Convivenza forzata al n°12

di C_Totoro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Se a Molly avessero detto qualche mese prima che sarebbe finita a vivere sotto lo stesso tetto di Lord Voldemort non ci avrebbe mai creduto. E come avrebbe potuto farlo? Quell’affermazione rasentava la follia, la follia più totale. Soprattutto considerando che, dopo che Harry lo aveva affrontato durante il Torneo Tremaghi, l’Ordine della Fenice era stato ricostituito al solo scopo di eliminare Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Si erano tutti trasferiti a Grimmauld Place numero 12, a casa di Sirius Black, proprio per poter lavorare alacremente, senza sosta, ai fini di sconfiggere il famigerato Mago Oscuro. Per le prime settimane era andato tutto come previsto poi, un giorno, si era presentato Silente, in viso un’espressione greve.
“Dobbiamo collaborare con Voldemort” aveva detto, senza mezzi termini. Molly, lì per lì, non aveva neanche compreso quelle parole ma ricordava molto bene Sirius che si alzava in piedi e lo mandava al diavolo e, per un attimo, Molly aveva visto le movenze canine di Sirius anche nella sua forma umana. Chi più, chi meno, tutti con i loro tempi si erano alzati in sommossa. Perché mai avrebbero dovuto collaborare con l’uomo contro cui l’Ordine della Fenice doveva combattere? Collaborare con l’uomo per cui l’Ordine della Fenice era stato creato! Era privo di senso e Silente, come sempre, si guardava bene dal dare loro spiegazioni chiare. In modo criptico aveva semplicemente detto che “Esiste una minaccia che va al di là del Bene e del Male, una minaccia che piomberà su di noi e, per sconfiggerla, è necessario che Bene e Male collaborino. Altrimenti il mondo per come noi lo conosciamo finirà. Per quanto Voldemort sia un uomo malvagio, è anche un mago molto potente. Ho bisogno del suo aiuto e delle sue conoscenze magiche per poter affrontare questa nuova minaccia”.
Aveva detto così e poi, poco prima di smaterializzarsi, aveva aggiunto che si sarebbe ripresentato lì con Lord Voldemort il giorno seguente.
Sirius aveva protestato a gran voce. Non avrebbe mai collaborato con Lord Voldemort, checché ne dicesse Silente, non avrebbe mai permesso a quel mostro di mettere piede in casa sua e convivere con loro, con i ragazzi e, presto, probabilmente, anche con Harry. Ma Silente lo aveva convinto proprio facendo leva su Harry.
“Tu vuoi che Harry sopravviva, giusto? Pensa che questa nuova minaccia colpirà lui come chiunque altro. Non solo, pensa a questa come a un’occasione: c’è la possibilità che da questa collaborazione la minaccia di Voldemort venga a cessare e Harry, così come il resto del Mondo Magico, sarà al sicuro”.
Sirius non era sembrato affatto convinto, ma Molly lo aveva visto annuire e a Silente tanto era bastato.
Sia lei che Arthur non avevano chiuso occhio tutta la notte, Arthur continuava a dire che lei e i ragazzi sarebbero dovuti tornare alla Tana, ché ormai il Quartier Generale non era più un posto sicuro.
“Siamo venuti qua per nasconderci da Tu-Sai-Chi e ora ce lo ritroveremo sotto lo stesso tetto!” aveva esclamato preoccupato mentre s’infilava il pigiama. Molly era rimasta in silenzio, senza sapere cosa rispondere perché, se è vero che anche lei rabbrividiva al pensiero di Voldemort lì con loro, era anche vero che si fidava ciecamente di Silente ed era sicura non avrebbe mai messo in pericolo la vita di Ginny, Ron, Fred, George, Hermione e, soprattutto, quella di Harry.
“E Ginny? Ginny come la prenderà?” aveva continuato Arthur. “Solo tre anni fa è stato posseduta proprio da Tu-Sai-Chi!”
“Ginny ha detto che se è per il bene del Mondo Magico e, soprattutto, di Harry riuscirà a gestire la situazione” aveva risposto piano Molly, senza molta convinzione perché anche a lei l’idea di Ginny faccia a faccia con uno dei suoi peggior incubi la metteva a disagio.
“Lo sai che Ginny spesso cerca di mostrarsi più forte di quanto in realtà non sia” aveva risposto Arthur. Molly aveva sospirato. Concordava con ogni parola di Arthur, ma cosa potevano fare?
“Dobbiamo fidarci di Silente” aveva quindi detto convinta, prima di spegnere la luce e provare ad addormentarsi.
Il mattino dopo si alzarono tutti prestissimo. Al Quartier Generale non abitavano fisse poi molte persone ma, quella mattina, si erano presentati in molti, probabilmente solo per assistere al momento topico, solo per vedere se Silente avrebbe davvero condotto Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato nel Quartier Generale dell’Ordine della Fenice. Erano tutti nervosi, tutti con le bacchette sguainate pronti all’attacco. Fu verso le otto del mattino che la porta si spalancò e ne emerse Silente e, qualche passo più indietro, quello che Molly, dopo qualche secondo, capì essere Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Molly si era aspettata di vedere un viso emaciato, bianco, dagli occhi rossi come quelli di un serpente, calvo. Invece, di fronte a lei, c’era un ragazzo di massimo vent’anni. Un bel ragazzo di massimo vent’anni. Era alto, capelli neri, occhi scuri e zigomi alti. Un’espressione indecifrabile sul viso.
“Sì” disse piano Silente vedendo tutti i loro volti sgomenti “Ho pensato che sarebbe stato più facile per voi accettare Voldemort se lo aveste visto con l’aspetto che aveva da giovane”.
Molly, ancora concentrata sul viso del ragazzo, lo vide alzare gli occhi al cielo esasperato.
“Chiamatelo Tom, meno lo collegherete a Voldemort e più sarà facile per voi interagire con lui”.
Molly vide la mascella di “Tom” contrarsi a quelle parole.
“Certo, d’altra parte non ho creato un acronimo proprio perché detesto quel maledettissimo nome” disse in un sussurro sarcastico Voldemort, poi aggiunse in un sibilo irato “Ripetimi ancora una volta per quale motivo non posso stare con te a Hogwarts, Silente? Avrebbe decisamente più senso”.
“Perché ho visto la biblioteca che c’è qui in Casa Black, credo che tu possa trovare volumi molto interessanti. Inoltre, credo potrebbe farti bene convivere con… loro” rispose Silente accennando con la testa ai Weasley, Sirius, Remus, Ninfadora Tonks, Alastor Moody…
Certo” rispose salace Tom “Non vedevo l’ora di vivere con persone che mi detestano”.
“Sarebbe bastato non uccidere i miei migliori amici” abbaiò Sirius, scattando subito.
Molly, agghiacciata, vide le labbra del ragazzo stiracchiarsi all’insù, divertito. L’idea di aver creato dolore lo diverte… pensò con i brividi di disgusto che le scendevano lungo la schiena.
“Già” fece Tom “Sarebbe bastato davvero poco” proseguì con ironia.
Silente si volse verso di lui “Tom, cerca di collaborare. Sappiamo entrambi bene di avere poco tempo, non è il momento di perdersi-”
“Non dirmi cosa devo o non devo fare, Albus” lo interruppe Tom avvicinandosi a un palmo dal suo viso “Sto accettando tutto questo proprio perché sono perfettamente consapevole della situazione, grazie tante”.
Silente annuì, poi si rivolse ai membri dell’Ordine “Siete riusciti a trovare una stanza per Tom?”
“La soffitta” aveva ringhiato Sirius con cattiveria “Avrei preferito il seminterrato ma pare non sia agibile”.
“Tutto questo mi riporta all’infanzia” sussurrò Tom a Silente, sempre più sarcastico “Sono commosso, che bello poter rivivere i tempi dell’orfanotrofio”.
Tom fece qualche passo avanti dando le spalle a Silente “Vedi di presentarti qua spesso, altrimenti ti vengo a prendere al castello” lo aveva poi minacciato con tono basso e aspro.
Molly aveva sperato che Silente sarebbe rimasto con loro più a lungo, giusto per dare tempo a tutti loro di acclimatarsi col nuovo ospite. Invece Albus se l’era svignata nel giro di mezz’ora. Erano quindi rimasti tutti fermi nell’ingresso a squadrarsi adirati. A dir la verità, a Molly il ragazzo – Tom o Voldemort o comunque lo si volesse chiamare – sembrava abbastanza rilassato. Più che guardare loro continuava a lanciare lunghe occhiate alla Casa, come se ne fosse incredibilmente affascinato. Con sua somma sorpresa, Molly si accorse che non riusciva proprio a far coincidere l’idea che aveva in testa di Voldemort con la figura del ragazzo che era di fronte a lei. Era come se, pur sapendo che quel bel ragazzo fosse Lord Voldemort, la sua mente si rifiutasse di processarlo come tale.
“Sì, è proprio per questo motivo che Silente mi ha chiesto di trasfigurare il mio aspetto” le rispose Tom, inclinando la testa e fissando i suoi occhi scuri in quelli di Molly.
“Sarebbe così gentile da mostrarmi la mia stanza, signora Weasley?” le aveva poi domandato con un tono tanto educato che Molly ne era rimasta sorpresa, come era rimasta sorpresa dal fatto che fosse riuscito a leggerle la mente con così tanta disinvoltura ma, d’altra parte, Silente l’aveva detto, Voldemort era un abile Legilimens.
Molly annuì, senza sapere bene cos’altro fare.
“Bisogna salire le scale” mormorò facendogli cenno di seguirla.
“Sì, lo avevo immaginato” rispose faceto Tom e Molly ebbe l’istinto di voltarsi e riprenderlo. Poi si bloccò. Non è un ragazzo. È un uomo più grande di me, è Voldemort, un Mago Oscuro…
Vengo su con voi” si intromise subito Sirius raggiungendoli mentre gli altri continuavano a rimanere fermi nell’ingresso.
“Io vi seguo con l’occhio” abbaiò subito a sua volta Moody, facendo scattare il suo occhio magico sulla schiena di Voldemort.
Tom si era limitato a ridacchiare “Volessi uccidervi potrei farlo senza neanche tirare fuori la bacchetta” alzò le spalle e seguì Molly lungo le scale mentre Sirius gli puntava la bacchetta sulla schiena.
Molly aveva cercato di sistemare la soffitta come meglio aveva potuto, ma Sirius era stato irremovibile su un punto: Fierobecco non sarebbe stato sfrattato. La signora Weasley aveva provato in tutti i modi a far ragionare Sirius ma, testardo com’era, non c’era stato modo di convincerlo a trovare un’altra sistemazione o a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato o, in alternativa, all’ippogrifo. Quando quindi arrivarono in cima alle scale e la porta della soffitta venne aperta, fu inevitabile che Voldemort si trovasse di fronte Fierobecco.
“Cosa ci fa un ippogrifo qua dentro, per Salazar” esclamò adocchiando l’animale e corrugando la fronte.
“Dev’esserci qualcuno che ti tenga d’occhio ventiquattro ore su ventiquattro” ringhiò piano Sirius, soddisfatto della sua trovata. Molly sentì i brividi di panico scenderle lungo la schiena, per quanto l’aspetto di Voldemort fosse gradevole, intorno a lui c’era una… un’atmosfera bizzarra. Era quasi come essere vicino a un Dissennatore. Tuttavia, dopo l’attimo di sorpresa, Molly vide di nuovo il viso di Voldemort rilassarsi e poi la sua bocca distendersi in un sorriso divertito. Entrò senza esitazione dentro alla stanza e poi, prima di chiudere loro la porta in faccia sibilò con alterigia “Fortuna che sono un amante degli animali”.
 
Molly scoprì presto come in realtà Voldemort, o meglio, Tom (come ormai aveva iniziato a pensare a lui) non fosse affatto un ospite spiacevole da avere in casa. C’erano diverse cose dalle quali Molly era rimasta colpita e aveva iniziato a notarle sin dalla prima volta in cui avevano pranzato tutti insieme.
Il giorno dell’arrivo di Voldemort, la cucina di Casa Black era stata affollata come non mai. Tom scese mezz’ora prima dell’orario di pranzo, osservò per qualche istante la signora Weasley spadellare e poi le si avvicinò e, con fare educato, le chiese se avesse potuto aiutarla a fare qualcosa. Molly trasalì, spaventata, i piatti che teneva in mano le scivolarono e già se li immaginava frantumati a terra quando invece la loro caduta venne frenata. Molly alzò lo sguardo sorpresa sul ragazzo davanti a lei. Era stato lui. Era stato Tom. Ma come aveva fatto? Non aveva neanche la bacchetta in mano!
“Faccia un po’ più di attenzione, signora Weasley” la esortò con un sorriso gentile mentre faceva levitare i piatti fino alla tavola e quelli si andavano a posare placidamente sul legno del tavolo.
Molly non capiva come potesse essere possibile. Si era immaginata un uomo malvagio in tutto e per tutto. Un uomo sgraziato. Un uomo orribile dai modi grotteschi. Invece si trovava davanti un ragazzo dal viso pulito, i modi gentili ed educati. Sicuramente molto silenzioso, ogni tanto poteva fare qualche commento salace o sarcastico ma, in generale, sembrava essere una persona per bene. Se le avessero chiesto di scommettere se fosse o meno un Mago Oscuro, Molly, a vederlo così, avrebbe scommesso di no. Era troppo gentile, troppo educato e… arrossì un po’ al pensiero, perché davvero il suo aspetto era molto giovane, ma non poteva negare che Tom fosse un bel ragazzo. Tuttavia, c’erano state altre cose che Molly aveva notato già durante il primo pranzo tutti insieme: Tom non mangiava. Si era data particolarmente da fare quel giorno, cucinando per tutta la mattinata (al di là del nuovo ospite, c’erano davvero molte persone nuove); mentre tutti mangiavano voracemente l’arrosto con le patate al forno, gli occhi di Molly Weasley non avevano lasciato un momento il piatto di Tom Riddle. Gli aveva fatto una bella porzione abbondante – d’altra parte aveva proprio un aspetto molto sciupato, Molly era sicura che Tom fosse sottopeso – eppure, quella bella porzione, rimase quasi inviolata. L’aveva visto mandare giù qualche boccone poi aveva appoggiato forchetta e coltello ed era rimasto in contemplazione del piatto. Per qualche minuto Molly si era morsicata la lingua, cercando di resistere alla tentazione. Poi, infine, scoppiò.
“Non ti piace?” gli chiese cercando di sovrastare il tintinnio degli altri che mangiavano. Nessuno si era voluto sedere vicino a Voldemort che, quindi, risultava un po’ lontano da tutti. Malocchio e Kingsley continuavano a osservarlo con attenzione, la bacchetta sotto al tavolo puntata su di lui come se si aspettassero di dover intervenire da un momento all’altro.
Molly rimase pazientemente in attesa di una risposta da parte di Tom ma, quest’ultimo, non aveva neanche alzato lo sguardo dal suo piatto, continuava semplicemente a osservarlo corrucciato dopo aver mandato giù due bocconi.
“Non ti piace, Tom?” aveva quindi chiesto, di nuovo, alzando il tono di voce. Il tintinnio delle stoviglie e il brusio delle chiacchiere si era bloccato e, infine, Voldemort aveva alzato gli occhi su di lei. Sembrava quasi sorpreso da quella domanda, come se non si aspettasse che qualcuno potesse trovare interessante quanto e cosa mangiasse. Tom alzò le spalle, poi le sorrise “È buono, signora Weasley, purtroppo però non sono mai stato abituato a mangiare molto”.
“Forse è ciò che accade dopo anni passati come spirito, nullità” lo aggredì Sirius. Remus lo riprese a bassa voce e Molly notò come sia Malocchio che Kingsley avessero portato la mano con la bacchetta all’altezza del petto, pronti ad attaccare o difendere. Tom, tuttavia, non aveva fatto una piega, solo, il sorriso era leggermente tremolato “O forse è perché a cinque anni ho vomitato le patate e la direttrice dell’orfanotrofio mi ha fatto mangiare il mio vomito. Chissà”.
 
“Ma secondo te è vero, Arthur?” chiese Molly quella sera prima di andare a dormire.
Che cosa, Lollymolly, cara?”
“Che… sì, insomma, la direttrice dell’orfanotrofio ha fatto mangiare a, ehm, Tom il proprio vomito…” rispose in un sussurro sommesso Molly torturando le lenzuola con le mani. Ci pensava da tutto il giorno. Potevano esistere davvero persone tanto crudeli? Persone così crudeli con dei bambini? Come si poteva far mangiare il vomito a un bambino di cinque anni? Ogni volta che s’immaginava la scena si sentiva male e gli occhi le si riempivano di lacrime.
“Non ci pensare” la redarguì subito Arthur “Tu non devi ascoltare quello che dice quel ragazzo, uomo, o quello che è. Ti ricordi cosa ha detto Alastor? Ha detto che è molto bravo a manipolare, starà cercando di farci provare pena per lui o qualcosa del genere…”
“A me non sembra stia fingendo però” lo interruppe Molly avvicinandosi al corpo del marito e appoggiando la testa sulla sua spalla “Anzi, mentre diceva quelle cose… aveva uno sguardo sincero”.
“Per Merlino, Molly” la riprese Arthur esasperato “Stiamo parlando di… beh, di Tu-Sai-Chi. Immaginatelo con gli occhi rossi e il viso da serpente, vedrai che ti sarà più facile vederlo per quello che è realmente”.
Molly annuì, non del tutto convinta. Cos’era realmente Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato?
Il mattino dopo si svegliò come al solito molto presto, Molly infatti era sempre la prima a scendere e iniziare a  preparare la colazione. Scese le scale ancora sbadigliando e come mise piede in cucina rimase ferma e immobile sulla porta.
Voldemort era lì.
Il respiro le si mozzò in gola e, quando il ragazzo si volse verso di lei, quasi si sentì svenire: un conto era interagire con lui mentre era attorniata dagli Auror, un altro da soli quando la casa era ancora addormentata.
“Buongiorno, signora Weasley” la salutò Tom sempre sorridendo. Molly, tuttavia, notò come quel sorriso non arrivasse mai a scaldargli gli occhi. Era come una maschera.
Devo seguire il consiglio di Arthur, si disse, facendo qualche passo avanti. Lui è un uomo malvagio. Ha ucciso innumerevoli persone, ha gli occhi rossi, le sembianze di un serpente…
“Ho preparato la colazione, spero non le dispiaccia” proseguì Tom poggiando un piatto pieno di salsiccia e bacon sul tavolo e tornando poi ai fornelli per finire di preparare le uova.
“Oh” fece Molly scrutando con attenzione il piatto. E se fosse avvelenato?
“Il veleno è l’arma delle donne” le rispose ammiccando nella sua direzione “Be’, non proprio di tutte le donne. Bellatrix, ad esempio, è una donna molto più… come dire… fisica” proseguì, come se stesse parlando dei metodi di cottura della pasta “Ma ad esempio lei… credo sceglierebbe il veleno, se proprio dovesse uccidere qualcuno. Dico bene, Molly?” chiese portando in tavola anche le uova strapazzate per poi sedersi di fronte a lei.
Molly puntò i suoi occhi color nocciola in quelli del ragazzo seduto di fronte a lei. Come riusciva a parlare in modo così normale di uccisioni?
“Non ho mai pensato a uccidere nessuno, a dir la verità” rispose Molly, abbassando di nuovo lo sguardo sui piatti di fronte a lei. Sembravano cucinati piuttosto bene, il bacon aveva un aspetto particolarmente succulento: croccante al punto giusto. Si domandò distrattamente dove avesse imparato, non aveva mai pensato che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato fosse un cuoco, non se l’era mai immaginato mangiare, figurarsi cucinare. Eppure, in quel momento, si trovava in una situazione estremamente bizzarra. Seduta a tavola con il Mago Oscuro più potente di tutti i tempi con uova, salsiccia e bacon cucinati proprio da lui. E se avesse usato le Arti Oscure per preparare tali piatti? C’erano incantesimi oscuri per le uova strapazzate?
“No?” chiese Tom appoggiando i gomiti sulla tavola e sporgendosi un po’ di più verso di lei “Credo di aver sempre desiderato uccidere, di aver sempre avuto questa, come dire… pulsione” proseguì Voldemort con fare meditabondo “Fantasticavo di uccidere già da bambino. Volevo uccidere la signora Cole – la direttrice dell’istituto – e poi gli altri bambini babbani… non potevo chiaramente ucciderli. Allora ho iniziato a mettere in pratica quelle fantasie sugli animali”.
Molly a quelle parole si riscosse e sentì un brivido scenderle lungo tutto il corpo. Ne parlava con un tale distacco da essere raccapricciante, inquietante, quasi vomitevole. Come poteva un bambino desiderare di uccidere?
“Hai ucciso degli animali?” domandò in un sussurro Molly osservando il legno del tavolo. Non aveva mai notato tutte quelle venature strane…
“Ho impiccato un coniglio in seguito a un litigio”
Anche senza guardarlo, Molly intuì che Tom stava sorridendo. All’improvviso le passò la voglia di fare colazione e stava quasi per alzarsi e andarsene quando, in modo inaspettato, le tornarono in mente le parole che aveva detto il giorno prima, quelle che non l’avevano fatta chiudere occhio.
“Davvero ti ha fatto mangiare il tuo vomito?” chiese quindi, senza riuscire a trattenersi. Tom assottigliò lo sguardo e alzò le spalle “Perché dovrei mentire?” domandò inclinando il capo di lato.
“Per… pena-” Molly si interruppe. Si era accorta di aver detto la cosa sbagliata perché gli occhi di Voldemort avevano pericolosamente lampeggiato, screziandosi leggermente di rosso. L’istinto di Molly le suggeriva d’inventarsi una scusa e tornare su da Arthur e aspettare che qualcun altro scendesse in cucina con lei.
Pena” ripeté lui con un tono pieno di disgusto “Non voglio la pena di nessuno. Non l’ho mai voluta”.
Molly si morsicò distrattamente l’interno della guancia, combattuta tra la voglia di scappare lontana da lui e la voglia di approfondire. Era più forte di lei, l’idea che un bambino di cinque anni venisse maltrattato a quel modo… pensò a tutti i suoi figli, pensò a quante volte avevano vomitato a causa di influenza intestinali o altri motivi più sciocchi e le parole furono sulle sue labbra prima che lei potesse anche solo accorgersi di stare parlando.
“Mi dispiace” disse Molly, senza saper cos’altro rispondere “Per… insomma, quello che è successo” fece una pausa, pensando che era davvero troppo magro e che non potesse continuare a vivere solo mangiando due bocconi per pasto.
“Qual è il tuo piatto preferito?”
Tom corrugò le sopracciglia sorpreso. Non capiva la connessione tra la domanda che quella strana e sciocca donna gli aveva posto con quello di cui stavano parlando. Si strinse nelle spalle senza sapere cosa rispondere perché non aveva mai avuto un piatto preferito, poi abbassò lo sguardo sul tavolo e borbottò, cercando di cambiare argomento “Ho dimenticato i piatti” e quelli, come finì di dire quella frase, si materializzarono davanti a loro.
“Ma come fai?!” esclamò sorpresa Molly. Continuava a fare magie non verbali, senza l’utilizzo della bacchetta. Si sentiva quasi come una Babbana di fronte a un semplice Wingardium Leviosa, sapeva ovviamente fossero magie possibili, e tuttavia non aveva mai visto nessuno di persona farlo, neanche Silente. Sicuramente anche l’anziano preside ne era più che in grado e, tuttavia, non aveva mai sentito la necessità di mostrare le proprie doti in modo così diretto ed esplicito… Molly sorrise leggermente. Stava iniziando a capire l’uomo davanti a lei. Forse effettivamente, pur essendo più grande di lei, non era così diverso da tanti bambini: era solo in cerca di attenzioni.
“Anche Bella rimaneva sempre affascinata” commentò Tom con un sorriso soddisfatto.
Bella… Bellatrix Lestrange?”
Tom non fece in tempo a risponderle che la porta si spalancò e ne emersero Sirius, Arthur e Remus. Molly si zittì immediatamente – non voleva che glia latri pensassero stesse fraternizzando col nemico – e riempì in silenzio i piatti per i nuovi arrivati ma, come si sedettero al tavolo con loro, Tom si alzò.
“Grazie per la colazione, signora Weasley” disse, senza neanche aver toccato niente. Molly fece per aprire la bocca, confusa, ma non ebbe il tempo di articolare nessuna tipo di parola che Tom scomparve con un sonoro schiocco.
 
Molly, ben presto, iniziò ad aspettare quei momenti di solitudine con Tom più di quanto le facesse piacere ammettere. Non sapeva a che ora il ragazzo si alzasse; non importava quanto presto lei si svegliasse e scendesse in cucina: lo trovava sempre immancabilmente lì. Se all’inizio aveva avuto timore e paura di Tom, più ci chiacchierava al mattino – quando non era attorniato dagli altri membri della casa che lo squadravano come se fosse un demone – più imparava a conoscerlo, e Molly si rese conto di come proprio non riuscisse a odiarlo. Non quando iniziava a scorgere dietro alla sua maschera di freddezza indecifrabile un passato di abusi e torture. Davanti a lei c’era solo Tom, un ragazzo di vent’anni dalle incredibili capacità magiche e non… non… beh, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
Tuttavia, vedeva come l’aspetto di Tom si facesse via via sempre più… malato. Dimagriva a vista d’occhio – d’altra parte, praticamente non mangiando, si sarebbe stupita del contrario – e aveva delle profonde occhiaie nere che gli cerchiavano gli occhi.
Quella mattina Molly si svegliò alle quattro con un sussulto. Rimase qualche minuto a rigirarsi sotto le lenzuola ascoltando il russare di Arthur, poi decise di alzarsi e scendere giù curiosa di capire se Tom fosse già sveglio e in cucina o, se per quella volta, sarebbe stata lei a precedere il ragazzo. Come giunse davanti alla porta della cucina sentì bisbigli sommessi.
“Dobbiamo continuare su questa strada, Tom. Tu continua la tua ricerca sulle Arti Oscure, io continuerò sulla strada della Magia Bianca”.
“Sei davvero convinto che solo la commistione di tutte le Arti possano creare un incantesimo abbastanza potente per bloccare…?” Tom s’interruppe per qualche istante “Non lo so, Silente. C’è troppo come dire… dislivello tra i tipi di magia. Vedrai che quando proveremo a unire gli incantesimi che stiamo creando esploderà tutto. È evidente finirà così”.
Molly si avvicinò un po’ di più, incuriosita. Era la prima volta che sentiva discorsi di quel tenore. Anche gli altri membri dell’Ordine stavano facendo ricerche, principalmente su magie antiche e, chi lavorava al Ministero, cercava di carpire segreti dall’Ufficio Misteri dove le sperimentazioni si sprecavano. Ma era la prima volta che qualcuno parlava di unire la Magia Bianca alle Arti Oscure, creando un incantesimo nuovo, diverso, potente
“Per questo, a mio modo di vedere, dovremmo liberare Gellert”.
Tom ridacchiò “Oh ma che bella idea. E scommetto che lui invece avrà il permesso di stare a Hogwarts, eh?”
“Non posso di certo farlo stare qua…”
“No? A lui non farebbe bene vivere con persone che lo odiano?”
“Siete due narcisisti egocentrici, fareste esplodere Casa Black dopo dieci minuti”.
Tom sbuffò “Silente, ti avverto, libera Grindelwald e dovrai liberare anche Bella. Non accetto compromessi a riguardo”.
Pur non vedendolo, Molly capì che Silente stava sorridendo “Non ti conoscessi, penserei quasi che ti preoccupi per lei, ti troverei quasi… dolce”.
“Dolce…” ripeté Tom con disgusto “Non si tratta di dolcezza. Bellatrix è una strega abile, conosce le Arti Oscure molto bene, mi sarebbe utile avere qualcuno che possa aiutarmi. Oppure credi che non sia all’altezza perché è una donna?” fece una pausa “Ah, questo maschilismo da te Albus proprio non me lo aspettavo” sibilò, la voce intrisa di freddezza. Dopo qualche attimo, Molly lo sentì di nuovo parlare.
“Signora Weasley” disse Tom più forte “Ha intenzione di rimanere lì a origliare oppure vuole entrare?”
Molly sussultò mentre la porta della cucina si spalancava con uno scatto e rivelava i due maghi seduti al tavolo uno di fronte all’altro con, in mezzo, una torta al limone.
“Buongiorno, Molly. Sei molto mattiniera” la salutò Silente, affabile.
“Albus!” esclamò Molly facendo qualche passo avanti “Non volevo origliare, davvero, solo che… insomma, non volevo interrompere”.
“Non c’è problema” le rispose Silente “Siediti qua con noi e assaggia questa buonissima torta al limone che ha preparato Tom”.
Molly vide Tom alzare gli occhi al cielo e incrociare le braccia e le venne da sorridere: Tom amava i complimenti, per qualsiasi motivo questi arrivassero, ma quando si trattava di elogiare le sue doti culinarie faceva sempre il sostenuto. Molly era davvero stupita del fatto che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato sapesse cucinare così bene, preparava sempre lui la colazione e nessuno degli altri abitanti di Casa Black si era accorto del cambio di chef. Anzi, avevano iniziato a farle molti complimenti, spesso chiedendole cosa avesse cambiato, quale fosse la nuova ricetta.
Molly si sedette accanto a Silente e si servì una porzione di torta e una tazza di tè.
“Volete liberare Gellert Grindelwald?” chiese cercando di mantenere un tono normale e non preoccupato, mentre con la forchetta tagliava un pezzettino di torta.
“Albus vuole liberare Gellert” precisò subito Tom “Mi dica, Molly, si sentirebbe tranquilla con un altro Mago Oscuro a piede libero?”
Molly aggrottò le sopracciglia, la forchetta a metà strada tra il piatto e la sua bocca.
“Non sei poi così male, tu, Tom” disse alzando le spalle e portandosi infine il pezzo di torta in bocca. “Oh ma è buonissima, caro!” si complimentò subito poi quasi si strozzò con la torta.
Caro.
Lo aveva chiamato caro.
Silente proruppe in una risata e Tom afferrò i tovaglioli a centro tavola e glieli lanciò addosso.
“Non una parola, Silente! Non una parola” sibilò adirato Tom.
“Non ho detto niente” rispose Silente asciugandosi una lacrime con un dito “Sono molto contento che tu sia riuscito a fare… come dire, amicizia”.
Tom fece schioccare la lingua contro i denti “Amicizia, certo. Se la signora Weasley sapesse la metà delle cose che ho fatto se la darebbe a gambe levate”.
“Oh ma io so quello che Voi-Sapete-Chi ha fatto” si riscosse Molly. Tom si voltò verso di lei con un ghigno “Quello che io ho fatto” la corresse. “Sono io ‘Lei-Sai-Chi’, Molly” si passò la lingua sulle labbra sottili “Non se lo dimentichi mai” aggiunse in un sussurro minaccioso.
Silente batté una volta le mani “Bene. Credo sia seriamente giunto il momento di andare per me.  Molly, confido nella tua discrezione. E Tom… pensaci”.
Tom alzò le sopracciglia “A cosa dovrei pensare?”
“A liberare Gellert” disse alzandosi in piedi.
“Ma a me va benissimo” rispose prontamente alzandosi a sua volta “Ma se liberi Grindelwald io vado a liberare Bella”.
Silente scosse la testa “La differenza sta nel fatto che Gellert Grindelwald potrebbe essere la chiave affinché il nostro Incantesimo Grigio possa funzionare… Bellatrix, invece… è un tuo capriccio”.
Tom alzò le spalle “Non è un capriccio ma, anche se lo fosse, continua a essere una conditio sine qua non. Non ti aiuterò ad andare Nurmengard e liberare quell’altro se non liberiamo anche Bellatrix da Azkaban. Così è, che ti piaccia oppure no”.
Silente lo osservò per alcuni istanti da sopra gli occhiali a mezzaluna “Va bene, ne discuteremo ancora, Tom” disse infine, fece un cenno a Molly e se ne andò.
Molly osservò per qualche istante Tom finché quest’ultimo non si risedette a tavola. Era molto curiosa, sia di quello che aveva origliato riguardo a commistioni di magia di natura diversa, sia a… possibile che Tom fosse innamorato?
“Non sono innamorato” ringhiò subito lui perforandola con i suoi occhi scuri. Quando non si screziavano di rosso, sembravano sempre due pozzi neri molto profondi.
Molly scosse la testa, ogni tanto gli ricordava davvero un bambino: sembrava proprio un ragazzino che negava la sua prima cotta perché si vergognava troppo ad ammettere che gli piaceva la sua fidanzatina a scuola.
“Ho conosciuto Bellatrix a Hogwarts” iniziò piano la signora Weasley prendendo ancora una fetta di torta al limone “Ciò che ha fatto ai Paciock è…”
“Encomiabile”
“… disgustoso”
“Punti di vista differenti, cara Molly” rispose Tom ridendo forte. Capitava di rado di vederlo ridere, ridere divertito e non quei sorrisetti spocchiosi che spesso rifilava agli altri. Come spesso le accadeva quando si rendeva conto che il ragazzo di fronte a lei fosse il Mago Oscuro che aveva seminato panico per anni, che aveva ucciso e torturato innumerevoli persone, la prese forte un senso di disagio. Scrutava quel viso pallido, stanco ed emaciato in cerca di tutto quell’orrore eppure, davanti a lei, continuava a esserci solo un ragazzo che non aveva ricevuto abbastanza affetto da bambino. Non si era poi molto confidato con lei; dopo che aveva rivelato di essere stato costretto a mangiare il proprio vomito non aveva più emesso un fiato di quanto aveva patito da bambino. Ma Molly era attenta, attentissima, quando si trattava di ragazzi: era mamma di sette figli e sapeva fiutare il disagio e il dolore da lontano un miglio. Aveva notato tutti i segni che aveva sulle braccia – bacchettate? Frustate? - notava come odiasse rimanere al buio o come gli davano fastidio determinate frasi e modi di porsi con lui. Tom amava essere in controllo e, non appena vedeva che le cose gli stavano sfuggendo di mano, iperventilava. Non in modo evidente, chiaramente, ma chiunque avesse un occhio attento avrebbe potuto indovinare il suo stato d’animo. E poi… poi aveva notato come la sua mascella s’induriva ogni volta che veniva chiamato “Tom”.
Molly sorrise, perché, almeno a quel problema, una soluzione l’aveva trovata “Hai ragione, caro, punti di vista diversi”.

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Non so neanche più come questa idea mi sia venuta. fatto sta che ormai questa storia è stata scritta (ho già pronti diversi capitoli perché ormai la scrivo da ANNI. Anzi, qua ne ho accorpati tre). In un'intervista (che ora non riesco a trovare) la Rowling ha detto che se avesse potuto Molly Weasley avrebbe fatto da madre al mondo intero. E allora ecco, perché non vedere cosa ne esce fuori se la si mette insieme a Tom Riddle/Voldemort? 
Questa storia è un DISAGIO. Non è stata scritta per essere coerente ma solo per farsi due risate ed esplorare i personaggi in situazioni inedite. 

Ok. Alla prossima.

Clo

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Il nuovo modo di riferirsi a Tom da parte di Molly non era piaciuto a nessuno, in Casa Black. I suoi figli avevano iniziato a guardarla come se fosse pazza e a nulla erano valse le giustificazioni di Molly “Mi fa tenerezza” ripeteva fino allo sfinimento “Non lo vedete com’è solo?”
Caro” le aveva detto Fred “Chiamalo Tom, come facciamo tutti quando ci vediamo costretti a rivolgerci a lui” aveva scosso la testa “Mamma, non starai proiettando su di lui la mancanza di Perce? Perché va bene che lui è un cretino ma per lo meno non è un serial killer omicida”.
Molly se ne era andata dalla stanza senza ribattere. Tirare in ballo Percy era un colpo basso ma si domandò distrattamente se Fred non potesse avere ragione… che stesse cercando un modo per colmare il vuoto che aveva lasciato il suo terzogenito? Oppure davvero era solo che quello sguardo triste che le lanciava Tom le sembrava ogni giorno di più una muta richiesta d’aiuto? Una richiesta d’aiuto probabilmente anche inconsapevole, considerando il carattere del ragazzo?
Quello che l’aveva presa peggio, tuttavia, forse era stato Arthur che invece si ricordava sempre fin troppo bene che quello non solo era Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato ma era anche un uomo adulto e non un ragazzo innocente.
“Questo non è un film, LollyMolly” le aveva detto Arthur e Molly aveva sospirato cercando di ricordarsi cosa diamine fosse un film. Perché suo marito doveva costantemente fare riferimenti alla cultura babbana?
“Lo so, Arthur” rispose continuando a piegare i vestiti “So perfettamente dove siamo e cosa stiamo facendo”.
“Mi vuoi spiegare allora perché continui a riferirti a Tu-Sai-Chi – Tu-Sai-Chi, Molly! - dicendogli caro?” sibilò lui, prendendo un maglione e aiutandola a piegarlo.
“Oh Arthur. Perché vedo che lo preferisce…”
“In che senso?” la incalzò Arthur sempre più confuso.
Molly arrossì e si concentrò sui vestiti. Possibile che nessun altro si fosse accorto di come s’incupiva quel ragazzo ogni volta che qualcuno lo chiamava “Tom”?
“Ho la sensazione che non gli piaccia molto il suo nome”.
Arthur alzò gli occhi al cielo “E quindi se te lo chiedesse lo chiameresti anche mio Signore? Padrone?
Molly agitò la bacchetta con un po’ troppa energia e i vestiti piegati sfrecciarono alla velocità della luce nell’armadio “Non dire fesserie, Arthur!” poi gli ammiccò “Non sarai geloso?”
Arthur si sistemò gli occhiali sul naso, arrossendo.
“Forse un po’ sì, Lollymolly” le sussurrò Arthur afferrandola per i fianchi e avvicinandosela “Ricordati che è un uomo adulto, insomma, non è un ragazzino come Harry” le mormorò all’orecchio. Molly ridacchiò abbracciando il marito “No, lo so. Ma io… io vedo solo una persona bisognosa di una madre, capisci?”
Arthur aveva scosso la testa “A dir la verità no, ma…” s’interruppe “Ti conosco molto bene e questo tuo bisogno di aiutare chiunque, di fare da mamma a qualunque persona sia in difficoltà è una delle cose che amo di te. Non posso di certo impedirti di essere te stessa”. Molly gli sorrise grata e il suo cuore sembrò scoppiare, colmo dell’amore che provava per Arthur.
Come le loro labbra si unirono smise di pensare a tutto. Aveva proprio bisogno di scollegare un po’ il cervello…
 
“Buongiorno. È in ritardo stamattina, Molly” la salutò Tom senza neanche alzare lo sguardo dal libro di Arti Oscure che stava leggendo. Ogni volta che entrava in cucina, a dir la verità, ogni volta che lo incontrava, Tom era sempre immerso nella lettura di qualcosa. Leggeva, prendeva appunti, chiudeva gli occhi con le pagine che si giravano da sole e la penna che volava sulla pergamena. Più passavano le settimane, tuttavia, più Molly si accorgeva di come Tom stesse diventando sempre più impaziente. Sembrava non essere soddisfatto dei propri risultati; corrugava le sopracciglia, sbuffava piano e poi chiudeva il libro con un tonfo sordo.
Molly lo osservò per qualche istante con fare concentrato. Era bizzarro perché, per quanto continuasse a mangiare molto poco, sembrava essere più in forma di qualche giorno prima. Che cosa combinava? Pozioni? Arti Oscure? Perché lei continuava a preoccuparsi così per lui? Arthur, alla fine, non aveva neanche tutti i torti. Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato aveva commesso atti orribili. Ma allora perché lei continuava a fare colazione insieme a lui e a chiacchierarci amabilmente davanti a una tazza di tè?
“Sì, perdonami caro. Ma ieri sera sono andata a dormire tardi” si scusò Molly sedendosi di fronte a lui e prendendo uno dei pancake a centro tavola. Era bello in realtà svegliarsi e trovare già la colazione pronta. Provò a sbirciare il tomo che stava leggendo e si rese conto che era scritto in antiche rune.
Dormire. Ora si dice così?” chiese lui scoccandole un’occhiata divertita. Molly alzò lo sguardo su di lui allarmata e arrossì.
Sa sempre tutto, com’è possibile? Si domandò a metà tra la vergogna e la curiosità.
“Il motivo è sempre lo stesso: Legilimanzia” borbottò Tom chiudendo infine il libro e mettendolo da parte. Molly alzò un sopracciglio. Di solito non metteva via così facilmente le sue letture, anzi. Potevano anche passare un’ora in silenzio prima che lui decidesse di parlarle. Molly versò lo sciroppo d’acero sul pancake, ancora rossa per l’osservazione fatta prima di Tom e, prima che potesse anche solo rendersi conto di ciò che gli stava chiedendo, la domanda le uscì dalla bocca con estrema naturalezza.
“Tu è da molto che, ehm, non dormi, caro?”
Tom prima strabuzzò gli occhi poi rise sommessamente mentre continuava a osservarla tagliare il pancake con forchetta e coltello.
“Si sta offrendo a me, signora Weasley?” mormorò Tom e Molly si sentì come scandagliata nel profondo. Quasi sputò il pezzo di pancake a quella domanda.
Per Merlino, no non era quello che intendevo, pensò nel panico capendo come effettivamente quella domanda potesse essere letta in modo sbagliato.
“Io... no!” negò subito Molly scuotendo il capo “Non era affatto quello che intendevo” si spiegò arrossendo sempre di più “Intendevo…” si morse le labbra “Perdonami, è una domanda inopportuna”.
Tom rimase in silenzio per qualche istante “Sono stato senza avere un corpo per tredici anni” rispose poi “Quindi, come dire, diciamo che è abbastanza difficile… dormire senza avere un corpo”.
Per qualche motivo, Molly si sentiva tremendamente incuriosita dall’argomento.
“E come hai fatto a stare tredici anni…”
Tom alzò un sopracciglio “Via, non è che sia proprio indispensabile fare sesso, diciamo che avevo altre priorità come bene può immaginarsi”.
Molly divenne così rossa che pensò sarebbe potuta andare a fuoco “No! Non intendevo…” s’interruppe. Il sorriso canzonatorio di Tom la stava facendo imbestialire e contemporaneamente vergognare.
“Ha fatto tanti figli da poter mettere su una squadra di Quidditch ma ha problemi con la parola sesso?”
Molly si riprese e gli lanciò un’occhiataccia “Non ho nessun problema con la parola… sesso” fece una pausa in cui tentò di riprendere il controllo della situazione “Solo che non mi stavo riferendo a quello”.
Tom inclinò il capo di lato. Quando faceva così a Molly saliva sempre in petto un moto di tenerezza perché sembrava davvero solo ed esclusivamente un bambino curioso.
“Mi domandavo come fosse stare per tredici anni senza avere il proprio corpo”.
“Ah” fece Tom. Chiuse gli occhi e Molly gli diede tutto il suo tempo: non gli avrebbe mai messo fretta, sapeva che era una persona acuta ma a tratti molto introversa e, molto spesso, doveva pensare a lungo su cosa dire, quanto di sé rivelare. Spesso Molly si domandava quanto si potesse fidare delle parole che Tom le diceva: era un abile manipolatore e ogni cosa poteva essere potenzialmente una menzogna.
“È stato difficile” disse infine riaprendo un occhio “Meno di uno spirito, meno di qualunque essere vivente sulla faccia della Terra. Un mero parassita. Il peggio, credo sia stato rendermi conto che non sarebbe arrivato nessuno ad aiutarmi” si morse le labbra e distolse lo sguardo “Non che fosse una novità: sono sempre stato solo. Ho sempre dovuto cavarmela da solo”.
Di nuovo, la colse quell’istinto di alzarsi e andare ad abbracciarlo, consolarlo, fargli sapere che non era affatto da solo. Fortunatamente, riuscì a trattenersi ma, con suo sommo rammarico, si rese conto che il motivo di quella titubanza era uno: aveva intuito che Tom non fosse propriamente una persona dai grandi slanci fisici e, anzi, sembrava disprezzare l’intimità, l’essere toccato. Ancora una volta, le salì quindi alle labbra un’osservazione inopportuna, ma era curiosa, troppo curiosa…
Bellatrix ha torturato i Paciock per avere informazioni su di te” iniziò a dire piano.
Le labbra di Tom si stiracchiarono in un sorriso “Così pare, ma io l’ho scoperto solo anni dopo” fece una pausa poi proseguì a denti così stretti che Molly fece quasi fatica a sentirlo “Non potevo credere che lei mi avesse abbandonato. Non lei. Proprio lei…
Molly si sentì infastidita. Non conosceva bene Bellatrix. Avevano frequentato Hogwarts negli stessi anni e non poteva di certo dire di aver avuto una bella impressione della ragazza: certo era bellissima ma arrogante, razzista, dalle vedute limitate… non l’avrebbe mai voluta come compagna per uno dei suoi figli, insomma.
Tom non è tuo figlio, arrivò subito a ricordarle una voce ammonitoria.
“Perché da lei non te lo aspettavi?” domandò infine, non sapeva spiegarsi per quale motivo non riuscisse a smettere di chiedere, a smettere di voler capire chi fosse Tom, cosa pensasse… cosa aveva passato nella sua vita. Com’era possibile che una donna come Bellatrix fosse riuscita a entrare in intimità con Tom? Sembrava una donna priva di qualsiasi delicatezza e sensibilità. Avrebbe potuto indisporre Tom praticamente solo aprendo bocca. Com’era possibile che fossero diventati intimi?
Voldemort appoggiò i gomiti sulla tavola e si sporse verso di lei “Ho un… rapporto speciale con Bellatrix” le sibilò infine dopo averla soppesata per alcuni istanti.
“È la tua fidanzata?”
Tom scoppiò a ridere e scosse la testa “L’ultima volta che ho controllato, Bella era sposata con Rodolphus Lestrange”.
“È la tua amante?”
Uhm” si limitò a dire lui con un’alzata di spalle. Molly prese un altro pancake e lo tagliò con un po’ troppa energia.
“Non credo sia la donna giusta per te” fece infine.
“No?”
“È arrogante, indisponente, pazza… A Hogwarts le andavano dietro la metà dei ragazzi e questo solo perché era di una bellezza sconvolgente. Ma nessuno, ovviamente, era alla sua altezza. Oh, no. Nessuno era abbastanza puro per la signorina Black”.
Tom sogghignò “Le mie orecchie m’ingannano o sento un po’ di acrimonia, Molly? La sua è invidia o gelosia?”
Molly alzò il mento “Oh, nessuna delle due. Sono contenta di essere chi sono. Per inciso, mentre lei spendeva quattordici anni ad Azkaban io crescevo i miei figli e vivevo la mia splendida vita con mio marito. No, solo, non credo sia adatta a te”.
Tom rimase in silenzio per diversi istanti, le sue labbra sempre increspate in un sorriso “Mio malgrado, temo invece che lei si stia sba-”
Lasciò la frase a metà perché il Patronus di una fenice aveva appena fatto il suo ingresso in cucina. La voce chiara e calma di Silente uscì dall’Incanto “Harry ha fatto una magia fuori da Hogwarts per proteggersi da un attacco dei Dissennatori. Rischia l’espulsione. Sto andando al Ministero a occuparmene”.
Molly si portò le mani alla bocca sconvolta e guardò con occhi sgranati Tom che, invece, sembrava sul punto di scoppiare a ridere. Molly si alzò in piedi “Devo dirlo a Sirius! Non ci voleva anche questa, con tutto quello che sta accadendo!”
Tom ridacchiò e scosse la testa.
“Non mi sembra davvero il momento di ridere ed essere divertiti”.
Ah! Ma cosa vuole che accada Molly” le disse con un’alzata di spalle “Cosa può Caramell contro Silente? Cornelius sputacchierà di qua e di là in preda al panico e poi alla fine farà esattamente quello che vuole Silente”.
“E se così non fosse? Se Harry venisse espulso da Hogwarts?”
“Ci penserò io a Cornelius Caramell, se proprio lei tiene così tanto a Potter” rispose Tom abbassando lo sguardo di nuovo sul libro di Arti Oscure.
“In che senso?” chiese Molly turbata e senza capire.
“Silente sarà troppo nobile per alcuni gesti io, tuttavia, non lo sono di certo”.
Molly continuò a guardarlo con sguardo vacuo, senza capire assolutamente ciò che stesse tentando di dirle Tom. Lui inclinò di nuovo il capo di lato poi le fece un ghigno a metà tra il divertito e il malvagio.
Avada Kedavra” sibilò Tom con spietata naturalezza mimando il gesto di lanciare la Maledizione con la mano sinistra.
Molly rabbrividì.
 
 
Silente arrivò a Grimmauld Place come una furia. Molly non l’aveva mai visto tanto arrabbiato e non si stupì di Mundungus che tremava come una foglia sotto lo sguardo terribile di Albus Silente. Non lo insultò, non lo prese a male parole, ma lo riprese duramente con così tanto astio da fare paura. Dopo la lunga sfuriata contro Mundungus, Albus si volse verso Tom con ancora negli occhi quella fiamma agghiacciante.
“Sei stato tu?” gli domandò senza mezzi termini.
Molly si meravigliò di come Tom rimanesse mollemente seduto sulla sedia, tranquillo. Fosse stata lei l’oggetto della collera di Silente si sarebbe rimpicciolita e avrebbe chiesto perdono a prescindere. Era una donna forte Molly e, tuttavia, vedere Silente inferocito era un’esperienza raccapricciante. Tutti sapevano che mago strepitoso fosse eppure, il fatto che solitamente Albus fosse una persona pacata e gentile, non faceva mai comprendere fino in fondo quanto potesse essere spaventevole vederlo imbufalito in quel modo: non ce lo si aspettava dal mago tranquillo e pacifico che avevano imparato a conoscere. Tuttavia in quel momento si sentiva dell’elettricità nell’aria, come se la sua magia premesse per uscire.
“Io?” chiese flemmatico Tom alzando le sopracciglia “Perché mai avrei dovuto fare una stupidaggine del genere?”
“Per privare Harry dell’anima e avere campo libero con lui più facilmente, mi sembra ovvio” rispose Silente. La sua voce era bassa eppure sembrava rimbombare per la cucina. Molly vide Tom irrigidirsi e sedersi un po’ più composto. Una parte di lei sarebbe voluta intervenire e difendere Tom perché il ragazzo, effettivamente, non aveva fatto altro che leggere tomi su tomi… non aveva mai lasciato Casa Black, come avrebbe potuto mettersi in contatto con i Dissennatori? È un Mago Oscuro, le disse una vocina. Sicuramente avrà i suoi metodi… E tuttavia Molly era certa non l’avesse fatto. No, Tom non lo avrebbe fatto, ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
“Non ti fidi di me, Silente?” sibilò Voldemort, i suoi occhi stavano iniziando a screziarsi di rosso “Sono qui a fare ricerche esattamente come abbiamo convenuto, nonostante ti stia ripetendo da una settimana di quanto secondo me siano inconcludenti, sto continuando a lavorarci sopra alacremente… e tu mi vieni ad accusare di aver mandato dei Dissennatori da Potter?”
“Stai evitando di rispondere alla mia domanda” gli fece notare Silente. Continuava a osservarlo con i suoi penetranti occhi azzurri e Molly vide come la mano sotto la veste stesse stringendo convulsamente la bacchetta. Tom si alzò e, per la prima volta, Molly vide Lord Voldemort. L’aspetto era ancora quello di Tom Riddle ma l’aria malinconica da ragazzino indifeso era svanita per lasciare spazio a un’aura di magia terribile, oscura. Il viso era trasfigurato dal disprezzo e dall’odio e a Molly venne voglia di lasciare quella stanza; cosa sarebbe successo se Voldemort e Albus si fossero messi a duellare? Tutti guardavano agghiacciati i due maghi fronteggiarsi.
“Non sono stato io. Avessi il controllo dei Dissennatori di Azkaban ci farei dell’altro, come già ho tentato di spiegarti” sputò fuori Voldemort, poi emise un suono di stizza “Ma che poi non capisco quale sia il problema?”
“Che Harry ha rischiato il bacio!” urlò Sirius riscuotendosi e facendosi avanti. Molly lo guardò a metà tra la stima e l’esasperazione: andava bene il coraggio e voler difendere Harry ma inserirsi in quella discussione sapeva molto di suicidio.
“Non è stato baciato” ribatté con strafottenza Voldemort “Quindi mi sembra abbastanza inutile indugiare su ciò che ‘sarebbe potuto succedere’. Ripeto la domanda, qual è il problema?”
“Ne vedo molti di problemi, Tom” intervenne di nuovo Silente facendo un cenno a Sirius per invitarlo a calmarsi “Il primo, Harry rischia di essere espulso da Hogwarts e questo è un enorme problema” fece una pausa “Il secondo, se non sei stato tu a mandare i Dissennatori… chi è stato?”
Voldemort strinse gli occhi, poi fece un ghigno “Per Salazar, ti stimavo, Silente, ma se questi per te sono problemi… non è che stai invecchiando?” scrollò le spalle “Non vedo proprio come Potter possa venire espulso da Hogwarts. Il Preside sei tu o sbaglio? E poi lo Statuto Internazionale di Segretezza prevede che si possa utilizzare la magia al di fuori di Hogwarts in caso di necessità, va bene che nessuno di noi ha mai studiato Magisprudenza ma, insomma, queste cose le sanno anche i bambini”.
Molly lanciò uno sguardo intorno: lei non lo sapeva e un’occhiata ai presenti le diede la conferma di non essere l’unica ignorante in fatto di Statuto Internazionale di Segretezza. Non poteva fare a meno di provare un certo orgoglio nei confronti di Tom e della sua sconfinata cultura.
Non è tuo figlio, si ritrovò a doversi ripetere. È un Mago Oscuro, psicopatico, per giunta…
“Il problema è che non vogliono credere al tuo ritorno…”
Voldemort roteò gli occhi “Ti ho già detto che sono più che disposto a fare una gita al Ministero della Magia, lanciare due Avada Kedavra e tornare qua”.
“Tom, smettila di scherzare”.
“Ma io sono serissimo, Silente. Qua stiamo perdendo del gran tempo” i suoi occhi erano più scarlatti che mai, sembrava impaziente e sull’orlo della disperazione. “Il tempo scorre e noi siamo allo stesso punto di un mese fa! Ti avverto: io non voglio morire e farò di tutto per evitarlo. Di quello che succede al resto dell’umanità – maghi o babbani che siano – non potrebbe importarmene di meno”.
Silente si guardò intorno, poi con un tono paziente rispose “Stiamo procedendo con lentezza, ma stiamo procedendo. I nostri incantesimi-”
“Sono inadeguati, volendo usare un eufemismo” lo interruppe “Per essere più diretti e precisi, invece, direi che fanno cagare. E se non lo capisci, abbiamo un problema grosso – ben più grosso di Potter baciato dai Dissennatori o della sua improbabile espulsione da Hogwarts – perché vuol dire che non ti rendi conto di quanto siano sbilanciati. Non ti rendi conto del fatto che così non andremo da nessuna parte, dobbiamo trovare un modo per legare la tua Magia Bianca con le mie Arti Oscure-”
“Mi rendo conto benissimo di tutto questo, Tom. Ne abbiamo già parlato, dobbiamo liberare Gellert”.
“E allora liberiamo anche Bellatrix” rispose Voldemort incrociando le braccia sul petto categorico. Silente scosse la testa, anche lui sembrava piuttosto stufo, segno che quella conversazione doveva essere avvenuto ben più di una volta. 
“Ci siamo alleati per fare fronte a questa minaccia comune, non per liberare i tuoi Mangiamorte” Albus fece una pausa “Se non sei stato tu a mandare i Dissennatori chi…?”
“Il Ministero della Magia, mi sembra ovvio” Voldemort socchiuse gli occhi “Invece di preoccuparci di Potter dovremmo assolutamente trovare un modo per far ragionare Caramell e contattare anche gli altri Ministeri, per Morgana!”
“Tom. La questione è complicata. Qualche mese fa ho spiegato a Caramell che Lord Voldemort è tornato, lui mi ha preso per pazzo e ha negato tutto. Ho rimesso insieme l’Ordine della Fenice e solo due settimane più tardi scopro tracce di magia druidica… insomma, Cornelius non crede al tuo ritorno. Se andassi da lui a dirgli che, non solo sei tornato ma che stiamo collaborando insieme per fare fronte al ritorno dei Druidi, sarebbe la rottura finale… Già ora pensa che io stia facendo tutto per sovvertire il sistema e prendere il suo posto…”
“Mi fanno ridere i maghetti come Cornelius Caramell” lo interruppe Voldemort “Davvero non si rende conto che se volessi appropriarti del Ministero ti basterebbe andare lì e farlo?” scosse la testa con un ghigno. Poi si fece di nuovo serio e con freddezza aggiunse “Vai a prendere Potter, portalo qua. Il 12 agosto ci sarà quest’udienza, giusto? Vai, porti i testimoni che hanno visto i Dissennatori attaccare Potter, e tanti cari saluti” alzò le spalle “Quale sarebbe il problema? Non creiamoci problemi inesistenti, per Merlino, ne abbiamo già abbastanza così”.
Silente fece un sospiro e soppesò Tom ancora per qualche istante, poi annuì e Molly lo vide ritornare il mago che tutti conoscevano: placido e quieto. La tensione parve disciogliersi e anche Voldemort rilassò di nuovo i muscoli del viso e delle spalle.
Silente annuì “Bene, vado a prendere Harry e a spiegargli la situazione. Spero che sia comprensivo come lo siete stati tutti voi” disse rivolgendosi ai membri dell’Ordine “E di questo vi sono estremamente grato”.
Tom sbuffò “Anche io sono stato comprensivo”.
Silente ridacchiò “Sì, Tom. Anche tu sei stato bravo” aveva una scintilla divertita negli occhi e anche Molly dovette trattenersi dal mettersi a ridere. Era così tipico di Tom richiedere lodi per sé stesso!
“Nel caso l’udienza al Ministero dovesse essere un fiasco posso contare su di te?”
Tom ghignò “Ma certo, Albus, sono bravo a togliere di mezzo problemi” rispose ammiccando poi in direzione di Molly che si ritrovò ad arrossire e distogliere in fretta lo sguardo.
 
In serata Silente tornò con Harry e, non appena Molly lo vide, non poté fare a meno di stritolarlo in un lungo abbraccio. Era dimagrito molto e sembrava davvero aver bisogno di affetto. Per tutto il tempo dell’abbraccio, tuttavia, Molly aveva sentito gli occhi penetranti di Tom sulla schiena e si domandò se fosse solo una sua sensazione oppure se effettivamente Tom la stesse squadrando geloso. Molly scosse la testa tentando di levarsi di dosso quella strana sensazione. Non avrebbe potuto di certo eliminare l’affetto che nutriva per Harry solo perché Tom sembrava esserne invidioso, no?
Quell’abbraccio era stato osservato da Tom con il labbro superiore leggermente arricciato. Tutta quella situazione stava iniziando a essere seriamente ridicola e, tuttavia, non poteva negare a sé stesso che l’idea di avere una donna come Molly Weasley intorno non fosse poi così male. L’unica persona con la quale in precedenza aveva condiviso momenti di quotidianità era stata Bellatrix. Ma Molly e Bella non potevano essere due donne più diverse; Bella era una donna sensuale che tutto gli ispirava tranne che… maternità. Tom scosse la testa e lanciò uno sguardo a Silente che, tuttavia, fortunatamente, non lo stava degnando neanche di una mezza occhiata. Tom non aveva mai conosciuto una madre, non aveva mai avuto a che fare con una madre e non sapeva come si dovesse comportare una madre. Per tutta la vita era stato solo e non aveva mai davvero compreso le dinamiche di una famiglia, le dinamiche che esistevano tra una madre e i suoi figli. Quelle dinamiche le stava scoprendo in quelle settimane a Grimmauld Place proprio grazie a Molly Weasley e ne era rimasto stupito. Era stupito del legame che si poteva venire a creare tra una madre e i propri figli; Molly aveva un’attenzione particolare per ognuno dei suoi innumerevoli pargoli e non solo, in realtà, ogni persona che gravitava intorno a lei finiva sotto le sue cure. Anche lui, Lord Voldemort, del quale mai nessuno si era mai neanche lontanamente preoccupato, era finito in modo del tutto inconsapevole sotto la sua ala protettiva e, non poteva davvero più negarlo, in qualche modo la cosa non gli dispiaceva. Non che gli piacesse, semplicemente, non era male. Vederla abbracciare Potter con quel trasporto gli aveva creato un senso di disagio e non aveva potuto evitare uno sbuffo infastidito mentre si dirigeva a passo di marcia verso la sua stanza in soffitta, dando le spalle a quella scenetta snervante. Neanche fosse il figliol prodigo… aveva pensato alzando gli occhi al cielo.
Con grande sorpresa di tutti, Harry si mostrò molto più comprensivo di quanto non erano stati tutti gli altri membri dell’Ordine. Silente gli aveva spiegato a grandi linee la situazione e il ragazzo aveva capito che, in quel momento, non c’era davvero spazio per divisioni ma che l’unica cosa da fare era lottare insieme contro questa nuova minaccia che pendeva sulle loro teste. Il fatto che poi Tom continuasse ad avere l’aspetto di un bel ragazzo di vent’anni e non il viso emaciato simile a un teschio che aveva visto comparire fuori dal calderone qualche mese prima, fu senz’altro di aiuto.
Tom, da canto suo, lo ignorò come ignorava qualunque altra persona all’interno di quella casa. Mangiava sempre insieme agli altri ma difficilmente interveniva nelle conversazioni, solo Molly, che ormai aveva imparato a conoscerlo piuttosto bene, capiva comunque ciò che gli passava per la testa. Ogni sbuffo e ogni alzata di sopracciglio per lei erano chiari come parole.
Sopracciglio destro alzato? Ma guarda te questi Grifondoro idioti se devono continuare a parlare di Quidditch.
Sguardo basso con entrambe le sopracciglia alzate? Per la grazia di Morgana, è ovvio che la torta è così buona… l’ho fatta io.
Sbuffo con rotazione di occhi? La risposta esatta è palese ma voi non aprite un libro di incantesimi da quando vi siete diplomati a Hogwarts e quindi è chiaro non ci arriverete mai…
 Quella sera Molly si era data particolarmente da fare in cucina e, sebbene Tom non si fosse palesato se non dieci minuti prima che fosse pronto, Molly continuava a veder muovere stoviglie con la magia: qualcuno aveva tagliato le cipolle, qualcuno aveva messo a cuocere l’arrosto, qualcuno aveva pelato le patate… Molly sorrise, perché sapeva bene chi fosse quel qualcuno ma, ovviamente, si guardò bene dal ringraziarlo davanti agli altri. Lo avrebbe fatto il giorno dopo a colazione di fronte a chissà quale prelibatezza avrebbe deciso di cucinare Tom.
La cucina era più affollata del solito dato che in molti si erano fermati per vedere Harry e chiacchierare con lui; Tonks era seduta di fronte a Hermione e Ginny e, intanto che aspettavano che la cena fosse pronta, le intratteneva cambiando il colore dei capelli e la forma del naso, con grande divertimento delle altre due ragazze che, ben presto, iniziarono a chiedere i loro preferiti. Tom stava in disparte appoggiato a un muro fissando la scena con profonda curiosità e, prima che Molly potesse chiedersi cosa diamine lo stesse facendo essere così concentrato e affascinato dalle trasformazioni di Tonks, Tom si avvicinò alle tre donne.
“Sei la figlia di Andromeda, vero?” chiese poi a Tonks scrutandola con attenzione. Dora smise immediatamente di trasformare i propri tratti e lanciò uno sguardo obliquo al ragazzo di fianco a lei.
“Io... sì” rispose confusa Tonks, senza capire per quale motivo Voldemort fosse interessato a lei. “E com’è che ti chiami… No, non dirmelo” aggiunse alzando una mano come vide che Tonks stava per rispondergli “Bella me lo ha detto, Salazar come diamine era” aggiunse in un sibilo sommesso. Chiuse gli occhi cercando di concentrarsi e Molly arricciò il labbro. Oh, Bella gliel’aveva detto, pensò con stizza. Quindi oltre che “dormire” insieme evidentemente parlavano anche…
Ninfadora” esclamò Tom con tono trionfante “Ninfadora Tonks, giusto?”
Sì, si disse Molly. Parlavano e Tom la ascoltava anche con attenzione, dato che si ricordava un’informazione per lui priva di significato a distanza di diversi anni. Molly arricciò anche il naso sempre più inviperita. Bellatrix era una donna sposata, per giunta! No, decisamente, non era la persona adatta. Non faceva altro che insultare i Nati Babbani e i Mezzosangue, come poteva stare con Tom che Mezzosangue lo era? Quante volte doveva averlo insultato anche se non di proposito?
Tonks annuì “Sì, be’, non mi piace molto quel nome, a dirla tutta. Preferisco essere chiamata col cognome, Tonks. O, al limite, Dora”.
“Ti capisco” borbottò Tom “Ho sempre detestato il mio nome… e anche il mio cognome, a dir la verità”.
“Su, caro, siediti che è pronto” lo invitò Molly passandogli una mano sulla schiena. Tom s’irrigidì immediatamente e sussultò, poi si scostò infastidito. Molly si morse le labbra, era un gesto che le era venuto spontaneo, l’aveva fatto senza pensarci… Si sarebbe dovuta aspettare che Tom avrebbe reagito così, ciononostante, non poté evitare di sentirsi mortificata e affranta per come si era scostato da lei… si scostava così anche da Bella?
“Conosci mia madre?” chiese dopo qualche istante Tonks, mentre Voldemort si sedeva poco distante.
“Sì, ci siamo parlati qualche volta” rispose Tom con un sorriso furbo “Assomiglia a Bella” Molly a sentire di nuovo quel Bella non poté trattenere uno sbuffo “Anche tu le assomigli un po’ invero”.
“Non è che sia proprio un complimento” rispose Dora facendo una smorfia buffa e vagamente scandalizzata. 
“No, infatti” aggiunse Sirius schifato “Io non andrei fiero di assomigliare a quella pazza”.
Molly guardò di sottecchi Tom, curiosa di vedere la sua reazione a quelle parole e tuttavia il viso del ragazzo rimase impassibile.
“Ero spesso a Casa di Druella e Cygnus, sai, per incontrare Bellatrix. È capitato quindi vedessi Andromeda e Narcissa” proseguì, come se nulla fosse.
“Non me l’ha mai detto!” sbottò Tonks sorpresa da quelle informazioni. Sua madre aveva incontrato e chiacchierato con Lord Voldemort?
“Perché avrebbe dovuto farlo?” chiese Tom osservando attentamente Tonks.
“Sono un Auror! Avrebbe potuto darci qualche informazione utile...”
“A meno che agli Auror non sia utile conoscere la tonalità dei gemiti di Bellatrix quando viene, dubito tua madre possa avere informazioni molto interessanti” rispose Tom sogghignando e addentando una patata in modo estremamente esplicito e voluttuoso. 
“Eww!” ci fu un coro di suoni disgustati.
Molly lo fulminò con lo sguardo “Ci sono dei minorenni seduti a questo tavolo!” gli sibilò irata indicando Ginny, Ron, Hermione e Harry.
“Ha ragione signora Weasley, mi scusi” disse lui chinando il capo “Ne parleremo domani mattina” aggiunse in un sussurro sommesso che raggiunse solo lei. Molly ebbe la tentazione di tirargli un calcio sotto al tavolo. Era schifosamente bastardo.

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Anche qua ho accorpato due capitoli. Perché pubblicare un capitolo di 5 paginette mi sembra triste XD
Niente, cosa c'è da dire? Lo so che è trash, lo so che è OOC... ma io mi diverto troppo a scrivere questa storia e non mi fermerò mai. 
La Volly è quella coppia (non romantica) crack della quale non sapevo di avere bisogno! XD 
Voldie in versione Master Chef continuerà. E Bella non si farà attendere troppo ;)

A presto!
Clo

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Il giorno dopo Molly si svegliò prima del solito e scese ancora mezza assonnata in cucina; ormai l’idea d’incontrare Tom e fare colazione con lui la rallegrava sempre molto e le faceva iniziare la giornata con tutta un’altra carica. Le loro conversazioni erano interessanti e stimolanti, la verità era che non aveva mai incontrato una persona tanto particolare e – cercava sempre di non pensarlo in presenza di Tom perché le conseguenze la spaventavano – tanto bisognosa di affetto. Bisognosa di affetto di una madre.

Molly si sarebbe aspettata di trovare Tom seduto al tavolo a leggere un libro di Arti Oscure come al solito; invece, lo vide con il capo appoggiato sulle braccia che dormicchiava. Lo osservò per qualche istante con un’espressione dolce in viso. Era contenta dormisse, era sicura si mantenesse in vita tramite pozioni o chissà quale altra diavoleria, vederlo dormire, quindi, la tranquillizzò un poco. Dopo un attimo di esitazione, fece qualche passo silenziosa in cucina; voleva a tutti i costi evitare di svegliarlo. Si sedette su una sedia accanto a lui e continuò a guardarlo attentamente. Era un bel ragazzo e su quello non c’era davvero nulla da dire e, mentre dormiva, aveva anche un che di… angelico. Molly si morse le labbra perché, se Arthur o i suoi figli l’avessero sentita dire un aggettivo del genere rivolto al Signore Oscuro, l’avrebbero presa per pazza. Eppure… fece un sospiro e spostò lo sguardo dal viso rilassato di Tom. Di fronte a lui, proprio accanto al libro scritto in rune che aveva quasi sempre con sé, c’erano una torta sacher e un piatto di haggis. Molly sorrise. La cosa che più la colpiva della bravura culinaria di Tom era che, Molly lo sapeva bene, per saper cucinare con tanta maestria con la magia doveva necessariamente essere uno chef provetto anche senza: alcuni incantesimi – quelli di cucina in modo particolare – infatti, funzionavano proprio a quel modo: la magia poteva velocizzare il processo, ma era assolutamente necessario saper cucinare senza, altrimenti non si sarebbe potuta indirizzare il flusso magico nel modo corretto. Molly scosse un poco la testa poi con un sospiro evocò alcune tazze e mise a bollire l’acqua per il tè e, proprio quando il bollitore emise un basso fischio, Tom si svegliò di soprassalto.

“Scusami caro, non volevo svegliarti” disse la signora Weasley mortificata.

Tom si passò una mano sul viso premendo poi le dita sugli occhi “Che ore sono?”

“Quasi le sette, perché non vai su? Puoi riposarti un po’ oggi”.

“Non riesco a dormire” borbottò Tom per tutta risposta senza guardarla in viso.

“Puoi provare a prendere una pozione rilassante?”

Tom emise un suono sprezzante “Non mi fanno più molto effetto” si mise le mani all’altezza dei reni e si stiracchiò leggermente. Molly lo squadrò ancora qualche secondo, poi decise che era inutile continuare a tartassarlo di domande: lo avrebbe solo indisposto… e, tuttavia, doveva trovare un modo per farlo dormire e mangiare, non poteva continuare così: era in pessime condizioni. Sempre più pallido, sempre più magro, sempre con quei cerchi sotto agli occhi. Evidentemente, anche tutte le schifezze che assumeva per mantenersi in uno stato di semi-forma fisica, non potevano fare miracoli. Forse doveva parlarne con Silente? Molly sospirò preoccupata.

“Hai preparato sia dolce che salato, oggi” disse con un sorriso, tentando di cambiare argomento e prendendo sia un pezzo di sacher sia dell’haggis.

“Sì, ero piacevolmente ispirato” le rispose osservandola attentamente mentre assaggiava entrambi i piatti.

“Grazie per l’aiuto di ieri, a proposito” fece Molly “Potresti anche palesarti, sai” aggiunse “Sono sicura che tutti ne sarebbero sorpresi, in positivo, ovviamente. Mi fanno sempre i complimenti”.

Tom si strinse nelle spalle poi con un sorrisetto ilare le disse “Già leggo i titoli su La Gazzetta del Profeta: Lord Voldemort, da Mago Oscuro Padrone della Morte, a Signore dei Fornelli e delle Pentole”.

Molly ridacchiò “Se ti mostrassi per quello che sei…”

“Scapperebbe a gambe levate, signora Weasley”.

Molly scosse la testa “No, intendevo, se facessi vedere anche agli altri questa tua parte di carattere…”

“No” la interruppe perentorio.

Molly non insistette.

“Stai facendo qualche passo avanti?” chiese poi accennando al libro scritto con antiche rune.

“Non direi, no” rispose Tom guardando con sguardo corrucciato il tomo “Sono a un punto morto, credo non ci resti altra soluzione che… provare a unire ciò che abbiamo fatto fino a ora ma, francamente, temo per i risultati”.

“Forse dovreste davvero liberare Grindelwald”.

“Dovremmo senz’altro” strinse le labbra “Ma non lo farò se non liberiamo anche Bella” aggiunse testardo.

Molly gli lanciò un’occhiataccia “Metteresti a repentaglio la vita di tutti noi solo per quella…” puttana “Donna?”

“È una questione di principio. E comunque Bellatrix è una strega oscura molto abile, il suo parere, le sue idee, le sue osservazioni sono sempre state a me molto utili, spesso illuminanti. Per non parlare del fatto che, più leggo, più mi convinco Bella sia una presenza necessaria per la buona riuscita dell’incantesimo”.

Molly fece schioccare la lingua contro i denti, dubbiosa. Tutta quella faccenda non le piaceva, tutti quei complimenti rivolti a Bellatrix non la convincevano. Ogni tanto aveva la sensazione che lei e Tom conoscessero due persone diverse, conoscessero una Bellatrix diversa…

Ben presto la cucina iniziò a essere affollata, Arthur e Tonks dovevano andare al lavoro e poco dopo scesero anche i ragazzi.

Tom, con somma sorpresa di Molly, rimase in cucina: di solito, infatti, come arrivavano altre persone, si defilava. Quella mattina invece rimase fermo immobile, guardando corrucciato il libro che avrebbe dovuto leggere come se quello gli avesse fatto un grave torto.

“Oh!” esclamò Hermione mentre si sedeva a tavola per fare colazione e adocchiando il tomo “Magie druidiche: come vivere in armonia con la natura” sgranò gli occhi “Pensavo che gli incantesimi e la magia dei Druidi fossero spariti!” esclamò Hermione.

“E io non pensavo che qui qualcuno sapesse leggere le Antiche Rune” ribatté Tom, poi dopo una pausa “Prendilo se vuoi. Sia mai che una quindicenne riesca a trovare qualcosa di utile, al contrario di me” sibilò poi indispettito incrociando le braccia sul petto di cattivo umore.

“Druidi?” chiese George “Sono loro la minaccia?”

Tom fece per aprire bocca e rispondergli ma Molly lo precedette “Siete giovani e non dovete occuparvi di queste cose. Hermione, restituisci il libro a… ehm… Tom, per cortesia”.

Hermione, che aveva afferrato il libro estasiata e aveva iniziato a sfogliarlo con gli occhi che le luccicavano, scosse la testa affranta “Tanto per me è troppo complicato” fece Hermione chiudendolo e riappoggiandolo di fronte a Tom “Non riesco neanche a tradurre il Ragnarok” ammise mortificata.

“Anche quello è impegnativo” rispose Tom “Non per me però: sono riuscito a leggerlo già alla fine del quarto anno” precisò immediatamente con un sorriso superiore, poi aggiunse “Pensavo si facesse più avanti, a Hogwarts”.

“La professoressa Babbling mi ha dato un testo un po’ più complicato perché crede sia più avanti degli altri” gli spiegò Hermione con un misto di orgoglio e umiltà “Però questo forse è un po’ troppo, continuo a essere bloccata…” s’interruppe e guardò speranzosa Tom “Ma non è che ci daresti un’occhiata?” chiese senza osare voltarsi verso gli altri ragazzi per paura che la prendessero a male parole. Tom la osservò per qualche secondo soppesandola. Quel giorno era particolarmente di malumore ma era qualcosa di… particolare. Era una di quelle giornate in cui ce l’aveva con sé stesso; com’era possibile non riuscisse a trovare una soluzione? Com’era possibile che lui, Lord Voldemort, fosse incagliato nello stesso identico problema da un mese? Aveva voglia di cruciare e uccidere, aveva voglia di… Bellatrix.

Maledizione.

Sospirò e riportò la sua attenzione su quella ragazzina Sanguesporco. In passato, durante quelle giornate, lasciava solitamente perdere tutto e chiamava Bella accanto a sé. La umiliava, se la prendeva, le chiedeva consiglio e la sua giornata cambiava, aveva una svolta in positivo. Ma Bella non c’era e quindi si disse che forse occupare la mente facendo da balia a dei ragazzini poteva essere una valida distrazione. Se la traduzione della ragazza fosse stata particolarmente atroce avrebbe potuta riprenderla sprezzante. A ogni modo, il solo fatto di distrarre la mente non sarebbe stato qualcosa di negativo. Alzò le spalle “Perché no, tanto direi che non ho di meglio da fare”.

Hermione saltò in piedi immediatamente e corse al piano di sopra per andare a prendere la versione.

“È molto gentile da parte tua, caro” gli disse Molly sedendosi di nuovo accanto a lui.

“Sono il re dell’educazione, signora Weasley. Potter può testimoniare, no?” sibilò rivolto a Harry. Gli piaceva stuzzicarlo a quel modo. Voleva approfittare di quella convivenza per comprendere il ragazzo. Cosa c’era di speciale in lui? Perché non era riuscito a ucciderlo al cimitero? Fortuna sfacciata o c’era altro? Ma Harry gli appariva del tutto mediocre. La sua magia non era nulla di speciale, sviluppata come quella di qualsiasi altro quindicenne. Brillante forse in alcuni incantesimi – il Patronus era senz’altro notevole – ma niente di straordinario. Niente che potesse anche solo lontanamente essere comparato a lui, Lord Voldemort.

“Non sono stato un signore al cimitero?”

Harry gli lanciò un’occhiataccia “Effettivamente, non è da tutti perdere quattro volte consecutive contro un mago che non ha neanche finito Hogwarts e poi continuare a vantarsi di essere il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi” lo freddò con un sorriso canzonatorio sulle labbra. Tutti scoppiarono a ridere e Molly scoccò un’occhiata allarmata in direzione di Tom, il quale socchiuse gli occhi che già lampeggiavano pericolosamente di rosso. Si permetteva anche di fare battute, il marmocchio? Voldemort si sarebbe potuto alzare in piedi e ucciderlo seduta stante, senza che gli altri avessero neanche il tempo di capire cosa stesse succedendo. Una parte di lui scalpitava per farlo e al diavolo Silente, ma c’era un’altra parte di lui che sapeva che Potter, al momento, era il minore dei mali. Non poteva permettersi di perdere Silente e, presto, avrebbe dovuto accontentarlo e andare da Grindelwald con o senza una liberazione di Bellatrix.

“Davvero molto divertente Potter” rispose Voldemort in un sibilo basso “Un vero giullare di corte Grifondoro”.

“Oh via, Tom, non ho mai avuto la sensazione fossi permaloso durante i nostri innumerevoli incontri”.

“E si vede che mi hai trovato particolarmente di buon umore. Per una presa in giro di troppo, a undici anni, ho impiccato il coniglio di un compagno di orfanotrofio” rispose con un sorriso obliquo, malvagio “Fai attenzione alla tua civetta” lo minacciò con tono faceto. Scherzava, ovviamente, per Salazar non uccideva un animale per divertimento o vendetta da quando aveva undici anni, appunto. Ora era a un livello superiore: uccideva direttamente chi era causa della sua collera. Le sue parole, tuttavia, raggelarono tutti gli astanti. Scese uno spiacevole silenzio che venne interrotto solo grazie al ritorno di Hermione che reggeva in mano sia il dizionario di Antiche Rune sia dei fogli.

“Non ho bisogno di questo” disse Tom scostando in malo modo il dizionario con un gesto di supponenza, non usava il dizionario da secoli… lesse velocemente il testo scritto in Antiche Rune e fu piacevole ritrovarsi davanti qualcosa di tanto facile. Afferrò la traduzione della ragazzina e la lesse con solerzia. Era brava. Non solo era tradotto giusto ma era anche tradotto bene ma Tom ci mise meno di un attimo a scorgere tutti gli errorini e ciò che alla ragazza non tornava. La sentiva fremere accanto a sé, agitata del responso. Le scoccò un’occhiata obliqua “Non c’è male” le disse soppesando le parole con estrema cura “Non ti tornano alcune cose per degli errori piuttosto banali” proseguì, poi prese a spiegarle velocemente ciò che non andava. Hermione lo ascoltava attenta, poi si sedette e si mise a prendere appunti. Tom ebbe la tentazione di alzare gli occhi al cielo, ora si metteva anche a dare ripetizioni di Antiche Rune, per Salazar, quanto era caduto in basso.

“Ma scusa…” lo interruppe Hermione. Tom le lanciò un’occhiata terribile. Detestava essere interrotto. A maggior ragione se era nel bel mezzo di una spiegazione. “Non capisco” si scusò subito Hermione vedendo come l’espressione di Tom aveva virato dall’annoiato allo scocciato.

“Questa è una regola che abbiamo studiato recentemente” disse Hermione indicando un punto nel testo “È un divieto, non un obbligo...”

“E quella stolta della vostra professoressa non vi ha detto che dipende dalla particella che viene prima?” domandò Tom “Ogni runa ha un potere a sé, ma se le si unisce quel potere cambia. Dipende da come le si accoppia, un minimo…” s’interruppe e sgranò gli occhi guardando fisso il punto che stava indicando Hermione. Possibile che lui avesse fatto un errore simile? Si sporse sul tavolo e riafferrò il suo volume e iniziò a sfogliare le pagine come un ossesso. Erano settimane che si scervellava su quel punto, e ora una quindicenne Sanguesporco gli stava dando la soluzione? Oh no, non poteva essere… s’immerse nella lettura, chiudendo tutte le altre persone fuori, come spesso faceva quando si concentrava su qualcosa. Prese a scribacchiare, ad appuntarsi possibili incantesimi, soluzioni… si sentiva esaltato fino a quando non si ritrovò in un altro vicolo cieco. Batté le palpebre, stanco. Era stanco e adirato. Provò a fare qualche respiro per calmarsi ma, ben presto, iniziò a vedere tutto rosso. Venne invaso da una furia cieca, si sentiva inetto come il peggior mago esistente sulla faccia della Terra, lui, che era l’Erede di Salazar Serpeverde!

Sbottò, afferrò il libro e lo lanciò senza pensarci due volte nel fuoco che scoppiettava nel camino.

“Ah be’, una mossa intelligente” commentò George mentre il fuoco iniziava ad avvolgere il tomo.

“Non mi sorprende che Tu-Sai-Chi ricorra a certi metodi, comunque” proseguì Fred “Se non puoi risolvere un problema distruggilo, decisamente sensato”.

Come Tom si rese effettivamente conto di ciò che aveva fatto si alzò di scatto e si lanciò verso il fuoco. Come poteva aver fatto una mossa tanto idiota? Cercò di recuperare il tomo. Per Morgana, Merlino e Salazar non bisognava mai bruciare le rune! Iniziò a imprecare sommessamente, lasciandosi andare a un turpiloquio osceno e colorito, un misto tra maledizioni e parolacce babbane.

Accio!” esclamò Molly senza pensarci due volte. Tom si vide sfrecciare il libro davanti al naso, lo seguì con lo sguardo fino a quando non si posò con un tonfo sul tavolo. Era bruciacchiato ma, in generale, salvo.

“Hai ragione sai, Harry” fece Fred in un sussurrò udibilissimo “Per essere un Mago Oscuro molto potente fa delle cose molto sceme” poi aggiunse “Anche se devo ammettere che ‘porco il cazzo moscio di Merlino’ ha un suo perché come imprecazione”.

“Fred!” lo riprese subito Molly mettendosi le mani sui fianchi “Non voglio sentire uscire dalla tua bocca certe frasi, capito?” poi gettò un’occhiata a Tom che rimaneva in ginocchio accanto al fuoco, gli occhi chiusi. Sembrava in preda a una profonda sofferenza. Molly si sarebbe voluta avvicinare a lui e abbracciarlo o anche solo fargli una carezza ma il modo disgustato in cui si era spostato la sera prima le aveva fatto capire come certi gesti non fossero per nulla apprezzati.

“Caro, ti senti bene?” gli chiese avvicinandosi preoccupata.

“Fammi capire, lui se ne esce con insulti raccapriccianti e si becca un bel ‘caro’? Perché invece io-”

“Fai silenzio, Fred” lo interruppe Molly, senza neanche voltarsi a guardarlo.

Tom sentiva quelle voci in lontananza, come se provenissero da un altro pianeta. Cosa gli stava succedendo? Perché aveva fatto un gesto tanto inconsulto? Sentiva le mani bruciacchiare lì dove lo avevano toccato le fiamme e, tuttavia, quel dolore fisico era l’unica cosa che lo manteneva ancorato alla realtà e non lo faceva sprofondare in quel senso di perdita e di inutilità che lo stava prendendo. Si sentiva soffocare, faceva fatica a respirare. Si costrinse ad aprire gli occhi e si ritrovò davanti gli occhi marroni di Molly Weasley colmi di apprensione.

Tom si rialzò in piedi barcollando leggermente, si sentiva stanchissimo e privato di ogni energia. L’idea di non stare giungendo a nessuna soluzione gli dava una spiacevolissima oppressione al petto, gli Horcrux sarebbero bastati a salvarlo nel caso avessero perso la loro battaglia contro i Druidi? L’idea di ritornare a vivere la sua esistenza sotto forma di spirito era agghiacciante.

“Sirius, hai un po’ di Dittamo?” chiese Molly rivolta a Sirius che era entrato in quel momento in cucina.

“Sì, ma non ho nessuna intenzione di sprecarlo per quello là” rispose guardando accigliato le mani di Tom piene di bruciature. Voldemort si riscosse, raddrizzò le spalle e passò le mani sopra la copertina del libro, facendolo tornare intonso “Non si preoccupi, Molly” disse poi rivolto alla donna che lo guardava ancora con fare preoccupato “Ho subito di peggio, non è nulla”.

“Penso che tu dovresti stare con noi, oggi” fece Molly con un tono che sembrava non ammettere repliche.

“Con voi?”

“Sì, caro. Ci occuperemo dei Doxy nel salotto”.

Tom alzò le sopracciglia “La proposta sembra davvero allettante ma-”

“No” lo interruppe avvicinandosi a lui, le mani di nuovo sui fianchi come aveva fatto prima rivolta a Fred “Nessun ma, caro. Ho bisogno di una bacchetta in più”.

Tom sbuffò e alzò le spalle. Piuttosto che ammetterlo ad alta voce si sarebbe tagliato la lingua e se la sarebbe mangiata ma l’idea di non doversi occupare dei Druidi per una mattinata era decisamente invitante, addirittura gradevole.

“E sia” acconsentì. I ragazzi iniziarono a ridacchiare e Sirius incrociò le braccia sul petto “Certo che Molly, per fare paura a Voldemort, devi essere proprio terribile”.

Tom scosse la testa, li avrebbe uccisi tutti. Dovevano ringraziare che la situazione fosse tragica, ben più tragica di quanto le loro inutili menti potessero arrivare anche solo a comprendere…

“Ehi!” lo richiamò Sirius “Ti servono dei ratti morti, per Fierobecco?” gli chiese mentre si stavano dirigendo tutti verso il salotto per occuparsi dei Doxy.

“No” rispose Tom senza neanche voltarsi a guardarlo. Era penoso rivedere alcuni tratti di Bellatrix in quell’uomo detestabile. “Quando do da mangiare a Nagini do da mangiare anche a Fierobecco, viviamo tutti molto felici, devo dire” proseguì con tono faceto.

“Nagini?” domandò Sirius non capendo a chi diamine si stesse riferendo quello psicolabile.

“È il mio serpente, un tipo speciale di pitone reticolato. È molto bella”.

Sirius emise un suono di disgusto “Non so neanche perché io mi sorprenda; da uno che si scopa mia cugina cos’altro potevo aspettarmi se non il gusto per l’orrido?”

Tom alzò un sopracciglio.

“Vi pregherei di non utilizzare questo linguaggio scurrile davanti ai ragazzi” li riprese subito Molly mentre li sospingeva nel famigerato salotto.

“Se pensi che Bellatrix sia ‘orrida’ ti consiglio un paio di occhiali Black” sibilò Tom senza riuscire a trattenersi e scandagliando con gli occhi la stanza. La moquette esalava nuvolette di polvere ogni volta che qualcuno vi posava un piede e le lunghe tende di velluto verde muschio ronzavano come se pullulassero di api invisibili. Ciò che più catturò l’attenzione di Tom, tuttavia, furono gli arazzi sporchi appesi alle pareti. Uno in particolare lo attirò come se gli avesse fatto un incantesimo. Grosse lettere in cima all’arazzo recitavano:

La Nobile e Antichissima Casata dei Black

‘Toujours pur’

Iniziò a scrutarla vorace, sulla parte più alta notò che il cognome della donna che lo aveva messo al mondo, Gaunt, compariva e il suo cuore prese a battere più forte. L’idea di essere lontanamente imparentato a una famiglia pura e magica come quella dei Black lo esaltava. Il suo sguardo scivolò più in basso, verso le radici dell’albero.

“È qua” disse Sirius, indicandogli con un gesto stizzito il viso di Bellatrix. Tom la osservò per alcuni istanti e, come vide la doppia linea che univa il suo nome a quello di Rodolphus, ebbe la tentazione di tirare fuori la bacchetta e bruciare il nome di Lestrange come erano bruciati quello di Andromeda e di Sirius.

“Sei imparentato con i Malfoy?” chiese Harry che si era avvicinato a loro e stava scrutando l’albero curioso.

“Le famiglie purosangue sono tutte imparentate” rispose secco Sirius “Io li odio tutti, non appena questa famiglia ha sfornato qualcuno di decente ne è stato escluso…” fece una pausa, poi si rivolse a Voldemort “E tu hai ucciso mio fratello”. Tom si riscosse e, con enorme fatica, spostò la sua attenzione da Bellatrix a Sirius “Tuo fratello? Regulus?” non capiva “No, che non l’ho ucciso”.

Sirius fece un’espressione sorpresa “Ma lo avrai ordinato a qualcuno?”

“No” rispose laconico Tom “Perché avrei dovuto farlo?”

“Ma è morto” constatò Sirius testardo, senza capire. Voldemort guardò l’anno della morte di Regulus. Si ricordava fosse scomparso e aveva dato per scontato fosse morto in una missione, non ci aveva mai prestato troppa attenzione e, in quel momento, gliene importava ancora meno.

Ritornò a concentrarsi sulla figura di Bellatrix e, prima che se ne potesse rendere conto, allungò una mano e disegnò con le dita la sua figura, il suo nome…

“Oh, per Godric!” esclamò Sirius alzando gli occhi al cielo “Se vuoi una sua foto te la trovo così almeno puoi…” s’interruppe e gettò un’occhiata preoccupata a Molly che si stava occupando del Doxicida, abbassò la voce “Insomma, puoi trastullarti, ecco”.

“L’ho vista lei” intervenne dopo qualche secondo Harry “L’ho vista nel pensatoio di Silente, al suo processo”.

Tom si girò verso di lui, curioso.

“Si è alzata in piedi, dopo essere stata condannata, e ha urlato che saresti tornato e che lei avrebbe aspettato. Che saresti andato a riprendere lei e gli altri, perché solo loro avevano provato a cercarti…”

A Tom gli si mozzò il fiato in gola. Se la immaginava la sua Bella a fronteggiare Crouch e tutto il Wizengamot dichiarandosi una sua fedele servitrice, senza vergogna e, anzi, orgogliosa. Riportò la sua attenzione sull’arazzo. Bellatrix riponeva completa fiducia in lui. Non aveva mai dubitato sarebbe risorto, non aveva mai dubitato sarebbe tornato… lui la stava deludendo. Quella consapevolezza lo colpì forte come uno schiaffo. Lui era risorto ma non era andato a riprendersela, non la stava liberando. E per cosa, poi? Per far contento Silente? Tom strinse la bacchetta sotto la veste, la voce di Molly che lo chiamava non gli raggiungeva neanche il cervello. Riusciva solo a pensare a Bellatrix ad Azkaban che si toccava il Marchio Nero. L’aveva chiamato sempre, ogni giorno, da quando era tornato. Probabilmente l’aveva fatto anche prima ma, non avendo un corpo, lui non aveva avuto modo di accorgersene. Strizzò gli occhi poi prese una decisione.

“Tom!” lo chiamò la signora Weasley mentre Voldemort usciva come una furia dal salotto. “Tom!” continuò a chiamarlo mentre correva lungo il corridoio per poi uscire fuori da Casa Black e smaterializzarsi lontano.

 

Molly rimase in apprensione per tutta la giornata. Cos’era successo? Un attimo prima era lì a fissare quell’orribile donna in quell’altrettanto orribile arazzo, a parlare con Sirius e Harry e poi, tutt’a un tratto, era corso via con quell’espressione di panico stampata in viso? Tom non si fece vedere a pranzo e, mentre l’orario della cena si avvicinava, Molly fu tentata di salire su in soffitta a vedere se non fosse rientrato. Iniziava a fare la scala e poi, all’improvviso, ci ripensava, scuoteva la testa e tornava giù. Cosa doveva fare? Avvisare Silente? O magari era proprio andato da Silente? Verso le cinque, quando stava iniziando a preparare la cena e ancora non si vedeva traccia del ragazzo, Molly si decise infine a salire. Bussò piano alla porta della soffitta ma non ci fu risposta. Rimase titubante lì davanti, poi, con un sospiro, abbassò la maniglia. Con suo sommo stupore la trovò aperta, da un uomo riservato come Tom si sarebbe aspettata di trovarla chiusa con la magia. Il caldo della soffitta era soffocante. Le tende erano spalancate ed entrava ancora il sole pomeridiano, vide Fierobecco in un angolo che si lisciava le piume e poi, acciambellata sul letto come un gatto, quella che doveva essere Nagini, il suo serpente. Molly rabbrividì. Era enorme, spessa come la coscia di un uomo, e non capiva come Tom potesse trovarla bella. Nagini aveva alzato la testa curiosa e la stava fissando con quegli occhi terribili. Molly gettò un’ultima veloce occhiata intorno – sui libri, il calderone, le fiale di pozioni innumerevoli – poi chiuse la porta. Quel serpente avrebbe potuto ucciderla con estrema facilità. Scosse la testa affranta, domandandosi dove fosse finito Tom. Cos’era successo? Quella mattina era stato così male… nessun altro sembrava condividere le sue preoccupazioni, anzi. Tutti erano di buon umore e quasi non notarono l’assenza di Tom.

“Grazie per l’invito a cena, Molly” disse Mundungus sedendosi a tavolo al posto che di solito occupava Tom. Molly lo guardò male e si morse le labbra, cosa poteva fare? Poteva dirgli di alzarsi e lasciare libero perché forse Tom sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro?

Non c’è di che” rispose freddamente Molly senza neanche guardarlo.

Fu quando stava per mettere in tavola il pollo arrosto con la purea che sentì la porta della cucina aprirsi con uno schianto che quasi le fece scivolare di mano la teglia del forno.

Sull’ingresso della cucina c’era Tom e, tra le sue braccia, vestita da galeotta, Bellatrix Lestrange.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 

Quando Molly la mattina dopo entrò in cucina e non vi trovò Tom seduto ad aspettarla si sentì all’improvviso immensamente triste e spaesata. Si guardò intorno come se si aspettasse di vederlo spuntare dalla dispensa, ma del ragazzo non c’era traccia. Non aveva neanche preparato la colazione, segno del fatto che non fosse proprio sceso ma fosse rimasto in camera sua tutto il tempo. Molly strinse le labbra indispettita. Sarà stato troppo occupato a “dormire”, pensò stizzita mentre si dirigeva verso i fornelli e, dopo praticamente un mese, si metteva a preparare la colazione per tutti gli abitanti di Casa Black.

L’evasione di Bellatrix, ovviamente, capeggiava su La Gazzetta del Profeta e Molly si sarebbe aspettata una visita di Silente, anzi, a dirla tutta, ci aveva sperato con tutta sé stessa: solo Albus, forse, avrebbe potuto far ragionare Tom e magari rispedire Bella ad Azkaban. Invece nulla, nessuna traccia del vecchio mago. La sera prima nessuno aveva quasi neanche capito cosa fosse successo; un attimo prima sulla soglia della cucina c’era Voldemort con in braccio Bellatrix e l’attimo dopo i due erano di nuovo svaniti nel nulla. Nessuno di loro poteva crederci, non potevano credere che Tom fosse andato a prendersela contravvenendo al patto che aveva fatto con Silente.

Molly era semplicemente atterrita. Aveva conosciuto Bellatrix a Hogwarts e, tra loro due, c’era sempre stato un rapporto di (neanche troppo) cordiale disprezzo. Quando la Lestrange era stata spedita ad Azkaban, Molly non aveva potuto fare a meno di esultare: il pensiero di ciò che quella pazza – insieme a quegli altri tre esauriti – aveva fatto ai Paciock era agghiacciante. Non la voleva per casa vicino ai ragazzi e, se per questo, non la voleva neanche vicino a Tom.

“Tu ti rendi conto di chi sia Tom in realtà, sì?” le chiese Arthur quella mattina mentre faceva colazione con La Gazzetta del Profeta appoggiata alla tazza di caffè.

“Mi hai preso per stupida, Arthur? Certo che so chi è Tom!”

“Perché allora ti preoccupi tanto di Bellatrix? Il vero problema continua a essere… be’, Tu-Sai-Chi. Da come ho interpretato il loro, ehm, rapporto finché lui sarà dalla nostra parte lo sarà anche lei”.

“Lei è spregevole”.

Arthur si sistemò gli occhiali di corno sul naso. Iniziava a non capire più sua moglie; quella fissa per il caro Tom cominciava a essere preoccupante perché lo trattava proprio come se fosse un bambino smarrito, come se fosse Harry, un ragazzo orfano bisognoso di affetto e non un… un Mago Oscuro che aveva passato gli ultimi 20 anni a terrorizzare il Mondo Magico.

“Lui ha ucciso Lily e James” intervenne Sirius entrando a sua volta in cucina “E vederti fare comunella con lui come se fosse un povero…”

Molly scosse la testa e smise di ascoltare. Nessuno capiva o, forse, fingevano di non capire. Non metteva in dubbio ciò che… be’, ciò che Tom aveva fatto. Ma la persona che lei incontrava ogni mattina era esattamente ciò che loro credevano il Signore Oscuro non fosse: un ragazzo orfano bisognoso di affetto. Non poteva fare a meno di chiedersi se non fosse stato recuperabile da bambino se, invece di crescere in un luogo in cui gli avevano fatto mangiare il proprio vomito, fosse cresciuto in una famiglia come quella sua e di Arthur? Cosa sarebbe successo? La differenza con Bellatrix stava proprio lì: quella era squilibrata a prescindere da dove la si mettesse e temeva per l’influenza che avrebbe avuto su Tom. La loro malattia mentale si sarebbe alimentata stando insieme? Molly si chiese se non fosse troppo arrogante da parte sua credere di stare influenzando in positivo Tom… eppure… eppure, per Godric, era da un mese che il Mago Oscuro più potente di tutti i tempi si dilettava a cucinare torte condividendo la ricetta con lei. Qualcosa doveva pur voler dire, no?

La mattinata passò velocemente. Molly fu tentata di andare a bussare alla porta della soffitta, si fece anche prestare delle orecchie oblunghe da Fred e George nel tentativo di origliare cosa stessero facendo quei due in camera. Va bene che avevano quasi quattordici anni da recuperare, ma non potevano stare… insomma… per ore? Senza sosta?

“Forse dovremmo ringraziare Voi-Sapete-Chi” bisbigliò George agli altri “Insomma, da quando c’è lui sembra che la mamma sia troppo impegnata a preoccuparsi per lui per guardare ciò che facciamo noi…”

“Ma davvero vi ha chiesto in prestito delle orecchie oblunghe?” chiese Ron sbigottito lanciando occhiate fuori dalla cucina verso il corridoio e le scale, dove si era appollaiata Molly per cercare di origliare.

“Ebbene sì, Ronnie” annuì con aria solenne Fred “Incredibile, no? Me lo avessero detto una manciata di mesi fa non ci avrei mai creduto” scosse la testa “La mamma che vuole una delle nostre creazioni?”

“Voi come state?” chiese invece Hermione a Harry e Ginny “Non è… strano averlo in giro?”

Ginny si strinse nelle spalle “Io non l’ho mai davvero visto durante la storia della Camera dei Segreti e…” aggrottò le sopracciglia confusa “Lui non sembra ricordarsi di me, vero? Tipo, non ha perso occasione per punzecchiare Harry ma” arrossì “Insomma, io lo usavo come diario personale, gli ho detto davvero qualsiasi cosa. Troppe cose, eppure lui…” si strinse nelle spalle e fece un gesto vago con le mani, come per dire che Voldemort non stesse approfittando di nessuna delle confidenze che gli aveva fatto.

“Non credo fosse lui” intervenne piano Harry pensieroso “Silente aveva parlato di… del fatto che Voldemort avesse messo un pezzo di sé in quel diario, o qualcosa del genere, non credo fosse proprio lui…” sbuffò e alzò le spalle “Io credo mi aiuti vederlo così giovane. So ovviamente che continua a essere Voldemort, l’uomo che ha assassinato i miei genitori, ma è come se, contemporaneamente, non riuscissi ad associare il ragazzo silenzioso e supponente che gira per casa con lui, Lord Voldemort. E comunque Silente è stato chiaro: la nuova minaccia rende Voldemort una bazzecola”.

“Poteva anche tenerselo” rispose in un borbottio Ron “No? Poteva tenerselo a Hogwarts e fare con lui queste ricerche. Perché appiopparlo a noi?”

“Ron, non metterti a discutere le decisioni di Silente” lo rimproverò Hermione dura “Avrà i suoi motivi se ha deciso di lasciarlo qua”.

“Tu sei contenta che ci sia solo perché ha accettato di aiutarti con Antiche Rune” la rimbeccò Ron. Hermione alzò il mento e proseguì come se non avesse sentito la sua accusa “E poi… effettivamente con vostra madre sembra andare d’accordo”.

“Il che è preoccupante sotto qualsiasi punto di vista tu voglia guardare la faccenda” s’intromise di nuovo George “Lo sapevo che la mamma era allo stesso livello di Voi-Sapete-Chi nel causare terrore” finse di rabbrividire “Magari Voi-Sapete-Chi le sta dando consigli su come controllarci meglio”.

Scoppiarono tutti a ridere poi però, vedendo che Molly non rientrava, si misero ai fornelli. Nessuno di loro era un cuoco provetto e cercarono di destreggiarsi come meglio poterono. Harry, che dai Dursley qualche cosa l’aveva cucinata, cercò di dirigere gli altri con tuttavia scarsissimi risultati.

“Cosa state combinando?” domandò Molly una volta tornata in cucina e arricciando il naso a causa dell’odore di bruciato.

“Visto che sei sparita per andare a spiare quei due, abbiamo deciso di pensarci noi” rispose Ginny tagliente. Molly fece loro gesto di allontanarsi e apparecchiare. Avevano combinato un disastro ma forse era ancora in tempo per recuperare. Non poteva fare a meno di pensare che, ci fosse stato Tom, il pranzo sarebbe stato salvo senza neanche bisogno del suo intervento. Quante volte l’aveva silenziosamente aiutata? Sospirò preoccupata. La situazione iniziava a metterle sin troppa ansia.

“Mamma!”

Molly sussultò e alzò lo sguardo su George che la stava fissando curioso.

“Dicevo, hanno funzionato le orecchie oblunghe?” lanciò un’occhiata verso gli altri ragazzi “Hai sentito qualcosa di… interessante?

Molly alzò il cucchiaio di legno con fare minaccioso “Finitela subito non voglio sentire certi discorsi!”

“Mi domando allora perché tu abbia chiesto le orecchie oblunghe…” mormorò Ron sogghignando.

“Attenti” li minacciò ancora Molly esasperata “Fate attenzione perché sono davvero a tanto così da mettervi tutti in punizione”.

I ragazzi si sedettero intorno al tavolo lanciandosi sguardi divertiti ma conoscevano molto bene Molly ed erano perfettamente consapevoli del fatto che non potessero tirare la corda più del dovuto. Dopo qualche minuto, li raggiunsero Sirius, Remus e, di nuovo, Mundungus. A Molly Mundungus continuava a non piacere, le piaceva quasi meno di Bellatrix. Lui e i suoi sordidi affari, quella pipa puzzolente… e poi aveva lasciato Harry senza protezione!

“Ah, non c’è Voi-Sapete-Chi?” domandò Dung sedendosi al posto di Tom e lanciando poi un’occhiata verso Sirius. “Lo capisco eh” la puzza di tabacco era pestilenziale e Molly avrebbe voluto urlargli di andare a lavarsi. Soprattutto, non voleva che i ragazzi venissero a contatto con un uomo di quella risma. Si morse le labbra e si trattenne dal dire qualcosa, già sapeva come le avrebbero risposto “Non fai rimostranze per Voldemort ma invece Mundungus non ti va bene?”

“Cos’è che capisci, Dung?” chiese Sirius servendosi dell’insalata.

“Lo so che tu la detesti e, per carità, tutta normale non dev’esserlo. Ma tua cugina è una bomba”.

Molly si sentì arrossire indispettita. Bellatrix aveva messo piede in in casa da neanche ventiquattro ore e quella casa sembrava già non poter più fare a meno di parlare di sesso.

“Cioè, l’avete vista ieri?” proseguì Dung con un sorrisetto “Aveva quella veste tutta strappata… le si intravedeva tutto…” s’interruppe lanciando un’occhiata veloce ai ragazzi, poi aggiunse sottovoce “Insomma, io me la farei”.

Sirius scosse la testa ed emise un verso sprezzante.

“Okay, è tua cugina e magari ti fa anche solo senso pensarci. Ma tu Remus?” chiese rivolto a Lupin “Concorderai con me, no?”

“Su cosa concordi con Dung?” chiese curiosa Tonks entrando anche lei in cucina. Lupin scosse la testa “Dung sembra avere un interesse per Bellatrix”.

Tonks fece un’espressione disgustata e Mundungus esclamò esasperato “Fate quella faccia solo perché pensate a ciò che ha fatto. A me però… Merlino, ieri non sono riuscito a dormire pensando a come sarebbe averla sopra di me, mentre mi fa tutto quello che vuole” nel dire quella frase mosse in modo esplicito le mani.

Molly si volse infastidita: quei discorsi erano decisamente troppo. Stava per aprire bocca e urlare di tutto a Mundungus quando un movimento alla sua destra la fece distrarre. Sulla soglia della cucina c’era Tom. Molly non si dovette neanche chiedere se avesse o meno sentito i discorsi di Mundungus: la sua espressione parlava per lui. Aveva uno sguardo sprezzante, gli occhi erano due rubini rossi ed emanava davvero delle vibrazioni negative, oscure. Molly fece un passo indietro inorridita da quella vista e fece cadere la pentola vuota che aveva in mano la quale si andò a schiantare sul pavimento con un sonoro schiocco.

Tutti sussultarono e, nel voltarsi per capire da dove fosse arrivato quel fracasso, si accorsero della presenza di Tom ancora fermo immobile sull’ingresso. L’atmosfera da scherzosa, giocosa e rilassata si fece immediatamente elettrica. Tom continuava a fissare Mundungus con sguardo truce poi, lentamente, fece qualche passo avanti avvicinandosi a lui.

“Non volevo interrompere questo fantastico resoconto delle tue fantasie, Mundungus Fletcher” sibilò Tom fermandosi proprio di fianco a lui “Continua pure. Cos’è che vorresti fare con la mia Bella?”

Mundungus gli scoccò un’occhiata agghiacciata, poi riportò velocemente il suo sguardo sul piatto borbottando un “Niente”.

Ti ho chiesto di dirmi cosa vorresti fare con Bellatrix” ripeté Voldemort. Il suo sibilo era sempre più basso ma Molly venne colpita dalla forza con cui lo disse, era un tono perentorio che non ammetteva repliche e sembrava avere la stessa potenza di un Imperius.

Mundungus rabbrividì e tossicchiò “Dicevo che… ma lo dicevo, così, per dire. Che l’idea di avere Bellatrix, cioè, la signora Lestrange, sopra di me che fa tutto… tutto quello che vuole… non mi…”

“E cosa credi che voglia fare sopra di te, eh?” gli chiese beffardo Tom con un sopracciglio alzato. “Cosa?”

Mundungus lanciò un’occhiata d’aiuto intorno. Non sapeva cosa rispondere. Tom gli si avvicinò predatorio “Ascoltami bene, Dung, perché sarà l’ultima volta che ti do un avvertimento del genere” gli disse sedendosi sul tavolo di fronte a lui. Gli occhi di Tom scintillarono di rosso “Ora ti dico cosa succederà. Prova di nuovo a guardare Bellatrix e giuro su Salazar che ti cavo gli occhi dalle orbita per giocarci a Gobbiglie” sorrise, come se la sola idea lo rendesse felice “Prova di nuovo a fare certi pensieri su di lei ed entrerò nella tua testa vuota fino a…”

Padrone”.

Voldemort s’interruppe e si volse con estrema calma. Molly seguì la linea del suo sguardo e vide Bellatrix; era mezza nuda con una sottoveste decisamente troppo grande per lei, magra, magrissima, di un pallore spettrale, quasi quanto era pallido Tom. La sera prima Molly l’aveva vista sporca e con i capelli arruffati, ma la donna che invece era davanti a lei in quel momento era pulita e pettinata. La cosa che tuttavia catturò di più l’attenzione di Molly fu il braccio sinistro di Bellatrix sul quale svettava il Marchio Nero: era grosso, scuro e circondato di ematomi ed ecchimosi; risaltava in modo sinistro sul braccio della strega.

“Cosa ti avevo detto di fare, Bella?”

“Rimanere su, mio Signore”.

“E allora cosa ci fai qua?” chiese Tom alzandosi di nuovo in piedi e facendo qualche passo verso Bella che abbassò lo sguardo mortificata.

“Non tornavate… e mi avete promesso non mi avreste più lasciata sola” mormorò senza guardarlo in faccia. Molly non riusciva a credere che quella donna remissiva e spezzata fosse Bellatrix. La Bellatrix che aveva conosciuto a Hogwarts, la Mangiamorte spietata di cui parlavano i giornali… La cosa che più la colpiva era il modo in cui Bellatrix si rivolgeva a Tom: in totale sottomissione. E il modo in cui lo guardava? I suoi sembravano straripare di qualcosa di bizzarro, un misto tra amore (possibile?) e ansia.

“Sarò qui da cinque minuti” rispose paziente Voldemort “Non riesci a stare senza di me per cinque minuti?”

“Sono quattordici minuti, mio Signore” lo corresse Bellatrix rialzando il capo “E quattordici minuti fanno presto a trasformarsi in quattordici anni…”

Voldemort le sorrise cinico “Che melodrammatica che sei, Bella”, scosse la testa e le si avvicinò ancora di più poi corrugò la fronte “Già che sei qua, cerchiamo di chiarire la situazione. Ti ricordi ciò che ti ho detto ieri?”

Bellatrix annuì cupa e lanciò uno sguardo agli astanti. In un’altra occasione sarebbe stata disgustata dal vedere tanta feccia nella casa che era stata dei suoi zii, nella casa dei Black. Ma, in quel momento, non gliene poteva importare di meno. Tutto ciò che aveva importanza era il suo Padrone, il suo Padrone che era andato a portarla via da Azkaban. Inoltre, il volere del suo Signore era per lei legge e se il Signore Oscuro affermava non ci fossero alternative…

“Non insulterò nessuno, mio Signore. Non creerò problemi. Farò la brava”.

“Non ne dubito” le rispose Voldemort freddamente “Altrimenti sai cosa ti aspetta, sì?”

Bellatrix arrossì “Non è che l’idea di una vostra punizione sia proprio un deterrente…”

Voldemort sogghignò ma, come percepì l’occhiataccia di Molly Weasley e le sue labbra strette con disappunto disse “Basta così” poi afferrò rudemente Bella per un braccio e si sedettero insieme in un angolo del tavolo, proprio dall’altra parte rispetto a dove era seduto Mundungus.

Voldemort guardò di sottecchi Bella. Non si considerava una persona particolarmente gelosa e, tuttavia, la sottoveste che indossava in quel momento Bellatrix lasciava davvero adito a poca immaginazione e l’idea che quell’ammasso di stracci che aveva il nome di Mundungus Fletcher potesse anche solo lontanamente pensare di fare mezzo pensiero sulla sua Bellatrix gli stava facendo ribollire il sangue nelle vene.

“Già che stiamo parlando di, ehm, regole” intervenne Molly come leggendo nella testa di Voldemort “Forse sarebbe il caso d’indossare qualcosa di più adeguato negli spazi comuni, no?”

Bellatrix le scoccò un’occhiataccia “Se qualcuno avesse chiesto il tuo parere, sudicia Traditrice del tuo…”

Bella” intervenne immediatamente Voldemort “Cosa abbiamo appena detto?”

“Che non avrei insultato nessuno, non avrei creato problemi e avrei fatto la brava, Padrone” rispose prontamente Bellatrix riportando tutta la sua attenzione su di lui adorante.

“E allora perché ti sei messa a insultare?”

Bellatrix batté le palpebre e lanciò di nuovo un’occhiata veloce a Molly. La odiava con tutta sé stessa. L’aveva sempre odiata, come odiava tutte le persone che erano sedute a quel tavolo. I figli pidocchiosi della Weasley, Potter, quella Sanguesporco, il suo cugino traditore, sua nipote figlia dell’altra traditrice e quel coso puzzolente che non sapeva chi fosse ma al quale sapeva che, se sua zia Walburga fosse stata in vita, avrebbe appiccato fuoco senza pensarci due volte.

“Be’, perché…”

“Faremo così, Bella” la interruppe subito Voldemort “Per ogni volta che trasgredirai a queste mie direttive ti darò dei punti – a seconda della gravità – questi punti si trasformeranno poi in una punizione che ti somministrerò non appena saprò che sarai in grado di sopportarla”.

Bellatrix strabuzzò gli occhi e si morse le labbra “Padrone…” di che genere di punizione stava parlando? Perché se si stava riferendo al tipo di punizione alla quale stava pensando lei si sarebbe messa a insultare tutti senza pensarci due volte.

Voldemort le sorrise crudelmente “Siamo già a due, ti avverto”.

Bellatrix riportò la sua attenzione su Molly Weasley e facendo un enorme sforzo si costrinse a mormorare “Metterò qualcosa di più adeguato, la prossima volta”.

Molly aveva osservato quegli scambi sbalordita. Non pensava potesse esistere quel tipo di rapporto, quel genere di sudditanza cieca che Bellatrix sembrava provare per Tom. Non ne sembrava impaurita, non sembrava neanche costarle alcuno sforzo.

Molly annuì e rivolse un sorriso a Tom.

“Ti ringrazio, caro. Volete mangiare qualcosa?”

Bellatrix, che aveva riportato tutta la sua attenzione su Voldemort, a quel “caro” fece una faccia talmente inorridita che le persone sedute al tavolo non poterono fare a meno di mettersi a ridacchiare.

“Eh sì, Bella” le disse Sirius ridendo più forte di tutti “Dovrai abituarti a questa faccenda del caro. Ma, a essere sinceri, lascia sbigottiti tutti noi. Su questo, insomma, siamo tutti d’accordo”.

Bellatrix lo ignorò. Non poteva importarle di meno di suo cugino ciò che le importava era del suo Signore. Del suo Signore che… Non poteva crederci. Non poteva credere che quella chiattona di Molly Weasley avesse appena chiamato il Signore Oscuro – il suo Padrone – “caro”. Era privo di senso. Non voleva che quella cosa avesse senso. Caro? Perché caro? Come si permetteva? E perché il Signore Oscuro non l’aveva ripresa? Perché non la stava cruciando? Non… non poteva essere che…? Non aveva senso! Non poteva crederci, no… non Molly Weasley! Non con il suo Padrone!

“Sì, signora Weasley, se c’è qualcosa anche per noi sarebbe fantastico. Bella si deve rimettere in forze” rispose Tom evitando accuratamente di guardare in direzione della strega oscura accanto a lui. L’orrore di Bellatrix a quel “caro” gli era arrivato addosso come uno tsunami ma non aveva nessuna intenzione di voltarsi e darle una spiegazione anche perché, a ben vedere, una spiegazione non c’era. Non sapeva per quale motivo Molly Weasley avesse iniziato a chiamarlo “caro” ma la verità era che gli faceva piacere essere appellato a quel modo. In tutta sincerità praticamente qualsiasi cosa era meglio di Tom e, il fatto che Molly se ne fosse accorta e cercasse di evitare come la peste quel nome, lo rendeva contento.

Il resto delle persone in quella cucina rimase in silenzio quasi religioso mentre Tom e Bella iniziavano a sbocconcellare il loro piatto, Tom percepiva la stessa aria tesa che c’era stata la prima volta che aveva mangiato con loro seduto a quel tavolo e si disse che, tutto sommato, era anche normale: Bellatrix, fra le altre cose, aveva il suo aspetto normale, non aveva mutato i suoi tratti e quindi risultava essere una strega oscura appena uscita da Azkaban.

“Dovresti proprio sforzarti e mangiare, Bellatrix” la riprese poi, vedendo che Bella aveva smesso di mangiare e continuava a fissarlo come se avesse voluto fondersi con lui, come se temesse che da un momento all’altro potesse smaterializzarsi e abbandonarla lì.

“Se non mangiate voi, Padrone, non vedo perché dovrei mangiare io” rispose Bella incrociando le braccia sul petto e alzando un sopracciglio. Voldemort si girò verso di lei per guardarla meglio ghignando sarcastico.

“Fai l’impertinente con me?”

Bella arrossì subito “Oh, no mio Signore! È solo che…”

Tom riprese in mano la forchetta scuotendo la testa. Bellatrix era estremamente debilitata sia nel fisico che nella mente. Aveva passato tutta la sera e gran parte della mattinata a somministrarle pozioni e a rassicurarla, a parlarle, perché sembrava sempre sul punto di un esaurimento. Lui rivoleva indietro la sua strega e la donna seduta accanto a lui assomigliava solo vagamente alla sua Bella. Doveva riprendere le forze e doveva mangiare. Se per farla mangiare doveva sforzarsi e mangiare anche lui lo avrebbe fatto.

“Hai visto?” chiese dopo aver mandato giù un boccone “Io mangio. Mangia anche tu, Bella, non farmi adirare più di quanto tu stia già facendo”.

Molly guardò la scena allibita. Settimane, ormai più di un mese, a pregarlo di mangiare in modi più o meno espliciti, e poi arrivava quella e senza nessuno sforzo riusciva a fargli fare un pasto normale?! Assottigliò lo sguardo; se da una parte le faceva piacere vederlo finalmente rifocillarsi come tutti, dall’altra sentiva come una sconfitta personale il fatto che lo stesse facendo solo ed esclusivamente per Bellatrix…

Vedi quel signore laggiù, Bella?” chiese dopo qualche istante Voldemort accennando a Mundungus “Vedi quella sottospecie di subumano vestito di stracci che puzza di tabacco?”

Bella alzò lo sguardo per cercare di capire a chi stesse facendo riferimento Voldemort. Ah sì, il tizio che zia Walburga brucerebbe vivo piuttosto che lasciarlo sedere a tavola…

“Sì, mio Signore”.

“Si stava domandando cosa gli faresti… sai, se fossi sopra di lui”.

Bella aggrottò le sopracciglia e si sentì avvampare. C’era una sola persona con cui avrebbe voluto stare sopra e sicuramente non era quell’uomo che stava tremando dall’altra parte del tavolo. Anzi, a dirla tutta, era dalla sera precedente che provava a sedurre il suo Signore ma lui, per qualche bizzarro motivo, continuava ad allontanarla.

“Che cosa gli faresti?” la incalzò Voldemort.

Bella riportò la sua attenzione sul Signore Oscuro. Non lo stava capendo, non avrebbe fatto nulla con quell’essere, per nessuna ragione al mondo…

“Qualunque cosa voi desideriate, Padrone” rispose tuttavia cercando di utilizzare un tono diplomatico, sottomesso.

“Io vorrei giocare a Gobbiglie e per questo gli ho detto che, se prova di nuovo a guardarti, gli strapperò gli occhi dalle orbita”.

Bellatrix gli sorrise lasciva mentre il suo cuore palpitava forte. Quindi la desiderava ancora? Era un altro il motivo per cui ancora non…

“Uhm” fece pensierosa Bellatrix iniziando a guardare con rinnovato interesse Mundungus “Dovrei castrarlo, così poi potrei giocare a Gobbiglie con voi utilizzando i suoi testicoli”.

Gli occhi di Voldemort scintillarono e sorrise divertito “Hai visto, Dung?” sibilò poi Voldemort “Ti ho levato la curiosità: è questo che farebbe Bella se solo fosse sopra di te…”

Molly rimase agghiacciata a vedere i sorrisi che si scambiavano Tom e Bellatrix. Le sembrava a dir poco impossibile, eppure… eppure non c’erano dubbi che quello fosse il loro modo di flirtare.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Bellatrix non aveva mai dubitato del Signore Oscuro. Non aveva dubitato di lui neanche per mezzo istante. Sapeva sarebbe tornato e sapeva anche sarebbe andato a salvarla non appena avesse potuto. Quando Voldemort era rinato e il Marchio sul braccio era tornato a splendere, Bella – ancora confinata ad Azkaban – non aveva fatto altro che osservarlo piangendo. Per mesi il Marchio aveva iniziato a riprendere vigore poi, all’improvviso, una sera l’aveva sentito bruciare: il Signore Oscuro, dopo tredici anni, stava di nuovo chiamando a sé i suoi adepti, i Mangiamorte. Aveva strepitato, Bellatrix. Aveva strepitato perché s’immaginava tutti quegli inetti che gli avevano voltato le spalle smaterializzarsi da lui.
Era ingiusto.
Era ingiusto che altri potessero rivederlo per primi, che altri potessero rivederlo prima di lei! Era rimasta con le lacrime agli occhi nella sua cella, immaginandoselo, pensando a come fosse… e poi, dopo un paio di ore da quella chiamata collettiva, aveva sentito di nuovo il suo Marchio bruciare. Stava chiamando lei. Solo ed esclusivamente lei… Bellatrix aveva lanciato un forte gemito di piacere e poi aveva premuto con forza le dita sul tatuaggio rispondendo a quel richiamo, voleva fargli capire che lei c’era, era lì in attesa, solo ed esclusivamente per lui…
Per tutte le settimane successive avevano continuato a quel modo: si chiamavano tramite Marchio Nero. Potevano anche andare avanti per ore e Bella sentiva il suo cuore battere forte perché se il Signore Oscuro agiva in quel modo voleva dire che lui, come lei, ancora la desiderava, la voleva al suo fianco, sentiva il bisogno di lei. Lui che di solito non mostrava attaccamento alcuno, lui che di solito era più freddo del ghiaccio, le stava facendo capire di avere bisogno della sua strega. Tuttavia, dopo ancora qualche settimana, tutto si fermò. Bella lo chiamava sempre – a dirla tutta, non aveva proprio mai smesso – ma Voldemort aveva iniziato a risponderle sempre meno, con meno forza e meno insistenza. La disperazione la colse di nuovo. Cosa stava succedendo? Perché tutto ciò? Forse che aveva trovato un’altra strega oscura? Forse qualcuno la stava rimpiazzando? Ecco, tra tutte le persone alle quali poteva aver pensato – addirittura Alecto Carrow – non avrebbe mai pensato a Molly Prewett in Weasley. Insomma, lo scenario che aveva davanti agli occhi, non le era mai neanche passato per l’anticamera del cervello. E dire che lei credeva davvero di averle pensate tutte.
Bella, ferma sulla soglia della cucina che una volta era stata dei suoi zii, guardò ancora una volta con sguardo corrucciato la scena che le si parava davanti.
Il Signore Oscuro – con quell’aspetto da ragazzo ventenne ancora candido e non insozzato dalle Arti Oscure – era seduto a tavola a parlare amabilmente con quella. Tra di loro c’era un piatto fumante di waffles e bacon e Molly si stava complimentando con Tom della creazione culinaria. Si sfregò con una mano gli occhi perché non poteva credere di essere sveglia e di stare davvero assistendo a quella scena. Era talmente insensato che non poteva fare a meno di domandarsi se lei ancora non fosse ad Azkaban e quello altro non era che un modo perverso dei Dissennatori di torturarla.
Non che il Signore Oscuro non le avesse spiegato la situazione: i Druidi si erano risvegliati e, il loro ritorno, era una minaccia per i maghi troppo grande, troppo grande per essere affrontata solo da lui – Lord Voldemort – che quindi si era alleato con Silente. A dir la verità, il Signore Oscuro non era sceso nei dettagli e, anzi, Bella aspettava ansiosa di capirne di più e, di conseguenza, non vedeva l’ora che quella famosa riunione dell’Ordine (alla quale avrebbe presenziato anche Silente) arrivasse.
Bellatrix, chiaramente, capiva l’alleanza, decisamente sensata, con un mago come Silente. Ciò che non capiva, invece, era per quale motivo il Signore Oscuro stesse trattando con tanta gentilezza Molly Weasley. Il cuore di Bella sprofondò ancora un po’ in basso al pensiero che, ormai, erano due notti che lei e il Signore Oscuro passavano la notte nella stessa stanza ma che il suo Padrone si guardava bene anche solo dallo sfiorarla. Era stato estremamente attento e gentile (molto più di quanto Bella lo credesse in grado di fare) nell’aiutarla a lavarsi, a riprendersi, a somministrarle pozioni… e quando Bella si era sentita pronta per… niente, lui si era scostato. Si scostava costantemente. Perché? Gufo che non becca, ha già beccato, diceva sua madre…
“Buongiorno, Bella” la voce del Signore Oscuro la riscosse “Entra, non stare lì ferma impalata”.
Bella mosse meccanicamente qualche passo: eseguire gli ordini di Voldemort le veniva naturale, anche se lui in quel momento aveva l’aspetto di un ragazzino. A lei in realtà non importava nulla delle fattezze che aveva il suo Signore, non le era mai importato nulla e, anzi, più i suoi tratti apparivano mostruosi più lei se ne sentiva attratta. Che lei avesse una passione sfrenata per la decadenza e le Arti Oscure, tutto sommato, sembrava essere un dato di fatto.
“Buongiorno, Padrone” lo salutò una volta arrivata vicino a lui, poi scoccò un’occhiata a Molly e, visto che aveva promesso a Voldemort di “comportarsi bene”, le ringhiò a bassa voce “Buongiorno, Molly”.
“Buongiorno, Bellatrix” rispose a sua volta Molly con tono piatto senza neanche voltarsi a guardarla. Non si piacevano. Non si erano mai piaciute e Bella mai avrebbe pensato di ritrovarsi a fare colazione con quella Traditrice del suo Sangue. La detestava con tutta sé stessa e non poteva credere che quella chiattona si fosse avvicinata al suo Signore… non aveva senso…
Bella si sedette a fianco a Voldemort e di fronte a Molly.
“Li ho fatti io i waffles, Bella, perché non li assaggi?” la invitò il Signore Oscuro accennando al piatto a centro tavola “Devi mangiare. Cosa me ne faccio di una strega che non sta in piedi?”
Bellatrix strabuzzò gli occhi e scoccò un’occhiata al suo Padrone. Sapeva come colpirla, sapeva che più di ogni altra cosa temeva non essere più al suo fianco, temeva di essere un peso, una zavorra di cui disfarsi… e quel dubbio già si era instillato in lei. Con quella racchia di Molly Weasley sembrava aver raggiunto una complicità che lei aveva impiegato anni a creare, com’era possibile?
“Non sapevo sapeste cucinare, mio Signore” mormorò Bellatrix allungandosi sul tavolo e servendosi.
“Bisogna fare di necessità virtù, mia Bella” le rispose Voldemort con un sorriso “Quante volte te l’ho detto?”
Bellatrix tagliò un pezzo di waffles, lo infilzò con la forchetta e poi mise tutto in bocca con fare lascivo fissando Voldemort negli occhi. Doveva tirare fuori l’artiglieria pesante.
Voldemort ricambiò il suo sguardo, fisso. Bella lo vide stringere gli occhi mentre un sorrisetto sghembo gli andava a increspare le labbra… aveva qualche possibilità? Magari l’avrebbe afferrata per un braccio e si sarebbero smaterializzati di nuovo su, in soffitta. Avrebbero potuto scopare tutto il giorno, facendo sentire le loro urla di piacere a tutta la casa e, soprattutto, a Molly fottuta Weasley.
Molly lanciò un’occhiataccia all’altra donna. Era di nuovo con quella sottoveste che lasciava ben poco spazio all’immaginazione. A dirla tutta, sarebbe risultata più vestita da nuda, non solo, ora si metteva a fare spettacolini pornografici? Osservò stizzita quella scena. Era semplicemente volgare; eppure, Tom sembrava attirato da quella sgualdrina come un’ape dal miele. Perché gli uomini sapevano essere tanto stupidi? Come Bill e quella Fleur. Potevano ambire a tanto di più e invece si lasciavano sedurre da donne belle che poco altro avevano da dare se non il proprio corpo…
“Non avevamo detto che nelle zone comuni si doveva tenere un abbigliamento adeguato? E magari anche un atteggiamento un po’ più… come dire, pudico?”
Bella fulminò la Weasley. Mandò giù il boccone e aveva già la battuta pronta sulla lingua quando si ricordò che il suo Padrone, il giorno precedente, aveva dato ragione a Molly. Fece un sospiro tremolante – possibile che al Signore Oscuro non facesse piacere vederla con quella sottoveste? - e con un gesto svogliato della bacchetta appellò uno scialle nero che la coprisse meglio.
“Va bene così?” chiese alzando un sopracciglio altera.
“Meglio, sì” rispose Molly, poi si volse verso Voldemort “Caro, anche tu dovresti davvero mangiare qualcosa”.
Bellatrix a quel “caro” strinse così forte la forchetta che le si sbiancarono le nocche.
Caro.
 Perché, per Salazar, osava chiamarlo caro? Che diritto aveva di utilizzare qualcosa di tanto intimo? E poi, Molly non era sposata con Lenticchia? Com’è che quell’altro idiota filobabbano non faceva rimostranze? Bellatrix quasi si soffocò con il pezzo di waffles. Possibile che il Signore Oscuro e Molly Weasley…? Non era la prima volta che faceva quel pensiero. Ma l’idea di loro due insieme…  fece una smorfia. S’immaginò Voldemort sculacciare Molly Weasley e venne sommersa da due emozioni così contrastanti che il suo essere andò in cortocircuito; una parte di lei riteneva quell’opzione talmente ridicola che sarebbe scoppiata istericamente a ridere. Era priva di senso, totalmente priva di senso. Anche solo l’idea della Weasley legata a un letto a subire ciò che Bella agognava era insensata, folle. Un’altra parte di lei, invece, riteneva l’opzione assurda eppure, in qualche, modo possibile… ecco, quella parte sarebbe voluta scoppiare istericamente a piangere, urlare e strepitare. Avrebbe ucciso tutti, ogni abitante sulla faccia della Terra, piuttosto che perdere il suo Signore in quel modo.
Bella sospirò, cercando di scacciare quei pensieri e mettere a tacere entrambe le due parti. Quei due stavano continuando a chiacchierare amabilmente, di fatto escludendola. Quello che stava vivendo era un incubo peggiore di Azkaban. Essere vicina al suo Padrone ma essere ignorata…
Non ti ha ignorata, intervenne una vocina dentro di lei. Ti è venuto a salvare e ti ha accudita con estrema cura per ore. Pensavi che il Signore Oscuro potesse essere uomo da mettersi seduto accanto a te e cercare di farti rilassare la mente tramite Legilimanzia durante i tuoi attacchi di panico dovuti alla reclusione ad Azkaban? E invece l’ha fatto… Bellatrix annuì. Era innegabile. E poi c’era anche il fatto che, semplicemente, era andato a prenderla. Fosse stato soddisfatto della sua relazione con Molly Weasley – di qualsiasi natura fosse – non ci avrebbe pensato due volte a lasciarla ad Azkaban, no? Quindi se se l’era andata a riprendere è perché la voleva, ne aveva bisogno...
“Bella?”
Bella batté le palpebre e riportò tutta la sua attenzione sul Signore Oscuro, adorante. Avrebbe voluto toccarlo, anche solo stringergli la mano, ne sentiva l’impellente necessità. Ma sapeva che Voldemort certe cose non le accettava. Mise quindi la mano sul tavolo, avvicinandola a lui lentamente. Se il Signore Oscuro avesse voluto ricambiare non avrebbe dovuto far altro che avvicinarsi…
“Mio Signore?” mormorò mentre la sua mano si bloccava a metà strada, il palmo rivolto verso l’alto in un invito esplicito.
“Non mi hai detto se ti sono piaciuti i miei waffles” le disse inclinando il capo di lato per studiarla meglio.
Che cosa me ne frega dei fottutissimi waffles, pensò Bellatrix. Poi però si rese conto che se il Signore Oscuro glielo stava domandando era perché ci teneva alla sua opinione.
“Mio Signore, non ho mai mangiato nulla di più buono. Foste voi a cucinare, mangerei sempre” rispose con passione, pensando che effettivamente era così. Qualsiasi cosa fatta dal suo Padrone lei l’avrebbe tenuta in bocca con molto piacere, ridacchiò tra sé e sé a quel pensiero…
“A quanto pare, signora Weasley, dovrò rubarle i fornelli anche a pranzo e a cena” disse Voldemort rivolto a Molly “Capisce bene che non posso di certo far morire di stenti la mia migliore luogotenente”. Il cuore di Bellatrix prese a palpitare e, quando la mano di Voldemort volò sul tavolo per poi intrecciare le dita con le sue, Bella ebbe timore di rischiare un infarto.
Molly fissò quella scena con espressione truce. Aveva parlato con Tom di Bellatrix. Insomma, aveva tentato di capire che genere di rapporto avessero, cosa fosse lei per lui e lui per lei… ma Tom aveva svicolato, come se non sopportasse l’idea di esprimersi in modo esplicito su quella relazione. Era evidente fossero amanti e, Molly glielo concedeva, Bellatrix con Tom era perfetta. Aveva intuito tutto del carattere di quell’uomo. Lo adorava, letteralmente. Pendeva dalle sue labbra e, ciò che era peggio, era che non lo faceva con studiato opportunismo, no. Era sincera. Per non parlare del modo in cui ricercava il contatto fisico: faceva capire a Tom di desiderarlo con tutta sé stessa ma non era lei a toccare lui quanto, piuttosto, aspettava fosse Tom a eliminare la distanza tra i loro corpi. Insomma, Bellatrix si stava dimostrando perfetta per Tom, non fosse per il piccolo, piccolissimo, difetto di essere una pazza.
Molly già poteva sentire le rimostranze di Arthur “Vuoi dirmi che Tu-Sai-Chi non è pazzo?”. Proprio così, pensò Molly continuando a osservare le loro mani intrecciate e senza tuttavia ascoltare il loro dialogo sommesso.
Tom non è pazzo, è estremamente lucido e sono convinta che in qualche modo sia recuperabile. Ha autocontrollo, disciplina ed educazione… ma Bellatrix? Non mi sembra abbia nessuna delle tre cose, forse in passato poteva essere una principessina educata ma ora non è altro che una donna scarlatta che vuole sedurre un uomo… sembra non pensare ad altro, per Godric!
“Buongiorno!” esclamò Arthur entrando con un sorriso che tremolò un poco non appena vide Bellatrix e Voldemort.
“Buongiorno”, lo salutò freddamente Tom “Waffles?” chiese accennando al piatto “Li ho fatti io”.
Arthur strabuzzò gli occhi. Non avrebbe mai mangiato nulla cucinato da quel serial killer fuori di testa. E se avesse avvelenato il piatto? Lanciò uno sguardo allarmato a Molly: lei poteva essere stata tanto folle da assaggiare?
“Io… sono di fretta. Credo farò colazione fuori oggi”.
Tom alzò le sopracciglia e Molly intervenne prontamente “Arthur, tesoro, è da quando Tom si è trasferito qua che prepara la colazione, tutte le mattine…”
Arthur spalancò gli occhi. Non poteva crederci. Perché Molly non gliel’aveva mai detto? Cos’altro gli nascondeva?
“Ah”.
Non sapeva cosa dire, come comportarsi. Si sedette a tavola e si servì un piatto di bacon e waffles con titubanza. Lanciò un’occhiata agli altri tre presenti: Bellatrix e Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato si tenevano per mano, Molly invece li guardava corrucciata. Scese tra tutti loro uno spiacevole silenzio interrotto solo dal rumore di forchetta e coltello. Arthur avrebbe voluto provare a intavolare una conversazione con Molly ma, incredibilmente, si ritrovò a non sapere cosa dirle: la presenza degli altri due lo metteva in soggezione.
“Caro”, la voce di Molly lo riscosse ma, ben presto, si rese conto come quel “caro” non fosse più diretto a lui. Stava parlando con Tom. “So che sei immerso nelle tue ricerche e ora che hai…” scoccò un’occhiata all’altra strega “la tua Bella, suppongo tu sia ancora più occupato” arricciò le labbra “Però, ecco, credo ci sia un vecchio demone assassino appostato in uno dei bagni di sopra. Non è che potresti darci una mano? Giusto perché comunque è una creatura oscura e… ecco, insomma, ci sono i ragazzi…”
Arthur stava iniziando a perdere la pazienza. Non sopportava più quel caro e, ancora meno, sopportava che quei due passassero tutto quel tempo insieme. Lasciò perdere i waffles – che doveva ammettere fossero buonissimi – e osservò leggermente adirato Molly e il caro Tom. Poi il suo sguardo cadde su Bellatrix e fu in quel momento che, con suo sommo sgomento, capì di avere un’alleata. Se lo sguardo di Bellatrix avesse potuto incenerire, be’, Molly sarebbe già stata divorata dalle fiamme. Inoltre, la mano della Lestrange stringeva così forte quella del mago oscuro che Arthur non poté fare a meno di chiedersi se il ragazzo sentisse ancora il sangue circolare.
Bellatrix, forse sentendo lo sguardo di Arthur su di lei, si volse di scatto nella sua direzione. Lo guardò attentamente per qualche secondo poi gli fece una smorfia che sembrava voler dire “Dobbiamo assolutamente risolvere questa questione” e contemporaneamente roteò gli occhi. Arthur le fece un sorrisetto. Oh sì, pensò soddisfatto.  Adesso che ho una strega oscura al mio fianco in qualche modo riuscirò a farti ritornare in te, Lollymolly…
“Vi aiuto volentieri, signora Weasley” rispose Tom sorridendo e liberandosi dalla presa ferrea di Bellatrix “Sarai al mio fianco, vero Bella? Potrebbe essere una buona occasione per riprendere un po’ confidenza con la magia…”
“Io non ho bisogno di riprendere confidenza con la magia” mormorò Bellatrix adirata “Il mio sangue è tra i più puri della Comunità Magica, mio Signore. La magia scorre in me molto potente”.
Voldemort le sorrise freddamente “Lo so molto bene. Ma quattordici anni ad Azkaban sfiancherebbero chiunque. Non c’è nulla di male a riprendere per gradi…
Bellatrix si morse le labbra e poi gettò di nuovo un’occhiata ad Arthur che annuì: la loro alleanza avrebbe avuto inizio.
 
