Qualcuno per cui combattere – la famiglia che ti scegli

di inzaghina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Call it magic – when I'm with you ***
Capitolo 2: *** 2. I might be okay but I'm not fine at all ***
Capitolo 3: *** 3. If you wanna make the world a better place ***
Capitolo 4: *** 4. I feel something so right, doing the wrong thing ***
Capitolo 5: *** 5. Back when we were still changin' for the better ***
Capitolo 6: *** 6. You treat me like a stranger, and that feels so rough ***
Capitolo 7: *** 7. These are the days we won't forget ***
Capitolo 8: *** 8. If it hurts and you can't take no more, lay it all on me ***
Capitolo 9: *** 9. What have I become? ***
Capitolo 10: *** 10. Oh, let's go back to the start ***
Capitolo 11: *** 11. I'd take another chance, take a fall, take a shot for you ***
Capitolo 12: *** 12. Life has a funny way of helping you out ***



Capitolo 1
*** 1. Call it magic – when I'm with you ***


Dicono che la vita sia quello che accade mentre sei impegnato a fare altri progetti. E questo concetto Abigail Ashworth, nata Cavendish, lo ha imparato e fatto proprio in un nevoso giorno del gennaio 1959. È seduta su una panchina dei Giardini di Kensigton, lo sguardo perso a inseguire le migliaia di fiocchi di neve che fluttuano nel cielo perlescente, la borsa dei libri appoggiata accanto a sé e nessuna voglia di tornare a chiudersi in un’aula dell’Imperial College School of Medicine – non quando il mondo fuori risulta molto più vibrante e pieno di vita. Ha preferito non unirsi ai compagni di corso per il pranzo in mensa, uscendo nella bufera a godersi l’aria fredda sferzarle il viso e i fiocchi di neve impigliarsi tra le ciglia. Ora rimpiange la propria scelta però, perché non c’è nessuno che può spingerla a compiere la scelta più assennata e farla tornare in aula. Trattiene a malapena uno sbuffo, finendo l’ultimo sorso di un tè diventato ormai freddo, lancia e un’occhiata distratta all’orologio accorgendosi di quanto sia tardi e alzandosi improvvisamente. Come potrebbe immaginare che, di lì a poco, sarebbe inciampata in una lastra di ghiaccio nascosta dalla coltre di neve e che l’unica altra persona presente in quell’angolo del parco avrebbe utilizzato i propri poteri per arrestare la sua caduta e salvarla da un trauma cranico? Il primo incontro tra Abigail Cavendish ed Edward Ashworth si prepara a essere tutt’altro che consueto, ma del resto chi mai sceglierebbe l’ordinarietà, quando è possibile optare per l’inconsueto e, nel caso di Abby, l’ignoto

 
 

1. Call it magic – when I'm with you 

 

“I veri amici sono la famiglia che ti puoi scegliere.” 
Audrey Hepburn  

 

Binario 9 ¾ King’s cross – 1° settembre 1971 

 

L’impressionante calca che affolla ogni primo giorno di settembre la banchina che divide il binario nove dal dieci, riesce sempre a elettrizzare Edward che non smette di chiedersi come sia possibile che i Babbani non notino il gran numero di persone vestite in maniera quantomeno bizzarra. Dopo dodici anni di matrimonio con Abby però, dovrebbe aver capito che quello che sembra strano per i maghi non è detto che lo sia anche per i Babbani e non può che ringraziare la loro indifferenza verso la folla variopinta, tra la quale lui e la sua famiglia stanno camminando – anche e soprattutto per il suo ruolo nell’ufficio dei Trasporti Magici. Gli piace l’idea che i suoi figli, proprio come lui ai suoi tempi, si avvicinino al muro che separa i due binari e possano scorgere l’Espresso in tutta la sua maestosità, piuttosto che smaterializzarsi in un piccolo ufficio adibito a questa funzione che si trova all’inizio del Binario 9 ¾. 

Stringe la mano di Lexie nella propria, nel vano tentativo di guidare la figlia impegnata a scrutare tutte le persone che li circondano alla ricerca della sua migliore amica. 

“Forse avremmo dovuto darci appuntamento di fronte alla stazione, papà.” 

“Sai bene che lì è ancora più affollato, Lexie... non preoccuparti, li troveremo senza problemi, siamo in largo anticipo.” 

“Okay,” ribatte la ragazzina, alzandosi in punta di piedi e scorgendo finalmente una testa ramata pochi passi più avanti. Lasciare andare la mano del padre per raggiungere la persona cercata è stato questione di un attimo, accorgersi che quei capelli, decisamente troppo corti, non appartengono a Lily Evans questione di pochi istanti, che lasciano la ragazza estremamente sbalordita. 

“Tu non sei Lily!” 

“Direi proprio di no,” ridacchia in risposta un ragazzo allampanato con il viso coperto di efelidi e due ridenti occhi nocciola. 

“Ne ero proprio convinta, scusa...” 

“Solo a te può succedere di essere scambiato per una ragazza, fratello!” lo prende in giro un ragazzo esattamente identico, a eccezione degli occhi più scuri, che appare immediatamente al suo fianco. 

“Solo da dietro,” si affretta a spiegare Lexie. 

“Questo non significa che non lo prenderò in giro fino alla fine dei miei giorni,” ribatte il secondo gemello, strizzandole l’occhio impudente. 

Lexie scuote la testa, orientando nuovamente le iridi verso il ragazzo che ancora la osserva, “mi dispiace...” 

“Vedrai che Gideon se ne dimenticherà presto, adora mettermi in imbarazzo...” risponde, sorridendole, “io sono Fabian, comunque.” 

“Io Alexandra, ma gli amici mi chiamano Lexie...” 

“Quindi siamo amici?” 

“Beh, dopo la figura che ti ho fatto fare con il tuo gemello, mi sembra il minimo...” 

Fabian sorride, mostrando le proprie fossette, “in effetti direi che me lo devi,” ghigna, sorprendendola, “avremo tempo per conoscerci meglio a Grifondoro,” aggiunge poi. 

“E come sai che sono del primo anno e che finiremo entrambi smistati lì?” 

“Sesto senso,” le dice misterioso, prima di indicare una famiglia che li sta raggiungendo, “sono certo che Lily sia quella ragazza che si sbraccia laggiù.” 

Lexie si volta e sorride all’amica, prima di tornare a concentrarsi su Fabian, “allora a più tardi.” 

“Ci rivediamo sicuramente al nostro tavolo...” le dice, prima di raggiungere un ridente Gideon. 

 

* 

 

Orion Black avanza con passi cadenzati fino a raggiungere la barriera che separa il mondo magico da quello Babbano, stringendo la spalla del suo primogenito, seguito dalla moglie e dal figlio più piccolo.  

“Ti abbiamo già parlato dell’importanza delle prime impressioni, ricordi?” 

Suo figlio Sirius riesce a malapena a mordersi la lingua, evitando di sbuffare platealmente, visto che la madre s’inserisce nel discorso ricominciando a ricordargli quanto sia importante che lui frequenti solo ed esclusivamente i rampolli delle Sacre Ventotto. 

“Non dubito che saranno tutti smistati a Serpeverde, proprio come tutta la nostra famiglia nel corso dei secoli,” chiosa Walburga, scoccandogli un’occhiata tagliente che non ammette repliche. 

“Ci rivedremo per Natale,” gli sussurra emozionato Regulus, “ma hai promesso di scrivermi e raccontarmi tutto... lo farai, vero?” 

“Certo che sì,” lo rassicura Sirius, accorgendosi una volta di più del fatto che il fratello sarà l’unico di cui sentirà la mancanza.  

Passano altri minuti suddivisi tra formali saluti con altre famiglie purosangue e ulteriori raccomandazioni, prima che la vista della cugina Narcissa che si accinge a salire a bordo dia a Sirius la possibilità di fuggire. Saluta rigidamente prima il padre e poi la madre, abbraccia Regulus e gli sussurra che andrà tutto bene, prima di lasciarsi alle spalle tutte quelle soffocanti aspettative e quel senso di inadeguatezza che l'ha avvolto sin da quando sua cugina Andromeda ha abbandonato i dettami di famiglia ed è stata cancellata dall’arazzo. 

E se anche lui seguisse le sue orme? Che ne sarebbe del suo ruolo di primogenito maschio della nobile e antichissima casata dei Black? Non nutre alcun dubbio riguardo al fatto che sua madre lo cancellerebbe senza alcuna remora dall’arazzo, ma poi? Sarebbe in grado di seguire con convinzione la scelta fatta, come Andromeda, o soccomberebbe sotto al peso di un ruolo che gli è stato cucito addosso ancor prima che nascesse? 

Con tutte queste domande che gli affollano la testa, Sirius si aggira per il treno alla ricerca di uno scompartimento nel quale sedersi, finendo con lo sceglierne uno in cui è presente un ragazzo dai capelli corvini e spettinati e dall’aria amichevole. 

“Ti spiace se mi siedo qui? Sono piuttosto stanco di aggirarmi per il treno...” 

“Fai pure, ho scelto questo scompartimento perché è posizionato abbastanza in fondo da poter organizzare scherzi senza farsi notare dai Prefetti, ma non così in fondo da risultare i primi ovvi colpevoli...” 

La risposta strampalata del ragazzo strappa a Sirius il primo sorriso sincero di quel giorno. “Avevi già in mente qualcosa?” 

L’altro ragazzo scrolla le spalle in maniera noncurante, “nulla di definito per ora, ma se volessi collaborare sono certo che insieme potremmo fare faville!” 

“Nemmeno mi conosci,” ribatte Sirius, strabuzzando gli occhi. 

“No, ma hai l’aria di essere un tipo a posto...” fa spallucce l’altro, prima di porgergli la mano e aggiungere, “io sono James Potter, comunque...” 

“Io invece sono Sirius Black e, secondo mia madre, dovrei limitarmi a frequentare i membri delle Sacre Ventotto,” ribatte, mentre una smorfia gli adombra il viso dai lineamenti cesellati. 

“E secondo te, invece?” gli chiede, genuinamente curioso, James. 

Se Sirius rimane stupito, riesce a non darlo a vedere, riflettendo invece sulla domanda, prima di tornare a sorridere. “Quello che mia madre non sa, non può farle male...” 

“Mi piace come ragioni, sapevo che eri uno giusto!” si entusiasma James, assestandogli una pacca sulla spalla e facendo percepire a Sirius un’emozione mai provata prima, il sentirsi accettati per quello che si è – niente di più e niente di meno. 

“Comunque credo che mia madre sia una tua cugina di qualche grado, avete lo stesso cognome,” aggiunge James, quasi come fosse un ripensamento. 

“Ah sì?” 

James annuisce, “il vero problema è che il cognome di papà è troppo comune ed è impossibile retrocedere fino all’origine della nostra famiglia... in ogni caso non interessa a nessuno dei due e quindi siamo purosangue di seconda categoria,” ghigna il ragazzo, strappando una nuova risata a Sirius. 

“Come vorrei poter dire lo stesso anche di me,” commenta il giovane Black, sospirando. 

“Su con la vita, stiamo per raggiungere la scuola di magia più figa del mondo!” 

E così Sirius segue il consiglio di James, sentendo il peso che gli grava sulle spalle alleggerirsi a poco a poco e chiedendosi sa sia così che vivono tutti i suoi coetanei. 

 

* 

 

Nella carrozza adiacente, un ragazzo solitario è concentrato sulle pagine del libro logoro che stringe tra le mani, ancora incredulo all’idea di essere a bordo dell’Espresso per Hogwarts. 

“Possiamo sederci qui?” domanda una voce squillante, appartenente a una ragazza dai lunghi capelli ramati, accompagnata da una bionda alta e magra. 

Remus annuisce, sorridendo timidamente alle due. 

“Io sono Lexie e lei è Lily,” si presenta la bionda, indicando l’amica. 

“Io sono Remus.” 

“Sei del primo anno anche tu?” 

Il ragazzo annuisce. 

“Sai già in che casa vorresti essere smistato?” domanda curiosa Lily, impaziente di saperne di più di questo nuovo mondo del quale crede che non ne avrà mai abbastanza. 

“Beh, nessuno lo sa, no?” ribatte, ingoiando il disagio e tentando di sorridere. 

“Gliel’ho già detto!” lo rassicura Lexie. “Lily però è Nata Babbana e quindi vuole fare un sondaggio...” 

Remus ricambia il sorriso, “mia madre è Babbana,” aggiunge poi. 

“Anche la mia,” ribatte svelta Lexie, “per lei scoprire che papà era un mago è stato proprio un colpo!” 

“Anche per la mia...” 

“Faccio davvero fatica a immaginare il modo in cui tuo padre glielo ha confessato...” s’interroga Lily, soffiando un ciuffo di capelli lontano dagli occhi. 

“Ha sempre detto che ha capito che la mamma era quella giusta nel momento stesso in cui l’ha scorsa, intenta a osservare la neve che cadeva, circondata dal nulla più assoluto.” 

“Sembra romantico,” commenta Remus. 

“Di sicuro più della storia d’amore tra i miei genitori,” ribatte Lily pratica, “anche i tuoi hanno una storia di questo genere?” 

“Beh, in effetti mio padre ha salvato mia madre da un Molliccio che l’aveva spaventata a morte, nonostante non fosse mai stata davvero in pericolo, e il resto è storia...” 

“Lo vedi? La magia rende davvero tutto più avvincente e romantico... i miei non avevano speranze!” 

Lexie soffoca una risatina e Remus arrossisce sotto allo sguardo attento delle due ragazze, chiedendosi se sia proprio questo quello che si prova ad avere degli amici. 

“Sono le 11:30, ho promesso a Sev che lo avrei raggiunto nello scompartimento 20,” dichiara Lily, osservando il proprio orologio, “te lo voglio presentare, Lex, è assurdo che le uniche due persone magiche che facevano già parte della mia vita prima della ricezione della lettera siano estranee...” 

“Vuoi venire con noi, Remus?” 

“Perché no,” risponde il ragazzo, inserendo una foto come segnalibro e posando il volume sul proprio sedile. 

 

* 

 

Lungo il corridoio, poco più avanti, un ragazzetto insicuro sta tentando di non farsi notare da quelli che è certo essere alunni più grandi in cerca di qualcuno da tormentare. Peccato che la fortuna raramente sia dalla sua parte. Abbassa lo sguardo quando li incrocia, sperando che tirino dritto e non lo degnino di uno sguardo – condizione a cui si è abituato negli anni. 

“Che ci fa uno sfigato come te sull’Espresso?” domanda un biondo dall’aria minacciosa. 

“Non mi risultava che gli elfi domestici potessero salire sul treno,” aggiunge l’amico, dandogli di gomito. 

Peter deglutisce nella vana ricerca di una risposta, occhieggiando il corridoio vuoto. 

“Ti ho fatto una domanda, nanerottolo!” 

“S-sono uno s-studente d-del p-primo anno,” bofonchia poi. 

I due si scambiano un’occhiata complice, prima di scoppiare in una risata malevola e chiudere la distanza che li separa da Peter, afferrandolo per le spalle e sospingendolo verso il bagno, poco lontano da lì. 

“Cos’avete in mente di fare?” domanda una voce, appartenente a una ragazzina dai capelli scuri, che sta rientrando nel proprio scompartimento. 

“Nulla che ti riguarda, carina.” 

“Lasciatelo stare,” insiste la nuova arrivata, attirando i suoi compagni di viaggio. 

Una ragazza più grande, molto somigliante alla prima, fa capolino da dietro la porta, lanciando un’occhiataccia ai due, “Avery, Yaxley! Che state facendo?” 

“Fatti i cazzi tuoi, MacDonald!” 

Quella scocca loro un’occhiataccia, prima di avviarsi velocemente alla ricerca di uno dei Prefetti. 

La concitazione ha attirato anche James e Sirius al di fuori del loro scompartimento, raggiungono i tre ragazzi al centro del corridoio e osservano il loro coetaneo che cerca invano di liberarsi dalla presa degli altri due. 

“Perché non lo lasciate andare?” domanda James, incrociando le braccia. 

“Stiamo solo facendo amicizia, Black,” rassicura Hannibal Avery, ignorando volutamente James. 

“Non mi sembra che lui sia della stessa opinione,” fa notare Sirius, ben consapevole dei modi di fare di Avery. 

Yaxley scoppia in una risata, “chiunque sarebbe fortunato a ricevere le nostre attenzioni, Black! Dillo pure anche al tuo nuovo amico...” 

James è già pronto a rispondere per le rime, quando una voce alle spalle di Avery e Yaxley costringe i due a mollare immediatamente la presa. “Volete forse iniziare a far perdere gli smeraldi a Serpeverde ancora prima di raggiungere il castello?” domanda Frank Paciock, accompagnato da Timothy Boot, entrambi con le spille di Prefetto che luccicano sulle magliette. 

Alison MacDonald, che li è andata a chiamare, raggiunge la sorella minore e il resto degli amici nello scompartimento, scoccando un’occhiataccia ai due compagni del terzo anno. 

“Sei una spiona, MacDonald!” si lamenta Avery. 

“E tu un deficiente,” ribatte quella, per nulla spaventata. 

“Tornate nel vostro scompartimento,” intima loro Timothy, “così eviterete un richiamo.” 

I due seguono il consiglio del Corvonero e ritornano sui loro passi, incrociando Lily, Lexie e Remus. 

“E voi che ci fate qui?” 

“Sto cercando il mio amico Severus,” risponde Lily. 

“Sì, c’è un tipo silenzioso che ha detto di chiamarsi così,” risponde Hannibal, aprendo la porta e svelando i presenti. 

“Già di ritorno?” domanda Evan Rosier, aggrottando le sopracciglia. 

“Quella palla al piede della MacDonal ci ha beccati mentre infastidivamo un primino e ha chiamato Paciock e Goldstein,” si lamenta Yaxley. 

Marlene McKinnon, seduta tra Evan ed Eleanor Selwyn, fa una smorfia che non passa inosservata a Lily, Lexie e Remus, così come a Severus che solleva finalmente lo sguardo dal manuale di Pozioni. 

“Eccoti, finalmente!” esclama Severus, sorridendo a Lily. 

“Avevo promesso che sarei venuta e ho portato anche Lexie,” ribatte la ragazza, indicando l’amica, “e Remus, che abbiamo conosciuto in treno,” aggiunge, indicando l’altro compagno. 

“Siete anche voi del primo anno?” domanda Marlene. 

I tre annuiscono. 

“Anche io, Eleanor, Evan e Hector,” aggiunge la bionda, indicando anche il fratello minore di Hannibal. 

“Porco Salazar, Avery, non ho voglia di spararmi tutto il viaggio con i poppanti amici di tuo fratello...” 

“Sono decisamente più maturo di te, Yaxley!” fa notare Evan. “E lo stesso sembra valere per il resto di noi...” aggiunge con un ghigno. 

“Vado a cercare Malfoy,” bofonchia Yaxley, odiandosi per non essere in grado di ribattere a un undicenne. 

“Sentiremo proprio la tua mancanza,” insiste Evan, scatenando una serie di risatine, che fanno infuriare ancor di più lo studente più grande. 

 

* 

 

Se c’è una cosa di cui James Potter è convinto, è che dopo un’esperienza traumatica è piuttosto normale stringere amicizia, per questo ha insistito con Sirius per accogliere Peter nel loro scompartimento e offrirgli un po’ dei dolciumi che entrambi hanno acquistato dal carrello. 

“Perché non ti sei ribellato?” chiede Sirius. 

“Non sono abbastanza forte per farmi rispettare...”  

“Io non ne sarei così certo, quella ragazza che è andata a chiamare i Prefetti sembra innocua, eppure non lo è,” fa notare James. 

“Non c’è dubbio riguardo al fatto che non ho speranze di finire a Grifondoro,” si lamenta Peter. 

“Peccato, sono più che certo che io e Sirius saremo smistati lì...” 

“Scherzi, amico? Sarei il primo Black da secoli a non essere Serpeverde, è tradizione per noi.” 

“Le tradizioni sono fatte per essere infrante, non credi?” 

“Non se voglio evitare di essere diseredato prima del tempo,” dichiara Sirius con una smorfia. 

“E cosa te ne frega di cose inutili come i soldi, scusa?” 

“In effetti non saprei...”si dimostra d’accordo Sirius, rimuginando sul fatto che anche la cugina Andromeda fosse comunque stata smistata a Serpeverde. 

“Dai retta a me, i soldi non fanno la felicità. Mia madre lo dice sempre,” dice James, scrollando le spalle e porgendo un’altra Cioccorana a Peter. 

“Mi sembrava di aver udito la voce squillante di James Potter,” dichiara LExie, spalancando la porta dello scompartimento. 

“Ciao, Lex!” esclama il ragazzo, raggiungendola, “ti presento Sirius e Peter.” 

“Questi invece sono Lily e Remus.” 

“Volete dei dolci?” domanda Sirius, indicando la pila di dolci dietro di sé. 

“Perché no,” risponde Lexie, trascinando gli altri due dentro lo scompartimento con sé. 

 

* 

 

Quando il Cappello Parlante lo smista come predetto da James in Grifondoro, il primo pensiero di Sirius non è l’ansia all’idea di doverlo comunicare a casa, quanto invece la gioia perché, per la prima volta nella sua vita, è convinto di star perseguendo la propria strada – invece che quella che qualcun altro ha tracciato per lui. Sorride, prendendo posto accanto a Lexie, presto seguito da Lily, Remus, Mary, Marlene, Peter, James e i gemelli Prewett, si sente più compreso da questi ragazzi che ha appena conosciuto, di quanto lo sia mai stato dai genitori con i quali ha passato i primi undici anni della sua vita. 

È consapevole che i suoi genitori saranno delusi dal suo smistamento, ma Sirius sceglie di non pensarci, godendosi invece la compagnia dei suoi nuovi amici e la prima cena in quella che chiamerà casa per i prossimi sette anni. 

 

 
 


 

Nota dell’autrice: 

Eccomi qui a pubblicare finalmente una long a cui pensavo da tempo a cui la challenge di Severa mi ha permesso di lavorare. 

Si tratta di una long che verrà aggiornata con cadenza mensile, il 15, che seguirà le avventure dei Malandrini e dei loro coetanei a Hogwarts, a partire dal sesto anno, e ci mostrerà come esattamente siano arrivati a scegliere di combattere per una o l’altra fazione una volta fuori da scuola. 

Fortunatamente per loro, almeno per i primi tempi, la guerra non entrerà tra le mura e permetterà loro un’adolescenza tutto sommato normale. 

Spero che vorrete far compagnia ai miei personaggi, e a me, in questa avventura. 

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Capitolo 2
*** 2. I might be okay but I'm not fine at all ***


Seduti di fronte all’insegnante di Pozioni, gli studenti del terzo anno di Serpeverde e Grifondoro parlottano dell’estate appena conclusa. Osservandoli, Lumacorno non riesce a trattenere un sorriso compiaciuto, convinto che sia anche merito suo se questo gruppo di studenti è particolarmente amalgamato. Non c’è da stupirsi che i suoi migliori studenti, Lily Evans e Severus Piton, siano seduti l’una accanto all’altro, di fronte alla più giovane dei fratelli McKinnon e ad Evan Rosier. Accanto a loro, Lexie Ashworth ride con Mary MacDonald e con le loro dirimpettaie, Eleanor Selwyn e Samantha Burke. Nell’angolo più in fondo James Potter e Sirius Black cercano di coinvolgere Remus Lupin in quello che ha tutta l’aria di essere uno dei loro assurdi scherzi, mentre Peter Minus scribacchia alacremente su una pergamena. Poco più in là Hector Avery ascolta con espressione annoiata Barty Crouch Jr., Raphael Mulciber e Norbert Goyle, mentre di fronte a loro i gemelli Prewett fanno cambiare colore alla copertina del libro di Incantesimi sotto lo sguardo divertito di Annabel Travers e Rosamund Greengrass. Certo, ci sono anche quelli che rimangono più in disparte, come Anastasia Borgin e Lilian Nott, oppure come Sally Parker ed Elizabeth Wayfare. Non ha alcuna ragione di credere che le cose si deterioreranno velocemente, in questo preciso momento sembra davvero che questi ragazzi non siano interessati ai venti di guerra che spirano fuori da lì.  
 

 

 

2. I might be okay but I'm not fine at all 

 

“Un vero amico capisce sempre quando abbiamo bisogno di lui.” 
Jules Renard 

 

Il cielo che si staglia di fronte a Marlene è nero profondo – privo di qualsiasi stella – e, se solo non avesse passato la prima parte della notte a ricacciare indietro tutte le sue lacrime, avrebbe apprezzato come l’ambiente circostante abbia deciso di adattarsi ai suoi sentimenti. Purtroppo però, è appena venuta a patti con la verità che più di tutte temeva: il suo ragazzo che pianifica di diventare Mangiamorte, come suo padre prima di lui, e non riesce ad apprezzare fino in fondo la coltre di buio che la circonda. 

È convinta di essere la sola ad aver cercato rifugio sulla Torre di Astronomia, talmente sprofondata nei propri pensieri, da non aver dato nemmeno un’occhiata, prima di appoggiarsi al freddo parapetto di pietra. Intravede un'improvvisa fonte di luce che la costringe a voltarsi e percepire qualcuno intento a fumare a una manciata di passi da lei. 

“Ti proporrei una sigaretta, ma so bene che ti tieni ben lontana da queste cose...” 

La voce di Sirius Black è arrochita dal fumo e da qualcosa che Marlene non riesce bene a riconoscere. 

“Che ci fai qui?” gli chiede a bruciapelo. 

“Potrei farti la stessa domanda...” 

Marlene si stringe nelle spalle, “non avevo voglia di tornare in dormitorio...” 

“Problemi in paradiso?” insiste Sirius, aspirando una lunga boccata. 

Marlene tace, rivelando ben più di quanto avrebbe fatto se si fosse data la pena di rispondere. 

Sirius non insiste, cogliendo il dolore della compagna, limitandosi ad allungarle una sigaretta e un antico accendino d’argento che ha trafugato da casa dei suoi. 

La prima boccata costringe Marlene a tossire forsennatamente e la ragazza è tentata di spegnere subito la sigaretta, ma ha sempre notato come tutti i fumatori sembrino rilassati quindi ci prova una seconda, e poi una terza volta, fino a essere in grado di soffiare fuori il fumo – e una piccola dose dei suoi crucci. 

“Oggi è il compleanno di mio fratello,” ammette, dopo qualche minuto di silenzio, Sirius. 

“Oh...” 

“In un’altra vita, immagino che avremmo festeggiato insieme, magari lo avrei fatto ubriacare per la prima volta e poi, chi lo sa...” Sirius si stringe nelle spalle, gettando la sigaretta oltre al parapetto e osservando il puntino arancione essere inghiottito dal buio. 

“Invece siamo due estranei,” aggiunge, pescando un’altra sigaretta dal pacchetto e allungandosi verso Marlene per recuperare nuovamente l’accendino. 

“Non deve per forza essere così, il vostro legame può superare qualsiasi cosa,” gli fa notare in tono pratico la ragazza. 

“Ed è per questo che sei qui nel cuore della notte, invece che imboscata da qualche parte con Rosier? Per dimostrarmi come certi legami siano in grado di sopravvivere a tutto?” 

Marlene si morde il labbro inferiore con forza. 

“La situazione è diversa, Sirius.” 

“E perché mai?” 

“Non mi risulta che tuo fratello abbia preso parte all’assaltato del ragazzo della sorella di Mary insieme ai suoi amici, spedendolo all’ospedale.” 

Sirius rimane in silenzio, spronandola a continuare. 

“O che pianifichi di far accettare me, una Purosangue di buona famiglia, come moglie dalla sua famiglia composta da una serie di retrogradi Mangiamorte sostenitori di Voldemort...”  

“Rosier ha intenzione di prendere il marchio?” il tono di Sirius è stupito, quasi come se non ci avesse mai riflettuto prima. 

“Dava per scontato che io lo sapessi e mi andasse bene...” 

“Ma non è così,” s’arrischia a ribattere Sirius. 

“Ovvio che no! Non lo accetterei mai! Credevo che Evan fosse diverso, non come suo padre e i suoi zii, ma... sono stata un’idiota...” 

“No che non lo sei stata.” 

“Come altro mi definiresti?” 

“Direi semplicemente che ne sei innamorata…” 

“È che differenza c’è, esattamente?” 

“Tutta la differenza del mondo…” 

“Non posso amare un Mangiamorte,” sussurra Marlene, lanciando anche il proprio mozzicone oltre il parapetto. 

“Credo che tu intenda dire che non vuoi, in quanto a potere sono più che convinto che i tuoi sentimenti non si siano rivoluzionati nel corso di poche ore...” 

“Era da settimane che mi sembrava strano,” confessa la ragazza, intrecciando le mani l’una con l’altra nel disperato tentativo di trovare qualcosa da fare. 

“Immagino che non sia in una posizione facile,” ribatte Sirius, stupendo perfino sé stesso. 

“Anche tu non lo sei di certo, eppure te ne freghi dei dettami della tua famiglia!” 

“Non siamo tutti uguali, Marlene. Guarda mio fratello... ho paura che soccomberà sotto alle aspettative che i miei hanno risposto su di lui dopo il mio inaspettato smistamento...” 

“Non riesco a immaginare Regulus diventare Mangiamorte.” 

“L’anno scorso avrei detto lo stesso anche io, ma ora non ne sono più così certo, credo che mia madre ne sarebbe particolarmente orgogliosa...” 

“Ma è poco più di un bambino!” 

“Per mia madre è solo una pedina nei giochi di potere ai quali è abituata ad eccellere...” 

“E cos’hai intenzione di fare?” 

“Impedirgli di rovinare la sua vita, se riesco...” 

“Allora lo vedi che credi anche tu che il vostro legame possa sopravvivere a tutto questo?” 

“E tu evidentemente pensi lo stesso di quello che c’è tra te ed Evan, oppure per lo meno te lo auguri...” 

“Vorrei tanto che fosse così, solo che ho l’impressione che abbia già imboccato la via del non ritorno, hai presente?” 

Sirius annuisce, “un po’ come quando io ho fatto amicizia con James e mi sono fatto smistare a Grifondoro...” 

Marlene riesce a sorridere e, per questo, è particolarmente grata a Sirius. 

“Diciamo che le vostre strade non potrebbero essere più diverse di così, nonostante partiste entrambi più o meno dalla stessa situazione...” 

“Solo il futuro saprà dirci chi è stato il folle tra noi due,” commenta Sirius, pescando un’altra sigaretta, ma scegliendo di non accenderla. 

“Che ne dici di un goccetto?” 

Marlene scuote la testa. “Domani abbiamo Pozioni...” 

“Cazzo è vero! Se arrivo ubriaco all’esame e gli faccio perdere tempo, Lunastorta mi uccide.” 

Un’altra risata sfugge dalle labbra di Marlene. 

“Allora che ne dici di una fetta di torta al cioccolato? Pete è diventato amico degli Elfi domestici e sono sempre disponibili con noi...” 

“Anche a quest’ora allucinante?” 

“Soprattutto a quest’ora,” la rassicura Sirius, rimettendo via la sigaretta. 

 

* 

 

Quando fa ritorno in Sala Comune a notte fonda, dopo aver girovagato senza meta nel parco, Evan è convinto di trovarla deserta, così da poter riflettere in santa pace e tentare di elaborare un piano per convincere Marlene a tornare sui suoi passi – a concedergli una seconda possibilità. Eleanor però è sdraiata su uno dei divanetti con un libro tra le mani, un’espressione assorta e le gambe incrociate sotto di sè. 

“Che ci fai ancora sveglia?” 

“Ciao anche a te,” risponde la ragazza, inarcando eloquente un sopracciglio. 

“Sì, sì… ciao… come mai sveglia?” 

“Se solo tentassi di dormire ricomincerei a sognarmi la teoria di pozioni per l’esame di domani, quindi ho preferito optare per una notte in bianco per scelta, con una compagnia migliore per giunta,” spiega la mora, alludendo al romanzo che stringe tra le mani. 

“Mhmm, avevo dimenticato che domani abbiamo pozioni.” 

“Tu, uno dei cocchi di Lumacorno che dimentica il suo esame?” 

Evan sbuffa infastidito, passandosi la mano tra i capelli arruffati. 

“C’è qualcosa che non va?” 

Di fronte all’ostinato silenzio dell’amico, Eleanor chiude il libro e lo posa al proprio fianco, dedicandogli una lunga occhiata. “Hai intenzione di raccontarmi cosa ti passa per la testa o dovrò estrapolartelo parola per parola?”  

