo il lato corto del campo.

La squadra completa di Serena era già fuori dalle Pokéball, ma questo Lucinda non poteva saperlo.

Pensava che, come lei, la sua avversaria fosse in grado di affrontare una lotta totale, ossia una lotta sei contro sei. 

Lucinda perse il suo Smart Rotom e scansionò i tre Pokémon dell’avversaria, in attesa che la stessa scegliesse chi schierare.

Sylveon : Tipo folletto. Malgrado il suo aspetto elegante mentre danza leggiadro facendo fluttuare le antenne, quando attacca va dritto ai punti deboli degli avversari.

Pancham: Tipo lotta. Fa il duro e guarda tutti in cagnesco per essere preso sul serio, ma quando è rilassato gli sfugge sempre un sorriso.

Delphox: Tipo fuoco e psico. Grazie ai suoi poteri psichici, può generare un vortice di fiamme a 3000 ºC con il quale avvolge i nemici e li incenerisce.

- Vai Sylveon!

- Vai Typhlosion!

Ash era sorpreso. Non aveva idea che il Quilava dell’amica si fosse evoluto. Era lo stesso Cyndaquil che aveva visto nascere

dall’uovo ormai diversi anni prima. 

Un uovo regalato all’amica da un’amica in comune, come premio per la vittoria in una lotta. 

Più semplice la storia della Sylveon di Serena. Catturata quando era ancora una Eevee, inizialmente era incredibilmente  timida e riservata ed era, sin da quando era selvatica, una grande amante della danza.

Di quest’ultima, era stato testimone dell’evoluzione, durante una lotta in cui aveva partecipato accanto al suo Pikachu, in una serata di balli. Una lotta contro una ragazza innamorata di lui e un ragazzo che ben conosceva.

Quella per lui era una situazione difficile.

Non sapeva per chi delle due tifare.

Certo, Serena era la sua ragazza e Lucinda era solo un’amica.

Ma davvero era solo un’amica? Per lui era molto di più. Era paragonabile ad una sorella.

Una sorella che non ha mai avuto, essendo figlio unico.

Dopotutto i viaggi che ha affrontato con loro sono stati poi così diversi?

Ma ora non ci doveva pensare.

In fin dei conti non lottavano per lui, ma per l’orgoglio.

Serena aveva preso il suo Smart Rotom e scansiono il Typhlosion dell’avversaria.

Typhlosion: Tipo fuoco: si nasconde avvolto da una lucente nube di calore creata dalle sue fiamme roventi. Questo Pokémon crea esplosioni spettacolari che riducono in cenere ogni cosa.

- Testa o croce?

- Testa.

Dichiarò Serena. Lucinda dovette scegliere obbligatoriamente la croce. Il ragazzo lanciò la moneta. Attese che il lanciatore elettronico facesse il suo lavoro e dichiarò chi avrebbe iniziato la lotta. 

- Bene, allora incomincia Lucinda.

Il ragazzo mostrò alle due il risultato.

- Typhlosion, usa Ruotafuoco.

Ordinò la nativa di Sinnoh. Il Pokémon si appallottolò e le fiamme sulla sua schiena si estesero a tutto il corpo.

- Sylveon, schiva e poi usa Vento di Fata.

Sylveon attaccò il Typhlosion rivale, che stava ancora cercando di colpirla.

L’idea di Serena era quella di sfruttare l’attacco della sua Sylveon per far perdere l’equilibrio al rivale.

Rapidamente giunse alla conclusione che quel Pokémon era stato allenato per fronteggiare situazioni simili, non doveva dimenticare che la sua avversaria era una coordinatrice di altissimo livello.

E che, come lei, si era allenata con Ash. Doveva cambiare strategia.

- Typhlosion, usa comete.

- Sylveon, usa comete anche te! 

I due attacchi si scontrarono al centro dell’arena, creando un effetto spettacolare. Se fosse stata una gara, sarebbe stato difficile scegliere chi premiare.

- Typhlosion usa lanciafiamme

- Sylveon Protezione!

La Sylveon della ragazza si rinchiuse in una sorta di bolla dal colore verde chiaro, proteggendosi dagli attacchi del suo avversario. L’idea della ragazza funzionò. Le fiamme vennero dissipate prima di colpirla.

A giudicare dagli sguardi delle due e dei loro Pokémon, sembrava che la lotta potesse durare a lungo, molto a lungo.

- Sylveon, usa i tuoi nastri per intrappolarlo.

Lucinda sorrise. Se lo aspettava.

In passato aveva vinto una gara di lotta contro un Sylveon, proprio perché il suo coordinatore gli aveva ordinato di fare la stessa cosa. Sfruttare i nastri per immobilizzare l’avversario. 

- Typhlosion aspetta.

Serena non capiva. Perché farsi attaccare? Cosa avrà in mente?

- Typhlosion, vai! Ruotafuoco!

Il Pokémon Vulcano ricoprì il suo corpo di fiamme e si mise a rotolare, tirando con sé i nastri della sua avversaria, che, in breve tempo iniziò a rotolare insieme ad esso.

Dopo aver rotolato per un po’ per il campo di lotta, la Sylveon della nativa di Kalos riuscì a mollare la presa e liberarsi dall’oppressione del Pokémon Vulcano.

Non senza danni, era stata ferita e sentiva una grande sensazione di calore, come se fosse stata bruciata. E così era. Era stata bruciata, e lo si poteva capire anche dalla sua espressione sofferente.

- Sylveon, te la senti di continuare?

Chiese la sua allenatrice. Il Pokémon Legame la guardò con uno sguardo che valeva più di mille parole. Non si voleva arrendere. Era diventata una questione di principio. 

- Molto bene, allora. Forza, usa Vento di Fata.

La sua Sylveon eseguì. Lanciando contro l’avversario una corrente d’aria dal vago colore rosa. Le intenzioni della sua allenatrice erano simili a quelle della volta precedente. Cercare di fargli perdere l'equilibrio, o, perlomeno rallentare di molto i suoi attacchi. 

- Typhlosion, usa Ruotafuoco, ma questa volta non attaccare davanti, cerca di disorientarla!  

Typhlosion si era appallottolato e le fiamme sulla sua schiena erano cresciute di dimensioni, era una gigantesca palla di fuoco che girava all’impazzata per il campo lotta. 

Sylveon cercava in ogni modo di seguire quella palla di fuoco impazzita, ma più cercava di farlo, più si stancava inutilmente, Nonostante avesse subito già degli importanti danni, durante quella lotta, non poteva resistere ancora per molto, anche se faceva di tutto per non darlo a vedere alla sua allenatrice, voleva che fosse orgogliosa di lei. 

 - ADESSO! 

Gridò Lucinda. Secondo la coordinatrice di Duefoglie, Sylveon era abbastanza stanca, ed era sicura che quel colpo sarebbe bastato. E la sua previsione si rivelò corretta. Il colpo fu anche più duro del necessario.

- Sylveon non è più in grado di continuare. Vince Typhlosion. Di conseguenza la vincitrice è Lucinda.

Dichiarò il ragazzo, che aveva finito il suo lavoro da arbitro, ed era fuggito a gambe levate. 

- Sylveon, ritorna, sei stata fantastica.

Serena ricoverò la sua Sylveon nella sua Pokéball. Doveva assolutamente riposarsi dopo una lotta così intensa. 

- Typhlosion, ritorna, ha davvero mostrato il tuo valore.

Lucinda si complimentò con il suo Pokémon per quella lotta, per poi aggiungere, rivolgendosi alla sua avversaria.

- Allora ancora con quella storia o possiamo superarla?

- Secondo te?

Le rispose la nativa di Kalos.

L’abbraccio tra le due e i reciproci complimenti per l’abilità in lotta ne furono la dimostrazione.

Intanto il ragazzo che aveva fatto da arbitro si era dileguato.

Aveva giurato a se stesso che non avrebbe più arbitrato una lotta in vita sua.

E se fosse stato possibile, non avrebbe mai più voluto incontrare quelle persone.

- Ah l’ho notato!

- Alla buon’ora.

- Ti sei comprata un nuovo cappello.

- No, ma non importa. Ho lasciato qualcuno da solo e ho paura che possa aver combinato qualche guaio.

Naturalmente Lucinda si riferiva a Piplup e Togekiss.

I due, per ingannare l’attesa, ben più lunga delle aspettative, avevano giocato a Scopa, Rubamazzetto, Tressette, Scala 40…

- Scusatemi se ci ho messo più del dovuto, ma, sapete sono successe tante di quelle cose che…

Ma ora potete venire, sapete cosa ci aspetta. E ho scoperto che avremo delle rivali assai temibili. Ma per ora manterremo un approccio amichevole.

Intanto Lucinda era tornata, scortata da Piplup e Togekiss. 

Ironia della sorte il suo primo Pokémon, un dono del professor Rowan e l’ultimo, sempre un dono, da parte della principessa Salvia. Si, una vera principessa.

Ma non lo diceva mai in giro. Di natura Togekiss è un Pokémon molto raro, basti pensare che il solo esemplare diverso dal suo di cui era a conoscenza era nella squadra di Camilla, la campionessa della regione di Sinnoh.

E dire che la sua era il dono di una principessa, per lei, era una cosa di cui non voleva vantarsi.

Quando qualcuno le chiedeva informazioni sulla sua Togekiss, diceva semplicemente che le era stata regalata da una ragazza. Senza specificare altro.

Questi pensieri l’avevano condotta al campo di allenamento.

Per essere precisi, esattamente al centro di esso.

Solo un Eterelama della sua Togekiss la salvò dal prendersi un Neropulsar in piena faccia.

Solo sentendo il tonfo del Pancham di Serena, colpito dall’Eterelama della sua Togekiss, si rese conto di quanto era accaduto. Aveva percorso l’intera distanza tra lo spogliatoio dal centro del campo, totalmente immersa nei suoi pensieri.

Solo quel tonfo la fece tornare in sé.

- Bene, Pancham, può bastare. Ora riposati.

Poi, rivolgendosi a Lucinda, cambiò tono, passando da un tono dolce e gentile a qualcosa di un po’ più cattivo.

- Ma non avevamo detto che l’avevamo superata? E tu attacchi così?

- Non avevo esattamente pianificato di farlo. Ero talmente immersa nei miei pensieri e mi sono trovata nel bel mezzo del campo senza accorgermene. E, vedendo l’attacco del tuo Pokémon, lei ha cercato di proteggermi.

Poi, cambiò tono, intenzionata a sdrammatizzare:

- Ma non ha esattamente dosato la forza e…

Serena, che era comunque una ragazza sveglia e intelligente, aveva capito che le intenzioni di quella Togekiss erano tutt’altro che bellicose, per cui si affrettò nello scusarsi per quanto detto prima.

Prima di congedarsi per fare una visita al Centro Pokémon.

La squadra di Lucinda aveva sconfitto, senza troppi problemi, due dei suoi Pokémon.

Recandosi al Centro Pokémon, lasciò soli i due amici e ex compagni di viaggio.

Aveva lasciato la sua squadra alle amorevoli cure dell’infermiera Joy.

E ora non doveva far altro che aspettare.

Ma… che Pokémon era quello?

Non ne aveva mai visto uno.

Nella concitazione della situazione, non era riuscita a scansionarlo attraverso il suo Smart Rotom.Ora era sola, quindi poteva occuparsene in tutta tranquillità.

Parlando sottovoce, richiamò alla mente le caratteristiche del Pokémon:

- Allora, vediamo… era bianco, volava… ma certo! Eccolo qui!

- Togekiss: tipo Folletto Volante. Non si presenta mai dove c'è un conflitto. Di recente le sue apparizioni sono diventate rare.

Poco tempo dopo

- Bene, la tua squadra è tornata in forma.

Era l’infermiera Joy. E sicuramente parlava con lei.

Il Centro Pokémon, in quel momento, era deserto.

Intanto, nell’arena Ash e Lucinda si stavano raccontando le rispettive avventure.

Dopotutto si erano solamente visti, per poco tempo, all’ultima finale del torneo. Torneo dove Ash si era consacrato come campione. E quindi avevano molto, molto da raccontarsi.

Ash dei suoi viaggi, cercando il più possibile di tralasciare i particolari della relazione con Serena, non voleva di sicuro riaprire una ferita appena rimarginata.

Lucinda, invece gli raccontò di come abbia tentato, senza successo, la scalata al rango di Super Coordinatrice nelle regioni di Kanto e Johto, prima di riuscire a consacrarsi in patria, contro un'avversaria che mai aveva avuto prima, sebbene fosse tutt’altro che una sconosciuta.

Era una Wildcard.

L’espressione di Ash si fece assai dubbiosa.

- Cosa diavolo è una Wildcard?

- Quando una persona partecipa a un concorso o a una competizione anche se normalmente non ne avrebbero diritto.

Solitamente si concede questo permesso a persone famose nell’ambito.

- Capisco. E chi era questa Wildcard?

- Non ci crederai mai.

Ash era sempre più curioso.

Lucinda lo notava, e cercava in ogni modo di allungare il brodo, come i conduttori dei quiz televisivi.

Poi, con voce tremante

- Mia mamma

- Sul serio? La coordinatrice più forte di tutti i tempi?

- Siamo amici, lo sai benissimo che non ti mentirei mai.

A dire il vero la cosa è stata abbastanza improvvisata.

- In che senso, scusa?

- Vedi, si era scoperto che colei che sarebbe dovuta essere la mia avversaria non aveva veramente vinto cinque fiocchi. Due erano dei falsi.

- Ma come hanno fatto a non notare subito il falso?

- Erano dei falsi talmente fatti bene che nessun membro della giuria aveva notato delle incongruenze.

- E allora come se ne sono accorti?

- Vedi, mia madre non solo è una super coordinatrice, ma è anche un rispettabile membro della giuria internazionale. E, guardando la prova, aveva notato delle incongruenze.

Pensando che la truffatrice non proseguisse più di tanto non aveva voluto avvisare. Ma appena aveva scoperto che sarebbe stata la mia avversaria per la finale…

- Si è precipitata ad avvisare la giuria.

Ash completò la sua frase.

- Esattamente.

- E poi?

- E poi… è stata squalificata e arrestata per truffa.

Ma a questo punto c’era un problema. Immagina che delusione, per il pubblico. Vedere una coordinatrice arrestata e colei

 che sarebbe dovuta essere la sua rivale vincere a tavolino.

Non trovi anche te che sarebbe stata una grossa delusione?

Ash, immaginando di essere il protagonista di una scena simile, immaginando un suo sfidante messo dietro le sbarre, si affrettò a rispondere. 

- Posso immaginare. Ma come si è arrivati a avere tua madre come avversaria? Non si poteva rifare tutto da zero?

- Non credo proprio! Sai quanto costa organizzare un Gran Festival? Pensa dovendo ricominciare da zero. Dovresti saperlo, hai partecipato a qualche gara anche te.

Due performance non vengono mai uguali. E poi, i giudici si aspettano qualcosa di nuovo.

E no, non potevano richiamare la sua sfidante. Era già scappata. In lacrime.

Ne ho parlato con lei dopo la mia vittoria.

- E?

- E mi ha fatto i complimenti. Mi ha detto che non se la sarebbe sentita di continuare. Era troppo delusa da se stessa.

Non si sarebbe sentita a suo agio nel trovarsi lì per una vittoria a tavolino.

- Capisco.

- E com’è stato sfidare tua madre? So bene che è stata la persona da cui hai preso ispirazione per il tuo sogno.

Intanto, Serena era rientrata dal Centro Pokémon e aveva ascoltato, in maniera più o meno volontaria, parte della conversazione:

- Ma quindi sei la figlia della leggendaria Olga?

- Si.

Lucinda non nascose un velo di orgoglio, ma anche un po’ di invidia. Era ancora conosciuta come“la figlia di”.

- E come mai non lo hai detto?

- Sai ci conosciamo da poco, non pensavo fosse importante

- Sai, invece Serena è mfmfmfmf

Serena lo aveva zittito prima che potesse dirlo.

Non voleva che lo sapesse. Per lei era abbastanza imbarazzante. Era la figlia di Primula, la leggendaria fantina di Rhyhorn.

Ma visto i suoi scarsi risultati con questi ultimi e la conseguente scelta di una professione totalmente diversa, preferiva che non se ne parlasse.

in ogni caso, non era tornata per quello.

Doveva continuare l’allenamento e aveva l’opportunità di farlo con una coordinatrice del suo stesso livello, o forse più alto.

Non un’opportunità che ti capita spesso.

- Cosa ne pensi di una sessione di allenamento insieme?

- Perché no? Venite fuori!

- Venite fuori anche voi!

Le due ragazze lanciarono le rispettive Pokéball.

La Buneary di Lucinda, quasi non facendo in tempo di uscire dalla Pokéball, corse dall’amato Pikachu.

Erano entrambi felici di rivedersi, dopo tanto tempo. 

Serena era stupita, non aveva idea che Lucinda avesse una squadra completa.

Era una cosa abbastanza strana.

Solitamente le coordinatrici e le performer avevano squadre da due, o al massimo tre Pokémon.

- Non avevo idea che avessi una squadra completa. Di solito è una cosa tipica per chi si dedica alle lotte in palestra… vedi, io ho solo tre Pokémon.

Lucinda le rispose immediatamente, cercando di giustificarsi. 

- Vedi, ognuno di loro ha una storia. Piplup è stato il mio primo Pokémon. Ero davvero indecisa su chi scegliere, ma lui mi ha conquistato. Anche se all’inizio la nostra convivenza non è stata facile. Ora siamo inseparabili. 

Il piccolo Pokémon pinguino fece un gesto d'orgoglio.

- Buneary, invece è stata la mia prima cattura. Devo dire che non è stato affatto facile. Altrettanto si può dire con Pachirisu.

Mi ha fatto dubitare di essere capace come allenatrice, ma poi è passato tutto. 

Mamoswine, invece… L’ho catturato quando era ancora un piccolo Swinub.

Penso che sia stato il Pokémon che più di tutti mi ha dato difficoltà, pensa che a un certo punto ha cominciato a essere disubbidiente. Per fortuna le cose sono migliorate con il tempo. Il nostro rapporto si è definitivamente consolidato quando è stato attaccato e ferito da un Aggron.

Typhlosion, invece, si è schiuso da un uovo che mi ha regalato un’amica, l’ho allevato da quando era un piccolo Cyndaquil.

E infine Togekiss mi è stata regalata da un’amica, perché realizzasse il suo desiderio di vederla partecipare a delle gare Pokémon.

Invece la tua squadra?

- Penso che sia abbastanza semplice.

Delphox è stata la mia prima Pokémon. Non ho avuto indecisioni. Potrei definirlo un colpo di fulmine.

Pancham ha una storia particolare. Posso definirlo come un tipo che adora essere al centro dell’attenzione. L’ho conosciuto durante uno dei miei primi varietà. Infine Sylveon, l’ho conosciuta da Eevee. Era davvero molto timida e, approcciarmi con lei non è stato affatto facile. Ma alla fine ci sono riuscita. E ora… eccola qui.

Dopo le varie presentazioni le due iniziarono l’allenamento, sotto l’attento sguardo di Ash.

Si era ormai fatto tardi. E il gruppetto si era diretto all’albergo.

Era notte. Più o meno le due.

E Ash ebbe ancora una volta uno di quei sogni.

Erano sempre quei due scienziati, questa volta vestiti in abiti civili, un semplice maglione azzurro e una canadese per l’uomo, un maglione a collo alto e dei pantaloni morbidi per la donna. Solo guardando meglio, aveva notato che tanto Sebastian quanto quella che ormai credeva fosse sua moglie indossassero un pendente. Solo che non erano soli. Con loro c’era una bambina che poteva avere al massimo 3 anni.

Aveva i capelli rosa e gli occhi verdi, per cui Ash la collegò immediatamente alla donna. E poi, ricordandosi di quanto visto

in precedenza all’uomo.

Doveva essere il compleanno della bambina, o qualcosa di simile, poiché la stessa stava aprendo un pacco regalo. 

All’interno di quest’ultimo c’era un pupazzo di Eevee.

La piccola sembrava felicissima.

Pochi istanti dopo, la scena cambiò totalmente.

L’uomo, con la bambina in braccio, che ancora brandiva il pupazzo, aveva un aspetto triste, come se dovesse comunicare una brutta notizia.

Aveva baciato l’amata e poi aveva detto qualcosa come “ci vediamo presto”.

Aveva indossato un gigantesco giubbotto, almeno cinque taglie più grande del necessario, ma non l’aveva chiuso. Aveva lasciato la bambina in piedi, vicino a lui. 

L’uomo aveva preso nuovamente in braccio la bambina e stava camminando, a passo svelto, verso un luogo che fino ad ora Ash non aveva mai visto.

L’uomo salì sul sedile passeggero di una Jeep. Alla guida una donna. Capelli neri e ricci. Magra. Indossava abiti militari.

La donna prese un piccolo telecomando e tutte le luci della base si spensero.

- Abbiamo pochi minuti, ma dovremmo riuscirci. Ricordati il piano, quando ti tocco la spalla chiudi lentamente il giubbotto e indossa il cappuccio.

La Jeep si muoveva lentamente. A fari spenti.

Non troppo tempo dopo, come aveva annunciato in precedenza, la donna toccò la spalla all’uomo.

L’uomo chiuse delicatamente la zip e indossò il cappuccio.

La donna fermò la macchina poco prima della sbarra che separava la base dal mondo esterno.

- Signorina perché sta uscendo a quest’ora? Per di più con una persona accanto a lei.

- Senti, non sono cose che ti riguardano. E se non vuoi essere promosso a lavapiatti, vedi di farmi passare.

L’uomo uscì dal gabbiotto e sollevò la sbarra.

La donna premette a fondo il gas e in breve l’auto si allontanò dalla base.

L’uomo si tolse il cappuccio e abbassò la zip. Facendo uscire la figlia, in seguito l’avvolse in una coperta.

Dalla storia dei trasferitori e di uno strano tipo di Pokéball, si era passati a quella di una famiglia che, a causa degli eventi, si era dovuta separare.

Qualcosa che Ash non avrebbe mai potuto immaginare.

Volente o nolente, la proiezione proseguì.

Dovevano essere passati degli anni. La bambina con gli occhi verdi era cresciuta. Della donna nessuna traccia.

Qualcosa doveva essere andato storto, Ash si ricordava di come, nella visione, l’uomo e la donna si erano promessi che si sarebbero rivisti presto.

Ma per qualche motivo, questo non era accaduto.

Nella visione, la bambina si trovava in un giardino mentre stava giocando con una Ralts shiny.

Nemmeno il tempo di abituarsi a una visione tutto sommato felice, che la stessa passò all’interno della casa.

Gli interni erano molto semplici e impersonali, come se quella casa fosse stata arredata per abitarvi poco tempo.

Vide il padre della bambina parlare con una donna.

L’aveva già vista da qualche parte. Aveva capelli ricci e lunghi. Neri, anche se iniziava a vedersi qualche segno di grigio.

- Sebastian, so che tu e tua figlia vi siete trasferiti qui da poco, ma dovete di nuovo cambiare casa. Ti prometto che sarà l’ultima volta.

- Non posso fare altro che accettare, suppongo.

Le rispose l’uomo.

Altro cambio di scena.

A distanza di non molto tempo, al massimo un mese.

Padre e figlia si trovavano davanti a una villetta di tre piani. Con un garage attaccato alla parte destra.

Tra il cancello e l’ingresso c’era un bel giardino, molto curato. L’ingresso della villetta non era parti terra, ma rialzato.

- Questa sarà la nostra nuova casa, ti prometto che sarà il nostro ultimo trasloco.

La bambina dagli occhi verdi si limitò ad annuire.

Un altro lungo salto temporale.

Doveva essere il compleanno di quella ragazzina. Era mattina presto e la ragazza era entrata in salotto. Aveva spalancato la porta e si era trovata davanti suo padre.

Aveva le mani dietro la schiena. 

- Tieni le mani aperte e chiudi gli occhi! - Le disse.

- Va bene.

L’uomo mise nella mano destra della ragazzina una Pokéball e nella mano sinistra una busta.

- Ora li puoi riaprire!

Si rivolse a lei con dolcezza.

La giovane aprì gli occhi e si accorse di quello che il padre le aveva messo nelle mani.

- Adesso hai dieci anni. L’età in cui si diventa allenatori a tutti gli effetti.

- Grazie babbo, ma… perché questa Pokéball?

- Lo sai benissimo. Falla uscire.

- Allora, vieni fuori… Gardevoir! 

La Ralts con cui aveva giocato anni prima si era evoluta. Prima in Kirlia e infine in Gardevoir.

- Cosa aspetti, apri la busta.

La neo allenatrice lo fece.

Dentro c’era una borsa.

- Non pensare che sia finita qui, forza, aprila.

La ragazza lo fece. Dentro oltre a una custodia per le medaglie, un portachiavi della principessa e una custodia per fiocchi, cinque Pokéball e…

- Ehi, aspetta e questo cos’è?

La ragazza dai capelli rosa aveva in mano una custodia di legno pregiato.

La aprì. E la sua espressione diceva tutto.

Le aveva regalato un mega-ciondolo. Un bracciale formato da una catena di archi color crema con una Pietrachiave incorporata in un cuore rosa. 

Sotto il bracciale, sparato da una membrana in gommapiuma, un pendente dorato con una megapietra.

- Che aspetti? Indossa il bracciale. Alla megapietra ci penso io.

L’uomo fu di parola, facendo indossare alla Gardevoir della ragazza il gioiello su cui era incastonata la Megapietra.

Altro taglio, ma non molto tempo dopo.

La ragazza era tornata a casa. E sembrava molto felice.

Suo padre era seduto a suonare il pianoforte.

- Evviva! Ci siamo riuscite!

- Cosa?

- Abbiamo vinto la nostra seconda medaglia! Gardevoir è una vera forza della natura!

- Bravissime! Ma ha lottato solo lei o ha lasciato anche spazio agli altri?

Prima che la figlia potesse rispondere l’espressione dell’uomo si fece assai preoccupata.

- Forza, scappa! Stanno arrivando! Ci hanno scoperti!

Alla ragazza non importava chi li avesse scoperti. Ash ipotizzò che la ragazza sapesse che suo padre aveva dei nemici molto potenti.

Ad ogni modo la ragazza salì al piano di sopra, sparendo dal campo visivo.

- So cosa volete da me! Non divulgherò mai i miei segreti! E non vi conviene entrare. Sono armato.

L’uomo aprì un cassetto della credenza.

Tolse in fretta e furia delle tovaglie, sollevò il doppio fondo del cassetto e prese una grossa pistola.

Tremava mentre la teneva. Era evidente che non fosse a suo agio a impugnare un’arma.

Era chiaro che non l’avrebbe mai voluta usare.

Tolse la sicura e sparò un colpo.

La sua intenzione era quella di far capire che le sue intenzioni erano serie.

Un proiettile spaccò il vetro.

Ash si svegliò di soprassalto. Come la prima notte. Svegliando tanto il suo Pikachu, quanto Serena.

- Che ti prende?

Gli chiese la ragazza.

- Non so. Mi sono svegliato per un fortissimo dolore in questa zona.

Il ragazzo si toccò il centro del petto.

- Ti posso assicurare che non ho mai provato un dolore simile. Come se mi avessero…

Ash ripensò un istante al sogno che aveva fatto quella notte e poi disse.

- Sparato.

Il ragazzo fece per alzarsi e andare in bagno, ma si bloccò subito dopo aver visto una strana creatura, non appena accese la luce della sua bajour. 

Era una creatura simile ad un'ombra, la testa piccola, sormontata da una specie di cresta formata da una sostanza bianca simile alla nebbia. Una sorta di capigliatura molto lunga, che tendeva verso l'alto e copriva uno dei suoi luminosi occhi azzurri. La creatura aveva inoltre una cresta rossa appuntita intorno al collo che ricordava un collare.Le sue braccia erano lunghe e magre e dei brandelli neri appesi alle spalle, ricordano un mantello strappato. Il suo corpo, di colore nero, ricordava nella forma una clessidra.

Non c’erano dubbi.

Era Darkrai.

- Pikachu! Usa Fulmine!

Prima che il Pikachu del ragazzo potesse attaccare, Darkrai lo aveva già attaccato con Vuototetro.

Comunicò, tramite telepatia in primo luogo a Ash e, come diretta conseguenza, a Serena.

- Non attaccatemi. Non ho cattive intenzioni.

So bene che quelli come me non hanno una bella reputazione.

Ma io sono qui perché ho bisogno di voi. Di te in particolare, Ash, e di quanti altri allenatori e allenatrici forti riesci a trovare. Anni fa ho perso un carissimo amico umano. E mi ero promesso che avrei protetto sua figlia. 

Venni gravemente ferito e quando mi ripresi, la ragazza era scomparsa nel nulla.

Non si trovava neppure dove avrei dovuto incontrarla nel caso in cui le cose si fossero messe male.

Serena, con la voce ancora impastata dal sonno, gli pose un importante quesito.

- In base a cosa dovremo crederti?

Esiste un motivo se… quelli come te, come gli hai definiti hanno una brutta fama. Non sanno controllare il loro potere e per giustificarsi si inventano delle storie dietro gli incubi che causano.

- A me sembrava sincero. Proviamo a dargli retta. Se poi le cose dovessero mettersi male e scoprissimo che avevi ragione te, puoi fare di me quel che desideri.

- Ok, come vuoi. Ma ci pensiamo domani dopo l’esibizione. Ora dormi, o non potrai fare il tifo.

In verità Serena si fidava di Ash. Era sempre stato in grado di capire i Pokémon.

Il dolore di Ash era praticamente scomparso e si era riaddormentato subito.

Era finalmente arrivato il giorno dell’esibizione.

L’esibizione era programmata dalle 10 alle 14.

Essa, a dire la verità, sarebbe stata un semplice evento di contorno per un altro evento.

E il luogo dell’esibizione era un autodromo.

I coordinatori e le coordinatrici si sarebbero dovuti esibire davanti a un pubblico che era venuto per tutt’altro.

Per questo, era lecito chiedersi che opinione dei coordinatori avesse il pubblico.

Era ampiamente plausibile che parte del pubblico pensasse che allenare la propria squadra per quel genere di esibizione fosse una perdita di tempo, e allo stesso modo era plausibile che un’altra parte fosse affascinata da quel tipo di esibizione, o che quantomeno avesse la consapevolezza del grande lavoro che si cela dietro quel tipo di performance.

Serena si era alzata prestissimo e aveva costretto il ragazzo a fare altrettanto.

Non sarebbe mai voluta arrivare tardi, voleva esser pronta nel caso ci si presentasse qualche imprevisto.

L’autodromo si trovava fuori dalla città e, se fossero partiti tardi, si sarebbero trovati nel bel mezzo del traffico.

Ash si era anche preoccupato di svegliare l’amica, anche perché non farlo non sarebbe stato carino da parte sua. Preferiva comportarsi con lei come aveva sempre fatto.

Alla fine, era riuscito a svegliarla.

- Non serve che ti prepari qui, sistemati un pochino se vuoi, ma ti assicuro che lì avrai tutto il tempo per prepararti.

- Se lo dici tu.

Ma diavolo, sembra che abbia ancora il cuscino attaccato alla faccia.

- Non lo dici anche tu? Non serve preoccuparti! E poi chi credi che ti veda? Serve che ti ricordi che vi porteranno letteralmente di fronte all’edificio coi camerini? E che le navette hanno i vetri scuri per la privacy? E se partiamo presto saremo praticamente solo io, te e Serena.

- Se lo dici tu!

Lucinda si era sistemata come meglio poteva.

E, non molto tempo dopo, i tre si trovavano in una delle navette messe a disposizione dall’organizzazione. Era un pulmino blu elettrico con dei fari enormi, a sviluppo diagonale. Cofano corto e un’ampia griglia grigia e nera. 

Aveva un’aria piuttosto aggressiva per essere un mezzo commerciale. 

Per contratto, nella navetta, ogni coordinatore o coordinatrice poteva essere accompagnato da una sola persona.

Nella maggior parte dei casi, l’accompagnatore era il ragazzo o la ragazza, un amico o un’amica, altre volte un fratello o una sorella. Si può dire che Ash rappresentasse molte di queste categorie.

Era sia il ragazzo di Serena che l’amico di Lucinda, ma era chiaro ed evidente, anzi, lapalissiano che quella con Lucinda non era una semplice amicizia. Era quasi quel rapporto che si ha tra fratello e sorella.

Ad ogni modo i tre erano i soli passeggeri della navetta.

Era molto presto, ma iniziava già ad esserci del traffico, in direzione dell’autodromo. Era lecito chiedersi come sarebbe stata la situazione anche più tardi. La navetta giunse all’autodromo.

Quest’ultimo si trovava fuori dai confini della città, lontano dagli edifici residenziali.

La navetta entrò da un ingresso riservato.

L’autista abbassò il finestrino e scansionò il suo tesserino in un macchinario apposito. La sbarra che impediva l’ingresso ai non addetti ai lavori, si alzò cigolando.

Un altro breve percorso e il pulmino si fermò di fronte a un edificio di due piani.

L’autista premette un pulsante e la porta scorrevole si aprì, permettendo ai tre di uscire.

Mentre le due ragazze scesero in maniera aggraziata, Ash saltò fuori con troppo entusiasmo, rischiando di perdere l’equilibrio e di farsi seriamente male.

Per qualche miracolo, riuscì a non cadere faccia a terra.

Ripresosi dallo spavento accompagnò le due dentro l’edificio.

Un lunghissimo andito con tante porte tutte uguali, tranne una. In fondo allo stesso un ascensore e una tromba di scale.

La prima porta a destra aveva un cartello con scritto “sala d’attesa”, era il luogo dove gli accompagnatori potevano attendere i coordinatori.

Tutte le altre porte davano sui camerini.

Su ognuna una targhetta con il nome della coordinatrice o del coordinatore a cui il camerino era destinato.

Ironia della sorte, i camerini di Serena e Lucinda erano uno accanto all’altro.

I camerini erano tutti uguali. Una toletta, una seggiola, un appendiabiti, una panca dove poggiare le proprie cose.

Sulla toletta un ricchissimo set di trucchi. E un pulsante per chiamare una specialista per trucco e capelli.

Poco distante dal set, un pass vip, con una foto, informazioni personali e piccole scritte che indicavano le noiose informazioni tipiche da pass, come per esempio il fatto che si tratta di un pass personale e che non può essere ceduto cedibile, che il detto pass poteva essere controllato in qualsiasi momento dal personale autorizzato e tante altre, noiose, informazioni.

Una porta dava su un piccolo ed essenziale bagno privato.

Ash stava attendendo le due ragzze nella sala d’attesa.

La sala d’attesa era una stanza ampia. C’erano diverse sedie tutte unite tra loro a formare una panca. Al centro della stanza un bel tavolino con poggiate sopra diverse riviste e un telecomando.

Appeso alla parete un grosso televisore a schermo piatto.

Ash, guardando le riviste, si accorse di come trattavano argomenti da lui giudicati poco interessanti, come la moda.

Prese il telecomando e accese il televisore.

Sul canale in cui era sintonizzato, stavano trasmettendo una replica delle qualifiche del giorno prima.

Ash aveva iniziato a mettersi comodo e a guardare la TV.

Una giovane donna entrò nella stanza. Aveva al collo un badge con una sua foto e dalla grafica dello stesso era intuibile che la donna si occupasse dell’organizzazione. In mano teneva una sorta di cartellina rossa, con dei fogli di carta tenuti bloccati da una pinza di metallo.

La donna, appena entrata, si rivolse al ragazzo: - Sei un accompagnatore? -

- Si!?!

Poi, sfogliando i fogli, la donna giunse alla sua conclusione.

- Ah, sei Ash Ketchum, ecco il tuo pass.

La donna consegnò al ragazzo un tesserino simile al suo e a quello di coordinatori e coordinatrici.

La sola differenza riguardava la categoria del pass.

La donna, dopo aver consegnato il pass al ragazzo, aggiunse:

- Sai, è ironico che l’allenatore più forte del mondo, il campione in carica, assista all’incoronazione di un campione del mondo.

- E… chi sarebbe questo campione?

- Lo vedi?

La donna stava indicando lo schermo della televisione che in quel momento stava dando l’onboard di Orlando Bir, pilota della scuderia ARTM.

In quel momento stava per iniziare il giro lanciato.

Mentre la donna spiegava, in TV il pilota aveva superato la linea del traguardo. E stava per affrontare una curva a gomito a destra.

- Quindi dici Bir?

- Si, lui. Sai, ha già vinto il titolo lo scorso anno, al debutto. Stupendo tutti.

- Incredibile.

- Non che voi due siate diversi eh!

La donna rimase in silenzio alcuni istanti.

-  Ah, giusto, dimenticavo di dirti una cosa.

- Cosa?

- Sai, dal momento che sei un accompagnatore, hai diritto a sederti sulla tribuna riservata.

- Tribuna riservata?

- Si, i coordinatori e i loro accompagnatori hanno diritto a sedersi in una tribuna speciale, con la visuale migliore, sul traguardo. Ti accompagnerò dopo l’esibizione. Scusa se sono indiscreta, ma posso sapere chi accompagni?

- Si, figuri! Accompagno Lucinda e Serena?

- Dici le due super coordinatrici?

- Beh... si… loro

- Bene, ci vediamo più tardi.

La donna ne ne andò.

Ash, nonostante la conversazione, non aveva staccato gli occhi dallo schermo nemmeno per un istante.

Dopo la curva, il pilota aveva affrontato un breve rettilineo, quindi una serie di cinque curve, due a destra e tre a sinistra. Aveva fatto il miglior tempo assoluto in quel settore. Circa quattro decimi meglio del tempo precedente. In seguito era passato in un breve rettilineo, quindi in un’altra curva a gomito, a destra, un altro breve rettilineo e altra curva a gomito a

 destra, quindi un lunghissimo rettilineo, un’altra curva a destra, curva nove, e altro record.

Aveva migliorato il tempo precedente di sei decimi. Ora stava affrontando un rettilineo non troppo lungo, unito a quello successivo da una lunga curva a destra.

Quest’ultimo conduceva all’ultima curva, l’undicesima, che riportava nel rettilineo principale.

Il pilota aveva terminato il giro, stampando un tempo da record.

O almeno così pareva, dato che il telecronista stava gioendo come un bambino.

Guardando negli occhi il suo Pikachu disse:

- Esulta proprio come un bambino.

Rise.

Nella stanza era arrivata tanta altra gente.

Talmente tanta da superare il numero di posti a sedere.

Nonostante questo, Ash stava continuando a guardare le qualifiche, sperando che nessuno lo riconoscesse.

Non voleva essere riconosciuto in quel momento.

Non quando non era lui a dover essere al centro dell’attenzione.

Non ci volle molto che prima venisse riconosciuto, prima da una persona, poi, a causa del chiacchiericcio, da tutti.

E diverse persone gli avevano chiesto foto e autografi. Non poteva certamente rifiutarsi.

Dopo una lunga ed estenuante sessione di foto e autografi, era riuscito ad accontentare tutti.

Erano le 10 in punto.

Tra non molto sarebbe iniziata l’esibizione.

In tutti i camerini era udibile la voce dell’annunciatrice.

- Tutti i coordinatori e le coordinatrici sono pregati di recarsi all’ingresso.

Lucinda e Serena erano pronte.

Stavano cercando nello sguardo dei loro rispettivi Pokémon quella tranquillità che avevano perso.

Nessuna aveva mai visto l’altra in abiti da esibizione.

Lucinda indossava un abito senza maniche. Abito bianco nella parte superiore e che gradualmente andava verso il blu scuro mano a mano che si andava verso la parte inferiore. Il vestito era decorato con un colletto blu scuro, una cintura di perline bianche trattenuta da un nastro blu scuro e balze bianche sull'orlo. Al colletto e alla cintura erano attaccate alcune perline bianche e altre, di colore giallo, a forma di mezzaluna, altri, più piccoli, erano a forma di stella.

Indossava dei guanti blu scuro, contornati di giallo e, ai piedi, dei tacchi blu scuro.

I capelli intrecciati e trattenuti da forcine abbinate agli accessori indossati sul colletto.

Serena, invece, indossava un abito rosso senza spalline con una fascia rosso scuro, come il nastro e marte delle balze. L’altra parte delle stesse, invece, erano arancioni.

Naturalmente, i complimenti tra le due, sui rispettivi abiti, non erano mancati.

Entrambe erano consapevoli del fatto che stava per giungere una sfida che non poteva più essere rimandata.

Di fronte all’edificio era arrivato un pullman scoperto.

- E questo?

La stessa donna che aveva consegnato il pass a Ash, spiegò:

- Solitamente un privilegio del genere è riservato ai piloti, ma per voi faremo un’eccezione.

- Per cosa?

Chiese Lucinda.

- Potrete salire qui e partecipare a una parata tutta per voi.

- Ma non c’è il palco in mezzo alla pista?

- Non ti preoccupare di quello, sali e basta.

Poi, guardando Lucinda e Serena

- Anche se voi due avrete dei posti d’onore.

I vari coordinatori salirono sul mezzo. Lucinda e Serena in quello che era stato definito “il posto d’onore”.

Che si era rivelato come una sorta di piccola piattaforma, disposta sopra la cabina di guida del mezzo, in posizione più rialzata e avanzata rispetto a tutti gli altri.

L’autista partì non appena ricevette la conferma che tutti erano a bordo.

Proseguì dritto per quella stessa strada, fino a quando la stessa non si incrociava con una delle strade di servizio dell’autodromo.

La stessa permetteva di accedere alla griglia di partenza.

Esattamente davanti al palco.

Alcuni operai stavano lavorando all’allestimento del palco, altri, invece, si stavano occupando dei droni per le riprese.

Era l’ultimo momento in cui ci si poteva rilassare prima della performance.

Se avere centinaia di migliaia di occhi puntati addosso potesse, in qualche modo, essere rilassante.

E no. Non lo era.

Aggiungeva solamente pressione, come se ce ne fosse bisogno.

Nessuno cercava di darlo a vedere agli altri. Tutti i coordinatori e le coordinatrici, salutavano il pubblico sorridendo.

Per farsi notare, qualche coordinatore aveva chiesto al proprio Pokémon di lanciare qualche attacco.

Non Lucinda e Serena.

Molto lentamente la parata terminò.

Gli organizzatori erano stati molto furbi.

Avevano pensato bene di far esibire i coordinatori base al loro livello. E, per scegliere l’ordine tra quelli dello stesso livello, l’ordine alfabetico inverso. La prima scelta era stata giustificata per fare in modo che i coordinatori meno esperti non si facessero terrorizzare dagli sguardi di quelli più esperti.

La verità era ben più cruda, volevano che il pubblico assistesse alle migliori performance in coda all’esibizione.

In poche parole Lucinda e Serena, essendo le uniche super coordinatrici si sarebbero esibite per ultime.

Le esibizioni dei meno esperti stavano giungendo al termine e quindi stava giungendo il suo momento.

Lucinda prese un bel respiro e, guardando il suo Piplup, disse:

- Tra poco sarà il nostro momento. Tutti si aspettano molto da noi, non deludiamoli.

- E se faceste qualcosa di diverso da tutti gli altri?

Tanto Lucinda quanto Serena, conoscevano quella voce.

Era la stessa donna che aveva garantito loro il posto privilegiato alla parata. - Cosa intende?

- E se voi due improvvisate una gara di lotta, invece di esibirvi una alla volta?

Le due ragazze si guardarono, cercando nello sguardo dell’altra la risposta alla domanda.

Dopotutto perché no? Non avevano nulla da perdere.

Era anche ipotizzabile che il pubblico si fosse stancato di monotone esibizioni e avrebbe voluto vedere qualcosa di diverso.

D’altra parte andava considerato che nessuna delle due aveva lavorato per quello.

Avevano avuto solo una breve, ma intensa, esperienza di lotta.

E in più, Serena stava avendo ancora i flashback del suo Pancham mandato al tappeto dalla Togekiss della rivale in un solo colpo. Dopo aver visto lo sguardo della sua futura avversaria, accettò.

Lucinda non poté che accettare a sua volta.

La presentatrice era al centro del palco. Aveva in mano un microfono.

E l’espressione di qualcuno che stava per dare un annuncio molto importante.

- Gentile pubblico.

Sono ben consapevole che voi non siete venuti qui per questo, tuttavia…

Per noi è un onore avere due ospiti speciali, due super coordinatrici, Lucinda da Duefoglie, nella lontana regione di Sinnoh, e Serena da Borgo Bozzetto!

Per l’occasione si esibiranno in una gara di lotta della durata di dieci minuti. E useranno 2 Pokémon a testa.

Per le due era giunto il momento di esibirsi. Un momento che non poteva più essere rimandato.

In ogni caso, le due erano salite sul palco. Una di fronte all’altra.

Pronte a schierare i propri Pokémon.

- Forza Togekiss, Piplup, sonoquì!

I due Pokémon della ragazza uscirono dalle rispettive Pokéball, con vari effetti di luce.

- Adesso tocca a voi! Delphox e Sylveon!

Serena non aveva schierato Pancham, dato che Lucinda aveva schierato Togekiss.

Non aveva di certo dimenticato com’erano andate le cose, solo il giorno prima.

E, inoltre, essendo un Pokémon di tipo lotta, avrebbe avuto un grosso svantaggio contro il tipo volante di Togekiss e contro gli attacchi dello stesso tipo di Piplup.

Ad ogni modo solamente tre secondi separavano quel momento dall'inizio della gara.

Tre.

Due.

Uno.

Era giunto il momento.

- Piplup, sali in groppa a Togekiss e vai di perforbecco.

Il Pokémon pinguino seguì l’ordine della sua allenatrice, salendo sulla schiena del Pokémon Festa, la quale prese il volo non appena ebbe la certezza che il suo partner fosse ben saldo.

- Vai Delphox, introforza, Sylveon preparati con Vento di fata.

L’intento della nativa di Kalos era quello di disturbare il volo del Pokémon rivale e contemporaneamente di colpirlo con un potente attacco.

- Togekiss, vola in alto, e evita la corrente.

Il Pokémon Festa iniziò a salire in verticale, allontanandosi dagli attacchi avversari.

- Molto bene, ora vai in picchiata con aeroattacco! 

Serena sorrise. Se lo aspettava. Tutto quello che saliva, prima o poi doveva scendere.

- Forza, Delphox, tieniti pronta a usare Fuocobomba, te Sylveon pronta con vento di fata.

Lucinda, a sua volta, si aspettava che la sua avversaria avrebbe contrattaccato e accennò un sorriso.

- Molto bene, Piplup, usa Idropompa!

L’attacco di Piplup, a causa della grande velocità di picchiata di Togekiss, aveva avvolto la coppia di Pokémon. 

Serena era stupita, non si sarebbe mai aspettata una combinazione del genere. 

La sua Delphox aveva iniziato a caricare il suo attacco.

Una coltre di fuoco spinta dal vento di fata di Sylveon si stava ora dirigendo contro la coppia di Pokémon.

Tutto come previsto.

La coppia aveva eliminato la coltre di fuoco, e si stava ora dirigendo a gran velocità contro la Delphox di Serena.

Senza che la sua allenatrice le dicesse nulla, Togekiss riprese quota, passando a pochissima distanza da Delphox. 

Senza che Serena potesse reagire.

- Molto bene, Delphox, Introforza, te Sylveon vai con Comete.

I due attacchi si incrociarono. Creando un effetto straordinario e facendole guadagnare punti.

- Perfetto, Togekiss! Usa Eterelama per distruggere la sua combinazione.

Le stelle e le sfere d’energia vennero distrutte, con uno spettacolare effetto di luce.

Lucinda aveva guadagnato dei punti.

Un veloce sguardo al timer, mostrava come l’esibizione fosse appena a metà.

I vari Pokémon iniziavano a dare segni di fatica. Era evidente la volontà di entrambe di voler chiudere la partita prima dello scadere del tempo.

- Bene Togekiss, usa Eterelama.

- Sylveon , usa Protezione, Delphox tu Introforza.

Eterelama aveva di nuovo distrutto le sfere di energia, ma dato che Sylveon era riuscita a proteggersi, Serena aveva perso meno punti.

Mancavano due minuti.

- Molto bene Togekiss, vai di nuovo di Aeroattacco, te Piplup, Perforbecco.

La combinazione ebbe l’effetto sperato. La coppia di Pokémon stava piombando a gran velocità sulla squadra avversaria.

Sylveon non poté proteggersi, avendolo fatto poco prima, e questo fece perdere dei punti alla sua coordinatrice.

Prima che Serena potesse reagire, Togekiss aveva già recuperato quota.

E mancava un solo minuto.

- Delphox, vai con Fuocobomba, Sylveon Comete.

L’esplosione di fuoco era stata contornata dalle comete, facendo guadagnare dei punti a Serena.

- Benissimo, Togekiss, respingi l’attacco con Forzasfera.

La sfera di energia di colore azzurro respinse al mittente l’attacco, causando grandi danni alle sue avversarie. 

Il tempo era scaduto.

- Tempo scaduto! L’incontro è stato davvero emozionante, ma la vincitrice è una sola. Lucinda!

La presentatrice, rivolgendosi alla vincitrice

- Sai, la vincitrice avrà l’onore di consegnare il trofeo al vincitore della gara. E potrà festeggiare con lui sul podio.

Quasi dimenticavo, e questo lo puoi dirlo anche a Serena. Ossia che voi due e i vostri accompagnatori sarete ospiti speciali della scuderia ARTM. E in più la scuderia vi darà un piccolo omaggio.

- Capito, grazie.

Le due, dopo essersi strette la mano ed aver salutato il pubblico, erano scese dal palco e si erano dirette alla tribuna.

Trovando, proprio accanto a Ash, due posti liberi.

- Siete state entrambe fantastiche!

- Non ti importa che non abbia vinto?

- Sono sicuro che tu hai fatto del tuo meglio. Alla fine è quello che conta, giusto?

- Sai che ti dico? Hai ragione. Non ci giocavamo nulla, dopotutto.

Intanto, rapidamente come era stato montato, il palco stava venendo smontato.

Dieci minuti dopo, il palco era sparito e, una visione familiare alle due ragazze, interruppe le chiacchiere dei tre.

- Ehi guarda, Ash, noi abbiamo fatto un giro su quello!

Lucinda indicava il pullman scoperto

- È stato davvero divertente, sai? Anche se a dire il vero noi due eravamo in una zona, per così dire... riservata

- In che senso, scusa?

La risposta arrivò dalla sua ragazza.

- Dal momento che eravamo le sole super coordinatrici, l’organizzazione aveva pensato di riservarci un posto d’onore.

- Capito.

Il pullman scoperto aveva finito il suo giro e i piloti avevano riguadagnato i box.

Non molto tempo dopo alcune auto iniziarono a girare.

Ash era assai sorpreso dalla situazione e si lasciò scappare un commento

- Perché stanno girando? La gara mica è iniziata.

- Vedi, Ash, dall’alto della mia carica di intenditore di corse automobilistiche... stanno facendo i cosiddetti giri di schieramento.

Ash era ancora più sorpreso. Quella voce era assai familiare.

- Non ci credo, Spighetto, non avevo idea del fatto che tu accompagnassi qualcuno…

- Beh si, effettivamente… ma penso sia abbastanza normale, non la conosci. Sai, è una coordinatrice ancora alle prime armi.

- Ah, ciao Spighetto, quanto tempo!

- E chi è questo ragazzo, Ash? Un tuo amico?

E non me lo presenti?

- Oh, certo, che sbadato! Serena, lui è Spighetto, uno dei capopalestra di Levantopoli, una città di Unima, è un  intenditore di Pokémon di altissimo livello, anche se credo sia intenditore di qualsiasi cosa esista.

- Oh, Ash, così mi lusinghi…

Gli rispose l’amico, leggermente imbarazzato.

- Spighetto, lei è Serena, Regina di Kalos in carica e super coordinatrice.

Il capopalestra/chef/intenditore ebbe solo il tempo di scambiare due parole con la nativa di Kalos, prima che Ash non gli facesse delle altre domande, riguardo la gara. 

- Beh, comunque prima non mi hai dato una delle tue solite risposte da intenditore. Mi è sembrato che mancasse qualcosa.

- Vero. Non ho spiegato il perché. E non esiste cosa peggiore per un intenditore che interrompere una delle sue spiegazioni.

In poche parole fanno questi giri principalmente per assicurarsi che le auto funzionino al meglio e per raccogliere le ultime informazioni sulle condizioni del tracciato, in secondo luogo, lo fanno per posizionarsi sulla griglia di partenza.

- Ho capito, sei stato chiarissimo come sempre.

Dopo un quarto d’ora la griglia di partenza era completa. Tutte le auto erano perfettamente posizionate, anche se non erano ancora pronte a partire.

I piloti erano fuori dalle loro auto.

Questa volta a essere incuriosita dalla situazione era Lucinda

- Scusa, Spighetto, ma cosa stanno facendo?

Perché non partono?

- Vedi, la partenza di una gara è come la preparazione di un piatto raffinato…

Ash, cercò di trattenere le risate.

- Eccolo che parte con le metafore culinarie!

Spighetto lo ignorò e continuò la sua spiegazione

- E, come tale, ha dei passaggi che non possono essere saltati o compiuti frettolosamente. Tra poco ci sarà l’inno.

Una volta terminato, i piloti saliranno nelle loro auto e sistemeranno il loro equipaggiamento.

In seguito, ci sarà l’esibizione della pattuglia acrobatica.

Poi il giro di formazione e solo dopo la fine di quest’ultimo e il riposizionamento di tutte le auto, ci sarà la partenza vera e propria. Ti conosco, Ash, so che stai per fare questa domanda, per cui ti rispondo in anticipo.

La tradizione vuole che i piloti di casa, durante l’inno, stiano qualche passo avanti rispetto agli “ospiti”.

- E io che pensavo che le gare Pokémon fossero complicate! Questi ci battono alla grande!

Commentò Lucinda, abbastanza confusa.

Intanto, esattamente davanti a loro, un ragazzo stava suonando un pianoforte e una ragazza, vestita in abiti eleganti, stava intonando l’inno di Kalos. Aveva davvero un grande talento.

Dopo la fine dell’inno, il pianoforte era stato spostato e i piloti raggiunsero le loro auto, per poi salirvi a bordo.

Cinque minuti dopo, un grandissimo boato spaventò tutti.

Ash, Lucinda, Serena e Spighetto, avendo idea di quale fosse la causa, alzarono gli occhi al cielo.

Otto aerei della pattuglia acrobatica stavano sorvolando l’autodromo.

Ognuno di loro aveva una livrea che ricordava un Pokémon di tipo volante. in particolare Pidgeot, Togekiss, Swellow, Staraptor, Braviary, Talonflame, Hawlucha, e Corviknight. 

Gli aerei, a coppie, emettevano scie colorate, per ricreare la bandiera di Kalos. Turchese, rosso, nero, fuxia.

Dopo il boato degli aerei, ve ne fu un altro, più contenuto.

Il rombo dei motori delle auto.

Ora libere dai meccanici che sino a poco prima le celavano in parte alla vista.

Finalmente era il momento del giro di formazione.

Le ARTM avevano monopolizzato la prima fila, ma anche se non l'avessero fatto, sarebbero state comunque molto facili da riconoscere. E non solo per il loro colore, un rosso brillante, ma anche per le loro forme. 

Volendo fare un paragone era come se le due rosse fossero due Togekiss in uno stormo di Staraptor.

Dove tutti proponevano linee taglienti e squadrate, che sembrava potessero farti male a toccarle, le ARTM proponevano linee morbide e armoniose.

- A quanto pare sono partiti tutti! Benissimo!

Spighetto commentò l’appena avvenuto giro di formazione.

- E se non fossero partiti bene?

Gli chese un Ash, piuttosto curioso.

- Avrebbero dovuto fare un altro giro di formazione e accorciare la gara di un giro. Sono stupito. Non mi hai chiesto a cosa

serve il giro di formazione.

- Se proprio insisti…

- Oh, bene! Il giro di formazione serve ad assicurarsi, per un’ultima volta, che tutto funzioni al meglio, ma non solo.

I piloti, durante il giro, si assicurano di scaldare gomme e freni. Gomme e freni freddi possono causare pericolosi incidenti, soprattutto al primo giro.

Intanto il giro di formazione stava giungendo al termine.

Il poleman era visibile mentre stava affrontando l’ultima curva.

Non molto staccati, tutti gli altri.

Poco tempo dopo la griglia era al completo. Tutti erano perfettamente schierati. I cinque semafori rossi accesi. La tensione era palpabile.

Alla partenza era andato tutto abbastanza bene. Nessun contatto.

Il poleman, Orlando Bir era partito benissimo, non altrettanto il suo compagno di squadra, Alberto Tops.

Alla partenza, infatti, aveva perso due posizioni.

Nulla di grave, avrebbe potuto recuperare, aveva il ritmo per farlo.

Ad avere il ritmo per fuggire era Bir.

E lo avrebbe potuto fare se non fosse stato per un contatto, alla terza curva, tra Manne e Gazze.

Non un botto violentissimo, ma abbastanza spaventoso da far sprammare Serena.

Forse il vederlo dal maxi schermo lo aveva reso peggiore di quello che era.

- Non ti preoccupare.

La rassicurò Spighetto.

- Non si sono fatti nulla.

- E come fai a saperlo?

Gli chiese Serena, ancora molto spaventata.

- Sono in delle botti di ferro. Sarebbe più corretto dire “botti di avanzati materiali sintetici", ma non suona altrettanto bene.

Queste auto sono progettate per resistere a incidenti ben peggiori.

- Se lo dici tu.

Intanto era uscita la vettura di sicurezza. In casi come quello, la neutralizzazione della gara era evento di routine.

Evento di routine o meno, l’evento scatenò la curiosità di Ash.

- Ma perché sta girando una macchina normale?

- Quella è l’auto di sicurezza.

Serve a rallentare le auto in corsa per rendere più sicuro il lavoro dei commissari.

Viene impiegata anche quando le condizioni del tracciato non sono sicure, per esempio in caso di forti piogge.

- Interessante.

I giri proseguivano.

La vettura di sicurezza era rientrata al box dopo aver percorso sette giri.

La ripartenza di Bir era stata davvero buona, tant’è che, per un attimo pensò di aver fatto il grosso del lavoro.

Per sua sfortuna, le cose andarono diversamente.

Rolf Noso, dietro di lui aveva cercato di sorpassarlo, osando troppo.

Era finito in testacoda e aveva fatto finire il poleman contro le protezioni.

Mentre la regia stava trasmettendo dei replay dell’incidente, Orlando cercava di tirare fuori l’auto dalle barriere.

Al secondo o terzo replay avevano anche trasmesso la comunicazione radio tra il pilota e il team.

Naturalmente prima della messa in onda, era stata censurata.

 Un’infinita serie di bip. Trasposta come un’infinita serie di asterischi.

Senza che venisse mostrato in diretta, il pilota era riuscito a uscire e, per fortuna, l'unico danno alla sua auto era l’ala anteriore, che penzolava.

Nonostante l’ala rotta, era riuscito a riguadagnare i box.

La regia aveva smesso di trasmettere replay e aveva ripreso a mostrare la gara.

Ora Bir era in ultima posizione. Al box avevano cambiato l’ala anteriore e montato quattro gomme nuove, della stessa mescola delle precedenti.

Così era stato ordinato dallo stratega.

Non un uomo, non una donna, ma un Pokémon.

Un Metagross shiny.

La rimonta di Orlando sarebbe stata lunga e difficile, ma non si sarebbe arreso senza combattere.

Sotto gli occhi stupiti del pubblico lì presente e del pubblico che seguiva la gara da casa, il ragazzo iniziò a inanellare una furibonda serie di giri veloci, in questo modo aveva recuperato il vantaggio sul penultimo e, poco dopo, l’aveva sorpassato.

Ora era diciottesimo.

Noso era stato squalificato per il gesto, considerato all'unanimità dai commissari della federazione come antisportivo.

La gara era proseguita regolarmente, senza interruzioni o altro.

Tanti altri sorpassi, due cambi gomme perfettamente azzeccati per avere un vantaggio su due piloti particolarmente difficili da superare senza delle gomme fresche, e tanti, tantissimi sorpassi.

Era l’ultimo giro. Bir aveva rimontato fino alla seconda posizione.

Davanti a lui solo il suo compagno di squadra.

Poteva benissimo accontentarsi e chiudere la gara secondo.

Avrebbe comunque vinto il titolo.

Lui, però non si sarebbe accontentato di terminare secondo.

E così affondò un attacco sul compagno di squadra nel suo stile, aggressivo ma corretto.

Poche curve e avrebbe vinto.

Passò sotto il traguardo e, il vedere la bandiera a scacchi, sventolata dalla campionessa Diantha,  gli parve come un miracolo. Avrebbe dovuto completare il giro d’onore, fare qualche donut per il pubblico, e, infine, dirigersi al parco chiuso.

Dopo aver torturato le gomme posteriori, il ragazzo giunse al parco chiuso, dove fermò la sua auto, proprio davanti a una sorta di grosso segnaposto con il numero 1.

Il ragazzo venne inquadrato da delle telecamere, mentre usciva dalla sua auto.

Alla sua sinistra il compagno di squadra, arrivato secondo, a destra con il numero 3 Lito Mili.

Le telecamere indugiarono sul vincitore.

Un ragazzo di altezza media, capelli e occhi castano scuro. E fisico da pilota professionista. Era visibilmente stremato.

Aveva ancora le lacrime agli occhi.

Ash e le due ragazze avevano raggiunto la zona di fronte al podio mentre venivano intervistati il secondo e il terzo classificato, potendo ascoltare solo l’intervista del primo.

Appena venne riconosciuta, Lucinda venne presa in disparte da una donna, la stessa che le aveva dato l’incarico di 

consegnare il trofeo al vincitore.

Intanto la giornalista stava intervistando Bir.

- Oggi sei davvero stato una furia…

- Si, forse ho esagerato con le parole, ma sai, quando si comportano in quel modo…

- No, dicevo per la tua rimonta

- Capisco. Diciamo che in situazioni disperate come quelle non hai molte scelte. O alzi bandiera bianca, oppure dai il meglio, costi quel che costi.

- Molto bene. Com’è stato quando hai sorpassato il tuo compagno di squadra?

Vi eravate preparati la cosa o è stato improvvisato?

- Diciamo che nessuno gli ha detto “levati di torno, che dietro hai Tizio” un gesto del genere non sarebbe stato sportivo e il pubblico non avrebbe avuto una buona opinione di noi.

Chiaro è che… se fosse stato qualcun altro

A tutti era chiaro il motivo per cui si era particolarmente soffermato su “qualcun altro”.

- Non avrei mai tentato qualcosa di simile. Si tratta di una questione di fiducia. Come per le strategie di gara che mi hanno portato fino a lì, anzi soprattutto grazie alla strategia.

- Hai dato gran parte del merito è dovuto alla strategia, qual è il vostro segreto?

- Non abbiamo segreti, come tutti seguiamo il regolamento, che in questo aspetto è molto severo e ci affidiamo alla sua grandissima capacità di elaborare i dati e fornire, in poco tempo, le migliori risposte.

- Va bene, ora vai, ti aspettano sul podio.

Era il momento.

Era sul podio. Davanti a lui una folla immensa. Molti spettatori erano scesi dagli spalti ed erano arrivati davanti al podio.

Il podio era abbastanza normale, era sopraelevato, e dietro era presente una grafica con i numerosi sponsor che avevano finanziato l’evento.

Il gradino del primo classificato era molto più grande degli altri.

Lucinda era vestita ancora come durante l’esibizione. Non aveva avuto il tempo di cambiarsi.

Ed era giunto il momento di consegnare il trofeo al primo classificato.

Tremava come una foglia. Dopotutto si trovava ad adempiere un compito che mai prima d’ora aveva fatto.

Svolgere un ruolo di rappresentanza.

Si, una volta aveva sostituito una principessa, per permetterle di partecipare una gara.

La quale, per gratitudine, le aveva regalato la sua Togekiss.

Ma qui era diverso. Temeva di fare una brutta figura. Magari di scivolare, o magari uno dei suoi tacchi si incastrasse da qualche parte, facendole perdere l’equilibrio…

Ma ormai era il momento.

Aveva in mano l’ingombrante, ma leggera, coppa del primo classificato.

Era davanti a lui.

Sorrise. Gli consegnò la coppa e gli strinse la mano. Stava facendo per andarsene.

- Ehi, dove vai?

- Io?

- Chi, altrimenti? Non te lo hanno detto? Immagino che tu sia la prima classificata all'esibizione? Giusto? E allora devi festeggiare con noi. Quando ci daranno l’ok prendi quella bottiglia di spumante e spruzza come ti pare.

Alla fine si era divertita a festeggiare sul podio. Era completamente inzuppata di spumante.

Per un attimo aveva avuto dei ricordi di quando era una bambina e giocava a fare i gavettoni.

Non era sola. Orlando aveva deciso di accompagnarla dai suoi amici. Dopo aver notato, nel suo sguardo una sorta di senso di smarrimento.

- Devo ammettere che mi sono divertita.

Avevo paura che qualcuno mi giudicasse, mi ritenesse fuori luogo… ma niente di tutto questo.

Lucinda aveva posato lo sguardo sul suo vestito e la sua espressione si fece triste. Aveva notato come lo stesso fosse irrimediabilmente rovinato.

- Non ti preoccupare per il vestito. Te ne compro uno nuovo. Promesso.

- Gentile da parte tua.

Ma… sai dove sono Ash e Serena? Mi stai portando da tutt’altra parte rispetto a dove sono passata prima.

- Non ti preoccupare di loro. Ci stanno aspettando.

Non molto tempo dopo erano tutti nel hospitality della scuderia.

Chiusa al pubblico per permettere alla squadra di festeggiare privatamente.

Ash, Lucinda e Serena erano i soli a non appartenere alla squadra, ma erano comunque ospiti, per cui erano abbastanza a loro agio.

Poco prima della festa, Orlando aveva donato a Lucinda e Serena quanto promesso. Due teche trasparenti. Una conteneva il suo casco. O meglio uno dei caschi che aveva usato quel week end. La calotta era bianca e la decorazione erano diverse strisce colorate. Una verde, una gialla, una blu, una rossa, una fuxia, una viola. Su ognuna un particolare oggetto stilizzato. Su quella verde un computer, su quella gialla una katana, su quella blu una sciabola, su quella rossa un ventaglio con motivi floreali, su quella fuxia un’ala e, su quella viola un’impronta felina.

Dentro l’altra teca un volante, anche se chiamarlo semplicemente volante, non rendeva giustizia al grande numero di comandi presenti su esso e al grande schermo che si trovava al centro dello stesso. Era più simile a un computer che a un volante. 

Orlando aveva chiamato Lucinda da parte.

L’aveva accompagnata in una stanza separata. Una stanza praticamente vuota, tranne per un divanetto e un televisore.

Sul piccolo divano due scatole di rinomate boutique di Kalos.

Orlando prese una delle due confezioni e la porse a Lucinda.

- Su, apri, non fare storie.

La ragazza, leggermente intimidita aprì la scatola. Conteneva un vestito esattamente identico al suo. In ogni minimo particolare.

- Ma non dovevi!

- Io mantengo sempre le promesse.

- E poi dove lo hai trovato? Non eri impegnato tutto il tempo per la gara?

- Si, io, ma non una mia… assistente.

Quando abbiamo saputo che la vincitrice dell’esibizione avrebbe festeggiato sul podio, lei mi ha spiegato che ci sarebbe potuto essere questo inconveniente. Per questo mi ha suggerito di fare così.

- Ho capito. Grazie ancora.

- Scusa se te lo chiedo, ma potresti farmi un piccolissimo piacere?

- Dimmi.

- Mi chiameresti Ash un secondo?

- Ok!

Lucinda si era allontanata e Orlando aveva approfittato del breve momento di solitudine per fare una telefonata alla sua assistente.

Rispose dopo qualche squillo.

- Pronto?

- Ah, sei tu! Complimenti per la gara e per il titolo!

- Grazie! Davvero.

Scusa se te lo chiedo, ma potresti fare una piccola commissione?

Andresti nello stesso negozio dove hai preso quell’abito famoso e ne prenderesti uno simile a quello rosso che hai preso?

Di colore diverso, però. L’altro poi lo restituisci e con ti compri quello che desideri ok?

- Ok, ma cosa ne devo fare di quello?

- Poi ti mando l’indirizzo dove farlo arrivare e la destinataria, ok?

- Ok!

- Ci vediamo!

Grazie ancora!

- Di nulla.

Intanto Ash era arrivato, proprio insieme a Lucinda. Con una piccola scusa era riuscito a lasciare sola la sua ragazza.

- Domani a Serena arriverà un pacco con un bel regalo. Lo hai fatto tu, Ok?

Quel tono non ammetteva repliche di alcun tipo.

- OK.

- Però ora andiamo o le ragazze inizieranno a farsi delle domande.

Dall’altra parte del mondo, un potentissimo e influente malavitoso si stava godendo la sua enorme fortuna nel suo ufficio.

Nonostante fossero passati molti anni, non si era ancora abituato del tutto alla sua condizione sociale.

Il malavitoso aveva origini umili, umilissime.

Non lo aveva dimenticato, nonostante ora vivesse nel più totale agio.

Certo, non aveva guadagnato tutti quei soldi in maniera onesta, ma a lui non importava.

Ora poteva fare tutto quello che da piccolo non si poteva permettere.

Era l’ultimo nato di una famiglia numerosissima, aveva quattro sorelle e cinque fratelli.

Quando era nato, le due sorelle più grandi, che avevano venti e diciotto anni, si erano già sposate. Un bene per i suoi genitori, dato che erano due bocche da sfamare in meno. Lui, come i fratelli maggiori, prima di lui, avrebbe intrapreso la carriera militare. Così avrebbe avuto la possibilità di una vita dignitosa.

Ma lui, sin da piccolo non si accontentava di qualcosa di a malapena “dignitoso”. Era un tipo che sognava in grande. E quando si presentò quell’occasione…

- Signor Graziano, sono arrivati.

Quella voce che interruppe i suoi pensieri la conosceva benissimo.

Era la voce di Samuela, la sua fidata segretaria.

E sapeva anche chi erano le persone che “erano arrivate”.

Sapeva che erano arrivati da molto tempo.,Diversi anni prima, aveva chiesto alla sua segretaria di far aspettare i suoi ospiti. A lungo. Molto a lungo. Più gli ospiti erano importanti, più avrebbero dovuto aspettare. L’ufficio del Boss era enorme, luminoso e arredato con gusto. L’uomo era seduto a scrivania realizzata in legno pregiato e decorata a mano da un famoso artigiano. Di certo quest’ultima non sfigurava in una stanza dove il pavimento era un costosissimo parquet.

E lo stesso si può dire rispetto ai costosissimi quadri, appesi alle pareti. O anche delle rare piante presenti nell’ufficio.

I suoi ospiti avevano superato la “prova”. La snervante attesa dei due, era terminata.

I due erano seduti nei gradoni di una pista da corsa per Pokémon. Prima di discutere dei veri affari avevano scommesso su una corsa di Rapidash. Un modo di fare insolito, per Graziano. Per lui era un metodo come un altro per decidere come spartirsi i guadagni di un affare. In poche parole il padrone del vincitore si sarebbe preso la metà dei guadagni. Il secondo il trentacinque per cento e l’ultimo il quindici.

In questo caso, invece, il suo padrone avrebbe vinto cinquecento milioni.

Uno degli inservienti di Graziano si era occupato di sistemare la sua Rapidash ai blocchi di partenza, gli inservienti degli altri due fecero altrettanto. La corsa sarebbe durata tre giri. Il loro padroni avrebbero assistito dagli spalti.

Pur provenendo da parti del mondo totalmente differenti, i tre uomini non erano poi così diversi.

Erano vestiti in costosi abiti dai colori improponibili, avevano le dita delle mani ricolme di anelli d’oro e avevano ottenuto la loro fortuna sfruttando i più deboli.

Il primo giro era terminato. E la Rapidash shiny di Graziano era dietro e faticava a tenere il ritmo. Se fosse finita così, avrebbe perso duecentocinquanta milioni. Certo, per nessuno dei tre sarebbe stato un bagno di sangue, ma lui preferiva guadagnare piuttosto che perdere e, per farlo, non si faceva scrupoli.

Un bagno di sangue…

Pensò.

Il solo modo che ho per evitare di perdere.

Estrasse dalla tasca della sua giacca verde smeraldo una pistola.

Era realizzata in metallo lucido.

Rifletteva in modo accecante la luce del Sole.

I due uomini accanto a lui, non si accorsero di nulla. Erano troppo occupati a esultare per i loro Pokémon che si stavano giocando la vittoria.

I due uomini si accorsero delle sue intenzioni solo quando era troppo tardi.

I due colpi erano partiti e andati a segno.

I cadaveri dei loro Pokémon giacevano in mezzo alla pista in una grossa pozza di sangue. Le fiamme spente. La Rapidash di Graziano passò sui cadaveri senza problemi.

Era abituata.

Il suo padrone faceva sempre così, appena si rendeva conto di essere fuori dai giochi per la vittoria.

Graziano, con ancora in mano la pistola fumante, si rivolse ai due ospiti

- Direi che è chiaro. Prendo tutto io.

Era armato. Non potevano contraddirlo.

A dire il vero a Graziano di quei soldi non importava più di tanto.

Certo, erano sempre soldi, ma, da qualche tempo, la sua concentrazione era rivolta ad altro.

A qualcosa che aveva iniziato oltre dieci anni prima e che non aveva mai potuto portare a termine.

Sarebbe potuto essere il suo più grosso colpo. Anzi, il colpo del secolo, invece si era rivelato un salasso.

Era riuscito a rifarsi delle grandissime perdite subite e quindi non era un problema di soldi.

Tutto era iniziato qualche settimana prima. Al suo indirizzo era stato recapitato un pacco.

Come qualsiasi malavitoso che si rispetti, Graziano era consapevole che poteva trattarsi di un pacco bomba.

Per questo motivo erano sempre i suoi inservienti ad aprire i suoi pacchi.

Se anche un suo inserviente fosse morto… avrebbe fatto sciogliere il cadavere nell’acido e fatto sparire ogni prova. 

Era successo già una decina di volte, ma per sua fortuna, ne aveva sempre una buona scorta. Tanto di acido quanto di inservienti.

Il pacco non aveva l’indirizzo del mittente. Ed era molto anonimo. Una semplice scatola di cartone nastrata.

Una volta aperto, non svelò immediatamente il suo contenuto, protetto da una grande quantità di imballaggio.

Il contenuto doveva essere molto prezioso.

Il suo inserviente gli aveva porto il contenuto del pacco, descrivendolo come una Pokéball rosso scuro.

Ma per Graziano non era una semplice Pokéball di colore diverso.

Era il simbolo del suo più grande fallimento.

Tutto era cominciato circa vent’anni prima.

La sua carriera militare era ancora in pieno svolgimento e, grazie al duro lavoro, ma soprattutto a qualche spintarella, aveva ottenuto una delle occupazioni più ambite.

Era una delle guardie che si occupavano di proteggere tutti i materiali del progetto da cui quella strana Pokéball proveniva.

Ricordava perfettamente tutto, a distanza di molti anni.

Per anni aveva svolto il suo lavoro regolarmente, per guadagnarsi la fiducia di tutti, ma segretamente stava tramando qualcosa.

Dopotutto doveva ripagare il debito verso chi lo aveva fatto arrivare fin lì.

Era consapevole dei grossi rischi che avrebbe potuto correre.

Ma non poteva di sicuro tirarsi indietro, le conseguenze, qualora venisse scoperto, sarebbero state meno gravi di quelle che avrebbe subito, qualora non fosse stato in grado di pagare il suo debito.

Dopo una lunga attesa, ebbe la sua occasione.