I ragazzi scesero per fare colazione dopo un’oretta. Molly aveva già iniziato a rassettare in giro mentre Bellatrix e Tom confabulavano sopra quel libro scritto in Antiche Rune che Tom così spesso aveva con sé.
“Ehm… Tom?” chiese Hermione incerta mentre finiva di fare colazione “Posso chiederti ancora un aiuto col Ragnarock, più tardi?”
Voldemort non fece in tempo ad aprire bocca che Bellatrix intervenne. Oh no, no. Prima la Weasley, ora la Sanguesporco? Come osavano chiamarlo Tom? Possibile non si accorgessero di come quel nome facesse stare male il suo Padrone? Era evidente! Lei lo percepiva chiaramente, ogni volta che si sentiva chiamare a quel modo il Signore Oscuro irrigidiva le spalle, mandava fuori un sospiro pesante… lo detestava.
“Come osi rivolgerti a lui con così poco rispetto? Dovete per forza chiamarlo Tom?” sputò fuori quel nome come se le fosse rimasto incastrato in gola “Possibile non vi accorgiate come tutto ciò lo indisponga?”
Hermione rimase raggelata dalla foga di Bellatrix.
“Finiscila, Bellatrix” la riprese piano Voldemort “Anche tu spesso e volentieri mi indisponi, ma converrai con me che so essere molto tollerante”.
Bellatrix sgranò gli occhi mentre Molly si girava verso di loro con un sorrisetto. Oh sì, cara Bellatrix, devi imparare a comportarti come si deve…
“Ma Padrone…” iniziò a protestare Bella piano, abbassando lo sguardo mortificata. Perché si comportava così? Non lo capiva che lo faceva solo ed esclusivamente per lui? Perché continuava a trattarla con tanto sussiego? Non capiva, da una parte sembrava comportarsi con lei in modo molto intimo e tollerante, dall’altra continuava a dare ragione a tutta quella feccia… Per di più, come poteva comparare la tolleranza che utilizzava con lei – che lo serviva fedelmente da anni – con la tolleranza che riservava a quella sporca plebaglia che invece, Bella lo vedeva, lo detestava?
“Bella, smettila” sibilò lui avvicinandosi pericolosamente “Questa è la nostra nuova condizione, prima te ne farai una ragione e meglio sarà. Abbiamo da fare e dobbiamo collaborare, impara a fare buon viso a cattivo gioco” la redarguì “Abbiamo bisogno di Silente. Abbiamo estremamente bisogno di Silente. Io da solo non riesco a creare questo dannatissimo incantesimo” fece una pausa poi le sorrise tollerante “Fai la brava. Fallo per me, Bella”.
Bellatrix abbassò lo sguardo. Come poteva negare qualcosa al suo Padrone? Ma lei percepiva così chiaramente il suo disagio! In passato le bastava anche solo un battito di ciglia per capire il suo Padrone ma ora… ora non riusciva più a comprendere. Come poteva sopportare di essere trattato come una persona normale? Lui che era magia pura e pura oscurità?
“Mio Signore, sapete che io per voi farei di tutto”.
“E allora fallo” le ordinò lui con semplicità, poi si rivolse a Hermione “Più tardi ti aiuterò con quella traduzione, se vuoi” poi sorrise serafico “Anzi, ti aiuterà Bella”.
Bellatrix sgranò gli occhi “Oh Padrone”.
Oh Padrone” ripeté lui imitando il suo tono “Padrone cosa?”
Bella sospirò. Si sentiva inadeguata, inadeguata a continuare a servirlo. Forse era per quello che il Signore Oscuro si era legato così alla Weasley? Perché sentiva che poteva servirlo meglio in quella circostanza?
“Bella, smettila con i pensieri idioti e rispondimi”.
“Mio Signore, qualsiasi cosa per voi” accettò Bellatrix a malincuore. Davvero avrebbe dovuto dare ripetizioni di Antiche Rune a quella Sanguesporco? Ma perché poi? Le veniva da piangere. Forse, nel momento in cui avrebbe preso seriamente a lavorare con il suo Padrone alla creazione dell’incantesimo, nel momento in cui avesse avuto un quadro più chiaro della situazione… Sospirò mentre con il cuore pesante seguiva tutta quella marmaglia al piano di sopra per sconfiggere il demone di cui aveva parlato la Weasley. Merlino, evidentemente impietosito da lei, le aveva per lo meno risparmiato la presenza di suo cugino Sirius, il che era comunque una nota positiva in tutta quella situazione disastrosa. Essere circondata da adolescenti Grifondoro sembrava la peggiore tortura alla quale potesse essere sottoposta, sì, anche peggio di quattordici anni ad Azkaban… salirono un piano dopo l’altro, fino a quando non si ritrovarono nella camera padronale, la stanza che era stata di Orion e Walburga.
“Ecco” disse la Weasley facendo qualche passo incerto avanti “Penso sia un demone assassino che si nasconda nel bagno padronale ma…” fece un sorriso timido, come se si vergognasse con Tom “Devo ammettere che combattere le creature oscure non è esattamente un mio punto di forza”.
E chi l’avrebbe mai detto” mormorò a bassa voce Bellatrix seguendo Voldemort all’interno della stanza. Anche i ragazzi si fecero avanti, sempre più curiosi.
“Cosa le fa credere che ci sia un demone, Molly?” chiese Tom fermandosi davanti alla porta del bagno e scrutandola come se potesse vederci attraverso.
“Ieri sono entrata e… mi sono sentita come inseguita e osservata, la sensazione era simile a quella che ti lasciano i Dissennatori…” s’interruppe perché un brivido le percorse la schiena. Un lampo di consapevolezza passò invece negli occhi di Tom “Ah sì” annuì piano voltandosi di nuovo verso gli altri.
“Qualcuno ha idea su cosa potrebbe esserci?”
Bellatrix fece per aprire la bocca perché, ciò che aveva descritto quella mezza sega di Molly Weasley, era abbastanza chiaro ma Voldemort la fulminò con lo sguardo “No, non tu, Bella. Se tu non avessi capito cosa c’è lì dentro ti avrei riportata ad Azkaban su due piedi. Cerca di tacere”.
I ragazzi rimasero tutti in silenzio, incerti su cosa dire, anche perché, per quanto Tom avesse un sorriso affabile sulle labbra e sembrasse disposto ad ascoltare le loro teorie, nessuno di loro poteva davvero dimenticarsi che quello fosse Lord Voldemort.
“Va bene. Partiamo da qualcosa di più facile” fece Voldemort iniziando a passeggiare avanti e indietro davanti alla porta “Supponiamo di non sapere con certezza che lì dentro ci sia qualcosa. Come faremmo ad accertarci che effettivamente, oltre la soglia di quella porta, ci sia una creatura?”
“Potremmo lanciare un incantesimo Revelio” si buttò Hermione facendo un passo avanti. Tom le sorrise “Bene, questa potrebbe essere un’idea. Fallo”.
“Ma, ehm, non mi è concesso usare la magia al di fuori di Hogwarts…?”
Ah giusto” rispose Tom battendosi una mano sulla fronte in modo plateale “Dubito che la Traccia potrebbe seguirti fino a qua, considerando che sei circondata da maghi maggiorenni non riuscirebbero a capire da chi sia stata fatta la magia. Per di più, la casa è sotto Incanto Fidelius e quindi… ma visto che non ho intenzione di sorbirmi una ramanzina da Silente…” con un gesto fluido tirò fuori dalla tasca del mantello la propria bacchetta, l’agitò velocemente in aria in un movimento articolato e una leggera brezza sembrò propagarsi per la stanza.
“Niente più Traccia”.
Niente più Traccia?!” esclamò Molly Weasley strabuzzando gli occhi a metà tra l’incredulo e l’infuriato. “Non avrai levato loro la Traccia???”
Tom alzò le mani in alto e fece un passo indietro, fingendosi terrorizzato dalla reazione di Molly.
“Gliela rimetto appena abbiamo finito, signora Weasley. Promesso” le fece un sorriso suadente e Molly, all’improvviso, se ne sentì come ammaliata. Perché riusciva a essere così convincente? Scosse la testa e si volse, solo per incontrare lo sguardo cupo di Bellatrix che la osservava come se avesse voluto azzannarla alla gola.
“Bene… Hermione, ti chiami?” le chiese Tom. Hermione annuì, gettò un’occhiata apprensiva a Ron e a Harry come se volesse chiedere il loro consenso, poi si fece avanti e tirò fuori la bacchetta.
Revelio!” esclamò sicura puntando la bacchetta contro la porta del bagno.
Bellatrix osservò la scena a braccia incrociate e roteò gli occhi. Era una perdita di tempo, possibile che quei ragazzini fossero tanto lenti a trovare la soluzione? Da sotto le sue palpebre pesanti osservò l’incantesimo trapassare la porta del bagno, scomparire dietro la parete, per poi tornare indietro: effettivamente lì dentro c’era qualcosa. Ma questo lo si sapeva già da prima, no? Sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
Voldemort incrociò le mani dietro la schiena “Bene, abbiamo avuto la conferma che c’è qualcosa, ma direi che non siamo molto più vicini di prima a capire che cosa nello specifico. Altre idee?”
“La signora Weasley ha detto che è entrata e si è sentita seguita…” fece piano Harry ragionando “Quindi non è qualcosa che attacca in modo improvviso, non potremmo semplicemente aprire la porta e controllare?”
Voldemort sogghignò. Avrebbe adorato fare il professore a Hogwarts e togliere punti a Grifondoro per certe domande idiote.
“Le creature oscure, così come le Arti Oscure, sono varie e piace loro mutare forma. In questo caso, dietro a quella porta, non c’è nulla di così terribile ma in linea generale bisogna procedere sempre aspettandosi lo scenario peggiore. Quindi no, eviterei di aprire la porta e rischiare di trovarci impreparati. Nessuno che abbia un’idea?”
Bellatrix si mosse insofferente spostando il peso da un piede all’altro. Perché l’aveva portata con lui se tanto doveva rimanersene in un angolo in silenzio? I mocciosi continuavano a gettarsi occhiate in cerca di chissà quale aiuto.
“Magari potremmo trasformare il muro in un vetro che dia modo a noi di guardare dentro ma non alla creatura di guardare fuori. A questa maniera avremmo una visione perfetta dell’interno del bagno senza che tuttavia la creatura – questo demone – possa attaccarci” senza aspettare il permesso Bella estrasse la bacchetta e fece l’incantesimo. All’improvviso, al posto del muro e della porta, comparve una perfetta superficie di vetro. Il bagno sembrava essere deserto, la grossa vasca da bagno in marmo al centro della stanza, i due lavandini… e poi, eccola, una creatura bassa e pelosa dalla grossa testa grigia e liscia. Bellatrix sorrise radiosa e lanciò un’occhiata al suo Signore che invece la stava guardando corrucciato con le braccia incrociate sul petto.
“Credevo di averti detto di tacere?” le sibilò adirato “Lo so che tu sai le risposte alle mie domande, Bella” continuò a sgridarla con la voce bassa che trasudava sdegno “Dopo anni come mia allieva, sarei sorpreso del contrario”.
Bellatrix spostò di nuovo gli occhi verso il bagno, verso il demone che zampettava placido e tranquillo, ignaro della fine atroce che presto avrebbe fatto. Quel rimbrotto fece sprofondare l’umore di Bellatrix – ancora altalenante a causa di Azkaban – sempre più in basso. Possibile che lei non sapesse più interpretare il volere del suo Signore? Era solo un peso? Non la voleva più? Si stava pentendo di averla ripresa?
“Mi stai ascoltando, Bellatrix?” le domandò sempre più alterato con gli occhi che scintillavano di una luce sinistra. Bella fece un sospiro e, alla fine, le nacque in seno una voglia di ribellione, una voglia di farsi valere che con lui non era mai uscita.
“Perdonatemi, Padrone” disse piano riportando lentamente tutta la sua attenzione su di lui “Mi è solo venuto in mente che in questo bagno, durante un Natale particolarmente noioso, ci ho scopato con Rodolphus e mi ha donato uno degli orgasmi più intensi che io abbia mai avuto…” si leccò le labbra e lo guardò con aria di sfida, soddisfatta. La soddisfazione, comunque, durò ben poco, giusto il tempo di rendersi effettivamente conto di ciò che avesse appena detto. Non era mai facile intuire l’umore di Voldemort, forse anche a causa del fatto che il suo viso sembrava una maschera, tuttavia – in quella versione da ventenne imberbe – le sue emozioni, in qualche modo, trapelavano con molta più semplicità. Le sue labbra divennero una riga sottile, la mascella si contrasse e i suoi occhi si fecero così rossi che Bella temé di vederlo riprendere il suo aspetto serpentesco da un momento all’altro. Poi, tutt’a un tratto, tutti quegli indizi che lasciavano presagire la sua furia svanirono. Bella vide le labbra di Voldemort stiracchiarsi in un ghigno, un ghigno malvagio, di quelli che tirava fuori quando gli veniva in mente una crudeltà da dire o da fare. Il ghigno che vedevano le sue vittime prima di morire.
“È buffo” iniziò con voce calma e tranquilla “Perché in quel bagno io ci ho scopato con tua zia Walburga” fece qualche passo verso di lei “Ora che ci penso bene, in un’altra occasione, su questo letto, invece, ho scopato con tua madre Druella” le sorrise scoprendo i denti “Avevo un aspetto del tutto simile a questo che ho ora” si portò una mano sotto al mento e aggiunse con fare sognante “Ah, signora Lestrange, urlavano così tanto sotto i miei colpi che ho dovuto insonorizzare tutto il piano…”
Bellatrix rimase raggelata e le venne voglia di tapparsi le orecchie con le mani. Doveva aspettarselo, d’altra parte, era sempre stato evidente il fatto che fosse il Signore Oscuro ad avere il coltello dalla parte del manico nella loro relazione. Cosa le era saltato in mente? Perché aveva raccontato di quella scopata con Rod nel bagno? Che poi, più che una scopata, altro non era stata che una semplice pomiciata adolescenziale… Il respiro le si mozzò in gola al pensiero del suo Signore tra le cosce di sua zia e sua madre. Aveva sempre saputo. Lo aveva sempre saputo. Eppure, il Signore Oscuro non era mai sceso nei dettagli, anzi, aveva sempre glissato su certi particolari. Bella sbarrò gli occhi e Voldemort dopo averle rivolto un’ultima ammonitoria occhiata si rivolse di nuovo ai ragazzi e alla signora Weasley che erano rimasti in silenzio ad ascoltare imbarazzati quel diverbio.
“Allora” fece piano Tom “Qualcuno mi sa dire che cosa sia quella creatura?”
Hermione si schiarì la gola e si fece di nuovo avanti “È un Pogrebin. È una creatura che è attratta dagli esseri umani e li segue… se riesce a seguire una persona a lungo, la persona pedinata verrà presa da un senso di disperazione e quando questa persona si siederà per piangere il Pogrebin ne approfitterà per divorarla”.
“Brava Hermione”
Bellatrix iniziò a fare fatica a respirare. La stanza iniziò a girarle intorno, si sentiva confusa, estremamente confusa. Ricordava quando la voce del suo Signore si congratulava con lei a quel modo, Brava Bella
“Sai anche dirmi in che modo sia possibile liberarsi di un Pogrebin?”  
Bellatrix scosse il capo cercando di riacquisire lucidità. Si sentiva come se fosse attorniata dai Dissennatori, una mano di ghiaccio le stava stringendo il cuore. Era solo una delle tante. Era sempre stata solo una delle tante…
“Schiantesimi”
Bellatrix si lasciò scivolare in ginocchio con un tonfo sordo.
“Esatto”
Sentiva un ronzio nelle orecchie che non le permetteva di capire fino in fondo la conversazione.
“Mi auguro sappiate come si lanciano…”
Calde e abbondanti lacrime iniziarono a scivolare lungo le guance di Bellatrix. Si strinse le braccia al petto e poi prese a singhiozzare convulsamente. L’idea che il Signore Oscuro non la volesse più e potesse fare a meno di lei la distruggeva. Si sentiva come sbranata e divorata dall’interno, la sua vita non aveva più senso. Si sdraiò in terra, le ginocchia al petto nella posizione che così spesso assumeva ad Azkaban. Solo che almeno ad Azkaban poteva immaginare di avere accanto a sé il Signore Oscuro, fiero di lei… invece, in quel momento, aveva la consapevolezza opposta. Da qualche parte sopra di lei qualcuno la stava chiamando con insistenza ma Bella scosse il capo, non ne voleva sapere più niente, più niente aveva importanza…
“Bella”
Si sentì afferrare per le braccia e scuotere forte. Bellatrix oppose strenua resistenza. Non gliene importava più nulla…
“Bella!”
Venne fatta sedere di peso e poi sentì una mano stringerle le guance in una morsa ferrea.
“Apri gli occhi, Bellatrix. Apri gli occhi e guardami”
Quella voce… era un ordine del suo Signore, poteva lei opporvisi? Aprì gli occhi lentamente, li sentiva gonfi e rossi. Ad attenderla, c’era lo sguardo corrucciato del Signore Oscuro. Subito, sentì la sua presenza nella propria testa. Avrebbe voluto chiuderlo fuori non voleva che vedesse quanto era stupida, quanto… quanto… quanto sentiva la mancanza del rapporto che avevano, di ciò che erano… Perché lui ormai l’aveva abbandonata. All’improvviso, quei pensieri vennero bloccati in toto. Appena provavano a formarsi nella su testa qualcosa li bloccava, venivano rimbalzati indietro e sostituti da altri…
Sei la mia strega, Bella…
La mia migliore creazione oscura…
La mia migliore luogotenente…
Ho bisogno di te per riuscire in quest’impresa…
Rivoglio la mia strega, la mia Bella…
Il respiro di Bellatrix prese a regolarizzarsi di nuovo. Bella smise di piangere e, piano piano, venne riportata alla realtà. Batté le palpebre e vide a un palmo dal proprio naso il viso preoccupato di Voldemort. Si osservarono in silenzio per alcuni istanti, Bella avrebbe voluto unire le proprie labbra con le sue, aveva così bisogno di tornare a fondersi con lui…
Voldemort l’aiutò a rialzarsi, Bella notò come tutti si fossero avvicinati e anche Molly Weasley sembrava guardarla con occhi pieni di apprensione.
“Dicevamo? Schiantesimi?”
Bella sentì le dita di Voldemort stringerle con più forza il braccio, poi le rivolse uno dei suoi sorrisi sghembi, uno di quelli che le rivolgeva al massimo della loro complicità…

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Potevo esimermi dal pubblicare un capitolo il giorno di San Valentino? FIGURIAMOCI!
A presto, grazie a tutti voi che state leggendo!
Clo

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Voldemort si rese conto di aver fatto un errore di calcolo quando ormai era decisamente troppo tardi per tornare indietro. Si era fiondato a riprendere la sua Bella senza pensarci due volte. Le parole di Potter davanti all’arazzo dei Black gli avevano smosso qualcosa dentro che non sapeva neanche identificare e, soprattutto, qualcosa alla quale non voleva pensare.
Non aveva senso lasciare la sua Bella ad Azkaban, la sola l’idea di poterla deludere gli faceva pesare il cuore come un macigno.
Ed era un fastidio che proprio non riusciva a sopportare.
L’idea che Bellatrix potesse smettere di guardarlo con quel suo fare adorante era insostenibile.
Ed era un dolore che proprio non riusciva a tollerare.
Insomma, se l’era andata a riprendere e, in qualche modo sciocco, aveva sperato che quattordici anni ad Azkaban su di lei non avessero avuto nessun effetto. Pensava, se io sono stato per tredici anni uno spirito e sono riuscito a rimanere presente a me stesso, non vedo perché dovrebbe essere diverso per Bella. La risposta, ovviamente, era che Bella – per quanto fosse una strega meravigliosa – non era lui; solo Lord Voldemort poteva raggiungere certi livelli di perfezione. Bella quindi era stata salvata da Azkaban ma, quella che in quel momento giaceva nel letto insieme a lui aggrappata al suo corpo come una scimmia a un albero, non era decisamente la sua Bella. O meglio lo era – perché la vedeva riverberare da qualche parte nel suo corpo – e contemporaneamente non lo era.
Voldemort sospirò piano.
Rimettere in sesto Bellatrix, curarle i nervi stanchi, era troppo impegnativo per lui. Voldemort era abituato a uccidere e a distruggere non di certo a curare e a consolare. La prima sera era stata complicata: non poteva allontanarsi di mezzo passo da lei che Bella scoppiava a piangere, strepitare, disperarsi, credere che lui non fosse altro che una proiezione della sua mente distrutta. L’aveva messa a letto ma Bella aveva pianto così tanto dimenandosi tra le lenzuola che, alla fine, non aveva potuto fare a meno di accondiscendere alle sue richieste assurde e dormire nel letto insieme a lei. Si era disteso lì accanto, Bella si era girata su un fianco a osservarlo attentamente, senza sbattere le palpebre come se avesse avuto paura che sarebbe bastata anche solo una frazione di secondo per vederlo sparire in una nuvola di fumo.
“Dovresti cercare di riposare” le aveva sibilato piano Voldemort. Anche lui avrebbe dovuto cercare di riposare, ogni sera dormiva sempre meno e, anzi, di fatto aveva iniziato a dormire per un massimo di due ore a notte. Non avesse assunto tutte le pozioni che invece si preparava, probabilmente sarebbe stato esausto e incapace di fare alcunché. Era stata Bella a riportarlo alla realtà perché aveva allungato le gambe e aveva iniziato ad accarezzargli i piedi con i suoi. Voldemort era rimasto talmente allibito da averci messo qualche secondo a capire cosa diamine stesse facendo quella strega da strapazzo. Non avevano mai condiviso il letto, non così, non solo per dormire.
“Cosa stai facendo, Bella?”
“Devo toccarvi, Padrone…”
“Hai i piedi freddi” le aveva sibilato, adirato. Incredibilmente quel tocco leggero sul collo del piede e sulla pianta del piede lo stava facendo rilassare, sentì i suoi muscoli distendersi un poco…
“Si scalderanno presto” aveva mormorato Bella soffocando uno sbadiglio.
Ogni sera aveva preso ad avvicinarsi sempre di più. Prima lo aveva toccato solo con i piedi, poi aveva iniziato a circondargli il busto con il braccio e ora si ritrovava la sua testa sulla spalla, i capelli che gli solleticavano il mento. Dormiva con la bocca socchiusa e ogni volta Voldemort si ritrovava la spalla ricoperta dalla sua bava. Non poteva fare a meno di pensare che avrebbe voluto la saliva di Bella su un’altra parte del suo corpo… non appena il pensiero gli si formò nella mente sentì qualcosa tra le sue gambe risvegliarsi.
Sospirò di nuovo.
Una parte di lui avrebbe voluto girarsi, svegliare Bella e prenderla subito ma un’altra parte di lui, quella meno istintiva, sapeva perfettamente che Bella in quel momento non sarebbe stata assolutamente in grado di reggere un amplesso con lui. Ridacchiò sovrappensiero e la sentì muoversi appena.
Padrone…” biascicò Bella ancora addormentata, stringendogli leggermente il braccio e avvinghiandolo anche con una gamba. Capitava spesso che lo chiamasse nel sonno. Voldemort chiuse gli occhi, inspirando il profumo di Bella. Era cambiato, cambiato tanto. La Bella che ricordava lui sapeva di rose selvatiche, ora i suoi capelli avevano quell’odore di salsedine che sembrava non volersene andare. La voleva più di qualsiasi altra cosa ma, d’altro canto, non era più in grado di occuparsene: era evidente, stava finendo la pazienza. Bella richiedeva troppe attenzioni, aveva paura costante di un abbandono, era gelosa di Molly Weasley… lui era abituato a umiliarla e, anzi, la base del loro rapporto era proprio quella: lui la umiliava, lei si eccitava, scopavano e riprendevano la loro routine… ma ora Bella prendeva ogni umiliazione come un affronto, come qualcosa d’insopportabile e scoppiava in attacchi di panico che Voldemort riusciva a sedare solo tramite Legilimanzia. E poi voleva dormire sempre insieme a lui… devo ammettere però che questa faccenda del dormire insieme ha avuto risvolti positivi, pensò Voldemort. Da quando dormiva a letto con lei, con Bella avvinghiata a lui come un polpo, anche lui riusciva a riposare. Era arrivato a dormire sei ore consecutive e poi si svegliava senza alcuna ansia. Prima la sola idea di stendersi e chiudere gli occhi gli metteva angoscia ma, con Bella a fianco, era sopportabile, addirittura bello. Forse era perché sentiva il cuore di Bella battere forte, le sue mani che lo stringevano e, se c’era lei, se lei era viva, doveva per forza esserlo anche lui. Sapeva che il cuore di Bella avrebbe smesso di battere se lui fosse morto… e se il cuore di Bella batteva forte contro il suo braccio allora nulla di sbagliato poteva stare succedendo; lui era vivo, lei era viva e la vita era ancora bella.
Si districò piano dalla presa di Bella, non amava indugiare a letto una volta sveglio e, per altro, era già molto tardi. Rivolse uno sguardo allo specchio e lentamente mutò il suo aspetto, la testa tornò a essere ricoperta da pettinati capelli neri, gli occhi rossi sostituiti da un’iride di colore scuro, il naso smise di essere simile a quello di un serpente e anche la pelle, sebbene comunque molto chiara, non era più di un bianco cadaverico.
“Ah, buongiorno caro” lo salutò Molly come Tom entrò in cucina “Sei in ritardo questa mattina” gli disse finendo di preparare la colazione.
“Sì, mi dispiace signora Weasley… ho dormito” rispose Tom avvicinandosi a lei.
“Ah, ora si dice così? Dormire…” lo prese in giro lei facendogli il verso e arricciando le labbra. Non le piaceva l’idea di Tom con quella donna… lo sentì ridacchiare e lo vide scuotere il capo.
“No, sul serio… ho dormito” rispose Tom con un sorriso tirato “Era da secoli che non dormivo per sei ore consecutive”.
Molly smise di armeggiare con i fornelli e si voltò verso di lui “Merito della tua Bella? Non pensavo facesse dormire gli uomini, pensavo che con gli uomini facesse… altro” disse pungente. Tom incrociò le braccia sul petto “Non fa niente ‘con gli uomini’; semmai lo fa con me, solo ed esclusivamente con me. E comunque, non capisco davvero tutto questo astio nei confronti di Bella”.
“Ha torturato i Paciock fino alla follia!” e tu hai bisogno di una persona che non sia solo una predatrice sessuale… qualcuna che voglia altro, oltre a un giro di giostra…
“Sapesse quanti ne ho torturati io, Molly” sibilò Voldemort con un sorrisetto faceto “E quanti ne ho uccisi, anche”.
Molly sentì un brivido scenderle lungo la schiena: quelli erano i momenti in cui si rendeva conto con chi stesse effettivamente parlando. La sola idea del vero aspetto di Tom le metteva una certa angoscia. Scosse un poco la testa cercando di non pensarci.
“Sai” fece, cercando di cambiare discorso e girando sovrappensiero le salsicce sulla griglia “Mi domandavo dove tu avessi imparato a cucinare. Per essere così bravi a cucinare con la magia bisogna esserlo anche senza. A meno che non siano Arti Oscure…?”
Tom scoppiò a ridere “Ho imparato leggendo Segreti delle Arti Culinarie più Oscure” Molly spalancò la bocca e Tom rise di nuovo “Scherzo, Molly. Ho imparato all’orfanotrofio” borbottò distogliendo lo sguardo e passando una mano sul legno del ripiano da cucina. Molly lo osservò attentamente. In quel mese non aveva parlato poi molto della sua vita all’orfanotrofio, anzi, non aveva parlato molto della sua vita in generale. L’unica cosa sulla quale si era esposto era stata Bellatrix Lestrange. La cosa meno interessante della sua vita e una donna che neanche dovrebbe stargli vicino. Tom avrebbe qualcuno che compensi la sua oscurità, non che la alimenti…
“Non c’era una persona addetta?” chiese dopo qualche secondo di silenzio. Non poteva di certo negare di essere molto curiosa.
“Sì, certo. La signora Cole era la nostra tutrice, si sarebbe dovuta occupare di tante cose…” fece un sorrisetto stiracchiato “Inutile dire come non si sia mai occupata di nulla. All’orfanotrofio vigeva la regola del più forte e la signora Cole era un’alcolizzata, spendeva tutti i soldi in alcolici. Ci siamo sempre dovuti arrangiare, rubacchiare in giro…” arricciò il naso poi, vedendo il viso sconvolto di Molly, scosse il capo e si strinse nelle spalle “Non una bella infanzia come quella dei suoi figli, signora Weasley. Sono rimasto molto stupito di come…” arrossì leggermente, stava davvero diventando sentimentale. Era in cucina a guardare delle salsicce sulla griglia e a parlare della sua infanzia e di sentimenti. Si schiarì la gola “Delle vostre dinamiche famigliari, diciamo”.
Molly aggrottò le sopracciglia “In che senso, caro?”
“Lei cucina sempre per tutti e… si preoccupa per loro”.
“Non hai mai avuto nessuno che si comportasse così con te?” la sua voce era già intrisa di pianto e incrinata. Com’era possibile?
“E chi si sarebbe dovuto comportare così per me?” alzò le spalle “Non sapevo neanche esistessero certe… certe cose. Non ho mai avuto modo di vedere delle famiglie, sono un Mezzosangue e i miei compagni Serpeverde erano tutti Purosangue. Non sono mai stato invitato a passare le vacanze estive da nessuno di loro, figurarsi. Non ho mai visto né tanto meno conosciuto dinamiche familiari”.
Molly rimase per un attimo senza parole. Batté le palpebre mentre le parole di Tom si depositavano nel suo cervello e poi nel suo cuore. Se lo immaginò bambino in cerca di un riferimento, affamato, costretto a rubare per poi cercare di cucinarsi qualcosa di commestibile… se lo immaginò mentre questa signora Cole lo obbligava a mangiarsi il suo vomito. E poi ancora, a Hogwarts… possibile che nessuno si fosse preoccupato per lui? Dov’era stato Silente?
“Io…” iniziò a balbettare Molly “Non so cosa dire”.
“Non c’è nulla da dire, signora Weasley” fece una pausa, poi aggiunse senza guardarla “Bellatrix fa una cosa strana…”
Molly si morse le labbra e gli fece cenno di continuare, se proprio sentiva bisogno di parlarle di quella pazza…
“Mi stringe”
Molly aggrottò le sopracciglia “In che senso, caro?”
“Nel senso che passa le sue braccia intorno al mio… petto. E poi stringe, come se volesse stritolarmi… un po’ come lei ha fatto con Potter quando è arrivato qua a Grimmauld Place”.
“Ah, ti abbraccia!” esclamò Molly finalmente capendo cosa volesse dire Tom. Poi però si fece strada dentro di lei una consapevolezza “Non sei mai stato abbracciato prima?”
Tom scosse la testa “No, nessuno mi aveva mai stretto a quel modo” si mordicchiò le labbra per qualche istante “E comunque mi sembra diverso rispetto a come lei abbraccia Potter e i suoi figli, in Bella c’è una certa urgenza… non so se mi spiego…”
Come era finito a parlare di abbracci con Molly Weasley? Ma poi, per quale motivo? Molly continuava a osservarlo con gli occhi sgranati e lucidi eppure, qualcosa dentro di lui, gli diceva che non era pena. Non era infastidito da quello sguardo ne era… rassicurato. Cosa stava succedendo? La vide aprire le braccia e fare qualche passo esitante verso di lui. Tom rimase fermo, rigido. Cosa voleva fare? Abbracciarlo? Per una frazione di secondo s’immaginò tra le braccia amorevoli di Molly Weasley. Le braccia materne di Molly Weasley. Possibile che anche lui potesse ricevere l’abbraccio che aveva avuto Potter? Possibile che quella donna fosse sinceramente preoccupata di come aveva vissuto la sua infanzia? Meccanicamente fece per alzare a sua volta le braccia ma, proprio in quel momento, la porta della cucina si aprì con un tonfo.
Molly abbassò prontamente le braccia mentre le sue gote si chiazzavano di rosso, poi si girò dando le spalle alla porta per asciugarsi gli occhi con uno strofinaccio.
“Buongiorno Bella” disse Voldemort sorridendo alla strega che però rimase ferma sull’ingresso come se avesse visto la scena più sconvolgente che i suoi occhi avrebbero mai potuto rimirare. Era come allucinata e faceva scattare lo sguardo da Molly – ancora voltata – a Voldemort come se si aspettasse che qualcuno uscisse fuori dalla dispensa per urlare come fosse tutto uno scherzo. Bella si morse le labbra, poi voltò la testa e si sedette senza dire una parola a tavola.
Si sono baciati? Solo quella domanda continuava a turbinarle in testa. Cos’era successo? Perché Molly Weasley era arrossita a quel modo quando lei era entrata? Perché aveva avuto le braccia aperte? Cosa stavano facendo?
“Avresti potuto riposare ancora un po’, Bella” le disse Voldemort posandole un piatto pieno di salsiccia e verza davanti al naso.
“Senza di voi non riesco a riposare, mio Signore, lo sapete” gli rispose senza guardarlo in viso. Non poteva credere che lui la stesse abbandonando per Molly Weasley. Il Signore Oscuro le stava dando segnali così contrastanti! Dormiva accanto a lei, anzi, si lasciava stringere tra le sue braccia (e al solo pensiero il cuore di Bella prendeva a fare capriole) ma poi… poi non la voleva. Perché non la voleva? Alle volte lo sentiva pronto contro la sua gamba, eppure non… Bella socchiuse gli occhi mentre Molly si sedeva di fronte a lei e continuava a chiacchierare amabilmente con Tom. La situazione stava diventando ridicola. Forse avrebbe potuto prendere Molly di sorpresa e cruciarla fino a quando non le avesse detto la verità…
“Buongiorno!”
Bella si volse con uno scatto repentino mentre un sentimento di fredda astuzia si impossessava di lei. Ma certo, c’è anche Lenticchia! Pensò entusiasta mentre Arthur si sedeva accanto a Molly e le dava un bacio sulla guancia. Lo sguardo di Bella scattò verso Voldemort per vedere la reazione ma era talmente distaccato e indifferente… Bella rimase a rimuginare per tutta la durata della colazione e, quando infine Arthur si alzò per andare al Ministero, si alzò a sua volta: aveva preso una decisione.
“Cosa succede?” le domandò Voldemort chinando il capo di lato curioso.
“Devo andare in bagno” borbottò Bellatrix.
“Devo accompagnarti?” le chiese Voldemort “L’ultima volta che sono andato in bagno io mi sei voluta rimanere incollata…” proseguì con gli angoli della bocca sollevati in un ghigno. La stava prendendo in giro. Bella arrossì mortificata perché effettivamente quello era stato uno dei suoi momenti più bassi…
Uscì di corsa dalla cucina e, quando vide Weasley nell’ingresso pronto ad aprire la porta, lo afferrò per un lembo del mantello e lo strattonò nello sgabuzzino dell’atrio.
“Ma cos…?” esclamò Arthur terrorizzato. Bella fece volare una mano sulla sua bocca per zittirlo “Taci, Weasley! Taci”.
Arthur annuì con gli occhi sgranati.
“Cosa vuoi… ehm… Black? Cioè no, Lestrange? O forse Oscura? Lady Oscura?”
Bellatrix lo soppesò per qualche istante. Era un uomo orribile. Stupido. Babbanofilo. Il peggio del peggio, la feccia più orribile che potesse esistere al mondo. Con chi era costretta ad allearsi? Ma quella faccenda era una questione di vita o di morte, la relazione che aveva con il Signore Oscuro era una questione di vita o di morte.
“Dimmi un po’, Lenticchia, non dirmi che a te sta bene quello che fa tua moglie?”
Arthur aggrottò le sopracciglia “Che cosa fa Molly?”
Bella si trattenne dal tirarsi una mano sulla fronte. Era davvero così stupido?
“Quindi secondo te è normale? Normale il suo comportamento con il Signore Oscuro?” gli chiese, almeno se il comportamento della Weasley fosse stato normale poteva tirare un sospiro di sollievo? No, perché non lo è quello del Signore Oscuro.
“Ah, quello” strinse le labbra e un’ombra oscurò il suo sguardo “No, non posso dire sia normale ma, insomma, Molly è fatta così potesse farebbe da mamma all’intero mondo…”
“Mamma?” chiese Bellatrix dubbiosa “E com’è che oggi quando sono entrata in cucina stava per fare qualcosa con il Signore Oscuro?”
Arthur spalancò la bocca inorridito, poi scosse la testa con forza “Avrai visto male”.
“Aveva le braccia alzate, a pochi centimetri di distanza… e quando sono entrata si sono scostati entrambi! Tua moglie è arrossita come un peperone… e… oh se ha messo le mani addosso al mio Padrone giuro che io…
“COSA STAI DICENDO, BELLATRIX?”
L’urlo inaspettato di Weasley fece sussultare Bella “Abbassa la voce, idiota!” sibilò lei “Vuoi farci scoprire?”
Arthur arrossì “Io… no…” iniziò a balbettare “Ma… il Signore, voglio dire, Tu-Sai-Chi ha abbracciato Molly?”
Bella sbuffò “Semmai sarà Molly ad aver abbracciato il mio Padrone”.
Si guardarono in silenzio per qualche istante, poi esclamarono all’unisono:
“Molly non abbraccerebbe mai Tu-Sai-Chi!”
“Il Signore Oscuro non abbraccerebbe mai una Weasley!”
Cadde di nuovo il silenzio.
“Tu-Sai-Chi ti… ehm… abbraccia spesso?”
Bella alzò un sopracciglio. Era proprio stupido.
“Ma ti sembra che il Signore Oscuro sia uomo che si mette ad abbracciare?”
“Sto solo cercando di ragionare…”
“Buona fortuna, la vedo difficile” commentò Bella acida.
“Quindi non può avere abbracciato Molly?”
“Lo escludo, semmai sarà tua moglie che cerca di circuirlo… non metto in dubbio che essere sposata con un emerito cretino come te debba essere frustrante”.
Arthur incrociò le braccia sul petto “Abbiamo una vita sessuale molto attiva, se proprio vuoi saperlo”.
Bella sgranò gli occhi poi imitò un conato di vomito “Non volevo saperlo, grazie tante” fece una pausa “Ma allora, Weasley? Noi due dobbiamo allearci e venire a capo di questo mistero”.
“Io mi fido di Molly” rispose risoluto Arthur facendo per uscire “Se tu non ti fidi del tuo… ehm… amante… be’, risolvi il problema con lui”.
Bella lo bloccò di nuovo “Secondo te posso chiedere al mio Signore se si scopa Molly Weasley? Diamine, Lenticchia, lei è tua moglie! Possibile non te ne freghi nulla!”
Le orecchie di Arthur si fecero bordeaux. Gli interessava. Eccome se gli interessava. Ma come poteva allearsi con Bellatrix Lestrange contro sua moglie? Non credeva avesse una tresca con Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato… ma quell’ossessione per lui iniziava a essere quantomeno bizzarra.
“Quale sarebbe il tuo piano?” si convinse a chiedere e tuttavia contemporaneamente maledicendosi per ciò che stava accondiscendendo a fare.
“Dobbiamo farli ingelosire” rispose convinta Bella “Loro due hanno tutta quella complicità, son sempre lì a chiacchierare di ricette e quello e quest’altro…” Bella fece un’espressione disgustata “Noi due dobbiamo fare lo stesso”.
Arthur alzò un sopracciglio. Dubitava fortemente di avere qualcosa in comune con Bellatrix Black in Lestrange… o in Oscura.
E, tuttavia, se Molly è riuscita a trovare qualcosa in comune con Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato…
“E di cosa dovremmo parlare?”
“Quali sono i tuoi interessi?”
“La cultura babbana” rispose prontamente Arthur “Mi affascina molt-”
“Oh ma che coincidenza! Anche io adoro i Babbani!” lo sguardo di Arthur si illuminò, pur rimanendo basito, ma poi Bella precisò subito “Adoro vederli contorcersi sotto le mie Cruciatus!”
Arthur rimase senza parole per qualche secondo poi raddrizzò le spalle “Lo sapevo che non aveva senso…” la sua mano era già sulla maniglia, pronto a uscire, ma Bellatrix lo bloccò di nuovo. Non poteva di certo lasciarsi scappare l’unica soluzione al problema!
“Ok, facciamo che tu ti metterai a parlare di aggeggi babbani e io mi fingerò incredibilmente affascinata dalla faccenda” disse, poi aggiunse a mezza voce “Non credo che il Signore Oscuro ci cascherà mai, mi conosce troppo bene…”
“E poi non è un Legilimens?” chiese Arthur iniziando già a vedere tutte le falle in quel piano.
“Sì, Weasley, è un Legilimens. Tu evita di guardarlo negli occhi, non pensare a me, pensa solo agli aggeggi babbani e dovremmo riuscire a cavarcela, se Salazar, Merlino e Morgana ci aiutano”.
“E se ci uccidesse?”
Bellatrix scoppiò a ridere “Il mio Signore non mi ucciderebbe mai! E, anche dovesse essere, è il suo volere… e io mi rimetto sempre al suo-”
“Ma che cosa state facendo qua dentro, per Godric?”
La voce di Sirius sorprese entrambi. Bella fissò per qualche istante il cugino, aveva un sorrisetto che poco le piaceva “Vi state imboscando?”
“Non dire stupidaggini” rispose subito lei, a tono “Weasley e io stavamo solo parlando di…”
Feletoni” completò Arthur.
“Cosa?” chiese Sirius senza capire.
“Sono apparecchi babbani per comunicare”.
“E tu stavi parlando di apparecchi babbani con Bellatrix… nello sgabuzzino delle scope?” incalzò Sirius, confuso. Ma cosa diamine stava succedendo? Molly e Voldemort che si divertivano a cucinare insieme; Arthur e Bellatrix che si mettevano a parlare di Babbani? Il mondo davvero stava per finire?
“Sì… be’… è intimo” rispose Arthur arrossendo sempre di più “Be’, io devo andare al lavoro” aggiunse in un borbottio e uscendo a capo chino dallo sgabuzzino.
Sirius rimase perplesso a osservare Bellatrix che, dal canto suo, si limitò a raddrizzare le spalle e a marciare fuori dalla stanzetta con il mento alto.
 
 *
 
Non c’era nulla da fare: lo amava. C’erano rari momenti in cui si ritrovava a essere dubbiosa – lui le diceva sempre che certi sentimenti erano da estirpare, inutili se non dannosi – e allora ogni tanto il dubbio che “le fosse passata” le veniva. La sua era solo lealtà, devozione. Se lo ripeteva convinta poi, come quel pensiero le si formava in testa, subito prendevano a formarsene altri. Ricordi, il suo viso, i suoi modi di fare, le sue parole, il suo tocco… le scendevano brividi lungo tutto il corpo e il suo cuore iniziava a battere più forte.
Desiderava solo che lui fosse felice.
Desiderava solo ciò che desiderava lui.
Sì, lo amava.
Lo amava e non avrebbe rinunciato a quel sentimento per nulla al mondo, neanche per lui… ma se hai appena detto che desideri tutto ciò che desidera lui? Le disse una vocina dentro di lei. Infatti è così, si disse sovrappensiero. Potrà anche dirmi di no, ma lui desidera questo da me, lo desidera, lo sento, lo so. A parole potrà anche dirmi il contrario, ma dal suo modo di fare s’intuisce quanto il mio amore gli faccia piacere…
“Bella, dovresti concentrarti” la riprese il Signore Oscuro battendo col dito sul libro aperto davanti a lei. Bella si riscosse e alzò lo sguardo su di lui. Erano in quella maledetta cucina in attesa che arrivasse Silente e, ancora una volta, stavano analizzando il tomo scritto in Antiche Rune in cerca di una soluzione, di una dritta. Era un volume più unico che raro, il solo, forse, che desse un quadro chiaro su chi fossero i Druidi e su come fossero stati esiliati in passato. Era un argomento complesso che i tomi di Storia della Magia non trattavano; una guerra lontana che si perdeva tra le leggende. Infatti, la maggior parte dei maghi della magia druidica e dei Druidi in generale, non solo non ne sapeva nulla, ma proprio non vi credeva. Bella sapeva che molti incantesimi di Magia Oscura per i quali era necessario utilizzare la natura avevano a che fare con formule druidiche, ma non si era mai appassionata molto all’argomento in senso più ampio e da un punto di vista meramente storico. Quel libro, comunque, era una fonte inesauribile di informazioni e di incantesimi intricati e quindi esercitava su di lei un fascino particolare; era però maledettamente difficile da tradurre e, una sola runa al posto sbagliato nel fare un incantesimo, avrebbe indotto chissà quali conseguenze catastrofiche…
Si distrasse di nuovo.
Era troppo facile distrarsi quando era vicina al suo Padrone, soprattutto dopo Azkaban. Prima di Azkaban non aveva mai neanche pensato sarebbe potuto esistere un mondo senza di lui, non pensava sarebbero potuti venire separati. Ma dopo Azkaban… la paura di perderlo aleggiava su di lei sempre, costantemente. Era in preda all’ansia e si ritrovava a fissarlo senza neanche rendersene conto. Le piaceva seguirlo con lo sguardo quando lui era impegnato a fare altro e neanche la considerava. Lo adorava. Quel nuovo aspetto da ragazzino non la faceva impazzire e, quando si chiudevano in soffitta, era sempre contenta di veder ricomparire il suo viso serpentesco, i tratti emaciati, quegli occhi rossi che le facevano bruciare l’anima e la sconquassavano nel profondo. Tuttavia, quel viso pulito e meno sciupato, meno “maschera”, le dava l’opportunità di analizzare meglio le sue espressioni. Il modo in cui si formava una piccola ruga tra le sopracciglia quando le corrugava pensieroso perché non gli era chiara una runa. Il modo in cui un angolo della bocca gli si alzava nel momento in cui, soddisfatto, veniva a capo di un passaggio particolarmente complicato. Il modo in cui si portava una mano sotto il mento e se lo accarezzava meditabondo. Ciò che proprio non le andava giù, era il modo in cui la sua espressione diventava più dolce nel momento in cui si rivolgeva a Molly Weasley. Bella si morse le labbra a quel pensiero mentre sbuffava sonoramente, il panico che le montava in petto. Si trattava solo di aspettare il ritorno di Lenticchia da lavoro e poi avrebbero messo in atto il piano.
Il Signore Oscuro non ci cascherà mai, si disse ragionevole. Ma era necessario, necessario fargli capire che… che…
“Scusami, caro, mi aiuteresti con la cena? Tra poco arriveranno tutti e una mano…”
“Ma certo, signora Weasley”.
Bella socchiuse gli occhi e li osservò adirata chiacchierare e cucinare. Un lavoro degno di un Elfo Domestico, non di certo del Signore Oscuro. Eppure, sembrava farlo genuinamente con piacere. Non riusciva a capire e quel nuovo atteggiamento la confondeva. Era ancora il suo Signore, un uomo sarcastico, egoista, narcisista e particolarmente sadico e, tuttavia, era allo stesso tempo diverso.  Fingeva? D’altra parte, così aveva detto di fare a lei: “Bella, siamo in questa situazione e dovremo rimanerci per un po’. Fingi, come io ho finto per anni. Fai buon viso a cattivo gioco, interpreta un ruolo… questi sciocchi sentimentali potrebbero aprirsi e noi riusciremmo anche ad acquisire segreti sulle loro tattiche. Appena risolta la faccenda dei Druidi ucciderò Silente, Potter e tutta la marmaglia” le aveva fatto una carezza priva di qualsiasi tenerezza “Ma nel frattempo dobbiamo fingere. È necessario”.
Bella riportò la sua attenzione su Molly Weasley e il Signore Oscuro.
Lui non stava fingendo.
Ne era certa, conosceva bene i suoi modi di fare e… era divertito nel cucinare con la filobabbana. Ma perché? Continuava a chiedersi Bella. Una parte di lei le diceva che il sesso non c’entrava nulla. Non c’era nulla di sessuale nel modo in cui Voldemort si comportava con la Weasley, anzi…
Bella sussultò perché la sua mente era stata squarciata da un pensiero improvviso. Qualcosa che le faceva male ma che doveva indagare, doveva capire. Si alzò e si avvicinò a loro.
“Vuoi darci una mano, Bella?” le chiese Voldemort accennando alle verdure da lavare. Bella fece una smorfia e scosse la testa “Mio Signore, non ho mai davvero imparato a fare certe…” esitò un attimo in cerca di una parola che non offendesse nessuno “Faccende. Per certe cose esistono gli Elfi Domestici”.
Voldemort le rivolse un mezzo sorriso mentre Molly alzò gli occhi al cielo.
Che snob del cazzo, pensò Molly per poi rimproverarsi l’uso di quella parola. Da quando aveva avuto figli aveva cercato di evitare il turpiloquio ma Bellatrix Black aveva sempre avuto il dono di tirare fuori il peggio di lei. Dev’essere una sua dote naturale, tira fuori il peggio anche di Tom.
“Alcune faccende base sarebbe bene imparare a farle” ribatté Molly con noncuranza “Dovessi ritrovarti senza Elfo Domestico cosa faresti, moriresti di fame?”
“M’inventerei qualcosa, sono una strega mica una sudicia Babbana” replicò con alterigia Bella. Molly arricciò le labbra pronta a ribattere ma Voldemort alzò una mano “Signore, vi prego, non è il caso litigare. Dovessimo stare senza Elfo Domestico vorrà dire che cucinerei io per Bella” rispose con semplicità Voldemort e Bellatrix avvampò mentre gli occhi le diventavano lucidi.
La stava difendendo? Stava dicendo che si sarebbe occupato di lei?
“Oh mio Signore!” esclamò gettandosi ai suoi piedi.
Molly spalancò la bocca basita, Che Godric mi venga in soccorso, questa è tutta sbarellata.
“Io non potrei mai accettare…”
“Non lo farei di certo per farti un favore” la interruppe lui con freddezza “Lasciassi fare a te ci avveleneresti entrambi, è solo per questo” le fece cenno di alzarsi “E datti un contegno, metti in imbarazzo la signora Weasley”.
Molly scosse il capo “Oh non c’è problema, caro. Non voglio… ehm… intervenire sul vostro rapporto”.
Voldemort ridacchiò e ritornò a occuparsi di sbattere le uova. Bella iniziò a fissare con insistenza il suo polso e poi il composto che si muoveva nella ciotola.
Ah, anche io vorrei essere sbattuta da lui come un uovo…
“Bella” la riprese lui sogghignando “Volevi farmi una domanda? Ti sei avvicinata per qualche motivo in particolare…?”
Molly si allontanò, fingendo di voler lasciare loro un po’ di privacy ma drizzando le orecchie. Sembrava che quei due non stessero… non fossero più intimi e Molly non poteva fare a meno di pensare che la questione fosse molto curiosa. Bellatrix lo voleva, gli si offriva costantemente in modo spudorato come la peggiore delle donne scarlatte, Tom invece… la voleva, perché la voleva, ma era freddo e distante e non faceva altro che soppesarla e osservarla preoccupato. Quella deficiente di Madame Lestrange però non capiva nulla, non capiva che Tom era preoccupato per lei, no, leggeva quell’allontanamento come chissà quale affronto, come se Tom non la volesse più perché… perché interessato a lei, Molly.
“Quando… voi… insomma…”
“Non balbettare, Bellatrix. Lo sai che m’infastidisce” la redarguì subito Voldemort guardandola di sottecchi.
Bellatrix fece un sospiro “Vi è piaciuto?”
“Cosa?” chiese Voldemort con indifferenza.
Bella si chiese se la stesse torturando apposta oppure se seriamente non capisse.
“Vi è piaciuto stare con mia madre e mia zia?”
Molly smise di armeggiare con le pentole per voltarsi a osservare Bellatrix. Doveva ammettere che quella donna aveva del coraggio. L’unico uomo con cui lei fosse mai stata era Arthur e sapeva che la stessa cosa valeva per suo marito… avesse saputo che Arthur era andato a letto con sua madre non avrebbe di certo voluto saperne i dettagli. Anzi, avrebbe fatto di tutto per cercare di dimenticare quel turpe dettaglio. Improvvisamente l’immagine di Arthur insieme a sua madre iniziò a formarsi nella testa di Molly e quasi le venne da vomitare.
“Una scopata è una scopata” le rispose Voldemort con un’alzata di spalle “Finisce lì”.
Bellatrix, che aveva abbassato gli occhi intimorita, rialzò lo sguardo di scatto: gli occhi le luccicavano già di lacrime; eppure, non sembrava intenzionata a far cadere il discorso. Molly riprese ad armeggiare con le pentole ma, a questo punto, fissava entrambi con estrema curiosità: Bellatrix sembrava intenzionata a ricevere risposte specifiche che l’avrebbero fatta crollare, Tom invece sembrava intenzionato a darle risposte più vaghe possibile proprio per non farla soffrire. Certo che erano bizzarri.
“Ma chi avete preferito, Padrone? Mia madre o mia zia?”
Molly fece quasi fatica a sentire quella domanda. Ma perché diavolo la Lestrange voleva sapere dettagli di quel tipo? E comunque, Molly avrebbe fatto decisamente a meno di sapere in quali posizioni Tom si era fatto Walburga; già era complicato avere a che fare con quell’orribile quadro nell’ingresso, se in più si doveva immaginare quella donna terribile fare sesso… Molly vide la sorpresa disegnarsi nei lineamenti di Tom, evidentemente anche lui non era avvezzo a certe domande e non ne stava capendo il significato.
“Perché mi stai facendo domande delle quali poi rimpiangerai avere la risposta?”
Bellatrix alzò il mento “Mia madre, quindi?”
Tom scosse la testa “Le Purosangue ligie alle regole dell’alta società sono tutte uguali. Una vale l’altra” le rispose con estrema indifferenza. Molly lo fissò disgustata, se una valeva l’altra perché andare a letto con tutte? Aveva sempre pensato che Tom, in qualche modo, fosse un gentiluomo, era sempre così educato! Quando gli altri facevano battute facete strizzava le labbra irritato… Invece ora lo sentiva fare quei discorsi, discorsi simili a quelli di tanti altri omuncoli…
“Quindi farlo con me o con mia madre è la stessa cosa?”
Voldemort alzò gli occhi al cielo.
“Cosa c’entri tu, ora? Stavamo parlando di Walburga e Druella, no?”
“Anche io sono Purosangue!” urlò Bellatrix e Molly sentì nella sua voce una nota d’isteria. Non poteva darle torto, lei probabilmente avrebbe fatto di peggio.
“Sei Purosangue, sì. Non mi risulta tu sia particolarmente ligia alle regole dell’alta società, però” precisò Voldemort avvicinandosi con fare predatorio a Bellatrix e ammiccandole.
“Le altre me le facevo una volta, massimo due” afferrò per i fianchi Bellatrix e se la portò vicino. Molly arrossì e riprese a cucinare. Non stavano facendo nulla di spinto eppure il loro modo di fare e atteggiarsi, in qualche modo, risultava essere esplicito quasi quanto un amplesso vero e proprio. Avrebbe voluto dirgli di smetterla ma come poteva? Non voleva assistere a certe… certe…
“Noi due da quant’è che scopiamo insieme? Anni. Non sminuirti paragonandoti a sudicia fanghiglia, tu sei la mia stella Bella”.
Averlo così vicino ottenebrava sempre il cervello di Bellatrix, i suoi neuroni si scollegavano e non riuscivano più a farla ragionare. Le stava dicendo che lei era speciale???
Padrone…” sospirò Bellatrix, avrebbe voluto alzarsi in punta di piedi e baciarlo. Lo desiderava troppo, lo desiderava da sempre. Tutti quegli anni ad Azkaban e poi quelle settimane vicini e contemporaneamente così distanti…
“Perché…?”
“Buonasera”
La voce di Silente li fece sussultare tutti e tre e Voldemort si scostò da Bellatrix di colpo, come se si fosse scottato.
“Buonasera, Albus” lo salutò Molly sventolando la mano e ringraziando Merlino per averle fatto arrivare un aiuto. Non riusciva più a sopportare quei due flirtare. Sei la mia stella Bella, ma che roba era? Quanta poca fantasia, Tom! E poi… più che una stella al limite poteva essere una galeotta evasa da Azkaban, psicopatica per giunta. Altro che stella.
“Silente” lo salutò con voce piatta Voldemort ritornando a occuparsi della frittata.
Bellatrix rimase immobile, non si volse neanche a guardare l’anziano preside di Hogwarts. A lei non importava nulla di Albus Silente, l’unica cosa che le importava era il suo Signore, il suo Padrone…
“Salve, Bellatrix” la salutò tuttavia Silente avvicinandosi a lei “Come stai?”
“Ho passato gli ultimi quattordici anni ad Azkaban per un uomo che non mi desidera più…”
Voldemort sbuffò con forza “Taci, una buona volta, Bellatrix. Stai iniziando a farmi perdere la pazienza”
“Ma come, Tom, prima di andarla a liberare da Azkaban sei venuto a Hogwarts minacciandomi di far esplodere il castello se avessi provato a dissuaderti e ora…”
“Sta’ zitto, Silente. Chiudi il becco” berciò Voldemort puntandogli un dito contro.
Bellatrix era con la bocca spalancata, abbacinata. Il Signore Oscuro era andato a minacciare Silente pur di riaverla? Quindi la voleva? Avrebbe fatto esplodere il castello…
Silente ridacchiò e si andò a sedere a capotavola, alzando le mani in alto “Non dirò più una parola, Tom. D’altro canto, non sono interessato alle tue peripezie… amorose…
Peripezie amorose? Pensò Bellatrix sempre più esagitata. Poteva essere?! Sentì il Signore Oscuro sbuffare sonoramente mentre Molly Weasley invece ridacchiava e lo richiamava a sé. Quella sudicia filobabbana, lei era il problema…
Ben presto la cucina fu gremita di gente, fin troppa. Quella che avevano organizzato per quella sera era una riunione cruciale, durante la quale avrebbero fatto il punto della situazione cercando di spiegare a tutti quale fosse il modo migliore di agire per provare a porre rimedio a quella situazione critica che si stavano ritrovando a fronteggiare loro malgrado.
Bellatrix osservò il tavolo con cipiglio corrucciato. Erano pochi i posti rimasti liberi, uno a fianco al Signore Oscuro e uno a fianco a Lenticchia. Il suo cuore e il suo istinto la spronavano a sedersi vicino al suo Padrone, alla sua destra, l’unico posto che da sempre le spettava di diritto. D’altro canto, però, aveva un piano da portare avanti e le rivelazioni degli ultimi minuti non potevano distrarla dal suo proposito. Facendo quindi violenza a sé stessa marciò verso Arthur Weasley e gli si sedette accanto. Uno spiacevole silenzio cadde e Arthur sussultò, basito. Bellatrix pensò, ancora una volta, a quanto fosse stupido. Ne avevano parlato quella mattina! Possibile che lui si fosse già dimenticato tutto? Bella sentiva lo sguardo del Signore Oscuro su di sé fissarla con insistenza; decise di ignorarlo.
“Ehm… Ciao Arthur, com’è andata al lavoro?”
La sua voce e la sua domanda suonarono strane anche a lei stessa. Bella sentì gli sguardi dei presenti catalizzarsi su di lei. Di solito ignorava tutti con un’espressione di sfacciata arroganza, guardava solo il suo Signore, parlava solo col suo Signore e gli altri non esistevano. Spesso potevano anche rivolgersi a lei direttamente e lei li avrebbe comunque ignorati. E ora invece eccola lì a cercare di fraternizzare con un Traditore del proprio Sangue, quanto era caduta in basso? Tutto, tutto pur di cercare di capire perché il mio Signore non mi vuole più…
Piano piano Bella vide nascere la consapevolezza negli occhi di Weasley.
E alla buon’ora Lenticchietta, su. Sveglia.
“Tutto… tutto bene… uhm, Bellatrix” Arthur fece un sorrisino nervoso “Purtroppo non ho trovato quel feletono…
“Cos’è un feletono?” s’intromise Hermione confusa.
Arthur batté le palpebre preso in contropiede “Non è uno strumento Babbano?”
Hermione alzò le sopracciglia sempre più disorientata e gettò un’occhiata a Harry che tuttavia aveva un’espressione ignara stampata in viso al pari della ragazza. Solo Tom sembrava aver intuito qualcosa, iniziò a ridacchiare a bassa voce.
“Ma non intenderete telefono?” chiese appoggiando i gomiti sul tavolo e sporgendosi leggermente avanti verso Arthur e Bella seduti di fronte a lui. Arthur si tirò una manata sulla fronte “Ah sì! Hai proprio ragione, mi sono confuso”.
Bellatrix scosse la testa in un misto di incredulità e sbigottimento: poteva esistere una persona più cretina? Amava i Babbani e faceva errori tanto lampanti e sciocchi?
“E da quando, Bella, tu saresti interessata a robaccia babbana, dimmi”.
Bellatrix raddrizzò la schiena “Da quando voi mi avete ordinato di farlo, mio Signore” rispose prontamente mentre Molly Weasley si sedeva accanto al suo Padrone e Bella, all’improvviso, sentiva crescere in lei la voglia di lanciarsi sul tavolo e stringerle le mani intorno al collo. Fece qualche respiro profondo poi lanciò un’occhiata obliqua verso Arthur “Lui sembrava un… autorità in materia…”
“Immagino” commentò Voldemort con sufficienza. Fece scattare il suo sguardo verso il marito di Molly. Doveva solo provare a diventare troppo intimo con Bella… “Suppongo quindi che il signor Weasley sappia spiegarmi come funziona un telefono, no?”
Arthur si sistemò gli occhiali sul naso. Doveva fare bella figura. C’erano anche Harry e Hermione, insomma, doveva far vedere che la sua non era solo mera passione. C’era studio, dedizione, conoscenza…
“Be’, si alza la cornetta e la si porta all’orecchio, poi si digitano i numeri sul tastierino e si… entra in contatto con la persona con cui si vuole parlare…” gettò un’occhiata verso i ragazzi. Harry gli alzò il pollice, Hermione annuì convinta. Ma allora perché quel maledetto uomo dall’aspetto di un ragazzo lo stava osservando con quel sorrisetto di strafottenza e il capo inclinato?
“Sì, beh. Penso che chiunque sappia fare una chiamata. Intendevo, meccanicamente, elettronicamente, sa come funziona un telefono? Com’è che digitando dei numeri all’improvviso si può contattare qualcun altro?”
Arthur aprì e chiuse la bocca qualche volta. Non che non si fosse posto la domanda, ma non aveva mai compreso la risposta pur avendola letta più volte. Quelle diavolerie babbane erano complesse…
Diede un colpetto di tosse “Alcuni aspetti della tecnologia babbana sono molto complicati…”
“Be’, signor Weasley” intervenne Harry in sua difesa “Non si preoccupi, sono cose complicate anche per i Babbani… e insomma, neanche io so bene come funzionano certi meccanismi”
“Infatti”, lo rassicurò Hermione “La maggior parte dei Babbani non saprebbe rispondere a questa domanda”
“Io so rispondere a questa domanda” fece Tom arrogante “Forse la prossima volta dovresti rivolgerti a me, Bella”
Bellatrix corrucciò lo sguardo. Non le era mai sembrata una buona idea chiedere al Signore Oscuro di roba Babbana.
“Non pensavo lo sapeste, mio Signore” si scusò chinando il capo.
“Io so sempre tutto”
Bella sorrise, provocante. Artigliò la mano sudaticcia di Arthur che, come sentì il tocco della strega provò a ritrarsi a disagio, ma Bella strinse più forte.
Arthur mi sembrava un’autorità in materia, Padrone” si giustificò ancora, ripetendo la stessa frase detta poco prima con un luccichio nello sguardo. Gli occhi di Voldemort si fecero sempre più rossi e Bella si ritrovò a mordersi le labbra per cercare di trattenere un gemito eccitato. Era palesemente indispettito ma, per qualche motivo, non stava ribattendo con la sua solita spietatezza. Bella lo vide sforzarsi di riprendere controllo; Voldemort rilassò i muscoli del collo e si servì un pezzo di frittata con estrema lentezza.
“Rivolgiti un po’ a chi ti pare, Bella” sibilò con un’alzata di spalle. Le sorrise impietoso “Anzi, forse è anche meglio che per queste stupidaggini tu ti rivolga a Weasley, ultimamente sono molto impegnato”
Molto impegnato? Il cuore di Bellatrix perse un battito. Cosa voleva dire? Non fece in tempo ad aprire bocca per approfondire che Silente tirò un colpetto di tosse.
“Tom, dopo dovremo parlare anche di… questo” sussurrò a Voldemort facendo un cenno con la testa a Bellatrix.
Voldemort alzò le sopracciglia “Non voglio parlare di niente che abbia a che fare con questo. Né con te né con nessun altro”
“Scusate” intervenne Sirius “Per quanto la vita sessuale e amorosa di mia cugina possa avere un fascino (sicuramente quello dell’orrido) io tornerei sul punto cruciale della situazione”
“Per una volta, concordo con Black” annuì Voldemort faceto “Che sia l’inizio di uno sfolgorante sodalizio?”
“Vai a farti fottere, Voldemort” ringhiò Sirius adirato.
“Al momento Bella sembra troppo affascinata dai Babbani, a meno che non ci sia qualche altro volontario…”
“Padrone… io…
“Basta così”
Per qualche minuto non si sentì altro che il tintinnare delle posate nei piatti.
“Hai trovato il nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure, Albus?” chiese Alastor che, ogni volta che era in presenza di Voldemort, teneva il suo occhio magico fisso su di lui.
“Purtroppo ancora no” rispose Silente scuotendo il capo “Se non trovo qualcuno, sembra che dovrò rimettermi a decisioni ministeriali…” fece una breve pausa, poi scoccò un’occhiataccia a Voldemort seduto accanto a lui che, dal canto suo, stava sogghignando “Se qualcuno non avesse messo una maledizione su quel posto…”
“È una maledizione simpatica quella, vero?”
“Potresti levarmela tu, Tom. Sarebbe un gesto gentile verso il tuo nuovo alleato”
“O non credo proprio, Albus. Prova a lanciarle un bacetto, vedi se la tua soluzione preferita – l’amore – possa servire a qualcosa contro una maledizione di quel tipo”.
Silente alzò gli occhi al cielo “Il giorno che ti deciderai ad affrontare l’argomento da uomo e non come un bambino di cinque anni…”
Tom si volse in modo repentino verso Albus “In che senso?” 
Albus scosse la testa e non aggiunse altro; la signora Weasley portò in tavola il dolce. Bellatrix la osservò mentre si chinava leggermente sul suo Signore e gli sussurrava qualcosa all’orecchio. Ora hanno anche i segretucci? Pensò sempre più inviperita da quella situazione assurda. Era tutto assurdo. Bella fissò con aria truce la sua fetta di torta alle mele, non avrebbe più mangiato nulla; ormai quei due preparavano tutto insieme e lei continuava a sentirsi messa da parte, umiliata, denigrata…
Silente si schiarì la gola.
“Credo sia arrivato il momento di dare delle spiegazioni a tutti voi. Spiegazioni più approfondite” fece scivolare lo sguardo su ognuno di loro “Avete accolto Tom fidandovi ciecamente del mio giudizio e di questo non potrò che esservi sempre grato… meritate tuttavia più informazioni, anche perché avremo bisogno dell’aiuto di ognuno e ciascuno di voi” fece una breve pausa, poi proseguì.
“Durante la metà di giugno sia io che Tom abbiamo avvertito uno smottamento magico, in particolare uno sbalzo della magia in terra irlandese-”
“Cioè, voi da qui, avete percepito sbalzi energetici di magia in Irlanda?” chiese Tonks, stupita facendo un fischio di ammirazione.
“Non è nulla di eccezionale per maghi come noi che lavorano con le Arti Magiche in più campi, in modi trasversali e che hanno conoscenze di un certo livello…” sorrise Silente schermendosi. Voldemort emise un suono di scherno e scosse la testa incrociando le braccia sul petto: evidentemente non concordava con la modestia del Preside.
“A ogni modo, abbiamo intuito sin da subito da cosa fossero dovuti gli sbalzi magici: un risveglio dei Druidi… non so quanti di voi conoscano l’argomento e… be’, Tom, visto che ormai sono settimane che traduci, forse è meglio che spieghi tu”.
Voldemort alzò un sopracciglio supponente e si raddrizzò un poco sulla panca “Certo Silente” stiracchiò le labbra in un sorrisetto “Nel caso ti dovesse piacere il mio metodo d’insegnamento, sappi che continuo a essere disponibile come professore di Arti Oscur… ehm, pardon, di Difesa Contro le Arti Oscure”.
Silente gli fece un cenno bonario con la mano invitandolo ad andare avanti, ignorando le sue frecciatine.
“Considerando che nessuno di voi si è accorto dei mutamenti magici, suppongo di dover partire dal principio” si umettò le labbra con la lingua poi proseguì “C’è stata un’epoca in cui maghi, Druidi e Babbani vivevano in armonia. Durante quel periodo la repressione dei Babbani nei confronti della magia non era ancora così forte e, di conseguenza, gli esperimenti magici venivano effettuati senza troppi contrattempi e senza doversi nascondere. Il vero problema incominciò a insorgere quando i Druidi iniziarono ad avere visioni del futuro: il futuro che vedevano per il nostro mondo era, in una parola, decadenza. Una deturpazione completa del mondo e, in particolar modo, la deturpazione di ciò che più è caro ai Druidi: la natura. La loro magia, infatti, si basa solo ed esclusivamente su una comunione tra uomo e natura, natura che essi comandano attraverso l’utilizzo di rune. Plasmano la natura a loro immagine e somiglianza, in particolare, hanno pieno controllo sugli eventi atmosferici” fece una breve pausa “Potete quindi capire quanto potesse essere orripilante per loro la visione di un mondo in cui la natura veniva trucidata dai maghi e dai Babbani. L’indebolimento della natura sarebbe stato un indebolimento della loro magia e avrebbe portato alla disfatta della comunità druidica. Questa fu la miccia che fece scoppiare il conflitto, una guerra particolarmente sanguinolenta e complessa. Ora, qua le fonti sono un po’ vaghe e discordanti. C’è chi dice che noi maghi altro non siamo che i discendenti di druidi bianchi che, avuta la visione della decadenza futura, non abbiano fatto altro che armarsi di conseguenza – ovvero, creare delle bacchette magiche che consentono di praticare le arti magiche a prescindere dalla forza della natura… – altri invece sono convinti che i Druidi – bianchi e neri – fossero uniti in questa lotta e che la magia di noi maghi faccia parte di un ceppo completamente diverso. Personalmente, sono più persuaso dalla prima opzione; molti maghi hanno capacità propriamente druidiche: la metamorfomagia, la legilimanzia, la veggenza, l’essere rettilofoni… sono tutte caratteristiche proprie dei Druidi”.
“Però, così fosse, la maggior parte dei maghi dovrebbe avere almeno alcuni di questi tratti, no? Invece sono caratteristiche piuttosto rare” notò Tonks, estremamente incuriosita forse dal fatto che, essendo una metamorfomagus, la questione sembrava interessarla in prima persona.
Tom sgranò gli occhi e si passò una mano sul mento inclinando il capo di lato.
“Forse esistono due ceppi e noi – chi ha queste determinate qualità magiche – altro non siamo che…” esitò “Mezzosangue” scosse di nuovo la testa. Possibile che, da qualunque lato si guardasse la faccenda, lui finisse sempre coll’essere un Mezzosangue? Perché non poteva essere puro?
“Non ha comunque particolare importanza. Ciò di cui possiamo stare certi è che i nostri antenati hanno combattuto affinché i Druidi venissero allontanati da questo mondo. L’intenzione dei Druidi, scoperto il futuro, era quella di sterminare sia i Babbani – i veri artefici di questo mondo in decadenza che avevano visto – sia chiunque ‘portasse la bacchetta’: vedevano la creazione di una bacchetta magica come una sopraffazione dell’uomo sulla natura”.
“Come sono stati sconfitti?” incalzò Molly. Silente non era sceso così nei dettagli quando aveva appioppato loro Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato ma ora… ora iniziava a capire per quale motivo dovessero collaborare. Praticamente esistevano altri esseri magici (apparentemente anche più potenti dei maghi) che volevano sterminare… tutti.
“Ecco, qua arrivano i problemi” le rispose piano Tom lanciando un’occhiata a Silente “Ci siamo fatti un’idea del come in generale ma abbiamo problemi sul come nello specifico…
Molly aggrottò le sopracciglia e si guardò intorno: nessuno stava capendo il sottotesto.
“Quello che intende dire Tom è: sappiamo che i Druidi sono stati esiliati nella loro capitale (Atlantide) che è stata sigillata e inabissata. Sappiamo che è stato fatto con una commistione di Arti Magiche: la creazione di rune, Arti Oscure e Arti Bianche…” spiegò Silente guardandoli tutti da sopra i suoi occhiali a mezzaluna, nel suo sguardo scintillava la preoccupazione, un sentimento che nessuno di loro aveva mai avuto modo di scorgere negli occhi azzurri e profondi del Preside di Hogwarts.
“Ma non sappiamo quali rune siano state utilizzate, non sappiamo come unire le mie Arti Oscure e le Arti Bianche di Albus senza rimetterci le penne e/o far esplodere il pianeta” completò Tom con un tono di amarezza nella voce.
“Il libro che stai leggendo potrebbe avere la soluzione, quindi?” intervenne Sirius. La situazione era ben peggiore di quella che si era immaginato e tuttavia c’erano alcune cose che non gli tornavano…
“In teoria sì. Il problema è che è difficile da tradurre e, insomma, sbagliare una runa non è qualcosa di contemplato nelle arti druidiche”.
“Qual è il vostro piano?”
Tom e Silente si lanciarono uno sguardo, poi prese parola di nuovo Silente “Vogliamo evitare che i Druidi ritornano in superficie, diciamo. Per questo stiamo lavorando a un incantesimo che sigilli l’ingresso un’altra volta, per prevenire un nuovo conflitto. Siamo arrivati alla conclusione che per fare questo servono quattro maghi” fece un cenno con la testa a Tom, come per invitarlo a spiegare.
“Bellatrix applicherà le rune intorno all’ingresso… quali rune non ci è ancora dato saperlo, ci stiamo lavorando”.
Bellatrix sussultò e sgranò gli occhi “Io, Padrone?” chiese basita da quella notizia improvvisa.
“Perché credi sia venuto ad Azkaban a liberarti?” le sibilò truce e piccato “Non per mia bontà d’animo, te l’assicuro”
Bellatrix sentì il suo cuore sprofondare un po’ più in basso. La sua liberazione altro non era stata che una tattica di guerra? Batté le palpebre e sentì le lacrime abbandonare gli angoli degli occhi per poi scorrerle lungo le guance.
“Dopo che Bella avrà applicato le rune, quelle si attiveranno ma non saranno sufficienti” proseguì Voldemort senza curarsi minimamente della donna seduta di fronte a lui e del suo pianto silenzioso “Dovremo lanciare un incantesimo molto potente, l’incantesimo su cui stiamo lavorando ormai da più di un mese: una commistione di Arti. Inizierà Silente con la Magia Bianca e… abbiamo capito che lo sbalzo tra la sua magia e la mia magia sarebbe troppo, l’incantesimo così com’è ora è troppo sbilanciato. Ci serve un intermediario” Voldemort fece una pausa e arricciò il naso “Per questo abbiamo deciso che libereremo Gellert Grindelwald. Sarà lui a prendere la Magia Bianca di Silente, la inizierà a mutare in Arti Oscure e poi la passerà a me. Se tutto va bene, non dovremo mai affrontare i Druidi”.
Scese uno spiacevole silenzio. Sembrava tutto troppo complesso e astratto. Ancora non si avevano le rune, ancora non c’era l’incantesimo finale, Gellert Grindelwald era ancora a Nurmengard. E il tempo scorreva inesorabile…
“Quando e come libererete Grindelwald?” domandò ancora una volta Sirius. L’idea di un altro mago oscuro in circolazione non lo esaltava, quando quella situazione fosse finita poi cosa avrebbero fatto? È vero che Silente aveva sconfitto Gridelwald già una volta…
“Andremo dopo l’udienza di Harry” rispose calmo Silente. “Cornelius continua a non volermi ascoltare e temo che l’evasione di Gellert potrebbe solo complicare i rapporti già precari che ho col Ministero. Dobbiamo far cadere tutte le accuse di Harry…”
“Perché è evidente che l’istruzione magica di Potter in tutta questa faccenda ha la precedenza assoluta” ghignò Voldemort per nulla divertito. “Facessimo a modo mio risolveremmo tutti i problemi”.
“E quale sarebbe il tuo modo, Voldemort?” ringhiò Alastor intrecciando le dita sul tavolo e socchiudendo gli occhi. Non si fidava di lui neanche un po’.
“Uccidere Caramell, appropriarci del Ministero, far cadere le accuse di Potter così potete vivere tutti più tranquilli, e poi liberare Grindelwald”.
“Sinceramente pensi che un colpo di stato di questo tipo sarà accettato dalla comunità magica?”
Voldemort ghignò di nuovo “Se la comunità magica è composta da pezzenti che di magico hanno solo la bacchetta… del loro consenso me ne frego. La repressione mi sembra un’ottima soluzione”.
“Tom, ne abbiamo già discusso…”
Voldemort alzò le mani in alto e scrollò le spalle “Infatti ti ho detto che faremo come vuoi tu, Silente. Ma non stupirti se arriveremo troppo tardi. La mente geniale di Grindelwald che tanto hai decantato ci serve ora. Non tra una settimana”.
“Ce la faremo, Tom. Continuate a lavorare su Magie druidiche, nel frattempo, senza le rune è tutto perso” Silente lanciò un’occhiata a Bellatrix che, nel mentre, aveva iniziato a singhiozzare sommessamente. Arthur le sedeva accanto e le lanciava occhiate di apprensione, una parte di lui le avrebbe voluto passare una mano sulla schiena per consolarla, l’altra parte di lui invece sapeva che se solo avesse provato a fare qualcosa del genere Bellatrix lo avrebbe affatturato.
“Dovresti proprio occuparti di lei invece di continuare a svilirla e umiliarla” disse con tono secco Silente rivolto a Voldemort “Non ce ne facciamo nulla di una strega con i nervi spezzati… e non è Azkaban ad averglieli spezzati, sei tu”
“Non mettere bocca in questioni che non ti riguardano, Silente” sibilò Voldemort alzandosi in piedi, contemporaneamente a lui si alzarono Moody, Kingsley, Sirius e Remus, le bacchette sguainate. Voldemort lanciò loro un’occhiataccia e poi rise sguaiatamente “Potrei uccidervi senza neanche agitare la bacchetta” disse sprezzante.
Silente fece cenno ai membri dell’Ordine di sedersi “Tom” lo richiamò piano, gettò di nuovo un’occhiata a Bellatrix che sembrava essere in uno stato catatonico, come se non potesse essere raggiunta dalle loro parole, “Guardala. Occupati di lei”.
“Credi non lo stia già facendo?”
“Se questo è il bel risultato…”
Tom incrociò le braccia sul petto e squadrò Bellatrix.
Non ce la faceva, non era capace. Cosa doveva fare? La faceva dormire avvinghiata a lui, era tollerante - be’, più o meno - le aveva detto che era la sua stella, continuava a ripeterle che era la sua strega. Si stava trattenendo dal prenderla e farla sua perché sapeva che Bella non aveva ancora recuperato le forze. Cos’altro doveva fare?
“Magari potresti provare a non dirle che l’hai tirata fuori da Azkaban solo perché avevi bisogno di lei per le rune…” intervenne Silente.
“Evitare di dirle che sei andato a letto con sua madre e sua zia potrebbe essere un’altra idea…” intervenne Molly. Bellatrix non le piaceva e tuttavia sembrava essere una parte importante di quel piano…
“Aspetta!” urlò Sirius “Sei andato a letto con mia madre?” chiese lanciando un’occhiata di disgusto al Signore Oscuro.
Voldemort alzò gli occhi al cielo “Fatevi gli affaracci vostri. Pensa a cosa dirai tu all’amato Gellert quando andremo a tirarlo fuori di là, piuttosto, Albus” ghignò “Come la prenderà? Pensi che chiuderà un occhio sulle tue…” si interruppe “Non farmi continuare”
Silente si alzò in piedi, fulminò Tom lanciandogli uno sguardo terribile e poi si congedò senza aggiungere nient’altro.
Amato Gellert?” domandò confuso Arthur distogliendo l’attenzione da Bellatrix e concentrandosi prima su Tom e poi su Molly che sembrava tutto tranne che stupita da quelle parole. I due coniugi si guardarono per qualche secondo, poi Molly fece cenno ad Arthur che gli avrebbe spiegato tutto non appena fossero stati soli.
I commensali avevano ripreso a mormorare e a scambiarsi opinioni riguardo a quelle ultime scioccanti informazioni. La preoccupazione vibrava in ognuna delle loro parole.
Voldemort scosse la testa come per allontanare un pensiero, poi si girò verso metà del tavolo “Tonks” chiamò a voce alta, Dora sussultò “Vieni qua devo parlarti”.
Ninfadora si alzò e, per poco, non fece cadere Bill dalla panca. Si avvicinò titubante a Voldemort, che cosa voleva da lei quell’orribile uomo?
“Ho bisogno tu faccia venire qua tua madre, Andromeda” le disse senza mezzi termini non appena lo raggiunse.
Tonks rimase perplessa da quella richiesta “Mia madre non fa parte dell’Ordine”.
“A me non me ne frega niente, contatta Silente, digli che ti ho ordinato di portare qua Andromeda e falla venire”
Tonks spostò il suo peso da un piede all’altro, non avrebbe preso ordini da Lord Voldemort.
“Non lo farò”
“No?”
“Perché dovrei farlo?”
Voldemort sospirò e si focalizzò ancora una volta su Bellatrix “Perché io non sono in grado di darle ciò di cui ha bisogno” sibilò così piano che Tonks fece fatica a sentirlo in mezzo agli strepiti delle altre persone. “Ha bisogno di qualcuno che le… dimostri affetto. Io non sono…” si morse le labbra “Non è una delle mie migliori qualità, temo” fece una pausa “Mi serve Andromeda”.
“Forse, nel frattempo, che hai perso il corpo e tutto il resto, te ne sei dimenticato ma… ecco, lei e mia madre si detestano”
Voldemort le rivolse un mezzo sorriso sghembo “Portala qua, poi vedremo”.
Senza più dire una parola s’incamminò verso Bellatrix l’afferrò per un braccio e si smaterializzò con lei nella loro stanza.

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"Ha senso?"
"Ma che me frega, per me ha senso 'sta roba"
IL MIO MOOD QUANDO SCRIVO LA VOLLY.
Non so, spero vi stia divertendo almeno quanto mi diverto io a scriverla XD

Per quanto riguarda Andromeda, io mi immagino inizi a fare parte dell'Ordine solo DOPO la morte di Silente (nel canon, dico) mentre invece nel quinto non lo è. Nei libri credo non sia specificato!

A prestissimissimo, grazie a Black Beauty, ADORO i nostri scleri, tvb cara (io come Molly XD)

Clo

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Molly rimase a fissare per qualche secondo il punto in cui, fino a poco prima, era seduta Bellatrix. Tom se l’era portata via e a Molly quella questione stava davvero iniziando a infastidire oltre ogni immaginazione.

Non sono affari tuoi, le disse una voce dentro di lei. Ed era vero, innegabile, non fossero affari suoi. Ma come poteva? Come poteva ignorare il grido disperato (seppur muto) di Tom? Quella donna lo stava prosciugando, richiedeva attenzioni che lui non era in grado di dare e che, tutt’al più, avrebbe avuto necessità di ricevere. Molly credeva che Tom si meritasse di più, insomma. Non una donna sposata fedifraga dalla lussuria sconfinata.

“Lollymolly” la voce calda di Arthur la colse alla sprovvista, sussultò leggermente e si volse verso di lui “Io credo noi due dovremmo parlare” le disse con fare serio. Molly spalancò gli occhi, non capiva. Cosa stava succedendo? Possibile che Arthur… ma no, non aveva senso. Ma di cosa voleva parlare con quel cipiglio serio?

La cucina si stava lentamente svuotando.

“Dimmi, Arthur, ti ascolto” lo invitò a proseguire allora Molly mentre con un gesto della bacchetta faceva sfrecciare i piatti nel lavello.

“Questa questione di… be’, Tu-Sai-Chi, inizia a… a darmi sui nervi” mormorò Arthur agitando anche lui la bacchetta per aiutarla a rassettare.

“Cosa… cosa ti dà sui nervi di Tom?”

Arthur alzò gli occhi al cielo “La vostra… la vostra complicità. Maledizione Molly! Lo tratti come se fosse un cucciolo smarrito. Non capisco”.

“Oh Arthur! Ma Tom è un caro ragazzo! Lo so chi è!” aggiunse velocemente perché Arthur aveva spalancato la bocca pronto a ribattere a quell’informazione “Lo so che è… Lord… Coso. Lo so. Ma non posso ignorare la persona che vedo tutti i giorni, con la quale cucino e chiacchiero”.

Arthur afferrò uno strofinaccio e prese ad asciugare le stoviglie. Si sentiva a disagio ed era la prima volta che provava un sentimento del genere nei confronti di Molly.

“Non capisco la natura del vostro rapporto”.

Molly alzò le sopracciglia “Cosa vuoi dire?”

“Bellatrix è gelosa di te, pensa che l’atteggiamento di Tu-Sai-Chi nei tuoi confronti sia peculiare”.

Molly arrossì. Quindi stava facendo breccia nel cuore di Tom? Ci teneva così tanto a dimostrare a quel ragazzo che esisteva un altro modo di vivere, un altro tipo di famiglia… e poi non era ciò che aveva chiesto loro Silente? Albus aveva detto loro di dare una possibilità a Tom, di accettarlo…

“Molly” la chiamò piano Arthur posandole una mano con dolcezza sulla spalla, “A te lui… insomma, a te lui piace?” si mordicchiò le labbra mentre Molly si copriva il viso con le mani. Non ci stava capendo più nulla “Perché, insomma, io capisco che abbia più fascino di me e tutto e se… uhm, se senti questa voglia… Vacci”

Molly tolse le mani dal visto, allibita. Ma di cosa diamine stava parlando quel cretino di suo marito?

“Il nostro amore supererà anche questo, se tu credi che… se tu… se tu lo desideri...

“Oh Arthur!” esclamò Molly premendo le sue labbra contro quelle del marito e baciandolo appassionatamente. Era un cretino, ma era un cretino dal cuore d’oro. Il suo cretino.

“Non mi piace in quel senso!” specificò come sciolsero il bacio.

Molly scosse la testa divertita e incredula che Arthur potesse aver pensato una cosa del genere. Erano stati sempre e solo loro due, non era mai esistito nessun altro.

“Ma chi ti ha messo in testa una fesseria del genere? Dovresti conoscermi, ormai, Art!”

Le punte delle orecchie di Arthur divennero rossissime e si confusero con i suoi capelli, abbassò lo sguardo, imbarazzato “È stata… è stata Bellatrix…

Molly emise un verso di disgusto e arricciò le labbra, come per trattenersi dal commentare. Sempre lei, pensò con stizza.

Figuriamoci se non era lei…

“Te l’ho detto, Molly, lei pensa che tu e… lui… che lui sia strano da quando conosce te”.

“Quella donna capisce solo la lussuria perché prova solo quella! Fosse in grado di provare sentimenti più complessi – l’amore, per dirne uno – capirebbe che quel povero ragazzo ricerca in me una figura materna”

“Ma se potrebbe essere tuo padre?”

Molly alzò gli occhi al cielo “Non è questo il punto, Art” tagliò corto Molly “E… a dirla tutta, vorrei davvero dimostrati come tu sia l’unico a interessarmi in quel senso…

Arthur le sorrise, radioso, innamorato. La strinse forte e si smaterializzarono insieme in camera loro, abbandonando i piatti e il resto delle stoviglie nel lavello.

*

Il momento poco prima del risveglio – quel momento in cui non si capisce se si è già desti oppure se si sta ancora sognando, quando la mente è ancora avulsa dall’ambiente circostante – era diventato uno dei suoi preferiti durante la detenzione ad Azkaban. Infatti, in quel preciso momento di limbo, spesso si dimenticava di essere in cella, in mezzo ai Dissennatori, e ancora c’era la speranza di risvegliarsi nel letto di casa sua. Oppure, ancora meglio, in un altro letto di un’altra casa, tra le braccia del Signore Oscuro… Insomma, in quei momenti di ovattamento cerebrale, l’impossibile diventava all’improvviso possibile.

A dir la verità, non era mai capitato a Bellatrix di svegliarsi circondata dalle braccia di Voldemort e fu per quello, forse, che inizialmente Bella non capì. Si stava svegliando – e su quello non c’erano dubbi – non era ad Azkaban – e anche su quello non c’erano dubbi – ma era stretta nella morsa di qualcosa e proprio non riusciva a capire cosa fosse quel qualcosa nello specifico. Il suo primo pensiero fu che era tra le spire di un serpente, si sentiva stringere forte, in una stretta che le costringeva il petto impedendole quasi di respirare correttamente. Poi… poi quella morsa cambiò un poco e una mano – ah, quindi non poteva essere un serpente! - prese ad accarezzarle il seno da sopra la veste. Era un tocco delicato ma deciso, forte e contemporaneamente tenero, possessivo e allo stesso tempo liberatorio. Fu quel tocco a darle conferma di ciò che aveva intuito (o più che altro sperato?).

Era il Signore Oscuro.

Era il Signore Oscuro che la stava stringendo e la stava toccando.

La stava toccando.

Dopo settimane di nulla assoluto, finalmente, sentiva le mani di lui su di lei in modo sessuale. Bellatrix socchiuse la bocca e si lasciò andare a un sospiro voluttuoso.

“Sei sveglia?” le sibilò Voldemort all’orecchio succhiandole leggermente il lobo.

Bellatrix annuì con vigore e spinse il bacino verso il pube del suo Signore. Era eccitato, sentiva chiaramente la sua erezione premere con decisione contro il sedere.

“Fai la brava, Bella” le ordinò lui insinuando la mano sotto la veste. Il contatto con la pelle fredda di Voldemort la fece rabbrividire. Era morta e quello era il paradiso? Sentì le sue dita pizzicarle il capezzolo, non ci capì più nulla. Lo desiderava da impazzire, nella sua testa c’era solo il desiderio, non esisteva null’altro che quello. Bella percepì distrattamente anche l’altra mano del Signore Oscuro muoversi, si sentì accarezzare il ventre con gesti circolari prima ampi e poi sempre più piccoli. Bellatrix fremette. Era solo un modo per torturarla? O l’avrebbe accontentata? Sentì quella mano scendere più in basso e graffiarle piano le cosce, quasi come se non volesse farle troppo male.

Padrone”.

Era una preghiera, lo stava implorando di continuare e non lasciarla in quelle condizioni parossistiche.

Bella si sarebbe aspettata di essere torturata ancora un po’ – al Signore Oscuro piaceva così tanto sentirla completamente in balia del suo volere, fremente e languida, malleabile tra le sue mani – invece, come quella richiesta accorata lasciò le sue labbra, la mano del suo Padrone s’insinuò tra le cosce e, dopo averla accarezzata con fare sensuale da sopra l’intimo, scostò il bordo delle sue mutandine in pizzo.

Bellatrix si sentì morire.

Il suo cuore saltò un battito e poi prese a pompare con fin troppa velocità, era troppo, c’era troppo amore in lei per essere contenuto nel suo cuore in quel momento… sentì le dita di Voldemort indugiare, quasi per darle modo di abituarsi a lui poi, come il cuore di Bella prese a battere di nuovo a un ritmo più regolare, riprese a toccarla con più decisione. Era tutto come lo ricordava, il tocco del suo Padrone era ineccepibile, trovava sempre il punto che la faceva impazzire di più e poi insinuava una, due, tre dita in lei facendola vibrare come una corda di violino. Fu in quel momento che Bella raggiunse l’acme lasciandosi andare a un lungo ululato di piacere sconfinato. Si sentì avvolgere ancora più stretta nella morsa di Voldemort e poi la bocca di lui scendere sul suo collo e morderglielo con urgenza.

Bella prese di nuovo ad agitarsi, avrebbero…?

Ma come quella speranza nacque nella sua mente, l’Oscuro Signore si scostò lasciandola priva di ogni conforto.

Perché?

“Non sei mai soddisfatta, Bella. Sei sempre a chiedere di più e di più, ancora…

Bellatrix spalancò gli occhi e si girò di scatto pronta a difendersi ma, come voltò il capo in direzione di Voldemort, percepì un dolore lancinante sulla fronte. Sentì il Signore Oscuro imprecare a bassa voce e poi sibilare qualcosa in serpentese, adirato.

Aveva appena tirato una testata al Signore Oscuro?

“Padrone” gemette in preda al panico strabuzzando gli occhi che già brillavano di lacrime “Mi dispiace, perdonatemi, non pensavo… pensavo foste sdraiato e non dietro di me…”

“Vuoi dire che è colpa mia?” le rispose irritato Voldemort.

“No! Io…”

Lo vide massaggiarsi piano la fronte e il setto nasale e distrattamente pensò che era un bene avesse quell’aspetto serpentesco, col naso schiacciato perché, se avesse avuto il suo aspetto da ragazzo, sicuramente si sarebbe fatto molto più male…

“Bellatrix” la voce del Signore Oscuro pulsava di rabbia “Qua siamo in due ma mi sembra che tra noi due, l’unico che stia facendo uno sforzo affinché io non ti punisca, sia sempre io. La stessa persona che, prima o poi, ti punirà”.

Bella abbassò gli occhi, colpevole. Del tutto inaspettatamente, però, le venne un’improvvisa voglia di ridere. Le parole malevole della sera prima erano un lontano ricordo, qualcosa che quelle coccole mattutine avevano cancellato facilmente. Si lasciò ricadere sui cuscini e prese a ridacchiare, era contenta come non le succedeva di essere da quattordici anni.

“Lo trovi divertente, Bella?” le chiese Voldemort issandosi sopra di lei e bloccandole le braccia sopra la testa con una mano. Bellatrix fremette, adorava sentire le mani di lui su di lei arpionarla, la circolazione si fermava e poi le sarebbero rimasti i segni del suo Padrone sul suo corpo, segni che avrebbe potuto guardare, leccare…

“Trovi divertente prendermi a testate e poi farti beffe del mio aspetto?”

Sentiva l’erezione di Voldemort premerle sulla pancia, era ancora eccitato – la voleva in modo chiaro, lampante – ma allora perché non si decideva a prenderla e farla sua? Non poteva seriamente c’entrare qualcosa Molly Weasley…

“Non potrei mai farmi beffe di voi, Padrone. Sono solo… felice. Felice grazie a voi, mio Signore, alle vostre attenzioni”.

Vide i lineamenti di Voldemort rilassarsi un poco, poi si alzò di scatto senza aggiungere una parola e la lasciò lì, abbandonata da sola sul letto. Bella rimase per qualche secondo a rotolarsi placida tra le lenzuola, poi imitò il suo Signore e si alzò, pronta a intraprendere quella nuova giornata in mezzo alla feccia.

*

“Oh, alla buon’ora” li salutò Sirius come Bellatrix e Tom entrarono in cucina.

Molly alzò lo sguardo.

“Dal sorriso sulle labbra di mia cugina ne deduco che finalmente te la sei scopata?”

Tom rise e si appoggiò al tavolo proprio di fronte a Sirius “Fidati, il giorno in cui deciderò di scoparmi Bella ve ne accorgerete per motivi ben più lampanti di un sorriso sulle labbra”.

“Basta” sibilò Molly facendosi avanti e poggiando la teiera col tè al centro della tavola “Possibile dobbiate sempre parlare di sesso davanti ai ragazzi?” li riprese accennando ai Weasley, alla Granger e a Potter.

Tom alzò le spalle e si sedette vicino a Bellatrix. Le lanciò una veloce occhiata: sembrava, effettivamente, decisamente molto, molto, soddisfatta. Non aveva insultato il cugino, non aveva insultato Molly, e ora stava lì a mangiare trasognata la sua torta al cioccolato.

Il potere di un orgasmo.

“Ma quanti anni hanno questi ‘ragazzi’?” chiese Tom spostando l’attenzione verso le altre persone sedute al tavolo e cercando di essere amabile, d’altra parte a Hogwarts era stato per sette anni nel Lumaclub, fare conversazioni inutili non era quindi una novità. Aveva mentito per tutta la sua vita fingendosi interessato a cose e fatti che in realtà per lui non avevano la minima importanza.

“George e io abbiamo diciassette anni” rispose Fred “Harry, Hermione e Ron ne hanno quindici… e Ginny ne ha quattordici”.

Tom sbuffò “Ma, signora Weasley” disse piano richiamando l’attenzione di Molly “credo che lei si stia preoccupando a vuoto: suppongo che ormai tutti loro abbiano iniziato a fare le loro esperienze”.

Ah, Tom” intervenne George “Preferirei non addentrarmi in certi discorsi con mamma presente”.

Molly arricciò le labbra e fulminò George “Spero che siate almeno attenti…

“Ecco, infatti” sospirò Fred.

“Quattordici anni sono pochini” incalzò Sirius, in un moto di compassione nei confronti di Molly. Ginny arrossì e lanciò uno sguardo preoccupato a Tom che la guardò alzando un sopracciglio. Cosa voleva quella ragazza rossa da lui? Perché lo stava pregando di non dire niente? Niente riguardo a cosa? A quello che scrivevo su di Harry, per favore… Scriveva? Tom distolse lo sguardo turbato e tornò a concentrarsi su Sirius ma un senso di oppressione prese a pesargli sul petto.

“E poi Hogwarts non si presta moltissimo per certe… certe cose. I dormitori delle ragazze, ad esempio, sono interdetti ai maschi” completò Sirius con tono pratico.

Ma io non credo proprio” rise Tom poi lanciò un’occhiata preoccupata a Bellatrix – non aveva proprio voglia di sentirla di nuovo lagnarsi – ma sembrava persa nei suoi pensieri, come se la conversazione non la toccasse “Se voi Grifondoro siete degli sfigati non vuol dire che lo siano anche gli studenti delle altre Case”.

“Be’, caro, la mia prima volta è stata a sedici anni, sai” si vantò Sirius, incrociando le braccia sul petto soddisfatto “In un cespuglio vicino al Lago Nero”.

Tom alzò un sopracciglio “Vuoi un croccantino come premio, cagnolino?”

“Hai fatto di meglio?”

“La mia prima volta è stata a dodici anni”.

“Oh no” sbottò Molly mettendosi le mani sulla bocca scandalizzata “stai scherzando, caro, non è vero?”

Tom fece spallucce “Sono serissimo”.

“A dodici anni neanche si sa cosa sia il sesso” fece Molly piano sedendosi di fronte a lui preoccupata, come se l’avesse appena informata di una notizia terribile.

“Ho imparato molto presto cosa sia il sesso, Molly” rispose Tom con voce piatta, senza guardarla in faccia e, quelle poche parole, bastarono a instillare in Molly le previsioni più cupe, le visioni di un’infanzia all’insegna di abusi.

“E chi è stata la fortunata Purosangue?” chiese Sirius, cercando di sviare il discorso su un lato più faceto. Davvero Molly continuava a preoccuparsi per Lord Voldemort? Sirius pensava che più sofferenze avesse subito quell’idiota più era per lui una gioia. Poteva avere anche l’aspetto di un ragazzo perbene ma Sirius non dimenticava. Non dimenticava che era l’uomo che aveva ucciso James e Lily… che aveva attentato alla vita di Harry più e più volte…

“Una Babbana dell’orfanotrofio, veramente”.

Sirius rimase allibito a fissarlo per qualche secondo, poi scoppiò nella sua risata simile a un latrato “Oh, questa poi! Lord Voldemort si è fatto la sua prima scopata con una Babbana” rise ancora più forte. Molly gli lanciò un’occhiata terribile. Lei non ci trovava davvero nulla di divertente. In quell’orfanotrofio non c’era qualcuno che controllasse? Un bambino di dodici anni che fa sesso? Con, presumibilmente, un’altra bambina di dodici anni? E se invece fosse stata più grande? Magari quasi maggiorenne? Cos’era, pedofilia? A Molly girava la testa.

“Lord Voldemort non ha fatto un bel niente. È Tom Riddle ad aver fatto moltissime cose con i Babbani” precisò prontamente Tom, gli occhi gli si scurirono in modo inquietante “Ho mangiato insieme a loro, ho dormito insieme a loro, ho scopato insieme a loro, mi ci sono picchiato, ne sono stato torturato e li ho torturati, sono stato abusato… Lord Voldemort è colui che rimetterà a posto l’ordine naturale delle cose. La Magia è potere e i Babbani devono stare sotto” s’interruppe e indurì la mascella, per poi scuotere il capo “Vi riempite la bocca di tolleranza e neanche sapete cosa siano i Babbani”.

“Non tutti i Babbani sono così” intervenne a bassa voce Hermione “I miei genitori, ad esempio…”

I tuoi genitori…” ripeté Tom in un sibilo basso e venato di irritazione. Stava cercando di trattenersi ma provava una profonda forma di disgusto per i Babbani e, in quel momento, anche per sé stesso che in passato era stato costretto a conviverci, ad averci a che fare.

“Avete una visione talmente limitata, talmente miope ed edulcorata…” s’interruppe e si sforzò di fare qualche respiro per calmarsi. Silente era stato chiaro: mettere da parte ogni forma di astio in nome di questa minaccia comune. Non montare odio, lasciare da parte Voldemort…

“Be’, la tua prima Purosangue chi è stata?” domandò Sirius, ancora una volta cercando di riportare quella conversazione su un terreno meno ostile e più divertente: anche per lui, altrimenti, sarebbe stato difficile trattenersi e lanciare maledizioni su quel pazzoide.

Tom, dopo aver fatto un ultimo profondo sospiro, si volse verso Bellatrix. Sorrideva beata. Mangiava un pezzo di torta e poi tornava a sorridere sognante, come se nulla potesse sfiorarla.

“Non mi va di rovinare questa mattinata di gioia a tua cugina” rispose Tom accennando con la testa a Bella seduta accanto a lui e guardandosi bene dal fare il suo nome: non voleva svegliarla da qualunque stato di trance fosse caduta.

“Mia zia, quindi?”

Gli angoli della bocca di Tom si sollevarono leggermene “Chissà”

“No… non dirmi che è stata mia madre!”

Il sorriso di Tom si accentuò ancora di più.

“O magari sono state tua zia e tua mamma insieme

“OH GODRIC!” Sirius si alzò in piedi di scatto

“Vuoi sapere la loro posizione preferita?”

Sirius si mise le mani sulle orecchie “Grazie, Lord Coso!” sbottò teatrale “Ora devo andarmi a disinfettare i timpani e a farmi Obliviare da qualcuno per potermi dimenticare di questa… Merlino, che schifo!

I ragazzi risero forte alla reazione esagerata di Sirius che, nel frattempo, aveva lasciato la cucina imprecando. Molly invece fece una smorfia schifata. Non riusciva proprio a immaginarsi Walburga Black mentre… represse un brivido poi tossicchiò “Possiamo smetterla di parlare di certe cose?”

Tom stava per fare un commento pungente su quanto quell’atteggiamento fosse bigotto dato che lei aveva fatto talmente tanti figli da poter tranquillamente mettere su una squadra di Quidditch, quando mise piede in cucina Ninfadora Tonks.

“Ma cosa è successo?” chiese inciampando e quasi ruzzolando a terra “Ho incontrato Sirius nell’atrio con le mani sulle orecchie mentre continuava a ripetere ‘che schifo’!”

“Stavamo parlando di come mi sono…” Tom gettò di nuovo un’occhiata a Bella che però continuava a essere nel suo mondo “… scopato Walburga e Druella, insieme, nel dormitorio di Serpeverde”.

Tonks fece un’espressione angustiata “Basta così, grazie, sono a posto” si sedette accanto a Molly e il suo sguardo cadde su Bellatrix che invece sembrava essere su un altro pianeta. Un pianeta dominato dalla gioia e dalla serenità.

“Che lei hai fatto?” chiese Ninfadora, titubante “Le hai dato una pozione stupefacente?”

“Meglio, apparentemente. Le ho dato un orgasmo” rispose Tom e Molly si alzò di scatto battendo le mani sul tavolo.

Basta!” sibilò inviperita, esasperata “Basta sesso, non si può andare a parare sempre lì”, si girò e tornò verso il piano da cucina imprecando a bassa voce.

Ninfadora ridacchiò, trasfigurò i suoi tratti per assomigliare a Molly e ne fece l’imitazione “Basta con queste sconcezze, i bambini lo sappiamo tutti che li porta la cicogna”.

I ragazzi scoppiarono tutti a ridere e anche Tom stiracchiò le labbra in una smorfia divertita. Lo affascinava il modo in cui Ninfadora Tonks riuscisse a cambiare i tratti del suo volto senza alcuno sforzo. Anche lui ovviamente ci riusciva, ma doveva fare elaborati incantesimi con la magia, invece a Tonks bastava strizzare gli occhi e…

“Ho parlato con mia madre, comunque” disse Tonks sporgendosi un po’ in avanti e riprendendo il suo aspetto con i capelli rosa shocking.

“E…?” domandò Tom, trepidante. Aveva bisogno di aiuto. Gli costava ammetterlo – e infatti non l’aveva ammesso – ma la verità era che Bella in quelle condizioni, per lui, da solo, era ingestibile. Era riuscito a darle un orgasmo ma trattenersi dal prenderla e fotterla violentemente era stato qualcosa di quasi doloroso. Non poteva di certo mettersi a darle piacere ogni mattina e poi ignorare ogni volta la sua erezione. No, lui non funzionava di certo così. Aveva bisogno di qualcuno che si mettesse vicino a Bella e le dicesse quanto fosse… fosse brillante, speciale, aveva bisogno che qualcuno la coccolasse, la stringesse e la facesse rimettere in sesto, ritornare i nervi saldi di modo che poi lui potesse scoparla e umiliarla come più lo aggradava. Aveva bisogno o di Andromeda o di Narcissa e, dato che Silente lo aveva invitato a mettere da parte tutti i suoi Mangiamorte e partner, i Malfoy erano fuori discussione. No, Andromeda era la sua unica ancora di salvezza.

“Ha detto che… che ci proverà. Diciamo che Silente ha avuto abbastanza peso su questa decisione”

“Sia lodata Morgana” sibilò Tom soddisfatto. Non gliene importava nulla dei perché e per come, l’importante era il risultato.

Proprio in quel momento si sentì una voce stridula urlare forte, strepitare e fare un fracasso inaudito.

“Padrone, no! Ti prego!”

“Sta’ zitto, Kreacher” ordinò Sirius e l’Elfo si zittì ma continuò a far capire tutto il proprio scontento con i gesti.

Sirius alzò gli occhi al cielo esasperato “Molly, ho raccattato altre cose… se tu e Arthur volete portarle da qualche parte, se avete bisogno… lo sai, io non me ne faccio nulla…”

Voldemort sentì Bellatrix sussultare accanto a lui e, prima che potesse anche solo capire cosa Bella avesse in mente, lei era già in piedi.

“Stai vendendo gli oggetti che appartengono alla mia famiglia?” sibilò irritata occhieggiando con fare sconcertato il saccone di plastica nero che Siris teneva in una mano.

“Non fai Lestrange, di cognome? E in più ti scopi un Mezzosangue, non vedo proprio come quello che io faccio con la mia eredità, possa essere di tuo interesse, Bellatrix!”

Bellatrix arpionò con forza un’estremità del sacchetto di plastica e lo tirò, ma Sirius non sembrava intenzionato a lasciare andare la presa.

“Cosa diavolo stai dando via, eh?!” berciò Bellatrix “Non osare sudicio Traditore del tuo Sangue, questi cimeli appartengono alla nostra famiglia da secoli!”

“La Famiglia Black mi fa schifo e non voglio averci nulla a che fare!”

“Dai a me queste cose allora, stupido idiota, non ci provare! Non osare… non…”

Continuavano a contendersi il sacchetto, tirandolo con foga. L’attenzione di Tom, tuttavia, si era improvvisamente spostata sull’Elfo. Non aveva mai avuto un Elfo Domestico e non aveva mai dato particolarmente peso a quegli esseri abietti, ricordava di averne chiesto in passato uno a Regulus ma quello doveva essere morto perché era stato abbandonato nella grotta e gli Inferi lo avevano trascinato giù… L’Elfo – Kreacher? - continuava a cercare di sfuggire al suo sguardo e Tom aggrottò le sopracciglia, si alzò, incuriosito da quel bizzarro comportamento e poi, le urla di quei due gli stavano facendo venire mal di testa…

“Bell-”

Non fece in tempo a finire di chiamare la sua migliore Mangiamorte che, all’improvviso, il sacchetto che quei due si stavano litigando si strappò di botto. Il suo contenuto finì tutto rovinosamente per terra con un fragore assordante che rimbombò per tutta la cucina. Forchette, coltelli, calici, cornici, gioielli e monili di vario tipo… c’era di tutto e tutto sembrava essere stato fatto dai goblin. Tom fece un balzo all’indietro per evitare di venire investito da quell’ondata di metallo poi, inspiegabilmente, il suo sguardo venne calamitato da un piccolo medaglione dorato che, come se fosse stato attirato da lui, rotolò placidamente fino ai suoi piedi.

Tom lo osservò basito per degli interminabili secondi.

Non poteva essere.

Non poteva crederci.

“Ma brava, Bellatrix! Porco Merlino, guarda cosa hai combinato”.

Cosa hai combinato tu, semmai, stupido cane bastardo!”

“Non voglio sentire certe parole di fronte ai ragazzi!”

Tom s’inginocchio. Le sue orecchie ronzavano in modo fastidioso e il suo cuore sembrava non sapere più cosa volesse dire pompare sangue. Le sue mani si fecero all’improvviso fredde, sudaticce. Raccolse con mano tremante il medaglione prendendolo dalla catenella e se lo portò all’altezza del viso, basito.

Non poteva essere. Eppure, non c’erano davvero dubbi. Era il suo medaglione, il serpente che andava a formare la “S” di Serpeverde e poi… poi… il medaglione vibrava, sentiva il suo pezzo di anima lì dentro dibattersi. Il che è positivo, si disse cercando di riprendere controllo di sé. Sì, potrà non essere più nel suo nascondiglio ma è intatto… ma perché è qui? Come ci è arrivato?

Com’era possibile?

Non era possibile.

Poi, incomprensibilmente, gli venne in mente un altro fatto, come se fosse un’epifania improvvisa.

Potter” sibilò piano.

Nonostante la voce bassa, il suo sibilo sembrò sovrastare tutte quelle urla. Smisero tutti di litigare e il silenzio prese il posto del chiasso che, fino a quel momento, aveva albergato in quella cucina. Forse, proprio perché fino a poco prima c’era stato molto rumore, quell’improvvisa quiete sembrò essere particolarmente assordante; preludio di una terribile tempesta.

Tom continuava a fissare il medaglione come ipnotizzato e ci volle tutta la sua forza di volontà per distogliere, infine, gli occhi dalla “S” e infilare il suo Horcrux al sicuro sotto la veste.

“Potter” ripeté, cercando di dare un controllo alla sua voce, eppure un tremito era ben percepibile… “Perché, qualche settimana fa, hai parlato di quattro incontri?” chiese fissando il ragazzo dritto nei suoi occhi verdi. Lo vide alzare le sopracciglia, confuso, senza capire “Perché… be’, perché ci siamo incontrati quattro volte?”

Tom le ricontò velocemente dentro di sé.

Erano tre.

Non quattro.

Tre.

“La prima volta quando avevi un anno, la seconda volta durante il tuo primo anno a Hogwarts per la Pietra Filosofale… la terza volta qualche mese fa” disse alzando poi un sopracciglio “Qual è la quarta?”

Con suo sommo stupore, non fu Potter a rispondergli ma quella ragazza rossa che, poco prima, l’aveva pregato di tacere. Tacere su cosa, poi, non l’aveva ancora capito.

“Al mio primo anno, al secondo anno di Harry, quando mi hai… mi hai posseduta e mi hai fatto aprire la Camera dei Segreti!” sbottò a metà tra l’irritata, lo spaventata e l’esasperata. “Ho riversato tutti i miei sentimenti, i miei pensieri in quello stupido diario e tu… tu facevi finta di essere comprensivo, di capire…

La bocca di Tom si socchiuse.

“Diario? La Camera dei Segreti?

Non poteva essere.

Non doveva essere.

“Davvero non ti ricordi?” chiese Potter “Mi hai detto che Voldemort era il tuo passato, presente e futuro. Che non t’interessava più uccidere Babbani e Sanguespor-”

“Che ne è stato del diario?” lo interruppe Tom, un groppo gli si stava iniziando a formare in gola impedendogli di respirare correttamente. La sua voce suonava allarmata e spaventata anche a sé stesso. Si stava odiando, detestando, per il modo in cui si stava scoprendo ma l’idea che… era inconcepibile.

Quell’idiota di Malfoy. Che cazzo ha fatto?

“Be’… l’ho distrutto, pugnalato con una zanna di basilisco”.

Distrutto.

Andato.

Un pezzo della sua preziosa anima era svanito nel nulla.

Voldemort batté le palpebre, doveva riacquistare il controllo di sé ma a nulla serviva ripetersi che era solo un Horcrux a essere andato distrutto. E lo aveva anche preventivato. Ma allora perché? Perché si sentiva soffocare? La testa gli girava in modo inspiegabile mentre tutta la sofferenza che aveva dovuto sopportare per creare quegli artefatti oscuri si ripresentava di colpo, tutta insieme. Possibile? Possibile che Silente da quel diario avesse capito tutto? E se anche altri Horcrux fossero andati distrutti? La morte si avvicinava di nuovo di un passo mentre anni di sacrifici, di esprimenti, di tormenti e torture erano stati volatilizzati in un attimo.

Da Silente.

Di nuovo.

Da Potter.

Di nuovo.

Il suo primo istinto fu di mettere mano alla bacchetta e ucciderlo lì, su due piedi, farla finita poi… poi arrivò un forte senso di angoscia. Si sentì opprimere il petto mentre quel poco che aveva mangiato qualche minuto prima per colazione gli risaliva lungo l’esofago bruciandoglielo. Chiuse gli occhi e si portò una mano alla bocca nel tentativo di bloccare la fuoriuscita del cibo ma, quando si sentì il vomito in bocca non poté trattenersi; si volse fece qualche passo e si buttò in ginocchio espellendo tutto.

Padrone!

L’urlo di Bellatrix gli arrivò come da una distanza infinita. La sentì piombare vicino a lui, percepiva che gli stava parlando, vedeva le sue labbra muoversi, ma non gli arrivava nessun suono. Il respiro gli si mozzò completamente in gola.

Non respirava.

Non riusciva più a respirare.

Annaspò alla ricerca disperata di aria mentre sentiva la morte sopraggiungere, la sentiva sopra di lui, dentro di lui, tutt’attorno.

Stava morendo.

Strabuzzò gli occhi e si portò una mano alla gola, il cuore batteva contro la sua gabbia toracica ma perché allora aveva l’impressione che fosse diventato di dura pietra? Tutto girava, non aveva nessun appiglio.

Stava morendo, inesorabilmente. Lo attendeva il vuoto, il nulla, il buio. Solo dolore, esisteva solo dolore.

Sto morendo” riuscì a soffiare con un filo di voce. Il viso di Bellatrix tremolava davanti a lui, vedeva le sue labbra muoversi ma nessun suono raggiungeva i suoi timpani. L’afferrò forte, di getto, stringendola con così tanto vigore che intuì di starle facendo del male ma non poteva lasciarla andare perché sapeva che Bellatrix non lo avrebbe lasciato morire.

Non lasciarmi” e la sua voce era debole, impastata, indecifrabile.

La strinse ancora più forte portandosela addosso.

Sto morendo, ma tu non lasciarmi mai, Bella” provò a prendere una boccata d’aria ma non gli arrivava più ossigeno “Ti prego” neanche si rendeva conto di ciò che stava dicendo. Si sentiva solo estremamente debole, era proprio quella la morte? La mancanza di orientamento? Una sofferenza estrema? Quel sentimento di vuoto che gli si gonfiava nel petto impedendogli di respirare, di pensare, di agire, di vivere…?

“Ho bisogno di te…

Non vide più nulla.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Era successo tutto talmente in fretta che Bellatrix non aveva capito nulla. Un attimo prima stava litigando con quel cane rognoso di suo cugino per i cimeli della famiglia Black, l’attimo dopo… l’attimo dopo il suo Signore stava… stava cosa?
Bellatrix lo aveva visto indietreggiare barcollante. Aveva vomitato in ginocchio e poi era semplicemente e inspiegabilmente andato in iperventilazione. Lo avevano avvelenato? Si era lanciata su di lui lasciando perdere tutto: che il peggiore dei suoi incubi stesse prendendo forma?
Padrone!” aveva esclamato in preda al panico per poi inginocchiarsi lì accanto. Avrebbe voluto stringerlo ma sapeva quanto fastidio gli desse essere toccato senza avere dato il consenso e quindi Bella aveva preso a torturarsi le mani, disperata, impotente.
Gli occhi del Signore Oscuro sembravano spiritati. Di solito erano freddi, duri, impenetrabili. Spietati. In quel momento erano un pozzo di paura, terrore, anzi.
“Mio Signore, cosa avete?”
Lo vedeva boccheggiare come un pesce fuori dall’acqua… dopo essere notevolmente impallidito, essere sbiancato come un fantasma, aveva preso a diventare paonazzo. Non riusciva a respirare.
“Padrone, rispondetemi. Vi hanno avvelenato?”
Ma non erano i segni di un avvelenamento, quello. E poi chi poteva essere stato? Cucinava quella Molly Weasley e, per quanto le costasse ammetterlo, non credeva che quella cagna rossa fosse in grado di avvelenare il suo caro Tom. Bella si era guardata intorno, disperata, in cerca di aiuto, in cerca di una risposta, una spiegazione.
Qualcosa.
Qualsiasi cosa.
“Lo avete avvelenato?” aveva chiesto, comunque, cercando di incutere timore, cercando di non far trasparire tutta la sua angoscia.
Molly Weasley era a qualche metro da loro e anche lei sembrava sconvolta. Si premeva le mani sulla bocca senza sapere cosa fare.
Sto morendo
A quelle parole, Bella aveva riportato tutta la sua attenzione sull’Oscuro Signore. Bellatrix aveva deglutito a vuoto, se lui stava morendo stava morendo anche lei. Non poteva vivere senza di lui, non voleva vivere senza di lui. Eppure, le parole del Signore Oscuro, non avevano nessun senso. Il suo cuore batteva, rantolava, ma comunque respirava. Fosse stato un veleno, poi, sarebbe già morto, avrebbe avuto la schiuma alla bocca… Sembrava impossibile, eppure era abbastanza sicura che, quello a cui stava assistendo, altro non fosse che un semplice attacco di panico.
“Mio Signore, io sono qua. Non state morendo, ve lo prometto. Darò la mia vita per voi, non morirete, non morirete mai, Padrone…”
Ma lui sembrava non sentirla, la guardava abbacinato, con gli occhi fuori dalle orbite. Mentre Bella lo guardava fuori di sé dall’angoscia, continuando a domandarsi cosa potesse fare per farlo tranquillizzare, si era sentita afferrare all’improvviso con forza.
La stava stritolando.
La presa del suo Signore era sempre molto vigorosa, adorava lasciarle segni sul corpo e Bella adorava averli… ma Bellatrix aveva anche sempre saputo che Voldemort era in grado di trattenersi: era ogni volta in pieno controllo di sé e della situazione; non le infliggeva mai più dolore di quanto lei potesse sopportare e, anche la sua stretta, per quanto forte, non era mai intollerabile. In quel momento, invece, Bellatrix si era sentita come se l’intento di Voldemort fosse di spezzarle le braccia.
Non lasciarmi
Bellatrix fece quasi fatica a sentirlo, biascicava.
“Non vi lascio” aveva ribattuto, prontamente. “Non vi lascerei mai, mio Signore, lo sapete che non lo farei mai” ma la stretta dell’Oscuro Signore si era fatta ancora più vigorosa. Le sarebbero rimasti i segni per settimane, mesi, forse…
 “Vi prego, Padrone, mi state facendo male…
Per tutta risposta, Voldemort se l’era trascinata addosso, contro il petto. Bellatrix aveva provato ad abbracciarlo, possibile che quella potesse essere la prima volta che riusciva a stringerlo tra le sue braccia come tanto desiderava fare, senza la scusa dell’addormentarsi? Si sentiva sconvolta, le veniva da piangere perché vedere il suo Padrone in quello stato… non esisteva nulla di peggio. Avrebbe passato altri quattordici anni ad Azkaban pur di risparmiare a lui tutto quel dolore che non capiva proprio da cosa fosse stato scaturito.
Sto morendo, ma tu non lasciarmi mai, Bella
Bellatrix aveva scosso leggermente la testa, sempre più traumatizzata, scossa. Provò a scostarsi per guardare il suo Padrone in faccia, le faceva quasi paura vedere quegli occhi grandi e pieni di panico, orrore, sgomento.
Ti prego
Furono quelle parole a sconvolgere più di tutte Bellatrix.
Il Signore Oscuro non pregava. Non era una cosa che faceva.
Ordinava. Sì, ordinava.
Poteva fare una richiesta in modo gentile, al limite.
Ma pregare? Non esisteva.
Bellatrix si decise a fare l’unica cosa che sperava potesse avere un effetto immediato: provò a praticare la Legilimanzia su di lui. Gli afferrò il viso con le mani e lo guardò fissò in quegli occhi che le facevano tremare il cuore. Bella era un’abile Occlumante ma non era mai stata una brava Legilimens… eppure sentiva che fosse l’unica soluzione. Provò a penetrargli la mente.
Nulla.
Quella non era altro che una fortezza invalicabile.
Ci riprovò, perché sperava davvero di poter mettere quiete nella sua testa come in passato lui aveva fatto per lei, doveva instillargli nella testa che non stava morendo, che stava bene, che lei era lì e mai lo avrebbe mollato. Venne espulsa dalla sua mente con così tanta forza che Bella sussultò e si sentì la testa perforata da mille pugnali.
“Mio Signore!”
“Ho bisogno di te…
Bellatrix riaprì gli occhi pieni di lacrime e osservò Voldemort accasciarsi a terra semi-svenuto. L’aveva detto davvero? Aveva detto che aveva bisogno di lei? Lui che aveva bisogno di lei?
Scosse la testa.
“Avete una pozione calmante, mi auguro?” chiese agitata mentre si chinava sul suo Signore. Era in un bagno di sudore, aveva il viso rigato dalle lacrime… non aveva senso.
“Vado a prenderla” le rispose Sirius, Bellatrix non si voltò neanche a guardarlo. Prese il viso del suo Padrone e se lo appoggiò sulle gambe. Non poteva credere fosse accaduta una cosa del genere. Il Signore Oscuro era un uomo forte. Non si trattava solo di potere magico, era un uomo dalla forte volontà, un uomo solitario che non faceva affidamento su nessuno. Bella lo sapeva quanto aveva dovuto patire in passato in mezzo ai sudici Babbani, quanto doveva aver patito nei tredici anni trascorsi sotto forma di spirito, senza corpo. Eppure, non aveva mai vacillato. Cosa lo aveva fatto cadere in crisi in quel momento? Era stata troppo concentrata sul litigio con Black per accorgersi… era tutto scaturito da quel diario… Bella si morse le labbra. Ricordava effettivamente qualcosa riguardo a un diario. Non lo aveva dato a Lucius? Sì… lo aveva dato a Lucius. Gli aveva detto di custodirlo fino a quando non gliel’avesse ordinato lui, poi lo avrebbe trafugato a Hogwarts tramite Draco… era stato proprio un pegno per la nascita del piccolo Malfoy…
“Ecco”
Bellatrix afferrò la fiala della pozione senza neanche guardare il cugino in faccia. La stappò, l’annusò e la analizzo attentamente.
“Godric, Bella, non vogliamo uccidere il tuo…”
Taci” lo disse in modo brusco, tagliente. Un tono che non ammetteva repliche. Non aveva tempo per quelle quisquilie: la sua attenzione era tutta per il Signore Oscuro. Gli dischiuse le labbra – quelle labbra che sognava di baciare da quattordici anni – e gli diede la pozione. L’effetto fu istantaneo. I suoi tratti si rilassarono immediatamente, il respiro si regolarizzò. Bella esitò per un momento, poi gli passò una mano tremante sul viso, asciugandogli le lacrime e il sudore. Voldmemort si dimenò un poco e Bella, per un folle attimo, pensò si fosse già ripreso e che l’avrebbe duramente sgridata; invece, lo vide muoversi su un fianco, dandole le spalle ma con la testa ancora appoggiata alle sue gambe.
“Cos’è successo?” la voce di Molly tremava, si accucciò di fronte a Bella e scosse la testa guardando Voldemort “Era mai successo prima?” chiese alzando lo sguardo su Bellatrix.
Bella sospirò.
“No” rispose laconica, passando una mano tra i capelli del suo Signore, possessiva.
“Sembrava un attacco di panico” s’intromise Tonks “Li ha avuti anche la mamma, quando ha scoperto che tu, Sirius, eri un Mangiamorte”
“Io non sono un Mangiamorte”
“Va be’, hai capito. Non essere pignolo”
Fate silenzio!
Bella alzò lo sguardo sulla signora Weasley, non si aspettava da parte sua quel… quel sincero interesse.
“Sembra che abbia ripreso a respirare correttamente” notò chinandosi un po’ sopra Tom. Bella annuì e la sua mano scese ad accarezzare la nuca e il collo del suo Padrone. Voleva cercare di farlo rilassare, di fargli capire che era al sicuro.
“Forse dovremmo avvertire Silente”
“Non credo proprio” rispose di getto Bellatrix. Non avrebbe permesso a quel vecchio pazzo di avvicinarsi al suo Padrone quando era così debole, indifeso…
“Tu non ti fidi di noi” fece Molly alzandosi in piedi e mettendo le mani sui fianchi “Ma ti assicuro che anche io sono preoccupata per il benessere di Tom…”
“Ma cosa ne vuoi sapere tu?” sibilò Bella adirata “Cosa ne vuoi sapere del Signore Oscuro? Lo conosci da due giorni e credi… credi…”
“Sei tu che non capisci nulla di lui!”
Bellatrix arricciò il naso e contrasse la mano che stava accarezzando il suo Padrone.
“È a me che ha detto… ha detto…” non riusciva neanche a ripeterlo perché non credeva possibile che Voldemort le avesse detto quelle parole. Non era da lui. E lei mai gliel’avrebbe ricordato, mai gliel’avrebbe detto che l’aveva pregata di non lasciarlo, che aveva bisogno di lei. Erano parole che avrebbe lasciato a sedimentare nel suo cuore, le avrebbe lasciate rinchiuse lì per sempre e se le sarebbe riascoltate in solitudine, quando lui non avrebbe potuto sentirle.
Molly le diede le spalle e riprese ad armeggiare in cucina.
“Gli preparo una camomilla”
Bella scosse la testa, con un gesto della bacchetta fece comparire il libro sui Druidi scritto in antiche rune e prese a leggere poi, dopo un attimo, disse senza guardare Molly “Questo non fa altro che dare ragione a me: non ne sai niente di come funziona il mio Signore”
“E cosa proponi di fare, tu, Lestrange?”
“Nulla”
Molly si volse di scatto, senza capire.
Nulla?” la sua voce era incredula “Forse non ti rendi conto…”
“Mi rendo perfettamente conto” Bella non voleva aiutare Molly Weasley a conoscere meglio il suo Padrone ma su una questione era inflessibile: quando si sarebbe ripreso, Voldemort non si doveva assolutamente sentire a disagio “Mi rendo più conto di te. Vuoi fargli bere la tua stupida camomilla? Fai finta di essertela fatta perché eri agitata tu, non per quello che è successo a lui”.
Molly corrugò le sopracciglia “A me, veramente, sembra che a lui piaccia sempre molto sentirsi al centro dell’att-”
“Non hai capito niente” sbuffò Bella “Al Signore Oscuro piace essere adorato, ammirato, innalzato” fece una pausa e alzò un poco lo sguardo dal libro voltando nel frattempo una pagina con indolenza “Non vuole che si sottolineino le sue…” si morse le labbra, lanciò un’occhiata veloce all’uomo adagiato sulle sue gambe e poi sussurrò “debolezze”.
Molly mise su il bollitore e alzò gli occhi al cielo “È come un bambino, quella era una richiesta di aiuto, vuole sentirsi coccolato…
Bellatrix scosse la testa con forza “Ascoltami bene, Prewett… o Weasley o qualunque sia il tuo cognome. Lascia stare” riportò la sua attenzione sul libro “Lascia stare” lanciò uno sguardo intorno, “Credetemi, è meglio fare finta di niente”.
Sentì Molly borbottare e riprendere a fare la camomilla, Bella pensò che fosse incredibilmente stupida.
 
La prima cosa di cui si accorse mentre stava riprendendo conoscenza era quel tocco leggiadro che partiva dal centro della sua testa per poi scendere pigramente giù, verso la sua nuca, dove si fermava facendo dei delicati cerchi concentrici. Era estremamente rilassante, sarebbe voluto rimanere in quella posizione per sempre, con quella mano attenta, dolce, raffinata… Ci mise qualche minuto a rendersi conto di chi lui fosse e dove fosse, di come quello che stava succedendo fosse un vero e proprio affronto. Aprì gli occhi di scatto e si ritrovò davanti al naso il muso schiacciato di un gatto, lo scacciò con un gesto sgraziato e, come mosse il suo braccio, la mano che lo stava accarezzando sulla nuca scomparve. Si mise seduto in modo repentino e si volse a guardare chi aveva osato tanto.
Bellatrix.
Ovviamente.
Chi altro sarebbe mai potuto essere? Stava per fare un commento pungente quando improvvisamente si ricordò di cosa fosse successo, per quale motivo fossero seduti sul pavimento. Tom sbarrò di nuovo gli occhi mentre il cuore nel suo petto prendeva di nuovo a cavalcare furioso, a briglia sciolta. Vide il suo stesso orrore riflesso negli occhi preoccupati di Bellatrix, chiuse le palpebre e cercò di rilassarsi.
Non era successo nulla.
Niente.
È vero, il diario era andato distrutto; è vero, Silente aveva avuto modo di analizzarlo… ma era anche vero che il medaglione di Serpeverde era nella tasca della sua veste, al sicuro.
Devo andare a controllare gli altri, pensò subito. Nagini era di sopra e non c’era modo che qualcuno potesse toccarla senza prima vedersela con lui. Il Diadema… il Diadema non poteva andarlo a controllare, al momento, idem per la Coppa. Non poteva di certo presentarsi alla Gringott con Bellatrix? L’unico era l’anello… ma poteva lasciare casa Black così, all’improvviso? Cosa avrebbe detto Silente? Si sarebbe insospettito? Doveva ragionare a mente lucida, doveva rilassarsi, doveva…
“Padrone, credo di aver trovato il modo di legare le rune che ci servono”
Voldemort spalancò gli occhi e sorrise. Oh, la sua Bella era proprio perfetta.
“Fammi vedere” le disse accomodandosi accanto a lei e facendole gesto di condividere il libro e gli appunti con lui. Bella si mise a indicare punti del libro e poi appunti scribacchiati in modo veloce. Per qualche assurdo motivo, vedere la propria calligrafia – rigida, stretta, impeccabile – a fianco a quella di Bella – tondeggiante, armoniosa ma un po’ confusa – gli fece palpitare di nuovo forte il cuore. Cosa stava succedendo? Perché stava diventando così sentimentale?
“Vedete Padrone, mi sembra che questa runa sia un sigillo perfetto, cosa ne pensate?”
Tom strizzò gli occhi “Penso che dovremmo provare” poi ghignò, gli era venuta in mente un’idea “Anzi, contatterò Silente e gli dirò proprio che staremo via un paio di giorni per provare questi sigilli”. Avrebbero provato i sigilli, certo, ma avrebbero anche potuto andare a vedere se l’anello dei Gaunt era ancora al sicuro in quella catapecchia…
Il viso di Bellatrix s’illuminò mentre Voldemort si alzava in piedi “Solo noi due, Padrone, da soli?”
“L’idea è quella” commentò freddo.
Tom era già pronto ad andarsene, soddisfatto di come i presenti in cucina non avessero fatto domande, non si fossero interessati a nulla e non avessero fatto commenti inutili; quando si sentì chiamare.
“Caro, se vuoi c’è un po’ di camomilla. L’ho fatta apposta per te”
Tom s’irrigidì e gli si mozzò il respiro in gola.
“Apposta per me?” ripeté glaciale, inviperito “Perché mai dovrei aver bisogno di una camomilla?” chiese alzando un sopracciglio adirato. Vide Molly Weasley fare una faccia sorpresa “Per… be’, rilassare i nervi”
“Ti sembra io sia nervoso?” le chiese alterato e per la prima volta un odio cocente per quella donna rossa s’impossessò di lui. Non si rese neanche conto di averle dato del tu. Come osava? Come osava metterlo così in imbarazzo? Come osava insinuare che avesse bisogno di una stupida camomilla per rilassarsi? Gli stava dando del debole? Era furioso. Nessuno poteva permettersi di insinuare certe cose. Lui era Lord Voldemort, non un uomo qualsiasi, non qualcuno che potesse bere una camomilla per rilassarsi. Lui era sinonimo di perfezione.
“Io…”
Voldemort le diede le spalle e, senza aggiungere nulla, lasciò la cucina velocemente sbattendo con violenza la porta.
“Bene, i miei complimenti, Molly” balzò su immediatamente Bella, iraconda “No, hai fatto davvero un ottimo lavoro”
Molly raddrizzò le spalle “Ho agito in buona fede” si difese subito.
“Ti avevo detto di non farlo!” strillò Bella con le lacrime agli occhi “Lo hai ferito”.
“A tutti fa piacere sapere di avere un… qualcuno che c’è per noi, sempre. A tutti fa piacere ricevere conforto dopo…”
“Non-a-lui” scandì tra i denti Bellatrix avvicinandosi a Molly mentre accarezzava con un dito la bacchetta “Oh, appena finirà tutta questa faccenda ti crucerò. E poi ti ficcherò la tua camomilla del cazzo su per il culo!”
Molly fissò Bellatrix scandalizzata, mise le mani sui fianchi e si fece avanti, senza alcun tipo di timore.
“Non hai mai pensato che potresti essere tu il problema, Bella?” sghignazzò Molly con ferocia “Ti credi tanto perfetta ma in queste settimane che cosa hai fatto, eh?” scosse la testa con fare teatrale “Non mi sembra tu sia stata perfetta”.
Bella vacillò. A cosa si stava riferendo quella donna odiosa?
“Neanche te ne sei resa conto? Lo hai esasperato
Bella sentì il suo cuore spezzarsi. Lei aveva esasperato il suo Signore? Lei? Lei che viveva solo ed esclusivamente in sua funzione? E la Weasley poi cosa poteva saperne? Il Signore Oscuro si era confidato con lei? Possibile?
Molly ridacchiò, aveva intuito di aver punto sul vivo Bellatrix. L’avrebbe schiacciata e le avrebbe fatto capire che la sua lussuria in quella casa non era ben accetta, che Tom non aveva bisogno di certo di una donna così, aveva bisogno di una madre, di affetto sincero e disinteressato.
“Vuoi da lui cose che non può darti” continuò Molly, implacabile “Lo hai subissato di richieste di attenzioni che lui non può o non vuole darti. Ora fai tanto la scandalizzata ma intanto è quasi un mese che metti te stessa davanti a lui, senza sosta. Lo hai divorato
Bella rimase interdetta, si mordeva le labbra senza avere il coraggio di ribattere. Si era comportata così? Poteva essere stata tanto egoista col suo Signore? Era stata davvero colpa sua quella crisi? Bellatrix chiuse lentamente gli occhi e come le palpebre pesanti si serrarono lacrime cocenti le caddero sulle guance.
“Non sono d’accordo” s’intromise Tonks a un certo punto “Molly, il discorso che hai fatto non ha senso. Stiamo parlando di Voi-Sapete-Chi, a me sembra che tu tenda a dimenticare questo fatto. Perché mai Bellatrix dovrebbe mettere i bisogni di un uomo davanti ai propri?”
“Cara, so benissimo chi sia quell’uomo e ho imparato a conoscerlo meglio di voi. È problematico…”
Problematico mi sembra un tantino riduttivo, Molly” l’interruppe Sirius “E poi, adesso abbiamo in casa sia un mago sia una strega oscuri sull’orlo di una crisi di nervi, ottimo” si complimentò accennando con il mento a Bellatrix che rimaneva ferma e immobile al centro della stanza, piangeva in modo sommesso, le spalle leggermente scosse dai singhiozzi “Almeno di solito si gestiscono tra loro. Ora sono tutti e due a pezzi, che ce ne facciamo?”
Molly alzò le mani in aria “Difendete Bellatrix Lestrange?
“Devi ammettere che finché non sei intervenuta tu quell’altro sembrava… normale, per quanto quell’idiota possa essere normale”
Molly strinse le labbra e puntò un dito ammonitorio contro Sirius “Tu cosa avresti voluto? Essere ignorato o…”
“Io non sono Voldemort” l’interruppe subito con decisione Sirius alzandosi in piedi e incrociando le braccia “Bellatrix lo conosce molto bene”.
“Tua cugina assomiglia più a una… una… donna di malaffare che non a una donna interessata al benessere del proprio uomo”.
“Devi ammettere che Tu-Sai-Chi con Bellatrix non è che sia proprio… Ginny mi ha detto di come, quando stavate affrontando il Pogrebin, lui ha” Tonks tirò un colpetto di tosse “Detto di aver scopato con Walburga e Druella. In quella stanza. Davanti a Bellatrix che, è evidente, è succube di lui in un modo… è assurdo”.
“Mia figlia” e Molly lanciò un’occhiataccia a Ginny “Si dev’essere dimenticata di aggiungere che Bellatrix ha detto prima di aver avuto un orgasmo sconvolgente con Rodolphus, in quella stanza”.
“Rodolphus è suo marito” provò ragionevole Tonks “Druella è la madre, Walburga la zia… insomma, io mi sentirei male a sapere che mia madre e mia zia sono andate a letto con l’uomo con cui sto! Tu no?”
“Il punto è che Bellatrix voleva… voleva farlo ingelosire. Lei lo voleva ferire-”
“Ho passato quattordici anni ad Azkaban per lui” s’intromise Bellatrix. Stava continuando a piangere, la voce le tremava, sembrava sconvolta “Quattordici anni. Solo ed esclusivamente per lui!” fece una smorfia “Quei due rammolliti erano lì a piangersi addosso, quell’altro bimbetto chiedeva pietà al padre. Io ho fatto una dichiarazione di fedeltà! IO!” sembrava fuori di sé “E ora devo sentirmi dire da una Weasley che non sono abbastanza per il mio Padrone? Per l’uomo che io… io… con tutta me stessa…”
Le sue parole vennero sommerse dalle urla del quadro di Walburga.
“SUDICIA FECCIA CHE INFESTA LA CASA DEI MIEI PADRI”.
“Ci mancava solo lei” sbottò Sirius uscendo dalla cucina per andare a chiudere le tende di quel quadro. Bellatrix lo guardò sfrecciare via, poi si lasciò cadere su una delle sedie e riprese a piangere. Cosa aveva sbagliato? Era vero, con quell'aneddoto su Rodolphus avrebbe voluto farlo ingelosire. Come avrebbe voluto farlo ingelosire con Lenticchia. Aveva sbagliato? Voleva solo una reazione! E se la reazione fosse stato proprio quell’attacco di panico?
A causa mia? Pensò Bella, incredula. Non può essere, semplicemente perché per lui non sono così importante. Fu quel pensiero, quella certezza, a ucciderla e annientarla. Era così, era la verità. L’Oscuro Signore non sarebbe mai caduto in crisi per lei, lo avrebbe fatto solo per sé stesso, sé stesso e nessun altro, nessuna persona al mondo… affondò il viso nelle mani e poi premette con forza le unghie nelle guance. Il dolore fisico riusciva sempre, in qualche modo, a sviarle quello emotivo. Tutta la sua sofferenza si andò a concentrare sui graffi in faccia che si stava procurando. Fino a quando non si sentì afferrare i polsi.
Chi osava?
“Basta, Bella” la redarguì una voce ferma e contemporaneamente gentile “Smettila” era una voce conosciuta, ma sembrava appartenere al passato, a qualcosa di lontano…
Alzò lo sguardo e incontrò sé stessa. O meglio, come probabilmente avrebbe potuto essere se non fosse stata quattordici anni ad Azkaban.
La presa di Andromeda sui suoi polsi era decisa e forte “Smettila di farti del male, Bella” la riprese con forza. Bellatrix continuava a fissarla in silenzio, senza sapere cosa dire e cosa fare.
Andromeda era una traditrice. L’aveva abbandonata per quel Ted Tonks. Aveva voltato le spalle alla sua famiglia per un uomo…
“Tu per lui avresti fatto la stessa cosa. Hai fatto la stessa cosa” le disse immediatamente Andromeda sospirando, come leggendole la mente.
“Non provare a paragonare l’Oscuro Signore a un Sanguesporco”.
“No, figuriamoci” le rispose Andromeda sarcastica “Un uomo tanto perfetto è irreplicabile” le lasciò andare i polsi e Bella distolse lo sguardo. Per qualche motivo, la presenza di Andromeda la metteva a disagio. Il Signore Oscuro le aveva ordinato di comportarsi bene. Non era stato poi così difficile ignorare tutti gli abitanti di quella casa: per lei erano come insetti, indegni di qualsiasi attenzione. E poi c’era il suo Padrone, il suo Padrone meritava attenzioni, non di certo Sanguesporco, Mezzosangue e Traditori del proprio Sangue. Ma Andromeda? Andromeda non era mai riuscita a dimenticarla, non era mai riuscita a perdonarla, non era mai riuscita a eliminarla dal suo cuore. È vero, sull’arazzo dei Black, al posto del suo viso, c’era solo una bruciatura… e tuttavia… come poteva? Come poteva…
“Sono qui per te, Bellatrix” le disse Andromeda sedendosi accanto a lei. Bella si riprese e strinse le labbra “Non ho bisogno di te. Hai fatto la tua scelta, convivici”
Andromeda ridacchiò “Non mi pento della mia scelta come, purtroppo, suppongo tu non ti sia pentita della tua” inclinò leggermente il capo “Sei uno schifo, Bella”
Bellatrix sussultò, colpita sul vivo. Andromeda era bellissima, come sempre.
“Come credi di poter riconquistare il tuo amato Padrone se continui a comportarti come una bambina?”
Bella dischiuse le labbra, incredula “Sei qui per aiutarmi a riconquistare lui?”
Andromeda alzò gli occhi al cielo “Sono qui per aiutarti, Bellatrix. Se ciò che ti aiuta è il pensiero di poter riconquistare lui… sì, sono qui per questo”.  

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Andromeda aveva sempre amato profondamente Bellatrix e, quando aveva scelto di essere fedele a sé stessa e al sentimento che provava per Ted, la sorella maggiore era stata la persona che più le era costato lasciare indietro; nonostante Bella fosse sbocciata in una completa folle già da un paio di anni, nonostante fosse stata la persona che più l’aveva maledetta e insultata quando si era smaterializzata via da Casa Black. Avevano sempre avuto un rapporto stretto, loro due. Così simili fisicamente, nate nello stesso giorno ma a distanza di due anni, spesso erano state scambiate per gemelle. Dromeda aveva dovuto convivere per una vita con l’ombra di sua sorella: Bellatrix Lestrange, la Mangiamorte. Aveva provato a odiarla, dopo tutto il dolore che le aveva causato, dopo tutto il dolore che aveva causato ad altri.
I Paciock.
Quello che aveva fatto a loro era qualcosa di raccapricciante e ancora non riusciva a capacitarsi di come sua sorella, la ragazza con la quale aveva condiviso tutta la sua infanzia e la sua adolescenza, fosse diventata un mostro, un mostro come quell’altro. Sì, perché da quando era arrivato lui, Bella era cambiata. Era come se fosse… se si fosse svegliata, come se avesse trovato uno scopo nella vita, come se si fosse ritrovata all’improvviso a poter esprimere al massimo il suo potenziale. Nessuno avrebbe mai tolto dalla testa ad Andromeda che, se solo avessero avuto due genitori come si deve, se solo avessero potuto decidere fin da principio come vivere la propria vita, Bella non si sarebbe mai legata a un uomo di quel tipo. Lei, che era una stella splendente, fiera, si era sottomessa a un uomo tanto orribile. Le aveva sempre fatto male al cuore vedere come Bella per quello si fosse umiliata e lasciata fare di tutto, dire di tutto, ordinare di tutto. Ma ora Andromeda aveva l’opportunità di riprendersi sua sorella o, per lo meno, ridarle una parvenza di dignità.
Dromeda guardò Bella al di sotto delle sue palpebre pesanti con sguardo critico. Azkaban l’aveva distrutta. Si era aspettata di peggio, se proprio doveva essere sincera, ma era evidente Bella fosse ridotta a uno straccio. Fisicamente, per quanto di una magrezza raggelante, sembrava aver ripreso una certa prestanza. Psicologicamente, invece… le avevano detto che quell’orribile uomo non perdesse mai occasione per umiliarla e sminuirla. Come in passato. Nonostante Bellatrix avesse passato quattordici anni in attesa di lui, quello schifoso non si era neanche preso la briga di ringraziarla per un gesto del genere. Eppure, Dromeda le aveva appena detto che era lì per riconquistare lui. Era una situazione assurda e se Silente non fosse stato così categorico non avrebbe mai acconsentito a quella follia. Rivedere Bella era estremamente doloroso, l’idea di ridarla in pasto a… quello, insopportabile. Se la strinse al petto, il suo profumo così diverso da quello che ricordava e anche il suo corpo era completamente cambiato. Andromeda sentiva il proprio cuore battere all’impazzata, sapeva che si era andata a cacciare in una situazione tremenda: avrebbe, di fatto, cercato di aiutare Bella a riprendersi solo per poi ridarla in pasto a quello schifoso. Si sarebbe di nuovo avvicinata a lei, avrebbe riavuto un assaggio di ciò che era avere una sorella e poi… poi l’avrebbe persa un’altra volta.
Si sedettero al tavolo, Bella continuava a occhieggiare la porta d’ingresso, come se si aspettasse di vedere entrare qualcuno da un momento all’altro.
“Avete litigato?” chiese Andromeda mentre aiutava Molly a portare in tavola la cena. La cucina stava tornando a essere affollata.
“No” rispose Bella laconica, lanciando un’occhiataccia a Molly “è tutta colpa di quella cagna rossa” ringhiò tra i denti. Molly sbatté la pentola sulla tavola con tanta forza che lo stufato strabordò fuori “Non ho fatto nulla. Tom ha bisogno di attenzioni…”
“Il Signore Oscuro ha bisogno di essere lasciato in pace”
“Sei tu che lo assilli, non di certo io”
Andromeda strabuzzò gli occhi di fronte a quel diverbio. Non le giungevano nuove le lagne di Bella, ma possibile che anche Molly Weasley fosse caduta nelle trame del Signore Oscuro? Non aveva senso. Era una donna sposata, con figli e “dalla parte del bene”. Non si sarebbe mai interessata a un uomo come quello. Dromeda si volse verso Bella e notò come le parole di Molly l’avessero colpita in modo particolare, si morse le labbra e abbassò lo sguardo nel piatto con fare colpevole.
“Non vanno bene le cose?” chiese ancora Andromeda, cercando di non far trasparire l’entusiasmo nella voce. Possibile ci fosse stato un allontanamento tra quei due?
“L’Oscuro Signore, ultimamente, è molto… distante” sibilò rimestando lo stufato.
“E Molly è la sua nuova confidente preferita” aggiunse Arthur sedendosi accanto ad Andromeda che alzò un sopracciglio “Molly?” chiese stupita.
“Pensa che sia uno dei nostri figli, evidentemente”.
“Non penso niente del genere” rispose prontamente Molly irritata “Sto solo cercando di eseguire al meglio gli ordini di Silente, se voi vi foste presi la briga di provare a conoscerlo…”
Andromeda si morse le labbra, ne avrebbe avute di cose da dire… ma c’era Bellatrix a fianco e dire mezza parola contro l’Oscuro Signore l’avrebbe solo portata ad alterarsi. Sospirò e, come Ted si sedette di fronte a lei con vicino Dora, sorrise loro per poi girarsi verso la sorella.
“Bella, questo qui è Ted. Ted Tonks, mio marito”.
Non le sembrava possibile. Stava davvero presentando suo marito a Bellatrix? Un Nato Babbano?
Bella alzò di scattò lo sguardo sull’uomo biondiccio seduto di fronte a lei. Lo squadrò a lungo, in silenzio, e non disse nulla. Dire fosse privo di fascino era dire poco. Che cosa ci aveva visto Anromeda? Come aveva potuto abbandonare la propria famiglia per un uomo del genere?
Banale.
Sciatto.
Sanguesporco.
“Cosa ti aspetti che dica?” domandò poi, voltandosi verso Andromeda altera “Piacere di conoscerti? Ti ha fatto il lavaggio del cervello e ti ha portata via da noi, la tua famiglia
Andromeda si lasciò andare a una risata amara e sprezzante “Quello non è Ted, cara”
“Cosa stai insinuando?”
“Sta insinuando, Bella, che se c’è qualcuno che ha fatto il lavaggio del cervello, quello sono io”
Andromeda sussultò e portò tutta la sua attenzione verso l’ingresso della cucina. Si aspettava di vedere l’uomo che in passato si presentava a casa loro. Alto, emaciato, gli occhi rossi… invece, la persona che stava avanzando verso di loro, era più un ragazzo. Un bel ragazzo, a voler essere del tutto sinceri. Magro, senz’altro, ma sotto la veste s’intuiva un fisico prestante. I capelli neri erano pettinati all’indietro, gli occhi erano scuri e penetranti. Il ghigno che gli incurvava le labbra, tuttavia, era sempre lo stesso.
“Un piacere rivederti, Andromeda” le disse appena fu di fronte a lei. Il sorriso beffardo lasciava tuttavia intuire una storia diversa rispetto a quella che dicevano le parole.
“Non posso dire altrettanto” rispose Andromeda arrogante, senza paura. Il sorriso di Voldemort si fece più marcato, poi si rivolse a Ted “Tu devi essere il marito? Ted Tonks?” domandò alzando un sopracciglio. Ted volse lo sguardo su di lui: l’immagine che aveva di Voldemort nella sua testa era qualcosa di totalmente diverso. Possibile che quello fosse davvero Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato?
“In persona”
“Sapessi in quanti modi Bella mi ha raccontato di volerti torturare e uccidere…” fece allusivo Tom, poi ridacchiò, “Fortuna che, a quanto pare, non ci rimane che collaborare”
Ted rimase per un attimo agghiacciato, poi raddrizzò le spalle “Mai mi sarei aspettato di finire a essere il cognato di… Tu-Sai-Chi”.
Tom si sedette con indolenza accanto a Bellatrix.
“Io-So-Chi… chi?” domandò sogghignando e posando una mano sulla coscia di Bellatrix sotto al tavolo. Le strinse leggermente il ginocchio e prese ad accarezzarglielo delicatamente. Bella si voltò a guardarlo, la bocca socchiusa, incredula.
“Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato” rispose in un borbottio imbarazzato Ted cercando aiuto intorno, eppure nessuno sembrava intenzionato a dire ad alta voce la parola che quello voleva sentirsi dire. L’altra metà del tavolo, quella con i ragazzi e Sirius, sembrava proprio ignara della conversazione che stava andando avanti in quell’altra parte della tavolata.
“Tu la conosci questa persona che non dev’essere nominata, Bella?” chiese Voldemort chinandosi un po’ verso Bellatrix. La sentì fremere sotto la sua mano. Dopo lo spavento che si era preso alla mattina avrebbe voluto affondare in lei e non pensare più a nulla. Avrebbe voluto farsela con forza e poi, dopo aver avuto attimi di quiete, riprendere a pensare al piano di attacco, riprendere a pensare a come fare per andare a controllare i suoi Horcrux senza fare insospettire Silente. Pur vero che ora “fossero dalla stessa parte” ma, nell’esatto momento in cui i Druidi avessero cessato di essere una minaccia, Voldemort avrebbe attaccato Silente con tutta la sua forza. Se i suoi Horcrux erano stati distrutti o in pericolo…
Invece si era dovuto allontanare dalla sua Bella e quella Weasley, poi, che gli aveva preparato una camomilla, neanche fosse un bambino, un moccioso. Lui che mai aveva avuto bisogno di nessuno! Che cosa si era messa in testa? Le avrebbe fatto vedere quanto lui fosse in grado di occuparsi di sé stesso da solo, proprio come aveva sempre fatto.
La camomilla…
Padrone…
La voce di Bellatrix era più lacrimevole del solito.
“Potrete mai perdonarmi?”
“Cosa ti devo perdonare, Bella?”
“Tutto”
Voldemort alzò gli occhi al cielo e sorrise supponente ad Andromeda come a voler rimarcare il fatto che Bella era sua. La vide stringere le labbra e rivolgergli uno sguardo carico di disgusto.
Tutto… sei sempre troppo vaga. Cosa devo fare con te?”
“Perdonarmi per il mio comportamento, mio Signore, vi imploro
Voldemort riportò tutta la sua attenzione su Bellatrix e notò come sulle sue guance ci fossero dei graffi. Non ci mise nulla a capire cosa fosse successo; la mente di Bella per lui era sempre a disposizione, di libero accesso. Vide Molly Weasley riprendere duramente la sua Bella. Non che avesse detto qualcosa di sbagliato, effettivamente, era per quello che aveva chiesto di Andromeda: proprio perché Bella potesse ricevere le attenzioni che lui né voleva né poteva darle ma di cui la sua strega aveva disperato bisogno. Ma, se lui non si era permesso di far presente a Bella le sue mancanze, se non le aveva detto di smetterla, insomma, aveva le sue buone ragioni e di certo non aveva bisogno di Molly Weasley per riprendere Bella.
Nessuno doveva permettersi di maltrattare la sua Bella. Era solo una sua prerogativa, quella.
Tom lanciò un’occhiata a Molly che gli sorrise, materna, gentile come sempre.
Tom serrò le labbra.
Perché una parte di lui continuava a essere affascinato da ciò che quella donna sembrava in grado di dare? Sembrava essere qualcosa di completamente disinteressato, neanche Bella arrivava a tali livelli di completo altruismo nei suoi confronti… era qualcosa che gli era completamente estraneo, proprio perché non guidato da una base sessuale di cui tutte le sue interazioni passate erano sempre state intrise.
“Non ho nulla da perdonarti, Bella” disse infine Tom stringendole più forte il ginocchio e chinandosi un poco su di lei. Poteva sentire il suo cuore battere contro la gabbia toracica, come se dovesse uscirle dal petto per arrivare fino a lui, come se volesse fargliene un macabro dono.
“Mi hai aspettato per quattordici anni ad Azkaban, posso anche aspettarti per qualche mese” proseguì con tono dolce e comprensivo. L’avrebbe fatta impazzire con quelle parole. “Però rivoglio la mia strega” proseguì risalendo con la mano il suo interno coscia con una carezza delicata “Quindi mettiti d’impegno, Bella. Ti aspetto”.
Sapeva che quelle parole l’avrebbero fatta capitolare, le avrebbero dato il giusto input per fare in modo che si mettesse a lavorare seriamente con sua sorella Andromeda. Aveva bisogno di Bella in piena forma psicologica, prima ancora che fisica.
Tom si staccò da Bellatrix proprio quando con la mano era arrivato a sfiorarle l’intimità.
“Mio Signore…”
“Fai la brava, Bellatrix” le rispose duro, poi si concentrò su Molly Weasley. La fissò per qualche istante dritto negli occhi, in quegli occhi in cui baluginava sempre un fondo di gentilezza e tenerezza, qualcosa che a lui non era mai stato donato: gli occhi della signora Cole, infatti, erano sempre pregni di sprezzo e odio.
“Non accetto che nessuno parli al mio posto” le disse con freddezza “A maggior ragione a Bellatrix, il mio rapporto con lei non ti riguarda in nessun modo, Molly” aggiunse continuando a darle del tu. Non doveva permettersi di trattare a quel modo una sua proprietà. Bellatrix apparteneva a lui e solo lui poteva farla soffrire, solo lui poteva farla godere, solo lui aveva diritto di umiliarla per poi innalzarla.
Molly socchiuse gli occhi. Non era abituata a un tono tanto freddo da parte di Tom. Sentì Arthur darle un colpetto con il piede sulla gamba, come a spronarla a fare silenzio.
“Non volevo intromettermi” si scusò a bassa voce, guardando Tom fisso negli occhi “Molto spesso mi sembra che Bellatrix non abbia…”
“Bella ha tutto” l’interruppe prontamente lui.
Molly si morse le labbra, avrebbe voluto ribattere, anche litigare nel caso, ma Arthur continuava a tirargli calcetti sotto il tavolo e Andromeda la guardava scuotendo leggermente il capo. Molly alzò le spalle. Molto bene, se non vuole le mie attenzioni, le darò a chi so fanno piacere.
“Harry, caro, come ti senti per la tua udienza?” domandò sporgendosi sul tavolo per guardare Harry seduto tra Ron e Hermione. Molly lo vide incupirsi un po’ ma, d’altra parte, mancava davvero poco all’udienza al Ministero e nessuno, ancora, sembrava averne parlato con quel ragazzo. Silente si faceva vedere meno che mai, lei era stata troppo impegnata con Tom, Arthur lavorava…
“Non saprei, signora Weasley” rispose Harry stringendosi nelle spalle “Spero solo di non essere espulso da Hogwarts”.
“Impossibile” rispose prontamente Hermione “Non possono farlo, mi sono informata. È consentito l’utilizzo della magia in caso di pericolo. Se non avessi fatto l’Incanto Patronus a quest’ora tu e tuo cugino sareste stati privati dell’anima”
“Credo che il reale problema sia dimostrare che quei Dissennatori fossero lì” s’intromise Tom con un sorriso faceto.
“Certo che erano lì!” sbottò Harry, infiammandosi subito “Altrimenti perché avrei dovuto lanciare un incantesimo?”
“Stando all’immagine che dà di te La Gazzetta del Profeta, perché sei un ragazzo a cui piace stare al centro dell’attenzione e Silente te le fa passare tutte lisce” rispose Tom con un’alzata di spalle. Harry stava per ribattere ma Tom fu più veloce di lui “L’ho capito che c’erano quei due Dissennatori” fece una smorfia “Ti credo. Ma chi si occuperà della tua udienza? Dovete dimostrarlo con prove inappuntabili, Potter, al Ministero non basterà la tua parola di Prescelto
“Silente…”
“Silente vuole fare il nobile. Avesse seguito i miei consigli, quest’assurdo processo che ci sta rallentando anche nelle nostre ricerche, non si sarebbe tenuto nemmeno” fece una breve pausa “Interessante comunque come un ragazzino di quattordici o quindici anni riesca a lanciare un Incanto Patronus” Tom arricciò il naso “Fossi nel Ministro sarei più interessato a questo ma no… loro si preoccupano solo di limitare la magia, nascondersi, come se ci fosse qualcosa di sbagliato nell’essere maghi…” schioccò la lingua poi aggiunse divertito “Anche io ho usato la magia fuori da Hogwarts da minorenne ma, evidentemente, sono nettamente più furbo di te, Potter”
“Cos’hai fatto?”
Tom afferrò il bicchiere e fece oscillare il vino elfico all’interno. Ne bevve un sorso, poi si decise a rispondere. Per tutte quelle settimane aveva cercato di tenere un profilo basso, di dimostrarsi gentile, educato, disponibile. Aveva tenuto, insomma, il più possibile a bada chi fosse davvero. Ma, in quel momento, voleva solo che quell’assurda donna capisse che lui non aveva bisogno di nessuno. Era cresciuto da solo, non aveva genitori… e non aveva bisogno di una madre ora che di anni ne aveva quasi settanta. Non aveva bisogno di camomille preparate per fargli rilassare i nervi. Lui era un Mago Oscuro e lo era stato sin da ragazzo.
“Ho ucciso il Babbano che ha dato il seme per mettermi al mondo”
Scese uno spiacevole silenzio, quelle parole ci misero un po’ di tempo per entrare nella testa delle persone sedute al tavolo.
“Hai ucciso tuo padre?” chiese Molly sorpresa, sbigottita, inorridita.
“Non ho mai avuto un padre, sono orfano” rispose indifferente Tom “Ho ucciso un Babbano” sorrise, soddisfatto “Sono andato a bussargli alla porta. Quando mi ha riconosciuto mi ha detto le stesse identiche parole che mi sono sentito ripetere sin da che ho memoria: sei un mostro, sei pazzo, mi fai schifo, la magia è opera del diavolo, ti devono rinchiudere… Insomma, davvero le solite cose” la sua voce trasudava disgusto e ira “Credo sarei anche riuscito a ignorarlo, non era nulla di nuovo. Ma poi quell’idiota ha pensato bene di sputarmi in faccia e allora… a quel punto non mi ha lasciato altra scelta” Tom sorrise, come se non esistesse ricordo più bello di quello “Il mio primo Anatema che Uccide, che ricordi…” i suoi occhi luccicarono sinistri mentre vedeva l’espressione agghiacciata di Molly Weasley “Prima lui e poi i suoi insulsi genitori. Tutti morti nel giro di pochi istanti. E con loro è morto Tom Riddle…
“E com’è che non ti hanno beccato?” chiese Sirius.
“La traccia non è sulla persona…” Tom alzò le spalle “Hanno visto che è stata praticata della magia lì ma non avevano modo di capire chi fosse stato” sorrise di nuovo, un sorriso terrificante “Di questi bellissimi omicidi si è preso la colpa un altro mago… un essere inutile che non era degno di avere il sangue di Salazar nelle vene”.
“Fammi capire” intervenne ancora Sirius “Hai ucciso tuo padre, i tuoi nonni paterni e poi hai incolpato un altro tuo parente?”
“Io non ho parenti” ripeté ancora una volta stentoreo Tom “Non ho una famiglia”
“Anche io sono orfano, grazie a te, per altro… ma questo non significa che io non abbia mai avuto i genitori” gli fece notare Harry.
Tom inclinò il capo di lato “Non c’è paragone, Potter. Non venire a spiegarmi cosa significa essere orfani, non ne ho bisogno. Sono cresciuto in un orfanotrofio, i bambini come te erano invidiati” fece una pausa “Tu hai sempre saputo che i tuoi genitori sono morti e non avrebbero voluto lasciarti. Era pieno di bambini che arrivavano all’orfanotrofio così, per colpa della morte che si portava via i genitori. Ma chi come me era stato abbandonato…” scosse la testa “Abbiamo sempre avuto la consapevolezza di non essere stati voluti nemmeno da chi ci ha messo al mondo. C’è molta differenza, c’è sempre stata” tamburellò con le dita sul tavolo “E poi tu vivi con i tuoi zii, no?”
“Sono orribili” commentò a mezza voce Harry.
“Babbani, eh?”
“Non tutti i Babbani sono così”.
Tom alzò le spalle “Comunque ti hanno tenuto. È più di quanto tanti orfani abbiano mai sperato” si grattò il mento “Non che abbia particolare importanza per me, ovviamente. È solo grazie al mio passato in mezzo ai Babbani che posso avere uno sguardo lucido e obiettivo sulla loro pochezza”.
“Non mi sembra ci sia nulla di lucido od obiettivo, in te” mormorò Andromeda storcendo la bocca.
“I miei genitori sono Babbani” intervenne Ted, dando man forte alla moglie “E sono persone squisite, molto più di tanti altri maghi”.
“La cultura Babbana è estremamente affascinante” si aggiunse Arthur “Capisco che… ehm… magari la tua infanzia…”
“Non si tratta di apprezzare la cultura babbana. Si tratta di comprendere che i Babbani, in generale, temono la magia. L’hanno sempre temuta. Temono tutto ciò che non comprendono e lo ricollegano alle loro sciocchezze superstiziose. Hanno sterminato maghi e voi vi inebriate per dell’elettricità? Per gli aeroplani? Difendete i Babbani perché i vostri genitori non vi odiano? Dovreste pensare un po’ più in generale e, in generale, che vi piaccia oppure no, ho ragione io: altrimenti non ci staremmo nascondendo e Potter avrebbe potuto usare l’Incanto Patronus davanti a un Babbano senza alcun tipo di problema…” fece una pausa poi scosse la testa “Ma non potrei parlare di queste cose: avevo promesso a Silente non avrei fatto proselitismo…”
“Se credi di poter portare dalla tua parte uno qualsiasi di noi, ho una brutta notizia per te…” borbottò Tonks, convinta.
“Concordo con la mia cara cuginetta di secondo grado” rise Sirius, poi si sporse sul tavolo per vedere Andromeda in faccia “Ma Dromeda!” esclamò, chiamandola “Tu non sai l’ultima… il nostro amico Voldemort si è scopato sia mia mamma che tua mamma…”
Andromeda strabuzzò gli occhi e quasi si soffocò con un pezzo di carne. Iniziò a tossire sputacchiando, fino a quando non sentì qualcuno arrivarle da dietro e premerle con decisione le mani sotto al seno; l’esofago si liberò.
“Grazie” balbettò, voltandosi e ringraziando mentalmente che a quel tavolo non fossero presenti né Walburga né Druella: l’avessero vista sputacchiare a quel modo… Andromeda, tuttavia, girandosi, non si aspettava di trovare il ghigno derisorio di Voldemort. Nella testa di Andromeda si andò subito a formare un’immagine orribile: quel ragazzo a letto con Druella… e poi ancora, con zia Walburga… distolse lo sguardo velocemente.
“Non ci tenevo a saperlo” lanciò un’occhiata a Bellatrix che era rossa in viso e aveva gli occhi colmi di lacrime.
“Siete ossessionati da questa storia” disse Tom sedendosi di nuovo accanto a Bellatrix “Se vi interessa così tanto, vi do i ricordi e ve li guardate…” aggiunse pieno di boria.
“Fai pure finta che mia sorella non sia seduta accanto a te” rispose Andromeda pungente continuando a osservare il viso di Bellatrix: si stava trasformando in una maschera di dolore.
“Cosa c’entra ora Bellatrix?” domandò sorpreso Voldemort, senza capire. Andromeda batté le palpebre: faceva finta di non capire oppure era serio…? Possibile fosse tanto incapace a livello empatico ed emotivo?
“Pensavo foste amanti”
Tom alzò un sopracciglio “Siamo molto più che amanti, se è per questo” rispose circondando la vita di Bellatrix con un braccio e portandosela più vicino. La sentì sospirare e vibrare. Possibile che la questione di Druella e Walburga le avesse dato così tanto fastidio? Non le aveva forse già detto che non doveva paragonarsi a quella fanghiglia? Lei, che invece era così tanto di più?
“Non riesco a capire perché continuate a paragonare Walburga e Druella con Bella. Per inciso, neanche sono le uniche donne Purosangue con cui io sia stato… Yaxley, Carrow, Fawley, Malfoy, Lestrange, Selwyn, Bulstrode, Travers, Greengrass, Nott…”
“Insomma, ti sei fatto le Sacre Ventotto?”
Bene o male” Voldemort strinse più forte la vita di Bellatrix “Diciamo che ci sono entrato di diritto” non poteva credere che quella sciocchina stesse male per cose tanto stupide “Ma questo non ha nulla a che vedere con Bellatrix” le diede un bacio sul collo e sentì il sangue puro di Bella pompare nelle vene.
“Quelle me le sono fatte una volta e poi le ho gettate via come scarpe vecchie. Ciò che… ciò che… Bellatrix è un’altra cosa”
Bellatrix si volse verso di lui di gettò, erano così vicini che i loro nasi si sfioravano.
“Un’altra cosa?” esalò implorante.
“Te l’ho già detto e sai quanto poco ami ripetermi. Sei la mia strega” le diede un bacio all’angolo della bocca e Bella schiuse le labbra “Non esiste altra donna per me, Bella. Non sopporterei nessun’altra”. Bellatrix non riuscì a resistere, catturò tra le proprie le labbra di Voldemort. Lo sentì sorridere e poi morderle le labbra succhiargliele, leccargliele.
Non si baciavano da quattordici anni e Bella si sentì rinascere, tornare in vita, resuscitare. Era più di quanto avesse mai sognato, più di quanto avesse mai sperato.
Non esiste altra donna per me, Bella.


