Come ho potuto farlo?

di luvsam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Complimenti, Dean Winchester, ottimo lavoro.
Ne ho fatte tante di cazzate in vita mia, ma questa le batte tutte, è davvero da Guinness  dei primati.
Non dovevo, non dovevo raccontargli nulla, ma non mi ha lasciato scelta, perché quando vuole, è capace di prenderti per le palle e stritolarti nelle sue spire più di un fottuto cobra, ma questo mi giustifica?
Sapevo che, vuotando il sacco  niente sarebbe stato più lo stesso, eppure non sono riuscito a tenere la bocca chiusa e adesso non ho idea di dove sia andato.
Perché, se confessare come una ragazzina che ha violato il coprifuoco non fosse stato abbastanza, ho aggiunto merda ad una giornata di merda non vegliando su di lui. Mi sono addormentato e se n’è andato sotto il mio naso, trascinandosi dietro la sua miseria.
Mi spaccherei la faccia da solo, sono proprio un coglione.
Che cosa mi è preso? L'avevo seppellito dentro di me e lì  doveva restare, e invece ho straparlato del Gran Canyon e di Lindsay Lohan. Era ovvio che avrebbe mangiato la foglia e che mi avrebbe fatto mille domande. Posso salare e  bruciare cadaveri, mozzare teste ai vampiri e fare il culo ai licantropi, ma quello sguardo è per me peggio della kriptonite per Superman e alla fine ha sentito uscire dalla mia bocca qualcosa che un figlio non dovrebbe mai ascoltare: suo padre ha chiesto a suo fratello di ucciderlo.
Ho sganciato la bomba e poi tutto quello che ho saputo dirgli quando si è infuriato, era che non dovevamo cercare di scoprire il significato delle parole di papà e che dovevamo lasciar perdere per un po' perché era più sicuro?
Com’è che gli ho detto? Dobbiamo stare calmi e vedere che cosa succede?
Ma dove mi è uscito un cumulo di stronzate di questa portata?
Gli ho chiesto di ascoltarmi e di darmi del tempo per pensare, io ho chiesto comprensione a lui!
Non mi ha nemmeno risposto, ha frantumato la bottiglia di birra , poi è rientrato in macchina senza dire una parola e non me l’ha rivolta nemmeno quando ci siamo fermati al Velvet Inn per la notte. Non che io abbia tentato di rompere il silenzio, soprattutto dopo che sul suo viso la rabbia è stata sostituita dalla tristezza perché la sua vita era stata messa nel frullatore ,ancora. Mi sono accontentato di non insistere per fargli mangiare qualcosa e di spiarlo fino a quando non ha spento la luce, ma sapevo che non aveva intenzione di riposare. Conosco il suo respiro quando dorme ed era evidente che non stava facendo altro che ripensare al fatto che dentro di lui c’è qualcosa di malvagio.
Cazzo, se sapessi di avere una simile spada di Damocle sulla testa, prenderei la pistola e…
No, no, no, non voglio nemmeno pensarlo, non può avermi lasciato indietro per farla finita.
Non me lo perdonerei mai se avesse deciso di scrivere la parola fine e l'unico pensiero che mi conforta in questo momento è che ad ogni buon conto gli ho svuotato il caricatore.
È vero, l'ho lasciato senza protezione, ma non pensavo che sparisse così.
Cazzo, non mi sono mai sentito peggio in vita mia, fa male come quando è morto papà!
Maledizione, perché mi hai fatto questo?
Perché mi ha messo un tale fardello addosso?
Non era abbastanza tutto quello che ho fatto per te?
Dean scosse la testa e chiese mentalmente scusa a suo padre. Non riusciva a contraddirlo neanche ora che non era che cenere e in fondo non aveva senso prendersela con chi non c'era più.
Si gettò un'altra generosa quantità di acqua sul viso allagando tutta la zona ai piedi del lavandino del diner in cui si era fermato dopo averlo cercato per ore. Respirò a fondo e cercò di ricomporsi. Avrebbe trovato il modo di mettere a posto le cose e chiedere perdono, ma per il momento aveva un lavoro da fare.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Era passata quasi una settimana da quando Dean aveva confessato a Sam che cosa gli aveva detto il padre prima di morire, ma tutti i suoi tentativi di ritrovarlo erano falliti e stava letteralmente impazzendo. Il ragazzo aveva preso il volo la notte stessa in cui si erano fermati al Velvet, il tutto senza lasciare nemmeno un biglietto. Aveva aperto la porta ed era sparito, lo aveva mollato senza degnarlo nemmeno di una parola.
All’inizio Dean aveva pensato che Sam fosse andato a prendere una boccata d’aria perché non aveva portato via nulla, poi le ore erano passate, le chiamate al cellulare non avevano avuto risposta e all’ora di pranzo era andato decisamente nel panico. Aveva preso le chiavi dell’auto, era uscito e aveva battuto palmo a palmo la cittadina di Bend, ma sembrava che quell’ammasso di case avesse inghiottito suo fratello. Aveva chiesto in giro, ma nessuno, strano ma vero, aveva notato un ragazzone grande e grosso come Sam ed era dovuto tornare al motel per giorni senza aver trovato la minima traccia del fuggitivo.
Un po' se lo aspettava, in fondo erano stati addestrati entrambi da John Winchester e quello che sapeva l’uno riguardo il viaggiare sotto i radar lo sapeva anche l’altro, ma in cuor suo aveva sperato che, dopo aver sbollito la rabbia, sarebbe tornato indietro, o al massimo si sarebbe rifugiato da Bobby. Purtroppo però non aveva fatto né l’una né l’altra e non essendo più Padre Jim tra i viventi non sapeva davvero dove cercarlo.