Se fosse riuscito a trafugare i progetti a cui tutte quelle menti geniali stavano lavorando…

Avrebbe potuto darli ai suoi superiori e...

Cosa se ne sarebbero fatti?

Non avrebbero potuto sfruttare quelle ricerche in alcun modo.

Per i suoi superiori quelli erano dei semplicissimi fogli di carta con delle scritte e dei disegni incomprensibili.

I suoi superiori avevano i soldi, ma non la testa.

Sapeva che per poter far fruttare quei progetti serviva almeno una di quelle menti geniali.

E, tra tutte le persone presenti, la candidata ideale era lei.

La moglie di Sebastian.

Graziano sapeva benissimo che la donna stava passando un momento di debolezza.

Per molto tempo era stata lontana dal marito e dalla figlia. Lui sapeva che la donna, pur di rivederli, avrebbe fatto di tutto.

Per Graziano non ci volle molto a convincerla.

Prima avrebbe lavorato per lui, poi avrebbe potuto rivederli.

Con questa promessa, la donna accettò.

La fuga fu difficile. Graziano aveva dovuto corrompere una delle guardie che sorvegliavano gli ingressi.

Quest’ultima, proprio la notte in cui sarebbero dovuti fuggire, non era lì presente.

Era a letto. Con la febbre alta.

Nonostante l’inconveniente, il piano non poteva essere rimandato.

O le altre guardie si sarebbero accorte dei documenti trafugati.

Nonostante questo inciampo, la fuga riuscì.

Per qualche anno era riuscito a convincere la donna a lavorare per lui, sempre con la promessa che le avrebbe permesso di ricongiungersi con la sua famiglia.

Dopo quattro anni la donna aveva iniziato a perdere la pazienza.

Graziano non aveva ancora dimenticato la sua sfuriata.

Capendo che avrebbe potuto rimetterci la vita, dovette inventarsi qualcosa.

Non poteva più fingere.

Non le avrebbe mai permesso di ricongiungersi con la sua famiglia.

Ma, al contempo, doveva tenere viva la sua speranza.

Alla fine era riuscito a salvarsi dicendole che, entro qualche settimana avrebbe ricevuto una prova inconfutabile sul fatto che tanto suo marito quanto sua figlia fossero in vita.

Tre settimane dopo, la donna ricevette un pacco. Il mittente, all’apparenza, era suo marito.

Dentro il pacco si trovava una lettera, apparentemente scritta da lui.

Raccontava di come si sentisse solo senza di lei e di come sua figlia, ogni giorno gli faceva sempre la stessa domanda “Quando torna la mamma?”

Raccontava anche di come stesse cercando di far vivere a sua figlia la una vita il più normale possibile.

Ad accompagnare la lettera un bracciale in metallo.

Era davvero stupendo.

Un biglietto la invitava a indossarlo.

Diceva anche che l’avrebbe aiutata a sentire più vicina a sé la sua famiglia.

Graziano, vedendo la donna indossare il bracciale, sorrise.

Il suo piano aveva funzionato alla perfezione.

Indossando il bracciale, la donna non si accorse di nulla.

Anzi, era felice.

Raccontava di come sentisse davvero la sensazione di avere vicino a sé la sua famiglia e di come iniziasse a non sentire più il bisogno di unirsi a loro.

Graziano, nel corso degli anni, era riuscito a scalare le gerarchie e ora era lui il capo.

Una decina di anni prima, ricevette una soffiata.

Sebastian si era trasferito a Ferropoli. E aveva iniziato una carriera come professore.

Nulla di interessante, apparentemente, almeno fino a quando l’uomo non scoprì che Sebastian collaborava ancora con quella Suzanne, la donna che lo aveva aiutato a fuggire.

E grazie a una sua talpa scoprì le loro intenzioni.

Aveva mandato uno dei suoi sottoposti in avanscoperta.

Avrebbe dovuto fingersi interessato al loro progetto e dar loro tutti i soldi necessari. Un affare che se fosse andato per il meglio, si sarebbe potuto ricoprire d’oro.

Il suo sottoposto, ogni settimana, gli mandava dei dettagliati rapporti sui lavori e su quanto tempo ci sarebbe voluto per concludere l’opera e sbarazzarsi dei due.

A un certo punto questi rapporti smisero di arrivare. Causando l’ira dell’uomo.

E, scatenando, nei pensieri del malavitoso l’idea il suo sottoposto l’avesse tradito.

Ricordava ancora l’ultimo rapporto ricevuto. Quest’ultimo riguardava l’acquisto e la ristrutturazione parziale di un edificio abbandonato. A quei tempi presentarsi di persona o far arrivare qualcun altro dei suoi, avrebbe solamente attirato troppo l’attenzione, il suo pensiero poteva essere condensato nella fase “ovunque si trovino quei materiali, sono roba mia”.




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Capitolo 2
*** Pericolose rivelazioni ***


Pericolose rivelazioni



Nonostante l’esibizione e la gara fosse finita, Ash, la sua ragazza e l’amica, erano rimasti a Ferropoli.

Erano seduti su una panchina, nel cortile di un Centro Pokémon. Era la mattina di una tipica giornata estiva e ben presto ci sarebbe stato troppo caldo per stare fuori. 

Ash era riuscito a tenere la bocca cucita sul contenuto delle visioni che aveva avuto, almeno fino al giorno dell’esibizione, si era promesso di non parlarne perché non voleva mettere pressione alle ragazze.

Alla fine non aveva resistito alla pressione e aveva deciso di raccontare tutto.

Aveva appena raccontato della storia di Sebastian, di sua moglie, della fuga dell’uomo con la figlia e di come Sebastian avesse fatto di tutto per rendere la vita con sua figlia più normale possibile. Aveva raccontato a Lucinda di come quelle visioni fossero opera di Darkrai, ma che, nonostante la cattiva fama dello stesso, avesse deciso di fidarsi.

Le due ragazze rimasero di stucco.

- Deve essere stato difficile tutto per te per tutti questi giorni. Ma ti ringrazio. Sarebbe stato difficile esibirmi con in testa il pensiero della sofferenza di quelle povere persone.

Commentò Serena, in tono comprensivo.

- Sapete? Non vi ho raccontato la cosa forse più importante di tutte.

Aggiunse Bunz.

- Cosa?

Lucinda era impressionata dal racconto. Si chiedeva cosa potesse esserci di più.

- Il motivo per cui vi ho chiesto di restare. Non vi voglio tenere sulle spine.

Quando vi stavo accompagnando all’esibizione, quando eravamo a bordo della navetta, non so se ricordate, ero seduto accanto al finestrino. Nella periferia di Ferropoli ho visto una casa del tutto identica a quella che mi è apparsa nel sogno.

- E? - Gli chiesero, contemporaneamente, le due ragazze.

- Ho pensato che quella casa fosse proprio quella che mi è apparsa nei sogni. Certo, non ho alcun tipo di prova per dimostrarlo, ma ho avuto come un presentimento.

Il commento di Lucinda non si fece attendere.

-Quindi tu vorresti visitare una casa abbandonata da chissà quanti anni, abitata da chissà chi perché l’hai vista in un sogno? Non cambi mai, Ash! E poi è lontana da qui. Ci metteremo ore ad arrivare a piedi.

- Allora cosa aspetti! Incamminiamoci! Vuoi che non ci sia un Centro Pokémon lì vicino dove potremo passare la notte?

Anche il Pikachu del ragazzo era d’accordo. Nei loro viaggi si erano divertiti a visitare case abbandonate. Va detto che in alcuni casi non si erano divertiti, ma si erano spaventati a morte. L’esempio più lampante era la casa posseduta da dei Litwick a Unima.

Dopo una lunga camminata, i tre erano giunti in un piccolo centro Pokémon.

Quella zona della città non era molto visitata dai turisti, era piuttosto una zona residenziale. Per questo le stanze del Centro Pokémon erano tutte libere.

Le ragazze si resero conto del fatto che, una volta tanto, Ash avesse ragione. Per arrivare a quel centro PK erano passati proprio accanto alla villetta, almeno stando alle parole di Bunz.

Dopo aver prenotato le stanze, i tre cercarono di uscire, ma prima che potessero faro, vennero colti di sorpresa da un ragazzo biondo, magro e non molto alto.

Aveva il fiatone, come se avesse corso una maratona.

- Scusate! Presto! Si tratta di un’emergenza!

L’infermiera Joy, con la sua tipica gentilezza, chiese al ragazzo:

- Dimmi, cos’è successo?

Il ragazzo, mentre tentava di riprendersi, rispose.

- Il mio… il mio... Talonflame è stato ferito gravemente!

L’infermiera, con fare preoccupato chiese

- Dimmi… ha lottato contro qualche altro Pokémon selvatico, il Pokémon di qualche allenatore o…

- Nulla di tutto questo!. Gli ho chiesto di sorvolare un edificio abbandonato ed è tornato con delle brutte ferite.

L’infermiera prese la Pokéball del ragazzo e si spostò nella stanza dedicata ai controlli.

Il ragazzo, per riprendere fiato, si era seduto a in uno dei divanetti messi a disposizione per gli allenatori.

Aveva fatto una lunga corsa, per salvare il suo Pokémon e doveva riprendersi dallo sforzo.

Questo evento, nonostante per un Centro Pokémon fosse la norma, cambiò i piani dei tre.

- Aspetta un secondo.

Serena fermò Ash, ancora intenzionato a uscire, tirandolo per la spalla opposta a quella su cui era accomodato Pikachu.

- Quel ragazzo l’ho già visto.

- Dove?

- Non ricordi quando la mia Sylveon aveva lottato contro il Typhlosion di Lucinda? Aveva fatto da arbitro.

- Dici?

- La tua memoria inizia a perdere colpi!

Lucinda ridacchiò, mentre lo diceva.

- E se anche fosse?

- Non lo hai sentito? Il suo Pokémon è stato attaccato da qualcosa di non ben definito. Tutto questo quando gli aveva chiesto di sorvolare un edificio abbandonato.

Non trovi che sia strano? Chiediamogli se sa dirci qualcosa di più. Non dimenticare che uno dei ruoli dei campioni è quello di aiutare chi è in difficoltà.

- Se proprio insisti…

Bunz e le ragazze si sedettero accanto al ragazzo.

Lucinda, rivolgendosi al ragazzo e cercando di adottare un tono quanto più gentile possibile, gli chiese

- Ti ricordi di noi? Hai arbitrato la lotta…

Non fece in tempo a finire la frase, che il ragazzo rispose

- Si, ricordo benissimo. Quello che non capisco è cos’altro vogliate da me.Vi ho arbitrato la lotta, e quindi? E vi ricordo che l’ho fatto solo perché Serena è la Regina di Kalos. 

- Forse non avremmo dovuto origliare, ma abbiamo saputo che il tuo Pokémon è stato ferito da qualcosa che non hai saputo definire…

- E quindi? Cosa dovrebbe interessarvi?

- Cercano di aiutarti e rispondi così?

- Non ho chiesto il vostro aiuto.

- Ti dovevamo un favore.

- Se proprio insisti…

Il ragazzo si sentì costretto ad accettare, voleva vederci chiaro, e se quei tre erano intenzionati ad aiutarlo, tanto meglio.

- Vedete, sono un appassionato di luoghi abbandonati e, su tutti gli edifici della città, quello che mi ha più intrigato di tutti è una fabbrica abbandonata. Si trova su di un isolotto in mezzo al fiume.

Volevo visitarla, ma mi sono accorto di come fosse impossibile da raggiungere, poco importava se via terra o via fiume, così ho chiesto al mio Talonflame di sorvolarla. 

Bunz immaginò il PK Ardifiamma, di cui ne possedeva un esemplare, catturato durante il suo primo viaggio a Kalos, sorvolare i cieli di quella città ed imbattersi in un enorme edificio abbandonato.

Il ragazzo lo immaginava come un capannone prefabbricato in cemento. Immaginava l’edificio su di un isola nel mezzo del fiume. L’edificio era in totale stato di abbandono, ma immaginava che al suo interno si trovassero ancora tutti i macchinari, che come Pokémon abbandonati che, a distanza di anni, attendono il loro allenatore, come il suo Gengar o, quello che un tempo era un Charmander, ma che ormai era diventato un potentissimo Charizard… 

- Il risultato è stato che Talonflame è stato attaccato da qualcosa.

Continuò il ragazzo.

- Interessante. Scusa se sono indiscreta, ma… sai dirci qualcosa di più su quella fabbrica?

Gli chiese Lucinda.

- Non molto. Era una fabbrica di auto. Una quindicina di anni fa l’azienda ha deciso di chiuderla, per trasferire la produzione da qualche altra parte. Sinceramente mi chiedo come mai, a distanza di così tanti anni, non sia stata ancora demolita. E dopo che Talonflame è stato attaccato, sono ancora più curioso di sapere se questo edificio nasconde qualche segreto.

- Sarà.

- Farò delle ricerche più approfondite su quella fabbrica, dovessi trovare qualcosa di interessante, vi avviso.

Fuori, il cielo soleggiato stava lasciando spazio a una coltre di nubi.

La pioggia non era certamente quel che ci voleva.

Avrebbero dovuto rimandare la visita a quella casa.

La notte, a parte qualche spavento causato dai tuoni e dai fulmini, era passata tranquilla. E, come la notte precedente, Darkrai non aveva mostrato nulla di nuovo ad Ash.

Era ora di colazione.

E loro quattro erano i soli nella zona dedicata.

- Bene, ragazzi, stanotte ho fatto delle ricerche più approfondite su quella fabbrica.

Esordì il ragazzo.

- Ho scoperto qualcosa di molto interessante.

- Su, non tenerci sulle spine.

- Ash, calmati! Lascialo finire.

- Dicevo… La fabbrica non è stata demolita perché è stata comprata da un certo Gualtiero Scoperse. Non ho trovato alcuna informazione su di lui, ma pare che sia l’attuale proprietario.

Non ho trovato altro...

- Non fa nulla, almeno abbiamo un nome su cui indagare.

- Ok, come volete… ma non credo che possiate indagare ora, guardate fuori…

Fuori stava ancora piovendo, uscire significava rischiare di prendersi come minimo un brutto raffreddore.

La sola cosa da fare era aspettare che il meteo divenisse più favorevole.

L’attesa ripagò. Dopo pranzo splendeva il sole e le chiazze d'acqua stavano iniziando ad asciugare.

Mentre il biondo rimase al Centro Pokémon, aspettando notizie del suo Talonflame, i tre si diressero alla villetta.

Il suo aspetto ricordava solamente alla lontana quello della villetta apparsa nelle visioni di Ash. Il cancello, un tempo verniciato di nero, era arrugginito, il giardino, un tempo rigoglioso e ben tenuto, infestato di erbacce. Alcune persiane erano penzolanti. Il vetro di una finestra, rotto.

Alcuni Pokémon selvatici avevano trasformato il giardino nella loro casa e, appena videro i tre, si nascosero.

Appena varcato il cancello, o a quello che rimaneva, vennero colti da un brivido lungo la schiena. Come se uno spettro fosse passato dietro di loro.

Le due ragazze avevano deciso di restare alcuni passi dietro ad Ash e al suo Pikachu.

Ash era giunto davanti alla porta d’ingresso. Quest’ultimo non era a filo con il terreno, ma sollevato, permettendo al piano seminterrato di essere illuminato dalla luce naturale.

- Venite pure! Non vi mangia nessuno!

Nel dirlo, Ash, si era appoggiato alla porta e aveva fatto scattare la maniglia. Colto di sorpresa, aveva rischiato di perdere l’equilibrio e di cadere sul pavimento. Pikachu, per non cadere dalla spalla, si era appeso con forza.

Cacciò un urlo.

Lucinda e Serena risero.

Lucinda, cercando di non ridere mentre parlava, commentò

- A quanto pare a noi non ci mangia, ma a te sì!

Ash, nel frattempo, si era ripreso dallo spavento.

Le due ragazze lo avevano raggiunto ed erano entrati.

L’ingresso era una sorta di andito. A sinistra una porta, a destra tre.

In fondo a sinistra una rampa di scale portava a un piano sotterraneo. Un’altra rampa portava ai piani superiori.

Era evidente che qualcosa non tornasse.

Non tanto nell’aspetto della casa, del tutto normale per una casa abbandonata da anni, quanto in un aspetto che poteva esser notato solo da chi ha l’occhio attento.

- Non avete notato nulla?

- Cosa avrei dovuto notare?

Lucinda fece eco a Ash

- No, cosa avremo dovuto notare?

La risposta di Serena non si fece attendere.

- Fateci caso. Il pavimento è pieno di libri, di fogli… quel mobiletto...

Serena indicava un mobiletto riverso a terra

- Lo hanno ribaltato… insomma, come se fossero entrati dei ladri... ma sembra che non abbiano rubato nulla, voglio dire, hanno messo tutto in disordine ma non sembravano interessati agli oggetti di valore.

L’ipotesi di Serena sembrava esser confermata dalla visita nella sala da pranzo.

Un tavolo in legno si trovava perfettamente intatto nella stanza, così come il mobile della credenza.

Tutti gli sportelli erano aperti, le stoviglie al suo interno erano impolverate, ma intatte.

Tutti i cassetti erano aperti e, ai piedi della credenza c’erano numerose tovaglie.

Anche in questa stanza, il pavimento era pieno di fogli.

Non avevano trovato nulla di interessante, motivo per cui decisero di dirigersi verso la cucina. Non dovettero muoversi di molto, le due stanze comunicavano con una doppia porta scorrevole.

Nemmeno la cucina presentava delle anomalie, anzi.

Quando la casa era abitata e curata, doveva essere davvero una bella cucina.

Il solo segno di vita che avevano trovato fino a quel momento era il lavandino, al suo interno c’erano ancora le tazze della colazione, consumata chissà quanti anni prima.

- È come se i proprietari se ne fossero andati da un momento all’altro, senza aver avuto nemmeno il tempo di sistemare.

- Scusate. Ma devo andare a guardare una cosa.

Le due erano stupite. Da quando si erano incontrati in quell’arena, era la prima volta che Ash aveva chiesto di andare da solo da qualche parte.

- Fai pure, ma non metterci molto, mi raccomando! Questo posto mi mette i brividi.

- Anche a me!

Le rispose Lucinda.

Appena Ash si allontanò, le due si guardarono negli occhi.

Lucinda, moderando il tono di voce, propose all’altra:

- Facciamo una cosa. Appena Ash si allontana, lo seguiamo, non so, ma immagino ci voglia nascondere qualcosa.

Serena annuì.

Intanto Ash si era diretto verso l’unica stanza del piano terra che ancora non avevano visitato. Quella a sinistra dell’ingresso.

Era la sola stanza che avrebbe voluto visitare da solo. Aveva un brutto presentimento, nelle sue visioni era la stanza dove il signor Sebastian era stato ucciso. E aveva paura di trovare delle tracce. Ma ora non poteva di certo tirarsi indietro.

Cercò, nello sguardo del suo Pikachu, quel coraggio che non riusciva ad avere. E si decise. Aprì la porta.

Era un salotto. La stanza con più elementi di arredo fino ad allora visitata.

Una volta dentro, diede uno sguardo d’insieme alla stanza. Due divani erano stati ribaltati, una grossa panca rivestita di materiale morbido, era messa in diagonale, come se fosse stata spostata, un mobile porta TV con sopra un gigantesco televisore a tubo catodico, che pareva pesasse svariati quintali, un tavolino da caffè, un caminetto con ancora della legna mezza carbonizzata… Tutto sembrava perfettamente in disordine. Disordinato con lo stesso criterio delle stanze visitate fino a quel momento. Tranne per una sola cosa, che stonava con il disordine della stanza Una libreria, perfettamente ordinata. La stanza ricordava quella che aveva visto nel sogno. Certo, come per tutto il resto della casa, bisognava sforzarsi e immaginare come poteva essere quando ancora ci viveva qualcuno.

Ash era in parte convinto che potesse trattarsi di una coincidenza. Una piccola parte di lui, iniziava a sospettare che si trattasse di un perfido piano di Darkrai per ucciderlo, e lui stava coinvolgendo anche le due ragazze.

Solo che non gli era chiaro il movente.

Stava per chiamare le due ragazze, voleva dir loro che era tutto apposto e che, se avessero voluto, sarebbero potute entrare, ma si trattenne dal farlo.

La sua attenzione era stata catturata da una fotografia.

A una persona normale sarebbe sembrata una normalissima fotografia appoggiata sul ripiano del caminetto, ma non ad Ash.

La foto, di suo non aveva nulla di anomalo, ritraeva una ragazzina tra i dieci e i dodici anni, aveva i capelli rosa, tagliati corti, occhi verdi, non era molto alta, e magra.

Reggeva con la mano destra un porta medaglie. Ash capì che la ragazza doveva aver iniziato da poco la sua carriera da allenatrice. Aveva vinto solamente una medaglia. Ipotizzò la natura della foto come quella di una foto ricordo, scattata per per celebrare un traguardo importante nella carriera di qualsiasi allenatore. La ragazza, nella foto, era accompagnata dalla sua squadra di Pokémon. Accanto a lei una Gardevoir shiny. Indossava un pendente con una Megapietra. Teneva l’altra parte del portamedaglie. Davanti alle due un Azumarill e una Floette fiore bianco.

A giudicare dallo sfondo, la foto era stata scattata nel giardino posteriore della casa.

Prima di riuscire ad elaborare altri dettagli, Ash crollò.

La foto, con tanto di cornice, cadde a terra.

Ash venne salvato dallo sbattere la testa dal suo Lucario. Questi, grazie al potere dell’aura aveva percepito come il suo allenatore si trovasse in pericolo, ed era uscito in autonomia dalla PokéBall per soccorrerlo.

Il rumore del vetro in frantumi allertò le due ragazze.

Queste entrarono nella stanza e trovarono Ash privo di sensi e disteso sulla panca. Accanto a lui Lucario e Pikachu preoccupati per le sue condizioni.

Il Lucario del ragazzo indicò la cornice portafoto caduta per terra.

Serena, indicandola a sua volta, chiese al Pokémon del ragazzo:

- Quindi è quella che lo ha fatto stare così male?

Lo sguardo del Pokémon valeva più di mille parole.

Serena raccolse la cornice, facendo attenzione a non ferirsi con il vetro rotto.

La poggiò sul tavolino e la smontò.

Nel farlo si accorse di come tra la foto e la parte che la premeva la stessa contro il vetro, o meglio quello che rimaneva dei quest’ultimo, ci fosse un foglio piegato. Lo avrebbe potuto ignorare, ma pensò che quello non poteva essere un semplice foglio di carta, messo semplicemente per fare spessore. Ma ora non poteva pensarci. Il suo ragazzo aveva perso i sensi guardando quella foto.

Lei era una ragazza troppo razionale per credere a qualche strana maledizione che avrebbe colpito chi guardava quella foto o cose simili. Anche se una parte di lei lo temeva.

Con l’aiuto di Lucario fecero salire il ragazzo sulla schiena del Mamoswine di Lucinda, il quale, dopo un lauto pasto a base di poffin e Poké Bignè, accettò di trasportarlo fino a un pronto soccorso che, per loro fortuna non molto lontano da  quella villa. Il ragazzo venne accettato in codice giallo.

Le due ragazze aspettavano nella sala d’attesa.

Una stanza austera, pavimento in linoleum, pareti verde chiaro, ricoperte da poster e illustrazioni a tema medico.

Posate sulle pareti alcune panche dove sedersi. Al centro della stanza un tavolino con delle riviste accatastate. La stanza era illuminata da enormi finestre. 

Dopo una mezz’ora di attesa snervante, un giovane infermiere entrò nella sala.

Le due pensavano che fosse entrato per dar loro notizie su Ash, ma i motivi che avevano portato lo stesso a entrare erano diversi. Si, portava delle notizie, ma riguardavano un altro allenatore.

L’uomo si sedette accanto a una ragazza, che poteva avere al massimo qualche anno in più delle due.

Dalla sua espressione e dal modo di porsi era chiaro che la situazione non fosse delle più rosee.

Intanto, mentre le due ragazze stavano aspettando sue notizie, Ash si era ripreso.

- Grazie!

La prima parola che disse, appena riprese i sensi.

- Ora so che non mentiva.

I medici che lo avevano preso in cura non prestarono ascolto alle sue parole. Era abbastanza normale che una persona, dopo uno svenimento dicesse delle cose a caso.

Nel frattempo, i medici, gli avevano attaccato un saturimetro a una delle dita della mano, avevano disposto alcuni elettrodi per monitorare il battito cardiaco e gli avevano prelevato delle provette di sangue.

Altra mezz’ora di attesa, altro ingresso dell’infermiere.

Questa volta era per loro.

- Posso dirvi che Ash si è ripreso, e dai primi esami non sembra nulla di troppo grave. Pensiamo sia la sua reazione a un forte stress. Posso farvi un paio di domande?

- Certo! - Risposero le due, insieme.

- Non è affar mio dove eravate o altro, ma ditemi, che voi sappiate, ha battuto la testa? 

A rispondere non fu una delle due ragazze, ma il Pikachu del ragazzo, che fece cenno di no con la testa.

- Bene, lo prendo come un no. E ditemi, ha subito scossoni, urti violenti o simili mentre lo avete portato qui?

La risposta di Serena non si fece attendere.

- Abbiamo fatto molta attenzione, non pensiamo..

- Grazie delle informazioni. Anche se non sembra nulla di grave, per sicurezza trascorrerà qui la notte. Domani potrà uscire.

Serena, nonostante le rassicurazioni dell’infermiere era ancora preoccupata.

- Posso andare a trovarlo?

- Meglio evitare, ma non ti preoccupare, domani alle nove lo potrai riavere… come nuovo.

Nonostante non avesse molto gradito la battuta, Serena decise di non insistere.

Da quando stavano insieme, era la prima volta che Ash passava una notte in ospedale.

Le due avrebbero passato la seconda notte nel Centro Pokémon lì vicino, lo stesso dove avevano passato il resto del pomeriggio, senza fare nulla.

Nonostante le rassicurazioni erano entrambe ancora preoccupate per Ash.

Per farsi coraggio a vicenda, avrebbero passato la notte nella stessa stanza.

Prima di farsi abbracciare da Morfeo, Serena ripensò a quella foto.

Prima di andarsene l’aveva infilata in una tasca, insieme a quel foglio piegato, ma dato che in quel momento la sua maggiore preoccupazione era Ash, non l’aveva ancora guardata.

Pensò che la cosa giusta da fare fosse non tenerla per sé, ma condividerla con Lucinda.

- Ehi, Lucinda, sei ancora sveglia?

- Sì, certo, ricordo benissimo.

- Tieni presente questo pomeriggio, quando Ash è svenuto?

- Come potrei dimenticare?

- Se ricordi ci siamo precipitate da lui quando abbiamo sentito rumore di vetri rotti? Ecco. A essersi rotta era la cornice di questa foto. L’ho separata dal vetro per non fagliarmi, ma non ho visto di cosa si trattava.

Serena porse la foto, in modo che si vedesse solo il retro a quella che sempre di più poteva considerarsi un’amica, e la girò. Voleva vederla per la prima volta insieme a lei.

Pur guardando la foto e sforzandosi di cogliere ogni minimo dettaglio, per quanto la situazione lo permettesse, non notarono nulla di anomalo.

Per le due ragazze, la foto ritraeva una ragazzina tra i dieci e i dodici anni, con i capelli rosa, tagliati corti, occhi verdi, non era molto alta, ed era magra. Reggeva con la mano destra un porta medaglie. Capirono che doveva aver iniziato da poco la sua carriera come allenatrice. Aveva solamente una medaglia. Ipotizzarono che si trattasse di una foto ricordo, scattata per per celebrare un traguardo importante. La ragazza era accompagnata dalla sua squadra. Accanto a lei una Gardevoir shiny. Indossava un pendente con una Megapietra. Teneva l’altra parte del portamedaglie. Davanti alle due un Azumarill e una Floette fiore bianco.

- Aspetta un attimo.

- Dimmi.

- Ash ci aveva detto di aver visto, in quella sorta di sogni, una ragazza praticamente uguale a lei. Stessi capelli, stessi occhi...

Serena indicò la ragazza nella foto.

- E ha detto che aveva una Gardevoir shiny capace di megaevolversi.

- Credi che sia lei?

- Non ho dubbi.

Pikachu si era accovacciato accanto a Serena, per ricevere quella sensazione di calore e vicinanza che solitamente riceveva da Ash. La ragazza era molto felice del gesto del piccolo Pokémon di tipo elettro.

Il sonno aveva ormai preso il sopravvento.

Anche Ash era caduto tra le braccia di Morfeo, dopo aver scoperto, grazie al potere dell’aura, quanto la ragazza e l’amica più cara tenessero a lui. Il giorno dopo le due ragazze si erano svegliate per tempo, si erano preparate e avevano fatto colazione.

Erano arrivate all’ospedale in leggerissimo anticipo.

Ash le raggiunse con un lievissimo ritardo, si ricongiunse tanto con le due ragazze quanto con i suoi due Pokémon.

Pikachu scese dalla spalla di Serena per accomodarsi sulla sua.

La prima domanda che Ash ricevette fu da parte della sua ragazza.

- Ma cosa ti è successo? Ci hai fatto preoccupare tantissimo.

- Quella foto… quella foto è la prova che è tutto vero.

- E se fosse una semplice coincidenza?

Lucinda era ancora dubbiosa.

- Non credo lo sia. - Le rispose Bunz

I tre si diressero al Centro Pokémon.

Ash non aveva ancora fatto colazione e il suo stomaco brontolava. Appena arrivati, Ash fece una delle sue solite, abbondanti colazioni. 

Dopo il lauto pasto del ragazzo, i tre abbandonarono la sala dedicata ed erano pronti a fare lo stesso con il Centro Pokémon, ma qualcosa fermò loro dal farlo. O meglio qualcuno.

Un ragazzo di altezza media, magro, capelli castani.

Nonostante fosse vestito in borghese, il fatto che alcuni giovani allenatori lo circondassero e lo riempissero di domande, lasciava ben poco all’immaginazione. Era lui. Orlando Bir.

- Ma quindi tu sei stato un super coordinatore?

- Come mai hai smesso con le gare Pokémon?

- Ma come fai a essere un allenatore così forte?

- Posso accarezzare il tuo Arcanine?

- Ma è vero che hai un Metagross shiny, come quello di Rocco?

- Ma sei davvero così amico di Camilla?

- Me lo fai un autografo?

- Ci facciamo una foto?

Il ragazzo, che era andato in quel Centro Pokémon solamente per ritirare la sua squadra dopo un check-up, aveva promesso che avrebbe cercato di accontentare tutti, ma era evidente che la cosa non fosse affatto facile.

L’infermiera aveva appena terminato i controlli.

- Tutto apposto, la tua squadra sta benissimo, torna a trovarci quando vuoi!

Il ragazzo ritirò le sue sei Pokéball e fece per andarsene.

Quando qualcun altro gli impedì la fuga. Ma non erano fan. Erano Ash e le due ragazze. Ash, con il suo solito fare, si rivolse a lui con aria di sfida.

- Ho sentito dire che sei un allenatore molto forte, ti spiacerebbe una lotta.

- Perché no, ma solo perché so che sei uno dei migliori allenatori al mondo.

Ash incassò il complimento.

- Ma a una condizione.

Replicò Orlando.

- Che condizione?

Gli chiese Bunz, per ricevere, immediatamente una risposta. - Una lotta a coppie. -

Ash cercò l’intesa delle due ragazze. Le ragazze accettarono.

Uscirono dal Centro Pokémon e giunsero al campo lotta del centro Pokémon. Un campo lotta abbastanza standard, come ne esistevano diversi in ogni regione, tranne per un piccolo particolare. Era uno dei pochi campi ad avere un sistema di arbitraggio automatizzato, del tutto simile ai Rotom-drone usati nelle lotte ufficiali del torneo mondiale.

Formare delle coppie non fu difficile. Ash e Serena contro Orlando e Lucinda.

I quattro mandarono in campo i loro Pokémon al contempo.

Ash schierò Pikachu, Lucinda Piplup, Serena Sylveon e Orlando il suo Metagross shiny.

Lucinda guardò il Metagross del ragazzo. E notò qualcosa di strano.

Normalmente un Metagross era solo leggermente più alto di lei, di massimo cinque o sei centimetri, ma quello del ragazzo era molto più grande di un esemplare normale. Era alto almeno due metri.

La voce robotica del sistema di arbitraggio diede inizio all’incontro. E spiegò le regole. Un 2 contro 2 in cui ogni allenatore avrebbe potuto usare solo un Pokémon. L’incontro sarebbe terminato quando uno dei quattro Pokémon non sarebbe più stato in grado di continuare.

Serena e Ash si scambiarono uno sguardo d’intesa, avevano identificato nel Metagross del ragazzo la minaccia più grande.

- Pikachu, lancia Elettrotela su Metagross!

- Sylveon, tu vai con Comete!

Lucinda guardò il suo alleato. Ancora non aveva detto nulla al suo Metagross.

- Ma ti decidi o devo fare tutto io? Piplup, vai di Mulinello!

Il piccolo Pokémon pinguino generò un gigantesco vortice d’acqua che inglobò i due attacchi nemici.

Intanto, senza che il suo allenatore dicesse nulla, Metagross si era spostato. Dietro alla Sylveon di Serena.

- Ora Meteorpugno.

Metagross colpì la Sylveon della ragazza con uno dei suoi possenti arti, prima che la sua allenatrice  potesse dirle di schivare. Il colpo fu durissimo.

- Sylveon, stai bene?

Serena era preoccupata per le condizioni della sua Sylveon. Era ben consapevole del fatto che gli attacchi di tipo acciaio fossero molto pericolosi per un tipo folletto come Sylveon.

- Pikachu! Attacco rapido su Piplup!

Il Pokémon topo corse a grande velocità contro il pinguino blu. Il suo corpo si illuminò di una luce bianca e si mise a correre fino a quasi diventare invisibile. - Su, schiva!

Nonostante il tentativo di schivata, il contatto tra i due fu inevitabile. Meno duro di quanto sarebbe stato se Pikachu non avesse dovuto cambiare direzione all’ultimo, per cercare il contatto.

- Piplup approfitta del fatto che siete vicini. Idropompa!

Si, un attacco così ravvicinato non avrebbe causato grossi problemi al Pikachu, ma almeno avrebbe potuto allontanarlo e renderlo meno pericoloso.

- Sylveon, usa i tuoi nastri per imprigionare Metagross!

Ordinò Serena, non accorgendosi del fatto che il suo avversario stesse sorridendo.

Nonostante Orlando avesse avuto a che fare ben poche volte con Sylveon, sapeva bene di questa sua caratteristica.

Per la seconda volta non disse nulla, lasciando che la Sylveon della ragazza agisse indisturbata.

- Ora!

Il Metagross del ragazzo si librò in aria, portando con sé la Sylveon della ragazza.

Cosa avrà in mente?” Si chiese Ash.

- Sylveon, cerca di liberarti!

Gridò disperatamente Serena, accorgendosi del fatto che il Metagross avversario stesse salendo di quota. 

I nastri della Pokémon abbandonarono Metagross, prima che quest’ultimo salisse troppo di quota. Riuscì anche ad atterrare in piedi e senza subire particolari conseguenze.

- Molto bene Metagross, usa Cozzata zen!

Dopo esser salito in alto, Metagross scese a gran velocità. Riposizionò i suoi arti per essere più aerodinamico e si precipitò verso la sua avversaria.

- Sylveon, schiva!

Gridò Serena, tentando di evitare che la sua Sylveon venisse colpita da quel colosso. La ragazza non aveva compreso l’intenzione dell’avversario. E la schivata della sua Sylveon la fece colpire dall’Idropompa di Piplup. Una voce robotica diede fine all’incontro.

- Sylveon non è più in grado di continuare! Vincono Metagross e Piplup!

Serena si precipitò dalla sua Sylveon, che, nel frattempo, si era rialzata.

Si avvicinò, alla sua Pokémon, accovacciandosi e le diede una carezza sulla testa, alla quale Sylveon rispose avvolgendo delicatamente uno dei suoi nastri al braccio della sua allenatrice. Serena, con la sua solita dolcezza, richiamò Sylveon nella Pokéball.

- Su, ritorna, hai fatto del tuo meglio, è questo quello che davvero conta.

Una voce maschile, ben conosciuta da Ash, interruppe il momento di dolcezza tra la performer e la sua Sylveon.

- Comportarsi così con un Pokémon che ha perso è patetico.

Ash aveva riconosciuto quella voce, ma prima che potesse intervenire in qualsiasi modo, accadde qualcosa che ai suoi occhi apparve parecchio strano.

Il ragazzo dai capelli purpurei si accovacciò e raccolse da terra un guanto.

Non era del tipo che indossava Ash, ma un guanto ignifugo. Come quello che usano i piloti.

- Qui e ora. Tre contro tre. Sostituzioni ammesse.

Il ragazzo, che, volontariamente o meno, aveva raccolto il guanto di sfida non poté far altro che accettare, pur con grande stizza.

Dopotutto per colui che gli aveva lanciato il guanto di sfida, Serena rappresentava nulla.

- Garchomp, pronto a lottare!

Dalla Pokéball del ragazzo uscì un Garchomp maschio. Facilmente riconoscibile per via del taglio sulla pinna.

- Metagross, it's hammer time!

- Ma come?

Il suo avversario era stupito, si chiedeva perché mai il suo avversario lasciargli un così grosso vantaggio? Che assi nella manica poteva mai avere per schierare qualcuno con un così ampio svantaggio.

- Chiudiamola subito, Garchomp, vai di Battiterra!

- Metagross! Gelopugno!

- Ma come?

Il Metagross di Orlando colpì il drago-terra con un potentissimo pugno gelido. Caricò su di esso tutto il suo enorme peso e colpì il suo avversario in pieno stomaco, prima ancora che potesse colpire il terreno con uno dei suoi calci.

Il Pokémon Mach spiccò un enorme volo.

- Garchomp! Breccia! - Ordinò l’allenatore dai capelli purpurei. Le lame sotto le sue braccia si illuminarono di rosso mentre il Pokémon si avvicinava a grande velocità contro il suo avversario.

- Bene, Metagross! Di nuovo Gelopugno! - Il Pokémon Ferrato colpì l’avversario con un altro pugno, sempre sullo stomaco. Aveva approfittato del fatto che il Pokémon avesse spalancato le braccia per sferrare il suo attacco.

Garchomp era riverso a terra. Parzialmente congelato dai pugni sferrati dal suo avversario.

- Chiudiamola qui! Cozzata Zen! -

Ordinò l’allenatore. Il Pokémon Ferrato precipitò a grande velocità contro il suo avversario, colpendolo in pieno e facendolo volare di alcuni metri, per poi ricadere, violentemente a terra.

La voce dell’arbitro elettronico non lasciava spazio all’immaginazione.

- Garchomp non è più in grado di combattere.

Il commento di Ash, dato sottovoce, per non disturbare l’andamento dell’incontro, non si fece attendere.

- Però, deve essersi trattenuto prima.

- Ma come fai a non saperlo?

Lucinda gli mostrò il suo telefono, che mostrava i dati di Orlando.

- Sei il monarca e non sai chi si trova nei primi 8?

La risposta del ragazzo non si fece attendere.

- Sai, la politica del Torneo Mondiale è cambiata. Ora, a meno che tu non assista alle lotte promozionali non hai modo di sapere se ci sono cambi. E hanno anche rimosso le lotte interne.

- Capito.

- Non pensiamoci, vediamo come va l’incontro.

Intanto il ragazzo dai capelli purpurei aveva sostituito Garchomp con un Metagross.

- Metagross, box, box!

Lucinda, cercò di non ridere, per il modo quantomeno assurdo con cui Orlando aveva richiamato il suo Pokémon.

- Che modo strano di richiamare il proprio Pokémon!

- Togekiss, it's hammer time!

- Ma tra tutti i Pokémon che ci sono, dovevi sceglierne proprio uno così tanto da signorina?

Il ragazzo dai capelli purpurei, oramai, aveva capito che al suo avversario non importava molto di come funzionasse l’efficacia dei tipi, almeno dal suo punto di vista. 

Aveva anche capito che il suo avversario non doveva essere sottovalutato e che se aveva deciso di mandare in campo quel Pokémon, significava che aveva qualche asso nella manica.

- Metagross, pronto ad attaccare! Meteorpugno!

Il suo avversario sorrise. Conosceva benissimo Metagross. Dopotutto era il suo Pokémon più potente. 

Attese che l’avversario si avvicinasse al suo Togekiss.

- Su Togekiss, schiva e poi Lanciafiamme!

Il suo Togekiss, ruotò di novanta gradi, evitando l’attacco nemico. Poi attaccò a sua volta. Una grossa fiammata uscì dalla sua bocca, diretta contro il suo avversario, ancora estremamente vicino.

Il Pokémon Ferrato avversario era stato investito da un’ondata di calore enorme. Il suo allenatore gli ordinò di togliersi di mezzo. Quando lo fece, era evidente di quanto, nonostante il poco tempo passato sotto quelle fiamme, aveva subito ingenti danni. L’allenatore di quel Metagross, gli ordinò di utilizzare Metaltestata.

- Schiva e usa di nuovo Lanciafiamme! - 

Il Pokémon Festa seguì il comando del suo allenatore, prendendo quota quasi verticalmente, non facendosi raggiungere dal suo avversario, e poi lo colpì nuovamente con il potente getto di fuoco.

- Metagross non è più in grado di lottare, vince l’incontro Togekiss!

Decretò l’arbitro elettronico.

- E va bene, l’hai voluto te! Weavile, pronto a lottare!

Il suo avversario non mosse un muscolo. A che pro cambiare il suo Pokémon, se sapeva di avere un altro asso nella manica?

- Che aspetti? Non cambi? L’hai voluto te, allora! Weavile, Gelopugno!

Il Weavile del ragazzo spiccò un salto, raggiungendo l’altezza di volo del Togekiss del ragazzo.

- Ora, Togekiss, Forzasfera! 

Davanti alla bocca del Pokémon, si era formata una sfera d’energia trasparente, di colore azzurro. Ed era in rotta di collisione con il Weavile del ragazzo, ancora intento a caricare il suo attacco.

Il contatto fu inevitabile.

Il Ko di Weavile, una mera formalità. Riverso a terra. A pancia in su.

Il commento di Orlando, la cui squadra aveva dominato l’intero incontro non si fece attendere. 

Con tanto di risata trattenuta.

- Niente male per un Pokémon “da signorina”

Il ragazzo, dopo aver ricoverato il suo Pokémon nella Pokéball, se ne andò.

Non disse una parola, ma si capiva benissimo che era da diverso tempo che non subiva una sconfitta così umiliante.

Orlando stava per avvicinarsi alla panchina, dove Ash, Serena e Lucinda avevano assistito alla lotta, almeno per scusarsi per l’irruenza con la quale si era intromesso in un affare che non lo riguardava.

Ma, mentre si avvicinava, notò qualcosa nel bel mezzo del campo lotta. Deviò il suo percorso.

Nella parte opposta rispetto alla quale aveva condotto le sue lotte, aveva notato qualcosa. Anche se, a  dire il vero, all’inizio gli sembravano dei comuni fogli di carta.

Nella peggiore delle ipotesi li avrebbe semplicemente buttati nel cestino.

Ma, dopo essersi avvicinato e averli raccolti, si accorse di come non fosse affatto carta straccia. Erano una fotografia e un foglio piegato. Non era interessato al foglio, non erano affari suoi. E pensava di poter dire lo stesso della foto. Ma, appena lo girò e vide una Gardevoir shiny, cambiò idea. Lui conosceva una sola allenatrice che aveva una Gardevoir shiny in squadra.

Studiò attentamente la foto. Ritraeva una ragazzina tra i dieci e i dodici anni, aveva i capelli rosa, corti, occhi verdi, non era molto alta, ed era magra. Reggeva con la mano destra un porta medaglie. Aveva vinto da poco la sua prima medaglia. La ragazza era accompagnata dalla sua squadra di Pokémon. Una Gardevoir shiny che indossava un pendente con una Megapietra che teneva l’altra parte del portamedaglie e, davanti alle due un Azumarill e una Floette fiore bianco.

Orlando venne assalito da una sensazione terribile.

Come se lo avesse travolto un fiume in piena.

Si affrettò a consegnare ai tre la foto e il foglio.

Poi scappò verso la sua auto, una coupé larga, bassa e slanciata. Colore rosso brillante. Vetri oscurati.

- Ma l'avete visto?

Ash e Lucinda risposero praticamente insieme.

- Cosa?

- Come ha guardato quella foto… l’ha divorata con lo sguardo. E poi dopo avermela restituita è scappato. Che sappia qualcosa?

- Forza, Togekiss, segui quell’auto rossa!

La Togekiss di Lucinda uscì dalla Pokéball e iniziò a perlustrare i cieli di Ferropoli.

Inizialmente girovagava a vuoto per la città.

Orlando voleva andarsene al più presto da quelle città, o sarebbe stato totalmente travolto da ricordi che, per molti, molti anni aveva cercato di rimuovere. Nonostante i tanti aiuti da fuori, era riuscito solamente ad allontanarli e si era ripromesso di fare di tutto per non riavvicinarli.

Ma quella foto… Dopo un giro molto più lungo del necessario, era giunto dove voleva veramente arrivare.

All’hotel dove aveva dormito da quando aveva deciso di passare qualche giorno in quella città.

Sarebbe salito nella sua stanza, avrebbe ritirato i suoi effetti personali e se ne sarebbe andato via.

Mentre ritirava le sue cose pensava a quel gruppetto. Cosa avrebbero pesato di uno che si comporta così? Si saranno chiesti come mai era fuggito in quel modo? Allo stesso tempo, anche lui aveva delle domande che li riguardavano.

Come prima cosa avrebbe chiesto loro come e dove abbiano trovato quella foto. E poi avrebbe sicuramente chiesto cosa sapevano di quella ragazza. Lui aveva sue notizie da anni.

Alla fine, forse, la cosa migliore era confrontarsi e raccontarsi. Anche se lui voleva evitare di riaprire una ferita ormai quasi totalmente rimarginata.

La Togekiss, intanto era tornata dalla sua allenatrice ed era pronta a guidare i tre.

La macchina del ragazzo era parcheggiata proprio di fronte a un hotel, ma lui non c’era.

Avrebbero aspettato, nascondendosi dietro l’angolo.

L’attesa ripagò. Dopo una decina di minuti lo videro, mentre era intento a dare istruzioni ad un inserviente sul come caricare le valige. Ash, parlando sottovoce, per non farsi scoprire

- Credete che se ne stia andando?

- Secondo te?

- Cosa volete fare?

- Aspettiamo che quell’inserviente se ne vada e poi lo cogliamo di sorpresa.

Appena l’inserviente se ne andò, ma prima che lui potesse salire in macchina, i tre agirono.

- Vai Pikachu!

- Delphox, conto su di te!

- Su, Piplup!

Era circondato.

Certo, avrebbe potuto attaccare e probabilmente avrebbe anche vinto, ma, in effetti cosa avrebbe guadagnato? Avrebbe semplicemente rimandato un confronto ormai divenuto inevitabile.

Alzò le mani in segno di resa.

Pochi istanti dopo, l’atmosfera era già molto più rilassata.

Non erano cattivi, dopotutto e, in più, avevano capito che avrebbe svuotato il sacco.

Altre minacce sarebbero state solamente una perdita di tempo.

Il ragazzo aprì la porta del passeggero e fece scattare il meccanismo di ribaltamento del sedile, in modo da permettere l’accesso ai posti posteriori.

- Qui dietro è un pochino stretto, non ve lo consiglio se soffrite di claustrofobia. Fate attenzione alla testa.

- Allora non fa per me.

- Allora te, Lucinda, vai davanti, ok?

Intanto Serena si era accomodata. Il Pikachu di Ash si era accomodato a sua volta sulle sue gambe.

Ash, pur avendo ascoltato il consiglio, sbatté comunque la testa sull’arco del tetto.

Orlando, in tono cantilenante, e trattenendosi dal ridere se ne uscì con un

- In nomine Arceus et Dialga et Palkia

Serena e Lucinda non riuscivano a smettere di ridere, non si sa se per la battuta o per la sbadataggine di Ash.

Ad ogni modo Lucinda si era seduta davanti e Orlando le aveva chiuso la porta, con una certa delicatezza.

- Che cavaliere!

- In realtà l’ha fatto perché voi ragazze chiudete le portiere con la stessa delicatezza di un Machamp!

Ash, per l’infelice battuta, si prese una gomitata dritta nelle coste, proprio dalla sua ragazza.

A parte questo piccolo inconveniente, il ragazzo partì. E, dopo poco, iniziò a raccontare.

- Sappiate che per me non è affatto semplice raccontare queste cose. Per cui potrei dovermi fermare ogni tanto e parlare di altro. Perdonatemi. E vi prego, non fatene parola con nessuno. Intesi?

Ben capendo la situazione, acconsentirono.

- Sappiate che io sono nativo di Kalos. So che nelle fonti ufficiali risulta che vengo dalla regione di Hardana, ma la verità è 

che mi sono trasferito lì poco meno di nove anni fa, insieme a tutta la mia famiglia.

Non avete idea di quanto sia stato difficile trasferirsi, dopo che passi tanto tempo nella stessa città, circondato dalle stesse

persone, visitando gli stessi posti e via dicendo.

- Beh, ok, ma come si collega con il motivo per cui siamo qui?

Seconda gomitata nelle coste.

- Arrivò qui quando aveva sei anni, se non ricordo male. Ricordo poco del nostro incontro, se non che avevano detto che suo padre si era trasferito qui per lavoro. Suo padre era un insegnante nel grado superiore a quello dove studiavamo. 

Mi ricordo che Taelia era vittima di bullismo, la prendevano in giro perché “aveva i capelli corti” e quindi “sembrava un maschio” e cose simili. 

Il ragazzo fece una pausa. Aspettando i commenti dei suoi passeggeri e, in un certo senso mantenendo quella promessa che aveva fatto.

- Deve essere davvero brutto essere trattati così.

Le uniche parole pronunciate da Lucinda, ricordandosi che anche lei, da piccola era stata vittima di prese in giro.

Orlando riprese il suo racconto.

- Per questo la isolavano e nessuno voleva stare con lei. Giocava solo con una Ralts shiny. Diventammo amici per puro caso.

Un giorno, una Froakie shiny con cui avevo fatto amicizia, si avvicinò a Ralts. Grazie a lei trovai il coraggio di avvicinarmi.

- Quindi la vostra amicizia è iniziata dal fatto che eravate amici di Pokémon Shiny?

Chiese Serena.

- Hai ragione. S, è andata esattamente così. Se non fosse stato per lei non so se saremmo diventati amici. E forse tutto questo non sarebbe mai successo. Da quell’incontro diventai il solo della sua età a stare con lei a non prenderla in giro o a trattarla male. 

Fece di nuovo una pausa.

- E poi?

Ash si era incuriosito. Sapeva che fino a quel momento non avevano fatto altro che tastare la superficie.

- Ho bisogno di fermarmi un attimo.

I suo tre passeggeri capirono la situazione. L’aveva detto che avrebbe voluto parlare anche di altro.

- Non so, di cosa vorresti parlare, per cambiare argomento?

Gli chiese Lucinda.

- Quello che volete, non importa. Voglio solo distrarmi un pochino.

- Ok. Ho sentito che sei un super coordinatore, giusto? E allora perché hai abbandonato le gare? Personalmente ho continuato ad esibirmi nonostante abbia ottenuto il titolo.

- Dai, almeno è un argomento più leggero.

Il motivo è semplice. Mi sono divertito e lo stesso posso dire per la mia squadra, nel conquistare i vari fiocchi e poi partecipando al gran festival. Molti mi davano come favorito per la vittoria. A me interessava veramente poco dei pronostici, e lo stesso vale pure ora. Non sai mai cosa può accadere. Prima del round finale ho avuto una chiacchierata con la presentatrice. La considero ancora una delle persone più gentili che conosca.

Parlandoci era saltato fuori l’argomento che mi ha portato ad annunciare il ritiro dalle gare Pokémon, qualora avessi vinto.

Mi ha detto che quello di super coordinatore è un titolo che, se ottieni, ti porti tutta la vita.

- E quindi?

Orlando non si aspettava una risposta simile da Lucinda. Se la sarebbe più aspettata da Ash.

- Abbastanza semplice. Se tu vinci un Gran Festival, non importa in che regione, ricevi il titolo di Super Coordinatore. Ma se ne vinci un altro non diventi un “due volte super coordinatore” o simili.

Invece se diventi campione della lega, oppure adesso con la Formula Cinque Cilindri, devi sempre difendere il titolo.

Il ragazzo fece un’altra breve pausa.

- Ora va meglio. Posso riprendere. Per diverso tempo tutto andava bene. Suo padre era davvero contento che lei avesse trovato un amico. Con il passare del tempo, notammo un dettaglio non di poco conto. Nessuno aveva mai visto sua madre. E di certo io non le avrei mai fatto una domanda simile. Ma altri si.

Quando si accorsero di questa cosa, passarono dal trattarla male per il fatto che portasse i capelli corti a trattarla male perché era orfana di madre.

Sentendo i miei parlare con suo padre, ho scoperto l’amara verità o, a posteriori, una parte di essa.

Sua madre era stata rapita da dei criminali.

- Come il Team Rocket?

- Ash, non ci sono solo loro.

Altra gomitata. 

- Certo, hai ragione.

- Penso siano peggio di loro.

Rispose Orlando.

- Avevo otto o nove anni quando i miei me lo spiegarono, per cui semplificano di molto le cose.  Mi dissero che erano delle persone che rapivano donne, uomini, bambini… non importava. E per liberarli chiedevano tanti soldi.

I miei genitori mi spiegarono che il padre di Taelia, il signor Waldo, era un semplice professore e che non poteva permettersi di pagare il riscatto. Una cosa che da piccolo accetti, sembra sia una cosa tutto sommato sensata e non fai domande. Hai solo paura che possa succedere a te o a chi vuoi bene.

Poi, crescendo, capisci che se non si è rivolto alle autorità, allora qualcosa non torna.

Quando sei piccolo pensi alla figura della polizia, in particolare dell’agente Jenny, come delle persone che si occupano di furti, di persone che trattano male i Pokémon o cose simili. Solo crescendo capisci che si occupano anche di altre cose.

- Quindi per te che fine ha fatto?

Questa volta a chiedere fu Serena.

- Mi dispiace ma non lo so. A volte capitava che andassi a casa loro, per esempio per fare i compiti con sua figlia, ma che ricordi non c’erano foto di loro tre insieme. Come se la loro vita fosse iniziata con il loro arrivo in quella casa. 

- Ma è pazzesco. Corrisponde perfettamente con le visioni che ho avuto.

- Ash, di che visioni parli?

Gli chiese Orlando.

- D'accordo, vuoto il sacco. Ci sono troppe coincidenze ed è giusto che tu lo sappia.

Dalla notte di giovedì scorso, un Darkrai, che si è dichiarato amico di un signore chiamato Sebastian, che proprio come il signor Waldo di cui parli, si è trasferito in una villa a Ferropoli quando la figlia aveva grossomodo sei anni. Nelle mie visioni, Sebastian aveva parlato alla figlia di come, in quella casa, avrebbero avuto una nuova vita.

- Su Darkrai, sinceramente ricordo poco, ma credo ci fosse un esemplare a casa sua.

Gli rispose Orlando.

 - Hai parlato di aver avuto delle visioni causate da lui riguardanti il signor Waldo, o come lo chiamate voi… Sebastian… giusto? Non è che puoi raccontare altro?

- Certo.

Gli rispose il nativo di Kanto.

- Allora… vediamo… lavorava a un progetto di massima segretezza. Inizialmente si trattava di un sistema per trasferire i Pokémon da un posto all’altro, ma poi, insieme a… credo sua moglie, non ne ho idea, avevano scoperto che poteva essere usato anche per oggetti diversi dalle Pokéball.

- Interessante.

Si limitò a commentare Orlando.

- E poi… tra i due eventi era passato poco tempo. Dopo diverso tempo invece, lavoravano a delle strane Pokéball che dovevano servire per studiare i Pokémon e aiutare i giovani allenatori a rendere i loro Pokémon più, per così dire... obbedienti. Infine, beh… è passato molto tempo. La loro figlia aveva almeno tre anni. Quando Sebastian, insieme a lei è fuggito dalla base.

- Lasciando sua madre da sola?

Chiese Orlando, notando delle somiglianze con quello che lui ricordava. 

- Esattamente.

- E poi?

- Loro due hanno cambiato casa spesso. Molto spesso, prima di trasferirsi in una villetta.

Qui hanno passato diversi anni. La ragazza è diventata un’allenatrice. E, con la sua squadra ha vinto due medaglie. Poi…

Il tono di Ash si fece triste.

- Sebastian è stato ucciso. Aveva cercato di mostrare che era armato, e aveva sparato un colpo.

Per tutta risposta, le persone fuori dalla sua casa spararono una raffica di colpi. Uccidendolo.

- E qui viene la parte più difficile. Non voglio parlarne subito, vi prego. Chiedetemi qualsiasi cosa volete.

Questa volta fu Ash a fare una domanda.

- Ho sentito che tu potresti essere uno dei miei avversari nel torneo degli otto professionisti, dimmi, come è stata la tua scalata?

- Allora, devo dire che quando ho iniziato, rispetto a tanti altri, potevo contare su una squadra molto collaudata, essendo il campione in carica nella mia regione. Come sette degli otto professionisti. Se non erro Alan è il solo a non essere campione della lega. Quindi la scalata nelle classifiche, fino all'alta classe ultra non è stata complicata. Forse anche per una sorta di timore reverenziale, non so come chiamarlo. Fino a quando non c’è stato l’incontro per la nona posizione.

Quella che, immagino tu lo sappia, permette una lotta promozionale contro chi si trova in ottava posizione. Era un ragazzo di Sinnoh. Un tipo strano, che nel suo aspetto ricordava il suo Pokémon. Un Darkrai.

Non ricordo come si chiamava, o meglio si chiama... mi auguro non sia morto... ma aveva vinto un torneo della lega. Come Alan. Non so quanto sia importante ricordare il suo nome. Le cose importanti sono altre. Avevamo lottato in un incontro due contro due. Lui con Darkrai e Latios, io con Metagross e Togekiss.

- Può essere che si chiamasse Tobias quel ragazzo? Io ho affrontato un allenatore che aveva quei due Pokémon a Sinnoh.

- Non so, sono stato a Sinnoh solo per i Gran Premi o quando andavo a trovare Camilla. Non sono molto informato sulla lega locale, a parte conoscere Camilla, i superquattro e i capopalestra. Ad ogni modo, fu una lotta difficile. La spuntammo per poco. Insomma, lottare contro due Pokémon leggendari…

- E il match di promozione?

- Ohh, è stato contro Iris, la campionessa di Unima.

Gli rispose il ragazzo alla guida.

- Sai è una nostra amica.

Definiva Ash come “un bambino” ma poi si è resa conto del fatto che anche lei, alle volte, fosse infantile.

A Lucinda si aggiunse Ash

- E se non fosse stato per Spighetto che faceva da paciere, avremmo alzato spesso e volentieri le mani. E, non so se lo sai, ma aveva paura dei Pokémon di tipo ghiaccio.

Serena era stranita. Non aveva idea che molti potessero detestare quel lato di Ash. Lei l’amava anche per quello, dopotutto.

Orlando prima di riprendere il suo racconto, si lasciò scappare una battuta.

- Ora credo che abbia il trauma dei tipi folletto.

- Ma scusa, il tuo Togekiss non aveva mosse folletto…

- Non so se lo sai, Lucinda, ma ho una squadra di rotazione e in alcuni casi più Pokémon della stessa specie.

- Credo sia una cosa abbastanza strana.

Altra gomitata.

- Parla quello che ha trenta Tauros.

- Sui Togekiss è stata una coincidenza. L’esemplare che ho in squadra ora mi è stato regalato da Camilla, quando era ancora un uovo. L’altra, quella che ha preso parte alla lotta contro Iris era una sua amica.

- Una sua amica?

Gli chiese Lucinda.

- Semplicemente insieme alla mia famiglia, abbiamo creato una sorta di riserva, un posto dove far stare i Pokémon al loro meglio, ma anche accogliere quelli di allenatori che non possono più occuparsene, o ancora delle uova che ci vengono recapitate dalle pensioni perché gli allenatori dei Pokémon che le hanno fatte non volevano occuparsene.

Siamo anche stati autorizzati a consegnare il primo Pokémon agli allenatori in erba o permettere a quelli più esperti, come potreste essere voi, di prendervi cura di uno di essi. E semplicemente era una Togepi selvatica che aveva fatto amicizia con lui.

- Un’iniziativa davvero lodevole.

Si complimentò Serena.

- Ne sono felice. Anche se, per la verità questo si collega con la storia. Vedete.

Rispose il ragazzo. Poco dopo il suo tono si fece cupo.

- Per poter accogliere Pokémon come la mia Greninja

Ash era sorpreso.

- Perché l’avresti dovuta abbandonare?

- Fallo continuare!

Lo rimproverò Lucinda.

- Sin da quando ero piccolo ero amico di una Froakie, catturata da mia madre… come lei con quella Ralts.

Quella Froakie, ormai evoluta in Greninja, divenne proprio il mio primo Pokémon, quando sono diventato allenatore.

Come per Taelia e la sua Gardevoir.

Nessuno o quasi voleva mai sfidarci perché, a detta loro “eravamo troppo avvantaggiati”

Noi la prendevamo come gelosia, al contrario di loro, avevamo stretto amicizia con dei Pokémon sin da piccoli.

Pensate che le poche volte che accettavano ci mettevano uno contro l’altra.

Era inutile che dicessimo loro che avremmo potuto mandare in campo anche altri Pokémon, loro non si fidavano.

Poi, un giorno, tutto cambiò. Ero andato a scuola, come di consueto. E lei non c’era. Non ci diedi peso, poteva essere stata male, era inverno, per cui non sarebbe stato affatto strano prendersi un brutto raffreddore o un’influenza. O almeno quello pensai allora. Era plausibile che, per lo stesso motivo, non ci fosse nemmeno suo padre. Magari era rimasto a casa per occuparsi di lei. Per questo, quel giorno, uscimmo due ore prima. Arrivato a casa, i miei mi dissero di preparare le mie cose.

Ce ne saremmo dovuti andare immediatamente da Kalos. Non mi spiegarono il motivo. Mi avevano imposto di liberare Greninja perché sarebbe stata troppo riconoscibile, fuori da Kalos. Mi ricordo ancora perfettamente come la liberai.

Non dissi una parola. Stavo piangendo troppo per riuscire anche solo a dirle “addio”. La abbracciai e lei ricambiò.

Mi chiedo cosa pensi di me, se ancora si ricorda. Porto sempre con me la sua Pokéball, adesso si trova dentro il portaoggetti. Nella speranza che la dovessi incontrare, lei si ricordasse di me e, soprattutto, accettasse le mie scuse.

Allo stesso modo, i miei, buttarono il mio portamedaglie, chissà dove in qualche strada. A distanza di anni mi chiedo ancora perché ci trasferimmo. Forse non volevano farmi vivere il trauma della scomparsa della mia più cara amica?

Però, così facendo ne hanno creato uno ben più grande. Soprattutto ora che grazie a voi ho scoperto di più su suo padre.

- Come ti capisco, abbandonare il tuo Pokémon più caro deve essere terribile.

Gli rispose Serena.

Intanto, in maniera involontaria o meno, Orlando aveva fermato la macchina proprio davanti alla villetta che Ash e le due ragazze avevano esplorato il giorno prima.

- Abitavano qui. Com’è messa male! Mi ricordo che quando ci abitavano era la casa più bella di tutto il vicinato.

Uscì dalla macchina e fece cenno a Lucinda e gli altri di scendere.

E, senza dire una parola si diresse verso la casa.

Era ben consapevole che le condizioni dell’interno avrebbero rispecchiato perfettamente quelle dell’esterno.

Entrò dentro, lasciando qualche passo indietro i tre.

Non sembrava essere interessato al piano terra.

- Non so se lo sapete, ma questa casa nasconde qualche segreto.

- Segreti? E te come lo sai?

Ash si beccò l’ennesimo rimprovero da parte di Lucinda

- Non ricordi che spesso veniva a fare i compiti dalla sua amica? Non credi che qualche volta, lei, le abbia mostrato, diciamo… qualche segreto?

Intanto Orlando aveva imboccato la rampa di scale che portava al piano di sopra.

Un piano in cui vi erano tre stanze da letto e un bagno.

Dirigendosi verso una delle porte, facilmente distinguibile dalle altre per un poster appeso su di essa, ormai mezzo staccato.

Il ragazzo prese la parte del poster che penzolava e la posò contro la porta. 

- Oh, lei adorava questa serie! Quando venivo da lei per fare i compiti insieme ci fermavamo perché la potesse guardare. E mi costringeva a sorbirmela. Non mi piaceva per nulla come serie, la trovavo noiosa e ripetitiva, ma quanto darei per riguardare anche solo una puntata insieme a lei!

Il ragazzo aprì la porta.

La camera era disordinata.

Il letto mezzo sfondato, dei peluche di Pokémon totalmente impolverati su di una mensola, una scrivania con una lampada, un armadio in legno bianco aperto.

I vestiti della ragazza erano chiaramente fuori moda, ed erano un ottimo indizio su quanti anni fossero passati dall’ultima volta che qualcuno avesse abitato in quella casa. Orlando si diresse verso il comodino.

Si inginocchiò davanti ad esso, ma prima che potesse fare altro, sentì qualcuno toccarlo. O meglio qualcuna.

Era Serena, che per tutto il tempo non aveva detto nulla.

- Cosa stai facendo? Non è molto rispettoso frugare tra le cose degli altri.

- Ora è una questione personale.

So che qui dentro c’è qualcosa. Me lo aveva detto qualche giorno prima che succedesse tutto.

Non ricordo le sue parole precise, ma mi aveva detto che in uno scomparto segreto del suo comodino avrebbe nascosto qualcosa di molto prezioso. Non mi disse altro, a parte che era una cosa che suo padre aveva creato per lei e per chi le era vicino. Solo in tre sapevamo di questa cosa. Io, lei e suo padre. 

E, se vogliamo venire a capo di questa storia, non abbiamo molta scelta.

Intanto il ragazzo aveva tolto la bajour e i pochi oggetti presenti sul comodino sul letto e aveva ribaltato il comodino.

- Avete qualcosa di metallo, possibilmente lunga e sottile?

Questa semplice domanda scatenò una sorta di guerra tra le due ragazze, a suon di ricerche nelle loro borse.

Tanto Orlando quanto Ash si chiesero come diavolo facessero a far stare tutta quella roba dentro delle comuni borse. 

Alla fine la spuntò Lucinda. Con una sorta di attrezzo multiuso.

- Quando viaggi per un’intera regione devi averne sempre uno nella borsa!

Commentò.

Per poi passarlo a Orlando.

Il quale, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, finalmente trovò l’attrezzo che serviva, una sorta di lametta di metallo abbastanza sottile e apparentemente resistente.

Aveva la punta piatta, per cui non avrebbe rovinato il legno più di tanto.

Il ragazzo passò la mano su ogni centimetro quadrato del fondo, fino a quando non esclamò

- Trovato!

Tanto Ash quanto le due ragazze erano stupite. Cosa avrebbe trovato?

Il ragazzo infilò la sottile lama nel punto in cui aveva notato una piccola anomalia nel legno del fondo. Quasi impossibile da percepire a occhio nudo, e più semplice da trovare passandoci la mano. La parte di fondo si sollevò piano piano.

Fino a uscire. Il prezioso cimelio tanto raccontato era un DVD.

Era dentro una busta di plastica trasparente e, fortunatamente, non presentava alcun graffio.

- Ora abbiamo un problema. Dove lo troviamo un lettore?

- Ieri mi sembra di averne visto uno qui, nel salotto.

Gli rispose Ash

- Ma da quando in quando dici cose sensate!

Per Lucinda non fu semplice soffocare la risata.

- E anche se ci fosse? Non credo che qualcuno abbia pagato le bollette tutti questi anni. Ammesso che funzioni.

- Non preoccuparti! Abbiamo una sorta di… arma segreta.

- Ehi! Ma sono io a dover dire alle persone di non preoccuparsi!

Rispose, Lucinda, in tono ironico.

- Ma poi sai bene come finisce!

Questa volta fu Ash a farle la battutina.

- Ad ogni modo…

Ci pensò Serena a far ritornare la situazione seria, com’era prima.

- Un nostro caro amico, Lem, il capopalestra di Luminopoli, è un inventore geniale, credo che potrebbe darci una grossa mano. Dopotutto l’elettricità è il suo campo.

- Possiamo provare. A questo punto…

Ash si era messo in contatto con l’amico, che rispose immediatamente.

Dopo una chiacchierata di aggiornamento, in cui gli ex compagni di viaggio si erano raccontati delle ultime avventure, e dopo aver presentato al ragazzo e alla sorella minore tanto Orlando quanto Lucinda, con la solita, imbarazzante scenetta di Clem, finalmente si giunse al problema.

- Allora, è una storia lunga e mi pare che tu sia abbastanza impegnato, quindi sarò breve. Ti basti sapere che ho avuto delle visioni sulla storia di un certo signore, che ha lavorato a dei progetti piuttosto strani. A un certo punto della sua vita è scappato, insieme a sua figlia, qui a Ferropoli. L’uomo è stato ucciso e la figlia è scomparsa.

Ho scoperto poi che la storia di sua figlia si intreccia con quella di Orlando Bir, sì, il pilota che ha da poco vinto il titolo.

Ha trovato un DVD a detta sua molto prezioso.

- E?

- E avrei bisogno del tuo genio per poterlo vedere.

- Capisco. -  Rispose il capopalestra. - Vedrò cosa posso fare. -

Un quarto d’ora dopo Ash aveva ricevuto una seconda chiamata da parte dell’amico.

- Oggi trionfa la scienza, il futuro è qui! Immaginavo che un giorno sarebbe tornata utile! Quando manca la corrente, ma tu hai comunque bisogno di avere una fonte di elettricità… ecco qui la pila a fulmini!

Basterà colpire questo dispositivo con un attacco di tipo elettro, come il fulmine del tuo Pikachu, e il dispositivo immagazzinerà l’energia all’interno della batteria, pronta ad essere utilizzata per qualsiasi scopo.

Una voce, ben nota a Ash e Serena, commentò:

- Certo che potevi trovare un nome migliore!

- Comunque sia… c’è un piccolo problema… In questo periodo sono molto impegnato e non posso muovermi da Luminopoli

- Non ti preoccupare. Mando un correre.

Ash fece uscire la sua Dragonite dalla Pokéball.

Ella, appena uscita dalla PB, abbracciò subito il suo allenatore.

- Eccola qui! Credo che tu la conosca già, o mi sbaglio?

Risero tutti.

Un paio d’ore dopo la Dragonite del ragazzo era andata a Luminopoli ed era tornata con il dispositivo creato dal capopalestra. Sul dispositivo c’era un biglietto, con scritte delle avvertenze.

Il dispositivo è già carico e dovrebbe avere almeno cinque ore di autonomia. Nel caso dovesse servire, per precauzione di al tuo Pikachu di non andarci troppo pesante con i fulmini”

Ash sorrise, pensando a tutte le volte in cui le invenzioni dell’amico erano esplose, spesso in modi spettacolari.

In ogni caso non sarebbe stato nulla di troppo complesso.

Attaccare il televisore e il lettore all’alimentatore e collegare il lettore al televisore.

A dire il vero, a occuparsi dell’operazione fu Orlando.

Accese il televisore, il quale, nonostante gli anni e l’umidità presa, si accese. Il ragazzo sorrise.

Aveva dimenticato la sensazione che dava un televisore a tubo catodico, una leggera scossa e i peli che si sollevavano.

Il lettore DVD si accese con meno insistenza Lo sportellino si aprì e il ragazzo inserì il disco.

Qualche istante di attesa e partì il filmato.

Ritraeva il professore seduto su un divano.

- Se stai guardando questo filmato vuol dire che le cose si sono messe male. Almeno per me.

Mi ero ripromesso che avrei eliminato ogni cosa se le cose fossero andate per il meglio.

Quindi è giusto che tu conosca delle cose che ti ho tenuto nascoste. Perché è a causa di ciò se sono finito nei guai.

Dopo che ci siamo trasferiti qui a Ferropoli, io e la signorina Suzanne abbiamo iniziato a lavorare come insegnanti in una scuola qui vicino. Un giorno, non molto dopo il nostro arrivo, lei mi propose di rimettere mano al progetto a cui avevo lavorato, con lo scopo di usarlo esclusivamente per scopi pacifici.

Assai titubante, accettai. Sarebbe stato economicamente impossibile, per due professori, lavorare a un progetto così grande, per cui dovemmo cercare dei finanziatori. Non potevamo spiegare precisamente ciò che avremmo voluto fare.

Per questo motivo ottenerlo tramite vie tradizionali era molto difficile, se non impossibile. Scoprimmo troppo tardi le conseguenze della nostra scelta. Appena ce ne accorgemmo, decidemmo di sfruttare lo stesso sistema a cui avevo lavorato anni fa. Il trasferitore. Durante alcuni esperimenti avevamo scoperto di come, non solo poteva essere usato per trasportare, da un luogo all’altro i Pokémon all’interno delle loro Pokéball, ma anche degli oggetti. Grazie agli studi di Suzanne, scoprii che potevano essere trasportati anche gli esseri umani. Dopotutto non c’è tutta questa differenza tra umani e Pokémon dal punto di vista biologico.

Erano tutti stupiti. Ma nessuno chiese di mettere in pausa il video, che continuò.

Dopo alcune ricerche trovai una persona che sembrava potesse aiutarci.

Gualtiero Scoperse.

Orlando rabbrividì. Mise il video in pausa.

- Scusa perché l’hai messo in pausa?

- Vedi, Ash, è che Gualtiero Scoperse è mio zio. Fratello di mia madre.

Erano tutti sorpresi.

- E, sapete? Non l’ho più visto da quando siamo fuggiti da Kalos. Inizio a capire perché scappammo così di fretta.

Tolse la pausa.

- I soldi arrivarono. Puntualissimi e abbondanti.

Riuscimmo a comprare un vecchio edificio, e ristrutturare i piani interrati per usarli per i nostri studi.

Guardando i piani superiori, si aveva la sensazione che fosse un edificio abbandonato come tanti, per cui le squadre di operai e Pokémon che arrivavano potevano benissimo essere lì per le demolizioni.

- Aspetta un secondo, metti in pausa!

Orlando mise in pausa il video, assecondando la richiesta della ragazza dai capelli aedesia.

Lucinda riprese a parlare.

- Prima di incontrarti avevamo conosciuto un ragazzo che aveva tentato di esplorare una fabbrica abbandonata.

Ci ha detto che l’edificio era praticamente inaccessibile. Quando ha cercato di esplorarla dall’alto il suo Talonflame è stato ferito. Nessuno sapeva spiegarsi da dove venissero quelle ferite. 

- Davvero strano.

Fece ripartire di nuovo il video

- In ogni caso tutto funzionava per il meglio, e quell’uomo è stato così gentile da aiutarmi a pagare alcune piccole modifiche a questa casa, come un passaggio sotterraneo che permette di raggiungere la fabbrica dai sotterranei, passando attraverso le fogne. Non una gita di piacere, ma era il solo modo per non farti preoccupare quando restavi a casa da sola.

In ogni caso non importa. Lavorando e ricostruendo il sistema ci accorgemmo di qualcosa che non andava.

Nelle nostre idee il progetto era quello di permettere lo studio del comportamento dei Pokémon e, allo stesso modo permettere agli allenatori meno esperti di migliorare il loro rapporto con i loro Pokémon.

