Un diavolo a Roma parte II - L'Inferno può attendere di AlbAM (/viewuser.php?uid=1110488)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutto a posto? ***
Capitolo 2: *** Ops! ***
Capitolo 3: *** Guai in vista ***
Capitolo 4: *** Vecchi Amici ***
Capitolo 5: *** Qualcuno se ne va ***
Capitolo 6: *** Rivelazioni ***
Capitolo 7: *** Un tempo eravamo guerrieri ***
Capitolo 8: *** Le cose si complicano ***
Capitolo 9: *** Coinquilini un po'... particolari ***
Capitolo 10: *** Farewell Arianna! ***
Capitolo 11: *** La spia ***
Capitolo 12: *** Un gruppo di ribelli ***
Capitolo 13: *** Gli ultimi chiarimenti ***
Capitolo 14: *** Qualche mese dopo ***
Capitolo 15: *** Il dannato ***
Capitolo 16: *** L'attacco ***
Capitolo 17: *** La Furia di Akenet ***
Capitolo 18: *** I figli degli Arcangeli ***
Capitolo 19: *** In cerca di Safet ***
Capitolo 20: *** Nel mezzo del cammin... ***
Capitolo 21: *** Antichi rancori ***
Capitolo 22: *** Una notte piena di sorprese - Parte 1 ***
Capitolo 23: *** Una notte piena di sorprese - Parte 2 ***
Capitolo 24: *** L'esercito della strega ***
Capitolo 25: *** L'alba di Adel e Akenet ***
Capitolo 26: *** Il cielo si oscura ***
Capitolo 27: *** E buio fu ***
Capitolo 1 *** Tutto a posto? ***
Capitolo I
Tutto a posto?
La
ragazza bruna uscì frettolosamente dalla camera che si
affacciava sul lungo e buio corridoio dell'appartamento costruito
negli anni del boom edilizio e si diresse verso il bagno.
Un'inquietudine sorda la tormentava mentre passava davanti alle porte
chiuse delle altre stanze. Avvolta nel silenzio delle sei del
mattino, poteva
sentire chiaramente il battito accelerato del suo cuore.
Raggiunto finalmente il bagno si
sfilò la succinta sottoveste con cui aveva dormito, poco a
dire il vero, e si concesse una doccia veloce.
L'acqua calda ebbe su di lei un
effetto calmante, il battito cardiaco rallentò, ritornò
quasi normale.
Ma non era il caso di rilassarsi
troppo, doveva vestirsi velocemente e uscire di lì al più
presto.
Scostò
la tenda della doccia, uscì un po' infreddolita e si avvolse
nell'asciugamano. Alzò lo sguardo per cercare il phon e si
accorse che una creatura alata, completamente nera e dagli occhi
rossi, la fissava attraverso lo specchio.
“Aaaaaah!”
urlò terrorizzata.
"Aaaargh, che cavolo
succede!" urlò a sua volta la creatura.
Alba si voltò costernata
"Per la miseria Aza, ma perché diavolo hai questo aspetto
spaventoso?"
Azaele si guardò allo
specchio "Ops, scusa tesoro, ero mezzo addormentato e ho fatto
un po' di confusione con il mio aspetto infernale…" si
interruppe e fece un piccolo sorrisetto ammiccante mentre tornava
umano.
"Di un po', ma sei nuda lì
sotto?" domandò avvicinandosi.
"Aza,
non ci provare, devo andare a lavoro e sono spaventosamente in
ritardo. Oggi abbiamo pure un incontro di allineamento
attività
con Veggetti. Lo sai che entro in ansia quando c’è lui
di mezzo!"
“See,
hai paura di quell’idiota?” ridacchiò il demone
agguantando l'asciugamano che la copriva e tirandoglielo via con un
gesto elegante.
"Aza… ti ho detto
che…" non riuscì a finire la frase perché
si ritrovò schiacciata contro il muro, con Azaele che le
baciava il collo.
"Aza dai, lo sai che devo
timbrare prima delle otto!"
"E allora? Sei una strega,
correggi la timbrata, no?" replicò Azaele sollevandola
senza sforzo e portandosi le sue gambe intorno alla vita.
Alba sospirò e provò
ancora a protestare ma con meno convinzione "Odio quando provi a
tentarmi, fermati subito!"
"Ti amo da morire!"
sussurrò il demone continuando a baciarla.
"Aza… io…
devo… dovrei… Oh, per la miseria!" si lamentò
Alba capitolando completamente.
In fondo che male c'era a
correggere la timbratura di qualche minuto?
#
Michele era ancora mezzo
addormentato quando cominciò a sentire dei lamenti al suo
fianco. Grugnì leggermente e mise la testa sotto il cuscino,
ma i lamenti si fecero più forti.
Si svegliò del tutto e si
rese conto conto che provenivano da Sael che si agitava nel sonno.
"Di nuovo" pensò.
"Era da un po' che non capitava"
Allungò una mano sulla
spalla del compagno e lo scosse leggermente, come faceva di solito
quando il giovane demone era in preda agli incubi "Sael, hei,
svegliati!"
Sael ringhiò come una
bestia infernale tirandosi su a sedere.
Aveva
aperto le ali ed era diventato nero come la pece, tranne per i
capelli rosso scuro e i candidi canini da lupo che contrastavano con
l'oscurità del resto del corpo. Michele trovò che
nonostante
il
ringhio da bestia feroce, fosse decisamente molto bello.
Provò a chiamarlo di
nuovo, dolcemente. "Sael, svegliati. È solo un incubo"
Sael si girò e lo guardò
con occhi vitrei "Non voglio farlo!" ringhiò ancora.
"Non sei costretto, ora
calmati, ok?" rispose Michele per tranquillizzarlo.
Quelle parole e il tono pacato
con cui l’angelo le aveva pronunciate, riuscirono a calmare
Sael.
Il ringhio si trasformò
in un respiro affannoso, gli occhi tornarono verdi. Sael riprese il
suo aspetto solito, quello di un ragazzo umano sui ventisei anni.
Guardò Michele e
finalmente lo riconobbe.
"Che è successo? Ti
ho svegliato?"
"Si, ti lamentavi nel
sonno! Hai sognato di nuovo la tua caduta all'Inferno?"
Sael abbassò lo sguardo
"No..."
"Vuoi parlarne?"
Domandò ancora l'angelo accarezzandogli i capelli.
"No!”
rispose Sael agitandosi. “E poi non mi ricordo più
nulla" mormorò abbracciando Michele e accoccolandosi sul
suo petto.
Michele non insistette, aveva
capito che Sael aveva mentito e che ricordava benissimo il sogno.
Semplicemente, non si sentiva di
parlarne. Sospirò e lo strinse a sé per confortarlo.
“Va
bene, però promettimi che quando sarai più tranquillo,
se ricorderai qualcosa me ne parlerai. Sono sicuro che ti farà
bene!"
"Ok" sussurrò
Sael contro il suo petto. Ma non era affatto sicuro di mantenere la
promessa, quello che sognava era troppo orribile.
#
Alba passò il badge nel
marcatempo "Porca miseria, lo sapevo… le otto e venti!"
sospirò sconsolata.
Rigirò il badge tra le
dita e dopo pochi istanti si decise. "Massì,
chissenefrega. Per una volta!"
Diede un'occhiata furtiva in
giro. Non c'era nessuno tranne il collega della reception,
impegnatissimo a seguire lo scontro finale tra Vichinghi e Rus'.
Esitò un attimo e poi
passò di nuovo il badge nel marcatempo sussurrando "Sette
e cinquantacinque".
Controllò la timbrata e
sorrise imbarazzata constatando che la correzione era andata a buon
fine. Non si era ancora abituata ai suoi poteri da strega.
Si avviò verso
l'ascensore frettolosamente, l'incontro di allineamento con
Veggetti iniziava alle otto e trenta e se fosse arrivata in ritardo
il Direttore di stabilimento non gliel'avrebbe fatta passare liscia.
Non aveva voglia di iniziare la settimana con una pubblica
umiliazione .
All'apertura delle porte
dell’ascensore si ritrovò di fronte l'odiosissima
Corelli che come suo solito si era preparata alla riunione con il
tailleur più serio e professionale in suo possesso. Con
Veggetti infatti le scollature e i tacchi vertiginosi, normalmente
usati dall’impiegata, avevano lo stesso effetto di un pacchetto
di Mentos nella Coca Cola. Li interpretava come tentativi di
circuirlo e dava la stura a delle sfuriate bestiali e pure un tantino
misogine.
Alba
aveva sempre pensato che la Corelli, pur essendo una grandissima
stronza, avesse il diritto di vestirsi come le pareva a prescindere
dalle paturnie di Veggetti. Una volta aveva anche provato a
parlargliene, ma la donna, che peraltro era un'insopportabile
arrivista, le aveva risposto freddamente che poteva fare a meno di
rivolgerle discorsi da falsa
buonista femminista
per cui aveva abbandonato definitivamente qualsiasi tentativo di
comunicazione che non fosse strettamente legato al lavoro.
"Ciao Maxia, siamo un po'
in ritardo, eh?" commentò la Corelli con un sorrisetto
acido.
"Buongiorno anche a te!"
rispose Alba lapidaria, senza degnarla di uno sguardo.
#
Alba rientrò nel suo
ufficio depressa e con un mal di testa feroce, l'incontro era stato
un delirio.
Veggetti si era alzato con la
luna storta per cui aveva avuto da criticare su tutto e tutti. Come
se non bastasse a causa dei suoi nuovi poteri era stata in grado di
vedere sia demoni che angeli al lavoro.
Ysrafael infatti, dopo quello
che era accaduto al Drag me to Hell, aveva inviato alcuni dei
suoi collaboratori a tenere monitorata la situazione nell'azienda di
Alba onde evitare che si potessero verificare altri incidenti così
gravi. I demoni, abituati ad avere campo libero, non l'avevano presa
troppo bene e ogni occasione era buona per litigare con i colleghi
angelici.
Alba, spettatrice involontaria
di questi litigi, pur ammettendo che il clima aziendale era nel
complesso migliorato grazie agli interventi pacificatori degli
angeli, certe volte desiderava ritornare ai tempi in cui era ignara
di tutto e dopo le riunioni era ugualmente depressa, ma almeno non
aveva mal di testa.
Era presa dalle sue riflessioni
quando Sael si affacciò sulla porta e la salutò "Hei,
ciao! Come va, posso entrare?"
Alba lo guardò con gli
occhi semichiusi per il mal di testa "Insomma, le riunioni con
Veggetti, ogni volta mi ammazzano, ho un mal di testa terribile!"
si lamentò Alba, poi sussurrò dando un'occhiata intorno
"Ti possono vedere?"
"No,
tranquilla sono in modalità visibile
solo
a creature soprannaturali e streghe!" ridacchiò Sael
accomodandosi sulla sedia libera al lato opposto della scrivania di
Alba.
Lei sorrise "Vi siete dati
da fare tu e i tuoi colleghi stamattina!"
Il demone sospirò "Mi
dispiace, è il nostro lavoro. Comunque oggi non ero proprio in
vena, ho permesso all'umana sobillata da Eowynziel di surclassare
quello smidollato del mio umano!"
"Non te la prendere Sael,
la Corelli è insopportabile, alla ragazza di Sakmeel piace
vincere facile!"
"Si, ma come se non
bastasse, quando finalmente avevo trovato un'idea per aiutare
quell'imbranato di Bonetti a contrattaccare, si è messo in
mezzo Anduiel a fare da paciere! Ma che palle! Da quando sono
arrivati i ragazzi di Ysrafael non si riesce più a portare
avanti un lavoro decentemente!" sbuffò contrariato il
demone.
Alba sorrise "Bé…
è il loro lavoro"
Sael le rispose con un grugnito
e uno sguardo imbronciato.
Alba notò che il solito
impiegato occhialuto dell'ufficio accanto, la stava fissando un po'
perplesso. Si rese conto che agli occhi del collega sembrava una
svampita che parlava da sola e finse di essere impegnata a scrivere
qualcosa al computer.
"Comunque non sono venuto
per parlare di lavoro, ma perché sono preoccupato!" disse
Sael con un'espressione triste in volto.
"Che succede?" domandò
l'amica smettendo per un attimo di battere le dita sulla tastiera
"Azaele ne ha combinato una delle sue?"
"No, no… cioè
sicuramente si!" ridacchiò il demone.
Alba lo guardò male
“Spiritoso! Comunque dimmi, ti ascolto anche se faccio finta di
scrivere!”
Il demone emise un profondo
sospiro e ammise "È per via del mio rapporto con
Michele!"
"Alba gli rivolse uno
sguardo stupito "Che succede, qualcosa non va, tra voi?"
"No, no. Anzi è
tutto perfetto!"
"Ma allora perché
sei preoccupato? Non capisco!"
Sael si mosse a disagio sulla
sedia "Alba, io sono tormentato da un sogno che..."
La frase fu interrotta dal
geometra Renzo Galletti che oltrepassò la porta dell'ufficio
tutto trafelato. "Alba, non immaginerai mai cosa ho sentito dire
alla macchinetta del caffè" sentenziò poggiando
entrambe le mani sulla scrivania e sporgendosi verso la collega.
Galletti
era un trentasettenne alto e castano, dai grandi occhi color nocciola
e con un fisico da ex pallanuotista di serie B tenuto in forma
dall'allenamento regolare effettuato in piscina dopo l'orario di
lavoro. Era noto come il
più bello di tutta la ditta e dopo
anni di totale indifferenza, aveva sviluppato una sincera simpatia
verso Alba quando aveva saputo che si era rifiutata categoricamente
di avallare l'idea di produrre e vendere delle magliette aziendali
con la foto dell'impiegato/a del mese.
“Bisogna
avere le palle per mettersi contro un'intera squadra di dementi
capaci di produrre un'idea così vergognosamente idiota!”
aveva commentato.
Subito dopo era andato a offrire
un caffè ad Alba e da allora aveva preso l'abitudine di
passare verso metà mattina per farle un saluto o proporle di
prendere il caffè insieme.
Alba alzò gli occhi dal
computer e continuando a fingere di scrivere, rispose "La De
Vito e l'Ing. Corradi, finalmente si sono messi insieme?"
Galletti la guardò basito
"Come fai a saperlo?"
Alba ridacchiò "E
dai Renzo, è dal fine settimana dei laboratori di Molinesi che
quei due si guardano con gli occhi a cuoricino e lei arrossisce e
ride come una quindicenne a ogni battuta scema di Corradi!"
Galletti rise, afferrò la
sedia davanti alla scrivania di Alba e si sedette sulle ginocchia di
Sael, ovviamente senza averne la benché minima consapevolezza.
Alba strabuzzò gli occhi e rischiò di soffocare dalle
risate nel vedere l'imbarazzatissima espressione del demone.
"Sai che hanno già
dato un nome alla loro ship?" aggiunse l'ex pallanuotista
sistemandosi meglio sulla sedia.
Ora, sebbene Sael fosse
innamoratissimo di Michele, ritrovarsi il posteriore decisamente sodo
e muscoloso di Galletti che strusciava contro le sue parti basse,
stava cominciando a creargli un imbarazzante effetto collaterale che
non è difficile da immaginare.
Il demone lanciò uno
sguardo implorante ad Alba che ridacchiò e ignorò la
sue richiesta di aiuto. "Ah, davvero? E come li hanno definiti?"
domandò allegramente.
Galletti si sporse strusciandosi
di nuovo contro il sempre più imbarazzato Sael e ridendo fino
alle lacrime annunciò "I Devradi".
"Ma è orribile
sembra una maledizione oscura di Harry Potter!" commentò
Alba anche lei con le lacrime agli occhi sia per i “Devradi”
che per i gesti e gli sguardi disperati di Sael. Galletti infatti,
soddisfatto per avere ottenuto da Alba la reazione che desiderava,
aveva allungato le gambe e si era messo più comodo,
praticamente sdraiandosi sul povero demone.
La ragazza ebbe pietà e
decise, un po' a malincuore, di chiudere la conversazione.
"Oi, Renzo, devo finire
questa mail, però ti ringrazio perché dopo la riunione
di allineamento mi mancavano solo i Devradi per finire di allietare
questo meraviglioso lunedì".
Galletti rise e finalmente si
decise ad alzarsi.
"Ne sono felice!"
scherzò e indicando la sedia aggiunse. "Voglio anche io
una poltroncina come quella Alba, è super comoda! Dove diavolo
te la sei procurata, saranno almeno tre anni che l'Ufficio Acquisti
si rifiuta di acquistare qualsiasi tipo di mobilio con la scusa che
possiamo riciclare quello degli uffici vuoti!"
Alba gli fece l'occhiolino.
“Sono una strega!”
Galletti sorrise. “Allora
vedi di usare i tuoi poteri per procurarne una anche a me!”
rispose strizzandole un occhio anche lui e avviandosi verso il
corridoio dell'ascensore. Alba riuscì a cogliere lo sguardo
carico di invidia della Corelli nel vedere Galletti uscire dal suo
ufficio. Era da almeno un anno che cercava di portarselo a letto
senza successo. L'uomo, sposato felicemente, avevo perso la moglie
pochi anni prima a causa di un brutto male e non era ancora pronto né
interessato a iniziare una relazione di alcun tipo. A parte questo
non aveva mai avuto alcuna simpatia per la Corelli.
“Era
ora!” sbuffò Sael rosso in faccia.
“Di
che ti lamenti!” sghignazzò Alba, qui c'è gente
che pagherebbe per avere un'esperienza ravvicinata con il bel
posteriore di Galletti!”
“Ah,
quindi l'hai notato anche tu, eh? Non sono sicuro che Azaele ne
sarebbe contento!” rispose lui imbronciato.
“Azaele,
non ha niente da temere da Galletti, il suo posteriore è...!”
Alba diventò paonazza e non riuscì a finire la frase.
Il demone sogghignò ma
preferì non infierire. “Tornando all'argomento per cui
sono venuto a trovarti...!”
Alba si fece seria “Stavi
parlando di un sogno!”
Sael si rabbuiò "Si,
ecco… io continuo a sognare di essere all'inferno con Michele
e…" Il demone fece una piccola pausa “...lui è
incatenato e io sono costretto a torturarlo"
Alba rimase senza parole per
qualche istante.
"Sael, non capisco, tu ami
moltissimo Michele, per quale motivo sogni di fare una cosa così
terribile?"
Sael sospirò e guardò
l'amica con gli occhi lucidi.
"Non lo so, Alba. Posso
solo dirti che gli Arcidiavoli mi obbligano a torturarlo per punirci
entrambi per… per quello che proviamo l'uno per l'altro!"
"Ma è terribile!"
"Lo so, è
angosciante, io non voglio fargli del male, ma non posso evitarlo
perché gli Arcidivoli mi costringono a fargli delle cose
terribili!”
Sael si interruppe e la fissò
angosciato. “Alba, e se fosse una specie di sogno premonitore?
Se in qualche modo avessi percepito che laggiù… che
stanno… organizzando qualcosa contro di noi?"
"Ma no! Michele stesso ha
detto che i sentimenti sono rispettati e poi se stesse succedendo
qualcosa di strano, sono certa che tuo padre lo verrebbe a sapere e
vi proteggerebbe. Safet ti ama molto e vuole bene a Michele come se
fosse suo figlio. Sono certa che non hai proprio nulla da temere!"
Sael si torturò il nodo
della cravatta a disagio. “Si, ma… io non riesco più
a dormire la notte, pensando che potrebbero fare del male a Michele
per colpa mia. E se gli succedesse davvero qualcosa? Se decidessero
davvero di punirlo a causa della nostra relazione? Se lo mandassero
all'inferno? Sarebbe terribile… io non voglio che perda tutto,
che finisca per odiarmi. Io… io così non ce la faccio
Alba!"
Alba lasciò perdere la
tastiera del computer e infischiandosene di quello che potevano
pensare i colleghi spostò lo schermo del computer per guardare
il demone dritto negli occhi "Sael, non è che ti sta
prendendo il panico perché la vostra relazione è
diventata una cosa seria?"
Sael non riuscì a reggere
lo sguardo di Alba.
"No… cioè non
credo!"
"Sael! Che significa non
credo? Hai idea di quanto Michele abbia investito nel vostro rapporto
e soprattutto di quanto sia stato coraggioso nello scegliere te come
compagno?"
Il giovane demone non ebbe il
coraggio di ribattere, si limitò a muoversi imbarazzato sulla
sedia cercando una posizione più comoda.
"Sael!" lo incalzò
Alba sempre più arrabbiata "Io spero che tu non stia
cercando delle scuse per interrompere la vostra storia! Hai idea di
quello che significherebbe per lui? Michele ha sofferto moltissimo
quando Yliel lo ha lasciato, da allora non si è più
realmente legato a nessuno fino a quando vi siete messi insieme! Vuoi
deluderlo anche tu?"
"Bé, veramente è
stato per quasi cinquecento anni con Aleniel!" provò a
ribattere Sael debolmente.
"Ma per piacere! Sai
benissimo anche tu che quella con la tettona bisbetica era una
relazione tira e molla, basata più sul sesso che sui
sentimenti!"
Il demone sospirò e
borbottò a bassa voce "In effetti non si è neanche
arrabbiato più di tanto quando lei e Azaele…!"
Sael si rese conto che Alba lo stava osservando con uno sguardo
infuocato e si fermò.
Troppo tardi.
"Scusa cosa hai detto?"
sibilò la strega sbattendo le dita sulla tastiera del computer
e sporgendosi verso di lui.
Sael sbiancò. "No,
nulla…!" farfugliò arretrando leggermente con
tutta la sedia.
"SAEL. COSA HAI DETTO?"
domandò ancora Alba con le pupille rosse.
Sael rabbrividì nel
vedere una colonnina di fumo innalzarsi dalla tastiera del computer
“Alba, co... controllati” balbettò indicando i
tasti che stavano cominciando a sciogliersi sotto le dita della
strega.
Alba si rese conto di quello che
stava succedendo e soprattutto della puzza di plastica bruciata che
stava cominciando a diffondersi nell'ufficio.
“Merda!” esclamò
soffiando inutilmente sulla tastiera nel tentativo di rimediare al
principio di incendio che aveva appena provocato.
“Cazzo, il tuo collega!
Spegni, spegni!” la
incalzò
Sael vedendo che nell'ufficio a fianco l'impiegato occhialuto, stava
annusando l'aria perplesso.
“Cosa?” domandò
Alba totalmente nel panico continuando a soffiare sulla tastiera per
cercare di fermare fiammelle e scintille che avevano cominciato a
spandersi sulla scrivania.
Sael balzò dalla sedia,
si tolse la giacca e la usò per cercare di soffocare il
fuoco, con il risultato che le fiamme cominciarono ad avvolgere anche
quella.
“La magia. Alba, per la
miseria usa la magia!” esclamò il demone rendendosi
conto che il fuoco, frutto dei poteri dell'amica, non si sarebbe
spento se non usando la stessa magia che l'aveva provocato.
“Ok, giusto... hai
ragione!” ansimò lei.
Smise di soffiare, tese le mani
sopra la tastiera e inspirando profondamente ordinò “Ora
basta!”
Le fiamme si spensero, la
tastiera ritornò più nuova di prima e la puzza di
plastica bruciata sparì come era comparsa.
Alba e Sael si scambiarono uno
sguardo poi crollarono ognuno sulla propria sedia respirando di
sollievo.
“Tutto a posto?”
domandò una voce maschile profonda e sconosciuta.
La strega e il demone si
girarono. Fermo sulla soglia dell'ufficio, l'impiegato alto e
occhialuto osservava perplesso la scrivania di Alba.
“Si, perché?”
domandò la strega assumendo un'aria vagamente distaccata.
“Mi era sembrato di
sentire puzza di plastica bruciata!”
“Davvero? Boh, io non ho
sentito nulla!” commentò Alba fingendosi stupita.
L'uomo fece spallucce e senza
aggiungere altro si girò e rientrò nel suo ufficio.
“Cinque anni che lavora
qui a fianco e non ho mai saputo che avesse la stessa voce di Luca
Ward!” commentò Alba rivolgendo uno sguardo allibito al
suo amico infernale.
Sael accennò un sorriso, ma sbiancò immediatamente nel
vedere le pupille di Alba nuovamente rosse.
“Tornando ad Azaele e Aleniel...” sibilò la
strega.
Il demone deglutì impaurito.
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Capitolo 2 *** Ops! ***
Capitolo
II
Ops!
Azaele
russava come un ghiro dormendo scomposto sul letto in disordine.
Michele lo osservò qualche istante con affetto, poi portò
alle labbra la sua antica tromba di giovane cherubino,
recuperata dagli scatoloni del trasloco a casa di Arianna, sogghignò
divertito e soffiò talmente forte che le sirene delle navi
attraccate a Civitavecchia si sentirono in dovere di rispondere in
coro.
"Aaaargh!
Non è stata colpa mia lo giuro. Ahia!" urlò Azaele
facendo un balzo talmente alto da sbattere contro il soffitto,
precipitare di nuovo sul letto, rimbalzare sul materasso e cadere
rovinosamente sul pavimento ai piedi di Michele che si piegò
in due dalle risate.
Azaele
si sedette sul pavimento massaggiandosi la nuca dolorante e lo
squadrò irritato "Siamo spiritosi stamattina, eh?"
"Che
ci posso fare se hai il sonno più pesante di un orso polare in
letargo!" rispose Michele tra una risata e l'altra.
“Gli
orsi polari non vanno in letargo!” precisò Azaele
immusonito.
"Ah,
no? Bè, comunque la colazione è pronta e ti avevo già
chiamato tre volte inutilmente!"
Azaele
sbuffò.
"Dai,
che ti ho fatto il cappuccino con la schiuma" lo esortò
l'angelo.
Ad
Azaele brillarono gli occhi. "Ci hai messo anche la polvere di
cacao?"
Michele
sorrise. "Ovvio!"
Azaele
si stava gustando il cappuccino e il quarto croissant caldo al
cioccolato, quando Michele si fece improvvisamente serio. "Non
avresti dovuto farlo, sai?"
Azaele
si bloccò con il croissant in mano e rispose un po'
imbarazzato "Ma... mi era sembrato che tu non lo volessi!"
L'angelo
sorrise "Non mi riferivo al croissant, scemo!"
Il
demone lo osservò perplesso.
Michele
continuò "Scegliere l'Inferno, Aza. Per salvare la mia
vita hai rovinato per sempre la tua! Non dovevi farlo!"
Ad
Azaele cadde il croissant di mano. "Chi te lo ha detto?"
domandò.
"L'ho
saputo e basta. Perché hai fatto una cosa tanto stupida?"
Azaele
abbassò lo sguardo "Non è stato affatto stupido
salvare chi mi ha fatto da padre e da fratello maggiore al posto di
chi mi ha abbandonato senza alcuno scrupolo!" rispose
rabbiosamente Azaele.
"Tu
eri tutta la mia famiglia Michele, non me ne fregava niente di
perdere il Paradiso per salvarti. A che mi sarebbe servito vivere
lassù senza la tua amicizia, il tuo sostegno e i tuoi scherzi
da deficiente? E poi di sicuro prima o poi avrei finito per combinare
una qualche cazzata tale da farmi sbattere giù lo stesso!"
concluse riprendendo il croissant e addentandolo con soddisfazione.
"Davvero
pensi a me come alla tua famiglia?" domandò Michele
commosso.
"Lo
sai benissimo! Ma se stamattina hai bisogno di conferme, sappi che
per me sei il mio integerrimo fino alla nausea, onesto da far schifo
e puro di cuore da provocare il latte alle ginocchia, fratello
maggiore! Sei il mio punto di riferimento costante e ti voglio
davvero un gran bene. A parte questo continuo a preferire fare sesso
con Alba, quindi non farti strane idee, non è una
dichiarazione d'amore!" concluse strizzandogli l'occhio e
ficcandosi in bocca quanto rimaneva del croissant.
Michele
rise "Anche perché a questo punto sarebbe un amore
incestuoso! E in ogni modo sei troppo basso per i miei gusti!"
"Yliel
era ben più bassa di me prima di diventare un Arcangelo e
Aleniel ha più tette che centimetri!" commentò
Azaele fingendosi offeso.
Michele
gli rivolse uno sguardo malizioso "Adoro le donne piccoline…
ma gli uomini mi piacciono alti".
"E
con i capelli rossi" aggiunse Azaele
L'angelo
ridacchiò "Esatto!".
"Sai,
non pensavo che avessi un debole per Razel, però devo
ammettere che sarà anche buzzurro, ma con quel petto ampio e
peloso è parecchio maschio!" sghignazzò Azaele
alzandosi di scatto e scappando dalla cucina.
"Cosa?
Ritira quello che hai detto se non vuoi che ti ammazzi, stupido
demonietto!" esclamò Michele inseguendolo.
Azaele
fece appena in tempo a nascondersi in bagno.
"Ringrazia
che sei partito prima! E poi muoviti, o finirai per arrivare in
ritardo dalle tue anime, cretino!" gli gridò l'angelo da
dietro la porta.
"Ci
vediamo a pranzo, idiota?" propose dal bagno Azaele.
"Va
bene, deficiente!" rispose Michele sorridendo.
#
La
sveglia sul comodino si accese mentre il giornalista leggeva gli
articoli di fondo dei quotidiani. Aurora aprì gli occhi,
sospirò e si fece coraggio. Era ora di prepararsi e andare a
lavoro. I suoi alunni la attendevano per la presentazione dell'ultimo
dei murales che decoravano la scuola e non poteva certo deluderli. Sì
girò verso il suo compagno, un coetaneo alto ed elegante che
dormiva beato.
Sorrise,
spense la radio per evitare di disturbarlo, raccolse silenziosamente
i vestiti da indossare e si avviò in bagno in punta di piedi.
Come tutti i giorni, negli ultimi due mesi, non riuscì ad
evitare di osservarsi allo specchio.
Era
successo di nuovo! Era sparita un'altra ruga dal suo volto, la fronte
era decisamente più distesa e la pelle più elastica!
Sospirò
e si infilò nella doccia.
Quando
uscì dal bagno sentì immediatamente il profumo del
caffè.
Si
affacciò sulla cucina e il suo compagno la accolse con un
sorriso. "Ben svegliata! Ho fatto il caffè!"
Aurora
si appoggiò allo stipite della porta e annunciò "Safet,
mi è sparita un'altra ruga! Di questo passo dovrò
cambiare identità, sei sicuro che non ci sia modo di evitare
questo imbarazzante ringiovanimento fisico?"
Il
demone ridacchiò "Temo di no, a meno di non rinunciare ai
nostri rapporti… intimi!"
"Per
carità, non tromb… ehem, avevo rapporti così
soddisfacenti da più di vent'anni! Però si può
sapere perché io ringiovanisco un po' ogni volta e tu sei
sempre uguale?" domandò la professoressa prendendo la sua
tazza e soffiandoci dentro per raffreddare il caffè.
"Normali
controindicazioni dell'avere rapporti con un demone affascinante ed
elegante!" scherzò Safet sorseggiando il caffè
bollente.
Aurora
lo osservò ammirata, non riusciva ad abituarsi all'idea che
Safet fosse insensibile al calore.
"E
poi a dire la verità questo non è il mio vero aspetto!
Lo uso solo per darmi un tono più autorevole verso i miei ex
studenti e quegli imbecilli degli Arcidiavoli"
"Seriamente?"
domandò lei stupita.
Safet
rise e di fronte ai suoi occhi mutò in uomo apparentemente
sulla quarantina, dai capelli biondo ramati.
"In
realtà sono coetaneo del padre di Azaele, siamo entrambi
notevolmente anziani ma essendo arcangeli, o almeno lui lo è
ancora e io lo sono stato, questo che vedi è il massimo di
anzianità che raggiunge naturalmente
il
nostro fisico!"
spiegò lui di fronte ad una allibita Aurora che commentò
"Somigli molto di più a Sael!"
"Questo
è l'altro dei motivi per cui ho invecchiato il mio aspetto,
non volevo che Sael si rendesse conto di essere mio figlio. Era anche
lui un mio allievo e temevo di farlo soffrire ancora più di
quanto io e Elendiel non avessimo già fatto abbandonandolo
nelle mani di quell'inetto del suo tutore. Che poi alla fine lo ha
scoperto lo stesso, sempre grazie all'inetto di cui sopra che per una
volta temo di dover ringraziare. È bello non dover più
mentire a mio figlio!"
"Elendiel
era la tua compagna?"
"Si,
ma abbandonare Sael ha rovinato il nostro rapporto. Che si sarebbe
rovinato comunque visto che agli Arcangeli non è bastato
abbandonare i figli, hanno anche deciso di scegliere la castità!
Altra cosa alla quale ero totalmente contrario" spiegò
Safet scuotendo la testa.
"Davvero?"
domandò Aurora colpita.
"Già!
É uno dei pochi motivi per cui preferisco essere un demone.
Sarò egoista, ma sono felice di potermi innamorare di nuovo!"
rispose lui avvicinandosi e baciandole delicatamente i capelli.
"Sei
sicuro che i miei cambiamenti non siano dovuti al fatto che mi vorresti
più giovane, visto che in realtà sembri un
quarantenne?" domandò dubbiosa Aurora.
Safet
le rivolse uno sguardo costernato. "Che Sciocchezza. Posso avere
qualsiasi donna io desideri anche giovanissima, mi basta volerlo e
sarà mia. Se sto con te è perché mi piaci tu!"
Aurora
rifletté qualche istante. "Che cosa provi realmente per
me, Safet? Cioè, tu non sei umano e oltretutto sei un demone
infernale, per quanto la tua sia stata una scelta dettata dal fatto
che volevi stare vicino ai tuoi studenti. Come mai non ti mostri né
crudele né mostruoso come nell'Esorcista1
o Nel Signore del male2.
Voglio dire, secondo qualsiasi religione umana, tu sei uno degli
Alfieri del male. È per caso un modo più moderno e
politicamente corretto di fare il vostro lavoro?"
"A
quale domanda devo rispondere, per prima?"
"Cosa
provi per me e davvero non non stai cercando di ringiovanirmi
volontariamente?"
"Sono
due domande!" scherzò Safet.
"Non
stiamo a sottilizzare troppo!" rispose Aurora.
Safet
sorrise un po' malinconico.
"Perché
pensi che il mio modo di amare sia diverso dal tuo? Il Padre ha
creato gli angeli con lo stesso atto d'amore con cui poi ha creato
voi. L'amore è un sentimento che conosciamo entrambi grazie a
Lui. Ti amo esattamente come mi ami tu, o almeno spero che tu mi ami
altrettanto intensamente"
Aurora
si emozionò, era da tanto tempo che non si sentiva rivolgere
parole d'amore così belle.
"Per
quanto riguarda la seconda domanda... no, non sto cercando di
ringiovanirti. Sono una creatura immortale che può scegliere
di avere molti aspetti e ho volontariamente scelto di sembrare un tuo
coetaneo molti millenni prima che tu nascessi per la prima volta,
quindi perché dovrei avere problemi con le tue rughe?
Piuttosto, sei sicura di non essere tu a desiderare di essere di
nuovo giovane?"
La
professoressa sospirò "Intendi dire che è solo una
questione di libero arbitrio? Che in fondo sono io che sto scegliendo
di ringiovanire grazie a te, anche se non ne sono del tutto
consapevole?"
Safet
sorrise "Esattamente!"
"E
per quanto riguarda le altre domande?"
Il
demone finì il caffè, lavò la sua tazza e la
ripose nello scolapiatti.
"È
un discorso un po' più lungo, ma ora non abbiamo molto tempo
perché devi andare dai tuoi alunni quindi cercherò di
spiegarmi brevemente" disse voltandosi e incrociando le braccia.
"Un
tempo, prima della vostra creazione, grazie al libero arbitrio gli
angeli avevano la facoltà di scegliere tra opzioni diverse.
Tra queste il male non era contemplato perché non esisteva
ancora.
Safet
si interruppe, sospirò e continuo il racconto.
"Siamo
stati proprio noi Angeli ribelli a creare il male a causa della
nostra rivolta dettata dalla gelosia di figli primogeniti verso voi
secondogeniti. É colpa nostra se avete conosciuto il male ed è
per questo che siamo stati condannati a trasformarci in demoni e
punire chi di voi lo sceglie consapevolmente”
"Ma
questa è la legge del contrappasso!" esclamò
Aurora stupefatta.
"Esatto.
Ed è anche il motivo per cui nessuno di noi potrà mai
essere riammesso in Paradiso, tranne forse Azaele che ha scelto
l'Inferno per amore"
"Anche
tu hai scelto di rinunciare al Paradiso per amore dei tuoi studenti!"
considerò Aurora.
Il
demone sospirò. "È vero, però Michele non
era un angelo ribelle quindi c'è una differenza sostanziale
tra la mia scelta e quella di Azaele. Lui ha, per così dire,
scelto il male per salvare il bene. Io invece scegliendo di aiutare i
miei ex studenti mi sono schierato con chi aveva creato il male e
anche se mi è stato concesso di mantenere le mie ali
angeliche, ho perso il Paradiso e il mio nome di Arcangelo. Per
sempre. Ma non importa, è più importante stare vicino a
mio figlio e a tanti sciocchi come lui!"
Aurora
poggiò la tazza di caffè ormai vuota, si avvicinò
a Safet e lo abbracciò. Il demone la strinse a sé.
Restarono un po' così, in silenzio, fino a che la
professoressa non dovette sciogliersi dall'abbraccio e uscire per
raggiungere i suoi studenti.
#
Era
circa l'una e Azaele, seduto sulle mura del Foro Traiano, attendeva
Michele con lo sguardo fisso sullo schermo di uno smartphone,
il regalo di Alba per il loro primo mesiversario. Troppo preso dalla
visione dell'ultima stagione di Lucifer, non si accorse dell'arrivo
dell'amico.
"Hey,
cosa guardi con tanto interesse?" domandò l'angelo
incuriosito sedendosi accanto a lui.
"Lucifer!"
bofonchiò il demone.
"Che?"
"Lucifer…
Chloe…" rispose distrattamente Azaele continuando a
seguire la puntata.
"Ah,
la serie!" disse Michele sedendosi accanto all'amico e
allungando il collo verso il piccolo schermo.
"Quella
ragazzina chi è?" domandò incuriosito.
Azaele
abbandonò per un attimo lo schermo dello smartphone per
rispondere all'amico, cogliendo così un movimento d'ali tra le
nubi.
"Merda,
un Arcangelo!" esclamò mettendosi in tasca lo smartphone
e aprendo le ali.
"Bé,
e che c'è da agitarsi se la ragazzina è un Arcangelo? A
parte che è troppo bassa!" commentò Michele
dubbioso.
Azaele
lo guardò stranito "Ma non nella serie, lassù!"
rispose indicando il cielo di Roma e volando via.
"Aza
aspettami, io non vedo nulla!" lo chiamò Michele.
Ma
Azaele era già sparito.
"Odio
quando si smaterializza!" sbuffò l'angelo concentrandosi
per individuare l'aura dell'amico.
Azaele
si materializzò sul tetto di un palazzo, a qualche isolato dal
Foro Traiano. Si guardò intorno e non vedendo nessuno tirò
un sospiro di sollievo. Non che avesse fatto nulla di male o di
sbagliato, almeno fino a quel momento, ma per i demoni era sempre
meglio evitare incontri ravvicinati con gli Arcangeli.
Immediatamente
dopo lo raggiunse Michele. "Si può sapere che ti ha
preso? Dove l'hai visto l'Arcangelo e comunque perché mai
avrebbe dovuto avercela con te?"
"Ti
assicuro che era proprio sopra di noi e stava puntando dritto verso
di me!"
"Ma
dai, ci sono mille motivi per cui un Arcangelo potrebbe sorvolare
Roma, figurati se…"
Non
fece in tempo a finire la frase che Gabriel atterrò sullo
stesso tetto a pochi metri da loro.
Azaele
fece un balzo e si nascose dietro Michele.
Gabriel
sorrise divertito e mosse qualche passo verso l'angelo dimenticandosi
di chiudere le ampie ali dai riflessi dorati, con il risultato di
sradicare alcuni comignoli che rotolarono giù per le tegole.
"Ops!
Fermi lì! Anzi, tornate al vostro posto!" ordinò
l'Arcangelo alzando l'indice e il medio della mano destra. I camini
tornarono immediatamente al loro posto.
Michele
non riuscì a trattenere una risatina, Gabriel fece finta di
non notarlo e lo salutò gentilmente. "Ciao Michele!
Immagino che il demone che si è appena nascosto dietro di te
sia Azaele!"
Azaele
si fece più piccolo che poté per cercare di restare
completamente nascosto dietro la schiena dall'amico che rispose
imbarazzato. "Buongiorno Gabriel. Si è lui, ma ti giuro
che è solo un po' spaventato per il tuo arrivo improvviso, non
ha fatto niente di male per comportarsi così!"
Azaele
sentendo il nome del famoso Arcangelo non resistette alla curiosità
di dargli un'occhiatina, si sporse leggermente e commentò
stupito.
"Davvero
quello è Gabriel? Lo facevo più alto!"
Michele
alzò gli occhi al cielo, Gabriel invece con un rapido gesto
afferrò Azaele per il bavero e lo sollevò da terra
commentando divertito "Ha parlato il ranocchietto alto un metro
e un cazzo!"
"La…
lasciami!" si lamentò Azaele cercando di liberarsi dalla
stretta del padre che scrollandolo leggermente replicò "Prima
chiedi scusa. E vedi di farlo mostrando rispetto, demonietto
impertinente!"
"Chiedo
scusa, Signore!" biascicò Azaele, pensando che Arcangeli
o demoni che fossero, avevano tutti la spiacevole abitudine di
approfittare della loro forza e altezza per sollevarlo in aria e
costringerlo ad obbedire.
"Così
va meglio!" approvò Gabriel riportandolo a terra senza
però lasciarlo andare.
Michele
tentò di intervenire, ma Gabriel scosse la testa. "Per
favore ci lasci soli?"
Azaele
impallidì e Michele cercò di replicare "Gabriel,
davvero, non ha fatto nulla di male!"
L'arcangelo
alzò un sopracciglio "Ragazzo, pensi davvero che, proprio
io, voglia fare del male al ranocchietto?"
"No,
certo che no, Signore!" rispose imbarazzato Michele.
"Allora
vai! È un ordine!"
"Sissignore!"
"Michele!"
piagnucolò Azaele trattenendolo per l'impermeabile. Ma
l'angelo aveva ricevuto un ordine da un superiore e non poteva
rifiutarsi di obbedire.
"Sta
tranquillo, Aza. Ci vediamo tra poco al Mac Donald's di Piazza di
Spagna. Ok?"
"Ok!"
rispose il demone rassegnato.
Michele
scambiò un ultimo sguardo con Gabriel e volò via.
L'arcangelo
osservò il figlio che lo guardava preoccupato e fu preso dal
desiderio di abbracciarlo e rassicurarlo. Ma non gli sembrava il
momento adatto, avrebbe rischiato di essere frainteso.
Lasciò
il bavero del giaccone da marinaio di Azaele e gli parlò con
gentilezza "Non hai sentito quello che ho detto a Michele? Non
ho alcuna intenzione di farti del male!"
"Non
è che una punizione debba necessariamente provocare dolore
fisico, Signore!" rispose Azaele.
Gabriel
si stupì di quella risposta malinconica e decise di
rassicurarlo del tutto. "Azaele non sono qui per punirti, né
fisicamente né psicologicamente, ok? Voglio solo parlarti da
uomo a uomo. Per così dire!".
Azaele
lo scrutò perplesso.
"Ho
saputo che hai ritrovato la tua ragazza...”
Azaele
cominciò ad agitarsi “Stai tranquillo non sono qui per
obbligarti a lasciarla! Voglio solo…" Gabriel si
interruppe imbarazzato "Voglio solo sapere se state attenti! Mi
capisci?"
"Uh,
veramente no. Signore!"
L'arcangelo
si passò la mano sui riccioli neri, sempre più
imbarazzato. "Intendo… quando voi due… quando
siete… insomma hai capito, no? Ecco… usate
precauzioni?"
Azaele
spalancò gli occhi, domandandosi se aveva sentito bene.
Gabriel,
rosso per l'imbarazzo, cercò di spiegarsi meglio "Non
fraintendere, non è che voglia intromettermi nella tua vita
privata… È solo che… quello che voglio dire è
che sarebbe un enorme casino se tu e Alba metteste al mondo un erede.
Te ne rendi conto vero? Hai ben presente quali sarebbero le
disastrose conseguenze che determinerebbe un evento del genere?"
Azaele
finalmente capì e sorrise allegramente "Oh, ma se era
solo per dirmi questo, non doveva preoccuparsi Signore! Certo che
stiamo attenti! Lei ha un macchinino che ogni mese le da il via
libera!"
Gabriel
impallidì "Ok, ma usate anche altre precauzioni, giusto?”
L'espressione
stupita sul viso di Azaele non rassicurò l'Arcangelo neanche
un po'.
"No,
Signore. Perché?" domandò ingenuamente il demone
gettando Gabriel nello sconforto più totale.
"Azaele,
lo sai come è chiamato quel
macchinino dai cherubini
incaricati di festeggiare l'invio di nuove anime sulla terra?".
"No,
signore!" rispose Azaele cominciando a preoccuparsi.
"Lietoevento!"
concluse Gabriel mestamente.
Michele
aveva da poco preso posto ad uno dei pochi tavoli liberi all'interno
del Mac Donald's quando fu raggiunto da un Azaele totalmente
sconfortato.
"Che
è successo? Gabriel ti ha sgridato per qualcosa?"
Il
demone si lasciò cadere su una sedia e sospirò "No,
non ancora… a dire il vero mi è sembrato addirittura
preoccupato per me!"
Michele
sorrise, forse Gabriel stava cercando finalmente di avvicinarsi al
figlio.
"Non
c'è niente da sorridere Michele!" si lamentò
Azaele "Temo di essere nella merda fino al collo!"
"Perché?"
"Il
fatto è che io e Alba, potremmo essere stati un po' troppo…
fiduciosi nella tecnologia umana!"
"Che
vuoi dire?"
"Temo
che Alba possa essere incinta!"
Michele
impallidì così tanto che tra il suo viso e
l'impermeabile bianco che indossava, non si notava praticamente più
alcuna differenza. "Te l'ha detto Gabriel?"
"No,
no… però le precauzioni che abbiamo usato potrebbero
non essere state… sufficienti!"
"Santo
cielo, Aza, ma tu e Alba siete adulti o no... che accidenti vi passa
per la testa?"
Azaele
non seppe cosa dire, si limitò ad assumere un'espressione
imbarazzata.
Michele
cercò di mantenere la calma "Ok, ragioniamo. Per caso hai
notato se ultimamente era un po' irritabile, se ha un ritardo o,
peggio ancora, se le capita di avere la nausea e vomitare, sopratutto
la mattina?"
Azaele
rispose con sicurezza. "A parte un leggero ritardo, ma quello ci
sta, ogni tanto capita anche alle donne più regolari, direi
che non ho notato nessuna delle altre cose che hai elencato!"
Michele
sospirò di sollievo "Ok, idiota, allora mi sento di dire
scampato pericolo!
In ogni caso vedete di stare più attenti le prossime volte!"
Azaele
mise la mano in tasca è tirò fuori una scatola dal
contenuto inequivocabile. "Come già fatto!" esclamò
soddisfatto.
#
Alba
era chiusa da una ventina di minuti nel bagno delle impiegate quando
Galletti decise di bussare delicatamente alla porta e domandare "Va
tutto bene?".
Dopo
qualche istante sentì girare la chiave nella toppa e un'Alba
dall'aspetto distrutto si affacciò sulla porta.
"Santo
cielo, ti accompagno immediatamente a casa!" propose Galletti
preoccupato.
"Si,
è meglio!" acconsentì Alba. “Porca miseria
giuro che è l'ultima volta che compro il pranzo dal cinese qua
sotto!”
Galletti
rise "Te l'avevo detto che era meglio fare un chilometro in più
e andare alla Grande Muraglia! Lì si, che cucinano bene! Dai,
appoggiati a me, andiamo a prendere la tua macchina, così ti
accompagno e poi ritorno in Taxi"
“D'accordo,
grazie!” gemette Alba appoggiandosi al braccio del collega.
Mentre
attraversava il corridoio che portava all'ascensore incrociò
lo sguardo preoccupato di Sael che stava facendo due chiacchiere alla
macchinetta del caffè con Eowynziel e Radael, uno degli ex
coinquilini del demone. Alba gli sorrise debolmente per rassicurarlo.
"Che
ha la ragazza di Azaele?" domandò Eowynziel.
"Credo
che le abbia fatto male il cibo cinese che ha mangiato a pranzo! Gli
umani a volte sono troppo delicati!" rispose Sael dispiaciuto.
Radael
sogghignò è commentò "Sissì, certo.
Sicuramente è stato il cinese a farle venire le nausee!"
Sael
e Eowynziel lo guardarono perplessi.
"Scusa,
che vorresti dire?" domandò seccato Sael.
"Niente,
niente!" rispose Radael continuando a sogghignare.
Nota
1:
L'Esorcista (1973) di
William
Friedkin
Nota
2: Il Signore del Male (1987)
di John Carpenter
|
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Capitolo 3 *** Guai in vista ***
Capitolo 3
Guai in vista
L'Arcidiavolo Akenet, guardiano del Girone dei traditori, era
adagiato svogliatamente sul trono dal quale osservava e valutava
l'operato dei suoi demoni. Era alto, come tutti gli Arcidiavoli.
Aveva i capelli neri e mossi lunghi fino alle spalle e due occhi
completamente neri e profondi. Lungo le braccia spiccavano delle
cicatrici risalenti alla Grande Guerra. Alcune di queste si
prolungavano fino al petto, nascosto da una maglietta nera senza
maniche. Indossava pantaloni mimetizzati grigio verdi e stivali
anfibi neri.
Ogni tanto decideva che qualcuno dei suoi batteva la fiacca, fosse
vero o meno. Con uno schioccare di dita dava fuoco al malcapitato di
turno fino a carbonizzarlo e poi con un altro schiocco lo rimetteva
in sesto affinché potesse riprendere il suo lavoro. Non aveva
un vero motivo per agire in questo modo se non quello di attraversare
l'eternità in modo un po' meno noioso.
Una demone di statura piuttosto bassa, leggermente grassottella e dal
viso tondo e simpatico, atterrò a debita distanza dal suo
trono e richiamò la sua attenzione con un timido "Ahem!".
Akenet si voltò annoiato "Che vuoi, Palletta?"
La demone cercò di assumere un aspetto più
professionale possibile e sottolineò "Sarebbe Adel,
Signore".
Akenet le rivolse un sorriso gelido. "Lo so come ti chiami,
Palletta!"
La demone impallidì e non osò insistere.
"Allora?" ringhiò Akenet.
Adel fece un piccolo sobbalzo che divertì molto l'Arcidiavolo.
Adel era la sua nuova segretaria personale, aveva sostituito la
precedente, Esael, che aveva chiesto e ottenuto il trasferimento al
Girone dei bugiardi con la scusa di potersi avvicinare al suo
fidanzato, ma in realtà perché l'Arcidiavolo, in totale
spregio agli accordi contrattuali, l'aveva completamente carbonizzata
a causa di un attacco di rabbia incontrollata.
Adel non possedeva né la bellezza né la sicurezza di
Esael, ma Akenet aveva deciso di tenerla perché trovava molto
piacevole e rilassante approfittare della sua timidezza.
"Ho una comunicazione con priorità alta da Radael,
Signore!"
Akenet sbuffò "Se è per confermare che Sael si fa
scopare dal biondino bisessuale, puoi rispondergli che nel girone
degli adulatori c'è un posto vacante come spalatore di merda.
Mi sembrava di essere stato chiaro sul fatto che non frega a nessuno
chi scopa, con chi!"
La demone arrossì leggermente imbarazzata. "Oh, no,
Signore. Questa è davvero una notizia che vale la pena di
senti..."
Le parole le morirono in gola nel vedere l'espressione fredda del suo
superiore. "Credevo di aver chiarito che non sei preposta a dare
giudizi sull'importanza o meno di una notizia, Adel. Te lo devo
spiegare di nuovo?"
Adel rabbrividì arretrando, inciampò sulle pietre
vulcaniche e rischiò di cadere."No. Signore. Chiedo
scusa, Signore!"
"Bene. Allora, questa notizia?" la esortò Akenet.
"Pare che la fidanzata di Azaele sia incinta, Signore!"
annunciò Adel.
Akenet non proferì parola per qualche istante. Si girò
a guardare il panorama, rifletté qualche secondo e commentò
"L'ultima volta che ci siamo fidati di quell'idiota di Radael
siamo andati a cercare l'Alfiere del Male in Louisiana, per poi
scoprire che un imbecille umano aveva chiamato il figlio Satan.
Tutto ciò mentre dall'altra parte del mondo nasceva Gandhi!
Michele e Gabriel ci hanno preso per il culo per quasi un secolo!"
"Michele?" domandò perplessa Adel.
"L'Arcangelo" rispose Akenet voltandosi verso di lei.
"Racconta in giro una sola parola di questo e …"
"No, non… non sarebbe professionale!" balbettò
Adel indietreggiando ancora e cadendo nel vuoto.
Akenet attese ridacchiando finché Adel ricomparve davanti a
lui sbattendo le ali disordinatamente per cercare di mantenersi in
volo. "Ha ordini per me, Signore?".
"Vai sulla terra a sincerarti di come stanno le cose e torna
solo quando sarai sicura di ciò che devi riferirmi!"
"Sissignore!"
"E cerca di non commettere errori, lo sai che mi diverte sentir
urlare i miei sottoposti!" aggiunse minaccioso.
"No, Signore!" rispose Adel tremando.
"Muoviti!" tuonò infine l'Arcidiavolo.
"Sissignore!" rispose Adel sussultando e volando via a zig
zag, sotto lo sguardo divertito di Akenet.
#
Alba verso il caffè nelle tazzine, ne porse una a Galletti e
si sedette con aria un po' affaticata.
Renzo la scrutò preoccupato "Sei sicura che sia il caso?
Il caffè è parecchio irritante per lo stomaco!"
Merlino lo osservava con sospetto dalla credenza restaurata, un
regalo dei genitori di Arianna .
Alba sospirò "Sto molto meglio, sono solo stanca e un
po' triste!"
"Come mai?" domandò Renzo, sinceramente interessato.
"Quell'idiota del mio ragazzo!" rispose Alba con gli occhi
lucidi.
Il collega la osservò stupito. "Pensavo fossi single.
Cioè, è questo che si dice di te in azienda perché
alle cene di Natale sei sempre venuta da sola!"
Alba sospirò. "Non stiamo insieme da molto. Cioé,
in realtà ci conosciamo da secoli... è un po'
complicato!"
"É sempre complicato finché non trovi la persona
giusta!" commentò Galletti sorridendo.
"Ma lui lo è, però… è anche un
cretino!" affermò lei rabbiosamente.
"Siamo tutti un po' cretini Alba, siamo uomini! Mia moglie
diceva che restiamo adolescenti fino ai cinquant'anni e poi
rimbambiamo direttamente!" rise Galletti. "Però mi
amava moltissimo e non avrebbe mai rinunciato a me e neppure io a
lei! Se avessimo potuto, avremo vissuto insieme fino alla fine,
invecchiando e rimbambendo insieme!" concluse con un sorriso
triste.
Alba gli prese una mano e cercò di confortarlo. "Almeno
vi siete amati come non capita a tutti!".
Galletti annuì ma ritrasse di scatto la mano. In cucina era
appena entrato un ragazzo dai capelli neri e ricci, vestito da
marinaio. Il giovane lo osservava minacciosamente e, ne era sicuro,
con un bagliore rosso nelle pupille. "Buon pomeriggio!"
salutò Galletti gentilmente, cercando di non pensare a quello
strano bagliore.
"Lo era!" rispose tagliente Azaele.
Alba si girò sorridendo. "Azaele, sei già
tornato!"
"Pare!"
La ragazza si irrigidì "Che cosa sarebbe questo
atteggiamento?" ringhiò.
Azaele fece l'errore di provare a replicare, seppure meno baldanzoso
di prima "Bé, insomma. Mi pare che sia il vostro
atteggiamento ad essere…!"
"Ti pare cosa?" lo aggredì Alba furente, facendo
tremare, senza rendersene conto, le tazzine di caffè.
Merlino emise un miagolio di avvertimento a cui Alba non prestò
molta attenzione e Azaele cercò di fare rapidamente marcia
indietro. "No… cioè non intendevo, volevo solo…
temo che tu abbia frainteso!" balbettò il demone notando
la scintilla rossa negli occhi della fidanzata e le tazzine che
tremavano accompagnate da un sinistro tintinnio. "Oh, quindi sono
stata io ad avere frainteso eh, Renzo?".
Galletti assunse in modo piuttosto convincente l'espressione tipica
della sfinge, dando così un senso al corso di teatro online
che aveva seguito grazie alla piattaforma di “Formazione
gratuita 4.0" messa a disposizione dall'azienda (il regalo di
Molinesi prima di sparire nel nulla, l'ultima notte dei laboratori).
Alba non si diede per vinta e continuò "Proprio tu, poi!
Dopo quello che hai combinato faresti meglio a chiedermi scusa!".
Azaele cadde dalle nuvole "Io?"
"Fai anche l'ingenuo, ora?" abbaiò Alba sempre più
furiosa alzandosi di scatto e uscendo dalla cucina seguita da Merlino
che emise un miagolio di disapprovazione nei confronti di Azaele.
"Ma che ho fatto?" domandò Azaele a Galletti che
evitò di rispondere fingendo interesse per il settimanale
poggiato sul tavolo e aperto su una pubblicità di crema
anti-rughe per donne mature.
"Lo sai benissimo!" gridò la giovane sbattendo la
porta della sua camera e facendo scoppiare le tazzine sotto lo
sguardo esterrefatto di Galletti.
Azaele fece un passo verso la stanza di Alba ma Renzo, lasciando
perdere l'idea di dare una spiegazione razionale allo scoppio delle
tazzine, lo fermò. "Aspetta! Se posso darti un consiglio,
non è il caso di seguirla adesso. Lascia passare un po' di
tempo e poi quando ti sembrerà che si sia calmata entra, dille
che ti dispiace e chiedile scusa!"
Azaele lo guardò senza capire. "Ma non so nemmeno per
cosa!"
"Senti, uno dei segreti per un rapporto felice e lasciare che
passi la bufera senza fare polemiche inutili. Vedrai che quando si
sarà calmata si scuserà anche lei e così
scoprirai che hai combinato per farla arrabbiare così tanto!"
Azaele lo scrutò perplesso. "Con tua moglie funziona?"
"Funzionava!"
Azaele sogghignò" Ah, bé un vero successo, visto
che ti ha mollato!"
Renzo si rabbuiò. "Non mi ha mollato, mi è stata
portata via!"
"Ah, si? Da chi, da uno che sapeva scusarsi meglio di te?"
rispose ironicamente Azaele.
"No, dal cancro! " rispose Galletti.
Azaele si rese conto di non essersi mai sentito così idiota in
vita sua. "Scusa, sono stato proprio un coglione!"
"Non fa nulla, non potevi sapere. A proposito, io sono Renzo, un
collega di lavoro di Alba" rispose Galletti tendendogli la mano,
il demone la strinse e rispose con un sorriso imbarazzato. "Azaele,
piacere!"
Galletti gli batté una mano sulla spalla e dirigendosi verso
la porta gli diede un ultimo consiglio. "Cerca di fare pace, ha
bisogno di tranquillità, oggi non è stata per niente
bene, è per questo che l'ho accompagnata a casa".
Azaele cominciò a provare una sgradevole sensazione di
pericolo incombente. "Davvero? Ehem, che problema ha avuto?"
"Le ha fatto male il pranzo cinese, le è venuta una
nausea terribile e ha vomitato tutto!" rispose Galletti uscendo
e salutando con la mano un Azaele a un passo dallo svenire sul
pavimento dell'anticamera.
Galletti stava per salire nel taxi 234, quando sentì un boato
ed ebbe l'impressione di vedere riflessa nei vetri dei finestrini,
un'enorme fiammata uscire dall'appartamento di Alba.
Si girò allibito ad osservare il palazzo.
"A bello, fai pure con comodo, tanto non ciò nulla da
fare!" lo apostrofò il tassista.
"Ma non ha sentito quel boato?"
"Quale boato?" domandò perplesso il tassista.
"Quello seguito dalla fiammata! Ma scusi, non ha sentito né
visto nulla?"
Il tassista pensò che stava cominciando a diventare vecchio
per quel lavoro "Te sei appena fumato 'na canna di quelle
buone?" domandò sbuffando.
Galletti concluse che probabilmente aveva bisogno di un po' di ferie,
salì in macchina e chiamò il suo responsabile per
avvertire che non sarebbe tornato in ufficio fino a lunedì.
#
Azaele osservò sconfortato la porta chiusa della camera da
letto dalla quale Alba lo aveva appena buttato fuori, lanciandogli
una palla di fuoco grande quanto la vecchia credenza della cucina.
Sospirò e pensò che avrebbe dovuto seguire il consiglio
del collega di Alba e aspettare un altro po' prima di provare ad
entrare.
Uscì sul balcone e si alzò in volo riflettendo. Era
evidente che la situazione fosse oltremodo grave, gli indizi di una
possibile gravidanza di Alba erano passati da uno, il leggero
ritardo, a tre. Leggero ritardo, irritabilità e nausea. Per
non parlare di quella strana sensazione che aveva provato qualche
notte prima abbracciandola e alla quale non aveva voluto dare
importanza.
Le soluzioni possibili erano due, proporre ad Alba di interrompere la
gravidanza prima che laggiù o lassù se ne accorgesse
qualcuno o prepararsi a difendere se stesso e la sua famiglia.
Era certo, infatti, che da entrambe le parti avrebbero cercato di
portargli via il bambino (o la bambina).
Laggiù per farne un Alfiere del Male in grado di guidare un
esercito di demoni pronti a impadronirsi del mondo degli umani e
lassù… bè, ovviamente per assicurarsi che non lo
diventasse.
In entrambi i casi lui e Alba avrebbero fatto di certo una brutta
fine!
Sospirò sconfortato, gli si spezzava il cuore all'idea di
chiedere ad Alba di interrompere la gravidanza. E in effetti anche
lui, a pensarci bene, non aveva molta voglia di rinunciare ad aver
un figlio!
E che caspita! In fondo che male c'era?
Ok, c'era il piccolo particolare che aveva infranto una Legge
Superiore e che al cinquanta per cento rischiava di mettere al mondo
una creatura che avrebbe messo in discussione l'equilibrio tra
Paradiso, Inferno e Terra. Ma in fondo c'era anche il cinquanta per
cento di possibilità che suo figlio fosse un bambino umano
come tutti gli altri. Alba era umana no? Era una strega, certo,
grazie a lui… però era umana!
E insomma, più ci pensava e più si convinceva che con
un po' di attenzione e la giusta educazione, suo figlio non sarebbe
stato un problema per l'equilibrio soprannaturale.
Ovviamente doveva prepararsi a difendersi, trovare degli alleati.
Ma quanto a quello era abbastanza tranquillo, sicuramente avrebbe
potuto contare su Michele e Sael.
E su Safet.
E probabilmente anche su Razel, a cui in fondo stava simpatico.
E magari anche su Sakmeel e Eowynziel.
Che poi, magari... anche sull'Arcangelo Gabriel… perché
no? Tutto sommato non gli era sembrato mal disposto nei suoi
confronti, anzi.
Certo non era un gran esercito, ma in fondo anche per battere Sauron
erano bastate nove persone! Cioè… più o meno.
"Ma si! Può funzionare!" si disse Azaele. "Devo
solo parlarne con qualcuno!"
Azaele scartò subito Michele. Il suo migliore amico era troppo
ansioso e sicuramente, gli avrebbe dato del pazzo senza ascoltarlo,
era meglio che prima fosse preparato da qualcuno più maturo e
razionale.
Safet! Lui si che era la persona giusta!
Era anziano, saggio e posato! Sicuramente avrebbe ascoltato le sue
ragioni con calma e senza aggredirlo!
#
"Tu, sei completamente pazzo Azaele!" sbottò Safet
battendo un pugno così potente sulla lastra in marmo di
Carrara della cucina di Aurora, da spezzarla in due.
"Pazzo, scriteriato e immaturo!". Continuò Safet
furioso.
"Il ma… marmo!" balbettò Azaele, indicando la
lastra.
"Hai appena messo al mondo il potenziale Alfiere del Male e ti
stai preoccupando di una lastra di marmo? Forse aveva ragione
Ysrafael quando mi ha suggerito di rinchiuderti in una cella
infernale e buttare la chiave, razza di idiota!".
Safet aveva appena finito di gridare quando sentì delle chiavi
girare nella serratura dell'ingresso. Immediatamente tamburellò
le dita sul marmo rimettendo a posto la lastra prima che Aurora
potesse rendersi conto di ciò che era successo.
Azaele non riuscì a trattenere un sorrisetto che gli morì
sulle labbra non appena incrociò di nuovo lo sguardo furibondo
di Safet.
Aurora entrò in cucina con le buste della spesa e rendendosi
conto che qualcosa non andava, poggiò tutto sul tavolo e
domandò "Ciao ragazzi, che succede? Cos'hai combinato
Azaele?"
Azaele si offese un pochino. "Perché dai per scontato che
abbia combinato qualcosa?"
Aurora sorrise affettuosamente. "Ho sbagliato?"
Azaele arrossì e Safet incrociando le braccia ringhiò
"Questo imbecille ha messo incinta Alba!"
Aurora sorrise "Ne sei sicuro Azaele?"
"Bé, ha un ritardo di alcuni giorni, è molto
irritabile e oggi è stata male. Un collega l'ha riaccompagnata
a casa prima!"
"Sono solo possibili effetti collaterali, tesoro. Per
essere più sicuri bisogna fare almeno un test di gravidanza!"
considerò Aurora affettuosamente.
Safet bofonchiò "Tesoro un accidenti, stupido
demonietto!"
Azaele arrossì e con un po' di fatica ammise "Il fatto è
che l'altra notte mentre abbracciavo Alba, mi è sembrato di
sentire qualcosa! Ma ho pensato che forse me lo stavo solo
immaginando… perché io… ecco… a me non
dispiacerebbe affatto diventare padre!"
Safet spalancò gli occhi!. "Ma che stai dicendo? Razza di
idiota!"
Aurora lo sgridò "Ora basta Safet! Di che ti stupisci?
Azaele ama molto Alba, è normale che desideri formare una
famiglia con lei!"
Si avvicinò ad Azaele e lo abbracciò. "Congratulazioni
Azaele! Sono sicura che sarai un bravissimo papà!"
Azaele restituì l'abbraccio e rivolse un sorrisetto
soddisfatto a Safet da sopra la spalla della professoressa.
Il Supervisore, sconvolto dallo stupore per la reazione di Aurora,
aprì la bocca senza riuscire a emettere alcun suono.
Quando riuscì a riprendersi urlò furente "Ma quali
congratulazioni! Ma per la miseria stiamo parlando di un demone
infernale e di una strega, non di una coppietta umana fresca di
matrimonio! Aurora, per favore, non mettertici anche tu a fare
discorsi irrazionali!"
Aurora gli lanciò uno sguardo severo."Safet, forse se
smetti di urlare e cominci ad analizzare la situazione con calma…"
"Con, calma?" la interruppe Safet "Ma qualcun altro
oltre a me, in questa cucina, si rende conto che stiamo parlando
della creatura che potenzialmente potrebbe dare inizio ad
un'apocalisse demoniaca? Ci rendiamo conto che stiamo parlando della
venuta al mondo del possibile Alfiere del Male, che condurrà i
demoni alla conquista del mondo degli umani?".
"Quanto sei melodrammatico, hai visto troppi film dell'orrore!"
replicò Aurora cominciando a mettere a posto la spesa.
Safet incredulo di fronte alla nonchalance della compagna commentò.
"Aurora, seriamente tu stai dicendo a me, un diavolo infernale,
che ho visto troppi film horror?"
"Safet, ti ricordo che tutto sei tranne una creatura spaventosa
ed inquietante!" rispose lei osservando con aria concentrata un
enorme pomodoro dall'aria appetitosa. "A proposito, ti va
un'insalata di pomodori per cena?"
Azaele dovette impiegare tutte le sue energie per trattenere in gola
una fragorosa risata, al contrario di Safet che fu colto dal
desiderio di appiccare un falò infernale a tutta la spesa,
pomodori compresi. Fu solo grazie all'amore che provava per Aurora
che si impose di tornare calmo.
"Va bene cercherò di spiegarmi senza alzare la voce"
disse avvicinandosi ad Aurora e togliendole di mano le buste della
spesa, in modo fermo ma gentile.
"Ora sedetevi tutti e due e provate ad ascoltarmi senza
interrompermi, ok?".
Aurora si rese conto di quanto fosse preoccupato Safet e decise di
prestargli più attenzione. Fece cenno ad Azaele di prendere
posto accanto a lei intorno al tavolo da pranzo e dopo che entrambi
si furono seduti invitò Safet a spiegarsi. "Coraggio, ti
ascoltiamo!".
Il Supervisore prese posto davanti a loro e cominciò a
spiegare. "Come ben sa Azaele, tra i demoni esiste una credenza
secondo la quale un giorno, dall'unione tra un demone prescelto e una
donna umana, verrà generata una creatura a metà strada
tra mondo degli umani e Inferno. Questa creatura, una volta cresciuta
guiderà i demoni alla conquista della terra ottenendo
finalmente la loro rivincita sulla cacciata dal Paradiso. Gli umani
verranno spazzati via e Lucifero avrà finalmente il suo Regno
sulla terra".
"Scusa, ma Dio che ruolo avrà in tutto ciò?"
domandò Aurora perplessa.
"Dio manderà sicuramente il suo esercito angelico sulla
terra e da ciò scaturirà uno scontro ancora più
terribile di quello che terminò con la nostra cacciata dal
Paradiso. Sarà l'apocalisse finale, quella che determinerà
la fine del Regno dei Cieli o di quello dei Demoni e sicuramente la
distruzione totale del Regno degli uomini!"
Azaele sbuffò "Si, ma appunto si tratta solo di una
credenza, e poi francamente Safet, ma tu mi ci vedi nel ruolo di
prescelto?"
"Questa è una buona domanda, Azaele!" approvò
Aurora. "E poi io l'apocalisse me la ricordo un po' diversa!"
Safet annuì. "Lo so. Nelle sacre scritture degli umani si
prevede la vittoria del bene sul male! Ma ovviamente io parlo della
versione infernale! Quanto al fatto che non ti ci veda come padre
della creatura, Azaele, ti faccio una semplice domanda. Ti ricordi le
caratteristiche del prescelto?"
"Certo, le sanno tutti: non il più bello né il più
forte, ma il più vicino agli uomini per potersi mischiare con
una di loro e il più vicino al cielo per non essere notato
dagli Angeli fino a che non sarà troppo tardi. Egli sarà
il figlio di uno dei sette Guerrieri angelici!”
Azele ridacchiò e commentò “Eddai, Safet, a parte
che sono decisamente bello e già questo mi esclude! Poi,
vabbé, forse potrei essere abbastanza vicino agli umani, ma
certamente non sono così vicino al Cielo!"
Safet non rispose, si limitò a prendere il pacchetto di
sigarette di Aurora, ficcarsene una in bocca e tamburellarvi sopra
delicatamente con l'indice per accenderla. Aurora gli avvicinò
il portacenere.
Azaele continuò il suo discorso "Avanti, sarò
anche figlio di due Arcangeli, ma non credo proprio di essere il
figlio di uno dei sette Guerrieri. Quelli sono tutti altissimi e
biondi a parte...!" Azaele si interruppe un attimo e poi
proruppe in un allibito. "Merda!"
Safet lo osservò intensamente.
Azaele balbettò. "Safet… stamattina Gabriel è
venuto a parlarmi, lui aveva uno strano atteggiamento protettivo nei
miei confronti ed era piuttosto preoccupato per lo stesso motivo per
cui sei preoccupato tu e… Oh merda, merda… lui è
uno dei sette Guerrieri, l'unico con i capelli neri e ricci,
decisamente basso per essere un Arcangelo e anche piuttosto
distratto. Nel complesso è mo… molto somigliante a…
a me!"
Safet non disse nulla, si limitò a ad aspirare una lunga
boccata di fumo dalla sigaretta di Aurora.
"Safet, ti prego dimmi che ho appena detto un mucchio di
idiozie!" lo supplicò Azaele.
Safet prese la sigaretta tra indice e medio della mano sinistra,
poggiò le mani sul tavolo, con molta, molta calma, buttò
fuori il fumo e rispose. "Gabriel è il mio migliore amico
da sempre Azaele, è per questo che ho sempre vegliato su di te
da quando sei precipitato all'Inferno. L'ho promesso a lui e a tua
madre".
"Aspetta, un attimo Safet, stai veramente dicendo che non solo
hai sempre saputo chi erano i miei genitori, ma che addirittura sono
stati loro a chiederti di farmi da Supervisore infernale?"
domandò scandalizzato Azaele.
"Perdonami, se non ti ho mai parlato dei tuoi genitori, ma mi
era proibito farlo"
Azaele sentì lacrime calde di rabbia scorrergli lungo le
guance. "Sai Safet, io non ce l'ho con Michele perché pur
sapendo chi sono i miei genitori, non me l'ha mai detto. So bene che
essendo un Angelo non può violare una regola celestiale. Ma tu
Safet, tu sei un demone infernale, non hai più l'obbligo di
obbedire alle leggi del Paradiso, quindi che motivo avevi per
tenermelo nascosto per tutto questo tempo?”
"Mi dispiace, ragazzo, io...” rispose il Supervisore
continuando a fumare nervosamente.
Azaele lo interruppe. "Ti dispiace? Safet io ti ho sempre
considerato come un padre e ora scopro che mi hai nascosto la verità
per millenni!"
Safet era mortificato "Sarò anche un demone, Azaele, ma
ho degli accordi e degli impegni da rispettare con i piani alti, lo
sai!"
"Non me ne frega un cazzo dei tuoi accordi merdosi!”
sbottò Azaele.
Aurora cercò di intervenire per calmarlo, ma Azaele non le
diede minimamente retta.
“Lo sai cosa penso Safet? Che da quando ho incontrato Alba, tu
e i miei genitori avete cominciato a temere che avrei potuto essere
proprio io il famoso prescelto! È anche per questo che
quattrocento anni fa lei mi è stata portata via in quel modo,
non è così?”
"Adesso non esagerare, se fosse così non vi sareste
incontrati di nuovo quattrocento anni dopo!" rispose il
Supervisore a disagio.
"Ma comunque, voi eravate preoccupati perché NIENTE È
MAI PER CASO. Non è quello che dici sempre? È per
questo che tu hai cominciato a sorvegliarmi molto di più da
quando hai capito che era tornata! Ammettilo!" lo incalzò
Azaele.
"Ammetto che ero un po' preoccupato, a differenza di Gabriel,
che…"
"Ah, quindi tu e mio padre ne avete anche discusso! Ecco perché
lui è venuto parlarmi!"
Safet non seppe cosa rispondere, Azaele aveva tutte le ragioni per
essere così infuriato.
"Avresti dovuto dirmelo! Forse se avessi saputo chi era mio
padre, sarei stato più attento! Ora che la frittata è
fatta, dimmi Safet, che cosa vuoi che faccia? Che rinunci a mio
figlio come hanno fatto i miei genitori?"
Aurora cercò di intervenire per calmarlo "Azaele, sono
sicura che Safet non ti chiederebbe mai una cosa del genere! Non è
vero Safet?".
Safet abbassò lo sguardo.
Azaele si sporse verso il suo supervisore poggiando le mani sul
tavolo. "Non hai nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia eh,
Safet? Bè, sai che ti dico, non me ne frega un accidente né
dell'apocalisse né dell'Alfiere del Male né di tutte le
vostre stronzate! Io non butterò via mio figlio, come mio
padre e mia madre hanno fatto con me! Mai!"
Terminata la sua sfuriata, il demone aprì le ali e si lanciò
fuori dalla finestra della cucina senza salutare.
Aurora guardò Safet. "Quanto c'è di vero in tutta
questa storia dell'Alfiere del Male?"
Safet sospirò e schiacciò la sigaretta nel portacenere
"Non lo so, Aurora, ma è relativo. Il vero problema è
che tutti i demoni infernali ci credono e tu sai che quando tutti
cominciano a credere a una cosa, anche la più impossibile,
questa diventa vera!"
"Quindi che farai? Non puoi abbandonare i ragazzi, te ne rendi
conto vero?"
"Si, me ne rendo conto. Azaele non rinuncerà mai al
figlio e questo significa che la sua vita è quella di Alba
sono in pericolo. Devo prepararmi a difenderlo, trovare degli alleati
e soprattutto devo avvertire Gabriel!" rispose Safet alzandosi
per andare a cercare la sua giacca di tweed.