“Te lo ripeto un’altra volta, ragazzo, non ho visto, né sentito tuo fratello”
Dean appoggiò la testa sullo sterzo dell’Impala continuando a stringere il cellulare nella mano e sospirò.
“Sei ancora lì?”
“Sì, ci sono”
“Sai che tutto questo sta diventando ridicolo, vero?”
“Bobby”
“Dean, non puoi tempestarmi di telefonate cercando Sam e poi non mi dici che cosa sta succedendo. Non voglio farmi gli affari vostri, ma o mi tiri dentro, o mi lasci fuori”
“Lo so, hai ragione, ma non so come la prenderai, non so come la prenderebbe Sam”
Il vecchio cacciatore rimase in silenzio aspettando che il giovane si decidesse a parlare, poi gli lanciò un salvagente.
“Vuoi venire qui, ragazzo? Ho la netta sensazione che tu abbia bisogno di un time-out, ne hai passate tante ultimamente”
“E se Sam fosse ancora nei paraggi? Se tornasse al motel? Non saprebbe dove cercarmi”
“Non hai detto che non risponde alle tue telefonate e che hai rivoltato la città?”
“Sì, è così”
“Lo conosci meglio di chiunque altro, Dean, pensi davvero che sia ancora a Bend ?”
“Onestamente credo di no e se anche mi sbagliassi, quello che è certo è che non vuole parlarmi”
“Avete litigato così di brutto?”
“E’ che non riesco a tenere la bocca chiusa su niente, sono un fottuto idiota”
“Dean, se se n’è andato nel cuore della notte lasciandosi tutto dietro, allora dalla tua bocca è uscito un carico da 90, non una merda di serie b. Hai scaricato di nuovo su di lui la tua rabbia per la morte di vostro padre?”
“No, non l’ho fatto”
“Ma tuo padre c’entra, lo sento dal tono della tua voce”
Dean si massaggiò nervosamente il mento e pensò che aveva bisogno di condividere quel peso con qualcuno. Non poteva più sopportarlo da solo e se mai avesse avuto la possibilità di ritrovarsi faccia a faccia con suo fratello, avrebbe avuto bisogno di aiuto per convincerlo che era dalla sua parte e che non gli avrebbe mai fatto del male.
Ma era davvero così? Come avrebbe reagito se Sam si fosse trasformato in qualcosa di malvagio?
Ci aveva pensato tutti i giorni da quando John era morto e se all’inizio aveva categoricamente rifiutato l’idea di eseguire l’ordine, poi aveva cominciato a tentennare e a farsi un sacco di domande.
Sam sarebbe stato ancora Sam, o sarebbe stato solo il suo gigantesco involucro ad andare in giro?
E se avesse cominciato a far del male alle persone, avrebbe dovuto nascondere la testa sotto la sabbia, o fermarlo?
La logica gli diceva che la seconda era l’unica strada percorribile, ma il suo cuore gli avrebbe permesso di premere il grilletto? Sarebbe davvero riuscito a puntare un’arma contro chi aveva cresciuto e amato senza mai metterlo al secondo posto?

Era Sammy, cazzo, avrebbe dovuto sparare al suo fratellino? Sì, perché poteva anche essere cresciuto come la pianta di fagioli delle fiabe, ma nella sua testa era sempre quel soldo di cacio, che lo seguiva ovunque.
Dean ripensò alla scena della confessione, a quello sguardo prima scioccato, poi ferito e infine furioso, e si diede ancora dell’idiota, e già che c’era anche del bugiardo.
Aveva mentito quando gli aveva detto che avrebbe trovato qualcosa, che avrebbe avuto bisogno solo di un po' di tempo e li avrebbe tirati fuori dalla merda. Sapeva che non era così, che non aveva idea di dove mettere le mani, forse lo sapeva anche Sam e per questo aveva preferito andarsene lontano.
“Dean, ci sei?”
“Sì, Bobby, ci sono”
“Andiamo, ragazzo, non può essere così brutto e Sam è uno che non porta rancore, almeno non a te”
“Gli ho detto che devo ucciderlo”
Bobby si gelò sul posto e istintivamente si mise a sedere su una sedia sgangherata della cucina stringendo forte il telefono. Per una manciata di secondi non riuscì nemmeno ad elaborare quello che aveva appena sentito, poi reagì con una furia per lui non usuale:
“Che cosa diavolo gli hai detto? Sei uscito di senno?”
“E’ un ordine di papà”
“Aspetta, frena. John ti ha chiesto di uccidere Sam? E quando lo avrebbe fatto? Se quel figlio di puttana non fosse morto, lo farei a pezzi con le mie mani”
“Non conosci tutta la storia, per questo parli così”
“Quale storia potrebbe giustificare il fatto che un padre chieda a suo figlio di ucciderne un altro?”
“Bobby, giurami che non farai del male a Sam, non è colpa sua”
“Perché dovrei fare del male a tuo fratello?”
“Giuramelo, o non posso andare oltre”
“Okay, giuro che non farò del male a Sam, ma ora sputa il rospo”
Dean prese un profondo respiro e iniziò:
“Sai come è morta la mamma, vero?”
“Certo che lo so, ma questo che cosa…”
“Ti prego, non interrompermi, è già difficile così”
“Okay”
“Il demone degli Occhi Gialli non ha solo ucciso la mamma, lui ha fatto qualcosa a Sam”
La voce di Dean si incrinò e, sentendolo vacillare, Bobby intuì che stava per ascoltare qualcosa di molto grave. Ingoiò nervosamente quando udì dei singhiozzi arrivare attraverso la cornetta e maledisse i chilometri che lo separavano dal giovane che considerava come un figlio.
