Gli eredi

di horus
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** incontro ***
Capitolo 2: *** scontro ***
Capitolo 3: *** gelosia ***



Capitolo 1
*** incontro ***


Gli Eredi


L’uomo entrò tranquillamente nelle stanze della regina. Sembrava stanco, ma, nonostante tutto, soddisfatto. I suoi occhi cobalto vagarono per la camera, alla ricerca di una capigliatura rosso fuoco a lui familiare.

Una figura femminile uscì dalla porta che si trovava dall’altro lato dell’entrata. I capelli bagnati gocciolavano sul pavimento, il corpo avvolto da un accappatoio dalla tinta più chiara della chioma sanguigna. Gli occhi, iridi infuocate come l’elemento che comandava, si posarono immediatamente sull’uomo che la stava aspettando.

Capelli argentati, legati in una coda bassa, con qualche ciocca che, birichina, gli incorniciava la fronte. Gli abiti, neri come al solito, ne fasciavano il corpo, mettendo in risalto il fisico muscoloso e scattante.

-Hai fatto?- chiese la donna.

-Sì, è tutto a posto-

-Perfetto, allora inizierò anche io-

La regina si sdraiò sul letto, aspettando che l’uomo la raggiungesse. Una volta che furono entrambi comodi lei lo abbracciò, non riuscendo più a trattenere la domanda che le rodeva dentro da quando era entrato.

-Com’era?-

Non ci fu bisogno di ulteriori spiegazioni, lui capì immediatamente a chi si riferiva.

-Era la ragazza più bella e più potente su cui oggi abbia posato lo sguardo. Penso di aver fatto la scelta giusta, ma mi sarebbe piaciuto che avessi potuto farlo tu-

Lei tirò un sospiro, non era ammissibile e lo sapevano entrambi.

-Sai benissimo che io devo dare alla luce il mio erede, se dessi alla luce anche il tuo non sarebbe come volevamo. Devono avere i nostri poteri più puri, se l’avessi fatto per il tuo sarebbero risultati mischiati. Non li avrebbero mai accettati- lo guardò un attimo negli occhi, quel blu così brillante le ricordava sempre la libertà del cielo e l’elemento che lui governava incontrastato. –E poi sarebbero cresciuti come fratelli, sarebbe risultato un po’ difficile, non credi?-

-Sì, hai ragione come al solito. Le tue motivazioni sono inattaccabili e io le condivido pienamente, lo sai. Però mi sarebbe piaciuto non doverlo affidare a qualcuno che nemmeno conosco. E se poi non si incontrassero, cosa succederebbe?-

-Non è possibile- scosse la testa, liberando ancora piccole gocce che si infransero sul petto dell’uomo, -Sono destinati ad incontrarsi, qualunque sia il loro cammino si vedranno. Sono l’uno parte dell’altro, questa realtà li spingerà a cercare la metà mancante-

-Ahh, Kyuubi- sospirò, fingendo un tono affranto. –Come fai ad essere così saggia e così affascinante allo stesso tempo?-

-Dote innata mio caro. Non per niente sono la regina dei demoni- spiegò lei convinta. Gli piaceva quando Arashi le faceva i complimenti. Solo lui glieli faceva così, come se fossero detti per caso, non per cercare i suoi favori, come invece facevano quasi tutti gli altri.

-Allora sono felicissimo di averti sposata mia cara. Sarei stato un pazzo a lasciar andare una creatura perfetta come te-

-Siamo in vena di complimenti stasera?-

-Beh, sai com’è…Sono stato via tutto il giorno, ho visto milioni di femmine che nemmeno possono pensare di paragonarsi alla tua bellezza e quando torno tu mi accogli così…Io inizio a sperare in un piacevole evolversi della serata- rispose lui, un sorrisino malizioso in volto.

Cosa stava dicendo prima? Che lui non cercava i suoi favori? Beh, quelli forse no, ma piaceri di un altro tipo quelli si però. Dannato lupo pervertito.

Ogni possibile replica di Kyuubi venne fermata dalle labbra di Arashi che si chiusero dolci e fameliche sulle sue. Gliel’avrebbe data vinta per oggi, tanto anche lei ne aveva voglia, la mancanza del suo mate si era fatta sentire per tutta la giornata.

§§§§§§§§§§§§§§§

Diciassette anni dopo…

Un giovane ragazzo biondo si guardava intorno distrattamente. Non sapeva cosa fare.

Non gli era mai piaciuta quel genere di riunione, solo sua madre e Arashi potevano partecipare. Lui doveva aspettare fuori, ma insomma era il modo di trattare una persona del suo rango? Non che gliene fregasse molto di essere il principe dei demoni, ma potevano mostrargli un po’ più di rispetto.

Se non avesse dovuto scappare da Sakura non sarebbe venuto. Oggi la ragazza era nervosa, e probabilmente la colpa era di nuovo di Sai, quello non sapeva stare zitto. Se restava nei dintorni avrebbe potuto prendersela anche con lui, e la cosa non gli piaceva affatto. Quando si arrabbiava la demone aveva una forza tremenda, faceva più paura di sua madre.

Umm, no, quello era impossibile. Sua madre incazzata non la batteva nessuno. L’ultima volta che qualcuno l’aveva offesa aveva raso al suolo un’intera foresta. Completamente carbonizzata, come quello stupido che aveva avuto l’ardire di farla arrabbiare.

No decisamente, la più paurosa era la madre. Fortuna che Arashi la sapeva tenere a bada. Sembrava solo un lupo pervertito, ma nascondeva tante qualità. La più importante era quella di riuscire a calmarla.

La grande Kyuubi no Youko, regina dei demoni. Senza suo marito probabilmente sarebbe stata la regina di niente, avrebbe ammazzato tutti i suoi sudditi prima.

Dalle labbra gli sfuggì un sospiro annoiato, non sapeva cosa fare. In quel dannato luogo non c’era niente con cui distrarsi, se non guardare il fiume che divideva i due regni.

Due volte all’anno i sovrani degli angeli e dei demoni si ritrovavano in una zona neutrale, il Ponte di Miko appunto. La costruzione comprendeva due arcate di pietra millenario che collegavano, al regno demoniaco e a quello angelico, un’isoletta che si trovava sospesa sopra il fiume Miko.

Il corso d’acqua, largo come minimo due chilometri, scorreva tranquillo e placido ad almeno quattrocento metri sotto di lui. Mentre la zona di terra circolare che si trovava in mezzo ai due paesi era zona neutra, vi si potevano incontrare persone di tutti i tipi. Al centro vi era un palazzo in cui avvenivano le riunioni.