Tuttavia, come nel progetto iniziale qualcosa non tornava.

Questa volta a richiedere una pausa fu Ash.

- Nelle visioni che ho avuto ho notato come queste Pokéball non permettessero a quelle normali di aprirsi, mi chiedo che altri problemi potessero avere.

- Non so. Vediamo, faccio ripartire.

- Inizialmente il problema era queste che non permettessero alle Pokéball normali di aprirsi.

In seguito scoprimmo che il problema era causato semplicemente dal dispositivo di riconoscimento, che poteva essere eliminato senza problemi. Il vero problema era ben più grande. Il sistema che permette di studiare il comportamento dei Pokémon è lo stesso che permette di rendere questi più amichevoli verso gli allenatori, tuttavia…

Al laboratorio avevamo notato come quel tipo di Poké Ball non aveva quell’effetto solo sul Pokémon catturato, ma anche su quelli vicini ad esso. Non faceva alcuna differenza il fatto che fossero Pokémon catturati o selvatici.

Cercammo in ogni modo di evitare che ciò accadesse, anche se era impossibile risolvere il problema in tempi ragionevoli.

Non potevamo tirarci indietro. Nonostante questo, costruimmo la centrale di comando. Era possibile studiare i dati e il comportamento dei Pokémon, e, contemporaneamente rendere questi ultimi più amichevoli, ma…

Fece una pausa.

- Scoprimmo che le due funzioni potevano essere unite e il Pokémon comandato come un burattino.

Proprio attraverso la centrale di comando.

E non era di certo quello che volevamo.

Quando capimmo di essere in pericolo, dirottammo parte dei fondi sul trasferitore per esseri umani, che costruimmo in breve tempo. Almeno lei si sarebbe salvata.

Spiegai a mia figlia tutto quello che c’era da sapere sul trasferitore per esseri umani, dove sarebbe arrivata e come si sarebbe dovuta muovere nella città dove si sarebbe trovata. Sarebbe stata sola in una città dall’altra parte di Kalos...

Speravo con tutto me stesso che lei non debba mai usarlo. 

Il video finì.

Lasciando tutti con più domande che risposte.

- Aspetta un secondo, aveva parlato di una città molto lontana?

- Esatto.

- Proprio dall’altra parte di Kalos.

Serena si tolse dalla tasca il foglietto, gelosamente conservato fino a quel momento.

Su di esso non c’era scritto molto.

Giusto il nome di una città, Bruopoli, e un indirizzo.

Viale Florges, 34.

Lucinda aveva controllato, nel suo Smart Rotom, la mappa di Kalos.

- Guardate, corrisponde perfettamente alla descrizione data dal signor Sebastian. O Waldo, non quale sia il so vero nome. Si trova all’estremo nord di Kalos.

- Cosa volete fare?

La domanda di Orlando era chiaramente retorica.

Lui sarebbe andato lì anche da solo.

La risposta, unanime dei tre, non si fece attendere.

- Andiamo!

- Ok, allora domani mattina vi accompagnerò. Sarà un viaggio bello lungo, meglio alzarsi presto.

La notte era passata tranquilla e il giorno dopo i quattro si trovavano di fronte al Centro Pokémon.

Avevano fatto colazione, salirono a bordo e partirono. Avevano pianificato di pranzare a Bruopoli, poi avrebbero fatto visita a quell’edificio. Alla disperata ricerca di indizi.

Il viaggio di andata era stato tutto sommato tranquillo, tranne per del traffico sull’autostrada fino a Luminopoli.

Per questo l’arrivo nella città a nord della regione fu leggermente ritardato, rispetto al previsto.

Comunque sia perfettamente in orario di pranzo.

Si fermarono davanti a un piccolo ristorante, “da Mannekenpix”

Qualora non si sapesse dove trovarlo, il piccolo locale poteva apparire inosservato.

Solo un’insegna, con disegnato un uomo biondo, con dei lunghi baffi, basso, robusto, e vestito da cuoco, forniva un indizio sulla natura del locale. 

- Bene, mangeremo qui. Sapete, questo ristorante esiste da oltre duemila anni e da sempre è famoso per l’abbondanza delle sue porzioni. Soprattutto quelle del menù dei giganti. 

- Duemila anni? 

Ash era stupito, duemila anni erano davvero un’eternità.

- Si dice che, da allora solo un leggendario guerriero, proveniente da un piccolo villaggio all’estremo nord di Kalos è riuscito a portare a termine il menù dei giganti. Dodici enormi portate.

Scesero dall’auto.

Ash si massaggiò la schiena dolorante, era rimasto seduto diverse ore in quella posizione.

Lucinda, vedendo, commentò

- Guarda che hai diciassette anni, non ottantasette!

Risero tutti, meno Ash.

Dopo un abbondante pranzo, arrivarono all’indirizzo.

Era un viale abbastanza triste, palazzoni grigi, tutti uguali si ergevano da entrambi i lati della strada, dando una sensazione di soffocamento.

Dopo aver fermato la macchina a poca distanza dal palazzo incriminato, Orlando fece scendere i suoi passeggeri.

Lui non scese.

- Come mai non scendi?

Gli chiese Ash.

- Non vi preoccupate, sto tornando, devo solo fare una cosetta.

Intanto i tre avevano ricoperto la breve distanza che separava il luogo dove erano scesi all’ingresso del palazzo.

Il palazzo non aveva nulla di speciale, era molto simile a tutti gli altri.

Ash provò a suonare ogni campanello disponibile, ma non ottenne alcuna risposta.

Un signore di una certa età, che passava per quella strada, gli disse cosa.

- Inutile che suoni, non ci vive nessuno.

- E lei come fa a saperlo?

- Vivo qui da prima che questo palazzo venisse costruito e vi posso assicurare che non è mai stato abitato, se non per brevissimi periodi, ma se vuoi continuare a insistere, fai pure... giovanotto.

Appena il vecchio si allontanò e dopo aver constatato che la porta era chiusa, Ash decise di passare alle maniere forti.

Guardò negli occhi il suo Pikachu, con l’espressione di qualcuno che aveva appena avuto un’idea.

Aveva notato che tra la porta e l’anta vi era uno spazio abbastanza ampio.

- Pikachu, usa Codacciaio per tagliare il passante.

Il roditore elettrico eseguì l’ordine, tagliando il passante che teneva chiusa la porta, con un potente colpo della coda. Quel Codacciaio sembrava far pensare che il passante fosse fatto di burro.

La porta era aperta e poterono accedere all’interno del palazzo.

Un semplice andito che dava su numerose porte, tutte uguali, e conduceva a una scala che portava al piano superiore.

Lucinda ebbe un’idea.

- Facciamo una cosa. Dato che ci sono molte porte, apriamone una a testa e, qualora dovessimo trovare qualcosa di strano, ci avvisiamo.

- Mi sembra una bella idea.

- Hai avuto una grande idea.

Si complimentarono Bunz e Serena.

Aprirono una porta a testa, e, insieme si accorsero di come nessuna di esse fosse chiusa a chiave.

Allo stesso modo notarono come queste dessero su dei normalissimi appartamenti. Vuoti e impolverati.

Dopo averli esplorati tutti e aver constatato che nessuno di loro avesse trovato nulla di interessante, optarono per salire al piano superiore, senza trovare nulla di interessante. E così ai piani ancora superiori. Fino all’ottavo e ultimo piano.

Madidi di sudore e arrabbiati per il tempo sprecato, stavano per alzare bandiera bianca, quando qualcosa attrasse l’attenzione di Serena, che era sempre stata un’acuta osservatrice.

- Avete notato?

Indicava una porta, diversa da tutte le altre.

Tanto per cominciare, contrariamente a tutte le altre, era realizzata in legno scuro ed era, almeno all’apparenza, molto robusta. Sembrava dovesse proteggere qualcosa di molto prezioso.

- Cosa?

- Quella porta. Sembra completamente diversa da tutte le altre. Proviamo ad aprirla per prima.

Per lei era strano prendere l’iniziativa, ma gli altri due accettarono di buon grado.

Si avvicinarono alla porta e Serena, provando ad aprirla, si rese conto di un’altra sostanziale differenza.

- Accidenti! È chiusa!

- E stavolta che cosa ti inventi, Ash?

Gli chiese Lucinda, chiedendosi, sinceramente, che Buneary avrebbe tirato fuori dal cilindro.

- Dragonite, vieni fuori!

La Dragonite del ragazzo uscì dalla Pokéball, pronta ad aiutarlo.

- Per favore… butteresti giù quella porta?

La potente Pokémon di tipo drago, sfondò la porta senza sforzo, causando un gran fracasso.

Lucinda, ridendo, commentò la situazione

- Certo che potevi trovare un metodo più ortodosso per aprirla!

Nel mentre Ash aveva richiamato la sua Dragonite nella Pokéball.

- Grazie, hai fatto un gran lavoro!

Entrarono e notarono immediatamente che quello non era un appartamento come tutti gli altri.

Era una stanza singola, della stessa superficie di un normale appartamento.

Quello che attirò la loro attenzione non fu tanto la diversa struttura dell’ambiente, quanto il fatto che, contrariamente a tutti gli altri appartamenti, presentava degli oggetti al suo interno.

Un tavolino da caffè, ribaltato, con tutta probabilità dall’impeto della Dragonite del ragazzo, era davanti alla porta. Il ribaltamento del tavolino da caffè, aveva fatto cadere un mazzo di chiavi.

Con tutta probabilità, quelle chiavi avrebbero aperto sia quella porta sia l’ingresso del palazzo.

Le due ragazze, invece, vennero attratte da uno strano macchinario, appoggiato contro una parete.

Una pedana di metallo, probabilmente acciaio, sovrastata, a circa due metri d’altezza, da un disco traforato, realizzato nello stesso materiale. Dal disco partivano alcuni cavi, collegati a quello che sembrava essere un computer, che troneggiava su una scrivania, curvata dall’enorme peso del monitor.

Sembrava mancasse qualcosa. C’erano solo un monitor, un mouse e una tastiera, ingialliti dal tempo.

Serena si era avvicinata al computer, o almeno alle parti che erano presenti e notò come fossero collegati a una ciabatta, con tanto di interruttore.

Senza nemmeno pensarci, considerando che non c’era alcuna ragione per cui dovesse esserci la corrente, premette l’interruttore. La lucina rossa che indicava che la ciabatta erogava energia ai dispositivi collegati si accese, lasciando di stucco la ragazza.

- Ehi! Guardate! C’è la corrente!

Lucinda e Ash si avvicinarono alla ragazza.

Nello stesso momento, sul monitor del computer apparve una barra di caricamento, con una scritta in cui si menzionava la connessione a un server.

Trenta secondi dopo, apparirono dei dati relativi a alcuni Pokémon.

Non vi era alcuna correlazione tra le specie mostrate.

Erano nativi di diverse regioni e si trovavano a stadi evolutivi diversi.

- Da dove vengono questi dati?

Ash condensò, in una sola domanda, l’intera sorpresa del trio.

Anche lui aveva notato come quello fosse un semplice monitor, apparentemente non collegato a un computer. In più ricordava di come, da piccolo avesse avuto quello stesso modello di computer, motivo per cui sapeva che non si trattava di un tutto-in-uno. 

Lucinda, senza neanche pensarci, premette un tasto sulla tastiera.

La schermata che prima mostrava dati di Pokémon a ripetizione, era cambiata.

Ora mostrava una schermata con una richiesta alquanto peculiare.

Digitare una password per accedere ad un’area riservata.

- E ora cos’ho combinato?

Era chiaro che il tono di Lucinda fosse dispiaciuto.

- Digita la password per accedere all’area riservata?

Che area riservata?

- Non ti preoccupare… anzi

Il tono di Ash era assai comprensivo.

- Non ricordi cosa aveva detto il Professor Sebastian, o Waldo, come lo ha chiamato Orlando?

Serena terminò la frase di Ash.

- No?

- Che sapeva che quel tipo di Pokéball poteva essere usato per controllare i Pokémon, come se fossero marionette, sfruttando quello che sarebbe dovuto essere un semplice modo per aiutare gli allenatori meno esperti?

- Giusto, ora ricordo.

- E se da quell’area riserva si potessero controllare i Pokémon?

La sua domanda cadde nel vuoto.

Lucinda provò a digitare una password.

DARKRAI

Password errata.

Ritentò

GARDEVOIR

Password errata.

Tentativi rimasti: 2

- Meglio non rischiare

Si era allontanata dallo strano computer per avvicinarsi al macchinario che aveva inizialmente attirato l’attenzione.

Guardandolo più attentamente ricordava una sorta di doccia, anche se, per come era costruita, dal soffione sarebbe piovuta elettricità e non acqua.

Ash, nel mentre, aveva aperto il cassetto della scrivania.

Dentro un semplice elenco telefonico. Di certo non lo avrebbe sfogliato tutto, troppo pigro per farlo, ma qualcosa attirò l’attenzione. Tre segnalibri.

Aprì l’elenco in corrispondenza del primo di essi. E si accorse di un numero di telefono evidenziato.

A giudicare dal cognome doveva essere un qualche parente del professore.

Prima che potesse mostrarlo alle due ragazze, la sua attenzione venne attratta da un rumore assai insolito.

Quello di un elicottero. Ash si avvicinò alla finestra.

L’elicottero era proprio sopra l’edificio dove si trovavano.

Un uomo con un megafono stava imprecando contro di loro, avevano violato una proprietà privata e sarebbero stati arrestati e processati per direttissima.

Erano in trappola. La strada era occupata da un’abbondante dozzina di berline nere, tutte uguali.

Dalle stesse erano scesi degli uomini.

Tutti vestiti di nero, armati e con sicuramente, con cattive intenzioni.

Correvano verso l’edificio. E presto gli avrebbero raggiunti. Erano in trappola.

Certo, potevano attaccarli con i loro Pokémon, ma non dovevano dimenticare che erano armati.

Per fortuna, non erano soli. Dalla finestra Ash notò un Pokémon che conosceva. Il Metagross shiny di Orlando.

E non era solo, era scortato dal Togekiss dello stesso.

- Vieni fuori Dragonite!

- Anche tu Togekiss, aiutali!

I tre salirono sul dorso del poderoso Pokémon Ferrato, che gli trasportò fino alla macchina del ragazzo.

Senza dire una parola, salirono in macchina e ricoverarono i Pokémon nelle rispettive Pokéball.

Orlando non fece quasi in tempo ad accendere il motore che già erano stati trovati dall’elicottero. E poco sarebbe mancato prima che venissero raggiunti anche dall’esercito di berline nere.

Partì in maniera aggressiva, facendo slittare le gomme e sollevando una nuvola di fumo bianco. Doveva cercare di uscire il più presto possibile da quella città. Una coupé così larga e bassa, quasi rasoterra, in una città, era come un Mamoswine in un negozio di cristalli. Doveva raggiungere al più presto l’autostrada.

A Kalos le autostrade non avevano limiti di velocità, per cui avrebbe potuto seminarli tranquillamente.

Ovviamente doveva prima raggiungerla.

La raggiunse dopo numerosi giri a vuoto, nei quali più di qualche cittadino aveva chiamato le forze dell’ordine, preoccupato dall’inseguimento.

Appena varcato il casello, Orlando, che fino a quel momento era stato in silenzio, si era messo in contatto con il comando di polizia locale. Non ci volle molto tempo prima che ricevesse una risposta.

Era la voce, rassicurante, ma al contempo posata e autoritaria di un’agente Jenny

- Se chiami deve essere un’emergenza.

Sai bene che non devi chiamare per piccolezze.

- Non è affatto una piccolezza. Trasporto tre civili e siamo inseguiti da un gran numero di uomini totalmente vestiti di nero, alla guida di alcune berline nere. Hanno anche un elicottero. E sono armati.

- Vediamo cosa riusciamo a fare.

Abbiamo rintracciato i dispositivi e posso confermare che trasporti tre civili.

Hai l’autorizzazione.

Ti mandiamo una scorta.

- No

La chiamata si chiuse.

Orlando non aveva capito che non fosse una domanda, ma un’affermazione. Avere altre auto o delle moto tra i piedi sarebbe stata solo una perdita di tempo. Intanto, Ash aveva passato a Lucinda la Pokéball della sua Dragonite, per tentare di sbarazzarsi almeno dell’elicottero. L’elicottero precipitò in mezzo all’autostrada, dopo esser colpito da un potentissimo Tifone. Cadendo esplose in modo spettacolare. Per fortuna la Dragonite del ragazzo si era allontanata.

I suoi occupanti si erano salvati, indossando dei Jetpack. Eliminata la minaccia aerea restavano le berline.

E, con quel traffico non era certamente semplice seminarli.

Nonostante avesse l’autorizzazione, Orlando non era di sicuro autorizzato a coinvolgere ulteriori civili.

Stava sorpassando un’auto dopo l’altra, e mettendo in seria difficoltà i suoi inseguitori.

Intanto, da uno degli ingressi, stava arrivando una pattuglia di auto della polizia, pronti a scortarli.

Lui non voleva avere la scorta, sarebbero stati unicamente una palla al piede.

Ma ormai erano lì.

Tanto valeva approfittarne.

Erano una quindicina di berline tutte uguali, di un triste colore marrone chiaro metallizzato, con il tetto bianco, che correvano a sirene spiegate.

Per i loro inseguitori erano come birilli da far cadere per liberare la strada.

L’autista della berlina più avanti ne aveva tamponata una, a causa dell’urto aveva compiuto un testacoda, impattando su un’auto civile. L’energia dell’impatto era stata tale da far esplodere il serbatoio di una delle due auto, che aveva preso fuoco.

Gli occupanti, per fortuna si erano salvati. Uomini in nero uno, poliziotti zero.

Non era ancora finita, una delle auto della polizia aveva lanciato, contro una di quelle berline, un dispositivo in grado di bloccare una delle ruote e fermare in modo brusco la sua corsa.

Qualcosa non andò come previsto.

Il dispositivo bloccò si la berlina, ma rimanendo attaccato all’auto della polizia, coinvolse anche la stessa.

Le due auto bloccarono parzialmente la strada.

Uno degli autisti delle berline nere, distratto dall’inseguimento, non se ne accorse e le colpì in pieno, facendole urtare contro le protezioni laterali e danneggiandole ulteriormente.

Procurò anche gravi danni alla sua auto, a tal punto da rendere impossibile la marcia.

La strada era ricoperta da liquido di raffreddamento bollente e scivoloso.

Uno degli inseguitori, cercando di sorprendere la polizia, decise di usare la rampa di una bisarca per prendere slancio e balzare davanti alla stessa, ma prese male le misure e la sua auto si ribaltò. Impossibilitato a spostarsi, venne preso in pieno da una delle auto della polizia.

Altre berline nere stavano procedendo contromano lungo l’autostrada, nella speranza di chiudere la loro preda in una morsa. Orlando stava facendo di tutto per schivarle. Anche a costo di cambiare repentinamente corsia.

La scorta di poliziotti era stata decimata dalle berline dei loro inseguitori.

Ma anche a questi ultimi le cose non andavano proprio benissimo. Le loro auto erano passate da un’abbondante dozzina a solamente due. L’autostrada sembrava un campo di battaglia.

Rottami in fiamme ovunque, auto ribaltate, altre su un fianco, altre accartocciate. E non solo delle due forze coinvolte, ma anche e soprattutto civili. I rottami avevano inoltre causato un gigantesco tamponamento a catena che aveva ulteriormente peggiorato le condizioni del traffico.

Dall’elicottero del notiziario che aveva iniziato a riprendere la scena non appena era stata informata la polizia, la situazione era chiara. Decine di feriti, auto in fiamme, traffico in tilt.

I quattro avevano preso l’uscita per Luminopoli, dopo che, con grande sollievo di tutti, Ash e Serena, seduti dietro, avevano notato che le auto nere avevano smesso di inseguirli.

Si erano fermati in una stazione di servizio, a due passi da uno dei tanti Centro Pokémon della città.

Lucinda, Ash e Serena erano usciti dall’auto.

Ancora sconvolti dall’inseguimento, ma felici, essendo sani e salvi.

Orlando, dopo aver lasciato l’auto nell’officina della stazione, aveva raggiunto i tre.

Aveva notato come fossero tutti al telefono, quasi sicuramente per rassicurare parenti e amici, spaventati dalle immagini di cui erano stati protagonisti.

Ash, per esempio stava chiamando la madre, comprensibilmente preoccupata per quanto accaduto.

Anche se, come suo solito, il ragazzo, dopo uno scampato pericolo del genere, tendeva a minimizzare.

- Ma no! Ti assicuro che è stato fantastico! Sembrava di essere in una puntata di Squadra Speciale Arbok 11!

Il ragazzo era un grande fan del poliziesco girato al Pokéwood, che raccontava le vicende di una coppia di poliziotti che difendeva le autostrade della immaginaria regione di Greminia, da ricattatori, assassini e pirati della strada. Anche se, alla fine in ogni singolo episodio era un ripetersi di inseguimenti in condizioni estreme, acrobazie, incidenti ed esplosioni spettacolari, anche se alle volte queste ultime erano talmente esagerate da risultare irrealistiche.

Lucinda, volendolo punzecchiare

- La guardi ancora? Non sai che è tutto finto?

- E allora? Anche se fosse? Non mi impedisce di godermela comunque!

- Si, posso confermare che molte cose non sono vere, molte cose richiedono un grande lavoro.

Ash era stupito, aveva forse trovato un altro fan della serie?

 Ed era ancora più stupito quanto aveva notato che a parlare era Orlando.

- Sai, ho fatto un cameo in un episodio, roba da poco, chiaramente, ma mi hanno comunque mostrato il set e i materiali.

- Puoi raccontarmi qualche segreto?

- Non voglio annoiarvi, per cui sarò breve. Il suo sguardo era chiaramente rivolto alle due ragazze.

- Semplicemente alcune esplosioni impossibili vengono fatte al computer, altre sono vere, ma per ottenerle usano della cariche nascoste in punti strategici

- Interessante!

- E concludo dicendo che le auto che usano nelle scene degli inseguimenti sono vere. Certo, si tratta di catorci, riparati alla buona per camminare, ma finché vanno…

- Possiamo parlare di qualcosa di più interessante?

Lucinda era visibilmente annoiata.

- Tanto per cominciare...

Stava puntando contro Orlando uno sguardo di piombo. Dai suoi occhi blu pareva uscissero dei raggi laser pronti a incenerirlo.

- Cosa ci nascondi? Perché mai dovresti avere dei contatti così stretti con la polizia?

-Io?

- Chi sennò?

- Niente

- Come niente?

- E va bene. Confesso. Faccio parte di un servizio emergenze. In poche parole siamo un gruppo di professionisti che, in casi di estrema necessità mettono a disposizione i loro mezzi e le loro abilità al volante. Per esempio quando dobbiamo consegnare organi agli ospedali in caso di trapianti, sacche di sangue per trasfusioni in caso di gravi incidenti, farmaci salvavita e via discorrendo. E, dato che da noi può dipendere la vita di persone e Pokémon, abbiamo la possibilità di chiedere aiuto alle autorità per ricevere degli speciali permessi per poter violare le norme della circolazione.

- E come mai ti hanno autorizzato se non facevi nulla di tutto questo?

- Per voi. Dopotutto siete dei civili, ed eravate inseguiti da quei brutti ceffi.

- Se proprio insiti!

Serena le mise una mano sulla spalla, facendola girare di scatto.

- Ci ha condotti fino a qui, sani e salvi. Se non fosse stato per lui saremmo state crivellate di colpi. E te lo tratti così?

Dagli la possibilità di dimostrare che sta dalla nostra. Penso che ci tenga davvero a quella ragazza...

- Se lo dici tu. Ma io farei lo stesso attenzione.

Era quasi tramontato il sole, l’auto del ragazzo era sotto i controlli di un meccanico locale e non sarebbe stata pronta fino al pomeriggio del giorno dopo.

La sola opzione percorribile era passare la notte a Luminopoli.

Si dice che la notte porti consiglio. O qualcosa di simile. La notte di Graziano aveva portato qualcosa di diverso.

Da quando aveva ricevuto, da un anonimo mittente quella Pokéball, non aveva pensato ad altro. Da una parte era ben consapevole che si trattava di un caso chiuso e che non ci doveva più pensare.

Era ampiamente rientrato dalle perdite economiche di quel progetto e si era ripromesso che non ci avrebbe più messo le mani. Tuttavia, proprio mentre si trovava in quello strano stato tra la veglia e il sonno, ricevette un’inaspettata telefonata.

Era il telefono rosso. Quando squillava era qualcosa di molto importante.

Accese il sistema di camuffamento vocale, certo come la morte che anche la persona dall’altro capo del telefono avrebbe fatto altrettanto. E non si sbagliava. 

Nonostante il camuffamento, era chiaro che dall'altro capo del telefono ci fosse una donna.

-Se sei stato te a mandare quei tre e a convincerlo che si trovavano dalla parte giusta, ti devo fare i complimenti.

Sei un passo avanti a noi, ma non temere. Ti raggiungeremo e ti faremo pagare per tutto quello che hai fatto.

- Ma di cosa sta parlando?

- Non fare il finto tonto, parliamo di Sebastian Arnes e di tutti quelli coinvolti con lui, tra cui te e quel Gualtiero.

Hai due possibilità, o ti tiri fuori o saremo noi a farlo.

- Ti sbagli. Ormai con quello ho chiuso. Un salasso senza alcun senso.

- Sappiamo bene che è roba tua. Ma stanne alla larga.

La donna chiuse la telefonata.

- Ma guarda che coincidenza!

Commentò.

- Mi arriva una di quelle Pokéball e mi accusano di essere coinvolto con quei tre mocciosi!

Pff, ma lo sa che io non ho bisogno di aiuti dall’esterno? Ora che mi ha spifferato tutto, manderò il mio uomo migliore a aprirmi le porte e, quando sarà tutto pronto, lei non potrà fare altro che arrendersi al mio potere.

Compose rapidamente il numero, sempre sul telefono rosso.

A rispondergli un uomo, con la voce impastata dal sonno, nonostante il filtro di camuffamento.

- Se mi ha chiamato deve essere qualcosa di grosso.

- A quanto vedo il tuo istinto non sbaglia mai.

- Cosa vuole?

- Quel progetto di tanti anni fa, che coinvolgeva Arnes, a Ferropoli. Hanno riattivato parte dei sistemi. Rintracciali e dammi quello che mi spetta.

Non dovette aggiungere nulla, sapeva che era il suo uomo migliore e sapeva che sarebbe stato subito pronto ad attenderli a Ferropoli, prima del loro arrivo.

 




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Capitolo 3
*** Un incontro voluto dal destino? ***


Un incontro voluto dal destino?



Dopo la rocambolesca fuga dalla città di Bruopoli, i quattro si erano fermati a Luminopoli.

Sarebbero dovuti rimanere nella metropoli fino al primo pomeriggio del giorno successivo.

Giunti in città, la prima preoccupazione fu quella di prenotare delle stanze al Centro Pokémon, per avere un luogo dove passare la notte. Una volta fatto questo, optarono per fare una passeggiata in città. 

Un buon modo per smaltire la tensione causata dall’inseguimento.

Dopo cena, decisero di ritrovarsi in una delle stanze del Centro Pokémon, per parlare di quanto avevano scoperto.

- Ecco cos’ho trovato!

Ash estrasse dal suo zaino quello che, a un occhio poco attento, poteva apparire semplicemente come un vecchio elenco telefonico. Si distingueva da centinaia di migliaia di suoi simili, solamente per tre segnalibri.

Aprendolo in corrispondenza del primo segnalibro, saltavano immediatamente all’occhio come alcuni numeri fossero evidenziati. Tutti i numeri appartenevano a persone di cognome Arnes, per cui era ipotizzabile che fossero parenti del signor Sebastian. Gli altri segnalibri si trovavano in posizioni totalmente a caso, e inizialmente non destarono alcun interesse dei presenti. Potevano essere stati messi anche solo per depistare i curiosi.

- Cosa ne dite, proviamo a chiamare i numeri evidenziati?

Il rimprovero da parte di Lucinda arrivò puntualissimo.

- Ash, non è una buona idea.

- E perché?

- Mettiti nei loro panni: un perfetto sconosciuto ti fa una telefonata e pretende di ricevere informazioni così personali… voglio dire… sentirsi chiedere cose come “come sta tua nipote?” Sapendo che non hanno sue notizie da praticamente dieci anni. Dieci anni! 

- Si, hai ragione, mi sono fatto prendere troppo dall’entusiasmo.

A tranquillizzare la situazione, ci pensò Serena.

- Sapete, mentre eravamo in viaggio per Bruopoli, ho fatto alcune ricerche sul signor Sebastian.

- Hai trovato qualcosa di nuovo?

La risposta di Orlando condensava perfettamente la curiosità di tutti.

- Solo alcune notizie del tempo, che, purtroppo, non aggiungono nulla a quello che già sappiamo. Il signor Sebastian venne ucciso da diversi colpi di arma da fuoco e sua figlia Taelia scomparve nel nulla.

Il caso venne archiviato dopo poco tempo, gli investigatori non trovarono indizi nè sul colpevole nè tantomeno sul movente dell’omicidio. Discorso simile per sua figlia. Gli investigatori non trovarono alcuna pista da seguire e archiviarono il caso.

Lucinda, rimase alcuni istanti in silenzio, come per trovare le parole giuste.

- Stavo pensando a una cosa.

Noi abbiamo alcuni indizi.

La ragazza prese dalla sua borsa un piccolo quaderno e una penna, quindi si mise a scrivere.

- Grazie alle visioni che Ash ha avuto grazie a Darkrai, sappiamo che il signor Sebastian ha avuto un passato turbolento.

La ragazza scrisse “passato turbolento”.

- E sappiamo anche che è stato ucciso da delle persone che lo cercavano da tempo e che avevano almeno un’idea di quello che stava facendo.

La ragazza scrisse, su quel quaderno “non ucciso da sconosciuti, avevano una minima idea di cosa stesse facendo".

- E se quelli che ci hanno inseguito fossero gli stessi che hanno ucciso il signor Sebastian?

- Non so. Nelle visioni non mi sono mai apparsi. Ma sicuramente sono collegati in qualche modo a lui.

- Ricordi? Da quando ho acceso quel dispositivo a quando hanno iniziato a inseguirci, saranno passati al massimo dieci minuti. per cui hanno sicuramente qualcosa a che fare con il signor Seb

Lucinda, scrivendo sul suo quaderno, osservò

- Ci troviamo in mezzo a tre fuochi.

Ipotizziamo che quelli che ci hanno inseguito siano gli stessi che hanno ucciso il signor Sebastian.

Restano due forze in campo.

Le persone per cui ha lavorato in precedenza, che, stando alle visioni di Ash, mi pare fossero dei militari, appartenenti a delle forze speciali, o qualcosa del genere…

Lucinda guardò Orlando dritto negli occhi. E con tono accusatorio.

- E tuo zio. Hai qualcos’altro da dirci su di lui?

- Come vuoi che te lo dica che non lo vedo da quando siamo fuggiti da Kalos? E sappi che anche allora non è che lo vedessi molto spesso. Sai che di dico? Non ho idea di come si possa essere procurato tutti quei soldi.

- Quindi te lo accusi di aver ottenuto quei soli illecitamente? Cosa mi garantisce che anche i tuoi non siano stati ottenuti in quel modo?

- Non mi sarei mai dato la zappa sui piedi da solo.

Lucinda ancora più arrabbiata.

- E allora perché non sei venuto con noi quando abbiamo esplorato quel palazzo? Cosa mi garantisce che tu non lavori per le stesse persone che hanno ucciso il signor Sebastian? E che non sia stato tu a chiamare i tuoi “amici” e poi “salvarci”?

Dopotutto, quando quegli uomini hanno visto i tuoi Pokémon, non hanno sparato.

- Non sono salito con voi perché dovevo fare il pieno alla macchina. So che può sembrare una scusa stupida… ma, se non mi credi, te lo posso dimostrare, ho ancora lo scontrino del distributore.

So anche che ti chiederai perché non mi sono fermato davanti a quel palazzo.Ma anche in questo caso nulla di troppo complicato, semplicemente, vedendo quelle auto tutte uguali, ho pensato che ci fosse qualcosa che non andava. 

- Ok, ha senso, ma non mi hai risposto all’altra domanda.

- Non lo so. Erano armati, me è plausibile che non potessero usare le armi per attaccare, ma solo per difendersi. Ma è solo una mia ipotesi.

Lucinda non gli rispose. Dopo queste parole, i quattro decisero di separarsi e di andare a dormire.

Darkrai aveva assistito a tutta la scena. E sapeva benissimo che se fosse venuta a mancare la fiducia tra i quattro, sarebbe stato un vero disastro. Per tutti.

Darkrai era il solo che poteva evitare tutto questo e sapeva di poterlo fare, trovandosi sopra le parti. Un suo intervento avrebbe potuto salvare la situazione, o perlomeno, avrebbe evitato una totale rottura tra Lucinda e Orlando.

Su Scoperse non aveva molti ricordi. Quando Gualtiero e Sebastian si incontravano, lui restava a casa a proteggere Taelia.

Alla fine trovò quello che cercava e decise di mostrarlo nei sogni di Lucinda.

Prima di agire non dovette attendere a lungo, la ragazza prese sonno quasi subito.

Nel sogno della ragazza apparvero due uomini.

Uno corrispondeva perfettamente alla descrizione del signor Sebastian, l’altro non aveva idea di chi potesse essere.

I due uomini erano seduti nel salotto della villetta e stavano bevendo del caffè.

Il signor Sebastian aveva un’espressione molto preoccupata. 

I due restarono in silenzio per un tempo apparentemente infinito. Silenzio rotto dall’uomo che mai aveva visto.

- Sono arrivato appena ho potuto. Immagino che la situazione sia molto grave.

- E non ti sbagli. Volevo parlartene da tempo.

Poco tempo dopo l’inizio del progetto, ho iniziato a ricevere alcune lettere da parte dei miei ex datori di lavoro.

Sebastian porse diverse buste di carta al suo interlocutore.

Provenivano tutte dallo stesso posto. Uno dei tanti Centri Pokémon di Austropoli, la città più popolosa di Unima.

Il fatto che le lettere provenissero da un Centro Pokémon, non era strano, i Centri Pokémon offrivano agli allenatori un servizio di posta in entrata e in uscita. L’ospite aprì una delle buste e lesse la lettera.

Sappiamo dove si trova e cosa sta facendo. Lei ha lavorato per noi e ora sfrutta i nostri progetti per il suo tornaconto.

In segno di magnanimità le offriamo la possibilità di arrendersi, di smettere di lavorare al suo progetto e consegnarci tutto ciò su cui ha lavorato fino ad ora. Le diamo tempo fino al sei dicembre.

Qualora dovesse accettare e arrendersi, esca dalla sua casa disarmato e con le mani alzate.

In caso contrario, affronterà le conseguenze del caso.”

L’uomo rimise le lettere nella busta.

- Vedi, Gualtiero, comincio ad avere paura. Quelle lettere provengono dai miei ex datori di lavoro. E ci hanno scoperti, nonostante tutto. Mi dispiace dirtelo perché ormai siamo amici, ma non dobbiamo più vederci.

L’uomo se ne andò senza nemmeno salutare.

Lucinda si svegliò.

- Darkrai!

Il suo tono era assai arrabbiato.

Avrebbe voluto risolvere da sola la questione, senza aiuti dall’esterno.

- So che sei te, è inutile che ti nascondi. Dimmi solo perché l’hai fatto.

Pochi istanti dopo, il Pokémon Neropesto, rispose alla ragazza.

- Era il solo modo per mostrarti la verità. Quell’uomo non l’ha ucciso. Lo hai visto benissimo.

- E quindi è stato ucciso dai suoi ex datori di lavoro? E chi sarebbero?

- Quelli di cui ti ha parlato Ash. Quelli da cui è fuggito con la signorina Suzanne.

- E di quel Gualtiero cosa mi dici?

- Non so molto di più di quello che ti ho mostrato. Ora sta a te decidere se fidarti di lui o meno.

- Se è quello che vuoi, gli darò un’ultima possibilità.

Durante quella notte, un uomo, a bordo di un pick-up, stava percorrendo, a velocità sostenuta, una delle numerose arterie autostradali di Kalos.

L’uomo rifletteva a voce alta sul come portare a termine quella missione.

- Saranno loro a condurmi dove voglio, che lo vogliano o no. Gli allenatori, quando visitano una città per poco tempo, alloggiano nei Centri Pokémon. Quindi è molto probabile che loro facciano altrettanto.

I Centri Pokémon sono luoghi in genere tranquilli e sicuri, per cui non credo che si facciano problemi a parlare di certi argomenti. E io devo essere pronto. Dovrò infiltrarmi all’interno di tutti i Centri Pokémon della città e installare le mie cimici. Appena scoprirò quello in cui decideranno di stabilirsi, e li potrò seguire come un’ombra. E potrò scoprire i loro segreti. E poi… il capo avrà via libera.

Aveva finalmente raggiunto la sua prima destinazione, un edificio abbandonato nella periferia della città di Ferropoli.

Parcheggiò il suo mezzo poco davanti all’edificio.

Scese dal suo pick-up, seguito dai suoi due Houndoom, che poterono finalmente sgranchirsi le zampe.

Scaricò dal suo mezzo le diverse attrezzature necessarie al suo piano.

Erano delle casse piene di cavi, microcamere, microfoni, due antenne e due ampi monitor. Prima di iniziare la sua missione, voleva assicurarsi che tutto funzionasse al meglio. I suoi due Pokémon erano incuriositi dagli oggetti con cui stava armeggiando. L’uomo, per evitare che questi potessero danneggiare le sue attrezzature, decise di usare del cibo come distrazione. Con i due Pokémon occupati a mangiare, poté finalmente verificare le sue attrezzature.

Per sua fortuna, tutto funzionava al meglio. L’uomo era preoccupato che qualcosa potesse essersi rotto, perché l'attrezzatura aveva subito alcuni scossoni durante il viaggio.

Altro aspetto importante per il suo piano era quello di conoscere a menadito la posizione di tutti i Centri Pokémon della città. Nulla di complicato. Prese il suo computer portatile e cercò sul browser un sito per visualizzare le mappe.

Si rese conto di come a Ferropoli ce ne fossero sei.

Due di grandi dimensioni in zone più frequentate della città e quattro, più piccoli, in posizioni più strategiche.

La mattina dopo, l’uomo iniziò a mettere in pratica il suo piano.

A Luminopoli, le due ragazze avevano costretto Orlando e Ash ad accompagnarle a fare shopping.

Sia chiaro, si intende che i due ragazzi vennero ridotti a dei portaborse.

Avrebbero sicuramente preferito una sessione di allenamento. In attesa che le due ragazze finissero di provare la gigantesca pila di abiti e accessori che avevano preso in vari reparti del negozio, i due ragazzi si erano sistemati in uno dei tanti pouf messi a disposizione per i clienti per riposarsi. Lontani da orecchie indiscrete.

Orlando, rivolgendosi a Ash in tono ironico

- Sai, la sola consolazione in questa situazione è che non stanno usando la mia carta di credito.

Ash cercò di non ridere, fallendo miseramente.

Dopo diverse ore, i quattro si stavano dirigendo verso il Centro Pokémon, per pranzare, riprendere le loro cose e quindi partire per Ferropoli. Lucinda qualche passo indietro rispetto a Ash, Serena e Orlando.

La ragazza, nonostante le visioni, non era ancora sicura del tutto delle sue intenzioni.

Dopo un po’ di tempo, finalmente Serena aveva trovato il coraggio di fare una domanda assai personale alla persona forse più coinvolta nel caso.

- Cosa faresti se, dopo tanti anni, dovessi rivederla?

Il ragazzo venne colpito a bruciapelo dalla domanda.

- Non lo so. Non è neanche detto che sia ancora tra noi.

Ash volle infondere nel ragazzo almeno una parte del suo tipico ottimismo.

- Sei troppo pessimista.

- Non sono pessimista. Sono realista.

Non pensi che, in nove anni si sarebbe fatta vedere da qualche parte, anche solo di sfuggita?

Altra pausa di silenzio, interrotta da Serena.

- Vi ricordate che in quel video, il signor Sebastian ha parlato di un dispositivo in grado di trasportare gli esseri umani come si fa con i Pokémon?

- Non pensi che ci sarebbero state delle notizie a riguardo? Tu stessa le hai guardate e non hai trovato nulla. 

Personalmente credo che se fosse riuscita a raggiungere Bruopoli, avresti trovato qualche notizia, per esempio “ragazza 

scomparsa a Ferropoli ritrovata sana e salva a Bruopoli, dai parenti”. O mi sbaglio?

- Hai ragione.

Ash, nonostante anche lui ritenesse estremamente valida la spiegazione del ragazzo, aveva ancora dei dubbi.

- Devo farti anche io una domanda. E non credo che sia piacevole.

- Dimmi.

- Tu non sei quello che dice che non ti devi arrendere mai e che devi portare a casa il risultato, costi quel che costi? Non lo hai detto quando ti hanno intervistato? Saresti comunque diventato campione del mondo eppure hai comunque affondato l’attacco sul tuo compagno di squadra. E ora ti arrendi in questo modo? Ti accontenti davvero dell’ipotesi più probabile?

Non pensi di essere incoerente?

Incoerente”.

Quella parola lo ferì come una coltellata.

- Solo che, anche se lei dovesse essere ancora viva, e ti ho già detto che è molto difficile, ci sarebbero degli altri problemi.

- Tipo?

- Lo sapete benissimo, non ci vediamo da anni. Mi chiedo che opinione possa avere di una persona che si comporta come mi sono comportato io. Che se ne scappa con tutta la famiglia senza fornire spiegazioni, che nemmeno ti saluta quando se ne va. Che non cerca di mettersi in contatto con te in alcun modo.

- Credo che ti possa capire.

Il ragazzo si limitò a non rispondere.

Poco dopo pranzo, l’auto era stata sistemata e i quattro poterono tornare a Ferropoli.

Il viaggio fu relativamente tranquillo, disturbato solo da un po' di pioggia e dalle sue conseguenze sulla viabilità.

Tornati a Ferropoli, la loro prima tappa fu la villa del signor Sebastian.

Si sarebbero concentrati sulla parte dell’abitazione che ancora non avevano esplorato, ossia i sotterranei.

Dal filmato sapevano che questi ultimi erano in qualche modo collegati alla fognatura, la quale avrebbe condotto all’edificio dove il Professore e la sua collega avevano svolto i loro esperimenti.

Appena arrivati, entrarono nella villa e imboccarono immediatamente la scala che conduceva ai sotterranei.

La porta che permetteva di accedere ai sotterranei, non era chiusa a chiave e si aprì dopo un’energica spinta.

Contrariamente al resto dell’abitazione, il sotterraneo appariva incompleto.

Era costituito come una sorta di andito, che portava ad alcune stanze.

Quella più vicina all’ingresso era utilizzata come dispensa.

C’erano degli scaffali con ancora del cibo in scatola, scaduto da anni.

In un’altra stanza, poco lontana, era presente del materiale edile di vario tipo.

Una porta su tutte attrasse l’attenzione di Serena.

Era realizzata in metallo e, per certi versi ricordava la porta di un caveau, o di un bunker.

I quattro si avvicinarono alla porta, e scoprirono che si trattava di una cella frigorifera.

Laconico il commento di Lucinda.

- Molto strano.

- Cosa?

- Non ci arrivi, Ash? Vivevano solo in due in questa casa. Cosa credi se ne potessero fare di una cella frigorifera?

- Effettivamente… ma... magari c’era da prima del loro arrivo e loro non l’hanno mai usata.

- Oppure l’hanno messa per nascondere qualche segreto. Dato che ci siamo, esaminiamola. Non è grande, credo che impiegheremo poco tempo.

Il suo tono non ammetteva repliche, sembrava più un ordine.

La cella non era molto grande. Appesi al soffitto, dei ganci, tutti vuoti. Appoggiati alle pareti degli scaffali, anch’essi vuoti.

Ash e Orlando tentarono di spostarne uno. Il risultato non premiò la loro fatica.

L’ipotesi che la cella conducesse a una qualche passaggio segreto venne accantonata, quando si accorsero di come, dietro gli scaffali, la parete era perfettamente uniforme. 

Usciti dalla cella frigorifera, Orlando lanciò una piccola provocazione a Lucinda.

- Non credi che, se avessi voluto, avrei potuto rinchiudervi lì dentro?

Lucinda non si aspettava quella provocazione. Ma non la prese troppo male.

I quattro uscirono dalla cella e esplorarono, infruttuosamente, le stanze rimanenti.

Restava, in fondo all’andito, una sola porta. Ash cercò di aprirla. Infruttuosamente.

- Dannazione! Non si apre.

- Non vi preoccupate.

Orlando aveva il tono di chi aveva trovato una soluzione al problema.

- So chi può darci una mano… vieni fuori Lucario!

Per favore, potresti usare Forzasfera per sfondare quella porta?

Il Pokémon del ragazzo caricò il potente attacco, che colpì e scardinò la porta, facendola sbattere contro la parete opposta.

Al contempo la stanza iniziò a riempirsi di un fetore indescrivibile.

- Su, ritorna, almeno te te lo risparmi.

Tutti si tapparono il naso.

- Direi che non ci sono dubbi. Abbiamo trovato le fogne.

- Ora come facciamo a capire dove andare?

La domanda di Lucinda suonava come un rimprovero.

La stessa, guardando al soffitto, notò come, sul soffitto, verso una sola direzione era presente una fila di luci al neon.

Nella parete accanto alla porta un interruttore.

Ash lo premette e, dopo qualche sfarfallamento, le luci si accesero.

- Seguiamo le luci, magari ci condurranno dalla parte giusta.

Disse quest’ultimo, con tono deciso.

Gli altri tre non risposero e iniziarono a seguirlo, convinti del fatto che quelle luci erano il solo modo per orientarsi.

Il rumore dei loro passi spaventò un gruppo di Rattata.

Dopo una lunga camminata, resa ancora più lunga dalla poca piacevolezza del luogo, arrivarono alla fine della fognatura, dove questa sgorgava nel fiume. Una griglia impediva di proseguire oltre.

Le opzioni erano solo due. La prima era quella di tornare indietro. Ovviamente a mani vuote. La seconda, opzione era quella prendere una scaletta che sembrava comunicare con l’esterno. Un rapido scambio di sguardi e il tentativo da parte di Ash di impressionare la sua ragazza, cercando di saltare quanto più in alto possibile per aggrapparsi a una delle maniglie, rischiando di mancarla e di cadere rovinosamente di schiena, e di farsi seriamente male decretarono la scelta.

I quattro presero la scaletta e sbucarono davanti ad un ponte. un ponte che collegava la strada a un edificio abbandonato.

Davanti a loro un grande edificio abbandonato, dietro un muro di cemento. La sola opzione percorribile, oltre a tornare indietro, era esplorare l’edificio. Ash venne fermato da Lucinda prima che potesse anche solo fare un passo.

- Non ti ricordi che quel ragazzo ci ha detto che il suo Talonflame era stato ferito quando esplorava una fabbrica abbandonata in un isolotto in mezzo al fiume? Davvero ti interessa così poco del tuo Pikachu?

Il Piplup della ragazza completò il rimprovero della sua allenatrice.

- Magari è stato attaccato perché volava. E noi, che siamo in basso, non rischiamo nulla.

- Come vuoi, ma al primo attacco, smetterò di seguirti.

- Va bene.

I quattro si diressero verso l’edificio.

Appena entrati, prima che potessero anche solo farsi un’idea del luogo in cui si trovavano, vennero attaccati da un branco di Zubat e Golbat. Orlando prese una delle sue Pokéball.

- Jolteon, ho bisogno di te! Usa Fulmine per stordirli!

- Pikachu, dagli una mano con il tuo Fulmine!

I due Pokémon elettro, grazie ai loro Fulmini, fecero cadere a terra qualche decina di migliaia di Zubat e altrettanti Golbat.

- Ma com'è possibile che ci siano dei Pokémon qui dentro, se, quelli che tentano di avvicinarsi dall’alto, vengono attaccati?

La risposta di Serena non si fece attendere.

- Magari dipende dal fatto che il sistema di difesa sa riconoscere i Pokémon selvatici da quelli catturati.

- Sai geniale.

Serena era felice del complimento ricevuto, soprattutto perché proveniva dalla bocca di Lucinda.

Sedata la minaccia dei Pokémon pipistrello, finalmente poterono dedicarsi a visitare l’edificio.

Si accorsero di come l’ingresso desse su di una piattaforma metallica sospesa che percorreva l’intero perimetro dell’edificio, permettendo l’accesso a diverse stanze. Davanti a loro una scala, dello stesso materiale, permetteva di scendere al piano inferiore. Da quella piattaforma si aveva una perfetta visuale sul piano terra che appariva vuoto e impolverato. Il solo oggetto degno di attenzione era un vecchio montacarichi in fondo alla stanza, al centro del muro.

Quel montacarichi avrebbe permesso di raggiungere tanto i piani inferiori, quanto quelli superiori, ovviamente solo nel caso in cui non fosse guasto. Questo non sembrava importasse a Ash, che voleva salirci a tutti i costi.

Scese le scale di fretta, rischiando di cadere e di farsi seriamente male, e corse verso il montacarichi, non lasciando altra scelta agli altri tre se non quella di seguirlo.

Il montacarichi era spartano. Sembrava fosse stato derivato da un container.

Un container giallo a cui hanno attaccato un comando per farlo salire e scendere e un tastierino alfanumerico, messo lì, per dei motivi sconosciuti. Lucinda era abbastanza impaurita.

- Non avete paura che possa cadere?

- Ci sono otto cavi a tenerlo. Anche solo uno basterebbe a reggere tutto il peso. Ci deve proprio andare male perché si rompano tutti.

Il tentativo da parte di Serena di rassicurarla ebbe l’effetto opposto.

In più, Ash aveva premuto uno dei due bottoni che comandavano la salita e la discesa.

Nel farlo, disse una frase che si rivelò profetica.

-Credete davvero che funzioni?

Pochi istanti dopo una serranda si chiuse e il montacarichi iniziò una discesa dalla lunghezza apparentemente infinita.

- E adesso che facciamo, Ash? Lo sai benissimo che sono claustrofobica! Fammi uscire immediatamente da qui!

Ash restò in silenzio, pensando a cosa fare.

Poi ebbe l’illuminazione. Qualora la serranda non si sarebbe aperta, l’avrebbe aperta lui, in qualche modo.

- Credo di aver avuto un’idea.

Guardò negli occhi il suo Pikachu.

- Usa Codacciaio sulla serranda.

L’attacco del Pokémon ebbe solo parzialmente l’effetto sperato. La serranda era divelta, sotto il potente attacco di tipo acciaio, ma ciò non servì a molto. Infatti, la serranda, celava un’ulteriore porta. Una porta talmente tanto resistente da non essere stata minimamente scalfita dall’attacco.

- Non vi sembra strano?

Una porta così robusta, così moderna, è fuori luogo in un edificio abbandonato. Deve per forza nascondere qualcosa. E deve anche essere qualcosa di molto prezioso.

Tutti pensarono che Serena avesse ragione. Quella porta era fuori luogo, a meno che non nascondesse qualche segreto.

La ragazza indicò il tastierino.

- Forse quella porta è protetta da un codice segreto e si aprirà solo digitando un qualche codice su quel tastierino.

La ragazza fece un tentativo, digitando dei numeri a caso.

Si accorse di come la password non potesse essere più lunga di cinque numeri. Tentare, per trovare il numero giusto, avrebbe richiesto troppo tempo. Avrebbe dovuto provare centomila combinazioni. 

Stava per premere il pulsante di risalita, quando Ash la fermò dal farlo.

- Ho ancora quell’elenco telefonico. Sia mai che ci fornisca qualche indizio.

Serena era dubbiosa.

- Perché mai, quell’elenco telefonico dovrebbe fornirci indizi? Certo, è stato preparato dal signor Sebastian oppure da qualche suo parente. Ma penso riguardi solo Bruopoli.

Poi guardò l’ora sul suo smart Rotom, pensando a come si fosse fatto tardi.

Il suo gesto non servì a molto, il brontolio dello stomaco di Ash era più preciso di qualsiasi orologio. Il ragazzo, visibilmente imbarazzato, commentò la situazione.

- Scusatemi… ma credo che sia ora di tornare alla base.

Nessuno gli disse nulla. Ash premette il pulsante di risalita, e il montacarichi salì, alla stessa, inesistente velocità con cui era sceso. I quattro risalirono le scale e fecero di nuovo la spiacevole passeggiata lungo le fognature.

Tornati al Centro Pokémon, la priorità di tutti e quattro, era una bella doccia bollente.

Volevano, a ogni costo, levarsi di dosso lo spiacevole odore di fogna. Dopo cena, si ritrovarono in una delle stanze.

Prima che potessero iniziare a discutere di quanto visto, accadde qualcosa.

- Non so se sembra anche a voi, ma…

- Parla pure, ti ascoltiamo.

Lucinda terminò la sua frase.

- Mi sento osservata.

- Dannazione.

L’uomo aveva visto e sentito perfettamente.

- Come hanno fatto a scoprirmi? Adesso andranno via.

E io resterò a mani vuote.

Quello che lui non si poteva aspettare è che la sensazione di Lucinda non si riferisse alle sue microspie.

Quando, davanti ai suoi occhi, o meglio, davanti alle sue telecamere si materializzò una creatura mai vista in vita sua.

Una creatura dal corpo chiaro e snello. Colore che passava al nero dal collo alla vita creando l'impressione che la stessa indossi un abito. Abito raccolto in vita da una fascia. I suoi lunghi capelli erano raccolti da un fermaglio nero e

decorati da un motivo che ricordava uno spartito. Le sue braccia ricordavano nella forma delle note musicali. Indossava, sulla fronte un piccolo diadema.

Meloetta guardò Orlando con aria arrabbiata.

- Scusami se non ti ho avvisato, ma è successo un disastro...

Rapidamente la cosa passò in secondo piano.

Meloetta salutò Lucinda e Ash, per poi guardare Serena con l’aria di chi cercava di ricordarsi qualcosa.

Poi si avvicinò a lei e fece un cordiale gesto di saluto. Lucinda era stupita.

- Ma come fai a conoscerla? Lo sai che è molto raro che lei si fidi degli esseri umani?

So che si fida solo di persone di animo buono, quindi forse ho fatto male a dubitare di te.

- Non importa che tu abbia dubitato o meno. 

Dopotutto la storia di come ci siamo incontrati è abbastanza brusca, se così vogliamo dire.

La risposta dei tre fu corale.

- Brusca?

- Ecco, come sapete Meloetta proviene da Unima. Ed è lì che ci siamo incontrati. Precisamente l’anno scorso. Stavamo facendo alcuni test, non ricordo precisamente cosa stessimo provando, ma di base eravamo in un circuito nei pressi di Spiraria, la versione stradale di un circuito noto per la sua Cinquecento Miglia.

Fatto sta che, a un certo punto, nel bel mezzo del rettilineo, prima dell'ultima curva, una sopraelevata vidi qualcosa che non fui bene in grado di identificare. Sembrava un Pokémon di piccole dimensioni, oppure un bambino.

Sapete, quando vai a certe velocità non puoi stare troppo a pensare. In una frazione di secondo, decisi di scartare a destra.

Forse la manovra che feci fu troppo aggressiva, forse raccolsi dei detriti che bucarono una gomma.

In quel momento divenni un passeggero. L’auto sbatté violentemente contro le protezioni diverse volte, prima di fermarsi.

E io ero rimasto cosciente durante tutto l’incidente. Nonostante questo decisero di portarmi comunque al centro medico e di farmi passare la notte lì. Mi permisero di portare solo un Pokémon, e pretesero che fosse di piccola taglia.

Il ragazzo prese il suo Smart Rotom, aprì la galleria e mostrò ai tre le foto dell’incidente.

L’auto era irriconoscibile. Era divisa in due. La parte posteriore da una parte, quella anteriore da un’altra.

La prima presentava della schiuma antincendio, la seconda dei segni di come questa fosse stata tirata di forza dalle barriere.

Per terra quello che sembrava liquido di raffreddamento. Erano tutti e tre impauriti.

- Se volete ho pure il video delle telecamere.

Serena rifiutò per tutti.

- No. Grazie. Queste cose mi fanno paura.

- Come vuoi.

A proposito, verresti due minuti con me?

Ash, tranquillo.Non te la rubo. So che la mia regione è famosa per i sequestri di persona, ma non sono il mio tipo di crimine!

Risero tutti. Poco dopo i due erano fuori dalla stanza, nella sala principale del Centro Pokémon.

Orlando prese il suo Smart Rotom e compose un numero.

La persona dall’altra parte del telefono rispose subito.

- Sai qui c’è lei. Potresti farmi avere quella famosa degli show?

- Certo, subito!

- Ti ringrazio, ci vediamo!

- Ci vediamo!

Orlando fece cenno a Serena di avvicinarsi al trasferitore.

Pochi istanti dopo la Pokéball si materializzò davanti ai loro occhi.

Il ragazzo porse una sorta di pietra bianca con dei puntini azzurri alla ragazza.

- Dalla al tuo Pancham se non vuole evolversi in Pangoro.

La ragazza fece uscire il suo Pokémon dalla Pokéball e gli diede la Pietrastante. Poi lo fece tornare dentro la Pokéball.

- Si, ma perché gli vuoi far tenere la Pietrastante?

- Prendi quella Pokéball. Credo che tu possa capirlo da sola. 

La ragazza la prese.

- Bene, falla uscire e capirai subito.

La nativa di Kalos non si sentì di controbattere. Dalla Pokéball uscì una Zorua. Subito iniziò a girare attorno alla ragazza.

- Una Zorua?!? Com’è carina! Non dovevi!

- A dire il vero è stata lei a scegliere te. Ma adesso è meglio che torniamo da Lucinda e Ash. O penseranno che stia attuando un sequestro di persona.

- Scusami, ma non ho capito una cosa. Perché hai voluto che Pancham tenesse la Pietrastante?

- Semplicemente perché Pancham, si evolve in Pangoro quando è influenzato da un Pokémon di tipo Buio, come Zorua.

- Sinceramente non lo sapevo. Ma, ora che ci penso, Pangoro è anche di tipo Buio, quindi ha senso. In ogni caso, credo che sia il momento di andare,

I due tornarono nella stanza, con la Zorua che si era accomodata sulla spalla della ragazza.

- Una Zorua?

Te l’ha regalata lui?

- Mi ha detto che è stata lei a scegliere me.

- Sembra che ti abbia già presa in simpatia.

Commentò Lucinda.

- Ok. Vi racconto tutto quello che resta.

Semplicemente, prima di farlo volevo che ci fosse anche chi ha causato tutto.

- Zorua?

Gli chiesero tutti e tre.

- Proprio lei.

Vi avevo detto che, al centro medico, permettevano di portare solo un Pokémon di piccola taglia? Bene, portai proprio Zorua. Ed è solo grazie a lei che ho potuto conoscere Meloetta. Sfruttando la sua abilità, la piccola illusionista si era trasformata proprio in Meloetta.

- E Zorua si collega anche a te. Quella notte, in televisione, stavano dando una gara dove hai partecipato e Zorua faceva i salti di gioia ogni volta che ti inquadravano.

E così, soprattutto grazie all’arrivo di Meloetta, ho trovato la giusta occasione per regalartela.

Nel frattempo, Zorua era tornata alla sua forma normale.

Intanto Serena stava spazzolando Zorua, che sembrava stesse apprezzando particolarmente. Non interrompendo le spazzolate, chiese a Orlando.

- Vorrei chiederti un’altra cosa.

- Dimmi tutto quello che desiderei.

- Sei stato davvero molto gentile a volermi affidare la tua Zorua, ma non hai detto tu stesso che è grazie a lei che sei diventato amico di Meloetta? Senza di lei...

- Penso che lei capisca. Sarei stato egoista a tenerla. Te lo ripeto, ogni volta che ti inquadravano faceva i salti di gioia, quindi ho pensato che affidarla a te fosse la scelta più giusta.

Meloetta fece segno di approvazione.

- Visto?

Commentò Ash.

- Sembra che anche lei lo pensi.

Lucinda richiamò l’attenzione con un colpo di tosse

-Vi devo ricordare perché siamo qui?

Ash prese il suo zaino e estrasse l’elenco telefonico.

- Se ricordate, nell’ascensore, avevamo parlato dell’elenco telefonico. Sappiamo benissimo che questo elenco telefonico ha a che fare con Bruopoli e non con Ferropoli, ma un tentativo lo farei lo stesso.

Ash scosse l’elenco telefonico, nella speranza di trovare dei bigliettini o qualcosa di simile. Senza successo.

Serena, osservando l’elenco telefonico si accorse degli altri segnalibri.

- Scusa, Ash, ma se il primo segnalibro si trova in corrispondenza dei numeri dei parenti del professore… a cosa servono gli altri due? Saranno messi a caso?

Ash passò l’elenco telefonico alla sua ragazza.

Appena avuto l’elenco in mano, Serena, lo aprì in corrispondenza del secondo segnalibro. Quest’ultimo portava a delle pagine apparentemente normalissime.

La ragazza guardò con più attenzione.

- Uno, due, tre, quattro, CINQUE.

La ragazza si soffermò particolarmente sul cinque.

- Sei, sette, otto, NOVE.

- Trovato niente?

La ragazza mostrò a tutti le pagine dell’elenco.

- Guardate, il quinto e il nono numero di telefono in questa pagina sono evidenziati… e nella pagina dopo è il…

Iniziò a contare sottovoce.

- Uno, due, tre, quattro, cinque, SEI.

Il sesto.

Quindi sono evidenziati il quinto, il nono, il sesto e poi…

La ragazza aprì l’elenco in corrispondenza dell'ultimo segnalibro.

- Di nuovo il quinto e il sesto.

Quindi abbiamo il quinto, il nono, il sesto, il quinto e il sesto.

Lucinda, nel tono di chi pensa di essere venuta a capo di qualcosa

- Quindi la password è cinque, nove, sei, cinque, sei?

Serena frenò subito il suo entusiasmo.

- Non so.

Ci sono centomila combinazioni possibili. Possiamo provarla, ma non è detto che funzioni.

- Proviamola per prima, almeno la delusione sarà minore, qualora dovessimo fallire.

Intanto l’uomo aveva ascoltato e visto tutto, grazie alle sue microspie.

Compresa Meloetta. Un Pokémon che mai aveva visto in vita sua, per cui doveva essere raro. E raro fa rima con prezioso.

Qualora il piano principale fosse fallito, avrebbe potuto ripiegare su di lei. Quando vide che i quattro si separarono, decise di passare all’azione. Prese delle pastiglie in grado di farlo stare sveglio e, portando con sé i suoi due Houndoom, si diresse al Centro Pokémon dove i quattro alloggiavano.

La mattina dopo i quattro uscirono presto. E si diressero, in macchina fino alla villa. L’uomo cercò di seguirli da lontano.

I quattro entrarono nella villa e fecero lo stesso percorso del giorno prima, anche se questa avevano adottato degli accorgimenti. Indossavano delle tute contro il rischio biologico, almeno non avrebbero avuto attaccato l’odore di fogna.

Se le tolsero una volta giunti fuori dalla fabbrica.

Andarono di nuovo al montacarichi e scesero fino al piano dove si trovavano il giorno prima.

Serena, senza dire una parola, digitò nel tastierino:

59656

Dopo alcuni istanti, un rumore colse tutti di sorpresa.

Era la porta di sicurezza. Si era aperta.

Si diedero tutti il cinque. L’ipotesi di Serena si era rivelata corretta.

Tuttavia non erano minimamente pronti a ciò che si sarebbe presentato davanti ai loro occhi.

Una stanza illuminata da luci al neon verdi. Rivestita interamente da pannelli metallici, probabilmente per schermarla.

Al centro della stanza un gigantesco monitor, retto da una sorta di braccio meccanico.

Dal monitor partivano dei cavi che si dirigevano verso il piano inferiore.

Da una parte della stanza, un sedile di auto, su di un binario che conduceva fino al monitor.

Lucinda decise di sedersi, ma non accadde nulla.

- Abbiamo solo perso del tempo. Possiamo tornare alla base.

- Non ancora. Guardate!

Ash indicò un pozzetto, chiuso da un lucchetto.

Scassinare il lucchetto era fuori discussione, avrebbe richiesto troppo tempo. Almeno secondo Ash.

- Pikachu, potresti tagliare il lucchetto con Codacciaio?

Pikachu seguì il comando del suo allenatore e tagliò il lucchetto con un potente colpo della coda.

Ash tolse quello che rimaneva del lucchetto e aprì il pozzetto.

Dava su una scaletta che portava al piano inferiore.

- Venite qui! Guardate un po’.

Ash fu il primo a scendere, poi tutti gli altri.

Appena arrivato, Ash assisté a uno spettacolo che mai si sarebbe aspettato. Dal terreno uscì uno strano dispositivo, di forma cilindrica, colorato di verde e con delle parti in oro. Sembrava che fino al momento prima fosse stato immerso in un qualche liquido di raffreddamento.

Appena il fluido colò, uno sportellino si aprì, facendo uscire una leva che, con tutta probabilità, fungeva da interruttore.

Orlando fermò Ash dall’avvicinarsi.

- Non credi che sarebbe scortese?

- Cosa?

- Non farlo accendere alle ragazze.

- Giusto, hai ragione.

Lucinda e Serena si avvicinarono al dispositivo e abbassarono insieme l’interruttore.

Per un attimo non accadde nulla. Poi, la parte dorata dello strano dispositivo iniziò a illuminarsi, illuminando a sua volta l’intera stanza. Poco dopo il cilindro sprofondò nuovamente nel terreno.

Risalirono nuovamente al piano successivo e il monitor, che, in precedenza era spento, ora illuminava la stanza. Ash decise di sedersi sulla poltrona di comando, ma la combinazione tra il sedersi nella punta della sedia e il movimento della stessa, lo fecero cadere. Nella sua caduta, fece sollevare la parte del sedile dove ci si siede, facendo si che lo scomparto segreto sotto lo stesso venisse scoperto. Al suo interno si trovava solamente un taccuino.

Lucinda lo prese, risistemò la seduta, per poi sedersi a sua volta.

Gli altri si erano radunati dietro di lei. 

Sul monitor iniziarono ad apparire dati di Pokémon, come quelli che erano apparsi a Bruopli.

Lucinda premette uno dei tasti, in maniera simile a come fece a Bruopli, aspettandosi un risultato simile a quello dell’altro giorno. Rimase sorpresa quando si accorse che qui non era richiesta alcuna password.

- Guardate, qui non chiede alcuna password.

Lucinda, premendo quel tasto, aveva selezionato uno dei tanti Pokémon. Un Trevenant.

Nella schermata erano presenti tutti i dati del Pokémon, come in precedenza, tuttavia, selezionando uno di quei Pokémon, non solo era possibile accedere ad alcuni dei suoi dati, ma era anche possibile interagire con quest’ultimo tramite dei menu.

Il primo consentiva semplicemente di far scegliere che attacco far usare al Pokémon.

Il secondo presentava, invece la possibilità di conoscere i suoi spostamenti.

Il terzo, invece, presentava le opzioni più macabre, quelle che permettevano di assumerne il pieno controllo.

Lucinda provò a visitare quell’opzione, ma il sistema impedì qualsiasi azione. Per attivare questa funzione era necessario un grado di identificazione, che chiaramente lei non poteva avere.

- Abbiamo fatto un altro buco nell’acqua.

- Non ti abbattere. - La consolò Ash.

-Abbiamo comunque quel taccuino, magari ci sarà d’aiuto.

Ash sfogliò alcune pagine.

- Certo che chiunque fosse, scriveva proprio in geroglifico.

Mentre i quattro si trovavano nell’edificio abbandonato e ne stavano scoprendo i segreti, in una delle carceri della regione di Kalos, uno dei tanti detenuti, scontava la sua pena. Era stato arrestato diversi anni prima per aver collaborato con la mafia. E in tutti quegli anni non aveva mai confessato nulla.

Non aveva motivi per farlo. Non avrebbe ricevuto nulla in cambio.

L’uomo stava tranquillamente chiacchierando con il suo compagno di cella. Lo stesso da quando era stato arrestato. Sapendo di avere tanti anni di convivenza forzata, non alzare le mani era la sola scelta per convivere.

I due erano da poco rientrati dall’ora d’aria, quando una delle guardie carcerarie aprì la cella. Guardò uno dei due detenuti, e con tono serio disse:

-Venga con me.

La guardia ammanettò uno dei due detenuti e lo scortò fino all’area del carcere dedicata alle visite.

Dal lato del detenuto la stanza era vuota e aveva le pareti bianche.

Il solo oggetto presente nella stanza era una semplice sedia, fissata al pavimento.

A separare l’uomo dal suo interlocutore una spessa parete di vetro antiproiettile, con dei sottili fori per poter parlare.

La guardia lo condusse nella stanza e chiuse la porta a chiave.

Fuggire da quella stanza era impensabile.

Pochi istanti dopo il suo arrivo, dall’altra parte del vetro, arrivò un uomo. Alto e di corporatura robusta.

Era vestito totalmente di nero. Giacca, cappello, pantaloni, forse anche le scarpe. Indossava anche degli occhiali da sole, ovviamente neri, e una mascherina, ovviamente nera.

Sembrava facesse di tutto per non farsi riconoscere.

Il primo dubbio nella mente del detenuto riguardava come quell’uomo avesse superato tutti i controlli obbligatori per i visitatori. Sempre che l’avessero controllato, ovvio. Non poté pensarci a lungo.

Una voce profonda e roca lo riportò alla realtà.

- Sappiamo chi è lei e cosa ha fatto.

L’uomo rabbrividì.

- Se lei collaborerà con noi, potrà considerarsi un uomo libero. Non dovesse collaborare, non uscirà vivo da qui.

L’uomo era intimidito dalle parole del suo interlocutore. Sapeva che, con la buona condotta, sarebbe potuto uscire qualche anno prima dal carcere. Ma questo si scontrava con le parole dell’uomo vestito di nero. Sembrava essere molto influente.

Dal suo aspetto apparteneva ai servizi segreti o qualcosa di simile. Meglio non farselo nemico.

- Sono disposto a tutto.

Il suo tono era incerto.

- Lei ha collaborato con Graziano, detto il Mago. Il più pericoloso e influente boss della mafia, l’uomo più ricercato del mondo, per una lista di reati infinita, tra associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidi, sequestri di persona, spaccio di droga, strozzinaggio... So che lei è stato arrestato perché ha fatto da intermediario tra lui e il signor Sebastian Arnes. Ha usato i suoi soldi per finanziare il suo progetto. E il signor Arnes, per via delle sue pressioni, ha continuato a lavorare al progetto, nonostante gli fosse stato intimato di non metterci più le mani.

E immagino lo sappia, se il signor Sebastian è stato ucciso è anche colpa sua.

Le offro la possibilità di redimersi. Non potrà riportarlo in vita, ma ci può condurre al suo ex capo. Con lui dietro le sbarre, sarà libero. Altrimenti passerà il resto dei suoi giorni in carcere. In una piccola cella. Da solo.

Il carcerato stette a lungo in silenzio.

- Non ho altra scelta.

La porta si aprì. Ma non entrò la stessa guardia che lo aveva scortato fino a quel momento.

Entrarono due uomini. Erano molto simili a quello con cui aveva parlato. Alti e robusti, vestiti di nero dalla testa ai piedi.

Lo sollevarono di peso. E lo condussero fino al loro mezzo. Un pulmino. Nero, con i vetri oscurati.

Prima di farlo salire a bordo lo perquisirono da capo a piedi, non trovando nulla.

Lo fecero sedere a bordo e gli allacciarono la cintura. Appariva come una normale cintura di sicurezza ma, in realtà, era dello stesso tipo di quelle usate nelle auto della polizia, e non poteva essere sganciata se non tramite un pulsante, accessibile solo dal posto di guida. Un sistema non troppo articolato, ma altrettanto efficace per impedire la fuga.

Uno degli uomini che lo aveva scortato, usò delle cesoie per tagliare le sue manette.

Solo in quel momento, il pulmino iniziò a muoversi.

Uno degli altri iniziò a fargli delle domande. O meglio, a estorcergli una confessione.

Puntandogli una pistola alla tempia.

-Veda di non fare scherzi. E adesso ci mostri dove si trova la casa del signor Arnes.

L’uomo accanto a lui gli posò un tablet sulle gambe, con un'applicazione di mappe, con vista dal satellite.

L’uomo si stava spostando verso la periferia di Ferropoli. In una zona vicina a un boschetto. Vi erano alcune villette Una risaltava su tutte. Era molto più grande delle altre. E aveva un ampio giardino. 

- Questa era la sua casa.

L’uomo che gli aveva porto il tablet, lo riprese, e salvò la posizione dell’edificio, per poi inviarla al navigatore satellitare.

- E dove si trova l’edificio dove faceva i suoi esperimenti?

L’uomo aveva di nuovo il tablet sulle gambe. 

Cercò nella mappa satellitare. Dopo alcuni istanti di ricerca, lo trovò.

Una fabbrica di auto su un isolotto in mezzo al fiume. Anche dal satellite, si vedeva come fosse impossibile accedere dal ponte, a causa di un muro.

- E quel muro?

- Lo ha voluto far costruire per impedirvi di raggiungerla via terra. E non è il solo sistema di sicurezza.

- Sistema di sicurezza?

- Sebastian era un tipo molto previdente. Per evitare che delle persone o dei Pokémon di allenatori potessero sorvolare l’edificio, ha fatto installare dei dispositivi per attaccare qualsiasi Pokémon catturato o qualsiasi mezzo aereo che si avvicini troppo.

- E come si raggiunge l’edificio?

- Dalle fogne. Un passaggio conduce direttamente dalla casa alla fabbrica.

Nella fabbrica abbandonata, intanto, Ash non era stato in grado di capire una parola di quelle scritte nel taccuino, così l’aveva passato a Orlando.

- Aspettate un secondo. Questa è la sua grafia! Non è stato mio professore per molto, ma la riconosco.

Per smorzare la tensione del momento, si lasciò scappare una battuta.

- E hai ragione, aveva davvero una scrittura terribile.

Il ragazzo si sforzò di leggere.

- Qui ho scritto le istruzioni su come procedere per trasferire le persone. Lo nasconderò in un posto sicuro quando sarò certo che tu saprai come fare. Non lo deve sapere nessun altro.

Il ragazzo cambiò pagina.

- Recati nella cella frigorifera. Fatti aiutare dai tuoi Pokémon per spingere la parete opposta alla porta.

Troverai una stanza con un trasferitore, una scrivania con sopra un monitor, una tastiera e un mouse.

Per il trasferimento dovrai semplicemente scansionare il tuo Pokédex nell’apposito sistema. Dopo che ti avrà riconosciuto, lo potrai riprendere.

Nella pagina ancora successiva altre informazioni.

- Nel sistema devi selezionare la funzione “trasferisci” e selezionare il dispositivo di partenza, chiamato Master 1, e quello di arrivo, chiamato Sub 1. Dopo la selezione, ricovera i tuoi Pokémon nelle Pokéball e posizionati al centro della piattaforma.

Dopo trenta secondi dal tuo posizionamento, inizierà il trasferimento. Qualora avessi fatto tutto bene…

La frase terminava nella pagina successiva.

- Ti troverai a Bruopoli. Nella stanza in cui ti troverai, ci sarà una scrivania. Nel suo cassetto un elenco telefonico. Nel primo segnalibro troverai i contatti di alcuni nostri famigliari. Sotto al tavolino da caffè delle chiavi per aprire le porte.