“Niente,” la rassicura, lasciandosi cadere al suo fianco. 

“Come vuoi…” 

Eleanor riprende a leggere, ignorando Evan al suo fianco, finché lui di schiarisce la gola rumorosamente, costringendola a posare nuovamente il volume. 

“Credo che tra me e Lene sia finita…” 

La ragazza rimane in silenzio, metabolizzando le parole sussurrate a fatica. 

“Hai insistito tanto e ora non mi dici niente?” s’infervora svelto Evan, mostrando il proprio temperamento irascibile. 

“E che ti aspettavi, scusa? Hector e io ti avevamo avvertito che andartene in giro con il fratello più grande di Hector e i suoi amici era una cazzata… soprattutto quando le vostre scorribande si concludono con uno studente di Corvonero ricoverato al San Mungo.” 

“Lo avevate fatto… come fai a sapere che c’entra quello che è successo lo scorso weekend?” 

“Non ci voleva un genio a capire che una cosa del genere non sarebbe mai andata giù a Marlene, Evan...” 

Il ragazzo abbassa gli occhi colpevolmente, ricordando l’aggressione a Christopher Corner; lui è rimasto in disparte, è vero, ma non ha fatto niente per fermare Avery, Mulciber e Yaxley – e una parte di lui era curiosa di capire cosa si provasse a causare dolore in qualcun altro, utilizzando semplicemente la propria bacchetta.  

“Per di più Chris sta insieme alla sorella maggiore della MacDonald. E ti ricordo che io e Marlene siamo amiche da anni, la conosco molto bene...” 

L’altro rimane in silenzio, rimuginando sulle parole appena udite. 

“Che intendi dire?” 

“Semplicemente che sei stato un illuso a credere che avrebbe mai accettato il futuro che il tuo perfetto paparino purosangue sogna per te…” 

“Mi pare che voi due continuate a essere amiche, nonostante le differenze tra le vostre famiglie…” 

“I miei genitori non hanno alcune intenzione di prendere la stessa posizione estremista dei tuoi, lo sai bene… certo, sono conservatori, ma non sono intenzionati a perseguire le idee di un folle.” 

“Ma io non ho scelta, Eleanor.” 

“Tutti la abbiamo, Evan.” 

Il ragazzo si lascia convincere, l’idea di un futuro da condividere con Marlene è più allettante che mai, ed Evan pensa che potrebbe abbandonare tutti gli ideali di famiglia, ché per Marlene ne varrebbe sicuramente la pena. 

“Credi che mi darebbe una seconda possibilità?” 

“Sa essere dannatamente testarda,” fa notare Eleanor, “proprio come te,” aggiunge poi, con un sorriso canzonatorio. 

“Quindi?” 

“Di primo acchito direi che sei spacciato...” sentenzia Eleanor. 

“Grazie, bell’amica che sei!” 

“Hey, se preferisci che ti menta, dirò che Marlene ti ascolterà senza problemi, una volta che le avrai regalato una scatola di cioccolatini...” 

Evan sbuffa di nuovo, sentendo più che mai la mancanza dell’anno precedente, quando tutto era più semplice e il suo unico problema era riuscire a sgattaiolare da qualche parte a passare del tempo con Marlene. 

“Devi capire quello che vuoi veramente, Evan, è inutile mentire a lei, ma, soprattutto, sarebbe deleterio se tu mentissi a te stesso...” 

“La fai semplice, tu...” 

“Perché lo è. I casi sono due: o diventi Mangiamorte, oppure no. Non c’è una via di mezzo in questo caso...” 

Evan vorrebbe tanto che ci fosse, perché sarebbe un modo per tentare di placare il padre e continuare a vivere la sua storia con Marlene, ma Eleanor ha ragione e, negli ultimi tempi, Evan si è limitato a procrastinare l’irrimandabile. 

“Grazie di avermi ascoltato, Elly.” 

“Sai che per te ci sono sempre, sei uno dei miei più vecchi e cari amici...” 

“Vado a farmi almeno una doccia, non tutti riusciamo a star svegli tutta notte come te e apparire impeccabili come te...” 

“È solo uno dei miei innumerevoli talenti, Evan...” 

Il ragazzo si avvia verso il dormitorio maschile, le labbra piegate in un sorriso lieve e la testa affollata di pensieri e speranze. 

 

* 

 

Davanti a una delle finestre che si affaccia sul Lago Nero, Lily contempla la notte color della pece, incapace di pensare ad altro che non sia il litigio avuto due giorni prima con quello che credeva essere il suo migliore amico. 

“Non dormi nemmeno tu?” domanda la voce di Remus. 

Lily scuote mestamente la testa. “Non ce la faccio proprio… non riesco nemmeno a pensare all’esame di domani…” come se anche la semplice menzione della materia che entrambi hanno sempre amato potesse rovinare ancora di più il suo umore. 

Remus non ha bisogno che Lily elabori oltre, sa quello che sta provando e sente un grande dispiacere, nonostante non abbia mai capito il suo rapporto con Piton. 

“Mi dispiace…” 

“Davvero?” 

“Certo, so bene che eravate molto legati…” 

“Mi chiedo se non mi abbia preso in giro per tutto questo tempo…” 

Remus scuote la testa. “Ne dubito.” 

“Io ormai non sono più certa di niente…” 

“Non è da molto che ci siamo avvicinati io e te, però mi piace considerarci amici e credo di conoscerti almeno un po’... e devo dire che non mi sembri proprio la tipa che si può prendere in giro,” s’arrischia a dire Remus. 

“Grazie, avevo un gran bisogno di sentirmelo dire, sai?” 

Remus le sorride, avvampando lievemente sotto allo sguardo accigliato di Lily. “Sei una persona speciale, Lily, se Piton non lo capisce il problema è suo.” 

“È solo che... sentire quelle parole pronunciate da lui ha fatto molto più male che se le avessero dette Avery o Mulciber, capisci?” 

“Certo, perché lui è stato un tuo amico per anni...” 

“L’ho conosciuto addirittura prima di Lexie, nel parco vicino a casa,” sussurra Lily, ricordando i loro primi incontri, “lui non veniva nella mia stessa scuola, quindi durante l’anno scolastico ci vedevamo meno, ma ci siamo sempre scritti lettere e...” 

Lily scuote la testa, impedendo alle lacrime di sfuggirle dalle ciglia. 

“Non riesco a credere che pensi questo di me...” 

“Forse non lo pensa davvero, sicuramente era arrabbiato con James e Sirius e...” 

“Loro sono due stronzi, lo sono sempre stati con Severus...” 

Remus annuisce, incapace di sostenere lo sguardo della ragazza. 

“Perché non cerchi di fermarli quando fanno i coglioni?” 

“Non sono così coraggioso come credi, Lily...” 

La ragazza sbuffa, come infastidita, “raccontane un’altra, dai...” 

“È vero, si comportano da coglioni a volte, ma non se la prendono mai con i ragazzini più piccoli e tendenzialmente si concentrano solo contro quelli che prendono in giro me e Peter, o il resto dei Grifondoro...” 

Lily annuisce, dovendo concedere che si tratta della verità. 

“C’è qualcos’altro... qualcosa che rende ancora più profonda la vostra amicizia, che io non so e che, ovviamente, non sei tenuto a dirmi...” 

Remus rimugina sulle parole della ragazza, decidendo che potrebbe essere il momento per confessarle il proprio segreto – è già da tempo che ci riflette. 

“Conoscono il mio segreto più recondito e, non solo lo hanno accettato senza spaventarsi, ma hanno anche fatto di tutto per potermi essere accanto nel momento del bisogno...” sussurra quindi, cercando il modo migliore per condividere con lei la sua oscurità. 

“Mi riesce difficile immaginare che ci sia qualcosa di terrorizzante in te, Remus... sei uno dei ragazzi più dolci che io conosca.” 

“Ti ringrazio, ma sono costretto a dissentire con te, Lily,” mormora a mezza voce, prima di compiere un salto nel vuoto e pronunciare le parole che tiene dentro da troppo tempo, “sono un lupo mannaro...” 

Se Lily ne rimane sconvolta, dissimula molto bene. Non spalanca la bocca per lo spavento, né caccia un urlo, si limita semplicemente a scrutare l’amico con occhi nuovi, soffermandosi sulle cicatrici in varie fasi di guarigione, con un’espressione curiosa e contemplativa. 

“Ecco spiegate tutte le tue malattie, i tuoi pallori e la tua passione per le maniche lunghe anche a giugno,” dichiara quindi, indicando il pigiama di flanella indossato dal ragazzo. 

Remus annuisce, persuaso che la sua voce risulterebbe troppo tremula al momento. 

“Da quanto tempo lo sanno?” 

“Dal secondo anno,” mormora talmente piano che Lily fatica a sentirlo, pur nel silenzio che li avvolge. 

“Sono decisamente persone migliori di quanto credessi, anche se rimangono dei coglioni, la maggior parte della volte...” sentenzia, sospirando. 

Remus ridacchia lieve. “Non potrebbero mai smettere di esserlo...” 

“Sono felice che tu ti sia aperto con me, Remus.” 

“E io sono altrettanto felice di averlo fatto...” ribatte il ragazzo, incapace di incontrare lo sguardo dell’amica. 

“Che cosa ti turba?” domanda Lily, inclinando la testa. 

“Non hai paura di me, ora che sai la verità?” 

“E perché dovrei?” 

“Sono pur sempre una delle bestie più pericolose del mondo magico...” 

“Per un’unica notte al mese,” fa notare Lily, prima di proseguire, “quello che vedo qui è semplicemente uno degli studenti più talentuosi del nostro anno, un ragazzo gentile ed educato, che è evidentemente rimasto vittima di un tragico incidente... perché tutto questo dovrebbe spaventarmi?” 

“Vorrei che tutti la pensassero come te,” sospira quindi Remus. 

“Sono pronta a combattere per un mondo che ci dia le stesse possibilità dei maghi Purosangue...” 

“Anche James, Sirius e Peter lo sono...” 

“Sono tuoi amici da tanti anni, non potevano essere così pessimi,” concede Lily, tentando di spingere il più possibile lontani da sé i ricordi che la legano a Severus. 

 

Marlene e Sirius li trovano seduti a ripetere le formule delle pozioni che si aspettano di trovare all’esame che si terrà tra poche ore, quando rientrano in Sala Comune con un’enorme torta al cioccolato e dei muffin ai mirtilli. 

“Vi sembra di essere un buon esempio per gli studenti più giovani,” li prende in giro Sirius, “voi che siete i nostri adorati Prefetti?!” 

I due lo ignorano, salutando invece Marlene. 

“Da dove arrivate?” s’informa Lily. 

“Cucina,” ribatte la compagna di stanza, porgendole un muffin, che sa essere il suo preferito. 

“Tutto bene?” s’arrischia a chiedere Lily, osservando gli occhi lucidi dell’amica. 

Quella scuote la testa. “Ora però non mi va di parlarne...” 

“Meglio affogare i dispiaceri nei dolci,” dichiara Sirius, porgendo una fetta di torna a Remus e sbocconcellando con grazia la propria, dopo aver appoggiato il vassoio su un tavolino. 

“Che dispiaceri avresti, tu?” gli domanda Remus, assaporando il dolce. 

“Avrei voluto ubriacarmi in santa pace e dimenticare il compleanno di Reg, ma mi sono ricordato dell’esame di oggi e ho pensato che non avresti gradito di avere a che fare con un compagno inebriato,” ghigna quindi, strizzando l’occhio all’amico. 

“Come sei stato magnanimo,” ribatte asciutto Remus. 

Lily invece si ritrova per la prima volta a pensare che potrebbe avere molto più di quanto crede, in comune con Sirius Black, e questo concetto un po’ la spaventa. 

 

“Eccovi qui!” esclama la voce di Mary, raggiungendoli insieme a Lexie. 

“Ci eravamo preoccupate per voi e invece siete qui a strafogarvi...” commenta Lexie, stiracchiandosi.  

“Non riuscivo a dormire,” risponde Lily, facendo spallucce. 

“Io invece ero fuori,” commenta, senza elaborare oltre Marlene, certa che le amiche non avranno problemi a capire che non è il caso di insistere. 

“È venuta a salvarmi sulla Torre di Astronomia, ricordandomi che non era il caso di ubriacarmi,” aggiunge Sirius, porgendo il vassoio alle nuove arrivate. 

“Scusa se proprio non riesco a immaginarti come il tipo che si dispera per gli esami, Sirius,” ridacchia Lexie, prima di mordere la torta. 

“E chi ha detto che ero disperato per gli esami?” 

“Di certo non perché qualcuna ti ha spezzato il cuore, di solito sei tu a farlo...” fa notare Lily. 

“La disamina di Lily è ineccepibile,” chiosa Remus, allungandosi per prendere un’altra fetta. 

“Ci terrei a farvi notare che non penso solamente al sesso opposto...” 

“Certo che no!” gli dà manforte Marlene. 

“Lasci spazio anche agli scherzi e al Quidditch,” aggiunge Lexie prontamente. 

“Me la cavo anche a scuola,” fa notare piccato Sirius. 

“Non perché tu perda molto tempo a studiare, a essere onesti,” ribatte Remus. 

Sirius sbuffa, “siete forse invidiosi del mio bell’aspetto che porta i professori ad elargirmi voti che non merito?” 

Tutti scoppiano a ridere. “Vorrei vederti fare una simile confessione alla McGranitt,” lo sfida Mary. 

“Non ne uscirebbe vivo,” sentenzia Marlene. 

“E tutta la popolazione femminile di Hogwarts dovrebbe fare a meno del suo bel faccino.” 

“Stai forse dicendo che mi trovi affascinante, Evans?” 

“Se volevate fare una festa pre-esame in Sala Comune potevate per lo meno avvertirci,” bofonchia James, apparendo dalla scalinata e soffocando uno sbadiglio, evitando a Lily di rispondere alla domanda impertinente di Sirius. 

“In realtà stavamo sparlando di te,” ribatte svelta Lexie. 

“Già, ci hai rovinato i piani scendendo così presto,” aggiunge Remus. 

“Non siete divertenti,” bofonchia James, passandosi una mano tra i capelli sconvolti e drizzandosi gli occhiali sul naso. “Che si festeggia?”  

“L’esame del vecchio Luma e il compleanno di mio fratello a cui non sono stato invitato...” 

Nonostante il tono ironico, a nessuno sfugge la sfumatura dolorosa di cui sono intrise le parole di Sirius. 

“Del cioccolato è proprio quello che ci vuole per poter guardare positivamente all’esame che ci aspetta...” 

 

Circa un’ora più tardi, il gruppo si divide per andare a prepararsi prima di colazione, dandosi appuntamento per scendere insieme in Sala Grande. 

“Ho raccontato a Lily del mio piccolo problema peloso,” dice Remus, una volta chiusosi la porta della stanza alle spalle. 

James e Sirius strabuzzano gli occhi. 

“E com’è andata?” 

“Bene, per quanto possa andar bene una cosa simile... sentivo che non si sarebbe spaventata e non mi ha smentito.” 

“Bene, mi fa piacere che tu abbia fatto questo passo, Rem,” ribatte Sirius, assestandogli una pacca sulla spalla. 

“Anche a me, è la prima persona a cui lo dici spontaneamente, noi lo abbiamo scoperto da soli, non è la stessa cosa...” 

Remus annuisce, grato che gli amici abbiano capito. 

“Marlene ha rotto con Evan,” aggiunge Sirius, dopo una breve pausa. 

“Ha finalmente capito che Rosier è un cazzone?” 

Sirius lancia un’occhiata obliqua al suo migliore amico. “Non ha di certo smesso di amarlo, almeno non ancora, ma è piuttosto convinta che voglia diventare Mangiamorte come il padre e non è disposta a stare con lui...” 

“Non deve essere stato facile per lei,” simpatizza Remus. 

“Non credo nemmeno per Rosier...” 

“Da quando empatizzi con quell’idiota?” 

“Da quando mi rendo conto di quanto sono andato vicino a essere come lui...” 

La confessione blocca James, mentre ricerca una camicia pulita, con Remus che annuisce accanto a Sirius ricordandogli che il mondo non è affatto bianco e nero – come è solito credere lui. 

“Sono stato precipitoso, scusa...” 

“È una delle cose che preferisco di te, Ramoso!” 


 


 

 

Nota dell’autrice: 

Rieccomi qui, con il secondo capitolo dedicato ai rapporti di amicizia tra i miei personaggi, che cercherò di introdurre il meglio possibile capitolo dopo capitolo. Alcuni saranno solamente comparse, altri invece i protagonisti, ma ognuno di loro avrà un ruolo ben preciso nello svolgimento della storia.
Ho sempre amato l'amicizia tra Lily e Remus, quindi ci tenevo particolarmente a mostrare il momento in cui lui le confessa il proprio segreto.
Il personaggio di Eleanor è relativamente nuovo per me (nella prima stesura di questa storia era molto marginale), ma sarà qualcuno di importante sia per Marlene che per Evan e spero che anche la sua amicizia con il giovane Rosier possa piacervi.
Sirius è forse sembrato un po' troppo maturo per i suoi standard scolastici qui, ma i pensieri che rivolge al fratello lo fanno sempre sembrare molto più grande di quanto non sia.
La mia Lexie e i gemelli, oltre a James, Peter e Mary sono stati davvero in ombra qui, come Regulus, Hector e Severus, ma torneranno nel prossimo capitolo, promesso.
Grazie di essere qui, a fare questo pazzo viaggio con me. ♥
 

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Capitolo 3
*** 3. If you wanna make the world a better place ***


L’atmosfera al banchetto di fine anno è caratterizzata da sentimenti contrastanti: la gioia per la fine degli esami e la malinconia all’idea di dover salutare gli amici, le infinite prospettive dell’estate che incombe e le nuvole che si addensano nella vita fuori da Hogwarts, i sogni che ognuno degli studenti spera di realizzare e la realtà con la quale quegli stessi sogni finiranno con il fare a pugni. Osservando la platea suddivisa nelle quattro tavolate disposte davanti a loro, Albus Silente si chiede quanto gli equilibri saranno diversi il prossimo primo di settembre. Minerva e Filius sono soliti prenderlo in giro quando lui si diletta a fare congetture sulle storie d’amore nate tra i banchi di scuola, ma per lui si tratta di qualcosa di naturale, che fa parte del suo quotidiano, e che potrebbe salvare più di uno studente – quando arriverà il momento. Non ha alcuna vergogna ad ammettere che ha provato molta amarezza nello scoprire che Marlene McKinnon ed Evan Rosier si sono lasciati, si augurava che lei potesse avere un influsso positivo sul giovane Serpeverde, eppure sente che non è ancora tutto perduto… la speranza non lo ha ancora abbandonato. È per lo stesso motivo che, più passano gli anni, e più si convince che James Potter riuscirà a dimostrare a Lily Evans di essere diverso da ciò che lei pensa. Minerva è solita definirlo un romantico senza speranze, ma Albus lo sente dentro sé, che quei due sono destinati l’una all’altro ed è impaziente di scoprire se il suo istinto avrà avuto ragione anche stavolta. 

 
 

3. If you wanna make the world a better place 
 

 

“I veri amici sono come le stelle;  

puoi riconoscerli solo quando è buio intorno a te” 
Bob Marley 

 

 

L’umidità estiva le si appiccica addosso, le impedisce di ragionare lucidamente e la rende insofferente all’idea di un’estate che si prepara a essere infinita. Sua madre non ha fatto che chiederle come mai non abbia ancora organizzato un’uscita con quel suo amico pallido e Lily, che di voglia di ripensare a quanto accaduto a Hogwarts proprio non ne ha, si è limitata a rifilarle una comoda bugia, asserendo che il ragazzo si sia trasferito e che lo rivedrà a scuola. Perché ripensare al loro ultimo confronto, alle parole sprezzanti che sono state pronunciate da quella labbra sottili, fa ancora troppo male: è una ferita sanguinante che le ricorda quanto davvero lei sia considerata un’intrusa in un mondo che sente appartenerle – ormai più di quello da cui proviene. E poco importa che le parole fossero state pronunciate in un impeto di rabbia, o che James Potter si fosse comportato da cretino totale, perché Severus sa, lo ha sempre saputo, che la paura più grande di Lily è proprio quella di non riuscire più ad appartenere a nessuno dei suoi mondi. E ha scelto il modo peggiore per farla sentire indesiderata nel mondo al quale sente di essere destinata. 

La porta della sua camera si apre improvvisamente, lasciando entrare una Lexie dall’aria determinata. “Tua madre ha detto che sei stata rintanata qui sin dal momento in cui siamo tornate a casa...” 

“Non ho particolarmente voglia di trovarmi faccia a faccia con Petunia e il suo disprezzo, quello di Severus è più che sufficiente.” 

Lexie odia vedere le iridi dell’amica colme di autocommiserazione, ma, più che altro, detesta l’idea che, qualcuno che per anni le ha parlato di quante cose meravigliose avrebbe imparato a Hogwarts, abbia cancellato la loro amicizia più rapidamente di una buona dose di Gratta e Netta. 

“So cos'hai intenzione di dirmi,” aggiunge Lily, lasciandosi cadere supina sul proprio letto. 

“Ah sì?” 

“Che mi avevi già messo in guardia riguardo alle frequentazioni di Piton e io non ti ho dato retta, che sono troppo sognatrice e che non tutti meritano il mio affetto, ma...” una lacrima le riga la guancia e Lily si morde il labbro inferiore, senza essere in grado di continuare. 

“Non era quello che volevo dirti. Mi consideri proprio senza cuore, se pensi che verrei a rinfacciarti la vostra amicizia in questo momento.” 

Lily riesce a sorridere debolmente all’amica. 

“Visto che è venerdì, volevo proporti di passare il fine settimana con me, potremmo fare un giro a Londra, magari un po’ di shopping, poi tornare da me a guardare un po’ di film romantici e magari domani sera invitare anche Marlene e Mary per una pizza e un po’ di pettegolezzi...” 

“Sicura che resisteresti a una maratona di film romantici?” 

“Basta che non siano troppo melensi,” si affretta a precisare Lexie, strizzandole l’occhio. 

“Sei davvero l’amica migliore che ho.” 

“E tu sei la mia, Lily. 

Le due si abbracciano in silenzio, lasciando che le parole appena pronunciate si disperdano nella calura di luglio. 

“Nessuno può cambiare gli altri, a meno che non sia una loro libera scelta, ma possiamo sempre modificare il nostro modo di approcciarci al mondo, se ne sentiamo la necessità, questo non significa smettere di essere noi stessi. Se senti il bisogno di cambiare, fallo per te stessa, non per qualcun altro.” 

“Credevo davvero che lui tenesse a me, alla nostra amicizia...” 

“E sono sicura che sia così.” 

Le parole di Lexie riescono a sorprendere Lily.  

“A modo suo, Severus Piton ti vuole bene anche ora...” 

“Bel modo di dimostrarlo...” 

“Gli adolescenti maschi non sono propriamente rinomati per un utilizzo assennato del loro cervello.” 

Lily scoppia in una risata spontanea, che contagia presto anche Lexie. 

“A dire la verità io sono convinta che lui sia addirittura innamorato di te,” s’arrischia a confessare la bionda. 

Le iridi di Lily s’allargano fino a fagocitare le sue pupille. “Non scherzare, Lex!” 

“E chi scherza? Sono anni che ti muore dietro, a parer mio...” 

“Di ammiratori inopportuni me ne basta e avanza uno,” borbotta Lily, saltando in piedi e dirigendosi verso l’armadio. 

“James è decisamente più carino,” fa notare Lexie, schivando subito la maglia che l’amica le tira dietro. 

“Ti prego, non cominciare!” 

“Quando mai abbiamo parlato di lui?” 

“In effetti mai,” concede Lily, “e mi piace continuare con la nostra tradizione.” 

Lexie ridacchia, prima di avvicinarsi per aiutarla a selezionare gli abiti da portarsi dietro. “Credi che i tuoi ti faranno problemi per questa improvvisata?” 

Lily scuote la testa. “Mamma è talmente preoccupata per la mia reclusione che farà i salti di gioia, anche se dubito che saranno più alti di quelli di Petunia...” 

“Mi spiace che con tua sorella le cose continuino ad andar male.” 

“Stupida io che continuo a sperare che tutto questo cambi...” 

“Non sei stupida, è solo che vedi il buono nelle persone, sempre.” 

“Al momento non riesco a vederci molta differenza, Lex.” 

“È proprio come ti ho detto prima, non permettere alle delusioni di cambiarti, scegli di farlo solo se è una tua libera scelta.” 

Lily riflette sulle parole dell’amica, trovandovi la risposta ai dubbi che l’hanno attanagliata nelle ultime settimane. Non permetterà alle parole di Severus di farla sentire meno appartenente al mondo magico o, per lo meno, farà di tutto per evitare che questo accada. Se lui continuerà a ritenerla meno degna di farne parte rispetto ai Purosangue con cui si circonda, il problema è solo suo – e lo stesso vale per Petunia e il suo malcelato odio. 

 

 

* 

 

L’atmosfera al numero 12 di Grimmauld Place non gli è mai sembrata più soffocante e tetra. Dopo due sole settimane di permanenza, gli pare quasi di impazzire e non ha idea di come farà ad arrivare vivo al termine delle vacanze estive. La madre ha già trovato infinite ragioni per lamentarsi di lui, e questa non è una novità, ciò che lo inquieta e non lo fa restare tranquillo è l’espressione risoluta che legge in quegli occhi tanto simili ai suoi – eppure così diversi. Ha sempre saputo che gli occhi grigi fossero un’eredità della madre, bastava lanciare un’occhiata distratta allo specchio per notarlo, ma mai prima d’ora si era reso conto di come in quelli della madre fosse presente una sfumatura d’acciaio, assente nei suoi, che mostrava una volta di più la freddezza dell’animo di Walburga Black. Il gelo, che alberga nelle iridi di sua madre, diventa tangibile ogni giorno di più e Sirius di domanda quali siano i suoi piani e se sarà in grado di sfuggirle.  

Sdraiato sul proprio letto, non sente il bussare alla sua porta, troppo preso dalla lettura di un giornale di motociclette Babbano. Discosta gli occhi dall’immagine di un custom americano, giusto in tempo per incrociarne un paio gemelli ai suoi, accesi da un genuino interesse. 

“Che leggi, fratello?” 

“Qualcosa da cui è meglio che ti tieni alla larga,” ribatte, mostrandogli la rivista. 

“Se mamma scoprisse che hai portato certe cose dentro casa lei…” 

“Lei cosa, Reg? Cosa potrebbe fare di peggio, rispetto a quanto già fa nei miei confronti?” 

La domanda lo spiazza e il minore si ferma a riflettere, assaporando il senso di sconfitta che gl’incupisce i lineamenti cesellati, che tanto lo rendono simile al fratello.  

“Potresti sforzarti un po’, almeno tu…” 

“Ti ricordo che il genitore sarebbe lei?” borbotta Sirius, in tono sprezzante. 

“La conosci, sai che non potrà mai accettare il tuo essere così diverso da come si aspettava che saresti stato, ma tu invece…” 

“Io cosa, fratellino?” 

“Tu potresti evitare di darle contro in modo così palese,” s’arrischia a suggerire Regulus, nel medesimo tono di sfida del fratello. 

“Sei consapevole del fatto che non servirebbe a niente, vero?” 

L’altro rimane in silenzio, l’espressione accigliata e lo sguardo incupito. 

“Il posto del figlio perfetto è già occupato da te e io non ho alcuna intenzione di nuocerti in alcun modo, non vorrei che la vita in questa casa si trasformasse in un incubo anche per te…” 

“Lo dici come se t’importasse di me,” si stupisce Regulus. 

“Se l’unica persona a cui tengo in questa prigione che sono costretto a chiamare casa.” 

“Hai uno strano modo di dimostrarlo, sai?” 

“Credo sia un problema di tutti i Black…” sogghigna Sirius, stringendosi nelle spalle. “Ricordati che ci sarò sempre per te, anche quando sembrerà che io sia più distante che mai.” 

“Vorrei tanto che questa prigione non fosse l’unico posto in cui io e te riusciamo a passare del tempo insieme,” ribatte Regulus in tono neutro, riuscendo a far sentire in colpa il fratello maggiore. 

“A scuola non è facile, hai ragione…” 

“La colpa è più che altro tua.” 

“Hai ragione anche su questo…” 

“Promettimi che cercherai di cambiare.” 

“Solo se tu prometti di ricordare quello che ti ho appena detto…” 

Il sorriso spontaneo di Regulus è identico a quello che gli riservava da bambino e Sirius, almeno per quel pomeriggio, pro crogiolarsi nell’idea che il loro rapporto non sia danneggiato in maniera così irreparabile. 

“Che ne dici di una partita a scacchi,” propone Regulus, contagiato dal buon umore del fratello. 

“Hai scordato che sono una schiappa?” 

“Certo che no,” ribatte Regulus, ghignando divertito, osservando Sirius lanciare lontano da sé il giornale e seguirlo nella sua camera, distante pochi passi. 

 

* 

 

Sdraiato sul letto, nella stanza rigorosamente buia, Evan riflette su come la sua vita sia cambiata nel giro di pochi attimi – senza che lui potesse fare niente per impedirlo. Ricorda con chiarezza la gioia che ha vissuto accanto a Marlene negli ultimi anni, come amici prima, e di come sia stato facile scoprirsi innamorato di lei, ansioso di condividere ogni attimo in sua compagnia. Non ritiene di aver mai fatto mistero dei piani futuri che il padre coltivava per lui, ecco perché non riesce a perdonare il fatto che la ragazza abbia addotto questa motivazione per scrivere la parola fine a un amore che lui considerava destinato a durare per sempre

“Evan, la cena è pronta,” lo richiama la voce della sorella. 

“Non ho fame!” 

“Non si sceso nemmeno a pranzo…” 

“Non mi sento bene.” 

“C’entra per caso il tuo litigio con Marlene?” 

“Non abbiamo litigato, mi ha piantato…” 

“Vuoi parlarne?” 

“Non c’è molto da dire, Iz. Conosci Marlene, no?” 

La sorella annuisce, spronandolo a continuare. 

“Difficilmente cambia idea, dopo aver deciso qualcosa.” 

“E tu vorresti che lei lo facesse?” 

“Più di ogni altra cosa al mondo,” sussurra Evan con forza, gli occhi azzurri accesi da una determinazione quasi folle, che sgomenta la sorella. 

“Sei innamorato di lei?” 

Evan rotea gli occhi, quasi a farsi beffe dell’ingenuità di Isabel. “Sarei in queste condizioni se non fosse così?” 

“Allora devi capire se, per lei, sei disposto a rinunciare al futuro che nostro padre prepara per te e a tutte le conseguenze che questa scelta comporterebbe.” 

“Facile per te a dirsi, Iz. Tu non sei tenuta a prendere il marchio...” sbotta Evan, assottigliando gli occhi. 

“No, ma sarò tenuta a sposarmi con un tizio scelto da nostro padre in base alla cospicuità della sua dote e all’arretratezza delle sue idee...” 

“Credevo che Hannibal Avery ti piacesse,” commenta Evan, studiando l’espressione imperscrutabile della sorella. 

“Oh, mio stolto fratellino... credevi forse di essere l’unico ad avere ragione di lamentarsi? Hannibal è un essere ignobile, che io aborro, ma i nostri genitori hanno firmato un accordo ai tempi del nostro quarto anno e sarebbe impossibile per me tirarmi indietro, a meno di causare scandalo ed essere diseredata...” 

“E quindi sei disposta a sposare un uomo che non rispetti e non ami, solo perché padre ha preso questa decisione?” 

Isabel sospira. “Mi ci arrovello da mesi,” confessa poi, “ma non vedo altra via di scampo... l’unica mia fortuna è che è già stato stabilito che assisterò nostra madre durante la sua malattia, posticipando di qualche altro mese un epilogo già scritto.” 

Evan si chiede se non valga la pena lottare per qualcuno che si ama, anche se questo significa rinnegare ideali che gli sono stati inculcati fin dall’infanzia e nei quali crede fermamente. L’espressione avvilita della sorella lo turba, esattamente come quella delusa di Marlene nel giorno della loro rottura, eppure non crede di poter abbandonare la strada tracciata per lui – significherebbe stravolgere se stesso. 