Inutile dire che lui non ci poteva entrare. Prese a camminare per l’isoletta e, una volta completato il giro, iniziò ad incamminarsi dalla parte opposta a quella da cui era arrivato. Si dirigeva verso il regno angelico per cercare qualche anima da corrompere o con cui giocare.

Anche se non poteva entrare nel paese avversario ciò non voleva dire che non poteva divertirsi. Era immerso nei propri pensieri quando lo vide.

Un ragazzo, dai capelli neri come l’ebano e le vesti bianco candido. Non riusciva a scorgergli il volto perché un ciuffo laterale ne copriva buona parte.

Se stava là, fermo immobile, in piedi sopra al parapetto del ponte. Pantaloncini bianchi lunghi fino al ginocchio e maglietta a maniche corte dello stesso colore. Le mani infilate nelle tasche e lo sguardo rivolto all’orizzonte.

Rimase a guardarlo, scordandosi di tutto. L’ora,la riunione, sua madre…La sua mente era riempita dall’immagine di quel ragazzo moro.

All’improvviso l’angelo sbilanciò il corpo, si lasciò cadere nel vuoto. Naruto si avvicinò di corsa al parapetto per guardarlo volare via.

Quello che lo lasciò senza fiato furono le ali dell’altro, erano argentate. Di un colore stupendo che riluceva alla luce del tramonto. Erano perfette.

L’unico suo pensiero coerente in quel momento fu: starebbe meglio vestito di scuro.


Allora, eccomi alla ribalta con una nuova fic. Questa non dovrebbe durare più di tre o quattro capitoli. Erano un paio di giorni che mi ronzava in testa e se non l'avessi messa per iscritto non sarei riuscita a continuare l'altra. Questa volta è un'AU e devo dire che come ambientazione è già usata e strausata, ma mi era venuta la voglia.
Cercerò di riprodurre il più fedelmente possibile i caratteri degli originali, anche se non prometto niente.
Ah, non stupitevi dell'ultimo pensiero di Naruto, quando dice vestito di scuro lo intende come demone. Le tonalità chiare e scure distinguono le due razze: bianco per gli angeli e nero per i demoni.
Detto questo, spero che la descrizione del luogo sia abbastanza chiara perchè la storia sarà ambientata prevalentemente nei dintorni del ponte.
Il rating è arancione perchè non so ancora se scrivere o no una lemon, però qualcosa di spinto di sicuro ci sarà.
Spero che vi piaccia e sarò lieta di accogliere i vostri pareri. Grazie a tutti quelli che leggeranno e commenteranno.

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Capitolo 2
*** scontro ***


Gli eredi

Capitolo 2: scontro


Era tornato sul ponte altre volte dopo quel giorno. Aveva capito una cosa, quel ragazzo gli interessava come nessun altro.

Lo vedeva sempre. Arrivava poco dopo mezzogiorno, si metteva là, sempre allo stesso posto e nella stessa posizione, e restava per delle ore a fissare il vuoto, perdendosi nei suoi pensieri. Quando gli sembrava di essere rimasto lì abbastanza, si lasciava cadere nel vuoto.

Ed era questo momento quello che Naruto attendeva per tutto il giorno. Veniva sul ponte dopo il moro e rimaneva a guardarlo fino a quando non se ne andava. Studiava minuziosamente la figura di quel ragazzo. Le spalle larghe e muscolose, i corti capelli neri, le gambe toniche e, doveva ammetterlo, aveva un sedere fantastico.

Ecco, lo sapeva che passare troppo tempo con Arashi lo avrebbe contagiato. Però non poteva non notarlo, non aveva mai visto un culo più bello di quello dell’angelo.

Poi, quando l’altro si lasciava cadere nel vuoto, si avvicinava di corsa al parapetto. Godendosi lo spettacolo dei suoi capelli scuri scompigliati dal vento, e l’apparizione delle sue ali. Ali così belle e dalle piume perfette. Quell’argento lo invitava in una danza vogliosa e suadente. Catturava i suoi occhi azzurri fino a quando era ormai troppo lontano per vederlo.

Ne era ogni giorno più sicuro, lo voleva. Voleva quell’angelo pensieroso ed assurdamente provocante. Ormai non sognava altro, le sue notti erano scandite da battiti d’ali e bagliori argentei.

Probabilmente sua madre ed i suoi amici si chiedevano dov’era che sparisse per pomeriggi interi, ma a lui non interessava. L’unica cosa importante era vederlo, non aspettava altro per tutto il giorno.

E si ritrovava di nuovo lì, anche oggi come le giornate precedenti. Buffo a dirsi, nelle ultime due settimane la sua vita girava intorno ad una persona di cui non conosceva niente. Né il volto, né la voce, né il nome, eppure non ne poteva fare a meno.

E lo guardava, e lo rimirava, come sempre. E veniva ignorato, come sempre.

Non pensava di essere una persona così paziente, e nemmeno così silenziosa. Se i suoi amici dovessero definirlo lo chiamerebbero caotico. Era un demone strano. Parlava tanto, era confusionario e disordinato.

Ma aveva imparato ad indossare una maschera. Era il principe, l’erede di Kyuubi no Youko, davanti agli altri doveva mostrarsi spietato, ombroso e ambiguo.

E lo faceva, malvolentieri, ma lo faceva. Solo a poche persone selezionate si mostrava per quello che era realmente. Non era stupido, lui sceglieva accuratamente e dopo molte valutazioni se aprirsi o no.

Non faceva mai la prima mossa, la faceva fare agli altri. Non si esponeva mai per primo. Però con il moro le cose erano cambiate. Era lui ad osservarlo, era lui a fargli sentire la sua presenza. Lo stava scombussolando e cambiando. Era tutta colpa di quell’angelo e una volta preso gliel’avrebbe fatta pagare, oh sì, e con gli interessi anche.

Si riscosse dai suoi pensieri ad un movimento dell’altro. Strano, oggi era in anticipo. Si portò, come al solito, al parapetto per vederlo volare via quando, prima di estrarre le ali, lo vide fare un movimento insolito.

L’aveva guardato. Era stato per una frazione di secondo, ma ne era sicuro. Aveva voltato il viso e l’aveva osservato. Poi aveva aperto le ali e se ne era andato.

Era troppo lontano per scorgergli bene in volto, non aveva nemmeno distinto il colore dei suoi occhi, ma era un passo avanti. Domani sarebbe riuscito a vederlo, era una promessa.

§§§§§§§§§§§§§§§

Quel giorno era in ritardo. Sua madre aveva voluto che partecipasse ad una riunione importante che si era protratta fino ad una decina di minuti prima.

