Sulle Ali del Cavaliere

di The Princess of Stars
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il Cavaliere ***
Capitolo 3: *** Contatto ***
Capitolo 4: *** Progressi ***
Capitolo 5: *** Nuovi Legami ***
Capitolo 6: *** Il Passato di Samael ***
Capitolo 7: *** Rompere le Barriere ***
Capitolo 8: *** La Prova ***
Capitolo 9: *** Rottura ***
Capitolo 10: *** Ponti ***
Capitolo 11: *** Il Drago ***
Capitolo 12: *** Possono Capirsi Molte Cose da un Bacio ***
Capitolo 13: *** Vite Parallele ***
Capitolo 14: *** Scherzo o Dono? ***
Capitolo 15: *** Risveglio ***
Capitolo 16: *** Paura ***
Capitolo 17: *** Una Madre Apprensiva ***
Capitolo 18: *** Nuove Ferite ***
Capitolo 19: *** Mettere il punto ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ciao a tutti!
Indovinello: cosa succede quando un Dungeon Master eccezionale, amante delle Cronache del Mondo Emerso, ti fa conoscere Nihal (maga) ma mantenendo la stessa essenza delle Cronache, tu ci fai una romance e poi ti regalano per il compleanno le Cronache del Mondo Emerso? Ebbe sì! Lo sto leggendo e ho finito il primo libro, e ovviamente il mio cervello è partito e mi è sorta la domanda: come si sarebbe inserito nella storia originale il personaggio con cui ho giocato la campagna e ho avuto la romance con Nihal?
Ecco, questa breve storia è la risposta a quella domanda. Piccolo inciso, questo personaggio è ampiamente basato su Lucifer e all'interno di questa storia ho tentato di traslare al meglio il personaggio che ho creato e giocato.


Buona lettura!


Soana rivolse ai ragazzi un sorriso, poi si voltò senza guardarsi mai indietro, lasciando in Nihal e Sennar una parte di sé. La maga si fece forza pur di non guardarsi alle spalle e tornare da quei ragazzi che aveva cresciuto e addestrato negli ultimi quattro anni. Sennar era ad un passo dall’essere uomo. Soana sapeva che senza di lei quel ragazzo avrebbe finalmente aperto le ali e sarebbe sbocciato. Tuttavia a preoccuparla era Nihal. Da quando la verità era venuta a galla e Livon era morto, la mezzelfo non era più quella che conosceva. La strada che aveva scelto era quella che desiderava, ma era un’arma a doppio taglio. Una persona con la rabbia che Nihal teneva chiusa in sé stessa poteva o trovare sfogo oppure poteva portarla ad una via rovinosa fatta di violenza e crudeltà. Soana voleva assicurarsi che non si perdesse nel proprio dolore.

Nihal era appena giunta all’Accademia quando Soana si fermò alla sua prima e non poco importante tappa. Quando giunse al campo nel mezzo della radura nascosta, la maga venne accolta da un meraviglioso odore di stufato e una leggera sfiammata accanto a sé. Soana alzò lo sguardo e incrociò gli occhi scarlatti del drago che la guardavano con diffidenza.

“Vedo che non si smentisce mai come la tua cucina” disse distogliendo gli occhi dal drago solo quando sentì la voce del Cavaliere risponderle.

“Se vuoi favorire ce n’è abbastanza per due. Spero che Fen non se la prenda se conquisto la sua donna con la magia culinaria” l’uomo che cercava uscì dalla tenda poco distante.

“Ti ricordo che potrei essere tua madre” rispose Soana accettando la ciotola di stufato offertale.

“Ma non lo sei e io potrei avere un debole per le donne mature e affascinanti” un sorriso beffardo era stampato sul suo volto.

“Modo molto cortese ed elegante per dirmi che ho un’età”

“No, modo molto cortese ed elegante per dire che passa il tempo e tu sei sempre uno splendore” e posò un delicato bacio sul dorso della mano della maga.

“Sei incorreggibile…” disse scuotendo la testa finalmente scoprendo un piccolo sorriso.

“E tu mi dai corda perché ti diverti, visto che Fen a volte è così galantuomo da essere noioso. A proposito si è svegliato un po’ dalle mie ultime avances, Consigliera?” si fece più serio “Anche se ho sentito che non dovrei più chiamarti così”
Soana sospirò e si sedette sullo sgabello offertale dal giovane, mentre lui si mise a terra accanto a lei, poggiando la schiena sul suo drago.
“Mi dispiace per Salazar e per Livon. Mi sarebbe piaciuto conoscere tuo fratello”

“Anche a me… ma la situazione è questa e dobbiamo guardare avanti e agire. È per questo che ti ho cercato. Ho bisogno di un favore da chiederti, sei l’unico di cui possa fidarmi per questo. Si tratta di Nihal”

“La tua allieva. Fen mi ha parlato di lei. Ho visto lo scontro, è stata molto brava. Raven non l’ha presa bene quando ha steso il mercenario” disse con un sorrisetto compiaciuto.

“Scusa… mercenario? Il Generale Supremo ha barato?”

“Soana mi meraviglio del tuo stupore. Nihal è una donna. Credevi veramente che Raven non avrebbe giocato sporco pur di non averla tra i piedi? E in aggiunta credevi davvero che anche se avesse vinto, come ha fatto, l’avrebbe fatta entrare se qualcuno non gli avesse sventolato il contratto col mercenario davanti al naso, in mezzo alla folla che già richiedeva l’ingresso di Nihal?” e le mostrò una pergamena col sigillo del Generale Supremo.

“Quindi stavolta è per questo che ti sei rintanato qui. Immagino tu ne abbia fatta una copia”

“Assolutamente sì. Sono una persona seria io, cosa credi?” disse con un sorrisetto “Comunque domani riporto l’originale. Così Sua Boriosità smette di starmi col fiato sul collo”

“Ti ringrazio” l’azione del cavaliere la rincuorò. Forse non avrebbe nemmeno dovuto convincerlo.

“E di cosa? Nihal è fenomenale con la spada. Se è quello che vuole merita gli studi in Accademia” disse scrollando le spalle come se fosse una cosa da poco.

“Allora se la vedi così siamo un passo avanti nel favore che volevo chiederti” disse Soana tornando all’argomento principale. Il giovane si mise in ascolto.

“Nihal è molto più importante di quello che uno possa pensare” non si risparmiò in dettagli. Gli raccontò tutto, dal ritrovamento, allo sterminio della sua razza, a come Livon l’avesse cresciuta e la sua decisione nel diventare Cavaliere di Drago. Gli spiegò le sue preoccupazioni per lei dovute alla rabbia che la ragazza covava verso sé stessa, il Tiranno e il mondo.

“Io non posso starle accanto, devo trovare delle risposte e ho paura che le sfide che dovrà affrontare possano portarla alla rovina invece che farla felice” lo fissò negli occhi “Ti chiedo solo di vegliare su di lei. Non farle intraprendere quella strada che hai preso tu” il giovane lasciò sfuggire una risata amara.

“Mi stai chiedendo di allontanarla da una strada da cui io stesso non sono ancora fuori” il ragazzo abbassò lo sguardo, i suoi occhi improvvisamente rattristiti. La mano di Soana lo accarezzò delicata sulla guancia resa ruvida da un’ombra di barba e lui reclinò la testa accoccolandosi a quel tocco per poi posarle un leggero bacio sul palmo.

“È anche per questo che ho pensato a te. Non siete poi così diversi. Nihal ha bisogno di qualcuno che possa capirla e magari aiutare lei può aiutare anche te”

“Soana, non serve che usi questi giochetti con me, ho accettato il giorno stesso del duello l’ennesima richiesta di diventare maestro di Accademia per insegnare a Nihal. Non avrà pari opportunità lì dentro ha bisogno di avere qualcuno dall’interno che gliele conceda” disse lui sorridendole “Ovviamente la richiesta è stata accettata. Adesso ho un guinzaglio addosso, ma per coltivare il dono della tua allieva è un guinzaglio che tollero volentieri, soprattutto se sei venuta a cercarmi fin qui per chiedermi di vegliare su Nihal” Soana aveva già lasciato cadere la mano e a quelle parole sentì un masso sollevarsi di colpo dal suo cuore e le sue spalle.

“Lo fai veramente per questo?” gli chiese seria, fissandolo negli occhi. Lo sguardo del giovane era un riflesso del suo.

“Ammetto che una parte di me lo fa anche per infastidire quel pallone gonfiato di Raven, ma non è quello il motivo. Riconosco un talento quando lo vedo e Nihal lo è. Quella ragazza è un diamante allo stato grezzo che ha bisogno di essere raffinato, farsela scappare per un pregiudizio idiota e tradizioni stupide è semplicemente da imbecilli. Con quel combattimento l’opportunità di diventare cavaliere se la è ampiamente meritata ma starà a lei tenersela stretta. Posso insegnarle e vegliare su di lei, ma la sua permanenza in Accademia è solo in mano sua” il tono di fece lievemente preoccupato “Inoltre stando a quello che mi hai detto, se è davvero così importante per il futuro contro il Tiranno, allora deve imparare a difendersi e combattere. Non possiamo lasciare nulla al caso” poi il sorriso spavaldo gli tornò sul volto “Diciamo che visto che hai solo incentivato la mia iniziativa. Sono ancora io a dovere a te e Fen un favore” disse facendole l’occhiolino. Soana sorrise sollevata.

“Grazie, Samael” la maga posò di nuovo lo sguardo su di lui “Prima ero seria. Credo davvero che aiutare Nihal possa aiutare anche te. Che tu ci creda o no, meriti davvero di essere dove sei”

“Spero che tu abbia ragione Soana…” aveva distolto lo sguardo per un secondo per poi rivolgersi di nuovo alla donna che vide una maschera di allegria calare sul suo volto. Aveva ottenuto quello che voleva e lui voleva cambiare discorso. Non lo avrebbe forzato, aveva già fatto più di quanto avesse voluto.

“Beh! Se abbiamo finito con le cose serie assaggia e amami” disse con un sorrisetto fiducioso, quasi arrogante.

“Se mi sento male ti considererò responsabile”

“Quando mai la mia arte non ha soddisfatto il tuo palato?”

“Mai…” assaggiò e la maga si sentì investita dal paradiso “… e anche stavolta non è stata da meno”

“Dico a Fen che è tornato scapolo?”

“Se tra le altre cose insegni a Nihal a fare almeno un piatto commestibile potrei anche pensarci”

“Allora Fen è già scapolo” disse con un sorrisetto

“Buona fortuna!”

“Capacità culinarie pessime?”

“Inesistenti. Fossi in te pregherei nel miracolo”

“Tu sottovaluti il mio potere”

Quella sera, nonostante le sue proteste, alla fine la maga accettò di dormire nella tenda che il giovane cavaliere le cedette per la notte, mentre lui avrebbe dormito nella ciambella formata dal corpo del suo drago accovacciato a terra.
L’indomani la maga riprese il suo viaggio alla ricerca di Reis, mentre Samael, smantellato l’accampamento, tornò in Accademia per adempiere alla propria promessa a Soana e a sé stesso.
 
E questo era il prologo!

Giochetto aperto a tutti! Se siete interessati a qualche dettaglio sul mio Samael originale della campagna di Dungeons&Dragons, scrivetemi che razza e classe 
credete che sia nella campagna. Scrivetemi poi cosa volete sapere e vi risponderò in privato.

Grazie a tutti!

 

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Capitolo 2
*** Il Cavaliere ***


Ciao a tutti!
Ecco il primo capitolo vero e proprio! Fatemi sapere cosa ne pensate!

Buona lettura e grazie a tutti!

 

“Corso base… davvero?” perché non era sorpreso? Lui l’aveva sfidato e anche Nihal. Era naturale che gli mettesse i bastoni tra le ruote. Raven aveva capito perfettamente che Samael aveva accettato l’ultima offerta di docenza solo per la mezzelfo. Quel silenzioso ricatto nella folla ne era la prova.
 
“È una recluta. Farà tutto il percorso delle reclute… se riesce a starle dietro” rispose il Generale Supremo
 
“Abbiamo il Tiranno che ci massacra, c’è una recluta già avanzata e tu le fai perdere tempo invece che investirlo nel farla migliorare perché ha ferito il tuo ego? Davvero saggio, Generale”
 
“Stai al tuo posto Samael. La mia decisione è definitiva” ringhiò l'uomo “Passerà al tuo corso solo quando gli altri istruttori saranno concordi all’unanimità. Ora sei congedato… maestro” disse con un sorrisetto trionfante. Samael fece un inchino di congedo e uscì dalla sala. Esatto. Maestro. Pensò con un piccolo sorriso compiaciuto E se c’è qualcosa in cui sono maestro è sfruttare le regole a mio vantaggio.
 
Nihal non lo aveva notato al tavolo dei maestri durante i pasti. Samael preferì così, gli avrebbe facilitato il lavoro. Lo scenario che seguì gli fece salire una rabbia che a stento trattenne. Nihal era sempre da sola e veniva allontanata dai compagni. Nessuno l’accolse. La trattarono con freddezza e distacco come se non meritasse di essere lì solo perché diversa. Per la prima volta Nihal si sentì esattamente così: diversa. Samael non intervenne. Non avrebbe fatto Papà Chioccia. Nihal doveva affrontare questa realtà e le sue sfide da sola.
 
Passarono i giorni e Nihal ogni mattina dovette ascoltare in silenzio delle nozioni di spada che già conosceva e disarmare il ragazzetto di turno che si allenava con lei, il quale puntualmente cercava la scusa del perché una femmina lo avesse disarmato o di come glielo avesse permesso, facendo ribollire di rabbia la ragazza che davanti agli istruttori era impotente.
 
Pensò a come aveva immaginato la sua vita all' Accademia.
 
Paragonò i suoi sogni a quella realtà.
 
L’assalí la tristezza ogni giorno sempre di più.
 
 

Passarono due lunghe e interminabili settimane di solitudine e vessazioni, colmate da notti piene di incubi della sua gente sterminata e Livon ucciso davanti a lei.
 
Finito l’ennesimo monotono allenamento Nihal si diresse verso lo stanzino buio affibbiatole come camera.
 
“Recluta!” La mezzelfo non si voltò, c’erano dei ragazzi nei dintorni, non pensava parlassero con lei.
 
“Recluta Nihal!” la voce tuonò più autoritaria e Nihal sentendo il suo nome si fermò per poi voltarsi a guardare la fonte di quella voce giovane e tonica che decise appartenere ad un altro ragazzo in addestramento.
 
“Che cosa-Ouff!” le arrivò in faccia un guanto che per la sorpresa le impedì di vedere il ragazzo avvicinarsi. Era un guanto di sfida!
 
Bene. Chi è lo sbruffone che devo mettere al suo posto? Pensò alzando lo sguardo, ma lo sfidante le era passato accanto e lei riuscì a vedere solo la grossa statura in armatura.
 
“Tra due ore qui. Scegli l’arma che preferisci” alzò la voce “È un duello privato. Il primo che si affaccia diventa cibo per draghi. Chiaro?” Nihal rimase sorpresa, non tanto per l’audacia, ma per come delle reclute che camminavano intorno, a quelle parole era rimasto solo il suono dei loro passi in corsa ormai lontani.
 
“E tu chi diamine saresti?” disse Nihal stizzita per quell’atteggiamento strafottente.
 
“Presentati tra due ore e se mi andrà te lo dirò” non si voltò e continuò a camminare
 
“Tra due ore c’è il sole a picco”
 
“Se pensi che i fammin aspettino i tuoi comodi hai sbagliato mestiere, principessina” e la figura sparì dietro un portone, lasciando Nihal livida e furente per quell’ennesimo affronto. La mezzelfo strinse i denti e il guanto tanto da fare diventare bianche le nocche.
 
Bene. Tra due ore ti faccio vedere io chi ha sbagliato mestiere. Pensò decisa tra sé e sé.
 
Due ore dopo la ragazza si presentò puntuale al duello. Benché fossero in pieno autunno, la struttura dei campi di addestramento impedivano il passaggio del vento e a quell’ora il sole investiva tutta la zona di combattimento rendendola un forno, quasi fossero in piena estate.
 
La rabbia le salì quando il suo avversario non si presentò con la sua stessa puntualità. Mezz’ora, un’ora, un’ora e mezza. Niente. Ma lei non poteva rientrare, nonostante sentisse la campana del rancio. I commilitoni l’avrebbero additata come una vigliacca se non fosse tornata palesemente dopo uno scontro. Gli avrebbe dato un pretesto per schernirla ulteriormente. Doveva rimanere lì a cuocere sotto al sole e aspettare che il suo sfidante si degnasse di farsi avanti.
 
Samael la stava osservando comodamente all’ombra di una colonna, sorseggiando dell’acqua fresca. Vedeva la mezzelfo iniziare ad essere irrequieta oltre che frustrata, ma imperterrita lo attendeva.
 
“Maledetto bastardo!” dopo due ore e mezza arrivò l’esclamazione che Samael aspettava.
 
Maledetto! Lo sta facendo apposta! Mi sta facendo stancare per il caldo e l’assenza di acqua! Realizzò la ragazza. Ecco il perché di quell’orario folle.
 
“Ce ne hai messo di tempo per capirlo” disse Samael uscendo dal nascondiglio. Alla cintura aveva la sua borraccia di acqua fresca e la vista fece ribollire il sangue di Nihal. La ragazza iniziò a studiare l’avversario che avanzava verso di lei.
 
Come aveva precedentemente notato era molto alto. Era certa superasse di poco i due metri e la sua figura era imponente ma ben proporzionata. L’armatura completa le ricordava quella di Fen ma era molto più grezza e pesante. Portava uno scudo tondo con due semilune rispettivamente in cima e in fondo allo scudo dandogli una forma a clessidra rovesciata. La spada era stupenda. Da lontano sembrava una di quelle di Livon. Prima che Nihal potesse iniziare a ragionare su quale potesse essere il suo stile di combattimento, incalzante o attendista, notò un dettaglio che la spiazzò: la corazza era nera, come la cotta di maglia e il gambeson sottostante e l’elmo che gli copriva il volto, e il sole era alto sulle loro teste.
 
Ma questo è pazzo… fu il pensiero che la distraé dal suo intento.
 
“Iniziamo?” e si mise in guardia
 
“Sei sleale! Te la sei presa comoda per assentarmi e farmi prendere un’insolazione!” accusò Nihal.
 
“Spero che la tua abilità con la spada sia pari a quella di puntare l’ovvio. I fammin se ne fregano della lealtà o non hai imparato niente da Salazar?” e tagliente come la lingua di quell’uomo, così la spada di Nihal si abbatté su di lui il quale, ottenuto il risultato sperato, accompagnò il colpo con la propria lama, spostandosi di lato e con un colpo secco di scudo buttò la ragazza a terra puntandole la spada alla gola.
 
Nihal a quel tonfo sembrò risvegliarsi dalla sua furia. Aveva perso. Così. In un attimo lo scontro era finito. Era rimasta a bocca aperta. Non era mai successo. Nemmeno con Fen. Fu la stessa spada a richiuderle la bocca, premendo di piatto sotto al suo mento.
 
“Tutto qui? Alzati e fa sul serio, guerriera” il tono di scherno con cui lo disse le fece ribollire il sangue nelle vene. Lui indietreggiò di un paio di passi. “Forza al meglio di tre. Uno a zero per me”
 
Una nuova luce illuminò gli occhi di Nihal. Svuotò la mente e partì nuovamente all'attacco, calando fendente dopo fendente, parando e scartando, sfruttando tutta la sua forza per assestare un buon colpo. Inaspettatamente il suo sfidante si trovò a danzare con lei e le loro spade. In alcuni momenti a Nihal parve di vedere un’apertura ma puntualmente lo scudo o la spada si frapponevano fra loro. La mezzelfo menò un altro fendente verso l’alto, ma il suo sfidante roteò lo scudo catturando la lama nella mezzaluna e spingendo il corpo verso il basso per poi portare a segno un pugno sul volto di Nihal, costringendola a staccarsi dalla spada, finendo lei a terra e la sua spada ai piedi dello sfidante.
 
La mezzelfo vide buio per un momento e poi sentì il dolore del pugno sul viso. Il labbro le pungeva e poi sentì il sapore metallico del sangue che le colava dalla ferita sulla bocca. Vide la propria spada scivolare di nuovo verso di sé.
 
“Due a zero” lo sfidante gettò via lo scudo e impugnò la spada bastarda con due mani “Vediamo se adesso va meglio”
 
Nihal riprese la spada e sudata, impolverata e dolorante si alzò rimettendosi in guardia. Era la sua occasione. Quella fortezza inespugnabile a forma di uomo aveva aperto le mura e messo in difesa solo dei fanti. Lei era svantaggiata per via dello scudo, adesso erano nel suo campo. Spada contro spada. Almeno quello scambio doveva vincerlo.
 
Nihal si fece più attenta, facendo leva sull'agilità, il suo vantaggio più grande. Con sua grande sorpresa, nonostante stazza e armatura anche il suo avversario era sorprendentemente veloce. Ripresero a danzare a colpi di spada, Nihal cercando un’apertura e il guerriero davanti a lei difendendo con abilità non indifferente. La giovane mezzelfo stava iniziando a risentire delle due ore e mezza sotto al sole e senza acqua. Le facevano male i muscoli e la bocca era umida solo dal sangue che ancora cadeva dalla ferita.  La frustrazione della ragazza crebbe perché nonostante i suoi attacchi e la corazza con cui si era presentato il suo avversario sembrava non risentire del caldo e della fatica. Non si muoveva nemmeno più di tanto. Era una roccia irremovibile. Nihal tentò una finta per poi attaccare verso il volto dell’avversario. Mai si sarebbe aspettata di vedere in un attimo la lama nemica infilarsi nell’occhiello creato dalle ali di drago dell’elsa della sua stessa arma, per poi torcersi e volare via dalle sue mani facendola sbilanciare in avanti. Scambiandosi quasi di posto con il combattente. La ragazza riuscì a non cadere e a voltarsi di scatto solo per rimanere accecata brevemente dai raggi del sole, che nel frattempo aveva continuato la sua marcia. Quei secondi bastarono e con una spallata Nihal finì di nuovo a terra disarmata e con la spada alla gola.
 
“Meglio. Ma comunque tre a zero. Hai perso” seguirono attimi di silenzio in cui Samael aspettava una reazione e Nihal giungeva alla realizzazione di essere stata non sconfitta, ma brutalmente stracciata. Fosse stata in battaglia sarebbe morta come un’idiota.
 
Sentì le lacrime agli occhi per la rabbia di essersi fatta battere di nuovo nel suo stesso campo, in quella cosa in cui sapeva di eccellere. Quel silenzio venne riempito solo dai loro respiri affannati, mentre recuperavano il fiato dopo lo scontro.
 
“Complimenti. Hai vinto. Hai umiliato la ragazza mezzelfa. Ti sei divertito?” gli ringhiò contro Nihal, rabbiosa. Non aveva solo perso lo scontro, aveva perso le staffe abboccando alla sua provocazione.
 
“A vederti combattere molto. Direi che hai tanto lavoro da fare, ma appena avremo finito con l’addestramento sono sicuro che potremo divertirci sul serio” disse con un tono allegro che non aveva nulla a che vedere con quello autoritario di prima. Tolse la spada da sotto la gola della ragazza “Scusa per averti trattato a pesci in faccia. Volevo vedere come reagivi alle provocazioni e sotto pressione. Molto male ho visto, ma anche su quello possiamo lavorarci” Nihal scattò a sedersi quando realizzò il senso di quelle parole.
 
“Mi stavi mettendo alla prova! Sei un maestro d’accademia!” esclamò.
 
“Buongiorno, principessa!” rispose canzonandola “E pensare che ti ha addestrata quel bietolone di Fen. Mi dispiace che tu non sia riuscita ad essere più precisa, ho anche usato alcuni suoi movimenti preferiti” Nihal si diede della stupida per non esserci arrivata prima.
 
“Sei un Cavaliere di Drago” concluse dimenticandosi di come un attimo fa lo volesse morto e del labbro spaccato che lui le aveva procurato.
 
Ma come ho fatto a non accorgermene! Ecco perché quei movimenti mi erano familiari! Ma con quell’armatura non sembra un cavaliere… direi più un mercenario. Pensò la ragazza ancora stupita
 
“Sei anche tu allievo di Fen?” gli chiese, non curandosi del fatto che si fosse inchinato davanti a lei.
 
“Diciamo che io e te abbiamo una formazione e due conoscenze in comune” disse e si slacciò l’elmo, togliendolo. Per un momento Nihal tornò indietro all’incontro con Fen. Rimase travolta dalla bellezza angelica del viso di quell’uomo. Il volto squadrato aveva dei lineamenti dolci, un naso delicato ma virile, una bocca sottile e ben disegnata che mostrava un sorriso fatto di perle. Il tutto incorniciato da una chioma castana mossa portata con una riga naturale nel mezzo. Sennar aveva dei bei occhi e quelli di Fen erano di un verde indimenticabile, ma il celeste degli occhi di questo cavaliere erano un qualcosa al di fuori di quel mondo. Erano di un azzurro topazio ma con una sfumatura tale da farli sembrare liquidi come l’acqua più pura di un lago. Samael si era fatto la barba e Nihal poté chiaramente rendersi conto della sua età. Era decisamente più grande di lei, ma più giovane di Fen. Forse non li separavano dieci anni, ma il passo era breve.
 
Ma è un requisito essere belli come una statua per diventare Cavaliere di Drago? Pensò Nihal e per un momento rimase incantata dal sorriso che da amichevole si fece spavaldo.
 
“Lo so. Sono molto bello, ma non lasciare che la cosa ti deconcentri” Così come si era incantata Nihal si ridestò e si sentì arrossire. Non seppero però se per l’imbarazzo di essere stata pizzicata a fissarlo imbambolata o la stizza per l’autocompiacimento del cavaliere.
 
“P-per tua informazione mi sono solo meravigliata della tua età e armatura. Non sembra molto da-”
 
“-Sssh! Zitta. Se muovi la bocca non riesco a chiudere la ferita” disse zittendola e solo allora Nihal si rese conto che il dolore pungente sul labbro era sparito e al posto del sapore di sangue c’era un calore piacevole che proveniva dalla mano del cavaliere a pochi centimetri dal suo viso. Lì la mezzelfo si imbarazzò per non essersi accorta di nulla. Anche lui conosceva la magia come lei.
 
“Scusa per il labbro ma non potevo andarci leggero. Volevo vedere in prima persona di che pasta sei fatta” disse una volta finito l’incantamento di guarigione.
 
“Ti mandano Fen e Soana, vero? Non pensano possa farcela…” chiese Nihal delusa. Era allievo di Fen e conosceva la magia. Doveva per forza conoscere anche Soana.
 
“Fen non lo vedo da quando è stato richiamato al fronte. Soana è venuta a cercarmi per chiedermi un favore e caso voleva che io avessi già intrapreso una mia iniziativa per diventare tuo insegnante. Quindi… no, non si può dire che mi mandi lei” concluse prendendo qualcosa dal terreno prima di voltarsi nuovamente verso di lei “Per inciso, io detesto questo posto. Sono qui per insegnare a te. Sentiti onorata.” disse con un sorrisetto compiaciuto strizzandole l’occhio, cosa che fece solo innervosire Nihal per la sfacciataggine, però accettò l’aiuto quando le prese la mano per aiutarla a rialzarsi.
 
“Tieni, bevi” le diede la propria borraccia che Nihal accettò subito. Stava morendo di sete e aveva la bocca impastata, inoltre voleva liberarsi del sapore di sangue. La mezzelfo fece un paio di sorsi sentendosi subito meglio quando l’acqua fresca le scese per la gola secca, sciacquando via quel sapore orrendo. Senza pensarci due volte si gettò dell’acqua in faccia per rinfrescarsi, ignorando brutalmente di essersi bagnata la camicia che adesso le aderiva perfettamente al corpo anche per via del sudore dovuto allo scontro. Tuttavia Nihal non ci diede peso, era sospettosa. Da quando era entrata in Accademia era stata trattata a pesci in faccia e ora questo bell’imbusto sfacciato voleva aiutarla?
 
“Tu che cosa ci guadagni? Cosa vuoi da me?” chiese sospettosa Nihal.
 
“Una degna compagna d’armi. Che mi ascolti, impari e migliori. Fen ti ha insegnato qualcosa, ma è palese che lo facesse come passatempo per giocare. Sei piena di difetti, ma di possono aggiustare con un po’ di di impegno”
 
“Perché vorresti insegnarmi? Ti faccio notare che sono una donna” disse fredda. Il cavaliere la squadrò.
 
“Eh, lo vedo che sei una donna” disse guardandola negli occhi. Nihal rimase in attesa, Samael sorrise alla sua innocenza e riprese la parola “Ho un’ottima vista, e come vedo che sei una donna vedo anche il dono che hai con la spada”
 
“Sono stata trattata come una criminale da quando sono arrivata. Mi devi ritenere una stupida se pensi che io creda che una persona qui dentro voglia aiutarmi di sua sponte. Perché lo fai se non per Fen e Soana?”
 
Il volto del guerriero si fece più serio. Incrociò le braccia sul petto “Mettiamo le cose in chiaro, guerriera: io non sono Raven, il Sommo Generale Supremo di Questa Ceppa” Nihal sgranò un momento gli occhi sorpresa dal poco riguardo nei confronti del Generale Supremo “A me non interessa se sei uomo, donna, gnomo, mezzelfo eccetera. Non mi interessa se sei la cugina del fratello del cognato del Cavaliere della Terra del Chissene che seguono la tradizione di questo Ciufolo. Se hai un talento per il combattimento, vuoi intraprendere questa strada e dimostri di meritartelo, io ti insegno” il tono di fece più gentile “Ti ho vista durante lo scontro con quei dieci. Tu hai il potenziale per diventare un’ottima combattente, ma chi comanda qui non vuole sentire ragioni. Vuoi diventare Cavaliere di Drago? Questo è il posto giusto per te. Ho deciso di aiutarti perché voglio che tu abbia le stesse opportunità degli altri, se continui a dimostrare di meritarle. Lavora sodo e dimostra di avere quello che ci vuole e cavalcherai un drago, ma se ti siedi sugli allori e ti buttano fuori io non muoverò un muscolo per farti rimanere. Sei tu l’artefice del tuo destino. Raggiungere il tuo obiettivo è solo in mano tua. Sono stato chiaro?” Nihal cercò una qualsiasi traccia di menzogna nelle sue parole. Non era il suo Fen e i suoi modi erano decisamente lontani da quest’ultimo, ma la determinazione con cui le disse infiammarono l’animo di Nihal con una nuova energia. Era un’occasione per farsi valere. Non l’avrebbe buttata.
 
“E il Generale Supremo? Mi odia. Lo so che vuole tenermi con i principianti per avermi fuori dai piedi” disse Nihal chiedendo il piano.
 
“Il pallone gonfiato non ha pensato che in quanto maestro del corso avanzato di strategia militare e combattimento è nel mio pieno diritto fornire lezioni aggiuntivi agli allievi che ritegno meritevoli” disse con un sorrisetto furbo. Nihal già adorava questo insegnante. “Segui le lezioni come devi. Domani fatti trovare qui un’ora dopo la fine dei corsi e inizieremo con qualcosa di adatto a te” a Nihal brillarono gli occhi.
 
“Non ti deluderò, maestro!”
 
“Niente formalità. Chiamami Samael.” Le porse la spada che aveva perso.
 
“Grazie, Samael” riprese la spada.
 
“Non ringraziarmi ancora. Oggi era il riscaldamento”
 
“COSA?!” ma lui già se ne stava andando, ripreso elmo e scudo.
 
“A domani, Guerriera!” e sparì dietro un portone, stavolta lo scherno inesistente all’appellativo. Nihal da un lato voleva protestare. Era un guerriero. Perché storpiare quella parola al femminile, eppure da un lato le piaceva. Quella sera seguì la solita routine e solitudine, ma vedendo Samael al tavolo dei maestri, e verso strizzarle l’occhio con fare amichevole le risollevò l’animo che in quelle settimane non faceva che sprofondare sempre di più. Andò a riposarsi con l’ombra di un sorriso sul volto.
 
E questo è il primo incontro dei nostri eroi! Fatemi sapere che ne pensate!
Un abbraccio!


The Princess of Stars!

 

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Capitolo 3
*** Contatto ***


Ed eccoci con il terzo capitolo! Spero vi possa piacere!

Buona lettura!

 


“La guardia! Chiudi la guardia!” le ordinò Samael ma Nihal ottenne solo di essere buttata per terra.
 
“Per la miseria! Ora capisco perché Salazar è caduta se tutti i suoi combattenti si aprivano così. Se fosse ancora in piedi direi che la prossima volta potete mandare un invito al Tiranno, tanto il risultato sarebbe lo stesso”
 
Nihal si alzò e caricò.
 

 
“La gamba…” parata “Guerriera, la gamba…” schivata, poi Samael fece una finta prima di colpire e Nihal si ritrovò l’ennesimo graffio sulla coscia “Le muoviamo queste gambe invece di fare da bersaglio? Per quello bastano le tue orecchie. Sei un incursore, dannazione! Il tuo compito è correre e fare danni non è ingaggiare un nemico fisso! Men che meno se è più grosso e corazzato di te. Alzati. Ancora!”
 
Nihal si alzò incurante del graffio e caricò con forza.
 

 
Nihal finì di nuovo nel fango con un tonfo mentre la pioggia cadeva forte su di loro, lavando la terra dalla ferita appena fatta sulla coscia.
 
“Che ho detto un momento fa?” Incalzò Samael
 
“Usa il terreno a tuo vantaggio” rispose Nihal iniziando a curarsi con la magia.
 
“E allora perché mi carichi alla cieca nel fango invece di usare le travi e le casse di legno sparpagliate? Cosa ti forniscono?”
 
“Maggiore mobilità e le casse mi danno copertura oppure un terreno sopraelevato” rispose Nihal frustrata.
 
“Ecco. Inizia a ragionare come il Tiranno, lui la sua teoria la mette in pratica. Guarda cosa ha fatto hai mezzelfi”
 
“Stai zitto!” si alzò e caricò sfruttando le travi di legno per una migliore aderenza. Nihal attaccò verso il volto di Samael che parò e contrattaccò ferendola nello stesso punto di prima per poi spingerla a terra.
 
“E copri quelle dannate gambe!”
 

 
Samael ben presto divenne a metà tra un sogno e un incubo. Nihal lo amava quando combatteva con lei e lo detestava visceralmente quando apriva quella bocca tagliente come gli artigli di un drago. Lei non sapeva niente di lui ma lui sapeva perfettamente quali corde toccare per ferirla dove le faceva più male. Era certa che se Fen e Soana avessero saputo che avrebbe utilizzato quelle informazioni per farle del male non gliele avrebbero mai date.
 
Il tempo passava. L’inverno era ormai arrivato e la consuetudine non cambiò l’atteggiamento dei commilitoni nei confronti di Nihal, anzi non fece altro che peggiorare. Iniziarono a temerla e a spargere voci che fosse una strega o una spia del Tiranno mandata per distruggere l’Accademia dall’interno.
 
Sennar non venne mai a trovarla, le arrivò ogni tanto il solito falchetto per dirle che era stanco e stremato ma che stava bene.
 
Nihal sprofondava sempre di più nella sua solitudine e il suo modo di combattere si fece sempre più spietato. Combattere con Samael era la cosa più bella delle sue giornatem si sentiva libera e per una volta avere qualcuno che la sfiniva combattendo era catartico eppure la notte nei suoi incubi risuonavano le sue parole aggressive e velenose che puntualmente causavano un attacco furioso da parte della ragazza. La paura dei commilitoni nei confronti di Nihal ebbe il suo apice in un episodio in cui svegliatasi di soprassalto e vedendo l’orrendo viso e spaventoso sorriso di Malerba mentre le accarezzava il viso, lo prese con foga e portato fuori dallo stanzino dove si era formato un piccolo gruppo di ragazzi passo la lama della spada sulla gola del povero servo che strillava come un maiale implorando perdono. Gli fece solo un graffio, ma quell’episodio l’etichettò come un mostro da evitare.
 
Il giorno dopo, finito l’allenamento e passata l’ora di recupero, Nihal si diresse verso l’arena per allenarsi con Samael che come al solito portava la stessa corazza pesante.  Nihal si aspettava un “Pronta, Guerriera?” che il cavaliere soleva rivolgerle per salutarla.
 
“Mettiti in guardia e vedi di dimostrarmi che non ho buttato il fiato al vento” disse gelido, mettendosi in guardia.
 
“Buona sera anche a te, Samael. Io sto bene, e tu co- MA CHE DIAMINE?!” fece appena in tempo ad estrarre la spada per parare perché Samael già le stava addosso. Non aveva mai attaccato così prima. Nihal si ritrovò ad indietreggiare. Era sulla difensiva, il suo debole, e Samael era sempre più aggressivo ma non disse una parola. Quel silenzio tormentò Nihal più del veleno che sputava ogni volta. La faceva impazzire. Cercò di capirne di più cercando il suo sguardo ma trovo una distesa di ghiaccio che la fissava e in un attimo arrivarono tre fendenti. Due vennero parati, il terzo arrivò con il contrattacco colpendo il solito punto sulla coscia, ma stavolta la ferita era profonda. Nihal cadde in ginocchio a terra dolorante, premendo forte la mano sulla gamba che sanguinava copiosamente.
 
“Ma sei impazzito?!” esclamò rabbiosa la ragazza.
 
“No. Non sono nemmeno arrabbiato. Sono incazzato con te, Nihal” la voce era rimasta bassa, ma la freddezza con cui disse quella frase e pronunciò il suo nome, per la prima volta dopo mesi le fece accapponare la pelle. Samael non era mai caduto nel turpiloquio e anche quello la fece gelare.
 
“Ma per cosa?! Sto cercando di migliorare, se non riesco forse dovresti spiegarmelo meglio invece di sputarmi addosso e assalirmi come un fammin”
 
“E questo conferma ulteriormente il fatto che ho buttato il fiato al vento. Tu non hai mai preso i nostri allenamenti sul serio” Samael non le aveva mai parlato così. Era livido, ora Nihal lo vedeva, ma quella frase la fece scattare.
 
“Questo non è vero! Do tutta me stessa quando combattiamo!”
 
“Tu non combatti con me. Tu ti sfoghi che è ben diverso. Combatti con rabbia non con il cervello e in battaglia non vince il più forte, ma il più furbo. Quando hai fatto quei dieci duelli usavi la testa, al nostro primo scontro usavi la testa prima di abboccare alle mie provocazioni. Da quando abbiamo iniziato a lavorare insieme hai scambiato i nostri combattimenti per un passatempo quando ho messo in chiaro che io fossi qui per insegnarti” la voce dell’uomo si fece sempre più rigida. Nihal iniziò ad arrabbiarsi a sua volta.
 
“Anche Fen mi ha insegnato, ma non era uno-”
 
“-Fen ti ha insegnato a giocare con la spada!” ora aveva alzato la voce facendo sobbalzare la ragazza “Lui non ha mai pensato di addestrarti per la battaglia. Sei stata tu a voler entrare in Accademia. I vostri scambi sono ben diversi da quello che sto provando a fare io” disse tornando gelido. “Non sei una bambina, smettila di comportarti come tale! Fen è stato anche il mio maestro, pensi davvero che con me fosse gentile e delicato? La verità è che lui per primo l’ha sempre preso come un gioco perché tu hai un dono”
 
“Non è vero! Smettila!”
 
“Va bene, la smetto. Dimmi, Guerriera, il nostro caro Fen ha accettato subito di portarti in Accademia? Rispondimi onestamente” sfidò lui. Nihal stava per controbattere sicura ma le parole le morirono in gola. La mente corse a come Fen l’aveva guardata, a come le aveva parlato invece di essere entusiasta. Abbassò lo sguardo stringendo i pugni
 
“No… lo… lo ha convinto Soana”
 
“Davvero? Ma perché mai? Visto che ti ha insegnato così tanto e così bene per preparati alla battaglia” quel sarcasmo fu come un veleno che Nihal dovette ingoiare. Ricordò bene come Fen aveva accolto la sua decisione. Ricordò quella nota di condiscendenza che l’aveva tanto irritata.
 
“Perché sono una ragazza…e non reggerei l'addestramento” e soprattutto lui aveva detto tra le righe di averla allenata per gioco, un passatempo con l’allieva della sua compagna. Nihal sentì le lacrime salirle agli occhi. Sentì come se il terreno le si fosse aperto sotto ai piedi. Le bruciava. Le bruciava dover ammettere che quel despota arrogante avesse ragione.
 
“La verità fa male, vero?” la mano di Samael andò a sospendersi sopra la sua rilasciando anche lui un incantesimo e curandole la gamba. Gesto di premura che andò in netta contrapposizione con il suo freddo tono di voce.
 
“Smettila, Samael! Ho capito! È vero. Quello che dici è vero. Dici anche di essere qui per aiutarmi eppure non perdi occasione per ferirmi con le parole. Sai che io non so niente di te e non posso controbattere, ma tu sai cosa mi è successo e lo usi con malignità contro di me per farmi del male. Che senso ha? Perché lo fai?” Sbottò finalmente Nihal, stanca di girarci intorno.
 
“Perché a volte le parole feriscono e uccidono più della spada. Sia nella vita che in battaglia. Preferisco che lo impari con me adesso, piuttosto che in battaglia e reagire come fai. Se non impari a controllare le tue emozioni rischi solo di farti ammazzare. Ricorda che in guerra vale tutto. Reagire in quel modo scopre i tuoi punti deboli perché fai capire agli avversari a cosa tieni davvero e lo useranno contro di te” quelle parole le girarono a lungo per la testa. In un attimo ebbe come l’illuminazione. Samael era spietato con lei perché la guerra era spietata e prima lo capiva più possibilità avrebbe avuto di sopravvivere. La mano di Samael che le si posò sulla coscia, dove era stata precedentemente ferita, la ridestò dai suoi pensieri. D’istinto si irrigidì, ma non percepì una minaccia o un tocco indesiderato. Lui aveva solo appoggiato la mano cercando per la prima volta un contatto. Nihal trovò il coraggio di guardarlo negli occhi. Il suo sguardo non era più gelido e furente ma c’era ancora un distacco tra loro.
 
“A questo punto, hai una scelta da fare: o reagisci e ti comporti come la combattente che ha umiliato quel pallone gonfiato del Generale e continuiamo questo percorso oppure lasciamo l’Accademia”
 
“Aspetta…- lasciamo?” chiese la mezzelfo stupita
 
“Te l’ho detto, Guerriera, io sono qui perché ti ho scelta come allieva. Io odio l’Accademia. Se tu te ne vai, non ho più motivo di stare qui e a quel punto, sì, che rimarrei con te per fare un favore a Soana. Ma in quel caso scordati gli allenamenti, se rinunci a questo, rinunci a tutto” Samael era molto serio. Quella mano sulla gamba, benché il tocco fosse delicato e libero dal guanto d'arme, Nihal lo vide come un macigno. Il peso della sua scelta, ma poi rifletté sulle parole dell’uomo e quella mano a poco a poco non prese più le sembianze di un macigno che la teneva inchiodata davanti a quel bivio, ma un ponte. L’ultimo che le stava offrendo di attraversare. In Accademia si sentiva sola e abbandonata a sé stessa, tranne quando era con lui mentre faceva la cosa che più amava: combattere. Stavolta però lo faceva con qualcuno che davvero credeva nel suo potenziale, e lei stava buttando tutto all’aria prendendolo come una valvola di sfogo fine a sé stessa.
 
Samael non l’avrebbe lasciata. Ma l’aveva messa davanti ad un bivio. Affrontare le sfide che la tormentavano in Accademia, ma avere un maestro che credeva davvero in lei, anche se per poche ore al giorno, che l’avrebbe portata a raggiungere il proprio obiettivo oppure lasciare e ritrovare la serenità e deludere tutti, in particolare il suo maestro, Sennar e Soana.
 
Nihal guardò la mano di Samael sulla sua gamba e lentamente avvicinò la sua fino a posargliela sul dorso. Samael di tutta risposta girò la mano prendendo quella di Nihal che nella sua sembrava molto più piccola.
 
“Voglio continuare ad addestrarmi con te. Voglio diventare un Cavaliere di Drago” disse sicura.
 
“Va bene…” Samael non le lasciò la mano. Nella sua voce e nei suoi occhi liquidi Nihal non vide più l’arrabbiatura di prima ma c’era altro e quella era l’emozione di cui aveva più paura.
 
“Allora perché sento che ancora non va bene?” chiese con un filo di voce.
 
“So cosa è successo con Malerba e ieri mi hai deluso come persona, Nihal” di nuovo il suo nome e stavolta con il tono deluso, quello che più temeva.
 
“Non so cosa ti abbiano raccontato ma Malerba è entrato nel mio stanzino. Non so cosa volesse ma quando mi sono svegliata mi stava accarezzando i capelli e- Samael, quell’essere è inquietante! Io non riesco più a dormire tranquilla sapendo che-”
 
“Nihal” e la ragazza tacque “Se mi fai un discorso sul consenso e rispetto della riservatezza sono d’accordo con te. Malerba ha sbagliato ad entrarti nella stanza di nascosto e a toccarti se non volevi. Ma potevi risolverla mandandolo via e dirgli chiaramente di starti lontano. Malerba ha dei difetti fisici, ma ragiona perfettamente. Sappiamo entrambi che quel poveretto non è in grado di difendersi e non ha né la forza né la stazza per fare del male a qualcuno”
 
“Samael, non capisci… ha un sorriso orrido e mi guarda strano, solo che non riesco a capire la sua espressione e- e…” non sapeva come altro spiegare il suo disgusto per quell’essere.
 
“E tu ti comporti con lui come i tuoi commilitoni si comportano con te. La sua diversità e la tua incapacità di capire è quello che temi, come i tuoi commilitoni temono te”
 
A Nihal parve di essere colpita in pieno petto da un fulmine e poi pian piano sentì salire un senso di vergogna. Samael aveva di nuovo fatto centro. È vero. Quella diversità di Malerba la spaventava e la spaventava la solitudine del servo dannatamente simile alla sua.
 
“Anche Malerba è vittima del Tiranno” disse Samael “È uno gnomo ma gli esperimenti che il Tiranno ha fatto su di lui l’ha reso mostruoso. È l’ultimo della sua famiglia. Da quello che so pare avesse una figlia. Forse è per questo che ti cerca. Forse gli ricordi sua figlia” e stavolta benché le parole non fossero mirate a ferirla, la mezzelfo si sentì lacerare nell’animo. Odiava i suoi commilitoni perché disprezzavano la sua diversità e nessuno aveva mai fatto un passo per capire chi fosse… e lei aveva fatto lo stesso su Malerba che non era nemmeno in grado di difendersi.
 
Ma che Cavaliere sono? Pensò tra sé e sé mentre la vergogna l’assaliva stringendole il cuore. Sentì nuovamente le lacrime minacciare di sfuggirle dagli occhi. Strinse la mano dell’uomo.
 
“Scusa, Samael… hai ragione su tutto… mi sono comportata da idiota. Ho dato per scontato i tuoi insegnamenti e… e ho sfogato la mia rabbia su Malerba… non mi sono nemmeno sforzata di capire cosa volesse…” disse abbassando la testa sforzandosi per non piangere. Si sentiva un verme.
 
“Non è a me che devi chiedere scusa ma a Malerba e a te stessa. È a lui che hai lasciato una ferita sulla gola ed è a te che la tua perdita di tempo ha fatto rallentare nei progressi” disse quasi come se la cosa non gli importasse.
 
“No, devo chiederlo anche a te. Tu sei in un luogo che dici di odiare per me, quando potresti essere a combattere con i tuoi compagni o in licenza con la tua famiglia. Ti ho dato per scontato e fatto perdere tempo. Mi dispiace” gli strinse la mano guardando a terra e due gocce silenziose bagnarono il terreno.
 
La mano nel guanto d’arme di Samael entrò nel campo visivo di Nihal alzandole delicatamente il viso.
 
“Ehi… Prendersi le proprie responsabilità e riconoscere i propri errori è un ottimo primo passo. Io accetto le tue scuse e ti aspetto qui domani. Però, mi raccomando, tira fuori il carattere. D’accordo?” le sorrise per la prima volta in quel giorno e per la prima volta con gentilezza. Nihal ricambiò il sorriso, asciugandosi le due lacrime fuggitive e stringendogli la mano, gesto che venne ricambiato
 
“Dai, vai a cambiarti! Tra poco è ora di cena” le diede una pacca amichevole sulla gamba e poi l’aiutò a rialzarsi. Nihal era una piuma per lui e la ragazza sfruttò l’aiuto per saltare in piedi. “A domani…Guerriera”
 
“A domani, Samael!” e presa la spada la mezzelfo si diresse allo stanzino e poi a cena con ritrovata energia.
 
Quando tornò allo stanzino intravide Malerba che timoroso fece per allontanarsi. Il sorriso della ragazza sparì e tornò la morsa al petto che aveva provato prima. Prese un respiro e si decise a farsi avanti. Ci doveva almeno provare.
 
“Malerba” lo chiamò chinandosi a terra per non guardarlo da una posizione di dominio. Lo gnomo deformato esitò ma poi come un bravo servo si avvicinò alla recluta.
 
“S-si? I-io no cose brutte. Io niente di male. Io non voleva”
 
“Lo so io…” Nihal prese fiato guardando a terra non riusciva a guardarlo. Poi si fece coraggio e provò a guardarlo “Io… volevo chiederti scusa per quello che ho fatto. Mi sono spaventata e ho avuto una reazione spropositata” lo gnomo sembrò rimanere di stucco. Era evidente che nessuno si fosse mai scusato per averlo maltrattato prima.
 
“N-no io… io fatto qualcosa male” disse.
 
“Sí, hai fatto una cosa che non dovevi ma io ho reagito in modo eccessivo e di questo mi scuso. Però ti devo chiedere per favore di non entrare più nel mio stanzino senza il mio permesso o di notte mentre dormo, e di non toccarmi più. Non mi piace.”
 
“S-sí. Io bussa sempre adesso. Se ragazza vuole io bussa porta sempre, no tocca e no viene la notte”
 
“Sí, non venire la notte, non toccarmi e bussa sempre e… perdonami per quello che ti ho fatto”
 
“Io sta bene. Io scusa se spaventato ragazza” Nihal riuscì ad abbozzare un sorriso.
 
“Buonanotte allora. Vado nello stanzino”
 
“Sì! Notte buona!” lo gnomo sembrava quasi felice e Nihal, chiusa la porta si sentì sollevata.
 

E qui si può dire che la cocciuta allieva e il brutale maestro finalmente abbiano trovato un punto di incontro. Fatemi sapere cosa ne pensate!

Un abbraccio!

The Princess of Stars

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Capitolo 4
*** Progressi ***


Già dal pomeriggio dopo quella fatidica chiacchierata Nihal era diventata un’altra. Per quanto riguardava il servo, non ebbe meno paura di lui, ma aveva iniziato a trattarlo con tolleranza e vedere quel barlume di riconoscenza nei suoi occhi le aveva tolto un peso. A Samael parve rinata. Non combatteva più per menare fendenti e sfogarsi. Aveva ripreso a muoversi come durante lo scontro che le aveva dato l’accesso. Quelle lezioni serali per Nihal ora diventati davvero una liberazione dall’asfissiante vita dell’Accademia. Il giovane maestro le aveva spiegato il programma per lei: prima avrebbe colmato le sue lacune e affinato la tecnica con l’arma prediletta e poi sarebbero passati all’utilizzo delle altre armi. Solo l’idea entusiasmò Nihal che studiava i movimenti di Samael e li assorbiva come una spugna. Si esercitavano insieme a fare delle sequenze di attacchi e parate con le spade e in breve tempo si muovevano all’unisono. Samael ogni tanto provocava con la sua lingua tagliente ma dopo quel giorno di chiarimento erano commenti mirati più a punzecchiarla per distrarla e darle fastidio, Nihal però gli rispondeva per le rime e manteneva l’attenzione sull’esercizio, con sommo piacere del cavaliere.
 
Solo in quei giorni la mezzelfo si rese conto che quel cavaliere, per quanto insopportabile con le sue frecciatine moleste, era un ottimo insegnante. Spiegava, dimostrava e correggeva. Il suo tocco era l’unico in Accademia che accettasse senza irrigidirsi. Le malelingue ovviamente si erano già sparse, ma al contrario di quanto dicessero questi contatti erano mirati solo alla correzione di postura, posizioni di braccia e gambe in determinati movimenti di combattimento. Era molto professionale.
 
Due settimane dopo quel giorno, Nihal si diresse al solito orario al campo di addestramento e trovò un Samael sorridente ad attenderla, sempre nella sua solita armatura grezza e poco cavalleresca. Una mano alla cintura e l’altra che impugnava la spada tenendola poggiata di piatto alla spalla, con una postura molto rilassata. Vederlo lì sempre presente le scaldava il cuore. L’assenza e il silenzio di Sennar avevano creato una voragine nel suo cuore. Non si era mai sentita più sola senza il suo amico con le sue battute o la sua semplice compagnia. Sennar, con Soana e Livon, era stato un punto fermo negli ultimi quattro anni. L’unico ragazzino sveglio abbastanza da sconfiggerla lì dove lei si sentiva imbattibile. La stessa persona che le fece compagnia la notte della sua prova per scoprire se fosse portata per la magia o meno. Il compagno di stanza che la rimbambiva con le sue chiacchiere finché lei non gli avesse tirato un cuscino per farlo tacere e dormire. La morte di Livon, la partenza di Soana, la poca fiducia del suo amore Fen, l’abbandono di Sennar, contornato dal costante comportamento ostile dei commilitoni per la sua diversità, l’avevano fatta cadere un profondo stato di sconforto.

Da quando ebbero quella discussione, Samael e Nihal si guardarono con altri occhi e questo grazie alle lezioni serali del giovane maestro. Da quando aveva iniziato davvero ad ascoltarlo, i due erano giunti ad una strana intimità. Samael era sempre molto professionale, ma nei momenti più rilassati man mano che passarono i giorni smise di porsi come solo un maestro. Nihal non lo definiva un amico ancora, ma sentiva che quella distanza tra loro si stava piano piano accorciando e che gli equilibri stavano cambiando. Quella che si stava formando era ‘complicità’, Nihal non trovava termine migliore. C’era intesa. Nihal si era eretta un muro di risentimento che tuttavia si incrinava quando incrociava le spade con Samael. Lui aveva imparato a leggere i suoi movimenti e decifrarne lo stato d’animo. Conosceva la sua storia, ma era durante i loro allenamenti che nella determinazione di Nihal, ad ogni colpo, il ragazzo vedeva il suo dolore, tristezza e solitudine, sentimenti che a quell’età non avrebbe mai augurato a nessuno. Lui rispondeva di conseguenza e ad ogni successo della ragazza si assicurava di dirglielo e benché la risposta fosse sempre un cenno di capo o un ‘grazie’ concentrato, Samael sapeva di aver incrinato ulteriormente il suo muro quando, a seguito di quella risposta, le labbra della mezzelfo si incrinavano in un piccolo sorriso. Se all’inizio aveva deciso di prenderla sotto la sua ala colpito dal suo talento, e poi incentivato dalla richiesta di Soana, la sua incrollabile dedizione e tenacia nonostante le avversità circostanti, e vederla risollevarsi in quel modo così combattivo dopo il suo rimprovero e ultimatum, lo avevano portato ad apprezzarla sempre di più. Ormai era inutile negarlo a sé stesso e nasconderlo a lei. Samael si era affezionato a Nihal.

“Ehilà, Guerriera! Oggi è giorno di verifica!” annunciò.
 
“Combattiamo sul serio?” chiese illuminandosi. Il cavaliere rispose mettendosi in guardia con la spada. Nihal impugnò la sua arma e si mise in guardia a sua volta. Rimasero fermi in posizione per qualche secondo, studiandosi, entrambi con un piccolo sorriso. Nihal non si smentì e fu lei ad attaccare per prima. Samael prontamente parò il colpo, ma la ragazza contrattaccò mirando verso la gamba dell’uomo che nel difendersi si era scoperto. Il guerriero spostò prontamente la gamba e scartò a destra menando un fendente per allungare nuovamente le distanze con l’allieva, che non si fece pregare e decisa, sfruttando al massimo la propria agilità, provò ad entrargli nella guardia. Più Nihal si muoveva nel tentativo di colpirlo e si proteggeva sfruttando la propria agilità, più nel cavaliere la sua ammirazione e orgoglio per la ragazza crebbero. Ora sì che c’erano progressi. Nihal aveva imparato a sfruttare le sue debolezze dovute all’armatura estremamente pesante e l’affaticamento. Lo costringeva a muoversi e ad impiegare energie, mentre lei, leggerissima, aveva facilità di recupero. Il terreno era umido e poteva essere pericoloso per lui, Nihal lo stava facendo muovere proprio per quello, nella speranza di farlo scivolare e sfruttare il momento. Samael aveva un vantaggio molto grosso e Nihal aveva iniziato a prendere provvedimenti a riguardo. Benché la mezzelfo fosse alta, Samael comunque torreggiava su di lei, il che significava che non avrebbe potuto cercare di indebolirgli le braccia costringendolo a portarle sempre in alto, però aveva vantaggio, essendo così e così corazzato i movimenti del torso erano più lenti. La ragazza ebbe un’idea, ma doveva trovare il momento adatto. Le spade con il loro clangore, ad ogni contatto si fecero sempre più insistenti.
 
“E brava la mia guerriera!” esclamò Samael quando Nihal riconobbe l’arrivo di un fendente portato in uno dei modo preferiti di Fen che Samael aveva fatto suo sfruttandolo come una finta per poi colpire verso il fianco. La ragazza parò senza problemi e con uno scatto uscì dalla portata di Samael, vibrando un colpo per impedirgli di portare un altro attacco per bloccarla nell’angolo in cui stava provando a spingerla.
 
“Bello! Brava! Non fermarti!” e il cavaliere tentò di nuovo l’attacco. Nihal ammiccò il sorriso a cui Samael puntava e parò i colpi seguenti finché non vide la sua occasione. Parò un colpo dall’alto e sfruttando la forza dell’avversario, fece un passo laterale una torsione del polso e tentò di colpire l’uomo al fianco, ma Samael roteò su sé stesso in tempo per parare il colpo. Nihal nuovamente sfruttò la forza del contraccolpo, impugnando la spada con due mani e assestando il colpo sulle gambe, puntando il ginocchio. Nihal non seppe come, ma quando prese la spada il riflesso del sole sulla lama colpì in pieno negli occhi Samael. La mezzelfa vide l’occasione e caricò subito un colpo per colpirlo al fianco, invece che puntare alle gambe come aveva pensato. Fu solo grazie all’esperienza di guerra che Samael fece in tempo ad indietreggiare, ma per la prima volta il suono della spada di Nihal che con la punta graffiava il ferro dell’armatura di Samael riecheggiò per l’arena. La ragazza provò un moto di orgoglio per sé stessa e, senza perdersi in festeggiamenti precoci, incalzò nuovamente provando ad entrare nella guardia dell’uomo che con sorprendente agilità si parò il colpo e con una rapida falcata si posizionò quasi alle spalle di Nihal che per non cadere dovette allungare il movimento, ma questo le costò una piattonata sorda sulla schiena, che finì l’opera di sbilanciamento, mandandola a terra faccia avanti. La ragazza si girò supina con un sorriso che le illuminò il volto, nonostante la punta della spada del giovane maestro fosse finita di nuovo sotto la sua gola.
 
“Sei morta” disse Samael con un sorrisetto.

“Ti ho graffiato l’armatura” ribatté lei con un sorriso ancora più grande. Samael guardò il graffio che gli attraversava tutto il fianco destro per poi guardarla di nuovo accentuando il sorriso.

“Hai avuto fortuna ad accecarmi” ripose la spada nel fodero “Ma sei stata brava a cogliere l’occasione e cambiare strategia” disse porgendole la mano.

“Oggi un graffio, la prossima volta sarà una sconfitta” accettò la mano. Samael rise.

“Troppa strada devi ancora fare, mia cara. Ma la prova è superata” e l’aiutò ad alzarsi tirando con forza verso di sé e Nihal usò lo strattone per saltare in piedi. Leggera com’era e bramosa di dimostrare di non essere mai stanca, ogni volta che Samael le porgeva la mano per aiutarla ad alzarsi, era diventato una sorta di piccolo gioco lasciare che Nihal sfruttasse la trazione per saltare in piedi con un colpo di reni. Forse sarà stata l’adrenalina per lo scontro, la foga o il senso di soddisfazione nell’essere finalmente riuscita a scalfire l’armatura del cavaliere, Nihal si risollevò in piedi con un po’ troppa enfasi, finendo direttamente tra le braccia di Samael, che d’istinto la strinse per evitare di finire per terra entrambi.

“Ouff! Scusa! Troppa enfasi” si scusò Nihal, sentendo le orecchie diventarle rosse per l’imbarazzo. Si scostò subito da lui.

“Se volevi un abbraccio, Guerriera, bastava dirlo… ma magari non davanti ai miei colleghi, è poco professionale” disse facendole l’occhiolino con quel sorrisetto di chi la sapeva lunga che tanto la infastidiva quanto la rendeva felice. Poi però le parole del cavaliere le risuonarono nella testa.

“Colleghi?” si guardò intorno saltando via da Samael. Sapeva delle malelingue che avevano iniziato a girare sul loro rapporto, non poteva permettere che un insegnante li cogliesse in una situazione equivoca. Per quanto con lei Samael a volte si relazionasse come un amico, più che un mentore, rimaneva comunque un maestro d’accademia. Cercò lo spettatore in questione, finché i suoi occhi viola non si posarono su Parsel, il maestro del corso base.

“Complimenti, Nihal. Sei molto brava e sei migliorata” disse Parsel avvicinandosi

“Grazie” Parsel puntò lo sguardo sull’altro maestro

“Direi che il tuo... discorso... è stato molto convincente” gli disse con una nota di leggero rimprovero.
 
“Sei tu che sei cocciuto e devi vedere per credere. Adesso hai visto. Allora?” disse posando una mano sulla spalla di Nihal come per incoraggiarla. La ragazza lo lasciò fare
 
“Sì, è decisamente pronta per lo studio delle altre armi e per il corso avanzato, ma lo sai Raven come la pensa” rispose Parsel.
 
“Quell’uomo mi odia…” borbottò Nihal, stizzita. Se l’avesse messa con i compagni del suo livello non avrebbe il problema delle chiacchiere su una tresca con il maestro giovane e bello.
 
“Quell’uomo odia chiunque sia o pensi diverso da lui” disse Samael con un tono velenoso benché all’apparenza avesse ancora il suo sorrisetto.
 
“Il Generale Supremo è ancora un guerriero straordinario, certo siamo d’accordo si sia infiacchito nel comando, ma nel profondo è ancora un valoroso. Sa riconoscere un guerriero. Non appena di dimostrerai il tuo valore in battaglia cambierà idea. La guerra è tutt’altra cosa da quel che si fa qui dentro” rispose l’uomo.
 
“Speriamo che tu abbia ragione, Parsel” tagliò corto Samael con voce gelida. Ogni traccia di serenità sparita, tanto che tolse di scatto la mano dalla spalla di Nihal “Rimaniamo sull’argomento. L’utilizzo della lancia è la tua specialità. Le farai delle lezioni soprattutto in vista della mia partenza?” Nihal sobbalzò e si girò verso di lui.

“Che partenza? E l’addestramento?!” chiese sentendo il cuore batterle forte. Era appena diventato un punto fermo in quell’inferno. Aveva detto che non l’avrebbe abbandonata e se ne andava proprio ora che stavano iniziando a capirsi?!

“Procederà. Devo sostituire temporaneamente un cavaliere a capo di un plotone al fronte. Dovrei rimanere fuori una settimana” le rispose Samael senza spostare lo sguardo dall’altro maestro. Il tono era freddo e piatto. Parsel lì per lì alzò un sopracciglio, non si aspettava che il giovane cavaliere degnasse l’allieva di una risposta chiara, poi però scosse la testa rassegnato e spostò lo sguardo verso Nihal che invece guardava Samael incuriosita. Era chiaro che non nutrisse particolare stima per il Generale Supremo, ma nel suo sguardo c’era disprezzo per lui. Capì che aveva tagliato corto solo perché davanti a Parsel doveva mantenere il ruolo di maestro.
 
“Nihal, domani sfrutta l’ora di pausa che ti ha concesso per riposarti. Iniziamo con le lance” decretò Parsel. Nihal annuì decisa, ma con un bagliore negli occhi che per un momento la fece sembrare una bambina che aveva appena ricevuto il regalo tanto richiesto.
 
“Grazie” fece Nihal guardandoli entrambi. Nonostante il muro che si era eretta, la ragazza si era accorta del genuino affetto che Samael aveva iniziato a mostrare nei suoi confronti e questa cosa la faceva stare bene. Si diceva di non aver bisogno di nessuno, ma a volte era piacevole percepire quel calore che in pochi le avevano dato. Eppure a volte il suo muro sembrava un sottile strato di pergamena in confronto a quello di Samael. Di lui aveva capito che fosse un ottimo combattente, che fosse diverso dagli altri a modo suo e che benché lei gli parlasse con le armi e si sentisse capita e spronata a fare del suo meglio, Samael non aveva mai davvero parlato con lei.
 
“Puoi andare, tra poco servono la cena” disse il cavaliere alla ragazza prima di rivolgersi al collega “Parsel” e con un cenno della testa si allontanò con passo marziale. Anche se meno rispetto a prima, la voce era rimasta gelida e allontanandosi non aveva degnato nessuno dei due nemmeno di uno sguardo. Lui che con quelle sue iridi celesti e liquide sapeva intimidire chiunque con solo uno sguardo, non aveva incrociato gli occhi dell’allieva.
 
“Parsel” fece lei rompendo quei secondi di silenzio riempiti solo dal passo marziale del cavaliere che si allontanava “Perché Samael disprezza così tanto il Generale Supremo quando tutti voi non fate altro che osannarlo?” L’uomo prese un respiro profondo grattandosi leggermente la tempia.
 
“Non vanno d’accordo, detta in modo semplice”
 
“Questo mi è chiaro. Ma Samael lo disprezza, non è solo in disaccordo, e non fa niente per nasconderlo. Cosa è successo tra loro?”
 
“Hanno un rapporto complicato, ma non posso dirti altro. Non sta a me parlartene, e in ogni caso non conosco i dettagli. Nessuno li sa, Nihal. È una questione che riguarda loro. Se vuoi saperlo, dovresti parlarne con Samael”
La mezzelfo annuì non togliendo gli occhi dal cavaliere.
 
 
Il giorno seguente iniziarono l’addestramento con le lance che entusiasmò Nihal. In quegli allenamenti, Samael passò il testimone a Parsel come maestro, ma rimanendo per dare assistenza. Non era il suo campo e voleva che Nihal ricevesse il migliore allenamento. Per la prima volta si trovò a combattere insieme Samael, che armato di spada e scudo le faceva da prima linea, affinché imparasse a combattere con un compagno e in una posizione a lei completamente estranea. Era strano. Nihal era una fanciulla alta, ma dietro Samael si sentiva piccola come non mai. Lui era una roccia ed era l’assistenza di cui aveva bisogno in quel momento. Stava imparando a battersi avendo davanti a sé una copertura incrollabile, ma doveva imparare a muoversi di conseguenza. Era molto più difficile non avendo campo libero.
Samael era diventato taciturno in quei giorni. Stoico. Interveniva solo per spiegarle dettagli relativi alla prima linea o per farle vedere qualcosa insieme a Parsel. Finita la lezione, salutava in modo distaccato e se ne andava, lasciando Nihal con Parsel per confrontarsi e ascoltare le ultime correzioni.
 
Quel giorno Samael si congedò mezz’ora prima della fine della lezione, senza dare troppe spiegazioni. Doveva essere successo qualcosa, Nihal ne era certa. Finita la lezione con Parsel tornò nel suo stanzino per darsi una ripulita prima di andare a cena. Come consuetudine i compagni che incontrava lungo il percorso si aprivano e la lasciavano passare, standole lontano. La mezzelfo li guardava in cagnesco, ripagandoli con la stessa moneta. Quando mancavano pochi metri alla porta della mensa, Nihal sentì una voce familiare chiamarla a bassa voce con quell’appellativo che ancora non aveva capito se le facesse piacere o meno. La ragazza si voltò verso la voce e vide Samael nella penombra, appoggiato al muro che conduceva verso il corridoio principale e poi l’uscita. La sua alta figura era chiusa in un mantello nero. Se non fosse stato per il viso scoperto, Nihal non lo avrebbe riconosciuto subito. Non le tornava la sua stazza. Era imponente, ma non era così massiccio come era solita vederlo. Ora che lo vedeva così, intuiì che quello celato sotto l’armatura grezza fosse un fisico atletico e forte, ma più longilineo di quanto pensasse. Notò una sacca ai suoi piedi nell’avvicinarsi.
 
“Stai partendo” disse lapidaria, incrociando le braccia sul petto.
 
“Se me lo dici con quel tono se vuoi ci resto al fronte” disse lui abbozzando un sorrisetto. Nihal non sorrise, ma sospirò mesta, guardando a terra.

“No… è che… vorrei venire a combattere…” confessò alzando lo sguardo.

“Un giorno, ma non oggi” le rispose lui “Stai andando bene. Continua così e affronterai molto presto la prova della battaglia”

“Se il Generale Supremo non mi terrà inchiodata con i principianti…”

“Non ti terrà inchiodata con loro. Di questo puoi esserne sicura. Vedrai che quando riuscirai a convincere del tutto Parsel del tuo talento, il vecchio inizierà a parlare e avrai gli occhi puntati addosso”
 
“Nessuna pressione, quindi”
 
“Questa frase da ansiosa, detta da te è alquanto ridicola” ribatté lui con tono divertito. Nihal a quel punto abbassò le spalle lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e le labbra si incrinarono in un piccolo sorriso.
 
“Va bene d’accordo. Non sarà un problema farli ricredere”
 
“Oh, adesso sì che riconosco la mia guerriera esibizionista!”
 
“Non sono esibizionista!”

“Noooo, affatto. Ma va bene, così. Tu puoi permettertelo… ogni tanto. Basta che tu sappia riconoscere i momenti giusti” disse lui sempre con quel sorrisetto saputo, che per quanto fosse irritante le dava calore.
 
“Mi cercavi per farmi il discorsetto del maestro sul ‘non fare danni mentre sono via’?” ribatté lei
 
“No. Ti volevo solo salutare prima di andare e dirti di continuare a dare il massimo come stai facendo” le sorrideva ma era serio “E non perdere di mira il tuo obiettivo. Ricordati che non sei come gli altri: devi faticare il doppio, ma è una cosa che so che puoi fare. Appena torno poi facciamo una verifica, promesso” Nihal rimase un po’ confusa.
 
“Samael, sono rimasta abbarbicata su una statua per costringere il Generale Supremo a farmi fare la prova, sono entrata qui dentro e mi scontro tutti i giorni con dei ragazzi arroganti che mi schifano perché sono femmina e so usare la spada meglio di loro. Non sarà certo una settimana senza di te a farmi cedere”
 
“Sì… a proposito di questo…” disse lui facendosi più serio “Non starò via una settimana” Nihal rimase di stucco.
 
“Cosa?”
 
“Rettifica degli ordini dall’alto” disse Samael “Starò via un mese è per questo che ti facevo questo discorso. So che non hai vita facile qui…” quella frase rimase sospesa. I loro sguardi si incrociarono e quando accadde Nihal riuscì a percepire il seguito di quella frase. In quegli occhi vide lo sguardo di qualcuno che sapeva esattamente quello che provava. Non se lo aspettava. Non da uno come Samael.
 
“Perché la rettifica?” Samael aveva parlato di ordini dall’alto.
 
“La versione ufficiale è che la situazione su quel fronte sta peggiorando. Gli ordini me li ha dati direttamente il Generale Supremo… diciamo che abbiamo trovato un compromesso”
 
“Non vuole che mi insegni più” Nihal sentì montare la rabbia
 
“Non ha apprezzato che ti dessi lezioni aggiuntive” disse strizzandole l’occhio.
 
“Avevi detto che non ti avrebbe dato problemi!”
 
“No, io ho detto che è un mio diritto in quanto maestro, non che lui non l’avrebbe presa come una lesa maestà e quindi me l’avrebbe fatta scontare con ripercussioni passivo-aggressive” disse Samael divertito, poi però si fece serio, vedendo l’espressione della ragazza.
 
“Quindi lui ti manda al fronte per punirti e per far crollare me. Pensa che io sia così debole da cedere se non ci sei tu che mi sostieni”
 
“Ed è qui che ti ha appena creato un’occasione. Non sei una donzella in difficoltà. Sfrutta la mia assenza per farglielo capire” disse con un sorriso compiaciuto. Nihal realizzò quanto avessero senso le parole del ragazzo. Raven non la credeva all’altezza e voleva farla crollare. Samael aveva ragione. Non era debole. Avrebbe sopportato quel mese da sola. Quel pensiero la colpì come una frustata, lasciandola di stucco. No… non era sola. Lo era stata le prime settimane, si sentiva sola, ma non lo era. Non da quando Samael aveva fatto il suo ingresso nella sua vita con quella sfida. Era suo alleato e in questa battaglia le aveva appena fornito un’apertura nel cuore dell’esercito nemico. Aveva sentito i suoi compagni bisbigliare alle sue spalle. Aveva sentito i commenti prima della spia e poi della strega, fino a quelli dell’amante del maestro. Era la sua occasione per dimostrare di essere all’altezza anche senza di lui lì presente che la proteggeva dietro le quinte con la sua mera presenza. Alzò lo sguardo decisa.
 
“Ben presto mi unirò al tuo corso” disse con un fuoco arderle negli occhi.
 
“Lo so”. Allungò una mano verso il suo volto con sicurezza, ma dandole tutto il tempo di ritirarsi a quel tocco. Nihal, osservò il movimento in modo vigile, si irrigidì, ma una parte di lei le disse di fidarsi e decise di ascoltarla. Riuscì a rilassarsi quando quella mano ruvida e calda si posò gentile sul collo, facendole una leggera carezza tra i capelli con le dita. Nel fargli gli si era aperto leggermente il mantello e Nihal intravide un’armatura diversa, ma troppo concentrata sullo sguardo intenso di Samael per vederla fino in fondo “Fagli vedere quanto vali, Guerriera”
 
“Te lo prometto” Il ragazzo le sorrise per poi ritrarre la mano e abbassarsi per prendere la sacca da viaggio.
 
“Ci vediamo tra un mese” le fece un sorriso e iniziò ad avviarsi.
 
“Samael” lo chiamò decidendosi a fare quella domanda a cui da un po’ voleva una risposta. L’uomo di girò. “Perché tu disprezzi il Generale Supremo dell’Ordine dei Cavalieri di Drago?” Silenzio. Però poi Samael incrociò il suo sguardo.
 
“E’ una storia lunga… per ora ti basti sapere che benché per motivi diversi, anche io sono stato al tuo posto” rispose lui.
 
“Quando torni me la racconti?” Nihal sentì il cuore iniziare a batterle forte. Aveva aperto uno spiraglio nel suo muro e aveva teso la mano per aprirne uno nel suo. Mille pensieri le percorsero la mente. Era chiaro che fosse un argomento molto personale e lui era pur sempre un maestro. Perché avrebbe dovuto darle del tempo per raccontarle i fatti suoi? Vide un sorriso aprirsi nel volto di Samael.

“Supera la verifica e ti racconto tutto quello che vuoi” detto ciò le diede di nuovo le spalle e si allontanò “Non sentire troppo la mia mancanza, guerriera!”

“E tu non gonfiare ulteriormente il tuo ego!”
 
“Touché!”

Così Samael abbandonò l’Accademia e Nihal per la prima volta andò a cena con un sorriso, ignorando il chiacchiericcio dei compagni. Con rinnovata determinazione decise che stavolta, al suo rientro, avrebbe pareggiato i conti con Samael. Aveva tante ferite di cui ripagarlo.

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Capitolo 5
*** Nuovi Legami ***


Se all’inizio Parsel pensava che il suo collega ribelle avesse preso la mezzelfo sotto la sua ala solo per ripicca contro il Generale Supremo, più la addestrava e più si rese conto che Samael aveva visto lungo e dovette ammettere che il giovane avesse ragione. Nihal era fenomenale. Imparava in fretta ed era attenta. Ben presto, lui che non aveva mai avuto una famiglia, prese a cuore il destino della ragazza e iniziò a provare verso di lei un senso paterno. Vedere la sua tenacia e dedizione lo spinsero a stimarla sempre di più. Anche lui iniziò a parlare la lingua delle armi con Nihal e ben presto capì con dispiacere perché i due ragazzi avessero tutta questa intesa. Non erano così diversi.
Quando Samael era una recluta, Parsel era stato suo maestro e aveva visto in lui la stessa tristezza e dolore che accompagnavano Nihal. Ma soprattutto il senso di solitudine che entrambi provavano a scacciare in modi simili per dimostrare a sé stessi di non aver bisogno di nessuno: addestrarsi con costanza e in modo quasi ossessivo. Lui per essere il migliore e lei per dimostrarsi degna di diventare Cavaliere.
Nihal non era ancora al livello di Samael, ma sicuramente stava diventando in grado di stargli dietro. Era certo che al prossimo scontro Nihal avrebbe fatto più che lasciargli solo un graffio sull’armatura.
 