Aurora lo seguì preoccupata e gli domandò ancora
"Safet, se non sbaglio una volta mi hai detto che l'invio delle
nuove anime sulla terra viene effettuato dai cherubini…"
"Si, esatto!" rispose Safet mentre si infilava la giacca e
apriva le ali nere.
"Quindi in Paradiso sanno già che Azaele e Alba…"
"No, non ancora" rispose Safet. "Per il rispetto del
libero arbitrio, nessuno sa quali bambini sono stati scelti dalle
anime fino alla loro nascita. Perciò, se nessuno si è
ancora insospettito per lo stato di Alba, abbiamo abbastanza tempo
per prepararci a difendere quei due idioti e il loro bambino!"
"O bambina!" sorrise Aurora.
Safet sorrise a sua volta. "O bambina, hai ragione. Ora però
devo cercare Gabriel e parlare con Michele. Ho bisogno del loro
aiuto!"
Si chinò per baciare Aurora e volò via anche lui.
Aurora sospirò, tutta quella storia rischiava di diventare
realmente pericolosa, se ne rendeva conto perfettamente ed era
preoccupata per Safet. Sicuramente era stato scelto per garantire un
ponte tra Cielo e Inferno proprio per la sua saggezza e il suo
carattere così equilibrato e onesto, ma ora la sua posizione
era diventata decisamente rischiosa.
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Capitolo 4 *** Vecchi Amici ***
Capitolo
4
Vecchi
amici
Azaele volava veloce sopra i tetti di
Roma. Era arrabbiatissimo, non riusciva ad accettare che Safet avesse
potuto nascondergli la verità per tutti quei millenni.
Era talmente perso nei suoi pensieri
da non accorgersi di una collega che volava nella sua direzione e che
non fece in tempo ad evitarlo. I due demoni si scontrarono così
forte che la demone perse conoscenza e precipitò nell'acqua
gelida del Tevere.
Azaele imbarazzato e dolorante si
tuffò in acqua per recuperarla e la adagiò su una
banchina. "Sono mortificato non ti avevo visto!" si scusò
imbarazzato quando lei riprese conoscenza. La demone lo osservò
più stupita che arrabbiata.
Era giovane e piccolina di statura,
aveva il viso tondo e simpatico, due occhi color nocciola chiaro
spruzzati di pagliuzze verdi e gialle e un fisico rotondetto che gli
ispirò tenerezza. La veste nera dai bordi dorati era
completamente fradicia, ai piedi portava un paio di sandali neri
zuppi d'acqua.
"Non fa niente, non l'hai fatto
apposta!" rispose la piccola demone tremando, un po' per lo
spavento e un po' per il freddo.
"Ma tu non sei Azaele, l'amico
dell'angelo Michele?" domandò un po' titubante.
"Si, ma tu come fai a sapere chi
sono? Non mi sembra di conoscerti!" rispose stupito il demone.
"Non credo proprio ci siano altri
colleghi che vanno in giro con un giaccone e un cappello da marinaio!
Non te ne separi mai?" rispose lei.
"Quasi mai. Me li ha regalati un
umano a cui ero molto affezionato, sono diventati i miei
portafortuna! E tu come ti chiami?"
"Adel, piacere!" rispose la
demone porgendogli la mano.
Azaele la strinse e notando che Adel
tremava propose "Senti, vorrei scusarmi per il tuffo nel
Tevere. Perché non vieni da me, ti fai una doccia e intanto
che laviamo la tua veste ti offro qualcosa di caldo!"
Adel rimase molto colpita dalla
premura dimostrata da Azaele, di norma i demoni non sono affatto
gentili e dopo uno scontro del genere al massimo si sarebbe aspettata
di ricevere uno sgarbato "Guarda dove voli, idiota!". Non
delle scuse sincere e men che meno un invito a bere un tè o
una cioccolata calda. La situazione la mise terribilmente a disagio,
lei era in missione per scoprire se davvero Azaele aveva messo al
mondo un figlio e fare rapporto al suo capo, Akenet, che molto
probabilmente avrebbe organizzato il rapimento del bambino e magari
ordinato di eliminare sia Azaele che la sua ragazza umana.
D'altra parte, era anche vero che
accettare l'invito di Azaele le avrebbe permesso di concludere la sua
missione più velocemente del previsto. Sarebbe tornata dal suo
capo e avrebbe cercato di dimenticare prima possibile di essere una
persona orribile, capace di tradire la fiducia di uno dei pochi
demoni che avesse conosciuto capace di mostrare un po' di gentilezza.
Sospirò sperando che si trattasse solo di un altro errore di
Radael!
"Va, bene. Ti ringrazio, mi fermo
da te volentieri!" disse senza riuscire a guardare Azaele negli
occhi.
Il demone sorrise "Figurati è
il minimo!"
Adel pensò che dopo quella
missione molto probabilmente si sarebbe meritata di tenere compagnia
ai dannati del Girone dei traditori.
#
Azaele atterrò sul balcone
della cucina, diede un'occhiata all'interno e una volta constatato
che Arianna non c'era si rivolse ad Adel "Ok, l'amica umana di
Alba non sembra essere in casa, possiamo entrare e renderci visibili,
senza le ali e il resto però. Arianna potrebbe tornare
all'improvviso!"
"Ok" rispose Adel
nascondendo le ali e l'aureola spezzata.
Una volta entrati furono accolti da un
demone dai capelli rossi piuttosto imbronciato, che Adel conosceva
abbastanza bene, e da un angelo biondo dagli occhi azzurri
dall'aspetto teso che le rivolse uno sguardo sospettoso.
"Bu… buonasera!"
salutò la demone a disagio di fronte a Michele.
Azaele presentò Adel fingendo
di non aver notato che tra Sael e Michele c'era una strana tensione,
come se fossero stati interrotti mentre litigavano. "Ragazzi,
lei è Adel. Ha fatto un tuffo nel Tevere per colpa mia e così
ho pensato di farmi perdonare invitandola a casa per fare una doccia
calda e bere una cioccolata mentre la sua veste si lava e si
asciuga!".
"Ciao Adel. È da parecchio
che non ci vediamo!" esclamò Sael.
Azaele osservò Adel confuso "Vi
conoscete?"
"Si, lavoravamo insieme nel Terzo
girone, prima che Sael venisse promosso alla Gestione
utenti esterni rispose
Adel.
"Oh! L'inferno è davvero
piccolo!" commentò Azaele stupito. "Alba è
ancora in camera sua?" domandò poi.
"Si, oggi non si sente bene!"
rispose Sael.
"Lo so" sospirò
Azaele. "Vado a chiederle come sta e se mi presta un
accappatoio o un asciugamano da doccia. Michele ci prepari una cioccolata delle tue?"
Michele annuì e senza parlare
cominciò ad armeggiare nella credenza. Azaele si diresse verso
la camera di Alba sperando di trovarla meno propensa a usarlo come
bersaglio delle sue bombe infuocate.
In cucina intanto si era fatto un
silenzio imbarazzante, Sael non riuscendo più a sopportare la
tensione salutò Adel e fece per uscire ma Michele lo fermò
irritato. "Puoi anche andartene ma lo sai, vero, che non abbiamo
finito il discorso?"
Sael indossò gli occhiali scuri
e rispose "Comunque adesso non è il momento!"
Michele lanciò uno sguardo ad
Adel che abbassò gli occhi imbarazzata. "No, non è
il momento, almeno su questo sono d'accordo con te!" risposte
nervosamente.
Sael tirò su con il naso e se
andò.
Michele sbatté il barattolo
della cioccolata e mormorò. "Merda, non di nuovo!"
#
Azaele si affacciò alla porta
della camera di Alba dopo aver bussato timidamente e domandò
titubante "Posso entrare?"
Alba, che aveva passato il pomeriggio a
piangere a letto sentendosi in colpa per come aveva trattato Azaele,
si mise a sedere e lo accolse con un sorriso. "Sei tornato!"
Il demone rimase un po' stupito dalla
reazione di Alba, ma ricordando il consiglio di Galletti anziché
fare commenti entrò e disse solo "Mi dispiace, prima mi
sono comportato da vero idiota!"
Alba abbassò lo sguardo e
rispose "Ho esagerato anche io, non c'era bisogno di aggredirti
in quel modo!"
Azaele si sedette sul letto al suo
fianco e la abbracciò. Rimasero un po' in silenzio poi lei
assunse un'espressione divertita e commentò "Certo che il
povero Galletti chissà che avrà pensato quando ho fatto
scoppiare le tazzine in quel modo!"
"Ammesso che se ne sia accorto,
per me era troppo concentrato ad impersonare la Sfinge!" rispose
Azaele sorridendo.
Il sorriso di Alba si allargò
"Poveretto che situazione imbarazzante! Devo dire però
che è piuttosto portato per la recitazione!"
"Metodo Stanislavskij
, tu non interpreti
la Sfinge tu sei
la Sfinge. Robert De Niro gli fa una pippa a Galletti!" aggiunse
Azaele.
I due scoppiarono a ridere come due
ragazzini. Alba però si interruppe all'improvviso e osservando
seria Azaele domandò "Di un po', ma per caso puzzo? Sono
stata chiusa qua dentro tutto il pomeriggio!”
Azaele ammutolì, guardò
Alba dritto negli occhi e… non osò rispondere.
Alba sostenne lo sguardo del suo
ragazzo e quando scorse il panico nelle iridi nere, il suo viso si
distese in un allegro sorriso.
"Paura, eh? Guarda che lo so che
puzzo come una capra tibetana!" disse dandogli una spinta
scherzosa e alzandosi dal letto. “Non so come fai a starmi così
vicino! Vado a farmi una doccia e lavarmi i denti così dopo
possiamo fare pace sul serio!" aggiunse strizzando l'occhio ad
Azaele che emise un sospiro di sollievo e, visto che Alba sembrava di
nuovo serena, provò a porle una domanda potenzialmente
suicida. "Alba, lo so che prima mi sono comportato come un
idiota geloso e infatti mi sono scusato con il tuo collega, ma tu eri
già arrabbiata con me da prima che arrivassi, non è
così?"
Alba si irrigidì per un attimo
che ad Azaele sembrò lunghissimo, quindi emise un lungo
sospiro. Si sedette sul bordo del letto e rispose. "Hai ragione,
il fatto è che stamattina a Sael è sfuggito che tempo
fa hai avuto una storia con Aleniel. Lo so che non stavamo insieme
quando è successo e che non avrei il diritto di essere gelosa,
ma non sopporto il pensiero di te con altre donne, soprattutto se
sono dotate di tette completamente fuori scala!"
Azaele rimase basito, Sael era stato
proprio idiota, come cavolo aveva potuto farsi scappare un notizia
del genere con Alba!
Anche se riflettendoci... tutto
sommato forse era stato meglio che Alba fosse venuta a saperlo da lui
piuttosto che da qualche collega dispettoso o peggio che mai, dalla
stessa Aleniel.
Sospirò e cercò di
giustificarsi. "Non è stata una storia, è stato un
ricatto! Mi ero intrufolato in casa sua per recuperare la spada di
Michele e lei mi ha beccato!"
Alba cominciò a ridere "Aza,
ti rendi conto che sembra l'inizio di un film porno? Il ladro che
viene beccato in flagrante dalla poliziotta super tettona che lo
costringe a soddisfare le sue voglie in cambio della libertà...
"
"Cosa? Bé, in effetti!”
considerò Azaele un po' imbarazzato “Però ti
giuro che è andata proprio così. Lei voleva fare un
dispetto a Michele con cui si era appena lasciata definitivamente!"
"E tu, povero, hai dovuto cedere
al ricatto, eh? Chissà quanto ti è costato!"
domandò Alba continuando a ridere.
Azaele si rese conto che la sua
ragazza lo stava trascinando nel bel mezzo di un campo minato. Esitò
un attimo e poi decise di essere sincero.
"Senti, ammetto che non è
stato un gran sacrificio ed è anche stato abbastanza
divertente. Quando non è scorbutica Aleniel riesce anche ad
essere simpatica. Però se devo essere onesto, non mi sono
sentito a posto con me stesso, lei era pur sempre la ex di Michele e
poi non gliene fregava nulla di me. Te l'ho detto. Voleva solo
prendersi una rivincita su di lui e probabilmente togliersi la
curiosità di andare a letto con un demone".
Alba gli rivolse uno sguardo tra
l'ironico e l'affettuoso.
"Alba, lo sai vero che non me ne
può fregare di meno di Aleniel?" si lamentò
Azaele.
Ma lei non rispose e si passò
una mano sul ventre facendosi seria.
“Stai bene?” domandò
lui preoccupato.
Alba prese una mano del demone e la
strinse forte "Lo sai vero, qual è il reale motivo per
cui oggi sono stata male? Lo hai sentito anche tu… dentro di
me?"
"Alba, ma allora te ne eri già
accorta?"
Lei annuì. "Non possiamo
tenerlo, vero?" domandò lei affranta.
Azaele si sentì morire. Non
sopportava di vedere Alba così triste e nemmeno di dover
rinunciare al loro figlio.
La abbracciò stretta e
poggiandole una mano sul ventre ringhiò "Non mi importa
un accidente di tutte le stronzate che si dicono sul figlio del
diavolo! Io ti amo, tu sei la mia compagna e questo è nostro
figlio! Io non permetterò a nessuno di farvi del male,
piuttosto mi faccio ammazzare!"
Alba si strinse a lui tremando "Io
non voglio che tu ti faccia ammazzare, io voglio che possiamo vivere
insieme, per sempre!"
"E sarà così Alba!
Lotteremo per avere un futuro insieme. Noi saremo una famiglia e sia
lassù che laggiù se ne dovranno fare una ragione!"
Si staccò da lei e
accarezzandole una guancia le disse "Senti, mentre tornavo mi
sono scontrato con una demonietta e l'ho buttata nel Tevere, per
scusarmi l'ho invitata a prendere qualcosa di caldo mentre laviamo la
sua veste. Le ho anche proposto di farsi una doccia, ti secca?”
“No, figurati, tanto c'è
anche l'altro bagno. Piuttosto sarà meglio prestarle un
asciugamano!” Alba andò a frugare nell'armadio, tirò
fuori un asciugamano da doccia bianco e morbido e lo porse ad Azaele.
“Grazie. Ora però è
meglio se la raggiungiamo, l'ho lasciata con Michele e penso siano
entrambi un po' in imbarazzo, sai com'è… un angelo e
una demone da soli in cucina, temo non abbiamo molto da dirsi!"
"Ma non c'era anche Sael?"
"L'ho sentito andare via mentre
venivo da te, ho idea che lui e Michele abbiano litigato. Ultimamente
Sael è piuttosto strano, non capisco cosa gli sia preso!"
Alba sospirò "È
spaventato da un sogno"
"Un sogno?"
"Poi ti spiego, dai non facciamo
aspettare ancora la tua ospite!" rispose Alba dirigendosi verso
la porta.
#
Adel era dispiaciuta per Michele. Sael
doveva essere veramente un cretino per far star male un ragazzo che
dava l'idea di essere la gentilezza in persona. Vincendo l'imbarazzo,
si rivolse timidamente all'angelo. "Ti chiedo scusa, io e Azaele
siamo arrivati in un momento poco opportuno!"
Michele si asciugò il viso e
rispose "No, stai tranquilla, di inopportuno qui ci sono solo le
idiozie di cui si è convinto Sael!"
"Che cosa ti ha detto per farti
stare così male?" domandò Adel sinceramente
dispiaciuta.
Michele scrollò le spalle
"Niente, lascia perdere. Ti chiedo scusa ma sono cose troppo
personali, non mi sento di parlartene. Per favore non offenderti!"
Adel sorrise "Guarda che
all'Inferno lo sanno tutti che tu e Sael state insieme!"
Michele arrossì un po'
imbarazzato. "Davvero?"
"Certo, credevi che una rapporto
come il vostro potesse passare inosservato? Gli Arcidiavoli hanno
spie dappertutto!"
Michele la osservò pensieroso
"Sael è stato richiamato o minacciato, che tu sappia?"
Adel sorrise ricordando le parole di
Akenet. "Assolutamente no. Ci sono stati solo dei normali
pettegolezzi tra colleghi e qualche battuta cretina. Niente di più"
Michele sorrise, ma subito si rabbuiò
"Ma allora perché si preoccupa tanto per la nostra
storia, secondo te?"
Adel ci pensò un attimo. "Non
saprei. Però Sael è un ragazzo incredibilmente bello e
giù da noi sono in molti quelli che vorrebbero… insomma
sai cosa intendo…"
Michele assunse un'espressione ancora
più triste e Adel aggiunse subito "Ma lui è sempre
stato molto timido e chiuso, credo che neanche si accorga
dell'effetto che fa. Magari qualcuno che aveva delle mire su di lui
si è ingelosito nel sapere che ha trovato un compagno e sta
cercando di creargli delle ansie per convincerlo a lasciarti"
"Tu hai qualche idea su chi
potrebbe essere?" domandò Michele.
Adel sospirò, Michele la
osservava con aria così speranzosa che avrebbe voluto
aiutarlo. Ma non gli venne in mente nessuno in particolare.
"Mi dispiace, non ne ho idea.
Però potresti chiedere direttamente a Sael!"
"Potrei, ma ultimamente è
diventato scontroso, temo che ormai stia per lasciarmi! Forse,
ha semplicemente perso interesse per il nostro rapporto"
commentò tristemente Michele.
Adel osservò quell'angelo così
bello e gentile e si domandò come poteva essere possibile che
Sael stesse rischiando di perderlo. Allo stesso tempo le sembrava
strano che il collega stesse solo cercando una scusa per lasciarlo.
Non che fossero stati mai molto in confidenza, ma per quanto lo
conosceva non gli era sembrato un tipo sciocco o superficiale.
"Senti, se vuoi provo a parlargli, io per lavoro ho spesso a che
fare con le comunicazioni tra Arcidiavoli, magari se gli dico che non
ci sono dossier su voi due si tranquillizza!"
L'angelo le rivolse uno sguardo così
grato, che per un attimo Adel desiderò di essere stretta tra
le sue braccia e fare cose… bé cose che era meglio
evitare di descrivere. Sospirò ripensando all'ultimo ragazzo
che aveva avuto, un cretino che aveva lasciato immediatamente dopo
averlo trovato a rotolarsi sul loro letto con una demone alta come un
palo e magra come un chiodo.
La voce allegra di Azaele la distrasse
dai suoi pensieri. "Eccomi qua, Adel!" la piccola
demone alzò lo sguardo e vide Azaele porgerle un morbido
asciugamano bianco. Accanto a lui una giovane umana molto carina,
dagli occhi verdi e i capelli neri e ricci la osservava con uno
sguardo accogliente e un po' stanco.
La ragazza sorrise e si presentò
"Ciao Adel, io sono Alba, la ragazza di Azaele”.
Adel si rese conto di due cose, la
prima era che Alba e Azaele erano una coppia incredibilmente ben
assortita. La seconda, che alla sua acuta vista di demone non poteva
sfuggire, era che Alba aveva il ventre leggermente tondo e gonfio e
no, maledizione, questa no, non era una buona notizia. Cioè lo
sarebbe stata se nel giro di una manciata di secondi non si fosse già
innamorata di loro due insieme.
Sospirò pensando ad Akenet e
agli altri Arcidiavoli. Avrebbe compiuto il suo dovere, perché
non poteva evitarlo ma sapeva già che si sarebbe odiata. A
volte essere una demone infernale le risultava più
insopportabile del solito e questa era una di quelle volte.
#
Se gli umani avessero avuto il dono di
vedere oltre la loro realtà, quel pomeriggio avrebbero potuto
notare che sul tetto della Rinascente un Arcangelo osservava il cielo
impaziente. La sua armatura di titanio, molto più leggera e
funzionale delle antiche armature di ferro abbandonate dagli arcangeli verso la fine del ventesimo
secolo, brillava accarezzata dagli ultimi raggi di un sole che ormai
si avviava a tramontare.
Gabriel aspettava impaziente Safet
accanto al cartellone pubblicitario che qualche mese prima aveva
buttato giù a causa di un atterraggio non proprio da manuale
e che qualche umano di buona volontà aveva rimesso al suo
posto.
Osservando il sole che cominciava a
tramontare colorando di rosso il cielo di Roma, ripensava a quando
lui e Safael erano ancora solo due giovanissimi angeli. Due ragazzini
senza problemi con il solo incarico di supportare il padre nella
gestione del creato che allora era molto meno complicato. Solo
creature semplici che nuotavano nell'acqua, niente catene alimentari
e soprattutto niente esseri umani dotati di libero arbitrio. Che poi
ormai non c'erano nemmeno più solo gli esseri umani da tenere
sotto controllo. Gabriel sbuffò affaticato, certe volte tenere
dietro a tutti i popoli creati dal Padre e sparsi per tutto
l'universo era veramente faticoso.
In ogni modo a quei tempi era tutto
più facile e divertente. Insieme a lui e Safet poi c'erano
anche Galadriel che sarebbe diventata la sua compagna e un altro
angelo dai capelli rossi che in seguito avrebbe scelto di ribellarsi perché a
suo parere la creazione degli umani era stata l'idea peggiore del
Padre, dopo la catena alimentare. Insieme loro quattro si erano
divertiti tantissimo e a dire il vero ne avevano anche combinate
parecchie, tipo quando avevano creato l'ornitorinco. Ricordava ancora
lo sguardo perplesso del Padre di fronte a quel cosino buffo e senza
senso!
Ma poi tutto era cambiato. Lucifero si
era ribellato ed era scoppiata la Grande Guerra a causa della quale
Galadriel non c'era più e l'amicizia con l'amico dai capelli rossi che aveva scelto di stare con i ribelli era
andata perduta.
Fortunatamente almeno lui e Safet
erano rimasti profondamente legati, d'altronde sebbene il demone
agli occhi di chi non lo conosceva potesse sembrare freddo e
scostante in realtà era un pezzo di pane. A volte gli
ricordava Michele, il migliore amico di suo figlio. Galadriel aveva
avuto un'ottima intuizione quando, nonostante la giovanissima età,
lo aveva scelto per affidargli il loro bambino. Azaele aveva avuto un
fratello maggiore affidabile e protettivo su cui poter contare, e Dio
sa quanto ne aveva avuto e ne aveva ancora bisogno.
Gabriel si rese conto di aver
nominato il Padre e diede un'occhiata verso l'alto con aria
mortificata. Così facendo scorse finalmente Safet tra le
nuvole.
Il supervisore raggiunse il palazzo
della Rinascente in pochi secondi e atterrò con eleganza. Safet era sempre stato elegante fin da ragazzino. Gabriel lo
aveva sempre ammirato per questo e a dire il vero anche per molti
altri motivi, compreso quello di aver scelto l'Inferno pur di stare
vicino ai suoi studenti e ai loro figli. E indubbiamente per Gabriel
era sempre stato di grande conforto sapere che laggiù, il suo
vecchio amico vegliava su Azaele.
Safet gli si avvicinò con aria
tesa e domandò "Immagino abbia già capito il
motivo per cui ti ho chiamato!"
"Per favore non dirmi che è
successo!"
"Purtroppo si. Come se non
bastasse Azaele non è intenzionato a rinunciare al bambino!"
"Davvero?" domandò
Gabriel sorridendo.
Safet alzò gli occhi al cielo
"Non mi dirai che approvi! Gabriel ti rendi conto almeno tu di
cosa significa?"
Gabriel si appoggiò al
cartellone pubblicitario. "Si, me ne rendo conto benissimo
Safael, però sono stanco di rinunciare ai miei affetti. Amo
mio figlio, anche se non gliel'ho mai dimostrato, e mi sono
affezionato anche alla sua ragazzina. Li ho osservati in questi mesi
e lei è molto dolce e paziente con lui. Non voglio che
facciano scelte dolorose solo perché qualcuno crede che il
loro bambino possa determinare l'Armageddon. Te l'ho già detto
anche l'altra volta non ho intenzione di lasciare solo Azaele, anche
se questo dovesse significare scontrarsi con gli altri sei Guerrieri
e con gli Arcidiavoli"
Safet si avvicinò a Gabriel e
gli posò una mano sulla spalla. "Se le cose stanno così
è meglio che cominciamo a pensare a degli alleati, non
possiamo combattere io te, Michele e Azaele contro tutti"
"E sarebbe meglio che cominciaste
a cercarli in fretta, perché laggiù la voce che il
demonietto ha messo incinta la sua regazzetta sta a girà più
vorticosamente delle pale di un canadair dei Vigili del fuoco!"
intervenne una voce dietro il cartellone.
"Ma che diavolo… Razel!
Stavi origliando?" domandò nervosamente Safet, vedendo il
demone dai capelli rossi uscire allo scoperto.
Gabriel nello scorgere Razel portò
immediatamente la mano sull'elsa della spada.
Razel commentò amaro. "È
così che accogli un vecchio amico, Gabriel?"
Gabriel allontanò la mano dalll'elsa un pò
imbarazzato "È passato molto tempo da quando eravamo
amici, Razel!"
"Davvero, bé pensavo che
quella volta, durante la Grande guerra, nun m'avessi ammazzato perché
in fondo eravamo amici. Avrò inteso male!" rispose Razel
fissando dritto negli occhi Gabriel che sostenne lo sguardo del
demone e rispose "Non fare la vittima Razel, non ti si addice.
Sei stato tu a voltare le spalle a me Galadriel e Safael quando di ti
sei schierato con Lucifero!"
"Famme capì, io vi ho
voltato le spalle e Tywin Lannister qui, invece, ha deciso di vivere
all'Inferno perché preferisce i climi caldi?" rispose
Razel indicando Safet.
"Guarda che il Trono di spade
l'ho visto anche io! Comunque sai benissimo che le vostre motivazioni
erano ben diverse, tanto è vero che Safael si è tenuto
le ali angeliche!" rispose l'Arcangelo avvicinandosi a Razel con
aria di sfida
Razel ridacchiò senza
scomporsi. "Me sembra un film già visto, un angelo che
difende a spada tratta un demone infernale!"
Safet intervenne sbuffando.
"Piantatela di battibeccare voi due, sembrate due ragazzini!
Piuttosto, Razel, da che parte pensi di stare questa volta, con noi o
contro di noi?"
Razel infilò due dita nella
tasca del gilet di pelle e tirò fuori una sigaretta. La mise
in bocca e sfregò l'indice e il medio contro il pollice per
accenderla. Tirò una boccata e anziché rispondere
domandò a Gabriel "Safet mi parlò di Sael e di
come per lui era stato difficile lasciarlo, perché tu e
Galadriel invece non mi avete mai detto quale dei piccoletti era il
vostro e a chi lo avevate affidato? Nun ve fidavate di me? Eppure a
quei tempi, in teoria, eravamo ancora amici, o almeno io credevo che
lo fossimo!"
Gabriel questa volta non riuscì
a sostenere lo sguardo di Razel. "Non lo so, forse perché
avevi già cominciato ad allontanarti da noi. Se ben ricordi
avevi iniziato a frequentare anche altri giri di amici e dopotutto è
stato proprio con loro che hai combattuto. Quindi perché
continui a comportarti come se fossimo stati noi a tradirti?"
"Magari perché ho sperato
fino all'ultimo che qualcuno di voi perfettini mi fornisse una scusa
per lasciar perdere e invece... voi e il vostro rispetto del libero
arbitrio avete lasciato che finisse come è finita!"
Tra i tre cadde un silenzio
malinconico che Safet ruppe per primo. "Ormai è inutile
tirare fuori gli errori del passato. Il figlio di Gabriel è
nei guai e come tu stesso hai detto non abbiamo tempo da perdere. Per
cui te lo domando di nuovo, da che parte stai?"
Razel, incrociò le gambe,
infilò una mano nella tasca dei jeans e poggiò la
schiena sul cartellone pubblicitario. Aspirò un paio di
bloccate e sbuffò altrettante nuvolette di fumo. "Azaele
me sta simpatico e in fondo pure il frocetto biondo che sta sempre a
parargli le spalle...”
“Si definisce gay, anzi bisessuale,
nel caso di Michele” puntualizzò Safet.
Razel non si scompose “Vabbè,
il biondino bisex che scopa con tuo figlio, che per inciso me sta
simpatico pure lui...”
“Troppo buono!” commentò
sarcastico Safet facendo un notevole sforzo per evitare di afferrare
Razel e costringerlo a lavarsi la bocca con l'acido muriatico.
“...per cui vedrò di
soprassedere sul fatto che Gabriel è uno stronzo presuntuoso
che nun sa chiedere scusa! Ve sta bene?"
"A me sta bene” rispose
Safet “E a te, Gabriel?"
"Visto che abbiamo bisogno di
alleati, vedrò di farmi andar bene che Razel abbia la memoria
corta quando si tratta delle sue cazzate, un eloquio disdicevole e
soprattutto un pessimo gusto nel vestire!"
"Ha parlato Robocop de noantri!"
rispose Razel.
Gabriel diede un'occhiata imbarazzata
alla propria armatura e commentò "Razel, ma va un po' a
'fanculo, va!".
Razel ridacchiò, seguito da
Safet e alla fine anche dallo stesso Gabriel. Le risatine si
trasformarono in risate sempre più forti e liberatorie e alla
fine, quando tutti e tre riuscirono a riprendere il controllo,
Gabriel porse una mano a Razel e commentò "Ben ritrovato,
roscio!"
Nota autrice
Mi sono accorta che c'è un po' di confusione con Safael/Safet per cui vado a spiegare: Safael è il nome da Arcangelo di Safet. Quando Safael ha scelto di andare all'inferno per stare vicino ai suoi ex studenti e a suo figlio, ha perso il suo nome di Arcangelo ed è diventato Safet.
Gabriel e altri angeli, che gli sono rimasti amici però continuano a chiamarlo con il suo nome di Arcangelo, ecco perché a volte viene chiamato Safet e altre volte Safael.
Scusate, mi rendo conto che la cosa crea un po' di confusione! 😅
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Capitolo 5 *** Qualcuno se ne va ***
Capitolo 5
Qualcuno se ne va!
Sael aveva bisogno di bere qualcosa,
era triste e preoccupato per Michele, sapeva che lo stava facendo
soffrire, ma purtroppo non se la sentiva di dirgli per quale motivo
si stava convincendo che la loro relazione fosse sbagliata.
Atterrò davanti al Pantheon, si
nascose dietro una delle colonne e dopo essersi reso visibile agli
umani entrò in uno dei bar che si affacciavano su Piazza della
Rotonda. Un bel ragazzo alto e biondo gli rivolse un'occhiata
amichevole, ma Sael non era in vena di lavorare per cui evitò
lo sguardo invitante del ragazzo. Un angelo lo guardò stupito,
era la prima volta che gli capitava di incrociare un demone che
rinunciava a tentare un umano! Sussurrò qualcosa nell'orecchio
del ragazzo biondo che ripensò a quello stava per fare e,
vergognandosi come un ladro, pagò il conto e usci dal bar per
andare a comprare delle rose per il suo fidanzato.
Sael ordinò un mojito
chiedendosi se stava esagerando, continuare a negare una spiegazione
a Michele avrebbe finito per distruggere l'unica cosa veramente bella
che gli era capitata da quando era stato precipitato all'Inferno. Per
non parlare del fatto che era innamorato di Michele fin da ragazzino,
da quella volta che l'angelo aveva beccato lui, Sakmeel e un altro
gruppo di giovanissimi demoni a far casino nel Giardino dell'Eden.
A quei tempi la Grande Guerra era
finita da poco, gli Angeli erano impegnati soprattutto a
riorganizzare il Paradiso e il Giardino dell'Eden era rimasto un po'
abbandonato per cui nessuno si era accorto che la porta da cui erano
usciti Adamo ed Eva era rimasta aperta. Gli Angeli si ricordavano
del Giardino più che altro quando desideravano un po' di
“privacy”. Sael e i suoi amici, che ai tempi erano in
piena adolescenza, avevano pensato di intrufolarsi e far casino per
disturbare le coppiette angeliche e in effetti avevano finito per
creare un tale parapiglia che Ysrafael aveva mandato Michele e Ariel
a mettere a posto le cose.
All'arrivo dei due angeli, Sael e gli
altri demoni erano scappati tutti a parte Sakmeel che aveva avuto la
bella pensata di saltare in groppa ad un ipogrifo che dal canto suo
non aveva apprezzato per niente l'idea e lo aveva sbalzato a terra
riempiendolo di zoccolate. Sael era tornato indietro per aiutare
l'amico e così erano stati catturati dai due angeli.
Ariel li aveva fatti inginocchiare
con le mani alzate e dopo averli minacciati con la sua spada li aveva
schiaffeggiati così forte da far uscire loro lacrime di dolore
e di vergogna. Michele era intervenuto dimostrandosi molto più
comprensivo. Dopo averli redarguiti severamente e costretti a
promettere di non avvicinarsi più al Giardino, li aveva
lasciati andare. Sael lo aveva sentito discutere con Ariel che lo
aveva rimproverato di essere stato troppo buono, ma Michele aveva
risposto che erano solo dei ragazzini e che non era il caso di
esagerare.
Il demone non si era mai dimenticato
degli occhi azzurri di Michele, così luminosi, né del
suo sorriso comprensivo e forse anche un po' divertito.
Dopo quella volta per millenni non si
erano più incontrati, lui era diventato un demone adulto e
aveva avuto le sue storie d'amore, ma non era mai riuscito a trovare
nessuno che potesse reggere il confronto con il ricordo di
quell'angelo bellissimo e gentile.
Secoli dopo, quando lo avevano
finalmente promosso assegnandolo agli utenti esterni, aveva
conosciuto Azaele e con sua grande sorpresa aveva scoperto che il
moretto e l'angelo erano migliori amici.
Ma Michele non aveva mai mostrato di
riconoscerlo. Ed era comprensibile, Sael era molto cambiato rispetto
al ragazzino dai lunghi capelli, magrissimo e spaventato che aveva
rimproverato millenni prima.
Sospirò, non era ancora
riuscito a ricordare a Michele quell'episodio tutto sommato
divertente. L'idea di confessargli che era innamorato di lui
praticamente da tutta la vita lo imbarazzava, temeva di potergli
sembrare immaturo.
Solo Azaele e Sakmeel avevano intuito
i suoi sentimenti.
Tra l'altro Sael aveva scoperto solo
di recente che Sakmeel aveva sempre saputo della sua cotta per
Michele ma si era tenuto il segreto e così si era reso conto
che il demone tarchiato gli era molto più amico di quanto
avesse mai creduto.
Osservò il bicchiere di mojito
pensieroso e ritornò a riflettere sul suo rapporto con
Michele. E se invece stava sbagliando tutto? Se aveva ragione Michele
quando diceva che a nessuno sarebbe importato del loro amore finché
entrambi avessero continuato a svolgere scrupolosamente il loro
lavoro?
"Sael!". La voce adirata di
Yrafael lo riportò alla realtà. Il supervisore
angelico lo osservava contrariato, era accompagnato da Ariel che lo
stava osservando con uno sguardo indecifrabile.
"Avevamo un appuntamento o
sbaglio?". L'angelo si avvicinò al demone, seguito da
Ariel che si sedette su uno sgabello libero al fianco di Sael, senza
dire una parola.
"Sono stato molto impegnato con
il lavoro, Ysrafael. Sul serio!". Rispose Sael un po' a disagio.
Il supervisore lo squadrò
gelido. "Per essere un demone infernale menti piuttosto male. E
togliti quegli occhiali quando parli con me, te l'ho già
detto. Odio dovermi ripetere!"
Sael si tolse gli occhiali
svogliatamente. Sapeva che il supervisore voleva delle risposte e lui
non aveva voglia di dargliele. "Ysrafael!” ribatté
facendo un cenno con la testa verso i tavolini del bar intorno ai
quali un gruppetto di demoni cercava di creare nervosismo tra gli
umani e uno di angeli di contrastare i tentativi dei colleghi
infernali. “Scusa, ma non mi sembra il caso di parlare proprio
ora, è pieno di colleghi!".
"Allora, hai riflettuto su quello
che ti ho detto?". Domandò ancora Ysrafael ignorando la
preoccupazione di Sael. Lui era un supervisore, se voleva parlare con
un demone poteva farlo, era nel suo diritto.
Sael abbassò gli occhi sul
mojito. "Michele dice che lassù non importa a nessuno se
ci amiamo, che l'importante è continuare a svolgere il proprio
lavoro con serietà e professionalità"
Ysrafael sogghignò leggermente
"Mi pare ovvio che minimizzi, è parte in causa! Ma ciò
non toglie che qualcuno potrebbe cominciare a chiedersi da che parte
stia realmente!"
Sael impallidì. "Michele è
la correttezza in persona! Io non credo che il fatto che stia con me
possa creare dubbi sulla sua lealtà!"
"Forse non ti rendi bene conto di
ciò che sei, guarda lo specchio e dimmi cosa vedi dietro di
te" replicò un po' crudelmente Ysrafael.
Sael si voltò verso lo specchio
del bar e osservò i colleghi. Gli angeli quando si
avvicinavano agli umani ne aumentavano l'aura luminosa rendendo i
loro sorrisi più aperti, le loro risate più allegre, le
loro espressioni più cariche di fiducia ed empatia, i demoni
al contrario spegnevano qualsiasi luce sul viso degli umani
rendendoli cupi e rancorosi. Sael si guardò riflesso nello
specchio e si rese conto di quanto le sue ali nere e la sua aureola
spezzata fossero buie e inquietanti rispetto alla luminosità
delle ali e delle aureole degli angeli. Provò un dolore così
intenso che abbassò lo sguardo e due lacrime scivolarono lungo
le sue guance.
La reazione di Sael stupì
Ysrafael così tanto che l'angelo si sentì in dovere di
posargli una mano sulla spalla per confortarlo.
"Ascolta ragazzo, lo vedo anche
io che ti distingui dalla maggior parte di loro" concesse
indicando gli altri demoni con un gesto circolare del braccio. "Ma
ti rendi conto che anche tu porti quel buio con te? Capisci cosa può
significare per Michele?"
Sael annuì senza riuscire ad
alzare lo sguardo.
"Farai quello che ti ho
suggerito?" domandò ancora.
"Si, lo farò!"
rispose in un soffio il demone.
"Bene, ne sono felice per Michele
e anche per te che mi confermi di essere meglio di ciò che
sembri! Vedrai che un giorno capirai di aver fatto la scelta più
giusta!"
Ysrafael, batté la mano sulla
spalla di Sael e poi rivolgendosi ad Ariel disse "Andiamo!".
Uscì dal bar e aprì le ali alzandosi in volo.
Ariel, che fino a quel momento non
aveva aperto bocca, osservò Sael con uno sguardo strano,
sembrava indeciso su qualcosa. Alla fine incrociò le braccia e
disse "Pensaci bene prima di decidere cosa fare, perché a
volte se si commette un errore grave nei confronti di una persona a
cui teniamo, può capitare che non si riesca a ripararlo, mi
spiego?"
Sael avrebbe voluto dirgli che no, non
si era spiegato. Che non aveva capito se l'errore fosse lasciare
Michele o continuare a stare con lui, ma non ebbe tempo di
chiederglielo perché l'angelo era già volato via.
#
Arianna aprì il portabagagli e
cominciò a raccogliere le buste della spesa. Era così
presa dai suoi pensieri che sobbalzò al saluto cordiale del
padre di Sael "Buonasera Arianna, serve aiuto?".
"Oh, buonasera Signor…"
Arianna si rese conto di non conoscere il nome del padre di Sael che
gli era stato presentato da Azaele semplicemente come il
padre di Sael.
Safet rendendosi conto dell'imbarazzo
della ragazza le venne incontro "Mi chiamo Safet".
"Che nome particolare, da dove
viene?".
"Sono originario del Medio
Oriente" rispose il demone sapendo che in genere quella risposta
accontentava la curiosità degli umani.
"Bello!" rispose Arianna non
sapendo che altro dire, si sentiva sempre in imbarazzo con gli amici
di Azaele.
"Sei pensierosa, come mai? In
genere sei molto più allegra e spensierata!" domandò
Safet prendendo qualche busta dal bagagliaio per aiutare la ragazza a
portare in casa la spesa. Arianna si domandò come faceva
quell'uomo a conoscerla così bene considerando che l'aveva
intravista una sola volta alla festa di Azaele ed Alba e in pratica
non avevano scambiato una parola. Nonostante ciò, per qualche
motivo che non seppe spiegarsi, provò il desiderio di
confidarsi con lui. Chiuse il bagagliaio con una mano e appoggiandosi
all'auto ammise "Sto per prendere una decisione che potrebbe
cambiare la mia vita in meglio ma ferire la mia migliore amica".
"Hai trovato lavoro lontano da
Roma e sei preoccupata perché Alba potrebbe prendere la tua
scelta come un abbandono o peggio un tradimento?". Ipotizzò
il demone osservandola con le buste della spesa in mano.
Arianna rimase di sasso.
"Tranquilla, non sono un mago.
Sael mi ha raccontato qualcosa di te e di Alba e sapendo che stai
cercando lavoro e che Alba è venuto ad abitare con te per
aiutarti economicamente, ho solo fatto due più due".
"Secondo lei, cosa dovrei fare?"
domandò Arianna che aveva bisogno di un consiglio obiettivo.
"Io penso che tu debba scegliere
quello che ritieni meglio per il tuo futuro. Alba può trovare
un nuovo inquilino più facilmente di quanto tu possa trovare
un buona occasione di lavoro e se è tua amica non potrà
che essere felice per te, non credi?"
Arianna lo osservò grata, erano
esattamente le parole che aveva bisogno di sentirsi dire.
Improvvisamente si rese conto che non era molto carino lasciare Safet
lì sul marciapiede con tutte quelle buste in mano. "Mi
scusi!" disse imbarazzata dirigendosi velocemente ad aprire il
portone, Safet ridacchiò e la seguì.
"Prego!" lo invitò
Arianna tenendo aperto il portone per farlo passare. Safet era molto
divertito, si sentiva un po' come un vampiro che riceveva un invito
ad entrare in casa della vittima ignara del pericolo. Fortunatamente
per Arianna però, lui non era interessato a saltarle al collo
e tanto meno a bere il suo sangue, cosa che peraltro reputava
abbastanza disgustosa. Si limitò ad entrare e dirigersi verso
l'ascensore seguito dalla ragazza.
Una volta entrati tra i due cadde un
silenzio un po' imbarazzato. Arianna che si sentiva in dovere di
ringraziare Safet per il consiglio, sorrise a disagio e disse. "Sael
è fortunato, lei è una persona molto rassicurante!"
"Grazie!" rispose Safet
chiedendosi se la ragazza avrebbe pensato la stessa cosa se avesse
conosciuto la sua vera natura.
#
Safet e Arianna entrarono insieme in
cucina per poggiare le buste della spesa. Arianna ebbe l'impressione
che Azaele non fosse molto felice di vedere il padre di Sael. Sul
tavolo c'erano quattro tazze. Arianna pensò che forse la
quarta era per Safet e si rivolse ad Alba facendole un cenno per
farle capire che aveva bisogno di parlarle in privato. Alba capì
e la seguì in camera.
"Che succede?" domandò
sedendosi sul letto.
Arianna sospirò "Ho una
buona notizia e una cattiva…".
#
"Se sei venuto per ricominciare a
cercare di convincermi a rinunciare a mio figlio puoi anche
andartene!" esordì Azaele sorseggiando la cioccolata e
rivolgendo a Safet uno sguardo carico di sfida. Michele strabuzzò
gli occhi. "Cosa… che stai dicendo Aza?" domandò
esterrefatto.
Safet rispose per Azaele. "Sta
dicendo che siccome è un cretino che non pensa alle
conseguenze delle sue azioni, ha deciso di scatenare una nuova guerra
tra Inferno e Paradiso!"
"Aza, ma cosa…?"
"Senti, Safet, mi sono già
rotto di questa storia, non vedo perché dovrei rinunciare a
mio figlio sulla base di una cazzata che quel branco di idioti dei
nostri colleghi demoni si sono inventati solo per consolarsi di
essere stati sbattuti all'Inferno per avuto la presunzione di
ribellarsi al Padre!". Protestò Azaele senza badare
all'angelo che lo guardava a bocca aperta con la tazza in mano.
"Perché si dà il
caso, che quel branco di idioti sia convinto che il mito sia vero e
pertanto agiranno di conseguenza! Piccolo ebete!" rispose Safet.
"Ma veramente tu e Alba…"
provò di nuovo a chiedere Michele che non riusciva a credere
alle sue orecchie.
"Che provino a toccare la mia
famiglia, sono pronto ad accoglierli insieme ai miei alleati! Non è
vero, Michele?" urlò Azaele sbattendo con forza la tazza
sul tavolo e facendo schizzare la cioccolata sulla tovaglia,
sull'elegante completo di tweed di Safet e, cosa ancora più
grave, sulla raffinatissima cravatta che diversi anni prima Cary
Grant, noto e amato attore protagonista di numerose commedie
Hollywoodiane, aveva regalato al supervisore infernale per averlo
aiutato a tirarsi fuori da un'imbarazzante situazione di cui non si è
mai fatto cenno in nessuna delle sue biografie e che Safet si era
sempre ben guardato dal rivelare a qualcuno.
Il Supervisore infernale nel vedere le
macchie di cioccolata profanare la sua adorata cravatta trattenne il
respiro per qualche secondo, Azaele notando che le iridi di Safet si
erano accese di un rosso cupo, pensò bene di zittirsi e
tornare a sedere con aria vagamente mortificata.
"Aza, ma che diamine hai
combinato?" domandò Michele sconsolato riferendosi sia
alla paternità inaspettata dell'amico che alla cravatta di
Safet.
"Ciao, papà. Ciao Aza!".
L'entrata di Sael colse tutti di
sorpresa. "Michele, posso parlarti in privato?" domandò
il demone con uno sguardo tetro.
L'angelo impallidì leggermente,
Sael aveva un'espressione che non prometteva nulla di buono. "Va
bene, andiamo in camera" rispose con il cuore che gli batteva
così forte da rischiare di uscirgli dal petto.
Safet osservò preoccupato i due
giovani uscire dalla cucina e per un attimo dimenticò gli
Alfieri del male, le guerre tra angeli e demoni e la cravatta di Cary
Grant. "Che succede?" domandò ad Azaele. "Qualcosa
non va tra quei due?"
Azaele sospirò "Non lo so
Safet. Ma Sael ultimamente è molto strano con Michele. Forse
ha cambiato idea e vuole lasciarlo!"
"Stai scherzando, spero! Ma che
accidente vi sta prendendo ultimamente, ragazzi? Possibile che non
riusciate a fare altro che stupidaggini?" si lamentò
Safet.
#
Adel chiuse con rammarico il rubinetto
della doccia, si stava così bene sotto il getto
dell'acqua calda. Uscì dalla doccia e si avvolse
nell'asciugamano bianco e morbido che le aveva offerto Alba. Ancora
una volta fu presa dai sensi di colpa. Quella ragazza era così
carina e gentile, avrebbe dovuto avvertirla del pericolo che lei e il
suo bambino stavano correndo. Si sedette sulla tavoletta del water
cercando di riflettere sul da farsi.
Le strade erano principalmente due.
Tappare la bocca alla sua coscienza e compiere fino in fondo il suo
lavoro di spia per poi ricominciare la sua routine di segretaria di
Akenet oppure rivelare tutto ad Alba e tornare dal suo capo
facendo finta di niente e sperando che non scoprisse la verità
e la condannasse a millenni di torture.
Alla fine decise per una via di mezzo.
Sarebbe tornata da Akenet e gli avrebbe fatto rapporto, ma avrebbe
anche lasciato da qualche parte un messaggio per Azaele e Alba in cui
li informava del pericolo che stavano correndo.
Si alzò un po' più
serena, uscì dal bagno per raggiungere gli altri in cucina e
godersi la sua cioccolata calda intanto che la sua veste finiva di
asciugarsi. Un attimo prima di entrare però sentì che
Azaele stava parlando con qualcuno, si sporse leggermente per non
farsi notare e riconobbe Safet, il supervisore infernale di Azaele e
Sael. Si fece immediatamente indietro. Non sapeva se Safet la
conosceva né se era al corrente che aveva sostituito la
precedente segretaria di Akenet. Arretrò silenziosamente
ritrovandosi davanti alla porta chiusa della camera di Arianna.
"Quando lascerai
l'appartamento?". Domandò una voce che Adel riconobbe
come quella di Alba.
"Questo fine settimana. Mi
dispiace tanto Alba, ma non preoccuparti, ti pago tutto questo mese e
anche il prossimo. Così hai tempo di trovare qualcuno che mi
sostituisca!' rispose una seconda voce femminile.
"Non te l'ho chiesto per i
soldi!" rispose Alba.
Passò qualche secondo di
silenzio poi la voce della seconda ragazza domandò "Sei
arrabbiata?"
"Ma, no. È solo che mi
dispiace che vada così lontano. Sarà difficile vedersi.
Mi mancherai tanto Arianna!"
"Anche tu, Alba".
Adel si domandò chi fosse la persona che andava via, sicuramente qualcuno a cui Alba teneva molto.
Povera ragazza, non era di sicuro un bel periodo quello che si
prospettava per lei.
D'improvviso sentì del
movimento in cucina. Presa dal panico all'idea che Safet potesse
uscire e riconoscerla, si precipitò verso la porta, la aprì
e scappò via dimenticandosi completamente di
recuperare la sua veste e di lasciare un messaggio ad Azaele e Alba.
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Capitolo 6 *** Rivelazioni ***
Capitolo
6
Rivelazioni
Adel
atterrò sulle rocce del nono girone e si sedette su un enorme
masso arrotondato. Era triste, amareggiata e notevolmente imbarazzata
per la codardia che si era resa conto di aver dimostrato scappando
come una ladra, senza recuperare la sua veste e soprattutto senza
lasciare alcun messaggio ad Azaele e Alba.
E
ora doveva anche trovare la forza di relazionare ad Akenet quanto
aveva scoperto.
Sbuffò
contrariata, non era giusto, perché doveva essere proprio lei
a distruggere la felicità di quei due?
Provò
a sforzarsi di trovare una soluzione, ma per quanto riflettesse non
riusciva proprio a trovare un modo per evitare che la nascita
dell'erede di Azaele diventasse di pubblico dominio. Prima o poi
sarebbe stato inevitabile, era solo questione di chi lo avrebbe
saputo prima, Angeli o Demoni.
Sicuramente
i demoni avrebbero fatto di tutto per rapire il piccolo ed educarlo
a diventare il loro liberatore.
Adel
alzò gli occhi al cielo al pensiero del mito dell'Alfiere
del Male. In fondo erano stati gli stessi demoni a causare la
loro condanna eterna ribellandosi al Padre in quel modo! Adel
ripensava spesso a qui tempi e malgrado continuasse a ritenere che
non tutte le motivazioni di Lucifer fossero sbagliate, ora che aveva
qualche millennio in più si rendeva conto che se anziché
limitarsi a fare tanto casino avessero almeno provato ad ascoltare le
ragioni del Padre, forse non si sarebbero ritrovati a gestire
l'Inferno con le aureole spezzate e le ali da pipistrello. Che poi
gestire era una parola grossa, con il casino che c'era! Per un
attimo rifletté sulla possibilità di tornare sulla
terra e prendere tempo inventandosi di aver inviato una comunicazione
mai arrivata ad Akenet. Tanto era un classico che le comunicazioni
infernali scomparissero nel nulla. La connessione di rete infernale
era pessima, con tutti quei gironi, cerchi e fossati erano più
le volte che le comunicazioni andavano perse di quelle che arrivavano
al destinatario! Per non parlare del fatto che quasi tutti gli
Arcidiavoli avevano la pessima abitudine di non degnare praticamente
mai di un'occhiata le loro caselle e-mail. Una disattenzione che
assieme alla proverbiale mancanza di disciplina dei suoi colleghi,
era la causa principale dei problemi organizzativi diffusi in tutti i
gironi!
A
parte il nono... gestito da Akenet, riflettè mestamente Adel.
Il suo capo era l'unico Arcidiavolo che svolgeva il suo lavoro con
una certa dose di serietà! Forse perché lavorava nel
girone più vicino a Lucifero o forse perché, doveva
ammetterlo, Akenet era più intelligente della maggior parte
degli Arcidiavoli. Fatto sta che il nono era l'unico girone che
funzionava con una certa efficienza! Adel sospirò, la scusa
del messaggio non avrebbe retto e comunque non avrebbe dato
abbastanza vantaggio ad Azaele e Alba.
Mentre
era immersa nei suoi pensieri tre giovani demoni si affacciarono da
dietro il masso, la osservarono ridacchiando e si scambiarono uno
sguardo complice.
#
Alba
uscì dalla camera di Arianna chiedendosi che fine avesse fatto
Adel. Pensò di andare a cercarla nel bagno per gli ospiti, ma
non fece in tempo ad arrivare perché passando davanti alla
camera di Michele e Sael le sembrò di sentire dei singhiozzi,
bussò delicatamente alla porta e entrò a controllare
trovandosi di fronte Michele distrutto dal dolore. L'angelo piangeva
sommessamente seduto sul letto con il capo poggiato sul braccio
destro mentre con l'altro cingeva le gambe strette contro il petto.
Le sue ali avevano perso la loro lucentezza e l'aureola emanava una
luce fievole, la finestra spalancata le fece intuire che doveva avere
appena litigato con Sael.
"Michele!
Che cosa c'è, che ti succede?" domandò allarmata.
Michele
sollevò lo sguardo e riuscì solo a dire "Ti prego,
chiama Azaele!"
Alba
si precipitò in cucina. "Aza, corri, Michele sta male!"
Azaele
non si prese neppure la briga di aprire le ali, si smaterializzò
direttamente in camera dell'amico e vedendolo in quelle condizioni lo
abbracciò commentando furioso "Non dirmi niente, ho già
capito! Giuro che lo ammazzo quel cretino!".
Safet
e Alba li raggiunsero un attimo dopo.
"Michele,
che succede?" domandò preoccupato Safet.
"Succede
che quel decerebrato di tuo figlio ha lasciato Michele e questo è
il risultato" spiegò Azaele irritato.
Safet
impallidì. In tanti anni passati all'Inferno la storia tra
Sael e Michele e quella tra lui e Aurora, erano state tra le poche
gioie di cui aveva potuto godere e ora suo figlio si era appena
comportato da imbecille lasciando un compagno splendido come Michele,
oltretutto proprio in un momento in cui tutti loro sarebbero dovuti
essere più uniti che mai.
"Ma
per la miseria!" sospirò scuotendo la testa. "Possibile
che voi ragazzi non riusciate mai a farmi stare tranquillo? Almeno ti
ha dato una ragione, un motivo minimamente sensato?"
Michele
sollevò il viso rigato di lacrime dalla spalla di Azaele.
"Dice, che lo fa per me, per proteggermi!"
"Oh,
bé! È riuscito a trovare una scusa ancora più
cretina di ti meriti di meglio o non è colpa tua,
sono io che sono sbagliato! Certo che lo hai educato proprio bene
tuo figlio!" commentò con cattiveria Azaele, sapendo
benissimo che Safet non aveva potuto educare Sael, perché
costretto ad abbandonarlo poco più che neonato.
Safet
si irrigidì e per una volta non riuscì a dire niente.
Alba
intervenne arrabbiata. "Sei ingiusto e crudele Aza. Dire
cattiverie a Safet non aiuterà certo Michele a stare meglio! E
comunque credo che sia anche colpa mia, avrei dovuto parlare con
Michele del sogno di Sael”
“Ti
ha raccontato il suo sogno?” domandò Michele ancora più
affranto nello scoprire che il suo ragazzo si era fidato più
di Alba che di lui.
“Si,
proprio stamattina. Mi dispiace tanto non averti informato subito, ma
oggi sono stata davvero male e poi non pensavo che Sael arrivasse
addirittura a lasciarti, credevo fosse solo uno sfogo passeggero!"
"Di
che sogno parlate?" domandò Safet.
"Un
incubo ricorrente che non mi ha mai voluto raccontare!" mormorò
Michele.
"Sogna
che Michele viene condannato all'Inferno a causa della loro storia
d'amore e che gli Arcidiavoli lo costringono a torturarlo"
spiegò Alba rivolgendosi a Safet.
"Cosa?
Ma come gli è venuta in testa una simile idiozia?". Si
lamentò il demone.
"È
colpa di Ysrafael" disse Ariel affacciandosi dalla finestra ed
entrando in camera di Michele seguito da Gabriel. I due angeli si
erano incontrati casualmente di fronte al balcone della cucina e
avendo sentito delle voci provenire dalla camera di Michele erano
entrati senza premurarsi di chiedere il permesso, cosa che irritò
leggermente Azaele. "Si può sapere che ci fate voi due a
casa mia?" si lamentò contrariato.
"Veramente
sarebbe casa mia e di Arianna, visto che il contratto di affitto è
a nome nostro!" sottolineò Alba che era ancora un po'
arrabbiata con Azaele per come aveva maltrattato Safet.
"Bé,
ma io e Michele contribuiamo alle spese!" replicò Azaele
offeso.
"Con
quali soldi?" domandò perplesso Safet.
Michele
e Azaele si guardarono imbarazzati. "Stavamo parlando di Sael e
del fatto che c'entrava Ysrafael…" sviò il
discorso il demone.
"Già
è vero! Che c'entra Ysrafael?" intervenne Gabriel
perplesso.
Tutti
si voltarono verso Ariel che nel frattempo si era avvicinato al letto
dove ora Michele sedeva a gambe incrociate con un braccio di Azaele
intorno alle spalle.
Ariel
incrociò le braccia e indicando con il mento Michele rispose
"È contrario al rapporto tra Michele e Sael. Secondo lui,
Michele è già abbastanza condizionato dall'amicizia con
Azaele...". Gabriel e Azaele sollevarono entrambi il
sopracciglio destro in segno di disappunto. “...ci manca solo
che abbia un fidanzato demone!"
"E
perché sei venuto a dircelo?" domandò Michele
sconfortato.
Ariel
osservò Michele e rispose "Perché per una volta
non sono d'accordo con lui, non fate niente di male, in fondo!"
"Oh,
che magnanimo!" sbuffò Azaele.
"Grazie!"
rispose sinceramente Michele che a differenza di Azaele per una volta
aveva apprezzato il comportamento di Ariel.
"Quel
bastardo ipocrita che fingeva di essermi amico sta cercando di
rovinare la vita di mio figlio senza un motivo valido!" sibilò
furioso Safet.
"Ysrafael,
pensa che Michele potrebbe essere…" provò a
spiegare Ariel.
"Ho
già capito cosa pensa!" lo interruppe Safet con le
pupille completamente rosse.
"Safael,
calmati!" intervenne Gabriel preoccupato nel vedere l'amico così
arrabbiato.
"Sono
calmissimo!" rispose Safet con un tono di voce talmente freddo
da far paura. "Immagino mi perdonerete se ora vi abbandono per
andare a cercare Ysrafael e spiegargli, pacatamente, che non è
il caso che si intrometta nella vita di mio figlio!"
"Tu
non vai da nessuna parte, stai per perdere il controllo!" ordinò
Gabriel avvicinandosi all'amico.
Safet
era completamente nero, aveva sguainato gli artigli e i suoi occhi
rossi erano ridotti a due fessure.
"Ti
ho detto che sono calmo, spostati Gabriel e fammi passare altrimenti…
"
"Altrimenti
cosa?" rispose Gabriel poggiando una mano sul petto dell'amico e
bloccandolo contro il muro.
"Lasciami
passare Gabriel!" ripeté Safet strisciando contro il muro
gli artigli neri e lasciando dei solchi profondi che indicavano come
malgrado la rabbia, stesse cercando di controllarsi per non aggredire
Gabriel e rischiare di ferirlo.
"Non
ti lascio andare finché non ti sei calmato, Safael. Ti
conosco, tu non ti arrabbi praticamente mai, ma quando succede
diventi pericoloso e non ho intenzione di rischiare che…".
Gabriel si interruppe bruscamente cambiando completamente argomento.
"E quelle macchie lì cosa sono?" domandò
stupito.
"Cosa?"
domandò Safet senza capire.
"Quelle
macchie di cioccolata sulla cravatta che ti ha regalato Cary Grant!"
rispose Gabriel ormai completamente distratto.
Safet
sorrise e la sua espressione si fece meno tesa. "Chiedilo a
quell'imbranato di tuo figlio!"
Gabriel
lo guardò esterrefatto, poi si girò verso Azaele che
fece un'espressione tipo "Eh già. Lo so!"
Ariel
li osservò a bocca aperta rendendosi conto che in effetti, a
parte per la mascella di Gabriel più
squadrata, erano praticamente la versione più alta e più
bassa della stessa persona. "No, ma cazzo, sono circondato!"
si lamentò crollando sconfortato sul letto di Michele.
"Le
scarpe sul letto no! Che caspita!" gridarono all'unisono Azaele
e Gabriel disgustati.
Ariel
si tolse le scarpe emettendo un gemito di disperazione che strappò
involontariamente una risatina a Michele.
"Gabriel"
intervenne Safet, che grazie al piccolo intermezzo aveva ripreso il
controllo di sé. "Tu per caso sai se, davvero, lì
da voi stanno pensando di punire Michele o se è solo una
paranoia che Ysrafael ha messo in testa a Sael per convincerlo a
lasciare Michele?"
"Ne
abbiamo effettivamente parlato tra noi Arcangeli e alla fine abbiamo
deciso di non intervenire perché, come ha detto Ariel, non ci
sembrava stessero facendo niente di male e poi non abbiamo ricevuto
indicazioni a riguardo!"
"Quindi
si tratta solo di una cretinata inventata dalla controfigura di Dante
Alighieri!" sbottò Azaele. "Bene, allora vado a
recuperare Sael!" concluse scendendo dal letto e aprendo le ali
per prepararsi a volare via.
"No!".
Lo bloccò deciso Gabriel.
"Scusa?"
domandò Azaele.
Gabriel
si avvicinò al figlio sovrastandolo con il suo metro e
novantotto. "Non è proprio il caso che ci vada tu!"
Azaele
si innervosì "Ah, si? E perché?"
"Perché
sei un demone!"
"E
allora?"
"E
allora è ovvio che Sael non ti crederà! Ragiona,
ranocchietto!"
Azaele
fraintese le parole di Gabriel e replicò offeso. "Senti,
ma tu credi di arrivare qui e darmi ordini solo perché ti sei
ricordato dopo migliaia di anni che sono figlio di una tua scopata?"
Gabriel
per un attimo rimase interdetto. Safet e Michele si scambiarono uno
sguardo costernato, Ariel si lasciò scappare una sghignazzata
e Alba impallidì.
Azaele
saltò verso la finestra e stava per prendere il volo quando
Gabriel si riprese dallo sbigottimento e aprì le ali
rabbiosamente facendo saltare il bastone che reggeva le tende e che
rimbalzò due volte sulla testa dell'Arcangelo per poi decidere
saggiamente di ritornare al proprio posto evitando di rimbalzare una
volta di troppo.
Gabriel,
innervosito dalle botte in testa e per la figura
imbarazzante, sbatté le ali e contemporaneamente si rivolse al
figlio con la stessa voce tuonante che in genere utilizzava per
comunicare all'Universo le decisioni del Padre. "NON
PERMETTERTI MAI PIÙ DI RIVOLGERTI A ME IN QUESTO MODO!"
Azaele
fu catapultato contro il muro, il palazzo tremò e il Signor
Marchesi - interno n. 18, quinto piano - pubblicò
immediatamente un tweet indignato nel quale accusava dell'accaduto
Bill Gates e il 5G. Con sua grande soddisfazione al tweet seguì
una lunga serie di accorate risposte pro e contro che gli regalarono
il suo personale quarto d'ora di notorietà.
Alba
corse ad abbracciare Azaele crollato a terra per la botta, lo aiutò
ad Alzarsi e fulminò Gabriel con uno sguardo carico di
rimprovero. "Non c'era bisogno di trattarlo in questo modo!"
Gabriel
imbarazzato chiuse le ali e cercò di scusarsi "Uh, forse
ho un po' esagerato..."
"Un
po'?" domandò Azaele passandosi una mano sulla tempia
destra dolorante per l'impatto contro il muro. "Hai quasi
buttato giù il palazzo!"
"Tu
mi hai provocato!" replicò suo padre stizzito.
"In
ogni modo adesso abbiamo anche un altro problema" disse Safet,
attirando la loro attenzione su Arianna che li osservava con gli
occhi sbarrati sulla soglia della camera di Michele.
Alba
si rese conto che nella foga della discussione si erano dimenticati
tutti di passare alla modalità visibile agli umani ma senza
ali e aureole.
"Lu…
Lucifer?" balbettò Arianna indicando Gabriel un attimo
prima di svenire.
#
I
tre Demoni uscirono all'improvviso da dietro il masso su cui era
seduta Adel e le saltarono addosso cercando di toglierle
l'asciugamano nel quale era avvolta. Adel provò a resistere ma
uno dei tre riuscì a strapparle l'asciugamano proprio sul
petto emettendo un grido di soddisfazione. "Yo! Non fare quella
faccia Adel, vedrai che adesso ci divertiamo!"
Peccato
che invece di divertirsi il demone prese improvvisamente fuoco,
seguito immediatamente dai suoi compari. Tutti e tre cominciarono a
urlare e rotolarsi a terra nel tentativo di spegnere le fiamme.
Adel
non capì cosa stesse succedendo finché da dietro lo
stesso masso sbucò Akenet che commentò "Non mi
risulta che siate mai stati autorizzati a scoparvi la mia
segretaria!"
I
demoni terrorizzati chiesero immediatamente pietà
all'Arcidiavolo che senza scomporsi e aumentando l'intensità
del fuoco infernale, ordinò. "Chiedete scusa alla mia
segreteria!"
"Scusa,
scusa, Adel. Ti prego perdonaci non lo faremo mai più!"
piansero in coro i tre disgraziati.
"Di
questo ne sono sicuro!" commentò Akenet impassibile.
Adel,
non riuscendo più a sopportare le urla dei tre colleghi
intervenne. "Va bene così, Signore!"
"Come
desideri!" rispose l'Arcidiavolo spegnendo le fiamme."Levatevi
dai piedi, merde!" ordinò ai tre demoni che non se lo
fecero ripetere e scapparono via un po' malconci ma vivi.
Akenet
osservò Adel e commentò "Ti si vedono le tette,
palletta!"
Adel
diventò paonazza e cercò di coprirsi con quel che
restava dell'asciugamano stracciato.
L'arcidiavolo
ridacchiò, si tolse la maglietta e la lanciò ad Adel
"Levati quello straccio e mettiti questa!"
Adel
gli rivolse uno sguardo imbarazzato sperando che sarebbe stato così
gentile da girarsi ma Akenet la incalzò. "Ti muovi o no?"
La
piccola demone sospirò e lasciò cadere a terra
l'asciugamano restando praticamente nuda di fronte all'Arcidiavolo
che non sembrò esserne particolarmente colpito né
imbarazzato. Indossò più velocemente possibile la
maglia nera che la coprì praticamente come un vestito e
rivolgendosi al suo superiore disse "Sono pronta, Signore!"
"Non
sono cieco, palletta! Andiamo, ci aspettano in aula Zuckerberg. Al
tuo rientro all'Inferno è stata indetta immediatamente una
riunione straordinaria degli Arcidiavoli. Attendono tutti la tua
relazione sulla situazione di Azaele!"
La
ragazza non riuscì a trattenere un'espressione di sconforto.
L'Arcidiavolo
interpretò male e pensando che la segretaria fosse ancora
turbata per quanto le era appena accaduto inaspettatamente domandò
"Te la senti?"
Adel
capì che nonostante tutto il suo capo non avrebbe accettato un
no e rispose. "Si, Signore!"
"Bene,
odio le piagnone! Devo dire che sotto questo aspetto sei perfino
meglio di Esael!" commentò Akenet soddisfatto voltandosi
e procedendo spedito verso l'aula Zuckerberg.
Adel
lo osservò stupita cercando di tenere dietro al suo passo, era
la prima volta che il suo superiore le faceva un complimento.
Mentre
percorreva il sentiero che portava all'aula in cui erano riuniti gli
Arcidiavoli cercò di pensare velocemente ad una soluzione che
permettesse ad Alba e Azaele di avere abbastanza tempo per mettersi
in salvo.
Akenet
si fermò di colpo, si girò e domandò ad Adel “Il
bambino è in arrivo o no?”.
Adel
rimase interdetta, non si aspettava che il suo capo le rivolgesse
quella domanda prima di raggiungere gli altri Arcidiavoli.
Akenet
sogghignò soddisfatto. “Bene, stavolta non è un
falso allarme!”.
Adel
trattenne le lacrime dandosi della stupida. Il suo capo era troppo
sveglio e lei troppo emotiva. Senza volerlo aveva già
condannato Alba e Azaele.
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Capitolo 7 *** Un tempo eravamo guerrieri ***
Capitolo
7
Un
tempo eravamo guerrieri
Gabriel
assunse un'espressione contrariata. "Veramente non ci somigliamo
affatto, Lucifer é biondo e poi è affetto da
eterocromia!"
"Quello
non è David Bowie?" domandò Alba perplessa.
Ariel
si alzò dal letto e si diresse verso Arianna ancora a terra,
priva di sensi. "Non so se ve ne siete accorti, ma Arianna è
svenuta!" commentò prendendola in braccio e uscendo dalla
camera di Michele.
Alba
lo raggiunse nel corridoio.
"La
sua camera è…".
"Quella
in fondo a destra!" finì per lei Ariel entrando in camera
di Arianna e poggiandola sul letto.
Le
accarezzò delicatamente il viso, soffermandosi per un istante
sulla fronte come per controllarle la temperatura, scostò le
coperte e dopo averle tolto maglia e pantaloni sistemò il
piumone in modo da coprirla per bene.
Ariel
si era profondamente pentito del modo in cui si era comportato con
Arianna, ma scusarsi con lei non era bastato a fargli riconquistare
la fiducia della ragazza che aveva deciso di non vederlo più.
Si
sedette sul letto accanto a lei e si guardò intorno
malinconico. Non era cambiato nulla dall'ultima e unica volta che era
stato lì. Le stampe di Mirò, la scrivania perfettamente
ordinata, il poster di Manhattan ai tempi in cui i profili delle Twin
Towers rendevano unico il panorama di New York. Era rimasto tutto
uguale.
Alba
lo osservò sulla soglia della porta. "Sei mai stato
innamorato di lei, almeno un po'?"
Ariel
si girò verso Alba. "Si, ma non lo avevo capito. Ero
troppo preso dall'idea che Azaele volesse rubarmi l'anima di Molinesi
e ho finito per perdere la mia occasione".
"Mi
dispiace!" rispose Alba.
"Forse
è meglio così, apparteniamo a due mondi troppo diversi.
E comunque me lo sono meritato, ho commesso troppi errori.
Ultimamente però sono maturato molto e credo proprio di
doverlo a quello svampito del tuo ragazzo!"
Alba
ridacchiò "Non mi dire che ti sei affezionato a lui?"
"Non
esageriamo, continua ad essere lo stesso demone casinista e
imprevedibile che tende a darmi sui nervi non appena apre bocca! Però
almeno non lo odio più!" rispose l'angelo sorridendo.
Arianna si mosse nel letto. Alba si avvicinò preoccupata.
"Stai
tranquilla" la rassicurò l'angelo. "Ho fatto in modo
che passasse direttamente al sonno. Si farà una bella dormita
e domani si sveglierà riposata. Però ti consiglio di
prepararti una spiegazione convincente per ciò che ha visto
poco fa!".
Ariel
si alzò dal letto lasciando il posto ad Alba e tornò in
camera di Michele dove regnava un silenzio imbarazzato. Ognuno dei
presenti era rimasto fermo al suo posto. Safet era ancora di fronte
al letto su cui era seduto Michele, mentre Gabriel e Azaele si
lanciavano occhiatine imbarazzate dai lati opposti della finestra
aperta.
Ariel
si rivolse ad Azaele cercando di mostrarsi più cortese
possibile. "Credo che dovresti permettere a tuo padre di parlare
con Sael".
Azaele
stava per rispondergli di farsi gli affari propri ma l'angelo,
facendo uno sforzo per mantenere la calma, lo precedette. "Ascolta,
se Sael è convinto che per causa sua lassù stiano
cominciando a non fidarsi più di Michele, non credi che la
soluzione migliore per fargli capire che si tratta solo di una
paranoia che gli ha messo in testa Ysrafael, sia che un Arcangelo lo
rassicuri? Tuo padre oltretutto non è un Arcangelo come tanti,
è uno dei Sette guerrieri!"
Gabriel
aprì le braccia e commentò soddisfatto "Appunto!"
Azaele
osservò meravigliato Ariel, era la prima volta in tanti
millenni che l'angelo non si stava comportando da stronzo. Rifletté
sulle sue parole e concluse che in effetti Gabriel aveva più
chance di lui.
"E
va bene. Ma non combinare casini!" borbottò rivolto al
padre.
Safet
scosse la testa e mormorò "Non combinare casini…
da che pulpito!"
#
L'aula
Zuckerberg era costituita da un anfiteatro le cui tribune, arredate
da poltroncine rosse, degradavano verso il banco dei segretari. Gli
Arcidiavoli la consideravano il loro Parlamento e vi si riunivano
quando dovevano prendere delle decisioni importanti come per esempio
punire un nuovo peccato, decisione che a dire il vero si presentava
abbastanza raramente visto che gli umani, dimostrando ben poca
fantasia, la maggior parte delle volte si limitavano a escogitare
varianti più o meno elaborate dei più noti ammazzare,
mentire,
rubare
eccetera. Avrebbero dovuto utilizzarla anche per discutere
l'approvazione di nuove circolari infernali o per ratificare
normative emanate dal Paradiso, ma in realtà questo tipo di
attività erano svolte per lo più dai segretari, visto
che la maggior parte degli Arcidiavoli, pur dirigendo formalmente
l'inferno e malgrado un tempo fossero stati dei potenti guerrieri,
forse a causa della cocente sconfitta subita o più
probabilmente perché a parte combattere non sapevano fare
molto altro, si erano ridotti ad un'accozzaglia di pigri debosciati
dediti a bere, mangiare e organizzare orge.
Akenet
e Adel aprirono le porte della sala e ai loro occhi si presentò
lo spettacolo, ben poco edificante, degli Arcidiavoli riuniti
insieme. Alcuni erano stravaccati sulle poltrone a bere birra e
strafogarsi di cibo dalle origini non meglio identificate, altri
erano seduti scompostamente a guardare film porno dai tablet, altri
ancora erano impegnati con uno o più colleghi in attività
non esattamente consone ad una seduta in Parlamento.
Akenet
si guardò intorno disgustato mentre Adel era paralizzata
dall'imbarazzo, pur non essendo la prima volta che si ritrovava ad
affiancare il suo capo in una assemblea di Arcidiavoli, non riusciva
ad abituarsi allo spettacolo deplorevole fornito ogni volta dai suoi
superiori.
Uno
dei segretari notò gli ultimi arrivati e suonò la
sirena di inizio riunione. Alcuni Arcidiavoli si ricomposero
sbuffando, altri presero svogliatamente posto sulle poltroncine.
Un
Arcidiavolo notevolmente appesantito dagli stravizi si rivolse ad
Akenet. "Allora, la tua serva ha scoperto qualcosa? Quel demone…
coso, come si chiama… Azazel, ha ingravidato l'umana o no?"
Akenet
incrociò le braccia e rispose. "Si, la mia segretaria ha
verificato che l'umana è effettivamente incinta del demone
Azaele!" stava per lasciare la parola ad Adel ma fu preceduto
dal caos che scoppiò nella sala.
Gli
Arcidiavoli presi dall'entusiasmo di quella notizia tanto attesa da
millenni, avevano cominciato a saltare sulle poltrone dandosi il
cinque e schiamazzando senza alcun ritegno. Alcuni per festeggiare
iniziarono ad agitare le bottiglie di birra e spruzzare schiuma
dappertutto.
Akenet
rimase impassibile, ma Adel percepì tutto il disprezzo
dell'Arcidiavolo nei confronti dei suoi sguaiati colleghi. Mentre
l'osservava si rese conto che il suo capo possedeva molta più
dignità di tutti gli altri Arcidiavoli messi insieme. Si
sorprese a pensare che se non fosse stato per il timore che le
incuteva quella sensazione di rabbia trattenuta a stento che Akenet
trasmetteva per la maggior parte del tempo, lo avrebbe trovato
piuttosto sexy nonostante le cicatrici sulle braccia e sul dorso.
L'arcidiavolo
si voltò verso Adel e le lanciò uno sguardo
indecifrabile a causa di quelle due pozze nere che erano i suoi
occhi. Lei fece due passi indietro spaventata, lui accennò un
sorriso che era più un sogghigno, avanzò verso di lei e
la superò afferrando per il collo uno dei segretari.
"Suona
la sirena, ne ho abbastanza di assistere a questa merda!"
Il
segretario non se lo fece ripetere due volte.
Al
suono della sirena gli Arcidiavoli si calmarono nuovamente.