Alla fine era uscito dal palazzo in tutta fretta. Era arrivato fino al ponte in una manciata di minuti, non per niente era il più veloce tra i demoni, e da lì aveva proseguito a piedi.

Aveva corso fino a quel luogo sperando che lui non se ne fosse già andato. Dovette reprimere un sorriso di felicità quando, arrivato al solito punto, lo vide nella stessa posizione di tutti gli altri giorni.

Nonostante fosse felice che si trovasse ancora lì, si ritrovò a provare un sentimento di dispiacere. Perché significava che la sua presenza non gli interessava. Sarebbe andato avanti a fare quello che faceva anche se non ci fosse stato lui a guardarlo. Questo pensiero lo rattristò, ma gli fece nascere una nuova determinazione.

“Io voglio fare la differenza” ecco quello che pensava. Voleva che gli atteggiamenti e le abitudini del ragazzo cambiassero. Voleva essere il centro dei suoi pensieri come, ormai, il moro lo era per lui.

Si distolse dai suoi pensieri quando lo vide lasciarsi cadere. Si avvicinò al parapetto e, di nuovo, lo vide voltarsi indietro. Questa volta agì d’istinto.

Scavalcò la balaustra e si lasciò scivolare nel vuoto. L’avrebbe seguito, non voleva farselo scappare.

Rilasciò le ali e si mise a volargli dietro, voleva raggiungerlo. Sentiva le piume fendere l’aria e spostarsi, con baluginii rossi, per permettergli di virare. Era l’unico a possedere quel tipo di piumaggio. Le sue ali sembravano nere, come quelle di tutti i demoni, ma erano rosse. Un rosso talmente scuro ed intenso da confondersi con il colore delle ombre. Alla luce del tramonto rilucevano della loro tonalità naturale.

Si era messo ad inseguirlo, ma non riusciva a prenderlo. Era impossibile. Il moro avrà avuto sì e no un minuto di vantaggio rispetto a lui, non era ammissibile che il demone più veloce di tutti non riuscisse a raggiungere un angelo con così poco distacco.

Eh no, lo doveva prendere. Ne andava del suo orgoglio. Si mise d’impegno e, sfruttando le forti correnti d’aria presenti, guadagnò qualche metro. Ma ancora non bastava.

Stava avanzando, a poco a poco la distanza diminuiva. Era vicino, dannatamente vicino. All’improvviso il ragazzo virò, entrando nella foresta del regno angelico. Non poteva più seguirlo.

“Merda!! Proprio adesso doveva decidere di tornare a casa?” guardò il sole morente, fermo a mezz’aria, lasciandosi cullare dai tocchi del vento.

Decise di tornare a casa, per quel giorno non aveva più niente da fare.

§§§§§§§§§§§§§

Erano passati altri giorni, e tutti si erano svolti nel medesimo modo.

Usciva dal castello, arrivava sul ponte, guardava il ragazzo fino a quando non decideva di andarsene ed allora lo seguiva. Ogni volta si faceva più veloce, più vicino, ma l’altro gli sfuggiva sempre.

Sembrava uno stupido gioco, il gatto che deve inseguire il topo, solo che in questo caso il topo voleva fare la parte del predatore. Non riusciva mai a raggiungerlo, nemmeno a sfiorarlo. La distanza minima che era riuscito a raggiungere era di un paio di metri, non oltre.

Quando tentava di avvicinarsi l’altro aumentava la velocità, lasciandolo indietro. La diminuiva, invece, quando era troppo distante. Sembrava che volesse dirgli: prova a prendermi, io sono qui. Ma ogni volta si allontanava.

Si stava stufando di quel gioco, ma, allo stesso tempo, era da molto che non aveva l’occasione di sgranchirsi ed avere qualcuno con cui poter fare sul serio.

Anche oggi, la stessa scena ripetuta una decina di volte. L’unica cosa diversa era che ora volavano vicino al pelo dell’acqua. Se allungava le mani poteva immergervi le dita.

Condivideva quella scelta, quel giorno faceva molto caldo, a quella distanza la frescura creata dal fiume li accompagnava nella loro gara.

Era talmente immerso nelle sensazioni di refrigerio che le varie onde gli donavano che non se ne accorse. Non notò l’avvicinarsi di una piccola isoletta nel mezzo delle correnti, né l’approssimarsi degli alberi che vi crescevano, e che si trovavano proprio sulla sua traiettoria.

Vi sbattè contro malamente, cercando, all’ultimo secondo, di attutire il più possibile il danno. Prima di svenire, per la botta alla testa, gli sembrò di sentire una voce pronunciare seccata un “dobe”.

Quando si riprese la prima cosa che sentì fu qualcosa di fresco sugli occhi. La seconda fu il forte dolore al viso che, nonostante i suoi poteri di guarigione, gli provocava ancora forti fitte. La terza fu che non era a casa, sembrava sdraiato sull’erba, ne sentiva il profumo.

Alzò il braccio e, lentamente, si toccò la fronte. Tolse il panno bagnato che vi era adagiato sopra e tentò di aprire gli occhi. Sollevò le palpebre senza fatica e le sue pupille si abituarono facilmente alla poca luce che passava dalle fronte degli alberi. Sentiva l’acqua frusciare poco distante.

“Probabilmente sono sull’isoletta che ho visto prima” fu il suo unico pensiero coerente, prima che un’ombra gli coprì il viso.

-Era ora che ti svegliassi, idiota- pronunciò una voce, sembrava abbastanza infastidita.

-Che…? Chi…? Cosa…?- tentò di formulare una frase di senso compiuto, ma la botta lo scombussolava ancora.

-Sei così stupido da non riuscire a formulare una frase per intero?- chiese di nuovo l’altro, ora il tono era sia infastidito che canzonatorio.

-Teme!! Modera il linguaggio, sono pur sempre un ferito- sbraitò, improvvisamente ritornato proprietario di tutte le sue facoltà dialettiche.

-Un ferito idiota che si va a sfracellare contro un albero- rispose l’altro, -Sei stato fortunato a non esserti cavato un occhio. Dobe-

-Piantala di chiamarmi dobe, è stato un incidente. Può succedere a tutti-

-Se l’avessi smessa di seguirmi ogni dannata volta non ti sarebbe successo niente-

Solo in quel momento il cervello collegò del tutto. Lui stava inseguendo l’angelo quando era successo l’irreparabile, quindi quello che l’aveva soccorso era…

Si tirò su di scatto, mettendosi seduto e girandosi per poter, finalmente, guardare in faccia il ragazzo. E, per un attimo si ritrovò pietrificato, era stupendo. Non aveva mai visto qualcuno di così bello.