Quei giorni passarono lenti e solitari, ma la mezzelfo aveva un obiettivo. Superare la prova e guadagnarsi la possibilità di conoscere il giovane cavaliere. Sapeva perfettamente che anche se avesse fallito Samael non le avrebbe negato il dialogo, ma era una questione di principio. Voleva che lei superasse la prova per poter fare domande? Lei avrebbe superato la prova.
Tuttavia in quei giorni, i sensi di Nihal si fecero più acuti. Si sentiva osservata molto più del solito. Se si guardava intorno tutti volgevano lo sguardo altrove, ma c’era qualcosa che non andava. Non c’entravano nulla gli incubi o i maltrattamenti passivi dei compagni, che da quando Samael era partito erano aumentati.
 
Samael non c’è e pensano che io sia un bersaglio più facile adesso…. Beh, pensate male! Si diceva tra sé e sé, camminando per i corridoi. Durante gli allenamenti giornalieri, Nihal iniziò ad avere un atteggiamento più aggressivo verso i compagni principianti, sia per far capire loro che se avessero solo provato a farle qualcosa lei non avrebbe avuto problemi, sia per mandare un messaggio verso i compagni del corso avanzato che la osservavano con sdegno da lontano.
 
Erano già passate due settimane e mezzo da quando Samael partì e Nihal non aveva alcuna intenzione di cedere. Non importava quanto si sentisse sola, quanto sentisse la mancanza di Sennar in quei momenti in cui avrebbe voluto sfogarsi. Non si sarebbe mostrata debole a loro, non quando si era accorta di avere gli occhi degli altri docenti puntati addosso. Esattamente come aveva detto Samael la stavano osservando per vedere di che pasta fosse fatta senza di lui presente. Nihal era instancabile. Dava il suo massimo ogni giorno tanto che alcune notti non aveva nemmeno la forza di sognare. Quelle erano le notti che più la ristoravano. Non sentire di tanto in tanto le voci della sua gente che implorava vendetta e non vedere le immagini dei fammin che uccidevano Livon era un sollievo che tuttavia durava troppo poco.
 
Dopo cena Nihal camminò con passo marziale dritta verso il suo stanzino. C’era qualcosa che non andava però. Non sapeva cosa. Qualcosa nello stomaco le diceva che non doveva andare. Ma che cosa avrebbe dovuto fare? Nessuno voleva stare con lei e se l’avessero trovata in giro fuori dall’orario consentito sarebbe stata punita e non aveva alcuna intenzione di dare a Raven e i suoi compagni quella soddisfazione. Si mise davanti la porta dello stanzino. Quel sentore di pericolo nel suo stomaco si fece sempre più forte. Si guardò attorno per vedere se qualcuno la stesse pedinando, ma non vide nessuno, nemmeno Malerba, ma la cosa era abbastanza normale. Non si presentava lì tutte le sere, aveva altri doveri, ma per qualche motivo, nonostante avesse paura dell’aspetto di quello gnomo deforme, la sua assenza quella sera la inquietava. Samael una volta le disse: “E’ giusto seguire l’istinto, ma fallo con intelligenza”. Non seppe perché le venne in mente quella frase ma quella sensazione di pericolo le disse di estrarre la spada e così fece, ma non si buttò a testa bassa nello stanzino per affrontare qualunque cosa credesse trovarsi lì. Rimase ferma ad osservare la porta. Sembrava essere tutto a posto. Era chiusa come l’aveva lasciata.
 
Forza Nihal! Sarà solo suggestione! Cosa ti prende? Entra in quella maledetta stanza! Si disse. Mise la mano sulla maniglia e aprì la porta. Non entrò subito come era solita fare. Controllò lo stanzino e sembrava tutto normale. Impugnò la spada con entrambe le mani ed entrò. Forse quel ricordo le aveva appena salvato la vita, perché alla sua destra vide una lama abbattersi verso di lei dal lato destro. Nihal parò il colpo e spinse via l’avversario in tempo per riconoscere un ragazzo del gruppo avanzato che non aveva in mano una spada, ma una spranga di metallo. Fu un attimo, poi la ragazza sentì un dolore lancinante dietro la nuca e venne inghiottita dal buio. Quando riaprì gli occhi qualcuno la stava rialzando con forza. Provò a muovere le braccia per ribellarsi, ma le sentì bloccate dietro la schiena da qualcosa che iniziò a ferirle i polsi. Sentiva qualcosa di caldo scivolarle dietro la nuca e lungo il collo, bagnandole il colletto della camicia. Intorno a lei c’erano delle voci ovattate che dicevano qualcosa. Vide la sua spada buttata in un angolo e man mano che la sua vista si schiarì riconobbe gli assalitori. Erano in quattro ed erano tutti del corso avanzato e quello che la fece momentaneamente gelare era che fossero tutti del corso di Samael.
 
La sollevarono da terra mettendola in piedi e tenendola saldamente uno per braccio, uno tenendola stretta a sé dalle spalle, passandole le braccia sotto le sue per impedirle di muoversi. Era alto e forte perché la ragazza sentì i piedi leggermente sollevati da terra. Uno le stava davanti con ancora in mano la pietra sporca di sangue con cui l’aveva colpita alle spalle.
 
“Razza di vigliacchi! Lasciatemi andare!” ringhiò contro Nihal dimenandosi.
 
“Ma tu guarda! Non sei più così forte senza il maestro Samael che ti protegge, eh, mostriciattolo?”
 
“Siete in quattro e mi avete attaccata alle spalle da codardi! Se sei davvero un guerriero combattimi come tale! O bisogno dei tuoi amichetti?” sfotté lei guardandolo in cagnesco, provando a dimenarsi. Il ragazzo rise, guardò i suoi amici e mollò un pugno in pieno addome alla mezzelfo.
 
“Chiudi quella bocca! Dovevi startene al tuo posto a fare cose da donna invece che venire qui a prenderti gioco di noi! Tu non sei niente! Non appartieni a questo posto!”
 
“Allora se non sono niente… dovresti battermi da solo… o hai paura di essere battuto da una femmina?” ribatté lei dimenandosi, ma sentì i tre stringere di più. Il ragazzo davanti a lei questa volta la colpì sul volto.
 
“Questo è un avvertimento. Se tieni alla tua vita vattene da qui e torna nella bettola da cui vieni. Tu non meriti di essere qui…” disse quello alle sue spalle
 
“Lo sanno tutti che ci sei solo perché ti porti a letto il figlio del Generale Supremo! Altrimenti per quale altro motivo il Capitano Samael ti avrebbe presa così a cuore, eh?” disse quello alla sua destra. Nihal sgranò gli occhi.
 
Samael… era il figlio di Raven?
 
“Cos’è non parli più?”
 
“Samael ha scelto me come allieva perché sono migliore di voi!” ringhiò furiosa “Prova ne è il tuo naso rotto”
 
“Come scusa?” sbeffeggiò lui, ma un attimo dopo fu a terra incosciente. Nihal sfruttò il sostegno dei tre per contrarsi e colpirlo in faccia con un calcio, rompendogli il naso.
 
“Ma che diamine?!- Ma come ha fatto?!”
 
“Tenetela stretta!” tuonò il ragazzo alle spalle che la lasciò prendendo il posto dell’altro andandole davanti
 
“Lurida sgualdrina!” e la colpì diverse volte nell’addome e sul volto. Un pugno nello stomaco, due, gancio destro, gancio sinistro. “Adesso te la do io una lezione!” ruggì furioso. Nihal sentì il sangue uscirle dal labbro di nuovo. Provò a tirargli un calcio come aveva fatto con l’altro, ma l’aggressore parò il colpo afferrandole la gamba agganciando il ginocchio con il braccio e colpendole ripetutamente l’esterno della coscia con violenza usando il gomito. Nihal sentì il dolore percorrerle tutto il corpo. Lui le lascio la gamba e le tirò un calcio nell’addome. Improvvisamente i due la lasciarono e lei si sentì lanciare nel vuoto, sbatté la schiena contro il muro e cadde in avanti. Riuscì a rannicchiarsi per tempo e ammortizzare un minimo la caduta con la spalla, avendo le mani legate. Alzò lo sguardo e vide i tre in piedi davanti a lei, come avvoltoi davanti ad una carcassa. Avevano pensato a tutto… l’avevano colpita alle spalle, l’avevano legata, le avevano tolto la spada. Provò ad alzarsi, ma dopo quei colpi sulla gamba, si sentì cedere per via del dolore.
 
“Hai fatto un errore a venire qui, sgualdrina…” disse il più altro dei tre avvicinandosi, scrocchiandosi le nocche e guardandola con uno sguardo laido che le gelò sangue. Doveva liberarsi e uscire da lì. Subito. Provò a liberare le braccia ma come unico risultato ottenne che le corde le segarono maggiormente i polsi. Una voce gelida echeggiò nella stanza.
 
“E voi avete fatto un errore a toccarla” Samael!
 
I tre si voltarono di colpo quando il più alto cadde a terra dopo aver ricevuto un pugno in pieno volto. Gli altri due d’istinto provarono ad assaltarlo, ma Samael afferrò il primo per la camicia e lo sollevò da terra di almeno un metro prima di voltarsi e gettarlo fuori dalla porta dello stanzino facendogli sbattere la schiena e la testa sul muro con violenza. Il Cavaliere di Drago si voltò subito verso il secondo che provò a dargli un pugno sul volto, ma Samael con un ampio e rapido movimento circolare del braccio, parò il colpo e intrappolò il braccio avversario tra il suo e il suo corpo per poi dare un pugno in faccia al ragazzo. Lo afferrò per la collottola e lanciò di fuori anche lui, gettandolo sul muro e sul compagno.
 
Nihal rimase di stucco per qualche secondo. Non era mai stata più felice di vederlo, ma qualcosa la inquietò nel suo sguardo. Vide una luce di ira che la fece gelare. Era furioso. Le bastò vedere quello sguardo per capire che se non fossero stati allievi, Samael non si sarebbe fatto problemi ad ucciderli. Era uno sguardo che aveva già visto nel mercenario durante la sua prova. Lui la voleva morta quanto Samael voleva morti loro. Nihal vide il ragazzo più alto alzarsi e guardare il Cavaliere di Drago con odio. Mentre Samael era impegnato con gli altri due, prese la spranga di metallo a terra e caricò il maestro per colpirlo.
 
“Attento Samael!” In uno scatto adrenalinico, Nihal si alzò ignorando il dolore alla gamba e caricò l’allievo buttandolo a terra con una spallata nel fianco. Dal suono che fece e l’urlo di dolore, doveva avergli rotto una costola. Nella carica, cadendo a terra la mezzelfo gli finì sopra. Si mise a cavalcioni su di lui e avendo le mani legate fece ciò che le venne più istintivo: dargli una testata sul naso.
 
“Ahia!” lamentò Nihal risollevandosi dal colpo e togliendosi da lui, rotolando sulla gamba sbagliata, facendosi sfuggire un altro gemito di dolore. Samael vide la scena e subito calciò via la spranga e prese per il colletto il terzo allievo, sollevandogli il busto per poi gettarlo di fuori e fare lo stesso con il quarto. In quel momento sentì dei passi pesanti e veloci in avvicinamento.
 
“Presto! Presto! Ragazza pericolo!” sentì la voce di Malerba e vide Parsel e altri due colleghi girare l’angolo per correre da loro, preceduti al servo che aveva ancora del sangue rappreso sulla testa.
 
“Samael! Che diamine sta succedendo?!” tuonò Parsel.
 
“Succede che questi quattro vigliacci debosciati hanno aggredito una recluta, ecco cosa succede” rispose freddo e tagliente Samael.
 
“Nihal sta bene?” fece Parsel preoccupato.
 
“Ci penso io a lei, voi portate questi qui nella cella e che ci restino fino a data da destinarsi. Informate il Generale Supremo subito. Voglio proprio vedere se è fedele al suo codice d’onore o lo fa solo quando gli fa comodo” disse voltandosi ed entrando nella cella, mentre i maestri presero e legarono i quattro ragazzi che colti in flagranza non fecero resistenza e li portarono via. Samael si fiondò dalla ragazza che era riuscita a rimettersi seduta.
 
“Ehi, Guerriera” il tono era cambiato. Sparita era la rabbia ed improvvisamente emerse una sfumatura che la ragazza non aveva mai visto in lui e nessuno al di fuori di Sennar aveva mostrato per lei: premura. In un attimo fu accovacciato accanto a lei.
 
“Ciao Samael…” bofonchiò lei dolorante.
 
“Maledetti… che ti hanno fatto…” lo sentì dire a bassa voce, prima di estrarre un pugnale da sotto al mantello e tagliare le corde che le legavano le braccia “Ecco fatto. Dammi un momento che-” si interruppe bruscamente quando le braccia di Nihal all’improvviso gli furono al collo. In quel momento non le importava che lui fosse il figlio di Raven. Samael l’aveva appena salvata da un pestaggio calcolato probabilmente da tempo. Il cuore le batteva ancora fortissimo per la situazione e solo quando le braccia del ragazzo si strinsero delicate intorno a lei, fu in quel momento che si sentì libera di abbassare la guardia.
 
“Grazie” sussurrò stringendosi a lui, sentendo il freddo dell’armatura del cavaliere. Samael era rimasto di stucco, non aspettandosi minimamente quello slancio. La strinse a sé solo dopo qualche secondo, riscuotendosi dal suo stupore solo quando sentì il suo ringraziamento.
 
“Grazie a te per avermi coperto le spalle” rispose con un sorriso, accoccolando leggermente la testa sulla sua, portandole una mano dietro alla nuca con fare protettivo. Sentì Nihal lamentarsi debolmente a quel contatto e sentì umido sulle dita, la tolse e vide la mano sporca di rosso.
 
“Scusa… diamine… ti hanno fatto proprio un bel numero…” disse allontanandosi leggermente e controllandole il viso. Non era in buone condizioni le avevano spaccato il labbro e già si erano formati due grossi lividi uno sullo zigomo destro e uno sulla mascella sinistra. Malerba si affacciò allo stanzino. Aveva un’espressione strana.
 
“Ragazza sta bene?” chiese lo gnomo con un’espressione che Nihal non riuscì a comprendere. Era orrida come sempre, ma sembrava celare un qualcosa simile alla preoccupazione.
 
“Stavo meglio prima… ma sto bene” rispose Nihal, mentre Samael procedette ad intonare un incanto di guarigione e curarle sia la nuca che il volto, tenendo la mano sospesa e rilasciando quella luce bianca che emanava un calore confortevole. La ragazza notò il sangue rappreso sulla testa di Malerba.
 
“Perdona! Io qui! Ma loro…” lo gnomo deforme iniziò a piangere e singhiozzare sentendosi in colpa.
 
“Tranquillo, Malerba, sei stato bravo a trovare subito gli altri maestri. Non è stata colpa tua” disse Samael togliendo la mano dal volto ora sano di Nihal, poi si volse di nuovo verso la mezzelfo “Meglio?” Nihal annuì con espressione ancora dolorante. Le facevano male sia la gamba che l’addome.
 
“Sì… grazie, ora sto bene” si allungò verso la sua spada per prenderla sentendo il dolore salirle lungo il corpo, ma strinse i denti e si impedì di gemere “Posso fare da sola” e fece per alzarsi solo per essere bloccata da Samael
 
“Ma non hai visto come stai? Prima ti porto in infermeria e poi fai come vuoi” rispose lui e prima che la ragazza potesse protestare ulteriormente, lui le accompagnò la mano per mettere la spada nel fodero e la alzò sollevandola, iniziando ad avviarsi in infermeria, portandola in braccio. Nihal soffocò un piccolo gemito di dolore proveniente dalla gamba quando Samael la sollevò, benché fosse stato gentilissimo.
 
“Ehi! Samael! Non serve! Mettimi giù!” protestò la ragazza sentendosi avvampare per l’imbarazzo. Le orecchie a punta erano in netto contrasto con il blu dei suoi capelli.
 
“Lo vediamo in infermeria se non serve” si rivolse allo gnomo “Malerba, porteresti la mia sacca nella mia stanza per piacere. Mi occupo io di lei” lo gnomo deforme annuì e prese la sacca da viaggio che era stata lanciata al lato della porta prima di entrare. Il Cavaliere di Drago invece, si diresse in infermeria con braccio.
Quante volte Nihal aveva sognato di Fen che arrivasse a prenderla con Gaart e, come lo aveva visto fare con Soana, prenderla romanticamente tra le braccia per metterla sulla sella e poi levarsi insieme nel cielo infinito per poi scendere e scambiarsi un lungo bacio davanti al tramonto… Questa situazione non aveva nulla di romantico! Era sporca di sangue, dolorante, sentiva i lividi farsi sempre più gonfi, probabilmente non avrebbe potuto camminare per una settimana, e si trovava nei corridoi dell’Accademia in piena vista di tutti. Inoltre, quando aveva soffocato quel gemito, aveva sentito la mano di Samael spostarsi per non premere dove le faceva male. Sperava fosse un caso e che l’avesse spostata solo per tenerla meglio.
 
Dannazione! Mi prenderanno per una debole se mi vedono! Non posso rischiare! Non ora!
 
“Samael! Lo hai detto tu stesso! Non sono una donzella in difficoltà! Mettimi giù!” protestò.
 
“Ma se ti ha fatto male la gamba non appena ti ho sollevata. Dove pensi di andare?” ribatté lui che ormai era partito a larghe falcate verso l’infermeria.
 
Dannazione! Se ne è accorto!
 
“Samael! Già pensano che io sia la tua amante! Se qualcuno ci dovesse vedere così-”
 
“-Penserà che sono un uomo fortunato e comunque chi se ne frega! Pensasse quello che vuole, tanto sei in grado di dimostrare che non ti viene regalato niente qui. Finché non sono sicuro che tu stia bene non ti lascio” Nihal avvampò come mai aveva fatto in vita propria.
 
“M-ma-! E-ecco… ma tu!- ma io-!”
 
“Che c’è ti ho spiazzata?” disse ironico con quel suo sorrisetto da schiaffi.
 
“N-no! E’ solo che- beh- io-…”
 
“Lo so, faccio questo effetto alle donne” e le fece l’occhiolino con un sorriso autocompiaciuto dei suoi.
 
“Argh! Sei impossibile!” però a quel punto gli mise le braccia intorno al collo per aiutarlo e avere una scusa per appoggiare la testa a lui e reclinarla in avanti per impedirgli di vedere il suo viso paonazzo.
 
“E tu sei arrossita” Nihal gli diede uno schiaffo sul petto solo per far risuonare l’armatura piena.
 
“Smettila!” ci guadagnò una sonora risata da parte del ragazzo, di avvampare ancora di più e di farlo tacere.
 
Lungo i corridoi incontrarono alcuni allievi che si fecero da parte. Nessuno fiatò. Sparlavano, ma la casacca di Nihal erano sporca di sangue sul colletto e non solo, dove prima il labbro era spaccato c’erano ancora le tracce di sangue e il corridoio in cui stavano camminando era quello dell’infermeria. Erano abbastanza svegli da fare silenzio, soprattutto viste le occhiatacce che gli lanciavano entrambi al passaggio. Entrarono in infermeria dove il giovane la posò su uno dei letti in fondo in modo che Nihal fosse lontana da sguardi curiosi.
 
Era riuscita a diventare meno rossa durante il tragitto e Samael cambiò nuovamente atteggiamento. Ora era completamente concentrato su di lei per capire come stesse. prendendo una ciotola e riempiendola d’acqua e usando un panno pulito per levare il sangue dal viso e collo di Nihal e assicurarsi di aver chiuso tutte le ferite. La ragazza inizialmente protestò, ma alla fine gli permise di procedere con il suo tocco delicato. Fortunatamente era solo rimasto il sangue.
 
“Oltre al viso e alla testa dove ti hanno colpita?” chiese una volta finito.
 
“Addome e sulla gamba e mi hanno fatto sbattere la schiena sul muro”
 
“Chiaro. Adesso vedo come sei messa” disse e si tolse il mantello per avere meno intralci. Nihal riuscì finalmente a vedere la sua vera armatura da Cavaliere. Al contrario di quella con cui si allenavano era sempre una corazza di piastre, ma molto più leggera rispetto all’altra che gli permetteva molta più libertà di movimento, inoltre gli calzava a pennello, sembrava fatta su misura per lui, confermando che sotto di essa il fisico fosse effettivamente forte e atletico ma longilineo come aveva immaginato la sera in cui partì. Ciò che la colpì maggiormente fu il colore: bianca con le decorazioni in oro, per nulla pacchiana come quella del Generale Supremo. Era semplice ed elegantissima. Le decorazioni non erano altro che scaglie di drago incise o in rilievo che andavano a formare degli eleganti arabeschi lungo la pettorina, gli spallacci, bracciali e gorgiera. Era stupenda e su di lui aveva un che di ultraterreno che non sapeva definire. Samael si sentì addosso gli occhi di Nihal, mentre si tolse i bracciali per avere più libertà di movimento. Posò il suo sguardo su di lei e abbozzò un sorriso.
 
“Vedi qualcosa che ti piace?” disse ironico e per una volta non aveva un doppio senso quella frase.
 
“La tua armatura è… è bellissima!” disse lei ammirata “Ora capisco perché usi la corazza grezza durante gli addestramenti” Samael ridacchiò avvicinandosi. Poggiò un solo bracciale.
 
“E’ un’armatura. È fatta per prendere colpi, poi si ripara. Uso quella grezza perché è più pesante. Così mi tengo in allenamento e quando indosso questa sono protetto ma mi sento più leggero” le porse l’altro bracciale per invitarla a prenderlo. Nihal si illuminò e accettò il bracciale. Effettivamente era più leggero di quanto si aspettasse. I disegni erano raffinatissimi. Sembrava che la catena di scaglie di drago formasse una sorta di edera che la adornava come un ricamo. Quanto avrebbe voluto anche lei avere un giorno un’armatura come quella. Una vera armatura da cavaliere.
La sua attenzione tornò sul cavaliere quando lo sentì spostare una sedia vicino al letto e sedersi accanto a lei. I loro occhi si incrociarono e Nihal vide tutta la sua preoccupazione.
 
“Devo toglierti la cintura con la spada. La metto vicino a te a portata” disse con una voce calda ed empatica. Mai come in quel momento Nihal si sentì capita. Lui sapeva quanto quella spada fosse importante per lei. La mezzelfo si prese qualche secondo. Gli fu grata per quella semplice frase. Sentì qualcosa smuoversi dentro di lei a quel gesto. Nihal non amava essere curata dagli altri. Non amava avere la sensazione di avere bisogno di qualcun altro, soprattutto lì in Accademia. Ma quel momento fu diverso e per la prima volta nella sua vita permise a qualcuno di prendersi cura di lei senza fare resistenza. Annuì leggermente con la testa mantenendo lo sguardo su Samael che non lo abbassò e lentamente le tolse la cintura con la spada. Si muoveva sicuro e con cura. Fece scivolare delicatamente la cinghia sotto la schiena di Nihal e prese la spada con tutto il fodero. Come se stesse maneggiando un pezzo di cristallo la posò delicatamente al comodino accanto alla branda, come promesso a portata della ragazza.
 
“Devo toglierti la casacca… Posso?” non tolse lo sguardo da lei. Non poté fare a meno che notare che le guance della ragazza si fecero leggermente rosee come le sue orecchie. L’unico ragazzo che mai l’avesse toccata, benché fosse solo per curarla, era Sennar ed era stato lui ad arrossire e solo alzando un lembo della maglia. Tra l’altro si era dovuto occupare di lei solo perché Soana era impegnata a proteggerli. Ma con lui non si vergognava, insomma, era Sennar! Erano cresciuti insieme, ma con Samael era diverso. Questo era un giovane che era entrato nella sua vita come un ariete ai cancelli durante un assedio. Era il suo maestro, ma non solo. Il rossore non era dovuto a vergogna, ma imbarazzo. Sarebbe stata guardata da un uomo. Samael notò l’imbarazzo.
 
“Non guarderò e non toccherò nulla che non vuoi che tocchi o guardi. Se preferisci fai tu” disse, le sue parole dette in quel modo caldo e rassicurante furono tutto ciò che la mezzelfo ebbe bisogno per sentirsi nuovamente tranquilla e non più in imbarazzo. Annuì e lei stessa sollevò la casacca fin sotto al seno mostrando all’uomo l’addome che ormai in più punti era macchiato di viola. Vide la rabbia tornare nello sguardo di Samael. Il ragazzo prese un respiro e volse di nuovo lo sguardo verso di lei, provando a sorriderle per rassicurarla.
 
“Per la gamba faccio io? Basta tirare su il pantalone” Nihal di nuovo annuì, cosicché poco dopo Samael ebbe a vista anche la gamba della ragazza che sull’esterno della coscia aveva un livido di dimensioni notevoli. Nihal non gli tolse mai gli occhi di dosso, osservando come il giovane cavaliere iniziò a toccare delicatamente e gentilmente la gamba, piegando il ginocchio, per poi passare a tastare piano l’addome e i fianchi. Per tutto il tempo continuò ad osservare lei per eventuali reazioni. Nihal fece solo una leggera smorfia di dolore quando sentì un debole scossa di dolore provenire dalla coscia, ma il rosa sulle sue guance e sulle sue orecchie non era sparito. L’occhio andò temporaneamente sul bracciale che aveva appoggiato per tirarsi su la casacca. L’armatura era splendida… degna del figlio del Generale Supremo… Il suo volto si oscurò. Samael era il figlio di Raven. Rivolse di nuovo lo sguardo verso di lui con un sussulto quando lo sentì posare le mani sul suo addome, stavolta per a sorpresa che fece solo avvampare di più le sue orecchie. Samael tolse subito le mani.
 
“Scusa! Ti ho fatto male?” chiese subito.
 
“N-no!” rispose subito “E’ che… beh… ecco…” Lo sguardo di Samael si addolcì per un momento.
 
“Avrei dovuto avvisarti, scusa. Posso?” chiese accertandosi di avere il permesso. Nihal annuì e lui continuò a controllare. Sentiva gli occhi viola e intensi della ragazza su di sé. Non si capacitava. Come faceva Samael ad essere il figlio di un uomo così odioso come Raven. Non gli somigliava per niente. L’altezza e la figura imponente avevano in comune, ma per il resto Samael era completamente diverso.
 
Avrà preso da sua madre…come me… pensò tra sé e sé
 
“Ti è andata bene, Guerriera” disse lui “Nulla di rotto. Solo contusioni. Posso guarirti, domani ti riposi e poi riprendi” Nihal tirò un sospiro di sollievo.
 
“Meno male…” il suo incubo peggiore sarebbe stato perdere mesi di allenamento per colpa di quattro bulletti. Guardò poi Samael che stava iniziando a curarla, posando le mani sui punti anneriti e incanalando un incantamento di cure. Sentì una sensazione strana a quel tocco, eppure più lasciava le mani in posizione e meno si sentiva a disagio. Poi realizzò un dettaglio importante che aveva beatamente ignorato fino a quel momento.
 
“Ma tu che ci fai qui?! Non dovevi tornare tra due settimane? E soprattutto come facevi a sapere che quei quattro mi fossero entrati nello stanzino?” disse improvvisamente la ragazza.
 
“Se ti dà così fastidio la mia presenza la prossima non faccio niente per ottenere risultati” disse con un sorrisetto.
 
“Non intendevo quello! Pensavo dovessi rimanere fuori un mese. Che è cambiato?” chiese curiosa.
 
“Per quanto riguarda trovare te, ero appena rientrato e volevo venire a salutarti. Però ho visto del sangue e ho trovato Malerba svenuto. Ho capito che fossi nei guai. Ho curato lui e l’ho mandato a chiamare rinforzi. Per quanto riguarda la situazione al fronte, è cambiato che ho ordinato un attacco invece di mantenere la posizione difensiva. I fammin pensavano di prenderci per fame e non erano pronti all’assalto. Abbiamo riguadagnato un po’ di terreno a Therorn e hanno momentaneamente battuto la ritirata. Staranno buoni per un po’ e io sono potuto rientrare. C’erano altri tre Cavalieri tra cui Fen. Inutile dire che finché l’altro cavaliere non tornerà ha lui il comando”
 
“Fen? Come… ecco… come sta?” chiese la ragazza facendo la vaga.
 
“Benissimo. A proposito, ti saluta” disse con un sorrisetto.
 
“Ah. Grazie…” arrossì lievemente e stavolta Samael notò.
 
“Sono una bella coppia, vero? Fen e Soana”
 
“Eh? Ah. S-sì. Sono una bella coppia” disse ingoiano il rospo. Non avrebbe mai rinunciato al suo amore per Fen, nonostante sapesse perfettamente che lui e Soana fossero una coppia solida. Erano una cosa sola.
 
“Ci sono passato anche io” disse e Nihal fu più confusa che mai.
 
“Non so di che parli!” disse forse un po’ troppo in fretta. Samael ridacchiò.
 
“Sei diventata di nuovo tutta rossa. Ti sei presa una cotta per Fen”
 
“N-no! Fen sta con Soana! Insomma…ecco… anche se fosse… voglio dire” farfugliò ottenendo solo che Samael soffocò una risata.
 
“Tranquilla Nihal. Ci sono passato anche io”
 
“Ti sei preso una cotta per Fen?!” Samael bloccò improvvisamente l’incantesimo e la guardò. Nihal si accorse che nella sua confusione aveva appena messo in discussione la sua virilità, come avrebbe detto Sennar, da rude maschio. Lui la guardò e alzò un dito verso di lei.
“No. Prediligo le donne” e riprese a curarla però Nihal notò l’ombra di un sorriso “Mi ero preso una cotta per Soana” silenzio.
 
“Ma davvero?!” il pensiero che quel ragazzo potesse aver avuto una storia con quella che alla fine per lei era sua zia, la sua maestra e una figura materna, le faceva un effetto stranissimo.
 
“Beh, sì. La conosci, sai come è fatta. E poi dieci anni fa era una bellissima donna e una maga di grande talento e tutt’ora lo è. Non a caso è consigliera” rispose lui con un sorrisetto “Comunque dopo un po’ mi sono messo l’anima in pace. Ora quando faccio il cascamorto con lei è solo per divertimento – e prima che ti inalberi- è il nostro modo di scherzare, Fen lo sa e sta al gioco”
 
“Ah… d’accordo…” non sembrava molto convinta e Samael si fece serio.
 
“E’ mio amico. È un fratello maggiore e non solo in armi. Non proverei mai a separarli. Se sono riuscito a mantenere un briciolo di sanità mentale lo devo di più a loro, non certo a mio padre” Nihal quasi si sentì in colpa. Lo sapeva che Samael non era il tipo, però non poté fare a meno che mettersi sulla difensiva per Fen. Tuttavia le sue ultime parole la riscossero e una strana sensazione le salì al petto. Samael per tutto questo tempo le aveva taciuto chi fosse davvero e la cosa in parte la ferì, ma non riusciva a capire perché.
 
“Ecco fatto. Come nuova” disse il giovane terminando l’incantesimo. Nihal si coprì l’addome con la casacca mentre Samael rimise a posto il pantalone per ricoprire la gamba precedentemente ferita. Notò il volto cupo di Nihal. “Ehi, Guerriera, tutto bene?”
 
“Quando pensavi di dirmelo?” disse con tono estremamente tagliente la ragazza.
 
“Perché disprezzo il Generale? Te lo dirò se supererai la verifica. Non c’è bisogno di usare questo tono. Te l’ho promesso, e comunque stai calma” disse irritato a quel tono.
 
“No. Quando pensavi di dirmi che il Generale Supremo è tuo padre” disse chiaramente Nihal. Il volto irritato di Samael mutò espressione, sgranando momentaneamente gli occhi. L’espressione era di uno che era stato colto in fallo.
 
“Speravo il più tardi possibile” ripose lui, passandosi un amano tra i capelli.
 
“Perché? Perché mi hai mentito?” Nihal era alterata. Molto, Samael indurì lo sguardo per un momento ma guardandola negli occhi vide nel suo sguardo un’espressione triste, di chi si sentiva ferito.
 
“Io non ti ho mentito, Guerriera. Sì, Raven è mio padre. Non te l’ho detto perché non volevo che anche tu mi guardassi come facevano tutti quando ero una recluta Accademia” rispose lapidario Samael “Non volevo essere visto come ‘il raccomandato’ anche dall’allieva che ho scelto” lì la sua voce si fece più triste, ma sostenne il suo sguardo.
 
“Questo non mi sembra un buon motivo per disprezzare tuo padre. Sei tu che sei entrato in Accademia” disse Nihal, che nonostante la durezza di quelle parole, il tono si era fatto più rilassato.
 
“No. È questo il problema. È lui che mi ci ha messo” rispose Samael trattenendo la rabbia che solo al pensiero gli stava salendo “Io non ho mai voluto diventare Cavaliere di Drago… l’ho fatto perché lui mi ha costretto facendo leva su una persona che amavo”
 
“Ha minacciato di fare del male a Soana?” chiese Nihal rimasta di stucco, Samael sorrise a quella domanda.
 
“No” disse scuotendo leggermente la testa “Soana, è stata la prima persona di cui mi sia invaghito… ma non è stata la persona che ho amato” benché la voce fosse rimasta salda, nei suoi occhi e nel suo spostare lo sguardo. Nihal intravide una certa tristezza. Nihal intravide una certa tristezza mista a rancore. Lo osservò prendere un respiro per rimanere composto. Era un argomento importante per lui e decisamente molto personale.
 
“Non è la stessa cosa?” chiese curiosa. Lui scosse la testa.
 
“No, decisamente no. Quando troverai la persona che amerai davvero, capirai anche tu la differenza” per un attimo Nihal fece per ribattere che lei Fen lo amasse davvero. Mai per nulla al mondo avrebbe rinunciato a quell’amore. Lo amava nonostante tutto. Però c’era qualcosa nel suo modo di parlare che la fece desistere. Decise che si sarebbe tenuta per sé quei pensieri.
 
“Comunque per farla breve. Lo disprezzo perché a lui importa solo di sé stesso e dell’immagine sua e dell’Accademia. Mi ha fatto un torto e per me ogni occasione è buona per sfidarlo”
 
“Avevi detto che era una storia lunga” gli ricordò la mezzelfo.
 
“E ho anche detto che te ne avrei parlato se avessi superato la verifica” disse sorridente. Nihal si scurì di nuovo sentendo il cuore batterle forte.
 
“Samael…” prese un respiro e lui si fece attento “Io non sono una ripicca, vero?” la domanda fu come una martellata sul cuore del ragazzo, resa ancora più potente dalle iridi viola e intense che lo guardarono dritto negli occhi “Mi hai nascosto la verità su tuo padre… non mi nascondi altro?” Fu lì che Samael per la prima volta vide la fragilità di quella ragazza. Stava perdendo man mano fiducia negli altri, l’aveva riposta in lui perché diverso e dopo quella rivelazione si sentiva come se Samael stesso avesse preso quello spiraglio di speranza e lo stesse tenendo in bilico su un dirupo. L’uomo mise da parte l’orgoglio e le prese la mano nella sua creando di nuovo quel contatto, quel ponte, con lei. Sentì Nihal stringere d’istinto.
 
“Io non ti ho mai mentito, Nihal. Ti ho nascosto la verità e mi dispiace che tu sia venuta a saperlo da qualcuno che non fossi io. Volevo dirtelo una volta diventata Cavaliere di Drago. Non l’ho fatto perché non volevo essere diverso anche per te, ma è stato anche per motivi personali. Io odio mio padre, lui mi ha fatto del male e neanche se ne rende conto. Semplicemente non voglio più avere niente a che fare con lui.” fece una pausa, senza staccare gli occhi di dosso. Con la mano aveva iniziato ad accarezzarle il dorso della mano con il pollice “Però hai ragione… omettere la verità alla fine è come mentire e non è una cosa voglio fare con te. Vorrei che noi fossimo una squadra”
 
Nihal tacque per qualche secondo, lasciando che quelle parole le vorticassero nella mente e nei suoi pensieri. I suoi occhi si posarono momentaneamente sulle loro mani unite. Le fu chiaro in quel momento cosa volesse da lui e cosa provasse nei confronti di quell’uomo. Gli voleva bene. Ormai era un amico. Era per questo che quella omissione le fece male.
 
“Se vogliamo essere una squadra” disse Nihal seria, guardandolo intensamente negli occhi “Non nascondermi più nulla. Tutta la mia vita è stata fondata su verità nascoste. Soana e Livon lo hanno fatto per proteggermi, ma non cambia il fatto che le mie certezze siano crollate quando è venuto tutto a galla. Non devi dirmi sempre quello che ti passa per la testa se non vuoi, ma preferisco che tu mi dica che non vuoi dirmi qualcosa piuttosto che nascondermelo o peggio, mentirmi” Samael ricambiò l’intensità dello sguardo, sfoggiando il suo sorriso da schiaffi.
 
“Sarò un libro aperto per te” Nihal annuì sentendo il cuore batterle a mille per quel volo della fede che aveva appena spiccato. Gli strinse la mano ancora di più e sentì la stretta ricambiata.
 
“Bene… Allora quando supererò la verifica mi aspetto la storia completa sul perché ce l’hai con tuo padre”
 
“Se ci riesci, sarà fatto” Lui le sorrise e piano piano anche Nihal riuscì finalmente a ricambiare il gesto con un sorriso pieno, e quello di Samael le parve allargarsi vedendolo.
Finalmente, eccolo lì il sorriso che aspettavo pensò lui sentendo il cuore riempirsi di una nuova sensazione di felicità.
D’istinto sollevò le loro mani giunte e posò le labbra sul dorso della mano di Nihal in un piccolo bacio affettuoso che tuttavia fece arrossire nuovamente le orecchie della mezzelfo. Quello era un gesto da cavaliere che nel suo immaginario era destinato ad una donna amata, non ai guerrieri, eppure non poté fare a meno che sorridere.
 
“E comunque bella testata!” disse Samael tornando ad essere allegro. Nihal ridacchiò.
 
“Mi sono fatta malissimo, ma grazie” rispose ripensando al ragazzo che aveva steso nonostante fosse legata.
 
“Ma quello col naso rotto? Come hai fatto?”
 
“Ho usato i tre che mi tenevano come perno per tirargli un calcio in faccia”
 
“Ottima intuizione e bel colpo, Guerriera!” e le curò anche i polsi con la magia.
 
Continuarono a parlare quella sera. Samael le raccontò un po’ del fronte rimanendo sul generico e Nihal gli fece il resoconto dei progressi fatti andando nel dettaglio invece. In virtù del recente evento, Samael le disse che avrebbe iniziato ad insegnarle il combattimento corpo a corpo, procedendo per gradi. Nihal ne fu entusiasta. Ben presto sarebbe diventata una guerriera completa. Parlarono a lungo, godendosi l’uno la compagnia dell’altra. Samael le chiese da dove fosse nata quella passione per la spada e la voglia di diventare guerriera. Nihal dopo mesi di silenzio parlò a ruota libera, raccontandogli di come questo desiderio lo avesse da quando fosse piccola di come sognava un domani di guidare gli eserciti contro i fammin ed essere proclamata un’eroina con tutte le cerimonie che ne seguono come nelle storie. Adesso era cresciuta e il motivo era cambiato, ora lo voleva fare per suo padre e la sua gente sterminata dalla follia di un uomo. Ogni qual volta la ragazza sembrava star per ricadere nel baratro della tristezza, il ragazzo iniziò a parlarle delle due persone che li univano: Fen e Soana, scambiandosi aneddoti dei momenti passati con loro e dei rispettivi sentimenti per quelle prime cotte adolescenziali, nonostante le proteste di Nihal che quello che provasse lei fosse davvero amore e non una cottarella da bambina. A quel punto, tuttavia aveva scatenato le prese in giro divertite di Samael, mirate a farla arrossire ulteriormente, che tuttavia ad un certo punto vennero rilanciate sul giovane come solo Nihal sapeva controbattere. Le loro parole sempre incorniciate da un sorriso. Si goderono il momento e quella armonia che si era creata tra loro che non sembrava aver intenzione di svanire anche quando si addormentarono esausti dalla giornata. Lei sulla branda e lui sulla sedia, uniti solo dalle mani ancora intrecciate e il legame che si era appena formato tra loro.

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Capitolo 6
*** Il Passato di Samael ***


Le cose cambiarono nettamente dall’aggressione di quella notte. Per prima cosa, i quattro ragazzi vennero espulsi dall’Accademia con disonore per aver attaccato una recluta e un maestro. Inoltre si era subito sparsa la voce di un accesa discussione tra il Generale Supremo e il Capitano Samael riguardante la recluta mezzelfo, in cui si era intromesso anche l’altro maestro della ragazza, Parsel che riuscì a calmare gli animi. Samael le confidò che quella discussione, non sorprendentemente riguardasse lei. Il Raven si ostinava a non volerla passare al corso avanzato e voleva obbligare Samael a smettere di darle lezioni private per via delle dicerie sul loro conto. Essendo suo figlio rischiava di macchiare l’onore della famiglia, se quelle voci fossero uscite dall’Accademia.  
 
Quando la mise alla prova, Nihal non riuscì a sconfiggere Samael nemmeno stavolta, ma era riuscita a mantenere fede alla sua parola. Aveva imparato a sfruttare meglio la sua velocità e agilità, riuscendo a riempire il ragazzo con graffi su braccia e gambe. Con quell’armatura Samael era spesso in ritardo con le parate e i colpi che bloccava si limitavano a fargli un graffio, ma alcuni colpi erano entrati abbastanza bene, arrivando estremamente vicino ai punti scoperti della corazza. Con orgoglio suo e del maestro, era riuscita a superare l’ennesima prova. Non gli chiese di nuovo della storia, gli bastò uno sguardo. Samael sorrise e poi la congedò dicendole che l’indomani avrebbero iniziato l’addestramento corpo a corpo.
 
Dopo cena Nihal tornò nel suo stanzino buio e asfissiante. Malerba era stato gentile e aveva ripulito le macchie di sangue sul pavimento risalenti al giorno dell’aggressione. Si stava togliendo la cintura per posare la spada e mettersi sul pagliericcio a dormire quando sentì bussare. Doveva essere lo gnomo, ma non era in vena di stare lì con lui che la fissava con quel sorriso inquietante.
 
“Sto andando a dormire, Malerba. Buonanotte” rispose Nihal riuscendo a mantenere un tono educato, nonostante il brivido di inquietudine.
 
“Deduco quindi che tu non voglia la fiaba della buonanotte”
 
“Ah sei tu! Aspetta che ti apro” poggiò la spada sul muro accanto al pagliericcio e andò ad aprirgli. Era senza armatura e Nihal lo squadrò da testa a piedi, sorpresa. Era la prima volta che lo vedeva in borghese. Indossava una camicia bianca con le maniche rigirate al gomito, leggermente sbottonata sul petto, il pantalone nero che evidenziava le gambe lunghe era infilato negli stivali in maniera ordinata. Sul fianco portava la sua fidata spada e al collo vide solo un cordino nero di un ciondolo o un pendente nascosto dal lembo della camicia. Semplice, rilassato, ma stava molto bene.
 
“Benvenuto nella mia sontuosa dimora” disse ironica indicando il resto dello stanzino. Si chiedeva come fossero riusciti ad entrarci in cinque, guardandolo. Forse doveva essere un vecchio ripostiglio.
 
“Trattamento da reale” rispose ironico a sua volta.
 
“Ti direi di accomodarti, ma… beh…” indicò il pagliericcio, unico luogo comodo su cui mettersi, ma anche il posto su cui dormiva.
 
“Tranquilla, mi siedo qui” disse andò ad accomodarsi vicino alla branda, allungando le gambe solo una volta che fosse passata Nihal, accomodandosi su di essa poggiando la schiena al muro.
 
“Bene” fece lei una volta messa comoda. Lo guardò in attesa, osservando il suo sorrisetto vivace “Ho una domanda che attende una risposta. La prova l’ho superata, e tu non sei forse un uomo di parola?”
 
“Assolutamente sì, mia cara Guerriera. Avevo detto che avrei risposto a tutto quello che volevi” rispose tranquillo. Nihal gli sorrise.
 
“Hai detto di disprezzare tuo padre perché ti ha obbligato ad entrare in Accademia facendo leva su una persona che amavi. Io ho come la sensazione che ci sia molto di più dietro. Me lo racconti dal principio?” il ragazzo le fece un sorriso mesto, però non si ritrasse.
 
“Come sai io non ho mai voluto diventare Cavaliere di Drago. Per quanto le sue motivazioni fossero…- siano- nobili, io non volevo seguire la sua strada. Per me l’Ordine significava meno tempo con mio padre e vedevo che mia madre benché fosse orgogliosa ne soffriva. Avrebbe voluto avere un marito più presente e io un padre. Più passava il tempo e più esisteva solo l’Ordine, i vantaggi politici e l’onore del nome della famiglia. Poi mia madre è morì e lui smise del tutto di fare il padre… io ero ormai un mezzo per portare avanti la gloria della casata” fece una pausa prendendo un respiro “All’epoca ero solo un ragazzo e accettai il mio destino perché tutto quello che volevo era dimostrare di essere all’altezza di mio padre, del suo amore e delle sue attenzioni e poi mi scontrai con la realtà dei fatti: io qui dentro ero il ‘il figlio del generale’, non ero qui per meriti miei e poi scoprii che avevano ragione…”
 
 

Sentiva su di sé gli sguardi degli altri di disprezzo. Era abituato ad essere guardato in quel modo e se gli si avvicinavano era solo per adularlo per cercare di avere una buona parola con il Generale Supremo. Ma quel giorno si sentiva più osservato del solito. Aveva appena fatto una prova di addestramento ed era andata bene, ma dei ragazzi erano stati più bravi di lui. Andava bene così, era un ragazzino al primo anno, aveva tempo per imparare. In quel momento stava andando a vedere la classifica della prova in bacheca. Doveva essere terzo o quarto. Capì il senso degli sguardi di disprezzo e del vociare intorno a lui quando vide la classifica e si vide primo. Samael si sentì sprofondare, non si meritava quel posto, lo sapeva. Marciò alla ricerca di Parsel per chiedere spiegazioni, lui non gli avrebbe nascosto la verità. Infatti era arrivato secondo, ma suo padre aveva mandato una lettera mettendo una buona parola per lui.
 
Seguì una lite furiosa con Raven, che terminò con il ragazzo che usciva dagli uffici del generale sbattendo la porta. Quel giorno scattò qualcosa in lui. Suo padre lo voleva primo e primo sarebbe stato, ma non per lui o per sé stesso. Tanto ormai era lì e non ne sarebbe uscito, ma non avrebbe mai più permesso a suo padre di umiliarlo in quel modo. Sarebbe stato il migliore perché lo era davvero.
Samael iniziò ad addestrarsi in maniera ossessiva. Ogni giorno odiando sempre di più l’Accademia che doveva essere un luogo di meritevoli e invece bastava essere blasonati o aver avuto un Cavaliere di Drago come padre o parente. Era raro vedere qualcuno che fosse lì per merito, ma quello che più accendeva la sua ira era vedere figli di papà crogiolarsi in quel favoritismo e privilegi, trovando scuse su scuse dei loro insuccessi. Spesso provavano ad addossargli la colpa dei loro fallimenti. Samael lo avrebbe accettato, ma rendendosi causa di quei fallimenti durante gli scontri, uscendone sempre vincitore. Si sentiva in trappola e combatteva come un animale in cerca di una via di fuga. Non sarebbe mai sfuggito da lì e detestava il fatto di non avere altre strade davanti che diventare Cavaliere e riuscirci.

 
Va bene, Padre. Ma il cavalierato me lo meriterò, non sarà per colpa tua… e poi ti farò pentire di avermi dato un drago. Io non ho bisogno di te. Non ho bisogno di nessuno.
 
Non avrebbe mai più permesso a suo padre di usare la sua influenza per spianargli la strada.
Fu così che conobbe Fen all’epoca appena diventato maestro. Fen aveva visto la rabbia, la solitudine di quel giovane ragazzo e quel modo di battersi come se fosse in una prigione con l’acqua alla gola ad un passo dall’affogare. Lo prese sotto la sua ala e lo addestrò cercando di incanalare quella rabbia nella affinazione delle tecniche di combattimento. Con lui, Samael conobbe Soana per cui si prese istantaneamente una cotta. Fen li aveva fatti conoscere con uno scopo, insegnargli degli incantesimi di cura. Samael aveva un modo di combattere imprevedibile e a volte selvaggio. Prima o poi si sarebbe fatto male e lui non sarebbe stato lì a prendersi cura del giovane smarrito.
 
Samael non era particolarmente portato per la magia, ma riuscì ad apprendere quegli incantesimi, che come aveva predetto Fen, gli tornarono utili un paio di volte. Passò tre anni come recluta ad allenarsi, allenarsi e allenarsi senza mai sosta. Voleva diventare il migliore. Se i suoi compagni non lo avessero accettato, lo avrebbero temuto e un giorno avrebbe soppiantato suo padre e cambiare le cose. Samael aveva ancora la rabbia e la solitudine ledergli l’animo, ma Fen aveva visto un barlume di speranza in Soana. Si era accorto dell’affetto di Samael nei confronti della sua compagna, era difficile non farlo, ma avevano instaurato un legame particolare che sembrava fargli bene. Il ragazzo era più propenso ad ascoltare Soana che Fen e non riusciva mai a dirle di no quando lei chiedeva qualcosa. Soana aveva un modo di prenderlo che solo con lei da subito e a poco a poco con Fen, il ragazzo iniziò ad abbassare la guardia e ad essere più sé stesso. Ma Soana non c’era sempre e quando lei era lontana e lui in Accademia, il ragazzo si chiudeva di nuovo e il ciclo ricominciava, spesso andando peggiorando quando Samael si scontrava con suo padre che alzava sempre di più l’asticella per lui e non perdeva l’occasione di tessere le sue lodi con i suoi commilitoni, che incitando i figli a fare di più, ne suscitava le ire. Una volta Samael subì un pestaggio, ma la sua alta statura e muscolatura che si era sviluppata con l’addestramento, insieme ai sensi acuiti dal suo perpetuo stare in guardia, gli venne in soccorso e il risultato fu che spedì i tre aguzzini, più grandi solo di età in infermeria con diverse ossa rotte e lui ne uscì con una tempia sanguinante e diverse contusioni sul corpo. Ovviamente suo padre mosse mari e monti per non farlo espellere dall’Accademia.
 

 
“Ma se ti hanno aggredito loro, perché avrebbero dovuto cacciarti? Ti sei solo difeso” disse Nihal perplessa e irritata dalla cosa. Samael si irrigidì, però poi guardò la ragazza e si fece coraggio.
 
“Tu mi vedi così perché ho avuto tempo e modo di lavorare su me stesso… ma ci sono dei lati che non conosci e spero tu non debba mai vedere” disse “Non mi sono solo difeso quel giorno. Ho reagito e ho esagerato. Esiste un limite a tutto e io l’ho superato e sono stato visto nel farlo. Per questo gli altri maestri mi volevano cacciare. Riuscì a rimanere perché Fen e Parsel sono riusciti a mediare facendomi rinchiudere in cella di isolamento per due settimane…”
 
 

 
Quando il giovane uscì dalla cella di isolamento riprese subito gli allenamenti, che tuttavia non aveva interrotto, facendo esercizi per lavorare sul fisico, sia per far passare il tempo che perché non aveva alcuna intenzione di dargliela vinta.
 
“Non puoi andare avanti così, Samael” gli disse un giorno Fen, prendendolo da parte “Sono preoccupato per te”
 
“Sto bene, Fen” gli rispose “Ho un obiettivo. Lo sto perseguendo”
 
“Pensi che non me ne sia accorto che sei infelice? Combatti come se volessi distruggere il mondo. Lo sai che sei un ottimo guerriero, lo hanno capito anche i tuoi compagni. Non hai nulla da dimostrare”
 
“Sto qui dentro per via di mio padre. Sarò sempre il figlio del Generale Supremo, avrò sempre tutto da dimostrare. Io non ho mai voluto essere qui e lo sai”
 
“Però non puoi negare di avere potenziale. Non voglio vederti sprecarlo così. Non ti ho addestrato per aggredire. Ti ho addestrato per proteggere”
 
“Infatti mi sono protetto. Di questo ti ringrazio” Fen scosse la testa, aveva capito che non aveva senso insistere in maniera così diretta. Due giorni dopo con la scusa di un addestramento speciale, per un percorso di ‘rieducazione’ dopo quell’episodio di pestaggio, lasciò l’Accademia portando con sé Samael. Alloggiarono ad una locanda in un villaggio nella periferia di Makrat. Fen lo continuò ad addestrare, ma a ritmi molto più rilassati. Passavano la maggior parte del tempo a cavalcare intorno al villaggio, a rilassarsi in riva al fiume e a fare piccole commissioni per conto dei popolani. Samael trovò tutto questo ben presto una perdita di tempo. Doveva addestrarsi e stava buttando il suo tempo con cose inutili. Si chiese se Fen non fosse improvvisamente impazzito. Fu lì che ben presto Samael conobbe la ragazza che a breve sarebbe diventata la persona più importante della sua vita.
 


“Quindi hai conosciuto tua moglie tramite Fen” disse Nihal che stava ascoltando attentamente. Le sembrava ormai ovvio che uno come Samael fosse già sposato.
 
“Sono celibe” rispose “Ma avremmo voluto sposarci” Nihal iniziò a guardarlo più attentamente. Si doveva sposare e non ci era riuscito. La situazione era più complessa. Capì che la risposta alla sua domanda iniziale si trovava nella storia con questa ragazza.
 
“Come si chiamava la tua fidanzata?” chiese e vide un sorriso nostalgico apparire sulle sue labbra.
 
“Eleusi”
 

 
L’aveva incontrata in un tempio. All’epoca avevano lui diciassette anni e lei quindici. Durante un allenamento con Fen, i due avevano iniziato a discutere riguardo a quel viaggio e la sua utilità all’addestramento. Samael era diventato aggressivo e quando Fen lo disarmò, per errore si colpì da solo con la spada in una spalla. Lei era lì a portare acqua ai feriti e medicarli mentre i sacerdoti procedevano a ricucirli. Eleusi aveva un modo di fare che lo colpì subito. Sapeva come mettere a loro agio i pazienti e distrarli parlandogli con una voce dolce e gentile. Fece lo stesso con lui e Samael all’improvviso abbassò la guardia e iniziò a stuzzicarla con le parole a modo suo, in modo giocoso. Lei gli fece un sorriso e i giorni dopo tornò sempre, sia per curarlo che per chiacchierare con lui. La divertiva la sfacciataggine di quel giovane guerriero. Con grande sorpresa di Fen, Samael non usò la magia curativa per guarirsi del tutto stavolta.
 
Nonostante fosse stato dimesso, nei giorni seguenti, il ragazzo si presentò di nuovo al tempio per cercarla e passare altro tempo con lei, offrendosi come volontario per aiutare a curare i feriti grazie agli insegnamenti di Soana.
 
“Aspetta, hai sempre potuto usare la magia di guarigione?” chiese Eleusi stupefatta la prima volta che lo vide usare la magia.
 
“Certo che potevo” rispose lui con un sorrisetto.
 
“Perché non l’hai fatto? Avresti potuto dimetterti subito”
 
“Mi crederesti se ti dicessi che volevo godere più a lungo della tua compagnia?”
 
“In questi casi di solito un uomo chiede ad una donna di uscire con lui… magari per una passeggiata”
 
“E’ forse una proposta?”
 
“Non lo so… lo è?” gli disse guardandolo con un sorriso e sfiorandogli leggermente il braccio con il suo, mentre sistemava le garze con lui. Lui sorrise con fare furbo.
 
“Ci facciamo una passeggiata appena finito?” propose lui. Lei fece una faccia pensierosa per poi guardarla di sottecchi con un piccolo sorriso.
 
“Sì… direi che sono libera più tardi” quel tardo pomeriggio fu la prima volta che uscirono da soli.
 
Si avvicinarono sempre di più. Eleusi era una persona estremamente piacevole con cui stare. Nonostante le sue umili origini era molto educata. Era intelligente, vivace e gentile, sempre sorridente e affettuosa. Quando entrarono in confidenza sempre più spesso Samael ricevette da lei abbracci e piccoli baci sulla guancia. A volte per salutarlo, altre perché semplicemente le andava. Quel calore lo faceva stare bene e lui stesso scoprì dei lati di sé che non sapeva di avere. In quei giorni sentiva che più stava con lei, più aveva voglia di vederla. Un giorno Samael prese coraggio e decise di farle una sorpresa, organizzando una cena a lume di candela nei pressi del Grande Affluente dove la vista era stupenda ed erano contornati da lucciole che danzavano intorno a loro, ma soprattutto potevano stare soli. Quella sera si scambiarono il loro primissimo bacio e Samael capì la differenza tra i suoi sentimenti per Soana e quelli che provava per Eleusi. Soana era un sogno, Eleusi era reale e più tempo passavano insieme più quando la guardava vedeva un futuro con lei. Un futuro diverso da quello che voleva suo padre per lui. Non gli importava che lei fosse una semplice contadina. Si amavano e questo bastava. Lei lo faceva sentire importante, lo faceva stare bene ma soprattutto lo fece sentire degno di essere amato. Aveva smesso di sentirsi solo.
 

 
Nihal vide lo sguardo di Samael perdersi nei ricordi con un sorriso nostalgico man mano che andava avanti con il racconto. Era chiaro quanto questa Eleusi fosse stata importante per lui. Iniziò a dubitare. Forse era vero che invaghirsi di e amare qualcuno fossero due cose diverse. Samael sentì una sensazione strana nel petto. Più parlava e più gli riaffiorava tutto in mente. I loro baci, il suo profumo, i suoi sorrisi pieni di vita, svegliarsi la mattina e vedere il suo viso angelico ancora addormentato sul suo petto, la tenerezza con cui si confessavano di amarsi persi nell’abbraccio del loro amore e protetti dal manto nero della notte.
Nihal per un attimo si sentì quasi in imbarazzo nel vedere il suo sguardo. Lei diceva di amare Fen, eppure sapeva in cuor suo di non averlo mai guardato con gli occhi con cui Samael stava ricordando il suo primo amore. Il dubbio si fece più forte nella sua mente. Lui andò avanti con il suo racconto.
 
 

Quell’amore durò un anno. Samael e Fen erano tornati in Accademia, ma ogni qual volta il ragazzo avesse il giorno libero, lo passava con lei e Fen lo vide rinascere. Lo vide soprattutto nell’addestramento. Non combatteva più per sopravvivere e scappare, lo faceva perché l’Accademia era vicino al villaggio di Eleusi. Rimanere lì, significava poterla vedere e un domani poter proteggere lei e la loro famiglia. Il Generale Supremo si era accorto del cambiamento in suo figlio e lì per lì non disse nulla, ma questo cambiò quando venne a sapere che la ragazza di cui si fosse innamorato suo figlio fosse una semplice contadina. Seguì un’altra lite furiosa che terminò con Samael che uscì dalla sala ignorando i richiami di suo padre, sorridente e chiudendosi la porta alle spalle come se Raven non esistesse. Il Generale Supremo tentò in tutti i modi di ostacolarlo nel vedere la ragazza, ma Samael aveva iniziato ad uscire di nascosto.
 
Raven non divenne l’unico ostacolo per loro. Un giorno, durante un loro incontro, Samael trovò Eleusi sconvolta, dandogli una notizia che per un attimo gli fece crollare il mondo.
 
“Sono fidanzata” gli disse con gli occhi ancora rossi e le occhiaie di chi non aveva dormito.
 
“Non ti ho fatto la proposta da ubriaco, vero? Vorrei ricordarmi una cosa del genere” aveva iniziato a fare il buffone per sviare.
 
“No, Amore…” disse lei triste, scuotendo la testa.
 
“Insomma, è una cosa importante! E poi non è da me fare-”
 
“-Samael!” quando pronunciò il suo nome con quella voce che si obbligava a farsi forza, il ragazzo tacque “I miei genitori mi hanno promessa in sposa ad un uomo di un villaggio limitrofo” disse lei guardandolo negli occhi. Samael rimase in silenzio qualche secondo cercando di processare al meglio la notizia. La sua Eleusi in sposa ad un altro.
 
“Ricomincia da capo. Perché questa cosa?” chiese lui prendendole le mani, cercando di rimanere calmo.
 
“Gli ho detto di noi. Abbiamo deciso che fosse ora che sapessero e gli ho detto di noi… di te di quello che stai diventando, che sono nove mesi che ci frequentiamo e… ieri mi hanno detto del matrimonio. Hanno detto che la decisione è stata presa da tempo e che unire le nostre famiglie e i nostri beni potrebbe aiutare entrambi a migliorare il nostro tenore di vita”
 
“Mi prendi in giro, Eleusi?!” disse sconvolto “E’ la scusa più assurda che io abbia mai sentito! Se devi sposarti per migliorare il tenore di vita, sposa me!”
 
“E’ questo il punto, Samael! Non vogliono che sposi te!” ribatté la ragazza “Mia madre è andata su tutte le furie. Ha detto che, con le tue origini, stai con me solo perché vuoi ‘una cosa che una fanciulla virtuosa darebbe solo a suo marito…” Samael rimase in silenzio.
 
“Beh… Amore, non vorrei dire ma dopo nove mesi di relazione mi sembra un po’ tardi per preoccuparsi di quello”
 
“Tu dici?” disse alzando un sopracciglio, guardandolo leggermente rosea in volto. “Gliel’ho detto anche io ed è solo esplosa di più. Speravo iniziasse a sbraitare sull’essere costretta ad un matrimonio riparatore con te e invece ha detto che avrebbero dovuto affrettarsi ad organizzare le nozze in caso fossi incinta – No, Samael, non lo sono” disse prima che il ragazzo potesse chiederglielo.
 
“Tuo padre mi sta cercando per scucirmi il cuore dal petto?” Eleusi sospirò.
 
“No, mio padre era solo deluso da me e non era d’accordo perché sei un guerriero e non vuole che sposi un guerriero per paura che rimanga sola… quindi era d’accordo con mia madre per il matrimonio… Per lo meno non ha provato a fare finta che fosse una scusa per tagliarti fuori dalla mia vita” disse triste. Samael la strinse a sé dicendole che avrebbero trovato una soluzione “Lui ha visto molte persone spirare perché portati alle sue cure troppo tardi… ha paura che un domani tu possa essere tra questi… e a volte lo sono anche io” Lo guardò negli occhi, alzando la testa “Ma è un rischio che voglio correre. Io ti amo, Samael, voglio solo te e non voglio sprecare tempo e buttare quello che abbiamo per questi pensieri”
 
“Ti amo anch’io, Eleusi… troveremo un modo, non ho intenzione di perderti” le posò un lieve bacio sulle labbra, seguito da uno sulla fronte, per poi poggiare la testa sulla sua, mentre la ragazza gli si accoccolò al petto “Tra quanto tempo sono le nozze?”
 
“Cinque mesi”
 
“Allora abbiamo cinque mesi per inventarci qualcosa”
 
I due avevano deciso di uscire allo scoperto perché a causa di Raven, Eleusi aveva cominciato a soffrire della segretezza. Non stavano facendo nulla di male eppure si aggiravano e si incontravano come fossero amanti in fuga dai reciproci consorti, e invece adesso per Eleusi, Samael agli occhi degli altri era diventato proprio quello. Non era più il suo fidanzato, era il suo amante. Lei ora era promessa e lui era di troppo. Se li avessero visti insieme e avessero scoperto la loro relazione ci sarebbe stato uno scandalo enorme. Lui ne sarebbe uscito pulito, non sarebbe stato né il primo né l’ultimo cavaliere ad avere una tresca con una contadina del villaggio. Lei invece sarebbe stata additata come adultera e la sua vita sarebbe finita.
 
Passarono circa un paio di mesi e Samael ed Eleusi continuarono a vedersi di nascosto. Eleusi aveva avuto modo di conoscere il suo promesso sposo. Con sua grande sorpresa scoprì che si trattasse di un uomo molto gentile. Aveva almeno una decina d’anni più di lei se non una quindicina, che si rifletteva nei suoi modi garbati ed educati. Quel giorno l’aveva portata a fare una lunga passeggiata per conoscerla prima delle nozze, visto che non si sarebbero più visti fino ad allora. Samael non fu geloso, arrabbiato con la situazione, ma non geloso. Si fidava di Eleusi. Era lui l’uomo a cui in quel momento stava accoccolata a guardare le stelle. Era lui l’uomo per cui stava rischiando il suo futuro. Gli fece rabbia il fatto che quello sconosciuto fosse libero di girare a braccetto e alla luce del giorno con la donna che lui amava e che lui non potesse fare niente. E perché? Perché non era il promesso sposo, né tantomeno il marito… Il marito…
 
“Siamo due cretini!” disse all’improvviso Samael piantandosi una mano in faccia e interrompendo i loro baci nel mentre.
 
“Spero vivamente che tu abbia un buon motivo per interrompere così il momento, Samael” protestò Eleusi mettendosi a sedere con lui e risistemandosi la camicia un po’ stropicciata.
 
“Lo avevamo detto nell’ irritazione del momento, ma avevamo trovato la soluzione al problema quando mi hai detto del tuo fidanzamento!”
 
“Ossia?” Eleusi si era fatta seria. Samael le fece un sorriso luminoso.
 
“Sposami” disse diretto.
 
“Come, prego?!” la ragazza sbiancò.
 
“Sposami” ripeté sorridente “Pensaci, tutta questa situazione è dovuta al fatto che io e te non siamo né promessi né sposati. Ma se ce ne andassimo da qui e ci sposassimo…”
 
“… anche se ci trovassero nessuno potrebbe dirci o farci niente perché saremmo marito e moglie” finì lei la frase e lo guardò sorridendo e gli occhi si fecero un po’ lucidi. “Samael, dici sul serio?”
 
“Tanto stavamo pensando di farlo appena diventato cavaliere, dovremmo solo anticipare i tempi” rispose sorridente.
 
“Ma il tuo cavalierato? Il tuo addestramento!?”
 
“Non mi interessa, Eleusi. Porterò il pane a casa con un altro mestiere e tu sai tessere! Potresti aprirti una sartoria o un banco delle stoffe. Poi un locandiere fa sempre comodo e io so cucinare meglio di tua madre, parole tue” disse con un sorrisetto. Lentamente però si fece serio “Ovviamente se tu mi vuoi”
 
“Certo che ti voglio, scemo!” e gli volò tra le braccia baciandolo con passione. Lui cadde sulla coperta su cui erano sdraiati, tenendola stretta.
 
“Quindi è un sì?” disse con un sorrisetto.
 
“Sì! Mille volte sì!”
 
 
Nel mese seguente elaborarono i dettagli della loro fuga d’amore. Trovarono sulle mappe un villaggio ad est a circa due settimane di cammino. Si sarebbero stabiliti lì. Samael avrebbe preso il denaro che sua madre gli aveva lasciato alla morte, quanto bastava per comprarsi una casa e un’attività per Eleusi. Poi si sarebbero mantenuti lavorando lui come cuoco alla locanda e lei al negozio di sartoria.
Durante quegli incontri clandestini pianificarono tutto nel dettaglio. Eleusi sarebbe entrata a Makrat il giorno libero di Samael, insieme ai carri di rifornimento per l’Accademia. Samael a quel punto si sarebbe infiltrato sul suo carro e sarebbero usciti dalla città per poi dirigersi al villaggio prescelto. Tramite suo padre, ignaro di tutto, Eleusi seppe che in quel villaggio c’era un piccolo tempio, di conseguenza, una volta arrivati avrebbero trovato un sacerdote per sposarsi e quel punto avrebbero alloggiato in una locanda finché non avrebbero comprato una casa. Venne poi finalmente il giorno. Samael aveva preparato le sue cose. Aveva il cuore a mille, finalmente sarebbe uscito e avrebbe iniziato la sua nuova vita con la persona che amava.

 
Quando gli uomini di Raven fecero irruzione nella stanza per arrestarlo, Samael tentò di opporre resistenza, ma erano arrivati in otto e per quanto lui fosse bravo, questi erano Cavalieri di Drago esperti e lo attaccarono insieme soggiogandolo. Lo incatenarono e portarono dal Generale Supremo. Una volta arrivati, lo misero al cospetto del padre che mandò via i Cavalieri, rimanendo solo loro due nella stanza.
 
“Che cosa vuoi? Non ho fatto niente stavolta!” ringhiò subito il ragazzo.
 
“Non ancora perché sei ancora qui” rispose Raven con un tono gelido.
 
“Perfetto, allora lasciami andare. È il mio giorno libero, posso fare quello che voglio”
 
 
“Sì, tranne fuggire con la tua amante” rispose Raven. Samael si piantò. Li aveva scoperti “Sì, il tuo vecchio ne sa ancora qualcuna più di te. Pensi davvero che non ti abbia tenuto d’occhio da quando ho scoperto la tua tresca con una sgualdrinella di poco conto?”
 
“Lei non è una ‘sgualdrinella’ e ha un nome! Si chiama Eleusi e non è di poco conto!”
 
“Risparmiamoci questa piazzata da ragazzino. È inutile e una perdita di tempo. So perfettamente che è qui per farti fuggire. Al momento si sta avvicinando all’Accademia. Bell’idea quella di scappare di giorno e confondersi tra la gente. So dove volete andare, so che lei è promessa sposa ad un uomo suo pari, e so che deve sposarsi fra due mesi” disse l’uomo “Le guardie sono già state informate di tenere sotto controllo il suo carro…”
 
“Non ti azzardare a toccarla!” disse scattando in piedi ma rischiando di inciampare nelle catene
 
“Ma io non ho intenzione di toccarla. Toccandola tu hai già fatto tutto da solo, figlio mio” Samael si piantò.
 
“Che cosa vuoi da me?” disse andando al sodo, sentendosi la rabbia crescere.
 
“Quello che ho sempre richiesto da te: disciplina, onore e impegno. Sei mio figlio e io non tollero che il sangue del mio sangue vada ad infangarsi con quello di una semplice popolana perché sei stato colpito dalla pubertà con troppa foga. Affronterai la prova, finirai l’addestramento, diventerai Cavaliere di Drago come è da tradizione di famiglia, e combatterai per il Mondo Emerso. È il tuo destino”
 
“Io non voglio diventare cavaliere! Come diamine devo dirtelo ancora?!”
 
“Tu non butterai all’aria secoli di sacrifici e dedizione per un tuo capriccio!” tuonò Raven “Diventerai cavaliere e questo è quanto! Hai una scelta Samael, o diventi Cavaliere di Drago, oppure il futuro marito della tua ‘amata’ sarà messo al corrente di tutto e con lui il villaggio. Allora cosa scegli?”
 
“Sei un bastardo! Sei un maledetto bastardo! E tu ti definisci un padre?!” gli urlò il ragazzo.
 
“Sì. Un padre fa quello che è meglio per la sua famiglia e per suo figlio, soprattutto quando lui agisce come uno stupido mettendo avanti sé stesso alla famiglia e ai doveri”
 
“Non puoi farlo!”
 
“Sì, che posso! Io sono tuo padre e il Generale Supremo dell’Ordine dei Draghi e tu mi obbedirai!”
 
“Un generale che deve sbraitare i propri gradi per farsi valere non è un generale” gli sibilò velenoso il ragazzo.
 
“E un’adultera non è meritevole della fiducia della gente” gli sibilò altrettanto velenoso Raven “I miei uomini potrebbero agire adesso, davanti a tutti e dubito che la gente stenti a credere al fatto che la tua giovane età e mancanza di contatti col gentil sesso ti abbiano reso facile preda delle sue avances. Tu diventerai comunque Cavaliere, ma ti sto dando una possibilità: salvare l’onore della ragazza. La scelta sta a te. Stai molto attento alle tue prossime parole, questa è una porta che si può chiudere e anche molto in fretta…”
 
 

 
“…accettai l’addestramento” disse Samael che ormai guardava fisso un punto indefinito dello stanzino “… e Raven mi rinchiuse in cella per due mesi, facendomi uscire annunciandomi che Eleusi si fosse sposata e intimandomi di ricordarmi i patti…e poi Fen mi disse che non viveva più in quel villaggio. Non la vidi mai più” Il silenzio regnò sovrano per qualche istante. Samael poi guardò Nihal con un sorriso mesto. La ragazza lo fissava con lo sguardo serio e triste. Non le piaceva Raven, ma se c’era una cosa di cui era certa era che un padre non strappa a suo figlio la felicità per una tradizione. Quella storia la disgustava.
 
“Beh” esclamò Samael girando la testa verso Nihal e riottenendo la sua attenzione “Questa è la storia de perché odio Raven. Mi ha obbligato ad intraprendere una strada che non volevo, non ha mai fatto il padre e mi ha strappato dalla persona che amavo per la gloria della casata.” Le fece un sorriso mesto, abbassando poi lo sguardo pensieroso.
 
“Ora che sei cavaliere hai mai pensato di cercarla?” gli chiese la mezzelfo con tono insolitamente delicato.
 
“Sì… ma poi per dirle cosa? Sono passati sei anni, Guerriera, lei si è sposata, magari ha anche figli, non posso ripiombare nella sua vita e distruggerla con pensieri di quello che avrebbe potuto essere. Spero solo che lui sia davvero un brav’uomo come sembrava”
 
“Tu l’ami ancora?” chiese Nihal. Samael si lasciò sfuggire un’amara risata.
 
“Credo che una parte di me l’amerà per sempre. Sai come si dice, no? Il primo amore non si scorda mai” le sorrise “Però sono passati sei anni… già da tempo sono sceso a patti col fatto che non la rivedrò mai più e che lei potrebbe aver voltato pagina. Lei avrà sempre un posto nel mio cuore, ma io adesso guardo avanti” fece una pausa per poi guardarla negli occhi “Non ho mai raccontato a nessuno tutta la storia”
 
“Nemmeno a Fen e Soana?” chiese sorpresa e onorata di quella notizia. Samael scossa la testa.
 
“No. Sanno solo che prima c’era una ragazza nella mia vita e poi non c’era più. Tu sei la prima” Nihal rimase in silenzio, apprezzando profondamente l’apertura e la messa a nudo di Samael nei suoi confronti. Ora capiva perché lui non si era mai fatto problemi. Capiva perché fosse così in sintonia con lui. Per motivi differenti erano entrambi soli e diversi. Non importava quanto si impegnassero, lei sarebbe sempre stata solo una donna mezzelfa e lui il raccomandato obbligato a seguire la tradizione. In quel momento Nihal si illuminò. Ora capiva perché Samael nonostante tutto fosse rimasto in Accademia e non fosse scappato. Aveva rinunciato all’amore per salvare la sua amata da una vita di vessazioni, solitudine e disprezzo per il semplice fatto di essere una donna innamorata che voleva un futuro con l’uomo che aveva scelto infrangendo le regole della società. In ogni caso l’avrebbe persa. Scegliendo di continuare l’addestramento, ha salvato l’onore della sua amata ma ha dovuto tagliare i ponti. Quindi l’ha persa. Se avesse anteposto l’amore all’addestramento avrebbe distrutto la vita della donna che amava e l’avrebbe comunque persa per via dello scandalo. Samael aveva continuato ad addestrarsi con tutto quell’impegno per fargliela pagare a Raven una volta diventato Cavaliere di Drago. Solo a quel punto suo padre non avrebbe più potuto controllarlo. Ormai era Cavaliere, non si poteva tornare indietro, il drago lo aveva. Un pensiero le tornò alla mente, ma ora che sapeva tutta la storia, qualsiasi dubbio sulle sue parole svanì. Con lei era diverso. Lei non era una ripicca. Lui aveva visto il suo valore e lo riconosceva, la stimolava a fare di meglio, le insegnava. A lui non importava cosa fosse, lui aveva visto Nihal per chi fosse: un guerriero. Il corpo di Nihal si mosse per conto proprio quando allungò una mano verso di lui spostandogli delicatamente una ciocca ribelle dalla fronte e sistemandogli i capelli setosi con le dita.
 
“Grazie, Samael…” disse Nihal, accarezzandogli il volto “Per me la tua fiducia significa molto” lui le sorrise, godendosi quella carezza.
 
“Anche per me avere qualcuno di cui potermi fidare” rispose accoccolando il viso sulla mano. Nihal gli sorrise a sua volta e tolse la mano dopo qualche secondo. Aveva notato il volto mesto del ragazzo e dopo quell’apertura nei suoi confronti non voleva che andasse via così. Da quando era arrivata non aveva fatto altro che ricevere da lui. Aveva il suo aiuto, il suo sostegno, la sua compagnia e la sua fiducia, mentre lei aveva fatto solo dei minimi passi verso la persona che non la faceva più sentire sola.
 
“Com’è il tuo drago?” gli chiese. Samael cambiò espressione quasi subito a quella domanda, sembrò illuminarsi.
 
“Bellissima” disse fiero “Si chiama Albedo. Anche lei è diversa. Ha la sua storia” fu a quel punto che portò una mano al petto e mise in mostra il pendente che nascondeva la camicia. Non era un pendente. Era una scaglia di drago ed era bianca. Nihal rimase a bocca aperta e presa dall’entusiasmo allungò la mano per prendere la scaglia e guardarla meglio. Era una sensazione strana. Al tatto era morbida, ma se stringeva la scaglia sembrava essere dura come il cristallo nero della sua spada
 
“E’ bellissima! E’ sua?” disse alzando la testa solo per trovarsi il viso ridacchiante di Samael a poco centimetri dal volto.
 