Il sorriso mesto che la sorella gli indirizza riesce a invigorirlo di una forza che non credeva di possedere. “Troverò un modo, Iz.” 

“Lo spero per te...” 

“E io spero che la malattia di mamma ti dia la possibilità di rimandare il tuo destino il più possibile.” 

“Anche se questo significherà prorogare le sue sofferenze?” 

“Sono certo che anche lei sarebbe d’accordo.” 

Isabel si rende conto che il fratello ha ragione; Amelia Fawley in Rosier farebbe qualsiasi cosa per i suoi due figli ed è il perno che ha tenuto unita negli anni la famiglia Rosier. 

“Vieni, dai... mamma si sente abbastanza bene da cenare con noi stasera,” comunica al fratello, trascinandolo con sé verso la porta. 

“Finalmente una buona notizia,” esala Evan, sempre più preoccupato dalla salute della madre, “non è che quei Medimaghi si sono sbagliati?” 

Isabel scuote la testa, “vorrei tanto che fosse così, ma lo dubito sinceramente...” 

Una lacrima solitaria sfugge al controllo di Evan, che la caccia con rabbia prima di raggiungere la sala da pranzo addobbata con cura – non ha alcuna intenzione di mostrarsi debole al cospetto del padre.  

 

 

* 

 

Remus non fa altro che sottolineare quanto lui sappia essere ossessivo e, a dir la verità, James non se la sente di dare torto all’amico. Perché è dal giorno del G.U.F.O. di Difesa che rivive la sua conversazione con Lily e si trova a riflettere sui comportamenti che ha tenuto a scuola – specialmente negli ultimi anni. E, a dir la verità, non riesce a contestare ciò che la ragazza gli ha fatto notare, perché è innegabile che si sia comportato da pallone gonfiato, ben più di un’unica volta… 

È altrettanto innegabile però, che si sente finalmente pronto a mostrare la sua maturità, anche se questo dovesse significare che non deve più trovare un pretesto per litigare con Piton e la sua cricca. Sentire il ragazzo definire quella che considerava la sua migliore amica come Sanguesporco, è servito a mostrargli che nemmeno lui si stava comportando molto diversamente: è stato un monito per mostrargli la necessità di cambiare i suoi atteggiamenti – almeno in determinati ambiti della sua vita.  

Non ha intenzione di diventare amico di chi è convinto che gente come Lily, o Remus, non abbiano gli stessi diritti di chi è stato generato da due genitori Purosangue, come lui e Sirius. Ha sempre trovato ridicola una posizione che privilegerebbe la genetica a discapito delle capacità, perché non c’è alcun dubbio che Lily e Remus siano tra i più dotati del loro anno, checché ne possano pensare Piton, Avery, Mulciber e gli altri... Ciò che ancora non gli è chiaro è il ruolo che potrà avere nella lotta per far prevalere la giustizia, a prescindere dal fatto che tenterà di non attaccar più briga con i Serpeverde – a meno di essere costretto a difendersi.  

Il suono del campanello lo distrae dalle sue elucubrazioni, e James si precipita al piano di sotto, afferrando uno zaino con le proprie cose, pronto a riabbracciare l’amico al quale stava pensando. 

“Vado io, mamma!” 

“Non c’è bisogno di gridare, James!” 

“Sai che divento iperattivo quando sono felice...” 

Euphemia rotea gli occhi, sorridendo mentre il figlio lascia entrare l’amico alto dall’aria sempre malaticcia. 

“Buon pomeriggio, signora Potter, grazie per l’ospitalità.” 

“Sono felice di rivederti, Remus. Come stanno procedendo le tue vacanze?” 

“Nient’affatto male, grazie. Ci voleva proprio un po’ di riposo e di divertimento dopo un anno di studio intenso.” 

“E James mi dice che tu sei anche stato nominato Prefetto, quindi avevi anche dei doveri supplementari...” 

“Hey, io sono stato nominato Capitano,” fa notare James.  

“Certo, sappiamo bene che nulla può essere più importante del Quidditch per te...” 

Remus soffoca una risatina, consapevole che una certa rossa di loro conoscenza lo sia decisamente, ma non si arrischia a commentare alcunchè di fronte alla padrona di casa. 

“Sicuro che per i tuoi non sarà un problema ospitare James, Sirius e Peter per il weekend?” domanda, per l’ennesima volta, Euphemia. 

“Certo che no, signora Potter. Ne sono davvero lieti e poi la nostra casa sorge in una zona isolata in cui non ci saranno problemi, se anche facessimo troppa confusione...” 

“Bene, allora divertitevi e ci rivediamo domenica sera, James.” 

 

“Ancora non mi sembra vero che passeremo il weekend della tua trasformazione insieme anche fuori da scuola, Rem...” si esalta James, camminando lentamente fino alla macchina familiare guidata dal padre di Remus, mezzo prescelto per raggiungere la casa situata in un quartiere Babbano di Peter. 

“Sempre se riusciamo a trovare la casa dello zio di Sirius...” 

“Non preoccuparti, Rem! Sarà epico, già lo so!” James gli assesta una pacca sulla spalla, sorridendo estasiato. 

“Non so se esserne felice, o un pochino preoccupato...” 

“Non hai ancora imparato a fidarti di me?” 

“Mhmm, a volte ti lasci trascinare da facili entusiasmi.” 

“E perché non dovrei essere entusiasta di passare il weekend insieme ai miei migliori amici?” 

“Perchè cacciarci nei guai sembra essere spesso una consuetudine per noi...” 

“Tanto meglio, vecchio mio! L’estate è fatta per divertirsi, l’hai detto tu...” 

Remus apre la portiera, ridacchiando insieme a James, ripensando ancora una volta quanto sia fortunato a chiamarlo amico. 

 

 



 

Nota dell’autrice: 

Eccomi con il terzo capitolo, in cui ci addentriamo finalmente nei primi momenti difficili che i nostri protagonisti devono affrontare. Crescendo si acuiscono delle distanze che sembravano inesistenti, fino a pochi mesi prima, e si inizia a camminare verso la meta che ci si prefigge di raggiungere. 

Sono particolarmente affezionata ai rapporti che mostro nel corso del capitolo e spero che potranno piacere anche a voi lettori. 

Alla prossima! 

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Capitolo 4
*** 4. I feel something so right, doing the wrong thing ***


Le voci si susseguono insistenti, insinuano mezze verità e trasudano un’invidia malcelata e un risentimento che s’è nutrito di tutti i dettagli che la Nobile e Antichissima Casata dei Black ha tentato di mantenere segreti negli ultimi anni – invano. Il suo ruolo di capofamiglia è più fragile che mai: la posizione fondamentale, che si è sudato negli anni, rischia di precipitare in un baratro eroso dai comportamenti scellerati del suo primogenito e dagli attriti ormai impossibili da sanare tra lui e la madre. Osserva il ritratto commissionato ad un famoso pittore in occasione dell’undicesimo compleanno di Sirius, si concentra sull’espressione fiera di quel figlio che sente così simile a sé – ma che al tempo stesso non riesce a comprendere. Lo ha visto allontanarsi a poco a poco, convinto che non fosse successo nulla di irreparabile, nonostante l’astio della moglie per il suo smistamento, ma negli ultimi mesi ha compreso che il suo primogenito non ha alcuna intenzione di abbracciare la causa alla quale la maggiore delle sue nipoti si è votata con tanta dedizione. E non può nemmeno dire di biasimarlo per questo. Il ruolo che ricopre gli impedisce di prendere posizione in maniera netta, pur essendo convinto della superiorità della magia antica nei confronti dei Mezzosangue e dei Nati Babbani, eppure, se è sincero con sé stesso, non può biasimare Sirius per aver scelto di lottare per ciò in cui crede. Il coraggio lo ha sempre contraddistinto e Orion, a differenza di Walburga, non è rimasto affatto sorpreso quando il figlio si è rivelato essere il primo Grifondoro dopo secoli di onorabili smistamenti nella casa di Salazar Serpeverde. 

 

4. I feel something so right, doing the wrong thing 

 

“Legati a qualcuno 
che trovi il modo per legarti alle stelle.” 
Fabrizio Caramagna 

 

 

 

Il sole è alto nel cielo nel sabato di metà luglio in cui la più giovane delle sorelle Black convolerà a giuste nozze con l’unico erede della famiglia Malfoy. Lucius ricorda ancora perfettamente il momento in cui ha incontrato Narcissa nella sala comune di Serpeverde: era il primo giorno di scuola del suo secondo anno ed era rimasto assolutamente folgorato dalla bellezza e dall’eleganza della compagna più giovane. Non era la prima volta che i due giovani si erano incontrati, essendo entrambi eredi di sue note famiglie Purosangue, infatti, erano soliti incontrarsi agli eventi dell’alta società. Era però la prima volta che avevano occasione di interagire al di fuori dell’ambito familiare e Lucius si ritrovò imbambolato a osservare Narcissa ridere con la sorella Andromeda e alcune compagne di classe. Non ci aveva messo molto a decidere, alquanto pragmaticamente, che avrebbe voluto in moglie una donna come lei, ciò che non si aspettava – non in quel momento, per lo meno, – era che si sarebbe innamorato di lei e che si preparava a giurarle eterno amore di fronte ai membri più importanti e selezionati della comunità magica britannica.  

Narcissa osserva il proprio riflesso nell’enorme specchio che adorna una delle camere di quella che, a partire da oggi, diventerà la sua dimora e si sforza di sorridere, senza riuscire a impedire che i propri pensieri siano indirizzati alla sorella che non sarà presente e che non ha più nemmeno incontrato per caso. Si ritiene fortunata, perché è consapevole che tante sue compagne non hanno avuto la possibilità di frequentare il ragazzo amato, quanto invece qualcuno di gradito alle loro famiglie. Lei ama Lucius, lo ama sin dal momento in cui le ha rivolto un’occhiata incuriosita quando l’ha vista rientrare da una gita a Hogsmeade in compagnia del giovane Rowle al terzo anno. Aveva riscontrato una punta di gelosia nel suo sguardo solitamente imperturbabile e si era sentita potente e desiderata, ma, soprattutto, aveva percepito il proprio battito cardiaco accelerare sensibilmente. Si era imposta di seguire le regole imposte le da sua madre però, nonostante avesse fatto una fatica immane e nonostante Andromeda le avesse dato della sciocca, perché sapeva bene che lei condivideva i sentimenti che Lucius provava. 

“Alla fine la mamma ha avuto ragione, Dromeda,” sussurra, osservando il proprio riflesso, chiudendo gli occhi e rivedendo con chiarezza il momento in cui aveva raccontato alla sorella del suo primo bacio con Lucius. 

Si chiede se la sorella sia felice, lontana dalla sua famiglia, ma è un pensiero che scaccia velocemente, certa che sia assolutamente così, perché Andromeda non è mai scesa a compromessi e ha abbandonato la famiglia per poter essere se stessa – e seguire il suo cuore. 

Anche Narcissa lo ha fatto, iniziando a tessere le lodi di quel compagno di un anno più grande già di ritorno dal primo anno di scuola, dimostrando la sua volontà di contrarre un buon matrimonio, a patto di poterlo fare con un uomo di cui era innamorata. 

Sente dei passi affrettati lungo il corridoio e si affretta a tornare a sorridere, non c’è spazio per soffermarsi su coloro che mancano, non quando lei sarà la protagonista di quello che hanno già definito il matrimonio dell’anno. Sua madre la raggiunge, tallonata da Bellatrix, e le rivolge un raro sorriso che raggiunge anche gli occhi. 

“Sei bellissima, tesoro.” 

“Grazie, madre.” 

“Gli invitati sono tutti qui,” le comunica Bellatrix, lanciandosi un’occhiata distratta nello specchio. 

“Il tuo sposo ti attende all’altare e tuo padre è già pronto…” 

“Allora non resta che raggiungerlo,” sussurra Narcissa, dicendosi che almeno una tra coloro che avrebbe voluto al suo fianco non si trova affatto lì. 

 

Osservando i neosposi durante il loro primo ballo, Evan non riesce a impedirsi di ripensare a Marlene e al numero dei giorni che sono passati dall’ultima volta in cui l’ha vista. Il loro scambio nel parco di Hogwarts, con le stelle come uniche spettatrici, lo tormenta sin da quando la ragazza se n’è andata – senza più voltarsi indietro. 

 
“E tu invece? Mi nascondi qualcosa, Evan?” 
“Di che parli?” 
“C’eri anche tu insieme a Mulciber e Avery quando hanno aggredito il fidanzato della sorella di Mary?” 
“Si è trattato di una goliardata...”  
“Chris è stato ricoverato al San Mungo!” 
“Le cose ci sono un po’ sfuggite di mano...” 
“Non ti riconosco più, Evan...” 
“Hai sempre saputo tutto della mia famiglia d’origine.”  
“Questo cosa c’entra?” 
“Conosci il futuro che mi attende…” 
“Ma ti credevo diverso da tuo padre!” 
“Certo che lo sono. Ti ho già detto che non ci saranno problemi a convincerlo a farmi sposare te, sei una Purosangue di lignaggio abbastanza nobile, i nostri genitori si conoscono da anni... nessuno si aspetta che anche tu prenda il marchio, Lene.” 
“Tu vaneggi, Evan!” 
“Cosa?” 
“Sei pazzo, se credi che io abbia intenzione di sposare un Mangiamorte!” 
“Io ti amo, Lene, credevo m’amassi anche tu.” 
“Lo credevo anch’io, ma evidentemente era solo di un’idea che ero innamorata...” 

 

Evan è consapevole di aver gestito quella conversazione nel peggiore dei modi, ma Marlene l'ha colto di sorpresa, non ha avuto il tempo di farle comprendere le sue ragioni e detesta il fatto che con ogni probabilità non avrà occasione di rivederla prima del ritorno a scuola. Ha sperato per un attimo, uno soltanto, di vederla apparire tra gli invitati al matrimonio, soprattutto quando ha intravisto la chioma bionda e ondluata di una cugina di Lucius. L’unico Grifondoro presente però, è un annoiato Sirius Black, che se ne sta seduto accanto al fratello e lancia occhiate rabbuiate a tutto ciò che lo circonda. Al como della disperazione, Evan è quasi tentato di andare da lui a chiedergli se ha notizie di Marlene, ma, visto che lo conosce più che bene, già sa che l’altro se ne approfitterebbe per rimarcare la sua inadeguatezza e quanto la ragazza stia meglio senza di lui. 

“A che pensi?” 

La voce di Isabel lo risveglia a fatica dalle sue elucubrazioni ed Evan rivolge un’occhiata distratta alla sorella. “Credo che tu lo sappia...” 

“Hai mai pensato che, forse, dovresti deciderti ad andare a casa sua? Se ci tieni tanto a parlarle, s’intende...” 

“Certo che ci tengo, pensavo fosse ovvio!” 

“Quello che è ovvio è che stai qui a rimuginare e a lanciare occhiate di fuoco a Sirius Black. Mi duole comunicarti che nessuna delle due attività potrà esserti d’aiuto nel tentativo di chiarirti con Marlene.” 

“Sei sempre stata così saccente?” 

“Lo sono diventata dopo la tua nascita.” 

Evan ricambia il ghigno della sorella e solleva finalmente gli angoli della propria bocca in un sorriso sghembo. “Grazie, Iz,” sussurra, facendole un cenno d’intesa. 

“Lo sai che per te ci sono sempre, fratellino...” 

Passano una manciata di minuti ed Evan è raggiunto da uno dei fratelli Black, anche se non si tratta di Sirius. 

“Cerimonia meravigliosa, non trovi?” 

“Sì, devo dire che i genitori del vecchio Lucius non hanno badato a spesa... tua cugina è una ragazza fortunata.” 

“Dici?” 

“Beh, Lucius è uno dei migliori partiti che ci sia sulla piazza.” 

“Sì, questo è vero,” ribatte pensoso Regulus, “stai forse prendendo nota per le tue future nozze?” 

L’espressione quasi serena, che si era fatta strada sul volto cesellato di Evan, scompare velocemente com’era apparsa e il ragazzo rivolge un’occhiata truce al compagno. “Di quali nozze parli?” 

“Era una battuta Evan... scusa, mi è venuta di merda.” 

“Già,” sussurra il giovane Rosier ripensando al momento in cui Marlene gli ha detto addio, domandandosi se anche lei stia soffrendo o se invece è già andata avanti, dimenticandolo. 

“Non volevo farti cambiare umore, amico,” si rammarica Regulus, mordicchiandosi il labbro inferiore. 

“Non è affatto colpa tua, Reg... il mio umore è stato pessimo per tutta estate.” 

L’altro lo guarda comprensivo, lanciando un’occhiata di sbieco al fratello maggiore chiuso in un ostinato mutismo un paio di tavoli più in là, e pensando che la sua situazione non sia poi così diversa da quella di Evan. Poco importa che l’amico si ostini a chiamarlo nel modo che, un tempo, era appannaggio esclusivo di Sirius, un nomignolo che adesso le labbra del maggiore dei fratelli Black non pronunciano da anni, un nomignolo che ricorda a Regulus i tempi passati – quando tutto sembrava più semplice e lui e Sirius erano più uniti che mai. 

“Hai provato a parlarle, Evan?” 

“L’ha detto anche mia sorella...” 

“Quindi? Pensi che ne valga la pena?” 

“Non so se vorrà ascoltarmi.” 

“Dipende tutto da cosa hai intenzione di dirle,” constata saggiamente Regulus. 

Ed Evan si rende conto che non sa cosa potrebbe dirle per farle cambiare idea: si trova tra l’incudine e il martello, è giunto il momento di prendere una decisione e deludere Marlene, oppure le aspettative riposte su di lui dal padre che ha passato tutta la vita a cercare di compiacere. 

 

 

* 

 

Il clima è diventato sempre più insostenibile in quella che per anni ha chiamato casa ma dentro cui ormai non è più libero di essere sé stesso. Si sente oppresso tra quelle quattro mura, quasi come se le pareti fossero pronte a fagocitarlo e trasformarlo nel perfetto erede di una delle Sacre Ventotto – proprio come si aspetta sua madre. 

Ma Sirius non ha alcuna intenzione di sottostare ai piani che la donna sta tentando di ordire per lui: non ne vuole sapere nulla di matrimoni combinati e di ruoli che gli spettano in un futuro ormai non più troppo lontano. Ha sempre fatto fatica a comprendere e accettare quelle verità con le quali la madre ha tentato di educarlo: non ha mai compreso perché mai avere un cognome, piuttosto che un altro, dovesse renderlo più degno di un coetaneo, ha faticato a venire a patti con la ragione per cui la sua vita dovesse incanalarsi in una precisa direzione fin dalla più tenera età e non ha scordato il dolore per la perdita del rapporto con la sua cugina preferita. Negli anni della sua infanzia ha sempre condiviso con Andromeda sogni e aspettative, smanioso di conoscere la vita fuori da Grimmauld Place, e, quando la cugina ha compiuto la scelta di allontanarsi dalla famiglia, Sirius ha osservato il suo nome ardere tra le fiamme sull’arazzo di famiglia. 

“Questo è ciò che accade a chi si dimentica del proprio ruolo,” erano state le parole pronunciate da Walburga, scrutando il suo primogenito. 

E Sirius era rimasto ancora più turbato dalle fiamme che aveva visto ardere nelle sue iridi di ghiaccio, percependo un brivido scorrergli lungo la schiena. Rammenta ancora l’ansia che lo ha travolto nel momento dello smistamento: lui, il primo Black finito a Grifondoro dopo secoli di eredi che hanno accresciuto le fila della casa Serpeverde. La presenza di James al suo fianco però, ha saputo infondergli una fiducia nei propri mezzi che non credeva di possedere e il legame nato tra le mura scolastiche ha alimentato un coraggio forse inusuale per un Black ma del quale Sirius è particolarmente fiero. 

Il tentativo di coercizzarlo  attraverso un Voto Infrangibile è stata solo l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso; l’idea che la madre sia pronta a spingersi a tanto lo sconvolge solo in parte – le fiamme che aveva visto quel giorno nei suoi occhi non sono mai davvero scomparse. Non vuole sposare una ragazza che non ama, solo perché figlia di una famiglia membro dell'élite magica, non ha intenzione di perpetrare gli ideali materni e mettere al mondo una serie di bambini che diventeranno solo pedine in un gioco di potere – volto solamente a dimostrare la forza del cognome Black nel mondo. Ci mette meno di dieci minuti a radunare tutte le sue cose, anche perché ha ormai preso l’abitudine di non svuotare nemmeno il baule di ritorno dalle vacanze sé estive. Rimane sorpreso di incontrare il fratello nel corridoio scarsamente illuminato, ma dissimula come meglio può quando Regulus gli ricorda quanto siano diversi, troppo orgoglioso per tentare di convincerlo a ragionare con la sua testa. 

Lo sguardo carico di risentimento lo accompagna lungo tutta la discesa delle scale, sente la nuca bruciare, consapevole che Regulus non abbia smesso di osservarlo in silenzio, ma non si volta indietro per paura di perdere il coraggio che è riuscito finalmente a raccogliere.   

Una volta in ingresso, tenta di fare più velocemente possibile per paura di scontrarsi con la madre, ma è con suo padre che si ritrova faccia a faccia. 

“Che stai facendo, Sirius?” 

“Me ne vado da questa gabbia di matti, papà,” risponde con un sorriso che non riesce e increspargli le labbra. “Salutami la mamma, anche sono sicuro che non le mancherò.” 

Orion vorrebbe rispondergli che non è vero, ma sarebbe una menzogna, e lo sanno bene entrambi. 

Sirius rimane immobile per un secondo, mentre dice addio a un padre che forse non lo ha mai davvero capito, ma che è stato troppo assente per avere un ruolo rilevante nella sua educazione; ricambia un’occhiata che è carica di stupore, ma sporcata da una consapevolezza che il più anziano ha tentato di nascondere a lungo. 

“Spero che tu sappia quello che fai,” sussurra infine il capofamiglia, sostenendo lo sguardo del primogenito. 

Sirius sa che l’uomo non può sbilanciarsi più di così e annuisce brevemente, prima di lanciare un’ultima occhiata lungo le scale e intravedere l’ombra del fratello, lasciando che l’orgoglio gli impedisca di salutarlo un’ultima volta.  

Si sente libero, finalmente, una volta che di chiude la porta alle spalle e cammina più veloce che può per raggiungere casa dello Zio Alphard, dando inizio alla sua nuova vita. Una volta lasciatosi Grimmauld Place alle spalle, i colori gli paiono più vividi e il caldo soffocante di luglio è ancora più in contrapposizione con il gelo che permea le pareti millenarie della casa di famiglia. Se anche lo zio è stupito del suo arrivo, non lo dà a vedere, lo accoglie per una bibita rinfrescante e gli ricorda che lui ci sarà sempre ed è disposto ad accoglierlo nella sua casa, se volesse. 

“Non ho intenzione di metterti nei casini con mamma...” 

“Più di quanto io non sia già intendi?” 

Sirius sorride, “proprio così... tra ribelli ci si intende, no?” 

“E cosa farai?” 

“James ha sempre detto che sarei potuto andare da lui in qualsiasi momento, se le cose si fossero fatte troppo difficili.” 

Zio Alphard annuisce comprensivo, grato che il nipote abbia trovato una famiglia che lo accogliesse e lo capisse – una volta giunto a Hogwarts.  

 

Una volta salito in sella alla moto che è stato abituato a nascondere a casa dello zio fino a oggi però, si rende conto che dire addio alla sua famiglia d’origine significa anche aver abbandonato Regulus e, questo, non sa come farà ad accettarlo. Il solco che si è creato tra di loro è iniziato come un’innocua frattura nel rapporto fraterno, causata dalla partenza di Sirius per Hogwarts, alimentatasi negli anni dalle incomprensioni e dai silenzi, dalla paura di ammettere i propri errori e dall’orgoglio. C’è stato un tempo, nemmeno troppo lontano, in cui Sirius avrebbe fatto di tutto per Regulus, un tempo in cui avevano condiviso ogni momento e in cui si era preso punizioni al posto del fratello minore – e ne era stato felice. Ora rimangono solo macerie, accumulatesi fino a diventare una barriera insormontabile, e cenere che si posa sopra al ricordo di quello che erano stati, e che avrebbero potuto essere. 

 

“Perché indossi il giubbotto?” 

“Perché me ne vado, fratellino. Dovresti pensarci anche tu, se ci tieni alla tua sanità mentale!” 

“È proprio vero che di me non te ne importa un fico secco!” 

“Non è affatto vero, Reg…” 

“Non chiamarmi così!” 

“Scusa, so che lo odi...” 

“E dove vai?”  

“In un posto in cui non minacceranno di farmi stringere un Voto Infrangibile e non tenteranno di cambiarmi… possibile che tu non ti renda conto che soprattutto mamma, ma anche papà, ti vogliono plagiare? Vuoi davvero farti comandare a bacchetta da quella megera per il resto dei tuoi giorni?”   

“È per questa ragione che il Grifondoro, tra i due, sei tu.” 

“Come vuoi. Ci vediamo a scuola...” 

 

Scaccia con rabbia le lacrime che gli offuscano la vista, ansioso di lasciarsi il peso del senso di colpa alle proprie spalle, accelera nella speranza di raggiungere Godric’s Hollow quanto prima e riabbracciare James. I Potter lo accolgono, proprio come aveva immaginato, e Sirius sente come se avessero sollevato un macigno che lo opprimeva proprio all’altezza delle spalle; può scoppiare a ridere insieme a James, ed entusiasmarsi per tutto ciò che l’amico progetta di combinare insieme a lui nelle settimane che rimangono prima del ritorno a scuola. Euphemia gli rivolge un sorriso dolce che non ha mai visto far capolino sul viso di sua madre, Fleamont gli assesta una pacca sulla spalla che vale molto più di mille parole e, per la prima volta da tanti anni, Sirius sente finalmente di appartenere a una famiglia – anche se non quella di origine. 

Quando si ritrova a fissare la propria immagine riflessa nello specchio del bagno però, non riesce a non soffermarsi sulle iridi grigie speculari a quelle del fratello che ha lasciato indietro, consapevole che lo perseguiteranno finché non riuscirà a spiegarsi con Regulus. 

 

* 

 

Come ogni anno, nel giorno del compleanno di sua figlia, Abigail Ashworth si concede del tempo per riflettere – prima di iniziare la giornata. Perché ogni compleanno della sua primogenita la riporta al giorno in cui la sua vita è cambiata e la fa rimuginare per un attimo a come sarebbe stata diversa se non si fosse avventurata a studiare all’aperto, nonostante la neve. Edward Ashworth è apparso nella sua vita come un uragano: l’ha sconvolta svelandole l’esistenza dei maghi, affascinata con i suoi modi da gentiluomo, fatta innamorare riuscendo a farla ridere come mai prima. In poco meno di due anni dal loro primo incontro, si sono sposati e hanno messo su famiglia e Abigail ringrazia il Destino, o la sua buona stella, ogni singolo giorno – nonostante essere spettatrice di una parte così preponderante della vita dei suoi figli le causi immani sofferenze, perché vorrebbe poterli comprendere appieno, proprio come fa Edward. 

Il profumo di caffè risveglia le sue sinapsi e la donna si stiracchia, prima di raggiungere la cucina e trovare Edward e Alistair impegnati ai fornelli. 

“Ci siamo dati da fare stamattina, eh?” 

“Non capita tutti i giorni che la nostra bambina compia sedici anni... la sua colazione preferita mi sembrava il minimo.” 

“Coincidenza vuole che sia anche la mia,” sospira la moglie, mettendosi in punta di piedi per baciare le labbra di Edward. 

“Mhmm, coincidenza... dici?” ridacchia l’uomo, prima di baciarla ancora. 

“Non ho davvero bisogno di queste smancerie già di prima mattina, dai...” si lamenta Alistar, ridacchiando. 

“E allora non ci guardare, figliolo!” 

Abigail scoppia a ridere, posando un’ultima fugace volta le labbra su quelle di Edward, prima di scompigliare i capelli del suo secondogenito e rubare un pancake ai mirtilli dalla pila ordinata che il marito sta creando. 

“Un giorno t’innamorerai anche tu e allora ricorderai che tuo padre ti aveva avvertito che saresti diventato esattamente com’è lui dal momento in cui ha visto tua madre...” 

“Mhmm, non so se mi voglio innamorare. Non credo di voler dare un simile potere a un altro essere umano.” 

“Amare vostro padre e avere voi è stata la scelta migliore che io abbia fatto,” dichiara Abigail, appoggiando poco cerimoniosamente il pancake che stava mangiando in un piatto vuoto per stringere a sé il cavaliere dalla fulgida armatura. 

“Voi siete stati fortunati a trovarvi, ma non funziona per tutti così...” 

“Avrai molto tempo per preoccupartene, Al,” lo rassicura il padre. 

“Credo sia più divertente uscire e divertirmi con ragazze diverse,” ribatte il quattordicenne, “almeno per ora...” 

Edward scoppia a ridere, “alla tua età la pensavo così anche io.” 

“Vi serve una mano?” domanda Abby, finendo il pancake. 

“Potresti pensare alle fragole.” 

Lexie li trova così, intenti a ridere e impilare pancake, a friggere pancetta e uova, a tagliare frutta e a esporre pacchetti avvolti da carta variopinta. 

“Ben svegliata, raggio di sole! Tantissimi auguri di buon compleanno, piccola!” la saluta Edward. 

Aspettavamo te,” aggiunge Abigail, abbracciandola forte, “tantissimi auguri per i tuoi sedici anni, mi sembra ieri che ti abbiamo portata a casa dall’ospedale...” 

“Da quanto tempo state sgobbando?” 

“Papà mi ha fatto lavorare peggio di un elfo domestico, addirittura da prima dell’alba,” la prende in giro Alistair. 

“Non ti crede nessuno, fratellino.” 

“Ma no, è solo che mi sono svegliato affamato,” ridacchia il ragazzo, prima di abbracciare Lexie, “buon compleanno, sorellina!” 

“Grazie,” risponde la festeggiata, dedicando un grande sorriso alla propria famiglia. 

“Per te questo ed altro,” sorride Edward, baciando nuovamente la moglie. Osservando la sua famiglia ridere insieme, l’uomo si rende conto una volta di più di come siano i momenti come questi i migliori che ha vissuto e di quanta paura gli faccia l’ascesa di Voldemort, soprattutto per la vulnerabilità di Abby. Promette a sé stesso che li proteggerà fino all’ultimo respiro, sperando che il male non finisca con il trionfare. 

 

 



 

Nota dell’autrice: 

Non ero certa che sarei riuscita a dare un senso a questo capitolo, che avrebbe dovuto essere pubblicato il mese scorso, ma che ha finito con lo slittare… non sono proprio convinta, a dir la verità, ma spero di essere riuscita a mostrare l’inizio di una serie di decisioni che hanno finito con l’influire sulla vita dei nostri ragazzi. 

Ho sempre pensato che dovesse essere accaduto qualcosa di grave per indurre Sirius a scappare, così come sono sempre stata convinta che Walburga fosse una più convinta sostenitrice delle idee di Voldemort rispetto al marito. 

Il dialogo tra Evan e Marlene è tratto dalla mia OS “Non è tempo per noi – e forse non lo sarà mai”. 

 

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Capitolo 5
*** 5. Back when we were still changin' for the better ***


La cacofonia di voci vibra nell’aria calda della sera estiva ed Edward sorride, osservando la figlia parlare animatamente, circondata da amici. I ragazzi stanno arrostendo marshmallow direttamente sul fuoco, deliziati dall’idea di imitare il tipico dolce dei campeggiatori statunitensi, poco importa che si trovino a pochi passi dal centro di Londra – invece che nelle sconfinate foreste nordamericane. Se si abbandonasse alle elucubrazioni più profonde, Edward comincerebbe a riflettere su come questi momenti siano qualcosa a cui rischiano di dover dire addio. Serate come quella che stanno vivendo rimarranno per sempre impresse nella memoria dei presenti, nonostante la loro semplicità. Ci sono la compagnia, il buon cibo, gli amici e le risate; le preoccupazioni che si annidano nell’inconscio sono state sepolte, anche se faticosamente, dagli adulti presenti e tutto questo restituisce un po’ di fiducia al padrone di casa. Certe volte, soprattutto nel cuore della notte silenziosa, quando la moglie dorme e i figli sono lontani svariate miglia, Edward si domanda se la sua non sia stata una scelta egoista, se seguire il proprio cuore non abbia finito con il mettere ancora più a rischio le persone che più ama al mondo. Prima d’incontrare Abigail, viveva una vita appagante e felice, eppure aveva sempre percepito la mancanza di qualcosa che non sapeva individuare – non finché ha incrociato lo sguardo di Abby, per lo meno. Quel giorno di gennaio gli ha cambiato la vita: gli è bastato un unico sorriso per riscoprirsene assuefatto e iniziare a bramare di trasformarsi in una delle ragioni per le quali Abby avesse voglia di sorridere. Si è chiesto spesso quanti altri maghi abbiano avuto la sua stessa fortuna, ma anche quanti Babbani, se deve essere sincero. Trovare qualcuno che ti accetti completamente, senza remore, qualcuno insieme al quale tu possa essere davvero te stesso è una rarità, qualcosa per cui Edward può chiamarsi fortunato ogni singolo giorno... qualcosa che proteggerà anche a costo della sua stessa vita. Incontra le iridi ridenti di Abby e ricambia il suo sorriso, proprio come nel gennaio di tanti anni prima, la moglie lo osserva interrogativa, ma Edward scrolla le spalle – avranno tutto il tempo per parlarne in separata sede, ora è ancora il momento di festeggiare Lexie.  