Il viso aveva dei lineamenti perfetti, delicati ma non femminei, ma quello che lo attraeva di più erano gli occhi. Pozzi neri a cui si specchiava il cielo notturno. Le iridi erano scure screziate di cobalto, formavano un abbinamento perfetto ai capelli corvini dai riflessi blu scuro.

Ciò che lo distolse dalla contemplazione del moro fu proprio la sua voce.

-Senti, so di essere bellissimo, quindi piantala di fissarmi-

-Ma tu sei davvero un angelo? No, perché di così odiosi e narcisisti non ne ho mai incontrato- rispose subito.

Avrebbe voluto ribattere stizzito qualcosa come ‘E chi sarebbe bellissimo?’, ma sarebbe risultata poco credibile, per due motivi essenzialmente. Primo perché era rimasto a bocca spalancata dopo averlo visto, c’era mancato poco che non si mettesse anche a sbavare, ma aveva ancora un minimo di dignità e non si sarebbe mai permesso di farlo. Secondo perché oggettivamente era bello, non lo si poteva definire in altro modo. Forse stronzo antipatico, ma non di certo brutto.

Quindi, per evitare ulteriori attacchi alla sua immagine, già irrimediabilmente distrutta, aveva deciso di ribattere in un altro modo. Era meno deleterio.

-Il mio carattere non è affare che ti riguarda, dobe-

-Grrr. Teme! Piantala di chiamarmi in quel modo. Ho un nome, io!-

-Non mi interessa, ti chiamo come mi pare visto che continui a disturbarmi-

-Io non ti disturbo, sei tu che non vuoi farti prendere-

-Se tu non avessi iniziato con questo stupido gioco ora non dovrei sopportarti, quindi stai zitto-

-Io faccio quel che mi pare teme, non prendo ordini da te-

Il moro iniziò a guardarsi intorno, come alla ricerca di qualcosa. Prima che potesse, in qualche modo, chiedergli cosa stava facendo si ritrovò bagnato da capo a piedi. Il Teme aveva deciso di fargli fare una doccia per farlo stare zitto.

-Ma io ti ammazzo!- urlò furioso.

Riuscì ad agguantare l’altro per la vita e lo trascinò nel fiume, che scorreva lì vicino. Ciò che, però, non aveva tenuto in considerazione era la resistenza dell’angelo che, sentendosi trascinare, aveva fatto in modo di non cadere in acqua da solo.

Ora si trovavano entrambi in piedi, sulla riva, bagnati fradici mentre si scambiavano occhiate gelide.

Il primo a rompere il silenzio fu proprio il moro che, dopo uno tsk seccato, spiegò le ali e si sollevò da terra. Prima che l’altro potesse andarsene, però, lo afferrò per la caviglia, trattenendolo.

-Mollami- sibilò l’angelo, infastidito.

-Solo se mi prometti che ci rivedremo-

A questa frase seguì un assottigliamento degli occhi neri e cobalto.

-Promettimelo- ripeté, rafforzando la presa.

-Tsk! E va bene- accettò, dopo aver dato una veloce occhiata al sole ormai quasi scomparso all’orizzonte.

A quelle parole sorrise felice e allentò la presa. Il moro ritirò il piede con un forte strattone e si lanciò di fretta verso la foresta del regno angelico.

Dopo averlo visto sparire si diresse tranquillo verso casa, non preoccupandosi di asciugarsi i vestiti. Prima di arrivare gli venne in mente una cosa.

“Non gli ho chiesto come si chiama”, lo rimosse momentaneamente. Avrebbe avuto altre occasioni per farlo.


Scusate l'enorme ritardo, ma sono stati giorni impegnativi.
Anche oggi, aggiorno solo perchè sono riuscita a trovare un po' di tempo prima della partenza. Per tutta la settimana non ci sarò, causa vacanza, e non so quando potrà arrivare il prossimo aggiornamento dato che non ho ancora scritto il prossimo capitolo. Madama ispirazione mi ha abbandonato, spero che la situazione si sblocchi.
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno recensito e mi scuso se non riesco a rispondere, ma il tempo stringe.
Grazie anche a coloro che leggono, hanno messo la storia tra preferiti e seguiti.

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Capitolo 3
*** gelosia ***


Gli eredi

Capitolo 3: gelosia


E si erano rivisti, il giorno dopo e quelli dopo ancora.

Arrivava sul ponte di corsa, il moro era sempre lì, nello stesso punto e nella stessa posizione delle altre volte. Questo non era cambiato dopo l’incontro e, anche se non sembrava, lui c’era rimasto un po’ male.

Quello che era cambiato era lui. Non si metteva più dall’altra parte del ponte, ad osservarlo da lontano. Si sedeva a un paio di metri di distanza dall’angelo. Si accomodava tranquillo e restava lì, a cavalcioni sul parapetto, a guardarlo.

Il ragazzo non gli aveva mai detto o fatto capire che gli desse fastidio averlo di fianco, quindi lui non aveva intenzione di smettere.

Un’altra cosa che era cambiata era il finale delle loro giornate. Il moro se ne andava e lui lo seguiva, però lasciava il posto molto prima del tramonto. Volavano per un po’, gareggiando e si dirigevano verso l’isoletta dove avevano parlato per la prima volta.

Rimanevano lì fino a quando il sole era quasi scomparso dall’orizzonte e la notte iniziava ad avanzare. E in quel lasso di tempo loro dialogavano, o meglio, lui parlava e l’altro lo ascoltava, a volte annuendo o emettendo dei monosillabi quasi incomprensibili.

Ma a lui andava bene così. Sasuke, era riuscito a chiedergli come si chiamava, era una persona paziente, che ti sapeva ascoltare e dare giudizi in modo imparziale. Si trovava bene con lui, per la prima volta non aveva sentito quella solita sensazione di fastidio.

Ogni volta che permetteva a qualcuno di vedere al di là della sua solita maschera fredda ed arrogante sentiva uno strano sentimento spiacevole. La cosa andava avanti molto, a volte anche per anni, per questo non era mai riuscito a fidarsi e ad aprirsi totalmente anche con i suoi amici più cari.

Era una cosa più forte di lui, manteneva sempre un certo distacco. Ma con l’angelo era diverso, aveva stravolto tutto. Non si era mai trovato così a proprio agio con qualcuno, forse solo con sua madre ed Arashi, ma anche in questo caso la situazione era diversa.