Un'Arcidiavola,
si alzò in piedi e si rivolse ad Akenet con una voce
gracchiante e fastidiosa. "Bè, allora che aspetti a
mandare qualcuno a prendere l'umana, ti pesa il culo?"
"L'umana?"
domandò perplesso Akenet.
"Sei
stupido o che? Vuoi che ce la freghino gli angelici?"
Akenet
rispose freddamente. "Ti risulta che un umano vivo possa varcare
le soglie dell'Inferno, Zoel?"
La
demone si rese conto di aver detto un'idiozia e tornò a
sedersi senza rispondere.
"Bé,
ma allora come facciamo?" intervenne lamentoso un altro
Arcidiavolo dal ventre prominente, mezzo nudo e completamente
fradicio di birra.
"Invierò
una spia per tenere d'occhio la situazione e quando sarà il
momento interverremo!"
"E
quando sarebbe il momento, scusa?" domandò un altro
Arcidiavolo alto, magro e completamente rasato, a parte per un lungo
ciuffo nero sulla nuca.
"Quando
sarà vicino il parto, ovviamente. Aspetteremo che nasca il
bambino e ce lo porteremo via!"
"Ah!
Ma se prima hai detto che gli umani non possono varcare le soglie
dell'Inferno, ti stai contraddicendo!" intervenne trionfante
Zoel.
"Mi
riferivo alla madre. Il bambino è per metà un demone!"
le rispose Akenet con voce tagliente.
"Ah,
già!" rispose Zoel imbarazzata.
"Qualcun
altro ha qualcosa da dire?" domandò Akenet guardandosi
intorno. Nella sala calò il silenzio. "Bene, allora io
vado. Vi lascio al vostro lavoro!" concluse ironicamente
voltandosi e avviandosi verso l'uscita della sala.
Adel
gli andò dietro e quando furono fuori dovette aprire le ali e
seguirlo in volo, l'Arcidiavolo camminava troppo velocemente perché
lei potesse mantenere il suo passo.
A
un certo punto si accorse che Akenet non si stava dirigendo verso il
nono girone. Continuò a seguirlo finché il demone si
alzò in volo per poi posarsi su una delle torri di guardia
poste sulle mura che circondavano la città di Dite.
L'Arcidiavolo si fermò a osservare il panorama infernale con
le mani appoggiate sulla balaustra infuocata. Adel atterrò al
suo fianco e raccolse le ali per evitare di ustionarle
inavvertitamente. Seguendo lo sguardo di Akenet si rese conto che da
lassù si potevano vedere quasi tutti i Cerchi e i Gironi
infernali, il fiume Stige attraversato dall'imbarcazione di Caronte,
come sempre stipata oltre il limite, e ancora più lontano il
Flegetonte e persino il Cocito che si inabissava e scorreva a spirale
risalendo poi fino a toccare le sponde della palude all’ingresso
dell’Ade.
Dal
basso salivano le urla disperate dei dannati, le imprecazioni e gli
ordini secchi dei demoni custodi.
"Un
tempo eravamo guerrieri!" disse Akenet, senza voltarsi. La sua
voce era velata di una malinconia che colpì Adel. "Lei,
lo è ancora. Signore!"
Lui
si voltò, accennò un sorriso e rispose. "Ti
ringrazio, Adel. Ma neanche io lo sono più. Ormai sono solo un
misero burocrate. Se il Padre voleva punirmi per i miei errori, c'è
riuscito perfettamente!"
Adel
non disse nulla.
"Immagino
che abbia capito chi sarà la spia che seguirà le mosse
di Azaele e della sua compagna!"
"Si,
Signore!" sospirò lei.
"Bene,
almeno tu non deludermi!"
Adel
annuì ma esitò prima di volare via.
"Che
stai aspettando? Muoviti!" le ordinò lui bruscamente
facendole fare un piccolo balzo indietro.
"Mi…
mi scusi Signore. Vado!" balbettò Adel alzandosi
immediatamente in volo.
Akenet
diede un'ultima occhiata al panorama, saltò sulle mura e si
lanciò verso il nono girone cercando di non far troppo caso
alla gradevole sensazione di pace che aveva provato quei pochi
istanti che Adel era rimasta al suo fianco sulla torre di guardia.
#
Sael
volava sui tetti di Roma ripensando a i tutti i bei momenti passati
con Michele. Non era stato mai cosi felice in vita sua, come con
l'angelo. Ma era proprio per questo che l'aveva lasciato, non
riusciva a sopportare l'idea di essere la causa della sua rovina, lo
amava troppo. Grosse lacrime cominciarono a scorrergli lungo le
guance, stava così male che decise di posarsi sulla terrazza
di Castel Sant'Angelo. Una volta atterrato, raccolse le ali e si
sedette su uno dei cannoni, prese un lungo respiro e si asciugò
le lacrime con una mano.
Aveva
pensato che fermarsi lo avrebbe aiutato a riprendere il controllo, ma
la vista dell'angelo che vegliava su Roma dall'alto del Castello gli
ricordò Michele. Crollò completamente e in modo
terribilmente imbarazzante, il respiro rotto da singhiozzi e il viso
completamente bagnato di lacrime.
"Non
sei un po' cresciuto per piangere in quel modo?" gli domandò
una voce dal bel timbro baritonale, subito dopo Gabriel atterrò
di fronte a lui.
Sael,
spaventato, spalancò le ali e fece un balzo indietro andando a
sbattere contro una piramide di palle di cannone che rotolarono da
tutte le parti abbattendo svariati turisti.
Sael
si guardò intorno sconvolto.
"No…
non l'ho fatto apposta!" balbettò.
Gabriel
osservò gli umani che si lamentavano, chi tenendosi una gamba,
chi una caviglia e commentò pensieroso. "Di solito questi
incidenti tendo a provocarli io, sono un po' distratto!"
Dopodiché unì le dita della mano destra nel gesto della
benedizione. Le palle di cannone tornarono al loro posto e gli umani
si rialzarono in piedi ricominciando a visitare il castello come se
non fosse successo nulla. L'arcangelo riportò lo sguardo su
Sael.
Il
demone si spaventò di nuovo e indietreggiò finché
non si ritrovò bloccato contro il muro.
Gabriel
lo raggiunse e si fermò ad osservarlo perplesso. "Perché
sei tanto spaventato? Non hai fatto nulla di male, a parte indossare
quegli stupidi occhiali scuri, e come da accordo Paradiso-Inferno,
numero un milione e… sblisga, non porti armi. Quindi perché
pensi che voglia punirti per qualcosa?"
"Pe…
perché lei è un Arcangelo!" rispose Sael
togliendosi immediatamente gli occhiali.
Gabriel
sbuffò. "Questo non significa che vada in giro a
saccagnare di botte i demoni infernali senza alcun motivo!"
"Saccagnare?"
domandò Sael perplesso.
Gabriel
alzò gli occhi al cielo. "Facciamo i linguisti adesso?
Riempire di botte… ti è più chiaro ora?"
domandò sarcastico.
"Sissi!
Chiarissimo. Signore!" rispose il demone preoccupato di non fare
innervosire l'Arcangelo.
Questi
lo osservò e domando "Allora, perché stavi
piangendo?"
Sael
arrossì. "Io, cioè… ma perché è
atterrato davanti a me?"
"Odio
quando qualcuno risponde ad una domanda con un'altra domanda! Ti ho
chiesto perché piangevi!" rispose infastidito Gabriel.
Sael
abbassò lo sguardo senza rispondere. Gabriel decise che era
inutile insistere, il figlio di Safael era palesemente imbarazzato e
non si sarebbe certo aperto così facilmente, doveva prima
conquistare la sua fiducia. Decise di cambiare tattica.
"Andiamo
a berci una birra, devo farti qualche domanda su Azaele!"
"Azaele?"
"Si,
vorrei avvicinarmi al ranocchietto insolente, ho bisogno di chiedere
consiglio a qualcuno che lo conosca bene e tu sei il ragazzo del suo
migliore amico oltre che il figlio di Safael, l'unico demone di cui
mi fido ciecamente!"
Sael
rimase di sasso, in una sola frase Gabriel aveva ammesso di conoscere
Safet, di sapere che era suo padre e soprattutto di sapere che lui e
Michele stavano insieme.
"Ma,
per quale motivo vuole parlare con me, insomma io… non sono
una spia e non voglio metterlo nei guai!"
"Chi
ha detto che devi metterlo nei guai, ragazzino hai problemi di
comprendonio? Ho detto che voglio avvicinarmi
a lui. Ci tengo parecchio al ranocchietto e tu sai cosa intendo, no?"
rispose Gabriel dando per scontato che il demone sapesse che Azaele
era suo figlio.
Sael,
che al contrario non ne sapeva nulla, fraintese completamente e lo
guardò a bocca aperta.
"Ma…
ma come… cioè…!" balbettò
imbarazzato.
"Bé,
ti sembra così strano che io possa avere un interesse del
genere per il ranocchietto? Guarda che anche se adesso non si
direbbe, c'è stato un tempo in cui l'ho tenuto tra le mie
braccia, coccolato e sbacciucchiato". Gabriel sospirò al
ricordo di Azaele poco più che neonato stretto tra le sue
braccia e aggiunse con aria un po' sognante. "A lui piaceva
tanto!"
Sael
boccheggiò senza riuscire ad emettere alcun suono coerente.
"Santo
cielo piantala di comportarti come un pesce palla e rispondimi, ti va
di darmi una mano o no?" sbuffò Gabriel.
"Io…
cioè, lei capisce che… è imbarazzante per me,
oltretutto ecco… Azaele al momento è impegnato con
Alba. Si amano molto e non credo che... sia il caso".
Gabriel
osservò Sael dubbioso. "Si, bé, lo so che è
fidanzato con quella piccola umana deliziosa, ma non vedo perché
questo dovrebbe impedirci di ricucire il nostro rapporto!"
Sael
diventò rosso per l'imbarazzo e cominciò a sentire
troppo caldo, si allentò la cravatta e rispose. "Non si
arrabbi, la prego ma non credo che… cioè, non penso che
Alba accetterebbe una cosa del genere!"
"Uh,
perché? A dire il vero non mi sembra di averle fatto una
cattiva impressione, secondo me sarebbe contenta se entrassi nella
loro vita!".
"Senta…
Alba è molto gelosa di Azaele, non credo proprio che sia
disposta a dividerlo con… con qualcuno!" Riuscì a
dire il demone sperando di non provocare l'ira funesta
dell'Arcangelo.
Gabriel
per un attimo non capì cosa c'entrasse la gelosia di Alba, poi
improvvisamente il dubbio che tra lui e il giovane demone ci fosse
stato un enorme malinteso si palesò alla sua mente. "Ma
che hai capito ragazzino?" riuscì a malapena a
gorgogliare piegato in due dalle risate.
Sael
lo osservò esterrefatto e allo stesso tempo rassicurato,
almeno apparentemente l'Arcangelo non sembrava arrabbiato.
Quando
Gabriel si ricompose avvicinò un po' il suo viso a quello di
Sael e gli domandò "Ok, ora guardami bene in faccia, non
ti viene in mente nulla?"
Il
demone osservò i capelli neri ricci di Gabriel, la barba
tagliata corta, il naso proporzionato e ben disegnato, il fisico
snello e l'altezza non proprio elevata per essere un Arcangelo.
"Oh,
Santo Cielo! Lei non sarà mica il padre di…!"
L'Arcangelo
sorrise. "Esattamente, ragazzo, sono il padre di Azaele e sono
preoccupato per lui, ha combinato un casino gigantesco e questa volta
voglio stare al suo fianco per proteggerlo!" Allungò una
mano su una spalla di Sael e propose gentilmente. "Dai, andiamo
a prenderci una birra, così parliamo con calma".
Gabriel
prese una sedia e si sedette invitando Sael a prendere posto
dall'altra parte del tavolino.
Ora
che aveva assunto il suo aspetto umano, a parte per gli occhi blu con
sfumature di grigio, somigliava ancora di più ad Azaele. Sael
non riusciva ancora a credere che fosse proprio lui il padre di
quello svampito, ma oramai non aveva più dubbi. Il demone notò
che condivideva con il figlio anche lo stesso gusto nel vestire.
Indossava un paio di jeans, una maglia a maniche corte azzurra sotto
una camicia jeans di colore blu e un paio di scarpe Reebok blu scuro.
Rispetto ad Azaele che prediligeva il nero e il grigio scuro, vestiva
capi dello stesso colore dei suoi occhi ma lo stile era decisamente
lo stesso.
Un
cameriere si avvicinò e osservò ammirato Gabriel, in
effetti per quanto fosse basso come Arcangelo, era pur sempre alto
quasi due metri e la sedia del bar lo conteneva a fatica.
L'Arcangelo
ordinò due birre e non appena il cameriere se ne andò
si rivolse a Sael. "Allora, che mi consigli, voglio dire…
tu e Safet siete riusciti a riavvicinarvi, come ha fatto tuo padre a
farsi perdonare?" domandò Gabriel, realmente interessato
al punto di vista di Sael.
"Bé,
la situazione era un po' diversa. Mio padre si è ritrovato con
me all'Inferno e mi ha sempre protetto e aiutato. Lei e Azaele
invece, avete vissuto lontani per millenni!"
Gabriel
si rattristò. "Pensi che non sia possibile che noi…?"
non riuscì a terminare la frase.
Sael
ci rimase male per lui. "No, non intendevo questo, Signore.
Credo che nonostante tutto Azaele desideri sapere chi è suo
padre!"
"Lo
ha appena saputo e non mi è sembrato molto felice!"
sospirò Gabriel.
"Ma
come ha fatto? Cioè non penso che nessuno lo sapesse, a parte
Michele e mio padre!" esclamò Sael stupito.
"Glielo
ha detto tuo padre!" spiegò l'Arcangelo.
"Ma
perché?"
"Semplicemente
perché era arrivato il momento che lo scoprisse. Come ti ho
detto, Azaele ha combinato un enorme casino ed è importante
che sappia chi sono i suoi alleati!"
"Cosa
ha combinato?" domandò Sael e poi ricordandosi della
nausea di Alba esclamò. "Ohmmerda, non mi dica che lui e
Alba aspettano un bambino!"
"Proprio
così! Capisci che è importante che io conquisti la sua
fiducia, succederà un casino e io non potrò aiutarlo se
continuerà a tenermi a distanza!"
"Bé,
allora glielo spieghi, no? E magari cerchi di convincere anche sua
madre ad aiutarlo!"
"Questo
è impossibile, purtroppo Galadriel è morta durante la
Grande Guerra!" spiegò Gabriel tristemente.
"Oh,
mi dispiace molto!" rispose Sael mortificato.
Il
cameriere ritornò con le due birre. Le lasciò sul
tavolo insieme allo scontrino.
"Comunque
penso, che lei debba solo mostrarsi desideroso di chiarirsi con Aza e
soprattutto che sia completamente sincero con lui. In fondo non è
stata tutta colpa sua e di sua moglie. Papà tempo fa mi ha
raccontato che anche i
genitori
di Azaele avevano votato contro la decisione di abbandonare i propri
figli!"
"È
vero, siamo stati solo noi tre a votare contro quella decisione
assurda. Ma alla fine abbiamo dovuto adeguarci al volere della
maggioranza!" confermò Gabriel amareggiato.
"Deve
dirlo ad Azaele, sono sicuro che non ci metterà molto a
perdonarla, desidera molto avere una famiglia!"
"Di
questo me ne sono accorto!" commentò Gabriel leggermente
sarcastico. "Comunque ti ringrazio per il consiglio, proverò
a essere completamente sincero con lui, spero che gli possa bastare
per offrirmi una seconda possibilità!"
"Ne
sono sicuro, Signore!"
"E
adesso dimmi perché piangevi in quel modo, e guarda che non ho
intenzione di lasciar perdere l'argomento!"
Sael
si imbarazzò di nuovo. "Senta è una cosa
personale, non mi sento di parlarne".
"Tuo
padre è il mio migliore amico Sael. Per millenni ha vegliato
su mio figlio proteggendolo dalle ire degli Arcidiavoli, qualunque
problema tu possa avere, voglio aiutarti. Lo devo a Safael!"
Sael
incrociò lo sguardo di Gabriel senza riuscire a sostenerlo.
"E
va bene, allora te lo chiedo senza tanti giri di parole, perché
mai hai fatto una cosa tanto idiota come lasciare Michele? È
un ragazzo splendido, quando ti ricapita un'occasione del genere? E
non domandarmi come lo so, lo so e basta!"
"Guardi
che non sono un cretino, lo so benissimo che Michele è un
ragazzo splendido!" rispose Sael irritato dopo un primo momento
di stupore.
“Calma,
calma non volevo mica offenderti, perché non mi spieghi cosa
ti preoccupa tanto?"
Sael
finì la sua birra. "Io non voglio che Michele finisca
all'inferno per colpa mia! È chiaro ora?" ringhiò
Sael.
Gabriel
poggiò il bicchiere di birra sul tavolino, incrociò le
braccia e scuotendo la testa rispose. "È chiaro che sei
convinto di una cosa molto stupida!"
"Ma
Lei si rende conto che stando con me verrà sporcato dal mio
essere un demone e che prima o poi finiranno per mandarlo all'Inferno
per punirlo?"
"Scusa
ma chi te le ha messe in testa queste fesserie, Ysrafael?"
domandò Gabriel.
"Si,
è stato Ysrafael a mettermi in guardia, e comunque a parte
quello che mi ha detto lui, continuo a fare un sogno terribile in cui
Michele è stato condannato all'Inferno e io a torturarlo!"
Gabriel
riprese il bicchiere, bevette un'altra sorsata di birra e rispose.
"Senti Sael, io posso capire la tua preoccupazione, ma i tempi
cambiano e le situazioni si evolvono. Michele è un Angelo e
sicuramente millenni fa il vostro rapporto sarebbe potuto essere un
problema, ma oggi!"
"Oggi
cosa è cambiato rispetto a millenni fa? Io sono ancora
condannato all'Inferno per un errore commesso quando ero solo uno
stupido adolescente immaturo. Se potessi tornare indietro mi
comporterei molto diversamente, ma non posso, perciò non mi
resta altro che accettare di essere ciò che sono, un demone
infernale senza alcuna speranza di redenzione!" replicò
Sael con gli occhi lucidi.
Gabriel
sorrise comprensivo. "È proprio questo il punto, ragazzo.
Alcuni di voi si sono resi conto di aver commesso un grave errore e
si sono sinceramente pentiti, ma purtroppo la legge stabilita al
tempo della vostra sconfitta non permette di accettarvi di nuovo
lassù!"
Sael
osservò Gabriel senza capire.
"E
la mia storia con Michele che c'entra?".
"Sael,
credi davvero che qualcosa possa accadere senza che Lui lo sappia?"
"No,
immagino di no!"
"Quindi
nel momento stesso in cui tra voi è successo quello che è
successo, non credi che se Lui avesse voluto punire qualcuno, sarebbe
intervenuto e che forse se finora non è stato punito nessuno,
un motivo c'è?"
Sael
abbassò lo sguardo. "Magari ha solo voluto dare tempo a
Michele di rendersi conto che stava facendo una stupidaggine!".
Gabriel
finì la birra e sorrise. "O magari ha voluto lanciarti un
messaggio, ragazzo!"
"Un
messaggio?"
"Non
ti è venuto in mente che forse sei stato perdonato e che
l'amore di Michele per te è parte del perdono che hai meritato
per il tuo pentimento?"
Sael
guardò Gabriel incredulo. "Lei sta veramente dicendo che
Lui potrebbe… potrebbe avermi perdonato?"
L'arcangelo
gli strizzò un occhio. "Esatto ragazzo, e non potendo
riportarti lassù, ti ha mandato un pezzetto di Paradiso
quaggiù".
A
Sael cadde la mascella per lo stupore. "Io…" non
riuscì a dire altro, era così emozionato che non riuscì
a trattenere le lacrime.
Gabriel
si alzò, lasciò il conto sul tavolo e si avvicinò
a Sael. "Dai, andiamo. Michele non vede l'ora che torni da lui!"
Sael
si alzò e abbracciò Gabriel. L'Arcangelo non si tirò
indietro.
Il
cameriere tornò per ritirare il conto e li guardò
commosso, era contento che quei due avessero fatto pace, erano
davvero una bellissima coppia. Sospirò e decise di chiamare la
sua ragazza, era stupido continuare a rimanere arrabbiato con lei per
quella scemenza.
Sael
si staccò da Gabriel imbarazzato. "Mi scusi…!"
"Va
bene così, Sael. Mi fa piacere che ti fidi di me. Vorrei che
anche mio figlio si lasciasse abbracciare!"
"Sono
certo che lo farà, lei è una bravissima persona e penso
che sarà un ottimo padre!"
"Ti
ringrazio molto Sael, spero tanto che tu abbia ragione! Ora torniamo
a casa, ok?"
Sael
esitò. "Michele è arrabbiato?"
"No,
è solo ansioso di rivederti, dai andiamo!" rispose
Gabriel sorridendo e aggiunse. "Ah, un'altra cosa…
piantala di darmi del lei,
mi fai sentire vecchio!"
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Capitolo 8 *** Le cose si complicano ***
Capitolo
8
Le
cose si complicano
Razel
si era svegliato sorridendo, come tutti i sabati mattina successivi
all'arrivo di Elena. Michele era stato così premuroso da
riuscire a strappare a San Pietro il permesso di far scendere sulla
terra l'antica compagna del demone, già dal venerdì
sera. "Così avete un pochino più di tempo…"
aveva spiegato l'angelo con aria complice.
Razel
ridacchiò, il biondino sembrava tanto ingenuo e integerrimo,
ma in realtà era molto più sveglio di quanto voleva
dare a intendere!
Elena
si mosse nel letto attirando la sua attenzione.
Razel
fece un mezzo sorrisetto e si avvicinò alla sua compagna per
accarezzarla. Lei sospirò e la cosa si sarebbe anche fatta
interessante se non fosse stato per un bussare improvviso sul vetro
della finestra. Razel provò a non farci caso, sicuramente si
trattava di qualche stupido piccione. Accarezzò di nuovo
Elena, ma il bussare si fece più insistente. Razel sbuffò,
si alzò contrariato e prima di aprire le tende si infilò
un paio di boxer neri, cosa che si rivelò una buona idea visto
che dietro i vetri lo aspettava un piccione alto circa un metro e
settanta con indosso, come sempre, un berretto e un giaccone da
marinaio. "Ma che stai a fa'?" esclamò facendo ad
Azaele un cenno per indicargli di spostarsi sulla terrazza che dava
sulla sala da pranzo.
"Te
sembra l'ora di venire a rompere i cojoni alla gente, de Sabato
mattina poi?" domandò seccato mentre apriva la finestra
per farlo entrare.
"Ciao
Razel, scusa ma ho bisogno di parlarti!" disse Azaele entrando.
"Immagino
di sapere perché" borbottò il demone dai capelli
rossi. "Andiamo in cucina".
Azaele
lo precedette e come l'ultima volta che era stato ospite del grosso
demone, non riuscì ad evitare di dare un'occhiata timorosa
alla teca che conteneva la sua preziosissima collezione di palloni
dei mondiali.1
Razel
decise che era venuto il momento di fargli sputare la verità,
lo prese per il collo e lo sbatté contro il muro senza tanti
complimenti. "E va bene, ammettilo, piccolo rompicojoni!"
gli ringhiò in faccia.
"Ammetti
cosa?" Domandò con voce strozzata Azaele.
"Che
dieci anni fa sei stato tu a intrufolarti in casa mia e fregarti il
pallone firmato da Gattuso per giocare a calcio con quegli imbecilli
degli amichetti tuoi, spaccando pure le vetrate sacre della Cappella
Sistina!"
"Sei
matto…" cercò di mentire Azaele.
"Nun
ci provare Azaele o nun esci di qui con la testa attaccata al collo!"
"Te
lo giuro Razel, io non…".
"Ammettilo!"
Ordinò ancora Razel stringendo più forte e sbattendo di
nuovo il povero demone contro il muro.
"È
va bene, lo ammetto, lo ammetto!" si arrese Azaele alzando le
mani.
Razel
lo lasciò andare.
"Scusa
io non… " iniziò a dire Azaele raccogliendo il
berretto da marinaio.
Razel
gli mollò la solita pacca sulla testa sorridendo. "Un
vero demone nun se scusa mai per le sue malefatte! Vatti a sedere
mentre preparo il caffè"
"Ahia…"
mormorò imbronciato Azaele, ma dentro di sé era felice
che Razel non avesse intenzione di ammazzarlo.
Azaele
si sedette al tavolo della bellissima cucina di Razel, il demone dai
capelli rossi l'aveva arredata con mobili così costosi ed
eleganti che sembrava più un salone moderno per accogliere gli
ospiti.
Si
guardò intorno per ammirare i quadri appesi alle pareti e notò
una elegante bacheca incorniciata piena di foto. Molte erano in
bianco e nero e sembravano piuttosto vecchie, anche se tenute
perfettamente. Probabilmente Razel aveva fatto un piccolo miracolo di
conservazione. Fu colpito da una foto in particolare, c'era un
giovane chitarrista biondo a petto nudo che sembrava stesse
preparandosi a cantare un brano. Sullo sfondo si vedevano le
scalinate di un antico teatro romano. Di fronte a lui un cameramen
piuttosto robusto, dai capelli biondi o rossi, con indosso un gilet
di pelle e dei jeans tenuti su da una cintura borchiata, era
concentrato su una macchina da presa. Probabilmente stava cercando la
giusta inquadratura per riprendere il chitarrista. Azaele strabuzzò
gli occhi.
"No
.. aspetta un attimo…" esclamò avvicinandosi.
"No…
ma dai!" esclamò ancora.
Allungò
una mano e la sventolò davanti alla fotografia. Al cameran
spuntarono due ali nere e l'aureola spezzata.
Azaele
si girò verso il piano cucina dove il suo ospite stava
preparando il caffè e domandò emozionato "Razel,
ma sul serio hai conosciuto i Pink Floyd?"
Il
grosso demone si girò e con un sorriso soddisfatto rispose
"Embè? Che c'è di strano, tu non hai un autografo
di Bob Marley?"
Si,
ma un conto è ottenere un autografo, un altro conto è
girarci insieme uno dei film-documentario più iconici della
storia del Rock! Come hai fatto?”
“Guarda
che Safet non è l'unico ad avere conoscenze che contano!”
Sorrise sornione Razel versandogli il caffè nella tazzina.
"Allora
che c'è?" domandò sedendosi di fronte ad Azaele
dopo essere andato a recuperare un pacchetto di Marlboro dal tavolo
del salotto. "Deve essere un motivo importante per farti
lasciare il letto di Alba così presto!" affermò
sogghignando.
Il
demone riccioluto notò il suo atteggiamento divertito ed
esclamò "Lo sai già, non è così?"
"Cosa
dovrei sapere?"
"Chi
te lo ha detto?" Insistette Azaele.
"Riccioletto,
io so un sacco di cose e altrettante me ne raccontano. Tu a quale te
riferisci?" Domandò Razel sorseggiando il caffè.
"A
quella per cui diventerò padre!" rispose deciso Azaele.
L'anziano
demone lo guardò dritto negli occhi, poggiando la tazzina. "E
cosa ti fa pensare che non appena sarai uscito da qui, non andrò
ad avvertire i miei superiori che il riccioletto figlio di uno dei
Sette guerrieri ha appena deciso di mettere al mondo l'Alfiere del
male?" domandò prendendo una Marlboro e battendo l'indice
sulla punta che si arroventò immediatamente.
Azaele
sentì una goccia di sudore scorrergli lungo la schiena. Forse
non era stata una mossa intelligentissima rivelare i suoi propositi a
Razel.
Il
grosso demone gli porse il pacchetto e Azaele sfilò una
sigaretta. Provò ad accenderla ripetendo lo stesso giochino di
Razel, ma la mano gli tremava e non ci riuscì. Razel gli
rivolse un ghigno divertito e gli porse la sua, già accesa.
Azaele
continuando a tremare leggermente riuscì finalmente ad
accendere la sua sigaretta e aspirare una boccata.
"Perché
in fondo siamo amici, piccolo rompicojoni!" disse Razel
rispondendo al suo posto.
"C...
chi?" balbettò Azaele.
"Io,
te e il biondino… nonostante le nostre passate divergenze,
siamo amici. È per questo che te darò una mano".
Azaele
si rilassò e sul suo viso comparve un accenno di sorriso.
"Alla fine Michele si è fatto perdonare per essersi
portato via Elena, no?"
Razel
gli lanciò uno sguardo indecifrabile e non commentò.
Azaele
pensò bene di cambiare argomento e ancora un po' incerto
domandò. "Davvero posso contare su di te?"
"Sei
sordo? Ti ho appena detto di sì! Ora smamma che ho da finire
quello che hai interrotto poco fa!" rispose Razel alzandosi e
prendendo le tazzine vuote e la caffettiera per posarle sul
lavandino.
Azaele
indicò la camera da letto sorridendo. "C'è Elena
di là?"
"Già!
Per cui…!" Razel fece un gesto eloquente mentre lavava le
tazzine di caffè.
Azaele
si alzò e si avvicinò alla finestra. Aprì le ali
e stava per volare via, quando lo colse un dubbio. "Ma tu come
fai a sapere che mio padre è uno dei sette Guerrieri?"
Il
demone rosso non rispose subito. Finì di sciacquare la
caffettiera in silenzio e poi si decise a parlare.
"Millenni
fa tuo padre mi ha lanciato uno sguardo che mi ha convinto a buttare
la mia spada e arrendermi. Con quello sguardo mi ha salvato vita”
si interruppe un attimo e sospirò. “Era lo stesso
sguardo con il quale non mi lasciavi altra scelta che lasciare andare
il collo della tua regazzina!"
"È
stato in quel momento che ti sei accorto della somiglianza tra me e
Gabriel?"
"Esattamente!"
Azaele
esitò un attimo, prese coraggio e domandò. "Che
tipo è mio padre?"
"Uno
stronzo presuntuoso!"
"Oh…"
mormorò Azaele deluso.
Razel
si accorse di essere stato un po' crudele e cercò di
rimediare. "Ma se mi chiedessero a chi affiderei la mia vita in
battaglia, sceglierei lui a occhi chiusi!".
Azaele
si illuminò un pochino.
"E
se vuoi sapere se ha mai sofferto per averti abbandonato, la risposta
è sì. Tuo padre in fondo è un pezzo de pane a
differenza del sottoscritto".
"Un
attimo fa hai detto che è uno stronzo presuntuoso!"
"Io
posso dirlo, perché so che non è vero!" rispose
enigmatico Razel, facendogli l'occhiolino.
"Ma
perché lui e mia madre mi hanno abbandonato, tu lo sai?"
"Si,
lo so. Ma non ho intenzione di dirtelo, regazzino. Devi trovare la
forza di chiederlo a lui, capisci che voglio dire?"
"Si,
lo capisco e so anche che hai ragione".
Azaele
sospirò, si accorse che la sigaretta ormai era finita e non
vedendo portacenere a portata di mano adocchiò un bel vaso di
terracotta dal quale si ergeva una rigogliosa pianta di Aloe.
"Non
pensarci neanche, se non vuoi uscire di qui con la testa attaccata al
collo con il nastro da pacchi!" lo fermò Razel con un
tono che non ammetteva repliche. "Fai due passi in più e
spegnila nel portacenere"
"Uh…
certo!" Rispose imbarazzato il demone riccioluto tornando alla
svelta in cucina.
"Non
credo che tu abbia capito…" rifletté a voce alta
Razel.
Azaele
lo guardò mentre schiacciava la sigaretta nel portacenere. "Me
lo hai detto tu, di spegnerla in cucina!" rispose stupito.
Razel
alzò gli occhi al cielo. "Mi riferivo alla questione di
Michele che si è portato via Elena. Vedi, io... nun me la
sarei portata comunque all'Inferno. Lei non se lo meritava, lo
sappiamo tutti e tre. Ma non averla neanche potuta salutare, era
quello che faceva male… e tu avresti dovuto capirmi più
di tutti!"
Azaele
lo osservò stupito. Più frequentava Razel e più
si rendeva conto che sotto quella corazza di burineria e arroganza si
nascondeva un demone molto diverso.
"Hai
ragione, ti chiedo scusa" rispose un po' mortificato.
Razel
allungò una mano, Azaele si ritrasse temendo di ricevere
l'ennesima pacca, ma per una volta il grosso demone si limitò
a dargli un buffetto su una guancia. “Nun fa niente, alla fine
è andata molto meglio di come sarebbe andata se voi due
imbranati nun aveste combinato quel casino!”
Poi,
forse imbarazzato per essersi lasciato andare, lo afferrò per
la collottola e lo trascinò davanti alla finestra aperta. “E
adesso vedi di levarti dalle palle, t'ho detto che ho 'na cosa
importante da finire!” ordinò cambiando tono.
Azaele
non se lo fece ripetere due volte, aveva preso abbastanza pacche
sulla testa per quel giorno.
#
Zoel
bussò alla porta della dimora infernale di Krastet.
L'Arcidiavolo dal ventre prominente aprì, si guardò
intorno e la fece entrare.
"Hai
paura di Akenet?" Domandò sprezzante Zoel.
"Perché,
tu no?" rispose Krastet.
Lei
non rispose e avanzò cercando con fatica un posto per sedersi.
La dimora dell'Arcidiavolo era un caos totale, vestiti sporchi e
puliti erano mischiati gli uni con gli altri e sparsi in giro per il
pavimento o ammassati sulle due sedie di pietra ancora visibili in
mezzo a quel caos. A terra e sul tavolo erano accatastati piatti
sporchi di avanzi di cibo secolari. Zoel buttò per terra i
vestiti che occupavano una delle sedie di pietra, si accomodò
accavallando le gambe e domandò "Sei sempre dell'idea che
Akenet abbia torto a voler aspettare tanto?"
"Si,
secondo me è una stupidaggine. Akenet ha la fissa di
comportarsi secondo le regole, ma così rischiamo di perdere il
nostro Alfiere!" rispose Krastet restando in piedi di fronte a
lei.
"Però
ha ragione quando dice che l'umana di Azaele non può entrare
all'Inferno finché è viva!" rispose pensosa Zoel.
"E
allora? Non sai che i piccoli umani possono vivere fuori dal ventre
materno anche a partire dai sette mesi? Basta tenere le dovute
precauzioni!"
Zoel
sogghignò. "Stai proponendo di aprirle la pancia e
prenderci il nostro Alfiere?"
"Esattamente!
La ammazzeremo sulla terra, le tireremo fuori il nostro Alfiere e ce
lo porteremo qui per affidarlo proprio ad Akenet. A quel punto sarà
troppo tardi perché lui possa fare qualcos'altro oltre il
bravo papà!" rise Krastet.
"Mi
piace!" Approvò Zoel. "Voglio vedere se sarà
ancora così altezzoso quando sarà impegnato a pulire la
merda del piccolo Alfiere!"
I
due risero allegramente all'idea di Akenet alle prese con pannolini e
cremine varie.
Un
rumore improvviso li zittì. I due si guardarono intorni
sospettosi, Krastet si affacciò ad una finestra ma non vide
nulla a parte un demone minore che lo salutò educatamente e se
ne andò per la sua strada.
"Hai
visto qualcuno?" Domandò Zoel .
"Solo
uno di quei servi tutti neri che non ho mai capito a cosa servano a
parte per fare sesso!"
"Oh,
bé. A fare commissioni no?" Rispose Zoel.
"Davvero?
Non ci avevo mai pensato!" Commentò Krastet stupito.
Aspettarono
un minuto e visto che non si sentiva più nulla tornarono al
loro discorso.
"Ma
come pensi di impossessarti del piccolo? Io non ho certo voglia di
rischiare di farmi ammazzare da Michele…"
"Dici
che potrebbero intervenire anche gli Arcangeli? Non ci avevo
pensato!" domandò preoccupato l'Arcidiavolo.
"A
parte che quando scoppierà la guerra, mi sembra ovvio che
interverranno anche gli Arcangeli... Comunque adesso non mi riferivo
all'Arcangelo ma a quell'altro, l'amico fraterno di Azaele!"
spiegò Zoel pazientemente.
Krastet
sbuffò. "Vorrei proprio sapere chi è stato
l'idiota che ha pensato bene di dargli lo stesso nome dell'Arcangelo"
"Bè,
mi sembra ovvio chi sia stato!" Rispose Zoel indicando verso
l'alto e pensando che Krastet a volte sembrava un cretino totale.
"Ah,
già!" commentò l'Arcidiavolo.
"Tornando
al nostro discorso, immagino che neanche tu abbia voglia di farti
infilzare da Michele e i nostri sottoposti ormai sono bravi solo a
bullizzare i dannati!" considerò Zoel.
"Qui
all'inferno ci sono umani molto peggiori di noi. Non lo sai?"
Rispose con aria furba Krastet.
"E
quindi?"
"Quindi
useremo uno di loro. Uno in particolare che è convinto di
avere un conto in sospeso con Azaele" rispose allegramente
Krastet.
"Oh,
vuoi dire…" ribatté perplessa l'Arcidiavola.
"Si,
voglio dire proprio lui!" confermò soddisfatto Krastet.
"Sinceramente
e senza offesa, ma Efialte non mi sembra fisicamente molto
adatto a questa missione” ribattè poco convinta Zoel.
“Che
c'entra Efialte?” domandò sorpreso Krastet.
“Credevo
ti riferissi a lui!”
“Ma
no, mi riferisco a quell'altro, quello che pensava di essere
destinato al Paradiso e che si è ritrovato all'Inferno!”
“Ah,
quello! Ma non credi sia troppo pericoloso? Potrebbe sfuggirci di
mano, quell'uomo odia Azaele. È convinto che lo abbia
trascinato all'Inferno per vendetta e non perché fosse
realmente condannato ai tormenti del nono girone per lo schifo di
uomo che era stato in vita!”
"Gli
metteremo al fianco due dei nostri più svegli degli altri.
Controlleranno che non faccia stupidaggini. Però dobbiamo
trovare un modo di allontanare Akenet dal nono girone il tanto da
permetterci di recuperare il nostro alleato e spedirlo sulla terra"
"Per
quello basterà organizzare una Riunione periodica fiume!"
Ridacchiò Zoel.
#
Merlino
era ormai abbastanza lontano dalla dimora di Krastet per tirare un
sospiro di sollievo. Quell'idiota non si era minimamente domandato
che cosa ci facesse davanti alle sue finestre nonostante, a parte
lui, lì intorno non ci fosse nessun altro.
Poco
prima per un attimo se l'era vista brutta. Era acquattato sul tetto
ad ascoltare quello che lui e Zoel, l'indisponente Arcidiavola che
ogni volta che aveva la sfortuna di incrociare lo mandava a fare
qualche stupida commissione, quando un enorme pipistrello filippino,
confuso dai rumori infernali, lo aveva centrato in pieno e fatto
rotolare giù dal tetto!
Ogni
tanto capitava che qualcuna di quelle povere bestie si perdesse in
una grotta profonda e finisse per ritrovarsi all'Inferno. Poveretti,
in genere finivano arrostiti come cena per qualche Arcidiavolo di
bocca buona.
Sbuffò
irritato. La sua strega e il piccolo che aspettava da quell'imbranato
di Azaele erano in pericolo e lui non aveva potuto ascoltare la parte
più importante del discorso tra quei due imbecilli.
In
ogni modo quello che aveva sentito era abbastanza per correre ad
avvertire Lord Safet. Il supervisore era un tipo in gamba, sicuramente era
meglio avvertire lui prima di tutti gli altri.
Si
affrettò a raggiungere una delle caverne che usava come
scorciatoia per la terra, si trasformò in gatto per acquistare
velocità e agilità e corse tra i cunicoli bui fino a
raggiungere il mondo degli umani.
#
Aurora
aveva appena finito di fare lezione. Era l'ultima ora per cui al
suono della campanella i ragazzi balzarono in piedi come molle
emettendo grida di gioia.
La
professoressa non sapeva mai se offendersi o gioire come i ragazzi.
Decise per la seconda opzione, dopotutto per pranzo doveva
incontrarsi con Safet che le aveva promesso di rimanere con lei tutto
il pomeriggio, evento abbastanza raro.
Raccolti
i libri nello zaino raggiunse la macchina nel parcheggio facendosi
largo tra i ragazzi che si erano trattenuti nel cortile della scuola
a chiacchierare.
Uno
di questi le rivolse uno sguardo un po' strano, ma lei era troppo
presa dal pensiero di cosa preparare a Safet per pranzo e non ci fece
caso. Il ragazzo la seguì fino alla macchina e approfittò
del momento in cui era impegnata a sistemare zaino e libri sul
sedile posteriore per entrare in macchina e occupare il sedile del
passeggero.
Aurora
si voltò nel sentire il rumore dello sportello che si chiudeva
e si irrigidì spaventata, sopratutto perché l'aspetto
reale del ragazzo era quello di un demone nero come la pece a parte
per un ciuffo di capelli bianchi che gli copriva parte della fronte.
Il demone era di corporatura minuta e la osservava silenzioso con due
occhi gialli da gatto. A dire il vero non sembrava avere intenzioni
ostili e d'altra parte era improbabile che avesse deciso di
aggredirla proprio lì in mezzo al parcheggio affollato da
colleghi e studenti.
"Chi
sei, che vuoi da me?" Domandò cercando di restare calma.
Il
demone le sorrise in modo rassicurante e le indicò il
parabrezza sul quale era comparsa una scritta infuocata che scomparve
dopo pochi istanti. “Non
aver paura, ci conosciamo, sono Merlino”.
Aurora
lo osservò stupita, non aveva mai pensato a Merlino come a un
demone vero e proprio. "Il famiglio di Alba?" domandò
per sicurezza.
Merlino
annuì silenziosamente.
"È
successo qualcosa di grave?" Domandò Aurora preoccupata.
Sul
parabrezza comparve un'altra scritta. “Non
ancora, ma la mia Signora è in pericolo. Devo parlare con Lord
Safet”
"Capisco!"
Sul
vetro comparve una terza scritta. “Sai
dirmi dove trovarlo? ”
"Certo,
pranziamo insieme tra poco, ti porto a casa con me".
Merlino
sorrise allacciandosi la cintura di sicurezza.
Aurora
mise in moto la Panda e si infilò nel traffico. Al primo
semaforo ne approfittò per togliersi una curiosità. "Ma
tu non parli perché non vuoi o non puoi?"
Merlino
sorrise e sul parabrezza comparve la risposta. “Noi
demoni minori siamo muti. Riesco solo a miagolare quando sono in
forma di gatto”
"Davvero?
Ma perché?"
Il
demone fece spallucce, come dire "Chi lo sa?"
"E
non ti dispiace?"
Merlino
scosse la testa, ridacchiò silenziosamente e fece apparire la
sua risposta. "Parlano già
abbastanza quegli imbecilli degli Arcidiavoli!"
Aurora
rise. "Ho idea che tu e Safet andiate d'accordo" commentò
ripartendo alla comparsa del verde.
Nota
1: Vedi Minilong “Il pallone autografato da Gattuso”
Nota
2: Così ora chi ha letto Devil at Pompei sa cosa ci faceva
Azaele a bere un caffé nella cucina di Razel!
|
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Capitolo 9 *** Coinquilini un po'... particolari ***
Capitolo 9
Coinquilini un po'...
particolari
Azaele era stanco, si era
alzato presto per andare a parlare con Razel dopo una notte passata
quasi insonne e poi aveva girellato per il cielo di Roma fino all'ora
di pranzo riflettendo sulla situazione. Anche se cercava di non darlo
a vedere, soprattutto con Alba, era molto preoccupato e come se non
bastasse era anche in pensiero per Michele, era dai tempi in cui si
era lasciato con Yliel che non lo vedeva così provato. Si
domandò se suo padre era riuscito a parlare con Sael e se
aveva fatto bene a lasciare a lui quell'incarico.
E se Sael si fosse
spaventato nel vederlo e fosse scappato senza lasciarlo parlare? In
fondo tutti i demoni temono gli Arcangeli, anche quando non hanno
motivo di preoccuparsi.
Alla fine decise che era
inutile farsi prendere dall'ansia, avrebbe affrontato la situazione
un problema alla volta e in qualche modo avrebbe risolto le cose!
Un po' più sereno
decise di atterrare davanti alla pasticceria Regoli e prendere un po'
di paste per fare una piccola sorpresa ad Alba e Michele. Con la coda
dell’occhio notò una volante della polizia girare
l'angolo lentamente e silenziosamente, come se i suoi occupanti
stessero cercando qualcosa. Non ci fece caso più di tanto,
erano cose da umani e poi quel sabato mattina non aveva anime da
ritirare.
Stava per assumere il suo
aspetto umano per entrare a scegliere le paste quando fu circondato
da un gruppetto di colleghi che avevano l'aria di essere alquanto
sbronzi, probabilmente avevano passato un venerdì sera più
allegro del solito.
"Guarda chi si vede!
Allora dove lo nascondi il nostro Alfiere?" gli domandò
il più alto e robusto, in giacca e cravatta.
Azaele lo guardò a
metà tra il costernato e il terrorizzato. "Ma sei matto,
ti sembra il caso di parlare a voce così alta?"
"Hey, che modo di
rivolgerti a un collega che ti sta facendo una domanda innocente!"
rispose quello avvicinandosi con aria offesa e sbuffandogli in faccia
un alitata alcolica che rischiò di sbronzare anche Azaele.
"Già! Come ti
permetti di parlare in questo modo altezzoso, credi di essere
migliore di noi solo perché tu puoi mettere al mondo un figlio
e noi no?" lo aggredì il secondo demone alzando la voce.
Azaele avrebbe voluto
morire, non solo la notizia del figlio in arrivo stava già
girando per tutto l'Inferno, ma come se non bastasse quegli idioti
stavano rischiando di farsi sentire anche dai colleghi angelici.
" Ok, ragazzi. Vi
chiedo scusa, non volevo essere sgarbato” sussurrò
cercando di calmarli “Ma che ne dite di abbassare la voce ed
evitare di farlo sapere anche in Paradiso?"
"Eeeh? Che hai
detto? Non si capisce nulla se parli così piano!" disse
il terzo demone dai capelli biondi e l'aspetto di uno che non doveva
essere molto sveglio neppure da sobrio.
"Questo vigliacco ha
detto di parlare a voce più bassa per non farci sentire dagli
Angelici!" sbraitò il primo demone. "Io non ho paura
di quegli stronzi, io gli faccio un culo tanto a quei frocetti alati,
cosa credi?"
"Proprio così!
Glielo facciamo a tutti, quando il nostro Alfiere sarà
cresciuto, non è vero Aza?" Rise il demone biondo dando
una manata sulle spalle di Azaele che decise di sparire dalla
circolazione prima che la situazione degenerasse.
Non volendo rinunciare
alle paste, si smaterializzò sul tetto di un palazzo poco
lontano sperando che i tre colleghi lasciassero perdere l'idea di
seguirlo.
Si sporse dal parapetto
per controllare la situazione e notò che nel frattempo le
volanti della polizia erano diventate tre e si erano fermate, insieme
a due Alfa Romeo che davano l’impressione di essere altrettante
volanti in incognito, proprio sotto il palazzo dove aveva deciso di
ricomparire.
Distratto da quello che
stava succedendo a terra, non si rese conto che i tre demoni si erano
alzati in volo per cercarlo e soprattutto non notò l’ampia
vetrata a specchio che rifletteva la sua immagine rendendolo
estremamente visibile a qualsiasi creatura dotata di ali che si
aggirasse lì intorno.
I tre demoni atterrarono
alle sue spalle e si avvicinarono minacciosi. "Sai una cosa
piccoletto, sarai anche il padre dell'Alfiere ma sei stato piuttosto
maleducato ad andartene così, senza neanche salutare"
disse il più alto.
"Già, hai
proprio bisogno di una lezione di Tom Tom1!"
Intervenne il biondo cercando di darsi un tono.
"Esatto!"
confermò il terzo dimostrando lo stesso livello di conoscenza
del francese dell’amico, cosa che dava la misura della loro
intelligenza considerando che i demoni per motivi professionali e
per via delle loro antiche origini angeliche dovrebbero conoscere
perfettamente tutte le lingue create dal Padre, compresa quella dei
pesci che non sono affatto muti come si crede.
Azaele, malgrado la
situazione non fosse esattamente rosea, non riuscì a
trattenere una risatina.
"Che hai da ridere,
stronzetto?" Domandò il demone alto avvicinandosi con
aria particolarmente ostile. Azaele fece un passo indietro. Un
battito d'ali alle sue spalle attirò l'attenzione dei tre
colleghi che impallidirono e si misero sull’attenti.
Azaele stava per girarsi
a controllare chi era atterrato ma una mano gli strinse leggermente
la base del collo. A scanso di problemi rinunciò
immediatamente a girarsi e rimase immobile cercando di mostrarsi meno
aggressivo possibile.
"Quindi che si dice
tra demoni? Mi pare che si accennasse ad un fare
il culo a noialtri
angelici, o non ho colto bene il senso del discorso?" Domandò
la voce allegra di Gabriel. Azaele tirò un sospiro di sollievo
e improvvisamente gli sembrò che la stretta intorno al collo
fosse gentile e protettiva.
"Noi non abbiamo
detto niente, Signore. È stato lui!" Rispose il demone
biondo indicando Azaele.
Gabriel assunse un
aspetto severo e si rivolse al figlio. "Davvero?"
"Ma no! Io non…"
"Sai, temo che dovrò
darti una bella lezione, demonio impertinente” ridacchiò
divertito l’arcangelo. “Grazie per la segnalazione
ragazzi, potete andare!" Ordinò poi rivolgendosi ai tre
imbecilli assumendo un tono da burocrate che ad Azaele sembrò
abbastanza ironico.
I demoni aprirono le ali
e non esitarono ad abbandonare al suo destino il padre del loro
futuro Alfiere.
Nel frattempo alcuni
poliziotti in borghese aprirono la porta del vano scala e
cominciarono a guardarsi intorno con aria circospetta. Né
l’arcangelo, né il demone ci fecero caso più di
tanto. In fondo erano entrambi in modalità invisibile
agli umani.
"Stai bene?"
domandò Gabriel lasciando andare il collo del figlio.
"Si, grazie"
borbottò Azaele a cui mancò il contatto con la mano del
padre.
Gabriel lo osservò
come se volesse dirgli qualcosa, ma Azaele lo precedette. "Sei
riuscito a parlare con Sael?"
"Si, abbiamo parlato
e credo di averlo tranquillizzato"
"Credi?"
domandò sprezzante Azaele.
Gabriel avrebbe voluto
tirare un ceffone al figlio, ma si rendeva conto che non poteva trattarlo
come un ragazzino. In fondo era pur sempre un adulto, malgrado fosse
molto più giovane di lui.
"Ti dispiacerebbe
evitare di rivolgerti a me con questo tono? Non solo è
irritante, ma è anche oltremodo scorretto da un punto di vista
gerarchico!" Disse cercando di usare un tono paziente e
assertivo.
Azaele dentro di sé
avrebbe voluto rivolgersi a suo padre ben diversamente, magari anche
abbracciarlo, ma vederselo lì davanti dopo aver desiderato
tanto conoscerlo era un'emozione troppo grande che non riusciva
ancora a gestire. Così gli uscì l'ennesima frase
infelice. "Scusa tanto se sono così rozzo ma non ho
ricevuto un'educazione adeguata. Sai com'è, sono stato
abbandonato da due decerebrati a pochi mesi dalla nascita!"
Gabriel questa volta non
riuscì a trattenersi. Sentir parlare in quel modo di
Galadriel, che aveva sofferto tanto per aver dovuto rinunciare al suo
bambino, lo innervosì al punto che assestò al figlio un
manrovescio così forte da spedirlo contro la vetrata a
specchio che si frantumò in mille pezzi. La cosa
di per sé non sarebbe stata così negativa, considerando
che aveva messo in luce la presenza del magazzino clandestino di coca e
altre porcherie varie che polizia e carabinieri, con un’azione
combinata, stavano cercando nel quartiere da ore. Ma ovviamente non
ebbe né l'effetto educativo desiderato né tanto meno un
effetto positivo sul rapporto tra lui e Azaele che si alzò e
se ne andò senza dire una parola.
Gabriel sospirò
dandosi del coglione. Non riusciva proprio a trovare una strada per
comunicare decentemente con suo figlio. Si fermò a riflettere
sulla terrazza mentre intorno a lui tra Forze dell'ordine e
malavitosi scoppiava una violenta sparatoria che miracolosamente non
causò morti, con profonda delusione di giornalisti televisivi
e commentatori da Social che non avrebbero mai saputo che il miracolo
era dovuto ad un Arcangelo che continuando a domandarsi come
convincere il proprio figlio a dargli una possibilità di
spiegarsi e sopratutto scusarsi, si aggirava distrattamente per la
terrazza acchiappando al volo ogni pallottola sparata, salvando
indistintamente la vita a poliziotti, carabinieri e malviventi.
#
Azaele non era arrabbiato
con Gabriel, ma con se stesso. Si rendeva benissimo conto che suo
padre non era comparso casualmente nella sua vita proprio in quel
momento tanto delicato. Sicuramente sapeva del bambino e voleva
aiutarlo, probabilmente era stato proprio Safet ad avvertirlo. E ora
che finalmente cercava non solo un dialogo ma anche di mostrarsi
affettuoso, lui lo respingeva offendendolo in quel modo. Si era
meritato il ceffone. Ne era consapevole. Ma ogni volta che se lo
ritrovava davanti finiva per agitarsi e dire qualcosa di
terribilmente inappropriato. Per non parlare del fatto che incontrare
Gabriel lo portava inevitabilmente a chiedersi perché fosse
ricomparso solo lui. Dov'era sua madre? Perché non si era
fatta viva anche lei? Possibile che non le importasse nulla di suo
figlio?
Azaele sospirò,
non avrebbe dovuto farsi distrarre da quei pensieri, era evidente
che la notizia del bambino ormai si era già sparsa per tutto
l'Inferno. Doveva cercare di concentrarsi solo su come affrontare la
situazione e continuare a cercare alleati, insomma stare sul pezzo,
come avrebbe detto Molinesi! A proposito chissà che fine aveva
fatto e se davvero aveva deciso di ricominciare a fare l'insegnante?
Perso nei suoi pensieri
Azaele atterrò sul balcone della cucina senza guardare dove
metteva i piedi, finendo in mezzo al bucato steso ad asciugare.
"Ma che accidenti
succede?" si lamentò rendendosi conto di aver infilato
una gamba dentro la manica della coperta di pile che Arianna usava
per avvoltolarsi sul divano e addormentarsi davanti alla TV nelle
serate invernali. Cercando nervosamente di divincolarsi, finì
per peggiorare la situazione arrotolandosi intorno alle ali un
lenzuolo matrimoniale, con stampata l'immagine sorridente di Naruto,
a cui Arianna era particolarmente affezionata.
Sentendosi un idiota si
ritrovò appeso alle corde del bucato, legato come un salame.
Anziché riflettere sul fatto che per liberare le ali sarebbe
bastato semplicemente prendere la forma umana, cominciò a
dibattersi scompostamente strappando dalle corde asciugamani, teli
da doccia e lenzuola che finivano immancabilmente per arrotolarglisi
addosso. Alla fine, infuriato e avvilito, invocò un falò
infernale che con un enorme boato incenerì tutto il bucato.
#
Sael dopo la
chiacchierata con Gabriel aveva deciso di farsi coraggio e provare a
tornare a casa per chiedere perdono a Michele. Atterrò sul
balcone della cucina ma sentendo le voci allegre di Arianna e Alba
provenire dall'interno, cambiò idea, fece il giro del palazzo
e approfittando di un finestrone aperto sulle scale entrò con
le chiavi di casa come un comune mortale.
Raggiunse le ragazze in
cucina con l'intento di chiedere notizie di Michele, ma non appena
Arianna lo vide cominciò a ridere. Alba si unì a lei
sorprendendo un po' il demone che domandò a disagio. "Che
ho fatto?"
"Diglielo tu!"
Propose Arianna guardando Alba senza riuscire a smettere di ridere.
Sael lanciò ad
Alba uno sguardo perplesso.
"Arianna ha fatto un
binge-watching di Lucifer un tantinello esagerato" ridacchio
lei. " Stanotte ci ha sognato tutti in versione demoni e
angeli!"
"Ah, si?"
domandò Sael incuriosito. "Io cos'ero?"
"Tu non c'eri, mi
spiace. C'era Aza, che somigliava un casino a Lucifer! Non
avevo mai notato che il tuo ragazzo fosse così carino!"
rise Arianna facendo l'occhiolino alla sua migliore amica. "Ma
la cosa più assurda è che Ariel, era un angelo! Ma vi
sembra possibile, uno stronzo del genere?" rise ancora Arianna.
A quella battuta Sael
rise sinceramente. "Effettivamente, sembra proprio una cosa
impossibile! Non è che magari hai ancora un debole per lui?"
Arianna si fece seria.
“Onestamente, no. Ci ho pensato molto, sapete. Ma alla fine ho
capito che non voglio al mio fianco un tipo così, potrà
anche essere bellissimo, ma preferisco un ragazzo gentile e
rispettoso ad uno che ha un bell'aspetto ma i modi di un troglodita".
"Però almeno
si è scusato!" Provò a difenderlo Alba ripensando
a quello che le aveva detto Ariel la sera prima. "Anche quelli
che picchiano le mogli si scusano e promettono di non farlo più
e poi ogni volta ricominciano. No, ho chiuso con lui. Una delle cose
che mi ha convinto ad accettare il lavoro a Bologna è proprio
che vivendo lì non avrò modo di incontrarlo neanche per
caso!" Sentenziò Arianna con convinzione.
"A proposito, domani
a che ora parte il treno?" domandò Alba.
"Alle 14.30! Stasera
si festeggia?" Propose Arianna allegramente.
Alba assunse
un'espressione dubbiosa “Non so, sono un po' stanca!”
rispose. Non era sicura che le nausee l'avrebbero lasciata in pace e
d'altra parte non aveva molta voglia di rivelare ad Arianna il suo
stato perché non sapeva ancora se sarebbe riuscita a tenere il
bambino e non voleva farla preoccupare. Non ora che doveva partire e
iniziare una nuova vita. Ma Arianna si rattristò subito. "Dai
Alba, ti prego, chissà quando possiamo rivederci".
Alba sospirò. Era
vero, probabilmente sarebbero passati almeno due o tre mesi prima che
la sua migliore amica avesse modo di tornare a Roma.
"E va bene, ma non
facciamo troppo tardi però!"
"Promesso!"
"Posso invitare
qualche amico?" domandò Sael pensando a Sakmeel e
Eowynziel.
"Perché, no?"
rispose Arianna. "Ok, ora vado a prepararmi! Devo uscire a comprare
ancora un sacco di cose per la nuova casa!" Trillò
felice. Dopotutto era in procinto di iniziare una nuova vita ed era
in piena eccitazione prepartenza.
Si alzò carica di
entusiasmo quando dal balcone si sentì Azaele imprecare. "Ma
porca miseria boia, stramaledetto bucato del Sabato!"
All'imprecazione seguì un botto e un'enorme fiammata.
Arianna, Alba e Sael si
precipitarono in balcone dove un infuriato Azaele, nel suo aspetto
demoniaco, stava finendo di spazzolare via dal giaccone i resti
carbonizzati della coperta di pile
e di un telo da bagno. Intorno a lui il bucato di Arianna era
completamente carbonizzato. Dal lenzuolo matrimoniale di Naruto
sprizzava ancora qualche fiammella.
Ci fu un attimo di
silenzio, poi tutti guardarono Arianna che con gli occhi sbarrati e
la bocca aperta cercava inutilmente di emettere un grido di terrore.
Azaele cercò di
giustificarsi con la frase meno credibile di sempre. "Arianna,
ti giuro che posso spiegarti tutto!"
"Il mio corredo per
la nuova casa!" si lamentò la ragazza.
"Co… cosa?"
domandò Azaele.
"Hai distrutto il
mio corredo per la nuova casa e… tu sei un mostro!" urlò
scioccata Arianna.
Alba le posò una
mano sul braccio. "Arianna, ti prego calmati!"
La ragazza si voltò
verso Alba e il suo sguardo si posò sul vetro della porta
finestra che le restituì il riflesso di Alba e Sael.
Purtroppo l'aura
demoniaca di Azaele, resa più forte dalla rabbia, aveva
influito anche su Sael che senza rendersene conto aveva perso il
controllo del suo aspetto, per cui Arianna vide un demone con i
capelli rossi e le ali nere. Terrorizzata scostò la mano di
Alba. "Non toccarmi… NON TOCCARMI!" strillò
scappando terrorizzata verso la sua camera. A metà corridoio
si scontrò con Michele che bofonchiò. "Ma cos'è
questo casino?"
Arianna ringraziò
il cielo pensando di ritrovarsi tra le braccia di un ragazzo normale,
ma quando alzò lo sguardo per chiedergli aiuto le parole le
morirono in gola. Michele aveva le grandi ali candide raccolte sulla
schiena e l'aureola accesa. L'angelo, che aveva dormito male a causa
del litigio con Sael ed era ancora un po' stordito dal sonno, si era
dimenticato di assumere il suo aspetto umano.
"Noooo, è un
incubo. Siete tutti dei mostri!" gridò Arianna
precipitandosi in camera e chiudendo la porta a chiave.
"Ohmmerda…
che casino!" commentò Azaele comparendo nel corridoio
seguito da Alba e Sael.
Michele lanciò uno
sguardo indecifrabile a Sael e si rivolse sospirando ad Azaele. "Che
diavolo hai combinato, Aza?"
#
Safet osservavava pensoso
Merlino. Il famiglio di Alba aveva appena finito di raccontare cosa
aveva visto e sentito poche ore prima.
Aurora aveva preparato il
pranzo e stava apparecchiando per tre, nonostante Merlino avesse
ripreso il suo aspetto felino che gli dava la possibilità di
miagolare velocizzando il racconto.
Aurora
era dispiaciuta per la condizione del famiglio, ma soprattutto era in
dubbio su cosa offrirgli da mangiare. Aprì la dispensa e
osservò incerta il cibo per gatti che acquistava per la
colonia felina di una sua amica.
Sullo sportello aperto
apparve una scritta infuocata "Non vorrei essere scortese, ma di
quella porcheria mi tocca mangiarne già abbastanza! Non è
che offriresti anche a me un piatto di pasta all'amatriciana e
l'insalata di pomodori con la mozzarella?"
Aurora si girò
rossa in viso per l'imbarazzo, Merlino aveva ripreso il suo aspetto
demoniaco e la osservava divertito.
"Oh, scusa…
certo! Safet, tu preferisci l'insalata di pomodori e mozzarella o la
bistecca alla griglia?"
"Mhm? Si, grazie!"
rispose Safet distrattamente.
"Si grazie... per la
bistecca o per la mozzarella con i pomodori?"
Safet guardò la
compagna con uno sguardo leggermente vacuo. "Quello che
preferisci, fai tu!"
Aurora scosse il capo, ma
non se la prese. Si era resa conto che Safet era molto preoccupato,
anche se ovviamente non aveva potuto capire nulla dai miagolii di
Merlino.
"Dobbiamo trovare un
posto per nascondere Alba e il suo bambino" disse Safet di punto
in bianco.
"Che succede, la
situazione è già così grave?" domando
Aurora allarmata.
"Si. Merlino mi ha
spiegato che due Arcidiavoli particolarmente idioti e pericolosi ,
vogliono uccidere Alba prima della fine della gravidanza per
strapparle il bambino dal ventre e portarlo all'Inferno"
"Cosa? Ma è
orribile e poi perché uccidere Alba prima della nascita del
piccolo?"
"Perché come
ti ho detto tempo fa, i colleghi angelici non si muoveranno prima che
siano passati i nove mesi canonici. Strappando il bambino dal ventre
di Alba, gli Arcidiavoli impediranno agli angeli di portarsi via il
neonato prima di loro!"
"Ma gli angeli non
possono andare a prenderlo all'Inferno?"
"No. Così
come a noi è vietato entrare in Paradiso, così agli
angeli è vietato l'ingresso all'Inferno. Se gli Arcidiavoli
riusciranno nel loro intento, il rischio di un'Apocalisse o
quantomeno di una seconda Grande Guerra, sarà molto più
concreto!"
"È tutto così
orribile e ingiusto!" commentò Aurora scioccata. "Ti
prego Safet, fa qualcosa per impedire che succeda. Alba e una ragazza
così dolce, non si merita una fine così terribile e
nemmeno il suo bambino!"
"Grazie a Merlino,
abbiamo davanti abbastanza tempo per trovare un posto sicuro per
Alba. Ci faremo aiutare anche da Elena, la compagna di Razel. Con i
suoi poteri da strega ci aiuterà a nascondere il luogo dove
porteremo Alba. Ma finché non avremo trovato un nascondiglio
abbastanza sicuro, dovremo fingere di non sapere nulla dei piani
degli Arcidiavoli. Condurremo tutti una vita apparentemente normale
in modo da non creare sospetti!"
In quell'istante squillò
il cellulare di Aurora.
"Ciao Aza, dimmi!"
rispose Aurora cercando di mostrarsi serena. "Cosa? Ma come è
successo?" Domandò immediatamente dopo.
"Capisco! E quindi
ora sta piangendo disperata e non vuole più uscire dalla sua
camera? Ma io come posso aiutarti? Oh, certo, non ci avevo pensato!
Va bene arrivo!"
Safet e Merlino si
scambiarono uno sguardo costernato. Sul vetro della finestra apparve
una scritta infuocata. "Quell'imbranato di Azaele ne ha
combinato un'altra?"
"Già, ma
stavolta non è l'unico. A quanto pare oggi a casa di Alba si
sono messi d'accordo per comportarsi tutti come dei perfetti idioti!"
sospirò Aurora.
Nota 1: i due demoni
hanno confuso il nome del noto navigatore con il termine Bon
ton (galateo,
buone maniere)
|
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Capitolo 10 *** Farewell Arianna! ***
Capitolo
10
Farewell
Arianna!
Alba
aprì la porta e si ritrovò di fronte Aurora, Safet e un
demone mingherlino tutto nero, con due occhi gialli da gatto e un
ciuffetto bianco sulla fronte.
Osservò
stupita il ciuffetto bianco del demone e domandò «Ma non
sarai mica Merlino?»
Il
demone sorrise e le strizzò un occhio.
«Ma
che significa? Cioè tu sei… così?»
Safet
intervenne «Forse è meglio rimandare a dopo le
spiegazioni sull'aspetto di Myrddinx
e cercare di risolvere il problema Arianna!»
«Oh,
si. Certo. Entrate!» rispose Alba facendosi da parte senza
riuscire a staccare gli occhi da Merlino.
Entrarono
tutti in cucina, dove li aspettavano Michele, Azaele e Sael, chiusi
in un imbarazzato silenzio. Safet lanciò un'occhiata severa a
suo figlio che abbassò lo sguardo a disagio.
«Arianna
è ancora barricata in camera sua?» domandò
Aurora.
«Si,
non vuole parlarmi, l'ultima cosa che ha detto è che non
uscirà dalla sua stanza finché non ce ne saremo andati
tutti! Non si fida più neanche di me!» spiegò
Alba.
«Ora
provo a parlarle. Quanto a voi ragazzi... o ve ne andate o vi rendete
invisibili!» Disse Aurora rivolgendosi a tutte le creature
soprannaturali presenti.
«Siamo
già, invisibili agli umani…» borbottò
Azaele.
«Ops,
scusate! Dimentico sempre che posso vedervi anche quando siete
invisibili!» Sorrise la professoressa.
#
Arianna
piangeva silenziosamente barricata dentro la sua camera.
Non
riusciva a credere a quello che aveva appena scoperto. Azaele,
Michele e Sael non erano umani. Alba lo aveva sempre saputo e non le
aveva detto nulla.
Come aveva potuto
mentirle su una cosa del genere!
Si
sentiva profondamente tradita. Chi era veramente quella persona che
aveva considerato la sua migliore amica per più di quindici
anni?
«Arianna!»
Chiamò Aurora bussando delicatamente alla porta. «Sono
Aurora, apri per favore. Sono andati via tutti»
La
ragazza sobbalzò, poi si avvicinò alla porta e chiese
«Anche Alba?»
«No,
lei è qui con me! Vorrebbe parlarti»
«NO!»
Gridò Arianna. «Non voglio vederla. Dille di andarsene!»
Aurora
sospirò e si rivolse ad Alba. «Temo che se non mi lasci
sola con lei, questa storia non si chiuderà tanto facilmente».
"Volevo
proteggerla e invece ho finito per distruggere la nostra amicizia»
constatò Alba rattristata.
Aurora
cercò di consolarla. «Ma no, è solo spaventata e
confusa! Vedrai che alla fine si risolverà tutto!»
«Non
credo. Conosco bene Arianna, quando decide di chiudere con qualcuno
non torna indietro! Come con Ariel, malgrado lui si sia scusato per
il suo comportamento e stia cercando di migliorare il suo carattere,
lei si è rifiutata di concedergli un seconda possibilità.
Come pensi che potrà mai perdonarmi per non averle detto la
verità su di me e su Azaele e i suoi amici? L'ho terrorizzata
e delusa allo stesso tempo!»
«Alba,
non essere troppo severa con te stessa, hai saputo la verità
su di te e su Azaele da nemmeno tre mesi, anche tu avevi necessità
di metabolizzare la notizia!» Rispose Aurora.
«Alba,
vattene o giuro che chiamo un fottuto esorcista pur di costringerti a
lasciare questa casa!» Gridò Arianna dall'altra parte
della porta.
Alba
lanciò un ultimo sguardo sconfitto ad Aurora, percorse il
corridoio piangendo silenziosamente e lasciò l'appartamento
seguita da Azaele mortificato e avvilito per quanto era successo.
Merlino li osservò incerto se seguirli, poi decise che era
giusto lasciar loro un po' di privacy.
#
«Se
n'è andata. Arianna, puoi aprire la porta!» disse
Aurora. Passò qualche istante e poi senti una chiave girare
nella toppa. Arianna sporse leggermente il viso gonfio di pianto e
domandò titubante. «Sono davvero andati via, tutti?»
«Si,
sono andati via tutti, puoi uscire".
«No,
ti prego entra tu e aiutami a portare via i bagagli. Non voglio stare
un minuto di più in questa casa!»
Aurora
si irritò un po'. Va bene che Arianna aveva tutte le ragioni
di essere spaventata e arrabbiata, ma almeno un piccolo sforzo nei
confronti di Alba, che in fondo era l'unica a non aver fatto nulla di
stupido, avrebbe potuto farlo.
«Arianna,
io capisco che tu sia spaventata e arrabbiata, ma Alba è la
tua migliore amica da anni, non credi che dovresti darle la
possibilità di spiegarsi?»
«Cosa
c'è da spiegare? È una bugiarda e ha portato le bestie
di Satana in casa mia!» rispose Arianna con una nota lievemente
isterica nella voce.
Safet
che era lì a fianco, invisibile ad Arianna, stava per
esprimere un commento sarcastico. Un'occhiata di Aurora lo fermò
in tempo, ci mancava solo che si rendesse visibile per sbaglio!
«Credo
che tu in questo momento sia ancora troppo spaventata per esprimere
un giudizio oggettivo su quanto è successo, non prendere
decisioni definitive di cui potresti pentirti!» disse la
professoressa nella speranza di far ragionare Arianna, ma lei non
rispose. Si caricò uno zaino sulle spalle, tirò su un
trolley che neanche con la più buona volontà avrebbe
mai superato il controllo del bagaglio a mano della Ryanair e uscì
frettolosamente dalla camera. Tutto ciò che desiderava era
lasciarsi alle spalle al più presto quell'appartamento che era
stato la sua casa per dieci anni.
Aurora
prese l'altro trolley e la seguì rinunciando a discutere. Era
inutile, la ragazza non era minimamente disposta ad ascoltarla.
Safet
decise di non accompagnarle. Aurora non aveva bisogno del suo aiuto e
poi era più urgente occuparsi di quei due beoti di Michele e
Sael. Raggiunse la cucina e si fermò sulla soglia a osservare
la situazione. Merlino era intento a mangiare biscotti appollaiato
sulla dispensa, suo figlio e Michele sedevano ai lati opposti del
tavolo senza riuscire a guardarsi. Safet scambiò un breve
sguardo con Merlino che scosse la testa rispondendo silenziosamente
alla sua domanda.
L'anziano
supervisore si rivolse al figlio e sentenziò. «Hai dieci secondi, per chiedere a Michele di seguirti in
camera vostra e scusarti per il tuo comportamento. Esattamente il
tempo che mi ci vuole per varcare la soglia di questa stanza, girare
intorno al tavolo, raggiungerti e riempirti la faccia di ceffoni.
Sono stato abbastanza chiaro?»
Merlino
scoppiò in una risata silenziosa, Michele sorrise divertito e
Sael si alzò di colpo borbottando. «Uh... bè…
cioè…»
«Cinque
secondi» scandì Safet.
Sael
guardò Michele implorante e pigolò. «Vieni?»
L'angelo
si alzò e indicando la porta della cucina lo invitò ad
uscire. «Prego, ti seguo!»
Il
demone si precipitò fuori dalla cucina seguito da Michele.
Safet
e Merlino rimasero soli. «Ragazzo, ho bisogno di un favore!»
disse Safet.
Su
uno dei vetri della cucina apparve la risposta infuocata del piccolo
demone.
«Sono
a sua disposizione, Lord Safet!»
#
Azaele
e Alba passeggiavano lungo la via che portava a casa di Arianna.
Alba
era affranta e non riusciva a smettere di piangere. Azaele avrebbe
voluto aiutarla, consolarla in qualche modo, ma temeva di peggiorare
solo la situazione, così si limitava a tenerle un braccio
intorno alle spalle. Alla fine si sedettero su un panchina. Un
gruppetto di cinghiali passò loro davanti in perfetta fila
indiana.
Uno
dei cinghiali, ancora abbastanza giovane, si girò
all'improvviso per osservarli, abbandonò il piccolo branco e
si avvicinò incuriosito ad annusare Alba. L'occhiata
letteralmente infuocata di Azaele gli fece capire che non era aria.
Il cinghialetto sobbalzò e grufolando spaventato raggiunse i
suoi amici che si erano fermati ad aspettarlo per poi ripartire tutti
insieme. Il cinghialetto lanciò un ultimo sguardo ad Alba e
poi sparì dietro i cespugli di un parchetto per i bimbi poco
più avanti.
Azaele
sospirò «Mi dispiace tanto, è tutta colpa mia!»
«No,
non è colpa tua. È colpa della situazione. Come si fa a
dire alla propria migliore amica, hey sono una strega e il mio
ragazzo è un demone infernale, ma non preoccuparti è
tutto sotto controllo!» Lo consolò Alba. «Non
mi avrebbe mai creduto e prima o poi lo avrebbe scoperto e reagito
nello stesso modo. Arianna in fondo è fatta così, così
come si fa prendere dai grandi entusiasmi sa anche lasciarsi tutto
alle spalle senza voltarsi indietro. A volte mi chiedo come sia stato
possibile che siamo rimaste amiche per tutti questi anni!»
«Non
essere così severa con lei, mi ha visto in versione infernale
e piuttosto incazzato! Non ero certo un bel vedere!»
Alba
sorrise e gli strinse una mano tra le sue. «È solo la
dimostrazione che non capisce nulla di uomini. Sei molto bello anche
quando sei nero come la pece e con gli occhi rossi!»
Azaele
si ricordò dell'Alba di vent'anni che quattrocento anni prima
lo aveva trovato molto bello e si commosse. La strinse a sé
e la baciò.
«Ciao
ragazzi! Che fate?» Domandò Eowynziel atterrando davanti
a loro.
I
due giovani si staccarono di colpo e Azaele rispose un po' irritato.
«Secondo te?»
«Ihihih»
ridacchiò la demone un po' imbarazzata. «Ma non
intendevo il bacio! Intendevo in generale!»
«Niente
di che!» rispose Azaele, Eowynziel era simpatica ma anche un
po' svampita, era meglio non aprirsi troppo con lei.
«Oh,
che strano! Io pensavo che vi steste preparando a difendere il vostro
bambino. Ho sentito che Akenet vuole farlo rapire subito dopo che
sarà nato!» Disse Eowynziel sbattendo gli occhioni
azzurri.
Alba
si girò verso Azaele e domandò allarmata. «Chi è
Akenet?»
«Un
enorme problema!» Rispose Azaele sudando freddo.
«È
l'Arcidiavolo Responsabile del Nono girone. È tanto bello!»
rispose Eowynziel arrossendo un po'.
«Peccato
che abbia il vizio di dare fuoco ai suoi sottoposti completamente a
caso!» Commentò irritato Sakmeel, atterrando al fianco
di Eowinzyel.
«Bé,
ma poi li guarisce subito, al contrario di Zamesh!» disse la
demone tremando leggermente al ricordo di una brutta avventura con il
suo antico superiore.