Appena uscirai, trova una cabina telefonica, chiama uno dei numeri e fatti venire a prendere. Qualora qualcosa dovesse andare storto…

Andò avanti all’ultima pagina scritta.

- Per esempio, se dovesse saltare la corrente prima del tuo arrivo a Bruopli, appena la stessa verrà riattaccata, verrai riportata qui a Ferropoli. Questa è una scelta che abbiamo voluto intraprendere per motivi di sicurezza.

Lucinda, che come tutti aveva semplicemente ascoltato, fu la prima ad avere delle domande.

- Allora, cosa mi dici? Visto che la cella frigorifera nascondeva qualcosa? Non lo hai detto tu stesso che quell’uomo era un tipo piuttosto misterioso?

Ash prese le sue difese.

- Vero, ma l’avevamo esaminata insieme, senza trovare nulla. Piuttosto, dal momento che  ora che sappiamo cosa fare, mettiamoci in marcia. 

Tutti convennero che Ash avesse ragione.

L’uomo, poco lontano dalla villa, stava iniziando a perdere la pazienza. Erano entrati da molto tempo e ancora non erano usciti. Certo, poteva entrare, ma il rischio di incontrarli era troppo alto e non avrebbe potuto giustificare la sua presenza in alcun modo. E nonostante fosse armato, era comunque in grossa inferiorità numerica.

Doveva solo avere pazienza.

I quattro erano ritornati. Si erano tolti le tute e diretti verso la cella frigorifera. Spostarono gli scaffali che poggiavano contro la parete opposta alla porta e, con l’aiuto di alcuni dei loro Pokémon, spinsero la parete.

Senza neppure troppi sforzi, la parete si spostò, rivelando il segreto finora solamente letto  nelle pagine del taccuino.

La stanza non era grandissima. Al centro della parete opposta all’ingresso, era presente una pedana di metallo sovrastata, a circa due metri d’altezza, da un disco traforato, sempre realizzato in metallo.

Dal disco partivano alcuni cavi, collegati a quello che sembrava essere un computer, che troneggiava su una scrivania.

Quel dispositivo ricordava una sorta di doccia, anche se, per come era costruito, dal soffione sarebbe piovuta elettricità e non acqua. O almeno questo sarebbe stato il loro pensiero prima che scoprissero tutta la storia. 

Nella stanza anche un divano e un tavolino da caffè.

Lucinda, osservando il dispositivo, si lasciò scappare un commento.

- E così quello sarebbe un trasferitore per esseri umani? Assomiglia a quello di Bruopoli.

- Quindi, secondo voi se dovessimo alimentarlo, lei tornerebbe qui?

L’innocente domanda di Ash scatenò i dubbi della sua ragazza.

- Mettiamo caso che effettivamente funzioni. E che lei torni. Come lo spieghiamo alle autorità? Scompare e dopo anni ritorna? Dobbiamo inventarci qualcosa.

- Aspettiamo, almeno assicuriamoci che tutto funzioni, poi ci penseremo.

Salgo a prendere la pila di Lem. Dovrebbe avere ancora abbastanza energia.

Ash salì al piano superiore e dopo qualche minuto tornò con la pesante pila. Al suo ritorno, si occuparono di collegare il dispositivo alla batteria. Per alcuni istanti non accadde nulla.

- Un altro buco nell’acqua.

Il commento frustrato di Ash venne smentito da quello che, lentamente, stava avvenendo davanti ai loro occhi.

Da quella sorta di soffione iniziavano a uscire dei raggi di luce bianca. Prima deboli, poi sempre più forti.

Fino a quando non smisero. Davanti ai loro occhi apparve una ragazzina. Non molto alta, magra, capelli rosa corti e occhi verdi. Indossa una maglietta gialla con sopra una giacchetta rosa e una corta gonna rosa. 

Al collo un pendente. Uguale a quello che Ash aveva visto nelle visioni causate da Darkrai.

La ragazza stava per cadere a terra, ma venne prontamente soccorsa da Orlando e Ash e distesa sul divano.

Non c’erano dubbi. Era lei.

- Mi perdonate se esco un attimo?

- Figurati.

Il tono di Serena era davvero comprensivo.

Lei aveva ben capito il motivo per cui aveva reagito in quel modo. La sua amica era rimasta esattamente come se la ricordava nove anni prima. Una ragazzina di undici anni. Appena il ragazzo si allontanò, finalmente Serena parlò dell’argomento solo accennato in precedenza.

- Lasciamo che Orlando metabolizzi la situazione, posso immaginare che  per lui sia stato un grandissimo shock.

Lo capirei anche se decidesse di andarsene e di non tornare più.

Ora dobbiamo occuparci di quel problema.

Quasi subito Lucinda prese la parola.

- Ho avuto un’idea.

- Vai.

- Orlando ti ha regalato una Zorua, non è vero? E se usasse la sua abilità per creare un’immagine di Celebi e far credere che sia arrivata qui grazie a lui? Ci basterà fare qualche foto. Credo bastino come prove per le autorità.

- Lucinda, sei geniale!

La ragazza era felice del complimento ricevuto dalla coppia.

- Però ora ci dobbiamo occupare di lei.

Serena si riferiva alla ragazza, ancora sdraiata sul divano che, nel frattempo, stava riprendendo conoscenza.

Ancora stordita, la ragazza stava iniziando a fare delle domande.

- E voi chi siete? Dove sono? Cosa ci fate qui? Cosa hanno fatto a mio babbo? Chi era quell’altro ragazzo che mi ha soccorsa?

Intanto la ragazza si era messa in posizione seduta e accanto a lei si erano sedute Lucinda e Serena.

Quest’ultima cercò di rispondere alle sue domande.

- Non è facile raccontare tutto, ma cercherò di fare il possibile. Io mi chiamo Serena e sono una performer e super coordinatrice.

- Io sono Lucinda. E anche io sono una super coordinatrice.

Il Piplup della ragazza fece anche lui un gesto di saluto.

- Un Piplup? Non ne ho mai visto uno, immagino che tu non lo abbia catturato a Kalos.

- Non ti sbagli, io sono di Sinnoh, e lui è stato il mio primo Pokémon

- Io sono Ash e questo è Pikachu, il mio carissimo amico e compagno di viaggio. Veniamo da Biancavilla, nella regione di Kanto.

- Per curiosità, qual è stato il tuo primo Pokémon?

- Proprio lui, Pikachu

- Ma come? A Kanto i Pokémon iniziali non sono Bulbasaur, Charmander e Squirtle?

Serena rispose al posto del suo ragazzo.

- Semplicemente lui è un ritardatario cronico. 

- E Pikachu era il solo Pokémon rimasto nel laboratorio. E il resto è storia.

Dopo le presentazioni, Serena riprese il racconto.

- Tutto è cominciato la notte tra giovedì e venerdì scorso. Io e Ash siamo venuti qui perché dovevo prendere parte a  un’esibizione, ma sin dalla prima notte che abbiamo passato qui a Ferropoli, Ash, ha avuto delle visioni è venuto alla conoscenza della tua storia e di quella dei tuoi. Abbiamo scoperto che a causare le visioni è stato un esemplare di Darkrai.

- Darkrai? Mio padre era amico di un Darkrai! Sarà stato lui!

- Probabile, lui ci ha raccontato di essere stato amico del signor Sebastian e ha chiesto a Ash di aiutarlo a trovarti.

Per tutta una serie di coincidenze, abbiamo incontrato quel ragazzo che, insieme a Ash ti ha soccorso. Orlando.

- Orlando?

La ragazzina ripeté sottovoce il nome del ragazzo.

- Me lo ricordavo diverso dall’ultima volta in cui ci siamo visti…

- Se n'è andato proprio per quello.

Sono passati nove anni dall’ultima volta in cui vi siete visti. E anche lui si aspettava di trovarti diversa dall’ultima volta.

- Nove anni?

- Esatto. Non ricordi nulla del giorno in cui sei fuggita?

- Avevo vinto la mia seconda medaglia. E, mentre rientravo a casa, ho visto diverse auto, nere, tutte uguali.

Sono rientrata a casa per mostrare la medaglia a mio padre. Poco dopo il mio arrivo mi disse di mettermi al sicuro. Così, seguendo le sue istruzioni, scappai.

- Ma qualcosa andò storto. E non sei arrivata a Bruopoli, ma sei rimasta bloccata tra le due città per tutti questi anni.

Lucinda completò la sua frase.

- Si, almeno credo.

- Non so se tu voglia sapere cosa hanno fatto a tuo padre.

Taelia capì, dal tono di Ash che non doveva trattarsi di una bella fine.

- Dimmelo, voglio saperlo a tutti i costi.

Lucinda, cercando di essere il più delicata possibile, raccontò la triste storia.

- Poco dopo il vostro arrivo a Ferropoli, tuo padre e una donna chiamata Suzanne hanno cominciato a lavorare a un progetto. Delle Pokéball che avrebbero permesso di rendere i Pokémon più obbedienti per aiutare gli allenatori meno esperti e, al contempo permettere di studiarli.

- Capisco, quindi è per quello che spesso non era a casa?

- Molto probabile. Dopo qualche tempo lui e l’uomo che lo finanziava si incontrarono. Tuo padre voleva mostrargli delle lettere che aveva ricevuto da parte dei suoi ex datori di lavoro. In quelle lettere gli chiedevano di smettere con il progetto e di consegnare tutto. Minacciandolo di morte qualora non lo avesse fatto. 

- Quindi è stato ucciso?

Il tono di Serena si fece triste.

- Si.

Una quindicina di minuti dopo, Orlando era tornato. Con delle buste.

- Scusate se me ne sono andato. Ma mi capirete, è una situazione difficilissima. Ho portato questi per farmi perdonare.

Il ragazzo posò le buste sul tavolino da caffè e ne estrasse il contenuto.

In una delle bottiglie di bevande gasate e dei bicchieri di plastica, nell’altra una confezione di dolci, con il logo di una pasticceria. Posato tutto, aprì la confezione. Dentro quest’ultima vari tipi di paste e ciambelle doppie.

- Si, sei davvero tu!

Orlando sorrise.

-Ti sei ricordato che io adoro quelle ciambelle.

I cinque si godettero il momento di leggerezza.

- Quando sono uscito, ho riflettuto. Cosa avrei dovuto fare? Abbandonarvi qui? Non avrei risolto nulla. E quindi ho pensato che la scelta migliore fosse tornare qui e andare fino in fondo.

Dopo qualche istante di silenzio, Taelia si rivolse a Orlando.

- Ho una domanda. Ma cosa è successo dopo che sono fuggita?

- Non lo so.

Io e la mia famiglia siamo fuggiti da Kalos lo stesso giorno in cui tu sei scomparsa. 

- Perché siete fuggiti?

- Non mi hanno mai spiegato nulla. Solo di recente ho scoperto la verità.

L’uomo che ha finanziato tuo padre, era mio zio. Quando tu sei fuggita, per qualche motivo la mia famiglia ha fatto altrettanto. Mio zio è rimasto qui a Kalos.

- Ho capito. Sei come me. Una vittima. Posso chiederti una cosa?

- Dopo tutto quello che hai passato puoi chiedermi tutto.

- Ti andrebbe una lotta, come facevamo sempre? La mia Gardevoir contro la tua Greninja?

Orlando prese un respiro. L’atmosfera era pesante. Nessuno osava dire nulla. Doveva dirlo lui. Lui e nessun altro.

- L’ho dovuta liberare.

- L’hai liberata?

Il suo tono era tra il sorpreso e lo sconcertato.

- Quando siamo fuggiti da Kalos, i miei mi obbligarono a liberarla. Nessuno doveva sapere che eravamo di Kalos. E il Pokémon iniziale è forse quello che più rappresenta una regione.

- Tu menti! So che tenevi a lei come poche cose al mondo, non l’avresti mai liberata.

- Vorrei. Ma se non ci credi, ti mostro la mia squadra.

Il ragazzo prese le sei Pokéball e fece uscire i suoi Pokémon. Un Metagross shiny, un Lucario, una Jolteon, una Vaporeon, un Togekiss e un Arcanine. Nessuna traccia di Greninja.

- Facciamo una cosa. Solo perché sei tu e perché, è solo grazie a voi quattro se sono qui, ti aiuterò a trovarla.

Useremo il segnale.

- Il segnale?

Il tono di Ash era stupito.

- Nulla di troppo complicato. Greninja e la sua Gardevoir sono sempre state amiche, ti ricordo che si conoscevano sin da quando erano una Froakie e una Ralts. 

Nel corso del tempo avevano sviluppato una sorta di segnale, di codice, per trovarsi e salutarsi.

Taelia finì la spiegazione di Orlando.

- Gardevoir usava due volte Fulmine e tre volte Palla Ombra. Greninja rispondeva con tre Acqualame e due Neropulsar. Una volta, grazie a questo segnale, loro due riuscirono a salvarci da una brutta situazione.

- Possiamo provare, ma ho paura. Ho paura che lei non mi voglia più. Conservo ancora la sua Pokéball, come ricordo, ma…

Il ragazzo la prese e la mostrò alla ragazza.

Era evidente come quella Pokéball fosse molto più vecchia rispetto alle altre. La aprì e si mostrò vuota. 

Una volta usciti dai sotterranei, i cinque andarono verso il giardino posteriore della villa, passando dalla porta sul retro.

- Vieni fuori Gardevoir!

La Gardevoir shiny della ragazza uscì dalla Pokéball.

- Ho bisogno del tuo aiuto. Faresti il segnale?

La Gardevoir seguì il comando della sua allenatrice. Usò Fulmine per due volte e lanciò tre potenti Palla Ombra verso il cielo. Nessuno si aspettava una risposta. Eccetto Taelia.

Dal boschetto poco lontano, tutti le videro. Tre Acqualame e due Neropulsar.

La Gardevoir ripeté il segnale. La risposta non si fece attendere. E così altre tre volte.

Alla fine era arrivata. Era proprio davanti a loro. Una Greninja shiny. Appena vide l’amica corse ad abbracciarla. Erano tutti felici nel vedere quella scena. Anche Darkrai e Meloetta.

Sciolto l’abbraccio, Greninja guardò dritto negli occhi il suo ex allenatore. Darkrai fece da interprete.

- Si ricorda benissimo di te. E, come te era molto, molto triste quando gli eventi vi hanno costretto a separarvi. Per anni ha lanciato il segnale per cercare Gardevoir, ma che alla fine, non ricevendo risposta, decise di rinunciare. 

Non le sembrava vero vedere il segnale da parte sua.

Non le dispiacerebbe tornare con te. Prima, però vuole assicurarsi che tu sia ancora in grado di tenerle testa.

- Non posso rifiutare la sua offerta. Lucario, ho bisogno di te!

Dalla Pokéball uscì il Lucario del ragazzo.

- Ecco, avrai la tua dimostrazione. Lucario, vai con Forzasfera!

Dagli arti superiori del Pokémon si formò una palla di energia, di colore azzurro chiaro, semitrasparente.

Greninja spiccò un balzo, evitando l’attacco.

Contemporaneamente lanciò uno dei suoi Acqualame.

- Lucario! Schiva!

Così fece, evitando il colpo con grande agilità.

- Non possiamo perder tempo! Forzasfera!

Questa volta, il caricamento dell'attacco fu più rapido, ma Greninja riuscì comunque a evitare il colpo.

Tentò un Doppioteam per confondere l'avversario.

- Lucario, usa il tuo potere per riconoscere quella vera e attaccala con forzasfera!

Era in grado di percepire la sua aura.

E l’attacco andò a segno.

Aveva ottenuto quello che voleva. Era stato in grado di tenerle testa. Grninja si mise davanti al ragazzo con gli arti superiori alzati, in segno di resa. Quindi abbracciò il suo ex allenatore, che aveva l’espressione di chi non sapeva cosa doveva fare.

- Cosa aspetti? Chiediglielo!

Lo incoraggiò Ash.

- Quindi, vorresti tornare con me?

Il ragazzo estrasse dalla tasca una Pokéball, era evidente come fosse più vecchia delle altre.

- Guarda! Ho ancora conservato la tua vecchia Pokéball!

Il ragazzo non dovette fare nulla. Fu la stessa Greninja a premere il pulsante di apertura. E si fece catturare.

Solo che la Pokéball del ragazzo era strana. Era più piccola delle altre e una strana luce rossa era accesa in corrispondenza del pulsante di apertura.

- Che sbadato! Ho già sei Pokémon in squadra! Non preoccupatevi, sto tornando.

Il ragazzo mantenne la promessa, tornando dopo non molto tempo. In quel lasso di tempo, il ragazzo aveva spedito alla riserva la sua Vaporeon. Quando era tornato, i quattro stavano pianificando come agire. Dovevano evitare che Taelia desse troppo nell’occhio. Serena aveva fatto appena uscire la sua Zorua dalla Pokéball e si era inginocchiata per avvicinarsi il più possibile alla stessa. Mostrò a Zorua un’immagine di Celebi.

- Pensi di riuscire…

Prima che la sua allenatrice potesse completare la frase, la Zorua si era trasformata in Celebi e si era avvicinata a Taelia, permettendo ai tre di scattare alcune foto.

- Grazie, sei stata fantastica! Prendi questo.

Serena premiò Zorua con uno dei suoi Pokebignè. Che sembrò gradire.

- Abbiamo un piccolo problema.

Il tono di Lucinda era preoccupato.

- Possiamo far passare che sia stata portata qui dal passato da Celebi, però… è vestita come il giorno in cui è scomparsa.

Tutti, in coro, le chiesero.

- E?

- Quindi pensavo che dovremo comprarle dei nuovi vestiti, per evitare che possa essere riconosciuta dalla maggior parte della gente.

- Lucinda sei geniale.

Orlando prese dal portafogli una buona quantità di denaro e lo diede a Serena.

-Andate pure, e usate questi.

La risposta che ricevette fece ridere tutti.

- Dobbiamo comprare dei vestiti, non il negozio!

- Noi restiamo qui.

Finalmente possiamo esaudire la sua richiesta… non è vero, Greninja?

La Greninja del ragazzo uscì dalla Pokèball.

- E io farò da arbitro.

Chiaramente l’intenzione di Ash era quella di evitare un’altra sessione di shopping.

- Va bene, noi torneremo al più presto.

L’uomo che gli stava pedinando stava attendendo da ore. E quella casa era sempre stata occupata. Sembrava lo facessero apposta… o magari lo avevano scoperto. Non aveva idea di quello che stava accadendo. Non aveva idea del perché quel ragazzo fosse entrato dentro con delle buste, e perché fosse partito in macchina e tornato a piedi. O ancora perché le ragazze se ne fossero andate. Quasi due ore dopo, le ragazze tornarono. Avevano due grandi buste, piene di vestiti.

- Eccoci. Speriamo di aver preso qualcosa che ti piace.

Serena, invece, si rivolse al suo ragazzo, in tono leggermente provocatorio.

- Beh, com’è andata quella lotta?

- Un pareggio.

Intanto Lucinda aveva dato le buste con la roba a Taelia.

- Prendi, è per te, mettiti quello che preferisci.

La ragazza entrò dentro casa e andò a cambiarsi. Dopo un po’, tornò. E sembrava totalmente un’altra persona.

Indossava un top rosa con disegnato un teschio con le ossa incrociate, una gonna nera e degli stivali marroni. L’unica cosa che aveva tenuto era il pendente. Intanto, per fortuna del loro pedinatore, finalmente se ne stavano andando.

Tuttavia quest’ultimo non poteva aspettarsi quello che si sarebbe palesato davanti ai suoi occhi.

Quei quattro non erano soli. Con loro anche una ragazzina, chiaramente più giovane di tutti loro. E il suo aspetto corrispondeva alla perfezione alla figlia del professor Sebastian. Scomparsa nove anni prima.

 Solo che… il suo aspetto non era quello di una ventenne, ma quello di una ragazzina di undici anni.

Ash aveva notato qualcosa di strano, in strada.

- Ma come mai non c’è la tua macchina?

- Perché adesso siamo in cinque, e la macchina è omologata per quattro… dovesse beccarmi l’agente Jenny… mi farebbe una multa che non finisce più.

Ironia della sorte, proprio in quel momento, un’agente Jenny, stava pattugliando quell’area.

Ed era stata attratta dal fatto che diverse persone si trovavano vicino a una casa abbandonata, scatenando la sua curiosità.

Si era avvicinata alla villa e l’aveva vista. Era scesa dalla sua auto e si era avvicinata a piedi alla villa.

- E voi cosa ci fate qui? Lo sapete che la violazione di proprietà privata è un reato?

Guardò tutti attentamente, soffermandosi sulla ragazza coi capelli rosa.

- Aspetta un attimo. Ma te assomigli moltissimo alla figlia del Professor Sebastian… però

Ash spiegò frettolosamente la situazione.

- Semplicemente avevamo visto un esemplare di Celebi e volevamo fargli delle foto. E, seguendolo siamo giunti a lei.

Per favore, non ne faccia parola con nessuno, altrimenti dei bracconieri potrebbero andare a cercarlo e sarebbe un disastro.

- Hai ragione, ma questo non toglie il fatto che state commettendo un reato.

A difendere tutti ci pensò Serena

- Non proprio. Essendo un luogo abbandonato ed essendo lei la figlia del Professor Sebastian, portata qui dal passato da Celebi, abbiamo la sua autorizzazione per trovarci a casa sua.

- Ok. Avete vinto per questa volta. Ma alla prossima…

Intanto i cinque si erano allontanati, per andare a pranzare, lasciando via libera all’uomo che gli inseguiva, di introdursi nella villa. Così l’uomo scese dalla sua auto e iniziò a esplorare la villa, scortato dai suoi due Houndoom. Non era attratto da quello che, a suo parere, poteva essere rimasto, a suo parere non molto, quanto piuttosto da segreto che aveva scoperto nascondesse. L’accesso al luogo dove il proprietario di quella casa aveva svolto i suoi esperimenti.

Entrò all’interno della villa e si diresse immediatamente verso i sotterranei. A lui non interessavano le stanze o il loro contenuto. A lui interessava solo il raggiungere quell’edificio e comunicare il tutto al suo capo e quest’ultimo avrebbe deciso come operare. In fondo al sotterraneo, notò come la porta che permetteva l’accesso alla fogna, fosse stata scardinata, con tutta probabilità da un attacco molto forte.

- Devo fare attenzione, sembrano molto forti. Dovrò dire anche questo nel rapporto al capo.

Intanto aveva notato come le luci sul soffitto fossero accese.

- Devono essere passati di qui recentemente.

Seguì il percorso indicato dalle luci, perché riteneva che fossero l’unica pista percorribile. E dopo una lunga camminata giunse alla fine della fognatura, dove questa scaricava nel fiume. Sarebbe potuto tornare indietro o salire da delle scalette che, all’apparenza, conducevano all’esterno. Scelse la seconda opzione.

Una volta fuori, si ritrovò davanti a un edificio abbandonato. Una vecchia fabbrica di auto. Dietro di lui, un muro impediva l’accesso attraverso il ponte.

Davanti a lui l’ingresso della fabbrica. Aveva già sentito tutto dalle sue microspie. Sapeva che quello che gli interessava era solo il montacarichi. Scese le scale con tutta calma, temendo che potessero crollare, e raggiunse il tanto desiderato montacarichi.

Entrato dentro, premette il pulsante di discesa e, dopo una lunga attesa, il montacarichi si fermò.

L’uomo capì che era giunto il momento di digitare la password nel tastierino.

59656.

La porta si aprì, rivelando all’uomo quello che si trovava all’interno della stanza.

Un gigantesco monitor, retto da una sorta di braccio meccanico, da questo partivano dei cavi che si dirigevano verso il piano inferiore.

Da una parte della stanza, un sedile di auto, su di un binario che conduceva fino al monitor.

L’uomo decise di sedersi e notò come lo stesso, attivato probabilmente da un sensore di peso, iniziasse a muoversi verso il monitor.

Appena giunto davanti da esso notò come su quest’ultimo fossero presenti dei dati di diversi Pokémon.

L’uomo premette un pulsante, e notò come quest’ultimo dovesse servire a selezionare uno dei Pokémon di cui erano presenti i dati.

Selezionando uno di quei Pokémon, non solo era possibile accedere ad alcuni dei suoi dati, ma era anche possibile interagire con il Pokémon tramite dei menu.

Il primo consentiva semplicemente di far scegliere che attacco far usare al Pokémon.

Il secondo presentava, invece la possibilità di conoscere i suoi spostamenti.

Il terzo, invece, presentava le opzioni più macabre, quelle che permettevano di assumerne il pieno controllo.

L’uomo provò a visitare quell’opzione, ma il sistema glielo impedì. Per attivare questa funzione era necessario un grado di identificazione, che chiaramente lui non poteva avere.

Anche, contrariamente a chi aveva visitato quel luogo prima di lui, aveva un’idea su chi potesse possedere quel grado di identificazione.

Stava per andarsene, quando si accorse di come, da una parte ci fosse una sorta di pozzetto. L’uomo si avvicinò a quest’ultimo e si accorse di come, vicino a questo ci fosse un lucchetto spezzato.

- Tanto meglio.

Commentò.

- Meno lavoro per me.

L’uomo sollevò il pozzetto e decise di prendere la scaletta celata dal pozzetto, pieno di aspettative. E non venne deluso.

Appena sceso un qualche sensore fece sì che la centrale di controllo uscisse dal pavimento e si palesasse ai suoi occhi, ancora parzialmente coperta dal liquido di raffreddamento.

- Credo di aver visto abbastanza.

L’uomo compì a ritroso il percorso che aveva compiuto, fino a tornare alla base.

Non era più interessato alle microspie, ma non aveva avuto il tempo materiale di rimuoverle, per cui le avrebbe tenute. Sia mai che gli permettessero di carpire delle altre informazioni.

In ogni caso si mise in contatto con il suo capo. Aveva delle novità in merito al caso.

Attivò il dispositivo di camuffamento e chiamò il suo capo.

Questi rispose quasi subito, anche lui con la voce camuffata.

- Immagino ci siano delle novità importanti.

Non sbaglia. Ci hanno aperto tutte le porte.

Sappiamo dove si trova la centrale di controllo, e la sua casa.

Ma questa non è la sola notizia importante.

- Dimmi tutto.

- La figlia di Sebastian è viva. Ed è una ragazzina di undici anni, come quando era scomparsa. Quelli con cui si trova hanno detto che è lì a causa di Celebi, ma io credo ci sia dell’altro dietro.

- Se anche fosse Celebi ci andrebbe benissimo.

- Il punto è che se non fosse Celebi ma qualcosa di creato da suo padre… potrebbe sfruttarla a suo vantaggio, e sarebbe qualcosa di molto più profittevole non di un Pokémon raro, ma di tre.

- Come tre?

- Girano con un Darkrai e con un Pokémon che non ho mai visto, che assomiglia a una sorta di cantante.

- E che prove avresti per smentire l’ipotesi che si tratti di Celebi?

- Bir ha regalato alla biondina un esemplare di Zorua, immagino conosca il suo potere.

- Certo che lo conosco, ma lo sai. Voglio delle prove. Io inizierò a partire, per il mio arrivo voglio le prove che quel Celebi sia una semplice illusione.

Intanto i cinque si trovavano al Centro Pokémon. Per fortuna non c’era nessuno, al di fuori dell’infermiera, la quale, alla vista della ragazza, per poco non ebbe un mancamento.

Lucinda prese in mano le redini della situazione.

- So cosa prova, ma, per favore, non ne faccia parola con nessuno. Lei è arrivata qui grazie a Celebi. Ma non deve dire nulla a nessuno. Arriverebbero dei bracconieri da ogni parte del mondo.

- Giusto, hai ragione, farò finta che sia un’allenatrice come tutte le altre.

Intanto il pulmino nero stava percorrendo le strade di Kalos, ma, contrariamente alle aspettative dell’uomo che aveva fornito loro le indicazioni, non si stava dirigendo all’abitazione che fu del signor Sebastian. Ma in un aeroporto.

Questo scatenò la curiosità del loro passeggero, che rimase parecchio sorpreso dalla decisione dell’autista.

Uno degli uomini che l’aveva prelevato dal carcere gli rivolse la parola.

- Abbiamo ricevuto delle informazioni. Sappiamo che il suo ex capo atterrerà in questo aeroporto tra non molto. E sappiamo che non sarà solo. Appena arriverà, lo seguiremo e, quando lo avremo messo al fresco, lei sarà un uomo libero.

Dopo una lunga attesa atterrò un aereo simile a quello che viene usato per trasportare truppe e merci, dal quale scesero degli uomini, tutti vestiti dello stesso colore, alla guida di mezzi militari. Tutti verdi. E un grosso SUV bianco.

Uno dei tre uomini in nero, vedendo quell’auto di colore diverso fece un’osservazione.

- Probabilmente il capo salirà su quello.

Non si sbagliava. Poco dopo il mezzo militare atterrò un jet privato. Il grosso SUV si diresse proprio verso quest’ultimo.

Il pulmino era troppo lontano perché si potesse vedere bene tutto, ma quello che i quattro poterono vedere fu comunque sufficiente.

- A quanto pare, quello è il mezzo del capo. Mi chiedo solo chi sia quella persona che è scesa con lui. Ne sa qualcosa?

L’ex carcerato rispose subito, intuendo l’importanza della domanda.

- Penso sia la sua segretaria, ma non ne sono sicuro.

Intanto il lungo corteo di mezzi si stava muovendo, verso la periferia di Ferropoli.

Per ora si sarebbero limitati a seguirli. Per agire solo nel momento più opportuno. Il corteo di auto passò davanti alla villa del signor Sebastian, senza fermarsi. Nel pulmino uno degli uomini in nero, si riferì al passeggero.

- Hai superato la prima prova, non chi hai mentito.

Intanto, il corteo proseguì fino a fermarsi, poco prima di un ponte.

Gli uomini alla guida del corteo fermarono i loro mezzi e fecero uscire dalle loro Pokéball alcuni esemplari di Rhyperior, e ordinarono loro di demolire il muro. 

Questi vi riuscirono, senza apparente sforzo, permettendo al corteo di proseguire, proprio verso la fabbrica.

Intanto l’autista del pulmino aveva deciso di battere momentaneamente in ritirata, per poter chiamare rinforzi. Sapevano dove si trovavano, ma in quel momento erano in grandissima inferiorità numerica.

Ora il pulmino si stava dirigendo verso una base militare. Qui avrebbero trovato tutti gli uomini e i mezzi necessari.

Intanto i cinque avevano passato un pomeriggio tranquillo. Lucinda e Serena si sono allenate per le loro esibizioni, Orlando e Ash per le lotte. Taelia un po’ e un po’. Era sinceramente affascinata dall’abilità delle due ragazze nello sfruttare le mosse dei loro Pokémon in modo diverso dalle lotte. 

Certo, non era la prima volta che vedeva delle esibizioni, ma loro due erano di un altro livello. 

La notte stava passando tranquillamente. Il Centro Pokémon non accettava più nuovi ospiti, accettando solo ricoveri di emergenza. Avrebbe ripreso le sue attività regolari  alle sette del mattino seguente.

A mezzanotte e mezza, un uomo bussò alla porta del Centro Pokémon.

 La guardia, un giovane ragazzo dalla carnagione olivastra e dai capelli castano scuro, rispose immediatamente.

- Il centro è aperto solo per ricoveri urgenti. Se non è urgente, torni alle sette del mattino.

- Si tratta di qualcosa di estremamente urgente. Uno dei miei Pokémon è stato ferito gravemente.

- D’accordo, mi consegni la Pokéball, quando il centro sarà aperto la informeremo sulle condizioni del suo Pokémon.

- Certo, eccolo qui.

L’uomo estrasse dalla sua tasca una pistola, e la puntò dritto alla guardia.

- Conducimi immediatamente alla camera di Taelia. E non fare scherzi.

Il ragazzo, sentendosi minacciato, decise di assecondarlo. Con le mani alzate, lo condusse fino alle camere, per poi indicarne una e dandogli la chiave elettronica universale.

- In questa.

L’uomo, tendo ancora la pistola puntata contro il ragazzo, si accinse a entrare.

Dentro la stanza dormivano due ragazze. Taelia era più lontana, per cui sarebbe dovuto stare attento a non svegliare l’altra.

Per sua fortuna all’andata andò tutto bene. Non aveva trovato alcun ostacolo. La parte più difficile sarebbe arrivata ora.

Doveva prelevare quella ragazzina ed evitare che si svegliasse. Certo, aveva della polvere soporifera, ma poi sarebbe stato incredibilmente difficile svegliarla. L’avrebbe dovuta usare solo in casi estremi.

Sollevò delicatamente il lenzuolo e sollevò la ragazza. Tenendola su una spalla. In questo modo poteva tenere ancora puntata l’arma al ragazzo.

Certo, se fosse riuscito a uscire dalla stanza. Impresa più difficile dell’entrata ma che avvenne ugualmente.

Si fece scortare dalla guardia fino all’ingresso. Poi gli lanciò una delle cariche con il sonnifero.

Su di lui non avrebbero avuto effetto, in previsione aveva indossato una mascherina. Avrebbe, invece, fatto fare un bel pisolino al ragazzo. Questo gli avrebbe garantito sicuramente del tempo per fuggire e avrebbe evitato che il ragazzo chiamasse immediatamente le autorità. Lucinda non si era accorta di nulla. Aveva dormito tutto il tempo. Ma, appena si era svegliata, per andare in bagno, istintivamente diede un’occhiata al letto della sua compagna di stanza.

La sua compagna di stanza non c’era. Cacciò un urlo che svegliò tutti.

- Questa deve essere Lucinda! Deve essere successo qualcosa!

Gridò Ash, abbastanza preoccupato per l’amica.

Ora erano tutti davanti alla porta della stanza dove dormivano Lucinda e Taelia. La porta era aperta, nonostante tutti si ricordassero che Lucinda avesse chiuso.

Con ancora Lucinda in preda al panico, i quattro si diressero all’ingresso. Ancora non era iniziato il turno dell’infermiera Joy e doveva esserci la guardia per le emergenze. I quattro lo trovarono disteso a terra. In una posizione innaturale.

- Non ditemi che l’hanno ammazzato!

- Calma Lucinda! Ti stai facendo troppo prendere dal panico. Non vedi che respira?

Intanto avevano provato di tutto per svegliarlo. Ma solo un potente Fulmine del Pikachu di Ash riuscì nell’intento. Svegliandolo in modo tutt’altro che piacevole.

Dopo essersi ripreso dallo shock, il ragazzo si mise immediatamente sulla difensiva.

-Cosa ci fate qui? Lo sapete che il Centro è chiuso? Si accettano solo emergenze!

- Veramente noi… stavamo dormendo.

- E cosa ci fate qui? Non è possibile accedere se non in caso di emergenza.

- Infatti è un’emergenza.

- E cosa sarebbe successo?

Ci pensò Serena a spiegare la situazione.

- La compagna di stanza di Lucinda, Taelia, è scomparsa nel nulla.

- Taelia hai detto?

Un tizio mi ha chiesto di portarlo fino alla sua camera. Mi ha detto di non avvisare le autorità. Per tutto il tempo mi ha puntato una pistola addosso. Poi, prima di andarsene ha lanciato qualcosa sul pavimento e da allora ricordo solo del fumo.

- Hai idea di dove possa essere andato?

- No. Te lo ripeto. Ha lanciato una sorta di dardo fumogeno ed è sparito. Chiamo subito la polizia.

- Non dire nulla riguardo a Celebi.

- Celebi?

- Si, è una storia molto lunga, ma di base lei è arrivata da è arrivata dal passato grazie a lui.

- Ok.

Il ragazzo si era precipitato al telefono e aveva composto il numero della stazione di polizia più vicina.

Gli rispose una persona. Dalla voce si capiva che si era appena svegliata.

- Cosa succede? Perché il Centro Pokémon chiama a quest’ora?

- Una ragazza è stata rapita da un uomo vestito completamente di nero. Mi ha minacciato con un’arma da fuoco, e, prima di andarsene, ha lanciato un dardo fumogeno.

- Manderemo immediatamente una pattuglia.

Dopo pochi istanti arrivò effettivamente un’auto della polizia e l’agente Jenny giunse immediatamente sul luogo del 

rapimento. A poca distanza ne arrivarono delle altre.

Appena entrata, la poliziotta volle assicurarsi che nessuno avesse manomesso le prove.

- Voi restate qui. Lei

Stava indicando la guardia.

- Invece verrà con me. Voi rispondete alle domande delle mie colleghe.

La poliziotta si era fatta accompagnare dal ragazzo fino alla stanza dove le due ragazze avevano passato la notte.

A un primo esame sembrava tutto nella norma.

Il letto di Taelia era stato sfatto. Probabilmente dalla persona che l’aveva rapita.

Intanto una delle sue colleghe si era occupata di raccogliere il fumogeno nella speranza di trovare delle impronte.

E una terza stava facendo delle domande ai presenti.

Dopo aver scoperto che la sua compagna di stanza era Lucinda, aveva deciso di concentrarsi su questa.

- Dimmi, come ti sei accorta della sua scomparsa?

- Semplicemente mi sono svegliata perché dovevo andare in bagno. E, quasi istintivamente, ho deciso di gettare uno sguardo sulla mia compagna di stanza.

- Perché avresti dovuto darle un’occhiata?

- Nessun motivo particolare. Semplicemente volevo assicurarmi che stesse bene.

- Va bene. Noi andiamo, se trovate qualcosa di sospetto, avvisateci.

Intanto anche l’agente, accompagnata dalla guardia era tornata dall’ispezione e non aveva trovato nulla. La sola prova era quel fumogeno. Sarebbe stato analizzato nella speranza di trovare delle tracce. Lo stesso con i non molti effetti personali della ragazza. Dei vestiti, uno zaino e un vecchio modello di Pokédex. Fin tanto che non sarebbe stata trovata i suoi Pokémon sarebbero stati tenuti in cura al Centro Pokémon.

Nessuno riuscì a chiudere occhio quella notte. Tutti avevano paura di poter essere la prossima vittima. Per rassicurare la popolazione, la notizia del rapimento non era stata divulgata.

Intanto l’uomo aveva depositato la ragazzina nei sedili posteriori del suo mezzo ed era partito alla volta della fabbrica abbandonata.

La ragazza dormiva ancora. Così riuscì a rinchiuderla in una delle tante stanze inutilizzate della fabbrica.

Avrebbe potuto urlare quanto vuole, nessuno l’avrebbe trovata. E non aveva con sé nessun Pokémon. Era totalmente inoffensiva. L’uomo era consapevole che lei sarebbe stata la chiave. Lei gli avrebbe permesso di accedere all’area riservata e permettere al suo capo di controllare tutti i Pokémon che desiderava.

La notizia del rapimento della ragazza, la mattina prestissimo, era giunta anche gli uomini vestiti di nero. Inizialmente era passata sotto traccia, ma appena il loro uomo venne a conoscenza dell’identikit della ragazza, le cose cambiarono.

- Quella ragazza… ne sono certo è lei.

Uno degli uomini che lo teneva in custodia gli rispose

- Lei chi?

- La figlia di Sebastian.

- Ma sei matto? Lo sai che scomparsa nove anni fa? Dovrebbe avere vent’anni. Lei ne ha a malapena undici.

- Sono certo che sia lei. Guardate la foto.

Nella foto era possibile notare un piccolo particolare.

- Quello è Celebi. L’ha portata dal passato. Per qualche motivo.

- Perché dovrebbe averlo fatto?

- Voi state indagando sulla vicenda. Gli uomini di Graziano pure e, molto probabilmente, sono coinvolti anche coloro che hanno scattato quelle foto. Penso sia un motivo valido.

- Non abbiamo altre prove, ma anche se fosse, questo non aggiungerebbe nulla. Sai cosa devi fare in cambio della tua libertà.




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Capitolo 4
*** Epilogo (e piccolo extra) ***


Epilogo



Aveva dormito durante tutto il viaggio. Si era svegliata solamente quando era stata depositata sul pavimento. Le ci volle del tempo per realizzare quello che le era accaduto. Non si trovava più in stanza con Lucinda, ma in una stanzetta piccola e polverosa.

Dalla finestra filtrava la luce della luna. La ragazza si alzò in piedi e si diresse verso la porta,  cercando di uscire, ma ben presto si rese conto di esser chiusa là dentro.

Ancora non aveva idea di dove si trovasse. Pensava di aver avuto un attacco di sonnambulismo e di essersi rinchiusa nel locale scope del Centro Pokémon. Pensava che, entro qualche ora, sarebbe stata trovata e tutto sarebbe andato per il meglio.

Per questo decise di avvicinarsi alla finestra. Nella peggiore delle ipotesi si aspettava che la finestra desse su un vicolo cieco. Quello che vide, quando si affacciò, fu qualcosa di totalmente inaspettato.

La luce della luna si rifletteva sull'acqua. Non una pozzanghera. Un fiume. Con quella poca luce era appena possibile scorgere la terraferma. Di sicuro non poteva essere arrivata lì a piedi,era stata sicuramente portata lì da qualcuno. Era troppo spaventata per chiedersi chi potesse averlo fatto. Cercò di urlare, nella vana speranza che qualcuno potesse sentirla.

Ricevette una risposta, ma non di certo quel tipo di risposta che voleva ricevere. Una voce maschile a lei sconosciuta la minacciò.

- Stai zitta o ti taglio la gola.

Le ricerche della polizia non si stavano rivelando in alcun modo fruttuose. Su quel dispositivo, non erano state trovate delle impronte. Quindi la persona che l’aveva lanciato aveva preso delle precauzioni. Nemmeno le domande fatte alla guardia si erano rivelate utili, sembrava che quell’uomo avesse fatto di tutto per rendersi irriconoscibile. L’ipotesi degli inquirenti era che quell’uomo avesse rapito la ragazza per poter catturare Celebi. Anche se nessuno aveva fatto parola della sua presenza. All’infuori dell’agente Jenny, della guardia e dell’infermiera, nessuno poteva saperlo. E di certo nessuno di loro si sarebbe mai sognato di parlarne. Per cui, l’unico modo per scoprire la notizia, era quella di usare delle microspie. Per questo motivo, la polizia decise di mettere l’intera area dedicata al pernottamento sotto sequestro, permettendo solo alla parte medica di funzionare. Dopo averli perquisiti minuziosamente, avevano permesso ai quattro di riprendersi tutti i loro effetti personali.

Dopo una colazione, offerta dalla polizia, i quattro vennero lasciati liberi. A patto di  stare lontani da quel Centro Pokémon, almeno fino alla fine delle indagini.

Di nuovo in quattro, ben presto compresero che la scelta migliore era quella di indagare per conto loro, temendo che la polizia facesse l’ennesimo buco nell’acqua.

Decisero di cercare degli indizi nella casa dove aveva abitato fino al giorno dell’omicidio di suo padre. Spinti dall’ipotesi partorita dalla mente di Ash che vedeva sensato che il suo rapitore potesse averla sequestrata per estorcerle informazioni sui segreti dell’abitazione.

Appena varcarono il cancello, una voce maschile gli intimò di fermarsi.

Da un pulmino nero, coi vetri oscurati uscirono due uomini, vestiti di nero dalla testa i piedi. E erano armati.

- Di nuovo loro.

Lucinda lo disse sottovoce.

Tutti e quattro avevano le mani alzate, in segno di resa.

- Vedete di non fare scherzi. Cosa ci fate qui?

Serena prese in mano la situazione.

- Ieri avevamo visto un esemplare di Celebi e volevamo scattargli delle foto.

- Pensi che io sia uno sprovveduto? Lo so benissimo che siete stati voi a scattare le foto a quella ragazzina ieri. E so anche che quel ragazzo.

L’uomo stava indicando Orlando.

- Era un suo grande amico.

Vi fu una pausa di silenzio, interrotta dal secondo uomo.

- Avete tre scelte. O ve ne andate, non tornate più in questa città e fate finta di dimenticare tutto, o sarò costretto a fare fuoco. Vi è una terza alternativa. Ma non so quanto sia piacevole.

- Vi unirete alle nostre indagini e ci direte tutto quello che sapete.

Terminò la frase il suo collega.

I quattro si guardarono negli occhi.

- Ci uniremo a voi.

Il tono di Lucinda era carico di responsabilità.

I quattro vennero perquisiti dai due uomini, che non trovarono nulla.

- C’è solo un problema. Non possiamo permetterci che abbiate dei Pokémon fuori dalle Pokéball.

Lucinda si affrettò a richiamare il suo Piplup. E i due uomini si aspettavano che Ash facesse lo stesso con il suo Pikachu.

- Sapete, lui detesta stare dentro alla Pokéball. E poi, cosa credete che possa fare un piccolo Pikachu?

Il Pikachu di Ash abbassò leggermente un orecchio. Avevano capito tutti.

I quattro vennero condotti al pulmino. E costretti a indossare le cinture. I due uomini si sedettero a bordo. Il pulmino riuscì a compiere pochi metri, prima che l’autista, colto da uno strano torpore, dovette interrompere la marcia.

Gli altri due uomini tentarono inutilmente di svegliarlo.

- Pikachu, approfittane, taglia le cinture con Codacciaio.

Il Pikachu seguì l’ordine e, con dei colpi rapidi e precisi tagliò le cinture e liberò tutti. Saltarono fuori dal furgone, usando la porta, sfondata dal potente Focalcolpo di Darkrai, sperando che i due uomini fossero troppo impegnati a svegliare il loro collega.

Piano che riuscì solo parzialmente. Infatti i due uomini notarono la loro fuga e tentarono di inseguirli. Prima che venissero colpiti anche loro dalla stessa sensazione, cadendo in un sonno profondo.

I quattro decisero di approfittare della situazione. Sarebbero stati quei tre uomini a dar loro le informazioni.

Dopo del tempo uno dei tre si svegliò. E si accorse di essere stato legato, insieme ai suoi colleghi. Erano circondati e tenuti sotto tiro.

Davanti a lui non solo quei quattro ragazzi, ma anche un Darkrai, un Mamoswine, due Lucario e un Pokémon che mai aveva visto prima, ricordava una sorta di ballerina, ma la sua posa ricordava piuttosto una qualche arte marziale.

Sopra di lui un possente Metagross shiny.

Poco dopo si svegliarono anche gli altri due.

Erano ancora storditi. E non si resero subito conto che non avevano più il coltello dalla parte del manico.

- A quanto pare non dovevamo fidarci di voi.

Darkrai stava iniziando a caricare un Focalcolpo.

- Darkrai, aspetta.

Lo fermò Ash.

- Se li uccidi, non potranno confessare nulla.

Il Pokémon Neropesto fermò il suo attacco.

- Ora siete voi in trappola

Commentò Lucinda.

- E ora ditemi, che fine avete fatto fare a Taelia?

- Ti giuro che non sappiamo di chi parli.

- Mamoswine?

Il bestione iniziò a caricare un potentissimo riduttore. Come minimo i tre si sarebbero ritrovati con svariate ossa rotte.

- E va bene. Questa volta hai vinto te.

- Mamoswine, puoi fermarti.

Il bestione si fermò poco prima di colpirli.

- Voi avete attivato il sistema costruito dal padre di Taelia. E pensavamo lavoraste per Graziano, detto il Mago.

Dovete sapere che è uno dei più influenti e pericolosi boss della mafia.

È ricercato per un enorme numero di reati, tra associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidi, sequestri di persona, spaccio di droga, strozzinaggio. E, il padre di Taelia ha realizzato i suoi progetti usando i suoi soldi.

Naturalmente non si è messo direttamente in contatto con lui, ma li ha avuti  tramite un intermediario. Che si occupava di  passare i soldi. Dopo la morte di Sebastian, le autorità, tracciando le sue lettere e facendo delle perizie grafiche, sono state in grado di scovarlo e arrestarlo. Il collaboratore si è rifiutato di fornire delle informazioni sul suo ex capo. Anche perché non gli avevano offerto nulla in cambio. Né protezione né sconti di pena o altro. 

- Non starai davvero confessando tutto a quelli?

- Metagross?

Ora i tre rischiavano di essere schiacciati dall’enorme peso del Metagross del ragazzo.

- Abbiamo altra scelta?

- Poi, quando siamo venuti a sapere del rapimento di Taelia, abbiamo capito che voi non avete a che fare con lui e che eravate solo una delle forze in campo.

- Ok, ma chi era l’intermediario?

I tre stavano ancora rischiando di farsi pressare dall’enorme massa di Metagross.

- Gualtiero Scoperse.

- Basta così.

- E così è tuo zio collaborava con la mafia?

- Si, ma lo hanno arrestato, e ora sta scontando la sua pena.

- Non esattamente.

Uno dei tre uomini rispose a Orlando, scatenando la curiosità di tutti.

- Ora è sotto la nostra protezione ed è solo grazie a lui se siamo arrivati fino a qui. Gli abbiamo promesso che, se avesse collaborato, e fossimo stati in grado di arrestare Graziano, sarebbe stato libero.

- Tutto torna, ma ditemi. Chi ha ucciso Sebastian?

- Non siamo tenuti a dirvelo.

- Quindi lo sapete?

Il tono di Lucinda era arrabbiato.

Intanto Darkrai stava caricando di nuovo un potente Focalcolpo e i due Lucario, dei Forzasfera.

- E va bene. Ma risparmiateci la vita. 

- Vedete, il signor Sebastian lavorava a un progetto della massima segretezza, ma, se siete arrivati fino a casa sua, avete avuto a che fare con sua figlia e con i suoi progetti, immagino non sia una novità. 

Il progetto era stato creato da una collaborazione tra le regioni di Unima e Kalos, e doveva impiegare la crème de la crème degli studiosi delle due regioni. Principalmente membri dei reparti ricerca e sviluppo di alcune delle aziende più importanti. 

Per ragioni di sicurezza tutto il complesso era sorvegliato da un ampio contingente militare.  

Sebastian riuscì a fuggire proprio grazie a uno dei militari. Qualche tempo dopo la sua fuga, anche l’attuale boss, Graziano, fuggì, proprio con la moglie di Sebastian. 

E oggi non sappiamo che fine abbia fatto quella donna.  

Dopo diversi anni, Sebastian, grazie ai soldi di Graziano, riuscì a ricreare questo sistema. 

I suoi datori di lavoro gli intimarono di smettere e di consegnare tutto quello a cui aveva lavorato. 

- Lui non lo fece e i vostri colleghi lo uccisero. 

Serena terminò la frase prima che l’uomo potesse finire, dandogli  non poco fastidio..

- Si, ma quindi, ora ci liberate o no?

- Cosa ci garantisce che voi non ci facciate fare la sua stessa fine?

- Lavoriamo per il governo. Dobbiamo rendere conto ai nostri superiori di qualsiasi cosa facciamo. Non possiamo uccidere persone a caso.

- Avete altro da dire?

I tre erano consapevoli di essere ancora sotto attacco. E di essere stati disarmati.

- Gli uomini di Graziano hanno occupato l’edificio dove Sebastian svolgeva i suoi esperimenti. Per cui è molto pericoloso andarci. Presto arriveranno i rinforzi, non fate nulla fino ad allora. Rischiereste troppo.

Intanto Graziano era stato condotto dal suo uomo lungo la scalinata e verso il montacarichi.

Nessuno dei due parlò. L’uomo sapeva che stupire il suo capo non era affatto facile. Tuttavia pensava che quello che avrebbe visto, sarebbe stato sufficiente. 

Dopo la lenta discesa e la consueta digitazione del codice, la porta si aprì nella stanza della centrale di comando.

Il mafioso, quasi istintivamente, si sedette nella poltrona, venendo trasportato anche lui verso il monitor.

Poté anche lui visualizzare i dati e rendersi conto del fatto che senza le necessarie autorizzazioni, sarebbe stato impossibile poter controllare i Pokémon.

- Mi hai detto che avevi la soluzione al problema. Me la mostreresti?

- Agli ordini.

L’uomo abbandonò la stanza, lasciando il suo capo da solo. 

Percorse rapidamente la distanza che lo separava dalla stanza dove aveva rinchiuso la sua prigioniera. Aprì la porta e trovò la ragazza, seduta sul pavimento. Era chiaramente impaurita.

- Vieni con me. Ti prometto che non ti farò del male, sempre che tu decida di collaborare, ovvio.

La ragazza stette in silenzio. Non aveva modo di difendersi.

Venne condotta dall’uomo fino al suo capo. 

- Mi hanno detto che per sbloccare il pieno potenziale di questo macchinario ci sia bisogno di un permesso speciale.

E so che tu sei la figlia di Sebastian.

Concedimi quell’autorizzazione e tutto andrà bene.

- Non so di cosa sta parlando. 

- O me la concedi con le buone o sarò costretto a diventare cattivo. Sai? Ho ucciso più di ventimila persone. 

Ma non credo che ti interessi. Piuttosto potrebbe interessarti questo.

Lo scagnozzo del boss aveva in mano un tablet che mostrava un video di un esemplare di Celebi che veniva torturato da scariche elettriche.

- O confessi o gli faremo di molto, molto peggio.

Il mafioso pensava che questo potesse in qualche modo convincere la ragazza a confessare, ma questa rimase impassibile. Anzi. Giocherellava con il pendente che aveva al collo. 

- Lo immaginavo, è più furba di quanto pensassi. 

- Non esattamente.

Commentò lo scagnozzo. 

- Non sei arrivata con Celebi, vero?

Intanto la segretaria del mafioso ebbe un sussulto. Si ricompose prima che il suo capo potesse notare qualcosa. Aveva sentito una sensazione che non provava da tempo.

La ragazzina fece scena muta.

- Forse tu sai essere più convincente. 

Il mafioso si riferiva alla sua segretaria. 

Lo scagnozzo condusse le due in una delle tante stanze inutilizzate dell’edificio. E ordinò a due suoi sottoposti di fare la guardia. Sia mai che avessero tentato di fuggire. 

Una volta chiuse nella stanza, le due restarono a lungo in silenzio. 

Erano sedute una di fronte all’altra. E si stavano guardando negli occhi. Sapevano benissimo che prima o poi l’uomo sarebbe entrato e avrebbe preteso risposte. 

La ragazzina giocherellava ancora con il pendente. Lo usava quasi come se fosse un antistress. 

Vedendola giocherellare, la donna decise di rompere il ghiaccio facendo una domanda.

- Immagino che tu tenga molto a quel pendente.

- Si, è il solo ricordo che ho di mia mamma. Lei e mio babbo se li regalarono e scambiarono poco prima che il destino gli costringesse a separarsi. Mi ha detto che schiacciandolo in un punto particolare avrei potuto sentirla vicina a me.

- Sai, io ho un pendente simile, me lo ha regalati il mio capo.

Vi fu una lunga pausa di silenzio.

Devi essere tesa, immagino. Io sono qui per aiutarti. Mi chiamo Samuela, te, invece, come ti chiami?

- Taelia.

Rispose la ragazzina, sottovoce.

- Dopo quello che ti è successo, lo posso immaginare. A me puoi dirlo, ti prometto che non ne farò parola con nessuno. Sei stata portata da Celebi?

- No.

Lei rispose sottovoce.

- E come sei arrivata qui?

- Una delle invenzioni di mio padre. Permetteva di trasportare le persone da una parte all’altra del mondo. Ma qualcosa andò storto. E rimasi bloccata lì dentro per anni. Fino a quando non mi trovarono.

- Chi?

- Dei ragazzi che sono venuti a conoscenza della mia storia mia e di mio padre.

- La tua storia?

La donna era piuttosto incuriosita.

- Mio padre ha lavorato a un progetto di massima sicurezza. Insieme a tanti altri scienziati. Tra cui una ex collega di lavoro con cui si frequentava da prima del progetto. Durante quel progetto decisero di ufficializzare il loro legame e, il resto lo puoi immaginare.

Mio padre diceva sempre che avevo gli stessi capelli e gli occhi di mia mamma.

La donna rimase in silenzio, ma la sua espressione era più cupa.

Taelia continuò.

- A un certo punto del progetto, quando avevo tre anni, grazie all’aiuto di una donna chiamata Suzanne, mio padre riuscì a fuggire, e mi portò con lui.

Promise a mia mamma che si sarebbero rivisti presto. Non immaginavamo di certo che da allora non ci saremmo più visti.

- Una storia davvero triste.

- Da allora ci trasferimmo di città in città, di regione in regione, fino a quando non arrivammo qui a Ferropoli. Qui, mi hanno raccontato di come quando, se ne andava di casa con delle scuse, in realtà lavorava a quel progetto. E lasciava Darkrai a proteggermi.

Intanto i quattro avevano abbandonato i quattro uomini davanti alla villa e si stavano dirigendo alla fabbrica. Nonostante l’avvertimento di quegli uomini.

E già uscendo dal passaggio, tutti e quattro notarono come il muro che impediva l’accesso dal ponte, era stato abbattuto.

Capendo che gli uomini in ero non avevano detto una bugia, compresero che la scelta più saggia fosse quella di tornare sulla terraferma. La fabbrica era stata occupata.

Probabilmente dai sottoposti di Graziano.

Essendo in palese inferiorità numerica, attaccare senza un piano non era un’opzione. Pertanto era meglio rifletterci su.

Avevano raggiunto un parchetto lì vicino e si erano seduti in una panchina, isolata da tutte le altre, uno dei luoghi più adatti dove discutere un piano d’azione.

- E adesso che facciamo?

Ash prese l’iniziativa. Le loro ricerche nella sua ex abitazione si erano rivelate infruttuose, non avevano trovato Taelia da nessuna parte, si erano diretti alla vecchia fabbrica come ultima spiaggia. Dopotutto suo padre aveva lavorato al suo progetto in quell’edificio, quindi era probabile che i suoi rapitori pensassero che lei potesse fornire informazioni utili.

- Non possiamo mandare in avanscoperta i nostri Pokémon. Verrebbero attaccati da quei dispositivi.

A Lucinda rispose Serena.

- Vero, i vostri Pokémon verrebbero attaccati da quei dispositivi, ma…

Darkrai e Meloetta no.

Serena ricevette i complimenti da tutti.

- Dentro la vecchia fabbrica c’era una gigantesca colonia di Zubat e Golbat. 

E, se ricordate non venivano attaccati in alcun modo dai dispositivi, sono selvatici.

Darkrai e Meloetta non sono stati catturati da nessuno, per questo dovrebbero essere al sicuro. 

Se, ovviamente vogliono aiutarci.

Entrambi i Pokémon fecero segno di approvazione.

- L’idea è semplice. Abbiamo paura che Taelia sia stata rinchiusa da qualche parte. E gli scagnozzi di quell’uomo sono molto pericolosi. Alla prima minaccia, tornate indietro. Non dovete rischiare.

I due Pokémon avevano capito, e si erano diretti all’edificio. Meloetta si occupò di controllare la parte destra dell’edificio, Darkrai, quella sinistra.

Guardarono in quasi tutte le finestre, non trovando nulla. Stavano per arrendersi, quando, finalmente in una delle stanzette, finalmente Meloetta la vide. Non era sola, ma accompagnata da una donna che aveva i capelli e gli occhi dello stesso colore.

Taelia, vedendola, le fece l’occhiolino, come segno di averla riconosciuta. Poi fece cenno di no con la testa.

Un cenno ambiguo.

I due Pokémon tornarono indietro.

Darkrai fece da interprete, spiegando quanto visto da Meloetta.

- L’abbiamo trovata, è in una delle stanze in fondo alla fabbrica. E con lei c’era una donna.

- Sembrava pericolosa?

La domanda di Ash era legittima.

- No. Stavano semplicemente parlando. E la donna non sembrava pericolosa. Ma non si sa che cosa volesse.

Ha fatto segno di no con la testa, ma non sappiamo cosa intendesse.

- Magari intendeva che con lei non era in pericolo?

Ipotizzò Serena.

- Potrebbe essere.

Le fece eco Ash.

- Ma allora cosa stavano facendo?

Si chiese Lucinda, anche se non ricevette alcuna risposta.

- Quindi cosa facciamo? Aspettiamo i rinforzi o iniziamo?

- Ash! Come sei precipitoso!

Lo rimproverò Lucinda.

Intanto la donna aveva abbandonato la ragazza, lasciandola sola in quella stanza, lasciando le guardie stupite. Voleva parlare con il suo capo, o con qualcuno di importante.

Per sua fortuna trovò lo scagnozzo di Graziano che era impegnato a fumare una sigaretta.

- Allora?

Le chiese l’uomo.

- Non ho ottenuto molto, ma probabile credo di aver scoperto qual è la chiave.

- E sarebbe?

- Il suo pendente. Ho scoperto che ha un dispositivo elettronico al suo interno. Per questo penso che  potrebbe trattarsi della chiave.

- E allora?

- E allora dobbiamo trovare il modo di prenderlo. Ma non me la sono sentita di farlo. Ci tiene tantissimo. Le hanno tolto tutto. Quel pendente è la sola cosa che le rimane della sua famiglia.

- Non serve che ti ricordi per chi lavori?

- No. Ma vedi… guardandola negli occhi… parlando con lei… ho avuto una sensazione che fatico a descrivere. 

L’uomo fece un lungo tiro.

- E quindi? Ti è stato chiesto di parlarci perché pensavamo che la gentilezza fosse il modo migliore per ottenere informazioni.

La donna ebbe come un brivido.

Infilò la mano nella tasca e raccolse il suo pendente. Stava vibrando.

- Com’è possibile?

Commentò.

L’uomo guardò la donna, che non era riuscita a trattenere il suo stupore.

- Che ti prende?

- Niente, non importa. Non ti preoccupare, è tutto apposto.

L’uomo buttò per terra la sigaretta prima di finirla e accompagnò la donna fino alla stanza del capo.

Il mafioso la accolse in modo scocciato. A lui importava solo una cosa.

- E la chiave?

- Il suo pendente. Non me la sono sentita di toglierglielo. 

- E quindi? Pensi che me ne possa interessare del fatto che tu non te la senta? Con la gentilezza non si ottiene nulla! E soprattutto tu non hai motivo per proteggerla. Lei non ti paga lo stipendio! Mi costringi a usare le maniere forti.

La donna si allontanò, lasciando il mafioso solo con il suo scagnozzo.

Lei non se la sentiva di togliere a quella ragazza la sola cosa che rimaneva della sua famiglia.

Appena il mafioso vide la porta chiudersi e sentì il rumore del montacarichi salire, decise di agire. Lui sapeva la verità su quel pendente, ma non doveva dirlo alla donna. Aveva paura delle conseguenze che ciò avrebbe portato.

- Senti, vai da lei, usa il tuo sonnifero e scambia i due pendenti. Non si accorgerà di nulla e noi potremo procedere. 

- Agli ordini.

L’uomo prese il montacarichi e raggiunse la donna, che, nel frattempo si stava dirigendo nella stanza dove Taelia era stata rinchiusa.

La raggiunse accelerando di molto il suo passo e le si parò davanti.

- Che intenzioni hai? Pensi di essere in grado di convincerla? Non ci sei riuscita prima, non vedo perché tu ci debba riuscire ora. Lascia che ci pensi io. Ho solo bisogno del tuo pendente.

La donna non disse nulla. Ma non fece nemmeno nulla per fermarlo. Si limitò a consegnargli il suo pendente.

L’uomo, che nel frattempo aveva indossato una mascherina,  aprì lentamente la porta della stanzetta e lanciò una boccetta di sonnifero, che, in pochi istanti fece il suo effetto.

Si avvicinò alla ragazza e le tolse il pendente, per poi sostituirlo con quello della donna. 

La ragazza non si sarebbe accorta dello scambio. 

L’uomo, dopo lo scambio, tornò dal suo capo, con aria trionfale. Aveva in mano il pendente, quello che per lui era chiave. Non poteva essere sicuro della sua tesi al cento per cento fino alla prova dei fatti.

Lo scagnozzo consegnò il pendente al suo capo. 

Quest’ ultimo, che da un po' stava armeggiando con i controlli, era già arrivato alla schermata con le impostazioni di controllo.

Ricevuto in mano il pendente, decise e decise di appoggialo su una sorta di incavo presente sulla tastiera.

Un segnale acustico indicò che l’ipotesi era corretta.

Ora poteva controllare i Pokémon come voleva. Aveva sia la centrale di controllo che la Pokéball. E nessuno avrebbe potuto impedirglielo.

Aveva nelle mani un potere enorme e poteva sfruttarlo per piegare chiunque al suo volere.

Per prima cosa voleva assicurarsi che tutto funzionasse come doveva e che non si trattasse di una truffa.

Richiamò quindi uno dei Pokémon presenti nella schermata.

I quattro avevano notato un esemplare di Scizor, intento a volare in direzione della fabbrica.

Lucinda lo notò e si accorse anche di un dettaglio non di poco conto.

- L’avete visto?

La ragazza stava indicando l’esemplare di Scizor che stava volando verso la fabbrica.

- Normalmente dovrebbe avere gli occhi gialli. E invece sono rossi… che… no, non ditemelo!

- Cosa?

- Che, mentre aspettavamo quei tizi, quell’uomo abbia trovato il modo di usare quel sistema. Sappiamo che Taelia si trova dentro quella fabbrica. E non sappiamo cosa le abbiano fatto.

- E allora cosa facciamo?

La domanda di Serena era perfettamente legittima.

- Andiamo?

Chiese Ash.

- Prima dobbiamo decidere come agire.

Gli rispose Lucinda.

- Come volete agire? Quel pazzo potrebbe prendere il controllo di tutti i Pokémon del mondo, compresi i nostri, e tu pensi a pianificare?

- Lucinda ha ragione.

Lo rimproverò la sua ragazza.

- Proprio perché è pericoloso, dobbiamo pianificare per bene le nostre azioni. Non possiamo permetterci errori di alcun tipo.

Serena prese il suo telefono e aprì l’applicazione per le mappe e cercò la città di Ferropoli. Non ci volle molto affinché la città comparisse. Alla ragazza non ci volle molto per individuare la fabbrica. Era sull’isolotto in mezzo al fiume che divideva la città. Era possibile notare il ponte, ancora interrotto dal muro e degli strani dispositivi sul tetto dell’edificio.

- Vedete quei dispositivi sul tetto? Probabilmente è da lì che attaccano i Pokémon degli allenatori che si librano in volo. Ma non si capisce molto.

Indicò poi la parte in fondo a destra dell’edificio, quella dove, stando a Meloetta, Taelia era stata rinchiusa.

- Taelia si trova lì da qualche parte.

Spiegò Serena.

- E come facciamo a salvarla?

Le chiese Lucinda.

- Non possiamo sorvolare la fabbrica con i nostri Pokémon, verrebbero attaccati. A meno che i dispositivi non vengano distrutti, ovvio.

- Non ti preoccupare di questo.

Era Darkrai.

- Credo di poterli distruggere.

- Non metterti in pericolo.

Gli rispose Ash.

- Farò attenzione. Ci sono stato poco fa, non credo che la situazione sia cambiata.

Darkrai decise di dirigersi verso il tetto dell’edificio. E vide da vicino quegli strani dispositivi. Erano dei cannoni che sparavano raggi di energia. Per come erano studiati, erano in grado di ferire gravemente qualsiasi Pokémon.

Ad ogni modo non poteva riflettere troppo sulla loro costruzione o sul loro funzionamento, il suo unico compito era quello di distruggerli, dopotutto. Colpendo il primo con un potente Focalcolpo, si rese conto di come fossero tanto pericolosi quanto fragili, infatti, il dispositivo esplose e creò nuvola di fumo nero e diverse scintille. Il gran fracasso causato dall’esplosione allertò alcune guardie che si trovavano nei piani superiori.

Pensavano che qualcuno stesse tentando di bombardare l’edificio e che avesse lanciato dei colpi di avvertimento.

Per questo si precipitarono sul tetto dell’edificio. E  videro Darkrai intento a distruggere quei dispositivi.

Sapevano che Darkrai era un alleato dei loro nemici, per cui decisero di attaccarlo alle spalle. Secondo loro era troppo occupato a distruggere quei dispositivi, per poter prestare attenzione a quello che accadeva intorno a lui.

Si sbagliarono clamorosamente.

Le guardie mandarono contro Darkrai i loro Houndoom, e avevano ordinato loro di attaccare Darkrai con Lanciafiamme.

Ma, prima che riuscissero ad attaccare, vennero addormentati da Vuototetro, e, allo stesso modo, i loro padroni. Almeno non avrebbero chiamato ulteriori rinforzi, causando un’ulteriore perdita di tempo. 

In breve tempo, Darkrai distrusse i dispositivi restanti, senza che nessun altro lo disturbasse. Al  suo ritorno avevano avuto la conferma che l’area era sicura e quindi potevano salvare Taelia.

Orlando e Ash, grazie all’aiuto dei loro Metagross e Dragonite, e alla guida di Meloetta, giunsero di fronte alla stanza dove era tenuta prigioniera Taelia.

E in effetti la trovarono, stesa sul pavimento. Pensarono al peggio, ma quando la videro muoversi, capirono che era semplicemente addormentata.

Grazie a Darkrai, avevano scoperto come nell’edificio vi fossero diverse guardie, al soldo del mafioso, per cui, per evitare spiacevoli incontri, avrebbero dovuto agire rapidamente.

Intanto, con un potentissimo Iper raggio, la Dragonite di Ash aveva creato una breccia nella parete dell’edificio, permettendo a Orlando di trarre in salvo Taelia.

O almeno questa era l’idea originale, il grande rumore allertò le due guardie incaricate di assicurarsi che Taelia non fuggisse.

Uno dei due sfondò la porta con un potente calcio, trovando la parete sfondata e un ragazzo che non conosceva tenere Taelia in braccio.

I due uomini puntavano contro il ragazzo delle pistole. 

- Lascia stare la ragazza o sparo.

- Metagross, Cozzata Zen.

I due uomini vennero spediti contro la parete dal possente Pokémon ferrato. 

Il colpo fu sufficientemente forte da far perder loro i sensi. Almeno non avrebbero chiamato subito i loro compagni.   

 Per evitare incidenti durante il viaggio, la ragazza era stata affidata alle potenti braccia della Dragonite di Ash.

Tutto andò per il meglio. 

Tornati indietro, dovettero aspettare che la ragazza si svegliasse, prima di poterle chiedere cosa le avessero fatto.

Intanto l’esemplare di Scizor era giunto dinanzi al mafioso, in attesa di istruzioni.

Istruzioni che non tardarono ad arrivare. Sia pure semplici. Voleva fare un piccolo esperimento.

 Lasciò la postazione sotto la sorveglianza delle guardie e, insieme all’esemplare di Scizor, aveva raggiunto il piano terra. Aveva con sé la Pokéball speciale, che ora che era collegata al sistema, non smetteva di lampeggiare. Come a indicare che non tutto funzionasse ancora al massimo potenziale. 

Lo Scizor controllato dal mafioso si trovava contro un Mightyena d'uno dei suoi numerosi scagnozzi. 

- Vai, attacca con…

Il malavitoso non dovette terminare la frase che immediatamente lo Scizor attaccò con un potente Forbice X, che mandò immediatamente al tappeto il Mightyena avversario.

Lasciando sorpreso il mafioso. Non tanto per la potenza dell’attacco, quanto per il fatto che, contrariamente a quanto sapeva, non poteva controllare Pokémon catturati da altri allenatori.

Tutti notarono come fosse arrabbiato.

- Ma non è possibile, eppure avrei dovuto controllare pure Mightyena!

Commentò. 

- Magari per farlo sono necessarie ulteriori autorizzazioni, Arnes era un tipo previdente. Non dobbiamo dimenticarlo.

- E di che tipo? 

- Sappiamo che il pendente che indossava sua figlia era la prima chiave. Mi chiedo quale sia la seconda.

Finalmente Taelia si era svegliata.

Ed era pronta a raccontare quello che le era successo. O almeno quello che ricordava.

- Premetto che non ricordo tutto. Mi sono svegliata in quello che credevo fosse il locale scope del Centro Pokémon. Solo dopo mi sono resa conto del fatto che si trattasse di una delle stanze di quella fabbrica. 

Dopo un uomo mi ha fatto raggiungere la stanza dove c’era la plancia di comando. Ai comandi era seduto un uomo che non conosco, ma sembrava essere piuttosto importante.

Mi ha chiesto una chiave, ma io non sapevo cosa volesse da me. 

Un altra guardia mi condusse, in una stanza. Una stanza diversa da quella in cui mi trovavo prima, e mi fece restare lì con una donna, che voleva parlare con me.

Lucinda la interrupe.

- Immagino che in quel momento tu abbia visto Meloetta dalla finestra.

- Esatto. E le ho fatto segno di no perché in quel momento non ero in pericolo. Quella donna è stata molto gentile con me, mi ha chiesto del pendente e di tutta la mia storia.

E sapete che coincidenza? Lei ne aveva uno uguale al mio. Io le ho raccontato di come i miei se lo fossero scambiati quando, per degli eventi che non dipendevano da loro, dovettero separarsi. Lei mi raccontò che il suo era un regalo del suo capo. Dopo quella chiacchierata la donna se ne andò e rimasi sola per qualche tempo. Quindi l’uomo che mi aveva accompagnata aprì la porta e lanciò una bomboletta per terra. Da allora non ricordo nulla. Se non che mi sono svegliata qui, con voi.

Erano tutti stupiti, soprattutto Ash.

Lui conosceva la storia della famiglia di Sebastian e sapeva che i genitori di Taelia si erano scambiati i pendenti. Ma, al contempo,  non voleva dare false speranze alla ragazza. Dopo tutto quello che aveva dovuto passare.

- Voi avete delle novità?

- Non molte.

Le rispose Serena.

- Mentre ti stavamo cercando, abbiamo incontrato delle persone vestite di nero che conoscevano tuo padre e ci hanno raccontato la sua storia dal loro punto di vista.

Grazie a loro abbiamo scoperto che Graziano, il boss della mafia, ha rapito tua madre. Ma non hanno saputo dirci dove si trovi ora. Hanno anche detto che presto arriveranno dei rinforzi. Sono passate delle ore e non abbiamo ancora visto nulla.

E dobbiamo decidere come agire.

- Hai detto che Graziano ha rapito mia madre? E se…

- E se?

Le chiese Lucinda.

- No, niente.

Intanto mentre il mafioso si stava riposando, i suoi scagnozzi erano alla ricerca di possibili soluzioni al problema. Avevano provato di tutto, menu, sottomenu, opzioni di protezione e via discorrendo, il tutto senza successo. Sembrava che mancasse 

un'ulteriore autorizzazione e non avevano idea di come ottenerla.

La persona che era stata incaricata di verificare possibili soluzioni non aveva alcuna idea dello scambio del pendente, per cui rimase sorpresa quando questo iniziò a vibrare. Per questo avvertì un suo superiore, che fece giungere sul posto la segretaria del boss.

La donna, contrariamente a lui, sapeva dello scambio. E, vedendo il pendente vibrare, si stupì. Quel pendente non era il suo, ma era quello della ragazza. E lei conosceva la storia di quel pendente. Si chiese tra sé e sé  come fosse possibile una cosa del genere. Si ricordava che anche il suo pendente vibrava. Questo voleva dire solo una cosa. La donna si sedette in un angolo della stanza. E si fece più piccola possibile, come a isolarsi.

Aveva una sola domanda: Chi sono?

La prima risposta, la sua certezza, era quella di essere Samuela, la segretaria di Graziano. Tuttavia, scavando nei suoi ricordi si accorse che qualcosa non andava. I suoi ricordi si fermavano a qualche anno prima. A quando le era stato dato quel ruolo. Prima aveva come un vuoto che non si sapeva spiegare. 

Intanto il mafioso era tornato nella stanza, per chiedere al suo sottoposto se avesse trovato delle ulteriori informazioni riguardo la chiave. Prima di farlo, però, notò la sua segretaria in quella posizione così anomala. 

- Che ti prende?  Perchè mai dovresti essere triste? Siamo a un passo dal attivare un’arma che permetterebbe di conquistare il mondo… che ti affligge?

- Niente.