Si fidava di Sasuke, totalmente e ciecamente. Non sapeva spiegarsi il motivo, ma con lui non aveva sentito il bisogno di fingere o quella sensazione di distacco e fastidio. Anzi, lui voleva avvicinarsi sempre di più al moro, voleva essere il centro dei suoi pensieri e delle sue attenzioni.

Tutti i giorni, aspettava trepidante solo il momento in cui avrebbe potuto averlo di nuovo vicino. Era continuamente distratto e con la mente altrove. Non partecipava più alle riunioni di sua madre né andava ad allenarsi insieme ai suoi amici.

Le mattine le passava in giardino, ammirando il piccolo laghetto delimitato da sassi neri. A volte si allenava un po’ con la madre o con Arashi, altrimenti pensava al suo prossimo incontro con il moro. Pensava a cosa dirgli, a come coinvolgerlo nei suoi discorsi e a come litigare.

Quando l’angelo si alterava iniziavano a battibeccare, anche la più piccola cosa poteva essere la causa scatenante. Ed in quei momenti lui si sentiva felice, perché sapeva che durante quelle piccole lotte Sasuke pensava solo a lui. A volte si trattavano solo di battute acide e atte a provocare l’altro, altre volte la cosa sfociava in piccole liti a suon di pugni e calci.

Non si facevano mai troppo male e, alla fine, le uniche prove tangibili del fatto avvenuto erano i vestiti ed i capelli in disordine e qualche segno che sarebbe comunque sparito in poche ore. E lui stava bene, si sentiva contento e, in qualche modo, a casa.

§§§§§§§§§§§§

Quel giorno aveva accompagnato la madre alla riunione, erano dovuti venire di primo pomeriggio ed il sole rendeva l’aria asfissiante. Faceva tremendamente caldo, e l’unica cosa che sperava era di andarsene al più presto dal quel luogo fatto di pietra rovente per altre mete decisamente più fresche. Magari una bella isoletta in mezzo al fiume, coperta di alberi e con la compagnia di un bel moretto di sua conoscenza.

Si congedò da Kyuubi e si incamminò verso la sua meta. Arrivò là con calma studiata, non voleva farsi vedere ansioso d’incontrarlo. Gli avrebbe dato troppa soddisfazione, e lui non voleva dargliene ancora.

Lo vide ancora lì, la stessa posizione, lo stesso posto, lo stesso sguardo. Si chiese, per l’ennesima volta, se non si stancasse mai di restare così tutti i giorni. Lui si sarebbe stufato presto, non era uno che amava stare fermo e in silenzio per molto.

Il fatto che lo facesse per buona parte del pomeriggio da quando aveva incontrato Sasuke era irrilevante. Lui non fissava il vuoto, lui fissava il moro. Ed era una vista talmente piacevole da far passare il resto in secondo piano. In più il tempo scorreva molto velocemente quando era lì. O, più probabilmente, lui era talmente perso da non rendersi conto del tempo che passava.

Sì, decisamente la seconda era l’ipotesi corretta. Anche se faticava ancora ad ammetterlo perfino a sé stesso. E non l’avrebbe mai detto ad alta voce, ne andava della sua dignità.

Lo osservava da un po’, non sapeva dire da quanto. Come sempre perdeva la cognizione del tempo quando si trattava del moro.

Una voce urlante lo costrinse a distogliere lo sguardo e l’attenzione dalla bella figura dell’angelo.

-Saaasuke-kuuuuun!!!!- urlò una voce femminile.

Spostò le iridi azzurre verso l’angelo che correva nella loro direzione, agitandosi e urlando. Era una ragazza che indossava un vestito bianco con gli orli che sfumavano in una tinta lilla. I lunghi capelli biondi erano legati in una coda di cavallo, una ciocca copriva un occhio e lasciava vedere l’altro di un bel celeste.

Nel complesso aveva un aspetto delicato e fragile, ma anche estremamente vivace. Si vedeva da come correva come una forsennata.

Improvvisamente provò un inspiegabile senso di irritazione e di rabbia verso quella figura. Non la conosceva, ma già gli stava estremamente antipatica.

Le tenne gli occhi incollati addosso, seguì con lo sguardo tutta la strada che fece fino a quando non si ritrovò parzialmente nascosta dalla figura dell’angelo. Sasuke, incurante di lei, era ancora nella stessa identica posizione. Non aveva battuto ciglio né quando lei aveva urlato né quando gli si era aggrappata alla gamba.

La osservò parlare a raffica verso l’angelo, la vide stringere le mani sul tessuto leggero che ricopriva la pelle pallida del moro. Vide tutto questo e, inspiegabilmente, sentì una enorme irritazione crescergli dentro.

Lo avvolgeva con le sue dolorose spiri nere, lo accarezzava e tentava. Nel giro di un minuto e mezzo da quando la ragazza si era aggrappata a Sasuke si ritrovò a soffocare un ringhio.

Dopo altri dieci secondi dovette respingere la suadente proposta che il suo cervello gli aveva fatto. Ci mise davvero molte energie per zittire la vocina che continuava a sussurrargli ‘Bruciala, non vedi come lo tocca? Non è degna di farlo, bruciala’.

Non contenta del suo sforzo, la sua mente si dedicò ad elaborare immagini molto esplicite su quello che le avrebbe volentieri fatto.

Tutti i suoi buoni propositi per ricacciare quelle fantasie nel fondo della sua mente, e senza far capire quello che veramente provava, furono mandati in fumo da quello che vide.

La bionda aveva preso a strusciare la guancia sulla gamba del moro e qui, nonostante tutta la buona volontà del mondo, non potè trattenere una smorfia di fastidio e semi-disgusto.

Fu enormemente grato all’angelo quando, irritato da tutta quella eccessiva vicinanza, allontanò di scatto la gamba dalle braccia dell’altra. Sembrava che stesse pensando di darle anche un calcio, ma non lo fece, con suo enorme dispiacere. Si limitò a rivoltarsi verso l’orizzonte, dopo essersi avvicinato un po’ a lui.

Osservò come la ragazza, dopo esserci evidentemente rimasta male al suo allontanamento, tentò di riavere un contatto con il corpo di Sasuke.

Questa volta non l’avrebbe sopportato. Se avesse anche solo sfiorato il moro l’avrebbe incenerita seduta stante. E tante salute alla legge di non aggressione. Era lei che toccava una Sua proprietà, non sapevano che i demoni erano tremendamente possessivi?

Senza nemmeno riflettere si alzò dal parapetto e si avvicinò alla bionda. La guardò per qualche secondo prima di afferrarle il polso e allontanarla bruscamente dall’angelo.

-Che diavolo fai? E chi sei?- sbottò la ragazza, strappando velocemente il braccio dalla sua presa.