Passarono un paio di minuti prima che il ragazzo riuscisse a riprendere il controllo e alla fine mormorò:
“Non abbiamo capito come, ma c’è sicuramente un legame tra quello che è successo nella cameretta di Sammy quando era piccolo e quello che gli sta succedendo ora”
“Non posso né capire , né aiutarti se non mi dici se non vuoti il sacco su tuo fratello, Dean”
“Bobby, Sam ha dei poteri, lui vede le cose prima che accadono. Gli è successo a Stanford prima della morte della sua ragazza e anche dopo”
“E tuo padre lo sapeva?”
“Sì, glielo abbiamo raccontato”
“E la sua reazione è stata di chiederti di uccidere Sam?”
“No, non me lo ha detto allora. Era incazzato perché non lo avevamo chiamato subito e…”
“Ah, questa è bella, praticamente non rispondeva mai”
“E’ quello che gli ho risposto io”
“Quindi, se non quando ha saputo delle visioni, quando John ti ha detto di uccidere Sam?”
“Me lo ha ordinato in ospedale poco prima di morire, mi ha detto che, se non riesco a salvarlo, devo ucciderlo”
Bobby sbarrò gli occhi e rimase in silenzio, non sapendo esattamente come reagire. Il suo istinto di cacciatore gli diceva che, se John aveva emesso quella sentenza di morte, doveva aver capito molto più di quello che aveva detto, ma d’altro canto, Sam era la persona più pulita e buona che avesse mai conosciuto. Era sempre stato la parte sana della famiglia Winchester, quella capace di riportare sulla retta via John e Dean quando il desiderio di vendetta li spingeva a gettarsi a capofitto sulla strada. Era lui che sapeva come strappare un sorriso a suo padre con i suoi occhi grandi e far sentire un eroe suo fratello, ancor prima che sapesse formulare una frase di senso compiuto.
“Bobby, non lo odiare, non ha mai fatto nulla di male”
La voce del cacciatore più giovane riportò il meccanico alla realtà e si affrettò a rispondere:
“Lo so, ragazzo. Non lo hai detto a nessun altro, vero?”
“No, ma abbiamo incontrato Ellen Harvalle e lei…”
“Ellen? Come l’avete conosciuta?”
“Sai chi è?”
“Certo, conoscevo anche suo marito Bill, ma non hai risposto alla mia domanda”
“Pochi giorni dopo il funerale di papà, Sam si è messo a frugare tra le sue cose, cercava qualcosa che ci portasse sulle tracce di quel bastardo. Mentre lo faceva, ha trovato uno dei suoi telefoni, lo ha acceso e ha ascoltato un messaggio nella segreteria telefonica. Era di Ellen e diceva che voleva aiutare papà ad uccidere il demone. Non ero troppo convinto sull’incontrarla, ma ci siamo messi in viaggio e siamo arrivati alla Roadhouse”
“Dean, sarebbe meglio non avere a che fare con altri cacciatori data la situazione”
“Credi che non lo sappia? Ho provato a fermarlo, ma non è più lo stesso. E’molto nervoso, dorme poco e anche quando è con me, con la mente è miglia lontano. Cerco di parlargli, di dirgli che sono al suo fianco, ma non mi ascolta davvero.”
“E puoi biasimarlo per questo? Prova solo ad immaginare quanto possa essere spaventato in questo momento. Non è facile digerire la notizia che il proprio padre lo abbia indicato come un bersaglio a suo fratello maggiore”
“Lui non è un cazzo di bersaglio, non chiamarlo così”-urlò Dean dall’altra parte della cornetta.
“Ehi, non alzare la voce-rispose con un tono altrettanto alto Bobby-non con me, e ascoltami bene: sono l’unico che non vi volterà mai le spalle, hai capito? Non posso dirmi felice per quello che mi hai appena detto, ma non torcerei mai un capello a quel ragazzo”
“Scusa, mi dispiace tanto, è che io…Ho paura, ho paura che Sammy possa essersi tolto la vita”
“Dean”
“E’ qualcosa che non riesco a togliermi dalla mente!”
“Ascolta, devi calmarti, non arriveremo a nulla in questo modo. Vedrai che…”
“Bobby”
“Che succede?”
“E’ Sam, mi sta chiamando”
“Visto? Rispondigli e poi fammi sapere”
“Okay”
Dean passò alla telefonata in attesa e tutto si aspettava fuorché sentire suo fratello singhiozzare dall’altra parte del filo.
“Sammy”
“Non ho fatto niente, Dee”
“Sammy, lo so. Ti prego, dimmi dove sei, vengo a prenderti e metterò tutto a posto”
“Dee”
“Andiamo, fratellino, andrà tutto bene”
“Adesso capisco perché mi odiava”
“Di che cosa stai parlando?”
“Papà”
“Sam, papà non ti odiava, credimi. Lui ti amava tanto e avrebbe fatto qualsiasi cosa per te”
“Non è vero, lui amava solo te e aveva ragione, sono un mostro”
“No, ascoltami, non sei lucido”
“Stavolta ti ho battuto”
“Battuto in cosa?”
“Se vedessi quante bottiglie ho ai miei piedi”
“Sammy, ti sei ubriacato”
“Sì, così sarà più facile e tu non dovrai fare il lavoro sporco”
“Non dire cazzate, e poi sarà facile che cosa?”
“Ho preso la pistola di papà prima di andarmene”
Dean respirò a fondo e cercò di restare calmo.
“Perché l’hai presa?”