 

5. Back when we were still changin' for the better 
 

La vita non è avere mille amici,  

ma trovare i pochi giusti di cui hai bisogno.” 
A.R. Asher 

 

 

 

La sabbia e le minuscole conchiglie sono scivolose sotto ai suoi piedi ma Marlene, che si è abituata a camminare scalza sulla spiaggia dietro casa fin da quando era bambina, non ci fa caso. Stringe la pergamena che il gufo reale di casa Rosier le ha consegnato pochi minuti prima, quando stava albeggiando e le sfumature rosate ricolmavano ogni centimetro della sua stanza affacciata sull’oceano. A essere sincera si aspettava la lettera, dopo tutti questi anni ha imparato a conoscere Evan – anche se non bene come si era illusa, prima dello scorso giugno. Non comprende nemmeno per quale motivo abbia abbandonato la quiete della sua camera per spingersi lungo la spiaggia desolata, sa solo che il sottofondo della risacca come unica compagnia è ciò di cui sentiva il bisogno per poter affrontare le parole di Evan e la delusione che probabilmente proverà. 

 

Lene, 

ti scrivo questa lettera anche se non sono mai stato troppo bravo con le parole, qualcosa che non hai mai esitato a rinfacciarmi. Oggi è il tuo compleanno e, per i prossimi dieci giorni, avremo la stessa età – proprio come ogni anno, eppure nient’affatto come gli scorsi anni.  

Mi rendo conto di averti delusa e farei qualsiasi cosa per rimediare, ma mi rendo conto che ciò che tu più desidera è esattamente l'unica cosa che non ti posso promettere: mio padre ha riposto tutte le sue speranze in me e chi sono io per deluderlo, abbandonando la strada che è già stata tracciata per il mio futuro? Il ruolo degli eredi delle Sacre Ventotto è fondamentale per la salvaguardia delle tradizioni magiche, di questo ne avevamo parlato, soprattutto se tuo padre si chiama Magnus Rosier ed è uno dei più fedeli seguaci del Signore Oscuro. 

Mi rendo conto che queste suonino come parole vuote e che poco abbiano a che fare con una lettera che avrebbe dovuto servire ad augurarti buon compleanno, ma ho la testa affollata di pensieri e faccio fatica a metterli in ordine. Vorrei non aver mai conosciuto il tuo amore, perché perderti non sarebbe stato altrettanto devastante, ma mio padre ha sempre sostenuto che l’amore rende deboli e, forse, non ha poi tutti i torti... 

Probabilmente dice così anche a causa di mia madre, che peggiora lentamente ed inesorabilmente, e che non meritava di certo questo destino... non lo dico per farti provare pietà, quanto semplicemente per provare a giustificare questa lettera senza capo né coda. 

Spero che passerai una giornata stupenda, anche senza di me, o forse proprio perché io non ci sarò... anche se sarà strano per me non essere al tuo fianco nel tuo giorno speciale. 

Ti amo, di questo non dubitarne mai... perdonami se puoi. 

Tuo, Evan. 

 

Marlene ricalca la firma obliqua del ragazzo e ricaccia indietro una lacrima solitaria, detestandosi un pochino per la reazione avuta alle parole dedicatele da Evan. 

“Se solo non fossi così testardo,” mormora tra sé, figurandoselo intento a scrivere alla scrivania di mogano posta tra le due ampie finestre che illuminano la sua camera.  

Rilegge la lettera una seconda volta, poi una terza, prima di rimetterla nella busta e infilarsela nella tasca della camicia da notte celeste. Si chiede come abbia fatto a non rendersi conto del complesso da martire che affligge Evan: questo senso del dovere che lo porta a fare qualsiasi cosa pur di compiacere quel padre che pare non potrà mai davvero essere appagato. Eppure, se è onesta con sé stessa, non è solo per volere del padre che Evan si prepara a un futuro diametralmente opposto a quello che Marlene immagina per sé e non è qualcosa che Marlene si era davvero aspettata. Perché le ci sono voluti anni, di amicizia prima e di amore poi, per farle raggiungere la consapevolezza che lui non si era mai davvero mostrato vulnerabile con lei – ed è proprio questo a farle più male. 

 

Più tardi, il sole è alto nel cielo e i granelli di sabbia le arroventano la pianta dei piedi, quando la festeggiata si accinge a spegnere le candeline che adornano la sua torta di compleanno. 

“Non scordarti di esprimere un desiderio,” dichiara Lily, al suo fianco. 

Marlene annuisce, concentrandosi sulle fiammelle che danzano nella brezza e non sull’unica persona che manca, la cui assenza spicca tra tutte quelle che sono invece presenti per festeggiare. Quasi non ricorda l’ultimo compleanno festeggiato senza Evan, ma immagina che ormai dovrà farci l’abitudine e, di certo, non può permettere a una scelta del ragazzo di influire così massivamente sulla sua vita. 

“Buon compleanno!” esplodono in coro i suoi amici e i suoi fratelli. 

“È ora dei regali!” trilla felice Mary. 

“Comincia dal nostro!” s’entusiasma Lexie, porgendole un’enorme scatola variopinta. 

“E chi lo avrebbe deciso, scusa?” sbuffa James, allungandosi per posare il proprio pacchetto sopra a quello più grande. 

“Il galateo, Potter,” lo rimbecca spiccia Lily. 

“Credevo che foste tutte molto emancipate, Evans,” ghigna Sirius, aggiungendo un pacchetto piccolo incartato di rosso con un fiocco dorato. 

“Siete impossibili voi due,” sbuffa Lily contrariata, prima che Mary la imbonisca con un’Ape Frizzola. 

“Forse dovresti iniziare dal mio, a questo punto, per evitare che la tua festa finisca in tragedia, quantomeno,” ride Eleanor, allungandole un pacchetto leggero come una piuma. 

“Sì direi che è meglio così...” annuisce Marlene, sciogliendo il nodo delicato e scoprendo una sciarpa dalla consistenza impalpabile dello stesso colore dei propri occhi. 

“È incantata per adattarsi alle stagioni,” le spiega l’altra, “così non sarai obbligata a utilizzare sempre quell’enorme sciarpa di lana della scuola...” 

“Lo dici solo perché la sciarpa di Marlene è degli stessi meravigliosi colori della casata di Grifondoro,” bofonchia James, risentito. 

“Se lo dici tu...” 

“È stupenda, Eleanor!” la rassicura Marlene, abbracciandola. 

“Sì, è davvero una meraviglia,” annuiscono Lily, Lexie e Mary, insieme alla madre di Marlene. 

“Sono contenta che ti piaccia, l’ho acquistata anche per me.” 

“Ora che ne dici di aprire il mio regalo?” scalpita James, mentre Sirius lo spintona tentando di porgere il proprio. 

“Facciamo che apro quello delle ragazze...” 

“Ma hai appena aperto un regalo del gentil sesso, dovresti passare a noi maschi ora,” fa notare Sirius. 

Mary scoppia a ridere, mentre Lexie si dà una manata e Lily sbuffa sonoramente. 

Marlene decide quindi di accettare il pacchetto di Remus, scatenando l’ilarità dei presenti e l’indignazione di James e Sirius. 

 

* 

 

Il binario è talmente affollato che Regulus teme di sentirsi male, mentre si fa strada insieme ai genitori, che hanno insistito per accompagnarlo, quasi come se fosse un primino timoroso. Sono quasi le undici quando sale a bordo, voltandosi per un ultimo saluto, rendendosi conto che Orion e Walburga se ne sono già andati. Si avvia verso lo scompartimento dentro a cui si è dato appuntamento con i compagni di casa, ansioso di rivedere Evan e chiedergli se sia riuscito a chiarirsi con Marlene, senza pensare che il fratello che lo ha accuratamente evitato da dopo la sua fuga è su quello stesso treno. Raggiunge il solito scompartimento e vi trova Evan, Hector e Barty già seduti, ma l’espressione truce di Evan gli suggerisce di evitare di chiedere aggiornamenti riguardo alla sua situazione amorosa e decise di aggiungersi a una più blanda conversazione sul Quidditch e sulle speranze di Serpeverde di strappare la coppa ai bellimbusti di Grifondoro. Il treno si è già lasciato Londra alle spalle, percorrendo ad alta velocità le verdi campagne inglesi, quando Evan gli fa un cenno d’intesa e i due si alzano per raggiungere lo scompartimento riservato alla riunione dei Prefetti. 

“Dove ve ne andate?” domanda Hector stiracchiandosi. 

“Il dovere chiama,” ribatte piatto Evan, indicando la spilla lucente sul suo petto.  

“Proprio non vi invidio,” sbuffa il giovane Avery, afferrando una Cioccorana. 

Regulus nota Severus Piton, nascosto dietro alla sua cortina di capelli neri, mordicchiarsi furiosamente le labbra, probabilmente ripensando all’epico litigio che ha avuto alla fine dell’anno precedente. Il ragazzo si china per recuperare la spilla dal baule avvicinandosi al ragazzo più grande, “vuoi per caso far avere un messaggio a qualcuno?” gli sussurra, badando a non farsi sentire da nessun altro. 

Piton spalanca gli occhi color della pece, diventando ancora più pallido, prima di scuotere la testa. “Meglio di no, almeno per ora,” dichiara a densi stretti. 

Raggiunge Evan, allungando il passo per stargli dietro e osservandolo di sottecchi. 

“Che vuoi chiedermi, Reg?” gli domanda a bruciapelo il biondo. 

“Mi chiedevo se fossi riuscito a parlare con la McKinnon, ecco tutto... non so se ne vuoi parlare, ma...” Regulus s’interrompe, chiedendosi quando le relazioni amorose dei suoi compagni siano diventate così importanti per lui. 

Evan gli rivolge un mezzo ghigno dei suoi, “grazie per l’interessamento... in realtà noi Serpi non siamo particolarmente famosi per il coraggio, però le ho fatto recapitare una lettera per il suo compleanno proprio ieri, quindi... chissà...” 

“Beh, sicuramente vi rincontrerete molto presto.” 

“Certo, ma non so dirti come si evolveranno le cose...” sbuffa Evan, stringendosi nelle spalle, prima di fermarsi e fissare l’amico, “e tu e tuo fratello, piuttosto?” 

“Non l’ho più visto né sentito,” ammette, tentando di mascherare il proprio dolore. 

“Credo che anche la vostra resa dei conti sia piuttosto vicina, Reg.” 

“Non se posso evitarlo,” sussurra Regulus, lasciando che la rabbia s’impossessi di lui. 

Ma il Destino, o Fato che dir si voglia, ha altri piani per lui e non compie che una manciata di passi prima di ritrovarsi a fissare due occhi gemelli ai propri – due iridi la cui assenza lo ha tormentato per tutta l’estate. 

“Regulus, aspetta! Dove vai?” 
Si ferma per un attimo, facendo cenno a Evan di proseguire, prima di voltarsi verso il fratello e lasciare che i loro sguardi s’incrocino in una sfida muta, che nessuno dei sue è disposto a perdere. 
“A differenza tua, sono stato nominato Prefetto.” 
“Per fortuna ci sei tu che rendi onore alla nobile e antichissima Casata dei Black.” 
Eccola qui, una delle battute affilate di cui aveva tanto sentito la mancanza, solo che in questo preciso momento il tono canzonatorio del fratello serve solo a farlo sentire ancor più vulnerabile e solo di quanto non si sia sentito durante l’estate appena trascorsa. 
Regulus deglutisce a vuoto e stringe le mani a pugno, prima di raddrizzare la schiena e scuotere la testa. “Non tutti possono permettersi di fare ciò che più li aggrada, Sirius. Il posto dell’istintivo che prima agisce e poi pensa era già stato occupato da te, a me non rimaneva che attenermi al volere dei nostri genitori…” mormora, prima di voltargli le spalle in una perfetta imitazione di quanto fatto da Sirius stesso nel momento della sua fuga. 
“Regulus, scusa io...” 

“Ora non ho tempo,” ribatte in tono piatto, lanciandogli un’ultima occhiata in tralice e incamminandosi verso la prima carrozza. 
“Possiamo parlare più tardi?” 
Regulus si volta un’ultima volta, fissando il fratello, sfidandolo a continuare, ma ricevendo solo silenzio e scegliendo di allontanarsi a passo svelto dalla sua figura. 

 

* 


I corridoi della scuola silenziosi sono diventati il suo regno, dopo anni passati a esplorarli a qualsiasi ora della notte. Ha chiesto in prestito la mappa a James per non incorrere in brutte sorprese, ma è talmente distratto che non si è reso conto di aver raggiunto i sotterranei e di essere incappato in qualcuno che non si immaginava di rivedere più insieme. 

 

 


Nota dell’autrice: 

Questa storia si sta rivelando più intricata del previsto. Sinceramente pensavo che sarei riuscita a rimanere su toni più leggeri, ma i protagonisti invece stanno facendo di testa loro e stanno mostrando le loro fragilità e le paure, oltre ai sogni e alle aspettative. 

Spero che questo viaggio ambientato durante la prima guerra magica continui a piacervi, io sicuramente sto amando indagare su entrambi i lati della barricata. 

 

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Capitolo 6
*** 6. You treat me like a stranger, and that feels so rough ***


I corridoi sono silenziosi durante la prima notte del nuovo anno scolastico, i due neoeletti Caposcuola non hanno ancora organizzato i turni in cui dividere i Prefetti per pattugliare i sentieri che si snodano tra le mura secolari. Minerva McGranitt cammina a passo svelto per raggiungere i propri alloggi, al termine di una riunione a cui ha partecipato con il resto dei Capi Casa nell’ufficio di Silente. È consapevole che, con tutta probabilità, almeno qualcuno tra i suoi studenti si trovi fuori dalle Sale Comuni, ma per una volta ha deciso di non pensarci – ancora troppo focalizzata sulle parole di Albus e sui timori riguardanti il futuro che l’uomo ha condiviso con lei e il resto dei colleghi. Se il preside ha ragione, e Minerva non nutre dubbi al riguardo, tempi ancora bui incombono sul mondo magico del Regno Unito e, guardando le cose sotto a questa prospettiva, l’idea di punire gli studenti per non essere a letto impallidisce fino a perdere importanza. Si chiede quanto ancora potrà durare questo periodo drammatico e se ci sia qualcosa che lei e il resto del corpo insegnante possa fare per schermare gli studenti dal mondo fuori dal castello che, per lei, è diventato più accogliente della casa in cui è nata. È triste pensare che alcuni di loro finiranno con il perdere qualche membro delle loro famiglie, qualche amico, o forse persino la persona amata, ma Albus si è dimostrato risoluto riguardo al fatto che Tom Riddle non desisterà. Deve aver camminato soprappensiero per un bel po’, perché si rende conto di essere arrivata quasi fino all’ingresso della torre di Grifondoro e svolta velocemente in un corridoio poco distante quando sente dei passi concitati salire le scale. Dev’essere stata abbastanza veloce, visto che Marlene McKinnon le passa accanto senza nemmeno notarla e, pochi attimi dopo, Sirius Black fa capolino apparentemente dal nulla e segue la compagna al sicuro, oltre al ritratto della Signora Grassa. Se Horace fosse stato al suo fianco, si sarebbe lanciato in fantasiose ricostruzioni nel tentativo di spiegare quel ritorno quasi simultaneo, Minerva però preferisce evitare di soffermarsi troppo a riflettere sulla vita amorosa dei suoi studenti – gli anni le hanno insegnato che le rivelazioni più sconvolgenti trovano sempre il modo di venire a galla, prima o poi.
 
 
6. You treat me like a stranger, and that feels so rough

 
“Le persone capitano per caso
nella nostra vita,
ma non a caso.
Spesso ci riempiono di insegnamenti.
A volte ci fanno volare alto,
altre ci schiantano a terra
insegnandoci il dolore…
donandoci tutto,
portandosi via tutto,
lasciandoci niente.” 
Alda Merini
 
 
 
Dopo aver dato un’occhiata all’orario del primo giorno, Marlene e Lily emettono uno sbuffo quasi simultaneo, che costringe Mary ad assestare una gomitata nelle costole di una Lexie praticamente in stato comatoso. La bionda abbandona la tazza di caffè fumante per afferrare la pergamena che la McGranitt le aveva consegnato poco fa e comprende subito il motivo del malumore delle altre amiche.
“Si potrà mai iniziare il lunedì con doppie pozioni?” si lamenta teatralmente James, piazzato qualche posto più in là.
“Ma tu sei bravo in pozioni, Ramoso,” ribatte Peter, ficcandosi una generosa forchettata di uova e pancetta in bocca.
“Ok, ma questo non significa che io voglia iniziare ogni settimana, da qui alla fine dell’anno, condividendo un sotterraneo buio con le Serpi...”
“Tu forse no, ma immagino che qualcuno non la pensi come te,” asserisce cupo Sirius, sorbendo il proprio caffè nero e occhieggiando le ragazze poco distanti.
Remus segue lo sguardo dell’amico, incrociando brevemente le iridi smeraldine di Lily, chiedendosi se James sappia a cosa stia alludendo l’amico, ma l’occhiata stupita del capitano rosso-oro gli conferma che anche l’altro sia totalmente all’oscuro.
“Di che parli, Felpato?” s’arrischia quindi a chiedere il Prefetto.
“Di nulla in particolare,” sbuffa Sirius, il cui umore rispecchia più che mai il cognome che vorrebbe poter abbandonare, dopo aver troncato i rapporti con i genitori.
Remus decide che non è saggio indagare oltre e ringrazia James che inizia ad aggiornarli riguardo al suo piano di azione per i provini per completare la squadra, che ha intenzione di organizzare quanto prima.
“Dite che Minnie mi farà prenotare il campo oggi stesso?”
“Io dico che, se dovesse scoprire che la chiami così, ti toglierebbe la spilla da capitano in tempo zero,” ribatte Remus, sorseggiando il suo tè.
“Lunastorta ha ragione, vecchio mio,” ghigna Sirius, ritrovando un briciolo di buonumore, prima di addentare le sue uova.
“Secondo me anche il preside e gli altri insegnanti la chiamano così...” insiste James, aggiungendo miele al proprio porridge.
Remus scuote la testa, mentre Peter annuisce, agguantando un paio di muffin, “credo che tu abbia ragione, James!”
“Credo proprio che mi presenterò anche io alle selezioni,” dichiara Sirius, ansioso di cambiare argomento, mettendosi un paio di pancake alle gocce di cioccolato nel piatto.
“Davvero?” James strabuzza gli occhi, tentando di contenere la propria eccitazione.
“Dopo il diploma di Johnny Bell alla squadra manca un Battitore...”
“Sono anni che ti dico che dovresti presentarti ai provini e non mi hai mai dato retta!”
“Prima avevo la sensazione che farlo sarebbe stato solo un altro modo per mettermi in competizione con Regulus,” ammette a bassa voce l’altro.
James e Remus orientano le iridi verso quelle grigie dell’amico, perfino Peter smette di mangiare per ascoltarlo.
“Ora che me ne sono andato di casa invece, dubito che ai miei possa interessare qualcosa delle mie scelte su come passare il tempo oltre l’orario scolastico.”
I tre rimangono interdetti per un attimo, prima che James assesti una pacca sulla spalla dell’amico. “Sarà bello averti in squadra!”
“Prima dovrò passare le selezioni...”
“so come voli e credo si tratti di una semplice formalità,” sentenzia sicuro James, “dovresti allenarti un po’ con Fabian, magari...”
Sirius rotea vistosamente gli occhi, quasi pentito di aver comunicato la propria intenzione, prima di rispecchiarsi nella gioia del suo migliore amico e ritrovare il sorriso che gli ha fatto compagnia dal momento in cui si è chiuso la porta di Grimmauld Place alle spalle. Si concede di dare un’occhiata al tavolo Serpeverde per controllare se Regulus sia lì, sa bene che il fratello è mattiniero e non si stupisce di vederlo accanto a Rosier e Avery; le loro iridi s’incontrano per una frazione di secondo, prima che entrambi le abbassino e che Sirius perda completamente l’appetito.
 
“So che non sarà come gli altri anni,” commenta, quando i ragazzi hanno iniziato a parlare di Quidditch, Mary.
“Il tuo è un eufemismo,” controbatte Marlene, sbocconcellando un biscotto con le gocce di cioccolato.
“Siamo sincere, non potevate certo sperare di evitare Rosier e Piton per il resto dell’anno,” dichiara in tono pratico Lexie.
“Certo che no,” risponde Lily, scuotendo la testa.
“Ho incontrato casualmente Evan ieri sera e sono riuscita a svicolare per un pelo, ma temo che non abbia intenzione di arrendersi...”
“Dopo la lettera che ti ha scritto lo dubito sinceramente,” le fa notare Mary.
“Quella lettera, per quanto bella, non può cambiare quello che penso e che gli ho detto l’estate scorsa... anche se stargli lontana mi fa più male di quanto credessi, ma suppongo sia normale,” riflette Marlene, bevendo un po’ di succo di zucca. “Sicuramente avrei preferito evitarli almeno per il primo giorno...”
La rossa annuisce in direzione dell’amica.
“E cosa sarebbe cambiato?” domanda, genuinamente interessata, Lexie.
“In tutta sincerità, nulla,” sussurra Marlene, facendo un cenno di saluto ai gemelli Prewett che prendono posto accanto ai compagni di stanza, “giusto, Lily?”
“Giusto,” dice a bassa voce l’altra, prima di sospirare e incrociare lo sguardo di Lexie. “Mi reputereste una stupida se ammetto che ancora non riesco a smettere di rivivere quel dannato giorno?”
“Scherzi?” controbatte svelta Lexie. “Chi non lo farebbe al tuo posto?”
“È solo che credevo davvero che la nostra amicizia contasse qualcosa per lui…” mormora Lily, infilzando con troppa foga un pancake inondato di sciroppo d’acero, senza nemmeno portarselo alla bocca.
“Un po’ come io credevo che Evan dicesse il vero, quando mi spergiurava di amarmi e di voler essere padrone del proprio destino…” aggiunge accigliata Marlene.
“Sono più che convinta che Rosier ti ami davvero,” dichiara Mary.
“Ma non più del futuro che suo padre ha tracciato per lui…”
“Sev invece ha deciso di scegliere di seguire i dettami di qualcuno che lo considera inferiore, solo perché Mezzosangue… ditemi voi se non è assolutamente ridicolo!” critica a mezza voce Lily, decidendosi ad addentare il pancake.
“Gli adolescenti non sono particolarmente rinomati per la loro oculatezza,” fa notare Lexie.
“E da quando sei diventata così filosofica, tu?”
La Cacciatrice fa spallucce, alzandosi e trascinando Lily con sé.
“Pronte?” domanda Mary.
“Beh, mia madre dice sempre via il dente, via il dolore,” risponde incerta Lily.
“Ecco il giusto spirito!” esclama Lexie, prendendole in qualche modo tutte e tre le altre a braccetto.
 
Se Horace Lumacorno rimane stupito di vedere separate due delle coppie formate dai suoi migliori studenti, non lo dà a vedere e dispensa sorrisi sia a Lily Evans, seduta accanto ad Alexandra Ashworth, invece che a Severus Piton, che a Marlene McKinnon che ha preso posto accanto a Mary Macdonald, invece che a Evan Rosier. I due studenti della sua casa hanno occupato il primo banco situato proprio di fonte a lui e sembrano fare il possibile per incrociare lo sguardo delle Grifondoro da cui erano stati inseparabili fino al semestre precedente.
Il professore inizia a raccontare agli studenti gli argomenti che tratteranno durante l’anno e Sirius approfitta per osservare Marlene raccogliersi i lunghi ricci in uno chignon fermato da una piuma. James gli tocca dentro per sbaglio e il ragazzo distoglie lo sguardo, consapevole del fatto che anche Rosier stia fissando Marlene e, dopo averli visti separarsi vicino ai sotterranei la sera precedente, Sirius è più impaziente che mai di scoprire cosa ci sia sotto.
Quando Lumacorno fornisce le istruzioni per iniziare a preparare il Distillato della Morte Vivente, Sirius si alza per andare a recuperare i prodotti dall’armadio, mentre James inizia a preparare il tavolo per sminuzzarli. Si ritrova accanto a Marlene, che lancia un’occhiata di sbieco ad Evan che tenta di avvicinarla e decide d’insinuarsi tra loro, creando una barriera fisica tra i due. Marlene gli rivolge un sorriso grato che Sirius ricambia, perdendosi a osservare le efelidi che le tempestano le guance rosate.
 
*
 
Evan si trova parecchio lontano dalla rotta che avrebbe dovuto seguire durante la ronda, ma sa che Marlene aveva appuntamento in biblioteca con Eleanor quella sera e quindi si è finto malato con Katie MacDougal di Corvonero, impegnata nella ronda con lui, per potersi appostare fuori dalla porta in legno ad arco. Sceglie una rientranza dietro a un’armatura alquanto imponente e rimane immobile, nell’attesa di scorgere una testa bionda e una mora che si lasciano alle spalle la stanza piena di libri.
“Siamo solo alla prima settimana di scuola e siamo già piene di compiti,” sbuffa Eleanor, ricontrollando il tema di Incantesimi per il martedì successivo.
“Questo perché sei forse peggio di Lily e devi fare i compiti ancor prima che gli insegnanti li assegnino,” ridacchia Marlene, rileggendo l’ultima riga della sua traduzione di Rune Antiche.
“Se vuoi che ti faccia vedere la mia traduzione, per controllare che la tua sia giusta, di certo prendermi in giro per la mia diligenza non è la strada migliore, Marl!”
La Grifondoro sgrana gli occhi, dissimulando innocenza, “non ti prendo in giro, infatti.”
“Mhmm, stento a crederlo...”
“Lo faresti davvero?”
“Ti faccio sempre ricontrollare le traduzioni...”
“Eh che di solito le facevamo insieme: tu, Evan ed io,” mormora Marlene, soffiando via un ciuffo di capelli arrivato a coprirle gli occhi.
“Vorrà dire che, da quest’anno, le faremo insieme noi due,” propone di rimando la Serpeverde.
Marlene è senza parole, afferra la mano dell’amica e incrocia il suo sguardo indagatore, “non ti dà fastidio che non abbia più voglia di studiare con lui, quindi?”
“Non mi sarei aspettata altro e, no, non mi dà affatto fastidio. Mi spiace vederti soffrire, perché so quanto lo amavi, ma so anche che non potevi continuare a stare insieme a lui viste le premesse...”
“Grazie...”
“E di che? Le amiche servono a questo, Marl.”
Le due si abbracciano brevemente, prima che Eleanor le dica di darsi una mossa a controllare la traduzione, perché è particolarmente stanca e vuole andarsene a letto.
 
Quando si separano, subito fuori dalla biblioteca, lo fanno con un ulteriore abbraccio. “Rovinerai la mia reputazione di fredda Serpe se continui così...”
Marlene ride di gusto, “grazie ancora, per aver capito El...”
“Non mi devi ringraziare, Marl.”
La bionda annuisce, strizzandole affettuosamente la spalla. “Ci vediamo domani.”
“A domani.”
 
Evan lascia che Eleanor si allontani in una direzione, prima di seguire silenziosamente Marene verso il lato opposto del castello, avvicinandosi di soppiatto in un corridoio deserto.
“Perché mi stai seguendo?” domanda furiosa Marlene, fermandosi improvvisamente accanto a un’aula in disuso.
“Perché mi stai evitando...”
“Nient’affatto.”
“L’altro giorno ti ho incontrata per caso nei sotterranei e sei scappata quasi come se ci fosse stato l’Ardemonio alle tue calcagna.”
“C’era il coprifuoco... proprio come stasera!” 
“Non sono ancora le 10 e comunque io sono un Prefetto, Lene,” sussurra il ragazzo, utilizzando il nomignolo con cui l’ha sempre chiamata.
“Ma io no, Evan,” ribatte lei, lasciando scivolare il suo nome fuori dalle labbra come non aveva più fatto per mesi.
“Possiamo parlare, solo pochi minuti?”
Marlene sospira, annuendo muta e indicando la stanza poco distante, prima di entraci tallonata da lui.
“Che devi dirmi, Evan?”
“Volevo farti gli auguri di compleanno, anche se in ritardo, Lene...”
“Me li hai già fatti,” ribatte lei, spingendo indietro il solito ciuffo ribelle. “Comunque grazie...”
“Non te li avevo fatti di persona, però...”
Marlene annuisce, indirizzandogli un sorriso incerto.
“Ho un regalo per te,” aggiunge Evan, infilandosi la mano nella tasca del mantello.
“Non mi sembra il caso, Evan...”
“L’avevo acquistato mesi fa,” ribatte lui, “rimane tuo, anche se ci siamo lasciati...” aggiunge, consegnandole una scatola piatta e lunga.
Marlene solleva il coperto di velluto blu e osserva un bracciale argenteo con un ciondolo verde decorato con la luna dell’amore. “È in peridoto, la tua pietra di nascita,” spiega Evan, rispondendo alla sua muta richiesta.
“Grazie... è davvero bellissimo, ma non posso accettarlo.”
“Come ti dicevo, l’ho fatto fare appositamente per te, Lene.”
“Ma lo hai fatto quando eravamo fidanzati, è un pegno d’amore e adesso...”
“Adesso cosa?” la incalza lui, avvicinandosi.
“Adesso che non siamo più una coppia mi sembrerebbe sbagliato indossarlo...”
“E perché dovrebbe essere sbagliato, Lene? Io ti amo ancora, che tu mi creda o no...”
“Ti credo, Evan,” sussurra piano Marlene, imponendosi di non reagire alla vicinanza del ragazzo. 
“Quindi lo puoi accettare senza problemi...”
Marlene scuote la testa, abbassando lo sguardo sul bracciale, prima di riportarlo su di lui. “Anche io ti amo, Evan,” ammette dopo una pausa che si è dilatata per una manciata di secondi e ha caricato l’aria che li circonda di aspettative. 
“Lo so,” le dice Evan, avvicinandosi ancor di più e posando con fermezza le proprie labbra su quelle di lei, in un contatto che gli era mancato più dell'ossigeno nelle settimane durante le quali erano stati separati.
Marlene ricambia il bacio, perdendosi nelle sensazioni che la bocca di Evan sa donarle, vi assapora la vaniglia del dolce che hanno servito a cena ed è come tornare a casa, quando lui l’attira a sé per stringerla a permettere ai loro corpi di modellarsi l’uno all’altro. Evan approfondisce il bacio, insinuandole le mani tra i capelli e provocandole una scia di brividi lungo la spina dorsale, accarezzandole la bocca con lentezza. Marlene si lascia sfuggire un gemito, che Evan interpreta come un segnale positivo e ridiscende la schiena della ragazza, prima di liberarle le labbra per posarle una scia di baci lungo il collo.
“Non possiamo, Evan,” soffia quindi Marlene, allontanandolo da sé, tentando di ritornare in controllo delle sue facoltà.
“Mi hai appena detto di amarmi, Lene.”
“Ma questo non cambia quanto ti ho detto a giugno, Evan.”
Il ragazzo la fissa, in una sorpresa muta.
“Non posso continuare a stare insieme a un futuro Mangiamorte, non quando ho ogni intenzione di combattere questi ideali perversi...”
“Non ti farei mai del male, Lene.”
“Lo so e nemmeno io te ne farei... ma al tempo stesso saresti disposto a farne a Lily, o Lexie, o Mary, solo perché le consideri diverse, e per me questo non è accettabile.”
“Non ne farei nemmeno a loro, so quanto tu tenga alle tue amiche...”
“Ma al fidanzato della sorella di Mary invece sì? O un qualunque altro Nato Babbano?”
“Ti ho già detto che è stata una cazzata, Lene.”
“Una delle tante che sono destinate ad accadere da qui in poi,” sussurra lei, sostenendo il suo sguardo. “Grazie del bellissimo regalo, Evan, ma non posso accettarlo. Potresti darlo a tua madre, anche lei è nata in agosto...” gli suggerisce, restituendogli il pacchetto, che era caduto a terra, e raccogliendo la propria borsa.
Si chiude la porta alle spalle, lasciando dietro di sé un attonito Evan, ancora in balia delle emozioni che quel bacio ha saputo risvegliare in lui.
 