Sakmeel
si avvicinò e le accarezzò una guancia. «Zamesh è
un sadico bastardo, non è nemmeno paragonabile ad Akenet. Ma
tu non devi temerlo più ormai, sono secoli che sei passata
sotto la supervisione di Safet!»
«Oh
sì. Lui è un Supervisore adorabile!» Affermò
Eowynziel con convinzione.
«Ragazzi
scusate, ma come avete saputo di Akenet?» Domandò Azaele
tornando all'argomento principale.
«Lo
sanno tutti Aza, c'è stata una riunione degli Arcidiavoli! Lo
sapresti anche tu se ogni tanto ti facessi un giro per l'Inferno
anziché limitarti a consegnare le anime a Caronte e scappare
via!» Lo sgridò Sakmeel.
«Safet
lo sa?» domandò Alba che aveva molta fiducia nel padre
di Sael.
«Immagino
di si. Poco fa ha mandato Merlino a dirmi che vuole organizzare un
incontro tra tutti quelli che possono essere considerati vostri
amici»
«Per
quando lo ha organizzato?» domandò Azaele un po'
rasserenato nello scoprire che il suo supervisore oltre a sgridarlo,
aveva finalmente cominciato ad agire in suo favore.
«Ancora
non lo so, ma stasera ha invitato me e Eowynziel a casa della sua
compagna umana, forse non vuole riuniore subito tutti insieme per
evitare che la voce di una nostra eventuale alleanza arrivi ai
colleghi sbagliati».
«La
sua compagna è quella simpatica vecchietta di nome Aurora?»
Domandò allegramente Eowynziel.
«Aurora
ha solo sessantaquattro anni, se ti sente parlare di lei come di una
simpatica vecchietta, ti sbrana!» commentò Azaele
alzando gli occhi al cielo.
«Sessantaquattro
sono pochi? Io non ci capisco molto dell'età degli umani!»
rispose la demone perplessa.
«Safet
era a casa nostra, almeno fino a pochi minuti fa, ma non ci ha ancora
detto nulla» considerò Alba. «È anche vero
che dopo il casino che è successo con Arianna e il modo in cui
ci ha cacciato da casa, non abbiamo avuto modo di parlare».
«Avete
litigato?» domandò Eowynziel.
«Si.
Purtroppo ha anche deciso di andare via prima del previsto!»
rispose tristemente Alba.
Eowynziel
si illuminò. «Oh, ma allora Adel può venire ad
abitare con voi, stamattina l'ho incontrata e mi ha detto che cercava
casa. Mi sembrava molto in ansia a riguardo!»
«Adel?
Ma parli di una demone piccolina di statura, con una veste nera?
Credo che l'abbiamo conosciuta un paio di giorni fa».
«Siii,
è simpatica vero? Lavorava con me e Sael millenni fa, mi ha
detto che è stata trasferita da poco ai ritiri esterni…
Che ne pensi. Può venire ad abitare con voi?» Domandò
ancora la demone speranzosa.
«Tra
l'altro chissà che fine ha fatto? É sparita senza
neanche salutare!» si chiese Alba.
«Forse
si è imbarazzata per il vostro litigio, sai è molto
timida! Mica è come me che non capisco mai bene le
situazioni!” Rise Eowynziel, irritando Azaele. Tanto per non
smentirsi la fidanzata di Sakmeel non si era minimamente resa conto
della sua mancanza di delicatezza nel proporre ad Alba di sostituire
Arianna con Adel. Stava per sgridarla quando Alba lo precedette. «Ma
si. Possiamo provare a invitarla per fare due chiacchiere e
conoscerci meglio, anche a me è sembrata simpatica e poi
chissà, magari leghiamo pure. Una nuova amica potrebbe essermi
un po' d'aiuto in questo periodo così difficile».
«Allora
appena la vedo gliene parlo!» Rispose Eowynziel soddisfatta.
Azaele
non commentò, non voleva contraddire Alba, ma dentro di sé
non gli sembrava una gran bella idea condividere l'appartamento con
una demone quasi sconosciuta.
Il
suo carattere ottimista però alla fine ebbe la meglio, in
fondo Adel era una demonietta simpatica e un po' timida, che pericolo
avrebbe mai potuto esserci nel darle la stanza di Arianna?
#
Aurora
parcheggiò nell'unico posto libero rimasto davanti alla
Stazione Termini.
«Wow,
incredibile!» Commentò ammirata Arianna.
«Sono
le capitas!»
«Le
cosa?»
«Prolungamenti
energetici che ti permettono di metterti in connessione con
l'Universo affinché questo soddisfi i tuoi bisogni!»
«Ah!»
Rispose Arianna che essendo una tipa molto pratica, faceva fatica a
seguire discorsi troppo filosofici.
«Arianna,
sei proprio sicura di volertene andare così? Senza nemmeno un
chiarimento con Alba? Lei ti vuole bene e in fondo voleva solo
proteggerti» Domandò Aurora cambiando argomento.
Arianna
sbuffò. «Proteggermi dagli stessi mostri con cui mi ha
fatto convivere negli ultimi tre mesi? Sai una cosa, io non capisco
come fai a stare così calma, cioè ti rendi conto che se
Sael è una specie di demonio, anche suo padre deve esserlo?»
«Non
solo me ne rendo conto, ma lo so benissimo! Sarò anche
ultrasessantenne, ma non sono mica cretina!» si lasciò
sfuggire Aurora irritata dal comportamento di Arianna.
«Cioè,
stai veramente dicendo che hai sempre saputo di andare a letto con un
demonio?» Esclamò la ragazza esterrefatta.
Aurora
perse la pazienza. «Senti Arianna… Primo, non ti facevo
così bigotta, secondo, meglio con un demonio come Safet che
con certi imbecilli che ti sei portata a letto tu!»
Arianna
non seppe come controbattere anche perché sugli imbecilli che
si era portata a letto recentemente purtroppo non poteva darle torto.
Ma in fondo non importava neanche più, se ne stava andando da
Roma e presto si sarebbe lasciata alle spalle tutta quella storia.
Scese dalla macchina seguita da Aurora e dopo aver insistito che non
aveva bisogno di alcun aiuto si avviò velocemente verso la
Stazione trascinando i due trolley.
La
professoressa si sentì in colpa per essere stata così
dura, ma l'atteggiamento della ragazza era stato così
irritante che alla fine non era riuscita ad evitare di scattare in
quel modo.
Un
frullare di ali al suo fianco attirò la sua attenzione.
Era
Ariel. Atterrato al suo fianco osservò Arianna entrare in
stazione e uscire per sempre dalla sua vita.
«Non
provi neanche a parlarle?» Domandò Aurora che l'aveva
riconosciuto.
«No,
non ce n'è motivo, sono stato io stesso a contribuire a questa
partenza. In fondo è molto meglio così, soprattutto
ora» sospirò lui.
«Che
vuoi dire?» Domandò la professoressa.
Ariel
riteneva degna di stima la compagna umana di Safet, ma vista la sua
profonda amicizia con Alba e Azaele preferì glissare sul fatto
che la sera prima, quando aveva aiutato Arianna a scivolare in un
sonno profondo, ne aveva approfittato per dare una “spintarella”
in più alla sua decisione di partire.
«Intendo
dire che grazie alla sventatezza di quell'imbecille di Azaele
rischiamo uno scontro tra Angeli e Demoni, per cui è meglio
che Arianna sia lontana da qui quando succederà! Non credi?»
Aurora
lo guardò stupefatta e preoccupata. «Allora lo sai?»
«Sono
un angelo e ieri sera sono stato a casa di Alba e Azaele, pensi che
non mi accorga se un'umana ha dentro di sé una nuova vita?»
Ariel
si rese conto del turbamento di Aurora. «Non preoccuparti, per
ora lo terrò per me. Ho già commesso abbastanza errori
nei confronti di Azaele, questa volta voglio provare a dare fiducia a
quel piccolo stronzo, magari lui e la sua ragazza finiscono solo per
mettere al mondo una bambina deliziosa!»
«Vedo
che la tua considerazione nei confronti di Azaele è molto
migliorata!» rispose sarcastica Aurora.
«Sto
lavorando su me stesso, ma per i miracoli devo ancora attrezzarmi!»
Rispose Ariel strappando un sorriso ad Aurora. «Per lo meno la
frequentazione di Azaele ti ha instillato un'inaspettata capacità
di fare dell'autoironia»
Ariel
le rivolse uno sguardo un po' obliquo.
«Perché
hai parlato di una bambina?» domandò la professoressa.
«È
solo una speranza. Non credo proprio che il mondo sia pronto per un
altro Azaele!» Rispose Ariel con un sogghigno.
«Capisco.
A proposito, cosa ci facevi ieri a casa di Alba e Azaele?»
domandò ancora Aurora.
Ariel
la scrutò divertito. «Sei una che non molla l'osso, eh?
Proprio come Safet, ho l'impressione che non sia un caso che tu sia
la sua compagna!»
«Non
lo sai Ariel? Niente è mai per caso! » ridacchiò
Aurora imitando il tono grave di Safet.
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Capitolo 11 *** La spia ***
Capitolo 11
La spia
Michele si sedette sul
letto con un'espressione canzonatoria sul volto.
Sael lo guardò
imbarazzato, si sentiva molto stupido e in colpa per il modo in cui
si era comportato ed era evidente che Michele non aveva intenzione di
aiutarlo. Doveva trovare il coraggio di scusarsi con il ragazzo che
amava.
«Mi dispiace! Sono
stato un idiota».
«Temo che dovrai
fare meglio di così per convincermi a darti una seconda
possibilità!» Rispose Michele freddamente.
Sael rabbrividì,
l'ultima volta che Michele era stato così freddo con lui era
stato nel corridoio della ditta dove lavorava Alba. Quella volta
tanto per cambiare si era comportato da idiota e Michele lo aveva
minacciato con la sua spada angelica.
«Credevo di fare
bene, te lo giuro. Ero terrorizzato, continuavo a sognare di essere
costretto a punirti in modo orrendo per esserti innamorato di me.
Come se non bastasse Ysrafael mi ha detto che in Paradiso stavano
cominciando a dubitare di te».
Michele sgranò gli
occhi esterrefatto, Ariel non aveva fatto cenno a questo particolare,
probabilmente per lealtà verso Ysrafael che era pur sempre il
suo maestro e Supervisore.
«Mi ha detto che
anche se non voglio, mi porto dentro il buio dell'Inferno e che prima
o poi avrei finito per trasmetterlo anche a te!»
Michele sospirò «E
tu gli hai creduto…»
«Io sono un demone
infernale, è un dato di fatto. So di portarmi addosso il buio
dell'Inferno, lo sento ed è una cosa che per quanto mi sforzi
non posso cambiare. Tu non puoi capirlo, non sei un demone. Non hai
idea di cosa significhi guardarsi allo specchio e vedere l'aureola
spaccata e quelle ali da pipistrello e non hai nemmeno idea di cosa
significhi avere la consapevolezza di aver contribuito a creare il
male e averlo portato tra gli uomini. Non è stato Caino il
primo assassino della storia, siamo stati noi quando abbiamo
dichiarato guerra a voi. E tutto per gelosia nei confronti degli
umani. Siamo stati allo stesso tempo immaturi e arroganti e abbiamo
finito per commettere un errore imperdonabile. Ci siamo meritati
tutto ciò che il Padre ha creato per punirci!» Sael fece
una piccola pausa, sospirò e infine guardando Michele dritto
negli occhi domandò. «Perché non avrei dovuto
credere a Ysrafael? O meglio, perché Ysrafael dovrebbe
sbagliarsi quando dice che rischio di rovinare la tua purezza di
Angelo?»
Michele non riuscì
a rispondere, il discorso di Sael lo aveva colpito e commosso. Sapeva
che Azaele, Sael, Safet e forse anche Razel, portavano un peso nel
loro cuore, ma non si era mai realmente reso conto di quanto
potessero soffrire per i loro errori. Forse perché Azaele
nonostante tutto era un ragazzo dal carattere allegro e positivo e
Safet un demone compassato e protettivo nei confronti di tutti loro.
Quanto a Razel, bè lui era… Razel!
Passò un braccio
intorno alle spalle di Sael e gli domandò. «Perché
sei tornato?»
«È stato
grazie al padre di Azaele. Mi ha detto delle cose che mi hanno
rincuorato e soprattutto fatto capire che la cosa più
importante è aver preso consapevolezza dei miei errori
passati. Da quando mi ha parlato ho capito che un po' di buio dentro
di me ha fatto spazio alla tua luce e non il contrario. Almeno
spero!»
«È un
pensiero molto bello, sai?» Disse Michele accarezzandogli
dolcemente i capelli.
«Sei tu che porti
la bellezza nella mia vita!» Sussurrò un po' timidamente
Sael.
Michele non resistette
più, attirò Sael a sé e lo baciò a lungo.
Non c'era bisogno di altre parole ormai.
Poco più tardi
mentre facevano l'amore, Sael pensò che era felice di essere
tornato e che forse si, forse Gabriel aveva ragione. Forse il Padre
lo aveva davvero perdonato e aveva davvero permesso a Michele di
amarlo per ridargli indietro un piccolo pezzo di Paradiso.
#
«Adel» chiamò
Eowynziel raggiungendo l'amica seduta sul cornicione sotto l'orologio
di Palazzo Montecitorio.
Adel si alzò un
po' in ansia. Non era affatto sicura che Azaele e i suoi amici
fossero disposti ad accoglierla al posto di Arianna, soprattutto dopo
l'imbarazzante e poco gentile fuga di pochi giorni prima.
«Allora? Sono
arrabbiati perché me ne sono andata senza neanche salutare?»
Domandò non appena Eowynziel chiuse le ali.
«No, assolutamente!
Anzi Alba è contenta, spera che diventiate amiche!»
«Sul serio?»
«Si, assolutamente.
Sai, anche io penso che sarebbe bello! E poi adesso che Akenet vuole
rapire il suo bambino un'alleata in più non fa male, giusto?»
«Lo sa già?»
Sfuggì ad Adel che subito si pentì di quello che aveva
detto. Ma Eowynziel non ci fece caso.
«Certo! Le voci
corrono. Infatti stasera ci troviamo a casa di Safet, penso che
voglia organizzare qualcosa per proteggere Alba e il suo bambino.
Perché non vieni anche tu?»
Adel pensò che
Eowynziel non si rendesse minimamente conto di quanto fosse
pericoloso parlare così apertamente con lei solo perché
millenni prima, quando lavorano entrambe nel Terzo girone, erano
state molto amiche e si erano fatte forza a vicenda. Ma in fondo non
c'era da meravigliarsi, Eowynziel era sempre stata un po' svampita e
all'Inferno ci era finita soltanto per colpa di quel fesso del
precedente fidanzato che prima l'aveva convinta a combattere per
Lucifero e poi quando erano stati sconfitti e puniti per l'eternità,
l'aveva mollata senza tanti complimenti.
Almeno Adel poteva dire
di esserci finita esclusivamente per colpa della sua immaturità.
Come molti altri, infatti, aveva vissuto la creazione degli Umani
come un tradimento e un abbandono da parte del Padre.
«Allora? Vieni o
no?»
La domanda dell'amica la
riportò al presente.
Decise che non era il
caso di accettare, presentarsi a casa di Safet senza essre stata
invitata da Azaele o dallo stesso Safet, poteva essere decisamente
sospetto e il Supervisore era troppo intelligente per non farsi
venire dei dubbi su di lei.
Sempre che non sapesse
già che lei era la segreteria di Akenet. Quello era il rischio
più grosso. D'altra parte era stata assegnata ad Akenet da
poco e non era detto che Safet ne fosse già a conoscenza, in
fin dei conti non è che le informazioni girassero così
bene all'Inferno, tutt'altro.
Per un momento valutò
l'ipotesi di farsi scoprire. In fondo il Supervisore non era crudele
e probabilmente si sarebbe limitato a mandarla via o al massimo a
tenerla prigioniera senza farle del male e lei si sarebbe tolta da
quella situazione sgradevole.
Alla fine però
prevalse la lealtà verso il suo Responsabile che in fondo
aveva dimostrato di contare su di lei.
«No, meglio di no.
Non li conosco bene, mi sembrerebbe di essere di troppo, soprattutto
se dovete parlare di argomenti così delicati! Magari più
avanti parteciperò anche io. Tanto ci saranno sicuramente
altri incontri come questo, non credi?»
«Oh, si.
Sicuramente. Magari al prossimo ti inviterà Alba stessa!»
Rispose Eowynziel entusiasta.
«Quando pensi che
potrò parlare con Alba per organizzare il trasferimento?»
domandò infine Adel
«Stasera chiedo e
ti faccio sapere!»
«Perfetto!»
concluse Adel sorridendo a Eowynziel.
#
Adel rientrò
all'inferno pensando ad Akenet. Sperava che il suo Responsabile
sarebbe stato, se non contento (non lo aveva mai visto contento),
almeno un po' soddisfatto.
Stava
sorvolando il Girone
degli adulatori quando
sentì qualcuno gridare «Attenzioneeeee!» Abbassò
lo sguardo e si rese conto che alcuni colleghi erano in difficoltà
con un nuovo carico di letame liquido, appena arrivato. Il tubo
dell'autocisterna infernale sembrava tappato da qualcosa e si stava
gonfiando in maniera abnorme.
«Tutti via da
quiiii!» Ordinò il demone autista che pensò bene
di scappare via anziché provare a spegnere la pompa
dell'autocisterna ed evitare un disastro. Il tubo cominciò a
contorcersi come un tentacolo impazzito provocando un fuggi fuggi
generale così scomposto che una demone venne schiacciata
contro le rocce.
Adel la notò e
scese ad aiutarla. La collega afferrò la mano che Adel le
stava porgendo e provò ad alzarsi in volo sbattendo le ali, ma
un piede le era rimasto incastrato tra due massi.
«Oh, merda!»
Esclamò Adel mentre alle loro spalle la pompa
dell'autocisterna emetteva un lungo e terrificante lamento.
Un attimo dopo il tubo si
contorse con un ultimo furioso ruggito e infine esplose in mille
pezzi ricoprendo di letame liquido tutto ciò che aveva la
sfortuna di trovarsi entro un raggio di cento metri.
Comprese Adel e la sua
collega.
#
Akenet
osservò la cascata di acqua fresca totalmente insoddisfatto.
La temperatura era incomprensibilmente una decina di gradi al di
sopra di quella prevista e stava trasformando il ghiaccio in una
pozza d'acqua sempre più larga nella quale i Traditori
della patria
stavano sguazzando allegramente, manco fossero dentro la piscina di
un Hotel a cinque stelle.
«Vedi di rimediare
immediatamente a questa incresciosa situazione, Kafresh, prima che mi
innervosisca seriamente!» Sibilò Akenet con gli occhi
ridotti a due fessure rosse.
«Sissignore! Non si
preoccupi, questa volta credo di aver capito davvero come risolvere
problema!» Rispose il demone idraulico tremando di paura,
Akenet lo aveva già bruciato e risanato per tre volte
consecutive e molto probabilmente se lo avesse bruciato per la quarta
volta sarebbe stata quella senza ritorno.
«Lo spero per te»
rispose l'Arcidiavolo con aria minacciosa confermando i timori del
demone.
Un boato improvviso
attirò la loro attenzione. «Ma che succede oggi?»
Si lamentò Kafresh.
«Qualche altro
imbecille deve essere impegnato a svolgere scrupolosamente il suo
lavoro!» Rispose Akenet sarcastico.
Il demone preferì
non aggiungere altro e attraversare la cascatella pregando tutti i
santi, nonostante la sua natura diabolica, di aver capito davvero
l'origine del problema.
Neanche cinque minuti
dopo l'attenzione di Akenet fu attirata da un terribile olezzo e da
un «Ehem!»
«Cos'è
questa puzza di merda, Palletta?» Domandò, riconoscendo
la voce di Adel.
«Sa... Sarebbe
merda. Signore!» Rispose Adel con una nota sarcastica che non
sfuggì ad Akenet e che tutto sommato lo sorprese
positivamente.
«È scoppiata
una pompa di liquame giù al Girone degli adulatori»
spiegò la piccola demone.
L'Arcidiavolo non riuscì
a nascondere un ghigno divertito di fronte allo spettacolo della sua
segretaria completamente ricoperta di liquame ad esclusione del viso,
pulito alla meno peggio, e delle ali lungo le quali scorreva ancora
qualche goccia marrone. La veste fradicia aderiva completamente al
corpo della demone mettendone in risalto le forme morbide e pienotte.
Akenet si sorprese a pensare che nonostante la puzza terrificante e
l'aspetto, in quel momento tutt'altro che seducente, Palletta aveva
un suo "perché". Leggermente imbarazzato per aver avuto un simile pensiero sulla sua segretaria timida e
imbranata, spostò l'attenzione sulla puzza e commentò.
«Fai vomitare, buttati in acqua e lavati prima di relazionare.
Non intendo sopportare questa puzza un istante di più!»
«Ma in acqua ci
sono i dannati. Signore!» provò a replicare Adel un po'
impaurita.
L'espressione tesa che
assunse il viso di Akenet la convinse all'istante. Si lanciò
nella pozza d'acqua e cominciò a lavarsi. Ma non era affatto
tranquilla, aveva notato le espressioni strane dei dannati che
nuotavano intorno a lei.
Improvvisamente qualcuno
la afferrò e la tirò sott'acqua. Nel giro di un secondo
si sentì addosso di tutto. Mani che la toccavano e la
frugavano, morsi, calci, baci lascivi. Adel, che dopotutto era un
demone, si difese usando gli artigli. I dannati si ritrassero
spaventati e lei dandosi una spinta risalì a galla. Arrivata
in superficie però si accorse che una spessa lastra di
ghiaccio le impediva di uscire dall'acqua. Cercò
disperatamente di scalfire lo strato di ghiaccio, ma fu inutile. I
dannati vedendola in difficoltà tornarono all'attacco
trascinandola sempre più giù. Adel questa volta fu
presa dal panico. Non solo non riusciva a levarsi di dosso quella
feccia disgustosa, ma anche se ci fosse riuscita la superficie
dell'acqua era ormai completamente ricoperta da uno strato di
ghiaccio troppo spesso per riuscire a sfondarlo.
Stava per lasciarsi
prendere dallo sconforto quando sentì un tonfo alle sue spalle
e i dannati dileguarsi.
Era Akenet. L'Arcidiavolo
la riportò in superficie e la posò sul ghiaccio.
La osservò
riprendere fiato e commentò. «Non sei autorizzata a
sollazzarti con i dannati, Palletta!»
Adel, ancora scossa dalla
brutta esperienza, non riuscì a controllarsi. «Ma come
si permette di insultarmi? Per colpa del suo ordine per poco mi
ammazzano e osa pure fare del sarcasmo idiota?»
Akenet rimase basito e
Kafresh, che aveva appena messo la punta del naso fuori dalla
cascatella per annunciare che il problema della temperatura era
definitivamente risolto, pensò bene di arretrare senza farsi
notare.
L'Arcidiavolo, superato
il momento di stupore, emise un ruggito di rabbia e mutò nella
sua forma diabolica.
Alto, nero come una notte
senza stelle, gli occhi rossi come la lava dell'Etna e le enormi ali
da pipistrello aperte, fece un passo avanti sovrastando Adel, che non
si era mai sentita così piccola e indifesa in vita sua.
L'Arcidiavolo la afferrò per la collottola e si alzò in
volo.
Kafresh uscì dalla
cascatella e non poté fare a meno di pensare che tutto sommato
era meglio che fosse capitato ad Adel piuttosto che a lui.
Akenet
sorvolò il Nono girone, raggiunse la Ripa
discoscesa e
lassù, lontano da occhi indiscreti, lasciò andare Adel.
Mentre la osservava tremare come una foglia in attesa di essere arsa
viva, la sua rabbia si trasformò in una sensazione piuttosto
fastidiosa a cui non riusciva a dare un nome.
Riflettendoci con
attenzione realizzò che si stava semplicemente sentendo un
emerito coglione per aver messo in pericolo la sua segretaria senza
alcun motivo valido e, cosa ancora più seccante, per essersi
pienamente meritato la risposta infuriata della demonietta.
Riprese il suo aspetto
umano, esitò un attimo, schioccò le dita nervosamente
incendiando un meraviglioso abete millenario dietro di sé, lo
riportò alla vita con un altro schiocco e infine trovò
il coraggio di guardare negli occhi Adel e pronunciare l'ultima frase
che la demone si sarebbe mai aspettata di sentir uscire dalle labbra
del suo superiore.
«Ti chiedo scusa,
Adel».
Un secondo dopo Adel si
ritrovò un artiglio di Akenet intorno al collo. «Pensi
di raccontare a qualcuno quello che ti ho appena detto?»
Ringhiò l'Arcidiavolo.
«No, no. Signore.
Non sarebbe professionale!»
«Bene!»
Rispose lui lasciandola andare. «Ora puoi iniziare la tua
relazione!»
«Prima, avrei
bisogno di chiederle se Safet è al corrente che sono la sua
segretaria, Signore». Domandò Adel ancora un po'
ansimante per la paura.
«Safet… Oh,
intendi il supervisore di Azaele, il padre di Sael?»
«Esattamente,
Signore. Temo che potrebbe rappresentare un problema per lo
svolgimento del mio incarico».
L'Arcidiavolo rimase
stupito per non averci pensato lui stesso. Aveva scelto Adel perché
la riteneva poco sospettabile come spia, ma effettivamente Safet, uno
dei pochi sottoposti che Akenet riteneva tutt'altro che idiota, non
ci avrebbe messo molto ad informarsi su di lei e scoprire chi era.
«Hai ragione!»
ammise sorprendendo Adel per la seconda volta.
«Però
lei potrebbe assegnarmi ai ritiri
esterni e
sostituirmi con un'altra segretaria!» Propose Adel.
«Si certo, ma ormai
è tardi, sarebbe comunque sospetto!» rifletté
l'Arcidiavolo grattandosi il mento.
«E se lei
informasse il Responsabile delle Risorse Infernali che Safet deve
sapere solo che le sono stata assegnata per una breve periodo e che
al momento è in attesa di trovare una collaboratrice di
maggiore gradimento? Questo sarebbe abbastanza realistico e mi
permetterebbe di essere più sincera con Azaele e gli altri e
quindi più credibile! Sono sicura che l'RRI non oserebbe
rifiutarsi!». Adel si rese conto che si stava dimostrando più
diabolica di quanto credeva e si vergognò di sé stessa,
ma d'altra parte non riusciva a non svolgere il suo incarico con
serietà.
Sul viso di Akenet
apparve un sorrisetto soddisfatto, la demonietta timida e imbranata
si stava dimostrando decisamente più sveglia del previsto.
«È una buona
idea. Quanto a Kafresh, sono sicuro che non oserà raccontare
quello che ha visto poco fa. Magari gli spiegherò con
chiarezza che è meglio per lui dimenticarsi del nostro piccolo
diverbio. Puoi andare!»
«Volevo dirle
anche…» Akenet cominciò a innervosirsi, detestava
che una relazione andasse troppo per le lunghe.
«Cosa?»
«A breve mi
trasferirò a casa di Alba e Azaele». Disse Adel
velocemente.
Akenet ne rimase
impressionato, neanche Esael, che fino a quel momento aveva
considerato la sua segretaria più efficiente, sarebbe stata
capace di raggiungere un simile obiettivo in così breve tempo.
«Allora torna
immediatamente in superficie!» concluse senza mostrare la sua
soddisfazione.
Adel era un po' delusa,
non che si aspettasse di ricevere dei complimenti espliciti, ma
almeno un minimo di dimostrazione di stima, e che diamine! Sospirò
e aprì le ali per volare via.
Akenet notò la
delusione della segretaria e si ricordò che durante un corso
di aggiornamento sulla "Gestione del personale infernale"
avevano spiegato che per mantenere elevata l'efficienza dei propri
subordinati, si poteva scegliere tra incutere terrore con minacce e
torture fisiche (scelta consigliata) o mostrare soddisfazione per il
loro operato. Visto che la seconda opzione gli pareva decisamente più
adatta alla situazione, fece un enorme sforzo di concentrazione e
riuscì a produrre un complimento abbastanza decente. «In
ogni modo sei una collaboratrice di mio gradimento, Palletta, e al
momento non ho intenzione di sostituirti!»
Il viso di Adel si
illuminò e Akenet per una volta tanto sentì di potersi
fidare completamente di un sottoposto.
Probabilmente non sarebbe
stato dello stesso parere se avesse saputo che Adel non si era
sentita di informarlo che Safet aveva già cominciato a
organizzarsi per proteggere il figlio di Azaele.
#
Safet e Aurora si stavano
godendo un po' di relax guardando Sandman abbracciati sul divano.
Come tutti i demoni, anche Safet era piuttosto affascinato dalle
serie umane che trattavano argomenti "soprannaturali",
quanto ad Aurora, era sempre stata appassionata di fumetti e l'opera
completa di Neil Gaiman era stata uno dei regali più belli che
si era concessa subito dopo aver divorziato da un marito che tra i
suoi difetti annoverava anche quello di considerare i fumetti «Roba
per bambini e adulti immaturi!» (tra cui ovviamente lei).
«A che ora arrivano
Sakmeel e Eowynziel?» Domandò Aurora controllando
l'orologio.
«Dovremo riuscire a
finire la puntata». Rispose Safet baciandole delicatamente i
capelli. Aurora fu scossa da un piccolo brivido. Safet tendeva a non
essere particolarmente espansivo, ma quando voleva sapeva essere
molto affettuoso.
«Bene!»
Rispose Aurora stringendosi un po' di più al compagno.
Purtroppo Safet era stato troppo ottimista, di lì a poco i due
fidanzati infernali bussarono sui vetri della cucina. Safet sospirò
e spense la TV.
Aurora andò ad
accoglierli. «Buonasera ragazzi, avete già cenato?»
«Veramente no!»
Rispose Eowynziel «Cos'hai fatto di buono?»
«Ragazzi non vi ho
invitato per mangiare!» La sgridò Safet.
La demone arrossì
leggermente e Sakmeel sospirò imbarazzato.
«Ma dai Safet, in
fondo ormai è quasi ora di cena, possiamo parlare e mangiare
qualcosa, no?»
Eowynziel sorrise e Safet
capitolò, non amava perdersi in discussioni inutili con
Aurora, specie quando bastava poco per accontentarla. In fondo era
tipico degli umani mostrarsi ospitali offrendo da mangiare o da bere.
«E va bene, tutto
sommato ho fame anche io». Rispose pazientemente ottenendo in
cambio il sorriso allegro di Aurora. Safet amava quel sorriso e fu
felice di averla accontentata.
Eowynziel si offrì
di aiutare ad apparecchiare ma quando mise a tavola sei piatti,
Aurora e Safet la guardarono perplessi.
«Siamo solo
quattro!» Le fece notare Safet.
«No, no. Stanno
arrivando anche Razel e Elena!» rispose Sakmeel.
«Cosa? Ma come vi è
venuto in mente di invitarli senza il mio permesso?» Domandò
Safet irritato, non tanto per Razel ed Elena in sé stessi,
aveva intenzione di contattare anche loro al più presto, ma
perché si era raccomandato di non spargere in giro la voce del
loro incontro. Il suo piano era di procedere a piccoli passi per
evitare di destare l'attenzione di eventuali spie di Akenet o peggio
ancora di Krastet e Zoel che per quanto non fossero esattamente delle
cime, alla decisione di inviare degli scagnozzi a spiarli forse ci
sarebbero potuti arrivare.
«Oh, abbiamo fatto
male?» Domandò Eowynziel stupita.
Un
attimo dopo qualcuno bussò di nuovo alla finestra, Safet si
girò pensando di vedere Razel ed Elena, ma sulla soglia
c'erano Azaele e Alba, Michele e Sael tenuti per mano e Merlino
che lo salutò con una mano e un sorriso imbarazzato.
«Salve, non
disturbiamo vero? Abbiamo pensato di fare un salto anche noi!»
Esordì allegramente Azaele.
Safet li guardò
esterrefatto e malgrado il suo cervello avesse registrato velocemente
e con piacere che suo figlio e Michele si erano rappacificati, non
poté fare a meno di trovare la situazione piuttosto irritante.
«Ma non avevi detto
che eravamo invitati anche noi?» Sibilò un
imbarazzatissimo Michele all'orecchio di Azaele che fece finta di non
sentire.
I nuovi arrivati non
erano ancora entrati quando alla porta bussarono Razel e Elena.
Safet sbuffò. «Bé,
almeno le sorprese sono terminate!» Non aveva neanche finito di
dirlo che alla finestra si presentò Gabriel.
«Ma, porca miseria!
E tu come cavolo hai saputo di questo incontro che in teoria doveva
essere segreto?» Si lamentò Safet.
«Oh, bé...
Me lo ha detto lui!» Rispose l'Arcangelo un po' a disagio
indicando Ariel che era appena atterrato sulla terrazza.
«E a te, chi lo ha
detto?» Domandò Safet, furente.
Ariel esitò
imbarazzato e Aurora arrossì leggermente. «Ehem, non
arrabbiarti Safet, sono stata io, ci siamo incontrati alla stazione».
Safet rivolse uno sguardo
costernato alla sua compagna e passandosi una mano sul viso sussurrò.
«No, io non ce la posso fare, davvero non ce la posso fare!»
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Capitolo 12 *** Un gruppo di ribelli ***
Capitolo
12
Un
gruppo di ribelli
Azaele
non prese bene la presenza di Ariel, nonostante l'angelo nel loro
ultimo incontro si fosse mostrato diverso dal suo solito, non
riusciva a fidarsi.
«Senti
Thor, sarà anche casa di Aurora e non mia, ma io una spia di
Ysrafael qui non ce la voglio, levati dai piedi!»
Ariel
si offese, ma solo per essere stato definito spia. Nonostante
l'ironia di Azaele infatti, era molto fiero della sua somiglianza con
Chris Hemsworh che tra l'altro aveva accentuato copiando il taglio di
capelli sfoggiato dall'attore nei primi film degli Avengers di cui
era, segretamente, un fan sfegatato.
«Senti,
demonietto irritante, non ti permettere di insultarmi! Sono un
angelo, non uno di voialtri voltagabbana e poi mi ha invitato la
padrona di casa!»
«Voltagabbana
lo dici a tu' sorella!» Intervenne Razel avvicinandosi
minacciosamente ad Ariel.
«Non
essere ipocrita Razel! Tu sei il primo. Tre mesi fa avresti fatto di
tutto per portarti Alba all'Inferno!» Rispose irritato Ariel.
Razel
lo raggiunse e lo afferrò per il bavero della giacca candida.
«Ce semo già chiariti con il regazzetto e Alba. Tu
piuttosto, che fai così facilmente accordi con i demoni che
disprezzi tanto, come ti definiresti?»
«Buttalo
fuori, Razel!» lo esortò Azaele avvicinandosi.
"Azaele,
smettila, ti stai comportando come un bambino!» intervenne
Alba.
«Non
è affatto vero, è lui che provoca!» Rispose imbronciato
Azaele indicando Ariel.
Michele,
pur non avendo in grande simpatia Ariel decise di intervenire «Dai
piantatela, lasciatelo stare!»
Razel
non lo ascoltò e strattonò il recalcitrante Ariel verso
la finestra.
«Ragazzi
per favore, smettetela, non voglio che litighiate per colpa mia!»
Li pregò Aurora senza ottenere alcun risultato.
«Te
ne devi anna', damerino di sto' cazzo!» Ringhiò Razel
spingendo l'angelo sulla terrazza della cucina.
Ariel
si irritò moltissimo e cercando di divincolarsi provò
ad afferrare la sua spada, Azaele si precipitò a sfilarla
dalla fodera e sventolandola sotto il naso dell'angelo lo sfidò.
«Perché non te la vieni a prendere?»
«Non
lo sopporto, COME PUOI IMPUGNARE le nostre spade?» sbraitò
Ariel.
«Gnegnegne!
Come fa a impugnare la mia spada di Angelo perfettino e stronzo!»
lo schernì Azaele esibendosi in tutto e per tutto nel
comportamento infantile di cui lo aveva accusato Alba poco prima.
«Svegliate
damerino, è il figlio di Gabriel!» Rispose Razel mentre
Azaele continuava a ridere in faccia al povero Ariel facendolo
infuriare ancora di più.
Gabriel
e Safet si scambiarono uno sguardo eloquente.
«Ora,
basta!» Ordinò Safet. «Razel e Azaele, vi state
comportando in modo vergognoso!»
«È
lui che si è intromesso! Non ce lo voglio qui!» Protestò
Azaele pestando i piedi per terra nella perfetta imitazione di un
irritante bambino capriccioso.
«So'
d'accordo con Azaele!» Lo spalleggiò Razel continuando a
strattonare Ariel.
Safet
mutò nella sua forma diabolica e ordinò nuovamente.
«HO
DETTO BASTA! È UN ORDINE, NON UNA CORTESE RICHIESTA!»
«Ma,
Safet…» provò a controbattere Razel.
"Ho
detto basta!» Ripeté ancora il Supervisore. Razel
capitolò, Safet in quel momento non era un vecchio amico, era
un superiore che gli stava dando un ordine, non poteva disubbidirgli
davanti a tutti.
«Azaele,
rendi immediatamente la spada ad Ariel!» ordinò Gabriel
con il tono tipico di un padre arrivato al limite della pazienza.
Azaele nascose la spada dietro le spalle.
Safet
gli lanciò uno sguardo il cui significato era "Non te
lo ripeteremo una seconda volta".
Azaele
mise su un broncio lungo un chilometro e controvoglia porse la spada
all'angelo che gliela tolse di mano sgarbatamente e la rimise dentro
la fodera.
Safet
si rivolse all'angelo. «Ariel, vieni con me. Dobbiamo parlare».
Ariel
lo guardò con aria di sfida. «Non può darmi ord…»
Le
parole gli morirono in gola non appena si rese conto che Safet aveva
l'espressione di un diavolo molto vicino a perdere il controllo. Si
girò verso Gabriel che gli fece un gesto affermativo con la
testa.
Safet
uscì dalla cucina e Ariel lo seguì silenziosamente.
Azaele
andò a farsi consolare da Alba che avrebbe voluto sgridarlo
severamente, ma non riuscì a resistere all'espressione da
bambino imbronciato del fidanzato. Gli accarezzò una guancia e
commentò. «Coraggio, se fai il bravo bambino, domani la
mamma ti porterà al Carrefour e ti comprerà una spada
da angelo tutta per te!»
Azaele
arrossì. «Alba! Ma insomma!»
Gabriel
rise, Michele sghignazzò e Eowynziel domandò perplessa.
«Ma davvero le spade da Angelo si possono comprare anche al
Carrefour?»
Seguì
un silenzio imbarazzato.
#
Safet
e Ariel erano soli nel salottino dell'appartamento di Aurora, il
demone aveva riacquistato sia il controllo che il suo aspetto umano.
Fissò intensamente l'angelo negli occhi e domandò. «Te
lo chiedo senza girarci intorno! Perché sei qui e come hai
fatto a convincere Aurora ad invitarti? E non pensare nemmeno per un
attimo di mentirmi, non sono un demone qualunque, lo sai bene!»
Ariel
osservò Safet pensieroso. Non lo temeva, al contrario ne aveva
sempre avuto un certo rispetto perché lo conosceva come un
demone giusto ed equilibrato e soprattutto godeva del rispetto di
Ysrafael, ma temeva che confermando l'invito da parte di Aurora
avrebbe rischiato di metterla nei guai.
«Allora?»
«Senta,
non se la prenda con la sua compagna, è vero mi ha invitato ma
non voleva fare niente di male, le ho fatto una buona impressione e
ha pensato che sarei potuto essere d'aiuto!»
Gli
occhi di Safet tornarono rossi. «Per caso stai osando insinuare
che potrei fare del male alla donna che amo?»
Ariel
sbiancò leggermente, la voce di Safet era fredda e tagliente
come la lama di un coltello.
«Mi…
mi scusi, Signore, non intendevo assolutamente offenderla!»
«Sappi,
che se non ti ho ancora buttato fuori a calci è solo perché
ti ha invitato Aurora e io mi fido del suo giudizio. Ma ciò
non toglie che la tua presenza qui possa avere lo scopo di
controllare le nostre mosse e riferirle a Ysrafael. Quindi giochiamo
a carte scoperte, non permetterò mai ad una spia di starmi tra
i piedi!»
«Le
giuro sulla mia aureola che non sono stato mandato da Ysrafael a
controllare la situazione, né gli ho detto che Azaele e Alba
aspettano un bambino!»
«Quindi
lo sai. L'hai percepito l'altro giorno, quando ti sei presentato a
casa di Alba?»
«Esattamente,
quando io e Alba siamo rimasti soli, ho percepito che dentro di lei
si sta formando una vita». Ammise Ariel tenendo d'occhio la
reazione di Safet che rimase impassibile e continuò a fissarlo
con gli occhi che brillavano di rosso.
«Senta,
la verità è che mi vergogno ancora del mio
comportamento precedente e soprattutto di aver stretto un accordo con
Razel!»
«E
quindi?» domandò, Safet.
«E
quindi voglio provare a espiare le mie colpe dando una possibilità
ad Azaele perché per quanto mi secchi ammetterlo, non credo
proprio che alleverebbe l'Alfiere del male. Penso che sia solo
talmente idiota da desiderare di avere un figlio, tutto qua!»
«E
perché lo ritieni idiota? Ritieni forse sbagliato desiderare
una famiglia?» Domandò gelidamente Safet.
«È
un demone signore. Mica un umano!»
Safet
scosse il capo. «Già, un demone che osa amare una donna
e desiderare di avere un figlio con lei. Dovrebbe solo vergognarsi,
eh?»
Ariel
si imbarazzò. «Non… non volevo dire questo!»
«Si,
volevi dirlo, ti ho detto di non mentirmi!»
Ariel
abbassò gli occhi imbarazzato.
«Se,
pensi questo di lui non espierai mai le tue colpe e sai perché?»
Ariel
lo guardò incerto.
«Perché
lo stai facendo solo per te Ariel, non ti importa niente né di
Azaele, né di Alba, né del loro bambino. Come sempre ti
stai comportando da egoista presuntuoso! Puoi anche andartene, la tua
presenza qui non aiuta né te, né noi!»
Ariel
arrossì violentemente.
«La
prego signore, mi creda. Voglio davvero cambiare, migliorarmi. E non
è vero che non mi importa nulla di loro. Forse non riesco
ancora a provare dei sentimenti totalmente positivi verso Azaele e
non riesco ancora a fidarmi del tutto di lui, ma Alba è
gentile e il bambino non ha colpe. Almeno loro due voglio aiutarli
sinceramente!»
Safet
lo guardò dubbioso.
«È
la verità, perché non vuole credermi?» Implorò
Ariel con gli occhi lucidi.
Safet
sospirò e lo fissò a lungo, ma Ariel sostenne il suo
sguardo.
«Va,
bene. Ti credo". Disse infine Safet. «Puoi restare, ma
sappi che qui comando io, perciò non obbedirai agli ordini di
Gabriel ma ai miei. Se non ti sta bene, ti consiglio di andartene
immediatamente e non farti più vedere qui attorno perché
la prossima volta non fermerò Razel. Ti è chiaro?»
«Si,
Signore. Mi è chiaro e lo accetto!»
L'angelo
esitò e poi domandò. «Come devo comportarmi con
Ysrafael?»
«Fino
a quando non ti farà domande, non riferirgli nulla. Nel
momento in cui dovesse chiederti qualcosa, rispondigli che sei legato
ad una promessa e non puoi parlare, ma che può venire a
informarsi da me!»
Ariel
decise che quello che gli stava chiedendo Safet era giusto, in
definitiva non poteva tenere il piede in due staffe e il Supervisore
non lo stava neppure obbligando a mentire a Ysrafael.
«Va,
bene, lo ritengo corretto, Signore!»
«C'è
un'altra cosa che devi fare!»
Ariel
lo guardò un po' preoccupato.
«Devi
parlare con Azaele, chiarirti con lui. Non voglio assistere ad altri
spettacoli indecorosi come quello di poco fa!»
«Signore,
se solo Azaele qualche volta cercasse di fare attenzione a quello che
gli dicono!»
«Se
vuoi dare una possibilità ad Azaele devi imparare a conoscerlo
e soprattutto comprenderlo. Non sarà facile, è un bravo
ragazzo, ma sappiamo entrambi che è anche impulsivo, svampito,
casinista e insubordinato!»
«Ma
ha anche dei difetti…!» ridacchiò Ariel.
Safet
gli concesse finalmente un sorriso. «Si... qualcuno!»
#
Safet
e Ariel rientrarono in cucina. L'ambiente nel frattempo si era
rilassato, Elena e Alba stavano aiutando Aurora a cucinare, Merlino
era impegnato a preparare gli antipasti e ogni tanto si mangiava di
nascosto un'oliva snocciolata o un sottaceto sotto gli occhi
divertiti di Aurora e Alba che fingevano di non accorgersene. Azaele,
Sakmeel e Eowynziel erano impegnati ad apparecchiare e Gabriel e
Razel chiacchieravano amabilmente in terrazza fumando una sigaretta.
O meglio, Razel fumava e Gabriel ogni tanto tossiva a causa degli
sbuffi di fumo emessi dal demone. A un certo punto Razel passò
un braccio intorno alle spalle di Gabriel e gli bisbigliò
qualcosa all'orecchio, l'Arcangelo strabuzzò gli occhi e
scoppiò in un'allegra risata. Ariel ne rimase molto colpito e
domandò a Safet. «Ma com'è possibile, sembra si
conoscano molto bene, anzi sembrano proprio amici!»
Safet
sorrise. «Ho idea che frequentarci ti darà modo di
sfatare molti luoghi comuni a cui sei abituato!»
Aurora
li vide e sorridendo chiese a Safet di chiamare tutti a tavola.
Azaele
notò che Ariel stava prendendo posto anche lui ma non disse
nulla, in fin dei conti se Safet aveva deciso che poteva restare,
doveva fidarsi.
La
cena si svolse senza intoppi e quando anche l'ultima fettina di dolce
sparì dal tavolo, Safet chiese e ottenne l'attenzione di tutti
e cominciò il suo discorso.
«Come
ormai sapete tutti, Alba e Azaele aspettano un figlio. All'Inferno
questa notizia è già arrivata e sia Akenet che altri
Arcidiavoli si stanno preparando a rapire il bambino. Visto che
suppongo che sappiate già tutti perché vi ho invitato,
prima di andare avanti vi chiedo di rispondere sinceramente ad una
domanda importante: ve la sentite davvero di rimanere e combattere
per Alba e Azaele? Perché avremo molti nemici da entrambe le
parti e le cose potrebbero mettersi molto male, per cui chi di voi
non è sicuro fino in fondo di fare questa scelta, può
andarsene senza che questo comporti altro che darmi la sua parola che
non parlerà con nessuno di questo incontro!»
Safet
fece una piccola pausa e aggiunse freddamente. «Non occorre
sottolineare che se qualcuno dovesse tradirci, se la vedrà con
me!»
Safet
guardò dritto negli occhi ciascuno dei presenti, ma nessuno
vacillò, né si alzò per abbandonare la sala.
«Bene.
Vi ringrazio. Ora, il primo problema da risolvere è trovare un
posto sicuro per madre e figlio. Dovrà essere poco conosciuto
e lontano da Roma in modo che possa essere facile creare una barriera
protettiva per nasconderlo ad occhi nemici. Per questo conto su di
te, Elena» spiegò Safet rivolgendosi alla strega che
annuì.
«Tutti
gli altri, compresa Alba, fino a che sarà in grado di farlo,
dovranno aiutarmi a controllare e difendere il nascondiglio scelto.
Altro problema da risolvere al più presto è che per
ora, nonostante possiamo contare sull'aiuto di Gabriel, siamo ancora
troppo pochi e non abbastanza forti per riuscire a respingere a lungo
un attacco nemico. Abbiamo bisogno di alleati. Quindi vi chiedo se
pensate di conoscere qualcuno disposto ad allearsi con noi. Non mi
importa se angelo o demone, mi importa solo che possiate garantire
che sia affidabile e che non ci tradirà!»
Seguì
un silenzio assorto, rotto da Azaele che parlò per primo.
«Yliel e Aleniel potrebbero aiutarci, non credi Michele?»
L'angelo
sospirò, Gabriel arrossì leggermente, Merlino si portò
una mano alla fronte scuotendo la testa.
«Non
so Azaele. Yliel ti voleva molto bene e Alienel ha un
caratteraccio ma effettivamente gli eri simpatico…»
Michele calcò leggermente l'accento su simpatico e
Azaele rendendosi conto della gaffe lanciò un'occhiata
timorosa ad Alba che aveva sul volto lo stesso sorriso non proprio
genuino di Daenerys Targaryen
in un famoso meme che girava nel web. Azaele sbiancò
leggermente e riportò lo sguardo su Michele che continuò.
«D'altra parte sono due guerriere molto forti e non sarebbe
male averle dalla nostra parte. Sebbene Yliel, essendo un Arcangelo
non sono sicuro che possa essere disposta a schierarsi con noi…
tu che ne pensi Gabriel?»
Gabriel,
leggermente imbarazzato nel sentirsi chiamato in causa, rispose un
po' esitante. «Aleniel non l'ho ben presente, ma Yliel la
conosco e penso di poterle accennare la cosa!»
«Grande!
Allora forse potresti parlare anche con mia madre!» Intervenne
con entusiasmo Azaele.
Seguì
un gelo tale che se solo fosse durato qualche giorno in più
avrebbe risolto definitivamente il problema dello scioglimento della
Calotta Polare. Safet, con gli occhi lucidi, intervenne per togliere
Gabriel dall'imbarazzo di rispondere. «Di questo, credo sia
meglio che tu e tuo padre ne parliate da soli, più tardi. Sei
d'accordo Gabriel?»
«Si,
credo sia meglio!» Mormorò l'Arcangelo. Azele non capì
il motivo di una reazione simile, ma preferì non indagare
oltre.
«Papà!»
chiamò Sael. Safet si girò verso il figlio.
«Pensi
che mia madre potrebbe unirsi a noi?»
Safet
esitò. Era la prima volta che Sael parlava apertamente di sua
madre. «Non lo so, Sael. Tua madre è un'ottima persona,
ma un po'... Integralista. Fra noi è finita proprio per
questo. Non so se sia il caso di coinvolgerla. Lascio a Gabriel la
decisione di parlarle!»
Gabriel
fece un cenno di assenso e Sael si lasciò scappare un piccolo
sorriso speranzoso.
Eowynziel
pensò che fosse finalmente arrivato il momento buono per
parlare di Adel.
«Potremo
invitare anche Adel!» Propose.
«Adel?»
Domandò incuriosito Safet.
«È
una giovane demone che verrà ad abitare con noi al posto di
Arianna» spiegò Alba.
«È
una bravissima demone, la conosco da millenni!» Continuò
Eowynziel entusiasta.
Safet
si grattò il mento pensoso. «Farò una
chiacchierata con lei, non so perché ma questo nome non mi
giunge nuovo…»
«Io
forse ho un posto da suggerire». Intervenne Alba timidamente.
Safet
si girò verso di lei e la invitò a continuare.
«Un
mio collega, Renzo Galletti, è proprietario di un piccolo
agriturismo/bed&breakfast fuori Roma. Non è ancora molto
conosciuto quindi non penso che avremo problemi ad affittarlo!»
Azaele
grugnì leggermente, ma dopo la gaffe di Aleniel non osò
criticare la proposta di Alba.
«Mi
sembra un'ottima idea! Tra l'altro essendo piccolo e poco conosciuto,
potremo non avere il problema di incontrare altri ospiti e
coinvolgerli nei nostri problemi!» Approvò Safet.
«Eventualmente, più avanti se sarà necessario
troveremo un posto ancora più tranquillo! A proposito, Alba.
Ritengo che per te sia venuto il momento di prendere un po' di
lezioni da Elena, devi imparare a conoscere e sfruttare i tuoi
poteri. Abbandona una volta per tutte le tue remore e diventa la
strega potente che ti rifiuti di essere! Fallo per tuo figlio!»
Alba
diventò paonazza. «Ma, io non sono affatto potente!»
Elena
sorrise e le strizzò l'occhio. «Non è quello che
mi risulta!»
#
Una
volta finita la cena Ariel avrebbe voluto parlare con Azaele, ma
Gabriel fu più veloce. Si avvicinò al figlio e lo
invitò a uscire sulla terrazza della cucina.
Azaele
era molto agitato, aveva paura di dire ancora qualcosa di sbagliato,
così lasciò che fosse il padre a parlare per primo.
Gabriel
poggiò la schiena sul parapetto della terrazza e le mani sulla
ringhiera, si fece coraggio e cominciò a parlare.
«Immagino
che tu abbia parecchie domande da farmi e immagino anche quali siano
le più importanti, per cui ti racconterò tutto. Tu però
devi stare calmo e non interrompermi, ok?»
Azaele
fece cenno di sì con il capo.
«Bene.
Prima di tutto voglio che tu sappia che non è stata una
decisione mia e di tua madre affidarti a Michele, o meglio, quella di
affidarti a Michele si, ma non quella di abbandonarti».
Azaele
apri la bocca per intervenire ma il padre lo bloccò. «Hai
promesso di non interrompermi!»
Azaele
richiuse la bocca un po' imbronciato. Gabriel riprese il racconto.
«Molti
millenni fa, il Padre concesse a noi Arcangeli di poter avere dei
discendenti. Io e tua madre, Galadriel, ci amavamo molto e insieme ad
altri Arcangeli decidemmo di approfittare del regalo concesso dal
Padre. Così nascesti tu. Per noi fu un'esperienza
meravigliosa, anche perché a differenza di quello umano il
parto delle nostre compagne era sereno e indolore».
Gabriel
si interruppe, guardò con tenerezza Azaele e proseguì.
"Eri tanto bellino, sai? Un ranocchietto ricciolino come me e
con gli occhi neri di tua madre. Eri sempre allegro, non piangevi
quasi mai a parte quando avevi fame! La nostra vita, così come
quella degli altri Arcangeli che avevano scelto di avere figli, era
molto felice, ma anche molto cambiata, passavamo moltissimo tempo a
occuparci di voi piccoletti.
Alcuni
Arcangeli nel vederci così impegnati ad allevarvi,
cominciarono a pensare che stavamo lasciando poco spazio agli altri
doveri. Ci furono molte discussioni a riguardo, anche piuttosto
accese. Purtroppo alcuni genitori si schierarono dalla parte di chi
non aveva figli affermando che non era possibile conciliare l'essere
genitori e gli impegni di lavoro. Provammo a chiedere un aiuto più
alto, ma la risposta fu che dovevamo capire da soli ciò che
era giusto fare. Sinceramente ho sempre pensato che se Lui ci aveva
dato la possibilità di avere figli fosse anche d'accordo per cercare
un equilibrio tra farvi crescere e continuare a svolgere i nostri
compiti. Purtroppo a pensarla così eravamo una minoranza e
così quando si decise di votare democraticamente, io, tua
madre, Safet, la madre delle gemelle e il padre di… bé
un altro padre, fummo gli unici a votare contro il vostro affidamento
ad angeli minori».
Gabriel
dovette interrompersi per l'emozione. Azaele cercò di nuovo di
intervenire ma Gabriel alzò l'indice e fece segno di no.
«Come
se non bastasse, per evitare presunti favoritismi fu deciso di
nascondere le vostre origini e fummo tutti obbligati a tenere il
segreto su chi fosse figlio di chi. Provarono anche a farci
promettere che non vi avremmo mai contattati. Ma io mi rifiutai,
dissi che se un giorno tu avessi avuto bisogno di me…
bé… sono qui infatti!»
«E
mia madre?» domandò Azaele.
«Anche
tua madre e Safet rifiutarono di sparire completamente dalla vostra
vita».
«Allora
perché non è qui con te?»
«Calma,
ci sto arrivando» rispose Gabriel con uno sguardo così
triste che Azaele cominciò a preoccuparsi seriamente.
«La
decisione di affidarti a Michele ci fu di grande aiuto. Lui fu
entusiasta e anche orgoglioso di prendersi cura di te, era solo un
ragazzino e per lui fu un grande onore essere scelto. Ma nonostante
questo per tua madre il dolore di averti abbandonato fu troppo
grande. Un po' alla volta si indebolì. E quando scoppiò
la Grande Guerra non era più la guerriera forte e sicura di
sé di un tempo. Così un giorno durante una battaglia
alcuni demoni la assalirono e riuscirono a separarla dai suoi compagni
e io…»
Gabriel
dovette interrompersi di nuovo. Azaele deglutì e lo invitò
a continuare. «E tu?»
«Non
sono arrivato in tempo Azaele, non sono riuscito a salvarla».
Concluse Gabriel con un sospiro carico di dolore.
Azaele
sbiancò e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Aprì
le ali e cercò di scappare ma questa volta Gabriel decise che
no, non glielo avrebbe permesso. Non avrebbe lasciato che se ne
andasse. Così lo afferrò e lo strinse a sé.
«Lasciami,
per favore lasciami!» Gridò Azaele con la voce strozzata
dal pianto.
«No!»
disse Gabriel, tenendolo stretto al petto e scivolando a sedere sul
pavimento della terrazza.
Azaele
cercò di divincolarsi, ma la sua forza non era lontanamente
comparabile a quella di Gabriel. Alla fine smise di lottare e si
limitò a singhiozzare con la schiena poggiata al petto di suo
padre e la testa reclinata contro il petto. Gabriel non sopportava di
vedere il figlio così distrutto, ma sapeva che doveva
succedere e in qualche modo, dentro di sé, era felice che
Azaele amasse tanto sua madre pur non avendola mai conosciuta. Lasciò
che il figlio sfogasse il suo pianto un altro po', poi con cautela
poggiò una mano sul petto di Azaele che per un attimo sentì
mancargli il respiro. Lentamente Gabriel cominciò a
massaggiarlo con delicatezza. Azaele provò una strana
sensazione, come se il peso che stava provando al cuore venisse
risucchiato poco a poco dal palmo caldo della mano di Gabriel.
Rilassò la schiena contro il petto del padre e smise di
singhiozzare.
«Mi
dispiace, figlio mio. Non hai idea di quanto mi addolori vederti
soffrire così!» Mormorò Gabriel poggiando il viso
sulla nuca di Azaele.
Il
demone sentì una sensazione di bagnato tra i riccioli neri e
si rese conto che anche suo padre aveva pianto.
In
quel momento capì il dolore di Gabriel. Si rese conto che se
lui aveva sofferto per essere stato abbandonato, suo padre aveva
sofferto forse addirittura più di lui, perché prima
aveva dovuto rinunciare a suo figlio e poi aveva perso la compagna
che amava.
Emise
un respiro profondo e poi trovò il coraggio di fare una
domanda difficile. «Dove è andata? Voglio, dire. Cosa
succede ad un Arcangelo quando muore?»
Gabriel
sospirò. «Angeli e Arcangeli sono stati creati dal
Padre, Azaele. Quando muoiono tornare ad essere parte di Lui»
«Quindi
mia madre, ora è in Lui?»
«Si,
esatto!»
Azaele
ci pensò su un attimo, si girò verso Gabriel e
sorrise timidamente. «Bè, allora questo significa che
grazie a lei, forse il Padre ora ci ama un pochino di più, non
credi?»
Gabriel
lo guardò esterrefatto, non aveva mai visto la cosa da quel
punto di vista. Strinse forte suo figlio e mormorò. «Sai
una cosa ranocchietto? Tua madre aveva ragione, sei davvero speciale
tu!»
#
Ariel
che aveva osservato tutta la scena dalla cucina di Aurora, si rivolse
a Safet. «Che succede, perché Azaele è così
sconvolto?»
Safet,
si girò verso di lui e l'angelo notò che aveva gli
occhi lucidi. «Credo che Gabriel gli abbia spiegato che non
conoscerà mai Galadriel» rispose cupo.
«Galadriel?»
Domandò stupito Ariel. Poi si rese conto di quello che
intendeva dire Safet. «Galadriel era la compagna di Gabriel,
quindi Azaele è il figlio di Galadriel e Gabriel?»
«Già!»
Sospirò Safet.
Ariel
per la prima volta in tanti millenni provò simpatia per
Azaele. «Mi dispiace, povero Azaele, deve essere veramente
doloroso per lui aver scoperto che non conoscerà mai sua
madre!»
«Sbaglio
o sei sinceramente dispiaciuto per lui?» Domando stupito Safet.
Ariel
accennò un sorriso imbarazzato.
«Allora,
forse sei pronto a chiarirti con lui, finalmente»
Ariel
annuì. «Si, credo di sì!»
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Capitolo 13 *** Gli ultimi chiarimenti ***
Capitolo 13
Gli ultimi chiarimenti
Azaele si rigirava tra le
coperte mugugnando nel sonno. A un certo punto si svegliò di
soprassalto. «Merda, che diavolo mi succede, non ho mai avuto
incubi!» Pensò preoccupato dando un'occhiata ad Alba che
sembrava dormire serena.
Un rumore quasi
impercettibile attirò la sua attenzione. Trattenne il respiro
sperando che si trattasse solo di autosuggestione, ma il rumore si
ripresentò. Sembrava provenire dalla cucina. Azaele decise di
andare a controllare, si alzò e si diresse silenziosamente
verso la cucina. Era tutto buio, ma per la sua vista di demone non
era un problema. Si sporse leggermente sulla soglia e vide una sagoma
alta e alata davanti al lavello. Stava facendo scorrere l'acqua del
rubinetto su una mano.
La sagoma alata chiuse il
rubinetto e strappò uno scottex per asciugarsi, nel farlo le
sfuggì un'imprecazione a bassa voce.
Azaele sbuffò e
accese la luce sorprendendo Ariel che si girò a guardarlo con
aria colpevole.
«Si può
sapere che cosa ci fai a casa mia? Mi stai stalkerando per caso?»
Ariel lo osservò
imbarazzato, aveva una mano piena di sangue avvolta nello scottex.
Azaele notò la
porta finestra aperta e un bicchiere rotto poggiato dentro il
lavandino. «Certo che sei pirla, apri la finestra con un
miracolo e poi ti tagli la mano con un bicchiere!»
Ariel evitò di
commentare, non era venuto per litigare.
«Comunque, vattene
per favore, sono le quattro del mattino, Alba e gli altri dormono e
io non ho voglia di discutere con uno stronzo che si intrufola a
spiare in casa mia. A proposito, vedremo che cosa ne pensa Safet!»
Ariel lo guardò
con aria di sfida. «È stato esattamente Safet a mandarmi
a parlare con te! Quindi calmati!»
«Davvero? E ti ha
anche specificato di presentarti alle quattro del mattino e rompere i
miei bicchieri preferiti?»
Ariel cercò di
mantenere la calma.
«Mi rendo conto che
la situazione può sembrare strana». Azaele poggiò
una spalla contro lo stipite della porta e sogghignò.
«Ma posso
assicurarti che…» Ariel si interruppe imbarazzato.
«Continua ti prego.
Voglio capire fino a che punto vuoi portare avanti questa figura di
merda!»
Gli occhi di Ariel
emisero un bagliore rosso. Ma l'angelo prese un respiro profondo e
riuscì a tenere sotto controllo la rabbia.
«Potresti metterti
qualcosa addosso?» domando Ariel a disagio.
«Sto comodo nudo,
che c'è hai problemi con la tua sessualità?»
Rispose Azaele serafico.
Ariel diventò
paonazzo, ma non si lasciò smontare. «Semplicemente non
trovo il corpo maschile piacevole allo sguardo quanto quello
femminile!» Replicò sventolando la mano destra e facendo
apparire un paio di pantaloni addosso ad Azaele che commentò
divertito. «Potevi almeno scegliere un pigiama. I jeans, senza
mutande, non sono il massimo della comodità!»
Ariel evitò di
replicare. «Ti chiedo scusa per essermi introdotto in questo
modo in casa tua, era mia intenzione svegliare solo te per parlarti a
quattrocchi senza disturbare gli altri!»
Azaele dovette
riconoscere che tutto sommato l'angelo stava provando a tendergli una
mano, ma non resistette alla tentazione di provocarlo un altro po'.
«Diciamo che così va un po' meglio, però se ti
togli del tutto quel palo dal culo può darsi che mi venga
anche la curiosità di sapere cosa vuoi».
Ariel decise che il suo
amor proprio ne aveva avuto abbastanza. «Ok, sai che ti dico,
puoi andare a farti fottere!» Si girò fece un passo in
avanti con aria marziale, scivolò sulla pozza d'acqua che
aveva causato rovesciando e rompendo il bicchiere, sbatté la
testa per terra e svenne per qualche istante.
Una volta ripresa
conoscenza desiderò solo andarsene e dimenticare la figuraccia
appena fatta, si alzò e barcollando leggermente si diresse
verso la terrazza. Azaele però fu più veloce, con un
salto raggiunse la porta finestra e ci si piazzò davanti.
«Levati!»
Latrò Ariel che ormai aveva raggiunto il limite della
sopportazione.
Azaele alzò una
mano in segno di pace.
«Cosa significa?»
«Significa siediti
e parliamo!»
Ariel lo guardò
con sospetto.
«Dai, sono
sincero!» Disse il demone facendo un passo avanti e tirando una
sedia fuori da sotto il tavolo. Ariel non si mosse, così
Azaele gli fece cenno di sedersi.
L'angelo prese posto
riluttante e aspettò a sua volta che Azaele si sedesse
dall'altro lato del tavolo.
«Ti ascolto!»
lo esortò il demone.
Ariel si sfilò
dalla testa una collana con un ciondolo che aveva l'aria di essere
uno stemma militare composto da un cuore color oro adagiato su uno
scudo bianco e contornato da rami di ulivo verdi. «Che cos'è?»
domandò incuriosito Azaele sporgendosi sul tavolo.
«È lo stemma
della mia armata ai tempi della Grande Guerra» rispose Ariel.
«E ti sei
intrufolato in casa mia solo per farmi vedere un reperto del tuo
glorioso passato?» Domandò Azaele perplesso.
«Non è un
reperto qualsiasi, idiota, è lo stemma delI'Armata Angelica
sotto il comando dell'Arcangelo Galadriel!»
Azaele ammutolì.
«Non ero sotto il
suo comando diretto, ma l'ho comunque conosciuta. Era una comandante
molto amata, coraggiosa, intelligente e… bellissima. Teneva
molto a tutti noi sottoposti, ricordava i nomi di ognuno di noi».
Ariel sospirò rigirando lo stemma tra le dita.
«Non ti nascondo
che a quei tempi tutti noi angeli minori eravamo un po' innamorati di
lei! Quando morì, rimanemmo sconvolti. Ci sentimmo
completamente persi. Fortunatamente passammo sotto il comando di
Ysrafael che è stato anche lui un ottimo comandante!»
«Oh, è per
questo che tu e lui siete così legati!»
«Si, Ysrafael ha
salvato la nostra armata dal disastro e molti di noi, compreso me,
gli devono la vita».
Tra i due si fece un
silenzio carico di malinconia. Poi Ariel riprese a parlare.
«Comunque, quello
che ci tenevo a dirti è che qualche tempo dopo la fine della
Grande Guerra, tornai lì dove tua madre era stata abbattuta.
Volevo salutarla e renderle omaggio in qualche modo, perché al
tempo non c'era stato modo di farlo come si deve. Ricordo che ero
seduto sul tronco di un albero carbonizzato quando ho notato qualcosa
brillare in mezzo all'erba. Mi sono avvicinato e ho trovato lo stemma
di tua madre».
Azaele spalancò
gli occhi.
«L'ho tenuto con me
per avere un suo ricordo e nel tempo è diventato il mio
portafortuna. Ma ieri, quando ho visto come hai reagito alla notizia
della morte di Galadriel ho capito che non l'ho trovato perché
appartenesse a me, ma perché un giorno potessi restituirlo al
legittimo proprietario!»
«Non capisco,
intendi mio padre? E poi come fai a essere sicuro che sia proprio
quello di mia madre?» Domandò Azaele confuso.
«Lo stemma del
comandante era leggermente più grande di tutti gli altri. In
ogni modo giralo e avrai le tue risposte!» Rispose Ariel
porgendo lo stemma ad Azaele.
Il demone lo prese e lo
girò incuriosito. Sul retro dello stemma era incisa una
scritta che lo fece impallidire.
«Questo stemma era
incastonato in tutte le armature della nostra armata, proprio davanti
al cuore. Nessuno dei nostri però aveva alcuna scritta. Credo
che sia stata proprio lei a incidere il tuo nome. Ti ha dovuto
abbandonare, ma in un certo senso ti ha tenuto sempre con sé».
Azaele sospirò e
due lacrime gli scivolarono sul volto. «Posso davvero tenerlo?»
«Certamente, te
l'ho detto è sempre stato tuo! E se io fossi stato meno
immaturo e arrogante avrei capito molto tempo fa quello che ho capito
solo ieri nonostante abbia sempre avuto la verità davanti gli
occhi. Azaele, tu sei uno stupido demonietto, fastidioso, irritante e
casinista, ma questo stemma appartiene a te ed è giusto che lo
tenga tu!»
Azaele sorrise
mestamente. «Temo che nonostante tutto non riusciremo a
diventare amici, non è così?»
Ariel lo fissò
serio. «No, temo di no. Siamo troppo diversi. Però
possiamo almeno essere dei buoni alleati in questa storia. Qualunque
cosa ne penserà Ysrafael quando verrà a saperlo, perché
prima o poi verrà a saperlo, non vi tradirò. Sei un
demone infernale, ma dopotutto sei anche il figlio di Gabriel e
Galadriel, qualcosa di buono l'avrai pure ereditato da loro e poi
sono convinto che tu e Alba non abbiate alcuna intenzione di allevare
l'Alfiere del male, ma che desideriate soltanto avere una famiglia
tutta vostra!»
Ariel si alzò in
piedi. «Ora devo andare. Scusa se ho rotto uno dei tuoi
bicchieri preferiti, ora te lo riparo!»
«Lascia stare, non
ho bicchieri preferiti. Volevo solo irritarti!» Replicò
Azaele sorridendo.
Ariel scosse la testa e
ridacchiò. «Sei proprio uno stronzetto, eh?»
«È nella mia
natura, non riesco a farne a meno!» Rispose il demone porgendo
la mano ad Ariel.
L'angelo la osservò
un momento e poi gliela strinse. «Ci vediamo presto. Ciao!»
«Ciao!»
Rispose Azaele.
Ariel uscì sulla
terrazza e volò via.
«Che voleva Ariel?»
Domandò Michele entrando in cucina.
Azaele gli porse lo
stemma di Galadriel.
«Mi ha portato
questo in segno di pace. Apparteneva a mia madre, è lo stemma
dell'armata sotto il suo comando!»
Michele prese lo stemma
lo girò e si accorse dell'incisione.
«Come faceva ad
averlo lui?» Domandò stupito.
«Era tornato nel
campo dove è caduta mia madre per renderle un ultimo saluto e
l'ha trovato. Ariel ai tempi della Grande Guerra combatteva nella sua
armata e a quanto pare era un po' innamorato di lei. Lo ha tenuto per
avere un suo ricordo, ma ieri quando ha capito che sono il figlio di
Galadriel ha deciso che era giusto che lo tenessi io!»
Michele era sbalordito.
«È stato capace di un gesto così gentile nei tuoi
confronti?»
«Già, però
ha anche sottolineato che nonostante tutto non saremo mai amici!»
«Bè, questo
è probabile, siete troppo diversi!»
«Anche io e te!»
Michele sorrise. "No,
io e te non siamo affatto così diversi. A parte per
l'altezza!»
Azaele sbuffò.
«Devi sempre sottolinearlo, vero?»
Michele rise e gli passò
affettuosamente una mano tra i riccioli neri. «Non hai ancora
finito di scontare il periodo in cui stavi dentro Molinesi,
demonietto!»
#
Adel si trovava nel
salottino dell'appartamento di Alba, era in piedi di fronte a Safet e
Gabriel che le stavano facendo domande sul suo curriculum comodamente
seduti sul divano. La piccola demone rispondeva intimidita. Era a
disagio soprattutto rispetto a Gabriel. Trovarsi di fronte
all'Arcangelo che riferiva al creato i messaggi del Padre era
abbastanza imbarazzante, per non parlare del fatto che indossava una
meravigliosa armatura argentata e la fissava con due bellissimi occhi
dorati che fortunatamente ogni tanto tendevano a vagare
distrattamente per la stanza, mentre Safet esaminava il suo
curriculum.
Il Supervisore posò
i fogli sul tavolo di fronte a sé e formulò la domanda
che Adel temeva di più. «Quindi recentemente sei stata
la segretaria di Akenet!»
Adel arrossì e
abbassò gli occhi. «Si, Signore, ma temo di non averlo
soddisfatto. Mi ha sostituito dopo pochissimo tempo!»
Safet alzò un
sopracciglio. «Nonostante questo sei stata assegnata ai "ritiri
esterni", un avanzamento rispetto al ruolo di segretaria. Come
mai, visto che non risulta abbia esperienza in questa mansione e
ritieni di non aver soddisfatto un tuo superiore?»
Gabriel riportò la
sua attenzione su Adel osservandola con quegli occhi dorati
penetranti e indagatori.
Adel impallidì
rendendosi conto che né lei, né Akenet avevano tenuto
conto di questo aspetto, esitò e poi rispose balbettando. «No…
Non lo so Signore. Non ci ho mai pensato!»
Safet e Gabriel si
scambiarono uno sguardo.
Adel cominciò a
tremare e gli occhi le diventarono lucidi.
Gabriel si intenerì
un po' nel vederla così spaventata e le venne in aiuto.
«Magari c'era necessità di personale?»
Aveva una voce profonda e
rassicurante, Adel si sentì leggermente confortata, trovò
il coraggio di guardare Safet e rispose. «Non lo so, Signore,
davvero. Lei sa che casino c'è giù da noi. Magari come
dice Lord Gabriel avevano bisogno di personale e mi hanno assegnato
senza neanche leggere il curriculum!»
«Va bene, tutto
sommato hai ragione, giù da noi tutto è possibile. Per
ora puoi restare. Ma devi impegnarti a non raccontare a nessuno
quello che succede in questa casa. È chiaro? Altrimenti te la
vedrai con me e soprattutto con Gabriel».
Adel annuì.
Gabriel si alzò in piedi e dall'alto del suo metro e
novantotto si rivolse alla piccola demone.
«Tanto per mettere
le cose in chiaro, Azaele è mio figlio». Adel spalancò
la bocca sbigottita. Gabriel continuò.
«Per cui mettere in
pericolo lui o la sua famiglia significa farmi incazzare. Hai idea di
come possa essere un Arcangelo incazzato, Adel?»
«Po… posso
immaginarlo, Signore!» rispose la demonietta pallida in volto.
«Bene. Puoi andare
a recuperare i tuoi bagagli!» Concluse Safet.
Adel tirò un
sospiro di sollievo, salutò e scappò fuori dalla
stanza.
Gabriel aspettò di
sentire il rumore della porta d'ingresso che si chiudeva, fece un
giro dell'appartamento e dopo essersi assicurato che Adel fosse
davvero andata via tornò da Safet.
«Se tu fossi Akenet
e volessi mandare qualcuno a spiare Azaele e Alba, sceglieresti la
tua segretaria timidina e insospettabile o un guerriero scaltro e
scafato?» Domandò sorridendo.
Safet sogghignò.
«Non pensi sia
pericoloso tenerla qui?» Domandò ancora Gabriel.
«Faremo sapere ad
Akenet solo quello che vorremo che sappia. Lei non sa che abbiamo
capito e finché non se ne renderà conto, saremo in
vantaggio!» Rispose Safet.
«Credi che
Eowynziel sia sua complice?»
«No. È solo
molto ingenua e svampita. Al contrario di Adel che è molto
timida ma altrettanto sveglia, hai visto come si è ripresa
appena le hai offerto un piccolo aiuto?»
«Già! In
ogni modo, penso che sia meglio che Eowynziel e Sakmeel non siano del
tutto a conoscenza dei nostri piani, non credi?»
«Non ne sono sicuro
Gabriel, temo che potrebbero sentirsi messi da parte e ritenere di
non avere più alcun impegno nei nostri confronti. Forse è
meglio dare fiducia a Eowynziel, spiegandole i nostri timori e che
per ora Adel deve sapere solo quello che decidiamo io e te, magari
evitando di dirle apertamente che la riteniamo una spia di Akenet»
Gabriel sospirò.
«Peccato, Adel è una ragazzetta carina, magari sarebbe
potuta essere una buona amica per Alba!»
Safet si alzò e
poggiò una mano sulla spalla dell'amico. «A volte sei
troppo tenero, Gabriel. Però chissà, in fondo credo che
quella ragazzina si sia ritrovata invischiata suo malgrado in questa
situazione, può darsi che le cose cambino quando si ritroverà
a dover scegliere tra noi e Akenet!»
«Quel ragazzo è
sempre stato molto in gamba! Sarebbe potuto diventare un Arcangelo
eccezionale se non avesse scelto di stare con Lucifero!»