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Perdonatemi, io la questione della Traccia non l'ho mai davvero capita quindi... se non ha senso sorry XD
Bacini Bellamortosi per tuttiiii <3 

 
Clo

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


A Tom non erano mai piaciuti molto i baci. Trovava fastidioso quello scambio di liquidi, quell’allacciarsi di lingue, quella fusione che avveniva in bocca; infatti, ogni volta che quella strega univa le sue labbra con le proprie, lui tendeva a mordere, leccare e succhiare… non a baciare. Bellatrix, ovviamente, era invece di un altro avviso: lei amava congiungere le loro lingue e farle danzare insieme.
Le afferrò il viso con una mano e affondò le dita nelle sue guance scarne, poi riprese a mordere quelle labbra, quelle labbra che, senza rendersene conto, aveva desiderato per tutti quegli anni. Possibile ne avesse sentito così tanto la mancanza? Possibile l’avesse effettivamente desiderata in modo così viscerale? Lui, che non aveva mai bisogno di niente e di nessuno, era davvero dipendente da quelle labbra? Eppure, ben presto si rese conto di come adorasse sentire la pelle di Bella rompersi e rilasciare il sangue, per poi leccarlo e succhiarlo via. Adorava sentirla gemere e amava… no, non gli dispiaceva, anche quando, infine, le loro lingue si incontravano perché, sì, tutto sommato, forse non era così male…
Tom, in tutte quelle settimane, si era trattenuto dal baciarla perché non era sicuro sarebbe riuscito a trattenersi: Bella era stata da subito una tentazione troppo grande e, se magari riusciva a non averla del tutto, quando invece ne aveva un assaggio era sempre complicato fermarsi e fare marcia indietro. Ci volle infatti tutto il suo autocontrollo per trattenersi dal prenderla, piegarla sul tavolo e affondare in lei con tutte le sue forze, anche lì davanti agli altri. Distrattamente, pensò a come non si sarebbe mai voluto staccare da lei; sentiva Bella fremere, tremare e gemere nella sua bocca e tutto quello lo faceva eccitare sempre di più.
Scusate ma non mi sembra proprio il caso!
La voce incrinata di Molly Weasley lo raggiunse come da un altro pianeta. Una parte di lui avrebbe voluto solo approfondire il contatto con Bellatrix e far vedere a quella sciocca donna che credeva di averlo capito e compreso, chi lui fosse veramente e cosa fosse in grado di fare. Un’altra parte di lui, tuttavia, continuava a sentirsi in imbarazzo, come se fare certe cose davanti a Molly avesse un che di sbagliato. Diede un ultimo potente morso sulle labbra di Bella ma, come provò a scostarsi, si sentì afferrare forte per il bavero della veste, in un gesto fatto al solo scopo di trattenerlo e impedirgli di allontanarsi.
“Ah, Bella… hai voglia di giocare?” le soffiò contro le labbra martoriate, socchiudendo gli occhi e guardandola dall’alto verso il basso “Non sai che punizione ti aspetta” le mormorò afferrandole con forza i polsi per farle lasciare la presa.
Sì, Padrone, vi prego… punitemi…
Voldemort strinse la morsa sui polsi di Bella, sicuramente le sarebbero rimasti i segni e, solo quel pensiero, riusciva a farlo indurire più di qualsiasi altra cosa. E poi, quella sfrontatella, si permetteva anche di pregarlo di punirla…
“Finiscila” la redarguì cercando di mantenere un’espressione e un tono impassibile “Non vedi che stiamo mettendo in difficoltà la povera e pura Molly Weasley?” chiese canzonatorio indicando con un cenno della testa Molly.
“Non sono pura” sibilò Molly punta sul vivo incrociando le braccia sul petto. Tom lasciò andare la presa su Bella e si volse completamente verso la signora Weasley. La soppesò per qualche istante, poi appoggiò un gomito sul tavolo e la testa sulla mano.
“No?” chiese modulando la voce in un tono stupito “Perché tutte queste storie per un bacio, allora?”
Molly si girò verso Arthur come a domandargli aiuto.
“Ci sono i ragazzi” disse allora Arthur accennando ai suoi figli, a Harry e a Hermione “E comunque non è buona educazione… amoreggiare così, durante una cena…”
Lenticchia” lo richiamò Bella fulminandolo da sotto le sue palpebre pesanti “Forse non hai capito che non mi baciava da quattordici anni… quattordici anni…”  
Tom alzò gli occhi al cielo “Non fare la melodrammatica, Bellatrix” poi aggiunse, rivolto ai Weasley “Ci siamo lasciati trasportare dal…” indugiò un attimo, alzò un sopracciglio e poi fece un sorriso sghembo verso Bellatrix “Sentimento. Non volevamo di certo lasciarci andare alla maleducazione”.
Bellatrix arricciò le labbra affranta. Maleducazione o no, a lei non importava davvero nulla. Avrebbe solo voluto non staccarsi più dal suo Signore e invece, come sempre, quella Molly Weasley si era messa in mezzo. Non vedeva l’ora che quella storia finisse e poi l’avrebbe uccisa. Prima, anzi, l’avrebbe cruciata fino a quando non si fosse dimenticata il suo nome, proprio come i Paciock, poi l’avrebbe uccisa. Avrebbe ucciso lei e tutti i suoi figli, uno per uno… e si sarebbe baciata con il suo Signore di fronte al suo cadavere ancora caldo…
Bella” la richiamò piano Voldemort “Non farmi eccitare troppo” la redarguì chinandosi sull’orecchio di Bella di modo che potesse sentirlo solo lei. Bellatrix gli sorrise di rimando, estasiata: il suo Signore si eccitava al pensiero di Molly Weasley morta? Quindi non aveva nessuna importanza per lui, no? Voldemort scosse un poco la testa sogghignando.
“Vai in camera, Bella” le ordinò lasciandola andare e girandosi verso il tavolo senza più degnarla di uno sguardo.
“Ma… mio Signore… la cena…”
Voldemort non le rispose e non si volse neanche a guardarla; Bella esitò ancora per qualche istante poi si congedò di malumore. Come la porta si chiuse alle sue spalle, Voldemort si rivolse immediatamente ad Andromeda “Ti ha convinto Silente?” le chiese incrociando le braccia sul petto. Andromeda si prese tutto il suo tempo per rispondere, masticò con calma un pezzo di stufato poi annuì lentamente “Preferivo sapere Bellatrix ad Azkaban piuttosto che nuovamente tra le tue spire” sibilò irritata. Quell’uomo sapeva indisporla oltre ogni immaginazione. Lo detestava e lo aveva sempre detestato. Capiva, ovviamente, perché Bella ne fosse così attratta – era incredibilmente bello, seducente, carismatico… e, per di più, un mago estremamente potente – ma bastava grattare sotto la superficie per vederne tutto il marciume. Andromeda era sicura che anche Bella vedesse tutto quel marcio ma che non le importasse e, anzi, più marcio vedeva più Bella sembrava sguazzarci.
“Addirittura” commentò sarcastico Tom alzando entrambe le sopracciglia e ghignando “Preferisci sapere tu sorella in cella, divorata dai Dissennatori piuttosto che libera e felice con me?”
“Mia sorella con te è tutto tranne che libera e felice. È depressa, avvilita…”
“Questo è a causa di Azkaban” la interruppe Tom con urgenza.
“Azkaban?” chiese Andromeda fingendosi sorpresa “O magari è perché la tratti come se non avesse sentimenti? Non ti curi di lei…”
“Ascoltami bene… Dromeda” la interruppe di nuovo Tom alzandosi in piedi e chinandosi su di lei “Ti ho fatto chiamare proprio perché sono consapevole del fatto di…” si morse le labbra “Di non essere la persona più adeguata per prendersi cura di Bella in un momento così… fragile” fece una pausa e ragionò velocemente. Tom sapeva di non piacere ad Andromeda e sapeva anche che non poteva fare leva sui sentimenti che Bella provava per lui: Andromeda era convinta che lui fosse una disgrazia capitata a Bella, non che ne fosse il Padrone e Salvatore. No, doveva giocarsi le sue carte in modo diverso. “Tu non devi aiutarla per me” aggiunse subito, serio, mentre dentro di sé ghignava “Lo stai facendo perché Bella è la chiave di volta di quest’operazione. Ci serve Bella. Io, Silente, Grindelwald… senza Bella che procuri il sigillo runico, il nostro incantesimo sarebbe nullo, privo di senso. E la Bella che ho appena mandato di sopra, al momento, non è affatto in grado di affrontare un rituale di quella portata” Tom mise una mano sulla spalla di Andromeda e la sentì trasalire “Insomma, Andromeda, il destino della Comunità Magica… ma che dico! Del mondo intero, è nelle tue mani. Non vorrai davvero essere egoista?”
Andromeda lo soppesò per qualche istante “Me lo ha spiegato Silente, ed è l’unico motivo per cui ho acconsentito a questa… cosa. Tu hai avvelenato Bella di te” gli lanciò uno sguardo sprezzante “Piuttosto che ridartela mi sarei tagliata le mani e la lingua”.
Voldemort le sorrise suadente, poi le fece una carezza sul viso che, più che sembrare un gesto di tenerezza, assomigliava a una minaccia “Non mi interessa il motivo per cui lo fai, purché tu lo faccia” le sorrise ancora una volta, poi si smaterializzò.
 
Nei giorni seguenti, fu strano per Andromeda vivere a Grimmauld Place numero 12. Quella era stata la casa dei suoi zii, una casa lugubre piena di regole assurde, di teste di elfi mozzati. Ora, invece, si ritrovava circondata dal calore di una famiglia. Ad Andromeda non sfuggivano di certo gli sguardi tristi e insofferenti che Sirius lanciava in giro ma, da quando anche lei si era trasferita lì, sembrava sopportare un po’ meglio quella prigionia forse perché era l’unica che davvero potesse capire cosa significasse tornare a vivere in Casa Black dopo esserne fuggiti a gambe levate. La cosa che tuttavia rendeva più felice Andromeda era l’avere Ted a fianco a lei in quella casa. Ted e Sirius erano sempre andati d’accordo ma Dromeda non aveva mai davvero avuto occasione di presentare Ted a Bella. E come avrebbe potuto? Eppure in quei giorni… in quei giorni Bella si era dimostrata quasi cordiale con Ted. Be’, per lo meno, non l’aveva mai minacciato né di morte né di tortura. Andromeda aveva sempre amato passare il suo tempo con Bellatrix, se la ricordava giovane, piena di energia, arrogante e sarcastica, volitiva… e ora si ritrovava con l’ombra di sua sorella. La cosa che più infastidiva Andromeda, come sempre, era il rapporto di Bella con quell’orribile uomo. Era dipendente da lui in un modo raccapricciante, pendeva dalle sue labbra e, quasi, sembrava non respirare se lui non le dava il permesso di farlo. A onor del vero, Andromeda si rese conto di come, effettivamente, quello stesse provando a essere più permissivo e gentile con Bella ma lei… be’, lei sembrava non recepire, persa in una bolla di disperazione e abbandono come se si aspettasse di venire lasciata da lui da un momento all’altro. Altro fattore che aveva fatto alzare le sopracciglia ad Andromeda era stato il rapporto tra Tom e Molly Weasley.
Non capiva.
Andromeda non riusciva a capire: Bellatrix sembrava incredibilmente gelosa, Tom sembrava essere in qualche modo offeso con Molly e Molly… Molly sembrava voler fare da madre a quel pazzo criminale. Cosa diamine stava succedendo?
“E quindi… come va questa convivenza con il Lato Oscuro?” chiese una mattina Andromeda a Molly; contrariamente dal solito, erano solo loro due in cucina. Infatti, quello e Bella scendevano sempre prima di chiunque altro. Andromeda era stata sorpresa dal constatare come quello sapesse cucinare in modo così impeccabile, ogni giorno proponeva un piatto diverso e, l’unica volta che Andromeda aveva avuto qualcosa da ridire, si era scoperto poi che quel piatto era stato cucinato con l’aiuto di Bella che, invece, non era per nulla portata ai fornelli…
“Piuttosto bene, direi” rispose Molly rimestando l’impasto della torta “Certo, prima che arrivasse tua sorella andava meglio” aggiunse con voce piatta. Andromeda arricciò le labbra “Cosa ti ha fatto Bella?”
“Be’, è una Mangiamorte”.
“Sì, Tom, invece, è Tu-Sai-Chi” rispose prontamente Andromeda incrociando le braccia sul petto “E prima che venisse in casa nostra, Bella era una ragazza normale…”
Molly fece un suono sprezzante “Me la ricordo perfettamente a Hogwarts, sai”.
Andromeda inclinò la testa di lato. Okay, era vero, Bella non era mai stata una ragazza facile, non era mai stata una ragazza con cui andare agevolmente d’accordo, era estremamente arrogante, sprezzante e altezzosa… ma non era stata una folle omicida.
Non prima dell’arrivo di quello.
“Perdonami, Andromeda, so che è tua sorella e che… sì, credo tu ancora le voglia bene, nonostante tutto. È solo che ho visto Tom prima di Bellatrix e dopo di Bellatrix… e, ecco, la differenza è abissale. Quei due… non sono fatti per stare insieme” disse Molly piano, mettendo l’impasto in una teglia.
Andromeda osservò il liquido colare dalla ciotola alla teglia sovrappensiero. Batté le palpebre un paio di volte, come per schiarirsi la mente. Le sembrava così strano che qualcuno potesse incolpare Bellatrix per l’atteggiamento borioso e malvagio di quello schifoso…
“Io ho visto Bella prima di quello e dopo di quello” commentò lentamente Andromeda prendendo la teglia e mettendola nel forno “Bellatrix era solo una ragazza quando l’ha conosciuto. Lui un uomo fatto e finito” Molly rimase in silenzio e Andromeda proseguì “E sì, la differenza è abissale. Non è Bella ad aver rovinato quell’uomo. È lui a essere come un serpente che avvelena chiunque si lasci mordere da lui…”
Molly scosse la testa “Non prendermi per pazza. So chi è. Mi è chiaro ma… io vedo anche altro. È quasi inevitabile per me vedere altro. C’è tanta solitudine, tanta tristezza, tanta sofferenza…”
“Anche Bella ha sofferto molto” l’interruppe dura Andromeda.
“Voi avete avuto una famiglia…”
“Molly” la chiamò piano Dromeda “Una famiglia che mi ha eliminata senza pensarci due volte dalla loro vita… una famiglia che ha obbligato le altre due figlie a sposarsi con uomini che non amavano!”
“Almeno non vi facevano mangiare il vostro vomito”
Andromeda alzò gli occhi al cielo “Ti sei lasciata abbindolare dai suoi racconti? Anche con Bella ha fatto così. Ancora non ho capito come sia riuscito a convincerla che, nonostante lui sia un Mezzosangue, non sia per nulla inferiore a noi Purosangue. È un abile oratore… non lasciarti manipolare”.
La conversazione era caduta così ma Andromeda continuava a provare un senso di profondo fastidio ogni volta che si rendeva conto di come Molly sembrasse incolpare Bella per ogni male, per ogni risposta fredda che riceveva da Tom…
 
La mattina dell’udienza di Harry, Molly si alzò presto, incapace di dormire. Non poteva pensare che quel ragazzo venisse espulso da Hogwarts, non aveva senso e sarebbe stato profondamente ingiusto. Ogni tanto si domandava se Tom non avesse avuto ragione su alcuni punti: perché dovevano essere loro – i maghi – a nascondersi? Perché non era concesso loro usare la magia di fronte ai Babbani? Nel caso di Harry era stata davvero una questione di vita o di morte! Scosse la testa e si strinse un po’ di più nella sua vestaglia trapuntata viola. Rimase ferma a fissare la tazza colma di tè caldo per minuti interminabili fino a quando non sussultò sentendo una voce sibilante alle sue spalle.
“Se fissi con così tanta insistenza quella tazza finirai per caderci dentro, Molly”.
Molly alzò il viso. Da quando era successo quell’incidente – del quale lei ancora non aveva chiara la natura – non aveva più parlato con Tom. Ogni mattina era sempre sceso con alle costole Bellatrix e aveva iniziato a trattarla con una freddezza agghiacciante. Molly si era sentita male, in qualche modo bizzarro e perverso, si era resa conto di aver provato a colmare il vuoto che provava per l’allontanamento di Percy con il rapporto che aveva creato con Tom. Perdere anche lui era stato qualcosa di snervante, soprattutto perché non ne aveva ancora compreso il motivo: perché attenzioni materne lo indisponevano a tal punto? Com’era possibile raggiungere tali livelli di distacco? E perché invece con Bellatrix non succedeva mai? Molly se n’era accorta, capitava abbastanza di sovente che Bellatrix indisponesse Tom eppure, in qualche modo, veniva sempre perdonata. Le prometteva una punizione e poi finiva lì… e Molly si ritrovava ad arrossire pensando a che tipo di punizione le avrebbe inferto…
“Sono solo preoccupata per Harry” rispose alzando le spalle e tornando a concentrarsi sul tè.
Sentì Tom sedersi di fronte a lei con uno sbuffo “Potter se la caverà, ci sarà Silente con lui” le rispose con una smorfia. Molly girò il cucchiaino nel tè, soffiò sul liquido caldo e poi bevve un sorso. Si sentiva tremendamente agitata. Se Harry fosse stato espulso? Scosse la testa e alzò lo sguardo di nuovo sull’uomo seduto di fronte a lei. Molly non si sapeva spiegare in quale modo riuscisse a cambiare i suoi tratti a quella maniera. Harry aveva raccontato di un uomo alto, di un colore bianco cadaverico, il naso come quello di un serpente e gli occhi rossi come il fuoco. La persona che aveva di fronte, invece, era un bel ragazzo, dai vivaci occhi scuri, i capelli neri e il viso affilato. Pallido sì, ma di un pallore affascinante e per nulla riconducibile alla morte o alla malattia.
“Magari potremmo cucinare qualcosa insieme?” propose titubante Molly; voleva distrarsi un po’ e, comunque, le mancava cucinare con Tom: era proprio in quelle occasioni che erano riusciti a creare una buona complicità, una buona sincronia. Sembrava incredibile a Molly constatare come fosse bastato così poco per mandare tutto in malora e, ancora, non riusciva proprio a crederci.
“Se può farti sentire meglio, perché no” le disse Tom alzandosi in piedi e facendole segno di seguirlo. Molly sorrise, raggiante. Forse che, finalmente, avevano sotterrato l’ascia di guerra? Si misero in silenzio uno a fianco all’altro sul piano di lavoro della cucina.
“Se hai qualcosa da dirmi, Molly, fallo” la invitò Tom dopo qualche minuto di silenzio. Molly trasalì un po’, possibile che quell’uomo riuscisse sempre a intuire tutto? Era fastidioso quel suo modo di entrare nella mente altrui…
“Mi dispiace” disse Molly dopo qualche istante di esitazione “Per qualche settimana fa… per… sai. Bellatrix lo aveva detto di fare finta di nulla, ma io ho tanti figli e pensavo che, insomma, ti avrebbe fatto piacere”.
Molly notò come la mano di Tom che teneva il cucchiaio tremò leggermente a quelle parole “Non so davvero a cosa tu ti stia riferendo” rispose Tom alzando un sopracciglio e fingendo un’espressione ignara. Molly strinse le labbra, non poteva credere che Tom si fingesse inconsapevole di ciò a cui lei si stava riferendo, semplicemente, non era possibile non stesse capendo. Lo soppesò per qualche istante, poi alzò le spalle, sconfitta.
“Niente, caro. Come non detto, non è successo nulla” gli disse allora Molly sorridendogli calorosamente e passandogli una mano sulla schiena. Lo sentì rabbrividire al suo tocco e Molly si domandò, ancora una volta, cosa avessero voluto dire per Tom mani estranee sul suo corpo quando era piccolo. Cosa doveva aver passato?
Continuarono a cucinare in silenzio, l’uno vicino all’altro, fino a quando, dopo un’oretta, la cucina non iniziò ad affollarsi.
Il primo a scendere fu Sirius.
“Non riesco a dormire” mormorò nervoso avvicinandosi a loro due “Sono preoccupato per Harry”.
Tom alzò gli occhi al cielo. Era infastidito dal modo in cui tutti sembravano così ansiosi per l’incolumità di Potter. A ben vedere, anche fosse stato espulso, quale sarebbe stato il problema? Era evidente che un posto dove andare lo avrebbe avuto in ogni caso…
Dopo qualche minuto, scesero anche Arthur Weasley e Remus Lupin. Si sedettero tutti intorno al tavolo e iniziarono a sbocconcellare qualcosa.
Tom li trovava tutti patetici. Erano lì a farsi forza tra loro come se da quell’udienza ne dipendesse l’incolumità del mondo magico quando era evidente che, l’unico a rimetterci, sarebbe stato Potter. Senza contare che si stavano preoccupando del nulla. Silente non avrebbe mai fatto espellere Potter. Era impossibile, decisamente impossibile, eppure eccoli tutti lì a strapparsi i capelli e a fare voli pindarici con la mente, a crearsi scenari catastrofici, assurdi.
Tom tamburellò leggermente con le dita sul tavolo. Doveva parlare con Silente, doveva avvertirlo del fatto che lui e Bella sarebbero andati a fare una gita. Sì, l’avrebbe definita così. Avrebbe finto che fosse solo ed esclusivamente per il benessere di Bella e per provare il sigillo runico. Invece sarebbero andati alla catapecchia dei Gaunt: Tom non poteva continuare a vivere così, domandandosi se i suoi Horcrux fossero stati distrutti o se, invece, erano ancora tutti al sicuro. L’Horcrux più facile da controllare era l’anello… poteva fidarsi di Bella? Poteva portare Bella alla casa dei Gaunt? Magari l’avrebbe potuta lasciare fuori, non farle vedere il nascondiglio del suo Horcrux… le aveva già consegnato la Coppa, non poteva di certo azzardarsi a darle altre informazioni, no?
Bella non mi tradirebbe mai, si disse deciso. E ne era profondamente convinto. Quella strega non sarebbe mai stata in grado di fare nulla che potesse nuocergli…
“Qui-qui-quindi Silente verrà qui?” chiese in uno sbadiglio Ninfadora.
Tom si riscosse e osservò Tonks entrare in cucina sbadigliando per poi sedersi accanto a Lupin.
“Sì” annuì Arthur spiegazzando La Gazzetta del Profeta “Credo voglia dire due parole a Harry prima dell’udienza, sarò io però ad accompagnarlo al Ministero, a quanto pare Silente ha altre faccende da sbrigare prima”.
Tom si raddrizzò sulla sedia “Silente verrà qui?” chiese agitato. Era l’occasione perfetta. Mentre il vecchio era impegnato all’udienza di Potter lui e Bella avrebbero potuto… anzi. Poteva forse svignarsela senza dire niente a nessuno? Si dibatté per qualche secondo sballottato tra l’idea di voler agire da solo (e quindi non portare con sé Bellatrix) e l’idea di avere una copertura, fare tutto alla luce del sole, dire tutto a Silente facendogli credere si trattasse solo di provare il sigillo.
“Così ha detto” rispose Arthur “Questi muffin sono buonissimi, Lollymolly” aggiunse poi riferito alla moglie.
“Oh, grazie tesoro! Li ho fatti con Tom” rispose raggiante Molly scoccando un bacio sulla guancia ad Arthur.
Tom inspirò bruscamente, poi chiamò Bellatrix tramite il Marchio Nero. Bella non si fece attendere, neanche dopo cinque minuti si smaterializzò in cucina.
“Mio Signore” esclamò inchinandosi a lui ossequiosa “Mi avete chiamata?”
Tom la squadrò attento per qualche secondo ma non fece in tempo ad aprire bocca che Molly lo precedette “Non avevamo detto di tenere un abbigliamento consono?!” sibilò adirata fulminando Bellatrix con lo sguardo. Tom strinse le gambe, la vista di Bella praticamente nuda lo metteva sempre a dura prova. Aveva quella sottoveste di un bianco trasparente, che doveva essere stata di sua zia Walburga, che lasciava davvero poco all’immaginazione. Intravedeva i capezzoli turgidi, le sue curve, l’intimo…
“Perdonala Molly” disse Tom con voce roca “Ogni tanto Bella è fin troppo zelante. Bella, vestiti e poi vieni qua” le ordinò allora rivolgendole un mezzo sorrisetto. Non si era ancora ripresa del tutto ma erano già evidenti i segni di miglioramento che aveva avuto grazie alla sorella Andromeda. La sua mente era meno inquieta, aveva ripreso peso, era tornata ad avere istinti pronti e scattanti.
Potremmo anche divertirci durante questa gita…
“Mi sembra stia meglio”.
La voce calma di Silente lo fece sussultare e si voltò di scatto.
“Decisamente meglio” gli rispose Tom con indolenza lasciandosi andare sullo schienale della sedia e allungando le gambe “Ti devo parlare, Albus”.
Silente lo squadrò da sopra i suoi occhiali a mezzaluna “Parla allora” disse infine.
A Tom non piaceva molto l’idea di mettere in pubblica piazza i propri affari ma alla fine si disse che poteva anche avere un senso parlare davanti a tutti: avrebbe destato ancora meno sospetti.
“Sono contento tu abbia notato il netto miglioramento di Bella” iniziò Tom con fare sornione, prendendola alla larga. Silente si sedette di fronte a lui, appoggiò le mani sopra al tavolo e unì le punte delle dita, ascoltandolo attento “Perché stavamo pensando, a dir la verità, stavo pensando di andare a provare il sigillo runico” accavallò un gamba e si accarezzò il mento con una mano “Credo che Bella abbia trovato le rune perfette e…”
“Il nostro incantesimo non è pronto” lo interruppe Silente “Non ha senso andare a provare il sigillo adesso, dev’essere calibrato sul nostro incantesimo, quando sarà completo e, finché non avremo liberato Gellert…”
Tom si trattenne dallo sbattere le mani sul tavolo in uno scoppio di ira. Fece un sospiro, raddrizzò la schiena, e tornò all’attacco “Lo so che dobbiamo liberare Gellert” fece una smorfia “Vale la pena provare il sigillo che abbiamo, userò la mia parte d’incantesimo e ne studieremo la reazione. Se non trattiene neanche le mie Arti Oscure vuol dire che siamo sulla strada sbagliata ma se, invece, dovesse rivelarsi efficace… be’, sarebbe un passo avanti, no?”
Silente continuò a soppesarlo per qualche minuto.
“Qual è il reale motivo per cui vuoi lasciare Grimmauld Place numero 12?”
Tom finse una reazione di freddo stupore.
“Io non voglio lasciare questa casa” fece una pausa, poi indicò tutte le persone presenti “Una così bella compagnia, cosa ti fa pensare che io voglia stare una giornata lontano da tanto calore?”
“Non ti trovi bene?” intervenne subito Molly, preoccupata, senza riuscire a trattenersi. Tom si voltò lentamente verso di lei ma, proprio in quel momento, si smaterializzò di nuovo Bellatrix. Tom la lumò per qualche istante poi, esultante, si volse di nuovo verso Silente.
“Se proprio vuoi saperlo” iniziò, fingendosi titubante, quasi imbarazzato mentre allungava una mano verso Bellatrix invitandola a sedersi in braccio a lui “Lo faccio per Bella” completò non appena la strega si sedette sul suo grembo. La sentì rabbrividire, estasiata.
“Vogliamo solo fare una gita” proseguì Tom come se nulla fosse mentre con una mano accarezzava distrattamente una coscia di Bellatrix “E perché non unire l’utile al dilettevole?” domandò carezzevole soffiando sul collo di Bellatrix che, non riuscendo più a trattenersi, reclinò la testa all’indietro mormorando sommessamente “Padrone…”
“Ti prego, Albus, mandali ovunque lontano da qua” intervenne Sirius “Perché io di vedere queste scene raccapriccianti… non ne possiamo più!” sbottò voltando il capo per non dover vedere Tom e Bellatrix “E poi ogni volta penso anche a come si sia fatto la mamma e la zia…”
“Ti devo obliviare, Black?” ringhiò Tom. Non sopportava più che tirassero in ballo quella faccenda, soprattutto perché Bella s’indisponeva “Non puoi tornare sulla questione di continuo”.
“Tom” lo richiamò Silente “Lasciando stare le tue gesta sessuali con Druella e Walburga, ammesso e non concesso che quello che dici tu sia vero…” Tom lo vide sogghignare ma aveva ben poco da ridere, quel vecchio, perché non ci avrebbe messo nulla a mettere in imbarazzo anche lui tirando fuori aneddoti “E precisando che so perfettamente tu non sia sincero con me… andate a fare questa gita romantica”.
“Una gita romantica?” ripeté Bellatrix ammaliata.
Tom si sarebbe tirato un pugno in faccia “Non ho mai detto romantica, ho parlato di gita in generale, vorrei precisare”. Dentro di sé, tuttavia, sgorgavano scintille di vittoria. Non che avesse bisogno del permesso del vecchio per fare alcunché ma, avere l’appoggio di Silente e mantenere “un rapporto armonioso” era fondamentale per la riuscita del piano. Sia di quello contro i Druidi, sia di quello che stava disegnando parallelamente per l’assassinio di tutta quella gentaglia inutile.
“Avete bisogno di un pranzo al sacco?” domandò Molly apprensiva “Dei panini? Insalata?”
Tom alzò gli occhi al cielo a disagio. Possibile che quella donna fosse sempre pronta a occuparsi di lui e delle sue possibili necessità? Avesse voluto un panino o un’insalata avrebbe potuto benissimo occuparsene da solo! Non aveva mai avuto bisogno di nessuno, lui. Poi, all’improvviso, un’altra idea si fece strada nella sua mente “Ma no, Molly, non preoccuparti” diede un morso sul collo di Bella “Andremo a mangiare al ristorante” disse con nonchalance.
“Mio Signore!” esclamò Bellatrix emozionata e Tom dovette trattenersi dal riderle in faccia. Povera Bella, appena avrebbe visto dove erano diretti…
“Bene, allora noi possiamo congedarci” fece Tom scrollandosi Bellatrix di dosso e alzandosi a sua volta. Proprio in quell’istante, entrò Harry in cucina.
“La colazione!” esclamò Molly balzando in piedi e correndo verso il camino. Tom arricciò il naso indispettito mentre tutti salutavano Potter e il ragazzo si sedeva a tavola.
“Porridge? Aringhe? Uova e pancetta? Pane tostato? O magari i muffin? Li ho fatti con Tom!” domandò a raffica la signora Weasley. Harry accennò un sorriso all’entusiasmo della signora Weasley nel dire di aver fatto i muffin con Tom poi mormorò “Solo… solo pane tostato, grazie”.
“Ottimo!” esclamò invece Tom afferrando per un braccio Bella e dirigendosi verso la porta. Non vedeva l’ora di smaterializzarsi a Little Hangleton, doveva capire se i suoi Horcrux erano al sicuro. E poi? Cosa avrebbe fatto? Poteva rafforzare quel nascondiglio? Cambiare luogo? Lasciare tutto com’era? Inoltre, doveva trovare un posto anche per il Medaglione. Sarebbe dovuto andare a Brighton a perlustrare la caverna e cercare di capire…? Ma certo che sarebbe dovuto andare anche alla caverna. Non c’era tempo da perdere “Signori, è stato un piacere. Vi auguro una buona giornata e… Potter, in bocca al lupo per la tua udienza, nel caso, sappi che un bell’Avada Kedavra toglie di mezzo tanti problemi”.
“Perché tanta fretta?” gli chiese Silente proprio quando la mano di Tom era già sulla porta della cucina. Tom sospirò e si voltò di nuovo verso il suo ex professore “Sono mesi che siamo imprigionati qua dentro…” provò a schermirsi.
Silente gli sorrise affettato poi si alzò e si avvicinò a Tom che, istintivamente, mise mano alla bacchetta “Già che esci e dato che so che…” Silente finse di esitare e Tom seppe immediatamente che avrebbe odiato ciò che il vecchio stava per dirgli “Che sei più avvezzo ai Babbani…” gli diede un fascio di banconote “Compra dei biglietti aerei per l’Austria”.
 Tom fece scattare il suo sguardo dal viso di Silente alle sterline che teneva in mano, disgustato, incredulo.
“Biglietti aerei?” ripeté, sicuro di aver capito male.
“Ci ho pensato e credo sia il modo più sicuro di andare e tornare”.
Tom rise sprezzante poi, vedendo che l’espressione di Silente rimaneva seria, si affrettò a chiedere “Ma stai scherzando, vero, Albus?”
“Non possiamo smaterializzarci tanto lontano” iniziò Silente, ragionevole “Non possiamo chiedere una Passaporta al Ministero della Magia… come proponi di andare?”
“Con una Passaporta illegale?” domandò retorico Tom.
“Troppo pericoloso. Dovremmo farne due, una per andare e una per tornare. Senza contare che potremmo essere rintracciati… no, il modo migliore per muoversi senza che il Ministero della Magia lo venga a sapere, è proprio usare dei mezzi Babbani. A maggior ragione quando Gellert sarà con noi. Siete due dei maghi più ricercati al mondo…”
Tom rimase basito per qualche istante. Il vero problema era che il discorso di Silente non faceva una piega. Afferrò di malavoglia le sterline e se le ficcò in una tasca della veste maledicendo Silente, sé stesso e anche Grindelwald.
“Due biglietti di andata e tre biglietti per il ritorno, diciamo tra un paio di settimane massimo” gli ricordò Silente battendogli una mano sulla spalla. Tom scosse il capo disgustato poi trascinò con sé Bellatrix. L’ultima cosa che sentì prima di chiudersi alle spalle la porta della cucina fu la voce estasiata di Arthur Weasley “Prenderete un aereo? Non c’è posto anche per me?!”
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Bella non ricordava quando era stata l’ultima volta che aveva potuto fare una passeggiata all’aria aperta. Si guardava intorno come una bambina, affascinata da qualsiasi cosa, anche dalle diavolerie babbane che sfrecciavano sulla strada.
Il Signore Oscuro, dopo aver trasfigurato le loro vesti da mago e strega in abiti babbani, l’aveva afferrata per un braccio e condotta fuori da Casa Black per poi smaterializzarsi immediatamente con un sonoro schiocco. Bella aveva imparato a non porre mai domande al suo Padrone. Per quanto fosse curiosa di capire di più, di sapere dove stessero andando, camminava in silenzio qualche passo dietro a Voldemort osservandone il profilo di spalle: era incredibile come il suo Signore la facesse impazzire anche così, vestito da Babbano. Bellatrix doveva ammettere che il Signore Oscuro era sempre oculato anche nella scelta degli abiti babbani: era ogni volta molto elegante e, quella mattina, era vestito con un completo nero che slanciava ancora di più la sua alta figura e Bella non poteva fare a meno di pensare che fosse più attraente che mai.
“Non rimanere indietro, Bella” la richiamò lui, voltandosi leggermente per spronarla a stare al passo. Bella si riscosse e aumentò l’andatura. Si erano smaterializzati in un paesino di campagna che, in qualche modo, le risultava familiare. Perché erano lì? Era sicura che il Signore Oscuro avesse parlato di provare il sigillo runico e, di certo, non potevano farlo nel bel mezzo di un paesotto babbano? Aumentò il passò e si affiancò a Voldemort. Lo guardò sottecchi in viso e si accorse di come avesse trasfigurato anche i suoi tratti: non aveva né l’aspetto serpentesco che lei tanto amava né l’aspetto da ragazzo ventenne che invece scombussolava quella Molly Weasley; quello che aveva in quel momento doveva essere l’aspetto che avrebbe avuto se solo non si fosse contaminato con le Arti Oscure: radi capelli brizzolati, occhi scuri penetranti… Bella si sentì subito estremamente eccitata.
“Rimani concentrata” la riprese subitaneamente Voldemort in un sibilo sommesso. Bella annuì, distratta. Su cosa doveva rimanere concentrata?
“Dove stiamo andando, Padrone?” domandò remissiva, estasiata. Si emozionava sempre quando Voldemort la portava con sé mettendola a parte dei suoi piani, dandole fiducia. Voldemort le lanciò una rapida occhiata e Bella vi lesse subito dubbio e disagio. Chinò il capo e rimase in silenzio, sapeva che se avesse voluto parlarle lo avrebbe fatto di sua spontanea volontà: era un uomo facile da indisporre e Bella aveva imparato che con lui il silenzio e il rispetto delle sue tempistiche erano fondamentali. Gettò di nuovo lo sguardo attorno e prese un profondo respiro mentre l’aria frizzante del mattino le accarezzava il viso. Era così felice di essere all’aperto che si sarebbe messa a saltellare. Quando era stata liberata da Azkaban non aveva capito che le sarebbe aspettata una nuova prigionia a Grimmauld Place numero dodici ma, alla fine, finché era con il suo Padrone, sarebbe anche potuta rimanere chiusa in un baule e le sarebbe andato bene. Tuttavia, il rapporto con il Signore Oscuro era cambiato, diverso da come lo ricordava e, quelle ultime settimane, sebbene vissute insieme al suo Signore, erano state tremende, quasi un inferno. Lo sguardo di Bella venne all’improvviso catturato dalla villa che torreggiava sulla collina lì vicino, a pochi passi dal paese.
“Casa Riddle?” sussurrò sorpresa, spostando di nuovo tutta la sua attenzione verso Voldemort. Lo vide corrugare le sopracciglia e poi farle un rigido cenno di assenso “Ma non è lì che siamo diretti”. Bella si morse le labbra, era curiosa e, ogni volta che Voldemort le mostrava una parte inedita di sé, qualcosa del suo passato, si agitava sempre, emozionata. Era sicura non esistesse nessun’altra persona al mondo con cui Voldemort si fosse aperto come faceva con lei… anche se, ultimamente, con quella Molly Weasley…
“Ricorderai che la donna che mi ha messo al mondo era una strega” le disse Voldemort mentre prendeva un sentiero che risaliva dolcemente su per la collina.
“Sì, mio Signore… discendente di Salazar Serpeverde” annuì Bella. Per qualche strano motivo, Voldemort le sembrava sempre più a disagio. Ma sua madre era una strega Purosangue, no? Così le aveva sempre detto…
“Esatto” Voldemort si schiarì la gola e Bella si accorse come stesse accuratamente evitando di guardare nella sua direzione. Cos’era a metterlo così in imbarazzo? Lo vide sospirare “Di cognome faceva Gaunt”.
“Una delle Sacre Ventotto” assentì Bellatrix, rincuorata da quelle parole. Per dei bizzarri motivi che Bella non aveva mai compreso, Voldemort si era sempre ben guardato dal rivelarle il cognome della famiglia della madre anche se, effettivamente, Bellatrix aveva intuito come Voldemort, in realtà, si ritenesse senza famiglia. Difficilmente faceva riferimento alle persone che lo avevano messo in vita definendole “genitori” o “mamma e papà”, l’unica persona che nominava spesso e volentieri era Salazar Serpeverde…
“Una delle Sacre Ventotto” ripeté Voldemort a mezza voce mentre svoltava una curva e si ritrovavano di fronte a una catapecchia malandata. A dir la verità, assomigliava quasi più a una capanna che non a una vera e propria casa. Metà del tetto era stato scoperchiato, le finestre avevano i vetri rotti, assi annerite, e per metà era seminascosta da della folta vegetazione. Il primo aggettivo che venne in mente a Bella vedendola fu squallido.
“Una delle Sacre Ventotto che, come puoi ben vedere, ha perso la sua dignità”.
Bella arrestò il passo, basita. Quella era stata la casa dei Gaunt? Degli eredi di Salazar Serpeverde? Le venne il voltastomaco e, immediatamente, cercò di schermire la propria mente perché, lo sentiva, si stavano formando dei pensieri che avrebbero indisposto il suo Padrone oltre ogni dire.
“Cosa c’è, Bella?” le domandò Voldemort voltandosi verso di lei non appena si accorse che si era fermata qualche passo dietro di lui. Bella scosse la testa cercando di levarsi dalla mente certi pensieri.
“Nulla, mio Signore” rispose prontamente chinando un poco il capo e raggiungendolo “Sono solo sorpresa”.
Sentì Voldemort ridacchiare e Bella rialzò lo sguardo.
“Sì, anche io ne sono rimasto deluso la prima volta che sono venuto qua” le disse Voldemort mettendole una mano intorno alla vita e sospingendola avanti “Anni di ricerche per capire chi fossero i miei parenti, chi fosse la famiglia da parte di madre per poi trovare… questo” calcò con forza sull’ultima parola accennando con un gesto svogliato della mano alla catapecchia di fronte a loro “Questa è la fine che ha fatto l’eredità di Serpeverde” concluse con voce piatta e piena di sdegno mentre saliva lentamente i gradini del patio. Bella si accorse di come la porta fosse incorniciata da cadaveri di serpenti ormai essiccati da tempo immemore. Erano inchiodati alla porta in segno, forse, come macabro benvenuto.
“Mio Signore, siete voi l’ultimo Erede di Serpeverde e non esiste persona migliore e più degna di voi per portare a termine la sua nobile opera”.
Voldemort le rivolse uno dei suoi mezzi sorrisi e Bella si sentì liquefare all’istante.
“Hai sempre la parola perfetta al momento giusto” le sibilò chinandosi sul suo orecchio per poi ammiccarle “Devo entrare per controllare una cosa” le disse facendosi incredibilmente serio, “Tu rimarrai qua fuori, dovesse arrivare qualcuno, avvertimi”.
“Non proviamo il sigillo, Padrone?”
“Faremo anche quello, a tempo debito. Prima devo risolvere alcune… faccende”.
Bella s’inchinò mentre Voldemort spariva all’interno di quella lugubre dimora. Avrebbe voluto seguirlo perché era estremamente curiosa di cosa dovesse fare in un posto tanto squallido: che cosa nascondeva quella casa?
Distrattamente pensò a come la Casa dei Gaunt – una famiglia purosangue – fosse più imbarazzante e diroccata di Casa Riddle – una famiglia babbana – ciò era a dir poco inaccettabile. Si costrinse a fare un altro profondo respiro e a liberare la mente da tutte quelle elucubrazioni mentali; quando il suo Signore l’avrebbe richiamata a sé non avrebbe dovuto trovare traccia di quei pensieri e sentimenti: lo avrebbe indisposto e ciò non doveva accadere per nessuna ragione al mondo. Le metteva sempre una certa angoscia constatare come il vissuto suo e del suo Signore fossero tremendamente diversi e, il pensiero di tutta la sofferenza che doveva aver provato l’Oscuro Signore, le faceva provare un dolore sordo al livello del petto. Poi, non appena pensava che quella Molly Weasley si fosse avvicinata al suo Padrone proprio a causa di quella sofferenza, il dolore sordo si trasformava in una furia cieca. Cosa poteva saperne quella rossa del malessere che provava il suo Signore? Lo “conosceva” da sì e no un paio di mesi e si fingeva esperta…
All’improvviso, il Marchio di Bella andò a fuoco come il giorno in cui il suo Signore gliel’aveva impresso sul braccio sinistro. Bellatrix si volse di scatto e, senza pensarci due volte, aprì la porta della catapecchia. Era una stanza lugubre, se possibile, ancora più decadente e diroccata dell’esterno. Ogni superficie era ricoperta da uno spesso strato di polvere tanto che, sul pavimento, si vedevano le impronte lasciate dall’Oscuro Signore. Bella fece saettare lo sguardo intorno: pentole e padelle incrostate erano ammassate in un angolo vicino a quella che, una volta, doveva essere stata la cucina. Un divano consunto capeggiava addossato a una parete, della sterpaglia si era fatta spazio tra le assi del pavimento. La casa era pregna di umidità, un’umidità che entrò immediatamente nelle ossa di Bella ricordandole spiacevolmente Azkaban.
“Mio Signore?” chiamò piano Bella, una nota d’urgenza mista ad angoscia nella voce.
“Sono qui” rispose prontamente Voldemort.
Bellatrix fece qualche passo avanti e seguì le orme sul pavimento che portavano nella stanza a fianco e vi entrò esitante; un letto a baldacchino – le cui tende erano strappate e grigie dalla polvere – era nel centro della stanza, il materasso era in uno stato talmente pietoso che Bella pensò dovesse essere pieno di cimici e chissà quali altri disgustosi insetti.
“Benvenuta nella dimora della nobile e antichissima casata dei Gaunt” le sibilò canzonatorio Voldemort sorprendendola da dietro e cingendole la vita. Bellatrix, colta alla sprovvista, sussultò.
“Hai paura di me, Bella?” le mormorò mentre passava la lingua sul suo orecchio “Ti ho spaventata?”
Bellatrix sentiva chiaramente l’erezione di Voldemort premerle contro le natiche. Il suo petto si alzava e abbassava senza contegno, non poteva più resistere, non desiderava altro che quello da ormai non sapeva più neanche quantificare quanto.
“No, Padrone” rispose con voce roca “Non ho paura di voi”.
Voldemort le fece una risatina dolce all’orecchio poi la fece voltare con violenza e, solo sentire le dita forti del suo Signore affondare nelle sue braccia, la fece eccitare oltre ogni immaginazione.
“No, eh?” la canzonò ancora “Non hai paura del Signore Voldemort?”
“I sentimenti che mi incute… il Signore Voldemort sono ben diversi dalla paura”
Il ghigno di Voldemort si fece più marcato, una luce divertita danzava nei suoi occhi, non c’era più traccia della preoccupazione da cui era stato assillato fino a qualche minuto prima, prima che entrassero in quella sudicia casa. Qualunque risposta cercasse da quel posto, doveva essere stata positiva…
“Decisamente positiva” assentì Voldemort chinandosi sul collo di Bellatrix e mordendoglielo con foga. Voleva lasciarle più segni possibili, tutti dovevano vedere i suoi marchi su di lei, Bella era una sua proprietà e ogni persona doveva esserne a conoscenza. Era sua e solo sua…
“Forse dovresti dimostrarmi che sentimenti ti incute Lord Voldemort, Bella” la invitò lui mentre con la lingua risaliva dal collo fino alle sue labbra per poi impossessarsene brevemente. Le mani di Bella scattarono in modo repentino verso la cintura e i suoi pantaloni. Non aveva mai aperto una cintura, non aveva mai sbottonato un paio di pantaloni. Bellatrix armeggiò per qualche istante con quegli indumenti babbani a lei sconosciuti ma, più tentava di venire a capo di quell’enigma, meno successo aveva. Non riusciva a capire come potesse liberare il suo Padrone da quelle cose e, per di più, i baci dell’Oscuro Signore, la stavano oltremodo distraendo.
“Cosa c’è, Bella, non sei abbastanza motivata?”
La mano del Signore Oscuro si fece strada sotto il suo vestito con un movimento fluido veloce,  sentì le sue dita fredde venire a contatto col sesso bollente e il suo cervello smise di funzionare. Emise un gemito forte, privo di freni inibitori. Le avrebbe dato ciò che voleva, dopo tutti quegli anni? Sentiva il suo cuore nel petto battere talmente veloce che Bella pensò che presto sarebbe uscito dal proprio petto. Voldemort sapeva toccarla sempre con una sapienza inaudita, conosceva ogni punto erogeno, ogni suo vezzo. Neanche lei sapeva toccarsi e darsi piacere con la stessa maestria del suo Signore.
“È perché mi appartieni” le sussurrò contro le labbra gonfie e martoriate “Appartieni a me, Bella e quindi è ovvio io ti sappia toccare meglio di chiunque altro… meglio di te…” s’interruppe perché Bella, che aveva rinunciato ad aprirgli i pantaloni, aveva iniziato a toccarlo da sopra la stoffa. Voldemort si morse le labbra cercando di reprimere un gemito, avrebbe voluto sentire la mano di Bellatrix direttamente sulla sua pelle calda e turgida. Con un ringhio, si liberò della presa di Bellatrix e fece un passo indietro, l’afferrò per le cosce e la tirò su, prendendola in braccio. Istantaneamente le gambe di Bella si andarono ad allacciare intorno alla sua vita; Voldemort riprese a baciarla con foga e prepotenza mentre le mani di Bella s’intrecciavano dietro alla sua nuca. Possibile la desiderasse così tanto? Possibile che dopo tutti quegli anni all’idea di farla sua si… emozionasse a quel modo? Era ridicolo, eppure, quella strega, sembrava essere come una droga: appena ne aveva un assaggio non riusciva più a smettere di prenderla e farla sua. La fece ricadere con un tonfo sordo sul materasso e si posizionò sopra di lei mentre con una mano si slacciava frettolosamente la cintura e si sbottonava i pantaloni. Non era così che si era immaginato la loro prima volta dopo tutti quegli anni. C’erano così tante altre cose che avrebbe voluto farle prima di affondare in lei… avrebbe voluto vederla inginocchiata di fronte a sé mentre gli dava piacere con la bocca, avrebbe voluto sculacciarla con così tanta forza da farle arrossare le natiche e non farla sedere per diversi giorni, avrebbe voluto legarla e giocare con lei…
Padrone
La voce di Bella era intrisa da talmente tanta urgenza che Voldemort si ritrovò impossibilitato a resistere oltre. Entrò in lei con un colpo secco e subito la sentì schiudersi intorno a lui. Una parte di lui avrebbe voluto iniziare a muoversi in modo forsennato ma la sensazione di umido e calore che gli stava regalando il sesso di Bella era qualcosa di meraviglioso e inebriante. Rimase fermo a godersi la sensazione delle contrazioni dei muscoli di Bella, il modo in cui i loro sessi sembravano pulsare all’unisono. Sentì le gambe di Bellatrix stringersi con più forza intorno ai suoi fianchi e Voldemort sprofondò in lei ancora di qualche centimetro. La vide ribaltare gli occhi all’indietro in preda a un piacere intenso ed estatico. Catturò ancora una volta la bocca della strega e fece scivolare la lingua tra le sue labbra, la sentì sorridere felice e Voldemort non riuscì a trattenere un sorriso a sua volta.
Prese a scivolare in lei con movimenti forti e decisi ma, in qualche modo, a Bella risultavano addirittura dolci. Non poteva credere di essere diventata di nuovo un tutt’uno con il suo Signore, dopo tutti quegli anni, dopo tutto quel tempo, quell’attesa… non si erano neanche presi la briga di spogliarsi, Bella sentiva la fibbia della cintura del suo Padrone affondare in una natica, i movimenti di entrambi leggermente impacciati dai vestiti… ma non aveva importanza, perché non poteva esistere nulla di più perfetto di quel momento.
 
“Bellatrix, mi stai ascoltando?”
Bellatrix sobbalzò e cercò di riportare la sua attenzione sul Signore Oscuro seduto di fronte a lei. Non le capitava spesso di non concentrarsi su di lui quando erano insieme ma… come poteva? Come poteva tornare alla realtà dopo l’amplesso che avevano avuto neanche un’ora prima?
“Perdonatemi, mio Signore” mormorò Bellatrix distogliendo lo sguardo dalle onde del mare e posandolo sugli occhi scuri e profondi di Voldemort “è solo che… sono ancora… scossa” arrossì e abbassò lo sguardo. Per quale motivo si sentiva così imbarazzata? Sentì Voldemort sbuffare “Ti perdono” le disse “Ma solo perché mi rendo conto che fare sesso con me sia sempre un’esperienza trascendentale”.
Bellatrix sorrise e tornò a perdersi tra le onde del mare.
Erano sulla terrazza di un ristorante che dava sul mare, a Brighton. Il sole splendeva alto in cielo ed era una bellissima giornata di agosto, neanche il fatto di essere in un ristorante babbano circondata dai Babbani poteva scalfire il buon umore di Bella.
Ho fatto di nuovo l’amore con il Signore Oscuro…
Lo sentì sbuffare un’altra volta e Bella batté le palpebre.
Ho fatto di nuovo sesso con il Signore Oscuro…
“Meglio” commentò lui tamburellando distrattamente sul tavolo.
“Come mai siamo qua, mio Signore?” chiese Bellatrix cercando di concentrarsi e non perdersi nel ricordo di quegli affondi poderosi e tutti quegli orgasmi che l’avevano colta per minuti interminabili…
“Devo controllare una cosa anche qua” le rispose con un tono di voce piatto “In una caverna”.
Gli occhi di Bellatrix si illuminarono “Una caverna magica?”
Uhm
Bellatrix sorrise, non ricordava di essere mai stata più felice.
“Mio Signore, vi ringrazio” gli disse allungandosi verso di lui “Erano anni che aspettavo…”
“Anche io” la interruppe lui, senza guardarla. Bella si sentì avvampare. Prima, finalmente dopo settimane insieme, la prendeva e la faceva sua e poi ammetteva che anche lui aveva pensato per anni al momento in cui avrebbero potuto fondersi?
“Basta, Bellatrix. Finiscila d’indugiare su certi pensieri” la riprese lui con aria bonaria “Finisci di mangiare il tuo fish and chips, piuttosto”.
Bellatrix sbuffò come una bambina capricciosa e Voldemort alzò gli occhi al cielo “Non tirare la corda, perché sai che poi si spezza e finisce sul tuo culetto…”
Oh mio Signore!
“Basta così”
Bellatrix si morse le labbra e cercò di trattenersi, sapeva che la pazienza del suo Signore aveva un limite e lei era lì lì per oltrepassarlo.
“Dopo quest’ultima gita alla caverna, proveremo il sigillo” le spiegò Voldemort con fare discorsivo mentre Bella riprendeva a sbocconcellare il suo piatto di fish and chips “Ti senti pronta?”
“Credo di sì, Padrone” annuì Bellatrix “Sono convinta delle rune che ho scelto”
“Io no” rispose Voldemort aggrottando le sopracciglia e Bella mise il broncio “Bisogna bilanciarle, hai lavorato molto bene sulla parte Oscura… ma l’incantesimo che stiamo creando è una commistione di Arti, tutto deve lavorare in sinergia, come se fosse un unico organismo. Manca qualcosa a questo sigillo ma, finché non completeremo l’incantesimo, temo che quello che hai fatto sia il lavoro migliore che ci si potesse aspettare” completò facendo tintinnare il suo calice di champagne con quello di Bella per poi berne un sorso. Bellatrix sorrise soddisfatta “Credete ce la faremo?”
“Certo, Bella” rispose Voldemort prontamente “Non esiste che io muoia”
“Cosa accadrà una volta che avremo sconfitto i Druidi, Padrone?”
Voldemort fece oscillare il liquido color oro nel calice scrutandolo attentamente, poi ne bevve ancora un sorso mentre il suo sguardo si spostava sulle onde del mare. Era sempre strano per lui tornare a Brighton. Ci aveva passato così tante estati da averne perso il conto eppure, essere su quella veranda in riva al mare con Bella, gli metteva addosso tranquillità. Solitamente odiava perdere tempo in attività tanto sciocche quanto inutili come dormire e mangiare ma la verità era che, dopo essere stato a contatto con quella Molly Weasley, in qualche modo bizzarro, aveva capito l’importanza di pasteggiare insieme: creava legami e lui aveva necessità di ritrovare e rinsaldare il suo legame con Bellatrix. La presenza di Andromeda era stata decisamente rinfrancante per la sua strega ma non gli era di certo sfuggito come, i netti miglioramenti, li avesse sempre avuti ogni qualvolta lui si avvicinasse a lei, dandole un po’ più di spazio nella sua vita. E, proprio come dormire con lei era stato rassicurante e gli aveva donato nuove energie, quel pranzo stava rianimando, in modo non chiaro e confuso, il suo essere mutilato. Non capiva e, a ben vedere, neanche voleva indagare troppo: l’importante era il risultato. Fece un sospiro e chiuse gli occhi cercando di concentrarsi sul pensiero di Bella seduta di fronte a lui e non sui ricordi, le punizioni che gli impartiva la signora Cole, gli abusi, il dolore, l’umiliazione
“Che cosa vorresti accadesse?” le chiese riaprendo gli occhi e passandosi una mano sulla tempia per poi massaggiarsela piano con i polpastrelli. Bellatrix gli sorrise, non la vedeva così serena, raggiante e in pace con sé stessa da una vita.
“Uccidere la cagna rossa”
Voldemort scoppiò a ridere “Perché ce l’hai così tanto con Molly?” le chiese appoggiando i gomiti sulla tavola e mordendosi il labbro inferiore.
“Perché voi invece non ce l’avete con lei?”
Voldemort alzò le spalle “È una strega purosangue, non mi ha fatto nulla di male”
Bellatrix affondò la forchetta in una patata fritta con tanta energia da muovere il piatto in avanti.
“Vi piace?”
“Sai essere davvero sciocca quando vuoi, Bella” rispose lui scuotendo la testa. Come poteva pensare che fosse interessato a Molly Weasley? Quella donna non aveva nulla, nulla, che potesse essere ritenuto sexy o seducente. Al di là dall’aspetto fisico, il vero problema era il carattere e la poca propensione alle Arti Oscure. Cosa se ne sarebbe fatto di una strega di quel tipo al suo fianco?
“Perché allora non mi consentite di ucciderla?”
“Non ti ho detto che non potrai ucciderla” rispose prontamente Voldemort “Mi stavo solo domandando per quale motivo la detestassi così tanto, quale torto ti avesse fatto”
“È entrata in intimità con voi” mugugnò Bellatrix senza guardarlo in faccia.
“Sei gelosa?”
Vide le gote di Bellatrix arrossarsi così tanto da diventare di color vermiglio. Ogni tanto Voldemort si dimenticava che di fronte aveva una donna di quarant’anni e non più la ragazzina che aveva conosciuto anni addietro ma le reazioni di Bella, spesso e volentieri, sapevano essere così infantili da farlo sogghignare divertito. Evidentemente, Azkaban aveva come fermato lo sviluppo di Bella che, in alcune circostanze, continuava a mettere in mostra quel lato infantile, viziato e capriccioso che le era sempre stato proprio.
“Non ne hai motivo” decise di rassicurarla “A meno che tu non voglia cucinare dei muffin con me perché, sappilo Bella, in quel caso non saresti la mia prima scelta”.
“Diventerò la vostra prima scelta anche in cucina!” esclamò Bellatrix rialzando lo sguardo fiera e raddrizzando le spalle “Non esiste che voi possiate preferire Molly Weasley a me, qualunque sia il motivo”.
Voldemort ridacchiò e posò il mento sulle mani osservando attentamente Bellatrix. Quando credeva di aver scoperto tutto di quella strana creatura, ecco che mostrava ancora un altro lato inedito.
“Mettiti d’impegno, la tua è un’abile avversaria” la sfidò alzandosi in piedi e facendole cenno di seguirlo, lasciò delle banconote sul tavolo poi uscì dal locale seguito da Bellatrix.
“Ricordo di qualche estate passata qua a Brighton” disse Bellatrix dopo qualche minuto di silenziosa passeggiata “Ma mai in questa parte…”
“Nella parte babbana, intendi?”
Bellatrix annuì.
Voldemort sospirò e lasciò cadere il discorso. Non aveva nessuna intenzione di farsi compatire da quella strega purosangue, da lei e dalla sua infanzia vissuta nel mezzo della magia, rituali magici, opulenza e sfarzo. Per quel giorno, Bellatrix aveva visto abbastanza. Era pur vero che, tutte le volte che Voldemort si era esposto con lei, Bella non aveva mai fatto una piega. Quel suo essere sempre presente, nonostante tutto, anche silenziosamente, alle volte lo metteva a disagio e, il pensiero di quell’attacco di panico che aveva avuto qualche settimana prima, il modo in cui si era aggrappato a lei… indurì la mascella e aumentò il passo, adirato con sé stesso per quell’attimo di debolezza. Come era potuto accadere?
“Padrone…”
Voldemort la ignorò, sempre più irato. Forse doveva rispedirla a Grimmauld Place e farla finita lì, non aveva di certo bisogno di lei per affrontare la caverna. Anzi, non aveva bisogno di lei per affrontare alcunché. Non ne aveva mai avuto bisogno e non avrebbe di certo iniziato in quel momento a fare affidamento su quella strega da quattro soldi… con un piccolo singulto si rese conto di non poterla rispedire a Grimmauld Place. Il sigillo, dovevano provare quel maledetto sigillo…
Arrestò la sua marcia davanti a un’agenzia di viaggi e, senza aspettare che Bellatrix lo raggiungesse, vi entrò svelto.
Bellatrix arrivò trafelata fuori dall’agenzia. Vide l’Oscuro Signore entrare con passo deciso senza aspettarla e quindi Bella rimase fuori, esitante, senza sapere cosa fare. Seguirlo all’interno? Oppure attenderlo fuori? Lo vide sedersi e vide anche il viso di quella Babbana laida illuminarsi alla vista del suo Signore. Bellatrix sentì il sangue ribollire nelle vene. Perché il Signore Oscuro le faceva questo? Lo vedeva il modo affabile con cui interagiva con quella sciocca Babbana, stava flirtando? Si sarebbe messa a piangere. Anzi, sarebbe voluta entrare e cruciare quella schifosa Babbana fino a quando il cuore non le si fosse fermato per il troppo dolore. Dolore insopportabile, come quello che stava provando lei in quel momento. Rimase fuori in attesa per dei minuti che per lei sembrarono interminabili. Poi, Voldemort uscì e le rivolse di nuovo quello sguardo sprezzante che aveva imparato a conoscere così bene ma che non le aveva rivolto per tutta la giornata, che cosa aveva sbagliato? Non capiva. Era stato tutto così bello e perfetto, tutto così speciale da sembrare… incredibile… un sogno.
“Perché non sei entrata?” le chiese aggredendola come uscì dall’agenzia.
Bella si ritrasse un poco “Ho pensato…”
“Ah, ecco cos’è successo” commentò Voldemort faceto mettendosi le banconote babbane nella tasca dei pantaloni e i biglietti aerei nella tasca della giacca “Tu hai pensato, ecco cos’è successo” le sibilò velenoso. Bella non fece in tempo ad aprire bocca, giustificarsi, che si sentì afferrare con forza e poi venne avvolta dalla consueta sensazione della smaterializzazione.
Come i piedi di Bella toccarono per terra sentì la presa del Signore Oscuro allentarsi, fino a quando non la lasciò andare completamente. Bellatrix riaprì gli occhi mentre una folata di vento le scompigliava i capelli e faceva danzare il vestito intorno alle sue gambe. Si guardò intorno. Erano su una scogliera, da una parte una distesa infinita di prato verde, dall’altra una distesa infinita di mare blu. Avrebbe voluto chiedere dove fossero ma le era evidente che, per qualche motivo, l’umore di Voldemort fosse repentinamente cambiato. Si strinse le braccia al petto e rimase ferma e immobile ad attendere qualsiasi ordine il suo Signore avesse deciso di impartirle.
“Proviamo il sigillo” le ordinò con voce dura e priva di inflessioni. Bella alzò lo sguardo su di lui aggrottando le sopracciglia. Aveva capito che prima sarebbero dovuti andare in una caverna…
“Hai qualcosa da ridire?”
“No, mio Signore. Tutto ciò che desiderate, sono a vostra disposizione” rispose prontamente Bellatrix inginocchiandosi e iniziando a preparare le rune. Con la coda dell’occhio vide Voldemort disfarsi della giacca per poi arrotolare le maniche della camicia sotto i gomiti. Sul suo braccio sinistro svettavano diverse cicatrici ma Bella si sforzò di non prestarvi attenzione, d’ignorarlo e concentrarsi sul suo compito: era di fondamentale importanza che, quelle rune, funzionassero per lo meno con la parte oscura dell’incantesimo che stavano preparando.
“Allora Bella, cerchiamo di organizzarci” iniziò Voldemort, pratico “Mentre io lancio l’incantesimo, tu attiverai le rune aprendo il sigillo. Dobbiamo completare la pratica insieme: come io finisco di dire l’incantesimo, tu dovrai disattivare le rune, chiudere il sigillo e intrappolare l’incantesimo lì. Chiaro? Anche quando avremo completato l’incantesimo con Silente e Grindelwald, l’ultima parte sarà praticata da me, cerchiamo di raggiungere la massima sincronia da subito… dobbiamo essere perfetti, capito?”
Bellatrix annuì “Sì, mio Signore. Ho capito. Non vi deluderò”
“Sarà meglio”
Bella si mise in ginocchio e iniziò a disegnare il cerchio magico per poi disporre le rune lungo la circonferenza, dopo qualche istante, Voldemort s’inginocchiò accanto a lei per controllare il risultato. Lo vide chinarsi su ogni runa analizzandola attentamente.
“Brava Bella” le disse con un mezzo sorriso e il cuore di Bellatrix perse un battito. Avevano fatto pace, quindi? Non si azzardò a chiedere nulla ma si avvicinò un po’ di più a lui, implorante.
“Ascoltami bene” la riprese duramente lui mentre tirava fuori un foglio dalla tasca e glielo porgeva “Questo è l’incantesimo. Guarda” proseguì indicandole dei segni sopra alle parole “Questa è l’intonazione e la velocità con cui reciterò la formula”. Bellatrix lo ascoltò ammaliata mentre le recitava la formula senza bacchetta, solo per fargliela ascoltare. Chiuse gli occhi per concentrarsi meglio, mentre la voce di Voldemort penetrava nel suo corpo e il suo cuore iniziava a battere al ritmo del rituale.
“Hai capito?”
Bellatrix annuì.
“Bene, proviamo a sincronizzarci senza utilizzare la bacchetta. Nel momento in cui attiveremo le rune e io compierò effettivamente il rituale non possiamo permetterci di sbagliare, è chiaro?”
“Sì, Padrone”.
“Proviamo, allora”.
Provarono il rituale per quelle che a Bella parvero un’infinità di volte. Inizialmente erano completamente fuori sincronia poi, piano piano, presero ad avvicinarsi sempre di più al risultato. Bellatrix aveva sempre adorato praticare la magia con Voldemort. Non si trattava solo di pronunciare qualche incantesimo, si trattava proprio di addentrarsi nella magia, nella pratica vera e propria. Era qualcosa di affascinante ed eccitante anche perché, ogni volta, raggiungevano livelli di complicità che neanche il sesso poteva eguagliare. L’incantesimo che stavano provando aveva bisogno di un’intesa al di là di ogni immaginazione, solo due persone che si conoscevano molto bene ed erano in intimità avrebbero potuto raggiungere un risultato perfetto in poco tempo e Bella, quando si rese conto che, in solo un paio d’ore, erano riusciti a sincronizzarsi in modo impeccabile, al millesimo di secondo, ne fu estasiata. Lanciò uno sguardo a Voldemort e si accorse di come anche il suo Signore fosse estremamente soddisfatto, quasi di nuovo rilassato come quando avevano fatto sesso nella Casa dei Gaunt.
“Penso sia giunto il momento di vedere se questo sigillo funziona” le disse Voldemort alzandosi in piedi e tirando fuori la bacchetta dalla tasca dei pantaloni. Bellatrix annuì, concentrata. Si mise in ginocchio, più composta, e anche lei sfoderò la bacchetta. Si guardarono e, senza neanche un cenno, senza dire una parola, iniziarono contemporaneamente il rituale. Le rune si attivarono in modo istantaneo. Bellatrix socchiuse gli occhi dalle palpebre pesanti mentre sentiva la cantilena dell’incantesimo di Voldemort entrare in ognuno delle rune poste sul cerchio. Più l’incantesimo proseguiva, più Bella sentiva le rune caricarsi di potenza magica, indurì la mascella e la bacchetta tremò leggermente nella sua mano mentre sentiva le rune quasi ribellarsi a quel flusso di magia che le pervadeva. Iniziò a sudare leggermente, la magia del suo Padrone era potente e oscura e le serviva un grande impegno e molta concentrazione per non lasciarsi sommergere da essa. Emise un sospiro quando si accorse che l’incantesimo stava giungendo al termine, la cantilena si stava spegnendo. Ancora una volta, in perfetta sincronia, mossero le loro bacchette e sulle note della fine dell’incantesimo del Signore Oscuro, Bella inizio l’incantesimo per suggellare il sigillo.
Le rune s’illuminarono ancora una volta poi tremolarono intermittenti e, infine, si spensero venendo inglobate dal terreno. Bellatrix alzò il suo sguardo radioso sul suo Signore. Voldemort era in un bagno di sudore e sembrava provato ma, nei suoi occhi, danzava la stessa fiamma raggiante che pervadeva i tratti del viso di Bellatrix.
“Ce l’abbiamo fatta!” esclamò Bella con tono gioioso, esaltato. Voldemort le sorrise e si lasciò cadere accanto a lei sul prato “Ce l’abbiamo fatta” rispose ammiccandole. Si guardarono negli occhi per qualche istante, poi Bella si slanciò su di lui senza riuscire a trattenersi. Gli si mise a cavalcioni e prese a baciarlo con foga e passione. Immediatamente sentì le mani di Voldemort sul proprio seno palparglielo con forza fino a pizzicarle con violenza i capezzoli. A Bellatrix era mancato tutto quello. Non si era mai trattato solo e semplicemente del sesso: le loro dinamiche erano sempre state quelle, dinamiche intrise di magia, Arti Oscure e incantesimi complessi che li lasciavano stremati… stremati fino a quando non si guardavano soddisfatti per il lavoro svolto e si lasciavano trascinare dalla passione.
Bellatrix sentiva impellente il bisogno di averlo di nuovo dentro di sé ma, questa volta, non si sarebbe fatta fermare da quegli sciocchi indumenti Babbani. Con uno sforzo immane, ruppe il bacio lascivo con Voldemort e gli puntò la bacchetta addosso. Per un attimo, Bella vide lo sguardo del suo Padrone farsi sorpreso, quasi impaurito: l’aveva colto di sorpresa e, contrariamente al solito, la sua bacchetta giaceva a qualche centimetro di distanza. Prima ancora che Voldemort potesse realizzare che cosa Bellatrix avesse in mente, la strega agitò la bacchetta e la cintura e i pantaloni di Voldemort si slacciarono all’istante. Bella lo sentì di nuovo rilassarsi tra le sue braccia mentre lei si spostava l’intimo e si calava su di lui. Voldemort si lasciò ricadere all’indietro, sdraiandosi, e intrecciò le mani dietro alla propria nuca. Bella lo osservò vagamente delusa, aveva sperato in un po’ più di partecipazione ma sapeva bene quanto al suo Signore piacesse giocare e prendersi gioco di lei. Iniziò a muoversi su di lui in modo lascivo, incurante del fatto che fossero all’aperto e che, con ogni probabilità, avrebbero potuto essere colti sul fatto da qualcuno. Anzi, la sola idea che dei Babbani ignari potessero passare di lì non faceva altro che fare eccitare di più Bellatrix.
“Che pervertita, Bella” mormorò Voldemort alzando un angolo della bocca divertito “Non sapevo ti piacesse farti vedere”.
Sentì Bellatrix emettere un gemito eccitato a quelle parole, Voldemort aprì gli occhi e la vista di Bellatrix che si muoveva su di lui con il seno scoperto e stagliata contro il sole pomeridiano rischiò di fargli raggiungere l’orgasmo. Il seno di Bella ondeggiava placido a ogni movimento, le guance arrossate, i capelli scomposti… dava a Voldemort l’idea di stare osservando una dea.
“Padrone” lo chiamò piano mordendosi un labbro.
“Cosa c’è?” le domandò lui, cercando di mantenere un tono di voce freddo come se in realtà non sentisse il suo membro essere risucchiato da quell’antro di piacere che Bella aveva tra le gambe.
“Vi prego” Bellatrix si chinò su di lui fino a che i loro visi non si trovarono a un millimetro di distanza “Ho bisogno… ho bisogno che voi partecipiate un po’ di più…”
“Sono stanco” le rispose fingendosi svogliato “Cerca di essere un po’ più convincente”.
Bellatrix si tirò di nuovo su e, dopo aver appoggiato le mani sul petto di Voldemort incurante della camicia zuppa di sudore, prese a muoversi su di lui con più foga e vigore.
“Vi sto implorando, Padrone” lo scongiurò dopo qualche altro minuto.
Voldemort si tirò su di scatto, seduto, affondando un po’ di più dentro Bellatrix mentre le sue mani le afferravano i fianchi e la schiena. Prese a morderle il collo, ripassando sui segni che le aveva lasciato solo qualche ora prima. La sentì agitarsi tra la sua presa come un’anguilla mentre i muscoli del sesso di Bella si contraevano in preda all’orgasmo, stringendo sempre di più il membro di Voldemort. Avrebbe voluto trattenersi ma si rese conto di come non avesse senso continuare a soffocare quel piacere intenso che stava forzando per fuoriuscire.
Si lasciò andare.
 
Non era la prima volta che il Signore Oscuro la portava con sé nei suoi viaggi per sperimentare incantesimi o alla scoperta di posti magici, tuttavia, Bella sentiva che c’era qualcosa di diverso nei posti che avevano visitato quel giorno. Qualcosa di intimo e personale che l’Oscuro Signore si era sempre ben guardato dal farle scoprire in precedenza. Mentre attraversavano su quella barchetta il lago sul cui fondale dormivano placidi centinaia di Inferi, Bella ripensò a Casa Gaunt. Cosa aveva fatto il suo Signore in quel luogo? Bellatrix aveva percepito incantesimi potenti di Magia Oscura; eppure, l’interno di quella catapecchia appariva squallido, desolato e privo di qualsiasi interesse. Lasciò scivolare lo sguardo sull’acqua scura del lago e poi più in basso verso quei corpi morti, pensando a quanto potere magico ci volesse per creare un esercito di Inferi di quelle dimensioni. Come sempre quando pensava al potere che scorreva nel corpo del suo Padrone, si eccitò. Avrebbe voluto rifarlo, lì in quella barchetta con tutti i corpi morti che li guardavano…
“Non avevo proprio idea ti eccitasse tanto l’idea di essere guardata mentre godi, Bella” commentò Voldemort. Bellatrix sussultò e sorrise alla schiena del suo Padrone. Nonostante il tono di Voldemort volesse essere faceto e leggero, Bella aveva percepito una nota preoccupata e ansiosa. Le spalle di Voldemort erano rigide e Bella, ogni volta che osservava il suo viso, vi vedeva un’ombra impensierita adombrargli lo sguardo.
“Farò in modo di accontentarti” le disse voltandosi verso di lei con un mezzo sorriso che però non raggiungeva gli occhi “D’altra parte, abitiamo ora in una casa piena di persone, non dovrebbe essere troppo difficile…”
Bellatrix arrossì al pensiero di occhi estranei che la guardavano mentre godeva con il suo Signore, non ebbe tuttavia tempo d’indugiare troppo su quel pensiero perché la barchetta si scontrò dolcemente contro gli scogli dell’isolotto che sorgeva al centro del lago. Voldemort scese dalla barca agilmente per poi voltarsi e aiutare Bella a fare altrettanto “Non toccare l’acqua” le raccomandò per l’ennesima volta “Aspettami qui” le ordinò duro per poi procedere verso il bacile di pietra che svettava proprio nel punto centrale di quell’ammasso di rocce.
Sarebbe stato vuoto. Voldemort lo sapeva bene, non poteva essere altrimenti, il medaglione era al sicuro nella tasca dei suoi pantaloni. Appoggiò le mani pallide sul bacile e scrutò attentamente attraverso la pozione trasparente: sul fondo baluginava qualcosa. Fece un profondo sospiro e, dopo aver mormorato l’incantesimo che gli avrebbe permesso di svuotare il bacile senza dover bere la pozione, alzò un sopracciglio. Il cuore gli batteva all’impazzata, perché c’era un altro medaglione? Cosa significava? Allungò una mano tremante verso il fondo del bacile e, come le sue dita si strinsero intorno alla catena di metallo, si rese conto di come quello fosse un falso. Se lo portò all’altezza degli occhi, analizzandolo attentamente. Arricciò il naso, sconvolto. Chi era stato? Cos’era successo? Anzi, com’era potuto succedere? Era una trappola? Aprì il medaglione facilmente, anzi, quell’oggetto sembrava non aspettare altro che venire aperto da lui, come se lo avesse atteso per anni. Il respiro di Voldemort gli si mozzò in gola e, proprio come era successo qualche settimana prima, si sentì di nuovo avvolgere dal nulla.
Il panico lo prese.
Non riusciva più a respirare, il suo cuore sembrava voler esplodere, non capì più nulla.
Si sentì scivolare in ginocchio.
“Padrone!”
Quasi neanche sentì l’urlo preoccupato di Bellatrix.
“Mio Signore, vi sentite poco bene? Cos’è successo?”
Voldemort avrebbe voluto risponderle ma gli si era anche appannata la vista, non vedeva quasi più nulla e anche l’udito lo stava abbandonando. Sentì il sudore freddo appiccicarglisi alla schiena mentre, più che respirare, iniziava a rantolare. Percepì le braccia di Bellatrix avvolgerlo e quel contatto, per un attimo, gli ridiede respiro. Sentì il foglietto che aveva in mano scivolargli dalla presa e vide lo sguardo di Bella caderci sopra:
All’Oscuro Signore,
So già che sarò morto da tempo quando leggerai questo biglietto, ma volevo che tu sapessi che ho scoperto il tuo segreto. Ho il vero Horcrux e ho intenzione di distruggerlo il più presto possibile.
Affronto la morte con la speranza che, quando incontrerai il tuo Rivale, sarai di nuovo mortale.
R.A.B.


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Perdonate il ritardo nel pubblicare il nuovo capitolo, sono state giornate intense. 
Ringrazio tutti voi che state leggendo perché siete silenziosi ma tanti ;)
Grazie e a presto col nuovo capitolo!

Clo

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Tom si rigirò nel letto, si sentiva prostrato, sudato, con un cerchio alla testa asfissiante. Aveva addosso una sensazione strana come se fosse stato investito da uno schiacciasassi. Ci mise qualche istante a prendere piena coscienza di sé; il cervello era come annebbiato e confuso e i ricordi si accavallavano uno sull’altro ma, come si svegliò completamente, si tirò su a sedere di colpo spalancando gli occhi atterrito, il respiro affannoso. Per qualche secondo il buio opprimente lo schiacciò: pensò di essere stato sopraffatto dagli Inferi e di essere stato trascinato sul fondale del lago, nella morte. Poi, lentamente, i suoi occhi si abituarono all’oscurità e si accorse di aver fatto ritorno a Casa Black. Era nella soffitta adibita a stanza che condivideva con Bellatrix. Si guardò intorno freneticamente ma, della strega, non c’era traccia.
Padrone
Il sibilo di Nagini lo fece sussultare e le lanciò un’occhiataccia mentre con un gesto scocciato della mano illuminava la stanza.
“Dov’è Bellatrix?” le chiese senza giri di parole in un sibilo sommesso.
“Sotto con la feccia” Nagini fece una pausa e la sua lingua biforcuta saettò fuori dalle fauci “Hai dormito un paio di ore” aggiunse avvicinandosi a lui e attorcigliandosi sulle sue spalle “Bellatrix era preoccupata, fiutavo la sua apprensione”.
Il contatto con Nagini lo fece tranquillizzare un poco, amava sentire le squame del serpente sulla sua pelle, adorava sentirla stringersi intorno al suo corpo, quasi come se lo stesse abbracciando. Come la calma iniziò a scendere di nuovo sul suo cuore, Tom indurì la mascella e il suo sguardo cadde sul comodino: accanto alla candela consumata, che Bella doveva avergli lasciato accesa, c’era appoggiato il biglietto di R.A.B. e il medaglione falso.
Sapeva.
Bellatrix sapeva degli Horcrux e, Voldemort ci avrebbe scommesso, Bella avrebbe anche saputo dire quali erano alcuni degli oggetti. Era una strega in gamba, sveglia, e con lei si era sempre lasciato andare troppo.
Poteva fidarsi?
No.
La parola gli si formò nel cervello prima ancora che potesse completare la domanda. Lui non si fidava di nessuno, perché mai avrebbe dovuto fidarsi di Bellatrix? Il suo cuore prese di nuovo a battere forte, chiuse gli occhi e cercò di regolarizzare il respiro. Quegli assurdi attacchi di panico erano un altro problema del quale avrebbe dovuto occuparsi il prima possibile. Bellatrix lo aveva visto in quello stato una seconda volta.
Debole.
Vulnerabile.
Incosciente.
E, per di più, il suo segreto era stato scoperto. Prima da questo R.A.B. – che iniziava già a capire chi potesse essere – ora da Bella.
Gli si seccò la gola mentre si prendeva la testa tra le mani.
Era in grado di ucciderla?
La domanda continuò a rimbalzargli in testa mentre si alzava e si trascinava in cucina. Doveva assolutamente parlare con lei. Perché non era rimasta al suo fianco? Stava progettando di pugnalarlo alle spalle? Era stata tutta una recita? Tutti quegli anni una mera falsità? Bellatrix poteva essere davvero in grado di gabbare il più grande Legilimens di tutti i tempi? La mente di quella strega era sempre, sempre, stata alla su mercé. Come avrebbe potuto nascondergli…
Mi avesse voluto morto avrebbe potuto uccidermi mentre ero incosciente.
Doveva cercare di rimanere razionale e non lasciarsi trasportare dalla paura. Perché allora non riusciva a fidarsi? Nella sua testa visioni catastrofiche continuavano ad affollarsi. Non voleva – o non poteva – fidarsi. Neanche di Bellatrix.
Tu quoque… pensò mentre scendeva le scale sotto lo sguardo spento degli Elfi la cui testa era stata mozzata.
La sola idea che ci fosse un’altra persona a conoscenza dei suoi Horcrux lo faceva impazzire, non era possibile. Il diario era andato distrutto, il Medaglione trafugato (anche se fortunatamente rientrato in suo possesso) e la Coppa… questi erano i tre Horcrux di cui Bella era a conoscenza. O magari sapeva di più? Poteva essere? Certo… l’aveva portata con sé dai Gaunt e quindi era probabile – ma cosa diceva! Era certo – certo che Bella potesse capire che uno degli Horcrux avesse a che fare con loro. Forse, sveglia com’era, poteva anche arrivare a comprendere che Nagini…
Poteva essere fosse rimasta al suo fianco per tutti quegli anni solo per poi tradirlo?
Ma non ha senso, come avrebbe potuto prendersi gioco di Lord Voldemort il mago oscuro più potente che il mondo abbia mai visto? Il Legilimens per antonomasia? Non Bella… non Bella che mi è sempre rimasta vicino, nonostante tutto… non lei… non lei…
Aprì di fretta la porta della cucina e immediatamente venne sommerso da un gran vociare: Potter doveva aver vinto la sua udienza perché sedeva baldanzoso e ridanciano in mezzo ai suoi amici, la tavola era ancora imbandita per la cena ma stavano tutti finendo di gustare il dessert.
“Oh, caro” lo chiamò la signora Weasley avvicinandosi a lui “Come ti senti? Sembri molto pallido, Bellatrix ci ha detto che l’incantesimo è stato piuttosto faticoso. Vuoi mangiare qualcosa?”
Tom non la degnò neanche di uno sguardo, continuava a tenere gli occhi fissi su Bellatrix che, seduta accanto alla sorella, continuava a chiacchierare fingendo di non essersi accorta del suo ingresso. Lo capiva dalla postura e dal modo in cui lo stava ignorando: aveva paura.
“No, grazie, Molly” rispose e la sua voce uscì bassa, roca, quasi gracchiante.
“Come preferisci” rispose Molly, poi fece una pausa e gli sorrise “Devo ammettere che quest’aspetto è molto… accattivante”.
Un angolo della bocca di Tom si alzò leggermente “Forse è meglio che torno a essere un ragazzo di vent’anni” le rispose sempre senza guardarla “Non vorrei che Arthur finisse con l’essere geloso per un buon motivo… Sarebbe divertente, Lollymolly
Ti piacerebbe, caro
Ma per nulla, pensò Tom, suo malgrado divertito.
Fece qualche passo avanti infilando le mani nella tasca dei pantaloni. Non si era neanche cambiato e, di conseguenza, era ancora vestito come uno schifoso Babbano. Bella, invece, indossava la sua veste da strega e, anzi, una veste particolarmente accollata di modo da non mettere in mostra i segni che aveva sul collo e sul petto.
Perché? Si chiese Tom adirato. Si vergogna? Ora che è stata smascherata in quanto traditrice non mi desidera più?
“Bellatrix” la chiamò con voce stentorea “Dobbiamo parlare”
Bella fece saettare lo sguardo su di lui per poi riabbassarlo.
“Certo, Padrone” mormorò alzandosi in piedi e seguendolo fuori dalla cucina come se stesse andando al patibolo.
“È tutto a posto, Bella?” chiese Andromeda prima che i due potessero lasciare la stanza “Sembri preoccupata”
Bellatrix scosse la testa, poi seguì il suo Padrone nello sgabuzzino lì accanto. Rimasero in silenzio a squadrarsi per qualche secondo. Voldemort continuava a guardarla con le sopracciglia aggrottate e, per qualche bizzarro motivo, evitava accuratamente di utilizzare la Legilimanzia, quasi come se avesse paura di vedere cosa avrebbe trovato nella testa di quella strega.
Non lei, riusciva a pensare solo a quelle due parole.
“Hai qualcosa da dire a tua discolpa, Bellatrix?” le chiese con voce dura e fredda “O devo ucciderti qua, seduta stante?”
Bella aprì la bocca, sorpresa e confusa.
“Mio Signore… non capisco…”
“Cos’è che non capisci?” le chiese velenoso, avvicinandosi a lei “Ti sei presa gioco di me? Credi di essere più furba di Lord Voldemort, Bellatrix?”
Bella scosse la testa, spaventata. Non aveva mai visto l’Oscuro Signore così fuori di sé.
“Padrone, il vostro segreto con me è al sicuro” provò a rassicurarlo “Non lo direi mai a nessuno, la sola idea che voi abbiate raggiunto l’immortalità mi rende così felice, così…”
“Sei una Black” la interruppe Voldemort “Come posso fidarmi di te? Tuo cugino Sirius fa parte dell’Ordine della Fenice. Tua sorella Andromeda ha sposato un Sanguesporco. Tua sorella Narcissa è indegna anche solo di un mezzo pensiero… e Regulus… Regulus mi ha tradito. È andato in quella caverna e ha trafugato un mio Horcrux!” il suo sibilo si era fatto bassissimo e pulsava di ira. Bellatrix cadde in ginocchio.
“Padrone, io non so che cosa passasse per la testa di Regulus. Non posso credere che sia stato lui a…”
“Lo neghi? Neghi che quella fosse la sua calligrafia? La sua firma?”
Bellatrix scosse la testa mortificata, le lacrime che iniziavano a scorrere lungo le sue guance.
“Non sei forse stata tu a garantire per lui?” proseguì implacabile Voldemort “Cosa devo pensare, Bellatrix?”
“Ho fatto un errore…”
Un errore” ripeté Voldemort sempre più adirato “Tu hai deliberatamente complottato contro di me”
La bocca di Bellatrix si aprì in una smorfia d’incredulità e dolore.
“Non potete davvero credere questo!” esclamò rialzandosi in piedi di getto “Oh no, Padrone! Tutto tranne questo”
“Che fine ha fatto la Coppa che ti ho dato? L’hai già distrutta? O stai aspettando qualche ordine di Silente?” l’afferrò forte per i capelli e glieli tirò con violenza. Sentiva che avrebbe potuto frantumarle il cranio. Era fuori di sé dalla rabbia, sentiva la furia pompargli nelle vene e raggiungere il cervello. Eppure, lo percepiva chiaramente, c’era anche altro. Non si trattava solo di rabbia ma di… dolore, poteva essere? Poteva essere che l’idea di essere stato tradito da Bellatrix – la sua Bella – gli procurasse un dolore sordo e intollerabile? Non voleva crederci. Non poteva credere che Bella lo avesse tradito a quel modo.
“Non distruggerei mai una parte della vostra anima, mio Signore!” squittì Bellatrix addolorata “Non farei nulla per nuocere alla vostra salute! Ho passato quattordici anni ad Azkaban per voi…”
Ha ragione, si disse Voldemort senza tuttavia allentare la presa sui capelli di Bella. Avrebbe potuto fare come tutti gli altri, invece ha provato a cercarmi. E mi ha portato via dalla caverna. Avrebbe potuto lasciarmi lì. Avrebbe potuto uccidermi lì, ero vulnerabile come un neonato… 
“E credi che questo ti discolpi?” le sibilò ancora pieno di rancore “Credi che sia sufficiente? Quattordici anni ad Azkaban sono sufficienti per aver permesso a tuo cugino d’impossessarsi di un mio Horcrux? Della mia anima, Bella!
“Padrone. Non lo sapevo” mormorò Bella singhiozzando “Non sapevo dei… degli Horcrux. La Coppa è al sicuro nella mia camera blindata e… Padrone, ho faticato molto per portarvi via da quella caverna” la voce le si ruppe “Stavate male, non riuscivo neanche a sorreggervi! E gli Inferi... e… io… mio Signore, uccidetemi ma, vi prego, non dubitate mai della mia lealtà nei vostri confronti!”
Le lasciò andare i capelli e Bellatrix cadde per terra con un tonfo sordo.
Estrasse la bacchetta.
Al diavolo i Druidi, avrebbero trovato qualcun altro per fare il sigillo, non poteva di certo riporre fiducia in quella strega? Non poteva di certo fidarsi delle sue parole? Credere che avesse sempre agito con riguardo nei suoi confronti? Puntò la bacchetta sul petto ansante di Bellatrix, pronto a lanciare l’Anatema che Uccide.
“Ti ucciderò, Bellatrix, proprio perché non mi fido e non credo assolutamente nella tua lealtà”. Bellatrix strabuzzò gli occhi “Padrone, non potrei mai farvi del male” lo pregò ancora lei “Vi scongiuro, dovete credermi quando vi dico che io… io vivo solo per voi” si mise in ginocchio e strisciò fino ai piedi di Voldemort “Ho fatto tutto per voi. Vivo solo per voi. Il vostro segreto è al sicuro, non lo rivelerei a nessuno. La Coppa è al sicuro. Uccidetemi se è ciò che credete sia più opportuno ma vi prego, vi imploro, non dubitate che io… io…” deglutì.
Vi amo.
Avrebbe voluto dirglielo, Bella. Ma la sola idea della reazione che avrebbe avuto l’Oscuro Signore era raccapricciante e tuttavia… poteva andare peggio di così? La credeva una spia. Neanche fosse Severus Piton. Non poteva credere che il suo Padrone dubitasse di lei, dopo tutte le dimostrazioni di lealtà che gli aveva dato! Per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa, semplicemente qualsiasi cosa. Si sarebbe obliviata e dimenticata degli Horcrux se questo era ciò che desiderava. Si sarebbe tolta la vita se solo avesse potuto farlo tranquillizzare.
Bella trattenne il respiro, pronta a confessare il suo amore ma, quando alzò di nuovo lo sguardo sul suo Padrone, vide che aveva abbassato la bacchetta e la guardava con gli occhi socchiusi.
“Non lo faresti mai, vero?” sibilò lui e Bella percepì una lieve differenza nel tono “Non mi tradiresti mai”.
Bellatrix si aggrappò alla sua gamba e premette la testa contro il ginocchio del suo Signore “No, Padrone. Non potrei mai. Ne sono… ne sono incapace, preferirei morire piuttosto che tradirvi. Mio Signore, io vivo per voi, prendete tutto di me, se vi serve la mia anima per qualche rituale… prendetela. Tutto di me vi appartiene. Io senza di voi non esisto…”
“Alzati”
Bellatrix si rialzò, titubante. Non temeva la morte. Temeva che il suo Padrone continuasse a guardarla con quello sguardo truce, quello sguardo pieno di sfiducia e rancore che a lei non aveva mai rivolto prima. Era l’unica cosa che non poteva tollerare: l’idea che il suo Signore potesse crederla capace di tradirlo era insostenibile. Sentì la mano del Signore Oscuro affondare nei suoi capelli e tiraglieli di nuovo ma in modo molto meno violento di come aveva fatto poco prima. Si guardarono per qualche istante negli occhi e, quando infine Bella sentì le labbra sottili di Voldemort premere sulle proprie, si sentì mancare il fiato.
La stava baciando.
Non le stava mordendo le labbra, non gliele stava martoriando per succhiargliele, la stava semplicemente baciando. Bellatrix si aggrappò a lui, incredula. Perché con lui doveva sempre essere tutto così? L’attimo prima la lasciava cadere nel girone più infimo dell’inferno e poi l’attimo dopo la portava sulle vette più alte del paradiso? Ma alla fine neanche le importava. Era sua e poteva giocare con lei come più gli piaceva.
Bella non si sarebbe mai tirata indietro: tutto di lei apparteneva a lui.
 
“Regulus aveva una stanza in questa casa, suppongo?” chiese Tom con finta aria distratta il mattino dopo.
Era stata una notte insonne, principalmente perché l’aveva passata a fare pace con Bellatrix. In quel momento, la sola idea che Bella avesse potuto tradirlo gli suonava assurda. Bellatrix non lo avrebbe mai fatto. Era stata questa consapevolezza a bloccargli l’Anatema che Uccide? Si mordicchiò le labbra. No, non era stato quello. Semplicemente, quando aveva alzato la bacchetta, si era ritrovato impossibilitato a lanciare la maledizione. Per lanciare le Maledizioni Senza Perdono era necessario volerlo ma, quando aveva puntato la sua bacchetta contro Bella… quella volontà non c’era stata. Aveva provato a scavare dentro di sé, andando a riesumare la volontà che aveva avuto per altri omicidi ma tutto era stato inutile. Il viso di Bella sembrava fungere come balsamo curativo impedendogli di scagliare la maledizione. Non aveva senso e, tuttavia, in quel momento, seduto a tavola per la colazione con Bella a fianco, era contento di non essere stato in grado di scagliare l’Avada Kedavra la sera prima. Non si trattava certo di debolezza, oh no, era stato il suo subconscio a evitargli un errore, ecco tutto. Non era nient’altro che questo.
“Certo che sì” rispose Sirius addentando con gusto una salsiccia “Perché?”
Tom fece scivolare distrattamente la mano tra le cosce di Bellatrix. Si divertiva sempre a toccarla mentre erano con altre persone e lei doveva fingere che nulla stesse accadendo. Sentì le sue gambe irrigidirsi prima di schiudersi, mentre il respiro le si mozzava in gola. Sul collo erano ben visibili i suoi morsi e i suoi succhiotti e Tom sogghignò, soddisfatto che tutti sapessero come Bellatrix fosse tornata a essere sua, solo e completamente sua.
“Stavo pensando che la questione della sua morte è molto… bizzarra” rispose Voldemort iniziando a toccare Bellatrix da sopra la biancheria “Io non l’ho ucciso né l’ho fatto uccidere. E nessuno dell’Ordine l’ha ucciso” aggiunse meditabondo “Che fine ha fatto?”
“È sicuramente morto. L’arazzo non mente” il tono di Sirius era piatto. Non aveva mai dimostrato chissà quale attaccamento al fratello e, ora che sembrava che Voldemort non avesse nulla a che fare con la sua morte, si ritrovava ancora più combattuto nei riguardi di Regulus: era quindi morto da Mangiamorte valoroso? Oppure aveva tradito il suo Padrone ed era morto nel tentativo di fare la cosa giusta?
“Magari nella sua stanza potrebbe esserci qualche indizio” suggerì Voldemort spostando di lato le mutande di Bella e passando un dito sulla sua apertura “Sempre che al fratello non dispiaccia se diamo un’occhiata”.
“Verrò con voi” disse Sirius dopo qualche secondo sovrappensiero “Magari c’è qualcosa d’interessante”.
Voldemort irrigidì la mascella poi si alzò in piedi all’improvviso mentre Bella gli rivolgeva un’occhiata implorante; possibile che quella strega non ne avesse mai abbastanza?
“Oh vengo anch’io” s’inserì Molly.
Sirius alzò un sopracciglio dubbioso e Molly alzò le spalle “Be’, magari avete bisogno di una mano per mettere in ordine…”
“Molly, non è per quello che stiamo andando in camera di Reg. E poi devo dire che mio fratello è sempre stato molto più ordinato di me” borbottò Sirius uscendo dalla cucina strascicando i piedi. Aveva sempre pensato che Regulus fosse morto per fare la cosa giusta, perché si era reso conto che Voldemort era un pazzo criminale, che le idee che i loro genitori avevano impiantato loro in testa fossero sbagliate. Ma se Voldemort non lo aveva ucciso e non aveva nemmeno ordinato di farlo…?
Alohomora” mormorò agitando la bacchetta di fronte alla porta della camera di Regulus.
Voldemort, Bella e Molly entrarono subito dietro Sirius.
Bellatrix era stata spesso in quella camera, ricordava come lei e Regulus fossero soliti sedersi sul letto e chiacchierare riguardo alla Causa, riguardo all’Oscuro Signore. Com’era possibile che Regulus avesse tradito il loro Padrone? Lo stimava così tanto! Non poteva essere successo davvero, non aveva senso. Il vero dilemma, comunque, era capire come fosse arrivato a sapere degli Horcrux. Com’era potuto accadere? Vide l’Oscuro Signore andare verso il letto di Reg, dove capeggiava una teca con attaccati degli articoli che parlavano della Causa e di Lord Voldemort. Una teca che Bella ricordava molto bene perché l’aveva data lei a Regulus…
“Quella è mia” disse all’istante, volendo mettere in chiaro le cose “L’avevo data a Regulus perché pensavo potesse essere interessato a… insomma… approfondire l’argomento”.
“Immagino tu ne avessi un’altra con solo foto del tuo Padrone, vero Bellatrix?” le chiese Sirius sbottando in una risata simile a un latrato “Giusto perché magari all’epoca ancora non te lo dava e quindi dovevi usare un po’ più di immaginazione”.
Molly sbuffò sonoramente: non sopportava quel linguaggio così sboccato e Bellatrix che mostrava quei segni… scosse la testa. Sì, lo avevano capito tutti che quei due avevano ripreso a trastullarsi insieme, non c’era di certo bisogno di sbattere l’evidenza dei fatti davanti a tutti? Insomma, c’erano dei minorenni in quella casa!
Voldemort sogghignò mentre staccava il quadretto con i ritagli di giornale, poi alzò un sopracciglio “Ero ignaro del fatto che fossi una groupie, Bella” ridacchiò e scosse la testa “Sei sempre stata una sciocchina sentimentale, quindi? Anche prima di conoscermi?”
“Oh Padrone! Io vi…” Bella si morse le labbra. Da quando Voldemort aveva messo in discussione la sua lealtà sembrava non riuscirsi più a trattenere. Ogni occasione sembrava buona per dichiarargli quell’amore che si era sempre ben guardata da confessare. “… vi stimo da sempre, vi adoro da sempre” concluse arrossendo e abbassando lo sguardo.
Vi amo più di qualsiasi cosa al mondo, Padrone.
Guardarono ovunque in quella stanza ma non trovarono nulla d’interessante. Vecchi libri di scuola, bandiere di Serpeverde, foto scattate a Hogwarts… Voldemort si sedette sul letto di Regulus   con in mano diverse pergamene ma, a parte qualche appunto per la creazione di nuovi incantesimi e pozioni, non c’era assolutamente nulla degno di nota. Non era possibile che avesse capito degli Horcrux dal nulla, neanche fosse stata un’illuminazione mandata da Herpo il Folle in persona. Non c’era nessun volume di Arti Oscure avanzate, non c’era nulla, assolutamente nulla, che potesse ricondurre a studi sugli Horcrux, studi sulla sua vita – quando ancora era Tom Riddle – che potessero averlo condotto alla caverna.
“Sembra fosse un ragazzo molto a modo” commentò Molly osservando una foto di Regulus a Hogwarts “Quanti anni aveva quando è venuto a mancare?”
“Aveva da poco lasciato Hogwarts” rispose Sirius mettendosi le mani in tasca e alzando le spalle. Continuava a sentire sentimenti contrastanti nei confronti di Regulus.
“Povero ragazzo” commentò Molly riappoggiando la foto sulla credenza “Non si dovrebbe morire così giovani”
“Non si dovrebbe proprio morire” borbottò Tom alzandosi in piedi e spolverandosi la veste dalla polvere.
“Oh, caro, non essere sciocco” lo riprese Molly mettendosi una mano sul fianco e alzando l’altra indicandolo “Tutti dobbiamo morire, fa parte della vita, è inevitabile. Che valore avrebbe se pensassimo di non lasciare mai questo mondo?”
Tom emise un verso strozzato e si strinse nelle spalle, evitando di rispondere. Non voleva di certo esporsi anche con Molly Weasley e Sirius Black.
“Be’, direi che la morte di Regulus rimarrà per sempre un mistero” disse Sirius aprendo la porta e lasciando la stanza meditabondo.
Tom esitò un istante e poi lo seguì. Non aveva senso e non poteva rinunciare così a capire… e se Regulus ne avesse parlato con qualcuno? Sollevò lo sguardo sulle teste mozzate degli Elfi e si bloccò di colpo a metà delle scale.
“Bella!” urlò voltandosi di scatto.
“Mio Signore?” rispose Bellatrix facendo capolino con la testa dalla stanza di Regulus, le braccia occupate dalla teca con i ritagli di giornale.
“Devo parlarti” Tom fece i gradini due a due per tornare da lei “Cosa diamine stai facendo con quella roba in mano?”
“Questa?” Bella arrossì alzando un poco la teca “Nulla… è solo che insomma… ci avevo messo tanta dedizione a raccogliere queste cose…”
Voldemort rimase perplesso per qualche istante “Lascia perdere” sbottò, non aveva tempo da perdere dietro alle sciocchezze di quella sentimentale “Ti devo parlare, ora
“Cosa avete da confabulare?” chiese Molly sbucando dietro a Bellatrix “Avete trovato qualcosa?”
“No” rispose Tom senza guardarla “Devo… dobbiamo… discutere di… di sedute di BDSM”
Bellatrix batté le palpebre perplessa da quell’uscita. Era ubriaco?
“BDS…” ripeté Molly confusa.
“M. Bondage, Disciplina, Sadismo e Masochismo… Insomma, dinamiche D/s…”
Molly spalancò la bocca “Non potete… queste… queste… con dei minorenni…!”
“Bella, vieni” Tom bloccò Molly prima che potesse proseguire con le sue ciance e le sue ramanzine da puritana, poi afferrò per un braccio Bellatrix e la trascinò sopra, in soffitta. La sospinse subito dentro, sigillò la porta e insonorizzò la stanza.
“Mio Signore” esclamò Bellatrix lanciando la teca sul letto “Non sapete per quanto tempo ho aspettato questo momento, che riprendessimo il nostro… il nostro…”
“L’Elfo” la interruppe Voldemort camminando per la stanza. Non riusciva a stare fermo. Fierobecco lo osservava muovendo il suo testone, Nagini fece saettare la lingua fuori dalle fauci.
“L’Elfo?” ripeté Bella senza capire “Volete… volete usare un Elfo?” non la faceva impazzire l’idea di fare sesso alla presenza di un Elfo Domestico. Per fare cosa, poi? Tra ippogrifi, serpenti…
L’Elfo che Regulus mi aveva imprestato!” sibilò Voldemort voltandosi verso di lei come una furia. Come poteva essere così lenta? Cosa stava dicendo?
“Kreacher?” chiese Bella sempre più confusa.
Voldemort annuì “Dovrebbe essere morto… ma è vivo! È stato lui… c’era lui quando il Medaglione è sbucato fuori!”
Bellatrix spalancò gli occhi mentre i tasselli andavano al loro posto “Oh, stiamo parlando di… di quello…”
“Certo che stiamo parlando di quello, Bella, svegliati” commentò Tom acido, riprendendo a camminare “Chiamalo qui. Ora. Subito”
Bellatrix annuì, una parte di lei delusa per gli sviluppi – sperava davvero stessero tornando a toccare vecchie dinamiche – un’altra parte di lei contenta che si potesse fare chiarezza su come il Medaglione fosse uscito dalla caverna.
Kreacher!” esclamò con tono imperioso. L’Elfo si smaterializzò in soffitta in una manciata di secondi.
“La signorina Bella mi ha chiamato?”
Non sono più signorina da un po’…” disse Bellatrix a mezza voce poi tornò seria e si concentrò sull’Elfo. Sembrava incredibilmente spaventato dal Signore Oscuro. Anzi, sembrava proprio che non volesse farsi vedere da lui.
“Kreacher, il Signore Oscuro desidera farti delle domande. Rispondigli sinceramente”
Kreacher tirò su col naso e s’inchinò a Bellatrix. Teneva le sue orecchie da pipistrello basse e gli occhi fissi a terra.
“Tu dovresti essere morto” incominciò Voldemort.
“Mi dispiace aver deluso, Vossignoria”
Bellatrix chiuse gli occhi: sapeva bene quanto l’Oscuro Signore detestasse essere interrotto e, anzi, il commento di Kreacher – per chiunque non fosse avvezzo a parlare con gli Elfi Domestici – poteva quasi risultare una presa in giro.
“Padrone, Kreacher non intende mancarvi di rispetto” disse subito Bella “Posso… posso occuparmene io di parlare con lui… che lo conosco…”
Taci” le ordinò Tom stentoreo “Elfo”
“Kreacher” lo corresse Bellatrix piano. Tom le lanciò un’occhiataccia “Kreacher” sibilò “Anni addietro sei stato testimone di un… esperimento di magia. Quando ti ho lasciato nella caverna, gli inferi ti stavano portando giù, nel lago. Come sei uscito da quel luogo?”
Kreacher lanciò uno sguardo a Bella, sembrava volerla pregare di salvarlo “Rispondi al Signore Oscuro, Kreacher”
“Padron Regulus mi ha ordinato di eseguire gli ordini del Signore Oscuro e tornare qui” rispose prontamente Kreacher accennando un inchino in direzione di Bellatrix.
“Come hai potuto liberarti dagli Inferi?”
“Padron Regulus mi ha ordinato di tornare qui” ripeté l’elfo, cocciuto. Gli occhi di Voldemort lampeggiarono di rosso. Lo stava prendendo in giro?
“Va bene, ti ha ordinato di tornare qui. Ma come hai fatto?”
“Mio Signore… si è smaterializzato”
“Non ci si può materializzare o smaterializzare in quella caverna”
“Ma la magia degli elfi funziona in un altro modo, Padrone” ribatté Bellatrix “La loro magia…”
“Vuoi spiegare a me – a me, al sottoscritto, Lord Voldemort – come funziona la magia?”
Bellatrix abbassò la testa e si morse le labbra.
Sì. Perché, era evidente, lui della magia degli elfi non ne sapeva nulla.
“Padrone, so bene come voi siate… superiore.  E l’unico ad avere una vasta… sconfinata… conoscenza sulla magia… dei maghi… ma quella degli Elfi Domestici funziona in modo diverso. Noi maghi li abbiamo legati a noi di modo che la loro magia fosse… loro devono eseguire il nostro volere, capite? Il nostro volere – il volere dei loro padroni – viene prima di qualsiasi altra cosa”
“Regulus gli ha ordinato di tornare da lui”
“E quindi Kreacher è dovuto tornare qui, a Grimmauld Place numero 12” annuì Bella.
“È senza senso” commentò Voldemort “Com’è possibile che un Elfo possa fare qualcosa che a me è precluso?”
“È la magia, mio Signore”
Tom riprese a misurare la soffitta con ampie falcate. Aveva commesso un errore di calcolo… aveva sottovalutato un insulso e pulcioso Elfo Domestico… errore che gli era quasi costato un pezzo della sua anima.
“Sei tornato qui, dunque, e poi?”
“Padron Regulus era… era preoccupato… mi ha ordinato di nascondermi, di non farmi vedere da nessuno…”
Tom fece una smorfia, incredulo. Regulus si era rivoltato contro di lui per quale motivo? Perché aveva attentato alla vita del suo Elfo Domestico? Ma non aveva alcun senso…
“… Una sera poi è tornato e mi ha ordinato di portarlo nella vostra grotta, Vossignoria…” Kreacher si gettò a terra e si mise a piangere battendo i pugni sul pavimento. Tom lo guardò disgustato, non poteva credere che il suo segreto fosse stato messo in pericolo da un essere tanto abietto.
“Aveva con sé un altro medaglione… un medaglione del tutto simile a quello di Vossignoria… mi ha ordinato di… di scambiare i medaglioni e poi di andarmene… andarmene senza Padron Regulus!” Kreacher emise un ululato e prese a contorcersi sul pavimento “Padron Regulus ha bevuto la pozione e il povero Kreacher è stato costretto… costretto a vederlo trascinato giù… dagli inferi…”
Bellatrix si era portata le mani sulla bocca. Non poteva credere a quello che stava sentendo.
Regulus aveva tradito il Signore Oscuro.
Regulus voleva distruggere l’Horcrux.
Regulus era morto, trascinato nelle profondità del lago da degli inferi.
Il suo Regulus.
Suo cugino Regulus…
“Padron Regulus… mi aveva ordinato di distruggere il medaglione…”
Voldemort rise sprezzante e Bella sussultò: sul viso del suo Signore non c’era traccia di pena per la sorte che era toccata a Reg.
“Un Elfo Domestico in grado di distruggere il mio Medaglione?” rise di nuovo, poi tirò fuori la bacchetta “Bene, dì addio alla signorina Bella, Elfo, perché sarà l’ultima cosa che farai”
Bellatrix balzò su “Padrone!” lo chiamò proprio quando stava per alzare la bacchetta su Kreacher “Non uccidetelo”
Tom alzò un sopracciglio “Non hai problemi a torturare e uccidere persone e ora mi diventi sentimentale su un Elfo Domestico?”
“Mio Signore… non possiamo far scomparire Kreacher”
“E chi me lo impedisce?”
“Silente! Padrone, dovesse accorgersi dell’assenza dell’Elfo…”
“Cosa vuoi che gliene freghi a Silente di quest’ammasso di stracci, Bella?” sbottò Tom “Qua mi sembra ci sia una sola persona interessata all’incolumità di questa nullità… e non voglio neanche sapere per quale motivo tu ci sia così legata”
Bellatrix arrossì e cercò di ignorare il sottotesto disgustoso al quale il suo Padrone stava implicando “Mio Signore, io penso solo a voi! Al vostro… al vostro benessere, al vostro interesse. Si accorgeranno che Kreacher è sparito nel nulla”
“Bene” disse Voldemort mettendo via la bacchetta “E cosa proponi, signorina Bella?”
Bellatrix rimase in silenzio mordendosi le labbra.
“Potrei ordinargli di tacere”
Tom inclinò il capo di lato “Mi sembra di capire, signorina Bella, che il padrone di quest’essere è, in primis, Sirius Black. O sbaglio?”
Bella annuì.
“Ergo, se Black dovesse ordinargli di vuotare il sacco lui lo farebbe. Corretto?”
Bella annuì di nuovo. Non faceva una piega.
“Silente… Silente ha visto il diario, Bella. Non è un idiota, potrebbe aver già intuito… qualcosa. Dovesse parlare con Kreacher…”
“Modificategli la memoria, mio Signore” propose Bellatrix “Di modo che si dimentichi… dimentichi tutta questa storia”
Tom soppesò la situazione per istanti interminabili. Poi si tirò su le maniche della veste e si volse verso Kreacher.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


WARNING: ALTO - ALTISSIMO - LIVELLO DI TRASH


“Oh non ci posso credere!” esclamò Molly entrando in cucina come una furia, estasiata e su di giri. Tom alzò lo sguardo dal manuale che stava leggendo e sentì Bellatrix sbuffare al suo fianco.
“Sono così contenta!”
“Si aspetta che le chiediamo perché, Padrone” mormorò Bellatrix chinandosi leggermente verso Voldemort con un ghigno “Ma noi non lo faremo e così…”
“Cosa ti rende così felice, Molly?” chiese Tom ad alta voce facendo un sorriso sghembo in direzione di Bella. Adorava prendersi gioco della sua strega e Bella, ogni volta, gli serviva occasioni su  piatto di argento. Alle volte si domandava se non lo facesse appositamente per lasciarlo divertire un po’.
“Ron!” esclamò Molly sedendosi accanto a Tom e guardandolo dritto negli occhi “Non ci posso credere: è diventato Prefetto!”
“Congratulazioni” ridacchiò Tom tornando a concentrarsi sul libro. Tuttavia, Molly era di tutt’altro avviso; fremeva e si agitava, incontenibile “Non me lo aspettavo sai, caro. Non che Ronnie non sia un bravo ragazzo… però… ecco. Non pensavo proprio che… e invece Prefetto! Come tutti in famiglia!”
“Cosa siamo Fred e io? I vicini della porta accanto?” chiese George entrando in cucina seguito dal gemello e dagli altri ragazzi “Non vedo davvero cosa ci sia di speciale nel diventare prefetto!” aggiunse Fred scuotendo il capo.
“Si tratta di responsabilità!” esclamò Molly “Bill, Charlie…” esitò poi con voce tremante aggiunse “Percy… e ora anche Ronnie” si alzò in piedi e andò ad abbracciare e baciare il suo figlio maschio più piccolo “Cosa vuoi come regalo, Ron? Ti meriti qualcosa!”
“Un… regalo?” domandò titubante Ron, come se non riuscisse a credere alle proprie orecchie “C-cosa intendi?”
“Be’, ti meriti una ricompensa per questo!” rispose con dolcezza la signora Weasley indicando la spilla da Prefetto “Allora?”
“Posso avere un manico di scopa?”
Tom vide come l’espressione di Molly Weasley mutò leggermente: i manici di scopa erano costosi.
“Non uno costoso!” si affrettò ad aggiungere Ron “Solo uno nuovo… per una volta…”
“Ma certo, tesoro, puoi avere ciò che vuoi” lo rassicurò Molly scoccandogli un ultimo bacio sulla guancia.
“Be’, essere Prefetto non è comunque garanzia di eccellenza e perfezione” fece Fred sedendosi a tavola e iniziando a riempirsi il piatto di uova strapazzate “Anche tu sei stato Prefetto, no, Tom?”
Tom sbuffò: detestava essere disturbato mentre leggeva.
“Sì, sono stato Prefetto anche io” rispose atono.
“E guarda chi è diventato, mamma! Un Prefetto che è diventato Tu-Sai-Chi” proseguì Fred scuotendo la testa fingendosi afflitto “E scommetto che anche Bellatrix è stata Prefetto?”
“Cosa te ne importa a te, Traditore del Tuo Sangue?” sibilò Bellatrix adirata.
“E guarda cosa è diventata, mamma” concluse Fred, con un ghigno stampato in faccia “Una pazza omicida dai dubbi gusti sessuali”.
Bellatrix gli scocco un’occhiataccia e, stava aprendo bocca per rimettere a posto quell’inutile figlio di Lenticchia, quando s’intromise il suo Padrone.
“Durante il mio quinto anno, l’anno in cui sono diventato Prefetto, ho aperto la Camera dei Segreti” disse Tom, meditabondo “Non lo fossi diventato, sarebbe stato senz’altro più complicato: mica avrei potuto andarmene in giro di notte per i corridoi?”
“Ecco appunto” commentò George indicando Tom a Molly “Lo senti? Questi Prefetti ti sembrano persone normali?”
Molly gettò un’occhiataccia ammonitoria ai due gemelli, poi si rivolse a Tom e a Bellatrix, cercando di stemperare quel momento imbarazzante “E voi… ehm… cosa avete chiesto come ricompensa per essere diventati Prefetti?”
Bellatrix alzò le spalle “Non mi ricordo. Ho sempre avuto tutto ciò che volevo” si portò la piuma con la quale stava scrivendo sotto il mento “Forse mi hanno fatto fare un viaggio con Dromeda… Cissy era decisamente troppo piccola per venire con noi...”
Molly assottigliò lo sguardo. Odiava quella snob viziata. Le fece un sorriso mesto, poi spostò l’attenzione su Tom.
“E tu, caro?” chiese rivolta a Tom con un sorriso gentile. Tom la fissò negli occhi per dei secondi interminabili, Molly lo vide arrossire leggermente prima di abbassare lo sguardo sul suo volume “Niente” Tom si schiarì la gola “La signora Cole non sapeva niente di Hogwarts” fece una breve pausa e Molly vide la sua mascella indurirsi “E comunque i soldi bastavano a stento per mangiare, figurarsi per comprare cose superflue. La guerra, poi, ha peggiorato tutto”.
“Quale guerra?”
“La Seconda Guerra Mondiale?” chiese retorico Tom alzando un sopracciglio senza tuttavia distogliere lo sguardo dalle pagine del libro.
“La Guerra Babbana che c’era durante l’ascesa di Grindelwald?” domandò Molly portandosi le mani alla bocca “Tu l’hai vissuta!” esclamò inorridita da quell’improvvisa nozione. Cosa doveva aver passato quel povero ragazzo?
Quel povero ragazzo che, aprendo la Camera dei Segreti, ha ucciso Mirtilla...
“A quanto pare” borbottò Tom.
“Be’, stasera festeggiamo tutti!” esclamò gioviale la signora Weasley battendo le mani “Festeggeremo Ron e Hermione, i due nuovi Prefetti di Grifondoro. E Tom e Bellatrix che hanno avuto successo nella prova del sigillo”.
“Successo forse è un parolone” borbottò Tom “Considerando che l’incantesimo non è finito…”
“Ma tra voi due ha funzionato. Dobbiamo festeggiare!”
Tom scosse la testa e si volse verso Bella che stava roteando gli occhi.
Posso ucciderla? Vi imploro mio Signore” gli mimò muovendo solo le labbra. Tom sogghignò e le fece segno di diniego con la testa. Certo, quella sarebbe stata una serata impegnativa…
 
La signora Weasley rientrò da Diagon Alley che erano circa le sei e, dopo aver portato i libri in camera dei ragazzi, si fiondò in cucina: aveva invitato diverse persone per festeggiare Ron e Hermione ed era decisamente indietro con i preparativi. Tuttavia, come caracollava giù dalle scale diretta in cucina, si sentì subito pervadere le narici da un odore afrodisiaco…
“Vedi, Bella, sbagliavi solo approcciò” stava dicendo Tom “Fai finta che stai cucinando una pozione, non puoi sbagliare…”
Molly entrò in cucina. Bellatrix era in piedi davanti a un paiolo e stava rimestando lo stufato con un cucchiaio di legno, Tom era alle sue spalle, la bocca sul suo collo.
“Ehm… ehm…” si schiarì la gola Molly arrossendo mentre avanzava verso di loro. Vide Tom fare qualche passo indietro con un sorrisetto furbo che gli incurvava le labbra. Molly fece vagare lo sguardo per la cucina: il tavolo era già in parte imbandito con diverse leccornie.
“Avevi detto di voler dare una piccola festa e, dato che stavi tardando, abbiamo pensato di… iniziare” spiegò Tom incrociando le braccia sul petto “Non posso tuttavia garantire sullo stufato” aggiunse lanciando un’occhiata divertita a Bellatrix.
“Se lo fa lei” rispose Bella punta sul vivo “Posso di certo farlo anche io. Sarà buonissimo, ne sono certa!”
“Brava, avere un po’ di fiducia in sé stessi non fa mai male” rispose Tom con una mezza risata.
“Oh, caro, grazie!” esclamò la signora Weasley con gli occhi lucidi “Sei davvero un caro ragazzo”.
Bellatrix roteò gli occhi ed emise un verso sprezzante. Caro ragazzo, non erano le parole che avrebbe utilizzato lei per descrivere l’Oscuro Signore, questo era poco ma sicuro.
“E questo mi convince ancora di più…” iniziò Molly mettendosi una mano sotto la veste. Per un momento Bella la guardò inorridita, pensando si stesse spogliando per offrirsi al suo Padrone poi, fortunatamente, da sotto la veste Molly tirò semplicemente fuori un pacchettino piccolo, incartato.
“Ho pensato che… be’, anche tu meritavi un regalo, caro” proseguì Molly facendo qualche passo avanti e porgendo il pacchetto a Tom che fece scattare il suo sguardo dal viso di Molly alla mano che reggeva il pacchetto, confuso.
“Cosa vuol dire?” chiese Tom, senza prendere il pacchetto.
“È solo un pensierino, sai” disse Molly stendendo un po’ di più il braccio per invitarlo a prendere il pacchetto. Le era venuta l’idea mentre girava da un negozio all’altro per Diagon Alley. Il pensiero che Tom non avesse mai ricevuto un regalo era qualcosa che le spezzava il cuore e, sebbene non avesse con sé molti Galeoni, non era riuscita a trattenersi: aveva dovuto prendergli qualcosa. Tom allungò la mano e prese il pacchetto, se lo rigirò per qualche istante scrutandolo dubbioso, quasi come se non sapesse cosa dovesse farsi.
“Lo devi aprire, caro” lo spronò Molly mentre si toglieva il mantello e prendeva il proprio grembiule. Non voleva metterlo in soggezione, quindi andò verso il paiolo e assaggiò lo stufato che stava facendo Bellatrix.
“Devo ammettere che è buono” borbottò posando il cucchiaio di legno e facendo un sorriso a Bellatrix che, tuttavia, continuava a occhieggiarla come se avesse voluto staccarle la testa. Molly la ignorò: quella strega da strapazzo aveva avuto anni per fare un regalo “al suo Padrone”, se mai si era presa la briga per farglielo, non vedeva davvero come potesse essere colpa sua.
Che cos’è?” chiese Tom.
Molly sorrise “Il punto di un regalo è proprio la sorpresa! Aprilo e lo scoprirai, caro”.
Tom sospirò e iniziò a scartare il pacchettino incerto. Non aveva mai davvero ricevuto nessun regalo. Non in questo modo inaspettato, non impacchettato così. Non capiva il senso. Si ritrovò tra le mani una scatoletta verde e, quando l’aprì, si ritrovò in mano un’armonica a bocca argentata.
Ormai un mesetto fa mi avevi detto che all’orfanotrofio avevi un’armonica” spiegò la signora Weasley scrutando il viso di Tom in cerca di una reazione “Mi hai detto che ti piaceva molto suonarla…” aggiunse Molly, esitando. Non riusciva a leggere l’espressione di Tom: era contento? Era adirato?
Dovrò dedicarti una performance, allora, Molly” rispose Tom e Molly seppe che, quello, era il suo modo di dire grazie.
 
Tom non aveva mai visto la signora Weasley più felice di quanto non fosse quella sera. Molly, dopo avergli dato l’armonica, si mise all’opera aiutando Bellatrix a finire lo stufato; Tom le osservò perplesso per qualche istante, era raro vedere Bella che non prendeva a male parole la Weasley ma, a una seconda occhiata, Tom si accorse di come Bellatrix si stesse trattenendo dall’insultare Molly Weasley solo per fare un piacere a lui.
“Caro, appenderesti quello striscione che ho preparato, per cortesia?” gli chiese Molly voltandosi un poco nella sua direzione “Tra poco arriveranno gli altri e voglio che sia tutto perfetto”.
Tom sbuffò, agitò svogliatamente la bacchetta e appese lo striscione scarlatto con le scritte oro che la signora Weasley aveva preparato.
CONGRATULAZIONI RON E HERMIONE I NUOVI PREFETTI DI GRIFONDORO.
Aggrottò le sopracciglia e, come incrociò lo sguardo di Bella, finsero contemporaneamente un conato di vomito per poi scoppiare a ridere.
“Da quando avete ripreso a… dormire... siete insopportabili” borbottò Molly “Insomma un po’ di contegno”.
Tom incrociò le braccia sul petto e le fece un sorriso divertito “Questo è il nostro contegno, Molly. Ti assicuro che possiamo essere decisamente molto più espliciti di così”.
Molly stava per ribattere ma l’ingresso di Sirius, Remus, Ninfadora, Malocchio Moody e Kingsley Shacklebolt la interruppe.
“Ti hanno aiutata questi due a preparare?” ringhiò Moody avvicinando il naso mozzato a uno dei piatti.
“Sì, Alastor, senza di loro non ce l’avrei fatta…”
“Be’, starò digiuno”.
Tom roteò gli occhi “Certo perché, giustamente, se volessi ucciderti, mi farei problemi a lanciarti un’Avadada Kedavra qui, ora, davanti a tutti. Sono troppo sensibile, ti avvelenerei senz’altro” disse sarcastico.
Moody lo fissò truce per qualche istante, poi si volse e gli diede le spalle.
“Alastor” lo chiamò Molly mentre sistemava al centro della tavola del pollo fritto “Potresti dare un’occhiata allo scrittoio nello studio, per cortesia? C’è qualcosa e crediamo sia un Molliccio ma, sai, in questa casa non si sa mai…”
“Nessun problema, Molly” rispose Moody facendo saettare l’occhio blu elettrico verso l’alto, lo fece roteare vertiginosamente per qualche istante, poi si fissò sul soffitto della cucina.
“Sì, Molly, è un Molliccio” le disse annuendo “Vuoi che salga su e me ne occupi?”
“Oh no, lo farò io più tardi, stasera dobbiamo concentrarci su Ronnie e Hermione” rispose Molly proprio nell’istante in cui la porta si apriva facendo entrare i ragazzi.
Tom non aveva mai sopportato molto le feste. All’orfanotrofio, di fatto, non ce n’erano mai state tante: la festa per i compleanni – quando ce ne si ricordava – consisteva semplicemente nel ricevere una caramella a fine pasto. Era stato a Hogwarts che Tom aveva iniziato a partecipare a delle feste; principalmente al Lumaclub e, se non fosse stato per i numerosi incontri che si facevano durante quelle cene organizzate “dal vecchio Luma”, Tom ne avrebbe fatto volentieri a meno. Le persone che ridacchiavano, chiacchieravano, mangiavano come se nulla fosse. Possibile che nessuno di loro percepisse la Morte? Possibile che fosse l’unico a vederla costantemente? Soprattutto in momenti in cui si rilassava e si abbassava la guardia, proprio nei momenti in cui si scoppiava di vitalità, la Morte ne approfittava per avvicinarsi ma nessuno sembrava esserne particolarmente turbato. Solo lui la sentiva. All’improvviso gli sovvenne il ricordo del Diario andato distrutto… e poi, ancora, il Medaglione trafugato da Regulus Black…
“Mio Signore”
La voce di Bellatrix lo fece sorridere senza neanche rendersene conto.
“Non possiamo andarcene?”
“Saremmo molto maleducati, Bella” le disse lui chinandosi leggermente su di lei “Molto, molto maleducati… dovrei sculacciarti solo per aver proposto qualcosa di tanto maleducato”
Bellatrix represse un gemito: era già eccitata.
“Oh Arthur, Bill!” l’urlo della signora Weasley li fece sussultare “Il nostro Ronnie, Prefetto!”
Tom vide la signora Weasley correre ad abbracciare prima il figlio e poi dare un bacio sulle labbra del marito. Lo sguardo di Tom scivolò poi alle spalle di Arthur Weasley dove si aggirava quella feccia umana di Mundungus Fletcher. Lo vide guardarsi intorno e poi notò come i suoi occhi si posarono su Bella in modo insistente…
“Fletcher” lo chiamò alzando la voce e guardandolo truce “Non ti avevo forse detto di non guardare Bellatrix? Devo cavarti gli occhi?”
“Oh, caro!” esclamò Molly staccandosi dal marito e rivolgendosi verso Tom con un’espressione affranta “Basta con queste minacce, su. Insomma, se non vuoi che la tua Bella venga guardata, dille di vestirsi in modo meno succinto”
Tom alzò un sopracciglio “Stai forse dicendo che si merita gli sguardi lascivi di uomini indegni solo perché ha una veste non accollata?” scosse la testa “Provincialotta
“Come, scusa?”
“Molly” la chiamò Arthur posandole una mano sulla spalla “guarda in cosa mi sono imbattuto oggi a lavoro!”
Molly si volse verso il marito poi spostò il suo sguardo su ciò che reggeva tra le braccia. Roba babbana.
“Oh Arthur, tu lo sai che io ti amo ma… insomma…”
“I Babbani lo chiamano karaoke!” esclamò tutto contento Arthur appoggiando il marchingegno in un angolo del tavolo “È per cantare le nostre canzoni preferite”
“Dubito fortemente ci siano le canzoni di Celestina, papà” gli fece notare Bill ridacchiando e servendosi da mangiare.
“E non credo neanche funzionerà qua dentro” disse Sirius mentre si chinava sull’oggetto per analizzarlo “Credo che la magia faccia interferenza, sai, con… questa… roba”.
“Non fingere di non apprezzare, Sirius!” esclamò Arthur con frenesia, iniziando a smanettare “La tua camera è colma di oggetti babbani… e in più tu avevi anche una motocicletta”.
Sirius alzò le mani in aria come per discolparsi “No, certo, lo sai che non ho nulla contro… ma insomma, bisogna guardare in faccia la realtà” prese in mano la spina della corrente e la guardò corrucciato “Credo che questa, ad esempio, necessiti di elettricità? O come si chiama” si volse verso Hermione e Harry ma, prima che uno dei due ragazzi potesse dire qualcosa, intervenne Tom “Sì, decisamente, ha bisogno di corrente elettrica per funzionare. Che peccato
Sirius spostò lo sguardo lentamente su di lui “Mi stupisce sempre la tua conoscenza del mondo babbano, Voldemort”.
Siamo maghi!” esclamò Arthur, le mani tra i capelli “Dovrà pur esserci un modo per farlo funzionare, no?”
Basta trovare il modo per alimentarlo con qualcosa che sia simile alla corrente” rispose Tom, stringendosi nelle spalle.
“Sai come?” chiese Molly. Nonostante avrebbe preferito evitare d’immischiarsi con la roba babbana, ogni volta che Arthur portava a casa qualche oggetto di quel tipo ne era così entusiasta che non riusciva proprio a impedire al marito di smanettarci un po’. Almeno finché tutto rimaneva nella legalità… e che male poteva fare cantare qualche canzone tutti insieme?
“Io so tutto” rispose arrogante Tom, alzando il mento e raddrizzando le spalle.
“Oh, per favore, allora, dimmi quale incantesimo usare per far funzionare questa cosa!” esclamò Arthur alzando lo sguardo speranzoso su di lui.
“Non ci penso nemmeno”
“Vuol dire che non è capace, Arthur” disse Sirius con un sorrisetto furbo e divertito. Tom si voltò verso Black e lo fulminò con lo sguardo “Certo che sono capace” sibilò punto sul vivo e adirato “Solo non voglio”
“Mi sembra un po’ troppo facile dire ‘sono capace’ e poi non farlo. Tu, Remus, cosa ne pensi?”
“Sono d’accordo con te, Sirius. Proprio l’atteggiamento di chi non è capace”.
Ben presto la cucina fu inondata delle urla dei presenti che si sgolavano per far sapere a Sirius che aveva ragione. Tom indurì la mascella, avrebbe potuto ucciderli tutto con un semplice schiocco di dita; invece, si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo, avvicinarsi al marchingegno babbano in silenzio e poi mosse la bacchetta in modo rapido. Il karaoke si accese immediatamente, lo schermetto s’illuminò e una musichetta fastidiosa si propagò per la cucina.
“Visto?” domandò Tom con un sorriso soddisfatto “Sono capace”.
“Grazie, Tom, grazie!” lo ringraziò Arthur stringendogli la mano con foga. Tom si liberò subito di quella presa inopportuna e guardò allibito Arthur che si lanciava su uno dei due microfoni attaccati al karaoke.
“Cosa vuoi cantare, Molly?”
“Non lo so, Arthur, non conosco neanche una di queste canzoni!” esclamò Molly chinata anche lei sul karaoke per leggere i titoli sullo schermo mentre dalle casse continuava a uscire un jingle fastidioso. Tom scosse il capo, che cosa aveva fatto? Già si prospettava una serata orrenda dato che lui e Bella erano in mezzo ad Auror e a Grifondoro idioti, in più ora aveva dato loro un’arma di distruzione di massa.
“Voglio una canzone romantica” sospirò la signora Weasley continuando a smanettare con il karaoke, sembrava stare schiacciando pulsanti a caso, senza senso alcuno. Infatti, dopo qualche secondo, il diabolico aggeggio babbano iniziò a cambiare e a propagare una melodia diversa dalle casse.
“Avete scelto That’s amore, Dean Martin”.
“No, cosa ho fatto?” chiese Molly portandosi le mani sulla bocca ma Arthur le ficcò un microfono in mano, mentre lui si portava il suo vicino alla bocca.
In Napoli, where love is king, when boy meets girl, here’s what they say
“Cosa?” domandò ancora una volta Molly, sempre più confusa. Arthur le fece cenno di fare silenzio, la fronte imperlata di sudore e gli occhi strizzati dietro gli occhiali di corno per cercare di leggere le parole sullo schermo.
When the moon hits your eye like a big pizza pie, that’s amore” cantò Arthur dondolandosi a ritmo di musica, poi fece cenno a Molly che però partì a cantare leggermente in ritardo “… nana… to shine like you’ve had too much wine, that’s amore!” si girò sorridendo ad Arthur mentre insieme intonavano “Bells will ring ting-a-ling-a-ling,  ting-a-ling-a-ling, and you’ll sing, ‘Vita bella’, hearts will play tippy-tippy-tay,  tippy-tippy-tay, like a gay tarantella
Tom si accorse solo dopo qualche secondo di avere la bocca spalancata in un urlo muto inorridito. Che cosa aveva fatto? Perché aveva azionato quel marchingegno degli orrori? Si voltò verso Bellatrix che era rigida in piedi accanto a lui con un’espressione talmente sgomenta che quasi lo fece sorridere.
“Che cos’è una gay tarantella?” gli chiese, alzando un sopracciglio confusa.
“Lo chiederò a Silente appena verrà qua, a tutta l’aria di essere un esperto” rispose ammiccandole divertito, ma non fece in tempo a godersi quell’attimo di presa per i fondelli di Albus Silente che, come riportò gli occhi sulle altre persone nella stanza, si rese conto come si fossero messi tutti a ballare.
When you walk in a dream but you know you’re not dreaming, signore!” esclamò Molly ridendo e facendo una piroetta. Tonks ballava con Sirius, Andromeda ballava con Ted, i due gemelli Weasley ballavano insieme, Bill ballava con Ginny…
Scusami, but you see, back in old Napoli…
THAT’S AMOREEE” lo urlarono tutti in coro e Tom sobbalzò mentre vedeva le coppie scambiarsi. Lanciò uno sguardo a Bella “Pensi che…”
“Se a voi fa piacere!” esclamò lei arrossendo. Tom alzò un sopracciglio, confuso “Volevo dire, possiamo svignarcela ora” fece Tom “Non vorrai davvero ballare sulle note di questa roba pacchiana babbana?”
“Oh no, Padrone certo che…”
THAT’S AMORE!
Tom scosse la testa, la cucina sembrava essersi trasformata in una sala da ballo mentre la Granger ballava con “Ronnie”, Tonks con il lupo mannaro, Andromeda con Sirius… e quel maledetto Fletcher stava di nuovo guardando la sua Bella. Si sentì andare il sangue al cervello nel leggere i pensieri di quell’idiota.
Scusami, but you see, back in old Napoli, that’s amore” cantò Arthur e poi di nuovo tutti in coro “AMORE!” e poi ancora “THAT’S AMORE!
Tom ringraziò Salazar per aver fatto finire quella tortura peggiore di una Cruciatus.
“È la cosa più bella che sia mai stata creata!” esclamarono contemporaneamente Arthur e Molly emozionati “Mettiamone un’altra!”
“Ma a me sembra che ci sia un’altra coppia che vorrebbe partecipare a questa sfida” interloquì Sirius lanciando uno sguardo a Voldemort e Bellatrix in disparte in un angolo della cucina come se volessero diventare parte dell’arredamento.
“Io credo che tu abbia capito proprio male, Black” sibilò Tom incrociando le braccia sul petto “Bella ed io abbiamo altri programmi per la serata”.
“Proprio in stile Serpeverde: quando si sente odore di sconfitta ve la date a gambe” sogghignò Sirius.
“Sconfitta?” ripeté Tom, sicuro di aver capito male.
“Non credo proprio tu e Bella siate in grado di fare di meglio di così”.
“Ci stai sfidando?”
“Ci puoi scommettere, Tom”.
Gli occhi di Voldemort, per un attimo, divennero completamente scarlatti e Molly si sentì raggelare come vide Tom – Voldemort? - e Bellatrix – la Mangiamorte – avvicinarsi a lei e ad Arthur con sicurezza. Deglutì sonoramente impaurita ma, come gli occhi di Tom tornarono i soliti due pozzi neri, il suo cuore smise di battere all’impazzata.
“Vi stracciamo, Weasley” sibilò Tom adirato prendendo svogliato il microfono dalla mano di Molly.
“Padrone, io non so cantare” mormorò Bella mentre afferrava il microfono di Arthur e se lo rigirava confusa tra le mani. Ma perché non se ne erano andati subito in camera? Bellatrix sentiva che sarebbe stata umiliata e no, non nel modo in cui piaceva a lei. Sarebbe stato solo imbarazzante e quei debosciati di suo cugino e sua sorella l’avrebbero presa in giro fino all’eternità.
“Come si cambiano le canzoni?” chiese Tonks avvicinandosi al karaoke e iniziando a pigiare tasti a caso, all’improvviso, la voce metallica del karaoke partì di nuovo.
“Avete scelto Barbie girl, Aqua
“Noi veramente non abbiamo scelto nulla!” s’inalberò subito, Bellatrix “Non è giusto che i nostri avversari decidano la canzone al posto nostro”
“Io non sono la vostra avversaria” si difese subito Ninfadora “Sono Arthur e Molly, io sono una giudice imparziale, Tassorosso…”
“Siete tutti nostri avversari” disse ancora Bella ma Voldemort le fece cenno di fare silenzio, che senso aveva? Tanto sarebbe stato un totale disastro in ogni caso.
Le scritte che comparvero sul monitor raggelarono Tom.
Hi Barbie
Hi Ken!
Deglutì e poi si sforzò di aprire la bocca. Ripensandoci con più calma, si disse che tutto sommato avrebbe avuto più senso perdere a tavolino contro i due Weasley piuttosto che prestarsi a quella buffonata ma, a quel punto, non poteva proprio esimersi. Che figura ci avrebbe fatto?
Do you wanna go for a ride?
Sure Ken!
La voce di Bella gli suonò subito strana. Un misto tra il disgustato, l’irritata e l’umiliata.
Jump in” sibilò.
Chiuse per un attimo gli occhi e li riaprì solo quando sentì la voce di Bella canticchiare in modo svogliato “I’m a barbie girl, in the barbie world. Life in plastic, it’s fantastic! You can brush my hair, undress me everywhere” s’interruppe atterrita mentre in cucina scoppiavano tutti a ridere, Bella perse la sua ultima frase e Tom digrignò tra i denti “Come on Barbie, let’s go party!
Bella ripeté la stessa strofa di prima, stava diventando così rossa che Tom pensò che sulle sue guance ci avrebbero presto potuto cuocere del bacon.
I’m a blond bimbo girl, in the fantasy world, dress me up, make it tight, I’m your dolly
You’re my doll, rock’n’roll, feel the glamour in pink, kiss me here” Tom scoppiò a ridere “touch me there… ma sul serio? Pensò sempre più divertito “hanky panky...?” non poteva credere di aver appena usato hanky panky, ma che canzone era poi? I Babbani non avevano dignità? Creanza? Non poteva crederci. Lanciò uno sguardo a Molly che si stava asciugando gli occhi dalle risate. Insomma, Bella doveva andare in giro con un vestito accollato e nascondere i suoi segni ma poi potevano cantare davanti “ai ragazzi” canzoni hanky panky?
You can touch, you can play, if you say” Bella quasi si strozzò con la sua stessa saliva “Oh no, non posso dire questo se penso che sia rivolto all’Oscuro Signore”.
“Perché, Bella, vuoi negare che non ti piacerebbe sentirti dire da lui I’m always yours…?” sghignazzò Sirius che si stava tenendo la pancia per quanto rideva forte.
Cantarono di nuovo il ritornello ma, come Bella pronuncio “undress me everywhere” Voldemort decise che ne aveva avuto abbastanza. Avrebbe mostrato alla feccia in cosa si erano cacciati. Si mise dietro a Bella e le fece scendere una spallina del vestito scoprendole la spalla. La sentì vibrare sotto il suo tocco e Tom sorrise tra sé e sé, si sarebbero pentiti di averli fatti cantare una canzone tanto indecente.
Make me walk, make me talk, do whatever you please. I can act like a star, I can beg on my knees
Inginocchiati Bella” le ordinò subito lui, Bellatrix eseguì senza neanche pensarci, era troppo abituata a qualsiasi cosa lui le dicesse.
Come jump in, bimbo friend, let us do it again, hit the town, fool around, let’s go party
You can touch” Voldemort fece scivolare una mano sul seno di Bella “You can play” glielo strizzò leggermente “if you say…
I’m always yours” come lui pronunciò le parole al posto di Bella, vide il viso di lei illuminarsi come se non avesse mai sentito parole più belle di quelle, gli occhi le si riempirono di lacrime e Voldemort subito si pentì di ciò che aveva fatto.
Stava scherzando e voleva prenderla in giro, ma Bella invece era, come sempre, una sciocca sentimentale e le bastava un niente per andare in brodo di giuggiole. Alzò gli occhi al cielo mentre continuavano a ripetersi le solite strofe di quella canzone squallida.
Oh, I’m having so much fun!
Well Barbie, we’re just getting started” le ammiccò alludendo a ciò che le avrebbe fatto una volta che fossero stati soli.
Oh, I love you, Ken!
Voldemort rimase pietrificato. Sentì gli applausi, i fischi e le grida di derisione di tutta quella feccia ma, in qualche modo, quell’I love you pronunciato con tanta enfasi da Bella lo aveva scosso. Non capiva, era qualcosa di sciocco e d’insensato, qualcosa che a lui non interessava e che, anzi, disprezzava eppure… tuttavia…
“Difficile decretare una coppia vincitrice” borbottò Tonks “Insomma la performance di Molly e Arthur è stata dolcissima e perfetta ma… questi due” scoppiò a ridere “non poteva capitare canzone migliore!”
I love you.
Ti amo.
Tom strizzò gli occhi. Si sentiva a disagio, come se le parole di Bella fossero state una maledizione terribile. Per qualche assurdo motivo, si sentì di nuovo male, come se gli mancasse l’aria.
Oh no, pensò agghiacciato. Non qui, non ora, non davanti a tutti… ma più pensava a un modo per scacciare quella sensazione di oppressione, più quella si faceva potente.
“Padrone” la voce di Bella funse come da ancora alla realtà, sentì la sua mano stringersi sul suo braccio “Vi sentite bene? Forse dovremmo andare a riposare”.
Tom annuì, il battito del cuore che tornava a un ritmo normale. Riaprì gli occhi e si ritrovò a un palmo dal viso la faccia preoccupata di Bella.
“Sto bene” la rassicurò alzando le spalle “Sono stati solo giorni molto intensi” fece un passo indietro, prese un bicchiere di Firewhisky che ingollò in un sorso.
“Bella” l’urlo di Sirius fece voltare Bellatrix.
“No, Sirius, la devi chiamare Barbie girl da oggi in poi” disse Andromeda facendo finta di rimproverare il cugino. Scoppiarono tutti a ridere. Tom diede loro le spalle, neanche sentiva più le urla di Bella. Appoggiò il bicchiere su un ripiano e, stando bene attento a non farsi vedere da nessuno, sgattaiolò di sopra. Salì le scale in punta di piedi, sotto lo sguardo vuoto delle teste mozzate degli Elfi Domestici, felice di essere di nuovo da solo. Quella convivenza con la feccia lo stava mettendo a dura prova ma, contro ogni aspettativa, ciò che più gli creava uno scombussolio non meglio imprecisato era Bellatrix. Perché, se da una parte era innegabile l’effetto balsamico che aveva sui suoi nervi e sulla sua anima mutilata, dall’altro non poteva negare che ci fosse decisamente qualcosa che non andava. Perché quel disagio al “ti amo”? Bella stava solo cantando e, in ogni caso, a lui comunque non interessava. Era stata tutta una burla, qualcosa d’imbarazzante, qualcosa da sradicare dalla mente di quella feccia… e dalla mente di Bella. Sì, si disse Tom, Come saremo di nuovo soli la frusterò così tanto che le farò passare ogni fantasia romantica e d’amore. Lei deve stare sotto di me, inginocchiata, umiliata e implorante, per lei non deve esistere altro che quello. Non può permettersi… non deve… Ma i suoi pensieri vennero interrotti da dei singhiozzi provenienti dallo studio al primo piano.
“Chi c’è?” chiese Tom tirando prontamente fuori dalla veste la bacchetta. Non ci fu risposta, ma i singhiozzi continuarono senza sosta. Tom aprì senza esitazione alcuna la porta della stanza, la bacchetta alta pronto a colpire qualsiasi cosa si nascondesse in quella stanza. La prima cosa che vide fu Molly accasciata contro il muro, la bacchetta in mano e il corpo scosso dai singhiozzi. Aveva lo sguardo terrorizzato e fissava con insistenza davanti a sé. Tom spostò lo sguardo e vide, sul vecchio tappeto impolverato, il corpo di uno dei figli della Weasley, Ron. Tom aggrottò le sopracciglia, era sicuro di aver visto Ronald Weasley giù in cucina mentre parlava con Tonks di manici di scopa…
R-r-riddikulus!” esclamò Molly tra un singhiozzo e l’altro.
CRACK.
Il corpo di Ron si trasformò in quello di Bill, lo sguardo vuoto e spento.
R-r-riddikulus!
Il corpo di Arthur Weasley andò a sostituire quello di Bill. E poi ancora, Percy morto, i gemelli morti, Ginny morta, Potter morto…
Tom fece un sospiro e si fece avanti “Molly” la chiamò piano accovacciandosi accanto a lei “Me ne occupo io, esci di qua”. Molly scosse la testa singhiozzando, Tom la osservò freddo per ancora qualche secondo. La più grande paura di quella donna era perdere la sua famiglia… la sua famiglia e Potter. Potter per Molly Weasley era come un figlio, dunque? Era possibile preoccuparsi così tanto per qualcuno che non fosse sé stessi? Come poteva essere? Tom fece un passo avanti e il molliccio si concentrò su di lui. Quanti mollicci aveva affrontato nella sua vita? Fin troppi da contare, era pronto a ciò che avrebbe visto. Il Molliccio mutò subito forma e si trasformò in un bambino, morto, indosso aveva la divisa dell’orfanotrofio. Tom sentì di nuovo quella spiacevole sensazione di oppressione carpirgli il petto mentre percepiva come una mano di ghiaccio stringergli il cuore. La forma del Molliccio mutò di nuovo, e Tom si ritrovò a specchiarsi negli occhi vuoti di sé stesso adolescente. Perché il respiro gli si mozzava in gola? In un turbinio si sentì investito di nuovo da mille pensieri, il Diario, l’Anello, il Medaglione, il Diadema, Nagini, la Coppa… e se tutti quegli oggetti fossero stati distrutti? Sentì la falce della morte piombare sul suo collo e, in quell’istante, il Molliccio cambiò di nuovo forma e si trasformò nel corpo morto di Lord Voldemort. Tom osservò il viso pallido inespressivo, gli occhi scarlatti spalancati e privi di anima, privi di vita. Un rantolo gli uscì dalla bocca.
“Padrone?!” il grido strozzato di Bellatrix lo fece, ancora una volta, riemergere dal baratro di follia nel quale stava precipitando. Tom fece ancora un passo avanti, puntò senza più esitazione alcuna la bacchetta sul corpo morto di Lord Voldemort; Tom Riddle sarebbe anche potuto morire, ma Voldemort? Lord Voldemort aveva raggiunto l’immortalità e la sola idea che giacesse lì disteso morto era ridicola…
“Riddikulus!
Lord Voldemort si alzò da terra con innaturale lentezza. Aveva di nuovo lo sguardo vivo e furioso, di un rosso intenso. Ma Tom sapeva bene che non era quello il modo di sconfiggere un Molliccio e si rassegnò a vedere lo spettacolo osceno che il Voldemort-Molliccio avrebbe dato. D’altro canto, erano necessarie le risate. Il Voldemort-Molliccio ruotò su sé stesso e, al posto della sua sobria veste nera, comparve un tutù di tulle rosa. Tom non si voltò né a guardare Bella, né in direzione di Molly. Non solo si era ridotto a cantare al karaoke, ora lo avrebbero anche visto danzare. Il Voldemort-Molliccio si inchinò verso il suo pubblico, fece un pliè poi andò in relevé. Con un sorriso raggiante – che Tom trovò particolarmente inquietante – il Voldemort-Molliccio iniziò a fare svariate pirouette poi, terminate quelle, lo vide balzare con grazia per la stanza. Fu una questione di qualche istante: lo studio venne invaso da sonore risate. Tom sobbalzò e si volse: in quella stanza non erano presenti solo Bella e Molly che, tutto sommato, Tom lo sapeva, mai lo avrebbero preso in giro per quel Molliccio ma c’erano anche Black, Lupin e Moody. Le loro risate gli gelarono il sangue nelle vene e lo fecero imbufalire. Quando si volse di nuovo verso il centro della stanza, il Molliccio era già scomparso. Tom fece un sospiro di sollievo, le risate che ancora rimbombavano nella stanza poi, improvvisamente, si sentì afferrare con forza e si sentì stringere forte.
Era Molly Weasley.
Tom rimase rigido e lanciò uno sguardo disperato intorno mentre quella sciocca donna continuava a piangergli sulla spalla. Non sapeva cosa fare, anzi, non voleva fare nulla se non smaterializzarsi in soffitta e non uscire più per almeno una settimana. Quella serata era stata talmente assurda che Tom pensò dovesse essere solo uno stupido sogno, non poteva essere realmente accaduto tutto…
“Era solo un Molliccio, Molly” provò a dirle cercando contemporaneamente di liberarsi della sua presa ma, le braccia della signora Weasley, sembravano essersi trasformate in tentacoli.
“Io li vedo morti sempre” singhiozzò contro il suo petto Molly poi, improvvisamente, lo lasciò andare “Ed è anche colpa tua” disse guardandolo in faccia con un’espressione scandalizzata, come se lo vedesse per la prima volta. “Non si tratta solo dei Druidi” proseguì Molly “è colpa tua, dei tuoi Mangiamorte… di lei” esclamò Molly indicando Bellatrix con l’indice.
Tom alzò un sopracciglio e incrociò le braccia sul petto “Ma se ho aiutato i tuoi figli con i compiti? E gli preparo anche la colazione ogni mattina” fece un sorrisetto supponente “Non essere sciocca, Molly. Non farti prendere da paure che appartengono al passato…”
“Passato un corno!” sbottò Moody “Credi che siamo scemi? Credi che non lo sappiamo che, non appena vi sarete liberati dei Druidi, sarai pronto a colpirci alle spalle?”
“Non colpirò nessuno alle spalle” il sorriso di Tom si aprì ancora di più mentre metteva su l’espressione più innocente che riusciva a imitare per poi porgere un fazzoletto a Molly “Troveremo una soluzione… alternativa per risolvere la questione di Potter”.
“Se ti aspetti che noi ci crediamo…”
Tom alzò le spalle e prese Bellatrix per un braccio “Di quello che fate voi non potrebbe importarmene di meno”.
Si smaterializzò in soffitta insieme a Bella.
“Mio Signore” lo chiamò delicatamente quasi con dolcezza “Vi sentite bene?”
“Dobbiamo ucciderli tutti, Bella” le sibilò all’orecchio mentre iniziava a strapparle la veste con foga.
“Moriranno tutti e tutta quest’assurda estate sarà come se non fosse mai esistita”.