La donna rispose laconicamente. 

- Non è possibile che tu non abbia nulla. Dovresti essere a lavoro e sei buttata in un angolo. 

- Dimmi chi sono.

- Come? 

- Dimmi chi sono.

- Ma stai dando di matto?

L’uomo si stava sforzando di nascondere qualcosa.

- Sei Samuela, la mia segretaria. Lavori per me da anni.

- Questo lo so. Ma prima di lavorare…

- Non è importante. Non mi è mai interessato. Non capisco perché te lo stia chiedendo. Poi, proprio oggi, a così tanti anni di distanza? No, davvero.

- Se non me lo vuoi dire, lo scoprirò da sola, costi quel che costi.

L’uomo non le rispose. Aveva paura di quello che sarebbe successo se la donna avesse scoperto la verità, dopo tutto l’impegno per arrivare fino a lì, sarebbe stato un disastro.

Intanto l’uomo che era alla postazione, aveva ceduto il posto al capo. 

- Non siamo venuti a capo del problema, ma abbiamo delle idee. Una prima soluzione è che la seconda chiave sia la scansione della sua iride. Abbiamo trovato una serie di impostazioni  nascoste che ne permettono l’attivazione… ma è una soluzione impraticabile. Sebastian è morto.

E poi un’altra idea. Ma sembra meno probabile.

- Non importa. Ci proveremo lo stesso.

- Pensiamo che oltre alla scansione dell’iride abbia aggiunto un sistema di emergenza, per permettere anche la seconda chiave di usarlo, in casi come questo.

- Seconda chiave?

- Esattamente. Ma non abbiamo idea di cosa possa trattarsi, o se sia possibile ottenerla. Abbiamo pensato al pendente di sua moglie, essendo la sola persona di cui si è sempre fidato, ma anche lei risulta scomparsa.

Il malavitoso fece segno al suo sottoposto di seguirlo, fino al piano superiore. Non voleva che quello che gli avrebbe detto potesse essere udito da orecchie indiscrete.

Appena i due si trovarono in un luogo sufficientemente isolato, il malavitoso si rivolse al suo sottoposto.

- Senti. Io posso procurarti il pendente di sua moglie. Lo indossa quella ragazzina che Dino ha rapito. Non ho idea di dove l'abbia cacciata. Chiedi a lui. Io ho altro da fare.

L'aveva scampata grossa, aveva mantenuto il suo segreto.

Sapeva che se il suo sottoposto avesse fatto il suo nome, Dino lo avrebbe ascoltato.

I due uomini si diressero nella zona della fabbrica dove Taelia era stata tenuta prigioniera. Ma, prima che riuscissero ad avvicinarsi, due guardie li fermarono.

- Taelia è stata portata via.

- Come?

- Abbiamo sentito un gran fracasso e siamo entrati nella stanza, trovando dei ragazzi che la hanno presa. Abbiamo provato ad attaccarli, ma erano troppo forti.

- E non avete avvisato?

- Abbiamo ripreso i sensi poco fa. Siamo stati scaraventati contro una delle pareti da uno dei loro Pokémon. 

Dino e l’inserviente del mafioso ammanettarono i due uomini, per poi condurli dal loro capo. 

- Se la sono fatta scappare. 

Dino diede ai due uno spintone, facendoli cadere di fronte al capo. 

Il mafioso si limitò a ignorarli. Forse la peggiore umiliazione. 

- Riportatela qui. Immediatamente. 

Non aggiunse altro. 

Intanto i quattro erano tornati al Centro Pokémon, che nel frattempo stava venendo dissequestrato. La sorpresa dell’agente Jenny fu enorme. La ragazza era stata ritrovata senza il loro intervento. 

La poliziotta fece cenno alla ragazza di avvicinarsi, quindi le due si allontanarono dal gruppo, per poi sedersi su una delle panche del centro. La poliziotta, cercando di essere il più comprensiva e gentile possibile, si rivolse alla ragazza.

Ragazza che, nel frattempo stava giocherellando con il suo pendente. Per lei era come un antistress.

- Ricordi qualcosa di quello che ti è successo?

- Non molto. Mi sono svegliata in una stanza sconosciuta. Ho guardato fuori e mi sono resa conto di non trovarmi più al Centro Pokémon.

Dopo del tempo un signore è entrato nella stanza e mi ha condotto in una stanza dove c’era un altro signore, che mi ha fatto una domanda a cui non ho saputo rispondere. Quindi mi ha fatto andare in un'altra stanza. Insieme a una donna. Che mi ha fatto delle domande. Sul pendente e sulla mia storia. 

Dopo qualche tempo un tizio è entrato nella stanza e ha lanciato una sorta di bomboletta per terra. 

Da allora non ricordo più nulla, se non di essermi svegliata in un parchetto, con loro.

- Ho capito. Quindi non ricordi dove ti trovavi?

- No

- Grazie. Puoi tornare da loro, se vuoi. Ah, si giusto, per sicurezza è meglio che passiate la notte in un altro Centro Pokémon. Potrebbero trovarti di nuovo qui. 

La poliziotta non parlò del fatto che, durante la perquisizione, erano state trovate delle microspie. La avrebbe fatta ulteriormente preoccupare e non era quello che voleva.

Era arrivata la notte e dei rinforzi nemmeno l’ombra. Il pensiero di essere stati traditi aleggiava nelle menti di tutti e quattro.

Per motivi di sicurezza, quella notte, Taelia avrebbe dormito da sola in una stanza sorvegliata da una guardia. Una scelta voluta dalle autorità per evitare che venisse rapita di nuovo.

La ragazza, per avere compagnia, decise di far uscire dalla Pokéball la sua Gardevoir. 

Voleva raccontare a qualcuno quello che pensava, però non voleva che i quattro scoprissero quello che pensava.

- Sai, io credo di  aver trovato la mamma. Si, so che tu sei rimasta qui tutto il tempo, per cui ti devo raccontare tutto.

La sua Gardevoir era stupita. Sin da quando era una piccola Ralts aveva sempre sentito parlare del suo desiderio di ritrovarla e, sentirle dire quelle parole la rendeva felice.

- Sembra anche che fosse a conoscenza dei progetti di mio padre. Ma non capisco perché mai debba trovarsi con quell’uomo. Ma ti assicuro che è lei.

Aveva un pendente uguale a questo. Lei diceva che glielo aveva regalato il suo capo, ma io non ci credo. Devono averle fatto qualcosa.

La ragazza non poteva saperlo ma non era al sicuro nemmeno in quel Centro Pokémon. Anche in questo, infatti vi erano delle microspie installate dallo scagnozzo del mafioso.

E qualcuno stava ascoltando le sue parole e stava prendendo appunti. Il giorno dopo avrebbe agito. 

La mattina presto, nella fabbrica, diventata il quartier generale delle operazioni, finalmente la persona che era di guardia poté comunicare la notizia ai suoi superiori, durante la riunione mattutina.

- Forse ho avuto un’idea sul come ottenere l’altro pendente. Si tratta di un’operazione rischiosa, ne sono consapevole, ma dobbiamo tentare. 

Uno dei suoi superiori gli rispose. 

- Su, parla, non tenerlo per te.

- La ragazza pensa che Samuela sia sua madre.

La donna era stupita. Anche lei, aveva avuto delle strane sensazioni, ma non voleva darlo a vedere. Non poteva essere una coincidenza. 

- Come sarebbe a dire?

Commentò la donna. 

Voleva sembrare stupita, ma il suo tono non mascherava il fatto che per lei non fosse una novità.

- Non sarà facile, ma devi stare al gioco e fingere di essere davvero sua madre. Forse così riusciremo ad avere il pendente.

- E perché lo volete? Non avete già il suo?

- L’esperimento non ha funzionato come doveva. Per questo abbiamo deciso di ripetere lo scambio. Solo che non abbiamo più di quel sonnifero e tu sei la sola persona che la può convincere.

- Capisco. Io ci posso provare, ma non vi garantisco nulla.

- Non importa che la tua sia un’interpretazione perfetta.  Basta che ci caschi. Se ti può essere di aiuto è amica di un Darkrai. potresti fare leva su di lui. 

- Come fai a essere sicuro che domani verranno qui? Non ne hanno motivo. Hanno già ottenuto quello che volevano, dopotutto. 

- Immagino che la ragazza voglia riavere quello che era di suo padre. Penso che come scusa possa bastare. Non possiamo rapirla di nuovo. Hanno aumentato di molto la sicurezza. 

Non si sbagliarono. Quello che non si aspettavano era che i cinque non erano soli. Erano accompagnati dai tre uomini in nero che il giorno prima avevano promesso rinforzi. Quei ragazzi sapevano dove si trovavano i luoghi vitali dell’edificio e questo sarebbe stato d’aiuto nelle operazioni con i loro alleati. 

Se le cose fossero andate secondo i piani ovviamente. E si sa, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Sapevano che l’intero edificio era stato occupato dagli uomini del mafioso, per cui avrebbero dovuto agire con calma.

Erano davanti all’ingresso dell’edificio, pronti ad entrare. 

Guardando dall’ingresso, non sembrava ci fossero delle persone a sorvegliare. Era il momento di entrare.

I tre uomini, in ogni caso, si tennero pronti con le loro, in caso servisse. Erano all’erta anche i Pokémon fuori dalle Pokéball. Pronti ad attaccare qualora fosse necessario. 

- Mi sembra fin troppo tranquillo.

Commentò uno degli uomini.

Non fece quasi in tempo a dirlo, che tanto lui, quanto i suoi colleghi, vennero attaccati dall’alto, fatti cadere per terra e ammanettati. Prima che potessero accorgersene.

- Attaccate!

I quattro, all'unisono, ordinarono ai loro Pokémon di attaccare. In breve tempo si sentì il rumore di ossa rotte e, poco dopo, quello di una grossa quantità di acqua che cade, accompagnato dall’odore di carne bruciata. Gli uomini che avevano assalito i loro alleati erano stati neutralizzati in breve tempo, ma con tutta probabilità ne sarebbero arrivati degli altri, allertati dal rumore.

Il silenzio in cui versava la stanza venne interrotto dal rumore del montacarichi che stava salendo. 

Gli sguardi di tutti erano rivolti a quest’ultimo. I Pokémon erano pronti ad attaccare, qualora fosse stato necessario.

La sola persona a bordo era una donna dai lunghi capelli rosa. Ash ebbe un sussulto. Erano passati degli anni da quelle visioni, ma non aveva alcun dubbio. 

La donna si guardò attorno, per cercare l’ultimo disperato appiglio per rendere credibile la sua storia. 

- Darkrai calmati, non mi attaccare. Sono io. Samuela. Non ti ricordi?

Il Pokémon ebbe come una visione. Quella donna gli ricordava davvero la moglie di Sebastian. Questo gli bastò a fermare ogni ostilità.

- Voi due non mi interessate.

La donna si rivolse a Orlando e Ash.

-Voi, ragazze, venite con me.

La donna estrasse una pistola da una delle tasche della giacca, per poi puntarla contro Lucinda. Le tre ragazze, minacciate dalla donna, decisero di seguirla. Anche se questo voleva dire separarsi dai ragazzi. 

Appena la porta del montacarichi si chiuse, l’atteggiamento della donna cambiò. La pistola quasi le cadde dalle mani. Non era affatto a suo agio nel tenere in mano un'arma da fuoco. Cercando di nascondere il tremore, rimise l’arma nella tasca.

Dopo una lunga attesa, finalmente il montacarichi giunse nella stanza dove si trovava la centrale di controllo. Ad attenderla il suo capo e il suo uomo.

- E quelle due? 

Le chiese il suo capo.

- Sono sue amiche. Ho pensato che una buona notizia avrebbe fatto piacere anche a loro.

Si limitò a rispondere, la donna, mantenendo un tono serio. 

- Vuoi stare sola?

La donna fece cenno di approvazione. 

- E quelle due? Non vorrai tenerle libere? Non sappiamo come potrebbero reagire. 

L’uomo lanciò delle manette. Se proprio le due dovevano restare lì, almeno dovevano essere inoffensive. Prima che lui se ne andasse, la donna aveva ammanettato le ragazze e aveva messo le chiavi in tasca. 

- Non vi preoccupate. È semplicemente una questione di sicurezza. Lo avete sentito, immagino. Teme che possiate combinare dei brutti scherzi. Onestamente io non credo, ma sapete, non mi posso opporre a un mio superiore.

Al piano di sopra le squadre di Orlando e Ash avevano neutralizzato gran parte degli uomini del mafioso. Gli alleati dei due uomini che li avevano accompagnati ancora non si vedevano e, di questo passo, il loro intervento sarebbe stato inutile. 

- Darkrai, scusa se te lo chiedo, ma sono preoccupato per le ragazze. Potresti andare a controllare come stanno? 

- Penso siano al sicuro, con Samuela, ma se insisti andrò a vedere.

Il Pokémon Neropesto attraversò il pavimento come un fantasma e giunse al piano inferiore. Non poteva credere a quello che stava vedendo. Serena e Lucinda sedute contro una parete della stanza. In manette. Taelia, poco lontana dalle due, invece era libera. Samuela sembrava tranquilla, come se l’ammanettare le due ragazze fosse parte di un piano preciso e non di un’improvvisazione. 

Darkrai era consapevole che nessuno potesse vederlo e, in quel momento era un grosso vantaggio. Qualora fosse stato necessario avrebbe potuto sfruttare l’effetto sorpresa.

Ma,  nonostante tutto, la situazione, al momento sembrava relativamente calma.

Nessuna osava parlare. L’aria iniziava a essere carica, come se qualcuno dovesse, da un momento all’altro fare un annuncio.

- Erano anni che ti cercavo.

Esordì la donna dai capelli rosa.

- E ora che sei qui fatico a trovare le parole, nonostante ci pensassi giorni e giorni. Ma dover parlare dal vivo è del tutto diverso. Quasi mi manca l’aria.

La donna sembrava sforzarsi sempre di più ad ogni parola.

Nessuna delle ragazze sembrava capire cosa la donna intendesse. 

- Taelia. Non so come dirtelo, sono la persona che tuo padre ha speso anni a cercare. Sono tua madre.

Taelia era in lacrime. Non voleva crederci. 

Non poteva essere vero, la persona che aveva davanti a lei era sua madre. O almeno diceva di esserlo.

Non aveva idea di come comportarsi. Per il momento l’avrebbe seguita.

 Ma avrebbe potuto cambiare idea qualora le cose fossero diventate pericolose.

- Taelia. Ora che sai chi sono, ti dispiacerebbe prestarmi il tuo pendente? Non ti preoccupare. Te lo restituirò presto.

La ragazza, fedele alla sua idea di stare al gioco, lo sganciò dal collo e lo porse alla donna. Le sembrava una richiesta tutto sommato ragionevole.

La donna posò il pendente accanto all’altro nell'alloggiamento della tastiera. Quindi armeggiò con la tastiera. 

- Molto bene. Ora il capo sarà contento.

Commentò sottovoce, prima di mettersi in contatto con lo stesso.

- Bene, ora tutti i pezzi sono al loro posto. 

- Perfetto. Ma perché parli così sottovoce? Non mi dire che hai paura di quelle ragazzine. Se proprio insisti me ne posso liberare. Ora che ho il pieno controllo non dovrebbe essere difficile. Devi solo concedermi l’autorizzazione.

Lo consideri fatto.

Ora l’uomo aveva il pieno controllo. Non solo di quell’esemplare di Scizor, ma di tutti i Pokémon presnti nell’edificio. E anche dei selvatici nell’area attorno alla fabbrica abbandonata.

Erano tutti fermi, in attesa di ordini, che non tardarono ad arrivare. Per quelli che si trovavano in quel piano, erano semplicemente attaccare gli intrusi. 

Al piano di sotto difendere Samuela ad ogni costo.

Gli occhi di Darkrai erano illuminati di rosso. Come se fosse ipnotizzato. E stava caricando un potente focalcolpo. Contro Lucinda e Serena. Ancora ammanettate, ancora contro il muro.

- Cosa gli è preso?

Chiese la ragazza coi capelli blu.

- Non so. Ma credo che lei non sia chi davvero dice di essere.

- E cosa vuoi fare?

- Se c'è una cosa che Ash mi ha insegnato è quella di non stare troppo a pensare e agire. Anche senza un piano. 

- Non è proprio cambiato. Allora se ti senti pronta…

Le due ragazze, nonostante le manette, riuscirono ad alzarsi in piedi. Darkrai, notandolo lanciò contro di loro l’attacco che stava caricando fino a poco prima. Evitandole per un soffio. 

Non che al piano di sopra le cose andassero bene. I due ragazzi, erano stati messi all’angolo e ammanettati. Non erano stati colpiti. Come voluto dal capo. Se fossero stati feriti, il mafioso non avrebbe potuto chiedere un riscatto alto. E a lui questo premeva particolarmente. 

- Anche voi avete fallito. Ora non possiamo far altro che aspettare i rinforzi.

Commentò uno degli uomini vestiti di nero, che ora condivideva la prigionia con i due. 

- Possiamo ancora sperare nelle ragazze. 

Ash cercò di risollevare la situazione. Naturalmente non poteva sapere come se la stessero passando, ma in quel momento erano la sua sola speranza. E non voleva perderla.

Intanto, l’inseguimento nella sala della postazione, non aveva dato i frutti sperati. Darkrai teneva le ragazze costantemente sotto tiro. Sembrava che qualsiasi cosa facessero, avrebbe scatenato la sua ira.

- Taelia, provaci te. Hai visto cosa è successo. 

La ragazza dai capelli rosa era combattuta. Se quella donna fosse sua madre, avrebbe mai permesso una cosa del genere? A che scopo? A meno che non le avesse mentito per ottenere quello che voleva.

- Cosa vuoi fare? Stare dalla parte di quelle ragazzine oppure con tua madre? Con la persona che ti ha messo al mondo, grazie alla quale sei qui?

La ragazza non rispose.

- Fai come credi. Ma non devi mai dimenticare cosa noi abbiamo fatto per te. Ci conosciamo da poco, è vero, ma noi sappiamo tutto quello che hai passato, tutto quello che ti ha portato a essere qui. 

- Non posso immaginare come ci si senta in una situazione del genere, davanti a una scelta come questa. Ma sai bene quanto pesi una scelta del genere.

- Non stare ad ascoltarle. Non credo che tuo padre, pace all’anima sua, sarebbe fiero di te. Dopo tutti quegli anni che hai impiegato a cercarmi. Ora io sono qui. Davanti ai tuoi occhi e te mi tratti così? 

Taelia era sempre più dubbiosa. Come poteva sapere tutte quelle cose? Come poteva sapere che suo padre era morto? Come poteva sapere che aveva dedicato tutti quegli anni a cercarla? 

Vedendola titubante, la donna decise ulteriormente di rincarare la dose.

- Fin quando starai con me sarai al sicuro. Non sarai attaccata in alcun modo. Se dovessi passare dalla loro parte, invece, ne pagherai le conseguenze.

Nel mentre un gran numero di Pokémon selvatici e alcuni di quelli degli allenatori, avevano formato una sorta di esercito, che stava attaccando e distruggendo svariate parti della città.

Gli schermi nel piano inferiore della fabbrica mostravano come in diverse aree della città, numerosi Pokémon avessero cominciato a distruggere parti della città.

Il mafioso era estremamente soddisfatto da quelle immagini. Sapeva di poterle utilizzare come meglio voleva. Per esempio avrebbe potuto contattare il presidente e ordinargli di dimettersi e di lasciare a lui i pieni poteri.

Al piano inferiore, la ragazza aveva preso la sua scelta. 

Si avvicinò alla donna dal lato sinistro, lato della tastiera in cui erano appoggiati i due pendenti. Le due chiavi che permettevano il controllo totale dei Pokémon. Darkrai e Meloetta compresi.

- Molto bene. Vedo che hai fatto la scelta giusta. 

Commentò la donna, mentre si accingeva ad abbracciare la ragazza, che stette ancora al gioco.

Ma fu solo un attimo.

Rapidamente sfuggì dalle braccia della donna e rimosse uno dei due pendenti dalla tastiera.

- Si, ho fatto la scelta giusta. 

Di colpo gli occhi di Darkrai persero il colore rosso e tornarono al colore originale. Lo stesso accadde per tutti i Pokémon al piano superiore, con i selvatici che, rapidamente com’erano arrivati, lasciarono la città.

Avevano causato diversi danni alla città, ma non potevano essere accusati per quello. 

Il mafioso era chiaramente arrabbiato. Dagli schermi presenti nel piano terra, tutto questo era perfettamente visibile. 

- LO SAPEVO! NON DOVEVO AFFIDARLE QUELLE RAGAZZINE! 

L’uomo si stava precipitando verso il montacarichi, per raggiungere il piano inferiore.

Orlando lo notò con la coda dell’occhio.

 Sapeva che al piano di sotto c’erano le ragazze e sapeva che quell’uomo aveva brutte intenzioni. E ora poteva nuovamente contare sulla sua squadra.

- Greninja, ho bisogno del tuo aiuto!

Il Pokémon si mise in posizione di attacco.

- Lo vedi quel tizio che corre verso il montacarichi? Prendi bene la mira, mi raccomando, e colpiscilo alla schiena con un’ Acqualame. 

Greninja eseguì. Prese perfettamente la mira e colpì l’uomo al centro della schiena. L’uomo cadde di faccia. Senza poter attutire in alcun modo la caduta.

Il rumore non lasciava intendere nulla di buono. Probabilmente si era rotto qualche dente. 

Destino analogo accadde al suo sottoposto, tramortito da un Fulmine del Pikachu di Ash.

 - Approfittiamo del fatto che non c’è nessuno. Pikachu, per favore, taglia le manette con Codacciaio.

Il piccolo Pokémon elettro eseguì, spezzando, con un potente colpo della coda, le manette che opprimevano i due. Pochi istanti dopo liberò anche gli uomini in nero. 

Al piano inferiore Darkrai, con il suo Vuototetro, aveva messo a dormire la donna, permettendo a Taelia di recuperare le chiavi delle manette, per liberare le due ragazze e ammanettare la donna.

Dopo averle liberate, le guidò verso il montacarichi e premette il pulsante per raggiungere il piano inferiore, dov’era alloggiata l’unità centrale. 

Appena le tre ragazze giunsero nella stanza, il dispositivo verde e oro uscì dal pavimento. Ricoperto dal suo liquido di raffreddamento. 

Le ragazze si accorsero di come il dispositivo non fosse sorvegliato in alcun modo. 

Cosa alquanto strana, dal momento che era il cuore pulsante di tutto il progetto. 

Magari credevano che nessuno si sarebbe mai avvicinato. Evidentemente le avevano sottovalutate. 

Taelia si avvicinò al dispositivo, con la chiara intenzione di spegnerlo.

- Cosa pensi di risolvere? Non ci vorrà molto prima che tornino qui e lo riattivino. E potrebbero riprendersi il tuo pendente. E saremo punto e accapo.

Le disse cosa Lucinda.

- Vedi. Questa è una delle poche cose che rimane di mio padre. E mi ha permesso di ritrovare mia madre. Se foste al posto mio, non fareste altrettanto?

- Credi davvero che sia tua madre? 

Le chiese Serena.

- Si. Solo che non era in lei. Non so come spiegarlo. Come se fosse ipnotizzata. Insomma, vi posso solo dire che  me lo sento e basta. Ecco.

- Si, ma ricordati per cosa siamo qui. Te sei la sola persona che può far sì che tutto finisca. Per quanto mi dispiaccia dirlo, devi prendere una decisione.

La ragazza stette a lungo ferma e in silenzio. Stava riflettendo su cosa fare. Doveva ascoltarle e distruggere il dispositivo oppure tenere intatta la creazione di suo padre?

La ragazza prese una delle sue Pokéball dalla borsa.

- Gardevoir. Presto. Distruggi quella cosa!

La Gardevoir della ragazza uscì dalla Pokéball. Pronta a seguire gli ordini della ragazza. 

- Molto bene. Ora distruggi quel dispositivo, colpiscilo con Fulmine!

La Gardevoir della ragazza eseguì, lanciando contro il dispositivo un potentissimo attacco elettrico. Nonostante l'enorme potenza dell’attacco, il dispositivo sembrava non risentirne.

- Allora non ci lasci altra scelta! 

Sei pronta? 

La ragazza incrociò lo sguardo con la sua Gardevoir, la quale fece un cenno di approvazione.

- Mostriamo il nostro valore, Gardevoir! È il momento di sprigionare la vera potenza! Megaevoluzione!

La ragazza toccò la sua pietrachiave, e la sua Gardevoir venne avvolta da un’aura. Per mutare aspetto. Ora il suo corpo era principalmente nero e i suoi poteri si erano amplificati.

- Usa Fulmine, di nuovo! Massima potenza!

La Gardevoir eseguì. Lanciando, alla massima potenza il suo attacco elettrico. 

E questa volta l’attacco ebbe il successo sperato. 

Una coltre di fumo iniziò a riempire la stanza. Rendendo via via l’aria più difficile da respirare. Taelia ricoverò la sua Gardevoir nella Pokéball.

Senza dirsi una parola, le tre ragazze presero il montacarichi e giunsero al piano superiore. 

La donna era ancora addormentata, sulla poltrona. Il monitor era spento. 

Al piano superiore, finalmente erano arrivati i rinforzi. Si erano calati da un elicottero, del tutto simile a quello che aveva seguito il gruppo a Bruopoli.  

Erano armati fino ai denti. Sembravano pronti a combattere una guerra. Non potevano assumersi rischi di alcun tipo. Con quel mafioso e i suoi scagnozzi. Al contrario non si potevano aspettare lo spettacolo che avevano trovato. Decine di uomini in abiti militari riversi a terra, contorti dal dolore e due allenatori e i rispettivi Pokémon che si congratulavano per l’eccellente lavoro svolto. 

Due degli uomini in nero avevano ammanettato il mafioso e il suo scagnozzo. Poi si sarebbero occupati di quel piccolo esercito. 

Ash si precipitò verso il montacarichi, che aveva iniziato a muoversi verso il basso.

- LE RAGAZZE!

- Calmati. Darkrai è con loro. E ora è tornato tutto alla normalità.

- Sei sicuro? Non credi che le abbia attaccate? Credi che siano diverse da noi? 

- Serena e Lucinda le conosci meglio di me. E poi quella donna cercava Taelia. 

- Ti preoccupi solo di lei?

Il tono di Ash si fece aggressivo.

- Niente affatto. Solo che…

- Che?

- Immagino che lei sappia quello che faccia. E che abbia fatto la scelta giusta. È sempre stata…

Il ragazzo non poté terminare la frase. Il montacarichi era risalito e la serranda si stava aprendo. Ash guardò l'interno del montacarichi. Le ragazze sembrava stessero bene. Non sembravano ferite o altro del genere. 

Con loro la donna dai capelli rosa, addormentata. 

Poco dopo vennero anche raggiunte da Darkrai.

Gli uomini in nero conclusero le operazioni, arrestando Graziano, la sua segretaria e l’intero esercito di uomini sotto il suo controllo.

Il gruppo fece per andarsene, quando, vennero fermati dal capo degli uomini in nero.

- Non pensate di andarvene così facilmente. Vi ricordo che siete dei preziosi testimoni di una delle più importanti operazioni anticrimine della storia. Testimoniare il processo. Saranno pure dei criminali, ma è un loro diritto.

- Come desidera. 

- Ash, ma ti sembra il caso? Rischiamo pericolose ripercussioni. Pensa se non ti permettessero più di partecipare  al Torneo Mondiale o se a noi due non permettessero più di partecipare alle gare o… a lui di correre. 

Lo riprese Serena.

- Non ti preoccupare di quello. Anzi. penso che potrebbe darvi dei grossi vantaggi. Solo che, sino alla data del processo non potrete lasciare Kalos. Data l’importanza del caso, non ci vorrà molto. Giusto una settimana.

La forzata settimana di vacanza a Kalos, dove erano pedinati ventiquattro ore al giorno da agenti della protezione testimoni, sembrava non finisse mai. Ogni giorno sembrava fosse uguale a quello prima.

Alla fine il giorno giunse. Erano stati istruiti sul come comportarsi e via discorrendo. 

Nulla di troppo complicato, avrebbero dovuto parlare solo in determinati momenti e che, una volta finito tutto loro e i loro Pokémon sarebbero dovuti restare per una sorta di piccola cerimonia di premiazione. In cambio del silenzio sul loro uso delle apparecchiature, avevano finalmente arrestato uno dei più influenti boss della mafia.

Poiché l’esercito di Graziano era enorme, nella stanza ne era presente solo uno, a rappresentare tutti. Gli altri seguivano tutto in videoconferenza. 

La stanza era enorme. Davanti a loro, su un banco rialzato, la postazione del giudice. Accanto ad essa quella riservata alla campionessa.  Da un lato una enorme gabbia in ferro. Dall’altro la giuria. 

Graziano, la donna, il suo scagnozzo e un rappresentante dell’esercito erano seduti sul banco degli imputati. Graziano, il suo scagnozzo e il rappresentante dell’esercito erano all’interno di una gabbia. Ammanettati. La donna era fuori dalla stessa, pur sempre ammanettata.

Per la legge locale nella gabbia potevano stare solo uomini o solo donne, in base a chi fosse in maggioranza. In caso di parità sarebbero stati gli uomini a finire nella gabbia. Nei processi più importanti, come membri della giuria vi erano i capipalestra e i superquattro e la campionessa Diantha, che aveva anche il compito di spiegare la situazione, in modo più super partes possibile. La giudice era una donna di circa cinquant’anni. Era vestita elegante e aveva l’aria di una persona estremamente severa. 

- Abbiamo qui un caso molto particolare.

Esordì la campionessa. 

- La versione dei fatti di cui siamo a conoscenza, è la seguente: più di dieci anni fa, avvenne l’omicidio di Sebastian Arnes. A cui al tempo non si riuscì a dare un colpevole. Lo stesso giorno scompare, senza lasciare tracce, la figlia Taelia. 

Per tanto tempo non si è parlato di nulla, ma recentemente un esemplare di Celebi è comparso proprio davanti alla villa in cui abitavano Sebastian e la figlia. 

Tramite il suo potere di viaggiare nel tempo, è stato in grado di riportare qui la Taelia di dieci anni fa. Che è ora qui presente.

Poco dopo, uno degli uomini al servizio di Graziano ha rapito Taelia, portandola in un edificio abbandonato dove, presumibilmente erano presenti i dispositivi ad alta tecnologia creati da suo padre. 

Il piano non è andato come previsto, e un’operazione speciale dei servizi segreti ha permesso l'arresto e la cattura di Graziano e dei suoi uomini.

- Le cose non sono andate propriamente così.

Intervenne il mafioso.

- Quelle attrezzature sono state costruite con i miei soldi, quindi mi appartengono. 

Tramite un intermediario, Gualtiero Scoperse, ho passato i soldi ad Arnes. Gualtiero mi aggiornava spesso sul prosieguo dei lavori. Ma a un certo punto smise di informarmi. Per anni…

- Non essendo qui presente Gualtiero Scoperse, non possiamo confrontare le due versioni dei fatti. 

Lo interruppe la giudice. 

- Piuttosto vorrei sapere come sono finiti invischiati nella questione l’allenatore più forte del mondo, la Regina di Kalos, una supercoordinatrice e il campione in carica della massima categoria automobilistica.

- Potremo dire che si è trattato di una grande serie di coincidenze.

Inizò Serena.

- Sa, io non sono solo la Regina di Kalos, ma sono a mia volta una coordinatrice. Prima del Gran Premio l’organizzazione aveva messo a punto un’esibizione di coordinatori e coordinatrici. Io e Lucinda ci siamo sfidate in una gara di lotta alla fine di questa. La vincitrice sarebbe poi salita sul podio a festeggiare con i piloti. Dopo il podio, Orlando ci ha invitati a festeggiare il titolo nell’hospitality della scuderia.

- Questo può spiegare come vi siete incontrati e va bene. Ma non spiega come siete entrati in questo affare.

La interruppe la giudice.

- Avevamo festeggiato sino a tardi e abbiamo deciso di passare la notte qui. Il giorno dopo abbiamo incontrato Orlando che era semplicemente venuto a ritirare la sua squadra. Diciamo che lo abbiamo salvato dall’orda di fan che gli ronzavano attorno. Comunque… ci ha proposto una lotta e abbiamo accettato. 

Finita la lotta ha sfidato un altro ragazzo. Non gli era piaciuto il fatto che mi avesse insultato. Ma non importa. Mentre i due lottavano, abbiamo visto una sagoma non ben definita. L’abbiamo seguita e abbiamo scoperto che si trattava di Celebi. Che appunto aveva portato Taelia dal passato. 

- Questo spiega come voi l’avete incontrata, ma lui…

La interruppe la giudice.

- Molto semplice. Aveva trovato un portafoglio per terra e ha pensato fosse il mio. Quando chi ha inseguiti pensavamo di aver fatto chissà che cosa.

Lui non ci voleva credere che lei fosse l’amica scomparsa anni e anni prima.

- Bene. Ma cosa hanno a che fare i servizi segreti e la mafia? E poi, fai parlare anche gli altri.

Interruppe di nuovo la giudice.

- Immagino sia dovuto al semplice fatto che è arrivata la notizia del suo arrivo. Voglio dire, un Pokémon come Celebi attrae molto l’attenzione, anche solo con il passaparola. Poi, come siano arrivati a scoprire la posizione delle sue attrezzature, non so. Però posso immaginare che in un modo o nell’altro ci sono arrivati. Magari esaminando i suoi documenti o corrompendo dei suoi collaboratori. Ma non ho idea. E non voglio mettere in mezzo persone che qui non sono presenti. In ogni caso Taelia è stata rapita e siamo andati a cercarla. E l’abbiamo appunto trovata in quella vecchia fabbrica. Dove, con l’aiuto dei servizi segreti siamo stati in grado di salvarla e di mettere fine a tutto questo.

- Bene. Ma questo non spiega come voi abbiate collaborato con i servizi segreti.

Lo interruppe la giudice. 

- Appena abbiamo scoperto della sua sparizione, pensavamo fosse semplicemente tornata alla sua vecchia casa.

Era abbastanza plausibile che si trovasse lì. E così abbiamo incontrato gli uomini in nero che ci hanno proposto diverse alternative. Abbiamo accettato di collaborare e siamo andati alla fabbrica, dove Taelia è stata rapita. 

L’abbiamo trovata e ci siamo trovati a dover combattere contro Graziano e il suo esercito.

- Bene, ma sapete dirci qualcosa a riguardo del macchinario del signor Sebastian? Molti hanno detto di aver visto dei Pokémon come se fossero stati posseduti e sembrava si dirigessero verso la fabbrica.

Interruppe di nuovo la giudice.

- Penso dipenda dal dispositivo creato dal signor Sebastian. Come era stato spiegato in precedenza. Non so come funzioni, ma credo dipenda proprio da quello. 

- Capisco, e come mi spiegate che sia finito tutto?

- Non so spiegarlo. Può essere che qualcuno abbia disattivato il dispositivo.

- Taelia come sei coinvolta in questo: Cosa hai fatto dopo il tuo arrivo grazie a Celebi?

- Per prima cosa abbiamo fatto shopping con Lucinda e Serena. Poi abbiamo passato la notte in un Centro Pokémon. Dopo non so cosa sia successo. Solo che Samuela mi ha chiesto il mio pendente per non so bene cosa. Io lo diedi e questo attivò il macchinario. Capendolo e capendo che non mi avrebbero fatto niente, scelsi di riprenderlo. 

- Questo spiega come si è disattivato il sistema. Ma non come è stato distrutto il macchinario. Sappiamo che è stato distrutto da un potente attacco di tipo elettro.

- È stato l’Iperfulmine di Pikachu a farlo. 

Si intromise Ash.

- Alcuni testimoni hanno riferito che eravate al piano di sopra quando le ragazze sono salite.

- Quando sono salite. Non prima. E poi l’ascensore non è il solo modo per raggiungere la stanza. Quando il dispositivo è stato disattivato, Pikachu ci ha liberati, distruggendo le manette. Poi siamo scesi al piano di sotto e appunto lo abbiamo distrutto.

- Capisco. Ma resta ancora qualcosa di poco chiaro. Come mai Samuela era addormentata? E che Pokémon era quello che i tre agenti hanno descritto come “simile a una ballerina” che vi ha permesso di trovare la ragazza?

- Il primo Pokémon è Darkrai. Era amico del signor Sebastian. E, avendo scoperto di come la figlia del suo amico fosse tornata qui, ha deciso di proteggerla ad ogni costo. 

Intervenne Lucinda.

- Io, lei e Serena eravamo nella stanza dei comandi quando il dispositivo è stato attivato. Quindi come ha detto Taelia, lei ha tolto il suo pendente disattivando il dispositivo. Darkrai era sotto l'influenza del dispositivo, ma quando venne disattivato tornò immediatamente in sé e usò il suo vuototetro per addormentarla. Per evitare che potesse riprendere il pendente. Quindi, con lei ancora addormentata, siamo salite al piano superiore. E abbiamo visto gli agenti che arrestavano Graziano e i suoi uomini.

- Si, corrisponde. Ma non hai ancora parlato di quel Pokémon…

- Si, giusto. È Meloetta. Semplicemente è diventata amica di Orlando dopo averla scampata grossa in un incidente e ci ha aiutato a trovare Taelia nella fabbrica. Siccome non è stata catturata da nessuno, come Darkrai, poteva avvicinarsi alla fabbrica eludendo i dispositivi di protezione. 

- Mi sembra sia abbastanza per metterli dentro. Direi che potete mandare fuori i vostri Pokémon. Sarebbe giusto che anche loro assistano alla cerimonia.

Tutti loro fecero uscire i loro Pokémon dalle rispettive Pokéball.

La Zorua di Serena salì immediatamente sulla sua spalla. 

Nella sala entrò il capo della polizia. Un uomo di circa sessant’anni, vestito elegante, capelli corti e brizzolati e barba rasata.

- Sono estremamente felice che voi ragazzi abbiate contribuito a una delle più importanti operazioni di polizia della storia. Per questo motivo da ora in poi sarete riconosciuti come membri onorari della polizia della regione di Kalos. 

L’uomo diede a tutti gli allenatori e ai Pokémon una medaglia in oro, retta da un nastro azzurro e che rappresentava il simbolo della polizia della regione.

Poco dopo la campionessa Diantha, scese dalla sua postazione e prese delle ulteriori medaglie e si avvicinò a loro.

- In qualità di campionessa della regione di Kalos e rappresentante del governo della regione, vi nomino Cavalieri di Gran croce della Repubblica di Kalos.

Proprio mentre la campionessa stava donando la medaglia al Lucario di Orlando, Ash ebbe una fitta di dolore alla testa, facendo preoccupare tutti.

- Tutto bene?

Gli chiese Diantha.

- No. Mi hanno comunicato che qualcosa non va nell’aura di quella donna. Per colpa di qualcosa che indossa.

Il ragazzo fece una breve pausa di silenzio.

- Pikachu, usa Codacciaio per toglierle il bracciale. Fai attenzione a non interferire con le manette.

Il Pokémon topo eseguì l'ordine dell’allenatore, tagliando il bracciale con precisione chirurgica e facendolo cadere a terra. Quindi tornò dal suo allenatore.

La donna ebbe un crollo. Si mise a piangere. 

- Cosa ho fatto per essere qui? 

- Non fingere. Sai benissimo che se qui perché hai collaborato con la mafia!

La giudice le disse cosa.

- Io sono solo una donna disperata che ha perso anni della sua vita, che ha vissuto anni della sua vita lontana da suo marito e sua figlia. E ora scopro che mio marito è stato ucciso da non so chi e non vedo mia figlia da quando era una bambina di tre anni. 

- Non inventare scuse per non scontare la punizione che ti deve.

La riprese la giudice.

- Non sta inventando scuse. Io sono un’attrice e so riconoscere se una persona recita. Mi creda. Lei non sta affatto recitando.

- Io la rispetto in quanto campionessa, e tutto quanto, ma mi deve fornire delle prove. 

- Con piacere. Tanto per cominciare la sua aura. Lucario ha il potere di percepirla e sa riconoscere le sue anomalie. E questo può benissimo essere accaduto in questo momento.

- Non metto in dubbio le sue capacità, mi creda, ma cosa mi dice che Ash non abbia finto di averlo percepito, non abbia istruito i due Lucario a comportarsi in quel mondo, per poi…

- Che motivo avrebbe?

- Non so, magari la ragazza crede davvero che lei sia sua madre e quindi l’ha convinto a mentire.

- Mi sembra irrealistico. Piuttosto a me sembra molto più realistico che quel bracciale abbia in qualche modo influito il suo comportamento per un tempo che… non abbiamo idea di quanto sia grande. Potrebbero anche essere passati anni. 

- A noi servono delle prove. Non delle supposizioni. 

- Come desidera. 

Intervenne il capo della polizia. 

- Farò esaminare quel bracciale e spero che lei sia disposta ad accettare la mia richiesta per  un esame del DNA.

 Dopotutto se lei fosse stata in qualche modo influenzata da quel bracciale non potrebbe essere accusata. Secondo la legge non avrebbe agito consciamente e non potrebbe essere messa in carcere.

- Come desidera. Per il momento la donna andrà in carcere. Dovremo trovare una persona che si occupi della figlia almeno fino a quando non avremo la certezza sugli esami. 

Quindi per tre settimane. Dieci giorni per tutti i test e undici per le procedure burocratiche. 

- Me ne occuperò io, fino ad allora.

Intervenne la campionessa. 

- Sa che è un'enorme responsabilità. Più di quanto non lo sia essere campionessa. Accetteresti davvero una responsabilità del genere?

Diantha si limitò a non rispondere. Evidentemente aveva idea di quel che faceva.

Durante quelle tre settimane Orlando era tornato ad Hardana per allenamenti e lavorare al simulatore. Due settimane dopo ci sarebbe stato un Gran Premio a Paldea. 

Prima che venisse annullato. Il Gran Premio era stato sabotato da delle persone che avevano invaso e vandalizzato, rendendolo inutilizzabile. Questo aveva causato alcune discussioni tra la federazione e il governo della regione. Causando l’annullamento di ogni evento mondiale per tre anni. 

Orlando, quindi, tornò appena possibile a Kalos.

- Spero di non aver fatto troppo tardi. 

- Tadri? Siamo in anticipo. Capisco che tu sia contento per me, ma potevi anche fare più piano.

L’auto si fermò poco davanti al carcere femminile della città. 

Un edificio grigio e anonimo, separato dal resto della città da delle alte mura in cemento grigio. Su di esse dei pali di ferro che reggevano diversi strati di filo spinato. Un enorme cancello di ferro si era aperto, non appena le guardie riconobbero la targa del mezzo. L’auto proseguì a bassa velocità. Un’altra guardia, una giovane poliziotta, fece cenno al ragazzo di abbassare il finestrino. 

Il ragazzo lo fece e porse alla giovane donna i documenti e il distintivo che attestava che il ragazzo facesse parte del Servizio Emergenze. Un corpo di professionisti che, in casi di estrema necessità mettono a disposizione i loro mezzi e le loro abilità al volante. Quello non era il caso, ma era un documento ufficiale riconosciuto dalle forze di polizia.

- E la ragazzina?

Chiese la poliziotta.

- È la figlia di una detenuta che hanno messo dentro tre settimane fa. Solo che poi si è scoperto che era innocente e quindi l’hanno liberata.

- Capisco. Comunque siete arrivati piuttosto in anticipo. L’orario per le uscite è tra un’ora. Puoi parcheggiare in uno dei posti riservati, dopotutto fai parte di uno dei corpi specializzati. Solo non dimenticare di mettere il lampeggiante e il passo.

- Certo. Ci mancherebbe. 

Il ragazzo aprì uno scomparto sotto il volante e estrasse un lampeggiante. Era collegato direttamente all’impianto elettrico dell’auto, da un lungo cavo attorcigliato. Fece passare il lampeggiante attraverso il finestrino sul tetto. Un magnete sotto il lampeggiante permise allo stesso di attaccarsi al tettuccio, grazie a un altro magnete incollato sotto il tetto. Quindi, dallo stesso vano prese un piccolo distintivo, che appoggiò sul cruscotto, dal lato guida. Quindi riprese la marcia, fino a un parcheggio libero. 

Spense il motore e fece cenno alla passeggera di uscire.

Non fecero in tempo a scendere e a chiudere le porte, che subito vennero raggiunti da un’altra agente. 

- Ah, siete voi. Seguitemi pure. Immagino ve lo abbiano già detto che siete arrivati molto in anticipo. Ma non fa nulla. Vi accompagno all’area dove vengono accompagnate le persone rilasciate.

Alla stanza si accedeva da una doppia porta a vetri. Non era una stanza grande, e nemmeno molto arredata. Solo alcuni divani e dei distributori automatici. 

Sulla parete opposta all’ingresso, delle porte tagliafuoco aperte tenute ferme da delle catene. La porta permetteva di accedere ad un andito, dalle pareti apparentemente bianche. Era difficile capire cosa ci fosse dall’altro capo. Era troppo lungo. Davanti alla porta tagliafuoco due agenti di polizia. Il loro compito era quello di evitare che delle persone non autorizzate entrino. O che non accadano disordini all’interno della sala.

- Vuoi che ti prenda qualcosa alle macchinette?

- Se proprio insisti. 

Il ragazzo andò verso le macchinette e inserì delle monete nell’apposita fessura.

Mentre Orlando si occupava di riportare Samuela a casa, Ash e le ragazze si stavano finendo di sistemare la casa e stavano organizzando le ultime cose per fare una piccola festa di bentornato. 

Erano consapevoli di non poter fare molto. Anche se si erano accordati con il ragazzo per allungare più possibile il giro, sapevano benissimo che non poteva tenerla lontana per troppo. E in più Ash aveva insistito per organizzare una cosa con Diantha e andavano ancora sistemati alcuni dettagli. 

Organizzare una cosa del genere in dieci giorni è stato davvero difficile. Non solo per la grande campagna pubblicitaria, praticamente a livello mondiale, ma anche per aspetti derivanti dalla natura dell’evento stesso.

Il ragazzo attendeva la telefonata della campionessa. Sarebbe potuta arrivare da un momento all’altro. E il ragazzo sperava in una fumata bianca. Se così fosse stato, sarebbe stato un evento senza pari. 

Alla fine il telefono del ragazzo squillò. Era lei.

- Tutto perfetto. Questo pomeriggio dalle quattro si parte. Sono riuscita a trovare molte persone interessate e non solo per il pubblico. 

- Perfetto. Avevo un po’ di paura ma…

- Capisco, comunque ora è tutto apposto. A proposito, potresti chiedere al tuo amico di venirmi a prendere? Ho avuto un piccolo imprevisto, ma comunque tra un'oretta dovrei arrivare alla stazione. Sai ho chiesto alla mia assistente di farsi un paio di giorni di vacanza e sono senza macc…

- Non ti preoccupare di questo. Anzi. Va anche bene che così abbiamo un pochino di tempo in più. A dopo.

- Bene. A dopo. Ah, a proposito, se è di tempo che avete bisogno puoi chiedergli di dare uno strappo anche ad una bionda di nostra conoscenza. Gli dirò di farmi scendere un pochino prima e…

- Si, non c’è problema. Glielo dico.

Nella sala il telefono del ragazzo iniziò a vibrare in modo sempre più fastidioso. Quasi costringendolo a rispondere.

- Scusa. È Ash.

- Fai pure.

- Si? Dimmi tutto. 

- Sei già andato al carcere? Nel caso, al rientro potresti andare a prendere Diantha e Camilla…

- Sai che la mia macchina ha solo quattro posti. 

- Fai scendere Diantha poco prima della villa, tanto Samuela non sa dove si trova, quindi può restare con te, sai il motivo, giusto? Dobbiamo guadagnare tempo. Per cui sino a che lei resta in macchina con te, abbiamo del tempo. Comunque Diantha è alla stazione, Camilla all’aeroporto.

- Ok, Ash, non è un problema.

I due staccarono la chiamata in contemporanea.

- Cosa voleva?

Gli chiese la ragazza.

- Niente… niente.

Il ragazzo cercò di rimanere serio.

- Mi ha scambiato per un tassista. 

Dopo essere rimasto in silenzio alcuni istanti, il ragazzo riprese la frase.

- Non dire a tua madre quando siamo vicini a casa. Va bene?

- Va bene. 

L’ora passò relativamente in fretta e, dall’andito, scortata da due poliziote, sucì proprio la donna. Sembrava piuttosto tranquilla, nonostante avesse passato tre lunghe settimane in carcere. Forse, dopo aver appreso della sua scarcerazione, si era tranquillizzata e aspettava semplicemente quel giorno.

Una delle due poliziotte rivolse alcune parole alla donna. Troppo a voce bassa per essere comprensibile.

In ogni caso, dopo quelle parole, le due poliziotte lasciarono andare la donna, che corse immediatamente a riabbracciare la figlia. Avevano così tante cose da dirsi, dopo essere state lontane anni. 

Le due decisero di sedersi dietro, per poter parlare meglio, lasciando quindi il sedile del passeggero libero.

Il ragazzo accese la macchina e partì. 

- Spero che non vi dispiaccia se faccio una piccola deviazione. Devo andare a prendere una persona.

- Non c’è problema, fai pure.

Rispose la donna.

Il ragazzo raggiunse rapidamente la stazione. Diantha stava già aspettando fuori, con in mano una borsa morbida.

Il ragazzo fermò la macchina e aprì la porta alla campionessa, che si sedette sul sedile passeggero anteriore. Mise la borsa nel cofano e partì.

Taelia era piuttosto felice del fatto che la campionessa fosse venuta. Si era occupata di lei per quelle settimane ed era felice che avesse accettato di venire a quella piccola festa. Non aveva idea di cos’altro l’avesse spinta a venire.

- Mi hanno detto che hai il piede particolarmente pesante. Per favore. Evit..

Non terminò la frase che il ragazzo era già partito sgommando. 

Diantha aveva appena fatto in tempo ad allacciarsi la cintura e si era aggrappata con forza alla stessa. Faceva sorridere vedere una campionessa, attrice e appassionata di sport estremi, avere paura di andare forte in auto. 

In ogni caso, dopo un giro non troppo lungo, il ragazzo fermò l’auto poco lontano dalla villa e fece scendere la donna e le fece prendere la borsa dal cofano. Quindi la salutò.

Partì con un’altra sgommata, riempiendo l’aria di odore di gomma bruciata. 

Raggiunsero l’aeroporto, dall’altra parte della città, con un certo anticipo. Guardando dal lato destro era possibile scorgere l’aereo che, tra gli altri passeggeri, trasportava proprio Camilla.

Un aereo di una famosa compagnia di Sinnoh, un colossale quadrimotore a due piani caratterizzato da una livrea verde smeraldo, atterrò pochi istanti dopo, e terminò la sua corsa. A vederlo sembrava un condominio con le ali.

Dopo una ventina di minuti, si ricongiunsero con la campionessa di Sinnoh. Appena arrivata dopo un lungo viaggio.

Era un po’ provata dall’attraversamento di svariati fusi orari, ma, appena era stata informata dall’amica riguardo tutto quello che era successo, non ci aveva pensato due volte a partire. 

Era a conoscenza del particolare modo di guidare del ragazzo e ci aveva fatto l’abitudine. In ogni caso non era quella la sua preoccupazione. Aveva altro a cui pensare. Si, era consapevole che, sedute dietro vi fossero Samuela e la figlia, le persone maggiormente coinvolte nel caso, ma la curiosità era troppa.

- Sai, Diantha mi ha raccontato tutto, del processo, di come loro siano le persone maggiormente coinvolte e tutto quanto. Ma qualcosa in quello che mi ha raccontato, non mi convince.

- Diciamo che, per certe cose non possiamo dire molto. Ci sono dietro accordi di non divulgazione, diciamo.

- Potevano scegliere di farvi dire una versione più convincente. Per esempio per Celebi.

- So cosa vuoi dire. È un Pokémon misterioso, i suoi avvistamenti sono molto rari.

- Esattamente. Ci sarebbero state centinaia di persone a cercarlo. Anche malintenzionati, probabilmente. Invece no.

- Si, hai ragione. Ma, purtroppo non posso dirti molto. Almeno per il momento. Penso che sarai perfettamente in grado di scoprire da te la verità. Anzi, in nome della nostra amicizia. Appena noterai il primo indizio, ti racconteremo tutto.

Il ragazzo staccò una mano dal volante per fare con la campionessa la promessa del mignolo.

- Scusate, quale storia vera?

Chiese la donna, seduta dietro.

- Nulla di che. Semplicemente che alcune cose che abbiamo detto al processo, non corrispondono esattamente a come sono andate le cose, ma lo hanno fatto per proteggerci. 

- Dopo tutto quello che abbiamo passato, mi sembra un buon compromesso. 

Il viaggio terminò proprio di fronte alla villa. 

Nonostante gli sforzi combinati di tutti, lottare contro anni e anni di incuria, non era affatto facile, ma comunque era molto apprezzabile l’impegno. 

Come da tradizione il ragazzo, una volta sceso aveva aperto la portiera a Camilla e, una volta che quest’ultima era scesa, aveva fatto scattare il meccanismo a molla che permetteva di spostare in avanti il sedile anteriore, rendendo l’uscita più agevole a  chi era seduta dietro.  

- Eccoci arrivati. Io e mio  babbo vivevamo qui fino a quando...

- Capisco. Deve essere strano per te stare qui, dopo tutto quel che è successo. Ma ti capisco benissimo. Anche per me è 

strano, entrare in un posto in cui so che sono accadute delle cose che… non voglio nemmeno immaginare.

- In ogni caso, credo che sia meglio entrare.

Rispose la ragazza, che, nel frattempo, aveva raggiunto la porta della villa e aveva suonato il citofono.

Ash aveva aperto la porta quasi subito. Sapeva benissimo chi stava arrivando e, proprio per questo doveva restare il più tranquillo possibile. 

Aspettò che entrassero tutti e richiuse la porta. Poi fece cenno ai quattro di entrare nella sala da pranzo. Avevano sistemato la stanza come meglio potevano, sistemando anche dei festoni sul soffitto.

- Abbiamo pensato di organizzare una piccola festa di benvenuto. Appena abbiamo scoperto che eri innocente e che saresti stata rilasciata. 

Spiegò Lucinda.

- Vi ringrazio, è stato molto carino da parte vostra.

Rispose la donna.

Mentre Ash, Orlando, Taelia e Lucinda si erano precipitati in cucina per prendere le paste, la torta, le bibite, i panini e le pizzette sfoglia, Camilla si era seduta accanto a Serena, intenta a coccolare la sua Zorua.

- Devo ammettere che sei esattamente come ti ha descritta Ash, sai? Zorua è un Pokémon piuttosto difficile da allenare, e sembra che ti abbia presa in simpatia sai?

Aspetta un secondo”.

Nella testa della campionessa suonò un campanello d’allarme.

 Zorua è un Pokémon capace di creare delle illusioni, quindi potrebbe essere stato benissimo in grado di creare un finto Celebi.

Superato un iniziale timore  reverenziale, la ragazza le spiegò di come, anzitutto quell’esemplare di Zorua fosse una lei e di come le sia stata regalata non molto tempo prima da Orlando, in quanto la stessa Zorua avesse mostrato delle simpatie nei 

suoi confronti.

Nel mentre i quattro avevano completato due viaggi per portare tutto, riempiendo la tavola di leccornie di ogni genere. 

Prima che potessero anche solo avvicinarsi a mangiare, qualcuno suonò al citofono, lasciando tutti perplessi.

- Scusate, forse avrei dovuto dirvelo, ma ho chiesto alla mia assistente se potesse venire. Siccome poi dobbiamo andare in un certo posto, le ho chiesto se poteva aiutarci.

Spiegò Orlando.

- Figurati, non è un problema.

Rispose Taelia.

Il ragazzo aprì la porta e accompagnò la giovane donna, magra, non molto alta, capelli castano chiaro alla sala con tutti gli altri. Indossava un paio di jeans e una maglietta della scuderia ARTM.

- Lei è Luna, la mia assistente.

Luna iniziò a fare conoscenza con tutti i presenti, partendo da Diantha, fino a Ash. 

Dopo le presentazioni, iniziarono a mangiare. 

Orlando si era seduto accanto a Camilla, che non aveva quasi mai smesso di osservare la Zorua di Serena. Quindi si rivolse, sottovoce,  al ragazzo.

- Credo di aver capito. Avete usato la capacità di Zorua di creare illusioni per creare un finto Celebi. Siete stati furbi.

- Devo ammetterlo. Ci hai sgamati.

- Però perché inventarsi la storia di Celebi? Sapete che cosa sarebbe successo se qualcuno si fosse veramente mosso e…

- Avevamo dei motivi. Credimi. 

- Ehi! Cos’avete da confabulare?

Chiese Lucinda, un po’ indispettita. 

- Immagino che anche lei abbia scoperto la verità.

Le rispose Diantha.

- Anche tu sapevi che la storia di Celebi era una montatura?

- Sin da subito. A dire il vero i soli a non conoscere la storia erano i capipalestra e i superquattro. Per cui credo che sia giusto che anche lei sappia la verità.

- Lei va benissimo. È una persona a cui affiderei la mia vita ma…

- Se volete mi allontano. Quando finite mi avvistate e ritorno.

Luna si sentì chiamata in causa.

- No, scusami, se vuoi puoi restare. 

Lucinda si ricompose immediatamente.

Raccontarono tutta la storia, da come si sono incontrati a come sono giunti a scoprire l'innocenza della donna.

Dopo aver sentito tutto quel racconto, Camilla era piuttosto sconvolta. Ne aveva sentite storie strane, ma mai come quella.

Diantha guardò il suo orologio.

- Dovrebbe essere quasi ora.

- Si, credo che potremo iniziare ad andare. 

Le rispose Orlando.

- Certo, ma la tua auto ha solo quattro posti e noi siamo…

Ash iniziò a contare i presenti sottovoce.

- Nove.

- Non è un problema. La mia ha sette posti. 

Gli rispose Luna.

- Ciò vuol dire che qualcuno deve andare con lui.

Aggiunse poco dopo.

- Io mi chiamo fuori.

Diantha cercò di battere tutti sul tempo. 

Non servì. Gli sguardi di tutti erano puntati inesorabilmente su di Lucinda. 

La ragazza, sentendo questa pressione addosso, non poté far altro che accettare. Si, si era riappacificata con il ragazzo che, spesso aveva accusato ingiustamente. Alla fine si era trattato solo di una serie di coincidenze. 

Mentre tutto questo accadeva, Darkrai stava frugando nella borsa di Taelia. Alla fine trovò quel che cercava. Una Pokéball.

Che immediatamente passò alla ragazza.

- Mi stai dicendo che…

Non ricevendo risposta, la ragazza lanciò la Pokéball contro il Pokémon misterioso, che venne immediatamente catturato.

- Ora vieni fuori, Darkrai!

La ragazza aprì la Pokéball permettendo al misterioso di uscire.

Salirono a bordo delle rispettive auto e si diressero verso l’autodromo.

Nel minivan guidato da Luna, Samuela, seduta sul sedile anteriore, aveva solo una domanda.

- Scusa, ma dove stiamo andando?

Chiese a Luna.

- Non posso dirtelo, mi dispiace. 

Samuela era salita senza fare domande, e ora non poteva nemmeno uscire. Il sistema automatico aveva chiuso le portiere e saltare fuori a quella velocità non era un'opzione.

Alla fine il viaggio terminò proprio all’autodromo, non molto lontano dalla città. Dopo essersi fermati nei parcheggi, e essere scesi, raggiunsero uno degli ampi edifici di servizio dell’autodromo.

Samuela ancora non sapeva nulla ed era un po’ disorientata. Cosa ci faceva tutta quella gente?

- Volevamo che fosse una sorpresa. 

Le spiegò Serena.

- Abbiamo organizzato, grazie anche ad alcuni sponsor, siamo riusciti ad organizzare una piccola asta di beneficenza per te e Taelia. Insomma, per aiutarvi dopo tutto quello che avete passato.

Aggiunse poco dopo.

- Siete stati davvero gentili a pensarlo. 

Rispose la donna.








Extra: L’asta di beneficenza e un nuovo Gran Premio



A presentare l’asta, davanti alle svariate persone, Diantha, la campionessa.

- Sono estremamente felice di essere qui a fare da banditrice in quest’asta anche di più perché si tratta di beneficenza. Immagino conosciate la loro storia. E se siete qui immagino vogliate aiuarle.

Detto questo, il formato dell’asta è semplice. Prima verranno presentati e acquistati e dopo la fine dell’asta chi ha acquistato il lotto otterrà quanto ha acquistato secondo le diverse modalità.

Ma non perdiamoci in chiacchiere. Cominciamo con il primo lotto. Cinque giri di pista su una triposto guidata da Orlando Bir in persona. Compreso anche una dimostrazione di pit stop.

Prezzo di partenza mille dollari.

Immediatamente dalle tribune fioccarono numerose offerte.

- Millecinquecento… duemila… duemilacinquecento… tremila… tremilacinquecento… quattromila…

Sembrava che ora a fare offerte fossero solo una donna dai lunghi capelli biondi, una ragazza dai capelli rossi tagliati corti e un’altra ragazza dai capelli castani.

Quest'ultima si era tirata indietro superati gli ottomila dollari. La rossa si era arresa superati i cinquantamila.

- Quante volte te lo devo dire? Ormai ho diciassette anni, sai che posso scegliere per me cosa prendere…

- Scusa, è che davvero credevo piacesse a te e a tuo fratello. Sai bene che la Fondazione è uno dei promotori del Gran Premio di  Alola. Se i figli della promotrice non…

- Si, per me va anche bene. Ma avrei preferito altro.

Rispose un ragazzo biondo, come lei con uno strano taglio di capelli.

- E sai benissimo che Lylia ha paura di correre su quei bolidi.

- Oh, giusto… e cosa avreste preferito? Se posso rimediare?
- Ho visto i lotti e sinceramente mi piacerebbe lottare contro Orlando. Tre contro tre. Dicono che sia un allenatore estremamente abile.

- Bene, e tu?

- Non so. Trovo molto affascinanti le gare Pokémon.  Solo che ad Alola non sono proprio di casa e…

- Si, capito. Ci sono dei corsi tenuti da delle maestre d'eccezione proprio come dei lotti. 

Mentre parlavano, i due lotti successivi, del tutto identici, aggiudicati rispettivamente dalla rossa e dalla castana. Per un totale di cinquantamila dollari.

- Mi sorprende che Camilla non abbia offerto per questi giri. Voglio dire, è una persona che ama fare esperienze del genere.

Commentò Ash, sottovoce.

- Dovresti conoscerla, è una persona che preferisce un approccio un pochino più diretto.

Gli rispose Orlando.

Intanto l’asta continuava.

- E ora il quarto lotto. Una lotta tre contro tre contro Ash Ketchum! Base d’asta cento dollari! Duecento… duecentocinquanta… trecento… trecentocinquanta… 

Le offerte continuavano a salire. In breve le offerte superarono i mille dollari, per poi fermarsi a duemilacinquecento, offerti da un ragazzo in fondo.

- E ora il lotto successivo, una lotta totale contro Ash Ketchum! Base d’asta duemila dollari! Tremila… quattromila! Cinquemila… 

- Se permettete io offrirei ventimila.

- Lo sai che tu puoi anche senza chiederlo.

Gli rispose Ash. 

- Certo, ma chiedendo gratis non avrei aiutato.

- Come vuoi.

- Nessuno offre di più? 

I vari partecipanti all’asta, anche sorpresi per l’enorme aumento dell’offerta, restarono in silenzio.

I seguenti lotti erano una gara di lotta contro Lucinda, poi una gara contro Serena, un corso sulle gare da parte di ognuna delle due e le lotte contro Orlando. E anche diversi cimeli. 

In tutto l’asta raccolse la bellezza di novecentomila dollari. 

Tutti erano soddisfatti del risultato dell’asta. 

- Molto bene. Allora, gli allenatori che hanno vinto all’asta le lotte sono pregati di avvicinarsi e di comporre una fila alla mia destra. Quelli per le gare di lotta a sinistra. 

Diantha diede istruzioni al microfono. Seguita poco dopo da Ash.

- Allora… alla mia destra chi ha vinto all’asta i corsi per le gare. A sinistra chi ha vinto i giri sulla triposto.

Le varie persone si avvicinarono secondo le istruzioni. 

- Lylia, Iridio! Da quanto tempo!

- Ciao Ash!

Lo salutarono entrambi.

- Ah, giusto, scusate, non vi ho presentati… 

- Loro so chi somo.

Il biondo, per un attimo indicò le due campionesse… 

- Ma quelle due ragazze… mai viste.

-  Ma scherzi? Sono due supercoordinatrici e, tra l’altro, Serena è la regina di Kalos. 

Lo riprese la sorella.

- Come vuoi.

Pochi istanti dopo vennero raggiunti anche da altri volti noti.

- Vera, Max! Zoey! 

Salutò Lucinda.

Finito il giro di presentazioni, Lucinda pose alle amiche la domanda delle domande.

- Scusate se ve lo chiedo, ma come mai non siete venute all’esibizione prima della gara?

- Io non sono venuta perché avevo una gara Pokémon. Al contrario di voi non sono diventata una supercoordinatrice. 

Spiegò Vera.

- E hai pagato profumatamente per fare dei giri di pista con il ragazzo che ti ha sconfitto quando hai tentato le gare ad Hardana.

La punzecchiò il fratello minore. Nonostante fosse cresciuto e fosse diventato un allenatore a tutti gli effetti, era rimasto comunque piuttosto puntiglioso.

- Hai sottovalutato il suo Metagross. Pensavi che Blaziken potesse essere avvantaggiato con il suo tipo, ma non hai tenuto in conto del fatto che Metagross fosse anche parzialmente di tipo psico e…

-  Si, si… ma appena mi ha sconfitta è stato molto sportivo. Si è offerto di aiutarmi nell’aspetto più… fisico della lotta diciamo. Cosa che avevo quasi del tutto dimenticato. 

- Che intendi con aspetto più fisico?

Le chiese Lucinda.

- Allora… lì ho capito perché nell’ambito delle gare era chiamato “il Professore”. 

Se nelle fasi di esibizione era abbastanza normale come modo di  esibirsi. Diciamo che era bravo, ma non eccezionale.

- Mì che ti sento!

Le rispose il ragazzo, in tono ironico.

- Poi tutto cambiò quando venimmo abbinati ai quarti. Avevo visto la sua lotta e mi ero accorta di come il suo modo di lottare fosse diverso da qualsiasi altro coordinatore che conoscessi. 

Non ricordo di preciso tutta la lotta contro di lui, ma solo il suo cambio di approccio a metà lotta circa. Eravamo abbastanza in equilibrio e in quel momento chiesi a Blaziken un Calciardente. 

- Non potevi fare un errore più grosso.

Si intromise il fratello.

- Non serve che lo rimarchi. In ogni caso bloccò il calcio con uno dei suoi arti e salì di quota, tenendo Blaziken imprigionato. Si precipitò poi con un devastante Cozzata Zen e, insomma, Metagross non è esattamente un peso piuma. 

- Quindi sei stata sconfitta per KO?

Le chiese Lucinda.

- Si. Abbastanza triste. Solo che poi non ho capito perché si è voluto ritirare dal giro dopo aver vinto il Gran Festival. Quando abbiamo fatto quelle sessioni di allenamento è stato piuttosto enigmatico. Mi ha solo detto che non è un titolo che devi difendere e che non aveva senso continuare con le gare. 

- Si certo, ma ti sei dimenticata di dire che Blaziken si è fatto due mesi con il gesso e un mese di riabilitazione. E da allora hanno bandito dalle gare i Pokémon sopra i quattrocentodieci chili. I pesi estremi, insomma. 

La sbeffeggiò il fratello.

- Capiscilo. 

Le rispose Ash. Ignorando il commento di Max.

- È il campione della lega della regione ed è campione in carica della massima categoria automobilistica. Insomma… titoli che devi difendere. 

Aggiunse poco dopo.

- Non me ne vogliate, ma ora chi deve fare i giri nella triposto venga con me.

Li interruppe Orlando.

- Lucinda, ti va di fare i giri con me?

Le propose Zoey.

- In verità ci dovrei già andare con Serena per…

- Che importa? Ti fai il doppio dei giri!

Lucinda non sembrava fosse felice della cosa. Doveva trovare una soluzione. Di certo non poteva rifiutare la proposta dell’amica e rivale. 

- Va bene, ma prima devo risolvere una piccola cosa. Con Ash. Spero che gli vada di sostituirmi nei giri che avrei già dovuto fare. Soprattutto perché è la sua ragazza.

- Ash? Ti sei fidanzato e non mi dici nulla?

Il ragazzo non rispose. 

Il gruppo si diresse verso la stanza dove si sarebbe tenuto il briefing. Vera, forse distratta dal fatto che, finalmente l’amico si fosse sistemato, non si accorse dell’assenza del fratello, che aveva iniziato a fare amicizia con Taelia. 

Arrivati alla stanza, si accomodarono nelle sedie poste davanti alla lavagna luminosa dove il ragazzo avrebbe spiegato come funzionava il format.

- Sarò breve. Allora. Dal momento che per fare i sedili, le aerografie per i caschi e le tute su misura ci vuole tempo, i giri, a tutti gli effetti, li faremo tra una settimana. Però sono obbligato a spiegare queste cose adesso. 

Comunque sia dopo andrete a prendere le misure per le tute, le aerografie per i caschi e su tutto i sedili. In ogni caso, non mi dilungherò troppo nel tecnico. Sappiate che si tratta di una vettura spinta da un V10 a V stretta con quattro turbo con altissimo carico aerodinamico e quanto più si desideri da un’auto da corsa.

In ogni caso non è importante. Le cose importanti sono solo due. Dovrete completare la prova di evacuazione statica in quindici secondi e per salire a bordo bisogna avere sedici anni, ma non penso sia un problema.

Per come è strutturata l’auto si riescono a garantire valori di velocità e carico del tutto paragonabili a quelli di una monoposto. O proporzionali ad essa.

- Mi si sta fondendo il cervello.

Commentò Ash dagli spalti.

Orlando, probabilmente non sentendolo, continuò il suo discorso.

 - A livello di potenza siamo su valori praticamente doppi rispetto a una monoposto normale, per compensare il maggior peso. Non è stata ovviamente trascurata la sicurezza utilizzando i materiali più avanzati a disposizione. Nel corso dei giri ci sarà una dimostrazione di pit stop, in cui verranno sostituite le quattro gomme. In quel momento dovete stare il più fermi possibile. L’auto è sui cavalletti e un movimento può danneggiarli. 

Ultima cosa riguarda il funzionamento dei giri. Nel lotto sono compresi cinque giri, ma in realtà sono sette. Perché è compreso un primo giro di schieramento e un giro di rientro. 

Solo una piccola cosa. Non è chiaramente obbligatorio, ma è fortemente consigliato non indossare dei gioielli. Diciamo che se possono essere tolti senza problemi, è meglio farlo. Non vi preoccupate, ci sono delle cassette di sicurezza, quindi saranno al sicuro. 

- Max.

Disse Vera sottovoce. 

- Lui non può salire. 

Aggiunse poco dopo. 

Quello, in ogni caso, era il problema minore. Il fratello era sparito e, apparentemente, non era la sola persona a non essere presente. Inspiegabilmente anche Lylia si era defilata e il fratello era andato a cercarla. 

La sua ricerca fu di breve durata. La ragazza, insieme al suo Vulpix Alola, si trovava letteralmente nella stanza accanto. Seduta al buio.

Il ragazzo accese la luce. I tubi al neon dopo alcuni sfarfallii, si accesero, illuminando la stanza, facendo spaventare la ragazza per un attimo.

- Come mai sei scappata?

Le chiese a bruciapelo.

- Non pensare di convincermi a salire. Sai bene il motivo. Non pensare che perché sei mio fratello, allora riesci a convincermi di tutto. Sai che ho paura. E se qualcosa andasse storto? No. Trovati qualcun’altro con cui fare quei giri. 

- Ma la mamma li ha comprati per noi.

- Pensando di fare una buona azione, lo so. Ma ha dimenticato una cosa importante.

- Se non riesco a convincerti io, credo che qualcun’altro potrà farlo.

Anche il secondo allarme era rientrato in breve. Max era semplicemente con Taelia. Stavano facendo amicizia, il che per Vera era una buona notizia, contrariamente a quella che avrebbe dovuto dare al fratello.

Nel mentre, nella stanza, Lylia era stata raggiunta da qualcun’altro.

- Disturbo?

Nonostante lo avesse sentito poche volte, la ragazza lo aveva immediatamente riconosciuto.

- Immaginavo che ti avrebbe fatto venire, non è così?

- Inutile mentire. Mi ha detto che sei una ragazza molto intelligente e perspicace, quindi ti accorgeresti immediatamente se mento. Piuttosto posso sedermi vicino a te?

- Fai pure. Ma non credere di riuscire a convincermi.

- E chi vuole farlo?

- Non vorrai usare la psicologia inversa? Con me non attacca.

- No. Mi ha detto che hai paura di correre o com’è che funziona?

- Ho paura della velocità e basta. Non è facile da spiegare. Per nulla. Perché siamo arrivati qui in aereo e non ho avuto paura.

- Certo, ma lo sai meglio di me. In aereo, a migliaia di metri di altezza e a mille chilometri all’ora, vale il principio d’inerzia.

 Se il volo è tranquillo, sei alla sua stessa velocità ed è come se fossi ferma. E lo stesso valeva anche con degli aerei che venivano usati sino a una ventina di anni fa, che permettevano di superare la velocità del suono e permettevano di fare da Goalwic ad Austropoli in appena tre ore e mezza. 

Invece su di un’auto da corsa è molto raro restare a velocità costante. Accelleri e freni in continuazione, poi non parliamo delle curve e anche e soprattutto del fatto che raramente l'asfalto è perfettamente liscio.

- Si. Io ho più paura degli incidenti che della velocità. L’aereo è il mezzo di trasporto più sicuro che ci sia. Ho paura di potermi fare seriamente male e di non poter più stare con Vulpix, con i miei amici, con la mia famiglia…

- Ti capisco. Ma… credimi. Parli con un esperto collaudatore di barriere. Ti posso assicurare che è molto molto difficile farsi male. Anche nei casi apparentemente più gravi. E poi, spesso creano delle opportunità che spesso non avremo mai potuto avere, non è vero?
Meloetta smise di essere invisibile, palesandosi davanti alla ragazza e avvicinandosi al Vulpix della stessa. Accarezzandolo affettuosamente. 

- E io che credevo che popolasse solo le leggende. E invece esiste davvero. Ma tutte dicevano che fosse estremamente timida… eppure sembrate piuttosto in confidenza, ecco.

- Sai. Lei è forse l’esempio migliore di quelle opportunità di cui ti parlavo. Siamo diventati amici proprio dopo un incidente molto brutto.

- Del tipo? 

Dal tono era evidente come la ragazza fosse piuttosto impaurita.

- Del tipo che hanno dovuto raccogliere la macchina con la scopa e la paletta.

La ragazza si spaventò ancora di più.

- Sto scherzando, ovvio. La cellula di sicurezza è rimasta perfettamente integra. Certo, poi mi hanno comunque costretto a fare dei controlli, ma stavo comunque bene, era solo precauzione. Lei si era preoccupata per me ed era anche grata per il fatto che le avessi salvato la vita. A parte tutto forse è meglio che non ti mostri le foto dell’auto incidentata. 

- Adesso che ci penso se noi siamo diventati amici è proprio grazie a un incidente non molto piacevole, non è vero, Bianchino?

Il Vulpix della ragazza fece cenno di approvazione. 

- Credo che tu sia riuscito a convincermi sai?