“Sì, è sua, ma se volevi che mi sedessi più vicino bastava dirlo” disse con un sorrisetto che fece avvampare la ragazza tingendole le orecchie di quel rosso che faceva contrasto con il blu dei suoi capelli in modo estremamente visibile. Nihal lasciò la scaglia.
 
“N-non è così! Volevo solo vedere meglio la scaglia!” protestò Nihal facendosi indietro.
 
“Siamo proprio sicuri? Insomma, se era una ‘mossa’ per creare un momento non era male” disse lui facendo avvampare ancora di più la mezzelfo. Samael ridacchiò e lei gli diede uno schiaffo sul braccio col dorso della mano.
 
“Finiscila!”
 
“Va bene… la smetto” ma quel sorrisetto tentatore rimase “Comunque sì, la scaglia è di Albedo. Diciamo che quando abbiamo legato è stato molto… interessante. Ma questo te lo racconto un’altra volta!” disse dandole una pacca amichevole sulla gamba e alzandosi. Nihal sgranò gli occhi incredula.
 
“Ma-!? Non puoi dirmi una cosa del genere e poi lasciarmi in sospeso!” protestò la ragazza rimanendo seduta sul posto.
 
“Magari te lo racconto quando vi farò conoscere” disse con un sorrisetto, mentre si stiracchiava. Nihal rimase in silenzio qualche secondo.
 
“Mi farai conoscere il tuo drago?” le brillarono gli occhi a quella domanda.
 
“Ti farò conoscere la mia compagna di volo, non il mio drago. Un drago è libero e non ha padrone” le disse con una voce serena ma il tono serio. Era il tono che usava quando la voleva impartire una lezione importante da cavaliere. Nihal annuì per fargli capire di aver ascoltato.
 
“Mi farebbe davvero piacere conoscere Albedo” gli disse sincera “Grazie per avermi raccontato la tua storia. Grazie per la fiducia. Non ti deluderò” Lui le fece un sorriso sincero.
 
“Lo so. Non saresti tu, Guerriera” le rispose e fece per uscire, quando si voltò di nuovo “Nihal” la testa della mezzelfo scattò di nuovo verso di lui quando lo sentì pronunciare il suo nome “Spero che un giorno tu possa fidarti di me come io di te. Non mi dispiacerebbe se qualche volta mi raccontassi tu qualche storia se lo vorrai” le fece un sorriso e poi uscì dalla stanza. Nihal si fece più seria valutando quelle parole attentamente. Samael aveva appena spalancato un portone verso di lei. Un portone che la invitava in un caldo abbraccio lontano dalla solitudine. Stava solo a lei adesso decidere se buttarsi in quel portone o se ignorarlo.

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Capitolo 7
*** Rompere le Barriere ***


Da quella sera nel suo stanzino, Samael e Nihal erano diventati davvero amici. Samael passava spesso a salutarla dopo l’ora di cena. Sapeva perfettamente che Nihal preferisse la solitudine al disprezzo dei commilitoni, di conseguenza l’avrebbe sempre trovata nello stesso posto: il suo stanzino. Andava a farle visita se non tutte le sere, quasi. A Nihal piaceva la sua presenza. Le sembrava che da quella fatidica sera, in Samael vivessero due persone insieme: il suo maestro e un amico, e in quelle visite il ragazzo era solo quello: un ragazzo suo amico. Parlavano per ore, bisticciavano, oppure si scambiavano due parole e poi cadeva un silenzio piacevole, magari nelle serate in cui erano stanchi per l’addestramento. Prima parlavano del più e del meno, parlavano dei loro tempi con Soana e Fen e dei loro insegnamenti. Ci volle del tempo, ma poi anche Nihal decise di aprirsi con lui e gli raccontò di Sennar, di come si conobbero e di come divennero amici, da lì gli parlò di Salazar. Non fu facile. A volte pensava di tediarlo con le storie di una bambina stupida e ingenua che giocava alla guerra senza sapere cosa fosse. Una volta glielo disse.
Erano nel suo stanzino, come sempre. Col tempo Samael si era messo sempre più a suo agio tanto quanto glielo permettesse Nihal. Era la cosa che più apprezzava di quel giovane: il rispetto che aveva nei suoi confronti e dei suoi tempi. Non era una stupida, si era accorta che Samael stesse cercando di farle abbassare la guardia e rompere la barriera che si era eretta intorno, ma aveva sempre rispettato i suoi paletti. Lei a sua volta aveva smesso di essere sulla difensiva e abbattere la barriera del guerriero che tuttavia aveva scelto lui stesso di incrinare quando le raccontò la sua storia. Ognuno punzecchiava i paletti dell’altro per spingerlo a spostarli un po’ più indietro con il fine ultimo di toglierli. Era diventato il loro modo di comunicare. Entrambi vedevano fino a che punto potessero tirare la corda con l’altro. Ora Samael voleva abbattere piano piano un’altra barriera: il contatto fisico. Lo faceva sia per un punto di vista funzionale che per il bene di Nihal. Voleva farle riacquisire fiducia negli altri, in questo caso, in lui. Tuttavia lo faceva anche per il combattimento corpo a corpo. Non era cieco: Nihal era una bellissima giovane donna e i suoi tratti elfici le davano un fascino che nessun altro poteva vantare. Però non era nemmeno sordo. Non aveva detto nulla a Nihal per non metterla a disagio e farle innalzare un'altra barriera, ma diverse volte aveva sentito dei commenti molto fuori luogo e inappropriati da parte di alcuni ragazzi. Nihal era brava con la spada, ma senza di essa si sentiva nuda e senza un braccio. Samael le stava insegnando a difendersi per combattere senza, ma voleva e doveva insegnarle a combattere se lo scontro avesse preso una brutta piega per lei, passando quindi alla lotta a terra. Per farlo però, Nihal doveva sentirsi a suo agio con lui e Samael sapeva di essere ancora lontano da quella fiducia. Tuttavia, Nihal da qualche tempo gli aveva permesso di mettersi a sedere accanto a lei sul pagliericcio. In quell’occasione, Samael era seduto accanto a lei con una gamba piegata sotto di sé e il braccio appoggiato sull’altro ginocchio, mentre Nihal come suo solito stava con la schiena appoggiata al muro e le gambe allungate. Per la prima volta gli parlò di Sennar e con lui di Salazar. Sentiva gli occhi azzurri di Samael su di sé man mano che gli parlava delle sue scorribande da ragazzina e di come quei giochi avessero fomentato il suo desiderio di diventare un guerriero. Poi le sovvenne il pensiero che lui, un guerriero vero, potesse pensarla una bambina sciocca e superficiale, ma che non stesse dicendo niente per educazione o tatto. Samael sapeva di Salazar dopotutto e per quanto a volte potesse essere pungente, sapeva avere tatto quando serviva.
“Scusa, probabilmente ti sto annoiando” disse all’improvviso interrompendosi.
 
“Affatto, ti prego, continua” rispose lui tranquillo.
 
“Samael, non devi far finta di ascoltare. L’ho imparato sulla mia pelle cosa significa la guerra e tu sicuramente lo sai meglio di me. All’epoca non capivo” disse un po’ imbarazzata. Le sembrò di essere tornata a quel giorno in cui Sennar le raccontò delle proprie origini. Provare quel senso di inadeguatezza e di colpa quando davanti a lei c’era qualcuno che aveva davvero vissuto quelle esperienze.
 
“Guarda che non c’è niente di male a fantasticare. Eri una bambina, hai avuto la fortuna di non vedere mai la guerra fino adesso. Posso capire perché il tuo amico Sennar ti abbia sfidata, ma quella del guerriero non è certo l’unica strada in cui solo crescendo ci si accorge davvero con cosa ci si va a scontrare. Da bambino io volevo fare l’erborista!” Nihal lo guardò sorpresa.
 
“L’erborista? Davvero?”
 
“Già. Poi mi sono reso conto che significava riconoscere centinaia di tipi di piante e sbagliare poteva voler dire assassinare qualcuno e non me la sono più sentita. Una volta ci sono andato vicino” disse ridacchiando.
 
“Che hai fatto?” Nihal stava ridacchiando anticipando la bricconata di quel piccolo Samael.
 
“Volevo fare un sonnifero per il mio tutore e saltare la lezione di matematica. L’ho mandato alle latrine per mezza giornata, ma -ehi- ha funzionato. Non ho fatto matematica!” rispose ridacchiando “Poi mi è arrivata una sonora lavata di capo e… beh… il mio tutore mi ha fatto vedere che succede quando sbagli le dosi con una cavia” lì si fece un po’ più cupo. Durò un attimo, poi le sorrise di nuovo “Mi ha fatto passare la voglia con le brutte, però aveva ragione. Io poi ero negato”
 
“Non riesco a vederti come erborista. Non mi sembri fatto per stare ore e ore chiuso in uno studio ad esaminare piante” ammise Nihal sorridendo.
 
“Alla fine nemmeno io. Non ho pazienza” Nihal lo guardò di sottecchi con un sorrisetto beffardo.
 
“Non eri tu quello che diceva che la pazienza è l’arma migliore di un guerriero?”
 
“La pazienza è l’arma migliore di un guerriero. Ma esattamente come la spada, sta al guerriero decidere quando usarla” rispose con un sorrisetto.
 
“Touché”
 
“Comunque ti ho interrotto. Mi dicevi? Siete passati sotto la bottega per poi finire nell’orto del vecchio Baar e poi…?” incalzò interessato. Nihal lo guardò sorpresa dal fatto che veramente la stesse ascoltando. Nel ruotare la testa sentì qualcosa tirarle dietro la nuca. Quella sera aveva già sciolto la treccia quando arrivò il suo ospite. Solo a quel punto si accorse che Samael stesse giocando, probabilmente da un po’, con una ciocca dei suoi lunghi capelli blu. Nessuno, escluso suo padre quando glieli scompigliava, le aveva mai toccato i capelli, né tanto meno presa una ciocca a sua insaputa e rigirarsela tra le dita come nulla fosse. Nihal posò lo sguardo sulla ciocca tra le dita del ragazzo, per poi posare il suo sguardo intenso su di lui. Samael non si fece indietro, reggendo il suo sguardo e di risposta mettendosi a gambe incrociate e di conseguenza avvicinandosi, per poi allungare la mano e far scivolare le dita in un’altra ciocca di capelli, giochicchiandoci e allisciandola con le dita. Il tutto senza mai che le sue brillanti iridi lasciassero quelle penetranti e violacee della mezzelfo. Nihal poi accennò un lieve sorriso. Samael mimò la stessa espressione. Le spalle della giovane guerriera si rilassarono e posò la testa alla parete lasciandolo fare.
 
“Poi ovviamente Baar ci ha beccato…” riprese il suo racconto. Samael non le staccò mai gli occhi di dosso, ascoltando con interesse quei racconti di un’infanzia piena di vita e libertà.
 
 
 
Cinque mesi dopo il suo ingresso in Accademia, finalmente Raven le permise di unirsi al corso avanzato di Samael. Ora era ufficialmente il suo maestro. Questo non cambiò di molto il loro rapporto. Samael continuava a farle visita, ma meno da quando Nihal fece amicizia con Laio, un ragazzino biondo e paffutello del corso avanzato. Quel ragazzetto non la lasciava sola un momento e la venerava quasi come un’eroina. Nihal non sapeva se esserne lusingata o meno, però apprezzava la compagnia. Non era come con Sennar o Samael. Sennar era il suo amico di infanzia e con il tempo aveva imparato a leggerla, Samael era teoricamente il suo maestro, ma quando passava il tempo con lei non in addestramento non c’era nulla di quel ruolo, stava lentamente diventando il suo punto fermo in quell’Accademia, come Sennar lo era stato durante l’infanzia. Più passavano il tempo insieme e più Nihal si accorgeva di quanto lei e Samael fossero simili e allo stesso tempo diversi, e di quanto lui da subito avesse imparato a leggerla bene. Le lasciava affrontare le sue battaglie, ma era sempre lì pronto a sostenerla.
 
Laio era intimorito da Samael, ma quest’ultimo invece sembrava averlo in simpatia… aveva confessato a Nihal. Durante le lezioni aveva messo bene in chiaro che con lui vigeva l’uguaglianza: i parenti famosi non contavano niente, se meritavi andavi avanti, se perdevi tempo perdevi anni di accademia. Nihal non lo avrebbe mai detto a Laio, ma sapeva che Samael lo aveva preso in simpatia per via della loro storia simile. Anche Laio era stato obbligato dal padre ad entrare in Accademia. Il biondino da tempo si era incuriosito dal rapporto di Nihal e Samael. Aveva sentito del tentativo di pestaggio, ma sapeva che il loro non era un semplice legame maestro-allieva. Tuttavia non voleva credere che un guerriero come Nihal fosse dove fosse perché la notte scaldava il letto del maestro giovane e belloccio. Samael dal canto suo era contento di quell’amicizia e gli lasciò spazio. Passava meno spesso del solito, ma Nihal sembrava apprezzare la distanza, a maggior ragione, adesso che ufficialmente era il suo insegnante. Laio però era curioso e un giorno, mentre chiacchieravano nello stanzino di Nihal, glielo chiese.
 
“Nihal, posso farti una domanda?” disse cambiando discorso.
 
“Solo una?” rispose lei lanciandogli un’occhiata.
 
“Sì… beh… è personale…ecco”
 
“Sì, sono davvero l’ultimo mezzelfo” rispose lei lievemente irritata, certa che fosse quella la domanda.
 
“Ah. Capisco. Però in realtà era un’altra cosa… tu… ecco…Sei liberissima di non rispondermi se non vuoi! Non mi offendo! Ecco…-”
 
“Laio, cosa vuoi sapere?” disse arrendendosi all’arrivo dell’ennesimo interrogatorio.
 
“Ecco… tu sei ancora innamorata di quell’uomo straordinario?” sparò. Così. Di colpo. Dal nulla. Nihal era molto confusa. Aveva smesso di oliare la spada.
 
“Sì…?” disse guardandolo incerta.
 
“Quindi per te c’è solo lui…?”
 
“Sì…? Laio perché queste domande?”
 
“Ecco… io… beh… volevo solo…ecco… Passi molto tempo con il Capitano Samael… e mi chiedevo se… insomma…” Nihal lo guardò malissimo e Laio sembrò rimpicciolirsi.
 
“Non sono la sua amante, se è quello che pensi” gli ringhiò contro “Il posto in Accademia e nel corso avanzato me li sono sudati. Ci sono solo grazie alle mie forze. Samael mi ha insegnato come arrivarci. Fine. E come ti ho già detto, anche se non ho speranze, io amo già qualcuno”
 
“N-no! Non intendevo quello! Solo ecco… è che passate del tempo insieme anche senza allenarvi. Un paio di volte l’ho visto venire qui da te in serata e quando ho capito che non sarebbe andato via subito sono andato via.”
 
“Ci stavi spiando, Laio?”
 
“No! Non vi stavo spiando. Mi sono messo ad aspettare ad un angolo per non origliare! T-ti ho vista combattere e so che sei un guerriero fenomenale! Ma ero curioso sul vostro rapporto, giuro!” si affrettò a spiegare Laio “M-ma anche se fosse non ci sarebbe niente di male! Insomma… hai detto tu che l’uomo che ami non ti considera nemmeno! Magari avevi cambiato idea, ecco. Il capitano Samael poi non è un brutto uomo… quindi…” Nihal allora sembrò calmarsi. Però pensò alle ultime parole di Laio.
 
In effetti sì, Samael è tutt’altro che un brutto uomo e poi quando indossa la sua armatura sembra veramente un eroe delle leggende.
 
“Siamo amici. Lui mi è stato vicino quando tutti qui non hanno fatto altro che prendermi a pesci in faccia. Mi ha insegnato fin dall’inizio e senza mai farmi sentire diversa”
 
Quelle sue stesse parole iniziarono a riecheggiarle a lungo nella testa ogni volta che il suo sguardo si posasse su Samael.
 
Sette mesi dopo Sennar passò a trovarla per la prima volta. Quando lo vide Nihal non volle fare altro che prenderlo a pugni per averla abbandonata, ma quando il suo amico d’infanzia l’abbracciò non riuscì a tenergli il muso e ricambiò l’abbraccio del mago.
 
Andarono nel suo stanzino a parlare. Sennar si sentì un mostro per averla lasciata in quelle condizioni. Parlarono a lungo e lui la aggiornò su tutti gli ultimi avvenimenti nella Terra del Vento. Più Sennar parlava e più Nihal si sentiva trasportata nella sua terra natia devastata dalla follia del Tiranno. Le venne un colpo al cuore quando il mago le rivelò che di Salazar non ci fosse rimasto nulla.
“Lavoro a stretto contatto con l’esercito” le disse Sennar “Pensa che il mio diretto interlocutore era Fen! Con lui e Dago abbiamo pianificato molti attacchi per conquistare terreno, per indebolire il nemico. Tutto inutile, purtroppo. Ho dovuto usare spesso la magia: incantesimi collettivi sulle truppe, soprattutto, o sulle armi. E’ stato molto faticoso. Ci svegliavano all’alba e si finiva a notte fonda…”
Nihal lo ascoltava in silenzio. Sennar era sempre Sennar. Benché parlassero della guerra e della distruzione della sua casa, i fantasmi del suo passato sembravano lasciarla in pace, ma non era più l’unico a farle quest’effetto. Forse avrebbe potuto parlarne con Samael dei suoi spettri e delle voci che sentiva… Però Samael non era un mago, se Sennar non aveva saputo darle risposte non avrebbe potuto farlo nemmeno lui.
“Mi duole ammetterlo ma l’unico barlume di speranza è quel sociopatico spericolato del Capitano Samael” disse all’improvviso Sennar infastidito.
 
“Il Capitano Samael?” fece Nihal riportando l’attenzione sul discorso di Sennar. Si era distratta un secondo.
 
“Sì. Penso sia la persona più arrogante e menefreghista che io conosca, ma purtroppo quella volta ogni due mesi che si palesa è bravo. La sua stazza fisica è accompagnata da un cervello ben funzionante. Nel giro di un paio di settimane ci fa guadagnare terreno. Poco, ma più di quanto riescano a fare gli altri comandanti. Lo manda direttamente il tuo adorato Generale Supremo” disse alla fine con un sorrisetto.
 
“Cosa fa esattamente?” chiese incuriosita. Era la prima volta che sentisse parlare di Samael in quel modo. Sapeva bene che quando voleva sapeva essere detestabile, però era strano sentir parlare di lui da un’atra persona. Adesso poi era curiosa.
 
“Passa all’offensiva anche se una persona dotata di buon senso non lo farebbe, gioca sporco, i generali gli danno degli ordini e lui comunque fa di testa sua, oltre al fatto che fa delle manovre folli in volo col suo drago. È difficile non vederlo. È l’unico drago bianco dell’esercito. Fen ha rinunciato a dirgli qualsiasi cosa, nonostante sia uno dei pochi per cui sembra portare rispetto. mentre gli altri generali se provano a dargli una lavata di capo semplicemente risponde: ‘Io dovevo aiutarvi a riprendere terreno. Il terreno lo avete. Il mio l’ho fatto. Arrivederci’, prende e se ne va. Se ne frega di qualsiasi gerarchia e nessuno gli dice niente. Sembra quasi che non voglia essere lì. Ma allora, perché è diventato cavaliere?”
 
“Perché è stato costretto dal padre” disse Nihal che tuttavia aveva un leggero sorriso. Sì era proprio Samael.
 
“E tu come lo sai?” disse Sennar stranito.
 
“E’ mio amico… e il mio maestro” confessò Nihal. Sennar si diede uno schiaffo in faccia con la mano.
 
“Bene. Figura dell’idiota fatta due volte in un giorno”
 
“Non lo conosci come lo conosco io. Fidati, è una brava persona e non è così odioso come vuole far credere È più buono di quanto voglia dare a vedere” disse con un leggero sorriso che Sennar notò subito.
 
“Nihal, ma il Capitano Samael…”
 
“NON È IL MIO AMANTE! Ti prego, Sennar! Non mettertici anche tu!” sbottò la mezzelfo.
 
“Stavo per chiederti chi fosse” rispose il mago sorpreso da quella reazione.
 
“E’… difficile da spiegare. I miei giorni qui sono un inferno, Sennar. Lui non mi ha solo insegnato, Samael è la persona che non mi ha mai fatto essere sola. Mi è stato vicino quando sentivo di star sprofondando nel mio dolore e passo per passo mi ha aiutata a rialzarmi. E’… è la persona che più voglio rendere fiera quando diventerò Cavaliere” rispose Nihal sicura.
 
“Quindi è solo il tuo maestro” disse Sennar, tuttavia non ne era affatto sicuro.
 
“No, è mio amico, ma non è come Laio”
 
“Chi è Laio?!”
 
Sentirono bussare alla porta e un biondino dal viso paffuto fece capolino con un sorriso.
 
“Ah, hai visite. Allora me ne vado”
 
“Lui è Laio. Sennar, Laio; Laio, Sennar” i due ragazzi si squadrarono. Il pomeriggio fu spiacevole. Sennar fece il sostenuto e Laio si sentiva di troppo e Nihal sempre più confusa e frustrata da quei comportamenti de suoi amici. Quanto avrebbe voluto che Samael non fosse partito di nuovo.
 
 
 
Era sera. Nello stanzino Nihal stava leggendo un libro di strategia militare che le aveva portato Samael. Quel giorno era stato molto pesante. Sennar era passato a trovarla per la vista mensile adesso regolare ed era arrivato insieme a Fen mentre Samael e Nihal stavano finendo l’addestramento del corpo a corpo. Avevano preso sempre più confidenza e Samael, benché non fosse ancora passato alla lotta, non aveva bisogno di farsi troppi problemi per il contatto fisico. In quella situazione in particolare, Nihal non sapeva cosa fosse successo, ma un attimo prima Samael la stava afferrando alle spalle, un attimo dopo inciamparono in un bastone da allenamento dimenticato lì e finirono entrambi per terra uno sopra all’altro. Tuttavia entrambi esplosero in una fragorosa risata uno addosso all’altro. Già quello per Sennar sembrò essere assurdo, ma la cosa che lo lasciò a bocca aperta fu vedere Nihal alzarsi, aiutando poi lui a tirarsi su, e prendergli il viso tra le mani per controllare che stesse bene vista la testata data con la caduta pur di non far cadere male lei.
Quando li videro, i due visitatori si fecero avanti e Nihal fece le presentazioni tra Samael e Sennar. Al ragazzo dava un po’ fastidio il fatto che quell’uomo avesse degli occhi azzurri così particolari. Gli piaceva l’azzurro pallido delle sue iridi e gli piaceva il fatto che intimidissero gli altri, ma gli occhi del guerriero, oltre ad essere chiarissimi avevano un colore che sembrava quasi liquido, rendendoli ancora più particolari. Tuttavia gli piaceva ancora meno la confidenza che avesse con la sua Nihal. Aveva messo in conto le nuove amicizie, ma Laio che entrava nello stanzino della mezzelfo a suo piacimento e questo maestro/amico a cui Nihal, che toccava solo le persone a cui voleva particolarmente bene, prendesse il viso tra le mani con quell’affetto, non gli andava giù. Sennar aveva provato ad andare sull’argomento guerra e dirgliene quattro sul suo comportamento, ma Samael lo liquidava con serenità ed educazione, non abboccando a nessuna delle sue provocazioni, anzi quando iniziò a stancarsi gliele ritorse contro. Fortunatamente, Fen tenne occupato l’altro cavaliere allenandosi insieme mentre Nihal avrebbe passato la giornata con Sennar prima di fare anche lei degli scambi con il suo amato cavaliere.
 
Quando arrivò allo stanzino, Samael era visibilmente stanco sia per i duelli con Fen che per le lezioni avute in seguito. Aveva portato a Nihal un libro sulla strategia militare pensando le potesse piacere per prepararsi in vista della prova. Aveva ancora la spada al fianco, che tolse e mise accanto a sé quando si sdraiò sul pagliericcio di Nihal poggiando la testa sulle sue gambe e iniziando a giochicchiare con i suoi capelli, mentre Nihal iniziò a leggere interessata e desiderosa di divorare quel libro, appoggiandosi al muro come sostegno. Scambiarono qualche parola ma poi cadde il silenzio e la mezzelfo provò ad immergersi nella lettura… se non fosse stato per quella spada. Le interessava. La manifattura le era famigliare, ne era certa e quel dubbio s’instillava sempre più presente nella sua mente più la guardava.
 
Chiuse il libro di colpo.
 
“Samael, te lo devo chiedere. Sono mesi che ci penso, ma devo chiedertelo” disse all’improvviso. Il ragazzo fece un sobbalzo notevole, data l’interruzione del piacevole silenzio che li aveva accolti e gli aveva conciliato il sonno.
 
“Dei Santi… che colpo…” borbottò posandosi una mano sul petto. L’iniziale serietà della ragazza venne smorzata dalla risata che non riuscì a trattenersi. Samael le lanciò un’occhiataccia ma non riuscì a nascondere il sorriso divertito.
 
“Scusa, non mi ero accorta dormissi”
 
“Sono stanco, sto comodo e mi hai dato il colpo di grazia coccolandomi i capelli. Capiscimi” Nihal ridacchiò, arrossendo leggermente, non si era accorta di aver iniziato a fargli i grattini in testa. “Dimmi, Guerriera. Cosa attanaglia così tanto il tuo animo da voler provocare a me un infarto?” Nihal sorrise, ma iniziò a farsi di nuovo seria.
 
“La tua spada e l’armatura. Chi le ha fatte? La spada in particolare, è una mano che mi è familiare” disse diretta. Samael incrociò il suo sguardo con uno dei suoi soliti sorrisetti, ma quest’ultimo andò a morire sulle sue labbra quando vide lo sguardo serio e speranzoso di Nihal. Divenne serio. Prima o poi se ne sarebbe accorta. Glielo avrebbe chiesto. Si mise a sedere e prese la spada, porgendogliela. Nihal la prese per osservarla meglio, mentre attendeva una risposta.
 
“L’armatura è un dono di Fen. Me l’ha data quando sono diventato cavaliere, immagino che il fabbro sia un suo amico” disse guardando la ragazza. Nihal osservò la lama estraendone una parte dal fodero. La lama era di cristallo nero come la sua spada, ma era diversa. Aveva un solo filo ed era leggermente incurvata e dalla punta singola. Il filo era estremamente tagliente e brillava, nonostante la poca luce. L’elsa era molto semplice, era un disco nero elegantemente decorato con dei motivi che ricordavano la zampa artigliata di un drago. Il manico in legno di ebano era avvolto da un cordino sapientemente legato con eleganza in modo da far scorgere il nero del legno. Le sovvenne in quel momento che Samael avesse un fodero stranissimo e in legno in cui portava la spada sottosopra. Il damascato della lama però le diede conferma. Aveva già visto quel damascato su quella spada. In quel momento Nihal fece un salto nel passato: la spada strana.
 
“La spada chi l’ha fatta?” chiese Nihal con un filo di voce.
 
“Non serve che te lo dica. Hai riconosciuto la mano dell’artigiano” rispose con voce empatica. Nihal strinse l’arma tra le sue mani. Era una spada bellissima, uno dei lavori migliori di Livon. La chiamava ‘la spada strana’ poiché anche Livon aveva avuto problemi nel crearla. Diceva semplicemente che il cliente era importante e doveva farla, ma a lui sembrava un’arma più da esposizione che da combattimento, guardando il progetto.
 
“L’hai commissionata a mio padre” disse Nihal sottovoce, sentendo un nodo formarsi alla gola.
“Non io. Soana. È il suo regalo per il mio cavalierato. Ha chiesto a Livon di farla e spedirmela. Ti piace?” chiese guardando la reazione della ragazza. Nihal fissava quella strana lama.
 
“È stupenda anche se è stana. Ho visto che la sai usare perfettamente quindi non deve essere un problema il fatto che abbia un solo filo, ma non riesco a capire perché tieni il fodero al contrario e come mai hai Soana ti abbia fatto fare una spada così all’apparenza così delicata” non lo guardò mai. Sentì gli occhi inumidirsi. Quella spada insieme alla sua era tutto ciò che rimaneva di Livon.
 
“Il fodero al contrario serve sia per non rovinare il filo che per fare un attacco in estrazione della spada. Fai il movimento e facci caso. Non estrarre solo la spada, togli anche il fodero in contemporanea” istruì lui. Nihal rinfoderò la spada e girò il fodero affinché la curvatura fosse verso l’infuori. Seguì le istruzioni ed estrasse la spada, sfilando il fodero allo stesso tempo con un movimento lento. Si accorse di quanto fosse comoda quella lama per un attacco così a sorpresa, inoltre, considerando quanto fosse affilata sarebbe stato facile tagliare la testa di netto ad un nemico. Infoderò di nuovo la spada e la guardò.
 
“E’ vero…”
 
“Vedrai il suo vero potenziale quando combatteremo insieme in volo. Prima però devi finire l’addestramento…”si bloccò “Ehi, Guerriera, tutto bene?” Una lacrima cadde dall’occhio della mezzelfo. Si asciugò subito la guancia quando sentì quella singola goccia, manifestazione del suo dolore, caderle sulla mano. Girò il volto dall’altra parte per non farsi guardare. Nuovamente le voci nella sua testa, le grida, le immagini di Livon che muore salvandole la vita le tornarono alla mente.
 
“Perché non mi hai-” si fermò sentendo un nodo in gola e il tono accusatorio. Era Samael. Si erano fatti una promessa. Non l’avrebbe infranta. “Hai conosciuto mio padre?” gli chiese gentilmente. Quel cambio di tono non passò inosservato e Samael ne fu lieto.
 
“No” rispose “Non c’è mai stata occasione, ma mi sarebbe piaciuto. Doveva essere un brav’uomo”
 
“Lo era…” prese un respiro tremulo. Non piangeva da mesi, non si sarebbe messa a piangere davanti a lui. Quella era la cosa peggiore che potesse fare in quel posto.
 
“Sarebbe fiero di te…” Nihal si lascò scappare un’amara risata sentendo le lacrime minacciare di cadere.
 
“Come fai a dirlo? Non l’hai mai conosciuto”
 
“È vero. Ma mi basta vedere come stai reagendo per capire che ti voleva bene; e penso che se ti vedessero oggi tutti quelli che ti vogliono bene sarebbero orgogliosi di te”
 
“Mi ha fatto lui la spada…” disse porgendogli la sua senza guardare. Samael la prese e la mise accanto a loro.
 
“Lo avevo immaginato… Pensi davvero che te l’avrebbe fatta se non avesse creduto in te? Io sono sicuro che se potesse vederti oggi, sarebbe il padre più felice di questo mondo nel vedere i traguardi che hai raggiunto” Nihal sentì il tocco caldo della sua mano farle una carezza, scostandole i capelli dal volto e sistemandole una ciocca dietro l’orecchio elfico. Nihal lo lasciò fare, accogliendo quelle piccole e delicate carezze sul viso, ma il suo orgoglio poi le fece voltare maggiormente verso l’altro lato. Samael non insistette.
 
“Puoi uscire, per favore?” gli chiese con un tono quasi supplicante. Non sapeva se sarebbe riuscita a trattenersi ancora. Le tremò la voce con sua irritazione.
 
“Sicura?” Nihal annuì.
 
“Sì… si sta facendo tardi ed è il caso che tu vada prima che ti addormenti qui” Samael sospirò e si alzò.
 
“D’accordo. Buonanotte, Guerriera.”
 
“Buonanotte…” non lo accompagnò nemmeno. Samael uscì da solo, chiudendosi dietro la porta e allontanandosi. Abbassò lo sguardo pensando a quell’ultima immagine di Nihal che si stava sforzando per non piangere. Di nuovo voleva dimostrare di non aver bisogno di nessuno, e di nuovo stava mettendo un nuovo paletto per distanziarsi. Non voleva piangere davanti al suo maestro…
 
Al diavolo! Io sono suo amico per prima cosa. Che diamine sto facendo a lasciarla così adesso?! Si era fermato a metà corridoio. Si voltò e tornò verso di lei.
Nello stanzino, Nihal era rimasta seduta sul pagliericcio e stava lacrimando copiosamente in silenzio con dei vani tentativi di fermarsi. Quando sentì la porta spalancarsi di nuovo alzò la testa e vide Samael camminare verso di lei e il suo volto illuminarsi con un sorriso affettuoso.
 
“Lo sapevo” disse quasi più a stesso chiudendo la porta alle sue spalle “Lo sapevo ti avrei trovata così”. Le proteste rabbiose che stavano per uscire dalla bocca della ragazza morirono lì, lasciando spazio ad un sorriso e risata imbarazzata, quando incontrò i suoi occhi e udì la sua voce piena di affetto. Un bisogno di cui ammise di sentirne la mancanza e a cui cedette del tutto nel momento in cui Samael si inginocchiò davanti a lei accarezzandole dolcemente il viso, per poi far scorrere le dita tra i capelli blu e portandole la testa al petto. Nihal quasi istantaneamente si lanciò in quell’abbraccio e si lasciò andare brevemente. Le lacrime continuavano a scendere e dei singhiozzi le sfuggirono, nonostante sul volto della ragazza ci fosse un sorriso di gioia.
 
“Perché sei tornato?” brontolò Nihal cercando di nascondere quel pianto.
 
“Perché lo sapevo” rispose lui stringendola al petto, accarezzandole i capelli, posando la testa sulla sua. “Era tuo padre. Non vergognarti del tuo dolore” Nihal lo abbracciò forte, lasciandosi andare a quelle carezze, sentendosi sicura tra le braccia del ragazzo che non avevano alcuna intenzione di lasciarla andare.
 
“I guerrieri non piangono…” Nonostante quelle parole lo abbracciò come se fosse l’unica cosa al mondo a cui aggrapparsi. Neanche si accorse che lui si fosse seduto di nuovo sul pagliericcio lasciandola quasi sdraiare addosso a lui in quell’abbraccio e pianto che tentava di sopprimere senza successo.
 
“Le persone e i veri guerrieri sì” e le baciò le testa. Nihal sentì per una volta di potersi lasciar andare e pianse suo padre, lasciando che per una volta qualcuno si prendesse cura di lei man mano che il pianto si facesse sempre più silenzioso.
 
“Di cosa hai bisogno?” chiese Samael con quella voce calda e avvolgente come le sue braccia. Nihal si strinse a lui. Aveva smesso di piangere.
 
“Che resti qui con me ancora un po’…” rispose quasi con un filo di voce. Sentì le labbra di Samael diventare un piccolo sorriso. Il ragazzo scostò lievemente la testa e le sollevò il viso lievemente verso di sé e le asciugò il volto rigato dalle lacrime con una carezza. La ragazza glielo permise e le sue labbra si formarono a loro volta un piccolo sorriso.
 
“Tutto il tempo che vuoi, Nihal” gli sorrise, Samael le baciò la fronte e Nihal posò nuovamente la testa sul suo petto caldo, facendosi cullare dal battito regolare del suo cuore. Rimasero così fino al cantar del gallo, avvolti dall’abbraccio del sonno.
 
Quella notte Nihal non ebbe incubi. Dopo molto tempo, ebbe un sonno tranquillo e un risveglio sereno. Quando riaprì gli occhi lui era ancora lì con lei. La ragazza si mosse appena, osservandolo mentre dormiva. Che fosse bello lo aveva notato da tempo, e quell’ombra di barba che ogni tanto si lasciava crescere gli dava un tocco di disordine che tuttavia risultava essere armonioso su di lui, ma non lo aveva mai visto così pacifico. Guardando quell’espressione così tranquilla, sentire quel respiro calmo e regolare le ricordò quanto i suoi occhi si fossero spenti quando le raccontò la sua storia. Livon non era nemmeno il suo vero padre e l’aveva amata e cresciuta come se fosse stata davvero sua figlia. Raven invece aveva costretto il suo stesso figlio ad una vita che non voleva strappandogli la persona che amava. Gli aveva fatto odiare e lo aveva fatto odiare in un luogo in cui Samael avrebbe dovuto poter girare tranquillo. Mai si sarebbe aspettata che quella persona che sembrava essere fatta per appartenere ad una vita agiata in Accademia invece fosse un reietto come lei. Capiva perché Sennar non lo potesse vedere. Lui conosceva la facciata, il cavaliere ribelle, lei conosceva l’uomo sotto l’armatura. Più ci pensava e più si convinceva che il fato avesse uno senso dell’umorismo assurdo. La spada di Samael l’aveva fatta Livon, suo padre, lui conosceva Fen e Soana di cui entrambi sono stati allievi, Soana per lei era una figura materna, Fen per lui era un fratello maggiore. Entrambi si erano presi una cotta per una persona che non li avrebbe mai ricambiati, entrambi in Accademia volevano eccellere. Sembrava quasi che il destino volesse farli rincorrere l’un l’altro su strade parallele per anni senza mai incontrarsi finché non fosse giunto il momento adatto affinché le loro strade si incrociassero e intrecciassero tra loro come i loro corpi ancora abbracciati.
 
 
Nihal arrossì violentemente quando realizzò di aver dormito abbracciata ad un uomo. Ma non un uomo, aveva dormito con Samael. Avrebbe voluto spostarsi ma temeva di svegliarlo. Per sua sfortuna, Samael si destò proprio in quel momento. I loro occhi si incontrarono. Non dissero nulla. Lentamente sui volti di entrambi si allargò un sorriso che divenne una risata. Erano imbarazzati, ma erano contenti di essere lì e stavano bene.

 

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Capitolo 8
*** La Prova ***


Finalmente era giunto il momento. Raven era capitolato di fronte alla testimonianza dei vari maestri riguardo l’eccezionalità di Nihal. Tra di loro c'era anche suo figlio, che si era presentato con un'aria orgogliosa e con lo sguardo sicuro di chi sapeva di avere la vittoria in pugno. Samael dopo molto tempo sentì qualcosa, si sentì felice per Nihal e orgoglioso di lei. Fare un dispetto a suo padre era un pensiero ben lontano in quel momento. La determinazione e dedizione della mezzelfo avevano finalmente dato i loro frutti e Nihal doveva scendere in campo il prima possibile. In largo anticipo con in tempi di addestramento, era giunta l’ora della sua prova: la battaglia.

Quella sera Samael andò a trovare Nihal per darle la notizia, faceva fatica a nascondere il sorriso, ma poi giunto davanti alla porta dello stanzino iniziò la commedia. Il suo sorriso scomparve, bussò ed entrò nella stanza, sentendo il permesso della ragazza, e per un attimo Samael ebbe un sussulto, dimenticandosi del suo diabolico piano. Era entrato proprio nel momento in cui Nihal si sciolse i capelli dalla treccia che le caddero come una cascata oltre i fianchi. Erano capelli da regina, quelli di cui i cavalieri come lui annegano dolcemente nei canti dei menestrelli. Forse c’era un fondo di verità in questo. La guardò passare le dita sottili in essi, allisciandoli come meglio poteva. Si chiese se mai Nihal un giorno si sarebbe vista come la vedeva lui e se mai un giorno avrebbe visto di nuovo i suoi occhi brillare come quella mattina in cui si erano svegliati insieme. Non era più successo. Samael era ancora il suo maestro, doveva ricordarselo. Ma ogni tanto leggevano insieme e Nihal aveva preso coraggio, posandogli la testa sulla spalla. Quella sera li aveva fatti avvicinare, ma entrambi sapevano di dover mettere dei paletti. Ne valeva del futuro di Nihal. I gesti affettuosi di Samael si erano drasticamente ridotti e benché le dispiacesse, Nihal sapeva bene che era la cosa giusta da fare.

“Samael!” Nihal gli schioccò le dita davanti agli occhi svegliandolo dalla sua trance.

“Eh? Sì! Ci sono”

“Ti sei incantato?” chiese Nihal divertita. Per una volta Samael non seppe controbattere. Sì, si era incantato. Si era incantato a guardarla.

“Scusa, ero sovrappensiero” scusa pessima… ma si ricordò della sua missione e lo sguardo si fece mortalmente serio “C’è appena stato un collegio docenti. Abbiamo parlato anche di te” Nihal si fece seria e lo guardò attenta.

“Cos’hanno detto? Devo fare altre prove? Continuo l’addestramento?” chiese camminando verso di lui finché non gli fu davanti, trepidante in anticipazione.

“No…” disse lui guardando in basso “Ho parlato delle tue capacità, i tuoi progressi e gli altri maestri erano d’accordo ma…” sospirò e con lui Nihal, ma frustrata.

“Ma non è abbastanza. D’accordo. Continuiamo gli dimostrerò il contrario” già stava andando a prendere la spada per uscire e addestrarsi nonostante mancasse poco al coprifuoco.

“Devi lasciare l’Accademia” a quelle parole Nihal si bloccò e si voltò lentamente verso di lui. Sentì il mondo crollarle sotto i piedi. La stavano cacciando… ecco perché Samael sembrava essere così abbattuto! Alla fine Raven era riuscito a mandarla via “Non puoi più addestrarti qui…” Il suo sguardo si indurì e marciò di nuovo verso Samael.

“Perché? Dimmelo Samael. Perché mi cacciano? Non ho fatto altro che addestrarmi, addestrarmi e addestrarmi. Ho seguito i consigli dei maestri, sono migliorata. Studio la strategia militare e faccio delle ore aggiuntive di allenamento con te e Parsel. Perché mi mandano via?”

“Perché a prova superata ti addestrerai al campo base con un altro Cavaliere di Drago” Samael alzò lo sguardo verso di lei e l’espressione seria lasciò spazio ad un accenno di un sorriso divertito. Nihal ci mise qualche secondo a comprendere il senso di quelle parole. La cacciavano dall’Accademia… per andare al campo base ad addestrarsi… dopo la prova. La mezzelfo alzò lo sguardo verso la faccia da schiaffi del giovane.

“MA SEI UN INFAME!” gli disse dandogli dei pugni ben assestati sul petto.

“Sì! Ma senza picchiarmi, Guerriera!” fece lui scoppiando a ridere e facendo finta di bloccare i colpi.

“Te lo meriti! Mi hai fatto prendere un colpo! Pensavo che tutto il nostro lavoro fosse stato inutile!” disse con un ultimo pugno sul petto.

“Scusa, non ho resistito” rise lui per poi afferrarla al volo quando Nihal lo abbracciò “Sono fiero di te, Guerriera”

“Grazie di tutto, Samael” rispose allentando l’abbraccio fino a lasciarlo.

“Adesso arriva la parte difficile. L’asticella si è appena alzata”
 

I giorni passarono e Nihal li contava, man mano che la battaglia si avvicinava. Sennar divenne ufficialmente un membro del consiglio e a lei fu concesso di assistere alla cerimonia. Parlarono per quella giornata, ma poi ognuno tornò sulla propria strada. Tuttavia Sennar le lasciò un senso di inquietudine quando le rivelò che i Consiglieri non erano gli eroi dediti al Mondo Emerso che immaginava lei, ma che alcuni avessero più a cuore la politica e i propri interessi.
La settimana seguente a quell’incontro Nihal e Laio partirono verso la Terra del Vento. Probabilmente c’era lo zampino di Sennar, ma ne fu felice. C’era la possibilità di militare sotto Fen, e questo la esaltava. Inoltre avrebbe rivisto Samael, che era già partito per il fronte richiamato proprio da Fen.
Il viaggio fu tranquillo finché non passarono per la steppa della Terra del Vento. Rovine, macerie, erba gialla e bruciata. Il sole che filtrava a malapena dalla fitta coltre di fumo che si levava dalla distruzione lasciata dall’esercito del Tiranno. Bambini affamati e supersiti disperati si avvicinavano al loro carro chiedendo del cibo che i giovani soldati non poterono dargli, in quanto si trattasse delle scorte dell’esercito. Fu un viaggio snervante e terribile. Nihal non si perse nemmeno un istante di quel viaggio e di quell’orrore. Se ne riempì gli occhi della crudezza della guerra, con l’intenzione di ricordarsene per quando sarebbe stata in battaglia.

Al suo arrivo il trattamento freddo e rigido del suo generale non la stupì, ormai era abituata ad essere trattata come una pezza da piedi e anche di disturbo. Ascoltò il piano di battaglia, finse di ascoltare la ramanzina da terrorismo psicologico, e poi andò ad incontrare il suo supervisore come richiesto.
La prima cosa che notò il supervisore furono le orecchie di Nihal e non esitò a farla sentire una minaccia ei ricordarle cosa avesse fatto il Tiranno alla sua gente. Quando fu il momento di mettere la corazza, si trovò di nuovo ad essere quella diversa e ad essere di troppo. Doveva nascondere capelli e orecchie per via del suo retaggio pericoloso, ma l’elmo le stringeva quest’ultime in modo estremamente doloroso. Poi arrivò la corazza e nuovamente la sua femminilità divenne un ostacolo per lei. Per quanto si fosse irrobustita crescendo e con l’addestramento, tutte le armature erano troppo grandi per lei. Frustata, Nihal decise di combattere senza. Il supervisore la etichettò come quella che sarebbe morta subito per via della sua arroganza. Non importava cosa facesse. Era sempre colpa sua.

In quella lunga notte di attesa si chiese se ne valesse la pena. Aveva paura di morire, cosa che non aveva mai provato, ma non poteva tirarsi indietro. Non adesso. Non dopo tutte le crudeltà che aveva visto e sopportato. Non dopo tutto quello che aveva perso e quello che rischiava di perdere. Nihal non era la ragazza che non era mai stata alla fine, Nihal era un guerriero e quella notte lo sarebbe diventata. Si sciolse la treccia e presa la spada. Esitò quando avvicinò la lama a quel fiume di capelli che non vedeva le forbici da anni e che aveva iniziato ad apprezzare da quando Samael aveva preso il vizio di passarci le dita in mezzo per giochicchiarci e lisciarli. Esitò, ma lei era un guerriero. Samael le voleva bene per questo, non certo per la lunghezza dei suoi capelli da regina.

Gettò i capelli in fondo al giardino.

La mattina dopo Laio guardò quella zazzera blu arruffata sconvolto e venne liquidato da Nihal con un pragmatismo che utilizzava quando non voleva parlare di qualcosa. Quando vennero richiamati per partire in battaglia li vide, Fen e Samael, entrambi nelle loro armature da cavalieri. Si erano isolati in un angolo e stavano parlando di qualcosa. Sembrava una discussione concitata. Nihal notò solo allora di quanto fisicamente Fen sembrasse piccolo vicino a Samael, ma il linguaggio corporeo era quello di un fratello maggiore che stava provando a far ragionare il minore. La postura militare e fiera, ma la mano posata sulla spalla di Samael come per ancorare a sé la sua attenzione. Tuttavia sembrava che la loro discussione non fosse andata bene. Nihal si avvicinò solo a fine discussione.

“Fen, basta. La discussione finisce qui” disse Samael “La mia risposta è no”

“Samael, sei un cavaliere, è un tuo dovere” disse Fen serio.

“E’ un mio compromesso, nulla di più. Ci vediamo in volo” e fece per allontanarsi, quando la vide. L’aveva riconosciuta nonostante fosse mascherata per nascondere i
capelli e le orecchie. Le fece l’occhiolino, ma andò per la sua strada senza fermarsi. Il messaggio era chiaro: aveva bisogno di sbollentare e Nihal rispettò la richiesta. Fen ci mise un momento in più per riconoscerla. Riuscì solo quando Nihal gli mostrò il corpetto da recluta.

“E’ la tua prima battaglia, vero?” le chiese tenendole la mano. La ragazza annuì sentendosi le ginocchia molli.

“Cerca di non rischiare più del dovuto. Non fare come quel testone lì” disse indicandogli Samael con un piccolo sorriso “Avrai mille occasioni per metterti in luce. Ti penserò, quando sarò in volo”
A Nihal sembrava di sognare, ma il dovere la richiamò. Le ultime parole che Fen le rivolse furono:

“Buona fortuna”
 
In quella battaglia finalmente la vide quando Fen e Samael si levarono in volo: Albedo, il drago bianco. Non ne aveva mai visto uno. Le passò sopra la testa ad una velocità ed un’altezza che mai avrebbe immaginato. Samael e Fen volavano in modo molto diverso eppure si davano supporto. Fen e Gaart erano estremamente tattici, a volte prevedibili, Samael e Albedo erano un bolide impazzito che seminava distruzione in punti strategici mentre copriva le spalle a Fen che causava la maggior parte dei danni grazie alla possente fiammata di Gaart. Samael era quasi un diversivo ma era pericoloso per quanto il suo volo fosse molesto. Il suo intento era chiaro, ma ignorarlo significava sconfitta. Samael volava combattendo come una macchina di morte che proteggeva Fen.

Nihal a piedi era come il giovane nel cielo. Si scagliò sui nemici cercando di ucciderne il più possibile. La sua spada assaggiò il sangue e ne voleva sempre di più, ancora e ancora, aprendosi la strada separando i fammin da pezzi del loro corpo mostruoso. Quando suonarono i corni della vittoria, Nihal non pensò ad altro. Ricoperta di sangue e polvere, l’importante era la sua vittoria, il suo trionfo. Era viva, aveva combattuto e aveva superato la prova. Ora avrebbe avuto il suo drago, avrebbe imparato a governarlo e avrebbe potuto dedicare la sua vita alla battaglia e soprattutto: si sarebbe vendicata, avrebbe vendicato la sua famiglia e il suo popolo. Non aveva nemmeno notato che sopra la sua testa tre draghi si erano abbattuti sul terreno.
Tornata all’accampamento tentò di calmare Laio che era scosso e sconvolto, vivo solo grazie a lei e alla sua spada. Nihal sembrò tornare in sé solo quando visto il campo in agitazione le dissero: “Abbiamo perso dei cavalieri”

Nihal andò nel panico. Samael! Fen! Non potevano essere morti! Sarebbero tornati. Si aggirò per il campo cercandoli, provando a capire cosa fosse successo, solo allora venne a sapere che uno fosse ferito gravemente e due fossero dispersi: Dhuval, il veterano era ferito, mentre Fen e il pazzo col drago albino erano scomparsi. Il campo cadde in silenzio quando si udì un drago ruggire. Il cuore di Nihal si gonfiò di speranza. Stavano tornando! Erano loro, erano… era un drago bianco… Samael stava tornando! Nihal gli corse incontro fermandosi a diversi metri da dove atterrò il drago e un Samael malconcio quasi ruzzolò a terra. Nihal provò ad avvicinarsi di corsa, ma il drago le ringhiò intimandole di fermarsi, aiutando Samael ad alzarsi con il muso. In quel momento la mezzelfo si accorse di una cosa. Albedo non era propriamente bianca, era verde come Gaart, ma era un verde estremamente pallido da apparire bianco. Non era un termine dispregiativo, era davvero un drago albino. Le scaglie bianche erano macchiate di rosso in alcuni punti per via di alcuni graffi. La sua attenzione però tornò ben presto su Samael.

“Ciao, Guerriera…” salutò, tenendosi il fianco. Aveva un livido sulla mandibola e perdeva sangue dalla fronte. L'armatura era leggermente ammaccata. Era ferito.

“Samael!” corse da lui aiutandolo a sostenersi “Come ti senti? Sei ferito? Che fine avevi fatto!? Sono ore che ti cerco!”

“Catapulta maledetta… credevo puntassero a Fen e invece volevano me per farmi schiantare a terra…ci sono andati vicino, ma sto bene, Albedo mi ha protetto” disse volgendosi verso il drago che di risposta allungò il muso verso di lui per farsi accarezzare. Nihal notò poi la macchia rossa più grossa sull’attaccatura dell’ala del drago. Albedo doveva essersi chiusa nelle ali con Samael dentro per proteggerlo e doveva aver colpito qualcosa.

“UN GUARITORE, PRESTO!” chiamò Nihal e dei cerusici si fecero avanti. Nonostante la ferita, Albedo era tornata in volo, riportando il suo cavaliere. Dovevano davvero avere un rapporto speciale. Nihal ne ebbe la conferma quando posò lo sguardo su Samael che aveva posato la fronte sul muso del drago che emise un leggero rombo somigliante a delle fusa.

“Grazie, Albedo. Vai con i guaritori e fai la brava” disse al drago che di risposta gli diede un leggero buffetto sul viso con il muso e seguì i cerusici nello spazio adibito a scuderie. Samael poi si accasciò leggermente verso Nihal che lo aiutò a sostenersi.

“Mi gira la testa…”

“Tranquillo, adesso arrivano i guaritori”

“…hanno ferito Albedo…”

“La stanno curando-”

“…quel drago è la mia vita…”

“Lo so”

“…Mi viene da vomitare”

“Resisti, arrivano i barellie-”

“-Perché hai tagliato i capelli?”

“Ti sembra una domanda adatta alla situaz-”

“…che giornata di merda!…” borbottò diventando sempre più pallido e accasciandosi sempre di più su Nihal che fortunatamente riuscì a sdraiarlo sulla barella appena arrivata.

“Samael, guardami! Guarda me. Parla con me. Non dormire. Guardami” continuò a parlargli mentre lo metteva a stendere su una barella e i cerusici da campo lo portavano via. Lo accompagnò tenendogli stretta la mano e parlandogli finché non furono davanti alla tenda ospedaliera, allora Nihal dovette aspettare fuori. Laio la raggiunse dopo poco, ma ormai la ragazza aveva fatto avanti e indietro abbastanza a lungo da aver lasciato una linea davanti alla tenda ospedaliera.

“Nihal, per favore! Tra un po’ mi fai venire la nausea. Stai ferma!” sbottò Laio che provava a calmarla senza successo.

“No, non sto ferma! Fen non si sa dove sia e Samael è precipitato! Sembrava stare bene e poi ha iniziato ad accasciarsi e perdere colore. Lo stanno tenendo lì dentro da ore! Forse è più grave di quanto sembrasse!”

“Nihal… è arrivato neanche mezz’ora fa…” disse Laio per una volta allibito.

“E quindi?!” abbaiò lei.

“E quindi dai il tempo ai cerusici di fare i loro controlli! Può semplicemente essersi sentito male per lo sballottamento del drago mentre era ferito”

“Sì, è esattamente così, ragazzina” disse un guaritore che uscì dalla tenda alle spalle di Nihal “E prima che tu me lo chieda, sta bene. Ha solo un paio di costole incrinate e ha sbattuto la testa, ma con le cure magiche dovrebbe rialzarsi domani se non-”

“Capitano! Per favore, non è prudente alzarsi adesso nelle vostre condizioni!” disse un guaritore dentro la tenda. L’uomo sospirò.

“Ecco appunto… Capitano Samael!” e rientrò in tenda a placcare il cavaliere che stava già provando rimettersi in piedi dopo nemmeno mezz’ora. Laio e Nihal rimasero in silenzio incerti.

“Ora capisco perché andate d’accordo…” disse Laio. Nihal ebbe la decenza di non rispondere.

 
A Samael fu permesso di uscire dalla tenda ospedaliera solo in serata. Nel frattempo a Nihal fu concesso di fargli visita dopo un paio d’ore dal suo arrivo e fu decisamente sollevata dal vederlo di nuovo con un colorito sano in volto e giusto una fasciatura che poteva intravedere sotto la camicia che gli era stata portata. Quando la vide la ragazza venne accolta da uno dei suoi sorrisi e uno sguardo orgoglioso. Si avvicinò a lui e fece scivolare la mano nella sua con una naturalezza tale che lui fu pronto a riceverla istintivamente.

“Ehi, Guerriera. Si è ufficialmente alzata l’asticella per te” le disse salutandola. La voce era stanca e riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti, eppure parlava come se non gli fosse successo niente.

“Ma tu come fai ad essere così tranquillo dopo esserti schiantato con Albedo?” rispose lei incredula.

“Siamo bravi a sopravvivere e Albedo è resistente. Sai come sta?” chiese serio.

“Ho visto i guaritori. Ha una ferita sull’attaccatura dell’ala ma pare sia meno grave di quanto sembrasse. Hanno detto che per un po’ non può volare o rischia di riaprire la ferita”

“Appena mi fanno uscire vado a farle visita” disse sollevato “Ti ho vista quando hai salvato Laio. Sei stata brava. Sono orgoglioso di te” Nihal gli sorrise e per un’istante fu felice di sentire quelle parole.

“Tu come stai?”

“Stordito… mi hanno dato delle erbe per i dolori… ma credo fossero miste a calmanti per farmi stare fermo…” rispose lui. Le palpebre sembravano essere sempre più pesanti. “Sto bene. Vedrai che oggi stesso mi rialzo… Fen sarà contento di sapere che ce l’hai fatta…” chiuse gli occhi non appena finì la frase, ma era ancora sveglio. Nihal si sentì una lama trapassare il petto. Samael non aveva idea di che cosa fosse successo a Fen. Si irrigidì ed evidentemente Samael se ne accorse, perché riaprì un occhio. “Tutto bene?”

Nihal alzò lo sguardo verso di lui, esitando. Era il caso di dirglielo? Samael adesso non era nelle condizioni di ricevere una notizia del genere, almeno non finché non avesse avuto informazioni più chiare. Però non voleva mentirgli. Lo avevano promesso.

“Io sto bene…” rispose. Lo sguardo stanco del ragazzo cambiò. Aveva capito.

“Cosa è successo a Fen?” doveva essere lui. Nihal aveva cambiato faccia nel momento in cui aveva fatto il suo nome.

“È disperso. Non lo trovano più. La battaglia non è andata bene come pensavamo. Dhuval è ferito gravemente, tu eri sparito e Fen ancora non si trova”

“Andiamo a cercarlo” Samael fece per alzarsi, ma quella volta fu Nihal a mettergli le mani sulle spalle e a spingerlo di nuovo giù sulla branda.

“No. Tu devi riprenderti. Dove pensi di andare?”

“Ti stanno bene i capelli corti”

“Samael, non sto scherzando. Non attacca. Tu devi stare qui”

“Fen è lì fuori. Potrebbe essere ferito o prigioniero... Dobbiamo trovarlo”

“A malapena riesci a tenere gli occhi aperti, dove pensi di andare? Hai detto tu stesso che tra le erbe devono averti dato dei calmanti. Non sei nelle condizioni di fare ricerche. E poi dove?” Samael per una volta cedette subito. Gli girava ancora la testa e lo stomaco era sottosopra. Mettersi a cavallo in quello stato non era una buona idea, doveva aspettare.

Attesero. Di Fen nessuna traccia e poi Nihal sentì per il campo una voce simile a quella del suo primo maestro, ma non era lui. Nihal si ritrovò a correre in tenda comando, dove trovò il generale interrogare un soldato sull’accaduto. Le parole del soldato colpirono la ragazza come un fulmine a ciel sereno, lasciandole un buco nel petto con un senso di vuoto che aveva provato solo quando vide suo padre morire davanti ai suoi occhi. Fen era stato colpito da una catapulta e si era schiantato sulla torre in fiamme durante la ritirata. Non voleva crederci. Fen aveva combattuto in mille battaglie e ne era sempre uscito illeso, non poteva essere morto in questa! Una battaglia che avrebbe fatto da prova a delle reclute non poteva essere la sua ultima battaglia! Si fece largo in mezzo ai soldati sperando che qualcuno come lei dicesse il contrario, che qualcuno fosse disposto ad andare a cercarlo e anche subito, ma di risposta venne presa dal generale e quasi lanciata addosso ad un soldato per essere portata via tra le lacrime mentre la disperazione per questo nuovo dolore si faceva largo nel suo cuore. Si lasciò andare ad un pianto disperato, della sua vecchia vita le rimaneva solo Fen e adesso anche lui se ne era andato.

Sembrava morta, raggomitolata sulla sua branda, pallida e dallo sguardo vitreo. Laio non sapeva che fare. Gli faceva male vederla così. Aveva saputo ed era subito andato dall’amica per consolarla. Nihal non avrebbe voluto sentire ragioni. Lui non poteva capirla. Si sdraiò accanto a lei, l’abbracciò e lentamente si addormentò. Nihal tuttavia non aveva perso la speranza. Fen era vivo e lei lo avrebbe salvato. Era sicuramente ferito e aveva bisogno di aiuto. Sgattaiolò via nel silenzio della notte dirigendosi verso le scuderie per prendere un cavallo. Tuttavia quando arrivò una persona stava già uscendo.

“Samael?!” mormorò sorpresa “Che diamine ci fai qui?! Dovresti essere in infermeria!”

“Sella un cavallo e andiamo” disse lui estremamente serio, uscendo dalle scuderie passandole accanto. Nihal non era sicura di aver capito bene.

“Cosa?”

“Andiamo a cercare Fen” Poco dopo galopparono per la prateria bruciata, chiamando Fen e cercandolo ovunque. Poi la videro: un’enorme carcassa nera. Un drago bruciato. Gaart. Qualcosa dentro Nihal si spezzò e iniziò a singhiozzare quando il terrore di averlo perso davvero le attanagliò la mente. Si ridestò solo sentendo gli zoccoli del cavallo di Samael galoppare verso il drago morto, quasi lanciandosi giù dal cavallo in corsa. Nihal lo seguì aiutandolo a spostare l’ala del drago per facilitargli l’accesso. Samael uscì da sotto l’ala trascinando con sé Fen. Nihal ebbe un sussulto e la speranza si fece di nuovo viva in lei quando vide che respirava ancora. Tuttavia era pallido, i capelli erano fradici di sangue e benché respirasse, non si muoveva. Samael lo aveva afferrato da sotto le braccia e lo stava trascinando. Lo sguardo di Fen era spento, rassegnato e dolorante. Samael lo fece stendere a terra.

“Ehi, Fen. Tranquillo, siamo qui.” disse Samael all’amico. Nihal per un momento rimase pietrificata. Vedere Fen in quello stato, così fragile fu un colpo, ma quelle parole la ridestarono e subito corse verso i due, sedendosi accanto a Fen. Il cavaliere era molto pallido e il suo sguardo si faceva sempre più vuoto.

“Adesso ti stabilizziamo e ti portiamo a casa” la voce di Samael era preoccupata, i suoi movimenti frenetici. Nihal non lo aveva mai visto così spaventato, eppure si stava facendo forza per soccorrerlo. Fen non rispose. Li guardava. I suoi occhi erano ancora coscienti, sapeva che loro fossero lì.
Nihal avvicinò la mano alla testa di Fen senza toccarlo per paura di fargli ulteriormente del male e pronunciò un incantesimo di guarigione, chiudendo la ferita.

“Come ti senti? Hai altre ferite?” chiese Nihal, ma Fen non rispose. I suoi occhi verdi si posarono su di lei, ma non riuscì a proferire parola. Boccheggiò, ma non riuscì a dire nulla se non emettere dei rantoli silenziosi.

“Fen! Guardami! Non osare farmi la ramanzina e poi morire senza io possa dimostrarti che avevi torto!” fece Samael, mentre continuava a controllarlo. Incontrò lo sguardo di Nihal e la ragazza vide la paura. Non trovava altre ferite gravi e quella che aveva curato Nihal lo era meno di quanto pensasse.

“Fen, indicaci che hai così possiamo aiutarti!” disse Nihal, ma ottenne solo un leggero rantolio e lo sguardo del cavaliere si fece sempre più vuoto e il suo volto sempre più pallido. Samael intessé a sua volta un incantesimo di cura su Fen sperando che potesse servire a qualcosa, ma non sapendo dove fosse ferito non poteva aiutarlo. Ci mise molta energia, ma fu un incantesimo sprecato.

“Dobbiamo portarlo al campo! Ha bisogno di un guaritore!” disse subito Nihal, ma vide le spalle di Samael cadere su sé stesso e la testa abbassarsi. La cosa la fece gelare. Samael si era arreso. Fen gli posò una mano sulla sua e su quella di Nihal che la prese subito come Samael. Le mani del cavaliere erano già fredde e non facevano nemmeno forza.

“Samael, ha bisogno di un medico! Stiamo perdendo tempo! Portiamolo al campo! Ti prego!” Samael non rispose. Guardava Fen e una lacrima gli solcò il volto. La ragazza rimase impietrita e la sua speranza cadde infrangendosi come quella lacrima. Seguì lo sguardo di Samael e vide che la testa di Fen non aveva smesso di sanguinare. Un leggero rivolo di sangue continuò a scivolare dalle orecchie e cadere a terra.

“No! No! Possiamo salvarlo! Il campo non è lontano!” esclamò non accettando il destino del cavaliere. Samael però non la guardava più, era come se non esistesse. Chinò la testa posando la fronte su quella del cavaliere moribondo.

“Perdonami, Fen…” fu tutto quello che disse con un filo di voce. Sentì la mano di Fen stringersi leggermente. Poi perse la presa e Samael e Nihal videro la vita lasciare gli occhi di Fen che divennero vitrei. Fen morì davanti a loro. Nihal provò a scrollarlo ancora, e ancora, sempre più forte, gridando il suo nome. Samael non si era più mosso se non per chiudere gli occhi al fratello appena perduto.

Quando seppe della notizia della morte di Fen, Sennar era corso al campo per poi scoprire della sparizione di Nihal e Samael. Sembrava che il cavaliere fosse tornato al campo portando il corpo del suo maestro e compagno d’armi, ma che poi se ne fosse andato volando via sul proprio drago senza dare spiegazioni a nessuno. Della nuova recluta tra i tre che avevano superato la prova, nessuna traccia. Nihal non era tornata. Specularono che la ragazza fosse fuggita e il maestro fosse andato a cercarla da solo, invece di tornare e fare rapporto al Generale Supremo e assumere il comando dell'accampamento rimasto senza una guida. Durante tutta la giornata di viaggio Sennar scrutò la pianura e i cieli. Benché non amasse l’idea, Nihal poteva essere in volo con Samael, ma non vide né la mezzelfo né il cavaliere con il drago bianco.

Raven era furioso quando Sennar provò diplomaticamente a chiedergli di mandare una squadra di ricerca per trovarla. Fallì in quel tentativo, ma riuscì a non farla espellere dall’Accademia. Non fu lui a nominare Samael, ma Raven stesso gli chiese del cavaliere. Quando Sennar gli disse che era stato lui a riportare il corpo di Fen e che poi se ne fosse andato abbandonando l’accampamento di cui ormai lui era responsabile, il Generale si sforzò per non esplodere. Questo era troppo. Stavolta suo figlio non l’avrebbe passata liscia. Soprattutto se il motivo della sparizione fosse cercare la mezzelfo.

“Provvederò a punirli entrambi quando torneranno in Accademia. Ora non ho tempo per queste sciocchezze. Due dei miei uomini migliori sono morti. Vi prego di lasciarmi solo, consigliere”. Detto ciò Sennar uscì incerto tra la soddisfazione e l’ansia.
Li vide entrambi ai funerali di Fen e Dhuval. Samael era arrivato con il suo drago poco prima dell’inizio della cerimonia. Aveva la sua gloriosa armatura da cavaliere, ma era ammantata in un mantello nero con il simbolo dell’ordine. La gente si aprì al suo passaggio, nessuno intenzionato a fermargli per chiedergli qualcosa. Lo lasciarono prendere posto insieme agli altri cavalieri dell’ordine. Sennar però vide i suoi sentimenti per quell’uomo rispecchiarsi nei bisbigli degli altri cavalieri e se non fosse stato ad una cerimonia funebre lo avrebbe caricato e rimesso in riga. Con quale coraggio si presentava a quel funerale? Aveva lasciato l’accampamento di cui era divenuto responsabile per la morte di Fen e si presentava solo adesso. Poi sentì una frase tra i presenti che fece paralizzare il ragazzo.

“Non ha proprio alcun ritegno. Era il compagno di Fen, è colpa sua se è morto”

“Lo dicevano che prima o poi lo avrebbe fatto ammazzare”

Ora gli era chiaro perché Fen avesse così a cuore quel ragazzo: erano compagni di volo. Con la coda dell’occhio vide dei cavalieri armati avvicinarsi a lui. Tentarono di passare inosservati, ma Samael ormai era vicino al giovane consigliere. Un cavaliere scostò a malapena il mantello sotto cui erano nascoste delle manette. Lo stavano arrestando.

La corte marziale! Devono metterlo sotto processo per la morte di Fen! Realizzò Sennar, rendendosi conto che quella sparizione aveva solo peggiorato la sua situazione.
Avrebbero potuto vederla come un’ammissione di colpevolezza. Sennar non stimava Samael, ma da quello che aveva visto e il rapporto che aveva con Fen, l’idea fu anche per lui assurda. Inoltre era un cavaliere, Samael doveva saperlo per forza che lo avrebbero messo sotto processo. Perché presentarsi così apertamente al funerale se avesse voluto sottrarsi ad esso?

Samael vide chiaramente le manette, ma la sua reazione colse Sennar e il cavaliere impreparati.

“Se avete rispetto per Fen e Dhuval fatelo dopo la cerimonia” bisbigliò Samael. La voce era bassa, a malapena Sennar riuscì a sentirlo, ma il tono era molto autoritario e per un momento Sennar si sentì quasi in colpa per aver voluto procedere quasi lui stesso all’arresto. Il cavaliere guardò verso Raven e l’uomo annuì con la testa in modo quasi impercettibile. Così come era arrivato, nel momento in cui Sennar, Samael e i cavalieri accesero la pira di Fen e Dhuval, il giovane cavaliere si allontanò silenziosamente con gli altri cavalieri lasciando che gli mettessero le manette.

Quando accesero le pire, Sennar finalmente vide anche Nihal. Ammantata in un mantello nero, in disparte nella folla. La raggiunse, felice di vederla, poi la seguì sul belvedere, osservando la Rocca del Tiranno in silenzio. Sennar le accarezzò i capelli corti.

“Vuoi parlare?” Nihal scosse la testa “Vuoi dirmi almeno dove sei stata?”

“Avevo bisogno di pensare”

“Eri con Samael?” era una semplice domanda, non era il momento di lasciarsi prendere dal fastidio che la sua amica di infanzia fosse stata sola per tutto quel tempo con un cavaliere che aveva abbandonato i suoi uomini.

“No. Ero da sola. Abbiamo trovato Fen, lui è morto davanti a noi e lui se ne è andato col suo corpo” poi sembrò comprendere le parole di Sennar “Samael non è tornato al campo? L’ho visto poco fa”

“Ha riportato il corpo di Fen ma poi se ne è andato. Pensavamo tutti che foste insieme. Oggi è ricomparso”

“Forse anche lui aveva bisogno di pensare. Non era con me” Sennar percepì una punta di rabbia a quelle ultime parole.

“Cosa pensi di fare adesso?”

“Devo tornare in Accademia. Ho superato la prova e ho diritto al mio drago. Cosa ha detto Raven?”

“Che ti punirà. Nient’altro”

Nihal si alzò e si avviò verso l’Accademia senza una parola. Sennar la seguì esasperato. Si sentiva totalmente impotente.

“Perché non vuoi parlare? Perché non ti sfoghi, non piangi, non fai una cosa qualunque per farmi capire cosa ti passa per la testa? Samael è stato arrestato e verrà processato per la morte di Fen! Possibile che non ti interessi nemmeno quello?!”
Nihal si fermò un momento, ma poi riprese a camminare.

“Reagsci, Nihal. Non lasciarti divorare dall’odio. Dì qualcosa. Ti prego” La ragazza stavolta si fermò e guardò l’amico negli occhi.

“Non c’è niente da dire, Sennar. Fen è morto e io non posso fare nulla per Samael, questo è tutto. Ore devo andare all’Accademia”

Il discorso di Raven fu feroce e aggressivo, sarcastico e minaccioso, ma Nihal lo accettò e chiese perdono per il suo comportamento, implorandolo di lasciarle continuare l’addestramento, spiazzandolo. Il Generale Supremo vide in lei la stessa determinazione che lesse negli occhi di suo figlio quando divenne cavaliere, ma stavolta per il motivo che avrebbe voluto: Nihal aveva scelto la sua strada e non si sarebbe fermata davanti a niente pur di raggiungere la sua meta. Vide anche la disperazione di chi ha smarrito sé stesso, di chi non riesce a rassegnarsi ad una perdita. Per un istante ebbe compassione per lei e le mise una mano sulla spalla.

“Mi dispiace per Fen. È stato un mio compagno d’armi, anni fa, e il maestro di mio figlio. Anche per me è un’immensa perdita”.

A Nihal tornò alla mente la storia di Samael e si chiese come quell’uomo davanti a lei, non fosse riuscito a vedere in suo figlio quello che stava vedendo in lei in quel momento.

Nihal rimase una settimana in cella per punizione, ma avrebbe continuato l’addestramento nella Terra del Sole.

Samael venne portato nelle Terra del Sole e venne processato per un lunghissimo mese. Venne assolto per la morte di Fen. Diversi testimoni affermarono che Samael fosse precipitato a causa di una catapulta che aveva destabilizzato il volo del suo drago, prima che Fen venisse colpito. Pur volendo, non avrebbe potuto fare nulla. Tuttavia l’abbandono del campo e la sua continua insubordinazione dovevano essere puniti. Gli tolsero momentaneamente il grado di Capitano e venne spedito al fronte, affidato ad un altro cavaliere come fosse una recluta. Avrebbe riottenuto il suo grado solo una volta che il cavaliere a cui era stato affidato lo avrebbe considerato di nuovo degno della sua posizione.

Nihal non gli fece mai visita nella sua cella.

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Capitolo 9
*** Rottura ***


L’avevano assegnata a Ido, l’unico gnomo Cavaliere di Drago per la parte finale del suo addestramento. Era bravo e a differenza di Samael aveva l’esperienza dalla sua. Samael combatteva con un’intensità molto simile a quella di Nihal, ma aveva una tecnica come quella di Ido: combattevano come in guerra. Anche lui l’aveva sconfitta una volta con il trucchetto del pugnale nascosto. Samael… era un mese che non lo vedeva. Era certa che se la sarebbe cavata, ma in ogni caso non avrebbe potuto fare nulla per lui. Aveva saputo che il processo si sarebbe tenuto non lontano dal campo base, ma non tentò nemmeno di chiedere di andare a fargli visita. Non glielo avrebbero permesso di certo e comunque era palese che Samael volesse restare solo, altrimenti sarebbe andato a cercarla prima del funerale di Fen.
Finalmente aveva conosciuto Oarf, il drago del defunto Dhuval, che era destinato a diventare il suo drago. Era bellissimo e come lei aveva perso la fiducia negli altri. Doveva riuscire ad entrare in contatto con lui e a cavalcarlo. Nel frattempo si addestrava con Ido e si occupava di Vesa, il drago del nuovo maestro.
Lo gnomo stava iniziando ad abituarsi a Nihal, ma quel giorno ebbe una sorpresa grossa come quella che gli avevano fatto affidandogli Nihal come allieva.

“Cos’è, siete ammattiti?!” gridò lo gnomo.

“No, Ido. Sarai il suo referente e responsabile. Dovrai aggiornarci sui suoi progressi e la corte marziale deciderà se ridargli il suo grado o meno” disse Nelgar, il responsabile della cittadella.

“Sentimi bene. Già mi avete affibbiato un’allieva quando ho detto chiaramente di non volerla. Ora mi appioppate anche il figlio pallone gonfiato di Raven?”

“Sì. Ordini della corte marziale. Nemmeno Raven ha detto nulla stavolta per proteggere Samael”

“Fammi capire è il ragazzo che sta punendo o me? Mi sembra di aver sempre rigato dritto”

“Forse sei l’unico che possa mettere in riga suo figlio. Considerati onorato”

“Ho già abbastanza problemi con quella ragazzina che a momenti si fa ammazzare dal drago, quell’altro lo fa sempre ed è già un cavaliere, è una perdita di tempo”

“Ido, gli ordini sono questi. Arrangiati”

“Grande generale dei miei stivali! Sa controllare gli eserciti eppure non è in grado di stare dietro a suo figlio… Quando arriva il ragazzo che poi tanto ragazzo non è più?”

“È stato mandato poco fa ai tuoi alloggi”

“Bene. Vado a mettere le cose in chiaro con lui” fece per uscire dalla tenda.

“Ido”

“Che altro c’è?!” disse esasperato

“Samael è stato maestro della mezzelfo in Accademia…”

“Ah bene! Adesso capisco molte cose! Altro?”

“Ci sono voci sul loro rapporto… diciamo che lui sembra averla molto a cuore. Passavano molto tempo insieme”

“L’accusa è grave. Ci sono prove su questa tresca?”

“No”

“Adesso è ancora suo maestro?”

“No”

“Allora vero o falso che sia chi se ne frega. Finché non mettono a rischio i loro compagni sono affari loro cosa fanno sotto le lenzuola e con chi” detto questo uscì per raggiungere la propria tenda. Passò davanti alle stalle dove vide Nihal intenta a preparare le scorte per il viaggio da caricare sui cavalli.

“Ehi, ragazzina!” chiamò “Vieni, abbiamo un ospite che rimarrà con noi per qualche tempo. Ci aspetta in tenda” Nihal non disse una parola. Lasciò le borse e andò con lui. Avevano ospiti. Strano, ma poco le importava. Era lì per addestrarsi. L’importane era che l’ospite non intaccasse i suoi piani e non si mostrasse un problema per il suo addestramento. Inoltre stavano per partire per andare in guerra, magari si trattava di qualcuno in grado di aiutarla a migliorare. Arrivarono davanti alla tenda. Ido scostò il telo e quando entrò la ragazza vide una figura in un mantello che conosceva molto bene, seduta a terra che gli dava le spalle.