La fissò con occhi gelidi, il brillante azzurro era diventato un unico blocco di ghiaccio. La sua stessa voce, quando parlò, era dura e tagliente.

-Gli dai fastidio-

-Cosa? E a chi?- ribattè la femmina, dopo qualche attimo.

Quelle parole le avevano trasmesso una strana sensazione, più per il tono con cui erano state pronunciate che per il loro significato.

Alzò la mano ed indicò Sasuke. Non si scomodò a rivolgerle di nuovo la parola.

-Non è vero! Non darei mai fastidio al mio Sasuke-kun. E comunque non sono fatti che ti riguardano!- urlò furiosa.

A sentire ‘mio’ e ‘Sasuke’ nella stessa frase tutto il suo autocontrollo scivolò via. Puff, scomparso come se non fosse mai esistito.

Prese la ragazza per la gola e si avvicinò al suo viso. Gli occhi si indurirono di più e la voce si ridusse ad un sibilo. Una sensazione di gelida rabbia iniziò a scivolare sulla pelle dell’angelo e iniziò ad intorpidirla.

-Quello che mi riguarda lo decido io- e, stringendo la presa sul collo, si avvicinò all’orecchio della bionda. -Avvicinati ancora a lui e ti ritroverai a desiderare la morte come mai in vita tua-

La mollò all’improvviso, e lei ricominciò a respirare. Troppo spaventata perfino per alzare lo sguardo, si limitò ad andarsene di corsa, tremante.

Dopo aver visto la femmina sparire si girò verso Sasuke. L’angelo lo guardava. O meglio, lo osservava. Sembrava che stesse cercando di capire qualcosa.

Incatenò gli occhi ai suoi, sentiva ancora la rabbia pulsargli nelle vene. Piano piano, però, una sensazione di calma iniziò ad avvolgerlo. Si perse in quel mare nero e si lasciò trasportare dagli screzi cobalto. Si sentiva tranquillo e protetto, non sapeva perché, ma era così.

Mantennero il contatto visivo anche mentre l’aria li avvolgeva e scarmigliava le piume delle ali appena estratte.

Quando sentirono le prime gocce d’acqua bagnargli la pelle distolsero gli sguardi. Ritornarono a volare come al solito, il moro davanti e lui dietro che cercava di raggiungerlo. Però quella sensazione di completezza rimaneva. Era come se fosse nato proprio per guardare, ed essere guardato, da quegli occhi.

Quando giunsero all’isoletta si misero seduti, l’uno accanto all’altro e con le schiene appoggiate al tronco degli alberi.

Silenzio. Anche dopo svariati minuti era quella l’unica cosa che aleggiava sopra di loro. Un silenzio che non era rotto nemmeno dalle chiacchiere di Naruto.

Subito dopo che il moro aveva staccato gli occhi dai suoi aveva iniziato a pensare. Perché si era comportato così con quell’angelo? Aveva agito seguendo un impulso irrefrenabile, ma non ne capiva il motivo.

Anche in quel momento stava riflettendo, cercava di trovare la causa scatenante alla sua scenata. Perchè sì, era stata una scenata in piena regola. Pacata, ma feroce. Voleva davvero farle del male. Solo non ne capiva la ragione.

-Dobe- incredibilmente il silenzio venne interrotto proprio da Sasuke. -Non serviva che intervenissi, l’avrei mandata via io se continuava a darmi fastidio-

-Mmmh- un lieve suono fece intendere all’angelo che aveva capito.

Nessuno dei due parlò per il resto della giornata e, al momento di salutarsi, si limitarono a brevi occhiate, per poi volare via veloci ognuno per la propria strada.

§§§§§§§§§§§§

Erano passati un paio di giorni da quel pomeriggio. E, per tutto quel tempo, non si era fatto vedere. Era rimasto a palazzo, ad allenarsi e a pensare. Non se la sentiva di tornare là, non finchè non avesse capito il motivo del suo comportamento.

Nonostante questi suoi propositi la mattina del terzo giorno cedette. Non riusciva a stare senza vedere il moro. In questo lasso di tempo gli era mancato terribilmente e ogni pretesto era buono per farglielo tornare in mente.

Aveva passato quei due giorni come un animale in gabbia. Voleva andare a vederlo, ma avrebbe finito per fare di nuovo la figura dell’idiota come l’ultima volta e, quindi, il suo orgoglio lo frenava.

Dopo aver deciso, e tutto grazie ad un commento inopportuno di Sakura, di essere in astinenza da angeli ed in particolare uno alto, moro e con due occhi mozzafiato, c’era solo una soluzione.

Quel pomeriggio sarebbe tornato sul ponte. Infondo qualcosa avrebbe pur fatto, tanto Sasuke già lo considerava un dobe quindi, peggio di così.

§§§§§§§§§§§§§§

Arrivò presto sul ponte, dell’angelo non c’era ancora traccia. Si sedette al solito posto, le gambe a penzoloni e il volto rivolto verso il mondo angelico. Voleva vederlo arrivare.

-Allora è qui che venivi a rintanarti tutti i giorni. E noi che pensavamo chissà cosa!- una voce femminile lo fece voltare di scatto.

Davanti a lui vi erano un ragazzo ed una ragazza. Lui aveva la pelle diafana, capelli corti neri e occhi dello stesso colore. Lei aveva i capelli rosa confetto, gli erano diventati così a causa di un incantesimo mal riuscito e non le dispiacevano, e occhi verde foglia.

-Sai, Sakura. Cosa ci fate qui?- chiese sorpreso. Non si era accorto di essere seguito, aveva la mente altrove.

-Siamo venuti a vedere dove andavi così di fretta. Non pensavamo venissi qui. Che diavolo fai tutto il pomeriggio?- indagò Sakura, gli dispiaceva passare così poco tempo con l’amico.

Da quando aveva iniziato a sparire non era stato più lo stesso, passavano a malapena un’ora insieme e molto spesso il ragazzo inventava delle scuse per andare via prima. Si stava preoccupando.

-Niente- osservo.

-Cosa? Tu non sei capace di stare fermo. Non puoi non fare niente per tutto il tempo-

-Quello che faccio o non faccio non ti deve importare. Se ti dico niente è niente- non ho intenzione di dirti nulla, quello che succede tra me e lui è solo nostro.

-Tsk, testardo!- sbottò esasperata.

Quando Naruto se ne usciva con quelle frasi evasive e sgarbate era meglio lasciar perdere l’argomento. Difficilmente avrebbe dato una risposta. E lei sapeva che il biondo odiava essere forzato a parlare. A volte litigavano proprio per il suo carattere troppo impiccione e apprensivo.