Poco dopo i due uscirono dalla stanza. Non troppo distante dalla stanza, li attendeva il fratello della ragazza. Impaziente di sapere se lui fosse riuscito o meno a convincerla.

- E allora?

- Si, è riuscito a convincermi. Devo dire che non credevo che ci sarebbe riuscito. Ma è sempre stato positivo e mi ha aiutato a non avere paura.

- Bene, ma forse è ora che andiate con gli altri alla sartoria, dove vi prenderanno le misure per le tute. Seguite il cartello. Poi, dopo troverete il reparto design, per i caschi. 

- Certo che siete proprio complicati qui.

In ogni caso i due si accodarono alla fila. 

La sarta aveva appena finito con Vera, un po’ dispiaciuta per non poter compiere quell’esperienza con il fratello, ma comunque contenta di poter condividere l’esperienza con un ex compagno di viaggio. 

E ora, si trovava nel reparto dedicato al design del casco. La scelta della giusta taglia fu piuttosto rapida, contrariamente a quella del design.

Era un pò strano per lei partire da una tela completamente bianca. Poter partire totalmente da zero. Nemmeno l’esperta consulenza di un designer sembrava poterla aiutare, o ancora di più il fatto che potesse avere piena libertà nello scegliere le forme e i colori da applicare sul casco. 

Aveva numerosissime idee in testa, ma non sapeva proprio da dove partire. Voleva qualcosa che fosse femminile, ma non per forza con dei colori sgargianti o forme strane. Voleva che raccontasse qualcosa di lei, delle sue passioni, che gridasse al mondo chi fosse. 

Alla fine ebbe l'illuminazione. 

La calotta del casco era di un rosa pallido, molto delicato, sulla parte bassa, fino all’altezza in cui si trova il perno più basso della visiera. Fece disegnare delle foglie e dei fiori, molto sottili, utilizzando colori come il verde e il giallo. 

Sul lato destro del casco un aeroplano stilizzato, colorato di azzurro, sul lato sinistro, in lamina d’oro la sagoma della regione di Hoenn, con una stellina sulla mappa in corrispondenza della cittadina di Petalipoli.

Nella parte posteriore, sempre in lamina d’oro, i kanji 探検、夢、発見 che significavano esplora, sogna, scopri.

Alla fine la ragazza era piuttosto soddisfatta del suo casco. Anche se lo avrebbe potuto toccare con mano solo dopo una settimana.

Poco dopo toccò a Lucinda. Anche lei, come l’amica era piuttosto indecisa sullo stile del casco. Voleva un casco che condensasse le sue passioni. Moda, disegnare vestiti, viaggiare, anche lei, come l'amica, non voleva un casco troppo appariscente e femminile, se così si può dire. Il suo colore preferito era il blu, per cui desiderava che il casco ne avesse almeno un pò. 

Voleva anche che sul casco fosse presente una specifica data, quella in cui aveva coronato il suo sogno. 

E che rappresentasse anche i suoi Pokémon, compresa Ambipom, nonostante non facesse più ufficialmente parte della sua squadra da molti anni.

Alla fine, impiegando anche più tempo dell’amica, riuscì nell’impresa.

Un casco blu, lo stesso colore del suo Piplup, un dettaglio simile al pizzo bianco nella parte bassa del casco, sempre al livello dei perni bassi della visiera, da un lato tante sagome in bianco diversi vestiti stilizzati. Dal lato opposto una foto della sua squadra. Dietro, infine la data del Gran Festival in cui aveva coronato il suo sogno di diventare supercoordinatrice. 

Serena, contrariamente alle altre, aveva già delle idee sullo stile. Voleva sicuramente del giallo e del rosso nel suo casco, con un tocco di bianco. 

Voleva che rappresentasse il suo animo gentile e a volte ribelle, la sua sensibilità a l’enorme forza di volontà, ma che non la facesse apparire vanitosa.  

Alla fine, il suo casco aveva una base bianca. 

Dal lato destro diversi tipi di fiori, di numerosi colori. Dal lato opposto numerosi disegni di Vivillon, di diversi motivi. Sul retro la scritta “trova la tua strada”.

Venne il momento di Lylia. Che scelse un casco a tema Alola.

Voleva rappresentasse l’eterogeneità dei paesaggi della sua regione e dichiarare il suo amore per quella terra.

Più particolare la scelta del fratello maggiore.

Un casco in nudo carbonio decorato con degli anelli gialli che ricordavano il suo Umbreon, e alcuni tocchi di rosso, di due tonalità, una più chiara e una più scura e altri tocchi di bianco. 

Era arrivato il momento di evadere i primi lotti. Lucinda aveva preso Lylia da parte per insegnarle i segreti delle gare. Lo stesso aveva fatto Serena con un’altra giovane allenatrice.

Gli allenatori che, invece avrebbero dovuto partecipare alle lotte, avevano portato i rispettivi Pokémon all'infermiera.

 Fatto questo, tutti gli interessati alla lotta e chi era interessato a seguirle, si erano diretti ad un’area attrezzata del paddock. Due campi lotta separati e altrettante tribune per assistere. 

Max, ancora deluso per il fatto di non poter fare quei giri, ma perché si poteva diventare allenatori a dieci anni, ma non si poteva salire a bordo della triposto solo a sedici? E lo stesso si poteva dire per accedere alla pitlane. Sotto i sedici anni si poteva accedere solo sotto la responsabilità di chi ne avesse sedici o più? Ma era consapevole di non poterci fare nulla. Le regole sono regole e basta.

Decise di proporre una lotta a Taelia. Due contro due. Il campo lotta era libero e voleva approfittarne per dimostrare di essere un allenatore capace. 

La ragazza aveva accettato di buon grado. 

Il ragazzo non poteva fare un errore peggiore. Impostò l’arbitro elettronico per una lotta due contro due. Sostituzioni non ammesse e tutto il resto.

I due schierarono i loro Pokémon. Max il suo starter, uno SC, proprio come aveva promesso anni e anni prima alla sorella. Aveva preso un Treecko come starter e ora si era evoluto. 

Taelia, lasciandolo di sorpresa, schierò il suo Azumarill. 

Il ragazzo era perplesso. Perché utilizzare un Pokémon di tipo acqua e folletto contro un tipo erba? Certo, spesso aveva avuto dimostrazione di come le combinazioni di tipo non avessero troppa importanza.

- A te la prima mossa!

La invitò il ragazzo. In realtà era parte della sua tattica. Poteva imparare qualcosa dal modo di approcciarsi dell’allenatrice.

La ragazza non aveva idea dei pensieri del ragazzo e non esitò.

- Bene, Azumarill! Usa Panciamburo!

Il Pokémon Acquniglio si colpì ripetutamente la pancia con gli arti superiori, procurandosi dei danni, ma aumentando a dismisura il suo potenziale offensivo.

- SC, usa attacco rapido! 

Il Pokémon Foresta si mise a correre rapidamente contro l’avversario.

- Azumarill! Schiva! Poi usa Gelopugno!

- Gelopugno?

Il ragazzo ripeté il nome dell’attacco sottovoce. 

Azumarill si era spostato appena in tempo. Colpendo il Pokémon foresta con un potente pugno ghiacciato.

Ragiona, Max, ragiona!”

Pensò il ragazzo. Azumarill ha l’abilità Macroforza quindi ha usato Panciamburo per aumentare ulteriormente il suo potere offensivo a dismisura. Per poi colpire con Gelopugno. È più brava di quanto pensassi! 

- Bene, Sceptile, usa Fendifoglia!

Le foglie sulle braccia del Pokémon si illuminarono di verde chiaro diventando come delle lame. 

- Azumarill! Usa sostituto! Presto!

Il Pokémon eseguì il comando dell’allenatrice, creando una copia illusoria di se stesso che venne colpita al suo posto. Confondendo il ragazzo. 

- Dobbiamo riprovare Sceptile! Non potrà usare sostituto all’infinito! Usa di nuovo fendifoglia!

Questa volta Azumarill era in posizione più avvantaggiata. L’utilizzo del sostituto agli occhi della sua allenatrice era inutile.

Sceptilestava correndo nuovamente contro l’avversario, che sembrava quasi tranquillo. Come se confidasse che la sua allenatrice sapesse cosa fare.

- Aspetta Azumarill. Non è ancora il momento. 

Ormai Sceptile era vicinissimo. 

- Ora, di nuovo! Gelopugno!

Questa volta il pugno venne usato per difendersi, piuttosto che per attaccare effettivamente. Questo lasciò lo stomaco del Pokémon allo scoperto. Senza che la sua allenatrice le dicesse nulla, il Pokémon Acquniglio colpì con un secondo pugno proprio in pieno stomaco, facendolo indietreggiare.

Il ragazzo, notando la pietrachiave nel bracciale della ragazza, comprese come la stessa fosse capace di usare la megaevoluzione.

Il ragazzo pensò di fare altrettanto. Il suo Sceptile aveva subito dei danni dalla lotta e forse il solo modo per battere quell’Azumarill era proprio quello. E poi, se aveva imparato una cosa da Ash era quella di essere imprevedibile.

Il ragazzo toccò la sua pietrachiave che reagì con la megapietra del suo Sceptile. Questo scatenò una grossa quantità di energia che permise al Pokémon foresta di cambiare forma. 

Divenne più alto, la sua coda crebbe di dimensioni e sulla schiena spuntarono diverse sfere di colore giallo. 

Questo colse di sorpresa la sua avversaria, almeno per alcuni istanti. Sufficienti a permettere a Mega Sceptile di colpire Azumarill con un Attacco Rapido. Il Pokémon venne scaraventato dalla parte opposta del campo di lotta. 

Il Pokémon tentò di alzarsi, ma senza successo.

- Azumarill non può più continuare.

- Sei stato bravissimo. Ora però riposati.

- Bene, Sceptile, sei stato bravissimo, ma non abbassare la guardia, mi raccomando.

Il cambio di tono quando si rivolse alla sua avversaria fu piuttosto evidente.

- Visto? Sono riuscito a sconfiggere il tuo primo Pokémon e Sceptile è ancora in forma.

La ragazza diede uno sguardo al Pokémon avversario. A tutti gli effetti sembrava che il ragazzo avesse ragione, ma guardando bene la pancia del Pokémon, erano ben evidenti i danni subiti dagli attacchi di tipo ghiaccio subiti in precedenza.

In ogni caso, Taelia prese la sua seconda Pokéball.

- Gardevoir, vieni fuori!

La Gardevoir shiny della ragazza uscì dalla Pokéball, piazzandosi nel suo lato del campo. 

- Azumarill è stato sconfitto, conto su di te. Non abbiamo molta scelta. 

La ragazza toccò la pietrachiave nel suo bracciale. 

- Megaevoluzione!

Max non si era sbagliato. La sua avversaria aveva sfruttato la megaevoluzione. Solo che non gli ci volle molto prima di realizzare che ora non fosse più lui ad avere il coltello dalla parte del manico. 

- Gardevoir, usa Magibrillio! 

Il corpo del potente Pokémon Abbraccio si illuminò di numerosi colori, quindi spedì contro l’avversario l’enorme quantità di energia. Sceptile si coprì gli occhi cercando di sopportare quell’enorme quantità di energia. Tuttavia sembrava che questo non bastasse.

L’attacco era davvero potente e i danni subiti si erano fatti sentire dal primo all’ultimo. 

Sceptilecrollò a terra. Sconfitto e senza più il potere della Megaevoluzione.

Il ragazzo lo riceverò nella Pokéball. 

- Hai fatto del tuo meglio. Ora riposati. 

Il ragazzo venne colto impreparato. Pensava che Sceptile fosse in grado di gestire ogni situazione, ma si era sbagliato. Contrariamente alla sua avversaria, che quasi si aspettava di dover rinunciare al suo Pokémon. per lui era tutto il contrario. Il Pokémon che aveva intenzione di schierare era Gallade. Il solo altro Pokémon completamente evoluto che aveva in squadra. Nonostante questo sapeva che, per quanto fosse forte era comunque molto svantaggiato.

Ma, dopotutto non aveva scelta. 

- Gallade, tocca a te!

Appena il Pokémon Lama entrò in campo, il suo allenatore si affrettò ad ordinare un attacco Nottesferza. Il Pokémon stava correndo a grande velocità contro la megaevoluzione della sua controparte.

- Molto bene Gardevoir, usa Psichico.

I poteri psichici del Pokémon, amplificati dalla megaevoluzione, bloccarono l’avversario nella sua corsa.

- Eccezzionale.

Commentò il ragazzo, sottovoce.

- Diamine, devo riprendere la concentrazione. 

Aggiunse poco dopo. Non accorgendosi di quello che stava accadendo al suo Pokémon, immobilizzato e violentemente lanciato contro uno dei muri perimetrali del campo. 

Questo liberò il Pokémon dalla morsa dell’attacco, ma contemporaneamente gli fece subire numerosissimi danni. 

Non abbastanza da sconfiggerlo, ma sufficienti per stordirlo. Riuscì comunque a rialzarsi, in attesa di ricevere istruzioni dal suo allenatore. Che non tardarono ad arrivare.

- Bene, se ti avvicini troppo rischi di ricadere nel suo potente psichico, quindi se vogliamo davvero vincere dobbiamo inventarci qualcosa. Usa pietrataglio!

Il Gallade del ragazzo diede un calcio al terreno. Da esso comparvero numerosi massi acuminati, uno più alto dell’altro.

La ragazza rimase attendista. La sua Gardevoir aveva piena fiducia in lei. Se non diceva nulla era perché aveva sicuramente qualcosa in mente.

- Adesso! Distruggi il pietrataglio con Fulmine!

Il potente attacco elettro dapprima frantumò i massi in numerosi pezzi, lo, proseguì dritto verso il Gallade avversario, che subì ulteriori danni, ma non volle demordere.

Questo attacco colse Max totalmente impreparato. Non solo poteva contare su attacchi a breve distanza, ma anche a lungo raggio. E, a quanto pareva, la Gardevoir della ragazza aveva un ultimo asso nella manica. Fino a quel momento aveva usato unicamente tre mosse. 

Il ragazzo, notando come il suo Gallade fosse allo stremo delle forze. Doveva inventarsi qualcosa per guadagnare del tempo.

- Gallade, usa Doppioteam! Quindi vai di Nottesferza.

Il Pokémon eseguì, generando una moltitudine di cloni che si dirigevano a grande velocità contro la Gardevoir avversaria.

- Non proprio quello che mi aspettavo, ma ci va comunque bene, non è vero? Bene, allora crea una Palla Ombra, più grande che puoi. Poi mira a quello che credi che sia il vero.

Il Pokémon abbraccio seguì l’ordine della sua allenatrice, generando una gigantesca  sfera di energia oscura. Appena non fu in grado di gestirla, la lanciò. 

La sua intuizione si rivelò corretta. Gallade cadde a terra di schiena. Sconfitto. 

- Spero che mia sorella non mi abbia visto.

Commentò il ragazzo, per poi avvicinarsi al centro del campo, come del resto aveva fatto la sua avversaria.

I due si strinsero la mano.

- Devo ammettere che quando Sceptile ha sconfitto il tuo Azumarill, credevo di avercela fatta, ma poi hai ribaltato l’incontro, dimostrandomi cosa significhi realmente essere forte.

Se solo penso che nessuno dei miei Pokémon è stato in grado di toccarla.

- Forse dovresti smettere di essere così analitico e dovresti pensare di più a prendere esempio da lei che ha sempre avuto la situazione in mano.

Il ragazzo si limitò a non rispondere. 

In ogni caso, i due dovettero lasciare il campo ad altri, in particolare a chi aveva vinto all’asta le lotte. Cominciando da Ash e dalla ragazza che aveva vinto la lotta tre contro tre. 

Era una ragazza più o meno della sua età, aveva i capelli neri e tagliati corti. Era vestita completamente di nero. Era piuttosto alta e molto magra.

Fu quest’ultima ad impostare l'arbitro elettronico. Una lotta tre contro tre con sostituzioni ammesse. 

I due si disposero sui lati opposti del campo di lotta. 

- Molto bene Braviary, tocca a te!

- Pikachu, te le senti?

Il Pikachu di Ash scese dalla sua spalla e si schierò sul suo lato del campo.

- Certo che per essere l’allenatore più forte sei proprio prevedibile!

La sua avversaria tentò di provocarlo. Senza successo.

- Pikachu vai! Attacco Rapido!

Il Pokémon topo si mise a correre contro l’avversario, nel tentativo di colpirlo.

- Vola in alto e schiva, poi usa Eterelama!

Il Pokémon volante seguì il comando della sua allenatrice, librandosi in volo e evitando l’attacco. Quindi con le ali generò diverse lame d’aria, nel tentativo di colpire l’avversario.

- Pikachu evitale e salta poi usa codacciaio!

Pikachu spiccò un balzo sfruttando i muscoli delle zampe posteriori. Riuscì a raggiungere l’altezza dell’avversario e a colpire un’ala con la coda, facendolo cadere a terra.

Riuscì a riprendere il volo non senza difficoltà dopo l’insistenza della sua allenatrice. Quest’ultima era consapevole del fatto che il Pikachu fosse salito in groppa al suo Pokémon e che non aveva di certo intenzione di mollare la presa. Era sicura che non avrebbe mai usato Fulmine, perché sebbene ci sarebbe stato Braviary ad attutire la caduta, utilizzare un attacco come quello sarebbe stato un grosso rischio.

Gli aveva ordinato di usare aeroassalto per fare in modo che il Pokémon topo, mollasse la presa, dovendo salire e scendere in continuazione, ma si era scordata di avere a che fare con un campione del mondo. 

Senza esitazione Ash chiese al suo Pikachu di usare Elettrotela. 

Ora entrambi i Pokémon erano avvolti da una gabbia di energia elettrica, creata dalla coda di Pikachu. per quanto Braviary si sforzasse, ora era in netto svantaggio. Non poteva toccare la gabbia di energia o rischiava seriamente di ferirsi, e in più la ferita all’ala iniziava ad essere sempre più dolorosa.

- Se non puoi toccarla, allora tenta di romperla con Eterelama!

La scelta dell’allenatrice non fu molto furba. La lama d’aria rimbalzò sulla tela elettrica colpendo l'utilizzatore in pieno. No. Non aveva funzionato. Di usare lacerazione non se ne parlava nemmeno. Rischiava ancora di più di subire i danni della scarica elettrica. Non le restava altro che aspettare cosa volesse fare il suo avversario.

Ash aveva capito cosa fare. Una tecnica indubbiamente rischiosa, ma in ogni caso la sola possibile.

Sfruttare la gabbia di elettricità.

- Pikachu salta e usa codacciaio!

Il Piccolo Pokémon eseguì spiccando un salto. Questo fece in modo che il Braviary avversario si spostasse in avanti e in basso rispetto al centro della sfera di elettricità, cosa che venne amplificata dal potente colpo di coda, che fece scontrare il Pokémon volante contro la base della gabbia, facendogli emettere un grido di dolore.

Come effetto secondario, il Pokémon aveva perso diversi metri di quota, rendendo la sua situazione ancora più precaria. Se la sua allenatrice non si fosse data una mossa rischiava seriamente di finire rapidamente al tappeto.

- Ci sono! 

Gridò la ragazza.

- Girati al contrario!

Ora Braviary volava sottosopra, con Pikachu che faceva di tutto per tenersi aggrappato, ma che ancora non demordeva. Ora l’uso di Fulmine era ancora più rischioso e il suo allenatore ne era ben consapevole.

- Usa la coda per avere un appoggio migliore!

Un terzo Codacciaio, sferrato in pieno stomaco ancorò il Pokémon topo all’avversario. 

Prima che l'allenatrice potesse dire al Pokémon volatile di fare in modo di staccarsi il Pokémon elettrico, magari riprendendo la posizione di volo ottimale, il suo avversario era già sulla pancia e stava iniziando a caricarsi per il colpo finale.

Che arrivò da lì a poco. Un potentissimo Fulmine.

- Braviary non è più in grado di lottare, vince Pikachu!

Decretò l’arbitro elettronico.

- Te la senti di continuare, Pikachu?

Il Pokémon topo rispose in maniera affermativa. A meno di stravolgimenti sarebbe rimasto in campo.

Stravolgimenti che non avvenirono. Tutt’altro.

La sua avversaria, inspiegabilmente schierò una Ninetales Alola. 

Dagli spalti Max era piuttosto contrariato dalla scelta. 

- Ma se ha visto che Pikachu ha codacciaio, perché mandare in campo un Pokémon che ha una doppia debolezza all’acciaio?

- Magari ha qualcosa in mente.

Gii rispose prontamente la sorella, mentre assisteva alla lotta. 

- Non è detto. Quando ho lottato contro Taelia, ho mandato Gallade perché non avevo altre alternative. Nonostante sapessi del grande vantaggio di Gardevoir nei suoi confronti.

- Vediamo.

Gli occhi dei due si buttarono sul campo di lotta. Ninetails aveva lanciato un geloraggio sul terreno di lotta, la speranza dell’allenatrice era quella che la superficie ghiacciata rendesse i movimenti avversari più difficili, mettendo al contempo il suo in condizioni di vantaggio. 

Tuttavia non aveva ben capito contro chi si trovasse. 

Ash aveva ordinato a Pikachu di infilare la coda nel terreno in modo tale da ridurre al minimo il contatto con il suolo, quindi gli aveva chiesto un Fulmine. Il potente attacco elettrico sparato contro il terreno aveva fatto esplodere il terreno, distruggendo la coltre di ghiaccio. Alcuni frammenti sono piovuti anche contro il Pokémon avversario.

La mossa di Pikachu ebbe però anche degli esiti nefasti, ora si, era isolato dell’avversario, ma al contempo si era ridotto al minimo le vie di fuga. Non poteva far altro se non che aspettare che l’avversaria facesse qualcosa. 

E così accadde, l’allenatrice ordinò alla sua Ninetales di usare corposcontro. 

Ninetales si mise a correre a grande velocità contro il suo avversario, che non sembrava attendesse altro. 

Ash aveva atteso fino all’ultimo prima di ordinare un Codacciaio. Attacco che aveva colpito l’avversaria proprio sulla testa, facendola cadere nella fossa creata dal precedente attacco.

Incredibilmente Ninetales riuscì ad alzarsi.

Confortata da questo, la sua allenatrice chiese un Neropulsar. 

A causa della posizione sfavorevole, tuttavia non era sicuramente in grado di attaccare il suo avversario con certezza assoluta. E questo, unito alla stanchezza, non era di sicuro positivo.

Ad ogni modo, prima che l’allenatrice potesse pensarci, la sua Ninetales venne sconfitta da un secondo Codacciaio diretto sulla testa.

- Sei stata bravissima, ora riposati.

La ragazza si affrettò a ricoverarla nella Pokéball.

- Pikachu, ora riposati, hai fatto davvero un grande lavoro.

Il Pokémon topo non protestò, tornando dal suo allenatore.

Ash, un po’ per cavalleria, un po’ per strategia attese che la sua avversaria mandasse in campo il suo Pokémon. Attesa di breve durata, dal momento che la stessa mandò in campo, quasi senza pensare, il suo Stoutland. 

Ash rispose immediatamente mandando Lucario. 

L’allenatrice, senza perdere tempo ordinò al suo Stoutland un Rogodenti. Il Pokémon obbedì, iniziando a correre verso il nemico con le zanne infuocate. Nella sua mente un attacco di tipo fuoco poteva essere una buona idea contro un Pokémon parzialmente di tipo acciaio. Tuttavia l’allenatrice, nonostante le pesanti sconfitte, ancora non aveva imparato la lezione. 

Il Pokémon Generosità era a pochissima distanza dal suo avversario, che, fino a quel momento, non si era mosso di un millimetro.

- Ora, Lucario, usa Zuffa!

Il Pokémon Aura iniziò a percuotere l’avversario con una serie di calci e pugni, rispedendolo dall’altra parte del campo, ove vi era arrivato strisciando di lato contro il terreno.

Questo non fece demordere l’avversario, che tornò immediatamente alla carica, nuovamente con lo stesso attacco, a testimonianza della testardaggine della sua allenatrice. 

Ash, non aspettandosi una mossa simile, in perfetta sintonia con il suo Pokémon optò per un cambio di tattica.

- Bene. Allora usa Forzasfera!.

Il Pokémon aura prese la mira sul suo avversario, generando al contempo una grossa sfera di energia di colore azzurro.

Il Pokémon avversario, in modo del tutto inatteso, quantomeno per Ash, distrusse l’attacco avversario con le zanne, proseguendo la sua corsa furiosa. 

Ora Stoutland era davvero vicino.

- Adesso! Lucario! Usa di nuovo Zuffa!

Altri calci e pugni colpirono in Pokémon generosità, che venne scaraventato nuovamente dalla parte opposta del campo. 

Dopo le varie percosse subite era molto difficile per lui rialzarsi, ma non voleva deludere la sua allenatrice. 

Senza che la stessa gli dicesse nulla, questi cominciò a caricare un riduttore.

Ormai l’insistenza della sua allenatrice era vana. Aveva già incominciato a caricare il suo avversario, in preda a dei sentimenti di difficile comprensione.

- Bene Lucario usa Pugnoscarica.

Gridò l’allenatore, con un netto anticipo, conscio del fatto che il Pokémon avrebbe attaccato al momento giusto. E così accadde. 

Appena lo Stoutland nemico fu abbastanza vicino da spiccare un balzo, venne colpito da una violenta scarica di pugni, che lo fecero, nuovamente tornare nel suo lato del campo. Per l’ultima volta. Giaceva per terra, privo di sensi. La sua allenatrice si era precipitata da lui, pronta a sostenerlo.

In seguito raggiunse Ash, al quale strinse la mano.

- Sapevo che non sarei stata in grado di competere.

- Non importa di come sia andata. 

Le rispose il ragazzo.

- Hai mostrato di credere nelle capacità della tua squadra e questo è l’importante. Non dimenticarlo.

- Se lo dici tu.

Durante quella lotta, Lucinda stava insegnando a Lylia i segreti delle gare Pokémon. sapeva che la sua “allieva” aveva già un’idea del funzionamento delle gare, per cui avrebbe evitato di spiegare cose che già sapeva. 

- Dimmi… oltre al tuo Vulpix Alola hai altri  Pokémon?

Le chiese la ragazza dai capelli blù.

- No. Solo lui.

- Bene. A quello, se vuoi possiamo rimediare. Sai, Orlando e la sua famiglia gestiscono una riserva per Pokémon, dove, oltre a prendersi cura di Pokémon abbandonati o non voluti, permettono agli allenatori di adottarli. Certo… seguono una politica un pochino particolare, ma credo che molti Pokémon vorrebbero avere una ragazza carina e gentile come te come allenatrice.

- Graz… ehi! Aspetta un attimo, ma di solito non sono gli allenatori a catturare i Pokémon?

- Si, di solito. In ogni caso, poi puoi chiederglielo, per me non è un problema restare qualche giorno in più e insegnarti i segreti delle gare Pokémon. Intanto, se il tuo Vulpix se la sente possiamo cominciare con lui.

Il piccolo Pokémon volpe fece cenno di approvazione.

- Tanto per cominciare, dimmi… che mosse conosce?

- Ventogelato, Grandine, Velaurora e Azione. E possiamo contare sulla mossa Z di tipo ghiaccio, Criodistruzione Polare.

- Bene. Direi che sono una buona base di partenza. Vediamo cosa sai fare.

Mentre i due si allontanavano dal campo, alcuni Dugtrio dell’organizzazione si erano messi all’opera per rassettarlo. Come se, poco dopo, lo stesso campo non sarebbe stato nuovamente utilizzato. 

Non da Ash o da quella ragazza, i Pokémon che avevano combattuto dovevano riposare e se avessero voluto continuare oltre il tre contro tre, avrebbero dovuto solo cambiare i settaggi dell’arbitro elettronico.

In ogni caso, ora il campo era stato ripristinato ed era pronto ad accogliere una nuova lotta. 

E, infatti, poco dopo, dai lati opposti del campo, si erano schierati Iridio e Orlando, con quest’ultimo che si era fermato a reimpostare l’arbitro elettronico, confermando le impostazioni presenti. 

Come la lotta precedente, il sistema annunciò le regole. Un tre contro tre con sostituzioni ammesse. 

Iridio mandò in campo il suo Lycanroc, Orlando la sua Greninja, Ash, conoscendo bene quel Pokémon aveva ben compreso i motivi che avevano spinto il suo futuro sfidante a non utilizzare Metagross.

- Lycanroc, usa Pietrataglio!

Con un rapido movimento, dal terreno spuntarono numerosi massi affilati, uno più alto dell’altro. Pronti a colpire l’avversaria. 

Avversaria che schivò il colpo con un gran balzo per poi distruggere le pietre con una serie di Acqualame. Le pietre cuminate vennero tagliate come se fossero di burro e uno di essi colpì l’avversario. Non gravemente. 

Iridio ordinò al suo Pokémon un danzaspada, nelle sue intenzioni aumentare il potere di attacco del suo Pokémon poteva essere una valida idea, sempre che si riesca ad eseguire la mossa.

Un ulteriore acqualame, colpì il Pokémon licantropo proprio durante l'esecuzione della mossa, bloccandolo proprio a metà. Questo convinse il biondo a cambiare approccio. 

Il Lycanroc del ragazzo ora correva contro l’avversaria, gli occhi illuminati di rosso e il corpo circondato da un’aura del medesimo colore. 

- Bene. Difenditi con Idropulsar!

Tra le mani del Pokémon ninja si generò un’imponente sfera d’acqua. 

Iridio, accorgendosi della tecnica adottata dall’avversario, ordinò al suo Pokémon di attaccare da dietro. La tattica adottata dal ragazzo funzionò, colpendo la Greninja del ragazzo, che cadde a terra, ma riuscì comunque nell'intento di colpire l’avversario con un potente getto d’acqua, che lo fece volare in alto e poi ricadere a terra. Entrambi i Pokémon dovettero rimettersi in piedi e scrollarsi la polvere di dosso. 

In pochi istanti entrambi i Pokémon erano nuovamente pronti a lottare.

Dopo essersi ripreso, senza che il suo allenatore potesse fare nulla, Lycanroccontinuò ad attaccare con Oltraggio. Si, una mossa indubbiamente potente, ma che al contempo non permetteva altra scelta all’utilizzatore.

Approfittando di questo, Orlando aveva comandato alla sua Greninja di utilizzare Neropulsar e di ruotare su se stessa, in modo da creare un anello attorno a se stessa. Una mossa che, all’apparenza sembrava più adatta ad una gara che a una lotta, ma che ottenne comunque l’effetto sperato. Una coltre di anelli di energia oscura circondarono il Pokémon ninja, proteggendola dagli attacchi avversari.

Il Lycanroc attraversò la coltre, non senza subire conseguenze e colpì l’avversaria, facendola nuovamente cadere a terra.

Una mossa, per quanto non felice dal punto di vista del Pokémon ninja, non colse impreparato il suo allenatore, che ordinò nuovamente di usare idropulsar. 

Il getto d’acqua colpì in pieno il muso dell’avversario, facendolo cadere all’indietro.

- Lycanroc non è più in grado di continuare.

Annunciò la voce dell’arbitro elettronico.

Al messaggio di prima, pochi istanti dopo se ne aggiunse un altro.

- Greninja non è più in grado di continuare. 

Entrambi gli allenatori ricoverarono i loro Pokémon nelle rispettive Pokéball.

- Sei stata bravissima, nonostante gli anni lontana dalle lotte hai fatto davvero benissimo.

Dall’altra parte del campo anche iridio fece i complimenti al suo Pokémon per l’eccellente lotta, non senza pensare alle parole del suo avversario. Se quella Greninja non lottava da tempo, allora cosa doveva essere la sua squadra regolare? Oppure era semplice tattica? 

Non gli restava che mandare in campo il suo secondo Pokémon per scoprirlo. E il suo secondo Pokémon fu il suo fidato umbreon. Evolutosi da un Eevee con cui aveva fatto amicizia da piccolo.

Di tutta risposta, Orlando mandò in campo la sua Togekiss, che svolazzava leggere sul suo lato del campo.

- Scelta azzeccata.

Commentò Max dagli spalti.

- Un tipo folletto contro un tipo buio è indubbiamente un grande vantaggio.

Aggiunse poco dopo.

- Non se quel tipo folletto non conosce mosse di quel tipo o se quel tipo buio conosce attacchi di tipo acciaio.

Gli rispose Ash.

- Conosci tutti e due i Pokémon che stanno lottando?

- Esatto. Ma credo che nessuno degli allenatori conosca le peculiarità dell’avversario. 

- Bah, un Pokémon di tipo folletto che non ha attacchi folletto. 

- Credimi, è forte anche senza.

Nel mentre, sul campo lo scontro aveva avuto inizio. 

- Umbreon! Palla Ombra! 

Gridò il biondo. Manco finita la frase, dalla bocca del Pokémon lucelunare andò a crearsi una sfera di energia oscura, che venne poi lanciata in aria, verso l’avversaria.

- Molto bene, Vai con Eterelama!

La Togekiss del ragazzo generò dalla punta delle ali delle lame d’aria che intercettarono e colpirono la sfera di energia, distruggendola. Non solo, una delle lame riuscì anche a colpire l’avversario, prima che potesse schivare.

- Umbreon! Di nuovo Palla Ombra!

Il Pokémon lucelunare seguì l’ordine del suo allenatore, generando nuovamente una sfera di energia oscura. Nella testa del ragazzo questo serviva a far abboccare il suo avversario. La sua idea era quella di ordinare al suo Pokémon di schivare il previsto eterelama e di approfittare del polverone per attaccare di sorpresa.

Qualcosa nei piani del biondo non andò come previsto. L’attacco avversario arrivò, ma non fu il previsto eterelama, ma un Forzasfera, che inglobò e rispedì al mittente la palla ombra. 

Umbreon riuscì a spostarsi appena in tempo. Sul terreno si creò l’aspettato polverone e Iridio ne approfittò per ordinare un potente codacciaio.

La coda del Pokémon Lucelunare si illuminò di una luce bianca e lo stesso spiccò un balzo, in direzione dell’avversaria, pronta a colpirla con un potente attacco d’acciaio.

Come se se lo aspettasse, Orlando attese alcuni istanti. Non aveva una precisa idea di dove si trovasse il suo Pokémon in quel polverone. Ma era certo che non fosse ancora il momento.

- Non ancora… non ancora… adesso! Togekiss, Magibrillo!

Il corpo del Pokémon si illuminò di una luce multicolore che risultò ben visibile nonostante la coltre di polvere. L’energia luminosa colpì l’avversario, facendolo cadere a terra. 

Umbreon, notoriamente un Pokémon molto resistente, non faticò a rimettersi in piedi, con grande sorpresa di tutti.

- Molto bene. Usa Neropulsar!

Dalla bocca dal Pokémon Lucelunare si generarono una serie di anelli di energia oscura, diretti verso l’avversaria. Che, seguendo le direttive del suo allenatore, riuscì a schivare ogni colpo.

Nel farlo, Togekiss si era nuovamente avvicinata ad Umbreon, come desiderato dal suo allenatore.

- Di nuovo Palla Ombra!

Il Pokémon eseguì. Per l’ennesima volta in quella lotta, generò una sfera di energia oscura.

- Togekiss, palla ombra anche te! 

I due attacchi si scontrarono a mezz’aria, esplodendo. Nessuno dei due Pokémon subì particolari conseguenze dallo scontro dei due attacchi. 

- Umbreon! Di nuovo Codacciaio! 

Stesso copione di prima. Il Pokémon Lucelunare che spicca un salto in direzione dell'avversaria. Solo che qualcosa andò diversamente.

- Schiva e usa Forzasfera!

L’Umbreon del ragazzo si trovò a mezz’aria, senza possibilità di attaccare, in balia della forza di gravità. E in più era stato anche colpito da un potente attacco di tipo lotta che lo aveva scaraventato contro l’estremo del campo di lotta.

Un colpo durissimo. Ma non sufficiente a sconfiggerlo.

- Riposati.

L’allenatore, approfittando della possibilità di sostituire il suo Pokémon, ricoverò Umbreon nella sua Pokéball. 

- Silvally tocca a te!

Dalla Pokéball del ragazzo uscì un Pokémon dall’aspetto assai particolare, usa sorta di chimera. Dal muso felino, di colore argento, coperto da qualcosa di simile al metallo, che parte dal naso, di forma triangolare nero alle orecchie, chen’esse di forma triangolare e di tre colori, argentee, rosse e nereo, coprendole con qualcosa di simile a delle cuffie dalla forma tonda. In cima alla testa una specie di ala argentea la cui parte frontale termina in uno spuntone metallico e la posteriore in tre penne. Il corpo del Pokémon è nero, con una specie di collare argenteo. Le zampe anteriori di un colore verde-acqua spento, ricoperte di spunzoni,  i piedi hanno due unghie affilatissime davanti e una dietro. Le zampe posteriori invece si avvicinano di più a quelle di un felino. La coda simile pinna caudale di un pesce, dal profilo blu e ricoperto da spuntoni.

Senza perdere tempo, Iridio lanciò al suo Pokémon una sorta di disco di colore grigio. Era in una sorta di custodia, insieme ad altri dischi di colore diverso. Ognuno dei quali di un colore associato ad un tipo.

- Togekiss, box box.

Poco dopo il ragazzo mandò in campo il suo terzo Pokémon. Un Arcanine.

- Molto bene, Arcanine! Fuococarica!

Il corpo del Pokémon Leggenda si rivestì di fiamme ardenti, in direzione dell’avversario. Un modo di attaccare piuttosto diverso da quello di Greninja e Togekiss, che, sembrava preferissero evitate il contatto fisico. 

Questo non colse impreparato il biondo, che ordinò al suo Pokémon di usare Forza, una potente mossa di tipo normale, proprio contro l’avversario. 

I due si scontrarono a metà del campo di lotta e l’energia scaturita dal loro impatto fece arretrare entrambi. 

Silvally aveva subito i danni maggiori, a causa del fatto che in quel momento era di tipo acciaio. Anche l’Arcanine avversario era scivolato dal lato opposto del campo, ma meno violentemente rispetto all'avversario.

Iridio, rendendosi conto di aver mandato quasi al macello il suo Pokémon, decise di cambiare la ROM, passando dalla Rom acciaio alla ROM acqua, un disco blu.

- Bene, ora usa Multiattacco! 

Il corpo della chimera si rivestì di un’aura blu, mentre correva contro l’avversario a gran velocità. Durante la corsa, gli artigli delle zampe anteriori si erano allungati a dismisura. 

- Arcanine! Sprizzalampo!

Il corpo del Pokémon si caricò di energia elettrica, durante l’avventata corsa contro l’avversario, cercando, come lo stesso, uno scontro frontale. 

Di nuovo i due Pokémon si trovarono agli estremi del campo, nel tentativo di rialzarsi.

Cosa che riuscì ad entrambi, quasi miracolosamente.

Capendo di essere alle strette, Iridio non poté far altro che ricorrere alla sua arma più potente, la mossa Z. Nel corso del tempo aveva collezionato quasi tutti i cristalli esistenti.  

L’allenatore eseguì, con il suo Pokémon una serie di pose diverse, per poter usare una versione potenziata di Forza.

Carica Travolgente.

Questo non colse affatto impreparato il suo avversario. Che, anzi, fece una cosa simile. Iridio rimase sorpreso per un attimo. Voleva dire che Ash non era il solo allenatore non di Alola a conoscere le mosse Z.

E, a giudicare dalle sue pose si trattava della mossa Z di tipo elettro, Gigascarica folgorante.

Entrambi i Pokémon riportavano le conseguenze di una lotta estenuante, senza esclusione di colpi.

L’Arcanine, carico di energia elettrica come non mai, e il potente Pokémon leggendario del ragazzo si scontrarono per l’ennesima volta a metà del campo, generando una potente esplosione. Per l’ennesima volta entrambi atterrarono sul campo. Arcanine, sia pur a fatica, si teneva ancora in piedi. 

 Probabilmente solo uno dei due sarebbe stato in grado di continuare, dopo quello scontro.

Tale previsione non si rivelò errata. 

Dopo l’ennesimo scontro, l’arbitro elettronico decretò l’impossibilità per il Slivally di Iridio di continuare a lottare, decretando la vittoria di Arcanine. 

- Arcanine, Box Box.

Ora la lotta era in buona sostanza un uno contro uno. Sebbene, infatti l’Arcanine di Orlando, formalmente non fosse stato decretato non in grado di lottare, il suo allenatore, non voleva che si ferisse ulteriormente. E poi la sua Togekiss era perfettamente in forma e sicuramente desiderava portare a termine quello che aveva lasciato, dato il suo amore per le lotte.

- Togekiss, it’s Hammer time!

- Oh, no!

Commentò Ash dagli spalti. 

- Oh no cosa?

Gli chiese Vera.

- Quando dice così vuol dire che faranno sul serio.

Le rispose Ash.

- Non mi sembra che sino ad ora stessero scherzando.

Il ragazzo ignorò il commento dell’amica. Sapeva che avrebbe dovuto avere a che fare con un avversario piuttosto forte.

Nel campo di lotta ora la sfida era unicamente tra la Togekiss di Orlando e l’Umbreon di Iridio, il quale era già affaticato dal precedente scontro con la stessa.

- Chiudiamola subito, Umbreon! Codacciaio!

Il Pokémon Lucelunare spiccò un potente balzo fino a raggiungere l’altezza dell’avversaria. 

- Togekiss, vai! Forzasfera!

Dalla bocca del Pokémon festa si generò una sfera di energia azzurra, che venne scagliata contro l’avversario, facendolo cadere a terra. Umbreon tentò di rialzarsi, senza successo.

- Umbreon non è più in grado di continuare, vince Togekiss. Il vincitore della lotta è Orlando.

Entrambi gli allenatori ricoverarono i loro Pokémon nelle rispettive Pokéball, poi si incontrarono al centro del campo, dove si strinsero la mano. E si scambiarono i complimenti. 

Lylia e Lucinda si unirono al gruppo poco prima che Togekiss sferrasse il colpo finale. 

Finita la lotta, entrambi gli allenatori portarono i rispettivi Pokémon al centro medico. Lylia, incoraggiata da Lucinda, aveva seguito il ragazzo per chiedergli della riserva.

- Oh, ciao Orlando.

- Ciao… Lylia. Mi hai colto di sorpresa, sai?

- Scusa…

- Fa nulla. 

- Beh, se lo dici tu… comunque ho saputo che hai battuto mio fratello.. È un allenatore parecchio forte e…

- Si, ho visto. Ma detto tra noi me lo aspettavo. 

- Beh…

La ragazza era ancora un po’ titubante.

- Dimmi tutto.

- Ho sentito che la tua famiglia gestisce una sorta di riserva per Pokémon e che permettete agli allenatori di adottarli e mi chiedevo se…

- Si, capisco. Solo che non capisco perché sembrava quasi temessi a chiedermelo. Se vuoi possiamo andare anche domani. Hardana confina con Kalos, potremo anche andare e tornare in giornata.

- Va bene. Allora a domani. 

Il giorno seguente, la mattina presto, raggiunsero l’aeroporto della città. Orlando aveva comprato i biglietti di prima classe, ottenendo un forte sconto, dal momento che la compagnia era uno degli sponsor della scuderia.

Lylia era un po’ preoccupata. Aveva chiesto a sua madre se potesse andare da sola, ma la donna aveva comunque insistito per accompagnarla almeno sino all’aeroporto.

Nonostante la promessa riguardo il fatto che la donna fosse lì solo per riprendere la macchina, non si sarebbe fidata fino a quando l’aereo non fosse decollato.

Il ragazzo scese dall’auto e aprì la porta lato passeggero per farle scendere. Data la brevità del viaggio, si era portato solo un piccolo zaino come bagaglio a mano ed era riuscito a convincere la ragazza a fare lo stesso.

Presi i due zaini dal cofano, diede le chiavi della sua auto alla donna.

- Mi raccomando, trattala bene.

- E tu tratta bene mia figlia, mi raccomando!

- Mamma, guarda che io e Bianchino ce la caviamo benissimo anche senza l’aiuto di nessuno. Solo che dato che la riserva è della sua famiglia, sarebbe scortese andare senza di lui.

- Va bene, come vuoi. A più tardi. 

 I due si diressero alla zona imbarchi. Avevano la possibilità di imbarcarsi tra i primi, una volta superati i controlli di sicurezza. L’aereo era un modello molto compatto,  studiato appositamente per tratte brevi, ma presentava comunque tutte le comodità di uno a lungo raggio, perlomeno per le quattro persone che potevano stare in prima classe.

In quel particolare modello di aereo i sedili della prima classe erano uno di fronte all’altro e tra i due era possibile estrarre un tavolino.

Dopo un po’ di tempo, le procedure d’imbarco vennero terminate e l’aereo iniziò a muoversi. Raggiunse la pista e dopo una corsa regolare, spiccò il volo.

A circa metà del volo un’assistente di volo offrì loro la colazione. Una colazione dolce. Entrambi decisero per un cappuccino, mentre come dolce, la ragazza scelse una pesca e il ragazzo un cornetto alla crema.

La donna posò il tutto sul tavolino posto tra i due sedili. 

La ragazza fece una strana faccia, vedendo quanto diavolo fosse enorme quella pesca. 

Era abituata a dei dolci decisamente più piccoli.

- Beh, che c’è?

 Questa compagnia aerea è famosa per l’ottima cucina, nonostante l’alta quota alterasse non poco i sapori, la cucina era comunque di altissimo livello.

Prima ancora che la ragazza potesse dare un morso a quel dolce, qualcuno glielo strappò dalle mani e iniziò a mangiarlo a piccoli bocconi.

- Ah, sei tu!

Commentò il ragazzo.

- Pensavo fosse un fantasma.

Poco dopo, chiamò un’assistente di volo.

- Mi scusi, potrebbe portare un’altra pesca alla mia amica?

- Non importa.

Disse la ragazza sottovoce. Senza farsi sentire.

- Ma se gliene ho portata una poco fa!

Rispose la donna.

- Ok, e allora? 

La donna si girò di scatto.

- Ah, è lei! Mi scusi, provvedo subito.

La donna servì alla ragazza una seconda pesca, ancora più grande di quella di prima.

- Te lo ripeto. Non dovevi.

Questa volta si assicurò che il suo interlocutore la sentisse.

- Sai, questa compagnia aerea, paga fior fior di milioni per mettere un adesivo con il loro logo sulle nostre auto. Credimi, chiedere un dolce in più è il minimo.

La ragazza, conscia di non riuscire a mangiare tutto quel dolce, ne diede un bel pezzo al suo Bianchino, che sembrò apprezzare. 

Il volo fu tranquillissimo, senza nemmeno la minima turbolenza e raggiunsero l’aeroporto di destinazione con un atterraggio assolutamente perfetto.

Appena l’aereo si fermò e i portelli vennero aperti, i due uscirono dal mezzo. Non avevano bagagli in stiva, per cui avrebbero fatto in fretta. Così fu.

Raggiunsero l’autonoleggio dell’aeroporto, dove il ragazzo prese un’auto per quel giorno. Una modesta utilitaria a cinque porte di un noiosissimo grigio, ma, in quel momento, non vi erano alternative. 

Dopo aver completato le procedure, pagò in anticipo il dovuto e l'addetto li consegnò le chiavi, quindi accompagnò i due al parcheggio.

L’auto era chiusa, quindi Orlando premette il pulsante sulla chiave che comandava l’apertura a distanza delle porte. 

Si avvicinò all’auto e aprì la porta alla ragazza. Venendo investito da una nuvola di profumante che lo fece tossire.

- Certo che ci sono andati pesante con il profumo. 

I due dovettero fare il viaggio di andata verso la riserva, dovettero tenere tutti i finestrini abbassati e l’aria condizionata accesa al massimo della potenza. 

Probabilmente tenendo i finestrini alzati ci sarebbe stato troppo freddo persino 

per Bianchino. 

In ogni caso i due raggiunsero la riserva in circa tre quarti d’ora di viaggio. 

Appena arrivati, il ragazzo parcheggiò l’auto e, come da tradizione, aprì la portiera alla sua passeggera. Che si lasciò scappare un sorriso. 

Appena scesi era immediatamente udibile il rumore della ventola di raffreddamento del radiatore. Il ragazzo aveva spremuto quell’utilitaria come un limone per farle percorrere la ripida salita che conduceva al rifugio. 

E non l’aveva risparmiata neppure nei tratti di strada precedenti.

Ad ogni modo, la prima cosa che si palesò ai loro occhi, appena arrivati, fu un enorme complesso di edifici nel bel mezzo della campagna e una superficie recintata apparentemente sconfinata tutto intorno. Non quello che la ragazza si aspettava, pensava di qualcosa di più simile alla fondazione.

In ogni caso non poté pensarci molto. Appena scesa dall’auto venne immediatamente avvicinata dal personale che lavorava lì. Sembravano persone gentili. 

- Quindi tu dovresti essere la ragazza che è venuta qui per adottare un Pokémon?

- Non vi dispiace se me ne occupo io?

- Fai pure. Dopotutto sei tu il capo.

Rispose uno degli addetti.

- Devi scusarmi, sono un tantino invadenti. 

- Non fa nulla, figurati. È più per Bianchino. Non si sente proprio a suo agio con tante persone.

Per fortuna il piccolo Pokémon volpe era ancora accanto a lei. Un po’ impaurito ma tutto sommato stava bene.

I due entrarono nella struttura vera e propria dalla porta principale. Ai lati due banconi con altrettanti addetti che lavoravano al computer. 

- Scusa se te lo chiedo, ma cosa stanno facendo di preciso?

- Ma figurati. Ti posso fare da guida turistica. Allora loro si occupano degli ingressi e delle uscite. Ogni giorno qui arrivano diversi Pokémon, loro si assicurano che se ne tenga traccia.

- Capisco. Anche alla Fondazione è così.

- Sai, qui accogliamo sia Pokémon che vengono abbandonati dagli allenatori, che spesso li lasciano in anonimo, 

altri di allenatori che li lasciano perché non sono più in grado di occuparsene per vari motivi… e ci sono anche dei casi in cui accogliamo Pokémon i cui allenatori sono deceduti e nessuno se ne può occupare.

Infine abbiamo un’intera area dedicata ai Pokémon appena schiusi e alle uova che ancora devono schiudersi. 

A volte gli allenatori lasciano i loro Pokémon nelle pensioni, questi fanno delle uova, ma loro non hanno tempo o voglia di occuparsene. E noi, in accordo con le pensioni, ce ne prendiamo cura.

- Mi sembra una cosa molto bella.

- Credimi, non è facile ma pensare alla fine che farebbero altrimenti basta per tenere tutto in piedi.

I due si erano nel frattempo diretti verso l’area esterna, dove durante il giorno, i vari Pokémon passavano la maggior parte del loro tempo. Alcuni addetti si stavano occupando di servire da mangiare, altri della manutenzione, altri ancora stavano giocando con i vari Pokémon.

Mentre i due stavano camminando in uno dei sentieri che permettevano di raggiungere le varie aree. 

A un certo punto, da un cancelletto della recinzione, lasciato aperto da qualcuno, fece capolino un Riolu. 

Questi corse verso la ragazza, rischiando di farla sbilanciare.

- Deve aver percepito la tua aura. 

Spiegò il ragazzo.

- E sembra che le piaccia. Sai, è sempre stato un tipo particolare. Ma sembra che tu le piaccia. 

I due gettarono lo sguardo sul Pokémon baby. Sembrava volesse sfidare il Vulpix della ragazza in una lotta. Prima di scegliere se unirsi o meno alla sua squadra.

- Sembra voglia lottare. Avete delle aree attrezzate? Non vorrei causare problemi.

- Certo, seguimi.

Il gruppo raggiunse un’area attrezzata appositamente per situazioni del genere. Un classico campo lotta in terra battuta. Attrezzato anche per incontri ufficiali.

Da un lato del campo Riolu, dall’altro Bianchino.

Riolu iniziò con un attacco rapido. Corse a gran velocità contro il Vulpix della ragazza pronto a colpirlo. 

- Bianchino! Schiva! Poi usa azione!

Il piccolo Pokémon volpe seguì i comandi della sua allenatrice. Saltò all’ultimo momento, lasciando Riolu di sasso. Riuscì anche a colpirlo, facendolo arretrare.

Ora Riolu stava tentando di attaccare con Vuotonda, generando una sorta di vento di colore bluastro, pronto a lanciarlo contro il Vulpix.

- Bianchino! Schiva e poi usa Ventogelato!

Altro salto e ora il Pokémon colpe, sospeso in aria, generava una grossa quantità di aria ghiacciata. 

Ora Riolu stava cercando di usare Ferrartigli, ma sotto quella tempesta di aria gelata era veramente difficile. 

Quando la tempesta di gelo terminò, il piccolo Pokémon di tipo lotta percorse rapidamente la distanza che lo separava dall’avversario. Con dei lunghi artigli che gli spuntavano dalle mani.

- Bianchino! Vai! Colpiscilo con Azione!

I due Pokémon si scontrarono, arretrando entrambi. Portavano tutti e due i segni della lotta. Nonostante ne portasse di più, rispetto all’avversario, Riolu, si avvicinò al Vulpix della ragazza, per sincerarsi delle sue condizioni.

- Direi che è il momento. Hai delle Pokéball con te?

La ragazza guardò nella sua borsetta. Ne aveva due, oltre a quella di Bianchino. 

Invece di confermare, la ragazza lanciò una Pokéball al Riolu. Dopo alcune rotazioni, la Pokéball si chiuse, confermando la cattura. 

La ragazza raccolse la Pokéball da terra e fece immediatamente uscire il Riolu che aveva appena catturato.

La ragazza guardò i suoi due Pokémon, e si accorse dei segni della lotta.

- Forse sarebbe meglio portarli al centro medico, mi potresti accompagnare?

- Certo, ci mancherebbe altro.

I due presero una strada diversa rispetto a quella che avevano preso fino a quel momento. 

A circa metà strada, Lylia si accorse di come Bianchino non la stesse più seguendo. Temeva che si fosse perso o qualcosa del genere. Fece cenno al ragazzo di fermarsi, senza spiegare il motivo. 

Tornò indietro, insieme al suo Riolu, a cercare il suo Bianchino. 

La sua ricerca non durò a lungo, trovò il suo Bianchino mentre giocava con uno degli Eevee della riserva. Lei un Eevee così non lo aveva mai visto. Sapeva che gli Eevee normalmente hanno il pelo di colore marrone chiaro, con una sorta di collare bianco. Questo esemplare, invece aveva una sorta di macchia sulla gamba posteriore di colore grigio cenere.

- Forza, Bianchino, vieni, mi hai fatto preoccupare!

La ragazza esortò il suo Pokémon a seguirla, incontrando l’inaspettata resistenza di quell’Eevee, che aveva incominciato a fare amicizia con Bianchino. 

- E va bene, allora se non vuoi lasciarlo, vieni con me. 

Il Pokémon evoluzione sembrò felice della proposta. E seguì la ragazza senza storie.

- Oh, eccoti. Sai, mi hai fatto un po’ preoccupare, ma vedo che va tutto bene. Hai anche fatto amicizia con quell’Eevee. Se vuoi catturalo pure. 

- Ok… solo una domanda, se posso.

- Puoi chiedere tutto quello che vuoi.

- Immagino tu lo sappia. Eevee è un Pokémon particolare, si può evolvere in numerosi modi, ha già scelto in cosa evolversi oppure no?

- Si. In Vaporeon. Solo che, nel momento in cui doveva scegliere in cosa evolversi o direttamente evolversi, aveva puntato alla pietra idrica. Ma un altro esemplare aveva puntato la stessa pietra e… 

- Penso di aver capito. Si sono azzuffati e lui ha perso.

- Esattamente. Ho con me una pietra idrica, nel caso in cui volesse ancora evolversi. Ma forse prima è meglio che lo catturi, così sarai te a dargli la pietra.

La ragazza lanciò la ball ad Eevee, che si fece catturare senza problemi. Quindi lo fece uscire dalla ball e gli porse la pietra evolutiva, datale dal ragazzo.

Eevee la toccò con la zampa anteriore e il suo corpo si illuminò di una luce bianca, mentre cambiava forma, evolvendosi, per l'appunto, in un Vaporeon.

La macchia, un tempo grigio chiaro, ora era diventata viola, ed era cresciuta in dimensioni. La coda, ora molto più lunga, era diventata simile a quella di una sirena e il collare, un tempo in pelo, si era trasformato in una sorta di membrana sottile. Dalla testa alla coda una sorta di criniera, simile alla membrana attorno al collo, ma di colore scuro, blu.

Ora i due si erano diretti al centro medico, dove l’infermiera si prese cura tanto di Bianchino quanto di Riolu. Un’operazione che, fortunatamente non richiese molto tempo.

Il loro imbarco era previsto per le cinque di pomeriggio, per cui avevano ancora un bel po’ di tempo. Avrebbero pranzato lì, poi, subito dopo aver mangiato, la ragazza lo costrinse ad una sessione di shopping. 

Arrivò il momento di raggiungere l’aeroporto, di restituire l’auto noleggiata all’autonoleggio e di salire a bordo. Sempre in prima classe. L’aereo era lo stesso modello del precedente volo, ma era un diverso esemplare.

Questo non pregiudicò la qualità del viaggio che, come il precedente, fu tranquillo e privo di turbolenze.

Anche l'atterraggio fu perfetto. Dopo le consuete procedure di sbarco, i due si riunirono con la madre della ragazza. Curiosa di sapere se la figlia avesse fatto amicizia con dei nuovi Pokémon.

Mentre la ragazza fece uscire dalle Pokéball tanto Riolu quanto Vaporeon, la donna consegnò al ragazzo le chiavi dell’auto. Non fece caso alla macchia del Vaporeon. La sua attenzione venne catturata dal Riolu della stessa. 

In ogni caso, dopo una mezzoretta, i tre tornarono alla base, riunendosi con il gruppo. Con grande dispiacere di Ash, la lotta contro Orlando venne rimandata al giorno seguente. In quel momento l’attenzione era catalizzata interamente sulla nuova squadra di Lylia. 

Poco prima del loro arrivo, Max aveva proposto un appuntamento a Taelia. Non che alla ragazza interessasse troppo, ma aveva comunque accettato, dopo tutto quello che era capitato, non poteva rifiutare un po’ di normalità.

Naturalmente non gli avrebbe raccontato la verità sulla sua storia. Sia perché aveva promesso di non farlo sia perché aveva avuto modo di notare che quel ragazzo fosse un tipo piuttosto razionale, per cui avrebbe ritenuto la storia utilizzata al processo ben più credibile. 

Samuela, invece era tornata alla villa. Avevano iniziato i lavori di ristrutturazione della villa e voleva assicurarsi che procedessero al meglio.

L’apertura delle Pokéball della ragazza interruppe la chiacchierata tra Lucinda e Serena. 

Si stavano raccontando le rispettive esperienze nell’insegnamento sulle tecniche delle gare.

- Sapessi quel che è capitato a me! Menomale che era una sola lezione

Raccontò la nativa di Kalos. 

- Cos’ è successo?

- Era convintissimo dei suoi mezzi e della grazia e leggiadria della sua squadra. Anche se in realtà parevano degli scaricatori di porto. Senza offesa per chi lavora nel settore, ovviamente.

Cercò di non ridere. Ma, come gli altri, fallì miseramente.

- Spero che a te sia andata meglio.

Aggiunse poco dopo.

- Si, per fortuna. Anzi. mi ha convinto a continuare ad insegnarle i trucchi del mestiere. Lylia è una ragazza così carina e gentile gentile... E poi ha davvero tanta voglia di imparare…

La bionda era davvero felice dei complimenti, anche se si sentiva in leggero imbarazzo.

Sperava che almeno le due ragazze notassero le nuove aggiunte della sua squadra, almeno per tirarla fuori da quella situazione. Per fortuna ciò accadde presto. 

- Fantastico! 

Commentò Serena.

- Hai un Vaporeon! Forza! Sylveon! Vieni fuori, qui qualcuno vorrebbe fare amicizia con te!

La ragazza fece uscire la sua Sylveon, seguita a ruota dal Glaceon di Vera, dalla Jolteon di Orlando e dal sentitosi-chiamato-in-causa Umbreon di Iridio. 

- Vedo che siete tutti dei fan di Eevee e delle sue evoluzioni! Fantastico!

Commentò una ragazza, da abbastanza lontano.

Nessuno la conosceva, ma in effetti aveva ragione. In quel momento erano presenti cinque delle otto possibili evoluzioni di Eevee.

La ragazza si avvicinò al gruppo.

- Scusate se vi ho interrotto. Mi chiamo Alba e sono una grande appassionata di Eevee e delle sue evoluzioni.

Tutti si presentarono a quella ragazza.

La ragazza si tolse lo zaino a forma di Eevee dalle spalle e vi prese due Pokéball. 

- Flareon! Leafeon! Espeon! Venite fuori!

Mentre le altre due Eevelutions uscirono dalle rispettive Pokéball, finalmente Serena si accorse della peculiarità di quel Vaporeon.

- Posso sapere come mai ha quella macchia viola?

- Sinceramente non so cosa dirti. Quando era un Eevee aveva una macchia simile, ma era grigio cenere. 

- Quella macchia è dello stesso colore di un esemplare cromatico. E lo era anche quando era un Eevee. È una cosa molto particolare, ma è dovuta alla natura stessa di Eevee. Immagino lo sappiate, che Eevee ha un corredo genetico molto instabile. Questo porta a delle particolarità come questa. Non ne pregiudica la salute o altro, ma lo rende unico.

- Si, ma potresti usare dei termini un pochino più comprensibili? Non ci ho capito nulla.

Rispose Ash.

- Pensa alla Eevee di Chloe. Che, pur tentando in ogni modo, risultava impossibile da evolvere. 

Gli rispose Lucinda. 

- In questo caso, invece, il cambiamento riguarda il colore della sua pelle.

- Credo di aver capito. 

Mentre parlavano, il Glaceon di Vera e il Vaporeon di Lylia avevano incominciato a litigare pesantemente. Apparentemente senza motivo. La questione tra i due era stata risolta “pacificamente” dalla Jolteon di Orlando, che aveva fulminato entrambi, con grande disappunto di entrambe le allenatrici. 

Ash aveva scoperto che quella ragazza aveva vinto all’asta la lotta totale contro Orlando, così, un po’ per cavalleria, un po’ per strategia, decise di cederle il posto.

Più cavalleria che strategia, data la sua natura di improvvisatore seriale.

Per quella lotta, non volta nei campi dell’autodromo, dal momento che lo stesso era stato affittato fino al venerdì da alcune scuderie del campionato di endurance per dei test. 

Per questo motivo ripiegarono sul campo lotta di uno dei Centro Pokémon della città.

A quella lotta avrebbero assistito anche Taelia e Max, ma non Zoey, tornata a Sinnoh il giorno dopo l’asta giusto in tempo per farsi fare tuta, casco e sedile. Sarebbe tornata a Kalos solo sabato sera per riscattare quei giri sulla triposto.

La ragazza impostò l’arbitro elettronico. Lotta sei contro sei con sostituzioni ammesse. E ci mancherebbe altro che lo fossero!

I due si schierarono ai lati opposti del campo. In attesa che l’arbitro desse il via. Cosa che accadde quasi all’istante.

La ragazza schierò un Glaceon. L’evoluzione di Eevee di tipo ghiaccio.

Per tutta risposta, Orlando mandò in campo Lucario.

- Un tipo acciaio eh!

Commentò la ragazza. 

- Abbastanza prevedibile. 

Aggiunse poco dopo.

- Glaceon, usa fossa!

Il Pokémon Nevefresca scavò una buca e si infilò sottoterra. La sua allenatrice pensava di aver fatto il colpaccio. Rimase di sasso quando si accorse che l’avversario non si fosse mosso di un millimetro.

- Lucario, usa il potere dell’aura e cerca Glaceon sottoterra. Appena scopri dov’è attacca con Forzasfera!

La ragazza aveva capito il piano del suo rivale. Non poteva dare il contrordine. Sottoterra non l’avrebbe mai sentita. Non poteva fare altro che aspettare e sperare che il Pokémon avversario si sbagliasse.

Glaceon spuntò dal terreno, proprio davanti a Lucario. 

Questi stava già caricando un forzasfera. Si inarcò leggermente indietro e colpì l’avversario che si era librato a mezz’aria, proprio in pieno stomaco, facendolo volare in aria e atterrare dal suo lato del campo.

Un duro colpo, ma non sufficiente a fargli alzare bandiera bianca.

- Glaceon, riproviamo! Attacco rapido!

L’allenatore di Lucario sorrise, come se se lo aspettasse, lasciò correre l’avversario.

- Bene, schiva, poi usa meteorpugno!

Il Pokémon aura colpì l’avversario in piene costole, lanciandolo dal lato lungo del campo. Solo l’attrito con la terra lo fermò prima di sconfinare nell’altro campo.

- Su, Glaceon, riposati un po’. Lucario è troppo forte. Dobbiamo cambiare tattica. 

Bene. Vaporeon! Tocca  a te! Pioggiadanza!

Il Pokémon bollajet cominciò a muoversi, e dallo splendido sole si passò a un cielo coperto da nuvoloni grigi.

 Poco dopo iniziò a piovere.

- Molto furba.

Commentò Max dagli spalti. 

- Vaporeon è un Pokémon di tipo acqua, quindi la pioggia è il suo elemento naturale. 

- Immagino che questo non te lo aspettassi.

Il tono della ragazza era piuttosto saccente.

- Lucario, Box Box! Greninja! È il tuo turno!

La Greninja shiny del ragazzo uscì dalla sua Pokéball.

- Ma che fa? Un Pokémon di tipo acqua contro uno di tipo acqua non è una buona scelta.

- La vuoi smettere di commentare ogni cosa che fa?

Lo riprese Iridio, visibilmente irritato.

I due avversari ai lati opposti del campo di lotta si erano muniti di ombrelli. Contrariamente agli spettatori, non erano riparati da alcuna pensilina.

- Vaporeon! Geloraggio!

- Anche tu!

Gli attacchi di ghiaccio si scontrarono al centro del campo. Sembrava che nessuno dei due prevalesse sull’altro. Al centro del campo, il continuo agire dei loro attacchi aveva creato una spessa parete di ghiaccio. 

Questo venne notato da entrambi nello stesso momento.

Il Vaporeon della ragazza era passato al contrattacco, utilizzando un’idrovampata. Il getto di acqua bollente uscito dalla bocca del Pokémon sciolse in breve tempo il blocco di ghiaccio.

- Greninja! Respingilo con acqualame!

Il Pokémon ninja eseguì il comando, lanciando contro della coltre d'acqua una enorme lama che divise in due il flusso. E che fece arretrare il nemico di alcuni metri. 

Un importante indizio. Quel Vaporeon non aveva l’ abilità assorbacqua ma  bensì idratazione. Questo spiegava il perché di quella pioggiadanza a inizio lotta.

Ad ogni modo, il ragazzo non ebbe troppo tempo per elaborare quell’informazione, il Vaporeon della ragazza aveva iniziato ad utilizzare l’attacco Palla Ombra.

Una sfera di energia oscura si stava creando davanti alla bocca del Pokémon bollajet.

- Benissimo, Greninja! Usa Neropulsar!

Il Pokémon ninja seguì il comando del suo allenatore. Dai suoi arti superiori si generarono una serie di anelli oscuri che colpirono e neutralizzarono l'attacco avversario, prima di colpire anche l'utilizzatore.

Ma questo bastò appena a farlo vacillare. 

- Di nuovo Vaporeon! Geloraggio!

Il Pokémon bollajet generò dalla bocca un lungo flusso gelido, che ora si stava scontrando con il Neropulsar della Greninja. Nessuno sembrava prevalere sull’altro. A un certo punto i due attacchi si unirono in uno solo, diretto verso il cielo. Entrambi i Pokémon, mentre attaccavano, si stavano avvicinando al centro del campo, come a cercare il contatto fisico.

Orlando diede uno sguardo distratto al cielo. La copertura nuvolosa stava scomparendo e stava lasciando spazio al sole. Decise di tenere ancora l’ombrello aperto, per non svelare l’arcano alla sua avversaria. 

- Greninja, Box Box! Tocca a te Jolteon! Usa Fulmine!

Il cambio fu talmente repentino da non permettere all’avversaria di reagire. 

Non prima che il suo Pokémon subisse un potente attacco elettrico che lo fece barcollare e cadere da un lato. 

- No. Non mollare! Usa idrovampata!

Il Pokémon fece di tutto per non sfigurare. Nonostante l’importante danno subito dell’attacco elettrico, si rialzò di nuovo e attaccò.

- Jolteon, schiva e usa Palla Ombra!

Il Pokémon eseguì, spiccando un gran balzo e colpendo l’avversario con una sfera di energia oscura.

- Vaporeon non può più continuare! 

Annunciò l’arbitro elettronico. 

La ragazza si affrettò a sostituirlo. 

- Ha usato un tipo elettro, un tipo acqua buio, un tipo acciaio lotta… beh, forse con te scoprirò altre sue carte. Leafeon! Tocca a te!

Il terzo Pokémon della ragazza era un esemplare di Leafeon. Appariva estremamente determinato a riscattare il compagno, appena sconfitto. 

- Jolteon, Box Box! Arcanine, tocca a te!

- Ma è possibile che questo qui abbia soluzioni per ogni mio Pokémon?

Commentò a bassa voce. 

- Anche se ora mandassi Flareon, lui manderebbe la sua Greninja… per non parlare di Sylveon.. Non so quanto potrebbe resistere contro quel potentissimo Lucario…

Leafeon si voltò verso la sua allenatrice. Cosa stava aspettando a darle ordini?

Quell’Arcanine si stava facendo tremendamente minaccioso con il suo Fuococarica.

- Forza, Schiva! Poi usa Aeroassalto!

Il Leafeon si scostò appena in tempo, quindi spiccò un balzo per poi ricadere addosso all’avversario.

- Bene Arcanine! Sgranocchio!

Il Pokémon Leggenda, nonostante il colpo subito, non arretrò e morse l’avversario coi suoi denti affilati.

 Leafeon emise un grido di dolore sentendo i denti dell'avversario infilarsi nella carne.

- Liberati! Leafeon! Fendifoglia!

L’allenatrice era ben consapevole del fatto che quell’attacco non avrebbe arrecato chissà quali danni, ma, almeno gli avrebbe fatto mollare la presa. 

E la sua previsione fu azzeccata, la coda del Pokémon Rigoglioso si trasformo in una sorta di lama che colpì il muso dell’avversario, costringendolo a mollare la presa.

- Molto bene, Leafeon! Usa ancora Aeroassalto!

- Arcanine Fuococarica!

I due Pokémon si scontrarono a mezz’aria. Il Pokémon, leggenda, prevalse sull’avversario, riuscendo a sovrastarlo e a farlo cadere a terra, ma ancora non bastava.

Nonostante l’enorme nuvolo di terra sollevata, Leafeon, sia pur ferito, era ancora in grado di continuare. 

Non sembrava volersi dare per vinto, nonostante tutto.

- Leafeon! Ritorna! Ora tocca a te Sylveon! 

Le intenzioni della ragazza erano quelle di stancare il Lucario del ragazzo, in modo da non doverlo affrontare in seguito. Ma, come se quest’ultimo la leggesse nel pensiero, decise di non cambiare Pokémon.

O almeno non subito. 

Il ragazzo aveva ordinato al suo Pokémon uno sprizzalampo che, in men che non si dica, aveva colpito l’avversario. Facendogli fare un bel volo.

Al suo atterraggio, l’allenatrice, in preda alla disperazione, estrasse uno strano dispositivo a forma di Pokéball dalla sua borsa.

Questo dispositivo reagì con Sylveon. Sulla testa del Pokémon comparve un buffo luccicante copricapo a forma di cuore alato.

- Sylveon! Terascoppio!

- Arcanine! Di nuovo Fuococarica!

L’Arcanine del ragazzo corse contro l’avversario ad una grande velocità. A causa dell’impatto, Sylveon volò in aria, ma riuscì comunque a colpire l’avversario. 

- Arcanine non è più in grado di continuare.

Annunciò l’arbitro elettronico, costringendo Orlando alla sostituzione.

- Arcanine, ritorna, sei stato fantastico! Ora tocca a te! Metagross!

Il gigantesco Metagross shiny del ragazzo uscì dalla sua Pokéball. 

Appena entrato in campo, il ragazzo fece immediatamente reagire la sua pietrachiave con la Megapietra del suo Pokémon. 

Il corpo del Pokémon mutò. I quattro arti si spostano di fronte e gli artigli metallici sulla punta si ispessirono e allungarono, dietro invece spuntarono altri quattro arti piú piccoli. La croce metallica sulla fronte divenne blu e crebbe notevolmente in dimensioni, aumentando i poteri psichici del Pokémon. Alla base del corpo spuntò un corno dorato.

L’allenatrice, comprendendo di trovarsi contro un Pokémon del genere, non poté far altro che passare sulla difensiva.

 - Sylveon, Riflesso! 

Il Pokémon legame generò attorno a sé  una sorta di schermo azzurrino. Per potersi proteggere al meglio dagli attacchi fisici.

- Sinceramente me lo aspettavo! Metagross! Buttati a capofitto! 

Il Pokémon eseguì l'ordine dal suo allenatore, lanciandosi a peso morto contro l’avversario. Questo fu sufficiente a distruggere la protezione avversaria.

- Bene Sylveon appenditi con i tuoi nestri!

Il ragazzo lasciò che lo facesse. 

Serena e Vera, guardando quello che stava accadendo in quel momento, non poterono non pensare alle rispettive lotte che avevano avuto contro quel ragazzo, in particolare la lotta in doppio prima che tutta quella storia cominciasse e il Gran Festival di Hardana.

Entrambe avevano deciso di non intromettersi direttamente nella lotta, ma se l’allenatrice di quel Sylveon le avesse anche solo rivolto lo sguardo verso di loro, si sarebbe resa immediatamente conto del suo grave errore.

- Molto bene, Metagross! Sollevati in aria e poi usa Meteorpugno!

Con l’arto anteriore destro, non circondato dai nastri dell'avversario, il Pokémon sferrò un potente pugno. Questo fece volare il Pokémon legame e lo fece sbattere in maniera estremamente violenta sul terreno. Sollevando una gigantesca nuvola di polvere. 

Il Pokémon cercò inutilmente di rialzarsi. Le ferite erano troppo gravi.

- Sylveon non è più in grado di lottare. 

La ragazza si affrettò a ricoverarlo nella Pokéball. Era già il secondo Pokémon che era stato sconfitto e altri due non erano esattamente nelle migliori condizioni. 

- Bene, Flareon! Tocca a te!

Appena la ragazza schierò il suo Pokémon di tipo fuoco, il ragazzo si affrettò a sostituire MegaMetagross con la sua Greninja. 

- Flaron! Usa Facciata!

- Geninja! Presto! Doppioteam!

Il Pokémon fiamma si diresse a grande velocità contro quello che credeva fosse la vera Greninja, e, come la sua allenatrice, ci rimase estremamente male nello scoprire che si trattava di un semplice clone.

E oltre alla beffa, il danno. Venne colpito dietro la testa da un potente acqualame che fece sbattere il muso contro il terreno, facendogli emettere un guaito di dolore.

Flareon riuscì comunque ad alzarsi in piedi. 

Benissimo! Usa facciata! Ora sai quale non è il clone!

- Difenditi usando Neropulsar!

Da ben prima che il Flareon raggiungesse l’avversaria, questa aveva creato attorno a sé una protezione composta da anelli di energia oscura. Una barriera che causò non pochi danni al Flareon avversario. 

- Flareon! Morso!

Ora che la protezione composta dal neropulsar era scomparsa, l’avversaria pensò che un attacco del genere fosse una buona idea. Flareon non era troppo lontano della sua avversaria, che, a logica, non aveva molto tempo per reagire.