Il processo è andato bene. Lo immaginavo. Disse tra sé e sé.

“Tu devi essere Samael” disse Ido appena entrati.

“Signorsì signore” disse la voce che Nihal riconobbe bene, ma ebbe un sussulto per quanto vuoto fosse quel tono. Samael si alzò in piedi voltandosi e abbassandosi il cappuccio per poi mettersi sull’attenti come un bravo soldato. Nihal sentì uno strano senso di vuoto quando lo vide in faccia. I capelli sempre curati erano cresciuti e spettinati. Non si faceva la barba da diverso tempo tanto era diventata folta rispetto a quella spolverata che si lasciava crescere ogni tanto. Aveva lo sguardo stanco e vuoto.

“Dei, quanto sei alto! Com’è il tempo lì sopra?!”

“Vi assicuro che la mia corporatura è più che funzionale, signore” Non aveva fatto battute. Sembrava una macchina che eseguiva le sue funzioni a comando.

“Per tutti gli dei! Smettila di chiamarmi signore anche tu! Mi fai sentire vecchio. Gli dei li fanno e poi li accoppiano, giusto Nihal?” disse verso l’allieva. Solo in quel momento i loro occhi si incontrarono e Nihal vide un barlume di determinazione nello sguardo di Samael, ma anche di delusione.

“Ido, lui è il mio maestro di accademia” disse Nihal, non levando lo sguardo da Samael.

“Lo so bene, altrimenti non ti avrei detto di venire qui subito” disse lo gnomo. Notò poi lo sguardo tra i due che si stavano studiando e soprattutto notò che Samael era ancora sull’attenti.

“Riposo, cavaliere” Samael rilassò la postura. “Ora, sediamoci. Dobbiamo parlare tutti e tre” Ido si mise a sedere sul primo sgabello che trovarono, lo stesso fece Nihal e Samael si sedette a terra, potendo finalmente raddrizzare la schiena, tanto stava incurvato dentro la tenda dello gnomo.

“Allora ragazzi” fece Ido accendendosi la pipa “Patti chiari amicizia lunga. So perfettamente che eravate maestro e allieva un mese fa e so anche delle voci che girano sul vostro conto”

“Dannazione! Ido, io e Samael non siamo-”

“-chiudi la bocca ragazzina, non ho finito. Stavo dicendo che veritiere o no, non mi interessa, l’importante è che non mettiate a rischio il resto delle truppe” una espirò una nuvoletta di fumo “Detto ciò, entrambi siete stati affidati a me. Tu per il tuo addestramento e tu dalla corte marziale” disse indicandoli con la pipa “Quindi spiegami bene perché devo fare improvvisamente da balia ad un cavaliere esperto”

“Non ho protetto il mio compagno di volo e Fen è morto” Nihal alzò lo sguardo su Samael sentendo il tono colpevole con cui disse quella frase, benché stesse cercando di dissimulare.

“Sei stato assolto dalla corte marziale. Sei precipitato prima di lui. Pur volendo non avresti potuto fare niente. Non assumerti responsabilità che non hai. Non sei qui per questo. Perché sei qui?” Samael rimase in silenzio per qualche secondo.

“Perché ho abbandonato il campo che di conseguenza era diventato una mia responsabilità”

“Perché lo hai fatto?” Samael spostò lo sguardo su Nihal.

“Perché ho fatto una promessa ad una persona e quello è più importante”

“Modo di fare onorevole ma egoista e stupido, ragazzo. Hai abbandonato i tuoi uomini”

“Non sono i miei uomini. Io non combatto per loro”

“E per cosa combatti?” Samael rimase in silenzio per qualche secondo e il suo sguardo si posò di nuovo su Nihal.

“Combatto perché è l’unica cosa che so fare”

Ido sospirò passandosi una mano esasperata sul volto.

“Ci sarà molto su cui lavorare con voi due. Samael, Nihal ha un drago con cui instaurare un legame. È il drago di Dhuval, gentile concessione di tuo padre. Voglio che assisti agli addestramenti e mi aggiorni sui suoi progressi. Ora però voglio vederti in azione. Andiamo a liberare un gruppo di ribelli stretti di assedio da delle truppe scelte del Tiranno. Se la tua condotta e abilità saranno accettabili posso pensare di affidarti un piccolo contingente per iniziare a riscattarti sul serio durante le prossime battaglie, per ora considerati un attendente. Ora vai a prepararti per il viaggio e porta il tuo drago”

“Agli ordini” Ido si limitò a sollevare un sopracciglio. Aveva sentito parlare di lui. Il cavaliere ribelle, il figlio del Generale Supremo. Uno dei guerrieri più abili dell’esercito se non il più abile, noto per la sua chiacchiera e lingua tagliente. Non sembrava esserci nulla del genere. L’unico barlume di determinazione che vide fu quando guardò Nihal parlando della promessa fatta. Per il resto si aspettava proteste e lamentele accompagnate da arroganza e spocchia, invece fu accolto da una sottomissione completa. Lo guardò negli occhi e vide un vuoto. Vide lì quanto fosse simile a Nihal. Entrambi si erano persi e lui forse era più perso di lei. Nihal aveva un chiaro obiettivo, sebbene dovesse capire perché, lui non aveva nemmeno quello. Li congedò e Samael andò verso la propria tenda che si trovava dall’altra parte del campo. Non disse nulla. Non si fermò e non salutò la ragazza. Nihal si sentì ferita, non si aspettava di essere trattata con quella freddezza. Lo seguì chiamandolo.

“Samael” Nessuna risposta.

“Samael!” Niente. Nihal gli andò al fianco.

“Dannazione Samael! Mi vuoi guardare? Sto parlando con te. Non mi saluti nemmeno?!”

“Non ho nulla da dirti Nihal. Non ho nemmeno motivo o voglia di salutarti” continuò a camminare.

“Che cosa è successo al processo? Che significa che sei un attendente?”

“Esattamente quello. Ho abbandonato il campo, ora ne pago le conseguenze, ma poco importa. La promessa a Soana era più importante” Il sangue iniziò a ribollire nelle vene di Nihal, quando parlò in quel modo, senza guardarla negli occhi e con un tono così piatto.

“Ah quindi sarebbe colpa mia?! Dannazione! Ma ti vuoi fermare?!” si parò davanti a lui posandogli le mani sul petto per fermarlo. Lui arrestò la marcia e lei riportò le mani ai fianchi “Guardami in faccia quando ti parlo! Perché mi tratti così?!”

“Non ti sto dando la colpa di nulla. Sto dicendo che a me interessa mantenere la promessa che ho fatto a Soana, il campo può anche andare a farsi benedire. Tanto era solo un pretesto, sono anni che mi vogliono fuori dai piedi. C’erano altri cavalieri competenti a gestirlo”

“Non mi hai risposto. Perché mi tratti così?”

“Sei una ragazza intelligente, Guerriera, penso che tu possa arrivarci da sola. Con permesso” le passò accanto e si allontanò. Nihal rimase pietrificata e la rabbia iniziò a montarle sempre di più. Si sentì tradita e abbandonata anche da lui in quel momento. Era lì ma non per lei. Poi cosa voleva dire? L’aveva seguita? Se ne sarebbe accorta! Albedo non passa inosservata.

“Sennar aveva ragione… sei come tutti gli altri” disse Nihal senza voltarsi ma a voce abbastanza alta da farsi sentire da lui. Samael non si fermò.

“Detto da te è alquanto ridicolo” quella risposta fu come una lama nella schiena. Strinse i pugni ai fianchi e tornò verso la tenda di Ido per finire di preparare le sue cose poi dirigersi alle stalle per finire di sellare i cavalli per il viaggio.


La marcia all’avamposto fu breve, ma per Nihal e Samael quei due giorni furono dannatamente lunghi. Ido credeva alle parole della sua allieva, ma era chiaro che tra lei e il figlio del Generale Supremo ci fosse un legame speciale e che qualcosa si fosse rotto. Samael la ignorava. Si comportava come se non esistesse e Nihal di conseguenza era più irascibile del solito. Le poche volte in cui lui le rivolse la parola per necessità Nihal o eseguiva senza rispondere oppure facendolo malamente. Nihal cavalcava fianco a fianco a Ido e Samael seguiva i due dietro in silenzio. Lo gnomo si aspettava che il ragazzo prima o poi esplodesse, lo aveva visto un paio di volte comandare e non era uno che si faceva troppi problemi a disobbedire ai superiori per fare di testa sua. Quello che li seguiva sembrava essere il guscio di un uomo. La promessa di cui parlava era certo c’entrasse con Nihal, ma ci doveva essere dell’altro. La tensione era papabile tanto da poter essere tagliata con un coltello. Tuttavia se da un lato vedeva un ragazzo che sembrava sprofondare nell’ombra di sé stesso, dall’altro c’era una ragazza per cui, benché fingesse non fosse così, il legame con quel giovane era forse una delle cose più importanti al mondo e quella rottura e mancanza di comunicazione la stavano facendo impazzire. Si era accorto che le rispostacce di Nihal non erano solo dettate dalla rabbia, ma quando lei gli parlava perché Ido le diceva di farlo, la mezzelfo era sempre pungente nelle sue parole verso di lui. Cercava di stuzzicarlo per avere una reazione di qualche tipo, ma ottenne solo che quelle parole caddero a terra nel nulla, rimbalzando addosso al ragazzo. Se in poco tempo Ido aveva capito qualcosa di Nihal era che prima o poi sarebbe stata lei ad esplodere infatti la seconda notte in cui si accamparono fu così.

Samael aveva montato il primo turno di guardia. Nihal avrebbe montato l’ultimo e Ido il secondo, così da non incrociarsi al cambio. Era stato Samael a suggerire i turni, ma stavolta Ido decise che avrebbe fatto lui l’ultimo e Nihal il secondo. Quei due si dovevano parlare e anche al più presto. Non aveva alcuna intenzione di lavorare con un’allieva e un attendente che si facevano la guerra. Quello era un modo perfetto per darsi la zappa sui piedi in partenza. Inoltre la situazione palesemente distraeva Nihal che doveva concentrarsi su sé stessa e capire come entrare in contatto con Oarf, il drago a lei affidato. Era ora o mai più. Non aveva tutto il tempo del mondo.
Appena finirono la cena, Nihal andò nella sua tenda per dormire prima del suo turno di guardia. Ido si trattenne un momento osservando il giovane che benché stesse finendo la cena, notò il suo sguardo seguire il movimento di Nihal.

“Lo ammetto, sono sorpreso” disse Ido finendo lo stufato “Ti immaginavo diverso” Samael non rispose ma volse un momento lo sguardo sullo gnomo per fargli capire di essere in ascolto. “Ho sentito molte cose su di te Samael, ed eccetto quelle relative alle tue capacità di comandante, non tessono di certo le tue lodi”

“Ho un carattere difficile. Ne sono consapevole”

“Sicuramente mi aspettavo un carattere più vivace. Nihal non mi sembra la persona che legherebbe con un morto che cammina”

“No, infatti” Silenzio.

“Quindi?”

“Ho perso il mio maestro, fratello e compagno di volo, Ido”

“E’ forse colpa di Nihal? È per questo che vi trattate a pesci in faccia?”

“No. È intelligente ci può arrivare da sola”

“È intelligente, non c’è dubbio, ma non ha la palla di vetro e non sta nella tua testa” il ragazzo non rispose “Lei è una ragazzina, ma tu sei un uomo adulto e un soldato esperto. Dovrete collaborare. Non mi interessa sapere che tipo di rapporto abbiate o cosa sia successo tra di voi, mi interessano i risultati e che non vi facciate ammazzare perché non vi sostenete a vicenda, soprattutto nel tuo caso”

“Di questo non devi preoccuparti”

“Invece mi preoccupo perché tu non le parli. Ti parlo da cavaliere a cavaliere: Nihal deve addestrarsi e deve farlo al meglio. Questa situazione la distrae e la deconcentra. Se tieni a lei trova una soluzione, ragazzo, e fallo subito perché al momento l’ostacolo tra lei e diventare un cavaliere sei tu” detto ciò lo gnomo si alzò e se ne andò in tenda a riposare. Samael diede una pulita veloce alle stoviglie e poi si mise a fare il turno di guardia.
La notte fredda e silenziosa animata solo da qualche animale notturno che si aggirava intorno a loro, divenne un lungo momento di riflessione. Il cavaliere pensava alle parole di Ido, pensava al comportamento di Nihal e al motivo per cui lui si sentisse ferito nel profondo da lei che chiaramente non si era resa conto di cosa avesse fatto, tanto era concentrata su sé stessa. Quel pensiero gli fece ancora più male. Provava a convincersi che adesso per Nihal ci sarebbe stato solo per la promessa fatta a Soana, ma la verità era che per quanto fosse arrabbiato voleva delle risposte. Inoltre la corte marziale aveva deciso di affidarlo a Ido e quindi costringerlo a rimanere con Nihal. Non le voleva parlare, ma allo stesso tempo voleva dirle moltissime cose.

Nihal da dentro la tenda faticava ad addormentarsi. Sonnecchiava, ma poi si svegliava quando i sogni iniziavano a diventare incubi. Andò avanti così per tutto il turno di guardia di Samael finché non arrivò il momento del cambio guardia. Inizialmente provò a perdere tempo per farsi sentire sveglia dentro la tenda affinché lui si allontanasse e lei potesse sostituirlo senza incrociarsi. Tuttavia le vennero alla mente quei pensieri che non faceva altro che provare a scacciare da tutto il giorno. Esigeva delle risposte. Non lo vedeva da quando era morto Fen. Lui l’aveva lasciata a sé stessa quando aveva detto che ci sarebbe sempre stato e poi la trattava con quella freddezza come se la colpa fosse stata la sua! Era stato lui ad averla lasciata da sola. No. Aveva il diritto di sapere. Voleva tagliare i ponti? Va bene. Voleva buttare via quello che avevano? Bene. Ma lei aveva il diritto di sapere perché. Prese la spada e uscì dalla tenda piazzandosi davanti a Samael.

“Buona guardia” disse lui.

“No. Tu adesso ti fermi e mi parli. Mi devi una spiegazione” disse Nihal autoritaria. Non si sarebbe arresa stavolta e non gli avrebbe permesso di andarsene così.

“Io non ti devo proprio niente, tanto meno una spiegazione”

“Invece sì. Non mi merito questo trattamento. Non da te. Io non ho fatto niente!”

“Esatto. Non hai fatto niente” e la guardò per la prima volta fisso negli occhi. Lo sguardo di Nihal si indurì e le sue iridi viola sembravano brillare di una luce d’ira mentre gli occhi vuoti di Samael ripresero vita accesi dal senso di tradimento.

“Avevo bisogno di riflettere e pensare. Tu hai preso Fen e te ne sei andato per conto tuo”

“Pensavo che ormai mi conoscessi. Io sono un uomo di parola. Avrei voluto darmi del tempo, ma io sono un uomo di parola e ho fatto una promessa a Soana anche se all’epoca la stavo mantenendo perché era mio desiderio farlo e non mio dovere” Nihal esitò un momento e poi le sovvennero le parole del ragazzo dette pochi giorni prima: Ho abbandonato il campo, ora ne pago le conseguenze, ma poco importa. La promessa a Soana era più importante.

“Tu mi hai seguita…” disse realizzando “Perché non ti sei fatto vedere?!”

“Fen è morto e tu sei scappata via. Volevi spazio e te l’ho dato, ma io non ti ho mai lasciata sola. Se solo avessi dato cenno di volermi con te mi sarei fatto avanti”

“Mi hai pedinato di nascosto! Come facevo a sapere che fossi lì?”

“Non prendermi in giro, Guerriera, ti ho addestrata meglio di così. Tu sapevi di non essere sola, ti sei accorta della mia presenza. Sei stata tu a non volermi con te e io ho rispettato il tuo volere”

“Comunque non cambia le cose! Tu non ti sei fatto vedere e poi te ne sei andato alla corte marziale!

“Ci sono andato quando tu sei tornata, se non lo avessi fatto sarebbe stato molto peggio”

“Mi devi comunque spiegare perché mi stai trattando così. Vuoi tagliare i ponti? Bene. Fai come vuoi, ma mi devi almeno spiegare per te se il nostro rapporto per te ha mai avuto un valore” Samael la guardò ferito.

“Se il nostro rapporto non avesse un valore non mi sentirei così”

“Così come? Dannazione Samael! Parlami!”

“Male. Ecco come. Sei sparita per un mese e non eri lontana dalla sede della corte marziale. So che sapevi tutto, questi processi oltre ad essere pubblici vengono sempre annunciati dai banditori in particolare all’interno di campi militari” Nihal lì rimase in silenzio. Era lei ora a stare male.

“Ti ho dato tutto lo spazio che volevi, forse sbagliando questo lo ammetto. Ma quando tu avevi bisogno di qualcuno io per te ci sono sempre stato… ma quando ho avuto io bisogno di qualcuno, tu dov’eri? Fen non era solo il mio maestro. Fen era il mio compagno di volo, era mio fratello e l’ho visto morire perché io non sono stato in grado di proteggerlo. L’ultima cosa che gli ho detto è stato praticamente mandarlo al diavolo durante un litigio” Man mano che Samael parlò la vergogna crebbe in Nihal, pian piano capendo il vero motivo della rabbia di Samael e lentamente rendendosi conto di quanto si sentisse colpevole per la morte di Fen.

“Dovevamo essere una squadra, no? Non mi è stato nemmeno concesso di piangerlo che sono stato sbattuto in cella per essere processato, per un intero mese. Hai almeno provato a farmi visita?” quella domanda sembrava più una supplica. Nihal vide la speranza nei suoi occhi: la speranza di sentirsi dire di sì.

“Non mi avrebbero mai dato il permesso” disse guardando via.

“Non è questo che ti ho chiesto” Nihal abbassò la testa.

“No…” Sentì il respiro di Samael farsi più forte. Quella risposta lo aveva ferito ancora di più e Nihal lo sapeva.

“…appunto… Mi sono fidato di te. Mi sono aperto come non avevo mai fatto con nessuno. Non avevo bisogno solo di qualcuno con cui parlare, avevo bisogno di te, Nihal… e tu non c’eri” A quel punto la maschera di Samael era caduta e Nihal lesse nei suoi occhi il dolore che provava e quello che aveva causato lei con la sua assenza. Erano lucidi, ma di nuovo, lui si trattenne e senza aggiungere altro se ne andò in tenda.

Solo al cambio della guardia le lacrime silenziose di Nihal si erano asciugate.
 

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Capitolo 10
*** Ponti ***


“Combatti senza corazza?”

“Preferisco così”

“Fa come credi… E tu, ragazzo? Anche tu fai lo strano con l’armatura?”

“Io la indosso”

“Almeno uno di voi ha un po’ di sale in zucca” Ido volse gli occhi verso Albedo.

“E la sella?”

“Mi dà fastidio e dà fastidio ad Albedo”

“Mi rimangio quello che ho detto…” e lo gnomo si diresse verso Vesa “Nihal, conosci il piano e sai cosa devi fare. Samael, lo stesso vale per te. Fammi vedere cosa sai fare” Samael annuì e lui e Nihal presero posizione per iniziare l’attacco. Non si rivolsero la parola, né si guardarono. Ido sospirò era una ricetta per il disastro. Li aveva sentiti la notte prima. Era difficile non farlo. Sperava che quella conversazione li smuovesse un minimo e invece sembravano più distanti che mai. Nihal però non riuscì a non guardare Albedo. Quel drago era stupendo e le suscitava molta curiosità. La sua pelle ricoperta da quelle scaglie nate per essere verdi ma che il fato aveva deciso dovessero essere candide, aveva due cicatrici: una sull’ala e una sul muso vicino a quello che si può definire il ‘labbro’ del drago. Corrispondeva esattamente ad una piccola scaglia di drago, quella che portava al collo Samael. Non l’aveva mai vista con la sella, era libera come il suo cavaliere. Non pensava che potessero esistere i draghi albini eppure eccola lì. In più Samael cavalcava un drago femmina, cosa che non faceva nessuno. Si diceva che le femmine di drago fossero troppo imprevedibili per essere delle cavalcature affidabili. Eppure era lì ed era il drago di Samael. Il figlio del Generale Supremo che sceglie come compagno un drago destinato ad essere un reietto. Non doveva aver fatto piacere a Raven la cosa. Samael le aveva promesso che le avrebbe fatte conoscere, ma quel momento non è mai arrivato, si era rovinato tutto prima che potesse succedere.

Ido e Samael presero il volo. Il maestro osservando la situazione dall’alto e l’attendente seguendo gli ordini e volando più avanti aprendo la marcia. Nihal li seguiva dal basso marciando con gli altri soldati silenziosa come un gatto. Quando Samael ordinò ad Albedo di aprire la strada con la prima fiammata seguiti da Ido che guidava le truppe con fermezza, Nihal partì alla carica come una furia. Scatenò tutta la sua rabbia, il suo dolore, la sua voglia di vendicarsi in quella battaglia, uccidendo nemici e compiendo una strage quasi completamente da sola. Se a terra Nihal si distingueva tra i soldati per la foga e l’abilità, in cielo, dopo quella fiammata Samael si limitava a volteggiare. Albedo era irrequieta. Il drago fremeva per buttarsi nella mischia e volare come aveva sempre fatto. Fin da cucciola volava in quel modo per mostrarsi alla pari dei suoi simili e aveva trovato un sostegno in quel giovane che si era preso cura di lei quando altri l’avrebbero lasciata al suo destino. Ogni qual volta che Albedo sembrava volersi lanciare in una qualche evoluzione aerea, Samael stringeva le gambe tirandole la testa verso di sé per intimarle di fermarsi.
Il ragazzo non lasciava Nihal un momento, ma Albedo lo sentiva, sentiva paura. Non aveva mai sentito quell’odore provenire dal suo cavaliere.

“SAMAEL! CHE DIAMINE FAI?! CARICA IL FIANCO SINISTRO! FORZA!” gli ordinò Ido. Il ragazzo non diede cenno di reazione.

“SAMAEL! VIRA E BRUCIA IL FIANCO DELLA CAVALLERIA!”

No… è una curva troppo rischiosa e lascerei Ido scoperto… catapulte…

“SAMAEL DANNAZIONE! MUOVITI!”

No…se ci sono catapulte… sanno come volo, perché non mi attaccano? Poi il ragazzo posò nuovamente lo sguardo tra i soldati e la marea nera e vide Nihal. Era sola in mezzo ai fammin e combatteva come una furia, perfettamente in traiettoria della cavalleria del Tiranno in avvicinamento. Samael smise di pensare. Sarebbe stata travolta o sopraffata per il numero di nemici. Doveva agire.

“Andiamo Albedo!” strinse le gambe e si abbassò. Il drago emise un ruggito e aumentò la velocità del volo. Non aspettava altro. Nihal si vide Albedo planare sopra la testa a pochi metri, tanto che se non si fosse abbassata si sarebbe schiantata a terra per lo spostamento d'aria come i fammin intorno a lei. Il drago riprese quota virando quasi perpendicolarmente per poi sputare delle lingue di fuoco che seminarono panico e distruzione tra le truppe fammin. La cavalleria venne lambita dalle fiamme sparpagliandosi e perdendo la sua carica, chi in fuga e chi arso vivo. Ido aveva lasciato andare Vesa a disseminare distruzione da solo e aveva raggiunto le truppe combattendo a terra. Samael invece rimase in aria volteggiando con Albedo sopra la testa di Nihal. La ragazza alzò lo sguardo e vide il giovane governare il drago con maestria, ma per poi atterrare nelle sue vicinanze. Samael scese da Albedo a seguito di una fiammata e il drago. Un fammin ebbe la malsana idea di attaccarlo alle spalle, ma Samael si girò e fece volare la testa dell’essere a diversi metri, estraendo la spada. Prese lo scudo dalla schiena e iniziò ad aprirsi la strada intorno a Nihal, dandole supporto, dimezzando lentamente i nemici che la incalzavano e aprendole grazie ad Albedo delle vie di fuga se fossero diventati troppi. Non ci misero troppo a finire schiena a schiena. Si mossero in maniera coordinata, uccidendo nemici uno dopo l’altro. Vedere Samael combattere era strano, la spada sembrava poco funzionale con lo scudo, eppur lui la muoveva senza problemi, leggiadra e resistente, sembrava tagliare l’aria prima dei nemici. Nihal poi percepì qualcosa dalla lama. Magia. Ne era certa, ma non si soffermò molto tanto era concentrata sullo scontro. Quando la zona intorno a Nihal fu abbastanza ripulita, Albedo planò su di loro e Samael, coordinatissimo con il drago, le saltò su una zampa tornando in aria.

La battaglia fu vinta molto facilmente. Nonostante la marea nera fosse decisamente più numerosa delle truppe, l’assedio venne sventato. Non si aspettavano due draghi. Albedo e Vesa furono la carta vincente. Una vittoria facile: poche perdite, molti prigionieri. Ido tuttavia era furioso. Quando Samael atterrò nuovamente non molto distante da Nihal, lo gnomo gli andò sotto prendendolo di petto.

“Tu spilungone! Che diamine ti sei messo in testa?! Dovevi volare e sei stato a fluttuare come se fossi in passeggiata! Hai lasciato tutto il fianco scoperto! E tu saresti un Cavaliere esperto?!” tuonò lo gnomo.

“Signore, stavo dando supporto-”

“-A una persona! Non stavi dando supporto alle truppe anche quando avresti potuto! Cavaliere ribelle dei miei stivali! Sei un gattino spaventato che si veste da leone! Non pensare che non sa andato a chiedere informazioni o che le storie su di te non girino ragazzo! E’ pericoloso perché spericolato! Si muove in maniera imprevedibile! Vola come fosse lui il drago! Cialtronerie! Direi che sei pericoloso perché non voli, sei prevedibile, sei troppo cauto e non ti occupi dei tuoi compagni! Forse dovrei pensare che sei diventato Capitano solo per le letterine di papà?”

“Adesso basta, Ido!” sbottò Nihal “Samael è un ottimo cavaliere! Non ha bisogno di Raven per-”

“-Con te faccio i conti dopo, signorinella! Non pensare che non abbia qualcosa da dire anche a te”

“Ha ragione” disse Samael con la voce nuovamente piatta. Ido e Nihal si voltarono nuovamente verso di lui “Non ho eseguito gli ordini. Non ero in una posizione favorevole”

“Non eri in una- Dei Santissimi, ragazzo! Avevi campo aperto! Non mi prendere in giro!”

“Eccolo è lui!” sentirono una voce emergere tra la folla di soldati che si era andata a formare. Era uno dei luogotenenti del plotone di supporto. Marciava verso Samael, furibondo. Non aveva nemmeno guardato Ido. Nonostante la differenza di statura andò sotto a Samael spintonandolo. Il ragazzo oppose solo resistenza ma non reagì. Fece solo un cenno ad Albedo di stare ferma, poiché il drago già aveva iniziato a ringhiare.

“Tu dovevi darci supporto, dannazione! Dove cazzo eri, bastardo?!”

“Tenente, rimani al tuo posto!” Ido provò ad intervenire, ma la sua statura gnomica stavolta era un impedimento.

“Dovevi farci un muro di fiamme per supportarci! Per quale cazzo di motivo non hai ordinato al tuo drago di fare fuoco, eh?”

“Non ero in una posizione favorevole” l’uomo lo spintonò di nuovo.

“Posizione favorevole un cazzo! Avevi campo aperto!”

“Ehi! Falla finita! Ido è al comando, non sta a te cazziarlo!” Nihal provò a mettersi in mezzo, ma l’uomo la spinse via verso Ido.

“TU STANNE FUORI, RAGAZZINA!” Samael si frappose tra l’uomo e Nihal.

“Non ti azzardare a toccarla o a rivolgerti a lei così. Chiaro?”

“Uomini! Basta così!” I due ignorarono lo gnomo.

“Samael, smettila! Non ne vale la pena” Nihal provò a farlo ragionare, ma vide negli occhi di Samael quella stessa rabbia che aveva visto nel suo stanzino quando era stata aggredita. Non sarebbe finita bene. Il tenente gli diede un’altra spinta, sentendosi spalleggiato da alcuni degli uomini.

“Forza parla! Per quale cazzo di motivo non hai ordinato al tuo drago di fare fuoco?! Per colpa tua ho perso cinque uomini! Perché non hai dato l’ordine, eh?! Sei un vigliacco! Dovevano congedarti con disonore quando hai ucciso il Cavaliere Fen! Raccomandato del cazzo!” Nihal stava per sguainare la spada e attaccarlo ma, si paralizzò dalla luce negli occhi di Samael che scattò e in un attimo prese il tenente per la collottola, sollevandolo con tutta l’armatura alla propria altezza.

“Ordinerò ad Albedo di fare fuoco quando io lo riterrò il momento e io sarò pronto! Chiaro?!” gli ringhiò con un tono talmente basso e gelido che perfino Ido sentì i pelucchi dietro al collo alzarsi con un brivido.

“Però per dare manforte alla tua sgualdrinella con le orecchie a punta eri pronto, vero?” In un attimo l’uomo rovesciò indietro la testa con un fiotto di sangue dal naso e un secondo dopo una mano di Samael gli stringeva la gola, mentre la schiena dell’uomo era inarcata pericolosamente sulla sua gamba e un braccio era bloccato in quello di Samael in una leva. Se avesse deciso di gravargli sul collo gli avrebbe rotto la schiena.

“Tu non hai idea con chi hai a che fare…” Fu poi Samael ad indietreggiare con un fiotto di sangue dal labbro. Ido lo aveva colpito con la spada, usando tutto il fodero. Samael lasciò l’uomo arretrando e Nihal si mise in mezzo.

“ADESSO BASTA! Sono io il comandante di questo plotone! E non tollererò questi comportamenti infantili e pericolosi tra i miei uomini” tuonò lo gnomo “Tenente, rimanete al vostro posto. Quegli uomini sono caduti come guerrieri coraggiosi. L’orda, benché in ritardo è stata dimezzata. Non addossate ai vostri compagni colpe che non hanno e soprattutto se c’è da cazziare qualcuno quello è compito mio e basta. Chiaro?” L’uomo tossì, tenendosi il naso.

“Sì, Cavaliere” e poi guardò Samael “Ma lui non è un mio compagno” e tornò verso i commilitoni. Samael non rispose. Sembrava che quella botta sul volto lo avesse risvegliato. Ido si rivolse nuovamente verso di lui.

“Che ti ha preso, Samael? Sei impazzito?!” sentì Nihal sibilargli arrabbiata. Lui non le rispose.

“Nihal, portalo in tenda. Finiremo di parlare lì. Uomini si torna al campo!” disse Ido. Fu allora che vennero fermati da quello che sembrava essere il capo del villaggio e altri cittadini che avevano sostenuto l’assedio. Non dovettero tornare al campo. I soldati furono invitati all’interno della città a festeggiare la vittoria e accolti come degli eroi. Ido accettò l’invito e lui, Nihal e Samael alloggiarono da un mercante che gli offrì ospitalità. Quella sera ci fu baldoria in piazza, con danze e un banchetto improvvisato, con i pochi viveri disponibili, dalle donne battagliere del luogo, che avevano infuso nel cibo tutta la loro riconoscenza per quei soldati.
Nihal non partecipò all’euforia. Tutto quello che voleva era combattere ancora, uccidere altri nemici. Anche nel bel mezzo della festa non riusciva a pensare ad altro. Ripensò alla battaglia e ripensò a Samael. In particolare a quella rissa che la spada infoderata di Ido aveva sventato e di come il suo ex maestro non fosse più lo stesso dalla morte di Fen. Li aveva visti volare insieme e la strigliata di Ido, per quanto furiosa, non aveva sbagliato un punto. Samael era diventato pericoloso, ma stavolta per gli altri oltre che per sé stesso. Eppure per lei c’era. Si era lanciato in suo supporto ed era rimasto finché Nihal non fosse stata di nuovo in grado di gestire lo scontro da sola. Poi pensò alla discussione tra lui e Ido che aveva sentito uscendo dalla stanza.
 

 
“Io spero vivamente che tu capisca la posizione in cui ti trovi” aveva esordito lo gnomo “Beh? Che succede? Adesso non rispondi più?” Nihal non riuscì a sentire la risposta.
“Samael, forse non ti è chiara la situazione. O inizi a comportarti come un cavaliere oppure io ti faccio congedare con disonore. È questo quello che vuoi?!” anche lì non riuscì a sentire la risposta.
“Non mi importa Samael! Tu non ti sei comportato da cavaliere, ma da bambinetto spaventato! Dimmi un po’, per cosa combatti?! E non provare a sparami palle” Sentì borbottare di risposta.
“Bene. E poi dopo? Nihal non avrà bisogno di te per sempre e adesso con te in questo stato non ha bisogno affatto! Sai cosa ho visto in questi giorni? Due barili d’olio con una fiaccola molto vicina pronta a farli esplodere cosa che prima o poi succederà con questo atteggiamento!” ci fu un momento di silenzio. Da lì Ido aveva abbassato la voce “Eppure… avuto bisogno… da parte il risentimento… a vicenda. Questo voglio vedere… se non… Fen”
 


Non aveva più sentito nulla se non la porta aprirsi poco dopo e i passi di Ido allontanarsi. Il suo treno di pensieri venne interrotta dalla mano di un ragazzo, uno scudiero piuttosto giovane, che le offrì di ballare con lui. Arrossì. Non aveva mai ballato prima. Era a prima volta in cui qualcuno… no, non era la prima volta in cui qualcuno la trattava da donna. Già qualcuno le aveva dato delle attenzioni trattandola da donna. Già una persona si era relazionata con lei prima con la donna che era e poi con il guerriero che stava diventando. Quella persona si trovava dall’altro lato della piazza e più di una volta Nihal aveva evitato il suo sguardo e più di una volta lo vide circondato da delle ragazze che tentavano di tirarlo nelle danze, ma aveva sempre rifiutato. I suoi occhi tornavano sempre verso di lei e viceversa, entrambi assorti nei loro pensieri e solitudine.

Guardò la mano del giovane che le sorrideva incoraggiante.

Declinò l’invito del ragazzo e rimase assorta nei suoi pensieri, ogni tanto guardando verso l’ombra di quello che era Samael. Sembrava benché la sua figura imponente e vestita con abiti a modo loro eleganti, con una bella camicia bianca portata, come suo solito, con le maniche arrotolate fino al gomito, una fusciacca nera di raso in vita dello stesso colore dei pantaloni sistemati ordinatamente negli stivali di cuoio neri, gli mantenessero quell’aria austera e fascino da cavaliere; i capelli arruffati, la barba incolta e il viso stanco, lo facevano sembrare più un prigioniero di guerra che un eroe. I suoi occhi erano vuoti e pensierosi. Era seduto talmente immobile che se non fosse stato per il movimento meccanico del sorseggiare dal suo boccale una volta ogni tanto, lo si poteva scambiare per una statua. Si muovevano solo i suoi occhi che taglienti si volgevano verso Nihal, che a sua volta rivolse lo sguardo altrove. Quando lo posò nuovamente su di lui, Samael non era più seduto al tavolo, ma era in mezzo alla piazza a danzare con le ragazze del villaggio. Nihal non poté fare a meno che sentire un moto di fastidio a quella improvvisa allegria, ma tentò di scacciarlo. Se era il suo modo di non pensare e sentirsi meglio lei non era nessuno per sindacare. Sentì la mano di Ido posarsi sulla sua spalla e bisbigliare all’orecchio di doverle parlare.
Andarono sotto un porticato dove Nihal per la prima volta assaggiò la birra, bevanda preferita dagli gnomi. Ido naturalmente aveva notato la sua mancanza di voglia di partecipare alle festività e le fece prontamente notare di non essere la sola.

“Mi sembra che lui si stia divertendo…” rispose Nihal.

“Davvero? Guardalo bene. Ti sembra allegro?” disse lo gnomo. Nihal lo guardò meglio e sentì un vuoto. No. Non era allegro. C’era ma non c’era. Cercava di allontanarsi, ma ogni volta che incrociava lo sguardo di Ido, lo abbassava e riprendeva le danze.

“Lo hai obbligato tu?” chiese Nihal.

“Sì. Sono sicuro che sia diventato capitano per propri meriti. Quando ti è venuto in supporto ha fatto una manovra molto complicata. Un cavaliere alle prime armi una virata del genere non la fa, tantomeno senza sella. Voi due siete molto più simili di quanto pensi. Dimmi un po’, cos’è che vi lega?”

“È stato il mio maestro”

“Non prendermi in giro. Se è stato solo il tuo maestro non staresti così e non ti saresti lanciata  per fermarlo dall’iniziare una rissa oggi” Nihal sospirò.

“E’… Era… non lo so… so solo che fino ad un mese fa volevo renderlo orgoglioso nel diventare cavaliere… e mi piaceva passare il tempo con lui… all’Accademia non stavo bene. Samael non mi ha mai fatta sentire sola, al contrario… mi ha allenata come fai tu, ma quando eravamo soli non mi ha mai fatto mancare niente di quello di cui avevo bisogno”

“Hm… quindi perché ce l’hai con lui?” Nihal abbassò lo sguardo

“Io non ce l’ho più con lui… è lui che è arrabbiato con me”

“Perché?” sorseggiò la birra mentre Nihal guardò nel suo boccale.

“Perché quando aveva bisogno lui di me io non c’ero…”

“Eppure non ha esitato a venirti in supporto e ad inalberarsi ai toni del Tenente prima… e nemmeno tu hai esitato ad aiutarlo” sorseggiò la birra “A proposito di prima. Ti ho guardata con attenzione mentre combattevi, o meglio vi ho guardato entrambi” Nihal non riuscì a trattenere un sorriso e si preparò a ricevere lodi sperticate.

“Se non mentre combattevate insieme, non mi siete piaciuti. Tu non mi sei piaciuta, Nihal” Il sorriso le morì sulle labbra.

“Ho sbagliato qualcosa?”

“No. È il tuo modo di comportarti in battaglia che è sbagliato tanto quanto quello di Samael”

“Non capisco…”

“Lui è un cucciolotto spaventato. Non vola e diventa un intralcio, non guarda gli altri, pensa troppo e poi esplode in scatti d’ira se qualcuno osa sfiorare te. Tu invece ti butti nella mischia senza guardare in faccia a nessuno con l’unico pensiero di distruggere tutto quello che ti si para sul tuo cammino, che guarda un po’ è esattamente come si comporta Samael quando combatte con te. Per un qualunque fante può essere efficacie, ma un cavaliere non combatte così”

Nihal aveva provato a controbattere, ma Ido le smontava ogni obiezione punto per punto. Lei si lasciava trascinare in battaglia, aveva una sete di sangue inestinguibile. Combatteva riversando nello scontro tutto il suo odio e lo stesso faceva il ragazzo a lui affidato. Sembravano due animali in gabbia che tentavano di liberarsi, battendosi come se sul campo ci fossero solo loro due. Ido lo sapeva bene e non esitò a dirglielo: in guerra non è così. Nihal doveva imparare a guardarsi intorno perché un domani avrebbe guidato delle truppe.

“Infine Nihal, combattere è una necessità, non un piacere”

“A me piace combattere, che c’è di male?” sbottò la ragazza.

“A me piace combattere e ho scelto questa strada di mia volontà. A te piace uccidere. È diverso. Ascoltami bene: come in queste truppe non c’è posto per chi non riesce a sopportare una perdita o perché non ha altro da fare, non c’è posto nemmeno per chi è assetato di sangue. Se credi di scendere in campo per dare sfogo all’odio, puoi scordarti di combattere ancora. Chiaro?” Nihal sentì il sangue salirle al volto.

“I fammin hanno ucciso mio padre, la mia gente e Fen. Come faccio a non odiarli?”

“Quell’ultimo pezzo dillo al tuo amichetto che sembra non volerselo ficcare in quella zucca dura” disse fumando tranquillo e senza scomporsi, mentre Nihal sembrò abbassare momentaneamente la guardia, volgendo lo sguardo su Samael che danzava svogliato, trainato dalla massa, accennando solo a sorrisi di cortesia.

“Il Tiranno ha ucciso mio padre, mi ha tolto un fratello e ha schiavizzato la mia gente. Tutti qui hanno storie simili alla nostra e a volte non serve nemmeno quello a quanto pare, basta essere costretti a fare quello che non si vuole tanto da far perdere un senso alla nostra vita, ma tutti cerchiamo di sforzarci a tenere a mente perché combattiamo. Tu perché combatti?” chiese Ido, fissandola con un’intensità che Nihal fu costretta ad abbassare lo sguardo.

“Se non lo sai è ora che ti interroghi se sia il caso di continuare a fare il guerriero”

“Io ho sempre voluto…”

“Basta. Ora vieni a ballare”

“Non so ballare…”

“E’ un ordine”

Senza nemmeno accorgersene, Nihal si ritrovò lanciata in mezzo alla piazza, trascinata dal ritmo. Cosa c’era d sbagliato nell’odiare il Tiranno? Non era forse l’odio che le dava la forza di combattere? Non era giusto odiare i fammin e vivere per sterminarli? Che cosa non andava in quella logica?
Il suo corpo continuava a ballare ma la sua mente era altrove. Danzava e danzava da sola o con un partner a cui dava il cambio. Quante volte aveva sognato di danzare con Fen! Di volteggiare tra le sue braccia con un abito lungo in una sala scintillante di luci. Fantasie. Una scena che non poteva più essere nemmeno più nei suoi sogni. Non importava che fosse uomo o donna, era solo un’arma. Eppure c’era una sola persona con cui nonostante tutto riusciva a sentirsi donna e guerriero: Samael. L’unica persona che l’aveva sempre trattata come entrambe le cose. L’unico che da principio aveva creduto in lei. Lo vide tra la folla. Danzava in modo quasi meccanico e lo sguardo perso finché non sentì gli occhi di Nihal su di sé e le loro iridi si incrociarono.  

Ido aveva detto molte cose che l’avevano colpita, ma quando il suo sguardo si posò su Samael, così vicino e allo stesso tempo così lontano, legati solo dai loro sguardi incrociati, le sovvennero alcune parole dello gnomo su di lui. Seguirono quelle che gli aveva detto il ragazzo la sera prima e pensò a come lo aveva visto poca fa. Non lo aveva riconosciuto più in quella battaglia e tantomeno nella rissa che stava per scoppiare. Però non aveva dimenticato quello che aveva detto il tenente e di quanto quelle parole per Samael fossero state una lancia in quel cuore squarciato che il giovane, da più tempo di lei, stava cercando di ricucire. Non era l’ultimo della sua gente, il suo popolo non era schiavo del Tiranno, non aveva perso la famiglia per colpa sua, ma il suo stesso padre gli aveva strappato una persona che lo rendeva felice per perseguire una strada che non era la sua. Non aveva avuto modo di piangere l’uomo che lo aveva addestrato, che per lui era diventato suo fratello maggiore e il suo compagno di volo, per proteggere lei e poi per affrontare la corte marziale. Samael si sentiva in colpa per la morte di Fen.
Li aveva visti in volo: Fen faceva i danni massivi e lui faceva da diversivo per proteggerlo. Era stato un mese chiuso in una cella e lei cosa aveva fatto? Niente. Non gli aveva fatto visita, non aveva mandato gufi. Lui le aveva insegnato quando nessun altro voleva, era tornato in un luogo che odiava per lei, le era stato vicino quando si sentiva cadere a terra in pezzi, aiutandola a raccoglierli e rialzarsi, l’aveva protetta durante il pestaggio, si era preso cura di lei, si era aperto a lei, le era stato vicino quando non era più riuscita a trattenersi e aveva pianto suo padre. E lei? Lo aveva abbandonato eppure in battaglia non aveva esitato a venirle a supporto o a difenderla quando il tenente le aveva mancato di rispetto. Si era comportata da stupida. Era talmente concentrata su sé stessa che aveva dimenticato le basi dell’essere una squadra: sostenersi e affrontare i problemi insieme. In quel momento Nihal capì appieno le parole di Ido su di lui: non aveva un obiettivo. Combatteva a vuoto e si aggrappava a qualunque cosa potesse dare un senso alla sua vita. Prima si ribellava al padre, poi aveva trovato lei e quando gli aveva voltato le spalle, si era attaccato alla promessa a Soana. Tuttavia con Nihal c’era qualcosa di diverso. Lei non era un obiettivo per dare un senso. Lo sentiva quando erano insieme. Avevano piacere di stare insieme. Anche se imbarazzante era stato bello svegliarsi insieme dopo quel momento di connessione che c’era stato. Samael l’aveva sostenuta finora, adesso toccava a lei. Non poteva permettere che lui si smarrisse nel suo dolore, doveva aiutarlo a rialzarsi.

Nihal continuò a danzare finché non gli fu davanti. La sua determinazione sembrò svanire quando furono vicini, uno davanti all’altra, ma quando Nihal alzò lo sguardo e i suoi occhi incontrarono quelli di Samael vide la maschera che nascondeva le sue vere emozioni. I suoi occhi azzurri liquidi erano spenti. Non erano i suoi occhi. Non erano gli occhi di quel ragazzo che non perdeva occasione per stuzzicarla. Non erano gli occhi accoglienti e dolci di quel ragazzo che l’accettava così com’era e la faceva sentire amata.
Le bastò guardare quegli occhi per riprendere coraggio e prendergli le mani per tirarlo nelle danze. Samael la seguì inizialmente, studiandola, poi la fece volteggiare a sé segnale che avrebbe preso lui il controllo e guidato le danze. Non dissero una parola, danzarono, danzarono e danzarono. I loro corpi si muovevano a ritmo di quella musica festosa e allegra, mentre loro si guardavano studiandosi. Solo quando Nihal gli fece un sorriso Samael sembrò abbassare la guardia. Ballarono insieme tutta la sera, smettendo di pensare, tenendosi le mani e lasciando che la musica facesse il resto per loro. Con l’ultima danza a tarda notte, Samael fece volteggiare Nihal per poi terminare il ballo con un casquè. Rimasero fermi immobili per qualche secondo mentre la folla intorno a loro esplose in un applauso di festa. Avevano il fiatone per il ballo, Nihal si rese conto di quanto il so viso fosse vicino a quello di Samael. Lui li rimise in piedi e Nihal nel farlo lo strinse a sé in un abbraccio che venne lentamente ricambiato. Era bello quel calore. In quell’abbraccio Samael sentì Nihal vicina. Sentì il loro legame incrinato brillare di una luce di speranza. Accoccolò la testa a quella della ragazza che d’istinto girò il volto per posargli un bacio sulla guancia, accarezzandogli i capelli. Rimasero stretti in quell’abbraccio per un minuto abbondante, poi si lasciarono e senza dire una parola, Nihal lo prese per mano e lo portò alla casa del mercante che li ospitava, dove incontrarono Ido. Lo gnomo puntò immediatamente le loro mani intrecciate, ma non disse nulla. Li aveva visti danzare ed era contento che Nihal avesse fatto il primo passo verso di lui per risanare quello che si era spezzato.

“Non è stata una bella serata?” disse Ido congedandosi davanti alla porta della sua stanza “Non avete sentito come è bello divertirsi? Apprezzate la vita ragazzi, e allora capirete perché combattete”

Nihal si coricò più confusa che mai, ma non lo fece da sola. Il loro ospite aveva dato a Ido una stanza in quanto anziano, a Nihal un’altra in quando giovane fanciulla e a Samael il divano, unico altro posto in cui poterlo far accomodare. Davanti alla porta della stanza Samael stava per lasciarle la mano, ma Nihal la strinse aprendo la porta della sua stanza.

“Il nostro ospite è molto gentile, ma quel divano è troppo piccolo per te” disse la ragazza guardandolo. Era una scusa, lo sapevano entrambi. Per quanto fosse vero e sensato, era una scusa per invitarlo a dormire con lei senza mettersi in imbarazzo.

“Non mi devi ospitare per forza…”

“Lo so. Ma voglio. E poi abbiamo già dormito insieme, non è un problema” Samael incontrò le sue iridi viola e non vedendo traccia di disagio in esse sembrò tranquillizzarsi.

“Vado a cambiarmi e arrivo”

Nihal si era appena cambiata quando Samael arrivò nella stanza con la coperta e il cuscino prestatogli per la notte e indossando la stessa camicia e un pantalone più morbido. Il ragazzo entrò e chiuse la porta, posando coperta e cucino momentaneamente a terra. Si portò le mani ai lembi della camicia, poi guardò verso Nihal.

“Io dormo senza camicia. Ti dà fastidio?” Se non fossero stati in quei rapporti, Nihal gli avrebbe subito fatto una battuta, ma si limitò a scuotere la testa.

“No, tranquillo, fai pure” disse sistemando il letto prima di alzare le coperte con l’intento di mettersi sotto. Tuttavia non poté fare a meno che volgere lo sguardo verso Samael che si tolse la camicia rivelando il fisico sottostante. Nihal si ritrovò a fissarlo per qualche secondo abbondante. Dire che avesse un fisico statuario era sottovalutare. Samael aveva un fisico atletico e forte come aveva immaginato, spalle larghe e fianco stretto, con una muscolatura così definita da poter vedere e riconoscere ogni singolo muscolo del suo corpo. Sembrava letteralmente una statua. Aveva qualche cicatrice qui e lì, ma una in particolare colse la sua attenzione, quella sulla spalla che doveva essere la cicatrice che si era fatto ferendosi quando conobbe il suo primo amore, ma su di essa sembrava essercene un’altra sopra di cui non riusciva a capire l’origine. Sembrava una cicatrice dovuta ad una lama ma non ne era sicura. La ragazza scosse la testa nel vederlo sistemare un giaciglio a terra. Stava per fermarlo quando Samael mise la camicia da un lato e le diede le spalle per sistemarsi il giaciglio. Sentì alle sue spalle Nihal sussultare. Sulla schiena del ragazzo c’erano due grosse cicatrici a mezze lune, una per spalla. Sembrava che qualcuno gli avesse strappato via la carne dalla schiena o che qualcosa gliel’avesse squarciata.

“Samael” lui si voltò “Cosa… cosa ti è successo?” chiese la mezzelfo avvicinandosi indicandogli la schiena.

“Ah, quelle… possiamo dire che sia colpa di mio padre” rispose lui

“Tuo padre te lo ha fatto?!” sgranò gli occhi. Fino a che punto si sarebbe spinto Raven per sottometterlo? Era davvero arrivato a torturare il suo stesso figlio?

“In un certo senso sì. Lui mi ha tagliato le ali, ho solo concretizzato la cosa”

“Aspetta, in che senso?” lui non sembrò nemmeno sentire la domanda.

“Cioè- non io, Albedo l’ha fatto, gliel’ho detto io. Soana mi ha solo rattoppato” gli scappò una mezza risata “Quel giorno penso mi abbia odiato. Credo di averle rovinato uno dei suoi abiti preferiti” Nihal non stava ridendo.

“No, Samael sono seria” disse posandogli una mano delicata sul braccio per farlo voltare e toccargli la cicatrice sulla schiena “Che cosa-” sobbalzò quando Samael si voltò di scatto prendendole il polso. I loro occhi si incontrarono. Quelli di Nihal attenti e quelli di Samael più addolorati che mai. Le teneva il polso con forza, ma senza farle male. Nihal era rimasta ferma per studiarlo, ma non si era messa sulla difensiva. Non aveva paura di lui, soprattutto non quando la guardava così.

“Non farlo… ti prego” la sua voce non era mai stata più fragile, lo sguardo supplicante.

“Cosa avevi sulla schiena?” chiese in qualche modo decisa.

“Non stasera…” la sua voce si era fatta ancora più vulnerabile e lì Nihal si accorse di quanto il filo del loro rapporto su cui camminava si fosse fatto sottile. Samael era in pezzi e lei doveva aiutarlo a raccoglierli, glielo doveva, ma doveva farlo rispettando i suoi paletti. Aveva perso la sua fiducia, doveva dargli il suo tempo, come lui aveva fatto con lei. Sentì il respiro del ragazzo farsi più pesante, quasi come se temesse di averle ancora dato quel dito di fiducia.

“D’accordo” e aprì la mano per fargli intendere che non avrebbe insistito, come se la stesse allontanando da lui. Samael lentamente le lasciò il polso e si voltò per riprendere a sistemare il giaciglio. Nihal però gli prese il cuscino da sotto al naso per posarlo sul letto accanto al suo per poi mettersi sotto le coperte. Samael la guardava in silenzio. La osservò cercando di capirne le intenzioni, aveva ancora il cuore che gli batteva forte da quando gli aveva sfiorato una delle cicatrici. La ragazza non tolse gli occhi da lui e con la mano gli fece cenno di mettersi accanto a lei. Samael esitò un momento, poi si avvicinò e andò a coricarsi con lei. Il letto era piccolo per permettere ad entrambi di avere dello spazio tra loro. Il ragazzo stava per allontanarsi scoraggiato, quando sentì la mano di Nihal prendere la sua. La ragazza non disse nulla, soffiò sulla candela che illuminava la stanza e si voltò su un fianco dandogli le spalle senza lasciare la mano. Un attimo dopo sentì Samael avvicinarsi e il suo petto toccarle la schiena, cingendole il fianco con il braccio e stringendosi a lei. Nihal sorrise nel buio, lasciandolo accoccolare.

“Sono ancora arrabbiato con te” disse sottovoce. Non era una battuta. Era serio.

“Lo so” prese un lungo respiro “Scusa” Samael rispose accoccolandosi, nascondendole il naso nei capelli corti. Seguì il silenzio riempito solo dai respiri regolari di chi era ancora sveglio.

Samael non riusciva a prendere sonno, ogni volta che era sul punto di addormentarsi i suoi sogni iniziavano a diventare incubi di Fen e si risvegliava di soprassalto pur di non proseguire quel sogno. Un paio di volte Nihal lo aveva sentito mugugnare il suo nome, per poi sobbalzare e svegliarsi ancora. Lo sentì sospirare sconfortato, il respiro mozzato dal groppone che gli si stava formando in gola.

“Lo sai che non è stata colpa tua, vero?” disse sottovoce la ragazza.

“Dovevo essere con lui. Dovevo stare più attento… se non mi fossi schiantato Fen sarebbe ancora qui” lì Nihal si voltò e nel buio trovò il suo viso. Poteva solo intravedere la figura del suo volto vicino al suo, ma quel contatto sulla guancia lo fece subito calmare.

“Samael, sei precipitato e sia tu che Albedo eravate feriti. Non potevi fare niente” lo sentì sospirare ma non rispose “Ascoltami, io non saprò mai che rapporto avessi davvero con Fen. Ma se eravate davvero fratelli, per come l’ho conosciuto io, non credo che volesse vederti così. Non avrebbe voluto vederti prenderti delle colpe che non hai” lo sentì scuotere la testa.

“Ho sottovalutato la situazione… mi sono esposto troppo e-”

“-Samael, basta” la voce di Nihal, nonostante la forza con cui disse quelle parole, era gentile “Ci sono alcune cose che non puoi controllare. Fen ha scelto di diventare cavaliere, conosceva i rischi. Quando Sennar mi ha parlato di te al fronte, sì, non era particolarmente entusiasta del tuo modo di fare, ma ha detto che sei bravo e che se c’è un barlume di speranza, quella risiede in te. Perché tu voli così, libero. Cosa ti avrebbe detto Fen se ti avesse visto volare come oggi?” percepì l’accenno di un sorriso sotto la sua mano.

“Mi avrebbe fatto una filippica sull’onore e il dovere che io non avrei ascoltato e quindi mi avrebbe fatto dare uno scappellotto dall’ala di Gaart e sfidarmi ad una gara…”

“Che avresti vinto?”

“Ovviamente. Io ho sempre volato meglio di lui”

“Allora perché non riprendi a farlo? Per Fen” Samael rimase in silenzio riflettendo sulle parole di Nihal.

“Ci posso provare…” Nihal sorrise nel buio, per poi far scivolare via la mano dal suo volto e rigirarsi di nuovo, dandogli le spalle come prima e riprendendo la mano del ragazzo nella sua, mentre lui si accoccolò nuovamente.

“So che puoi riuscirci” portò la mano del giovane alle labbra e gli diede un piccolo bacio sul dorso. Samael rispose sporgendosi e posandole un rapido bacio sulla guancia per poi rimettere la testa sul cuscino.

“Mi sei mancata”

“Anche tu mi manchi”

Silenzio.

“Grazie, Guerriera…”

Finalmente un sonno senza incubi e senza voci li accolse.

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Capitolo 11
*** Il Drago ***


L’addestramento vero e proprio iniziò dopo la prima battaglia. Ido non dava tregua a nessuno dei due. Iniziavano ad addestrarsi già all’alba e interrompevano solo per i pasti. Nihal riprese mano a tutte le armi come in accademia, per approfondirne lo studio. Per Samael era un ripasso. Volevano che venisse inquadrato, di conseguenza lui fece silenzio e seguì le lezioni come fosse un novizio. Ido però voleva vederlo volare e lì vennero le note dolenti.
Se per Nihal le prime settimane furono difficili per le abitudini, per Samael furono un inferno per le lezioni di volo con Ido. Ci provava. Lo gnomo se ne accorse che da quella serata di danze il giovane ci stava provando a volare come faceva prima ma aveva un blocco. Non riusciva a non comportarsi come fosse spaventato della sua ombra e questo Albedo lo percepiva e ne soffriva sia con che per il suo compagno. Non era più paralizzato come durante la battaglia, ma era lento, non sentiva più la sintonia con il suo drago che provava a spronarlo agendo di testa sua solo per essere redarguita. Albedo iniziava ad essere insofferente. Le mancava il suo cavaliere e aveva iniziato a manifestare i suoi sentimenti sbuffando e agitando la coda ad ogni approccio di Samael nel volo. Tuttavia le si spezzava il cuore a vederlo così vuoto e non si scostava dalle sue carezze, che ormai erano la cosa più importante a cui si attaccava anche il drago.

Albedo amava essere toccata, amava sentire quelle carezze sulle sue scaglie bianche considerate troppo deboli dai suoi simili. Amava il contatto di quelle mani calde che l’avevano curata, anche quando Samael scherzosamente passava le dita sotto le scaglie grattando e facendole il solletico. Era fastidioso, ma allo stesso modo piacevole. Era uno dei modi che aveva di giocare con lui. Lui le faceva il solletico e lei di risposta lo avrebbe buttato a terra con una testata sul petto per poi covarlo e fargli il bagno leccandolo. Da quando era morto Fen non accadeva più. Samael non era in vena di giocare e Albedo sentiva che le coccole che le faceva erano una richiesta di aiuto. Sentiva i sentimenti del suo cavaliere. Lo smarrimento, la colpa, la rabbia e l’odio che adesso provava per il Tiranno, ma soprattutto la paura sia in volo che a terra. Percepiva un nome fisso nella sua testa: Soana. Albedo ricordava bene quella donna. Aveva rischiato di incenerirla se Samael non le avesse detto subito la verità quando le aveva chiesto di togliergli le ali, ma la apprezzava e rispettava. Samael le voleva bene, per lui Soana era sinonimo di famiglia come Fen. Aveva paura al pensiero di rivederla e questo non lo aiutava affatto, anzi sembrava far crollare le sicurezze che Nihal lo aiutava a ricostruire.

Nihal ad Albedo non piaceva. Un’altra femmina che girava intorno al suo cavaliere le dava fastidio, soprattutto visto il tempo che lui passava con quella femmina invece che con lei. Aveva iniziato a piacerle di meno quando aveva sentito i sentimenti di Samael cambiare verso di lei. Se prima era un senso del dovere, sentiva come lui avesse piacere a stare con lei e come gli piacesse abbracciarla e accarezzarla. Sentiva come a volte il cuore di Samael sembrasse battere lievemente più in fretta quando la mezzelfo era col ragazzo e sentiva in lui un senso di benessere. Albedo sapeva che aveva passato del tempo con Nihal perché ogni volta che tornava da lei lo sentiva più sereno e anche le sue coccole sembravano tornare com’erano prima. Aveva percepito questo stato d’animo solo una volta nel cavaliere. Nonostante la sua antipatia, la mezzelfo a Samael faceva bene, Albedo lo aveva capito. Benché sentisse ancora il risentimento di Samael nei suoi confronti, da quella sera di danze, il drago li vedeva più spesso insieme e sentiva come il suo cavaliere si calmasse quando la ragazza cercava il contatto fisico con lui e come Samael avesse lentamente iniziato a cercarlo di nuovo con lei. Albedo lo aveva accettato, quella ragazza era importante per il suo cavaliere; l’avrebbe protetta.

L’addestramento per Nihal era diventato sempre più intenso e Ido era un maestro severo ma giusto. A volte le ricordava molto Samael durante i primi tempi. Alla base molti avevano notato Nihal. Vederla battersi con Ido, la cui abilità era nota a tutti, divenne uno spettacolo imperdibile tanto quanto lo era vedersi battere con Samael. Tutti avevano notato che se Ido e Nihal si battevano solo per l’addestramento, tra Nihal e Samael c’era un’intesa diversa. Combattevano per combattere, ma allo stesso tempo sembravano punzecchiarsi in una danza di lame, colpi e contrattacchi. Nihal ancora non aveva battuto Samael, ma aveva iniziato ad andarci molto vicina. Ma uno dei motivi di quella folla era la loro bellezza mentre combattevano. Come il cavaliere ai tempi e tutt’ora aveva riscosso un certo successo tra le donne della base, per le sue abilità, fascino e bella presenza; Nihal aveva riscosso un certo successo tra gli uomini. Era agile, era brava, ma soprattutto era bella.
Tutta la sua figura emanava fascino nonostante non corrispondesse ai tipici canoni di bellezza. Samael come tutti alla base ne era consapevole. Spesso e volentieri, quando combatteva con Ido, rimaneva fuori a guardarla. Inizialmente il suo sguardo era rimasto quello del maestro, la osservava, la studiava e poi le dava consigli dopo che Ido le faceva le correzioni; tuttavia man mano che Nihal migliorava e il suo compito veniva meno, aveva iniziato a guardarla con altri occhi quando prima lo faceva solo in alcuni momenti. Era il suo maestro, c’era una linea che non si poteva superare, ma adesso non lo era più e quella linea era stata cancellata. Ora spesso si ritrovava a guardarla con occhi da uomo. Sotto le lunghe ciglia, gli occhi viola di Nihal avevano uno sguardo fiero. Era sottile come un giunco ma aveva anche curve sinuose di cui lei ancora non si rendeva conto di avere, facendolo sorridere. Il modo in cui si muoveva in combattimento incantava e soprattutto incantava quando si batteva con lui in una danza impetuosa. E poi eccezion fatta per lui e il suo maestro, era fredda come il ghiaccio.

Iniziò ad essere considerata da tutti la preda ideale. Giravano addirittura scommesse su chi l’avrebbe irretita per primo, spesso con un bonus se l’avessero sottratta a Samael. Anche alla base avevano iniziato a girare voci. Non era stato dimenticato lo scatto d’ira del giovane verso il tenente dopo che aveva insultato Nihal. Si diceva che fossero amanti, in particolare da quando qualcuno aveva visto Nihal uscire la mattina dalla tenda di Samael, oppure andarci la sera. Ovviamente da chi aveva sentito da loro smentire era anche iniziata a girare la voce di un’eventuale omosessualità del giovane cavaliere.

“Insomma, sei l’unico con cui parla oltre al suo maestro. Una bella così condivide il letto con te una sera sì e l’altra pure e tu non ci provi?” aveva sentito Nihal mentre mangiava.

“Secondo me lui ha altri gusti, non so se ci capiamo. Io ci proverei subito! Quando ti ricapita più?” rispose un altro

“È probabile che lui sia più attratto da te che da lei. La maggior parte delle donne qui non fa altro che civettare con lui e quello neanche le guarda. E molte sono anche belle ragazze!” Nihal iniziò ad infastidirsi.

“Oppure al contrario vostro non è un maiale che pensa con l’organo sotto la cintura, non trovate? In ogni caso, non sono affari vostri” interruppe Nihal velenosa, alzandosi. I tre sbiancarono “Se vi sento ancora sparlare di Samael, userò le vostre teste per verificare l’affilatura della mia lama” se ne andò, lasciandoli pallidi e terrorizzati.

Ovviamente le voci continuarono, ma Nihal camminava per l’accampamento con passo marziale e continuava a dormire con Samael quando gli incubi erano troppo per lei oppure quando lo vedeva in procinto di ricadere nella sua depressione, ignorando gli sguardi che le venivano indirizzati. Odiava quando quegli sguardi si facevano troppo lascivi e odiava le voci relative al rapporto che c’era tra lei e Samael. Le ignorava. Che parlassero pure. La verità era un’altra. Non faceva niente di male. Quando andava da lui non facevano niente se non accoccolarsi nella branda del ragazzo e dormire abbracciati. Samael a volte provava a dissuaderla, preoccupato per lei, ma Nihal non si tirava indietro. Le notti che passavano insieme erano le uniche in cui nessuno dei due veniva tormentato dai propri incubi e riusciva a svegliarsi con un senso di serenità. Samael era ancora arrabbiato con lei e quella rabbia usciva fuori nelle loro danze di combattimento, ma entrambi volevano ricucire quello che si era strappato. Nihal conosceva Samael e aveva capito che non le avrebbe parlato finché non sarebbe stato sicuro della sua presenza.

Sebbene ripreso l’addestramento Nihal fosse ancora ferma nelle proprie convinzioni, Ido le aveva instillato il dubbio. Più ci pensava più era confusa. Era davvero sbagliata la sua logica? Ido come faceva a combattere senza odio nel cuore, da dove ne traeva la forza. Decise di parlare dei suoi dubbi a Samael. Erano sulla torre diroccata che dava al giardino in cui aveva gettato i capelli tagliati, seduti sulla torre uno accanto all’altro. Il ragazzo l’aveva raggiunta dopo averla vista durante un altro volo fallimentare con Albedo. Lì per lì iniziarono a parlare camminando sui gusci d’uovo, ma poi quando Samael con fare molto casuale si mise comodo inclinandosi all’indietro, posando un braccio dietro la schiena di Nihal, la ragazza si accostò a lui, recependo il segnale di apertura. Lì decise di condividere con lui i suoi dubbi. Samael si fece pensieroso.

“A volte me lo chiedo anche io” rispose Samael “Credo semplicemente che lui sappia che cosa vuole da sé stesso e come voglia indirizzare la sua vita.”

“Ma anche io lo so. Io ho sempre voluto fare in guerriero”

“Prima non conoscevi la guerra. Non conoscevi il significato di uccidere e vedere i tuoi compagni morire… Ora che lo sai perché vuoi fare il guerriero?” chiese Samael.

“Beh… ecco…Perché devo vendicare la mia gente! Devo vendicare mio padre! Devo vendicare Fen! È una mia responsabilità” rispose Nihal quasi cercando di convincersi.

“No, Guerriera, non lo è. Non è un tuo dovere né una tua responsabilità”

“Sì che lo è! Altrimenti, per quale altro motivo dovrei farlo?” Silenzio e Nihal realizzò di essersi appena gettata da sola nel baratro del dubbio.

“Credo che Ido voglia esattamente questo da noi… e non solo lui” Samael abbassò lo sguardo incupendosi. Nihal fece scivolare la mano sul ginocchio del ragazzo.

“Parli di Soana, vero?” Lui annuì senza incontrare il suo sguardo. Nihal non insistette, prima o poi avrebbero avuto quella conversazione, ma non era ancora il momento.

“Una volta combattevo perché ci credevo davvero” disse “Quando volevo rendere orgoglioso mio padre. Io ci credevo davvero di fare qualcosa che contasse, nonostante fossi infelice. Scacciavo quel pensiero dicendomi che ero io a non capire, che in realtà diventare cavaliere fosse la mia via e sentire i complimenti di Parsel e degli altri maestri ha solo alimentato questo mio pensiero” fece una pausa. Sentì la mano di Nihal lasciargli il ginocchio per intessersi nei capelli sempre più lunghi, facendogli delle carezze. Samael socchiuse gli occhi abbassando le spalle e rilassandosi. La ragazza si fece scappare un piccolo sorriso, pensando a quanto lui sembrasse un gattino in quel momento. Samael riaprì gli occhi, accennò un sorriso a sua volta, riprendendo a parlare più tranquillo “Mi fidavo di mio padre. Credevo che stesse facendo il mio bene… poi ha falsificato quei risultati e il resto lo sai. Ma quando credevo in lui, ci credevo così tanto che ho anticipato i tempi del tatuaggio”

“Era quello che avevi sulla schiena?” chiese Nihal cauta.

“Sì… una tradizione di molti cavalieri è farsi un tatuaggio rappresentativo un paio di giorni prima della cerimonia di consacrazione. Io ho anticipato i tempi facendolo nel momento in cui entrai in Accademia”

“Cos’era?”

“Erano due ali di drago aperte fatte di fuoco. Era il tatuaggio di famiglia. Prima di diventare cavalieri tutti lo abbiamo fatto…mio padre, mio nonno, suo padre prima di lui e così via… Rappresentano le ali con cui voliamo e portiamo la luce nel Mondo Emerso” spiegò abbassando la voce ma accoccolando la testa alla mano di Nihal.

“Perché hai chiesto ad Albedo di strappartele via?”

“Perché le mie ali non erano l’Accademia o l’utilizzare Albedo” disse con una vena di disgusto per quella parola “Ho capito che le mie ali erano la persona che mi faceva felice. La luce che avrei portato era quella del futuro che sognavo con lei. Mio padre me lo ha strappato”

“Quindi ti sei strappato via quelle ali per staccarti da lui definitivamente…”

“Come ti ho detto… lui mi ha strappato le ali. Io ho concretizzato la cosa” non la guardava. Aveva gli occhi persi nel paesaggio di guerra sotto di loro. Nihal comprese quanto fosse grave il caos nella testa di Samael. In quel gesto così estremo aveva gridato a suo padre di non essere più suo figlio. Aveva segnato sulla sua carne la propria volontà di essere libero da lui. Ma di quella libertà non sapeva che farsene senza uno scopo, scopo che non riusciva a trovare visto che tutta la sua vita è stata costruita intorno a qualcosa che lui non voleva.
Vide una lacrima scendere sul volto stanco di Samael il ragazzo subito l’asciugò per non farsi vedere, iniziando a chiudersi di nuovo, ma Nihal si spostò mettendosi praticamente all’amazzone in braccio a lui per poi abbracciarlo. Samael inizialmente sorpreso sembrò fare resistenza, ma quando le braccia della ragazza lo strinsero a s
é, abbassò la guardia e l’abbracciò a sua volta grato di sentirla più vicina. 
Nihal non insistette oltre, rimasero abbracciati lì, entrambi pensierosi e riflettendo sui mille dubbi che avevano. Sperava che lui potesse aiutarla a capire di più sulle proprie incertezze e paradossalmente nella sua stessa confusione e smarrimento c’era riuscito. Perché Nihal combatteva? Prima voleva combattere perché era affascinata dalla figura del guerriero, dalle storie di eroi e come tutti i bambini voleva crogiolarsi in quella gloria leggendaria. Ma quella era una gloria fantasiosa, la guerra era altro e adesso l’aveva toccata con mano… doveva trovare un motivo vero. L’idea che la vendetta fosse un motivo valido iniziava a vacillare.   


Il perché combattesse non era l’unico dubbio ad essersi insinuato nella mente di Nihal. A volte c’erano dei ragazzi che si approcciavano a lei senza secondi fini, ma anche in quelle occasioni manteneva un contegno distaccato. Per quanto riguardava le donne della base, sapeva bene che la invidiassero sia per il suo successo con gli uomini che per essere l’unica ad avere le attenzioni di Samael. Certo, c’erano anche le eccezioni ma Nihal sentiva di non avere nulla da spartire con quelle signorine che stavano a casa ad aiutare le madri e non aspettavano altro che convolare a nozze.
Per Nihal da quella sera di danze anche Samael in quei momenti di connessione o quando sentiva il suo sguardo durante gli allenamenti era diventato fonte di mille dubbi. Pensò a Sennar. Gli voleva bene, ogni tanto si abbracciavano, gli aveva dato qualche bacetto affettuoso sulla guancia, ma non aveva mai avuto quella voglia di stare così a contatto con lui. Inoltre con Sennar aveva dormito nella stessa stanza, ma mai nello stesso letto. La prima volta era stato un caso, ma la seconda aveva scelto lei di dormire abbracciata al cavaliere, e la volta dopo, e la volta dopo ancora e Samael era sempre stato un signore. Chiunque altro ad un certo punto avrebbe provato a cogliere l’occasione per un secondo fine, ma Samael non l’aveva mai fatto nemmeno in momenti di fragilità.

Le capitava a volte, quando si svegliava la mattina che Samael fosse ancora addormentato e lei si ritrovasse a guardarlo mentre dormiva. Erano le rare volte in cui lo vedeva davvero pacifico. Gli faceva delle leggere carezze sui capelli e pensava. Non lo voleva ammettere a sé stessa, dopotutto era un guerriero e aveva smesso di considerarsi donna nel momento in cui Fen era morto, ma Samael aveva un approccio con lei e un modo di fare che la faceva sentire tale senza mai annichilire il suo animo guerriero. La cosa le piaceva e le piacevano quei momenti in cui la faceva sentire un delicato fiore di cui prendersi cura. Le piaceva e lo odiava allo stesso tempo per via della confusione che andava a crearle nella sua testa. Erano amici? Ormai non lo sapeva più. Sapeva solo che tra loro c’era un legame forte e incrinato, ma allo stesso tempo c’era qualcosa che gli impediva di spezzarsi del tutto.
Una mattina era talmente presa dai suoi pensieri, che non si accorse che Samael si fosse svegliato e che l’avesse trovata con la testa sul suo petto mentre gli accarezzava la guancia coperta dalla ormai folta barba, intenta a guardarlo ma con la mente altrove.

“Potrei abituarmici…” non riuscì a non abbozzare un sorriso quando vide il gelo negli occhi di Nihal. La sua espressione era quella di un gatto mentre viene pizzicato con le mani nel sacco a fare qualcosa che non deve.

“Devi tagliarti la barba. E i capelli! Sembri un naufrago” fu la prima cosa che le venne in mente di dire per dissimulare ma venne brutalmente tradita dalle orecchie rosse e il volto avvampato. Si alzò dalla branda in un tentativo di fuga per bloccarsi quando lo sentì dopo mesi farsi scappare una risata sincera.

“Buongiorno anche a te, Guerriera” Si voltò e lo vide sorridere davvero. Nihal ricambiò il sorriso con la stessa spontaneità.

In quelle settimane Nihal aveva dedicato le sue attenzioni a qualcun altro: Oarf. Era innamorata di quel drago. Doveva essere lui il suo drago. Se lo sentiva. Dopo i primi approcci disastrosi Ido l’aveva lasciata libera, così fu Nihal a scegliere come e quando avrebbe visto Oarf. Si era messa d’accordo col guardiano che lo avrebbe visto dopo pranzo. A detta di tutti era una noia mortale. Nihal si sedeva da un lato dell’arena e Oarf si trovava all’altro e si guardavano. Si studiavano a vicenda. Dopo i primi tempi, Nihal iniziò a parlare con il drago e a raccontargli di sé, dei suoi trascorsi, di Fen, di quanto lo avesse amato e come lo aveva perduto, gli parlò di Samael e come stesse cercando di aiutarlo a trovare un senso alla sua vita, di quanto le mancassero quei momenti di disinvoltura in cui riusciva ad essere la Nihal di un tempo e che a volte le mancava. Allo stesso tempo cercava di penetrare la mente dell’animale. Oarf restava impassibile emettendo solo un ringhiare sordo. Samael spesso si era affacciato e osservava la scena con un sorriso, spesso assieme a Ido che contemporaneamente alla ragazza, guardava il giovane. Lo gnomo si era accorto del cambio dello sguardo di Samael su di lei, ma aveva notato anche un barlume di luce. Sebbene potessero essere potenzialmente una combinazione fatale, sia in combattimento che per sé stessi, stavano trovando un equilibrio e l’uno faceva bene all’altro. Un pomeriggio notò come lo sguardo di Samael continuasse a saltare da Nihal e Oarf ad Albedo, mentre con le mani giochicchiava con la scaglia che portava al collo.

Decise il giorno dopo di lasciarli liberi a metà mattina, prima di pranzo.


La mattina dopo Nihal si illuminò in un sorriso quando Samael li raggiunse nell’arena, puntualissimo come sempre, ma con un dettaglio non da poco: si era fatto la barba. I capelli non li aveva tagliati, ma stavolta erano ordinati e non arruffati e trascurati. La ragazza stava fremendo per quel momento. Si stava rialzando.

“Ma sei un cucciolo!” esordì Ido quando lo vide “Con quella barba trasandata sembravi molto più vecchio. Ma quanti anni hai, ragazzo?”

“Tra un paio di mesi ne compio ventisei. Non sono così cucciolo. Anche se mi rendo conto che per un uomo della tua età, Ido, non cambi molto” disse con un sorrisetto dei suoi.

“Fa poco lo spiritoso, ragazzo, rispetto a me rimani un lattante”

“Però se si sistemasse anche la zazzera dimostrerebbe l’età che ha” disse Nihal guardandolo con un sorrisetto. Samael volse lo sguardo verso di lei.

“Certo che è veramente difficile accontentarti!” protestò Samael.