“Perché tolgo il disturbo, Dean, me ne vado dritto all’inferno, tanto è quello il mio posto”
“Il tuo posto è con me! Ti prego, dimmi dove sei, ti vengo a prendere”
“No, devi starmi lontano, non voglio farti del male”
“Sam, ti conosco meglio di chiunque altro, non mi farai niente ed io ti tirerò fuori dai guai. E’ il mio lavoro, giusto? Vuoi rendermi un disoccupato?”
“Mamma è morta, Jess è morta ed è tutta colpa mia”
“Non è colpa tua”
“Perché papà non ha parlato con me? Perché non mi ha detto che cosa pensava veramente?”
“Non avercela con lui, sono sicuro che fino all’ultimo ha cercato un modo per salvarti”
“Salvarmi da cosa? Che cosa ti ha detto?”
“Niente di più di quello che sai già, te lo giuro”
Dopo quella risposta calò il silenzio e Dean trattenne il fiato. Sentiva ancora Sam respirare dall’altra parte e si chiese che cosa potesse dirgli per convincerlo a farsi trovare. Gli venne assurdamente in mente una volta che erano piccoli e stavano giocando a nascondino a casa di Bobby, mentre i grandi stavano discutendo dell’ennesimo caso. Era toccato a lui contare e quando aveva smesso, era sicuro che avrebbe trovato Sam in pochi secondi, si rintanava sempre negli stessi posti, ma minuto dopo minuto il piccoletto non era emerso e infrangendo un ordine tassativo di non entrare nel soggiorno del Singer Salvage, Dean si era precipitato a chiamare John. Si erano messi a cercarlo in tre e per quasi un’ora nessuno lo aveva trovato. Avevano chiamato, pregato, ordinato di uscire allo scoperto, ma Sam sembrava sparito fin quando Bobby non aveva notato qualcosa di strano in cortile. Il suo cane non restava mai fuori casa dopo il tramonto nei mesi invernali e invece quella volta stava seduto davanti alla sua cuccia, come se stesse facendo la guardia. Erano usciti e si erano avvicinati al Rotweiller che non si era mosso di un passo. Solo al comando del suo padrone si era a malincuore spostato e dentro la casetta di legno John aveva riconosciuto Sammy, che dormiva placidamente succhiandosi un dito. Aveva temuto di trovarlo gelato e invece il suo piccolo stava bene perché Rumsfeld lo aveva tenuto al caldo e per quel suo gesto si era guadagnato una generosa bistecca.
Dean si era spaventato tanto e aveva anche sgridato suo fratello, che non aveva capito il motivo di tanta agitazione, anzi riusciva solo a pensare che aveva vinto a nascondino perché lo aveva trovato papà. Gli aveva anche tenuto il broncio, ma poi la pace era tornata tra i due ragazzini ed erano tornati a giocare insieme.
Ed era quello che Dean voleva anche in quel momento, ritrovare suo fratello sano e salvo e ritornare a formare una squadra, come era sempre stato, ma Sam non sembrava pensarla allo stesso modo.
“Mi dici dove sei?”-chiese ancora.
“Non lo so, sono troppo ubriaco e poi non voglio che vieni a prendermi”
“A prenderti dove?”
“Non devi neanche darmi un funerale da cacciatore, non ne sono degno”
“Sammy, a prenderti dove?”
“Non ti avrei mai fatto del male, Dean, io ti voglio bene”
“Se davvero me ne vuoi, fermati e dimmi dove sei”
“Non hai paura di me?”
“No”
“Davvero?”
“Davvero”
“Questo posto puzza di zolfo, lo sai? E’ proprio ironico, sto giocando in casa”
“Zolfo?”
“Sì, da fare schifo, e i treni mi stanno sfondando il cervello”
Fu un attimo e Dean si ricordò di aver visto subito fuori città una fabbrica abbandonata di fertilizzanti e che accanto ad essa correvano dei binari. Non poteva essere sicuro che Sammy fosse lì, però due indizi potevano essere una prova, così prese le chiavi dell’Impala e corse fuori dalla stanza continuando a parlargli. Ad un certo punto nessuno rispose più dall’altra parte, però non c’erano stati spari e in sottofondo sentiva ancora il respiro di suo fratello. Forse si era addormentato per la sbronza, o nella peggiore delle ipotesi era svenuto, ma non c’era tempo per le congetture e spinse al massimo il piede sull’acceleratore.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Mentre Dean guidava verso la fabbrica ad una velocità decisamente sostenuta, Sam alternava brevi momenti di coscienza ad altri in cui scivolava nell’oblio attanagliato dai fumi dell’alcol e per questo non si rese conto di non essere più solo da un pò. Seduto su un vecchio bancone c’era infatti un uomo dall’aspetto ordinario, che lo stava fissando e ogni tanto scuoteva la testa. Ad un certo punto si alzò e si avvicinò al giovane disteso  a terra. Si accovacciò, poi gli tolse un ciuffo di capelli dagli occhi e chiese a chi in quel momento non avrebbe potuto rispondere:
“Che cavolo mi combini, Sammy? Non puoi crollare così, figliolo, non è da te. Forza, vieni via da questo pavimento, non vorrei che ti prendessi il tetano”
L’uomo ribaltò il giovane sulla schiena, poi lo prese sotto le ascelle e iniziò a trascinarlo lungo il pavimento fino al bancone. Una volta arrivato a destinazione, appoggiò Sam al mobile e gli sistemò il cellulare in una mano.