Marlene cammina a passo svelto verso la torre di Grifondoro, ansiosa di mettere quanta più distanza possibile tra sé ed Evan, maledicendosi per aver ricambiato il bacio e odiandosi per il battito accelerato che il tocco di Evan le ha provocato. Era già consapevole che i sentimenti nutriti per lui non fossero stati cancellati come con un Evanesco dopo una pozione malriuscita, ma sperava che dopo le vacanze, e la distanza che aveva interposto tra loro, l’intensità di questi sentimenti si fosse affievolita in maniera sufficiente. Rivivendo il loro bacio però, Marlene si rende conto che non è affatto così e che ci vorrà altro tempo, ora che è destinata a incontrare Evan ogni giorno in giro per il castello.
Borbotta frettolosamente la parola d’ordine e percorre il corridoio che la conduce in Sala Comune, dove raggiunge Lily, Lexie e Mary che la aspettano in un tavolino non troppo distante dal fuoco.
“Tutto bene la tua serata di studio con Eleanor?” domanda la MacDonald, infilando il manuale di Incantesimi nella propria borsa.
“Mhmm, mhmm,” borbotta poco convinta.
“Che c’è?” indaga Lily.
“Sembra che tu abbia visto un fantasma!” esclama a mezza voce Lexie.
“Più o meno...”
“Sputa il rospo!” insiste la Cacciatrice.
“Evan mi ha baciato,” ammette quindi Marlene, incapace di sostenere lo sguardo delle amiche.
Mary spalanca la bocca incapace di celare il suo stupore, mentre Lexie si mordicchia il labbro inferiore e Lily le afferra la mano.
“E com’è successo?” s’informa la Evans.
“Mi aspettava fuori dalla biblioteca... ha insistito per parlarmi, sostenendo che lo stessi evitando... mi ha consegnato un regalo di compleanno stupendo che non ho accettato e ha detto di amarmi...”
Le amiche rimangono in silenzio, lasciandole il tempo di elaborare. 
“Gli ho confessato che anche io lo amo ancora e quindi mi ha baciata...” sussurra talmente piano che le altre faticano a capire, “ma tutto questo non cambia le cose e gliel’ho detto, non appena sono riuscita a smettere di baciarlo... Merlino, se è bravo a baciare...” sospira, sentendo ancora il sapore delle sue labbra.
“Mi ha sempre dato l’idea di essere uno che ci sapeva fare,” annuisce Lexie, riuscendo ad estorcere all’amica un piccolo sorriso.
“Quanto sei scema!” la rimprovera Lily, pizzicandole un braccio.
“Che c’è? Mi sembrava che Marls avesse bisogno di tirarsi un po’ su...”
“Infatti è così. Grazie, Lex!”
Lexie le strizza l’occhio. “Quando vuoi, sai che sono sempre pronta a delle orribili battutacce...”
“Quindi, che hai intenzione di fare?” domanda Mary, che è rimasta a osservare lo scambio di battute con un sorriso incerto sulle labbra.
“Nulla, a meno che lui non rinunci ai suoi propositi futuri, cosa che dubito altamente... lo dimenticherò, costi quel che costi.”
“Anche se lo ami?” le chiede Mary, alzandosi.
“Anche se lo amo,” la rassicura Marlene, “anche se non sarà affatto facile incontrarlo ogni giorno.”
“Eh, non dirlo a me... tra David e Severus, ormai le mie lezioni si stanno trasformando in un campo minato...”
“Ecco perché io ho sempre preferito uscire con i Grifondoro,” spiega Lexie, “trattandosi già di persone che sono abituata a vedere ogni giorno.”
“La tua prima uscita è stata con un Corvonero, però!” la rimbecca Lily.
“Sì, al terzo anno avevo ancora le idee confuse...”
Le altre scoppiano a ridere.
“Scherzi a parte, credo che tra me e Josh le cose non siano diventate strane dopo la nostra rottura, se così la possiamo chiamare, proprio perché eravamo amici prima,” continua Lexie, alludendo al fratello maggiore di Marlene.
L’altra scuote la testa, “mio fratello spergiura che tu sia la sua preferita tra le sue ex.”
“Buono a sapersi,” commenta Lexie, strizzandole ancora l’occhio.
“Anche io ed Evan eravamo amici prima, comunque...”
“Non siete mai stati solo amici,” le fa notare Lily, prima d’incamminarsi insieme a loro verso il dormitorio.
Lasciandosi la Sala Comune alle spalle, le quattro non si accorgono dello sguardo di Sirius che è rimasto focalizzato su di loro per l’intera durata della conversazione, nonostante il libro di Antiche Rune piazzato di fronte alla faccia.
“Eccoti finalmente! Dove diavolo ti eri cacciato?” lo saluta James, lasciandosi cadere al suo fianco.
“Volevo leggere la lezione che avevamo per compito insieme al tema.”
Remus lo guarda mascherando a stento le proprie perplessità, “sicuro di star bene?”
“Sto benissimo e ci terrei a farvi notare che ho sempre avuto buoni voti...”
“Certo, è solo strano vederti così focalizzato già dalla prima settimana di scuola, ecco tutto...”
“Ma tu non dovresti essere alle ronde?” 
Remus prende posto, “e ho terminate qualche minuto fa e ho incontrato James che tornava, così ci siamo attardati nelle cucine.”
“E Peter?”
“Lui è ancora là a rimpinzarsi,” risponde con tono ovvio James.
“Lo aspettiamo in camera? Vorrei farmi una doccia,” propone Sirius, ansioso di riflettere su quanto Marlene e le altre si siano dette.
“Sì, conoscendo Pete potrebbe starci ancora delle ore,” ride James tirandosi in piedi e trascinando Remus e Sirius con sé.
 
 
*
 
Mary fa ritorno in sala comune dopo essere stata in infermeria per farsi dare un rimedio per l’emicrania ed è talmente persa nei propri pensieri, che quasi inciampa sulla figura oscura e scomposta di Severus Piton, abbandonata a pochi passi dal ritratto della Signora Grassa.
“Ah, Macdonald! Finalmente qualcuno che conosco...”
“Mi hai spaventata, Piton!”
“Scusami.”
“Che c’è?” domanda la ragazza, ben consapevole della richiesta che sta per sopraggiungere.
“Potresti dire a Lily di uscire a parlarmi? Non le ruberò più di cinque minuti...”
“Ci posso provare, ma non garantisco niente.”
“Non ti chiedo altro,” mormora in tono sconfitto lui, prima di riflettere e aggiungere, “dille che, se non ha intenzione di parlarmi, mi troverà qui domattina, quando dovrà scendere in Sala Grande per la colazione e se non lo farà nemmeno domani, mi troverà qui il giorno dopo e quello dopo ancora. Forse così capirà che non ho intenzione di arrendermi.”
La ragazza mormora la parola d’ordine, facendo in modo di non farsi sentire, e raggiunge la sala comune, scandagliando la stanza alla ricerca delle amiche.
“Lily, ciao... devo dirti una cosa che non credo ti piacerà.”
“che succede Mary?”
“C’è Piton qua fuori, dice che vuole parlarti...”
“Non ho intenzione di parlare ocn lui, Sev già lo sa.”
“Mi ha detto che se non lo farai, dormirà qui fuori in tua attesa, stanotte e nelle notti a venire...”
Lily sbuffa infastidita, consapevole di essere stata messa all’angolo.
“Vuoi che veniamo con te?” le domanda Marlene.
“No, sono in grado di affrontarlo da sola.”
“Questo lo sappiamo, vogliamo solo capire se preferiresti averci al tuo fianco,” le dice in tono dolce Lexie.
“Grazie del pensiero, ma no... meglio che mi dia una mossa, vorrei evitare una scenata.”
Saremo qui ad aspettarti,” le rammenta Lexie, strizzandole brevemente il braccio, mentre Mary e Marlene annuiscono.
 
“Mary ha detto che mi cercavi...” borbotta, una volta raggiunto quello che per anni è sato il suo migliore amico.
“Sei venuta!”
“Solo perché Mary ha detto che avresti dormito qui...”
“Volevo parlarti, Lily. Cercare di spiegarti quello che è successo...”
“Ero presente anche io, non c’è molto da spiegare in realtà. Mi hai insultata, chiamandomi nello stesso modo in cui mi avevi sempre giurato che non avresti fatto, offendendomi e facendomi sentire un’ospite indesiderata nel mondo magico di cui per anni mi hai tessuto le lodi.”
“Ma l’ho fatto solo perché ero furioso con quel borioso di Potter e i suoi scagnozzi, lo sai che non penso quelle cose di te...” tenta di giustificarsi Piton, imponendosi di rimanere calmo.
“E come potrei saperlo, Severus?”
“Perché te lo sto dicendo, qui, in questo momento.”
“Proprio come qualche settimana fa mi hai detto quelle parole orribili. Potter non c’entra, piuttosto dovresti riflettere sulle compagnie che frequenti, gente disposta a far cacciare me e quelli come me da questa scuola, da questo mondo...”
“La tua è una visione parziale,” tenta di blandirla Severus, avvicinandosi.
Lily lo respinge, “è la tua visione ad essere parziale, Sev. E, se non te ne rendi conto, non posso farci nulla per farti cambiare idea. Credevo che fossi uno ei miei più cari amici, ma evidentemente ho preso una gran cantonata.”
“Tu sei la mia migliore amica, la mia prima amica, non posso credere che il nostro rapporto finisca così...”
“Dovevi pensarci prima di avvicinarti a Mulciber, Avery, Rosier e quella cricca.”
“Dammi una seconda possibilità, Lily, ti dimostrerò che non è come credi.”
“Il fidanzato della sorella di Mary quasi ci rimetteva la vita, Mary stessa lo scorso semestre è stata aggredita da quel deficiente di Mulciber e tu hai tentato di farmi credere che si fosse trattato di uno scherzo. L’hai già avuta una seconda possibilità e l’hai sprecata esattamente come la prima,” conclude Lily, osservandolo con le iridi inondate dall’ira.
“Io non ho aggredito nessuno dei due,” fa notare Severus, in tono flebile.
“E, la prossima volta, che farai? Se ti diranno che dovrai far parte del gruppo riuscirai a svicolare ancora o toccherà a te?”
Il Serpeverde abbassa lo sguardo repentinamente, incapace di trovare una risposta.
“Proprio come credevo, Severus. Non ti riconosco più, non so che fine abbia fatto il mio migliore amico, ma tu non c’entri proprio nulla con lui...”
“Lily, io...”
“Lascia perdere, non voglio ascoltarti oltre. E ti prego di andartene via di qui, non vorrei che gli altri studenti si lamentassero con la MacGranitt.”
“Gli altri studenti tipo Potter?” le domanda velenoso Piton.
“Chiunque, anche Potter, sì. Tutta gente che ha diritto di essere qui, a differenza tua!” esclama, dandogli le spalle ed escludendolo definitivamente dalla sua vita.
 

 



 
Nota dell’autrice:
Eccomi qui con il sesto capitolo, che introduce molti conflitti, visto anche il procedere della guerra fuori da Hogwarts, anche se qui tutto questo è solo accennato per ora.
Chi ha già letto altre mie storie, sa bene che ho un debole per le relazioni amorose complicate, che non mancheranno nemmeno qui... immagino che sia chiaro come mai Sirius stia spiando Marlene, anche se la ragazza ancora non se n’è resa conto, tutta presa da Evan e dalla fine della loro storia. 
Al tempo stesso abbiamo a che fare con Lily che mette definitivamente la parola fine alla sua amicizia con Severus, qualcuno potrebbe considerarla esagerata, ma io credo che lui ormai si fosse spinto troppo oltre con le sue idee.
A presto e grazie di essere qui.❤️

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Capitolo 7
*** 7. These are the days we won't forget ***


Nel corso degli anni come bibliotecaria, Irma Pince ha imparato a dividere gli studenti in un buon numero di categorie, anche se ce ne sono stati alcuni che non sembravano appartenere a nessun gruppo in particolare. Tanti di loro pensano che si sia dimenticata di come fossero l’adolescenza e le emozioni ad essa legate, ma la donna invece rammenta ogni dettaglio. Si rivede nelle risatine soffocate e nei litigi bisbigliati contro alle pareti, nelle ricerche che portano via il sonno e nei compiti condivisi con gli amici, negli scambi di sguardi segreti e nelle coppie che invece non hanno alcuna remora a mostrarsi ai loro coetanei – e al resto del mondo. Ha perso il conto del numero di coppie che ha visto nascere sin dagli albori, così come di quelle che si sono lasciate in maniera più o meno amichevole. Non si vergogna ad ammettere di aver partecipato alle sessioni di gossip insieme al corpo insegnante e, guardando il gruppo di studenti del sesto anno di Grifondoro, si chiede se sarà finalmente l’anno giusto per James Potter e Lily Evans. 

 

 

7. These are the days we won't forget 

 

“Passiamo accanto a storie e persone  

che avrebbero potuto cambiarci la vita  

senza vederle a causa di un malinteso,  

di una copertina, di un riassunto sbagliato,  

di un atteggiamento prevenuto.  

Per fortuna certe volte la vita insiste.” 

Valérie Perrin 

 

 

 

Nonostante le insistenze di James, pur riempiendola di statistiche riguardo all’importanza dell’allenamento affinché potesse tenere stretta la coppa che aveva troneggiato nel suo ufficio a partire dalla fine dello scorso campionato, il capitano rosso-oro non è riuscito a convincere la vicepreside a lasciargli anticipare i provini. I primi giorni di scuola si sono rapidamente trasformati in una tortura per l’insegnante di Trasfigurazione, che ha iniziato a salutare lo studente con un lapidario “No, Potter!” ogni volta che i due si sono incontrati per i corridoi. Non che Minerva McGranitt non fosse competitiva, s’intende, tutt’altro a essere sinceri, semplicemente non poteva mostrare palesi favoritismi – nemmeno in caso di Quidditch. Per questo motivo, è con passo spedito che il giovane Potter scende le scale del dormitorio, quel lunedì 12 settembre, pronto a condividere con i suoi compagni più fidati il piano d’azione. 

“Hey Fab, immaginavo fossi qui,” saluta il suo Battitore, trovandolo sul divano, intento a terminare i compiti per la lezione di Pozioni. 

“Sì, non ho ancora concluso la ricerca per il vecchio Luma...” 

“Non ho tempo per queste trivialità!” 

Fabian percepisce il cambio di tono di James e lascia cadere la piuma, consapevole che questo possa significare un’unica cosa: l’amico si prepara a parlare di Quidditch. 

“Qual è la tua ultima lezione del giorno?” 

“Trasfigurazione, insieme a te, ci terrei a precisare,” ribatte svelto. 

“Ottimo, questo significa che anche Lexie e Gideon saranno con noi, così come Sirius, e potremo avviarci insieme al campo...” 

Fabian annuisce, conscio che non sia il caso di interrompere le riflessioni a ruota libera dell’altro. 

“Per spostarci dall’aula di Minnie al campo ci vorranno circa dieci minuti, se camminiamo a passo svelto, in questo modo tra l’altro potremo fare un giro di campo in meno al riscaldamento... ho fissato i provini per le 18, questo significa che dovremmo essere lì al campo per le 17:15, il che ci darebbe 45 minuti per prepararci alle selezioni. Pensi che siano abbastanza per organizzarci?” 

Fabian annuisce cautamente, osservando lo sguardo febbrile che alberga negli occhi di James. 

“Però sarebbe il caso che tutta la squadra fosse presente alla stessa ora. Vedi Alistair da qualche parte?” 

“Sono qui dalle 6:30 e non l’ho ancora visto, dubito sia sceso prima.” 

“Sì, non mi sembra plausibile... magari Lexie conosce anche l’orario di suo fratello,” mormora tra sé e sé, “l’hai vista?” 

Fabian non riesce a impedire a un sorriso di fargli capolino sulle labbra, ma scuote nuovamente la testa, prima che James finisca preda dell’agitazione. 

“Come mia vice dovrebbe essere anche lei qui, partecipare alla riunione di squadra.” 

“Glielo hai detto?” 

“Cosa?” 

“Che volevi fare una riunione all’alba?” 

“Sono già le 7 passate, non mi arrischierei a definire quest’orario l’alba!” 

Fabian scoppia a ridere, ritrovandosi ad annuire. “In effetti potresti pensare di organizzare almeno un allenamento al mattino prima delle lezioni. Ci temprerebbe per le partite invernali.” 

“Sai che questa non è affatto una cattiva idea?” 

“James, stavo scherzando! Tempo un paio di settimane, un mese al massimo, e la luce mattutina sarà un lontano ricordo; quindi, tanto vale organizzarli nel pomeriggio come sempre...” s’affretta a far notare Fabian, rileggendo l’ultimo paragrafo della ricerca. 

“Mhmm, in effetti non hai tutti i torti,” acconsente James, “credi che gli altri accetterebbero un doppio allenamento nel fine settimana?” 

“Credo che sarebbe difficile che le altre squadre fossero d’accordo...” 

“Forse facendone uno al sabato e uno alla domenica?” 

Fabian strabuzza gli occhi, immaginandosi la reazione di Gideon all’eventuale doppia sessione, così come quella di Sirius, qualora entrasse a far parte della squadra. “Non ti immaginavo così nervoso, sinceramente.” 

“Non sono nervoso, sono solo scrupoloso, mi preparo meticolosamente, credo sia una caratteristica fondamentale per ogni leader.” 

“Infatti non ho nulla contro la tua solerzia, credo solo che tre allenamenti a settimana oltre a quello eventualmente supplementare nel weekend siano sufficienti... siamo pur sempre la squadra da battere.” 

“Certo che sì, proprio per questo non dobbiamo sederci sugli allori e considerarci soddisfatti. Tu ti senti orgoglioso per l’impresa dello scorso anno, Fab?” 

“Un pochino sì.” 

“Beh, dimentica tutto quanto, perché siamo per ripartire da zero. L’aver vinto l’ultimo campionato non ci avvantaggia in alcun modo, anzi, tutti giocheranno alla morte contro di noi.” 

“Considerami pronto, capitano!” 

James scruta l’espressione del suo Battitore alla ricerca della conferma che il messaggio sia passato. “Devo scrivermi un discorso per stasera, è importante che anche i nuovi siano sulla nostra stesse lunghezza d’onda...” 

“Non dubitarne, non potrebbe mai essere altrimenti. Siamo pur sempre fieri Grifondoro e tutti smaniamo per riconfermarci campioni.” 

“Questo è lo spirito giusto!” si entusiasma James, assestando all’altro una pacca sulla spalla. 

“Un giorno capirò come diavolo fai a essere così entusiasta la mattina presto,” bofonchia Sirius, raggiungendoli insieme a Remus, che soffoca a stento una risatina. 

“Se hai intenzione di entrare in squadra, dovrai trovare un po’ di entusiasmo anche tu. Certe facce da funerale non sono ammesse sul campo di gioco,” dichiara solennemente James. 

“Credevo che il Quidditch fosse una questione seria per te,” lo punzecchia Sirius di rimando, sbadigliando sonoramente. 

“Certo, ma serietà ed entusiasmo devono andare a braccetto in questo specifico caso. Giusto, Fabian?” 

Fabian annuisce distrattamente, aggiungendo un paragrafo alla sua conclusione. 

“Lo vedo, l’entusiasmo di Fabian, traspare da ogni poro,” ghigna Sirius. 

“Hey, sto semplicemente sistemando la ricerca di Pozioni, ma sono decisamente euforico all’idea di ricominciare gli allenamenti.” 

“Visto,” lo sfida James, incrociando le braccia. 

“Rilassati, Ramoso. Farò del mio meglio per incanalarne un po’ del tuo.” 

Remus e Fabian ridono, mentre James rotea gli occhi spazientito. 

“Oh, ecco Lexie, finalmente!” esclama, occhieggiando la sua vice scendere le scale insieme alle compagne di stanza. 

Fabian volta la testa talmente velocemente che rischia di strapparsi un muscolo del collo, generando nuove risate da parte di Sirius e Remus. 

“Che avete da ridere voi due?” abbaia James, mentre i due amici faticano a trattenersi e Fabian si massaggia il collo, tentando di darsi un contegno. “Remus, non mi pare di averti mai visto così giulivo. Hai forse bevuto qualcosa di alterato?” 

“L’unico alterato qui è il buon Fabian,” mormora a mezza voce Sirius, schivando una gomitata dall’amico chiamato in causa. 

“Di che vai cianciando?” insiste James, alternando occhiate tra i due. 

Fabian gli fa segno di lasciar perdere, vedendo Lexie e le altre incombere sempre di più. 

“Che ci fate già svegli così presto?” domanda la Cacciatrice. 

“Riunione di squadra improvvisata,” ribatte Fabian. 

“Remus non fa parte della squadra,” s’intromette Lily. 

“E nemmeno Sirius,” fa notare Marlene. 

Non ancora,” chiarisce il giovane Black. 

“Giusto, è oggi che ci sono i provini.” 

James si volta immediatamente verso Lily e la osserva dubbioso, “hai forse intenzione di partecipare anche tu?” le domanda sbalordito. 

“Certo che no, Potter. Non potrei mai sopportare ulteriori ore in tua compagnia mentre dai il meglio di te sulla scopa,” sentenzia la ragazza. 

“Credi che io dia il meglio di me sulla scopa?”  

“Chiunque abbia un paio d’occhi sarebbe bugiardo a non ammettere la tua bravura.” 

“Ti stai forse complimentando, Evans?” 

“Ora non esageriamo, Potter!” Lily rotea gli occhi e s’incammina verso la porta. 

“Non ho capito se stiamo davvero facendo una riunione di squadra,” sussurra Lexie, rivolgendosi a Fabian. 

Lui le fa segno di no con la testa, “James è solo ansioso di ricominciare con il piede giusto,” le mormora di rimando. 

“Come se ci fosse da metterlo in dubbio!” 

“Stavo cercando di farglielo capire anche io...” 

Si scambiano un’occhiata d’intesa e Fabian percepisce il proprio sorriso aumentare d’intensità, per poter eguagliare quello di Lexie. 

“Il solito James che conosciamo e amiamo,” conclude Lexie, strizzando l’occhio al compagno. 

“La sua passione per Lily è l’unica cosa che può rivaleggiare con il Quidditch.” 

“Peccato che non abbia alcuna intenzione di presentarsi ai provini, t’immagini la faccia di James?” 

Fabian ride di nuovo, “non credo che sopravvivrebbe.” 

“Decisamente no!” 

“Vieni Lex!” la richiama la voce di Lily. 

“Ci vediamo dopo,” sussurra la bionda, salutando Fabian e gli altri, per poi raggiungere le sue amiche. 

“Quando ti deciderai?” domanda Remus, non appena Lexie si è allontanata abbastanza. 

“Non so di che parli...” 

“Come no,” lo prende in giro Sirius. 

 

* 

 

Evan osserva Marlene ridere al tavolo della colazione, sono passati dieci giorni dal loro bacio e la ragazza ha continuato a evitarlo, limitandosi a qualche saluto forzato in caso di incontri nei corridoi. Ogni tanto percepisce il suo sguardo addosso, è sicuro che sia così, ma, nel momento in cui solleva le proprie iridi, non riesce mai a incontrare le sue e tutto questo lo confonde ben più dei sentimenti che continua a provare per lei. Pensava che sarebbe stato più semplice accettare la scelta della ragazza; invece, più passano i giorni e più si arrovella per trovare il modo di farle cambiare idea – nonostante Marlene si sia dimostrata irremovibile. 

“Siamo un trio piuttosto patetico,” il commento di Regulus lo risveglia dalla trance in cui era precipitato. 

“Di che parli?” domanda, incapace di celare il proprio fastidio. 

“Di noi tre che fissiamo il tavolo di Grifondoro nella speranza che chi sta seduto laggiù ci degni della sua attenzione…” 

“Parla per te, Black!” lo rimbecca Piton. 

“Certo, perché non sei stato accampato fuori dalla loro sala comune per poter parlare con la Evans, vero?” 

Il viso del compagno di casa perde il pallore malaticcio che è solito caratterizzarlo per lasciare spazio a un rossore diffuso su guance e collo. “E tu che ne sai, scusa?” 

“Le voci girano, Severus, non capisco di cosa ti stupisca,” commenta schietto Evan. 

“È stato un errore, che sicuramente non ripeterò,” ribatte a denti stretti, posando con troppa forza la tazza ricolma di caffè di fronte a sé.  

“È inutile che ti scaldi tanto, nessuno di noi ha intenzione di giudicarti,” borbotta contrariato Regulus, lanciando un’occhiata di sbieco al fratello, impegnato a imburrare una fetta di toast. 

“Credevo che frequentare Sanguemarcio fosse considerato un comportamento non tollerabile,” sussurra di rimando, alternando occhiate tra Evan e Regulus. 

“Siamo ancora a scuola, Severus, nessuno controllerà le tue frequentazioni qui,” fa notare pratico Evan, “certo e“Siamo ancora a scuola, Severus, nessuno controllerà le tue frequentazioni qui,” fa notare pratico Evan, “sicuramente però, una volta diplomati, sarà il momento delle scelte definitive e non ci sarà spazio per chi ha intenzione di immolarsi per la causa di Silente e dei suoi…” 

“Stai forse mettendo in dubbio la mia fedeltà alle idee del Signore Oscuro?” obietta Piton, abbandonando la colazione per concentrarsi sul compagno di casa. 

“No, ti sto solo rammentando che, a meno che la tua amata Evans non cambi lato della barricata, è alquanto inutile che tu ti strugga per lei e la fine del vostro rapporto.” 

“Non mi pare che tu stia riuscendo meglio di me a seguire il consiglio che mi stai dando.” 

“La mia situazione è totalmente diversa,” sentenzia piccato Evan. “Marlene è una purosangue e mio padre non avrebbe avuto difficoltà ad accettare un matrimonio combinato tra noi…” 

“Sarà anche purosangue, amico, ma la tua Marlene non è poi così diversa dalla Evans o da mio fratello: credono negli ideali e nel Bene Superiore, sono convinti che tutti i maghi siano allo stesso livello e che quelle sul sangue puro siano solo fandonie. Sono piuttosto convinto che nella loro sala comune ci sia qualche pozione, o qualche incantesimo, che li trasforma in una mandria di sognatori idealisti, non disposti ad accettare chiunque non la pensi come loro.” 

Severus riprende a mangiare, mentre Evan riflette sulle parole del più giovane dei fratelli Black, il cui sguardo è tornato a fissare il tavolo rosso-oro dove Sirius sta ridendo e dando di gomito a James, intento ad arruffarsi i capelli. 

“Quanto vorrei cancellargli dalla faccia quell’aria di superiorità,” confessa Piton, dopo una pausa. 

“Se non altro la Evans sembra essere ancora d’accordo con te,” gli fa notare Evan. 

“Per ora sì, ma chissà ancora per quanto? Non lo sopporterei se finissero insieme…” 

Nessuno degli altri due sa cosa rispondere, così lasciano che il silenzio li avvolga, ritornando a sorbire le loro bevande. 

“Ecco qui i cocchi di Luma!” li saluta Hector, lasciandosi cadere accanto a loro, “chi mi può sistemare la ricerca che dobbiamo consegnare?” 

“Non contare su di me, Avery,” risponde Piton in tono monocorde. 

“Hai detto che ieri sera saresti andato in biblioteca a finirla,” aggiunge Evan, portando alla bocca un po’ di uova. 

“L’ho detto in effetti, ma poi ho incontrato Tabitha Greengrass e mi sono distratto, se capite cosa intendo…” 

“L’ha capito anche Silente al tavolo dei professori,” commenta tagliente Eleanor, che gli atteggiamenti da macho di Hector proprio non li tollera. 

Evan scoppia a ridere insieme all’amica, contagiando anche Regulus e legando perfino Severus a stirare le labbra in una smorfia quasi divertita. 

“Sei forse seccata perché non sono venuto a cercare te?” le domanda il ragazzo, ignaro. 

“Se mai dovessi venire a reclamare le tue attenzioni, stai pur certa che sarà solo perché qualcuno mi ha drogato il tè mattutino,” dichiara Eleanor in tono che non ammette repliche e che riporta l’ilarità sulle labbra di Evan e Regulus. 

Il giovane Rosier si arrischia a lanciare un’altra occhiata al tavolo rosso-oro, riuscendo per una frazione di secondo a incrociare gli occhi cerulei di Marlene, che li abbassa repentinamente, tornando a rivolgersi alle amiche al suo fianco. 

 

 

Da quando è stato nominato capitano, al suo quarto anno, James ha sempre preso molto sul serio il suo ruolo. Per molti dei suoi compagni, passare il proprio tempo pianificando allenamenti e strategie che possano aiutare Grifondoro a vincere le partite può sembrare una perdita di tempo, ma James sa che c’è qualcosa da imparare in ogni situazione. Fare in modo che sette persone che, almeno in apparenza, non hanno nulla in comune diventino compagni di squadra pronti a tutto per raggiungere il medesimo obiettivo è qualcosa che James fatica a spiegare a chi non ha mai calcato un campo di Qiudditch. Fare in modo che tutti i membri della squadra collaborino, facendo del proprio meglio per ottenere la vittoria, non è poi tanto diverso da ciò che James sa essere necessario per fare la differenza fuori da scuola – in un mondo magico ormai sempre più in bilico. 

Mentre osserva la squadra allenarsi insieme alle riserve, con un occhio di riguardo per i nuovi membri di entrambe le squadre, James riesce solo a pensare che capitanare i suoi compagni di squadra potrà essere un’importante palestra per il futuro che lo attende fuori da lì. 

Sirius sceglie quel momento per spedire un bolide nella sua direzione, avendo con tutta probabilità notato l’espressione trasognata del suo migliore amico, ma James non gli dà la soddisfazione di coglierlo impreparato... con un’abile mossa schiva il bolide quando l’ha quasi raggiunto, per poi avventarsi su un passaggio di Lexie e scaraventare la Pluffa verso la porta difesa dal nuovo portiere di riserva, segnando un gol che viene celebrato con lo stesso entusiasmo dedicato alle partite ufficiali. 

 

 

 


 

Nota dell’autrice: 

Leggermente in ritardo sulla tabella di marcia, come sempre, ma eccomi con il settimo capitolo che ci fa addentrare sul sesto anno dei protagonisti e su come si evolvono i rapporti tra di loro. 

Non so se la mia idea sulle due fazioni sia condivisibile, ma spero di essere in grado di mostrarvi entrambi i lati della medaglia, visto che per tanto tempo mi sono limitata a concentrarmi solo sui “buoni”. 

 

 

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Capitolo 8
*** 8. If it hurts and you can't take no more, lay it all on me ***


Mi sono resa conto che nello scorso capitolo l'editor mi aveva tagliato una parte della scena finale, ho risistemato per chi di voi volesse rileggerla completa.