“E’ me che dovete accontentare” interruppe Ido “Iniziate i giri di corsa e poi riprendiamo l’addestramento. Armi pari. Spada bastarda contro spada bastarda, impugnatura a due mani” Iniziarono ad allenarsi.

Quando venne congedata dall’allenamento a metà mattina Nihal lo trovò strano, ma non fece domande. Anzi, per una volta era grata per il riposo, Samael invece colse la palla al balzo e prima che la ragazza si allontanasse, le posò la mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione.

“Guerriera” Nihal si voltò verso di lui, incurante del fatto che si fosse appena gettata di nuovo l’acqua sul volto e aveva bagnato di conseguenza la camicia che le aderiva sul corpo. Samael la fissò negli occhi “Hai già da fare?”

“No, pensavo di riposarmi prima di andare da Oarf” rispose noncurante lei.

“Volevo farti conoscere qualcuno… ufficialmente” aggiunse con un piccolo sorriso. Nihal sentì il cuore batterle a mille.

“Albedo?” Lui annuì e Nihal gli fece un altro sorriso pieno e spontaneo.

Albedo! Vuole presentarmi al suo drago! Si… si sta aprendo di nuovo! Non sapeva cosa tra i due pensieri le stesse dando più gioia mentre lo seguiva nelle scuderie, se conoscere il drago albino o il fatto che Samael avesse deciso di farle conoscere, sapendo quanto quel drago fosse importante per lui. Il giovane le fece cenno di aspettare nell’arena, mentre lui andava a prendere il drago. Poco dopo rientrò accanto ad Albedo che camminava con lui con la testa bassa affinché Samael potesse coccolargliela e gli occhi socchiusi chiaramente godendosi le carezze. Una volta che gli furono quasi davanti Albedo si fermò puntando gli occhi scarlatti su Nihal, percependo il suo odore nell’aria. Ora il drago capì perché l’odore del suo cavaliere era diverso e le sue carezze non sembravano essere un grido di aiuto, ma la sua pura voglia e piacere dell’accarezzarla. Nihal era con lui.

Di contro, la ragazza finalmente poté osservare al meglio il drago albino. Era stupenda. Ora che l’aveva davanti senza distrazioni poté cogliere quei dettagli che prima non avrebbe potuto vedere. In primis, capì la differenza tra un drago maschio e un drago femmina. Albedo era grande quanto Oarf, ma sebbene fosse anche lei un fascio di muscoli poderosi, il suo corpo era longilineo, il collo e le zampe erano più sottili come anche la coda e il muso era più delicato rispetto a quello massiccio di Oarf. Le ali grandi affusolate erano fatte per la velocità. Tutto di quel drago gridava velocità e la manifestazione del massimo del suo potenziale in volo. Nihal rimase perplessa per un dettaglio. Gli artigli di Albedo. Era certa fossero più lunghi e ricurvi.

“Albedo, ti presento Nihal. Guerriera, lei è Albedo” presentò Samael non togliendo la mano dalla spalla del drago. Albedo fissò Nihal emettendo un leggero ringhio sordo, sollevando la testa e aprendo le ali il più possibile mostrandosi a lei in tutta la sua gloria.

“Wow…” Nihal era rimasta senza fiato “Sei bellissima…” e istintivamente alzò la mano verso di lei, ritraendola subito quando il ringhio del drago albino si fece più forte e i suoi dubbi sui suoi artigli vennero chiariti quando uscirono completamente dalla rampa, arpionando il terreno. La cosa che la colpì era che quegli artigli sembravano essere fatti a doppio filo

“Artigli semi-retrattili?” esclamò Nihal sorpresa

“Sì. All’apparenza uguali a quelli dei maschi, ma di fatto molto più lunghi e affilati” disse Samael con un sorriso orgoglioso e dando una pacca sulla spalla al drago lanciandole un’occhiata. Albedo lo guardò per poi rilassarsi di nuovo, ma senza mai togliere lo sguardo da Nihal. “Albedo è femmina. Le femmine hanno gli artigli semi-retrattili per tre motivi. Il primo perché gli servono per scavare e creare il nido per le covate, il secondo perché in caso debbano spostare le uova le possono tenere nelle zampe in maggiore sicurezza, e infine perché in caso vengano afferrate da un altro drago in un combattimento, il doppio filo dell’artiglio gli permette di penetrare maggiormente nella carne e causare lacerazioni gravi. Inoltre per compensare la minor forza fisica tendono a colpire i punti più sensibili degli altri draghi se in colluttazione”

“Tutte le femmine di drago sono così?” chiese Nihal, osservando l’animale che la studiava.

“Sì”

“Quindi se la forza dei maschi è nella forza fisica e nella fiammata, nelle femmine è nella velocità e nel sotterfugio in un certo senso?”

“Direi di sì, tu sei d’accordo, Albedo?” il drago non tolse gli occhi da Nihal ma sbuffò con aria compiaciuta.

“Quindi anche tra draghi alla fine non vince il più forte, vince il più furbo” disse la ragazza osservando il drago albino che sbuffò di nuovo addolcendo lievemente lo sguardo su di lei. Sì. Approvava. La mezzelfo era sveglia ed era una buona influenza per il suo cavaliere.

“Esattamente” Samael studiò le due che si guardavano. Nihal rapita dal drago e Albedo che la valutava. “Finché non avrai toccato Oarf non accarezzare mai Albedo o qualunque altro drago” disse serio.

“Lo so. Scusa, è stato più forte di me. I draghi permettono solo al loro cavaliere di toccarli”

“Non è solo per quello che lo dico. Il primo contatto con un drago è importante. Il primo drago che accarezzerai dovrà essere Oarf. Quello sarà il primo vero momento di connessione con lui. Accarezzando un altro drago per la semplice voglia di farlo va a minare il legame che stai provando a creare” Nihal sospirò. Sarà molto difficile “E visto che Albedo sa essere una gran provocatrice, ti avviso” il drago girò la testa di scatto su di lui borbottando “Non fare la permalosa è vero!” Albedo sbuffò di nuovo e gli diede un buffetto con l’ala in testa di risposta.

“Ahia” Samael si massaggiò la testa. Nihal li guardava estasiata. Anche lei prima o poi sarebbe riuscita a stare così in sintonia con Oarf “Comunque… ti avevo promesso la storia di Albedo tempo fa. Ti va di andare in un posto?”
Nihal sembrò destarsi dalla trance.

“Cos-? Intendi…?” indicò il drago.

“Sì, voliamo. L’importante è che non l’accarezzi e soprattutto che ti reggi forte” Nihal poteva vedere Albedo sorridere in qualche modo. Quel drago fremeva per un volo. La ragazza posò lo sguardo sulla piccola cicatrice sul labbro del drago e poi sulla scaglia bianca al collo di Samael. Prima aveva la sua curiosità, ora quella scaglia aveva la sua attenzione. Il drago abbassò la testa per permettere a Samael e Nihal di salire.

“Vuoi provare a salire da sola?” Nihal annuì e Samael tenendo una mano sul collo di Albedo le fece cenno di farsi avanti. Non riuscì subito nell’intento. Le scaglie erano umide e coriacee e se non le protuberanze ossee che le percorrevano tutto il collo non aveva altri appigli. Samael non disse nulla quando lei lo guardò cercando consiglio. Semplicemente salì lui per poi tenderle la mano. Nihal lo osservò mentre saliva e trovò il modo. Afferrò le protuberanze ossee e incastrò il piede tra le giunture delle scaglie per poi spingersi su e finalmente salire a cavallo del drago. Samael la guardò fiero. Non aveva nemmeno avuto bisogno della sua mano. Nihal era entusiasta. Era a cavallo di un drago! Era a cavallo di un drago… e non aveva idea di come reggersi!

“Non male, Guerriera” disse Samael compiaciuto e Nihal sobbalzò realizzando di essersi seduta davanti a lui.

“Il fatto che io sia seduta qui non mi creerà problemi con Oarf, vero?” disse preoccupata.

“Tranquilla. Non sarai tu a guidarla. L’unico problema che ti creerà con Oarf è se cadi, ma se stringi bene le gambe e ti reggi forte, la cosa non si pone. E poi in ogni caso…” le braccia forti del ragazzo le cinsero i fianchi andandosi a tenere sulla protuberanza su sui lei stessa si stava reggendo. Nihal si voltò verso di lui stranita e in parte agitata, soprattutto quando trovò il viso di lui così vicino al suo.

Che sta succedendo? Perché mi abbraccia così? Perché lo ha detto in quel modo? E io perché mi sto agitando?!

“Guerriera, anche io mi devo reggere” disse con un sorrisetto. Nihal avvampò.

“Ah! Sì! Certo! Ovvio” scosse la testa

Torna in te Nihal! Smettila di fare la scema! È Samael!... Eh… appunto… è Samael…

“Andiamo? Sono pronta” fece la ragazza tenendosi stretta al collo del drago.

“Incastra i piedi e le ginocchia tra le giunture delle scaglie, ti daranno più stabilità” istruì Samael e Nihal esegui. Albedo aprì le ali e si levarono in volo.
 
La torre di Salazar era alta, ma non così alta. Il mondo d’un tratto si fece piccolo e lontano. Il vento le colpì forte il viso, minacciando di farla volare via se non fosse stato per le braccia di Samael intorno a lei.

“Abbassati leggermente in avanti, farai meno attrito con l’aria e rimarrai in equilibrio più facilmente. Soprattutto farai meno fatica a reggerti!” istruì Samael. Nihal eseguì, abbassandosi e sentì lui fare lo stesso dietro di lei. Ora riusciva ad aprire meglio gli occhi, protetta dal collo del drago. Tuttavia, alla prima virata rischiò di cadere. Alla seconda lo stesso. Alla terza si accorse che tutte le volte, il braccio di Samael le toccava il fianco spingendola leggermente dove si inclinava il corpo dell’animale. Quando Albedo virò nuovamente Nihal seguì il movimento del drago con il corpo. Stavolta non ebbe problemi a rimanere in equilibrio.

“Brava” fu tutto quello che sussurrò Samael all’orecchio. Nihal sentì il drago iniziare a scendere, inclinandosi pericolosamente “Piano, Albedo! Non è ancora pronta per scendere in picchiata” disse Samael. Albedo volse la testa all’indietro guardandolo male e sbuffando. Non arrivò nulla al ragazzo, solo molta irritazione da parte del drago.

Fai la brava, per favore.

Il drago sbuffò di nuovo ma iniziò a planare gentilmente verso la foresta sottostante. Planarono tranquilli. Nihal era entusiasta. Stava volando su un drago. Era la sua prima lezione di volo in un certo senso. Sarebbe stata più preparata al suo primo vero volo con Oarf. Samael sembrava tranquillo, finalmente dopo un tempo che le era parso infinito. Albedo tuttavia, se inizialmente era entusiasta e non vedeva l’ora di fare quel volo, non era dello stesso parere. Non era Nihal a darle fastidio, era stato Samael. Sapeva bene che non avrebbero fatto un volo estremo, ma nemmeno planare come una noiosissima piuma! Non sarebbe andata in picchiata, ma sicuramente avrebbe reso il volo più entusiasmante. Poi qualcosa catturò l’attenzione del drago. Non ne era sicura, ma non perse di vista quello che per Nihal e Samael era un puntino lontano. Il drago identificò il puntino e senza che Samael desse il comando, come se lui potesse vedere, diede un paio di possenti colpi con le ali per superare quel punto il più velocemente possibile. Nihal colta di sorpresa sbatté appena contro Samael, che d’istinto si abbassò, facendo abbassare anche lei, reggendosi più forte.

“Albedo! Che succede?!” ordinava Samael. Non sentì risposte dal drago, solo scontento.

Albedo, cos’hai?! Che hai visto? Il drago non gli rispose, continuò il suo volo rapido.

“Samael che succede?!” la mente di Nihal era già proiettata verso dei nemici che albedo aveva visto.

Albedo. Atterra. Adesso. Non sto scherzando. Rallenta e atterra! Il drago lo ignorò, ma poi quando il puntino fu alle loro spalle, rallentò la discesa e iniziò a volteggiare sul posto fino ad atterrare nella più completa sicurezza. Samael scese e poi allungò le mani alla vita di Nihal aiutandola a scendere da drago. Per una volta la ragazza non protestò alla galanteria, chiaramente Albedo aveva visto qualcosa che l’aveva allarmata. Infatti scese piuttosto celermente e subito fece un paio di passi via dal drago, osservando i due e pronta eventualmente all’azione.

“Allontanati” Samael non fece in tempo a finire la frase che Albedo girò la testa e con uno scattino lo colpì in petto facendolo cadere a terra, ringhiandogli con un tono sordo. Nihal gelò un momento e mise la mano sull’elsa. Le femmine di drago sono imprevedibili. Così le avevano detto. Potevano anche ribellarsi al loro cavaliere?! Il drago albino la puntò e le ringhiò, stavolta con fare aggressivo.

“No! Guerriera, va bene. Non toccare l’elsa e allontanati un po’ ”

“Ma-”

“Fidati. Non mi farà del male” disse portando una mano sulla bocca del drago tirando verso di sé e facendo forza sul loro legame empatico. Albedo spostò la testa verso di lui e solo quando Nihal fece due passi indietro togliendo la mano dall’elsa, volse nuovamente lo sguardo su Samael che si era messo in ginocchio. Lo buttò a terra con un’altra musata, ringhiandogli. Si guardavano in cagnesco.
Nihal si sentì impotente, ma non poteva fare altro che guardare. Samael non staccava gli occhi da Albedo, per nulla intimorito da quella bestia che poteva mangiarlo e risputarlo in ogni momento. Stavano comunicando. Nihal ne era certa. Quello doveva essere il legame empatico di cui le parlava Ido. Non dicevano nulla, ma sentivano i pensieri e le emozioni l’uno dell’altro. Rialzandosi le mise una mano sul muso. Albedo lo guardò male e rilasciò una piccola sfiammata dalle narici, senza toccarlo. Samael non diede segno di cedimento e si mise in piedi tenendo la mano sul muso del drago che di tutta risposta tolse la testa guardando via con fare offeso. Nihal scorse un sorriso sul viso di Samael che le diede delle pacche affettuose sulla spalla. Albedo ringhiò leggermente ma dopo alcune carezze il ringhiare sordo scemò e il drago avvicinò il muso al suo cavaliere che lo accarezzò. Albedo gli leccò delicatamente la mano per poi accoccolarsi ad essa.

“Puoi riavvicinarti” le disse finalmente.

“Che è successo?” chiese la ragazza.

“Qualcuno freme per volare come prima e ha voluto manifestare il suo dissenso” disse Samael. Un velo di tristezza gli passò per il volto, ma sparì subito non appena Albedo gli diede un delicatissimo buffetto con il muso, per poi alzare lievemente la testa e farsi fare i grattini sotto al mento. Nihal fece un piccolo sorriso guardandoli.

“Le piacciono le coccole?”

“Non sai neanche quanto. Lei non è un drago, è un micetto sotto mentite spoglie” Albedo sbuffò e tolse la testa con fare offeso “E’ inutile che neghi, ti comporti come un gattino” il drago tolse la testa diede le spalle a Samael per poi acciambellarsi non guardandolo più.

“Che permalosa…” Albedo gli diede uno scappellotto con la coda “Ahia!”.
Nihal ridacchiò osservando l’eleganza di quel drago che si era acciambellata con grazia, le zampe anteriori incrociate, la coda accostata al corpo in modo posato nascosta dalle ali, e la testa sollevata con alterigia. Le ricordava il suo cavaliere. Lo aveva sempre pensato, Samael aveva un gran fascino derivante soprattutto dall’ eleganza con cui si muoveva sia in combattimento che nella vita di tutti i giorni. La ragazza si guardò intorno, notando di essere in una piana, circondati dalle montagne. Dietro di loro in lontananza si vedeva una foresta.

“Dove siamo?” chiese Nihal.

“Qui è dove ho conosciuto Albedo” disse Samael. A quel punto il drago si volse guardandolo mentre il cavaliere si appoggiò alla sua spalla, sedendosi a terra. Albedo fece un altro leggero ringhio sordo come a dire: Puoi appoggiarti per mia gentile concessione, ma sono ancora offesa con te.
Il ragazzo quasi meccanicamente prese la scaglia che aveva al collo, rigirandosela tra le dita. Nihal si avvicinò a lui sentendosi osservata dal drago, ma Albedo stavolta non diede cenno di fastidio. Nihal si sedette a gambe incrociate davanti a lui, ascoltando.

“Come avrai notato, Albedo è femmina ed è albina. Anche i draghi hanno una loro struttura sociale e lei non rientrava in questi schemi. Quando è stata trovata era ancora cucciola. Certo, era grossa quanto me, ma era comunque cucciola” disse ridacchiando “C’era un altro drago alla ricerca di un compagno e quando siamo arrivati la stava aggredendo per allontanarla. Io… beh… ho fatto di testa mia”

“Ti sei messo in mezzo” disse Nihal.

“Sì. Era una cucciola e quel drago era grosso quanto Gaart e la stava aggredendo. Ho rischiato grosso, ma Fen e Gaart sono intervenuti insieme agli altri cavalieri e abbiamo catturato drago e salvato lei. Non era messa affatto bene. Quando è in piedi, se guardi bene, all’attaccatura della zampa ha una cicatrice molto grossa e sul collo ne ha altre ora più piccole dovuta ad un morso”

“Perché il fatto che sia albina la rende un’emarginata?” chiese Nihal curiosa.

“Perché i draghi verdi albini vengono considerati più deboli non avendo capacità di mimetismo. Da cuccioli a maggior ragione rischiano di essere un pericolo per la covata perché attirano l’attenzione di eventuali predatori” spiegò Samael, Albedò sbuffò come per confermare e il ragazzo le fece una carezza.

“Una volta catturato l’altro drago che avete fatto?” chiese Nihal.

“Gli altri cavalieri volevano lasciarla al suo destino, io invece mi sono imposto. Alla fine con la diplomazia di Fen l’abbiamo portata all’accampamento. Inutile dire che poi quando mio padre l’ha saputo ha fatto di tutto per provare a portarla via. Suo figlio che cavalca un drago albino e per di più femmina, che sono notoriamente imprevedibili e aggressive?” spiegò con un sorrisetto.

“Naturalmente non può essere possibile. Che disonore!” disse sarcastica “Ma quindi… la sua scaglia che porti al collo?”

“Risultato del mio primo tentativo per curarla. Diciamo che è stata la prima e ultima volta che qualcuno alla base ha visto una persona fare a botte a mani nude con un drago” disse ridacchiando “E’ finita che lei mi ha morso e ne porto ancora i segni esattamente dove l’anno dopo mi sono ferito con Fen, e nella zuffa per farle bere un medicinale le ho fatto involontariamente saltare una scaglia. Infatti è molto più piccola rispetto a quelle che ha adesso. È stato un bel pareggio” Nihal ridacchiò.

“Come si fa a fare a botte con un drago?” disse tentando di immaginare la scena.

“Ma che ne so? Un attimo prima ero davanti a lei e un attimo dopo le stavo attorcigliato sul collo con la spalla grondante sangue forzandola a bere un medicinale, buttati per terra” rispose lui ridacchiando. Perfino Albedo emise un suono che sembrava essere una risata compiaciuta.

“Comunque, quello è stato il mio primo approccio disastroso ad Albedo. Ci ho messo qualche mese, ma poi venendo da lei tutti i giorni, curandola, dandole da mangiare, medicandola, lentamente si è aperta a me finché non mi ha permesso di toccarla. Ci ho messo cinque mesi solo per toccarla e nel frattempo è cresciuta” disse dando delle pacche affettuose al drago che sollevò la testa con eleganza e aria compiaciuta.

“Quindi ti ha scelto come compagno perché ti sei preso cura di lei?” chiese Nihal facendosi più seria.

“Non solo. Albedo mi ha scelto perché io l’ho rispettata e la rispetto. Mi ha scelto perché la ascolto e perché sa che non le volterò mai le spalle. Io ho scelto lei per lo stesso motivo. Guarirla, giocare con lei e passare il tempo insieme rispettando i suoi tempi e i suoi sentimenti, a volte litigandoci. Prendi la medicina come esempio” Albedo sbuffò con aria schifata “Quella dovevo dartela per forza e ti ha fatto bene!” il drago sbuffò contrariata avvicinandogli il muso come a sottolineare la piccola cicatrice sul labbro “Tu mi hai bucato una spalla di proposito, quello è stato un’incidente! Siamo pari” disse dandole una leggera spinta sul muso. Albedo sbuffò di nuovo e sollevò di nuovo la testa.

“Insomma, questo ci ha legati e poi combattere insieme”

“Cosa rappresenta la scaglia? Perché la porti al collo?”

“Ero rintronato quando a momenti ti sono collassato addosso, ma non stavo delirando del tutto. Albedo è la mia vita. Quando Eleusi ed io pianificavamo di fuggire, era pronto il piano per far venire anche Albedo. Non è il titolo a fare il cavaliere di drago, ma il legame che si forma tra i due. Prima la indossavo perché ancora credevo di voler essere cavaliere di drago. Ora la porto perché lei è l’unico motivo che ho per provare a dare un senso a questa strada” rispose serio Samael “Cerco di non farmi ammazzare perché non voglio lasciarla sola come Oarf” Nihal si fece pensierosa.

“Pensi che possa riuscirci?”

“Hai già fatto enormi passi avanti”

“Ma non mi permette nemmeno di avvicinarmi…”

“Ogni drago è diverso, Guerriera. Ogni drago ha una sua personalità e un suo passato. Albedo ha deciso di fidarsi di me perché l’ho cresciuta facendola sentire la mia famiglia, come è, dopo essere stata rifiutata dalla sua. Io ho dato ad Albedo quello di cui aveva bisogno e lei lo ha dato a me. Di cosa ha bisogno Oarf?”

Nihal rimase in silenzio ripensando a come stesse cercando un contatto con quel drago. Era sulla buona strada, ma ora che aveva parlato con Samael e aveva visto il suo rapporto con Albedo, ora ne era certa. Aveva bisogno di un po’ di tempo, ma doveva trovare un punto di contatto con lui. Nihal poi guardò Samael. In quella pausa, il ragazzo si era girato verso Albedo che aveva nuovamente portato la testa a lui per farsi fare i grattini sotto al mento. Li osservava e vide il legame che c’era. Samael non si faceva problemi a posare dei bacetti affettuosi sul muso del drago, e Albedo di risposta socchiudeva gli occhi scarlatti accoccolando delicatamente la testa a lui. Erano in armonia perfetta. Anche lei un giorno avrebbe avuto quella confidenza con Oarf. Anche lei lo avrebbe accarezzato e avrebbe cavalcato con lui. Pensò a quel breve momento di ribellione del drago.

“Ha ragione, sai?” disse al ragazzo.

“Hm?”

“Albedo ha ragione. Era il mio primo volo e ti ringrazio della premura, ma dovresti tornare a volare come prima” disse Nihal.

“Ci sto provando” Albedo gli sbuffò addosso, spettinandolo “Albedo, per favore…” Neanche si risistemò i capelli. Nihal si avvicinò lentamente. Osservò Albedo e quando vide che il drago sembrasse non avere nulla in contrario si andò a sedere davanti a Samael. Gli sistemò i capelli per poi prendergli il viso tra le mani, sollevandogli leggermente la testa per farsi guardare.

“Perché hai paura di volare?”

“Non ho paura di volare…”

“Allora cosa ti frena? Non ti ha mai fermato nulla. Cosa succede quando siete lì in aria” Samael rimase in silenzio per qualche secondo.

“Io sono caduto… e lui è morto… Abbiamo discusso prima di volare…Fen si è sempre preoccupato per me, soprattutto da quando ho deciso di fare il cavaliere a modo mio. Mi ha proposto di unirmi al fronte con lui per toccare con mano la guerra in modo continuo, per capire veramente che ‘le nostre truppe hanno bisogno di un cavaliere come me’… e io gli ho detto di no in malo modo, visto che me lo diceva da anni. La verità è che so perfettamente che vuole farlo perché spera di darmi un motivo vero per sentirmi un cavaliere come lui. Ma non ha mai capito che questa per quanto possa essere speciale non è la vita che io ho scelto per me. Non sarà la guerra a darmi un motivo per dedicare me stesso alla causa”

“Allora quale? Samael, Fen non è il primo compagno che hai visto morire per colpa del Tiranno. Come fa volerlo vendicare a non essere un motivo sufficiente per combattere?”

“Perché a me non importa degli altri! Mi importa di te e Soana e mi importava di Fen. Che fermare il Tiranno sia la cosa giusta da fare, quando si hanno i mezzi per farlo, lo dovrebbe sapere anche un sasso! È un folle che usa la magia in modo mostruoso per conquistare il Mondo Emerso. Lo sai meglio di me quello che ha fatto. Deve essere fermato. Ma il mio non è eroismo, è buonsenso. Sono un Cavaliere di Drago. Posso contribuire a fermarlo con Albedo, ma non ho intenzione di farlo sottostando a dei vecchi babbioni che dettano legge quando per primi non sanno cosa significhi la guerra se non un’occasione di guadagno tramite la politica” Samael parlò deciso. Sentiva un fuoco ardergli nel petto man mano che parlava, finalmente vide Nihal sorridergli con orgoglio. “Perché mi guardi così?”

“Perché sto rivedendo il mio Samael” gli disse accarezzandogli il viso “Però non mi hai risposto. Continui a non rispondermi…” sospirò abbassando lo sguardo “So che ti ho fatto male… ti ho lasciato da solo quando avresti voluto avere qualcuno di cui ti fidassi vicino… qualcuno che non giudicasse il tuo dolore… e non c’ero. Mi hai detto che non l’hai nemmeno pianto…qualcuno una volta mi disse che le persone e i veri guerrieri piangono…” Samael scosse lievemente la testa ma senza liberarsi delle sue mani.

“Guerriera…” voleva parlare, voleva aprirsi. Nihal lo capiva e Albedo lo percepiva. Percepiva da fin troppo tempo il dolore del suo cavaliere, dolore che aveva causato quella ragazza. Era arrabbiata con lei per questo, ma sentiva anche che lui provava gioia ad averla nuovamente vicino. Li aveva visti durante le danze, mentre volteggiava sopra la città con Vesa mentre era di vedetta, l’aveva vista cercarlo, li aveva visti abbracciarsi e andarsene insieme mano nella mano. Un gesto che aveva visto il suo cavaliere fare solo con un’altra donna. Gli occhi scarlatti si posarono su Samael e Nihal, che non sapeva se spingere o se ritrarsi. Albedo decise che sarebbe stata lei a spingere. Nihal sentì il drago muoversi da che la stava solo osservando, ma quando vide gli occhi di Samael scattare alla sua destra, la ragazza si ritrovò faccia a faccia con l’animale che aveva iniziato ad emettere un rombo sordo, fissandola negli occhi. Nihal si sentì il cuore in gola e il fiato fermarsi quando si trovò quegli occhi scarlatti la fissavano intensamente e zanne scoperte così vicino al volto. I secondi che seguirono parvero eterni ai due, Samael aveva riconosciuto un atteggiamento di minaccia, ma il rombo che emetteva non era di aggressione. Provava ad entrare in contatto col drago, ma si sentiva rifiutato. Nihal invece non mosse un muscolo, concentrata su quegli occhi decisi che la tenevano sotto esame. Stavolta c’era qualcosa di diverso. Sembrava che le volesse dire qualcosa. Tolse le mani dal volto di Samael pensando che il drago le stesse manifestando un fastidio in quel contatto col suo cavaliere. Albedo di risposta avvicinò il muso a lei e con una delicatezza inaspettata per un essere tanto possente, le leccò la guancia con la punta della lingua.

Nihal e Samael rimasero di sasso. Il drago poi sollevò la testa e tornò a guardare il suo cavaliere. Solo allora, Samael sentì il contatto con Albedo, percependo la sua tristezza ma allo stesso tempo un incoraggiamento. Gli occhi celesti del ragazzo si posarono su Nihal che era rimasta ferma immobile, portandosi la mano sulla guancia sfiorandola. Si guardarono.

“Mi ha…?”

“Sì…”

“Lo aveva mai…?”

“No…” Volsero il viso verso il drago che in quel momento li fissava intensamente. Samael fissò Albedo sentendo il loro legame più forte che mai e dopo tempo sentì gli occhi del drago addolcirsi su di lui, sentendo la disperazione del drago a cui mancava il suo cavaliere. Nihal lo comprese a sua volta e si trovò divisa a metà. Albedo l’aveva accettata. Si stava fidando di lei e si stava fidando per lui. Quando Albedo l’aveva leccata non aveva ancora ritirato completamente le mani che erano ancora vicino al volto di Samael. Una lacrima calda cadde dal volto del cavaliere e sulla mano di Nihal che volse lo sguardo su di lui. Samael asciugò subito gli occhi e abbassò la testa. Sapeva che Nihal lo aveva visto, ma il suo orgoglio gli impedì di lasciarsi andare. Nihal lo capì e finse di non aver sentito quella lacrima, lasciando quel punto della mano umido come se non fosse mai caduta.

“Con che faccia affronterò Soana?” Eccola. Finalmente la risposta che Nihal aspettava. Ecco cosa lo bloccava in volo. Samael alzò la testa guardandola negli occhi “Con che faccia andrò da Soana e le dirò che l’uomo che ama è morto mentre volava con me?”

“Essendo onesto con lei e con te stesso. Senza addossarti colpe che non hai. Pensi di averli delusi, di aver deluso Fen, ma non pensi che lo farai davvero se continui a volare così? Quello non sei tu. Fen ti ha insegnato tutto, ti ha dato lui i mezzi per fermare il Tiranno, continuando così non credi che sia come buttare tutto all’aria?” gli accarezzò nuovamente il viso. Vide qualcosa nel suo sguardo, come una scintilla di speranza. Qualcosa aveva recepito e si stava facendo largo nella sua testa. Samael le accarezzò la guancia dove aveva ricevuto quella leccata da Albedo e i suoi occhi si spostarono sul drago che lo guardava. Spostò nuovamente lo sguardo su Nihal per poi delicatamente tirarla a sé in un abbraccio che la ragazza ricambiò, andandogli in braccio. Rimasero stretti l’uno all’altra finché ne avevano bisogno, in silenzio. Nihal sentì Samael nasconderle il viso nell’incavo del collo, mentre lei lo abbracciava forte.

“Ti avevo portata qui per incoraggiarti e darti consigli per Oarf…” disse il ragazzo a bassa voce “Come siamo finiti con te che mi fai il discorso motivatore?” sollevò la testa per guardarla. Nihal gli sorrise spostandogli i capelli dal volto.

“Forse perché mi hai permesso di crepare un po’ la barriera che ti sei creato” rispose lei. Samael sorrise.

 
Il volo di ritorno fu meno agitato rispetto a prima. Quando arrivarono nell’arena era quasi arrivata l’ora di pranzo. Samael aiutò Nihal a scendere e lei lo lasciò fare. Si abbracciarono, schermati dagli sguardi di pochi passanti dal corpo di Albedo. Samael le era grato, finalmente sentiva di poter ricominciare ad aprirsi a lei e che stavolta non l’avrebbe persa, mentre e Nihal percepiva i lembi del loro legame strappato brillare di una luce magica che lentamente si stava saldando di nuovo più forte di prima. Allentarono l’abbraccio, guardandosi negli occhi e per la prima volta Nihal vide lo sguardo che Samael da tempo cercava di nasconderle. In quello sguardo vide un porto sicuro. Non pensò quando prese delicatamente il viso di Samael tra le mani e, con una timidezza a lei nuova, si alzò sulle punte per premere le labbra a quelle del ragazzo in un bacio che venne ricambiato con dolcezza. Dopo settimane, si sentirono esattamente dove dovevano essere.

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Capitolo 12
*** Possono Capirsi Molte Cose da un Bacio ***


Imbarazzo.

Quella era la sensazione che provava Nihal in presenza di Samael. Dopo quel bacio si era ritrovata a fare quello mai nella vita avrebbe pensato di fare: fuggire. In particolare, fuggire da Samael. Quella sensazione spariva durante i duelli con lui e Ido, ma poi quando si trovava in presenza del ragazzo non voleva fare altro che scappare e anche il più lontano possibile oppure sperare che il suolo si aprisse per inghiottirla.

Samael dal canto suo non aveva fatto altro che ripensare a quel momento con un sorriso. Erano anni che non provava una sensazione del genere. Da molto tempo cercava di frenarsi, incerto se Nihal provasse le stesse cose, e soprattutto scoraggiato da come il loro rapporto fosse iniziato. Ma che rapporto avevano? Era una domanda che si poneva dall'inizio dei tempi. Dicevano di essere maestro e allieva, ma più ci ripensava più Samael si rendeva conto che non era mai stato un rapporto di quel tipo. Era sempre stata una complicità, un’amicizia che ha sempre camminato sul filo del rasoio tra la rottura e l’evoluzione in altro. Samael aveva molti dubbi, sapeva che suo padre non avrebbe mai approvato una cosa del genere, ma non era quello il problema. Aveva smesso di cercare la sua approvazione da tempo, ma se aveva fatto quello che aveva fatto con Eleusi, un’umana la cui unica pecca era di essere di famiglia umile, fino a che punto si sarebbe spinto con Nihal, una mezzelfa che non aveva fatto altro che provocarlo e, secondo lui, umiliarlo? Stavolta non avrebbe fatto lo stesso errore. Alla conclusione che fosse fisicamente attratto da Nihal c’era giunto da tempo e non voleva prendersi in giro, lo era sempre stato. Come poteva non esserlo? Era una bellissima giovane donna e lui era un uomo nel fiore degli anni. Tuttavia aveva rispetto per lei e gli fu subito chiaro che lei avesse ben altri pensieri per la mente. La conclusione che lui fosse attratto da quella ragazza, non solo fisicamente, giunse prorompente nel flusso di pensieri che lo assalì quella notte. Gli piaceva stare con lei, gli piaceva battibeccare e punzecchiarsi a vicenda, gli piaceva combattere con lei e guardarla migliorare, ammirava la sua dedizione, amava che sotto quella pesante armatura che si era costruita ci fosse una ragazza dolce e matura e si sentiva bene quando aveva quegli slanci d’affetto nei suoi confronti o quando andava a dormire da lui. Era felice con lei e il tempo sembrava volare. Sapeva bene che vuoto Nihal avesse nel cuore, per questo non si era fatto avanti. Non aveva mai ricevuto segnali che gli facessero intendere che fosse pronta o avesse voglia di provarci. Di una cosa però ora era certo: anche Nihal era attratta da lui e il legame tra di loro non era semplice amicizia ma c’era altro. Giunto a quella conclusione Samael si pose diverse domande.

Voleva esplorare questo altro tra lui e Nihal?

Sì.

Era pronto ad affrontare le difficoltà di questo altro con Nihal?

Sì.

Samael voleva questo altro con Nihal?

.

La mattina dopo quel bacio Samael andò a cercarla per passare un po' di tempo con lei prima di iniziare gli allenamenti. Quando Nihal fuggì da lui con delle scuse altamente improbabili, fu Samael a stranirsi. Era stata lei a baciarlo. Perché adesso scappava? Notò l’imbarazzo. Samael allora, in un momento in cui erano lontani da sguardi indiscreti tentò di farsi avanti per farle capire che lui fosse invece contento di quel bacio, provando a dargliene uno veloce con l’unico risultato che lei girò il volto per farselo dare sulla guancia, avvampando tanto che le sue orecchie divennero più rosse di un pomodoro. Poi fuggì con la scusa di dover andare da Oarf, quando Ido invece li stava chiamando per addestrarsi.

Dovevano parlare.

Tra una cosa e l’altra Samael riuscì a metterla all’angolo dopo tre giorni mentre la ragazza stava dando da mangiare a Vesa e Oarf nelle scuderie. Quando Nihal lo vide ebbe un brivido di gelo. E adesso?

“Ciao Guerriera” salutò Samael, guardandola appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate.

“Samael! Ciao” rispose imbarazzata, cercando di guardare altrove in cerca di una via di fuga.

“Vogliamo comportarci come persone adulte e mature e parlare oppure vogliamo fare i bambini e ignorare il drago rosa con le piume di struzzo nella stanza?” disse lui alzando un sopracciglio in attesa.

“Non so di cosa tu stia parlando” rispose lei frettolosa dando da mangiare a Vesa. Oarf nel frattempo spostò lo sguardo su di lei incuriosito.

“Ti rinfresco io la memoria: mi hai baciato e ora sono tre giorni che mi eviti e sei strana. Vogliamo parlarne?” Conosceva Nihal. Il tatto in questo caso non era la strategia adatta. Con lei serviva la terapia d’urto.

“Sì… ecco. Non c’è molto… nel senso. Non saprei cosa dirti” rispose continuando a cercare una via di fuga.

“Allora inizio io” disse lui facendosi avanti “A me è piaciuto molto e lo rifarei” Nihal avvampò abbassando lo sguardo “Credo che tra noi non ci sia mai stata solo amicizia e penso che questo” disse indicando tra loro “possa diventare qualcosa di bello e mi piacerebbe scoprirlo con te. Però vorrei sapere tu come la pensi”

“Io come la penso?”

“Sì, e mi piacerebbe avere una risposta chiara. Mi stai mandando segnali molto misti, Guerriera”

“Non- non ti sto capendo, Samael” Nihal avvampò e non si diede uno schiaffo in faccia da sola perché lui era lì davanti.
Ma che cosa stai dicendo, Nihal?! Sai benissimo di che parla!

“Mi hai baciato tu, Guerriera”

“Non mi sembra che tu ti sia tirato indietro!” rispose lei mettendosi sulla difensiva.

“Ma infatti io avrei continuato anche tutto il giorno. Quella che scappa e mi evita da allora sei sempre te” disse tranquillo, guardandola con lo sguardo di chi sapeva bene di avere ragione.

“Non sto scappando!” Samael alzò di nuovo un sopracciglio “Ero impegnata”

“Non rispondi alla mia domanda”

“È stato un errore, Samael!” esplose lei. Silenzio. Nihal sentì come un pugno nello stomaco quando disse quelle parole.

“…Un errore?” Non lo avrebbe negato. Quella risposta gli fece un po' male.

“Sì. Ho sbagliato! Mi dispiace, Samael. Mi-… Mi sono lasciata prendere dal momento ed è successo!”

“Guerriera, cadere succede. Cadere su delle labbra di qualcuno non succede” Nonostante il tono leggero, lo sguardo di Samael si era indurito. Si stava spazientendo e voleva una risposta chiara e onesta. Nihal non aveva quella risposta. Non era mai stata più confusa in tutta la sua vita.
"Perchè mi hai baciato, allora?"

“Io… ho sbagliato. Mi sono lasciata prendere e ho spento il cervello” rispose lei non riuscendo a guardarlo negli occhi. Aveva paura di farlo “Devo concentrarmi sull’addestramento e non posso permettermi distrazioni”

“Va bene. È un valido argomento, lo capisco e lo rispetto. Ma non mi stai rispondendo”

“Invece sì! Mi dispiace se ti ho ferito di nuovo” lui scosse la testa.

“Non mi stai ferendo così. Se pensi che quello che sta nascendo tra noi adesso sia una distrazione, va bene. Io ti aspetto”

“Aspetta- in che senso?” Nihal avvampò. Aveva capito benissimo ma sperava di no, eppure allo stesso tempo ne era felice.

“Nel senso che se anche tu vuoi vedere come si possono evolvere le cose tra noi, ma pensi che per te non sia il momento adatto, io ti aspetto”

“…io…” scosse la testa agitata “No! Non è questo quello che intendo! Non- non si può! Cioè- non posso!”

“Perché?” continuava ad incalzare lui con tono calmo “Perché mi stai evitando?”

“Perché… pensavo di aver rovinato tutto ed ero imbarazzata per… insomma… per il mio comportamento… sono un guerriero e insomma ecco… sì… quello... pensavo che in fondo tu non fossi d'accordo, ecco!”
Che eloquenza, Nihal. Dovrebbero darti un premio per la letteratura… pensò sgridandosi da sola.

“Sì, sei una guerriera, ma sei anche una donna e io sono un uomo, e abbiamo appena appurato che non hai rovinato nulla, anzi. Io l’altro giorno ho anche provato a baciarti di nuovo per fartelo capire e tu sei scappata, quindi sappiamo entrambi che non è questo il motivo”

“Il motivo… beh… è questo!”

“Quindi vorresti ma non te la senti adesso?”

“No! Cioè… sì- cioè- è complicato!” Nihal senti il rossore del suo volto farsi ancora più prepotente. Non sapeva come uscirne. Si sentiva in trappola. Non sapeva cosa rispondergli. Lo aveva baciato lei perché voleva farlo e adesso non sapeva più come comportarsi. Era confusa più che mai su tutto. Si sentì ancora più con le spalle al muro quando lo sguardi di Samael si fece mesto.

“Non è così complicato” disse con una voce che benché sicura trapelava una punta di tristezza “Rispondimi chiaramente: io ti piaccio o ti sono indifferente?”

“Non mi puoi chiedere una cosa del genere!”

“Guerriera, non mi arrabbio se mi dici di ‘no’. Farò un passo indietro, ma non ho intenzione di buttare all’aria il nostro rapporto per questo. Un bacio fa capire molte cose”

“E a te cosa ha fatto capire?”

“A me ha fatto capire che anche io ti piaccio, ma adesso ti ritiri perché ti spaventa qualcosa e non vuoi dirmelo”

“…Io… Io non sono spaventata!”

“E allora perché temporeggi? Mi hai baciato, Nihal, è successo e per me è stato bello. Se baciarmi ti ha fatto capire che a te il nostro rapporto va bene così com’è e non vuoi altro, non succede niente se me lo dici. Ma non lasciarmi appeso come un cretino”

“E… se non dovesse essere così?”

“Vediamo che succede e come si evolve il tutto. Semplice”

“Non è semplice! Io sono un guerriero, Samael”

“Lo so, e quindi?”

“Tu dovresti rivolgere queste attenzioni ad una donna!”

“Lo sto facendo” Nihal rimase senza parole per diversi secondi. Aveva già una risposta pronta ma le morì in gola in quel momento. Poteva sentire la voce divertita di Sennar nella sua testa.
Adesso voglio proprio vedere come ne esci. Pensiero condiviso da Vesa e Oarf.

“Argh! Perché devi rendere tutto complicato?!” sbottò Nihal frustrata e con le spalle all’angolo. Mai come in quel momento sentì i nove anni che li separavano.

“Veramente stai facendo tutto da sola…” rispose lui “Io ti ho fatto una domanda semplice: io ti piaccio? Sì o no? Vuoi vedere come evolve la cosa? Sì o no?” non riuscì a nascondere la frustrazione di quel giro immenso che gli stava facendo fare.

“Non lo so!” esplose finalmente rilasciando il respiro che stava trattenendo fino a quel momento “Io…” l’aveva messa alle strette e Nihal perse il controllo delle sue parole “Ho sbagliato. Ecco… tu… tu lo sai che amo Fen. Io…” neanche aveva iniziato e già si era incartata “…mi sembra di tradirlo e-”

“-No.” tagliò Samael con una freddezza tale da far raggelare anche lei “Questo no, Nihal” ebbe un sussulto a sentire il suo nome. Ora l’aveva detta grossa. “Fen era il compagno di Soana, non il tuo. Tra voi due non c’è mai stato niente e tu lo sai molto bene. Nella stessa situazione Soana potrebbe uscirsene con un discorso del genere. Tu no.  Posso accettare una miriade di scuse, posso capire un momento di confusione, posso anche soprassedere su tue elucubrazioni che non hanno né capo né coda in virtù dell’età che hai, ma questa no. Questa non te la faccio passare” Qualcosa scattò in Nihal. Vergogna, ma allo stesso tempo rabbia che si fece in un attimo emozione più forte. Come si permetteva di pensare di sapere cosa girasse davvero nella testa a lei o quali fossero i suoi veri sentimenti? Aggrottò le sopracciglia, stringendo forte i pugni.

“Che cosa vorresti insinuare? Che sto usando Fen come scusa?” sibilò facendo un passo verso di lui con tono di sfida.

“Sì. Esatto. E questo non te lo permetto” Lui non si fece indietro. I due draghi vicino a loro li guardarono più interessati di prima.

“Ma come osi-?!”

“-Come osi tu mancare di rispetto a Soana in questo modo dopo quello che ha fatto e sta facendo per te?” gelo.

“Tu non sai nulla di quello che provo o penso io! Non sei nella mia testa!”

“Dei Santi! Sono venuto qui per parlare con te proprio per capirlo! Non ho la palla di vetro e ti reputo una persona abbastanza matura da poter affrontare il discorso da adulta, non rifilandomi pippe mentali da ragazzina! Sei una donna, Nihal. Comportati come tale!” Nihal si irrigidì guardandolo con ira.

“E con questo che cosa vorresti dire?” sibilò.

“Non fare questo giochetto con me. Non rigirare la frittata. Sai perfettamente di che parlo come sai perfettamente cosa ti sto chiedendo” rispose serio “Te lo chiederò un’ultima volta e non ci provare neanche a nasconderti dietro a Fen, o ti giuro, che se manchi di rispetto a Soana in questo modo mi arrabbio sul serio” Nihal esplose.

“Ma proprio tu vieni a farmi la predica?! Tu che non hai nemmeno il coraggio di salire sul tuo drago e volare come dovresti?! Tu che te ne infischi della gente qui che muore per colpa del Tiranno? Tu che hai paura solo al pensiero di dover parlare a Soana?”

“Io per lo meno la rispetto e non mi nascondo dietro la morte del suo uomo per evitare le conseguenze di qualcosa che io ho iniziato perché ho paura”

“Senti da che pulpito! Se davvero rispettassi Soana saresti già montato su Albedo per dirgli tu stesso di Fen! Non importa cosa ti possa dire io o Ido. Tu non smetterai mai di sentirti in colpa per la sua morte finché non l’affronterai! Hai paura di Soana e del suo giudizio su di te perché tu eri il compagno di volo di Fen! Sai benissimo che sarebbe meglio se venisse a saperlo da te che da un banditore qualsiasi, ma stai qui a nasconderti come un vigliacco! Dovresti essere lì con lei a dirle la verità e starle vicino nel suo lutto perché questo fa la famiglia! Tu scappi e vieni a fare a me la predica sul rispetto e l’essere spaventata?! Sei un’ipocrita, Samael!” Silenzio. I loro occhi si incrociarono, ma se tre giorni prima quegli sguardi e la vicinanza millimetrica avevano portato ad uno slancio d’amore, stavolta c’era solo ostilità.

“Io almeno non ho paura di vivere”

“Disse quello che cerca un motivo per farlo. Non è scappando da tutto che lo troverai”

“Adesso chi è l’ipocrita?” Le diede le spalle mantenendo il contatto visivo fino all’ultimo secondo possibile, finché non giunse alla porta per poi uscire senza mai voltarsi indietro. Si separarono con un enorme pesantezza nel cuore.

Non fu un bel duello quello a cui assistette Ido, ignaro del loro precedente litigio. Da quando iniziò lo scontro, Ido vide subito che i due non stavano combattendo come loro solito. Stavano combattendo come due animali in gabbia che si scontravano in preda all’ira. I colpi erano tutt’altro che precisi. Ido intervenne subito per separarli. Nessuno dei due rispose quando lo gnomo chiese delle spiegazioni. Samael accampò una scusa improbabile a cui Ido fece finta di credere solo perché si stava creando una folla intorno a loro ed era a conoscenza delle chiacchiere sui due giovani. Non avrebbe mollato l’osso e sia Nihal che Samael lo sapevano. Preferì addestrarli separatamente e di farli sfogare tramite esercizi di atletica. Era palese che dovessero sbollentare per qualcosa, ma era inutile fare domande in quel momento. Quando Nihal arrivò per la quarta sera di fila nella tenda per mettersi a dormire sulla branda che spesso lasciava vuota Ido si rese conto che effettivamente, erano tre giorni che Nihal si comportava in modo strano con Samael e non andava a dormire da lui. Quando Nihal si mise nella branda, in silenzio e con movenze irritate, Ido era sulla sua solita sedia a fumare la pipa. La osservò prendere le sue cose e andare dietro al separé che avevano sistemato per cambiarsi per la notte. Solo quando la ragazza si mise nella branda decise di aprire bocca.

“Mi dici che è successo oggi all’addestramento?” disse Ido fumando.

“Niente” tagliò corto Nihal.

“Mancava poco che iniziaste a prendervi a pugni anche con lo sguardo. Non mi sembra esattamente ‘niente’…”

“Samael e io abbiamo litigato”

“Grazie, Nihal. A quello anche i sassi c’erano arrivati. Perché avete litigato, sto chiedendo” Nihal non rispose subito. Ido la sentì sbuffare e la vide portarsi le mani al viso in frustrazione.

“Noi… Samael e io…”

“Siii…?”

“Ecco… abbiamo… c’è stato…” Nihal si sentì avvampare sempre di più. Si sentì sollevata quando vide lo sguardo di Ido avere quel rapido scintillio come quando capiva qualcosa.

Avete. E quindi?” fece scivolare via le mani dal volto sentendosi meno in imbarazzo, ora che Ido aveva capito e non doveva dirglielo.

“…e quindi io non lo voglio e lui sì- cioè…argh! E’ complicato… nel senso… non so se lo voglio…” Ido sospirò passandosi una mano sul volto.

“Dannazione… i ragazzi di oggi… Avete fatto un bel casino, Nihal” disse Ido. La stava riprendendo, ma il tono aveva un che di paterno. Le ricordò il tono di Livon quando la doveva sgridare ma rassegnato all’idea che non sarebbe stata l’ultima volta.

“…lo so, Ido…”

“Una cosa è chiara, non puoi restare qui” Nihal scattò seduta.

“Cosa?! Perché?!”

“Mi sembra ovvio, nelle tue condizioni non puoi rimanere alla base. Non è un posto per bambini”

“Aspetta- frena, Ido. Che c’entrano i bambini?” chiese confusa. Ido la guardò confuso a sua volta.

“Scusa, tu e Samael non aspettate un bambino? Lui lo vuole e tu sei indecisa quindi avete litigato?” chiese lo gnomo. Nihal avvampò come un pomodoro, sentendosi le guance andare a fuoco.

“NO!”

“Quindi non sei incinta?”

“Ma assolutamente no!”

“Allora che è successo?
!”

“Ci siamo baciati!”

“Eeeeeeeeeee quanto la fai lunga per un bacetto!” esclamò Ido gettando all’aria un braccio “Tutto qua? Questo è stato causa di litigio?”

“Lascia stare, Ido.” disse secca la mezzelfo mettendosi sotto la coperta, dandogli le spalle. Ido sospirò.

“Scusa. Non ho figli, non so approcciare queste cose” disse Ido e vide Nihal voltare leggermente la testa verso di lui. “Dai, dimmi cosa è successo. Ti prometto che ascolto e non ti prendo in giro, magari cerca di essere più diretta senza questi giri di parole inutili. Fidati, ti imbarazzi ancora di più temporeggiando” Nihal sospirò, ma si voltò a guardare Ido.

“Ho baciato Samael e… lui ha ricambiato” confessò, rossa in volto.

“Beh, è una bella cosa, no?”

“Sì?... No?... Forse?” sospirò “Non lo so Ido, cioè… è stato bello. Mi ha fatto conoscere Albedo quattro giorni fa. Abbiamo parlato, siamo tornati, ci siamo abbracciati come abbiamo sempre fatto, ma… non lo so, ci siamo guardati e io… l’ho fatto e basta e… lui ha ricambiato” Ido non disse nulla a riguardo, ma lo vide l’angolo della bocca di Nihal formare un leggero ma mesto sorriso.

“Quindi perché avete litigato? Samael ha allungato le mani?” chiese lo gnomo.

“No, non lo farebbe mai, anzi…” Nihal sospirò “Il problema sono io. L’ho baciato e poi l’ho evitato. È venuto a parlarmi ed essenzialmente mi ha detto che gli piaccio e che non gli dispiacerebbe se ci fosse altro, ma… io ecco…”

“Tu non vuoi”

“Non lo so…” rispose abbattuta Nihal “So solo io ho iniziato ad essere frustrata perché non riuscivo a dargli una risposta, lui era frustrato perché non gli ho dato una risposta, ho straparlato e lì la cosa è degenerata…”

“Degenerata, come?” Nihal prese un respiro e gli raccontò tutto del litigio con Samael, tuttavia non riusciva a guardare lo gnomo. Più parlava e più si sentiva in colpa. Aveva toccato un tasto dolente per Samael e lo aveva ferito… di nuovo. Aveva fatto cinque passi avanti e dieci indietro. Si era fatta accettare da Albedo e il giorno stesso cosa fa?

“Ho rovinato tutto… non avrei mai dovuto baciarlo…” concluse Nihal con un sospiro sconfitto.

“Rispondimi onestamente, Nihal: prima di litigarci, hai rimpianto di averlo fatto?” chiese Ido fumando tranquillo e pacato.

“Ecco…” era Ido, abbassò la guardia “…no”

“Allora hai fatto bene” disse lui tranquillo.

“Davvero? Guarda che bel risultato!”

“No, ragazzina. Il risultato non è colpa del bacio” buttò fuori una nuvoletta di fumo “Se vuoi la mia modesta opinione, qui il problema non sono i vostri piccoli problemi di cuore, su quelli ha ragione Samael. La risposta è semplice e sei solo tu che ti fai pippe mentali inutili”

“Ma io-”

“-Fammi finire prima di protestare, cerino che non sei altro” disse buttandole di proposito il fumo addosso per distrarla “Dicevo… ti ricordi quel discorso che ti feci al tempo? Quello sull’imparare ad apprezzare la vita?”

“Sì…?”

“Ecco, Samael non sa che cosa vuole dalla sua vita, ma cercare un qualcosa che gli dia un senso è comunque più coraggioso di nascondersi dietro ad un mignolo pur di non cogliere le opportunità che ti si parano davanti”

“Che vorresti dire, scusa?”

“Che è palese e limpido come l’acqua il fatto che tra te e Samael ci sia…. intesa… chiamiamola così, almeno non spaventi” Nihal si trattenne dallo sbuffare “Lui ha scelto di esplorare questa nuova sfumatura che ha preso il vostro legame. Tu vorresti lo stesso, ma hai talmente paura di vivere che hai preferito rispondergli in modo aggressivo per allontanarlo da te invece che cogliere un’opportunità che la vita ti offre”

“E se io invece non lo volessi?”

“Perché non glielo hai detto? Che vuoi che succeda?”

“Perché… ecco…” Nihal sospirò “Perché non so cosa voglio…”

“E dirgli semplicemente quello? Anche quella è una risposta se non te la senti di dirgli cosa ti spaventa tanto” volse momentaneamente lo sguardo verso l’ingresso della tenda.

“Io non sono spaventata da niente!”

“Non ci provo nemmeno ad insistere…” fece Ido scrollando le spalle.

“Non ho paura di niente! Te l’ho detto! Non so cosa voglio e Samael non aiuta!”

“Perché è perfetto in ogni risposta finché non perdete le staffe?”

“E’…” si fermò “Sì…” Ido alzò gli occhi al cielo con aria saputa.

“Era il tuo primo bacio, vero ragazzina?”

“Sì…” poi realizzò la domanda a cui aveva appena risposto “Ido! Ma che domande fai?!” esclamò avvampando di nuovo.

“Ora capisco perché sei nel panico più totale, tutto qui” rispose placido lo gnomo, fumando sereno. Nihal poteva vedere un leggero sorriso sotto i baffi del maestro.

“Non sono nel panico! Non so cosa voglio e non volevo ferirlo!”

“Ferito forse. Sicuramente è abbastanza arrabbiato da fare armi e bagagli e andarsene” disse lo gnomo con tranquillità. Nihal invece scattò nuovamente seduta.

“Cosa?! Samael se ne è andato?!” Gettò via le coperte per prendere gli stivali ed infilarseli.

“Non ancora, è passato a passo marziale qui davanti poco fa, credo stia andando a chiamare il drago. Probabilmente è già alle scuderie… vista l’ora saranno anche vuote…”

“Che cosa?! Perché non lo stai fermando?!”

“Mica è il mio fidanzato”


“Non è il mio- Argh!- Lascia stare!” la mezzelfo si alzò in piedi e scattò di fuori correndo verso l’arena. Passò alcuni soldati che la guardarono straniti. Nonostante avesse dei pantaloni e una camicia era palese che fossero gli abiti da notte. Non si fecero domande, liquidando la cosa come una sveglia brusca di Ido. Nihal corse e vide in quel momento Albedo scendere sull’arena con eleganza. La mezzelfo corse con ancora più foga. Entrò nell’arena e vide Samael mettere su Albedo una sella per i bagagli. Aveva con sé due grosse sacche che aspettavano di essere caricate per la partenza.

“Dove pensi di andare, Samael?!” gli disse marciando con passo marziale verso di lui, riprendendo fiato. Samael la guardò per un momento, ma non rispose e riprese a fissare la sella su Albedo.

“Davvero?!Adesso il trattamento del silenzio? Meno male che ero io la ragazzina!” continuò marciando verso di lui fermandosi solo quando gli fu vicino, ma Samael sembrava ignorarla, fissando la prima sacca alla sella.

“Che stai facendo? Da quando sei diventato così codardo?! Mi fai la predica sullo scappare e poi tagli la corda invece di venire a parlare con me?” ancora nessuna risposta e iniziò a fissare la seconda sacca. Nihal esplose per l’ennesima volta quel giorno.

“Mi dispiace, va bene? Ho sbagliato a nascondermi dietro a Fen. La verità è che non so cosa voglio, Samael! Non so cosa voglio da me e non so cosa voglio da te! Da quando abbiamo liberato quella città non ho fatto altro che essere confusa e quando ti ho baciato non ho fatto altro che esserlo di più! Perché no, Samael, non mi sei indifferente! Abbiamo un rapporto speciale e anche lì sono confusa a riguardo! Ma se c’è una cosa di cui sono sicura è che tu non sei uno che scappa! Quindi perché lo stai facendo?! Dammi un buon motivo o giuro che monto su Albedo con o senza il suo o il tuo consenso!” Albedo sbuffò “Scusa” disse rapidamente verso il drago per poi tornare verso di lui che aveva appena fissato la seconda sacca, finalmente voltandosi verso Nihal.

“Ah, finalmente mi guardi! Allora?”

“Quindi non ti sono indifferente” Nihal sgranò gli occhi, rimanendo a bocca aperta basita.

“Di tutto quello che ho detto, ti sei focalizzato solo su quello?”

“No, ma era il modo più rapido per fermare il tuo fiume in piena” rispose con quell’aria saputa che Nihal mai come in quel momento volle schiaffeggiargli via “Dovresti respirare quando fai i monologhi”

“Samael, dannazione! Sono seria! Perché te ne stai andando? Se ti ho ferito mi dispiace, ma parliamone piuttosto, lo abbiamo sempre-” non finì di parlare che si ritrovò tra le braccia di Samael che la stringevano forte. Nonostante la rabbia della giornata e quell’esplosione, Nihal si lasciò andare a quell’abbraccio stringendolo forte “Non dovevo dirti come la pensavo in quel modo…”

“No, hai fatto bene invece…” rispose Samael accarezzandole i capelli “Sto andando a cercare Soana. Avevi ragione, devo essere io a dirle di Fen.” Nihal allentò l’abbraccio per guardarlo negli occhi e finalmente li vide luminosi. Rivide gli occhi che aveva conosciuto “Questa volta ero io ad aver bisogno di un calcio nel sedere, quindi grazie, Guerriera”. Nihal lo guardò sollevata. Un grosso macigno si era appena sollevato dalle sue spalle. Guardò quegli occhi celesti, felice della luce che vide in essi. Gli accarezzò il volto e Samael accoccolò lievemente la testa alla mano senza mai togliere gli occhi da lei, ma piano piano si rese conto che nonostante la luce e il sollievo, Nihal sentiva ancora quel senso di vuoto nel petto che non l’aveva mai lasciata da quella mattina. Sospirò triste per poi abbracciarlo di nuovo, posandogli la testa sul petto. Samael la strinse a sé.

“Parliamo prima che tu vada?”

“Sai come la penso, ma sono convinto anche di quello che ho detto dopo. Finché avrai paura di vivere non capirai mai quello che vuoi. Non sai neanche perché vuoi diventare una guerriera” le disse con quella voce calma e rassicurante di cui entrambi avevano bisogno.

“Adesso ti metti d’accordo con Ido?” provò a scherzare lei.

“No. Sono stato al tuo posto” rispose “Non ho ancora trovato il mio motivo, quel qualcosa per dare un senso alla mia vita… ma ho deciso di cercarlo”

“Cosa è cambiato?” lo sentì trattenere una piccola risata.

“Ho avuto un’epifania, mettiamola così” le baciò i capelli, posando poi la testa sulla sua “Ma ho anche capito che se io per primo non faccio qualcosa per cercarlo, le cose non cambieranno mai e non capirò mai cosa voglio dalla mia vita”

“E… per quanto riguarda… questo?” chiese stringendolo leggermente per mettere in chiaro a cosa si riferisse.

“Io posso solo darti il tuo tempo per capire, però dipende da te e io spero davvero che se dovessi capire di pensarla come me, che la vita non mi abbia offerto altre opportunità per vivere” Nihal si sentì pugnalare nel petto, ma non poteva dire nulla. La vita andava avanti e lui aveva sprecato già molto tempo per viverla. Era giusto così.  Doveva riflettere e capirlo da sola, ma doveva anche pensare a questo e come ci sarebbero state opportunità per lui ci sarebbero state per lei per conoscersi, capire e decidere. Ora la sua priorità era capire perché combattesse.

“Spero di avere più chiarezza quando tornerai…” Silenzio. Rimasero immobili in quell’abbraccio. Nihal ascoltava i battiti accelerati del suo cuore e rifletté sulle sue parole. Se ne erano dette tante quel giorno, avevano colpito dei nervi scoperti per entrambi, ma tuttavia avevano gli avevano fatto scattare qualcosa. Nihal era spaesata. Non sapeva da dove iniziare, ma ci avrebbe provato… come? Bella domanda.

“E’ il caso che vada, e tu che torni in tenda al caldo, stai congelando” disse Samael staccandosi dall’abbraccio per togliersi il mantello. Solo quando glielo fece notare, Nihal si rese conto di quanto avesse freddo e di stare battendo i denti.

“Non serve, sto bene. Serve a te” protestò quando Samael le mise il mantello sulle spalle, rimanendo solo in armatura.

“Mi basta Albedo, al massimo ne compro uno al primo villaggio in cui mi fermo” Nihal si strinse nel mantello. Aveva il suo odore,

“Grazie” lui le sorrise appena e le fece una carezza sul volto a cui lei si accoccolò. Le tornarono in mente le parole del ragazzo in quella mattinata. Capire cosa la spingesse a combattere non era l’unica fonte di grande confusione.

“Davvero un bacio può far capire molte cose?” Nuovamente le loro iridi si incontrarono, studiandosi. Samael annuì lentamente.

“Sì” Non tolse mai gli occhi da lei, studiando la sua prossima mossa.

“Bene…” lo disse con un filo di voce, sentendo il coraggio iniziare ad abbandonarla quando nuovamente si avvicinò a lui e con il cuore che le batteva all’impazzata avvicinò le labbra a quelle di Samael. Stavolta lui le venne incontro, baciandola con la stessa dolcezza e trasporto con cui aveva ricambiato la prima volta. Quando si staccarono Samael le fece un piccolo sorriso, notando il rossore sul volto di Nihal. Le accarezzò il viso e con un ultimo rapido bacio, salì su Albedo e prese il volo.

Ido non fece domande quando Nihal tornò in tenda a dormire. La mente della ragazza era un turbinio di pensieri, emozioni e sentimenti, ma una cosa quel bacio l’aveva messa in chiaro: ricambiava questo nuovo sentimento per Samael e ne era dannatamente terrorizzata.
 

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Capitolo 13
*** Vite Parallele ***


Soana all’epoca gli aveva detto solo in che direzione andasse. Non aveva specificato nulla. Erano anni che Samael non ritirava fuori le pietre magiche che Fen utilizzava per comunicare con Soana. Da ragazzo gliene aveva date anche a lui proprio per parlare con lei, avendo notato il rapporto speciale che avevano. Fen si era accorto della cotta giovanile di Samael per la sua compagna, ma si fidava di lei e nonostante la cosa, Soana sembrava essere l’unica a cui Samael permettesse di vedere attraverso la sua armatura. Era l’unica, prima di Eleusi, che avesse trovato il modo di parlare con lui e farsi ascoltare. Samael non sapeva se Soana fosse conscia di quanto gli avesse fatto bene negli anni e di quanto gliene avesse fatto Fen permettendogli di rimanere in contatto.
Aveva visto il suo maestro e amico utilizzare le pietre talmente tante volte che ormai conosceva l’incantesimo a memoria. Ricordava il posizionamento e quanto fosse potente la magia. Le mandò un messaggio molto semplice: Sono Samael. Dove sei? Devo parlarti.

Non ricevette alcuna risposta per un’intera settimana.

Tentò di nuovo.
 

  
Nihal si era buttata nell’addestramento. Più gelida che mai con i commilitoni, settimana dopo settimana. Oarf ora era l’unico a ricevere le sue attenzioni. Da quando assistette a quella discussione tra lei e Samael, il drago la guardava con uno strano interesse, ma ancora non le permetteva di entrare del tutto in contatto con lui o di avvicinarsi.

Oltre a dedicarsi all’addestramento e ad Oarf, Nihal combatteva. Faceva visita al drago prima di ogni scontro, poi andava in battaglia, sempre prima tra quelli del suo gruppo, con tutta la foga di cui era capace, incurante del pericolo. Era una furia. Molte battaglie le vinse e molte le perse. Dovette abituarsi all’idea di vedere il campo di battaglia ricoperto del sangue e dei corpi dei suoi commilitoni. Ido continuava a redarguirla duramente, notando quanto questo atteggiamento fosse peggiorato da quando Samael se ne fosse andato. Ma questo se lo tenne per sé. Se la sua allieva teneva a quel ragazzo come sembrava, avrebbe dovuto capire da sola che non era di questa Nihal che si era infatuato. Li aveva guardati da fuori. Nihal era sempre stata la prima a mettersi in mezzo per calmare Samael quando fianco a fianco lui si faceva soverchiare dalla furia e dalla sete di sangue. Aveva visto nei suoi occhi la paura quando lo vedeva così, pur sapendo che non avrebbe mai alzato un dito su di lei. Se calmare lui metteva un freno alla sete di sangue della mezzelfo, adesso che il cavaliere non c’era, nessuno ricordava a lei chi fosse davvero. Ad ogni rimprovero Nihal giurava che sarebbe cambiata, che avrebbe cercato di battersi con un altro spirito, ma era inutile. Il rombo delle armi le dava alla testa e quando andava sul campo diventava puro strumento di morte.
 
 

 
Passò un’altra settimana dal secondo tentativo. Samael era preoccupato, mille pensieri gli affollavano la mente. Perché Soana non rispondeva? Sapeva bene che la donna fosse una maga più che abile e che non aveva problemi a girare da sola. Sapeva difendersi, ma quel silenzio non lo fece dormire per diverse notti, di riflesso anche Albedo era irrequieta. Nessuno disturbò il suo viaggio se non un gruppo di briganti che nottetempo si era avvicinato al suo accampamento. Samael non li aveva sentiti. Aveva passato talmente tante notti in bianco, preoccupato per Soana, preoccupato per Nihal, preoccupato per come quell’incontro sarebbe andato, che quella notte si era addormentato pesantemente sul fianco di Albedo, che era immobile acciambellata intorno a lui. Nel buio della notte sembrava un grosso masso. I briganti video una preda facile in Samael.

Si avvicinarono.

Albedo alzò la testa fissandoli.

Se ne andarono di corsa.

La mattina seguente arrivò la risposta di Soana che svegliò Samael: Ho ricevuto adesso i tuoi messaggi. Sto bene. Foresta Occidentale. Trovami.

La Foresta Occidentale era dall’altro capo del Mondo Emerso dalla sua posizione. Ci avrebbe impiegato almeno due settimane senza intoppi lungo il percorso. Gli aveva detto ‘trovami’. Non poteva rimanere ferma nello stesso posto troppo a lungo, doveva sbrigarsi. Smontò l’accampamento. Salì su Albedo e riprese il volo.
 

 
Nihal si prese il suo tempo con Oarf, prendendosi cura di lui come il drago le permetteva, rispettando i suoi paletti. Un giorno entrando nelle scuderie, lo vide incatenato e sofferente. Si impose ai custodi e lo fece liberare, notando un dettaglio che non aveva avuto modo di vedere prima. Oarf leccava ossessivamente la zampa dove la manetta lo teneva fermo. La ragazza andò decisa da lui incurante del ringhiare e della minaccia delle fauci che si preparavano a sputare fuoco, estrasse la spada e menò un fendente liberandolo dalla manetta, scoprendo la ferita purulenta sottostante.

Si prese cura di lui con la magia. Quel giorno riuscì ad accarezzare un drago per la prima volta.

Al momento giusto, Ido le avrebbe insegnato a volare.
 
 
 
In due settimane e mezzo Samael raggiunse la Foresta Occidentale, in una riuscì a trovare la maga. Quando Albedo la vide, Samael le comandò subito di atterrare nel piccolo campo che si era fatta. Soana stava smontando la tenda quando scorse un’enorme ombra passarle sopra la testa. Avvicinandosi, il giovane poté percepire il potere magico della donna accumularsi, quando si volse verso di loro pronta ad accogliere un nemico. Le mani le brillavano di un’energia bianca che aveva visto in pochissime occasioni. Soana interruppe l’incantesimo quando riconobbe il drago e poi il cavaliere.
Capì che qualcosa non andava da come Samael volò verso di lei. Era solito fare l’esibizionista durante gli atterraggi e quando la situazione era seria, comunque Albedo scendeva quasi in picchiata per poi fermarsi a pochi metri e toccare terra elegantemente. Planare delicatamente non era da lui. Ma quando dopo essere sceso dal drago tolse l’elmo e lo vide dimagrito, stanco, con la barba sfatta e i capelli lunghi e arruffati ne ebbe la certezza. Certezza che venne rafforzata dall’assenza di sorrisi e il fatto che nel momento in cui la vide, il ragazzo abbassò di colpo gli occhi.

“Nihal sta bene?” quella fu la prima domanda della maga. Diretta al punto. Benché il suo viso fosse imperscrutabile come sempre, Samael sentì quella preoccupazione che Soana cercava di nascondere.

“Sì, sta bene” rispose e abbassò nuovamente lo sguardo, avvicinandosi a lei. Soana non aveva mai visto quell’atteggiamento da cane bastonato nei suoi di confronti e la cosa non fece altro che peggiorare la situazione, perché la sua seguente domanda per Samael fu una stretta nel petto.

“Sono sulla strada giusta. Ci sono alcuni punti in questa foresta in cui la magia è schermata o bloccata. Perché Fen non risponde ai messaggi?” lei provò a guardarlo negli occhi, ma il ragazzo spostò lo sguardo altrove.

“Possiamo sederci…?” Il suo cuore stava battendo così forte da poter sentire il sangue pulsargli nelle tempie e il fiato man mano divenire sempre più corto.

“Perché non mi guardi negli occhi?” La voce di Soana era calma, ma il tono si fece improvvisamente freddo.

“Perché ho paura…” rispose con un filo di voce, ma quella risposta fece solo aggravare lo stato d’animo della maga che si avvicinò a lui nel tentativo di incontrare il suo sguardo, entrando forzatamente nel suo campo visivo.

“Hai detto che dovevi parlarmi. Parla. Non hai fatto tutta questa strada per guardare l’erba” incalzo gelida e calma.

“Soana… io…” sentì il coraggio scemargli a poco a poco.

“Che è successo a Fen? Samael, guardami in faccia, per gli Dei!” la freddezza di quelle parole per un momento parvero quasi una supplica. La voce della donna era ferma e non si alzò minimamente, ma gli afferrò i polsi stringendo, tradendo le vere emozioni che provava “Che cosa è successo a mio marito?”

Era il momento della verità. Non poteva nascondersi ora e non voleva mentirle.

“Sono precipitato, Soana… e Fen…” prese un respiro e finalmente alzò lo sguardo negli occhi di Soana. Sentì un groppo in gola che gli spezzò il fiato, ma parlò “Fen è caduto…”

Silenzio.

Una singola lacrima solcò il viso di entrambi.
 
 
 
Nihal cominciava ad essere stanca di aspettare. Passava altro tempo con Oarf, il quale piano piano si aprì sempre di più a quella ragazzina che per prima lo aveva accarezzato, mostrandogli una cura e un affetto che non aveva mai provato prima. Oarf però sentiva la mancanza del volo e sentire Nihal rassicurarlo che ben presto sarebbe tornato a farlo gli dava speranza. Però voleva volare da solo. Senza quella pulcetta che cercava da tempo di entrare in confidenza con lui. Tuttavia, suddetta pulce aveva altri piani. Un giorno tentò di salirgli in groppa e cavalcarlo.

Nel tentativo di liberarsi di lei Oarf aprì le grandi ali e si levò in volo. In aria si dimenticò della ragazzina fastidiosa che impudentemente stava cercando di cavalcarlo come fosse un qualunque equino. Nihal dal canto suo, dopo quella lotta iniziale, riuscì a mettersi a cavalcioni del drago. Sentiva il vento tra i capelli, vedeva il mondo farsi sempre più piccolo dall’alto. Si ricordò il suo primo volo con Samael e incuneo piedi e ginocchia tra le scaglie di Oarf che solo a quel punto si accorse di averla ancora in groppa. L’animale aumentò di velocità con potente colpo di ali, virando bruscamente, ma Nihal piegò il corpo con lui seguendo i suoi movimenti, come le aveva insegnato il cavaliere.

“Non ti libererai di me così in fretta!” gli disse Nihal sorridente, con un sorriso gioioso, nonostante sapesse perfettamente che il drago stesse cercando di disarcionarla. Una parte di Oarf non poté fare a meno di ammirarla. Era tenace e aveva già capito come volare in modo comodo per entrambi… Però come osava salirgli in groppa senza il suo permesso?! Il drago riprese a volare con foga. Dovette riconoscerglielo, era portata, era brava. Nihal però si accorse che stava iniziando a perdere la presa. Non era Albedo, guidata da Samael che aveva riguardo per il suo primo volo. Oarf stava provando a liberarsi di lei. Non gliela avrebbe data vinta. Avrebbe dimostrato a quel drago che erano fatti per volare insieme. Insieme avrebbero volato fianco a fianco a Ido e Samael e combattuto con loro.

Samael… non poteva fare a meno che chiedersi come stesse o se avesse trovato Soana. Era preoccupata per lui e i ricordi di quel suo primo bacio e dell’ultimo le tornarono in mente ogni giorno. Non sapeva cosa fare. Lei era un’arma, aveva smesso di considerarsi donna da quando Fen era morto, eppure lui continuava a vederla come tale e allo stesso tempo la vedeva come un guerriero.
Oarf fece un’altra virata brusca, ma Nihal seguì i suoi movimenti con il corpo e riuscì a rimanere in equilibrio. Sorrise e d’istinto si guardò intorno in cerca di Samael che non c’era e quel vuoto spense il suo sorriso. Aveva perso il conto delle volte in cui aveva immaginato il suo primo volo con Oarf. Aveva sognato di volare con il suo drago e ad ogni successo volgere lo sguardo e vedere Samael su Albedo che le sorrideva con quell’aria saputa e orgogliosa che aveva ogni volta che raggiungeva un nuovo traguardo. Aveva immaginato di volare fianco a fianco con lui, gareggiando e combattendo insieme. Ma l’unica persona che avrebbe davvero capito la sua gioia in quel volo non c’era. Era di nuovo da sola. Sapeva bene che per Samael quell’incontro con Soana era importante, per lui forse poteva significare mettersi il cuore in pace e voltare pagina. Lo avrebbe dovuto fare anche lei. Era sempre stata sicura dei suoi sentimenti per Fen, adesso non lo era più così tanto. Aveva giurato e spergiurato che lui fosse il suo grande amore, sentendosi come un’eroina tragica delle storie dei menestrelli, afflitta da un amore che non sarebbe mai stato ricambiato. Erano i momenti in cui si diceva di cedere alla sua femminilità. E poi arrivò Samael che con la delicatezza di un menhir le aveva fatto crollare come un castello di carte quelle convinzioni.

Io sono un guerriero gli aveva detto.

Lo so, e quindi? Le aveva risposto lui con naturalezza.

Tu dovresti rivolgere queste attenzioni ad una donna!

Lo sto facendo e con quelle tre parole aveva disintegrato ogni certezza su quello che aveva appreso da una vita. Essere donna ed essere un guerriero erano due cose che non potevano coesistere. Che fosse sbagliato?
Presa dai suoi pensieri si distrae e non riuscì a tenersi quando Oarf, preso dall’entusiasmo di quel volo libero iniziò a vorticare su sé stesso. Quello fu troppo per lei che era così inesperta, cadendo dal drago.

Che morte stupida… pensò cadendo.

Sbatté su qualcosa di duro e squamoso: Oarf che le salvò la vita.