“Ci ha creduto, Dean ha pensato che fossi davvero tu al telefono e per tua fortuna è un ragazzo perspicace, ha capito subito dove doveva venire a cercarti. E’ già per strada, sai, e sta ignorando qualsiasi limite di velocità, ma è sempre così quando sei coinvolto tu. Non capisce più niente e si lancerebbe nel fuoco pur di tenerti al sicuro e lo avrebbe fatto anche il tuo caro paparino. E ci ha provato, sai, ha rischiato la vita un sacco di volte per impedirmi di avvicinarmi ancora a te e devo ammettere che è stato un grande avversario, ma tu questo non lo hai mai saputo. Voi due non vi siete mai presi più di tanto, ma il tuo vecchio ha lottato come un leone per te, almeno fin quando non è stato messo all’angolo e si è sacrificato per Dean. Non mi aspettavo una mossa del genere, ma John Winchester non era un uomo convenzionale e la sua offerta era troppo succulenta per non accettarla”
Sam rimase immobile e l’uomo continuò nel suo monologo:
“Stai schiacciando un bel pisolino, eh? Immagino che tutte quelle birre non ti abbiano fatto molto bene e che, quando ti riprenderai, ti scoppierà la testa, ma devo concederti le attenuanti stavolta. Non deve essere stato bello sapere dell’ordine di papà, ma tu sei forte, molto più forte di quello che credi, ragazzo mio. Sei destinato a grandi cose e non appena ti riterrò veramente pronto, conoscerai il tuo destino. Ti sto aspettando da tanto, da quella sera in cui sono entrato nella tua cameretta, e tra poco la mia pazienza sarà ricompensata”
Gli occhi dello sconosciuto lampeggiarono di giallo e in quello stesso istante i vetri ancora interi della fabbrica implosero frantumandosi in mille schegge.
“Chissà che cosa diresti se in questo momento potessi vedermi…Immagino che tu ce l’abbia un pò con il sottoscritto per Jessica, ma lei ti stava allontanando da me e non potevo permetterlo. Devo ammettere che la biondina era davvero un bel bocconcino, ma, quando ti unirai a me, potrai avere tutte le donne che vorrai, potrai divertirti senza limiti e se mi ascolterai, avrai il mondo ai tuoi piedi”
L’uomo si fermò perché in lontananza si sentiva il rombo del motore dell’Impala in avvicinamento e sorrise:
“Il fratellone è in arrivo, quindi levo le tende, ma ti tengo d’occhio e cerca di non fare stronzate. Mi servi intero, figliolo, ti porterò presto a casa”
Il locale restò occupato solo da Sam, che giaceva appoggiato al bancone, e fu lì che Dean lo ritrovò dopo essere arrivato a destinazione. Sentì il cuore stringersi nel petto temendo di essere arrivato troppo tardi, ma il suo naso non percepiva odore di polvere da sparo e non vedeva molto sangue sui vestiti sporchi. Si avvicinò quindi velocemente, gli sollevò il capo con entrambe le mani e osservò con occhio attento il volto del fratello. Era evidente  che aveva mangiato poco nell’ultima settimana e, a giudicare dalle occhiaie, aveva dormito ancora meno. Non ne era sorpreso, suo fratello gli aveva dimostrato già in passato che non era particolarmente attento alla sua salute quando qualcosa lo feriva, o era arrabbiato, ma stavolta non si trattava di un rimprovero di papà per essere stato troppo lento nei giri di corsa, o dell’ennesimo trasferimento che interrompeva la sua normalità. Stavolta il mondo di Sam era andato in frantumi e non sarebbero state sufficienti le sue parole a rimetterlo in piedi. Notò anche qualche livido e il labbro superiore spaccato, quindi probabilmente aveva anche fatto a pugni con qualcuno, ma nel complesso gli sembrava che stesse bene.
Dean si ricordò della pistola e della minaccia sussurrata al telefono e iniziò a perquisire il fratello. Prima di svegliarlo, voleva disarmarlo e dopo qualche tentativo, trovò la Taurus. La prese e la fissò per un istante pensando a suo padre, poi tornò a concentrarsi sulla figura incosciente davanti a lui.
“Principessa, mi senti?”-chiese senza troppa convinzione.
Gli occhi di Sam rimasero chiusi e Dean pensò che fosse meglio stenderlo. Si sfilò la giacca, improvvisò un cuscino e lo abbassò sul pavimento con cura. Lo adagiò su un fianco temendo che potesse vomitare all’improvviso, poi cercò ancora di farlo rinvenire. Gli diede qualche colpo leggero in faccia e lo scosse un pò, ma il ragazzone non ne voleva sapere di riaprire gli occhi.
“Sei proprio partito, eh? L’ho sempre saputo che non reggi per niente l’alcol, sei e sarai sempre un dilettante-continuò Dean guardandosi un po' intorno e notando solo in quel momento lo squallore che li circondava-Ma dove diavolo hai pensato di fermarti a fare campeggio? Questo posto è una cazzo di discarica e in confronto il nostro motel è il Ritz”
Il cacciatore scosse di nuovo il fratello minore e chiese:
“Ne hai ancora per molto, principessa? Sappi che non ho nessuna intenzione di baciarti e visto che non possiamo restare qui, devi deciderti a resuscitare perché sei un armadio a muro e non ti posso portare come quando eri un bambino. Mi piacerebbe che lo fossi ancora, allora era tutto molto più semplice”
Sam, nonostante le punzecchiature, restò incosciente e Dean pensò che doveva trovare il modo per farlo riprendere. Scorse in un angolo un lavandino e anche se sapeva che suo fratello non avrebbe gradito per nulla la doccia improvvisata, si disse che doveva usare le maniere forti. Si alzò e si avvicinò alla vasca cercando qualcosa con cui raccogliere l’acqua. Al suo interno vide un secchio, lo mise sotto il rubinetto e lo riempì. Tornò indietro e dopo aver chiesto mentalmente scusa a Sam, glielo rovesciò addosso sortendo subito l’effetto di farlo rinvenire.