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Allora, io penso che dopo questo capitolo devo andare a nascondermi e basta. Non saprei dire com'è uscita l'idea del karaoke (davvero, non mi ricordo cosa mi passasse per la testa quando ho deciso di scrivere questa cosa, forse ero sotto effetto di stupefacenti). Ricordo invece com'è nata l'idea di Voldemort-Molliccio con il tutù rosa: c'è un'immagine che girà di Voldemort col tutù rosa, volevo inserirla da qualche parte a tutti i costi... e perché non nella Volly? 
Vabbé, perdonate questo capitolo così trash... giuro che abbiamo toccato le vette e non ci saranno più cose trash a questi livelli (credo...)

Happy Friday!
Clo

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Tom non riuscì a dormire.
A dir la verità, non riusciva nemmeno a stare sdraiato.
Da quando aveva scoperto che il segreto degli Horcrux non era poi più così tanto un segreto l’idea della morte era tornata a tormentarlo con un’insistenza tale da essere insostenibile. La vedeva ovunque, la sentiva ovunque. E il molliccio della sera prima… rabbrividì al pensiero del suo corpo morto, privo di vita. Non poteva pensare al nulla che lo attendeva e che lo avrebbe inglobato, divorato. Afferrò svogliatamente un braccio di Bellatrix tentando di riacquistare lucidità e normalizzare il respiro.
Era vivo.
Anche se il diario era stato distrutto.
Anche se il medaglione era stato trafugato.
Che importanza aveva? Ora era rientrato in suo possesso. Cosa avrebbe dovuto farne? Avere gli Horcrux vicino a lui lo metteva sempre a disagio, come se le sue parti di anima lottassero per tornare insieme. Già c’era Nagini… poi il Medaglione… si sentiva scombussolato. Senza contare che, quel poco che riusciva a riposare, era tormentato da sogni inutili che sembravano avere più a che fare con un adolescente che non con un mago oscuro di settant’anni.
Cosa gli stava succedendo? Perché continuava a vedere Hogwarts nei suoi sogni? Perché continuava a rivivere la morte di quel Cedric (perché, anzi, si ricordava il nome di quel ragazzo ucciso al cimitero?)
La vicinanza con questa feccia mi sta facendo smarrire la mia vera natura, si disse mentre si districava dalle braccia di Bella – che si aggrappava sempre a lui come se fosse una Passaporta – e si avvicinava allo specchio per procedere di nuovo alla trasfigurazione dei suoi tratti.
Voldemort si guardò a lungo allo specchio: la pelle bianca, quasi trasparente, il naso schiacciato, gli occhi rossi… non aveva quasi più nulla di umano. Adorava quel suo nuovo aspetto che nulla più aveva di Tom Riddle. Lord Voldemort era immortale era solo ovvio che il suo aspetto richiamasse un essere trascendentale che aveva lasciato indietro la sua umanità. Sospirò e, velocemente, riprese l’aspetto che aveva avuto da giovane… quei tratti che, lo sapeva, erano un’eredità di quello schifoso Babbano…
Padrone…”
Tom si volse verso il letto e vide Bellatrix rigirarsi tra le lenzuola. Adorava sapere di essere sempre tra i suoi pensieri anche quando stava dormendo… sogghignò un poco quasi tentato di svegliarla e farla sua, poi scosse il capo e decise di scendere in cucina.
Era prestissimo e, di conseguenza, fu sorpreso di trovare già in cucina la signora Weasley.
“Oh, buongiorno caro!” lo salutò cercando di reprimere uno sbadiglio mentre si versava una tazza di caffè.
“Buongiorno Molly” rispose Tom sedendosi di fronte a lei “Non sei riuscita a dormire?” le chiese di getto ripensando vagamente al molliccio della sera prima. Anche il molliccio della signora Weasley aveva a che fare con la morte… e, tuttavia, la natura dei due mollicci era così diversa: quella di Molly Weasley nasceva dalla preoccupazione per i suoi cari; quella di Tom nasceva per una paura che aveva a che fare solo ed esclusivamente con sé stesso.
“Continuo a vederli morti…” sospirò la signora Weasley “Ogni volta che chiudo gli occhi mi immagino tutta la mia famiglia morta” esitò “Non si tratta solo dei Druidi” bevve un sorso di caffè e Tom si sorprese di come non riuscisse a guardarlo in faccia “Anche riuscissimo a sconfiggere loro… tu rimarresti una minaccia” fu in quel momento che Molly alzò lo sguardo e Tom si accorse di come avesse gli occhi lucidi.
Era stata una nottataccia per Molly, aveva come avuto un’epifania: avevano tutti avuto ragione. Tom era Voldemort, un mostro. E la paura di perdere la sua famiglia, Harry, era anche a causa sua. Causa di quel ragazzo che ora sedeva di fronte a lei con quell’espressione innocente stampata in viso ma chissà quali metodi stava progettando per sterminarli tutti insieme a quell’altra pazza che si portava sempre dietro.
“Ti ho detto ieri che non è necessario finisca così” le disse Tom, mentendo in modo spudorato. Non avrebbe mai smesso di cercare l’immortalità, il potere… e sì, magari avrebbe potuto risparmiare i Weasley (se non si fossero messi di mezzo) ma Potter? Oh, Potter sarebbe stato il primo a cui avrebbe fatto saltare la testa.
“Non ci credi nemmeno tu” commentò Molly rimestando sovrappensiero il caffè “Il vero problema è che…” si morse le labbra “Oh, caro, non riesco davvero più a odiarti!”
Tom sorrise indulgente “Difficile odiare un così bel faccino…” si passò una mano sotto il mento “Ma posso farti vedere il mio vero aspetto, Molly” aggiunse in un sibilo “Solo Bellatrix non trova raccapricciante il mio vero aspetto… è qualcosa che va al di là dell’essere umano, che in pochi possono capire…”
Molly lo guardò per qualche secondo come ipnotizzata. Forse doveva accettare. Forse doveva vederlo per quello che realmente era, come avevano continuato a insistere tutti durante le settimane passate.
Mi sono lasciata abbindolare, si disse col cuore spezzato. Non poteva credere che il ragazzo seduto di fronte a lei – il Tom con il quale cucinava e si scambiava ricette – fosse un pazzo assassino pronto a uccidere tutta la sua famiglia. O meglio, certo, lo aveva sempre saputo che Tom era… beh, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato ma… ma in cuor suo sperava davvero fosse riuscita a cambiarlo, almeno un poco. Sperava che qualcosa nella sua anima fosse mutata ora che aveva scoperto il calore di una famiglia, cosa significasse avere qualcuno che si preoccupa per te.
Sei un’ingenua, Lollymolly. Non puoi fare da madre al mondo intero, così le avrebbe detto Arthur… E come dargli torto? Forse davvero alcune anime non erano recuperabili…
“Non credo di essere pronta” rispose infine Molly alzando le spalle e bevendo un sorso di caffè “Non credo di essere pronta a… vederti”.
Tom socchiuse gli occhi e la soppesò ancora per qualche istante, poi gli angoli della sua bocca si alzarono leggermente ma Molly notava sempre come quel sorriso non raggiungesse gli occhi. Non era cambiato nulla in quei mesi. Quegli occhi neri rimanevano due pozzi freddi, privi di empatia e compassione. Doveva dare retta ad Arthur, fare un passo indietro perché, altrimenti, avrebbe rischiato di farsi inglobare da quel nulla...
“Vorrà dire che, nel frattempo, ti mostrerò semplicemente qualche nuova ricetta…” le disse strizzandole un occhio. Molly gli fece un sorriso triste mentre si alzava insieme a Tom e si dirigeva ai fornelli in quella che, ormai, era una routine assodata.
“Sarà strano non avere più i ragazzi qui quando saranno tornati a Hogwarts” disse Molly dopo un po’ mentre girava alcune salsicce in padella.
Stranissimo” rispose Tom “Chissà come faremo” proseguì ironico.
Molly scosse la testa “È sempre strano vedere i miei figli che se ne vanno… Bill, Charlie…” il respiro le si mozzò “Percy”
Tom rimase in silenzio non sapendo cosa rispondere.
Non aveva mai avuto una madre e per lui scappare a Hogwarts era sempre e solo stata l’unica opzione. Solo con Bellatrix aveva avuto la sensazione di mancare a qualcuno ma, ancora una volta, si rendeva perfettamente conto di come i sentimenti di Molly Weasley fossero mossi da qualcosa di diverso rispetto a quelli di Bella.
“Quindi…” Tom si bloccò, quasi impaurito dal continuare. Perché continuava ad aprirsi con quella donna? Perché la sua anima si dibatteva a quel modo? Doveva indagare, doveva liberarsi di quell’emotività che lo destabilizzava.
Ho troppi pezzi di anima vicini a me… si tratta solo di questo…
 “Quindi… Non avresti mai abbandonato un tuo figlio…” si schiarì la gola e continuò a fissare la padella con insistenza “alla nascita, intendo”.
Molly lo guardò di sottecchi. Intuiva che quella fosse una domanda molto personale, la cui risposta fosse per Tom di estrema importanza. Rimase in silenzio per qualche istante fingendo di essere preoccupata per la cottura delle salsicce poi, quando non poteva indugiare oltre, si convinse a rispondere.
“Credevo tua madre fosse morta di parto” provò a dire Molly non sapendo bene cosa replicare. No, lei non avrebbe abbandonato per nessun motivo al mondo nessuno dei suoi figli. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di garantire loro un futuro, felicità… si sarebbe anche immolata alle Arti Oscure, pur di salvarli. Ma cosa ne sapeva lei di quella che era stata la madre di Tom Riddle? Discendente di Salazar Serpeverde che scappa con un Babbano? Chissà che cosa aveva dovuto passare…
“Era una strega” rispose Tom “Avrebbe potuto fare qualcosa. Avrebbe potuto salvarsi. Avrebbe potuto salvarmi” fece una pausa “Sarebbe bastato andare al San Mungo invece che andare all’orfanotrofio” Tom fece un sospiro. Neanche sapeva perché, ancora una volta, si stava aprendo con quella Weasley. Che cosa poteva dirgli quella sciocca donna? Alzò lo sguardo su di lei che lo guardava con aria dispiaciuta, preoccupata. Tom si odiò e la odiò per quell’espressione insulsa da Traditrice del Suo Sangue quale era…
“Alcune scelte non sono facili” rispose Molly cauta “E, solo perché io avrei agito diversamente, non significa che il mio comportamento sia giusto”
Mi ha abbandonato” il sibilo di Tom era bassissimo e Molly fece quasi fatica a sentirlo. Parlava senza muovere le labbra come se per dire quelle parole stesse facendo violenza a sé stesso “mi ha volutamente dato in pasto ai Babbani”
Molly scosse la testa, iniziava forse a capire. Avevano già trattato di sfuggita quell’argomento e Tom non smetteva mai di rimarcare come la sua situazione e quella di Harry fossero diverse: entrambi orfani… ma Harry sapeva che sua madre era morta per salvargli la vita, difenderlo… Tom, invece, era convinto sua madre lo avesse abbandonato e costretto a un’infanzia di abusi con consapevolezza…
“Tua madre era innamorata di un Babbano… probabilmente era convinta avresti avuto un futuro più felice in mezzo ai Babbani… chissà, magari credeva saresti nato senza poteri…”
Tom emise un ringhio e scosse il capo.
“Quale madre abbandona il proprio figlio?”
“Quella che pensa che il proprio figlio starebbe meglio senza di lei…”
Tom strinse gli occhi e osservò per qualche momento il viso gentile di Molly Weasley. Non aveva importanza cosa dicesse quella stupida donna.
Nulla aveva importanza.
Tom non avrebbe mai perdonato quella streghetta da quattro soldi che aveva deciso di lasciarlo all’orfanotrofio, condannandolo a un’infanzia infelice. Poco importava che Voldemort, senza quell’infanzia, non avrebbe mai avuto modo di nascere… 
 
Quella mattina si alzarono tutti piuttosto tardi, forse ancora storditi dai festeggiamenti della sera prima e – Tom si disse che doveva aspettarselo – tutta quella gentaglia non perse occasione per fare battute idiote riguardo allo “spettacolo” della sera prima.
“Dobbiamo trovare un altro molliccio!” esclamò Fred dando una gomitata al gemello “Non possiamo davvero esserci persi Voi-Sapete-Chi in tutù che danza!”
Tom digrignò i denti.
Quel maledetto molliccio non doveva essere visto da nessuno! Senza contare che, non fosse stato di nuovo quasi preso da un attacco di panico, invece di usare un insulso Riddikulus, avrebbe semplicemente lanciato una Maledizione Oscura e lo avrebbe disintegrato, tagliando la testa al toro. Invece no, qualcosa all’interno di sé si stava ribellando rendendolo debole, vulnerabile… Qualcosa lo spingeva a parlare con la Weasley della donna che lo aveva messo al mondo.
Incredibile.
Impossibile.
Privo di senso.
Non solo, l’indomani sarebbe dovuto partire alla volta dell’Austria con Silente. Non poteva di certo permettersi un attacco di panico in presenza di Silente o, ancora peggio, in presenza di Silente e Grindelwald. Come poteva fare?
“Se non chiudete quelle boccacce impertinenti vi faccio zittire io a suon di Cruciatus!” sibilò Bellatrix già pronta a mettere mano alla bacchetta e difendere l’onore del suo Signore.
“Ma se sei una Barbie girl in a barbie world, Bella…” sogghignò Sirius “non hai davvero più nessuna credibilità dopo ieri sera!”
Bellatrix fece per rispondere a tono ma Tom la bloccò svogliatamente, senza neanche guardarla “Lascia perdere, Bellatrix” le sibilò all’orecchio arpionandole il polso con forza.
E Bella? Come l’avrebbe presa Bella? Aveva rimandato troppo a lungo. Doveva dirglielo, non poteva sparire all’improvviso, doveva dirle che dall’indomani sarebbe stato via per quasi una settimana… ma l’idea di gestire un attacco di panico di Bellatrix lo faceva iperventilare. Non aveva né tempo, né voglia, né le energie di occuparsi delle sue sciocche preoccupazioni. Aveva già le proprie a cui pensare, gli Horcrux…
Tom lanciò un’occhiata ad Andromeda, sperando che fosse pronta a intervenire perché non era affatto sicuro sarebbe riuscito a controllare (o meglio, a sopportare senza farla fuori) le lagnanze di Bella.
“Ti devo dire una cosa” si decise infine a dire Tom schiarendosi la voce “Anzi, è una comunicazione un po’ per tutti…” aggiunse dopo un attimo di esitazione: conoscendo Silente non aveva detto proprio un bel niente a nessuno…
Tutti i presenti si voltarono a guardarlo, chi con espressione incuriosita e sorpresa, chi invece con un’espressione di completo menefreghismo.
“Domani parto”.
“Sia lodato Merlino!” esultò Sirius lasciandosi andare al commento che la maggior parte delle persone presenti in cucina avrebbe voluto fare. Immediatamente Ginny, Fred e George si lasciarono andare a una specie di danza tribale di festeggiamento mentre canticchiavano esultando “Domani parte! Domani parte!”
Molly si volse di scatto, un’ombra di apprensione sul viso: che fosse colpa sua? Sua che lo aveva allontanato? O forse era per colpa della conversazione che avevano avuto quella mattina? Sentiva di essersi aperto troppo?
“Come mai?” chiese Molly fingendosi indifferente mentre afferrava uno strofinaccio e iniziava ad asciugare i piatti della colazione… o meglio, del brunch.
“Parto con Silente” spiegò Tom “Andiamo in Austria a liberare Grindelwald” precisò per poi spostare lo sguardo su Bellatrix che sedeva accanto a lui come in stato catatonico.
Bellatrix faceva fatica a continuare a seguire la conversazione. Il suo cervello si era scollegato non appena aveva sentito che il suo Padrone se ne sarebbe andato lasciandola lì, sola, priva di conforto, priva della sua guida. Sapeva che sarebbe successo… e sapeva che il suo Padrone sarebbe partito senza di lei… ma l’idea che non lo avrebbe visto per quasi una settimana… e se non fosse tornato affatto? E se l’avessero rispedita ad Azkaban? O, peggio ancora, se fosse rimasta intrappolata in mezzo a tutti quei topi di fogna? La sola idea la faceva impazzire.
Si riscosse.
“Portatemi con voi, mio Signore!” lo implorò di getto lanciandosi ai suoi piedi “Vi prego” chinò il capo sbattendo la fronte sul pavimento.
Voldemort sbuffò “Non renderti ridicola, Bellatrix”.
“Padrone!”
Non poteva pensare di rimanere in quella casa senza di lui. Quale sarebbe stato il suo scopo?
“Continuerai a lavorare sul sigillo. Quando torneremo con Grindelwald dovremo essere il più pronti possibile”
Bellatrix chiuse gli occhi e sentì immediatamente le lacrime scivolare sulle guance. Non poteva pensarci. Non poteva pensare di rimanere senza il suo Padrone. Gli afferrò una gamba e la strinse con forza.
“Non vi lascio andare senza di me…”
Voldemort rise crudelmente “Quante sciocchezze. Tornerò”
Bellatrix non riuscì a trattenersi perché quello sembrava proprio un déjà-vu “Avete detto così anche quando siete andato dai Potter… e poi siete scomparso per quattordici anni!”
Sentì la gamba del suo Padrone contrarsi e si rese conto di aver detto la cosa sbagliata. Voldemort si liberò della presa della strega e, nel farlo, quasi le tirò un calcio.
“Come osi?” le sibilò afferrandola per i capelli e tirandola su “Come osi mettermi in discussione?
“Lascia andare mia sorella!” s’intromise subito Andromeda facendosi avanti e sfoderando la bacchetta “Nessuno qui sentirà la tua mancanza se non lei… e tu, per la sua preoccupazione, la tratti così?” urlò “Lasciala stare!”
“La sua preoccupazione implica io sia debole” sibilò Voldemort sempre più adirato “Non osare metterti in mezzo in cose che non ti riguardano”.
“Bella mi riguarda è mia…”
“Bellatrix appartiene a me” la interruppe gelido Voldemort.
Lasciò andare i capelli di Bella, le afferrò il braccio sinistro e le tirò su la manica della veste “E questa ne è la prova incontrovertibile. Il mio marchio
Andromeda osservò per qualche secondo il teschio col serpente che svettava sul braccio della sorella. Ne era disgustata e nauseata, non poteva pensare che sua sorella Bellatrix si fosse consapevolmente immolata a un mostro simile… ma, magari, durante l’assenza di quell’essere disgustoso, sarebbe riuscita a riprendersi qualche pezzo di Bella...
“Lascia stare, Andromeda… sto bene” pigolò Bellatrix mentre Voldemort la lasciava andare bruscamente “non è successo nulla…” Bella spostò di nuovo lo sguardo sul suo Signore e, per un attimo, vide Voldemort dietro alla maschera di Tom Riddle. Era profondamente adirato ma Bella non riusciva a capirne fino in fondo il motivo. La sua paura di non rivederlo più… sapeva che era infondata, sapeva che era una paura senza senso e, tuttavia, non poteva fare a meno di provarla. Non riusciva proprio a pensare di stare separata da lui…
“Padrone…”
“Taci, Bellatrix” sibilò Voldemort più alterato che mai e, con uno schiocco, si smaterializzò.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Tom continuava a scoccare occhiate scocciate al cartellone che segnava i voli, fissava le scritte truce, poi riportava l’attenzione sull’orologio che teneva al polso. A Tom piaceva sempre essere in orario – anzi, in anticipo – e quindi era arrivato in aeroporto ben prima della partenza dell’aereo. Tuttavia, il tempo stava inesorabilmente passando e, di quel vecchio rincoglionito di Silente, ancora non c’era traccia.
Tom si passò una mano sul viso cercando di rilassarsi. La notte precedente, la prima dopo tanto tempo lontano da Bellatrix, non era riuscito a riposare neanche per mezz’ora. Era stanco – o, per meglio dire, spossato – si sentiva privo di energie e, per il tipo di impresa che si accingeva a fare, non poteva esistere situazione peggiore: aveva bisogna di essere vigile, attento, scattante.
Sentì uno schiocco alle sue spalle e Tom spalancò gli occhi.
“Alla buon’ora, Albus” sibilò senza voltarsi come sentì una presenza avvicinarsi sempre di più.
“Scusami, Tom. Sono passato al Quartier Generale per degli ultimi ragguagli…” Albus squadrò Tom attraverso i suoi occhiali a mezzaluna “Ho trovato una situazione un po’… particolare
“Non mi interessa” lo interruppe Tom, capendo benissimo dove volesse andare a parare quel vecchio rimbambito di Silente.
“Dovrebbe interessarti, invece, visto che sei tu che hai insistito per riaverla indietro”
Tom alzò gli occhi al cielo.
“Non crederai sul serio mi metta a parlare dei miei problemi di cuore con te, Silente”
Problemi di cuore” ripeté Silente sorridendo sotto i baffi “non avevo capito fossi tornato adolescente” il suo sorriso si fece più ampio “A ben vedere, credo che questa sia una situazione del tutto inedita per il famigerato Lord Voldemort...”
Tom si morse la lingua. Come gli era uscito quel “problemi di cuore”? C’era qualcosa che non andava in lui, ma proprio non riusciva a capire che cosa diamine fosse. Erano ormai settimane che continuava a fare sogni strani (adolescenziali, appunto, e che nulla avevano a che fare con la sua vita e le sue preoccupazioni), che continuava a sentire qualcosa dentro di lui, nella propria mente, che non andava. Era come se avesse una… un’altra mente? O forse era la sua mente… la sua anima… che usciva da sé? Non ci capiva più nulla. Che la signora Cole ci avesse visto giusto? Che lui fosse impazzito?
Tom scosse la testa cercando di liberare la testa da tutti quei pensieri ingombranti e assillanti. “Muoviamoci” sibilò procedendo verso il gate che era segnato sul loro biglietto “Anche perché… mi sa che a breve i tuoi problemi di cuore saranno ben peggiori dei miei” aggiunse malevolo dopo qualche minuto di silenziosa camminata.
“Non ho nessun problema di cuore, caro Tom” rispose Silente affiancandolo e tirando fuori dalla sua giacca color porpora il passaporto babbano contraffatto. Tom lo guardò di sbieco. Aveva leggermente ringiovanito i suoi tratti e portava la barba e i capelli più corti. Era vestito con un completo decisamente molto simile a quello che aveva indossato la prima volta che si erano incontrati all’orfanotrofio. Tutto sommato sì, forse sarebbe anche potuto passare per un Babbano…
“Non crederai davvero che questa sia la prima volta che rivedo Gellert dopo il duello…”
Tom alzò il sopracciglio “A Nurmengard consentono visite coniugali?”
“A Nurmengard consentono al più potente mago in circolazione di consultare il più potente Mago Oscuro per cercare di capire come sconfiggere un altro maghetto oscuro…”
“E queste due menti eccelse non sono riuscite, insieme, a trovare un modo per sconfiggere questo ‘altro maghetto oscuro’?” Tom fece un ghigno “Proprio due potenti maghi devono essere…” aggiunse mentre porgeva all’addetto della sicurezza il passaporto e il biglietto.
“Chi dice che non abbiamo trovato il modo?” mormorò Silente accanto a lui mentre il poliziotto apriva anche il suo passaporto.
“Tom Riddle?” chiese il poliziotto osservando la foto sul passaporto e poi il viso di Tom che, dal canto suo, fece un rigido cenno di assenso “E Percival Scemente?”
Silente si voltò verso Tom che continuava a sogghignare divertito.
“Siamo noi” rispose con sicurezza Tom riprendendo i passaporti e i biglietti “Perdoni mio zio, ogni tanto tende a essere… lento, sa, l’età”
Il poliziotto fece cenno loro di proseguire e, come furono fuori portata delle orecchie del Babbano, Silente disse a Tom “Ti sentirai davvero molto furbo e soddisfatto per questa trovata”
Tom rise “Oh, aspetta di vedere il nome che ho scelto per Grindelwald… un vera chicca
“Tom” sospirò Silente mentre si mettevano in coda pronti all’imbarco “Cerca di non fare il gallo”
Tom fece una smorfia “Non sono mai stato un gallo”
Silente lo afferrò per un braccio e glielo strinse forte. Tom si irrigidì, odiava essere toccato, odiava quando qualcuno lo faceva senza preavviso e senza che avesse ricevuto il suo consenso. Ancora di più lo odiava quando a farlo era un nemico.
“Gellert non è molto diverso da te. Siete due galli… e due galli nel pollaio non fanno bene a nessuno. Non si tratta di primeggiare ma di… collaborare
“Sono qui con te. Qui con te in un aeroporto babbano per venire a liberare il tuo amante… non ti sembra abbastanza come collaborazione?”
Silente sospirò “Ti sono grato per l’aiuto” fece una breve pausa mentre lo steward staccava i biglietti e la hostess indicava loro dove sedersi. L’aereo era piccolo e a Tom non ispirava grande fiducia… a dir la verità, non aveva mai avuto grande fiducia nella tecnologia babbana, fortunatamente, però, nella tasca dei pantaloni aveva la sua amata bacchetta di tasso che, in caso di necessità, sarebbe venuta in suo soccorso. I loro posti erano a metà aereo e oltre a loro due era già seduta una terza persona nella loro fila. Tom storse il naso mentre prendeva posto accanto al Babbano seduto al finestrino.
“Dicevo…” proseguì Silente sedendosi accanto a Tom “Ti sono grato per l’aiuto ma… non è questo il punto. Dovrai ascoltare ciò che Gellert ha da dire” Albus fece una pausa e si accarezzo la barba “È un… ehm…” lanciò uno sguardo al Babbano che, tuttavia, stava guardando distrattamente fuori dal finestrino mentre i bagagli venivano imbarcati “Una persona in gamba. Io stesso ho imparato molto da lui… la sua visione de… della faccenda… ci sarà senz’altro utile”
“Lascia decidere me se sarà utile oppure no” lo interruppe Tom “Nessuno conosce la magia meglio di me”
Il Babbano sussultò e si voltò verso di loro con uno sguardo interrogativo, Silente gli sorrise cordiale e quello alzò le spalle senza degnarli di altra attenzione.
“Gallo, appunto” mormorò Silente scuotendo la testa e allacciandosi la cintura “E presta più attenzione alle tue parole”
Tom sbuffò sonoramente “Magia, magia, magia” cantilenò a voce alta “Ho passato tutta la mia infanzia e la mia adolescenza a nascondermi… se pensi che continuerò a farlo anche ora ti sbagli di grosso”.
“Tom” iniziò Albus paziente “Non abbiamo tempo per queste cose. Come ben sai, non siamo qui a giocare e… nessuno può sapere di questa nostra missione” le ultime parole le disse con un tono così basso che Tom si dové avvicinare a lui per riuscire a sentirlo “Credi che il Ministero della Magia non abbia spie ovunque? Dobbiamo passare per due Babbani, zio e nipote, in vacanza in Austria. Cerca di collaborare”.
Tom alzò le spalle indifferente mentre il capitano iniziava a fare il suo annuncio e l’aereo si preparava per il decollo. Tom si accomodò meglio sul sedile reclinando la testa all’indietro. Le tempie gli pulsavano. Si sentiva stremato… Aveva bisogno di riposare ma non poteva farlo con Silente accanto e, per giunta, su un catorcio babbano. Sarebbe riuscito a resistere senza dormire per altri giorni? Come avrebbe fatto con Grindelwald? Forse, effettivamente, non sarebbe stata poi così una cattiva idea portarsi Bella...
“Puoi riposare un po’ se vuoi, abbiamo un paio di ore prima di arrivare in Austria”
“Se pensi che io mi metta a dormire su un aereo con te seduto a fianco vuol dire che proprio non mi conosci, Silente… ops” Tom si portò una mano alla bocca con fare drammatico “Volevo dire Scemente”
I motori iniziarono a rombare e l’aereo prese velocità. Tom trattenne il respiro, all’improvviso si sentiva privato del controllo della situazione ed era una sensazione che detestava. Gli vennero in mente gli Horcrux… il diario andato distrutto… il medaglione trafugato… all’improvviso respirare gli riusciva difficile. Ma non c’era Bellatrix con lui e non poteva di certo permettersi di farsi vedere fragile da Albus Silente… Fece scattare la sua mano verso il bracciolo, voleva stringere qualcosa nel tentativo di rilassare i nervi ma, invece del bracciolo del sedile, ciò che trovò fu la mano di Silente. Tom sussultò indispettito e fece per ritirare la mano ma le sue dita vennero trattenute da Albus.
“Oh per le mutande di Merlino” sibilò Tom mentre l’aereo si staccava da terra “Cosa diamine stai facendo?”
“Non credo di essere un… fan degli aerei” mormorò Silente con un luccichio divertito negli occhi che non piacque per nulla a Tom.
“Lascia andare la mia mano!” disse stizzito Tom cercando di liberarsi dalla presa di Silente.
“Appena avremo preso quota, Tom” mormorò Silente chiudendo gli occhi “Sii gentile con il tuo vecchio zio”
Tom lo osservò basito per qualche istante, incredulo. La sua incredulità aumentò come sentì il respiro di Silente farsi più pesante. Il vecchio rimbambito si era addormentato.
 
*
 
Bellatrix si strinse nello scialle ed emise un sospiro tremolante.
Se n’era andato senza neanche pensarci due volte.
Strinse la mascella.
Si odiava per come stava reagendo a quell’abbandono. Si era sempre vantata di essere una donna forte e indipendente e allora perché quando si trattava del Signore Oscuro diventava una donnetta qualunque? Una Molly Weasley qualunque…
“Cerca di mangiare qualcosa, Bella” le disse Andromeda sedendosi accanto a lei “Non hai neanche fatto colazione. Non avrai intenzione di fare lo sciopero della fame per tutto il tempo in cui quell’essere detestabile sarà via?”
Era ora di pranzo ma la cucina era semi-vuota, dato che la partenza dei ragazzi si avvicinava, Molly aveva dato la sua benedizione per far fare loro un giro a Diagon Alley e Arthur, Moody, Lupin e Ted avevano deciso di accompagnarli.
Bellatrix corrugò le sopracciglia “Non chiamarlo così”.
“E come dovrei chiamarlo? Ti tratta come se fossi una sua proprietà… non è neanche definibile un essere umano. È tremendo”
“Chiamalo Signore Oscuro, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, Tu-Sai-Chi…” Bellatrix si bloccò fece una smorfia “Tom, se proprio devi… ma non definirlo ‘essere detestabile’”
Andromeda scosse la testa “Non ti prometto nulla”
“Bene vorrà dire che allora chiamerò il tuo dolce maritino lurido Sanguesporco”.
Andromeda socchiuse gli occhi dalle palpebre pesanti “Non crederai davvero sia la stessa cosa” le sibilò risentita incrociando le braccia al petto.
“Lo è” rispose prontamente Bellatrix squadrando la sorella minore con aria sempre più truce. La verità era che, più passavano del tempo insieme, più si rendeva conto di quanto lei e Dromeda fossero simili, pronte a difendere il proprio amato strenuamente… eppure, con suo sommo disgusto, Bella si rese conto di come Andromeda continuasse a essere una donna forte e indipendente, al contrario di lei… lei che senza il Signore Oscuro si sentiva persa…
Azkaban, si disse annuendo tra sé e sé, Azkaban mi ha distrutto i nervi… il mio Signore crea armonia nella mia mente e senza di lui è tutto più complicato...
Andromeda fece per controbattere ma Sirius la interruppe “Dromeda, sul serio vuoi metterti a discutere con tua sorella su questa faccenda? Non lo hai ancora capito che ha dei problemi mentali?”
“Taci tu!” saltò su Bella, punta sul vivo. Voleva tornare a essere la Bella prima di Azkaban. Quella sì innamorata del suo Padrone, ma non così… succube. Non trovava davvero altri modi per definirsi…  
Continuava incessantemente a porsi sempre le stesse domande.
Perché l’aveva lasciata in mezzo a quella gentaglia?
Si sentiva abbandonata.
Abbandonata in mezzo a nemici, sempre all’erta, pronta a saltare su. Come poteva passare tutto quel tempo senza il suo amato Padrone?
“Credo potremmo essere tutti un po’ più gentili” s’intromise Molly portando in tavola il pranzo “Cerchiamo di venirci incontro”
“Io non capisco davvero cosa ti sia successo, Molly” disse Sirius incrociando le braccia “Ti rendi conto che stiamo parlando di Voldemort, vero? È su suo ordine che Gideon e Fabian sono stati assassinati!”
Molly sussultò.
Gideon e Fabian.
Chiuse gli occhi al ricordo dei suoi due fratelli maggiori trucidati per mano degli scagnozzi di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato… per mano di Tom, si corresse, spietata. Molly lanciò un’occhiata a Bellatrix.
Una Mangiamorte.
Anzi, la Mangiamorte per eccellenza. Quella che aveva portato alla pazzia Frank e Alice. Eppure, a guardarla in quel momento, sembrava solo una donna distrutta, spezzata.
Se lo merita, si merita qualsiasi tipo di sofferenza, si merita qualsiasi trauma Azkaban le abbia lasciato…
“Sono sicura che Gideon e Fabian capirebbero” rispose lentamente Molly sedendosi e servendosi una porzione di pasta nel piatto. Il tono della sua voce, tuttavia, non era del tutto convinto. Sembrava esitante.
“Dobbiamo fidarci di Silente”
“Certo” rispose Sirius sedendosi di fronte a Molly “Ma questo non implica dimenticarsi di cosa abbia fatto Voldemort… o di cosa abbia fatto lei” proseguì indicando con un cenno della testa Bellatrix.
“Non mi pento di nulla” rispose prontamente Bellatrix tirando su la testa “Rifarei tutto, tutto!”
“Ancora non riesco a capire come tu riesca a convivere con te stessa” la interruppe Sirius, sprezzante. La sua espressione trasudava disgusto “Lo sai vero che il tuo lui è un Mezzosangue? Cosa ti rende tanto diversa da Dromeda, eh? Sei solo un’ipocrita”
Come osi?
“Be’, tesoro, sua madre era una strega – o più probabilmente una Maganò – suo padre un Babbano” proseguì Sirius, implacabile, “Per la nostra famiglia lui è quasi peggio di Ted… e tu…” scoppiò nella sua risata simile a un latrato “Tu sei sposata con un Purosangue e lo tradisci con un Mezzosangue, vai a parlare con zietta Walburga” proseguì accennando con la testa al piano di sopra dove c’era il quadro di Walburga Black “E vedi se ti fa i complimenti per le tue scelte…”
“Sirius” lo chiamò piano Andromeda, appoggiandogli una mano sul braccio “Basta così”
Bellatrix serrava così forte la mascella che Andromeda, per un istante, pensò che i denti di sua sorella si sarebbero spezzati. Sirius doveva aver toccato un nervo scoperto. Di solito Bella saltava su non appena qualcuno provava anche solo a “insultare” il “suo Padrone” ma le parole di Sirius l’avevano come ammutolita, continuava a stringere i pugni conficcandosi le unghie nei palmi della mano. Sicuramente nella sua testa aveva trovato mille escamotage per cercare di non pensare che l’uomo di cui era innamorata fosse un Mezzosangue e tuttavia… tuttavia sentirselo sbattere in faccia così…
“Tutto sommato, devo dire che un po’ provo ammirazione per zia Bella” s’intromise all’improvviso Dora “Insomma, non è da tutti provarci con uno come Voi-Sapete-Chi, no?” alzò le spalle. Andromeda squadrò la figlia con fare dubbioso, la piega di quella conversazione non le stava piacendo proprio per nulla. Ninfadora era una Tassorosso ma, cresciuta anche con lei – che era invece Serpeverde - , ogni tanto mostrava qualche tratto molto… subdolo. Purtroppo per lei, tuttavia, era una frana a procedere in modo realmente subdolo…. Era davvero troppo Tassorosso.
“Cosa vuoi dire?” chiese Andromeda con più aggressività di quanta intendesse. C’era qualcosa che non andava in sua figlia.
“Be’, suppongo ci voglia del coraggio e una certa dose di… ehm… seduzione per riuscire a far capitolare un uomo così… riottoso, ecco”
Bellatrix sbuffò e Andromeda vide che le sue spalle si erano un poco rilassate.
Riottoso, credo sia un eufemismo”
“Il punto è” proseguì Dora cercando di usare un tono più casual possibile “Come si fa ad avvicinarsi a una persona inavvicinabile? Per di più tanto più grande...”
Bellatrix sorrise, tutte quelle domande puntavano in un’unica direzione “A chi si vuole avvicinare la mia nipotina?”
I capelli di Dora si fecero all’improvviso più scuri e ad Andromeda non piacque affatto.
A chi diavolo vuole avvicinarsi la mia bambina?!
“Oh, nessuno. Chiedevo perché… be’, lo trovo davvero molto… insomma, sei stata in gamba”.
Bellarix fece per replicare ma Andromeda le tirò un calcio sotto il tavolo, si guardarono in silenzio per qualche istante e a Dromeda parve di tornare indietro nel tempo, quando erano due ragazzine e con un solo sguardo riuscivano a capirsi. Oh sì, sarebbero state molto Serpeverde nel capire per chi diamine avesse preso una cotta Dora…
 
*
 
Tom prese a tamburellare con le dita sul balcone della reception. Tutto ciò che poteva andare storto in quell’assurdo viaggio stava, appunto, andando inesorabilmente storto. Turbolenze durante il volo e, al loro atterraggio, una bufera aveva impedito loro di prendere il treno che li avrebbe portati il più vicino possibile a Nurmengard…
“Abbiamo una stanza” esultò trionfante il Babbano alla reception riemergendo da dietro il computer. Fuori la pioggia continuava a battere incessantemente e il vento ululava, nonostante fossero al chiuso, Tom aveva quasi fatto fatica a sentire le parole del Babbano a causa del rumore della tempesta che imperversava.
Una?” sibilò inviperito Tom assottigliando lo sguardo. Il Babbano gli lanciò un’occhiata allarmata, poi deglutì. C’era qualcosa di molto inquietante in quel ragazzo.
“La prendiamo” rispose invece arzillo Silente facendo cenno a Tom di pagare.
Tom si volse in modo repentino verso Albus mentre il Babbano iniziava a preparare il check-in. Tom scosse la testa “Aspetta…” occhieggiò la targhetta sul petto del Babbano “Michael” aggiunse tentando un approccio più gentile “Fammi parlare col mio vecchio zio” prese Albus per un braccio e si allontanò insieme a lui di qualche passo.
“Smaterializziamoci” gli disse senza girarci intorno. Che senso aveva tutto quello? Per Morgana, loro erano maghi, sarebbe bastato girare su sé stessi per raggiungere la fortezza senza tante cerimonie e senza tanti problemi. Passi l’aereo – perché effettivamente una Passaporta illegale poteva anche essere intercettata dal Ministero che era allerta – ma una smaterializzazione? Per di più ora che erano sul continente e non più nel Regno Unito?
“Ne abbiamo già discusso, Tom” rispose Silente paziente.
“Evidentemente, non ne abbiamo discusso abbastanza”.
“Non possiamo permetterci errori. Sai bene quanta magia ci occorrerà per liberare Gellert, non possiamo permetterci scontri. Non possiamo permetterci di metterci contro il Ministero della Magia”
Tom si mosse insofferente. Il vecchio aveva le sue ragioni ma…
Una stanza?” sibilò Tom come oltraggiato.
Silente ridacchiò “Ti mette in imbarazzo l’idea di dormire con me?
Tom fece una smorfia. Non voleva stare con Silente, punto. Figurarsi poi se sarebbe riuscito a chiudere occhio con quel babbanofilo del quale non si fidava al suo fianco… e senza Bella. Come poteva rilassarsi senza Bella?
Ah e sia, allora” rispose sprezzante riavvicinandosi al bancone “La prendiamo” disse al Babbano tirando fuori le banconote.
“Mi dispiace ma non accettiamo le sterline inglesi” rispose Michael titubante senza guardare in faccia Tom.
“Oh, hai sentito zietto? Non accettano le sterline! E ora che facciamo?” chiese Tom fingendosi rammaricato. Silente sospirò “Aspetta… credo di aver cambiato qualche… insomma, credo di avere la valuta giusta…” senza tirare fuori la bacchetta, senza neanche mormorare l’incantesimo e senza farsi notare dal Babbano, Silente trasfigurò le sterline in franchi.
“Perfetto” rispose Michael sorridendo a Silente e prendendo le banconote dalla sua mano.
“Davvero perfetto” mormorò Tom guardandosi intorno “E se adesso spuntasse Caramell da quella pianta? Come potremmo mai gestire il nostro povero Cornelius? Noi due insieme… non avremmo proprio nessuna chance” proseguì sarcastico mentre prendeva le chiavi della camera e si dirigeva verso gli ascensori indicati dal Babbano.
“Finiscila Tom” gli rispose Silente “Dobbiamo rimanere concentrati” aggiunse seguendo Tom dentro l’ascensore “Certo che i Babbani sono ingegnosi” proseguì mentre l’ascensore iniziava a muoversi verso il settimo piano non appena Tom aveva premuto il tasto “Un trabiccolo di questo tipo sarebbe comodo a Hogwarts”
Tom fece una smorfia nauseata alla sola idea di introdurre un ascensore a Hogwarts.
“Sai, la Camera Comune di Grifonforo è sulle torri… mica come quella di Serpeverde che è nei sotterranei… tutte quelle scale…”
Tom scosse la testa “Già non avete un cervello, facendo le scale almeno vi mantenete in forma” rispose velenoso.
“Si potrebbe incantare e diventerebbe un perfetto oggetto magico… simile a quello che c’è al Ministero” Silente si accarezzò la barba “Arthur ne sarebbe entusiasta!”
Tom si morse la lingua, sapeva che se avesse detto qualcosa sarebbe stato solo per affatturare Silente. Appena l’ascensore si fermò al settimo piano ne uscirono percorrendo il corridoio.
“Speriamo almeno ci siano due letti” commentò tra i denti Tom aprendo la porta e accendendo la luce.
“Fammi sapere se preferisci essere il cucchiaio grande o il cucchiaino, nel caso…” lo prese in giro Silente ma, come fecero qualche passo all’interno della stanza, li accolsero due letti separati.
“Un gioia” esultò Tom sedendosi sul letto per poi lasciarsi cadere all’indietro. Non avrebbe dormito. Non sarebbe riuscito a riposarsi neanche per mezzo minuto… ma era esausto. Ogni gesto gli costava fatica, sentiva il cervello lavorare più lentamente. Chiuse gli occhi ma, non appena le sue palpebre si abbassarono, venne preso da un prepotente senso di nausea mentre una forte pressione sul petto gli impediva di respirare. Si tirò su bruscamente portandosi una mano sul collo.
“Tutto bene, Tom?” chiese Albus scrutandolo con apprensione.
Tom annuì brevemente senza neanche degnarlo di un’occhiata. Non si sarebbe di certo confidato con Silente. Non gli avrebbe dato nessuno strumento da utilizzare contro di lui. Il vecchio poteva blaterare quanto voleva sul fatto che “ora fossero dalla stessa parte” ma sapeva perfettamente che, non appena la minaccia dei Druidi fosse venuta a mancare, tutti si sarebbero rivoltati contro di lui. Avere sia Silente che Grindelwald contro di lui era una minaccia troppo grande. Per questo Tom stava lavorando con Bella a un modo per neutralizzarli subito dopo aver completato il sigillo contro i Druidi. Non avrebbero dato loro modo neanche di trarre respiro… anzi, magari lui e Bella sarebbero riusciti a esiliare Silente e Grindelwald insieme ai Druidi…
“Se non ti serve il bagno, andrei io”
La voce di Silente lo raggiunse come da altro pianeta. Gli fece un gesto svogliato con la mano poi, come la porta del bagno si chiuse dietro Silente, Tom afferrò il telecomando e accese la televisione: doveva cercare di rimanere sveglio e, per colpa di Silente, non aveva nessuno dei suoi libri da leggere. Certo, avrebbe potuto appellarli, probabilmente, ma non si sarebbe sorbito le ramanzine che il vecchio gli avrebbe sicuramente rivolto. Dopo qualche minuto di zapping, finalmente riuscì a trovare un canale che trasmetteva la BBC. Erano anni che non ascoltava le notizie babbane, la litania dello speaker, invece di tenerlo sveglio, lo stava facendo assopire… chissà cosa avrebbe fatto Bella se fosse stata lì con loro. Con ogni probabilità, avrebbero tenuto sveglio Silente con i loro gemiti, senza vergogna si sarebbero dati da fare e, anzi, sarebbero stati ancora più rumorosi del solito solo per poter infastidire il vecchio. Si immaginò Bella sdraiata accanto a lui e, come quel pensiero prese forma nella sua testa, si sentì chiamare attraverso il Marchio Nero. In tutti quegli anni non aveva mai smesso di chiamarlo, aspettarlo, desiderarlo…
Lo sbattere di una porta fece sussultare Tom che si svegliò con un singulto. Spalancò gli occhi sistemandosi seduto sul letto.
“Perdonami, non volevo svegliarti” si scusò Silente avvicinandosi al proprio letto.
Tom gli rivolse un’occhiataccia “Non stavo dormendo… stavo solo riposando gli occhi” Tom lo squadrò ancora un attimo. Sulla faccia aveva messo una specie di crema bianca o era…?
“Cosa ti sei messo in faccia, per Salazar?”
Silente si sistemò la camicia da notte e, dalla propria valigia, tirò fuori una rivista di uncinetto “È una maschera di bellezza” rispose Albus iniziando a sfogliare le pagine “In bagno ce n’è un’altra che ti aspetta”.
Tom alzò un sopracciglio “Non ho di certo bisogno di una maschera di bellezza”.
“Mostra il tuo vero aspetto e poi ne riparliamo” ribatté Silente senza tuttavia guardarlo in faccia.
“Al contrario di te, non mi preoccupo di piacere a nessuno”.
Silente lo guardò di sottecchi “Neanche di piacere a Bella?” ridacchiò “La stavi sognando, vero?”
“Non stavo dormendo, te l’ho già detto”
Vero” fece una breve pausa “Non pensavo fossi in grado di provare certi sentimenti”
Non blaterare a caso, Scemente
“Al contrario di quello che tu possa credere, non è una debolezza… anzi, ti rende più forte… ti rende… ti rende salvabile
Tom fece un ghigno “Da cosa mi renderebbe salvabile? Da te?” fece un verso sprezzante “Dal tuo amato Gellert?
Silente scosse la testa, riportò l’attenzione sulla rivista poi a mezza voce disse “Da te stesso, Tom. Da te stesso…”
 
*
 
Le parole di Sirius l’avevano colpita più di quanto le facesse piacere ammettere. Aveva sempre saputo delle origini del suo Padrone e, tuttavia, era sempre riuscita a far tacere la propria coscienza proprio perché nessuno le aveva mai sputato in faccia la verità in modo così diretto. A lei non importava assolutamente nulla dello status di sangue del Signore Oscuro. Era l’Erede di Serpeverde, un Mago Oscuro dal potere inimmaginabile, le idee del suo Signore erano le sue stesse idee. Tanto bastava. Non poteva di certo essere paragonato agli altri esseri umani. No di certo… o forse sì? O meglio, poteva essere lei paragonata ad Andromeda? Cos’è che le distingueva?
Guardò sua sorella seduta accanto a quel Tonks che gliel’aveva portata via tanti anni addietro. Eppure, per Andromeda, era stato il Signore Oscuro ad allontanarle. Bella si morse le labbra, che pensieri stava facendo? La vicinanza di tutta quella feccia si stava facendo sentire? Altro che Azkaban… erano loro – e non i Dissennatori – a stare attentando alla sua sanità mentale. Bella spostò lo sguardo perché la visione della sorella insieme a Ted Tonks le dava la nausea. L’idea di essere identica a sua sorella le faceva venire mal di testa. Possibile che solo Narcissa fosse quella ad aver reso fieri i genitori?
Non hai neanche fatto un figlio, Bellatrix.
Poteva sentire la voce di sua madre, piena di risentimento. Perché questo era ciò che ci si aspettava da lei: che si sposasse con un Purosangue e facesse dei figli che portassero avanti la linea magica. Non che… che diventasse l’amante di un… di un… di un Mezzonsague. Era la prima volta che quella parola le si formava in testa pensando al Signore Oscuro.
Lo sguardo di Bellatrix si spostò in preda al panico sulla tavolata fino a quando non si fermò sulla chioma rosa della figlia di Andromeda, Ninfadora. Era lì a ridere e a scherzare con Sirius e quel Lupin, il lupo mannaro. La mente di Bellatrix ci mise poco a fare due più due. Lo sguardo che la ragazza rivolgeva a quel mostro era a lei sin troppo conosciuto. Il modo in cui si protendeva verso di lui…
Bella si alzò di scatto, avrebbe voluto urlare di tutto a quella schifosa Mezzosangue che stava pensando di insozzare ancora di più la Nobile e Antichissima Casata dei Black ma le parole le morirono in gola, non riusciva ad articolare nulla tanto era il disgusto. Non solo per quella Tonks ma anche per sé stessa… anche lei stava insozzando il nome dei Black? Ma come poteva stare pensando certe cose del suo Signore e Padrone? Lui era pura magia, lui era… era al di fuori dello scibile umano. Non poteva… lei non poteva… Represse un ringhio. In qualche modo sapeva di aver già fatto tutte quelle elucubrazioni in passato ma Azkaban aveva come eliminato parte della sua vita. Era sicura di aver superato tutto quel bigottismo che insozzava la sua famiglia eppure… eppure in quel momento, abbandonata di nuovo dal Signore Oscuro, si sentiva persa, senza una direzione… e l’idea di essere una delusione per la sua famiglia – ma anche per il Signore Oscuro – la stava piano piano consumando, lasciandola priva di fiato.
Bellatrix uscì dalla cucina senza dire una parola con le lacrime agli occhi e premendo insistentemente sul Marchio Nero nella speranza che il suo Signore venisse da lei a rimettere a posto nella sua testa. O per lo meno che le desse un segnale… qualcosa a cui aggrapparsi. Si lasciò ricadere con le spalle al muro tentando di mantenere la mente lucida ma era così dannatamente difficile. Sarebbe mai riuscita a riprendere la sanità mentale che aveva prima di Azkaban? E prima di vivere a contatto con tutta quella feccia?
“Bellatrix, stai bene?” le chiese Andromeda afferrandola per un braccio e scuotendola piano. Bella riaprì gli occhi e li fissò in quelli di sua sorella.
“È il lupo mannaro”
“Remus?” chiese Andromeda, confusa, non capendo a cosa si stesse riferendo Bellatrix.
“Tua figlia si è presa una cotta per il lupo mannaro”
Andromeda fece qualche passo indietro “Non è possibile”
“Basta guardarla…” Bellatrix scosse la testa “Visto? Visto cosa succede quando si mischia il sangue? Che la degenerazione non ha fine!”
Andromeda scosse di nuovo la testa. Possibile che sua figlia avesse una cotta per Remus Lupin? Sì, era senz’altro possibile. Era assolutamente in stile Dora. Possibile che lei non fosse affatto contenta di quella cosa? Altrettanto possibile. Ma quale madre sarebbe stata contenta di sapere che la figlia aveva una cotta per un lupo mannaro?
“Cosa c’è, Dromeda, sei disgustata dalla notizia?” le chiese Bellatrix sarcastica “Non sarai un’ipocrita, vero?”
Andromeda arricciò le labbra “Voglio solo la felicità di Dora” rispose poi aggiunse a mezza voce “Ma non riesco a…” si bloccò. Possibile che fosse proprio come sua madre Druella? Possibile che dopo anni passati a battersi per uguaglianza e giustizia si ritrovasse a pensare le stesse identiche cose che Druella le aveva detto prima che lei scappasse con Ted?
“Non riesci ad accettare che tua figlia possa stare con un lupo mannaro” concluse Bellatrix “Perché sai che è un abominio. È un sudicio ibrido, una bestia che non meriterebbe neanche di sedere a tavola con maghi e streghe!”
“Si può sapere cosa avete da confabulare voi due?” chiese Molly uscendo dalla cucina “La cena è quasi pronta” lanciò uno sguardo a Bellatrix “E tu devi assolutamente mangiare, altrimenti chi lo sente Tom se poi ti ritrova deperita…”
Bellatrix incrociò le braccia sul petto.
Tom…  
Scosse la testa. Non importava come lo chiamassero, era il suo Padrone, il Signore Oscuro. E il suo sangue era il più magico che il mondo avesse mai visto.
Ma non il più puro…
“Bella crede che Dora sia innamorata di Remus” sussurrò Andromeda.
“Ah, ve ne siete accorte”.
“Tu lo sapevi?!” sbottò Dromeda tirando per un braccio Molly e guardandola dritta in faccia.
“Me lo ha confessato lei” Molly spostò il peso di lato “Non era sicura tu avresti… capito”
Andromeda lasciò andare il braccio di Molly come se si fosse scottata. Sua figlia non si era confidata con lei perché… perché sapeva che, in fondo, non sono poi così diversa dal resto della mia famiglia. Io non sono come Sirius. Io sono come Bella… sono come Narcissa. Sono un’ipocrita.
“Non fare quella faccia, Dromeda” le rispose Bellatrix “Il fatto che tu sia disgustata alla sole idea di avere un mannaro come cognato significa che hai ancora un cervello funzionante. I nostri genitori sarebbero fieri di te”
Andromeda emise un basso gemito. L’idea che i suoi genitori potessero essere fieri di lei le dava la certezza di quanto la sua reazione a quella notizia fosse sbagliata. Qualsiasi cosa rendesse fieri Cygnus e Druella non poteva essere giusta.
“Mia figlia non si fida di me” mormorò con la voce spezzata, delusa da sé stessa. L’idea che Ninfadora preferisse chiedere consiglio a una donna che aveva conosciuto da una manciata di mesi e non a lei…
“Non è che non si fida” le disse Molly con dolcezza “Ha solo paura di deluderti, di non avere il tuo sostegno. Per tutti i figli è così, è più facile aprirsi e chiedere coniglio a estranei o ad amici che non ai propri genitori…”
“E quale sarebbe stato il tuo consiglio, Weasley? Provarci con un ibrido?” l’aggredì Bellatrix.
“Remus è un brav’uomo, non ha mai fatto del male a nessuno” lo difese Molly prontamente.
“Ma è un lupo mannaro… non è una… condizione… gestibile” disse Andromeda cercando di mantenersi il più neutrale possibile.
“Dillo, Dromeda. Dillo perché è la verità: le streghe non dovrebbe accoppiarsi con le bestie”
Molly le rivolse un’occhiataccia “Remus è un uomo, non una bestia” poi riportando la propria attenzione su Andromeda “Non deve essere facile, lo so che non è quello che avevi sperato per tua figlia… un uomo più grande e con una… problematica. Ma chi meglio di te potrebbe capirla? Hai passato qualcosa di simile”.
“Essere un Sanguesporco difficilmente può essere paragonato a un ibrido con sangue mannaro” come le parole uscirono dalla propria bocca, Andromeda si portò le mani in viso incredula di aver detto quel pensiero ad alta voce. Incredula di aver definito Ted – suo marito, l’uomo che amava con tutta sé stessa – un Sanguesporco.
Brava, Andromeda!” applaudì Bellatrix, fiera “Queste sono esattamente le parole che volevo sentirti dire, implicano che tu abbia ancora un cervello funzionante”.
Andromeda scosse la testa “Molly… non volevo… non dire… non dirlo a Ted”
Molly scrutò per qualche istante il viso di Andromeda, un’espressione di profondo dolore le deformava i bei lineamenti. Senza esitare oltre l’abbracciò forte.
“Io faccio tanto ‘quella avanti’” le sussurrò Molly all’orecchio “Ma io stessa… quando Bill ha portato a casa Fleur… non è stato così facile. Una mezza veela…”
Ah-ah” cantilenò Bellatrix, vittoriosa, incrociando le braccia sul petto “A quanto pare siete tutte e due delle piccole e sordide razziste, non diversamente da me… da noi Mangiamorte”
“La differenza, Bella” la interruppe Andromeda scostandosi da Molly “È che noi ci rendiamo conto di avere pregiudizi basati sul nulla e cerchiamo… cerchiamo di combatterli. Se Dora vuole stare con Remus… io sarò dalla sua parte. Non allontanerò mia figlia, non mi comporterò come nostra madre. Voglio essere al suo fianco, sempre” fece una pausa “E tu poi? Quello che ti ha detto Sirius ieri non ti è entrato in testa?”
Bellatrix s’irrigidì.
Mezzosangue.
“Il tuo caro Padrone non è Purosangue” Andromeda scandì la frase lentamente mettendoci quanto più veleno possibile. Era come se, ferendo Bellatrix e smascherandola per l’ipocrita che era, potesse in qualche modo alleviare il proprio dolore “È un Mezzosangue, figlio di una Maganò e di un Babbano...”
“È lo stregone più potente che il mondo abbia mai visto!”
“E questo, come ben sai, non lo rende Purosangue, Bella” le rispose con semplicità Andromeda “Puoi trovare tutte le giustificazioni che vuoi… ma il suo status di sangue rimarrà sempre quello. Come fai a combattere per la purezza, a dire che noi siamo ipocrite quando tu fai esattamente lo stesso, se non peggio?”
Bellatrix boccheggiò per qualche istante. In altre circostanze avrebbe cruciato chiunque avesse osato parlare in quel modo del suo Padrone, chiunque avesse osato parlare in quel modo di lei. Ma, in quel momento, si sentiva spaesata… il suo cervello non riusciva a ribattere, dava ragione alle argomentazioni di Andromeda. Perché? Eppure, pur con tutta quella consapevolezza, la sua ammirazione per il Signore Oscuro, la sua devozione… la sua lealtà, rimanevano indefesse.
“Perché lo amo!” proruppe infine, senza quasi rendersene conto.
Bella strabuzzò gli occhi, portandosi le mani sulla bocca, incredula di aver detto quelle parole. Si guardò intorno angosciata, pensando che Voldemort potesse materializzarsi lì da un momento all’altro e cruciarla per aver detto una cosa del genere.
“Non è che sia proprio un segreto, Bella” rispose Andromeda alzando un sopracciglio e mettendo una mano sul fianco, confusa dall’atteggiamento di Bellatrix: perché mai si stava comportando come se avesse appena ammesso la più grande nefandezza di questo mondo?
“Lui non lo sa” mormorò Bella abbassando lo sguardo “E non dovrà mai saperlo!” aggiunse sempre più in preda all’angoscia.   
“Non lo sa?” chiese Molly, sorpresa da quell’affermazione. Quei due non facevano altro che toccarsi in modo lascivo – anche in pubblico – Bellatrix non faceva altro che elogiare Tom e guardarlo con occhi innamorati e… Tom non sapeva che Bellatrix ne fosse innamorata?
“Il Signore Oscuro è molto…” Bellatrix si guardò intorno, poi si accarezzò il Marchio “su certi argomenti è molto sensibile” concluse “Non dovete assolutamente dirglielo!”
Andromeda e Molly si scambiarono un’occhiata, poi Molly si strinse nelle spalle “Forza, la cena è pronta”
“Bella” chiamò Andromeda prima che la sorella potesse seguire Molly di nuovo in cucina “Non voglio essere come i nostri genitori… ma non sono sicura di essere abbastanza forte per accettare un… per accettare Remus e Dora insieme”
Bellatrix la squadrò per qualche istante “Non so che dirti, Dromeda, stai chiedendo aiuto alla persona sbagliata. Se vuoi qualcuno che ti aiuti… chiedi alla rossa o a quel cane rognoso di tuo cugino, io non so davvero cosa dirti”
“Be’…” fece Andromeda avvicinandosi un po’ di più a Bellatrix “Con parole un po’ meno… dure, potresti… potresti mettere in guardia Dora sulla pericolosità dei lupi mannari”
Andromeda abbassò lo sguardo, si vergognava profondamente per ciò che stava chiedendo alla sorella. Poteva accettare Remus ma voleva essere certa che Ninfadora sapesse tutto sull’argomento, prima di avventurarsi in una relazione deleteria con un uomo che sarebbe sempre stato ai margini della società.
“Ah, Dromeda, Dromeda… una volta Black, per sempre Black, a quanto pare…”

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Tom sbuffò e continuò ostinatamente a guardare fuori dal finestrino del treno, tuttavia, l’ennesima risatina gli fece storcere il naso e digrignare i denti. Sarebbe stato più facile distrarsi se il paesaggio fuori fosse stato più diversificato ma, invece, era monotono e brullo. Nonostante fosse ancora agosto, poi, continuava a piovere incessantemente ma – ringraziando Salazar – la bufera si era placata e quindi sia i treni sia i voli non erano stati nuovamente interrotti. Cosa avrebbe fatto se avesse dovuto condividere una stanza di hotel con Silente e Grindelwald? No, sarebbe stato troppo anche per lui.
Tom sentì lo schiocco di un bacio.
“Volete finirla di comportarvi come due adolescenti in calore?” berciò Tom senza però voltarsi a guardare gli altri due uomini presenti nello scompartimento. Nel treno, dato il tempo non propriamente clemente, era acceso il riscaldamento e Tom si sentiva oppresso da tanto calore. Gli metteva sonnolenza e non riusciva a mantenere una mente lucida e attiva.
“Cosa c’è, Riddle, ti mette a disagio vedere due uomini che si baciano?”
Tom arricciò il naso.
Liberare Gellert Grindelwald era stato molto più semplice del previsto. La maggior parte degli incantesimi messi a protezione della fortezza di Nurmengard, infatti, erano stati ideati da Silente in persona e, di conseguenza, disfarsi di quelli era stato un gioco da ragazzi: era bastato che Albus mormorasse il contro-incantesimo. Per tutti gli altri incantesimi di difesa non era neanche stato necessario tirare fuori la bacchetta. Un lavoro semplice e pulito. Le guardie poi erano Auror di quarta categoria: li avevano messi fuori combattimento con gesti svogliati della bacchetta; quelli neanche si erano accorti con chi avessero a che fare.
“Avresti potuto venire qui da solo!”
Tom ci aveva messo poco ad accusare Silente. Perché diamine lo avevo voluto con sé se la liberazione di Gellert fottuto Grindelwald era così facile? Il vecchio Scemente si era limitato a stringersi nelle spalle senza dire nulla e Tom si era infuriato ancora di più. Non poteva credere di essere stato gabbato da Albus Silente… per cosa poi? Per quale motivo lo aveva voluto con sé? Domande senza risposta alle quali non riusciva neanche più a pensare dato che ormai non dormiva da giorni e Tom si sentiva… esausto. Si passò una mano sul viso, poi tentò di concentrarsi sul panorama fuori dal treno che li avrebbe portati in aeroporto senza lasciarsi distrarre dal riflesso degli altri due maghi seduti nello scompartimento nei sedili di fronte a lui.
“Hai mai baciato un uomo, Tom?”
“Mi stai chiedendo se sono finocchio, Gellert?”
Tom lo sentì ridacchiare… e lo odiò. Lo avevano liberato qualche ora prima e già non ne poteva più.
Borioso.
Arrogante.
Saccente.
Irritante.
“No, ti sto chiedendo se hai mai baciato un uomo”
Tom emise un verso di sprezzo e lanciò un’occhiata fugace al riflesso di Silente che, impercettibilmente, mosse il capo in senso di diniego.
Tom sogghignò.
E dire che fino a qualche giorno fa si vantava del fatto che non avrebbe avuto problemi con Gellert… quindi il suo amichetto non sa della nostra scappatella a Hogwarts, pensò malvagio mentre si accarezzava il mento. Non si sarebbe lasciato scappare quella piccola arma, avrebbe creato “guai in Paradiso” non appena ne avrebbe avuto l’occasione. Al momento giusto. Tom sapeva essere paziente, avrebbe aspettato…
“Perché mai dovrebbe interessarti?”
“Sono un uomo curioso”
“Non sei il mio tipo” gli rispose Tom girandosi infine verso i due.
Anche Grindelwald aveva cambiato il suo aspetto e, invece del vecchio trasandato che avevano trovato a marcire nella cella a Nurmengard, sul sedile del treno sedeva un bell’uomo che dimostrava avere cinquant’anni. Esattamente come Silente.
Mentre Albus continuava a leggere una delle sue riviste di uncinetto, la mano di Grindelwald gli accarezzava in modo distratto un ginocchio. Tom osservò per qualche istante quella mano “Non potete aspettare di essere soli per fare le vostre porcherie da invertiti?” domandò annoiato, spostando poi lo sguardo negli occhi eterocromi di Gellert Grindelwald. Per qualche motivo, quegli occhi mettevano Tom in soggezione, forse perché il colore diverso faceva quasi sembrare che quegli occhi mandassero vibrazioni differenti, sentimenti differenti, come se dentro quell’uomo ci fossero due personalità distinte…
“Ti stiamo mettendo a disagio? Non ti piacciono le effusioni?” le sue labbra sottili si aprirono in un ghigno compiaciuto “Oppure ti facciamo sentire troppa nostalgia di Bella?”
Lo sguardo di Tom si assottigliò e gettò un’occhiataccia a Silente.
“Non guardare Al, Tom. Sei tu che, appena chiudi gli occhi per dieci secondi, incominci a sospirare il suo nome”.
Tom, suo malgrado, si sentì arrossire. Maledetta Bellatrix e maledetto il suo corpo che esigeva riposo. Perché non riusciva a levarsi dalla testa quella maledetta strega? Non era stato così, quattordici anni prima, prima che tutto degenerasse… non era così il loro rapporto. Cosa era successo?
Tom digrignò i denti, nervoso, senza sapere cosa controbattere.
“Sono curioso di incontrare questa pulzella”
Pulzella?
“Vuol dire ragazza” s’intromise Silente prestando, finalmente, attenzione a loro e non più alla sua rivista.
“So perfettamente cosa vuol dire pulzella, Scemente, grazie tante” commentò acido Tom “Tuttavia, mai sentito usare da qualcuno questo vocabolo in una normale conversazione… ma tendo a dimenticarmi che vuoi provenite dal secolo scorso”
Gellert rise “L’inglese non è la mia prima lingua, schatz” poi proseguì con aria noncurante “Da quel che so, comunque, sei interessato a vivere a lungo… all’immortalità…”
Tom si mosse a disagio sul sedile. Era troppo stanco. Non solo, continuava a sentirsi diviso, spaccato, non gli era mai successo, nonostante i molti Horcrux.
Forse è colpa di Nagini… tutti gli altri Horcrux sono sempre stati solo oggetti inanimati. Ma Nagini invece è un essere senziente… eppure Tom sentiva che c’era qualcosa di più, di diverso. Quello che percepiva erano emozioni troppo complesse per provenire da un animale, da un serpente. Ma allora cosa… cosa…
“Difficile incontrare maghi di un certo calibro che non ne siano interessati” rispose vago, indifferente.
“Vero. Anche io…” Gellert lanciò un’occhiata ad Albus “Anche noi abbiamo avuto le nostre debolezze
Tom vide la lingua di Grindelwald saettare tra i denti e passare in modo lezioso sulle labbra screpolate “E tuttavia non ci siamo mai spinti oltre
Tom lo ignorò. Era estenuato, vero, ma non così stupido da non accorgersi che quella era una trappola bella e buona. Gellert Grindelwald voleva capire quali esperimenti lui, Lord Voldemort, avesse fatto. Be’, avrebbe gettato ami ai quali lui non avrebbe mai abboccato. Questo era poco ma sicuro. Si rinchiuse in un ostinato silenzio ma non distolse lo sguardo dagli occhi di Grindelwald. Nessuno dei due sembrava intenzionato a smettere di osservarsi in cagnesco, quasi in una sfida “a chi ride prima”.
“La prossima fermata è la nostra” esclamò Silente arzillo, prendendo la mano di Gellert e spostandola dal proprio ginocchio. Tom sbuffò e riprese a guardare fuori dal finestrino, infastidito. Non sarebbe stato facile. Dovevano lavorare sull’incantesimo e il sigillo insieme ma poi? Cosa sarebbe successo? Non era in grado di tenere testa ad Albus Silente e Gellert Grindelwald contemporaneamente. Per altro, per come avevano impostato l’incantesimo, lui e Bella sarebbero stati gli ultimi a terminare e non avrebbero avuto tempo di riprendersi. Doveva trovare una soluzione… e doveva trovarla il prima possibile… Tom era sicuro di avere una chance contro Silente ma Bella era invece all’altezza di Grindelwald? Qualcosa gli suggeriva di no. Per quanto fosse un’abile strega, il potere che Tom sentiva emanare da Gellert era… semplicemente di più.
“Tornando a parlare di cose serie…” fece Grindelwald dopo qualche minuto di silenzio “Dicevi, Riddle, che il sigillo ha funzionato?”
“Sì, con solo la mia parte d’incantesimo, siamo riusciti a farlo funzionare”
“Ed è questa Bella l’addetta al sigillo, giusto?”
Tom si voltò verso Grindelwald, seccato. Il modo in cui pronunciava il nome di Bella proprio non gli piaceva, quasi come se fosse un gioco, uno scherzo…
“Hai qualcosa da ridire?”
“Mi domando perché la scelta sia ricaduta su una strega… per giunta anche abbastanza giovane”
“Bellatrix è in gamba, le ho insegnato io le Arti Oscure, abbiamo una grande sintonia. È per questo che il sigillo ha funzionato così bene”.
Grindelwald osservò Tom per qualche secondo senza sbattere le palpebre poi stiracchiò le labbra in un sorriso forzato “Sintonia. Hai ragione, ci vuole sintonia” gettò un’occhiata ad Albus che annuì a sua volta.
“Credo che Bellatrix sia stata una buona scelta, personalmente, non avrei saputo a chi altro chiedere”
“Tra Voldemort e Bellatrix c’è sintonia e per questo il sigillo funziona bene. Tra me e te, Albus, c’è sintonia e per questo motivo credo che riusciremo a trovare il modo di iniziare la conversione della Magia Bianca in Arti Oscure… ma come diamine possiamo lavorare io e lui insieme?” concluse Gellert accennando con il capo a Tom.
Albus fece balenare lo sguardo tra i due per qualche secondo. Gellert con quel sorrisetto di sufficienza che, in passato, aveva imparato a conoscere così bene, Tom con quella sua espressione impassibile che, invece, metteva sempre su quando era stato studente a Hogwarts. Non c’era modo che quei due potessero arrivare ad avere sintonia. Non che in realtà non avessero punti in comune, il vero problema era che nessuno dei due provava la benché minima stima per l’altro, si odiavano, non si conoscevano da neanche ventiquattro ore e, Albus lo percepiva chiaramente, si sarebbero volentieri affatturati a vicenda.
Sono due galli nello stesso pollaio… pensò avvilito Silente scuotendo leggermente il capo.
“Direi che, intanto, possiamo iniziare col farvi sedere vicini in aereo” sospirò Albus alzandosi dal posto mentre il treno si fermava lentamente alla stazione dell’aeroporto.
I due sbuffarono all’unisono roteando gli occhi nauseati.
 
*
 
“Hanno liberato Grindelwald” esclamò Sirius entrando in cucina con una copia della Gazzetta del Profeta in mano.
Bellatrix alzò lo sguardo dal libro di Antiche Rune che stava leggendo. Se avevano liberato Grindelwald significava che il suo Padrone stava per tornare da lei… non era passata nemmeno una settimana, ma si sentiva come se non vedeva il Signore Oscuro da anni, da secoli…
“E danno la colpa a me!” esclamò Sirius sdegnato facendo fiammeggiare gli occhi sull’articolo “Il pluriomicida Sirius Black, dopo aver liberato la cugina Bellatrix, è il nostro primo indiziato per la liberazione del Mago Oscuro Gellert Grindelwald. Tutti e tre insieme vorranno provare a far risorgere dalle ceneri Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato?” Sirius corrugò le sopracciglia, offeso “Non posso sempre essere il loro capro-espiatorio”.
“Meglio tu che non Silente” rispose Andromeda strappandogli di mano il giornale e iniziando a leggere l’articolo a sua volta “Anche se temo che quello che riporta il Profeta non sia quello che passa per la testa di Caramell, in questo caso”.
“Cornelius Caramell è un idiota” sbottò Sirius sedendosi accanto a Remus.
“Prima o poi riuscirai a riprenderti la tua vita, Sirius” gli sorrise Remus poggiandogli una mano sulla spalla “Riabiliteremo il tuo nome”.
Andromeda osservò per qualche istante Remus Lupin da dietro il giornale. Non era un brutto uomo ma… ma era un lupo mannaro. Perché Dora doveva essersi proprio innamorata di un uomo con una… problematica… così prominente? Per Morgana, un lupo mannaro! Non era come avere un raffreddore…
Dovresti essere fiero di essere associato ai Mangiamorte!” esclamò Bellatrix, infervorandosi subito “Quello che non capisco è per quale motivo continuino a credere che sia tu il braccio destro del Signore Oscuro! Perché io, Bellatrix, dovrei seguire te? Io che ho proclamato la mia fedeltà al mio Padrone anche durante il processo…”
“Sai cosa Bella?” la interruppe Sirius “Dovresti mandare una lettera di reclamo al Profeta perché, giustamente, il problema più pressante che abbiamo al momento è proprio questo. Perché io, Sirius Black, sono considerato il braccio destro del Signore Oscuro e non tu che sei la sua puttanella personale…
Bellatrix lo fissò inviperita per qualche istante da sotto le sue palpebre pesanti.
Sai cosa ti dico, caro cugino? Che hai ragione” annuì e appellò pergamena e calamaio “Bisogna mettere i puntini sulle i
Oh Bella, ti prego” scosse il capo Andromeda “Non fare la bambina”.
La bambina!” esclamò Bella scandalizzata “Voi non avete idea della fatica che ho impiegato per acquistarmi la fiducia del Signore Oscuro, la sua stima… l’onore della sua…”
“Come hai fatto?” la interruppe Ninfadora, curiosa.
“No, Dora! Perché le fai queste domande?” le chiese Sirius sbattendosi una mano in fronte poi si alzò trascinando con sé Remus “Non starò qua a sentirmi i suoi sbrodolamenti su Voldemort”
Bellatrix raddrizzò la schiena mentre la maggior parte delle persone abbandonava la cucina per scappare dai suoi “sbrodolamenti”, come li aveva definiti suo cugino Sirius.
“Perché ti interessa?” chiese Bellatrix a sua nipote, chinandosi un po’ sul tavolo per vederla meglio.
“Sono una Auror, sei un caso di studio” le rispose Ninfadora con freddezza.
“Avrei giurato che ci fossero… doppi fini…” ribatté Bella sondando la cucina con lo sguardo. Erano rimasti solo Dromeda col marito Babbano e quella Molly Weasley con Lenticchia.
“Cosa stai insinuando, zietta?”
“Che tu voglia sapere come adescare uomini più grandi di te e che sembrano fuori dalla tua… portata, non interessati a te”
Ninfadora si mise a ridacchiare “Credi ci voglia provare col tuo amato Padrone?”
“No, credo tu ci voglia provare con quella sudicia bestia di nome Remus Lupin” rispose con decisione Bellatrix “E se credi me ne starò a guardare mentre porti il nome dei Black ancora di più nel fango di quanto già non sia grazie a quel debosciato di mio cugino e di mia sorella…”
“Io non sono una Black!” rispose con fierezza Ninfadora “Io sono una Tonks”.
Bellatrix finse un conato di vomito.
“E non voglio provarci con nessuno” si difese Ninfadora i suoi capelli, tuttavia, iniziarono lentamente a mutare di colore…
“Dora!” esclamò Ted strabuzzando gli occhi “Remus…?” gettò un’occhiata alla moglie che però scosse leggermente il capo e, sotto il tavolo, gli afferrò il polso, come per bloccarlo. Non dovevano esporsi loro, doveva farlo Bellatrix che, a ogni modo, con Dora non aveva nessun rapporto e non avrebbe perso nulla. Andromeda si sentiva una vera serpe a stare facendo quello alla figlia eppure… eppure… un lupo mannaro!
“Anche se fosse, cosa ci sarebbe di sbagliato?”
“Che è un fottutissimo lupo mannaro!” abbaiò Bellatrix balzando in piedi come una furia “Per lo meno i Sanguesporco sono esseri umani e non ibridi”
“Non è colpa di Remus se il tuo amichetto Greyback lo ha morso quando era solo un bambino”.
“Greyback non è di certo mio amico” disse disgustata Bella “E non è questo il punto…”
“Tu puoi scoparti un uomo mezzo serpente psicopatico ma io non potrei avere una relazione con un uomo gentile che non ha mai fatto del male a nessuno?”
“Uomo mezzo serpente?” sussurrò Bellatrix allibita. Ma come si permetteva?
“Dora, Bella” s’intromise lentamente Andromeda “Calmatevi” disse spostando lo sguardo sulla figlia “Dora… Remus è un uomo gentile ma…”
“Non voglio ascoltarlo il tuo ma, mamma. Non m’interessa” Ninfadora si alzò in piedi e fece andare lo sguardo, velato dalle lacrime, da sua madre a suo padre “Pensavo avreste capito, perché avete vissuto qualcosa di simile… ma a quanto pare la discriminazione non ha mai fine”
“Dora!” la chiamò Ted mentre Ninfadora lasciava la cucina di casa Black correndo.
Bellatrix osservò Ted Tonks inseguire la figlia mentre Andromeda si risedeva lentamente accanto a lei.
“Questo è quello che succede quando si dà inizio alla degenerazione” disse Bellatrix, spietata “Se tu ti fossi sposata con un Purosangue non saremmo a questo punto”.
Andromeda scosse il capo e si lasciò andare a una risata priva di gioia “Tu sei felice del tuo matrimonio purosangue? È per questo che sei diventata la schiava sessuale di un Mezzosangue?”
Schiava sessuale?” ripeté Bella arrossendo “Non sono la sua schiava sessuale! Va bene, ogni tanto ci piace fare qualche gioco di ruolo ma…”
“Basta così!” interruppe Molly lasciando cadere la pentola che stava pulendo nel lavello “Basta così, grazie, non abbiamo bisogno di altri dettagli” proseguì asciugandosi le mani e sedendosi vicino ad Arthur che, dal canto suo, stava facendo finta di leggere la Gazzetta del Profeta. Le sue orecchie rosse facevano però intuire che non si fosse perso una parola di quella conversazione.
“Cerchiamo di rilassarci e mettere le cose in prospettiva” proseguì Molly “Ninfadora è una ragazza giovane con una cotta per un uomo più grande di lei… non sappiamo neanche cosa pensi Remus!”
“Credi davvero che un uomo direbbe di no a una bella ragazza giovane?” chiese Andromeda alzando un sopracciglio scettica “Neanche Tu-Sai-Chi ha detto no a Bella…”
“Anche dovesse dirle di sì” ribatté velocemente Molly senza dare il tempo a Bellatrix di rispondere ad Andromeda “Sarebbe davvero così tragico? Remus è un brav’uomo”
“Non sto discutendo quello…”
“E cosa allora?” s’intromise Arthur con calma “Qual è il problema?”
Andromeda si alzò in piedi, frustrata. Possibile che l’unica che capisse il suo punto di vista fosse sua sorella Bellatrix?
Forse sono davvero nel torto se l’unica che sembra capire le mie preoccupazioni è una pazza psicotica…
“Il problema è che non è Purosangue?” incalzò Arthur.
“Oh non dire scemenze, Arthur!” sbottò Andromeda “Remus Lupin ha un problema serio. Non sono le fisime dei Purosangue, è una condizione permanente, una malattia… che diamine! Una volta al mese si trasforma in un lupo mannaro! E se dovesse mordere Dora?”
“C’è la Pozione Antilupo”.
“Che già in passato si è dimenticato di prendere!”
“Perderai tua figlia così” rispose Molly agitando la bacchetta e facendo comparire i ferri per fare la maglia “Pensaci bene”.
Andromeda scosse la testa, afflitta. Sapeva bene che Molly Weasley aveva ragione…
Per qualche secondo cadde il silenzio in cucina poi però, come Bella si rese conto di cose stesse sferruzzando quella Weasley, non riuscì a trattenersi. Non poteva essere…
“Cosa diamine stai facendo?” chiese a Molly quasi indignata. Tra le mani di Molly c’era quello che, sebbene ancora non terminato, non poteva essere altro che l’inizio di un bel maglione verde scuro.
“I maglioni per Natale!” esclamò contenta Molly incantando i ferri e alzandosi di nuovo in piedi “Quest’anno ne ho davvero molti da fare… devo iniziare in anticipo”.
Bella storse la bocca, il suo sesto senso non sbagliava mai “Sembra il verde di Serpeverde…”
“Perché lo è”
“No!” abbaiò Bellatrix, incredula, furiosa. Come si permetteva quella Weasley?! Non poteva stare davvero…  “Non puoi!”
“Cosa?” domandò con innocenza Molly, fingendo di non capire. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare Bellatrix su quel punto.
“Non ti permetterò di fare un maglione al Signore Oscuro per Natale!” specificò Bellatrix accorata. Non le era mai stato concesso di regalare alcunché al suo Padrone e ora, quella Weasley, dopo avergli regalato l’armonica, voleva anche regalargli un maglione? Non se ne parlava!
Molly la guardò con sufficienza “Se tu non sai cosa regalare a Tom per Natale non è di certo colpa mia…”
“So bene cosa regalare al Signore Oscuro!” mentì spudoratamente Bellatrix “Credi di essere l’unica che sappia lavorare a maglia? Gli farò un maglione anche io, e poi vedremo quale dei due preferirà!” la sfidò guardando inviperita i ferri di Molly sferruzzare e cercando di capire con quale incantesimo fossero stati incantati.
“E da quando tu sapresti lavorare a maglia, Bella?” domandò scettica Andromeda, tentando di reprimere una risata.
Da adesso!

 
*

“Secondo voi chi sarà il nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure?”
“L’altro giorno sentivo mamma e papà discuterne, a quanto pare Silente sta avendo difficoltà a trovare un sostituto…”
“Possiamo davvero esserne sorpresi? Negli ultimi quattro anni uno è stato posseduto da Voi-Sapete-Chi, un altro è finito al San Mungo con un danno permanente alla memoria, Lupin è stato il migliore ma è comunque un lupo mannaro… e l’anno scorso abbiamo avuto un Mangiamorte! Chi sarebbe tanto sciocco da accettare un posto che sembra essere stato maledetto?”
“Ma non possiamo stare senza professore, no?”
“E se fosse Grindelwald?”
“Non dire scemenze, Ron! Loro stanno lavorando al sigillo per i Druidi… non credo avrebbe tempo d’insegnare a Hogwarts”.
“Credete che Grindelwald rimarrà qua insieme a Tom e a Bellatrix?”
“Mi sembrava di aver capito che lui sarebbe stato a Hogwarts con Silente…”
“Chissà perché poi non vanno da qualche parte tutti e quattro insieme… sarebbe la cosa più pratica, no?”
“Sì e tuttavia… Credo che Silente non voglia fare stare troppo insieme Voi-Sapete-Chi e Grindelwald”
“Mi sa che hai ragione, Hermione…”
“Good morning, sunshine”
Tom girò la testa, provando a scacciare qualunque cosa gli stesse sfiorando l’orecchio.
“Siamo atterrati, schatz
Schatz.
Tom si svegliò di soprassalto, atterrito. Si guardò intorno mentre i passeggeri aspettavano che il segnale di tenere allacciate le cinture di sicurezza si spegnesse.
“Hai dormito per quasi tutta la durata del volo” lo informò Grindelwald con un sorriso sornione “Sempre con questa Bella per la testa” aggiunse divertito “Anche se verso la fine credo proprio il tuo sogno sia cambiato…”
Tom incrociò le braccia sul petto “Taci una buona volta” gli sibilò irritato.
Come aveva potuto addormentarsi per quasi due ore? E per di più in presenza di Gellert Grindelwald! Ma soprattutto… perché diamine riusciva a vedere nella testa di Potter? Perché sì, quello non era stato un sogno… era come se fosse Potter con la sua stupida preoccupazione riguardo all’insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure… Cosa c’era che non andava in lui? Doveva assolutamente venire a capo di quella faccenda ma, al momento, aveva troppi grattacapi. I Druidi, Grindelwald e Silente che avrebbero potuto attaccarlo appena terminato il sigillo, i suoi Horcrux… non poteva mettersi a pensare anche a quella maledetta e bizzarra connessione che aveva con Potter.  Eppure… eppure non riusciva a togliersi dalla testa quel peso, quel peso che derivava dal non sapere chi fosse il nuovo professore di Difesa. E se fosse stato Piton? Tom storse la bocca, ma da quando in qua aveva timore di Piton?
“Chi sarà il nuovo insegnante di Difesa?” chiese scocciato Tom a Silente mentre scendevano dall’aereo e si dirigevano verso i controlli dei passaporti per l’ingresso nel Regno Unito.
Silente e Grindelwald si voltarono all’unisono a guardarlo con fare corrucciato.
“Vuoi richiedermi il posto, Tom?” gli chiese divertito Silente.
“Hai avuto difficoltà, vero? A trovare qualcuno, intendo”
“Se tu levassi la maledizione da quel posto…”
“Me ne occupo io, Al” intervenne Gellert “Qualunque maledizione messa da questo tipo… sicuramente troverò la contro-maledizione. Non dev’essere nulla di troppo complesso. Menti facili trovano soluzioni facili”
“È menti semplici” lo corresse Tom poi gli rivolse un ghigno “E ti sfido proprio a levare quella maledizione” rise di gusto “Non ci riuscirai mai”
Come ti ho già detto, schatz, l’inglese non è la mia prima lingua”.
“Comunque”, intervenne Silente senza dare modo a nessuno degli altri due di aggiungere nulla “Non ho trovato nessuno. Di conseguenza arriverà una persona dal Ministero”
Gellert alzò le sopracciglia “È sicuro per me stare a Hogwarts?” domandò proprio mentre raggiungevano il bancone dei controlli. L’addetto, a quelle parole, alzò lo sguardo incuriosito su di loro. Prese i passaporti e li scrutò a uno a uno con sguardo attento, come se stesse cercando di capire se nascondessero qualcosa.
“Garret Grindelfart?”
Gli angoli della bocca di Tom si alzarono leggermente in un sorrisetto. Era stato uno dei suoi momenti più geniali, non c’era che dire. Ma, d’altra parte, aveva sempre avuto una buona capacità nella scelta dei nomi…
“Percival Scemente?”
Tom abbassò lo sguardo, mordendosi le labbra cercando di trattenere una risata.
“Nomi bizzarri”
“Bizzarri ma, ahimé, nessuno può scegliere il proprio nome” rispose Grindelwald scoccando un’occhiataccia a Tom.
“È appena evaso un criminale dall’Austria di nome Gellert Grindelwald” rispose l’addetto. Tom strinse la bacchetta nella tasca. C’era qualcosa che non andava. Perché un Babbano parlava di Gellert Grindelwald?
“Mai sentito nominare” sibilò Tom in risposta “E voi, zii, mai sentito?” domandò con fare innocente a Silente e a Grindelwald. Quello non era un Babbano, ora che si stava concentrando su di lui, ne avvertiva il potere magico… era talmente debole che, inizialmente, non lo aveva percepito per nulla.
“No” rispose Silente affabile “Ma la ringraziamo per l’informazione, agente” occhieggiò il nome sulla targhetta “Richards”.
“Non c’è di che, professor Silente”.
“È Scemente, veramente” ribatté Albus sempre sorridendo ma Tom percepì chiaramente un cambio di atmosfera “E non sono professore”.
“Potete anche mettere giù la maschera” ribatté Richards “Vi ho sentito parlare di Hogwarts. Io sono un Auror del Ministero della Magia. E voi siete Gellert Grindelwald e Albus Silente. Cornelius aveva ragione!”
“Magia?” ripeté Tom, confuso “Signore se ha un problema con l’alcol posso consigliarle di andare agli Alcolisti Anonimi… sa anche…”
“Non so chi tu sia” lo interruppe l’Auror “Ma ti assicuro che lo scopriremo una volta che verrai chiuso ad Azkaban, signor…” prese il passaporto e lesse il nome “Riddle”.
Si scambiarono tutti e tre un’occhiata d’intesa, erano già pronti a tirare fuori le loro bacchette e affatturare quell’idiota di un Auror, quando dietro il bancone vicino a quel Richards comparve una signora di mezz’età “Tom?” chiese confusa guardando il viso di Tom “Com’è possibile che tu non sia invecchiato?” domandò la signora strabuzzando gli occhi incredula. 
“Quante volte ti ho detto di non venire dietro mentre stiamo facendo i controlli?” le chiese Richards in modo sgarbato e, tuttavia, Tom lo vide esitare mentre la sua stupida mente da Auror iniziava a fare due più due: quella era una Babbana… come poteva…?
Tom spostò lo sguardo dall’Auror alla signora dietro di lui, la squadrò in silenzio per qualche secondo domandandosi chi diamine potesse essere. Il viso non gli diceva nulla e sicuramente non era una donna della sicurezza dato che non aveva la divisa della polizia, piuttosto sembrava essere un’addetta alle pulizie. Poi il suo sguardo cadde sulla targhetta della donna.
Amy Benson.
Sono come Dorian Gray, Amy, ho un quadro che invecchia al posto mio” rispose Tom rilassando le spalle. Forse sarebbero riusciti a uscirne senza far saltare in aria l’aeroporto.
Lo conosci, Amy?” chiese l’Auror stupito. Come poteva una Babbana conoscere dei Maghi?!
“Oh sì, Tom Riddle. Eravamo all’orfanotrofio insieme!” esclamò Amy “Non uno dei miei compagni preferiti…” aggiunse poi con un piccolo brivido “E chi sono i due signori?”
“I miei zii” rispose prontamente Tom “Sono riuscito a rintracciare una parte della mia famiglia, non è fantastico?” domandò Tom affabile, fingendo spudoratamente.
Amy lo guardò stralunata, possibile che fosse identico a quando aveva lasciato l’orfanotrofio?
“Signorina Benson, vuole prendere un caffè con noi?” chiese Gellert sorridendo in modo caloroso “Sarebbe un onore per noi conoscere amici di nostro nipote!”
Fottuto stronzo, pensò Tom lanciando un’occhiataccia a Grindelwald.
“Oh mi farebbe davvero piacere ma purtroppo non posso interrompere il turno. Fa parte della mia riabilitazione…” Amy sospirò “L’alcol è in grado davvero di rovinare la vita delle persone… ma quando si cresce con un’alcolizzata… Tom è stato fortunato a venire ammesso quella sua scuola...”
Tom spostò di nuovo l’attenzione sull’Auror che continuava a guardare corrucciato i loro passaporti, fortunatamente, non sembrava aver prestato molta attenzione a quell’ultima parte di conversazione ma non potevano davvero rischiare. Senza tirare fuori la bacchetta e senza emettere un fiato gli lanciò un veloce Confundus. Richards sussultò, scosse leggermente la testa e poi restituì loro i passaporti “Bene allora, signori, scusate per il disguido”.
Tom sorrise mestamente recuperò il passaporto e si allontanò subito con passo svelto.
“Tom!” lo richiamò Silente appena varcata la soglia che metteva fine ai controlli “Non c’era bisogno di confonderlo” bisbigliò Silente.
“Sì, la tua amica Amy ci ha salvato il culo” aggiunse Gellert raggiungendoli “Guarda mi ha lasciato il numero così la prossima volta possiamo andare a bere qualcosa tutti insieme come una famigliola felice”.
“Vai a farti fottere, Grindelfart!” sbottò Tom per poi girare su sé stesso e smaterializzarsi con un sonoro crac.

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Questa volta voglio lasciare un paio di note.

(1) La prima è personale: mi sono licenziata :D yuppiiii, per un mese starò a casa e dall'8 di maggio inizierò un nuovo lavoro, sempre a Tokyo. Penso riuscirò a essere più attiva qui su EFP e volevo festeggiare il mio licenziamento di oggi proprio pubblicando un nuovo capitolo della Volly (questa storia, per chi non lo sapesse, nasce proprio come "Volly" - Voldemort + Molly - poi ho deciso per un titolo meno trash, ma insomma...)

(2) Sì, vi starete chiedendo, ma questa cosa si fuma? La dr0ga in Giappone non è illegale? Silente e Tom Riddle hanno scopato? Sì, nella Volly sì. Mi sono rifatta a questa ff che avevo scritto tempi addietro (non è assolutamente necessario leggerla per capire gli sviluppi di questa storia) https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3930246&i=1 

(3) Io non so il tedesco, breve ricerca su internet e ho trovato questo "schatz" che credo (e spero) significhi "tesoro". Chiaramente Grindelwald è sarcastico. 

Bene, benissimo! Ci vediamo prestoooo

Clo

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Come sentì il rumore della materializzazione, Bellatrix non si trattenne: lasciò perdere i ferri e la lana – alla quale stava provando a dare la forma di un maglione – e corse di sopra verso l’ingresso. Sapeva che era il suo Padrone, se lo sentiva. Non poteva essere nessun altro. Nessun altro se non lui che tornava da lei. Non era passata nemmeno una settimana; eppure, le sembrava di non vederlo da secoli; le vennero le lacrime agli occhi al pensiero d’incontrarlo ma, quando ormai era già quasi all’ingresso, si ricordò del loro ultimo incontro, di come l’aveva trattata, di come l’aveva rifiutata. E se lui non avesse più voluto vederla? Era stata troppo impertinente l’ultima volta? Aveva esagerato, sorpassando in modo definitivo quel confine sul quale aveva sempre abilmente stazionato? Come avrebbe dovuto salutarlo? Mentre tutte quelle domande le affollavano la testa, venne superata da Molly Weasley.

“Oh, caro! Sei tornato!” la sentì starnazzare e, come Bella volse l’angolo trovandosi nell’atrio dell’ingresso, vide quella Weasley stringere tra le braccia il Signore Oscuro.

Il suo Padrone.

Bellatrix osservò la scena come se la stesse vivendo qualcun altro. Non era possibile, non era possibile che il Signore Oscuro si stesse lasciando stringere da una Traditrice del Suo Sangue mentre a lei… a lei non era mai stato permesso di tenerlo tra le braccia a quel modo.

Perché?

Perché?

Il rumore di altre due materializzazioni la fece sussultare.

“Oh, quindi questa è la famosa Bella?” domandò un uomo biondo di media statura che Bellatrix intuì subito essere Gellert Grindelwald.

La famosa Bella? Si chiese tra sé e sé Bellatrix mentre il suo cuore sembrava rifiorire in preda alla speranza.

Che il Signore Oscuro abbia parlato di me?

“No, Gell. Questa è Molly Weasley” rispose Silente sorridendo e proseguendo con le presentazioni “Lì hai Arthur Weasley, suo marito, e i figli Ron, Ginny, Fred e George. Lì vicino alla porta c’è Sirius Black, il padrone di casa, sua cugina Andromeda e il marito Ted, Harry Potter, Hermione Granger e…” gli occhi di Silente si posarono su Bellatrix che faceva leggermente capolino dal muro con la testa.

Quella è la famosa Bella” concluse Grindelwald facendosi avanti e scrutandola con estrema attenzione. Bella lo guardò fisso negli occhi, senza alcun timore: non si sarebbe di certo fatta intimidire da quel damerino da strapazzo che se la faceva con Silente.

Le labbra di Grindelwald si stiracchiarono in un sorriso poi spostò lo sguardo su Tom il quale, finalmente, era riuscito a liberarsi dalla presa della signora Weasley “Certo, inizio a capire il motivo di tutta questa ossessione” commentò Gellert continuando a fissare Bellatrix quasi senza sbattere le palpebre.

“Non c’è nessuna ossessione, Grindelfart, dacci un taglio

“Come no!” si finse stupito Gellert portandosi una mano al petto con fare teatrale “Bella di qua, Bella di su, Bella di giù…” ridacchiò poi fece qualche passo in direzione di Bellatrix “Bella… sta per?” chiese fingendo di non conoscere il suo nome completo. Bellatrix lo osservò in silenzio per qualche istante poi fece dardeggiare velocemente il suo sguardo verso il Signore Oscuro. Poteva rispondergli?

“Bellatrix” rispose Voldemort al posto di Bella “Sta per Bellatrix”

“Il nome di una stella, in perfetto stile Black… ma la palpebra pesante è quella dei Rosier” commentò Grindelwald senza prestare della minima attenzione Tom e sorridendo di nuovo in direzione di Bella che continuava tuttavia a osservarlo corrucciata in silenzio. Cosa diamine voleva da lei quell’omuncolo?

“Chi lo avrebbe mai detto che avrei collaborato con una parente di Vinda!”

Bellatrix non mosse un muscolo e, ancora una volta, non aprì bocca per rispondergli, non sapendo bene cosa dire. La sua mente era ancora ferma a famosa Bella, come se il Signore Oscuro non avesse fatto altro che pensare a lei, parlare di lei… arrossì leggermente a quel pensiero.

“Un carattere un po’ timido? Arrossire per così poco…” continuò Gellert facendo qualche passo verso di lei per nulla messo in difficoltà da quell’atteggiamento restio.

Bellatrix sussultò, tornando al presente. Scoccò un’occhiataccia a Grindelwald e si fece avanti “Non sono affatto timida!” sibilò inviperita, toccata sul vivo. Come se a lei potesse importare qualcosa di quello che pensava quel Grindelwald!

“Bene” esclamò Silente gioviale battendo le mani “Come potete vedere la missione è perfettamente riuscita”

“Qual è la prossima mossa?” chiese Sirius, impaziente, prima che chiunque altro potesse prendere parola. Non ne poteva più di avere pazzi criminali per casa.

“Io adesso devo tornare a Hogwarts, ho un meeting con i docenti” rispose Silente “Non dovrebbe prendere più di un paio d’ore, purtroppo non posso rimandarlo. L’inizio della scuola è ormai alle porte”

Tom si volse a guardarlo male. Cosa voleva dire…? Non di certo che…

“Se non vi dispiace, Gellert rimarrà qui con voi per pranzo, poi stasera vi aggiorneremo con calma. Intanto, è importante che tutti entrino in… sintonia” concluse lanciando uno sguardo ammonitorio a Gellert e a Tom “Fate i bravi” si raccomandò prima di smaterializzarsi senza dare modo a nessun altro di parlare.

“Che c’è, Schatz, non sei contento di stare ancora un po’ con me?” chiese Gellert mettendo un braccio intorno alle spalle di Tom “E poi non è solo con te che devo entrare in sintonia, giusto? C’è anche Bella… lei deve…” si leccò le labbra “Insomma deve essere in sintonia con tutti noi”

“Prova di nuovo a dire sintonia e Bella nella stessa frase e ti faccio entrare in sintonia con le teste tagliate degli Elfi Domestici che stanno sulle scale” gli sibilò Tom in modo sommesso, di modo che potesse essere sentito solo da lui.

“Qui qualcuno è geloso?”

“Allora” intervenne Molly con un tono di voce più alto del solito “Siete arrivati proprio in tempo per il pranzo, spero che le piaccia l’arrosto signor… ehm… Grindelwald”

“Chiamami pure Gellert” le rispose Grindelwald togliendo il braccio dalle spalle di Tom e sorridendo a Molly Weasley “Io come posso chiamarla?” domandò sornione.

Tom roteò gli occhi nauseato. Sarebbe riuscito a non affatturarlo prima della fine di quel pranzo? Prima del ritorno di Silente? Iniziava a dubitarne. Insopportabile, semplicemente insopportabile. E il modo in cui guardava Bella? Non doveva permettersi…

“Molly va benissimo”

“Bene, Molly, l’arrosto mi piace molto. Sono anni che non lo mangio, Nurmengard, ahimé, non è di certo famosa per la sua alta cucina” aggiunse mentre Molly faceva strada mostrandogli dove avrebbero mangiato.

Bellatrix lanciò un’occhiata al Signore Oscuro che però sembrava stare accuratamente evitando di guardarla. Era ancora arrabbiato con lei? Ma per quale motivo, poi? Cosa aveva fatto di male? Come raggiunse la cucina, Bella si sedette svogliata sulla solita sedia; non fece in tempo ad alzare lo sguardo per fare cenno al Signore Oscuro di accomodarsi lì accanto a lei che il posto del suo Signore venne occupato da quel Grindelwald.

“Caro, se non sei troppo stanco per il viaggio, potresti aiutarmi con il purè di patate? Riesci sempre a dargli quel tocco in più…”

“Certo Molly”

Bellatrix spostò il suo sguardo sul piatto vuoto.

Il Signore Oscuro era tornato a essere pappa e ciccia con la cagna rossa e stava ignorando lei. Eppure, a sentire quel Grindelwald, lei era la famosa Bella…

“Bellatrix”

Bella sussultò e incontrò gli occhi eterocromi di Gellert Grindelwald. Ora che era più vicina a lui notò come fosse pallido e sul naso avesse qualche rada lentiggine. Non era un brutto uomo, anzi, semplicemente, non era il suo tipo.

“Mi hanno detto che sei un’abile strega oscura” le disse Gellert mentre la signora Weasley iniziava a portare in tavola l’arrosto e Tom, dopo aver appoggiato il piatto con il purè, si sedeva invece nell’ultimo posto rimasto libero, quello accanto ad Andromeda.

“E chi te l’ha detto?” domandò Bella, speranzosa. Possibile fosse stato il Signore Oscuro?

“Me lo dice il mio sesto senso” ribatté Gellert sorridendole e chinandosi un po’ di più verso di lei “Devo dire che ero un po’ restio quando ho saputo che sarebbe stata una strega a occuparsi del sigillo, della parte finale, quella più importante… ma ora che ti ho di fronte…” Gellert addentò un boccone di arrosto con fare voluttuoso “Capisco la scelta” masticò con voluta lentezza “Non ho mai incontrato una strega oscura come te, il tuo potenziale è addirittura tangibile”

“Tutto grazie al Signore Oscuro” rispose prontamente Bellatrix provando ad allacciare il suo sguardo con quello del suo Padrone.

“Ho anche saputo che sei stata diversi anni ad Azkaban” aggiunse Grindelwald, cambiando in fretta argomento. Il resto dei commensali mangiava in silenzio proprio come era successo la prima volta che Voldemort si era unito a loro. C’era un’atmosfera di disagio e di ansia, come se tutti si aspettassero che da un momento all’altro dovesse capitare qualcosa di terribile. Avrebbe potuto essere altrimenti? Stavano pranzando con Grindelwald, Voldemort e Bellatrix Lestrange…

“Quattordici anni” rispose Bellatrix svogliata, non capiva se quel Grindelwald stesse flirtando con lei? Era possibile? Ma non aveva una relazione con Albus Silente?

“Per il Signore Oscuro” aggiunse subito, giusto per mettere in chiaro le cose, di nuovo.

“Io ho passato molti anni a Nurmengard…” ribatté Gellert, ignorando nuovamente l’accenno a Voldemort e cambiando improvvisamente tono di voce “Forse potresti aiutarmi a riprendere a… vivere… normalmente. Dopo tanti anni di reclusione, mi sembra tutto strano…”

Bellatrix si mosse un po’ a disagio sulla sedia.

“Non ho ancora ripreso a vivere normalmente” gli rispose continuando a mangiare senza guardarlo. Cosa voleva da lei? Si volse verso il suo Padrone che, però, non stava guardando nella sua direzione. A lei era mancato così tanto! E anche lui, forse, se quel Grindelwald continuava a dire che il Signore Oscuro l’aveva nominata senza sosta…

“Ma grazie al Signore Oscuro…”

Gellert roteò gli occhi “Sempre a parlare di Voldemort” commentò senza lasciarle finire la frase.

“E questo è niente” s’intromise Sirius con la sua risata simile a un latrato “Credimi, può diventare molto più pesante e, aggiungerei, esplicita di così”

Gellert sorrise mesto a Sirius poi si voltò verso Tom “Sei un uomo fortunato, Tommy” rise “Hai una seguace molto fedele, leale… dedita a te”

“C’è chi sa scegliere i propri alleati, chi invece si lascia guidare da sentimentalismi e fallisce, lasciandosi mettere in prigione dal proprio amato”

Gellert riprese a mangiare in silenzio, ignorando completamente il commento di Voldemort.

“Sai, Bella” tornò alla carica dopo qualche secondo “Anche io sono un Mago Oscuro”

Bellatrix alzò le sopracciglia “Così si dice” commentò acida, guardinga.

“E al contrario del tuo amato Padrone, sono anche Purosangue”

L’atmosfera in cucina si fece ancora più pesante. Se già tutti erano in silenzio, ascoltando circospetti la conversazione tra Bellatrix e Grindelwald, a quel commento i commensali quasi smisero di mangiare, trattenendo il fiato, non sapendo cosa sarebbe successo di lì a poco. Molti degli sguardi dardeggiarono verso Tom, come per verificare se avesse sentito, se avrebbe fatto qualcosa.

Bellatrix si pietrificò, deglutì, non sapendo cosa rispondere. Avrebbe voluto alzare lo sguardo e guardare il suo Padrone negli occhi ma non sapeva come avrebbe reagito, cosa avrebbe fatto. E come stava interpretando quel suo silenzio? Sicuramente nel modo sbagliato.

“Buon per te” rispose Bella, giusto per dire qualcosa, in preda al panico. Sapeva che Voldemort si sarebbe adirato con lei qualsiasi cosa avrebbe fatto. Quando si trattava del suo status di sangue sapeva essere molto – troppo – sensibile. Parlando si sarebbe esposta ma, tacendo, avrebbe dato adito a male interpretazioni. Insomma, qualsiasi cosa avesse fatto, Voldemort non l’avrebbe presa bene.

“Buono anche per te, no? Adesso non devi più seguire un lurido Mezzosangue”

Si sentì il tintinnare di posate che cadevano con violenza nel piatto.

Zitto!” sibilò Tom alzandosi in piedi infuriato “Chiudi la bocca”

Gellert gli sorrise tranquillo, poi si portò lentamente alla bocca una forchettata di arrosto ricoperto di purè rilassandosi sullo schienale della sedia “Devo dire che Molly ha ragione: il tuo purè ha un tocco in più” poi, constatando che Voldemort continuava a fissarlo quasi come se volesse incenerirlo, aggiunse divertito “Cosa c’è, Tommy, la verità fa male? Eppure, è un dato di fatto: io sono un mago oscuro purosangue… purosangue come Bellatrix al contrario di te che, insomma… non so neanche se ti si possa considerare Mezzosangue, tuo padre un Babbano, tuo madre probabilmente una Maganò, cresciuto tra i Babbani…”

Non aggiungere una parola!

Il tono di voce di Voldemort era basso, sibilante, quasi come se gli procurasse fatica e dolore pronunciare ogni parola. Per qualche motivo, quel tono così basso suonava ancor più terribile delle urla.

“Stavo solo cercando di far presente a Bella che ora non deve più seguirti, non sei più l’unico mago oscuro in circolazione, non c’è più bisogno che si abbassi a seguire un reietto della Comunità Magica, lei che ha nelle vene uno dei sangue più puri di tutto il mondo… Tu, Tommy, semplicemente, non sei alla sua altezza”.

Il gelo calò in cucina. Era chiaro tutti avessero sempre saputo che il bel Tom Riddle era in realtà Lord Voldemort ma Tom era sempre stato molto bravo a mascherare il suo essere. Gentile, educato, al massimo sarcastico, non aveva mai davvero infastidito nessuno. In quel momento, tuttavia, pur avendo ancora l’aspetto da ventenne di Tom Riddle, il suo viso era trasfigurato da una furia cieca. Gli occhi erano diventati rossi e si sentivano onde magiche vibrare per la cucina, come se la sua magia stesse per scoppiare incontrollata.

Voldemort raggiunse Gellert con ampie falcate, in modo veloce, repentino e, prima che quest’ultimo potesse comprendere cosa stesse succedendo, Voldemort lo afferrò per il bavero della giacca e lo tirò su, alzandolo dalla sedia “Ti ho detto che devi chiudere la bocca

Gellert gli sorrise, per nulla impaurito, come se stessero facendo un’amabile chiacchierata seduti al bancone dei Tre Manici di Scopa “Sei geloso?” poi mosse il naso come se stesse fiutando l’aria “No, non sei geloso, questo è l’odore della paura”

Voldemort rise freddamente “Paura di te, frocio?”

“Oh, no” Gellert si liberò della sua presa “Della verità. Perché sai che ho ragione. Perché mai una bella e potente strega come lei dovrebbe stare con un lurido Mezzosangue quando potrebbe avere un Mago Oscuro Purosangue?” Gellert fece guizzare i suoi occhi su Bellatrix ma non fece in tempo a incrociare lo sguardo con lei che Voldemort gli afferrò il viso piantandogli le unghie nelle guance, facendolo voltare violentemente di nuovo nella sua direzione “Non la devi guardare

“Sei un po’ troppo possessivo, Schatz. Così le relazioni si rompono” Gellert si strinse nelle spalle “Lo dico per te, Tommy, sul serio”

Non la devi neanche pensare” soffiò Voldemort a pochi millimetri dal viso di Grindelwald.

Tom godeva nel sentire le sue unghie che, piantate nelle guance pallide dell’altro mago, quasi gli sfioravano la dentatura. Non gli avrebbe permesso di prendersi Bellatrix.

Nessuno poteva toccargli Bella.

Era sua, la sua strega, nessuno poteva neanche solo avvicinarsi a lei…

Gellert rise di gusto “Non devo essere io a pensarla… deve essere lei a pensare a me, se capisci cosa intendo”

Voldemort non ci vide più, divenne tutto rosso. Lo avrebbe ucciso, avrebbe scagliato l’Anatema che Uccide e se lo sarebbe levato di torno. Al diavolo i Druidi, Silente… non poteva di certo rischiare di perdere Bella…

“Non ti considererei neanche se il Signore Oscuro non esistesse, figurati se potrei mai prenderti in considerazione con lui qui presente” disse Bellatrix alzandosi in piedi e facendo qualche passo verso di loro. Voldemort irrigidì ancora di più le spalle, preso in contropiede dalla voce di Bella.

“Non ti considererei mai perché sei insipido, caratterialmente, magicamente, fisicamente” proseguì lei sdegnosa, noncurante “Quindi vedi di darci un taglio con quest’atteggiamento da fallito e non insultare mai più il mio Padrone altrimenti te ne farò pentire amaramente!”

Voldemort si trattenne dall’aprirsi in un sorriso.

La sua Bella che, come al solito, sapeva cosa dire, come dirlo e quando dirlo. Era perfetta, semplicemente perfetta. Lasciò andare Grindelwald e si voltò verso Bellatrix.

“Padrone…” mormorò lei guardandolo per qualche istante negli occhi e poi lasciandosi scivolare in ginocchio con lo sguardo basso “Mi dispiace… dovete perdonarmi… Avevate ragione voi…”

“No, Bella” la interruppe Tom con veemenza, brusco “Avevi ragione tu”

Bellatrix rialzò il capo, stupita, spaesata, senza capire. Non succedeva mai che il Signore Oscuro ammettesse di avere torto… o anche solo sbagliato… forse…

“Avrei dovuto portarti con me” Voldemort inclinò il capo di lato “la mia Bella”

Si chinò su Bellatrix e si smaterializzò con lei con un sonoro crac.

 

*
 

Bellatrix era frastornata. Si ritrovò la bocca del suo padrone sulle sue labbra prima ancora che il suo cervello potesse in qualche modo registrare cosa effettivamente fosse successo.

Le aveva dato ragione, le aveva detto che avrebbe dovuto portarla con sé.

La mia Bella, così l’aveva chiamata…

“Padrone…” mugolò Bellatrix come Voldemort prese a morderle con foga il collo. Bellatrix arpionò le spalle del suo Signore e si tirò su per poi circondargli il bacino con le gambe. I loro amplessi non mancavano mai di passione ma, in quel momento, Bella sentì chiaramente qualcosa di diverso. C’era urgenza da parte di Voldemort, una voracità che non gli era del tutto propria. Solitamente sapeva dominare bene i propri istinti ma in quel momento invece c’era qualcosa di bestiale nei suoi movimenti. Qualcosa che fece eccitare e bagnare Bellatrix oltre ogni dire. Prese a gemere senza ritegno, ogni sfioramento le donava un piacere vertiginoso, che andava al di là dello scibile umano.

Voldemort le strinse con forza le natiche, strappandole senza indugio l’intimo.

“Dillo di nuovo Bella” le sibilò entrando in lei senza nessun preliminare, facendole sbattere la schiena contro la parete con talmente tanta forza che alcuni oggetti e libri caddero dalla credenza con dei tonfi sordi sul pavimento. Bellatrix spalancò gli occhi e inarcò la schiena in preda al piacere. Il suo cervello aveva smesso di funzionare, non capiva più nulla, era in un vortice di piacere senza inizio e senza fine…

Voldemort le tirò uno schiaffo sul sedere che la fece sussultare e la riportò alla realtà; i muscoli del sesso di lei si contrassero intorno al membro di Voldemort, in preda al piacere.

“Mio Signore… non ho preso la pozione…” balbettò Bellatrix, gli occhi ribaltati all’indietro, tremava da quanto piacere stava provando.

Da quando era uscita da Azkaban gli amplessi con il suo Padrone erano sempre stati in qualche modo “misurati” come se lui non volesse romperla ma, in quel momento, la stava prendendo con una violenza e un’urgenza che non aveva mai avuto in precedenza, neanche prima di Azkaban. Sentì i suoi capezzoli inturgidirsi, aveva la pelle d’oca da quanto si sentiva eccitata, su di giri… era troppo…

Dillo” le ordinò ancora Voldemort ignorando completamente le sue parole e continuando a prenderla con foga in piedi, contro il muro, facendola sbattere con violenza contro la parete.

Bellatrix si disse che non solo non aveva preso la pozione anticoncezionale che di solito assumeva ma che, non avendo neanche insonorizzato la stanza, con il fracasso che stavano facendo, si sarebbero trovati quella petulante Molly Weasley alla porta in meno di un secondo.

Un affondo più profondo e un morso più violento la fecero urlare in preda a un piacere estatico. Possibile avesse già raggiunto l’orgasmo? La sua mente smise di fare pensieri sensati, tremava tra le braccia del suo Padrone, si era lasciata andare a un circolo di goduria che non riteneva neanche possibile, prima di quel momento.

“Smettila di fare pensieri inutili… dillo” le ordinò ancora una volta Voldemort, spostandosi finalmente dal muro e lasciandosi cadere all’indietro sul letto. Bella iniziò a muoversi sopra di lui, togliendosi la veste e liberando il seno. Voleva sentire le mani del suo Padrone sulla sua pelle, ovunque su di lei…

“Cosa… cosa volete sentirvi dire mio Signore…” chiese Bellatrix cercando di riacquistare lucidità, voleva dare al suo Padrone qualsiasi cosa di cui lui avesse bisogno… Voldemort tuttavia non le rispose, affondò semplicemente di più in lei, mettendole una mano sul fianco e l’altra sul seno per stuzzicarle i capezzoli. Bellatrix si morse le labbra, il piacere la stava travolgendo di nuovo… ma in quel momento capì…

“Siete l’unico, mio Signore. Non potrei mai guardare nessun altro se non voi, solo voi esistete per me… siete voi il mio Mago Oscuro”.

Lo sentì venire in lei e, quella sensazione, le fece raggiungere il piacere in meno di un secondo, ancora una volta. Reclinò il capo all’indietro urlando così forte da ferirsi la gola. Si accasciò su di lui, tutta sudata e col fiato corto. Si sarebbe aspettata lui la spostasse – come sempre faceva dopo il sesso insieme – invece lo sentì dare un colpo di reni per ribaltare le loro posizioni.

“Non crederai davvero sia già finita così, Bellatrix?” le domandò lui con un sorriso obliquo a rovinargli i bei lineamenti del viso di Tom Riddle.

Voldemort riprese a muoversi in lei, afferrandole i polsi e tenendoglieli con una mano sopra alla testa, bloccandola. Si chinò sul Marchio di Bellatrix e prese a morderglielo mentre la presa sui polsi di lei stava già andando a lasciare dei profondi segni rossi sulla sua pelle. Bellatrix si leccò le labbra, adorava essere presa da lui in quel modo, dominata, non avrebbe mai smesso…

“Oh Bella, tranquilla, non ho nessuna intenzione di smettere” le mormorò lui all’orecchio, continuando a morderla e a marchiarla di lui “Mai”

Bellatrix venne ancora una volta.

 

*

 

Altre urla, altri rumori di oggetti che sbattevano, cadevano in terra con tonfi sordi e ovattati tuttavia completamente distinguibili…

Molly provò a sbattere le pentole per provare a coprire quegli altri rumori ma, a quanto sembrava, era tutto – tutto – inutile.

“Non serve a nulla, Molly” le disse Grindelwald senza alzare lo sguardo su di lei mentre continuava a studiare il libro di Antiche Rune di Bellatrix e gli appunti scritti da Voldemort “Vuole che sentiamo e non c’è modo di non sentire, di coprire questi… suoni…” sfogliò la pagina pigramente, sembrava immune a tutti gli urli, gli ansimi e i rumori che provenivano dalla soffitta “… è maledettamente in gamba, bisogna dargliene atto. Magicamente, intendo, non riesco a silenziarlo…”.

Molly lasciò andare con stizza lo strofinaccio. Aveva mandato Arthur con i ragazzi a Diagon Alley a mangiare un gelato da Fortebraccio, casa Black, in quel momento, non era il posto per ragazzi minorenni… o da poco maggiorenni.

“Non possono andare avanti per sempre” commentò Andromeda mescolando la tazza di tè mentre tra tutti i muri risuonava la voce di Bellatrix in preda all’orgasmo “Mia sorella sembra starsi divertendo molto” aggiunse pensierosa, “Ma lui? Non si sente la sua voce…”

“Meno male, non credo di volermi immaginare Voldemort mentre gode” rispose brusco Sirius “Non capisco neanche come possa essere considerato giusto! Quei due ci danno dentro mentre io…”

“Basta” lo interruppe Molly, rossa come un peperone “Non me ne importa niente della vita sessuale di nessuno di voi”.

“Problemi con tuo marito, Molly?” domandò Gellert alzando un sopracciglio.

“No, è che certe cose dovrebbero rimanere private!” sbottò Molly “E poi non dovreste parlare dell’Incantesimo per i Druidi? Qua rischiamo tutti di rimetterci il collo e voi pensate ai vostri giochini di potere…”

“Perdonami, Molly, è stata colpa mia”.

La voce di Albus Silente fece sussultare la signora Weasley: quando era arrivato?

Aveva ripreso il suo solito aspetto, i suoi penetranti occhi azzurri si alzarono verso l’alto come la voce di Bellatrix prese di nuovo a propagarsi per tutta Casa Black. Sembrava un circolo infinito, cadeva il silenzio per qualche minuto ma poi le urla riprendevano sempre, quasi più vigorose di prima.

“Da quant’è che sta andando avanti?”

“Un paio d’ore, direi…” rispose Gellert abbandonando il libro e fissando lo sguardo su Albus “E dovrò trovarmi un lavoro, suppongo. Avevi ragione tu, ho perso la scommessa”

Silente ridacchiò e si sedette accanto a lui “Te l’avevo detto e ti avevo anche mostrato il ricordo del processo”

“Di cosa state parlando?” chiese bruscamente Sirius avvicinandosi agli altri due maghi.

“Albus diceva che non saremmo mai riusciti a dividere Bellatrix da Voldemort. Io avevo scommesso il contrario…” rispose Gellert “Pur avendo visto il ricordo del processo e quindi la sua dichiarazione di fedeltà a Voldemort ero persuaso che fosse interessata al potere e alle Arti Oscure. L’avevo sottovalutata… o sopravvalutata, suppongo dipenda dai punti di vista” concluse stringendosi nelle spalle “Insomma, credevo che, dandole un’alternativa di Mago Oscuro da seguire, lei avrebbe preso in considerazione l’idea di allontanarsi da Voldemort. Direi che ho perso la mia scommessa” aggiunse sollevando gli occhi al cielo e indicando con una mano il soffitto, dove Voldemort e Bellatrix continuavano a divertirsi indisturbati.

“Per questo ci hai provato con lei?”

Gellert annuì mentre Silente sogghignava divertito “E com’è andata?”

“Oh, ho rischiato sia di venire affatturato da lei, sia di beccarmi un’Avada Kedavra da lui” Grindelwald si avvicinò un po’ a Silente “Sai, Al, qualcosa d’interessante l’ho scoperta comunque”

Silente alzò le sopracciglia, curioso, e gli fece cenno di continuare.

“Lei non lo abbandonerà mai, questo è assodato… ma lui non abbandonerà mai lei”

Silente scosse il capo, non convinto “Non lasciarti obnubilare dalla possessività che Voldemort ha nei confronti di Bellatrix”

“La ama” proseguì Gellert convinto.

Silente emise un verso di sprezzo e disgusto.

“Possessività, gelosia, non sono sinonimo di amore”

“Albus devi smettere di essere così rigido” controbatté Grindelwald seccato “Non sto dicendo che sia in grado di provare quell’amore puro e disinteressato che tanto ti piace decantare…”

“L’amore puro e disinteressato è l’unica forma di vero amore”.

Gellert scosse il capo “Ascoltami bene” ribatté appoggiando i gomiti sul tavolo “Non stiamo parlando di due persone… come dire… funzionali. Lei poteva anche esserlo in passato, non lo so, ora è completamente succube di lui. Vive in funzione di lui, non riesce a fare un pensiero in cui Voldemort non sia compreso… se dovesse morire, lei morirebbe di conseguenza”

Silente gli fece un cenno di assenso, su quello concordava ed era il motivo per cui aveva detto a Gellert che, provare a sedurla, non aveva nessun tipo di senso. Bellatrix non avrebbe mai piantato in asso Voldemort come, invece, tanti altri Mangiamorte erano evidentemente disposti a fare.

“Lui è marcio fino al midollo. È pazzo nel senso più stretto del termine, è un narcisista…”

“Da che pulpito…” commentò piano Silente, Gellert proseguì, fingendo di non aver sentito il commento dell’altro “Eppure, in qualche modo perverso, tiene a lei”

“E tu definiresti questo amore?”

“Non saprei come altro definirlo” si strinse nelle spalle Grindelwald.

“Ossessione, ad esempio”

Grindelwald roteò gli occhi “Al, devi imparare che non tutte le forme di amore sono uguali. Tengono l’uno all’altro, hanno una relazione – disfunzionale, forse, te lo concedo – ma pur sempre una relazione. Vivono insieme, dormono insieme, si preoccupano l’uno dell’altro, si prendono cura l’uno dell’altro. Per noi la loro relazione è tossica ma loro…” fece una pausa, e si passò una mano sul viso, come se stesse cercando di raggruppare le idee e trovare il modo di esporle nel modo migliore “Loro sono tossici, disfunzionali allo stesso modo… per questo per loro…” si schiarì la gola e riaprì le palpebre “Per loro funziona. Questa è la loro forma d’amare che a te piaccia oppure no”.

“Scusatemi” interruppe Sirius “Per quanto tutto ciò possa avere un suo discutibile fascino… cosa ce ne importa a noi della vita sentimentale di mia cugina e di Voldemort?”

Silente si accarezzò la barba, poi un guizzo attraverso i suoi occhi: era arrivato il momento di iniziare a svelare, anche se di poco, i suoi piani. Non poteva pretendere che i membri dell’Ordine continuassero a riporre la fiducia in lui se non dava loro un quadro un po’ più chiaro della situazione.

“Non ci fidiamo di loro. Stiamo collaborando, certo, ma lo stiamo facendo per necessità. Non nego che non mi dispiacerebbe risolvere ‘la faccenda Voldemort’ senza violenza ed è infatti in quella direzione che stiamo cercando di muoverci. Molly” fece poi rivolgendosi verso la signora Weasley “Stai facendo un ottimo lavoro con Tom, sono sicuro che lui neanche se ne sia accorto ma dei cambiamenti, dei timidi miglioramenti, io già inizio a vederli”

Molly socchiuse la bocca, spaesata, ottimo lavoro? Ma di cosa stava parlando Silente? Lei non aveva fatto nulla! Silente, a ogni modo, non le diede tempo di ribattere, di domandare spiegazioni, perché proseguì a spiegare velocemente, in modo pratico “Ma, se si dovesse arrivare a uno scontro, è importante avere un quadro molto dettagliato della situazione” fece una pausa, poi fissò i suoi occhi azzurri in quelli neri di Sirius “Bellatrix potrebbe essere un punto debole di Voldemort insieme ad… altro” concluse facendo balenare il suo sguardo su Gellert.

“Per quanto riguarda quello… sicuramente. Più di uno, come già avevamo intuito, mi spingerei a dire più di due… o anche tre, se per questo”

Silente fece un’espressione disgustata poi si ricompose in fretta. Tirò fuori la bacchetta e scagliò l’Incanto Patronus “Avverti gli altri membri dell’Ordine” disse alla fenice-patronus “La riunione sta per iniziare”.

Finalmente la casa era tornata silenziosa.

Era arrivato il momento di pianificare il loro attacco ai Druidi.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


In poco tempo la cucina di Casa Black divenne gremita di persone. Quasi tutti i membri dell’Ordine della Fenice si erano smaterializzati subito, non appena ricevuto il Patronus di Silente. Andromeda vide Dora entrare in cucina, ignorare completamente sia lei che Ted, e andare a sedersi tra Sirius e Remus. Dromeda abbassò lo sguardo, cosa doveva fare? Non riusciva a farsi andare giù l’idea di sua figlia con un lupo mannaro. Non era una questione di sangue ma una questione di sicurezza. Remus poteva anche essere l’uomo più dolce e più buono del mondo ma rimaneva comunque un lupo mannaro. Quell’unica sera in cui si trasformava bastava – era sufficiente – per far sì che anche la sua Dora avesse la vita completamente rovinata… o, ancora peggio, morire. E se avessero avuti figli? Cosa sarebbe successo?

Tutti i Membri dell’Ordine mormoravano tra loro, ansiosi di capire quale fosse il piano di Albus, di capire perché, all’improvviso, si erano visti costretti non solo a collaborare con Voldemort ma anche a liberare Grindelwald. E se i due si fossero alleati? Albus sorrideva sempre quando quei pensieri ingenui dei membri dell’Ordine raggiungevano la sua mente. Non solo credeva fermamente nella redenzione di Gellert ma, seppure non si fosse ravveduto, Voldemort e Grindelwald si sarebbero ammazzati tra di loro piuttosto che collaborare insieme: nel poco tempo che avevano passato insieme avevano rischiato già più volte di scontrarsi…

“Senti, Albus” lo chiamò Gellert nervoso dopo qualche minuto di attesa “Se non scendono entro dieci minuti li vado a prendere io e li faccio scendere a suon di Cruciatus” quasi non riuscì a finire di dire la frase che il mormorio dei Membri dell’Ordine venne rotto da un altro forte schiocco dovuto alla materializzazione.

Molly sussultò, posò sul tavolo gli scones e il tè, poi si volse con le mani sui fianchi verso Tom e Bellatrix che, dal canto loro, sembravano non essere per nulla dispiaciuti per il comportamento che avevano tenuto durante il pomeriggio. Per colpa del loro atteggiamento assolutamente inaccettabile la signora Weasley si era vista costretta ad allontanare i ragazzi da casa. Cose dell’altro mondo.

“Prima che inizi la riunione” fece Molly, decisa “Vorrei dire due parole io, se non ti dispiace, Albus”

Silente rise sotto i baffi, poi le fece un cenno di assenso dicendole di continuare. Gli occhi di Molly dardeggiarono di nuovo verso Tom e quella Bellatrix. Quella Bellatrix che era già ricoperta di lividi, morsi, succhiotti. Li aveva ovunque, sul collo, sul petto un poco scoperto dalla veste, sulle braccia…

Scostumata, pensò Molly, agghiacciata che Ginny e Hermione potessero vedere certe cose.

“Il comportamento che avete avuto oggi è inaccettabile!”

“Questa non me la voglio proprio perdere” bisbigliò Fred in un sussurro udibilissimo da tutti.

La maggior parte dei Membri dell’Ordine, non avendo vissuto in Casa Black, guardarono stupiti Molly iniziare a rimproverare Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato quasi come se fosse uno dei suoi figli. Le era dato di volta il cervello?

Tom chinò la testa di lato, confuso “Come scusa?”

“Non potete comportarvi come se in questa casa abitaste solo voi due!” sbottò Molly agitando un dito in modo minaccioso “Ci sono dei ragazzi, la maggior parte dei quali minorenni… non potete… non…” fece un profondo respiro e chiuse gli occhi, come per trovare il coraggio di continuare “Non potete comportarvi come se foste in un bordello!”

“E chi ce lo vieta?” la derise Bellatrix arrogante, facendo un passo verso di lei.

“Io!” urlò Molly, sempre più agitata.

“Non è colpa di nessuno se tu non scopi” ribatté Bellatrix annoiata.

“Non si tratta di non…” Molly si morse le labbra “Scopare” pronunciò quella parola con un tono di voce più basso, quasi come se avesse paura che, dicendola, avrebbe potuto far scoppiare qualcosa “Si tratta di avere rispetto! Potete fare quello che vi pare… ma mi sembra siate due maghi, per Godric, usate qualche incantesimo per non metterci a parte delle vostre – discutibili – pratiche sessuali”

“Molly, te l’ho già detto” rise Gellert “L’obiettivo del caro Tom era proprio quello di farci sentire… o meglio farmi sentire” poi aggiunse rivolto a Voldemort “Tranquillo, ho recepito il messaggio: volevi farmi sapere che sei un abile amatore. Schatz, dove vuoi, quando vuoi” disse ammiccando “Io sono qui”

“Quante volte dovrò ripeterti di chiudere quella bocca?” gli sibilò Voldemort, risentito.

“Vuoi chiudermela tu con qualcos’altro?”

“Basta!” interruppe Molly, il viso paonazzo “Smettetela di comportarvi come dei bambini” poi rivolta a Voldemort “Ho capito che tu e Bellatrix avete i vostri… bisogni. Cerchiamo però di non farli sentire a tutta la casa, per cortesia. D’ora in poi incantesimi silenzianti e…” scoccò un’occhiata a Bellatrix “Per l’amore di Merlino, caro, per favore, dille di coprire quei segni: sono volgari”

Voldemort fece un ghigno e scosse la testa “Hai sentito Bella? Copri i miei marchi che sono volgari”

Bellatrix fece una smorfia, poi si aggiustò la veste di modo da coprire il petto e il collo.

“Bene” s’inserì Silente dopo qualche secondo di silenzio “Abbiamo risolto la questione, mi auguro?”

“Dipende tutto da loro” borbottò Molly, sedendosi accanto ad Arthur ancora agitata.

“Sono sicuro che d’ora in poi Tom e Bellatrix collaboreranno”

“Sì, ho capito, niente pratiche sadomaso di fronte ai minorenni. Profilo basso con tutti per quanto riguarda i… segni che tali pratiche lasciano” rispose Tom annoiato “Possiamo iniziare a parlare del nostro piano? Il tempo scarseggia”

“Prima vorrei che tutti ci mostrassimo per chi siamo veramente” suggerì Silente “E con tutti, intendo tu e Gellert, il vostro vero aspetto, per cortesia”

“Pensavo che tenere quest’aspetto di fronte ai tuoi minions fosse una conditio sine qua non per la buona riuscita di questo piano, per non farli dare di matto”

“Sì, era così, e vorrei che finita la riunione riprendessi l’aspetto di Tom Riddle ma, in questo momento, credo sia necessario che tutti vedano con chi effettivamente abbiamo a che fare”

Grindelwald si strinse nelle spalle, tirò fuori la bacchetta e, dove prima sedeva un bell’uomo biondo di mezz’età, sedeva ora un uomo anziano, deperito e dall’aria stanca.

Voldemort spostò il peso da un piede all’altro. Non amava in modo particolare l’aspetto che aveva avuto da giovane e, tuttavia, per qualche motivo assurdo, si sentiva a disagio a mostrarsi per quello che era davanti a Molly Weasley. Sapeva che quello sarebbe stato un momento cruciale: Molly avrebbe sopportato la vista di Lord Voldemort? O sarebbe stato troppo per lei? Le scoccò un’ultima veloce occhiata, poi iniziò a mutare il suo aspetto.

I capelli scomparvero lasciando posto a un capo calvo nel quale – a causa del pallore spettrale della pelle – si intravedevano vene azzurrine. Il naso si appiattì e, al posto del suo perfetto setto nasale, comparvero le due narici da serpente. Gli occhi divennero due pozzi rossi che sembravano essere la porta d’ingresso diretta per l’inferno. Insomma, laddove prima c’era il bel Tom Riddle, ora c’era Lord Voldemort.

Sentì le persone trasalire, agitarsi, imprecare. Sogghignò, soddisfatto. Amava sentire che le persone lo temevano tremanti di paura. Ma allora perché…? Spostò di nuovo lo sguardo su Molly. Era seduta accanto al marito e gli stringeva con forza il braccio, gli occhi spalancati dal terrore.

Ho fatto la ramanzina a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, pensò agghiacciata Molly guardando con occhi sgranati l’uomo che stava in piedi accanto a Bellatrix. Proprio dove c’era Tom ora c’era… quegli spietati occhi rossi… la stavano mangiando viva. Sarebbe stata uccisa da quegli occhi che non avevano neanche un briciolo di umanità… era come guardare un basilisco. Come se si stesse guardando la porta d’ingresso dell’inferno. Molly spostò il suo sguardo angosciata su Bellatrix che, invece, continuava a guardare quell’uomo come prima, come se il suo aspetto non fosse minimamente mutato. Anzi, se possibile, sembrava ancora più innamorata. Era privo di senso…

“Gellert Grindelwald” disse Silente indicando l’uomo seduto a capotavola “E Lord Voldemort” aggiunse indicando invece Voldemort in piedi al centro della stanza insieme a Bellatrix “Queste sono le persone con cui collaboreremo” sospirò “Ovviamente c’è anche Bellatrix Lestrange”.

“Grazie, Albus” abbaiò Malocchio, la mano stretta intorno alla bacchetta sguainata “Dicci qualcosa che non sappiamo!”

“Come vi ho già accennato questa… alleanza è strettamente necessaria”.

“Per quale motivo?” chiese Sirius. La vista del vero aspetto di Tom Riddle sembrava avergli prosciugato ogni energia. Non poteva credere che di fronte a lui ci fosse l’uomo che aveva ucciso James. Il suo migliore amico James. L’uomo che aveva attentato alla vita di Harry più volte; della quale l’ultima era successa neanche una manciata di mesi fa. Guardò il suo figlioccio di sottecchi e vide che Harry stringeva la mascella e, tuttavia, non sembrava essere sconvolto neanche la metà di quanto non fosse lui.

“Perché i Druidi sono una minaccia troppo grande per me, una minaccia troppo grande per qualunque mago. Solo una commistione di Arti Bianche e Arti Oscure può arrestare la loro ascesa… ascesa che implicherebbe non solo la fine del Mondo Magico per come lo conosciamo, ma anche la fine dei Babbani. Dobbiamo agire per proteggere tutti, tutto il mondo”

“E quale sarebbe l’utilità di Voldemort, Bellatrix e Grindelwald?” domandò Malocchio sempre sull’attenti, pronto a scattare.