La ragazza passò la notte in cella, sbattuta lì dentro da Ido personalmente, ricordandole per l’ennesima volta che il suo non era coraggio, ma stupidità. Quella notte fu orrenda. Le parve quasi che tutti gli incubi a cui era scampata quelle notti in cui aveva dormito serena tra le braccia di Samael, avessero deciso di radunarsi di colpo tutti insieme, travolgendola negli orrori delle loro sofferenze. Figure ferite, insanguinate, mutilate, che la seguivano intimandole di vendicarle. Aprì gli occhi ma venne accolta dall’oscurità, senza nessun oggetto familiare che la potesse tranquillizzare, senza il mantello di Samael a cui aveva temporaneamente aggiunto delle spille per accorciarlo perché troppo lungo per lei.

Era tutta colpa di Ido.

Era lui che l’aveva sbattuta lì dentro ed era lui che la ostacolava nel suo proposito di vendetta facendole tutti quei discorsi sull’amore per la vita, sulla paura, sul perché si combatte.

Lei non era come gli altri. Samael si sbagliava.

Non era una ragazza.

Non era neppure un guerriero.

Era un’arma nelle mani dei morti.
 
  
 
Soana e Samael non si parlarono per tre giorni. Non fu il racconto di come Fen fosse morto a far infuriare Soana come mai prima, fu dirle che erano già passati tre mesi e mezzo. Lo schiaffo che la maga gli assestò in faccia gli fece male, ma lo sguardo ferito e tradito che aveva negli occhi colmi di lacrime di dolore che a stento tratteneva che lo uccise.

Albedo, che avrebbe divorato chiunque osasse solo alzare un dito sul suo cavaliere, non mosse un muscolo. Rimase lì a guardare, lasciando che il suo Samael iniziasse la sua prova.

Soana non gli parlò. Lo trattò con freddezza, ma mai gli disse di andarsene. Furono tre giorni di silenzio e distanze. Collaborarono nel viaggio che la donna doveva proseguire, ma tutto in silenzio. Samael le diede i suoi spazi, ma le rimase fedelmente accanto. Dopo quello schiaffo non ebbe il coraggio di guardarla in faccia. Sentiva le lacrime che non aveva mai lasciato cadere minacciare di scendere come cascate, ma si obbligò a non piangere. Soana non aveva pianto in quei tre giorni. Aveva concesso a quella singola lacrima di cadere, solo perché non era pronta a quella notizia, ma non pianse mai il suo uomo e mai rivolse una parola al ragazzo che non lasciava il suo fianco, incapace di alzare lo sguardo su di lei.

Samael stava facendo la guardia quando Soana uscì dalla tenda nel cuore della notte. La sua rabbia aveva fatto posto alla mestizia e alla delusione. Uscì dalla tenda, avvolta dal suo mantello nero, quello che Fen le aveva donato anni addietro.

Così sarai sempre tra le mie braccia le aveva detto. Soana aveva riso intenerita. Era stata una frase molto sdolcinata per i suoi gusti, ma Fen era così solo con lei. Era un uomo devoto alla sua causa e al suo dovere e queste sue uscite mielose, perché in realtà non ci sapesse fare, le scaldavano il cuore. Era un suo lato tenero che aveva sempre avuto difficoltà a tirare fuori perché così devoto a mantenere un aplomb cavalleresco. Solo dopo aver incontrato Samael aveva iniziato a svegliarsi e a rilassarsi, lasciando cadere la maschera da cavaliere dei poemi. Era evidente che vedere un altro giovane di bella presenza molto più sciolto di lui nel corteggiamento, gli aveva dato quella spinta in più, soprattutto visto che lei aveva preso un posto speciale nel cuore del ragazzo. Era conscia della sua cotta adolescenziale per lei, ma essendo solo quello non gli aveva mai dato peso. Ora era diventato solo un modo loro di giocare e stuzzicare Fen. Ora le cose sarebbero cambiate. Il filo si era spezzato con la vita di Fen. Non sarebbero più state come prima.

Gli occhi della maga si posarono sul cavaliere, illuminato parzialmente dal focolare che si stava piano piano spegnendo. Sentì una stretta al cuore quando guardando i suoi vivaci occhi li vide persi in un punto indefinito e la mano accarezzare meccanicamente la coda di Albedo, che acciambellata intorno a lui, la usava come seduta per il suo cavaliere. Una lacrima cadde dagli occhi del ragazzo, la luce del focolare evidenziava il riflesso del suo passaggio, facendole intuire che quella non fosse l’unica lacrima che era caduta silente. Spostò gli occhi su Albedo sentendosi osservata. Il drago albino la fissava con i suoi occhi scarlatti, come se le volesse dire qualcosa. Soana vedeva in loro la solita diffidenza che vedeva negli occhi di Gaart, ma stavolta, invece che ringhiarle contro, Albedo spostò la sua enorme testa dal lato opposto rispetto a Samael, indicando alla maga di avere il permesso di avvicinarsi. Soana si fece avanti sedendosi sulla sua coda accanto al giovane. Samael cercò subito di nascondere le lacrime, asciugandole.

“Le persone e i veri guerrieri piangono, non ti devi nascondere” disse lei, ricordandogli quella lezione che lui sperava di aver insegnato a Nihal e che non stava più seguendo.

“Tanto non riesco a fermarle…” rispose il ragazzo con voce tremula, provando ad asciugare inutilmente l’ennesima lacrima che scivolò sul volto. Poi guardò di scatto Soana come se avesse realizzando in quel momento che la donna gli avesse rivolo la parola. Abbassò di nuovo lo sguardo.

“Non l’hai mai pianto in questi tre mesi, vero?” Lui scosse la testa.

“Con quale diritto…? È morto per colpa mia… hai perso il tuo uomo per colpa mia…”

“Tu credi veramente che mi sia arrabbiata per questo? Perché ti ritengo responsabile?”

“Per cos’altro altrimenti?” la voce di Samael era sempre più fievole. Soana si alzò con fare quasi seccato e a passo deciso tornò in tenda, quando uscì Samael riconobbe la sacca di pietre presa, riconobbe la formula e la disposizione. Ricordava bene i gesti di Soana e le parole che già una volta aveva pronunciato.

Per l’aria e l’acqua, per il mare e il sole, per i giorni e le notti, per il fuoco e la terra, invoco te, spirito supremo, perché l’animo del mio discepolo sia temprato dalle lingue del tuo fuoco” La fiamma dell’incantesimo divampò alta. Guardò il ragazzo ridotto in pezzi davanti a lei, puntando le sue iridi nere nelle sue.
“Metti la mano nel fuoco, Samael” Il ragazzo scosse la testa ma obbedì sentendo il calore delle fiamme magiche.

“Credi davvero di essere responsabile della-” si bloccò un istante trattenendo una lacrima. Mai avrebbe pensato di dover dire quella frase “-della morte di Fen?”

“Sì…” la mano rimase intatta.

“Sei precipitato prima o dopo di lui?”

“Prima… per evitare un colpo di catapulta” la mano era ancora intatta, lambita dalle fiamme.

“Potevi evitare quel colpo senza precipitare?”

“No… mi hanno anticipato il movimento…”

“Potevi tornare subito in volo e aiutarlo?”

“No… ho sbattuto la testa e sono svenuto…” Samael chinò la testa e le lacrime continuarono a cadere in silenzio, ma la mano era sana. Sentì Soana battere le mani e la fiamma si spense.

“Smettila di darti colpe che non hai allora. Fen conosceva i rischi. Non è stata colpa tua” disse seria l’ex-consigliera, mentre riprendeva le pietre mettendole via. Samael rimase in silenzio con la testa bassa. Soana si sedette di nuovo accanto a lui.

“Perché hai aspettato tre mesi per dirmelo? Io avevo il diritto di saperlo subito. Perché sei venuto qui solo adesso?” gli chiese la donna. La freddezza di tre giorni prima e l’assertività precedente erano scomparse, lasciando spazio ai suoi veri sentimenti: delusione, tristezza, dolore.

“Perché sono un cretino… e un vigliacco… ho avuto bisogno di litigare con Nihal per capirlo…” rispose con un filo di voce capendo finalmente il vero motivo di quel silenzio “Avevo paura di come avresti reagito… di perderti perché quando Fen volava con me io lo proteggevo…e quando ha avuto bisogno non c’ero…”

“Samael, smettila. Non puoi flagellarti per una cosa su cui non hai alcun controllo. Fen non avrebbe voluto vederti così e non avrebbe voluto vederti volare terrorizzato” Soana prese un respiro, notando che Samael non riusciva a guardarla. Allungò la mano verso la sua stringendola. Il ragazzo ricambiò la stretta portandosela alle labbra e dandogli un bacio sul dorso, solo per essere accarezzato sul viso. Fu allora che volse la testa e lo sguardo verso Soana, scorgendo le lacrime della maga che ribellandosi alla sua volontà le scesero lungo il volto.

“Era ancora vivo quando io e Nihal lo abbiamo trovato e-e non siamo riusciti…” si bloccò inspirando forte per sforzarsi di non esplodere nel pianto.

“Samael, basta…! Io non ti ritengo responsabile della sua morte. Se fosse qui sai bene che anche Fen te lo direbbe” gli disse provando a mantenere salda la voce che lentamente si stava rompendo.

“Lui mi ha detto migliaia di volte che volo in modo sconsiderato, che volo in modo troppo imprevedibile anche per i suoi alleati a volte, che dovevo imparare a seguire i piani, che prima o poi mi farò ammazzare così… e invece ho fatto ammazzare lui… e quando l’ho trovato era troppo tardi…” Il pollice delicato di Soana gli asciugò l’ennesima lacrima che gli rigò il volto. Samael non spostò la testa e tenne stretta quella mano gentile che lo accarezzava con dolcezza come se fosse l’ultimo appiglio alla vita.

“Fen diceva anche che avrebbe voluto avere il coraggio di volare libero come te” e Samael ebbe un tuffo al cuore “Diceva tutto quello, è vero, ma lo diceva perché si preoccupava per te” seguirono alcuni secondi di silenzio in cui Sona asciugò a sua volta una lacrima dal suo volto per poi girarsi sul posto verso Samael e prendergli il viso tra le mani “Fen ti amava come un fratello, Samael, e amava volare con te… Dei! Quanto lo amava… tu sei stato il suo orgoglio più grande… Fen era fissato con le regole e ti rimproverava dicendoti di seguirle perché era suo dovere insegnarti quelle cose, ma non hai idea di quanto tu abbia insegnato a lui. Se fosse sopravvissuto, avrebbe continuato a volare con te così come sei: libero, coraggioso e imprevedibile. Lui non avrebbe voluto vederti così… ma librarti nel cielo un tutt’uno con Albedo” Soana fece una pausa prendendo un respiro per fermare le lacrime che avevano ripreso a cadere anche dai suoi occhi. “Fen avrebbe sempre volato con te… Gli mancavi sul campo di battaglia perché sei l’unico che ha davvero il coraggio di fare ciò che è necessario… davanti agli altri seguiva le regole, ma non ti avrebbe mai impedito di essere te stesso. Se c’è qualcuno che avrebbe seguito fino in capo al mondo, quello sei tu” Samael abbassò di nuovo la testa per nascondere il viso, senza toglierla dalle mani della maga che si fece più vicina e gli posò un bacio sulla fronte, asciugandogli nuovamente le lacrime. Posò la fronte alla sua.

“Prima che partissimo entrambi… Fen e io abbiamo avuto modo di parlare. Non sappiamo quanto questa guerra durerà ancora, ma la vita continua ad andare avanti e noi non diventiamo di certo più giovani…” disse Soana con la voce che iniziò a tremare “Stavamo pensando di ufficializzare le cose… sposarci e avere un figlio…” sorrise triste al ricordo, sentì Samael trattenere un singhiozzo. “Avevamo già deciso come chiamarlo se avessimo avuto un maschio…”

“…come volevate chiamarlo…?” rispose con un filo di voce.

“Eh…” Soana sorrise triste “Come volevamo chiamarlo, Samael?” lì la voce della donna che sempre si mostrava enigmatica e imperscrutabile cedette, rompendosi e lasciando libero il pianto quando anche il ragazzo a quella notizia la strinse forte al petto abbracciandola e finalmente piangendo suo fratello insieme a Soana dopo tre lunghi mesi.

Si sentì libero.
  

 
Quando Sennar giunse alla base per vedere Nihal l’accoglienza di quest’ultima fu gelida. Doveva parlarle. Sarebbe presto partito per andare a chiedere rinforzi nel Mondo Sommerso. Una missione suicida da cui non sapeva se sarebbe mai tornato. Aveva bisogno di vedere la sua amica un’ultima volta prima di partire per forse non tornare mai più. Quando arrivò tuttavia la prima cosa che sentì furono due donne della base spettegolare proprio su Nihal e Samael. Solo sentirlo gli diede fastidio. Non capiva come Nihal fosse così legata ad un uomo tanto incosciente e menefreghista. Temeva che anche lei fosse caduta vittima del suo fascino. Ogni volta che sentiva parlare di lui non si faceva altro che dire di quanto fosse bello e forte e Nihal era una bella ragazza, era certo che ci avesse provato anche con lei. Se solo sapessero chi è veramente quell’uomo.  Pensava Sennar ogni volta. Temeva che Nihal avesse visto in lui qualcosa che in realtà non c’era e il bisbigliare che aveva sentito non gli piacque affatto. Si spettegolava su una relazione tra la sua amica e l’arrogante bastardo, in virtù del fatto che la mezzelfo fosse stata vista più volte andare nella sua tenda la sera e uscire all’alba con lui. L’idea che Nihal potesse aver passato la notte insieme a quell’uomo fu per lui un pugno nello stomaco. Sperava non fosse vero, di certo Nihal aveva una spiegazione. Non voleva credere che anche lei avesse ceduto al fascino del bellimbusto.

“Dove posso trovare Nihal?” chiese ad uno scudiero, non trovando la mezzelfo.

“Quella furia scatenata? Sarà di sicuro dal suo drago. Bella coppia di svitati quei due! Da quando se ne è andato il figlio del Supremo Generale è ancora più intrattabile del solito”

“Che vuol dire che se ne è andato?” chiese Sennar improvvisamente attento “Era stato mandato qui come punizione dalla corte marziale”

“Sì, ma pare abbia rotto con Nihal e abbia chiesto una licenza. Lei è intrattabile da allora” Sennar era incredulo.

“Aspetta, che vuol dire che ‘ha rotto con Nihal’ ?” chiese cauto, temendo la risposta.

“È palese che quei due fossero amanti, lo sanno tutti qui” rispose lo scudiero. Sennar non volle sentire altro. Andò a cercare Nihal dicendosi che sicuramente non fosse così, che Nihal non fosse così sciocca da cedere al fascino di un bellone che di cavaliere aveva solo il titolo e il drago. Era un ottimo guerriero, ma era una pessima persona. Quando la trovò Nihal lo trattò con distacco. Non gli saltò al collo, non gli sorrise. Se al suo posto ci fosse stato un altro sarebbe stato uguale. Nihal però non era più abituata a mostrare affetto. Continuò a porgere la carne al drago che osservava il mago con diffidenti occhi scarlatti.

Passeggiarono per l’accampamento e Nihal gli raccontò dei progressi che aveva fatto con Oarf e del fatto che fosse riuscita a cavalcarlo, tacendogli però la reazione del maestro. Era ancora arrabbiata con Ido. Non si parlavano da giorni e l’allenamento era ancora sospeso. Sennar però si era fatto taciturno, soprattutto quando Nihal non menzionò mai Samael. Lo trovò strano e la cosa gli diede da pensare. Se davvero non c’era stato niente tra i due perché Nihal non gliene parlava come faceva in Accademia che stravedeva per lui. DI conseguenza tutti i tentativi di conversazione di Nihal caddero nel vuoto.

“Insomma, Sennar, che c’è?” chiese infine

“Ti fa davvero piacere che sia venuto?”

“Che domande sono? Certo che mi fa piacere”

“Era tanto tempo che non ci vedevamo e … Non so, Nihal, Sento che non hai più bisogno di me o di nessuno. Hai trovato un modo di vivere senza dipendere dagli altri e non so se questo atteggiamento mi piace. Anzi, non mi piace per niente.”

Nihal lo guardò con freddezza “La mia vita è affar mio, se non ti dispiace.”

“No, la tua vita è anche affar mio, di Soana e di tutti quelli che ti vogliono bene. Io non ti riconosco più, Nihal” quelle parole la colpirono come uno schiaffo in faccia. Fu in quel momento che Nihal capì che Sennar, il suo amico, l’amico che l’aveva sempre capita in realtà non avesse capito nulla di lei. Credeva che Sennar la vedesse come un guerriero forte e indipendente, invece ora era chiaro che il suo amico l’avesse sempre vista come una ragazza la cui unica differenza delle altre era la passione per le spade e i tratti elfici. Ma quell’ultima frase fu la goccia che fece traboccare il vaso arrivato all’orlo quando disse che non gli piaceva la sua trovata indipendenza. Un vaso che da troppo tempo non faceva altro a riempirsi.

“Si può sapere che ti prende? Ti rendi conto di quello che dici? Che cosa avete tutti contro di me?! ‘Non odiare’ , ‘così non va’, ‘non sei più te stessa’! Solo questo sapete dirmi. Ma tu sei forse nella mia testa? Sai quello che penso o provo? No! Allora sta’ zitto e non parlare di cose che non sai! Credi di conoscermi tanto bene, ma la verità è che Samael, uno sconosciuto che è piombato nella mia vita da malapena un anno, mi conosce meglio di te con cui sono cresciuta insieme!”

“Dannazione, Nihal! Samael è un uomo pericoloso! È un fuorilegge mancato, se ne frega dei compagni e della gerarchia! Una volta cavaliere ti userà come una pedina in uno dei suoi piani suicida!”

“Per lo meno Samael rispetta i miei spazi e non ha bisogno che io mi appoggi a lui per sentirsi importante, visto che è sempre stato il primo a spingermi per diventare padrona di me stessa!” gli ringhiò contro Nihal “Non ti piace la mia indipendenza? Mi dispiace, ma devi fartela andare bene! Io non sono un delicato fiorellino che ha bisogno del migliore amico più grande che la tenga al sicuro! Se la mia indipendenza ti disturba, se il fatto che io sia cresciuta e non abbia più bisogno dell’amichetto d’infanzia che mi tiene la mano ti da fastidio, allora forse il problema è il tuo, Sennar! Forse non ti piace perché, al contrario di Samael che critichi tanto senza sapere niente, sei tu ad avere bisogno che io sia dipendente da te per sentirti bene con te stesso!”

Tra i due ragazzi cadde un pesante silenzio. Sennar si era sentito prendere a pugni in faccia. Abbassò gli occhi.

“Devo partire. Non so quando tornerò”

Nihal rimase interdetta. “E dove vai stavolta?” chiese sottovoce

“Nel Mondo Sommerso a chiedere rinforzi” Nihal ci mise un po’ a capire cosa le stesse effettivamente dicendo.

“Stai parlando del continente perduto?”

“Sì”

“Perché tu?”

“È stata una mia proposta”

“Capisco” tirò un calcio ad una pietra. “Bene. Fa un po’ come vuoi” si voltò e tornò a grandi falcate verso la scuderia. Era stanca di rivivere quella scena. Quante volte era successa con Sennar? Mille. Arrivava, rimaneva una giornata, prometteva che si sarebbero sentiti e poi spariva per mesi. Soana era partita, Samael era partito per cercarla. Sembrava essere destinata a vedere tutti coloro che amava morire o allontanarsi da lei. Per lo meno Samael era ottimista, ma non prometteva mai un ritorno, quando partiva non le dava mai certezze se non era sicuro di potergliele dare. Era onesto. Da Sennar adesso si sentiva presa in giro.
Quando Sennar la raggiunse prendendola per un braccio per costringerla a voltarsi, supplicandola di dargli una qualche indicazione su quello che provasse davvero, Nihal agì d’impulso, come in battaglia. Sguainò la spada.

Il tempo si fermò e per la prima volta Nihal lasciò cadere la lama a terra, come il rivolo di sangue sulla guancia del mago che silenziosa fece contatto col terreno. Aveva ferito Sennar, che innumerevoli volte l’aveva aiutata, protetta e curata. Sennar il suo migliore amico. “Sennar… io…”

Il mago sorrise con amarezza “Va bene. Parto con un ricordo di te che non mi abbandonerà” Si sfiorò il taglio con le dita. “Torna a vivere, Nihal. Fallo per te. O magari per Fen, che ora non c’è più e che tu ami tanto… anche se pare che il letto di Samael ti abbia consolata subito... mi hai davvero deluso” Sennar si allontanò senza mai guardarsi indietro. Nihal non reagì. Quelle ultime parole la ferirono come non mai, ma era troppo sconvolta per quello che aveva fatto per arrabbiarsi. Per la prima volta da mesi pianse.
 
 
 
Samael non lasciò il fianco di Soana per due settimane. Quello che dovevano dirsi se lo erano detto, ma nessuno dei due era pronto lasciare l’altro. La maga si concesse di sospendere il suo viaggio e rimanere accampati lì per quel tempo. Samael si sentì liberato da un enorme peso dopo aver parlato con lei, ma sapeva che non poteva lasciarla sola adesso. La sentiva la notte piangere in silenzio nella sua tenda, ma rispettava il suo dolore e il suo orgoglio, abbracciandola solo una volta uscita dalla tenda, cercando di dissimulare. Soana sapeva che lo avrebbe trovato lì pronto ad accoglierla e darle quel conforto di cui aveva bisogno in quel momento di lutto.

Il ragazzo provava a distrarla parlandole di Nihal, dei suoi progressi e del tempo che passavano insieme, omettendo il dettaglio dei loro baci, finché Soana non gli chiese chiaramente se ci fosse dell’altro che le stava nascondendo. Aveva notato una luce diversa nei suoi occhi e ne era felice per lui e per sua nipote.

“Sì. Nihal e io… ci siamo baciati un paio di volte, ma Nihal non sa che cosa vuole e, come hai detto tu stessa, non sto diventando più giovane” disse Samael.

“Non citare le mie frasi da vecchia quando non ne hai motivo, non hai neanche trent’anni” rispose Soana accennando un sorriso.

“No, ma ventisei li ho fatti quasi due settimane e mezzo fa, ci sto andando verso i trenta” fece lui mimando l’espressione “Comunque non era per dire ‘sto diventando vecchio’, era per dire che sono adulto e ho idee precise per un futuro con una compagna. Nihal è speciale e le voglio dare tempo per capire che cosa vuole lei dal suo futuro e se vuole me come eventuale compagno, ma non ho nemmeno intenzione di aspettare per sempre. Questo l’ho messo ben in chiaro con lei”

“Bene” Soana si fece seria “Samael…”

“Se le spezzo il cuore mi tiri una palla di fuoco in faccia. Lo so”

“Bravo. È pur sempre mia nipote” Soana sorrise per un momento in modo sincero e rilassato “Spero che riusciate a capirvi. Sono contenta che abbiate legato così… da quanto mi ha raccontato Fen, vi fate del bene a vicenda” Sorrise anche Samael.

“Già… certo, bisticciamo spesso e se litighiamo lo facciamo anche abbastanza pesantemente, ma alla fine ci vogliamo bene. Non so se evolverà in altro il nostro rapporto, ma bene ce ne vorremmo sempre. Di questo ne sono certo”

L’argomento relazioni durò quanto quella conversazione. Quando l’istinto da zia apprensiva fu appagato, passarono oltre e non tornarono più sull’argomento. Alla maga avrebbe fatto male, lo sapevano entrambi.

Quando Soana si sentì pronta a riprendere il viaggio da sola, Samael ripartì. Si scambiarono un ultimo lungo e affettuoso abbraccio, poi Soana si incamminò e Samael montò su Albedo per tornare alla base. Anche lui era pronto a tornare il cavaliere che era sempre stato. Non avrebbe deluso Fen e non avrebbe deluso Soana, ma soprattutto non avrebbe deluso Nihal.

Riprese il viaggio con decisione. Albedo finalmente sentì sulla groppa la presenza del suo Samael e ne fu felice come non mai. Il ragazzo lo sentì e accarezzò il suo drago. Era stato anche grazie a lei se lui si sentiva pronto a riprendere la sua ricerca.
 
  
 
Nihal era stanca di stare a non fare niente. Dopo due settimane dalla partenza di Sennar andò da Ido per chiedergli di riprendere gli addestramenti, solo per vederlo lucidare la propria armatura e scoprire che stava andando in battaglia senza di lei. Ido voleva che Nihal si disintossicasse dal bisogno di combattere. Voleva che prendesse del tempo per riflettere.

“Anche per te c’è posto in questo mondo, un posto in cui tu possa sentirti a casa” le aveva detto, ma Nihal non capiva. Non voleva capire, ormai in preda alla rabbia e la frustrazione. Ido non si fece commuovere dalle sue lacrime di coccodrillo e non andò a cercarla quando si andò a chiudere nella stanza che finalmente le era stata assegnata.

Nihal ignorò la sua volontà. Si preparò per la battaglia e si infiltrò tra le fila dei compagni. Quando si lanciò all’attacco il campo era già coperto di cadaveri. I fammin sembravano spuntare fuori dal nulla e moltiplicarsi. Le parve di andare a vanti da sola, senza la linea di compagni al seguito. Avanzava con odio, liberando tutta la sua rabbia e foga nei colpi. Continuava a colpire e menare fendenti in ogni direzione mentre il sangue le arrossava l’armatura. Poi una pioggia di frecce che venne ignorata di Nihal che non prestava attenzione ai dintorni. La sua mente era vuota, non c’era Sennar, non c’erano i morti, non c’era la sua missione. C’era solo il cozzare delle armi e il sangue dei caduti. Persino il dolore fisico sparì, tanto che non si accorse delle lame nemiche che violavano la sua carne. Ignorò l’urlo della ritirata, continuando ad avanzare, mentre gli altri guerrieri arretrarono lasciandola sola. Un colpo le fece volare via l’elmo e la sua identità venne svelata anche ai fammin che riconobbero in lei un mezzelfo. Le creature la soverchiavano, ridendo della facile preda che stava per soccombere a causa del numero troppo grande di nemici. Iniziò a perdere il controllo dei movimenti e in poco tempo era talmente piena di ferite che una gamba iniziò a cedere. Si accorse di una ferita grave alla coscia che la fece cade in ginocchio.

Vide la sua fine. Non avrebbe rivisto Samael… Samael… cosa avrebbe pensato di lei? Che era morta come una stupida e se ne sarebbe fatto una colpa… aveva fatto una promessa a Soana. Era andato da lei per voltare pagina e Nihal stessa gli aveva impedito di mantenere quella promessa.

Ido non l’abbandonò, bruciando i fammin e caricandola su Vesa per portarla via.

Passò un’altra notte in cella.

Due giorni dopo l’esercito tornò sconfitto alla base con centinaia di caduti e feriti.

Ido era livido. Non lo aveva mai visto così arrabbiato con lei. Nella discussione che seguì ogni parola fu una stoccata precisa nel cuore della ragazza che non voleva più ascoltare. Non voleva ammettere a sé stessa di aver deluso tutti, di essere caduta in un baratro senza fine.

“Cosa distingue i nostri eserciti da quelli del Tiranno?” le urlò lo gnomo.

“Che… noi combattiamo per la libertà…” balbettò Nihal non trovando risposta.

“Non te lo sei mai chiesto, vero?” ghignò Ido “Eh, già! Per te conta solo la tua vendetta!”

“Non è vero!” negò Nihal, urlando a sua volta.

“Zitta!” gridò Ido balzando in piedi e puntandole un dito contro “La differenza tra noi e loro è che noi combattiamo per la vita. La vita, Nihal! Quella che tu hai dimenticato perché non consideri importante e che neghi con tutte le tue forze. Combattiamo perché tutti abbiano diritto di vivere la loro vita su questa terra in pace, affinché ognuno possa decidere cosa fare della sua esistenza, perché nessuno sia schiavo. Combattiamo per la gente che ha ballato con noi in piazza, per il mercante che ci ha ospitato, per le ragazze che amoreggiavano con i nostri soldati” la fissò negli occhi “Combattiamo per poter dare il primo bacio ad una persona che ci offre di vedere la vita con altri occhi e viverla con qualcuno” fece una pausa vedendo chiaramente negli occhi della ragazza il bagliore di chi avesse capito perfettamente a chi stesse facendo riferimento “E combattiamo con la consapevolezza che la guerra è orribile, ma che se non lo facessimo il mondo che tanto amiamo andrebbe distrutto! Non è l’odio che ci muove, ma la speranza che un giorno tutto questo finisca. L’odio è quello del Tiranno!”

Ido si risiedette di schianto e abbassò la voce “Non hai ragione di stare qui. Non sai nemmeno perché combatti. L’unica cosa che sai è che vuoi morire”

“Non è vero! Io non sono così!” urlò Nihal

“Sai perché baciare Samael ti ha spaventata così tanto? Perché tu hai paura di vivere. Non mi interesso perché sono fatti vostri, ma non sono cieco, Nihal. Dici di non sapere cosa vuoi, che questo non è il momento, che sei un guerriero e basta, ma come ti piaceva andare a dormire accoccolata a lui, eh? Come ti piaceva fargli i grattini mentre ve ne stavate romanticamente appollaiati sulla torre diroccata! E come gli sei corsa dietro quando ti ho detto che se ne stava andando! Tu sai perfettamente di provare dei sentimenti per lui e ne hai paura perché lui ricambia. L’amore prima o poi arriva per tutti e per te sembra essere arrivato adesso, ma tu hai paura di esplorare questa strada perché vorrebbe dire affrontare la vita. Ma tu non vuoi vivere. Tu scendi in campo con la speranza che arrivi un fendente per far finire tutto e sollevarti dalla responsabilità di affrontare la tua vita. Credi che ci voglia coraggio per morire? Morire è facile. Vivere richiede coraggio. Samael dovrebbe essere stato un esempio per te in questo, visto che nel momento in cui ha capito, ha alzato il culo per chiedermi una licenza e andare ad affrontare la sua vita per andare avanti. Quello richiede coraggio, hai avuto un esempio davanti, ma sei talmente fossilizzata nella tua voglia di morire che hai fatto finta di niente. Tu sei una codarda, Nihal!”

Ogni parola fu un fendente nel cuore che colpì senza pietà. Ma erano tutte parole vere che la ragazza non voleva ascoltare. Si mise le mani sulle orecchie pur di non ascoltare lo gnomo che a parole continuava a colpirla con la crudele verità delle sue azioni.

“Qui non c’è posto per te. Tu vuoi solo morire e uccidere. Non sei una guerriera, sei solo un’assassina. Se cerchi un posto dove uccidere è nell’esercito del Tiranno. Hai scelto tu di diventare una macchina di morte: va’ insieme ai tuoi simili”

Quella fu la stoccata finale che fece esplodere Nihal nel pianto. Gli urlò dei suoi incubi, delle visioni che la tormentavano, delle anime che le chiedevano vendetta. Ido a quel punto si addolcì vedendo davanti a sé una ragazza in pezzi, che non sapeva più a cosa appigliarsi e negava così tanto la vita da non notare che un motivo tangibile lo aveva ed era lo stesso motivo che aveva acceso la crisi in lei.

“Ho visto morire mio padre, e poi Fen. Io lo amavo, Ido, o almeno così credo. Era lui che mi legava ancora a questo mondo, che mi dava una ragione per vivere. Dopo mi è rimasto solo l’odio. Nient’altro” disse piangendo, mentre Ido l’abbracciava come un padre.

“Se Fen lo amavi ed era l’unica ragione per vivere, allora Samael cos’è? Vuoi dirmi che non hai un legame speciale con lui e l’hai preso in giro?”

“No! Io gli voglio bene! Io… io ho paura di perderlo e forse di averlo già fatto…” sentì Ido accarezzarle la testa.

“Non è nell’odio che troverai una risposta. Per combattere bisogna avere un’ideale, uno scopo. Non è facile trovarlo e perseguirlo, ma una vita con una lotta senza ideali non ha significato”
 
 
  
Samael corse come non mai. Era atterrato per cacciare e aveva dovuto lasciare Albedo in una radura fuori da un bosco. I fammin erano sbucati fuori dal nulla. Ne uccise molti, ma sembravano moltiplicarsi e non finire mai. Da solo non ce l’avrebbe mai fatta. Era esperto, era resistente, ma stavano diventando troppi. Doveva tornare da Nihal e portare le informazioni a Ido. L’unica era la fuga. Non poteva chiamare Albedo, non sarebbe stata in grado di atterrare senza farsi male. Corse, corse a perdifiato. Corse sotto la pioggia che aveva iniziato a cadere poco prima dell’attacco. Il peso dell’armatura tra uno scontro e l’altro e la corsa nella fanghiglia iniziavano a farsi sentire.
Parò un fendente, schivò il colpo e mozzò la testa ad un fammin per poi trafiggerne un altro. Riprese la corsa. Albedo era vicina e irrequieta, tenuta fuori dalla vegetazione. Non poteva nemmeno fare fuoco o lo avrebbe ucciso. Doveva aspettare lui. Ruggiva per richiamarlo, mentre i fammin lo assalivano sempre più numerosi.

Samael sentì una lama trafiggergli la spalla.

Albedo ruggì impotente.

Riprese a combattere per la sua vita.

Riprese a combattere per tornare da Nihal.
 
  
 
La ferita sulla gamba di Nihal si rivelò essere superficiale, ma aveva iniziato ad infettarsi. Ripensò a Samael e tutte le volte in cui l’aveva curata. Avrebbe voluto che ci fosse lui in quel momento a curarla e a farle l’ennesima ramanzina. Sarebbero comunque state ore meno buie.

Ido le volle parlare.

Le offrì una licenza.

“Non ti sto cacciando, ragazza. Ma non ha senso che tu al momento rimanga qui. Voglio che ti prenda del tempo per te. Se non vuoi, non ti obbligherò a partire, ma se vuoi trovare le ragioni di quello che fai, credo che tu debba andartene” le disse.

“Io ho bisogno di qualcuno, Ido. Da sola non ce la faccio”

“E’ una bugia e lo sai: sei forte e ce la farai. Io non posso aiutarti più di così. Sei tu che devi scegliere: vuoi questa licenza?”

“Potrò stare via quanto voglio?”

“Tutto il tempo che vorrai. Io ti aspetterò”

“E Samael?”

“Quando tornerà gli parlerò io. Se ti vuole bene veramente ti darà spazio”

Nihal annuì.

Partì la notte stessa. Salutò Oarf, lasciò una lettera a Ido, prese un cavallo e se ne andò.

Era ora di capire cosa desiderasse davvero.
 
 
 
Samael era stremato. La sua armatura bianca continuava a sporcarsi di sangue e a lavarsi con la pioggia. Aveva lasciato una scia di cadaveri lungo tutto il percorso di fuga. La spalla gli mandava fitte di dolore lancinanti che gli debilitavano dei movimenti. Un fammin gli saltò addosso insieme ad altri due. Uccise il primo, ma il secondo lo atterrò venendo trafitto dalla spada, ma il terzo gli colpì il fianco.
Samael liberò la spada e con un fendente uccise anche il terzo. Provò a rialzarsi, ma non ce la faceva più. Un quarto fammin attaccò. Samael parò il colpo ma un quinto gli trafisse la schiena.

Il cavaliere cadde a terra, nel fango.

Erano troppi anche per lui.

Sarebbe morto.

Sentì il ruggito disperato di Albedo e il suono degli alberi che si schiantavano. Poi una fiammata e il drago albino che si lanciò all’attacco sui fammin subendo più colpi dalla natura circostante che dai mostri che l’attaccavano. Albedo continuò ad artigliare, mordere e uccidere senza mai fermarsi, incurante del dolore.

La vista del ragazzo si fece sempre più buia.

Albedo fu sopra di lui poco dopo e lo prese delicatamente nella zampa. Senti la volontà del drago di portarlo via da lì.

Riportami da Nihal

E poi il buio.
  

 
Quando Nihal riaprì gli occhi, la prima cosa che percepì fu la morbidezza delle coltri nella quale era avvolta. Spalancò gli occhi. Su di lei era chino un volto infantile, vicinissimo, con due grandi occhioni azzurri e capelli bruni arruffati.

“Mamma! Mamma! Si è svegliata!”

L’urlo del bambino le rimbalzò nella testa dolorante. Le riaffiorarono alla mente i ricordi. Dopo qualche giorno di viaggio aveva salvato un bambino da un attacco dei lupi. Jona si chiamava. Era rimasta ferita, ma lui stava bene e lo aveva accompagnato a casa. Poi era svenuta.

Nihal sbattè le palpebre, infastidita dalla luce.

“Jona, togliti da lì! Lasciala respirare!”

Nel campo visivo della ragazza apparve una figura di donna: era giovane e formosa, mora come il bambino, ma con brillanti occhi verdi e un bel viso cordiale. Ma dove sono finita?

“Come ti senti?” Aveva una voce melodiosa e c’era una nota di sincera preoccupazione in quella frase.

“Male…” sussurrò Nihal

La donna sorrise “E’ normale: le ferite erano gravi e avevi la febbre alta…” fece una pausa “Non so come ringraziarti per aver salvato mio figlio: ti sono immensamente riconoscente…”

“Non c’è bisogno di ringraziarmi…” mormorò Nihal sofferente. La donna se ne accorse e riprese a parlare a voce bassa.“Hai avuto la febbre tutto ieri, poi stanotte è calata. Ti ho curato la ferita al braccio con qualche erba. Hai perso molto sangue, ma adesso va tutto bene. Ora dormi. Ne hai bisogno” Nihal non se lo fece ripetere due volte.

Si svegliò all’ora di pranzo perché la casa si riempì di un profumo delizioso. Era un odore che aveva già sentito. Sembrava una zuppa di carne, ma c’era un odore in più strano. Era sicura di aver già sentito quell’odore. Era una spezia particolare. La donna tornò da lei con un vassoio con una scodella e del pane. Quando mangiò Nihal era certa di aver già mangiato quella zuppa da qualche parte. La donna fu gentilissima. Aiutandola a mettersi seduta, portandole il pranzo e mettendola al corrente di dove fosse la sua spada e che le avesse lavato i vestiti, prestandole una camicia da notte nel frattempo.
Nihal si sentì in imbarazzo per la sua gentilezza. Mangiò in silenzio, mentre la sua ospite mandò il figlio a fare il sonnellino pomeridiano. Doveva andarsene da lì e in fretta. Doveva stare il più lontano possibile dalla guerra. Rimanere era pericoloso.
La donna la osservò per un po’ prima di presentarsi

“Io sono Eleusi. E tu?”

Nihal si paralizzò collegando i puntini in un attimo.

Zenzero. Ecco la spezia! Quella zuppa l’aveva cucinata Samael mentre si dirigevano a Theoron.

La casa era a pochi giorni di marcia dalla base e l'Accademia.

Era finita in casa del primo amore di Samael.

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Capitolo 14
*** Scherzo o Dono? ***


“Io sono Eleusi, e tu?”

Dannazione… se il Fato pensa di fare lo spiritoso, non lo è… e adesso? La ragazza prese il silenzio imbarazzato di Nihal per diffidenza.

“Non devi dirmelo se non vuoi…” disse affrettandosi a colmarlo. Nihal posò momentaneamente la zuppa e strinse la mano che la giovane donna le porgeva.

“Nihal”

“Che strano nome. Non è di queste parti. Da dove…?” Nihal abbassò lo sguardo. Non poteva stare lì. Di tutti i posti era finita a casa dell’unica donna che Samael avesse mai amato. Si ricordava bene il racconto. Si volevano sposare. Se non fosse stato per Raven la ragazza che ora la stava curando sarebbe stata sua moglie e il bambino suo figlio. Non poteva restare lì.

“Ti ringrazio molto per tutto quello che hai fatto per me…” disse iniziando ad alzarsi, ma la ragazza la fermò.

“No, aspetta. Scusa se sono stata invadente. Volevo solo parlare un po’…” disse aiutandola a mettersi più comoda. “Ascolta, almeno per una settimana non sarai in grado di rimetterti in cammino. Sei reduce dalla febbre e si è riaperta la ferita che avevi sulla gamba. Ho dovuto metterti dei punti…”

Giusto…è una guaritrice… pensò Nihal. Samael le aveva detto che fosse una guaritrice. Era così che l’aveva conosciuta. Una volta alla base, passando vicino all’infermeria, aveva sentito gli strilli di un soldato mentre veniva ricucito. Si era detta che avrebbe preferito morire piuttosto che farsi sottoporre ad una cosa del genere. Poi si ricordò che Samael si era volontariamente sottoposto a quella cosa pur di avere una scusa per parlare con la donna davanti a lei.

“Sei una sacerdotessa?” chiese fingendo di non sapere nulla.

“No, lo era mio padre e mi ha insegnato. Però ti è andata bene, sono molto ricercata come guaritrice!” scherzò lei. Nihal aveva finito di mangiare e notandolo Eleusi le chiese se avesse ancora fame, data la foga con cui aveva finito la zuppa, e al suo annuire le portò una mela, del formaggio e un po’ di frutta secca. Si sentì in imbarazzo a non poter offrire di più alla sua ospite, ma l’annata era stata molto magre. Per Nihal fu più di quanto pensasse di meritarsi.
Eleusi si sedette sulla cassapanca sotto alla finestra, lì vicino a lei.

“Quando ero piccola andavo sempre a giocare nel bosco. I lupi non attaccavano mai gli uomini, solo qualche pecora, ma raramente. Ora invece la guerra li scaccia dai loro territori e hanno cominciato a diventare aggressivi. È la quarta volta dall’inizio dell’inverno che attaccano i bambini. Maledetta guerra…”
Nihal aveva ascoltato e finito la mela offertale. Si schiarì la voce.

“Senti, Eleusi… Io ecco… insomma, non voglio occupare il tuo letto. Mi basta un po’ di paglia” La donna scosse il capo.

“Non se ne parla nemmeno! Hai salvato Jona. Darti il mio letto è il minimo” poi prese il vassoio e fece per andarsene.

“Aspetta! Tu sei stata anche troppo gentile. Mi hai curata, mi hai offerto il tuo cibo. Non sai neanche chi sono…” disse imbarazzata. Eleusi però le sorrise.

“Io giudico dalle azioni. E tu non puoi che essere una brava ragazza”
 

I primi tre giorni di convalescenza furono piacevoli. Jona era un bambino chiacchierone, divertente e pieno di curiosità, proprio come aveva detto la madre. Ogni mattina entrava come un ciclone nella stanza per darle il buongiorno. Dopo averlo salvato, il piccolo era rimasto estremamente affascinato dalla spada di Nihal. La tempestava di domande a riguardo. A Nihal venne naturale provare simpatia per quel bambino, tanto che gli permise di prendere quella spada grossa quanto lui, per estrarla e fargliela vedere. Gli spiegò di che materiale fosse fatta e cosa fosse la Lacrima. Jona la guardò con quegli occhioni azzurri che brillavano di interesse, chiedendole di fargli vedere qualche incantesimo. Nihal gli promise che lo avrebbe fatto più avanti.
Eleusi era un’ospite deliziosa. La riempiva di attenzioni e non le faceva mancare niente. Spesso pensò al racconto di Samael e capì come lui avesse potuto innamorarsi così di lei. Era una persona dolce e di una gentilezza più unica che rara. Capendo la sua riservatezza, aveva smesso di fare domande, ma spesso rimaneva a chiacchierare con lei, raccontandole storie della sua vita.

A sua insaputa le riconfermò di essere molto giovane, venne a sapere che aveva perso i suoi genitori poco dopo essersi sposata. Videro nascere Jona e nel giro di un paio d’anni erano passarono a miglior vita per malattia. Venne così a sapere che suo marito era diventato un soldato: combatteva nella Terra del Vento e tornava a casa una volta l’anno per un mese.

“Di solito gli danno la licenza in autunno e viene in tempo per arare il campo, ma a volte ci fa una sorpresa e lo vediamo arrivare in inverno o in estate. Certo, ultimamente non capita spesso… sai, la guerra va male” le disse un giorno. Nihal si stupì.

“E non ti manca? Insomma, non ti dispiace che non ci sia mai?” le chiese. Eleusi esitò a rispondere, guardandosi intorno, per assicurarsi che Jona non potesse sentire e fosse ancora fuori a giocare. Nihal la notò guardarsi la fede al dito.

“Il mio non è stato un matrimonio d’amore, ma combinato” confessò la ragazza. Nihal non disse nulla “Mi sono sposata sette anni fa con un uomo molto più grande di me che non avevo scelto, ma sono stata fortunata. È una brava persona e un buon uomo. Mi ha sempre rispettata ed è stato molto comprensivo per una… situazione” Nihal era certa che stesse parlando di Samael.

“Una… situazione?” chiese, sperando che Eleusi le desse una riposta vaga.

“Prima che la mia famiglia mi promettesse in sposa a lui, io…” la vide arrossire leggermente, imbarazzata “Avevo una relazione con un ragazzo meraviglioso” disse e Nihal notò subito l’accenno di un sorriso, ma notò anche come ben presto quel sorriso si fece mesto ed Eleusi iniziò a giochicchiare con la fede “Prima del matrimonio ho reputato fosse giusto parlargliene e lui lo ha accettato. Anzi si è sentito in colpa per il matrimonio, ma ormai io e quel ragazzo avevamo chiuso, quindi l’ho sposato. Lui si è sempre comportato in modo impeccabile e col tempo abbiamo imparato a volerci bene. È un bravo padre e un bravo marito. Quindi sì, nonostante tutto mi manca” fece una breve pausa “Quando decise di partire, due anni fa, ne abbiamo discusso a lungo, ma era stanco di vedere i suoi amici partire e non tornare più… Quando sono triste mi consolo pensando che combatte perché Jona possa vivere libero. Che futuro può avere nostro figlio con il Tiranno?” le fece un sorriso strano, quasi come se volesse far credere a Nihal che andasse tutto bene, quando era palese che nella sua mente c’erano ben altri pensieri “Io sono orgogliosa di mio marito”

Quelle parole colpirono Nihal. Il compagno di Eleusi sapeva quello che faceva e per chi lo faceva. Aveva qualcuno da proteggere, combatteva per uno scopo. Rispetto a quello sconosciuto, che per suo figlio e sua moglie aveva rinunciato ad una vita tranquilla, si sentì meschina. Le tornarono alla mente le parole di Ido. Perfino Samael che non aveva uno scopo aveva avuto il coraggio di coraggio di risollevarsi e intraprendere i primi passi per rimettere in piedi la sua vita. Venne come fulminata in quel momento, pensando a lui. In quel momento realizzò come da quando si erano conosciuti Samael l’avesse spinta sempre in quella direzione: prendere in mano la sua vita. Non voleva che anche lei finisse come lui.

“A cosa pensi?” le chiese Eleusi, incuriosita da quel silenzio.

“Sei una donna fortunata…” rispose Nihal, ricordandosi chi avesse davanti. Nonostante quell’esperienza aveva comunque trovato una brava persona. Forse non lo amava, ma aveva trovato un equilibrio e una sua serenità. Eleusi sorrise, abbassando lo sguardo con improvvisa timidezza.

“Sì… è vero… Nonostante tutto, sono stata fortunata” le disse con quel sorriso strano e quello sguardo che aveva visto in Samael quando le raccontò la loro storia. Si ricordava bene quello sguardo. Sentì una piccola morsa al cuore, una sensazione che non aveva mai provato prima.

“Ti sei mai chiesta come sarebbero andate le cose se tu e il tuo precedente compagno foste riusciti a sposarvi?” non riuscì a non chiedere. Ad Eleusi scappò una piccola risata.

“Sicuramente sarebbero state più movimentate, poco ma sicuro!” rispose “Però sarebbe stato bello lo stesso. In modo diverso, ma sarei stata felice anche con lui. Lo amavo moltissimo”

“Lo ami ancora?” Che cosa sto facendo?! Perché le sto chiedendo queste cose?! Si disse quando si accorse di aver parlato troppo. Eleusi però le sorrise contenta di quello scambio.

“È stato il mio primo amore e, sai come si dice, no? Il primo amore non si scorda mai anche se passano tanti anni” lo disse con una velata timidezza, sorridendole in modo caloroso. Non era cambiata da come se la ricordava Samael. Era una ragazza dolcissima.

Nihal non chiese altro, la sua risposta così spontanea e così simile a quella di Samael le causarono un’altra stretta al cuore.
 

Nonostante la situazione Nihal ebbe molto tempo per pensare: l’ambiente caldo e raccolto di quella piccola casa la faceva sentire fuori dal mondo, permettendole di riordinare le idee. Non rimuginare sui suoi incubi l’affaticava, ma la vita con Jona ed Eleusi era di grande aiuto. Era la prima volta che vedeva come viveva una vera famiglia. Nella semplicità dei loro gesti, l’affetto genuino che li legava era un qualcosa di completamente nuovo. Non aveva mai respirato quell’atmosfera nemmeno con Livon. Nihal era quasi incantata da Eleusi, scandendo il tempo con le sue occupazioni: riassettare, preparare il pane, andare al mercato, tessere le stoffe che avrebbe venduto. Ricordava che nel piano della loro fuga Samael aveva fatto cenno alla capacità di tessitrice di Eleusi. La sera quando la donna si metteva davanti al camino col figlio in braccio, raccontandogli storie, parlandogli, istruendolo a modo suo cosicché sapesse già qualcosa quando sarebbe andato l’indomani dal saggio del villaggio, la guardava ammirata.

Dunque, è così una brava madre? si chiese più volte, seguita da un altro pensiero che aveva iniziato a farsi sempre più presente Era questo che voleva davvero Samael? Era questa la vita che desiderava e a cui Raven lo ha strappato? Non glielo aveva mai chiesto cosa lui desiderasse davvero. Era questo che aveva immaginato quando chiese la mano ad Eleusi? Una piccola casa vicino al bosco, un figlio vivace e chiacchierone… Si chiese se mai un domani sarebbe stata pronta per un passo del genere.

Tre giorni dopo Eleusi tornò dal villaggio con delle stampelle, quasi più entusiasta di Nihal all’idea che la ragazza potesse riprendere a camminare senza farsi male o riaprire i punti. L’aiutò a tirarsi su e a mettersi in equilibrio sulle stampelle, con Jona che saltellava allegro, vedendo la sua nuova amica in piedi. Nihal arrossì di colpo quando, una volta in piedi notò la lunga camicia da notte caderle fino alle caviglie. Le faceva un effetto stranissimo.

“Che succede?” chiese Eleusi preoccupata.

“Niente, niente, è che…” arrossì ulteriormente “E’ la prima volta che mi vedo in gonna” Eleusi sgranò gli occhi.

“Ma quanti anni hai?”

“Quasi diciotto” ammise Nihal

“E non ti sei mai vestita da donna?”

“Beh… no”

Nihal ed Eleusi si guardarono per un istante, poi scoppiarono a ridere.
 
Poco dopo Nihal era fuori nella neve a guardare estasiata quella coltre bianca che ricopriva il terreno intorno a loro. Madre e figlio la osservavano dalla soglia di casa. Nihal si lasciò avvolgere da quella visione di pace e serenità. Prese un lungo respiro, ma essendo la prima volta sulle stampelle, perse l’equilibrio e cadde in quel manto bianco. Rise e Jona le fu subito addosso, ricoprendola ulteriormente di neve, quando le volò tra le braccia contagiato da quell’allegria. Non c’era la neve nella Terra del Vento e Nihal lo trovò bellissimo.

Passò il resto della giornata ad allenarsi a camminare sulle stampelle, nonostante le proteste di Elusi. Non ne voleva sapere. Si sentiva viva dopo tanta immobilità. Riuscì infine a convincere Eleusi a riprendere il suo letto e insieme fecero un giaciglio per la mezzelfo nel salotto, davanti al camino. Era paglia in un sacco di iuta, ma con delle calde coperte che resero il letto improvvisato molto comodo.

“Non sono ancora d’accordo a farti dormire su un giaciglio così” disse Eleusi con un leggero broncio.

“Hai già fatto tanto per me. Riesco a camminare adesso. Non ti sottrarrò ulteriormente il letto” rispose Nihal con un sorriso divertito.

“Se quella si riapre, tu ritorni nella mia stanza” le disse sorridente, indicandole la ferita sulla gamba.

“D’accordo. Ma starò riguardata, promesso”

“Lo spero, altrimenti ti metto in punizione all’angolino con Jona”

“Ma non ho fatto niente!” brontolò il bambino che stava smangiucchiando un po’ di pane al tavolo.

“Tranquillo, amore, lo so” Jona le fece la linguaccia, Eleusi rispose allo stesso modo, poi rivolse nuovamente l’attenzione a Nihal, che nuovamente era rimasta rapita da quella rapida immagine di famiglia.
 Un ruggito si levò nell’aria e fece calare il gelo nella casa. Jona lasciò cadere il pezzo di pane nel piatto e corse ad abbracciarsi ad Eleusi spaventato.

“Mamma! Cos’era?!” chiese spaventato. Eleusi lo prese in braccio stringendolo a sé per calmarlo.

“Tranquillo Jona, vai nella tua stanza e rimani lì finché non ti chiamo. Va bene?” Nihal la vide subito la paura nello sguardo di Eleusi, che si stava facendo forza per non spaventare ulteriormente suo figlio. La mezzelfo andò diretta alla finestra per guardare fuori e trovare l’imminente minaccia. Mille piani le vennero alla mente per contrattaccare, ma in quelle condizioni ed essendo una non avrebbe mai potuto sperare di combattere ed uscirne vincitrice. Eleusi le fu accanto poco dopo, cercando l’origine di quel ruggito e capire cosa fare, se nascondersi o scappare. L’origine del ruggito si fece avanti andando sempre più verso di loro.

“Albedo?!” Fecero quel nome sussurrandolo insieme quando riconobbero il drago, una con stupore, l’altra con una punta di stizza. Le due si guardarono fissandosi negli occhi. Nihal capì di essersi svelata, Eleusi che quella ragazza le aveva nascosto qualcosa di importante.

Pochi istanti di silenzio che parvero eterni ed entrambe uscirono dalla casa. Eleusi non sapeva cosa provare rivedendo quel drago. Nihal invece man mano che Albedo si avvicinava provava solo rabbia salire. Doveva fare questa cosa da sola. Perché Samael non stava rispettando il suo volere? Poi si accorse di un dettaglio: Albedo era senza il suo cavaliere e più si avvicinava più entrambe vedevano grosse ferite e sangue rappreso sul drago bianco. Quando fu vicina, notarono che la membrana di una delle ali era strappata. Nihal non poteva immaginare il dolore che stesse provando quel drago.

“Eleusi, resta dietro. È qui per me” disse Nihal, dubitava che malconcia così fosse arrivata lì per caso senza il suo cavaliere, Samael aveva detto che Albedo non aveva mai mostrato affetto per nessun altro prima di lei. Eleusi obbedì, osservandola attentamente. Quando il drago atterrò lo fece in un modo che Nihal non aveva mai visto, raddrizzandosi e posandosi sulle zampe posteriori, la destra era ferita. Emise un ringhio di dolore, ma rimase in quella posizione, tenendo le zampe anteriori unite davanti a sé, come se stesse reggendo qualcosa.

“Albedo! Cosa ti è successo?! Samael dov’è?” fece Nihal avvicinandosi cauta. Albedo si chinò leggermente in avanti, ogni movimento sembrava costarle molto dolore, e portò le zampe anteriori in avanti verso di lei, mostrando il corpo immobile e insanguinato del suo cavaliere. Nihal si sentì mancare il terreno sotto ai piedi e il cuore fermarsi.

“SAMAEL!” lasciò cadere le stampelle e corse da lui. Ignorando il dolore lancinante che le percorse la gamba. Era pallido. Aveva già visto quello spettacolo “Samael! Samael, rispondi!”

No! Ti prego, Samael! Non azzardarti ad andartene anche tu!

“Eleusi!” alzò la testa ed Eleusi era già con lei, premendo le dita sul collo del ragazzo. Sentì un polso molo debole.

“È vivo! Dobbiamo portarlo dentro. Adesso” disse la donna “Togli l’armatura o non ce la faremo mai nemmeno trascinandolo, pesa troppo. Vado a prendere un mantello. Depositiamolo lì e trasciniamolo in casa” e senza aspettare risposta, la donna corse dentro. Nihal si volse verso il drago.

“Albedo” gli occhi scarlatti si posarono su di lei “Ti devo chiedere un ultimo sforzo. Puoi depositarlo vicino alla casa?” Albedo sembrò capire e a fatica si risollevò sulle zampe posteriori avvicinandosi di più alla casa. Ad Eleusi prese un colpo, quando si trovò il drago bianco quasi davanti alla porta, ma vedendola tenere Samael e Nihal che zoppicava accanto, stese la coperta a terra e Albedo depositò il suo cavaliere. Le due ragazze per un momento incrociarono il loro sguardo con il drago. Nihal lo sentì e quando sentì il sussulto di Eleusi, capì che Albedo aveva aperto il suo cuore anche lei con un’unica richiesta: salvarlo.

Depositarono Samael sul giaciglio improvvisato di Nihal. Il ragazzo era una maschera di sangue. Eleusi sentì la porta della sua stanza aprirsi.

“Mamma! C’è un drago fuori!” disse Jona correndo da lei. Eleusi si voltò di scatto andandogli incontro, bloccandogli la visuale e nascondendo le mani insanguinate nelle pieghe del vestito, mentre Nihal toglieva in fretta e furia l’armatura a Samael, scoprendo il corpo martoriato del ragazzo.

“Lo so, piccolo. È nostro amico. Non ci farà del male. Vai in stanza ed esci solo quando te lo dico. Va bene?” disse Eleusi di fretta, cercando di mantenere un viso calmo.

“Ma perché è qui? Cos vuole? Dov’è il cavaliere?”

“Jona, vai in camera”

“Ma io voglio sapere!”

“Jona. Ho detto vai in camera. Adesso Mamma ha da fare.” Non alzò la voce ma il tono assertivo della madre per il bambino significava: mamma è seria. Devo obbedire. Il piccolo provò comunque a dare un’occhiata, fallendo, e rientrò in camera.

“Dannazione… Eleusi!” l’altra ragazza tornò subito da Nihal e Samael. La guaritrice ebbe un colpo al cuore. Erano anni che non lo vedeva, ma mai avrebbe pensato di rivederlo in quello stato, lottando tra la vita e la morte. Le ferite erano profonde e aveva perso moltissimo sangue. Ne aveva una alla spalla, una nel fianco e una terza nella schiena. I sangue rappreso sulla pelle nascondeva in parte l’entità effettiva della ferita, ma Eleusi si paralizzò quando vide le due grosse cicatrici dove una volta ricordava esserci un tatuaggio di ali di drago aperte fatte di fuoco.

“Le ferite si sono infettate e scotta da morire!” disse Nihal riscuotendola dal suo stupore e orrore a quella vista. Eleusi scosse la testa, lasciando da parte i sentimenti per la sua vecchia fiamma e lasciando il posto alla guaritrice competente. Istruì Nihal di portare subito dell’acqua, delle bende, un distillato e dei panni. Poco dopo Samael aveva un panno freddo sulla fronte per la febbre e il corpo ripulito dal sangue rappreso. Ora che aveva una chiara visuale, Eleusi si accorse di un dettaglio.

“Aspetta, c’è qualcosa che non mi torna…” borbottò tra sé e sé. Nihal la sentì.

“Che succede? Queste sono ferite da armi da taglio!”

“Sì, lo so, ma sono gravi. È già un miracolo che sia ancora vivo! Ma per un’infezione come questa, ci vogliono almeno tre giorni di tempo e con queste ferite, fidati che nessuno ci arriva a tre giorni” Eleusi guardò la camicia insanguinata buttata di lato. Era zuppa. Le venne un dubbio. “Nihal, fammi vedere l’armatura” disse mentre bagnava un panno con il distillato. La mezzelfo andò a prendere l’armatura di Samael, mostrandola alla donna. Eleusi non sapeva cosa fosse peggio.

“Accidenti… Albedo…” borbottò “Nihal, tienilo giù, questo potrebbe fargli male. Devo disinfettare. Se urla, prendi la cinghia nel primo cassetto dietro di te e fagliela mordere” Nihal obbedì, mettendosi alle spalle di Samael, pronta a fare forza in caso si dovesse svegliare per il dolore.

“Che c’entra Albedo?” chiese, non capendo il perché di quelle parole.

“L’armatura è troppo pulita rispetto alla camicia e le ferite” iniziò a disinfettare, Samael ebbe uno spasmo, ma non si svegliò “Cosa fanno gli animali quando sono feriti o per mostrare affetto?” Nihal si ricordò della zampa di Oarf.

“Dannazione l’ha leccato…”

“Sono sicura lo abbia fatto per curarlo come le dice l’istinto, ma possiamo concordare che la lingua di un drago non sia esattamene igienica, ancora meno per ferite come questa” disse la ragazza mentre disinfettava le ferite con attenzione “Prendi un panno e aiutami a disinfettare, poi vai in cucina. C’è un ripiano con delle erbe devi prendere…” Nihal eseguì tutte le direttive di Eleusi tanto era preoccupata per Samael. Dovevano agire in fretta e Nihal non voleva perdere tempo. Non poteva. Non poteva perdere lui.

Lavoravano come una squadra. Nihal eseguiva come un bravo soldato ed Eleusi gli ripuliva le ferite, metteva unguenti ed infine iniziò a ricucirlo. Solo lì, si accorse del sangue intorno a loro e che non proveniva dalle ferite di Samael, ma dalla gamba di Nihal. La ragazza stava soffrendo come non mai, ma era talmente concentrata su Samael che non lo diede a vedere finché non fu certa che Eleusi avesse la situazione sotto controllo che iniziò a rendersi conto del dolore che provava.
Un paio d’ore dopo le due ragazze erano in cucina. Samael sarebbe sopravvissuto e questo a Nihal bastò. Dopo quell’informazione, era caduto nel silenzio più assoluto riempito solo temporaneamente dai gemiti di dolore di Nihal, silenziati dalla cinghia di cuoio che teneva stretta tra i denti, mentre Eleusi le disinfettava la gamba per cucirla nuovamente. Nell’impeto della corsa aveva fatto saltare dei punti riaprendo la ferita. Quel silenzio si fece pesante e Nihal non riusciva a guardare Eleusi in volto, il che per la ragazza fu solo un’ulteriore conferma.

“Tu sai tutto di me e Samael” disse d’improvviso Eleusi, ricucendole la gamba con tocco delicato. Non era una domanda, era un’affermazione.

“Da quanto lo sai?” chiese Nihal con un filo di voce.

“Prima non ci avevo fatto caso, ma poi ripensandoci mi sono accorta che quando ti ho accennato della mia vecchia relazione tu mi hai chiesto come immaginassi la mia vita se Samael e io fossimo riusciti a sposarci. Io però non ti ho mai parlato delle intenzioni che avessimo io e lui. Ti ha raccontato tutta la storia”

“Sì…”

“Da quanto sai che ero la ragazza con cui stava Samael?”

“Tre giorni… non avevo idea di chi fossi finché non mi hai detto il tuo nome e non mi hai dato quella zuppa con lo zenzero. È una ricetta che ha fatto Samael” rispose Nihal. Eleusi annuì in silenzio. Quei secondi si fecero pesanti e intensi. A Nihal sembrava che il tempo si fosse dilatato.

“Eleusi, per favore, di qualcosa” le parole sfuggirono al suo controllo, ma non ce la faceva. Quella ragazza era stata gentilissima con lei e lo era tutt’ora, nonostante le avesse celato di sapere tutto.

“Non c’è molto da dire, Nihal, se non che… beh… ora si spiega perché sei una ragazza così singolare. Non hai mai messo una gonna, non sai tessere, porti i capelli corti, sai usare la spada… e conosci Samael e Albedo -e se ti ha raccontato tutto, anche molto bene- quindi deduco che tu sia un guerriero della base al di là delle montagne”

“Infatti è così…”

“Però sapevi leggere Albedo, quindi… sei un cavaliere di drago?”

“Non ancora… e non so se lo diventerò mai…” Eleusi si bloccò.

“Hai disertato?” chiese sussurrando. Nihal si lasciò sfuggire una risata.

“Assolutamente no. Come ti è venuto in mente?”

“Beh, sai com’è… E’ strano che lascino andare via un guerriero ferito senza averlo curato” rispose Eleusi, che sembrava essere preoccupata.

“Non ho disertato. Il mio maestro mi ha dato una licenza e ho deciso di andarmene prima di guarire…” confessò lei. Eleusi sembrò tranquillizzarsi e riprese a cucire la ferita.

“Stavi andando da lui quando hai trovato Jona?” era una semplice domanda eppure la fece sentire a disagio.

“No… in realtà cercavo di andare il più lontano possibile da lui...” Eleusi la guardò un momento, ma non chiese nulla. Rimase in silenzio. Devo dirglielo.

“C’è un’altra cosa che devi sapere” Prese coraggio “Sono un mezzelfo” Le mani di Eleusi si bloccarono di nuovo e la donna rimase a fissarla a lungo.

“Credevo che i mezzelfi non esistessero più. Sapevo… insomma che fossero tutti…” si fermò a disagio

“Morti?” disse con freddezza Nihal “Sì. Tutti tranne uno: io. Il mio popolo è stato sterminato dal Tiranno. Sono l’ultimo mezzelfo del Mondo Emerso. È per questo che voglio andarmene il prima possibile, perché il mio destino sia solo mio e non coinvolga gli altri”
Eleusi sentì tutta la tristezza di Nihal, tutta la sua solitudine. Una parte di lei le diceva di lasciarla andare e anche in fretta, ma un’altra le diceva che non poteva lasciare andare quella ragazza sperduta.

“Perché non resti qui per un po’?” offrì, finendo di metterle i punti.

“Eleusi, ti ringrazio, ma non credo sia il caso data la… situazione” Nihal arrossì leggermente. Eleusi rimase momentaneamente perplessa. Guardò Nihal e notò lo sguardo basso della mezzelfo finire momentaneamente su Samael.

“State insieme?” chiese con un tono stranamente calmo.

“N-no” balbettò Nihal.

“Vi siete baciati?” Nihal abbassò ulteriormente lo sguardo.

“Sì… m-ma ecco, non c’è altro…” Eleusi la guardò con un piccolo sorriso quasi materno.

“Ti stai davvero ponendo il problema perché io e Samael siamo stati insieme?” chiese sorridente.

“Samael mi ha parlato di te… e tu avevi lo stesso sguardo quando mi hai accennato di lui... I-io”

“Nihal” il tono di Eleusi si fece serio. Le mise una mano sotto al mento per farle alzare la testa per guardarla in quei gentili negli occhi, in cui Nihal vide solo comprensione “E’ vero. Io e Samael eravamo molto innamorati e non è finita per una scelta nostra, almeno credo. Abbiamo delle cose da chiarire, ma di una cosa sono certa: Samael non scappa. Se mi ha lasciata da sola, io so che c’è un motivo valido dietro, ma è una cosa che riguarda me e lui. Io adesso ho la mia vita. Ho un figlio bellissimo e un marito di cui sono orgogliosa. Non lo amo, ma gli voglio bene e lo rispetto” fece una brave pausa guardando verso il giaciglio “Io adesso, sdraiato su quel giaciglio, non vedo l’uomo che ho amato, vedo un uomo che ha bisogno di aiuto. Sono una guaritrice, è il mio lavoro, non gli volterò le spalle perché abbiamo un passato. E poi sono passati sette anni, io lo avevo messo in conto che avrebbe voltato pagina e se l’ha voltata con te, sono felice per lui”

“M-ma noi..” balbettò “Noi non abbiamo…- non stiamo-”

“Nihal, sono affari vostri. Non ne entro in merito. Ma non pensare che la mia opinione di te cambi per questo. Hai salvato Jona che è la cosa più importante della mia vita e di questo te ne sarò per sempre grata” Nihal si sentì sollevata di un peso “Quindi perché non resti per un po’? Ti rimetti come si deve, fai compagnia a Jona… Ti è molto affezionato, sai? E poi siamo lontani dal villaggio, se vuoi puoi nasconderti… non farti vedere…” Nihal la interruppe.

“No Eleusi, credo che la prossima settimana riprenderò il mio viaggio”

“Per andare?”

“Non lo so…”

“Oh, insomma, Nihal! Allora vedi che ho ragione? Resta! Io e Jona siamo contenti che tu rimanga con noi. E poi potresti darmi una mano a tessere, a fare la legna… Staremo bene!” Guardò verso Samael “E poi, io rimango comunque una donna sposata e Samael avrà bisogno di più tempo di te per riprendersi. Restare da sola in casa con un uomo che non è mio marito, non è molto rispettabile…” le disse con un sorrisetto furbo.

“…Davvero hai appena usato quella carta?” fece Nihal imbronciandosi

“Ops” fece la vaga. Nihal era combattuta, le venne da sorridere, ma quanto quel modo di scherzare fosse da Samael un po’ le dava fastidio.

Va bene. Sono un po’ gelosa. Ecco. L’ho detto. Abbozzò un sorriso.

“Grazie, Eleusi, ma…” La donna le prese la mano, stringendola tra le sue

“Promettimi che ci penserai” Nihal ricambiò la stretta. Gettò di nuovo gli occhi su Samael e le tornarono alla mente le parole di Ido.

Tu sai perfettamente di provare dei sentimenti per lui e ne hai paura perché li ricambia.
Tu hai paura di esplorare questa strada perché vorrebbe dire affrontare la vita.
 
Il Fato aveva uno strano e crudele senso dell’umorismo. Samael era partito per face pace con sé stesso e rimettere in piedi la sua vita. Nihal era partita per avere del tempo per sé stessa e trovare cosa la spingesse a combattere. Eleusi aveva trovato una sua felicità benché diversa da quella che immaginasse. Eppure eccoli lì tutti e tre sotto lo stesso tetto insieme ad un bambino curioso che stava incollato alla finestra a guardare quel grande drago bianco leccarsi le ferite sotto la neve che cadeva lentamente. Forse Nihal doveva guardare le cose diversamente. Forse il fatto che Albedo le avesse portato Samael in quel momento non era stato uno scherzo crudele, forse la vita di cui parlava tanto Ido le stava offrendo un’occasione d’oro a tutti e tre. A Nihal di vedere come vive una famiglia normale e di capire a pieno i sentimenti che provava con Samael e le emozioni che lui le faceva provare. Per Samael forse era una prova per affrontare il suo passato e forse, per Eleusi, l’occasione di trovare una chiusura definitiva a quella storia avvolta per lei da mille dubbi.

“Ci penserò”.

Eleusi le sorrise.

“Ti faccio un altro giaciglio e vado a parlare con Jona” disse la donna.

“Io vado a vedere come sta Albedo, mi permette di avvicinarmi” Eleusi in altri casi glielo avrebbe impedito, ma non aveva mai avuto modo di avere confidenza con quel drago, non glielo permetteva. Quel giorno aveva provato il contatto emotivo di cui le aveva parlato Samael, ma sapeva bene che non sarebbe successo mai più.

“Basta che non corri”

Nihal zoppicò dal drago. Albedo appena la vide abbassò la testa guardandola. Sembrava in ansia, oltre che dolorante. Aveva ferite ovunque, ma la guardava fissa, Nihal lesse la domanda in quegli occhi scarlatti.

“Sopravvivrà”

Albedo emise un verso che sembrava quasi un sospiro e lasciò cadere la testa nella neve con uno sguardo soddisfatto e sollevato. Solo allora si rese conto di quanto fosse stanca. Albedo poi aprì leggermente le fauci. Nihal fece per arretrare, pensando che stesse per mordere, magari infastidita da qualcosa, ma non mosse  un muscolo, se non aprire la bocca. La ragazza non capì, finché non vide qualcosa incastrato tra i denti del drago albino. Sgranò gli occhi, quando riconobbe la spada di Samael.

"Non ci posso credere..." sussurò incredula "Sei veramente una compagna fenomenale" disse e cauta si avvicinò. Albedo non si mosse emettendo solo un leggero lamento quando la mezzelfo allungò la mano e il più delicatamente possibile riuscì ad estrarre la spada dalla bocca del drago, ma comunque ferendola leggermente, per via del lato da in cui era incastrata e il materiale dell'arma. Estratta la spada, Albedo aprì e chiuse la bocca, come per riassestare il tutto e posò di nuovo la testa a terra.. Vide il drago iniziare a chiudere gli occhi. La ragazza di istinto le accarezzò la testa. La creatura emise un leggero ringhio, ma non si mosse, era troppo stanca.

“Sei stata bravissima, Albedo. Adesso lascia che ti aiuti” Nihal guardò verso la casa, assicurandosi che Eleusi non fosse alla finestra. Iniziò ad incanalare un incantesimo di guarigione passando una per una, tutte le ferite da lei raggiungibili, quantomeno per alleviare il dolore. Ben presto sentì il ringhiare sordo ammutolirsi e il respiro regolare di Albedo che, stremata, aveva ceduto al sonno e alle cure.

 

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Capitolo 15
*** Risveglio ***


Volente o nolente, il nuovo giaciglio di Nihal era vicino a quello di Samael. La casa era piccola e quello era lo spazio disponibile. Eleusi non faceva avvicinare Jona al cavaliere. Le sue ferite erano gravi e aveva la febbre, non voleva che Jona gli stesse troppo addosso come aveva fatto con Nihal. Eleusi non fece troppe proteste riguardo al mettergli momentaneamente i giacigli vicino, sapeva bene anche lei che c’era poco spazio disponibile e che difficilmente avrebbero spostato l’uomo altrove. Inoltre, Nihal non l’avrebbe fatta dormire nel granaio a prescindere, ma comunque era necessario che qualcuno rimanesse con Samael per tenere sotto controllo la febbre ed eventualmente chiamarla. Quella notte Nihal non riuscì a chiudere occhio. Samael era sofferente anche nel sonno e scottava molto, la febbre non sembrava volergli passare. Passò l’intera nottata a prendersi cura di lui, come aveva fatto il ragazzo quando era stata aggredita in Accademia. Gli cambiò il panno sulla fronte per tenerlo freddo e cercare di tenergli bassa la febbre.

Più volte quella notte si era ritrovata ad accarezzargli delicatamente i capelli, scostandoglieli dal viso madido di sudore, che non faceva altro che ripulirgli con il panno fresco. Mille domande le affioravano alla mente, ma ad ogni gemito o piccolo lamento, Nihal si trovò a suo fianco per assicurarsi che le sue condizioni non peggiorassero.
Erano le prime luci dell’alba quando Eleusi uscì dalla sua stanza, ancora in camicia da notte. Le prese un colpo quando la vide già sveglia, china su Samael mentre gli tamponava la fronte con il panno. Subito pensò che il ragazzo si fosse sentito male. Nihal sentendola girò la testa verso di lei.

“Buongiorno” salutò la ragazza.

“Buongiorno, Nihal. Sta peggiorando? Va tutto bene?” chiese subito la guaritrice, avvicinandosi.

“Sì, in realtà sembra che la febbre si sia abbassata un po’. Scotta, ma meno di ieri” rispose la ragazza. Eleusi iniziò ad esaminarlo.

“E’ ancora alta, ma sicuramente sta meglio. Ha anche ripreso colore, che è la cosa in cui speravo e quella che mi preoccupava di più. Aiutami a controllare le ferite, vediamo l’infezione come sta” era già sveglia e attenta. Insieme gli tolsero le bende ed Eleusi con occhio clinico ripeté il processo del giorno prima: pulire, disinfettare, controllare i punti e cambiare le bende. L’infezione era diminuita, ma ancora persistente. Eleusi medicò nuovamente le ferite e gli rimise le bende, spiegando a Nihal come fare. La mezzelfo aveva rubato tutto con gli occhi. Non si lasciò sfuggire nemmeno un dettaglio in caso avesse avuto bisogno di curarlo in assenza di Eleusi. Inoltre notò lo sguardo della donna soffermarsi momentaneamente sulle cicatrici sulla schiena di Samael. Il suo sguardo si fece triste e preoccupato, allungò una mano per sfiorargli la cicatrice. Nihal le prese il polso rapidamente, ma la presa era gentile. Gli occhi verdi della guaritrice si soffermarono nei suoi viola.

“Non farlo. Non vuole” le disse seria Nihal, ricordandosi la reazione di Samael quando lei cercò di toccargli la schiena in quel punto.

“Cosa gli è successo?” chiese Eleusi con un filo di voce.

“Non è la mia storia da raccontare” Eleusi sospirò triste, intuendo che avesse a che fare con lei. Allontanò la mano e riprese a medicare la ferita sulla schiena e a bendarlo. Una volta finito si andò a lavare le mani e tornò da Nihal. La osservò meglio. Notò le occhiaie e il viso stanco della ragazza, guardò il focolare nel camino ancora alto, indicando che era stato tenuto vivo durante la notte. Guardò la mezzelfo che, notando un leggero gemito di dolore del ragazzo, gli fece una leggera carezza sul viso col dito. Quel velo di preoccupazione non le lasciava mai il volto.

“Nihal, ma sei stata sveglia tutta la notte?” chiese Eleusi.

“Sì… non riuscivo a dormire e lo sentivo lamentarsi, poi era bollente…” rispose lei.