Commentò rabbiosamente Gabriel.
Safet sospirò.
«Temo che la sua scelta sia stata colpa nostra Gabriel. È
l'ennesima conseguenza disastrosa di una decisione presa con troppa
superficialità!»
«Già!»
«Convochiamo i
ragazzi, dobbiamo informarli di quanto abbiamo deciso in merito ad
Adel!»
«Anche Ariel?»
«Si, anche Ariel.
Ritengo che possiamo fidarci di lui».
Gabriel sorrise, amava la
totale mancanza di pregiudizi e la capacità di valutare
obiettivamente le persone che caratterizzavano il suo migliore amico.
Aveva perso molte cose importanti nella sua vita, ma almeno
l'amicizia con Safael non era mai stata messa in discussione.
#
Jesebel, la nuova
segretaria di Akenet, una demone dall'aspetto professionale, alta,
slanciata, decisamente bella e elegantissima nel suo tailleur Pierre
Cardin, osservò senza scomporsi Adel da dietro l'ampia
scrivania di legno di mogano che impediva l'accesso all'entrata del
Nono Girone, uno stretto e freddo cunicolo. L'idea di scegliere una
scrivania così imponente era stata sua e ne era molto fiera
malgrado Akenet, quando gliel'aveva mostrata spiegando che avrebbe
aiutato a limitare l'accesso di eventuali seccatori, avesse fatto
spallucce e risposto con un sogghigno che non erano in molti ad avere
il coraggio di disturbarlo.
«Ti ripeto che Lord
Akenet al momento è impegnato e non può ricevere
nessuno!»
Adel sbuffò
nervosamente. «E io ti ripeto che ho necessità di
parlargli urgentemente! Fammi passare!»
La segretaria sfogliò
con studiata lentezza l'agenda aperta sulla scrivania e rispose.
«Qualunque possa essere la tua urgenza, sono certa che potrà
aspettare almeno fino a… dicembre!»
«Ma sei fuori?
Dicembre è tra nove mesi! Sarà troppo tardi»
«E tre anni!»
Specificò con un sorrisetto irritante la segretaria. «Nove
mesi e tre anni!»
«Cosa?»
domandò Adel esterrefatta.
«Mi dispiace ma non
vedo buchi nell'agenda di Lord Akenet prima di tre anni e nove mesi»
rispose Jesebel con un sorriso tanto beffardo quanto irritante.
Adel perse la pazienza.
«Non ho intenzione di perdere altro tempo con te! I casi sono
due o chiami Akenet e gli dici che ho bisogno di parlargli o ti
scavalco metaforicamente e praticamente e vado direttamente da lui!»
Jesebel si sporse verso
di lei. «Non oserai!»
Adel aprì le ali,
spiccò un balzo e si infilò nello stretto cunicolo che
portava al Nono Girone.
Jesebel dopo un primo
momento di sconcerto si gettò al suo inseguimento.
Adel, grazie alla sua
corporatura minuta, riuscì a mantenere il vantaggio finché
rimase nel cunicolo, ma non appena le due demoni si ritrovarono
all'aperto Jesebel, molto più alta e di conseguenza dotata di
ali più ampie non ci mise molto a raggiungerla e spintonarla.
«Piantala, idiota,
mi farai precipitare!» Si lamentò Adel.
Ma Jesebel non aveva
alcuna intenzione di permettere alla piccola demone di raggiungere
Akenet, ne andava del suo amor proprio.
Riuscì ad
afferrarle un'ala e torcerla fino a farle perdere l'assetto di volo,
mandandola in stallo. Adel precipitò rovinosamente sulle
rocce, rotolando poi sul lago ghiacciato che occupava l'intero Nono
Girone. Si alzò dolorante e provò immediatamente a
riprendere il volo, ma Jesebel la raggiunse e l'afferrò per i
capelli.
«Se credi che ti
permetterò di disturbare il mio capo ti sbagli, nanerottola
sovrappeso!» Urlò nelle orecchie di Adel.
«Mollami stangona,
o giuro che te la vedrai con Akenet!» replicò la
demonietta affondando gli artigli nella mano con cui Jesebel le tirava
i capelli.
Per tutta risposta la
segreteria le assestò un ceffone con la mano libera
spaccandole il labbro superiore. «Tu sei completamente matta!»
Urlò Adel sferrando un pugno sul naso di Jesebel
che gridò di dolore e le lascio andare i capelli portandosi
entrambe le mani sul naso sanguinante.
«Piccola
puttanella, se mi hai rotto il naso giuro che me la pagherai cara!»
ringhiò Jesebel furente sguainando gli artigli e guardando
Adel con due occhi rossi colmi di odio.
La voce di Akenet
interruppe lo scontro tra le due demoni. «Potrei stare a
guardarvi lottare per ore, peccato che non abbia tutto questo tempo
da perdere!»
«Signore,
stavo tentando di bloccare questa piccola puttanella che ha osato
scavalcare la mia scrivania nel tentativo di venire a disturbarla!»
«La conosci così
bene?» domandò freddamente Akenet. Era poggiato contro
una roccia con le braccia conserte e l'aria irritata.
Jesebel non capì
l'ironia e rispose. «No, signore! Perché?»
Akenet si sporse
leggermente verso la Segretaria e sibilò. «Allora come
fai a sapere che è una puttanella?»
Jesebel si rese conto che
la situazione stava prendendo una piega inaspettata e corse ai
ripari. «Chiedo scusa per la scarsa professionalità
della mia reazione Signore. Volevo evitare che venisse importunato
nell'espletamento delle sue funzioni di Responsabile del Nono
Girone!»
«Mi sembrava di
averti detto che se fosse venuta a cercarmi la mia collaboratrice
esterna avresti dovuto darle priorità assoluta su qualsiasi
mio impegno!» Rispose l'Arcidiavolo con gli occhi rossi.
«Le chiedo ancora
scusa, non immaginavo che la sua collaboratrice esterna fosse…
questa!» rispose Jesebel indicando tremante Adel.
Gli occhi di Akenet si
strinsero fino a diventare due linee rosse. Adel si rese conto che
stava per superare il limite e per quanto Jesebel fosse stata
arrogante e aggressiva non desiderava vederla carbonizzata.
«È stata
anche colpa mia, Signore. Ero così presa dalla fretta che non
mi sono presentata adeguatamente!»
Akenet si girò
verso di lei, osservò il labbro spaccato, i capelli arruffati
e il vestito spiegazzato. Con due passi si avvicinò alla
piccola demone, le prese il mento tra le dita della mano sinistra e
le passò delicatamente il pollice sulle labbra.
Adel fu attraversata da
un brivido, si toccò il labbro superiore e si rese conto che
Akenet le aveva appena guarito il taglio provocato dallo schiaffo d Jesebel. L'Arcidiavolo la lasciò andare e si rivolse a
Jesebel. «Torna al tuo posto!»
«Si, Signore!»
rispose la demone sospirando di sollievo è volando via.
Akenet tornò a
rivolgere l'attenzione su Adel che si stava passando distrattamente
la lingua sulle labbra nel tentativo di eliminare le ultime tracce di
sangue rimaste dallo scontro con Jesebel. L'Arcidiavolo dovette
ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non lasciarsi sopraffare
dal desiderio di afferrarla, sbatterla contro le rocce e provvedere
lui stesso a leccarle via il sangue dalle labbra. Non che non potesse
farlo, volendo. Gli Arcidiavoli potevano fare tutto quello che pareva
loro, dopotutto comandavano l'Inferno mica il Paradiso. Ma per
qualche motivo che lui stesso faticava a comprendere, non gli
sembrava opportuno approfittare della sua forza per prendersi quello
che voleva dalla piccola segretaria.
«Fai con calma,
Palletta, tanto non ho un cazzo da fare!» disse con voce bassa
e leggermente roca.
Adel si mise
immediatamente sull'attenti. «Mi, scusi. Vuole che le faccia
subito la mia relazione?»
«Esatto, muoviti!»
rispose l'Arcidiavolo più sgarbatamente di quanto avrebbe
voluto.
«Volevo confermarle
che andrò ad abitare con Azaele e Alba e informarla che ho
dovuto superare un colloquio con Safet e Gabriel!»
«Gabriel? Ho sempre
saputo che si tratta del migliore amico di Safet, ma che cosa c'entra
in questa storia?» domandò l'Arcidiavolo perplesso.
«Azaele è
suo figlio Signore, me lo ha detto lo stesso Gabriel!»
Akenet la guardò
sbalordito. «Merda, questa è davvero una pessima
notizia! Sapevo che Gabriel e Galadriel avevano avuto un piccolo, ma
non immaginavo che fosse proprio Azaele. Per quanto in effetti…!»
L'Arcidiavolo ridacchiò,
poi tornò serio. «La presenza di Gabriel crea un
problema imprevisto, dovrò riflettere su come aggirarlo!»
«Ha ordini per me
signore?»
«Per ora tieni un
profilo basso e le orecchie aperte. Non è escluso che Safet
sospetti di te, è un demone molto acuto, quindi sta bene
attenta a non commettere passi falsi. Safet non è crudele ma
qui c'è in gioco il nipote del suo migliore amico, capisci
cosa significa vero?»
«Si, signore.
Perfettamente!»
«Bene, torna sulla
terra e continua a tenermi informato!» Adel aprì le ali.
«Adel!»
«Si, Signore?»
«Non fare cazzate,
chiaro?»
«Non si preoccupi,
Signore. So badare a me stessa!» rispose Adel sorridendo.
«Non mi stavo
preoccupando per te, ma per la tua missione!» rispose lui
freddamente.
«Oh, certo
Signore!» rispose Adel arrossendo e volando via senza voltarsi
indietro.
Akenet capì di
averla ferita. Si strinse nelle spalle e si diresse verso i suoi
impegni infernali fingendo di non sentirsi uno stronzo ingrato.
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Capitolo 14 *** Qualche mese dopo ***
Capitolo 14
Qualche mese dopo
Azaele e Michele erano seduti uno a fianco all'altro su
un grosso masso di granito. Si stavano godendo la piacevole brezza
mattutina di una domenica di fine settembre gustandosi un appetitoso
panino ripieno di mozzarella di bufala.
Poco lontano, Alba si stava allenando a lanciare palle
di fuoco di varie misure contro dei bersagli preparati da Elena che
ogni tanto la interrompeva per correggerla o darle consigli.
«Alba, è molto migliorata, vero?»
Domandò Azaele con la bocca piena. «Mi sembra che abbia
un controllo maggiore della mira e soprattutto della potenza di
fuoco.»
«Si, direi di sì!» Rispose Michele
osservando il panorama sovrappensiero. «Sai che questo posto mi
sembra di conoscerlo. È come se avessi un déjà
vu!»
«Non è un déjà vu, Miky. È
che ci siamo già stati quattrocento anni fa. Parte del vecchio
fienile dell'agriturismo risale proprio al 1600» rispose Azaele
continuando a masticare.
«Davvero?»
«Non ti ricordi? Qui c'era la casa del contadino
che denunciò agli inquisitori sua moglie, Aurora e Alba.»
L'angelo si guardò intorno esterrefatto e
leggermente imbarazzato, non si era reso conto per niente di essere
tornato nella casa di quel contadino bigotto che, tra parentesi, era
pure finito all'Inferno nel girone dei traditori. «Seriamente?
Ma… aspetta un attimo, questo significa che Renzo Galletti
potrebbe essere un discendente di quel contadino?»
«Non è detto. Chissà quante volte
sarà passata di mano, la proprietà, in questi
quattrocento anni» rispose Azaele.
«Ma se invece fosse un discendente, ti rendi conto
che Aurora e Renzo sarebbero parenti, in un certo senso? Per non
parlare dell'incredibile coincidenza!»
«Non credo granché alle coincidenze!»
ribatté il demone.
«Che vuoi dire?»
«Ho il sospetto che ci sia un motivo ben preciso
se siamo tornati qua, Miky. Come se si stesse chiudendo il cerchio!»
«Aza, ci siamo trasferiti venerdì
pomeriggio e tu non mi avevi ancora detto nulla? Se non ne avessi
parlato io per primo, probabilmente avresti continuato a tenerti
tutto dentro!» si lamentò l'angelo.
«Scusa. È che avevo bisogno di rifletterci
da solo»
Michele scosse la testa contrariato.
«Pensi che anche Safet se ne sia reso conto?»
«Ne sono sicuro. È stato proprio qui che
l'Aurora bambina di quattrocento anni fa, lo ha visto. A causa di
quell'incidente Alba e Aurora sono morte. Come potrebbe aver
dimenticato?»
Michele addentò rabbiosamente il suo panino. «Ma
perché anche lui non ha detto niente? Per la miseria Aza, voi
demoni siete campioni nel tenere segreti inutili che finiscono solo
per incasinare le cose!»
«Mi dispiace! Temo che millenni all'Inferno
abbiano influito sulla nostra capacità di gestire le emozioni»
si scusò Azaele un po' mortificato.
Michele inghiottì il boccone e domandò «In
che senso?»
«Nel senso che all'Inferno le emozioni prevalenti
sono rabbia, dolore e sconforto e non è facile conviverci per
l'eternità. Se ci lasciassimo andare non potremo
sopravvivere!»
«Si, però mi sembra che ci marciate un po'
su questa storia. Insomma, tu, Sael, Safet e pure Razel, vi siete
trovati tutti qualcuno, per cui quando volete, sapete esprimere
benissimo le vostre emozioni!» Replicò Michele irritato.
Quasi nello stesso istante un boato squarciò il
silenzio della campagna e uno spostamento d'aria calda fece vibrare
le chiome degli alberi.
Azaele fece appena in tempo a lanciarsi su Michele e
coprirlo con le sue ali prima che un'enorme palla di fuoco
investisse entrambi per poi rotolare in mezzo al bosco, nel quale
divampò un incendio le cui conseguenze sarebbero potute essere
catastrofiche, senza il repentino intervento di Elena che spense le
fiamme e risanò il bosco.
Azaele, leggermente bruciacchiato, lasciò andare
Michele che domandò. «Tutto bene?»
«Tutto bene, tranquillo, si tratta solo di qualche
fiammella infernale, niente di che» rispose Azaele dandosi
delle pacchette sulle braccia e sulle gambe per spegnere le ultime
scintille.
Alba li raggiunse imbarazzata. Sotto la lunga e morbida
maglia di cotone bianco che indossava sopra un paio di comodi leggins
neri, la pancia del settimo mese era ormai evidente.
«Scusate, sono mortificata, Michele stai bene?»
«Si, non preoccuparti. Il demonietto mi ha
protetto» rispose l'angelo sorridendo rassicurante.
Alba si guardò intorno avvilita. «Ho
rischiato di trasformare in cenere il bosco!»
«Ma no, dai, che esagerata!» mentì
Azaele abbracciandola.
«Si, infatti. E poi hai spento subito il principio
di incendio!» aggiunse Michele cercando di nascondere i resti
dei panini, ormai carbonizzati.
«Veramente è stata Elena!» disse Alba
con aria depressa.
«Coraggio, non ti buttare giù!» La
incoraggiò la strega raggiungendola. «Io ho fatto ben di
peggio durante i miei primi allenamenti con Razel!»
«Davvero?»
«Certo, una volta per poco ho dato fuoco alla
residenza estiva del Papa!» Rise l’anziana strega. «Non
hai idea della faccia di Razel!»
«Azaele!» Chiamò Galletti sbucando
dallo stesso sentiero da cui erano arrivate Alba e Elena.
Tutti si girarono verso di lui.
«Si?»
«Sono appena arrivati dei clienti che dicono di
conoscere te e Michele, venite a salutarli?»
«Come dei Clienti? Non avevi detto che in questo
periodo non avevate prenotazioni?» Domandò Alba
sciogliendosi dall'abbraccio di Azaele. Era talmente preoccupata
all'idea di altri ospiti che non si soffermò a riflettere sul
fatto che Galletti aveva appena detto che i nuovi clienti conoscevano
sia Azaele che Michele.
«Infatti non ci aspettavamo nessuno oltre a voi,
ma questi due ragazzi stanno festeggiando il primo anniversario di
matrimonio e ci hanno trovato per caso mentre cercavano un posto
carino, tranquillo e non troppo lontano da Roma. L'agriturismo gli è
piaciuto così tanto che ci hanno chiesto se si potevano
fermare qualche giorno. Mia sorella non è riuscita a dire di
no!» Si interruppe un attimo e guardandosi intorno perplesso,
domandò «Ma è stata una mia impressione o prima
c'è stato un boato abbastanza forte?».
Tutti quanti assunsero una fintissima aria stupita.
«Un boato?» domandò Azaele.
Galletti lasciò perdere, non gli andava di
passare per uno che aveva le visioni. «Comunque, come dicevo, a
quanto pare questi ragazzi pur vivendo a Firenze conoscono Azaele e
Michele, per cui abbiamo pensato che, a parte l'incredibile
coincidenza, per voi non sarebbe stato un problema. Mi dispiace spero
di non avervi messo in imbarazzo!»
«Scusa ma per caso stai parlando di un ragazzo
alto e nero e di una ragazza molto carina dai capelli rossi e gli
occhi verdi?» domandò Michele esterrefatto.
«Si, esatto!» rispose Galletti iniziando ad
avviarsi verso l'agriturismo.
Azaele e Michele si scambiarono uno sguardo allibito.
«Comincio a pensare che tu abbia ragione a non
credere alle coincidenze!» Mormorò l'angelo.
#
Il demone idraulico, Kafresh, era decisamente irritato.
Per una volta che Akenet e la sua segretaria stronza erano fuori dai
piedi, bloccati in una mega riunione di avanzamento lavori, e lui se
ne sarebbe potuto stare in pace a godersi una birra nel Daemon Bar
del Nono girone, ecco che erano arrivati quei due rompiballe di
Carryel e Aluarel a fargli una richiesta che non aveva alcuna voglia
di esaudire. Si guardò intorno preoccupato, ma fortunatamente
tra il rumore di fondo e il fatto che la maggior parte dei colleghi
erano già ubriachi, nessuno sembrava fare a caso a loro tre.
«Vi rendete conto vero, di cosa mi state
chiedendo?» domandò a bassa voce.
Aluarel, una demone dai lineamenti così anonimi
da poter essere facilmente confusa con la metà delle sue
colleghe, sbuffò. «Non mi sembra così difficile,
butti un po' d'acqua calda dove è imprigionato il dannato, noi
due lo tiriamo fuori e amici come prima.»
«Come prima mica tanto, visto che Akenet mi
carbonizzerà vivo quando scoprirà che vi ho aiutato a
liberare uno dei suoi utenti!»
«Quante storie, lo sanno tutti che Akenet prima vi
carbonizza e poi vi fa tornare più sani di prima, non è
mica Zamesh!» obiettò Aluarel.
«Ma perché non vi arrangiate da soli?»
«Perché noi non sappiamo come fare e
sicuramente finiremo per combinare un tale casino che Akenet se ne
accorgerebbe immediatamente! E comunque sei sicuro che non ti
riterrebbe responsabile per non essere intervenuto in tempo?»
Rispose Carryel. «Se invece ci aiuti, non si accorgerà
nemmeno che gli manca un dannato!»
«Guarda che Akenet controlla l'inventario
utenti ogni mese, non penso proprio che possa
sfuggirgli la sparizione di un dannato.»
«E quando ha controllato l’ultima volta?»
«Alla fine del mese scorso» ammise Kafresh.
Carryel e Aluariel si scambiarono uno sguardo
spazientito.
«E allora perché la meni tanto? Abbiamo
quasi una settimana prima di riportare il dannato al suo posto, c'è
tutto il tempo di fargli fare quello che deve fare. Akenet non se ne
accorgerà nemmeno!» replicò Aluarel.
«E se invece se ne accorge?»
«Senti Kafresh, io e Aluarel, rischiamo ben più
di una scaldatina se deludiamo i nostri Responsabili, per cui o ci
aiuti o ci arrangiamo come possiamo e poi andiamo dritti da Akenet a
dirgli che ti abbiamo visto liberare il dannato, ti è chiaro?»
Kafresh poggiò la birra sul bancone e li guardò
con odio. «E va bene! Ma si può almeno sapere perché
avete tanto bisogno di questo dannato?»
«No!» risposero in coro Carryel e Aluariel
Il demone idraulico si arrese, finì quel che
restava della birra in un sorso solo, buttò sul bancone due
monete e si avviò svogliatamente verso l'uscita del Daemon
Bar, seguito dai due colleghi.
I tre demoni camminarono in silenzio fino a un'ampia
grotta all'interno della quale una gigantesca lavagna riportava la
disposizione dei dannati del Nono girone. Ogni dannato era
identificato da una lampadina led con stampato un codice alfanumerico
composto dalle sue iniziali e da un numero progressivo.
«Vediamo di fare una cosa veloce, vorrei evitare
di farci beccare da qualche demone guardiano. L’utente che
cercate è il numero NE - 6.990.999.999» disse Kafresh
accendendo la lampadina corrispondente.
«Wow, eccolo lì!» Esclamarono in coro
Carryel e Aluarel.
«Andiamo!» Ordinò il demone idraulico
dirigendosi verso l'uscita della grotta.
I due demoni lo seguirono nuovamente fermandosi davanti
all'entrata di una grotta, un po' più piccola della
precedente, nella quale il collega si era infilato velocemente.
«Allora! Avete intenzione di entrare e darmi una
mano o pensate di starvene lì impalati come due idioti?»
Si lamentò Kafresh dall'interno della grotta.
Carryel e Aluarel entrarono. La grotta era piena di
tubi, attrezzature idrauliche e divise da lavoro adatte a ogni tipo
di intervento idraulico. Kafresh indicò loro un grosso avvolgi
tubo che dava l'impressione di essere piuttosto pesante. «Portate
l'avvolgi tubo fino alla prigione del dannato, appena siete pronti
uno di voi due torna da me srotolando il tubo e mi da l'ok
all'apertura dell'acqua calda. Dobbiamo essere coordinati e veloci.
Non ho nessuna intenzione di farmi beccare da Akenet o dalla sua
nuova segretaria spilungona!»
I due si scambiarono uno sguardo perplessi. «E
come facciamo a trovare il “nostro” dannato, scusa?»
Kafresh alzò gli occhi al cielo, ma era possibile
che la maggioranza dei suoi colleghi fossero così tonti?
«Non avete vista la lucina con il numero? Date
un'occhiata dall'alto e controllate dove risulta accesa la lampadina
corrispondente, no?»
I due lo guardarono sbalorditi.
«Cavolo se è organizzato Akenet! Certo che
a volte non sarebbe male avere un responsabile decente anziché
un cialtrone incompetente come Krastet, quello lì non sarebbe
capace manco di trovarsi il culo con due mani!» Sospirò
Aluarel.
«Tra l'altro è pure un gran bel demone! Al
contrario di quel viscido libidonoso di Krastet!» Aggiunse
Carryel.
«Ve lo raccomando Akenet, soprattutto quando si
incazza. Se avete finito di sospirare come due adolescenti umani
davanti alla foto del loro attore preferito, potete gentilmente darvi
una cazzo di mossa?» li esortò il demone idraulico.
Carryel fu il più veloce ad alzarsi in volo,
lasciando alla collega l'incombenza di trasportare l'avvolgi tubo.
Aluarel sibilò un «Che razza di stronzo!»
Afferrò l'attrezzatura e si alzò in volo anche lei.
Una volta individuata la luce accesa i due demoni
atterrarono. Questa volta però fu più veloce Aluarel.
«Srotolalo tu, io rimango qua ad aspettare che arrivi l'acqua
calda!»
«E perché devo srotolarlo io?»
Domandò imbronciato Carryel.
«Perché io l'ho trasportato fin qui!
Muoviti, idiota!»
Il demone sbuffò ma obbedì.
Aluarel si sedette sull'avvolgi tubo guardandosi intorno
ammirata. Il bianco del ghiaccio dava una sensazione di pulito e
lontano i suoi colleghi lavoravano dando l'idea di sapere
esattamente quale fosse il loro compito. Nessuno si scontrava in
volo, come capitava nel suo girone dove non si capiva mai una mazza
delle traiettorie. Notò addirittura una zona dedicata alla
"pausa sigaretta" dove i colleghi si recavano ordinatamente e senza
stazionare oziosamente.
Insomma, il Nono girone non sarà stato perfetto,
ma rispetto al terribile casino che caratterizzava il resto
dell'Inferno era indubbiamente un Paradiso dell'ordine. Certo, ogni
tanto quando Akenet si sentiva annoiato cominciava a carbonizzare a
caso i suoi collaboratori. Però era anche vero che era l'unica
cattiveria gratuita che praticava e almeno si preoccupava di risanare
i malcapitati di turno. Tra l'altro voci di corridoio dicevano che
negli ultimi tempi l'Arcidiavolo aveva smesso di dedicarsi al suo
passatempo, per quanto fosse ancora soggetto a scatti d'ira piuttosto
devastanti. In ogni modo, forse valeva la pena di lasciare un
curriculum alla spilungona stronza che aveva sostituto Adel. Sperando
che l'Arcidiavolo non venisse mai a sapere né del furto
dell'utente né che lei era coinvolta in prima persona.
Uno spruzzo di acqua calda la distrasse dalle sue
riflessioni.
«Ok, diamo inizio all'operazione!» esclamò,
afferrando il tubo e dirigendo il getto d'acqua sulla prigione di
ghiaccio nella quale era sepolto il dannato NE - 6.990.999.999.
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Capitolo 15 *** Il dannato ***
Capitolo 15
Il dannato
Il dannato provava un
odio profondo.
Odiava l'Inferno, il
Paradiso, la vita, la morte, l'Arcidiavolo che lo aveva sepolto con
la bocca piena di ghiaccio e le labbra sigillate per impedirgli di
pregare, cosa inutile, perché non aveva più intenzione
di dedicare un solo pensiero a Nostro Signore che, ormai era evidente, lo aveva
abbandonato. Ma sopra ogni cosa odiava il demone che lo aveva
trascinato all'Inferno. Quel lurido, piccolo bastardo riccioluto
dall'aria soddisfatta.
Inizialmente era convinto
che ci fosse stato un errore. Non era possibile che fosse finito
all'Inferno proprio lui che per tutta la vita aveva agito come un
buon cristiano e combattuto perché le leggi del Signore
fossero rispettate.
Così aveva
cercato di non arrendersi, di non perdere la fede e di pregare.
Pregare e pregare. Sicuro che il
Signore, sempre fosse lodato,
avrebbe mandato i suoi messi a liberarlo, a dirgli che aveva superato
l'ultima prova e che finalmente avrebbe potuto essere ammesso nel
Regno dei cieli.
Ma
passava il tempo e nulla cambiava, finché un giorno finalmente
era stato trascinato fuori dalla sua prigione di ghiaccio. Aveva
ringraziato il Signore per aver ascoltato le sue preghiere e si era
preparato a lasciare quell'orrido luogo di sofferenza.
Ma
quell'essere infernale dal corpo perfetto,
dai lunghi capelli neri
e setosi e gli occhi completamente neri e bui lo aveva apostrofato
sgarbatamente. «Ho ricevuto delle lamentele dai tuoi vicini di
dannazione e dai miei collaboratori. E francamente anche io ne ho le
palle piene delle tue giaculatorie. Stiamo già scontando la
nostra pena eterna, l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che
un bigotto ipocrita,
talmente marcio dentro da non aver ancora capito il motivo della sua
condanna eterna, ci stracci i maroni
tutto il Santo
giorno con le sue nenie lamentose!»
«A quanto pare
Nostro Signore lassù non è altrettanto insoddisfatto,
visto che ti ha ordinato di liberarmi!» Replicò
altezzosamente il dannato.
«Credo che tu non
abbia inteso bene la situazione, merda umana. Non sono venuto né
a liberarti né a portarti messaggi da parte del Padre,
altrimenti mi chiamerei Gabriel e non Akenet. Sono venuto a dirti che
se non la pianti di rompere le palle, ti riempio la bocca di
ghiaccio, te la sigillo e poi ti sbatto dentro il ghiacciaio così
in fondo che il freddo e il dolore che hai patito fino a oggi ti
sembreranno una vacanza ai Caraibi. Sono stato chiaro?»
Il dannato lo guardò
interdetto, non era sicuro di aver capito, soprattutto la parte sulla
vacanza ai Caraibi.
«Ti ho chiesto se
hai capito, ed è meglio per te che mi risponda di si.»
Ringhiò Akenet.
«No! Non è
possibile, io non capisco. Credevo di aver superato questa prova, ho
pregato e pregato, senza mai lamentarmi, confidando che un giorno
avrei ricevuto il mio premio per averlo servito fedelmente. Perché
invece Nostro Signore si accanisce così tanto con me?»
Akenet di fronte allo
sconcerto del dannato provò un moto di compassione. «Non
conosci il detto, il pavimento dell'Inferno è lastricato di
buone intenzioni? Forse se riflettessi di più su come ti sei
comportato in vita, sul dolore che hai causato in suo nome a tanti
innocenti, capiresti perché sei qui e smetteresti di
illuderti.»
Il volto del dannato si
contrasse in una smorfia di rabbia. «Tu, lurida bestia
infernale, sporco traditore di Dio, non osare darmi lezioni di morale
o io… »
Non finì la frase.
Akenet mantenne fede alla sua minaccia seppellendolo nel ghiaccio, il
più in fondo possibile. «Prova a parlare ora, stronzo!»
Commentò soddisfatto.
Da
allora era passato meno di un secolo. Il dannato ormai aveva perso
ogni speranza di essere accolto in Paradiso e la sua fede aveva
lasciato il posto a un odio profondo e viscerale
verso il Creato e verso il suo Creatore.
Era intento a ripassare
il solito elenco di tutto ciò che odiava quando accadde
qualcosa. Un piacevole calore circondò il suo corpo. Un calore
sempre più forte che un pò alla volta sciolse il
ghiaccio che lo imprigionava.
Si sentì
strattonare e tirare, qualcuno lo stava portando in superficie.
Pensando che si trattasse
di nuovo di Akenet, il dannato anziché sentirsi sollevato si
infuriò e si chiese cosa volesse ancora quell'essere
diabolico.
Provò a
ribellarsi, ma era troppo debole. La bocca era ancora sigillata, per
cui non poteva neppure urlare e lamentarsi.
Si arrese e lasciò
fare finché fu portato in superficie e buttato sgarbatamente
sul pavimento ghiacciato.
Cadde sulle ginocchia,
troppo debole anche solo per provare a reggersi in piedi.
«Alza la testa e
fammi un cenno se riesci a capirmi!» ordinò una voce
femminile.
Il dannato alzò la
testa stupito, si aspettava di trovarsi di nuovo al cospetto del suo
torturatore e invece era inginocchiato davanti a due demoni che lo
osservavano con le braccia conserte. Indossavano entrambi una
divisa nera con due bande rosse lungo le cuciture e alti stivali
neri. Avevano gli occhi rossi, i capelli neri, le corna, orrende ali
da pipistrello e due code che agitavano nervosamente. Si
differenziavano solo per le fattezze, uno dei due era leggermente più
minuto, aveva i capelli a caschetto e un fisico femminile. L'altro
aveva i capelli rasati ai lati e corporatura maschile.
La demone fece un cenno
con la mano sinistra e il dannato si rese conto che il sigillo alla
bocca era sparito. Provò a parlare ma riuscì solo a tossire e
vomitare ghiaccio. Quando si riprese la demone parlò di nuovo.
«Il momento della
tua vendetta è arrivato, umano. Puoi approfittarne o perdere
la tua unica occasione, cosa rispondi?»
«La mia vendetta
contro chi, esattamente?» rantolò il dannato.
La demone sogghignò.
«Contro chi ti ha portato qui, mi sembra ovvio!»
«Voi lo conoscete?»
I due demoni risero.
«L'Inferno è piccolo, umano!»
«Perché mai
dovreste usare un dannato per colpire uno dei vostri luridi
colleghi!»
I due demoni smisero di
ridere.
«Attento a come
parli, umano!» sibilò il demone maschio sbattendo
nervosamente la coda.
La collega gli posò
una mano sulla spalla per calmarlo e si rivolse al dannato.
«Non siamo
autorizzati a rivelarti nulla, ci penseranno i nostri superiori a
spiegarti tutto!»
«Perché
dovrei fidarmi di voi, come posso sapere che non si tratti di uno dei
vostri sporchi giochi per divertirvi alle mie spalle?» domando
il dannato provando ad alzarsi, ma ricadendo sulle ginocchia.
«Non puoi saperlo,
ma se rinunci potresti pentirtene per il resto dell'eternità!»
intervenne il demone maschio.
Il dannato esitò.
«Va bene, peggio
per te. Ributtalo nella sua prigione, Carryel!» ordinò
Aluarel.
Il demone si avvicinò
al dannato che, terrorizzato all'idea di essere nuovamente
imprigionato nel ghiaccio, allungò le braccia in un debole
gesto di difesa e urlò «No, aspetta!»
Carryel lanciò uno
sguardo alla sua compagna che gli fece cenno di attendere e domandò.
«Allora, cosa hai deciso?»
Gli occhi del dannato
emisero un bagliore carico d'odio..
«Voglio la mia
vendetta!»
Lei sorrise. «Hai
preso la decisione giusta, Nicolas Eymerich!»
#
Zoel osservò
Eymerich dubbiosa.
Il dannato, o quel che ne
restava, non aveva affatto un bell'aspetto. Con quei lunghi e radi
capelli grigi, ancora bagnati e appiccicati alla testa e al collo, il
corpo macilento e di un ributtante color giallino, il viso talmente
magro che gli occhi iniettati di sangue sembravano voler scappare
fuori dalle orbite, le ricordava il personaggio di un libro che aveva
scritto un umano non molto tempo prima. Una saga infinita che parlava
di anelli magici o qualcosa del genere. Tra l'altro il personaggio in
questione, se non ricordava male, faceva anche una brutta fine, il
che non era di grande auspicio, a pensarci bene.
«Siamo sicuri che
questo rottame umano possa esserci d'aiuto?» Domandò a
Krastet.
Erano riuniti a casa di
Zoel, più esattamente nell'ufficio privato che l'arcidiavola
utilizzava per lo più per pubblicare i suoi video hard su
OnlyFans e accaparrarsi futuri utenti. L'arredamento era abbastanza
sobrio, un armadio che conteneva i completini per le interpretazioni
hard, una scrivania con un portatile Mac, una sedia ergonomica con
pallone gonfiabile, color fuxia, che a detta di Zoel era fantastica
per evitare il mal di schiena.
«Siete stai voi a
ridurmi così e ora ve ne lamentate?» Sibilò
Eimerich.
«In effetti Akenet
ci è andato giù pesante con te. Non mi sembri in grado
di aiutarci, forse non è stata una buona idea pensare di
affidarti questo incarico» rispose Krastet.
Eymerich provò un
brivido di terrore al pensiero di essere di nuovo sepolto nel
ghiaccio e corse immediatamente ai ripari. «Vi sbagliate, mi
basta un po' d'aiuto per riprendere le forze e l'incentivo di una
adeguata ricompensa.»
«Non mi sembri in
grado di contrattare umano!» rispose glaciale Krastet.
«A me invece sembra
che siate voi a non avere molte alternative altrimenti avreste usato
i vostri scagnozzi anzichè mandarli a liberare me!»
Krastet e Zoel rimasero
senza parole. Il dannato aveva colto perfettamente il punto, non era
ammissibile per gli Arcidiavoli, inviare dei demoni sulla terra per
assassinare una donna umana e rapire il bambino che stava crescendo
in lei. Non potevano in nessun modo fare a meno di lui.
«Allora?» li
esortò il dannato.
Zoel si sedette sulla
sedia ergonomica accavallando le gambe con aria sexy, ma rovinò
completamente l'effetto perdendo l'equilibrio e scivolando a terra
con le gambe all'aria.
Krastet rimase di sasso,
Eymerich disgustato, Carryel e Aluarel si sforzarano di reprimere il
benché minimo accenno di sorriso.
Zoel, si rialzò e
cercando di mantenere una parvenza di dignità si appoggiò
alla scrivania. «Molto bene. Krastet, esponi il piano
all'umano.»
«Il piano è
che lui e questi due vanno sulla terra e si prendono il bambino»
rispose Krastet indicando Aluarel e Carryel.
«E questo voi lo
chiamate piano?» domandò Eimerich sarcastico. «Mandare
un dannato nel mondo dei vivi a rapire un bambino che non si sa chi
sia né come e dove trovarlo?»
I due Arcidiavoli si
scambiarono uno sguardo leggermente imbarazzato, l'umano aveva
perfettamente ragione, in effetti non avevano mai discusso i dettagli
del rapimento del figlio di Azaele.
«Krastet stava
giusto per esporti i dettagli del piano» rispose Zoel cercando
di fare la sostenuta e di fatto rimbalzando su Krastet l'onere di
inventarsi qualcosa di minimamente sensato.
Seguì un
imbarazzante silenzio.
Eymerich rimase in attesa
per un minuto buono, poi decise che se voleva cogliere l'occasione
per fuggire da quel luogo di pena e dolore eterni, doveva aiutare
quei due imbecilli a fornirgli le informazioni necessarie per
compiere la missione che volevano affidargli. In fondo quando era
vivo gli interrogatori erano il suo pane quotidiano.
«Prima di tutto
sarebbe utile sapere il nome del bambino»
«Ecco... a dire il
vero non sappiamo se abbia già un nome!» rispose Zoel
imbarazzata.
«Come sarebbe a
dire?»
«Sarebbe a dire che
non è ancora nato!» rispose Krastet.
L'inquisitore lo guardò
senza capire. «Scusate ma se non è ancora nato, come
pensate che possiamo rapirlo?»
«Devi tirarlo fuori
dalla pancia della madre!» rispose Krastet come se fosse la
cosa più ovvia del mondo.
Per quanto Eymerich non
fosse mai stato un esempio di sensibilità verso il suo
prossimo, persino per lui fu troppo pensare di poter commettere un
simile orrore. «Ma siete completamente pazzi, come potete
pensare di chiedermi una cosa del genere? E poi un bambino strappato
dal ventre della madre non potrebbe mai sopravvivere!»
«Non è un
bambino comune, è il figlio di una strega e di un diavolo!»
spiegò Zoel.
Eymerich rimase
interdetto. «State
forse dicendo che Lucifero è riuscito a generare un figlio?»
«Non esattamente!»
ridacchiò Zoel.
«Ma chi altro,
avrebbe potuto sfidare Dio in questo modo?» domandò
l'inquisitore sconcertato.
Zoel lo guardò
dritto negli occhi. «Qualcuno che conosci molto bene Nicholas
Eymerich, quattrocento anni fa ha trascinato la tua anima quaggiù!»
Il viso di Eymerich si
trasformò in una maschera d'odio. «Azaele!»
«Proprio lui!»
intervenne Krastet. «Ricordi la sua strega? L'ha ritrovata e ci
ha fatto pure un figlio!»
«Pare che insieme
siano molto felici!» aggiunse Zoel sogghignando.
Al solo pensiero che il
demone che lo aveva trascinato all'inferno e la sua strega maledetta
potessero non solo essersi ritrovati, ma addirittura essere felici,
anche l'ultima remora di Eymerich scomparve dal suo animo nero.
In fondo il bambino non
era che una creatura empia e mostruosa, figlia di altrettanti mostri.
Se anche fosse morto non sarebbe stato altro che un bene.
E mentre rifletteva sulla
fortuna di avere un'occasione di vendetta, improvvisamente la verità
gli apparve limpida come l'acqua di un ruscello di montagna. Nostro
Signore lassù non lo aveva mai abbandonato, al contrario! Lo
aveva inviato all'inferno, perché un giorno potesse essere
chiamato per l'ultima volta a difendere la Cristianità, prima
di essere accolto con tutti gli onori nel Regno dei Cieli. Crollò
in ginocchio chiedendo mentalmente perdono al Signore per aver,
momentaneamente, perduto la fede. Krastet allungò una mano per
aiutarlo a rialzarsi, ma l'inquisitore fece cenno di no. La
consapevolezza che presto avrebbe ricevuto il suo premio gli fece
tornare le energie. Inspirò con forza e si alzò in
piedi.
«Non lo saranno
ancora per molto» sibilò con un ghigno crudele.
Krastet e Zoel
osservarono la luce carica di odio negli occhi del dannato e si
scambiarono uno sguardo soddisfatto.
Tutto sommato non era
stata affatto una cattiva idea coinvolgere l'inquisitore.
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Capitolo 16 *** L'attacco ***
Capitolo 16
L'attacco
Mentre percorreva il
sentiero che portava al Bed & breakfast di Renzo, Alba fu presa da
un'improvvisa malinconia.
Il fatto che Azaele
stesse per incontrare due vecchi amici umani, le aveva fatto venire
in mente Adel, facendola sentire in colpa per come l'avevano
abbandonata a Roma sparendo da un giorno all'altro senza darle alcuna
spiegazione. Malgrado sapesse che era una spia di Akenet, aveva
finito per affezionarsi alla demone che in più di un'occasione
si era rivelata simpatica e gentile. Ricordava ancora la notte in cui
Azaele era stato impegnato in un ritiro multiplo e lei era stata
tormentata per ore da una nausea fortissima. Adel le aveva fatto
compagnia tenendole la mano e cercando di distrarla con una serie di
aneddoti tragicomici sulla sua vita infernale, fino a quando non si
era ripresa.
Avrebbe voluto parlarle
per provare a convincerla ad abbandonare Akenet, ma Safet e Gabriel
erano stati irremovibili, la demone era una collaboratrice del nemico
e almeno per il momento parlarle apertamente sarebbe stato troppo
rischioso.
Eppure era sicura che
anche Adel si fosse affezionata a loro e il pensiero che potesse
essersi sentita tradita e abbandonata la turbava, perché le
ricordava il dolore provato per la brusca fine dell'amicizia con
Arianna. Alba aveva provato più volte a chiamarla e inviarle
dei messaggi su whatsapp, ma non avendo mai ricevuto risposta alla
fine si era dovuta arrendere all'evidenza, la sua antica amica non
era interessata a riprendere i rapporti con lei.
E ora, rendersi conto di
aver trattato Adel nello stesso modo in cui Arianna aveva trattato
lei, la faceva sentire a disagio e estremamente triste.
Azaele si accorse della
sua improvvisa malinconia e per cercare di distrarla le domandò
«Ti ho mai raccontato di come ho salvato Catherine dal
commettere il più grande errore della sua vita?»
#
Alba stava ancora
ridacchiando per il racconto del matrimonio mancato di Catherine,
quando varcarono la soglia del Bed & breakfast. Seduti a uno dei
tavoli della sala apparecchiata per la colazione, un ragazzo alto e
nero, sui ventisei anni, e una ragazza dai capelli rossi, stavano
gustando cappuccino e cornetti mentre chiacchieravano con una giovane
sulla trentina molto somigliante al ragazzo.
«Yetunde!»
chiamò Azaele allegramente.
I tre ragazzi si
voltarono.
«Azaele, sei
proprio tu!» Rispose il ragazzo sorridendo. La ragazza dai
capelli rossi si lanciò tra le braccia del demone. «Ciao
cretino, sono tanto felice di rivederti!»
Azaele si sciolse
dall'abbraccio un po' imbarazzato.
Yetunde fece un cenno
all'altra ragazza che li osservava incuriosita.
«Vieni Alissa,
finalmente ti posso presentare Azaele e Michele!»
Alissa si avvicinò
con aria trionfante. «Quindi esistete davvero, però
siete persone normali, proprio come immaginavo!»
Azaele ridacchiò
«Dipende da cosa intendi».
Yetunde lanciò uno
sguardo a Renzo che dietro il bancone del bar era impegnato a lavare
le tazze, fingendo di non origliare la loro conversazione. «Vi
va, di fare una passeggiata?» propose «Qui intorno la
campagna sembra molto bella!»
«Si, è
meglio!» approvò Michele.
La piccola comitiva
salutò Renzo e si incamminò lungo uno dei sentieri che
si dipanavano dal Bed & breakfast verso il bosco.
Azaele era elettrizzato,
non vedeva l'ora di presentare Alba a Yetunde e Catherine. Appena
furono abbastanza lontani per poter parlare liberamente, la prese per
mano e si fermò di fronte ai due ragazzi. «Lei è
Alba, la mia fidanzata!» disse orgoglioso. Alba sorrise
timidamente.
Yetunde trasecolò.
«Ma tu sei proprio la "famosa" Alba?»
«Quella che Aza,
cercava da secoli?» domandò Cathy altrettanto stupita.
«Esatto! Ci siamo
ritrovati circa un anno fa!» rispose il demone letteralmente al
settimo cielo, stringendo la mano di Alba.
«Quello è …
vostro figlio?» domandò Cathy.
«Nostra figlia, è
una bambina!» Annunciò orgoglioso Azaele accarezzando
delicatamente il pancione della fidanzata.
«Ma non è
pericoloso, cioè non fraintendetemi, però… Mi
sembra una cosa tipo Rosemary's baby!» commentò Yetunde
perplesso.
Azaele scoppiò in
una allegra risata, mentre Alba diventò rossa.
Alissa intervenne
imbarazzata. «Yetunde! Ma che stupidaggini dici, sei
impazzito?»
«Non ha tutti
torti, in realtà» rispose Alba che dopo un primo momento
di imbarazzo cominciava a vedere l'aspetto buffo della situazione.
«Forse dovresti spiegare ad Alissa chi sono esattamente Azaele
e Michele, non credi?»
Yetunde sbuffò.
«Lo sa già, è solo che non vuole credermi!»
«Dovrei credere che
Azaele è un diavolo, Michele un angelo e Alba una strega? Dai
ragazzi ora basta con queste sciocchezze, siamo tutti adulti e questo
non è una manga per ragazzine!» rispose Alissa ridendo.
Non aveva neanche finito
la frase che di fronte a lei atterrarono un demone tarchiato e una
demone dai capelli biondi e gli occhi azzurri. I due apparivano
piuttosto nervosi.
Alissa, bianca in volto,
si girò verso Yetunde che commentò allargando le
braccia. «Appunto!»
Sakmeel diede loro
un'occhiata distratta e rivolgendosi ad Azaele e Michele spiegò
senza tanti giri di parole. «Krastet e Zoel hanno mandato una
squadra di demoni a cercare Alba! Sono già in marcia!»
«È meglio
rientrare subito», intervenne Elena, «la barriera
protettiva non è ancora completa e cominciamo ad essere
lontani dal Bed & breakfast!»
Azaele prese in braccio
Alba e alzandosi in volo ordinò «Michele! Tu, Sakmeel e
Eowynziel prendete i ragazzi. Elena, torna indietro e sbrigati a
completare la barriera!»
«Azaele, che cosa
succede?» domandò Yetunde. «Ti prego, non dirmi
che siamo coinvolti in una specie di faida infernale!»
«Temo di sì,
Yetunde, mi spiace!» Rispose Michele prendendolo in braccio e
aprendo le ali. «Ma forse siete ancora in tempo per andarvene».
Un tuono squarciò
il silenzio della campagna circostante. Sotto di loro si aprì
una voragine dalla quale si innalzarono una decina di demoni armati
di spade infuocate e protetti da armature nere.
«Santo cielo, come
la vedo male…ma male, male!» Piagnucolò Yetunde.
Michele aumentò la
velocità e raggiunse Azaele. «Riportiamo a terra Yetunde
e gli altri. I demoni non sono interessati a loro, non li
attaccheranno!»
«Ma sei matto?»
Si lamentò Yetunde terrorizzato.
«Va bene!»
rispose Azaele. «Alba, tu apri il fuoco, fagli vedere con chi
hanno a che fare!»
«Cosa? No
aspettate!» implorò Yetunde.
Ma Michele non aveva
tempo di discutere. Fece un cenno a Sakmeel e Eowynziel che capirono
al volo e lo seguirono a terra.
Le prime palle infuocate
di Alba intanto cominciarono a colpire i demoni che presi alla
sprovvista si fermarono senza sapere bene come reagire.
Fu in quel momento che un
cavaliere uscì dalla squarcio sul terreno. Era vestito di
nero, indossava un cappuccio che non permetteva di vederne il volto e
impugnava una spada infuocata. «Non fermatevi, codardi!»
ordinò ai demoni.
«Ci mancava solo il
re dei Nazgul!» commentò Azaele.
Dietro il cavaliere che
continuava ad inveire contro i demoni, comparve un gatto nero con una
stella bianca sulla fronte. Il piccolo felino si guardò
intorno e poi corse silenziosamente verso Eowynziel.
«Ci stanno
circondando!» urlò Alba senza smettere di lanciare fuoco
e fiamme ai demoni che pressati dagli ordini del misterioso
incappucciato, erano tornati all'attacco.
«Michele!»
chiamò Azaele.
«Siamo qui Aza!»
rispose Michele indicando Sakmeel e respingendo un demone con un
colpo di spada. «Dobbiamo atterrare subito, sono troppi per
difenderci in volo!»
Azaele seguì il
consiglio di Michele e atterrò ai piedi di una collina
rocciosa.
Un attimo dopo fu
raggiunto da Michele e Sakmeel, che almeno per il momento erano
riusciti a respingere l'attacco dei nemici. Il demone porse ad Azaele
la spada di Eowynziel. «È andata a cercare aiuto, a lei
ora non serve e tu sei disarmato!» spiegò Sakmeel
anticipandone la domanda.
«Almeno qui avremo
le spalle coperte!» considerò Alba guardandosi intorno.
«Non solo!»
Rispose Azaele accovacciandosi e premendo le mani a terra.
Immediatamente si innalzò un muro di roccia.
«Ottima idea»
approvò Sakmeel, «così saremo ancora più
protetti!»
«Si, ma comunque
non possiamo restare qui in eterno, abbiamo bisogno di aiuto»
intervenne Michele.
«Yetunde e le
ragazze sono riusciti a scappare?» domandò Alba
preoccupata.
«Si, come
immaginavo i demoni non li hanno considerati!» La tranquillizzò
Michele. «A proposito, Aza, ma secondo te chi diavolo può
essere quella specie di Nazgul?»
Azaele, nonostante la
drammaticità della situazione non riuscì trattenere una
risatina.
«Ti sembra il
momento di ridere?» si innervosì l'amico.
«Scusa, è
solo che lo abbiamo chiamato nello stesso modo!»
«Forse Merlino
conosce l'identità del cavaliere nero, è saltato fuori
da quella voragine subito dietro di lui, immagino lo stesse
seguendo!» intervenne Sakmeel.
«Merlino?»
domandò Alba guardandosi intorno preoccupata, il suo famiglio
non si vedeva da nessuna parte.
«È andato a
cercare aiuto insieme a Eowynziel» la rassicurò Sakmeel.
«E meglio che ci
prepariamo, stanno arrivando! E sono raddoppiati» avvertì
Michele fissando cupo il cielo.
#
Merlino, stretto tra le
braccia di Eowynziel, miagolò con insistenza.
La demone, che sfrecciava
nel cielo di Roma alla ricerca di Sael nella speranza che sapesse
dove trovare Safet o Razel, diede un'occhiata al famiglio e domandò
«Ne se sei sicuro?»
Il gatto miagolò
ancora.
La demone sterzò
di colpo cambiando direzione. «Allora dobbiamo avvertire Adel!»
Merlino le poggiò
le zampine sul petto e miagolò esterrefatto.
«Bé, ovvio
che lo avvertirà, è proprio per quello che voglio
andare da lei!»
Il gatto nero le rispose
con un miagolio poco convinto.
«Io invece sono
certa che sia un'ottima idea! Akenet arriverà e si riprenderà
il suo dannato».
Eowynziel raggiunse
l'appartamento di Alba e atterrò sulla terrazza, una scritta
infuocata apparve sui vetri della cucina. «Si, ma prima ci
ammazzerà tutti per prendersi la bambina di Alba!»
Merlino era saltato a terra riprendendo il suo aspetto demoniaco.
«Oh, no. Non lo
farà, vedrai. Lui non è mica come Zamesh!»
«Ah, no? È
un Arcidiavolo, Eowynziel!»
«Si, ma non sarebbe
mai capace di uccidere Alba per rapire la bambina!» rispose lei
con convinzione.
Merlino, ci penso su. In
effetti Akenet era l'unico Arcidiavolo che possedesse ancora un po'
di onore, probabilmente non sarebbe arrivato al punto di uccidere
Alba. Forse, per una volta, la ragazza di Sakmeel non aveva avuto una
pensata stupida come suo solito.
«D'accordo, allora
tu parli con Adel e io continuo a cercare Sael e Lord Safet»
rispose Merlino riprendendo la forma felina e saltando da un balcone
all'altro.
Eowynziel entrò
nell'appartamento senza accorgersi che sulla terrazza aveva fatto
capolino uno dei demoni comandati dal misterioso incappucciato.
#
Adel sedeva affranta sul
suo letto. O meglio su quello che per anni era stato il letto di
Arianna e che da qualche mese era diventato il suo. Si guardò
intorno tristemente. La camera era molto cambiata da quando era stata
occupata dalla nuova proprietaria. Adel con l'aiuto di Sael e
Eowynziel, aveva dipinto le pareti, un tempo bianche, con tinte
pastello di diversi colori. Aveva appeso fotografie di bellissimi
paesaggi naturali e coperto il pavimento di marmo con un colorato
tappeto intrecciato a mano, circondandosi di tutta la bellezza di cui
non poteva godere all'Inferno.
Nonostante dovesse
tornare regolarmente in sede per relazionare ad Akenet, aveva passato
dei mesi felici in cui aveva iniziato a pensare che Alba e gli altri
l'avessero accettata e inserita nel loro gruppo e sebbene, ogni
tanto, avesse la sensazione che omettessero di dirle qualcosa, non si
sarebbe mai aspettata che da un giorno all'altro potessero
sparire tutti nel nulla. Erano passati ormai due giorni da quando era
tornata a casa e notando uno strano silenzio aveva girato una stanza
dopo l'altra rendendosi conto con sempre maggiore sgomento che i suoi
coinquilini l'avevano abbandonata.
L'aver realizzato che in
realtà non si erano mai fidati di lei e che probabilmente
l'avevano addirittura usata per depistare Akenet, l'aveva gettata in
uno sconforto tale che aveva passato due giorni a piangere e bere la
cioccolata angelica che Michele, nella fretta di andare via, aveva
scordato di portare con sé.
Alla fine aveva
realizzato che la cosa che la faceva soffrire di più non era
tanto aver fallito la sua missione, quanto l'aver scoperto che quelle
persone a cui aveva finito per affezionarsi sinceramente, non
l'avevano mai realmente accolta tra loro e questa consapevolezza
l'aveva fatta sentire terribilmente sola e abbandonata. A questo
dolore poi si aggiungeva l'ulteriore sconforto di dover confessare ad
Akenet di aver deluso la fiducia che aveva riposto in lei, cosa che
la rattristava molto più di quanto la spaventasse la punizione
che gli avrebbe assegnato l'Arcidiavolo.
Era talmente immersa in
questi pensieri che non si accorse dell'arrivo di Eowynziel che entrò
in camera e la salutò con un sorriso felice. «Speravo
tanto di trovarti!»
Adel la guardò
immusonita. «Ne dubito, visto come mi avete voltato tutti le
spalle da un giorno all'altro!»
Eowynziel si imbarazzò
un po'. «Mi dispiace, ma anche tu potevi dirlo che lavori per
Akenet!»
Adel alzò gli
occhi al cielo. «Si certo, come ho fatto a non pensarci!»
«Comunque non
importa più, anzi è meglio!» disse la demone
bionda sedendosi accanto all'amica.
«Meglio, in che
senso?»
«Bé... Che è
meglio!» rispose Eowynziel.
Adel sospirò è
riformulò la domanda.
«Ziel, perché
prima non andava bene che lavorassi per Akenet e ora invece pensi che
sia una cosa positiva?»
«Perché
siamo stati attaccati da dei demoni sotto il comando di un dannato
liberato da Krastet e Zoel!»
Adel si alzò dal
letto sconvolta e prese l'amica per le spalle. «Cosa? Ma
quando, dove?»
«Poco fa, in un Bed
& breakfast dalle parti di Monterotondo. Ti prego vola da Akenet
e avvertilo che il dannato è uno dei suoi!»
«Ma come hanno
potuto fare una cosa del genere senza che se ne accorgesse, Ziel, sei
sicura?»
«Merlino lo ha
riconosciuto. È un inquisitore di nome Eymerich che
quattrocento anni fa ha ucciso Alba e ora vuole strapparle la bambina
dalla pancia per portarla all'Inferno!»
«Ma è
orribile!» Adel non poteva credere alle sue orecchie.
«Ti prego, devi
tornare da Akenet. Eymerich ci ha attaccato di sorpresa, i demoni al
suo servizio sono troppi e non riusciamo a trovare né Safet,
né Gabriel! Alba e Azaele possono contare solo su Michele e
Sakmeel»
Adel non se lo fece
ripetere, aprì le ali e volò fuori dalla finestra.
Eowynziel sospirò di sollievo, tornò sulla terrazza e
si gettò alla ricerca di Razel senza accorgersi del demone
nero che si era lanciato all'inseguimento di Adel.
#
Adel volava a perdifiato
inseguita dallo scagnozzo di Eymerich che aveva inutilmente cercato
di seminare dal momento in cui si era resa conto di essere inseguita.
Nonostante la paura, era
fermamente decisa a raggiungere Akenet e avvertirlo di quello che
stava succedendo. Era sicura che sarebbe intervenuto a fermare
l'orrore che stava cercando di perpetrare l'inquisitore.
Scansò colleghi,
ostacoli e qualunque altra cosa si frapponesse tra lei e il suo capo,
ma raggiunto il nono girone si rese conto che Akenet non era seduto
sul suo trono come era solito fare a quell'ora. L'attimo di
indecisione che ne seguì permise al suo inseguitore di
raggiungerla, afferrarla per le spalle e buttarla a terra.
Adel urlò e
cominciò a lottare per liberarsi.
«Sta ferma, stupida
mocciosa!" l'apostrofò lo scagnozzo cercando di
bloccarla. Adel non si arrese, si dimenò con tutta la sua
forza finché non riuscì ad assestare un calcio in mezzo
alle gambe del demone che si lamentò e perse la presa
permettendole di divincolarsi, approfittarne per affibbiargli un
altro calcio, questa volta in piena faccia, e scappare verso la
dimora di Akenet chiamandolo con tutto il fiato che aveva ancora nei
polmoni.
Era ormai a pochi metri
dall'abitazione dell'Arcidiavolo, quando la porta si aprì e
Akenet comparve sulla soglia guardandosi intorno con aria perplessa.
Era a piedi nudi e indossava solo un paio di jeans. Adel aveva preso
un tale slancio che non riuscì a fermarsi in tempo finendo
dritta tra le sue braccia.
«Che diavolo
combini Palletta, ti sembra il caso di urlare in questo modo?»
Domandò l'arcidiavolo avvolgendola in un abbraccio più
o meno involontario.
Adel si ritrovò
schiacciata contro il petto muscoloso di Akenet e a pochi centimetri
dal suo viso, cosa che le provocò un turbamento tale che per
alcuni secondi riuscì solo a pensare che il suo capo aveva un
corpo perfetto, un viso bellissimo e un modo di stringerla tra le
braccia che avrebbe preferito di gran lunga sperimentare in un'altra
situazione che, possibilmente, comprendesse un ampio letto
matrimoniale e lenzuola di seta color crema.
Il demone che la
inseguiva si esibì in una perfetta inversione a U e si defilò
prima che Akenet potesse accorgersi della sua presenza.
Una voce femminile,
morbida e sensuale chiamò, l'arcidiavolo. Adel si girò
e vide Atriel, una demone decisamente bella, dai nerissimi occhi a
mandorla e lunghi e lisci capelli color ebano. Era poggiata
languidamente allo stipite della porta della camera da letto,
completamente nuda, e li osservava con un sorrisetto malizioso.
«È il tuo
nuovo giocattolino?» Domandò, indicando Adel.
«Non sono il
giocattolino di nessuno!» Rispose arrabbiata la demonietta
cercando di liberarsi dalla stretta del suo capo.
«È la mia
segretaria» rispose Akenet impassibile lasciandola andare.
«Credevo fosse
quella spilungona con la puzza sotto il naso!» ribatté
Atriel.
«Quella è
“solo” una sostituta!» precisò l'arcidiavolo
rientrando in casa.
«Devo parlarle
signore è estremamente urgente!» Intervenne Adel
svolazzandogli intorno.
Akenet con un cenno della
testa invitò la sua ospite ad andare via.
La demone rientrò
in camera da letto, si rivestì e salutò. «Alla
prossima e… buon lavoro a entrambi!»
«Alla prossima,
Atriel» rispose lui fingendo di non cogliere l'ironia.
Atriel
volò via sorridendo. Lei e Akenet erano trombamici
da
parecchi millenni, nel corso dei quali l'Arcidiavolo si era ben
guardato dall'interrompere una scopata solo per sentire cosa avesse
da dire una “segretaria”.
Ma quello che trovava più divertente era che mai, decisamente mai, l'amico si
era preoccupato di sottolineare che una segretaria fosse “solo”
la sostituta di un'altra!
#
Akenet
chiuse la porta, andò a sedersi sull'ampio e comodo divano che
arredava il salotto, incrociò le lunghe gambe e dopo essersi
acceso una sigaretta si rivolse finalmente ad Adel. «Hai
interrotto una scopata particolarmente soddisfacente, spero
per te che sia davvero urgente!»
Adel si prese un attimo
per trovare il giusto modo di comunicare la notizia. Si guardò
intorno notando un basso elettrico e un amplificatore a lato del
divano, una scaffalatura colma di vinili originali, una serie di
poster tra i quali spiccavano la copertina di “Born to run”
di Springsteen e di “Quadrophenia” degli Who. Davanti al
divano si trovava un tavolino di cristallo sul quale erano poggiati
alcuni libri di vari autori, tra cui il giapponese Murakami Aruki.
Infine notò alcuni ripiani colmi di cofanetti di DVD che
comprendevano la raccolta completa dei film di John Carpenter e
quella dei film dei Fratelli Marx.
«Se hai finito di
ficcare il naso nei miei hobby, gradirei sapere cosa sei venuta a
fare a casa mia e ti avverto, non intendo ripeterlo una terza volta!»
La freddezza nel tono di
Akenet la riportò immediatamente all'ordine. «Azaele e
Alba sono stati attaccati Signore. Sembra che Krastet e Zoel vogliano
assassinare Alba per rapire il bimbo nel suo grembo!»
L'Arcidiavolo la fissò
esterrefatto, poi un sorriso diabolico apparve sul suo volto. «Mi
stai veramente dicendo che per una volta quei due imbecilli hanno
avuto un'idea intelligente?»
A quelle parole, Adel si
sentì come se il mondo le stesse crollando addosso.
«Ma come può
dire una cosa simile?» Sbottò. «Proprio lei che
non molto tempo fa rimpiangeva i tempi in cui era un vero guerriero,
non si vergogna di approvare un'azione così riprovevole e
disgustosa? Mi sta davvero deludendo, Signore!»
Akenet, gelato dalla
furia della sua segretaria rimase senza parole. Ma dopo pochi istanti
si riprese e sporgendosi verso di lei replicò crudelmente «In
quale degli Universi alternativi di un possibile Multiverso, ritieni
che mi debba interessare il giudizio di una serva, Palletta?»
«In quello dove non
si comporta come uno stronzo totale!» rispose lei con gli occhi
umidi di lacrime di rabbia, infischiandosene di aver appena firmato la sua
probabile condanna a morte.
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Capitolo 17 *** La Furia di Akenet ***
Capitolo 17
La furia di Akenet
Akenet osservava Adel
esterrefatto. Nella sua lunga vita, nessuno aveva mai osato dargli
dello stronzo e men che meno dello stronzo totale. Per non parlare
del fatto che la demonietta aveva avuto il coraggio di sbattergli in
faccia la pura verità senza tanti giri di parole. Perché
in fondo, dentro di sé, Akenet sapeva che assassinare la
compagna umana di Azaele per rapire la creatura che ancora portava in
grembo, era una porcheria indicibile.
Allo stupore poi si
aggiunse la scoperta di non provare alcun desiderio di incenerirla.
Al contrario vederla tenergli testa con gli occhi fiammeggianti di
rabbia, il labbro inferiore spinto in fuori a formare un broncio
delizioso e le piccole mani strette a pugno, gli stava provocando un
inconsueto sfarfallio allo stomaco e l'irresistibile desiderio di
strapparsi di dosso i jeans, sdraiarla sul divano, riempirla di baci
e scoparla come se non ci fosse stato un domani, abbandonando al loro
destino Krastet, Zoel e l'Alfiere del male di cui in quel preciso
momento non poteva fregargliene di meno.
L'orgoglio di Arcidiavolo
però ebbe la meglio. «Ti
consiglio di uscire da qui prima che sia troppo tardi»
suggerì con una calma che spaventò Adel.
Ignara dei veri
sentimenti dell'Arcidiavolo la demonietta arretrò di un passo,
ma prima di arrendersi del tutto volle fare un ultimo tentativo per
convincere il suo superiore ad agire. «C'è
un'altra cosa che deve sapere.
I
demoni mandati da Krastet e Zoel sono comandati da uno dei suoi
utenti, l'inquisitore di nome Eymerich!»
Se Adel avesse lanciato
una bomba incendiaria sul basso elettrico di Akenet, probabilmente
avrebbe provocato una reazione solo di poco più furiosa: il
suo volto divenne terreo, gli occhi si strinsero fino a ridursi a due
lame rosse, le mani si trasformarono in artigli neri. «Cosa.
Stai. Dicendo?»
Sibilò con una voce demoniaca che Adel non gli aveva mai
sentito prima.
«È
la verità. Eowynziel era presente all'attacco e lo ha visto!»
Ribatté lei cercando di non abbassare lo sguardo, non era il
momento di mostrarsi impaurita o insicura
L'Arcidiavolo si alzò
dal divano, afferrò i suoi anfibi, li infilò, si
diresse con una calma solo apparente alla scrivania, accese il
portatile e cercò il nome dell'utente Eymerich sul gestionale
che controllava i movimenti dei dannati. Ci fu un attimo di
silenzio, poi emise un ringhio terrificante e con un gesto della mano
spalancò la porta d'ingresso.
«Seguimi!»
ruggì.
La demone non se lo fece
ripetere.
Akenet volò fino
alla posizione del dannato NE - 6.990.999.999, atterrò e
verificò attentamente il ghiaccio che ricopriva la prigione.
«È
recente… qualcuno ha sciolto il ghiaccio e richiuso dopo aver
fatto uscire Eymerich, e dal momento che non sono stato io, può
essere stato soltanto un altro!»
Sentenziò.
Adel provò un
brivido di paura, nel viso di Akenet si leggeva chiaramente il
tragico destino del demone idraulico.
#
Kafresh era intento a
mettere in ordine la grotta “magazzino utensili”, quando
sentì Akenet chiamare il suo nome. Uscì e nel vedere
l'Arcidiavolo precipitarsi su di lui, capì all'istante di
essere stato scoperto. Impallidì sentendosi perduto ma non
fuggì, nella speranza che non mostrarsi codardo lo avrebbe
aiutato a ottenere un minimo di pietà. Ma Akenet era troppo
furioso per apprezzare il moto d'orgoglio del demone idraulico, la
sua rabbia devastante travolse il povero Kafresh crocifiggendolo
contro il muro della grotta mentre tutte le sue attrezzature
prendevano fuoco in un turbinio di fiamme e scintille.
«Tu,
lurido traditore!»
ringhiò l'Arcidiavolo, fuori di sé dalla rabbia,
schioccando le dita e avvolgendo il demone in un fiotto di lava
infernale.
Kafresh urlò di
dolore e terrore mentre la lava bruciava ogni centimetro del suo
corpo.
Adel terrorizzata si
lanciò in mezzo al fuoco e si frappose tra il demone e Akenet.
«La
prego signore torturando Kafresh non otterrà nulla, a parte
farci arrivare in ritardo!»
Akenet che ancora non
ragionava, strinse il collo di Adel in una morsa terribile e senza
rendersene conto diede fuoco anche a lei.
Le urla di Adel si
unirono a quelle di Kafresh. «Mi
lasci Signore, mi sta uccidendo!»
Akenet a quelle parole
riprese il controllo di sé, le lasciò andare il collo e
spense le fiamme che la circondavano risanandola completamente.
Adel cadde a terra priva
di forze. L'arcidivolo, preoccupato, si inginocchiò davanti a
lei e le poggiò una mano sulla guancia rigata di lacrime. Si
sentiva terribilmente in colpa per aver perso il controllo al punto
di rischiare di ucciderla.
«Stai
bene?»
Domandò preoccupato.
Lei annuì, poi non
riuscendo più a sopportare i lamenti strazianti del collega,
cercò di riportarlo del tutto alla ragione. «Kafresh
era un buon guerriero. La imploro, Signore, gli permetta di riparare
al suo errore portandolo con noi. Farlo soffrire così, non ci
aiuterà a recuperare Eymerich!»
Forse furono le lacrime
di Adel, o forse la verità contenuta nelle sue parole o magari
entrambe le cose. Fatto sta che Kafresh si ritrovò
improvvisamente a terra, libero dal fuoco e dal dolore.
Akenet lo afferrò
per i capelli e lo tirò su avvicinando il suo volto a quello
pallido e terrorizzato del demone.
«Non
avrai un'altra possibilità, lo sai vero?»
«Si,
Signore!»
Akenet lo lasciò
andare.
«Muovetevi!»
Ordinò dirigendosi verso l'uscita della grotta senza riuscire
a guardare Adel negli occhi.
Kafresh le rivolse uno
sguardo grato. «Come
hai fatto?»
Sussurrò debolmente.
«Non
lo so. A volte mi ascolta!»
rispose lei ancora pallida.
#
Azaele era molto
preoccupato per Alba che cominciava ad essere stanca, era evidente
dalle palle di fuoco che lanciava contro i demoni ormai diminuite sia
di grandezza che di potenza. Anche la sua mira era peggiorata e a
causa di questo era stata costretta a salire sopra le mura del
fortino di roccia improvvisato da Azaele, uscendo pericolosamente
allo scoperto pur di continuare a colpire i nemici che non sembravano
ancora stufi di attaccarli malgrado continuassero ad essere respinti.
Anche lui era
notevolmente stanco perché, oltre a difendere se stesso, più
di una volta era dovuto intervenire per allontanare i demoni che
cercavano di sorprendere Michele alle spalle. Quei codardi lo
attaccavano sempre in due o tre contemporaneamente e l'angelo ormai
iniziava a dare segni di cedimento.
Quanto a Sakmeel, era
stato ferito e anche se riusciva ancora a tenere in mano la spada,
non era più in grado di combattere come prima.
Azaele prese in
considerazione l'idea di sorprendere il nemico tentando una sortita
dal fortino di pietra e stava per comunicare la sua decisione a
Michele quando la situazione precipitò di colpo. I demoni,
obbedendo a un ordine dell'incappucciato, si riunirono e attaccarono
Alba tutti insieme circondandola prima che Azaele, Michele e Sakmeel
avessero il tempo di impedirlo.
Azaele si lanciò
in difesa di Alba, ma fu spinto contro le rocce da un turbine di
fuoco e fiamme che tranciò in due il piccolo esercito di
demoni e raggiunse Alba in meno di un secondo.
La giovane strega
scomparve tra le ali di un demone alto, nero e furibondo che Azaele
riconobbe immediatamente. «Ohmmerda,
quello
è...».
Una mano lo trattenne
stringendogli una spalla. «Non
aver paura per lei, ora ci pensa Akenet»
cercò di rassicurarlo Adel.
Azaele però non si
sentiva affatto rassicurato dall'idea della sua ragazza stretta tra
gli artigli di uno degli Arcidiavoli più forti dell'Inferno.
#
Alba non si accorse di
Akenet finché non si ritrovò stretta in mezzo alle sue
ali e con un artiglio nero che le copriva la pancia. Per un attimo
il pensiero che le avrebbe squarciato il ventre la terrorizzò
e provò a divincolarsi.
Il demone la strinse più
forte, facendo attenzione a non far male né a lei né
alla creatura che aveva dentro di sé. «Stai
calma!» le ordinò
con un tono di voce fermo e tutto sommato rassicurante, poi ruggì
degli ordini in una lingua incomprensibile. I demoni interruppero
l'attacco confusi e indecisi.
L'incappucciato imprecò
contro di loro e frustò il cavallo con cattiveria per
spingerlo ad avvicinarsi alle rocce in modo da trovarsi di fronte
all'Arcidiavolo.
«Come
osi proteggere la strega e il suo abominio? Lasciala andare
immediatamente, ho ordini precisi da parte di Krastet e Zoel: la
strega deve morire!».
Akenet si fece una
risata. «Come
al solito non hai capito niente, Eymerich! Io, sono l'Arcidiavolo
Responsabile del Nono girone, quello più vicino a Lucifero.
Questo significa che dopo di lui, sono il più alto in comando,
per cui me ne sbatto altamente di quello che ti hanno ordinato quei
due imbecilli. Ti è chiaro?»
I demoni neri
circondarono silenziosamente Eymerich.
«Mi
è chiaro il motivo per cui sei al comando del Nono girone: non
solo sei un traditore di Dio, ma anche dei tuoi simili! E ora
spostati e fammi portare a termine la missione!»
osò replicare Eymerich per nulla impressionato.
«Fottiti,
merda umana, e la prossima volta ricordati che è proibito
chiamarLo in causa invano!»
Rispose
Akenet schioccando le dita e dandogli fuoco.
Il cavallo nero,
terrorizzato malgrado il fuoco l'avesse risparmiato, si imbizzarrì
disarcionando l'inquisitore che rotolò a terra. I demoni si
gettarono su di lui cercando inutilmente di spegnere le fiamme che lo
stavano divorando. In quel momento si aprì una voragine
infernale che permise loro di fuggire portandosi dietro l'inquisitore
e sparendo alla vista di Akenet.
Un istante dopo un lampo
di luce angelica trafisse la spalla sinistra dell'Arcidiavolo
facendolo urlare di dolore.
Akenet lasciò
andare Alba e prima di riuscire a capire come fosse potuto succedere,
si ritrovò inchiodato a terra da un ginocchio di Gabriel che
gli premeva sullo sterno. L'arcangelo sguainò la spada e
gliela puntò alla gola.
«Non
fare niente di stupido, vorrei evitare di staccarti la testa, se
possibile!»
Akenet era un guerriero
di grande esperienza e sapeva valutare quando era il momento di
arrendersi. Malgrado il dolore lancinante e l'orgoglio ferito per
essersi fatto prendere di sorpresa, allargò le braccia in
segno di resa .
«Sei stato
scorretto a usare il fascio di luce angelica» polemizzò
notando che gli occhi dorati dell'Arcangelo brillavano ancora di una
luce innaturale.
Gabriel si strinse nelle
spalle. «Se è per questo, tu sei stato molto più
scorretto ad attaccare un'umana in attesa di un bambino».
Adel atterrò
dietro Akenet e si inginocchiò di fronte a Gabriel. «La
prego Signore, non lo uccida! Non volevamo fare del male ad Alba,
volevamo aiutarvi a proteggerla!»
«È
vero?»
domandò Gabriel.
«No,
volevo solo recuperare il mio dannato!»
ammise Akenet.
Adel si sentì
morire, possibile che il suo capo dovesse essere sempre così
cocciuto e orgoglioso?
Fortunatamente Gabriel
apprezzò la sincerità della risposta. «Bé,
almeno sei onesto!»
L'Arcidiavolo sbuffò,
la ferita gli faceva molto male e si sentiva sempre più
debole. «Comunque,
grazie
a te e al tuo intervento a gamba tesa, quello stronzo è
riuscito a scappare».
«Sai
com'è, avevi un artiglio sulla pancia di mia nuora…»
«Se
avessi voluto ammazzarla adesso non se ne starebbe lì a
guardarci, non credi?»
rispose l'Arcidiavolo indicando Alba che nel frattempo si era
avvicinata ad Adel, seguita da Azaele, Michele e uno stremato
Sakmeel.
«Indubbiamente.
Però ti faccio notare che quando sono arrivato, i demoni
mandati da Krastet e Zoel erano già spariti dentro la voragine
infernale. Per questo ti ho attaccato, pensavo che stessi per
lanciarti dentro anche tu per portarti via Alba».
«Stai dicendo che
neanche loro ti avevano visto? Allora è peggio di quello che
credevo...» mormorò Akenet perdendo i sensi.
«Oh, no! La prego
non muoia, Signore!» Si disperò Adel vedendo il corpo
immobile del suo responsabile.
Gabriel rinfoderò
la spada e le poggiò una mano sulla testa. «Non
preoccuparti, è solo svenuto per la ferita alla spalla, non mi
piace ammazzare la gente a tradimento, neanche un Arcidiavolo».
Adel scoppiò in un
pianto dirotto. «Mi dispiace tanto, chiedo scusa a tutti per
non avervi detto la verità su di me e per avervi spiato tutti
questi mesi, sono stata inqualificabile e disonesta. Però vi
posso giurare che Akenet, anche se non lo ammetterà mai,
voleva davvero proteggere Alba. Lui non c'entra con il piano orribile
di Krastet e Zoel».