“Tom ed io ci siamo immediatamente accorti del risveglio dei Druidi. Siamo stati gli unici due maghi qui presenti a captare le vibrazioni provenienti dall’Irlanda”

“Io me ne sono accorto in ritardo solo perché più lontano, in Austria” borbottò Gellert, Silente gli fece cenno di rimanere in silenzio, poi proseguì “Tutti voi siete a conoscenza delle leggende sui Druidi, ne abbiamo già discusso. Il piano messo a punto da me e da Tom – che ora metteremo in atto insieme a Bellatrix e a Gellert – è quello di creare un incantesimo nuovo e incredibilmente potente. Non conosciamo con esattezza il nostro nemico dato che è stato assopito per secoli… tutto ciò che sappiamo arriva dalle leggende e da, be’, quello che percepiamo. Il potere magico che ci arriva dall’Irlanda è indicibile”

Voldemort spostò di nuovo il suo sguardo su Molly. In quel momento, seppe di averla persa. Forse per sempre. La signora Weasley lo guardava di sottecchi… con gli occhi sbarrati, proprio come usava fare la signora Cole. Aveva paura di lui, forse lo odiava anche. Voldemort si sentì di nuovo come all’orfanotrofio: incredibilmente fuori posto, un paria, un mostro. Chiuse gli occhi per una frazione di secondo e si concentrò su Bellatrix che, invece, era una certezza. In passato aveva temuto che anche lo sguardo di Bella potesse cambiare, che anche lei potesse iniziare a considerarlo un essere immondo come sempre si era sentito definire. Ma Bella… Bellatrix era diversa.

“Tom e Bellatrix in queste ultime settimane si sono dati molto da fare con lo sviluppo dell’incantesimo oscuro e le rune” proseguì Silente con fare pratico. Stava cercando di andare dritto al punto perché sapeva che il vero aspetto di Voldemort stava mettendo tutti in difficoltà e, tuttavia, era persuaso del fatto che fosse arrivato il momento che i membri dell’Ordine lo vedessero per chi realmente era.

“Tom ha sviluppato un potente incantesimo di Arti Oscure e Bellatrix è riuscita a creare un sigillo in grado di contenerlo… è un passo avanti ma non è sufficiente. Io ho iniziato a sviluppare la mia parte di incantesimo di Arti Bianche e, ora che abbiamo liberato Gellert, potremo lavorare tutti in sinergia”

“Quindi andrete tutti a stare a Hogwarts?” chiese Sirius, speranzoso di liberarsi della presenza di Voldemort e della cugina.

“No”, rispose calmo Silente “Gellert verrà con me a Hogwarts dove continueremo a lavorare insieme. Bellatrix e Voldemort rimarranno qua a continuare sulle traduzioni delle Antiche Rune: ogni dettaglio che possiamo ricavarne ci sarà estremamente utile. Più l’incantesimo creato sarà potente, fatto su misura per i Druidi, più le nostre possibilità di successo aumenteranno”

“E non potete lavorarci tutti insieme allegramente a Hogwarts?”

“Non è sicuro”

“Perché?”

“Perché io e l’amico Tommy, lì, non riusciamo a stare nella stessa stanza per più di un paio di minuti, come già avrete intuito” rispose Gellert. La sua voce era roca, completamente diversa da quella che aveva quando il suo aspetto era giovanile. Ora aveva una voce stanca, gracchiante, raspante, come se non fosse stata utilizzata da anni e, quindi, le sue corde vocali dovessero riabituarsi a essere utilizzate.

“Com’è che ora hai la voce di un fumatore di crack?” chiese Voldemort faceto con un ghigno.

“Com’è che ora hai l’aspetto di un serpente?” rispose Gellert incrociando le braccia sul petto “E poi cosa dovrebbe essere il crack?”

Voldemort si morse le labbra e, prima che potesse rispondere, s’intromise Mundungus “È una droga babbana…”

Tutta l’attenzione si spostò improvvisamente su di lui, Molly lo guardava con un sopracciglio alzato, come a sfidarlo ad andare avanti. Mondungus si strinse nelle spalle “Non lo so per… insomma… è capitato…” l’espressione di Molly si fece più severa “Le droghe babbane sui maghi hanno meno effetto!” provò a discolparsi lanciando occhiate di aiuto in giro.

“Non una parola di più!” sibilò Molly, minacciosa.

“Fai uso di droghe babbane, Tommy?” chiese Gellert divertito leccandosi le labbra.

“Basta così” la voce di Silente era bassa e calma ma aveva una vena di urgenza “Non possiamo permetterci di perdere tempo. Non possiamo permetterci screzi” fece andare il suo sguardo da Voldemort a Grindelwald, poi fece un sospiro e si sistemò gli occhiali a mezzaluna sul naso adunco “Creare un incantesimo che unisca Arti Bianche e Arti Oscure è un’impresa da folli. Queste Arti non sono fatte per essere unite, sono fatte per combattersi, per scontrarsi… Dobbiamo stare attenti, attenti a ogni nostro minimo gesto, a ogni minima sfumatura. Dobbiamo entrare in sintonia, come se fossimo una sola persona. Non credo Gellert e io avremo particolari problemi. Io inizierò creando un incantesimo puro, delle Arti più bianche che esistono. A mano a mano, andrò trasformando l’incantesimo in qualcosa di ambiguo… ed è a quel punto che passerò l’incantesimo a Gellert”.

“Passare… l’incantesimo?” chiese Ninfadora, confusa.

“Sì, sarà una specie di bolla, una sfera di energia magica ancorata alla mia bacchetta… questa energia la passerò alla bacchetta di Gellert”

“Io riceverò questa ‘sfera di energia’, per così dire, e gradualmente la trasformerò in Arti Oscure”.

“Non si può creare direttamente un incantesimo Oscuro?” domandò Harry, senza capire per quale motivo fossero necessari tutti quei passaggi.

“La magia lascia sempre una traccia… l’incantesimo sarà oscuro, è vero, ma avrà in sé tracce di magia bianca perché è così che è nato. Sono argomenti di magia molto complessi ma questo incantesimo sarà una summa magica, qualcosa di incontrastabile. Le Arti Oscure lo proteggono dagli attacchi Bianchi, le Arti Bianche lo proteggono dagli attacchi Oscuri” Gellert fece una pausa, assicuratosi che nessuno avesse altro da aggiungere, proseguì “Quando l’incantesimo inizierà a diventare veramente oscuro lo passerò a Voldemort perché, francamente, quella roba…” arricciò il naso “Nessun mago per bene farebbe quella roba”.

Voldemort scoppiò in una risata fredda “La scusa di chi non ha né il fegato né le capacità di fare alcune cose…” scosse la testa “Sperando che la sintonia mia e di Grindelfart sia abbastanza per il passaggio della sfera di energia, io completerò l’incantesimo scendendo nelle Arti più Oscure che siano mai state create… ed è a questo punto che entra in gioco Bella. Lei applicherà le rune – create appositamente per questo incantesimo – per azionare il sigillo. L’incantesimo verrà canalizzato nelle rune, attivando il sigillo, che si chiuderà. Se tutto andrà secondo i piani, a questo modo, avremo sigillato per sempre i Druidi nelle rune e non saranno più in grado di uscire… per sempre, si spera”

In cucina scese uno spiacevole silenzio, tutti stavano cercando di trovare un senso a quelle parole ma sembravano confusi, era complicato e troppe cose potevano andare storte…

“Nel caso mancasse sintonia… equilibrio… tra voi, questa cosa non sarà fattibile?” chiese conferma Kingsley.

Silente annuì “Dovremo lavorare come se fossimo un’unica persona, ci vuole equilibrio… soprattutto magico. Nessuno di noi deve mettere più potere del necessario altrimenti verrebbe qualcosa di sfasato e sfalsato: sarebbe ingestibile”

“E come credi di fare collaborare quei due?” chiese con un ringhio Malocchio accennando con l’occhio magico prima a Gellert e poi a Voldemort.

“Una cosa per volta. Non devono diventare amici, solo trovare un equilibrio che funzioni per l’incantesimo… per questo voglio lavorare prima da solo con Gellert, di modo che Gell possa studiare l’incantesimo preparato da Voldemort e lavorarci su. Ovviamente dovranno poi lavorare insieme ma…” scoccò un’occhiata ai due maghi oscuri “Non sono ancora pronti”.

Voldemort e Grindelwald rotearono gli occhi all’unisono “Faremo i bravi” gli assicurò Gellert facendogli l’occhiolino “Non ti devi preoccupare, Al”.

“E di questi due cosa ne facciamo una volta che la minaccia dei Druidi sarà eliminata?” chiese ancora Malocchio disgustato, guardingo.

Albus si passò una mano sul viso stanco. Non lo sapeva neanche lui che cosa ne avrebbero fatto. Voldemort non si sarebbe di certo arreso e tuttavia non potevano neanche sperare di sconfiggerlo… c’erano gli Horcrux da prendere in considerazione. Per quanto concerneva Gellert, invece… Gellert aveva scontato la sua pena, si era redento… ma poteva davvero aspettarsi che le altre persone accettassero che Gellert Grindelwald fosse rimesso in libertà come se nulla fosse?

“Ogni cosa a suo tempo” disse infine Albus scuotendo il capo.

“Bene, andiamo?” fece Gellert battendo le mani sul tavolo per poi alzarsi in piedi. Albus annuì “Se vuoi riprendere il tuo aspetto da Tom…” aggiunse poi rivolto a Voldemort.

“Ci lasci così?” chiese Sirius sgomento dal veloce sviluppo.

“Volevo solo aggiornarvi su come avremo proseguito, per ora dobbiamo solo continuare come abbiamo fatto in queste ultime settimane” Silente si volse verso Voldemort che, nel frattempo, aveva già riacquistato il suo aspetto da Tom Riddle “Cerca di trattare bene Bellatrix”.

“Non devi mettere becco nella mia relazione con lei” ribatté Tom con una smorfia.

“Non voglio mettere becco nella tua relazione con lei” precisò Silente con un sorrisetto e sottolineando la parola ‘relazione’ “Solo essere sicuro che non ci siano altri problemi tra voi. Dovete essere perfettamente bilanciati… lo sai meglio di me come funzionano rune e sigilli”.

“Non ti preoccupare, Al” rispose Voldemort utilizzando il nomignolo con cui lo chiamava Grindelwald “Pensa alla sintonia con il tuo amante, piuttosto” fece una pausa poi i bei lineamenti vennero sostituiti da un ghigno diabolico “Sai, non vorrei mai venisse intaccata da… una soffiata…

Silente lo ammonì con uno sguardo ma, prima che potesse dire qualsiasi cosa Gellert si mise a ridacchiare “Dovrai impegnarti per bene per rovinare il mio rapporto con Al, Tommy” poi, con un movimento fulmineo, afferrò la mano di Albus e si smaterializzò con lui.

“Silente e Grindelwald hanno una relazione?” domandò confuso Ron facendo vagare lo sguardo per la stanza.

“È la prima volta che sento questa cosa” borbottò Malocchio che fissava truce il punto in cui prima c’erano Silente e Grindelwald.

“Be’, non è una cosa che a Silente piace sbandierare” rispose Tom con un ghigno “Per ovvie ragioni, direi”

“E tu come lo sai?”

“Intuito…” rispose vago Tom.

È vero, lo aveva intuito. Ma era anche vero che ne aveva avuto la conferma quella famosa sera in cui era stato con Silente. Represse un brivido a quel pensiero, l’idea di essere stato intimo con Albus Silente gli dava il volta stomaco; eppure, non aveva avuto altra scelta che non prestarsi a quell’assurda serata di sesso. Ai tempi non aveva un soldo, sperava solo di poter ricattare Silente e riuscire a convincerlo a garantire per lui con il professor Dippet per il posto di Difesa Contro le Arti Oscure. Purtroppo, la vicenda non si era conclusa come aveva sperato ma magari quell’assurda serata sarebbe potuta venirgli comoda in quella circostanza: Gellert Grindelwald sembrava non saperne nulla…

Tom sospirò e si volse verso Molly Weasley.

Nonostante lui non avesse più l’aspetto serpentesco di Lord Voldemort, Molly continuava a evitare di guardarlo, stando attaccata ad Arthur come se fosse il suo salvagente in mezzo al mare in tempesta. Tutti gli altri Membri dell’Ordine sembravano di nuovo a loro agio con lui, quasi come se fino a pochi istanti prima lui non fosse stato Voldemort. Molly invece… Tom si strinse nelle spalle, infastidito. Perché gli importava? Perché l’idea che Molly Weasley non lo considerasse più quasi come un figlio gli faceva opprimere il petto a quel modo? Cosa gliene poteva importare a lui se una stolida Traditrice del suo Sangue era disgustata da lui? Poi un’altra voce si aggiunse. Perché neanche una persona come la signora Wealsey – che voleva fare da madre al mondo intero – riusciva a provare una qualche forma di… Tom serrò la mascella, disgustato dalla sua stessa mente. Cosa gli stava succedendo? Scosse la testa con forza e represse un ringhio.

“Mio Signore, state bene?” chiese subito apprensiva Bellatrix “Forse siete stanco a causa del viaggio?”

“O forse è stanco perché ci avete dato dentro tutto il pomeriggio, sai Bella, ha una certa età il tuo uomo” li sbeffeggiò subito Sirius.

“Almeno noi ‘ci diamo dentro’, tu caro cugino, come impieghi il tuo tempo? In cameretta come i quattordicenni?”

“Smettetela” sibilò Voldemort “Molly non apprezza certi argomenti davanti ai ragazzi” aggiunse, provando ad allacciare il suo sguardo con quello della strega che, tuttavia, continuava imperterrita a rimestare il suo tè. Tom strinse le labbra ma non demorse “Forse dovremmo iniziare a preparare la cena, a cosa avevi pensato, Molly?” le chiese in modo diretto, cercando di provare ad avere un contatto.

“Oh non ci ho pensato” mentì Molly sempre senza guardarlo “Sono stata presa dagli scones e dal tè…”

Mente, pensò subito Tom. Era un Legilimens, come sperava di poter mentire a lui? Ci aveva pensato eccome, aveva deciso di rimandare la preparazione della cena perché sapeva che, con il suo aiuto, sarebbero riusciti a preparare tutto in poco tempo. Invece, adesso che Molly lo aveva visto per ciò che davvero era, non voleva saperne di cucinare insieme a lui. Era tutto lì. Non voleva averlo vicino.

Sei un mostro, Tom.

Quante volte gli era stato detto da bambino? E ora, di nuovo… ancora una volta…

“Magari possiamo ordinare qualcosa” propose Tom con un sorriso finto. Non avrebbe mollato così in fretta, si sarebbe portato dalla sua parte quel fesso del marito.

“Ordinare qualcosa?” chiese subito Arthur con gli occhi sgranati “Intendi dire come fanno i Babbani?”

Tom si strinse nelle spalle, “Perché no”

“Ma non abbiamo il feletono!”

Tom mosse la bacchetta svogliato e fece comparire dal nulla un telefono “Vuoi ordinare tu, Arthur?” chiese sempre col sorrisetto finto che gli incurvava le labbra all’insù.

Arthur lo guardò con gli occhi scintillanti, come se gli avesse fatto la proposta più bella che le sue orecchie avessero mai sentito. Era estasiato. Toccò con una mano tremante la cornetta del telefono.

“Cosa devo dire? Come faccio? Come funziona?”

“Ordiniamo delle pizze” rispose con fare pratico Tom, sedendosi vicino ad Arthur. Sentì Molly trasalire e Tom la guardò di sottecchi. Lei si mordicchiava le labbra, torturandosi le mani ed evitando accuratamente qualunque contatto visivo con lui. Tom riportò la sua attenzione su Arthur – o Lenticchia, come tanto amava chiamarlo Bellatrix – e iniziò a snocciolargli il metodo corretto per fare un’ordinazione.

Buonasera, vorrei ordinare delle pizze a domicilio”

A domicilio?”

Sì, nel senso che ce le portano a casa”

“Ma i Babbani non possono vedere il numero 12!”

“Li aspettiamo fuori, forza!”

“Che pizze devo ordinare?”

La cucina venne invasa da desideri di ordini. In tanti avevano lasciato il Quartier Generale ma un bel gruppetto era rimasto e, molti di loro, non avevano mai né mangiato né ordinato una pizza. In breve tempo a Tom venne mal di testa, avrebbe tanto voluto ucciderli tutti e farla finita eppure… il suo sguardo, per l’ennesima volta, volò su Molly Weasley. Si era aspettato rimostranze per la proposta di ordinare del cibo ma, invece, Molly era rimasta in silenzio con lo sguardo fisso nella tazza ormai vuota.

“Quindi… dimensione extra large. Margherita, pepperoni, quattro formaggi, prosciutto e funghi” ripeté Arthur scrivendo con la piuma su un foglio di carta e, nella foga, sporcandosi la punta del naso. Alzò lo sguardo su Tom, emozionato come un bambino il giorno di Natale, “Come procediamo ora?”

Tom sospirò, prese il telefono e digitò il numero velocemente, svogliato, poi passò la cornetta ad Arthur che, colto alla sprovvista, sgranò gli occhi senza sapere cosa fare.

“Come funziona? Cosa devo fare?”

“Devi solo parlare” gli sibilò Tom annoiato.

“Domino’s pizza, buonasera”

Arthur sussultò “Buonasera” urlò avendo paura che la sua voce non raggiungesse la persona dall’altra parte “Vorrei…”

“Signore, può abbassare la voce?”

“Ma poi mi sente?”

“In che senso?”

Tom imprecò a bassa voce, tolse il ricevitore dalle mani di Arthur e mise il vivace “Scusi, mio zio ogni tanto litiga un po’ con la tecnologia ma ci teneva così tanto a fare questa telefonata…” la sua voce era vellutata e suadente.

“Oh, non c’è problema” rispose la ragazza dall’altra parte.

“Volevamo ordinare quattro pizze extra large a domicilio”

“Quattro extra?” domandò la ragazza sorpresa.

“Sì, siamo in tanti sai… com’è che ti chiami?”

“Lucy…”

“Siamo in tanti, Lucy...”

Bellatrix guardava corrucciata il Signore Oscuro flirtare con quella babbana al telefono o come si chiamava quello strumento demoniaco. Più passavano il tempo in quella casa, meno riusciva a capirlo. Di una cosa era tuttavia certa: quella Molly Weasley non riusciva più a guardare in faccia il Signore Oscuro e, Bella ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa, la faccenda non stava piacendo al suo Padrone. Perché altrimenti la farsa delle pizze con Lenticchia?

“Tutto bene, Bella?”

La voce del Signore Oscuro la fece sussultare. Non si era accorta che la chiamata era terminata.

“Sì, Padrone, mi stavo solo domandando perché flirtare con una sudicia Babbana” rispose risentita e offesa. Voldemort ridacchiò e scosse la testa “Fa sempre bene essere gentili con i commessi dei negozi… fidati di me che ci ho lavorato” le rispose facendole l’occhiolino.

“Sei stato un commesso in una pizzeria?” domandò Sirius mentre, insieme ai ragazzi, apparecchiava la tavola.

“No, sono stato un commesso da Magie Sinister per… un anno buono” rispose Tom incrociando le braccia sul petto e spostando di nuovo la sua attenzione su Molly “A diciott’anni ho dovuto lasciare l’orfanotrofio e, non avendo soldi, mi sono dovuto arrangiare come meglio potevo. Per i primi due mesi ho dovuto dormire nel retrobottega di Borgin” sperava di far scattare qualcosa in Molly Weasley ma invece lei continuava a starsene in un angolo, senza neanche degnarlo di uno sguardo. Tom le diede le spalle stizzito. Un conto era non aver mai conosciuto il calore di una… ma sì, di una famiglia, un altro era venirne privato così all’improvviso. Perché Silente gli aveva chiesto di mostrare il suo vero volto? Era stato tutto programmato? Ma perché prima cercare di farlo avvicinare a quella Molly Weasley e poi invece fare in modo di mettere zizzania?

“Padrone, sembrate molto stanco” ribadì ancora una volta Bellatrix, la voce preoccupata.

“Sto bene, Bellatrix. Fatti gli affari tuoi”

Gli occhi di Bellatrix si riempirono immediatamente di lacrime; lei voleva solo aiutarlo, stargli vicino, sostenerlo… ma ogni volta, ogni volta, riceveva invece insulti e una porta sbattuta in faccia. Era ingiusto.

“Forse dovremmo andare fuori?” chiese Arthur esagitato “Avevano detto dieci minuti, ormai ci siamo quasi”.

Tom annuì, nauseato. Non aveva fame, non aveva sonno. Si sentiva solo esausto e, fra le altre cose, continuava a non capire come mai si sentisse così spezzato, come mai continuava a sentire sentimenti non suoi, pensieri che – sicuramente – non erano i suoi. Il suo sguardo scivolò su Potter per qualche secondo. Ma come poteva essere…?

“Andiamo, Tom?”

Bellatrix seguì con gli occhi il Signore Oscuro uscire con Lenticchia, i due non fecero in tempo a lasciare la cucina e a chiudersi la porta alle spalle che Molly Weasley saltò su dalla sedia “Io mi sa che vado a dormire”

“Senza mangiare? Ti senti poco bene, mamma?” chiese apprensivo Bill spostandosi un ciuffo da davanti agli occhi.

Molly si coprì il viso con una mano “Come ho potuto essere così tanto sciocca?”

“Sciocca?” ripeté Bill senza capire e cercando sostegno dai suoi fratelli che, però, ricambiarono il suo sguardo allibiti.

“Quello… quello è Voi-Sapete-Chi!” la voce era strozzata, impaurita.

“Abbiamo provato a dirtelo…” fece Sirius indispettito “Ma tu continuavi a dirci che noi non capivamo!”

“Era difficile accorgersene… perché quando ha quest’aspetto normale… ma è tutta una menzogna” Molly scosse la testa, era terrorizzata “Quegli occhi rossi… è come se non avessero un’anima”

Zitta” sibilò Bellatrix furiosa avvicinandosi come una iena verso Molly “Chiudi quella bocca! Come ti permetti?”

“Come fai? Non lo vedi che è un mostro?” domandò Molly con veemenza “Non lo vedi che non è umano? Solo un mostro può avere quegli occhi!”

Lo sbattere della porta della cucina fece sussultare tutti. Sull’ingresso c’erano Arthur e Tom. Per un istante, Molly pensò che non avessero sentito nulla ma poi, come i suoi occhi incrociarono quelli di Tom, capì che invece avevano sentito eccome. Avevano sentito tutto, ogni singola parola.

Un mostro.

Il cuore di Molly si si strinse perché, ora che Voldemort aveva l’aspetto di Tom Riddle, era fin troppo facile leggerci il dolore che quelle parole dovevano avergli causato. Ma quella era una maschera, il suo vero aspetto era quel teschio bianco dagli occhi rossi: un presagio di morte.

“Le pizze!” esclamò Arthur con finta aria gioviale sperando che, facendo finta di nulla, tutto venisse dimenticato “Forza Tom, siediti”

“Non sono il benvenuto qui, l’ho capito” rispose Tom con un sibilo infuriato, risentito. Molly fece quasi fatica a capirlo, sembrava aver parlato serpentese “Forza Bella, andiamo”

“Ma, Padrone…” provò a dire Bellatrix, confusa, senza capire. Andare dove? Tutto per colpa di quella Weasley?

E allora resta, cosa vuoi che me ne importi” e, così dicendo, Tom si smaterializzò con un sonoro schiocco.

Bellatrix sussultò poi si girò verso Molly e le puntò un dito contro con fare adirato “Noi due dobbiamo parlare, pezzente, ti avverto!” e, così dicendo, seguì il suo Padrone smaterializzandosi.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


“Padrone?”
Voldemort rimase in silenzio, sdraiato sul letto dando le spalle a Bellatrix.
“È solo una lurida Traditrice del proprio Sangue” disse Bellatrix avvicinandosi al letto e sdraiandosi accanto a lui “Non merita la vostra considerazione. Neanche si rende conto dell’onore che ha ad avervi qui!”
“Non mi importa nulla di Molly Weasley” sibilò Voldemort “Ho solo un mal di testa incipiente. Troppi pensieri…” Voldemort chiuse gli occhi e dietro alle palpebre danzò l’immagine del viso di Molly: era disgustata, nauseata… mostro. Quante volte se l’era sentito dire? Era come essere di nuovo all’orfanotrofio con la signora Cole…
“Gli Horcrux?” chiese Bellatrix titubante appoggiando il viso sulla sua schiena. Voldemort s’irrigidì. Male sopportava di aver contatto fisico, soprattutto in quei momenti in cui sarebbe voluto rimanere da solo e in cui si sentiva, in una certa misura, vulnerabile.
“Non devi parlarmi degli Horcrux” sibilò Volemort, adirato “Se qualcuno sentisse?” le domandò voltandosi verso di lei e prendendole il viso con una delle sue pallide mani bianche “Non obbligarmi a cancellarti la memoria!”
Bellatrix rimase in silenzio a fissarlo negli occhi. Aveva ripreso il suo aspetto serpentesco e a Bella, quell’aspetto così bestiale faceva sempre smuovere qualcosa nelle viscere come se riuscisse a risvegliare in lei quasi qualcosa di primordiale.
“Perdonatemi, mio Signore” mormorò Bella, abbassando lo sguardo “Non accadrà più”. 
Bellatrix lo guardò ancora di sottecchi. Sapeva perfettamente che il suo Padrone era rattristato, adirato, per colpa di quella Molly Weasley che aveva osato definirlo "mostro". Certo, quella chiattona maledetta mica si rendeva conto di quanto il suo Padrone fosse restio ad aprirsi con le persone... Di quanto fosse stata privilegiata. E ora... Ora aveva spezzato il cuore del suo Padrone in un modo che lei, Bellatrix, non le avrebbe mai perdonato. Si tenne tutti questi pensieri per sé, Bella, perché ben sapeva che l'Oscuro Signore male avrebbe interpretato le sue parole: detestava farsi vedere debole da chicchessia. 
"Padrone" sussurrò Bellatrix avvicinandosi un po' a lui con un sorriso malizioso "Io avrei un'idea riguardo a come farvi rilassare un po'..." iniziò ad accarezzargli il petto fino a scendere a sfiorargli il membro. Non era per nulla eccitato ma Bella non si fece intimidire, sapeva quali punti toccare "È da un po' che non mi occupo solo io di voi..."
"Non sono dell'umore, Bellatrix" sibilò Voldemort socchiudendo tuttavia gli occhi mentre Bella prendeva a stringergli il membro tra le dita.
"Qualcuno non concorderebbe" rispose Bella dopo qualche minuto di attenta stimolazione "Anzi..." aggiunse chinandosi sul membro ormai eretto di Voldemort per baciarlo e leccarlo su tutta la sua lunghezza.
"Uhmm" commentò Voldemort socchiudendo gli occhi e divaricando un poco le gambe "Forse non è un'idea così malvagia..." 
Bellatrix sogghignò, gli scoccò un'ultima veloce occhiata, poi prese a succhiarlo come se ne dipendesse la sua vita. Dopo averle lasciato libero spazio per qualche secondo, Voldemort affondò una mano nella chioma di Bella e prese a darle il ritmo che lui preferiva. Bellatrix si lasciò scappare un gemito, non le dispiaceva affatto quell'atteggiamento di Voldemort, anzi, l'idea di essere sempre e costantemente sottomessa a lui era qualcosa che la faceva impazzire. Si sentiva bagnata, pronta, eccitata... Ma aveva detto che quella sera si sarebbe occupata lei di lui e quindi non si lamentò quando, dopo qualche istante, sentì Voldemort venirle in bocca. 
"Dopo tutta la giornata a scopare..." lo sentì mormorare mentre lei si leccava le labbra riemergendo per guardarlo negli occhi "Sei riuscita a farmi venire di nuovo... Non ho più l'età, Bella".
Bellatrix scosse la testa, felice. Il viso del suo Padrone era un po' più rilassato "A me non sembra abbiate proprio nessun problema..."
"Voglio solo che questa questione dei Druidi finisca presto" borbottò Voldemort dopo qualche istante di silenzio, "Voglio allontanarmi da questa gentaglia il prima possibile: sento che mi sta indebolendo".
"Non preoccupatevi, mio Signore, li uccideremo tutti" rispose Bella annuendo "E quella Weasley! Oh, la farò pentire per ogni sua insulsa parola!"
Al sentire nominate Molly, il viso di Voldemort si adombrò. Strinse la mascella e poi chiuse gli occhi "Buonanotte, Bellatrix".
Bella lo osservò per qualche istante, poi appoggiò la testa sulla sua spalla e gli mise un braccio intorno al collo. Sapeva benissimo che l'Oscuro Signore non stava dormendo, come sapeva benissimo che quella vicinanza non era qualcosa che gli facesse particolarmente piacere... Ma lei ne aveva bisogno e, piano piano, anche lui stava iniziando ad accettare di addormentarsi a quel modo. Come Bella scivolò nel sonno, Voldemort spalancò di nuovo gli occhi. La stanza era vagamente illuminata dalla candela sul comodino a fianco al letto: a Tom proprio non piaceva stare completamente al buio. La penombra andava più che bene ma il buio completo, pressante, gli ricordava la morte... Come il pensiero della morte gli si affacciò nella mente, sentì un forte nodo alla gola che gli impediva di respirare. Si voltò verso Bellatrix e affondò il viso nella sua chioma scura, ispirandone forte il profumo. Immediatamente, sentì le sue membra rilassarsi: Bella era lì con lui e non avrebbe mai permesso a nessuno di fargli del male; ne era certo. 
"Padrone..." biascicò Bella strofinando il viso sulla spalla "Mio Signore!"
Tom sogghignò, adorava sentirla blaterare nel sonno, invocarlo mentre sognava: non c'era un attimo dell'esistenza in cui Bella non lo pensasse. Quel fatto lo faceva sempre eccitare molto, lo faceva gonfiare come un pavone: non c’era una parte di Bellatrix che non gli appartenesse. Il profumo dei capelli di Bella lo inebriò, la sua stretta e il contatto con lei lo fece rilassare e Tom scivolò placido in un sonno profondo… solo da quando condivideva il letto con Bellatrix riusciva a dormire così…
 
Bellatrix si svegliò il mattino seguente più presto del solito. Si stiracchiò pigramente e si accorse subito di come a fianco a lei ci fosse ancora Voldemort. Bella aprì gli occhi e lo osservò in silenzio, adorante. Non le capitava spesso di trovare l’Oscuro Signore addormentato. Anzi, di solito si svegliava ben prima di lei, Bella pensava dormisse al massimo quattro ore a notte, forse anche meno. Ma quella mattina, invece, era lì sdraiato accanto a lei ancora immerso in un sonno profondo. Bella se lo mangiò con gli occhi: avrebbe voluto buttarsi su di lui e baciarlo, stringerlo a sé e non farlo più andare via. Si trattenne perché ben sapeva che l’Oscuro Signore mai avrebbe apprezzato gesti del genere, e si costrinse ad alzarsi e ad allontanarsi da lui: era sempre così per Bella; metteva prima il volere di Voldemort e poi ciò che avrebbe fatto piacere a lei.
Bellatrix si cambiò cercando di fare più silenzio possibile, poi scese in cucina. Era relativamente tardi – le otto passate – e di conseguenza la cucina era già gremita di gente. Bella rimase per qualche istante ferma sulla soglia a guardare la feccia ridere e scherzare poi il suo sguardo si spostò su quella Molly Wealsey e si decise a farsi avanti: non avrebbe avuto altre occasioni.
“Dobbiamo parlare” le abbaiò adirata.
Molly sussultò e si voltò verso di lei “Cosa vuoi?” domandò diffidente, facendo un passo indietro per allontanarsi da lei.
“Dobbiamo parlare del tuo comportamento nei confronti dell’Oscuro Signore”
Molly fece una smorfia “Non ho nulla da dire in proposito a Tu-Sai-Chi”
“Non è più Tom? Non è più caro?”
Molly arrossì, poi si volse e riprese a sorseggiare il suo caffè “Non capisco di cosa ti lamenti: sono settimane che mi dici che non mi devo permettere certi atteggiamenti con lui e ora, ora che sono distaccata esattamente come volevi tu, hai da ridire…”
Bella emise un ringhio “Sei proprio ottusa!” sbottò “A me fa più che piacere sapere che ti sei allontanata dal mio Padrone!”
“E allora cosa vuoi?”
“L’Oscuro Signore c’è rimasto male”
“Oh, povero Voldemort” commentò Sirius con una smorfia “Ci rimane male quando qualcuno constata la verità e dice che è un mostro”
“Tu fatti gli affari tuoi!” urlò Bellatrix girandosi di scatto verso Sirius poi si volse nuovamente verso Molly Weasley “Non puoi comportarti così con lui. Riprendi a cucinare con lui, riprendi a comportarti come facevi prima!”
“Non ci riesco” replicò Molly senza lasciarsi intimidire dall’atteggiamento aggressivo di Bellatrix “Prima… prima sembrava un ragazzo orfano che ha molto sofferto. Ora non vedo altro che il mostro che è sempre stato… quei terribili occhi rossi…”
“Non è un mostro” ribatté Bellatrix in un sussurro adirato “È sempre lui, sempre lui, la stessa persona!”
“Forse per te, che per lui hai fatto atrocità pari alle sue, è difficile vedere la differenza…”
“Non voglio che il mio Signore soffra” la interruppe Bellatrix, testarda “E le tue parole lo hanno molto ferito”
Molly si strinse nelle spalle, poi si volse verso i suoi figli “Preparate il baule che domani si torna a Hogwarts”
“Chissà chi sarà il nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure”
“Chiunque sia, non durerà più di un anno” la voce di Tom fece sussultare tutti “Ho maledetto il posto quando Silente me lo ha rifiutato… Grindelfart credeva sarebbe riuscito a levare la maledizione ma…” sogghignò “Le mie maledizioni non sono facili da eliminare” concluse compiaciuto da sé stesso.
Molly fece una smorfia e si allontanò in fretta da lui, andando verso la cucina e lavando i piatti della colazione. Bellatrix la seguì con lo sguardo, infuriata ma, ora che c’era Voldemort lì con lei, non poteva permettersi davvero nessun commento. Se il Signore Oscuro avesse anche solo immaginato che aveva parlato con Molly Weasley le avrebbe uccise entrambe senza pensarci due volte.
“Sei davvero poco permaloso, Tom” commentò George “Un colloquio andato male e… bam, una maledizione!”
“Ormai sono anni che va avanti… anche ai nostri tempi continuavano ad alternarsi professori” disse Sirius “Ma poi perché mantieni la maledizione? Ti interessa ancora andare a insegnare?”
Tom scoppiò a ridere “No” lanciò uno sguardo a Bella “Ho la mia studentessa personale, ora”
Bellatrix avvampò e abbassò lo sguardo emozionata: lei era l’unica a cui avesse insegnato le Arti Oscure…
“A proposito” proseguì Tom avvicinandosi a Bellatrix “Vorrei provare una cosa con te”
“Non sentiamo la necessità di sentire altro, noi” li interruppe Sirius “Andatevene da qualche altra parte e soprattutto silenziate la stanza”
Tom rise “Tranquillo, Black. Niente di sessuale…” tossicchiò “Non in questo momento, per lo meno, magari più tardi…”
Bellatrix socchiuse la bocca curiosa: cosa aveva in mente il suo Padrone?
“Vorrei inserire nell’incantesimo della magia druidica” iniziò a spiegarle Voldemort con fare pratico “Arti Bianche, Arti Oscure… saranno sufficienti? Io credo che se riuscissi a inserire degli influssi della stessa magia che vogliamo combattere, i Druidi non avranno scampo. Certo, ci sono le rune… ma cerchiamo di attivarle nel modo giusto, cerchiamo di caricarle di tutta l’energia magica che riusciamo a dare loro”
“Pensavo che la magia dei Druidi non fosse praticabile da noi” disse piano Bella.
“Secondo il Magie Druidiche maghi particolarmente dotati dovrebbero essere in grado di liberare quel tipo di energia in determinate circostanze…”
Bellatrix lo ascoltava attenta ma, per qualche motivo, quel discorso non le stava piacendo. Sapeva come Voldemort si esaltasse quando si trattava della magia, di fare nuovi esperimenti, di spingersi oltre i limiti. Fin troppo spesso lo aveva visto spingersi troppo in là: anche gli Horcrux… erano qualcosa di molto – troppo – azzardato.  Ne aveva fatti troppi. Era ovvio che, avendo trovato un nuovo modo di fare magia, lui volesse provare… ma quali sarebbero state le conseguenze?
“Quali circostanze?” chiese Bella titubante.
“Devi cruciarmi, Bella”
Bellatrix spalancò la bocca orripilata. Cosa stava dicendo? Perché mai avrebbe dovuto cruciarlo? Aveva perso la testa?
“Perché? Mio Signore…”
“Perché sul libro viene spiegato come respingere la Cruciatus… quindi conviene partire da lì. Sembra che ci sia un modo per assorbire l’energia della Maledizione e poi ricacciarla fuori. Se riuscissi a capire come funziona” Tom s’interruppe poi proseguì convinto “Se riuscissi a capire come funziona credo riuscirei poi a replicarlo senza bisogno della Cruciatus. Anzi, dovrei essere proprio in grado di esplorare anche quel tipo di magia”
Bella vedeva che nei suoi occhi danzava una luce esaltata: era sempre così quando si trattava della magia. Lei, tuttavia, non era affatto convinta di quel nuovo piano “Non so se sono capace, Padrone” pigolò senza guardarlo in viso.
“Non sei capace?” sibilò Tom corrugando le sopracciglia “Cosa vuol dire che non sei capace?”
“Per lanciare la Maledizione Cruciatus… bisogna volerlo
“Me lo stai spiegando a me, Bella, come si lanciano le Maledizioni Senza Perdono?”
Bellatrix arrossì “Io non voglio farvi del male, Padrone”
Molly li guardò turbata per qualche istante. Non avevano seriamente intenzione di lanciarsi delle Maledizioni Senza Perdono di fronte ai ragazzi, no? Non potevano essere così sconsiderati…
“Sei una stupida” iniziò subito a insultarla Tom “Una stupida che non è neanche in grado di lanciare una Cruciatus. Cosa ti ho liberato a fare da Azkaban? Non sei in grado di eseguire neanche gli ordini più banali, se ti dico di lanciare una Cruciatus tu…”
Crucio!
Tom venne colto completamente alla sprovvista.
Bellatrix aveva lanciato la Maledizione con tutta l’energia che aveva in corpo e Tom, impreparato, venne centrato in pieno petto dal fascio di luce rossa. Lanciò un urlo straziante, pieno di dolore e sofferenza, poi con un tonfo sordo cadde sul pavimento in pietra battendo forte le ginocchia.
“Padrone!”
Bellatrix interruppe subito la Maledizione, costernata. Si chinò su Tom che era a quattro zampe sul pavimento della cucina, una smorfia di dolore a tagliarli i lineamenti.
Molly aveva le mani sulla bocca: non aveva mai visto nessuno essere torturato. Lanciò uno sguardo a Harry, Hermione e ai suoi figli. Se Harry aveva osservato la scena con la mascella rigida, gli altri sembravano scossi dalla scena di tortura. Era durata pochi istanti eppure quell’urlo straziante, il corpo che si muoveva in modo sconnesso… Molly si sentì quasi svenire… e Tom… Tom aveva torturato Harry a quel modo…
“Mio Signore… mi dispiace…”
“Non importa” borbottò Tom scostandola e alzandosi in piedi “Magari la prossima volta avvertimi”
“Posso lanciarla più debole” mormorò Bella “Senza metterci tutto il mio impegno…”
“No, Bella, andava benissimo quella che hai lanciato” Tom fece un sospiro “Bene, riproviamo”
“Padrone…”
“Non farmi adirare. Lanciala!”
Bellatrix strinse forte la presa sulla bacchetta e, con l’espressione di una che avrebbe fatto qualsiasi altra cosa piuttosto che lanciare una Cruciatus, urlò ancora “Crucio!”
Il fascio di luce rossa colpì di nuovo Tom in pieno petto ma, questa volta, nessun urlo lasciò le sue labbra. Rimase in piedi, gli occhi chiusi: sembrava quasi come se la Maledizione su di lui non stesse facendo effetto. Poi, però, il suo corpo iniziò a tremare, cadde in terra con urlo soffocato e Bellatrix interruppe la Maledizione.
“Mio Signore…”
Tom rimase a terra, il fiato corto, tenendosi la testa con le mani.
“Avete bisogno di…?”
“Taci, Bellatrix” la interruppe subito seccamente Tom “Va bene così”
Bellatrix lo osservò rimettersi in piedi tremante. Cosa andasse bene così proprio non riusciva a capirlo: andava bene farsi torturare per il gusto di farsi torturare? A lei quella faccenda della magia druidica non piaceva e non convinceva.
“Se ti crea difficoltà continuare, Bella, ti do il cambio volentieri io” disse Sirius “Non avrei problemi a torturarlo” aggiunse lanciando un’occhiata di pieno disgusto a Tom.
Tom si volse verso di lui con gli occhi striati di rosso “Non riusciresti neanche a mettere mano alla tua bacchetta, Black. Non osare. Ho dato il compito a Bellatrix perché mi fido di lei”
Bella si sentì subito arrossire, mentre una piacevole sensazione di calore iniziava a propagarsi nel petto: il fatto che il Signore Oscuro si fidasse di lei era sempre fonte di grande orgoglio.
“Come fai?” chiese invece Harry curioso “Come si fa a resistere a una Cruciatus? È come con l’Imperio? Solo che… appena si viene colpiti… il dolore è troppo grande per poter…”
“Tu!” urlò all’improvviso Molly indicando con un dito tremante Tom “Tu hai cruciato Harry! Hai ucciso Cedric!”
Tom si volse verso Molly Weasley. Il suo viso – solitamente rilassato e gentile – era invece contorto in una smorfia di paura e disgusto. Tom si sentì subito male a vedere quell’espressione… era come essere tornato indietro nel tempo, quando la signora Cole lo accusava e poi lo puniva… batté le palpebre perché non voleva indugiare su quegli insulsi pensieri.
“Chi?”
“Cedric Diggory…”
Tom scosse la testa con un’espressione vacua in viso. Quel nome gli diceva qualcosa, come se per settimane ne fosse quasi stato ossessionato, ma ora il vuoto…
“Il ragazzo che era con me al cimitero…” disse Harry con tono piatto.
“Ah, lui” Tom annuì – era quel Cedric che ogni tanto capitava tra i suoi pensieri senza motivo alcuno –  “Sì, sì. L’ho ucciso… non era utile al piano” aggiunse stringendosi nelle spalle con completo disinteresse. Cosa gliene doveva importare a lui se quel ragazzo si era messo in mezzo ai suoi piani? Avrebbe dovuto rinunciare a riprendere il suo corpo per non uccidere uno studente sbarbatello di Hogwarts?
Molly lo osservò, scioccata. Aveva ucciso un ragazzo di diciassette anni e ne stava parlando come se nulla fosse “Era giovane… innocente…”
“Era in mezzo” rispose Tom “Si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato”
“E non senti neanche un minimo di dispiacere? Di rimorso?”
Tom si portò una mano sotto al mento e fece finta di pensarci qualche secondo “No, non posso dire di provare né dispiacere né rimorso. Me ne ero, anzi, dimenticato”
Mostro” sibilò Molly rabbrividendo, gli occhi pieni di lacrime.
Tom sentì un brivido scendergli lungo la schiena. Detestava sentirsi definire un mostro ma non voleva dare soddisfazioni, voleva fingere che per lui la questione fosse completamente indifferente. Fece un ghigno poi si voltò verso Potter “Non c’è modo per sconfiggere la Cruciatus. Non si può ‘non sentire il dolore’, non si può resisterle come si fa con l’Imperio”
“Eppure sei riuscito a non… a non…”
“A non urlare? A rimanere in piedi?” Tom fece un sorriso amaro “Non implica che non sentissi dolore, ho semplicemente imparato a sopportarlo sin da quando ero molto piccolo. La signora Cole usava diverse punizioni corporali…” si scostò la veste e mostro il polso sinistro martoriato da segni di bacchettate, la schiena invece striata dalle scudisciate “Usavo la magia e lei non capiva come facessi a fare determinate cose… quando poi ho detto di saper parlare con i serpenti… be’, secondo i Babbani i serpenti sono messaggeri del diavolo. Mi ha portato a farmi esorcizzare” un brivido gli scese lungo la schiena al pensiero di come fosse stato legato a quel letto, in mezzo a tutti quei fumi, quelle candele. Chiuse gli occhi nel tentativo di fermare i ricordi, di non dare modo a quelle sensazioni di impadronirsi di lui “Insomma, diciamo che ho dovuto imparare molto presto a sopportare certe cose” riprese aprendo gli occhi e puntandoli in quelli verdi di Potter “Si tratta solo di… depersonalizzazione” borbottò Tom stringendosi nelle spalle “La Cruciatus è chiaramente peggio di qualsiasi tortura babbana… ma per un po’ riesco a resistere”
“Bene, Bella” aggiunse voltandosi di nuovo verso Bellatrix “Di nuovo. E questa volta… non interrompere la Maledizione per nessun motivo, credo di aver capito come fare”
Bellatrix lo guardò, aveva le mani sudate. Come sarebbe a dire non interrompere la Maledizione? Come poteva non interromperla?
“Padrone, la Maledizione Cruciatus se utilizzata troppo a lungo può essere… insomma, guardate i Paciock, mio Signore!”
“Per allora avrò già trovato il modo di liberare il potere druidico”
“Mio Signore…”
Fai quello che ti dico, Bellatrix!
Bella sussultò. Guardò fisso in faccia l’Oscuro Signore per un paio di secondi: aveva un’espressione risoluto e adirata. Sapeva di non avere scelta.
“CRUCIO!”
Ancora una volta, Tom venne colpito dal fascio di luce rossa. Esattamente come prima, sembrava stare resistendo alla maledizione poi, dopo un paio di minuti, cadde a terra con un urlo soffocato, tremando. Bellatrix strinse più forte la bacchetta e digrignò i denti. Non sapeva come stesse riuscendo a tenere la Maledizione quando tutto ciò che avrebbe voluto fare era invece interromperla. Dopo qualche altro minuto, le urla di Tom non erano più soffocate ma a pieni polmoni. Si accasciò al suolo e prese a muoversi convulsamente come in preda a un attacco epilettico.
“Oh Padrone…” mormorò Bellatrix mentre le sue guance venivano rigate dalle lacrime. Doveva smettere? Ma lui le aveva ordinato di non farlo… che aveva trovato la soluzione…
Lentamente, il corpo di Tom iniziò a trasformarsi di nuovo in quello di Lord Voldemort: la Maledizione era talmente forte da stargli facendo perdere la presa sulla trasfigurazione. In breve, a contorcersi sul pavimento non c’era più Tom Riddle ma Lord Voldemort. Bellatrix lo guardò scioccata, pronta a interrompere tutto, pronta a essere punita, ma non poteva di certo mandare il suo Signore a fare compagnia ai Paciock…
Successe in fretta. Un attimo prima Voldemort stava gridando di dolore a pieni polmoni, l’attimo dopo era stato circondato da un alone di luce intensa che sembrava stesse assorbendo la maledizione. Bella aprì la bocca estasiata ma non fece in tempo a esultare che quell’alone di luce la prese in pieno. Bellatrix venne sollevata da terra, gettò un urlo, si contorse a mezz’aria e poi venne lanciata con incredibile forza contro il muro di pietra della cucina.
“Per Godric!” urlò Molly mentre lei e Andromeda correvano verso Bellatrix per capire cosa fosse successo, per vedere se fosse ferita.
Voldemort si alzò da terra, un sorriso soddisfatto a incurvargli le labbra “Visto? Bella, te l’avevo detto che…” s’interruppe come vide che di fronte a lui non c’era nessuno e che, anzi, tutti erano raggruppati intorno a una figura distesa in terra.
Il suo cuore mancò un battito.
Si slanciò verso di loro e, come vide che Bellatrix era accasciata a terra con lo sguardo sbarrato, si sentì mancare il pavimento da sotto i piedi “Bella!” esclamò spostando malamente Molly Weasley e Andromeda “Bellatrix!” ripeté prendendole il viso tra le mani. I suoi occhi continuavano a essere sbarrati ma lei non poteva… no… non poteva…
Innerva!”
Per un attimo sembrò che Bellatrix stesse riprendendo conoscenza ma poi ricadde a terra con un tonfo.
“Cosa le hai fatto?” chiese Andromeda, le mani tra i capelli “Cosa diamine le hai fatto?”
Voldemort prese a borbottare incantesimi ma nulla sembrava essere di aiuto, Bellatrix continuava a essere distesa sul pavimento della cucina, gli occhi sbarrati… ma non poteva…
“Non c’è più battito” mormorò Molly con voce strozzata “Non c’è più battito”
“Mando un messaggio al San Mungo”
Voldemort gettò la bacchetta di lato e fece la prima cosa che gli venne in mente, lo aveva imparato tanti anni addietro all’orfanotrofio…
Poggiò le mani a braccia tese sul torace di Bella, una aperta e l’altra sopra, e iniziò a comprimerle la cassa toracica in modo veloce. Sapeva di non avere molto tempo e se fosse morta… se fosse morta non avrebbe più potuto riportarla indietro… Non c’erano magie per far tornare indietro i morti.
Iniziò a contare a voce alta le compressioni, come gli avevano insegnato a fare e come non aveva mai avuto bisogno di fare, aveva sempre avuto la magia, la magia era sempre stata sufficiente… Arrivato a trenta si abbassò sulla bocca di Bella per farle la ventilazione bocca a bocca e insufflarle ossigeno. Riprese con le compressioni. Le spalle e le mani iniziavano quasi a fargli male ma non poteva fermarsi, non poteva…
Arrivato a cento provò a sentirle il battito ma non c’era nulla, il vuoto. Voldemort si sentì sprofondare. Aveva ucciso Bellatrix? Ma non era possibile, come poteva essere morta? Sentì un nodo in gola mai provato prima, le guance erano umide mentre riprendeva le compressioni…
Cristo, Bellatrix!” sbottò dopo l’ennesima ventilazione bocca a bocca e, come per miracolo, vide gli occhi di Bella vibrare… riaprirsi…
“Padrone?”
Voldemort si lasciò ricadere all’indietro mentre quel nodo che sentiva in gola si scioglieva.
“Ce l’avete fatta…” mormorò Bellatrix mentre anche tutti gli altri tiravano un sospiro di sollievo “Siete riuscito a utilizzare la magia druidica…”
Voldemort le rifilò un’occhiataccia “Lascia perdere la magia druidica” sbottò avvicinandosi a lei “Stavo per…” si bloccò. Non si era mai sentito male per aver quasi ammazzato qualcuno.
“Lo sapete, Padrone, che darei la vita per voi…”
“No, Bella… no…” la guardò fissò negli occhi per qualche istante, poi non riuscì a resistere e si chinò sulla sua bocca, questa volta per baciarla, per assicurarsi che fosse ancora lì con lui. Bellatrix ricambiò con entusiasmo il bacio per qualche secondo poi però si scostò “Mi viene da vomitare…”
Voldemort la osservò in silenzio poi le sue labbra si stiracchiarono in un sorriso, nonostante sentisse ancora quel maledetto nodo…
“Il sogno di ogni uomo, dopo un bacio, sentirsi dire che dà la nausea”
“Oh no, Padrone!” esclamò Bella appoggiandosi alla sua spalla perché sentiva le vertigini “Non è per voi… che poi con quest’aspetto lo sapete che…” s’interruppe e si scostò da lui per guardarlo negli occhi. Rossi. Gli occhi di Voldemort.
“Mio Signore… il vostro aspetto…” Bellatrix si guardò intorno, verso tutte le altre persone che ancora li circondavano e li fissavano in silenzio come se non sapessero cosa dire o cosa fare. Vide Molly Weasley che aveva lo sguardo fisso proprio sull’Oscuro Signore eppure, la sua espressione, sembrava essere diversa rispetto a quella del giorno prima, quando lo aveva visto per la prima volta con quell’aspetto.
Voldemort si guardò le mani pallide, recuperò la bacchetta e si trasfigurò di nuovo nel bel Tom Riddle “Passata la nausea, Bella?”
Bellatrix scosse la testa, Tom l’aiutò a rimettersi in piedi poi però, vedendo che continuava a tremare, la prese in braccio fino a portarla al tavolo della cucina dove tutti si sedettero di nuovo.
“Ho preparato qualche pozione che pensavo potesse essere utile” disse Tom agitando la bacchetta e facendo materializzare diverse ampolle e fiale. Le osservò tutte accuratamente “Questa è per la nausea, Bella” disse porgendogliene una verdognola, “Questa per gli spasmi della Cruciatus…”
“Prendetela anche voi, mio Signore” lo pregò subito Bellatrix “Mi dispiace…”
“Te l’ho chiesto io” la bloccò subito Tom “Non dispiacerti” come poteva starsi scusando lei quando quello che l’aveva praticamente ammazzata era lui?
Bellatrix prese le pozioni che Voldemort le porgeva senza emettere un fiato, Tom a sua volta ne prese qualcuna perché sentiva i muscoli intorpiditi per via della tortura… All’improvviso, sentendosi osservato, alzò gli occhi per incontrare poi lo sguardo di Molly Weasley, c’era qualcosa di strano nel modo in cui lo stava guardando.
“Vi preparo un tè” disse Molly a un certo punto “Vi farà bene…”
Tom alzò un sopracciglio, confuso, senza capire quel cambio repentino nell’atteggiamento. Soprattutto alla luce del fatto che l’aveva visto di nuovo nella sua forma vera… nella sua forma di mostro
Molly prese ad armeggiare col bollitore. Non riusciva a togliersi dalla testa quegli occhi… quegli occhi rossi che il giorno prima le erano apparsi come quelli di un mostro, vuoti, senza anima… ma che prima… prima… prima erano stati spalancati dall’orrore, dalla paura, erano stati velati di lacrime. Gliel’avessero raccontato, non ci avrebbe mai creduto: Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato che piangeva per una sua Mangiamorte? È vero, aveva parlato della morte di Cedric come se nulla fosse e, tuttavia, con Bellatrix… per Bellatrix… poteva non essere tutto perso se, ancora, provava qualche forma di sentimento per qualcuno? E quelle torture subite da bambino? Quanto avevano impattato sull’uomo che era? Un mostro? Forse no…?
“E così ti sei dato alle arti babbane…” commentò Sirius con la sua risata simile a un latrato.
“Taci, Black”
“Cosa c’è, ti mette in imbarazzo far sapere a mia cugina che l’hai salvata facendole un massaggio cardiaco?”
“Fra l’altro, dov’è che hai imparato?” chiese Arthur Weasley curioso “La medicina babbana è così affascinante! Alle volte credo che i loro medicinali non possano essere nulla di così diverso dalle nostre pozioni, no?”
Tom arrossì ed evitò accuratamente di girarsi verso Bellatrix. Non voleva vedere la sua espressione mentre tutti quegli stolidi parlavano di come le aveva salvato la vita utilizzando una tecnica babbana…
Cristo” aggiunse Sirius “Anche l’esclamazione non è stata proprio da Purosangue” fece finta di pensarci un attimo “Oh, ma aspetta un attimo, tu non sei Purosangue”.
“Chiudi quella fogna” sbottò Bellatrix “Dovresti essere sulle tue ginocchia, grato di poter essere in presenza di uno stregone della sua levatura!”
“Ti stava per uccidere, Bellatrix!” sbottò Andromeda “Tutto per i suoi esperimenti di magia che, è evidente, non sa gestire”
Bellatrix alzò le spalle “Un incidente… non è successo nulla… sto bene…”
Molly portò in tavola il tè “Ecco, Bellatrix” disse porgendole una tazza fumante. Poi si volse verso Tom “E una anche per te…” esitò “Caro”
Tom spalancò gli occhi e la guardò fisso per qualche istante “Grazie” borbottò arrossendo e poi bevendo un sorso in modo automatico.
Bellatrix sorrise, soddisfatta. L’unica cosa importante, per lei, era il suo Padrone… per lui avrebbe fatto di tutto…
 
“Dovremmo riprovare, mio Signore” biascicò Bella rotolandosi sul letto. Voldemort la fissò in piedi per qualche istante. Era stato tutto il giorno a osservarla attentamente, impaurito che, da un momento all’altro, potesse perdere i sensi di nuovo. Era debole e scossa ma cercava di non darlo a vedere… e lui, per la prima volta nella sua vita, si sentiva in colpa. In colpa per aver fatto del male a qualcuno. A Bellatrix.
“Non credo sia il caso” le rispose stendendosi accanto a lei “È pericoloso”
“Darei volentieri la vita per voi, Padrone”.
Voldemort le fece un sorriso tirato “Non è la tua vita che voglio”
“E cosa, allora?” gli chiese maliziosa, sfilandosi le mutande e aprendo le gambe. Voldemort la osservò in silenzio, avrebbe voluto avventarsi su di lei e farla sua, di nuovo, ancora, sempre e per sempre.
“Non è il momento, Bella” le disse invece prendendo il lenzuolo e coprendola “Non sei in forze” Bellatrix, come previsto, mise su il broncio “Sono in forze… per quello…
“Possibile la tua libido in tutti questi anni non sia calata? Non hai più vent’anni”
“Azkaban ha messo un freno alla mia crescita, mio Signore” rispose Bellatrix rotolando vicino a lui “Vi dico che sono in forze…”
“E io ti dico di no” rispose secco, Voldemort “Non dopo quello che hai passato oggi”
“Mi avete salvata”
“Ti ho quasi ucciso” ci pensò su un attimo “Devo trovare il modo per non farti morire”
Bellatrix sgranò gli occhi e si puntellò su un gomito “Un Horcrux?”
Voldemort fece una smorfia “Devo ripeterti di non nominare quella parola?!”
“No è solo che…”
“Taci, una buona volta”
Bellatrix si zittì, era riuscita a indispettirlo… ma aveva importanza? Voleva trovare un modo per non farla morire… questo voleva dire solo una cosa: la desiderava con sé per sempre. Bella si sentì invadere da una sensazione di gioia selvaggia mai provata prima in tutta la sua vita.
“Sono sicura riuscirete a dominare anche la magia druidica, Padrone” mormorò Bella poco prima di scivolare nel sonno “Voi siete lo stregone più potente che il mondo abbia mai visto…”
Voldemort la osservò addormentarsi in silenzio. Non poteva credere di averla quasi uccisa. Come quel pensiero si formò nella sua testa, sentì di nuovo quel fastidioso nodo alla gola formarsi… strinse i denti, adirato con sé stesso per mostrarsi così debole. Quell’ambiente lo stava rendendo sentimentale, lo stava facendo rammollire. Bellatrix si girò nel sonno dandogli le spalle e, così facendo, le si scoprì la curva del sedere. Voldemort sentì l’eccitazione montare in lui… avrebbe voluto prenderla e farla sua, subito. Ma non poteva, non dopo quello che le aveva fatto passare quella mattina, checché ne dicesse Bella, lui sapeva che era ancora troppo debole e frastornata per poter essere sbattuta come avrebbe voluto fare lui. Si avvicinò comunque a lei facendo aderire il suo bacino col sedere di Bellatrix, prendendole poi un seno con la mano. Bellatrix mugolò e si mosse leggermente… Voldemort sogghignò, lo stava di nuovo sognando? Avrebbe di nuovo iniziato a chiamarlo nel sonno?
“No… dai…”
Voldemort drizzò le orecchie. No?
Bella rise “Dopo… dopo… non ora”
Voldemort le torse un capezzolo e si sistemò meglio tra le sue natiche.
“Oh, Rod!”
Voldemort si bloccò e sgranò gli occhi rossi.
Rod?
“Non adesso, Rod… dai… c’è la riunione… dopo… dopo, Rodolphus”.
Voldemort si staccò da lei come se si fosse scottato.

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Alla fine l'arrabbiatura di Molly non è durata poi molto! E' possibile vedere qualcosa negli occhi rossi di Lord Voldemort? Beh, lei c'è riuscita!
Per la povera Bellatrix, invece, sta per arrivare un lungo, lungo periodo di mai una gioia...

Grazie davvero a tutti voi che state seguendo con entusiasmo questa storia un po' (tanto) balzana. Non crediate non mi renda conto di quanto alqune cose suonino strane... ma finché mi diverto a scriverla, non mi fermo XD

A presto, 
Clo

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Tom non chiuse occhio.
Rodolphus.
Quel nome sospirato continuava a risuonargli nelle orecchie.
Rodolphus, il marito.
Bellatrix non se ne era mai curata troppo, non le era mai importato di Rodolphus Lestrange. Perché allora all’improvviso lo chiamava mentre dormiva? Mentre lui la toccava? Ma soprattutto, perché a lui stava dando così fastidio?
Perché Bellatrix mi appartiene, si disse Tom scendendo in cucina cercando di fare il minimo rumore. La sua non era gelosia. Sia mai. No, era adirato perché Bellatrix gli apparteneva ma lei osava fare pensieri – anzi, sogni – in cui non era compreso.
Be’, nel sogno ha mandato in bianco Rodolphus perché c’era una riunione, ragionò calmo Tom. Anche nel sogno, io vengo prima. Eppure, quel pensiero non lo stava facendo rilassare. Lo aveva sempre preso in giro? Bellatrix si era sempre approfittata di lui? Nessuno poteva approfittarsi di Lord Voldemort… ma, in quei mesi, lui, Lord Voldemort lo era stato meno che mai. Era tornato a essere Tom e, forse, a Bella Tom non piaceva.
Tom era un Mezzosangue.
Tom aveva un’infanzia travagliata.
Tom era cresciuto con i Babbani.
Tom Riddle era il nome di un Babbano.
Tom era debole e Bella… a Bella non piacevano i deboli. Bella era fedele a Lord Voldemort, non un semplice uomo ma qualcosa che si elevava al di sopra, un essere che era pura magia… di quello era infatuata, non di un Mezzosangue…
Si prese la testa tra le mani, le tempie gli pulsavano in modo doloroso. C’era qualcos’altro a tormentarlo; da quando era riuscito a utilizzare la magia druidica per contrastare la Cruciatus era come se qualcosa si fosse risvegliato in lui. Pensieri di un passato remoto, dimenticato, pensieri che gli erano stati sottratti. Corrugò le sopracciglia mentre la nausea lo prendeva. Si sentiva confuso, diviso e spaccato. La sua testa era un vortice di pensieri senza un senso, gli Horcrux lo tormentavano e ora c’era questa nuova magia che gli si era risvegliata in petto… e Bellatrix…
“Tutto a posto, caro?”
La voce di Molly Weasley lo fece sussultare. Non si era accorto delle ore che passavano, non si era accorto si fosse già fatta mattina.
“Sì, grazie” rispose asciutto senza guardarla in viso.
Eccola, lei era una delle responsabili della lenta scomparsa di Lord Voldemort. Era colpa sua se Tom Riddle stava tornando in superficie, se i suoi traumi riemergevano ogni giorno di più non consentendogli neanche di respirare in modo corretto e, nonostante gli Horcrux, la Morte era tornata ad assillarlo.
Si sentiva costantemente nauseato.
“Hai una brutta cera” insistette Molly sedendosi di fronte a lui con sguardo apprensivo “Vuoi un tè?”
Tom annuì sovrappensiero, senza neanche degnarla di una seconda occhiata.
“Tieni molto a Bellatrix, vero?”
Tom fece una smorfia e ritornò con la testa in quella cucina. Osservò attentamente Molly armeggiare col bollitore “Affatto” sibilò risentito “Io non tengo a nessuno” aggiunse, per chiarire.
Era la verità.
Tom Riddle era cresciuto solo e abbandonato, nessuno si era mai curato di lui e lui non si era mai curato di nessuno. Bellatrix era arrivata dopo, quando ormai era già troppo tardi, quando esisteva solo Lord Voldemort e Lord Voldemort non era in grado di provare attaccamento. Lord Voldemort non doveva provare attaccamento.
“Caro, perché ti ostini a mentire così?” domandò Molly con un sorriso triste “Perché vuoi negare l’evidenza?”
“Quale evidenza?” lo chiese in modo brusco, assottigliando lo sguardo.
“Ieri… quando Bellatrix ha perso i sensi…”
“Senza Bellatrix non abbiamo possibilità contro i Druidi” rispose prontamente Tom “E io non voglio morire”.
Molly versò l’acqua calda nella tazza in silenzio “Capisco” disse dopo alcuni istanti “Devo aver osservato male, allora” aggiunse con un sorriso mesto. Tom si passò la lingua sulle labbra sottili e inclinò la testa da un lato “Dimentichi che sono un Legilimens” le disse in tono piatto “Tu stai mentendo” era irritato. Irritato che Molly Weasley pensasse di conoscerlo meglio di quanto non si conoscesse lui. Come osava? Era anche colpa sua se aveva la testa piena di sciocchezze, di sciocchezze che lo stavano rendendo debole, di sciocchezze che lo avvicinavano all’essere umano e quindi alla mortalità.
Tom Riddle era mortale.
Lord Voldemort no. Era Lord Voldemort ad aver raggiunto l’immortalità, non Tom Riddle.
“Tu sei convinta io tenga a Bellatrix”
“Ieri è stato evidente” rispose Molly con semplicità, raddrizzando le spalle e guardandolo dritto in faccia. Non aveva più paura di lui.
“Ti stai, di nuovo, dimenticando chi sono” sibilò Tom. Iniziava a sentirsi a disagio. Qualche giorno prima avrebbe apprezzato quel riavvicinamento di Molly ora, invece, lo stava facendo sentire inadeguato.
“Sei un ragazzo orfano cresciuto senza amore” rispose Molly lentamente “Un uomo che si ritrova a provare un sentimento che non conosce e che pensa lo renda debole”.
Tom sgranò gli occhi. Di cosa diamine stava parlando quella chiattona? Rise sprezzante scuotendo la testa.
“Non so proprio a cosa tu ti stia riferendo”
“Tu sei innamorato di Bellatrix”
Smise di ridere a quelle parole.
Innamorato di Bellatrix.
Sbuffò.
“Non so neanche cosa significhi” disse con voce incolore “E non mi interessa scoprirlo perché non è così. Io non provo nulla per Bellatrix”.
Molly scosse la testa, un sorrisetto sulle labbra “Invece è proprio perché ti interessa che sei così pensieroso. Proprio per questo motivo ieri eri fuori di te dal dolore quando pensavi di averla uccisa”.
Tom fece per ribattere ma la porta si spalancò all’improvviso facendo entrare proprio Bellatrix. Aveva un sorriso sornione sulle labbra e Tom si risentì ancora di più. Era l’aver sognato Rodolphus che la rendeva così felice?
“Buongiorno” aveva un tono sognante e, contrariamente al solito, sorrise anche a Molly Weasley.
“Buongiorno a te, Bellatrix” rispose Molly. Anche lei sembrava sorpresa da quella versione pacata di Bellatrix “Hai dormito bene?”
Bellatrix annuì e sorrise a Voldemort che, tuttavia, le riservò una lunga occhiata penetrante.
“Hai fatto un bel sogno?” le chiese Tom con voce velenosa. Bella batté le palpebre, si sedette un po’ più composta e si mise allerta: il suo Padrone, per qualche motivo, era adirato con lei. Ma cosa poteva essere successo? Si era addormentata che lui le aveva detto di volerla rendere immortale. Voleva stare per sempre con lei. E ora si risvegliava e lui…
“Sai, Bella, stavo pensando che forse dovrei liberare un altro dei miei Mangiamorte” disse Tom sorseggiando il tè. Molly sgranò gli occhi, stava per aprire bocca inorridita ma Tom le fece un gesto stizzito e la fece tacere.
“Non vi basto, mio Signore?” chiese Bella con voce lagnosa. Perché ora voleva qualcun altro accanto a sé?
“Tu chi libereresti?”
Bellatrix corrugò le sopracciglia presa alla sprovvista.
“Rabastan” rispose dopo qualche secondo di silenzio “È un ottimo Mangiamorte, fedele a voi ed era con me quando siamo andati a torturare i Paciock”.
Rabastan, il cognato, pensò Tom alzando un sopracciglio. Ma certo. Si ricordava come Bella e Rabastan fossero sempre insieme, sempre a confabulare, ridere, scherzare…
Magari si scopa anche lui, pensò risentito.
“Qualcun altro?”
Bella si strinse nelle spalle e prese a giocare con i capelli, poi alzò di nuovo lo sguardo sul suo Signore “Ma certo! Tony!”
Molly si alzò in piedi e si diresse verso i fornelli. Quella conversazione non le stava piacendo. Era abbastanza sicura che Tom non volesse liberare nessun Mangiamorte ma che stesse solo cercando di capire che risposte le avrebbe dato Bellatrix. Cos’era successo la sera precedente? Sembrava così risentito nei confronti di Bella…
“Dolohov?” chiese Tom, per sicurezza. Detestava quando Bella usava nomignoli per riferirsi ai suoi Mangiamorte.
Tony.
Rab.
Rod.
“Sì, sì!” rispose con convinzione Bella, sorridendo “Tony è sempre stato un ottimo soldato”.
“Il tuo amichetto del cuore” rispose Tom, a denti stretti.
“Con Rab” aggiunse Bella annuendo felice.
“E Rodolphus?” chiese Tom “Tuo marito?”
Le guance di Bella si fecero un po’ più rosse e abbassò lo sguardo.
“Non credo sia il caso di liberare Rodolphus”
“Pensavo fosse presente anche lui dai Paciock”
“È così, mio Signore”
Quindi?” insisté Tom, poi non si trattenne “Cosa c’è, preferisci solo sognarlo?”
“Sognarlo?”
“Non mentire a Lord Voldemort, Bellatrix”
Bellatrix batté le palpebre un paio di volte.
“Ho sognato… ho sognato voi, Padrone, come sempre”
“Hai detto Rod, sono abbastanza sicuro di non chiamarmi Rod” lo disse con tono basso, talmente piano che Bella dovette sforzarsi per continuare a sentirlo.
“Sì, c’era Rod all’inizio” disse Bella cercando di farlo ragionare “Ma poi siamo venuti a una riunione e voi, come sempre, alla fine avete detto ‘rimani Bella’ e io sono rimasta e…” arrossì pensando a come era continuato il sogno. Rialzò il suo sguardo speranzosa su Voldemort che tuttavia la stava osservando con malcelato disprezzo.
Sarà” rispose Tom, poco convinto.
Bellatrix si sentì sprofondare. Era talmente ingiusto. Ce l’aveva con lei per un sogno che aveva fatto? Come poteva essere adirato con lei solo perché, in sogno, aveva detto a Rodolphus “dopo?” per di più, neanche lo aveva fatto con Rod “dopo”, lo aveva fatto con lui, col suo Signore, come sempre! Bellatrix sentiva montare dentro di sé un sentimento nuovo, qualcosa che non aveva mai provato nei confronti dell’Oscuro Signore. D’altra parte, però, non avevano mai neanche avuto quel genere di rapporto, loro due. Ora convivevano, stavano insieme sul serio. Eppure, da quando erano così intimi, lei aveva iniziato a stare peggio. Era come essere su una scopa imbizzarrita: un attimo prima ti porta a toccare le vette del cielo e l’attimo dopo sei in caduta libera verso il terreno. Sei completamente in suo controllo e non puoi fare nulla per impedirle di disarcionarti.
“Mio Signore” disse Bella dopo qualche attimo di silenzio mentre la cucina iniziava a riempirsi. Sirius e Arthur Wealsey stavano facendo colazione, i ragazzi stavano iniziando a scendere lentamente per poi andare a King’s Cross, pronti per il ritorno a Hogwarts.
“Non credo di meritarmi questo trattamento” aggiunse Bellatrix senza guardare Voldemort in faccia. Non era da lei andare contro il suo volere, lei si rimetteva sempre a lui, a qualsiasi decisione, però… però… non era giusto.
“Non credi di meritare questo trattamento?” ripeté Tom inclinando la testa di lato con un sogghigno sul viso “A cosa ti staresti riferendo, Bellatrix, di grazia?”
“Non potete mettermi alla gogna solo per un sogno nel quale, per altro, non vi ho comunque tradito”
Non posso?” chiese Tom con un sibilo sommesso e gli occhi che scintillavano sinistramente di rosso “Non posso?” ripeté “Forse stai dimenticando chi sono, Bella”.
Bellatrix si morse le labbra e abbassò lo sguardo, colpevole. Poi però raddrizzò le spalle “Io metto sempre voi al primo posto, mio Signore!” esclamò infervorata “L’ho sempre fatto, anche a discapito della mia felicità… anche con questa Molly Weasley! Ieri le ho parlato…” Bellatrix si mise le mani sulla bocca. Cosa stava dicendo? Scoccò un’occhiata all’Oscuro Signore e si rese conto di aver fatto un passo falso. Aveva detto la cosa sbagliata.
“Cos’è che hai fatto?” Tom si volse verso Molly “Cosa ti ha detto?”
Molly si raggelò, le uova strapazzate sulla forchetta a metà strada verso la sua bocca.
“Niente, mi ha detto… mi ha detto…”
“È per questo che mi parli di nuovo?”
“NO!” esclamò Molly “Non c’entra niente. Ti parlo di nuovo perché ieri… ieri nel tuo sguardo, anche se eri Tu-Sai-Chi… ieri ho visto qualcosa…”
Tom si alzò in piedi di scatto.
Visto qualcosa in Lord Voldemort?
Non era possibile perché non esisteva nulla in Lord Voldemort. Non c’erano sentimenti per Bellatrix in Lord Voldemort, non c’era nulla, nulla, nulla!
Come osi?” la sua voce tremava di ira “Come osi insinuare che… Lord Voldemort sia debole?
“Non c’entra nulla la debolezza!” ribatté Molly la forchetta era caduta nel piatto al sentire nominare “Lord Voldemort”.
“Mio Signore” provò a chiamarlo Bellatrix avvicinandosi a lui a testa bassa. Tom si volse verso di lei, il viso trasfigurato dalla furia cieca che lo stava invadendo.
Tu!” le sibilò avvicinandosi a lei e prendendole il viso tra le mani. Affondò le unghie nella sua pelle bianca, aristocratica, fino a quando qualche goccia di sangue puro non uscì “Dimmi, Bellatrix, ti ho mai chiesto di diventare mia moglie? Siamo forse sposati?”
Bella lo guardò, un’espressione vacua in viso. Perché all’improvviso…
“No, Padrone”
“E allora non comportarti come tale!” urlò lasciandola poi andare con talmente tanta forza da farla rovinare in terra.
Bellatrix rimase a terra per qualche istante, gli occhi sgranati, le guance arrossate. Era tremendamente ingiusto. Lei voleva solo aiutarlo. Non voleva vederlo soffrire. Ma allora perché la trattava a quel modo? Che colpa aveva lei se quella Molly Weasley vedeva qualcosa in lui?
“Non me lo merito” sussurrò Bellatrix guardando il pavimento. Non aveva il coraggio di alzare lo sguardo su di lui. Tuttavia, aveva raggiunto un punto di rottura. Non riusciva più a sopportare quegli sbalzi d’umore, non riusciva più a starvi dietro.
“Come, prego?”
“NON ME LO MERITO!” lo gridò con i pugni serrati e gli occhi chiusi. Stava iniziando a piangere “Ho sempre fatto tutto solo per…”
“Nessuno te lo ha chiesto” la interruppe Tom sprezzante, velenoso “Nessuno ti ha mai chiesto di comportarti come una mogliettina. Sei fastidiosa”.
Una Cruciatus le avrebbe fatto meno male. Il suo cuore si spezzò, andò in frantumi. Non aveva mai desiderato parole dolci da lui, sapeva che non gli appartenevano. Un suo sguardo era sempre stato sufficiente, alle volte si faceva andare bene anche il silenzio. Ma così… così… così… non poteva, non riusciva… non capiva.
“E allora non lo faccio più” rispose Bellatrix alzando il viso e guardandolo con sguardo altero “Basta. Ci rinuncio”.
Tom alzò un sopracciglio “Mi dispiace informarti del fatto che il servizio di Mangiamorte sia a vita” le sibilò minaccioso tirando fuori la bacchetta dalla veste. Non sarebbe mai riuscito a ucciderla, ormai lo sapeva. Ed era sicuro che anche Bellatrix lo sapesse… ma Bella indietreggiò spaventata. Forse no. Forse lei non lo sapeva…
“Non sto… non sto cercando di uscire fuori dal Cerchio dei Mangiamorte” ribatté Bella. La voce le tremava ma sembrava decisa.
“E allora cosa staresti cercando di fare?”
“Non essere più vostra moglie, dato che mi sembra evidente sia qualcosa che vi disturba, Padrone”.
Tom abbassò la bacchetta.
Lo stava lasciando.
Il respiro gli si mozzò in gola rendendogli difficile respirare, si sentiva privato di forze, la testa come un palloncino. Sarebbe svenuto di lì a breve, sentiva la Morte respirargli sul collo, il buio si faceva vicino, come poteva vivere se Bella si allontanava da lui? Avrebbe voluto bloccarla, dirle che da quando lei dormiva insieme a lui riusciva a riposare per la prima volta nella sua vita… le parole non gli uscivano. Perché lui era Lord Voldemort e Lord Voldemort non era debole.
“Fa’ un po’quello che ti pare” rispose con acrimonia, voltandole le spalle “Sai cosa me ne importa”.
Sentì un gemito strozzato “Molto bene, allora, mio Signore. Vi libero della mia presenza” la sentì uscire dalla cucina e salire in fretta le scale, probabilmente per prendere le cose nella camera che condividevano… Il cuore di Tom sembrava un macigno nel suo petto. Non aveva mai provato un dolore simile, neanche quando aveva scoperto di essere un Mezzosangue, neanche quando suo padre gli aveva sputato in faccia e gli aveva confessato di aver tentato di ucciderlo quando ancora era in grembo a sua madre… nulla era paragonabile al dolore di aver perso Bellatrix. Neanche la perdita del proprio corpo: all’epoca era convinto che lei sarebbe stata accanto a lui, sarebbe andato a cercarlo ma ora… ora nulla… nessuno sarebbe andato a cercarlo… il buio si avvicinava e la Morte era incombente… e nessuno sarebbe venuto a salvarlo… nessuno lo avrebbe strappato alla Morte…
“OUCH!”
Tom si voltò di scatto e vide Potter con le dita sulla cicatrice, gli occhi strizzati dal dolore.
“Tutto a posto, Harry?” gli chiese Ron.
“Sì… è solo… la cicatrice…”
Harry guardò dritto in faccia Tom, gli occhi lacrimavano dal dolore “Valla a prendere” gli disse indicando la porta “Valla a prendere se lei è così importante per te”.
Tom fece un passo all’indietro, stranito. Cosa diavolo stava dicendo quel ragazzino?
“Non è importante per me” rispose con tono piatto, indifferente.
Harry si indicò la cicatrice “Siamo connessi. Io so
Tom assottigliò lo sguardo “Vatti a far controllare da uno strizzacervelli, Potter” sibilò Tom prima di smaterializzarsi lontano.
Lontano da tutti.
Lontano da Bellatrix.  
 
*
 
“Hai fatto la cosa giusta, Bella”
Andromeda continuava a ripeterlo a ogni occasione tuttavia, più lo ripeteva, più Bella sembrava avere dubbi.
“Non capisco dove sia” piagnucolò Bellatrix sfiorandosi il Marchio con le dita “Ormai è una settimana che non si fa vedere…”
Non aveva pensato Bellatrix. Non aveva pensato al dolore che l’avrebbe investita nel non stare più col suo Signore. Si sentiva come mezza addormentata, come se le mancasse una parte di sé. Aveva preso tutte le sue cose e si era trasferita nella stanza di Regulus, dell’altro traditore. Era poi tornata in cucina e l’aveva trovata vuota. Gli altri abitanti di Grimmauld Palace erano rientrati verso mezzogiorno ma, invece, del suo Signore non c’era stata traccia e ormai non vi era traccia da più di una settimana.
“Silente dice che non c’è bisogno di preoccuparsi” rispose Andromeda “A quanto pare lui è in contatto con Tom, da quello che ci ha detto, sembra che stia semplicemente continuando i suoi esperimenti di magia”.
“Dovrei essere con lui!” esclamò Bella prendendosi la testa tra le mani “Dovrei essere con lui, aiutarlo…”
“Sai cosa dovremmo fare invece?” chiese Tonks dopo qualche attimo “Dovremmo andare fuori stasera!”
Bellatrix alzò un sopracciglio “Io sono ricercata”
“Ti puoi trasfigurare! Una serata tra donne… vieni anche tu, Molly!”
Molly si morse le labbra “Oh, ma non so, insomma… io… c’è Arthur”
“Oh cara, a me fa piacere se esci con loro” rispose Arthur sorridendole “Potrebbe farvi bene uscire un po’ da qua, bere due cocktail a Diagon Alley…”
Molly lanciò un’occhiata a Bellatrix. Era distrutta. Da quando Tom se n’era andato non aveva fatto altro che piangere e disperarsi eppure, non aveva espresso il desiderio di tornare indietro. Per quanto si accarezzasse il Marchio, si guardava bene dal premerlo per chiamarlo…
“E va bene, va bene… magari incontrerai qualcuno di interessante, Bellatrix” le disse facendole l’occhiolino.
Bellatrix emise un gemito “Non mi interessa incontrare nessuno”.
“Non essere testarda, Bella” le disse Andromeda facendole una carezza sulla schiena.
“Io sono sposata”
“Fino a una settimana fa non mi sembrava essere un problema” borbottò Sirius “Non ti facevi scopare da un altro?”
“Cosa c’entra, l’altro era l’Oscuro Signore! Credete che tradirei Rodolphus con chiunque? Non sono mica una sgualdrina!” esclamò Bellatrix “E poi… poi… non riesco neanche a pensare di poter… io lo amo” Bellatrix trattenne le lacrime. Lasciare andare il suo Padrone era stata la cosa più difficile in assoluto. Lo amava, lo aveva sempre amato con tutta sé stessa ma lui, invece, lui… lui stava proseguendo la sua vita come se nulla fosse…
“Oh! Tom, caro!
All’esclamazione di Molly Weasley, Bella si volse verso l’ingresso della cucina con tanta foga da farsi male al collo. Non riusciva a credere ai propri occhi: il suo Signore era lì. Se non fosse che…
“Caro, hai una cera orribile” mormorò Molly preoccupata, facendosi avanti. Tom aveva il viso pallido, tirato, come quello di una persona che aveva perso diversi chili nel giro di poco tempo. I suoi occhi erano cerchiati e aveva un’espressione sofferente, stanca.
“Cosa ti è successo?” chiese Sirius osservandolo con sguardo critico.
“Nulla” rispose seccamente Tom “Sto benissimo” aggiunse senza guardare in viso nessuno “La magia richiede un prezzo, tutto qua”.
Non era del tutto la verità. Non dormiva da una settimana, non mangiava da una settimana e l’unico motivo per il quale riusciva a reggersi ancora in piedi erano le pozioni che assumeva giornalmente. Senza Bella non riusciva a chiudere gli occhi perché la Morte gli si presentava davanti. Il cibo non aveva attrattiva… e gli esperimenti con la magia druidica che aveva preso a fare richiedevano una dose di energia che non riteneva possibile. Era un tipo di magia diverso rispetto a quella a cui era abituato, la bacchetta non serviva e attingeva invece all’energia della natura circostante, alla propria e il rischio di esagerare e andare oltre i limiti era sempre presente. Ma lui era Lord Voldemort e i limiti li superava, sempre. Non era stato così anche con gli Horcrux? Nessuno ne aveva mai fatti tanti, prima…
“Il prezzo è la tua vita?” chiese Sirius aggrottando le sopracciglia “Credevo volessi essere immortale”
“Io sono immortale” rispose Tom, stizzito “Cosa ve ne importa a voi di quello che faccio col mio corpo, eh?” era irritato. Detestava che le persone ponessero domande su di lui, sulla sua salute, sul suo aspetto… Guardò Bellatrix e, come i loro sguardi di incrociarono, lei abbassò prontamente il suo arrossendo.
“Bellatrix” la chiamò lui con un tono che sperava essere conciliante. Non le avrebbe mai chiesto scusa. Non avrebbe mai fatto il primo passo. Ma invitarla a cena non era un primo passo, no? Si trattava solo di Lord Voldemort che richiedeva i servigi della sua migliore Mangiamorte.
“Dovrei parlarti della… dell’incantesimo e delle rune. Ho sviluppato la magia druidica e credo siano necessari alcuni accorgimenti…” s’interruppe. Il suo cervello sembrava essere più lento “Potremmo parlarne stasera a cena. Fuori. Da soli”.
Bellatrix socchiuse la bocca, il suo cuore più leggero…
“Stasera abbiamo già degli impegni” rispose Andromeda al posto di Bellatrix “Una serata tra donne a Diagon Alley”.
Un’ombra passò sugli occhi di Tom poi, veloce come era arrivata, si dissolse e lui sorrise mesto “Ma certo” rispose alzando le spalle fingendo indifferenza “Possiamo parlarne domani mattina, allora”
“Mio Signore…” Bellatrix lo chiamò implorante. Poteva insistere. Poteva chiedere di nuovo e lei avrebbe mandato tutti al diavolo per lui, per una cena fuori con lui. Era il suo modo per chiederle perdono. Lo sapeva, era così, lo conosceva…
“A domani, Bellatrix” rispose lui voltandole le spalle e smaterializzandosi di nuovo lontano.

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Ho pensato un po' prima di aggiornare perché avete ragione: non posso lasciare la questione dei Druidi così... ok che ho iniziato a scrivere questa storia per tutt'altri motivi e "la questione Druidi" è sempre stata un contorno nella mia testa però a questo punto credo meriti un po' più di considerazione. Sto cercando di modificare  i capitoli che ho già pronti di modo da poter approfondire  e creare qualcosa che possa essere interessante oltre al drama, al gossip e al trash (che ci accompagnerà sempre, però). Vediamo se sono in grado. Non ci sarà chissà quale approfondimento ma un minimo è doveroso. 

Inoltre, da mercoledì vado nel Kansai per una settimana... credo mi porterò il computer ma non ho ancora deciso, nel caso non trovassi il tempo di aggiornare, ci rivediamo dopo il primo di maggio quando sarò tornata a casa a Tokyo :D
Considerando che andrò agli Universal Studios di Osaka, al Wizarding World di Harry Potter, magari mi verrà in mente qualche altra cosa da aggiungere a questa storia XD

Grazie come sempre per leggere e recensire, vi auguro un buon weekend! 


Clo

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Tom fece alcuni profondi sospiri e cercò di concentrarsi su di sé ed esplorare la propria coscienza, la propria anima. Era evidente si fosse aperta una voragine in lui da quando aveva fatto gli esperimenti con la magia druidica. Qualcosa veniva solleticato nei meandri della sua mente, ricordi confusi che non riusciva a mettere a fuoco come se ci fosse un incantesimo che gli impedisse di ricordare. Non appena la sua mente provava ad afferrare quel ricordo subito gli scivolava via, come fumo tra le dita.
Possibile io avessi già avuto a che fare con questo tipo di magia? si chiese in modo distratto. Allargò la sua mente fino a sfiorare quella di Nagini: non importava quanto fossero distanti, il fatto che condividessero una parte di anima li lasciava perennemente connessi. Provò a sondare la parte di anima che era in lei, a chiedere consiglio ma non trovò nulla che potesse dare conferma o negare ciò che iniziava a intuire e che lo atterriva più di quanto gli facesse piacere ammettere. Il fatto poi che non potesse parlarne con nessuno gli metteva addosso una certa ansia; era abituato a essere solo ma la magia che stava affrontando era qualcosa di nuovo e inesplorato. Bellatrix non avrebbe avuto risposte ma aveva una mente sagace, brillante e i suoi commenti erano sempre arguti: avrebbe potuto aiutarlo.
No, si disse deciso scuotendo anche la testa. Non sarebbe andato da lei a chiederle consiglio dopo la discussione che avevano avuto.
È solo paranoia, non può essere niente di ciò che sto temendo: avrei avuto qualche indizio prima, se non veri e propri ricordi…
Si mordicchiò le labbra in modo distratto mentre la sua testa veniva invasa da altri problemi, più inutili e banali.
Bellatrix.
Ancora una volta quel nome gli si formò nella testa a caratteri cubitali, accompagnato dal viso della strega.
Scosse la testa come per scacciare una mosca. Non aveva senso indugiare su di lei e sulle sue stupidaggini perché, ciò che era successo con lei, era nient’altro che quello: un’idiozia che metteva in crisi il loro equilibrio, equilibrio che non poteva essere messo in discussione per nessuna ragione al mondo. Non voleva chiederle scusa – per cosa avrebbe dovuto scusarsi? No, lui era Lord Voldemort – ma d’altra parte, più passavano i giorni senza di lei, più si rendeva conto di come quella strega gli fosse divenuta indispensabile. Prima della sua permanenza a Grimmauld Place numero 12 l’avrebbe uccisa senza pensarci due volte se solo si fosse reso conto che quella maledettissima strega fosse divenuta per lui qualcosa di tanto prezioso ma ora… ora… il respiro gli si mozzò in gola mentre alzava lo sguardo sul castello. Hogwarts era imponente come sempre e il profilo dell’edificio, casa sua, gli riscaldò il cuore in un modo che si era dimenticato di poter provare. Non aveva mai avuto una casa. L’orfanotrofio era stato un posto da cui scappare e in seguito, quando aveva dovuto abbandonare la scuola, non aveva mai avuto modo di trovare un altro luogo che potesse infondergli quel senso di gioia e sicurezza che gli donava Hogwarts. Essere stato costretto ad abbandonare quel posto era stato per lui un dolore inimmaginabile. Sibilò al pensiero di rimettervi piede, scosse la testa, quasi vergognandosi.
Che cosa sono diventato?
 
*
 
“Fammi capire, le hai detto che nessuno le ha mai chiesto di farti da mogliettina, lei se l’è presa e ti ha mollato. Tu sparisci per una settimana, torni e le chiedi una cena fingendo sia per le rune e speravi che le cose tornassero come prima?”
Gli strumenti nell’ufficio di Silente continuavano a emettere vapore e fare rumori metallici e a Tom stavano facendo venire il mal di testa, si volse risentito verso l’uomo che aveva parlato.  
“Ti avevo chiesto un incontro privato, Silente. Perché dev’esserci anche Grindelfart?” sbottò alzandosi dalla sedia e incrociando le braccia al petto. Non lo sopportava, gli avrebbe volentieri spezzato l’osso del collo, altro che Avada Kedavra.
“Siamo un pacchetto non scomponibile ormai, Tommy, mi dispiace”
Taci
“Suscettibile! Stavo solo cercando di riassumere!”
“Gell”
La voce di Silente era calma e pacata ma aveva insita una nota d’urgenza e fermezza. Grindelwald alzò le mani in alto come a volersi discolpare “Va bene, mi cucio la bocca ma stavo solo cercando di riassumere per vedere se avevo ben compreso il nocciolo della questione”
“Quindi, Silente?” domandò Tom ignorando Grindelwald. Aveva dovuto calpestare il proprio orgoglio per decidersi ad andare dal vecchio preside ma che altre alternative aveva? Tom non ci capiva più nulla, dentro di sé c’era un guazzabuglio incoerente. Tutto si mescolava senza senso: la pena per non avere più Bellatrix al suo fianco, il problema degli Horcrux (e in qualche modo distorto, sapeva che Potter aveva a che fare con quello… ma come? Come?) e poi qualcos’altro… qualcos’altro che aveva a che fare con i Druidi, qualcosa che si era risvegliato in lui e non ne voleva sapere di sopirsi… come un fuoco che gli ardeva nel petto e non sapeva come estinguere. Visi gli si affollavano nella testa, luoghi che non aveva mai visto… o forse sì?
Ma nulla, nulla, a ben vedere, poteva giustificare Lord Voldemort che chiedeva consiglio ad Albus Silente sulle proprie pene… non d’amore, ben inteso, quello era fuori discussione.
“Hai pensato a chiederle, ehm, scusa?”
Tom sgranò gli occhi “Credi mi abbasserei a tanto?
“Be’, sei qui” borbottò Gellert “Mi sembra già tu stia raschiando il fondo”
“Se proprio volete saperlo… quello era il mio modo di chiedere scusa”
“Oh, ma certo. Geniale. Tu la ripudi e la insulti, sparisci per una settimana e poi torni per invitarla a cena e lei dovrebbe capire che volevi chiederle scusa? Dimenticare tutto e tornare a fare la tua mogliettina ben sapendo che riprenderesti a insultarla e a rinfacciarglielo?”
Vuoi chiudere quella bocca! Non sono qui per parlare con te!” sbottò Tom “Albus, mandalo via” e il tono che usò gli uscì più lamentoso di quanto intendesse.
Silente sospirò e scosse la testa cercando di trattenere un sorriso. Era come avere a che fare con due bambini capricciosi.
“Gellert, lasciaci soli”
Grindelwald sbuffò “No, no. Questa volta sul serio: non parlo più” borbottò mettendosi in un angolo e facendo finta di guardare fuori dalla finestra dell’ufficio di Silente. Tom gli scoccò un’occhiata poi alzò un sopracciglio in direzione di Silente.
“Gell…”
“Va bene, va bene. Ho capito” disse Gellert scuotendo la testa e uscendo dall’ufficio sbattendo la porta.
“Perché sei qui, Tom?” chiese Silente dopo qualche attimo di silenzio. Era stato sorpreso di vederlo comparire nel suo ufficio. Soprattutto, aveva un aspetto orribile, terrificante. Il bel viso di Tom Riddle era incredibilmente simile al teschio di Lord Voldemort. Era magro, senza forze, con delle occhiaie nere che non lasciavano presagire nulla di buono.  
Silente aveva saputo della litigata di Tom con Bellatrix, ma mai si sarebbe aspettato che Tom andasse da lui per chiedergli consiglio.
“Non sono qui per chiederti consiglio!” sbottò Tom risentito, come se gli avesse letto nel pensiero. Si risedette su una delle sedie di fronte alla scrivania di Silente “Solo… è per il nostro incantesimo” si difese subito. Non voleva dare false impressioni, non voleva che quel vecchio bacucco male interpretasse tutto come suo solito, con quelle fesserie sull’amore…
“Bella ed io non possiamo permetterci screzi. Vorrei trovare un modo per avere un rapporto… un rapporto civile di modo che il sigillo funzioni come debba funzionare”
“Chiedile scusa” rispose Silente diretto, senza mezzi termini “Vuoi che lei torni come prima? Falle capire che hai sbagliato
“Io non sbaglio mai!” esclamò Tom “Non posso chiedere scusa a Bellatrix, a una mia Mangiamorte
“Non è solo una Mangiamorte, però”
“Certo che lo è!” rispose Tom, testardo incrociando le braccia. Silente unì le sue lunghe dita e lo osservò da sopra di esse “Non capisco per quale motivo tu sia qui se non vuoi accettare i miei consigli. Non puoi davvero aspettarti che lei… che lei abbia capito che un invito a cena per parlare del sigillo fosse il tuo modo, contorto, di chiederle scusa”
Tom distolse lo sguardo dagli occhi penetranti di Silente. Anche lui era un Legilimens…
“Va bene, ho capito” fece Tom dopo un lungo silenzio “Domani mattina le dirò che… che…” si morse le labbra “Che forse ho esagerato”
Silente gli sorrise “Suppongo potrebbe essere un inizio… e Bellatrix è una ragazza intelligente, ti conosce. Credo le sarà sufficiente”
“Anche perché di più non faccio, sia ben chiaro”
“No certo” rispose Silente “Hai una reputazione da mantenere” aggiunse divertito.
“Attento Silente… attento!” sbottò Tom puntandogli un dito contro con fare intimidatorio.
Albus ridacchiò, poi si fece serio “Tra parentesi, complimenti per le aggiunte che hai fatto all’incantesimo. Sono colpito. Come ci sei riuscito?”
Tom batté le palpebre. Con tutto quello che era successo, si era dimenticato di scendere nei dettagli dei suoi esperimenti magici. In poche brevi frasi spiegò a Silente di come aveva resistito alla Maledizione Cruciatus sfruttando la magia druidica e di come, grazie a quell’esperienza, fosse riuscito a ricreare alcuni semplici incantesimi da poter introdurre nel loro rituale e fortificare le rune.
“Notevole” commentò Silente fissandolo da sopra i suoi occhiali a mezzaluna e accarezzandosi la barba “Notevole anche per un mago del tuo livello, Tom”
Tom rimase in silenzio senza distogliere lo sguardo dagli occhi azzurri di Silente “Io sono notevole per definizione, Scemente”
“Forse” ribatté Albus “O forse c’è qualcosa che vorresti dirmi?”
Tom esitò per una frazione di secondo mentre i dubbi che gli torturavano il cervello prendevano forma: era allettato da aprirsi con Silente, nonostante la sua natura schiva e indipendente. Non si fidava del mago ma allo stesso tempo sapeva che in quel momento erano alleati e se c’era qualcuno al mondo che avrebbe potuto districargli il tormento che sentiva nel cervello quello era proprio Silente. Non aveva le sue stesse conoscenze sulle Arti Oscure e sui Druidi dato che aveva passato la sua vita a studiare altro tipo di magia ma appunto per quello, unendo il loro sapere, avrebbero potuto trovare una risposta a tutta la confusione che lo stava assillando. Tom storse il naso, indispettito dalla sua stessa debolezza, ricacciò tutto prontamente indietro nei meandri della sua mente “No, nulla” fece una pausa “Ho passato anni a viaggiare e a studiare la magia… se non fossi stato in grado di raggiungere un tale livello di conoscenza magica sarei stato un Potter qualunque”
Silente inspirò bruscamente alzò le spalle ma Tom capì che non lo aveva convinto.
Che pensi un po’ ciò che vuole, questo vecchio pazzo, neanche io ho tutto chiaro e, anche volendo, non saprei cosa dirgli.
“Siamo vicini alla soluzione… manca poco. Cerca di andare d’accordo con Gellert… smettetela di scontrarvi, dovete passarvi l’incantesimo con meno frizione, con più fluidità”
“Ci stiamo lavorando” borbottò a denti stretti Tom “Ma non è facile… hai visto come…”
“Non fate i bambini!” lo interruppe Silente “Questa è una cosa importante!”
“Credi non lo sappia?”
“Allora risolvi con Gellert e, soprattutto, parla con Bellatrix. Il sigillo deve essere perfetto e lei deve fidarsi di te ciecamente…”
Tom annuì.
“Nessuno vuole sopravvivere più di me, Silente. Dovresti saperlo”
“Bene” disse Silente. Tom si alzò in piedi, non aveva più nulla da dire. Era già alla porta quando Albus lo richiamò “Tom… voglio che proviamo tutti insieme”
Provare?” ripeté Tom sicuro di aver capito male “Questi rituali non si provano, Silente. Sono un one shot: o la va o la spacca… anche un maghetto come te dovrebbe saperlo”
“Mi sono spiegato male” ribatté Silente con un sorriso “Proveremo il tutto senza magia e poi proveremo a passarci degli incantesimi più semplici… delle prove sono doverose. Non ha senso continuare a sperimentare separatamente se poi dobbiamo agire come se fossimo uno solo
Tom esitò, cercò delle motivazioni che potessero evitargli di avere contatti con Silente e Grindelwald ma, suo malgrado, dovette ammettere che il discorso di Albus non faceva una piega.
“E sia” accordò “Ma tu rimetti in riga il fricchettone tedesco, altrimenti lo ammazzo”
“Buona serata anche a te, Tom”.
 
*
 
“Ecco qui, un’acquaviola, due whiskey incendiario e un succo di zucca”
Bellatrix afferrò il suo whiskey incendiario senza dire una parola e ne bevve velocemente un sorso. Sembrava essere passata una vita dall’ultima volta che era stata a cena fuori e poi a bere. Non aveva mai avuto molte amiche femmine, era sempre uscita più che altro con Rabastan ed Evan e poi, in seguito, anche con Dolohov. Non che la compagnia con la quale era al momento si potesse definire amica.
Sua sorella Andromeda.
La figlia sgorbia mutaforma mezzosangue.
E Molly fottuta Weasley.
Un bel quadretto, non c’era che dire.
Poi, lei, Bellatrix Lestrange, con i capelli trasfigurati di rosso di modo da poter passare per una parente della Weasley.
Quanto sono caduta in basso? pensò con amarezza quasi soffocandosi col whiskey. Se Rabastan fosse stato lì l’avrebbe presa in giro fino alla morte… o forse le avrebbe tirato due ceffoni in faccia per farla ritornare in sé.
“Come va con Remus, Tonks?” chiese Molly rimestando la sua acquaviola per poi berne un sorso dalla cannuccia.
“È sfuggente” mormorò Ninfadora rigirandosi il bicchiere di whiskey tra le mani “È come se… se volesse e contemporaneamente non volesse”
Bellatrix fece una smorfia: il riassunto perfetto della sua relazione. Il Signore Oscuro era sempre stato così: mai chiaro su cosa volesse e quando le dava qualcosa era sempre pronto a riprenderselo senza pensarci due volte e senza neanche averne motivo. Era faticoso e penoso stare in sua compagnia.
“Lascialo perdere” disse Bella trangugiando un altro sorso di whiskey “Non solo è un lupo mannaro – e già questo basterebbe a doverlo tagliare fuori – in più fa anche il prezioso. Come se se lo potesse permettere! Non è neanche umano!”
I capelli di Tonks divennero all’improvviso rossi mentre l’espressione sul suo viso a forma di cuore s’induriva “Non ti permetto di offendere Remus che, al contrario del tuo amato, è una persona per bene”.
Bellatrix emise un sospiro tremolante. Non aveva neanche le forze per ribattere. Avrebbe voluto chiamarlo col Marchio e pregarlo di riprenderla con sé. Come aveva potuto allontanarsi da lui? Lui che era tutta la sua vita?
“Oh via, Bella, non fare quella faccia appesa!” esclamò Andromeda dandole una gomitata “Sai cosa dovresti fare? Trovarti un uomo con cui flirtare”
Bellatrix fece schioccare la lingua sui denti “Certo, mi sembra un’idea geniale. D’altra parte, non sono neanche ricercata. Non sono sposata…”
“Devi solo flirtarci, tanto per giocare un po’… per divertirti Bella, sentirti desiderata. Quell’uomo…”
“Non ti permetto d’insultare l’Oscuro Signore!”
Andromeda ridacchiò “Siete più simili di quanto pensiate, voi due” borbottò indicando con un gesto del capo sua figlia. Bellatrix non commentò: non aveva le forze per litigare ma non vedeva proprio che cosa potesse accomunarla a una lurida Mezzosangue innamorata di un licantropo. Lei era Purosangue e l’uomo che amava era… era l’Oscuro Signore, lo stregone più potente che il mondo avesse mai visto…
“Sarebbe più divertente se anche voi due vi foste degnate di bere qualcosa di alcolico” sbottò Bellatrix lanciando un’occhiataccia all’acquaviola di Molly e al succo di zucca di Andromeda.
“Lo sai che sono astemia, Bella”
“E qual è la tua scusa, Weasley?”
Molly raddrizzò le spalle “Non ho problemi a bere, sai”
“E allora fallo” la sfidò Bellatrix con un ghigno in faccia finendo alla goccia il whiskey rimanente e ordinandone altri due: uno per lei e uno per quella Molly Weasley.
Molly non era abituata a bere alcol. Non che non le piacesse ma, con tutti i figli che aveva, non poteva di certo permettersi di ubriacarsi una sera sì e l’altra pure. Il whiskey di quel posto, tuttavia, era sopra alla media e capì non sarebbe riuscita a fermarsi già dopo il primo sorso. Trangugiò un bicchiere dietro l’altro mentre le conversazioni si facevano sempre più intime proprio grazie all’alcol.
“Basta, Molly, dai” le disse ridendo Andromeda cercando di bloccarla dall’ordinare un altro drink. Bellatrix, dal canto suo, reggeva l’alcol in modo straordinario ma, forse a causa della detenzione ad Azkaban, stava già iniziando a dare segni di cedimento anche lei.
“No, Dromeda, ancora uno, su!”
Andromeda scosse il capo e Tonks alzò gli occhi al cielo “Speriamo almeno di riuscire a riportarle a casa” ridacchiò.
“Bellatrix” chiamò Molly dopo aver bevuto un altro sorso di whiskey e aver fatto schioccare le labbra in segno di approvazione. Si sentiva la lingua impastata e la testa più leggera. L’alcol poi aumentava la sua libido: non vedeva l’ora di arrivare a casa e avventarsi su Arthur…
“Com’è quindi Tu-Sai-Chi a letto?”
Andromeda scoppiò a ridere e Ninfadora si nascose il viso tra le mani: una parte di lei voleva sapere, l’altra invece sentiva di poter fare a meno di quell’informazione. Anche perché, a ben vedere, avevano passato un pomeriggio a sentire le loro gesta per tutta Grimmauld Place numero 12.
“Straordinario, come in qualsiasi cosa lui faccia” rispose Bella, seccamente. Si sentiva depressa, dopo l’euforia che sempre la prendeva quando beveva un po’ troppo, stava venendo invasa da un senso di angoscia e tristezza che già era presente ma che l’alcol di certo amplificava. Le veniva voglia di piangere e parlare dell’Oscuro Signore… parlare dell’Oscuro Signore che una volta… ripensò a tutte le sere passate con lui, al modo in cui le consentiva di stringerlo… sembrava impossibile. Impossibile che potesse… potesse essere tutto finito così, nel nulla, nell’oblio…
“Ma facevate… facevate…” Molly ridacchiò. Non si poteva di certo lamentare della sua vita sessuale con Arthur che era sempre stata molto attiva – come testimoniavano i loro figli – però aveva sempre avuto… curiosità, per così dire, che con Arthur non aveva mai esplorato perché, beh, si vergognava…
“Facevate qualcosa di spinto?” chiese Molly bevendo ancora un sorso di whiskey per darsi coraggio.
Bellatrix alzò un sopracciglio “Cosa intendete, voi donnette, per qualcosa di spinto?” chiese rivolta verso sua nipote e sua sorella. Andromeda scosse la testa e alzò le spalle “Non saprei, Bella. Suppongo che ognuno di noi abbia un’idea diversa di spinto
“E la tua idea qual è, ad esempio, Ninfadora?” chiese Bellatrix con un sorriso diabolico sulle labbra.
“Lasciatemi fuori da questa conversazione!” esclamò Tonks “Insomma, c’è mia madre”
“Sì, ma sei la più giovane”
“Quello che intendevo io” s’inserì Molly biascicando “È il sadomaso”
“Molly!” esclamò Tonks “Non avrei mai detto che fossi interessata a certe pratiche
“Quindi confermi che anche per te siano spinte” insisté Bellatrix affilando lo sguardo.
“Credo che il sadomaso sia spinto per antonomasia” la difesa Andromeda.
“Tu e il tuo Babbano non avete mai provato?”
C’è mia figlia!” sibilò Andromeda risentita “E Ted non è un Babbano!”
“Sanguesporco, Babbano… stessa gentaglia
“Ma quindi?” chiese ostinata Molly “Tu e… e lui…?”
“Oh sì” liquidò Bellatrix con un’alzata di spalle. Davvero dopo tutte quelle settimane non avevano capito che tipo di rapporto avessero lei e il Signore Oscuro? E dire che erano stati anche piuttosto espliciti.
“Quando dico che è il mio Padrone non intendo di certo metaforicamente come gli altri Mangiamorte” Bellatrix si morse le labbra e il suo sguardo si velò di lacrime “O, per lo meno, non… non lo intendevo solo in quel senso” le faceva male parlare al passato. Era confusa perché il rapporto con il suo Signore in quei mesi era cambiato molto e non capiva più se fosse stato un bene o un male.
“Tipo?”
“Molly…” s’intromise Andromeda “Forse non è il caso”
“Sono solo curiosa!” esclamò Molly ridacchiando e bevendo ancora whiskey “Sai, Arthur non si presta molto a certe cose…”
“Non mi dire, Lenticchia sembra così assertivo” borbottò Bellatrix sarcastica. Nonostante tutto, deridere quelle tre reiette le donava ancora un certo piacere. Pensò a come ne avrebbe poi parlato con Dolohov e Rabastan: si sarebbe divertita un mondo a prenderle in giro con loro. E poi, ovviamente, a cruciarle tutte insieme a quelli che erano i suoi veri amici.
“Quindi?”
“Quindi cosa?”
“Cosa facevate” puntualizzò Tonks che iniziava a trovare la discussione particolarmente divertente. Se solo non ci fosse stata sua madre lì…
Bellatrix si strinse nelle spalle “Ultimamente niente di speciale” rispose seccamente. Era la verità, era da tanto che non si dedicavano a certe pratiche fino in fondo, in modo estremo, come una volta.
“In passato…” Bellatrix arrossì al pensiero mentre iniziava ad eccitarsi pensando a tutto quello che le aveva ordinato, alle punizioni…
“Sì?”
Tutto” esalò Bella mentre il rossore le si propagava dalle guance al collo “Mi legava, mi sculacciava, frustava, mi puniva… mi ordinava ed io eseguivo… qualsiasi cosa… ero sua da usare come più gli piaceva… era estremamente eccitante…” Bellatrix s’interruppe mordendosi le labbra. Qualcosa le diceva che l’Oscuro Signore non avrebbe apprezzato se lei fosse scesa nei dettagli.
“E facevate mai a cambio?” domandò Molly con uno scintillio negli occhi.
Bellatrix rise sprezzante “Ti sembra un uomo al quale piace essere sottomesso?”
“Non sei curiosa di sapere cosa si provi a stare dall’altra parte?
Bellatrix fece una smorfia e per la prima volta guardò Molly Weasley con nuovi occhi.
“Sai che non ti facevo così sgualdrina, Weasley?”
“Non sono sgualdrina, Lestrange. Solo curiosa” rise Molly scuotendo la testa “Non è mica un peccato…” si leccò le labbra per raccogliere il sapore del whiskey “Allora, non sei curiosa?”
Bellatrix ci pensò su qualche istante “Non particolarmente” rispose dopo alcuni istanti “Non con lui… insomma… non ho mai pensato a dominare l’Oscuro Signore, lui che è un dominatore nato…”
“Qualcun altro?”
Mah… Se fossi mai stata attratta da Rod, forse…”
Molly lasciò scivolare lo sguardo per il pub. Era gremito di persone che bevevano, ridevano, cantavano…
“Sono sicura che riusciresti a trovare qualcuno che si voglia far sottomettere da te, qua…” accennò con un gesto del capo al mago seduto al bancone “Guarda, c’è Selwyn, Purosangue come piacciono a te”
Bellatrix alzò gli occhi al cielo e neanche si degnò di rispondere.
Selwyn.
Nessuno sano di mente avrebbe mai preso in considerazione un Selwyn qualunque dopo essere stati con il Signore Oscuro.
“Mamma, credo sia arrivato il momento di portare Molly a casa” interruppe Tonks ridendo e andando verso il bancone a pagare. Andromeda annuì e aiutò le altre due a scendere dagli sgabelli e poi reggersi in piedi, rimettersi il mantello e uscire da quel pub.
Portare Molly a casa si rivelò più difficoltoso del previsto. Si reggeva a stento in piedi e la smaterializzazione congiunta fu particolarmente penosa.
“Fai silenzio Molly che se svegliamo il quadro di Walburga è la fine, svegliamo tutti” sussurrò Andromeda come entrarono nell’atrio di Casa Black. La dimora era immersa nel silenzio e i loro passi e bisbigliare risuonavano in modo quasi sinistro fra le pareti. Si avviarono tutt’e quattro in cucina, ridacchiando e zittendosi a vicenda.
Quando raggiunsero la cucina senza aver svegliato nessuno tirarono un sospiro di sollievo. Molly e Bellatrix si sedettero al tavolo, troppo brille per continuare a stare in piedi; Tonks si portò le mani sui reni e stiracchiò la schiena “Bene” fece infine “Direi che possiamo anche andare a dormire, sono le due”
Bellatrix tirò su col naso. Stava cercando di trattenersi dallo scoppiare a piangere. Fino a una settimana fa poteva dormire col suo Padrone… e ora… ora dormiva nella stanza di Regulus, colui che aveva tradito l’Oscuro Signore, che aveva tentato di distruggere un pezzo della sua anima…
“Buonanotte” borbottò Bellatrix alzandosi in piedi di scatto: non sarebbe riuscita a resistere un istante di più. Uscì dalla cucina senza guardarsi indietro e Ninfadora la seguì dopo aver augurato la buona notte a sua volta.
“Molly, hai bisogno di una mano?” chiese Andromeda facendo per seguire Ninfadora fuori dalla cucina “Posso aiutarti a salire le scale”
“Oh no, grazie cara” ridacchiò Molly “Mi preparo un tè e salgo”
“Sicura?”
Molly annuì accendendo il bollitore con un gesto svogliato della bacchetta. Andromeda la guardò indecisa per un attimo poi si disse che alla fine era a casa e non poteva succedere nulla di tragico: al massimo si sarebbe addormentata in cucina “Buonanotte, Molly”
Molly sbadigliò e sventolò una mano in segno di saluto poi rimase a fissare per qualche istante il bollitore, affascinata, come se non lo avesse mai visto in vita sua. Fu solo quando un rumore alle sue spalle la fece trasalire che distolse lo sguardo dallo strumento. Si volse di scatto, una mano sul petto.
“Oh, sei tu caro” disse sorridendo a Tom che la guardava appoggiato allo stipite della porta della cucina “Cosa ci fai in piedi a quest’ora?”
“Stavo per farti la stessa domanda” sibilò Tom facendo qualche passo in cucina e sedendosi poi al tavolo.
“Siamo tornate da poco” rispose Molly versando l’acqua calda nella tazza e preparando l’infuso “Tè?” chiese rivolta a Tom che scosse la testa. La stava fissando con molta insistenza e per qualche motivo, Molly si sentì arrossire. Si sedette stancamente al tavolo e Tom, dopo qualche secondo, la imitò.
“Hai bevuto” quella di Tom non era una domanda ma una constatazione: Molly puzzava di vecchio Ogden da lontano un miglio.
“Giusto due gocce”
“Due litri, più che due gocce”
Molly ridacchiò e poi si mise a fissarlo allucinata per qualche istante. Tom aveva un viso stanco, tutto il fascino che aveva avuto perso nel nulla. Non capiva come fosse possibile, dato che modificava i suoi tratti con la magia ma, forse, c’erano dei limiti anche per quello che poteva fare.
“Se devi dire qualcosa, dilla”
Molly si strinse nelle spalle.
“Ti manca, vero?”
“La mia sanità mentale? Molto”
Molly gli diede uno schiaffetto sul braccio “Bellatrix”
Chi?”
“Che mascalzone!”
Tom stiracchiò le labbra in quello che voleva essere un sorriso ma che invece sembrava più che altro una smorfia da mal di pancia.
“Dovresti riposare e mangiare, caro. Hai una cera orribile” Molly fissò il suo sguardo sulle occhiaie che cerchiavano gli occhi di Tom, le guance smunte, il pallore spettrale… sembrava quasi che la sua pelle fosse trasparente e talmente tirata da far intravedere il teschio che c’era sotto.
“Sono le Arti Oscure” spiegò Tom con una scrollata di spalle. Le Arti Oscure avevano senz’altro il loro peso in quella trasformazione, come sempre era stato, il vero problema, tuttavia, era che non riusciva più né a dormire né a mangiare e se non avesse assunto delle pozioni sarebbe presto stramazzato al suolo.
“Sono stato peggio”
“Sei stato anche meglio”
Tom ci pensò un po’ su. Era stato meglio di così? Forse tutto sommato, no.
“Non direi” rispose sincero. Forse quando aveva Bella al suo fianco leggermente meglio… almeno riusciva a dormire “O forse sì” aggiunse in un sussurro “Forse un po’ meglio sì”. Osservò Molly per qualche istante, poi la domanda lasciò la sua bocca prima che potesse ripensarci “Si è divertita Bellatrix?”
“Direi di sì” rispose Molly sorseggiando il tè “Ha anche avuto un appuntamento, sai” inventò, giusto per vedere come avrebbe reagito Tom.
“Un… appuntamento?” ripeté Tom, inclinando la testa di lato, il pezzo di anima che era in lui iniziò a dibattersi “Con chi?” chiese suo malgrado spostando lo sguardo verso i fornelli della cucina. Non voleva guardare in faccia la Weasley.
“Selwyn” inventò Molly ricordando l’uomo seduto al bar “Bellatrix diceva di voler fare a cambio… sai, stufa di essere sottomessa
Tom alzò un sopracciglio mentre un senso di nausea gli risaliva in gola. Le parole di Molly non avevano alcun senso – in primis perché sapeva che Bellatrix mai si sarebbe messa a flirtare con qualcuno ben sapendo di essere ricercata – eppure, il tarlo del dubbio ormai era stato insinuato nella sua testa e non se ne sarebbe andato di certo facilmente. Provò a insinuarsi nella testa di Molly ma era così ubriaca che quell’accozzaglia di pensieri confusi lo investì come un treno e lo fece ritrarre di nuovo nelle sue barriere mentali.
“Sai…” aggiunse Molly con tono confidenziale chinandosi un po’ verso di lui “Sarei curiosa di provare”
“Provare?”  chiese Tom, con un sopracciglio alzato cercando di levarsi quel senso di oppressione dal petto al pensiero di Bellatrix che sottometteva Selwyn.
Molly era ubriaca.
Ubriaca fradicia.
Non sapeva cosa stesse dicendo. Non poteva essere vero che Bella…
Gli occhi di Molly erano arrossati, faceva fatica a mettere insieme due parole e la tazza di tè tremava fra le sue mani. Doveva aver male interpretato qualsiasi cosa avesse visto o sentito dire a Bellatrix.
“Credo tu dovresti andare a dormire” fece Tom, senza darle tempo di ribattere, prendendole la tazza dalle mani e poggiandola sul tavolo.
“Non mi va di dormire” protestò Molly scandalizzata “Non lo sai che l’alcol mette voglia?”
Oh Salazar, pensò Tom. Non voglia di scopare, mi auguro?
“Bellatrix…” biascicò Molly “Diceva che sei… sei un dominatore”
Tom batté le palpebre “Esagerata!” borbottò a disagio. Aveva avuto innumerevoli donne, tutte ci avevano sempre provato con lui… ma Molly Weasley, la mamma chioccia… No, per Salazar, no.
Non aveva alcun senso: non aveva mai dimostrato quel tipo d’interesse per lui. Aggrottò le sopracciglia confuso poi scosse la testa “Credo tu debba andare a dormire” ripeté Tom facendo per alzarsi in piedi.
Si sentì afferrare per il bavero della veste da Molly “Ti ho già detto che non mi va di dormire!” Tom provò a liberarsi della presa ferrea di Molly ma con scarsi risultati “Voglio invece che mi… mi… spieghi… come…” si chinò sul suo orecchiò e gli biascicò qualcosa. Tom rimase come impietrito, poi si smaterializzò con lei.

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Kon'nichiwa! 
Sono tornata dal mio viaggio nel Kansai, purtroppo non sono andata agli USJ perché l'amica con cui dovevo andare mi ha dato buca :( sarei potuta andare da sola ma considerando che in Giappone è Golden Week (un periodo di ferie di una settimana) ho pensato sarebbe stato molto più affollato del solito e quindi non avesse molto senso... comunque sono già stata due volte a quello di Osaka e innumerevoli volte a quello di Orlando, in Florida... quindi posso anche aspettare!

Vabbè, bando alle ciance, e veniamo alla storia. Vi tranqullizzo subito: tra Molly e Tom non c'è NIENTE ma sarà tutto più chiaro col prossimo capitolo! Cercherò di aggiornare a metà settimana... poi dall'8 riprendo a lavorare (o meglio, inizio il mio lavoro nuovo) quindi è probabile sarò un po' più impegnata ma essendo buona parte dei capitoli già pronti non dovrebbe intaccare troppo la frequenza degli aggiornamenti. 

Bene! Se vi va, fatemi sapere che ne pensate ;) 
A presto 

Clo

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Le faceva male la testa. Si sentiva come su una nave che oscillava, su e giù, in mezzo alle onde. Si rigirò e subito l’assalì una forte nausea. Strizzò gli occhi ancora mezza addormentata. Che ore erano? Il sole filtrava e peggiorava la sua emicrania.
“Ti sei svegliata?”
Molly emise un basso gemito portandosi una mano sulla tempia. Non era la voce di Arthur… era una voce fredda e sibilante, era la voce di…
Molly si mise a sedere di scatto, gli occhi sgranati in preda al panico. Si guardò intorno, i suoi occhi che volavano come palline da ping-pong per sondare la stanza. Era in soffitta. Il serpente acciambellato ai piedi del letto, Fierobecco che si lisciava le piume, Tom seduto sulla rientranza della finestra. Si pentì subito di quella mossa repentina perché la bile le risalì lungo l’esofago e fu solo con enorme sforzo che si trattenne dal rimettere sul letto.
Molly cercò di ragionare in fretta. Si ricordava di essere uscita a cena a bere con Bellatrix, Andromeda e Ninfadora. Da lì in poi, la questione si faceva confusa. C’era solo una cosa sulla quale aveva l’assoluta certezza: aveva bevuto troppo. Decisamente bevuto troppo.
Si ricordava chiaramente di essere rientrata a Grimmauld Place numero 12 con le altre e poi… chiuse gli occhi e si portò le dita tremanti sulle labbra.
Ho tradito Arthur.
Il primo agghiacciante pensiero fu quello. Quale altra spiegazione poteva esserci? Perché altrimenti era lì… con lui?
Spalancò di nuovo gli occhi in preda al panico mentre un pensiero orrorifico si andava a formare piano nella sua mente. Poteva davvero essere successo? Si guardò: era ancora vestita.
“Non… non abbiamo…?” chiese titubante alzando i suoi occhi su Tom che la fissava con un sogghigno sul viso.
“Per chi mi hai preso?” chiese balzando giù dalla finestra “Credi mi approfitterei di una donna che non è in grado d’intendere e di volere?”
Molly emise un sospiro di sollievo “No” rispose “Certo che no. Ma allora… perché sono… sono qui?”
Tom alzò un sopracciglio “Non volevi lasciarmi andare” le sue guance incavate si chiazzarono un poco di rosso e stava evitando di guardarla in viso “Continuavi a dire di voler… ehm… provare” si schiarì la gola “Se sei interessata a certe pratiche, posso… dare consigli a tuo marito” le fece l’occhiolino tentando di smorzare la tensione.
Molly divenne bordeaux e scosse la testa.
Arthur.
Aveva tradito Arthur.
Il groppo in gola si fece più pesante, tutta la situazione era assurda, doveva cercare di rimanere lucida e salvare il salvabile.
“Che ore sono?” chiese scendendo dal letto e correndo verso lo specchio per cercare di sistemarsi. Aveva il trucco sbavato, i vestiti ancora della sera prima e la nausea non le lasciava tregua.
“Le otto e mezza”
“Oh no!” Molly si mise le mani tra i capelli “Si staranno chiedendo dove sono finita!” guardò Tom disperata “E cosa diranno quando mi vedranno scendere conciata così con te? Come faccio a dirlo ad Arthur?”
Tom alzò le sopracciglia, confuso “Dirlo ad Arthur?”
“Non posso mica tenerglielo nascosto! L’ho tradito”
“Non abbiamo fatto niente”
“Ho provato a baciarti”
“Mi sembra un’affermazione esagerata per quello che è successo: eri confusa e ubriaca” Tom strinse le labbra “Non c’è stato nessuno scambio di fluidi” aggiunse dato che Molly lo guardava dubbiosa “Che senso ha dirlo a Lenticchia?”
“Si chiama sincerità!” esclamò Molly.
Ma non è successo niente” Tom era confuso “Siamo stati nella stessa stanza una notte. Invece di cucinare insieme tu hai dormito sul mio letto: fa differenza?”
Molly rimase in silenzio, titubante, non sembrava convinta
“Perché sono qui se non è successo nulla?”
“Te l’ho detto: non mi lasciavi andare la veste” Tom la osservò sperando che quella spiegazione le bastasse: non voleva aggiungere altro.
“Ascoltami bene, Molly” provò a farla ragionare Tom poggiandole le mani sulle spalle “Ora, con un tocco di bacchetta, via questo trucco sfatto e via i vestiti di ieri sera” agitò la bacchetta e, immediatamente, Molly vide i suoi vestiti mutare mentre il trucco sbavato scompariva. Si asciugò le guance ricoperte dalle lacrime perché non poteva pensare di perdere Arthur… non per una sbronza. Perché era saltata addosso a Tom? Neanche ne era attratta!
“Bevi questa pozione” le ordinò porgendole una fiala che aveva fatto comparire dal nulla. Molly lanciò un’occhiata dubbiosa al liquido ambrato all’interno dell’ampolla “Cos’è?” domandò guardinga.
“Una pozione post-sbronza” rispose Tom con fare annoiato “Ti farà passare la nausea e il mal di testa”
Molly sospirò afferrò la pozione che le stava offrendo Tom e la bevve a lunghe sorsate. Aveva bisogno di schiarirsi la testa. L’effetto fu immediato, si sentì di nuovo in forma “Grazie” borbottò senza guardarlo in viso.
“Scendiamo giù” aggiunse Tom dopo qualche secondo di silenzio “E diciamo che mi stavi aiutando a dare da mangiare a Fierobecco”
“Arthur si chiederà dove ho passato la notte”
“Nel salotto” disse Tom “Risponderai che hai provato ad andare in camera ma che non ce l’hai fatta e ti sei addormentata in salotto. Poi ti sei svegliata presto, ci siamo incontrati in cucina, e io ti ho chiesto aiuto con Fierobecco”.
“E il bacio?”
“Non c’è stato nessun bacio” rispose a denti stretti Tom, non capendo da dove quell’idea balzana le fosse entrata in testa. Perché la condivisione di una camera da letto doveva per forza implicare qualcosa di sessuale? La verità era che si era portato Molly in camera nella speranza che la sua presenza, la sua vicinanza, funzionasse come quella di Bella: un balsamo curativo che gli avrebbe permesso di dormire. Inutile dire che era stato un fiasco totale. Solo Bella, evidentemente, aveva quel potere su di lui. Il potere di farlo sentire a casa, protetto… e ora Bella sarebbe stata con quel Selwyn…
“Senti” aggiunse Tom perché vedeva dall’espressione di Molly che non era convinta “Che senso ha dirgli una cosa che lo farà stare male quando tanto non ha avuto nessun significato né per te né per me?” perché doveva essere circondato da idioti Grifondoro quando un Serpeverde avrebbe applaudito al suo piano geniale senza emettere fiato?
Molly si torturò le mani “Forse per te mentire è naturale… ma non per me. No, non per me… Con Arthur ci siamo sempre detti tutto!”
Tom sospirò “Non costringermi a cambiarti la memoria”
“Va bene” acconsentì Molly dopo alcuni istanti. C’era forse altra via d’uscita?
“Andiamo, allora”.
 
“Ma siete sicure che Molly sia rientrata con voi?” chiese Arthur per l’ennesima volta.
“Certo che siamo sicure!” rispose Andromeda “Era qui in cucina a prepararsi un tè!”
“Non è salita in camera e non è da nessuna parte… sono preoccupato!”
“Sono qui, Arthur” disse Molly entrando in cucina con un sorriso, sentiva il proprio cuore battere più forte. Sarebbe riuscita a guardare Arthur dritto in faccia e a mentirgli? Dietro di lei entrò Tom che fece vagare il suo sguardo per la stanza, fino a quando non trovò Bellatrix. Doveva aver bevuto anche lei perché non aveva una bella cera… o forse… o forse era stata in piedi con Selwyn? Sentì la gelosia invadergli il petto. Dopo una settimana, eccola che si andava a divertire con un altro. Come osava? Lui era Lord Voldemort…
“Dove sei stata, Lollymolly, per Morgana?” chiese Arthur correndole incontro e stringendola tra le braccia.
“Ho dormito in salotto” rispose Molly senza riuscire a guardarlo “Ho solo…” scrollò le spalle “Ho bevuto troppo, non sono riuscita a salire e… poi stamattina presto… ho incontrato Tom e… ho dato una mano con Fierobecco…”
“Ma stai bene, ora?” insisté Arthur “Perché hai bevuto, lo sai che non reggi bene l’alcol”
“Dovevamo divertirci” intervenne Bellatrix “E lei faceva la sostenuta, prima dell’alcol…”
Arthur rise, tranquillo. Fece per chinarsi su Molly per darle un bacio sulle labbra ma lei si ritrasse all’improvviso. Lo sguardo di Arthur si fece vacuo, non capiva cosa stesse succedendo. Perché tutt’a un tratto Molly…
“Non importa se hai il fiato pesante” le disse, provando a baciarla di nuovo ma lei, ancora una volta, si ritrasse.
“Oh Arthur” singhiozzò Molly “Mi dispiace, mi dispiace così tanto!”
Tom alzò gli occhi al cielo. Decisamente, avrebbe dovuto modificarle la memoria. Le persone erano deboli, deboli e stupide.
“Di cosa ti dispiace?”
“Ti ho tradito” sussurrò Molly, allontanandosi da Arthur e nascondendo il viso tra le mani in preda alla vergogna “Ieri sera ho baciato un altro…”
“Ma no Molly!” esclamò Andromeda sorpresa “Siamo state tutta la sera insieme, non hai baciato nessuno…”
“Non tutta la sera” mugugnò Molly, senza riuscire a guardare in viso nessuno “Quando siamo rientrate… sono rimasta qui da sola…”
“E chi avresti dovuto baciare, qui? Kreacher?” chiese Sirius con la sua risata simile a un latrato. Ma Molly aveva alzato gli occhi e li aveva puntati su Tom che, dal canto suo, sbuffò scuotendo la testa.
“Hai baciato Voldemort” sussurrò Sirius inorridito “VOLDEMORT!”
Arthur fece andare lo sguardo da Tom – alto, pallido, magro, con quell’espressione annoiata – a Molly, la sua luce, la sua vita, un’espressione mortificata in viso. Arthur scosse la testa incredulo ma si rese in fretta conto che, ciò che più lo stava facendo stare male e lo lasciava spiazzato, non era il fatto che Molly potesse aver baciato Tom mentre era ubriaca quanto, piuttosto, il fatto che avesse provato a mentirgli… a tenerglielo nascosto…
“NO!” l’urlo di Bellatrix e il suo sbattere di mano sul tavolo fece sussultare tutti “NO!” ripeté, aveva gli occhi fuori dalle orbite e il suo viso era una maschera di dolore e incredulità. Come poteva essere? Bellatrix urlò di nuovo, non sapeva neanche cosa stava facendo, balzò in piedi con la chiara intenzione di avventarsi su Molly Weasley. L’avrebbe sventrata e cruciata, non l’avrebbe uccisa velocemente; no, l’avrebbe lasciata morire agonizzante. Sfoderò la bacchetta ed era già pronta a puntarla su Molly quando Tom si materializzò di fronte a lei, un’espressione dura in viso.  
“No, Bella” le afferrò il polso con forza “Non farlo”
“La proteggete anche ora!” sputacchiò Bellatrix provando a divincolarsi. Per lei non avrebbe mai fatto nulla del genere ma per quella Weasley… Bella emise un gemito, come di un animale ferito sul punto di morire. Cercò di graffiare la mano di Tom nel tentativo di liberarsi “Lasciatemi andare… LASCIAMI ANDARE!”
Tom affondò con più vigore le dita nel polso ossuto di Bellatrix “Da che pulpito, Bella!” sibilò Tom a un centimetro dal suo viso “Vuoi davvero fare l’innocente? Quella che ci rimane male?” i suoi occhi scintillavano di rosso e Bellatrix rimase per un attimo come stordita. Poi, con un ringhio gutturale, si divincolò.
Cosa voleva dire?
Certo che ci rimaneva male. Una settimana prima l’aveva rimproverata dicendole di non fargli da “mogliettina” e ora scopriva che aveva passato la notte con un’altra? Che avessero fatto o no qualcosa aveva poca importanza: il Signore Oscuro non era solito condividere la propria stanza con nessuno, a prescindere dai motivi.
Bellatrix aveva passato la settimana a piangere per lui… e poi si era illusa che quell’invito del giorno prima fosse una sorta di scuse…
Scoppiò a ridere, come impazzita.
Come era stata sciocca, per tutta la sua vita. La verità era che a lui non era mai importato niente di lei… ma certo, certo, da quando quella Molly Weasley… lei non era più esistita. Ma anche prima, prima di Azkaban, a ben vedere. Cosa mai aveva fatto lui per lei? Le aveva anzi dimostrato, a più riprese, di come potesse vivere senza di lei. All’Oscuro Signore non interessava. Era sempre stata tutta una farsa. Bella scoccò un’occhiata a Molly. Ma come poteva quella essere riuscita dove lei aveva fallito? Non poteva essere… emise un ringhio per cercare di soffocare un singhiozzo. Sentiva le energie venirle a mancare e sarebbe scivolata in terra se solo il suo Padrone non l’avesse ripresa per i polsi.
“Che coraggio” sibilò Tom, per nulla impietosito “Credi io non sappia di te e Selwyn? Di quello che è successo ieri sera?”
Bella batté le palpebre cercando di riacquistare lucidità.
Lei e Selwyn?
Cosa stava blaterando?
Non aveva mai avuto nessun tipo di relazione con Selwyn. Soprattutto, non lo vedeva da anni eppure, in quel momento, non le importava come lui fosse giunto a quelle conclusioni: se solo avesse potuto essere qualcosa che, anche in modo vago, lo infastidiva, non vi avrebbe rinunciato. Si meritava di provare un minimo del dolore che stava provando lei.
“Sì, be’, io e Selwyn ci rivedremo stasera” sibilò Bella cercando di mettere su una maschera di alterigia “Ieri è stata una bella serata, perché non dovremmo ripeterla? Soprattutto considerando che… che voi… voi avete di meglio a cui pensare”
Tom la lasciò andare senza preavviso e le diede le spalle. Non voleva farsi vedere turbato da Bellatrix perché Lord Voldemort era superiore e, certi sentimenti umani, non doveva provarli.
“Divertiti” le disse a denti stretti con tono freddo, indifferente. Lui simulava da tutta la vita e sebbene sentisse il pezzo dell’anima che ancora era in lui dibattersi addolorato, lo ignorò come aveva sempre fatto. Lo avrebbe, anzi, mutilato ancora fino a quando non si sarebbe zittito atrofizzato, impossibilitato a provare alcunché “Sai cosa me ne importa”.
“Non importa neanche a me!” strillò Bellatrix eppure, il suo viso era ricoperto da lacrime “Puoi pure scoparti la Weasley come e quanto vuoi, NON M’IMPORTA!”
“Sì, infatti, si vede che non t’importa” borbottò Sirius “Non sei neanche un po’ sconvolta”
“Taci tu, Traditore del tuo Sangue!” fu quell’insulto a ispirarla malevolmente. Non le importava più di nulla, il dolore che provava era al di là, al di là di quattordici anni ad Azkaban con i Dissennatori: per tutto quel tempo aveva saputo che il suo Padrone sarebbe tornato da lei mentre ora… ora lo stava perdendo.
L’aveva perso.
Si sentiva annichilita, annientata, in trappola senza una via di fuga “Selwyn è un Purosangue… sarà un bel cambiamento” sibilò arrogante prima di smaterializzarsi.
Tom spalancò gli occhi, si voltò di scatto con la bacchetta alla mano ma tutto ciò che vide fu il guizzo della veste di Bellatrix che scompariva. Tremava di rabbia e di umiliazione. Come osava quella stupida sgualdrina dire… insinuare… Tom sentiva la magia scorrere all’interno di sé, infuriata quanto lui, faceva fatica a contenerla. Voleva distruggere, uccidere, cruciare. Era sempre stato così, fin da bambino: la distruzione era il suo calmante.
Arthur tossì, a disagio.
La reazione di Bellatrix gli era sembrata quantomeno esagerata. Non che a lui facesse piacere quella situazione. L’idea di Molly che baciava Tom gli stritolava il cuore in una morsa ma da lì a… a… insomma, tra di loro non c’era nulla, no?
 Puoi pure scoparti la Weasley come e quanto vuoi… Oh no, no… non poteva!
“Non puoi, ehm, scoparti mia moglie” disse Arthur risoluto facendo un passo avanti e sfoderando la bacchetta “Siamo sposati da quasi trent’anni e tu non puoi arrivare qui e…” Arthur si guardò intorno, lanciò un’occhiata a Molly che lo stava guardando con occhi sgranati e poi aggiunse “Molly, cara, se tu… tu vuoi… lui…”
“Io non voglio lui!” esclamò Molly “Arthur, amo te, lo sai che amo te”
“Perché mi hai mentito?” chiese Arthur ferito “Me lo avresti tenuto nascosto?”
“È stata una sua idea… diceva che… che non c’era bisogno di farti soffrire inutilmente dato che non ha significato nulla per nessuno dei due”
“Ma non c’è stato nulla?” insisté Arthur “Dove hai passato la notte?”
Molly lanciò un’occhiata fugace a Tom e Arthur sembrò capire.
“Forza, fuori la bacchetta!” esclamò Arthur deciso verso Tom.
Tom corrugò le sopracciglia poi scoppiò a ridere “Immagino tu sia un mago di tutto rispetto” fece ironico poi aggiunse, minaccioso “Fidati, non ti conviene”
“Credi di poterti… poter circuire mia moglie e passarla liscia?” Arthur aveva la fronte imperlata di sudore ma la voce era ferma ed era deciso ad andare fino in fondo. Molly meritava un marito che si batteva per lei.
“Oh Arthur” intervenne Molly “Non c’è stato niente” lo tranquillizzò “Non abbiamo fatto niente”
“E perché allora avete dormito insieme?”
Insieme, mi sembra una parola forte” rispose Tom con freddezza “Eravamo solo nella stessa stanza”
“FUORI LA BACCHETTA!” urlò Arthur. Il pensiero di Tom e Molly nella stessa stanza a dormire, da soli lo trafiggeva come mille frecce. Tom scoppiò a ridere “Non ho neanche bisogno della mia bacchetta per batterti, figurarsi”
Arthur per la prima volta nella sua vita venne invaso da un sentimento negativo vicino all’odio. Odiava quel viso arrogante, il modo in cui quel ragazzo lo stava guardando con sufficienza. Agitò la bacchetta ma, ancora prima che l’incantesimo fuoriuscisse, Arthur si ritrovò steso a terra a gambe all’aria.
“Patetico” sibilò Tom, inclinando la testa di lato “Davvero patetico. Non mi sorprende che tua moglie cerchi un uomo più… be’, qualcuno che un uomo lo sia”
“EHI, EHI, EHI” intervenne Sirius parandosi di fronte ad Arthur “Prova di nuovo ad aggredire Arthur e dovrai vedertela con me”
“E anche con me” intervenne Tonks.
“Che paura” finse di tremare Tom “Non ho mai affrontato due maghetti da quattro soldi, chi mi salverà”
Basta così!” strillò Molly, chinata su Arthur.
“Arthur, mi devi perdonare” lo pregò con le lacrime agli occhi “Ero ubriaca e… ero curiosa su… su delle pratiche…” arrossì “Non le volevo fare con lui ma dato che lui le fa volevo solo sapere…”
Arthur strabuzzò gli occhi “Mi ferisce che tu abbia pensato di mentirmi” si mise seduto “Dopo tutti questi anni di matrimonio… mi avresti mentito così?”
“Non ci sono riuscita!” esclamò Molly “È lui” sbottò Molly indicandolo con un dito “Sa essere convincente, è un serpente che… che sibila… e che…”
Tom incrociò le braccia “Volete la verità?” sibilò aggressivo “Bene, allora. È stata Molly a buttarsi su di me ieri sera. La stavo lasciando qua perché mi sono accorto che non era in sé ma lei mi ha afferrato con tanta forza la veste che neanche con un incantesimo sono riuscito a liberarmi della sua stretta. Ora, dato che io sono un gentleman, l’ho respinta – in modo garbato, ben inteso – e l’ho fatta stendere sul letto. Fine. State montando su una tragedia per niente” erano delle scuse talmente patetiche che non vedeva proprio come qualcuno potesse crederci. Sì, Molly lo aveva afferrato per la veste biascicandogli richieste sconclusionate su come avrebbe dovuto provare a parlare col marito di sadomaso – che cosa doveva saperne lui, poi? Con Bellatrix non avevano mai parlato di alcunché se non deciso una safe word e tanti cari saluti; anche perché Bella gli aveva sempre lasciato completo accesso alla propria mente e, di conseguenza, sapeva benissimo cosa volesse e cosa no, cosa l’avrebbe fatta eccitare e cosa invece l’avrebbe umiliata e basta – sarebbe stato davvero facile per lui liberarsi con la magia di quella stretta ma poi… poi aveva pensato che Molly potesse essere un palliativo, magari non potente come Bella, ma qualcosa di simile… con quella donna si era riuscito ad aprire così tanto…
“Perché diavolo l’hai portata in camera tua?” chiese Sirius “Potevi lasciarla qua in cucina”
Tom si strinse nelle spalle “Non lo so, mi è venuto naturale” mentì. Lui avrebbe solo voluto dormire e sperava che, avendo qualcuno in quella dannata soffitta, si sarebbe riuscito a rilassare. Invece, non gli serviva qualcuno, gli serviva Bellatrix.
“E chi mi dice tu non abbia approfittato di lei?” chiese Arthur sistemandosi gli occhiali e alzandosi, di nuovo bellicoso “È da una settimana che tu e Bellatrix…”
Non ho nessun interesse nei confronti di tua moglie!” disse a denti stretti Tom “Cosa credete? Che non riesca a trattenermi? Che… che…” incrociò le braccia sul petto “Come se Bella poi potesse essere sostituibile!
L’idea che Bellatrix, invece, lo avesse già sostituito piombò su di lui come un macigno. Non era possibile. Selwyn? Come poteva andare con Selwyn dopo essere stata con lui, con Lord Voldemort.
Almeno Selwyn è Purosangue… Era, dunque, quello il vero problema? Il suo status di sangue? Ma certo… finché aveva l’aspetto di Lord Voldemort non era un Mezzosangue, era pura magia. Ma da Tom Riddle?
Tom nascose il viso tra le mani. Aveva bisogno di dormire e di mangiare ma non riusciva a fare né l’una né l’altra cosa. Ogni volta che chiudeva gli occhi la Morte gli si presentava davanti, il cibo non aveva più alcuna attrattiva. Si sentiva esausto. Il tumulto nel suo petto non accennava a diminuire mentre sentimenti adolescenziali si andavano a sommare e quasi a sostituire al suo dolore.
Potter, di nuovo.
E poi altro… qualcosa da tempo dimenticato…
Era sottoterra, senza bacchetta e dei bracciali luminosi gli stringevano i polsi arrestando il flusso della sua magia… sentiva il panico attanagliargli le viscere… senza magia che cos’era? Senza magia lui non esisteva, non esisteva…
“Arthur, mi puoi perdonare? Ti chiedo scusa, mi dispiace… io non…”
La voce di Molly lo fece tornare alla realtà, scosse la testa cercando di riordinare i suoi pensieri ma, ancora una volta, non fece in tempo a riacciuffarli per provare a metterli in ordine e a capire, una buona volta, cosa nascondessero, che quelli erano già svaniti nel nulla. Riaprì gli occhi in tempo per vedere Arthur che stava baciando la moglie.
Nascose il viso tra le mani.
Perché non poteva essere altrettanto facile per lui e Bella?
Perché tu non le hai chiesto scusa, disse una vocina dentro di lui pericolosamente simile alla voce di Silente.
Io non ho niente di cui scusarmi, rispose cocciuto. Era colpa di quella maledetta strega che gli stava addosso comportandosi come se fosse sua moglie, prendendo decisioni che a lei non spettavano, riversando su di lui affetto che non voleva. Ma allora perché ne sentiva la mancanza?
“Tom, mi dispiace”
Tom tolse le mani dal viso e mise a fuoco Arthur Weasley che gli stava stendendo la mano.
“Non dovevo provare ad aggredirti”
“No, non avresti dovuto” rispose Tom distaccato osservando la mano stesa dell’altro uomo.
“Be’ ma mettiti nei miei panni!” esclamò Arthur “Se io avessi baciato Bellatrix…”
“Oh”, sussurrò Tom stringendo la mano di Arthur “Se tu avessi baciato Bella a quest’ora non avresti più una bocca per raccontarlo”
Tom sorrise.
Selwyn non avrebbe avuto ancora vita lunga.
 