 




L’imbrunire arriva sempre più presto con l’avanzare dell’autunno, ma Hagrid ha sempre amato questo momento dell’anno, le giornate che si accorciano, l’aria che si rinfresca, i colori che diventano più vividi. È impegnato a coltivare le zucche che serviranno a decorare il castello in occasione di Halloween; Silente gli ha affidato questo compito sin da quando è tornato nella scuola in veste di Guardiacaccia, e il mezzogigante non smette di ringraziare il preside per la seconda occasione che gli ha dato. Non molti altri maghi al suo posto lo avrebbero fatto, di questo Hagrid ne è certo, proprio per questo motivo non esita mai a fare lo stesso con le persone con cui si confronta nella vita di tutti i giorni. Ha perso il conto del numero di volte in cui ha visto James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus sgattaiolare in giro per la scuola ben oltre al coprifuoco, ma si è sempre guardato bene dal riportarlo agli insegnanti, pervaso dalla sensazione che ci fosse molto di più a legarli, oltre alla semplice amicizia. Guardando i quattro diventare amici nel corso degli anni condivisi insieme, Hagrid si è spesso chiesto se la sua vita sarebbe stata diversa se solo non avesse avuto difficoltà a legare con i suoi compagni ai tempi in cui era lui lo studente. Magari non sarebbe finito espulso con la bacchetta spezzata, magari avrebbe preso il diploma e realizzato il suo sogno di diventare insegnante – proprio come l’uomo che gli ha concesso quella tanto agognata possibilità. Magari invece non sarebbe cambiato nulla, ma per lo meno avrebbe avuto qualcuno con cui confidarsi nei momenti più difficili. Sorride osservando la porta principale aprirsi e lasciare uscire i quattro, evidentemente pronti per una nuova avventura, perso nell’illusione che la loro amicizia possa durare per sempre. 

 

8. If it hurts and you can't take no more, lay it all on me 

 

 

“Ricordati di chi c'era quando stavi male,  

perché saranno quelli che vorrai accanto  

quando tutto andrà bene.” 

Marylin Monroe 

 

 

 

La lettera lo raggiunge in un tardo pomeriggio di settembre, quando dovrebbe essere in procinto di prepararsi per gli allenamenti; suo padre tende a non fargli giungere le lettere più solenni durante la consegna mattutina in Sala Grande. Evan l’afferra con mani tremanti e la consapevolezza che al suo interno troverà informazioni per un futuro sempre più incombente – che si fa via via meno allettante. E non perché abbia smesso di credere nella causa che il padre appoggia da tutta la vita: lui che è stato uno dei primissimi amici dell’Oscuro Signore, suo fedele sostenitore dal momento in cui si sono conosciuti in questa stessa scuola, bensì perché perorare questa causa lo porterà a scelte che gli sembrano impossibili da accettare. Il sorriso di Marlene si fa strada senza difficoltà nella sua mente, accompagnato dal sapore delle sue labbra, dalle sensazioni a cui il corpo più minuto di lei dava vita quando si scontrava con quello di Evan, dalla sua voce permeata sempre da una nota divertita e dallo sguardo di fuoco con cui è sempre stata in grado di incenerirlo. È un idealista, Evan, della peggior specie direbbe Eleanor, e proprio non aveva considerato l’idea che Marlene sarebbe sparita dalla sua vita – senza nemmeno lasciare un’impronta che mostrasse che ne avesse mai fatto parte. Gli rimangono solo i ricordi, ai quali si appiglia nonostante la rabbia che gli suscitano, perché sta ancora tentando di capire in che modo possa perseguire il futuro al quale si prepara da anni e condividerlo con la ragazza di è innamorato da quando aveva tredici anni, o forse addirittura a malapena sei. 

Ficca la busta chiusa dal sigillo in ceralacca color smeraldo nel baule, mentre recupera la divisa e la indossa meccanicamente, avrà tempo di leggerla più tardi, non ha senso rovinarsi la serata, e il fine settimana, prima del tempo.  

 

Regulus osserva Evan volare svagato durante l’allenamento, evitando di commentare, sicuro che l’amico gli stia nascondendo qualcosa. Forse il suo non è il comportamento ideale del capitano della squadra di Serpeverde, ma è ciò che si sente di fare per aiutare l’amico chiaramente in difficoltà. Come di consueto, i due sono gli ultimi a rimanere nello spogliatoio: si prendono il loro tempo per lavarsi con calma, dopo aver sistemato scope e attrezzi, e sono soliti rivestirsi mentre si aggiornano sugli ultimi avvenimenti.  

“Sei molto silenzioso, stasera,” commenta Regulus, facendosi il nodo alla cravatta, nonostante tanti compagni si presentino a cena con la divisa in disordine. 

“Ho ricevuto una lettera...” è la scarna risposta del biondo, intento a sistemarsi i capelli, osservando il proprio riflesso all’interno dello specchio appannato. 

“Cattive notizie?” 

“Non l’ho ancora letta, ma già so di che si tratta... è di mio padre, reca il sigillo di famiglia e pare aver utilizzato la sua piuma di pavone migliore per vergare la busta,” bofonchia, litigando con una ciocca ribelle. 

“Oh,” Regulus si blocca con la cravatta storta e orienta le iridi plumbee verso il compagno più grande. 

“Mi aveva avvertito che si sarebbe fatto sentire con i dettagli relativi alla cerimonia di iniziazione per intraprendere il percorso che mi avrebbe fatto diventare Mangiamorte,” spiega in tono monocorde. “Credi che il fatto che io non frema all'idea di leggere delle mie sorti mi renda altro che una pallida copia di mio padre? Che un degno figlio primogenito delle Sacre Ventotto si sarebbe dimostrato orgoglioso del suo ruolo e avrebbe fatto di meglio?” 

“Credo che tu abbia il diritto di sentirti seccato per via de ruolo che ricopri, nessuno meglio di me può comprendere il peso che le aspettative riversate addosso sanno creare. Pesano come macigni e sono infinitamente ardue da soddisfare.” 

Evan ricambia lo sguardo affilato del suo capitano e annuisce. “A volte dimentico di tuo fratello...” 

“Io non ho la stessa fortuna,” ribatte Regulus, percependo gli occhi inumidirsi e tornando a concentrarsi sul nodo della cravatta. 

“Sogni mai che il tempo si fermi e la nostra esistenza possa cristallizzarsi qui e ora? Che i nostri unici problemi possano essere le verifiche, le partite di Quidditch e quale ragazza portare a Hogmeade?” 

“Sarebbe bello,” gli concede Regulus, “ma è proprio quello che hai detto tu: un bel sogno... un sogno dal quale io e te siamo destinati a svegliarci molto velocemente, perché il nostro futuro è stato segnato da ben prima che venissimo al mondo.” 

“Forse tuo fratello non ha avuto tutto i torti,” commenta Evan, afferrando la sacca con la divisa sporca. 

“Lo dici solo perché tu e la McKinnon vi siete lasciati,” ribatte senza tentennamenti Regulus. 

Nessun altro avrebbe osato citarla così apertamente, con l’eccezione di Eleanor, ed Evan lascia cadere la sacca al suolo per ricambiare lo sguardo curioso del compagno. 

“In un mondo perfetto, lei avrebbe accettato il tuo futuro e ti sarebbe stata accanto, giusto?” 

Evan si limita ad annuire, spronandolo a continuare. 

“In un mondo perfetto mio fratello sarebbe stato smistato a Serpeverde e staremmo avendo questa conversazione con lui, anzi non la staremmo avendo, perché io sarei solo una comparsa nella mia stessa vita, e lui saprebbe consolarti molto meglio di me, se ne avessi bisogno...” 

“Non credo che mi piaccia questo mondo, se non ci sei anche tu Regulus.” 

“Oh, io ci sarei, solo che Sirius sarebbe molto più bravo di me ad affrontare il peso delle aspettative dei nostri genitori, ne riderebbe sicuramente su, e io potrei vivere la vita tranquilla che mi sarebbe spettata come secondogenito.” 

“Al diavolo i mondi perfetti! Questo è il presente che stiamo vivendo e dobbiamo fare del nostro meglio per affrontarlo.” 

“Hai ragione.” 

I due si avviano verso la porta che conduce fuori dagli spogliatoi. 

“Se vuoi compagnia mentre leggi la lettera, sai dove trovarmi.” 

“Con la testa tra le pagine di un libro, ovviamente,” ghigna Evan, assestandogli una gomitata scherzosa. 

“Alcuni di noi amano leggere nel loro tempo libero...” 

“Alcuni invece vorrebbero poter tornare a passare il loro tempo libero a trovare gli angolini più reconditi nei quali nascondersi con la ragazza che amano.” 

“Le hai parlato?” 

“Non più, non da dopo l’inizio della scuola, ma non ne vedo davvero il senso...” 

“Forse dovresti fare in modo che sia lei a venire a cercarti.” 

“E come potrei farlo, di grazia?” 

“Dedicando le tue attenzioni a qualcun’altra? Non sono molto esperto del gentil sesso, ma le adolescenti tendono a essere tutte alquanto gelose... credo che se ti comportassi come se l’avessi dimenticata otterresti una reazione, o almeno lo immagino...” 

“La tua non è affatto una cattiva idea,” mormora Evan, seguendo l’altro verso il castello. “Devo solo capire su chi concentrare le mie attenzioni, non ho mai degnato nessuna delle nostre compagne di casa delle mie attenzioni, con l’eccezione di Elanor, ma lei non conta...” 

“Ti stupirà scoprire che ci sono delle valide opzioni nella casa di Salazar, riuscirai a scovare qualcuna che possa far ribollire il sangue nelle vene della McKinnon in tempo zero,” lo prende in giro bonariamente Regulus. 

“Stai forse sottintendendo che ci sia qualcuna in particolare sulla quale hai messo gli occhi tu, Reg?” 

Il più giovane avvampa per un momento, prima di ritrovare la sua proverbiale calma e ricambiare il ghigno di Evan con un sorriso incerto. “Può darsi,” ammette infine. 

“Fammi sapere chi è, vorrei evitare di rovinarti i piani...” 

“Non sono nemmeno certo che Elizabeth Burke sappia il mio nome di battesimo,” ribatte l’altro in tono piatto. 

“Eleanor è amica di sua sorella, se vuoi posso indagare...” 

“Davvero lo faresti?” Regulus fatica a celare lo stupore. 

“Proprio come tu sei disposto a stare al mio fianco mentre leggo la lettera di mio padre.” 

 

Più tardi quella sera, o forse sarebbe meglio dire quella notte, Evan ricompare nella sala comune deserta, con l’eccezione di Regulus seduto davanti al fuoco, un’espressione contemplativa sul volto e un tomo antico tra le mani. 

“Cominciavo a dubitare che avresti fatto ritorno,” mormora Regulus, voltandosi verso l’altro. 

“Cominciavo a dubitarne io stesso...”  

Evan prende posto accanto all’amico, tirando fuori dalla tasca interna della divisa la lettera. 

“Com’è che si dice? Via il dente, via il dolore?” 

Regulus annuisce, visto che ogni altra parola sarebbe superflua, osserva Evan infilare l’unghia dell’indice sotto al sigillo verde e sollevarlo per poi gettare la busta sul tavolo posizionato davanti a loro e abbassare gli occhi sulla pagina vergata fittamente dall’inchiostro blu pavone. 

“Vuole organizzare un incontro ufficiale tra ma, il Signore Oscuro e alcuni dei suoi più fedeli luogotenenti durante le vacanze di Natale,” illustra Evan, ripiegando nuovamente la lettera. 

“Di sicuro te lo sta dicendo per tempo...” 

“Questo perché mi ricorda di presentarmi ben allenato e pronto a dimostrare il mio inestimabile valore, sembra quasi che ci creda quando lo mette per iscritto, sai?” 

“Sei un mago estremamente talentuoso e un duellante formidabile,” gli ricorda Regulus. 

“Ma non abbastanza per impressionare il Signore Oscuro e il cerchio ristretto dei suoi sostenitori, come vorrebbe mio padre.” 

“Questo significa solo che dovrai allenarti; sono disposto ad aiutarti, se credi che possa servirti e sono certo che anche altri nostri compagni saranno disponibili, non sarai l’unico a prendere il marchio dopo aver concluso gli studi.” 

“Sei dannatamente intelligente, Reg.” 

“Credo che tuo padre sarebbe estremamente orgoglioso di te, se dessi vita a un gruppo di allenamento per futuri Mangiamorte,” sussurra il giovane Black. 

“Non pensi che anche tuo padre lo sarebbe?” 

Regulus si stringe nelle spalle, “lui non è un sostenitore considerabile fervente come il tuo... mi basta semplicemente partecipare, per essere pronto quando toccherà a me.” 

“Farò molto di più, mi piacerebbe che lo organizzassimo insieme: siamo pur sempre capitano e vice della squadra e non sarà molto diverso da organizzare gli allenamenti di Quidditch, non credi?” 

“Gli argomenti saranno di sicuro diversi, ma in effetti credo che non sia molto diverso, no... iniziamo a lavorarci domani o preferisci che iniziamo a lavorarci da subito?” 

Evan scuote la testa, “abbiamo bisogno di avere la mente fresca per dare il meglio di noi.” 

I due salgono insieme al dormitorio maschile, separandosi per entrare uno nella stanza degli allievi del sesto anno e uno in quella del settimo. 

“Credo che servirà a entrambi,” sussurra Evan, congedandosi. 

Regulus si limita ad annuire, desiderando per un attimo che quello con Evan possa sostituire il rapporto ormai congelato con il fratello. 

“Buonanotte.” 

“Notte.” 

 

 

* 

 

Sirius non sa nemmeno spiegarsi cosa l’abbia spinto a candidarsi per il ruolo di Battitore. Ha sempre amato seguire le partite di Grifondoro, fare il tifo sugli spalti con tutto il fiato che ha in gola e gioire di ogni vittoria, oltre a disperarsi per le sconfitte – non che ce ne siano state molte, da quando James è entrato in squadra. Vorrebbe negarlo, però il fatto che anche Regulus giochi ha avuto un’influenza notevole sulla scelta; fa del proprio meglio per evitare di mostrarlo, ma il rapporto con il fratello, incenerito come il suo nome sull’arazzo di famiglia, gli fa molto più male di quanto non voglia ammettere. 

La torre di astronomia si è trasformata nel suo rifugio solitario, anche se vi può accedere solo dopo la fine delle lezioni – o nelle sere in cui rimane libera. È strano non condividere le sue pene con i Malandrini, sbagliato quasi, ma sente che nessuno potrebbe capirlo appieno e quindi non vede il motivo di parlarne con loro. 

“Se non ti conoscessi, potrei quasi credere che mi stai seguendo,” mormora, quando percepisce dei passi avvicinarsi, non deve nemmeno voltarsi per scoprire che si tratta di Marlene. 

“Pensi di conoscermi quindi?” 

“Meglio di quanto tu creda.” 

“Vale lo stesso anche per me, sono una brava osservatrice...” 

“Ok,” ribatte, la voce intrisa di dubbio, “dimmi qualcosa di intimo che mi riguarda allora.” 

“Stai forse confessando che non conosci abbastanza te stesso?” 

Sirius ride di una risata priva di gioia, scuotendo la testa. 

“Hai smesso di fumare,” afferma Marlene, tornando all’incontro avvenuto in questo stesso posto prima delle vacanze estive. 

“Molto perspicace, signorina McKinnon, ma non mi sembra un grande segreto, chiunque nella torre ha potuto constatare che non ho più le sigarette tra le mani.” 

“Non credo che chiunque sappia il motivo, però,” ribatte Marlene, piegando le labbra in un sorriso che Sirius riesce solo a intravedere nel buio che li avvolge. 

“E quale sarebbe, sentiamo?” 

“Perché James ti ucciderebbe se rovinassi le possibilità di vittoria di Grifondoro e tu non hai alcuna intenzione di deludere le sue aspettative, sa essere spaventoso quando si infuria.” 

“Sei piuttosto perspicace, questo te lo concedo...” 

“Te l’ho detto, sono una buona osservatrice.” 

“È per questo motivo che hai capito subito che Rosier stava cambiando?” le domanda a bruciapelo. 

“E tu di certo non sei rinomato per la delicatezza!” 

“Perdonami, non devi rispondermi, se non ti va...” 

Marlene si stringe nelle spalle. “Non fa nulla,” sussurra. 

“Non c'è bisogno di mentirmi.” 

“E chi dice che lo sto facendo?” 

“Lo leggo chiaramente nell’inquietudine che alberga nei tuoi occhi.” 

“Sirius Black, stai forse pensando a una carriera da strizzacervelli?” 

Il ragazzo strabuzza gli occhi. “Di che parli?” 

“È un termine che usano i Babbani per definire i medici che trattano le patologie della psiche.” 

“A volte dimentico che eri una delle più brave a Babbanologia.” 

“E che condivido da anni una stanza con Lily, Lexie e Mary.” 

“Stai evitando la mia domanda, non c’è bisogno di rispondermi, davvero.” 

“Nient’affatto! È solo che non è facile ripensare a quei momenti, sai? Mi chiedo continuamente se avrei potuto fare di più, se sarebbe stato meglio se lo avessi confrontato prima, o se avrei potuto salvarlo dal destino che il padre ha deciso per lui, se il mio amore avrebbe dovuto essere più forte.” 

“Non puoi salvare chi non vuole essere salvato, Marlene,” la risposta di Sirius è un sussurro che rimbomba nella notte buia, avvolgendoli come un bozzolo. 

“E tu lo sai bene, vero?” 

È il turno di Sirius di stringersi nelle spalle. 

“Per quello che vale, non credo che tuo fratello abbia già imboccato una strada senza ritorno.” 

“Mi piace credere che sia così...” 

“Vale la pena tentare il tutto e per tutto per le persone che amiamo.” 

“Stai forse dicendo che non hai ancora perso le speranze per Rosier?” 

“Non so,” sussurra lei, “la maggior parte dei giorni ripenso a quanto grave sia ciò che ha fatto al fratello di Mary, a quanto un comportamento sia irreversibile e simboleggi solo l’inizio della sua discesa agli inferi... però in certi giorni invece sono i ricordi più belli, quelli che si fanno strada nella mia mente, ed è più difficile rimanere assolutamente distaccata.” 

“Se fosse facile, nessun essere umano finirebbe con il farsi spezzare il cuore, non credi?” 

Marlene annuisce, lasciando che lo sguardo si perda nell’infinità del cielo. 

“Mi spiace che tu debba soffrire, Marlene,” mormora Sirius, arrischiandosi a posarle un braccio sulle spalle. 

“E a me spiace che tu e tuo fratello siate sempre più distanti...” 

“È proprio come hai detto tu, sai?” sussurra dopo che il silenzio si è dilatato per alcuni minuti. 

“Cioè?” 

“Faccio molta più fatica ad affrontare i ricordi belli, piuttosto che quelli brutti... non ho problemi a rivivere tutti i momenti in cui ho deluso Regulus, dimostrandomi un pessimo fratello maggiore, ma se ripenso alla nostra infanzia mi sale il magone e vorrei solo poter tornare indietro e cambiare le mie scelte, proteggerlo dal destino che gravava sulle mie spalle e che è stato reindirizzato su di lui.” 

“Non hai alcuna colpa per le scelte dei tuoi genitori, Sirius.” 

“Ma per le mie sì,” ribatte in un tono piatto del quale Marlene percepisce tutta la gravità e per cui si sente sopraffare dalle emozioni contrastanti. 

“Eri solo un bambino,” gli fa quindi notare. 

“Lo era anche Regulus...” 

 

* 

 

È il primo sabato di ottobre e Remus, che soffre spesso di dolori all’avvicinarsi della luna piena, è seduto in sala comune con le iridi orientate verso il parco illuminato dalla gioca luce dell’alba. Ha sempre trovato rasserenanti le sfumature tipiche dell’autunno, così come i suoi profumi e il freddo che diventa sempre più pungente e gli permette di indossare maglioni e sciarpe per celare le proprie cicatrici, senza destare sospetti o attirare occhiate incuriosite. Osserva la condensa appannare il vetro affacciato sull’alba che si fa via via più dorata e torna a concentrarsi sul libro di Incantesimi che stringe tra le mani, tentando di portarsi avanti con la ricerca da consegnare per il giorno successivo alla luna piena. 

“Credevo che nessun altro fosse sveglio,” dichiara la voce ancora impastata di sonno di Mary MacDonald, prima che la ragazza prenda posto di fronte a lui. 

“Non volevo svegliare gli altri...” 

“Sei sempre così premuroso.” 

“Direi che abbiamo avuto la stessa idea,” le risponde, sollevando gli angoli delle labbra in un timido sorriso. 

“Volevo portarmi avanti con la relazione per Vitious, visto che oggi c’è l’uscita a Hogsmeade e in settimana ricominciano le riunioni di redazione.” 

“Quando uscirà la prima edizione dell’anno?” 

“L’idea è fare un’edizione speciale per Halloween, poi come sempre tenteremo di pubblicare una volta al mese.” 

“Sono impaziente di leggere il tuo prossimo articolo,” le confessa a mezza voce, inconsapevole di essere la ragione del lieve rossore che fa capolino sulle guance di Mary. 

“Ti chiedo, come sempre, di essere imparziale nel tuo parere... troppo spesso ho la sensazione che le ragazze non ci provino nemmeno a criticarmi in maniera costruttiva,” si lamenta Mary, ammettendo ad alta voce una delle sue insicurezze. 

“Sei una scrittrice molto dotata, mi sembra naturale che sia io che le tue amiche apprezziamo molto i tuoi articoli.” 

“Grazie infinite per la tua iniezione di fiducia, da brava insicura sto già pensando a che ne sarà di me una volta finita la scuola...” 

“Non sei la sola,” confessa Remus. 

“Sei uno degli studenti più dotati del nostro anno, non riesco davvero a immaginare quali problemi potresti avere fuori da qui.” 

“La mia situazione familiare è un po’ complicata,” quella di Remus è una mezza verità, sfuggitagli prima che potesse riflettere su una simile confessione, e Mary gli rivolge un sorriso triste. 

“Spero che non si tratti di qualcosa di irreversibile.” 

“Temo di sì,” sussurra a fatica. 

“Ma se c’è qualcuno che riuscirà a sconfiggere i pronostici, credo che quello sia proprio tu.” 

“Hai un’opinione decisamente molto alta di me, Mary.” 

“È un’opinione che mi sono creata nel corso degli anni e che dimostri ogni giorno di confermare...” 

“Non sono certo di meritarmelo, ma ti ringrazio per l’iniezione di fiducia,” le dice, ripetendo le sue parole di pochi minuti prima. 

“Direi che ne avevamo entrambi bisogno,” gli sorride lei, occhieggiando il libro di Incantesimi. 

Remus annuisce, prima di afferrare il coraggio a quattro mani, “vuoi che lavoriamo insieme alla ricerca?” 

“Perché no... in fondo siamo gli unici svegli in tutta la torre.” 

I due si scambiano un sorriso complice che porta Mary a riflettere su quanto sia bello il sorriso del compagno – e su quanto poco spesso glielo veda sul volto. 


 


 

 

Nota dell’autrice: 

Eccomi qui, in ritardo come mio solito, ad aggiornare questa storia che assume toni sempre più cupi, visto il momento in cui è ambientata, ma in cui al contempo cerco di mostrare come i rapporti tra i personaggi si sono sviluppati in questi momenti bui. 

Mi era sembrato di aver lasciato un po’ troppo da parte i Serpeverde, quindi stavolta ho lasciato tanto spazio a Evan e Regulus, sperando che troviate credibile che Evan e Regulus abbiano cementato la loro amicizia anche grazie al Quidditch e a questo gruppo a cui daranno vita. 

Spero che la storia continui a piacervi e vi ringrazio per il sostegno.♥ 

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Capitolo 9
*** 9. What have I become? ***


Osservando la luna ormai quasi piena illuminare il platano picchiatore, Poppy Chips si stringe nella veste troppo leggera per l’autunno ormai inoltrato, prima di accingersi a preparare il letto per quello che è ormai diventato il suo paziente preferito. La camminata che la conduce al limitare della Foresta Proibita poco dopo l’alba, è un rituale che è ormai entrato a far parte dei suoi doveri, un qualcosa a cui non era sicura che avrebbe potuto abituarsi. Ricorda con chiarezza il giorno in cui Silente ha convocato lei e tutti gli altri professori per comunicare loro che aveva intenzione di ammettere uno studente morso da un lupo mannaro, perché negargli un’istruzione per un qualcosa per cui non aveva alcuna colpa gli sembrava una punizione troppo crudele. Poppy rammenta l’espressione dubbiosa di Lumacorno, quella incuriosita di Kettleburn, quella severa e al tempo stessa comprensiva della McGranitt, quella contemplativa di Vitious e quella incerta, eppure commossa, di Pomona – la stessa che è sicura di aver avuto sul proprio viso mentre ascoltava il preside. Sa bene che, fuori da Hogwarts, pochi comprenderebbero la decisione di ospitare uno studente potenzialmente pericoloso, è per questo motivo che la scelta è rimasta un segreto condiviso da un ristretto gruppo di persone. Poppy si ritrova spesso a riflettere sulla vita che aspetterà Remus Lupin una volta diplomato: è consapevole che il ragazzo, pur se brillante, avrà pochissime possibilità di avere una carriera, specialmente in un momento come quello che stanno vivendo da qualche anno a questa parte. Tutto questo le sembra incredibilmente ingiusto e, anche se non può fare nulla per assicurare un futuro degno a Remus, sceglie comunque di alleviare il più possibile le sue sofferenze nel suo presente – sperando che possa essergli utile anche solo in minima parte. È proprio per questo che ama preparare un’area dell’infermeria dedicata a lui, nella quale il ragazzo possa rimettersi in sesto a seguito di ogni plenilunio; si rende conto che si tratta di un’infinitesimale goccia nel mare, ma è proprio dai dettagli più piccoli che si inizia a fare la differenza. 

 

9. What have I become? 

 

 

“Un vero amico è colui che resta con te,  

quando tutti gli altri ti abbandonano.” 
Walter Winchell 

 

 

 

 

Sirius cammina frettolosamente nei corridoi, la mappa stretta tra le dita della mano sinistra e la bacchetta nella destra. È la notte che precede il plenilunio e, per dare più forze a Remus, lui e gli altri sono soliti sgattaiolare nelle cucine per recuperare i suoi dolci preferiti. Peter è quello che ha i rapporti migliori con gli elfi domestici delle cucine; quindi, quello che riesce a farsi dare il numero più alto di leccornie, ma questa sera è stato messo in punizione da Lumacorno e Sirius ha dovuto prendere il suo posto.  

A essere sinceri l’ha fatto piuttosto volentieri, visto che è giorni che cerca di capire se Rosier, Piton, Avery e altri stiano tramando qualcosa, le cucine sono abbastanza vicine alla sala comune di Serpeverde per permettergli di dare una sbirciata anche nei dintorni. È proprio per questo che si è fatto prestare la mappa da James, non certo perché temeva di incappare in qualche professore, si augura di leggere uno dei loro nomi a pochi passi da sé e riuscire a capire se ci sia davvero qualcosa che bolle in pentola. Una rapida occhiata gli comunica che il corridoio che porta alle cucine è fastidiosamente deserto, Sirius si decide a entrare per ottenere ciò che inizialmente lo ha spinto a lasciare la torre di Grifondoro. Gli ci vogliono pochi istanti per intortare una delle servizievoli creature che lavorano nelle cucine della scuola, così simili, eppure totalmente diversi, dalla stirpe di elfi che hanno abitato per secoli la sua casa di famiglia. 

Quando esce dalla cucina, ha le tasche piene di muffin ai mirtilli, torta alla melassa, brownies, Zuccotti di zucca, cioccolato, quadratini al caramello e biscotti misti; i suoi occhi però sono incollati alla mappa che riporta i cartigli con i nomi di Evan Rosier, Severus Piton e Hector Avery che camminano affiancati.  

Sirius scivola silenziosamente verso il corridoio verso cui i tre dovrebbero starsi dirigendo, maledicendosi per non aver chiesto a James anche il mantello; riesce a infilarsi dietro a un’armatura e rimane in paziente attesa, trattenendo il respiro. Passa una manciata di secondi, il silenzio continua a circondarlo e, per qualche attimo, Sirius si chiede se i tre non abbiano preso un’altra strada; si arrischia a tirar fuori la mappa giusto per il tempo di rendersi conto che i tre hanno ripreso a camminare nella sua direzione. Il Grifondoro scivola nuovamente dietro all’armatura, augurandosi che questa possa essere la volta buona, ha passato più tempo e pedinare Rosier e gli altri negli ultimi giorni, che a pensare a cosa organizzare per la luna piena incombente – e tutto questo non è affatto da lui. 

“Siete davvero sicuri di voler pubblicizzare questo gruppo?” domanda Piton, quando il gruppo è a pochi passi dall’armatura. 

“Beh, credo che sia giusto permettere anche ad altri di partecipare, no?” ribatte Avery, scrocchiando le dita. 

Piton gli lancia un’occhiataccia infastidita dal rumore delle sue articolazioni che scricchiolano, che l’altro non nota, troppo impegnato a osservare la reazione di Evan. 

“Ne abbiamo parlato, Severus,” interviene quindi il biondo, “se vogliamo che questo gruppo di allenamento funzioni, non possiamo limitarci ad incontri con un numero risicato di partecipanti.” 

“Credi davvero che invitare Crouch sia saggio?” insiste Piton. 

“Barty è un duellante eccellente,” fa notare Hector. 

“Ed è il figlio del capo del Dipartimento di Applicazione delle Leggi magiche,” sbuffa l’altro, in tono perentorio. 

“Barty non c’entra nulla con il suo vecchio, anzi, se possibile, l’insistenza con cui Bartemius Sr. dà la caccia ai seguaci dell’Oscuro Signore è servita ad avvicinare ancor di più il figlio alla nostra causa,” chiarisce Evan, orientando le iridi in quelle color pece del compagno di casa. 

Piton annuisce. “Come credete che dovremmo fare a comunicare la notizia al resto dei possibili partecipanti quindi?” 

“La cosa più semplice sarebbe partire dagli eredi delle Sacre Ventotto,” risponde Avery. 

Severus fa del suo meglio per celare il proprio disappunto, nonostante siano passati anni dal suo smistamento, certe volte percepisce ancora di non essere considerato abbastanza da alcuni dei suoi compagni. 

“Non si tratta di un biasimo nei suoi confronti, Severus... lo sai vero?” aggiunge Evan, lanciando un’occhiataccia a Hector. 

“Lo so bene, del resto anche lo stesso Oscuro Signore non ha avuto la fortuna di natali nobili come i tuoi, Evan...” 

L’altro annuisce in silenzio: da anni conosce la storia di quello che si fa chiamare Lord Voldemort, visto che era uno dei compagni di scuola del padre, ai tempi di Hogwarts. 

“Mio padre mi ha ripetuto più volte di quanto la convinzione nel perseguire la causa sia più importante del cognome che i suoi seguaci portano,” commenta, rassicurando l’altro. 

“Facile per te a dirsi, con il cognome che porti.” 

“Amico, sarai decisamente più utile tu di quel coglione di Yaxley,” fa notare Hector, assestando una pacca sulla spalla a Piton. 

L’altro annuisce, stupito dall’esternazione del compagno. 

“Come mai Back non è con noi?” domanda poi Severus, sentendo la necessità di cambiare argomento. 

“Stasera è di ronda,” spiega Evan, “lo aggiornerò non appena sarà di ritorno, non saremmo qui se non fosse per lui...” 

“Ha avuto davvero una fantastica idea,” si entusiasma Hector, ansioso di dimostrare il proprio valore, al pari del fratello diplomatosi pochi mesi prima. 

“Ma lui e Crouch sono pur sempre due quindicenni, siamo sicuri che sia il caso di coinvolgere entrambi?”  

“Ne abbiamo parlato, Piton,” sbuffa Hector. 

“Lo so, lo so... è che non vorrei che blaterassero con altri ragazzini.” 

“Regulus non è il tipo che va in giro a spiattellare segreti, tantomeno se si tratta di un gruppo per allenarsi nell’arte delle arti oscure,” dichiara con fermezza Evan. 

Piton annuisce lentamente. 

“E nemmeno Barty lo farebbe,” aggiunge il giovane Rosier dopo una breve pausa. 

“Ti rendi conto che hanno solo un anno meno di noi, vero? Rilassati, amico!” ghigna Hector. 

“Rosier, sei davvero convinto di coinvolgere lui?” domanda quindi Severus, rivolgendosi all’altro compagno. 

Evan si lascia sfuggire una risata e ricomincia a camminare verso la sala comune, seguito dagli altri due.  

 

Sirius lascia passare qualche secondo, prima di lanciare un’occhiata alla mappa e correre a perdifiato verso la torre rosso-oro. Tra tutte le cose a cui aveva pensato, un gruppo di allenamento per futuri seguaci del Signore Oscuro non gli era nemmeno passato per la mente, e sapere che a dare forma all’idea abbia contribuito il fratello lo fa sentire anche peggio di quanto già non si sentisse. 