Alba si dispiacque nel
vedere Adel così affranta, si avvicinò e le passò
un braccio intorno alle spalle. «Non
piangere, in fondo stavi solo facendo il tuo lavoro e poi è
vero che Akenet mi ha protetto, avrebbe potuto uccidermi facilmente,
invece è stato addirittura molto attento a non ferirmi».
La demone la abbracciò
grata, ma non riuscì a smettere di singhiozzare.
Azaele si avvicinò
e cercò di consolarla anche lui. «Dai, Adel, calmati. In
fondo dobbiamo ringraziarti, se non avessi lavorato per Akenet, non
avresti potuto avvertirlo di quello che stava succedendo, lui non
sarebbe potuto intervenire e probabilmente mio padre non sarebbe
arrivato in tempo per evitare il peggio!»
Gabriel lo guardò
un po' offeso e avrebbe voluto fornire la sua opinione, riguardo al
suo presunto ritardo, ma Azaele gli fece un cenno come dire «E
dai, papà!»
L'Arcangelo alzò
un sopracciglio e rispose altrettanto silenziosamente con
un'espressione che significava «E va bene, sto zitto, ma solo
perché sta piangendo!»
Il cellulare di Michele
squillò, facendo sobbalzare un po' tutti. L'angelo rispose e
subito la sua espressione si fece preoccupata. Appena chiusa la
telefonata spiegò che Sael, Razel e gli altri li aspettavano
al Bad & Breakfast, e che era il caso di sbrigarsi a raggiungerli
perché non solo Sakmeel e Akenet avevano bisogno di cure, ma
nessuno, nemmeno Aurora, era riuscito a contattare Safet che sembrava
sparito nel nulla.
«Che significa
sparito nel nulla?» domandò Gabriel preoccupato per il
suo migliore amico.
«Non ne ho idea, so
solo che il suo cellulare è muto e che Aurora è molto
preoccupata. A quanto pare ieri sera Safet le ha detto che doveva
tornare urgentemente all'Inferno, ma che avrebbe cercato di rientrare
entro stanotte e invece da allora non lo ha più sentito!»
«Merda, non mi
piace affatto!» commentò Azaele.
«Neanche a me.
Michele ha ragione, muoviamoci!» Li esortò Gabriel,
prendendo tra le braccia Akenet, ancora svenuto, e innalzandosi in
volo seguito da tutti gli altri, compreso Kafresh che si era tenuto
in disparte fin dal momento in cui aveva incrociato Michele e al
primo accenno di attacco da parte dell'angelo si era limitato ad
alzare le mani e arrendersi senza fiatare.
#
Renzo Galletti era stato
accompagnato da misteriose visioni fin dai primi mesi di vita, quando
se ne stava a fissare il nulla e poi rideva oppure piangeva a seconda
di ciò che gli appariva davanti.
I suoi genitori però
avevano cominciato a preoccuparsi seriamente per quello strano
comportamento solo quando intorno ai cinque anni, aveva iniziato a
raccontare gli eventi di una vita passata in cui un altro papà,
molto cattivo, aveva venduto sua mamma e sua sorella a degli uomini
crudeli e lui aveva deciso di abbandonarlo al suo destino per
cercare fortuna in giro per l'Italia.
La loro preoccupazione
era aumentata quando, mentre passeggiavano per Roma, aveva iniziato a
fare strane domande tipo se avevano notato quei buffi mostri che
sporgevano dalle chiese, prendere vita e chiacchierare tra loro.
Alla fine era stato
mandato da uno psichiatra e aveva capito, a sue spese, che era meglio
tenere per sé sia le visioni che i ricordi di quella vita
passata estremante avventurosa. Dedicarsi allo sport lo aveva aiutato
a focalizzarsi su obiettivi concreti e a relegare in un angolo della
mente le sue “stranezze” riuscendo a convincere i suoi
genitori di essere guarito.
Non aveva più
parlato con nessuno delle sue esperienze fino a quando aveva
conosciuto sua moglie, l'unica persona alla quale si era fidato di
raccontare che in realtà le visioni non lo avevano mai
abbandonato del tutto. Quando lei era stata sconfitta dalla malattia
però, il dolore era stato così grande che ogni altra
cosa era passata in secondo piano fino a quando aveva compreso che
malgrado lei gli mancasse come l'aria, doveva cercare di ricostruire
la sua esistenza, un pezzo alla volta. E così, esattamente
come quando si era dedicato alla pallanuoto, aveva nuovamente messo
da parte quel lato di se così difficile da gestire.
E c'era riuscito
abbastanza bene, almeno finché non aveva iniziato a fare
amicizia con Alba. Da quel momento infatti, i ricordi della vita
passata erano tornati a fargli visita con la frequenza di un tempo e
con essi le visioni.
Come per esempio quella
in cui poco lontano dal Bad & Breakfast, delle enormi palle di
fuoco si innalzavano da dietro la collina per poi scoppiare
accompagnate da enormi boati.
Renzo diede un'occhiata a
sua sorella, che era impegnata a pulire il pavimento della sala da
pranzo e non sembrava essersi accorta di nulla.
«Senti, Chiara.
Perché non vai adesso a Roma, a fare la spesa? Ci penso io ai
Clienti» le propose, convinto che fosse meglio mandarla il più
lontano possibile.
Lei
approvò subito. «Va, bene. Mi sembra un'ottima idea. Io
sono più brava a fare la spesa e tu a gestire gli ospiti!»
Stava accendendo la macchina quando vide Yetunde e le altre ospiti
correre a perdifiato lungo uno dei sentieri che portavano al Bed &
Breakfast. «Certo che a volte i clienti sono strani, va bene
fare un po' di movimento, ma mettersi a correre in quel modo subito
dopo colazione non mi sembra tanto salutare» gridò a
Renzo ridendo.
Lui
sorrise e la salutò con finta noncuranza. Aspettò che
gli amici di Azaele raggiungessero il portico e si fermassero a
respirare, quindi uscì e incrociando le braccia domandò
con tono deciso. «Ok, adesso spiegatemi che cazzo sta
succedendo dietro quella collina, e non voglio vedere facce
fintamente sorprese né sentire risposte tipo: Perché
cosa sta succedendo?
Chiaro?»
Yetunde scambiò
una sguardo con Elena e disse ansimando come un mantice «A te
l'onore».
Elena sbuffò
imbarazzata. «Bè... ecco... Ma tu esattamente cosa
vedi?» domandò senza accorgersi che una panda 4X4 era
entrata nel parcheggio del Bed & Breakfast.
«Delle enormi palle
di fuoco che esplodono dietro la collina e una signora di circa
sessant'anni che è appena scesa da una Panda, accompagnata da
tre demoni di cui due dai capelli rossi e uno completamente nero!»
rispose lui.
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Capitolo 18 *** I figli degli Arcangeli ***
Capitolo 18
I figli degli Arcangeli
Alissa, bianca come un lenzuolo, osservava le ali e le
aureole spezzate di Razel e Sael, che vista la situazione avevano
reputato inutile nascondere la loro natura demoniaca.
Razel raggiunse Elena e dopo averla baciata sulla
guancia domandò «Siamo arrivati prima possibile, mi
spiace. So' dietro quella collina vero? Quanti so'?»
Improvvisamente si sentì un rombo e alle spalle
di Razel passò una fiammata rossa.
«Che caspita era quella?» Domandò
Renzo.
«Quella, cosa?» Chiesero Razel e Sael
voltandosi.
«Quella specie di cometa!» rispose Renzo.
«'Na cometa come n'Arcidiavolo incazzato che fa
fuoco e fiamme o come n'Arcangelo de luce? Spiegate meglio, umano!»
«Direi più come un Arcidiavolo incazzato
che fa fuoco e fiamme, per quanto non abbia idea di come sia un
Arcangelo di luce!»
Sael impallidì. «Doveva essere Akenet,
dobbiamo andare Razel, la situazione sta diventando sempre più
pericolosa e non possiamo contare né su mio padre, né
su Gabriel!»
Le sue parole furono seguite da un'enorme fiammata che
si innalzò dietro la collina.
«Mecojoni!» Esclamò Razel
preparandosi a volare in aiuto di Alba e Azaele.
«Potremmo sapere chi siete?» domandò
Yetunde.
«Amici di Alba e Aza, state tranquilli!»
cercò di rassicurarlo Sael aprendo le ali anche lui.
«Ma è vero! Tu sei l'amico di Aza che
abbiamo conosciuto a Roma anni fa, quello che lo aveva aiutato a
rubare il pallone autografato da Gattuso!» Lo riconobbe
Catherine entusiasta.
Sael sudò freddo e si allargò il colletto
della camicia con l'indice della mano destra. «Non era andata
esattamente così!» cercò di giustificarsi.
Razel gli poggiò una manona sulla spalla. «Sono
sicuro che dopo avrai modo de spiegarmi come è andata
“esattamente”» disse con un sorriso minaccioso e
una voce melliflua, «adesso però sbrighiamose a
raggiungere Alba e il riccioletto, sperando di non trovare solo la
loro cenere. Per quanto nun creda che Akenet arrivi ad ammazzare
un'umana che aspetta un bambino, quella fiammata infernale nun m'è
piaciuta per niente»
Sael impallidì al pensiero di quello che
avrebbero potuto trovare al di là della collina.
«Scusa, per caso quando parlavi di un Arcangelo di
luce ti riferivi a quello?» Intervenne ancora Renzo indicando
una sorta di cometa luminosissima che si stava avvicinando
velocemente e dalla quale uscì un potentissimo fascio di luce
bianca a cui seguì un silenzio irreale.
«Direi proprio di sì» annuì
Razel lasciando andare la spalla di Sael che sospirò di
sollievo. «Non poteva essere che Gabriel. Me sa che la
battaglia è finita»
«Sael, prova a chiamare Michele. Se ti risponde,
chiedigli se per caso tuo padre è già lì con
loro» chiese Aurora. Un leggero tremito nella sua voce faceva
intuire la preoccupazione dell'anziana professoressa.
Alissa si rivolse a Yetunde «Suo, padre?»
Yetunde allargò le braccia in un gesto perplesso
mentre Sael componeva il numero di Michele sul cellulare.
Il demone attese con ansia alcuni squilli e poi rispose
sollevato. «Michele, grazie al cielo, state tutti bene? Come
ferito, ma è grave? Ah, ok, meno male. Noi siamo appena
arrivati all'agriturismo; per caso papà è lì con
voi? Merda, è sparito da ieri sera. Ha detto ad Aurora che era
stato richiamato giù con urgenza, ma che sarebbe rientrato
entro la notte e invece non si è più sentito. Aurora è
preoccupata e anche io. Ok, vi aspettiamo».
Sael chiuse la telefonata e scambiò uno sguardo
preoccupato con Aurora. La professoressa stava cercando di mantenere
il controllo, ma i suoi occhi erano lucidi e il viso era teso e
pallido.
Elena la abbracciò e Razel cercò di
consolarla. «Qualunque cosa sia successa, ammesso che sia
successo qualcosa, ricordati che Safet un tempo era un Arcangelo e
pure molto forte. Sa badare a sé stesso e non è così
facile metterlo al tappeto. In ogni modo appena Gabriel e gli altri
arrivano, ci organizziamo pe' anna' a cercarlo e riportarlo qua.
Tranquilla, al posto tuo me preoccuperei di più per chi ha
organizzato la trappola. Nun so se me spiego!» Concluse
intrecciando gli artigli e facendoli schioccare tra loro con uno
sguardo rosso e omicida.
«Forse Akenet e Adel sanno qualcosa, possiamo
chiedere a loro!» disse Sael speranzoso.
«Akenet sta venendo qui con loro?» domandò
Razel.
«Bé, a dire il vero credo lo stia portando
Gabriel. Lo ha abbattuto con quel raggio di luce che abbiamo visto
poco fa, pare che sia svenuto».
«Francamente, nun me sembra una grande idea
portarlo qui. Ha un piccolo problema di gestione della rabbia quel
ragazzo e nun credo proprio che dopo essere stato abbattuto, se
sveglierà con l'umore de Cenerentola de Disney!»
#
Qualche minuto dopo erano tutti riuniti nella camera
dove Gabriel aveva portato Akenet, ancora privo di sensi.
L'arcidiavolo era adagiato su un letto matrimoniale e Catherine era
impegnata a curargli la spalla ferita.
Poggiato ad una scrivania, Yetunde osservava ammirato
Gabriel che aveva ancora gli occhi dorati e indossava l'armatura di
titanio. Alla fine non resistendo più domandò. «Quindi
lei è davvero l'Arcangelo Gabriel, cioè proprio
quello?»
«Esatto» rispose l'arcangelo distrattamente,
mentre in piedi e a pochi passi dal letto era intento a scrutare le
reazioni di Akenet. Era preoccupato che si potesse svegliare
all'improvviso e interpretare male la situazione. O per lo meno…
Peggio di quel che era, considerando che era stato sconfitto e preso
prigioniero.
«Ed è anche il padre di Azaele?»
«Mh, mh!»
«Scusi ma suo padre invece chi è?»
domandò Alissa a sua volta.
Gabriel si voltò leggermente e le regalò
uno sguardo dorato che esprimeva chiaramente quanto trovasse idiota
la domanda. Alissa arrossì d'imbarazzo. «Mi scusi, ma
non è che siamo abituati a incontrare Arcangeli ogni fine
settimana!»
Gabriel ridacchiò divertito; la risata gli morì
in gola quando Akenet aprì gli occhi e con uno scatto felino
afferrò il collo di Catherine.
«La stava aiutando signore!» Intervenne
Adel, poggiandogli una mano sulla spalla sana, prima che qualcuno
potesse farsi male. Seduta sul letto a gambe incrociate, anche lei si
era preparata a fermare una probabile reazione violenta da parte
dell’Arcidiavolo.
Akenet emise un gemito di dolore, lasciò il collo
di Catherine e le disse qualcosa in una lingua a lei sconosciuta.
«Mi scusi, Signor Arcidiavolo, ma non la capisco!»
Aenet si rivolse di nuovo a Catherine, questa volta in
italiano. «Ti ho detto grazie, umana!»
Lei ne rimase sorpresa.
Akenet se ne accorse e mugugnò. «E allora?
Sono un Arcidiavolo, mica un buzzurro!»
«Non ho detto nulla!» replicò lei
sorridendo conciliante. «Ora però è meglio che si
riposi, ha perso molto sangue!»
L'Arcidiavolo si guardò intorno e con rammarico
constatò che sia lui che Adel erano stati presi prigionieri.
«State bene?» domandò ad Adel
ricordandosi che con loro c'era anche Kafresh.
«Si, Signore!» rispose lei indicando il
demone idraulico. Akenet gli lanciò un'occhiata e il demone,
seduto un po' in disparte, gli fece un cenno di saluto con la mano.
L'Arcidiavolo annuì e poggiò la testa sui
cuscini.
«Signore, lei per caso sa dove si trova Safet, il
supervisore di Azaele?« domandò Sael preoccupato.
Akenet sbuffò. «Lo so chi è Safet e
comunque perché cazzo dovrei sapere dov'è tuo padre?»
Sael spalancò gli occhi per la sorpresa, non aveva idea che
Akenet sapesse del suo legame di parentela con Safet.
«Non riusciamo a contattarlo da ieri sera. Kenni,
sei sicuro di non aver niente a che fare con la sua sparizione?»
domandò Gabriel.
Akenet lo guardò con gli occhi velati dal dolore
e rispose debolmente. «Non rompere, zio Gabriel, lasciami
riposare!» Dopodiché svenne di nuovo.
Adel rispose per lui. «Mi dispiace, ma ha detto la
verità, qualunque cosa sia successo a Lord Safet, lui non
c'entra. Credo che sia tutto frutto del piano di Krastet e Zoel!»
Gabriel sospirò preoccupato poi si accorse che
gli sguardi di tutti erano rivolti verso di lui.
«Bé, che c'è?» domandò
imbarazzato.
«Kenni, zio Gabriel?» Chiese Azaele
perplesso.
L'Arcangelo sbatté le ali imbarazzato prendendo
in pieno un tavolino del 1600 su cui era poggiato un grazioso vaso di
terracotta realizzato a mano da una nota artista del luogo. Il vaso
decise di approfittarne per alzarsi in volo e visitare il lato
opposto della stanza. Il suo afflato di libertà però si
frantumò contro il muro. I bellissimi fiori che conteneva, i
cocci di terracotta e l'acqua, si sparsero per tutto il pavimento.
Renzo osservò costernato il disastro «Mia
sorella mi ammazzerà»
«Chiedo scusa, metto subito tutto a posto»
rispose l'Arcangelo alzando come al solito indice e medio della mano
destra e rimettendo tutto in ordine.
«Papà, mi spieghi cosa intendeva Akenet con
“zio Gabriel” e poi cos'era quel Kenni?» insistette
Azaele.
«Ecco…» borbottò suo padre.
«Intendeva che i sette guerrieri so' nati tutti
insieme da una mano del padre e quindi si considerano fratelli»
rispose per lui Razel.
«Stai dicendo che praticamente siamo cugini e che
oltretutto Akenet ha sempre saputo di essere un nato pure lui?»
disse Azaele.
«Esattamente…» rispose Gabriel a
disagio.
«E come fa a sapere di essere figlio di uno dei
sette Guerrieri? Insomma perché a lui lo avete detto e a me,
no?» lo incalzò nervosamente Azaele.
«Non è andata così, ranocchietto»
sospirò suo padre.
«Be, e allora perché non ci racconti com'è
andata?» Rispose Azaele piuttosto irritato.
Tutti si accomodarono per sentire la storia, tranne
Razel, che già sapeva tutto e incrociò le braccia
sospirando anche lui. «Famo 'na cosa veloce, so' preoccupato
per Safet».
Gabriel gli fece un cenno di assenso e si sedette sul
letto accanto a suo nipote. «Akenet è il più
grande di tutti voi, Aza; vi ha visti nascere, ma non ha mai saputo a
chi siete stati affidati. Ed è anche l'unico ad aver vissuto
abbastanza a lungo con i suoi genitori da non aver dimenticato chi
fossero».
«Ha sempre saputo chi sono i suoi genitori?»
esclamò Sael esterrefatto.
Gabriel annuì rattristato.
«Papà, ma è una cosa terribile!»
esclamò Azaele sconvolto.
«Credi che non lo sappia?» Rispose affranto
Gabriel «Io e tua madre abbiamo cercato in tutti i modi di
convincere i suoi genitori a non abbandonarlo, ma loro non vollero
sentire ragioni. Dissero che non sarebbe stato corretto verso i nuovi
nati e che secondo loro Akenet non ne avrebbe sofferto perché
la tutrice che avevano scelto era molto in gamba e dolce. Ovviamente
non fu così; Akenet non li ha mai perdonati per averlo
abbandonato in quel modo. Io, Galadriel e Safet abbiamo cercato di
stargli vicino e anche la sua tutrice ha cercato in tutti i modi di
aiutarlo ma non è servito a nulla, è cresciuto pieno
di rabbia e di rancore. Per questo si è schierato con i
ribelli».
«Se poi aggiungiamo il problema della "sorellina"…
» intervenne Razel.
«Aveva anche una sorellina?» Domandò
sorpresa Adel.
«No, era solo la più piccola dei nati.
Akenet essendo il più grande, faceva da baby sitter un po' a
tutti loro, quando noi eravamo troppo impegnati con il lavoro. Alla
più piccola si era legato in modo particolare e la considerava
una sorellina, per quanto non avessero un vero legame di parentela. Quando fu votato di affidarvi a dei tutori, chiese di poter fare da tutore alla "sorellina", ma siccome le identità di tutti i nati dovevano rimanere segrete, gli fu negato anche queso. Lui prese quel rifiuto molto, molto male.».
«Scusate, non capisco, se tutti i nati sono stati
affidati a dei tutori, non era ovvio che fossero vostri figli? Voglio
dire, se solo loro sono stati “bambini” e poi sono stati
affidati ad un tutore, come poteva essere possibile nascondere le
loro identità?» domandò Catherine perplessa.
«Chi ha detto, che solo i nati fossero affidati a
dei tutori?» Rispose un po' irritato Razel. «Ragazza, in
Paradiso non c'erano genitori prima che fosse data la possibilità
di avere figli a noi Arcangeli! Ogni volta che il Padre creava dei
putti, li affidava a degli angeli più maturi».
Catherine stava per fare un'altra domanda, ma Gabriel la
precedette. «Noi sette fratelli della mano destra e subito dopo
gli altri dieci Arcangeli, tra cui Safael, siamo stati creati già adulti, per quanto giovani. Quindi i primi ad assumere il ruolo di tutori per i putti creati dal padre, siamo stati noi. Poi quando ci sono stati abbastanza angeli minori "maturi", il compito di fare i tutori dei nuovi putti è passato a loro. Successivamente il Padre ha pensato di dare a noi Arcangeli la possibilità di avere dei figli nostri!»
«E se devo dì, l'avete sprecata…»
Intervenne Razel, «per cui nun è che Akenet abbia avuto
tanto torto a incazzarsi, se poi ci aggiungiamo che nun gli è
stato concesso nemmeno di occuparsi della “sorellina” e che alla fine chi l’ha fatto precipitare giù è stata… »
«Ora basta, Razel!» Lo fermò Gabriel,
con gli occhi lucidi. «Abbiamo già detto anche troppo.
Non abbiamo il diritto di raccontare il passato doloroso di Akenet
senza il suo permesso» lo interruppe Gabriel.
«Lei gli vuole bene! Ecco perché prima non
l'ha ammazzato malgrado avrebbe potuto farlo facilmente!»
esclamò stupito Kafresh.
«È mio nipote, certo che gli voglio bene!»
rispose Gabriel dando una pacchetta affettuosa su una gamba di
Akenet. Poi scrutò Kafresh rendendosi conto solo in quel
momento che non aveva idea di chi fosse né di come fosse
arrivato tra loro, quel demone dai capelli castani con le meshes
bionde naturali e gli occhi azzurro chiaro. «E tu da dove salti
fuori?»
Kafresh alzò le mani «Sono arrivato con
Akenet e non ho intenzioni ostili».
«Lo spero per te, come ti chiami?»
«Kafresh, Signore, sono il demone idraulico del
nono Girone»
«Ma veramente all'inferno c'è bisogno
dell'idraulico?» Domandò Alissa incredula.
«Il fiume Cocito, quando si riversa nel Nono
girone, deve ghiacciare per poter formare il
Lago Cocito che deve essere mantenuto
costantemente alla temperatura di 0 C°, quindi vedi tu se serve
un esperto in materia!» Rispose Kafresh con un certo orgoglio.
«Scusate, ma dove sono finiti Azaele, Yetunde e
Michele?» Domandò improvvisamente Alba. Alla domanda
seguì un momento di silenzio in cui tutti si guardarono
intorno. Effettivamente erano spariti tutti e tre.
«Temo di immaginarlo… e la cosa non mi
piace per nulla!» sospirò Gabriel preoccupato.
#
Azaele si sporse sulla voragine dentro la quale erano
saltati i demoni portando con loro Eymerich. Al suo fianco Yetunde
osservava perplesso il cratere.
«Non sono sicuro che sia una buona idea. E se la
voragine si chiude mentre siamo laggiù?»
«Ma no, tranquillo, se non si è chiusa
finora, non si chiude più»
«Ma come fai a esserne così sicuro?»
domandò il ragazzo poco convinto.
«Perché sono un diavolo infernale, mi
sembra ovvio!» Rispose Azaele.
«Scusa ma non potevi chiedere a Michele?»
«Assolutamente no, sarebbe troppo pericoloso per
lui. Agli angeli è proibito entrare all'Inferno».
«E invece agli umani è permesso?»
domandò, polemico, l’amico.
«Bé, Dante ci è entrato no?»
Rispose il demone.
«Dai muoviamoci!»
«Aza, non pensarci neppure per un istante, sei
impazzito?» Lo fermò Michele sbucando da dietro le
rocce.
«Michele, per favore, sono preoccupato per Safet!»
«Siamo tutti preoccupati per Safet, ma agire in
modo irrazionale non aiuterà a risolvere le cose. E ancora
meno coinvolgere un umano nei tuoi piani demenziali!»
«Ecco, diglielo anche tu che non ha senso che io
vada laggiù solo per essere sicuri che mi possa chiamare con
il suo cellulare! Posso benissimo rimanere vicino alla voragine!»
Azaele alzò gli occhi al cielo. «Ti ho già
spiegato che il cellulare prende pochissimo giù all’Inferno
e se rimani fuori ho paura di perdere il contatto; se ho bisogno di
rinforzi poi come faccio a chiamarvi?»
«E prima come facevi, scusa?»
«E che palle, Yet! Stai diventando peggio di
Catherine con queste domande! Prima non mi ero mai posto il problema
perché non avevo una fidanzata umana in attesa di un figlio e
il supervisore nella merda fino al collo, ok?»
Yetunde si sentì in colpa. «Scusa, hai
ragione, tu mi hai sempre aiutato senza pensarci nemmeo un istante!»
«Ecco, appunto!»
«Azaele, per favore, ti rendi conto di quanto sia
assurdo e pericoloso questo piano? Non puoi andare da solo
all’Inferno a cercare Safet!» intervenne Michele nella
speranza di far ragionare l’amico.
«Perché dovrebbe essere pericoloso, scusa,
ci vado tutti i giorni, non so se te lo ricordi ma io lavoro lì!»
«Santa pazienza, Aza! Ti rendi conto che da oggi è
tutto cambiato? Non è più sicuro per te andare laggiù,
da solo!»
«Oh, basta Michele, io vado. Yetunde tu fai come
ti pare!» Tagliò corto il demone lanciandosi nella
voragine.
Yetunde dopo un primo momento di esitazione si sporse e
chiamò Azaele «Ma dove vai, devo scendere anche io!»
Azaele tornò indietro e gli strinse una mano per
portarlo giù con sé. Michele lo afferrò e il
demone sbatté le ali per liberarsi dando uno strattone così
forte da far perdere l’equilibrio a entrambi e farli
precipitare dentro la voragine. Yetunde, che stringeva ancora la mano
di Azaele, fu trascinato con loro nella caduta. Tutti e tre
rotolarono disordinatamente lungo un pendio particolarmente scosceso.
La loro caduta terminò su una piccola una spianata al limite
di uno burrone di cui non si vedeva il fondo.
«Santo Cielo, ci siamo fermati appena in tempo!»
balbettò Yetunde osservando lo strapiombo sotto di lui.
Michele si alzò dolorante e aprì le ali
per tornare in superficie. Ma proprio in quell’istante la terra
tremò e sopra di loro la voragine si chiuse con un rombo
assordante, lasciandoli completamente immersi nel buio.
«Ops!» commento Azaele.
«Adesso si che ci hai messo nella merda, Aza!»
Si lamentò Michele sconsolato.
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Capitolo 19 *** In cerca di Safet ***
Capitolo 19
In cerca di Safet
Un dolore lancinante al
fianco svegliò Safet. Aprì gli occhi, ma per qualche
istante non riuscì a vedere altro che un liquido rosso scuro che
gli offuscava la vista, ci mise qualche secondo prima di capire che
quel liquido non era altro che il suo sangue. Scosse la testa per
liberare gli occhi e comprese la causa del dolore: un'aquila
demoniaca lo stava beccando nel tentativo di raggiungere il fegato e
divorarlo. Provò ad allontanarla con una mano, ma una catena
gli bloccò il movimento. Il che gli ricordò com'era
finito lassù: Zamesh, l'arcidiavolo più sadico tra
tutti, si era alleato con Krastet e Zoel e ne aveva approfittato per
sfogare tutta la sua crudeltà di psicopatico bastardo
divertendosi a testare su di lui alcune nuove fantasiose torture
destinate ai suoi dannati.
Alla fine gli stessi
Krastet e Zoel erano intervenuti per interrompere lo scempio a cui
Zamesh lo stava sottoponendo. La scusa dei due arcidiavoli era stata
che non bisognava rischiare di ucciderlo perché serviva come
ostaggio, ma era evidente da come erano pallidi e imbarazzati che
pure loro si vergognavano per le torture inutili che gli erano state
inferte, visto che lo scopo della sua cattura era solo di impedirgli
di intervenire per evitare il rapimento dell'Alfiere del male.
Per non deludere troppo
Zamesh e rischiare di incorrere nella sua furia, avevano comunque
proposto di sottoporlo al supplizio di Tantalo e le ultime cose che
ricordava con chiarezza erano che gli Arcidiavoli avevano miracolato
le catene per impedire ai suoi alleati di liberarlo e Zamesh gli
aveva affondato gli artigli nello stomaco ridendo divertito, poi
tutto si era fatto confuso e aveva perso i sensi.
Al suo risveglio si era
ritrovato incatenato a una roccia con quello stupido volatile
attaccato al fianco. Suo malgrado gli sfuggì una risatina,
quei tre imbecilli non erano capaci nemmeno di distinguere Tantalo da
Prometeo.
Per un momento fu anche
attraversato da un dubbio puramente tecnico sull'utilità di
quell'ennesima tortura, non era sicuro infatti che gli angeli, o gli
ex angeli, possedessero un fegato. La sua curiosità di
studioso ebbe però fine non appena l'aquila lo beccò di
nuovo. Stanco di sopportare quel dolore, le soffiò una
fiammata dal naso e dalla bocca inducendola a lasciare immediatamente
la presa e fuggire ad ali spiegate verso il lato opposto del burrone,
spargendo nell'aria un odore di penne bruciate e pollo arrosto che
suscitò un certo appetito in Safet che aveva dovuto rinunciare
alla cena preparata da Aurora e ormai era a digiuno da diverse ore.
Se la situazione non era
eccessivamente tragica, considerando che l'Aquila infernale almeno
per il momento aveva rinunciato a divorare il suo fegato (ammesso di
averlo), non era nemmeno rosea.
Il demone si dimenò
nervosamente nel tentativo di spezzare le catene che lo
imprigionavano, ottenendo solo di ricevere una terribile scarica
elettrica che consumò le ultime energie che gli erano rimaste.
L'Aquila alzò la
testa verso la sua direzione ma uno sguardo del supervisore la
convinse a lasciar perdere e tornare ad accovacciarsi con aria offesa
sullo spuntone di roccia che si ergeva dalla parte opposta del
burrone infernale, dove si era appollaiata in attesa che Safet
perdesse nuovamente i sensi.
Una voce femminile
richiamò l'attenzione di Safet. «Prof, ma che diavolo ci
fa incatenato a questa roccia?»
Alzò lo sguardo e
riconobbe Atriel, una sua ex studentessa molto bella, molto
intelligente e se non ricordava male anche "molto" amica di
Akenet, il che non era sicuro potesse volgere la situazione a suo
favore. La demone, che si teneva in volo davanti a lui sbattendo le
ali con una grazia e una sensualità del tutto naturali, lo
stava osservando preoccupata.
«Ciao, Atriel. Come
stai?» La salutò, come se non ci fosse niente di
particolarmente inusuale nell'essere ricoperto di sangue e incatenato
a una parete rocciosa mentre un'aquila aspettava il momento migliore
per strappargli il fegato.
«Io bene. E lei che
mi sembra leggermente in difficoltà, ha bisogno di aiuto?»
Chiese Atriel allungando una mano verso le catene.
«Non toccarle!
Rischi di farti molto male» la fermò Safet.
«Vuole che vada a
chiamare un demone fabbro?» domandò lei ritirando la
mano.
«Sarebbe inutile,
le catene sono bloccate da un miracolo».
«Di chi?»
Vedendo che Safet era
titubante, Atriel capì. «L'hanno incatenato quei due
idioti di Krastet e Zoel per la storia del figlio di Azaele, non è
così?»
Safet sospirò,
tanto valeva essere sincero. «Già!»
«Vado a chiamare
Akenet, ci metterà un istante a sciogliere l'incantesimo».
«Atriel, non vedo
motivo per cui Akenet dovrebbe darmi una mano, anche lui è
interessato al figlio di Azaele e gradirei evitare di essere
carbonizzato, visto che sono già stato torturato abbastanza da
Zamesh!»
«Che ha a che fare
Zamesh con quei due? Non mi risulta siano mai stati amici!»
Domandò stupita Atriel.
«Pare che si siano
alleati in vista di una possibile guerra per l'Alfiere del male»
Atriel rifletté su
quello che gli aveva appena detto Safet.
«Credo che questo
sia un altro buon motivo per informare Akenet, lui non è tipo
da collaborare con gente come Zamesh!»
«Ti ricordo che
carbonizza i suoi sottoposti per noia...»
Atriel sbattè le
ali un po' a disagio. «È vero, però li cura
subito e poi da quando è innamorato della sua collaboratrice
carina e rotondetta non lo fa più!»
«È
innamorato di Adel?» Domandò sinceramente stupito Safet.
«Si, solo che
quello stupido Arcidiavolo non lo sa ancora!» Rise la demone,
che subito aggiunse «La prego, non gli dica che gliel'ho
detto!»
«Non preoccuparti»
la rassicurò lui. «Senti, se davvero vuoi aiutarmi,
perché non informi Razel, lui non è un Arcidiavolo ma
credo sia abbastanza forte da riuscire ad aprire le catene prima che
l'incantesimo possa fargli seriamente del male».
Atriel era indecisa, non
voleva tenere Akenet all'oscuro di quello che stava succedendo, ma
non voleva neppure lasciare il suo antico insegnante nei guai. Alla
fine decise che avrebbe informato prima Razel e poi Akenet.
«Non posso
nascondere quello che sta succedendo ad Akenet, Prof, però
posso avvertire prima Razel in modo da darvi un po' di vantaggio.
Cosa ne dice?»
«Dico che è
meglio di niente; grazie Atriel, se esco vivo da questo casino, non
mi dimenticherò che mi hai aiutato!»
La demone, che da
studentessa aveva avuto una cotta non indifferente per il suo
professore, sospirò. «Sono io che non dimentico che lei
ha rinunciato al Paradiso per noi studenti. E non cerchi di negarlo,
i miei ex compagni possono anche essere così tonti da non
averlo capito, ma io lo so benissimo. Lei non è come gli altri
e non dovrebbe stare quaggiù!»
Safet la guardò
con orgoglio, era sempre una grande soddisfazione, incontrare un ex
alunno che si dimostrava al di sopra degli errori commessi.
«Anche tu non
dovresti essere quaggiù!»
Lei guardò un
attimo verso l'alto e commentò tristemente «Si, sbaglia.
Io me lo sono meritato, come la maggior parte di tutti quelli che
sono finiti in questo luogo di dolore!»
Si avvicinò per
abbracciarlo, ma poi si ricordò che non poteva toccare le
catene.
«Tornerò,
presto. Tenga duro!» lo salutò volando via prima che
potesse accorgersi dei suoi occhi lucidi.
«A presto Atriel!»
Rispose lui altrettanto commosso.
#
Michele si guardò
intorno nervosamente, i suoi occhi di Angelo non si erano ancora
abituati all'oscurità infernale.
«Dobbiamo trovare
un modo di uscire da qua velocemente, mi è proibito entrare
all'Inferno e lo stesso vale per Yetunde!»
«Tra l'altro non
sono neanche vicino ad essere nel
mezzo del cammin di nostra vita!»
commentò Yetunde.
Azaele si guardò
intorno perplesso. «Francamente non riesco a capire dove siamo,
c'è un buio esagerato perfino per i miei occhi di demone.
Miky, perché non accendi l'aureola almeno per un istante?»
«Sei impazzito,
Aza, vuoi che mi vedano da qui all'eternità?»
«Ok, forse
effettivamente non è una buona idea».
Azaele non era mai stato
molto bravo a muoversi in mezzo ai gironi infernali, collegati da
canyon, sentieri e cunicoli che gli parevano tutti uguali, ma Michele
e Yetunde erano realmente in pericolo, per cui doveva assolutamente
cercare di capire dove si trovavano e accompagnarli all'uscita più
vicina. Strinse gli occhi e si concentrò fino a che non
cominciò a distinguere qualcosa in mezzo a quel buio pesto.
«Oook, direi che
quello sia il Flegetonte, quindi se seguiamo la corrente dovremmo
arrivare all'entrata del settimo Girone e se non ricordo male,
proprio lì c'è un uscita verso l'esterno!»
«Nel settimo girone
non ci sono i Centauri? Quelli non è che abbiano un carattere
allegro e volto alla socializzazione! Che poi l'Inferno non era
diviso in Cerchi a loro volta suddivisi in gironi?» domandò
Yetunde che aveva studiato la Divina commedia sia a scuola che per il
corso di restauratore.
«Diciamo che non è
che sia proprio tutto così preciso come lo descrive Dante,
cioè magari inizialmente anche, ma poi con il tempo è
diventato un po' un casino e insomma, ormai quaggiù parliamo
solo di Gironi…»
«Sentite, è
tutto interessantissimo, ma direi di muoverci, ho già un
leggero mal di testa!» Tagliò corto Michele.
«Hai ragione,
scusa. Seguitemi e state attenti alle buche, sono millenni che
nessuno provvede a fare un minimo di manutenzione ai sentieri!»
I tre amici si misero in
cammino lungo il ciglio del burrone. Yetunde e Michele erano
concentrati nel cercare di non perdere di vista Azaele, per quel poco
che riuscivano a vedere.
Stavano camminando da
circa un quarto d'ora quando il demone si fermò e esclamò
«Sono proprio un idiota!» Si frugò nelle tasche e
tirò fuori un accendino; lo accese giusto il tempo di
guardarsi intorno e incrociare gli sguardi di Yetunde e Michele
accecati dalla luce improvvisa. «Onestamente vi ricordavo più
belli!» Scherzò spegnendo l'accendino. «Ma
soprattutto più bassi!» Aggiunse perplesso.
«Aza con chi cavolo
stai parlando, noi siamo dietro di te!» rispose teso Michele.
Azaele riaccese
l'accendino, questa volta abbastanza a lungo da rendersi conto che
due Centauri lo stavano fissando piuttosto incazzati.
«Sa… Salve
ragazzi, tutto bene? Stavo scortando un utente verso l'Acheronte e,
sapete com'è mi sono confuso tra i sentieri…»
«Perché c'è
un celestiale con te?» domandò quello dei due centauri
che sembrava il più anziano, con una voce che pareva un misto
tra il nitrito di un cavallo e il ragliare di un asino.
«Ma quale
celestiale, quello è Sael camuffato per una missione
speciale…»
«Non dire cazzate,
Sael ha gli occhi verdi!» lo interruppe il centauro,
cominciando a pestare nervosamente uno zoccolo. «E l'umano
perché è vivo? È vietato far entrare umani vivi
all'Inferno!»
«Ma per caso vi
siete pippati cenere di lava, ragazzi? Secondo voi mi porto un
celestiale e un umano vivo in giro per l'inferno? Dai, non diciamo
fesserie!» cercò di bluffare Azaele.
«Secondo me è
esattamente quello che hai fatto!» Nitrì il centauro più
giovane, accendendo una fiaccola che illuminò perfettamente le
ali candide e piumate di Michele e il volto terrorizzato di Yetunde.
«Ohmmerda! Bé
ragazzi è stato un piacere, alla prossima!» Esclamò
Azaele afferrando Yetunde e gettandosi nel burrone seguito da
Michele.
I centauri cominciarono a
inseguirli lungo il ciglio dello strapiombo nitrendo infuriati e
lanciando frecce infuocate. Ben presto furono raggiunti da altri
centauri. L'unico aspetto positivo fu che le decine di frecce
lanciate contro i tre fuggitivi illuminarono a giorno il canyon
facilitando la loro fuga.
Pochi minuti dopo i tre
malcapitati atterrarono su una spianata, finalmente fuori pericolo e
in una zona decisamente più illuminata.
«Porca miseria,
adesso so cosa provava ogni volta John Wayne!» esclamò
Yetunde tirando un sospiro di sollievo.
«Già!»
ridacchiò Azaele.
«Non possiamo
fermarci, siamo ben lontani dall'aver trovato Safet o una uscita e io
non mi sento troppo bene» intervenne serio Michele.
Azaele lo guardò
rendendosi conto che l'amico era pallido. «Hai ragione,
dobbiamo muoverci subito».
«Dove siamo?»
domandò Yetunde.
«A occhio e croce a
tre quarti del settimo Girone, ma dalla parte opposta rispetto
all'uscita che volevo raggiungere. Però, se non ricordo male,
tra l'ottavo e il nono Girone c'è un posto che si chiama
Daemon Bar…»
«Stai scherzando?»
domandò Yetunde incredulo.
«No, perché?»
«Evitiamo di
distrarci, per favore!» li esortò Michele.
«Ok, sentite…
vicino al Daemon bar ci dovrebbe essere anche un'altra uscita,
andiamo a cercarla, voi tornate indietro da lì e io vado a
cercare informazioni su Safet!»
«È troppo
pericoloso, Aza. Devi uscire con noi!» rispose Michele
nervosamente.
«Ne parliamo quando
siamo lì!» disse Azaele. Non voleva irritare
ulteriormente l'amico il cui volto era sempre più pallido.
«Aza, secondo il
tuo piano però non allunghiamo la strada? Voglio dire, per
arrivare a questo Daemon Bar dobbiamo attraversare tutto l'ottavo
Girone. Non è meglio tornare indietro e uscire dalla porta che
dicevi prima?» Propose Yetunde.
«L'ottavo Girone è
meno pericoloso del settimo ed più piccolo e più stretto, quindi se lo attraversiamo in
volo dovremo metterci meno tempo che a tornare indietro» spiegò
Azaele.
«Bene, allora direi
di andare» propose Michele spiegando le ali.
«No, fermo! Lungo
il canyon ci aspettano di sicuro i centauri, passiamo dalla grotta e
usciamo dall'altra parte, dove non dovremo incontrarne altri!»
«Sei sicuro che non
ci siano simpatiche sorprese in quella grotta?» domandò
Yetunde.
«No, no,
tranquillo; però state ben attenti a non perdermi di vista,
dopo una ventina di metri inizia un labirinto. Niente di
terribilmente complicato, tra l'altro ci sono già stato e ho
lasciato delle indicazioni per arrivare all'uscita, ma comunque se vi
perdete rischiamo di impiegare troppo tempo e tu, Michele, prima esci
di qui è meglio è!»
«Si, sono
d'accordo» disse l'angelo che si sentiva sempre più
affaticato.
#
Atriel stava cominciando
a desiderare di avere il potere di Akenet di carbonizzare le persone
con uno schiocco delle dita. Quella odiosissima segretaria con la
puzza sotto il naso non solo si rifiutava di collaborare, ma la
guardava anche con un'espressione colma di disprezzo.
«Senti, Jesebel,
ho bisogno di sapere dov'è Akenet. Devo dargli un'informazione
estremamente importante e francamente se fossi in te, eviterei di
decidere al posto del tuo capo se vale la pena di farmi parlare con
lui!»
Atriel, va detto, non era
venuta meno al patto con Safet, al contrario, aveva girato tutti i
ritrovi infernali frequentati da Razel, senza trovarlo. Alla fine
aveva deciso di informare direttamente Akenet, sicura di convincerlo
a non fare del male al Supervisore che in quelle condizioni non
rappresentava certo un pericolo né un ostacolo ai suoi
eventuali propositi di rapire il piccolo Alfiere del male. Inoltre
contava sul fatto che l'Arcidiavolo aveva molta stima di Safet e
anche se non l'avrebbe mai ammesso, era affezionato all'ex Arcangelo
che gli era stato vicino fin da quando era stato “scaricato”
dai genitori, come le aveva raccontato in un momento di profondo
sconforto poco dopo essere stati affidati entrambi alla stessa
tutrice. Atriel quindi, conosceva le vere origini dell'Arcidiavolo
fin da quando era un putto ed era anche l'unica creatura angelica che
lo avesse mai visto piangere, proprio per questo era riuscita a
rimanere sua amica durante i millenni nonostante il suo pessimo
carattere.
Jesebel, memore dello
sguardo omicida che le aveva rivolto il suo Responsabile, quando
aveva provato a fermare Adel, pensò che tutto sommato non
glielo faceva fare nessuno di rischiare ancora, tanto più che
non sapeva davvero dove fosse andato Akenet.
«Onestamente non so
dove sia andato. Lui, quel barilotto con cui ho idea che se la
intenda e Kafresh, sono usciti come razzi, senza neanche salutare»
spiegò svogliatamente.
Atriel si infastidì
nel sentire Jesebel definire Adel "barilotto". Forse perché
tutto sommato era felice che Akenet avesse trovato (sempre che si
decidesse ad ammetterlo) una compagna così dolce e graziosa
che, tra l'altro, riusciva a tenergli testa come forse nemmeno lei
stessa era mai riuscita a fare malgrado la loro millenaria “amicizia
con benefici".
«Va bene»
rispose freddamente voltando le spalle a Jesebel e andandosene
riflettendo sul fatto che forse la sua ultima possibilità per
aiutare Safet era di andare in quel covo di pettegoli che era il
Daemon Bar e provare a chiedere se qualcuno sapeva dove fossero
finiti Razel e Akenet.
«Un'altra che se ne
va senza degnarsi di salutare! A quanto pare l'educazione non è
uno dei requisiti per entrare nelle grazie di Akenet!» Sbuffò
stizzita Jesebel .
#
Yetunde stava aspettando
pazientemente che Azaele trovasse il segno che aveva lasciato tempo
prima per indicare in quale dei due cunicoli infilarsi per
raggiungere l'uscita del labirinto, quando la sua attenzione fu
attirata da un rumore alle sue spalle. Si guardò indietro
preoccupato ma non notò nulla. Fece qualche passo indietro
senza allontanarsi troppo. Per quanto i cunicoli del labirinto fosse
illuminati da fiaccole dalle fiamme eterne (così almeno aveva
spiegato Azaele), non voleva certo rischiare di perdersi. Sentì
nuovamente il rumore, questa volta un po' più chiaramente.
Sembrava provenire da una piccola apertura a lato del cunicolo.
Yetunde, incuriosito si avvicinò e diede un'occhiata scoprendo
così che si trattava di una stanza arredata e illuminata da
alcune fiaccole. Si sporse leggermente dentro l'apertura e notò
un letto sul quale era sdraiato, a pancia in giù, un giovane particolarmente peloso che sembrava singhiozzare nel sonno. «Ehy, amico, tutto bene?» domandò
rendendosi immediatamente conto della terribile idiozia che aveva
appena fatto. Il giovane disteso sul letto si svegliò e dopo
essersi grattato la testa, si voltò stupito. O almeno Yetunde
immaginò che fosse stupito visto che la testa di toro rendeva
alquanto difficoltoso interpretarne l'espressione. Il Minotauro,
perché era esattamente di lui che si trattava, fece un verso
strano ma sicuramente minaccioso, si alzò dal letto e
scomparve dalla visuale di Yetunde.
«Oh... merda.
Questa non è stata per niente una buona idea!» pensò
pallido il ragazzo affrettandosi a tornare da Azaele e Michele.
«I... io credo di
aver appena fatto una grossa fesseria!» balbettò pallido
e sudato.
«Perché che
hai combinato?» domandò Azaele scrutando il muro
seccato. Era sicuro di aver lasciato una freccia proprio tra i due
cunicoli. «Non capisco» disse rivolto a Michele, «sono
certo di aver disegnato una freccia proprio qua»
«Forse qualcuno
l'ha cancellata» ipotizzò l'angelo.
«Bé, ma
perché?»
«Sul serio, credo
sia meglio andare» insistette Yetunde cercando di attirare di
nuovo l'attenzione di Azaele.
«Un attimo, sto
cercando di capire da dove dobbiamo passare!» rispose
innervosito il demone.
«Azaele! Ti avevo
detto di non farti rivedere prima di aver raccolto i soldi per pagare
il tuo debito!» esclamò una voce taurina alle loro
spalle.
«Mino... stavo
proprio cercando te...» mentì il demone voltandosi e
cercando di assumere un'espressione più sincera possibile.
«Oh, quindi devo
immaginare che sia tornato e abbia interrotto il mio letargo per
restituirmi i soldi che ho perso per colpa tua!» rispose il
Minotauro sbuffando e dondolando la testa nervosamente.
«No, cioè
si... li ho raccolti, ma ecco... il problema è che non mi
ricordavo bene la cifra e quindi sono tornato per chiederti quanto ti
devo esattamente, così poi vado a prenderli e...»
«Tuuuu, osi
prendermi ancora per i fondelli?» muggì Mino
contrariato.
«No, ma che
prenderti per i fondelli... guarda te lo giuro sulla testa di
Zamesh...»
«Piccolo pezzo di
merda, questa volta ti ammazzo!» esclamò il Minotauro
abbassando la testa e prendendo una breve rincorsa per caricare
meglio Azaele.
«Seguitemi!»
urlò Azaele gettandosi nel cunicolo a sinistra.
«Ma non avevi,
detto che non ci dovevamo aspettare sorprese in questa cavolo di
labirinto?» si lamentò Yetunde correndo a perdifiato.
«E infatti sarebbe
stato così, se non avessi avuto la geniale idea di svegliare
Mino dal suo letargo!» rispose Azaele contrariato.
«Io spero solo che
alla fine di questo budello ci sia un'uscita, non ce la faccio più
a stare sottoterra!» intervenne Michele affannato.
«Si. Sono
abbastanza sicuro, che sia l'ultimo cunicolo» rispose Azaele
senza voltarsi.
Michele però era
arrivato alla fine delle sue energie. Senza quasi rendersene conto
perse i sensi e crollò sul pavimento accidentato. Yetunde e
Azaele continuarono la loro corsa fino all'uscita del labirinto senza
accorgersi di nulla.
Una volta fuori Azaele
stava per prendere Yetunde sulle spalle e volare via, quando si rese
conto che l'angelo non era con loro. «Porca merda, dov'è
finito Michele?» esclamò sudando freddo.
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Capitolo 20 *** Nel mezzo del cammin... ***
Capitolo
20
Nel
mezzo del cammin...
Michele
si sentì schiaffeggiare e una piacevole sensazione di fresco
sulla fronte lo aiutò a riprendere conoscenza. Un po' gli
dispiacque perché era bello il sogno che stava facendo: lui e
Sael chiacchieravano sdraiati nudi sull'erba fresca del Paradiso
terrestre. Sael era sereno come non lo aveva mai visto e i suoi
capelli rosso scuro facevano un bel contrasto con le sue ali candide
e l'erba verdissima; aveva l'aureola accesa e Michele pensò
che non era mai stato così bello e così felice come lo
vedeva in quel momento.
Quando
aprì gli occhi però ciò che vide fu tutt'altro
che paradisiaco. Il viso scuro di un toro lo fissava con due occhi
neri e un'espressione corrucciata. Ma non era quello il peggio. Il
peggio era che si trovava ancora sotto terra.
«Immagino
tu sia il celestiale amico di quell'idiota!» disse Mino
tamponandogli la fronte con un panno bagnato. «Altrimenti non
si spiega come tu possa essere stato così idiota da seguirlo
quaggiù!»
«È
stato un incidente» mormorò debolmente Michele.
Mino
sbuffò. «Mi chiedo se sia possibile che quello stupido
demonietto si muova senza provocare regolarmente degli incidenti!»
Michele
avrebbe voluto ridere, ma riuscì solo a tossire.
«Devi
uscire prima possibile da qui, ce la fai ad alzarti?»
Michele
provò ad alzarsi in piedi, ma un fortissimo capogiro gli piegò
le ginocchia. Il Minotauro lo afferrò prima che si accasciasse
di nuovo per terra.
«Provo
a pulirti un altro po' le ali e i capelli. Questa polvere di lava
infernale ti toglie le forze».
«Grazie,
ma è anche stare sottoterra che mi fa male, ti prego, aiutami
ad uscire da qui, non riesco a respirare»
Il
Minotauro rifletté un attimo, sul da farsi. L'angelo era
pallidissimo ed era evidente che non avrebbe resistito ancora molto
nel labirinto, ma d'altra parte la polvere di lava infernale che gli
ricopriva i capelli biondi e le ali candide, rischiava di ucciderlo
ben prima del labirinto. Alla fine decise di fare una corsa verso le
sue stanze con Michele in braccio. Appena arrivato, si sbrigò
a spogliarlo, metterlo sotto una doccia per ripulirlo dalla polvere
di lava, sbattere per bene i suoi vestiti e cercare un mantello
protettivo con un cappuccio che avrebbe potuto sia proteggerlo
dalla polvere che nascondere l'aureola.
L'angelo,
rendendosi conto che il Minotauro stava realmente cercando di
aiutarlo, lo lasciò fare e alla fine, quando si fu rivestito,
dovette ammettere che si sentiva meglio. Mino si offrì di
miracolargli le ali per renderle nere e meno appariscenti. Michele
acconsentì, in effetti le sue ali candide all’Inferno
erano decisamente fuori luogo.
«Bene,
direi che sei pronto. Seguimi, ti riaccompagno verso l'uscita»
propose il Minotauro guardandolo soddisfatto.
Mentre
camminavano velocemente lungo il labirinto Michele domandò «Ma
che ha combinato Azaele per farti incazzare in quel modo? Voglio
dire, come ha fatto a farti perdere quei soldi?»
Mino scosse la testa. «Partecipavamo a un torneo di poker
a squadre contro i Giganti, i Malebranche e le Furie. Eravamo
arrivati all'ultima partita, giocavamo contro le Furie e stavamo
vincendo parecchio, quando lui ha avuto la bella idea di bluffare con
in mano una coppia di Re. Ti lascio immaginare com'è finita!»
«Avete
perso molto?»
«Ovvio!
Ma in realtà non me ne frega niente dei soldi!» Rise
Mino.
«E
allora perché ci hai aggredito in quel modo?»
Il
Minotauro lo guardò divertito. «Per due motivi: il primo
è che mi diverto a spaventarlo e il secondo che ho un debole
per il suo bel posteriore. Non so se hai presente!»
Michele
cominciò a ridere. «Seriamente lo rincorri per
ammirargli il fondoschiena?»
«Esattamente!
Che ci vuoi fare, ognuno ha le sue debolezze! Promettimi di non
dirglielo, però!»
«Te
lo, prometto, e non solo perché mi hai salvato la vita!»
rispose l'angelo strizzandogli un occhio.
I
due continuarono a ridere finché non raggiunsero l'entrata di
un corridoio un po' più largo degli altri.
Il
Minotauro si fermò. « Siamo arrivati. Durante il periodo
di letargo non mi è permesso andare oltre. Continua dritto per
questo cunicolo, è il più largo di tutti quelli che
incrocierai quindi non puoi sbagliare. Vedrai che in un paio di
minuti arriverai all'uscita del labirinto. Non togliere il mantello
finché non sarai fuori dall'Inferno e se sei costretto a
liberare le ali e volare, appena atterri sbattile per bene per far
cadere più polvere possibile. Mi raccomando, sta attento a non
abbassare il cappuccio o si accorgeranno che la tua aureola è
integra. Un'ultima cosa: non sono molto bravo con i miracoli per cui
non so per quanto tempo le tue ali potranno apparire nere, quindi
prima trovi un uscita dall'Inferno e meglio sarà. Tutto
chiaro?»
«Tutto
chiaro, grazie!» Rispose Michele porgendogli la mano e non
riuscendo a evitare un'ultima domanda. «Ma perché sei
qui? Non capisco, sei così gentile. In fondo nessuno ti
obbligava ad aiutarmi»
Mino gli strinse la mano e rispose. «Sono un caso di colpe
dei genitori che ricadono sui figli. O forse, semplicemente, anche
nei posti più terribili, sì può trovare qualcuno
di animo gentile»
Michele
sorrise e si avviò verso l'uscita del labirinto salutando il
Minotauro che restituì il saluto e facendogli l'occhiolino
aggiunse. «E poi sei anche una gran bel pezzo di Angelo! »
#
Merlino
miagolò per attirare l'attenzione di Gabriel che lo raggiunse
immediatamente.
«Hai
trovato qualcosa?» domandò preoccupato. Merlino riprese
la sua forma demoniaca e raccolse da terra un berretto da marinaio
che porse all'Arcangelo.
«Come
immaginavo, ma perché si sarà portato dietro Michele e
il ragazzo umano?» Domandò a Razel e Sael che nel
frattempo lo avevano raggiunto.
«Sarà
stato un errore. Secondo me Azaele se voleva butta' dentro per andare
a cercare Safet da solo e Michele ha cercato di trattenerlo. Ce so'
sicuramente caduti dentro e nel frattempo la voragine si è
chiusa!»
«Ma
perché portarsi dietro anche il ragazzo umano?» si
domandò pensieroso l'Arcangelo.
Razel
si grattò il mento perplesso. «A questo nun te so' dare
una risposta manco io!»
Merlino
riprese la forma di gatto e miagolò di nuovo.
«Cosa
dice?» Domandò Gabriel.
«Che
all'inferno i cellulari prendono poco e male!»
«E
questo che c'entra?» Chiese perplesso l'Arcangelo rivolgendosi
al piccolo demone che lo fissava da un grosso masso, muovendo
nervosamente la coda.
Merlino
miagolò ancora e Gabriel si innervosì. «Non
potresti spiegarti in modo un po' più comprensibile? Per la
miseria! Non è che posso ricordarmi tutti i linguaggi
dell'Universo senza prima fare un minimo di ripasso!»
Merlino
si accucciò spaventato e mortificato.
«Gabriel,
i famigli so' muti. O si spiegano con il linguaggio degli animali in
cui si trasformano o con scritte infuocate che nun me pare s'addicano
ad essere usate in campagna» spiegò Razel un po'
spazientito dal comportamento dell'amico.
«Perdonami
ragazzo, sono un po' teso e poi non mi capita spesso di parlare con
voi famigli, non ricordavo che aveste questo problema!» Si
scusò l'Arcangelo sinceramente dispiaciuto.
«In
ogni modo, ha detto che probabilmente tu' figlio ha chiesto al
ragazzo umano di stare vicino alla voragine in modo da riuscire a
intercettare un'eventuale chiamata di aiuto e probabilmente ci sono
caduti tutti e tre per sbaglio! Conoscendo Azaele è la
spiegazione più probabile »
Gabriel
sospirò e Razel gli poggiò una mano sulla spalla. «È
meglio che vada. Azaele da solo nun credo ci avrebbe messo molto a
trovare Safet, ma con Michele e l'umano da proteggere…»
«Vengo
anche io con te!» propose deciso Sael.
«No,
tu no!» risposero in coro Razel e Gabriel.
«Ma
perché? Mio padre e il mio ragazzo sono imprigionati
all'Inferno, non ho nessuno intenzione di stare qui a non fare nulla.
Mi avete preso per un coglione? Guardate che so combattere anche io!»
Razel
sbuffò e Gabriel rispose. «Sael, nessuno qui crede che
tu sia un coglione e capisco il tuo desiderio di intervenire. Ma
cerca di riflettere con calma: ormai che Safet sia tuo padre deve
essere abbastanza noto all'inferno visto che né tu, né
lui vi siete più preoccupati di nasconderlo. Lo stesso vale
per la tua storia con Michele. Considerando che la battaglia è
iniziata, se scendi anche tu, sarai sicuramente un bersaglio da
proteggere e rallenterai Razel. Inoltre con Akenet e Kafresh
prigionieri e Sakmeel ferito, preferisco averti qui ad aiutarmi a
controllare la situazione finché non arriverà Ariel con
i rinforzi. E spero che per allora Razel sia già tornato con
tuo padre e gli altri»
Sael
si rabbuiò. L'idea di lasciare che fossero gli altri a salvare
suo padre e Michele, lo faceva sentire in colpa. D'altra parte era
anche vero che Safet e Gabriel erano praticamente sempre d'accordo
quando c'era da prendere decisioni difficili e sicuramente suo padre
avrebbe approvato la scelta del suo migliore amico.
«E
va bene!» sospirò. Gabriel gli batté una mano
sulla spalla per confortarlo e ringraziarlo per avergli dato ascolto.
«Allora,
io vado e speriamo di ritrovare tutti e in fretta, nun credo che
Krastet e Zoel tarderanno a riorganizzarsi e mandare altri demoni ad
assalirvi, sta attento Gabriel».
«Voglio
provare a parlare con Kenni. Adel ha detto che non approvava le
scelte di quei due e oltretutto era piuttosto incazzato per il fatto
che avessero liberato un suo dannato per metterlo a capo dei demoni
che ci hanno attaccato» rifletté l'Arcangelo ad alta
voce.
Razel
scosse la testa dubbioso. «Davvero hanno usato un suo dannato?
Bè allora so' ancora più idioti di quanto me li
ricordavo! Comunque nun te fida' troppo. Sarà anche tuo nipote
ma è pur sempre un Arcidiavolo e fino a due ore fa aveva
intenzione di rapire la tua nipotina subito dopo la nascita, nun vedo
perché dovrebbe aver cambiato idea. Considera che lo hai pure
messo ko davanti ai suoi sottoposti e sai bene quanto è
orgoglioso il ragazzo!»
«È
orgoglioso ma non è stupido e un'alleanza momentanea potrebbe
tornare utile sia a lui che a noi. Ora vai Razel e torna con Safet e
i ragazzi!»
Razel
gli rivolse un sorrise rassicurante, aprì le ali e si alzò
in volo.
Merlino
saltò su un masso di fronte a Gabriel cercando di attirare la
sua attenzione.
«Cosa
sta dicendo?» domandò Gabriel a Sael.
«Dice
che Eowynziel è andata a cercare Ariel per cui forse non
dovremo aspettare molto per avere dei rinforzi».
«Speriamo!»
sospirò l'Arcangelo afferrando Merlino per la collottola e
abbracciandolo gentilmente.
Il
famiglio, dopo un primo momento di timore nel ritrovarsi stretto tra
le braccia di un Arcangelo, si accomodò godendosi le carezze e
i grattini sulla nuca che l'Arcangelo gli elargì
distrattamente mentre camminava verso il Bed&breakfast, perso nei
suoi pensieri.
#
Azaele,
si affacciò per l'ennesima volta sull'ultimo cunicolo del
labirinto di Mino, senza aver capito come ritrovare la strada giusta
per tornare da Michele. Furioso con se stesso, colpì il muro
con un pugno, così forte da rischiare di rompersi una mano. Si
piegò in due per il dolore e in quel momento notò una
figura nera e incappucciata venire verso di lui. Sudò freddo
per qualche istante e si preparò a combattere.
«Bravo,
ci manca solo che ti rompa una mano!» Lo rimproverò la
figura scura abbassando il cappuccio.
«Stai
bene!» Esclamò felice il demone gettandosi tra le
braccia dell'angelo. «Ero così preoccupato! Ma come hai
fatto ad arrivare fin qui e chi ti ha dato quel mantello?»
«È
stato Mino, ma te lo racconto dopo che saremo usciti da qui, sto
meglio, ma non sto bene!» rispose l'angelo coprendosi di nuovo
la testa.
Azaele,
che capiva benissimo il disagio dell'amico e che sopratutto aveva
notato le sue occhiaie profonde e scure non fece altre domande, si
limitò a seguirlo. Una volta fuori, raggiunsero Yetunde che
era rimasto tutto il tempo nascosto dietro un enorme masso.
«Oh,
meno male che Azaele ti ha portato fuori di lì!»
Michele
lanciò un'occhiata ironica ad Azaele che fece finta di non
accorgersene e cambiò argomento. «Andiamo. Meglio non
perdere altro tempo!»
«Concordo,
facci strada, magari evitando di perderti!» rispose Michele
con una punta di polemica.
Azaele
arrossì ma evitò di replicare, Michele aveva tutte le
ragioni di essere arrabbiato.
Volarono
silenziosi oltrepassando l'Ottavo girone, stavolta senza problemi, a
parte un paio di occhiate perplesse ricevute da Michele e Yetunde. Ma
visto che all'Inferno vigeva per lo più la regola del
fatti gli affari tuoi e eviterai torture inutili, nessun
demone aveva fatto domande.
Una
volta atterrati la situazione si fece più pericolosa perché
nei pressi del Daemon Bar era facile trovare demoni ubriachi e
litigiosi. Si nascosero dietro una roccia per discutere le mosse
successive e Azaele propose a Michele di cercare subito l'uscita.
«No,
visto che mi sento un po' meglio, prima di andare via voglio almeno
sapere dov'è finito Safet. Se sta bene, deciderò cosa
fare. In ogni modo prima di agire accompagneremo Yetunde all'uscita!»
«Se
permettete arrivati a questo punto non ho nessuna intenzione di
andarmene come un vigliacco e lasciarvi qui da soli!» protestò
il giovane che tutto sommato cominciava a divertirsi.
«Non
dire scemenze Yet, guarda che non è un gioco!» rispose
Azaele.
Yetunde
non riuscì a reprimere un sorrisetto ironico. «Detto da
te, poi!»
«Guarda
che non è che siccome te la sei scampata due volte, sei
diventato un Avenger!» rispose sarcastico il demone.
Michele
intervenne per interrompere la discussione e prendere una decisione.
«Facciamo così: tu ora entri dentro e fai un po' di
domande, se riesci a scoprire qualcosa torni immediatamente indietro
e a seconda di quanto sarà pericoloso raggiungere Safet,
decideremo come comportarci!»
«Mi
sembra ragionevole!» rispose Azaele dirigendosi verso l'entrata
del bar.
Yetunde
e Michele si sedettero a terra all'ombra della roccia
L'angelo
ne approfittò per chiudere gli occhi e cercare di riprendere
un po' di forze.
Si
era assopito da qualche minuto quando la voce tesa di Yetunde lo
svegliò. «Qui all'inferno ci sono anche demoni femmina,
vero?»
«Si,
certo» rispose un po' assonnato.
«E
sono aggressive?» Domandò ancora Yetunde.
«Non
lo so, dipende, perché?»
«Perché
ce n'è una che ci sta osservando!»
«Fa
finta di nulla, vedrai che se ne andrà!» rispose Michele
senza aprire gli occhi.
«Io
posso anche far finta di nulla, ma quella è appena atterrata e
sta venendo proprio verso di noi!»
Michele
aprì gli occhi e vide una bellissima demone avvicinarsi e
fermarsi a pochi passi da lui e Yetunde.
«Oh,
allora avevo visto bene! Tu sei un celestiale e tu un umano!»
Michele
posò la mano sull'elsa della spada. Il gesto non sfuggì
alla demone che piegò la testa da un lato e lo sfidò.
«Puoi anche provarci, Michele, ma nel giro di qualche secondo
saresti circondato da una marea di demoni, quindi pensaci bene!»
L'angelo
lasciò andare la spada stupito. «Come fai a conoscere il
mio nome?»
Lei
rise. «A parte che potevi anche mentire, volendo, quale altro
angelico potrebbe essere così idiota da intrufolarsi quaggiù
oltre all'amico fraterno di quello squinternato di Azaele? Comunque
potrei anche offendermi per la tua memoria corta visto che siamo stati
entrambi studenti di Safet! Vero è che sono cambiata
abbastanza da quando ero un'adolescente piatta e timida, ma insomma…»
Michele
finalmente riconobbe la demone. «Atriel, sei proprio tu?»
«A
quanto pare!» sorrise lei.
«No,
vabbè. Ma seriamente anche angeli e demoni vanno a scuola?»
Commentò trasecolato Yetunde.
Atriel
si voltò a osservarlo. «A dire il vero a quei tempi
eravamo tutti angeli, comunque non era proprio come la vostra scuola…
Ma, piuttosto, tu chi sei, che ci fai qui con Michele e Azaele…» Atriel si interruppe intuendo cosa stava succedendo «Oh,
state cercando Safet, vero?»
Michele
e Yetunde si scambiarono un'occhiata.
«Tu
sai dov'è?»
«Si,
e ha bisogno urgente di aiuto; vi accompagnerò da lui, ma
sappiate che ho fatto un accordo con Safet per cui immediatamente
dopo andrò a cercare Akenet»
Yetunde
rise. «Mi sa che lo cercherai a lungo, Gabriel lo ha… »
Michele
gli rivolse un'occhiata raggelante ma ormai era troppo tardi. Gli
occhi della demone diventarono rossi e le mani si trasformarono in
artigli. «Che cosa gli ha fatto, Gabriel?» sibilò.
Yetunde
diventò bianco come un lenzuolo, ma Michele non si scompose.
«Rilassati Atriel, lo ha solo ferito e neppure in modo grave.
Ora è nostro prigioniero e una nostra amica lo sta curando.
Akenet non è minimamente in pericolo. Perché dopo aver
liberato Safet non vieni con noi, così potrai sincerarti delle
sue condizioni.»
La
demone si calmò, conosceva Michele e sapeva che non era
solito mentire e poi l'idea di seguirli per incontrare Akenet non era
male. Avrebbe potuto verificare come stava e magari aiutarlo a
fuggire.
«Va,
bene. Ma è meglio che vi sbrighiate a recuperare Azaele, Safet
ha bisogno di aiuto al più presto».
«È
andato in quel bar, forse è meglio se vai tu a chiamarlo»
propose Yetunde sperando di farsi perdonare da Michele per l'uscita
poco felice di poco prima.
«Hai
ragione, ragazzo umano, è meglio che vada io» concordò
Atriel avviandosi verso il Daemon Bar.
Appena
entrata si trovò di fonte a una scena abbastanza curiosa: Azaele
era inginocchiato sul bancone del bar, aveva in mano una grossa
biglia di vetro infuocata e con aria concentratissima fissava una
tortuoso percorso composto da bicchierini di whisky, ponti ottenuti
dalle palette di legno per lo zucchero, tazzine e
piattini da caffè posizionati lungo tutto il bancone.
«Ma
che diavolo ha intenzione di fare?» domandò a un grosso
demone lì accanto.
«Ha
scommesso che se riesce a far tagliare il traguardo alla biglia con
un solo tiro, Carryel gli rivela dove hanno imprigionato il suo
Supervisore».
«Carryel
è impazzito, per caso? Scusa, ma se Azaele ci riesce?»
Il
demone rise sguaiatamente. «Scherzi, quell'imbranato?»
«Qualcuno
ha scommesso su di lui?»
«Ma
figurati!»
Atriel
memore della storica scommessa delle Termopili, pensò che
tutto sommato poteva anche tentare la fortuna.
«Bé,
io punto su Azaele, chi sta raccogliendo le scommesse?»
«Se
hai così tanta voglia di buttare i tuoi soldi puoi darli a
Bukowskiel» rispose il demone indicando il barista del Daemon
Bar.
Atriel
si avvicinò al bancone, attirò l'attenzione del barista
che si avvicinò, prese i soldi e poi poggiando lo straccio per
asciugare il banco su una spalla, alzò le braccia per chiedere
silenzio e annunciò. «Scommesse chiuse. Se vince
Carryel, Aza gli consegna suo figlio, il nostro futuro Alfiere del
Male, in caso contrario Carryel gli spiegherà dove tengono
prigioniero Safet e gli concederà un'ora di tempo per
liberarlo prima di informare Krastet e Zoel. Sempre che il moretto
riesca ad uscire vivo dal bar visto che gli unici a non aver puntato
contro di lui siamo stati io e questa bella signorina!»
concluse indicando Atriel.
Azaele
fece rimbalzare la sfera infuocata sul palmo della mano, chiuse gli
occhi per concentrarsi qualche istante e quando li riaprì
Atriel vide chiaramente una fiamma bruciare nelle sue iridi nere.
Il
demone riccioluto, prese un lungo respiro e poi lanciò la
biglia. Intorno si fece un silenzio carico di aspettativa.
L'unico
rumore che si sentiva era quello del rotolare sommesso della sfera
che superò ogni curva, ogni ponticello e ogni altro ostacolo
posto tra Azaele e la salvezza di Safet, fino a quando raggiunse
l'ultima curva e per un attimo sembrò quasi fermarsi.
I
demoni trattennero il respiro, ma Azaele mantenne la calma, sapeva
bene che in quel punto il bancone era stato leggermente sfondato da
una manata di Razel (che a dire il vero mirava alla sua testa) e non
a caso aveva insistito perché l'ultima curva fosse sistemata
proprio lì. La biglia scivolò nell'incavo creato dal
demone rosso e riprese velocità tagliando il traguardo.
Ci
fu un momento di silenzio sbigottito. Atriel ne approfittò per
saltare sul banco e tirare Azaele per una manica.
«Sei
un pazzo furioso, usciamo da qui prima che ti ammazzino. Ti porto io
da Safet. So dov'è».
Azaele
si guardò intorno e notando che i demoni stavano passando
velocemente dallo sbigottimento all'ira funesta, pensò bene di
fidarsi di Atriel. La seguì fuori dal Daemon bar e chiuse la
porta.
«Aiutami
a bloccarla!» le urlò sigillando la porta con un
miracolo.
La
demone lanciò un miracolo di rinforzo.
«Ottimo,
questo ci darà un po' di vantaggio, andiamo a recuperare i
miei amici e poi voliamo da Safet prima che quel branco di assatanati
sfondi la porta» propose Azaele soddisfatto.
#
«Posso
chiederti chi è questo Safet a cui tu e Azale tenete tanto?»
domandò Yetunde un po' per chiacchierare e un po' perché
davvero curioso.
Non
ottenne risposta perché furono raggiunti da Azaele e Atriel.
«Andiamo,
Atriel ci accompagna da Safet» disse Azaele sbrigativo
inginocchiandosi per far salire Yetunde sulle spalle.
Michele
incrociò lo sguardo di Atriel e capì che era il caso di
fare alla svelta.
Stavano
volando spediti verso il canyon in cui era incatenato Safet quando
incrociarono Razel che volava verso il Daemon Bar. Il demone fece una
brusca frenata, invertì la sua direzione e li raggiunse.
«Ditemi che sapete dove state andando!» domandò
seguendoli.
«A
liberare Safet!» rispose Azaele senza fermarsi.
«E
ci stai andando co' un umano e un angelico? Complimenti, il modo
migliore per nun essere notato!»
«È
stato un incidente e comunque non c'era tempo per accompagnarli
fuori!» replicò Azaele continuando a volare. Non aveva
voglia di discutere, Yetunde cominciava a pesargli sulla schiena,
volare così velocemente stava indebolendo Michele e Safet
aveva bisogno di aiuto. Non c'era davvero tempo per le polemiche.
Razel,
annuì. Effettivamente prima avrebbero raggiunto Safet e prima
sarebbero potuti uscire da lì.
Si
avvicinò ad Atriel e le domandò. «Tu da che parte
stai?»
«Voglio
aiutare il prof. Ma sono comunque dalla parte di Akenet»
rispose lei con sicurezza.
«Buono
a sapersi per noi, ma non per te!» replicò lui con le
pupille rosse.
Atriel
si strinse leggermente le spalle. «Non mi fai paura Razel.
Comunque stai sereno, saremo dalla stessa parte fino a che Safet
non sarà in salvo, poi si vedrà».
«Giusto,
poi si vedrà!» approvò lui sorridendo. Apprezzava
sempre la sincerità e il coraggio nei suoi avversari.
Il
variegato gruppetto di alleati, raggiunse finalmente Safet, che ormai
aveva quasi rinunciato a sperare.
Razel
nel vedere il suo vecchio amico incatenato e sporco di sangue si
inferocì. «Li ammazzo questi bastardi!»
«Prima
liberiamo il prof! State attenti, c'è un miracolo sulle catene
che impedisce ai demoni di aprirle»
Razel
afferrò le catene senza badarle più di tanto ottenendo
solo di essere respinto da una potente scossa di corrente che per
poco uccise Safet il cui corpo ormai pendeva immobile stretto tra le
catene.
Atriel
ne rimase sconvolta. «Se, neanche Razel riesce a spezzare
quelle catene come potremo salvare il prof?» domandò
piangendo.
«Posso
provare io che sono un angelo» propose Michele.
«No,
un'altra scossa potrebbe uccidere Safet, dobbiamo trovare un'altra
soluzione!» intervenne fermo Azaele.
«Ma
così morirà lo stesso!» esclamò furente
Razel che nel frattempo era ritornato fremente di rabbia.
Mentre
angeli e demoni discutevano animatamente sul da farsi, Yetunde ebbe
un'intuizione. Si sporse verso Safet e allungò timidamente una
mano verso uno dei perni che chiudevano gli anelli che gli
stringevano i polsi. Chiuse gli occhi e lo afferrò con il
pollice e l'indice della mano destra. Non successe niente. Allora
sorrise e lentamente lo sfilò liberando il polso del
malcapitato Supervisore che aprì gli occhi e gli sorrise
debolmente. «Sei sveglio, giovane umano»
Yetunde
sorrise e attirò l'attenzione dei suoi compagni esclamando
allegramente. «A quanto pare la maledizione sugli umani non
funziona!»
Tutti
si girano verso di lui, a parte Azaele che ovviamente aveva qualche
difficoltà, visto che il ragazzo era cavalcioni sulla sua
schiena.
«E
bravo il regazzino umano! Ora però finisci di liberarlo!»
esclamò ammirato Razel che tutto si sarebbe aspettato tranne
che un umano vivo all'Inferno potesse avere una qualsivoglia utilità
a parte l'essere un passatempo per il sadismo di certi suoi colleghi.