Dean lanciò il secchio di lato e in un attimo fu accanto al fratello, che nel frattempo respirava affannosamente e si guardava intorno smarrito.
“Sammy, ehi, sono io, va tutto bene. Guardami, sono Dean”
Il giovane fissò lo sguardo sulla figura davanti a lui e mormorò:
“Dean”
“Ciao, fratellino, e bentornato nel mondo dei viventi”
“Che è successo? Dove siamo?”
“Dimmelo tu”
Sam si guardò intorno smarrito e rispose:
“Non lo so, non ricordo”
“Hai bevuto come una spugna, idiota”
“Io non…”
Fu un attimo e il ragazzo si piegò in due prima di iniziare a vomitare violentemente.
Dean reagì senza batter ciglio e lo sostenne per tutto il tempo in cui lo stomaco del giovanotto rimandò al mittente l’alcol che aveva mandato giù.
“Va tutto bene, Sammy, sono qui”
“No, non va bene, papà ti ha detto di uccidermi”
Il giovane sentì l’aria uscirgli tutta insieme dai polmoni, aveva sperato che l’alcol tenesse lontano da suo fratello il ricordo del motivo della loro separazione, ma, come al solito, la fortuna non sorrideva ai Winchester.
“Hai ragione, lo ha fatto, ma tu non devi preoccuparti. Adesso siamo di nuovo insieme ed io non ti abbandono. Mi hai sentito, Sam, io non ti mollo e non ti ucciderò, non farò mai quello che mi ha chiesto papà. Troverò il modo di salvarti e continueremo a prendere a calci in culo tutti i maledetti figli di puttana che strisciano sulla terra. Lo faremo finché non beccheremo Occhi Gialli e quando lo avremo trovato, lo faremo a pezzi, vendicheremo la mamma, papà e la tua Jessica”
Sam vomitò ancora, poi pian piano si calmò e si appoggiò stancamente a suo fratello, che lo strinse forte. Dean recuperò dal pavimento la giacca e lo coprì sentendolo tremare. Lasciò che prendesse un po' calore, poi chiese:
“Va meglio?”
“Hai una domanda di riserva?”
“Pensi di riuscire a metterti in piedi?”
“Non lo so”
“Ti aiuto io, coraggio”
Dean tirò su il fratello e lo sostenne fin quando non gli sembrò abbastanza stabile sulle gambe, poi iniziò la marcia verso l’esterno calpestando i vetri e maledicendo ancora gli idioti che avevano fatto quel casino. Non aveva tempo però di preoccuparsi di quattro teppistelli, aveva un giovanotto di sua conoscenza da rimettere in piedi e già sapeva che il post-sbornia sarebbe stato molto impegnativo.
“Meno male che mi hai chiamato, non sapevo più dove sbattere la testa”
“Che cosa?”
“Mi hai chiamato, Sammy, mentre parlavo con Bobby”
“Non l’ho fatto”
“Non te lo ricordi, ma lo hai fatto e mentre straparlavi, mi hai dato degli indizi su dov’eri”
“Dean, non ti ho telefonato, volevo morire qui, da solo”
“Beh, evidentemente il tuo supercervello ha deciso di battere un colpo e mi ha fatto arrivare prima che facessi qualche stronzata. E per la cronaca, se scappi di nuovo e soprattutto, se tocchi ancora la pistola di papà, ti faccio nero”
“Non puoi sculacciarmi, non ho tre anni”
“Scommettiamo che ti metto ancora sotto? E comunque non è questo il punto, coglione”
Sam sorrise, ma non ce la fece a replicare, tutto gli girava vorticosamente intorno e non era in grado di sostenere una conversazione. Si fece condurre alla macchina e infilare nell’abitacolo senza opporre resistenza. Si sorbì anche la solita paternale sul non azzardarsi a sporcare Baby e lungo la strada per il motel chiuse di nuovo gli occhi, mormorando di essere stanco.
“Lo so, ma cerca di non addormentarti, o ti lascio sui sedili per tutta la notte”
Era una bugia colossale, Sam sapeva che niente avrebbe impedito a Dean di portarlo nella stanza, di metterlo a letto e di vegliarlo perché Dean era Dean e come aveva detto lui, non lo aveva mai abbandonato, nemmeno quando aveva riempito un borsone e se n’era andato in California. Anche allora aveva trovato il modo di tenerlo d’occhio, lo aveva visto, e aveva sperato che, prima o poi, suo fratello si sarebbe deciso a scendere dall’impala e bussare alla sua porta, ma non era accaduto, e Sam aveva lasciato che andasse in quel modo. Dean lo conosceva come le sue tasche, ma anche lui poteva raccontare ogni sfaccettatura del carattere di suo fratello e sapeva che non era nelle sue corde un incontro faccia a faccia. Gli aveva fatto male andandosene e anche se era sicuro che non lo odiava, era cosciente del fatto che Dean era ancora molto incazzato con lui. Per questo aveva fatto finta di non vedere l’Impala, o la sua figura appostata dietro un albero, doveva concedergli di guidare il gioco. E poco importava se poi aveva fatto male da morire non vederlo più in giro e immaginarlo di nuovo a caccia, se quello era ciò che voleva, allora lo avrebbe avuto, e fanculo ai suoi sentimenti.
L’Impala coprì il percorso fino al motel in pochi minuti e Sam si ritrovò, senza capire come, nel bagno della loro stanza a vomitare di nuovo, mentre suo fratello lo confortava.