- Acqualme! Dritto in bocca!

Una croce d’acqua entrò chirurgicamente nella bocca del Pokémon fiamma, spalancata prima di mordere l’avversaria. Questo lo fece volare indietro e lo fece scivolare parecchio contro il terreno. 

Riuscì di nuovo a rialzarsi. Con un enorme forza di volontà.

- Forza sono sicura che puoi riuscirci ancora! Facciata!

Il  Flareon della ragazza corse a gran velocità contro la Greninja dell’avversario. 

A causa delle ferite la sua andatura era lievemente claudicante.

- Benissimo, Greninja! Acqualame! 

Il Pokémon ninja colpì, per l’ennesima volta l’avversario con una lama d’acqua. 

Il Flareon, colpito nuovamente sul muso terminò bruscamente la sua corsa.

- Flareon non può più lottare. 

Decretò l'arbitro elettronico. 

- Su, ritorna, hai  fatto del tuo meglio. 

L’allenatrice fece una breve pausa di riflessione. Metà della sua squadra non poteva più lottare. Altri due erano messi abbastanza male e il solo Pokémon che non aveva ancora combattuto non era una minaccia per quella Greninja.

- Leafeon! Tocca a te!

Il Leafeon della ragazza uscì dalla Pokéball. Ancora provato dalla lotta contro Arcanine. Con tutta probabilità sarebbe bastato un solo Geloraggio per metterlo al tappeto, ma Orlando preferì non rischiare.

- Greninja! Box Box! Togekiss! È il tuo turno!

La Togekiss del ragazzo uscì dalla sua Pokéball.

Per un istante rimase impietosita dalle condizioni dell’avversario, ma pochi istanti dopo, il suo spirito combattivo prese il sopravvento.

- Leafeon! Aeroassalto!

Il Leafeon della ragazza spiccò un enorme balzo, sfruttando la forza delle zampe posteriori.

- Togekiss, vola più in alto che puoi!

Il Pokémon festa iniziò una salita praticamente verticale, sorprendendo il Leafeon avversario, che non fu in grado di raggiungerla, nonostante la grande propulsione datasi con gli arti posteriori.

- Eterelama, Ora!

Delle lame fatte d’aria colpirono l’avversario, accelerando la sua caduta. Nonostante il grande tonto, Leafeon, non venne sconfitto. Ma sembrava non fosse in grado di muoversi.

- Leggiadro.

Commenta, Lucinda dalla panchina, sottovoce.

- Hai detto qualcosa?

Le chiese Lyila.

- Nulla di che. Solo che quella Togekiss ha l’abilità Leggiadro. Quindi è abbastanza normale che l’avversario tentenni dopo un Eterelama.

Orlando, approfittando dell’immobilità dell’avversario, aveva ordinato un secondo Eterelama. Che, come il precedente, colpì in pieno l’avversario. Decretandone la sconfitta.

- Leafeon non può più continuare.

Decretò l’arbitro elettronico. 

Questo voleva dire solo una cosa. All’allenatrice restavano unicamente due Pokémon. Glaceon e il suo sesto membro. Con il primo non di sicuro in forma.

- Glaceon! È ora!

Il Glaceon della ragazza mostrava ancora le ferite subite dalla lotta contro Lucario. Non  sembrava potesse lottare a lungo, ma, in ogni caso non era da sottovalutare.

- Togekiss! Box Box! Tocca a te! Metagross!

L’allenatrice, ben comprendendo il cambio del suo avversario, optò per un cambio strategico a sua volta. Metagross non poteva contare sulle abilità dell’aura, contrariamente a Lucario. 

Per questo motivo ordinò al suo Glaceon di utilizzare fossa.

Il Pokémon Nevefresca scavò una buca nel terreno. E inizialmente sembrava che la strategia pagasse. Sembrava che il suo avversario non avesse modo di rispondere efficacemente al suo attacco.

- Metagross! Martelpugno! Sul terreno!

La Megaevoluzione del Pokémon ferrato eseguì l’ordine del suo allenatore, colpendo con due violenti pugni il campo di lotta. Questo creò una grossa spaccatura sullo stesso, che lasciò l’avversario allo scoperto.

Parzialmente bloccato dalla terra.

- Glaceon! Geloraggio!

Il Pokémon eseguì il comando della sua allenatrice, indirizzando contro l’avversario un fascio di energia gelida di colore bianco, tendente all’azzurro.

- Su, schiva e poi usa Cozzata Zen!

Il Pokémon obbedì al suo allenatore, spostandosi a destra. Approfittando della sua immobilità, lo colpì sul lato destro, si, liberandolo dalla prigionia, ma contemporaneamente sconfiggendolo.

- Glaceon non può più lottare.

Decretò l’arbitro elettronico. 

La ragazza si trovava in estrema difficoltà. Cinque dei suoi Pokémon non potevano più lottare. E cinque erano quelli del suo avversario, che invece avrebbero potuto lottare. E nessuno di loro aveva subito gravi danni.

Arrendersi non era un’opzione. Non a quel punto della lotta. Lo doveva alla sua Espeon. 

- Espeon! Mi affido a te!

- Metagross! Box Box! Greninja! Tocca a te!

La sua avversaria era dubbiosa. Perché sostituire Metagross? Per l’ennesima volta aveva copiato la sua mossa. Ma non poteva pensare a quello. Era in enorme svantaggio. 

Non poteva fare molto se non che affidarsi a lei.

- Espeon! Psichico!

Il Pokémon Sole la guardò perplessa. Per non disobbedire al suo comando attaccò comunque. Pur sapendo che quell’attacco non avrebbe portato a nulla.

E infatti, di fronte a quell’attacco, la Greninja rimase del tutto impassibile. 

- Che stupida!

Si insultò l’allenatrice.

- Usare un attacco di tipo psico contro un tipo buio!

- Espeon! Comete!

Il Pokémon Sole spiccò un salto e generò diverse stelle, che poi scagliò contro l’avversaria. 

- Greninja! Acqualame!

Il Pokémon ninja lanciò in direzione dell’avversaria diverse lame d’acqua che intercettarono e colpirono le stelle.

 Questo creò una serie di piccole esplosioni.

- Espeon! Riproviamo! Palla Ombra!

- Bloccala con Geloraggio! 

La sfera di energia oscura generata dal Pokémon psico non giunse a destinazione, cadendo sul terreno ed esplodendo.

Sino a quando le due non sarebbero entrate in contatto, quella lotta sarebbe potuta durare molto a lungo.

In un modo o nell’altro entrambi lo avevano capito. 

- Espeon! Usa Palla Ombra, ma questa volta avvicinati!

Il Pokémon obbedì, caricando l’attacco prima di raggiungere rapidamente la sua avversaria.

- Greninja! Usa Neropulsar!

Il Pokémon eseguì, caricando l’attacco da prima che la sua avversaria lo raggiungesse. Questa venne colpita e sbalzata dal lato opposto del campo di lotta.

Un colpo duro, ma non sufficiente a sconfiggerla. Per fortuna della sua allenatrice, la Palla Ombra era stata in grado di causare dei danni alla Greninja.

Non abbastanza da sconfiggerla, ma comunque buono, dal suo punto di vista.

- Espeon, riprovaci! Di nuovo Palla Ombra!

Questa volta il Pokémon Sole prese meglio la mira e colpì l’avversaria, facendola sbilanciare e non permettendo al Neropulsar di colpirla.  

Greninja riuscì comunque a rialzarsi e ad attaccare, come ordinatogli dal suo allenatore con un Acqualame che riuscì a colpire Espeon in pieno. 

Non abbastanza per sconfiggerla, ma comunque un danno discreto. 

Espeon corse dell'avversaria, con un altra Palla Ombra, che come la precedente si scontrò con il Neropulsar di Greninja. 

L’esplosione dovuta allo scontro tra i due attacchi generò un’imponente nuvola di polvere, dalla quale i due Pokémon uscirono ancora in grado di continuare. 

Ma fu un istante. Entrambi caddero a terra.

- Greninja e Espeon non sono più in grado di lottare. Considerando che possiede ancora dei Pokémon in grado di continuare, il vincitore della lotta è Orlando.

Decretò l’arbitro elettronico.

I due ricoveravano i Pokémon nelle rispettive Pokéball, facendo i complimenti ai rispettivi Pokémon per le ottime prestazioni in lotta. 

Quindi si incontrarono al centro del campo. Si strinsero la mano.

- Devo dire che la tua squadra è davvero forte, ma ti posso assicurare che la squadra delle Eeveelutions ti sconfiggerà la prossima volta.

- Beh, partite già da una buona base. Ma non pensare che il mio team non faccia altrettanto.

Fatto questo, entrambi si diressero al Centro Pokémon per curare le rispettive squadre.

Nel mentre, degli addetti risistemarono il campo di lotta. Pesantemente compromesso dalla lotta appena avvenuta. La successiva lotta, quella tra la squadra di Orlando e quella di Ash sarebbe avvenuta solo il giorno seguente, mercoledì, ma probabilmente altri avrebbero voluto usufruire di quel campo.

Nell’altro campo, dopo l’arrivo dei due allenatori, Lucinda aveva chiamato Lylia per una seconda lezione sulle gare. In particolare sulla fase di esibizione. 

Per quella di lotta ci sarebbe stato tempo. E magari anche qualcuno di diverso ad insegnare. 

Bianchino era un po’ deluso per non essere stato scelto per primo, in favore invece di Riolu, Vaporeon, cercò di consolarlo, considerando che sarebbe stato il terzo a provare.

- Dunque… che mosse conosce? Così vedremo di valorizzarlo.

Chiese Lucinda.

- Ferrartigli, Attacco Rapido, Focalcolpo e Vuotonda.

Le rispose la ragazza.

- Delle ottime mosse per lottare, non ho dubbi, ma credo che potremo anche valorizzarle per un’esibizione. Forse il solo modo per scoprirlo è un po’ di pratica. Cosa ne pensi di una simulazione di gara?

- Per me va bene. Che ne dici Riolu?

Il Pokémon di tipo lotta accettò.

- Piplup? Che ne pensi, ti va?

Il Pokémon pinguino era entusiasta all’idea.

Le due allenatrici si schierarono ai lati opposti del campo.

- Ricorda, non è fondamentale sconfiggere il tuo avversario. Quello che conta di più è far ben apparire le tue mosse e rendere la vita difficile all’avversario e alle sue combinazioni.

- Certo. Chiarissimo!

- Piplup, Bollaraggio!

Il Pokémon pinguino generò dal becco un enorme numero di bolle, che si avvicinavavno a grande velocità contro il Riolu della ragazza.

- Riolu… Vuotonda! Fai scoppiare quelle bolle!

Il Pokémon emanazione generò con gli arti superiori una sorta di onda d’urto che colpì le bolle e le fece scoppiare in una tempesta di gocce colorate.

- Bravissima! Se fosse stata una vera gara avrei sicuramente perso un po’ di punti. Piplup, ora usa Perforbecco!

Il Pokémon pinguino corse al massimo delle sue possibilità contro l’avversario.

- Riolu, difenditi con Ferrartigli!

Dei lunghi artigli spuntarono dagli arti superiori del Pokémon di tipo lotta, il quale incrociò poi le braccia per proteggersi dall’assalto avversario.

- Bene! Ora liberati!

Il Pokémon eseguì, aprendo nuovamente le braccia e allontanando l’avversario.

- Riolu! Focalcolpo!

Il Pokémon emanazione generò una sfera di energia che poi sferrò contro l’avversario. 

- Piplup! Distruggila con Perforbecco!

Il Pokémon pinguino eseguì senza storie, spiccando un balzo e facendo esplodere la sfera in tanti puntini luminosi.

- Direi che per Riolu può bastare così per il momento. Magari più tardi riprenderemo l’allenamento sull’esibizione vera e propria. Intanto però ti faccio i complimenti. Avete del talento naturale.

- Oh, dici davvero? Grazie!

La ragazza quasi non ci credeva. Non aveva ricevuto i complimenti da una persona qualsiasi, ma da una Supercoordinatrice.

- Non ti dispiace se ti dò il cambio?

Si propose Vera.

- Figurati. 

- Bene. Allora io proverò dopo.

Agginse Serena.

- Per me va bene. Voi che ne dite?

Tanto Bianchino quanto Vaporeon accettarono la proposta. Intanto Riolu si era seduto dove prima si trovava il Vulpix della ragazza, che lo aveva sostituito nel campo di lotta.

- Beautifly vieni fuori!

Il Beautifly della ragazza uscì dalla Pokéball e si mise a svolazzare per il suo lato del campo.

- Intanto, però, io, se permette comincerei io. Beautifly! Venatrgenteo!

Il Pokémon farfalla generò dalle ali una corrente d’aria e polvere luminosa, diretta verso il Vulpix della ragazza. 

- Bianchino! Ventogelato!

Il Pokémon volpe generò dalla bocca una fortissima corrente di aria gelida, che in breve si scontrò contro la corrente d’aria opposta. I due attacchi si scontrarono, creando un effetto di polveri luminose.

Vera ci rimase male. Da quel che sapeva, Vulpix era un Pokémon di fuoco. Da quando poteva usare attacchi di tipo ghiaccio? 

- Non lo sapevi?

La riprese il fratello minore.

- I Vulpix di Alola sono di tipo ghiaccio. E , con la pietragelo, si evolvono in Ninetales di Alola di tipo ghiaccio e folletto. Dov’eri quando Ash e Pikachu hanno sconfitto quel Ninetales?

La ragazza, visibilmente imbarazzata, cercò una risposta.

- Ero un po’ distratta. E poi credevo che lo avesse chiamato Bianchino perché si trattava di un Vulpix albino.

- Beh, non che se fosse stato di tipo fuoco, allora Beautifly sarebbe stata una buona scelta eh!

Il fratello continuò a riprenderla.

- Senti… stiamo simulando una gara. Anche se fosse, non posso cambiare.

- Come vuoi.

- Bene, Beautifly, usa Aeroassalto!

Il Pokémon farfalla obbedì alla sua allenatrice, avvicinandosi rapidamente all'avversario.

- Bianchino! Ventogelato!

Il Pokémon volpe generò un vento gelido che creava splendidi effetti di luce, in contrasto con il sole che stava tramontando. 

Il ghiaccio, depositandosi sulle ali del Pokémon farfalla e rendendo impossibile l’attacco. 

- Cambiamo strategia, Beautifly! Usa Ronzio!

Il Pokémon farfalla si allontanò e muovendo rapidamente le ali creò un’onda d'urto in grado di sciogliere il ghiaccio accumulatosi sulle sue ali. 

- Bianchino! Di nuovo Ventogelato!

La corrente d’aria gelida e l’onda d’urto si scontrarono, generando un’esplosione di scintille.

- Penso possa bastare. Beautifly! Ritorna.

La ragazza richiamò il suo Pokémon nella Pokéball.

- Se posso darti un consiglio, almeno per Bianchino, è quello di non concentrarti troppo su di una sola mossa. Io ho perso una gara alle fasi iniziali proprio per questo.

- E sei in buona compagnia!

Si aggiunse Lucinda. 

Ironia della sorte, entrambe avevano perso al round di esibizione di una gara Pokémon proprio perché si erano concentrate eccessivamente su di una singola mossa. 

Vera con la sua Skitty e Lucinda con Ambipom. Non volevano che la nuova amica ripetesse i loro stessi errori. 

Bianchino era un po’ dispiaciuto da quelle parole. Lylia, accorgendosene, lo consolò.

- Scusa. È colpa mia. Mi sono fatta prendere male. So che sai usare anche altre mosse.

Bianchino, per tutta risposta, le saltò addosso, e la ragazza lo accolse tra le braccia.

Un suo tipico gesto d’affetto.

- Se permettete, adesso tocca a me. 

Le interruppe Serena. Le ragazze, accorgendosene, le lasciarono campo libero. 

Senza perdere ulteriore tempo, la ragazza mandò in campo la sua Sylveon. Sapeva che l’avversario sarebbe stato Vaporeon, ma non aveva idea degli attacchi che questo fosse in grado di utilizzare.

- Bene cominciate pure voi due.

- Perfetto. Vaporeon! Palla Ombra!

Il Pokémon Bollajet generò dalla bocca una sfera di energia oscura, dal colore violaceo, che poi scagliò contro l’avversaria.

- Sylveon! Respingila con vento di Fata!

Il Pokémon Legame generò una corrente d’aria di un tenue colore rosa che fermò la corsa della sfera oscura e incominciò a spingerla verso il Vaporeon della nativa di Alola.

- Proviamo a seguire il consiglio di Vera, Vaporeon!  Geloraggio!

Il Pokémon obbedì generando un fascio gelido dalla bocca che fermò la corsa della sfera oscura, avvolgendola in uno strato di ghiaccio. Sempre più spesso. 

- Dovrebbe bastare. 

Lylia diede il contrordine, permettendo alla sfera oscura, ora rivestita di ghiaccio di avvicinarsi.

- Ora abbassati.

Il Pokémon, pur non avendo ancora capito cosa la sua allenatrice, riponeva in lei piena fiducia e obbedì.

Lylia era consapevole del fatto che il collare non garantisse al suo Pokémon una visuale perfetta, per cui doveva essere lei a dare l’imput.

- Adesso! Rilanciala con Codacciaio! 

Il Pokémon eseguì, catapultando con un rapido movimento della coda la sfera gelida contro l’avversaria. Riuscendo nell’intento di colpirla.

- Tutto bene Sylveon?

La Sylveon si avvicinò e strinse uno dei suoi nastri attorno al suo braccio, un modo per farle capire che stesse bene.

- Devo farvi i complimenti. Hai saputo valorizzare le mosse del tuo Vaporeon. Dimmi una cosa… È stato Ash ad insegnarti ad improvvisare in quel modo?

Il giorno seguente, Ash si era svegliato alla buon’ora e aveva costretto gli altri a fare altrettanto. Era estremamente entusiasta all’idea di una lotta, e, avendo visto di cosa fosse capace il suo avversario, lo era ancora di più. Oltre a quello sapeva che poteva contare sul supporto di tutti. O quasi. Contrariamente al giorno precedente, con loro vi era Taelia, venuta a dare il suo sostegno all’amico d’infanzia.

Sapendo di non essere molto abile con la tecnologia, lasciò che fosse il suo sfidante ad impostare l’arbitro elettronico.

 Solite regole. Lotta totale sostituzioni permesse senza alcun limite.

Pochi istanti dopo l’arbitro elettronico diede il via alla lotta. 

- Prima di iniziare vorrei farti una domanda.

Ash lo fermò dallo schierare il suo primo Pokémon.

- Dimmi tutto.

- Ho visto che sei in grado di usare tanto le megaevoluzioni quanto le mosse Z. Beh, ci riesco anche io. Quindi come ci regoliamo per questo? Tutte e due? Una? Nessuna?

- Facciamo una delle due e la chiudiamo. Che ne pensi? Ovviamente la teniamo segreta sino al momento in cui la usiamo. Cosa ne dici?

- Affare fatto!

Terminata questa breve disquisizione sulle regole aggiuntive per la lotta, Orlando portò a termine quello che aveva cominciato, mandando in campo il suo primo Pokémon.

- Arcanine tocca a te!

Il suo avversario mandò in campo il suo Arcanine. Ash, nelle precedenti lotte aveva avuto modo di vedere quanto quell’esemplare di Arcanine fosse versatile in lotta. Conosceva attacchi di vario tipo ed era indubbiamente forte.

- Pikachu te la senti?

Il Pokémon topo scese dalla sua spalla e si schierò in campo.

- Benissimo! Attacco Rapido!

- Carineria!

Pikachu si mise a correre a destra e a sinistra, aumentando la sua velocità ad ogni cambio di direzione. All’estremo opposto l’avversario che proseguiva dritto per la sua strada.

Al momento dello scontro, a causa del minor peso, Pikachu venne sbalzato indietro.

- Pikachu usa Codacciaio per attutire la caduta! 

Il Pokémon topo seguì il comando del suo allenatore, creando un con la coda piccolo buco sul terreno, ma riuscendo ad attutire non di poco la caduta.

- Imprigionalo con Elettrotela!

- Presto! Sprizzalampo!

Il Pokémon leggenda cominciò a caricarsi di elettricità, ben prima che l’avversario riuscisse a generare, con la coda, quella tela di elettricità.

Quest’ultima venne come assorbita dallo Sprizzalampo e ne aumentò ulteriormente la potenza. Ash si avvide della cosa e ordinò un codacciaio a Pikachu.

Il Pokémon topo colpì l’avversario, carico di elettricità in pieno muso, riuscendo a fermare la sua corsa. 

- Sgranocchio!

Con un rapido movimento della testa, il Pokémon leggenda si liberò dalla pressione della coda e, poco dopo, la morse con i suoi denti affilati.

- Pikachu Fulmine!

Il Pokémon topo, nonostante il dolore, generò una potente scarica elettrica che causò non pochi problemi all’avversario, costringendolo a mollare la presa.

- Arcanine! Box Box!

Orlando richiamò il suo Pokémon. Sapeva che aveva subito dei colpi mica da ridere, ma lo stesso poteva dirsi dell’avversario.  

- Togekiss tocca a te!

Il ragazzo mandò in campo la sua Togekiss. 

- Pikachu! Saltagli addosso! 

Il Pokémon topo spiccò un bel salto riuscendo a finire addosso all’avversaria. 

- Codacciaio!

- Vola al rovescio e poi usa magibrillio!

Il Pokémon festa seguì il comando, e ora Pikachu, appeso sulla sua schiena, faticava a restare in quella posizione, ancora di più dovendo tentare di attaccare.

Ora il corpo della Togekiss si era illuminato, accecando Pikachu e la grande quantità di energia rilasciata dal corpo del Pokémon fece cadere a terra il Pokémon topo, prima che riuscisse ad attaccare.

- Pikachu Fulmine!

Il Pokémon topo iniziò a caricarsi di elettricità lanciando verso l’alto una potente scarica elettrica. Schivata dal Pokémon in volo.

- Etrelama!

Togekiss prese bene la mira e colpì l’avversario con delle lame di energia generate dalle ali. Riuscendo anche a farlo tentennare. 

- Palla Ombra!

Il Pokémon festa generò una sfera di energia oscura, lanciandola contro l’avversario.

- Pikachu, so che puoi farcela! Distruggila con Codacciaio!

Raccogliendo le forze il Pokémon topo riuscì nell’intento, distruggendo la sfera di energia oscura.

- E ora Attacco rapido!

Il Pokémon topo spiccò un balzo, raggiungendo l’altezza dell’avversaria. 

- Forzasfera!

Il Pokémon festa lanciò dalla bocca una sfera di energia di colore azzurrino che colpì l’avversario. Facendolo cadere a terra. 

- Pikachu, riposati. 

Il Pokémon topo tornò dal suo allenatore. Un po’ malconcio ma ancora in grado di continuare, dopo un po’ di riposo.

- Gengar, tocca a te!

Il ragazzo mandò in campo il suo Pokémon Ombra, che, come suo solito, entrò in campo come fosse un’ombra. Subito saltava all’occhio come il suo colore fosse diverso sia rispetto a un Gengar normale sia rispetto ad un esemplare shiny.

Poco importava. Non era tempo di pensare a quelle cose, il Pokémon Ombra aveva iniziato ad attaccare con un Fangobomba. Sputava a gran velocità delle palle di fango marrone. 

- Togekiss! Distruggile con Eterelama! 

Il Pokémon Festa lanciò delle lame d’aria dalle punte delle sue ali, che intercettarono e distrussero le sfere di fango. 

- Togekiss! Box! Box! Lucario è il tuo momento!

Ash aveva ben compreso la strategia del suo avversario. 

Per quel che ne poteva sapere, quella Togekiss poteva continuare a lanciare Eterelama all’infinito, per rintuzzare gli attacchi del suo Gengar.

- Gengar! Palla Ombra!

Il Pokémon Ombra lanciò contro l’avversario una sfera di energia oscura, che si scontrò con una sfera simile alla metà del campo. Questo generò del fumo, che nascose alla vista entrambi gli avversari.

- Lucario! Usa il potere dell’aura per trovarlo e attacca con Palla Ombra! 

Il Pokémon aura lanciò, in maniera apparentemente casuale, la sfera oscura. Questa bucò la coltre di fumo, che, nel frattempo stava iniziando a dissolversi e riuscì nell’intento di colpire l’avversario.

- Gengar, ritorna.

Superata la perplessità iniziale, questi non rifiutò il richiamo del suo allenatore e accettò di farsi sostituire.

- Lucario! Tocca a te!

I due Pokémon aura si scambiarono un rapido sguardo. Difficile interpretare i loro sentimenti in quel momento. Rispetto? Sfida o cos’altro? 

In ogni caso nessuno dei due allenatori poté pensarci molto. Dopo che i rispettivi attacchi Forzasfera si erano scontrati al centro del campo, generando un’esplosione, entrambi gli allenatori compresero che, se volevano che l’incontro avesse un qualche risultato, ci sarebbe dovuto essere un qualche contatto tra i due.

Fu Ash a prendere l’iniziativa.

- Lucario! Usa Zuffa!

Il Pokémon Aura corse verso il Bersaglio e iniziò a colpirlo con una serie di calci delle gambe e pugni. Nonostante la forza dei colpi, il suo avversario non demorse. 

Anzi, approfittando del fatto che il suo avversario, per sferrare quei colpi, dovette abbassare la guardia, gli tirò un Meteorpugno sotto il mento, facendolo arretrare di alcuni metri.

Solo in quel momento, iniziò veramente a sentire il dolore di quella serie di colpi. Piegandosi in avanti.

- Forza, io credo in te! So che ce la puoi fare! 

Lo incoraggiò il suo allenatore.

Questi, per tutta risposta, si rialzò in piedi. Cercando in ogni modo di reprimere il dolore. Appena in tempo. Il Lucario di Ash era tornato alla carica. Nuovamente con Zuffa.

Forza! Questa volta non devi farti colpire. Calcinvolo!

Il Lucario di Orlando spiccò un balzo e il ginocchio della gamba destra si illuminò di una luce azzurrina.

- Forza! Schiva!

Ash esortò il suo Pokémon, sottovalutando l’abilità del suo avversario, che si accorse del suo rapido movimento e aggiustò il tiro.

Riuscì ad atterrare perfettamente e senza danni.

Non altrettanto il suo avversario, che si era preso una bella ginocchiata in testa.

Entrambi erano allo stremo delle forze. La loro lotta, per quanto breve, era stata piuttosto intensa.

- Mi sembra strano che non abbia deciso di megaevolverlo.

Commentò Vera.

- Lo conosci anche tu. 

Le rispose Lucinda.

- Se non lo ha fatto è perché ha altri piani in mente. Magari usare la mossa Z.

- Oppure potrebbe megaevolvere quacun’altro. Ora ha anche altre Megapietre.

Si aggiunse Serena.

Ash era troppo preso per sentire. 

La sua strategia di chiedere al suo Lucario di sorprendere il suo simile con un Forzasfera alle spalle non aveva funzionato.

L’avversario aveva schivato d’istinto e l'attacco aveva semplicemente creato un piccolo buco nel terreno. 

Anche l’avversario, poco dopo, tentò una tecnica simile, con il medesimo risultato. 

Erano uno davanti all’altro. Come a volersi sfidare su chi sarebbe rimasto più a lungo in campo.

- Forzasfera! Massima potenza!

Gridarono i due allenatori, all’unisono. 

I due Pokémon, raccogliendo le ultime forze, generarono due gigantesche sfere di energia dal colore azzurrino. Quando non riuscirono più a trattenerla, la scagliarono contro l’avversario.

Lo scontro tra i due attacchi generò un'enorme onda d'urto, che scagliò i due Pokémon indietro di alcuni metri.

- Entrambi i Pokémon non possono più continuare.

Decretò l'arbitro elettronico.  

Entrambi gli allenatori ricoveravano i rispettivi Pokémon nelle loro Pokéball. 

- Dragonite! Tocca a te!

- Togekiss! È il tuo momento!

- Dragodanza!

La Dragonite di Ash iniziò a roteare su se stessa. Come in una danza. Il suo corpo si illuminò di una luce arancio. 

- Magibrillio!

Il corpo della Togekiss del ragazzo si illuminò di una luce rosata e, poi, muovendosi con rapidità, lanciò contro l'avversaria una sfera di energia luminosa.

- Forza schiva!

La Dragonite di Ash si mosse con un’estrema rapidità, inaspettata date le sue importanti dimensioni. La sfera di energia cadde a terra, esplodendo. 

- Tifone!

La Dragonite di Ash generò una gigantesca corrente d’aria, sfruttando la potenza delle sue ali. La corrente d’aria, nonostante il tentativo di schivare, la Togekiss venne investita dalla potente corrente d’aria e costretta a terra in una rapida picchiata.

- Presto, rialzati! E vai con Eterelama! Colpisci da dietro.

Il Pokémon festa si rialzò in volo. E iniziò a volare in cerchio attorno alla sua avversaria. Lanciava al contempo numerosi attacchi Eterelama che vennero continuamente schivati dall’avversaria. Almeno inizialmente.

Poi il continuo roteare le fece perdere la concentrazione. E non riuscì ad evitare il colpo. Dritto in una delle ali.

Un secondo colpo alla schiena la fece cadere a terra. Ora si trovava nella medesima situazione in cui, pochi istanti prima si trovava la sua avversaria. 

- Dragonite! Rialzati e usa di nuovo Tifone!

Mentre  il Pokémon drago si rialzava, l’avversaria stava caricando un potente Magibrillio. 

Prima che potesse sferrare l’attacco, però la Dragonite si scansò, facendo sì che il colpo andasse a vuoto. 

Contemporaneamente la Dragonite del ragazzo aveva generato una nuova gigantesca corrente d’aria. Ma questa volta, tanto l’allenatore quanto il Pokémon, erano pronti ad affrontare quella situazione.

- Usa la sua forza contro di lei! Approfitta della corrente d’aria per avvicinarti e lancia un Magibrillio!

Il Pokémon seguì il comando del suo allenatore, infilando una delle ali nella corrente d’aria generata dalla sua avversaria, 

e sfruttò lo slancio per avvicinarsi con rapidità alla sua avversaria. 

E colpendola con il potente attacco di tipo folletto direttamente sulla schiena, facendola nuovamente precipitare.

Con una grandissima forza di volontà, la Dragonite si rialzò nuovamente. 

- Iper raggio!

Ordinò Ash.

La Dragonite eseguì, lanciando dalla bocca un potentissimo attacco, uno spesso raggio di energia che colpì in pieno l’avversaria. Facendola nuovamente precipitare verso il terreno.

Un attacco indubbiamente potente, ma non sufficiente a sconfiggere l’avversaria. Che, con grande forza di volontà spiccò nuovamente il volo.

- Palla Ombra!

La Togekiss del ragazzo generò una sfera di energia oscura di colore viola, circondata da alcune saette dal colore più scuro, che scagliò contro l’avversaria, colpendola in pieno stomaco, e facendola arretrare di alcuni metri.

Approfittando del fatto che l’avversaria dovesse recuperare le forze per il potente attacco scagliato in precedenza, ordinò un secondo attacco. Un magibrillio. 

Il potente fascio di luce colpì l’avversaria, facendola nuovamente precipitare verso terra, con un gran rumore e sollevando una grossa nuvola di terra. 

- Approfitta del fatto che non ti può vedere! Iper Raggio!

Raccogliendo le energie e rimanendo saldamente ancorata al terreno, la Dragonite scagliò contro l’avversaria il potente raggio di energia. Questa non poté far molto per evitare l’attacco dell’avversaria e venne colpita in pieno e sconfitta.

- Togekiss non può più continuare.

Dichiarò l’arbitro elettronico.

Orlando si affrettò a ricoverarla nella Pokéball. E schierò il suo quarto Pokémon. La sua Jolteon. Ash decise di lasciare in campo la sua Dragonite. In quel momento era in leggero vantaggio sul suo avversario. Poteva contare su cinque Pokémon, contro i quattro dell’avversario, sebbene Pikachu, come anche l’Arcanine del suo avversario non fossero al pieno della forma. E lo stesso poteva dirsi di Dragonite.

- Jolteon! Tocca a te!

La Jolteon del ragazzo entrò in campo. Desiderosa di fare il meglio possibile.

Da una parte Ash si aspettava una scelta simile dal suo avversario. Ma dall’altra si sarebbe aspettato un Pokémon diverso, in particolare Metagross, dato il suo potente Gelopugno.

Ma a lui andava bene così. Finalmente poteva sfruttare tutti gli attacchi della sua Dragonite. 

- Dragartigli!

La Dragonite del ragazzo riprese a volare, e dalle unghie degli arti superiori si formarono delle punte dal colore violaceo. Piuttosto minacciose.

- Aspetta che si avvicini e poi usa Fulmine!

Il Pokémon Luminoso seguì il comando alla lettera, aspettando che l’avversaria fosse sufficientemente vicina, prima di bersagliarla con il potente attacco elettrico.

Dragonite cadde a terra, priva di sensi. E non ci volle molto prima che l’arbitro elettronico la dichiarasse “non più in grado di continuare”.

- Gabite tocca a te!

Ash mandò in campo così il suo quarto Pokémon. 

- Non sapevo che Gible si fosse evoluto.

Commentò Lucinda.

Questo non sembrò una grande notizia per gli altri, era abbastanza normale che, a un certo punto, un Pokémon si evolvesse. Tranne in alcuni particolari come lo stesso Pikachu di Ash che aveva esplicitamente rifiutato di evolversi più e più volte.

- Dato che Ash è abbastanza impegnato, se non ti dispiace, posso raccontarti io com’è andata.

Le rispose Serena.

- Certo, va benissimo.

- Un paio di anni fa siamo andati al Festival dei Draghi, un evento organizzato da Iris ad Unima, per conoscere quanti più allenatori di Pokémon drago possibile, nel suo percorso per diventare Maestra Drago.

Tra i diversi allenatori c’erano pure Lance, Sandra, Camilla con la sua leggendaria Garchomp, e via dicendo. Iris era stata categorica. Per essere bene accetti al festival bisognava avere in squadra almeno un Pokémon drago. Ash mi imprestò il suo Noivern, un Pokémon che avevo avuto modo di conoscere e che, fortunatamente mi accettò come allenatrice senza problemi. 

- Certo, ma questo non spiega come Gible si sia evoluto.

- Un attimo. Volevo solo darti il contesto. Comunque sia, era stato organizzato un torneo tra Pokémon della stessa specie, per decretare quale fosse il più forte, manco a dirlo, nella categoria dedicata a Garchomp, quella di Camilla aveva stradominato. 

Oh, mi sto riperdendo. Scusa.

Comunque sia a un certo punto era arrivato il turno dei Gible. E quello di Ash era arrivato alle fasi finali, proprio contro il Gible di Iris. Fu una lotta molto intensa, senza esclusione di colpi. 

Al climax della lotta, sembrava che il Gible di Iris stesse trionfando, quando quello di Ash si evolse in Gabite. Le regole non prevedevano questa eventualità  e lo scontro venne fatto continuare. Inutile dire che Gabite vinse.

- E allora, perché ha un collare con una pietrastante?

Chiese Lucinda.

- Onestamente non lo so. 

Orlando, trovandosi contro un Pokémon immune agli attacchi elettrici della sua Jolteon, si vide costretto a sostituirla. 

- Metagross! Tocca a te adesso!

- Possiamo continuare. Gabite! Fossa!

Il Pokémon Grotta scavò un buco nel terreno dirigendosi sottoterra, verso il suo avversario.

- Appena inizi a sentire le vibrazioni del terreno, colpisci con Martelpugno!

Il Pokémon Ferrato aspettò alcuni istanti, prima di percuotere il terreno con dei potenti pugni, che crearono sullo stesso una spaccatura che imprigionò l’avversario. 

- Ha usato la stessa tecnica che ha usato contro quel Glaceon, ma non so se possa avere la stessa efficacia.

Commentò Vera.

Gabite, parzialmente imprigionato faticava a muoversi. Ash non sapeva che attacco utilizzare.

Apparentemente nessuno di essi sarebbe stato di aiuto.

- Dragobolide!

Gridò. Il Pokémon grotta eseguì il comando senza storie. La serie di meteoriti dalla scia rosata precipitò sul terreno, ma nessuno di essi colpì il bersaglio.

- Metagross! Gelopugno!

Il Pokémon Ferrato sferrò un potente pugno gelido al suo avversario, liberandolo dalla prigionia e facendolo volare indietro di alcuni metri. L’impatto con il terreno fece spezzare la pietrastante che aveva appesa al collo. 

Immediatamente Gabite si illuminò di una luce bianca.

Il corpo divenne più robusto, le braccia e le gambe crebbero di dimensione, così come le falci sulle braccia. I muscoli delle cosce si fecero più imponenti. La coda si allungò. La testa crebbe di dimensioni. Così come la pinna sulla schiena. E, di conseguenza, il taglio sulla stessa. Sul muso si formò una sorta di stella gialla.

Si era evoluto in un Garchomp.

Ash sorrise. 

- Questa era l’occasione che aspettavamo.

Disse poco dopo. 

Tutti lo guardarono perplesso. Costringendolo a spiegare.

- Sì, Gible si è evoluto in Gabite un paio di anni fa. Ed è diventato indubbiamente più potente. Da allora mi ha convinto a farlo lottare più spesso.

Non troppo tempo fa, tanto Iris quanto Camilla, un’esperta di Pokémon drago  e l’allenatrice della Garchomp più forte che ci sia, mi hanno detto che era prossimo ad evolversi.

Di  comune accordo abbiamo scelto di posticipare la sua evoluzione per un’occasione speciale. E quale meglio di questa?

Il neo-evoluto Garchomp fece un cenno di approvazione.

- E adesso prendi questa!

Il ragazzo lanciò al suo Pokémon una megapietra, una Garchompite. 

Il Pokémon la acchiappò al volo con la bocca e la posizionò sul collare, dove, fino a poco prima si trovava la pietrastante.

- Una Garchompite?

Si domandarono tutti, in coro.

- Un piccolo regalo da parte di Rocco. Ne aveva già una nella sua collezione ed è stato così gentile da regalarmela. Ora però il tempo delle chiacchiere è finito.

Il ragazzo fece reagire la sua Pietrachiave con la megapietra del suo Garchomp. 

L’aspetto del Pokémon mutò nuovamente.  Non tanto nella forma corporea, che rimase piuttosto simile,quanto in altre parti del corpo, come  la mascella, divenuta  più squadrata, il segno giallo sul bacino passato ad una forma romboidale a lungo i fianchi del petto spuntò una fila di punzoni bianchi, mentre quelli  che prima si trovavano nella parte superiore delle braccia, avevano cambiato posizione, trovandosi ora nella parte inferiore delle stesse. Le ginocchia avevano  un enorme  punzone rosso, ora la stella sul muso ora aveva un maggior numero di punte e, infine, gli artigli degli arti superiori si erano trasformati in delle enormi falci blu dai bordi rossi.

Il suo avversario non aspettò molto, prima di fare lo stesso con il suo Metagross. Pietrachiave e megapietra reagirono in modo simile e, di conseguenza, anche Metagross si megaevolvette.  I quattro arti si spostano di fronte e gli artigli metallici sulla punta si ispessirono e allungarono, dietro invece spuntarono altri quattro arti piú piccoli. La croce metallica sulla fronte divenne blu e crebbe notevolmente in dimensioni, aumentando i poteri psichici del Pokémon. Alla base del corpo spuntò un corno dorato.

- Uno scontro tra titani. 

Commentò Taelia, rimasta praticamente in silenzio fino a quel momento.

In effetti la ragazza acceca ragione. Due forme megaevolute di due Pokémon così potenti che si affrontavano non era una cosa da tutti i giorni. 

E avendo avuto modo di apprezzare lo stile di lotta di entrambi, sapeva che sarebbe stata una lotta senza esclusione di colpi.

- Garchomp! Sgranocchio!

Il Pokémon Mach, appena megaevoluto, corse a gran velocità contro l’avversario, con i denti che erano cresciuti e si erano illuminati di azzurro.

L’allenatore di Metagross rimase impassibile. Come se volesse che l’avversario si avvicinasse.

Appena Garchomp fu abbastanza vicino, finalmente diede il suo comando.

- Gelopugno.

Il pugno gelido colpì l’avversario e lo scagliò indietro di alcuni metri, facendolo cadere di schiena e facendo strisciare la sua pinna contro il terreno.

Garchomp riuscì comunque a rialzarsi e a correre contro l’avversario, attaccando nuovamente con sgranocchio, venendo rispedito indietro, nuovamente con un Gelopugno.

Ash comprese ben presto che quella strategia non avrebbe pagato. 

- Pietrataglio!

Il Pokémon mach tirò un calcio nel terreno e fece spuntare da esso delle pietre affilate di colore azzurro.

- Colpiscile con Martelpugno!

Il Megametagross frantumò quelle rocce con una forza enorme, facendole tornare nel terreno. La prima roccia partita dal terreno colpì il garchomp del ragazzo. Facendolo cadere all’indietro.

Di certo questo non fu sufficiente a sconfiggerlo, ma gli causò non pochi problemi. 

- Forza, Garchomp! Rialzati!

Mentre il Pokémon Mach tentava di rialzarsi, l’avversario stava attaccando di nuovo, questa volta con cozzata Zen. un duro colpo, capace di sconfiggerlo.

A causa del Ko, quel Garchomp tornò normale e Ash dovette ricoverarlo nella sua Pokéball.

- Hai fatto del tuo meglio. Posso capire che sia stato un bel cambio… Ti sei evoluto e poi subito dopo megaevoluto, posso capire che sia stato un bello shock.

- Metagross Box Box! Tocca a te Jolteon!

Orlando richiamò il suo Metagross, mentre Ash mandava in campo Gengar.

- Fangobomba!

Il Gengar cominciò a sputare della palle di fango contro il suo avversario, ma prima che venisse  colpito, queste vennero distrutte dal fulmine avversario. 

Ash comprese che nemmeno in quel caso la strategia di usare Fangobomba non avrebbe pagato nemmeno in quel caso.

- Avvicinati lentamente e usa Palla Ombra!

Il Pokémon Ombra scomparve attraversando il terreno di lotta. 

Era impossibile capire dove si trovasse. 

E quando spuntò dal terreno, colpì l’avversario con il potente attacco di tipo spettro. 

Questo fece arretrare Jolteon di alcuni metri, ma contemporaneamente permise a Jolteon di rispondere al colpo.

Attaccò sempre con un Palla Ombra.  Gengar venne colpito, ma resistette.

- Gengar! Fuocofatuo!

Il Pokémon Ombra spuntò delle fiamme dalla bocca. Contemporaneamente il Jolteon avversario  rispose con un potente 

Fulmine. I due attacchi si incrociarono, con Gengar che venne fulminato e Jolteon bruciato dall’attacco avversario. 

Fu quest’ultimo a subire le peggiori conseguenze.

Tanto da venir messo al tappeto dal successivo Magibrillio.

- Jolteon non può più continuare.

Decretò l’arbitro elettronico.

Entrambi gli allenatori potevano contare su tre Pokémon. Per entrambi gli allenatori due Pokémon erano entrati in campo almeno una volta e il terzo, fino a quel momento non era ancora entrato in campo.

Orlando mandò in campo il suo Megametagross, Ash decise di lasciare in campo il suo Gengar. 

- Gengar! Palla Ombra!

il Pokémon spettro lanciò una sfera di energia oscura diretta verso il suo avversario, ma questa venne prontamente schivata da quel Metagross, che mostrava una velocità incredibile. 

In men che non si dica, quel Gengar venne colpito e affondato dal Cozzata Zen di quel potente Pokémon. prima di farsi sconfiggere, tuttavia quel Granger riuscì a lanciare un ultimo disperato Palla Ombra. Che causò dei danni all’avversario.

Non abbastanza da sconfiggerlo, ma comunque abbastanza da ferirlo. 

Ash, ben comprendendo la situazione, decise di schierare il suo sesto e ultimo Pokémon. il suo Sirfetch'd. 

- Metagross! Cozzata Zen! 

- Presto Sirfetch! Sfolgorassalto!

I due Pokémon si caricarono a vicenda. Il Pokémon Selvanatra volò indietro di diversi metri, a causa dell’enorme differenza di peso. 

E in più, doveva recuperare le forze dopo aver sferrato quel potente attacco. 

Orlando ordinò un secondo Cozzata Zen, che non poté essere evitato in alcun modo dal Sirfetch. Almeno all'apparenza.

Si era difeso con lo scudo e, arretrando di diversi metri, era riuscito a dissipare gran parte dell’energia di quell’attacco. 

- Sirfetch usa di nuovo Sfolgorassalto, ma questa volta cerca di ribaltarlo.

Il Pokémon Selvanatra guardò il suo allenatore con un’espressione che poteva essere tradotta con “è una paorla!” ma obbedì comunque all’ordine del suo allenatore.

Prese bene la mira e riuscì nel suo intento. Colpendo l’avversario e riuscendo a sopportare il cozzata Zen del suo avversario.

- Metagross non può più continuare. Vince Sirfetch!

Decretò l’arbitro elettronico. 

A causa della sconfitta, Metagross perse i poteri della Megaevoluzione e tornò normale. Per quanto un Metagross cromatico e oltretutto di dimensioni maggiori rispetto alla media della specie potesse essere normale.

Orlando si affrettò a richiamarlo nella sua Pokéball.

- Sei stato straordinario, credimi. 

Era da tantissimo tempo che qualcuno non sconfiggeva quel Pokémon. 

Ma dopotutto Ash era attualmente l’allenatore più forte di tutti, poteva essere accettabile.

Nonostante questo, Ash era comunque in leggero svantaggio. Tutti i suoi Pokémon erano scesi in campo almeno una volta e tanto Sirfetch quanto Pikachu avevano subito dei danni.

Il suo avversario aveva ancora un Pokémon fresco a disposizione, la sua Greninja. 

Che, schierò, come da previsione. Per Ash era particolare combattere contro quel Pokémon. Aveva avuto un Greninja in squadra proprio durante il suo viaggio nella regione di Kalos.

Il loro legame era diventato talmente forte che i due avevano sviluppato la morfosntonia, qualcosa di tanto simile quanto differente dalla Megaevoluzione.

Ogni tanto gli capitava di andare a trovare il suo amico, e ogni volta che si incontravano, sembrava non fosse mai passato del tempo. Come se effettivamente non avesse mai lasciato la sua squadra. E lo stesso poteva dirsi di Goodra.

Chiaramente, se voleva vincere quella lotta doveva, almeno per un momento, mettere da parte i sentimenti per quel Pokémon e affrontarlo come un qualsiasi avversario.

Prima ancora che potesse pensarci, il suo avversario aveva già ordinato un attacco. Acqualame. Sirfetch venne colpito dal potente attacco acqua. 

- Sirfetch! Usa Taglofuria! 

Il Pokémon iniziò a correre verso l’avversaria, agitando la sua spada. 

- Schiva e poi usa Palla Ombra!

Il Pokémon ninja riuscì ad evitare l’attacco avversario e contemporaneamente a colpirlo con il potente attacco spettro. La sfera oscura esplose al contatto contro l’avversario, causando non pochi danni.

- Sirfetch usa Vorticolpo!

- Forza Greninja! Doppioteam!

Prima che il Pokémon selvanatra iniziasse a caricare il suo attacco, venne circondato da cloni della sua avversaria. Si affrettò ad attaccarne ognuno con il suo porro-spada, ma nessuno dei cloni distrutti si rivelò essere la vera Greninja.

- Acqualame!

Il Pokémon selvanatra venne colpito alle spalle dall’attacco della sua avversaria. E sconfitto.

- Sirfetch non può più continuare.

Dichiarò l’arbitro elettronico.

- Pikachu ora tocca a te!

Il Pokémon Topo scese dalla sua spalla e corse in campo. Un po’ malconcio, ma avrebbe comunque fatto il massimo.

- Neropulsar!

Il Pokémon Ninja lanciò dalle mani degli anelli di energia oscura, diretta verso l’avversario. 

- Usa attacco rapido per schivare!

Il Pokémon topo si mise a correre da una parte all’altra, rendendo il compito di attaccarlo estremamente difficile per la sua rivale.

Pikachu riuscì a colpire la Greninja avversaria e a farla cadere a terra. Costringendo l’attacco verso l’alto.

- Aprofittane! Usa fulmine!

Il Pokémon topo lanciò un potente attacco elettrico, rivolto verso la sua avversaria, ma questa riuscì ad evitare all’ultimo.

- Greninja! Geloraggio! 

Il raggio gelido percorse rapidamente la distanza che separava Greninja da Pikachu. Ma questo non impensierì affatto Ash, come se avesse previsto l’attacco.

- Usa attacco rapido!

Usando una tecnica simile a quella precedente, Pikachu tentò di schivare il geloraggio avversario. Ma questa volta né Greninja né il suo allenatore, si fecero cogliere impreparati.

Il Pokémon ninja aveva creato attorno a sé una coltre di Ghiaccio. Nelle intenzioni del suo allenatore questo avrebbe dovuto rendere più difficile al suo avversario. 

Ma Ash e la sua squadra si erano allenati per situazioni simili. 

- Pikachu distruggi il ghiaccio con codacciaio!

Il Pokémon topo, con un potente colpo della coda, distrusse il ghiaccio. Sorprendendo i rivali. 

- Geninja! Palla Ombra!

Il Pokémon ninja generò una sfera di energia oscura, che venne lanciata contro l’avversario. Prima che la stessa lo raggiungesse, 

Pikachu riuscì a distruggerla con un Codacciaio. Per poi colpire l’avversaria con il medesimo attacco in pieno petto.

- Greninja! Neropulsar!

- Pikachu! Aprofittane! Usa il Neropulsar per far andare a segno Fulmine!

Il Pokémon topo seguì l’ordine del suo allenatore, sfruttando gli anelli di energia oscura per colpire l’avversaria. 

Greninja cadde a terra. Dolorante. Ma ancora in grado di lottare. 

Prima che potesse rialzarsi, era stata imprigionata dall’elettrotela di Pikachu. 

Provò a rialzarsi, ma il contatto con la tela elettrica bastò per sconfiggerla.

- Greninja non può più continuare.

Decretò l’arbitro elettronico. Ora i due allenatori si trovavano entrambi con un solo Pokémon. Ironia della sorte quello con cui avevano iniziato la lotta.

Arcanine e Pikachu.

E, per uno strano scherzo del destino, gli attacchi con cui avevano iniziato il match. Attacco Rapido e Carineria.

Come la volta precedente, il maggior peso fu un vantaggio per il Pokémon Leggenda, ma, questa volta Ash non si fece cogliere impreparato. 

Utilizzò Elettrotela per ammortizzare la caduta. 

Proprio in quel momento stava venendo raggiunto dal Fuococarica di quell’Arcanine. 

- Pikachu! Codacciaio!

I due Pokémon vennero al contatto. E il tempo sembrò fermarsi. 

Sembrava che i due Pokémon si stessero guardando negli occhi. Con Pikachu a testa in giù.

- Entrambi i Pokémon non possono più continuare. La lotta si conclude in un pareggio.

I due allenatori corsero dai rispettivi Pokémon. Assicuratisi delle loro condizioni, si incontrarono al centro del campo per stringersi la mano.

- E così è come lotta il monarca. Devo ammettere che c’è un motivo se avete quel titolo.

- Titolo o meno siete stati davvero molto forti. Spero di affrontarti alla finale del torneo la prossima volta.

Mentre diceva quelle parole non poteva non pensare alla mega-rosicata che si sarebbe fatta Iris.

In ogni caso, dopo la stretta di mano, i due entrarono nel Centro Pokémon per far rimettere in sesto i loro Pokémon. 

- … non dovevi venire qui sabato?

- Si, ma ho trovato un volo last minute ad un ottimo prezzo e sono venuta qui con un paio di giorni di anticipo. 

Ash e Orlando, mentre uscirono dal Centro Pokémon sentirono solo una parte della frase. Ma, perlomeno Ash capì immediatamente di chi si trattava. 

I due si riunirono al gruppo e l’ipotesi di Ash venne confermata. Era Zoey. amica ed ex rivale di di Lucinda. Si erano già incontrati pochi giorni prima quando la ragazza aveva comprato all’asta i giri con la triposto. 

- E così tutti hanno lottato almeno una volta contro di te tranne me? 

Quasi non lo salutò.

- Beh… non tutti tutti.

Vera fulminò con lo sguardo il fratello.

- Quindi sei venuta con un paio di giorni di anticipo solo per questo? Beh, la mia squadra ha appena finito una lotta totale quindi si stanno riposando. Sono giorni che non fanno altro che lottare. Facciamo uno di questi giorni?

- Mi stai dicendo che non accetti la mia sfida? È così che giochi con i sentimenti delle tue tifose?

- Insomma… è per questo che sono single. 

La ragazza, dopo quella battuta, avrebbe voluto strozzarlo, ma dopotutto non le aveva detto di no. Il solo problema è che, dopo aver sentito le risate degli altri, avrebbe voluto sotterrarsi. Ma aveva comunque ottenuto quel che voleva. 

Tra le altre cose completamente gratis.

Sapeva che il suo avversario era un ex coordinatore, più precisamente un supercoordinatore. Ma anche che era uno degli otto allenatori più forti del mondo. Sarebbe stata una sfida davvero interessante. 

Avrebbe aspettato senza problemi il sabato per quella sfida. Dopotutto non ci sarebbe voluto molto. Avrebbe fatto qualche 

Allenamento, magari con la collaborazione di qualcun’altro.

Il giorno della lotta tra i due arrivò. Come le precedenti, per praticità, venne svolta nel campo del PC.

- Pensavo ad una cosa. Se non ti dispiace. Per rendere la sfida più piccante.

Propose il ragazzo.

- Mi piace il piccante. Dimmi tutto.

- Una lotta in doppio. 

- Si, mi va bene. Ma dov’è il piccante?

- Bene. Io potrò usare due Pokémon. Tu quattro. Per compensare io potrò megaevolvere un mio Pokémon e usare una mossa Z.

- Accetto. Mi sembra una proposta abbastanza bilanciata.

Tutti guardarono la rossa con uno sguardo che poteva essere tradotto con la frase “già l’hai fatta bella!” Però ormai aveva accettato la proposta e non poteva più tirarsi indietro. 

- C’è un problema. Possiamo impostare l’arbitro elettronico per un quattro contro due in una lotta in doppio, man non è programmato per regole aggiuntive come queste.

Aggiunse la rossa poco dopo.

- Penso non sia un problema. Avremo solo bisogno di un… notaio. Diciamo una persona che garantisca la validità di questo contratto. E ho una mezza idea su chi potrebbe essere la persona adatta a questo ruolo.

- Lucinda.

Dissero i due, contemporaneamente.

Non poterono fare a meno di incrociare gli sguardi e sorridere.

- Si. Per qualsiasi cosa, garantisco. Avete scelto una lotta in doppio. Zoey potrà usare quattro Pokémon, Orlando il suo avversario, solo due. Lui, per compensare, potrà usare sia la megaevoluzione che una mossa Z, come meglio crederà.

Poco dopo l’arbitro elettronico diede il via alla lotta.

- Glameow, Mismagius! Tocca a voi!

- Metagross! Togekiss! It’s Hammer Time! 

- Glameow, usa Codacciao su Togekiss Mismagius! Palla Ombra su Metagross!

- Metagross! Schiva! Poi vai di Gelopugno! Togekiss aspetta che si avvicini e poi vai con Magibrillio!

Zoey era stupita dalla tattica attendista del suo avversario. Si sarebbe aspettata un approccio più offensivo.

 Da parte del suo avversario. Il suo Glameow aveva spiccato un balzo e la sua coda si era illuminata di bianco. Pronta a colpire la sua avversaria. Che non accennava a muoversi. 

Al contempo Mismagius si era avvicinata a Metagross per sferrare il suo attacco con maggior precisione, ma al contempo esponendosi a dei maggiori rischi. 

Mentre Glameow si avvicinava, sempre più pericolosamente all'avversaria, il corpo della stessa si illuminava di una luce rosata. Avendo idea della posizione dell’avversario, la Togekiss si spostò indietro di circa due metri, impedendo al 

Codacciaio di colpirla. Pochi istanti dopo scagliò contro l’avversario l’enorme quantità di energia che aveva accumulato fino a quel momento, sotto forma di un muro di luce. 

Glameow venne investito da quell’enorme quantità di luce, che lo fece volare indietro di alcuni metri e cadere di schiena contro il terreno. Questo sollevò una grossa quantità di polvere.

Aveva chiuso gli occhi in precedenza, e questo aveva permesso che non venisse accecato dalla nube di terra.

Non andò tanto bene nemmeno a Mismagius. 

Il suo Palla Ombra era stato evitato come niente e quel Metagross era sparito dalla sua vista.

- Dietro di te!

Girdò la sua allenatrice. Ma era troppo tardi. Il Pokémon Stregone venne colpito in pieno dal pugno gelido del suo avversario. E oltre il danno, la beffa. Sul corpo del Pokémon si stavano formando dei cristalli di ghiaccio. 

Ora ne era completamente ricoperto. Incapace di muoversi.

E nemmeno Glameow stava bene. Aveva subito dei bei danni da quella caduta e dal potente attacco folletto. E il suo avversario non aveva ancora megaevoluto il suo Metagross o utilizzato una qualsiasi mossa Z con Togekiss.

- Glameow rompi il ghiaccio con Codacciaio! Mi raccomando! Sii delicato. 

- Metagross! Colpiscili con Meteorpugno! Tu Togekiss vai con Eterelama! 

I Due Pokémon attaccarono a brevissima distanza di tempo l'uno dall’altra. Prima Metagross colpì i due con un potente pugno che gli fece volare a svariati metri di altezza, dove, pochi istanti dopo, vennero colpiti dalle lame d’aria generate dalle ali del Pokémon Festa. Caddero a terra entrambi. Con il Pokémon Felide a subire le peggiori conseguenze. Venendo schiacciato dal blocco di ghiaccio che avvolgeva Mismagius. A causa di quella caduta, lo stesso blocco si era distrutto in mille pezzi. Liberando il Pokémon stregone dalla sua prigionia.

- Glameow non può più continuare!

Decretò l’arbitro elettronico. 

Zoey si affrettò a ricoverarlo nella Pokéball.

- Hai fatto del tuo meglio, ora riposati. E io ho sottovalutato uno degli allenatori più forti del mondo. Ma non è detta l’ultima parola. Leafeon! Tocca a te!

La ragazza fece uscire dalla Pokéball il suo Pokémon di tipo erba. 

- Possiamo continuare! Leafeon! Usa Aeroassalto su Togekiss, Mismagius usa Doppioteam e poi vai con Palla Ombra su Metagross!

Il Pokémon rigoglioso spiccò un balzo in direzione dell’avversaria. Che rimase impassibile. Contemporaneamente Mismagius aveva creato diversi cloni di se stessa attorno all’avversario, e ognuno di essi stava generando dalla bocca una sfera di energia oscura. 

- Metagross! Usa Meteorpugno! Distruggi tutti i cloni! Togekiss attacca il vero Mismagius con Eterelama e poi schiva!

Il Pokémon Ferrato iniziò a ruotare su se stesso, colpendo tutti i cloni e riducendoli in polvere.

Prevedibilmente la vera Mismagius era da tutt’altra parte. Intenta anche lei a generare la sfera di energia oscura.

Venne colpita da dietro dalle lame d’aria generate dalle ali della sua avversaria. E lanciata a terra. Pochi istanti dopo la stessa Togekiss compì una rotazione di novanta gradi non permettendo all’attacco avversario di andare a segno.

Per fortuna della sua allenatrice Leafeon riuscì ad atterrare senza danni. Non ebbe la stessa fortuna Mismagius. Dichiarata dall’arbitro elettronico come “non più in grado di continuare”.

La ragazza fu costretta alla sostituzione.

- E pensare che non ha ancora usato né megaevoluzioni né mosse Z. Chissà cosa sarebbero in grado di fare altrimenti. 

Sperava che il suo avversario non l’avesse sentita. Da una parte desiderava che le le utilizzasse, dopotutto si era riservato di farlo. Non farlo voleva dire che per lui lei non fosse un’avversaria dignitosa. O forse era una sua strategia. Non poteva saperlo. In ogni caso, essendo una lotta in doppio e avendo ancora un Pokémon da schierare. 

- Gallade, ora è il tuo momento!

La rossa schierò il suo Gallade. Contemporaneamente il suo avversario aveva finalmente optato per megaevolvere il suo Metagross. Cogliendo di sorpresa la sua avversaria. Non tanto perché non sapesse che Metagross fosse in grado di megaevolversi, quanto piuttosto per il tempismo. Aveva aspettato che anche lei potesse contare su due Pokémon, prima di farlo.

Questo le faceva pensare che avrebbe fatto lo stesso con la mossa Z della sua Togekiss. 

- Leafeon! Usa Aeroassalto su Togekiss! Gallade, Fogliamagica su Metagross!

- Adesso è il momento!

La ragazza osservò il suo rivale e il suo Pokémon compiere una serie di mosse massoniche. Una danza apparentemente senza alcun senso. Contrariamente a qualcun’altro, che osservava la lotta. 

- Ma quella è…

- Picchiata devastante.

Lilya completò la frase di Ash.

La Togekiss del ragazzo aveva preso quota, salendo ad almeno cinquecento metri. Il corpo del Pokémon Festa si era illuminato di un’aura azzurra e stava precipitando a grande velocità contro il Gallade della ragazza. 

Che sembrava terrorizzato ed era incapace di muoversi. L’impatto fu inevitabile.

- Gallade non può più continuare. 

Decretò l’arbitro elettronico. 

- E così queste sarebbero le famose mosse Z? Sono davvero incredibili!

Commentò la ragazza.

- Uno dei tanti validi motivi per visitare Alola.

Le rispose Orlando, che nel frattempo aveva ritirato Togekiss dalla lotta. Non se la sentiva di avere un vantaggio del genere e voleva che la sfida fosse il più possibile ad armi pari. E avere un Pokémon megaevoluto era un vantaggio non da poco. 

- Leafeon! Fendifoglia!

Mentre il Pokémon rigoglioso correva contro il suo avversario, la  foglia sulla testa crebbe di dimensioni. 

- Gelopugno.

Il Pokémon Ferrato sferrò un pugno gelido contro l’avversario. A causa del modo in cui il colpo venne tirato, il Pokémon spiccò un enorme volo. 

Dopo diversi istanti precipitò a terra. Ovviamente non più in grado di lottare. 

La ragazza si affrettò a ricoverarlo nella Pokéball, per poi dirigersi dal suo avversario. 

I due, sportivamente si incontrarono al centro del campo, per stringersi la mano. 

- La tua squadra è stata fantastica. Forse non avrei dovuto usare le mosse Z o la Megaevoluzione. 

- No. Non importa. Era giusto così, dopotutto io ho usato quattro Pokémon, te due.

La ragazza fece una breve pausa. Quindi fece al ragazzo una strana domanda.

- E così è per questo che hai abbandonato le gare, Professore?

- Non sono più il professore. E non ho abbandonato il mondo delle gare Pokémon per potermi dedicare alle lotte o alla carriera da pilota. Il motivo è molto più semplice. 

- E quale sarebbe il motivo, Professore?

- Sei anche tu una Super coordinatrice. Dovresti saperlo benissimo. Dopo che vinci il titolo una volta, non devi difenderlo, lo ottieni e nessuno te lo può togliere. 

Mentre sia per il titolo di campione della lega e per le corse, devi sempre difendere il titolo. 

- E allora, se sapevi questo, perché hai comunque deciso di partecipare alle gare? Immagino sapessi come funzionavano le gare prima di parteciparvi.

- Semplicemente per provare qualcosa di diverso. 

-Ne avete ancora per molto o accetti la mia sfida?

Max stava iniziando a perdere la pazienza. Dopo aver visto quella lotta, era ancora più desideroso di sfidarlo.

- Non hai visto quanto è forte? I Pokémon di Zoey non sono mai stati in grado di colpire i suoi!

Lo riprese la sorella. 

- Sarà perché lei è una coordinatrice e non un’allenatrice in senso stretto. 

- Se è per quello io sono una coordinatrice eppure non hai mai vinto contro di me. 

- Dettagli. Allora se è così tanto forte come dici lo sfideremo insieme in una lotta in doppio. 

- Non sarebbe giusto.

La sorella gli disse cosa nuovamente. 

- Se non vi dispiace potrei essere io a lottare dalla sua parte. Non so quanto possa essergli d’aiuto, dato che so di non essere molto forte… Anzi tempo quasi di essere un ostacolo.

- Non dire così. Sarai perfetta. Credimi. E poi sarà una buona occasione per imparare a conoscere i tuoi nuovi Pokémon.

La incoraggiò Orlando.

- Se insisti…. Per me va bene.

Intanto Max aveva impostato l’arbitro elettronico. Una lotta in doppio tra quattro allenatori in cui ogni allenatore avrebbe potuto utilizzare due Pokémon. Sostituzioni ammesse.

Era arrivato il momento di schierare i Pokémon. Senza che il suo allenatore dicesse nulla, Metagross si era già schierato dal suo lato del campo. Evidentemente non contento della lotta appena conclusa.

Nel mentre Max aveva schierato il suo Gallade, Vera Glaceon e Lylia Riolu.

Max aveva ordinato a Gallade di utilizzare nottesferza sul Metagross del suo avversario, mentre la sorella aveva ordinato al suo Glaceon di attaccare Riolu con Forzasegreta.

Mentre quel Gallade correva contro l’imponente avversario, le lame sulle sue braccia si erano allungate e illuminate di una luce tendente al violetto. Sembrava quasi che brandisse delle spade. 

Contemporaneamente il Glaceon di Vera si era messo a correre contro il Riolu della sua avversaria. Il suo intero corpo si era illuminato di una luce violetta. 

- Riolu! Difenditi con Ferrartigli!

Il Pokémon Emanazione si era messo sulla difensiva. Dalle sue mani erano spuntati dei lunghi artigli bianchi. La sua avversaria, evidentemente non si era accorta di nulla o, evidentemente aveva sottovalutato la sua avversaria, dato che non aveva detto nulla al suo Glaceon come per esempio il cambiare traiettoria o cose simili.

Dall’ altro lato del campo, il Gallade di Max era stato respinto dal potente Cozzata Zen del Metagross avversario. Il colpo era stato talmente violento da farlo volare di alcuni metri.

Contemporaneamente, il Riolu di Lylia aveva rintuzzato l’attacco di quel Glaceon, ferendolo alla testa coi suoi artigli. 

Intanto Vera era passata alla controffensiva. Aveva ordinato un Palla Ombra, non diretto a Riolu, ma a Metagross. Anche il Gallade di Max si stava scagliando, con un secondo Nottesferza verso il Pokémon Ferrato, considerato da entrambi come la vera minaccia. Come la volta precedente, mentre il Pokémon Nevefresca generava dalla bocca una sfera di energia oscura, viola, tendente al nero, e tentava di scagliarla contro il nemico, li Gallade correva verso il so avversario con le lame spiegate, Lylia si accorse di come la sua avversaria, per attaccare Metagross abbia dovuto scoprire il fianco. 

- Riolu! Focalcolpo! 

Il Pokémon emanazione aveva generato dalle mani una sfera di energia dal colore tendente all’azzurro e l’aveva scagliata contro Glaceon, ferendolo e facendo in modo che non riuscisse a prendere bene la mira.

La sfera oscura, infatti, non colpì Metagross, ma Gallade, respinto, per la seconda volta dal Cozzata Zen dello stesso. 

E questo bastò a sconfiggerlo, come annunciato dall’arbitro elettronico. Con grande disappunto del suo allenatore.

- Ehi! Guarda che i nostri avversari sono Metagross e Riolu!

Riprese la sorella.

- Avresti potuto dire a Glaceon di Usare Specchiovelo o cose del genere. Gallade sarebbe stato in grado di gestire Metagross anche senza il tuo aiuto. Piuttosto te occupati di Riolu!

Intanto, se non vogliamo perdere a tavolino, mi toccherà schierare il mio secondo Pokémon. Sceptile, tocca a te!

- Direi che possiamo continuare.

Commentò Orlando. 

- Metagross, it’s Hammer time!

Il ragazzo toccò la sua pietrachiave, essa reagì con la megapietra del suo Metagross, causandone la megaevoluzione. 

Il corpo del Pokémon mutò. I quattro arti si spostano di fronte e gli artigli metallici sulla punta si ispessirono e allungarono, dietro invece spuntarono altri quattro arti piú piccoli. La croce metallica sulla fronte divenne blu e crebbe notevolmente in dimensioni, aumentando i poteri psichici del Pokémon. Alla base del corpo spuntò un corno dorato.

- Metagross! Gelopugno su Sceptile!

- Bene Riolu! Focalcolpo su Glaceon!

Mentre il Mega Metagross del ragazzo si muoveva contro l’avversario ad una velocità incredibile, a dispetto della sua enorme massa e affondò contro l’avversario un potente pugno in pieno stomaco, prima che questi potesse difendersi in qualsiasi modo. 

Sceptile volò indietro di alcuni metri. E atterrò di schiena. Nonostante il potente colpo subito si rimise in piedi. 

- È l'abilità di Mega Metagross. Unghiedure. Gli attacchi che implicano un contatto fisico sono più forti. 

Commentò Max, come se ad essere ferito non fosse il suo Pokémon, ma un qualsiasi altro.

- Glaceon. Specchiovelo!

Il corpo del Pokémon Nevefresca si illuminò di una luce rosata. Appena venne colpito dal potente attacco di tipo lotta, né subì i danni, indietreggiando di alcuni metri, ma riuscì a rispedire indietro il colpo. Al doppio della potenza.

Riolu venne colpito in pieno da un fascio di energia rosata, lanciato dal suo avversario. Un colpo troppo forte per essere sopportato. L’arbitro elettronico lo dichiarò come non più in grado di continuare.

Lylia si affrettò a ricoverarlo nella sua Pokéball.

- Riposati pure. Sei stato bravissimo.

- Niente male per essere la sua prima lotta.

Commentò Orlando.

Lylia sorrise. Era felice di essere stata in grado di guidare così vicino alla vittoria un Pokémon che prima di allora non aveva mai lottato, fino a quel momento.

- La sua prima lotta? 

Vera quasi non ci voleva credere. Un Riolu alla prima esperienza in lotta aveva quasi sconfitto il suo Glaceon. 

- Magari la prossima volta che vi sfiderete vincerà. Magari per allora Riolu si sarà evoluto in Lucario e chissà, magari potrai essere in grado di padroneggiare la Megaevoluzione.

Mentre Orlando parlava, Lylia aveva schierato il suo Vaporeon. La macchia sulla parte posteriore del corpo, attirò l’attenzione di tutti. La rendeva unica rispetto a tanti altri esemplari della sua specie.

- Vaporeon! Codacciaio!

Mentre il Vaporeon della ragazza correva verso il Glaceon avversario, la sua coda si era illuminata di una luce bianca. La sua struttura molecolare si era modificata, divenendo simile a quella del metallo.

Nel mentre che la sua Vaporeon attaccava il Glaceon di Vera, che, per la seconda volta aveva tentato la strategia di utilizzare specchiovelo, Lylia trovò il tempo di rispondere al suo interlocutore.

- Come il Lucario di Ash? Credi che io sia in grado di farlo?

- Sì. dopotutto sei in grado di usare le mosse Z. Che, come per la Megaevoluzione richiedono la totale fiducia tra allenatore e Pokémon. E, non per fare il so-tutto-io, ma credo che Lucario sia uno dei Pokémon migliori per avvicinarsi al mondo della Megaevoluzione.

- Si, immagino sia per il fatto che Riolu si evolve in Lucario solo quando si crea un forte legame con l’allenatore. L’ho studiato in alcuni libri. E non è il solo Pokémon ad evolvere in quel modo.

- Esattamente. 

Commentò Ash, che stava seguendo la lotta. Aveva poi preso la Pokéball del suo Lucario, e, come se potesse sentirlo, gli chiese se fosse vero che le cose stessero in quel modo.

Poco dopo, si rivolse all’amica di Alola.

- E per quando si sarà evoluto in Lucario, credo di conoscere una persona che potrebbe aiutarti.

- Dici Ornella?

Gli chiese Serena.

-  Proprio lei. Dopotutto se c’è una persona che ne sa di megaevoluzioni, quella è lei. 

- Si, credo proprio che sia la persona adatta. 

Mentre i due discutevano, nel campo la lotta infuriava. Vaporeon aveva sconfitto il Glaceon di Vera, che, con lo stupore della sua allenatrice, non era stato in grado di respingere il suo attacco.

- Devo ricordarti che Specchiovelo funziona solamente con gli attacchi speciali e non con quelli fisici? Per colpa di questo, ora Glaceon non può più lottare.

La rimproverò il fratello. E in effetti aveva ragione. Glaceon non poteva più lottare, come poi confermato dall’arbitro elettronico.

Vera fu costretta a sostituire il suo Glaceon. Sconfitto da quel potente attacco. E aveva mandato in campo Blaziken. Per certi versi il partner perfetto per Sceptile. 

- Blaziken usa calciardente su Metagross!

- Sceptile! Fenidfoglia su Vaporeon!

Il Pokémon Vampe iniziò a correre verso l’avversario e stava iniziando a caricare un calcio infuocato verso il bersaglio. Contemporaneamente sulle braccia di Sceptile erano cresciute delle lame circondate da luce verde.

- Metagross! Cozzata Zen su Blaziken!

- Vaporeon! Codacciaio!

Blaziken venne spedito indietro dal suo avversario, cadendo di schiena. Contrariamente alla gara di lotta, e, per sua fortuna e per fortuna della sua allenatrice, non era stato schiacciato. 

Destino analogo per Sceptile, lanciato indietro dal potente colpo assestato dalla coda del suo avversario e spedito indietro a sua volta. Vera e Max si scambiarono uno sguardo di intesa. Lo stesso fecero i loro avversari.

Fratello e sorella megaevolvettero al contempo i loro Pokémon.  Il corpo del Blaziken della ragazza assunse delle sfumature nere e marroni su alcune parti del corpo, come le ginocchia o la zona addominale. La sua capigliatura si dispose a forma di X intorno alla sua testa, arrivando al petto come una pettorina,  le due punte sulla testa si trasformarono in un unica punta centrale. Quattro strisce di fuoco spuntarono dai polsi del Pokémon. dalla colorazione rosso/arancio si prolungarono per quasi un metro.

Destino simile per lo Sceptile del fratello.

Divenuto molto più alto, le due creste crebbero di dimensioni e presentarono una sorta di taglio di forma circolare. Attorno agli occhi spuntò un  contorno rosso, delle foglie sul busto, formarono  quattro punte. Le foglie sulle braccia si sono allungarono, presentando  una colorazione rossa sul bordo superiore. Lungo la schiena, tra i noduli, si estese una linea rossa che, alla base della coda, formava degli anelli. In quest'area si svilupparono altri quattro "semi", due arancioni e due rossi. Sull'estremità della coda si formò una punta di lancia di colore rosso.

Mentre Vera e Max megaevolvettero i loro Pokémon, Lylia guardò negli occhi la sua Vaporeon.

- Te la senti?

Chiese la ragazza, con la sua tipica gentilezza.

Il Pokémon Bollajet fece un cenno di approvazione.

- Neve che cade silenziosa dal cielo, cristalli d’acqua…

Orlando guardò la sua alleata con aria perplessa. Quindi fece il gesto di toccarsi l’orologio, come a farle intendere che dovesse sbrigarsi. 

Poi, avendo capito l'antifona, decise di intervenire.

- Metagross! Box Box! Greninja! Tocca a te! Acqualame!