Yetunde
si gonfiò d'orgoglio e senza riflettere abbandonò la
schiena di Azaele per aggrapparsi alle catene che imprigionavano
Safet e liberarlo più velocemente possibile. In pochi istanti
sfilò tutti i perni che bloccavano le catene di Safet
girandosi poi a mostrarli orgoglioso ad Angeli e Demoni. Peccato però
che non avesse tenuto conto della debolezza del prigioniero che non
riuscendo ad aprire le ali precipitò nel buio profondo del
burrone trascinandoselo dietro.
«Dovevo
aspettarmi che n'amico tuo non potesse astenersi dal fare 'na
cazzata!» esclamò Razel lanciandosi a salvare Safet.
«Non
gliel'ho mica detto io di saltare via dalla mia schiena!» si
lamentò Azaele seguendolo.
Purtroppo
superata la metà del burrone i due demoni furono circondati da
un buio così profondo che non riuscirono quasi più a
distinguere Safet e Yetunde che continuavano a precipitare.
«Porca
merda non si vede più nulla» si lamentò disperato
Azaele.
Un
istante dopo il canyon fu illuminato a giorno. I due demoni
riuscirono a raggiungere Safet e Yetunde prima di essere di nuovo
avvolti nel buio. Ma a quel punto risalire lungo le pareti del canyon
non costituì più un problema.
«Che
era quella luce?» domandò Razel.
Atriel
indicò Michele accasciato su uno spuntone di roccia. «È
stato lui, si è tolto il mantello e ha acceso l'aureola. Credo
che gli dobbiate tutti la vita, se non avesse consumato le sue forze
per farvi luce, vi sareste sfracellati al suolo».
Azaele
si avvicinò a Michele e gli accarezzò i capelli biondi.
«Coraggio fratello, riprenditi!»
«Siete
tutti vivi?» domandò l'angelo aprendo gli occhi.
«Si!»
rispose il demone.
Michele
si mise faticosamente a sedere e aprì le ali. «Allora
vediamo di sbrigarci a trovare un'uscita, francamente ne ho le palle
stracolme di questo posto di merda!»
«Concordo»
intervenne debolmente Safet. «Proseguiamo dritti verso ovest
per un centinaio di metri e troveremo una porta. Facciamo in fretta
perché non mi sento affatto bene. Temo che Zamesh, mi abbia
infilato nello stomaco qualcosa che si è risvegliato non
appena il ragazzo umano mi ha liberato dalle catene».
Razel
abbassò lo sguardo sul suo vecchio amico e si rese conto che
sul suo corpo si stavano difondendo delle orribili venature nere.
«Safet ha ragione. Diamoce 'na mossa che il nostro tempo qui
ormai è quasi scaduto!» ordinò preoccupato. La
salvezza di Safet era ancora lontana e cominciava a sentire il
clamore di una masnada di demoni infuriati che con ogni probabilità
stava venendo a cercare proprio loro.
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Capitolo 21 *** Antichi rancori ***
Capitolo 21
Antichi rancori
Zamesh finì di
leggere l'ultimo aggiornamento normativo infernale, sbuffò,
spense il portatile e si alzò dalla poltroncina in pelle non
meglio identificata (e sulla quale nessuno osava fare domande) del
suo ufficio di Responsabile dell'Ottavo Girone. Si avvicinò
allo specchio che occupava l'intero sportello di una delle librerie
in pregiato ciliegio del Giardino dell'Eden e grugnì
soddisfatto alla sua immagine riflessa. Era bello, nonostante la
cicatrice lasciata molti millenni prima da un'artigliata di Akenet.
Aveva un viso ovale e delicato, folti ricci castani e due grandi
occhi color miele che gli davano un aspetto dolce, se non si faceva
caso allo sguardo freddo e duro.
Zamesh era crudele,
terribilmente crudele, ma non da sempre, lo era diventato quando era
iniziata la Grande Guerra e aveva scoperto che torturare e uccidere i
suoi "fratelli" gli dava piacere, a differenza di Akenet,
che faceva tanto il duro ma non era neanche capace di carbonizzare a
morte i suoi sottoposti. Finiva sempre per risanarli perché in
fondo non era che un debole.
Passò una mano
sulla cicatrice. Anche quella non era altro che la dimostrazione
della debolezza del suo avversario millenario.
Emise un ringhio
sommesso, quel vigliacco non si meritava di comandare il Nono Girone.
Non era abbastanza duro. Certo, era stato il guerriero più
forte e quello che aveva ottenuto più vittorie, ma lui aveva
ottenuto poche vittorie in meno ed era molto più crudele.
Meritava molto di più il trono del Nono Girone.
Una rabbia fredda pervase
Zamesh che non tollerava più di essere sempre un passo
indietro ad Akenet.
Questa volta avrebbe
dimostrato a Lucifero chi dei due aveva realmente la stoffa per
essere il suo secondo in comando, avrebbe ottenuto il trono del Nono
Girone e mostrato come si comportava un vero Responsabile infernale!
La festa sarebbe finita e anche dal Nono Girone si sarebbero
innalzati urla e lamenti disperati, come era giusto che fosse!
«Signore!» Lo
chiamò Aluaryel rimanendo rispettosamente ferma sulla porta
dell'ufficio.
Zamesh si girò, la
demone era accompagnata dell'umano di nome Eymerich.
«Ho portato il
dannato come da lei richiesto».
Zamesh osservò
l'inquisitore; era piuttosto mal ridotto: il suo corpo era ricoperto
di piaghe.
L'Arcidiavolo chiuse il
pugno destro e lo riaprì di scatto. Le piaghe sul corpo del
dannato sparirono. Non l'aveva fatto per pietà, ma per
utilità, il dannato gli serviva ancora, era intelligente per
essere un umano e crudele quanto bastava per poterlo considerare un
servitore fidato. Era stato proprio lui a intuire dove avrebbero
potuto trovare la compagna di Azaele dopo l'improvvisa sparizione da
Roma. «Ritengo che questa storia si chiuderà dove è
iniziata, li cercherei nelle campagne tra Mentana e Monterotondo».
Aveva suggerito con estrema sicurezza.
E aveva avuto ragione,
c'erano voluti solo due giorni perché le spie di Zamesh
individuassero la fattoria dove si erano nascosti Azaele e i suoi
alleati. L'arcidiavolo aveva atteso che Gabriel e Safet fossero
lontani e poi aveva ordinato a Eymerich di attaccare. Ma
evidentemente qualcosa era andato storto.
«Chi ti ha ridotto
in questo stato?» domandò seccato..
«Quel traditore di
Akenet!» rispose l'umano stizzosamente.
Gli occhi di Zamesh si
infiammarono di rabbia, ancora una volta Akenet si era intromesso tra
lui e il suoi obiettivi.
Ma sarebbe stata
l'ultima. Ormai era arrivato il momento di scoprire chi meritava
davvero il comando del Nono Girone, e non aveva dubbi a riguardo.
#
Akenet era steso sul
letto, malgrado la ferita alla spalla gli facesse ancora male, stava
molto meglio. L'umore invece non era dei migliori, il che era
comprensibile visto che grazie all'intervento di suo zio Gabriel era
caduto prigioniero di una banda di eroi sgangherati. Si liberò
dalle coperte scalciando innervosito al ricordo di come l'Arcangelo
l'aveva messo al tappeto.
Qualcuno bussò
alla porta; allungò la mano verso i pantaloni buttati su una
sedia accanto al letto ma sentì immediatamente una dolorosa
fitta alla spalla.
«Fanculo!», pensò,
«Vuol
dire che chiunque sia mi vedrà in mutande!»
«Avanti!»
ruggì sdraiandosi di nuovo.
La porta si aprì e
entrò Gabriel, il che mise ulteriormente di malumore
l'Arcidiavolo che si aspettava di vedere Palletta.
«Cosa vuoi?»
domandò sgarbatamente.
Gabriel non se la prese,
non si aspettava che il nipote lo accogliesse diversamente.
«Volevo sapere come
stavi» rispose calmo.
«E poi?»
Ringhiò l'Arcidavolo.
«E poi, cosa?»
domandò Gabriel.
«Non trattarmi da
idiota, zio!» Ringhiò Akenet sedendosi sul bordo del
letto.
Gabriel sospirò,
stava per rispondere ma il nipote lo anticipò. «Comunque
la risposta è no. Scordatelo, non ho intenzione né di
aiutarvi, né di rinunciare a prendermi il figlio di Azaele».
Gabriel sospirò di
nuovo, Kenni era sempre stato molto sveglio. «È una
bambina»
Akenet ebbe un attimo di
incertezza da cui si riprese subito. «E quindi? È anche
meglio, le ragazzine sono molto più sveglie dei maschietti».
«Kenni, vuoi
davvero fare una cosa del genere a tuo cugino?»
L'Arcidiavolo sorrise
crudelmente. «Sopravviverà come sono sopravissuto io»
Gabriel lo guardò
severamente. «Iliadel non era tua figlia! E nemmeno tua
sorella, anche se la consideravi come tale»
Akenet si alzò in
piedi di scatto e per quanto l'essere in mutande gli togliesse un po'
di autorevolezza, riuscì a far arretrare leggermente lo zio.
«Oh, quindi siccome non eravamo consanguinei, non avrei dovuto
soffrire come un cane quando me l'avete portata via? Io volevo bene a
quei mocciosi. Prima me li avete affidati e poi me li avete portati
via. Tutti, anche Iliadel. Lei piangeva disperata quando il suo
tutore se l'è presa, ma a quegli stronzi dei suoi genitori non
è importato nulla né dei miei sentimenti né dei
sentimenti della piccola! A nessuno di voi è importato nulla
del dolore dei vostri figli, vi siete comportati come dei pezzi
merda…»
Gabriel impallidì,
non poteva dar torto a suo nipote, in fondo, anche se in modo un filo
più diplomatico, anche lui aveva espresso il medesimo pensiero
ai suoi fratelli.
«Abbiamo commesso
un grave errore, non posso darti torto, ma…»
Akenet lo interruppe
furioso. «Il vostro “errore” ci ha fatto finire
tutti all'Inferno e mentre noi siamo stati puniti per aver sbagliato,
voi siete ancora tutti lì!»
«Non siete finiti
tutti all'Inferno» puntualizzò lo zio.
«Oh, scusami tanto
se avevo dimenticato Yliel “la perfettina”, quella che vi
ha dato tanta soddisfazione mollando il suo ragazzo da un giorno
all'altro per diventare un Arcangelo, e tutti quelli di noi che si
sono risparmiati la condanna eterna crepando nella Grande Guerra o
sparendo nel nulla come Iliadel!»
«Anche noi
Arcangeli abbiamo avuto la nostra parte di dolore!»
«Ma non siete stati
gettati all'Inferno dal Padre o, peggio ancora, da vostra madre, come
è successo a me! É colpa sua se i miei occhi sono
così!» ruggì Akenet indicando rabbiosamente gli
occhi completamente neri.
«Sei ingiusto,
Kenni, sai bene che tutti i ribelli che hanno cercato di opporsi alla
loro caduta sono stati inceneriti e che Medeaiel ti ha salvato la
vita!»
«È stata una
loro scelta e almeno si sono evitati la vita di merda che tutti noi
stiamo conducendo da millenni! Lei mi ha tradito due volte, zio. La
prima quando mi ha abbandonato che ero solo un ragazzino e la seconda
facendomi precipitare all'Inferno dopo aver finto di tendermi la mano
per aiutarmi!»
Gabriel si avvicinò
a suo nipote e fissandolo negli occhi gli domandò «Quindi
per vendicarti degli errori di noi padri e madri vuoi distruggere la
famiglia di Azaele e causargli un ulteriore dolore oltre a quelli che
ha già dovuto patire?»
«Stai parlando di
lui o di te?» Rispose Akenet con un sorriso cattivo e gli occhi
rossi.
L'Arcangelo impallidì
leggermente e suo nipote lo incalzò. «Fammi capire, zio.
Per quale motivo dopo millenni di completo disinteresse, di punto
bianco ti importa di tuo figlio? Hai davvero tanta paura che la
nostra schiera possa vendicarsi dei torti subiti?»
«Che mi sia
disinteressato di Azaele è solo una tua convinzione e per
quanto riguarda il mito dell'Alfiere del male, sappi che non credo
affatto in quella stronzata e sono certo che non ci creda neanche tu,
sei troppo intelligente!» ribatté Gabriel.
Akenet andò a
recuperare i vestiti, se li infilò nervosamente e si voltò
di nuovo verso suo zio emettendo un gemito di dolore nel chiudersi la
cerniera dei pantaloni.
«Quindi vuoi farmi
credere che hai deciso di intervenire perché tieni al
cuginetto? Non sarà piuttosto che hai deciso che era arrivato
il momento di lavarti la coscienza?»
Gabriel si irrigidì
ma mantenne la calma. «Attento Kenni, ti voglio bene, ma la mia
capacità di perdonare le tue offese ha un limite, e per
quanto riguarda la mia coscienza, non ho nulla da rimproverarmi, io
ho votato contro quella decisione».
Akenet si avvicinò
allo zio. Scintille di fuoco stavano cominciando a zampillargli
dall'aureola spezzata e dalle mani rivelando che stava faticando a
tenere la rabbia sotto controllo. «Oh, sei davvero convinto che
aver “votato contro” basti a scaricarti dalle tue
responsabilità? Dimmi zio, cosa hai fatto di realmente
concreto per evitare che la tua compagna e tuo figlio soffrissero?»
domandò con cattiveria.
«Ho fatto tutto ciò
che ho potuto!» rispose Gabriel con una calma che se Akenet non
fosse stato sopraffatto dalla rabbia, avrebbe interpretato come il
segno che stava per oltrepassare il limite.
«Bé, non è
stato abbastanza! È colpa della tua mancanza di palle se zia
Galadriel è morta!»
Quell'accusa tanto
crudele quanto ingiusta fece perdere definitivamente la pazienza
all'Arcangelo. «Ho ascoltato abbastanza stupidaggini, moccioso.
Non ti permetto di scaricare su di me la responsabilità della
morte di Galadriel. Ti sei scordato che gli angeli che hanno ucciso
tua zia erano sotto il tuo comando?»
Akenet vide l'aureola di
Gabriel illuminarsi, le sue grandi ali bianche aprirsi e emettere
lampi azzurrini mentre una luce bianca e celestiale cominciava a
sprigionarsi dal suo corpo.
«DIMMI AKENET, COSA
HAI FATTO TU, PIUTTOSTO, PER EVITARE CHE LA CIRCONDASSERO IN VENTI E
LA COLPISSERO A MORTE?» Tuonò l'Arcangelo nell'antico
verbo, posando una mano sull'elsa della sua spada e facendo un passo
avanti.
Akenet si rese conto di
aver esagerato. Parzialmente accecato dalla luce celestiale emessa
dallo zio, arretrò di un passo e istintivamente circondò
il suo corpo di fiamme infernali.
L'Arcangelo sbatté
le grandi ali dai riflessi azzurrini provocando uno spostamento
d'aria che spinse l'Arcidiavolo contro il muro, quindi sguainò
la spada angelica e la puntò contro il cuore di Akenet che,
conscio di trovarsi per la seconda volta in una posizione di
debolezza rispetto allo zio, spense le fiamme infernali.
«Hai perso la tua
baldanza, Arcidiavolo?» domandò sarcastico l'Arcangelo.
Akenet si limitò a
indicare con un cenno del viso la spalla sinistra che aveva
ricominciato a sanguinare. Era sudato fradicio per lo sforzo che gli
stava costando mantenere il controllo per evitare di reagire
all'attacco dello zio e per il dolore dovuto alla riapertura della
ferita.
La vista del sangue che
colava sul braccio del demone calmò Gabriel che rinfoderò
la spada e riacquistò il suo aspetto umano.
«Quando questa
storia sarà finita potrai tornartene all'Inferno. Nel
frattempo, sarai mio prigioniero. Ti sconsiglio di tentare la fuga,
questa stanza è stata preparata per essere la tua prigione per
cui non faresti una bella fine. E non preoccuparti, comunque vada
questa storia, non vedrai più la mia faccia!»
Qualcuno bussò
alla porta. Gabriel indietreggiò senza perdere di vista il
nipote che lo osservava con un'espressione indecifrabile.
L'Arcangelo aprì
la porta solo il tanto da permettere a Renzo Galletti di affacciarsi
sulla stanza. L'uomo appariva piuttosto turbato.
«Suo figlio e gli
altri sono tornati. Forse è meglio che venga di là, il
suo amico Safet non sta molto bene»
Gabriel scambiò un
ultimo sguardo con Akenet e poi uscì senza aggiungere una
parola.
L'arcidiavolo aspettò
che Gabriel chiudesse la porta dietro di sé poi si avvicinò
alla porta finestra che dava sul giardino. Gli bastò
un'occhiata per constatare che un incantesimo impediva di aprirla. Lo
zio non aveva bluffato.
Improvvisamente gli
sembrò di cogliere un movimento all'esterno. Guardò
verso il giardino e vide un ragazzino dai lunghi capelli neri e
mossi, gli occhi color pervinca e due ali candide.
Sorpreso, si chiese cosa
ci facesse lì fuori.
Il ragazzino sorrise e
volò ad abbracciare una coppia di Arcangeli: Gabriel e
Galadriel. Lei era bellissima, aveva lunghi capelli neri e ricci, gli
occhi nerissimi e il sorriso allegro ereditato da Azaele.
Akenet si avvicinò
ai vetri esterrefatto e di colpo sparirono tutti e tre. Sospirò
tristemente, ciò che aveva appena visto non era che l'immagine
di un ricordo lontano.
Abbassò il capo
mortificato. Si era appena reso conto di aver parlato in quel modo
con suo zio solo per il gusto di farlo soffrire quando in realtà
avrebbe dovuto dirgli molte altre cose.
Avrebbe dovuto dirgli,
per esempio, che non pensava affatto quello che aveva detto poco
prima e che sapeva benissimo che la zia era morta per colpa di un
gruppo di suoi subordinati aizzati da Zamesh.
Avrebbe dovuto dirgli che
anche lui era arrivato troppo tardi e che dall'alto lo aveva visto
piangere per la sua compagna ferita a morte.
Avrebbe dovuto dirgli che
lo aveva protetto da Zamesh per permettergli di stringere tra le
braccia Galadriel e darle l'ultimo saluto e che quel vigliacco
portava ancora i segni dei suoi artigli sul viso.
Avrebbe dovuto dirgli che
non era riuscito a piangere la morte della zia, perché dopo
essersi concesso un ultimo pianto di fronte ad Atriel, molti millenni
prima, aveva deciso che dai suoi occhi non sarebbe più uscita
nemmeno una lacrima e che a causa di quella decisione aveva finito
perfino per dimenticarsi come si fa a piangere.
Avrebbe dovuto dirgli,
infine, che se c'era qualcuno a cui voleva ancora un po' di bene, tra
tutti gli Arcangeli, era proprio lui, Gabriel.
Ma non l'aveva fatto, non
aveva detto nulla di tutto ciò, perché era un
Arcidiavolo e doveva difendere il suo stupido, inutile orgoglio.
#
Gabriel entrò
nella sala in cui Safet riposava steso su un divano. Un'occhiata tra
lui e Razel gli fece capire che la situazione era molto grave. Almeno
erano tornati anche Azaele, Michele e Yetunde; con loro c'era una
giovane demone che Gabriel aveva l'impressione di conoscere e che non
sembrava ostile, al contrario appariva molto preoccupata per Safet.
Aurora era seduta sul
divano, era bianca in viso e stava trattenendo a stento le lacrime
mentre carezzava delicatamente la fronte pallida e madida di sudore
di Safet. Gabriel si avvicinò al suo vecchio amico e notò
che era sporco di sangue, la sua pelle era bianca come quella di un
cadavere e ricoperta di venature nere dall'aspetto orribile.
Alba e Elena erano chine
sul demone per cercare di capire l'origine del male che lo stava
uccidendo.
«Ci avete capito
qualcosa ragazze? Pensate di poterlo aiutare?» Domandò
Razel cupo.
Elena scosse la testa.
«Qualcosa di orribile e demoniaco lo sta divorando da dentro
Razel, ma chiunque gli abbia messo in corpo questa mostruosità
è troppo forte per me. Alba purtroppo è ancora troppo
inesperta per intervenire e non abbiamo abbastanza tempo per fare dei
tentativi a vuoto che potrebbero farlo soffrire ancora più
di quanto non stia già soffrendo. Temo che non ci sia modo di
salvarlo!»
Gabriel, diede un pugno
contro il muro, sfondando la parete. Poi scivolò sulle
ginocchia.
Azaele corse da lui e lo
abbracciò, senza parlare.
«È
sicuramente opera di Zamesh, il professore mi ha detto che è
stato lui a torturarlo» disse Atriel, in lacrime come tutti gli
altri.
Adel e Kafresh, che fino
a quel momento si erano limitati a osservare la scena in silenzio, si
scambiarono uno sguardo d'intesa.
La piccola demone uscì
silenziosamente dalla stanza, corse verso la camera dove era tenuto
prigioniero Akenet e entrò senza neanche bussare.
«Come hai fatto ad
aprire la porta?» Le domandò l'Arcidiavolo, era ancora
accanto alla porta finestra e la stava osservando stupito.
Lei lo guardò
esitante.
«Perché stai
piangendo, che ti succede?» Domandò ancora Akenet
notando gli occhi rossi e il viso bagnato di Adel.
«Safet sta morendo
Signore. Crediamo che Zamesh gli abbia messo dentro qualcosa che lo
sta divorando».
«E perché
sei venuta a dirlo a me?» domandò lui freddamente.
«La prego, lo
aiuti!».
«Che c'entra
Zamesh?» domandò ancora l'Arcidiavolo girando intorno al
letto e fermandosi di fronte ad Adel.
«Safet ha detto ad
Atriel che si è alleato con Zoel e Krastet. È stato lui
a ordinare di catturarlo e poi lo ha torturato personalmente per ore.
La prego Signore, non abbiamo molto tempo!»
Akenet rifletté
sulla richiesta di Adel. Safet, era uno dei pochi demoni che stimava
e verso cui provava della simpatia, oltre a questo odiava Zamesh, sia
per quello che aveva fatto a Galadriel, sia perché sapeva
molto bene che pur non avendo né le sue qualità di
leader né la sua forza, aspirava ad ottenere il comando del
Nono Girone. Non ci voleva molto a capire che l'alleanza con Krastet
e Zoel era l'ennesimo tentativo di usurpargli il trono.
«E va bene. Portami
da Safet» le disse al termine di quelle riflessioni. «Poi
dovrai anche spiegarmi come mai tu puoi girare dove ti pare e io no»
aggiunse freddamente.
Adel fece cenno di si e poi gli fece strada fino alla sala dove riposava
Safet. All'Arcidiavolo si presentò una scena abbastanza
inusuale: demoni, angeli e umani erano tutti silenziosi e in lacrime
intorno a Safet. Indubbiamente,
pensò
Akenet, il
supervisore
sa farsi voler bene.
Gabriel vedendolo entrare
si era alzato in piedi stupito e pronto a combattere, ma Akenet
allargò le braccia in segno di pace. «Sono qui per il
vecchio, non ti agitare!»
«Pensi di poterlo
aiutare?» Domandò Azaele speranzoso. Akenet notò
la somiglianza tra lui e Gabriel e non poté fare a meno di
sogghignare, si strinse nelle spalle e rispose. «Chi pensi sia
più forte tra me e quella mezza sega di Zamesh, cuginetto?»
«Allora, ti prego,
aiutalo prima che sia troppo tardi!» Intervenne Aurora.
Akenet si voltò
verso di lei e la osservò perplesso. «Quindi saresti tu
la compagna umana di Safet? È meglio che esca da qui, non sarà
un bello spettacolo»
«Non ho alcuna
intenzione di abbandonarlo in un momento simile!» Replicò
lei decisa.
«Ottimo, mi mancava
proprio di avere intorno un'umana che strilla isterica mentre cerco
di concentrami!» commentò lui.
«Immagino che ti
abbiano già detto che possiedi gli stessi modi cortesi di un
troll?» ribatté lei passandosi una mano sul viso per
asciugare le lacrime.
Una luce divertita brillò
negli occhi di Akenet. «No. Chissà perché, la
gente tende a evitare di dirmi cose che potrebbero irritarmi»
rispose avvicinandosi al divano.
Ad Aurora sfuggì
un piccolo sorriso mentre si alzava per fargli spazio.
L'Arcidiavolo si sedette
al suo posto e diede uno schiaffetto a Safet che aprì gli
occhi e disse debolmente. «Sarei stato torturato abbastanza per
oggi, Signore. Se non le dispiace eviterei di essere anche
carbonizzato!»
L'Arcidiavolo sorrise,
una delle caratteristiche che apprezzava di più del
Supervisore era che non perdeva mai il suo senso dell'umorismo,
nemmeno nelle situazioni più difficili. «Non ho
intenzione di carbonizzarti vecchio. Ora ti tiro fuori la porcheria
che ti sta divorando, ma ti avverto che ti farà molto, molto
male. Sei pronto?»
«No!» rispose
Safet. «Ma va bene lo stesso, proceda pure».
Akenet ne osservò
il corpo martoriato per qualche istante, poi le dita della sua mano
sinistra si trasformarono in cinque artigli neri e acuminati, gli
salì in grembo e poggiò la mano destra sul suo petto,
infine si concentrò per non pensare al dolore alla spalla e
gli affondò gli artigli nello stomaco.
Safet iniziò a
urlare e tentare di contorcersi ma l'arcidiavolo gli bloccava i
movimenti tenendolo stretto tra le ginocchia e schiacciandolo contro
i cuscini mentre gli rigirava gli artigli nello stomaco. Fiotti di
sangue nero schizzarono da tutte le parti, ma Akenet continuò
a frugargli dentro senza badarci. Improvvisamente sul suo volto
comparve un ghigno soddisfatto, si bloccò per un istante e
infine cominciò a ritirare lentamente gli artigli dallo
stomaco di Safet trascinando fuori un'orripilante creatura nera
dotata di tentacoli ricoperti di ventose piene di aculei. La
creatura si contorceva nel tentativo inutile di liberarsi dalla sua
stretta emettendo versi striduli e sprizzando scintille infuocate.
Quando finalmente Akenet
riuscì a estrarla del tutto dal corpo di Safet, la incenerì
con una fiammata.
Safet, mormorò un
debole «Grazie!» e perse i sensi. Aurora fece per
avvicinarsi, ma l'Arcidiavolo le fece cenno di aspettare. Poggiò
una mano sulla ferita aperta, la massaggiò per qualche istante
e quando fu sicuro di aver riparato il macello interno, la richiuse.
«Adesso puoi
avvicinarti» disse lasciandole il posto al fianco del
supervisore. La professoressa, che non aveva emesso una sillaba per
tutto il tempo che aveva visto il suo compagno urlare e contorcersi,
strinse la mano di Akenet tra le sue in segno di ringraziamento e si
chinò ad abbracciare Safet.
Akenet si avvicinò
a Gabriel e facendo un cenno verso Aurora commentò. «È
in gamba l'umana di Safet!»
«Lo so!»
rispose laconicamente l'Arcangelo. Zio e nipote si guardarono
imbarazzati.
«Mi dispiace che la
tua ferita si sia riaperta» disse Gabriel. «Prima ho
esagerato, scusa!»
L'Arcidiavolo fece
spallucce e guardò lo zio dritto negli occhi «Ho
ripensato alla tua proposta e ho deciso che vi darò una mano a
combattere quei quattro sfigati che vogliono rapire la piccoletta»
«Davvero?»
domandò stupito Gabriel.
«Si,
ma sia chiaro che dopo che li avremo fatti a pezzi sarà Tana
libera tutti»
«Cosa intendi?»
Domandò Gabriel.
«Lo sai cosa
intendo!» Rispose Akenet.
Gabriel esitò.
«Per me va bene.
Tana libera tutti e poi si vedrà!» Rispose debolmente
Safet dal divano.
Gabriel porse la mano al
nipote che la strinse e poi si diresse fuori dal salone. Mentre
usciva lanciò uno sguardo ad Atriel per invitarla a seguirlo e
fece un cenno di saluto a Safet e Aurora. La Professoressa gli
sorrise e non poté fare a meno di pensare che Akenet, con quel
suo passo lento e sicuro di sé e quei modi bruschi ma leali,
le ricordava un leone della savana africana.
Adel osservò
Atriel e Akenet uscire insieme dalla sala. L'Arcidiavolo non l'aveva
più degnata di uno sguardo da quando erano usciti dalla sua
camera. Molto probabilmente non si fidava più di lei e
comunque era abbastanza ovvio che preferisse la compagnia di Atriel
alla sua.
Sospirò
e cercò di trattenere le lacrime. Kafresh se ne accorse, le
circondò le spalle con un braccio e le sussurrò. «Non
piangere, ricordati che tu sei la sua
Palletta!»
«Cosa vuoi dire?»
domandò lei un po' imbarazzata.
«Ma, davvero non
l'hai capito?» ridacchiò lui scompigliandole i capelli
affettuosamente.
«Ehem, buonasera,
voi chi sareste?» domandò Renzo Galletti dietro di loro.
Adel si voltò.
Sulla soglia della sala vide Ariel e Eowynziel. Insieme a loro
c'erano una guerriera dal seno più grande che Adel avesse mai
visto, un'Arcangelo identica a Eowynziel ma dallo sguardo decisamente
più sveglio e un angelo biondo dagli occhi azzurri e le labbra
carnose con una chitarra elettrica appesa sulle spalle.
Razel sorrise. «Sò,
arrivati i rinforzi, finalmente!»
Aveva appena finito di
dirlo che anche un altro Arcangelo varcò la soglia della sala.
Era una guerriera alta più di due metri, dagli occhi verde
smeraldo e i capelli rosso scuro raccolti in una lunga treccia, una
spada dall'elsa finemente decorata pendeva dal suo fianco destro.
Diede un'occhiata a Safet
e commentò. «Tutto bene, marito?»
Nella sala calò un
silenzio imbarazzato.
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Capitolo 22 *** Una notte piena di sorprese - Parte 1 ***
Capitolo
22
Una
notte piena di sorprese – parte prima
Elendiel,
prima e unica "moglie" di Safet, stava dritta come un fuso
al centro della sala della colazione, sovrastando ognuno dei presenti
con i suoi due metri e cinque centimetri. Indossava l'armatura
angelica nella versione leggera costituita da corazza, spallacci,
copri avambracci e schinieri, tutto di titanio dorato. Al centro
della corazza, in corrispondenza del cuore, spiccava lo stemma della
sua armata: due ali angeliche dorate su uno sfondo verde smeraldo, lo
stesso colore della sua veste e degli occhi di Sael. Era stata lei
stessa a crearlo, quando le avevano assegnato il grado di comandante
dell'armata.
Nonostante
tutti gli sguardi dei presenti fossero puntati su di lei,
apparentemente non sembrava né turbata né emozionata.
Solo
l'indice con cui picchiettava l'elsa della spada, che stringeva nella
mano sinistra, rivelava un certo nervosismo dovuto all'attesa di
risposta da parte del suo antico compagno che, ancora debole per le
ferite appena rimarginate, si era preso il tempo di raccogliere le
forze per poi rispondere stancamente «Onestamente ho avuto
giorni migliori, moglie.»
Aurora
trasalì e Elendiel la fissò un istante senza lasciar
trasparire emozioni particolari. Il resto dei presenti non osò
emettere una sillaba.
La
guerriera si rivolse di nuovo a Safet. «Posso chiederti cosa ti
è successo per ridurti in questo deplorevole stato?»
«Vuoi
la spiegazione breve o quella lunga?» rispose lui.
L'Arcangelo
strinse leggermente le labbra, non aveva mai apprezzato l'abitudine
del marito di fare dell'ironia in situazioni che non avevano nulla di
divertente. «Breve ma esaustiva» rispose secca.
Safet
si mise faticosamente a sedere, incrociò le mani sulle
ginocchia e riassunse le sue ultime ore all'Inferno. «Zamesh,
Krastet e Zoel mi hanno teso una trappola e io ci sono caduto come un
imbecille. Sono stato torturato per ore da Zamesh e liberato da
Razel, Azaele e i suoi amici, prima che fosse troppo tardi. Akenet mi
ha salvato la vita strappando fuori dal mio stomaco una sanguisuga
infernale infilata da Zamesh per farmi divorare dall'interno.»
Elendiel
si accigliò.«Akenet ti ha aiutato spontaneamente o
dietro tua richiesta?»
Safet
emise un piccolo grugnito di insoddisfazione. «Capisco che da
una spiegazione breve non si evinca con chiarezza tutto quello che ho
passato nelle ultime ventiquattr'ore, ma almeno un "mi
dispiace che ti abbiano quasi ammazzato"
lo avrei apprezzato!»
Gli
occhi dell'Arcangelo si allargarono leggermente in quello che era il
massimo di stupore che si concedeva di esprimere. «Mi sembrava
ovvio, non vedevo motivo di sottolinearlo.»
Il
supervisore sospirò. Da giovane era stato molto innamorato di
Elendiel, ma la difficoltà di esprimere le emozioni di sua
moglie abbinata a una eccessiva rigidità nell'applicare le
regole angeliche, li aveva progressivamente allontanati, fino alla
rottura definitiva dovuta alla decisione di abbandonare Sael.
Ciononostante, Safet sapeva che Elendiel, a modo suo, lo amava ancora
e amava anche suo figlio; la sua presenza in quella difficile
circostanza ne era la dimostrazione.
«Si,
Akenet è qui», rispose pazientemente, «lui mi ha…
»
L'Arcangelo
lo interruppe. «Ciò non è bene, Akenet è
un Arcidiavolo, la sua presenza qui è una violazione delle
regole.»
Safet
osservò la moglie allibito e con un ampio gesto del braccio
indicò tutti i presenti in sala. «Non so se lo hai
notato, ma tutta questa situazione è contro le regole,
compreso il fatto che tu ti stia mostrando a degli umani!»
Elendiel
fu scossa da un impercettibile sussulto. Diede una veloce occhiata di
sbieco a Yetunde, Renzo e gli altri umani presenti, quindi riportò
la sua attenzione su Safet. Non prima, però, di soffermarsi un
istante su Sael che la osservava con gli occhi lucidi.
«Non
ero stata informata della loro presenza, avrò modo di chiarire
questo aspetto» spiegò, lanciando uno sguardo di
rimprovero ad Ariel che abbassò gli occhi imbarazzato.
«Posso
chiederti in quale veste sei venuta?» domandò Safet.
«Cosa
intendi?»
«Sei
qui per aiutare o per punire?»
Lei
esitò un attimo. «Al momento per comprendere la
situazione. Mi riservo di valutare se e come aiutare, qualora ne
ravvisi la necessità»
Safet
sospirò. «Eli…»
«Non
amo quel diminutivo e, cortesemente, potresti riprendere il tuo vero
aspetto? Mi disturba avere di fronte una persona che ti somiglia
molto ma che non sei tu!»
«Conta
così tanto il mio aspetto? Non dovrebbe essere più
importante la sostanza?» domandò lui amaramente.
Lei
strinse le labbra in un accenno di stizza. «Non sei nella
posizione di farmi lezioni di morale e sai perfettamente quanto mi
infastidisca che la realtà venga modificata a proprio
piacimento, per cui te lo chiedo nuovamente, potresti riprendere il
tuo vero aspetto, Safael?»
Aurora
intuì che per Elendiel, chiamare Safet con il suo nome di
Arcangelo era stato un modo per sottolineare sia la considerazione
che aveva per lui, sia la reale necessità di vederlo con il
suo vero aspetto. Intuendo che Safet esitava ad esaudire la richiesta
della sua antica moglie per non mettere lei a disagio, gli sussurrò.
«Guarda che per me non è un problema».
Lui
le prese una mano e gliela strinse per offrirle un ringraziamento
silenzioso.
Ovviamente
nessuna delle due cose sfuggì a Elendiel che comunque rimase
impassibile.
Safet
emise un lungo sospiro al termine del quale i presenti ebbero modo di
ammirare un demone decisamente bello, apparentemente intorno alla
quarantina, con folti capelli biondo ramati, occhi grigi e un naso
ben disegnato e ricoperto da una spruzzata di minuscole lentiggini.
«Apperò,
che manzo!» sfuggì ad Alissa a mezza voce.
«Suppongo
di poterlo interpretare come un complimento, Signorina Alissa!»
commentò Safet, scatenando l'ilarità di tutti i
presenti, ad eccezione di Elendiel che comunque non riuscì a
trattenere un mezzo sorrisetto.
«Si,
cioè.. Certo.. Mi scusi, ma come fa a sapere come mi chiamo?»
balbettò la ragazza che avrebbe voluto sprofondare per
l'imbarazzo.
Yetunde
alzò gli occhi al cielo. «Che domande fai, è un
demone!»
Safet
ridacchiò. «Io sarò anche un demone ma tu, poco
fa, quando siamo entrati in sala ti sei rivolto a tua sorella
chiamandola per nome. E non chiedermi come faccio a sapere che siete
fratello e sorella… siete praticamente uguali!»
Yetunde
arrossì vistosamente e decise che era meglio stare zitto e
evitare ulteriori figure imbarazzanti.
«Sentite,
visto che ormai si è fatto tardi, che ne dite di aiutarmi a
preparare la cena, mia sorella stamattina ha fatto la spesa, abbiamo
il frigorifero pieno di bistecche e braciole!» propose Renzo,
per venire in soccorso dei due ragazzi che gli ispiravano una
notevole simpatia.
«Me
sembra un'ottima idea, francamente è stata 'na giornata
piuttosto faticosa e due o tre bistecche de manzo ce starebbero bene
'na cifra!» commentò Razel allegramente
«Voi…
mangiate carne?» gli domandò perplessa Elendiel.
«Eli...»
L'Arcangelo sentendosi appellare con il diminutivo che aveva appena
chiesto di non usare, lo fulminò con lo sguardo, ma lui non se
ne preoccupò minimamente. «Te ricordo che qua dentro
semo in maggioranza demoni e umani, che ce dovremo magnà,
secondo te?»
«Io
veramente sarei vegana» specificò Alissa un po' a
disagio.
Razel
le rivolse uno sguardo costernato. «Te sei appena guadagnata il
Paradiso, regazzina, perché qualunque peccato commetterai
nella vita tua, all'Inferno nun te ce voglio!»
La
battuta di Razel diede il via a una seconda ondata di risate che
contribuì a far scomparire del tutto la tensione accumulata
nelle ultime ore.
Renzo
si avvicinò ad Alissa per rassicurarla. «Non
preoccuparti, abbiamo tutti i tipi di menu anche quello vegano.»
#
Atriel
osservava Akenet severamente. Erano seduti entrambi sul letto, uno di
fronte all'altra. Lui con la schiena poggiata al muro e lei, più
piccola, contro lo schienale, piuttosto basso.
«Che
hai da guardarmi così?» brontolò l'Arcidiavolo.
«Mi sembrava che piangessi come una fontana davanti al tuo
daddy ferito a morte.
Pensavo fossi contenta che l'abbia reso di nuovo disponibile!»
«Figuriamoci
se perdi un'occasione per fare l'imbecille!» ribatté
lei.
Akenet
fece un sorrisetto condito da un'espressione del tipo Embè,
che ho detto di male?
«Safet
non è mai stato il tipo da farsi storie con le studentesse e
tanto meno il tipo che tradisce la sua compagna.»
«Infatti,
francamente non si capisce cosa ci faccia all'Inferno!»
«Lo
sai benissimo cosa ci fa! In ogni modo hai ragione, sono contenta che
lo abbia aiutato, non si meritava di morire in quel modo.»
«E
allora perché mi hai messo il muso? Sei contraria a questa
momentanea alleanza con mio zio?»
Lei
sbuffò e gli si sedette accanto. «Ma sei davvero così
tonto o lo stai facendo apposta?»
Lui
la guardò senza capire.
«E
dai, Kenni, ma non ti sei accorto che la tua segretaria ha un enorme
debole per te? Per la miseria le è crollata la faccia quando
anziché chiedere a lei di seguirti in camera, lo hai chiesto a
me!»
«Non
dire fesserie, Etty. Palletta non è tipa da una botta e via!»
Atriel
scosse la testa. «Non intendevo quello e comunque... Io invece
sì?»
Ora,
tu puoi anche essere uno degli Arcidiavoli più temuti
dell'Inferno, il Secondo in comando di Lucifero in persona, nonché
il Responsabile del Nono Girone, ma se una donna o, in questo caso
specifico, una demone, con cui hai un qualsivoglia tipo di relazione
intima, ti guarda con quell'espressione e ti fa una domanda con quel
tono di voce, tu capisci di aver pestato una merda.
Esattamente
come Akenet, che cercò di rimediare in qualche modo. «N
.. no… ma che c'entra! Io e te siamo amici da tutta la vita,
facciamo sesso perché ci sta bene così!»
Atriel
rise e gli diede un buffetto affettuoso su una guancia. «Adoro
quando riesco a farti balbettare!»
Lui
la guardò con gli occhi sottili e rossi per un istante, poi
sorrise, la tirò accanto a sé e le passò il
braccio sano intorno alle spalle. «In ogni modo ti ho chiesto
di seguirmi perché volevo chiederti cosa sai dell'alleanza tra
Zamesh e quei due cretini di Zoel e Krastet.»
Lei
gli strinse la mano che le penzolava sulla spalla e rispose.
«Purtroppo non so niente oltre a quello che immagino ti abbia
già detto Adel: Safet è stato catturato per loro ordine
e torturato da Zamesh, più per il gusto di farlo che per una
reale necessità.»
Akenet
sbuffò. «Hanno liberato uno dei miei dannati che odia
Azaele e lo hanno messo al comando di un gruppo di demoni che
stamattina ha attaccato con l'obiettivo di ammazzare tutti e rapire
la bambina strappandola dal ventre della sua compagna!»
Atriel
inorridì. «Ma è spaventoso ed è anche una
pessima notizia per te. Zamesh deve essersi alleato con loro, per
tentare nuovamente di usurparti il trono del Nono
Girone!»
«È
quello che penso anche io. Devi andartene, Atriel, tra non molto
attaccheranno di nuovo, non voglio coinvolgerti!»
«Sono
già coinvolta, Kenni, e non ho intenzione di starne fuori!»
«Etty…»
«Non
insistere, ho già deciso. La volta scorsa sono stata al tuo
fianco, dalla parte sbagliata, ora ho l'opportunità di
rimediare ai miei errori stando di nuovo al tuo fianco, ma dalla
parte giusta!»
Akenet
poggiò la nuca contro il muro. «Chi ti dice che stavolta
siamo dalla parte giusta?»
Lei
sorrise. «Gabriel, Safet e Razel che combattono insieme per
proteggere Azaele e la sua famiglia.»
«Forse»
commentò lui. «In ogni modo non ho intenzione di
rinunciare a prendermi la figlia di Azaele. È troppo
importante per noi!»
Atriel
lo guardò scandalizzata. «Non puoi fare una cosa del
genere a tuo cugino!»
Akenet
si rabbuiò. «Sono un Arcidiavolo. Il mio dovere è
cercare di liberare la nostra gente dalla schiavitù
dell'Inferno!»
«Ma
lo sai benissimo che è una fesseria, un mito a cui non crede
nessuno!»
«Ti
sbagli. La maggior parte dei demoni ci crede, sono davvero convinti
che un giorno un ibrido mezzo umano e mezzo demone li libererà
dalla condanna eterna!»
Atriel
allontanò la schiena dal muro e si girò verso l'amico.
«È solo un mito, rapire un innocente non migliorerà
in alcun modo la nostra vita. Ti prego Kenni, non fare una cosa così
tremenda ad Azaele. Lui non lo accetterà e finirete per
combattere tra voi!»
Akenet
non rispose e Atriel continuò, sempre più preoccupata.
«Kenni, per favore, Azaele somiglia a suo padre: sembra uno
svampito ma è un guerriero in gamba. Tu però sei molto
più forte. Lui non si arrenderà mai e finirai per
doverlo uccidere. Vuoi davvero aggiungere questo peso a tutti gli
altri che già devi sopportare? E hai pensato a come reagirà
tuo zio Gabriel? E se finiste per ammazzarvi a vicenda?»
Lui
diede un pugno sul muro e commentò rabbiosamente. «Non
mi interessa come reagirà zio Gabriel, te lo ripeto sono un
Arcidiavolo, ho dei doveri!»
Lei
si alzò dal letto irritata ma prima di andarsene fece un
ultimo tentativo per far cambiare idea all'amico. «Pensi
davvero di avere dei doveri o credi piuttosto che per continuare a
meritare il trono di Secondo in Comando, devi dimostrare a Lucifero
che puoi essere crudele quanto Zamesh?»
La
domanda colpì nel segno. «Non ho bisogno di dimostrare
niente a nessuno, ho avuto quel trono perché me lo sono
meritato!» rispose freddamente Akenet.
«E
allora non comportarti come se avessi paura di essere giudicato
debole, Kenni! Comportarsi in modo onorevole è una
dimostrazione di forza e non di debolezza, ricordi? Me lo ha
insegnato un ragazzino dagli occhi color pervinca molti millenni
fa!»
«Quel
ragazzino ha smesso di esistere quando i suoi occhi sono diventati
completamente neri e bui!» Rispose lui amaramente.
Lei
non aggiunse altro, si limitò a scuotere la testa e uscire
dalla camera chiudendosi dietro la porta.
Mentre
attraversava il corridoio sentì delle voci allegre,
incuriosita le seguì fino ad arrivare nella “sala da
pranzo” dove angeli, demoni e umani avevano appena finito di
apparecchiare tutti insieme e si stavano preparando a cenare. Cercò
con lo sguardo una persona in particolare. «Forse
lei riuscirà a farlo ragionare» pensò
speranzosa.
#
Adel
vide Atriel rientrare nella sala della colazione scura in volto e si
chiese cosa potesse essere successo. Sospirò, pensando che in
fondo non erano fatti suoi e che se Akenet e Atriel stavano insieme
lei avrebbe dovuto farsene una ragione. Che poi era meglio così,
non bisognava mischiare lavoro e sentimenti, non era…
Professionale.
Si
girò verso Ariel e gli chiese se poteva passargli una
braciola. Ariel le sorrise e avvicinò il vassoio con la carne.
Lui e Adel avevano scambiato due chiacchiere mentre apparecchiavano e
l'angelo si era un po' stupito nel rendersi conto che pur essendo una
demone la trovava molto simpatica e, cosa che non guastava,
decisamente carina.
La
piccola demone stava per apprestarsi ad assaggiare la braciole quando
si sentì picchiettare su una spalla. Con sorpresa vide che si
trattava di Atriel che le domandò sorridendo «Possiamo
parlare un momento?»
«È
urgente? Ho appena cominciato a cenare!»
«Abbastanza!»
«Ok!»
Adel
si alzò e seguì Atriel in giardino preparando
mentalmente il discorso in cui negava decisamente qualsiasi interesse
sentimentale nei confronti di Akenet.
Quando
furono lontane da orecchie indiscrete, Atriel si fermò e le
domandò gentilmente «Potresti portare da mangiare ad
Akenet? È ancora un po' debole e poi non credo sia dell'umore
per unirsi a questa baraonda.»
Adel
sospirò di sollievo, forse era riuscita a nascondere
abbastanza bene i suoi sentimenti!
«Vuole
mangiare subito o pensi che possa finire la mia cena?»
«Finisci
pure, ma non farlo aspettare troppo. Lo conosci. Si irrita
facilmente»
La
piccola demone annuì timidamente.
«A
proposito, quando sei lì prova a parlargli, è
arrabbiato per essere stato ferito e catturato da Gabriel e sta
dicendo un mucchio di sciocchezze, sono sicura che tu puoi riuscire a
farlo ragionare.»
Adel
arrossì senza rendersene conto. «Io?»
Atriel
ridacchiò dentro di sé.
«Chi
altro? Si tratta di cose di lavoro, sai tutte quelle stupidaggini
sull'Alfiere del male. Si è fissato che quando nascerà,
deve rapire la figlia di Azaele! Figurati, Gabriel e Safet non glielo
permetteranno mai, finirà per farsi ammazzare!»
Adel
sbiancò, non si era mai resa conto che il rapimento della
bambina avrebbe portato inevitabilmente a un duro scontro tra Akenet
e Azaele e che qualcuno sarebbe potuto morire.
Atriel
si accorse del turbamento di Adel e cercò di consolarla e allo
stesso tempo incoraggiarla.
«Tu
sei la collaboratrice di cui si fida di più, se proverai a
farlo ragionare. Ti ascolterà.»
«Lo
credi davvero?»
«Ne
sono sicura!» rispose Atriel sorridendo. «Dai, ora
andiamo a mangiare, questo profumino di bistecche arrosto ha fatto
venire fame anche a me!»
Le
due demoni tornarono in sala da pranzo. Atriel cercò un posto
libero e Kafresh le sorrise indicando una sedia vuota accanto a lui.
Accettò volentieri l'invito. Il demone idraulico era
decisamente un bel ragazzo e aveva anche uno sguardo sveglio,
cosa che all’Inferno non era molto comune.
«Tutto
bene tra te e Adel?» domandò Kafresh un po' preoccupato.
«Certo
perché?» domandò lei sorpresa.
«Ho
visto che parlavate e visto quello che c'è tra te e
Akenet...»
«Cosa
c'è tra me e Akenet?» domandò lei infilzando un
boccone di carne con la forchetta e rigirandolo un po' prima di
infilarlo in bocca.
Kafresh
non si lasciò smontare. «Guarda che ce li ho, gli occhi,
anche se mi faccio gli affari miei.»
Atriel
iniziò a masticare il boccone e rispose con la bocca piena.
«Sicuramente farsi gli affari propri è una buona
abitudine. Tu e Adel siete amici?»
«Recentemente
mi ha salvato la vita, e si, siamo amici. Mi dispiacerebbe se dovesse
passare qualche guaio perché qualcuno è geloso di lei!»
La
demone rise. «Io e Akenet siamo molto più che amanti,
biondino. Siamo amici da tutta la vita.»
«E
questo cosa significa?» domandò Kafresh.
«Che
sarei felice se avesse finalmente la persona giusta al suo fianco!»
Il
demone la guardò incerto.
«Quei
due hanno bisogno di un piccolo aiutino, non credi?» suggerì
lei con un sorriso malizioso.
«E
tu hai deciso di dare una mano?»
«Esattamente!»
rispose Atriel inghiottendo il suo boccone mentre osservava
soddisfatta Adel preparare un vassoio con alcune bistecche e braciole
e un bicchiere di vino.
#
Adel
entrò nella camera di Akenet «Le ho portato qualcosa da
mangiare, Signore!»
«Poggialo
lì!» Ordinò l'Arcidiavolo indicando un comodino a
lato dell'ampio letto matrimoniale.
Adel
poggiò delicatamente il vassoio.
Akenet
notò che sembrava stanca e un po' triste e soprattutto non
riusciva a guardarlo negli occhi. Lo trovò strano, Adel
nonostante la timidezza non aveva mai evitato di sostenere il suo
sguardo, era una cosa che gli era sempre piaciuta di lei. Ripensò
a quello che aveva detto Atriel e cercò di mostrarsi gentile.
«Che
hai?» Domandò.
Adel
si passò velocemente una mano sul viso sperando che il suo
capo non avesse notato la lacrima furtiva che le era scivolata lungo
una guancia, ma che in realtà lui aveva visto benissimo.
«È
colpa mia se è stato ferito, avrei dovuto avvertirla che stava
arrivando Gabriel, ma lui è stato così veloce e io…,
io non ricordavo che gli Arcangeli fossero tanto veloci, la capisco
se non si fida più di me» rispose avvilita.
Akenet
fece spallucce. «Non è colpa tua. Gabriel è un
guerriero estremamente forte. Non è detto che sarebbe andata
diversamente se mi avessi avvertito e comunque è stato proprio
il fatto di essere stato preso alla sprovvista che mi ha salvato.
Vedermi a terra ferito lo ha trattenuto dall'ammazzarmi»
ammise.
Adel
si stupì, era la prima volta che sentiva il suo capo parlare
di qualcuno con tanto rispetto.
«Ora
si sente meglio?»
«Si, la ferita si è quasi rimarginata del tutto.»
«Ne
sono felice» disse Adel e poi dopo un attimo di esitazione
aggiunse «Se la sente di parlare?»
L'arcidiavolo
sbuffò. «No. Sono stanco. Potrai aggiornarmi domani
mattina.»
Adel
non osò insistere. «Allora, se non ha bisogno di altro,
io andrei.»
Akenet
la osservò mentre lo guardava con quel sorriso dolce e un po'
timido; il suo sguardo si soffermò sulle piccole mani che non
gli sarebbe affatto dispiaciuto se lo avessero accarezzato
dappertutto. Ancora meno gli sarebbe dispiaciuto sentire il corpo
morbido di Adel stretto contro il suo.
Pensandoci
bene si rese conto che aveva effettivamente bisogno di altro da lei,
più esattamente di averla con sé sotto le lenzuola.
«Aspetta!»
Adel
lo guardò in attesa.
Lui
si sedette sul bordo del letto e grattandosi una guancia per
nascondere un leggero imbarazzo rifletté sul modo migliore per
proporle di restare. Non voleva spaventarla e nemmeno che si sentisse
obbligata solo perché era il suo capo.
Alla
fine optò per introdurre l'argomento con un generico «Posso
farti una domanda un po' personale, Palletta?»
Adel
ne rimase stupita e anche un po' lusingata. Akenet non si era mai
interessato della sua vita privata. «Ma certo, Signore!»
L'Arcidiavolo
fece vagare lo sguardo per la camera per qualche istante, tossichiò
incerto, e infine si decise. «Ti andrebbe di scopare?»
Adel
diventò paonazza e balbettò «Po… potrebbe
circostanziare meglio la domanda, Signore?»
Lui
si protese verso di lei, la afferrò delicatamente per i
fianchi e la avvicinò a sé. «Ti andrebbe di
scopare. Con me. Su questo letto. Adesso. Così è
abbastanza circostanziata?»
«Decisamente
si. Signore!» rispose lei ancora imbarazzata.
«E
quindi…?» Domandò lui con un tono di voce che
tradiva una certa aspettativa.
Adel
spostò lo sguardo sul letto matrimoniale, decise che le
lenzuola di seta color crema non erano fondamentali, tornò sul
bellissimo viso di Akenet e rispose timidamente. «Bé…
si!»
Quindi
lo avvolse in un tenero abbraccio e lo sorprese con un arrapantissimo
bacio alla francese.
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Capitolo 23 *** Una notte piena di sorprese - Parte 2 ***
Capitolo
23
Una
notte piena di sorprese – Parte 2
La
cena era quasi finita quando Sael cedette all'emozione. Per tutta la
sera aveva aspettato che Elendiel dimostrasse un minimo di
considerazione nei suoi confronti, ma lei non si era mai avvicinata,
né gli aveva fatto capire di volergli parlare. Si era limitata
ad aiutare ad apparecchiare e a mangiare, senza particolare
entusiasmo, un po' di insalata.
Non
riuscendo più a sopportare di essere snobbato da sua madre, si
alzò in piedi di scatto e abbandonò la tavola
dirigendosi in giardino.
Michele
lo seguì, mentre Safet rivolse un sguardo di rimprovero alla
moglie.
«Non
ce la faccio più», si lamentò Sael, «Ma che
razza di madre ho? Ora capisco perché tra lei e mio padre è
finita. Come si fa a stare insieme a un simile pezzo di ghiaccio?»
Michele
lo abbracciò e cercò di consolarlo. «Non
prendertela, considera che questa situazione non è facile
neanche per lei. Non ti ha più visto da quando ti ha affidato
al tuo tutore, si trova in mezzo a un'alleanza di demoni, umani e
angeli totalmente fuori da ogni regola celestiale o infernale e come
se non bastasse, il suo antico marito ha scelto un'umana come
compagna!»
Sael
si sciolse dall'abbraccio e non poté fare a meno di
sogghignare. «Forse le risulterebbe tutto più semplice
se la piantasse di fare la principessa sul pisello!»
«Non
ho idea di cosa intenda, ma posso assicurarti che l'unico utilizzo
che faccio dei legumi è mangiarli!» osservò
Elendiel comparendo all'improvviso al loro fianco.
Sael
ammutolì mentre Michele dovette fare uno sforzo per non
scoppiare a ridere. A differenza del suo ragazzo si era reso conto
che quella dell'Arcangelo non era stata una battuta sarcastica ma una
precisazione.
Elendiel
gli si rivolse leggermente infastidita perché non aveva capito
cosa lo avesse fatto sorridere. «Ti dispiacerebbe lasciarci
soli?»
Michele
strinse una spalla di Sael per dargli coraggio e volò sul
tetto del B&B.
Elendiel
e Sael rimasero in silenzio per un po'. Dal giardino si alzava il
canto dei grilli e dalla sala arrivava il rumore delle chiacchiere e
delle risate dei suoi amici. A un certo punto afferrò una
battuta di Razel. «Ma che, vi è andato il prosciutto
sugli occhi? Nun avete visto che quei due se magnavano con lo
sguardo?» Gli sembrò di sentire Ariel ribattere qualcosa
e si chiese di chi stessero parlando.
Elendiel
interruppe i suoi pensieri. «Hai delle domande da farmi,
figlio?»
Sael
raccolse tutto il coraggio che poteva e domandò. «Ti è
mai importato qualcosa di me?»
«Sembra
che tu e tuo padre abbiate lo stesso problema riguardo ai miei
sentimenti» rispose lei perplessa. «Comunque, sì.
Mi sembra ovvio, sono tua madre!»
«Non
è affatto ovvio, Madre! Quando mai hai dimostrato di volermi
bene? Non ci sei mai stata, mai!»
Elendiel
incrociò le braccia sul petto. «Prima di affidarti al
tuo tutore, ci sono stata. Poi non ho potuto, avevo fatto un voto. Ma
mi sono sempre tenuta informata.»
«Ti
sei tenuta informata?» disse Sael rabbiosamente. «Ma ti
rendi conto di quello che dici? E secondo te, tenersi informata è
una dimostrazione d'affetto?»
«Te
l'ho detto avevo fatto un voto, non potevo fare di più.»
Sael
calciò rabbiosamente dei sassolini facendoli schizzare da
tutti le parti. «E allora perché sei qui ora? Cosa è
cambiato, che papà ha un'altra e questo ti ha fatto incazzare?
Be sai che c'è, te lo sei meritato!»
Sua
madre aggrottò leggermente le sopracciglia. «Tuo padre è
libero di stare con chi vuole, inoltre ha scelto una buona compagna.
Sono tornata perché…» si interruppe come se
stesse cercando le parole giuste.
Sael
la incalzò facendo un passo in avanti «Perché?»
«Perché
le cose sono un po' cambiate negli ultimi tempi.» Sael la
guardò senza capire. «Ho compreso che forse non è
stata del tutto corretta la scelta di affidarvi a dei tutori.»
«Oh,
e da cosa lo hai intuito?»
Elendiel
non colse, o forse finse di non cogliere, l'ironia del figlio. «Ha
causato troppa sofferenza perché potesse essere una decisione
giusta.»
Sael
non seppe cosa rispondere e sua madre continuò a spiegare.
«Purtroppo non avevamo alcuna esperienza e non pensavamo che i
genitori fossero così importanti. Abbiamo ritenuto che farvi
crescere come il resto della comunità angelica ve ne avrebbe
fatto sentire parte integrante molto più che se foste stati
allevati in modo differente.»
«Non
è quello che hanno detto mio padre e Gabriel!» Sbottò
Sael.
«Cosa
ti hanno detto?»
«Che
occuparci di noi stava rubando tempo ai vostri impegni celestiali!
Hanno mentito?»
Elendiel
per la prima volta cedette a un minimo di emozione e i suoi occhi
diventarono leggermente umidi. «No, è vero, c'era anche
quel problema. Era difficile conciliare le due cose e ci sentivamo in
colpa per non riuscire a dedicare le giuste attenzioni né a
voi né al Padre. Col senno di poi, ho capito che non avevamo
colto il suo messaggio.»
«Cioè?»
«Che
i figli sono più importanti di ogni altro impegno e che i
genitori devono trovare il giusto equilibrio tra impegni di lavoro e
figli. Ti chiedo perdono Sael, ho commesso un grave errore e tu ne
hai subito le conseguenze.»
Sael
era sbigottito, non si aspettava una simile ammissione da parte di
sua madre. «Che cosa ti ha portato a cambiare idea?»
«Te
l'ho detto, abbiamo causato troppa sofferenza. Quasi tutti voi figli
vi siete ribellati e siete finiti all'Inferno e Galadriel non c'è
più.» L'arcangelo si interruppe e fissò il cielo
stellato con espressione triste. «Non sarebbe successo se il
dolore per aver rinunciato ad Azaele non l'avesse indebolita.»
«Eravate
amiche?» domandò Sael sorpreso.
«Si.
Come sono amici tuo padre e Gabriel, così eravamo amiche anche
io e Galadriel. Avrei dovuto ascoltarla.» Elendiel rimase in
silenzio per qualche istante, i suoi occhi erano tristi e Sael capì
che sua madre stava pensando all'amica scomparsa.
Infine
l'Arcangelo si girò verso la porta a vetri e indicò la
tavolata permettendo alle sue labbra di distendersi in un
impercettibile sorriso. «E poi mi ha fatto riflettere anche la
testardaggine di Azaele nel voler difendere la sua famiglia
nonostante tutto sia contro questa decisione. Il figlio di Gabriel,
nonostante la sua indole indisciplinata, per la seconda volta è
riuscito a impartirmi una lezione di umiltà. Ma questa volta
ritengo di poter affermare che sarà l'ultima.»
Sael
sorrise speranzoso. «Significa che ci aiuterai?»
«Si,
figlio. Vi aiuterò» rispose Elendiel, accarezzando
dolcemente una guancia di Sael che al contatto con la mano calda di
sua madre non riuscì a trattenere le lacrime.
«Che
succede, non sei felice della mia decisione?» domandò
lei senza capire.
«È
esattamente il contrario, Madre. Piango perché sono felice che
tu sia tornata» rispose lui stringendola tra le sue braccia.
Elendiel dopo un primo momento di imbarazzo, capì che doveva
rispondere all'abbraccio e, per quanto fosse un po' impacciata,
riuscì perfino a poggiare delicatamente il capo sui capelli
rosso scuro di suo figlio.
«Madre,
cosa intendevi quando hai detto che Azaele ti ha impartito una
lezione di umiltà per la seconda volta... quando è
stata la prima?»
Elendiel
si sciolse dall'abbraccio del figlio. «Quando Azaele, che tutti
consideravamo indisciplinato e ribelle, ha dimostrato di essere degno
del Paradiso proprio perché ha scelto di andare all’Inferno»
«Non
capisco, che significa: ha scelto?»
«Davvero
non lo sai?»
«No,
non ho idea di cosa tu stia parlando.»
Elendiel
rifletté per qualche istante, chiedendosi se fosse giusto
mettere suo figlio al corrente del “segreto” di Azaele.
«Forse sto commettendo un errore, ma d'altra parte sei il
ragazzo di Michele, quindi è giusto che conosca la verità.»
#
Michele
aveva deciso di non rientrare in sala, la gita all'Inferno aveva
messo a dura prova sia il suo fisico che la sua mente. Sentiva il
bisogno di stare un po' da solo e godersi il silenzio della notte.
Raggiunto il tetto però si accorse immediatamente di non
essere stato l'unico a desiderare di appartarsi: poco più in
là, due figure di cui riconobbe subito le sagome, parlavano a
bassa voce. Erano talmente impegnate nella chiacchierata da non
accorgersi dell'arrivo dell'angelo.
Michele
non era solito farsi gli affari altrui ma avendo riconosciuto Yliel e
Gabriel non riuscì a reprimere la curiosità. Cosa mai
potevano avere da dirsi la sua ex e il padre di Azaele? Si nascose
dietro un camino e, seppur leggermente a disagio, cominciò ad
ascoltare la loro conversazione.
«È
solo di un'ombra e di un pensiero che sei innamorata, Yliel.
Perdonami, ma non posso darti quello che cerchi!» disse
Gabriel.
«Ma
sei serio?» rispose lei allibita.
«Si,
perché?»
«Ma
scusa io ti apro il mio cuore, rischiando di perdere il mio status di
Arcangelo e confessando ciò che provo per te, e tu mi rifili
la friendzonata più clamorosa di tutta la letteratura fantasy?
Ma veramente pensavi che non me ne sarei accorta?»
Gabriel
annaspò cercando di trovare una giustificazione.
«Lascia
stare, ho sbagliato io a illudermi, d’altra parte, sei pur
sempre il padre di Azaele!» disse lei chiudendo il discorso
rabbiosamente e volando via furiosa.
«Yliel,
ti prego, non andartene!» La richiamò lui, mortificato.
Lei
ritornò giù, incrociò le braccia e attese
guardandolo severamente.
«Mi
dispiace, davvero. Non volevo prendermi gioco dei tuoi sentimenti, è
che non so come spiegarmi.»
«Sei
l'Arcangelo incaricato di parlare a nome del Padre, l'unico in grado
di riferire i suoi messaggi a tutto il Creato, ma non sei in grado di
spiegare ciò che pensi tu?»
Gabriel
accusò il colpo e abbassò lo sguardo per qualche
istante. Quando lo riportò sul viso di Yliel la sua
espressione era diventata più decisa.
«Va
bene, hai ragione meriti una risposta onesta anche se so che ti
ferirà. Yliel, io ti sono molto affezionato, ma il sentimento
che desideri che io provi per te, perdonami, ma io continuo a
provarlo per Galadriel. Mi rendo conto che può sembrare
assurdo, ma io la amo ancora e dentro di me sono convinto che un
giorno la rivedrò!»
«Lei
non c'è più e non tornerà. Vuoi davvero amare
per sempre un ricordo?» domandò amaramente Yliel.
L’Arcangelo
mosse impercettibilmente le ali candide e tra le sue piume Yliel
potè scorgere dei bagliori azzurrini accendersi e spegnersi.
«Non riesco a farne a meno. Mi dispiace.»
«Capisco.
Perdonami, Gabriel. Non ti importunerò più!»
concluse lei voltandogli le spalle e volando via affranta.
Gabriel
la guardò allontanarsi, afflitto. Non sopportava fare del male
a chi lo amava, ma sapeva di aver fatto bene a dirle la verità.
Continuare a lasciarle l'illusione che un giorno i suoi sentimenti
sarebbero potuti cambiare, sarebbe stato profondamente ingiusto.
Michele
raggiunse Yliel, furibondo. «Mi spieghi cos’era quella
confessione a Gabriel? Ma scusa, millenni fa non hai rotto con me
perché gli Arcangeli hanno fatto voto di castità e
tutte quelle balle lì?»
Yliel
che non si aspettava di veder saltar fuori il suo ex e tanto meno che
la sua conversazione privata fosse stata ascoltata, ebbe un attimo di
sconcerto da cui si riprese applicando la strategia secondo cui la
miglior difesa è l'attacco. «Come ti sei permesso di
origliare una conversazione privata?»
La
domanda posta così a bruciapelo ottenne il risultato sperato:
Michele si sentì immediatamente in dovere di giustificarsi. «È
stato un caso, ero volato sul tetto perché dopo quello che ho
passato all'Inferno, avevo bisogno di un po’ di pace.»
Yliel
notò che aveva ancora delle profonde occhiaie nere e si
dispiacque di averlo aggredito in quel modo, aveva sfogato la sua
frustrazione su Michele che non aveva alcuna colpa se Gabriel non
corrispondeva i suoi sentimenti. Atterrò accanto a una siepe e
gli fece cenno di raggiungerla. «Mi dispiace che abbia sentito
la nostra conversazione. Credimi non è qualcosa che ha a che
fare con te e ti assicuro che per molti millenni è stata dura
andare avanti senza averti accanto perché nonostante mentre
svolgevo i miei compiti di Arcangelo mi sentissi serena, non appena
terminavo il mio lavoro i miei pensieri tornavano alla nostra storia
e a come eravamo felici insieme. In quei momenti mi prendeva una
terribile tristezza e la convinzione di non essere un buon Arcangelo,
di non meritarne il grado. Gabriel era il mio mentore, il mio
Maestro, è stato naturale per me rivolgermi a lui per
parlargli dei miei dubbi e avere un suo consiglio e un po’ alla
volta il sentimento di rispetto e di amicizia che provavo per lui si
è trasformato in qualcosa di più profondo.»
Yliel
si interruppe per passarsi una mano sulle guance e asciugare le
lacrime che non riusciva più a trattenere. «Tra l'altro
mi ha in qualche modo fatto capire che lui e Galadriel non avevano
mai rinunciato ad amarsi in modo “completo” e che erano
convinti che il Padre non fosse d'accordo con le scelte compiute
dagli Arcangeli ma le avesse rispettate per via del libero arbitrio.»
Michele
la guardò stupefatto, aveva sempre dato per scontato che gli
Arcangeli fossero tutti d'accordo sul rimanere casti. «Aspetta,
vuoi dire che i genitori di Aza, hanno continuato ad amarsi in modo
più che platonico?»
Yliel
non riuscì a evitare una risatina. «Sei sempre il solito
ingenuo. Non credo che oltre a te, ci fossero molti altri angeli che
credevano alla castità di Gabriel e Galadriel.»
Michele
arrossì.
«In
ogni modo, sono convinta che Gabriel e Galadriel avessero ragione.
Che senso ha rinunciare all’amore, se una simile scelta ci
rende tanto infelici? Possiamo essere degli ottimi Arcangeli anche
avendo al nostro fianco qualcuno che amiamo. Guardati, sei un ottimo
Angelo, stimato e rispettato, eppure hai scelto un demone infernale
come compagno!»
«Io,
sono solo un angelo comune, non ho le stesse responsabilità di
un Arcangelo» ribatté Michele.
Un
fruscio dentro la siepe attirò l'attenzione di entrambi. Si
scambiarono uno sguardo d'intesa e si lanciarono di scatto tra i
rami. Un’ombra si mosse velocemente cercando di fuggire, ma
Yliel le tagliò la strada e Michele la bloccò
stringendola tra le braccia.
«Lasciami!»
si lamentò la prigioniera, cercando di divincolarsi. Era una
demone di media statura, con un caschetto di capelli neri e una
divisa altrettanto nera con una banda rossa ai lati dei pantaloni.
«E
tu chi sei, come hai fatto a superare la barriera?» domandò
Yliel minacciosa.
«Mi
chiamo Aluarel e non so di che barriera stiate parlando, sono qui per
incontrare Lord Safet!»
«Cosa
vuoi da lui? Non vi è bastato che Zamesh lo abbia quasi
ammazzato? Volevi finire il suo lavoro?»
«Neanche
per sogno, io odio Zamesh e mi dispiace che Lord Safet abbia dovuto
subire tutte quelle torture! Non voglio lavorare mai più per
quel sadico pazzoide, è per questo che sono qui! Vi prego,
credetemi!» rispose la demone.
«Che
ne pensi?» domandò Yliel rivolgendosi a Michele.
«Che
potrebbe essere sincera. Elena ha creato la barriera per tener fuori
i nemici e se questa demone è riuscita ad attraversarla, forse
non ha intenzioni ostili.»
Michele
e Yliel entrarono in sala scortando Aluarel.
«Dov'è
Safet? Questa demone chiede di lui» domandò Yliel
guardandosi intorno.
«È
uscito a conversa’ con Dante Alighieri!» rispose Razel
sgranocchiando l'osso di una bistecca.
«Con
chi?» domandò Michele senza capire.
«Con
Ysrafael. Lui è la sua compagna si sono presentati alla porta
pochi minuti fa» rispose Ariel che nel vedere la mascella di
Michele irrigidirsi aggiunse subito «Ma ti giuro che io non gli
ho detto niente!»
#
Safet
era stato informato da Renzo che un certo Ysrafael e la sua compagna,
Muriel, lo attendevano sul patio del B&B in quanto, nonostante il
suo invito a entrare, avevano insistito per attendere fuori.
Il
demone si era rabbuiato nel sentire il nome del vecchio amico e aveva
risposto che non aveva alcuna voglia di parlargli e che poteva
congedarlo, ma Aurora gli aveva stretto una mano con dolcezza e
suggerito che forse Ysrafael voleva informarlo di qualcosa di
importante.
A
malincuore, il demone aveva dovuto darle ragione e le aveva domandato
di stargli accanto per aiutarlo a non perdere la calma. Cosa che era
puntualmente accaduta non appena, affacciatosi sul patio, aveva visto
che l'angelo e la sua compagna indossavano le armature angeliche.
Safet aveva preso la sua forma infernale, aveva stretto gli occhi e
immediatamente dopo il suo corpo era stato ricoperto da un'armatura
di titanio nera dalle bordure dorate che ricordava le armature dei
Samurai. Una cresta dorata dalla forma di drago sporgeva dall'elmo
completamente nero. Sul suo fianco sinistro pendeva una katana
dall'elsa dorata, mentre sul fianco destro si notava la spada più
corta chiamata wakizashi. Una lunga coda nera fuoriusciva
dall'armatura compiendo scatti nervosi sui fianchi del demone. Aurora
che non aveva mai visto il suo compagno in quella forma, ne rimase
allo stesso tempo impressionata e ammirata. Per la prima volta da
quando aveva conosciuto Safet, si era resa pienamente conto della sua
vera natura e soprattutto di quanto fosse potente e pericoloso. In
quel momento gli sembrò quasi impossibile che fosse la stessa
persona pacata e razionale con cui ormai da molti mesi condivideva la
sua vita, eppure nonostante tutto non ebbe timore di lui ne provò
il desiderio di fuggire.
«Dunque
è così che ora accogli i tuoi ospiti?» domandò
Ysrafael pacatamente e tenendo le mani bene in vista.
«E
tu e Muriel invece avete preso l'abitudine di presentarvi armati a
casa dei vostri conoscenti?»
«Siamo
diventati semplici conoscenti? Una volta eravamo amici!»
«Lo
siamo stati fino a quando non hai cercato di rovinare la vita di mio
figlio! Per favore andatevene, non voglio scontrarmi con te e ancora
meno coinvolgere le nostre compagne» rispose Safet con tono
basso e minaccioso, accarezzando l'elsa della katana.
Ysrafael
osservò Aurora e sul suo volto apparve un espressione
sorpresa.
Muriel,
un’angelo dai capelli castani mossi e gli occhi color miele,
diede una leggera gomitata al suo compagno che col capo le fece cenno
di aver capito e si rivolse di nuovo a Safet. «So di dovere
delle scuse sia a te che a Sael, ma voglio che sappia che ero
convinto di essere nel giusto, e sopratutto che tu fossi del mio
stesso avviso riguardo alla sua storia d’amore con Michele.»
«Avresti
dovuto chiedermelo!» rispose il demone, gelido.
«Ti
assicuro che mi dispiace molto averti ferito. Ti chiedo scusa e ti
assicuro che tengo molto alla tua amicizia!»
«Per
quale motivo dovrei fidarmi? Sono passati mesi da quando tu e Sael vi
siete incontrati, e tu ti presenti solo adesso che la situazione sta
precipitando e armato fino ai denti. Come avete saputo che mi avreste
trovato proprio qui? Ve lo ha detto Ariel che come immaginavo ha
finto di allearsi con noi solo per tradirci al momento giusto?»
Muriel
notando che gli occhi di Safet erano completamente rossi e il suo
artiglio sinistro stringeva l'elsa della katana come se volesse
stritolarla, decise di intervenire per provare a calmarlo. «No,
Safet, ti sbagli, Ariel non ci ha mai detto di essersi alleato con
voi!»
«Quindi
chi è stato?»
«Semplicemente,
non siamo stupidi. Certe voci ormai erano arrivate fin lassù e
Ariel ultimamente era diventato sfuggente, mi sono limitata a
controllarlo con discrezione!»
«Bene,
adesso che abbiamo chiarito che Ariel sa essere ben più
maldestro di Azaele, veniamo al punto: cosa siete venuti a fare?»
«Siamo
venuti per offrirvi il nostro aiuto!» rispose Ysrafael.
«No,
grazie!» rispose secco il demone.
«Ti
prego, Safet. La nostra amicizia è riuscita a superare anche
le barriere infernali, vuoi davvero distruggerla solo per un
malinteso?» domandò Muriel.
«Umiliare
mio figlio e riempirgli la testa di idiozie fino a farlo sentire così
in colpa da lasciare il ragazzo che ama, facendolo soffrire come un
cane, io non lo definisco tanto un malinteso, quanto piuttosto una
pugnalata alle mie spalle!» ringhiò Safet.
«Non
intendevo, tradire la nostra amicizia e non volevo certo ferire i
tuoi sentimenti cosi profondamente. Sono venuto per scusarmi e
offrirti il mio aiuto sincero e disinteressato, ma se ritieni davvero
di non poterti più fidare di me, non credo abbiamo altro da
dirci! Addio Safet e, per favore, qualunque cosa accada, cerca di
sopravvivere» concluse Ysrafael amaramente preparandosi a
lasciare il patio del B&B.