“Perché non mi hai chiamata? Le lenzuola erano fradice è chiaro che stanotte gli si è alzata la febbre. Potevamo darci il cambio”

“Ieri hai praticamente passato tutto il pomeriggio a curarlo in emergenza e a ricucire me; anche tu devi riposarti” le rispose seria Nihal “Se fosse peggiorato ti avrei chiamata, ma potevo gestire la cosa”

“Chiamami la prossima volta, Nihal. Aiutare le persone è il mio mestiere, non sarà mai un peso. Però hai fatto un ottimo lavoro” disse sorridendo “Adesso preparo un thè prenditi una tazza e poi dormi un po’. Anche tu hai bisogno di riposo. Porto giusto Jona dal saggio e torno. Le commissioni posso farle più tardi”

“Grazie”


Quando il thè fu pronto, Nihal si era già addormentata. Eleusi tornò nel salottino con in mano il vassoio con dell’acqua e le due tazze di thè fumanti. Ebbe una sensazione strana quando trovò la mezzelfo dai capelli blu dormire prona sul giaciglio, ma il braccio raggiungere la testa di Samael con le dita nei capelli del giovane. Ora che non era in veste di guaritrice, le sue emozioni riaffiorarono lentamente. Era certa che avrebbe vissuto con quei dubbi per sempre, eppure Samael era lì. Era chiaro che tra lui e Nihal ci fosse un sentimento, dopotutto la ragazza aveva ammesso un bacio, ma aveva anche detto che stava cercando di allontanarsi da lui. Aveva visto e compreso la solitudine di Nihal e non poté fare a meno di pensare che quella non fosse altro che la reazione di una ragazza sperduta alle prime armi davanti a uomo che aveva un chiaro obiettivo. Sempre che Samael fosse l’uomo che ricordava.

Le riaffiorarono alla mente i suoi primi ricordi con lui. Quel giovane aspirate cavaliere di drago che ogni giorno la sorprendeva con qualcosa di nuovo. Era molto corteggiata da ragazza, ma Samael era stato l’unico a colpirla davvero, forse proprio per la sua umiltà dietro la sfacciataggine  e perenne sicurezza di sé che mostrava. Lui non l’aveva conquistata con le adulazioni, ma mostrandole chi fosse davvero sotto l’armatura, ossia un ragazzo con un interesse genuino per una ragazza. Non si era nemmeno mai messo in competizione con gli altri pretendenti che aveva e non aveva mai preteso nulla da lei. Con lui Eleusi aveva scoperto cosa significasse avere un compagno che ti ama e ti sostiene. Era questo ad averla fatta innamorare.

Lasciò il vassoio vicino a Nihal. Si sedette sulla poltrona e bevve il suo thè, avvolta nei propri pensieri. I suoi occhi verdi si posarono sulla mano di Nihal tra i capelli di quello che fu il suo compagno. Non le aveva mentito, il suo pensiero su di lei non era cambiato eppure dentro di sé sentiva una sensazione strana che non riusciva a definire. I pensieri non l’abbandonarono nemmeno mentre si occupò delle solite faccende mattutine, prima di svegliare Jona. Per lei Samael era ancora un capitolo aperto, forse era per questo che provava questa sensazione. Posò lo sguardo su di lui. Aveva un aspetto migliore rispetto a quando era arrivato e da quando lo aveva visto l’ultima volta, non c’era più nulla di quel ragazzetto di diciannove anni. Si era fatto uomo. I lineamenti del viso per quanto delicati si erano fatti più marcati, la barba che prima al massimo gli delineava la mascella e i baffi adesso gli copriva le guance, il fisico asciutto e atletico che era sempre stato ben disegnato si era fatto nettamente più definito. Eleusi lentamente iniziò a sentirsi agitata. Doveva parlargli assolutamente non appena sveglio e in grado di intendere e di volere.

“Mamma, buongiorno…” sentì la voce del figlio scuoterla dai suoi pensieri. Aveva appena finito di preparare il pranzo al sacco per il figlio, il quale era atteso al tavolo della cucina da una tazza di latte caldo e dei biscotti.

“Amore della mamma, sei già sveglio?” fece lei andando dal piccolo, sorpresa di vederlo già in piedi.

“Sì, volevo vedere il drago prima di andare dal saggio. Posso?” chiese sedendosi al tavolo.

“No, Jona. I draghi rispondono solo al loro padrone, potrebbe farti male” rispose calma Eleusi.

“Quindi quando il tuo amico si sveglia posso chiederglielo?” fece Jona curioso “Ma anche Nihal conosce il cavaliere? Gli sta facendo le coccole ai capelli” Eleusi sorrise, nonostante la strana sensazione nel petto.

“Sì, lo conosce. È preoccupata perché si vogliono bene”

“Come te e papà?” chiese il bambino. Eleusi si paralizzò per alcuni secondi a quella domanda che come un fulmine a ciel sereno le travolse il cuore. Forzò un sorriso verso il bambino che la guardava con quegli occhioni azzurri vivaci e curiosi.

“Non lo so amore, dovresti chiederlo a loro” rispose Eleusi. Jona sembrò soddisfatto della risposta e fece colazione. Una volta che anche il bambino si fosse lavato e vestito, Eleusi lo accompagnò al villaggio. Non osando avvicinarsi al drago che ancora dormiva buttata nella neve.
 
 
Nihal si svegliò che Eleusi non era ancora rientrata. Vide la sua mano ancora nei capelli di Samael e in un attimo fu nuovamente al suo fianco quando lo sentì lamentarsi debolmente. La febbre era ancora alta, ma sotto controllo. Trovò la tazza di thè ormai fredda, ma non si fece problemi a berla per colazione. Alla base spesso la saltava. Sentì Samael lamentarsi debolmente e poi muoversi. Posò subito la tazza e si fiondò al suo fianco.

“Samael?” lo chiamò debolmente lui non rispose subito, ma iniziò a muoversi debolmente “Samael…?”. Nihal gli accarezzò il viso delicatamente. Poi lentamente i suoi occhi azzurri si aprirono, posandosi su di lei. Lo sentì mugugnare qualcosa con la voce estremamente rauca. Nihal prese le stampelle e più velocemente possibile andò a prendere un bicchiere d’acqua dalla brocca che le aveva lasciato Eleusi. Tornò da lui e delicatamente gli sollevò la testa per aiutarlo a bere. Finito il bicchiere lo posò accanto alla tazza e gli prese il viso tra le mani.

“Samael…? Ehi… Samael?” gli occhi stanchi del ragazzo si incrociarono finalmente con i suoi. Il cuore di Nihal si riempì di gioia quando lui le fece un sorriso pieno, di cui solo in quel momento si accorse di quanto avesse avuto paura di non vederlo più.

“Ciao Guerriera…” Nihal si illuminò in un sorriso "Come sta Albedo?” chiese con un filo di voce. Alla mezzelfo scappò una piccola risata. Ci avrebbe giurato che quella sarebbe stata la sua prima domanda.

“È stremata e ancora ferita, ma sta bene. Purtroppo non conosco incantesimi di guarigione abbastanza forti per curarla del tutto” disse.

“Allora devo andare da lei-AH!” sentì una fitta di dolore provenirgli da tutto il corpo quando provò ad alzarsi. Nihal gli mise le mani sul petto e delicatamente lo tenne giù sul giaciglio.

“No, buono. Dove pensi di andare? Non sei nelle condizioni di alzarti. Albedo è qui fuori. Le posso dire io che ti sei svegliato.” Samael sbuffò dolorante, ma acconsentì.

“Vedo che anche tu non sei messa benissimo… che è successo? Stai bene?” chiese portandole la mano buona al volto, spostandole una ciocca blu dietro l’orecchio per posarle la mano sul viso. Nihal gli spiegò cosa l’avesse portata lì e come si fosse ferita. Non gli fece il nome di Eleusi, ma nemmeno gli nascose la sua bravata in battaglia. Tanto prima o poi lo avrebbe scoperto.

“Guerriera…” la guardò con rimprovero.

“Lo so, lo so. Ho fatto un’idiozia… Però adesso devi dirmi tu come ti senti” rispose Nihal accoccolandosi alla sua mano e tenendola con la sua.

“Come se dei fammin mi avessero teso un’imboscata mentre cacciavo e mi hanno quasi ammazzato per l’inferiorità numerica… e con la febbre… la mia spada?”

“E’ lì accanto alla mia. Albedo l’ha messa in bocca e incastrata tra i denti” Samael si fece scappare un sorriso scuotendo la testa “E’ una compagna formidabile. Ti ama davvero”

“Lo so ed è una cosa corrisposta… non smette mai di sorprendermi” la guardò negli occhi “Esattamente come fai tu…” le fece un sorriso “Mi sei mancata…” Nihal si abbassò e delicatamente lo abbracciò, posandogli la testa sul petto.

“Anche tu…” rimasero in silenzio per qualche secondo “Hai trovato Soana?”

“Sì… mi ha tirato un ceffone, ma me lo meritavo…” le baciò la testa, passandole le dita tra i capelli “Le cose saranno diverse, ma ci saremo sempre l’uno per l’altra… è quello che dovrebbe fare la famiglia” Nihal pensò ad Eleusi e Jona. A quei quattro giorni piacevoli in cui aveva trovato un ambiente caldo e familiare, pensò alle parole di Eleusi e al loro passato insieme.

Ascoltò i battiti del suo cuore, calmi e regolari. Aveva avuto veramente paura. Era andata davvero molto vicino a perderlo.

“Quando Albedo ti ha portato qui… quando ti ho visto…” sollevò la testa dal petto e solo allora Samael vide una lacrima formarsi nei suoi occhi, per poi scendere lungo la guancia “…in quel momento ti ho visto come Fen… ho avuto paura che non riuscissimo a salvarti… Non farmi mai più uno scherzo del genere, Samael”

Le accarezzò il viso asciugandole la lacrima.

“Lo sai che non è una promessa che posso farti…” disse serio “Però posso assicurarti che non è la prima volta che scampo alla morte. Sono bravo a sopravvivere… A vivere ci sto ancora lavorando” disse con un sorriso imbarazzato che sul suo volto era raro vedere, se non quando le apriva uno spiraglio nella sua barriera.

Nihal ripensò a quanto il Fato avesse uno strano senso dell’umorismo.

“...In quel caso siamo in due…”

Pensò alle parole di Ido e si rese conto che solo ora che era stata ad un passo dal perderlo per sempre davanti ai suoi occhi, di quanto lei tenesse davvero a Samael.

Sarebbe potuto morire, ma il destino ha voluto che Albedo lo portasse lì in tempo.

Ha voluto che lei si trovasse lì.

Ha voluto che con lei ci fosse una guaritrice esperta come Eleusi.

Ha voluto che lui vivesse.

Ora capiva cosa intendesse Ido quando parlava delle opportunità che ti offre la vita. Lei aveva paura, ma la vita le stava gridando che questa era la sua occasione per capire e per crescere.

“… però vorrei impararlo con te” gli disse con il cuore che le batteva forte. Samael non sembrò capire subito, ma poi i suoi occhi si illuminarono.

“Quindi… hai le idee chiare?” le accarezzò il viso.

“No. Per niente… ma me le voglio schiarire con te e non scappando da te… non so cosa succederà, non so cosa voglio, ma ho capito che voglio affrontare la cosa” Samael scorse la timidezza nella sua voce, ma non vide rossore sulle sue guance o le sue orecchie a punta.

Le sorrise. Con delicatezza le avvicinò il volto al suo e la baciò. Quel bacio così gentile e casto aveva un significato tutto nuovo. Quei lembi squarciati del loro legame con quel bacio si saldarono nuovamente, più forti di prima. La mente di Nihal si svuotò. In quel momento c’erano solo loro, di nuovo insieme ad affrontare la vita. La sua ricerca era davvero iniziata. Fen era un sogno, Samael era reale. Era lì e c’era sempre stato.

Si scostò e si sorrisero.

Rimase lì a parlare con lui confidandogli gli ultimi avvenimenti alla base. Samael dopo un po’ si riaddormentò. La febbre prese il sopravvento e aveva bisogno di riposo. Nihal rimase lì con lui, tenendogli la mano e assicurandosi che la febbre rimanesse sotto controllo.
Quando Samael si svegliò, tuttavia al suo fianco non trovò Nihal, ma due occhi verdi che avrebbe riconosciuto ovunque e che non pensava avrebbe mai più rivisto. Il ragazzo sentì il cuore fermarsi.

“Eleusi…” Lei gli sorrise incerta tra gioia e la tristezza.

“Ciao Samael”

Era bella come il giorno in cui dovette rinunciare a lei.

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Capitolo 16
*** Paura ***


Di tutti i posti un cui sarebbe potuto capitare, Samael non avrebbe mai immaginato di finire in casa di Eleusi e suo figlio. Quella notizia fu per lui un colpo al cuore. Lo aveva immaginato. Sapeva si fossero sposati alla fine lei e il suo promesso. Dopo sette anni immaginava che avessero avuto anche un figlio, ma sentirglielo dire, gli fece un effetto del tutto inaspettato. Non sapeva se esserne felice o meno.

“Lui… ti tratta bene?” le chiese faticosamente.

“Sì…È un buon marito e un bravo padre” rispose lei “Adesso combatte nella Terra del Vento per dare un futuro a nostro figlio. Forse l’hai anche incontrato e guidato”

 “Non ho un reggimento... non combatto per nessuno ormai”

“Un cavaliere lo può fare?”

“Ho finito di farmi manipolare dal Supremo Generale anni fa. Combatto le battaglie che servono e scendo a compromessi, ma non servo nessuno” Eleusi si accorse del tono che ad ogni parola si faceva più freddo oltre che stanco. Quel gelo non le piacque per niente. Ricordava come fosse ieri quando le spiegò il significato delle ali di fuoco tatuate sulla schiena e che ora erano sparite lasciando quelle spaventose cicatrici.

“Cosa è successo, Samael?” gli chiese con un sussurro. Non sentì risposta. Volse nuovamente lo sguardo su di lui solo per trovarlo con gli occhi chiusi e addormentato. Sospirò. Doveva essere paziente. Si stava lasciando prendere la mano. Samael non era nelle condizioni di avere quella conversazione. Stava ancora male e lei lo aveva riempito di erbe antidolorifiche per le ferite aventi il sonno come effetto collaterale. Lo guardò, vedendolo per un momento come il ragazzo con cui sognava il suo futuro. Gli fece una carezza sul volto come aveva fatto tante altre volte. Una lacrima le scese lungo il viso. Gli era mancato moltissimo. Anni prima avrebbe dato il mondo per rivederlo, salire su Albedo e volare via con lui verso una vita insieme. Adesso provava solo tristezza, nostalgia e paura. Paura di scoprire di aver riposto una speranza sbagliata. Paura di scoprire che lui si fosse semplicemente stufato. Paura della verità. Si asciugò la lacrima, prese un respiro e prese le erbe e gli unguenti che aveva preparato per andare ad affrontare il problema più grosso in tutti i sensi: Albedo.

Quando uscì sentì il drago emettere un ringhio sordo, ma non la stava guardando. Vide Nihal in ginocchio nella neve con la gamba sbendata che fissava Albedo e con la mano sospesa lievemente sopra la ferita. Il palmo emetteva una lieve luce.

“Guarda. Vedi che guarisce? Ma devi farmelo fare” diceva verso il drago che di risposta sbuffò, lasciando sue strisce di terreno libere dalla neve, tanto era caldo il suo fiato.

“Che stai facendo?” disse Eleusi con tono stranamente severo. Nihal sobbalzò e cercò subito di coprire la gamba.

“Niente! Stavo solo… controllavo la ferita” fece Nihal cercando di trovare istintivamente una scusa. Albedo sbuffò di nuovo. Poté quasi sentirlo il suo: buffona… che le stava dicendo con quegli occhi comunicativi. Eleusi era già accanto a lei.

“Io vorrei capire perché hai pensato fosse una buona idea usare la magia qui fuori nella neve” protestò la guaritrice che già aveva iniziato ad esaminarle la gamba. Nihal lì per lì rimase stupita dell’indifferenza di Eleusi nell’averla colta ad usare la magia, poi si ricordò che Samael le aveva confessato di saperlo fare a sua volta. Probabilmente aveva dato per scontato che qualcosa sapesse fare anche lei.

“Non conosco incantesimi abbastanza forti per curarmi del tutto…” provò a spiegare Nihal, pensando che quel tono di rimprovero fosse dovuto all’averle fatto sprecare medicinali.

“Lo so, Nihal. Samael me lo spiegò al tempo” rispose “E’ che qui siamo in campagna e i maghi benché non siano banditi vengono visti con diffidenza. E se ti avesse vista qualcuno? E comunque non è una buona idea per te startene nella neve” disse più dolcemente.

“Albedo ha una ferita sulla membrana dell’ala destra e una all’attaccatura della sinistra che si stanno infettando, ma non mi fa più avvicinare. Inoltre con la gamba così non riesco a raggiungere quei punti. Volevo solo farle vedere che non le avrei fatto del male” spiegò Nihal.

“Appena rientriamo ti tolgo i punti. Non ti servono più” disse finendo di esaminarle la gamba “Vedi se riesci a stare in piedi senza stampelle” Nihal ci provò e riuscì nell’intento, però poi se le fece passare da Eleusi. Le faceva ancora male la gamba e un sostegno in più era comodo. Le due ragazze si voltarono verso il drago albino che le guardava con ostilità. Teneva il corpo e la testa basse, le ferite esponevano ancora la carne viva e quelle sulla membrana e l’attaccatura dell’ala ancora non erano state toccate, rischiando di infettarsi.

“Sono riuscita a chiudere in parte le ferite sul corpo e le zampe, solo perché era talmente stanca che si è addormentata e forse sapeva che non poteva rimanere così, ma le altre non sono riuscita a curarle. Adesso sembra aver cambiato idea sul farsi toccare da me” spiegò Nihal.

“Dobbiamo aspettare che Samael sia in grado di alzarsi. Da me non si farà avvicinare” rispose la donna con un sospiro “Speravo mi potessi aiutare ad avvicinarmi a lei per curarla”

“Ci ho provato ma, come mi ha spiegato Samael, già di norma i draghi si fanno toccare solo dal loro cavaliere, inoltre Albedo è femmina e-”

“-è imprevedibile e fa come le pare” finirono in coro. Si guardarono e si sorrisero benché con un certo imbarazzo in modo sincero. Il drago sbuffò come a confermare la cosa e dirgli che le dovevano stare lontano. Eleusi però notò un particolare.

“Nihal, l’hai visto anche tu quello, vero?” disse indicandole la ferita.

“Vuoi dire la scheggia di legno grossa quanto me nell’attaccatura dell’ala? Sì e a momenti Albedo mi fa diventare il suo pranzo” rispose la mezzelfo. Eleusi sospirò e guardò il drago.

“Albedo devi permetterci di togliertela, rischia di infettarsi gravemente” la ragazza provò solo a fare un passo verso di lei ma il drago ringhiò scoprendo la chiostra di zanne. Eleusi fece due passi indietro spaventata. Nihal provò a sua volta.

“Albedo, per favore. Userò la magia. Non sentirai niente” il drago ringhiò con più veemenza ponendo la coda tra sé e Nihal. Non ne voleva sapere. Nihal guardò Eleusi impotente scuotendo la testa. Dovevano aspettare Samael.
Rientrarono nella casa ed entrambe le ragazze andarono a sedersi al tavolo della cucina, buttando un occhio su Samael che dormiva profondamente. Eleusi si avvicinò per fargli l’ennesimo controllo e poi andò da Nihal.

“Si è svegliato poco fa” le disse. La ragazza puntò subito gli occhi su di lei “Ha ancora la febbre, ma sembra andare sempre meglio. Dopo gli controllo le ferite, ma dovresti poter essere in grado di usare la magia. Sicuramente accorceresti i tempi di convalescenza”

“Va bene…” Nihal rimase pensierosa “Mi dispiace di non poterti aiutare più di così… Albedo non vuole essere toccata e con Samael così…” Eleusi la osservò e Nihal percepì il suo sguardo su di lei. Se prima potesse avere qualche dubbio, ora aveva la certezza che Nihal sapesse manipolare un minimo la magia e, ovviamente, lì c’erano molti pregiudizi grazie alla salita al potere del Tiranno. Si chiese se il pensiero di quella donna così gentile fosse cambiato su di lei per questo. Era una mezzelfo, utilizzava la magia, era un pericolo per lei e suo figlio. Senza contare il fatto che ormai era palese che Samael fosse ancora una ferita aperta. Nihal si sentì a disagio e meschina. Lui era il suo primo amore ed era un tasto dolente, Eleusi non aveva mostrato altro che gentilezza e di tutta risposta lei che fa? Appena lui si sveglia lei prende e lo bacia in casa sua. Non era la sua compagna ed Eleusi era sposata, ma era sicura che se si fossero fatti vedere scambiarsi un gesto d’affetto le avrebbero fatto del male. Perché avrebbe dovuto continuare ad ospitarla e flagellarsi così?

“Sai cosa ti ci vuole adesso? Un bel bagno caldo! Anzi, vado a preparartelo subito”
Un bagno caldo? Nihal si era sempre lavata nel modo più semplice: una secchiata di acqua gelida.
Nihal venne di nuovo spiazzata. Aveva deciso di essere il più trasparente possibile con Eleusi. Sentiva di doverglielo. Non entrò nel dettaglio, ma le aveva spiegato come stavano le cose dopo quella breve chiacchierata con Samael. Non erano una coppia, ma avevano un legame che stavano esplorando, un legame che Nihal stava provando per la prima volta. Quella donna che la ospitava aveva mille motivi per mandarla via: sentimentali, di fiducia, di protezione per sé stessa e suo figlio, ma lei non faceva altro che essere generosa con lei e tentare di farla sentire a casa.
Qualcosa la toccò nel cuore. Ora sapeva perché Samael si fosse innamorato di lei. Se la gentilezza e la bontà avevano un volto: era quello di Eleusi.

La donna si mise a trafficare, sistemando un enorme catino di rame nella sua stanza, riempiendolo d’acqua calda per poi trascinare all’interno Nihal, rinnovando l’invito al bagno caldo e lasciandola sola.
Nihal si spogliò davanti allo specchio di quella piccola stanza accogliente. Da piccola aveva avuto un periodo di grande curiosità per gli specchi: ci si rimirava per capire se fosse davvero lei o qualche folletto che tentava di ingannarla oltre la lamina argentea.
Si guardò con la stessa curiosità di chi si vede per la prima volta. Osservò i muscoli compatti delle gambe, la pancia piatta, le braccia forti frutto degli allenamenti con la spada e le battaglie. Si stupì di come il suo corpo fosse cresciuto tanto in fretta, quasi a sua insaputa, trasformandola in una donna: aveva belle forme e un seno forse un po’ abbondante, ma ben disegnato. Si avvicinò al riflesso del suo volto. Ho gli occhi troppo grandi. Però il colore le piaceva: era intenso e profondo. Provò a sorridere, ma in fondo al suo sguardo rimaneva una nota di tristezza. Tristezza per quello che aveva patito, tristezza per come aveva salutato il suo migliore amico, tristezza per aver perso delle persone che amava, tristezza per non aver avuto il coraggio di ammettere di provare dei sentimenti nuovi per un uomo finché non ha rischiato di perderlo. Le sovvenne improvvisamente un ricordo.

“Tieni, bevi” Samael le diede la propria borraccia che Nihal accettò subito. Stava morendo di sete e aveva la bocca impastata, inoltre voleva liberarsi del sapore di sangue. La mezzelfo fece un paio di sorsi sentendosi subito meglio quando l’acqua fresca le scese per la gola secca, sciacquando via quel sapore orrendo, senza pensarci due volte si gettò dell’acqua in faccia per rinfrescarsi, ignorando brutalmente di essersi bagnata la camicia che adesso le aderiva perfettamente al corpo anche per via del sudore dovuto allo scontro. Tuttavia Nihal non ci diede peso, era sospettosa. Da quando era entrata in Accademia era stata trattata a pesci in faccia e ora questo bell’imbusto sfacciato voleva aiutarla?

“Tu che cosa ci guadagni? Cosa vuoi da me?” chiese sospettosa Nihal.

“Una degna compagna d’armi. Che mi ascolti, impari e migliori. Fen ti ha insegnato qualcosa, ma è palese che lo facesse come passatempo per giocare. Sei piena di difetti, ma si possono aggiustare con un po’ di impegno”

“Perché vorresti insegnarmi? Ti faccio notare che sono una donna” disse fredda. Il cavaliere la squadrò.

“Eh, lo vedo che sei una donna” disse guardandola negli occhi.

…ignorando brutalmente di essersi bagnata la camicia che adesso le aderiva perfettamente al corpo anche per via del sudore dovuto allo scontro…

….la camicia bagnata le aderiva perfettamente al corpo…

…“Eh, lo vedo che sei una donna”…

lo vedo

Le guance e le orecchie di Nihal si tinsero di quel rosso fuoco intenso che contrastava pesantemente con i suoi capelli blu, quando finalmente dopo un anno comprese a cosa stesse alludendo Samael cercando di farle capire, a modo suo, di essere praticamente nuda. Divenne ancora più rossa rendendosi conto di quante volte si fosse sciacquata in quel modo davanti a lui e di come lui cercasse di tenersi impegnato con altro finché non si fosse rimessa il mantello o lui stesso glielo porgesse.
Si guardò allo specchio e un sorriso vero comparve sul volto cancellando quell’ombra di tristezza, rendendosi conto che per quanto spavaldo e sicuramente libertino, Samael le aveva sempre portato rispetto anche in quel momento. Nulla gli avrebbe impedito di guardarla inappropriatamente, ma lui l’aveva sempre rispettata e mai guardata in modo lascivo. Poteva sicuramente peggiorare la situazione e metterla in imbarazzo aggiungendo una battuta un po' più spinta, ma aveva rispettato la sua ingenuità. Quel sorriso inizialmente contento della realizzazione fece largo ad una leggera risata autoironica di imbarazzo, ripensando a quella situazione. Non poteva non farlo riguardandola col senno di poi.
Scosse la testa ed entrò nel catino d’acqua calda abbandonandosi alla sensazione di tepore che l’avvolse lentamente. Immerse anche la testa. I capelli blu le ondeggiarono intorno al volto. Forse era quella la vita.
 
Eleusi si stupì alla richiesta di Nihal, il giorno seguente.

“Prestarti un vestito?” chiese sorpresa processando ancora la richiesta “Certo. Comunque se vuoi i tuoi, sono puliti…” Nihal arrossì fini alla punta delle orecchie

“E’ che… mi piacerebbe un vestito da donna…” Eleusi le scoccò un sorriso entusiasta.

“Ma certo! Un vestito da donna!” Prese dalla cassapanca uno dei suoi abiti migliori. Quello che metteva con suo marito per andare alle feste del villaggio, poi aiutò Nihal ad indossarlo. La ragazza da sola non aveva la minima idea di dove iniziare. Non capiva neppure dove si legassero i lacci del corsetto. Un conto era allacciare un corpetto e un pantalone di pelle, ma un corsetto, sottogonna, gonna, grembiule… sembrava che la roba da mettere addosso non finisse più. Quando si vide allo specchio non sapeva cosa pensare. Si vide stranissima. Non sapeva se si piaceva o no.

“Allora? Che te ne pare?” chiese Eleusi soddisfatta del suo operato. Sembrava una sorella maggiore che finalmente era riuscita a far vestire da ragazza la sorellina maschiaccio. Da un lato Nihal pensò che forse non era tanto lontana dalla realtà.

“Ho un po’ freddo alle gambe… e la gonna pesa! Non riesco quasi a muovermi” Eleusi scoppiò a ridere.

“E’ solo questione di abitudine, Nihal. Solo questione di abitudine” Pur non sapendo come si sentisse, il sorriso felice di Eleusi fu abbastanza per darle coraggio e sentirsi più a suo agio in quelle nuove vesti. Lo sguardo di Eleusi si spostò alle spalle di Nihal e quel sorriso felice e accogliente mutò nello sguardo terrorizzato di una madre.

“JONA!” e scappò di corsa fuori. Nihal guardò fuori dalla finestra e le gelò il sangue nelle vene quando vide il bambino davanti alle fauci aperte di Albedo e metterci dentro la testa. Nihal zoppicò in fretta fuori dietro ad Eleusi.

“Mamma hai visto che zanne? Sono- WOW!” fece il bambino ignaro del pericolo quando vide la madre uscire.

“JONA! VIENI SUBITO VIA DA LI’!” Nihal ormai sapeva riconoscere la paura più pura nella voce di qualcuno quando la sentiva, ed Eleusi quello stava provando per il suo bambino quando Albedo girò di scatto la testa verso di lei, ringhiandole.

“Jona! Ascolta tua madre! Vieni via da lì! È pericoloso!” fece Nihal cercando di avvicinarsi a sua volta, ma Albedo ringhiò anche a lei.

“Non è vero! È buona. Guardate!”

“JONA!”

Cadde un silenzio di tomba quando Albedo accoccolò la testa al tocco del bambino. Nihal ed Eleusi, che era diventata pallida come un lenzuolo, rimasero a attonite. Il drago si stava facendo toccare dal bambino come nulla fosse.

“Visto? Le piacciono le coccole!” fece Jona. Di risposta Albedo lo leccò pettinandogli i capelli tutti da un lato, ottenendo delle risate divertite del piccolo “Siete sicure che non sia una bugia quella che i draghi si fanno toccare solo dai cavalieri? Magari vogliono tenerli tutti per sé!” Nihal era senza parole. Che anche Jona avesse un grande potere magico come Sennar?

“E poi guarda!” continuò Jona, mettendosi davanti al muso di Albedo e dandole le spalle. Il drago con una gentilezza estrema lo prese per la collottola e lo sollevò da terra mettendoselo in groppa per poi allungare il collo a terra come uno scivolo. Jona non perse tempo a sedersi e scivolare giù ridendo con tutta la gioia di un bambino. Nihal rimase di stucco.

“Jona, allontanati” sentì la voce di Eleusi di una freddezza che mai avrebbe immaginato di sentire da lei.

“Ma mamma! Hai visto che è buona! Posso giocare con lei? Ti prego?”

“Jona. Ho detto vieni qui.”

“Oh oh… Ciao Albedo…” le fece un ultimo grattino sul naso e camminò mogio dalla madre, con la testa bassa.

“Ti avevo detto di non avvicinarti al drago” fece la madre abbassandosi all’altezza del figlio per guardarlo in faccia.

“Ma è lei che mi ha annusato e leccato!”

“Non mi interessa, Jona. Ti ho detto che fosse pericoloso e tu mi hai disubbidito”

“Eleusi-”

“Nihal. No.” Non la guardò nemmeno. Alzò la mano con il palmo verso di lei come a dirle di non mettere bocca nella questione. Nihal guardò Jona sconsolata

“Fila nell’angolo della riflessione” il bambino sbuffò e rientrò in casa, seguito dalle due ragazze. Eleusi istruì Nihal a non parlare o dare attenzioni a Jona per i prossimi sette giri di clessidra. Un minuto ad anno di età. Se lui se ne fosse andato dall’angolino prima del tempo o avesse fatto i caprici i giri di clessidra sarebbero ricominciati. Nihal annuì e obbedì anche lei. Era certa che se non lo avesse fatto si sarebbe trovata anche lei nell’angolino del salotto. Appena entrata prese dell’acqua dalla brocca e si chiuse in camera, portandosi dietro una clessidra. Nihal aspettò un momento andando a controllare Samael che dopo un breve risveglio si era addormentato di nuovo, ma stava decisamente meglio. La febbre era passata, il sonno era indotto dagli antidolorifici.
Bussò alla porta e quando sentì la sottile voce di Eleusi entrò. Eleusi era pallida, palesemente ancora spaventata per la paura che Jona stesse per diventare cibo per draghi. Le tremavano le mani. Le teneva strette al bicchiere per limitare il tremore, ma inutilmente. La sentì tirare su col naso e asciugarsi in fretta una lacrima, per poi sollevare la testa.

“Dimmi, Nihal” la freddezza di prima era scomparsa, sembrava esausta. Nihal si sedette accanto a lei.

“Come… ecco… No. Domanda stupida… non stai bene… Lo so che ti sei spaventata, anche io, ma non penso che Jona fosse davvero in pericolo” Eleusi non commentò, si lasciò scappare un’amara risata.

“Lo so…” lo disse così piano che a momenti Nihal non la sentì.

“…quindi… sai che potrebbe… avere dei poteri magici? Oppure semplicemente Albedo riconosce in lui un cucciolo e quindi è gentile”

“Non è per quello…” Nihal la sentì solo sibilare qualcosa debolmente coprendosi gli occhi con la mano tremolante.

“Non ho sentito” disse prendendole la mano.

“Può essere…” disse facendo un respiro profondo “Non cambia il fatto che ha disubbidito. Non potevamo saperlo. Gli avevo detto che era pericoloso e lui si è avvicinato lo stesso”

“Però se si è avvicinata Albedo non puoi farne una colpa a lui. Se ci pensi, Jona ha fatto bene a non scappare. Se lo avesse fatto magari ad Albedo sarebbe scattato l’istinto da predatore e lo avrebbe aggredito davvero. Per quanto intelligenti ed empatici anche i draghi sono degli animali” provò a intercedere Nihal. Eleusi prese un respiro scuotendo la testa.

“Doveva chiamarmi…”

“E se avesse fatto peggio? Puoi davvero fargliene una colpa di essersi spaventato anche lui?” Eleusi non disse niente, ma quell’espressione preoccupata e spaventata non le lasciò il volto “Eleusi, capisco lo spavento. Ma probabilmente si sarà spaventato anche lui. Tu che avresti fatto se dopo uno spavento invece avessi visto che il drago che ti è stato detto essere pericolosissimo iniziasse a farsi accarezzare e a giocare con te?” Eleusi sospirò.

“Probabilmente sarei stata felice…” prese un respiro “Hai ragione, Nihal…” guardò la clessidra per qualche secondo. Si alzò e la posò sulla cassapanca “Vado a chiedergli scusa. Grazie” le fece un piccolo sorriso che Nihal ricambiò. Eleusi è proprio una brava madre.

Nihal uscì dalla stanza e andò a controllare le ferite di Samael, in ogni caso ormai era ora di farlo. Lasciò ad Eleusi e Jona i loro spazi. Li guardava con la coda dell’occhio con un sorriso nostalgico.  La donna si era inginocchiata all’altezza del figlio prendendogli dolcemente le mani per parlargli. Jona era piccolo ma era sveglio e capì lo spavento che si era presa la madre. Eleusi dal canto suo si scusò per averlo messo in punizione senza ascoltarlo prima, per poi aprire le braccia e stringere a sé il figlio quando si tuffò nell’abbraccio. Schioccò un bacio sulla guancia del piccolo e se lo tenne in braccio per un po’, coccolandolo per tranquillizzarsi.

Nihal nel frattempo aveva tolto tutte le bende a Samael e iniziò ad usare la magia per velocizzare il processo di cura. Eleusi poco dopo le fu accanto con le erbe mediche e gli unguenti, mentre Jona era tornato a giocare nell’orto, ossia controllare le verdure e mandare via i piccoli roditori che cercavano cibo.

“Le ferite sembrano migliorare” fece la guaritrice osservando il corpo del cavaliere.

“Tra magia e le tue cure quanto tempo pensi possa impiegare per rimettersi in piedi?” chiese Nihal

“In piedi credo anche domani, il problema sono le ferite. Avrà difficoltà a muovere braccio e schiena soprattutto per non meno di due settimane” disse controllando i punti e poi iniziando a trafficare con gli unguenti e dando istruzioni a Nihal, che ormai iniziava ad andare abbastanza spedita nella preparazione, con sorpresa di Eleusi.

“Apprendi in fretta” disse con un sorriso.

“Voglio rendermi utile” rispose la mezzelfo sorridendole a sua volta. Samael in quel momento si svegliò, infastidito dal dolore che nonostante la gentilezza del tocco delle due ragazze che lo stavano medicando, si faceva sentire. Il ragazzo era palesemente ancora rintronato dagli antidolorifici e la prima cosa di cui si rese conto era di essere a petto nudo, sdraiato con due bellissime ragazze che conosceva che lo stavano toccando, una a destra e una a sinistra, e soprattutto che Nihal aveva un vestito.

“Wow…” lo sentirono mugugnare guardandole stralunato.

“Ciao Samael, come ti senti?” chiese Eleusi mentre tritava delle erbe da aggiungere ad un unguento.

“Probabilmente morto o molto in astinenza se mi sogno te e la Guerriera che mi toccate…” rispose guardando a destra e a sinistra.

“Dei Benedetti, Samael!” sgridò Eleusi arrossendo. Nihal sgranò gli occhi arrossendo a sua volta.

“Scusa, ma di solito sono molto più rispettoso anche nei miei sogni! Probabilmente sono morto… anche perché tu, Guerriera, non mi metteresti mai quel seno così vicino alla faccia se così non fosse…” Nihal avvampò, ma non poteva ritirarsi avendo già iniziato a spalmare l’unguento sulla spalla.

“Beh- t-tu se non mi dovessi sporgere per curarti la spalla non lo staresti nemmeno guardando questo seno!”

“Anche se è un sogno sarò rispettoso e non farò commenti…”

“Samael, ti stiamo curando veramente, sei sveglio” disse Nihal.

“È strafatto di antidolorifici. Non ha freni inibitori al momento, Nihal. Lascia perdere e non prenderla sul personale” fece Eleusi pazientemente.

“Meh…” borbottò Samael “Nihal che è una meraviglia anche con un vestito… che mi cura insieme al mio primo amore… più sogno da astinenza di così… potrebbe solo migliorare se iniziaste a toccare anche-”

SBEM!

Eleusi gli tirò uno schiaffo.

“Questo era abbastanza reale?” fece piccata e rossa in volto quanto Nihal.

“Sì… l’ho sentito…” il ragazzo non si mosse. Sentì la guancia sfrigolargli e arrossire con la forma della mano della mora “Ora voglio morire… scusate…” Eleusi sembrò soddisfatta delle scuse.

“Non avevi detto di non prenderla sul personale?” chiese Nihal.

“C’è un bambino che potrebbe entrare in ogni momento. Vorrei non dovergli spiegare a sette anni la storia dell’ape e del fiore e che alcune persone fanno fantasie strane a riguardo”

“In che senso ‘fantasie strane’?” Eleusi la guardò e vide la purezza dello sguardo innocente di Nihal.

“Chiedi a Samael quando sarà lucido”

“Ora si spiega perché non c’è Aires… probabilmente sarebbe già stata nel mezzo dell’azione…” borbottò Samael, purtroppo non abbastanza a bassa voce.

“Ma sei diventato un porco maniaco!” esclamò Eleusi.

“Chi diamine è Aires?!” lo fulminò Nihal sentendo di nuovo quella sensazione sconosciuta al solo pronunciare di un nome femminile in quello che lui credeva essere un sogno. Perché si sarebbe dovuto sognare un’altra donna?! La ragazza si scosse. Nihal, che razza di pensieri fai? Ma che ti importa?!
Non le arrivò mai la risposta perché Eleusi coprì naso e bocca del ragazzo con un panno intriso di un liquido trasparente.

“Eleusi!”

“Fra tre ore si sveglia. Sto salvando la sua dignità” rispose la ragazza, togliendo il panno dopo pochi secondi. Samael era di nuovo nel mondo dei sogni.
“Stava facendo altri riferimenti… insomma…” Nihal arrossì.

“Chiamiamoli promiscui anche se non è il termine corretto” sospirò “Quando ci siamo lasciati non era così” le disse.

“Ma nemmeno quando l’ho conosciuto! Non ha mai detto cose… insomma… promiscue. Anzi, è sempre stato molto rispettoso”

“Uomini. Anche i migliori hanno un chiodo fisso e… adesso finiamo di medicarlo e facciamo finta che questo… incidente non sia mai successo?” suggerì Eleusi ancora rosea in volto tanto quanto Nihal che annuì con veemenza.
 
Finito di curare Samael, Nihal decise di voler far divertire Jona, soprattutto dopo lo spavento della mattinata. Si sedette sulla panca fuori dalla casa con la schiena appoggiata al muro, godendosi il pallido sole invernale. Gli mostrò qualche magia che aveva imparato da piccola. Dei trucchetti divertenti e innocui come un piccolo lampo colorato, un globo di luce che poté passare al bambino, accendere un ramoscello secco con uno schiocco delle dita. Jona esplodeva di gioia ad ogni magia. I suoi occhioni azzurri si riempivano di vita. Guardandolo le sovvenne un pensiero. Spostò lo sguardo su Albedo che li osservava, ogni giorno sempre più affaticata. Scosse la testa, scacciando via quel sospetto e rimase a giocare con Jona.
Sentì un’immensa nostalgia di Sennar in quel momento. Cosa avrebbe detto il suo migliore amico a vederla così? Vestita da donna, a giocare con un bambino, forse l’avrebbe presa in giro, anzi, di certo lo avrebbe fatto. Ma sarebbe stato contento. Pregò con tutto il cuore che tornasse sano e salvo. Doveva chiedergli scusa. Se non fosse stato più rapido lo avrebbe ucciso e lui era venuto a salutarla. Le faceva ancor amale il pensiero delle ultime parole che le aveva rivolto o come avesse dato per scontato il suo rapporto con Samael che chiaramente non approvava, ma lei gli aveva menato un fendente in faccia. Eppure gli voleva bene e dopo quello che aveva fatto gli mancava.

Dentro la casa, come predetto da Eleusi, Samael si svegliò seppur rintontito. La guaritrice era già lì con un vassoio pronto per il pranzo per lui. Non si parlarono subito. Samael lentamente si ricordò della pessima figura che aveva fatto poche ore prima, volendo seppellirsi. Eleusi non disse nulla a riguardo, semplicemente si prese cura di lui chiedendogli come si sentisse e aiutandolo a sistemarsi seduto.

“Senti… scusa ancora per prima… deliravo” disse provando a scusarsi.

“Non preoccuparti, lo so. Sai che hai nominato un’altra donna, nei tuoi deliri?”

“Non me lo ricordare…”

“Io fossi in te mi troverei un alibi” fece Eleusi dandogli il vassoio, ma con un leggero sorriso.

“Perché?” chiese confuso.

“Te lo devo anche spiegare?” fece indicando la porta ancora aperta da cui provenivano gli schiamazzi felici di Jona e la voce paziente di Nihal.

“Quando è successo la Guerriera neanche la conoscevo, mica le devo delle spiegazioni” brontolò lui, iniziando a mangiare.

“Anche tu hai ragione… ma perché la chiami Guerriera? Perfino mentre deliravi non usavi il suo nome” Samael sorrise.

“È affettuoso. E poi è quello che è”

“Nihal è una ragazza”

“Lo so. Ma non per questo l’uno esclude l’altro, anche se sono l’unico a pensarla così” rispose il giovane “Spero che prima o poi lo capisca anche lei e faccia pace con sé stessa”

“Le vuoi molto bene, vero?”

“Dopo di te è la prima persona a cui mi senta sentimentalmente legato” disse Samael. Eleusi rimase in silenzio a quelle parole. Samael aveva finito di mangiare e spostò da solo il vassoio accanto a sé “Eleusi, cosa vuoi chiedermi veramente?”

“Niente, Samael, ero solo curiosa” disse cercando di nascondere il tono mesto.

“Ti conosco, lo so che è un giro per arrivare ad un discorso spinoso” fece lui rassegnato. Prima o poi avrebbero dovuto parlare.

“Pensi di essere abbastanza presente?”

“Sì. Non dimenticherò la conversazione” le fece un piccolo sorriso. Eleusi però si fece triste, ma prese un respiro e andò al punto.

“Cosa è successo, Samael?” chiese finalmente “E non fare il finto tonto, sai bene a cosa mi riferisco” Lo ricordava bene quel tono. Non ammetteva scuse per non affrontare la discussione. Samael rimase in silenzio. Si coprì il volto col braccio che riusciva a muovere, prendendo un respiro. Era combattuto se dirglielo o meno. Per anni non voleva fare altro che rivederla e dirle la verità, ma come aveva detto a Nihal…

“A che pro?” le chiese guardandola negli occhi “Tu hai la tua vita e io la mia. Non cambierà le cose, a cosa serve rimuginare?”

“Serve a me per chiudere il capitolo più importante della mia vita: tu.” Era molto seria, ma la sua voce lasciò intendere una tristezza celata, un bisogno di sapere la verità. “Io ero pronta ad abbandonare tutto per noi e vivere la nostra vita insieme. Tu mi hai lasciata sola. Sei stato il primo che mi ha fatto conoscere l’amore, ma sei anche quello che mi ha fatto conoscere l’odio, perché sì. Io ti ho odiato per questo, Samael” Samael distolse lo sguardo, sentendosi morire dentro ad ogni parola, come se quella confessione più vicina ad uno sfogo fosse delle frustate nel suo petto.

“Ma poi” il tono della donna si fece più dolce, per quanto amaro “Mi sono ricordata che tu mi hai sempre amata, mi hai sempre rispettata e hai sempre voluto il meglio per me. Hai fatto dei sacrifici per me e non sei mai scappato quando le cose si sono fatte difficili… e non hai mai infranto una promessa” la voce della ragazza si era fatta fragile. Il ragazzo spostò nuovamente lo sguardo su di lei e vide i suoi occhi farsi umidi di lacrime che tratteneva “Tu non sei un uomo che scappa… quindi perché quel giorno sì? Voglio la verità, Samael. Me lo devi.”

Samael aveva quasi dimenticato l’effetto che Eleusi avesse su di lui e anche se avesse voluto non poteva negarle la verità. Allungò il braccio verso di lei e le prese la mano nella sua, la sinistra. Eleusi lo lasciò fare. Guardò la fede nuziale e non riuscì a reprimere un moto di rabbia e tristezza, più la guardava. All’epoca non vedeva l’ora di vederle la fede al dito e di indossarla a sua volta. Adesso quell’anello gli parve solo la scure che suo padre aveva fatto cadere sulla loro felicità.

“Ci ha scoperto, Eleusi” disse Samael a bassa voce “Ci ha scoperto e mi ha ricattato. Quado sei arrivata i suoi uomini ti stavano tenendo d’occhio” prese un respiro, cercando di calmarsi. Sentì Eleusi stringergli la mano e quando riaprì gli occhi era lì in ascolto. “O rinunciavo a te di mia spontanea volontà, oppure lui mi avrebbe costretto e avrebbe fatto sapere ai tuoi genitori e al tuo promesso sposo di noi… e la gente parla, lo sai. Non c’è posto per le adultere…” Eleusi capì che quelle non erano parole di Samael. “Mi ha sbattuto in cella e liberato quando ti sei sposata solo per poi tenermi sotto sorveglianza per un paio d’anni…”  La ragazza si scurì in volto, ma non tolse la mano dalla sua.

“Potevamo superarlo… insieme… perché ti sei arreso?” nonostante la voce fosse a malapena sopra un sussurro, Samael poté percepirne la rabbia, una rabbia che non sapeva dove indirizzare.

“Perché non ti volevo rovinare la vita…”

“Le chiacchiere non mi hanno mai spaventata. Altrimenti non avrei avuto l’amante per mesi, perché tu questo eri per gli altri. Sai perché non mi spaventava? Perché a te non spaventava”

“Eleusi…”

“Tu eri il mio compagno, Samael. Dovevamo essere una coppia e invece hai voluto fare tutto da solo!” voleva urlare, ma tenne la voce bassa per non farsi sentire da Nihal e Jona.

“Non avevo paura delle chiacchiere, ma che esistenza sarebbe stata? Quanto tempo potevamo sopportare l’essere additati come criminali prima di esplodere con qualcuno? Per quanto tempo avremmo sopportato prima che la pressione intorno a noi avrebbe fatto esplodere il nostro matrimonio?”

“Avremmo ricominciato da qualche altra parte. Una soluzione si trova sempre. Io non ho mai avuto paura di cambiare la mia vita, ma avrei voluto cambiarla con te” Ormai non tratteneva più le lacrime che scendevano dagli occhi. Samael provò ad asciugargliele, ma Eleusi si scansò facendo da sola.

“Sono stato segregato subito in cella. Hanno tenuto in gabbia anche Albedo”

“Hai provato almeno a cercarmi?”

“Certo che ci ho provato, ma quando mi sono accorto di essere sotto sorveglianza ho dovuto lasciar perdere altrimenti tuo marito sarebbe stato informato…”

“Io ti ho scritto per mesi…” ormai il tono di Eleusi era rassegnato, arreso, sperava con quell’ultima confessione, ma non sapeva più in cosa.

“…Io non ho mai ricevuto niente…” Samael sentì un moto di rabbia…maledetto bastardo…” sibilò tra sé e sé. Mai aveva odiato così tanto suo padre “…Quando sono stato liberato anche dalla sorveglianza… se dopo due anni fossi venuto a cercarti… avrei fatto in tempo?”
Eleusi scosse la testa.

“Ormai avevo la mia vita… ho la mia vita e un mio equilibrio. Adesso tutto quello che conta per me è Jona e che cresca bene e felice. Il suo papà combatte per lui, è nella Terra del Vento per lui, per il suo futuro. Rischia la vita per nostra famiglia” sembrava quasi stesse parlando a sé stessa, ma Samael non colse. Gli parve quasi che stesse tirando fuori quelle parole per fargli capire non farsi venire in mente strane idee, ora che era lì e suo marito non c’era.

“Sei felice?” si guardarono negli occhi.

“Jona è la cosa più bella della mia vita e ho un marito che ci porta in palmo di mano. Quindi sì. Questa famiglia mi fa felice...” sembrava volesse dire altro, ma non aggiunse ulteriori parole.

“Quanti anni ha vostro figlio?” chiese. Eleusi d’improvviso tolse la mano.

“Albedo è ancora ferita ma non ci permette di toccarla. Nihal è riuscita a curare parzialmente alcune lacerazioni, ma le ali sono messe male. Ha bisogno di te” disse seria “Potete rimanere qui finché non vi riprendete. Nihal può restare quanto vuole, ma tu una volta guarito devi andartene”

“Lo capisco…” rispose rattristito, non tanto per le parole, ma per il modo freddo in cui gliele rivolse. Era chiaro che lo volesse fuori da casa sua il prima possibile “Hai già fatto moltissimo per me, Eleusi. Non avevo intenzione di restare più del dovuto”

“Adesso riposati e domani vediamo se riesci ad alzarti. Più tardi ti medichiamo di nuovo le ferite” si alzò e uscì unendosi a Nihal e Jona. Samael rimase solo. Il suo sangue ribollendo di rabbia e odio verso suo padre. Cercò di pensare alle parole di Eleusi: era felice con la sua famiglia. Volse la testa verso la porta quando sentì Nihal ridere di sincera felicità con Jona. Il marito di Eleusi aveva un motivo per cui combattere. Pensò all’imboscata che lo aveva portato lì e da chi volesse tornare. Forse anche lui aveva trovato un motivo per combattere. Aveva sognato molte volte una vita tranquilla con una moglie e un figlio o due. Sentì nuovamente la voce di Nihal che giocava con Jona. Magari un domani, quando sarebbe finito tutto se le cose tra loro fossero cambiate come sperava… magari sarebbe potuto tornare a quel sogno.

La sera, dopo che Jona fu andato a dormire, Nihal ed Eleusi rimasero nel salotto davanti al focolare. Lei seduta sul suo giaciglio ad accarezzare distrattamente i capelli di Samael, guardando le fiamme, la donna invece su una sedia a dondolo a ricamare.

Fu Eleusi a rompere il silenzio “Hai deciso cosa fare?”

“Sì” disse Nihal, lisciandosi le pieghe della gonna e carezzandone la stoffa morbida e leggera rispetto alla divisa in cuoio.

“E…?” chiese Eleusi titubante.

“Resto per un po’. Se… me lo permetterai ancora” ora era Nihal quella titubante. Eleusi depose il ricamo, le si avvicinò e la strinse sorridendo sincera.

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Capitolo 17
*** Una Madre Apprensiva ***


Quella mattina Samael si sentì decisamente meglio. Eleusi non si era smentita come guaritrice, anzi, in sette anni era migliorata, il suo tocco era molto più delicato e preciso. Nihal era stata un’assistente eccellente, perfino la notte non lo lasciava. Aveva sentito più volte la sua mano accarezzargli i capelli distrattamente fino a fermarsi lì, quando il sonno reclamava anche lei.
Decise di provare ad alzarsi con l’approvazione di Eleusi e il sostegno di Nihal. Sentì un dolore lancinante lungo tutta la schiena, ma una volta dritto e in piedi fu molto più sopportabile. A quel punto, prima del medicamento le due donne non gli diedero molta scelta: bagno e rassettata. Nihal aiutò Eleusi a preparare la tinozza, però poi ti trovarono davanti ad un problema: Eleusi non aveva abiti del marito da prestargli. O meglio, li aveva, ma suo marito era un uomo nella media con un fisico asciutto per il lavoro nei campi. Samael superava i due metri e aveva una muscolatura più compatta e lavorata per gli anni di addestramento intensivo. Fortunatamente quando partì, il ragazzo aveva messo nelle borse attaccate alla sella diversi cambi. Andò Nihal a prendere le borse, seguita da Jona, che ubbidiente le rimase attaccato senza toccare Albedo, benché il drago avvicinasse il muso in cerca di carezze da parte del piccolo. Nihal gli venne in aiuto dandogli subito degli indumenti da portare così da tenergli le mani occupate. Albedo sembrò farsi più triste quando il bambino non la toccò, non ringhiò molto nemmeno a Nihal.
Gli fecero al braccio una rapida fasciatura per impedirgli di sforzarlo o fare movimenti bruschi che avrebbero riaperto la ferita nella spalla. Gliene avrebbero fatta una come si deve una volta finito il bagno. Nihal notò il distacco che Eleusi manteneva con Samael. Andava dritta al punto e non gli dava confidenza. La mezzelfo lo vedeva che questo atteggiamento faceva male al cavaliere, ma rispettava la chiusura e Nihal decise che sarebbe stato meglio non intervenire. Era una faccenda privata tra di loro, non era giusto mettersi in mezzo.

Finito il bagno Samael aveva cambiato faccia. Uscì che si era fatto la barba e aveva tentato di tagliarsi i capelli, ma palesemente si era fermato prima di fare danni. Nihal lì per lì si piantò quando uscì allegro e spensierato a petto nudo e con la camicia nella mano libera, incurante che ci fossero due donne nella casa.

“Che ti sei fatto in testa?!” esclamò Eleusi appena lo vide.

“Ho provato a tagliami i capelli, ma con una mano sola è leggermente complicato. Dimmi che è ancora salvabile. Sono stufo di sembrare un naufrago come dice qualcuno che si è incantata a fissarmi gli addominali” disse girando la testa verso Nihal.

“Non è vero!” esclamò la mezzelfo arrossendo violentemente.

“Tranquilla, so di fare questo effetto alle fanciulle” le fece l’occhiolino. Nihal decise che stavolta gli avrebbe tolto quel sorrisetto sfacciato dalla faccia. Lo guardò serissima e con sguardo di sfida, anche perché gli aveva fatto una domanda a cui non aveva ottenuto risposta.

“Anche ad Aires?” Il sorrisetto di Samael sparì e sul volto di Nihal apparve un sorrisetto da squalo.

“Dicevi che ho i capelli ancora salvabili, vero?” si affrettò a cambiare discorso camminando verso Eleusi e sedendosi affinché potesse iniziare le medicazioni. Nihal fu soddisfatta di sé.

“Sì. Siediti, ti medichiamo le ferite e poi ti taglio io i capelli, o ci pensi tu, Nihal?” fece la donna verso la mezzelfo che improvvisamente si sentì lievemente in imbarazzo.

“Non sono capace. I miei li ho tagliati con la spada…” confessò. Cadde il silenzio e le due ragazze guardarono Samael.

“Mi state per usare come cavia, vero?”

“Percettivo come sempre, Samael” fece Eleusi con un sorrisetto.

“E andiamo” Fortunatamente per lui durante le cure, Eleusi e Nihal non infierirono e quando Eleusi finì di tagliargli i capelli, Nihal finalmente rivide il cavaliere che aveva conosciuto: ordinato e sicuro di sé. I suoi occhi avevano sempre quel fondo di tristezza come i suoi. Sperava che un giorno riuscissero a trasformare quella tristezza in qualcosa di bello. Sperava un giorno di vedere nei propri occhi e nei suoi lo sguardo di qualcuno che amava la vita di cui tanto parlava Ido.

“Bene, adesso puoi rimetterti la camicia” fece Nihal non appena Eleusi finì la sua opera, passando l’indumento al ragazzo, che le fece un sorrisetto furbo.

“Non ricordavo che la cosa ti avesse mai-”

Samael

“Va bene…” abbassò la testa come un cane bastonato e si mise, non senza dolore, la camicia e il caldo gambeson che su di lui risultava essere molto elegante, seppur semplice.

Quello scambio, sebbene breve, se da un lato la fece sorridere, in quanto Nihal non avesse mai visto Samael accettare di essere bacchettato da qualcuno, dall’altro le diede leggermente fastidio che Eleusi avesse questa confidenza con lui. Aveva sempre bisticciato con Samael e a volte qualcuno di questi battibecchi lo vinceva, ma era una cosa che faceva solo con lei. Era una cosa loro, era il loro modo di porsi l’un l’altra. Vederlo fare l’agnellino con un’altra donna le aveva dato fastidio. Non sapeva come sentirsi a riguardo e non sapeva come gestire questa sensazione nuova di… gelosia.
Oh, se la conosceva quella sensazione. Più volte l’aveva provata vedendo Soana e Fen quando ancora fantasticava su quell’amore impossibile in cui si era crogiolata senza ritegno sentendosi l’eroina tragica delle storie cantate dai menestrelli. Stavolta però era diverso perché Samael l’amava. Dopotutto quando un uomo bacia una donna significa che la ama! Questo narravano le storie d’amore di cavalieri e i loro grandi amori. Doveva essere così. Anche se effettivamente la prima volta era stata lei a baciare lui. Se le storie dicevano il vero significava che lei lo amava? Aveva già dimenticato Fen? Lui l’aveva baciata altre due volte voleva dire che l’amava a sua volta? Però non aveva mai parlato o detto di amarla, mentre di Eleusi aveva detto chiaramente di averla amata moltissimo e profondamente. Eleusi aveva detto lo stesso di lui. E lei? Lei adesso si sentiva dannatamente insicura, ma non per questo si sarebbe ritirata. Non lo aveva mai fatto. Aveva deciso di capire con Samael, non si sarebbe fatta scoraggiare.

Eleusi in quei giorni aveva fatto incetta di erbe e unguenti per assicurarsa di averne abbastanza da applicare su Albedo nel momento in cui Samael si sarebbe potuto alzare per andare da lei. Infatti, non appena il ragazzo fu pronto, tutti e tre uscirono per andare finalmente a curare il drago. Jona era dal saggio del villaggio. Albedo sembrò scoppiare di gioia appena vide Samael, però le ferite le facevano male e non si mosse più di tanto, se non la testa, avvicinandosi a lui e facendosi coccolare, leccandogli la mano per poi spingerlo delicatamente coll muso come per dirgli di mettersi a terra. Samael si sedette senza mai staccare la mano da lei, mentre il drago posò il muso appena su di lui.

“La Guerriera mi ha detto tutto” le disse Samael sentendo il sollievo e la felicità della sua compagna “Sei formidabile… Grazie di tutto, Albedo. Adesso ci pensiamo noi a te” le posò un bacio sul muso e il drago sembrò sciogliersi e Nihal ed Eleusi iniziarono a darsi da fare con la magia e le cure per chiudere le ferite più superficiali e potersi dedicare a quelle più gravi, tra cui quella sulla membrana e l’ala sinistra. Sentirono il drago emettere dei gemiti di dolore, ma Samael rimase lì con lei ad accarezzarla e tranquillizzarla. Albedo si lasciò fare tutto senza opporre resistenza, fidandosi ciecamente del suo cavaliere. Quando arrivò il momento di togliere la grossa scheggia dall’ala, venne la parte complicata. Aveva iniziato ad infettarsi e non potevano estrarla alla cieca o avrebbero peggiorato la situazione. Samael fece girare Albedo su un fianco e lui avrebbe continuato a calmarla, mentre Nihal avrebbe tolto la scheggia per poi permettere ad Eleusi di disinfettarla. Estrarre quel pezzo di legno dalla pelle del drago non fu affatto facile. Il villaggio era visibile dalla distanza e il drago non poteva ruggire come aveva fatto al suo arrivo. Eleusi aveva detto ai curiosi la verità omettendo alcuni dettagli. Stava ospitando un cavaliere di drago ferito che era atterrato lì per caso e aveva bisogno di cure mediche. Tutti la conoscevano e nessuno fece domande a riguardo, anche se la ragazza era convinta che fosse perché nessuno avesse visto Samael.
Albedo protestò molto, ma non ruggì. Estrarre quella scheggia fu difficile visto quanto in profondità si era conficcata. Inoltre il drago aveva tentato di togliersela da sola, spingendola più a fondo. Alla fine però Nihal riuscì nell’intento, nonostante le difficoltà dovute al vestito, ed Eleusi si apprestò a disinfettare, permettendo ai due cavalieri di usare la magia per richiudere la ferita il più possibile. Eleusi poi applicò un unguento e dichiarò la procedura finita. Albedo sembrava essere stremata, ma le cure le furono chiaramente di sollievo. Si acciambellò su sé stessa, mettendosi più comoda e intenzionata a riposarsi. Il cavaliere decise di rimanere fuori con lei, voleva starle vicino dopo quello che il drago aveva fatto per lui.

Le due ragazze rientrarono in casa. Eleusi andò subito a controllare le scorte rimaste mentre Nihal andò a prendere il mantello di Samael per restituirglielo prima che congelasse lì fuori. Prese il mantello dalla cassapanca, notando che le spille erano appoggiate su di esso in modo ordinato. Eleusi doveva aver lavato anche quello. Non si fece domande. Uscì dalla stanza, ma una volta in salotto sentì Eleusi pronunciare la cosa più simile ad un’imprecazione.

“Accidenti…”

“Che succede?” chiese Nihal avvicinandosi. Eleusi era la suo armadietto con le scorte mediche.

“Dovrete pensarci voi a curare Albedo. Le mie scorte non basteranno mai per lei a meno che non le usi tutte, ma poi io e Jona saremmo scoperti per l’inverno. Tiriamo avanti grazie al mio banchetto di stoffe e il lavoro da guaritrice, senza mio marito che mi aiuta” sospirò abbattuta “E le ferite di Samael devono essere trattate ancora per qualche giorno”

“Non ti preoccupare. Possiamo pensarci io e Samael, tu hai già fatto abbastanza per tutti noi”

“Per come era messa Albedo, senza combinare magia e medicina non potrà volare per almeno un mese…” spiegò la donna “Almeno finché non guarisce la membrana dell’ala destra e la ferita all’attaccatura della sinistra” Il tono con cui lo disse lasciò perplessa Nihal, sembrava agitata. Sembrava quasi non lo volesse lì.

“Eleusi, tutto bene?” la ragazza si voltò forzando un sorriso.

“Sì, certo. Mi dispiace solo di non poter fare fino in fondo il mio dovere”

“Ci hai curato e condiviso con noi la tua casa e il tuo cibo, siamo noi ad essere in debito con te. Cureremo noi Albedo con la magia” disse seria Nihal. Eleusi le sorrise debolmente e poi posò lo sguardo sulla gamba.

“Come stai?”

“Mi fa male, soprattutto prima quando sono salita su Albedo, ma cammino. Quindi molto meglio grazie alle tue cure”

“Te l’ho detto, Nihal. Faccio solo il mio lavoro e tu hai salvato mio figlio. Non potevo lasciarti da sola” Nihal riuscì a ricambiare il sorriso.

“Vado al villaggio a prendere Jona, così ne approfitto per prendere un pollo per la zuppa” fece la donna congedandosi. Prese il mantello per ripararsi dal freddo dell’inverno e uscì per andare a prendere il figlio. Nihal uscì a sua volta, mettendo un mantello che le aveva prestato Eleusi, avendo notato la lunghezza spropositata per lei dell’altro. Samael era ancora in piedi accanto ad Albedo, accarezzandole la testa, mentre il drago respirava regolarmente con gli occhi chiusi, acciambellata. Nihal sentì qualcosa sciogliersi nel suo cuore vedendo la cura che Samael aveva per il suo drago e la dolcezza con cui la accarezzava per tranquillizzarla e conciliarle il sonno. Lui era un tutt’uno con il suo drago.

“Se Albedo fosse umana sareste sposati” disse la ragazza avvicinandosi a lui. Samael sorrise.

“Considerando che il vincolo tra cavaliere e drago dura ‘finché morte non ci separi’ si potrebbe dire che lo siamo da nove anni e quest’estate sarà il nostro decimo anniversario” rispose con il suo sorrisetto furbo. Nihal sorrise.

“Allora auguri per l’anniversario!” rispose scherzosa “Ti volevo restituire il mantello. Grazie ancora per avermelo prestato” disse Nihal porgendogli il mantello. Lui lo guardò un momento. Poi osservò lei e sorrise.

“Lo hai tenuto con te” non era una domanda. Lo aveva capito chiaramente perché e la cosa gli stava dando molta soddisfazione, soprattutto quando le orecchie di Nihal si fecero rosse.

“Alla base fa freddo” giustificò Nihal.

“Ti alleni tutto il giorno e poi crolli a dormire” ribatté lui

“Non ho altri mantelli”

“Hai quello in dotazione con la divisa”

“Si è sgualcito allenandomi”

“Ti alleni senza perché intralcia”

“Il tuo è più comodo!”

“Ti fa da strascico”

Io lo trovo più comodo, va bene?!” Nihal era rosso fuoco e Samael rise sapendo che non avrebbe mai ammesso di averlo tenuto perché sentiva la sua mancanza. Nihal infatti non gli avrebbe mai detto che in sua assenza quel mantello le dava conforto quando aveva gli incubi. Che dormire con quel mantello la tranquillizzava come quando dormivano accoccolati.

“Comunque, grazie per avermelo prestato” fece la ragazza, paonazza in volto “Ti consiglio di metterlo, fa freddo”

“Me lo metteresti tu? Non riesco a chiudere la fibbia con una mano sola” Nihal sorrise.

“Certo” aprì il mantello e glielo mise intorno alle spalle. Samael le sorrise.

“Ho realizzato una cosa” fece lui mentre la ragazza gli chiudeva la fibbia sul petto “Se io e Albedo siamo sposati… questo farebbe di te l’amante!” Nihal avvampò di nuovo, ma rise.

“Oh no! Cosa dirà la gente?” rispose scherzando a sua volta Nihal.

“Che sono un uomo dall’ottimo gusto e di irresistibile fascino!”

“E soprattutto modesto!”

“E che tu sei bellissima anche con un vestito” Le sorrise e Nihal rimase spiazzata di nuovo, arrossendo timidamente, sentendosi improvvisamente cosciente di indossare un abito da donna davanti a Samael. Lei per prima non sapeva se piacersi o meno con un vestito e lui le aveva detto di trovarla bellissima anche con un vestito. Voleva dire che la trovava bella anche vestita da guerriero?

“Dici sul serio?” Samael sorrise a quell’insicurezza. Non riusciva a spiegarsi come una ragazza come Nihal non potesse essere conscia e sicura del suo aspetto. Avrebbe potuto mettersi un sacco di iuta e avrebbe comunque fatto girare villaggi interi a guardarla.

“Sì. È’ davvero così difficile crederlo?” rispose spostandole una ciocca blu dietro all’orecchio a punta.

“Non lo so. Non me lo ha mai detto nessuno prima… Probabilmente perché sono diversa”

“Diverso non vuol dire sbagliato. Se gli altri non lo capiscono non è certo un tuo problema” Nihal gli sorrise accoccolandosi delicatamente al petto, cercando di non fargli male appoggiandosi alle ferite. Samael strinse il braccio intorno a lei, baciandole la testa.

“Ho… chiesto ad Eleusi di prestarmi un vestito da donna… non è perché i miei abiti fossero inutilizzabili…” confessò guardandolo.

“E quindi?” e le fece un sorriso caldo che le trasmise quella serenità di cui aveva tanto sentito la mancanza. Nei suoi occhi c’era tutto, ma non c’era traccia di distaccato disinteresse.

“Niente…” Nihal sorrise sapendo che lui avesse capito e la lasciava fare “Niente… così” si accoccolò di nuovo a lui. Samael ruppe il piacevole silenzio di quell’abbraccio.

“Appena io e Albedo guariremo ritorneremo alla base. Credo sia la cosa migliore per tutti” disse il ragazzo. Nihal sospirò sapendo di dover dare il contrordine.

“Albedo ha bisogno di un mese senza le erbe. Eleusi ha controllato le scorte, non bastano per Albedo e per lei e Jona. Ha bisogno di quelle scorte per il suo lavoro e adesso scarseggiano. Dovremmo curare noi Albedo, con la magia. Non possiamo chiederle di usare tutto dopo che ha condiviso con noi la sua casa e il suo cibo” spiegò Nihal.

“Dannazione…” Guardò il drago addormentato, spostò lo sguardo sulle ali ferite. Non poteva farla muovere in quello stato. “Appena sarò in grado di muovermi meglio mi darò da fare per aiutarla e mi sposto nel granaio. Mi sembra il minimo. Tu cosa pensavi di fare?”

“Eleusi mi ha proposto di rimare qui per un po’… e io ho accettato. Pensavo di chiederle già da domani come potessi aiutarla” Samael annuì.

“Vorrà dire che quando tornerò all’accampamento ti aspetterò, qualunque cosa tu voglia fare” le sorrise. Nihal lo fissò per un momento per poi illuminarsi in un sorriso come non faceva ormai da tempo. Non si trattenne dal prendergli il volto tra le mani e scoccargli un bacio per poi riaccoccolarsi. Pensò alle parole di Ido su Samael: se ti vuole bene davvero ti aspetterà. Il caso lo aveva portato lì, poteva essere un’occasione per stare da solo con lei, poteva dirle che in tal caso avrebbe trovato una sistemazione al villaggio per non gravare ulteriormente su Eleusi. Oppure avrebbe potuto provare a convincerla a tornare alla base con lui dopo un mese che non si vedevano. Invece non aveva esitato a rispettare la sua scelta di prendersi del tempo per sé lontano dalla base, prendendo in considerazione anche l’ipotesi che Nihal scegliesse una vita più tranquilla. Sapevano entrambi che quel periodo di convivenza forzata sarebbe stato difficile, ma avrebbero provato a godersi il più possibile quella pace.
 
Samael e Nihal erano ancora fuori, con la mano di lui poggiata sul ginocchio di lei e la mano della ragazza a coprire quella del giovane, seduti sulla panca a godersi il sole invernale quando Jona saltellò allegro verso di loro seguito da Eleusi. Albedo sonnecchiava ancora tranquilla, sotto l’occhio vigile dei due giovani. Il bambino guardò il drago desideroso di toccarla, ma si trattenne per non far preoccupare la madre. I suoi occhioni azzurri si soffermarono su quella figura che aveva visto solo sdraiata davanti al focolare e subito andò davanti a Samael.

“Ciao! Tu sei il cavaliere amico della mamma! Ti chiami Cavaliere Samael, vero?” Samael sorrise al bambino.

“Ciao, piccoletto! Sì, sono Samael, e tu come ti chiami?”

“Io sono Jona. La mamma ha detto che sei ferito. Hai combattuto contro i fammin? Ti hanno fatto un agguato? Quanti erano? Ne hai uccisi tanti? Come hai fatto?” chiese il bambino guardandolo con gli occhioni, ansioso di saperne di più. Samael rise.

“Sei molto diretto! Mi piaci, piccoletto!” Jona gli fece un sorriso da un orecchio all’altro. Nihal sorrise allo scambio.

“Jona, non infastidire il Cavaliere Samael, si è appena ripreso” disse Eleusi avvicinandosi a sua volta. Samael con naturalezza tolse la mano dal ginocchio di Nihal che a sua volta fece finta di nulla.

“Cavaliere Samael? È così che hai detto a tuo figlio di chiamarmi? Mi fai sembrare un vecchio!” disse tranquillo il ragazzo.

“È vero, mamma! Con la barba non si vedeva, ma è giovane!”

“Jona!” Nihal scoppiò a ridere, soprattutto all’espressione di Samael che guardò il bambino con gli occhi sgranati come se fosse appena stato pugnalato da quel piccolo dal faccino innocente.

Piccolo bastardo!  Pensò tra sé e sé il giovane.

“Scusalo, Cavaliere” fece Eleusi imbarazzata “A volte non ha freni”

“No, non preoccuparti. Lo sai che apprezzo le opinioni oneste” tornò a guardare Jona “Puoi chiamarmi Samael, piccoletto. Cavaliere Samael sa di vecchio” Il bambino sembrò illuminarsi.

“Va bene Samael! Posso accarezzare il tuo drago?”

“Jona, è ora del tuo sonnellino pomeridiano. Fila in casa” fece Eleusi prendendogli la mano e portandolo dentro.

“Ma mamma, non ho sonno!”

“A nanna”

“Ci parli dopo con Samael, tranquillo. Saremo qui quando ti svegli” fece Nihal.

“Sentito? Adesso a nanna” insistette Eleusi.

“Samael, mi puoi raccontare qualche storia da cavaliere?”

“I cavalieri imparano molto dalle storie e il modo per ascoltarle meglio è facendo un buon riposo dopo aver imparato cose nuove tutto il giorno” rispose Samael.

“D’accordo! A dopo!” e scappando dalla mano della madre Jona filò in camera per il suo sonnellino. Eleusi rimase ferma immobile sulla porta. Suo marito non era mai riuscito a mandare Jona a dormire con quella facilità. Nihal sorrise verso Samael con un’espressione a metà tra la sorpresa e il tenero. Il ragazzo se ne accorse.

“Che c’è?” chiese confuso.

“Non pensavo ci sapessi fare con i bambini” disse Nihal sorridendogli. Samael a sua volta.

“Da piccolo ero così e se mi veniva ordinato di fare qualcosa potevi star certo che non l’avrei fatta. Mia madre faceva sempre così per farmi fare le cose” ridacchio e si rivolse ad Eleusi, chiudendo di nuovo gli occhi per godersi il sole e il leggero vento diurno “Tuo figlio è davvero un’esplosione di energia. È’ adorabile e ti somiglia veramente moltissimo”

“A volte penso somigli di più al padre” Nihal notò l’espressione fissa nel vuoto e la postura immobile della donna.

“Eleusi, tutto bene?” chiese la ragazza vedendola strana. La donna sembrò riscuotersi da quello stato quando sentì anche lo sguardo di Samael su di sé.

“Sì sì, ero solo sorpresa dalla velocità con cui è corso in stanza” le fece un piccolo sorriso “Mi daresti una mano a preparare il pollo?” le chiese.

“Ehm… non so cucinare…”

“Allora vieni che ti insegno” suggerì.

“Magari alla cottura però pensaci tu” fece Samael, alzandosi lentamente trattenendosi dal gemere per la stilettata di dolore dalle ferite. Nihal lo sostenne imbronciata.

“Tu come fai a sapere che-” si bloccò realizzando “Ah…”

“Io so tutto, Guerriera”

“Taci.” E precedette un’Eleusi molto perplessa in casa. La donna guardò Samael.

“Abbiamo la stessa maestra di magia. Mi ha chiesto di insegnarle anche l’arte culinaria” spiegò lui.

“Quanto mi devo preoccupare?”

“Non le ho ancora fatto la prima lezione. Tienila lontana dal fuoco e dai dosaggi” Eleusi annuì ed entrò in casa.

“Nihal, nella cesta sotto la credenza ci sono le verdure. Tagliale, per favore” sentì Eleusi dirle da dentro la casa.

“Ma dammi un po’ di fiducia!”

“Io ti do fiducia, ma la casa mi serve!” Samael fuori rise di gusto.
 
Quando Jona si svegliò Samael era fuori con Albedo. Nihal invece era ancora alle prese con la lezione di cucina di Eleusi. Il piccolo bollò subito l’avvenimento nella cucina come poco interessante e dopo aver dato un bacino alla madre si diresse subito fuori nell’orto per vedere se c’erano degli scoiattoli o altri piccoli roditori intenzionati a rubare le loro verdure. Prese un bastoncino e iniziò a marciare dietro la casa come gli aveva insegnato il suo papà l’ultima volta che era stato lì. I cavoli sembravano essere a posto, le cipolle anche, le carote… avevano un intruso! Jona alzò il bastone e corse verso il leprotto che stava impunemente mangiando una carota del loro orto.

“Ehi! Quella è nostra! Vai via! Sciò! Ti faccio vedere io! In guardia!” ma quando si mise in posa per iniziare a combattere, il leprotto era già scappato “E non tornare più!” gli urlò dietro Jona. Il bambino si voltò verso un albero dove c’era uno scoiattolo che lo guardava rosicchiando una noce.

“Ne vuoi un po’ anche tu? In guardia!” lo scoiattolo si mise la noce nella guancia e scappò via.

“Vedo che anche tu sei un impavido guerriero” Jona si voltò verso la voce di Samael, vedendo il cavaliere all’angolo che dava sul lato della casa che era ormai vegliato da Albedo da giorni.

“Sì! Ho chiesto a Nihal se quando stava meglio con la gamba mi insegnava a spadaccinare. Così posso difendere meglio la casa e sfidare a duello il mio papà quando torna dalla guerra!” Samael lo guardò sorridendogli. Quel bambino gli fece naturalmente tenerezza. Nonostante la situazione di imbarazzo e la tristezza per il loro sogno distrutto, Eleusi avrebbe sempre avuto un posto speciale nel suo cuore ed eccetto per gli occhi, Jona aveva ricalcato il volto della madre. Era il suo bambino, non c’erano dubbi.