Era sempre stata tipo mamma chioccia con lui, era il fratellino che non aveva mai avuto. E come tale lo trattava, da molti anni lo aveva preso sotto la sua ala protettrice, giurandosi di difenderlo da tutto. Ma con lui tutto ciò non serviva, era forte abbastanza per cavarsela egregiamente da solo. E lei lo sapeva, solo era duro rassegnarsi a tutto ciò.

-Eh, qualcosa da mia madre dovevo pur prenderlo, visto che non le somiglio per niente- rispose lui con un sorriso.

La faccia sconsolata della demone li fece ridere entrambi. Risata subito smorzata dal commento di Sai.

-Beh, qualcosa l’hai preso. Il tuo pene è così piccolo che non sembra nemmeno esserci-

-SAI!!- si girò subito verso il demone, fulminandolo con un’occhiata al vetriolo. Ormai era talmente abituato ai suoi commenti da non scomodarsi neppure per picchiarlo, tanto non sarebbe servito.

Infatti. Appena dopo che il moro ebbe finito di parlare un potente pugno calò sulla sua testa. Sakura odiava quel genere di battutine, ed ogni volta picchiava il ragazzo finchè non chiedeva pietà o riusciva a scappare.

C’era da dire che, se dopo cinque anni di pestaggi non aveva imparato a tenere a freno la lingua allora era un idiota, o un masochista, dipendeva dai casi. Lui propendeva di più verso la seconda ipotesi però, quel demone non era del tutto sano di mente.

-Quante volte devo dirti di non aprire la bocca solo per dare aria al cervello?? Sempre che tu ce l’abbia ovviamente- concluse serafica la demone.

Quando si trattava di Sai era capace di irritarsi in un momento, e non che l’altro si trattenesse, anzi.
Quindi, per come andava di solito la cosa, tra pochi secondi avrebbero iniziato a litigare e lui non aveva voglia di stare ad ascoltarli.

Stava per intervenire ed evitare la possibile discussione quando accadde qualcosa che non si sarebbe mai aspettato. Sakura lo abbracciò.

Le sue spalle vennero avvolte da braccia esili, nonostante la forza spaventosa era pur sempre una ragazza, e l’orecchio sinistro gli venne solleticato dal respiro della rosa.

-Ricorda Naruto, se hai bisogno io ci sono. Sempre- gli sussurrò.

-Grazie Sakura- le rispose con un sorriso. La stretta si strinse leggermente, per ricordargli che lei sarebbe sempre stata al suo fianco. Pronta a sostenerlo e a rimproverarlo.

Le voleva bene come ad una sorella, ed era la figura più vicino ad esserlo. Da quando si erano conosciuti non era cambiata affatto. Le sorrise grato, mentre lei lo ricambiava con uno affettuoso.

-Tsk- un suono seccato lo convinse a voltare il viso.

Era là. Sasuke lo guardava con occhi gelidi, le labbra piegate in una smorfia insofferente e le sopracciglia aggrottate. Lo guardò sorpreso, venendo ricambiato da uno sguardo pietrificante.

L’angelo fece comparire le ali e, in un attimo, si sollevò dal suolo. Si allontanò velocemente, lasciando il ponte. Il tutto senza staccare gli occhi da lui.

Era confuso, perché faceva così? Cos’aveva fatto per meritare uno sguardo simile?

Incurante di tutto e tutti aveva iniziato a seguirlo, urlando il suo nome.

Quando lo aveva visto estrarre le ali si era subito liberato dell’abbraccio di Sakura e gli era andato dietro. Ora doveva solo raggiungerlo e farsi spiegare il motivo del suo comportamento.

Era più facile a dirsi che a farsi.

§§§§§§§§§§§§§§§

(alcuni minuti prima)

Finalmente poteva andarsene. Diventavano ogni giorno più irritanti e fastidiosi. Non li sopportava più, la loro ipocrisia non aveva limiti.

Come potevano dire che quello che facevano fosse per il suo bene? Odiosi angeli troppo attaccati al potere e alla loro posizione sociale.

In questi giorni era di pessimo umore, da quando la piattola bionda gli si era appiccicata sentiva una sorta di fastidio percorrergli il corpo. E come se non bastasse il dobe non si faceva vedere da due giorni, questo era strano. Da quando si erano incontrati non aveva saltato nemmeno una giornata.

Quel dannato demone lo fissava con una tale intensità che era impossibile non notarlo. E se ci si aggiungeva il suo aspetto allora non passava assolutamente inosservato.

Non riusciva ancora a spiegarsene il motivo, ma quel biondino gli piaceva. Nonostante fosse un inesauribile fonte di rumore e confusione era piacevole. Stargli vicino non gli procurava il solito fastidio o l’insofferenza che sentiva con gli altri.

In più era dannatamente veloce, se non stava attento un giorno o l’altro l’avrebbe raggiunto. Migliorava a vista d’occhio. Questo però non voleva dire che si sarebbe fatto battere da un dobe del suo calibro.

Tra le gare di volo e le chiacchiere estenuanti del biondo le giornate passavano molto più velocemente e, soprattutto, molto più leggere. Il demone era un’inesauribile fonte di divertimento, a volte lo provocava apposta per vederne la reazione.

Ovviamente tutto questo sarebbe rimasto solo un pensiero, nessuno l’avrebbe mai saputo, nemmeno sotto tortura.

Senza accorgersene era arrivato sul ponte. Distolse la mente dai suoi pensieri e fece scorrere gli occhi su tutti i presenti. Lo cercava anche oggi, nonostante sapesse che la maggior parte delle volte arrivava dopo di lui non poteva fare a meno di cercarlo.

Il suo sguardo si posò su una zazzera bionda e disordinata. Una sensazione calda si fece largo nel suo corpo e, per poco, non si fece sfuggire un sospiro di sollievo. Oggi sarebbe stata una giornata migliore delle precedenti.

Si diresse verso il solito posto, arrivato più vicino al demone lo vide parlare con altri due ragazzi, un maschio e una femmina.

Quel tipo moro non gli piaceva, aveva un viso che incitava a prenderlo a schiaffi. L’altra, a parte lo strano colore di capelli, sembrava innocua. O almeno così pensava.

Al commento del demone verso il dobe dovette reprimere l’impulso di prendere il moro a pugni. Fortuna che la ragazza non lo represse.

Avrebbe meditato vendetta più avanti, ora l’importante era tenere a freno la rabbia che gli riempiva il corpo.