Muriel
attese che il suo compagno si alzasse in volo e poi si avvicinò
a Safet. «Ti prego, permettigli di aiutarti, la tua amicizia
gli manca moltissimo. Prova a pensare che tutti possono sbagliare,
ma non tutti sono capaci di ammettere i propri errori e chiedere
scusa come ha appena fatto lui!»
Le
parole di Muriel ammorbidirono il demone. «Siete venuti davvero
per aiutarci?»
«Si!»
rispose lei senza esitare.
Safet
sospirò, posò un artiglio sulla spalla di Aurora e le
domandò. «Tu cosa ne pensi?»
«Come
sai, mi è già capitato di incontrare Ysrafael e in
quell'occasione ho avuto l'impressione di un persona un po'
rigida...»
«Di'
pure un bacchettone!» ridacchiò Safet incontrando lo
sguardo imbarazzato di Muriel.
«Anche...
ma fondamentalmente onesto. Sono certa che non fingerebbe mai di
volerti aiutare per poi tradirti.»
Il
demone lasciò la spalla di Aurora, si concesse qualche istante
per prendere una decisione e poi si alzò in volo raggiungendo
Ysrafael tra le nuvole.
«Che
intenzioni hai?» domandò l'angelo.
«Tranquillizzati,
Muriel e Aurora mi hanno convinto a dare una seconda possibilità
alla nostra amicizia!»
«Davvero?»
Safet
gli tese un artiglio nero, Ysrafael lo strinse senza esitare. «A
volte la troppa sicurezza nel sentirci dalla parte giusta finisce per
farci commettere gravi errori. Perdonami amico mio, mi dispiace
averti deluso!»
«Come
dicono gli umani: la strada dell'Inferno è lastricata di buone
intenzioni!» rispose Safet con un sogghigno.
Ysrafael
incassò la battuta e ammise. «A volte gli umani sanno
essere decisamente più profondi di noi!»
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Capitolo 24 *** L'esercito della strega ***
Capitolo 24
L'esercito della strega
Alba sentì
sussurrare il suo nome. Emerse dal sonno controvoglia e per un attimo
non capì dove si trovava né chi la stesse chiamando,
poi si rese conto che era nel letto dell'agriturismo e la stava
chiamando Azaele. Non lo aveva riconosciuto perché il demone
era nella sua forma infernale, che gli abbassava parecchio il tono di
voce.
«Cosa fai conciato
così?» sussurrò.
«Ti ho preparato
una sorpresa. Seguimi» rispose lui porgendole un paio di
leggins, una maglia di cotone e un maglioncino di lana.
«E ti serve
l'aspetto demoniaco per mostrarmi questa sorpresa?» domandò
lei perplessa «Se ti vede qualcuno?»
Azaele sorrise mettendo
in mostra i canini da lupo. «Non preoccuparti, sono in modalità
visibile solo alla mia fidanzata strega!»
«Quindi in pratica
ti può vedere “soltanto” il novantasette per cento
degli ospiti del B&B!» lo schernì bonariamente la
fidanzata.
«Uff, non non fare
la sofista e poi sono un demone, che c'è di strano?»
rispose imbarazzato Azaele rendendosi conto che effettivamente gli
unici a non poterlo vedere nella forma demoniaca erano Yetunde,
Catherine e Larissa.
«Potrebbero essere
colti dal dubbio che tu stia per combinarne una delle tue, per
esempio» rispose lei stiracchiandosi e prendendogli i vestiti
dalle mani. Lui sbuffò imbronciato e lei, intenerita, gli
diede un bacio di consolazione sulla guancia prima di vestirsi. Una
volta lasciata la camera del B&B, Azaele la prese per mano e la
portò nel bosco. Le alte e gonfie fronde degli alberi
coprivano la luce delle stelle e della luna ma la sua vista demoniaca
gli permetteva di avanzare spedito come se fosse giorno. Alba, che
ancora non aveva acquisito la stessa capacità ed era
spaventata dai rumori della notte, gli stringeva forte la mano. La
bambina, percependo il suo nervosismo cominciò a rigirarsi
nella pancia. Alba si fermò e domandò. «Siamo
ancora sotto la barriera, vero?»
Azaele le passò un
braccio intorno alle spalle e la rassicurò. «Sta
tranquilla, per oggi abbiamo già rischiato abbastanza!»
Alba si rilassò e
sentì che anche la piccola si calmava. Sorrise. «Tu e
lei, avete un legame incredibile già da ora!»
«Le bambine hanno
sempre un legame speciale con il padre, non è così?»
le soffiò lui in un orecchio.
«Anche le mamme!»
mormorò lei porgendogli le labbra. Si baciarono a lungo e poi
lui si staccò gentilmente e ricominciò a camminare.
«Alba, tra non molto affronteremo una delle peggiori battaglie
della nostra vita, non credi che sia arrivato il momento di dare un
nome a nostra figlia? Hai deciso, come chiamarla?» domandò
pensoso.
«Vorrei chiamarla
Gaia, è un nome ottimista che potrà aiutarla ad
affrontare la vita con gioia! Ti piace?» propose lei un po’
incerta.
«È un nome
bellissimo!» approvò Azaele. «Non vedo l'ora che
nasca e papà possa conoscerla, sono sicura che sarà un
nonno fantastico!» aggiunse entusiasta, ma subito, ricordandosi
che Alba aveva perso entrambi i genitori pochi anni prima le chiese
scusa mortificato.
«Non preoccuparti,
non è colpa tua se i miei genitori se ne sono andati presto!»
lo consolò lei. «E poi almeno io me li sono potuti
godere finché ci sono stati, tu sei stato più
sfortunato di me!»
Lui non disse nulla ma si
arrestò con un'espressione strana che Alba riuscì a
intuire nonostante il buio. «Ho detto qualcosa che ti ha
offeso?» domandò preoccupata.
«No. Siamo solo
arrivati!» rispose lui.«Ti ricordi questo posto?»
Alba si guardò
intorno, indicò un'enorme quercia tra le cui fronde i raggi di
luna erano riusciti a farsi strada ed esclamò incredula. «Ma
questo è l'albero sotto il quale ci siamo conosciuti!»
Non aveva finito di dirlo che fu colta da un terribile capogiro e la
piccola iniziò a scalciare dentro di lei. Cadde in ginocchio
tenendosi la testa tra le mani mentre voci indistinte e minacciose si
innalzavano dai cespugli.
«Eccola è
lei, non può più sfuggirci!» urlò un
giovane dalla barba bionda balzando fuori da un cespuglio. Alba lo
riconobbe, era il contandino che nei sogni guidava i suoi
inseguitori. Cercò di fuggire ma una ferita alla caviglia la
fece inciampare. I contandini la raggiunsero e cominciarono a
riempirla di calci e pugni, terrorizzata implorò pietà
inutilmente; era ormai sul punto di svenire quando si sentì
avvolgere in un abbraccio protettivo e una voce calda e conosciuta
mise fine a quell'incubo. «Basta così, hai visto
abbastanza!» le urla dei contadini si fecero più lontane
e indistinte così come le loro figure che sbiadirono fino a
sparire. Alba si ritrovò seduta in grembo ad Azaele, sul ramo
della grande quercia.
«Aza, perché
ho visto i contandini massacrarmi in quel modo? Nel mio sogno le cose
vanno diversamente, loro non riescono a raggiungermi perché tu
mi salvi!» esclamò stupita.
Azaele sospirò.
«Quello che hai visto, amore mio, era il tuo vero destino!»
«Non capisco, cosa
significa che quello era il mio vero destino?»
«Significa che quel
giorno dopo essere stata catturata da quei selvaggi, saresti dovuta
morire insieme a Elena per poi raggiungere il Paradiso accompagnata
da Michele. Con il mio intervento ti ho salvato la vita ma ti ho
anche trasformato in una strega e condannato a reincarnarti
all'infinito! Non mi perdonerò mai per averti fatto questo.»
«Perché hai
voluto farmi vedere cosa sarebbe potuto succedere? È stato
orribile!» mormorò lei piangendo.
Azaele le passò
una mano sulle guance per asciugarle le lacrime. «Perché
era giusto che sapessi come sono andate realmente le cose Alba, che
avessi tutte le informazioni che ti servono per poter prendere una
decisione ben ponderata sul tuo futuro e sul futuro di nostra
figlia.»
«Ma che cosa stai
dicendo? Abbiamo già deciso, noi tre formeremo una famiglia!
Credevo che volessi proteggere me e la bambina e invece mi sembra che
stia cercando di dirmi che vuoi tirarti indietro» rispose Alba
allarmata.
«No, neanche per
sogno! Ma cosa ti vieni in mente? Io vi amo e non voglio
abbandonarvi, ma ci ho pensato tanto e sono arrivato alla conclusione
che se a quei tempi non ti hanno condannato a seguirmi all'Inferno,
forse puoi ancora salvarti!»
Alba si scostò da
Azaele. «Non capisco, cosa vuoi dire?»
«Che forse puoi
ancora tornare indietro. O meglio, fuggire dalla battaglia, da qui e
soprattutto da me!» Azaele strinse le spalle di Alba. «Se
vai via ora, prima che nasca nostra figlia. Se la porti lontano dai
demoni che vogliono farne la loro salvatrice e da me, forse crescerà
come una bambina normale e tu e lei sarete salve e libere di essere
accolte in Paradiso! Se invece scegli me…»
Le iridi di Alba si
colorarono di rosso. «Basta cosi!» esclamò
saltando giù dal ramo.
Azaele la seguì a
terra. «Ti prego ascoltami, l'ho già detto a Michele
quattrocento anni fa e ora lo ripeto a te: preferisco rinunciare a te
per sempre, piuttosto che condannarti all'Inferno»
«Ti ho detto di
smetterla di parlare cosi!» gridò Alba pestando un piede
per terra.
«Alba…»
disse lui cercando di abbracciarla, ma lei lo respinse. «No,
ora basta! Non sopporto quando le persone si arrendono senza
combattere! Tu dici che se io e Gaia scappassimo lontano da te saremo
salve, ma che ne sai? E se invece lo scopo di tutto ciò che
stiamo affrontando fosse dimostrare che dobbiamo lottare per ciò
che amiamo, sfidando luoghi comuni e convenzioni?»
«Tesoro, uh, che io
sia un demone infernale non è propriamente un luogo comune…»
Alba si rese conto che
Azaele aveva ancora il suo aspetto infernale e nonostante la gravità
del momento le sfuggì una risatina. «Oh, insomma hai
capito cosa intendo!»
Il demone si sedette ai
piedi della quercia, poggiò la nuca contro la corteccia e
chiuse gli occhi per riflettere meglio. Quando li riaprì, Alba
vi scorse dentro le fiamme del fuoco infernale. «E va bene,
allora visto che siamo in ballo, balliamo e facciamolo fino in fondo.
Di tutto il resto ci occuperamo quando e se arriverà il
momento!» disse alzandosi in piedi. «È ora che tu
faccia un salto di qualità amore mio! Vieni a scoprire la tua
sorpresa!»
Azaele guidò Alba
fino a una piccola radura al centro della quale si trovava un mucchio
di legna e paglia. Il demone si inginocchiò e soffiò
una fiammata accendendo un falò le cui fiamme si innalzarono
verso il cielo crepitando e spargendo scintille tutto intorno.
«Aza, ma che fai,
sei impazzito, brucerai il bosco!» esclamò lei,
indietreggiando spaventata. Lui si voltò e la guardo con gli
occhi rossi e il sorriso che metteva in mostra i candidi denti da
lupo. «Sei una strega, comportati da strega! Smettila di aver
paura e concentrati, ascolta il fuoco, ascolta il suo canto!»
Alba scosse la testa impaurita «Ti prego, smettila di
comportarti in questo modo, non ti riconosco!»
Lui allora allungò
gli artigli neri e le prese delicatamente le mani. «Fidati di
me, chiudi gli occhi e ascolta il canto del fuoco, abbandonati alla
sua melodia e finalmente conoscerai la tua sorpresa!»
Alba annuì
stringendo gli artigli di Azaele, chiuse gli occhi e si concentrò
sul crepitio delle fiamme. Un po' alla volta si rese conto che quei
suoni, che inizialmente le erano sembrati casuali e disordinati, si
intrecciavano componendo delicate sequenze melodiche che si
ripetevano e si inseguivano gioiosamente. Aprì gli occhi
stupita. «Lo sento, Aza. Sento il fuoco cantare!»
«Non perdere la
concentrazione, torna a chiudere gli occhi e non aprirli finché
non sarai sicura di cio che senti!»
Lei non capì cosa
volesse dire esattamente Azaele, ma chiuse di nuovo gli occhi e
ascoltò il canto del fuoco rallentare un poco alla volta fino
a cessare completamente con l'esaurirsi delle fiamme. Quando la
melodia si fermò del tutto, accadde qualcosa di inaspettato e
meraviglioso: ogni fruscio, ogni tonfo soffocato, ogni verso che fino
a pochi istanti prima Alba aveva considerato indecifrabile e
inquietante, ora assumeva un significato ben preciso come il
passaggio furtivo di una volpe o il movimento delle chiome di una
quercia o il battito d'ali di una civetta. Il Bosco le parlava
attraverso mille suoni fra i quali Alba iniziò a individuarne
alcuni che si distinguevano da tutti gli altri. Si concentrò
ancora di più fino a che si rese conto che si trattava di
sussurri.
«È
lei?»
«Mi
sembra di si!»
«Pensate
che sia davvero tornata per noi?»
«Potrebbe!»
«Quello
che l’accompagna chi è? Dite che possiamo fidarci?»
«Tranquilli,
è un casinista ma è innamorato della nostra strega, di
lui possiamo fidarci!»
«Merlino, sei tu!»
esclamò Alba aprendo gli occhi e guardandosi intorno.
Il
famiglio balzò fuori da un cespuglio e sorrise. «Sono
io. E tu, finalmente, puoi sentirmi!»
Alba si rese conto che
Merlino non aveva emesso alcun suono, si voltò verso Azaele
che intuendo la sua domanda rispose. «Solo una vera strega può
sentire la voce del suo famiglio!»
Merlino
sbuffò «Di
tutti i famigli, imbranato!»
Alba ridacchiò.
«Che ha detto?»
domandò Azaele alzando un sopracciglio.
«Che
posso sentirli tutti.»
«E
allora chiamali!» esclamò il demone spazientito aprendo
le braccia e rivolgendosi a Merlino che alzò gli occhi al
cielo. «Sono
già qui, possibile che non te ne sia accorto, razza di
svampito?»
poi si girò verso i cespugli e invitò i suoi compagni a
mostrarsi.
Uno alla volta, i famigli
uscirono allo scoperto; Alba si ritrovò circondata da volpi,
civette, lupi, gatti, scoiattoli, topini di campagna e topi di città
che la osservavano incuriositi e speranzosi.
«Ci
siamo tutti?»
domandò Merlino.
«Si,
Myrddhinx,
siamo arrivati tutti.»
«Allora
mostrate il vostro vero aspetto alla nostra Signora!»
Davanti agli occhi
stupefatti di Alba, i demoni famigli assunsero le loro sembianze
infernali, ognuno di loro aveva un segno di riconoscimento che lo
collegava alla sua forma animale: le volpi un ciuffo di capelli
arancione o rosso, le civette delle piume candide al posto delle
sopracciglia, i topi una lunga coda appuntita al posto della classica
coda “a punta di freccia”, gli scoiattoli delle orecchie
triangolari che svettavano sulla testa e così via.
«Merlino, ma chi
sono questi famigli e perché mi considerate la vostra
Signora?»
«Sono
famigli rimasti orfani delle loro streghe, assassinate nei secoli da
chi non tollerava che le femmine umane potesse avere un potere così
grande da poter contrastare lo stesso Lucifero”
«Non
capisco, che c'entra Lucifero?»
«Conosci
la storia di Lilith, la prima moglie di Adamo?»
intervenne
Azaele.
«A
grandi linee: fuggì dal Paradiso perché stufa di
obbedire ad Adamo e generò dei demoni che furono sterminati»
«Decisamente a
grandi linee. Siediti, ti racconterò la sua vera storia.»
#
Alba
si accomodò su un ciocco di legno, seguita dai famigli. Azaele
attese di avere l'attenzione di tutti e iniziò il racconto di
Lilith, la prima compagna di Adamo, creata insieme a lui e fuggita
dal Paradiso
perché
rifiutava di obbedirgli.
Costretta a vagare in
solitudine per millenni, dopo la caduta degli Angeli ribelli si era
unita a loro nella speranza di trovare finalmente un luogo dove
fermarsi. Lucifero, che ne aveva compreso le potenzialità,
decise di accettarla all'Inferno e proporle di creare con lui i
demoni famigli il cui ruolo doveva essere quello di supportare gli
Arcidiavoli nei loro compiti infernali, in attesa di far parte
dell'esercito dell'Alfiere del Male.
Ma un giorno Lilith, che
non accettava di essere solo la “madre dei famigli” e che
non riusciva più a sopportare che i suoi figli fossero dei
semplici servi, propose di farne i compagni silenziosi delle giovani
femmine umane che avessero ceduto al corteggiamento di un demone,
così da assicurare la loro devozione a Lucifero.
In realtà,
l'obiettivo di Lilith era quello di rendere le “sorelle”
umane più forti dei loro compagni e degli stessi demoni
affinché fossero finalmente libere di regnare sulla terra.
Quando Lucifero si rese
conto del vero scopo di Lilith la sua punizione fu terribile. Istruì
i suoi demoni più fidati affinché suggerissero agli
umani di creare i tribunali dell'Inquisizione per eliminare tutte le
streghe, catturò e imprigionò Lilith di cui non si
seppe più nulla e sterminò tutti i famigli che avevano
instillato nelle loro streghe umane la convinzione di poter dominare
la terra. Ai pochi rimasti tolse l'uso della parola e li riportò
alla condizione di servi degli Arcidiavoli e compagni silenziosi
delle future streghe, con il mero compito di assicurarle all'Inferno.
Ma nel giro di un paio di
secoli gli umani smisero di credere alle streghe e ai famigli non
rimase altro che accettare di essere poco più che degli
schiavi infernali.
#
«È
un storia tristissima, mi dispiace tanto Merlino»
commentò
Alba rattristata al termine del racconto di Azaele. I famigli
sospirarono in coro.
«Ma
quindi, noi streghe attualmente in quante siamo rimaste?»
Azaele e Merlino si
scambiarono uno sguardo. «Se escludiamo Elena, che è un
caso piuttosto anomalo, sei rimasta solo tu.»
«Soltanto io, in
tutta la terra?» esclamò Alba allibita.
«Temo
di si. ecco perché i ragazzi si sono riuniti tutti qui,
volevano conoscere l’ultima strega e proteggerla da Lucifero e
dagli Arcidivioli.»
Alba
osservò commossa i famigli che la circondavano «Davvero
volete proteggermi?» I demoni annuirono silenziosamente e
invitarono Merlino a parlare per tutti. «Si,
Alba,
siamo
venuti per proteggere te e la tua bambina, non permetteremo a nessuno
di farvi del male, né a Zamesh, né ad Akenet e nemmeno
a Lucifero in persona! Noi siamo l'esercito dell'ultima strega e
combatteremo per te fino alla morte!»
A quelle parole tutti i
famigli si alzarono in piedi alzando i pugni e lanciando grida di
incitamento che poteva sentire solo Alba. Azaele sorrise e soffiò
sulle braci del falò per farlo riaccendere poi si avvicinò
ad Alba e la invitò a ballare. Subito i famigli li seguirono e
dopo poco la strega e il suo esercito danzavano tutti insieme intorno
al fuoco.
#
Razel borbottò
nel sonno, si rigirò infastidito e infine si svegliò,
allungò una mano sul materasso e con disappunto si rese conto
che Elena non era a letto. Si guardò intorno e notò la
porta finestra aperta. Si vestì velocemente e uscì per
cercarla, ma lei era solo a pochi metri dalla veranda, intenta a
osservare il bosco.
«Se po' sapé
che stai a fa' qua fuori?»
Lei si girò
sorridente. «C'è una festa nel bosco, non la senti?»
Razel seguì lo
sguardo di Elena e un largo sorriso soddisfatto illuminò il
suo viso. «A quanto pare, finalmente la streghetta de Azale s'é
svegliata!»
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Capitolo 25 *** L'alba di Adel e Akenet ***
Capitolo
25
L'Alba
di Adel e Akenet
Akenet
si svegliò infastidito, qualcosa di ingombrante schiacciato
contro il suo fianco gli faceva caldo, si rigirò tra le
lenzuola senza aprire gli occhi, cercando di allontanarsi ma
l'ingombro rotolò e si adagiò di nuovo contro di lui.
Assalito dal timore di un pericolo incombente sguainò gli
artigli e fortunatamente si fermò un attimo prima di
affondarli nel corpo di Adel, che dormiva placidamente. Akenet
sbuffò, ma non riuscì a evitare di ritirare gli artigli
e allungarle una carezza su una guancia.
Si
tirò su a sedere sul letto e diede un'occhiata fuori dalla
finestra, una lama di luce rossastra all'orizzonte indicava che
stava per sorgere l'alba. Ne rimase stupito, erano millenni che non
dormiva un'intera notte di fila. Ridacchiò lanciando
un'occhiata ad Adel «Bè, non proprio di fila!»
Decise
che aveva voglia di uscire in giardino e godersi lo spettacolo
dell'alba di cui, nonostante i numerosi millenni all’Inferno,
ricordava ancora, i colori meravigliosi, il silenzio rotto solo dal
rilassante cinguettio degli uccelli e la sensazione di pace trasmessa
dalla natura che si prepara a iniziare un nuovo giorno.
Si
alzò, si infilò i pantaloni mimetici e si diresse verso
la porta veranda. Passando davanti allo specchio appeso accanto alla
finestra, si arrestò incredulo «Ma cosa diavolo..?»
pensò di fronte all'immagine riflessa del suo viso: le iridi
blu pervinca spiccavano sul bianco della sclera degli occhi, fino
alla sera prima completamente neri e bui.
«Ma
com’è possibile?» domandò perplesso allo
specchio che ovviamente non rispose. Gli specchi d'altronde,
differentemente da quanto si racconta, tendono per lo più a
evitare di esprimere giudizi personali preferendo mostrare le cose in
modo oggettivo e distaccato.
Alle
sue spalle Adel si rotolò di nuovo nel letto e in quell'esatto
momento l’Arcidiavolo ebbe la risposta alla sua domanda.
«Sei
riuscita a fregarmi, Palletta!» esclamò divertito.
Adel
si svegliò e rispose assonnata. «Ha detto qualcosa,
Signore?»
Akenet
ridacchiò. «Si, ti ho chiesto se ti va di vedere l'alba»
«Molto
volentieri, Signore» rispose lei strofinandosi gli occhi.
«Adel,
ti ricordi, vero, quanto abbiamo scopato, stanotte?»
Le
guance di Adel si imporporano e un sorriso malizioso le comparve sul
viso mentre rovistava tra le lenzuola, cercando la sua veste.
«Oh, si! Certo, Signore»
«E
allora piantala di chiamarmi "Signore", il mio nome è
Akenet.»
La
demone si fermò a guardarlo stupita. «Davvero non le
sembrebbe fuori luogo?»
«Mi
sembra fuori luogo che la mia ragazza mi dia del "lei".
Sbrigati, non voglio perdermi la prima alba dopo millenni
all'Inferno!"» replicò lui aprendo la portafinestra
e uscendo in giardino.
Adel
lo guardò esterrefatta. «Akenet l'aveva davvero
appena definita la sua ragazza? E cosa era successo ai suoi occhi?»
Quando
uscì, lo vide seduto su un tavolo da giardino, intento ad
ammirare l’aurora. La leggera brezza mattutina muoveva
delicatamente i suoi lunghi capelli neri e un'inconsueta espressione
rilassata lo faceva sembrare più giovane. Si girò e
accennò un sorriso, un sorriso vero, non il solito sogghigno
che lo caratterizzava. Adel si rese conto che da quando lavorava con
lui era la prima volta che lo vedeva sorridere.
Lo
raggiunse, poggiò le piccole mani sul tavolo e, aiutandosi con
un battito d’ali, sedette al suo fianco. «Sei proprio una
palletta!» Scherzò lui passandole un braccio
intorno ai fianchi e portandola a sedere sulle sue ginocchia.
Avrebbe
voluto dirle qualcosa di più importante e di più bello,
ma non era ancora in grado di esprimere un certo tipo di sentimenti.
Così la strinse tra le braccia e la baciò sulla nuca
sperando che lei capisse. Quando la senti stringergli le mani e
adagiarsi contro il suo petto, pensò che si, forse Adel aveva
capito.
Mentre
il sole faceva capolino tra le colline, illuminando la campagna con i
suoi primi, pallidi raggi, Akenet si domandò perché
diavolo gli umani, che potevano svegliarsi ogni mattina abbracciati a
chi amavano e circondati da tanta bellezza, non riuscissero a essere
felici.
#
«Facciamo
i guardoni?»
Ariel,
che era appoggiato a uno dei camini sul tetto del B&B, sobbalzò
imbarazzato. Al suo fianco era comparsa Aleniel, ex fidanzata di
Michele nota in tutto il Paradiso per due doti naturali piuttosto
evidenti, sulle quali l’angelo cercò in tutti modi di
non posare lo sguardo. «Non stavo spiando nessuno! Ero già
quassù da un po' quando sono usciti a guardare sorgere il
sole. Safet ieri mi ha chiesto di fare un turno di guardia.»
Aleniel
ridacchiò. «Il prode Ariel, senza macchia né
paura, che prende ordini da un Supervisore infernale…»
«Non
vedo il problema, siamo alleati e Safet è degno del massimo
rispetto!» ringhiò l’angelo.
«Calma,
scherzavo» rispose lei sulla difensiva per poi cambiare
discorso. «Avresti mai detto che a un tipo come Akenet, potesse
piacere una come Adel?»
«Non
vedo perché no. Lei ha un carattere dolce e rassicurante,
adatto ad un tipo nervoso come Akenet e poi è molto carina»
ribatté lui osservando Akenet e Adel abbracciati.
«Oh,
oh… qualcuno, qui ha un debole per la demonietta di Akenet?»
lo punzecchiò maliziosamente Aleniel.
«Punto
primo, da che pulpito viene l'ironia, visto che ti sei portata a
letto un demone che oltretutto è il migliore amico del tuo ex.
Punto secondo, se mi hai raggiunto quassù solo per provocarmi
puoi andartene, sto benissimo anche da solo.»
Aleniel,
colpita dalla risposta così aggressiva di Ariel, arretrò
leggermente. «Ho agito in quel modo solo per ripicca, ero
arrabbiata con Michele perché c'eravamo appena lasciati
definitivamente. La storia con lui non ha mai funzionato perché
lui era ancora innamorato di Yliel, anche se non credo ne fosse del
tutto consapevole. Ammetto di aver avuto un comportamento immaturo,
ma in fondo non me ne pento, Azaele è simpatico e sa essere
molto affettuoso.»
Ariel
si rese conto di essere stato eccessivamente duro. «Non sei
tenuta a giustificarti. Soprattutto con me che di recente ho avuto un
comportamento talmente immaturo da rischiare di perdere l’aureola,
sono davvero l'ultima persona che può permettersi di
giudicarti!»
Aleniel
rimase positivamente colpita dalle scuse di Ariel, lo aveva sempre
giudicato un insopportabile borioso e invece stava scoprendo un
angelo, certamente ancora un po' rigido, ma migliore di quello che
pensava e che oltretutto riusciva a guardarla negli occhi, il che
accadeva di raro quando parlava con qualcuno. Indicò di nuovo
Akenet e Adel che stavano rientrando in camera, l’Arcidiavolo
circondava le spalle di Adel con un braccio. «Sono davvero
carini, non trovi?»
«Sinceramente,
carino, non mi sembra un aggettivo che si addica ad Akenet!»
commentò Ariel perplesso.
Aleniel,
gli diede una gomitata con aria complice «Non li invidi almeno
un po'?»
Ariel
si fece di nuovo sospettoso «Per quale motivo dovrei
invidiarli?»
Lei
sospirò. «Perché sembrano molto innamorati. Sai,
anche io avrei voglia di innamorarmi di qualcuno che mi ricambi
davvero! E tu? Non sei stanco di essere single?»
Ariel
ripensò agli errori commessi con Arianna. «Si, un po'»
rispose malinconico. Dalla cucina salì un delizioso profumo di
torte e Aleniel lo invitò a rientrare, lanciò uno
sguardo all'orizzonte, non notò nulla di preoccupante e decise
di seguirla.
#
Alba
e Azaele avevano appena varcato il cancello del B&B quando videro
Gabriel che li aspettava sotto il portico con le braccia incrociate.
«Secondo
te è arrabbiato?» domandò Alba, era molto legata
a Gabriel e non le piaceva l'idea di discutere con lui.
«Più,
preoccupato… direi» rispose Azaele sudando leggermente
freddo nel vedere il padre avanzare a grandi passi verso di loro.
Indossava l'armatura di titanio e aveva le ali aperte sulla schiena,
come se fosse pronto a combattere.
La
sua avanzata fu interrotta da un branco eterogeneo di animali del
bosco che gli saltarono addosso da tutte le parti. Gabriel si ritrovò
suo malgrado a difendersi dall’attacco di scoiattoli, volpi,
gatti, civette e gazze che tentavano, chi di morderlo nonostante
l'armatura, chi di scalarlo per graffiargli il viso, chi di beccarlo
in testa svolazzando intorno alla sua aureola. Saltellando e
distribuendo pacche di qua e di là, cercò di liberarsi
di tutti i piccoli aggressori, senza fare del male a nessuno,
esibendosi in un buffissimo balletto che poco si addiceva a un prode
guerriero angelico.
Alba,
imbarazzata da morire, stava per richiamare i famigli ma Azaele la
fermò «No dai, è troppo spassoso, aspetta ancora
qualche secondo!»
«Per
una volta sono d'accordo con Azaele!» sghignazzò
Merlino.
Alba
rivolse a entrambi uno sguardo severo e richiamò i famigli che
si fermarono, ma rimasero intorno a Gabriel lanciandogli sguardi
minacciosi.
L'Arcangelo
invitò Alba e Azaele a seguirlo fino alla sua camera. Una
volta entrati chiuse la porta lasciando fuori tutti i famigli
compreso Merlino che incrociò le braccia e poggiò la
schiena contro la porta con aria estremamente offesa.
Alba
provò a scusarsi ma Gabriel la bloccò con un gesto
della mano e un'aria truce che durò lo spazio di pochi secondi
per fare posto a un'allegra risata. «Non devi scusarti, tesoro,
in effetti è stato piuttosto divertente!»
«Sul
serio?» domandò Alba stupita.
«Ma,
certo. E poi mi sono un po' commosso nel vedere che quei piccoli
animali ti sono tanto affezionati da rischiare la loro vita
attaccando un Arcangelo. Sono tutti famigli, vero?»
«Si!»
«Scusa
se li ho lasciati fuori, ma ho preso una decisione importante che
riguarda Azaele e ho bisogno che siamo soli.»
Azaele
impallidì leggermente, suo padre se ne accorse e lo
tranquillizzò. «Sta tranquillo ranocchietto, è
una cosa bella, almeno credo!»
Azaele
sospirò di sollievo, ma subito si rabbuiò. «Senti
papà, ecco... non prenderla male, so che non lo fai apposta,
però... insomma... ormai sono adulto e sto anche per diventare
padre, non è che potresti smetterla di chiamarmi
“ranocchietto”? È piuttosto imbarazzante,
sopratutto quando lo fai davanti a tutti!»
Alba
gli mollò una gomitata nel fianco cosi forte da strappargli un
gemito di dolore e Gabriel rimase interdetto. L'Arcangelo osservò
il figlio come se lo vedesse di nuovo per la prima volta, si soffermò
sulla barba, sull'espressione da adulto e sul fisico che per quanto
minuto, non era certo quello di un putto e si vergognò un po'.
«Hai ragione, scusa ragazzo, non volevo metterti a disagio con
i tuoi amici e solo che... per me sei sarai sempre il mio
ranocchietto!» Azaele alzò il sopraciglio destro. «Ma
ti prometto che almeno di fronte ad altri non ti chiamerò più
così, ok?»
Il
figlio annuì soddisfatto e Gabriel si avvicinò al suo
letto e si inginocchiò davanti ad un baule di ferro; rovistò
dentro qualche istante poi le sue spalle si abbassarono e Alba e
Azaele lo sentirono lasciar andare un sospiro tanto profondo quando
triste.
«Papà,
tutto bene?» lo chiamò Azaele.
Lui
si alzò, sorrise, e dispose sul letto le parti di una
bellissima armatura bianca dalle finiture color oro e verde oliva.
Tornò al baule e ne trasse un pugnale e una spada angelica
che poggiò accanto all'armatura.
Azaele
provò una stretta al cuore e domandò. «È
quello che penso?»
«Si,
ranoc... figlio, è l'armatura di tua madre, è tempo di
esaudire il suo desiderio di affidarla a te!»
«Ma
papà, sono un demone infernale, come posso indossare
l'armatura della mamma!»
Gabriel
sorrise. «Sei comunque figlio di due Arcangeli!»
Schioccò le dita e il demone si ritrovò a guardarsi
allo specchio con indosso un'armatura di un paio di taglie più
grande del necessario che gli dava un aspetto più comico che
marziale.
«Uh,
tua madre non era neanche lontanamente alta come Elendiel, ma era
comunque un Arcangelo!» riflettè Gabriel davanti al
figlio imbarazzatissimo per il risolino divertito che Alba non era
riuscita a nascondere del tutto. «Non preoccuparti, ora
rimedio!» disse, chiudendo la mano destra e alzando indice e
medio. Immediatamente l'armatura si adattò al fisico di Azaele
che commentò soddisfatto «Oh, così va bene!»
«Sei
bellissimo!» esclamò Alba orgogliosa, facendolo
arrossire.
«Concordo!»
approvò Gabriel.
Azaele
si guardò di nuovo allo specchio e rimase a bocca aperte nel
rendersi conto che, nonostante le ali nere e l'aureola spezzata,
l'armatura candida ed elegante di sua madre lo faceva somigliare più
a un angelo che a un demone infernale. Ancora una volta ricordò
le parole di Aurora a proposito della possibilità di essere
riammesso in Paradiso: «Io non so se tu hai davvero questa
possibilità e non so se è un obiettivo che puoi
raggiungere presto o se hai ancora tanto cammino davanti a te, però
credo che sia una cosa sulla quale dovresti riflettere!»
Sorrise
e rivolgendosi a suo padre e alla sua fidanzata disse soltanto «Prima
o poi...»
Loro
capirono e sorrisero con lui.
#
Akenet
e Adel si stavano dirigendo verso la “Sala della colazione”
quando Akenet intravvide in cucina Aurora che insieme ad Alissa e
Yetunde, stava raccogliendo i piatti da distribuire sui tavoli. «Vai,
Palletta, io ti raggiungo subito» suggerì ad Adel che
annuì e continuò verso la sala.
«Ma
ti sembra il modo di rivolgerti a quella ragazza?» domandò
seccata Alissa.
Akenet
la guardò senza capire.
«Come
ti permetti di chiamarla "palletta", non ti rendi conto che le stai facendo body
shaming?»
Akenet
ringhiò, varcò la soglia della cucina, si avvicinò
ad Alissa, aprì le ali e prima che Aurora riuscisse a
intervenire, la afferrò per il collo con una mano artigliata.
«Sono un Arcidiavolo, bella figheira, faccio quello che voglio
e chiamo la mia ragazza come mi pare. Ti è chiaro?»
Alissa,
annuì terrorizzata. «Non ti ho sentito dire si!»
continuò l'Arcidiavolo avvicinando il viso della ragazza al
suo.
Yetunde
provò a intervenire per aiutare la sorella, rimediando una
manata sul petto che gli tolse il respiro e lo fece volare contro la
dispensa. Akenet riportò la sua attenzione su Alissa; Aurora
decise di intervenire, ma fu anticipata da Azaele che era appena
apparso sulla soglia della cucina e ordinò deciso. «Piantala
di fare il testa di cazzo!»
Akenet
lasciò andare Alissa e si piazzò davanti al demone
sovrastandolo. «Cosa hai detto, moccioso?» domandò
gelido. Gli occhi completamente rossi.
«Ho
detto di piantarla di fare il testa di cazzo con chi non si può
difendere. E comunque ho solo un paio di millenni meno di te, quindi
vola basso.»
Nella
stanza si fece un silenzio pesante.
L'Arcidiavolo
allungò un artiglio, afferrò Azaele per il collo e lo
tirò su per portarlo all'altezza del suo viso. Il demone non
si scompose, era abituato a essere trattato in quel modo, per cui si
limitò a guardare il cugino dritto negli occhi.
Akenet
sentì qualcosa di appuntito premere sullo stomaco. Abbassò
lo sguardo e vide che Azaele stringeva un pugnale angelico nella mano
sinistra.
Aurora
decise che era arrivato il momento di riportare tutti alla calma,
prima che le cose si spingessero troppo oltre. «Giovani! Ho
preparato una torta al cioccolato e una alle more. Magari quando
avete finito di sfogare il testosterone ci raggiungete in sala, ok?»
Azaele
e Akenet la guardarono basiti.
Azaele
cominciò a ridacchiare. «Non so a te, ma a me piace la
torta di more».
Stranamente,
Akenet, anziché infuriarsi si calmò completamente.
Riportò
a terra Azaele e gli domandò «Questi umani sono tuoi
amici, cuginetto?»
«Già!»
«Allora
vedi di spiegargli che non devono far incazzare un Arcidiavolo.»
«Ti
incazzi con troppa facilità Akenet» replicò
Azaele.
L'Arcidiavolo
ridacchiò. «Appunto!»
Azaele
scosse la testa con aria di disapprovazione, rinfoderò il
pugnale e fece cenno ad Alissa e Yetunde di seguirlo fuori dalla
cucina.
Aurora
e Akenet rimasero soli. «Comunque io odio le more e sono
allergico al cioccolato»
«Oh,
ecco perché sei così nervoso, caspita, il cioccolato è
uno dei piaceri della vita!»
«Preferisco il
sesso!» sentenzio lui guardandola negli occhi.
«Infatti
ho detto "uno", dei piaceri della vita» rispose
Aurora per nulla scandalizzata.
I
due si guardarono misurandosi vicendevolmente. «Sei stata brava
a intervenire in quel modo» disse lui.
«Insegno
agli adolescenti umani da quarant'anni» rispose Aurora.
«Cosa
vorresti dire?» domandò l'Arcidiavolo stringendo
leggermente gli occhi.
«Hai
capito benissimo, e piantala di stringere gli occhi, tanto lo so che
non oseresti mai fare del male a un umano vivo, è contro le
regole!»
L'Arcidiavolo
sogghignò. «Safet si è scelto una compagna
piuttosto sveglia!»
«Safet
è un demone in gamba!» rispose lei.
«Non
posso negarlo. A proposito come sta?»
«Molto
meglio, nonostante l'arrivo di suo moglie!» scherzò
Aurora.
«Lady
“Palo nel Culo”, è qui? E cosa è venuta a
fare?» domandò stupito Akenet.
«Credo
che fosse preoccupata per Safet e Sael e poi immagino voglia tenere
sotto controllo la situazione!»
«Si,
suppongo tu abbia ragione».
Akenet
si perse qualche istante a riflettere. La situazione si stava facendo
sempre più complicata, cominciavano ad esserci troppi angeli
e Arcangeli per i suoi gusti. Portare avanti il proposito di rapire
la nipotina non sarebbe stato così semplice. Atriel aveva
ragione, qualcuno avrebbe finito per farsi molto male. Infilò
le mani in tasca e si rivolse di nuovo ad Aurora. «Allora,
andiamo ad assaggiare questa torta al cioccolato?»
«Ma
non eri allergico?»
«Ho
mentito, umana!» rispose il demone avviandosi fuori dalla
cucina. Aurora ridacchiò e mentre lo osservava camminare,
ancora una volta si stupì di quanto le ricordasse i leoni
della savana africana.
«So
che non ti piacerà sentirmelo dire, ma credo proprio che
dovresti chiedere scusa ad Alissa e soprattutto smettere di chiamare
Adel, “palletta”»
Akenet
si fermò, ma prima che potesse ribattere Aurora gli domandò
«Ti piacerebbe, se lei si rivolgesse a te chiamandoti
“scarface”?»
Akenet fu molto colpito da quella domanda, osservò
pensieroso le vistose cicatrici sulle sue braccia e poi rispose «No,
penso proprio di no.»
#
Azaele
aveva appena poggiato il piatto ricolmo di torta alle more sul
tavolo, quando Akenet gli poggiò una mano sulla spalla. «Ehy,
cuginetto!»
«Che
c'è adesso?» sbuffò.
«Quel
pugnale é della zia Gala, vero? Posso vederlo?»
Azaele
sfoderò di nuovo il pugnale e glielo mostrò.
«Posso
tenerlo un attimo?» chiese ancora Akenet allungando una mano.
«Certo!»
rispose Azaele porgendoglielo e rischiando di provocare un mezzo
infarto a Yetunde e Alissa che si erano seduti allo stesso tavolo.
Akenet
prese il pugnale, lo osservò con attenzione e ci giocherellò
qualche istante, mostrando una notevole abilità e ottenendo
uno sguardo di ammirazione dal cugino. «É stata tua
madre a insegnarmi a usarlo. Nonostante odiasse la violenza con tutto
il cuore, era la migliore nel combattimento ravvicinato!»
spiegò tristemente.
«Eravate
legati tu e lei?» domandò Azaele.
«Molto
più che con quella stronza di mia madre!» ribattè
l'Arcidiavolo rendendogli il pugnale.
«Capisco!
Mi dispiace.»
Akenet
strinse le spalle e diede un'occhiata in giro per cercare Adel, così
facendo lo sguardo gli cadde su un angelo dai lunghi capelli biondi e
gli occhi azzurri che riconobbe immediatamente.
L'angelo,
forse sentendosi osservato si girò, lo riconobbe e
rivolgendogli un cenno di saluto indicò una chitarra elettrica
poggiata sul suo supporto.
Akenet
sogghignò e fece un cenno di assenso, erano millenni che non
suonava insieme a qualcuno che ne valesse la pena, e David'el, non si
poteva certo negarlo, era uno dei migliori chitarristi esistenti sia
in Cielo che in terra!.
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Capitolo 26 *** Il cielo si oscura ***
Capitolo
26
Il
cielo si oscura
Aluarel
non aveva passato una notte molto piacevole. Dopo essere stata
scortata da quei due angeli, sorprendentemente cortesi nei suoi
confronti, aveva spiegato le sue ragioni a Safet e all'Arcangelo
Gabriel i quali, nonostante sembrassero aver creduto alle sue parole,
erano stati concordi nel ritenere che non potevano accoglierla tra
loro senza prima chiedere il parere di Akenet.
Aveva
quindi concluso che la sua vita sarebbe finita la mattina dopo, non
appena l'Arcidiavolo avrebbe saputo che era coinvolta nella
liberazione di Eymerich.
Malgrado
non si aspettasse da parte di Akenet una crudeltà paragonabile
a quella con la quale quel porco di Zamesh aveva ammazzato Carryel,
l'idea di morire bruciata viva non la rallegrava particolarmente. Si
avvicinò ai vetri della sua prigione, una camera carina e
accogliente, e osservò il sorgere del sole. Almeno lei se ne
sarebbe andata con quell’ultimo ricordo davanti agli occhi.
Carryel
invece, aveva vissuto tutta la sua vita in quell’orribile luogo
di dolore che era l’Inferno ed era morto tra atroci tormenti,
solo perché Zamesh aveva avuto voglia di sfogarsi per la fuga
di Safet sul primo che gli era capitato sotto mano.
Senza
quasi rendersene conto cominciò a piangere silenziosamente.
Carryel non era certo una cima, ma in fondo era un bravo demone. Non
aveva mai cercato di farle le scarpe o scaricarle tutte colpe quando
incontravano problemi sul lavoro.
Non
era giusto che fosse finito in quel modo.
La
porta della sua camera sì aprì. Era Safet, che le porse
gentilmente un fazzoletto per asciugarsi il viso e la invitò a
seguirla. Le piaceva il Supervisore, era serio, non aveva alcun
bisogno di essere crudele per farsi rispettare e sapeva ascoltare le
ragioni dei suoi sottoposti e giudicare con obiettività.
Attraversarono
un corridoio ed entrarono in una sala piena di libri, probabilmente
una biblioteca a disposizione dei clienti del B&B.
Aluarel
si guardò intorno preoccupata, ma l'Arcidiavolo non era ancora
arrivato. Nella stanza c'erano l'Arcangelo Gabriel, il demone Razel,
un Arcangelo femmina molto bella, altissima, dagli occhi verdi e i
capelli rosso fiammante, Azaele e la sua compagna umana e una coppia
di angeli che non conosceva. Lui aveva una vaga somiglianza con il
famoso poeta italiano che secoli prima aveva fatto un giro
all’Inferno, o almeno così il tipo avevo raccontato in
un libro piuttosto famoso. Lei, comunque, personalmente non lo aveva
mai incontrato.
Tutti
la osservavano curiosi e in silenzio.
Aluarel
sentì dei passi dietro di se e notò che gli sguardi dei
presenti si erano spostati sulla porta, sulla cui soglia, era appena
apparso Akenet. Notò che il nero che ricopriva i suoi occhi
era scomparso, lasciando il posto a due iridi color pervinca. Non
sembrava nemmeno avere l’aria terribilmente incazzata che lo
contraddistingueva solitamente.
«Durerà
poco», pensò senza farsi troppe illusioni, «il
tempo di scoprire che sono stata io a liberare il suo
stramaledettissimo dannato.»
Safet
prese la parola rivolgendosi all'Arcidiavolo. «Questa demone è
arrivata ieri sera, ha deciso di abbandonare Zamesh dopo aver visto
morire tra atroci torture il suo partner, Carryel.»
Akenet
non disse nulla, si limitò a poggiare la spalla su una
libreria e incrociare le braccia.
«Vorrebbe
unirsi a noi, e penso sia sincera, considerando che è riuscita
a superare la barriera creata da Elena, la compagna di Razel.»
Akenet
incrociò per un breve istante lo sguardo di Razel, quindi
riportò l’attenzione su Safet.
«Ne
abbiamo parlato e abbiamo ritenuto che sia fondamentale avere il suo
parere Signore…»
Un
angolo delle labbra di Akenet si incurvò leggermente.
«Sia
perché si tratta, come ho detto, di un ex collaboratrice di
Zamesh, sia…» Safet esitò, sapeva che stava per
lanciare una bomba incendiaria nella biblioteca, cercò con lo
sguardo l'appoggio di Gabriel che annuì impercettibilmente.
«...
perché ha contribuito alla liberazione di Eymerich.»
Com'era
da aspettarselo, Akenet reagì furiosamente. I suoi occhi
diventarono rossi, assunse la forma demoniaca e fece un passo verso
Aluarel mentre scintille infuocate zampillavano dalla sua aureola
spezzata. Ysrafael si frappose immediatamente tra lui e la demone.
«Spostati,
Ysrafael. Questa faccenda non ti riguarda!» ringhiò
l’Arcidiavolo.
Una
spada angelica si materializzò tra loro per poi poggiarsi sul
petto del Supervisore angelico e spingerlo leggermente indietro. Era
Elendiel.
«Perché?»
domandò perplesso il Supervisore angelico all'Arcangelo.
«Concordo
con Akenet, la demone è sotto il suo comando. Sta a lui
decidere se il suo tradimento debba essere punito o meno!»
«La
ucciderà! Non vedi che è fuori di sé?»
rispose Ysrafael poco convinto.
Elendiel
abbassò la lama e si rivolse ad Akenet. «Ritengo che tu
sia uno dei pochi Arcidiavoli, se non l'unico, a possedere ancora il
senso dell’onore. Confido che ti comporterai come un vero
comandante e non come un brutale assassino!»
Akenet
fece un cenno di assenso a Elendiel, riprese la forma umana,
oltrepassò Ysrafael, senza degnarlo di uno sguardo e,
rivolgendosi ad Aluarel le ordinò di seguirlo fuori dalla
biblioteca.
Lei
obbedì, rassegnata a incontrare presto la sua morte.
Una
volta fuori, Akenet la fece sedere su una panchina e le ordinò
di aspettare il suo ritorno.
Aluarel
non osò disobbedire.
Di
lì a poco l’Arcidiavolo ritornò con Kafresh che
quando la vide impallidì.
«La
conosci?» domandò Akenet.
«Si,
Signore.»
«Da
molto?»
«Re…
relativamente…»
«E
come vi siete conosciuti?»
Kafresh
annaspò in cerca di una risposta adeguata. Non voleva
rischiare di essere nuovamente punito, mentendo al suo comandante, ma
non voleva neppure che quella stupida demone subisse la stessa
punizione terribile che aveva subito lui. Il demone idraulico,
infatti, non le portava rancore perché nonostante quello che
era successo, riteneva che tutti i demoni subordinati fossero vittime
degli Arcidiavoli.
Lei
comprese la sua difficoltà e decise di aiutarlo, tanto doveva
morire comunque, ormai non avrebbe fatto differenza. «Non
mentire, non serve. Lo sa.»
Immediatamente
dopo cadde a terra avvolta da una terribile fiammata che la
carbonizzò completamente.
Ma
non la ridusse in cenere.
Né
la uccise.
Uno
schioccare di dita le tolse il dolore. Si guardò le braccia e
si rese conto che erano del tutto sane. Capì che era stata
graziata e risanata. Si alzò in piedi e si mise sull’attenti.
«Grazie, Signore, sono al suo servizio!»
«Mi
sembra ovvio» grugnì Akenet. «Risponderai
direttamente a Kafresh».
«Non
la deluderò!»
«Lo
spero per te.» Chiosò lui, alzandosi in volo.
Seguì
qualche istante di silenzio imbarazzato tra Kafresh e Aluarel.
«Secondo
te, perché non mi ha carbonizzato a morte?»
Kafresh
strinse le spalle. «Perché hai provato ad aiutarmi,
credo.»
«Pensavo
lo avrebbe fatto incazzare.»
«Akenet
non è crudele inutilmente» rispose Atriel,
avvicinandosi. Aveva assistito alla scena da lontano, preoccupata per
Kafresh e sperando che Akenet mostrasse il suo lato migliore.
Fortunatamente non era rimasta delusa.
«Vi
ha messo alla prova entrambi per capire se sareste stati in grado di
combattere insieme, visto ciò che è successo poco tempo
fa. Aiutandovi, glielo avete dimostrato. Inoltre Aluarel ha evitato
che Kafresh rischiasse di farsi punire, dimostrando di possedere
dignità e orgoglio e per lui queste sono doti
importantissime.»
Aluarel
rimase estremamente colpita dalle parole della collega, abituata alla
crudeltà di Zamesh, aveva ben poca fiducia negli Arcidiavoli.
«Ora capisco perché Lucifero ha dato il comando del Nono
Girone a lui e non a Zamesh! Tra loro non c'è paragone, Akenet
sarà sempre una spanna sopra quel maiale!» commentò,
ammirata.
#
Renzo
aveva appena finito di riordinare la sala da pranzo, aiutato da
Alissa, Catherine e Yetunde. Da quando era riuscito a convincere sua sorella a
prendersi qualche giorno di riposo e trattenersi a Roma, lontano dai
suoi “ospiti”, i tre ragazzi e Aurora si erano rivelati
di grande aiuto nella gestione del B&B. Sua sorella aveva
insistito un bel po’ prima di accettare la proposta del
fratello, che presto sarebbe dovuto tornare al lavoro, temeva che si
stancasse troppo, ma alla fine Renzo l'aveva convinta assicurandole
che gli ospiti, essendo anche suoi amici, si erano offerti di dargli
una mano.
E
a proposito di sorelle… Era arrivato il momento di parlare con
Aurora. Recuperò una paletta e una zappetta da giardinaggio e
la raggiunse in giardino mentre osservava perplessa un’aiuola.
«Non
ti sembra un po’ presto per le ginestre e i tulipani?»
gli domandò lei, vedendolo arrivare.
«Direi
proprio di si, ma vista la natura della maggior parte dei miei ospiti
non mi stupisco più di nulla!»
Aurora
sorrise e Renzo provò una strana sensazione di familiarità.
«Tu credi nella reincarnazione?» le domandò.
«Diciamo
che mi sono ricreduta di recente».
«Immagino
che abbia intuito che, se esiste la reincarnazione, io e te siamo
fratello e sorella o, per lo meno, lo siamo stati nel 1600.»
«Ovviamente,
anche se ammetto di non avere alcun ricordo della mia vita
precedente. Tutto quello che so, me l’ha raccontato Safet.»
«Non
hai mai paura di lui?» Domandò Renzo. «Lo so che
non sembra crudele, ma è pur sempre un demone infernale, sei
davvero sicura di conoscerlo? E poi non pensi al dopo? Cosa sarà
di te una volta… morta?»
Aurora
si inginocchiò e pulì dalla terra i petali di una
piantina di tulipani. «No, non ho mai avuto paura di lui,
nemmeno all’inizio della nostra storia, quando ancora non
sapevo della sua profonda amicizia con l'Arcangelo Gabriel, il che,
me lo concederai, testimonia a favore della sua bontà d’animo.
Per quanto riguarda il dopo, non saprei, probabilmente lo seguirò
all’Inferno o magari la mia anima continuerà a
reincarnarsi e ci incontreremo infinite volte, fino a quando lassù
qualcuno deciderà diversamente.»
Renzo
si accucciò accanto a lei porgendole la zappetta. «La
trovo una prospettiva piuttosto angosciante, ma immagino che non
possiamo fare altro che accettare il nostro destino.»
«E
tu invece, ricordi qualcosa della nostra vita precedente?».
Chiese Aurora, prendendogli di mano la zappetta e smuovendo la terra
intorno ai fiori.
«Io
ricordo praticamente tutto, a partire da quando gli Inquisitori hanno
portato via te e nostra madre, fino a quando sono morto.»
«Santo
cielo, non ti invidio, deve essere tremendo ricordare la propria
morte.»
«Mica
tanto, un attimo prima ho fatto in tempo ad ammazzare qualcuno che se
lo meritava. Indovina chi?»
Aurora
smise di zappare e lo guardò impressionata. «Non sarà
per caso qualcuno che aveva a che fare con l’Inquisizione?»
Sul
viso di Renzo apparve un’espressione soddisfatta. «Esattamente!
Quello stronzo che ha ucciso te e nostra madre!»
«Sei
stato tu a uccidere Eymerich?» esclamò Aurora.
«Proprio
così. L’ho ammazzato durante uno scontro tra truppe
francesi e spagnole. Io stavo con i francesi. Ricordo di averlo
riconosciuto immediatamente; prima di ucciderlo, gli ho chiesto se si
ricordava di te e della mamma e lui ha detto di si, che si ricordava
benissimo delle due streghe che la puttana del diavolo aveva cercato
di salvare! Aveva uno sguardo allo stesso tempo soddisfatto e carico
di odio. L’ho ucciso senza alcuna esitazione, ma purtroppo,
immediatamente dopo sono stato aggredito alle spalle da un soldato
spagnolo e tutto è diventato buio.»
Aurora
era sconvolta. «E tu, ti porti il peso di questi ricordi, da
quale età?»
«Non
ricordo con esattezza, ma penso da quando avevo almeno cinque o sei
anni.»
«Mi
dispiace, deve essere stato terribile.»
«In
realtà, penso sia stato molto peggio per i miei genitori.
Pensavano di avere un figlio con gravi problemi mentali.
Fortunatamente per loro, crescendo ho capito che era meglio tenere
per me sia le visioni che i racconti della mia vita passata. Sono
riuscito a convincere tutti, anche lo psicologo, che si era trattato
di una fase dell’infanzia in cui la mia fantasia era
eccessivamente sviluppata e alla fine, in qualche modo, ci ho creduto
anche io. Ma da quando ho cominciato a legare con Alba, le visioni e
i ricordi si sono ripresentati più forti che mai.»
«Abbiamo
avuto esperienze molto simili.» commentò Aurora. «Ti
dirò, comincio a pensare che ci sia un motivo ben preciso se
ci troviamo tutti insieme proprio qui: credo che siamo tutti legati
dallo stesso evento.»
«Intendi
l’incontro di ognuno di noi con Alba, nel 1600?»
«No,
intendo il primo incontro tra Alba e Azaele. Credo che nel momento in
cui Aza le ha salvato la vita, abbia cambiato anche il destino di
tutti noi». Aurora si interruppe per osservare le nuvole che
navigavano nel cielo azzurro.
«Chissà
forse lassù hanno deciso che era arrivato il momento che ogni
cosa tornasse al suo posto!»
Renzo
rifletté sulle parole di Aurora. «Questo può
valere per noi, ma per quanto riguarda Alissa, Catherine e Yetunde?
Come spieghi la loro presenza?»
«Non
lo so, però ricordati che sono amici di Azaele. Ho idea che ci
sia lui al centro di tutto. Forse sono qui per uno scopo.»
Renzo
sgranò gli occhi colto da un'improvvisa consapevolezza. «Se
Yetunde non fosse finito all'Inferno con Azaele, nessuno avrebbe
potuto liberare Safet dalle catene che lo imprigionavano!»
«Hai
ragione, questo potrebbe essere proprio un esempio di ciò che
intendevo!» approvò Aurora.
Un
ronzio proveniente dall'aiuola attirò la loro attenzione.
«Oddio,
guarda!» esclamò Aurora, indicando centinaia di
porcellini di terra che uscivano dal terreno e si appallotolavano,
riempiendo l'aiuola di palline grigie.
Un
attimo dopo la terra cominciò a tremare. Si udì un
rombo in lontananza, i porcellini si aprirono e in pochi istanti si
nascosero di nuovo sottoterra.
Non
molto lontano, videro uno sciame nero innalzarsi nel cielo.
«Meglio
rientrare!» Propose Renzo stringendo una mano di Aurora.
#
Akenet
era appena rientrato nella Biblioteca del B&B quando la terra
cominciò a tremare. Un rombo cupo lo fece voltare verso la
finestra dalla quale Azaele e Alba stavano osservando accigliati
l'orizzonte.
Il
cielo si oscurò, coperto da centinaia di demoni neri.
«Stanno
arrivando!» annunciò Azaele facendo apparire la sua
nuova armatura. «La battaglia per la piccola Gaia sta per
cominciare!»
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Capitolo 27 *** E buio fu ***
Capitolo 27
E buio fu!
«Akenet, stanno arrivando, sono centinaia!»
esclamò Adel entrando nella biblioteca e volando verso di lui.
«Li vedo!» ribatté Akenet,
accogliendola tra le braccia e stringendola a sé. «Ma io
sono un Arcidiavolo e abbiamo ben quattro Arcangeli con noi, più
due streghe molto potenti e i figli di due Arcangeli. Al loro posto
sarei io a preoccuparmi!» aggiunse sogghignando. Poi si rivolse
ad Azaele. «A proposito, quella è l'armatura di zia
Gala» disse, più come affermazione che come domanda.
«Si. Me l’ha data mio padre!»
«Ti sta bene!» sentenziò
l'Arcidiavolo lasciando il cugino senza parole.
«Perché hai parlato di quattro Arcangeli,
se ci siamo solo io, Gabriel e Yliel?» domandò dubbiosa
Elendiel contando fino a tre, con la mano sinistra, per maggior
sicurezza.
«Perché il tuo ex potrà anche aver
rinunciato al suo nome di Arcangelo, ma le ali sono ancora quelle,
anche se nere, e anche i suoi poteri! Quindi evitiamo di fare i
pedanti, non è il momento!» rispose secco l'Arcidiavolo
facendo impallidire Elendiel che non trovò nulla da ribattere.
Safet non riuscì a trattenere un sorrisino
soddisfatto. Ogni tanto era divertente vedere Elendiel rimanere senza
parole.
«Propongo che noi cinque scegliamo le nostre
squadre e ci dividiamo le aree da difendere! Che ne pensate?»
Domandò Akenet ai “quattro” Arcangeli che si
scambiarono uno sguardo.
«Siamo d'accordo, ma cerchiamo di formare gruppi
misti ed equilibrati» approvò Gabriel.
«Ovviamente!» rispose freddamente Akenet.
«Io parto per primo, quindi preferirei avere più
guerrieri, nel mio gruppo. Prendo Kafresh, Aluarel e se sono
d'accordo, il cuginetto e il biondino. Atriel è una guerriera
molto forte, quindi la lascio a voi. Per quanto riguarda te, Adel,
preferirei che rimanessi qui a tenere la posizione con le due streghe
e l'umano reincarnato che mi pare un tipo sveglio.» Adel annuì,
mentre Michele, Ariel e David'el, che nel frattempo avevano raggiunto
la biblioteca insieme a tutti gli altri ospiti del B&B, si
scambiarono uno sguardo dubbioso.
«Quale biondino intendi, esattamente?»
domandò David'el.
«Quello amico del cuginetto, mi pare scontato!»
rispose Akenet sbuffando.
«Non era mica tanto scontato, certe volte quello
là è più irritante di Roger!1»,
sussurrò David'el a Michele e Ariel, che ridacchiarono
cercando di non farsi notare dall'Arcidiavolo.
«Per noi va bene» rispose Michele dopo aver
scambiato uno sguardo d'intesa con Azaele e Sael.
«Io prendo con me Sael, Ysrafael e Muriel»
propose Safet, seguito da Gabriel che propose di portare con sé
Sakmeel, Eowynziel e Razel «Ovviamente se Elendiel e Yliel sono
d'accordo» sottolineò rispettosamente.
«Per me va bene, io combatterò con questa
demone … Atriel... Giusto? E con Aleniel, mentre Yliel, se sei
d'accordo, tu difenderai gli umani insieme ad Ariel e David'el, che
ne pensi?»
Eowynziel si avvicinò alla sorella e le sussurrò
qualcosa all'orecchio. Parlottarono per qualche istante e poi Yliel
si rivolse un po' a tutti, ma in particolare ad Akenet.
«Sono d'accordo e la squadra mi va bene. Ma vi
proporrei di prendere in considerazione il suggerimento di mia
sorella. Secondo lei, Adel, dovrebbe fare da staffetta. Eowynziel
dice che è una ragazza sveglia e veloce, e noi potremmo avere
bisogno di scambiarci notizie sull'andamento della battaglia. Cosa ne
pensi, Akenet?»
L'Arcidiavolo ebbe un momento di esitazione, non gli
piaceva l'idea di mettere in pericolo Adel, ma era alquanto evidente
che lei era orgogliosa di essere stata proposta come staffetta e non
voleva farle pensare che non aveva fiducia nelle sue capacità.
D'altra parte, ricordava ancora la velocità con cui era
scappata dalla sua nuova segretaria e la caparbietà con cui si
era difesa da quella demone spocchiosa e ben più alta di lei.
Al ricordo della loro breve lotta non riuscì a trattenere un
sorriso divertito; un boato lo fece tornare immediatamente al
presente, poggiò una mano sulla spalla di Adel e gliela
strinse leggermente guardandola negli occhi, poi si rivolse a Yliel e
fece un cenno di assenso. Adel arrossì di soddisfazione.
«Andiamo?» propose Azaele.
«Andiamo!» rispose Akenet, richiamando su di
sé la sua armatura, interamente blu cobalto, tranne per la
corazza che richiamava i colori e le forme geometriche dell'arte dei
nativi americani.
Azaele si avvicinò ad Alba e la abbracciò
stretta. Lei gli portò una mano sulla nuca e poggiò la
sua fronte su quella di Azaele. «Io sono qui, ma sarò
anche lassù con te, lo sai vero?» sussurrò.
«Si. Lo so, e so anche che se vinceremo sarà
grazie a te!» rispose lui baciandola con trasporto.
Michele pensò bene di seguire l'esempio di
Azaele, afferrando Sael e baciandolo come se fosse l'ultima occasione
per farlo.
Akenet, spazientito da tutte quelle smancerie, stava per
grugnire un «Ci muoviamo o no?» Quando sentì una
piccola mano calda, infilarsi dentro la sua mano destra e stringerla
delicatamente. Era Adel. L'Arcidiavolo intuì che forse si
stava comportando un po' freddamente, considerando la situazione.
Decise di rimediare circondandola con il braccio e prendendola in
braccio. «Vabbè, ma tanto lo sai, no?» le disse.
«Si, lo so!» rispose lei con un sorriso talmente dolce
che Akenet si dimenticò che in quanto Arcidiavolo più
temuto dell'Inferno doveva mantenere un certo contegno e la baciò
così intensamente da far arrossire perfino l'algida Elendiel.
«Andiamo!» disse infine riportando Adel a
terra e aprendo le ali.
«Andiamo!» risposero i componenti della sua
squadra, uno dei quali, Kafresh, si voltò verso Atriel e le
strizzò un occhio sorridendo. Lei rispose al sorriso, pensando
che una volta terminata la battaglia sarebbe stato bello
conoscerlo meglio.
#
Fuori, il cielo era completamente coperto da centinaia
di demoni che sventolavano le ali per restare in quota in attesa di
ordini, generando un ronzio inquietante. Alcuni di loro lanciavano
bombe infuocate contro la barriera invisibile creata da Elena e Alba.
Le bombe si infrangevano senza altro risultato che spargere intorno
miriadi di scintille infuocate e fare infuriare Eymerich che, in
groppa a un Ippogrifo nero dallo sguardo cremisi e l'aria
infastidita, urlava improperi ai demoni e li obbligava a continuare a
fare fuoco, per quanto inutile fosse.
«Hey, imbecille!», gli urlò Azaele,
«Ti do un aiutino: nel caso non lo avessi notato, c’è
una barriera protettiva che ci protegge dalle vostre bombe!»
Eymerich nel vedere Azaele più simile a un angelo
che a un demone, rischiò seriamente un infarto, a dispetto
della sua condizione di defunto.
«Tu, feccia demoniaca, come osi indossare
un’armatura angelica! Toglila immediatamente!!» urlò
con gli occhi fuori dalle orbite.
«Scusa, pirla, ma davvero credi di potermi dare
ordini? Se ti da tanto fastidio vedermi indossare l’armatura di
mia madre, l’Arcangelo Galadriel, perché non vieni a
togliermela tu?» ribatté Azaele.
Eymerich, infuriato nel sentire Azaele prendersi gioco
di lui, ordinò all’ipogrifo di attaccare. L’animale,
che a differenza del suo irascibile cavaliere, non aveva dimenticato
la presenza della barriera protettiva, si rifiutò di obbedire.
Eymerich lo frustò violentemente e a quel punto
l'ippogrifo, che non è famoso per avere un carattere dolce e
remissivo, lo disarcionò e se ne andò soffiando fuoco e
fiamme dal becco. L'inquisitore si ritrovò per terra. Ci mise
qualche secondo a realizzare ciò che era successo, dopodiché
si rialzò pesto e schiumante di rabbia.
«Attacchiamo, ora!» Ordinò Akenet.
«Aspetta!» esclamò Azaele.
L'Arcidiavolo lo fissò stupito e irritato. Azaele si affrettò
a spiegarsi. «Guardali!» disse indicando l'esercito di
demoni. «Secondo me, non sono tutti cosi felici di obbedire a
quell’idiota! Parla con loro, proponi di passare sotto il tuo
comando!»
Akenet osservò attentamente i demoni, molti dei
quali stavano trattenendo a stento le risate per la figura barbina
del loro condottiero. Il cuginetto aveva ragione, nonostante passasse
la maggior parte del tempo a sembrare un irrimediabile imbranato,
quando serviva, era capace di tirare fuori intuizioni inaspettate e
piuttosto utili.
«Concordo con Azaele, Signore» intervenne
Kafresh.
«Perché dovrebbero farlo, perché
dovrebbero tradire Zamesh e incorrere nella sua vendetta, tu lo
faresti?» gli domandò Akenet.
«Per lo stesso motivo per cui lo ha fatto Aluarel,
Signore. Tra tutti gli Arcidiavoli, lei è… » il
demone idraulico esitò cercando le parole giuste.
«II meno peggio?» terminò
ironicamente Akenet.
«II migliore, Signore. L’unico a cui vale la
pena di obbedire» affermò Aluarel con convinzione.
L’Arcidiavolo sogghignò. «Lo pensi
anche tu Kafresh, nonostante ti abbia quasi ammazzato?»
«Credo sia quel quasi
a fare la differenza, Signore» rispose il demone sostenendo lo
sguardo del suo comandante.
«Forse.» commentò Akenet. «Non
seguitemi, neanche tu, Azaele.» Ordinò, abbassando la
visiera dell’elmo e lanciandosi fuori dalla barriera protettiva
circondato da fiamme e lapilli di lava.
Le prime file dell'esercito nero arretrarono confuse nel
ritrovarsi di fronte Akenet. L'Arcidiavolo, col volto coperto
dall'elmo che lasciava intravvedere solo il rosso vermiglio dei suoi
occhi e circondato dalle scintille che piovevano copiose dalla sua
aureola spezzata, risultava allo stesso tempo imponente e autorevole.
Aveva appena iniziato a passare in rassegna i volti di ogni soldato
dell'esercito nemico, quando sentì la presenza di qualcuno al
suo fianco. Allungò la mano sull'elsa della spada e poi alzò
gli occhi al cielo.
«Ti avevo detto di non seguirmi!» sussurò
irritato.
«Sono venuto a coprirti le spalle! È la mia
battaglia, non ho intenzione di lasciarti rischiare la vita da solo!»
ribatté Azaele, a bassa voce.
«Beh, allora sta zitto e lascia parlare me»,
gli intimò l'Arcidiavolo, « e sopratutto vedi di stare
calmo e di evitare gesti inconsulti che potrebbero far precipitare la
situazione, questi imbecilli sono troppi anche per me!»
Azaele alzò il pollice sorridendo rassicurante,
Akenet scosse la testa e si rivolse all'esercito nemico.
«Dunque Zamesh ha lasciato il comando del suo
esercito a un dannato? E voi avete accettato la sua decisione senza
fiatare? E’ così che dimostrate di essere degni del
ritorno dell’Alfiere del male? Comportandovi come delle pecore
senza orgoglio?»
«Attaccateli ora che sono solo in due, fannulloni
pusillanimi!» berciò da terra Eymerich.
Akenet non gli rivolse la minima attenzione e continuò
a parlare con i demoni che avevano smesso di lanciare bombe
infuocate. «Zamesh è davvero caduto in basso per non
presentarsi alla battaglia che lui stesso ha scatenato!»
Dalle file nemiche si alzò una voce. «Lui
almeno combatte dalla parte giusta, tu invece hai un angelo e un
Arcangelo tra i tuoi alleati e ti permetti di venire a fare lezioni
di onore a noi!»
«Appunto è un traditore. Attaccatelo!»
Ordinò Eymerich, venendo ancora una volta ignorato
completamente sia dai demoni che da Akenet.
«Io ho ben più di un Angelo e un Arcangelo
tra i miei alleati e se vi ostinate ad attaccare vi accorgerete
troppo tardi del vostro errore!» rispose Akenet poggiando una
mano sulla spalla del cugino. «E per quanto riguarda l’onore…
sappiate che oggi combatto dalla parte di Azaele perché
perfino per noi demoni esistono dei limiti che non si possono
superare, e pensare di rapire il nostro Alfiere, assassinando sua
madre per strapparglielo dal ventre, è uno di questi! Solo un
vigliacco può escogitare un piano tanto indegno! Per non
parlare di quando l’Alfiere crescerà… con chi
credete che si schiererà quando sarà il momento, con
chi voleva sventrare sua madre?»
Dall’esercito nero si alzò un brusio. Le
ragioni di Akenet avevano una logica innegabile e molti demoni, che
non erano soddisfatti di obbedire a Zamesh e ancor meno a Eymerich,
cominciavano a essere incerti.
«Ora basta, misere canaglie, attaccate quel lurido
figlio di cagna se non volete rimpiangere di essere nati!»
ululò Eymerich da terra. Akenet non si voltò nemmeno.
Schioccò le dita e lo avvolse in un falò. Alcuni demoni
si lanciarono ad aiutarlo, spegnendo il fuoco prima che fosse ridotto
in polvere, altri demoni sguainarono le spade pronti a lanciarsi
all'attacco.
«Ohmmerda!» esclamò Azaele.
«Chi vuole seguirmi, decida adesso, perchè
dopo sarà troppo tardi!» sentenziò Akenet
voltando le spalle all'esercito nero e rientrando all'interno della
barriera seguito a ruota dal cugino.
«E meno male che ero io quello che non doveva
innervosirsi e fare gesti inconsulti!» sbuffò Azaele.
«A cosa ti riferisci?» domandò
l'Arcidiavolo.
«Mi riferisco al falò dell'Inquisitore! Non
che non se lo meritasse, ma per poco ci hai fatto attaccare da mezzo
esercito di Zamesh!»
«Ah, quello...» grugnì Akenet con un
scintillio divertito negli occhi e stringendosi nelle spalle. «Ho
perso la calma nel mentre!»
#
Tra i demoni era calato il silenzio. L'invito a seguirlo
di Akenet, il comandante più forte e stimato tra tutti gli
Arcidiavoli, aveva messo ancora più in crisi quelli che tra
loro erano già poco convinti di obbedire a Zamesh e al suo
servo umano, o quasi umano, visto che era già morto.
Dopo qualche istante, un demone robusto, con due
elaborate trecce bionde che gli scendevano sulle tempie, due ampi
baffi biondi e una cicatrice che gli deturpava parzialmente la parte
destra del viso, si staccò dall'esercito nero. «Ho
combattuto con il migliore, durante la Grande Guerra e con il
migliore combatterò anche questa volta!» gridò
rivolgendosi ai suoi compagni e raggiungendo Akenet oltre la
barriera. Un altro demone si staccò dall'esercito e
raggiungense il compagno. E poi altri due, tre, cinque e infine
decine di demoni, davanti agli occhi increduli di un esterrefatto
Eymerich, sciamarono oltre barriera.
«Luridi vigliacchi, avete firmato la vistra
condanna a morte!» La voce gelida di Zamesh interruppe la fuga
dei demoni. L'arcidiavolo, coperto dalla sua armatura rosso sangue,
era apparso improvvisamente dietro il suo esercito. Colto da una
rabbia furiosa e distruttiva nel vedere che ancora una volta Akenet
veniva preferito a lui, ordinò ai demoni rimasti fedeli, per
forza o per scelta, di scagliarsi contro i loro ex compagni e farli a
pezzi.
L'esercitò nero circondò i demoni che non
avevano fatto in tempo a raggiungere e superare la barriera e in
pochi minuti li massacrarono senza pietà. Strazianti urla di
dolore riempirono il cielo e una pioggia di sangue colorò di
rosso i prati intorno alla barriera.
Michele, che non aveva ancora proferito parola da quando
erano usciti dal B&B, non riuscì a impedire che due
lacrime gli scivolassero lungo le guance.
Il demone con la cicatrice lo notò e commentò
«Se anche un Angelo può commuoversi di fronte al
massacro di noi demoni, allora oggi ho fatto la scelta giusta!»
Si avvicinò a Michele e porgendogli la mano si presentò.
«Mi chiamo Bendik'el e sarò felice di combattere al tuo
fianco!»
«Ne sono onorato!» rispose l'angelo
stringendogli la mano.
#
Poco lontano, dal lato opposto del B&B, “quattro”
Arcangeli e Adel, assistevano ai drammatici eventi che si stavano
svolgendo poco lontano.
Quando anche l'ultimo dei demoni cadde al suolo senza
vita, massacrato dal furore dell'esercito di Zamesh, Safet scrutò
il cielo, oramai completamente nascosto da nubi nere e minacciose, e
con il tono di voce più tetro che Gabriel e Elendiel gli
avessero mai sentito prima, commentò laconicamente «E
buio fu!»
A quelle parole, come se si fossero messi d'accordo,
Gabriel, Yliel e Elendiel sguainarono le loro spade e chiamando a sé
le proprie squadre, volarono verso le loro postazioni. Adel volò
velocemente verso Akenet per informarlo che i Comandanti avevano
raggiunto le loro posizioni.
Akenet, con pochi ordini secchi e precisi, mandò
a ognuno di loro un gruppo di demoni come rinforzo. Quando ebbe
conferma dagli Arcangeli che erano pronti alla battaglia, si rivolse
ad Azaele e disse solo. «Ora!»
Azaele prese un profondo respiro, volò sopra il
B&B e appena scorse Alba e Elena in attesa sul tetto ordinò.
«Abbassate la barriera!»
Zamesh sorrise crudelmente e, incrociando lo sguardo
fermo di Akenet, sussurrò tra sé e sé. «E
ora, finalmente, scopriremo chi merita davvero il comando del Nono
Girone!»
Nota 1: Roger Waters, bassista e leader dei Pink Floyd
insieme a David('el) Gilmour
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