“Il tuo papà è un soldato?”

“Sì! Prima faceva il commerciante, due anni fa è diventato un soldato. Lo vedo poco però mi ha insegnato qualcosa che ha imparato nella Terra del Vento. Combatte lì! La prossima volta che torna voglio fargli vedere che sono diventato bravo!” disse il bambino tutto d’un fiato.

“Beh, allora un leprotto e uno scoiattolo non sono ottimi avversari visto che scappano. Se mi passi quel bastone ti insegno qualcosa finché tua madre non permette alla Guerriera di insegnarti” suggerì indicando un bastone a terra.

“Ma tu sei troppo grosso! Non ti batterò mai!”

“Ma come? Ti arrendi subito? La Guerriera per entrare in Accademia ha sconfitto dieci avversari di fila e molto più grossi di lei”

“Tieni!” gli passò subito il bastone indicato. Samael sorrise e svoltarono l’angolo per evitare di fare danni nell’orto ed eventualmente essere a vista di Eleusi. Una volta lì Samael lo sfudò a duello per vedere cosa gli avesse insegnato il padre. Il cavaliere non fece molta fatica. Jona era un bambino che giocava e mirava in alto, Samael deviava i colpi con semplici rotazioni di polso. Una volta che il bambino si stancò, il ragazzo colse l’occasione per spiegargli le basi del combattimento. Jona lo guardava attento assorbendo le sue parole e senza protestare quando Samael gli puntellava col bastono ginocchia, piedi, schiena e spalle per correggergli la postura. Si stava divertendo un mondo e non vedeva l’ora di imparare per bene per rendere orgoglioso il suo eroico papà. Samael si sentì sereno. Nihal era stata la sua prima allieva, ma insegnare a Jona era diverso. Sapeva bene, e soprattutto sperava, che quel bambino non avrebbe mai davvero combattuto, però quel suo entusiasmo gli impediva di dirgli di no. Non avrebbe fatto nessun danno dopotutto.

Eleusi uscì quando si accorse della voce di Samael che stava dando indicazioni e si affacciò, Nihal la seguì e non riuscì a bloccarla quando la donna uscì dalla casa con ancora il mestolo della zuppa in mano, tenuto con fare minaccioso quando vide cosa stesse facendo il cavaliere.

“Che diamine ti salta in mente, Samael?!” fece andando davanti a lui.

“Voleva imparare a combattere. Gli sto insegnando le basi”

“Jona, amore, entra in casa per favore” fece al bambino “Vai a dare una mano a Nihal a controllare la zuppa” Guardò la ragazza pizzicandola proprio mentre cercava di nascondere il fatto che stesse segnalando a Samael di essere nei guai fino al collo. La ragazza fece la vaga e poi guardò il bambino.

“Sì, Jona, vieni” il bambino salutò il cavaliere e raggiunse la ragazza.

“Nihal, Samael è nei guai vero?” chiese il bambino.

“La prossima volta imparerà ad ascoltare tua madre quando ordina il riposo” fece la ragazza, ma rimanendo con l’orecchio teso. Non avrebbe origliato, normalmente, ma da un lato era curiosa di sentire il cazziatone in arrivo.

“Prima che ti arrabbi-”

“-Perché mai dovrei arrabbiarmi, Samael? Cosa ti ha fatto pensare che fosse una buona idea?”

Sì, Eleusi è decisamente arrabbiata.  Pensò Nihal.

“Il fatto che tuo figlio è un bambino e che io ho abbastanza-”

“-Appunto! È un bambino! Non puoi piombare così nella sua vita e insegnargli a fare il guerriero come te!” Lì Nihal si piantò e si fece più attenta. Il tono di Samael si fece più serio.

“Eleusi, scusa, ma la tua reazione mi sembra leggermente spropositata. Jona voleva giocare e stavamo giocando. Se non vuoi che lo faccia, basta dirlo. Lui mi ha detto che la Guerriera poteva farlo una volta guarita, davo per scontato che non ti desse fastidio”

“Con Nihal è diverso” Samael abbassò la voce, impedendo a Nihal sentirlo da dentro la casa.

“Nel senso che non avete avuto una relazione?” la fissò negli occhi ed Eleusi si sentì improvvisamente scrutata nell’animo in quel modo che solo lui sapeva fare.

“No. Nel senso che lei è quasi guarita e tu devi stare fermo altre due settimane senza fare sforzi, ma evidentemente quella tua testa cocciuta non vuole capirlo” quella risposta fu molto più dura di quanto Nihal si aspettasse, ma si era persa a cosa fosse in risposta.

“Va bene, Eleusi. Come vuoi tu. Ma non fare finta che non sia perché non mi vuoi vicino a tuo figlio” disse lui lapidario e si diresse verso Albedo che nel frattempo aveva aperto un occhio, ascoltando la conversazione. Nihal non capiva, ma per sua sfortuna quando guardò verso il bambino si accorse, dallo sguardo perplesso di Jona che il piccolo avesse sentito per lo meno l’ultima frase del giovane. Infatti quando Eleusi entrò Jona fece subito domande.

“Mamma, perché non vuoi che parli con Samael? Non è un tuo amico?” chiese innocentemente. Eleusi guardò Nihal e quando notò lo sguardo colpevole e rassegnato della ragazza capì che entrambi avessero sentito.

“Sì, è un amico, ma ha bisogno di riposo e non è il caso di fargli fare sforzi” spiegò Eleusi facendogli una carezza sul viso.

“Ma ha detto che è una scusa. Avete litigato?” chiese guardandola con quegli occhioni azzurri curiosi. Eleusi si sentì all’angolo, ma continuò a sorridergli.

“Sì, abbiamo litigato tempo fa e non mi piace che tu gli stia intorno”

“Ma se è stato tempo fa perché non fate pace? È simpatico! E poi hai detto che potevo chiedere a lui di coccolare Albedo, se non gli posso parlare non posso chiedergli di coccolarla! Per favore, mamma! Fate pace!” chiese supplicandola.

“Non è così facile, Jona”

“Ma mi hai detto tu che si può sempre fare pace! Nihal, glielo dici tu? Ti prego?” e le fece gli occhioni da cucciolo, guardando la ragazza più giovane. Eleusi la guardò disperata, Nihal ricambiò con lo stesso sguardo. Come faceva a dire di no a quegli occhioni.

“Eleusi ti posso parlare un momento?”

“Nihal…”

“Tipo adesso?” non la fece rispondere, prendendola per un polso e tirandola verso la sua camera “Jona, avvisaci tra due giri di clessidra. Mi raccomando! E’ importante!” il bambino sbuffò, ma obbedì. Le due donne si chiusero nella stanza, al sicuro da quei pericolosi occhi da cucciolo del bambino. Le due si guardarono in silenzio non sapendo come iniziare, Eleusi non sapendo come uscirne e Nihal alla ricerca del modo migliore per chiedere con tatto.

“Io non capisco perché tu non voglia che Jona parli con Samael e non mi metterò in mezzo alle vostre questioni aperte…” fece la ragazza “Ma questa casa è piccola e Samael per un mese sarà bloccato qui… come pensi che Jona non possa parlare con lui per un mese?”

“Samael se ne andrà e probabilmente non ci rivedremo mai più. Non voglio che Jona si affezioni” rispose la ragazza.

“Ma non puoi nemmeno impedire a Jona di far finta che non ci sia. E poi, potrei capirlo se stessimo parlando di un mercenario assassino, ma lui lo conosci bene. Lo sai che Samael è una brava persona. Siete voi due che avete delle questioni irrisolte, ma Jona cosa c’entra?” chiese Nihal “E poi pretendi davvero che dopo che Albedo gli ha permesso di toccarla non provi a rifarlo di nascosto? Meglio che lo faccia con Samael presente” Eleusi sospirò.

“Ci devo pensare, Nihal. Non voglio che poi dopo ci rimanga male…” la donna le parve immensamente triste in quel momento, come se fosse schiacciata da un grosso masso che le premeva sulle spalle.

“C’è… altro?” chiese cauta Nihal. Eleusi per una volta non reagì subito, sospirò e poi alzò la testa verso di lei, ma senza incontrare il suo sguardo “No, Nihal… d’accordo ci penserò”

In giornata Samael provò a spostare il giaciglio nel granaio per farsi il più da parte possibile. Nihal riuscì ad ottenere un compromesso e aspettare almeno un’altra settimana per evitare che le ferite si infettassero con le polveri del granaio.
Samael passò i due giorni successivi tra Albedo e il granaio, aiutando Nihal ed Eleusi come poteva e stando ben attento a non girare intorno a Jona, entrando in casa solo dopo che la donna avesse accompagnato il piccolo al villaggio, o per i pasti. In quei momenti Jona non sapeva dove guardare. Si vedeva che moriva dalla voglia di fare domande al giovane cavaliere e di provare ad accarezzare di nuovo Albedo. Una mattina uscì dalla sua stanzetta sbadigliando con molta enfasi e stropicciandosi gli occhi, ma i capelli umidi pettinati tutti da un lato svelarono alla madre che fosse uscito di nascosto dalla finestra per fare una carezza al drago. Di pomeriggio provava a giocare nell’orto ripassando quello che gli aveva insegnato Samael poco prima, guardando in direzione del granaio quasi speranzoso di vedere il cavaliere uscire.

La sera del terzo giorno Eleusi mandò Jona a chiamare Samael per la cena.

Il bambino rientrò in casa mano nella mano con il cavaliere, tirandolo dentro con un sorrisone identico a quello del cavaliere che si lasciò trascinare nella casa dal bimbo felicissimo di potergli finalmente chiedere tutto quello che voleva sui draghi e i cavalieri.

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Capitolo 18
*** Nuove Ferite ***


Non appena Nihal ebbe il permesso di Eleusi, la ragazza non attese neanche un momento per provare a rendersi utile alla sua ospite, lo stesso valse per Samael benché le due ragazze scoprirono che il giovane fosse un pessimo paziente. Nihal non poté fare a meno di notare come somigliasse a Jona per certi aspetti. Il bambino era ubbidiente, ma se c’era qualcosa che desiderava fare con tutto sé stesso, prima o poi l’avrebbe fatta. Samael allo stesso modo faceva le cose in due modi o bianco o nero. O gli si permetteva di fare le cose e le faceva, oppure gli si vietavano e le faceva lo stesso, come “spadaccinare” con Jona anche quando gli era stato categoricamente detto di non farlo. Nessuna delle due ragazze si stupì più di tanto del fatto che i due maschietti fecero comunella istantaneamente.
In quei giorni in cui non poteva fare sforzi eccessivi, oltre a curare Albedo con la magia insieme a Nihal, Samael passava il tempo con Jona, permettendo ad Eleusi e Nihal di occuparsi delle faccende domestiche senza essere interrotte dal piccolo terremoto, il quale in ogni caso non nascondeva di aver deciso che il più simpatico e divertente in quella casa fosse Samael. Il bambino lo pedinava quasi letteralmente e più prendeva confidenza con lui più Eleusi e Nihal diventavano solite vederlo fisicamente buttato addosso a Samael mentre il ragazzo gli raccontava le storie dei cavalieri (che anche Nihal ed Eleusi ascoltavano neanche troppo di nascosto). Una volta Eleusi e Nihal uscirono fuori di corsa quando sentirono Jona chiamare a gran voce.

“Mamma! Nihal! Venite a vedere!” Le due pensarono che il cavaliere “finalmente” fosse riuscito ad aprirsi da solo i punti. Nihal aveva avvisato Samael, nel momento in cui si fosse fatto male e peggiorato le ferite lei gli sarebbe stata accanto per dirgli: te lo avevo detto, per poi lasciarlo all’ago e l’ira funesta di Eleusi. Quando uscirono invece trovarono Jona sollevato a più di mezzo metro da terra, appeso al bicipite flesso di Samael.

“Samael è forte come papà!”

“Appena sto meglio ti faccio anche fare l’altalena” fece il ragazzo ridendo. Jona sembrò esplodere di gioia all’idea.
Eleusi sorrise.

Nihal vide qualcosa infrangersi dietro quell’espressione serena. Un pensiero riaffiorò alla sua mente, ma venne ben presto sopito dall’odore di bruciato dentro la casa e la corsa della donna per salvare la cena.
 

 
Nonostante entrambi fossero indaffarati in diverse faccende e Samael le stesse lasciando i suoi spazi, lui e Nihal trovavano sempre qualche momento da passare soli godendo l’uno della compagnia dell’altra. Spesso si accoccolavano al fianco di Albedo per farle compagnia, a chiacchierare o farle qualche carezza seduti sulla coda che il drago appositamente gli offriva per sedersi. Oppure dopo aver curato Albedo si facevano delle passeggiate nel bosco mattutine mentre Eleusi portava Jona dal saggio. Quelle passeggiate, mentre si godevano il silenzio e i primi raggi del sole invernale, venivano riempiti da momenti di confortevole silenzio o chiacchiere serene. Parlare del più e del meno e scherzare nei loro modi, dimenticando completamente la guerra e tutti i pensieri negativi che li avevano assaliti negli anni. Durante una di quelle passeggiate, Nihal sentì la mano di Samael toccare distrattamente la sua finché il giovane non le fece un sorriso e con naturalezza le prese la mano, intrecciando le dita con le sue. Nihal arrossì leggermente ma non gliela lasciò. Già altre volte si erano presi per mano, ma quel piccolo gesto in quel contesto aveva un sapore diverso. Era un gesto che Nihal aveva visto fare solo alle coppie nel suo villaggio. Giovani ragazzi che giravano mano nella mano felici o giovani sposi con bambini piccoli appesi tra di loro, che facevano lunghe passeggiate in tranquillità, chiacchierando dei loro progetti futuri.
Più volte Nihal si era trovata a pensare mentre passeggiava con lui, mano nella mano, oppure quando, seduti su un mantello sopra la neve, si trovava tra le calde braccia di Samael, scambiandosi qualche rapido bacio di tanto in tanto. Era bello e pacifico. Era a casa. Era questo che si provava ad avere una persona accanto? Un… un compagno.

“Che succede?” le chiese Samael quando si accorse che era nuovamente arrossita.

“Nulla, tranquillo” rispose sorridendogli. Il pensiero la imbarazzava, ma le piaceva l’idea.

“Sicura? Sei rossa” le sorrise.

“Sì, sono sicura. Pensavo, tutto qui” lui alzò un sopracciglio come a dirle di andare avanti. Ora l’aveva incuriosito, non le avrebbe permesso di lasciarlo così in sospeso. Nihal scosse lievemente la testa sorridendo.

“Pensavo che questo… è bello” Samael le sorrise.

“Sì, lo è” Le posò un delicato bacio sulla testa e uno sulla guancia, per poi posare la testa al tronco a cui si era appoggiato, lasciando che Nihal si accoccolasse a lui con un sorriso sereno, mentre le dita scivolavano ritmicamente tra i capelli della ragazza. Nessuno mai prima di lui l’aveva coccolata così. Sentiva le farfalle librarsi nel suo stomaco ogni qual volta che Samael le rivolgesse questi piccoli gesti affettuosi. Non si sentiva solo veramente visibile con lui, si sentiva al sicuro, si sentiva amata.
 

Quando erano con Jona e giocavano con lui, alla sua mente giungevano sempre migliaia di pensieri. Samael ci sapeva davvero fare con i bambini. Si illuminava quando giocava col piccolo. Quando Eleusi poi finalmente gli tolse le bende per tenergli il braccio al collo, Jona non aveva perso un secondo a provare ad arrampicarsi su di lui. Ritornando dall’orto Nihal aveva visto Samael dentro casa a parlare con Eleusi, per una volta senza imbarazzi, mentre quest’ultima cucinava, con Jona che stava provando ad arrampicarsi su di lui.

“Sì, purtroppo la guerra comincia a farsi sentire anche qui- Jona, amore, lascia stare il povero Samael! Non è un albero” fece Eleusi quando capì che il piccolo non aveva lacuna intenzione di lasciarlo stare. Samael ridacchiò, mentre lo teneva appeso a sé.

“Ma voglio capire come si vede da così in alto!” protestò il piccolo.

“Se volevi essere alto bastava dirlo!” e Samael lo prese mettendoselo sulle spalle, non senza una smorfia di dolore, trattenendo un gemito, ma fece cenno ad Eleusi che non era necessario intervenire “Ecco qui! Ora sei alto!”

“Wow! Nihal sei piccola da qui!” esclamò il bambino tenendosi alla testa di Samael.

“E tu sei altissimo! Com’è la vista da lì?”

“Meglio di quella dalle spalle di papà! Da grande voglio diventare alto come te, Samael!” fece Jona.

“Tu pazienta e vedrai poi come cresci! Soprattutto se mangi le verdure senza sbuffare come dice la mamma” disse il ragazzo. Jona guardò verso Eleusi.

“Davvero? Mamma, posso davvero diventare alto come Samael?”

“Potresti, ma come dice lui, per farlo devi mangiare le verdure senza sbuffare” rispose la donna.

“Va bene!” guardò il ragazzo e la mezzelfo “Samael, Nihal andiamo fuori a spadaccinare?” i due si sorrisero.

“Aiuto la mamma con le verdure e arrivo, intanto voi maschietti andate”

“D’accordo!” risposero in coro e Samael camminò fuori con Jona sulle spalle. Nihal scosse la testa sorridendo. Più lo guardava con Jona e più era certa di una cosa, un domani Samael sarebbe stato un ottimo padre. Quel pensiero gliene portò altri alla mente e posò lo sguardo su Eleusi, pensando nuovamente alla loro storia. La donna non la stava guardando, ma la su espressione tranquilla sembrava celare un velo di tristezza.

“Eleusi, tutto bene?” chiese Nihal.

“Sì, certo. È che stavo parlando degli effetti della guerra qui con Samael prima e, niente, non ho potuto fare a meno di pensare a mio marito. Spero stia bene” Nihal le posò la mano sulla spalla, facendole un sorriso rincuorante.

“Vedrai che tornerà a casa. Ha due ottimi motivi per farlo” Eleusi le sorrise.

“Dai, vai da quei due prima che facciano danni. A Samael fanno ancora male le ferite”
Nihal uscì, trovando i due davanti ad Albedo con il bambino intento ad accarezzare il muso del drago albino che di risposta gli leccò gentilmente la mano. Quando lei e il suo maestro fecero vedere dei movimenti basilari della spada al bambino, Nihal non poté fare a meno di notare come Albedo si fosse acciambellata in maniera protettiva intorno al bambino che li guardava.
 

 
Jona adorava Nihal e Samael, mentre non era particolarmente interessato. Eppure non si era mai divertito così tanto in cucina come quando assistette alla prima vera lezione di cucina di Nihal. Eleusi aveva provato ad insegnarle a farle il pane. L’esito era stato disastroso, finendo ricoperte di farina da testa a piedi, ma si erano divertite un mondo. Stavolta, ricevuto il permesso della padrona di casa, c’erano i due ospiti a fare la cena. Madre e figlio erano seduti sulla poltrona del salottino a godersi lo spettacolo, Eleusi divertita da cosa potesse succedere e Jona non era molto diverso da lei.

“Allora, Guerriera” iniziò Samael alzandosi le maniche, come la ragazza “Facciamo dei ravioli di carne, molto semplice. Io ti do le indicazioni e tu fai, chiaro?”

“Trasparente” rispose Nihal pronta.

“Perfetto” le mise sul tagliere una cipolla.

“Io sono veramente curiosa di vedere come fai questi ravioli di carne qui…” sentirono Eleusi commentare.

“Tu sottovaluti il mio potere” fece Samael.

“Jona, mi sa che stasera non si cena” fece la donna al figlio con un sorrisetto.

“Mi sa che hai ragione, mamma” rispose il bambino “Posso mangiare i biscotti stasera?”

“Quando voi due vi leccherete i baffi e chiederete un’altra porzione, pretenderò delle scuse” fece Nihal fingendosi offesa e iniziando a pulire una cipolla con una mannaia.

“Ben detto, ma per quella ti serve lo spelucchino” disse Samael.

“Sarebbe?”

“Questo” prese un coltello molto più piccolo con una leggera curvatura della lama, fatta apposta per pelare le verdure. Nihal non perse tempo e pulì la cipolla senza problemi, per poi tagliarla a cubetti per il ripieno. Lì Samael le mostrò come fare in maniera efficiente, ma la ragazza apprese subito. Appurarono che Nihal fosse in grado di tagliare le cipolle e di mettere una pentola sul fuoco per iniziare a scaldarsi

“Adesso, prendi e spacca il sedano” Nihal prese il sedano e guardando Samael lo spezzò a metà osservando l’anima di Samael uscire dal suo corpo. Poteva leggergli la sofferenza pura nello sguardo. Si passò una mano disperata sul volto, causando le risate di Eleusi e Jona e un sorriso divertito da Nihal.

“Ehi, tu mi hai detto di spaccare il sedano e io l’ho spaccato! Non mi guardare così!” brontolò la mezzelfo ridendo.

“Ma non così!” il giovane prese i due pezzi di verdura e li mise sul tagliere, posò di piatto il coltello più spesso su di esso e gli diede un veemente colpo secco col palmo della mano “Così!” gli diede un altro colpo “Così lo apri e appiattisci, tagli per lungo e poi puoi fare i cubetti che dovremmo tritare dopo!” disse procedendo e mostrandole i passaggi. Nihal lo imitò prendendo l’altra metà che aveva rotto, mise la lama di piatto e colpì con forza il povero sedano.

“Ma basta! Non così forte!”

“Stavo solo applicando la tua stessa foga” rispose tagliando a cubetti il sedano. Samael sospirò.

“Ora passa alla carota. Tagliala a metà” Nihal posizionò la lama per lungo sulla carota.

“A metà! Non così!”

“Oh, prima devo tagliare per lungo! Poi devo tagliare per corto! Se lo spezzo a metà non va bene! Lasciatelo dire ma come maestro di cucina sei pessimo!” brontolò Nihal divertita.

“Ma se tu fai le cose completamente a caso!”

“Ma io non so cucinare! Cosa vuoi da me?” Eleusi e Jona che sghignazzavano di sottofondo non stavano aiutando. Samael sembrava molto contrariato, ma non riusciva a nascondere quell’accenno di sorriso sul viso.

“Allora facciamo come con l’addestramento” fece e andò a prendere il mestolo più grosso della cucina “Ogni volta che fai una cavolata ti do una mestolata, quindi da adesso in poi fai le cose con cognizione di causa”

“Guarda come avrò una gobba a fine lezione” brontolò la ragazza ridacchiando.

Tra stupidaggini culinarie e frecciatine a Samael per prenderlo in giro, Nihal perse il conto di quante pacche col mestolo ricevette durante la preparazione della cena, però si divertì moltissimo. Si divertì soprattutto grazie alla partecipazione di Jona che ad un certo punto decise di voler partecipare e dare una mano. Il risultato finale fu anche buono ed Eleusi dovette ammettere di essere stata in errore per la sua mancanza di fede. Jona fu particolarmente entusiasta e Nihal soddisfatta di sé stessa. Samael era orgoglioso anche se faceva finta di non esserlo guadagnandosi lui di conseguenza una serie di mestolate da parte di Nihal, per il divertimento di Jona.
 
 
Tra le lezioni di Eleusi e Samael, Nihal stava diventando bravina in cucina. I piatti, seppur umili, erano saporiti e scoprì che non le dispiaceva come attività. Aveva svuotato la mente in quei giorni. Non pensava più a Livon, aveva archiviato Soana, aveva messo nel cassetto il sogno di diventare cavaliere. Sennar a volte si faceva avanti nei suoi pensieri con prepotenza. Non aveva il coraggio di dire a Samael come l’aveva salutato. Sapeva che l’avrebbe rimproverata e sapeva che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con sé stessa e le sue azioni, ma adesso non voleva farlo. Non voleva rovinare quella pace in cui si trovava.
Le “lezioni” di spada con Jona procedevano. Il bambino era stato molto chiaro sul perché volesse imparare. Voleva raggiungere suo padre e combattere con lui per far finire la guerra e farlo tornare dalla madre. Notò comunque che il piccolo era portato e più prendeva dimestichezza con l’arma, più aveva un movimento molto simile a quello di Samael, sebbene storto e giocoso.

Jona era un bimbo meraviglioso. Non poteva are a meno di pensare quanto fosse fortunata Eleusi. Era vivace, allegro, parlava per ore con tutta l’ingenuità e meraviglia che potesse avere un bambino. Quella mattina erano andati tutti e quattro nel villaggio. Nihal aveva appositamente nascosto capelli e orecchie nel cappuccio, e sembrava passare abbastanza inosservata, se non per alcuni sguardi curiosi tra cui quelli di Eleusi. Quado Samael si allontanò trascinato via di Jona, la donna le confessò che era per via della sua camminata marziale e poco femminile. Lo trovava buffo e anche gli altri. Fu allora che Nihal provò ad imitarla, ma poi fu Samael a guardarla sorpreso e con un piccolo sorriso. Ora era lui a trovarla buffa, ma non disse nulla a riguardo lasciandola fare. Nihal lasciò perdere la camminata e riprese il suo solito passo.

Fu una giornata molto piena per tutti e quattro. Eleusi doveva vendere le stoffe al banchetto e Nihal aveva deciso di aiutarla, Samael a quel punto fece da balia a Jona che lo tirò a destra e a sinistra per tutto il villaggio. Nihal non poté fare a meno che notare la gente parlare quando videro Samael parlare con Eleusi e girare con suo figlio. Una donna più grande, insieme ad un’altra signora, si fece avanti osservando le stoffe. Sembrava conoscere bene Eleusi, ma nonostante i convenevoli, poi andò dritta al punto di ciò che le interessava veramente.

“Ma quel giovane che gira con tuo figlio è il cavaliere che hai soccorso?” chiese con un tono curioso ma con una punta di malizia. Voleva il pettegolezzo era chiaro. Eleusi era una brava persona e una bellissima ragazza, era naturale che qualcuno la invidiasse. Suo marito non c’era e ospitava un giovane ragazzo di bell’aspetto, era l’occasione perfetta. Nihal si trattenne dall’intervenire.

“Sì, è lui. Si sta riprendendo ma ancora non può riprendere il suo viaggio” rispose serenamente Eleusi.

“Capisco. Beh, è proprio un bel giovane! Tuo marito sarà orgoglioso di te quando saprà che hai salvato un cavaliere di drago” disse la donna.

“È stato molto fortunato a trovare te” disse l’altra.

“Ed è anche stato molto fortunato a trovare lei, vero cugina?” fece Eleusi verso Nihal, supplicandola con gli occhi per intervenire “Direi che se fa finta di stare male ha un ottimo motivo”

“Eh? Ah… ehm… sì? Credo” Eleusi non sapeva se avesse veramente messo in imbarazzo Nihal o se lei avesse scelto di fare la timida, ma in quel momento avrebbe voluto farle una statua, perché la donna sembrò crederle e spostò l’attenzione su un altro dettaglio.

“Cugina? Non sapevo avessi una cugina, Eleusi. Molto piacere, cara” fece la seconda donna sorridendole con garbo.

“Piacere mio, signora”

“Non lo sapevate perché non ci vediamo spesso, quando può passa a trovarmi” disse Eleusi.

“E quindi deduco che ti abbi aiutata a curare quel cavaliere e da cosa sia nata cosa, giusto?” chiese la signora con aria furba, come se avesse la verità in pugno.

“Esattamente” fece Eleusi “Fortunata, no?” disse guardando Nihal che arrossì sempre di più.

“Eh… sì… molto” la mezzelfo le diede corda anche perché stava mentendo ma non esattamente e non sapeva come reagire. L’idea che Samael fosse il suo compagno si faceva largo con sempre più invadenza nei suoi pensieri, imbarazzandola, ma allo stesso tempo facendola sorridere qual quanto bastava per levare ogni dubbio alle due comari pettegole.

“Beh, complimenti! È proprio un bel giovanotto!” fecero le donne e poi tornarono a guardare le stoffe. Eleusi era brava. Nonostante non fossero venute lì per comprare qualcosa, la giovane donna era comunque riuscita a convincerle a comprare delle stoffe per poterle ricamare per i loro mariti. Nihal la guardò ammirata.

“Cosa?” chiese lei vedendo quello sguardo stupito.

“Se fossi una diplomatica saresti molto pericolosa” Eleusi rise.

“Allora meno male che ho solo un banchetto delle stoffe!” rispose sorridente.

Quando tornarono a casa erano tutti stremati. Jona forse più di tutti. Il piccolo aveva corso a destra e a manca insieme a Samael sfoggiandolo ai suoi amici come il cavaliere di drago che la sua mamma aveva salvato e che gli stava insegnando a “spadaccinare”. Prima lui e poi Nihal che fu motivo di maggiore orgoglio perché una donna. A Nihal piaceva quella sensazione e le piaceva riuscire a dare felicità a quel bambino. A volte le sembrava di essere tornata a Salazar, come se non fosse mai successo nulla e fu felice quella sera di rientrare stanca. Stanca della pienezza di quella vita semplice. Aveva notato lo sguardo di Albedo su Samael e la coda muoversi leggermente quando Jona si fece avanti, ma ubbidiente, non si avvicinò. Il cavaliere se ne accorse e lo prese in braccio.

“Ehi, piccoletto, se mamma è d’accordo ti va di fare una coccola ad Albedo?” chiese guardando verso Eleusi. La donna ebbe un piccolo sussulto e poi guardò verso il figlio e suoi occhioni azzurri.

“Sì! Ti prego, Mamma! Posso? Due carezzine!” la supplicò il bambino. Eleusi li guardò e il suo sguardo si incrociò con quello di Samael. Nihal li osservò sorridente, ma quando posò gli occhi su Jona e Samael e vide lo sguardo e l’esitazione di Eleusi, ebbe come un sussulto e quel pensiero nella sua mente si fece infine strada, chiaro limpido e trasparente. Non disse nulla. Non davanti a Jona. Non davanti a Samael.

“Certo, amore. Segui però le indicazioni di Samael” rispose la donna.

“Sì mamma!” fece ubbidiente. Samael sorrise e tenendolo in braccio lo portò da Albedo, dandogli le indicazioni di come toccarla senza infastidirla. Quando Nihal vide il drago nuovamente avvicinare la testa con spontaneità al bambino, lasciandosi accarezzare, leccandogli affettuosamente la mano e sbuffandogli apposta per spettinarlo, quel pensiero nella mente di Nihal prese sempre più forma. Quando vide lo sguardo perplesso e dubbioso di Samael, quel pensiero prese colore. Quando vide l’espressione preoccupata di Eleusi focalizzata su Samael, Nihal perse ogni dubbio. Lo sapeva. Era chiaro. Non voleva accettare quell’idea, eppure le tornava tutto, sperava egoisticamente di sbagliarsi. Gli occhi verdi di Eleusi incontrarono i suoi e sgranarsi vedendo la realizzazione nello sguardo della mezzelfo. Nihal ebbe definitivamente la certezza di non sbagliarsi. Eleusi entrò in casa. Nihal rimase di stucco sulla porta, i suoi occhi fecero increduli avanti e indietro tra Eleusi e Samael che teneva tra le braccia il bambino con naturalezza. La ragazza sentì una voragine aprirsi sotto i suoi piedi. Non era pronta. Non a questo. A questo non aveva idea di dove iniziare. Entrò in casa e si avvicinò ad Eleusi che aveva già iniziato a preparare la cena. Nessuna delle due disse niente. Nihal si sentiva presa in giro, tradita. Eleusi sapeva e non le aveva detto niente. Non le rivolse la parola quasi per punizione, cercando di trovare le parole per esternare la sua rabbia, senza allarmare Samael o Jona. La sua ira svanì quando sentì accanto a sé Eleusi trattenere un singhiozzo e la vide asciugarsi rapidamente una lacrima dal viso.
La sua mente venne assalita dalle immagini di quel periodo, di cosa avesse visto e di quello che Eleusi dava e cercava di dare a suo figlio, quella pace, stabilità e sicurezza che Nihal non aveva mai avuto. Vide come quella struttura solida che Eleusi aveva costruito intorno al suo bambino e intorno a sé stessa improvvisamente fosse diventata di carte instabili e prede del vento, minacciando di cadere da un momento all’altro. Provò pietà per quella giovane madre che stava lottando per la sua pace e la sua serenità e stava fallendo. Era la prima a sapere cosa stava accadendo in quei giorni ed era impotente, stava crollando. Nihal però non poteva fare nulla. Qualunque cosa avesse fatto avrebbe ferito qualcuno doveva lasciare che le cose facessero il loro corso. Non dovette aspettare molto.

Quella sera Jona chiese a Samael di raccontargli le storie dei cavalieri di drago e delle sue battaglie, prima di andare a dormire. Gli si sedette in braccio davanti al camino. Gli chiese della cicatrice sul labbro di Albedo e della scaglia che il ragazzo portasse al collo. Samael lo accontentò, raccontandogli di come conobbe Albedo e di come strinsero il loro legame. Nihal ebbe una stretta al cuore guardandoli, ma mantenne il silenzio. Guardò Eleusi e vide una lacrima solcarle il volto. Jona si addormentò tra le braccia di Samael. Il ragazzo si alzò e nonostante Eleusi si fece avanti per metterlo a letto, il giovane insistette per portarlo lui. La donna non fu in grado di trovare scusanti per impedirglielo. La sera seguente accadde lo stesso.

“Credo che qualcun altro abbia raggiunto il mondo dei sogni” disse sottovoce Samael indicando Jona che si era nuovamente addormentato accoccolato a lui, stremato dalla giornata. Nihal dormiva già da qualche minuto nel tepore del suo giaciglio, anche lei stanca dalla giornata. Eleusi stava ricamando distrattamente sulla poltrona, ascoltando i racconti di Samael. Questa sera non riguardavano strettamente i cavalieri. Samael aveva confessato al bambino la verità, benché avesse omesso i dettagli più bui. Lui non voleva diventare un cavaliere. Lo aveva fatto perché aveva incontrato Albedo, lui in realtà voleva aprirsi una locanda.

“All’epoca ero indeciso se poi gestirla lavorando al bancone, oppure cucinare o ancora intrattenere come bardo” raccontò. Jona lo guardò stranito.

“Il bardo?” aveva chiesto Nihal stupita “Suoni?”

“Canto e sono anche bravo” disse orgoglioso.

“Ma essere un cavaliere è bellissimo! Vivi avventure tutti i giorni! Come potevi voler fare il locandiere?” chiese Jona, stupefatto.

“I migliori amici di ogni cavaliere sono proprio i locandieri” disse il giovane al piccolo, però poi posò lo sguardo su Nihal “Vedono e sentono tutto e tutti. Soprattutto in tempi di guerra sono un bacino di informazioni” spiegò. La ragazza lo guardò attenta, annuendo inconsciamente e custodendo quell’informazione preziosa. “Possiamo dire che avrei aiutato i cavalieri in un modo più intrigante e astuto” disse poi al piccolo che improvvisamente si fece estremamente interessato.

“Quindi se io diventassi un locandiere potrei comunque aiutare papà con la guerra dando informazioni?”

“Esattamente! Mi è successo diverse volte di conoscere dei locandieri per prendere informazioni e aiutare i miei compagni. Se vuoi ti racconto qualche aneddoto” posò lo sguardo su Eleusi. La ragazza gli fece un piccolo sorriso grato e Samael rispose facendole l’occhiolino quando Jona entusiasta gli chiese di raccontargliene qualcuna.
Dopo la seconda storia, Nihal li aveva già abbandonati e a metà della terza Jona crollò tra le braccia del giovane. La madre si alzò in contemporanea con Samael, andando verso di lui.

“Grazie. Passamelo pure, lo metto a letto” disse sottovoce tendendogli le braccia.

“No, tranquilla faccio io” disse sistemando meglio il piccolo affinché non gli pesasse sulle ferite che stavano finendo di guarire.

“Samael non serve, fai anche troppo tenendolo praticamente tutto il giorno” insistette.

“Davvero, Eleusi, mi fa piacere. Non preoccuparti” e come la sera prima andò nella cameretta di Jona per poi metterlo delicatamente a letto. Eleusi rimase sulla porta guardandolo rimboccare le coperte suo figlio con cura e premura, per poi fargli una carezza sulla testa.

“Buonanotte piccoletto” sussurrò il ragazzo e qualcosa in lei si spezzò definitivamente. Samael si girò verso di lei per uscire e quando si suoi occhi azzurri si posarono su di lei, la trovò con lo sguardo basso e lacrime sgorgare silenziose dai suoi occhi. In un attimo le posò la mano sul braccio spingendola delicatamente indietro di un paio di passi, abbastanza da farlo uscire e chiudere la porta della stanza di Jona.

“Eleusi, che succede? Che hai?” chiese preoccupato. La donna scosse la testa non riuscendo a rispondergli, provò ad asciugarsi le lacrime, ma non avevano alcuna  intenzione di fermarsi. “Eleusi? Che succede? Ho fatto qualcosa che non dovevo?”

“No, Samael… tu sei perfetto…” singhiozzò con un filo di voce.

“Che succede allora?” strinse le braccia intorno a lei. I sensi da soldato non l’avevano mai lasciata, Nihal aprì appena un occhio sentendo movimento e il sussurrare dei due, ma soprattutto sentendo il singhiozzare sommesso di Eleusi. Li vide abbracciati per un attimo, ma vide Eleusi allontanarsi da lui dandogli le spalle provando ad asciugarsi le lacrime, fallendo. Vide lo sguardo perso di Samael che non capiva cosa stesse succedendo.

“Non ce la faccio più…” singhiozzò la donna.

“Cosa? Eleusi, che succede? Parlami, per favore” sussurrò lui cercando di non svegliare Nihal, ignaro che fosse già tardi per quello.

“Non ce la faccio più… non posso continuare a farti questo…non quando tu e Jona…” si interruppe strozzando un singhiozzo e provando a prendere un respiro per calmarsi e parlare. Ma non riusciva a fermare le lacrime. Si sentiva un mostro, si sentiva al pari di Raven. Alzò gli occhi e guardò Samael che aveva spostato dapprima perplesso lo sguardo sulla porta del bambino. Vide nel suo sguardo mille pensieri e la sua espressione mutare lentamente.

“Samael, dobbiamo parlare”

“La Guerriera gli ha fatto accarezzare Albedo mentre io ero svenuto?” chiese lui, ma nonostante la voce bassa, Nihal percepì il tono preoccupato misto all’ansia di quel discorso che ormai era improrogabile. Eleusi abbassò lo sguardo. Un’altra lacrima le cadde dal volto.

“No… Albedo ha cercato il contatto con lui” Samael annuì rigidamente, man mano che i puntini si collegavano.

“Mi ha detto che il suo compleanno è in primavera… Quanti anni ha Jona?” la voce si faceva sempre più agitata benché Samael stesse provando a rimanere calmo. Un’altra lacrima cadde dal volto di Eleusi.

“Sette…” Nihal rimase in silenzio, ferma e immobile. L’espressione di Samael si fece illeggibile.

“Ha sette anni…” quella frase gli uscì con un filo di voce.

“Sì…” Eleusi finalmente alzò gli occhi arrossati per il pianto “Jona è tuo figlio”

Una voragine si era appena aperta tra loro tre. Eleusi si sentiva meschina ed egoista. A Samael parve di venire colpito in pieno da un fulmine man mano che quelle parole diventarono sempre più reali nella sua mente. Era padre. Aveva un figlio. Jona era suo figlio. Sette anni prima non desiderava nulla di più che avere una famiglia con la sua Eleusi, ma le cose ora erano diverse. Suo figlio lo stava crescendo un altro uomo, Eleusi glielo stava nascondendo e adesso nella sua vita c’era Nihal.
Nihal… il suo sguardo si posò sulla figura della ragazza.
Prese il mantello e si diresse verso la porta per andare nel granaio. Eleusi gli prese il braccio provando a fermarlo.

“Samael, aspetta-” lui scattò all’indietro strappando via il braccio da lei.

“-Non mi toccare, Eleusi”

“-Ti prego ascoltami-”

“-No. Non adesso. Io mi devo calmare” Nihal sentì un singhiozzo soffocato provenire da lui “Tu mi hai ammazzato”

Ci mise tutta sé stessa per non alzarsi in quel momento e seguirlo. Sentì la porta aprirsi e chiudersi ed Eleusi tentare di soffocare le lacrime per non svegliarla. Sentì i suoi passi andare verso la camera i singhiozzi della ragazza che aveva appena distrutto il suo castello sicuro che fino adesso aveva provato a tenere insieme con tutte le sue forze.

Nihal prese il mantello e si diresse subito nel granaio. Trovò Samael seduto sul suo giaciglio coperto dal mantello, tenendo stretti i pugni cercando di soffocare un moto di rabbia. Piangeva arrabbiato, confuso e schiacciato dalla realtà, lentamente realizzando quanto male gli fosse stato fatto ad entrambi. Quando sentì la porta del granaio aprirsi e chiudersi e i suoi occhi persi si incrociarono con quelli di Nihal, vide una lacrima scendere sul volto della mezzelfo. Era lì per lui, ma era chiaro che avesse sentito tutto.

Nihal non gli lasciò dire nulla. Camminò verso di lui, gli si sedette in braccio e lo strinse forte a sé. Samael l’abbracciò come se non avesse nient’altro al mondo a cui aggrapparsi. Sentiva Nihal accarezzargli i capelli e posargli dei piccoli baci sulla testa per confortarlo, ma le lacrime silenziose della ragazza si mischiarono alle sue. Rimasero abbracciati tutta la notte. Non si dissero nulla. Quella verità non aveva più solo ripercussioni sulla vita del cavaliere, ma anche su quella di Nihal, in quanto tutti quei pensieri che si era fatta su un eventuale futuro in cui Samael fosse il suo compagno in un attimo erano andati distrutti.

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Capitolo 19
*** Mettere il punto ***


Jona non capiva la tensione che di punto in bianco percepì in casa. Non capiva perché la sua mamma fosse triste. Gli parve strano non vedere Nihal e Samael in casa a fare colazione con loro, ma sua madre gli disse che Samael stava poco bene e Nihal era andata nel granaio a controllare le ferite. Trovò strana però la fretta di sua madre nel farlo lavare, vestire e accompagnarlo dal saggio.

Il cavaliere e la sua allieva non avevano chiuso occhio tutta la notte. Non avevano parlato. Nihal aveva lasciato che Samael si sfogasse in quel pianto liberatorio e di rabbia che da troppo tempo teneva chiuso in sé. Erano rimasti lì abbracciati, nessuno dei due aveva il coraggio di lasciare andare l’altro. C’era una sensazione nell’aria che non avevano alcuna intenzione di affrontare. Nel momento in cui si sarebbero staccati da quel contatto, la voragine che minacciava di separarli si sarebbe manifestata. Al momento quell’abbraccio era solo il lenzuolo con cui si stava coprendo quella distanza. Nihal aveva nuovamente innalzato la sua barriera con lui e Samael aveva ricostruito i suoi muri con lei. Questa paternità cambiava tutto per entrambi. Non erano pronti ad affrontare quella conversazione e non erano pronti ad isolarsi l’uno dall’altro per pensare e riflettere.
Erano rimasti lì seduti sul giaciglio improvvisato. Non si erano spostati minimamente. Samael sentiva la schiena fargli male per l’immobilità e la durezza della parete di legno a cui era appoggiato da ore, ma preferiva sopportare quel dolore piuttosto che rischiare di dover lasciare andare Nihal che ancora stringeva tra le braccia. La ragazza a sua volta non lo aveva lasciato, accarezzandogli ritmicamente i capelli con dolcezza benché ormai si fossero fermati i singhiozzi e le lacrime di entrambi. Ormai sentivano solo il respiro regolare dell’altro e il calore di quelle carezze che sembravano essere dei rampini lanciati per tenere insieme il loro legame che nuovamente era così teso da poter essere tagliato da un foglio di pergamena.

Nihal scostò lievemente la testa per guardarlo. Gli passò le mani tra i capelli, spostandoglieli dal volto per poi posarci delicatamente le mani, accarezzandogli il viso con la punta delle dita.  Le si strinse il cuore nel vedere il suo sguardo spento, unico spiraglio sul suo stato d’animo. Non poteva credere che fossero di nuovo da capo. Dopo che finalmente sembrava aver raccolto i cocci della sua vita ed era pronto a ripartire, Samael era nuovamente rotto come un vetro. Stavolta Nihal si sentiva impotente, poteva fare ben poco per lui se non stargli vicino… ma quanto era disposta a stargli vicino? Era disposta a rischiare di farsi davvero del male? Era disposta ad accettare qualunque fosse la scelta di Samael da quel momento in poi? Non lo sapeva.

Samael spostò lo sguardo dagli occhi viola e spezzati della ragazza ai suoi capelli che lentamente stavano ricrescendo. La mano che fino adesso le stava accarezzando la schiena si fece avanti spostandole una ciocca blu dal volto guardandola, studiando ogni suo minimo dettaglio che già conosceva a memoria. Nihal stava provando a dargli un sostegno, ma quando i loro occhi si erano incrociati fu lo sguardo smarrito e abbattuto della ragazza che gli spezzò il cuore. Lo guardava come se quella fosse stata l’ultima volta in cui sarebbero stati così vicino e quello gli fece male. Le accarezzò il viso, lisciandole i capelli lasciando che le dita le sfiorassero l’orecchio elfico con delicatezza. Nihal aveva sempre odiato le sue orecchie. Era il marchio distintivo della sua diversità, il marchio che la rendeva bersaglio del Tiranno. I suoi capelli blu e orecchie elfiche erano il motivo per cui Livon era stato ucciso. Odiava le sue orecchie e non avrebbe mai permesso a nessuno di toccarle. Quel gesto spontaneo con quell’amore che le stava comunicando, stravolse completamente la sua visione di quel suo tratto distintivo. Erano tutto quello, ma per quel ragazzo erano semplicemente i tratti distintivi di Nihal, la semplice manifestazione del suo essere diversa dalla massa. Con quegli sguardi le barriere per un attimo si incrinarono nuovamente.

“Sei più calmo?” chiese Nihal con la voce appena sopra un sussurro. Samael annuì leggermente.

“Sì…” rispose anche lui a bassa voce “Tu?”

“Per quanto possibile… diciamo di sì” rispose accarezzandogli il viso “Te la senti di parlare un po’ con me?” Samael ricambiò la carezza.

“Cosa vuoi che ti dica che già non sai? Mio padre mi ha strappato la persona che amavo e con lei mi ha tolto anche mio figlio…” sospirò “…è strano dirlo…” si passò una mano tra i capelli, chiudendo un momento gli occhi e prendendo un respiro profondo. Nihal poteva vedere da come teneva serrata la mascella che nel profondo fosse non furioso, di più, ma quell’emozione era momentaneamente sopita dalla tristezza e sconforto di quella situazione.

“Forse non dovrei dirlo affatto…” sussurrò.

“Perché non dovresti? Jona è tuo figlio” fece Nihal, ingenuamente.

“I figli sono di chi se li cresce, Guerriera, non di chi li fa… tu lo dovresti sapere” rispose mesto Samael. Nihal si diede della sciocca “…e lo so bene anche io”
Nihal sollevò nuovamente lo sguardo nei suoi occhi quando sentì il gelo con cui pronunciò quelle parole. Samael stava guardando oltre le sue spalle un punto vuoto indefinito, ma la freddezza nei suoi occhi per un momento le fece paura. Troppe volte aveva visto quello sguardo. Lo aveva visto in battaglia, lo aveva visto quando il Tenente le aveva mancato di rispetto e lo aveva visto quando quei quattro ragazzi l’avevano aggredita. Gli prese il viso più saldamente voltandogli la testa verso di lei per riprendere la sua attenzione. Quando i suoi occhi si posarono di nuovo su Nihal quel gelo scomparve.

“Che cosa vuoi fare?” gli chiese Nihal guardandolo negli occhi.

“Non lo so, Guerriera”

“Non ti stavo chiedendo di Jona adesso”

“Non ti stavo rispondendo di lui” si guardarono. Non vedere più quella freddezza tranquillizzò leggermente la ragazza, ma temeva per lui.

“E per Jona?” chiese Nihal cauta. Samael sospirò.

“Devo parlare con Eleusi e chiarire con lei… e poi… non lo so” fece una pausa “Albedo è in via di guarigione, almeno finché lei non sarà in grado di volare e potrò io partire credo che dovremmo prenderci del tempo entrambi per riflettere” Nihal lo sentì sfuggirle dalle mani, ma annuì.

“Sì… lo penso anche io” disse mesta. Samael le accarezzò il viso e Nihal di risposta gli lasciò il volto e lo abbracciò. Samael le posò un bacio sulla spalla e accoccolò la testa alla sua.

“Tu te la senti di parlare con me?” chiese lui.

“Non saprei che dirti, Samael” fece Nihal abbattuta “Io mi sono trovata in mezzo a questa situazione… e non so se sono in grado di accettarla… hai detto la cosa giusta: abbiamo entrambi bisogno di riflettere”. Lo strinse più forte, comunicandogli così i suoi timori. Aveva visto troppe persone amate lasciarla e allontanarsi da lei, sia per loro scelta che per colpa sua. Soana era in viaggio per lei, Sennar aveva scelto di partire forse per non tornare più e lei lo aveva allontanato definitivamente con quel fendente, Livon era morto per lei, Fen era morto. Samael era l’unico che era sempre tornato. Era quasi morto, ma ce l’aveva fatta e adesso aveva paura di perderlo alle sue responsabilità di padre, e una parte egoista di lei aveva paura di perderlo ad Eleusi.
Samael voltò la testa verso di lei e la baciò, se dapprima quasi timidamente, quel bacio si fece presto più intenso; un tentativo silenzioso di dirle di non avere paura, che non se ne sarebbe andato. Cercò di farle capire quello che aveva paura di dirle.
Quello che più spaventava Nihal era la consapevolezza che Samael avrebbe fatto una scelta che da lì in poi avrebbe cambiato il suo modo di essere e avrebbe cambiato il suo modo di vederlo. Eventualmente stare con lui avrebbe voluto dire mettere un punto alla sua adolescenza e accettare di essere diventata una donna adulta. Non era certa di essere pronta a farlo.
 
 
Quando Eleusi al tramonto rientrò a casa con Jona percepì il gelo tra la coppia. Nihal era dentro casa davanti al focolare, assorta nei suoi pensieri, Samael invece era con Albedo. Come avevano immaginato, nel momento in cui si erano lasciati da quell’abbraccio tra loro era caduto un muro eretto dalle loro paure e insicurezze. Samael era talmente concentrato su Albedo che non sentì nemmeno Jona saltellargli vicino.

“Ciao, Samael!” il ragazzo saltò come un gatto e la mano andò alla spada fortunatamente assente, poi vide Jona.

“Dei che colpo, Jona… Non ridere tu!” diede una pacca sul naso al drago che sembrava ridergli in faccia ancora più divertita.

“Scusa! Non volevo spaventarti” il bambino gli fece gli occhioni. Samael lo guardò e gli sorrise. La sua espressione ben presto si fece mesta, osservando quegli occhioni azzurri così simili ai suoi. Erano l’unico tratto visibile che fosse sangue del suo sangue, per il resto era uguale ad Eleusi. Aveva perso il conto delle volte in cui aveva fantasticato su un loro figlio e adesso eccolo lì davanti a loro. Quello era il suo bambino… il loro bambino. Era il loro bambino e lui non sapeva che quello davanti a lui fosse suo padre. Alzò lo sguardo su Eleusi che era ancora rimasta sulla porta a guardarli. Riuscì a leggere mille emozioni in quegli occhi verdi in cui si era perso tante di quelle volte, ma più di tutte lesse paura.

“Samael, te la sei presa? Scusa, non volevo farti arrabbiare…” disse il bambino riottenendo l’attenzione del ragazzo.

“No, scusa, non mi sono arrabbiato… ero sovrappensiero, tutto qui” gli sorrise “Sei stato bravo, è un’ottima strategia contro un nemico”

“Davvero? È che all’improvviso sei diventato triste” fece incerto Jona.

“Tranquillo, pensavo. Tutto qui…”

“Quindi… posso giocare con Albedo?” chiese facendogli di nuovo gli occhioni da cucciolo, guardando il drago albino che già aveva aperto l’ala per fargliela usare come scivolo.

“Certo, piccoletto” Jona sorrise e si girò alzando le braccia parallelamente al terreno per farsi sollevare. Samael gli fece una carezza sulla testa e poi lo sollevò per la vita mettendolo sul dorso di Albedo.

Eleusi sospirò ed entrò in casa dove trovò Nihal che stava attizzando il fuoco sotto una pentola piena d’acqua per fare il brodo di pollo come avevano detto la sera precedente. Il silenzio tra le due si riempì subito con la sensazione di disagio che si andò a creare. Si guardarono, ma nessuna disse niente. In silenzio collaborarono per preparare la cena. La casa era silente, riempita solo dal suono di coltelli che tagliavano verdure, il profumo del brodo, il bollire della zuppa e il rumore in sottofondo di Jona che chiacchierava con Samael mentre giocava con lui su Albedo. Un rumore tanto gioioso quanto doloroso. Nihal vedeva Eleusi cercare sempre una scusa per andare a controllare e dare uno sguardo ai due solo per rattristirsi ulteriormente.

“Perché non lo hai detto a me? Mi hai curata, mi ospiti, mi ha invitata a rimanere, perché non mi hai detto la verità su Jona?” fu così, che Nihal decise di rompere il silenzio fissando lo sguardo su Eleusi che sobbalzò per un momento.

“Perché se Samael non fosse mai arrivato qui, questo disastro non sarebbe successo…” Nihal la guardò perplessa

“Che razza di risposta è? Lui qui ci è arrivato. Tanto valeva dirmelo” disse alterandosi lievemente.

“Nihal, come la vostra relazione e il tuo passato non è affar mio, lo stesso vale per te per quanto riguarda mio figlio e quello che penso sia meglio per lui” rispose severa la donna. Nihal non rispose subito, dopotutto le aveva celato molte cose e nonostante tutto Eleusi l’aveva accettata.

“Non cambia comunque il fatto che avrei voluto saperlo quando mi hai detto che Samael sarebbe rimasto bloccato qui” rispose Nihal incrociando le braccia.

“Se te lo avessi detto saresti rimasta?” Nihal fece per rispondere e poi tacque. No. Lo stava anche pensando se andarsene o meno. Continuare questa convivenza con l’amore perduto di Samael le sembrava essere assurdo, eppure cosa cambiava tra lei, Eleusi e Jona? Erano le stesse persone.

“Perché vuoi così tanto che rimanga?” chiese la ragazza stavolta con un tono più tranquillo e aperto al dialogo.

“Non so cosa tu stia passando, ma non posso lasciarti andare così. Non so cosa cerchi, ma vedo che qui la vita insieme a me e Jona a te piace. Ti piace essere lontana dalla guerra” rispose Eleusi “Sei arrivata qui ferita, sperduta, sola e infelice. Non so se hai trovato la tua felicità qui, ma so che ora hai una serenità che ti sta aiutando. Hai salvato Jona, il minimo che possa fare per te è aiutarti in questo” fece una pausa accennando un sorriso “E poi… Jona ti adora ed è bello avere qualcuno con cui parlare, no?” Nihal abbassò la testa stringendo i pugni. Non voleva ammettere che Eleusi avesse ragione. Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo.

“Tu lo ami ancora?” le chiese. Lo sguardo di Eleusi si fece triste.

“No, Nihal. Gli voglio bene e non lo dimenticherò mai, ma non sono più innamorata di lui” rispose a bassa voce, cercando di non farsi sentire fuori dalla casa “E anche se lo fossi ormai è tardi” aggiunse guardandola con un piccolo sorriso.

“Allora perché glielo hai detto? Se volevi evitare questa situazione ti sarebbe bastato non dirgli niente. Lui adesso sta solo male” incalzò Nihal ed Eleusi abbassò lo sguardo e il sorriso svanì.

“Perché non ce la facevo più… non ce la facevo più a guardarlo con Jona e vedere mio figlio con suo padre come avevo fantasticato con Samael quando stavamo insieme…” alzò lo sguardo verso Nihal con un fuoco ardente negli occhi “Io non sono Raven. Sapere di essere padre è un diritto di Samael. Non glielo posso negare, soprattutto quando lui e Jona vanno così d’accordo”

“Hai idea di quanto questo cambi le cose?” chiese Nihal

“Scusa, ma a te cosa cambia?” rispose perplessa Eleusi “Nessuno ti chiede nulla, se non di essere serena con mio figlio come hai fatto fino adesso” La donna si bloccò improvvisamente fulminata dalla realizzazione. Sospirò scuotendo la testa prima di guardare la mezzelfo “Sono innocua, Nihal”

“E io come faccio a saperlo?” la ragazza non aveva pensato quando le parole le uscirono da sole dalle labbra.

“Io la mia decisione l’ho presa. Non è con me che devi fare questo discorso, ma col tuo fidanzato” disse Eleusi con quel tono materno che riusciva sempre a calmare la ragazza.

“…non è il mio-” il sopracciglio alzato di Eleusi la interruppe. Abbassò la testa arrossendo.

“Siete la non-coppia più coppia che io abbia mai visto…”

“E’ complicato…”

“Allora hai un motivo in più per pensare e parlare con lui”

“Perché mi aiuti? Io sono un’intrusa. Lui è il padre di tuo figlio e l’uomo che volevi sposare. Dovresti odiarmi” chiese frustrata Nihal non capendo. Eleusi si avvicinò e posò la mano sulla sua guardandola negli occhi.

“Io sono sposata, Nihal” le disse senza la minima traccia di rancore “Sono sposata e ho accanto una persona a cui ho imparato a volere bene, di cui mi fido e con cui sto crescendo mio figlio. Quando Samael e io abbiamo provato a scappare insieme era diverso, Jona non c’era. Adesso ho delle responsabilità e dei doveri verso di lui e verso un uomo che mi rispetta e che sta rischiando la vita ogni giorno per me e il futuro di nostro figlio” le sorrise, spostandole dal viso una ciocca di capelli con l’affetto di una sorella maggiore “Tu non sarai mai un’intrusa, Nihal. Io il mio futuro lo vedo con la mia famiglia. Vi voglio bene ad entrambi e se tu e Samael vedete un domani insieme non posso che esserne felice” Nihal scosse la testa. Non sapeva più nemmeno lei perché stesse cercando lo scontro e di tutte le persone proprio con Eleusi.

“Il tuo silenzio lo ha ferito” disse a bassa voce, tuttavia con una punta di rimprovero. La donna sospirò abbassando colpevole la testa.

“Lo so…”

“Cerca di non fargliene ancora quando parlerete. Ti chiedo solo questo”

Era proprio quello che Eleusi non voleva più fare. Le parole del cavaliere le rimbombavano nella testa dalla sera prima. Lei e Samael non si rivolsero la parola per un paio di giorni, se non per il minimo indispensabile e per non far percepire la tensione a Jona. Lo stesso con Nihal che dopo quel discorso con Eleusi, sebbene rincuorata, dall’altro lato continuava a sentirsi un’intrusa in quella famiglia spezzata. In quei giorni di silenzio e riflessione capì perché cercasse tanto il conflitto con Eleusi: voleva un motivo per allontanarsi e, sì, fuggire. Invece Eleusi con la sua comprensione e maturità le aveva spalancato due portoni: allontanarsi e rinchiudersi nella sua solitudine, oppure restare e continuare questo percorso di riflessione che in quella casa aveva trovato. La situazione al momento era pesante, ma Nihal non poteva e non voleva rinnegare il bene che il tempo con Eleusi e Jona le stava facendo. Stava tagliando la legna con Jona quando venne folgorata dalla realizzazione di quale fosse la scelta di Eleusi in tutta quella situazione. Si sentì una bambina per non averlo capito prima e una stupida immatura per non volerlo vedere. Provò per quella giovane madre un rispetto e un’ammirazione che non aveva mai provato per nessuno. Nonostante fosse lei la guerriera, lei quella che aveva ucciso molti fammin, lei quella che cavalcava un drago e affrontava il nemico a testa bassa, di fronte a quella donna si sentì infinitamente piccola. Davanti alla realtà della purezza d’animo e dei sentimenti di Eleusi ebbe paura.
 
Eleusi in quei due giorni di silenzi rifletté su quello che avrebbe dovuto dire a Samael. Le sue parole prima di andare nel granaio tuttavia le martellavano la mente creandole un senso di disagio e facendola sprofondare nei sensi di colpa. Tu mi hai ammazzato aveva detto. Ne era consapevole, ma con quel silenzio si sentiva allo stesso livello di Raven, eppure Nihal aveva detto una cosa giusta: se avesse voluto mantenere il segreto senza ferire nessuno avrebbe dovuto fare silenzio. La mezzelfo le aveva chiesto di nuovo se amasse ancora Samael, ma stavolta le aveva mentito. Tra loro tre c’era un tacito accordo: proteggere Jona e la sua serenità. A giro uno di loro avrebbe tenuto il bambino occupato e durante i pasti cercavano il più possibile di distrarlo provando a fare conversazione come se non fosse successo nulla. Eleusi guardava spesso suo figlio e Samael. Vederli insieme, vedere Samael essere un padre in maniera così spontanea e naturale aveva smosso qualcosa in lei, qualcosa che pensava di aver superato. La sua famiglia con la persona che amava era davanti ai suoi occhi eppure era ormai un sogno inafferrabile. Guardava Nihal e la guardava con Samael e sentiva al cuore una feroce morsa che glielo graffiava e stritolava con artigli affilati.
No. Io non sarò Raven. Al quel pensiero si aggrappava stretta, decisa a non vacillare mai.
 
Samael era furioso con il mondo. Odiava suo padre con tutto sé stesso. Era arrabbiato con Eleusi e allo stesso tempo grato per avergli detto la verità. Era felice di giocare con Jona, ma si sentiva morire. Voleva stringere tra le braccia Nihal, dirle che i suoi sentimenti per lei non erano cambiati ma contemporaneamente la voleva distante per poter riflettere con chiarezza. La sentì più distante che mai in quei giorni, proprio come temeva, ma si obbligò a lasciarle i suoi spazi.
Jona gli si era nuovamente addormentato in braccio quella sera, mentre Nihal gli raccontò del suo primo addestramento con Samael. Quel racconto riuscì a strappare un sorriso anche ad Eleusi. Il cavaliere avrebbe voluto ritirarsi presto per liberare tutti dal quel clima di tensione, ma Jona aveva insistito affinché rimanesse e gli raccontasse qualche altra storia sui cavalieri di drago.  Quando Samael si sedette davanti al focolare il bambino non aveva perso un secondo per mettersi comodo in braccio a lui. Nihal sorrise quando si accorse che il piccolo si fosse addormentato, cullato dai battiti del cuore di Samael e le carezze sui capelli, quando vide la mano cadere dalla scaglia di drago che aveva al collo il padre.

Già… il padre… pensò e quell’associazione con quella parola e Samael le parve troppo strana, per quanto vera. Posò lo sguardo sull’uomo e lo vide assente, rendendosi conto in quel momento di non essere mai stata interrotta da lui, tanto era concentrato sul figlio ignaro. Gli accarezzava i capelli ritmicamente e con dolcezza, totalmente immerso in quel momento. Il sorriso intenerito della mezzelfo andò a scemare man mano che si rese conto che quei momenti erano tutto quello che Samael potesse avere. Eleusi si era allontanata a quel punto, ma l’occhio vigile si posava spesso sui due. Vederli così le faceva tenerezza, ma allo stesso tempo le dava troppo dolore. Samael sembrò riprendersi dal momento, fece un sorriso a Nihal e si alzò col piccolo.

“Lo porto a letto” sussurrò il giovane. Eleusi fece per dire qualcosa, ma venne silenziata da un singolo pungente e severo sguardo del cavaliere. Se Samael avesse utilizzato la magia, Nihal era certa che dia suoi occhi sarebbe partita una saetta, tanto era stata imperativa quella singola espressione. Eleusi sospirò e annuì leggermente con il capo. Il cavaliere portò il bambino nella cameretta, ma il suo sguardo si fermò a lungo sulla madre prima di entrare nella stanza. Era arrivato il momento. Allungò lo sguardo verso la porta e vide Samael rimboccare con cura le coperte al bambino per poi chinarsi e posargli un bacio delicato sulla fronte, proprio come Livon aveva fatto con lei tante volte quando era bambina.
Samael uscì dalla stanza e Nihal si alzò.

“Vado a vedere come stanno le ferite di Albedo” disse e fece per prendere il mantello e andare verso la porta.

“No, non preoccuparti. Vado a farle qualche coccola e controllo le ferite. È facile che ci metta un po’” disse Samael posando momentaneamente lo sguardo su Eleusi, mandandole un chiaro messaggio. Volse lo sguardo sulla mezzelfo “Tu riposati pure, Guerriera”

“Vengo con te. Rimango io la guaritrice” fece Eleusi, prendendo il mantello e avviandosi verso la porta.

“D’accordo. Buonanotte” fece Nihal. Samael per andare verso la porta le passò vicino, abbozzò un sorriso e le fece una carezza fugace sul viso, apprezzando il gesto di Nihal nel dargli spazio. Poi uscì insieme alla padrona di casa. Nihal si cambiò e si mise sul giaciglio.
Fuori dalla casa l’unico suono udibile era il fischiare del vento e il respiro di Albedo che guardava contrariata Eleusi, ma non fece nulla per farla allontanare, essendo Samael presente. Controllarono le ferite e nessuno dei due ruppe il silenzio se non per informare l’altro di quello che vedeva.

“Sta guarendo in fretta. E’ possibile che a breve possa ritentare di muovere le ali” disse Eleusi.

“Ottimo. Hai sentito, Albedo?” disse accarezzando il drago albino “A breve torneremo a volare” Il drago sembrò soddisfatto della cosa.

“Ci vuole ancora del tempo, soprattutto qui dove c’era la scheggia” disse Eleusi indicandogli il punto all’attaccatura dell’ala.

“Almeno lei comincia a non stare più male” disse Samael volgendo lo sguardo sulla donna che abbassò il suo. Il ragazzo diede una leggera pacca sulla zampa posteriore del drago che portò la coda al fianco, permettendo al cavaliere di usarla come panca. Eleusi la guardò intimidita, infatti Albedo le ringhiò leggermente.

“Albedo…” avvisò il cavaliere. Il drago smise di ringhiare. Le accarezzò il fianco “Brava”, fece cenno ad Eleusi di sedersi con lui e la ragazza si mise comoda e riparata. Cadde un silenzio pieno di imbarazzo, disagio e dispiacere. Fu il cavaliere a rompere il silenzio.

“Da quanto tempo sapevi di essere incinta prima che accadesse tutto?” chiese senza mascherare la tristezza e l’impotenza nella voce.

“Ero di un mese e una settimana quando venni a prenderti in Accademia” rispose Eleusi “Lo scoprii pochi giorni prima di partire” non incontrò il suo sguardo.

“Perché non mi hai detto niente?” alla ragazza scappò una risata mesta.

“Il motivo è molto più sciocco di quanto tu possa pensare” rispose “Volevo farti una sorpresa. Stavamo per iniziare la nostra nuova vita insieme, ci saremmo sposati e avevamo preso in considerazione l’idea di avere un bambino. Per me Jona significava un nuovo inizio con la mia famiglia, quella che mi ero costruita e per cui avevo combattuto. Volevo dirtelo una volta arrivati nella nostra nuova casa…” lasciò sospesa la frase, non serviva altro.

“Sarei stato l’uomo più felice del Mondo Emerso… Nelle lettere che mi hai mandato, hai provato a dirmelo?”

“…sì…tra le altre cose…” Samael sospirò, passandosi una mano tra i capelli

“Perché me lo hai detto adesso? Da quando sono arrivato qui non hai fatto altro che cercare di tenermi separato da Jona. Se non volevi che lo sapessi, perché lo hai fatto?”

“Perché non ce la faccio più a vederti comportarti con quella naturalezza come un padre dovrebbe fare con suo figlio. Raynard è un bravo padre e Jona lo adora-”

“Tuo marito è il suo eroe, non lo adora” commentò Samael dandosi una pugnalata da solo.

“Ma non l’ho mai visto così espansivo con lui come lo è con te” confessò Eleusi “Mio marito a volte fa fatica a stargli al passo e non sempre ci sa fare o riescono a capirsi, nonostante l’impegno che ci metta. Tu invece neanche sapevi la verità e avete avuto subito una connessione. Tu l’hai trattato fin da subito come un figlio e nemmeno te ne sei accorto” finì con un altro sorriso mesto.

“A me è venuto spontaneo trattare Jona così perché prima per me era il tuo bambino” rispose Samael guardandola “Io forse non mi sarò accorto di come mi sono comportato con Jona, ma a te palesemente non è chiaro il bene che mi hai fatto e quanto tu tuttora sia importante per me” prese un respiro “Tu mi hai insegnato ad amare, mi hai fatto capire che anche io esisto e valgo qualcosa. Mi hai insegnato che anche io sono importante e sono abbastanza. Tu avrai sempre un posto speciale nel mio cuore” il piccolo sorriso che apparve sulle sue labbra gli illuminò brevemente il volto “Sei il mio primo amore e il fatto che Jona fosse tuo figlio… non lo so… mi ha… mi ha fatto tenerezza. Era… il tuo cucciolo e-”

“-Samael, ti prego. Non rendere questo discorso più difficile di quanto non sia già” interruppe la donna, chiudendosi maggiormente nel mantello.

“Sto dicendo la verità. Ma il fatto che Jona sia mio figlio cambia tutto”

“Non cambia nulla, Samael. Questa è la mia famiglia: Jona, Reynard e io. E dopo aver salvato Jona, per quanto mi riguarda -non mi interessa che sia la tua nuova compagna- se lo vorrà c’è un posto anche per Nihal. Ma tu non puoi piombare nella vita di mio figlio e distruggere questo equilibrio suo e mio!” la voce di Eleusi si fece severa sebbene allo stesso tempo spaventata. Samael si incupì.

“Tu non puoi darmi una notizia del genere e pretendere che io faccia finta di niente! Jona è mio figlio, per tutti gli Dei!”

“Jona un padre lo ha già, Samael” ribatté Eleusi con altrettanta decisione “Che ci piaccia o meno condivide il tuo sangue, ma per lui suo padre è Raynard e tu l’hai capito molto bene. Sai perfettamente che non puoi sconvolgergli la vita in questo modo se gli vuoi bene davvero” Cadde un profondo silenzio in cui i due non si guardarono.

“Io la mia decisione l’ho presa… quando Albedo si riprenderà, voglio che tu te ne vada” disse Eleusi decisa, ma incapace di guardarlo negli occhi “Mi dispiace, Samael…”

“Non puoi portarmi via mio figlio…”

“Lo ha già fatto tuo padre… Jona è figlio di Raynard, è lui che lo sta crescendo. È lui che Jona chiama papà… e io non lo lascerò mai. Non dopo la devozione e l’amore che ci ha dimostrato”

“Non ti sto chiedendo di lasciare tuo marito. Io voglio solo la possibilità di vedere Jona. Non ho intenzione di sconvolgervi la vita, ma almeno permettimi di venirvi a fare visita qualche volta. Il tempo di un thè e me ne andrò”

“No, Samael. Io non ti voglio fuori dalla nostra vita… ma tu devi uscirne per Jona, per il suo bene, per la sua serenità. Ti prego” le parole facevano fatica ad uscirle dalla bocca, ma Eleusi aveva preso una decisione e sarebbe arrivata fino in fondo.

“Se lo volessi veramente saresti stata zitta, non mi avresti detto la verità e poi pretendere che io ignori la cosa. Perché mi apri una porta e poi me la sbatti in faccia? Pensavi che sarei scappato ad una notizia del genere? Pensi davvero così male di me?” lo stava ferendo e se ne accorse.

“No! Tu sei una persona meravigliosa-”

“-Allora perché mi dici che abbiamo un figlio e poi mi respingi?!”

“Perché non posso perdere anche questa famiglia!” Silenzio e i loro sguardi si incrociarono. Eleusi vide lo smarrimento di Samael e lui vide la sua disperazione “Raven ci ha strappato la nostra, la vita mi ha portato via i miei genitori e nonostante tutto sono stata fortunata ad aver sposato un uomo buono come Raynard. Crede che non lo sappia, ma io lo vedo che a volte ha dei dubbi su Jona, ma non gli importa perché lui ama questa famiglia, io amo questa famiglia e sebbene non è come l’avevo pianificata noi tre siamo felici insieme. E tu non puoi capire quanto sia difficile guardarti con Jona come la famiglia che ho perso lì davanti a me come un’opportunità d’oro da cogliere e un attimo dopo vederti guardare Nihal come guardavi me e ricordarmi che il nostro tempo è finito” Eleusi vide la realizzazione negli occhi di Samael e si rese conto di cosa gli avesse appena detto. Abbassò lo sguardo imbarazzata.

“Eleusi io…”

“Mi passerà, Samael… L’errore è stato il mio che ho creduto di averti superato quando sei ancora un capitolo aperto che vorrei chiudere. Adesso che sai però non posso farlo senza di te” Il giovane sospirò coprendosi il volto nelle mani prima di passarle tra i capelli. Posò lo sguardo su Eleusi che sembrò essersi dimenticata di essere seduta sulla coda di Albedo e si posò con la schiena e la testa sul fianco del drago, che per un attimo parve contrariato, ma oltre ad un’occhiataccia non fece nulla. Samael tentò di prenderle la mano. Eleusi non fece resistenza, ma non riuscì a guardarlo.

“Trovare insieme una soluzione per fare la cosa migliore per Jona, può darti una chiusura?” La donna annuì in silenzio, asciugandosi una lacrima silenziosa sul volto.

“Se non vuoi che sappia la verità lo capisco e lo rispetto. Non dirò nulla a Jona…” Samael sospirò, sforzandosi a scendere a quel compromesso ingiusto “Io però non posso andarmene da qui e fare finta di nulla. Posso aiutarvi economicamente”

“No, Samael. Lo so che puoi, ma se dovessi iniziare a sostenerci così lo sapranno tutti e anche mio marito avrebbe la conferma che teme”

“Non parlo di cifre esorbitanti. Quanto basta per Jona, almeno per potervi dare un sostegno finché non sarà grande. Non lo farei solo per Jona ma anche per quello che stai facendo per me e Nihal fino adesso”

“Samael, davvero. Ti ringrazio, ma ce la caviamo così e poi come lo giustificherei a mio marito?” Il cavaliere sospirò.

“Va bene… Permettimi almeno di farvi visita una di volta al mese. Una giornata mi basta, giusto per stare un po’ con Jona e vedere come state”

“Va bene per la visita, ma non puoi farlo così spesso” rispose Eleusi con un sospiro sconfortato.

“Parliamo di dodici giorni su un anno. Come fai a definirlo spesso?” quel rifiuto un po’ lo ferì.

“E mio marito? Te l’ho detto prima, anche se non me lo ha voluto dire apertamente io lo so che ha dei dubbi. Sa che ho avuto una relazione prima di sposarlo. Siamo stati separati per sette anni, poi arrivi qui e improvvisamente torni una volta al mese? Inoltre, sei stato visto al villaggio. A meno che Nihal non intenda rimanere, non avresti motivo di venire” disse pragmatica Eleusi, mantenendo lo sguardo basso. Samael le strinse un po’ la mano.

“Sei visite?” rilanciò.

“Sei visite. Non più di sei visite l’anno” Samael annuì.

“Va bene. Però adesso ho io una richiesta” disse l’uomo guardandola. Solo allora Eleusi riuscì ad alzare lo sguardo verso di lui “Lasciami passare questi giorni con lui. Questo periodo prima che Albedo riprenda il volo sarà la mia unica opportunità di passare del tempo con Jona essendo me stesso, senza maschere. È l’unica opportunità che ho per stare con lui e fare il padre… visto che non lo posso più essere…”

I pochi attimi di silenzio che seguirono si dilungarono in un’eternità in cui Samael trattenne il fiato ed Eleusi pensò molto bene alla sua risposta. La giovane lo guardò e nuovamente le sue iridi verdi si focalizzarono sugli occhi azzurri con cui aveva sognato di passare il resto della sua vita. Un sogno che aveva definitivamente chiuso in un cassetto ad essere dimora di polvere. Jona è stato il dono più bello che Samael le avesse fatto e per le circostanze era costretta a non poterlo condividere con lui. Si sentì un mostro. Doveva fare la cosa migliore per suo figlio, ma allo stesso tempo non poteva negare tutto al padre di suo figlio. Samael si era perso tutto. Si era perso la gravidanza, si era perso la nascita di Jona, si era perso i suoi primi passi e le prime parole. Si sarebbe perso tutti gli eventi della sua crescita.

“Non fargli promesse che non puoi mantenere” gli disse fissandolo seria negli occhi e stringendogli la mano.

“Non le ho mai fatte. Non inizierò adesso” rispose altrettanto serio. La donna distolse lo sguardo e si accostò a lui posandogli la testa sulla spalla. Samael accoccolò la testa alla sua.

“Mi dispiace tanto, Samael… non sai quanto…” Il giovane le posò un bacio sulla testa per poi riaccoccolarsi a lei.

“Anche a me, Eleusi… anche a me…” Rimasero in silenzio, i loro occhi parlarono per loro.

Quello era il punto che dovevano mettere.

Era finita, ora davvero.

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