*
 
“Mi dispiace, Bellatrix”
“Non ha importanza” rispose seccamente Bella sedendosi a tavola quella sera “Mi rendo conto che l’Oscuro Signore possa essere un uomo affascinante” si doveva trattenere, non sapeva dove stava trovando l’autocontrollo ma doveva fingersi indifferente “Comunque non m’interessa più. Come mi ha gentilmente fatto notare una settimana fa, io non sono sua moglie. Non sono nulla… quindi…”
“Oh ma non è stato davvero niente” insisté Molly “Ero ubriaca” Molly esitò “Credo che lui senta molto la tua mancanza”
“Ho detto che non ha importanza” la interruppe bruscamente Bellatrix “E poi, come dovresti sapere, ormai sto con Selwyn”
Molly aprì la bocca per ribattere, poi però ci ripensò consapevole del fatto che non era il caso di impicciarsi tra quei due. Anzi, aveva già fatto abbastanza danni. Perché aveva detto quella cosa a Tom? Ne era stato ferito ma invece di provare a riavvicinarsi a Bellatrix, a riconquistarla, l’aveva solo allontanata di più. Era un uomo tremendamente complicato e Bellatrix, da parte sua, non era di certo da meno. Sembravano quasi godere nello ferirsi a vicenda, era una situazione che per Molly rasentava la follia. Molly fece un sorriso tremolante in direzione di Bella che la osservò con freddezza; ci aveva pensato ed era giunta alla conclusione che doveva essere stata Molly Weasley a tirare fuori Selwyn. Forse lo aveva fatto per cercare di metterle contro l’Oscuro Signore… ma non aveva davvero importanza perché il piano le si era rivoltato contro! Certo, l’Oscuro Signore… era stato geloso, su questo non c’erano dubbi. Quindi… forse… forse aveva una speranza? Si morse le labbra. Dopo averlo chiamato, implicitamente, Mezzosangue, però… doveva ritenersi fortunata di essere ancora viva.
“Siamo a posto, quindi?”
Bellatrix annuì sovrappensiero. Appena la faccenda dei Druidi fosse finita l’avrebbe uccisa. Nessuno poteva permettersi di baciare il suo Signore, tanto meno una Traditrice del proprio Sangue.
“Prendi un’altra fetta di dolce, allora, ti farà bene”
Bellatrix non discusse. L’Oscuro Signore non era presente ma non ne era sorpresa: era più elusivo che mai.
“Anche per me ancora una fetta di dolce, Molly cara”
“Ma certo, Arthur, tutto quello che vuoi
Bellatrix assottigliò il suo sguardo. Come facevano a essere di nuovo così uniti e rilassati? Non gliene importava nulla di ciò che era successo? Avevano già fatto pace? Perché con l’Oscuro Signore non poteva essere altrettanto facile?
“Bellatrix”
Bella sussultò e alzò lo sguardo. Eccolo, era lì di fronte a lei. Il suo viso era più emaciato che mai e i suoi occhi avevano un che di sinistro. Non stava bene, Bella lo vedeva chiaramente. Non stava per nulla bene.
“Mio Signore” rispose Bellatrix alzandosi in piedi e chinando il capo. Doveva cercare di comportarsi da perfetta Mangiamorte, senza lasciarsi andare nuovamente a certe… escandescenze.
“Ti sei divertita con Selwyn?”
Bella sorrise. Geloso, dunque!
“Molto. Ci rivedremo presto, suppongo”
Tom stiracchiò le labbra “Selwyn il Mangiamorte?”
Bellatrix scosse la testa. Non era saggio tirare in ballo un Mangiamorte “No, il fratello minore”
Capisco
Bellatrix sorrise fingendosi raggiante. Voleva solo tornare col suo Signore. Perché non poteva tornare con il suo Padrone? Le mancava così tanto…
“Dobbiamo parlare” disse dopo qualche attimo di silenzio Tom.
“Possiamo… possiamo farlo fuori, come dicevate ieri…”
Tom scosse il capo gli angoli della bocca sollevati all’insù “Oh no, Bella. Non vorrai far ingelosire Selwyn?” inclinò il capo di lato “E poi si tratta del sigillo, non c’è più tempo, non possiamo più indugiare. Dobbiamo parlarne ora”
Bellatrix lo ascoltò rapita. Si emozionava sempre quando il suo Padrone le parlava di magia, degli esperimenti che faceva. Si ritrovò ad amarlo più che mai; l’Oscuro Signore era lo stregone più potente che il mondo avesse mai visto, era riuscito a spingersi di nuovo ancora più in là, aveva sorpassato ancora una volta i limiti e lei doveva sentirsi onorata e lusingata di poterlo ascoltare, di stare in sua presenza…
“… per questo, credo sarebbe meglio rivedere le rune” concluse Tom dopo aver finito di spiegare. Bella lo aveva ascoltato per metà e quindi si ritrovò confusa quando il Signore Oscuro smise di parlare.
“Rivedrò le rune, Padrone” annuì Bellatrix giusto per dire qualcosa e non fargli intuire che non aveva prestato la massima attenzione.
“Le rivedremo insieme” la corresse Tom “Ho già parlato con Silente e Grindelfart, noi siamo pronti” Tom si interruppe per un istante “O meglio, diciamo che l’incantesimo è pronto. Dobbiamo solo sincronizzarci meglio: per questo abbiamo deciso che nelle prossime settimane dovremo esercitarci insieme”
Bellatrix batté le palpebre “Lo ritenete… ehm… saggio?” chiese pensando a come Grindelwald e l’Oscuro Signore non andassero d’accordo.
“Saggio o no, dobbiamo farlo: ha ragione Silente su questo, non possiamo battere i Druidi se non siamo uno solo e non possiamo diventare uno solo se non ci comportiamo in quanto tale. Come possiamo raggiungere sincronia se non stando insieme?”
“Pensavo che questo tipo di incantesimi non si potessero provare” obiettò Bellatrix, rammentandosi delle lezioni di Voldemort. Lui sorrise, quasi fiero della sua allieva e si dovette trattenere dall’elogiarla “Hai ragione. Proveremo l’incantesimo senza magia, giusto per essere sicuri di essere in grado di pronunciarlo in sincronia, contemporaneamente, con lo stesso accento, la stessa intonazione… e poi… poi proveremo a passarci degli incantesimi più semplici. Questo abbiamo deciso con Silente”
Bellatrix annuì. Ci trovava un senso anche se l’idea di passare del tempo con Silente e Grindelwald non la esaltava.
Be’, sempre meglio dei Weasley, si disse.
“Completato questo, saremo pronti… direi che il tutto dovrebbe richiedere non più di un mese”
“Quindi? Quindi a breve andrete in Irlanda a… a combattere?” chiese Molly sorpresa, le mani intrecciate con quelle di Arthur.
Tom annuì “Massimo un mese, non possiamo permetterci di più. Il loro potere cresce di giorno in giorno, non possiamo continuare a indugiare… potrebbe essere troppo tardi”
“Che cosa succederebbe se… se i Druidi riuscissero a uscire?” domandò Arthur.
“Niente di buono considerando che nessuno di voi sarebbe in grado di tenere loro testa”
“E tu sì?”
Tom sogghignò alzandosi “Nessuno può battermi”
“Buffo. Pensavo ci fosse riuscito un bambino di un anno” mormorò Sirius con finto fare sorpreso. Gli occhi di Tom lampeggiarono pericolosamente “Hai poco da fare il simpatico, Black. Appena finita questa storia…”
“Mi stai minacciando?”
Tom si strinse nelle spalle, poi mise su un sorriso affettato “Certo che no”.
Senza aggiungere altro si diresse verso la porta della cucina.
“Dove andate, mio Signore?” domandò Bellatrix senza riuscire a trattenersi. Il sentimento che provava per lui si era risvegliato, incontenibile. Come aveva potuto pensare di vivere senza di lui?
“Ho un appuntamento anche io, Bella” rispose Tom sempre voltato verso la porta. Il cuore di Bellatrix smise di battere. Prima si baciava con quella Weasley, ora aveva anche un appuntamento? Con chi, poi?
Tom mosse la mano in segno di saluto, non avrebbe aggiunto altro. Il suo corpo era pervaso da quel senso di ineluttabile giustizia che sempre lo invadeva prima di un omicidio.
Selwyn non aveva scampo.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Bellatrix si strinse la veste addosso, gli alberi impedivano al vento di soffiare dove si stavano esercitando, e le loro fronde erano così fitte che, pur essendo giorno, la luce del sole quasi non filtrava lasciando il sottobosco in una penombra opprimente.
“Non è di certo colpa mia” la voce cristallina di Grindelwald riverberò per tutta la foresta.
“E di chi se non tua? Sei tu che non sai pronunciare le parole!”
“Il mio è solo un accento diverso, non fossero giuste le parole l’incantesimo non funzionerebbe”
“Siamo in tre a pronunciare a quel modo, sei tu che ti devi adeguare a noi”
Bellatrix scosse la testa e si sistemò meglio sulle ginocchia. Erano giorni che provavano insieme i rituali, concentrandosi sulla litania che era parte dell’incantesimo. In generale, non erano un completo disastro, anzi, considerando la natura diversa dei loro caratteri stavano procedendo piuttosto bene. Il vero problema era il Signore Oscuro e Grindelwald: non perdevano occasione per stuzzicarsi e incolparsi a vicenda. Bella tracciò una runa sul terreno con l’unghia, la voce dei due maghi oscuri che continuava ad appestare l’aria. Avevano deciso di utilizzare la Foresta Proibita per esercitarsi, la parte più lontana dal Castello, quella più oscura dove nessuno osava avventurarsi. Avevano sorpassato un nido di Acramantule e poi non avevano più incontrato anima viva. Era tutto troppo scuro e freddo per far sì che ci fossero animali, a stento cresceva vegetazione.
“Credo andranno avanti per molto” disse Silente accucciandosi accanto a lei e osservando gli altri due litigare.
“E non puoi fermarli?” domandò Bellatrix, svogliata. Detestava parlare con Silente, il vecchio mago non le era mai piaciuto, neanche quando era studentessa a scuola.
“Non questa volta no” disse Silente scuotendo la testa “Credo sia meglio litighino per bene così poi potremo riprendere da dove abbiamo lasciato senza più interruzioni”
“Se non si uccidono a vicenda prima” ribatté Bellatrix notando come il Signore Oscuro serrava la stretta sulla bacchetta. Distolse lo sguardo e cambiò posizione: le ginocchia iniziavano a dolerle. Era stufa e annoiata di quella situazione, amava la magia e praticarla ma quelle interruzioni diventavano sempre più frequenti. Voleva solo che tutto finisse in modo da poter andare in Irlanda e affrontare i Druidi… da lì in poi, era tutto un mistero.
Cosa avrebbero fatto?
Le settimane erano passate inesorabili dal loro litigio e Bellatrix mai avrebbe detto di poter rimanere senza essere intima col suo Signore così a lungo di sua spontanea volontà. Il sentimento che provava per lui non se n’era andato, non era mutato, non era diminuito. Eppure, non riusciva a trovare la forza o il coraggio per tornare sui suoi passi; ogni tanto pensava di dover dimenticare e mettere da parte tutto il dolore che l’Oscuro Signore le aveva fatto provare perché, il dolore di non averlo, era mille volte più profondo. Più passava il tempo, più si faceva strada dentro di lei la consapevolezza di non riuscire davvero a stare senza di lui. Era un sentimento strano perché Bellatrix, ora, vedeva le cose in modo più chiaro, capiva come il rapporto fosse tossico (come tanto piaceva definirlo ad Andromeda) ma era proprio in quella tossicità che lei prendeva vita. Senza di lui, senza il suo veleno, era come se potesse a malapena respirare. Era l’incubo in cui voleva svegliarsi tutti i giorni. Una parte di lei sapeva che tutto quello era sbagliato ma la verità era che Bella sapeva di essere altrettanto tossica, sapeva che il loro rapporto funzionava proprio perché entrambi vivevano una realtà distorta e malata, Azkaban, poi, non aveva di certo aiutato a renderla più equilibrata e bilanciata. Ogni tanto aveva sprazzi di lucidità in cui riusciva a ragionare sul loro rapporto in modo più obiettivo ma poi ripiombava nella disperazione di non averlo. Aveva tanto sperato che fosse lui a fare un gesto nei suoi confronti, Bellatrix si sarebbe accontentata di poco e niente perché sapeva che “poco e niente” dall’Oscuro Signore significavano tutto. La gelosia provata nei confronti di Selwyn sembrava essere svanita nel nulla. Le aveva chiesto come mai non lo vedesse più e Bella si era stretta nelle spalle dicendo che non lo aveva più sentito e che non le interessava davvero; non aveva neanche la forza di continuare con quella menzogna perché vedere l’indifferenza con cui il suo Signore le aveva posto la domanda l’aveva distrutta, sebbene non le fosse sfuggito come sul viso del suo Padrone fosse comparso un sogghigno a quella notizia. L’Oscuro Signore non aveva chiesto altro e Bella non aveva aggiunto che non era mai esistito alcun Selwyn, non gli aveva detto che era sempre e solo esistito lui, il suo Signore e Padrone.
I Druidi stavano acquisendo sempre più potere: gli smottamenti magici diventavano più frequenti e, ora, le scosse magiche erano percepibili anche da maghi del livello di quella Molly Weasley… indugiare di più li avrebbe condotti tutti alla disfatta e alla morte. Con l’avvicinarsi della data concordata per agire, la loro agitazione aumentava. Per quanto fossero convinti del loro piano, c’erano troppe cose che sarebbero potute andare storte. In primis, nessuno garantiva che il sigillo – anche se portato a termine perfettamente – avrebbe dato i risultati sperati. La magia druidica stava influenzando così tanto l’ambiente circostante che anche quegli idioti al Ministero della Magia si erano dovuti convincere del fatto che ci fossero dei turbamenti nelle tensioni magiche ma continuavano a voler ignorare gli avvertimenti di Silente e non facevano altro che incolpare Sirius e Grindelwald.
“Non credo che una differenza di pronuncia possa fare tutta questa differenza” disse Bellatrix a voce alta, alzandosi in piedi. Sia Voldemort che Grindelwald si volsero verso di lei per osservarla “Le parole non sono che un mezzo, dobbiamo rimanere concentrati sulle intenzioni, sul flow… tutti noi, alla fine, abbiamo una pronuncia leggermente diversa”
“Ah!” esclamò Grindelwald “Anche la tua adepta ti si rivolta contro, Schatz!” sogghignò “Forse non ha apprezzato in modo particolare le tue prodezze con Molly Weasley… ” i suoi occhi luccicarono divertiti nel buio “Non so, Tommy, ma non pensavo avessi tutto questo interesse per le massaie”
“Non è successo niente con Molly!” ribatté Tom stizzito più che mai “E prima o poi ti taglierò quella lingua e te la ficco-”
“Non mi sto rivoltando contro nessuno” interruppe Bella,  “Sono solo stufa di perdere tempo” venne percorsa da un brivido e sentì la magia fluire nel suo corpo. Si irrigidì, sorpresa da quell’improvviso sprazzo di magia. Cosa stava succedendo? Nessuno degli altri tre maghi sembrava aver notato nulla e Bella pensò di essersi immaginato tutto. Non era da lei perdere il controllo sui propri poteri magici, non le succedeva da quando era una bimbetta senza preparazione magica alcuna.
“Forza” disse Silente battendo le mani “Riproviamo? Cerchiamo di calmare le nostre menti, come prima cosa… poi lasciamo che si tocchino”
Bellatrix represse un ringhio. Ecco, quella era la parte che odiava di più: aprirsi con Silente e Grindelwald. Era un’abile Occlumante e sapeva come nascondere parti di sé che i due non dovevano vedere e, tuttavia, non si sentiva a suo agio a farsi sfiorare la mente da loro. Di solito, concedeva solo ed esclusivamente al suo Padrone di farlo. Si lasciò ricadere sulle ginocchia, chiuse gli occhi e tentò di liberare la mente mentre Silente si posizionava alla sua sinistra – distante diversi metri – Grindelwald di fronte a lei – sempre a debita distanza – e Voldemort alla sua destra. Quest’ultimo era molto più vicino a lei di quanto non lo fossero gli altri due maghi. Bella si concentrò sul proprio respiro, sentendo il terriccio sotto le sue ginocchia, il vento che soffiava a diversi metri da lei, in alto… quando fu pronta, espanse la mente e andò a toccare quella degli altri tre maghi. Conosceva molto bene quella del Signore Oscuro: un’ombra oscura, pressante, malvagia; quella di Silente era stata una sorpresa: limpida e cristallina, sì, ma con ampie zone d’ombra e poi c’era Grindelwald che aveva un che di oscuro senza però risultare opprimente e malandata come quella di Voldmeort. Ognuno di loro faceva ben attenzione a non aprirsi troppo, dovevano fondersi senza tuttavia dare completo accesso agli altri altrimenti si sarebbero esposti troppo. Erano nemici, alla fine dei conti.
Bene, la voce di Silente riverberò in lei. Inizio. Come sempre, dato che stiamo provando, non supportatemi con la vostra energia magica ma ricordatevi che quando dovremo davvero…
Sì, Scemente, lo sappiamo, il sibilo dell’Oscuro Signore le fece incurvare involontariamente le labbra. Quando saremo in Irlanda ti supporteremo magicamente… ci supporteremo magicamente a vicenda. Andiamo!
La mente di Bellatrix venne pervasa da una nota di disappunto proveniente dalla mente di Grindelwald ma fu subito messa a tacere. In breve, la foresta venne invasa dalla voce di Silente e dalla bassa litania che era l’incantesimo che avevano messo a punto. Bellatrix muoveva le labbra senza emettere un suono per darsi il ritmo mentre muoveva il polso come se in mano tenesse la bacchetta e dovesse attivare le rune. Con una fluidità sorprendente, le voci di Silente e Grindelwald si sovrapposero per alcuni istanti poi, a risuonare per la foresta, ci fu solo la voce di Gellert. Bellatrix non si fece distrarre, proseguì con il suo compito. Sapeva sarebbe stato molto più difficile se, effettivamente, la magia stesse scorrendo ma nel complesso era soddisfatta di come le cose stavano procedendo. In poco tempo, erano migliorati molto. Per lei era fondamentale picchiettare sulle rune corrette, a tempo con le parole dei maghi. Poco dopo, la voce di Voldemort si sovrappose a quella di Grindelwald. Bella notò come le due voci, invece di unirsi in modo armonioso come era accaduto per quelle di Silente e Grindewlald, si stessero quasi scontrando. Tutto sommato, però, non era nulla di ingestibile. Bella socchiuse gli occhi e regolarizzò il respiro, doveva mantenersi concentrata e non lasciarsi distrarre da quell’acrimonia nelle voci, doveva essere lei a mettere l’equilibrio nelle rune se quei due non riuscivano a farcela da soli. Dopo qualche minuto, fu solo la voce di Voldemort a riverberare intorno a loro, il suo sibilo lento e basso era per lei qualcosa di familiare e fu facile sintonizzarsi con lui. Si sentì pervadere da un brivido e, ancora una volta, le sue membra vennero percorse dalla magia. Cercò di non distrarsi ma non poté fare a meno di corrugare le sopracciglia e far aumentare il battito del cuore. Perché la magia? Perché? Quando non stavano infondendo potere magico né nell’incantesimo né nelle rune? Gli altri maghi dovettero intuire qualcosa, le loro menti erano ancora legate ma Bella innalzò barriere per nascondere i suoi pensieri.
“E a questo punto le rune dovrebbero attivarsi e tu dovresti apporre il sigillo”
Bellatrix socchiuse gli occhi e annuì, non avevano molto altro da provare.
“Cos’è successo?” chiese Gellert avvicinandosi e torreggiando su di lei “A un certo punto la tua mente è stata percorsa da… qualcosa
Bellatrix si alzò in piedi e si spolverò la veste sulle ginocchia “Non è stato nulla”
“Nulla ora ma nel momento del dunque potrebbe invece diventare qualcosa” i suoi occhi la stavano fissando come volendole sondare l’anima.
“Nulla è nulla sempre” rispose disinvolta “La magia…”
“Non stavamo usando la magia” la interruppe Gellert, implacabile “Eppure qualcosa, in te…”
“Se ti dice che non è nulla, non è nulla” intervenne Voldemort socchiudendo gli occhi e frapponendosi tra lui e Bellatrix “Non ti permetto di importunare i miei Mangiamorte”
Gellert sbuffò “Fai tanto il precisino per una differenza di accento e poi vorresti ignorare una cosa del genere?” fece schioccare la lingua sui denti “Albus?”
Silente si accarezzò la barba per alcuni istanti fissando Bellatrix da sopra i suoi occhiali a mezzaluna “Alle volte può essere complicato tenere a bada alcuni… sentimenti
Bellatrix si sentì arrossire e sperava che la penombra della foresta non avrebbe concesso agli altri di notarlo. Non pensava i suoi sentimenti per il Signore Oscuro c’entrassero qualcosa, a essere del tutto onesti, ma era meglio così: finché lei non avesse capito da cosa quegli sbalzi magici in lei fossero dovuti non voleva che gli altri tre indagassero troppo.
“Be’, ragazzina, vedi di darti un contegno”
“E tu vedi di non entrare così in contrasto quando passi l’incantesimo al Signore Oscuro” rispose Bellatrix “Altrimenti devo essere io a ricreare l’equilibrio e non dovrebbe essere compito mio!”
“Dillo al tuo amato è lui che…”
Basta così” intervenne Silente, stanco “Riproviamo”.
 
*
 
Continuo a essere confuso, Tom condivise quei pensieri con Nagini come ormai sempre più spesso faceva. Era rimasta solo lei con lui ma lei… be’, lei era una parte di lui. Contava?
La mia mente è pervasa dalla confusione… flash di immagini…
Sei sicuro non siano ricordi?
Ricordi, ripeté Tom quasi divertito. Come potrebbero essere ricordi?
Cos’altro potrebbero essere, è la vera domanda.
Tom sospirò e appoggiò una mano sulla testa di Fierobecco. Le settimane si era susseguite quasi tutte uguali, le prove del Sigillo, il ritorno a Grimmauld Place numero 12… la lontananza di Bellatrix. E poi, qualcosa che non andava in lui e nella sua magia. Aggiungere una parte druidica al rituale gli era sembrata un’idea brillante ora, però, si pentiva di aver sperimentato. Da quando aveva capito come contrastare la Maledizione Cruciatus con la magia dei druidi qualcosa era cambiato in lui. Nella sua mente c’erano sussurri, le sue membra erano percorse da brividi ogni volta che nella cantilena utilizzava il vocabolario druidico. Agli altri non accadeva. Vero, il flusso magico per quella parte del rituale era il suo ma anche loro, pronunciando le parole con lui, avrebbero dovuto percepire qualcosa. O forse no? Non voleva aprirsi con nessuno, neanche con Bellatrix con la quale, ormai, a stento parlava.
Era sottoterra, senza bacchetta, bracciali luminosi gli impedivano di utilizzare la magia e di muoversi…
“Non serve la bacchetta, per fare magie”
La voce era calma e annoiata come se stesse parlando con un bambino capriccioso ma non le importasse davvero riprenderlo e farlo comportare bene.
“I bracciali si leveranno, Tom, ma devi applicarti. Il potere è in te, devi solo… ritrovarlo”
“Forse ha bisogno di uno stimolo in più”, la seconda voce era invece divertita. “È davvero diverso dai portatori di bacchetta? A me sembra come tutti gli altri…”
Scosse la testa e digrignò i denti.
I suoi passi riecheggiavano per quei sotterranei, era un labirinto. Voleva andarsene da lì, aveva appreso ciò che poteva… a cosa serviva rimanere? L’odore metallico del sangue invase le sue narici e si sentì scendere un brivido lungo la schiena mentre superava la piscina rossa dove avvenivano i sacrifici…
Tom aprì gli occhi e si passò una mano sul viso.
I Druidi, ecco cos’altro potrebbero essere disse comunicando mentalmente con Nagini, Ci sono due opzioni: la prima… stanno cercando di confondermi, i loro poteri sono aumentati in queste ultime settimane e vogliono destabilizzarmi prima che io vada in Irlanda insieme agli altri.
Nagini alzò la sua testa triangolare e lo fissò con i suoi occhi gialli, sembrava quasi stare annuendo.
La seconda opzione, e questa volta fu Nagini a parlare, è che tu sei stato da loro… sei uno di loro e queste… visioni che hai… sono ricordi di un passato che pensavi essere perduto.
Tom si ritrasse, annullando la connessione con Nagini.
Com’è possibile?

 
*
 
Bellatrix contrasse la mano sul ventre digrignando i denti. Da qualche giorno a quella parte lei aveva altre preoccupazioni per la testa, qualcosa che sentiva crescere dentro di sé e della quale non poteva parlare con nessuno. Qualcosa che non aveva mai voluto e che continuava a non volere, soprattutto ora che col suo Signore… Bella si graffiò la pancia da sopra i vestiti scuotendo la testa in segno di negazione. Chiuse gli occhi, nauseata, mentre le si andava a formare un nodo alla gola e il senso di impotenza invadeva ogni fibra del suo essere. Era come essere di nuovo ad Azkaban, di nuovo intrappolata senza poter uscire. Vedeva la libertà, la sua vita normale, dalla finestra con le sbarre ma non poteva afferrarla, era troppo tardi… Ne aveva quasi l’assoluta certezza: era incinta.
Era iniziato a venirle il dubbio quando non le erano venute le mestruazioni ma non si era preoccupata più di molto: la detenzione ad Azkaban aveva scombussolato il suo corpo; non era la prima volta che non sanguinava quando avrebbe dovuto. Eppure, una parte di lei, sapeva che c’era qualcos’altro. Poi c’erano stati quegli sprazzi di magia incontrollati durante le esercitazioni con gli altri tre maghi. Le ci era voluto un po’ per capire che quella magia, in realtà, non appartenesse davvero a lei. Ma, ancora una volta, si era rifiutata di credere che fosse possibile: gli altri tre maghi avrebbero dovuto intuire qualcosa, qualche scompenso magico, se in lei c’era un… essere, no? Ne ebbe suo malgrado la conferma quando, in modo del tutto inaspettato, riuscì a capire il suo Signore parlare in serpentese. La sua voce, mentre comunicava con Nagini, non era più sibili e schiocchi ma… ma versi di senso compiuto. Bellatrix aveva sgranato gli occhi e poi si era ritirata nella stanza di Regulus in preda al panico. L’essere dentro di lei doveva avere al massimo sei settimane ma allora perché la su magia iniziava già a farsi sentire? Era troppo piccolo per poter avere una magia così prorompente. Ma, d’altra parte, era il figlio del suo Signore… Bellatrix non sapeva come fare. Lei non voleva figli, non ne aveva mai voluti. Il suo primo istinto fu quello di creare una pozione abortiva e liberarsene prima che diventasse troppo grande e ingombrante. Poi, però, si rese conto che ciò che cresceva in lei era una parte del suo Padrone, come poteva liberarsi di una parte del suo Signore? Non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere. E cosa sarebbe successo poi se lui l’avesse scoperto a posteriori?
Bellatrix si prese la testa tra le mani. Si sentiva senza via d’uscita, come una mosca che, pur vedendo la libertà al di là del vetro, non riesce a uscire fuori dalla finestra ma continua a sbatterci contro senza via di scampo. Ormai da più di una settimana era in quelle condizioni e, la loro avventura dai Druidi, si avvicinava inesorabile. Cosa doveva fare? Come poteva dirlo all’Oscuro Signore col quale non aveva più nessun rapporto o colloquio intimo da un mese? Lui ormai era andato oltre… oltre… mentre lei continuava a essere ferma nello stesso punto: il punto in cui era innamorata di lui e per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa. Lo amava, lo amava di un amore profondo e passionale che non poteva essere sradicato da nulla. E ora c’era anche qualcosa dentro di lei a testimoniare il legame che avevano… o avevano avuto…
Il bussare della porta la fece sussultare.
“Avanti” rispose asciugandosi frettolosamente le guance e tirandosi a sedere sul letto.
“Ciao Bella”
Bellatrix batté le palpebre, incredula. Il suo Signore non era mai andato a trovarla nella sua stanza.
“Stai bene?” le chiese col capo leggermente inclinato di lato come se la stesse soppesando. A vedere quel gesto, tipico del suo Padrone quando soppesava qualcuno o una situazione, le venne quasi da sorridere. Amava tutto di lui e, in modo del tutto inaspettato, la sua mente mise a fuoco un Oscuro Signore in miniatura con qualche caratteristica anche sua, un loro mix perfetto, che faceva quello stesso gesto…
Bella annuì distrattamente ma gli occhi di Tom si soffermarono sulle guance umide della strega.
“Benissimo, Padrone” rispose Bella con un tono di voce che si augurava essere tranquillo.
Voldemort fece vagare il suo sguardo per qualche istante ancora sul viso di Bellatrix, sembrò sul punto di dire qualcosa poi però si strinse nelle spalle con fare quasi indifferente.
“Stasera verranno Silente e Grindelfart” disse Tom entrando nella stanza e lasciando che la porta si chiudesse alle sue spalle “Per finire di parlare del piano. Domani partiremo per l’Irlanda” esitò “Ti senti pronta per fare il sigillo?”
Bellatrix annuì “Certo, lo abbiamo provato diverse volte” rispose decisa. Aveva avuto paura che l’essere dentro di lei potesse sbilanciare tutto ma, invece, tutte le volte che avevano provato il sigillo era andato a buon fine. Perché mai qualcosa sarebbe dovuto andare storto? La sua magia non poteva essere ancora poi così potente se, addirittura, il suo Padrone non si era accorto di nulla. Bellatrix continuava a ripetersi queste cose perché, ammettere diversamente, avrebbe significato dover parlare con Voldemort e lei non poteva farlo… non riusciva a farlo. Cosa avrebbe fatto l’Oscuro Signore? Si sarebbe infuriato con lei? L’avrebbe cruciata? Le avrebbe estirpato a mani nude quel feto che con tanta tenacia continuava a germogliarle in grembo? O, ancora peggio, avrebbe deciso di tenerlo? L’avrebbe costretta a diventare madre declassandola a una vita come quella di una Molly Weasley qualunque quando lei, invece, era una guerriera?
“Sarà più complicato, l’incantesimo sarà molto più potente rispetto alle esercitazioni”
“Posso controllarlo, Padrone”
“Bene”
Scese tra di loro uno spiacevole silenzio. Bellatrix fece per aprire la bocca come per dire qualcosa, poi scosse la testa e si mise a guardare fuori dalla finestra.
“Cosa faremo finito tutto, mio Signore?” chiese dopo qualche istante senza più riuscire a sopportare il silenzio opprimente. Non le era mai successo prima di sentirsi a disagio in presenza dell’Oscuro Signore. Per lei, la presenza di lui era sempre stata sinonimo di profonda gioia.
“Ucciderò Potter” rispose Tom con tono piatto “Sconfiggerò Silente e il suo amante. Nessuno potrà battermi”.
“E Molly Weasley?”
Tom sospirò e si strinse nelle spalle “Te la lascio, Bella. Credo di avertelo promesso, una volta…”
Bellatrix sorrise e si volse di nuovo verso il suo Signore. Era un modo per cercare di riavvicinarsi? Fare pace? Era speranzosa ma, quando Bella riportò l’attenzione verso la porta, Tom aveva già lasciato la stanza.

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Lunedì ho iniziato il mio nuovo lavoro e quindi ho decisamente meno tempo libero... Spero di riuscire ad aggiornare almeno unua volta a settimana! (Considerando che nel weekend tendenzialmente sono libera non dovrebbero esserci problemi...)

Bene, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. A presto, 

Clo

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Molly aveva passato la maggior parte della giornata a cucinare: quella sera, l’ultima prima della missione vera e propria, sarebbero venuti a cena la maggior parte dei membri dell’Ordine della Fenice e non voleva di certo fare una brutta figura. Era per lei sempre fondamentale che tutti apprezzassero la sua cucina e la sua accoglienza.
“Caro, secondo te è sufficiente quest’arrosto? Siamo così tanti stasera…” Molly indicò con un gesto del cucchiaio in legno il contenuto della pentola a Tom che, dopo avervi dato una veloce occhiata, sorrise “Ci si può sfamare un esercito con tutta questa carne” commentò divertito “Non è il caso di strafare”
“Mangerai qualcosa, almeno stasera?” chiese Molly ansiosa. Erano settimane ormai che Tom spiluccava un po’ di cibo ma non lo vedeva fare un pasto decente da non ricordava più neanche quanto tempo. Infatti, Tom diventava sempre più pallido, magro ed emaciato. Aveva una cera che lo faceva sembrare malaticcio e sul punto di collassare e Molly aveva iniziato a intravedere nel viso di Tom il teschio di Lord Voldemort. Era quasi inquietante il modo in cui le due immagini si sovrapponevano, dei bei lineamenti di Tom Riddle non era rimasto quasi nulla eppure, Molly non era più spaventata dal viso di Lord Voldemort come lo era stata un tempo. Era cambiato qualcosa in lei: chiaramente era un Mago Oscuro ma, altrettanto chiaramente, Tom era un’anima in pena. In quell’ultimo periodo non avevano avuto modo di parlare molto ma, ogni volta che erano rimasti soli insieme, Molly aveva scorto il tormento in quegli occhi freddi e privi di compassione.
Tormento per Bellatrix?
Tormento per un passato che non voleva andarsene?
Molly non avrebbe saputo dirlo ma spesso aveva colto Tom osservare in modo quasi ossessivo il modo in cui lei si comportava con Bill, come se non potesse credere che una persona potesse preoccuparsi così per un’altra. Il poco che Molly aveva scoperto dell’infanzia di Tom era stato angosciante ed era stata con una stretta al cuore che aveva scoperto che, Tom, sentiva pronunciare la parola “mamma” quasi per la prima volta dal momento che non aveva mai vissuto a stretto contatto con una famiglia e non aveva mai visto – o anche saputo l’esistenza – di determinate dinamiche. Tutto ciò che per lei era scontato, per Tom non lo era stato affatto.
“Hai bisogno di energie per andare a combattere i Druidi” aggiunse Molly preoccupata, non voleva insistere – aveva imparato che con Tom certi atteggiamenti suscitavano l’effetto contrario – ma non poteva neanche ignorare il fatto che Tom non stesse bene.
Non stava bene da quando aveva litigato con Bellatrix.
Molly si morse le labbra distrattamente, non avrebbe dovuto dire che Bellatrix aveva incontrato Selwyn… avrebbe dovuto farsi i fatti suoi ma quando era successo era stata troppo ubriaca per rendersi effettivamente conto di ciò che stava dicendo.
“Sto bene” rispose Tom a denti stretti “Sto mangiando, non devi preoccuparti” lo infastidiva più di qualsiasi altra cosa il fatto che qualcuno mostrasse interesse per lui: perché a qualcuno sarebbe dovuto importare? Mai era successo prima. Quindi cosa nascondeva quella Molly? Quali erano le sue ragioni nascoste per provare dell’interesse?
Molly lo guardò di sottecchi ancora per qualche istante, poi scosse la testa sconfitta. Non c’era nulla da fare con Tom: era troppo testardo per poterlo convincere a fare qualcosa. Senza contare che male sopportava che qualcuno mostrasse interesse per lui e la propria salute. Nessuno lo aveva mai fatto prima, nessuno aveva mai mostrato interesse per la sua salute o per la salute delle persone accanto a lui. Gliel’aveva raccontato di come all’orfanotrofio ognuno dovesse pensare per sé… il cuore di Molly perse un battito a pensare a tutti quei bambini che vivevano senza conoscere l’affetto di una madre, senza essere mai stati abbracciati… e poi pensò ad Harry che aveva sì un vissuto simile – proprio per colpa dell’uomo che era di fronte a lei – ma allo stesso tempo era così diverso… così diverso…
“Che profumino, Molly!”
Molly si riscosse e alzò lo sguardo sorridente “Oh grazie, Albus!” disse lasciando i fornelli e pulendosi le mani con uno strofinaccio per poi salutare l’anziano preside di Hogwarts “Mi sta aiutando Tom”
“Se hai bisogno di altro aiuto…” si propose Gellert facendole il baciamano.
Molly ridacchiò imbarazzata ma non fece in tempo a rispondere che Tom s’inserì “Non abbiamo bisogno dell’aiuto di nessuno”
“No, figurarsi. Lo sappiamo che sei tu il re dei fornelli, Tommy”
Tom s’irrigidì e aprì la bocca per ribattere ma Silente alzò entrambe le mani in aria, aveva un’espressione stanca, stufa, come se ormai quei battibecchi li conoscesse a memoria “Cerchiamo di mantenerci pacifici, domani è il gran giorno e non possiamo permetterci di rovinare l’equilibrio che abbiamo creato in tutte queste settimane. È fondamentale la cooperazione” lasciò andare lo sguardo da Tom a Gellert che, per tutta risposta, si misero a guardare in due direzioni opposte con le braccia incrociate.
Scese il silenzio poi Silente si schiarì la gola “Come va con Bellatrix? Hai fatto pace?”
“Non c’è da fare pace” la voce di Tom era piatta come quella di chi non vuole continuare per nessun motivo quel tipo di conversazione.
“Sai molto bene quanto sia importante essere in armonia”
“Mi sembra non abbiamo avuto problemi, o sbaglio? Quindi fatti gli affaracci tuoi, Scemente”
Silente si accarezzò la barba e valutò Tom da dietro i suoi occhiali a mezzaluna poi decise di non indagare oltre: non era il caso di immischiarsi in quella sorta di relazione, alla fine, la cosa fondamentale, era che i due mantenessero la sincronia per il sigillo; tutto il resto era al di là del suo interesse. Anzi, più Bellatrix e Voldemort erano in rotta più la cosa avrebbe avvantaggiato lui e Gellert nel momento in cui si sarebbero trovati ad affrontarli perché, per quanto stessero collaborando e per quanto Albus avesse visto un cambiamento in Tom, non poteva abbassare la guardia e adagiarsi nella convinzione che quello sprazzo di amore materno che stava ricevendo da Molly fosse sufficiente a creare un mutamento permanente e veritiero. La cosa che più colpiva Silente, tuttavia, era il rapporto con Bellatrix che, da essere una sua sottomessa Mangiamorte, era diventata quasi una compagna… possibile si fosse sbagliato? Possibile Gellert avesse ragione e quei due condividessero un sentimento malato che, per quanto Albus non riuscisse a catalogare come amore, lo era invece per Tom e Bellatrix?
La cucina andò via via riempiendosi. Tutti avevano accettato l’invito a cena prima del grande giorno, curiosi di rivedere Grindelwald e Voldemort. Era strano il pensiero che due maghi oscuri di quella portata, maghi oscuri contro i quali avevano combattuto, fossero ora la loro speranza di sopravvivenza. Nessuno di loro si fidava davvero di quei due, soprattutto non di Voldemort che continuava a essere una minaccia concreta: se Gellert aveva un patto con Albus; Voldemort invece era stato ben chiaro su come quella fosse una tregua passeggera e che mai avrebbe rinunciato alle sue mire sul Mondo Magico. Con quell’aspetto da ragazzino emaciato faceva quasi pena ma nessuno dei Membri dell’Ordine riusciva a dimenticarsi chi si celasse in realtà dietro a quel viso pulito e a quell’espressione fintamente gentile.
“La tua Bella non scende?” chiese Gellert provocatorio quando ormai la cucina era gremita di persone e la cena quasi pronta “Se vuoi vado a chiamarla io” aggiunse facendo un occhiolino.
Si divertiva troppo Gellert a provocare Tom. Non provava nessun interesse per Bellatrix Lestrange ed era sicuro che Tom ne fosse ben consapevole; eppure, non mancava mai di ingelosirsi ogni volta che Gellert alludeva a qualcosa. D’altra parte, Grindelwald non vi aveva messo molto a comprendere che Lord Voldemort avesse un’autostima molto precaria. Era narcisista e pieno di sé all’inverosimile ma nel momento in cui si andava a toccare il suo status di sangue e si insinuava che Bellatrix avrebbe preferito un mago oscuro Purosangue a lui che, invece, era uno sporco Mezzosangue, Voldemort si risentiva. Gellert ridacchiò e Tom lo fulminò con lo sguardo “Non ce n’è bisogno” rispose brusco “Io e lei siamo collegati… indissolubilmente, oserei dire”
“Ah, certo… il Marchio” sogghignò Gellert affilando lo sguardo “Uno strumento di controllo…”
“Sei solo invidioso perché tu non ci hai pensato” Tom si sporse in avanti sul tavolo “Un perdente che si è lasciato sconfiggere dal proprio amante”
“Almeno non mi sono lasciato sconfiggere da un bambino che neanche sapeva tenere in mano una bacchetta magica”
Tom fece per alzarsi in piedi e Gellert invece si rilassò all’indietro sullo schienale della sedia, un sorrisetto soddisfatto a tagliargli il viso.
“Smettetela” li riprese stancamente Silente. Quando erano insieme non facevano altro che punzecchiarsi a quel modo “Non è il momento di fare i bambini”
“Caro, chiama Bellatrix, la cena è pronta” s’inserì Molly con fare distratto.
“Non c’è bisogno, sono qui”
Bellatrix entrò in cucina senza guardare nessuno in viso. Non si era mai sentita più sola di così. Non poteva parlare con nessuno e quell’essere nella sua pancia cresceva, si rafforzava prendendole energie che lei non voleva dargli. Non sapeva cosa fare e non voleva neanche ammettere che quella cosa dentro di lei fosse un problema. Avrebbe voluto semplicemente farlo sparire, come se non fosse mai esistito, come se non fosse mai successo.
Negava di essere incinta.
Non poteva essere incinta.
Schermò la mente ben consapevole che, non solo il suo Signore, ma anche Silente e Grindelwald erano pronti ad appropriarsi dei suoi pensieri e ricordi al minimo accenno di debolezza. Bella si sedette accanto all’Oscuro Signore e subito il suo cuore prese a battere un po’ più forte. Lui la ignorava eppure percepiva qualcosa… qualcosa provenire anche da lui, come se anche per lui essere vicino a lei potesse significare qualcosa. Gli ormoni le stavano facendo avere delle visioni? La sua mente non era più lucida?
“Non avete una bella cera” commentò Gellert facendo andare il suo sguardo da Bellatrix e Voldemort “Queste pene d’amore, eh?”
“Dovresti essere un maestro considerando che il tuo amore ti ha spedito a Nurmengard”
“Quindi il tuo è amore, Tommy? Il tuo cuoricino è stato spezzato?”
Vi ho detto di smetterla” questa volta la voce di Albus era pericolosamente irritata.
Gellert gli lanciò uno sguardo allarmato e Tom alzò gli occhi al cielo mordendosi le labbra per trattenersi dal rispondere a Grindelwald. Di rado Silente si inalberava e lasciava andare il suo stato di pacatezza e imperturbabilità, sia Tom che Gellert, erano ben consapevoli che, quando Silente si arrabbiava sul serio, era il momento di mettere un freno al loro punzecchiarsi. Nessuno dei due aveva voglia di doversi scontrare con Albus.
“Non potete continuare a fare i bambini. Le sorti del Mondo Magico sono nelle nostre mani, sapete quanto sia importante per voi due andare d’accordo e non creare screzi. Il nostro equilibrio è troppo precario” la sua voce era tornata calma e sulle sue labbra c’era un sorriso accondiscendente ma il suo sguardo era fermo, i suoi occhi chiari sembravano quasi emanare scintille.
Tom si strinse nelle spalle e si girò dall’altra parte.
“Perdonami, Al, hai ragione” borbottò Gellert allungandosi verso Albus per fargli una carezza sul braccio.
Per la maggior parte dei Membri dell’Ordine continuava a essere strano vedere Gellert Grindelwald essere così intimo con Albus Silente. Della vita privata di Silente non si era mai saputo nulla, avevano tutti dato per scontato che ci fosse stato qualcosa con Elphias Doge, ora invece scoprivano che il grande amore di Albus Silente era un mago oscuro…
Per qualche istante cadde il silenzio in cucina poi la vivacità iniziò a percorrere la lunga tavolata. Tutti continuavano a discutere animatamente sui Druidi, a chiedere informazioni sull’incantesimo e il sigillo che avevano messo a punto, le domande sembravano non finire mai.
Bella si distrasse, fece andare il suo sguardo su Molly Weasley che, sorridendo, continuava a cercare di convincere suo figlio Bill a tagliarsi i capelli. Bella provò a immaginarsi in una situazione simile, con un suo figlio, ma non riusciva a visualizzare la scena, non riusciva a provare nulla. Spostò lo sguardo verso sua sorella Andromeda che invece ascoltava rapita sua figlia Ninfadora parlare di qualche sortita Auror. Poteva quasi toccare l’orgoglio negli occhi di Andromeda… ma invece lei sarebbe riuscita a essere orgogliosa di sua figlia? Le sarebbe importato qualcosa delle gesta di sua figlia? Le sarebbe importato qualcosa di come avrebbe potuto tenere i capelli suo figlio?
Bella chiuse gli occhi.
No.
Non voleva.
Non voleva avere figli, non le interessava… lei era orgogliosa solo ed esclusivamente del suo Signore e Padrone. Ma se lui avesse voluto? Sarebbe riuscita ad andare contro la volontà dell’Oscuro Signore? Anzi, probabilmente non avrebbe proprio potuto permettersi tanto… come avrebbe… Bellatrix emise un sospiro tremolante, aprì di scatto gli occhi, decisa a parlare, decisa a fare la sua confessione. Doveva dirlo, non poteva più tenerselo dentro.
Non poteva…
Aprì la bocca…
“Sai, Grindelfart… . Sono stato con un uomo a dir la verità”
Bellatrix si pietrificò e il suo cuore smise di battere. Si volse di scatto a guardare il Signore Oscuro.
Cosa?
La cucina piombò di nuovo nel silenzio.
“Ah lo sapevo che eri frocio anche tu, Schatz” Gellert si passò la lingua sulle labbra divertito cercando di nascondere la sua sorpresa. Non aveva mai smesso di fargli quella domanda, di chiedergli se mai fosse stato con un uomo, più per dargli fastidio che per reale interesse. Voldemort lo aveva sempre ignorato e allora perché all’improvviso se ne usciva con un’informazione del genere? Era per andare a colpire Bellatrix? Fece andare il suo sguardo sulla donna seduta accanto a Voldemort che, effettivamente, non sembrava contenta di quella nuova informazione. Eppure, no… c’era sicuramente dell’altro. Non poteva essere per Bellatrix, avrebbe usato un’altra tattica. Gellert spostò la sua concentrazione su Albus, curioso di vederne la reazione e cercare di capire cosa ne pensasse con un solo sguardo, e all’improvviso la consapevolezza folgorò la mente di Grindelwald come una spada di ghiaccio. Rimase pietrificato e incredulo.
Poteva essere?
Ma non aveva senso… eppure, non gli era mai capitato di interpretare male Albus.
“Oh no…” mormorò Gellert facendo andare i suoi occhi da Voldemort che sorrideva sprezzante ad Albus che invece sembrava avrebbe preferito smaterializzarsi lontano.
Oh sì” ribatté Tom poggiando i gomiti sul tavolo e sporgendosi in avanti verso Gellert “Pensavo che tu e Al vi diceste tutto… cosa c’è, Albus, hai dimenticato di dire al tuo fidanzatino come ti sei fatto scopare da me?”
Gellert strinse i pugni mentre l’immagine del suo Albus con quell’idiota pavone si andava a formare nella sua testa. Poteva capire Elphias (per quanto fosse un uomo del tutto privo di attrattiva) ma Tom Riddle alias Lord Vomitor no.
No e ancora no.
Non che non fosse un bel ragazzo e probabilmente a Hogwarts, prima che si svelasse per quello che era davvero, doveva aver avuto la sua dose di fascino. Ma Albus non poteva essere davvero caduto nelle trame di quel mago oscuro da quattro soldi. E poi, per quale motivo Tom Riddle – che tanto si vantava di essere totalmente e completamente eterosessuale – aveva avuto un’avventura con Albus Silente? Che cosa nascondevano quei due?
“Tom, non è né il luogo né il momento…” iniziò Albus cercando di sviare il discorso, di far capire ai presenti che le priorità, in quel momento, erano altre.
Albus sperava che quella faccenda, quell’avventura di tanti anni fa, non sarebbe mai uscita: si vergognava incredibilmente di ciò che aveva fatto. Distrutto dal dolore, mezzo ubriaco, paralizzato dalla consapevolezza di dover andare a combattere contro il proprio amore. Non c’erano giustificazioni per come si era comportato (considerando anche che Tom era un suo studente) ma Riddle aveva approfittato di tutto e lui ci era cascato come se fosse stato un bambino dell’asilo che si fa fregare dal compagno le caramelle. Albus chiuse gli occhi e per un istante tornò a quella notte del 31 dicembre, pochi mesi prima del suo duello con Gellert, nel Castello vuoto per le vacanze di Natale, nella Sala Comune di Serpeverde dove solo Tom Riddle, l’orfano, era rimasto. Anche ripensandoci a distanza di anni, non sapeva come era finito in un intercorso sessuale con lui. Forse era stato proprio quel fare arrogante che tanto lo accomunava a Gellert (più l’alcol) a farlo capitolare. Il punto, tuttavia, era che non aveva avuto importanza alcuna. Non per lui né, tanto meno, per Tom che aveva invece approfittato di quella situazione solo per poi poter usare la vicenda e ricattarlo per fargli avere il posto di insegnante di Arti Oscure…
“Allora, Albus?” incalzò Gellert incredulo e adirato “Vuoi raccontarci di questa tua avventura passionale con Lord Voldemort? Collezioni i maghi oscuri come le persone normali collezionano le cioccorane?”
Albus arricciò le labbra cercando di ragionare in fretta. Non aveva previsto quel risvolto. Non avrebbe mai immaginato Voldemort ammettere di essere stato a letto con lui, soprattutto non di fronte ad altre persone. Era stato preso in contropiede e non sapeva come recuperare la situazione in fretta. Non ci voleva una rottura di quel tipo prima del grande evento, della grande battaglia. Fossero stata una squadra affiatata… ma avevano un equilibrio che si teneva in piedi per miracolo e una discussione di quel tipo rischiava di mandare all’aria tutto il lavoro fatto in quei due mesi.  
“È successo secoli fa” provò a dire Albus “È stato un errore…”
“Mi spezzi il cuore, pensavo fosse stata una cosa seria”
“… È successo prima del nostro duello, ero distrutto…”
“Sì, se ti può consolare, Grindelfart, ti ha pensato tutto il tempo”
Vuoi chiudere quella bocca!” sbottò Gellert girandosi verso Tom come una biscia “Intanto continui a dire che siamo due froci… ma tu cosa sei? Eh?” cercò di colpirlo dove pensava gli avrebbe fatto male ma Tom stiracchiò le labbra in un sorriso amaro “Prostituirsi non implica il piacere, sai”
“Prostituirsi?” ripeté Gellert scoccando un’occhiata ad Albus “Non dirmi che lo hai anche pagato”
“No”, rispose secco Albus fissando però Tom. Lo soppesò per qualche istante, ricordando quella sera di tanti anni prima in cui erano stati insieme. Anche in quell’occasione Tom si era abbassato a fare cose per le quali, chiaramente, provava disgusto solo per poi poterne approfittare. In quel momento, non era poi così diverso; Albus alla fine lo capì: Riddle aveva vuotato il sacco al fine sia di minare il rapporto tra lui e Gellert e renderlo più paritetico a quello che, in quel periodo, Voldemort aveva con Bellatrix; sia per far scendere la stima che i Membri dell’Ordine provavano nei suoi confronti. Se i Membri dell’Ordine avessero smesso di fidarsi ciecamente di Albus Silente, Voldemort avrebbe potuto approfittarne…
“Sapevi perfettamente il motivo per cui lo stavo facendo” sibilò Tom, all’improvviso sembrava infuriato. Se possibile, era diventato ancora più pallido e i suoi occhi erano rossi come quello di Lord Voldemort, la pupilla simile a quella di un serpente “Ti sei approfittato di un tuo studente…”
“Sei tu che volevi approfittarti di me” ribatté Silente cercando di mantenere la calma e la pacatezza. Non voleva perdere completamente la faccia davanti agli altri Membri, non voleva fare credere loro che lui potesse fare qualcosa del genere a uno studente. Era fondamentale rimanere calmo, spiegarsi. Aveva sbagliato, aveva fatto molti errori in passato, ma aveva passato tutti gli anni seguenti a cercare di porvi rimedio “Prima di tutto eri maggiorenne” precisò, giusto perché non voleva ci fossero dubbi.
“Il rapporto di potere era sbilanciato comunque. Eri un mio professore”
Silente emise un verso di sprezzo. Ricordava bene quella sera, come Riddle aveva approfittato del suo tormento, di come avessero bevuto entrambi… era stato Riddle ad avere la situazione sotto controllo, non lui, non Albus.
“Oh Tom. Finiscila con questa pantomima. Non ti ho circuito in nessun modo. Hai fatto quel che hai fatto perché speravi di potermi ricattare e così ottenere il posto di Difesa Contro le Arti Oscure. Io, semplicemente, non mi faccio ricattare”
“Ti sei approfittato della mia disperazione di rimanere senza una casa…”
“Non sono io quello che si approfitta delle persone e che utilizza i sentimenti degli altri per i propri scopi” lo interruppe Silente “Non è quello che stai facendo anche adesso?”
Tom digrignò i denti “È facile parlare quando si ha sempre avuto la certezza di un tetto sulla testa e del cibo sulla tavola. Io mi sono ritrovato a diciotto anni a essere un senzatetto… e sì, avrei fatto qualsiasi cosa pur di avere la possibilità di poter insegnare a Hogwarts”
“Tu volevi rimanere a Hogwarts per poterti approfittare degli studenti. È l’unico modo in cui sei in grado di agire, mirare alle debolezze degli altri, appropriartene e utilizzarle…”
“In ultima analisi, non credo abbia poi molta importanza” mormorò Gellert alzandosi in piedi e bloccando quello scambio. Il suo viso era cupo e aveva il labbro superiore arricciato “Anzi, a voler essere sinceri, Albus, tu non sei molto diverso da lui”
“Gellert… era quello che voleva. Metterci uno contro l’altro per indebolirci e renderci facilmente manipolabili”
Gellert sorrise “Credi non lo sappia? Credi non capisca come funziona la mente di questo narcisista psicopatico?”
“Non troppi complimenti tutti insieme, mi fate arrossire”
Gridelwald lo ignorò e riportò tutta la sua concentrazione su Albus “Il vero problema qua, Albus, è che hai cercato di tenermi nascosto qualcosa della quale già ti avevo chiesto delucidazioni. Speravo che, almeno con me, tu fossi sincero. Ci siamo sempre detti tutto, in passato” scosse la testa “Ma la segretezza è sempre stata una tua caratteristica e prerogativa” si voltò verso gli altri commensali con un sorriso tirato “Buona serata e, Molly, grazie per la cena. Ci vediamo domani per la Passaporta” disse smaterializzandosi poi con un sonoro crac.
Albus rimase per qualche secondo a fissare il punto in cui fino a qualche istante prima c’era Gellert. Sentiva gli sguardi dei Membri dell’Ordine su di lui, perforarlo e schiacciarlo. Li aveva delusi, lo percepiva chiaramente. E lui aveva sottovalutato Voldemort che, evidentemente, pur di avere una chance di vittoria era pronto a umiliarsi davanti a tutti.
“Sarai soddisfatto” mormorò Albus senza spostare lo sguardo “Hai indebolito non solo la fiducia che Gellert riponeva nei miei confronti ma anche quella che i Membri dell’Ordine della Fenice vi riponevano…”
“Ho solo detto la verità”
“La verità è che quella sera hai usato tutte le carte che avevi per spingermi a fare qualcosa della quale non ero sicuro per poi potermi ricattare in seguito”
“Povero Albus” rispose Tom scuotendo il capo con fare amareggiato “Un uomo di sessant’anni raggirato da un ragazzino di diciotto…”
“Hai messo a repentaglio la missione!”
“No”, sibilò Tom sporgendosi verso Silente con un ghigno in faccia “Mi sono messo al sicuro dalle vostre rappresaglie che sarebbero iniziate non appena fosse stato apposto il sigillo. Non mi fido né di te né di quel fricchettone tedesco che ti porti dietro”
Albus lo osservò per qualche istante. Poi scosse la testa e si alzò in piedi “Ci vediamo domani per la Passaporta” e, così dicendo, si smaterializzò anche lui senza riuscire a sopportare lo sguardo di nessuno dei presenti.
Tom si sedette di nuovo, un sorriso soddisfatto sul viso.
Aveva intuito che Grindelwald e Silente pianificavano di colpire subito dopo l’attacco ai Druidi, lui e Bella erano gli ultimi due a maneggiare l’incantesimo, sarebbero stati vulnerabili. Ma ora? Ora Grindelwald non si fidava di Silente e tutti i Membri dell’Ordine avevano appreso qualcosa che non rispecchiava l’idea che avevano di Silente. Era come giocare a scacchi, lui aveva fatto scacco al re e ora era in attesa di vedere se sarebbe riuscito a trasformare quella mossa in scacco matto.
“Mi ritiro anche io” mugugnò Bellatrix alzandosi in piedi.
Era troppo.
L’idea che l’Oscuro Signore non solo fosse stato con sua zia e sua madre ma anche con un uomo – con Albus Silente – le dava la nausea. Senza contare quell’essere che cresceva in lei e del quale non sapeva cosa fare. Avrebbe dovuto parlarne con l’Oscuro Signore, ne era ben sciente… ma come… non dopo aver scoperto che con Silente…
“A domani, Bella” la salutò Tom senza particolare calore. Si sentiva a disagio, non avrebbe voluto farle sapere di quanto si era umiliato da ragazzo ma quella era stata una mossa necessaria e pensava che Bella avrebbe capito. Eppure, c’era qualcosa di strano in lei, una pena nei suoi occhi che non vi aveva mai visto prima d’ora. Poteva essere così distrutta perché Selwyn era scomparso? O magari sentiva la mancanza del suo Padrone? La parte di anima dentro a Voldemort prese a fremere. E poi di nuovo, ancora…
“La magia viene da dentro, devi dimenticarti la bacchetta, Tom. Sei uno di noi, ora”
“Mi raccomando, cerca di riposare. Non possiamo permetterci errori”
Bellatrix annuì distrattamente, gli occhi colmi di lacrime: non sapeva neanche più lei per quale motivo stesse piangendo.

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Perdonate il ritardo ma ora che ho ripreso a lavorare il tempo libero è drasticamente diminuito... anche perché ultimamente sto uscendo un sacco dopo il lavoro^^'

Tom vuota il sacco e fa presente al nostro Gellert che ha fatto fiki-fiki con Silente D: se volete più dettagli la storia è 31 dicembre 1944. E' trash? Sì. Me ne vergogno? Non quanto dovrei!

Nel prossimo capitolo il nostro quartetto sarà dai Druidi! 

Buon fine settimana e fatemi sapere che ne pensate ;)
Clo

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


“Caro, già in piedi?” chiese Molly entrando in cucina e trovando Tom intento a bere una tazza di tè.
Tom non si girò nemmeno, aveva il viso assorto, gli occhi incavati. Molly lo osservò con attenzione per alcuni istanti; almeno stava mettendo qualcosa in bocca, si disse, anche si trattava di qualcosa di liquido. Molly era arrivata a un punto morto con Tom: il ragazzo non mangiava e non voleva saperne di starla a sentire, l’idea, poi, che lui si manteneva in vita con le Arti Oscure creava in Molly uno stato di disagio e disgusto che mai aveva provato prima. Ma cosa poteva dire? Sapeva che quel declino, in parte, era anche dovuto all’assenza di Bellatrix. Per Molly era difficie da ammettere, considerando l’antipatia che provava per l’altra strega, ma era evidente che invece per Tom era una certezza senza la quale non riusciva a stare.  
“Non dormo più molto” borbottò Tom infine. Scoccò un’occhiata a Molly, poi bevve di altro sorso di tè.
“Ti manca Bellatrix?”
Le labbra di Tom si incresparono, quasi come se si stesse trattenendo dal ridere. Non rispose e spostò di nuovo la sua attenzione sulla tazza facendosi poi scuro in viso.
Sì.
Gli mancava Bellatrix.
Gli mancava tutto di lei, anche il suo atteggiamento da mogliettina che tanto aveva detestato. Ma non poteva ammetterlo, non lo avrebbe mai ammesso. Bellatrix non poteva sapere quanto fosse diventata importante per lui, quanto lui avesse fatto affidamento in lei in quei mesi…
Molly fece un sospiro poi si avvicinò a Tom con fare remissivo: non voleva indisporlo più del dovuto prima di una missione così importante.
“Posso chiederti una cosa?”
Non riusciva mai a trattenersi, la curiosità di conoscere di più del passato di quell’uomo così strano… che sapeva essere crudele e spietato ma anche intelligente e attento, non le dava pace.  
“Chiedi. Se la domanda mi piace, ti rispondo”
“Cosa hai fatto ai tuoi diciotto anni? Hai detto di essere diventato un senzatetto” quella domanda aveva continuato a rimbalzare nella testa di Molly per tutta la serata. Non riusciva a capire come fosse possibile che un ragazzo che frequentava Hogwarts potesse essere lasciato allo sbando a quel modo… per non parlare di ciò che era successo con Silente… possibile che davvero avessero avuto un’avventura? L’anziano Preside non aveva smentito, anzi.
“Per i Babbani la maggiore età inizia ai diciotto” rispose Tom, svogliato “Finito il settimo anno ho dovuto lasciare l’orfanotrofio perché non mi avrebbero più accolto lì” si rigirò la tazza tra le mani “Non ho mai avuto soldi, ho sempre ricevuto un sussidio dalla scuola”
“Anche noi non navighiamo nell’oro” commentò Molly dopo qualche istante. Né la sua famiglia né quella di Arthur erano mai state particolarmente benestanti, al contrario di tante altre famiglie purosangue… come i Black
“Voi avete una casa” rispose mesto Tom sempre senza guardarla in viso “Avete… cose… io non ho mai posseduto nulla, nemmeno i vestiti erano i miei. Ho sempre avuto divise, sia all’orfanotrofio sia a Hogwarts…”
Molly aggrottò le sopracciglia. Ancora una volta, quella voglia irrefrenabile di abbracciarlo, si stava impadronendo di lei. Avrebbe potuto fargli lei da madre… Non dimenticarti che quando questo accadeva tu neanche eri nata, Molly! È più grande di te! Potrebbe essere tuo padre…
“Dove sei andato?” chiese cercando di non lasciarsi inglobare dai suoi pensieri e sentimenti.
Tom si strinse nelle spalle “Una volta lasciata Hogwarts non avevo molta scelta: dovevo trovare un lavoro, soldi e un posto dove stare. Dovevo trovarmi anche dei vestiti, se per questo, come ti dicevo, non ne ho mai avuti” si grattò il mento “Ho sempre frequentato Nocturn Alley, sai, per le Arti Oscure e sapevo che da Borgin & Burkes mi avrebbero preso. Gli piacevo, sapevano che con i clienti ci sapevo fare e che ero esperto di artefatti magici” Tom si morse le labbra “Sapevano però di avere il coltello dalla parte del manico: conoscevano molto bene la mia situazione. Insomma, mi lasciavano usare il retrobottega per dormire, scalandomi una specie di affitto dal – misero – stipendio che mi davano”
Molly fece una smorfia disgustata “Ti levavano soldi dallo stipendio per farti dormire nel retrobottega?”
Tom ridacchiò per la reazione di Molly “Borgin e Burke non sono uomini generosi, anzi” le rifilò un’occhiata veloce quasi per capire se potesse continuare e poi aggiunse “Sai, mi avevano offerto un aumento se solo mi fossi prestato anche a cose più… personali e intime…” Tom fece schioccare la lingua sui denti “L’esperienza con Silente, tuttavia, mi era stata sufficiente. Due uomini in contemporanea andavano al di là delle mie possibilità”
Molly strabuzzò gli occhi orripilata, batté le palpebre poi chiese “Quanto sei rimasto?”
“Solo un anno. Come potrai immaginare, fare il commesso non rientrava nelle aspirazioni della mia vita” rispose Tom. Aveva lavorato Borgin & Burkes solo per non finire in mezzo alla strada e per poter essere circondato da maghi oscuri e influenti, da persone ricche che ricercavano artefatti magici potenti, non di certo perché stare dietro un bancone a sorbirsi gente sgarbata e Purosangue spocchiosi fosse la sua vocazione.
“Hai mai…” Molly esitò, si vergognava per la domanda che stava per fare ma doveva farla. Soprattutto perché era stato Tom a ritirare fuori il discorso, quasi come se per lui fosse sempre stata la normalità. Non riusciva a sopportare il pensiero… “Hai mai usato il sesso come arma, come hai fatto con Silente?”
Era ancora incredula del fatto che Tom e Albus… insomma, aveva sempre saputo che a Silente interessassero gli uomini – e la cosa non aveva mai avuto particolare rilevanza – ma l’idea che il professor Silente fosse stato con un suo alunno che, per di più, affermava averlo fatto solo per poter avere un tetto sulla testa… era sconcertante.
Tom tirò su col naso e sciolse il collo, poi inclinò la testa di lato e soppesò la donna di fronte a lui per alcuni istanti. Che cosa gliene importava? Eppure, sembrava sinceramente preoccupata per lui, per ciò che aveva fatto o aveva subito…
“Per me il sesso è sempre stata un’arma. Non ho mai fatto sesso per il mero piacere di stare con qualcuno, è sempre stato un modo per sottomettere, ricattare, soddisfare il mio ego… ma difficilmente un modo per appagare i miei istinti più bassi” Tom si interruppe. Si sentiva a disagio ad ammettere determinate cose ma se non poteva parlarne con Molly Weasley…
“L’ho imparato all’orfanotrofio” mormorò senza tuttavia più guardare Molly in faccia “Come il sesso potesse essere un’arma di scambio” si schiarì la gola “La signora Cole era alcolizzata e non sempre aveva i soldi per l’alcol…”
Tom lasciò la frase in sospeso e Molly impiegò qualche secondo a capire dove quel discorso volesse andare a parare.
“Si… si prostituiva?” chiese Molly sgranando gli occhi.
Tom si strinse nelle spalle senza tuttavia rispondere a parole “Poi ha capito che alcuni uomini avrebbero pagato di più per… per altri tipi di servizi…”
Molly si portò le mani alla bocca. Si stava sentendo male. La testa le girava e sentiva lo stomaco in subbuglio. Non poteva essere. 
“Ma… non… con te è mai…?”
“Aveva una dipendenza” tagliò corto Tom “E senza alcol impazziva, in ogni caso, era meglio se beveva, per tutti”
“Ti hanno… ti hanno…”
Tom non rispose. Chiuse gli occhi perché non gli piaceva soffermarsi su quegli aspetti del passato. Si ricordava dei bambini che urlavano e piangevano… ma lui aveva sempre avuto la magia dalla sua parte, lui era potente, era un mago e, soprattutto, non era più Tom Riddle. I traumi che aveva subito quel Mezzosangue non riguardavano più lui, non riguardavano Lord Voldemort.
Molly lo osservò sconvolta per qualche secondo. La sua mente era ferma, raggelata. Non riusciva neanche a soffermarsi su certi dettagli. Più veniva a conoscere Tom, più si rendeva conto di quanta tenacia e forza avesse avuto. Nessuno si meritava di avere un passato di quel tipo, di crescere in quelle condizioni. Smise di domandare della sua infanzia: non solo Tom non sembrava in grado di proseguire il discorso ma Molly si rese conto che non sarebbe stata in grado di ascoltare oltre.
“Anche con Bellatrix è così?” chiese Molly versandosi anche lei una tazza di tè e provando a riportare la conversazione su un terreno più neutro.
“Così?”
“Hai usato il sesso per ricattarla, sottometterla… manipolarla?”
Tom fissò Molly dritto negli occhi. Nessuno lo aveva mai guardato con sguardo tanto cristallino e preoccupato. L’unica altra persona che aveva mai avuto un interesse per lui era proprio Bellatrix, ma le due donne erano completamente diverse, si approcciavano a lui in modo totalmente opposto.
“Forse… all’inizio” ammise Tom quasi contro la sua volontà “Ma Bella è sempre stata diversa, lo è stata sin da subito” sorrise ripensando alla prima volta in cui l’aveva incontrata, la loro magia si univa in un modo che non aveva mai sperimentato prima, era qualcosa che andava al di là di quello che aveva letto nei libri, la loro unione magica avveniva in senso più profondo e intimo. Il sesso era stato solo un seguito di qualcos’altro, quasi un completamento, ed era ciò che in tanti Mangiamorte non avevano mai capito: pensavano che Bellatrix fosse una privilegiata perché andava a letto con lui, quando invece il senso era tutt’altro.
“Bellatrix è l’unica persona con cui io abbia fatto sesso più di una volta… è l’unica…” Tom scosse la testa, incapace di proseguire. Non voleva mettersi a nudo così.
L’unica con cui avesse dormito.
L’unica con cui si fosse mai aperto.
L’unica che voleva accanto a sé…
Bella era l’unica.
La porta della cucina si aprì di colpo e sull’uscio apparve proprio Bellatrix. Entrò senza salutare e senza guardare nessuno in viso, aveva sperato la cucina sarebbe stata vuota, invece l’Oscuro Signore e Molly erano già lì insieme a confabulare. Ancora una volta, si sentì nauseata. Era infastidita da tutto e da tutti ma doveva tentare di mantenere la calma, di non lasciarsi trasportare dalle emozioni: era fondamentale mantenere l’equilibrio, a maggior ragione considerando che dentro di lei c’era qualcun altro, un essere magico… Era afflitta: una parte di lei avrebbe voluto rivelare tutto e chiamarsi fuori dalla missione, l’altra non poteva accettare di essere incinta e di dover mettere da parte la magia. Per di più, l’idea che il suo Padrone fosse stato con Silente era qualcosa che la disgustava nel profondo, qualunque fosse stata la motivazione… Bella non fece neanche in tempo a sedersi che subito con due forti schiocchi si materializzarono in cucina Silente e Grindelwald.
“Siete arrivati in anticipo” esclamò Molly muovendosi verso i fornelli per mettere su le uova e delle salsicce. Cercando di non essere troppo palese, lanciò un’occhiata ai due maghi; erano leggermente a distanza uno dall’altro e si percepiva un certo senso di rottura, della tensione. Niente di irreparabile, era evidente, ma c’era un’atmosfera pesante in quella cucina. Tom e Bella non si parlavano da settimane e ora anche Grindelwald sembrava essere offeso con Albus… Insomma, tutti e quattro rimaneva sulle loro e quella non sembrava affatto essere la situazione ideale per andare ad affrontare i Druidi o fare rituali magici che richiedevano una certa sintonia.  
“Non siamo arrivati in anticipo” disse Silente scuotendo la testa “Vi abbiamo detto un orario sbagliato perché preferivamo partire senza un grosso comitato di addio”
Molly si bloccò con la padella in mano, confusa “Quindi andate via ora?”
Albus annuì e tirò fuori dal mantello uno specchio tutto ammaccato “Andremo con una Passaporta”
“Illegale” precisò Gellert giusto per chiarire. Rimaneva a distanza da Silente con le braccia incrociate e ogni tanto i suoi occhi guizzavano verso Tom che, da canto suo, lo stava completamente ignorando.
“Troppo lontano per smaterializzarsi?” chiese Molly aggrottando le sopracciglia e lasciando perdere la colazione: nessuno dei quattro sembrava essere intenzionato a mangiare.
“No, è ancora nei limiti, ma la Passaporta ci farà risparmiare energie. È più comodo”
Bellatrix si avvicinò a Silente e fissò lo specchio rotto per qualche istante. Aveva sempre sentito dire che le donne incinte dovevano evitare di smaterializzarsi, usare Passaporte, Metropolvere… si mordicchiò le labbra, poi il suo sguardo si fece di ghiaccio.
Aveva importanza?
Tanto lei quello sgorbio che era nella sua pancia non lo voleva se, anzi, usare una Passaporta fosse servito a disfarsene in modo naturale… E comunque nelle settimane passate si era smaterializzata, aveva bevuto alcol e aveva condotto rituali magici. Una cosa in più o una in meno poteva fare molta differenza? Soprattutto, a lei importava? Non aveva neanche più tempo di pensarci: quello era il momento di agire e non di farsi venire rimorsi e dubbi.
Gellert mosse qualche passo verso lo specchio tenendosi tuttavia a debita distanza da Silente. Dovevano aver discusso parecchio e a Bella venne quasi da ridere perché, per quanto disgustosa fosse stata la notizia, il suo Padrone era stato molto oculato nello scegliere il momento più opportuno per darla: era fondamentale creare screzi tra Silente e Grindelwald se non volevano rischiare di subire le loro rappresaglie non appena avessero finito con il sigillo. Certo, metteva un rischio in più a loro rituale dato che andava a scompensare l’armonia che avevano creato ma era qualcosa di necessario. Senza contare che, grazie a quella notizia, anche la fiducia dei membri dell’Ordine della Fenice in Albus Silente era stata minata. Non lo vedevano più solo come un vecchio mago saggio…  
Portus” mormorò Albus puntando la bacchetta contro lo specchio.
Tom si avvicinò al resto del gruppo e lanciò un fugace sguardo in direzione di Bellatrix. Per un istante i loro occhi si incontrarono e Bella fece come per aprire bocca. Sapeva di doverglielo dire, sapeva che era necessario lui sapesse, ma quello sguardo glaciale, il suo modo distaccato, ancora una volta, le bloccarono le parole in gola. Lui non avrebbe capito e, in quel momento, era fondamentale concentrarsi su altro. Ma allora perché? Perché in ogni istante la sua mente la riportava all’essere nella sua pancia? Che poi, possibile che nessuno se ne fosse accorto? E se fosse solo una proiezione della sua mente stanca? Magari, in realtà, non c’era nulla in lei… nulla che non andasse…  
“Buona fortuna” sussurrò Molly fissando i tre maghi e la strega stringersi intorno alla Passaporta.
“Non avremo bisogno di fortuna” rispose Tom facendole l’occhiolino con fare arrogante. Gli angoli della bocca di Gellert si sollevarono divertiti, Bellatrix invece strinse la mandibola. Non li sopportava più… non ce la faceva più…
“Al mio tre” disse Silente riportando l’attenzione di tutti sulla Passaporta “Uno, due…”
Molly si morse le labbra, il cuore che batteva come un tamburo “… tre”
Bellatrix si sporse in avanti e la sua mano sfiorò le dita di Tom nel toccare la Passaporta. La familiare sensazione di un uncino che si andava a impigliare nell’ombelico le fece stringere i denti ma era vicina al suo Padrone e, quella vicinanza, la metteva in subbuglio. Aveva il cuore in gola mentre si lasciava trasportare lontano, verso il pericolo, verso la magia che lei adorava praticare. Eppure, una parte di sé, ancora una volta, si stava domandando se le sue azioni avrebbero avuto ripercussioni sull’essere che era in lei… una parte del suo Signore…
Come i piedi toccarono il suolo, il viso di Bella venne sferzato dal vento gelido irlandese. Erano nella prima metà di ottobre e tuttavia faceva freddo come se fosse dicembre; ciò che faceva scendere brividi lungo la schiena di Bella però non era il freddo, bensì le scosse di energia che permeavano nell’aria. Sentiva dei forti flussi magici nel vento e anche nelle piante circostanti, d’altra parte, era risaputo che la magia druidica fosse collegata alla natura. Non poteva essere più evidente: i flussi magici parlavano da soli, erano circondati da magia antica e potente, tanto potente, da farle crescere un’ansia che non aveva mai provato quando si trattava di magia… soprattutto quando era presente il suo Padrone che, per lei, era sempre stata una garanzia di successo in qualsiasi cosa. In quel momento, però, ora che erano al centro dell’occhio del ciclone, si rese conto di come la loro missione fosse quasi disperata. Potevano davvero batterli? Potevano creare un sigillo tanto potente da mettere fine a quegli squilibri magici?
Nelle passate settimane avevano cercato di capire dove sarebbe convenuto applicare il sigillo: non sapevano di preciso da dove i Druidi avrebbero cercato di uscire ma contavano sul fatto che, intrappolando la magia e utilizzando correttamente le rune, sarebbero riusciti a bloccarli a prescindere dal portale d’ingresso. Avevano studiato i flussi magici e avevano deciso di provare a fare il sigillo nel punto in cui la magia si percepiva in modo più netto e chiaro. Bellatrix si strinse nel mantello perché non si sarebbe mai aspettata di percepire una tale forza magica, forse aveva sottovalutato la questione…
“Siete pronti?” domandò Silente, la sua barba bianca e lunga si muoveva ritmicamente sollevata e sbatacchiata dal vento.
“Credo che questo sia il punto adatto” annuì Grindelwald, strizzando gli occhi nel tentativo di non farli lacrimare a causa del forte vento “Siamo come al centro di flussi diversi. Ho la sensazione che ci siano più portali d’ingresso ma, se riuscissimo a far confluire tutti i flussi nelle rune e a creare il nostro sigillo…” annuì “Il piano dovrebbe funzionare”.
Tom fece un gesto col capo per far capire che concordava, Bellatrix rimase in silenzio, non era più tanto sicura di aver fatto bene a tacere… senza contare che gli altri tre maghi le sembravano troppo ottimisti. Era evidente avessero sottovalutato la questione: nessuno di loro pensava che la magia druidica fosse così potente e fosse fuoriuscita così tanto. Il loro piano avrebbe anche potuto accelerare il processo…
“Tutto a posto, Bella?” le chiese Voldemort mentre Silente e Grindelwald si allontanavano di qualche passo e si disponevano a semi cerchio. Aveva ripreso il suo aspetto di Lord Voldemort e Bella dovette trattenersi dal gettarglisi addosso.
“Sì, mio Signore” annuì Bellatrix iniziando a inginocchiarsi sull’erba umida e tirando fuori il sacchetto con le rune. Sarebbe andato tutto bene, lo avevano provato un’infinità di volte e lei e il suo Padrone erano sempre stati in perfetta sintonia anche dopo il litigio… Erano maghi oscuri, abituati a certi tipi di rituali: non c’era nulla che potesse metterli in difficoltà.
“Tieniti pronta, finito il sigillo” le sibilò Voldemort chinandosi su di lei con la scusa di aiutarla a disporre le rune “Non credo saranno tanto sciocchi da attaccarci, anche a causa di quello che è successo ieri sera… ma non dobbiamo lasciarci cogliere impreparati, intesi?”
Bellatrix annuì “Non vi deluderò, mio Signore”
“Dobbiamo essere pronti a tutto”
“Lo so, Padrone” Bellatrix esitò “Lo sapete che sono la vostra fedele serva, pronta a tutto per voi”
Tom le sorrise, la fissò negli occhi per qualche istante, poi le scostò una ciocca di capelli dal viso. Gli sembravano essere passati secoli dall’ultima volta che era stato così vicino a Bellatrix. Per qualche motivo, si sentì nascere un nodo alla gola, avrebbe voluto parlarle di tutti i dubbi che aveva in testa, di quei ricordi che avevano iniziato ad affollargli la mente, avere il suo punto di vista ma non riusciva… non poteva…
“Non c’è tempo per certe cose!” urlò esasperato Grindelwald da sopra il rumore del vento “Cerchiamo di muoverci, mi sembra che i flussi magici stiano aumentando!”
Tom si alzò di scatto e si tirò su le maniche della veste “Siamo pronti” rispose con voce dura.
Bellatrix avrebbe voluto dire che no, lei non era affatto pronta perché sentiva la magia dell’essere dentro di lei crescere, aumentare. Forse era solo una sua sensazione, forse c’era semplicemente troppa energia magica nell’aria. Non ebbe comunque il tempo di pensare oltre perché Silente aveva iniziato a scandire l’incantesimo di Magia Bianca, una cantilena quasi dolce che faceva rilassare le membra, fino a toccare l’anima. Bella si riscosse e iniziò a picchiettare le rune con la bacchetta cercando di seguire il ritmo di Silente; era importante che le rune iniziassero ad attivarsi con l’inizio dell’incantesimo. Come Bella prese a muoversi, la calma si impossessò di lei: lo avevano provato, riprovato, ed era sempre andato bene. Quei movimenti erano a lei conosciuti… certo, ora che stava mettendo la magia nelle rune la concentrazione e il potere necessario erano di più ma lei sapeva di essere una strega in gamba, la migliore…
Ben presto, l’incantesimo di Magia Bianca raggiunse il massimo del suo potere. Silente si era spostato di lato avvicinandosi lentamente a Grindelwald e, in un secondo, l’incantesimo venne passato: la punta della bacchetta di Silente toccò quella di Gellert e la sfera magica da bianco-trasparente iniziò a mutare di colore; più Grindelwald proseguiva con il suo incantesimo, più la sfera diventava grigia e la pace sentita poco prima si stava andando a tramutare in inquietudine. Bella continuò a lavorare sulle rune, mantenendo la concentrazione e cercando l’equilibrio che avevano trovato nelle settimane passate. Dentro di lei, tuttavia, si agitavano tumulti sconosciuti, qualcosa con i quali non aveva mai avuto a che fare. Sentiva di stare perdendo il controllo sulle rune, come se qualcosa stesse spingendo per fuoriuscire da lei. Fu tentata di alzare il viso e dirlo ma, come fece per aprire bocca, si accorse che Grindelwald aveva già passato l’incantesimo al suo Signore. Erano arrivati alla fine, non poteva di certo tirarsi indietro in quel momento. La voce del suo Signore era un sibilo sommesso, la sfera magica era nera, sembrava quasi sprigionare flussi di elettricità; la Magia Nera si attorcigliava su sé stessa ruotando e Bella intravedeva nel viso del suo Signore tutta la concentrazione per non far sfuggire quella magia al suo controllo.
Bellatrix riprese a lavorare sulle rune, doveva farcela, non poteva fallire. Ma allora perché continuava a sentire scaturire da lei una magia che non le apparteneva? Si deconcentrò e quasi perse il ritmo salvo recuperarlo all’ultimo, proprio quando la voce del suo Padrone stava cantando le ultime note dell’incantesimo. Bella picchiettò sulle rune e quelle si aprirono, pronte a incanalare e ad accogliere la magia del suo Signore.
Era tutto pronto, tutto perfetto… Voldemort era ora a qualche metro da lei, le fece un cenno di assenso con la testa e poi mandò la sfera di magia nella sua direzione. Bella aggiunse la sua voce a quella del suo Padrone con maggiore vigore, le rune erano lì, collocate, attivate, aperte, tutto era perfetto e pronto poi, in poco tempo, successero tante cose contemporaneamente.
Le rune iniziarono a vibrare, proprio come sarebbe dovuto succedere in caso di successo ma, quando il globo di magia si avvicinò, dal ventre di Bella uscirono fasci di magia e di energia. Bellatrix gettò un urlo e perse il controllo delle rune. Sembrava quasi come se il feto dentro di lei volesse proteggersi dall’incantesimo che con tanta perizia avevano messo insieme in tutti quei mesi. Il panico si impossessò della strega perché non sapeva come bloccare quella magia che stava uscendo da lei. Urlò di nuovo, agitata, provò a concentrarsi e richiamare quei flussi ma, non appartenendo a lei direttamente, sapeva bene di non poterne avere controllo. La magia uscì dal suo ventre con una potenza inaudita e nulla poté fermarla. I fasci si avventarono verso Grindelwald, Silente e Voldemort. Nessuno dei tre era preparato a un tale attacco proveniente da Bellatrix e si riuscirono a proteggere a stento.
“Cosa diamine stai combinando?” urlò Grindelwald al di là del suo sortilegio scudo “Perché ci stai attaccando?”
La terra venne scossa da un forte tremito e le rune presero a lampeggiare sinistramente. Bellatrix provò a riconcentrarsi sul sigillo ma era troppo tardi: in parte doveva aver funzionato perché il loro incantesimo era entrato, tuttavia, non aveva apposto il sigillo sulle rune, c’era stato sbilanciamento, non c’era armonia… il suo respiro si fece più pesante e Bella sapeva di doversi preparare al peggio.
“Bellatrix, vieni via di lì” urlò Silente, la sua voce era preoccupata. Un’altra scossa li fece quasi cadere tutti per terra “Presto! Non c’è tempo!” Silente fece qualche passo nella sua direzione ma venne bloccato da Gellert “Dobbiamo andarcene!” lo afferrò per un braccio “Non ha funzionato, il nostro incantesimo ci si ritorcerà contro se non…” un boato coprì il resto della frase. Gellert imprecò e, senza indugiare un altro istante, si smaterializzò portando con sé Albus.
Bellatrix provò a muoversi ma le sue gambe sembravano essere radicate al terreno, non capiva cosa stesse succedendo? Era la magia dell’essere dentro di lei? Era la magia delle rune? Oppure i Druidi? Urlò disperata, sentiva che ben presto il suo sigillo sarebbe esploso… non aveva funzionato, era andato tutto male, tutto storto…
Padrone!” lo chiamò piangendo ma sapeva che non sarebbe mai venuto. Non quando si trattava di mettere a rischio la propria incolumità: nulla per il Signore Oscuro era più importante della propria vita, Bellatrix lo sapeva bene. Non avrebbe mai rischiato per lei. Lo guardò implorante, innamorata, voleva dirglielo. Dirgli che lo amava, dirgli che c’era l’essere in lei… chiuse gli occhi mentre le parole le morivano in gola ancora prima di avere il tempo di uscire.
Tom la guardò per qualche secondo come paralizzato, aveva la fronte imperlata di sudore. Perché non si stava smaterializzando? Perché stava indugiando? Il suo istinto gli diceva di andarsene e lasciare lì Bellatrix, tanto cosa gliene importava a lui di quella strega? Eppure… il suo cervello gli mandò immagini della vita che avrebbe avuto senza di lei, una vita vuota
Represse un ringhio, schifato dalla sua stessa debolezza, disgustato dai suoi sentimenti ma, d’altro canto, che scelta aveva? Con uno schiocco si smaterializzò accanto a Bella per prenderla e poi, esattamente un istante prima che le rune esplodessero, di nuovo a Grimmauld Place numero 12.

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Perdonate questo lunga assenza! Il nuovo lavoro, per quanto meno stressante del precedente, mi porta via un bel po' di tempo. Stasera parto per l'Italia per una vacanza, spero avrò un po' più di tempo libero! Nel frattempo, fatemi sapere che ne pensate del nuovo capitolo :D 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


“Basta, Sirius, ti prego finiscila” sbottò Remus al colmo della disperazione portandosi le mani sui capelli. Sirius socchiuse gli occhi e guardò Lupin oltraggiato come se quello scoppio d’ira gli sembrasse esagerato.
“Scusami, ma tu ti aspettavi questa cosa? Silente con Voldemort?”
“Non ti deve interessare quello che ha fatto quando era più giovane: che importanza ha? Ha passato tutti questi anni a combattere Voldemort ed è evidente che non abbia nessun interesse nei suoi confronti” rispose Lupin con fare stanco.
“No… ce l’ha nei confronti di Grindelwald…” Sirius fece una pausa con fare drammatico “Gellert Grindelwald
“Cosa stai insinuando?”
“Ma niente, che ha un tipo” rispose Sirius stringendosi nelle spalle imbarazzato. L’idea che Albus Silente avesse scopato con Lord Voldemort lo aveva sconvolto. Perché invece tutti si comportavano come se fosse normale? Prima Gellert Grindelwald, ora Lord Voldemort… che razza di gusti aveva il preside di Hogwarts? Ma soprattutto, ci si poteva davvero fidare di una persona che così spiccatamente subiva il fascino del lato oscuro? Chi dava loro la sicurezza che Silente facesse gli interessi dell’Ordine? Di Harry? Chissà quante altre cose teneva loro nascoste, quanti altri segreti…
“Potremmo smetterla?” mormorò Elphias Doge muovendosi a disagio sulla sedia.
Sirius si riscosse e fissò il suo sguardo su quell’uomo anziano che tutti sapevano essere sempre stato il compagno di Silente. Non erano mai stati una coppia appariscente, era una di quelle cose che si sapeva perché… perché sì. Perché Elphias era sempre stato con Albus.
“Perdonami, Elphias” borbottò Sirius e all’improvviso provò un profondo disprezzo nei confronti di Albus che aveva mollato il compagno di una vita per mettersi di nuovo con un mago oscuro spostato mentalmente “Come hai fatto a non affatturate Albus lo sai solo tu” aggiunse astioso infilzando con forza la forchetta nel salmone che Molly aveva preparato per pranzo.
Elphias ridacchiò tristemente “Albus è sempre stato molto chiaro. Sapevo che non provava per me quello che prova per… per… Gellert” pronunciò quel nome con estrema fatica come se il solo fatto che la sua lingua si dovesse muovere per far uscire quelle sillabe fosse qualcosa che provocava grande dolore, quasi come una tortura, peggio di una Cruciatus.
“E Riddle?”
Elphias fece una smorfia “Non me lo ha mai detto, conoscendolo, credo provasse vergogna” tirò su col naso, non poteva credere che Albus non gli avesse mai detto di quella scappatella. Se aveva fatto i conti correttamente, doveva essere successo nel 1944, proprio il periodo in cui si erano riavvicinati anche da un punto di vista romantico e non più solo come amici. Avevano ripreso la loro relazione sulla base di una menzogna, dunque? E ora… era bastato il ritorno di Gellert Grindelwald per buttare alle ortiche anni, decenni, di relazione…
“Mi ferisce pensare che si sia preoccupato più di… di… lui… di quel mago oscuro… che non di me” Elphias fece un respiro profondo per cercare di recuperare un po’ di contegno “Era con me che aveva una relazione in quel periodo, non con Grindelwald. È con me che ha avuto una relazione fino a un paio di mesi fa. Ma si è forse curato di chiedermi come stessi dopo aver scoperto che mi aveva tradito, ancora una volta?!” Elphias scosse la testa come un elefante che prova a scacciare le mosche. Non era facile stare vicino ad Albus. Era un mago brillante ma una persona dal passato complicato e dal carattere difficile. Elphias si era sempre sentito onorato di poter essere intimo con lui ma, dopo tutti quegli anni, si domandava se non avesse solo perso del tempo con Albus Silente.  Cercò di reprimere un singhiozzo.
“Perdonatemi, è solo che ogni tanto la situazione è faticosa” si giustificò asciugandosi le lacrime con un tovagliolo.
“Non devi scusarti” rispose Sirius asciutto “È comprensibile, anzi”
I membri dell’Ordine presero a guardarsi tra loro con fare incerto. Pur continuando a fidarsi di Silente, la consapevolezza che fosse stato con due maghi oscuri li metteva a disagio: era davvero saggio continuare a riporre tutte le loro speranze in lui? A maggior ragione, vedere come si stava comportando col compagno di una vita, li indispettiva: tutti conoscevano molto bene Elphias e sapevano quanto tenesse ad Albus; non si meritava di certo un trattamento di quel tipo dopo una relazione di anni e anni… nessuno fece in tempo ad aprire bocca per poter dire la propria che un forte schiocco dovuto a una materializzazione congiunta li fece sussultare.
Le due figure si raddrizzarono e per un attimo sembrò stessero quasi lottando uno contro l’altro.
“Non dovevi portarmi via, Gellert!” urlò Albus scostandosi da Grindelwald risentito e liberandosi dalla sua presa “Non dovevamo lasciarli lì! Non dovevamo lasciarli indietro…”
Molly scattò in piedi, quella discussione non le piaceva per nulla.
“Cos’è successo?” chiese avvicinandosi alla coppia di maghi. Gellert e Albus erano scossi, di Bellatrix e Tom non c’era traccia… e perché non avevano ripreso la Passaporta, come da piano, per rientrare?
“È andato tutto storto” sbottò Grindelwald. Intorno al mago l’aria era come elettrica. Era chiaramente furioso e Molly ebbe un’improvvisa paura di lui.
“Lo sapevo, lo sapevo che non era saggio affidarsi a una strega!”
“Non credo sia quello il punto…” provò a dire Albus “È stato bizzarro quello che è successo” fece una pausa “Dovremmo tornare là, andarli a recuperare”
Andromeda si avvicinò a Molly “Dov’è mia sorella? Dov’è Bellatrix?”
“Dov’è Tom?” incalzò Molly.
Silente fece andare lo sguardo da Andromeda Tonks a Molly Weasley poi scosse la testa, quasi incapace di esprimersi a parole. Molly socchiuse gli occhi e mise le mani sui fianchi, era pronta ad urlare di dare risposte chiare, nette, precise, senza svicolare. In quel momento, tuttavia, ci fu un nuovo sonoro crac e altre due figure si materializzarono nel centro della cucina.
“Siete riusciti a rientrare!” esclamò Albus avvicinandosi con ampie falcate a loro. Bellatrix era accasciata sul pavimento, Voldemort invece si stava raddrizzando e, nel frattempo, mutando il suo aspetto per ritornare a essere il bel Tom Riddle. Non appena Silente li raggiunse, Tom emise un basso ringhio e sfoderò la bacchetta inviperito “Dovevamo essere una squadra!” urlò con voce pulsante d’ira. Molly fece un balzo all’indietro spaventata da tutta quella veemenza: se Grindelwald era furioso, Tom era fuori di sé. Aveva la fronte imperlata di sudore, tremava quasi e la magia si percepiva a passi di distanza.
“Al primo problema vi siete smaterializzarti lasciandoci indietro a morire!” li accusò ancora Tom senza giri di parole.
Aveva rischiato di morire.
Anzi, sapeva di non poter morire per via degli Horcrux ma l’idea di venire di nuovo privato del suo corpo… privato di Bellatrix, la sola idea era insopportabile. Aveva intrapreso quell’avventura senza fiducia alcuna in Gellert Grindelwald e Albus Silente eppure, aveva pensato non li avrebbero lasciati lì, non quando non avevano ancora portato a termine la missione. Pensava avrebbe potuto contare su di loro, su una collaborazione ma, ancora una volta, la vita lo aveva punito per aver dato un briciolo di fiducia a qualcuno che non fosse sé stesso. Era sempre stato da solo e avrebbe continuato a esserlo per sempre, non poteva permettersi di affidarsi a nessuno, perché nessuno si sarebbe mai occupato di lui, delle cose che lo riguardavano e alle quali teneva, come sé stesso.
Solo.
Sempre e per sempre.
Primo problema?” sibilò Grindelwald, per nulla intimorito dalla rabbia di Tom, si avvicinò anzi a lui, la bacchetta pronta in mano “Primo problema? Ci stavate facendo ammazzare! È esploso tutto! Mesi di preparativi e tutto è andato in malora perché… per colpa di una strega! Lo sapevo che non dovevamo affidarci a una donna…”
Non dare la colpa a Bellatrix” interruppe Tom risentito. Non aveva capito cosa fosse andato storto ma non c’erano dubbi sul fatto che Bella avesse eseguito in modo perfetto il sigillo. Sembravano esserci stati degli squilibri magici… e quei fasci di luce fuoriusciti da Bella… come se si volesse difendere da quell’incantesimo… Qualcosa non quadrava…
“E a chi altro? Era lei a doversi occupare del sigillo”
“L’incantesimo che mi hai passato era completamente sbilanciato!” lo incolpò subito Tom “Se tu e il tuo fidanzatino non riuscite a tenere i vostri problemi sentimentali fuori dalla magia…”
“Non ci sono stati problemi nell’incantesimo mio e di Gellert” intervenne Silente.
Era agitato almeno quanto Grindelwald e Voldemort ma, almeno lui, doveva cercare di mantenersi pacato e non lasciarsi trasportare dalla paura e dalle emozioni negative: era fondamentale risalire al problema e porvi rimedio subito; dovevano ritornare in Irlanda il prima possibile, non potevano indugiare. Forse erano ancora in tempo. Ormai si erano esposti e più indugiavano più era probabile che i Druidi stessero mettendo appunto una contro-offensiva, consapevoli del fatto che si sapeva della loro fuoriuscita. Anzi, probabilmente l’esplosione non aveva fatto altro che accelerare il processo. Dovevano riprovare il prima possibile, non c’era tempo per mettersi a litigare e rinfacciare le colpe.
“Stai insinuando che il problema sia stato il mio? Che io non sappia gestire la magia?” domandò Tom voltandosi verso Silente con occhi spiritati.
“No, no, certo che no” provò a calmarlo subito Albus alzando una mano con fare rassicurante “Ma dobbiamo arrivare al problema… se nessuno di noi ha sbagliato…”
Gellert fece un gesto stizzito con la testa. Lui sapeva bene che il problema era stato Bellatrix, non vedeva alternativa e non capiva per quale motivo Silente stesse dando corda a quel cialtrone di Lord Vomitor. Grindelwald fece schioccare la lingua sui denti poi fissò la sua attenzione sulla strega ancora accasciata sul pavimento che, stranamente, se ne rimaneva lì, zitta e immobile. Sembrava come sotto shock, evitava lo sguardo di tutti e aveva gli occhi chiusi. Gellert la soppesò per lunghi istanti, ripensò alla magia che scaturiva da lei, dal suo ventre… assottigliò lo sguardo mentre il suo cervello giungeva alla conclusione. Se nessuno di loro aveva sbagliato (per quanto il bilanciamento non fosse stato perfetto) com’era stata possibile una disfatta di tale portata? La osservò con più insistenza sondando la sua magia. Per la prima volta percepì qualcosa di strano in lei… c’era una magia potente e oscura che apparteneva a lei e sempre aveva avuto e poi… e poi c’era una magia diversa, più acerba… che era in lei ma non apparteneva a lei… Come aveva fatto a non accorgersene prima? Socchiuse gli occhi. Era talmente evidente, prorompente
“Ma certo” disse lentamente Gellert facendo focalizzare tutta l’attenzione su di lui e mettendo fine al battibecco tra Tom e Albus “Sei incinta” aggiunse con semplicità disarmante indicando Bellatrix con una mano. Tutte le persone presenti in cucina si voltarono e Bellatrix si sentì schiacciata dai loro sguardi. Socchiuse gli occhi dalle palpebre pesanti ma non riuscì a sopportare quella sensazione di essere come vivisezionata, soprattutto, non poteva… il suo Padrone… represse un singhiozzo. Perché quell’inutile essere dentro di lei doveva sprigionare i suoi poteri proprio quando stava praticando il sigillo? Perché non aveva aspettato un minuto in più?
“È la verità?” Grindelwald si avvicinò a lei di qualche passo, era estremamente irritato, Bellatrix lo percepiva con chiarezza ma lei, a quel mago da strapazzo, non doveva nulla. Non voleva averci nulla a che fare… era a qualcun altro che lei pensava e della cui reazione aveva timore.
Rispondimi quando ti parlo!”
“Non darle ordini” sibilò Tom mettendosi tra Gellert e Bellatrix “Non devi osare darle ordini, lei non ti riguarda”
Tom sentiva la testa come se fosse un palloncino, stomacato alla sola idea che Bellatrix potesse essere incinta… incinta non di lui… Selwyn? Poteva essere? Perché altrimenti tenerglielo nascosto?
“Allora falla parlare te!” sbottò Gellert puntandogli il dito sul petto “Basta che giungiamo a una conclusione di questa faccenda! Ti rendi conto sì o no della situazione in cui ci ha messi?”
Tom contrasse la mandibola, non poteva dare torto a Grindelfart, per quanto gli costasse ammetterlo. Cercò di calmarsi e di non infondere tutta la sua rabbia, i suoi dubbi e timori nel suo tono di voce “Sei incinta, Bella?” chiese, in quello che sperava essere un tono conciliante.
Bellatrix strizzò gli occhi. Se avesse aperto bocca avrebbe vomitato, ne era più che certa. Si strinse le braccia intorno al petto a m’ di protezione, socchiuse la bocca come per parlare però la bile era lì, nel suo esofago, pronta a uscire. Si bloccò, poi fece un rigido cenno di assenso scoppiando a piangere disperata. Si era tenuta dentro tutto troppo a lungo, si sentiva male, si sentiva morire. Non voleva che la cosa venisse fuori a quel modo, non avrebbe mai voluto compromettere la missione… pensava avrebbe avuto tutto sotto controllo e invece… invece aveva deluso tutti, aveva deluso il suo Signore che le aveva dato un compito importante – il più importante – e lei aveva fallito perché dentro di sé aveva un ospite indesiderato. Non lo voleva, non lo aveva mai voluto…
“Non lo voglio” gemette tra un singhiozzo e l’altro nascondendo il viso tra le mani “Io non lo voglio!
Non riusciva a calmarsi, si sentiva soffocare all’idea della reazione del suo Padrone. Iniziò a tremare, come un cerbiatto che si ritrova circondato dai cani segugio e aspetta l’arrivo ineluttabile del cacciatore “Levatemelo!”
“Benissimo, anzi, meglio” sorrise Gellert “Te lo leviamo subito di torno e possiamo tornare quanto prima in Irlanda”
“Gellert” lo richiamò Albus scuotendo la testa “Non è una scelta che spetta a te”
“L’ha scelto lei, infatti” ribatté Gellert sfrontato “E non vorrai dirmi che possiamo permetterci di aspettare otto o nove mesi, vero?”
“No… ma…”
“Di chi è?”
Tom non sapeva come fosse riuscito a porre la domanda. Sentiva la mascella dura come se qualcuno gli avesse fatto un Pietrificus Totalus. L’idea che Bella fosse incinta… aveva la gola chiusa, la testa gli girava. Era un attacco di panico, ormai aveva imparato a riconoscerli, ma non poteva permettersi di perdere il controllo in quel momento. Non con Grindelwald e Silente lì. Aveva bisogno della sua Bella… ma forse non era più la sua Bella. Quello che aveva dentro di lei era un figlio di Selwyn? Un bambino purosangue… non mezzosangue… d’altra parte gliel’aveva detto che sarebbe stato un cambiamento stare con un purosangue…
Ma lei non lo vuole, cercò di ragionare. Non lo vuole, continua a essere la tua Bella…
“Cosa?”
Bellatrix aveva smesso di piangere, si stava asciugando le lacrime con la manica della veste e aveva spalancato gli occhi arrossati puntandoli su di lui, confusa “Di chi è cosa?”
Tom digrignò i denti, sentiva una furia mista a dolore risalirgli dallo stomaco fino a invadere tutti i suoi arti come se fosse un fuoco. Lo stava prendendo in giro? Chissà quante risate si era fatta… l’avrebbe uccisa. Le avrebbe strappato quell’inutile essere che le cresceva nel ventre a mani nude e poi avrebbe ucciso lei. L’avrebbe uccisa perché lo aveva illuso, illuso della possibilità di poter contare su di lei e invece… invece…
Era solo.
Solo.
Sempre e per sempre.
Il bambino!” sibilò Tom a fatica. Non ce la faceva, avrebbe voluto smaterializzarsi con lei e affrontare quel discorso in privato. Detestava farsi vedere debole… ma da Bella – solo da Bella – avrebbe potuto sopportarlo.
Non così.
Non davanti a tutti.
Di nuovo, si sentì svenire. Cercò di regolarizzare il respiro ma più cercava di calmarsi, più si agitava. Si portò due dita intorno al colletto della veste nella speranza di poter respirare meglio ma fu tutto inutile.
“Vuoi un bicchiere d’acqua, caro?” tentò Molly avvicinandosi a lui con premura ma Tom scosse la testa. Il solo gesto gli fece venire le vertigini.
Il bambino! Di chi è il bambino?”
Bellatrix spalancò la bocca, basita, sorpresa. Ci fu una pausa di qualche secondo poi scoppiò a ridere in modo incontrollato, sembrava pazza, completamente folle. Lo sguardo di Tom si fece vacuo, non riusciva a capire. Le risate di Bella iniziarono a echeggiare per tutta la cucina ammutolita.
“Ho sempre creduto fossi un uomo intelligente, il più intelligente che io abbia mai conosciuto” disse Bellatrix tra una risata e l’altra “Ma temo proprio di dovermi ricredere”
Quelle parole ferirono Tom che, d’altra parte, continuava a non capire nulla. Deglutì, aveva la gola secca e le risate di Bellatrix gli andavano a toccare il pezzo di anima che ancora risiedeva in lui in modo doloroso. Si sentiva spezzato. In modo del tutto scollegato da quello che stava vivendo, sentì una profonda frustrazione, il Castello di Hogwarts iniziò a vibrargli sotto le palpebre.
“La Stanza delle Necessità? Non mi fido molto dei piani di Dobby…”
“Ma la conosce anche Silente! E poi che alternativa abbiamo? Se vogliamo contrastare la Umbridge…”
“Caro” lo chiamò Molly con voce pregna di affetto “Non è mai esistito nessun Selwyn”
Tom si sforzò di ritornare in cucina e di ignorare quello che stava accadendo a Potter anche se… la Stanza delle Necessità… il suo Horcrux. Cercò di fare qualche respiro profondo – non poteva permettersi di pensare ai suoi Horcrux, era già troppo provato – aprì gli occhi e volse di scatto la testa verso Molly Weasley concentrandosi su quello che aveva detto lei. Ci mise qualche secondo ad assorbire le parole della donna, una parte di lui era ancora a Hogwarts a preoccuparsi della Umbridge. Infine, però, il suo cervello registrò le parole di Molly.  
Nessun Selwyn?
“L’ho inventato io perché… perché ho pensato che se tu avessi creduto che Bellatrix stava frequentando un altro non… non l’avresti lasciata andare, avresti provato a risolvere… io… mi dispiace… non…” Molly scosse la testa, gli occhi lucidi, non aveva pensato fino in fondo ubriaca com’era si era lasciata trasportare dall’alcol.
“Nessun Selwyn?” ripeté in stato catatonico Tom “Ma io l’ho ucciso” gli uscì in modo spontaneo, ancora confuso dalla visione di Potter. Aveva ucciso Selwyn ormai da settimane, si era smaterializzato, lo aveva trovato in un battibaleno e non gli aveva dato nemmeno modo di aprire bocca. Era stato un lavoro facile e pulito. Aveva poi mascherato il tutto e fatto passare come se Selwyn si fosse preso un periodo di vacanza: non voleva che la sua scomparsa venisse a galla troppo in fretta.
“In che senso lo hai ucciso?” domandò Molly sconvolta.
“Hai ucciso Selwyn, Tom?” intervenne Silente allarmato “Avevamo un patto! Mi avevi detto che non avresti alzato la bacchetta su nessuno. Lo avevi giurato, avevi-”
“E secondo te io me ne sarei stato a guardare mentre un omuncolo da strapazzo si scopava la mia… la mia…” Tom si morse le labbra. La sua cosa? “Mentre si scopava Bella?”
“Lo avete ucciso per me, Padrone?” la voce di Bellatrix era sognante, come se le sue orecchie non avessero mai udito più gaia novella. Molly la guardò nauseata. Come poteva Bellatrix essere contenta del fatto che Tom aveva ucciso un uomo? A prescindere dal motivo per il quale lo aveva fatto… Molly si sentì male. È colpa mia, pensò con un nodo alla gola. Se solo non mi fossi intromessa…
Per te?” chiese Tom con una risata amara, cattiva “No, l’ho fatto perché tu appartieni a me e nessuno – nessuno! – può permettersi di mettere le mani su qualcosa che è mio!”
“Appartengo ancora a voi, quindi, mio Signore?” chiese Bellatrix con voce tremante, esaltata, contenta che lui si stesse riavvicinando a lei, che finalmente sapesse che non era mai esistito nessun Selwyn e mai sarebbe potuto esistere.
“Tutto questo è assurdo” s’intromise ancora una volta Molly. Le erano scesi i brividi lungo la schiena a sentire Tom pronunciare quelle parole. Come poteva pensare a Bellatrix, una persona, come se fosse una sua proprietà da utilizzare come e quanto gli piaceva? Per quanto a Molly non piacesse Bellatrix… non meritava di certo di essere considerata un oggetto nelle mani di Tom.
“Tu fatti gli affari tuoi” abbaiò Bellatrix “Hai già fatto abbastanza danni” Bella rise malvagia “Assassina” aggiunse con gli occhi che le brillavano. Molly strinse le labbra e le vennero le lacrime agli occhi. Bellatrix aveva ragione, era diventata un’assassina, era solo ed esclusivamente colpa sua se Selwyn era stato ucciso…
“Qui c’è solo un assassino” intervenne Silente “Ed è Lord Voldemort”
Tom ghignò soddisfatto ma Silente si avvicinò a lui con fare minaccioso “Avevamo un accordo. Un accordo! Come hai potuto…”
“Basta” lo interruppe Gellert “Finitela di parlare di cose inutili. Non vi rendete conto del pericolo in cui ci troviamo? Avevamo progettato tutto nei minimi particolari, scelto la data con accuratezza, disegnato rune e ora… ora…” sputò in terra “Ora ci ritroviamo senza poter agire perché questi due cretini non sono in grado di usare una pozione anticoncezionale!”
Tom storse il naso. Bellatrix non poteva essere incinta di lui. Loro avevano sempre preso le precauzioni necessarie, non avevano mai voluto figli.
“Quindi, facciamola abortire e torniamo in Irlanda il prima possibile”
“Ti ho già detto che non è una scelta che spetta a te, Gellert” Silente si volse verso Bellatrix “Cosa vuoi fare?”
“Io non lo voglio” mugugnò Bella poi rivolse la sua attenzione sull’Oscuro Signore. Non aveva ancora espresso nessuna opinione sul fatto che lei fosse incinta. Cosa voleva lui? Per lei era fondamentale saperlo “Ma io… io… mio Signore, ditemi cosa ne pensate voi…”
Tom rimase in silenzio. Cosa ne pensava lui? L’idea di procreare non gli aveva mai sfiorato neanche l’anticamera del cervello. Non aveva bisogno di eredi lui che era immortale, tantomeno aveva bisogno di stolidi mezzosangue simili nell’aspetto a quel Babbano che lo aveva messo al mondo… la sua lingua stava già formando le parole per dire che di quello che aveva in grembo non poteva importagliene di meno quando un pensiero improvviso gli folgorò la mente. Quell’essere nella pancia di Bella era in parte lui. Condividevano il sangue, condividevano i geni e forse qualcosa al di là… sarebbe potuto essere un ingrediente prezioso per una pozione o – ancora meglio – un nuovo esperimento che lo avrebbe portato a un’immortalità certa. Gli Horcrux erano un’ottima risorsa ma era da sciocchi affidarsi solo a quell’unica cosa, a maggior ragione considerando che uno era stato distrutto, un altro trafugato… Silente poteva aver intuito qualcosa. Non doveva prendere decisioni avventate. Quel bambino poteva essere la soluzione a molti problemi… anche a rendere Bella immortale…
Tom inclinò la testa di lato, poi si accucciò vicino a Bellatrix.
“Bella, tu faresti qualsiasi cosa per me, non è vero?”
Bellatrix lo osservò guardinga: non le piaceva come quella conversazione stava iniziando ma allo stesso tempo, si ritrovò come ammaliata da lui; era da mesi che non lo aveva così vicino, il suo cervello si stava inebriando del suo profumo.
“Io… ma sì, certo, Padrone, per voi qualsiasi cosa…”
“Credo dovresti tenerlo” le Tom disse avvicinandosi ancora a lei.
Il cuore di Bella smise di battere per qualche istante, davvero voleva farglielo tenere? Perché?
“Ma Padrone” provò a ribellarsi Bellatrix perché di tutte le cose che lei avrebbe fatto per lui quella era la più… la più… non era in grado di farlo “Cosa ce ne facciamo di un bambino?”
Tom si avvicinò all’orecchiò di Bella di modo che gli altri non potessero sentire il suo sibilo basso e minaccioso “Oh, Bella, neanche ti immagini quante cose si possono fare con un essere che condivide il tuo sangue, il tuo patrimonio genetico, il tuo patrimonio ancestrale. L’immortalità, quella vera, certa, sicura, non è mai stata tanto vicina…”
Bellatrix rabbrividì e osservò il suo Padrone da sotto le sue palpebre pesanti. Non lo voleva per creare una famigliola felice, lo voleva per la magia. Si rassicurò, perché quello implicava che lei non avrebbe mai dovuto essere madre, non avrebbe mai dovuto prendersi cura di marmocchi inutili e strillanti… tuttavia…
“Io non lo voglio” pianse Bella tirando su col naso e provando ad avvicinarsi ancora di più a Voldemort. Avrebbe voluto abbracciarlo, stringersi a lui, fondersi con lui…
“Ma siamo già fusi insieme, Bella” le disse Tom mettendole una mano sul ventre “Quello che porti in te non è forse una perfetta unione di noi due? Noi due insieme, Bella. Insieme per sempre”
Bellatrix annuì. Era stato esattamente quel pensiero a trattenerla dal mettere fine alla vita di quell’essere in lei.
“Non voglio… non voglio smettere di essere una guerriera”
“Non smetterai”
“Dovrò per forza, diventerò una vacca col pancione…”
“Cosa sono nove mesi a fronte dell’immortalità?”
Bellatrix abbassò lo sguardo. Una parte di lei sapeva perfettamente che l’Oscuro Signore stava cercando di manipolarla a prendere la scelta opposta a quella che il suo cuore le diceva. Pur essendo consapevole di ciò, non riusciva a trovare la forza di ribellarsi. Non voleva deluderlo, non voleva privarlo di un altro modo per ottenere ciò che più voleva: l’immortalità.
Bella fece un breve cenno di assenso “Vorrei pensarci…”
Tom strinse le labbra contraddetto poi però finse un sorriso “Ma certo, Bella, tutto il tempo che vuoi”
“Certo, prepariamo anche del tè e prendiamoci dei pasticcini” la voce di Gellert era sarcastica “Tanto non moriremo tutti perché a voi due è venuto l’improvviso desiderio di diventare genitori”
“Gell…”
“No, Albus, scheiße, cerchiamo di ragionare”
“Non ti riguarda” Tom si alzò di nuovo in piedi per fronteggiare Grindelwald “Non ti riguarda quello che facciamo Bellatrix ed io, non hai nessun diritto di decidere”
Ho tutto il diritto di decidere!” sbottò Gellert “Hai visto come la magia di quello sgorbio mezzosangue ha impedito che facessimo il sigillo? Credi che andando avanti la questione migliorerà? La sua magia si farà più forte, più potente e… non possiamo aspettare mesi! Abbiamo già indugiato abbastanza”
“Troveremo una soluzione” rispose Tom a denti stretti.
“Quale?”
“Non lo so” Tom si passò una mano sul viso, una parte di lui sembrava essere a Hogwarts ancora a pensare all’Esercito di Silente, qualunque cosa fosse… si sentiva diviso, spaccato in due, e non riusciva a ragionare lucidamente “Troverò una soluzione”
“Albus!” chiamò Gellert disperato. Non poteva credere che Albus avrebbe lasciato che due esseri di quella risma diventassero genitori. Non poteva credere che stessero rischiando di morire tutti affinché quei due potessero diventare mamma e papà. Non aveva senso. Il suo sguardo si fece di ghiaccio. Forse c’era dell’altro dietro a quell’improvvisa voglia di genitorialità…
“Non possiamo prendere noi una decisione che spetta a loro… che spetta a Bellatrix”
“Vuoi davvero far crescere un bambino da questi due?” rispose Gellert poi aggiunse velenoso “Da un uomo che è cresciuto in mezzo ai Babbani che abusavano di lui e neanche sa cosa possa significare la parola famiglia?
Tom strinse la bacchetta “Cosa stai insinuando?”
“Che sei emotivamente incapacitato e costipato, Schatz” ghignò Gellert “Sei…”
Tom ringhiò e fece per alzare la bacchetta ma Silente si mise in mezzo “Smettetela!” tuonò adirato come nessuno lo aveva mai visto “Ora, cerchiamo di trovare una soluzione” sospirò “Tu e Bella vedete di decidere il più in fretta possibile” esitò “Devo ammettere che condivido la posizione di Gellert: sarebbe meglio per tutti che Bellatrix abortisse. Senza contare che sarebbe anche il suo desiderio”
“Il suo desiderio è cambiato” ribatté Tom sfrontato “Vuole fare felice me”
Albus si morse la lingua. Non poteva permettersi di venire trascinato nel delirio di Gellert e Tom. Almeno lui doveva rimanere lucido “Nel frattempo che voi cercate di capire cosa volete, noi proveremo a capire chi potrebbe sostituire Bellatrix per il sigillo…”
“Non voglio essere sostituita!” intervenne Bella alzandosi in piedi in preda al panico “Ho lavorato duramente per tutto questo e non è giusto…”
“Sarebbe bastato non farsi ingravidare”
“Andiamo, Gellert” Albus prese Grindelwald per un braccio “Torneremo qui domani per aggiornarci sul da farsi” Gellert esitò per qualche istante, non convinto delle parole del partner. Non potevano semplicemente andarsene, rimandare… scosse la testa e si lasciò trascinare via nella smaterializzazione congiunta di Albus.   
Bellatrix riprese a piangere silenziosamente. Aveva lavorato duramente sulle rune e sul sigillo e ora qualcuno sarebbe arrivato a portarle via tutto mentre lei diventava più grossa di una balena? Mentre un essere dentro di lei si appropriava della sua magia, della sua vitalità, della sua…
“Padrone, vi supplico, non fatemelo fare” singhiozzò disperata “Non voglio. Non lo voglio”
Tom la osservò in silenzio per alcuni istanti.
Lo sgorbio mezzosangue, le parole di Gellert risuonavano dentro di lui. Era quello? Era quello a far disperare Bellatrix? Il fatto che… che lui era Mezzosangue… e anche loro figlio sarebbe stato…
“Ti vergogni?” le chiese minaccioso per poi afferrarla per i capelli.
Lasciala!” Andromeda si fece avanti. Non poteva credere che sua sorella Bellatrix fosse incinta, per di più di un uomo tanto violento e tossico ma non l’avrebbe lasciata sola…
“Tu taci!” urlò Tom zittendola con la magia non verbale “Allora Bella? Ti vergogni? Ti riempie di così tanto disgusto l’idea di avere un figlio da me?”
Bellatrix lo guardò confusa, senza capire che cosa stesse dicendo, perché all’improvviso si fosse adirato a quel modo.
“Se fosse stato di Selwyn lo avresti tenuto senza fiatare, vero? O ancora meglio, di Lestrange…”
A Bellatrix venne la voglia di vomitare al solo pensiero di avere un figlio da Rodolphus. Selwyn neanche poteva prenderlo in considerazione: non era mai esistito nessun Selwyn.  
“Io… no, Padrone, non voglio… non…”
“Ti disturba…” sibilò e la sua voce era così bassa che Bellatrix dovette sforzarsi per continuare a sentirlo “Il fatto che sarà un Mezzosangue, vero? Se invece fosse stato del tuo maritino purosangue…”
A Bellatrix quasi venne voglia di ridere, di nuovo. Non ci aveva neanche pensato al fatto che l’essere dentro di lei era un Mezzosangue. Non ci aveva pensato perché era il figlio del suo Signore e non aveva importanza lo status di sangue…
Veramente” si difese Bellatrix “L’unico motivo per cui non me ne sono sbarazzata prima è proprio perché è tuo. È una parte di te, non potrei mai, mai, uccidere una parte di te. Non m’importa dello…” non poteva credere di stare dicendo quelle parole. Lei era cresciuta con quelle convinzioni. Poteva sentire sua mamma e zia Walburga giudicarla per aver tradito Rodolphus Lestrange con Tom Riddle e poi essersi fatta anche mettere incinta “… non mi importa dello status di sangue… m’importa solo di voi, Padrone. Solo di voi…” cercò di rassicurarlo come poteva anche se ormai Bella aveva capito che alcune delle insicurezze del suo Padrone mai sarebbero andate via: si sentiva costantemente meno rispetto a lei quando si trattava del sangue e dava sempre per scontato come lei mai avrebbe voluto averlo accanto… perché lui era Mezzosangue. Prima di quell’avventura nelle schiere dell’Ordine della Fenice, Bella non aveva intuito quanto lo status di sangue del suo Padrone fosse importante per lui. Davanti agli altri Mangiamorte mai si dimostrava turbato da esso, mai si era dimostrato turbato da esso davanti a lei. Bella sapeva che Voldemort era un Mezzosangue ma… c’era anche tanto, molto, di più.
Tom la fissò, la mente di Bella era come sempre aperta, a sua disposizione. Non c’erano dubbi che gli avesse appena detto la verità: non le importava. Non le importava del fatto che avrebbe avuto dentro di sé un Mezzosangue. Tom sentì nascere dentro di sé un sentimento che non aveva mai provato. Forse non era poi così solo… forse a qualcuno importava di lui… senza dire una parola si chinò su Bellatrix, la fissò negli occhi per qualche istante. Aveva ancora lo sguardo lacrimoso, triste, perso, ma al di là di quello vedeva anche tutta l’adorazione che provava per lui. Sentì il pezzo di anima vibrare in modo piacevole, una sensazione nuova che non avrebbe saputo catalogare. Sentiva il bisogno di abbracciare Bellatrix ma lui non aveva mai abbracciato nessuno, non ne era capace. Si ritrovò a stringerle semplicemente le braccia con le mani poi, senza aggiungere una parola, unì la bocca a quella di lei. Aveva ancora le labbra umide dal pianto ma Bella rispose al bacio con entusiasmo, passione, bisogno.
Si sentì rinascere.
Approfondì il bacio facendo scivolare la lingua nella bocca del suo Padrone e portò le braccia intorno al collo di lui stringendolo con forza a sé.
Non se ne sarebbe mai più separata.
Voleva quel bambino? Gliel’avrebbe dato.
L’immortalità era loro.
Non lo avrebbe mai più lasciato solo.  

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Bellatrix si osservò allo specchio. Prima si mise di fronte poi si voltò e si mise di profilo, passandosi la mano sul seno e poi sul ventre. Socchiuse gli occhi. La sua immagine stava già cambiando… o forse no? Fece una smorfia, era confusa e non capiva se davvero ci fossero dei mutamenti oppure fosse tutto solo frutto della sua immaginazione.
Aveva acconsentito ad avere quel bambino col suo Padrone – poteva effettivamente andare contro al suo volere? – ma la verità era che lei non lo voleva.
Non voleva che il suo corpo subisse cambiamenti, non voleva che il suo rapporto con l’Oscuro Signore cambiasse. E sarebbe cambiato, era inevitabile.  
“Non pensare troppo”
La voce fredda dell’Oscuro Signore la colse di sorpresa; pensava fosse ancora assopito.
“Padrone” iniziò Bella titubante guardandolo attraverso lo specchio. Aveva il suo aspetto serpentesco e questo le bloccava la lingua ma doveva farsi coraggio, esprimersi e dire quello che desiderava.  
“Voglio rendervi felice e fare il vostro volere” chiarì Bella perché non voleva indispettirlo proprio ora che avevano riacquisito il loro rapporto, anzi, proprio ora che il loro rapporto era migliore che mai.
“Ma?” domandò Voldemort alzandosi in piedi e raggiungendola di fronte allo specchio, alzò un sopracciglio fissando Bella nel riflesso “Non vuoi il bambino” concluse freddo, socchiudendo gli occhi.
Per qualche motivo che Bellatrix proprio non capiva, l’Oscuro Signore sembrava essere contrariato dal fatto che lei non volesse figli. Come se fosse una novità! Non ne aveva mai voluti, era sempre stato motivo di scontro con i suoi genitori prima e con Rodolphus poi. E ora… ora si dimostrava sorpreso? Lui che era sempre stato dalla sua parte perché la voleva una guerriera?
Bellatrix abbassò lo sguardo, colpevole. Non lo voleva e quello non sarebbe mai cambiato.
“Non è che non lo voglio” provò a spiegarsi “Posso anche averlo… solo… solo non lo voglio dentro di me, non voglio che il mio corpo sia di quest’essere per nove mesi”
“E quale sarebbe la tua soluzione?”
Bella spostò il peso da un piede all’altro, a disagio. Non aveva una soluzione; da che mondo e mondo erano le donne a portare a termine la gravidanza.
“Non possiamo… non possiamo rapire un bambino…”
“Bella” sibilò Tom afferrandola per le spalle e facendola voltare verso di lui con forza “Non voglio tu tenga questo bambino per un improvviso desiderio di paternità. Quello che voglio è il collegamento con lui, il sangue, le anime… il collegamento con te” mise particolare enfasi su quelle ultime parole perché sapeva sarebbero state quelle che avrebbero fatto capitolare Bella “Un altro legame con questo mondo, un’altra pietra verso l’immortalità… la prima pietra verso l’immortalità anche per te, Bellatrix” posò le sue labbra sul collo candido della strega e prese a baciarglielo e a morderlo “Non vuoi essere immortale? Non vuoi passare la tua esistenza con me?”
Bellatrix chiuse gli occhi e lasciò andare il capo all’indietro, offrendoglisi in modo spudorato.
“Certo che voglio” esalò già eccitata sia dal suo tocco sia al pensiero di passare tutta la sua esistenza con l’Oscuro Signore “Ma non voglio che il mio corpo cambi” insisté, cercando di mantenersi lucida perché l’idea di essere incinta col pancione e non poter combattere la stava distruggendo. Dopo tutti quei mesi passati incessantemente a lavorare al sigillo? Tutti quei mesi passati a sopportare Molly Weasley?
“Mio Signore… vi prego… tutto… tutto… tranne quello”
Voldemort le morse con più forza il collo; le era mancato marchiarla, farla sua. Il pensiero di Selwyn che la prendeva, il pensiero di averla persa, era stato intollerabile ma ora Bella era lì, tra le sue braccia, con in grembo il figlio che avrebbe sigillato la sua immortalità. La sua e quella di Bellatrix.
“Se trovassi il modo di… estirpare il feto ma mantenerlo comunque in vita… andrebbe bene, Bella?” le sussurrò all’orecchio Tom “Dovremmo poi crescerlo… ma il tuo corpo non cambierebbe”
“E potrei occuparmi del sigillo?”
Tom sorrise contro il collo di Bella, candido ma ormai devastato dai suoi morsi “Potresti”
“Conoscete il modo?”
Tom esitò “Non ho mai pensato a incantesimi di questo tipo… dammi qualche settimana”
“Ma lo sento… lo sento dentro di me che cresce e mi risucchia!”
Tom si scostò un poco da lei “È una parte di me, Bella”
Bellatrix scosse la testa con forza “È diverso… non siete voi
“Lo diventerà quando avrò finito di occuparmi di lui, quando diventerà un pezzetto del progetto per la mia immortalità. Fai un piccolo sacrificio, Bellatrix. Fallo per il tuo Signore e Padrone”
Bellatrix chinò il capo. Era pronta a capitolare e l’Oscuro Signore lo sapeva. La conosceva troppo bene, sapeva che non sarebbe mai riuscita a dirgli di no.
Mai.
Bellatrix annuì, rassegnata.
Voldemort le sorrise freddamente, vittorioso. Sapeva di averla manipolata e sapeva che Bellatrix stava accettando solo ed esclusivamente per lui. quel pensiero, invece di farlo inorridire, andava solo ad alimentare il suo senso di potere e narcisismo.
“Bene, andiamo a dare la lieta novella a tutti”
Bellatrix seguì l’Oscuro Signore in cucina col cuore pesante. Si sentiva a disagio e quasi in imbarazzo, eppure essere incinta era qualcosa di normale… normale ma non per lei, non per lei che era una strega oscura, una guerriera, non di certo una Molly Weasley qualunque.
“Buongiorno!” esclamò gioviale la signora Weasley non appena li vide mettere piede in cucina. Era già piuttosto tardi, la stanza era gremita di persone; il fallimento della missione aveva fatto il giro tra tutti i membri dell’Ordine della Fenice, il motivo, poi, era sulla bocca di tutti e nessuno ne sembrava entusiasta. Solo Molly Weasley, date le circostanze, sembrava essere relativamente tranquilla e non avere quell’espressione di paura e tormento. Le vibrazioni dei Druidi erano aumentate, la loro sortita aveva quasi avuto l’effetto opposto a quello desiderato. Non potevano più indugiare oltre ma se Bellatrix non poteva occuparsi del sigillo, chi ne sarebbe stato in grado?
“Sei pronta ad abortire?” chiese Gellert aggressivo come Bella e Tom furono in cucina. Era appoggiato alla parete vicino al camino, ben lontano da Silente.
Gli occhi di Tom luccicarono, che i due avessero litigato? Quella poteva essere solo una buona notizia. Più i due erano distanti, più sarebbe stato facile soggiogarli quando fosse stato il momento. Il fatto che avessero abbandonato lui e Bella non appena la situazione coi Druidi si era complicata non aveva lasciato Tom indifferente. Anzi, lo aveva riportato alla realtà: era solo, Bella era la sua unica e vera alleata. Era circondato da nemici, nemici che si sarebbero disfatti di loro alla prima occasione e che non avrebbero esitato a lasciarli morire.
“Gell…” lo riprese Albus calmo, quasi stanco, come se avessero passato la serata a discutere proprio di quello “Non sono cose che ti riguardano”
“Riguardano tutti noi, Silente!”
“Per la prima volta, sono d’accordo con Grindelwald” s’inserì Sirius “Sono mesi che sopportiamo la presenza di questi due perché pensavamo fossero la nostra unica soluzione. E ora? Ora che mia cugina è incinta sarà stato tutto invano?” strinse i pugni “Ho fatto convivere Harry con l’assassino dei suoi genitori per nulla? James e Lily, Silente! Ricordati di loro!”
Tom si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo nauseato. Non gliene importava nulla dei Potter, gli importava solo di come quel damerino biondo da strapazzo potesse pensare di avere diritto di decisione sul corpo di Bellatrix… della sua Bella e di quello che era la chiave per l’immortalità.
“Bella non abortirà” interruppe Tom fermandosi proprio davanti a Grindelwald e guardandolo negli occhi “Porterà a termine la gravidanza, mi darà il bambino”
Gellert scosse la testa e fece una smorfia irata “Siete due irresponsabili. Da quando poi vuoi diventare padre? Ti rendi conto che moriremo tutti?”
Tom sogghignò “Io no di certo, Gell
Gellert si staccò dalla parete e avanzò verso Riddle. Gli prudevano le mani, voleva solo tirargli un pugno in faccia e farlo stare zitto. Sì, al modo Babbano.
“Gell…”
“No, Albus” Grindelwald si volse con uno scatto verso di lui “Se non facciamo nulla andremo incontro a morte certa. Tutto perché questo psicopatico, megalomane e narcisista all’improvviso ha l’istinto paterno?” fece una pausa “Perché non capisci? Perché non capisci che siamo tutti condannati?” si morse le labbra “Non possiamo permetterci nove mesi!
“Non possiamo decidere del corpo di un’altra persona!” ribatté Silente con decisione.
Grindelwald sgranò gli occhi “Ma non hai capito? Non hai capito che l’ha manipolata?” i suoi occhi dardeggiarono verso Bellatrix e poi su Tom. Fece un sospiro profondo poi riportò l’attenzione su Albus “O forse sei così accecato dal sentimento che provi per lui da non renderti conto di quanto sia marcio?”
Tom corrugò le sopracciglia e non riuscì a bloccare un’espressione sorpresa.
Il sentimento che prova per me? Pensò confuso guardando di sottecchi Silente che d’altro canto gli aveva rifilato un’occhiataccia ammonitoria. Tom si morse le labbra nel tentativo di trattenersi dal ridere.
Oh sì, avevano litigato e il damerino da strapazzo era geloso, perfetto. Andava oltre ogni sua più florida immaginazione. Silente e Grindelwald separati dalla gelosia, lui e Bella più uniti che mai e i membri dell’Ordine divisi e delusi… delusi da San Albus Silente…
Sentimento?” saltò su Sirius “Albus guarda che…”
Tom chiuse gli occhi nel tentativo di rilassare il respiro. Ma come poteva trattenersi? Si poteva essere così idioti? Aveva voglia di ridere.
“Non c’è nessun sentimento”
“Oh no, Albus, mi spezzi il cuore” non riuscì a trattenersi, Tom “Pensavo ci saremmo sposati e saremmo andati a vivere in campagna insieme”
“Tom” Silente lo ammonì per l’ennesima volta “Non è il momento di scherzare”
“Lo so bene, Albus, dillo ai tuoi amichetti che sono qua a perdere tempo parlando di una cosa che non ha mai avuto nessuna importanza”
“Nessuna importanza per te, forse” sbottò Gellert.
Tom alzò un sopracciglio. Perché Grindelfart all’improvviso era così convinto che il suo amato Albus si fosse divertito quella notte di tanti anni fa?
“E neanche per il tuo Al” gli sembrava anche sciocco precisarlo, eppure tutti sembravano convinti che Silente provasse qualcosa per lui. Come se l’erano fatta quell’idea balzana?
“No?” chiese Tom rivolto a Silente per conferma perché quasi, quegli stolti, gli stavano facendo venire i dubbi pure a lui.
“Ti ci metti anche tu?” chiese Silente “No, certo che no!” chiarì con veemenza “Non avresti dovuto dirlo, avresti dovuto tenere la bocca chiusa”
Tom incrociò le braccia “Non è un problema mio se hai i segretucci con il tuo amante”
“Non dovevi tirare fuori la questione!”
“Io invece sono contento l’abbia fatto” s’intromise Gellert “Tu non me lo avresti mai detto, perché?”
“Perché non ha avuto importanza. Perché non stavamo insieme. Perché abbiamo altre priorità al momento”
“Però stavi con me, Albus”
La voce di Elphias era bassa, quasi un sospiro.
Tom si volse verso quel mago anziano, un po’ curvo a causa degli anni, un’espressione stanca in viso. Non gli aveva mai rivolto più di mezzo pensiero, le sue abilità magiche non sembravano essere particolarmente degne di nota… era un mago privo di qualsiasi attrattiva sotto ogni punto di vista (magico, intellettuale, fisico): non aveva mai saputo fosse stato il partner di Albus Silente.
“È così, Albus, noi due ci stavamo riavvicinando… e tu… mi hai tradito” Elphias sembrava aver perso il suo contegno, guardava Silente con disgusto “E ora ti preoccupi di più di un mago oscuro che ha passato la maggior parte della sua esistenza a Nurmengard che di me col quale hai condiviso la maggior parte della tua vita”
Albus rimase in silenzio, paralizzato.
Elphias aveva ragione.
Si sentì male nel constatare come avesse fatto soffrire, senza accorgersene, senza volerlo, il suo migliore amico, l’uomo col quale aveva condiviso tanto… tutto. Ma non lo aveva mai amato, non in quel senso, ed Elphias lo aveva sempre saputo. Aveva sempre saputo che il sentimento che provava per lui non aveva niente a che vedere con l’amore appassionato, quello che ti prende e ti stravolge la vita. Quello che Albus provava per Elphias era un sentimento tiepido, quasi di convenienza.
“Mi dispiace” mormorò Albus guardando fisso Elphias negli occhi. Vide come l’amico si stesse trattenendo dal mettersi a piangere e il cuore di Albus perse un battito. Voleva bene ad Elphias… ma con Gellert… era diverso.
“Oh Albus sei proprio un…” ma Tom non fece in tempo a finire la frase che si sentì afferrare per la veste e sbattere contro il muro. La mano di Silente era attorcigliata al bavero della sua veste e il pugno premeva sul collo non consentendogli di respirare in modo adeguato.
Tom affondò le unghie nel pugno di Silente nel tentativo di fargli allentare la presa. Non si sarebbe mai aspettato un gesto tanto convulso e violento dal Preside di Hogwarts.
“Non ci hai pensato, vero?” gli ringhiò contro Albus.
Tom non aveva mai visto perdere la sua flemma a quel modo, sembrava un’altra persona. Mentre boccheggiava per riprendere respiro, la mano di Tom si chiuse sull’impugnatura della sua bacchetta.
“Non ci hai pensato ai sentimenti delle persone coinvolte prima di fare la tua rivelazione” gli stava parlando a un palmo dal viso “Tu ti preoccupi solo di te stesso, null’altro ha importanza per te”
Tom si dimenò e si liberò dalla presa di Silente sfoderando la bacchetta “Non è un problema mio se invece di dire la verità alle persone che sono nella tua vita le manipoli pur di farle stare vicino a te” gli sibilò velenoso “Ti professi diverso da me; invece, sei esattamente uguale… solo meno… bravo nel farlo
Albus tirò fuori la propria bacchetta con lentezza, un’espressione disgustata in viso.
Gli abitanti di Grimmauld Place numero 12 fissavano la scena inorriditi e shockati perché se quei due si fossero messi a duellare…
“Albus” s’intromise Gellert mettendosi tra i due “Lascia stare” gli intimò scuotendo la testa. Avrebbe voluto schierarsi con Albus, tirare fuori la propria bacchetta e dare una lezione a quel maghetto da quattro soldi che tanto si vantava di essere il più grande Mago Oscuro ma, ora che Gellert vedeva come Albus avesse perso la propria pacatezza, capiva che doveva essere lui quello forte per entrambi. Non ci sarebbe stato nessun vincitore da quel duello, ne era più che consapevole. Perché anche avessero battuto Voldemort, come avrebbero fatto a occuparsi dei Druidi senza di lui? Senza contare che… beh, Voldemort al momento era immortale e su quello, c’era davvero poco da discutere.
“Mio Signore” s’intromise Bellatrix afferrandogli il braccio che non teneva la bacchetta “Non… non possiamo sostenere questa situazione” gli mormorò di modo che fosse solo lui a sentirla “Io non posso esservi di aiuto alcuno con questo… questo… coso dentro di me”
Tom indurì la mascella, gli occhi puntati su Silente e sul suo amante che stava cercando di farlo ragionare. Chiuse gli occhi e dietro le palpebre, ancora una volta, gli balenarono immagini di Hogwarts, di quel Potter.
“La Umbridge legge la tua posta, non c’è altra spiegazione”
“Quindi è lei che ha attaccato Edvidge…”
“Come facciamo a dire a Felpato di non rifarlo senza farci intercettare di nuovo?”
Tom scosse la testa come per scacciare una mosca, aprì gli occhi e si concentrò su Black per qualche attimo, confuso.
“Mi dispiace non esservi d’aiuto, mio Signore. Io…”
“Fai silenzio, Bella” borbottò Tom. Cercò di regolarizzare di nuovo il respiro e di ritornare in quella cucina. C’era qualcosa di bizzarro in quella connessione con Potter. In primis, perché esisteva? Era come… come se… poteva essere? No… non poteva… non aveva senso…
“Dico che dobbiamo prenderci tutti una pausa di riflessione” disse infine Gellert, mantenendo una mano sulla spalla di Albus “In queste condizioni non siamo in grado di fare nulla” si volse verso Tom “E devo dire che il merito è tutto tuo”
Mio?” chiese Tom con una smorfia “E per quale motivo, di grazia?”
“Tu hai voluto mettere zizzania tra Albus e me, tu hai messo incinta Bellatrix”
“Io non volevo mettere nessuna zizzania” ribatté Tom con fare innocente “Non è colpa mia se non siete sinceri l’uno con l’altro e, una cosa successa secoli fa e per giunta di nessuna importanza, può mettere a rischio la vostra relazione”
Gellert gli voltò di nuovo le spalle. Doveva cercare di mantenersi calmo ora che Albus aveva perso le staffe.
“Ha ragione… ha ragione lui” s’intromise Elphias ancora scosso, non voleva lasciare le cose come stavano “Ha ragione nel dire che Albus…”
“Elphias” Albus aveva tutta l’attenzione su di lui “Mi dispiace” era sincero. Se c’era una persona al mondo a non meritarsi quello, era proprio Elphias “Dammi modo di spiegare”.
Gellert si allontanò da Albus. Fece dardeggiare il suo sguardo da Doge a Silente poi si rivolse a Tom “Tornando a cose importanti” disse alzando la voce e non dando modo a Doge di rispondere ad Albus. Non voleva che quei due si chiarissero, non voleva che potessero riavvicinarsi. “Dobbiamo trovare una soluzione. Volete tenere il bambino, abbiamo capito, ma questo ci riporta al punto di partenza con la differenza che, come ben sai, di tempo non ne abbiamo più”
“Ho già trovato una soluzione” rispose Tom “Bella non vuole tenere il bambino”
“Pensavo avessi detto che lo volevate?” domandò sempre più confuso Gellert.
“Lo teniamo… non dentro Bella, però”
Gellert fece una smorfia, non era sicuro di voler sapere cosa quel pazzo volesse dire.
“In che senso… non dentro Bella?” s’intromise Molly “Dove, allora?”
Tom si strinse nelle spalle “Non so ancora bene come, non so i dettagli…” s’interruppe “Bellatrix non vuole che il suo corpo cambi, non vuole che il bambino stia dentro di lei”
“È lì che stanno i bambini, però” interruppe Gellert.
“Beh, non il nostro” ringhiò Tom.
Gellert lo soppesò per alcuni istanti, poi si strinse nelle spalle. Tutto sommato, cosa gliene importava? Se quei due volevano fare esperimenti di magia oscura con lo sgorbio che avevano creato che si accomodassero pure.
“Ok” disse lentamente “Quando possiamo riprovare il sigillo?”
“Non lo so”
Gellert assottigliò lo sguardo, lo stava prendendo in giro?
“Quando… quando le leverai il bambino dalla pancia?”
“Quando saprò farlo senza ammazzare il feto” rispose Tom con fare ovvio.
Gellert spalancò la bocca “Quindi ancora non sai né come né quando?” perse di nuovo le staffe “Lo volete capire che non abbiamo più tempo?”
“Credi che non lo sappia?”
“Beh, no, considerando come vi state comportando, quali sono le vostre priorità…”
“La mia priorità è non morire”
“E allora dovresti levarle quel coso dalla pancia!”
“Lo farò” ribatté Tom a denti stretti “Quando saprò levarglielo e farlo sopravvivere”
Gellert scosse la testa nauseato “Non possiamo aspettare… anzi… dovremmo andare a fare un sopralluogo, capire quali sono stati i danni che abbiamo fatto, capire se il nostro piano potrebbe ancora funzionare oppure no”
“Potete andare tu e Albus” propose Tom “Una gita romantica potrebbe consolidare il vostro rapporto”
Gellert sbuffò, lo avrebbe volentieri preso a schiaffi.
“Va bene” disse invece Albus. Sembrava aver superato il momento di ira di qualche attimo prima. La sua espressione era rilassata, tranquilla ma decisa.
Silente annuì “Gellert ed io andremo in Irlanda, cerchiamo di capire com’è la situazione, nel frattempo tu risolverai la questione con Bellatrix… e quando saremo di ritorno qua… deve essere risolta, il come non mi interessa”
“Affare fatto” rispose Tom con un sorriso “Se vuoi un bacetto di buon viaggio non esitare a chiedere”
Gli occhi di Albus luccicarono poi si volse Doge.
“Elphias…” s’interruppe, non sapeva come continuare “Dobbiamo parlare…”
Elphias gli rivolse un lungo sguardo, dapprima pieno di disgusto e rabbia poi, come se dentro di sé stessero avvenendo ragionamenti estranei a chiunque altro, il suo sguardo si distese “No” disse a bassa voce ma con decisione “Non dobbiamo fare nulla. Quello che hai da dire non mi interessa” e, senza aggiungere altra parola, si smaterializzò.