Continuò a squadrare il trio per altri interminabili minuti, fino a quando la scena che vide gli fece rivoltare lo stomaco dalla furia e dalla gelosia. Sì, quel sentimento tanto bruciante non poteva essere altro che gelosia.

La rosa lo stava abbracciando, e il dobe ricambiava. Strinse i pugni, cercando di controllare la rabbia. Gli occhi si strinsero in due fessure quando li vide sorridere.

Come osava quella mettergli le mani addosso? E lui come osava farsi toccare da lei? Li avrebbe ammazzati, lentamente e dolorosamente. Il dobe per primo, non doveva farsi sfiorare da nessuno, solo lui poteva toccarlo, abbracciarlo, prenderlo in giro. Gli altri non potevano avere tutta questa libertà.

Naruto era…

All’improvviso la consapevolezza dei pensieri che stava facendo lo colse. Stava davvero pensando quello che stava pensando? Dopo un attimo di valutazione affermò che sì, tutto quello che gli era passato per la mente era qualcosa che nessun altro avrebbe dovuto sapere.

Riacquistò subito la sua compostezza, rinchiuse i suoi sentimenti dietro il muro di freddezza e superiorità che aveva imparato a costruire fin troppo presto.

Piegò le labbra in una smorfia insofferente e pronunciò un secco –Tsk!- per attirare l’attenzione del biondo.

Gli occhi azzurri lo guardarono sorpresi e, cos’era quella scintilla che li illuminava? Felicità?

Lasciò perdere tutti i possibili significati e indurì ulteriormente lo sguardo. Avrebbe voluto saltargli addosso, se per ammazzarlo o baciarlo ancora non lo aveva deciso.

Contrariamente a quanto gli gridava il cuore estrasse le ali e se ne andò. Aveva sempre dato retta all’orgoglio e, nonostante sapesse che molte volte erano decisioni sbagliate, avrebbe sempre continuato così.

Volava cercando di non pensare a niente, ma non ci riusciva. La rabbia e la gelosia bruciavano furiose e continuavano a rimandargli le immagini di Naruto e quell’altra abbracciati.

Era talmente perso nei propri pensieri da non accorgersi né della voce del demone, che lo chiamava a squarciagola, né di stare volando a una velocità a dir poco ridicola. Volava molto più piano del solito.

Talmente che poco dopo una mano si strinse intorno al suo polso, riportandolo alla realtà.

Si ritrovò davanti il ragazzo rosso ed ansimante per il volo e per il vento, che soffiava agitato e rabbioso.

-Teme! Si può sapere che ti è preso?- gli chiese, non accennando a mollare la presa.

Lo guardò negli occhi. In quelle iridi celesti che racchiudevano confusione e qualcos’altro, sempre quel qualcosa a cui non voleva dare un nome.

Poi si spostò dalla mano, che ancora gli teneva il polso, fino a terminare sulle labbra del demone. Labbra rosee e piene, lievemente screpolate per via dell’aria, ma che sembravano così morbide e invitanti.

Un flash con il biondo che sorrideva alla ragazza si riaffacciò alla sua mente. La rabbia crebbe impetuosa. Lui era solo suo!

Si chinò leggermente in avanti e congiunse le labbra con quelle di Naruto, in un bacio aggressivo e possessivo.

L’altro rimase immobile, troppo stupito da quel gesto e dai sentimenti che sentiva trapelare. Il demone si ritrovò, nonostante tutto, a riconoscerli simili ai propri. Possesso e gelosia.

-Sei mio. Solo mio- gli sussurrò, dopo essersi allontanato leggermente dalle labbra piene del dobe.

-Solo tuo- rispose Naruto con un sussurro, come se fosse un segreto solo loro.

Si ribaciarono, con passione e desiderio, assaporando l’uno le labbra dell’altro. Si stupirono entrambi di quanto il sapore del ragazzo di fronte fosse il più buono che avessero mai assaggiato.


Chiedo venia per l'immenso ritardo, ma non è colpa mia. Ok, solo in parte.
La maggior parte della colpa va a Sua signoria Ispirazione che ha deciso, arbitrariamente, di prendersi le ferie fino a data da destinarsi. Poi è colpa anche del caldo che mi faceva scappare la, già poca, voglia di fare qualcosa. Poi  è colpa anche della mia pigrizia, lo ammetto.
Per farmi perdonare vi porto un capitolo lungo, contente?
Temo di stare deviando velocemente nell'OOC, cosa che non voleva assolutamente. Voi che dite, Naruto è troppo OOC? Io temo di sì.
Per coloro che leggono anche l'altra fic, non disperate, prima o poi il capitolo arriva. Purtroppo, per i motivi elencati sopra, non sono ancora riuscita a scrivere qualcosa di decente, ma non temete, prima o poi...

Passiamo ai ringraziamenti:

Yoko-kage13: in effetti ho preso spunto da quel manga per l'ambientazione, ma non per il carattere dei personaggi. Gli angeli qui non sono per niente buonisti e pronti a fare sempre del bene. Se poi partiamo con il presupposto che non ci sono nè dio nè il diavolo, ma solo il re degli angeli e la regina dei demoni, non avremo nessun essere superiore che li guarda dall'alto.  Spero che questo capitolo ti sia piaciuto.

Kellyvideomaniacatv: eh, qui scatta la gelosia, da entrambe le parti. Sarà che non mi piace vedere solo Sasuke fare il geloso possessivo, ma ci vedo bene anche Naruto in quel ruolo, certo, sarà sempre meno geloso del moro, ma comunque anche lui fa la sua parte. Spero che il capitolo ti piaccia.

Quistis18: qui Naru fa una figura stupenda, tu che dici? Non è da tutti fare certe minacce senza capirne nemmeno il motivo. Però si sa, Naruto è sempre Naruto e se non fa qualche figura del cavolo non è da lui. Spero che in questo capitolo ti siano piaciuti. Vedrai cosa ho in serbo, la possessività del moro deve ancora fare il suo pieno ingresso. Alla prossima.

Capitatapercaso: Beh, per il gioco a rimpiattino non è quello che fanno per tutto il manga? Naruto che lo rincorre e Sasuke che scappa. Per quanto riguarda i loro ruoli mi ero stufata di vedere sempre Naruto angelo, buono puccioso e ingenuo, e Sasuke demone, possessivo vendicativo e perverso. Cioè, non che adesso il moro non sia tutte queste cose, solo che da angelo è più divertente. Per il colore delle ali c'è un motivo, che spiegherò più avanti. Al prossimo capitolo.

Ringrazio tutti coloro che hanno letto, commentato e inserito la storia tra preferiti e seguite.

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