James e Remus sicuramente saranno in grado di aiutarlo, in questo momento non crede di essere in grado di pensare lucidamente, l’unica cosa su cui riesce a concentrarsi è la necessità di salvare Regulus che si fa sempre più impellente. Riesce ancora a sentire Piton richiamare l’attenzione degli altri due sull’età di Regulus, ricordandogli quanto lui abbia fallito come fratello maggiore e riuscendo a ricordargli un passato non così lontano in cui aveva promesso di esserci sempre per lui. 

 

* 

 

Severus si è chiuso in biblioteca alla fine delle lezioni, ansioso di terminare il tema di Trasfigurazione e rimettersi a lavorare agli incantesimi offensivi a cui sta cercando di dar vita da settimane, speranzoso di poterne sottoporre almeno uno al Signore Oscuro durante le vacanze natalizie. 

“Hey, Piton...” 

“Che c’è, Mulciber?” domanda, senza nemmeno sollevare lo sguardo dai propri appunti. 

“Hai già fatto il tema per Lumacorno?” 

Severus orienta le iridi in quelle del compagno, un sorriso freddo che gl’increspa le labbra. “Non credo che tutto questo ti riguardi.” 

Avery, accanto all’altro ragazzo scuote la testa ghignando divertito, “vuoi proprio farlo penare, eh Severus?” 

“Devi prendere spunto anche tu?” domanda Piton, concentrandosi su Hector. 

“Nah, io l’ho finito insieme a Evan ed Eleanor...” 

“Va bene, Mulciber, siediti che non ne posso più di vedere quell’espressione da cane bastonato,” sospira Severus, cercando tra le pergamente nella sua tracolla. 

I due prendono posto alla sua destra. 

“Grazie davvero, il vecchio Luma mi metterà in punizione se consegnerò un altro pessimo tema,” spiega Edgar, recuperando una pergamena pulita. 

“Non che tutto questo sia affar mio, ma ecco a te,” ribatte Piton, consegnandogli il proprio tema. “Non c’è bisogno che ti specifichi di non copiarlo parola per parola, vero?” 

L’altro scuote frettolosamente la testa, iniziando a leggere il testo scritto fittamente nella calligrafia piccola e ordinata di Severus. 

“Tieni anche il mio,” aggiunge Hector, “così hai un altro testo dal quale prendere spunto.” 

Per qualche minuto, i tre lavorano in silenzio, Severus concentrato sui propri appunti, Hector sulla lettura per Incantesimi ed Edgar sul primo paragrafo del proprio tema. Una volta terminato il capitolo da leggere, Hector si rende conto che l’amico sia ancora ben distante dall’essere a buon punto con il proprio tema e così, annoiato, comincia ad occhieggiare i fogli sparpagliati davanti a Severus. 

“Di che si tratta?” 

“Sto cercando di creare un incantesimo offensivo, ricordi che ne abbiamo parlato l’altra sera...” 

“Sì, ma non credevo che fossi a buon punto.” 

“Non sono convinto di esserlo, infatti.” 

“Mi sembra che tu abbia anche trovato il giusto movimento da fare con la bacchetta, invece...” 

“Credo di sì, però bisognerebbe provarlo per esserne certi; ho intenzione di perfezionarlo per mostrarlo al nostro incontro di dicembre,” spiega in un sussurro. 

“Potremmo provarlo nel primo incontro fissato per la prossima settimana,” mormora in rimando Hector. 

“Si tratta di un incantesimo volto a far molto male, come potremmo fare se non riuscissimo a fermare l’emorragia? Non mi sembra di buon auspicio per il nostro gruppo, non se inizieremo a ferire i partecipanti.” 

“In effetti ci vorrebbe la cavia giusta...” 

“Oh, ma io lo so bene chi sarebbe quella perfetta,” ribatte Severus, gli occhi attraversati da una sfumatura crudele che Hector non è solito riscontrarvi. 

“Chi avevi in mente?” 

“Quel maiale di Potter, con la sua espressione tronfia, quei suoi capelli spettinati ad arte e quel suo sorriso idiota! Quanto sarebbe bello strapparglielo da quella sua faccia ebete!”  

Hector inarca le sopracciglia, “temo che non sarà molto facile avvicinarsi a Potter di soppiatto e attaccarlo con il tuo incantesimo...” 

“Purtroppo no,” bofonchia l’altro in risposta, nonostante abbia immaginato più volte di farlo. 

“Ci verrà in mente un’alternativa,” lo rassicura Hector, alquanto inquietato dalla vena spietata del compagno. 

“Sì, per esempio quel finto santarellino di Lupin,” propone Severus, consapevole che quella notte ci sarà la luna piena e che, se i suoi sospetti sono corretti, è sicuro che il giorno dopo il Prefetto non sarà a lezione. 

“Potter e Black ti farebbero a pezzi, se solo ci provassi...” 

“Bene! Così avrei l’occasione di usarla anche su loro due e ottenere la mia vendetta, una volta per tutte!” 

“Non conoscevo questo tuo lato vendicativo, Severus, ma devo dire che mi intriga molto e credo che ti permetterà di far colpo anche con l’Oscuro signore,” mormora compiaciuto Hector. 

“Tutto questo non servirà a nulla se non riuscirò ad approntare le modifiche finali a uno degli incantesimi, è inutile che io mi crogioli nell’idea di utilizzarlo prima del tempo.” 

“Posso darti una mano se vuoi e sono certo che anche Evan lo farebbe...” 

“Grazie, Hector, fammici lavorare un altro po’ e poi approfitterò della vostra disponibilità.” 

L’altro annuisce, recupera il libro di Trasfigurazione e inizia a rileggere l’argomento trattato nella lezione precedente, consapevole che non sia il caso di disturbare il compagno. 

 

Appoggiato alla parete posta di fronte al tavolo a cui sono seduti i tre Serpeverde, Sirius stringe con rabbia entrambe le mani a pugno, sconvolto che Piton si dichiari disposto ad utilizzare magie oscure, non ancora testate, su di lui e sui suoi amici. Sa bene che in alcuni momenti hanno esagerato con lui, ma non aveva alcuna idea che il ragazzo potesse rivelarsi così crudele: la sola idea che possa attaccare James, o Remus, lo sconvolge ancor più di sapere che il fratello stia per iniziare ad allenarsi per diventare Mangiamorte. 

Osserva distrattamente il libro che ha tra le mani, quello che ha passato dieci minuti buoni a cercare nello scaffale riferitogli da Madama Pince, il libro che dovrebbe utilizzare per terminare il proprio tema di Pozioni, il libro per cui ora ha perso ogni interesse.  

Fa ritorno al tavolo in cui sono seduti i suoi compagni, con le nocche delle mani completamente sbiancate e il battito del cuore che gli rimbomba nelle orecchie, nelle vene, nella gabbia toracica. 

Prende posto accanto a James, intento a scrivere freneticamente, che gli lancia un’occhiata in tralice. “Tutto bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma...” 

Sirius scuote la testa, consapevole che non sia il caso di tirare fuori un simile discorso in questo momento, con James già concentrato sugli allenamenti che inizieranno dopo poco più di un’ora; con il resto della squadra che conta sulla lucidità del proprio capitano. Sirius non ci sarà all’allenamento, essendosi fatto mettere in punizione per aver litigato con Piton, a causa dell’assenza di Remus. James non si è nemmeno arrabbiato con lui, maquesto non significa che Sirius ritenga che si ail caso di mettere tutto a repentaglio per raccontare a James che il Serpeverde aspira a colpire tutti loro con incantesimi oscuri. 

Sospira, prima di scuotere la testa, “c’è quel deficiente di Piton,” sussurra quindi, facneod una smorfia. 

“So che ce l’hai ancora con lui per il fatto che Lumacorno abbia messo in punizione solo te, ma lascia perdere, per cortesia... già ti perderai l’allenamento di oggi, non aggravare la situazione,” lo prega James in tono concitato. 

Sirius si limita ad annuire. 

“Sentiremo la tua mancanza al campo,” dichiara Gideon, sperando di stemperare la tensione. 

“Mai quanto la sentirò io nella sala de trofei,” ribatte Sirius, roteando gli occhi. 

“Poteva andarti peggio,” lo consola Fabian. 

“Mpf,” Sirius si limita a bofonchiare qualcosa di incomprensibile che suscita una risatina nel resto dei presenti. 

“Peccato che Remus non sia qui, avrebbe sicuramente risolto i miei dubbi di Difesa,” dice Mary, rompendo il silenzio che era tornato a crearsi. 

“Quel compito è per l’inizio della prossima settimana, hai tutto il tempo di confrontarti con lui,” le fa notare Lily. 

“E siamo certi che Remus non veda l’ora di concederti tutto il suo tempo, Mary,” ghigna Sirius, concentrndosi sul fatto che gli incantesimi di Piton non siano ancora pronti e decidendo che sia inutile preoccuparsene in questo momento. 

La ragazza gli rivolge un’occhiata a metà tra lo stupito e lo sconvolto, le gote che si cloriscono a poco a poco. “Di che parli?” 

“Dico solo che sicuramente Remus sarà felice di studiare Difesa con te,” le risponde, tentando di rimanere serio, ma incarcando allusivo le sopracciglia. 

Lily sbuffa sonoramente, lanciando un’occhiataccia a Sirius, che simula innocenza, guardando intorno a sè.  

“Quanto sei scemo, Sirius!” lo apostrofa Marlene. 

“Ma perché ce l’avete tutti con me?” 

“Forse perché hai la stssa delicatezza di un buldozer?” lo rimbecca Lexie. 

Sirius si stringe nelle spalle, “io ho parlato chiaramente solo di studio, siete state voi fanciulle a farvi strane idee...”  

Lily scuote nuovamente la testa, tornando a chinarsi sul libro di Incantesimi. 

"Mary, ti sembra che io abbia alluso a qualcosa?” insiste Sirius. 

La ragazza scrolla le spalle, “mi sembra che tu stia parlando di qualcosa che non esiste,” commenta poi, tornando a leggere il proprio tema. 

“Hai la stessa delicatezza di un buldozer,” gli fa notare Lexie. 

“Mhmm, credo che ti sia stata troppo leggera, Lex,” rincara la dose Marlene. 

“Non credevo di aver detto nulla di nuovo...” 

James gli fa segno di darci un taglio, mentre Lily continua ad indirizzargli occhiate di fuoco. 

“E comunque nemmeno so che cosa sia un bulldozer.” 

“È un mezzo meccanico che si utilizza per spostare la terra,” gli risponde laconicamente Lily. 

“Ma è in ogni caso più delicato di te,” aggiunge Lexie. 

Sirius si decide a lasciar perdere, intercettando un’occhiata carica di rimprovero di Marlene, seguita da un sorriso grato quando Sirius si decide ad aprire il libro che ha scovato nel reparto di Pozioni. 

 

* 

 

Più tardi quella sera, Sirius sta correndo verso la sala trofei pronto per passare le prossime due ore a lucidare trofei senza magia. Tra tutte le persone con le quali non vorrebbe proprio trovarsi ad avere a che fare, si ritrova davanti alla nemesi a cui ha pensato per tutto il pomeriggio. 

Severus Piton gli sorride tronfio dalla cima delle scale che sta risalendo e il suo ghigno si allarga alla vista dello stravolgimento sul viso del Grifondoro. 

“Passato una bella serata, Black?” 

“E a te che te ne importa?” 

“Beh, mi chiedevo se sei abbastanza in forze per raggiungere Lupin, recandoti al suo capezzale...” 

“E questo ti interessa, perché?” 

“Perchè sappiamo tutti che non si trova affatto in infermeria, come volete farci credere,” ribatte Piton in tono di sfida. 

“Ah sì?” 

“Già... ma se vuoi continuare a portare avanti questo teatrino fai pure,” insiste Piton. 

“Davvero brami di scoprirlo?” 

“Mi stai forse sfidando?” 

“Voi Serpeverde non siete molto rinomati per il coraggio, che ne dici?” 

“La stupidità l’abbiamo lasciata tutta a voi, in effetti...” 

“Se ci tieni tanto, perché non vai al platano picchiatore e tenti tdi dimostrare il tuo valore? Basta che tu prema il nodo alla sua base per evitare che i rami ti colpiscano...” 

Piton non gli dà nemmeno il tempo di concludere la spiegazione, cominciando a scendere frettolosamente le scale e lasciando dietro di sé un Sirius che si rende conto di aver commesso il peggiore degli errori. 

Non ha il tempo di provare a fermarlo a si guarda intorno alla ricerca di qualuno che possa avvertire James al suo posto – con la disperazione che si fa strada nelle sue viscere. 

 

 


 

Nota dell’autrice: 

Ritorno a questa storia, dopo una breve pausa e inizio a raccontare il momento in cui le distanze iniziano ad allargarsi, in maniera sempre più insanabile. 

Faccio sempre fatica a scrivere di Piton, ma spero di essermela cavata abbasdtanza bene. 

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Capitolo 10
*** 10. Oh, let's go back to the start ***


È con un lungo sospiro, che Albus Silente osserva chiudersi la porta del proprio ufficio alle spalle di un sollevato James Potter e di uno scontento Severus Piton. Quei due non andranno mai d’accordo, ormai si è messo il cuore in pace – eppure c'è stato un momento, anche se fugace, in cui è stato convinto che avrebbero potuto trovare un punto d’incontro. Ora che il Grifondoro ha messo a repentaglio la propria vita per salvare l’altro però, Silente ha compreso che i suoi erano solo gli sciocchi desideri di un uomo che ancora spera che Tom Riddle possa abbandonare i propri piani di conquista e trasformazione del mondo magico – proprio come fece lui stesso tanti anni fa. Il ricordo dei sogni condivisi con Gellert è ancora vivo nel suo cuore: gli pare quasi di riuscire a toccarli, quando li rivede nel pensatoio e si interroga su come abbia fatto a lasciarsi trascinare così e come invece sia riuscito a distruggere tutto, in così poco tempo. Vorrebbe sbagliarsi, quando cerca di convincere il resto dei membri del Wizengamot riguardo ai piani del suo ex studente, ma sa bene che immaginare un epilogo diverso, considerando gli eventi sempre peggiori che stanno avendo luogo, sarebbe decisamente poco credibile. Già da tempo stava pensando alla necessità di dar vita a qualcosa di concreto per contrastare Tom, coinvolgendo quanta più gente possibile e forse quel momento era davvero arrivato. Sperava che la guerra potesse rimaner fuori dalle mura di Hogwarts, ma incidenti come quello avvenuto quella sera lo facevano dubitare sempre di più e si chiedeva come prendersi cura al meglio di tutti i suoi studenti. 

 

10. Oh, let's go back to the start 

 

 

“Amico mio accanto a te non ho nulla di cui scusarmi,  

nulla da cui difendermi, nulla da dimostrare: trovo la pace...  

Al di là delle mie parole maldestre,  

tu riesci a vedere in me semplicemente l'uomo.” 

Antoine de Saint-Exupéry  

 

 

 

 

Quando Remus si risveglia, il sapore metallico del sangue invade ogni suo senso, lo percepisce in bocca, ne sente l’odore nel naso e la combinazione gli provoca violenti conati di vomito. Sente dolori lancinanti in ogni parte del corpo, è come se delle lame lo stessero trapassando, come se i suoi arti stessero andando a fuoco, come se ogni centimetro di pelle fosse stato tirato oltre ogni limite, come se avesse passato da solo il plenilunio – come non accadeva ormai più da mesi. Quando riesce a mettere a fuoco la stanza che lo circonda, gli pare che un velo cremisi gli stia impedendo di mettere a fuoco, sbatte più volte le palpebre nel vano tentativo di fare chiarezza, ma senza successo.  

“Devo essermi davvero scatenato,” bofonchia tra sé, prima di decidere di alzarsi in piedi, e rendersi conto con orrore che le gambe a stento lo reggono. Si trascina verso la pila di vestiti piegata ordinatamente sul tavolo. Nessuno dei suoi amici è lì con lui e questo è alquanto strano, così come il fatto che non abbiano lasciato cibo per lui accanto agli abiti. Si avvia traballante verso la porta, ansioso di raggiungere l’uscita al piano inferiore, dove ha appuntamento con Madama Chips. 

“Oh, caro ragazzo, cosa è successo?” 

“Non ne ho idea,” risponde flebilmente, percependo la gamba destra cedere sotto al suo peso. 

“Ferula,” mormora l’infermiera, puntando la propria bacchetta verso la gamba ferita, prima di evocare una barella e farla levitare, protetta da un incantesimo di disillusione, fino al castello nella luce perlacea dell’alba 

Una volta raggiunta la tranquillità dell’infermeria, Madama Chips lavora instancabilmente per curare ogni ferita e ogni osso fratturato e scheggiato, approfittando del fatto che il ragazzo ha perso conoscenza. Non appena Remus riapre gli occhi per un momento, l’infermiera gli fa bere una potente pozione ricostituente mischiata a una soporifera, che possa permettere agli incantesimi e all’Ossofast di fare effetto. 

“Mi chiedo cosa possa essere successo,” mormora, rivolgendosi al preside, che l’ha raggiunta per informarsi sulle condizioni di Remus. 

“Temo che non lo sapremo mai, Madama Chips,” ribatte l’uomo, pensando che è praticamente impossibile che non abbia a che fare con il giovane Potter che abbandona l’allenamento di Grifondoro, per impedire a Piton di entrare nella Stamberga Strillante. 

“E come mai non sono impegnata ad allontanare quei tre disperati con cui va sempre in giro per i corridoi?” 

Silente congiunge le mani davanti al proprio viso, concordando che tutto questo sia molto strano. “Posso solo immaginare che siano in ritardo, evidentemente in assenza del giovane Lupin non hanno sentito la sveglia...” 

“Non sarebbe così inaspettato, in effetti. Che non provino ad entrare durante l’orario delle lezioni però, il ragazzo ha bisogno di riposo!” 

“Vedo che è decisamente impegnata Madama Chips,” le sorride Silente, “scendo a colazione, ci vediamo più tardi.” 

“A più tardi, preside.” 

 

* 

 

James ha saltato la colazione, qualcosa che non ha mai fatto in più di cinque anni di scuola, è troppo fuori di sé per pensare a mangiare, l’idea di Remus da solo nella Stamberga, che aspetta gli amici che non potranno raggiungerlo, lo fa impazzire. Il fatto che la bestia sia rimasta senza compagnia, con ogni probabilità significa che Remus si risveglierà sofferente come gli capitava prima che riuscissero a trasformarsi in Animagi. Sa bene che Sirius non è mai stato famoso per il suo autocontrollo, ma evidente che questa volta abbia davvero esagerato e messo a rischio la vita di Piton – ma, quel che è peggio, anche quella dello stesso Remus. Peter ha passato la sera precedente, fino al momento in cui si è addormentato, e tentare di fargli capire cosa possa aver spinto Sirius ad agire in modo così irrazionale, ma James non ha voluto sentire ragioni, la rabbia era troppa. 

Quel mattino è saltato giù dal letto ben prima dell’alba, dopo aver atteso inutilmente che Sirius facesse ritorno in dormitorio, e si è avviato verso uno dei corridoi con la vista sul platano, per sincerarsi delle condizioni di Remus. La foschia che si sollevava dal lago gli ha impedito di capire in quali condizioni fosse, ma, quando ha tentato di raggiungere l’infermeria, ha visto arrivare Silente e ha capito che con ogni probabilità i suoi timori erano diventati realtà. Invece che raggiungere la Sala Grande, ha preferito salire a fare un giro nella Stanza delle Necessità, dove ha trovato un giardino abbastanza grande in cui correre e sfogare le sue frustrazioni, prima di raggiungere la lezione di Storia della magia, convinto che Sirius l'avrebbe quasi sicuramente saltata. 

 

Sirius osserva freneticamente intorno a sé, nella speranza di non incontrare alcuno sguardo amico; non ha fatto ritorno alla torre la sera prima, non dopo essersi imbattuto nel fratello di Marlene ed essere riuscito a far avvertire James del potenziale disastro a cui il suo orgoglio avrebbe potuto dar luogo. Al termine della punizione, si è aggirato per i corridoi tutta la notte, nella speranza di assicurarsi che Remus stesse bene – anche senza la presenza sua, di James e di Peter. Ha visto l’infermiera raggiungere Remus alla Stamberga, ma la luce era troppo poca per assicurarsi che l’amico fosse illeso; il fatto che Silente abbia raggiunto l’infermeria in tempi brevi è stato sufficiente a confermargli che non era affatto così, e il senso di colpa si è fatto nuovamente strada in lui. 

“Hey Sirius, che ci fai in giro per i corridoi così presto? Non credevo fossi solito alzarti prima dell’alba,” dice Marlene, apparendo al suo fianco. 

“Alzarsi avrebbe presupposto che io fossi andato a dormire,” le risponde piatto. 

“Sei sempre così di buon umore prima che il sole sorga?” 

“Dipende,” borbotta di rimando, ficcandosi le mani nelle tasche, con espressione cupa. 

“Se non vuoi parlare, basta dirlo... io stavo andando in biblioteca a restituire un libro che serve a Eleanor.” 

“Scusami,” mormora, sforzandosi di suonare più garbato. 

“Non ti vedevo così sconvolto dal compleanno di tuo fratello...” 

“Non avevo idea che tenessi traccia dei miei stati d’animo, McKinnon.” 

“Non esaltarti, Black, è solo che, per qualche strana coincidenza, tendiamo ad essere entrambi di cattivo umore negli stessi momenti...” 

“Cosa turba la tua adorabile persona?” 

“Nulla per cui tu possa aiutarmi,” lo tranquillizza lei. 

“Quindi si parla ancora di Rosier, immagino...”  

“Immagini bene,” ribatte Marlene in un sussurro. 

“Credevo che stessi cercando di andare avanti.” 

“Indovina un po’? È più facile a dirsi che a farsi.” 

“Non saprei, non mi sono mai innamorato prima...” 

“Considerati fortunato, Black.” 

“Se lo ami così tanto, perché non gli parli? Immagino non sia facile, ma potresti pur sempre cercare di farlo ragionare.” 

“Nemmeno questo è tanto semplice, non credi?” 

“Scusa, ho la stessa finezza di un bulldozer, giusto?” 

Marlene scoppia in una risata genuina, “te ne ricordi?” 

“Ricordo tutte le cose importanti.” 

Marlene sostiene il suo sguardo, leggendo il dolore che alberga in quelle iridi plumbee, come la giornata che si appresta a cominciare. “Se hai voglia di parlare, sai che puoi confidarti con me...” 

“Come ho fatto a giugno?” 

“Non che tu sia obbligato...” 

Sirius si stringe nelle spalle con nonchalance, “grazie, ma preferisco rimuginarci ancora un po’.” 

“Certo, come preferisci.” 

“Grazie però,” aggiunge in un secondo momento. 

“Immagino che in ogni caso ne parleresti con James.” 

“Forse non questa volta,” ribatte gravemente. 

Marlene si blocca, stupefatta. 

“Non ne voglio parlare però,” s’affretta a ricordarle. 

La ragazza annuisce, “posso offrirti un consiglio non richiesto?” 

“Certo.” 

“Non lasciare che la vostra amicizia venga rovinata da una sciocchezza, non te lo perdoneresti mai.” 

“Come sai che si tratta di una sciocchezza?” 

“Non c’è nulla che voi due non possiate superare,” fa notare Marlene. 

“Lo credevo anche del rapporto con mio fratello...” 

Marlene gli stringe il gomito, “non è troppo tardi nemmeno per quello.” 

“Sei decisamente troppo ottimista, McKinnon!” 

“È una delle mie caratteristiche principali, dovresti saperlo...” 

Sirius le dedica un sorriso mesto, prima di annuire lentamente. 

“Sono arrivata, grazie della compagnia.” 

“Grazie a te,” ribatte, sfiorandole la guancia con un bacio lieve come una piuma. 

Marlene lo osserva riprendere a camminare, sfiorandosi la guancia sovrappensiero, prima di entrare nella biblioteca deserta. 

 

Dietro alla statua che si trova nel medesimo corridoio, Regulus rimane nell’ombra a chiedersi cosa possa aver portato il fratello a litigare con Potter. Per un fugace attimo, è tentato di raggiungere Sirius e chiedergli se ne vuole parlare con lui – visto che non lo ha fatto con la McKinnon – però si ferma immediatamente, consapevole che non ci sarebbe alcuna possibilità che il fratello si apra con lui. Sirius ha tentato più volte di parlargli, dopo la sua fuga da casa, ma Regulus l’ha snobbato voltandogli le spalle e ora potrebbe essere troppo tardi riappacificarsi con lui. Sa bene quanto sua madre sia diventata impossibile con il fratello nel corso degli anni, capisce come mai si sia spinto fino alla fuga, eppure non riesce a perdonarlo per averlo lasciato indietro – un'altra volata. Gli sembra di essere tornato al suo primo anno, quando è arrivato a Hogwarts e si è reso conto di essere stato rimpiazzato da James Potter. Sirius ha insistito per mesi che non fosse così, che Regulus avrebbe dovuto semplicemente dare una possibilità a James, ma il più giovane non si è mai trovato a suo agio con l’amico del fratello e, dopo qualche tentativo, ha accettato la propria sconfitta. 

Forse però, l’aver litigato con Potter potrebbe essere una motivazione per farlo riavvicinare al fratello e Regulus di questo non può che essere grato. Raggiunge la Sala Grande per la colazione, trovandola ancora relativamente vuota e prende posto accanto ad un Evan dall’espressione accigliata. 

“Credevo di trovarti in Sala Comune,” lo saluta il più grande. 

“Troppi pensieri, non riuscivo a dormire, quindi sono uscito presto per fare una passeggiata.” 

“E ti ha aiutato a schiarirti le idee?” 

“Di sicuro mi ha permesso di scoprire un paio di notizie interessanti.” 

“Non oso immaginare quali...” 

“Beh, innanzitutto, mio fratello e Potter hanno litigato e pare che la situazione sia grave,” annuncia Regulus in un sussurro, controllando che nessuno stia ascoltando. 

“Come mi dispiace,” ribatte Evan con una smorfia, “credi forse che tuo fratello abbia ritrovato la spina dorsale e si sia finalmente reso conto che tutto quello in cui Potter crede sono un mucchio di fandonie?” 

“Forse, anche se credo che sarebbe troppo bello per essere vero.” 

“Hai intenzione di fare qualcosa al riguardo?” 

“Non prima di vedere come si evolvono le cose,” dichiara Regulus, versandosi una tazza di tè bianco. 

“Concordo che sia saggio attendere in effetti...” 

“Dubito, comunque, che mio fratello possa mai davvero condividere le nostre idee.” 

“Forse condividerle è una parola grossa, ma magari potrà per lo meno provare ad accettarle.” 

Regulus si stringe nelle spalle, servendosi di una porzione di uova e salsiccia. 

“Dicevi che hai scoperto un paio di notizie, quale sarebbe l’altra?” 

“Beh, si tratta di qualcosa che ti farà sicuramente piacere,” ribatte svelto Regulus, assicurandosi nuovamente che non ci siano orecchie indiscrete in ascolto. 

Evan inarca le sopracciglia, abbandonando il suo toast per concentrarsi sull’amico. 

“A quanto pare, la McKinnon è ancora innamorata di te, vecchio mio...” 

Evan sente il proprio battito cardiaco accelerare, alla menzione di Marlene, ma non ha intenzione di permettere alla speranza di farsi nuovamente strada in lui – non dopo la reazione che ha avuto quando le ha consegnato il proprio regalo di compleanno. 

“Ovviamente la amo anche io, ma tante volte l’amore non basta.” 

“Forse può valere per i matrimoni combinati dei nostri genitori, ma non è questo quello che vogliamo per il nostro futuro, correggimi se sbaglio.” 

“Non ti sbagli, ma non penso che Marlene potrà mai soprassedere al futuro che mi aspetta.” 

“Forse devi impegnarti di più per aiutarla a comprendere la tua scelta.” 

“Non so se sarà sufficiente, ma ti ringrazio davvero.” 

“Per cosa?” 

“Per avermelo detto... sei un vero amico.” 

“Anche tu.” 

I due cambiano argomento, passando al Quidditch, considerando che il tavolo comincia a riempirsi di compagni di casa. 

 

 

* 

 

Quando James arriva di corsa nella pausa mattutina, trova la porta dell’infermeria semichiusa e Sirius immobile accanto al letto in cui Remus sta riposando. 

“Hai un bel coraggio a presentarti qui...” 

“Volevo solo vedere come stava.” 

“Potevi pensarci ieri sera, prima di fare il coglione, magari! Non posso credere che tu lo abbia fatto!” la voce di James Potter non è mai stata così carica di rabbia. 

L’altro non ha nemmeno la forza di rispondere, si limita ad abbassare lo sguardo, colpevole. 
“E se non fossi riuscito a fermarlo? E se Josh non mi avesse intercettato prima della fine dell’allenamento? Hai una vaga idea di cosa sarebbe successo se Piton fosse entrato e avesse raggiunto Lunastorta nella Stamberga? Sarebbe stato un disastro!” 
“Ma lo hai fermato…” 
“Sì, ma solo Silente lo ha convinto a stare zitto. Avrebbe potuto ucciderlo, lo sai?!” 
“Ma è solo Mocciosus…” tenta di difendersi Sirius, ripensando alle parole del Serpeverde risalenti al giorno precedente. 
“E non ti importa di quello che sarebbe successo a me? Gran bell’amico che sei!” dichiara Remus, dopo aver finalmente aperto gli occhi, entrambi si voltano verso di lui. 
James si avvicina a lui, “come stai, Rem?” 
“Un vero schifo, grazie…” 

“Ero solo furioso con lui…” borbotta invece Sirius, immaginando che il licantropo non lo voglia accanto. 
“Beh, sarebbe ora di crescere, Black!” esclama rabbiosamente il ragazzo steso nel letto. 
“Io… senti, Remus…” 
“Sai che c’è? Non ho proprio voglia di starti a sentire, né di parlare con te… esci da qui, grazie,” mormora esausto. 
“Lo stesso vale per me, non ho nessuna voglia di parlare con te!” aggiunge James, gli occhi ancora fiammeggianti, il tono che non ammette repliche. 
Sirius aprì la bocca per parlare… per provare a spiegare, ma guardando gli altri due decide che è meglio lasciarli sbollire, arretra quindi fino alla porta e la apre, trovandosi faccia a faccia con Peter, Lily e i gemelli. 

“Si è svegliato?” domanda Lily. 

“Sì, anche se non è ancora in forze.” 

“Dove stai andando?” gli domanda invece Peter. 

“Ancora non abbiamo chiarito...” 

I gemelli si scambiano un’occhiata, sanno che James e Sirius hanno litigato, ma speravano che si fosse sistemato già tutto. 

“Vuoi compagnia?” gli domanda Fabian. 

“No, non preoccupatevi,” ribatte, avviandosi verso la torre rosso-oro. 

 

Nel pomeriggio Lily è seduta in Sala Comune accanto a Lexie e Marlene, quando vengono raggiunte da Mary, che ha concluso la riunione di redazione. 

“Avete notizie di Remus?” domanda la nuova arrivata. 

“Lily è andata a trovarlo,” le risponde Marlene. 

“Come sta?” 

“Un po’ acciaccato, ma si riprenderà in un paio di giorni secondo Madama Chips.” 

“Pensavo di portargli gli appunti di Antiche Rune e Incantesimi, sempre che non lo abbia già fatto qualcun altro...” 

“Dubito lo abbia fatto qualcuno tra i suoi compagni di stanza,” ridacchia Lexie. 

“E non l’ho fatto nemmeno io,” conferma Lily, “pensando che magari volessi farlo tu.” 

“Che vai dicendo?” ribatte la MacDonald, arrossendo. 

“Che forse ti farebbe piacere raggiungerlo in infermeria per un saluto,” dichiara in tono ovvio Marlene. 

“Non so se lui si aspetta che vada, è vero che negli ultimi mesi ci siamo avvicinati molto, ma siamo solo amici e lui è davvero timido e non vorrei spaventarlo...” 

“Dai retta a me, se aspetti che uno come Remus faccia la prima mossa, rischi di aspettare per sempre,” gli dice Lexie. 

“Senti chi parla,” risponde svelta Lily. 

La Cacciatrice scuote la testa, prima di incrociare lo sguardo della sua migliore amica, “mi sono forse persa qualcosa?” 

“Solo il tuo continuo scambio di sguardi con Fabian, il vostro flirtare, il fatto che abbiate così tanto in comune, ma facciate finta di niente! In tutta onestà comincia a diventare snervante.” 