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Perdonate quest'orribile ritardo ma tra il viaggio in Italia e il ritorno a Tokyo non ho avuto un attimo libero rivedere i capitoli... il prossimo spero di pubblicarlo il prossimo weekend, alla fine si tratta solo di correggerlo, dato che è già scritto. 
Grazie a tutti voi che continuate a seguirmi e se vi va, fatemi sapere che ne pensate :) 
Buona domenica e a presto!
Clo
 

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Tom non avrebbe saputo dire per quanto tempo fosse rimasto a fissare quella pagina di Medimagia. Il suo cervello continuava a sconnettersi, la sua testa sembrava piena di voci. Un po’ c’era la questione Potter un po’…
Sono stato a contatto con i Druidi da prima.
Ora che era andato in Irlanda e aveva sentito la loro magia da vicino, non c’erano davvero più dubbi sul fatto che, in qualche modo, lui fosse stato… uno di loro?
Ma se sono sempre stati confinati ad Atlantide, com’è possibile che io sia stato lì?
La memoria continuava a non tornargli, se non per sprazzi rari in cui vedeva volti oscuri che lo incitavano a utilizzare la magia senza la bacchetta.  
Se davvero fossi in grado di utilizzare la magia druidica potrei essere in grado di sbarazzarmi di Scemente e Grindelfart… e se io fossi un alleato dei Druidi, in realtà? Se tutto ciò che sta succedendo sia qualcosa che ho pianificato con loro?
Tom corrugò le sopracciglia. Dubitava potesse essere il caso: così fosse, quasi sarebbe stato solo uno strumento nelle mani dei Druidi e lui non accettava di essere lo strumento di nessuno. Quale altra spiegazione poteva esserci? E se non fosse stato un loro alleato, com’era riuscito a scappare dalla loro prigionia? Non riusciva a raccapezzarsi. Si portò una mano sulla tempia con un sospiro, stufo di tutti quei pensieri che si accalcavano e che non avevano senso.
I pensieri di Potter.
I Druidi.
“Nessuno sviluppo, mio Signore?” chiese Bellatrix per l’ennesima volta.
E ora anche un figlio.
Era passata appena una giornata; Tom lavorava alacremente nella speranza di trovare la soluzione ma, per quanto gli costasse ammetterlo, forse era ben più complicato di quanto avesse pensato in principio. Non aveva mai esplorato quella branca della magia – perché mai avrebbe dovuto? – conseguentemente si ritrovava spaesato. Era sicuro che ciò che aveva in mente si potesse fare ma tra il dire e il fare…
“No, Bella, nessuno sviluppo” rispose a denti stretti.
Bellatrix gli poneva quella domanda ogni ora, nonostante fosse ovvio che sarebbe stata comunque la prima a sapere del suo successo, quando (o se?) fosse arrivato alla soluzione “E comunque non mi aiuti con queste continue domande e interruzioni” precisò velenoso.
Bellatrix aprì la bocca per ribattere, mica era lui ad avere dentro di sé un ospite non gradito, ma poi la richiuse senza emettere fiato. Poteva forse permettersi di indisporlo?
La cena è pronta!” la voce squillante di Molly Weasley li raggiunse in soffitta.
Bellatrix roteò gli occhi esasperata. Non voleva scendere in cucina insieme agli altri, non sopportava le loro occhiate, i loro commenti, non sopportava più nessuno, aveva raggiunto il limite. Si sarebbe voluta mettere a pestare i piedi e rifiutarsi di andare oppure, in alternativa, scendere e uccidere tutti quei traditori.
“Non fare la bambina” la riprese stancamente Tom, annoiato dall’atteggiamento di Bellatrix che diveniva via via più bambinesco.
“Quando potrò ucciderla, Padrone?” sussurrò Bella mentre scendevano le scale sotto lo sguardo ormai vuoto delle teste mozzate degli Elfi Domestici.
Tom la ignorò, avrebbe voluto risponderlo presto ma, più passava il tempo, più aveva difficoltà a focalizzare cosa sarebbe successo dopo. Ammesso e non concesso che la faccenda dei Druidi fosse ancora risolvibile – inutile girarci troppo intorno Grindelfart e Scemente avevano ragione: avevano perso tempo prezioso, stavano perdendo tempo prezioso. O magari a lui la questione nemmeno riguardava poi così direttamente? Se davvero era un loro alleato… ma non poteva essere… Scosse la testa infastidito, Potter…
“Bella…” iniziò Tom bloccandosi di colpo sulle scale facendo quasi inciampare Bellatrix su di lui
“Devo dirti una cosa”
Bellatrix sentì il proprio cuore accelerare. Non importava quanto fosse stupido anche solo immaginarlo però… con un figlio in arrivo… c’era sempre la possibilità, no?
“C’è qualcosa che non va”
Bellarix deglutì, ritornando alla realtà. Batté le palpebre per meglio visualizzare il viso del suo Signore nella penombra.
“Qualcosa che non va?” ripeté dato che Tom rimaneva in silenzio. Attese paziente per qualche attimo poi, dato che l’uomo continuava a rimanere in silenzio, decise di incalzarlo “Cosa, Padrone?”
Vedo Potter”
Bellatrix corrugò le sopracciglia.
Vedo Potter?  Cosa doveva rappresentare questa improvvisa e sconclusionata confessione?
“In che senso, mio Signore?”
Tom si portò una mano alla tempia “La mia testa è piena delle sue fesserie, sento preoccupazioni… sentimenti… che non mi appartengono”
Bellatrix rimase in silenzio, non sapendo come rispondere. Anzi, sapeva cosa dire ma doveva fare attenzione, il suo Signore sapeva essere particolarmente suscettibile.
“Suppongo…” iniziò Bella titubante “Abbia a che fare con la cicatrice di Potter?”
“La cicatrice?”
“A Potter… faceva male la cicatrice? E diceva… diceva di sentire…”
“Cosa stai farneticando?”
Bellatrix distolse lo sguardo dal viso del suo Padrone. Aveva sentito quel moccioso confidarsi con Sirius e con gli altri inutili marmocchi.
“Credo siate connessi. Anche Potter sente quello che… provate voi…”
“Io non provo niente” sibilò Tom risentito. E tuttavia… tuttavia le parole di Bella avevano senso.
Valla a prendere se lei è così importante per te.
Così aveva detto Potter.
Siamo connessi.
Ma cosa significava? Come era successo? Aveva ragione Bellatrix? Aveva a che fare con la cicatrice? La cicatrice… già, perché aveva quella cicatrice? Era una connessione mentale? E se fosse stato… ma come poteva essere? Non aveva fatto l’incantesimo…
Ancora una volta, le emozioni sembrarono sopraffarlo. La gola gli si chiuse, si appoggiò al muro perché pensava sarebbe ruzzolato dalle scale se non avesse avuto qualcosa a sostenerlo, si sentiva come se fosse sul punto di un deliquio.
“A TAVOLA!”
L’urlo di Molly lo fece come rinvenire e si ritrovò ad avere Bellatrix a un palmo dal naso.
“Mio Signore, vi sentite bene?”
“Sì”, mentì Tom allontanandosi prontamente da lei “Scendiamo, prima che Molly ci venga a prendere”
“Oh, finalmente!” sbottò Sirius non appena li vide mettere piede in cucina “Lo sapete che Molly non vuole che s’inizi a mangiare se non siamo tutti presenti”
“Perdonateci” rispose diplomatico Tom “Ero concentrato a trovare una soluzione”
“E tu, Bella?” chiese Sirius, un sorrisetto sarcastico sul viso “Hai già dato la lieta notizia alla famiglia?”
Bellatrix scoccò un’occhiataccia al cugino “Intendi Narcissa?”
“Oh no” rispose Sirius scuotendo la testa “Narcissa è una razzista e snob del cazzo… ma non è lei che avrebbe la reazione più divertente”
Bellatrix strinse le labbra poi si concentrò sul piatto davanti a sé, doveva ignorare Sirius che si divertiva così, a punzecchiarla.
“Mi riferivo alla tua cara zietta preferita, Walburga”
Bella fece una smorfia “Come tu saprai meglio di me, tua madre è morta”
“Ma il suo essere vive nel ritratto che sta sopra!” rispose gioviale Sirius “Credo proprio dovresti andare da lei e darle la lieta notizia… dirle che aspetti un Mezzosangue, ne sarà entusiasta”
Bella lo ignorò eppure le parole di suo cugino, in qualche modo, facevano breccia. Perché se da una parte non le importava affatto dello status di sangue del suo Padrone, dall’altra… dall’altra… s’immaginò zia Walburga e sua madre Druella mentre apprendevano la notizia.
Be’, anche voi ve lo siete fatto! Siete gelose perché ha scelto me e non voi! S’immaginò così, Bella, mentre le affrontava entrambe.
Farci un giro è un conto… rispondeva però zia Walburga
Farsi mettere incinta da un Mezzosangue… un altro… completava sua madre Druella.
“Forse dovresti anche spedire un gufo ad Azkaban, tuo marito Roddie deve essere al settimo cielo nel sapere che mentre lui affronta i Dissennatori tu ti dai alla pazza gioia con il vostro capo”
Finiscila Black” intimò Tom “Niente di tutto questo ti riguarda”
“Credo invece mi riguardi eccome. È mia cugina, tu hai attentato al suo onore”
“E se non chiudi quella bocca attento anche alla tua vita” lo minacciò subito Tom, stava finendo la pazienza. I Druidi, il bambino, la connessione con Potter… tutte problematiche, tutte della stessa importanza. Era sopraffatto.
“Dacci un taglio Sirius” intimò anche Andromeda come vide che il cugino stava per ribattere “Non è il momento”
“E quindi dobbiamo farci andare bene questa pagliacciata in silenzio?”
“No, sto dicendo che ci sarà tempo per parlarne… non ora”
Scese uno spiacevole silenzio del quale però Tom non si curò minimamente. Era concentrato sulla connessione con Potter, non riusciva a capire come potesse essere successo. Doveva avere a che fare con la notte in cui aveva attentato alla sua vita… ma c’era qualcosa di bizzarro, estremamente bizzarro…
Lily Potter si era frapposta tra lui e il piccolo Harry, facendogli da scudo, gli aveva dato protezione. Per questo motivo la sua Maledizione gli era rimbalzata addosso, privandolo del corpo, dei poteri… era rimasto in vita solo grazie agli Horcrux… e quindi… quindi perché Potter era connesso a lui? perché riuscivano a vedere uno nella testa dell’altro? Gli sfuggiva qualcosa, ma non capiva cosa, cosa… perché? La risposta sembrava solo una ma non poteva essere…
“Tom?”
Tom alzò gli occhi dal proprio piatto, facendo scorrere lo sguardo lungo al tavolo ma tutti erano straniti, si guardavano intorno.
“Tom?”
L’attenzione di Tom si concentrò sulla porta d’ingresso dove stava una donna cenciosa che mai aveva visto in vita sua. Si alzò in piedi, una mano nella tasca della veste a stringere la bacchetta. Chi poteva essere? Faceva parte dell’Ordine della Fenice? Ma perché lo chiamava Tom con quel tono… tono… quel tono che usava solo Bella…
La donna corse verso di lui e lo strinse in una morsa. Tom si guardò intorno in cerca di aiuto. Bellatrix stava guardando la scena come se stesse assistendo a un film horror.
“Non mi riconosci?”
“No…” balbettò Tom scrollandosela di dosso “Chi è?” chiese a Molly Weasley.
Molly guardò con attenzione la donna, si strinse nelle spalle “Non lo so, caro” anche lei stringeva la bacchetta e tutti erano in guardia. La donna non sembrava affatto pericolosa ma nessuno di loro la conosceva. Come poteva essere lì se la casa era sotto Incanto Fidelius?
“Farà pur parte dell’Ordine se può entrare qua dentro”
“Mai vista in vita mia”
“Chi sei?” domandò Tom direttamente a quella strana donna. Era bassa, ricurva come se dovesse proteggersi da qualcosa, aveva i capelli spenti color topo e gli occhi strabici.
“Come chi sono, sciocchino” rise di una risata rauca, come se la sua gola non fosse abituata a emettere quel tipo di suoni “Sono tua moglie, no?”
Tom sgranò gli occhi. Di atti osceni nella vita ne aveva commessi molti ma non… quello proprio no.
“Come, prego?” domandò Tom.
Sentiva il respiro di Bellatrix farsi pesante e la magia iniziare già a fuori uscire da lei “Non darle retta, Bella” disse rivolto verso di lei prima che potesse fare qualche gesto inconsulto. Perché andava bene torturarla ma quello… quello… non glielo avrebbe mai perdonato “Non è vero
Il viso di quella strega tremò mentre i suoi occhi strabici si spostavano su Bella “Dopo Cecilia hai trovato un’altra? Sempre a guardare l’aspetto esteriore… ma intanto hai sposato me, né quella Cecilia né questa Bella
“Non ti conosco” ribatté Tom.
Una parte di lui voleva tirare fuori la bacchetta e freddarla, quell’aspetto cencioso, trasandato, lo infastidiva e disgustava, per non parlare delle parole che uscivano da quella bocca pestilenziale. Eppure… eppure… qualcosa lo stava trattenendo. C’era qualcosa in quella donna che… che…
“Chi sei?”
“Tua moglie, te l’ho già detto” rispose con tono piatto. Se dapprima la sua voce era stata squillante, felice, ora sembrava quasi aggressiva “Hai preso la tua tazza di tè stamane?”
Tom batté le palpebre sempre più confuso “Avrai pur un nome”
“Merope, no?”
Merope… perché quel nome gli ricordava qualcosa? Fece schioccare la lingua sui denti.
“Padrone… chi è?” la voce di Bella era intrisa di una disperazione mai sentita prima.
“Non riesco a ricordarmi” rispose Tom.
Perché quel nome gli diceva qualcosa… ma da lì a sposarsi quell’ammasso di stracci ci passava una vita “Di sicuro non mia moglie” chiarì “Bellatrix, mi conosci, lo sai”
“Pensavo anche non vi interessassero gli uomini” sbottò Bellatrix “Ma poi scopro che siete stato con Silente!”
“Non mi interessano gli uomini. Né, tanto meno, m’interessa Silente!”
“Chi è questa?”
“Ti ho detto che non lo so!” sbottò Tom esasperato.
Eppure, doveva pur essere qualcuno. Lo aveva riconosciuto subito… ma nessuno… nessuno mai aveva pronunciato il suo nome, il suo vero nome – Tom  – con così tanto… tanto…
“Sono tua moglie, Tom” rispose Merope avvicinandosi di qualche passo “E se avessi preso la tua tazza di tè te ne ricorderesti. Abbiamo litigato… litigato perché non volevi il bambino”
“Mi stai confondendo con qualcun altro” rispose Tom, di getto “Merope… e il cognome?” proseguì nel disperato tentativo di capire. Se quella avesse continuato a parlare Bellatrix avrebbe prima ucciso lui e poi lei, ne era certo. Anche la Legilimanzia con quella donna non funzionava: era strano, come se non fosse… come se non fosse una persona? Non aveva niente, non trovava nulla, c’era solo un vuoto sconfinato.
Gaunt, no? Ci siamo conosciuti a Little Hangleton…”
Tom sgranò gli occhi.
Gaunt.
Gaunt.
Ma non poteva essere… quella non poteva essere sua… era morta.
“Non è possibile” si girò verso Bellatrix, sperando che anche lei avesse fatto due più due. Non gli importava di tutti gli altri che continuavano a osservare la scena ammutoliti ma lei… Bella doveva aver capito, no?
“Gaunt” ripeté Bella come se il suo cervello avesse bisogno ancora di qualche secondo per giungere alla conclusione. Ma poi i suoi occhi si riempirono di quella che Tom capì essere consapevolezza. Bella si girò di scatto verso quella donna cenciosa, strabica, brutta, sproporzionata.
Ma era morta. Il suo Signore gliel’aveva sempre detto…
“Non sono tuo marito” disse Tom in un soffio, senza capire come fosse possibile che quella donna fosse lì, di fronte a lui. Senza neanche sapere cosa fosse giusto provare.  
Era morta.
Era morta mettendolo alla luce.
Ma in effetti non è qui, cercò di ragionare con freddezza e lucidità, fosse realmente lei riuscirei a praticare la Legilimanzia. Anche fosse una perfetta Occlumante dovrei sentire qualcosa e invece…
“Certo che lo sei” rispose Merope, un tono di voce duro “Lo so che non vuoi il bambino…”
Tom deglutì.
Il bambino non voluto era lui.
Si girò verso Bellatrix, di nuovo. Se prima Bella era infuriata e disgustata ora sembrava quasi allarmata, preoccupata per lui.
“Padrone…” ma non sapeva cos’altro dirgli perché quella situazione non aveva senso.
“Potete spiegarci cosa sta succedendo?” chiese Molly confusa facendo rimbalzare lo sguardo da Tom, Bellatrix e quella Merope “Chi è questa ragazza, Tom, caro?”
“Sua moglie!” rispose testarda Merope “Tu sei Tom Riddle e io sono tua moglie, Merope Gaunt”
“Il mio nome…” iniziò Tom a disagio col cuore che gli batteva in petto come un tamburo “Il mio nome completo è… Tom Orvoloson Riddle”
Merope socchiuse la bocca.
“Tom… Orvoloson… Riddle…?” ripeté come allucinata. Rimase in silenzio a fissarlo per alcuni istanti, sembrava incredula, come se non potesse credere a quelle parole “Sei nato” aggiunse infine, una vena di rammarico nel suo tono.
Tom non poté fare a meno di constatare come non fosse particolarmente felice di quella scoperta.
“Sono nato” confermò Tom “E tu sei morta”
Merope sgranò i suoi occhi, l’effetto fu grottesco sul suo strabismo “Morta?”
Tom inclinò il capo di lato. Da bambino aveva sempre sperato ci fosse stato un errore. Un errore e che sua madre non fosse morta… si sarebbe presentata di nuovo all’orfanotrofio e lo avrebbe portato via. Qualsiasi cosa sarebbe stata migliore rispetto a vivere in quel luogo, con la signora Cole e tutti quegli altri bambini abbruttiti dalla vita che stavano passando. E ora… ora, dopo tutti quegli anni, se la ritrovava davanti? Era lì, davanti a lui, come se nulla fosse, come se non lo avesse abbandonato in quell’inferno di disperazione e dolore. Come se non lo avesse abbandonato in mezzo ai Babbani…
Adesso era troppo tardi.
“Cosa ci fai qua?” chiese Tom, all’improvviso aggressivo. Tutto il dolore che aveva provato in passato gli risaliva su come bile. Come osava presentarsi lì dopo tutto quel tempo?
“Io…” Merope balbettò continuava a guardarlo fisso “Non sei il mio Tom?”
Per qualche motivo quelle parole lo ferirono. Le stava dicendo che era suo figlio e lei non… non… Tom indurì la mascella.
“Non sono quel Babbano” sputò fuori la frase come se fosse veleno. Possibile fosse l’unica cosa che le interessava? Quell’inutile Babbano che l’aveva abbandonata quando aveva scoperto che era incinta?
“Dov’è Tom?”
Sembrava non importarle altro e Tom si sentiva sempre di più a disagio. Se da bambino il pensiero di sua madre che veniva a prenderlo e a salvarlo dall’orfanotrofio era sempre stato in qualche modo presente, da adulto aveva smesso di pensarci. Lord Voldemort non aveva bisogno di genitori, né benché meno, di una madre. Ma allora perché si sentiva come se avesse uno squarcio nel petto? Perché l’idea che quella donna se ne infischiasse completamente di lui gli procurava tanto dolore? In qualche modo nella sua testa era presente Molly Weasley. Molly Weasley e il modo in cui lei si comportava con i propri figli… qualcosa che a lui era sempre stato negato, mai aveva avuto, mai aveva sperimentato… mai aveva neanche visto prima di quei mesi passati a Grimmauld Place numero 12.
“È morto” rispose con tono piatto Tom poi, come se non riuscisse a trattenersi perché provocare dolore era ciò che gli riusciva più facile, era una sua specialità, aggiunse “L’ho ucciso io”
Merope sussultò e lo guardò come se, infine, riuscisse davvero a vederlo.
“Non è possibile” balbettò Merope, incredula, stranita “Tom… è morto?”
“E l’ho ucciso io” ripeté Tom perché il fatto che Merope stesse provando qualcosa nei suoi confronti lo faceva stare bene. Non aveva importanza che lo sguardo fosse venato di disgusto e forse odio? Era qualcosa.
“Perché?” gli chiese Merope, “Perché lo hai ucciso?”
Tom si strinse nelle spalle “Un inutile Babbano…” ma stava mentendo: non lo aveva ucciso perché era un Babbano.
“Lui mi odiava” aggiunse mentre nella sua testa le immagini di suo padre che lo guardava come si guarda uno scarafaggio si andavano formando, erano sempre state impresse nella sua memoria a fuoco “Avrebbe potuto portarmi via dall’orfanotrofio” disse “Ma ha preferito insultarmi, deridermi…”
“Era tuo padre!” urlò Merope sembrava fare fatica a capire cosa stesse succedendo, ora che aveva scoperto che Tom Riddle era morto si sentiva paralizzata.
“E tu eri mia madre!” urlò di rimando Tom, quasi contro la propria volontà.
Si sentiva un magone in gola che non aveva mai provato. Lui non piangeva, non aveva mai pianto, la signora Cole glielo ripeteva di continuo “Sei un bambino strano, Tom. Non piangi mai” ma perché allora in quel momento si sentiva le guance umide e la voce gli tremava? Dentro di lui si sentiva in subbuglio, tutta la pressione dei giorni passati pesava su di lui come un macigno e la vista di quella donna che doveva essere sua madre ma di materno non aveva nulla gli procurava nausea. Nausea e dolore. E poi una rabbia cocente, di quella che lo aveva pervaso da ragazzo prima dei suoi omicidi. Erano anni che non la provava, divenuto freddo e spietato. Molto più chirurgico rispetto a quando era un ragazzino… ma ora… ora si sentiva come trasportato indietro nel tempo.
“Eri mia madre e mi hai abbandonato, hai preferito morire invece di usare la magia e salvarti… salvarmi!”
“Mio Signore…” Bellatrix non aveva smesso di guardare fisso quella strega e, per quanto sembrasse reale, più passava il tempo, più si accorgeva che così non era. Non era un fantasma e non era un ricordo… ma non era neanche davvero lì…
“Mio Signore, non è davvero… davvero…”
Tom si sentì sfiorare il braccio ma spinse via quel tocco, provava troppo dolore e qualsiasi cosa lo potesse ancorare alla realtà era insopportabile.
“Sei sparita per anni e ora… ora ti presenti qui come se nulla fosse cercando… cercando quello schifoso Babbano che ci ha abbandonati?”
“Lui non ci ha abbandonati” lo corresse Merope scuotendo il capo “Ho fatto un errore… io credevo che lui mi amasse e che anche senza… anche senza… Amortentia lui sarebbe rimasto… ma quando ha scoperto che ero incinta… mi ha lasciata” Merope socchiuse gli occhi “Mi ha lasciata per colpa tua” sussurrò “È colpa tua se lui non c’è più. Me lo aveva detto che saresti stato un mostro e io non gli ho creduto fino a quando non se n’è andato… ci ho provato a ucciderti ma la tua magia continuava a proteggerti e… e quale altro luogo se non un orfanotrofio babbano?” rise di una risata spenta, priva di qualsivoglia gioia “Sapevo che eri magico, più magico di quanto non sia mai stata io, più magico di mio padre e di mio fratello… sapevo che i Babbani non ti avrebbero dato tregua. Quello ti meritavi per avermi portato via Tom!”
Tom chiuse gli occhi. L’idea che quella donna lo avesse condannato a un’infanzia di abusi e soprusi era intollerabile.
Come poteva essere? Perché?
E nella sua testa si andò formando l’immagine di Lily Potter che lo pregava di non uccidere il figlio.
Non Harry, non Harry, ti prego, non Harry!
Fatti da parte, sciocca ragazza…
Non Harry, ti prego, abbi pietà! Uccidi me, invece, ma non Harry…
“Mi hai lasciato lì consapevolmente?” sibilò infuriato mentre i suoi occhi si spalancavano di nuovo “Mi hai abbandonato in mezzo a quei Babbani che si sono approfittati di me in qualsiasi modo conosciuto per ripicca?”
Merope tremò sotto lo sguardo terribile di Lord Voldemort poi però si erse in tutta la sua, seppur bassa, statura.
“Sì”, rispose con decisione Merope.
Tom si lanciò verso di lei, non sapeva neanche lui cosa volesse fare, si sentiva come squarciato in due. Aveva sempre saputo di non essere mai stato amato da quella donna – altrimenti avrebbe trovato un modo per sopravvivere e prendersi cura di lui – ma tutto quello… tutto quello… era troppo…
Merope afferrò una sedia e la frappose tra di loro, Tom l’afferrò e la lanciò da una parte senza neanche rendersi conto di ciò che stesse facendo.
“Cosa vuoi fare, eh?” chiese Merope alzando il mento come per sfidarlo “Uccidermi come hai ucciso Tom? Torturarmi? Lo hanno sempre fatto il tuo caro nonnino e zietto…”
“Oh no, non preoccuparti, non mi disturberò a tanto” sibilò Tom mentre la solita freddezza iniziava di nuovo a scendere su di lui “Non sei meritevole di tanto. Non ti meriti che la mia anima venga spezzata per te, non ti merita nulla… nulla… NULLA!” la sua voce era incrinata “Sei un guscio… sei solo un inutile guscio vuoto…” fece una pausa, il petto che si alzava e abbassava velocemente, le lacrime continuavano a rigargli il viso, non aveva mai pianto tanto in vita sua “Voglio dire, cosa diamine ci fai qui? Cosa sei venuta a fare qui se mi odi così tanto? Perché non ti sei uccisa prima di mettermi al mondo se mi odi così tanto?”
Merope rimase in silenzio, paralizzata dalla paura, senza sapere come reagire. Tom la osservò ancora qualche istante poi si coprì il viso con le mani e iniziò a singhiozzare sommessamente.
Non Harry, ti prego, abbi pietà! Uccidi me, invece, ma non Harry…
Si sentì stringere forte, qualcuno lo stava abbracciando, stava cercando di consolarlo. Affondò il viso nei capelli di Bella e inspirò il suo profumo ma il dolore era troppo, neanche il fatto che Bella era lì con lui e lei mai lo avrebbe lasciato riusciva a lenire quel baratro che si era formato nel suo petto. Anzi, l’idea che si stesso mostrando debole così, davanti a lei, davanti a tutti lo colpì come un bolide. La spinse via e, dopo aver gettato un’ultima e terribile occhiata a Merope Gaunt, si smaterializzò.

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Buona domenica a tutti!
Purtroppo ho ricevuto delle brutte notizie al lavoro: mi è stato detto che non passerò il periodo di prova. Ora, se non fosse che per rimanere in Giappone ho bisogno di un lavoro che mi dia il visto non me ne importerebbe nulla perché questo lavoro comunque non mi stava piacendo e mi hanno palesemente mentito sulle mansioni che avrei dovuto fare durante i colloqui. Pazienza. 

Spero che questo capitolo possa esservi piaciuto, lasciatemi una recensione per farmi sapere la vostra opinione, se vi va! 
A presto, 
Clo

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Bellatrix rimase per qualche secondo a fissare il vuoto lasciato dal suo Padrone. Era sconvolta, sotto shock. Non lo aveva mai visto così… traumatizzato. Non riusciva davvero a pensare a un’altra parola per descriverlo. Lui, che era sempre freddo come il ghiaccio e impassibile, era collassato, crollato su sé stesso, trovandosi di fronte la donna che lo aveva messo al mondo e abbandonato.
Bellatrix scosse la testa e si sedette di nuovo a tavola. Era frastornata, incredula di fronte a quello che aveva vissuto. Il Signore Oscuro era sempre stato restio a parlarle del proprio passato e, di certo, non aveva mai speso più di mezza parola su quella che era stata… la madre. Lei era vissuta circondata da una – numerosa – famiglia. Problematica, certo, per molti aspetti ma non sapeva cosa significasse vivere con quel senso di abbandono che aveva invece dover sperimentato il suo Padrone. Si sentì stringere il cuore al pensiero del Signore Oscuro lasciato solo, in mezzo a dei luridi Babbani… e tutto per cosa? Per colpa di una donna pulciosa, neanche degna di essere definita strega! Come l’Oscuro Signore aveva lasciato la cucina, quell’orribile donna era scomparsa nel nulla così come era arrivata. Il cuore di Bella divenne un po’ più pesante nel suo petto.
Sono poi così diversa?
Solo quella domanda continuava a martellarle il cervello. Anche lei detestava il figlio che portava in grembo, anche lei aveva pensato di farlo fuori più e più volte. Avesse potuto, se ne sarebbe già sbarazzata. Ma avrebbe mai lasciato del sangue Black a marcire tra i Babbani?
No.
Quella era un’onta che non avrebbe mai messo in atto. Una strega purosangue com’era quella Merope Gaunt… aveva lasciato non solo che il suo sangue nobile si mischiasse a quello della feccia ma aveva poi lasciato il prodotto di quell’unione tra i Babbani.
Babbani.
Come aveva potuto?
Lei, Bellatrix, era quindi diversa? Era solo quello che la differenziava da quella Maganò?
Tu non hai mai avuto bisogno di usare una pozione d’amore con l’Oscuro Signore, si disse Bellatrix cercando di rimanere lucida.
Infatti, lui non ti ama.
Quella era una verità incontrovertibile.
Bellatrix soppresse un singhiozzo.
Lui non l’amava.
Non lo aveva mai fatto… non aveva mai neanche finto di farlo.
Quella… quella Merope il figlio lo voleva. Ha smesso di desiderarlo solo nel momento in cui avere il figlio significava rinunciare al marito. Per me la situazione è diversa… l’Oscuro Signore sta cercando di fare quello che voglio…
… ti ha manipolata…
“Forse dovresti andare da lui” bisbigliò Molly Weasley sedendosi accanto a lei con fare preoccupato. Anche lei era scossa e si tormentava le mani senza sosta continuando a lanciare occhiate verso la porta d’ingresso della cucina come se si aspettasse di rivedere comparire Merope da un momento all’altro.
“Non credo gli faccia bene stare solo in questo momento”
Bellatrix emise un gemito, poi ridacchiò istericamente “Non lo conosci”
“Sto iniziando a conoscerlo” la interruppe Molly con forza e portando tutta la sua attenzione su di lei, sembrava davvero molto preoccupata e Bellatrix non poté fare a meno di alzare un sopracciglio confusa.
“Credi che quello che è successo non lo abbia toccato? Credi che sia in grado di superare una cosa del genere da solo?” la incalzò Molly.
Bellatrix smise di ridere e, anzi, divenne seria. Si soffermò a lungo sul viso di Molly Weasley, quasi come se volesse saggiarne le intenzioni. Poi emise un sospiro e alzò le spalle.  
“L’Oscuro Signore è sempre stato solo” era un dato di fatto, glielo aveva sempre ripetuto “Se io ora andassi da lui… male interpreterebbe il mio gesto. Penserebbe che sono lì per vederlo soffrire, per ridere della sua sofferenza, per approfittarmi di lui”
Molly si morse le labbra. Qualche mese prima avrebbe strepitato e avrebbe detto a Bellatrix di non cercare scuse e di andare da lui ma, ora che davvero un pochettino conosceva Tom, sapeva bene perché Bellatrix fosse giunta a quella conclusione. E poteva darle torto? No, Bella aveva ragione.
“Lui si fida di te” provò Molly senza metterci tuttavia la convinzione che avrebbe voluto.
Bella distolse lo sguardo “Forse” sospirò “Ho paura di fronteggiarlo… ho paura…” s’interruppe, si morse le labbra e si spostò a disagio sulla sedia. Non voleva confidarsi con Molly Weasley. Chi era quella donna per lei se non una nemica? Eppure, sembrava avere a cuore lo stato del suo Padrone quasi quanto lei.
Quasi.
“Hai paura che lui ti veda simile a sua madre” terminò Andromeda sedendosi accanto a loro “Perché tutto quello che ha detto lei di lui, tu lo pensi del bambino che porti in grembo”
Bellatrix chiuse gli occhi, poi fece un breve cenno di assenso. Neanche riusciva a sentirsi in colpa o a vergognarsi dei sentimenti che provava. Un’unica cosa la faceva stare male: l’idea che avesse potuto ferire il suo Padrone inavvertitamente, lei, che sempre si muoveva con cautela per non fargli provare dolore… se non proprio quando se le andava a cercare…
“Non ti devi sentire in colpa perché non vuoi essere madre” disse Molly per un attimo sembrò volesse allungare una mano per sfiorare Bella, come per confortarla poi però si bloccò e si strinse le mani in grembo.
“È normale, non tutte le donne vogliono esserlo… e quella… quella donna… non paragonarti a lei”
“Non c’entri nulla con lei” proseguì Andromeda “Lei ha dato l’Amortentia al marito, ha abusato di lui… cosa c’entra con te?”
“Ho paura che l’Oscuro Signore possa pensarla diversamente” Bellatrix si morse le labbra “È un uomo molto particolare, alcune volte basta poco per far scattare qualcosa in lui che… che… non voglio deluderlo”
“Non è un problema tuo, Bella” le disse Andromeda aggrottando le sopracciglia “Non puoi cambiare il modo in cui ti senti nei confronti della maternità” fece una pausa “Non puoi essere il suo pungiball emotivo per ogni trauma che ha vissuto. Va bene, ha avuto un’infanzia difficile… questo non lo giustifica in nessuno modo”
Bellatrix storse il naso, stava per ribattere con foga per proteggere l’operato del Signore Oscuro ma Molly fu più veloce nel prendere la parola.
“Fatto sta che dovresti andare da lui” ripeté Molly sempre più convinta “Non può stare solo. Lui… lui mi aveva parlato un poco di sua madre…”
Bellatrix sgranò gli occhi ferita. Possibile che l’Oscuro Signore si fosse aperto più con quella donna che non con lei? Perché? Perché dopo anni di fedeltà indefessa lei si era dovuta sudare ogni minimo accenno al suo passato, alla sua infanzia, al suo cuore… alla sua anima… mentre quella Molly Weasley, in qualche mese, aveva accesso a ricordi dolorosi del suo passato che a lei erano interdetti? Possibile si fidasse più di una Traditrice del suo Sangue invece che di lei? Della sua Bella…
 “Cosa?”
Molly scosse la testa e agitò le mani, capendo di aver fatto un passo falso “Non nei dettagli, solo… mi aveva chiesto se… se anche io avrei abbandonato i miei figli…”
“E cosa hai risposto?”
“Di no!” rispose di getto Molly.
“Vedi? Vedi perché non posso andare da lui?” chiese Bella prendendosi la testa tra le mani “Io avrei risposto di sì”
“Non c’entra niente, Bellatrix”
“Non sono la persona adatta ad andare da lui ora”
“Francamente… se non ci puoi andare tu, credo non ci debba andare nessuno” ribatté Molly “Non credo lascerebbe avvicinare altri se non te”
“Lascerebbe avvicinare te” sputò Bella e ne era convinta, anzi, era convinta che solo quella Weasley potesse andare da lui. Forse quella donna lo faceva sentire meno giudicato… forse aveva bisogno di qualcosa di materno che lei non aveva e neanche avrebbe voluto avere.
“A me non ha mai parlato della madre. Con te invece si è confidato. Forse… forse è questo ciò di cui ha bisogno ora… una donna… una donna che sia madre…”
“Ti ama”
Bellatrix batté le palpebre perplessa, poi rise “No, non mi ama”
“Oh sì, invece. Può non essere l’amore che intendiamo noi ma…”
“Non mi ama” ripeté Bellatrix “Me lo ripete di continuo”
Andromeda diede un colpetto di tosse “Non sono sicura che quello che c’è tra di voi possa essere considerato amore” fece una pausa, sembrava voler essere sicura delle parole che avrebbe usato “Se qualsiasi altra donna fosse in una relazione con un uomo del genere cercherei di farle capire che deve scappare a gambe levate. Ho provato a farlo anche con te, Bella, ma tu non ne vuoi sapere” strinse le labbra fece ancora un sospiro profondo e proseguì “Non penso tu sia meno tossica di lui, a dirla tutta. Con tutto quello che hai fatto… le torture ai Paciock, gli omicidi… il modo in cui provi piacere nel ferire le persone” sembrava quasi stesse per piangere “Ho sempre pensato avrei potuto salvarti ma forse siete davvero fatti l’una per l’altra. Nel vostro mondo distorto, in cui provate affetto tramite il dolore. Tu sicuramente lo ami… lui è un narcisista manipolatore, non so se sia effettivamente in grado di provare qualcosa per qualcuno di diverso da sé stesso ma, nel caso fosse possibile, quel qualcuno saresti senz’altro tu. Credo ci provi, ogni tanto, a fare la cosa giusta nei tuoi confronti… poi, ovviamente, ricade nel suo narcisismo e ti obbliga a tenere un figlio che tu chiaramente non vorresti”
Bellatrix rimase in silenzio. Forse sua sorella aveva ragione. Forse erano davvero fatti l’uno per l’altra, pronti a farsi del male a vicenda ma anche a proteggersi, se necessario. L’aveva salvata in Irlanda mettendo a repentaglio la propria vita e Bella sapeva come per Lord Voldemort nulla – assolutamente nulla – fosse per lui più importante della propria incolumità. Tuttavia, sapeva anche bene come per lui l’amore non esistesse. Non gli era mai interessato quel sentimento. Eppure, da quando abitavano insieme a quella marmaglia di gente inutile non poteva negare di aver notato dei cambiamenti nel suo Signore. L’aveva anche lasciata dormire con lui. Possibile? Possibile che lui… che lui provasse per lei amore?
Il cuore di Bella prese a battere più forte. Aveva ormai rinunciato da tempo a sperare di essere amata da lui… e ora, ancora una volta, quella speranza le si riaccendeva in petto. Si sentì ardere al pensiero di essere speciale per l’Oscuro Signore, al pensiero di essere amata da lui…
Era stata amata, in diversi modi, da tante persone. Dalle sue sorelle, dai suoi genitori e zii, dal cugino Regulus ed Evan, da Rodolphus e Rabastan, da Antonin… per qualche motivo, però, sentiva come che l’unico amore che per lei potesse avere un senso fosse quello del suo Signore, l’unico che le era sempre rimasto interdetto.
Lui non è mai stato mai amato da nessuno.
Quella consapevolezza la colpì come un Bolide a pieno viso. Era qualcosa che aveva sempre saputo, Tom Riddle era sempre stato solo, Lord Voldemort non aveva mai avuto bisogno di nessuno… ma una cosa era saperlo, un’altra questione era raggiungerne la piena consapevolezza.
Nessuno c’era mai stato per Tom Riddle. Nessuno si era mai preoccupato di lui. né quell’orribile donna che l’aveva messo al mondo, né quella che l’aveva cresciuto all’orfanotrofio. E poi a Hogwarts… non le aveva mai raccontato molto di Hogwarts ma Bella riusciva bene a immaginarsi gli atteggiamenti dei Serpeverde Purosangue nei confronti di un bambino orfano cresciuto tra i Babbani…
Forse lei era stata l’unica persona nella vita del suo Padrone ad avergli mostrato… qualcosa…
Bellatrix si alzò in piedi “Va bene” disse annuendo “Andrò da lui”
Molly le sorrise incoraggiante “Sono sicura lo apprezzerà e tu sai sempre come approcciarti a lui, in ogni circostanza, lo conosci così bene!”
Bella le fece un cenno con la testa poi uscì dalla cucina e si diresse verso la soffitta; era agitata perché per quanto – forse – effettivamente lui potesse amarla, questo non toglieva che in quel momento il suo Signore era come un animale ferito, pronto ad attaccare e a portare alla sua stessa condizione chiunque entrasse in contatto con lui. Bella fece un profondo sospiro, alzò la mano pronta a bussare. Esitò per qualche istante, le dita tremanti, poi bussò.
Nulla.
“Padrone?” chiamò con dolcezza.
Niente.
Bussò di nuovo.
“Mio Signore…? Sono io… Bella”
Sentì il raspare di Fierobecco ma, a parte quello, il vuoto.
“Mio Signore… entro” si annunciò Bella abbassando la maniglia.
Come entrò nella stanza si rese subito conto di come fosse vuota.
L’Oscuro Signore non era lì.
Gli occhi di Bella saettarono in ogni angolo della camera, alla ricerca di qualche indizio, qualcosa.
Nagini era sparita.
E non c’era neanche un biglietto.
Per quanto si fosse aspettata una cosa del genere non poté reprimere un senso di impotenza e dolore. Sapeva che la solitudine era il modo in cui il Signore Oscuro trovava conforto perché così era sempre stato abituato… ma quindi lei, per lui, cosa era?

 
*

L’incontro con quella donna lo aveva destabilizzato. A mente lucida, la connessione con i Druidi era stata banale, ovvia; quella donna non poteva essere reale perché era morta. Eppure, qualcosa gli diceva che tutte quelle cose che gli aveva detto…
Tom si prese la testa tra le mani, cercando di regolarizzare il respiro e rimanere presente, erano giorni che si sentiva come in una bolla. Quelle crisi capitavano più spesso che mai; la connessione con Potter, poi, era quasi una costante.
È un Horcrux.
Quella era stata la sua conclusione, perché non trovava altra spiegazione a tutto quello che stava accadendo. Come poteva essere nella mente – nel corpo, nell’anima – di Potter? Ma non aveva mai compiuto il rituale per renderlo tale e… e se Potter era un suo Horcrux, mai avrebbe potuto ucciderlo.
È colpa tua se lui non c’è più. Me lo aveva detto che saresti stato un mostro e io non gli ho creduto fino a quando non se n’è andato… ci ho provato a ucciderti ma la tua magia continuava a proteggerti e… e quale altro luogo se non un orfanotrofio babbano?
Tom chiuse gli occhi, nel tentativo di rimanere lucido e presente a sé stesso.
Non era nulla.
 Era stata solo un’illusione dei Druidi.
Era morta.
Non Harry, ti prego, abbi pietà! Uccidi me, invece, ma non Harry…
Soffocò un singhiozzo e si aggrappò con entrambe le mani al corpo di Nagini che era abbarbicata sulle sue spalle. La sentì muoversi per stringerlo di più tra le sue spire e subito si sentì meglio.
Alzò il viso e la brezza gli sferzò il viso. Un lampo squarciò il cielo, la pioggia iniziò a picchiettarli sulle guance rigandogliele e mischiandosi con le sue lacrime. Fece un respiro profondo, doveva riacquistare la sua freddezza non poteva lasciarsi inglobare e affogare nelle problematiche erano state di Tom Riddle. Quello non esisteva più, c’era solo Lord Voldemort, solo lui, nient’altro esisteva e il fatto che Tom Riddle fosse stato abbandonato in un orfanotrofio babbano dalla madre che lo odiava e aveva provato a ucciderlo non doveva avere nessun impatto su di lui che, invece, era Lord Voldemort. Doveva concentrarsi sulle problematiche reali, pressanti.
I Druidi.
La memoria non voleva saperne di tornargli ma, per essere in gradi di lanciare su di lui una proiezione tanto veritiera che potesse creargli uno shock così grande, dovevano conoscerlo molto bene, essergli entrati nell’anima. Prima di recarsi in Albania, aveva effettivamente viaggiato in Irlanda, tanti e tanti anni addietro, quando ancora cercava di capire come potesse stabilizzare la sua anima dopo averla divisa in così tanti pezzi. Possibile in qualche modo l’ingresso di Atlantide fosse stato lì e lui l’avesse trovato? E poi… cosa era successo? Era scappato? Lo avevano lasciato andare? Chiuse un pugno e si osservò le nocche. Sapeva usare la magia druidica… questo lo rendeva in parte Druido? Cosa doveva fare? Chi era il nemico? Represse un ringhio perché più tentava di dare un senso a quello che stava accadendo più i suoi pensieri si facevano confusi. Sembrava come sotto Confundus…
Potter.
Quello era il suo secondo problema. Ora che era chiaro fosse un Horcrux… cosa avrebbe dovuto farne di lui? non poteva di certo ucciderlo… forse c’era un modo per riprendersi il pezzo di anima? e magari cercagli un nuovo contenitore, uno più adatto… d’altra parte, finché il pezzo della propria anima era in Potter nessuno mai avrebbe potuto ucciderlo: Silente non avrebbe mai ucciso il suo amato Potter e, anche l’idea balzana gli fosse passata per il cervello, Black e tutta la marmaglia non glielo avrebbero concesso mai.
Bellatrix e il figlio indesiderato.
Ultimo ma non meno importante. Aveva un’idea su come liberarla dal fardello del feto che portava in grembo e aveva anche un’idea ben chiara di come avrebbe voluto utilizzare il sangue del suo sangue. Tutto stava nel farlo prima che Silente e compagnia capissero le sue reali intenzioni. E Bella… Bella avrebbe sopportato di essere vista anche come madre?
Tom scosse il capo come se con quel gesto sperasse di liberarsi di tutti i pensieri e di tutti quei problemi. Si guardò un’ultima volta intorno, poi si smaterializzò con un sonoro schiocco, ancora una volta a Londra, ancora una volta a Grimmauld Place numero 12.
 
*
 
“Padrone?!”
I suoi piedi non avevano ancora toccato il pavimento della cucina che subito la voce di Bellatrix, piena di preoccupazione e di ansia, lo colpì come uno schiaffo. Suo malgrado, gli angoli della sua bocca si sollevarono in un sorriso. Lo stupiva sempre come Bella fosse lì per lui, dava per scontato che prima o poi se ne sarebbe andata come tutti gli altri.
“Mio Signore! Dove siete stato? Siete stato via a lungo e…”
Bella s’interruppe non appena i suoi occhi misero a fuoco il viso dell’Oscuro Signore. Aveva ancora l’aspetto del giovane Tom Riddle ma la sua faccia era percorsa da cicatrici.
“Padrone cosa… cosa avete…?”
“Ho trovato la soluzione, Bella” tagliò corto Tom come se niente fosse, come se non fosse sparito per quasi una settimana e anzi avessero solo lasciato in sospeso un discorso qualche istante prima.
“Soluzione?” ripeté Bella, senza riuscire a distogliere lo sguardo da quel viso sfigurato. Era sicura che con la magia il suo Signore sarebbe potuto tornare come nuovo ma, forse, il punto era proprio quello di non essere come nuovo; di essere diverso da Tom Riddle Senior. Bella se lo riusciva a figurare con chiarezza mentre si deturpava il viso pur di non avere più niente in comune con il padre babbano. Non era forse quello lo stesso principio che si nascondeva dietro la maschera di Lord Voldemort?
“Il bambino” rispose Tom indicando con una mano il ventre di Bella “So come levarlo da lì”
Bellatrix istintivamente abbassò lo sguardo verso la propria pancia.
“Non è necessario, Padrone” sussurrò, senza tuttavia riuscire a guardarlo negli occhi “Posso tenerlo qua… posso… posso… posso farlo
Tom socchiuse gli occhi, il suo sguardo dardeggiò verso Molly Weasley che, però, prontamente, riprese a spadellare come nulla fosse.
“No che non puoi” rispose Tom avanzando verso Bellatrix “Ci servi per il sigillo, no?”
“Può farlo qualcun altro”
“Cosa stai blaterando, Bellatrix?”
“Voglio tenerlo”
“No, non vuoi” rispose Tom fissandola dritto negli occhi per sondarle dentro, nella mente e nell’anima “Mi stai mentendo. Perché mi stai mentendo?”
Bellatrix fece una smorfia provando a erigere difese di Occlumanzia anche se ormai era troppo tardi.  
“Dove siete stato, Padrone?” chiese per sviare il discorso.
“Non ti riguarda”
“Avete portato Nagini con voi?”
Tom accarezzò la testa di Nagini, la sua presenza lo tranquillizzava.
Bella osservò la scena per qualche secondo, poi si strinse nelle spalle “Conto meno di un serpente” le parole le uscirono di getto, senza pensare. Aveva passato giorni d’inferno, giorni in cui non aveva smesso di chiamarlo tramite il Marchio Nero perché avrebbe voluto stare vicino a lui e supportarlo e ora… ora se lo ritrovava davanti, deturpato, e Nagini abbarbicata sulle sue spalle come sempre, come se nulla fosse. Eccola, quella era la sua scelta: non lei, Bellatrix. Ma Nagini, il serpente.
Tom inclinò la testa di lato, senza capire cosa stesse succedendo. Per quale motivo all’improvviso fingeva di voler portare a termine quella gravidanza in modo normale? Per quale motivo era gelosa di Nagini e del ruolo che ricopriva nella sua vita?
“Non conti meno di un serpente” ribatté Tom, paziente. Ed era la verità. Nonostante Nagini fosse una parte della sua anima, in qualche modo bizzarro no, non contava meno di Bellatrix. Semplicemente, le due avevano due ruoli diversi nella sua vita. Nagini era una parte di sé, non aveva bisogno di spiegarle nulla, lei già sapeva ancora prima che lui potesse aprire bocca. Con Bellatrix… con Bellatrix… lei non lo avrebbe mai capito perché lei non era mai stata sola.  
“Avete portato Nagini con voi, non me… non mi avete nemmeno lasciato un biglietto! Avete una vaga idea di quanto sia stata in pensiero? Mi è sembrato… mi è sembrato di ritornare a poco prima di essere rinchiusa ad Azkaban!” Bellatrix stava urlando, isterica, perché non era giusto che lui facesse quello che voleva senza mai provare a mettersi nei suoi panni.
“E ora ritornate qua col viso sfigurato a dirmi che siete pronto a togliermi questo coso dalla pancia!”
Tom batté le palpebre e si aggrappò a Nagini nel tentativo di rimanere lucido.
“Avevi promesso non mi avresti più lasciato sola!” proseguì Bellatrix “Invece sono sempre sola” scoppiò a piangere, disperata. Tom si trattenne dal ridere: no, non aveva la minima idea di cosa significasse essere soli.
“Non essere sciocca, Bella” sibilò Tom avvicinandosi a lei.
La osservò dall’alto per qualche istante, poi si sedette accanto a lei e le mise una mano sulla spalla “Lo sai che per me sei l’unica” ma Bella sembrava non starlo ad ascoltare.
“Non c’è bisogno che tieni il feto in pancia, Bellatrix. Ho trovato la soluzione, ti ho detto”
Bella scosse il capo “Non sono… non sono come lei
Il respiro di Tom gli si mozzò in gola. Aveva sperato avrebbero potuto fare finta di nulla, come non fosse mai successo. Non voleva parlare di…
“Lo so” rispose brusco “Cosa ti fa credere che io ti accomuni a quella donna?”
“Anche io… anche io avrei provato a uccidere il feto non fosse per voi…”
Tom si chinò su Bellatrix “Lo avrei strappato dalla tua pancia con le mie stesse mani se non avessi un progetto per lui” le sussurrò all’orecchio “Non dire scemenze, Bella” proseguì poi ad alta voce “Quella donna era un’inutile ammasso di stracci”
Bellatrix gli prese una mano e la strinse forte portandosela poi alle labbra.
“Padrone…”
“Basta così” la interruppe Tom “Ho trovato il modo per liberarti di questo… peso. C’è solo un unico problema… intoppo…” fece una breve pausa, poi proseguì “Bisogna aspettare ancora qualche mese, temo. Lo estirpassi ora, credo finirei col danneggiarlo irreparabilmente”
Mesi?” ripeté Bellatrix orripilata “Quanti?”
“Due, per essere sicuri”
Bellatrix fece una smorfia, poi distolse lo sguardo dal viso del suo Padrone.
“Come desiderate voi, Padrone” mormorò.
Tom rimase in silenzio, osservando ogni tratto del viso di Bellatrix. Gli era mancata, ormai era diventata una costante nella sua vita e stare senza di lei era quasi come rimanere senza ossigeno. Scosse la testa come per scacciare una mosca, da quando era diventato così sentimentale?
È colpa della connessione con Potter, si disse, convinto. Perché davvero non c’era altra spiegazione a tutto quel sentimentalismo.
“Ci sarebbe un’altra cosa” sibilò Tom. Lanciò uno sguardo intorno, giusto per capire chi fosse presente.
Molly, Lenticchia, Black, Lupin, i Tonks…
Non gli andava di farlo con del pubblico ma pensò che fosse meglio levarsi il pensiero subito, senza tanti indugi, prima che ci ripensasse perché tutto sommato, un senso lo aveva.
“Ci conosciamo da diversi anni” iniziò Tom, prendendola alla larga.
Bellatrix si asciugò le lacrime sulle guance con una mano “Suppongo di sì” concordò.
“E… stiamo… siamo amanti da altrettanto”
Bella corrugo le sopracciglia, non capendo dove l’Oscuro Signore volesse andare a parare, non capiva cosa volesse.
“Direi di sì, mio Signore” annuì ancora una volta.
“Credo dovremmo sposarci”
Bellatrix batté le palpebre come per meglio mettere a fuoco l’uomo seduto accanto a lei.
Cosa?
“Io sono già sposata” disse la prima cosa che le venne in mente.
Cosa?
“Lo so” replicò stizzito Tom, deluso dalla risposta di Bellatrix e già pentito di tale proposta.
Voleva fare qualcosa per farle piacere, non si era aspettato quella reazione “Puoi divorziare”
“No, Rod è ad Azkaban…” farfugliò Bellatrix, confusa da ciò che stava succedendo. La stava prendendo in giro? Voleva farsi dire di sì per poi negarsi e farla soffrire?
Tom mise una mano nella tasca e tirò fuori dei documenti “Mi sono già preso cura della questione”
Bellatrix fissò i documenti, la firma di Rodolphus luccicava. Non disse nulla, si ritrovava smarrita tra quegli accadimenti. Cosa significava? Cosa voleva davvero l’Oscuro Signore?
“Tommy, mi spiace, ma sembra proprio che la risposta di Bella sia no”
Tom fece un sorriso tirato in direzione di Sirius Black. Ripose i documenti nella tasca della veste con lentezza e poi si alzò in piedi “Ti ringrazio, Black, per questa tuo prezioso commento”
“È che mi facevi tenerezza, lì seduto… in attesa di un sì che non sarebbe mai arrivato”
Bellatrix rinvenne all’improvviso.
Le aveva chiesto di sposarlo.
Le aveva chiesto di sposarlo e lei gli aveva appena detto di no.
“Padrone!” lo chiamò implorante alzandosi in piedi a sua volta “Lasciatemi…”
“Non c’è bisogno di aggiungere nulla” la interruppe Tom senza neanche guardarla “È tutto molto chiaro”
“No che non è chiaro!” sbottò Bella “Lo so cosa state pensando”
Tom fece schioccare la lingua sui denti “Ah sì?”
“Sì”, rispose Bella con forza “Che ho esitato per via del vostro status di sangue!”
Tom rimase in silenzio per qualche istante, poi fece un ghigno “E non è così?”
“Non m’importa che siete un Sanguesporco…”
“Sono Mezzosangue” precisò subito Tom, in un sibilo basso, risentito.
“Sanguesporco, Mezzosangue… non ha mai fatto nessuna differenza per me: la feccia è feccia” si morse le labbra perché si rese conto che quel discorso non stava giocando a suo favore.
“Il messaggio è chiaro, Bellatrix” rispose Tom, le narici dilatate.
“NO!” esclamò Bella in preda al panico, si gettò su di lui e lo afferrò per la veste “Non mi importa!” glielo urlò a un centimetro dal viso “Quante volte ve lo devo ripetere che non m’importa?”
“Fino a quando le tue azioni non combaceranno con le tue parole” rispose Tom afferrandole i polsi e liberandosi della sua presa.
“Voglio sposarvi” disse Bellatrix “Sì, certo che voglio diventare vostra moglie”
 “Non fingere”
“Non sto fingendo! Io…”
“Tu non vuoi prendere il mio cognome”
“Non m’importa nulla del cognome! Credete che io sia una Lestrange? Io rimarrò sempre una Black, qualsiasi sia il cognome che viene dopo Bellatrix
Tom rimase in silenzio, la stava fissando negli occhi, la mente di Bella era completamente sua. Non stava mentendo, Bella credeva alle parole che diceva eppure, per Tom era chiaro, mancava completamente la consapevolezza. Era una cosa che notava spesso nei Purosangue: odiavano i Babbani e i Sanguesporco per principio, non per delle motivazioni vere come potevano essere quelle che aveva lui. Bella non lo schifava perché, in realtà, non lo vedeva come un Mezzosangue, non capiva cosa ciò comportasse… non lo vedeva per intero…
“Per quale motivo hai esitato, dunque?”
Bellatrix chiuse le palpebre e fece un profondo respiro “Pensavo… pensavo che voi mi steste prendendo in giro”
“E perché mai avrei dovuto fare qualcosa di tanto idiota?”
“Perché è il vostro modo di sfogare il dolore… fare soffrire gli altri”
“Io non sto soffrendo” mentì Tom, il ricordo di sua madre in piedi in quella cucina che gli urlava di odiarlo, di aver tentato di ucciderlo e di averlo messo in un orfanotrofio per ripicca gli piombò addosso come un macigno.
“Ok” concordò Bellatrix ma Tom capì subito che era accondiscendente, che aveva capito quanto in realtà stesse male “È un mio errore, mio Signore”.
Bella sospirò
“Vi voglio sposare, certo che voglio diventare vostra moglie”
Avrebbe voluto baciarlo ma Nagini continuava a stare sulle sue spalle, aveva i suoi occhi gialli fissi addosso e la stava indisponendo. Eppure… eppure da quel serpente proveniva qualcosa di simile al suo Padrone…
“Io ti amo” le parole le scivolarono fuori dalle labbra ancora prima che potesse rendersene conto. Non glielo aveva mai detto, mai si era spinta così in là. Non sapeva neanche lei cosa aspettarsi. Rimase con la bocca socchiusa, gli occhi sgranati, in attesa di un anch’io che non sarebbe mai arrivato.

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Tom si strinse nel suo mantello nero sbiadito di seconda mano; il freddo vento irlandese gli stava facendo venire mal di testa. Nonostante tutto, però, non poteva fare a meno di sorridere: finalmente si era liberato di Borgin e Burke. Aveva dovuto ingoiare il suo orgoglio per lavorare nella loro bottega ma sapeva di non avere altra scelta. Non il tirocinio senza retribuzione al Ministero di cui tutti cianciavano, non una carriera a Hogwarts che gli era stata negata senza una vera e propria motivazione. A lui quelle strade erano precluse perché non solo era orfano ma era anche un orfano povero che era stato cacciato dall’istituto in cui viveva non appena aveva compiuto il diciottesimo anno di età. Non aveva vestiti, non aveva una rete su cui contare. Strinse la mascella al pensiero dei suoi compagni Serpeverde, tutti Purosangue. Di certo non avrebbe potuto chiedere a loro… non come Tom Riddle, per lo meno. Insomma, Magie Sinister era stata, di fatto, la sua unica opzione. Tutto sommato, non fosse stato per quei due viscidi avvoltoi di Borgin and Burke non sarebbe stato neanceh così male. La clientela era variegata e gli oggetti del negozio molto rari e interessanti. Il suo interesse per le Arti Oscure era smisurato e quel negozio ne era una fonte inesauribile. Aveva comunque giurato a sé stesso che quello sarebbe stato il suo ultimo atto come Tom Riddle, l’ultima umiliazione.
Quando aveva iniziato a lavorare lì tanti dei suoi ex compagni erano passati a salutarlo, o meglio, a denigrarlo. Increduli che il tanto brillante Tom Riddle fosse finito a fare il galoppino in un negozio poco raccomandabile di Nocturn Alley. Tom aveva ingoiato il rospo, ancora una volta, l’ultima volta. Ma poi, cosa ne potevano sapere i suoi compagni? Loro avevano una magia acerba e ignara, non sentivano la magia pulsare nelle vene e nella realtà circostante, non avevano curiosità di spingersi oltre ai limiti… Neanche era venuto in mente a loro di poter tenere tra le mani oggetti come la Coppa di Tassorosso e il Medaglione di Serpeverde. O di cercare il Diadema perduto di Corvonero…
Tom sogghignò, un anno era bastato a fargli mettere da parte una piccola somma che gli avrebbe concesso di viaggiare, esplorare, sorpassare i limiti. Da quel viaggio Tom Riddle non sarebbe mai più tornato, no, solo Lord Voldemort… solo Lord Voldemort sarebbe rientrato e il Mondo Magico avrebbe avuto così paura di lui da non riuscire neanche a pronunciarne il nome…
 
“Buongiorno caro”
Tom sussultò e batté le palpebre confuso, ritornando alla realtà di Grimmauld Place. Stava iniziando a ricordare ma il suo cervello era ancora annebbiato, lento, quasi. Mentalmente insultò Molly Weasley per aver bloccato quel flusso di ricordi le scoccò un’occhiataccia e la vide entrare in cucina con il sorriso sulle labbra. Evidentemente, era contenta di ritrovare Tom lì, dietro ai fornelli, proprio come all’inizio di quella loro convivenza forzata. Molly lo osservò in silenzio per alcuni istanti mentre Tom metteva le uova appena preparate in un piatto. Aveva in viso un’espressione molto seria, quasi scocciata.
“Come ti senti?” gli chiese perché, oltre a un breve cenno di saluto, era rimasto in silenzio tutto il tempo.
“Bene” rispose Tom, asciutto. Non serviva essere Legilimens per capire che stesse mentendo. Molly lo osservò portare le cose in tavola, senza usare la magia, cosa che per lui era alquanto bizzarra dato che la utilizzava sempre e costantemente, anche per un nonnulla.
“Il matrimonio è un passo importante” proseguì Molly sedendosi accanto a Tom. Lui rimase in silenzio, Molly aveva come l’impressione che non fosse lì con lei e stesse pensando ad altro. Forse era davvero più sensibile di quanto non mostrasse…
“Gliel’ho chiesto solo per praticità” spiegò Tom con un’alzata di spalle, come se quella conversazione non avesse neanche senso di esistere “Per farle piacere, un favore”
“A te non interessa?”
“No”
Molly sorrise, accondiscendente.
Tom si volse verso di lei e la guardò dritto negli occhi “Non sto mentendo”
“Lo so” annuì Molly “Ti credo” prese una forchettata di uova e masticò con lentezza, non voleva insistere (ormai aveva capito quanto poco potesse giovare) ma allo stesso tempo voleva mettere i puntini sulle “i”.
 “Lei ti ama molto”
A quelle parole, il viso di Tom cambiò completamente.
Io ti amo, glielo aveva confessato così, Bellatrix.
Come se niente fosse.
Come se fosse vero.
Lei sicuramente ci credeva.
Ma che cos’era l’amore?
Tom non lo sapeva, non sapeva dare un senso a quella frase. Ne era solo infastidito, infastidito dal fatto che quella cosa potesse esistere e lui ne fosse sempre stato privato.
Sua madre non lo aveva amato.
Suo padre non lo aveva amato.
La signora Cole non lo aveva amato.
Nessuno lo aveva mai amato.
Nessuno.
Possibile che solo Bella… dopo tutti quegli anni, provasse qualcosa per lui?
Corrugò le sopracciglia, distolse lo sguardo e prese a giocare col cibo che aveva nel piatto sovrappensiero, salvo poi fermarsi di colpo come se qualcuno gli avesse tirato uno schiaffo.
“Non so neanche cosa significhi” mormorò senza guardare Molly in faccia “Io non provo niente”
Molly si umettò le labbra. Era un momento delicato, particolare, non poteva sbagliare le parole.
“Nessuno mi ha mai amato” proseguì Tom “E non credo affatto Bellatrix ami me… lei ama… ama… ama l’altro, ama Lord Voldemort”
Da quel viaggio Tom Riddle non sarebbe mai più tornato, no, solo Lord Voldemort… solo Lord Voldemort sarebbe rientrato e il Mondo Magico avrebbe avuto così paura di lui da non riuscire neanche a pronunciarne il nome…
Ma da quel viaggio Tom Riddle era rientrato. Per quanto avesse provato a scacciarlo, a deturparlo, a spezzare l’anima… Lord Voldemort era sempre e solo stata una maschera, nel profondo era rimasto quello schifoso, ignobile Mezzosangue…
Provò a riconcentrarsi su Molly e vide si fosse sporcata la veste di uova dato che aveva sussultato nel sentire pronunciare il nome di Lord Voldemort. Era chiaro come Molly ancora facesse difficoltà a realizzare che l’uomo seduto accanto a lei era Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
Tom ridacchiò, nonostante tutto, lo divertiva vedere come il suo nome provocasse quella reazione “E tu invece il contrario, continui a non capire che io sono anche l’altro
Molly batté le palpebre “Te lo concedo” disse annuendo “Sì, io faccio fatica a vedere… vedere Tu-Sai-Chi in te… ma Bellatrix… Bellatrix ha perfettamente presente chi tu sia, nella tua interezza”
“No” Tom scosse la testa, di quello era convinto. Bellatrix non sapeva nulla, lo poteva sapere a livello mentale chi lui fosse ma non comprendeva cosa ciò significasse. Era lei stessa a dirglielo: io non vi vedo come Mezzosangue.
Ma lui lo era, Mezzosangue. Si odiava, si detestava per quello, ma lo era. Era cresciuto tra i Babbani e sapeva cose che lei neanche poteva immaginarsi, cresciuta viziata nella bambagia, Purosangue, ricca… cosa ne sapeva lei?
Ancora una volta, venne preso da una cieca rabbia che spesso lo aveva colto da ragazzino. Cosa ne sapevano gli altri? Cosa ne sapevano della fame che aveva patito? Della solitudine? Del fatto che fosse stato ritenuto pazzo e quasi mandato in manicomio per essere lobotomizzato? Di tutti gli esorcismi e le torture che aveva subito? Perché a lui era toccato un destino tanto crudele mentre loro avevano potuto vivere una vita senza tanta sofferenza?
Amore.
Cosa se ne poteva fare, lui, dell’amore?
“Lei mi vede come il suo Padrone, come il mago che le ha insegnato le Arti Oscure, l’Erede di Serpeverde… ogni volta che la mia… il mio…” Tom si bloccò nauseato “Io sono un Mezzosangue cresciuto tra i Babbani” incrociò le braccia sul petto “Lei non mi avrebbe mai degnato di mezzo sguardo se fossi stato solo Tom Riddle. Il bambino cresciuto in orfanotrofio e abbandonato dai genitori”
Non mi ama neanche lei, come potrebbe? Ma poi, ha importanza? Se l’amore fosse qualcosa d’indispensabile non sarei qui, vivo e vegeto.
Potente.
Il più potente.
Nessuno può sconfiggermi.
Chi ha creato gli Horcrux?
Chi si è spinto oltre i confini della magia?
E tutto senza il tanto decantato amore…
“Forse hai ragione” acconsentì Molly “Ma non lo sei. Non sei solo quello. Al di là del nome… tu sei il mago che le ha insegnato le Arti Oscure, sei l’Erede di Serpeverde
“Ogni volta che Bella si trova di fronte al mio passato è in difficoltà”
“Tu sei in difficoltà, caro, non lei” Molly si volse verso di lui “Lei ti… ti ama, nella tua interezza. Sono sicura di questo”
“Nessuno mi ama” il mormorio era stato così basso che Molly credette di esserselo immaginato “Hai sentito, quella… quella strega, no? Merope o qualunque fosse il suo nome”
Molly si strinse le mani nel tentativo di controllarsi perché il suo primo istinto era stato quello di allungarsi su di lui e abbracciarlo ma sapeva che sarebbe stata la mossa più sbagliata che avrebbe mai potuto fare “Non tutte le donne nascono per essere madri. Credo che… che quella signora… debba aver sofferto molto”
“Mi odiava” Tom abbassò lo sguardo, angustiato.
Nella sua testa continuava a risuonare la voce di Lily Potter che lo pregava di risparmiare il figlio. Perché a lui era stata interdetta una cosa del genere? Perché la persona che l’aveva messo al mondo lo aveva odiato a tal punto da abbandonarlo nell’inferno sulla Terra? Perché, se l’amore era così importante come Silente diceva, lui ne era sempre stato privato?
“Come mi odiava la signora Cole all’orfanotrofio. Mi hanno fatto credere di essere pazzo, mi hanno fatto credere che sarei finito in un manicomio lobotomizzato”
Molly chiuse gli occhi per una frazione di secondo, colpita da quelle parole. Le faceva sempre male rendersi conto di ciò che aveva passato Tom Riddle e una parte di lei stava iniziando a detestare quei Babbani che avevano abusato di lui. Lobotomizzare un bambino perché faceva accadere cose bizzarre intorno a sé? Perché era un mago e nessuno sapeva stargli vicino… non poteva fare a meno di domandarsi perché Silente non avesse fatto nulla, perché non lo avesse portato via di lì una volta resosi conto di ciò che stava passando.
“Ho sempre sperato che qualcuno venisse a prendermi, qualunque persona sarebbe andata bene. Pensavo che non poteva essere… non poteva essere mia madre ‘quella magica’ perché se così fosse stato, non avrebbe avuto senso, avrebbe usato la magia per sopravvivere, no? E invece… invece… invece mi ha abbandonato consapevolmente in quel posto”
Tom si interruppe e chiuse gli occhi. Doveva trovare un modo per interrompere la connessione con Potter, altrimenti avrebbe perso la ragione presto. Non era mai stato tanto emotivo, certe cose non gli erano mai importante… o meglio, non gli importavano più da quando aveva dieci anni. Poteva contare solo su sé stesso, quella era la verità, e nient’altro avrebbe avuto più importanza di quello. L’unica cosa che aveva sempre avuto era stata la vita, per questo ci era attaccato. Il resto, i sentimenti, le altre persone, erano niente. Prive di importanza.
“Non dev’essere stato facile sentirsi dire quelle cose” disse Molly cercando di fare attenzione, capiva come quella conversazione stesse costando fatica a Tom. Lui non era persona da aprirsi, spiegare i propri sentimenti, doveva essere non solo faticoso ma anche penoso mettersi a nudo così.
“Mi sono come… come ritrovato a essere il bambino che ero all’orfanotrofio. Pensavo di averlo superato”
“Alcune cose sono complicate da lasciarsi alle spalle” Molly allungò il braccio e gli strinse la mano, lo sentì tremare sotto al suo tocco “Bellatrix… ti capisce”
Tom fece un sorriso amaro e scosse la testa “Non può capire, perché non ha mai vissuto quello che ho vissuto io” fece una smorfia “Nessuno può capirmi
“Bellatrix ti ama. Ci prova davvero a essere… a rispettare i tuoi sentimenti”
Tom rimase in silenzio “Per me non ha senso quello che mi stai dicendo perché non so cosa significhi amare, io non amo e nessuno mi ha mai amato… l’amore non esiste”
Molly aprì la bocca per ribattere ma proprio in quel momento la porta si aprì e comparve Bellatrix. Molly ritrasse la mano, che ancora stringeva quella di Tom, e distolse lo sguardo. Aveva gli occhi lucidi ma cercò di trattenersi dallo scoppiare in lacrime. Tom, invece, sembrava non avere nessuna difficoltà a riprendere possesso di sé e a mettere su un’espressione che rasentava l’indifferenza più smodata.
“Spero di non interrompere nulla” disse Bellatrix con tono piatto avanzando in cucina e sedendosi di fronte a Tom.
Lei gli dichiarava il suo amore e lui se ne stava lì seduto a confidarsi con quella Traditrice del suo Sangue? Era ferita ma era anche abituata a quel trattamento. Osservò per qualche secondo gli altri due, indecisa se far partire l’ennesimo litigio oppure no.
Scosse la testa “Sono ufficialmente di nuovo nubile, Bellatrix Black” disse fissando il Signore Oscuro negli occhi.  
“Bene” commentò lui la sua voce era roca e Tom s’inorridì nel sentirla così… debole. Cosa gli stava succedendo? Cercò di riprendere possesso delle sue emozioni e di sé.
“Sarò io a prendere il tuo cognome” chiarì Tom perché su quello non ammetteva repliche.
“Come desiderate, mio Signore” rispose Bella con un sorriso.
“Non dirmi che tu vorresti il mio” l’aggredì subito Tom.
“Io…” Bellatrix esitò.
Era contenta di poter mantenere il suo cognome, era sempre stata fiera di essere una Black e il cognome del suo Padrone era quello di un…
Babbano” completò Voldemort per lei “Credi non lo legga nei tuoi occhi e nella tua mente?”
Bellatrix corrugò le sopracciglia “Perdonatemi, mio Signore, ma non riesco proprio a capirvi” perché la trattava così ogni volta?
“State facendo tutto da solo. Volete darmi il cognome Riddle? Lo prendo. Preferisco il vostro che quello di Lestrange” alzò il mento con arroganza “Ma se mi chiedete di scegliere allora sì, scelgo il mio cognome, Black. Sono sempre stata fiera di essere una Black e l’idea di poter dare il cognome al… al bambino… poter portare avanti il nome della famiglia…”
“Buffo, no?” era la voce di Sirius, entrato senza che nessuno se ne accorgesse.
“Buffo?” ripeté Bellatrix voltandosi verso il cugino con un sopracciglio alzato. Gli ormoni della gravidanza non la rendevano più tollerante, anzi, e non voleva essere interrotta. Quella che stava avendo col suo Padrone era una conversazione importante cosa voleva quel cane rognoso del cugino?
“Sì, pensavo che Andromeda è stata cancellata dall’albero dei Black per essersi sposata con un Sanguesporco”
“Io non sono un Sanguesporco” precisò di nuovo Tom, piccato. Il ghigno sul viso di Sirius non gli stava piacendo per nulla.
“No, certo che no. Ma tra Sanguesporco e Mezzosangue per i Black non ha mai fatto nessuna differenza. La feccia è feccia, come ti ha detto Bellatrix ieri… o l’hai già dimenticato?”
“Il Signore Oscuro è diretto discendente di Salazar Serpeverde!” sbottò Bellatrix ma una nota di panico si poteva sentire nel tono della sua voce…
“E di un Babbano” Sirius alzò le spalle “Non solo… tu hai anche divorziato pur di poterti sposare con lui” si lasciò andare alla sua risata simile a un latrato “Cosa direbbero i tuoi genitori se fossero ancora vivi nel sapere che hai divorziato un Lestrange per metterti con un Riddle?”
“Non m’interessa quello che direbbero i miei genitori!” eppure qualcosa in Bellatrix iniziava a farsi strada, una sensazione spiacevole e che sempre l’aveva accompagnata durante l’infanzia e poi l’adolescenza: la consapevolezza di essere una delusione e un fallimento per la sua famiglia.
“Incinta fuori dal matrimonio di un Mezzosangue” rincarò Sirius maligno “Tu sei peggio di me e Andromeda messi insieme”
Non osare!”
“No, cara cugina, non osare tu! Ti sei sempre erta al di sopra di noi, tu e le tue idee razziste ed estremiste e ora… ora guardati. Pronta a sposare la feccia mentre porti in grembo il suo figlio bastardo”
“Sirius, smettila” disse Molly disgustata da quei discorsi “Cosa stai dicendo?”
“Molly, non ti intromettere nelle faccende di famiglia”
“Mi intrometto, invece, cosa stai blaterando? Non ti vergogni a dire certe cose?”
“Questi sono i ragionamenti della famiglia Black. I ragionamenti che Bella ha sposato e condivide… o li condivide solo quando non toccano lei in prima persona?”
“Io ho votato la mia vita alla Causa, ho passato quattordici anni ad Azkaban…”
“Tu hai votato la tua vita a lui” interruppe Sirius, implacabile “A un Mezzosangue” mise particolare enfasi sull’ultima parola.
“I miei genitori, i tuoi genitori, erano fieri del fatto io fossi una Mangiamorte”
“Non ci credi nemmeno tu” rispose Sirius “Tu sei una donna, il tuo compito era quello di rimanere sposata a Rodolphus Lestrange e farci figli insieme. Invece cosa hai fatto? Sei diventata la puttana personale del tuo capo, il Mezzosangue”
Non osare!
“Oso, invece, Bella. Credo che tu ti sia conquistata il diritto di venire eliminata dall’albero proprio come me e Andromeda”
Cosa?!” Bellatrix strabuzzò gli occhi inorridita. Cosa stava farneticando quel cane randagio dalla dubbia igiene personale?
“Divorziata da un Purosangue, incinta di un Mezzosangue, pronta a sposarti con un Mezzosangue. Non ti manca nulla”
“Tu non hai nessun diritto!”
Bellatrix si sentiva nauseata. La parte peggiore era la consapevolezza del fatto che Sirius avesse ragione: se i loro genitori fossero stati ancora vivi…
“Non ci sposiamo” la voce del Signore Oscuro la fece sussultare “Ritiro la mia proposta di matrimonio”
Il cuore di Bellatrix mancò un battito. In che senso non la voleva più sposare?
“Non voglio di certo essere causa dell’allontanamento di Bella dalla famiglia Black. Non voglio vederla scomparire dall’albero” chiarì Tom perché Bellatrix lo stava guardando con un’espressione ferita e impanicata.
“Vedi, caro Voldemort, quello che tu vuoi o non vuoi è ininfluente. Completamente e totalmente ininfluente. Senza contare che, anche non vi sposaste, Bella continuerebbe a essere una donna divorziata con un figlio bastardo avuto da un Mezzosangue” Sirius sorrise poi si fece serio, impettito “No, non lo posso permettere!” si batté una mano sul petto “Il mio compito di maschio Black è far sì che le tradizioni vengano mantenute”
“Sei stato cacciato dalla famiglia, cancellato!”
“Ma non diseredato, Bella, come tu ben sai. Sono l’unico maschio Black… sapevano di non potersi permettere tanto” Sirius si tirò su le maniche della veste “Bene, ho un arazzo da incenerire” marciò fuori dalla cucina, verso il salotto dove era appeso l’arazzo dei Black.
Bellatrix si alzò e si precipitò appresso il cugino.
Non era possibile, non gli avrebbe permesso tanto.
Non avrebbe avuto il coraggio, Sirius… era solo un bluff.
“Fermati!” urlò entrando dietro di lui nel salotto “Non muovere un altro passo o ti faccio fuori”
Sirius rise e tirò fuori la bacchetta “Sei sicura di farcela, anche se sei in stato interessante? Mammina Bella!”
Non osare!” sibilò Tom facendo il suo ingresso dietro a Bellatrix insieme a Molly “Non te ne importa niente della purezza dei Black…”
“No, non me ne frega niente, hai ragione Voldemort” rispose Sirius sprezzante “Ma sono amante della coerenza: non puoi fare la guerra ai Traditori del Proprio Sangue e poi fare lo stesso…”
“Non è lo stesso!” ribatté Bellatrix accalorata.
“E perché no? Perché tu hai deciso che lui è diverso?” Sirius rise ma non era divertito, solo disgustato “No, cara cugina, non funziona così”
“Cosa succede qui?”
Bellatrix sussultò e si voltò di scatto verso l’ingresso del salotto. Oltre il suo Padrone, oltre quella Molly Weasley c’era… ma no… non era possibile… non poteva essere lei.
“Cosa stai facendo vicino all’arazzo, Sirius?” chiese Druella Rosier in Black, socchiuse gli occhi “Cosa ci fai qui? Sei tornato a chiedere perdono a tua madre per tutto il dolore che le hai causato?”
Sirius rimase ammutolito, non sapeva cosa dire o cosa fare. Quella non poteva essere sua zia… ma non c’erano dubbi: i capelli biondi, gli occhi dalle palpebre pesanti, quello sguardo altezzoso…
“Oh, Bella!” chioccò Druella superando Tom e Molly quasi come se non li vedesse e avvicinandosi a Bellatrix “Sei incinta, finalmente!” esclamò portando una mano sul ventre della figlia e sfiorandoglielo.
Bellatrix si ritrasse istintivamente, incredula, spaventata, confusa.
Non riusciva a capire.
“Dov’è Rodolphus?” chiese Druella con voce trillante, eccitata “Bisogna congratularsi, fare una festa” si volse e i suoi occhi caddero su Tom “E tu cosa ci fai qui?” sibilò all’improvviso adirata “Non sarai qui per mettere i tuoi artigli su di lei, vero?”
Tom socchiuse gli occhi e non rispose. Quando era comparsa Merope era stato troppo coinvolto emotivamente per analizzare la figura ma ora, con Druella, doveva cercare di capire. Troppo corporeo per essere un fantasma, non abbastanza corporeo per essere un vero e proprio essere vivente. Non era neanche un Inferius, dato che quelli erano più che altro degli zombie… inclinò il capo di lato, un ricordo? Possibile fosse solo l’orma di un ricordo? Ma non aveva senso… forse degli spiriti…
 
Una folata di vento più forte gli fece quasi perdere l’equilibrio e cadere carponi per terra sull’erba umida di rugiada. Fece qualche passo per mantenere l’equilibrio ma poi sentì come se qualcosa gli stesse afferrando le caviglie. Tom mosse le braccia per riassestarsi mentre i suoi piedi sprofondavano nel terreno, quasi fosse in delle sabbie mobili. Cosa stava succedendo? All’improvviso, si sentiva privato della sua energia magica come se qualcuno gliela stesse risucchiando… e s’inabissava sempre di più… sempre di più…
“Questo sembra diverso dagli altri”
“Incredibile, vero? A maggior ragione ci serve. Dobbiamo portarlo da Bronwen…”
 
“Cosa ci fa lui qui, Bellatrix? Dov’è Rodolphus, tuo marito?”
Tom scosse la testa con forza. Iniziava a ricordare… a ricordare… era stato portato giù… giù, ad Atlantide… ma perché? Cosa aveva vissuto? Cosa era successo?
Il sospiro tremolante di Bellatrix lo distrasse ancora una volta, riportandolo definitivamente a Grimmauld Place numero 12.  
Bella si sentiva tornata bambina, quando sua mamma la sgridava perché non si comportava bene “Io… non sono più sposata con Rod” balbettò, incapace di rimanere lucida. Perché sua madre le faceva quell’effetto? Pensava che non le importasse più nulla né di lei né delle sue opinioni: da quando era diventata Mangiamorte aveva trovato il vero scopo della sua vita e si era allontanata dalla sua famiglia di origine… il suo Padrone l’aveva salvata…
“Come sarebbe a dire non sei più sposata con Rodolphus?” esclamò Druella inorridita “E di chi è il bambino?”
Gli occhi di Bella si spostarono sul suo Signore, come a chiedergli aiuto, supporto.
Non suo!” sibilò Druella seguendo la linea dello sguardo della figlia “Oh no! Non puoi esserti fatta ingravidare da… dalla feccia!”
L’espressione di Druella passò dall’essere estasiata per la scoperta della gravidanza a essere nauseata “Dimmi che non è il suo!”
Bellatrix deglutì, era di nuovo una bambina alla quale veniva ordinato di sposarsi con l’uomo che non le piaceva… “Madre” iniziò titubante “Non ho mai amato Rodolphus…”
“Amore!” la bloccò Druella con una risata “Voi giovani avete la mente piena di fesserie inutili. Non ci si sposa per amore, ci si sposa per mantenere la linea di sangue pura. Dov’è tuo marito? Non dirmi che ti sei fatta ripudiare! Oh, certe onte non si lavano via facilmente, Bellatrix, ma sei ancora in tempo”
“In tempo?”
“Abortisci” chiarì Druella riavvicinandosi alla figlia “Non dire nulla a Rodolphus…”
“Ho divorziato da Rod” rispose Bellatrix, alzando la testa, fiera “Mi sposo con…” i suoi occhi dardeggiarono di nuovo verso il suo Padrone “Con il Signore Oscuro”
Druella strabuzzò gli occhi “Non puoi essere seria” fece un profondo sospiro “La tua famiglia, Bellatrix, perdi la tua famiglia”
“No!” esclamò Bella “Io… porto avanti il cognome dei Black”
“Il cognome dei Black non verrà dato a un lurido e sporco Mezzosangue!” sbottò Druella “Sei un disonore per la famiglia, Bellatrix. Prima ti comporti come se fossi un uomo decidendo di andare in giro a duellare invece di stare in casa, poi ti rifiuti di adempiere ai tuoi doveri coniugali con Rodolphus… e ora? Ora ti ritrovo divorziata e incinta di un bastardo avuto da un Mezzosangue?”
“Lui è l’Erede di Salazar Serpeverde”
“Lui è un Mezzosangue!” ribatté Druella “E tu sei una Traditrice del Tuo Sangue”
Quelle parole colpirono Bellatrix come lame infuocate. Vedere il disgusto, la delusione, nello sguardo di sua madre fu come una Cruciatus. Anzi, mille volte peggio. L’idea che la sua vita fosse in realtà una menzogna perché, alla fine, sapeva che Druella e Sirius tutti i torti non li avevano…
“Anche tu sei andata a letto con lui” ribatté Bella, cercando di suonare indifferente, altezzosa.
“Oh, Bella” sbottò Druella “Non crederai davvero che una scappatella in gioventù si possa paragonare a quello che hai fatto tu, vero? Farsi mettere incinta al di fuori del matrimonio… per di più dalla feccia…” scosse la testa “Non me lo sarei mai aspettata da te che sembravi essere così appassionata alla Causa!”
“Lo sono” si difese Bellatrix con passione “Sono in prima linea…”
“In prima linea a fare la sgualdrina!” Druella si volse verso di Tom come una furia “Sarai soddisfatto, vero?” gli chiese alterata “È quello che hai sempre voluto, trovare una Purosangue stupida abbastanza da cascarci e voler stare con te per poter pompare il tuo ego di Mezzosangue impuro. Adesso che l’hai adescata e fatta tua ti sentirai realizzato? Ci hai provato con tutte noi ma nessuna ha mai voluto davvero stare con te”
Bellatrix si sentì mancare. Che discorso stava facendo sua madre?
“Oh, sì, Bella. Come, non te l’ha detto che ha chiesto a tutte noi di sposarlo e stare con lui? Voleva solo staccarsi dal suo status di sangue…”
“Non darle retta, Bellatrix” s’intromise Tom facendosi avanti “Non è vero”
Bellatrix si portò una mano sulla bocca, si sentiva nauseata. Lei non valeva nulla per lui? Lei o qualcun'altra per il suo Signore non faceva differenza?
“Certo che fa differenza!” esclamò Tom avvicinandosi a lei “Mi conosci, lo sai…”
Druella rise “Sei bravo a manipolare le persone ma forse stai perdendo il tuo tocco”
“Bellatrix. Lei non è davvero qui. Vede le tue paure, le tue insicurezze… e preme su quelle per metterti in difficoltà, per spezzarti. Ma tu lo sai! Lo sai che io non… che tu…” Tom si bloccò, non riusciva a dirlo, non riusciva a essere esplicito nei suoi sentimenti.
Non voleva dirlo.
“Sono qui eccome!” proruppe Druella allontanandosi da Bellatrix e avvicinandosi all’arazzo dove ancora c’era in piedi Sirius come imbambolato. Druella lo scostò di mala grazia e tirò fuori la sua bacchetta.
“Non ti meriti più di stare qui sopra, Bellatrix” dichiarò Druella con voce piatta ma Bella neanche la stava ascoltando. La sua mente era ferma a quello che la madre le aveva detto poco prima… che il suo Padrone aveva chiesto a tutte le Purosangue di sposarlo solo per potersi lavare del suo status di Mezzosangue. Lei, quindi, era solo un ripiego?
Druella avvicinò la bacchetta all’arazzo, pronta a bruciare il nome di Bellatrix.
“Non oserai tanto” sibilò Tom facendosi avanti.
“Perché? Cosa c’è, ti infastidirebbe sposarti con una Traditrice del Suo Sangue?” sghignazzò Druella “Speravi di mettere le tue sudicie mani sul cognome dei Black e lavarti così dalla tua impurezza? Mia figlia è un’ingenua”
“Tua figlia è cento volte la strega che eri tu” sibilò Tom.
Druella socchiuse gli occhi “Forse. Ma vedremo se crede a te o a me…” disse, poi avvicinò la bacchetta all’arazzo ma Tom fu più veloce, le lanciò uno Schiantesimo e, come l’incantesimo colpì la strega, quella scomparve nel nulla con un urlo atroce.
Bellatrix rimase come paralizzata per qualche istante. Poi, con passo tremante, si diresse verso l’arazzo. Quante volte lo aveva osservato da bambina? E quante volte aveva ascoltato le storie di chi era stato eliminato per sempre dalla famiglia? Disonorati, senza passato, senza futuro. Passò la mano sulla sua figura. La bacchetta di Druella non aveva fatto in tempo a bruciare del tutto il suo nome e la sua immagine ma… ma non era neanche del tutto integra. Bellatrix chiuse gli occhi e represse un singhiozzo, si lasciò scivolare in terra, la mano ancora premuta sull’arazzo. Aveva sprecato tutta la sua vita? Aveva sbagliato tutto?
“Bellatrix” la chiamò Voldemort. Lo sentiva torreggiare sopra di lei ma non riusciva a trovare la forza di aprire gli occhi, fronteggiarlo.
“Bella”
Scosse la testa. Non poteva credere di essere come tutte le altre.
“Non lo sei” Voldemort si accovacciò di fronte a Bellatrix “Non lo sei mai stata, lo sai”
“No, non lo so” mormorò Bellatrix aprendo gli occhi e trovandosi il viso del suo Padrone a un palmo dal naso. Aveva ripreso il suo vero aspetto, quello di Lord Voldemort, e Bella si perse a guardare quegli occhi infuocati che tanto amava “Non so cosa avete fatto in passato…”
“Non ho mai chiesto a nessuno di sposarmi”
Bellatrix distolse lo sguardo. Non riusciva a guardarlo in faccia, era quasi doloroso.
“Non mi credi”
“Mia madre sembrava sincera”
“Quella non era tua madre, Bellatrix. Era una proiezione creata dai Druidi per disorientarti, ferirti, lasciarti titubante nei miei confronti… ha preso le tue paure e le ha trasformate in realtà”
Bellatrix rimase in silenzio e deglutì. Voleva andare in fondo alla questione ma, allo stesso tempo, sapeva che avrebbe aperto ferite nel suo Padrone che non erano mai state del tutto cicatrizzate.
“Voi non credete a quello che ha detto vostra madre?”
Gli occhi di Voldemort divennero più rossi che mai e Bella, dopo tanto tempo, si trovò a essere impaurita dal suo Padrone.
“Io non ho mai avuto una madre”
“Ok… ma quella… quella Merope… non credete a quello che ha detto?”
“Era la prima volta che la vedevo. Non so quello che…” Voldemort si interruppe, non voleva continuare quel discorso: il punto non era Merope.  
“Non sappiamo nulla di Merope ma noi conosciamo Druella e tu conosci me” le afferrò il viso con una mano e la costrinse a guardarlo negli occhi “E io sono qui a dirti che prima di conoscere te non ho mai desiderato sposarmi con nessuna, mai avrei immaginato di volermi sposare…”
Bellatrix sentì il proprio cuore battere più velocemente e il respiro farsi più pesante. L’amava, dunque?
“Non so cosa voglia dire, Bella”

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Perdonate questo ritardo, sono stata un po' presa dalla vita. Però ora dovrei riprendere a vivere e a respirare, quindi spero di poter aggiornare in tempi non biblici. 
Altro drama in arrivo come sempre e che il trash sia sempre con noi XD
A presto (spero), 
Clo


Come sempre, se vi fa di farmi sapere cosa ne pensate, vi aspetto nelle recensioni :D 

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


TW: in questo e nei prossimi capitoli si parlerà di problemi legati alla gravidanza con Bellatrix che, questa gravidanza, continua a non volerla. Se siete sensibili alla questione, vi consiglio di non proseguire con la lettura perché non vorrei che qualcuno potesse rimanere toccato dalla mancanza di delicatezza con cui la questione viene trattata. 
 

Bellatrix si sentiva nauseata, stomacata. Non capiva se fosse la gravidanza oppure se fosse… altro. Era dilaniata, divisa in due nel suo amore. Amava il Signore Oscuro, lo amava dal primo giorno in cui lo aveva visto eppure… da quando erano in quella casa, aveva avuto modo di conoscere una parte inedita del suo Padrone che, pur piacendole, andava a collidere con i suoi ideali… spesso sembrava un… un… il suo cervello cercò di bloccare i pensieri, non poteva permettersi di andare lì.

Si rigirò nel letto insofferente, stranamente, lui stava dormendo. Era così raro vederlo con le difese abbassate, addormentato… Bella continuò a osservarlo, aveva il suo vero aspetto, quello serpentesco, quello che lei adorava, quello che le consentiva di sorvolare su tutto il passato del suo Padrone.

Sono ipocrita? si chiese Bellatrix sistemando il cuscino per avere una visione migliore dell’uomo sdraiato accanto a lei. Pensava non le importasse lo status di sangue del suo Padrone ma, ora che era incinta di lui, che si sarebbero sposati, non riusciva… non riusciva più a scindere.

Non riusciva più a scindere perché, per la prima volta in quei mesi, aveva visto sul serio l’altra parte.

Non era puro e non lo sarebbe mai stato.

Senz’altro era il mago più potente che avesse mai incontrato, affascinante ma… ma il sangue?

Quello non mentiva.

Chiuse gli occhi dalle palpebre pesanti. La voce di sua madre continuava a rimbombarle in testa.

L’albero genealogico non mentiva: Riddle, non era un cognome Purosangue, c’era poco da girarci intorno.

Eppure, lo amava.

Un Mezzosangue.

Un Mezzosangue frutto di un Babbano e una Maganò.

Un Mezzosangue cresciuto tra i Babbani.

Tom Riddle.

Si mise a sedere di scatto, la bile che le risaliva lungo l’esofago.

Cercando di fare meno rumore possibile, lasciò il letto e si diresse al piano di sotto, in bagno, dove sarebbe potuta stare in pace…

 

Tom si svegliò di soprassalto. Era in una stanza fatta di pietra a lui sconosciuta, il suo primo istinto fu quello di raggiungere la bacchetta ma ci mise una manciata di secondi per rendersi conto che gli era stata presa, sottratta, rubata. Senza bacchetta si sentiva esposto, come se gli avessero amputato le braccia. Da quando aveva scoperto di essere un mago, da quando l’aveva comprata a Diagon Alley, non aveva passato neanche mezzo secondo la sua bacchetta di tasso. Vero, era comunque in grado di fare magie senza l’utilizzo della bacchetta che, alla fine, andava solo a incanalare i suoi poteri… amplificandoli, a volte, forse, ma non di certo a crearli dal nulla.

Abbandonò la tavola di legno sul quale era stato messo e lasciò che il suo sguardo saettasse intorno. Ai suoi polsi c’erano dei bracciali. Erano stretti, quasi gli bloccavano la circolazione, non erano manette, erano in pelle e, dopo un’attenta analisi, Tom capì come fossero magici. Gli stavano bloccando la sua magia. Represse un ringhio. Come aveva potuto farsi gabbare così? L’ultimo ricordo che aveva erano le pianure irlandesi, quella sensazione di stare sprofondando, giù…

“Bronwen” mormorò.

Sì, qualcuno aveva pronunciato quel nome… dovevano portarlo da Bronwen… il nome gli diceva qualcosa, come se lo avesse letto anni addietro in qualche tomo di magia ma non avrebbe saputo dire dove…

Il suo cervello sembrava appannato, lento. Oltre ad avergli bloccato la magia con quei bracciali, dovevano averlo drogato. Tom cercò di fare qualche respiro per calmarsi, pensare lucidamente, doveva rimanere vigile e attento. L’effetto delle droghe prima o poi sarebbe passato e allora si sarebbe ricordato… ricordato di chi fosse Bronwen…

“Credo si sia svegliato”

Tom drizzò le orecchie spostando tutta la sua attenzione verso la porta.

“I bracciali mandano impulsi…”

“Non è possibile sia uno di noi… era su…”

“A quanto pare le leggende sono vere…”

 

Tom aprì gli occhi di scatto col cuore in gola. Si sentiva sudato e stanco come se avesse corso chilometri.

“Bronwen” sibilò piano “Bronwen” ripeté perché quel nome… quel nome… perché ogni volta che sembrava stesse avvicinandosi alla risposta tornava al punto di partenza?

È un incantesimo di memoria, si disse ragionando veloce. Appena mi avvicino alla soluzione, a ricordarmi, l’incantesimo entra in funzione e me lo impedisce…

Si volse alla ricerca di Bellatrix magari lei poteva sapere, aver letto quel nome da qualche parte… se avesse condiviso con qualcuno che non era sotto l’incantesimo di memoria forse sarebbe riuscito a trovare una soluzione a quel rebus. Fu con una punta di disappunto che si accorse che Bella non era lì, accanto a lui, dove sempre doveva stare.

“Bella non è qui?” chiese Tom dopo essersi alzato ed essere entrato in cucina scrutando la stanza con un sopracciglio alzato.

“No, caro. Credo sia nel bagno del piano terra, sai la nausea mattutina può essere fastidiosa”

“Immagino”

“Oh non credo proprio tu possa immaginare” ribatté Andromeda acida “E non mi sembra neanche ti importi di mia sorella dato che, come al solito, ti è del tutto indifferente”

“Bella non mi è indifferente” rispose in tono piatto Tom. Si passò una mano sulla tempia. Stava cercando di usare l’Occlumanzia contro Potter – perché di sentire i suoi vaneggiamenti da adolescente idiota non ne aveva proprio voglia – ma si stava rivelando un’esperienza diversa da qualsiasi altra sperimentata prima perché le incursioni provenivano dall’interno, quasi come se fosse lui stesso a farsele. Richiedeva quindi impegno e concentrazione costante e lui, di fatto, era esausto. Digrignò i denti e si sedette a tavola con la testa tra le mani.

Troppi pensieri.

Troppi problemi.

Come la poteva risolvere la questione Potter?

Uno non può vivere se l’altro sopravvive.

Ma è un mio Horcrux, si disse Voldemort. Non posso ucciderlo… vorrebbe dire distruggere un pezzo della mia anima.

Strizzò gli occhi e dietro le sue palpebre comparvero delle stelline. Poteva essere possibile riprendere il pezzo di anima? Riprenderselo e metterlo da qualche altra parte?

Forse sì.

Non era mai stato fatto prima ma non era forse questo il bello della magia? Spingersi oltre, fare cose che mai erano state fatte prima da altri?

E poi… e poi c’era un’altra questione che lo assillava… un nome che doveva cercare… ma com’è che era? Perché non riusciva a ricordare con chiarezza? Perché si era messo a cercare Bellatrix?

“Mio Signore!”

Tom spalancò gli occhi e si guardò intorno.

“Ti sta chiamando dal bagno, credo” gli disse Molly indicando con un cenno della testa la porta d’ingresso della cucina. Il suo sguardo era pieno di apprensione “Caro, non hai proprio una bella cera… magari posso farti una spremuta così assumi delle vitamine…”

Tom inclinò la testa di lato, confuso. Assumere vitamine?

“PADRONE!”

L’urlo di Bellatrix lo fece sussultare. Sentiva il sangue pulsare nelle tempie in modo doloroso.

“Non puoi andare da lei?” gli chiese Sirius infastidito da quelle urla.

“Non sono il suo Elfo Domestico” sibilò Voldemort “Se vuole davvero chiamarmi può sempre usare il Marchio Nero…”

“TOM!”

Voldemort si alzò in piedi di scatto.

Tom?

Come osava? Come osava chiamarlo… uscì dalla cucina con passo deciso e una smorfia in viso. Le avrebbe strappato quell’essere dalla pancia e poi l’avrebbe punita come si deve per tale mancanza di rispetto. Voldemort aprì la porta del bagno senza bussare, come una furia, l’avrebbe presa per i capelli e le avrebbe imposto di scusarsi, pregarlo di perdonarla… tuttavia, come vide Bella seduta sul water, tutti i suoi propositi di distruzione e umiliazione evaporarono. L’espressione della sua strega era strana, sembrava angosciata.

“Padrone” mormorò Bellatrix. Aveva la voce incrinata in un modo strano per Bella che, anche quando si lamentava, manteneva un certo contegno, una certa alterigia. Tom fece qualche passo all’interno del bagno lasciando che la porta si richiudesse alle sue spalle, poi abbassò lo sguardo sul braccio disteso di Bellatrix e osservò quello che gli stava mostrando: un pezzo di carta igienica sporco di sangue.

“Cosa significa?” chiese confuso, senza davvero capire che cosa stesse guardando.

“Sono incinta” sibilò Bellatrix con fare ovvio “Non dovrei avere questo genere di… perdite

Tom rimase in silenzio, pensando a cosa fare ma non gli veniva in mente nulla. Non aveva mai studiato quel tipo di magia, cosa gliene poteva importare di pozioni o incantesimi per le gravidanze?

“Andiamo in cucina” disse Tom porgendo una mano a Bella per aiutarla ad alzarsi “E chiediamo a Molly… a tua sorella…”

Bellatrix emise un verso di sprezzo e ignorò la mano di Tom, alzandosi a fatica dal water. Si sentiva irritata e irritabile. Infastidita da quell’atteggiamento del suo Signore. Non sapeva neanche lei che cosa desiderasse da lui: in passato aveva desiderato ricevere più attenzioni, più gentilezza ma ora, quel gesto di aiutarla ad alzarsi, l’aveva solo lasciata confusa e scocciata. Perché non poteva semplicemente tornare a essere il suo Signore? Non riusciva più a sopportare di vederlo con quell’aspetto giovane, comportarsi normalmente con quella gentaglia… si sentiva male al pensiero di essere come Andromeda.

Lo era per davvero? Non poteva essere così…

“Cosa succede?” chiese Andromeda come vide Bella e Tom rientrare in cucina.

“Ho delle perdite” rispose Bella “Perdo sangue” lo disse come se, in realtà, la questione neanche la riguardasse. E in parte si sentiva così: non voleva saperne. Non voleva quella cosa che cresceva in lei… per di più, in quel momento, si sentiva come se lo stesse facendo per un… un… non per il suo Signore…

“Devi andare al San Mungo!” esclamò Andromeda con una nota di panico nella voce e Molly annuì “Potrebbe essere una cosa seria, deve vederti un guaritore… forse hai avuto troppo stress. Senza contare la smaterializzazione…”

“Bella non va da nessuna parte” interruppe Tom.

“Bella andrà all’ospedale perché è necessario” ribatté Andromeda alzandosi in piedi.

“È ricercata” sibilò Tom “Non può mica entrare al San Mungo come se niente fosse, come se stesse facendo una passeggiatina…”

“Può prendere il mio aspetto” propose Andromeda per nulla impressionata dall’atteggiamento bellicoso di Tom. Non avrebbe rinunciato al benessere di Bellatrix per stare dietro a quello psicopatico il cui unico pensiero e interesse non era altro che sé stesso. Solo ed esclusivamente sé stesso.

“No. Non può perché è incinta e non può usare la Polisucco” ribatté Tom. Voleva trovare una soluzione ma non vedeva come andare al San Mungo potesse esserlo: Bella era evasa da Azkaban, non poteva farsi vedere in giro. Ma lui, effettivamente, non avrebbe saputo da che parte iniziare per capire se il feto potesse stare bene… cosa fosse successo… lui doveva concentrarsi su come recuperare la sua anima all’interno di Potter non su come gestire una gravidanza indesiderata.

“Potrebbe andare in un ospedale babbano?” propose Arthur piano “Insomma, credo siano in grado di fare dei test…”

Non ci penso nemmeno!” sbottò Bellatrix “Per chi mi hai presa? Credi mi abbasserei a tal punto? Farmi visitare da dei sudici Babbani! Piuttosto muoio

“Piton” propose Tom dopo qualche attimo.

Bellatrix strabuzzò gli occhi “Piton?” scosse la testa con più vigore di prima “Non mi farò mettere le mani addosso da quel pipistrello troppo cresciuto!”

“Oh! Io e mia cugina abbiamo un punto in comune? L’odio verso Piton?” mormorò Sirius colpito e guardando Bella con rinnovato interesse “Incredibile”

“O lui o i Dissennatori, Bella, non vedo molte altre soluzioni”

“Ma perché Piton dovrebbe sapere…” Bellatrix fece una smorfia “Dubito abbia mai avuto a che fare con… con situazioni di questo tipo”

“Piton è un accademico” rispose Tom cercando di rimanere lucido. La sua testa stava per scoppiare. Sentiva le emozioni di Potter premere, come se volessero prendere il sopravvento su di lui, ma non poteva proprio permettersi di andare lì, non in quel momento “Sono sicuro abbia una soluzione, anche solo teorica, su che pozioni potrebbero essere necessarie…”

No” Bellatrix scosse la testa indietreggiando.

“No?” ripeté Voldmemort adirato “Ti metti a discutere con me, ora?”

Bellatrix lo fissò negli occhi per qualche secondo, voleva continuare a protestare ma, alla fine, si arrese e abbasso lo sguardo.

Era il suo Padrone.

Il suo Signore.

Non era un… un…

“Bene, è deciso allora”

Voldemort chiamò Piton tramite il Marchio Nero. Non poteva importargliene di meno che fosse a Hogwarts, mise in quella chiamata tutta l’urgenza che riuscì a imprimervi.

“Bellatrix ha bisogno di un Guaritore” ripeté Andromeda cocciuta “Ti rendi conto che stai mettendo a rischio la sua vita oltre a quella del bambino?”

“Nessuno corre rischi” sibilò Voldemort adirato “Fatti gli affari tuoi”

“Bella è affare mio! È mia sorella!

“Te l’ho già detto, signora Tonks. Bellatrix appartiene a me!

“Mio Signore, mi avete chiamato?”

Tom si volse verso l’ingresso della cucina di casa Black stringendo gli occhi. Piton era sull’ingresso e osservava la scena con la sua solita flemma, il viso impassibile.

“Sei stato veloce” commentò Tom mentre Piton entrava. Era la prima volta che lo vedeva dopo mesi. Silente aveva ritenuto più adeguato lasciare Severus Piton fuori dai giochi: spia per quale delle due parti, in realtà? Avrebbe creato troppo trambusto considerando che era disprezzato da tanti dei membri dell’Ordine della Fenice e Bellatrix… be’, non era esattamente una sua fan.

“Mi è sembrato di capire fosse urgente, Padrone”

Bellatrix sbuffò sonoramente e, all’unisono, lo fece anche Sirius. I due Black si volsero di scatto l’uno verso l’altro, increduli per quella loro improvvisa alleanza: che avessero trovato un nemico in comune?

“Non so se hai saputo…” Tom esitò. Non aveva a che fare con i suoi Mangiamorte – tranne Bellatrix – da mesi… e si sentiva come rammollito. Rammollito dal fatto che interagiva con gentaglia.

Stava per annunciare che Bellatrix era incinta.

Che Bellatrix era incinta di lui.

Che avrebbero avuto un bambino.

Insieme.

Lui e Bellatrix.

“Se hai saputo che Bella è incinta”

Severus spostò la sua attenzione su Bellatrix, aveva le guance imporporate come se quella gravidanza fosse un’onta impronunciabile.

“Le mie congratulazioni, Lestrange… oops, volevo dire… Black

Gli occhi di Bellatrix lampeggiarono “Tu! Traditore!” sputò fuori “Credi di essere furbo? Credi io non veda-”

Voldemort l’afferrò per un braccio “Zitta” le sibilò strattonandola “Chiudi quella bocca, Bella!”

“Oh no, mio Signore!” Bellatrix si divincolò, appassionata, non avrebbe mai smesso di battersi contro quel Mezzosangue.

Mai.

“Non… non lo vedete? Non è cambiato nulla”

“Bellatrix ha la passione per vedere cose che non esistono” commentò Piton “D’altra parte, è solo grazie alla sua fervida immaginazione se può sperare in… ahrelazioni romantiche…

Voldemort lasciò andare Bellatrix. Come osava? Come osava Piton…

“Insomma, Severus” commentò Sirius alzandosi in piedi prima che Tom potesse dire o fare alcunché “Mi sembra di capire nessuno si fidi di te. Ti è mai capitato di pensare fosse a causa tua? A causa del fatto che sei la persona più sgradevole che sia mai venuta a questo mondo?”

“Nessuno ha chiesto il tuo parere, Black. Cosa ne vuoi sapere tu che ti nascondi da mesi in casa di tua madre?”

Non ci provare! Se qui c’è uno che dovrebbe nascondersi, quello sei tu!”

“Sì, Piton” si aggiunse Bellatrix “Io avrei qualche domandina da farti, sai? Perché se pensi io mi fidi di te…

“Oh, Bellatrix, a me della tua fiducia non importa nulla. Non darti arie. Non crederti più importanti di quello che sei. Pensi di poter vantare diritti perché ti intrattieni a letto con il Signore Oscuro?”

Più importante di quello che sono?! Io sono la più fedele Mangiamorte! IO!”

“Al momento mi sembri solo l’amante incinta”

Tom chiuse gli occhi e si premette di nuovo le dita sulle tempie. Il mal di testa era ingestibile, soffocante. Aveva difficoltà a concentrarsi…

“Ma a te piacciono i Weasley, non è vero, Potter? Trascorri le vacanze con loro e tutto il resto, non è così? Non senti come puzza la loro casa? Ma suppongo che, essendo stato cresciuto da Babbani, perfino l’odore di quella baracca sia sopportabile… o magari… ricordi il fetore della casa di tua madre, Potter, e il porcile dei Weasley te lo fa tornare in mente…”

Tom sentì montare in sé una furia cieca, mischiata a dolore.

“Io per lui ho passato quattordici anni ad Azkaban! Tu cosa hai fatto, eh? Cosa?

“Se lui non si fida abbastanza per metterti a parte delle conversazioni che abbiamo avuto a giugno…”

“Quindi sei fedele a lui, Piton? Lily era anche amica tua! Come puoi fregartene così di…”

BASTA! FINITELA TUTTI QUANTI!

Bellatrix, Sirius e Severus si zittirono.

Erano tutti e tre in piedi, le bacchette sguainate, e stavano insultandosi a vicenda.

“Padrone…”

“Taci, devi chiudere quella maledettissima bocca” sbottò Voldemort sempre più adirato. Doveva trovare una soluzione per quelle connessioni senza senso. Doveva… doveva trovare una soluzione per quel diamine di feto che stava nella pancia di Bella. E doveva anche capire cosa gli stesse sfuggendo… era qualcosa di importante… ma cosa… cosa…

“Piton” sibilò Voldemort avvicinandosi a lui “Hai qualche pozione o nozione su problemi legati alla gravidanza?” chiese, andando dritto al punto. Non avevano tempo da perdere.

“No, Padrone” rispose Piton abbassando il capo “Non ho mai… ah… impiegato le mie energie in questo tipo di… studi

“E siamo in due” commentò Voldemort acido “Che ci serva da lezione” incrociò le braccia ragionando velocemente. Una parte di sé era a Hogwarts ad affrontare le conseguenze della zuffa con Malfoy, l’altra parte di sé in quella cucina a tentare di gestire quell’altra situazione senza senso

“Andiamo al San Mungo” disse infine Tom riaprendo gli occhi.

Bellatrix lo guardò come si guarda un infermo mentale “Mio Signore?”

“Tu e Andromeda vi somigliate, non c’è bisogno della Polisucco. Mi occuperò io di trasfigurare alcuni tratti, niente di troppo complesso” sospirò “Io invece ho bisogno dei capelli di quello là” proseguì accennando a Ted, poi si volse verso Piton “Hai della Polisucco?”

“Sì, mio Signore” rispose Piton accennando a un inchino “Portamela” Tom esitò “Silente è a Hogwarts?”

“No, mio Signore. È ancora in viaggio con Grindelwald”

“Bene. La Polisucco, Piton, adesso

Bellatrix osservò Piton andarsene.

“Non mi sembra una buona idea, Padrone”

“Non m’interessa cosa sembra a te, Bella”

“Certo che sai” s’intromise Sirius “Sei proprio palese nei tuoi favoritismi”

Tom rivolse la sua attenzione verso Sirius “Favoritismi?”

“Sì, insomma… ‘Bella di qua, Bella di là’ ma invece con Piton…”

“Taci, una buona volta, Black” Tom si avvicinò a Bellatrix “Vieni, qui, iniziamo con te intanto che aspettiamo Piton”

“Mio Signore…”

“Bellatrix, ti assicuro che questa cosa accadrà che tu sia volente o nolente. Quindi smettila”

Bellatrix abbassò il capo in segno di resa, sentì la magia del suo Padrone modificarle alcuni tratti, la lunghezza dei capelli…

Sono proprio come Andromeda ora… dentro… e fuori… il pensiero, ancora una volta, le fece salire la nausea.

“Bella” la chiamò Andromeda avvicinandosi a lei “È necessario che tu ti faccia vedere, non sono normali queste perdite… può non essere nulla ma… insomma, la gravidanza va seguita, è importante, capisci?”

Bella annuì senza guardare la sorella in viso. Ci si sarebbe rivista? Era come uno specchio, erano uguali, dentro e fuori

“Ecco la Polisucco, mio Signore”

“Sempre molto celere, Severus” rispose Tom guardando Sirius che alzò gli occhi al cielo “L’equilibrio ci sarà quando lo chiamerai Sev

“Va’ al diavolo, Black”

“Un modo di dire molto Babbano, Voldemort”

Tom chiuse gli occhi e regolarizzò il respiro. Era talmente vicino a uccidere tutti – Bellatrix compresa – e quegli stolti non se ne rendevano conto.

“Capelli, Tonks” ordinò Voldemort rivolto a Ted che si alzò in piedi “Non rovinarmi la reputazione”

“Che reputazione?” domandò aggressivo Voldemort osservando l’altro uomo mentre si afferrava una ciocca di capelli biondi e tirava. Vide la smorfia sul suo viso mentre il bulbo si staccava dalla testa provocandogli un lieve dolore.

“Tutti mi considerano una persona gentile…”

“Ma certo” rispose Tom afferrando i capelli dalla mano di Ted e buttandoli nella fialetta piena di Polisucco “Bella ed io interpreteremo una parte, vero?”

Bellatrix si strinse nelle spalle. Lei non avrebbe interpretato proprio un bel niente. Se ne sarebbe stata zitta e basta, la sua collaborazione poteva essere al massimo solo ed esclusivamente quella.

Tom alzò la fialetta con la Polisucco verso gli astanti, come a voler brindare alla loro salute, poi la ingollò tutta d’un sorso. Era la prima volta che utilizzava la Polisucco e, pur sapendo la teoria, non fu pronto quando la pozione ebbe effetto. Non era una sensazione piacevole sentire il corpo scombussolarsi e mutare forma. Era diverso dalla procedura che faceva di solito quando mutava i suoi tratti serpenteschi da quelli che aveva da ragazzo. Si abbassò di molti centimetri, diventando quasi più basso di Bellatrix, i suoi capelli da neri divennero biondicci, il naso si allargò, gli occhi da castano scuro, divennero chiari.

“Mi sa che devo mettermi a dieta” commentò Ted osservando corrucciato Tom di fronte a lui e la veste che tirava sul ventre “Mi sono lasciato un po’ andare…”

Tom distese le mani davanti a sé, le dita meno lunghe e affusolate rispetto alle sue. Tutto sommato: non aveva importanza l’aspetto che aveva fin tanto che aveva un corpo.

“Bene” disse Tom annuendo “Bella, andiamo” fece per allungarsi verso di lei per afferrarla per un braccio ma Bella fece un balzo all’indietro “Non mi toccare”

Tom inclinò il capo di lato, preso in contropiede. Era la seconda volta, quel giorno, che Bellatrix non approfittava del contatto fisico con lui. Cosa le stava succedendo?

“In che senso, non mi toccare?” domandò Tom in un sibilo sommesso avvicinandosi a lei “Non farmi perdere la pazienza, Bella, perché ti assicuro che oggi non è giornata”

Bellatrix chiuse gli occhi e provò a concentrarsi solo sulla voce. Era comunque quella del maledettissimo Ted Tonks ma, il modo di parlare, era inequivocabilmente quello del suo Padrone.

“Mi fa senso” provò a spiegarsi Bellatrix.

“Senso, addirittura” commentò Ted “Va bene, non sarò un adone… ma senso mi sembra esagerato. Soprattutto detto da una che è attratta da un uomo con le sembianze di un serpente”

“Ehi” sbottò Tom voltandosi verso Ted “Ci metto nulla a darti le sembianze di un uomo morto se non chiudi il becco”

Permaloso

Tom si girò di nuovo verso Bellatrix. Fece un respiro profondo e si costrinse a essere ragionevole, comprensivo “Sono io, Bella, lascia stare l’aspetto: non ha importanza”

Bellatrix riaprì gli occhi e li fissò in quelli del suo Padrone. Anche lo sguardo era diverso. Vero il taglio e il colore degli occhi era quello ma il modo in cui la stava osservando… annuì e si fece avanti stendendo il braccio sinistro.

“Non avrete intenzione di andare al San Mungo così?” chiese Andromeda “Con il braccio sinistro di Bella imbrattato del Marchio Nero?”

“Giusto” Tom tirò fuori la bacchetta ma non fece in tempo a puntarla sul braccio di Bella che quella si ritrasse di nuovo “Cosa c’è ora?” chiese ancora Tom alzando gli occhi al cielo.

“Il Marchio… non posso levarlo”

“Il Marchio non si leva, Bella” ribatté Tom cercando di essere paziente “Lo camuffo e basta, tua sorella ha ragione, non possiamo andare al San Mungo con il Marchio sulla tua pelle…”

“Lo copro con la manica” rispose Bellatrix tirandosi giù la manica “Visto? Non si vede”

Tom contò fino a dieci.

“Bella, tesoro” Tom sorrise “E se quella manica dovessero alzartela?”

“Perché dovrebbero alzarmela?”

Hai sentito, Piton? A Bellatrix la chiama anche tesoro…”

“Lascia perdere, Black. Non pensare che la questione mi riguardi in alcun modo. E, tra parentesi, non è una novità”

Gli occhi di Tom lampeggiarono sinistramente di rosso e Bella abbassò lo sguardo spaventata. Possibile che anche con le sembianze di Ted ci fossero certe reazioni…

Tom le afferrò il braccio senza alcuna grazia, le puntò la bacchetta sul Marchio e quello scomparve. Bellatrix sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Il Marchio era stata la sua unica consolazione durante Azkaban, non aveva importanza che fosse solo nascosto, che il suo Padrone era lì con lei… l’idea di abbassare lo sguardo e non trovarlo lì, dove sempre era stato, le faceva venire il mal di stomaco.

“Muoviti” le ordinò Tom, sospingendola verso la porta.

“Devo dire che è strano” commentò Ninfandora osservando Bellatrix e Tom con un’espressione nauseata “Cioè… è come vedere voi due” accennò ai suoi genitori “Ma allo stesso tempo… non vedere voi due, non so se mi spiego…”

“Perfettamente” annuì Ted “Cerca di non comportarti a questo modo con Dromeda… cioè, Bellatrix, quando sarai fuori da qua. Altrimenti va a finire che mi spediscono ad Azkaban per violenza domestica”

Tom alzò gli occhi al cielo sbuffando “Vi ho già detto che interpreteremo una parte”

“Come avete intenzione di andare al San Mungo?” chiese Andromeda “Non potete smaterializzarvi, il Nottetempo non mi sembra una buona idea…”

“In macchina” rispose Tom con fare ovvio.

“In che senso, in macchina?”

Bellatrix lo guardò come se avesse perso il senno.

“La metro è lenta e io non ho tempo da perdere, trasfigurerò qualcosa in una macchina”

“E tu sapresti guidare?” chiese Sirius confuso.

“Io so fare tutto”

“Oh, beh, scusa tanto. Come dimenticarsi di questo piccolo particolare…”

“Forza, Bella, non abbiamo tempo da perdere” ancora una volta, Tom sospinse Bellatrix fuori dalla cucina e poi fuori da Grimmauld Place numero 12.

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Bellatrix se ne stava seduta in silenzio fissando la strada davanti a lei come in tralice. Non poteva credere che fosse seduta in una inutile, stupida e schifosa auto babbana. Lei, Bellatrix Lestrange… Black… chiuse gli occhi tentando di rimanere lucida. Non aveva importanza dove era, nulla aveva importanza se non il fatto che eri lì col suo Padrone…
“Se becco un altro rosso faccio saltare il semaforo”
Bellatrix fece una smorfia.
Quello non era il suo Padrone.
Neanche capiva il senso di quella frase e il punto era che non voleva capirne il senso. Perché il Signore Oscuro sapeva guidare un’automobile? Perché sapeva le regole della strada? Perché sapeva comportarsi come un Babbano? Perché sembrava essere così tanto a proprio agio?
Perché?
Perché è un Mezzosangue.
Un Mezzosangue cresciuto tra i Babbani…
E io sono proprio come Andromeda, pensò Bellatrix nauseata osservando il suo riflesso. In quel momento era Andromeda e accanto a lei c’era seduto quel Ted Tonks.
“Bella”
Bellatrix spostò la sua attenzione dal riflesso nel vetro all’uomo seduto accanto a lei. Non pensava fosse possibile, ma il senso di nausea aumentò ancora di più.
“Ti senti bene?”
Bella annuì perché pensava che se avesse aperto bocca probabilmente avrebbe sboccato.
Tom accostò l’auto fuori dall’edificio che Bella sapeva nascondere il San Mungo e, all’improvviso, il suo cuore prese a palpitare più forte nel petto. Non voleva andare all’ospedale, non voleva farsi vedere, non voleva quella cosa dentro di lei.
Non voleva essere come Andromeda.
“Bene” disse Tom facendo comparire dal nulla una pergamena e dell’inchiostro. Bellatrix alzò un sopracciglio confusa e perplessa, le costava fatica guardare nella direzione del Signore Oscuro.
“Mi serve tu mi lasci una… una delega”
“Una delega?” ripeté Bella senza capire, le girava la testa e aveva come la sensazione che il suo cervello impiegasse più tempo del solito per giungere alle conclusioni “Per cosa?”
“Per entrare nella camera blindata”
“Quale camera blindata?”
“Quella dei Lestrange, Bellatrix” sibilò Voldemort scocciato “I documenti del tuo divorzio non sono ancora stati ufficializzati… devo ricordati cosa c’è all’interno di quella camera blindata?”
Bella batté le palpebre, poi la sua mente fece due più due “La Coppa di Tassorosso” mormorò e Tom annuì “Esatto… la mia anima
“E perché vi serve la mia delega, Padrone?”
Doveva cercare di mantenersi calma, di usare le parole giuste anche se a guardare quel viso gentile… quel Ted Tonks
Ted e Andromeda.
Sanguesporco.
Mezzosangue.
Faceva differenza?
“Perché questa è l’occasione perfetta per andare a controllare che sia tutto a posto e, contestualmente, spostarlo”
Bellatrix fece una smorfia. Avrebbe dovuto gioire di quelle confidenze, sapeva bene quanto il suo Padrone fosse restio a parlare dei suoi Horcrux, ma allora perché faceva così fatica a seguire i suoi ragionamenti? Perché quasi non le importava? Cosa le stava succedendo?
“Quando il divorzio con Lestrange sarà ufficializzato quella camera blindata non sarà più la tua, o sbaglio?”
“Non sbagliate, Padrone” le costava fatica dire quel Padrone quando accanto a lei c’era Ted Tonks.
“E allora, scrivi” le ordinò Tom porgendole la pergamena con fare rude. Bellatrix si rigirò quel foglio tra le mani, poi intinse la piuma e prese a scrivere la delega, il suo cervello era come spento, si sentiva un automa.
“Perché mai io dovrei delegare Ted Tonks di andare nella mia camera blindata?”
“Ai goblin non interessa” rispose Tom “È stato tuo cugino a darmi ispirazione, quando ha detto che è bastato un foglio con la sua firma per poter prelevare soldi dalla sua camera blindata e regalare a Potter il manico di scopa”
Bellatrix non era convinta “Alla Gringott sanno come smascherare gli impostori”
“Io non sono un impostore” rispose Tom con un ghigno “La delega che mi stai dando è autentica”
“Non sarebbe più facile se venissi con voi?”
“No, Bella. Mi rallenteresti e basta”
Bellatrix arrossì e si portò una mano sul ventre.
Era per lui che aveva quella cosa dentro di lei… e ora la faceva sentire in colpa?
“No che non vi-”
“Non discutere con me” la interruppe lui “Mi smaterializzo fuori dalla Gringott controllo l’Horcrux e torno qua. Tu intanto entra al San Mungo”
Bellatrix strabuzzò gli occhi “Volete farmi andare da sola?”
“È quello che ho detto”
“No” Bellatrix incrociò le braccia sul petto “Non volevo questo coso, non volevo venire qua… e ora me ne devo anche occupare da sola?”
Tom le si avvicinò, poi la prese con forza per un braccio “Forse non ti è chiaro: tu non sei una mia priorità. Posso spiegarti nel dettaglio, però, nel caso ce ne fosse bisogno: prima vengo io, poi i miei Horcrux… e poi vieni tu e quel coso che ti porti in grembo” era irritato perché Bellatrix si stava comportando come una bambina capricciosa quando ben sapeva quanto per lui fosse fondamentale andare a controllare quella Coppa… Una parte della sua anima, perché stava facendo tanto la difficile?
Io non lo volevo!” Bellatrix si divincolò “E tu non mi devi toccare!”
Tom la lasciò andare e si allontanò da lei. Cosa aveva Bellatrix? Era tutta la giornata che continuava ad allontanarsi da lui come se fosse un appestato. Provo a guardarle nella testa ma la trovò ben protetta. Tom alzò un sopracciglio, in quel momento non aveva proprio tempo di occuparsi anche delle paranoie di quella sciocca.
“Io non ci vado senza di voi”
“Non posso portarti con me alla Gringott: tu non puoi smaterializzarti”
Bellatrix distolse lo sguardo da quel viso che non apparteneva a Lord Voldemort. Le metteva solo angoscia e non riusciva a controllarsi.
Andromeda e Ted.
Bellatrix e Tom.
Anche la lunghezza dei nomi corrispondeva… la banalità.
Banalità babbana…
“Ok, ascolta, Bella. Aspettami qui se non vuoi entrare da sola. Non posso rimandare questa cosa, è troppo importante”
Bellatrix abbassò le palpebre per non dover più guardare il suo riflesso. Le faceva male, troppo male, il pensiero che tutti – tutti – avessero sempre avuto ragione su di lei era straziante.
“Anche tu lo sei”
Bella rimase in silenzio cercando di trattenere le lacrime.
“Importante, dico”
Cosa avrebbe dato per sentirsi dire quelle parole prima? Avrebbe venduto il suo cuore, la sua anima… ma perché allora non le facevano effetto? Perché sembravano non avere nessun significato?
Perché questo non è il mio Padrone, si disse Bella riaprendo gli occhi solo dopo aver sentito il crac della smaterializzazione.
Lord Voldemort non è questo… e neanche… Tom Riddle…
Si ricordò di com’era stato il primo periodo di convivenza forzata a Grimmauld Place numero 12. Tom Riddle era stata una maschera… ma ora… ora... si ritrovava a stare con un vero e proprio Mezzosangue, non c’erano scuse.
Guidava l’auto.
Poteva passare per un Babbano… e lei… lei era come Andromeda. La sua intera esistenza, quindi, non aveva avuto significato? Era stata tutta una bugia? Chi era l’uomo di cui era incinta? Dov’era il suo Signore? Lo stregone che era pura magia? Le andava bene anche l’uomo che aveva imparato a conoscere in tutti quegli anni, l’uomo che sapeva essere insicuro e fragile, quello che si nascondeva dietro all’indifferenza… ma non quella macchietta di sé stesso, quel… quel… Babbano. Ma anche lei – lei stessa, Bellatrix – dove era finita? Dov’era la strega oscura? La guerriera? Si osservò nello specchietto retrovisore della macchina. Era Andromeda, dentro e fuori. Perché, nonostante fosse disgustata da quella nuova forma del suo Padrone, lei lo sentiva: dentro di sé continuava ad agitarsi l’amore. Lo amava, per lui avrebbe fatto di tutto, nonostante la nausea e il vomito che le faceva venire l’idea di lui… non poteva farne a meno.
Prese a torturarsi le mani, nervosa. Forse era ancora in tempo a liberarsi almeno di quella cosa che stava crescendo dentro di lei? Chiuse gli occhi e lasciò andare la testa all’indietro sul poggiatesta. Quanto ancora sarebbe riuscita a non dire tutto quello che pensava a quel Tom Riddle? Sapeva che se avesse detto quello che provava e le passava per la testa lui non glielo avrebbe mai perdonato, mai. E lei non riusciva a fare pace con sé stessa; dilaniata al pensiero di stare con un essere inferiore che aveva passato la vita a voler debellare e, allo stesso tempo, amandolo più di qualsiasi altra cosa al mondo. Poteva davvero amare qualcosa che odiava?
È ancora lui, provò a ripetersi. È l’uomo che ha diviso la sua anima per spingersi oltre, al di là della magia conosciuta, il Signore Oscuro… è ancora lui, l’uomo da cui mi piace essere dominata… l’uomo che nasconde grandi fragilità e per il quale ho passato quattordici anni ad Azkaban. Non mi è mai interessato il suo status di sangue. L’ho sempre saputo, sempre…
Ma mai lo hai visto così, s’inserì una seconda voce. Mai lo hai visto guidare una macchina… mai lo hai visto essere così Babbano senza vergogna…
“Veloce e indolore, Bella, te lo avevo detto”
La sua voce sibilante la fece sussultare. Rimase con gli occhi chiusi per qualche secondo perché, se si concentrava solo sulla voce, poteva quasi immaginarsi Lord Voldemort. Alto, emaciato, il viso simile a un teschio, gli occhi rossi… il suo respiro divenne più pesante, eccitato, il cuore iniziò a battere all’impazzata, emozionato.
Sollevò le palpebre ma ad attenderla c’era quel Ted Tonks.
“Forza, andiamo” le disse aprendo la portiera della macchina e invitandola a scendere. Bellatrix lo seguì, in silenzio.
“Lo avete trovato? Era tutto a posto?” chiese Bella nel tentativo di parlare di magia, di trovare il suo Padrone dietro a quella maschera.
“Sì, tutto come previsto” Tom s’irrigidì “Ma devo davvero provvedere a trovare una soluzione, sia per la Coppa sia per il Medaglione… non posso continuare a tenerli addosso… inizio a… a… sentirmi strano
Bellatrix rimase in silenzio: poteva essere colpa degli Horcrux? Del fatto che avesse con sé così tanti pezzi della propria anima? Senza mutilazioni era dunque così il suo Signore?
“Più… emotivo?”
“Forse dovrei riportare il medaglione nella caverna, Regulus è morto ed era l’unico a saperne l’esistenza”
“Non credo sia una mossa saggia, mio Signore…”
“Non chiamarmi così” le sibilò Tom avvicinandosi al suo orecchio mentre varcavano la porta dell’edificio “Dobbiamo fingerci Ted e Andromeda”
A Bella mancò il terreno sotto i piedi. Sentì le dita del Signore Oscuro intrecciarsi alle sue ma quando si volse per guardare l’uomo in piedi accanto a lei vide solo Ted Tonks.
Un Sanguesporco.
Mezzosangue, si corresse mentalmente, perché la madre del suo Padrone era stata una Gaunt.
Fa differenza? La feccia è feccia.
La sala d’attesa era gremita di persone e tutta quella folla mise sin da subito a disagio Bellatrix che non era più abituata a essere in presenza di così tante persone sconosciute. In passato aveva vissuto a stretto contatto con la comunità magica – Purosangue – ed era abituata alle situazioni sociali. Ma aveva passato anni ad Azkaban e poi mesi rinchiusa in casa. Non sapeva più destreggiarsi in situazioni comuni, non che fosse stata spesso al San Mungo, in passato, a ben vedere: non aveva mai dovuto sottostare a dinamiche da “persone comuni”; lei faceva parte di una élite.
Lei era una Black.
Una Lestrange…
Istintivamente, si avvicinò al Signore Oscuro e strinse la presa sulla sua mano. Finché non lo guardava riusciva ancora a non sentirsi male al pensiero di quello che stava succedendo…
“Dove andiamo?” chiese Bella guardandosi intorno spaesata.
“Non ne ho la minima idea” Tom si strinse nelle spalle “Non sono mai venuto al San Mungo”
Bellatrix si volse verso di lui con le sopracciglia aggrottate “Mai?
“Perché avrei dovuto?”
“Non so… non vi è mai successo di… non so sbagliare un incantesimo o… venire a trovare qualcuno… O sentirvi male…”
“Parli come se non mi conoscessi” Tom le rivolse un sorriso mesto poi le strizzò la mano “Andiamo a vedere là, c’è un cartello con scritto informazioni
Danni accidentali, ferite da animali fantastici, malattie magiche, danni da pozioni e piante, danni da incantesimi…
“Non c’è nessun reparto per i problemi con la gravidanza” borbottò Tom chinandosi di più sul cartellone e Bella si sentì banale anche nel problema che aveva.
Non magica…
“Chiediamo”
Le venne di nuovo la nausea. Dov’era il suo Padrone? Perché si comportava in modo così… normale?
“Salve”
“Oh, ciao Ted!”
Tom batté le palpebre poi si aprì in un sorriso “Ciao, come stai?”
“Bene!” la strega si sporse “Oh, Andromeda! Che piacere”
Bellatrix non riusciva ad aprire la bocca per rispondere a quel saluto. Non voleva rispondere a quel saluto. Il sorriso della strega vibrò per un secondo e spostò di nuovo l’attenzione su Tom “Problemi con un incantesimo silenziante?” domandò con una risatina nervosa.
“Oh no” rispose Tom scuotendo la testa e ridendo a sua volta “Credo che Dromeda sia solo un po’… preoccupata, sai…” abbassò la voce “È incinta!”
“Incinta!” esclamò la strega sorpresa e portandosi le mani sulla bocca “Congratulazioni! Certo che dalla piccola Ninfadora sono passati diversi anni…”
“Eh sì” rispose Tom ammiccando “Però… è successo… solo che siamo preoccupati, stamattina ha avuto delle perdite”
Bellatrix gli avrebbe tirato una testata. Come osava mettere in pubblica piazza i suoi problemi?
“Oh” l’espressione della strega alla reception cambiò in un istante.
“Non capiamo dove andare, tutti i reparti sembrano essere dedicati a problemi legati alla… magia ma noi abbiamo qualcosa di più banale, per così dire”
“Uno sotterraneo” rispose la strega annuendo “Reparto dedicato a problematiche non magiche”
Indicò la scala che scendeva sottoterra.
“Grazie” rispose Tom con un cenno “Ti inviteremo per celebrare la nascita del bambino”
“Oh, grazie Ted! Ricordo ancora quella di Ninfadora”
Tom sorrise un’ultima volta poi strattonò Bellatrix verso la scala indicata dalla strega.
“Chi era?”
“Un’amica di famiglia di tua sorella, suppongo” borbottò Tom senza guardarla in viso “Poco importa… Ma tu, Bella, bisogna che cerchi di fare Andromeda e smetterla con questo atteggiamento arrogante”
“Io non vorrei neanche essere qui!” sbottò inviperita Bellatrix “E ve lo avevo anche detto!”
“E qual era la tua soluzione?”
Bellatrix rimase in silenzio mordendosi le labbra. Non aveva una soluzione. Neanche la voleva avere.
“Posso esservi utile?” chiese un aiuto-guaritore avvicinandosi a loro.
“Sì” rispose Tom prontamente “Mia moglie è incinta ma sta avendo delle perdite di sangue”
Mia moglie.
Il cuore di Bellatrix sembrò risvegliarsi, quasi le venne un mancamento. Un sorriso le si aprì sulle labbra.
Mia moglie.
E lo sarebbe diventata davvero la moglie del Signore Oscuro!
Di Tom Riddle.
Il Mezzosangue…
“Quante settimane?”
Tom si volse verso Bellatrix alzando un sopracciglio.
“Io… non… non ne sono sicura…”
L’aiuto-guaritore la osservò per qualche istante in silenzio “È la prima visita?”
“Sì”
“Seguitemi”
Bellatrix strinse con più forza la mano di Tom e, insieme, seguirono l’aiuto-guaritore verso una stanza asettica: c’era solo una scrivania con due sedie e un lettino. Bella gettò un’occhiata a Tom che alzò le sopracciglia e le indicò con un cenno del capo di sedersi mentre l’aiuto-guaritore usciva lasciandoli soli. A Bella venne mal di stomaco.
Stava eseguendo gli ordini di Ted fottuto Tonks.
Fece qualche respiro più profondo ma i suoi piedi sembravano aver messo le radici.
No. Lui è il mio Signore, il mio Padrone…
“Andromeda Tonks, giusto?” chiese la guaritrice entrando nella stanza e facendo loro un sorriso.
“Sì” si costrinse a rispondere Bellatrix. Aveva senso continuare a fare resistenza? Erano lì e non avevano alternative, a quanto pare.
“Buongiorno, signora Tonks. Io sono la guaritrice Napier” la guaritrice Napier era una ragazza giovane, sicuramente più giovane di Bellatrix, e a lei subito la questione non piacque ma, di nuovo, aveva forse scelta?
“Mi diceva l’aiuto-guaritore che è incinta ma ha avuto perdite di sangue, è corretto?” chiese la guaritrice indicando alla coppia di sedersi mentre anche lei si accomodava alla scrivania.
“Sì” rispose con tono piatto Bella.
“Di quanto è incinta?”
“Non ne sono sicura… venti… settimane… credo…”
Era confusa. In realtà era un calcolo semplice da fare – dal giorno in cui avevano liberato Grindelwald e il suo Signore l’aveva presa – ma Bella si sentiva confusa… non voleva sapere di quanto era incinta: non le interessava.
“Venti settimane… e non ha mai fatto nessuna visita?”
“No” il tono di voce della guaritrice non le stava affatto piacendo. La stava giudicando?
“Posso chiederle come mai?”
“Non pensavo di averne bisogno”
“Siamo stati irresponsabili” s’intromise Tom mettendo una mano sul ginocchio di Bellatrix “Abbiamo già avuto una figlia e abbiamo pensato… insomma, ci siamo accorti tardi che Bella…” Tom si bloccò “Che la mia bellissima moglie, Andromeda, era incinta”
“Accorti tardi?”
“Abbiamo male interpretato il non presentarsi delle mestruazioni, per così dire”
“In questo periodo di tempo avete fatto cose che una donna incinta non dovrebbe fare?”
Tom distolse lo sguardo.
Rituali magici estremi.
Smaterializzazione.
Essere quasi morta.
Due volte.
“Forse”
La guaritrice rimase per alcuni istanti in silenzio “Signora Tonks, potrebbe descrivermi la natura delle perdite? Da quanto tempo le ha?”
“L’ho notato questa mattina… rosse vivo” rispose svogliatamente Bellatrix. Le dava fastidio. Fastidio che qualcuno la stesse analizzando a quel modo. Non voleva parlare del suo corpo e di come se ne stesse prendendo cura oppure no. Cosa voleva quella ragazzetta…
“Da allora sono diventate marrone scuro”
“Capisco. Ho bisogno di esaminarla per determinare la causa delle sue perdite di sangue. Potrebbe spostarsi sul lettino ginecologico?”
Bellatrix annuì e poi lanciò un’occhiata al Signore Oscuro. Nonostante tutto, sembrava ricercare ancora la sua approvazione per qualsiasi cosa.
“Se la presenza di suo marito la mette a disagio possiamo chiedergli di uscire” disse la guaritrice male interpretando l’occhiata di Bella.
“Al contrario, credo la mia presenza aiuti Dromeda”
“Credo sua moglie possa parlare per sé stessa, no?”
Tom stiracchiò le labbra in un sorriso imponendosi di rimanere calmo “Ma certo” si volse verso Bellatrix “Come preferisci, cara?
“Rimanete… rimani, per favore”
Tom guardò la guaritrice con aria arrogante.
“Bene, signora Tonks” la guaritrice indicò il lettino e Bella vi si distese. Non riusciva a sopportare quel signora Tonks.
Era troppo.
Troppo.
Troppo.
La guaritrice prese a muovere la bacchetta sopra il ventre di Bellatrix e Tom si avvicinò, curioso. Era importante per lui capire anche se non pensava sarebbe mai finito di nuovo in una situazione simile. Non gli era mai neanche passato per l’anticamera del cervello di avere un figlio.
Lui. Avere un figlio? Era privo di senso.  
Il viso della guaritrice era serio.
“Allora?” domandò Tom cercando di non essere troppo aggressivo. Mise una mano sulla spalla di Bellatrix e la sentì irrigidirsi sotto al suo tocco. Le scoccò un’occhiata, non capiva per quale motivo fosse così scostante e lontana. Ogni volta, poi, che provava a leggerle la mente la trovava blindata cosa che era oltremodo strana: lei era sempre un libro aperto per lui. Certo, avrebbe potuto forzarla ma in quel momento Tom non riusciva a trovare l’energia per farlo. In testa si agitavano ancora i pensieri di Potter, quel senso di ingiustizia per essere stato bandito dal Quidditch, la furia nei confronti di Malfoy…
E poi ancora, ricordi lontani, perduti… c’era qualcosa di importante che doveva fare ma non ricordava… perché non ricordava?
“Ho… un paio di notizie da darvi”
“Buone o cattive?” chiese Tom.
“Entrambe, direi” la guaritrice mise via la bacchetta con un sorriso “Iniziamo dalle buone notizie, che ne dice, Andromeda?”
Bellatrix alzò le spalle, disinteressata. La guaritrice la osservò per lunghi istanti e il suo sorriso tremolò “Signora Tonks?”
“Faccia come le pare”
“Mia moglie è nervosa” s’intromise Tom stringendo le labbra “Non è stato un periodo facile”
“Mi domando per quale motivo lei debba sempre intervenire, signor Tonks. Mi sembra che Andromeda sia dotata di parola”
“E a me sembra che lei la stia indisponendo” ribatté Tom velenoso. Si morse le labbra “Guaritrice Napier, mi perdoni. Mia moglie ed io siamo preoccupati e Dromeda, in particolare, non si sente bene. Mi dispiace se il nostro atteggiamento può sembrare bizzarro ma, per cortesia, potremmo andare dritti al punto? Il nostro bambino, come sta?”
“I vostri bambini, stanno bene”
Bellatrix, che stava fissando insistentemente un punto fisso davanti a sé, sgranò gli occhi.
Vostri bambini.
Bambini.
Plurale.
Più di uno.
“Bambini?” chiese Tom dopo qualche secondo di silenzio “Intende dire che è… sono… più di uno?”
“Un maschio e una femmina, per la precisione”
Tom sorrise. Era tutto talmente perfetto che, se l’avesse progettato, non sarebbe successo. Ne avrebbe legato uno a sé e l’altro a Bella e a quel punto Scemente e Grindelfart avrebbero avuto le mani legate. Oh sì… ma doveva agire in fretta, prima che quei due fessacchiotti potessero rendersi conto delle sue reali intenzioni… Era però pericoloso tirarli fuori dal ventre di Bella subito, aveva bisogno ancora di tempo, rifinire i dettagli… non poteva commettere errori perché se i due feti fossero morti non avrebbe avuto altre occasioni: era sicuro che Bellatrix non si sarebbe mai e poi mai prestata a rimanere incinta di nuovo. Più il tempo passava, però, più quei due avrebbero potuto intuire il suo piano. Non potevano davvero credere che improvvisamente lui avesse coltivato un istinto paterno…
“Due?” Bellatrix era sbiancata “Ne ho due dentro di me?” il suo tono era intriso di panico “Fantastico, adesso ho due esseri che si impadroniscono di me, della mia energia, della mia magia…”
“Signora Tonks”
“Smettila di chiamarmi così!” sbottò Bellatrix “Non lo sopporto”
“Cara” intervenne Tom con una nota d’urgenza “Non fare così, lo so che è tanto da metabolizzare ma…”
“No, Ted, tesoronon lo sai” Bellatrix aveva il respiro corto.
“Mi sembra di capire che la gravidanza sia indesiderata”
Indesiderata mi sembra fin una parola dolce” sibilò tra i denti Bellatrix.
“È ancora in tempo per interromperla” disse la guaritrice “Se non vuole altri figli”
“Non credo che la questione la riguardi” la interruppe Tom “Mia moglie ed io ne abbiamo già discusso”
“Evidentemente non ne avete discusso a sufficienza” la guaritrice raddrizzò le spalle e si sistemò il camice “Signor Tonks, sua moglie ha appena detto che la gravidanza è indesiderata”
“Mia moglie voleva dire che non è stata una cosa voluta ma che, adesso, siamo pronti a farci carico dei due bambini”
La guaritrice lo osservò per nulla impressionata. Tom aveva la netta sensazione che quella ragazzetta non solo non credesse a mezza parola di quello che usciva dalla sua bocca ma che, inoltre, lo stesso odiando con tutta sé stessa.
“Signora Tonks, forse dovremmo parlare da sole, senza suo marito”
Bellatrix ci pensò su per qualche istante. Non aveva il coraggio di alzare lo sguardo sul Signore Oscuro, poteva già sentire la sua furia cieca ma quella… quella poteva essere la sua via d’uscita da quella situazione assurda.
Non voleva essere incinta.
Non voleva un bambino, figurarsi volerne due…
Non voleva diventare madre.
Non voleva dei Mezzosangue, ecco, lo aveva pensato. Il pensiero si era formato, infine. Non voleva dei Mezzosangue dentro di lei e non voleva stare con un Mezzosangue… con la feccia!
“Guaritrice Napier, può lasciarmi un secondo solo con mia moglie? Dopo la lascio con lei”
La guaritrice strinse gli occhi “Ma certo… prima, però, lasciatemi finire di spiegarvi la situazione. La cattiva notizia è che la sua placenta si trova molto vicino al collo dell'utero: questa è la causa delle perdite di sangue. Il trattamento dipenderà dalla gravità della sua situazione. In alcuni casi, è possibile che la placenta si sposti più in alto da sola, senza la necessità di un intervento medico. In altri casi, potremmo dover intervenire chirurgicamente”
Tom smise di ascoltare, non gliene poteva importare di meno da cosa fossero dovute quelle perdite e cosa avrebbe fatto per fermarle. Quei due feti sarebbero usciti presto da Bella in ogni caso, avrebbe creato lui una nuova placenta, un nuovo utero… una specie di incubatrice magica. Sì, bastava solo che quei due feti stessero ancora un paio di settimane, non di più…
“… Le consiglio di rimanere a riposo e di evitare qualsiasi attività che possa aumentare il rischio di sanguinamento, come il sollevamento di oggetti pesanti o l'attività sessuale…”
“Anche il sesso anale?” interruppe Bellatrix.
Tom alzò gli occhi al cielo e la guaritrice rimase interdetta per qualche istante.
“Non ci intratterremo in attività sessuali, guaritrice, non si preoccupi”
“… Sarà necessario anche un monitoraggio regolare delle sue condizioni e delle condizioni del feto tramite esami del sangue e degli ultrasuoni. Le prescriverò alcune pozioni e le darò istruzioni dettagliate sulle precauzioni che deve prendere… ammesso che voglia tenerli”
“Vogliamo tenerli” assicurò Tom.
“Vorrei parlarne con sua moglie, in privato”
“Se può lasciarmi prima solo con lei…”
“Credo sia meglio le parli io prima” la guaritrice incrociò le braccia.
Tom rimase interdetto per qualche istante, poi rilassò le spalle e sorrise “Come desidera, guaritrice” poi si volse verso Bella “Amore mio, vado a prenderti un tè”
Bellatrix prova a disfarti di questi due feti e quello che ti aspetta sarà talmente terribile da farti rimpiangere Azkaban.
Il cervello di Bella venne perforata da quelle parole come mille aghi. Non importava l’Occlumanzia che stava mettendo in atto, il suo Signore era riuscito a mandarle quel messaggio nella testa e ora nella sua mente c’erano solo immagini di lei abbandonata, torturata e rinnegata se solo avesse osato dire alla guaritrice che voleva abortire.
Te li levo, Bella. Te l’ho promesso, lo farò. Ma ci servono… sono la chiave verso l’immortalità. La nostra immortalità, Bella. Insieme.
Tom sorrise ancora una volta e lasciò la stanza, richiudendosi la porta alle spalle.
“Andromeda” la chiamò la guaritrice afferrando una sedia e sedendosi accanto al lettino “Può essere sincera con me, è sicura di volere i due bambini?”
Bellatrix annuì “Io… sì. Ci servono”
“In che senso?”
“È… è per il nostro rapporto, ci servono questi due bambini”
“Se il matrimonio è in crisi, dei bambini non miglioreranno la situazione…”
“Non siamo in crisi” ribatté Bella. È così che apparivano al mondo esterno? In crisi? Erano in crisi? Il loro rapporto si stava sbriciolando?
“È una situazione complicata”
“Signora Tonks, se ha bisogno di aiuto… Suo marito mi sembra un po’ troppo…” la guaritrice Napier esitò “Come se tendesse a prendere decisioni per lei, capisce? Un po’ troppo pressante
Bellatrix sentì la bile risalire su per l’esofago. Non riusciva a sopportare quel signora Tonks, ripetuto costantemente, come se fosse normale, come se lei… lei… Signora Riddle, poteva essere tanto diverso? Il cognome da Babbani… come poteva insozzare così il suo albero genealogico?
Ma lui ha detto che terrò Black come cognome, si disse Bella cercando di rilassarsi, di rimanere lucida.
Era il suo Padrone, la sua ragione di vita…
Uno schifoso babbano che sapeva guidare l’auto…
“Li teniamo” annuì Bellatrix deglutendo e socchiudendo gli occhi “Ted ed io siamo... siamo pronti a… ad avere questi bambini”
Avrebbe mantenuto la promessa? Glieli avrebbe levati? Lei non voleva averci nulla a che fare, neanche sapeva quali erano i piani che lui aveva: non le interessava. E poi non le diceva mai niente, mai niente… decideva sempre tutto lui…  
Lei non voleva vivere per sempre…
“Molto bene, allora” sorrise la guaritrice Napier, per nulla convinta “Venga a sedersi alla scrivania, le prescrivo le pozioni. Non è nulla di preoccupante”
Bellatrix si lasciò scivolare giù dal lettino e seguì la guaritrice alla scrivania.
“Deve prendere questa pozione due volte al giorno, dopo i pasti” la istruì la guaritrice scrivendo su un foglietto di carta “Può comprarla al negozio in fondo al corridoio…”
“Crede io non sappia fare una pozione da sola?” la interruppe Bellatrix oltraggiata “Mi crede una strega incapace?”
La guaritrice si bloccò, sorpresa per quello scatto improvviso “No, non era quello che intendevo, signora Tonks” batté le palpebre “Se preferisce farla da sé non è un problema”
Il bussare della porta interruppe la conversazione e, subito dopo, la testa di Tom fece capolino “Posso?”
“Ma certo, signor Tonks” rispose la guaritrice Napier accennando alla sedia rimasta libera.
“Stavo dicendo a sua moglie che deve assumere questa pozione”
Tom porse il tè a Bellatrix che ne bevve un sorso svogliata.
“Certo, la prepareremo”
La guaritrice Napier fece un sorriso e scosse la testa.
“Qualcosa non va?” domandò Tom poggiando i gomiti sulle ginocchia e sporgendosi un po’ in avanti.
“No, è che…” sorrise di nuovo “Perdonatemi, di solito le persone vanno a comprare le pozioni quando si tratta di cose così… delicate. Tendenzialmente si vuole essere tranquilli, sapere che la pozione è stata preparata alla perfezione…”
“Io preparo pozioni perfette” la interruppe Tom alzando un sopracciglio.
“Non ne dubito. Non era questo che stavo dicendo. Volevo dire che di solito… sì, ecco, di solito le persone non vogliono sobbarcarsi anche questo pensiero, preferiscono affidarsi a esperti” la guaritrice Napier finì di scrivere la ricetta sul foglio e la porse a Bellatrix “Ecco qui” poi prese un’agenda “Vorrei rivederla tra due settimane, signora Tonks… ammesso che non abbia altre perdite”
Bellatrix si sentì svenire.
Ritornare lì? Fingersi di nuovo Andromeda? Di nuovo con quel… Ted Tonks?
“Ma certo” rispose Tom alzandosi in piedi ed estraendo la bacchetta “A mai più rivederci, guaritrice Napier”
Per un folle attimo Bella pensò che il Signore Oscuro avrebbe freddato quella stolida guaritrice. Le spuntò il sorriso sulle labbra al pensiero di rivedere il suo Padrone, l’uomo che uccideva, torturava… l’uomo spietato che amava. Invece, quando agitò la bacchetta, non successe nulla. O, per lo meno, nulla di visibile.
“Certo, signor Tonks. Capisco. Credo abbia ragione lei… Andromeda non ha bisogno di altre visite…”
“Vieni, cara” disse Tom afferrando per un braccio Bellatrix per farla rimettere in piedi “È arrivato il momento di congedarci”
Camminarono in fretta e uscirono dal San Mungo senza imbattersi in nessun altro.
“Possiamo smaterializzarci?”
“Mi stai prendendo in giro, Bella?” le sibilò Voldemort “Non hai capito nulla di quello che quell’insulsa guaritrice ti ha detto?”
Bellatrix abbassò lo sguardo e guardò l’auto parcheggiata di fronte a lei. Non voleva salirci di nuovo. Non voleva… non poteva pensare di essere di nuovo lì, Andromeda e Ted…
“Dai, forza” la spronò Tom aprendole la portiera dell’auto e invitandola a salire. Bellatrix eseguì, si sentiva quasi come se il suo corpo non appartenesse più a lei.
“Ottime notizie, no?” disse Tom mettendo in moto e uscendo dal parcheggio. Bellatrix volse lo sguardo fuori dal finestrino e si strinse nelle spalle.
Odiava tutto.
Odiava sé stessa, odiava l’uomo seduto accanto a lei, odiava quella stupida automobile.
“Due bambini… è perfetto, Bella, semplicemente perfetto”
Bellatrix non lo stava neanche ascoltando. L’unica cosa che sapeva è che era incinta e non voleva. E che era seduta accanto a Ted Tonks, un Sanguesporco. Lei che nelle vene aveva il sangue più puro di tutto il Regno Unito! Quelle cose che crescevano nella sua pancia erano sudici Mezzosangue e lei avrebbe dovuto ucciderli a prescindere, indegni di respirare.
“Dobbiamo muoverci in fretta, però. Mi sorprende che Grindelfart e Scemente ancora non ci siano arrivati… quello che ho intenzione di fare, Bella, è legare i due marmocchi a noi” Tom rise freddamente “La magia di sangue – come la questione Potter ci ha insegnato – è una delle più potenti. Basterà poco, un piccolo rituale quando te li leverò dalla pancia e, l’unico modo per farci fuori, sarà prima uccidere i due poveri e innocenti bambini”
Tom rise di nuovo, freddo, distaccato e calcolatore. Quei babbioni avrebbero fatto due più due quando era troppo tardi, puri di cuore com’erano…
Bella si portò una mano alle labbra. Le veniva da vomitare con sempre più insistenza. Era lei che si faceva schifo, era nauseata da sé stessa. Avevano sempre tutti avuto ragione.
Rodolphus.
Narcissa.
Andromeda.
Sirius.
Sua madre.
Sua zia.
Tutti le avevano dato dell’ipocrita… e lui… lui era un Mezzosangue. Sapeva fingersi un babbano, stava guidando un’automobile. Rodolphus non lo avrebbe mai fatto.
Ma tu non ami Rod. Non lo hai mai amato.
Almeno è Purosangue.
Non ti è mai importato dello status di sangue del tuo Signore.
Quello seduto accanto a me non è il mio Signore…
“Bella, mi stai ascoltando?” Tom allungò una mano verso di lei per toccarla su un braccio ma Bellatrix si scostò disgustata. Aveva mal di testa, si sentiva oppressa “Non mi toccare!
Tom alzò un sopracciglio “Mi vuoi dire che cos’hai?” le domandò girandosi verso di lei approfittando di essere fermi a un semaforo “È tutto il giorno che mi dici di non toccarti, continui a usare l’Occlumanzia con me… con me che sono il tuo Signore e Padrone…
“Sono nauseata” sussurrò Bellatrix, incapace di trattenersi oltre.
“Sì, lo so, non guido bene ma Bella…”
“No”, lo interruppe Bellatrix la sua voce era fredda, distaccata “No” ripeté “Sei tu che mi nausei. Mi fai venire da vomitare… tu non sei il mio Signore!” Bellatrix iniziò a singhiozzare disperata, disperata all’idea di averlo perso per sempre, di aver perso sé stessa. La sua vita era solo una burla? Avrebbe voluto parlare con Dolohov, Rabastan… loro avrebbero saputo sostenerla, guidarla e invece era sola, sola, completamente sola…
Tom rimise in moto senza avere il coraggio di chiederle cosa intendesse dire con quelle parole perché, nel profondo del suo cuore, sapeva perfettamente cosa frullasse nella testa di Bellatrix. Aveva sempre saputo prima o poi sarebbe successo. Tom rimase in silenzio fino a quando non accostò l’auto fuori da Grimmauld Place numero 12 e Bella non aspettò neanche che si fosse fermato del tutto prima di precipitarsi fuori dal veicolo.  
“Bella” la chiamò Tom rincorrendola su per i gradini e poi nell’ingresso della casa “Bellatrix” sibilò afferrandola per un braccio.
Ti ho detto che non mi devi toccare!” urlò Bellatrix “Mi fai schifo, mi dai il voltastomaco…” le sue parole vennero coperte dalle urla di Walburga.
Sei solo un sudicio Mezzosangue
Tom lasciò andare il braccio di Bellatrix che, dopo avergli rivolto un ultimo sguardo pieno di disprezzo, corse su per le scale.
Tom rimase fermo a guardare Bellatrix, la sua luogotenente, la sua amante, correre lontano da lui. Sentì scendere un peso sullo stomaco.
Non era possibile fosse successo.
Dopo che gli aveva giurato e spergiurato non avere importanza.
Mostro, di nuovo.
A Tom gli si mozzò il respiro in gola e brividi iniziarono a percorrergli la schiena.
“Cosa le hai fatto?”
Non si era accorto che tutti i presenti in casa Black si fossero radunati nell’ingresso. Sirius aveva chiuso le tende del quadro di Walburga e Andromeda – quella vera – era di fronte a lui, infuriata.
“Mi dici che cosa le hai fatto? Ancora? Di nuovo?”
Tom – che ancora stava fissando le scale da cui era sparita Bella – spostò la sua attenzione su Andromeda, su quel viso che era effettivamente così simile a quello della sua Bella… Per qualche motivo, si sentiva male. Avrebbe voluto piangere – lui, che mai aveva pianto in vita sua – si sentiva un magone in gola. Una parte di lui si sarebbe voluta smaterializzare da Bellatrix e cruciarla, ucciderla, farla soffrire in modi indicibili perché si meritava tutto il dolore del mondo per avergli fatto credere di essere amato e amabile. Un’altra parte di lui era rassegnata, afflitta, avvilita. Si sentiva come se gli avessero strappato una parte del proprio corpo.
Era peggio che dividere la propria anima.
Tutti i pezzi di quell’anima mutilata li sentiva palpitare, quello dentro di sé, quello nella Coppa nella tasca della veste, quello del Medaglione che portava appeso al collo… persino il pezzo all’interno di Nagini che dormiva placida in soffitta.
“Caro, ti senti bene?” Molly si avvicinò, preoccupata “Che cos’è successo?”
“Molly” sbottò Andromeda “Non è lui a non stare bene! È mia sorella. Mi dici che cosa le hai fatto?”
Tom rimase in silenzio; non sapeva cosa dire. Che cosa aveva fatto?
“Mi vuoi rispondere! Che cosa le hai fatto?” glielo strillò in faccia afferrandolo per il bavero della veste, ormai troppo piccola dato che aveva riacquistato il suo aspetto, ma non si era curato di sistemare.
“Sono un Mezzosangue” rispose Tom stringendosi nelle spalle e guardando per terra come se stesse ammettendo un’onta incolmabile.
“In che senso?” domandò Andromeda confusa lasciandolo andare e facendo un passo indietro.
“Le ho fatto che sono un Mezzosangue”.