“Butta fuori, verginello, le sbronze non sono per te”-scherzò ancora Dean tentando di alleggerire l’atmosfera.
Il più giovane dei Winchester non se lo fece ripetere due volte e ci volle un po' prima che riuscisse a fermarsi.
Quando il suo stomaco gli concesse una tregua, fu tirato su e poi scaricato sul letto. Avvertì le scarpe andare via seguite dai jeans e per un attimo sentì che doveva provare imbarazzo nel farsi spogliare in quel modo, ma era troppo stanco e la testa gli scoppiava, quindi decise di alzare bandiera bianca. Si lasciò ripulire sommariamente, mettere sotto le coperte e fece anche lo sforzo di mandare giù un po' d’acqua, poi lasciò che la stanchezza lo vincesse e si addormentò.
Dean si sedette accanto a lui e tirò fuori dai jeans la Taurus. Se la rigirò tra le mani e rivisse per l’ennesima volta la scena dell’ospedale. Rivide suo padre chinarsi verso di lui e sussurrargli nell’orecchio la terribile sentenza di morte. Ricordò di averlo fissato inorridito e per un attimo aveva pensato che John fosse posseduto, ma non lo era, glielo avevano detto le lacrime che aveva a stento trattenuto prima di allontanarsi.
“Non posso uccidere Sammy, papà, come hai potuto chiedermelo e come faccio a rimettere a posto le cose fra di noi adesso?”

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Quando Sam riaprì gli occhi, non realizzò subito che ora potesse essere perché le tende erano tirate e lo isolavano efficacemente dalla luce esterna e a dirla tutta, non riusciva nemmeno a ricordare come era tornato al motel.  Cercò di concentrarsi e a poco a poco gli tornò in mente l’immagine di suo fratello nella fabbrica e la loro conversazione. Sentì lo stomaco muoversi di nuovo e si chiese se dovesse tentare di raggiungere il bagno prima di combinare un casino, ma il solo sollevare il capo dal cuscino gli portò una vigorosa ondata di vertigini. Si affidò al brevettato metodo Winchester di riprendere il controllo e per fortuna quella volta l’universo sembrò concedergli una tregua. Chiuse di nuovo gli occhi e non li riaprì per una manciata di minuti, poi decise di fare un nuovo tentativo e tornò ad apprezzare la penombra della stanza garantita dalle tende. Probabilmente Dean le aveva chiuse non appena erano arrivati, un po' per proteggere la loro privacy, un po' per rendere più confortevole il suo riposo e si domandò per quale motivo suo fratello continuasse ad agire con il solo scopo di proteggerlo e dargli conforto. Sapeva che era opera di suo padre e anche se nel tempo aveva provato a perdonarlo, c’erano ancora delle cose sulle quali proprio non riusciva a passare, e una di queste era l’infanzia rubata a Dean. Lo aveva obbligato a svolgere un compito non suo per tutta la vita, lo aveva addestrato ad essere tutto tranne che un ragazzino e infine in punto di morte gli aveva dato il compito più difficile di tutti.
Sam sospirò e cercò di ricacciare indietro le lacrime, che lottavano per uscire. Era chiaro che suo padre si era portato nella tomba la madre di tutti i segreti e che ciò che non aveva condiviso nemmeno con Dean, ammettendo che fosse vero, riguardava lui e quello che era successo tanti anni prima a Lawrence. Non ne aveva le prove, ma non ci voleva certo un genio per capirlo e si chiese che destino lo attendesse. Aveva paura, più di quanto ne avesse mai provata in vita sua, perché aveva sempre pensato a se stesso come una brava persona, però quella richiesta rimescolava il mazzo e metteva in discussione le sue poche certezze.
Non aveva la forza di affrontare la realtà, così tornò a concentrarsi su ciò che lo circondava e su quello che con uno sforzo di immaginazione poteva essere chiamato letto. Era davvero uno dei peggiori su cui avesse mai chiuso gli occhi, ma in ogni caso era grato a suo fratello per averlo messo in una posizione comoda dopo averlo liberato delle scarpe e dei jeans. Lo era decisamente meno per il fatto che Dean lo avesse spogliato, era una cosa che lo faceva sentire a disagio. Nonostante avesse conquistato negli anni un fisico davvero invidiabile, fedele al suo carattere più riservato, aveva ancora difficoltà ad esporsi e non aveva mai acquisito la stessa faccia di bronzo di suo fratello. Non aveva mai gongolato davanti alle occhiate interessate delle ragazze, anzi aveva sempre cercato di evitare situazioni imbarazzanti nascondendosi dietro una postura raccolta e la lunga frangia, un altro dei motivi di contrasto con John. Avrebbe voluto che capisse che non tutti sono maschi alfa e che l’essere stato basso e grassottello aveva minato la sua autostima per anni, ma non c’era spazio per simili sentimentalismi nel clan Winchester.
Un rumore persistente disturbò i suoi pensieri: nel parcheggio c’era movimento di uomini e macchine e tutto quel caos mal si conciliava con il suo epico mal di testa. Si diede dell’idiota per aver mandato giù una bottiglia dopo l’altra, ma poi si assolse ricordando perché lo aveva fatto.
Peccato solo non aver premuto il grilletto prima che Dean lo rintracciasse…
Cosa aveva detto?
Lo aveva trovato perché lo aveva chiamato?
Sam cercò di mettere ordine nella sua testa e se ricordava solo a tratti quello che aveva fatto nell’ultima settimana, era assolutamente certo di non aver telefonato a suo fratello.
Perché diamine avrebbe dovuto farlo se aveva deciso di piantarsi una pallottola nel cranio?
Possibile che fosse andata proprio come aveva detto lui e il suo istinto di sopravvivenza aveva prevalso?