“Io non flirto!” 

“Nah, ti limiti a fissargli il fondoschiena ogni volta che si alza dalla sedia,” le dice Marlene incrociando le braccia, con espressione maliziosa. 

“Beh, potete biasimarmi?” 

“Certo che no,” si affretta a rispondere Mary. 

“Mary MacDonald! Credevo stessimo parlando del fatto che ti piace Remus, ora invece scopriamo che guardi gli atleti!” la incalza Lily, senza riuscire a smettere di ridere. 

“Beh, gli occhi sono fatti per apprezzare, no?” 

“Credevo preferissi i tipi taciturni e misteriosi, come Remus,” insiste la Evans. 

“Certo, però non significa che non possa apprezzare un bel fisico.” 

“Non so come tu faccia, Lex,” commenta Marlene. 

“Faccio cosa?” 

“Allenarti con loro quattro volte a settimana.” 

“Le ragazze hanno uno spogliatoio separato, ve ne rendete conto, vero?” 

“Certo, ma comunque...” il tono di Marlene si affievolisce fino a diventare un sussurro. 

“Allora dite che faccio bene a passare in infermeria?” 

“Ma certo! Anzi, vedi di muoverti, che ti aspettiamo per andare insieme a cena!” la incoraggia Lexie. 

“Solo se tu prometti che farai in modo di darti una mossa con Fabian,” le risponde Mary. 

“Farò del mio meglio...” 

 

Sdraiato nel suo letto in infermeria, Remus ripensa alla notte precedente – grato di non ricordare praticamente nulla. 

“Si può?” domanda la voce di Mary, avvicinandosi. 

“Ciao Mary, che piacere vederti.” 

“Come ti senti?” 

“Meglio, grazie.” 

“Ti ho portato gli appunti di Antiche Rune e Incantesimi, so che ti piace rivederli prima della lezione successiva.” 

“Grazie mille,” le sorride Remus. 

“Spero di non averti disturbato.” 

“Certo che no, sono davvero contento che tu sia venuta; sono solo un po’ stanco.” 

“Se vuoi ti lascio riposare.” 

“La tua compagnia mi fa estremamente piacere.” 

Mary arrossisce, arrischiandosi a sfiorargli la mano sinistra. “Sono felice di sentirtelo dire.” 

I loro sguardi s’incontrano per un momento, prima che entrambi li abbassino, temendo che l’altro possa capire cosa gli stia passando per la testa. 

“Sai Remus, c’è qualcosa che vorrei dirti, ma ho come l’impressione che tu mi stia nascondendo qualcosa, non vorrei sembrarti esagerata, voglio solo farti capire che mi puoi dire qualsiasi cosa. Hai per caso una malattia incurabile?” 

Il ragazzo prende un lungo respiro, “a essere sinceri sì,” trova il coraggio di confessarle. 

“E perché non me lo hai detto prima?” 

“Perché è qualcosa di personale e di difficile da condividere, lo sanno solo in pochi...” 

“Lo sai che non ti giudicherei mai.” 

“Certo, ma ti capirei se non volessi più avere a che fare con me.” 

“Non potrebbe mai succedere.” 

“Nemmeno se ti dicessi che la ragione per cui sono ammalato così spesso è che sono un licantropo?” 

Mary sostiene il suo sguardo, anche quando il ragazzo lo abbassa, prendendo nuovamente la mano di Remus nella propria, “questa notizia non mi spaventa.” 

“Davvero?” 

“No, come potrei cambiare idea su di te per via di un unico dettaglio?” 

“Sei una persona meravigliosa, Mary.” 

“Anche tu lo sei, Remus.” 

“Sono fortunato ad averti come amica.” 

“E io ad avere te,” risponde lei, stringendo le sue dita tra le proprie. 

 

 
 


 

 

Nota dell’autrice: 

Questo è forse il capitolo più difficile che io abbia scritto fino ad ora, visto che è dedicato a uno dei momenti o più difficili dell’amicizia dei Malandrini. Sirius è forse quello che, tra tutti loro, è più incline a lasciarsi andare a momenti di rabbia causati dall’orgoglio. 

Mi piaceva l’idea di mostrare quello che avrebbe potuto essere: Regulus che potrebbe aiutare Sirius in uno dei momenti più duri, ma la frattura tra i due fratelli è troppo grande per essere sanata – non così velocemente, per lo meno. 

Era anche arrivato il momento per Mary di scoprire la verità su Remus, spero sia stato credibile che lei abbia accettato così velocemente la notizia. 

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Capitolo 11
*** 11. I'd take another chance, take a fall, take a shot for you ***


Minerva McGranitt osserva stupita Sirius Black camminare a debita distanza da James Potter – come non è mai accaduto dal momento stesso in cui hanno entrambi messo piede nella scuola. Quei due sono considerabili alla stregua di una coppia di gemelli siamesi, dove c’è uno è altamente probabile che ci sia l’altro, ma non quel mattino. Quel giorno James era accanto a un estremamente pallido Remus Lupin, con un trotterellante Peter Minus alle calcagna. Sirius, invece, camminava in completa solitudine e con un’aria depressa e infastidita molti metri più indietro, sotto allo sguardo preoccupato di Marlene McKinnon. La professoressa di trasfigurazione aveva già parlato con il preside e sapeva che Potter aveva salvato da vita di Piton il venerdì precedente, quello che non si sarebbe mai aspettata era che qualcosa, o meglio qualcuno, sarebbe stato in grado di creare una frattura tra i due compagni più legati della sua casa. 

 

11. I'd take another chance, take a fall, take a shot for you 

 

Tieni chi ami vicino a te,  

digli quanto bisogno hai di loro,  

amali e trattali bene,  

trova il tempo per dirgli “mi spiace”, “perdonami”,  

“per favore”, “grazie” e tutte le parole d’amore che conosci.” 

Gabriel Garcia Marquez 

 

 

 

Quel fine settimana l’andirivieni continuo di studenti Grifondoro turba la quiete che Madama Chips tanto ama, la pace che l’infermiera è convinta sia necessaria per aiutare la guarigione dei suoi studenti. Non se la sente di rimproverare nessuno però, perché, se c’è qualcuno che necessita di compagnia, quello è proprio il paziente di cui si sta occupando con tanta cura.  

Remus viene dimesso con grande titubanza il lunedì mattina, per poter seguire le lezioni, l’inflessibile infermiera si fa promettere dal giovane che sarebbe tornato a farsi visitare, sia dopo pranzo, che a fine giornata, il ragazzo le sorride condiscendente, ringraziandola nuovamente per le cure premurose. Per tutto il giorno Sirius non vede da nessuna parte, Remus, nonostante la rabbia ormai smaltita, è troppo orgoglioso per chiedere di lui e lo stesso vale per James, che però si guarda intorno in ogni classe in cui entrano e ad ogni angolo in cui svoltano. 
“Hey Potter, dov’è il tuo amato Black?” chiede Piton, non appena i Serpeverde raggiungono i Grifondoro nella classe di Trasfigurazione. 
James non gli risponde, lasciandosi cadere accanto a Remus, nel banco accanto a Peter. 
“Ce ne siamo finalmente liberati?” continua l’altro, sorridendo beffardo, sedendosi alla sinistra dei Malandrini. 

Lily stringe i pugni, infastidita dal suono della sua voce e dalla vicinanza del suo ex migliore amico, insolitamente preoccupata dall’assenza di Black. 
“Ma perché non chiudi quella boccaccia, Piton?!” interviene quindi Lexie, voltandosi verso di lui, dalla sua posizione, davanti a James. 
“Che modi, Ashworth!” sogghigna Mulciber, “chissà come devi essere focosa sotto le lenzuola… posso fare un giro?” aggiunge, guardandola lascivo. 
Fabian vede nero davanti a sé, gli è subito addosso, senza lasciare il tempo al biondo di reagire, “non osare mai più rivolgerti a lei in questo modo,” scandisce, puntandogli la bacchetta alla gola. 
Mulciber continua a sogghignare, “che paura che mi fai, Prewett…” lo redarguisce, mentre James e Gideon portavano via di peso Fabian, prima che la situazione degeneri. 

Lexie lo guarda di sottecchi, stupita da una reazione così veemente, gli sorride in ringraziamento e lui ricambia, sostenendo il suo sguardo per qualche istante.  
“Se vuoi avere a che fare con un vero uomo sai dove trovarmi, Ashworth… ci metterei pochi secondi per farti urlare il mio nome, sono sicuro che mi supplicheresti per averne ancora. Anzi, se vuoi potremmo mollare questa lezione e ti potrei sbattere nel corridoio del terzo piano…” termina Mulciber, ammiccando. 
“Nei tuoi sogni, Mulciber… mi fai schifo!” soffia di rimando Lexie, assicurandosi che Gideon e James stiano ancora trattenendo Fabian, le cui iridi sono attraversate da una sfumatura collerica più temibile della precedente. 
“Li popoli sempre i miei sogni, Ashworth!” continua a insistere Mulciber, facendole l’occhiolino. “Che ne dici Evans, vuoi fartela tu una scopata con me?”  
Lily non ha il tempo di reagire, così come non lo ha James. “Cinquanta punti in meno per Serpeverde, Mulciber!” ringhia la Professoressa McGranitt, entrando in classe. “Non tollero la mancanza di rispetto nei confronti delle sue compagne.” 
“Ma io non ho mancato di rispetto a nessuno, Professoressa,” si difende Edgar, tagliente. 
“Non aggiunga l’insulto alla mia intelligenza, Mulciber,” lo redarguisce la Direttrice di Grifondoro. 
“Ma ho solo comunicato loro un dato di fatto, Professoressa… se la Ashworth e la Evans vogliono un vero uomo sanno dove trovarmi,” continua il Serpeverde, vantandosi e facendo spallucce. 

Evan gli lancia un’occhiata obliqua che gli fa perdere il sorrisetto che gli icrespa le labbra, ma è comunque troppo tardi. 
“Basta così, Mulciber! Punizione per le prossime due settimane. Fuori dalla mia classe!” esclama esasperata l’insegnante, scrivendo velocemente un biglietto e sigillandolo magicamente. “Dia questo al Professor Lumacorno,” aggiunge, porgendogli la pergamena. 
Dopo che Mulciber ha lasciato la classe, la Professoressa si volta verso gli altri Serpeverde, “qualcuno di voi ha qualcosa da aggiungere?” 
La maggior parte di loro fa segno di no con la testa, rimanendo in perfetto silenzio.  
Silenzio che viene interrotto in tono untuoso da Severus Piton, “mi chiedevo solo dove fosse Black, Professoressa.”  
L’insegnante si volta fulmineamente verso i Grifondoro del sesto anno: “ebbene?” chiede, occhieggiando in particolare James. 
“È malato, Professoressa,” risponde Marlene, mentre gli altri annuiscono, ed Evan non riesce a impedirsi di fissarla. 
“Bene,” ribatte la vicepreside, “fategli avere i compiti del giorno.” 

“Malato, come no,” bofonchia Piton, assottigliando gli occhi. 

“Da quando ti interessa se Black frequenta le lezioni?” gli domanda quindi Evan, costringendosi a distogliere lo sguardo dai capelli dorati di Marlene. 

Piton borbotta una risposta inintelligibile ed Evan fa spallucce, recuperando il materiale richiesto.  
  
 

Sirius non si presenta a lezione nemmeno il martedì e il mercoledì, costringendo i compagni a mentire riguardo alla sua presunta malattia e la McGranitt a insospettirsi visto che il ragazzo non si è presentato in Infermeria per chiedere una cura a Madama Chips. Salta anche l’allenamento del lunedì e quello del mercoledì, costringendo James a far volare il suo sostituto e a preoccuparsi che la squadra non sarà pronta per la prima partita dell’anno. Visto che il ragazzo non appare nemmeno in camera per dormire, Remus e James non lo vedono dal venerdì mattina e Peter teme di chiedergli quando hanno intenzione di rimettere le cose a posto, perché la risposta potrebbe essere mai. Giovedì, finalmente, Marlene e Lexie lo convincono a tornare in classe. Il primogenito Black prende posto insolitamente al primo banco, seguendo apaticamente tutte le lezioni del giovedì e del venerdì; per poi sparire alla fine dell’ultima lezione, che segna l’inizio del weekend. 
Il fine settimana, senza Sirius, si svolge in maniera fin troppo tranquilla per i Malandrini. La gran parte del gruppo del sesto anno occupa l’area della sala comune più vicina al fuoco. Remus è seduto accanto a Mary e si porta avanti con lo studio, per poi aiutarla a correggere le bozze degli articoli; James invece sta con i suoi compagni di squadra intento ad organizzare la migliore strategia per affrontare Corvonero a fine mese. La prima partita dell’anno sarebbe solitamente tra i rosso-oro e i Serpeverde, ma James ha scoperto il giorno precedente che, su richiesta della casa di Salazar, i verde-argento saranno sostituiti da Corvonero, per via di un infortunio occorso al loro portiere titolare. 

“Mi sembra semplicemente un modo per confondere le acqua,” bofonchia il capitano di Grifondoro, passandosi le mani tra i capelli. 

“Siamo decisamente più forti di Corvonero,” gli fa notare pacatamente Gideon. 

“Certo, ma ci eravamo preparati per affrontare le Serpi...” 

“E da adesso ci prepareremo per i Corvi,” ribatte Lexie, stringendogli la spalla. 

“Sì, due settimane non sono moltissime, ma ce la faremo.” 

“Cerca di essere un po’ positivo, James!” lo esorta Fabian. 

“Lo sarei molto di più se il tuo compagno Battitore titolare non si fosse dato alla macchia...”  
“Qualcuno sa dove sia Sirius?” domanda Peter, interrompendo la riunione di squadra. 
“Credo sia nel parco…” risponde Marlene, senza sollevare gli occhi dal tema di Antiche Rune. 
“L’hai visto?” insiste Peter. 

“Di sfuggita, stamattina presto quando scendevo per vedermi a colazione con Eleanor.”  

“Gli hai parlato?” 
Marlene sospira, “poco, mi ha detto di aver bisogno di riflettere…” 
“Non potreste ricominciare a parlargli?” chiede timidamente Peter. 
"Ti ricordo che è lui che non si fa vedere nella Torre da una settimana,” risponde James. 
L’altro abbassa gli occhi, imbarazzato.  
“Ragazzi, non litigate anche voi,” li prega Marlene, sorridendo a Peter. 

“Non stiamo litigando,” chiarisce James. 

“Fprse, è solo che è strano vedervi in tre...” commenta Lexie. 

“Non sarà così ancora per molto, vero?” interviene Mary, che sa cosa è successo, visto che glielo ha raccontato Remus. 

“No, ci chiariremo presto,” a rassicura lui, sorridendole. 

James annuisce, “sperando che Sirius si decida a riapparire...” 
“Rem, tu hai già finito il compito di Aritmanzia?” chiede quindi Lily, per cambiare argomento. 
“Mi manca l’ultima parte,” ribatte il ragazzo chiamato in causa, grato. 
  
Il lunedì successivo, quando Sirius si fa vivo per partecipare alle lezioni, viene spedito dalla McGranitt in infermeria, con quasi 40 di febbre. Il martedì rimane ricoverato tutto il giorno, per poi tornare in classe il mercoledì, anche se molto debilitato. Il giorno successivo Lexie, Fabian e Gideon lo trascinano con loro ad allenarsi, decisi a spingere i due migliori amici a chiarirsi su un terreno più neutro della sala comune affollata. James gli si rivolge solo quando strettamente necessario, ma non riesce a nascondere un sorriso nel rivederlo sfrecciare accanto a sè sul campo. Alla fine dell’allenamento, mentre raccolgono le palle, le scope e gli schemi di gioco, gli altri si avviano negli spogliatoi, per lasciarli da soli e Sirius si avvicina a James. “Mi dispiace, Ramoso. Vorrei poter tornare indietro e tenere la bocca chiusa, ma non posso. Devi perdonarmi però, perché non ce la posso fare senza mio fratello… tu sei mio fratello, James, e non riesco ad andare avanti senza te.” 
L’altro lo fissa lungamente, mentre Sirius sostiene lo sguardo fieramente, “sei un cretino, Felpato! Non oso immaginare cosa sarebbe successo se non avessi fermato quell’idiota di Piton, Remus ci sarebbe andato di messo e non sarebbe stato giusto!” 

“Lo so e non so come potrò farmi perdonare da lui... ho iniziato da te, sperando che sarebbe stato più semplice.” 

James assottiglia gli occhi, scuotendo la testa. “Come dicevo, sei un cretino! Ma sei anche mio fratello e mi sei mancato.” 
Il giovane Black lo abbraccia, grato che almeno un tassello della sua vita stia tornando a posto. 
“Non ti aiuterò a farti perdonare con Remus, però…” 
“Credo di sapere cosa fare,” ribatte l’altro, sorridendo enigmaticamente. 

 
Quella sera, quando Remus fa ritorno dal pattugliamento dei corridoi con Lily, vede che le tende del letto di Sirius sono tirate e tira un sospiro di sollievo. 

James s’avvicina al suo letto e vi prende posto sopra, senza tante cerimonie. 

“Stasera è anche venuto agli allenamenti e abbiamo parlato...” 

“Sono contento, James.” 

“Gli ho detto di non contare su di me, per chiarire anche con te!” 

Remus scuote la testa, “mi fai sembrare più spaventoso di quanto io non sia...” 

“Sei pur sempre un licantropo,” gli sussurra James, ghignando. 

Remus scuote la testa, spintonandolo, prima di dirigersi in bagno. 

Il mattino successivo, quando il Prefetto si sveglia, Sirius è già uscito.  

“Credo che sia già al lavoro per cercare di farsi perdonare da te,” lo avverte la voce, assonnata, di James. 
Remus si volta verso l’amico, “dovrebbe semplicemente provare a parlarmi e chiedermi scusa…” gli dice, cercando un paio di calze. 
“Ma lo sapete che le cose semplici non piacciono a Sirius!” ridacchia Gideon. 
Remus rotea gli occhi, chiedendosi cosa stesse architettando l’amico, prima di scendere in Sala Grande con gli altri e notare che, nemmeno quel giorno, Sirius è presente al loro tavolo. 

 
Non deve comunque attendere molto per scoprire ciò che il giovane Black ha in mente. Quando lui e i suoi compagni raggiungono l’aula di pozioni, infatti, trovano Sirius, appena raggiunto da Severus Piton, che parlano fuori dalla porta. 
“Puoi dedicarmi due minuti del tuo tempo, Piton?” 
“Devo proprio?” bofonchia il Serpeverde, maledicendosi per l’ossessione di arrivare sempre puntuale alla sua lezione preferita. 
“Ti chiedo solo di ascoltarmi… so benissimo che entrambi avremmo di meglio da fare, ma prima mi fai cominciare e prima finirò.” 
Piton si stringe nelle spalle, roteando gli occhi quando intravede il resto dei Grifondoro a debita distanza da loro due. 
“Volevo ringraziarti per… beh, per non aver detto a nessuno di quello che hai scoperto quel famoso venerdì.” 
“Non avevo molta scelta…” ribatte Piton, rammentando come Silente gli avesse ricordato che James Potter gli aveva salvato la vita.  
“Io sono convinto che abbiamo sempre una scelta…” Black riscuote l’altro dai suoi pensieri, “tu avresti potuto rovinare la vita di Remus, ma non lo hai fatto e io te ne sono grato. Sei stato migliore di me. Ti ringrazio infinitamente, non sarebbe stato giusto che ci andasse di mezzo Rem per causa mia…” 
Piton lo osserva stupito: dubitando che qualcuno dei suoi amici si sarebbe mai comportato così, che si sarebbe umiliato a causa sua di fronte ad uno dei loro nemici. Eppure, è proprio quello che il borioso ed egocentrico Sirius Black sta facendo in quel momento. 
Il giovane Serpeverde ha nemmeno rispondere all’altro, visto che proprio in quel momento sono raggiunti da un gruppo dei compagni del verde-argento. 
“Che c’è Black, hai finalmente capito di essere finito nella casa sbagliata?” chiede Mulciber, sghignazzando. 
Sirius volta loro le spalle senza ribattere, raggiungendo Remus e James, che si sono allontanati dagli altri Grifondoro. 
“Non ci posso credere,” borbotta Remus, quando l’amico è accanto a lui. 
Anche James Potter è assolutamente senza parole.  
Sirius dà una sbirciata ai suoi due amici, sperando che Remus sia finalmente disposto ad ascoltarlo. 
“Sono assolutamente sbalordito,” reitera il Prefetto. 
“Sono disposto a fare qualsiasi cosa per dimostrarti quanto sono stato cretino… perfino ringraziare un viscido Serpeverde,” borbotta il ragazzo, “avrei potuto rovinarti la vita, Rem… tu avresti tutto il diritto di odiarmi e ti capirei se lo facessi, ma spero tanto che tu decida di perdonarmi, contro ogni buon senso… se lo farai, sarò in debito con te per tutto il resto della mia vita.”  
“Bastava semplicemente che mi parlassi, Padfoot,” gli dice l’altro, scuotendo la testa e facendo un sorrisetto, “però è stato divertente guardarti mentre ringraziavi Mocciosus,” aggiunge a voce più alta, facendo ridere il resto del gruppo. 
“Beh, sai… a mali estremi, estremi rimedi,” ribatte sommessamente Sirius. 
I due amici suggellano la pace con un abbraccio, interrotto dall’arrivo di Lumacorno, prima di prendere posto in classe, con le spalle di Sirius liberate dal peso che vi ha gravato sopra per giorni. 

 

 

Il cielo è squarciato da una serie di lampi il mercoledì successivo, quando la squadra di Grifondoro si prepara a fare ritorno al castello, proteggendosi alla bell’e meglio con degli incantesimi scudo. 

“Fate il prima possibile, nessuno deve ammalarsi prima della partita!” li esorta James, sfrecciando davanti a loro. 

Lexie rotea gli occhi spazientita, consapevole che James non potrà mai davvero cambiare. Si accoda al resto del gruppo, prima di rendersi conto di aver lasciato il maglione della divisa nello spogliatoio. 

Inverte il proprio cammino, borbottando un “ho dimenticato una cosa, vi raggiungo a cena,” al resto della squadra, prima di rendersi conto che Fabian è al suo fianco. 

“Non ti dispiace se ti faccio compagnia?” 

“Mi spiace solo che tu ti bagni più del necessario...” 

“Ne abbiamo già presa tanta durante gli allenamenti,” ribatte, stringendosi nelle spalle. 

“Certo, ma se per disgrazia tu ti ammalassi, sai bene che sarebbe colpa del fatto che sei tornato indietro con me, vero?” 

“Allora sarà meglio correre!” la esorta lui, guidandola verso gli spogliatoi. 

Lexie gli sorride complice, raggiungendo l’edificio buio e afferrando il maglione che era scivolato dietro alla panca. 

“Non te lo metti?” 

“Meglio tenermi qualcosa di asciutto per la cena...” 

Fabian annuisce, prima di afferrare un paio di vecchie mazze abbandonate e mormorare un incantesimo sottovoce. 

Sorride quando si ritrova tra le mani due ombrelli variopinti e ne porge uno a Lexie. 

“Non sapevo che conoscessi gli ombrelli,” commenta sbalordita. 

“Mio cognato ama i Babbani.” 

Lexie annuisce, ripensando alle parole che hanno condiviso riguardo al marito della sorella più grande dei gemelli. 

“Non sono certo di sapere esattamente come si apre, però,” confessa in un secondo momento Fabian. 

“Per tua fortuna ci sono io,” celia Lexie, guidandolo fuori, “aspetta di essere uscito per farlo.” 

“Perchè?” 

“Aprire gli ombrelli al chiuso porta sfortuna.” 

“Non ti sapevo superstiziosa...” 

“Vuoi davvero mettere a rischio il nostro esordio in campionato, Fab?” 

“James non me lo perdonerebbe mai...” 

“E di litigi ce ne sono stati già abbastanza ultimamente.” 

“Già,” concorda Fabian, lasciando che un silenzio intervallato dal rumore delle gocce di pioggia sui loro ombrelli li avvolga. 

“Tutto bene?” domanda Lexie qualche secondo dopo. 

“Sì, stavo solo riflettendo su quello che avevi detto,” le risponde piano, “riguardo ai litigi...” 

“Sirius ha fatto una cazzata, non è la prima volta e, con ogni probabilità, non sarà l’ultima.” 

“Lo so, non pensavo a lui, in realtà...” 

Lexie rimane in silenzio, spronandolo a continuare. 

“Pensavo più che altro a quello che è successo a lezione con la McGranitt, alle parole che vi ha rivolto Mulciber e a come tutto questo diventerà la nostra realtà, una volta fuori da qui... mi spaventa molto.” 

“Spaventa anche me, ma più che altro mi fa arrabbiare, tantissimo.” 

“Ovviamente fa arrabbiare anche me.” 

“Ce ne siamo resi conto tutti, direi.” 

“Vi guardava come se foste oggetti!” 

“Non è che mi aspettassi un altro livello di maturità da lui, a essere sincera.” 

Fabian annuisce, chiudendo l’ombrello, ora che sono arrivati sotto l’arco d’ingresso. “Forse no, ma mi sono sentito ribollire il sangue nelle vene, qualcuno doveva intervenire.” 

“Sono felice che tu lo abbia fatto, Fab,” sussurra Lexis, stringendogli l’avambraccio sinistro. 

“Davvero? Non mi sono messo al suo stesso livello?” 

“Non dirlo nemmeno per scherzo.” 

“Io, io non so... io...” 

“Mulciber è un emerito deficiente depravato, tu non hai nulla a che spartire con lui,” lo rassicura Lexie. 

Fabian annuisce lentamente. 

“Non ti ho nemmeno ringraziato come si deve,” aggiunge la ragazza, posandogli un bacio lieve sulla guancia. 

Lui ricambia il sorriso e la prende sottobraccio, conducendola in sala Grande. 

 

 
 


 

Nota dell’autrice: 

Ammetto che avevo già trattato questo tema in un’altra long, ma qui mi sono data la possibilità di approfondire meglio tutto e spero di aver scritto una versione credibile. 

I Serpeverde sono rimasti un pochino più sullo sfondo, ma torneranno nel rpossimo capitolo, non temete. 

 

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Capitolo 12
*** 12. Life has a funny way of helping you out ***


La data sul calendario sembra deriderlo e Orion Black non è affatto abituato a sentirsi in quel modo. Non si capacita ancora di come il suo mondo abbia finito con lo sgretolarsi – anche se c’erano state diverse avvisaglie – per mesi ha continuato a mentire a sé stesso, sperando di sbagliarsi. È il diciassettesimo compleanno del suo primogenito e, in un’altra vita, sarebbe stato occupato a cercare di individuare l’erede delle Sacre Ventotto più adatta a diventare sua moglie. Si era immaginato discuterne con Walburga, nonostante la moglie fosse fin troppo difficile da accontentare, ma aveva anche sempre pensato che avrebbe fatto del proprio meglio per accontentare Sirius. Quel figlio che si era lasciato la famiglia alle spalle, che se n’era andato sbattendo la porta, senza mai voltarsi: il figlio coraggioso che, in giorni come quello, Orion si trova a invidiare sempre più. 

 

12. Life has a funny way of helping you out 

 

“Non ho bisogno di un amico che cambia  

quando cambio io  

e che annuisce quando annuisco:  

la mia ombra lo fa molto meglio.” 

Plutarco 

 

 

 

La Sala Comune di Serpeverde è ormai deserta, quando Regulus, Barty ed Evan vengono raggiunti da Piton, Avery e Mulciber.  

“Credevo che quelli del terzo anno non avrebbero mai sloggiato,” si lamenta Hector, lasciandosi cadere accanto ad Evan. 

“Sono eccitati all’idea della prima gita a Hogsmeade,” spiega Regulus, ritornando con la mente alla sua prima volta al villaggio. 

“Mocciosi," bofonchia Edgar, roteando gli occhi con fare spazientito. 

“Possiamo andare al punto?” s’inserisce Severus, che mal sopporta il compagno di casa. 

“È finalmente arrivato il momento di dar vita al nostro gruppo di selezionati partecipanti,” dichiara quindi Evan, dando una pacca sulla spalla a Regulus e Barty nello stesso momento. 

“Alla buon’ora,” si entusiasma Mulciber, portando Piton a trattenere un moto di fastidio. 

“Non mi pare che tu sia stato di nessun aiuto nel reclutamento,” fa notare Barty. 

“Già,” annuisce Regulus, incenerendolo con lo sguardo. 

“Di certo non ho le vostre conoscenze altolocate...” 

“Possiamo lasciar perdere questi comportamenti puerili?” domanda Piton, intercettando lo sguardo di Evan. 

I due più giovani si zittiscono all’istante, mentre Mulciber abbassa gli occhi colpevole. 

“Con Severus abbiamo convenuto che la cosa migliore da fare sia allenarsi quando tutti saranno andati a dormire, scegliendo una sera diversa ogni settimana, in modo da non destare sospetti,” spiega quindi Evan, gli occhi febbricitanti per l’emozione. “Ci occuperemo noi di allestire l’area in cui allenarci, visto che siamo i più portati per gli incantesimi,” aggiunge, dopo una pausa. 

“Io posso fare in modo che chi non ha intenzione di partecipare non ci disturbi,” si propone Hector. 

“Ottima idea,” annuisce Regulus. 

“Basta dire a tutti che si tratta di affari relativi ai rapporti tra l’Oscuro Signore e la famiglia Rosier,” sogghigna Hector, “nessuno si permetterà di interferire...” 

“Non se voglio evitare d’incappare nella mia vendetta,” aggiunge Mulciber. 

Evan gli riserva la stessa occhiata che di solito dedica agli insetti, ricordando a sé stesso che, l’unico motivo per cui non lo allontana dal gruppo, è che il padre è un amico di vecchia data del suo e un fedelissimo del Signore Oscuro. 

“Evita questi commenti, Edgar,” mormora in tono gelido, scatenando le risatine degli altri. 

“Direi che sarebbe opportuno riunirsi proprio sabato, in occasione della gita, quando la maggior parte dei compagni sarà concentrata sulla giornata appena conclusa.” 

“Mi sembra un’ottima idea,” annuisce Piton, facendo del proprio meglio per celare il sorriso di scherno che ha fatto capolino sul suo volto dopo che Evan ha zittito Edgar. 

“Facciamo per mezzanotte?” propone Hector. 

Gli altri annuiscono. 

“Fino a che ora pensate che saremo occupati?” domanda Mulciber, sforzandosi di trattenere la propria ira. 

“Che c’è? Hai forse un appuntamento galante?” ghigna Regulus. 

“Nulla che ti riguardi, Black!” 

“Perché non ce la fai conoscere?” insiste Hector. 

“Non sono fatti vostri,” continua l’altro, assottigliando gli occhi. 

“Possiamo tornare a concentrarci sull’argomento di questo incontro?” ricorda, con la poca pazienza che gli è rimasta, Evan. 

Tutti si affrettano ad annuire, così Piton racconta ai compagni i progressi fatti con l’incantesimo di attacco a cui sta lavorando ormai da un paio di mesi e che progetta di mettere a punto entro Natale. 

 

 

L’aria frizzante di novembre profuma d’inverno e Marlene inspira a pieni polmoni, pregustandosi l’arrivo della prima neve: uno dei suoi momenti preferiti dell’anno. 

“Che ne dite di una Burrobirra?” propone Lily, soffiandosi sulle mani guantate. 

Il resto del gruppo annuisce. 

“Dobbiamo ancora trovare un regalo per Sirius,” ribatte Lexie. 

“Abbiamo ancora tempo,” la rassicura il Prefetto. 

“Stasera sarà una festa epica,” sorride Mary. 

“Credo che ne vedremo delle belle,” si mostra d’accordo Marlene. 

“Soprattutto se qualcuno si butterà finalmente tra le braccia del festeggiato...” ridacchia Lexie, strizzandole l’occhio. 

“Pensa alle braccia tra le quali dovresti buttarti tu...” la rimbecca Marlene, scatenando altre risatine. 

 

 
 


 

Nota dell’autrice: 

Come promesso, siamo tornati anche dai Serpeverde, che finalmente danno vita al loro gruppo per prepararsi all’incontro con il Signore Oscuro. 

I Grifondoro invece sono più spensierati in questo momento: si godono i momenti da adolescenti normali che tutti meritano di vivere. 

Spero che la storia sia sempre di vostro gradimento. 

 

 

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