Lo scambio avvenne molto rapidamente. In men che non si dica il Pokémon Ferrato era stato sostituito dal ninja, che aveva iniziato a generare dalle mani delle lame d’acqua dirette contro il Mega Blaziken della ragazza. Colpendolo in pieno e facendolo cadere a terra.

Altri shuriken lo costrinsero a terra. Impossibilitando i suoi movimenti.

- Criodistruzione polare!

Il cristallo Z di Lylia reagì con Bianchino che venne circondato da un’aura azzurra, quindi saprò dalla sua bocca uno gigantesco raggio di energia gelida che colpì l’intero campo di lotta e investì il mega Sceptile avversario, sconfiggendolo.

Nel mentre la Greninja di Orlando era impegnata a lottare contro il Mega Blaziken di Vera.

- Ora dagli il colpo di grazia! Palla Ombra!

La Greninja del ragazzo aveva spiccato un balzo, generando tra le mani una gigantesca sfera di energia oscura, dal colore violaceo e circondata da saette oscure.

Quindi la scagliò contro l’avversario. 

Questo generò una gigantesca esplosione attorno al Pokémon Vampe. Il colpo lo ferì, ma contemporaneamente lo liberò. Facendolo alzare in piedi. 

Lo scontro ora era un due contro uno. Perdipù i due Pokémon avevano un certo vantaggio contro l’avversario, potendo entrambi contare su attacchi di tipo acqua.

Vera sapeva che Greninja fosse parzialmente di tipo buio e che quindi un attacco di tipo lotta poteva fare al caso suo. 

- Mega Blaziken ha acceleratore come abilità. Ogni turno che passa diventa più veloce.

Spiegò Max.

- Blaziken, usa Stramontante!

- Greninja Acqualame! Poi schiva!

Il Pokémon ninja lanciò contro l’avversario delle lame d’acqua. Questi venne colpito in pieno, ma non cadde.

Riuscì ad evitare di farsi colpire dal suo avversario, muovendosi lateralmente.

- E ora Palla Ombra! 

Il Pokémon ninja scagliò l’ennesima sfera di energia oscura contro l’avversario. Ma questi, forte del suo aumento di velocità, riuscì a schivare, forte della sua velocità aumentata.

- E ora Stramontante!

Orlando non disse nulla alla sua Greninja, che venne attraversata dal pugno dell’avversario come se fosse un fantasma.

- Ma che diavolo?

- Ti devono dire tutto!

La riprese di nuovo il fratello. 

- Greninja può avere l'abilità mutatipo. In poche parole è come se diventasse del tipo della mossa che usa in quel momento. 

Adesso è di tipo spettro, quindi non può essere attaccato da mosse di tipo lotta.

Mentre Vera ascoltava lo spiegone del fratello, Orlando ne aveva approfittato per ordinare alla sua Greninja l’ennesimo acqualame. Ora il Mega Blaziken, allo stremo delle forze era stato appeso al muro dalle lame d’acqua.

- Lylia. È tutto tuo.

La bionda sorrise.

- Bene. Vaporeon! Idropulsar!

Il Pokémon Bollajet generò dalla bocca una sfera d’acqua che lanciò con grande potenza contro l’avversario.

- Blaziken non può più continuare.

Dichiarò l’arbitro elettronico. 

Lylia abbracciò la sua Vaporeon, Orlando strinse la mano alla sua Greninja. 

I due, insieme ai loro Pokémon, si avvicinarono ai loro sfidanti, al centro del campo. E si strinsero la mano.

- Per essere la vostra prima lotta in doppio eravate davvero affiatati.

Si complimentò Vera. 

- Ma se la maggior parte del lavoro l’ha fatta la squadra di Orlando.

Commentò Max.

- Sentiamo. E chi avrebbe sconfitto Glaceon e Sceptile? E poi è stato Vaporeon a sconfiggere Blaziken.

- Solo perché glielo ha lasciato fare. 

Orlando e Lylia si allontanarono. Nessuno dei due aveva voglia di sentire fratello e sorella litigare. Perdipiù per una lotta che non aveva alcun valore. 

Mentre la bionda si allontanava, sentiva qualcosa che le tirava la spalla. Spaventandola.

- Hei! Non è divertente! 

Gridò. Ma, al contempo, era come se fosse attratta da quella cosa. Quasisasi essa fosse. 

Appena girò l’angolo, l'entità che l’aveva tirata per la schiena si rivelò. 

E si rivelò essere una sua conoscenza. Tapu Koko.

- Cosa ci fai qui? Non dovresti essere ad Alola?

Il Pokémon Nume aveva fatto cadere per terra tre Cerchi Z e altrettanti cristalli Z.

- Dice che, grazie ai suoi poteri di Pokémon leggendario…

- Hei! Chi ha parlato!

Lylia si era spaventata a morte. Quella voce sembrava provenire dall'oltretomba. 

- Ah… devi scusarlo. Non lo fa apposta. 

- Taelia? Tu sai di chi è quella voce?

- Certo. È Darkrai.

- Il Pokémon che crea incubi è tuo amico? C-come fai a dormire se ogni notte si avverano le tue peggiori paure?

Le chiese la bionda.

- Lui è capace di controllare il suo potere. E come hai potuto notare è capace di comunicare con gli esseri umani tramite la telepatia. 

- Ho visto. Ma questo non spiega cosa ci faccia Tapu Koko qui e perché abbia portato cerchi e cristalli Z.

- Te lo volevo spiegare.

Il tono di Darkrai era un po’ scocciato.

- Dice che in qualità di Pokémon leggendario è in grado di sapere cosa accade in tutto il mondo. E quando ha scoperto cosa è successo a Taelia e di come lei, Lucinda e Serena abbiano contribuito a rendere il mondo un posto migliore, ha deciso di premiarle.

- Ma non hanno superato alcuna prova del giro. Quei cristalli esploderanno al primo utilizzo.

Gli rispose Lylia.

- Dice di no. Assolutamente. Hanno superato una delle prove più difficili. Rendere per davvero il mondo un posto migliore. Lo giura sul suo ruolo di protettore di Mele Mele. E dice che possono usare tutti i cristalli Z che vogliono.

Il Pokémon Nume fece un cenno di approvazione. 

- Dice di consegnarli alle ragazze e di decidere lei che cristallo dare a chi. Ora però deve tornare a casa.

Appena il Tapu se ne andò, Lylia raccolse i cerchi e i cristalli. E diede il primo cerchio a Taelia, insieme a un Follectium Z.

- Mi sembra che tu abbia una Gardevoir. È un Pokémon in parte di tipo folletto, credo che ne farai buon uso. Permette di usare la mossa Z di tipo folletto Astroimpatto Fatato.

- Grazie. A te e a Tapu Koko, ovviamente.

Poco dopo le due ragazze si riunirono al gruppo. Taelia aveva proceduto a indossare il cerchio Z al polso, accanto al Megaciondolo. E aveva posizionato il cristallo Z  nell’apposito alloggiamento.

- Dei cerchi Z? 

Ash era incuriosito dal vedere l’amica con in mano due cerchi Z e dei cristalli Z. Non aveva, però fatto caso al fatto che 

anche Taelia ne indossasse uno.

- Li ha donati Tapu Koko. Per Serena e Lucinda. Taelia ha già preso il suo. Ha detto che hanno superato la prova più difficile di tutte. Rendere il mondo un posto migliore.

- Ma è fantastico!

Le rispose Ash. Anticipando tanto la sua ragazza quanto la migliore amica.

Lylia consegnò il cerchio Z prima a Lucinda, poi a Serena. Accorgendosi di come la ragazza dai capelli blu avesse un Piplup, decise di darle, insieme al Cerchio un Idrium Z, lasciando quindi a Serena il Pirium Z. 

- L’Idrium Z permette di usare la mossa Z di tipo acqua Idrovortice Abissale, mentre il Pirium Z la mossa Z di tipo fuoco Fiammobomba Detonante.

Spiegò Lylia. Che sia stato fatto di proposito o meno questa si rivelò essere una scelta piuttosto azzeccata. Lylia sapeva che il Pokémon più forte di Serena fosse proprio Delphox. E, in un certo senso lo sapeva anche Tapu Koko.

- Scusate se interrompo questo momento, ma penso sia l’occasione adatta.

Orlando prese un sacchetto dal suo borsello.

- Qui dentro ci sono tre cristalli Z che sono stati confiscati a Graziano. Me li hanno consegnati dopo il processo affinché potessi restituirli alla comunità di Alola.

Credo che ai protettori delle isole non sia piaciuto affatto il modo in cui si è comportata la persona che gli ha usati. 

Il ragazzo stava per consegnare il sacchetto a Lylia, prima che quest’ultima lo fermasse. 

- Penso che sia giusto che vadano a loro.

Gli rispose Lylia.

- Se lo dici tu.

I tre cristalli erano uno Psichium Z, un Obscurium Z e un Volantium Z.

- Questi cristalli, invece, permettono di usare le mosse Z di tipo Psico, Buio e Volante. In particolare Impatto Psicotecnico, Buco Nero del Non Ritorno e Picchiata Devastante.

Spiegò Lylia. 

Questa volta a scegliere furono le ragazze. Serena prese l'Obscurium Z, Taelia lo Psichium Z e Lucinda il Volanctium Z. 

Dopo aver portato i Pokémon coinvolti nella lotta sotto le cure dell’infermiera, Lylia aveva notato una punta di gelosia nell’espressione di Bianchino.

Dopotutto era il solo Pokémon che non aveva lottato. 

- Se vuoi lottare penso di poterti accontentare. Ma prima… 

Prima che Lylia potesse completare la frase, Bianchino aveva già puntato la Zorua di Serena. Tenuta fuori dalla Pokéball dalla sua allenatrice così che potesse assistere alle varie lotte.

- Accetteresti di far lottare Zorua contro Bianchino?

Le chiese Lylia.

-Certo. Ci mancherebbe. Così potremo provare anche le mosse Z. Che ne dici Zorua?

Piuttosto che rispondere, la Zorua della ragazza, sfruttando la sua abilità di illusionista, si trasformò in un Vulpix di Alola, come Bianchino. Un gesto che poteva essere interpretato solo come un gesto di sfida.

- Poi dopo ci sfidiamo noi due, che ne pensi Lucinda?

Si propose Taelia.

- Per me va bene.

Nel mentre Serena e Lylia si erano schierate sui lati opposti del campo, con ancora la Zorua della ragazza trasformata in Bianchino. 

- Comincia pure tu!

Lylia invitò la sua avversaria a fare la prima mossa. Solo che fino a quel momento Zorua non aveva mai lottato e Serena non aveva la minima idea delle mosse che quella Zorua era in grado di utilizzare. Quindi, per poterlo scoprire dovette scansionarla con il suo Pokédex. Dopo aver visto le sue mosse, poté finalmente iniziare la lotta.

- Molto molto bene.

Commentò.

- Zorua Extrasenso!

Gli occhi del Pokémon Malavolpe ancora trasformato in Bianchino, si illuminarono di una luce azzurrina, e, pochi istanti dopo dalla bocca del Pokémon uscirono delle onde di energia dal colore giallognolo. 

- Bianchino! Schiva poi usa azione!

Il Pokémon Volpe riuscì ad evitare l’attacco che, quindi andò a vuoto, colpendo il terreno e sollevando un polverone. Quindi, approfittando dello stesso, riuscì a colpire la sua avversaria, caricandola con tutto il corpo. Questo fece sì che l’illusione svanisse e che Zorua rivelasse il suo reale aspetto.

Per sferrare l’attacco, tuttavia, Bianchino dovette avvicinarsi alla sua avversaria, che quindi poté attaccare da distanza ravvicinata. 

- Ombrartigli.

Gli artigli di Zorua si allungarono e vennero circondati da un’aura violacea. Riuscì in questo modo a colpire l’avversario. 

- Bianchino! Ventogelato!

Il Pokémon nativo di Alola generò una corrente di aria gelida che spinse l’avversaria parecchio indietro nel campo. 

- Zorua! Urtoscuro!

Gli occhi di Zorua brillarono di azzurro. Il Pokémon malavolpe sollevò le zampe anteriori in aria. Il suo corpo venne circondato da un'aura cremisi. Zorua posò zampe a terra e venne circondata da un'aura rosa e cremisi e si espanse per tutto il campo di battaglia. Bianchino venne colpito in pieno e scagliato dell'altra parte del campo di lotta.

- Bianchino. È arrivato il momento!

La biona incrociò le braccia, e  iniziò a parlare.

- Neve che cade silenziosa dal cielo, cristalli d’acqua che brillano intensamente, coprono il mondo con il loro gelido potere Z, unito al mio spirito ardente risalgono di nuovo al vasto cielo Criodistruzione polare!

Il cristallo Z di Lylia reagì con Bianchino che venne circondato da un’aura azzurra, quindi saprò dalla sua bocca uno gigantesco raggio di energia gelida che colpì l’intero campo di lotta e la Zorua della sua avversaria. Che, nonostante il duro colpo subito, era ancora in grado di continuare.

Serena stava per toccare il suo cristallo Z, ma prima che potesse usare la mossa Z di tipo buio, tuttavia si bloccò prima di toccare il suo cristallo.

- Che ti succede? Tutto apposto?

Le chiese Lylia in tono preoccupato. Aveva notato come la sua avversaria si fosse bloccata. 

- È che non lo so. Voglio dire quando Bianchino ha usato la sua Mossa Z, tu hai detto tutta quella frase li. Prima che effettivamente Bianchino sferrasse il suo attacco. 

- Si. Ed è per questo che ti sei bloccata? Non sai cosa dire prima di usare Buco Nero del non Ritorno? Beh, sai, devi dire qualcosa che senti dentro di te, non posso decidere io per te. È qualcosa che viene da dentro.

- Bene. Allora proviamo.

Nella notte più oscura e senza stelle illumina la via verso la vittoria! Buco Nero del Non Ritorno!

La Zorua della ragazza generò una sfera di energia viola, rossa e nera, che poi venne scagliata addosso all’avversario. Questa, appena lo raggiunse, si trasformò in una sorta di piccolo buco nero, che risucchiò Bianchino. poi , venne spedito fuori dallo stesso con una sorta di esplosione. 

- Credo possa bastare.

Lylia interruppe la lotta prima che ci fosse un reale vincitore. Tuttavia tanto Zorua quanto Bianchino erano allo stremo delle forze. Entrambe le allenatrici portarono i loro Pokémon al Centro Pokémon, per permettere all’infermiera di prendersene cura. 

Mentre le due ragazze avevano preso in braccio i loro Pokémon, per portarli più rapidamente al Centro Pokémon, mentre Taelia e Lucinda si preparavano a far lottare i loro Pokémon. 

Lucinda schierò il suo Piplup, mentre Taelia la sua Gardevoir. 

Sebbene la stessa brandisse una Megapietra, ovviamente non l’avrebbe sfruttata. Quella lotta serviva per far provare le mosse Z ad entrambe le allenatrici.

- Se permetti cominciamo noi. Piplup, Mulinello!

Il Pokémon pinguino generò sopra la sua testa un gigantesco vortice d’acqua. Appena lo stesso fu sufficientemente grande, lo scagliò contro la sua avversaria.

Prima che la sua allenatrice potesse anche solo aprire bocca, aveva già schivato il suo attacco.

- Vai con Palla Ombra!

La Gardevoir della ragazza generò con gli arti superiori un sfera di energia oscura. Era di un viola scuro e sprigionava delle scintille di un colore simile.

- Piplup! Schiva e poi usa Perforbecco! 

Il Pokémon pinguino riuscì ad evitare il potente attacco di tipo spettro. Si diresse al massimo delle sue possibilità contro la sua avversaria. Il suo becco si era allungato e illuminato di una luce bianca ed era pronto a colpire.

- Forza Lunare!

La Gardevoir la ragazza venne sollevata in aria da una forza invisibile. Sembrava potesse raccogliere energia dalla Luna.

Quindi lanciò contro l’avversario un gigantesco fascio di energia.

Nonostante il tentativo di evitare l’attacco, il Pokémon pinguino venne colpito in pieno.

- Tutto bene Piplup?

Chiese la sua allenatrice, preoccupata. L’attacco che aveva subito era stato piuttosto forte ed era seriamente preoccupata per le sue condizioni.

Il Pokémon pinguino, nonostante gli anni, aveva mantenuto ancora la sua indole testarda e orgogliosa. Non voleva mostrare alla sua allenatrice il fatto che quell'attacco gli avesse fatto male eccome. 

La sua allenatrice, però, se ne accorse e comprese che avrebbe dovuto usare la mossa Z al più presto, o non avrebbe più potuto farlo. Perlomeno in quella lotta.

- Molto bene Piplup… proviamoci. Nel nostro elemento… nel nostro colore… Idrovortice Abissale!

Il Pokémon Pinguino venne avvolto da una coltre d’acqua, quindi colpì violentemente l’avversaria, che volò indietro di alcuni metri, un po’ frastornata, ma ancora in grado di lottare.

- Gardevoir? Te la senti?

Il Pokémon abbraccio si rialzò in piedi. Pronta a continuare.

- Molto bene. Allora cominciamo! Nel nome del nostro legame, della nostra amicizia che negli anni è divenuta sempre più forte, mostriamo a tutti di cosa siamo capaci! Astroimpatto Fatato!

Il corpo della Gardevoir della ragazza si ricoprì di una luce rosata. Questa, alcuni istanti dopo si staccò dal corpo della Gardevoir, andando a formare una sorta di stella rosata, che andò a colpire il Piplup avversario, riuscendo a metterlo al tappeto. 

Non che fosse nelle loro intenzioni farlo, non era quello lo scopo della lotta.

In ogni caso, dopo essersi sincerata delle condizioni del suo Pokémon, Lucinda si diresse verso Taelia. 

- Tu e Gardevoir siete state semplicemente incredibili. Sinceramente non mi aspettavo questo risultato, ma non importa, avete dato prova della vostra forza.

Taelia si limitò a sorridere. Era contenta dei complimenti e non sapeva come rispondere. Aveva fatto quello che aveva sempre fatto. Dare il meglio.

In ogni caso, finalmente era arrivata domenica. Il giorno in cui, chi aveva vinto i giri all’asta, poteva riscattarli. 

Era mattina presto e tutti si erano dati appuntamento al Centro Pokémon, compresi Taelia e Max. Normalmente, non avendo ancora sedici anni, anche se Taelia avrebbe dovuto avere l’età di Orlando, non avrebbero potuto accedere alla pit lane, ma, con un permesso speciale, facendo si di essere sotto la responsabilità di qualcuno con più di sedici anni. E qui le persone in grado di assumersi la responsabilità non mancavano.

Luna, con il minivan, si era occupata di portare all’autodromo Taelia, Max, Iridio, Lucinda, Serena e  Ash, mentre Orlando con la sua coupé, Lylia, Vera e Zoey.

La bionda, contrariamente alle altre, aveva idea di quanto il ragazzo avesse il piede pesante, quindi aveva pensato bene di sedersi davanti. Costringendo le altre passeggere a delle contorsioni non da poco.

- Sarà bella tutto quello che vuoi, ma potevi prendere una macchina un pochino più comoda!

Commentò Vera, dopo essersi seduta dietro al guidatore, per lasciare lo spazio dietro al passeggero all’altra ragazza. Per lei era abbastanza inusuale sedersi dietro il guidatore. Di solito preferiva sedersi al centro o dietro al passeggero. 

Zoey si sedette poco dopo e tirò dietro di sé il sedile del passeggero, rischiando di cassarsi un piede.

Poco dopo Lylia si sedette e Orlando le chiuse la porta.

- Mi raccomando. Indossate la cintura. È un tipo a cui piace andare parecchio forte. E poi qui le autostrade non hanno limiti di velocità. Certo, è un professionista, ma meglio evitare. 

Le due ragazze obbedirono senza fare storie.

Intanto Orlando era salito e aveva acceso il motore. Il rombo del V12 aspirato pervase l’abitacolo. Il ragazzo smanettò con alcuni settaggi dell’auto, poi partì facendo slittare le ruote posteriori. 

Queste generarono un gran fumo bianco e lasciarono per terra delle spesse strisce di gomma.

Questo sorprese tutte e tre le passeggere. E quasi le fece pentire di aver scelto di salire con lui. A una partenza a fuoco corrispose, perlomeno per le vie della città, un’andatura più tranquilla. 

Appena usciti dal centro abitato e superato il casello autostradale, finalmente il ragazzo poté scatenare la vera potenza della sua auto. Superò i cento chilometri all’ora in poco più di due secondi e in meno di sei i duecento. 

Se non lo avesse visto dallo schermo davanti a lei, Lilya non ci avrebbe creduto. Erano a poco meno di trecento all’ora. A quella velocità avrebbero raggiunto l’autodromo in un battito di ciglia.

Vera e Zoey, sedute dietro, non avevano idea di quanto forte stessero andando. Sembrava quasi che la macchina fosse ferma. E forse era meglio così. 

Quasi subito dopo, presero l’uscita per l'autodromo.

- Come? Siamo già arrivati?

Si chiese Vera.

- Mi ricordavo che fosse vicino, ma non così tanto!

Aggiunse poco dopo.

Il ragazzo parcheggiò l’auto, aprì la portiera e fece scendere le sue passeggere. Quindi fece cenno di seguirlo.

- Forse siamo arrivati in leggero anticipo. Ma non importa. Ci penserà Luna ad accompagnare gli altri.

Le ragazze non risposero, dopotutto le aveva accompagnate sane e salve, si limitarono semplicemente a seguirlo.

E, dopo una breve camminata, raggiunsero la pitlane.

In quel momento era chiusa, pertanto potevano benissimo camminare a piedi. 

La triposto era già stata, in gran parte assemblata dai meccanici, che in quel momento stavano facendo gli ultimi lavori.

Orlando gli salutò e questi ricambiarono il saluto.

In quel momento le ragazze si accorsero di come su dodici meccanici, cinque fossero donne.

La triposto era molto simile alle monoposto, con le dovute proporzioni. 

Dal colore rosso, agli adesivi degli sponsor. Anche le forme erano estremamente simili. Morbide e sinuose. 

La differenza più evidente era l’assenza dell’Halo.

Poi il ragazzo presentò anche le tre ragazze, spiegando loro che sarebbero state tre delle fortunate persone che avrebbero avuto l’onore di fare dei giri su quella triposto.

I meccanici erano tutti vestiti con le tute della scuderia. Erano pulite e ordinate, facendo pensare piuttosto che a dei meccanici a dei chirurghi.

Guardarli lavorare aveva un che di ipnotico.

Sull Airscope, di forma triangolare, un cartello giallo di forma triangolare ricordava come in quel momento la vettura non avesse olio nel motore. 

In quel momento i meccanici avevano montato delle ruote sull’auto e, aiutati da due Machoke, che indossavano dei gilet della scuderia,  rimossero i cavalletti, in modo che si reggesse sulle stesse. Quindi si stavano occupando di mettere i vari liquidi. Orlando aveva indicato alle ragazze una porta non molto lontana. 

Sulla stessa una figura femminile stilizzata. 

- Se volete andare a cambiarvi lì c’è lo spogliatoio femminile. Troverete tutto quello che serve. Se avete dei dubbi su come si indossa, beh, c'è un codice Qr che potete scansionare. Immagino che abbiate uno Smart Rotom.

Finita la frase, il ragazzo si diresse verso lo spogliatoio maschile, dove si sarebbe cambiato. 

Dopo una mezz’ora vennero raggiunti dagli altri. Arrivati con molta più calma.

Al loro arrivo Orlando e Vera avevano già indossato tuta e sottotuta. Zoey attendeva che Lylia finisse di prepararsi. 

La castana aveva notato come il pilota indossasse la tuta in modo strano, e lo aveva imitato. Indossava la tuta aperta, senza la parte superiore. Le braccia della tuta erano legate in vita. Come il ragazzo aveva posato il casco e il collare Hans su di una parete con degli appositi spazi. La balaclava, ancora chiusa nella sua confezione. Confezione che conteneva anche dei tappi per le orecchie con un altoparlante della radio. Collegato al microfono del casco e dotato di un sistema di riduzione del rumore. Una confezione separata conteneva dei guanti ignifughi. 

Poco dopo l’arrivo degli altri, anche Lylia aveva finito di cambiarsi. Aveva indossato completamente la tuta, ma aveva ancora in mano balaclava, casco e collare.

L’espressione della ragazza era un po’ preoccupata. E tutti lo avevano notato.

- Qualcosa non va?

Le chiese un’appena arrivata Serena.

- Vedi. Tu e Zoey avete i capelli corti, quindi non un gran problema, ma io ho paura che si rovinino dovendoli stringere la sotto. 

- Non è un problema. 

Le rispose Orlando.

- Chiedi a Camilla.

- Camilla?

Ash era stupito. 

- Forse è questo che intendeva quando diceva che lei preferiva un approccio più diretto.

Gli spiegò Serena.

- Esatto. Corre nella categoria Lite. Se dovesse vincere il titolo, avrebbe diritto alla promozione nella massima categoria. E poi, conta che dal prossimo anno i team dovranno schierare tre auto.

- E nonostante questo ha comunque dei capelli stupendi. Vorrei proprio sapere qual è il suo segreto?

Commentò Lucinda ammirata.

- Ti sei mai chiesta come mai uno dei suoi sponsor personali sia un’azienda specializzata in prodotti di lusso per la cura dei capelli? E se volete potete provarli. Tanto mandano una quantità di materiale praticamente infinita.

Finito il discorso, aveva indicato anche agli altri dove trovare gli spogliatoi per cambiarsi.

Mentre lo facevano, aveva invitato chi già si era cambiato a fare delle foto ricordo.

Le prime foto erano semplicemente scattate in piedi, davanti all’auto. 

- Se volete vi posso fare delle foto mentre siete seduti sulle gomme. 

Gli invitò il ragazzo, che aveva ancora in mano l’enorme e costosa macchina fotografica. 

- Sicuro che non ci siano problemi?

Chiese Lylia.

- No. Basta non sedersi sulle sospensioni, ma solo sulle gomme. Tanto sono da esposizione. 

A turno si sedettero sulla gomma, e Orlando scattò loro delle fotografie. Che poi mostrò.

Guardando la foto Lylia sorrise. Non tanto per come fosse venuta. La posa non era nulla di troppo particolare, era semplicemente seduta sulla ruota con il casco appoggiato sulle gambe, e le braccia posate su di esso. Con lo sguardo rivolto verso avanti. 

Il motivo per cui sorrise era qualcosa di diverso ed era una cosa a cui raramente la sua natura da persona gentile ed educata in un certo modo, le accadeva raramente. 

Pensava a quanto potessero essere gelose le sue amiche. 

- Scusa, ma in che senso quelle sarebbero gomme da esposizione?

Chiese Ash, incuriosito da quella strana affermazione.

- Le vere gomme sono nelle termocoperte.

Spiegò Orlando.

- Termo cosa? 

Ash si grattò la testa con aria perplessa. Nemmeno Pikachu aveva capito molto.

- Ho letto in un libro che gomme delle auto da corsa non sono come quelle delle auto normali. Contengono delle sostanze chimiche che per garantire le massime caratteristiche di aderenza devono essere mantenute ad una certa temperatura.

- Non sapevo che ti interessassi di corse automobilistiche. Pensavo che fino a poco tempo fa le ritenessi inutili e pericolose.

Le rispose il fratello.

- Non mi interesso di corse, ma di chimica. E le gomme delle auto da corsa sono un ottimo esempio di questo. 

- Esatto. Sei stata molto chiara.

Si complimentò Orlando.

- E in più è per questo che è importante mantenerle sempre ad una temperatura costante, evitando che si scaldino troppo e si raffreddino eccessivamente.

Il ragazzo fece una breve pausa.

- E se trovo quel genio che ha deciso di disputare il Gran Premio a Nevepoli… giuro che…

- Cos’hai contro la mia città?

Chiese una Zoey un po’ innervosita.

- Ti sei mai chiesta perché lì facciamo due giri di formazione? Oppure perché si usano delle gomme molto morbide nonostante la pista sia piuttosto abrasiva?

- No? Non ci ho mai pensato.

- Semplicemente perché con il freddo mandare e mantenere in temperatura le gomme è abbastanza complicato. In luoghi più caldi come Alola il problema è l’opposto, ma penso sia più facile da gestire. Fai il giro di formazione più lento e magari fai dei giri dove  raffreddi un po’ le gomme. 

Intanto tutti erano pronti e avevano scattato le foto di rito. Era arrivato il momento di decidere chi avrebbe dovuto fare i giri per primo. 

- Penso di aver avuto un’idea su come decidere chi va per primo.

Propose Lucinda.

Nel mentre la ragazza aveva estratto un mazzo di carte dalla sua borsa.

- Facciamo così. 

Esordì.

- Ho qui un mazzo di carte, chi pesca la carta più bassa va per primo, poi si va in ordine crescente.

Spiegò. Sottintendendo il fatto che qualora due avessero pescato la stessa carta, la avrebbero semplicemente dovuta ripescare. Insomma un modo molto semplice per decidere chi sarebbe salito per primo.

Alla fine l’ordine, deciso dalle carte, fu Vera e Ash per primi, seguite da Zoey e Lucinda, quindi Serena e Ash e, infine Lylia e Iridio. 

- Siete fortunati. Vi troverete la pista nelle migliori condizioni.

Orlando spiegò ai due la loro grande fortuna. Avrebbero avuto una pista con un po’ più di gomma depositata e quindi la pista sarebbe stata leggermente più veloce.

Orlando mostrò ai primi due come indossare il casco e il collare Hans.

Dopo che Ash e Vera salirono a bordo, i meccanici, un uomo per il ragazzo e una donna per la ragazza, gli sistemarono le cinture. Stringendole a morte. 

Ash si sentì quasi soffocare. Era davvero necessario stringere così tanto? E in più il posto, nonostante il sedile su misura, era piuttosto stretto. 

- Bene. Ora dovete uscire in quindici secondi. Adesso avvio il cronometro. 

Tanto Ash quanto l’amica si chiesero chi diavolo glielo avesse fatto a salire se poi dovevano subito scendere. Ma quelle erano le norme e dovevano rispettarle.

Per loro fortuna entrambi riuscirono a superare la prova. Ora dovevano risalire. 

E sorbirsi nuovamente quelle cinture strette a morte. 

Anche Orlando si era accomodato nella posizione di guida e, dopo che un meccanico gli aveva stretto le cinture e lui aveva provveduto a collegare radio e tubo dell’acqua per bere. Cosa che avevano fatto anche i due meccanici con Vera e Ash.

Orlando aveva inserito il volante e premuto un pulsante.

- Radio check? 

Nonostante il ragazzo avesse premuto il pulsante che attivava le radio dei due non ricevette nessuna risposta.

- RADIO CHECK? 

Nonostante avesse ritentato la medesima procedura, non ricevette nessuna risposta, per assicurarsi che non ci fossero dei problemi, il ragazzo premette un altro pulsante sul volante.

- Radio check? 

- Ti sentiamo forte e chiaro. 

Gli rispose il suo ingegnere di pista. 

- Perfetto. Puoi chiedere a loro due se mi sentono? 

L’ingegnere scrisse con un pennarello su di un foglio di carta.

Se sentite “Radio Check” rispondete”.

Il tecnico mostrò ai due il foglio. Nonostante alcune difficoltà dovute alla visiera piuttosto scura, entrambi riuscirono a leggere. E, al successivo controllo radio, entrambi risposero in maniera affermativa.

Intanto i due Machoke avevano sollevato la macchina con dei crik, una persona normale non sarebbe riuscite a sollevare una triposto, per questo, in via del tutto eccezionale, i due addetti al sollevamento erano stati sostituiti dai Pokémon

Megaforza. I meccanici avevano preso un set di pneumatici e avevano smontato le gomme vecchie. 

Prima di rimuovere le termocoperte, avendo ricevuto l’ok, dai tecnici, Orlando avviò il motore. Nonostante i tappi per le orecchie il suono del motore era incredibilmente forte. 

Talmente forte da spaventare Pikachu, che si nascose dietro la testa di Serena. 

Anche il Piplup di Lucinda si  spaventò non poco. Ma era in buona compagnia, anche Bianchino si era spaventato non poco.

I meccanici, nel frattempo, avevano rimosso le termocoperte e i due Machoke avevano abbassato l’auto. Anche solo avvicinandosi alle gomme era possibile percepire il calore che emanavano. 

Erano lucide, sembrava ci si potesse specchiare.

Sulla spalla delle gomme una striscia gialla. 

Il ragazzo non perse tempo. Avendo via libera, il ragazzo non perse tempo. Uscì dal garage ed imboccò la pit lane, ovviamente a velocità limitata. 

Arrivato all’area dedicata alle prove di partenza, fermò l’auto e ne provò una. 

Tanto Ash quanto Vera si spaventarono. Non erano abituati ad una tale accelerazione. Nonostante le cinture, vennero spinti indietro.

Orlando non se ne preoccupò. Non poteva nemmeno sentirli, per come funzionava la radio. 

Il primo giro fu un semplice giro di schieramento, necessario a scaldare bene gomme e freni. Venne quindi percorso a una velocità relativamente ridotta, tanto da far pensare ai due che quei giri non fossero per nulla male. 

Ma si sbagliavano. 

Il ragazzo posizionò l’auto nella casella della pole, e appena ricevette l’ok, partì a fionda. 

Già alla prima frenata, entrambi si resero conto del loro fatale errore. Fu come un calcio nella schiena. Seguito, all’uscita da un pugno nello stomaco.

Per non parlare poi del collo. Nonostante l’Hans, le forze in gioco erano davvero enormi. Dopo quel rettilineo vennero sballottati a destra e a sinistra, di continuo. 

Ash aveva un minimo di idea sulla struttura di quel circuito. Avevano appena superato il primo settore. 

E prima di avere un attimo di riposo mancava ancora qualcosa. Due curve a gomito a destra. Praticamente consecutive. Una vera e propria totura per il collo. Ma ora era il momento del lungo rettilineo e Orlando ne approfittò per aprire la radio.

- Al prossimo giro andremo più forte. Ancora le gomme non sono perfette e siamo lenti. Poi alla fine del terzo ci sarà una piccola sorpresa.

Quindi attivò i microfoni dei passeggeri. 

- Come scusa? Non stai spingendo? 

Chiese una Vera spaventata a morte. 

- No. Al prossimo giro gireremo circa tre secondi più veloce.

Ash aveva sentito, ma non aveva risposto. Era consapevole che l’amica non sapesse se tre secondi su di un giro di pista fossero pochi o tanti. E lui sapeva che erano parecchi. 

Intanto il rettilineo era finito. 

Altro calcio nella schiena. Il rettilineo era terminato e la decelerazione era stata davvero enorme. Un vero e proprio calcio nella schiena.  

Seguito da un altro dritto allo stomaco, l’ennesimo rettilineo. E un’altra curva a destra. Erano tornati sul rettilineo dove erano partiti. Pronti al secondo giro.

O perlomeno Orlando lo era. Dando un rapido sguardo allo schermo sul volante poteva vedere come le gomme fossero alla temperatura ideale. Questo voleva dire solo una cosa. Poteva spingere ancora di più.

E questo fu evidente fin dal primo settore. 

Nella parte finale del terzo giro il pilota fece qualcosa di diverso. Entrò nella pitlane. Con una potente frenata ridusse la velocità da oltre trecentosessanta all’ora agli ottanta. 

Orlando aprì la radio.

- Bene, ora ci sarà la dimostrazione di pit stop. Monteremo delle gomme più morbide. Saremo più veloci. 

Appena il ragazzo fermò l’auto nella piazzola e i due Machoke sollevarono l’auto permettendo ai meccanici di cambiare le gomme. Nonostante la visuale limitata dal casco, i due passeggeri notarono solo una differenza tra le gomme montate dai meccanici e quelle precedentemente smontate. Il colore della banda. Ora non era giallo, ma rosa. Qualsiasi cosa volesse dire. Orlando aveva parlato di mescola più morbida. Forse il colore di quella banda indicava quella caratteristica?

In ogni caso non poterno pensarci molto. In meno di tre secondi le gomme erano state sostituite e l’auto era ripartita.

Il primo giro non fu veloce come il precedente. Forse stava scaldano le gomme?

La risposta ai loro dubbi avvenne già dalla seconda parte del giro. 

Sembrava che le forze in gioco fossero ben maggiori di prima. 

E al giro seguente, anche di più. 

Terminò il giro con un tempo più veloce di altri tre secondi più veloce del giro più veloce fino ad ora fatto. Il giro di rientro fu abbastanza lento, quasi ad andatura turistica, dopotutto il carburante residuo era poco, quello caricato era il minimo indispensabile. 

Il ragazzo terminò il giro e entrò nella pit lane, per poi entrare nel box.

Vera finalmente poté uscire e togliersi il casco. Nella foga, però, la ragazza dimenticò di sganciare il cavo della radio. Quando saltò dall’auto sentì qualcosa tirare. E solo il provvidenziale intervento di Orlando evitò il disastro. 

La ragazza si tolse il casco, madida di sudore. Come del resto anche Ash.

- Beh, come è stato?

Chiese Lucinda.  

- Terribile. Sembrava di essere presi a calci e a pugni in continuazione. In alcuni momenti non sono nemmeno riuscita a respirare. E poi non parliamo del collo. Sembra me lo abbiano tirato a destra e a sinistra.

- Secondo me è stato fantastico! 

Ash era entusiasta di giri fatti. Si, sentiva dolori e aveva provato sensazioni simili all’amica, ma il divertimento aveva superato ogni cosa. 

Nel mentre i meccanici avevano messo, nelle bocche dei radiatori, delle specie di contenitori di plastica contenenti del ghiaccio secco. Nella parte esterna del contenitore una sorta di soffiatore da giardino.

Quelli strani dispositivi scatenarono la curiosità di Ash.

- A cosa servono quei dispositivi?

Chiese. A rispondergli uno dei meccanici che aveva posizionato quei dispositivi.

- Servono semplicemente a raffreddare l’auto. Se non gli mettessimo dovremo buttare il motore dopo ogni run. 

Mentre il meccanico spiegava quelle cose, Vera avvicinò la mano alla gomma posteriore destra. Aveva completamente perso la patina lucida e aveva raccolto un po’ di sporco.

- Fossi in te non la toccherei. 

La riprese Orlando.

- Considera che è almeno a 100 gradi. Tanto più se non hai i guanti.

Ora era il momento di Lucinda e Zoey. Anche le due avevano svolto le prove di evacuazione statica, superandola senza problemi. Nonostante avessero ricevuto un’idea da parte di Ash e Vera sul cosa ci si dovesse aspettare. 

Quello che le due ormai ex rivali, avevano sentito, non era che una minima parte di quello che sarebbe realmente accaduto. 

Né Vera né Ash le avevano avvisate riguardo la prova di partenza o riguardo al fatto che il primo giro dopo la partenza non sarebbe stato un riferimento valido su quelli successivi.

Ma le due lo avrebbero scoperto quando ormai era troppo tardi. Per loro già quel singolo giro bastava.

Ma non avevano modo di dirlo. 

E anche se lo avessero fatto? Si sarebbe mai fermato? 

Il terzo giro, come nel caso precedente, si era concluso con un cambio gomme. Le due ragazze lo avevano intuito. Se già prima le accelerazioni e le decelerazioni erano piuttosto forti, ora stavano diventando insostenibili. 

Per fortuna che mancavano solo due giri. 

Quello che le due non si potevano aspettare era il fatto che, soprattutto l’ultimo giro, sarebbe stato a fuoco. 

La gomma estremamente morbida, la pista in ottime condizioni, il poco carburante e la possibilità di spingere erano, per le due ragazze un mix letale. 

Le forze in gioco erano enormi spinte a destra e a sinistra su e giu. Alla fine quella tortura era finita. Il giro lento che ha seguito quest’ultimo sembrò quasi una passeggiata. 

Finalmente la tortura era conclusa. L’auto era entrata ai Box, su dei carrelli e le due ragazze erano uscite. 

- Ma come fate voi a guidare queste cose per sessanta, settanta o quanti giorni sono? 

Chiese la ragazza dai capelli blu. Pur consapevole che non avrebbe ricevuto risposta. 

Infatti, dopo aver rifornito di carburante, toccò a Ash e Serena. Per il ragazzo era già il secondo run, motivo per cui, contrariamente alla ragazza, non avrebbe dovuto rifare la prova di evacuazione. 

La ragazza superò brillantemente la prova.

Ora erano partiti. Pit lane attraversata con il limitatore di velocità, prova di partenza giro di installazione, partenza vera e propria. Come da tradizione e un po’ per deformazione professionale del ragazzo, quest’ultimo partì dalla pole. 

Con una partenza a fuoco.  

Ash aveva una minima idea del funzionamento di quei giri. Era consapevole del fatto che la sua ragazza avesse visto i vari onboard e avesse quindi notato quanto enormi fossero le forze in gioco. 

Il copione fu lo stesso dei giri precedenti. Primo giro non veloce, secondo al limite delle gomme. Cambio gomme alla fine del terzo giro, parte del quarto di preparazione e quinto giro al limite.

Rientrati ai box, nuove gomme, rifornimento di carburante e la solita prova di evacuazione. 

Orlando, che era al quarto run in poco tempo, era un po’ stanco. Una triposto, a causa della sua massa e di altre caratteristiche intrinseche, era molto più impegnativa di una normale monoposto. 

E ora era l’ultimo run. Per certi versi quello più importante. Nessuno fino ad ora aveva avuto dei problemi a fare quei giri e, per certi versi, erano anche entusiasti. 

Non Lylia. Lei aveva paura e, nonostante le parole del ragazzo, tutti avevano notato come tremasse. La scelta giusta era quella di andare forte, come e forse più delle altre volte.

Da una parte andare piano era paradossalmente pericoloso. Più di quanto non lo fosse andare forte. Completò i giri e i meccanici eseguirono il cambio gomme come in qualsiasi altra dimostrazione.

Per una combinazione di svariati fattori, Orlando, aveva fatto il giro più veloce in assoluto con la triposto. 

Appena rientrati ai box, tutti e tre uscirono dalla triposto. 

Lylia, quasi non riusciva a reggersi in piedi, sia per la paura che aveva avuto in quei cinque giri, sia per le enormi forze in gioco. Il fratello, accorgendosene, l’aveva sostenuta e aiutata a sedersi, in modo che potesse riprendersi.

- È stato…

Disse poco dopo.

- Divertente. 

Aggiunse. Facendo tranquillizzare tutti.

Intanto Orlando aveva iniziato ad autografare tutti i caschi. La designer aveva fatto in modo che in ogni casco ci fosse uno spazio apposito per l’autografo, in modo da non rovinare le grafiche.

Fatto questo, il ragazzo diede ad ogni partecipante un biglietto vip per il successivo Gran Premio di Unima, in un circuito cittadino ad Austropoli. Il biglietto dava diritto a stare ai box durante le prove libere e a seguire gare e qualifiche dal posto più privilegiato. Il terrazzo di un grattacielo che dava una perfetta visuale su tutto il circuito. 

Poi diede un biglietto diretto Ferropoli-Austropoli della compagnia aerea che sponsorizzava la compagnia. Spiegando come quella compagnia aerea fornisse biglietti alle destinazioni delle gare come parte della sponsorizzazione. Lo stesso valeva per l'alloggio. Una catena di hotel di lusso sparsi per tutto il mondo.

In seguito ne diede un altro a Taelia, Lylia e Iridio, in modo che sia Samuela che Samina e Paver potessero partecipare, se avessero voluto.

- Grazie.

Risposero tutti, in coro.

Poco dopo Taelia aggiunse qualcosa.

- Non so se mamma vorrà venire. Dopo quello che è successo. 

- Non ti preoccupare. Basta che mi avvisi e invece di prendere un volo diretto, farò uno scalo qui. 

Le rispose Orlando.

- Non ti preoccupare.

Disse Serena.

- Ehi! Ma sono io a dire alle persone di non preoccuparsi!

La riprese Lucinda. Senza farsi mancare un sorriso. Ormai lei e Serena erano diventate amiche, quindi sapeva di potersi permettere di dire certe cose.

- Dicevo…

Aggiunse Serena poco dopo.

- Se Samuela non vuole venire, possiamo accompagnarti io e Ash. Non è un problema, tanto abbiamo il volo alla stessa ora.

Non è un problema.

- Questa volta sono io a ringraziarvi.

Disse Orlando.

Quella sera, nella sua camera d’albergo, Lylia, come quasi ogni giorno, aveva scritto sul suo diario.

Oggi, finalmente ho fatto quei giri sulla triposto che mia madre aveva tanto insistito a comprare. Devo dire che inizialmente avevo parecchia paura, anche perché immagino tu lo sappia che opinione ho su queste cose. E, infatti, prevedibilmente, non volevo farli. 

Alla fine sono stata convinta proprio da Orlando. Lui, ma soprattutto Meloetta mi hanno convinto.

Lui mi ha raccontato di come l’abbia conosciuta proprio a causa di quello che temevo.

Un incidente.  Mi ha raccontato di come abbia cercato di evitarla, e di come nel farlo si sia schiantato contro un muro. E di come l’auto fosse completamente distrutta.

Mi ha raccontato di come ci scherzino ancora con battute del tipo “qui c’è l’opera d’arte e qui l’artista” ma lasciamo stare queste cose. 

Per quello che sapevo fino ad ora, che, come sai, ho studiato nei libri, credevo che esistesse solo nelle leggende. Lui mi ha raccontato di come appaia molto raramente e di come sia molto timida e di come, soprattutto, sia molto raro che si fidi degli esseri umani. Per cui, per me, conoscerla, è stato un onore.

E poi… in un certo senso è anche grazie a lei se ora ho due nuovi amici Pokémon. Riolu e Vaporeon.

Serena, la fidanzata di Ash e una famosa (quanto gentile) coordinatrice mi ha raccontato di come Orlando le abbia donato una Zorua proprio per via di questo fortuito evento. 

Ed è stato lui stesso, grazie ad un consiglio di Lucinda a permettermi di avere Riolu e Vaporeon.

Lo stesso giorno abbiamo anche provato delle gare di lotta, oltre che con Serena e Lucinda anche con Vera, altra amica di Ash. Mi hanno dato anche degli ottimi consigli su cosa voglia dire essere una coordinatrice e, devo ammetterlo, è molto più difficile di quanto potessi immaginare.

E poi… sempre con Vera, ma con suo fratello, io e Orlando abbiamo avuto una lotta in doppio. Sapevo che fosse un allenatore molto abile, ha sconfitto mio fratello senza particolari problemi e… averlo come alleato mi ha fatto imparare molto sul suo modo di lottare. 

E ho capito perché è uno degli allenatori più forti. 

Ma non è questa la sola cosa importante. Inaspettatamente è arrivato Tapu Koko e ha donato a Lucinda, Taelia e Serena dei cerchi Z e alcuni cristalli Z, per i loro meriti.

Io non ci ho capito molto. Onestamente. Molti mi dicono che sono una ragazza intelligente e perspicace, ma questo caso mi mette in crisi. 

Mi hanno raccontato di come siano venuti a conoscenza di tutta questa storia, di come il padre di Taelia sia stato un brillante scienziato e che, insieme a una donna che poi sarebbe diventata sua moglie, aveva preso parte ad un progetto della massima segretezza.

A un certo punto, da quello che mi hanno raccontato, padre e figlia sono fuggiti e poco dopo Samuela era stata rapita, proprio da Graziano, il mafioso che hanno arrestato. Immagino che Tapu Koko si riferisse al suo arresto, quando aveva parlato di aver reso il mondo un posto migliore.

Mi hanno raccontato di come Sebastian sia stato ucciso proprio a causa del progetto a cui aveva lavorato e di come Taelia sia scomparsa nel nulla e di come Celebi l’abbia riportata dal passato. 

Solo che non so come questo si colleghi al resto della storia. E mi hanno detto che, purtroppo non mi possono dire molto altro. Ash è un mio amico, so che non mentirebbe.

Qui ci sono in mezzo mafia e servizi segreti. So che prima della mia sete di curiosità viene la sicurezza.

Magari riuscirò ad ottenere delle informazioni maggiori, senza mettere a rischio la loro sicurezza.

Altre cose importanti che sono successe e di cui vado molto fiera è quella per cui ho insegnato a Serena, Taelia e Lucinda come utilizzare le mosse Z. E tanto loro quanto i loro Pokémon erano entusiasti della cosa. 

Poi domenica abbiamo finalmente fatto quei giri sulla Triposto che tanto temevo.

Alla fine non è stato male. Almeno ne sono uscita intera. O almeno credo. È stata un’esperienza che non sono sicura che ripetere, ma è stato molto meglio di quanto immaginassi.

Non per quello che riguarda l’esperienza in sé. Ad ogni curva era come se cercassero di staccarti la testa, a ogni frenata come se ti dessero un calcio nella schiena. 

Ogni accelerazione un pugno nello stomaco. Come ha anche  detto Vera, in molti punti era davvero difficile respirare. 

In conclusione non so se lo rifarei, ma credo che si tratti di un’esperienza da fare almeno una volta. 

Poi, ho visto come l'hanno presa i miei amici di Alola. Ibis, Suiren, Kawe, Chrys, tutti molto gelosi. Avrebbero voluto tutti essere al mio posto. E in più Ibis mi ha detto che sembravo davvero una pilota professionista. 

Finalmente era arrivato il giorno delle prime prove. Alla fine né Samuela né i genitori di Lylia e iridio erano venuti alla gara. 

Gli altri avevano assistito alle prove dai Box, come promesso.

Era notte e si stava disputando la seconda sessione di prove libere. Per Ash era piuttosto strano. Non aveva idea che si potesse correre di notte, anche se, a giudicare dalle parole del telecronista, Shiro Shinobi, la pista era praticamente illuminata a giorno, per cui per i piloti non sarebbe cambiato molto, contrariamente sarebbe cambiato molto a chi seguiva la gara lì o da casa.

O le sessioni di prova, in questo caso. 

Shinobi, da buon telecronista, era un tipo piuttosto logorroico. In quel momento i vari piloti stavano provando il passo gara. Secondo le parole del telecronista in quella sessione ci sarebbero state delle condizioni simili a quelle della vera gara. 

Lylia era poco interessata a quelle cose. Era venuta lì perché non farlo le sarebbe sembrata una mancanza di rispetto. Era sorpresa, da come tutti gli altri trovassero quella sessione quasi ipnotica.

I piloti ARTM avevano iniziato a fare una simulazione della gara. Con tanto carburante. 

E sembravano dei veri e propri martelli. Giri su giri tutti costanti, anzi. Più la quantità di carburante diminuiva, più andavano veloce. Non serviva di sicuro un genio per capire che la lotta per la vittoria sarebbe stata affar loro. 

A un certo punto del run i due piloti tornarono ai box, a poca distanza l’uno dall’altro.

I meccanici si limitarono a sostituire le gomme con delle altre, poi i due ripartirono.

Poi continuarono il run, con dei tempi ancora migliori.

Terminato anche questo restava solo una mezz’ora. 

Ora entrambi i piloti avevano portato le loro auto dentro il garage. 

I meccanici si erano limitati ad aggiungere del carburante ad entrambe le auto e a fare delle piccole regolazioni sulle ali. Dopo questo i due erano usciti dai Box.

Pronti per fare una simulazione di qualifica, approfittando delle condizioni della pista estremamente simili a quelle che si sarebbero state il giorno dopo, durante le qualifiche vere e proprie.

Dopo questa sessione di prova, vi sarebbe stata quella dedicata alla categoria lite. Anche in quel caso la seconda sessione. Dominata da un’altra auto rossa. Con il numero tredici. Per quella categoria, quella era l’ultima sessione di prova, contrariamente alla categoria principale. Che, prima della qualifica aveva un’ulteriore sessione di prova.

Nelle qualifiche della categoria Lite, la pole era stata conquistata da Camilla. All’ultimo tentativo disponibile. Quel fine settimana non si trovava esattamente al massimo con l’auto. 

Era riuscita a non prendere bandiera per un secondo e aveva tentato il tutto per tutto in quell’ultimo giro. E, come nelle lotte, aveva ripagato. 

Ash voleva andare a farle i complimenti, scendendo da quel palazzo e farle i complimenti. Ma Lucinda lo riprese. Gli ricordò di come prima sarebbe dovuta passare per giornalisti, altri fan e debriefing. 

Il ragazzo, piuttosto deluso, avrebbe dovuto aspettare. 

Dopo un po’ ci sarebbero state le qualifiche della categoria principale e, come per quelle della categoria Lite, da regolamento, durante le sessioni ufficiali, era vietato trovarsi ai box a persone che non facessero parte del team. 

Ash e gli altri, quindi, erano rimasti a seguire la sessione di qualifica.

Dal momento che i titoli erano stati assegnati, la federazione aveva pensato a un nuovo format per le qualifiche. Non più una sessione unica da mezz’ora, ma due sessioni da un quarto d’ora. 

Nella prima avrebbero girato tutti, nella seconda solo i dieci più veloci. Era almeno la trentesima volta che il telecronista, Shiro Shinobi, spiegava il funzionamento del nuovo format delle qualifiche. E tutti si erano stancati di sentirglielo ripetere. Speravano che l’effettivo svolgersi delle stesse, lo avrebbe dissuaso dal ripeterlo per l’ennesima volta.

La prima sessione fu piuttosto tranquilla. Contrariamente a tutte le sessioni di prova fino a quel momento, non venne interrotta da bandiere rosse o simili. 

Sin dal primo tentativo fu chiaro chi sarebbe passato e chi no. Per i due ARTM il passaggio alla fase successiva fu una formalità. Per altri piuttosto difficile. 

Da quel terrazzo era possibile vedere tutto il circuito. E come se non bastasse era possibile anche ascoltare la telecronaca, per quanto possibile, dato che, nonostante l’altezza, il rombo dei motori era piuttosto presente, e vedere gli onboard attraverso degli enormi schermi. O, volendo potevano vedere quello che la regia internazionale voleva mostrare.

E in quel momento stava mostrando l’onboard di Orlando. 

Aveva concluso il giro di riscaldamento e stava percorrendo il primo rettilineo. In piena velocità, per quanto l’altissimo carico aerodinamico richiesto da quella pista, lo permettesse. 

Aveva tagliato il traguardo e stava percorrendo gli ultimi metri di rettilineo prima di scalare diverse marce ad affrontare la prima curva. Seguita a brevissima distanza dalla seconda e poi dalla terza, un tornantino. 

Quindi la quarta curva, percorsa praticamente in pieno. Una frenata relativamente intensa per la quinta, una curva a destra. La sesta curva, affrontata in pieno, faceva pensare a una continuazione del rettilineo, per poi finire della settima curva, l’ultima di quel settore, una curva ad angolo retto verso sinistra. Questo implicava una violenta frenata. Il tempo era migliorato di due decimi rispetto al suo miglior tempo precedente ed era più veloce di uno rispetto al suo compagno di squadra, passato di lì poco prima.

Entrato nel secondo settore un brevissimo rettilineo portava ad una seconda curva ad angolo retto. Questa volta a destra. Ora vi era la nona curva non ad angolo retto, leggermente più morbida, ma comunque piuttosto lenta, a sinistra. Altro breve rettilineo, una curva ad angolo retto e un altro breve rettilineo. 

Percorso lo stesso, un tornantino che portava ad un rettilineo, spezzato dall’ennesima curva ad angolo retto. Un brevissimo rettilineo determinava la fine del settore. 

Aveva guadagnato all’incirca altri tre decimi sul suo tempo precedente. 

Il suo compagno di squadra aveva sbagliato e aveva alzato il piede. Avrebbe potuto rinunciare a quel giro e ottenere la pole, ma voleva concludere l’opera, se fosse stato possibile.

Il breve rettilineo terminava con una curva da fare in pieno e una brusca frenata. 

Ancora una curva ad angolo retto e un altro breve rettilineo. Poi una curva ad angolo ottuso e finalmente il rettilineo principale. 

Orlando aveva migliorato di altri due decimi il suo tempo. Ottenendo l’ennesima pole della stagione. E aveva fatto anche il record in qualifica della pista. Un minuto, diciannove secondi e trecentonovantasei millesimi.

Max fece un rapido calcolo. 

- Quindi tra la categoria principale e la categoria lite ballano circa quattordici secondi? E anche in gara mi sembra che il distacco sia simile.

- So contare. Non serve che tu me lo faccia notare. 

Iridio si chiedeva come avesse fatto a non prendere un bastone e colpirlo ripetutamente. Naturalmente senza prima chiedere il permesso.

Forse il fatto che sua sorella non fosse affatto male?

Il ragazzo si calmò un secondo. Forse il motivo per cui non lo aveva preso a sprangate nei denti era che non valeva la pena finire in gattabuia per una persona che forse non avrebbe più visto.

In ogni caso le qualifiche erano terminate, confermando lo strapotere delle ARTM. Per l’ennesima volta avevano conquistato l’intera prima fila. 

Come da tradizione, una volta  concluse le qualifiche, i primi tre classificati si erano posizionati davanti ai segnaposto numerati. Appena usciti dalle auto sarebbero stati intervistati.

Poi ci sarebbero delle sessioni coi fan e infine, finalmente si sarebbero potuti riunire coi team. 

Spesso con le gare in notturna si faceva molto tardi e quindi le riunioni con i team erano rimandate al giorno seguente. E questo era uno di quei casi. Soprattutto se si doveva concretizzare un risultato con così alte aspettative.

Se ne aveva la possibilità, Orlando seguiva le gare delle categorie minori, come della categoria Lite.

E quella gara non faceva eccezione. 

Camilla si era guadagnata la pole il giorno prima, all’ultimo tentativo. Prima di partire si era incontrata brevemente con tutti. Solo il tempo di salutarsi e di ricevere gli auguri.

Dalle prove era evidente come non avesse il ritmo per fuggire. La vittoria se la sarebbe dovuta guadagnare sul campo, a suon di chiusure e di cattiveria. L’aspetto della strategia era sì importante, ma più influenzato dal fattore umano. Contrariamente alla categoria principale, infatti era proibito impiegare i Pokémon nel reparto strategico.

Nonostante fosse in parte occultato alla vista, da poggiatesta e Halo, un ottimo modo per riconoscerla era il casco. Blu scuro per la maggior parte, con del rosso sulla parte inferiore. 

Sulla parte sopra la visiera una stella gialla a cinque punte. Quella che punta verso il basso è più lunga di tutte le altre. 

Nella zona della visiera un disegno di denti affilati.

Ora stava portando a termine il giro di schieramento. 

Avrebbe dovuto attendere che gli altri completerassero  lo schieramento e che i commissari dessero l’ok accendendo le cinque luci rosse. Che da lì a poco si sarebbero spenti e sarebbe potuta partire.

E… la partenza fu un autentico disastro. 

Non per lei, che partì relativamente bene. Non venne superata alla partenza e poteva imporre il suo ritmo. Ma, alcune file dietro di lei, un pilota non era partito. La sua auto era rimasta ferma sulla griglia. Quasi tutti erano riusciti a evitarlo, meno un pilota che partiva dal fondo della griglia. Il tamponamento fu inevitabile. 

I comissari diedero la bandiera rossa. 

Guardando dall’alto, da quella posizione così privilegiata, le cose erano apparse perfino peggiori di come realmente erano. 

E Lylia si era spaventata non poco. Aveva spiegato come fosse per quello che le corse la spaventassero e di come temeva che sarebbero potute accadere delle cose del genere.

Ironicamente a spiegarle che non era nulla di troppo grave e che i piloti sarebbero usciti senza problemi, fu Serena, la stessa che, qualche tempo prima aveva temuto per la vita di altri piloti, in un incidente molto meno grave.

Dopo mezz’ora la pista era stata sgomberata dai vari detriti e i due piloti coinvolti si erano nuovamente schierati in griglia. Con le vetture di riserva, ovviamente. 

Questo rassicurò tutto il pubblico. In particolare una certa ragazza.

Ad ogni modo la gara ripartì, da regolamento, accorciata di un giro e, questa volta, alla partenza non vi furono incidenti, per fortuna. La gara proseguì regolarmente fino al venticinquesimo giro. Quando la gara venne interrotta da una safety car. Uno dei piloti nelle ultime posizioni aveva rotto il motore, lasciando una grossa scia d’olio sulla pista. 

Un altro pilota aveva perso il controllo su quella chiazza d’olio finendo contro le barriere.

Camilla che ancora non si era fermata e che fino a quel momento aveva mantenuto la testa della gara, venne richiamata ai box. Ancora non si era fermata e l’occasione di risparmiare tempo era troppo grande per non sfruttarla. Nel mentre i commissari avevano rimosso l’auto incidentata dalle barriere e sparso della polvere assorbente nelle zone della pista riempite d’olio.

La gara proseguì regolarmente fino alla fine. Contrariamente alla massima categoria, il regolamento prevedeva una sola sosta obbligatoria. 

La gara ripartì al trentesimo giro, per poi terminare al trentanovesimo. Con la vittoria di strettissima misura della campionessa di Sinnoh. 

Aveva dovuto rintuzzare numerosi attacchi del secondo classificato a suon di sportellate e chiusure al limite.

In ogni caso aveva vinto la gara e, dopo le interviste post gara e i festeggiamenti sul podio, poteva finalmente rilassarsi. 

Dalle telecamere che inquadravano i box, avevano visto come Orlando avesse fatto uscire il suo Metagross dalla Pokéball. Il telecronista aveva spiegato come quel Pokémon fosse il suo stratega e di come un suo simile fosse, invece, lo stratega della squadra. Questo scatenò la curiosità di Ash.

- Perché mai un Metagross come stratega?

Chiese, estremamente perplesso.

- Ho letto in un libro che Metagross ha quattro cervelli e una potenza di calcolo e di elaborazione dei dati superiore a quella di qualsiasi supercomputer. 

Gli rispose Lylia.

- E con tutte le variabili che ci sono in gioco in un Gran Premio avere uno stratega del genere non è per nulla male.

Aggiunse il fratello. 

- Ho capito, ma ho una domanda. Ma come mai non usano Pokémon come Xatu che possono prevedere il futuro?

Chiese poco dopo.

- Non possono usare Pokémon che possono prevedere il futuro. Alimenti che strategia sarebbe?

Nel frattempo, l’ attenzione di Ash era stata attirata da qualcos’altro. Parte della pavimentazione della griglia di partenza si era girata, rivelando un campo di lotta. Che si era sollevato di alcuni metri. Da entrambi i lati erano comparse delle scale per permettere agli allenatori di salire.

- Prima che inizi il gran Premio, come da tradizione, vi sarà una lotta di Pokémon tra i diversi piloti. Come sapete, si tratterà di lotte in doppio tra piloti della stessa fila, quindi non è detto che sia tra compagni di squadra. Questo è un ottimo modo per evitare incidenti durante la partenza. Da regolamento, per le tre fasi dovranno usare dei Pokémon diversi. 

Spiegò il telecronista. 

- Si partirà dalle ultime file verso le prime. Le lotte saranno una sorta di torneo, per cui solo i vincitori potranno accedere alla fase successiva.

Poiché alla fase successiva passeranno unicamente i vincitori. Dal momento che sono dieci file, la fila vincitrice più indietro non passerà alla fase successiva.

- Ah, quindi è come se fosse un torneo di quelli tenuti da Don George!

Il tono di Ash era piuttosto entusiasta.

- E chi sarebbe questo don George? 

Chiese Lylia.

- Vedi. Ad Alola vi è la tradizione del Battle Royale, che non ha di sicuro bisogno di presentazioni. Qui ad Unima, invece ci sono i club di lotta. Dei veri e propri tornei ad eliminazione.

- Capisco. Quindi in ogni regione si seguono delle tradizioni di quella regione?

Chiese poco dopo.

- Non so. Sono stato solo qui e a Kalos. In ogni caso credo che sarebbe meglio godersi le lotte. Anche se sembra che non siano esattamente delle cime.

Commentò Ash.

Il torneo andò avanti e finalmente si incontravano i piloti delle prime due file. Orlando, il suo compagno di squadra Alberto contro Bernard e Jean.

Orlando aveva schierato il suo Togekiss, mentre Alberto un Excadrill.

I loro avversari, invece un Torterra e un Mamoswine.

Avevano ricevuto l’ok per cominciare. Da regolamento chi era nelle file davanti poteva attaccare per primo. 

Orlando e il suo compagno di squadra scambiarono uno sguardo d’intesa.  

- Benissimo. Se possiamo cominciare allora facciamolo in grande stile. Togekiss! Eterelama su Torterra!

Il Pokémon festa iniziò a generare dalle ali delle lame d’aria che colpirono pesantemente l’avversario. Anche se lo stesso, per via delle sue grandi capacità difensive, sembrava non preoccuparsene più di tanto. Contemporaneamente il Mamoswine avversario era stato colpito dal potente Metaltestata del Excadrill di Alberto, che aveva preso la rincorsa dalla sua metà del campo, colpendolo con un potentissimo colpo della testa. L’impatto era stato talmente violento da far arretrare il Pokémon Duezanne di alcuni metri.

Gli avversari avevano tentato di rispondere agli attacchi avversari. 

Bernard aveva ordinato al suo Torterra di utilizzare pietrataglio. Si sarebbe aspettato di veder uscire dal terreno dei grossi massi che, in qualche modo avrebbero dovuto colpire il Togekiss avversario, ma con suo enorme stupore, Torterra rimase fermo come una statua. 

Destino simile per Mamoswine. 

- Bene, se non possono attaccare, tocca di nuovo a noi. Togekiss Forzasfera su Mamoswine!

- E tu Excadrill usa Forbice X su Torterra!

I due Pokémon attaccarono al contempo. Il Pokémon festa colpì l’imponente avversario con una gigantesca sfera di energia azzurra, che esplose al contatto con l’avversario, mentre il Pokémon Sottoterra aveva cominciato a caricare il Pokémon 

Continente. I suoi arti superiori, incrociati,  si erano illuminati di una luce azzurrina.

Sembrava formassero una sorta di X.  

Torterra venne colpito in pieno muso. Il suo allenatore aveva l’opportunità di attaccare da vicino l’avversario, un’occasione che non poteva farsi sfuggire. 

Aveva ordinato un Energipalla. Dalla bocca del Pokémon continente si stava generando una sfera di energia verdognola, simile, per certi versi ad un occhio. La potenza dell’attacco, unita alla distanza ravvicinata del bersaglio, fece sì che il Pokémon Sottoterra arretrasse di alcuni metri. 

Per attutire l’impatto il Pokémon si era chiuso in se stesso, similarmente ad una crisalide. Appena raggiunto il terreno era tornato come prima. Pronto ad attaccare.

Intanto il Mamoswine avversario aveva generato dalle zanne delle scaglie di ghiaccio, pronto a lanciarle contro il Togekiss avversario.

- Lanciafiamme!

Ordinò Orlando, prima che fosse troppo tardi. Il potente attacco di fuoco sciolse il ghiaccio e colpì l’avversario.

- Mamoswine non può più continuare. Da regolamento la lotta diventa ora un uno contro uno. Come da regolamento si favorisce il pilota posizionato più avanti.

Spiegò il telecronista.

Mentre Alberto e Jean scesero dalle  rispettive scale, ora lo scontro era solo un uno contro uno. 

Il regolamento dava sempre la prima mossa a chi era classificato davanti. 

- Molto bene Togekiss, vai con lanciafiamme!

Mentre il Pokémon Festa sputava dalla bocca una gigantesca fiammata, diretta contro l’avversario.

- Su, Torterra difenditi con Pietrataglio!

- Presto! Schiva e poi usa Eterelama!

Il Pokémon Festa spiccò il volo evitando i massi affilati apparsi sul terreno dall’avversario. Per poi posizionarsi dietro di lui, colpendolo nel guscio con delle lame d’aria.

Non sembrava che quei colpi avessero scalfito chissà quanto. Ma, come la volta precedente, l’abilità Leggiadro di Togekiss aveva fatto il suo lavoro. E quel bestione non poteva muoversi.

- E ora… It’s Hammer Time! Lanciafiamme!

Il Pokémon Festa aveva sputato dalla bocca una gigantesca fiammata che colpì l’avversario in pieno. Bruciandolo, come se ce ne fosse bisogno. 

Il Ko di quel Torterra fu una mera formalità.

- Ti ringrazio. Sei stato bravissimo.

I due avanzarono quindi alla fase seguente, dove affrontarono coloro che si erano qualificati per la quarta fila. Vincendo la lotta con facilità. Orlando aveva schierato il suo Lucario e Alberto un Venusaur. Si sono scontrati contro uno Steelix e un Tyranitar. 

Erano arrivati alla fase finale. Si sarebbero scontrati contro coloro che si trovavano in ottava fila. 

Orlando schierò la sua Greninja, mentre Alberto un Flareon.

I loro avversari erano Dino e Robert. 

Il primo schierò un Incineroar,  e una Lilligant. 

- Ed ecco  la finale in cui si scontreranno i piloti della prima fila con quella dell'ottava! 

Commentò il telecronista.

- E sembra che Orlando abbia un nuovo Pokémon. Un Greninja! Deve essere molto sicuro se lo schiera per una finale.

Dalla terrazza, Tealia aveva sentito tutto e aveva avuto modo di controbattere, per quanto potesse essere importante.

- In realtà sarebbe il suo primo Pokémon.

- E come fai a saperlo?

Le chiese Vera. probabilmente non era stata molto attenta quando avevano raccontato la storia, o quantomeno la versione che avevano raccontato al processo.

- Vedi. Taelia è stata portata dal passato da Celebi. La storia intera magari te la racconto di nuovo una seconda volta, di base sappi che suo padre è stato ucciso poco meno di nove anni fa e Taelia era scomparsa nel nulla.

Comunque il punto focale della storia era che Taelia e Orlando erano ottimi amici da piccoli. Lui aveva appunto una Greninja e lei appunto una Gardevoir. 

Orlando e la sua famiglia sono fuggiti il giorno della sua scomparsa e lui è stato costretto a liberare Greninja. E si sono potuti rincontrare solo qualche settimana fa.

Le spiegò Lucinda.

- Questo spiega come mai sembravano davvero molto molto legati. Per esempio quando lottava contro Blaziken ha capito perfettamente quando sarebbe bastato un solo colpo per sconfiggerlo, ha lasciato fare a Lylia. 

Ash intanto stava osservando quella lotta. Nonostante fosse l’allenatore più forte di tutti, aveva comunque avuto la possibilità di saggiare l’abilità di Orlando.

E nemmeno in quel caso si era smentito. Aveva appena chiesto alla sua Greninja di tagliare il Parassiseme di Lilligant con acqualame. Lasciando il Pokémon Fiorfronzolo alla mercé di Flareon, che la colpì con un potente rogodenti.

Contemporaneamente anche Incineroar era in grossi guai. Era stato imprigionato sul terreno di lotta dagli acqualame di Greninja e la stessa ne stava caricando uno gigantesco. Ad Ash questo gigantesco acqualame fece pensare al suo Greninja. Uno di quei giorni sarebbe andato sicuramente a trovarlo.

In ogni caso quell’Acqualame fu più che sufficiente a sconfiggere Incineroar. Contemporaneamente anche Lilligant era stata sconfitta dal fuococarica di Flareon.

Facendo sì che i vincitori del torneo fossero appunto Orlando e Alberto.

Finito il torneo, il campo di lotta aveva fatto di nuovo spazio alla griglia di partenza. 

I piloti, nel frattempo, avevano compiuto i giri di schieramento, momento in cui Ash si era sentito in dovere di dover spiegare la procedura. 

Anche se, contrariamente a Kalos, non vi era alcuna esibizione della pattuglia aerea. E nemmeno dei fuochi d’artificio.

Piuttosto delle strane luci volanti che formavano delle figure di Pokémon.

- E quelle cose che sarebbero?

Chiese Taelia.

- Sono dei droni. Esistono delle aziende specializzate che gli usano per fare degli spettacoli.

Le rispose Lylia, con la sua solita gentilezza.

Intanto, il giro di formazione era partito e tutti erano partiti senza problemi allo spegnimento dei semafori rossi, con Orlando che aveva mantenuto la testa della corsa. 

Il compagno di squadra in seconda posizione. Non che non lo avesse attaccato, ma aveva pensato ad evitare collisioni, piuttosto che a superare il compagno di squadra.

La gara era proceduta regolarmente. Forse non attaccare il compagno di squadra, non era stata una buona idea non 

sorpassarlo nelle fasi iniziali. Era riuscito a guadagnare un certo vantaggio e nemmeno la sosta, effettuata in sequenza a causa di una Safety car.

Per la seconda sosta non ve ne fu bisogno. I due erano ben distanziati, tanto dagli altri quanto tra loro, quindi, anche in quel giro si fermarono insieme.

La gara si concluse con il giro veloce all’ultimo giro da parte di Orlando, che aveva comandato la gara dal primo all’ultimo giro, dopo essere partito dalla prima posizione. 

Aveva, in buona sostanza, completato un Grand Chelem. Il massimo del dominio di un Gran Premio. Come se in una lotta Totale un allenatore avesse sconfitto tutti i Pokémon avversari senza che nessuno dei suoi sia andato Ko.

Dopo le consuete interviste, a consegnare il trofeo era la campionessa, Iris. La ragazza dai lunghi capelli viola era vestita con il suo solito abito da cerimonia.

Aveva consegnato senza particolari problemi, ma anzi con un sorriso e una stretta di mano, le coppe, tanto al terzo quanto al secondo.

Era poi arrivato il momento di consegnarlo al vincitore. Orlando Bir. Gli aveva passato il trofeo come se fosse un sacchetto della spazzatura e si era rifiutata di stringergli la mano. Beccandosi i fischi da parte del pubblico.

- Ma che le ha fatto che lo tratta così male? Non mi è sembrato una cattiva persona. Anzi.

Chiese Lylia, che aveva assistito a quella scena dal maxi schermo.

- Sai, lui l’ha buttata fuori dagli Otto professionisti e lei non ha ancora digerito la cosa.

Le spiegò Ash.

- Beh, se è per quello, come immagino sappiate, mi ha sconfitta al Grand Festival. Eppure non me la sono presa così tanto.

Rispose Vera. 

- Si, certo, non te la sei presa! Hanno dovuto chiamare i muratori per riparare il buco nel muro del camerino e ti sei fatta tre settimane con il tutore al polso.

La ragazza ignorò il commento del fratello.

- Non conosci Iris. Potrei descriverla come una persona che se la lega al dito. Parecchio.

Intanto la cerimonia del podio era concluse e finalmente Orlando si era ricongiunto con i suoi. Dopo un po’ venne raggiunto nell’hospitality dal gruppo.

Erano stati invitati a prender parte ai festeggiamenti per l’ennesima vittoria e l’ennesima doppietta della stagione.

- Scusa se te lo chiedo, ma immagino che tu ci sia rimasto male per quello che è successo sul podio.

Intervenne Ash.

- Non importa. So che se l’è presa perché ha perso. E si, ammetto di averci scherzato con voi sulla lotta che ho avuto contro di lei. Ma, in realtà, lei è stata davvero un osso duro.

- Bene. Ma non avete mai pensato di riappacificarvi voi due? 

Chiese Lucinda.

- Magari proponile di fare qualche giro sulla triposto. Credo che Ash si offrirebbe tranquillamente volontario per fare dei giri con lei. Non è vero?

Aggiunse poco dopo.

Ash non rispose. 

- Potrebbe essere un’idea. Ma non dipende solo da me. 

- Se il problema sono gli sponsor, possiamo occuparcene con la Fondazione. Magari esponete il logo un paio di gare in più e vi paghiamo i giri. Non posso promettertelo perché prima dovrei parlarne ma…

Si aggiunse Lylia. 

- In quel caso non sarebbe un problema. Ma prima dovremmo trovarla.

- E prima ancora, se è davvero un osso duro come dici, mi piacerebbe lottare contro di lei.

Concluse Iridio. 




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