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Il mio cuore è scoppiato a scrivere questa cosa, perché io amo la Bellamort ç.ç ma, d'altra parte, è una dinamica che può essere affrontata solo in qualcosa di fuori dal canon e quindi l'occasione troppo ghiotta per poter essere ignorata. 

Fatemi sapere se anche il vostro cuore è spezzato come il mio T.T
A presto, 
Clo

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


Vorrei fare due premesse a questo capitolo:
1. Non ho nessun background in psicologia, quindi se ci sono imprecisioni in quello che ho scritto, perdonatemi. D'altra parte, il punto della storia non è questo. 
2. Non voglio in nessun modo giustificare i rapporti e le relazioni tossiche. Se avete un Voldemort accanto a voi, mollatelo. E anche se avete una Bellatrix. Mollatela. 

Ciò detto... Iniziamo col capitolo ;)

 
CAPITOLO 33

Sei solo un sudicio Mezzosangue.
Quelle parole risuonavano costantemente nella sua testa, senza sosta. Non riusciva a estirparle dal suo cervello e lo stavano portando sull’orlo della follia, se lo sentiva. Aveva difficoltà a comprendere cosa stesse provando, per qualche motivo, non riusciva a odiare Bellatrix, non riusciva a convincersi ad andare nella camera che era stata di Regulus Black – dove sapeva che Bellatrix si stava nascondendo – e ucciderla come sapeva che si meritava. Erano secoli che qualcuno non lo insultava a quel modo, ricordava bene i tempi di Hogwarts quando ancora i suoi compagni non avevano idea di trovarsi di fronte a Lord Voldemort e quindi lo deridevano per le sue origini inferiori.
Mezzosangue nella migliore delle ipotesi.
Sì, ma cresciuto tra i Babbani… Sanguesporco di fatto.
Il fatto che quell’insulto fosse provenuto da Bellatrix, poi, lo stava facendo impazzire.
La sua Bella.
Proprio lei che sempre gli aveva ripetuto che tutto quello non aveva la minima importanza. Non quando si trattava di lui.
Amore…
Tom represse un verso di stizza e affondò il capo nel collo di Fierobecco che si mosse infastidito. Aveva dovuto mandare via Nagini perché tutti quegli Horcrux vicino a lui lo stavano destabilizzando… fece qualche passo indietro allontanandosi dall’ippogrifo. Tom decise che non si sarebbe nascosto, che non se ne sarebbe andato come spesso faceva quando le emozioni lo travolgevano e non sapeva come gestirle. Le persone non dovevano pensare che a lui importasse qualcosa di Bellatrix, di quello che lei aveva detto, di quello che lei pensava di lui perché, chiaramente, non gliene poteva importare di meno. Bellatrix non rappresentava nulla per lui e quindi le sue parole non avevano un peso.
Mostro.
Non si sentiva a quel modo da una vita. Come aveva osato? Come aveva osato avvicinarsi a lui, fargli credere che potesse… che lui fosse… Tom emise un ringhio e decise di scendere in cucina nel pieno della notte: non sarebbe mai riuscito a dormire ed era inutile rimanere in soffitta a lambiccarsi il cervello. Era meglio tenersi attivi, cucinare, fare qualcosa. Trovare anche una soluzione per quei due feti che crescevano in Bella. Non avrebbe di certo rinunciato alla sua immortalità perché quella sciocca all’improvviso aveva realizzato che lui… che lui…
Mezzosangue.
Sospirò mentre tirava fuori pentole e padelle.
L’aveva sempre saputo.
Aveva sempre saputo sarebbe andata così.
Sapeva che, prima o poi, Bellatrix, sarebbe stata come tutti gli altri, lo avrebbe deluso come tutti gli altri, lo avrebbe lasciato solo come tutti gli altri.
“Buongiorno, caro”
Tom sussultò e alzò lo sguardo su Molly Weasley. La donna aveva il viso assonnato e si stava stringendo in una vestaglia lilla. Era ancora molto presto (o molto tardi, dipendeva dai punti di vista) e Tom fu sorpreso di vederla lì. Si sentiva a disagio, non voleva avere a che fare con nessuno ma allo stesso tempo non voleva far capire che a lui importasse.
Perché non gli importava.
Nossignore.
Non poteva importargli.
Era sempre stato solo, non aveva mai avuto bisogno di nessuno.
Chi era Bellatrix per lui?
Nessuno.
“Vedo che stamattina non ti sei risparmiato”
Tom continuò a fissarla in silenzio.
Non si sarebbe aperto più con nessuno.
Ora che Bellatrix lo aveva bollato come Mezzosangue – mostro – Tom sapeva che non si sarebbe mai più riuscito ad aprire o a fidare di nessun altro. E poi, quella Molly Weasley, non lo aveva già deluso in passato? Chi gli dava la certezza che non lo avrebbe fatto ancora, di nuovo? Tom si sentiva uno squarcio nel petto, era nauseato, prima di tutto da sé stesso. Come aveva potuto arrivare a quel punto? Lui che mai aveva avuto bisogno di nessuno! Lui che era Lord Voldemort!
Molly gli fece un sorriso mesto, sembrava essere molto preoccupata e, quello sguardo, quella premura, fece irritare Tom. Chi si credeva di essere quella donna?
“Caro…” Molly si avvicinò a lui, allungò una mano per sfiorargli il braccio ma Tom si scostò subito. Molly lasciò il braccio alzato a metà strada poi lo riabbassò lentamente e si morse le labbra incerta su cosa fare.
“Non lo pensa” si costrinse a dire infine “Devi credermi, caro, lei non lo pensa”
Tom strinse la mascella e si mise a fissare la credenza della cucina. Gli si stava formando un groppo in gola sconosciuto. Lo stesso che gli era venuto quando aveva fatto la sua comparsa quella Merope solo che, questa volta, era mille volte peggio.
Perché Bella la conosceva, perché dell’opinione di Bella gli importava, perché Bella c’era stata, perché Bella era una costante. L’unica costante che aveva avuto nella sua vita, l’unica persona che gli aveva fatto credere…
Avrebbe potuto sopportare l’allontanamento di chiunque, avrebbe rinunciato a Nagini – e a quel pezzo di anima che risiedeva in lei – perché la parte più importante della sua anima era sempre e solo stata Bellatrix.  
“Bellatrix è innamorata di te… io mi rendo conto che quello che ti ha detto sia… ti faccia stare male ma…” Tom fece schioccare la lingua sui denti e scosse la testa “Ascolta, è solo confusa. La gravidanza sbarella gli ormoni lei… è… ha un bambino e non ne vuole…”
“Due” corresse Tom svogliato “Sono due”
“Gemelli!” esclamò Molly sorpresa battendo le mani gioiosa “Oh, la gravidanza di Fred e George è stata senz’altro quella più impegnativa” il suo entusiasmo si spense nel constatare come l’espressione di Tom fosse ancora angosciata. Si avvicinò a lui circospetta, avrebbe voluto abbracciarlo ma si sarebbe rimessa ai suoi tempi, sapeva di dover fare molta attenzione.  
“Caro, cerca di essere comprensivo… non stare male per quelle parole: lei non lo pensa”
Tom sorrise “Cos’è che non pensa? Che le faccio schifo perché sono un Mezzosangue?” fissò Molly negli occhi senza battere le palpebre, non trovava neanche la forza di praticare la Legilimanzia. Gli sembrava tutto inutile e privo di senso. C’era sempre stato un motivo per il quale si era rifiutato di far avvicinare le persone a lui. Lo avevano sempre deluso, sempre lasciato solo.
Da sempre, per sempre.
Ma Bella… Bella invece era stata vicino a lui. Da quando la conosceva era sempre stato un punto di riferimento. Lo aveva preso in giro, lui si era aperto e lei lo aveva fatto a pezzi senza neanche pensarci due volte. Si sentiva furioso, furioso più che mai. Avrebbe dovuto sventrarla, dilaniarla, entrarle in testa e farle provare un briciolo della sofferenza che lo aveva accompagnato sin da quando era nato.
“Forse ti dimentichi di stare parlando di Bellatrix… una Mangiamorte”
“Non le importa quando si tratta di te” insisté Molly “Lo sai che è così! Da quanti anni la conosci? Da quanti anni vi frequentate? Non le importa!”
“Ti assicuro che le importava molto ieri”
“Devi cercare di essere comprensivo… insomma… lo sai da che famiglia viene!”
“Mi stai dicendo che non sono alla sua altezza perché lei una Black e io…” Tom strinse le labbra in una linea sottile.
Ma certo che non era alla sua altezza.
Cognome babbano, Riddle.
Senza una famiglia, cresciuto in un orfanotrofio babbano.
Senza un soldo.
Ma io sono Lord Voldemort!
Lei non ti vede più in quanto tale… Tom sgranò gli occhi.
Ecco.
Eccolo lì il problema: lei non vedeva più Lord Voldemort. C’era solo Tom Riddle… e Tom Riddle… Tom Riddle non era all’altezza di Bellatrix Black…
“Caro…”
Smettila di chiamarmi così” sibilò Tom in preda al panico “Non lo capisci, stupida donna? Non lo capisci che se ho perso Bellatrix ho perso tutto? Non lo capisci che se mi odia lei – lei che di me sa tutto – non c’è persona al mondo alla quale io possa piacere?” Tom strinse le labbra, sentiva una forte oppressione al petto, si sentiva male. Alzò gli occhi verso il soffitto, non voleva farsi vedere debole, non voleva piangere.
Lord Voldemort non piangeva.
Ma non c’è più nessun Lord Voldemort, neanche Bella lo vede più…
“Oh, caro!”
Molly non riuscì a resistere oltre, lo circondò con le braccia in un abbraccio stretto. Era bassa in generale e incredibilmente bassa se comparata a lui che era alto quasi due metri ma non si fece intimidire, lo strinse forte, più forte che poté. Inizialmente, lo sentì irrigidirsi nella sua stretta poi prese a singhiozzare in modo ancora più incontrollato di quanto non avesse fatto quando era comparsa Merope. Molly gli passò una mano sulla schiena, la bocca chiusa, sigillata, perché sapeva che una qualsiasi parola avrebbe potuto farlo allontanare, cercò di infondere in quell’abbraccio tutto il sentimento che poteva. Lei lo sapeva bene che mai nessuno doveva averlo stretto a quel modo.
Non la madre che neanche lo aveva tenuto dopo la nascita.
Non la signora Cole che lo aveva seviziato da ragazzino.
Non i professori a Hogwarts che si erano disinteressati a lui.
Non Bellatrix che nei suoi confronti aveva sempre avuto un interesse romantico, sessuale, che ben poco aveva a che fare con quell’abbraccio materno che gli stava invece donando Molly.
Tom si piegò sulla signora Weasley per poter posare la testa sulla sua spalla, non ricordava di essere mai stato abbracciato così, come da una madre. Si sentì all’improvviso più leggero ma fu quando sentì le labbra di Molly lasciargli un delicato bacio sui capelli che si riscosse. Non aveva mai ricevuto quel tipo di baci, a Bella non lo aveva mai concesso. Si allontanò da Molly Weasley riprendendo possesso di sé, si coprì il viso con le mani e si smaterializzò, furioso con sé stesso per la propria debolezza, per essersi mostrato vulnerabile di fronte a qualcuno.
Per aver apprezzato un gesto disinteressato che mai aveva conosciuto prima.
 
*
 
“Lo hai incontrato stamattina?”
“Sì… e… non… insomma credo che l’abbia presa davvero molto male”
“Beh, mi sembra ovvio. Che cosa ti aspettavi?”
“Che sapesse che Bellatrix non pensa cose del genere di lui!”
“Il punto è che le pensa”
“Lo ama!”
“Ma le pensa… Credimi, Molly, lo so per esperienza. Non è facile liberarsi di certe convinzioni, strutture mentali. E se è stato difficile per me – se in alcuni casi è ancora difficile per me – immagina quanto lo possa essere per Bellatrix che di certe convinzioni e credenze ha fatto il centro della propria vita”
Il silenzio piombò in cucina e Bella si avvicinò un po’ di più alla porta di ingresso, curiosa di capire, di sentire.
Quindi il Signore… il suo cervello bloccò il pensiero perché non poteva pensare di aver detto quelle cose al suo Padrone. Fosse davvero stato il Signore Oscuro non si sarebbe mai permessa certi commenti, non avrebbe mai potuto dirgli certe cose. Nei confronti del suo Padrone, neanche le pensava… Ma l’uomo che l’aveva accompagnata al San Mungo non poteva essere Lord Voldemort. Lord Voldemort non guidava gli aggeggi babbani, Lord Voldemort non avrebbe saputo fingersi un Babbano…
Un Mezzosangue, quello era.
Sudicio e dal sangue sporco.
E lei ne era incinta.
Incinta di un Mezzosangue.
Le venne la nausea.  
“Cosa diamine stai facendo qui acquattata, Bella?”
La voce di Sirius la fece sussultare e per sbaglio spinse la porta socchiusa della cucina che si aprì di colpo facendola capitolare nella stanza, per poco non cadde carponi.
“Non so di cosa steste parlando” disse Sirius superando Bellatrix come se non esistesse ed entrando in cucina “Ma sappiate che la signora, qui, vi stava spiando” fece un sorrisetto furbo “O forse devo chiamarti signorina?”
Bellatrix rifilò un’occhiataccia al cugino, poi alzò le spalle, il mento e andò a sedersi al tavolo come se nulla fosse. Non gli avrebbe dato soddisfazioni. No, non si sarebbe fatta vedere debole, lei non lo era.
“Hai dormito bene, Bella?” le chiese Andromeda accennando un sorriso e fissandola intensamente, come se si aspettasse di vederla crollare da un momento all’altro. Era stata così debole in passato? Così debole da far pensare che un litigio con un Mezzosangue potesse toccarla?
“Benissimo” mentì Bellatrix perché, nonostante tutto, si sentiva morire ogni secondo in cui non era col suo Padrone. Sentiva terribilmente la mancanza di Lord Voldemort… ma la persona con la quale era stata nei mesi precedenti… Tom Riddle… le si mozzò il fiato in gola. Non era mai stato un problema per lei. Lo aveva sempre saputo che era un Mezzosangue. Lo sapeva che era cresciuto tra i Babbani… anzi, non erano stati proprio i Babbani a renderlo quello che era? E allora perché? Perché non riusciva a sopportare l’idea di… di stare con uno che sapeva usare un’automobile?! Cercò di rimanere lucida per qualche istante e pensare a Rodolphus. Lui era Purosangue eppure, l’idea di una vita normale con lui, la nauseava ancora di più del pensiero di passare un’esistenza intera con Tom Riddle dentro un’auto. Perché i suoi sentimenti erano così insensati? Perché doveva provare disprezzo e contemporaneamente amore?
Perché?
La sera precedente si era rifugiata di nuovo nella camera di Regulus, incapace di stare alla presenza di quell’uomo un secondo di più. Quando poi si era ritrovata sola ed era tornata lucida, si era resa conto di ciò che avesse fatto e detto.
Come aveva potuto?
Ma quello non era il suo Padrone. E se fosse tutto un complotto di Silente? Se in realtà l’Oscuro Signore non fosse mai tornato ed era sempre stata vittima di un incantesimo che aveva creato una realtà alternativa? La stavano tutti prendendo in giro? Il suo Padrone, l’uomo che conosceva lei, non… non si sarebbe mai messo a cucinare con Molly Weasley.
Bellatrix sospirò, la sua testa confusa e annebbiata. Era senza una direzione, senza nulla. Perché in realtà sapeva quanto il suo Signore avesse sofferto e quanto fosse pieno di contraddizioni. Non era proprio di quello che era innamorata? Quante volte glielo aveva ripetuto che lo amava nel complesso, che amava tutto di lui… e invece… ora…
Lo amo ancora, la verità era quella, ma lo disprezzo perché è un Mezzosangue. Disprezzo me stessa per essermi innamorata di uno col sangue tanto sporco, così… invischiato… nella babbanosità… Si rese conto che tutto quello nasceva dalla mancanza di disgusto che il Signore Oscuro aveva smesso di provare nei confronti di Tom Riddle. In passato era stato il primo a nascondere la sua conoscenza del mondo magico, non era un vanto, ma qualcosa di cui vergognarsi. Invece, in quei mesi, era come se avesse iniziato a fare pace con quella parte di sé e avesse iniziato a uscire sempre di più. Per Bella andava bene amarla quando il Signore Oscuro la odiava ma non poteva sopportare di… di amarla quando invece lui stesso ne era indifferente. Doveva odiarsi lui, per poter essere lei ad amarlo.
“Tom diceva che aspetti due gemelli” disse Molly cercando di catturare la sua attenzione. Bella si sorprese della gentilezza che la cagna rossa le stava mostrando: non si sopportavano e non si erano sopportate per tutti i mesi passati. Perché ora, invece…
“So come ti senti…”
“No, non lo sai” la interruppe Bella, drastica, senza neanche darle troppe attenzioni. Non aveva bisogno della pietà di nessuno e no, nessuno sapeva come si sentiva. Aveva passato quattordici anni ad Azkaban per un uomo che ora non esisteva più… ed era incinta di un Mezzosangue. Del Mezzosangue che amava, lo amava con tutta sé stessa, più di qualsiasi altra cosa al mondo. Lei! Lei che era Purosangue, una Black, innamorata di un Mezzosangue, un Riddle…
Sono proprio come Andromeda.
“Io non li voglio” lo ripeté per l’ennesima volta perché ora l’idea di avere quelle cose dentro di lei era diventata insostenibile. L’idea di mettere al mondo dei Mezzosangue, essere proattivamente una di quelle che inquinano il sangue, la società magica, era a dir poco intollerabile. Per cosa aveva combattuto tutti quegli anni se tanto poi… poi…
“Hai intenzione di dare un banchetto, Molly? Hai cucinato per almeno cento persone” interruppe Sirius del tutto indifferente ai discorsi di Bellatrix.
“Non sono stata io a cucinare” rispose Molly con le labbra arricciate dal disappunto. Capiva che Sirius odiava sia Bellatrix sia Tom ma un minimo di tatto, in quella circostanza, era doveroso.
“Qualcosa di buono quello schifoso Mezzosangue la sa fare, allora…” replicò Sirius con un ghigno fissando Bellatrix. Lei sostenne lo sguardo poi affondò il viso tra le mani. In passato lo avrebbe azzittito, lo avrebbe insultato ma ora… ora non ci riusciva, non poteva, perché sapeva che Sirius aveva ragione.
“Bella, ti va di… di andare in salotto?”
Bellatrix alzò lo sguardo su sua sorella, la fissò in viso per qualche istante. Si assomigliavano davvero molto. Ora non solo fisicamente ma anche nell’anima… Bella alzò le spalle e seguì la sorella fuori dalla cucina, anche se ciò che avrebbe voluto fare era uscire dalla propria pelle, dal proprio corpo, e smetterla di provare tutto quel subbuglio di emozioni. Quando entrò nel salotto, fu con un tuffo al cuore che vide l’arazzo dei Black.
Toujours Pur.
Sempre puri.
Ma lei non era pura… non lo era più. Si lasciò cadere sul divano e continuò a fissare la parete, non riusciva a sostenere lo sguardo di nessuno, neanche quello di Andromeda la rinnegata perché ormai era come lei… l’aveva insultata, ostracizzata e, alla fine, era come lei. Si sentiva sporca, una traditrice. Traditrice della famiglia ma, ancora peggio, del suo Padrone.
Lo amo.
Lo amo lo stesso, anche se guida una automobile, anche se potrebbe passare per un Babbano. Perché? Perché non riesco a essergli indifferente? Perché sono come Andromeda?
“Come ti senti?”
“Uno schifo” rispose di getto Bellatrix. Ora che era da sola con sua sorella si sentiva come se potesse esprimere tutto quello che aveva in cuore “Perché Dromeda? Perché tutto questo?”
“Perché l’amore non è come ce lo hanno presentato in famiglia, perché il sangue non ha importanza”
Ero te” mormorò Bellatrix, sempre fissando l’arazzo. Il suo nome era ancora lì mezzo bruciato e delle linee stavano andando a formarsi… chissà se sarebbe comparso del tutto, se sarebbe apparso il cognome. Se il sangue di Salazar Serpeverde, che scorreva nelle vene di Tom Riddle, sarebbe stato sufficiente per l’arazzo “Ero te non solo fuori… ma anche dentro… io non lo riesco a sopportare! Lui era così… così… Babbano!” lo sputò fuori con tutto l’odio che aveva “Come ho potuto?”
“Lo ami”
Quella di Andromeda non era una domanda e Bellatrix si strinse nelle spalle. Certo che lo amava, era proprio quello il problema. Nonostante tutto, nonostante fosse uno schifoso Babbano lei lo amava e per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Qualsiasi.
Compreso tenersi quei due schifosi Mezzosangue nella pancia.
“Bella, se solo tu questi dubbi li avessi per altro…”
“Per altro?”
“Beh, lo sai che non sono una fan del tuo… ehm… Padrone”
Bella alzò un sopracciglio.
“Sarei la prima a sostenere questo tuo allontanamento, se fosse fatto per la giusta causa”
“La giusta causa?”
“Perché hai deciso di separarti da lui?”
Bellatrix si morse le labbra. Incapace di dirlo ad alta voce. Non sapeva come c’era riuscita il giorno precedente, sembrava impossibile avesse potuto dire al suo Padrone una cosa del genere.
“Perché… perché è un Mezzosangue” Bellatrix si volse infine verso la sorella “Io innamorata di un Mezzosangue!
“Come se fosse questo il problema di quell’uomo, Bella”
“Non capisco cosa vuoi dire”
“Che è malato!” sbottò Andromeda “Il problema non è il suo status di sangue. Lo so che i nostri genitori ci hanno inculcato in testa che quella è la cosa più importante: il sangue. Ma non è così! Tu… tu ti rendi conto che lui è un narcisista, vero?”
“Lo so, Dromeda, lo so che ama solo sé stesso…” Bellatrix era stufa di sentirselo dire, non le importava, non era mai stato quello il problema nella relazione con il suo Padrone. Non era quello il punto.
“Oh no” Andromeda scosse la testa “Affatto” fece un sospiro “Voglio provare a parlartene sul serio Bella, ora che non fai la pazza appena si dice qualcosa contro il tuo lui. Sei disposta ad ascoltare e, soprattutto, a pensarci su?”
Bellatrix si sistemò meglio sul divano, quasi aveva paura di continuare quella conversazione. Cosa poteva esserci di peggio del fatto che il suo Padrone era un Mezzosangue e che poteva passare per un Babbano senza grandi problemi?
“Non penso che il narcisismo sia amore per sé stessi” disse Andromeda “Penso sia più che altro megalomania alimentata dal ricercare la perfezione con un contorno di profondo odio per sé stessi…”
Bellatrix socchiuse le palpebre “Forse è così” disse piano perché, effettivamente, quello che Andromeda diceva aveva un senso. Spesso pensava che il Signore Oscuro dovesse odiarsi profondamente, anche solo il fatto di arrivare a dividere la propria anima, non era forse una forma di mutilazione e dis-riguardo per sé stessi?
“Una paura di essere ordinario che si fonda sulla vergogna” mormorò Bellatrix. Tutta la vita del Signore Oscuro era stata indirizzata verso di quello, verso l’essere speciale, l’unico. Forse proprio dovuto al fatto di essere cresciuto in un posto – l’orfanotrofio – dove era stato considerato uno dei tanti. Non aveva mai avuto nessuno che lo considerasse speciale, al massimo un mostro. Non si era mai aperto molto su quell’aspetto della propria vita, i ricordi che aveva condiviso con lei sulla propria infanzia erano sempre stati centellinati. Forse proprio per la paura di essere giudicato… giudicato uno schifoso Mezzosangue. Il fatto di starsi comportando come il suo Signore aveva pensato che prima o poi avrebbe fatto, la fece rabbrividire e sentire in colpa come non mai. Aveva avuto ragione lui, dunque, a deridere i sentimenti che lei provava? A bollarli come falsi?
“Quindi concordi con me?” incalzò Andromeda “Concordi sul fatto che sia un narcisista?”
“Anche se fosse? Non è quello il problema”
“Lo so che il tuo problema con lui è il sangue ma… Bella… vorrei iniziassi a farti… farti qualche domanda. Fallo per me…”
Bellatrix scosse la testa “Non mi interessa quanto è tossico, va bene? Non m’importa!”
“Lo so che non t’importa” ribatté Andromeda. Sperava che, ora che Bella iniziava ad avere dubbi su di lui, anche se per la ragione sbagliata, sarebbe stato possibile aprirle gli occhi del tutto. Poteva non essere troppo tardi, non tutto perduto… “Fatti solo queste domande, non ti sto dicendo di cambiare idea sul tuo rapporto con lui”
Bellatrix si strinse nelle spalle, indifferente. Non sarebbero state delle sciocche domande a farla ritrattare sui suoi sentimenti per lui.
Che no, non era possibile fossero falsi.
“Quanto sei soddisfatta, Bella? Quanto questa relazione ti fa stare bene e ti dà ciò che ti serve? Che tipo di funzione ha il Signore Oscuro nella tua vita? E quanto interviene nelle tue decisioni?”
Bellatrix rimase in silenzio. Il Signore Oscuro dominava la sua vita, da quando lo conosceva era diventato il suo tutto, in modo totale, prorompente. Non che avesse smesso di avere le sue idee e le sue opinioni ma per lui… per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa. Se lui glielo chiedeva, come poteva dirgli di no?
“Stare in una relazione non vuole dire accettare che qualcuno quella relazione la domini, la controlli, la possieda. Dovresti… si dovrebbe stare in una situazione simmetrica, dove ci sia spazio anche per i tuoi bisogni, i tuoi desideri, le tue scelte. Sei sicura che quella che hai tu sia una relazione?”
Ancora una volta, Bella rimase in silenzio. Non sapeva cosa rispondere a sua sorella. Non aveva niente da dirle. Non era neanche sicura di volerla una relazione di quel tipo. Con Rodolphus avrebbe potuto avere qualcosa di più bilanciato, ne era sicura, eppure… eppure… se ne era allontanata di sua spontanea volontà.
“Tu credi io sia meglio di lui?” chiese Bella “Credi io sia meno tossica?” rise, ripensando al modo in cui trattava Rodolphus… al modo in cui sapeva di ferire il suo Padrone. Spesso anche senza volerlo ma, quando se ne rendeva conto, un poco se ne compiaceva. Se ne compiaceva di avere delle armi contro di lui… sceglieva di non usarle ma le aveva… e quando le utilizzava, come era successo il giorno precedente, aveva effetti mille volte più devastanti. Lo sapeva interpretare meglio di quanto il Signore Oscuro interpretasse sé stesso. Quello che gli aveva detto… sei solo un sudicio Mezzosangue, doveva essere stato peggio di un Avada Kedavra per lui, peggio di una Cruciatus. Perché per quanto lui fosse bravo a nasconderlo, Bella sapeva quanto lei fosse… fosse… un punto di riferimento per lui. Provava invidia nei suoi confronti, della purezza che lui non aveva e mai avrebbe avuto. Bella in passato aveva semplicemente deciso che non le importava… ma ora che vedeva la realtà… lei era quella pura che meritava tutto… lui… lui… oh ma perché doveva amarlo a quel modo? Perché non riusciva a distaccarsene?
“Lui è un manipolatore, Bellatrix” proseguì Andromeda “Gli riesce naturale il controllo e la manipolazione… e tu sei dipendente da lui come da una sostanza”
“Lo amo Andromeda” rispose Bellatrix “È stata la prima persona a vedermi come strega invece che come donna. Non mi ha mai fatta… fatta sentire inferiore, ha scelto me per insegnarmi le Arti Oscure nonostante avesse una schiera di maghi pronti a servirlo allo stesso modo”
“Non proprio allo stesso modo…”
Bellatrix si infiammò “Non c’entra il sesso! Sai quante volte gli altri Mangiamorte hanno insinuato che lui mi abbia scelta solo perché ci vado a letto insieme? Non c’entra nulla! Nulla! Lui mi ha scelta perché sono potente e perché sa di potersi fidare di me!
“Te li ricordi i mesi passati?” la interruppe Andromeda “Perché non mi sembra lui ti trattasse come se tu fossi qualcosa, continuava a sminuirti. Te lo ricordi o no?”
“Lui… lui non vuole che io pensi… che io pensi che lui ci tenga a me… per questo mi fa sentire come se io fossi nulla… ma lui è… è intelligente… il più grande mago che sia mai esistito! Pura magia… e…”
“Bella, devi imparare a separare quello che senti per una persona da quello che una persona ti fa sentire. Sono due cose completamente diverse. Puoi pensare che lui sia carismatico, saggio, intelligente, potente. Provare per lui una forte passione… ma se quello che ti fa sentire lui è solitudine, tristezza, ansia, stress… e se ti fa mettere in dubbio il tuo valore… quella sarà la realtà della vostra relazione. Puoi anche pensare che il Signore Oscuro sia un dio ma se ti fa sentire come se fossi niente… quella sarà la tua esperienza del vostro rapporto”
Bellatrix non sapeva cosa rispondere. Perché stare con il Signore Oscuro era così da che aveva memoria: solitudine e ansia… il modo in cui sapeva innalzarla e farla sentire come se fosse la strega più potente che fosse mai esistita… e invece poi… poi… la faceva discendere nel nulla più totale…
“Lo so che la colpa è dei nostri genitori e tu, che sei la maggiore, avevi… avevi anche più responsabilità. Io lo so quanto ti abbiano fatta sentire in colpa, il modo in cui ti trattavano… me lo ricordo, Bellatrix. Io capisco cosa intendi quando dici che anche tu sei tossica, che voi due siete perfetti insieme perché è come se i vostri due… disturbi… si completassero… ma… ma c’è un’alternativa a quest’agonia perenne! L’abbandono che abbiamo subito da bambine, il non farci mai sentire abbastanza… stai ricreando quelle dinamiche. Ti sei unita a un uomo irresponsabile e colpevolizzante che contribuisce a convincerti che tutto dipende da te. Vivi sentendoti in colpa, perennemente, e cerchi sempre di essere la strega perfetta, meritevole del suo… non amore, perché non puoi neanche pensare a quello, con lui, dato che te lo sminuisce in continuazione, ma della sua considerazione. Tu vuoi soccorrerlo… e lui neanche vuole farsi soccorrere… Capisci che è complicato, ti fa stare male”
“Io voglio stare male!” sbottò Bellatrix “Il problema non è nulla di tutto quello che mi stai dicendo… ma il suo sangue!
“E che problema è il suo sangue!” anche Andromeda, che aveva provato a mantenere un tono calmo e pacifico, si accalorò “Perché ti fa stare male?”
“Perché dalla contaminazione nasce aberrazione. Guarda tua figlia! Si vuole accoppiare con un ibrido…”
“Lascia fuori Ninfadora da questa storia”
“Non la lascio fuori, Dromeda. È la conferma che… che quanto il sangue non è puro…”
“I Gaunt si sono uniti tra di loro e il risultato, Bella, è che la madre del tuo amato Padrone si è innamorata di un Babbano e lo ha costretto con la magia a stare con lei! Questo ti sembra più normale?”
Bellatrix si portò le mani sulle tempie, le stava venendo mal di testa.
“Bella, come ho detto, non voglio farti cambiare idea… ma pensaci! Pensaci, è davvero questo che vuoi? Sono sicura che ti farai andare giù la questione del sangue, lo fai da venticinque anni. Ma sei sicura di voler stare con una persona che ti usa?”
“Anche io uso lui” Bellatrix si alzò “Tu non capisci, Andromeda, nessuno capisce quanto siamo perfetti insieme!” diede le spalle all’arazzo e uscì dal salotto, nauseata da tutto, nauseata da sé stessa.

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Col prossimo capitolo spero riusciremo a tornare a toni un po' più di commedia e meno di "dramma". A ogni modo, credo che questi eventi fossero necessari per prese di coscienza sia da parte di Tom sia da parte di Bella...
Se vi va, fatemi sapere nelle recensioni. 

A presto, 
Clo

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


Le parole di sua sorella Andromeda non avevano dato pace a Bellatrix. Perché il senso lo vedeva chiaro, lapalissiano eppure, era come se in realtà non le importasse. A lei piaceva la relazione che aveva avuto con il Signore Oscuro, il dominio che lui aveva avuto sulla sua vita, sul suo essere, sul suo amore. L’eccitava nel profondo l’idea di essere sua. Andromeda aveva ragione: era troppo. Ma che importanza aveva? Il suo cervello non registrava tutto quello come un problema, un pericolo. L’unica cosa che le importava era il sangue.
Mezzosangue.
Un abominio, qualcosa che neanche doveva esistere e che lei aveva combattuto strenuamente in tutti gli anni passati. In quei giorni, come mai era successo nei venticinque anni precedenti, Bellatrix capiva il senso del suo essere Mezzosangue, del fatto che fosse cresciuto tra i Babbani, di essere Tom Riddle e non Lord Voldemort.
Quella lurida Mezzosangue di Ninfadora Tonks era meno Mezzosangue del suo Padrone, volendo guardare solo alla crescita. Era assurdo, senza senso, e Bella non riusciva a capacitarsene. Odiava sé stessa per essere in quella situazione: amava un Mezzosangue.
Era andata ad Azkaban per un Mezzosangue.
Aveva votato la vita a un Mezzosangue.
La cosa che più la faceva impazzire è che non ne era disgustata quanto avrebbe voluto.
Bella scosse la testa ed entrò nel salotto dove c’era l’arazzo dei Black; in qualche modo la rilassava guardare i suoi antenati ma non avrebbe saputo dire perché. Rimase congelata sull’ingresso nel vedere che il Signore Oscuro era lì, voltato di spalle, con quell’aspetto babbano che lei non riusciva a sopportare. Non si aspettava di ritrovarsi sola con lui così presto, non dopo le parole che gli aveva detto. Sapeva di averlo ferito ma non riusciva a trovare dentro di sé la forza per confrontarsi con lui perché sapeva avrebbe solo peggiorato la situazione.
Non era pronta.
Bella fece qualche passo timido all’interno lasciando che la porta le si chiudesse alle spalle. Si sentiva attratta da lui come un’ape sul miele, nonostante tutto, nonostante sapesse che entrare lì dentro e avvicinarsi a lui avrebbe portato a una nuova discussione, a nuovo dolore. Erano entrambi troppo rotti per potersi aggiustare, finivano sempre col distruggersi ancora e di nuovo e Bella ne era dipendente.
Tom rimase voltato verso l’arazzo quasi come se non si fosse accorto che qualcuno era entrato, nonostante la presenza di Bellatrix fosse per lui impossibile da non identificare. L’odio che provava per sé stesso superava di gran lunga quello che provava per la strega… e per quella Molly Weasley che aveva osato stringerlo come un figlio. Lui che una famiglia mai l’aveva avuta e che di abbracci non ne aveva mai ricevuti. Il contatto fisico aveva sempre significato altro, non quello, non quel… quel caldo al livello del petto, quella rassicurazione che da bambino gli era stata negata. Si odiava per non essere il mago oscuro che voleva, che Bellatrix voleva.  
“Non li voglio” mormorò Bellatrix, incapace di trattenersi oltre, sentiva di non poterli avere dentro di lei un secondo di più sebbene il Signore Oscuro le avesse già detto e ripetuto che doveva aspettare, che in quel momento era troppo pericoloso “Levameli” lo disse con tono perentorio, come se fosse un ordine. Come se lei potesse permettersi di ordinare a lui a Lord Voldemort.
Tom strinse la mascella. La detestava con ogni fibra del proprio essere perché nessuno mai gli aveva causato un dolore di quel tipo, nessuno si era mai avvicinato abbastanza per poterlo ferire così. Lo aveva preso in giro dal primo giorno, si era insinuata nella sua anima, l’aveva dilaniata, masticato il cuore e poi lo aveva lasciato di nuovo solo… solo come sempre era stato ma ora sapeva cosa significava avere qualcuno vicino…
“Pensavo di averti già detto di no” rispose Tom svogliato, senza neanche voltarsi. Lo stava facendo uscire di testa.
“LEVAMELI” Bellatrix perse subito la pazienza, si sentiva frustrata perché stava male e a lui non importava, non importavano mai i suoi sentimenti e il Signore Oscuro, invece di rassicurarla di non essere davvero un Mezzosangue, non faceva nulla per farle capire che quella cosa non aveva importanza, che non doveva cambiare nulla tra di loro… Se ne stava lì con l’aspetto Babbano, come se nulla fosse, come se lei non fosse distrutta da quella situazione…
“E invece te li devi tenere ancora” rispose Tom, per nulla impressionato. Non aveva voglia di affrontare quella discussione di nuovo, era una perdita di tempo inutile e pensieri che nemmeno voleva affrontare. In realtà aveva terminato l’incantesimo per levarle i feti, così come aveva terminato l’incantesimo che li avrebbe legati a loro… rendendo entrambi immortali, perché, nonostante tutto, non avrebbe voluto vivere senza Bellatrix. Neanche i Druidi sarebbero stati una vera e propria minaccia, certo, avrebbe continuato a combatterli perché non aveva nessuna intenzione di perdere potere ma la morte, quella sarebbe stata ancora più lontana… Tom scosse la testa, ogni volta che il suo pensiero si fermava sui Druidi qualcosa gli ronzava nel cervello, come se ci fosse qualcosa di importante che sapeva, che doveva sapere e condividere ma che non riusciva del tutto ad afferrare…
“Non potrebbe importarmene di meno di quello che vuoi tu, Bellatrix” aggiunse Tom scuotendo il capo per rimanere in quella stanza e non permettere al suo cervello di offuscarsi e vagare ancora in cerca di risposte che non esistevano.
“Io non prendo ordini da un Mezzosangue” rispose Bellatrix alzando il mento e facendo dei passi verso di lui con fare arrogante.
Gli occhi di Tom lampeggiarono di rosso, si volse di scatto, il sangue al cervello perché quello era troppo. Mosse una mano e Bellatrix si paralizzò, il respiro mozzato e dolore ovunque…
“Ti consiglio di stare zitta, strega da quattro soldi, perché ti assicuro che posso essere molto più terribile di quanto tu possa immaginare” il viso di Tom era contratto e sembrava costargli fatica muovere la bocca “Non immagini neanche quanto io possa essere letale, prova di nuovo a mettermi in discussione e ti farò rimpiangere di essere nata e uscita da Azkaban. Attenta, Bellatrix, perché fino ad ora sei stata privilegiata” sibilò sempre più adirato “Ma questo non implica io non possa trattarti come tutti gli altri. Non mi fai pena, non mi interessi. Posso entrarti in quella testa vuota che ti ritrovi e farti credere di essere la più sudicia dei Babbani, altro che strega Black Purosangue…” per qualche motivo, guardarla in faccia gli procurava un dolore sordo al petto, si sentì all’improvviso scuotere e si vide costretto a lasciare andare Bellatrix e a voltarsi di nuovo: non voleva farsi vedere debole da lei, non ora che non poteva più fidarsi. La lasciò andare, dunque, e Bella cadde a terra con il fiato corto e gli occhi colmi di lacrime. Tossicchiò, annaspò in cerca di respiro e poi alzò lo sguardo sul Signore Oscuro che stava di nuovo analizzando l’arazzo. Si domandò cosa avesse da osservare con così tanta attenzione, perché ne fosse ossessionato quasi più di quanto non lo fosse lei. Cercò di recuperare il respiro, di regolarizzarlo ma era difficile perché la stretta magica era stata potente. Per un attimo, dietro alle fattezze di Tom Riddle, aveva rivisto il suo Padrone… l’uomo malvagio che lei adorava.
“Capisco tu sia… arrabbiato…” mormorò Bellatrix, nonostante tutto, ancora non riusciva a tornare al modo di parlare rispettoso e ossequioso che sempre gli aveva riservato.
“Non sono arrabbiato!” sbottò Tom voltandosi di nuovo verso di lei. Perché non lo capiva? Sentiva la sua anima spezzata fremere, dibattersi, quasi cercare di volersi riunire. Non riusciva a comprendere, non avrebbe dovuto provare meno con l’anima a pezzi? Mutilata? Perché invece il dolore era mille volte più profondo di qualsiasi cosa avesse mai provato prima, anche quando la sua anima era intera? Anche quando suo padre gli aveva sputato in faccia, rinnegandolo. Nulla era paragonabile a quello. Avrebbe voluto estirparsi dal petto tutto, fino a rimanere solo un guscio vuoto. Sentiva la sua voce tremare e si odiava per quello, sentiva il pianto, il modo in cui era sconvolto… era insostenibile.
Sto soffrendo!” gli uscì quasi in un singulto perché era faticoso da ammettere e da provare, non era abituato a provare non voleva provare. Si era sempre anestetizzato a tutto e ora… dopo aver scommesso su qualcuno, dopo venticinque anni, si ritrovava a essere pugnalato alle spalle per qualcosa sulla quale era sempre stato chiaro.
Non m’importa quando si tratta di voi, Padrone.
Ma lui aveva sempre saputo che non era vero, glielo aveva sempre letto il disgusto sopito da qualche parte. Si era lasciato irretire e lei era stata brava a dissimulare…  
“Ed è tutta colpa tua! Tu mi hai portato a questo… Tu che per anni mi hai ammorbato col tuo sentimentalismo inutile, che mi hai preso in giro e fatto credere…” Tom s’interruppe e si mise le mani nei capelli “Credere che a qualcuno potesse importare di me”.
Bella rimase accasciata con gli occhi sgranati, il cuore in una morsa, non poteva credere di essere lei causa di quel dolore. Non aveva mai capito nulla, il senso di colpa s’impossessò di lei, nonostante tutto, perché… perché alla fine lei lo amava, più di qualsiasi altra persona al mondo, più di quanto potesse essere considerato sano e normale e l’idea che lui potesse pensare altrimenti la uccideva.
“Padrone…” mormorò senza sapere però cosa aggiungere, perché sapeva che non avrebbe mai potuto riconquistare la sua fiducia. Tutto perso in un battito di ciglia…
“Io…”
Oh taci!” scattò Tom e la sua espressione da sofferente mutò, quasi come se fosse un'altra persona, divenne maligna, malvagia “Credi che dopo tutto questo io possa ancora avere voglia di sentire le tue inutili lamentele? Le tue parole? I tuoi pensieri? Sei inutile, inutile come tutti gli altri. Ma la colpa è mia, Bellatrix. Mia e di nessun altro che, per un secondo, ho pensato tu potessi essere diversa”
“Mio Signore” provò di nuovo Bella perché a vederlo soffrire in quel modo non poteva stare, soffriva anche lei, non ci riusciva a rimanere lì, impotente… l’idea di averlo deluso così tanto, l’idea di poterlo aver perso perché lui ormai non si fidava più…
Come tutti gli altri…
Lo aveva trattato come tutti.
Deluso come tutti.
Rifiutato come tutti.
“Io…”
“No” la bloccò lui con sguardo malevolo, quasi divertito “Vuoi che te li levi?” sibilò chinandosi su di lei con un ghigno “Te li levo” disse “E che tu viva o muoia… beh, quello sarà il destino a deciderlo”
Bella lo conosceva bene quel ghigno perché lo aveva sempre visto rivolto alle sue vittime. Quello era il Signore Oscuro. Era tornato o, forse, era sempre stato lì.
Bellatrix provò a indietreggiare, a sfuggirgli, ad andarsene.
Ma era troppo tardi.
Svenne.
 
*
 
“Cosa le hai fatto?”
“Nulla” la voce di Tom era atona, disinteressata “Mi ha chiesto di levarglieli e glieli ho levati”
“Sono… sono quelli? Lì dentro?” chiese Andromeda sempre più confusa.
“Sì”
“Puoi parlare?” sbottò Andromeda esasperata. Tom sembrava non essere in grado di dire più di due parole per volta “Pensavo avessi detto di non poterglieli levare ancora”
“Ha insistito, l’ho accontentata. Non dovresti essere contenta per la tua amata sorella? Finalmente è libera”
“Non sarà mai libera” rispose Andromeda “Tu l’hai avvelenata, l’hai-
“Basta, Dromeda, dai” s’inserì Molly Weasley “Quindi hai ricreato un… un utero, diciamo?” si piegò su quelle bolle che galleggiavano a media altezza proprio sotto all’arazzo. Erano semi-trasparenti ma opacizzate. All’interno si intravedevano delle forme di bambino senza però essere totalmente riconoscibili.
“Non ho mai visto nulla del genere”
“È perché mai nessuno ha fatto qualcosa del genere” rispose Tom, non poté fare a meno di gonfiare il petto fiero. Lui era pioniere in ogni tipo di magia “Sono alimentati dalla mia magia, principalmente, e un poco da quella di Bellatrix”
“E tu staresti dando parte della tua magia?” Sirius era sospettoso “Perché mai?”
“Perché non avevo altra scelta” rispose Tom ma dentro di sé stava sorridendo.
La sua magia era riuscita alla perfezione. Era riuscito a legare i due feti a lui e a Bellatrix e ora, nessuno avrebbe potuto sfiorarli senza anche fare del male ai due poveri bambini innocenti, era perfetto. Perché nessuno di loro aveva anche solo lontanamente intuito il motivo per cui aveva insistito per far tenere i bambini a Bella, perché anche ora che l’incantesimo era stato effettuato e riverberava per tutto il salotto, quei cretini non riuscivano a intuire cosa lui avesse fatto. Certo, glielo avrebbe detto, Tom non aveva dubbi: Silente e Grindelwald nel caso non si sarebbero fatti scrupoli… ma Molly Weasley? Andromeda e Ted Tonks? Lupin? Ninfadora? Tutti loro non avrebbero accettato l’uccisione di bambini innocenti per uccidere lui. Neanche Potter, con ogni probabilità, avrebbe concordato. Era stato astuto, quei due babbuini di Grindelfart e Scemente erano in Irlanda a occuparsi dei Druidi mentre a lui avevano lasciato libero campo di agire.
Perfetto.
Semplicemente perfetto.
“Se proprio volete saperlo, anzi” proseguì Tom con un sogghigno “Quelli sono la passaporta alla mia immortalità definitiva”
“In che senso?” chiese Sirius, guardingo facendo scattare la testa verso le due bolle “Cosa hai fatto?”
“Sono indissolubilmente legati a mee a Bella, aggiunse mentalmente. Non aveva voglia di spiegare, di far sapere che nonostante tutto era stato debole e non era riuscito a tagliare i ponti con Bellatrix, a escluderla da quell’esperimento. Il suo sguardo cadde per un millesimo di secondo sulla strega riversa sul divano. Era ancora svenuta ma stava bene. Si odiava per essere stato delicato, attento nella procedura. Non era riuscito a ferirla, avrebbe potuto mutilarla, avrebbe potuto fare tante cose e, invece, non aveva fatto nulla nonostante il dolore sordo che ancora provava. Perché l’aveva salvaguardata? Preservata? Perché la sentiva ancora dentro di sé? Nonostante il dolore atroce che provava?
“Ovvero?” incalzò Sirius sempre più inorridito “Cosa hai fatto?”
Tom inclinò il capo di lato “Per uccidermi, dovete prima uccidere i due bambini… bambini innocenti che non hanno fatto nulla…
“Dubito siano innocenti” sputò Sirius “Sono figli vostri” aveva già la bacchetta in mano, pronto a mettere fine a tutto, pronto a colpire le due bolle “In questo momento, poi sono solo un ammasso di cellule”
“Oh no” scosse il capo Tom “Ho anche fatto in modo che il tempo variasse” si avvicinò “Vedi, Black? Ormai sono già in stato avanzato…”
“Tu… cosa…” Andromeda era confusa, incrociò lo sguardo di Molly: anche lei sembrava non starci capendo nulla “È sempre stato questo il tuo piano? Usare i due bambini per uno dei tuoi esperimenti di Arti Oscure?”
“Oh no. Non sono Arti Oscure, niente di così terrificante davvero. Ma… beh, di certo non mi è venuto all’improvviso l’istinto paterno” Tom rise tenendosi la pancia “Davvero pensavate io volessi giocare alla famigliola felice con Bellatrix?”
“Se pensi che io mi trattenga dall’uccidere questi due Mezzosangue…” Tom fece uno scatto con la testa e Sirius se ne compiacque: sapeva dove andarlo a colpire, dove ferirlo. Non importava che lui non ci credesse: l’importante era ci credessero Voldemort e Bellatrix.
“Cosa c’è, Voldemort, ti dà fastidio? Fastidio che i tuoi due bambini siano Mezzosangue? Fastidio che tu sia un Mezzosangue? Fastidio che la mia cuginetta sia schifata da te?”
“Devi chiudere la bocca!” sibilò Tom stringendo la bacchetta “Prova di nuovo a…” s’interruppe “Tu non capisci nulla” inorridito si rese conto che ancora una volta il dolore lo stava sopraffacendo.
Fastidio che la mia cuginetta sia schifata da te?
Se anche Bella… se anche Bella lo odiava… come avrebbe potuto…
“Oh no, io capisco benissimo. Non condivido mezza parola ma è fin troppo divertente vederti in questo stato penoso… cosa c’è ora che la tua fidanzatina ti ha rinnegato ti metti a piangere? Povero sudicio Mezzosangue”
Sirius!” esclamò Molly facendo un passo avanti “Basta così”
“Hai capito o no che ci ha preso tutti in giro?!” Sirius alzò le braccia al cielo, esasperato “Questo è l’assassino di James e Lily. James per me era come un fratello! L’ho ospitato solo perché pensavo che fosse l’unica soluzione per salvarci dai Druidi e ora? Ora scopro che questo era tutto un suo piano? Un suo piano per renderci impossibile sconfiggerlo?”
“Non è sempre stato un mio piano” rispose Tom piano “Le cose si sono sviluppate così”
“Beh, si sono sviluppate molto male” rispose Sirius, si alzò le maniche della veste “Ma se credi che a me importi qualcosa di questi due esseri…”
“Accomodati, Black” rise Tom “Vai, avanti. Prova a ucciderli”
Sirius si bloccò. Remus, che era rimasto in silenzio accanto a Ninfadora tutto il tempo, si fece avanti e si chinò sulle due bolle, sui due bambini “Hanno una protezione” mormorò infine raddrizzandosi “Credo che se tu dovessi provare a colpirli… la Maledizione ti rimbalzerebbe addosso…
Porco Godric!” sbottò Sirius “Non è possibile non si possa fare nulla”
“Si sarebbe potuto fare qualcosa prima… se solo foste persone sveglie e dei maghi anche solo mediocri… e invece”
“Oh, Voldemort, non finisce qui!” ringhiò Sirius “Finché ci sarò io tu non potrai mai neanche sfiorare Harry, hai capito?”
“Che paura, Black…”
“Silente!” sbottò Sirius marciando per il salotto come un’anima in pena “Dove si sono cacciati quei due? Non potevano scegliere un altro momento per fare la loro Luna di Miele?”
“Sono qui” la voce calma di Albus Silente fece voltare tutti “Cosa succede?”
Cosa succede?” Sirius era fuori di sé “Succede, Albus, che tu mi hai messo in casa l’assassino dei miei migliori amici e ora questo è immortale!”
Silente fece scattare la sua attenzione su Tom che sogghignava e poi sulle due bolle.
Grindelwald si mise a ridere. Era una risata amara, priva di gioia.
“Ah, avremmo dovuto prevederlo” rise ancora e batté una mano sulla spalla di Silente “Io te l’avevo detto Albus che questo stava tramando qualcosa” si avvicinò alle due bolle e ci si chinò sopra “Devo ammettere che hai un che di geniale, Schatz, davvero” annuì “Non fosse che sei marcio fino al midollo, ovviamente…”
“Taci” Tom incrociò le braccia al petto. Non aveva tempo di sentire le fesserie di Grindelfart: non era dell’umore adatto. Gli occhi di Gellert però luccicarono. Si raddrizzò e si avvicinò a lui “Oh, che succede? Ti hanno fatto arrabbiare?”
“Ti ho detto di stare zitto”
“Mia cugina si è improvvisamente resa conto che è un Mezzosangue…” disse Sirius, sempre più incallito nel farlo soffrire “E hanno litigato, di nuovo, per l’ennesima volta”
“Povero, povero Tommy!” Gellert scosse la testa con finto fare afflitto “Anche la povera Bellatrix ormai non ti sopporta più… chissà se è pronta per un vero Mago Oscuro… uno Purosangue…
Chiudi la bocca!” sibilò Tom, i suoi occhi lampeggiarono e strinse la bacchetta nella tasca della veste. Non gli avrebbe permesso di avvicinarsi a Bellatrix.
No.
Quello mai.
“Tommy, hai bisogno di una camomilla”
Deficiente fricchettone tedesco, pensò Tom consapevole che resistere all’impulso di ucciderlo sarebbe stato praticamente impossibile. Non nello stato emotivo in cui si trovava.
“Gell, per cortesia” intervenne Silente “Non mi sembra davvero il momento” i suoi occhi azzurri si concentrarono su Tom “Noi due dobbiamo parlare, Tom”
“Ma certo, Al” disse Tom. Cercò di rilassarsi e si sforzò di aprirsi in un sorriso avvicinandosi a Silente, gli passò una mano sulla schiena in modo suadente guardando fisso in faccia Grindelwald “Lo sai che sono sempre disponibile per te”
Oh, Tom… per cortesia…
“Tieni giù le mani, Mezzosangue”
“Cosa c’è, ti dà fastidio Grindelfart?”
Gellert si avvicinò a Tom con un balzo, lo prese per il bavero della veste e lo spinse contro il muro.
“Tu cosa ne dici? Tocca Albus di nuovo… e ci penso io alla tua Bella, eh? Cosa ne dici?”
Tom si divincolò, era fuori di sé dalla rabbia, l’unico desiderio che aveva era tirargli un pugno in faccia e farlo stare zitto, una buona volta. In passato Bella lo aveva rimesso al suo posto ma ora… ora, forse, davvero… davvero…gli avrebbe dato una possibilità.
Perché Gellert Grindelwald era Purosangue.
Non Mezzosangue.
Purosangue.
Tom ringhiò e si mosse con più forza perché la presa di Grindelwald era forte.
“SMETTETELA!” l’urlo di Sirius sorprese tutti “Vi comportate come se foste dei quindicenni, ve ne rendete conto o no?” si volse verso Silente “Albus… non ti capisco” la sua voce era delusa “Ci hai chiesto di collaborare con lui, di ospitarlo. Lo abbiamo fatto… e ora? Ora ci ritroviamo con i suoi figli che lo rendono ancora più difficile da sconfiggere di prima! Dov’eri tu quando tutto questo accadeva?”
Grindelwald fece un passo indietro lasciando andare Tom, Silente li superò entrambi per mettersi di fronte a Sirius “Dai Druidi” rispose piano, calmo “Sirius, io capisco la tua frustrazione”
“No” lo bloccò Sirius “Non la capisci”
Silente fece un sospiro “Hai ragione, avrei dovuto…” il suo sguardo si spostò sulle bolle con i bambini che fluttuavano all’interno, placidi e pacifici.
“Avrei dovuto prevedere che Voldemort potesse usare degli esseri innocenti per i suoi scopi” si morse le labbra “Ma la priorità, rimangono i Druidi”
“E quindi?” incalzò Sirius “A che punto siamo?”
“Sono fuoriusciti” rispose Gellert mettendosi accanto a Silente per sostenerlo “Il portale è più aperto di prima. Non sono… insomma, non sono del tutto fuori eppure…”
“Sono fuori” concluse Silente “Non sappiamo dove, però. L’utilizzo del sigillo ormai sarebbe inutile. Siamo stati sorpresi quando non ci hanno attaccati. Pensavamo ne avrebbero approfittato e invece…”
“E invece erano qui” disse Sirius che, in quel momento, non voleva più trattenersi dal dire nulla “Hanno attaccato prima Voldemort e poi Bellatrix”
Silente si volse verso Tom “Perché non ce lo hai comunicato?”
“Beh, Albus, mi pare ovvio” rispose Gellert “Era impegnato a tramare questo capolavoro per l’immortalità, no?”
“Avevamo discusso… avevamo detto che la priorità…”
“La mia unica priorità sono io” lo interruppe Tom “Sì, ti ho tenuto nascosto la presenza dei Druidi per poter lavorare al mio piano, sì, vi volevo fuori dalle scatole per metterlo in atto”
“Sei disgustoso” commentò Gellert “Davvero, un capolavoro di deficienza. Hai messo a rischio l’intero Mondo – Magico o Babbano che sia – solo per salvaguardare te stesso… ammesso poi che i Druidi non uccidano i tuoi pargoli mandandoti di nuovo al punto di partenza”
“Come vi hanno attaccato? Come li avete respinti?” chiese Silente alzando una mano per far zittire Gellert. C’era qualcosa di bizzarro in tutta quella faccenda, qualcosa che non gli tornava per nulla, che non aveva senso.
“Delle specie di… spettri…  li hanno… come dire, attaccati” rispose Sirius senza dare il tempo a Tom di aprire bocca “Non erano persone reali… ma non erano nemmeno fantasmi. Non saprei come descriverli. Hanno giocato con le loro debolezze, paure… in un mix tra un Dissennatore e un Molliccio, direi”
Silente scosse la testa “Credo stiano saggiando il terreno nemico, probabilmente non sono abbastanza in forza per poterci fronteggiare per questo hanno mandato degli spettri… come per giocare con la nostra mente. Chi è venuto? Che forma hanno preso?”
Tom si morse le labbra “Druella per Bellatrix” rispose svogliato. Silente rimase zitto, aspettando che continuasse ma quando vide che Tom non accennava ad aprire bocca alzò un sopracciglio “La donna che mi ha messo al mondo per me” sussurrò allora Tom, lo stomaco prese a bruciargli.
“Merope?”
“Tu la conoscevi?” chiese Tom voltandosi verso di lui di scatto.
“Ho fatto qualche ricerca…”
Ricerca?
Se sa dei Gaunt… ma l’anello ormai è salvo. Che faccia quello che vuole questo vecchio pazzo, non c’è modo che possa distruggermi. Non ora che ho anche i due bambini…
“Quando sei stato portato a Hogwarts” inventò prontamente Silente, cercando di recuperare l’errore fatto “Volevo provare a rintracciare la tua famiglia”
“Tutto molto interessante davvero” interruppe Gellert “È bello vedere come il professore si sia preso cura dello studente, oltre a farsi scopare da lui”
“Siamo ancora fermi lì?” domandò Tom con una risata sprezzante “Forse è il caso andiate a fare terapia di coppia”
“Sei uno spasso, Schatz, davvero uno spasso”
“Qual è il piano?” interruppe Sirius. Era stufo dei giochini tra quei due. Voleva solo che tutto finisse. Non poteva continuare ad avere Lord Voldemort per casa.
“Non c’è un piano” sospirò Silente “Fra l’altro mi è stato riferito che, in mia assenza, la Umbridge ha preso più potere che mai, spalleggiata dal Ministero”
“Harry è stato squalificato a vita dal Quidditch”
“La carriera sportiva di Potter, giustamente, è in cima alla nostra lista di priorità” rispose velenoso, Tom.
“No” Silente scosse la testa “In cima alla lista delle mie priorità c’è capire come mai i Druidi siano venuti fino a Londra ad attaccare te e Bellatrix quando invece avrebbero potuto attaccare me e Gellert che eravamo lì, a mezzo metro da loro, in Irldanda”
Tom rimase in silenzio. Non aveva pensato a inventarsi una scusa per quel fatto, anzi, aveva dato per scontato che i Druidi avrebbero attaccato anche Grindelfart e Scemente.
“Esatto” annuì Gellert, all’improvviso serio e guardingo “Questa è davvero un’ottima domanda”
“Avranno deciso di andare subito verso la minaccia più grande” rispose Tom con una scrollata di spalle.
“E dovreste essere tu e lei?” Gellert rise “Non ci credi neanche tu” assottigliò lo sguardo.
“Quindi? Che cosa ci nascondi, Tommy?”

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Avevo promesso un capitolo più spensierato... ma non sono sicura di aver mantenuto la promessa (sicuramente non con la prima parte XD). Perdonate anche il ritardo ma la mia testa non vuole saperne di concentrarsi sulla Bellamort separata e mi propone solo storie in cui loro due sono felici e contenti... Fortuna che ormai qua il peggio è passato ;)
A prestissimo, spero. 
Clo

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


Bellatrix sentiva il sangue pulsare in modo doloroso nelle sue tempie. Si sentiva male, nauseata, tutto un dolore. La sua mente era lenta, come confusa e ovattata.
“Non nascondo niente!”
La voce del Signore Oscuro parve raggiungerla come da un altro universo.
“Nascondi molto, invece, solo che al momento non possiamo permetterci di tenere i segretucci, lo capisci o no che se non rielaboriamo un piano anche tu verrai fatto fuori?”
Bella batté le palpebre, quella era la voce di Gellert Grindelwald e, se quel mago oscuro senza né arte né parte era lì, significava che c’era anche Albus Silente. E se c’era Albus Silente… il Signore Oscuro aveva bisogno di lei.
Io sono immortale”
“Tu sei anormale, semmai”
Fu con una piccola stretta al cuore che la memoria di ciò che era successo poco prima cadde su Bellatrix. Il modo in cui avevano litigato, il modo in cui lei lo aveva allontanato da sé.
Non sono arrabbiato, sto soffrendo. Ed è tutta colpa tua! Tu mi hai portato a questo… Tu che per anni mi hai ammorbato col tuo sentimentalismo inutile, che mi hai preso in giro e fatto credere… Credere che a qualcuno potesse importare di me
Bella si mise a sedere di scatto e si rese conto di essere libera. Dentro di sé non c’erano più quei dannati esseri. Il suo ventre era tornato piatto, i suoi ormoni non erano più impazziti, la sua testa era lucida… ma non libera come il suo corpo. Quei pensieri molesti, quelle sensazioni dannose, erano ancora lì ad assillarla: Lord Voldemort continuava a essere Tom Riddle, il Mezzosangue.
Deglutì, perché una parte di lei aveva davvero desiderato che tutto quello passasse con la fine della gravidanza, che potesse tornare in lei e invece… invece… Le parole del Signore Oscuro presero a rimbombarle nel cervello.
Di continuo.
Senza sosta.
Lei aveva fatto soffrire lui.
Lei.
Soffrire lui.
Lei.
Era possibile? Possibile…
Stupeficium!
Bellatrix sobbalzò e si volse in tempo per vedere Gellert Grindelwald che alzava la bacchetta sul suo Padrone. Voldemort rise e parò lo Schiantesimo con un gesto pigro della bacchetta “Cos’è, siamo tornati al primo anno a Hogwarts?” chiese con un ghigno divertito. Il secondo lampo di luce rossa era chiaramente una Maledizione Cruciatus ma anche quella venne scansata da Voldemort con facilità.
“Sei davvero banale, Grindelfart” ma quasi non riuscì a finire la frase che Silente si unì a Gellert. Tom fece un passo indietro e andò a sbattere contro l’arazzo dei Black. Sapeva di non avere la minima possibilità di vittoria con Silente e Grindelwald. Non contro loro due insieme…
“Pensavo fossimo dalla stessa parte!” sibilò risentito Tom “Cosa diamine vi prende?”
Tu nascondi qualcosa!
“Oh smettetela” implorò Molly provando a farsi avanti, agitata “Non è proprio il modo…”
“Chiudi quella cazzo di bocca, Molly” s’intromise Sirius sfoderando anche lui la bacchetta “Qua è arrivato il momento di rimettere questo psicopatico al suo posto”
Tom digrignò i denti, Black non era un problema di per sé ma se sommato a Silente e a Grindelwald… il suo sguardo si spostò per una frazione di secondo su Bellatrix, quasi come in cerca di aiuto. La vide seduta e vigile ma non sembrava in nessun modo intenzionata a farsi vicina, ad aiutarlo… si deconcentrò e quel breve momento in cui si era concesso di pensare ad altro che non fosse quel maledetto duello fu sufficiente agli altri maghi per insinuarsi tra le sue difese e sopraffarlo.
Tom cadde in terra, gli avevano bloccato gli arti e la magia, provò a opporre resistenza ma non riusciva a radunare il potere magico a causa dell’incantesimo che glielo bloccava. Si sentì subito umiliato, privato della sua forza, impotente.
Odiava tutto, odiava tutti, odiava sé stesso.
Quella maledetta strega. Lei era la radice ultima di tutti i suoi problemi! Se non si fosse fatto distrarre…
“Tom, calmati, non vogliamo farti del male” provò a dirgli Silente avvicinandosi a lui.
Tom continuò a divincolarsi, non amava stare in quella posizione sottomessa, sdraiato in terra mentre altri torreggiavano su di lui con il potere…
“Certo, dev’essere per questo che mi avete assalito, così, all’improvviso… senza motivazione alcuna!”
“La motivazione c’è eccome! Cosa nascondi sui Druidi?” incalzò Gellert continuando a puntargli la bacchetta addosso “O parli con le buone o ti tiro fuori la verità con le cattive”
Tom lo fissò per alcuni istanti con aria truce, poi scoppiò a ridere “E come, con una Cruciatus? Fa’ quello che vuoi, sai cosa me ne importa”
Nessuna Cruciatus” precisò Albus scoccando un’occhiataccia verso Gellert “Ma tu non sei stato sincero con noi, Tom”
“E voi sì, invece?” Tom sputò per terra “Non aspettavate altro che questo, colpirmi alle spalle…”
“Sei tu che ci hai colpiti alle spalle! Ci hai fatto perdere tempo andando in Irlanda solo perché così potevi farti gli affari tuoi qui. Lo vuoi capire o no che questa cosa riguarda tutti noi? O forse no? Forse non riguarda te, Tommy?”
Tom rimase in silenzio poi fece un cenno di assenso con la testa “Certo che riguarda anche me” rispose piano dopo qualche secondo “Altrimenti non sarei venuto in questa stupida casa a farmi umiliare e a giocare a fare lo chef con Molly Weasley”
“Bene” commentò Albus “E quindi cosa è cambiato?”
Tom valutò velocemente le sue opzioni.
Non sapeva neanche lui cosa fosse cambiato, sapeva solo che qualcosa era successo con i Druidi in passato. Più di quello non sapeva dire, non avrebbe saputo spiegare come, cosa, quando, perché. Aveva solo quei flash… quei flash senza senso… testimonianza del fatto che lui era stato ad Atlantide… ma come? Com’era possibile? E se quello fosse parte di un suo piano?
Ma se fosse così, se davvero fosse qualcosa progettato da me, avrei fatto in modo di ricordarmene. Non è possibile che io… che io abbia architettato tutto questo salvo poi… poi impedirmi di ricordarmi.
Eppure, per nulla al mondo, avrebbe voluto aprirsi con quei due… non… ma aveva scelta? Avevano ragione loro: il problema dei Druidi riguardava tutti, non solo loro, non solo lui. era un problema della collettività che solo collettivamente poteva essere superato.
Un problema di tutti.
Era stato l’esatto motivo per cui aveva deciso di prestarsi a quella farsa, a mettere da parte l’orgoglio e andare lì, a collaborare.
Il motivo per cui aveva perso Bellatrix. Perché se mai avessero convissuto con la feccia, Bella mai avrebbe scoperto il Mezzosangue Riddle.
“Ti entro nella testa” dichiarò infine Gellert “Sono un discreto Legilimens, sai”
Tom sogghignò, alzò il mento con fare di sfida “Avanti, ci devi solo provare”
“Non vogliamo forzarti, Tom” intervenne Albus facendo gesto a Gellert di abbassare la bacchetta “Dobbiamo… collaborare
“Bel modo di collaborare davvero!” sbottò Tom, si dimenò e il suo sguardo cadde ancora una volta su Bella che lo guardava con un sopracciglio alzato e quell’aria arrogante e supponente che tanto la caratterizzava.
Avrebbe voluto sventrarla.
Avrebbe dovuto lasciarla morire durante la procedura e al diavolo lei e tutto le sue menzogne, le sue fesserie… al diavolo tutto.
Invece non solo le aveva levato i bambini stando bene attento a non farle del male, no, l’aveva anche resa immortale, legandola ai bambini come era legato lui.
Da quando era così debole? Così sentimentale?
“Ok” fece poi Tom perché tutto quello stava iniziando a non avere senso. Forse se avesse parlato di quelle strane visioni… forse con una prospettiva esterna… forse…
“Io… io credo di essere stato in contatto con i Druidi, anni fa” ammise Tom, infine, senza guardare nessuno in particolare. Non era abituato ad aprirsi con gli altri, non era abituato a esternare i propri dubbi, paure, emozioni e sensazioni. Mettersi a nudo non faceva per lui, si sentì subito infastidito, vulnerabile. Si pentì immediatamente di avere aperto bocca.
“In che senso credi?” chiese Silente mentre Gellert si lasciava andare al turpiloquio e gli altri presenti urlavano sorpresi.
“Nel senso che non me lo ricordo”
“E allora perché lo credi?”
“Ho come dei… flash di… cose…”
“Cosa?”
Tom si mosse a disagio, detestava il fatto di sentirsi in trappola “Lasciatemi andare”
“No” rispose Gellert “Io di te non mi fido. Ci hai presi in giro? Stavi collaborando con i Druidi tutto questo tempo?”
“Non lo so” rispose sincero Tom, fece schioccare la lingua sui denti “Non credo” precisò perché non pensava di aver fatto il doppiogiochista “Io non me lo ricordo, va bene?”
“Da quanto lo sai?”
“Da… da quando… da quando ho iniziato a studiare la magia druidica per inserirla nel sigillo”
“E non ti è venuto in mente di dircelo?”
“No” mentì facilmente. Certo che gli era venuto in mente di dirglielo ma, prima di tutto, doveva pensare a sé stesso: era l’unica cosa che importava.
E Bellatrix, aggiunse scocciato, contro la propria volontà quel pensiero si era formato nella testa.
Soprattutto, se non ci pensava lui a sé stesso, non ci avrebbero di certo pensato gli altri. Tutte le altre persone che erano sempre pronte lì, in un angolo, pronte ad azzannarlo al fianco per poi lasciarlo sanguinolento a morire. Non ne aveva forse avuto la conferma finale con Bellatrix? Lei che sempre aveva affermato di adorarlo, rispettarlo… che lui era tutto per lei… aveva sempre mentito aspettando solo che diventasse più vulnerabile.
“Che cosa vedi in quei flash?”
Tom si strinse nelle spalle “La scogliera dove siamo andati per il sigillo…” inspirò bruscamente “È tutto molto confuso, a dire la verità. So di avere questi flash ma poi… appena provo ad analizzarli, a pensarci… svaniscono nel nulla…”
“Ti hanno fatto un incantesimo di memoria” constatò Gellert.
“Grazie, Grindelfart, non ci sarei mai arrivato da solo”
“Tom” intervenne Silente, prima che Gellert potesse rispondere “Facci entrare nella tua testa, magari possiamo-”
“NO!” Tom scosse la testa con forza e prese di nuovo a divincolarsi.
Quello non lo avrebbe mai permesso.
Sapeva di poter resistere alla Legilimanzia ma non era sicuro di poter resistere a un attacco di quel tipo da due maghi diversi… magari mentre qualcun altro lo cruciava. Sapeva di essere forte ma non era invincibile, suo malgrado.
“Cosa proponi?”
“Lasciatemi andare”
“E poi?”
Tom chiuse gli occhi “Non lo so”
“Bellatrix” propose Gellert dopo alcuni attimi di silenzio “Può praticare lei la Legilimanzia”
No” il rifiuto di Tom fu ancora più netto “Non se ne parla”
Bella si morse le labbra, affranta. Sarebbe mai riuscita a recuperare il rapporto col suo Signore? Sapeva che sarebbe stato praticamente impossibile, lo aveva compromesso per sempre e tutto per colpa di quegli esseri, di quella Molly Weasley, di quella convivenza forzata senza senso che le aveva fatto sovrapporre la propria immagina a quella di Andromeda e quella del suo Padrone a quella di quel Ted Tonks.
“Posso provare a darvi… a darvi quello che ricordo…”
“Ma se hai detto che non ricordi nulla?”
Tom rimase in silenzio. Effettivamente era così, non ricordava nulla, il poco che aveva in testa erano memorie confuse, un guazzabuglio senza senso. Provò a concentrarsi, a fare mente locale. Ricordava una sensazione di costrizione, l’essere imprigionato… e poi qualcuno di importante… un nome particolare…
“C’entra un nome con la B” disse Tom dopo alcuni istanti di silenzio.
Un nome con la B” ripeté Gellert inclinando il capo di lato “Davvero molto molto utile, non c’è che dire”
Silente sospirò e rilasciò l’incantesimo che impediva a Tom di muoversi che subito si mise in piedi e riprese in mano la sua bacchetta guardingo.
“Che cosa fai, Al?”
“Questa non è la tecnica giusta” rispose Albus accarezzandosi la lunga barba bianca “Anche entrando nella sua testa di forza… quante energie sprecheremmo? Lui ergerebbe barriere e se nemmeno ricorda lucidamente, se questi ricordi sono seppelliti da qualche parte nella sua memoria più recondita, ci vuole una mente calma e aperta per scovarli non una mente chiusa e guardinga. No, così non funziona”
Gellert ci pensò un po’ su, poi annuì, suo malgrado. Il discorso di Albus non faceva una piega.
“Dobbiamo trovare il modo di farti tornare la memoria” proseguì Albus parlando direttamente verso Tom “Quand’è che questi flash si sono presentati?”
“Hanno iniziato a presentarsi da quando ho iniziato a sperimentare con la magia druidica” rispose Tom “Si sono presentati con più forza dopo essere stati in Irlanda”
“Bene” annuì Albus “La risposta mi pare scontata: dobbiamo riandare in Irlanda e tu dovrai praticare la magia druidica lì”
“Questo non potrebbe alterare i flussi e facilitare la loro uscita?” domandò Sirius, confuso.
“Sono già fuori” ribatté Gellert con un’alzata di spalle “Non del tutto, è vero, ma quel che basta per presentarsi qui…”
“Perché qui?”
“Se sono già stati in contatto con Tom… cercavano solo una magia a loro affine. Senza contare che ancora non sappiamo se sia un loro alleato o no”
“No” disse Tom, convinto “Ci ho pensato, ho avuto il dubbio” proseguì perché Gellert lo stava guardando con entrambe le sopracciglia alzate scettico “E se così fosse… non avrei mai impedito che mi portassero via i miei ricordi! I miei pensieri… parte dei miei poteri. Non ha senso”
“Niente di tutta questa faccenda ha senso” sospirò Silente “Bene, Tom, ripartiamo per l’Irlanda dopodomani. Ora devo andare a Hogwarts, devo capire che cosa è successo e cercare di sistemare le cose”
“Considera che presto potrebbe non esserci più, una scuola” rispose Tom con una smorfia “E poi scusa, partiamo chi?
“Io, te, Gellert”
Tom rise “Io non vado da nessuna parte con Grindelfart”
“Può venire anche Bellatrix”
“Non me ne faccio nulla di Bellatrix” rispose Tom, stizzito “Andiamo solo noi due, Albus”
“Non se ne parla! Cosa vuoi fare, una Luna di Miele?” sbottò Gellert “E se fossi in combutta con i Druidi?” aggiunse, come per legittimare di più come non volesse che Tom e Albus stessero soli, come per dire che non era solo gelosia ma c’erano dei motivi veri.
“E se voi due foste in combutta?” sibilò Tom “No, mi rifiuto di muovere un passo se viene anche Grindelfart”
“Tom” provò Albus, aveva un tono quasi implorante fece un sospiro “Ci vuole una terza persona”
“Molly, allora” disse Tom con un’alzata di spalle “Mi sembra la persona più imparziale”
“Una casalinga vi sarà sicuramente utile in una situazione di questo tipo” sbottò Gellert “Con tutto rispetto, eh” aggiunse rivolto a Molly che dal canto suo aveva sgranato gli occhi. Lei andare in Irlanda dai Druidi? Lei?
“Beh, serve solo una persona che faccia da supporto mentre riprendo i miei ricordi… fossimo in difficoltà, possiamo chiamarvi”
“Ci vuole tempo per chiamare…”
“No” interruppe Tom “Non con il Marchio Nero che Bellatrix, suo malgrado, ancora porta”
Ci fu un attimo di silenzio.
“Molly, te la senti?” chiese Albus osservando Molly dritto negli occhi “Potrebbe essere qualcosa di molto facile, così come diventare all’improvviso una missione con complicazioni… te la senti?”
Molly rimase in silenzio per diversi istanti. Poi annuì, convinta. Era stato Tom stesso a suggerire lei, aveva detto di no a Bellatrix ma aveva detto di sì a lei. Non si stava illudendo che effettivamente si fidasse di lei più che di Bellatrix ma doveva essere davvero stato ferito nel profondo per arrivare a dire di non volere Bellatrix, quando era sempre stato evidente come facesse affidamento su quella strega oscura, soprattutto quando non stava bene…  
Gli starò vicino, annuì tra sé e sé Molly. Chissà di cosa verremo a conoscenza, chissà quali altri traumi ha dovuto subire. Forse sì, forse più che una compagna potrebbe aver bisogno di una… madre.
Nonostante tutto, nonostante avesse appena scoperto non solo che aveva avuto a che fare con i Druidi e non aveva detto niente, ma anche che i bambini erano stati solo un mezzo, Molly non riusciva a non provare una fitta al cuore ogni volta che immaginava Tom bambino, a tutto quello che aveva dovuto patire a come non avesse mai avuto una madre e mai avesse visto una madre, prima di lei.
“Verrò con voi” disse Molly annuendo convinta.
“Sei impazzita?” chiese Arthur “Molly, io ti voglio bene ma…”
“Nessun ‘ma’, Arthur, se mi posso rendere utile…”
“Perché all’improvviso non… Bellatrix…”
Perché” s’inserì Tom “Sono un Mezzosangue” si morse le labbra e scosse la testa “A dopodomani, Scemente” disse prima di smaterializzarsi.
Bellatrix sospirò.
No, decisamente, non avrebbe mai recuperato con lui.
Ma soprattutto… Voleva recuperare? Lanciò uno sguardo a quelle sfere con dentro i feti che crescevano.
Figli suoi e dell’Oscuro Signore.
“Andiamo anche noi, Gellert”
Grindelwald scosse la testa ma poi si smaterializzò.
Albus restò indietro “Ti ringrazio, Molly, per il tuo coraggio”
“Ma certo” rispose Molly, eppure non era sicura di aver capito, di preciso, in quale avventura avesse deciso di imbarcarsi. Albus aveva un’espressione così grave…
“Ci vediamo presto”
 
*
 
Molly passò il resto della giornata in cucina a preparare la cena, sperando che Tom si palesasse. Era in casa ma doveva essere rintanato in soffitta con Fierobecco e Nagini. Non riusciva neanche a immaginare cosa stesse passando, considerando quanto fosse sempre stato abituato a stare solo e come Bellatrix avesse tradito la poca fiducia che aveva deciso di dare a qualcuno che non fosse sé stesso. I suoi figli non erano mai stati così… problematici, e di conseguenza Molly non sapeva come approcciarsi a Tom. Soprattutto considerando che indisporlo era sempre molto – troppo – facile.
“Ti senti bene, Bella?” chiese Andromeda passando una mano sulla schiena della sorella.
“Sto benissimo, molto meglio” rispose Bellatrix annuendo e sedendosi a tavola con fare altezzoso “Mi sento solo molto confusa e…” scoccò un’occhiata a Molly Weasley “Dovrei andare io con lui, non lei” scosse la testa “Non posso credere di avergli detto quelle cose, non posso credere… non posso credere di starle ancora pensando
“La purezza di sangue non ha nessuna importanza” rispose Molly con voce dura “E ho sempre saputo sarebbe finita così, lo hai sempre insultato senza neanche rendertene conto”
Bella corrugò le sopracciglia “Non ho mai visto il Signore Oscuro come un Mezzosangue. Sì, certo, l’ho sempre saputo ma… insomma… lui…” s’interruppe, non sapendo come continuare. Non c’era modo di continuare. Non sapeva neanche lei cosa dire o cosa dover pensare.
“Arthur” disse poi Molly voltandosi verso l’ingresso della cucina non appena vide comparire il marito “Devo chiederti un favore”
“Un altro?”
“Quale ti ho chiesto?” domandò Molly presa in contropiede.
“Beh, di lasciarti andare a combattere”
“Arthur, per cortesia, non iniziare” lo bloccò Molly dandogli le spalle “Perché sai benissimo che io non ho bisogno del tuo permesso”
Arthur sospirò e si aggiustò gli occhiali con la montatura di corno.
“Va bene, Molly… cosa volevi chiedermi?”
“Usciresti con Tom, stasera?”
Arthur sgranò gli occhi “In che senso uscire con Tom?”
“Credo potrebbe fargli bene uscire con… con qualcuno” Molly si mordicchiò le labbra “Digli che abbiamo litigato noi due…”
“Perché dovrei mentirgli?”
“Perché non gli piace che si facciano cose per lui” rispose Molly. Aveva imparato a conoscerlo, ormai.
“Ma non è un Legilimens?”
“Arthur!” sbottò Molly esasperata “Allora? Lo farai?”
Arthur fece una smorfia, ormai capiva Molly sempre meno “Ma, cara, che cosa abbiamo in comune io e… beh, Tu-Sai-Chi? Di cosa dovremmo parlare?”
“Oh, Tom sa tutto dei Babbani” rispose Molly “Puoi fargli le tue domande, distrarlo un po’”
“Non sono sicuro che distrarlo con domande babbane sia la mossa migliore considerando che sta così per il suo status di sangue” mormorò Arthur, per nulla convinto.
“Inventati qualcosa, allora!”
Bellatrix alzò gli occhi al cielo. Quella cagna rossa proprio non ne voleva sapere di smetterla di abbaiare in giro. Era tutta colpa sua e continuava, continuava…
“Molly…”
Ma proprio in quel momento entrò Tom, cadde il silenzio e Arthur tirò su col naso.
“Tom” disse Arthur mentre le punte delle orecchie gli diventavano rosse “Volevo chiederti se… insomma… non volessi andare a bere qualcosa con me a Diagon Alley, stasera, dopo cena”
Tom alzò un sopracciglio “Bere qualcosa? Con te? A Diagon Alley?”
“O al Paiolo Magico, se preferisci, credo sia più vicino”
“È tutto vicino, siamo maghi” rispose Tom mettendosi subito sulla difensiva e incrociando le braccia al petto.
“Ma certo che siamo maghi, cioè, non è che solo perché uno che è Mezzosangue allora è meno mago di chi invece è Purosangue…”
Tom alzò anche l’altro sopracciglio e Arthur si rese conto di stare parlando a caso. Lanciò un’occhiata fugace a Molly che lo stava guardando di sottecchi col mestolo in mano.
“Insomma, io e… Molly… abbiamo avuto una piccola discussione e visto che… sì, insomma, lei verrà dai Druidi a causa tua, vorrei parlare davanti a… insomma, un Whiskey Incendiario” inventò Arthur all’improvviso ispirato.
Tom lo osservò dritto negli occhi per una frazione di secondo, un angolo della bocca si alzò in un ghigno.
“Va bene, Weasley” rispose Tom alzando le spalle “Possiamo andare in un pub qualsiasi, babbano, così magari mi perdoni più facilmente per averti sottratto la moglie
Arthur inclinò il capo di lato perché quelle parole erano state parte dei suoi pensieri in passato ma subito, quando il suo cervello registrò cosa effettivamente Tom avesse detto, la sua espressione divenne gioiosa.
“Un pub babbano?” esclamò Arthur estasiato “Ma è magnifico!
“Immagino”
“Mi unisco a voi” si propose Ted “Se posso, ovviamente”
“Posso unirmi anche io?” propose Sirius con la sua risata simile a un latrato.
“No, Black. Non c’è spazio per i cani” sibilò Tom assottigliando lo sguardo.
“Io sono un po’ troppo Purosangue, effettivamente… vero, Bella?”
Bellatrix arrossì e abbassò gli occhi. Non se la sentiva di guardare in viso il suo Padrone… non ci riusciva perché il pensiero di averlo ferito era atroce, troppo doloroso.
“Tu sei un Traditore del Tuo Sangue” rispose Bellatrix provando ancora a essere arrogante come in passato ma continuava a sentirsi l’ombra di sé stessa.
“Come li chiamerai i due sgorbietti? Non mi sembra il caso di utilizzare la tradizione dei Black e dare dei nomi di stelle o costellazioni a due Mezzosangue”
Sirius!” sbottò Andromeda “Devi smetterla”
“Oh, Dromeda. Lo sai perfettamente che non penso queste cose”
“Certo che lo so” rispose Andromeda “Questo non rende giusto utilizzarle! Non puoi…”
“Non posso farle notare quanto sia ipocrita?”
“Non lo vedi che soffre già abbastanza?”
“Perché non vai a dirlo a Frank e ad Alice? Pensavo fossero anche amici tuoi!” sbottò Sirius battendo i pugni sulla tavola “Dillo a James e a Lily!”
Cadde il silenzio in cucina mentre Sirius si lasciava ricadere sulla sedia e si copriva il viso con le mani “Non ne posso più… e Silente poi… oh, Silente!
“Lo so che la situazione non è facile” rispose Andromeda alzandosi e sedendosi accanto al cugino “Ma c’è un motivo ben preciso se siamo tutti qui a sforzarci di convivere…”
“Bellatrix merita tutta la sofferenza di questo mondo”
Bella chiuse gli occhi e si morse le labbra. Non sapeva neanche perché quelle parole di suo cugino Sirius l’avessero colpita a quel modo. Non le era mai importato nulla di lui, era la pecora nera della famiglia, quello che era stato smistato a Grifondoro, che aveva le babbane in bikini in camera, che a quindici anni era scappato di casa spezzando il cuore a sua zia… ma era anche l’ultimo maschio Black. E lei, Bellatrix, era sempre stata la prima. La più grande, quella su cui tutte le aspettative ricadevano, quella che doveva essere perfetta e dare l’esempio. Bellatrix riaprì gli occhi e il suo sguardo venne calamitato verso quello del Signore Oscuro che la stava fissando con una insistenza che lei non aveva mai percepito prima.
Eppure, quello che vide, era solo Tom Riddle.

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Perdonate quest'assurda assenza ma tra il cambio di lavoro (di nuovo!), il viaggio in Vietnam di due settimane di training e in generale un periodo un po' pesante non avevo molto la testa per questa storia... Nel prossimo capitolo vedremo la "versione maschile" dell'uscita che tanti capitoli addietro avevano fatto le donne ;) penso che alla fine si aggiungeranno anche Remus e Sirius... ma chissà! 
Cercherò di non far passare di nuovo tutto questo tempo... e poi dovrò anche cercare di tirare le fila di questa storia e concluderla... penso un'altra decina di capitoli, bene o male. Forse meno. Vediamo. 
Un abbraccio, 
Clo

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


Era un martedì sera e, di conseguenza, il pub non era particolarmente affollato ma per Arthur Weasley sembrava non esserci nulla di più esaltante al mondo che stare seduto su uno sgabello del pub del quartiere. Il proprietario parlottava allegramente da dietro al bancone con dei clienti abituali e un’altra coppia sedeva in un tavolino poco distante da loro, la televisione trasmetteva il telegiornale e Arthur non poteva fare a meno di gettare lunghe occhiate ammaliate alle immagini, incredulo che una cosa del genere potesse esistere e lui fosse tanto fortunato da poterla ammirare.
“Era da una vita che non venivo in un pub babbano” disse Ted sedendosi un po’ meglio sullo sgabello e afferrando il menù “Dopo che uno si abitua ai cocktail e alle bevande magiche è difficile tornare indietro”
“Niente Whiskey incendiario?” chiese Arthur osservando il menù da sopra le spalle di Ted “Cos’è un sex on the beach?” aggiunse aggrottando le sopracciglia e stringendo le labbra con fare pudico.
Tom si passò una mano sul viso trattenendo una risata. Chissà cosa ci trovava Molly Weasley in un uomo del genere: era banale nell’aspetto e negli interessi, privo di qualsivoglia attrattiva ma, a ben vedere, anche Molly non era questa grande persona dagli interessi profondi e complessi… a parte la cucina e i suoi figli, di cosa si interessava? Non aveva nulla e forse sì, Arthur e Molly erano la coppia perfetta. La cosa che più lasciava interdetto Tom e, allo stesso tempo, lo divertiva era il modo in cui quei due si vergognassero a parlare di sesso nonostante fossero adulti e palesemente lo praticassero… i loro figli ne erano una prova schiacciante.
“È solo il nome di un cocktail” rispose Remus, si era unito all’ultimo e aveva impedito, non si sapeva bene come, a Sirius di unirsi a loro. Tom era sicuro che se Black fosse stato lì avrebbe finito col freddarlo perché, in quell’ultimo periodo, Black non aveva perso occasione per insultarlo e provocarlo. Insomma, Tom era vicinissimo a perdere la pazienza, non lo sopportava più. Incrociò le braccia sul petto come per difendersi dai suoi stessi pensieri: il viso nauseato di Bellatrix non gli dava pace. Si sentiva male al pensiero di essere così debole per lei, al pensiero di non avere più il completo controllo su di sé, su di lei, sulla situazione.
Come aveva potuto ridursi a quel modo?
Come poteva Bellatrix avere quel potere su di lui?
Lui non aveva bisogno di nessuno.
“Non so se mi convince” disse Arthur storcendo il naso.
“Non hai mai fatto sex on the beach, Arthur?” chiese Tom con un ghigno e ritornando con la mente in quel pub: non aveva senso continuare in quel processo di autocommiserazione che lo stava annientando.
Le punte delle orecchie di Arthur divennero rosse “Io… beh, no” rispose quasi balbettando “Cioè… le rive del lago nero contano?”
“No” rispose in tono piatto Tom “È lì che lo hai fatto la prima volta con Molly?”
“Tecnicamente credo si possa considerare una spiaggia però” intervenne Remus poi fece un sorrisetto rivolto ad Arthur “Non pensavo che a Hogwarts foste così attivi, tu e Molly!”
“Beh, se non si è attivi da ragazzi!” si difese Arthur mentre il rossore si propagava dalle orecchie al collo “Insomma…”
“Hogwarts non è propriamente il luogo più facile per… ehm… darsi da fare. Soprattutto se si è di due Case diverse come eravamo Andromeda ed io” s’intromise Ted con un sorrisetto cercando di distogliere l’attenzione da Arthur che, ogni volta che si parlava di sesso, si trovava in difficoltà.
“Che coraggio, Ted” rispose Arthur grato che i riflettori si stessero spostando su qualcun altro “Non so come tu abbia fatto a frequentare Andromeda senza mai farti beccare da Bellatrix, per altro”
“Beh, a onore del vero abbiamo iniziato la nostra relazione verso la fine del quinto… e Bellatrix era alla fine del settimo, quindi poi ha lasciato Hogwarts e… beh… insomma, dovevamo comunque nasconderci perché c’era Narcissa ma, detto tra di noi, è decisamente meno sveglia di Bellatrix. O forse solo molto più concentrata su sé stessa” Ted fece una pausa, ripensando a quanto fosse stato complicato all’inizio vedersi con Andromeda. Come tutto fosse sembrato una follia: lui un mago qualsiasi, Nato Babbano, lei un’aristocratica Purosangue… tutti lo avevano preso per pazzo e nessuno mai aveva capito che cosa ci vedesse nell’arrogante Andromeda Black. Nessuno aveva mai capito quanto Dromeda fosse diversa rispetto agli altri, quanto il suo cognome poco la definisse.
“A ogni modo, Dromeda ha sempre avuto un rapporto più stretto con Bellatrix che con Narcissa… le era quindi più facile mentire a quest’ultima” Ted esitò per un istante “Credo che Bellatrix sia stata la persona in assoluto che più sia mancata in questi anni ad Andromeda… nonostante tutto… nonostante… insomma… quello che ha fatto…”
Tom indurì la mascella mentre spostava la sua attenzione sul televisore. Fissò con insistenza le immagini sullo schermo, quasi a voler fare finta di non essere interessato alla conversazione degli altri. Quello di cui stava parlando Tonks era l’esatto periodo in cui lui aveva conosciuto Bellatrix. Se la ricordava: giovane, potente, esuberante, intelligente, smaniosa di imparare, magnetica, bella, pura, sua.
Bellatrix era sempre stata una forza della natura, era una fonte di vita… la sua fonte di vita. Con nessuno mai aveva avuto una connessione come quella che aveva trovato con Bellatrix. E ora era tutto finito, andato. Era mai esistita quella connessione? Se l’era immaginata? Che senso avevano avuto tutti quegli anni, quelle parole… se tanto lei… lei poi…
“Anche Andromeda era così” disse Ted rivolgendosi a Tom che si vide costretto a spostare di nuovo lo sguardo sulle persone al tavolo, riportare la sua attenzione su quel dolore che invece avrebbe voluto ignorare ed estirpare.
Così?
“Molto arrogante, razzista” rispose Ted alzando le spalle quasi a volersi scrollare di dosso quei ricordi e pensieri “Non erano pensieri suoi, erano i pensieri della sua famiglia… e tuttavia per mesi ci hanno impedito di vivere la nostra relazione. Ancora oggi, ogni tanto, alcune volte…”
“Non paragonarci” lo interruppe Tom “Non c’è nulla di simile nella nostra situazione”
“Dromeda e Bellatrix sono Purosangue, noi no” insistette Ted con un sospiro “questa è la situazione, che ti piaccia oppure no. Tu non sei Purosangue, io non sono Purosangue e… insomma, non è stato facile per Andromeda ammettere di essere innamorata di un Sanguesporco. Immagino che anche Bellatrix debba elaborare
“Io non sono un Sanguesporco” sbottò Tom assottigliando lo sguardo.
“Mezzosangue” concesse Ted con una risata nervosa “E sai benissimo che per i Black non fa nessuna differenza: la feccia è feccia” scrollò le spalle “Dovrebbero cambiare il motto della loro Casata in questo, altro che toujours pur…
“Io sono Lord Voldemort” sibilò Tom a un tratto molto irritato “Lord Voldemort, capisci sudicio Sanguesporco? E Bellatrix è la mia Mangiamorte! Non la mia mogliettina. Tu non immagini neanche il livello di connessione che abbiamo! Non immagini neanche… non puoi…”
“Buonasera signori, cosa vi porto?”
Tom si interruppe e si morse le labbra osservando il cameriere che era sbucato dal nulla.
“Quattro birre medie” sospirò Tom riprendendo il controllo di sé e decidendo per tutti come se niente fosse “Grazie” aggiunse, perché lui a contatto col pubblico ci aveva lavorato e, nonostante tutto, provava pena per chi ancora si ritrovava a dover avere a che fare con persone sgarbate.
Arthur si ricompose sistemandosi gli occhiali sul naso che erano scivolati quando era trasalito a sentire pronunciare il nome di Voldemort. Si sentiva pallido e sudato al pensiero di essere seduto in un pub babbano con Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Tutta la situazione era priva di senso. I mesi passavano e continuava a essere priva di senso più che mai: Bellatrix Lestrange non parlava con Lord Voldemort perché quest’ultimo era un Mezzosangue. Glielo avessero detto qualche tempo prima, Arthur non avrebbe capito come ciò fosse possibile. E ora invece eccolo lì, seduto in un pub babbano accanto a Lord Voldemort a provare a consolarlo proprio perché la sua Mangiamorte non voleva saperne nulla di lui solo perché… beh, seguiva alla lettera i dettami di lui, Voldemort, il Signore Oscuro.  
“Birra?” domandò Arthur provando a riprendere controllo su di sé e a non farsi spaventare troppo da un nome che ormai, a ben vedere, quasi non aveva più significato “Tipo burrobirra?”
“No, non c’entra niente la burrobirra” rispose Ted mordicchiandosi il labbro. Sembrava indeciso se lasciare perdere il discorso di prima oppure continuarlo.
“Bellatrix ha solo bisogno di tempo” aggiunse poi testardo Ted, perché sì, lui alla fine sapeva cosa si provasse a stare in una relazione con una persona che non si capiva cosa volesse… Andromeda era cambiata tanto in quegli anni e non aveva quasi più nulla “dei Black”, eppure… si ricordava di quanto fosse stato difficile all’inizio smantellare ogni sua convinzione…
“Non m’interessa” rispose Tom secco “Non m’importa nulla di Bellatrix, capito?”
Remus fece schioccare la lingua sui denti “Perché ti ostini a fingere che non ti importi di Bellatrix e che non ti stia ferendo il suo comportamento?”
“Non fingo” rispose Tom ostinato eppure eccolo, quel maledetto groppo in gola iniziava a formarsi, non aveva senso… “Credi davvero che quella sciocchina possa avere…”
“Non c’è niente di male a voler stare con una persona” lo interruppe Ted “E tu vuoi stare con Bellatrix, il fatto che ora lei non voglia stare con te ti fa stare male”
“No” Tom scosse il capo “Non è così” chiuse gli occhi perché sentiva il respiro accelerare “Io non voglio stare con Bellatrix”.
E tuttavia gli mancava.
 Gli mancava sentirsi adorato da lei, sapere di avere un supporto, qualcuno che c’era.
Era stato solo tutta la vita ma, ora che aveva conosciuto la vicinanza di qualcuno, era difficile tornare indietro. Non riusciva neanche a odiarla quanto avrebbe dovuto, non riusciva a trovare dentro di sé la volontà di ucciderla ed eliminarla. Forse perché ucciderla sarebbe stato darla vinta agli altri a quelli che dicevano che a lui importava di lei quando no, palesemente no, a lui non interessava. Non capiva perché gli importasse, non capiva come lei fosse riuscita a mentirgli per tutti quegli anni. Aveva passato il suo tempo a cercare di allontanarla a dirle che l’amore non esisteva e lei si era sempre opposta strenuamente, ripetendogli che lei c’era per lui, che ci sarebbe sempre stata, che… che non esisteva nulla di più importante e che lei sarebbe sempre, sempre stata al suo fianco… e ora, invece, dove era?
“Forse è meglio cambiare argomento” propose Arthur con un mezzo sorriso “Non vogliamo appesantire la serata”
Tom alzò gli occhi al cielo “Quest’uscita non ha il minimo senso. Io sono Lord Voldemort, dovrei essere con i miei Mangiamorte non seduto con un Traditore del Proprio Sangue, un Licantropo e un Sanguesporco”
“Sembra quasi l’inizio di una barzelletta…”
“O di un incubo…”
Il cameriere tornò con le loro quattro pinte. Arthur si aggiustò gli occhiali sul naso per poter osservare meglio.
“Un brindisi?”
“Al neo papà” suggerì Remus con un luccichio malandrino negli occhi e sorridendo a Tom.
“Sì, giusto, congratulazioni” si aggiunse Ted.
Tom socchiuse la bocca come per voler dire qualcosa, poi ci ripensò, alzò le spalle e fece tintinnare il boccale contro quello degli altri. Che si prendessero pure gioco di lui, quegli inetti. 
“Oh, davvero niente male questa birra!” esclamò Arthur dopo il primo sorso “Un po’ alcolica però…”
“Per questo dicevamo che con la burrobirra non c’entra nulla” rispose Ted facendo di nuovo tintinnare il suo bicchiere con quello di Arthur e bevendo poi un altro sorso “Alcune cose i Babbani le fanno meglio!”
Remus e Arthur ridacchiarono scuotendo la testa.
“Forse per recuperare con Bella basterebbe farle assaggiare della birra”
Tom indurì la mascella.
“Pensavo dovessimo cambiare argomento” notò Tom con un sogghigno “Come va con la cara Ninfadora, Lupin?
Remus arrossì, preso in contropiede mentre Ted quasi si strozzava con la birra.
“Pensavo avessi… avessi concordato che c’è troppa differenza di età… che la tua condizione…” Ted si morse le labbra. Non voleva offendere Remus ma d’altra parte Dora era sua figlia; l’idea che stesse con un uomo tanto più grande e con una malattia genetica di quella portata – che la metteva costantemente in pericolo – non gli piaceva per nulla.
“È così” rispose Remus sulla difensiva “Ma… Dora è speciale”
“Lo so bene” interruppe Ted “È mia figlia
Arthur fece andare lo sguardo da Remus a Ted, poi si schiarì la voce “Ted” chiamò piano “Ninfadora è adulta, può decidere da sola quello che… che è giusto per lei. Non commettere lo stesso errore che hanno commesso i genitori di Andromeda”
“Essere un Nato Babbano è ben diverso dall’essere un Licantropo”
Remus abbassò lo sguardo, colpevole nonostante la sua condizione gli fosse stata imposta dall’esterno e non l’avesse scelta. Spostò la sua attenzione su Tom che ghignava seduto sullo sgabello e lo odiò come lo aveva odiato non appena si era trasferito a Grimmauld Place numero 12.
“Sirius ha ragione” gli sibilò adirato “Sei un essere disgustoso che prova piacere nel fare soffrire il prossimo”
“Remus…” Arthur allungò una mano sulla spalla dell’amico, come per volerlo far calmare ma Remus gliela scacciò con un movimento del braccio.
“La sofferenza che provi te la sei cercata e te la meriti tutta”
Tom continuò a sogghignare “Pensi mi possa importare quello che pensa un essere inferiore come te?”
“Per la tua Bella tu sei inferiore quanto me. Ora che ti vede per quello che sei davvero – un Mezzosangue – neanche riesce a tollerare la tua presenza”
“Non m’interessa” mentì Tom in viso un’espressione glaciale “Continuate pure a dirmi quanto io sia un mostro, quanto sia pazzo, quanto sia disgustoso. Non ha importanza perché io so non essere vero. Io sono speciale, fuori dall’ordinario, al contrario di voi che siete solo dei pezzenti e potrei trucidarvi qui, seduta stante, senza neanche che voi possiate rendervene conto!”
Remus lo fissò in silenzio per alcuni istanti “Hai ucciso Lily e James”
“Erano sulla strada” rispose Tom, disinteressato “Non è stato niente di personale”
Remus fece per aprire bocca e ribattere ma Arthur fu più veloce “Non ha importanza in questo momento”
“Forse non ha importanza per te che non conoscevi Lily e James quanto me!”
“Non ha importanza perché Silente ha detto…”
Silente” sibilò Remus “Di nuovo, forse Sirius tutti i torti non li ha…”
“Silente è un uomo dai mille segreti” intervenne Tom “Non fidatevi troppo di lui, non è poi così diverso da me”
Sorseggiarono in silenzio la birra per qualche secondo, l’unico sottofondo il ciarlare della televisione e quello degli avventori.
“Credi la missione avrà successo?” chiese Ted fissando lo sguardo su Tom, voleva recuperare quella serata che, ormai, era palesemente alla deriva.
“Credi… credi tutto questo rimarrà?” aggiunse muovendo una mano a indicare l’ambiente circostante, più in generale, il mondo come lo conoscevano.
“La missione deve avere successo” rispose Tom senza neanche esitare “Non ci sono alternative, perché altrimenti ci aspetta la morte…” quel pensiero lo fece rabbrividire. Nulla lo annientava di più del pensiero di smettere di esistere non essere più lì, non provare più nulla. Ci era andato vicino quattordici anni prima, strappato dal suo corpo, una misera esistenza, è vero… ma almeno, era vivo. Contro i Druidi, ben lo sapeva, nulla sarebbe stato sufficiente: non gli Horcrux, non quel nuovo legame che aveva creato col sangue del suo sangue. Certo, tutto quello lo avvantaggiava e in qualche modo lo avrebbe protetto. Ma lui aveva bisogno della certezza di vivere, non della speranza che tutto sarebbe andato bene. Se solo avesse avuto ricordi chiari e incontrovertibili su ciò che aveva scoperto e vissuto in passato, se solo…
“E dopo?” incalzò Remus “Dopo ucciderai Harry?”
Tom alzò un sopracciglio “Pensiamo ad arrivarci, al dopo”
Remus si alzò di scatto “Credo sia arrivato il momento di rientrare”.
 
*
 
Tom si strinse nel cappotto, le strade buie di Londra gli mettevano addosso un certo disagio. Non aveva abitato in quella zona, da giovane, eppure in qualche modo tutta quella babbanosità – per quanto diversa da quella della sua infanzia – lo riportavano indietro nel tempo, a quando pensava che forse un mostro lo era e la signora Cole tutti i torti non li avesse. A quando temeva sarebbe finito in un manicomio, lobotomizzato.
“Tom?”
Arthur si affiancò a lui lasciando che Ted e Remus li superassero. Il pub che avevano scelto distava solo pochi minuti a piedi da Grimmauld Place numero 12.
“Vorrei parlarti di Molly”
Tom roteò gli occhi “Non m’interessa tua moglie”
“No, lo so, lo so…” Arthur sorrise mesto “Lei… lei non è come Bellatrix…”
“Mi sembra palese” lo interruppe Tom “Nessuno è come Bellatrix” aggiunse, suo malgrado.
“Quello che voglio dire è che… che non è abituata a missioni” provò a spiegarsi Arthur “Non fraintendermi, Molly è una strega in gamba, molto più di quanto tu possa pensare…”
“È una strega mediocre, nella media” precisò Tom svogliato “Forse, con qualche addestramento in più sarebbe potuta eccellere ma allo stato attuale…”
“Questa cosa di portarla in Irlanda con te e Silente non ha senso” lo bloccò Arthur “Non capisco perché… perché lei e non… non Bellatrix”
“Perché non mi fido di Bella”
“E ti fidi di Molly?”
No.
La risposta era ovvia, non si fidava affatto di Molly Weasley, eppure… eppure… allo stato attuale la preferiva a Bella. La sola idea di andare con Bellatrix in Irlanda e mostrarsi debole di fronte a lei gli faceva venire il mal di pancia. Con Bella doveva essere Lord Voldemort, con Molly avrebbe potuto essere Tom Riddle.
“Non metterla in pericolo” Arthur a quel punto lo stava pregando “Lo so che questa cosa è importante, fondamentale ma…” entrarono al numero 12 cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare il quadro di Walburga “Ma non… insomma, cerca di proteggerla”
“Davvero stai chiedendo a me, Lord Voldemort, di proteggere tua moglie e non a Silente?”
Arthur alzò le spalle “Lo chiedo a chiunque possa farlo” gli diede una pacca sulla spalla, poi salì le scale diretto verso la camera da letto.
Tom rimase per qualche secondo al buio e subito lo prese un forte senso di angoscia. Recuperò la bacchetta nella tasca del cappotto per poter illuminare l’atrio. Non voleva andare in soffitta, quando entrava la mancanza di Bella lo travolgeva sempre. Esitò per un istante, poi si diresse verso il salotto, nella stanza con l’arazzo. Accese le candele per illuminare la stanza e si sedette sul divano proprio di fronte all’arazzo. Il nome di Rodolphus Lestrange era ancora lì, legato a quello di Bellatrix nonostante il divorzio e, in modo diverso, ora compariva anche il suo.
Tom Orvoloson Riddle.
Era diverso rispetto a quello degli altri, come se lì non ci fosse dovuto essere. Altri due rami stavano andando a crearsi sotto di lui e Bella.
“L’arazzo non riconosce il divorzio”
Tom si volse verso l’ingresso. Bellatrix era lì e lo stava osservando con attenzione, come se stesse cercando di indovinare i suoi pensieri.
“Non è qualcosa che succede nel mondo magico dei Purosangue… per questo il nome di Rodolphus è ancora lì… per l’arazzo, non c’è stato nessun divorzio e quello… tra di noi… solo una… scappatella… forse… forse con il matrimonio le cose potrebbero cambiare. Non saprei, non è mai successo prima” Bellatrix si avvicinò al divano con fare circospetto come se fosse impaurita da ogni movimento “Se solo mi avessero bruciato dall’arazzo, neanche sareste lì…”
Tom la guardò fisso per qualche istante indeciso se dire qualcosa oppure no, poi rivolse di nuovo l’attenzione all’arazzo.
Bella esitò.
Non sembrava odiarla in modo particolare, forse poteva osare… si sedette accanto a lui sul divano e si mise anche lei a perlustrare l’arazzo.
La decadenza dei Black non si poteva negare.
Sirius era stato eliminato, incapace di dare eredi alla famiglia.
Regulus morto.
Andromeda eliminata, sposata a un Sanguesporco con una figlia Mezzosangue.
Lei era… divorziata, in una relazione con un Mezzosangue e due figli Mezzosangue che neanche venivano riconosciuti dall’arazzo… perché fuori dal matrimonio.
Solo Narcissa era sposata con un Purosangue e aveva un figlio Purosangue… ma quello era un Malfoy, non un Black.
“Grazie per avermeli levati” proseguì Bella, testarda. Dovevano cercare di risolvere quella situazione, non potevano rimanere così: litigati, odiandosi a vicenda “Grazie per non avermi lasciata morire”
Tom si volse verso di lei “È sempre stato questo il mio piano. Ora… siamo immortali, Bella
Bellatrix sgranò gli occhi e volse lo sguardo verso quelle due sfere luminose dove sapeva che c’erano i feti… ora che non li aveva più dentro di sé, li detestava meno.
Siamo?” chiese, quasi per conferma “Li avete legati anche a me?”
“Non avevo scelta, a questo modo l’incantesimo è più potente… e non potevo mettere tutta la mia magia ad alimentarli, sarebbe stato troppo, mi serviva anche la tua”
Bellatrix sorrise. Sembrava quasi una giustificazione, quella risposta, quasi come se fosse stata una scelta obbligata e non volontaria ma Bella lo conosceva fin troppo bene…
Si volse verso di lui di scatto e lo baciò.
Lo sentì irrigidirsi, sorpreso da quel contatto inaspettato e quasi si ritrasse ma Bella intrecciò le dita dietro alla sua nuca impedendogli di muoversi. Approfondì il bacio, per una volta era lei ad avere il controllo e non lui. Doveva capire se poteva essere in grado… in grado di stare con Tom Riddle ora che aveva compreso in senso profondo cosa volesse dire essere Mezzosangue. L’eccitazione montò in lei in modo prorompente, si mise a cavalcioni su di lui senza staccare le labbra da quelle di Tom. Gliele morse mentre le sue mani andavano ad aprirgli la camicia che aveva indossato per andare in quel pub babbano con quella feccia. Le sue labbra volarono sul collo candido di lui, mordendoglielo come Lord Voldemort non le aveva mai concesso di fare ma, in quel momento, sapeva bene di essere con Tom Riddle. Lo liberò della camicia, gli passò le mani sui pettorali, poi piantò le unghie lasciandogli lunghi e profondi solchi rossi. Lo sentì trattenere il respiro e inarcare la schiena. Bella sorrise mentre con la lingua percorreva quei graffi, leccando via il suo sangue… sporco, non puro. Bella si ritrovò eccitata più che mai, l’idea di avere il controllo, il controllo su di lui, era qualcosa che andava al di là di ogni sua più fervida fantasia. Scese più in basso con la bocca, baciando e leccando fino a scendere verso il suo addome. Con la mano tastò tra le gambe e, non trovandolo eccitato, alzò gli occhi su di lui guardandolo dal basso verso l’alto.
“Ti voglio” lo disse con voce rauca dal desiderio “Posso?”
Forse non era tutto perduto, tra di loro. Forse c’era ancora la speranza di recuperare, di tornare a essere una cosa sola… più forti e uniti di prima.
Tom non le rispose, le fece solo un cenno con la testa e Bella non si fece pregare. Lo liberò dei pantaloni e scese a stimolarlo con la bocca. Come sempre, sentirlo ingrossare tra le sue labbra, grazie alle sue attenzioni, la fece bagnare.
Quella situazione era nuova eppure, in qualche modo, non così diversa dallo stare con il suo Padrone. Lord Voldemort non le avrebbe mai concesso morsi, succhiotti, graffi… non le avrebbe mai lasciato il comando… sentiva di stare con Tom ma nella mano che era affondata nei suoi capelli, sentiva Lord Voldemort. Non appena lo sentì duro e pronto si staccò da lui, si rimise cavalcioni facendolo scivolare dentro di sé.
Bella inarcò la schiena, buttando la testa all’indietro e lasciandosi andare a un lungo gemito di piacere.
Non lo aveva mai desiderato così tanto.
Riportò l’attenzione sull’uomo sotto di sé, le mani sulle sue spalle per aiutarsi nei movimenti. Lui la stava osservando attentamente, Bella sentiva la sua presenza nella testa e, in quel momento, che con lei ci fosse Lord Voldemort o Tom Riddle, non aveva nessuna importanza. Sentì la mano di lui risalirle dalla pancia verso il petto, fino ad afferrarle un seno, pizzicandole un capezzolo.
Bellatrix aumentò il ritmo.
“Ti amo” le parole le sfuggirono dal cuore ancora prima che dalle labbra “Ti amo, Tom” aggiunse perché voleva che fosse chiaro, chiaro che i pensieri intrusivi che ancora aveva nei suoi confronti, nei confronti del suo stato di sangue, erano nulla se confrontati al sentimento che provava per lui. L’avvolgeva tutta e mai sarebbe cambiato. Quella consapevolezza le nacque nell’anima e si propagò in tutto il corpo fino a farle raggiungere un intenso orgasmo. Si accasciò su di lui, il viso affondato sulla sua spalla. Avrebbe voluto dirgli qualcosa ma la paura di fare un errore la bloccava, lo sentiva ancora duro dentro di sé, lui non era venuto, e Bella si domandò se per lui tutto quello non avesse avuto nessun valore.
Il suo cuore sprofondò.
Era irrecuperabile?
Le mani di Tom volarono sulle natiche di Bella che si strinse a lui sorpresa mentre Tom si alzava e andava a spingerla contro l’arazzo, affondando in lei con forza e prepotenza. Le morse il collo, i seni, mentre sprofondava in lei con urgenza. Bella riprese a gemere, sorpresa da quel cambio repentino di umore e situazione.
“Oh, Padrone
Perché, non c’erano dubbi, quello era il suo Signore.
Ogni marchio che le lasciava sulla pelle la faceva bagnare di più.
“Mio Signore, vi appartengo” glielo mormorò all’orecchio “Sono la vostra umile serva”
Lo sentì ridacchiare “Lo sei, Bella?”
Si bloccò per poterla osservare negli occhi, Bella ancora una volta lo sentì nella propria testa.
Sì, mio Signore… lo sapete che è così… che sono vostra…
Voldemort si spinse in lei di nuovo, e Bella si morse le labbra per trattenere un gemito. Tutto di quella situazione la stava eccitando, in primis, il fatto di dissacrare a quel modo l’arazzo della sua famiglia, di starsi dando al suo Signore proprio lì.
“Vi amo” glielo ripeté perché voleva fosse chiaro “Vi amo, mio Signore”
Voldemort aumentò il ritmo fino a venire e Bella non riuscì più a contenersi: l’orgasmo che la travolse fu ancora più potente di quello di prima.
Rimasero per qualche istante uno contro l’altro col fiato corto.
Bellatrix lo teneva stretto a sé, non avrebbe mai più voluto lasciarlo andare, dentro di lei ancora si dibattevano dubbi ma l’amore, quello, non era in discussione.
“Sei proprio una sciocca”
Il sibilo di Voldemort la fece rabbrividire.
“Non mi fido”
Glielo disse con estrema freddezza.
Bella chiuse gli occhi, non voleva vederlo, non voleva sentirlo. Lo sentì scostarsi e uscire dalla stanza senza aggiungere altro.
Bella si accasciò in terra consapevole che la strada per potersi avvicinare al Signore Oscuro non era mai stata tanto in salita.

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Ciao a tutti! Lo so che sono mancata per davvero tanto, tanto tempo. Diciamo che mi sono proprio allontanata dalla scrittura, in questi mesi e quindi la stesura di questo capitolo è stata un po' faticosa. Ultimamente però sto meglio e quindi ho ripreso a scrivere... spero che questo capitolo sia valso l'attesa ;)
A breve, cercherò anche di postare il capitolo finale di "A World of Darkness" e anche un'altra mini-long (in due capitoli) che sto scrivendo da qualche settimana. Ovviamente, questa storia continuerà a venire aggiornata: ci tengo a terminarla in questo 2024. Spero che gli aggiornamenti non si facciano più attendere così a lungo. 

Se vi va di farmi sapere il vostro parere, vi aspetto nelle recensioni :) 

Buon anno a tutti voi!  A prestissimo, 
Clo

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***


“Vedo che avete fatto pace”
Non era una domanda ma una semplice constatazione. La voce di Sirius era sarcastica e velenosa, come quando da ragazzino rispondeva a zia Walburga con il solo obiettivo di farla infuriare e reagire. Bellatrix decise di non dare nessuna soddisfazione al cugino, decise di ignorarlo: non aveva le forze per potersi perdere in un litigio con lui. Si sentiva svuotata, aveva passato una vita a rincorrere un uomo irraggiungibile e proprio quando era riuscita a raggiungerlo lo aveva sbranato, lasciato sanguinante e infuriato.
Non avrebbe mai più potuto riconquistarlo. Non allo stesso modo.
Ti amo, vi amo.
In risposta solo il vuoto del silenzio… ma alla fine, forse che anche il silenzio stesso non parla?
E tutto sommato, voleva davvero ritornare ad avere la stessa relazione di prima con lui? Il fatto che si stesse creando qualcosa di diverso non implicava qualcosa di meno importante, di meno potente… meno passionale… la serata di prima, era stata intensa, ben più intensa di molte sessioni di sadomaso avute con lui in passato, anche prima della caduta dopo l’attacco ai Potter.
“Non hai nulla da dire, signorina Black?” incalzò Sirius, dispettoso.
Bellatrix inspirò bruscamente dal naso, cercando di mantenere il controllo, perché altrimenti avrebbe messo mano alla bacchetta e avrebbe ucciso il cugino senza pensarci due volte. Tutto sommato, che utilità aveva Sirius quando era stato cancellato dall’albero dei Black? Perché non ucciderlo, farlo fuori e levarlo dai giochi definitivamente? Forse solo Potter lo avrebbe pianto, e a chi importava di quello che provava Harry Potter? Avrebbe ucciso anche lui, così sarebbero potuti tutti essere felici all’altro mondo, insieme per sempre: il pargolo, i genitori e il padrino. S’immaginò inginocchiata di fronte al Signore Oscuro mentre glielo annunciava, mentre annunciava di aver ucciso tutti coloro che lo infastidivano, forse, a quel punto, l’avrebbe perdonata… Forse, a quel punto, sarebbero potuti ritornare insieme e uniti…
“Com’è scopare con un Mezzosangue, Bella?”
“Com’è farsi le seghe in camera mentre si piange per gli amichetti morti?” rispose Bellatrix incapace di trattenersi oltre. E al diavolo tutte le buone intenzioni. Se quello era il gioco che voleva giocare il cugino, lei non si sarebbe tirata indietro. Cosa credeva, di essere l’unico ad avere dardi da lanciare? Credeva davvero di poter essere più cattivo e spietato di lei? Che idiota. Non gli avrebbe dato pace, sapeva come colpirlo e non avrebbe esitato oltre a farlo. Anzi, più lo vedeva soffrire, più la propria vitalità aumentava: solo così lei si sentiva realmente viva, era la sofferenza degli altri a darle forza, la sofferenza degli altri le faceva dimenticare la propria.
Sirius storse la bocca, colpito al cuore da quell’affermazione. La sua vita era stata stroncata per un reato che non aveva commesso, aveva perso i suoi amici e ora era lì… lì con quell’assassina psicolabile di sua cugina. Non poteva uscire, non poteva conoscere persone, non poteva vivere mentre Bellatrix si trastullava con il suo amante. Come poteva essere giusto tutto quello? Come poteva Silente permetterlo? Sirius ringhiò inferocito da tutti quei pensieri, fece per alzarsi in piedi ma Andromeda lo bloccò.
“Lascia perdere”
Lascia perdere? Hai sentito quello che ha detto?”
“Tu smettila di pungolarla, no? Cerca di comportarti da adulto, Sirius, non hai più dodici anni”
In cucina cadde il silenzio, Bellatrix riprese a fissare con fare corrucciato la sua tazza di tè, lasciando perdere il cugino e abbandonando quell’insulso battibecco.
Cosa ne sarebbe stato di lei?
Bella non ne aveva idea. Non riusciva a smettere di pensare alla sera precedente, non riusciva a smettere di pensare a Tom Riddle e al Signore Oscuro. Non riusciva a decidere che cosa preferisse, se stare con Tom e avere più “potere” o essere la sottomessa del suo Padrone come sempre…
Perché dovrei scegliere? Si chiese Bella sorridendo tra sé e sé, perché non potrei avere entrambi? Lei era Bellatrix Black e aveva diritto non solo a desiderare qualsiasi cosa le passasse per la testa, ma anche a ottenere tutto ciò che voleva. Poteva avere tutto e di più, niente e nessuno avrebbero potuto fermarla dall’ottenere le cose che desiderava.
Cercò di mettere a tacere quella parte di cervello che le ricordava dell’impurità di Tom Riddle: era qualcosa di collaterale e di marginale, niente che avesse tutta quella importanza. Sirius non capiva, Druella non capiva… nessuno poteva capire chi fosse davvero Tom Riddle, il Signore Oscuro… Lord Voldemort. Non doveva giustificarsi con nessuno. Certo, recuperare il rapporto con il Signore Oscuro era in salita ma non impossibile… non impossibile… altrimenti lui si sarebbe sottratto a lei. Invece… invece l’aveva lasciata comandare, per una volta, l’aveva lasciata seguire il suo istinto, si era lasciato mordere, graffiare… e poi, tutto era di nuovo cambiato, non mi fido… così le aveva detto… non si fidava…
Bellatrix indurì la mascella. Si sentiva il cervello scoppiare, la sua anima dilaniata, non capiva neanche più lei che cosa stesse provando. Come poteva riaverlo, come poteva rimediare al disastro che aveva compiuto…
Io lo amo così tanto, tutto, nel complesso… e per lui invece sono solo una nota a piè pagina, di quelle che neanche si ha voglia di leggere…
“Bene” sospirò Molly Weasley entrando trafelata in cucina e sedendosi a tavola con la schiena dritta “Sono pronta” annuì sistemandosi il mantello con fare nervoso “Sì, prontissima. Non succederà nulla, non ho nulla da temere… no? Insomma, sono con Silente e con Tom… cosa potrebbe andare storto?”
Bella le scoccò un’occhiataccia e notò che non portava la sua solita veste sciatta, ma una veste più larga che non le avrebbe impedito di muoversi come desiderava. Le venne da ridere al pensiero che quella sciacquetta pensasse che un cambio di veste potesse fare la differenza: una parte di lei desiderava che i Druidi fuoriuscissero e sbudellassero la Weasley, solo per dimostrarle che non bastava atteggiarsi da strega per esserlo. Si ricordò di tutti gli anni che lei aveva passato a praticare la magia, le Arti Oscure, donando tutto di sé, anima e corpo. Davvero Molly Weasley credeva di poter competere? Di avere una chance? Dopo che aveva donato la sua vita a sfornare figli e torte? Poi, però, la prese un senso di sconforto: il Signore Oscuro continuava a preferire di essere accompagnato da una sguattera buona solo a cucinare piuttosto che da una vera strega oscura. Una vera strega oscura che lui stesso aveva addestrato! Con la quale aveva un legame profondo, ben più profondo di quanto chiunque potesse immaginare, perché non era legato da un sentimento, non era legato al sesso… era stato forgiato nella magia e nulla aveva la stessa potenza di qualcosa che si basava sulla magia, sui rituali… sull’oscurità.
“Ma certo, andrà tutto bene” disse Andromeda chinandosi su Molly e sfiorandole una spalla per rassicurarla “Non hai nulla da temere: si tratta solo di far recuperare i ricordi a Tom”
Una parte di Bella aveva sperato, desiderato, che dopo quel riavvicinamento (fisico) il Signore Oscuro si sarebbe ricreduto e avrebbe chiesto a lei di andare… perché anche lui doveva sapere che era la scelta più… saggia, giusta… normale, sensata. Quanto doveva averlo deluso, ferito, per mettere a rischio una missione di quel tipo? Per mettere a rischio la sua stessa vita?
Non vuole farsi vedere debole da me… perché ha paura io mi possa approfittare di lui.
Lo conosceva fin troppo bene per non comprendere cosa la sua mente gli stava dicendo… lei lo comprendeva meglio di quanto non facesse lui stesso.
“Dubito tu possa avere un’utilità” sibilò Bella sprezzante e velenosa “Potresti rimanere qui e non cambierebbe nulla, credi di essere all’altezza di una cosa del genere?”
Molly si morse le labbra “No” scosse la testa “Non ho mai fatto nulla del genere, non sono quel genere di strega, lo so bene. Ma non…” esitò “Qualsiasi cosa ci sia da fare la farò, non mi tirerò indietro!”
“Non dovrai fare nulla”
Bellatrix si volse di scatto verso la porta nel sentire la voce fredda del suo Padrone. Il suo cuore prese a battere all’impazzata e si sentì avvampare. Lo ricordò sotto di sé, mentre la presenza di Tom Riddle era nella sua testa e nel suo corpo… lo desiderava con tutta sé stessa, con ogni atomo del suo corpo.
“È solo un viaggio di ricognizione, nella speranza che mi tornino i ricordi…”
“Ecco” annuì Andromeda in direzione di Molly “Come dicevo io”
“Sì ma i Druidi possono uscire” ribatté Bellatrix “Sono venuti qua… non bisogna abbassare la guardia”
“Non stiamo abbassando la guardia” la zittì Tom “C’è Silente”
“Ecco. Silente” s’intromise Sirius “Non capisco come possa ancora fidarsi di te, dopo tutto quello che hai fatto” strinse i pugni, lo sguardo fisso su un punto del tavolo come se pensasse che se avesse voltato la testa per guardare Lord Voldemort gli sarebbe saltato alla gola “E ora invischia anche Molly in questa follia”
“Nessuna follia, si tratta di strategia: se riprendessi i ricordi, potrebbe essere possibile capire come sconfiggerli dall’interno, comprendere la loro magia, formare una vera e propria strategia invece di continuare a muoverci a caso. Siamo sempre stati un passo indietro in questa schermaglia ed è arrivato il momento di metterci almeno in pari, se vogliamo avere una chance di vittoria”
“Per quale diamine di motivo hai tenuto tutto nascosto!” Sirius non ne poteva più, non voleva chinare più la testa a tutta quell’insensatezza. Possibile che Lord Voldemort potesse passarla liscia in qualsiasi modo? In qualsiasi modo lui l’aveva sempre vinta? Teneva nascosto di essere stato in contatto con i Druidi e tutti comunque lo perdonavano? Cosa doveva fare quell’essere spregevole per farsi odiare da tutti? Cosa doveva fare per far sì che tutti gli voltassero le spalle e fosse lasciato solo a morire, a marcire? Qualche mese prima tutti lo odiavano, ora Molly era lì a preoccuparsi per la sua incolumità… aveva manipolato tutti… e nessuno sembrava neanche rendersene conto.
“Non lo ricordavo” rispose stizzito Tom “Dovresti sapere come funzionano gli incantesimi di memoria, Black. O eri troppo distratto a Hogwarts?”
“Lo sai da settimane! Smettila di mentire! Tu pensi solo a te stesso, hai fatto tutto solo per poter avere più magia, acquisire altri mezzi che ti avvicinino all’immortalità…” Sirius si alzò in piedi e si avvicinò a Tom “Ma stai certo che ti ucciderò. Vendicherò James. Vendicherò Lily. Vendicherò Harry, la vita che gli hai tolto!”
Tom inclinò il capo di lato soppesando Sirius poi gli fece un sorriso serafico “Sono qui, Black, non trattenerti”
Sirius emise un ringhio, esasperato, fece un movimento ma lo schiocco della materializzazione lo bloccò.
“Interrompiamo qualcosa?”
Sirius grugnì in direzione di Grindelwald e fece qualche passo indietro allontanandosi da Tom. Doveva riprendere la calma: sarebbe arrivato anche il momento di quello, il momento in cui avrebbe avuto la sua vendetta, la sua rivincita. Prima su Bellatrix e poi anche su Voldemort. Non c’erano dubbi su quello.
“No, nulla” Sirius scosse il capo con una smorfia “Spero solo che tutto ciò finisca in fretta”
“L’obiettivo è questo” annuì Silente sfregandosi le mani. Era arrivato il momento di agire, di rimanere focalizzati sull’obiettivo, non potevano permettersi distrazioni, non potevano permettersi di lasciarsi andare e trasportare dai propri sentimenti, dalle proprie simpatie e antipatie.
“Molly, Tom… siete pronti?”
“Sono nato pronto”
Patetico” mormorò Gellert alzando gli occhi al cielo “Albus, posso farti notare, ancora una volta come tutto questo non abbia senso?”
“È l’unica opzione che abbiamo”
“Davvero ti fidi di quest’idiota?”
“No, Gell, non mi fido. Ma non abbiamo altra scelta” la voce di Silente era ferma, non ammetteva repliche.
“Non ti fidi?” chiese Tom inclinando il capo di lato e socchiudendo gli occhi. Cosa avrebbe dovuto dire lui? Lo avevano attaccato dopo che avevano giurato di non alzare bacchetta l’uno contro l’altro! “Pensi che io possa essere in combutta con i Druidi?”
“Penso che saresti capace di qualsiasi cosa, sì” rispose Silente “Ma penso anche che in ogni caso non ci sia migliore scelta di questa. Non abbiamo altro tempo da perdere” sospirò “Ne abbiamo perso fin troppo, il nostro giudizio obnubilato dai nostri moti interiori” annuì “Molly?”
Molly a quel richiamo scattò in piedi come se sulla sedia ci fosse stata una molla. Il suo sguardo guizzò verso Arthur che le fece un mezzo sorriso d’incoraggiamento “Beh… in bocca al lupo, allora” l’abbracciò stretta, il cuore batteva all’impazzata “Mi fido di te, Molly. Lo so che sei una strega con i fiocchi”
Bellatrix guardò quella scena patetica, fece una smorfia, poi si volse verso il suo Padrone.
“Sì… buona fortuna” aggiunse Bellatrix in direzione di Tom. Non pretendeva da lui un abbraccio come quello, non era un uomo dai gesti plateali ma…uno sguardo, un cenno… qualsiasi cosa che le facesse capire che una possibilità c’era, quello sì, lo desiderava con tutta sé stessa. Tom però non le rivolse neanche un’occhiata.
“Non abbiamo bisogno di fortuna” le rispose freddo e sprezzante, “Forza” Tom appoggiò la mano sulla Passaporta seguito subito da Molly e Silente.
“Al… mi raccomando, fate attenzione” disse Gellert facendosi avanti “E tu, chiama Bellatrix tramite il Marchio nel caso ci fossero dei problemi, ok? Noi siamo qui, pronti a raggiungervi… ad agire”
“Dovremmo venire subito” disse a un tratto Bella “Che senso ha…”
“Non è il momento” la interruppe Silente “Uno… Due…”
Bella vide lo sguardo di Tom guizzare verso di lei.
“Tre”
Non fece neanche in tempo a rendersi conto di cosa fosse successo, era un occhiolino quello?
Il gruppetto scomparve, lasciando gli altri indietro, a domandarsi se li avrebbero rivisti rientrare.
 
*
 
Comparvero di nuovo su quella scogliera e il vento li accolse con una forte sferzata.
“Wow” la voce di Molly appena percettibile sopra quel continuo ululare “La magia qui è fortissima!”
Tom alzò gli occhi al cielo pensando quanto quella strega potesse essere inadeguata alla situazione ma, tutto sommato, non c’era stata diversa scelta da quella: non avrebbe voluto Bellatrix accanto a sé per nessun motivo al mondo. C’era già Silente di cui non si fidava… come avrebbe potuto avere un’altra persona da sorvegliare? Da cui farsi vedere forte, indistruttibile?
“Le vibrazioni diventano ogni volta più forti” rispose Silente “Sembra quasi di essere nel centro di un campo magico”
“È eccitante però” commentò Tom socchiudendo gli occhi “Tutta questa magia… la senti, Albus? La senti come ti entra nel corpo, nelle vene? Quanto ancora c’è da sperimentare? Quanto ancora poco sappiamo?”
Molly a quelle parole fece una smorfia: a lei tutto quello la agitava, di certo non la faceva eccitare, no… era solo preoccupata di essersi messa in qualcosa di più grande di lei. Non era mai stata in una situazione di quel tipo.
“Sicuramente le vibrazioni sono interessanti” concordò Silente, la lunga barba bianca sbatacchiava da una parte all’altra “Ma non abbiamo tempo di perderci in romanticismi… Tom, te la senti di iniziare?”
Tom annuì, cercò di concentrarsi, ma non capiva come fosse possibile che il vento fosse così forte. La veste gli si attorcigliava intorno alle gambe e le sferzate che gli colpivano il viso gli facevano lacrimare gli occhi. Era difficile non farsi distrarre.
 “Cerca di concentrarti e capire se riesci a ricordarti qualcosa… la magia… la magia che senti…” lo incalzò Silente “Prova a richiamare i poteri druidici che sono in te… è così che hai iniziato a riprendere i ricordi, giusto? Bisogna riportarti in quelle condizioni”
Tom socchiuse gli occhi e provò a lasciarsi andare, a lasciarsi trasportare dalle sensazioni che quel posto gli dava. Non gli faceva piacere rendersi volubile ai ricordi… a Silente…
“Non pensare a me, Tom” Silente sembrava avergli letto nella mente “Sono qui per aiutarti… e c’è Molly”
“Sì” annuì Molly “Caro, so che ce la puoi fare! Mi fido di te, lo so che in questa circostanza sei dalla nostra parte… non ho dubbi!”
Tom chiuse gli occhi completamente, concentrandosi sul battito del suo cuore, sulla magia che gli scorreva nelle vene. La sentiva, non era sicuro che tutti i maghi fossero come lui… che tutti i maghi potessero percepire la magia proprio come faceva lui. Ma lui la sentiva ovunque, la sentiva pompare nelle vene, nel cuore, nella mente… ovunque… era un tutt’uno con la magia, con la natura…
Una folata di vento più forte gli fece quasi perdere l’equilibrio e cadere carponi per terra sull’erba umida di rugiada…
Tom spalancò gli occhi. Quel ricordo lo aveva colpito in pieno facendogli quasi perdere l’equilibrio e cadere carponi sull’erba umida di rugiada.
Fece qualche passo per mantenere l’equilibrio…
Un’altra folata lo fece balzare in avanti, agitò le braccia per mantenersi in equilibrio…
… ma poi sentì come se qualcosa gli stesse afferrando le caviglie…
Tom sentì prima una stretta al cuore, poi si sentì sprofondare di qualche millimetro. Era incastrato… le sue caviglie bloccate.
“Tom?” Silente lo chiamò, doveva aver capito che qualcosa non andava perché lo sguardo di Tom era venato dal panico “Cosa succede? Ti sei ricordato qualcosa?”
Tom abbassò lo sguardo: i suoi piedi erano sprofondati nel terreno, invisibili alla vista ma li sentiva stretti, come se qualcuno li stesse stringendo, aggrappandocisi, e stesse facendo di tutto per trascinarlo giù.
“Mi stanno prendendo” Tom indicò i propri piedi “Mi stanno portando giù, ad Atlantide”
Relascio!” urlò Silente agitando la bacchetta nel tentativo di liberarlo da quella presa ma tutta la magia druidica che impestava l’aria sembrava essersi accumulata intorno a Tom, impedendo agli incantesimi di Silente di raggiungerlo.
“Caro” Molly era agitata, non sapeva cosa dire o cosa fare perché non si era mai trovata in una situazione di quel tipo. Non era addestrata per salvare le persone, non conosceva gli incantesimi adeguati “Cerca… cerca di rilassarti… di… di rimanere lucido…”
Tom la guardò stralunato, cosa stava blaterando quella stupida? Una nuova fitta lo colpì alla testa, trasportandolo di nuovo lontano…
… Cosa stava succedendo? All’improvviso, si sentiva privato della sua energia magica come se qualcuno gliela stesse risucchiando… e s’inabissava sempre di più… sempre di più…
Il suo cervello era annebbiato più che mai, mentre continuava ad andare giù… sempre più giù…
“È già successo” borbottò a Silente, doveva dirgli quello che ricordava perché forse sarebbe stato utile a salvarlo “Mi è già successo…”
“Tom” lo chiamò Silente “Lascia perdere i ricordi. Non possiamo permetterci di perderti! Se tu vieni catturato…” lasciò la frase in sospeso, perché senza Tom Riddle non avevano modo di creare incantesimi completi, completi di Magia Bianca e Magia Nera. Non esisteva nessuno che potesse immergersi nelle Arti Oscure a quel modo.
“Dobbiamo tirarti fuori di qui!” Silente si volse “Molly mi devi aiutare”
Molly si fece avanti, provando a seguire le istruzioni di Silente, ma lei non… le sembrava tutto senza senso. Cosa ne poteva lei? Non c’era nulla che potesse fare “Dovrebbe esserci Bellatrix qui” mormorò in preda al panico “Lei saprebbe cosa fare, saprebbe come aiutarti”
Bella” borbottò Tom come se all’improvviso fosse tornato lucido. Sì, doveva chiamare Bella… doveva chiamare Bellatrix, la sua migliore luogotenente. Che follia era stata non portarla con sé? Lei… lei era l’unica… Cercò di riunire tutte le sue energie per chiamarla tramite il Marchio Nero, doveva imprimere in quella chiamata tutta l’urgenza, la disperazione. E lei sarebbe arrivata da lui, come aveva sempre fatto, senza esitare neanche mezzo secondo. Lei c’era sempre stata… non lo aveva mai deluso… non lo aveva mai abbandonato…
“Tutto questo è già successo” mormorò Tom di nuovo. La sua lingua impastata, era sprofondato nel terreno fino alle ginocchia e sembrava prossimo al deliquio. Era prosciugato, non si sentiva neanche più magico.
“È già successo… mi hanno già preso una volta…”
Scosse la testa, doveva rimanere lì con Silente e Molly se voleva provare a farsi salvare… senza il suo aiuto non sarebbero mai riusciti a tirarlo fuori di lì.
…“Questo sembra diverso dagli altri”
“Incredibile, vero? A maggior ragione ci serve. Dobbiamo portarlo da Bronwen…”
“Bronwen” urlò Tom all’improvviso spalancando gli occhi. Era come febbricitante, il viso sudato “Mi vogliono portare da Bronwen” provò ad allungarsi per afferrare il braccio di Silente ma quel movimento lo fece sprofondare ancora di qualche centimetro.
Silente smise di provare a fare incantesimi come folgorato “Bron… Bronwen?”
“La conosci?”
“Il nome mi dice qualcosa ma… è tutto confuso…” Albus aggrottò le sopracciglia, anche lui all’improvviso distante. Molly fece andare lo sguardo da Tom, ormai praticamente inglobato nel terreno, ad Albus, in piedi, ma con lo sguardo distante.
“Bronwen?” chiese Molly senza capire “Chi è Bronwen?”
“PADRONE!”
L’urlo di Bellatrix fece sussultare Molly. Si volse appena in tempo per vederla scattare in avanti, verso di loro, seguita a breve di stanza da Gellert Grindelwald.
“Cosa… cosa è successo?”
Bellatrix fece un balzo, lanciandosi verso il punto in cui c’era Tom. Piombò di petto e allungò le braccia appena in tempo per afferrare le punta delle dita del suo Padrone.
“Mio Signore, non vi lascio” ma la sua presa non era abbastanza forte, lottò per qualche secondo, Gellert si unì a lei provando ad afferrare ciò che rimaneva di Tom Riddle ma la magia che lo stava trascinando giù era troppo potente.
“Non vi lascio!” gridò ancora Bellatrix ma le punta delle dita di Tom erano scomparse e il terreno si richiuse non lasciando spazio a niente e a nessuno. Il vento smise di agitarsi, il capo magico sembrò quietarsi, come se i Druidi avessero utilizzato tutta la loro energia per attirare Tom ad Atlantide.
Bellatrix guardò con gli occhi sgranati il punto in cui poco prima c’era stato il Signore Oscuro e ora, davanti a lei, c’era il nulla.
Si trascinò nell’esatto punto in cui Tom era scomparso cercando di capire se ci fosse un varco “MIO SIGNORE!” urlò di nuovo, in prenda al panico, il cuore straziato. La poteva sentire? C’era modo che lui fosse lì sotto e stesse lottando per tornare su, da lei, in superficie? Come aveva potuto deluderlo così? Come aveva potuto non sconfiggere chiunque glielo stesso portando via?
Non c’era più.
Il nulla.
Lo aveva perso di nuovo.
Si sentì come trasportata di nuovo a quattordici anni prima, quando era scomparso dopo l’attentato ai Potter. In preda al panico si alzò la manica della veste ma lì, sul braccio sinistro, il Marchio Nero era scuro come sempre. Anzi, forse di più. Una parte di lei si rilassò, perché se il Marchio era nero e scuro significava che il Signore Oscuro stava bene, aveva tutti i suoi poteri intatti. Lontano da lei, dunque, ma con i suoi poteri, in vita, forte come sempre.
“È tutto colpa tua!” sbottò Bellatrix alzandosi in piedi e puntando il dito contro Molly Weasley “Sei stata inutile, inutile, INUTILE!”
“Io… io…” Molly fece un passo indietro, per la prima volta spaventata da Bellatrix. Non l’aveva mai vista così fuori di sé. Sembrava pazza di dolore. E come poteva darle torto? Era sì colpa sua… era stata inutile… ma lei… lei non era… non aveva mai… cosa avrebbe dovuto fare? Le avevano detto che avrebbe dovuto essere un supporto morale, nient’altro!
“Sì, stupida. TU!”
“Basta, smettila” la richiamò Gellert posando una mano sulla spalla di Bellatrix nel tentativo di farla calmare “Neanche Albus è riuscito a fare qualcosa. Dubito ci saresti riuscita tu”
“Io sarei andata con lui” rispose Bellatrix divincolandosi “Mi sarei aggrappata a lui, mi sarei… NON LO AVREI LASCIATO!” quel senso di impotenza la prese di nuovo. Era come durante la caduta dei Potter, tutti che le dicevano di tranquillizzarsi, che lei comunque non avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi… quanto si sbagliavano! Lei avrebbe fatto qualsiasi cosa, pur di non vederlo scomparire a quel modo… qualsiasi.
“Meglio allora che siamo arrivati tardi” controbatté Gellert “Perché altrimenti, oltre a perdere lui, avremmo perso anche te”.
Bellatrix emise un verso di stizza e si lasciò cadere in ginocchio. Le lacrime le solcavano le guance. Non voleva essere debole, non era il momento di perdere lucidità. Ma cosa poteva fare? Cosa doveva fare?
“Perché hanno preso solo Tom?” domandò Molly con fare incerto. Era bianca, pallida come un cencio “Perché non hanno preso anche Silente?”
“Forse non potevano” rispose Gellert “Forse…” si guardò intorno. Bellatrix era inginocchiata per terra a piangere, Albus era fermo immobile come una statua e l’unica che stava dicendo cose sensate sembrava essere Molly Weasley.
Già, perché non avevano preso anche Albus? Perché non ne stavano approfittando per attaccarli e farli fuori in quel momento di debolezza? L’unica conclusione sensata era che non potevano farlo. Semplicemente quello. Non potevano… forse tutte le energie le avevano utilizzate per Tom..
“Conviene che ce ne andiamo prima che prendano qualcun altro”
“Io non mi muovo di qui” rispose testarda Bellatrix “Credete davvero che me ne possa andare se il mio Signore…”
“Cosa risolvi stando qui a piangere? Dobbiamo…”
“Dobbiamo aprire un varco e scendere anche noi! Evidentemente questo è il punto di accesso ad Atlantide”
“E credi che noi quattro abbiamo una chance contro tutti i Druidi?”
Bellatrix si zittì.
No.
Non avevano chance alcuna.
“Dobbiamo rientrare… e a questo punto ingaggiare qualsiasi mago che se la senta di combattere” Gellert lanciò uno sguardo a Silente che si volse nella sua direzione con fare stanco.
“Mangiamorte compresi… anzi, soprattutto i Mangiamorte… almeno sono abituati a combattere, alle Arti Oscure… Ci servono maghi oscuri che possano controbilanciare la perdita di Lord Voldemort”
“Nessuno può prendere il posto del Signore Oscuro!” scattò su Bellatrix “A nessuno di voi importa di lui”
“No, non me ne importa nulla di lui, amoruccio. Corretto” ringhiò Gellert “Ci ha preso in giro tutti… te compresa… è colpa sua se siamo in questa situazione e tu ancora sei qui a disperarti?”
“Bronwen” mormorò Silente.
Gellert riportò la sua attenzione su Albus.
“Bronwen” ripeté Silente.
“Il nome con la B?” chiese Gellert confuso “È Bronwen?”
Albus annuì “Mi dice qualcosa”
“Anche a me” disse Gellert dopo qualche istante di silenzio “Ma ogni volta che mi avvicino al cosa… mi sfugge…”
“Siamo anche noi vittime dell’incantesimo di memoria?”
“Ma com’è possibile? Io sono sicuro di non essere mai stato in contatto con i Druidi”
Bronwen” disse ancora Silente “Dobbiamo ricordarcelo, ripeterlo”
“Io non ho problemi a ricordarlo” fece Molly “Non ne capisco minimamente il senso, però”
“A me… a me dice qualcosa…” fece Bellatrx “Penso fosse in uno di quei manuali che stavamo traducendo col Signore Oscuro ma… ma… non mi ricordo
“Dobbiamo andarcene” sbottò Gellert “Andarcene e radunare chiunque sappia praticare un minimo di magia. La nostra prima tappa deve essere Azkaban”
“La gente… i Membri dell’Ordine… non saranno mai d’accordo”
“Non importa!” Gellert sembrava aver perso il controllo “Lo capisci che se ora quel coglione fa parte del loro esercito le nostre possibilità, che già rasentavano lo zero, ora sono nulle?
“Leviamoci di qua” concordò Molly continuando a fissare il punto in cui Tom era scomparso “Ho un’orribile sensazione” sospirò “E… se il rilascio di… dei Mangiamorte è necessario…  la gente capirà. Deve capire che non c’è altra scelta che questa!
“Io non mi muovo” Bellatrix scosse il capo testarda. Appoggiò la guancia sull’erba umida come se si aspettasse di sentire la voce di Voldemort chiamarla.
“Padrone, io non vi lascio. Tornerò da voi, vi troverò, vi salverò… non vi abbandonerò mai… mai…
“Non abbiamo tempo per queste cazzate” Gellert l’afferrò per le spalle con fare brusco, poi si smaterializzò con lei, seguito da Albus e Molly, ancora una volta a Grimmauld Place numero 12.

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Buona Pasqua, amici e amiche! Tom è stato catturato dai Druidi... e sembra che alla combriccola si uniranno anche i Mangiamorte (... come si può stare senza il buon Tony!). Spero il prossimo aggiornamento possa avvenire in tempi più brevi, di modo da concludere presto la storia :)
A presto, 
Clo

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