Non ne era per niente sicuro e poi c’era altro che gli si affacciava nella mente. Non un ricordo preciso, più flash, e quell’odore di zolfo….
Sam si lasciò andare sul letto e si portò un braccio sugli occhi domandandosi per quale motivo gli sembrava di essere sempre preso a calci in culo dalla vita, perché non c’era stato un solo momento in cui si era sentito al sicuro e finalmente normale. Certo, c’erano stati i due anni con Jessica e il loro tempo insieme era stato preziosissimo, ma anche allora qualcosa nel suo profondo gli urlava contro e non lo faceva davvero stare in pace con se stesso. Glielo aveva detto anche la ragazza mentre erano ospiti per Natale della famiglia di lei e non aveva potuto controbattere. La cena, i regali, le decorazioni e tante chiacchiere accompagnate da cioccolata calda e biscotti, era stato tutto bellissimo, ma anche allora la nostalgia per suo fratello e suo padre gli aveva oscurato lo sguardo. Si era allontanato dal salotto con una scusa e si era rifugiato nella stanza che lui e Jess occupavano sempre, quando andavano a trovare i Moore ad Aspen. Ed era stato lì che la sua ragazza lo aveva trovato mentre stingeva tra le mani il cellulare, combattuto tra la voglia di chiamarli e accertarsi che stessero bene e il rancore per averlo completamente cancellato dalle loro vite da più di un anno. Né una telefonata, né un messaggio, niente da suo padre, e questo lo aveva messo in conto, ma c’era stato silenzio assoluto anche da parte di Dean e questo lo aveva davvero ferito. Jessica aveva provato a convincerlo a chiamare, a sotterrare per primo l’ascia di guerra, ma il suo orgoglio aveva prevalso e le aveva detto che non poteva capire che cosa provava. L’affermazione li aveva portati quasi a litigare perché lei aveva ribattuto che era lui a tenerla fuori e da lì le cose stavano prendendo una brutta piega, poi si erano guardati negli occhi e il reciproco amore aveva avuto la meglio. Quando erano andati a letto, Sam le aveva chiesto scusa per il muro che alzava quando si trattava di suo padre e di suo fratello, ma allo stesso tempo la pregò di non cercare di sapere di più del suo passato e lei lo aveva rispettato, perché Jess lo amava davvero.
Il flusso dei pensieri del cacciatore si interruppe quando dall’esterno sentì il rumore dell’Impala in avvicinamento e capì che suo fratello stava tornando. L’idea gli provocò due emozioni contrastanti: da un lato era sollevato perché voleva dire che la promessa di non mollarlo era stata vera, ma dall’altro una parte di lui avrebbe preferito che Dean se ne fosse andato e lo avesse abbandonato al suo destino.
Sam aggrottò la fronte e una terza ipotesi fece capolino: e se fosse tornato perché aveva trovato il coraggio di ubbidire agli ordini di papà e di ucciderlo? Un essere umano qualsiasi, dinanzi a quella prospettiva, avrebbe alzato i tacchi all’istante e avrebbe fatto prevalere lo spirito di conservazione, ma lui non si mosse, non voleva complicare le cose. Aspettò disteso che la macchina si fermasse, ascoltò il rumore dei passi di suo fratello in avvicinamento e non spostò un muscolo nemmeno quando lo vide entrare con dei sacchetti tra le braccia.
“Ehi, Sammy, finalmente ti sei svegliato. Come ti senti? Immagino che la tua testa e il tuo stomaco ti stiano massacrando, ma è risaputo che sei un verginello in fatto di bere. Mi ricordo ancora la prima volta che lo hai fatto e lo spasso che ne è seguito. Eri fuori come un balcone quando sono venuto  a recuperarti nel bel mezzo di una tormenta di neve e per tutto il viaggio di ritorno hai vuotato il sacco su una serie molto interessante di cose. Ti ricordi che mi raccontasti di Margot e del vostro incontro ravvicinato negli spogliatoi della palestra della scuola? Eri abbastanza scioccato perché lei aveva preso l’iniziativa e ti era letteralmente saltata addosso, ma immagino che quella prima esperienza ti abbia comunque fatto rivalutare il genere femminile. E ti ricordi quando siamo tornati al motel e dopo qualche ora si è presentato papà? Non doveva venire a prenderci prima di qualche giorno e mi è venuto un infarto quando l’ho visto entrare e scrollarsi da dosso la neve. Tu eri in bagno a vomitare e giuro che ho cercato in tutti i modi di nascondergli che eri andato alla festa di un tuo compagno di classe, ma era troppo in gamba per non riconoscere un ubriaco. Quando ti ha raggiunto, mentre eri nel bel mezzo del fidanzamento con il cesso, ho pensato che ti avrebbe attaccato al muro all’istante e invece si è messo sul pavimento accanto a te e ti è rimasto vicino per tutto il tempo in cui hai consegnato il contenuto del tuo stomaco alle fogne. Ero stupito, sai? Non mi aspettavo una simile reazione da papà e infatti la versione genitore comprensivo è durata poco e quando è partito, cazzo, quante te ne ha consegnate. Non la smetteva di cantartele nonostante il fatto che stavi palesemente male e mi ricordo che ti costrinse anche ad allenarti quel giorno, anzi per la precisione costrinse entrambi perché avevo cercato di coprirti.
Devo ammettere che fu proprio uno stronzo quella volta, avrebbe potuto lasciar correre, ma lo sai com’era papà, un marine fino in fondo nel bene e nel male. Con me però non corri quel rischio, fratellino, niente paternali, né hell week, anzi sono andato a fare rifornimento per rimetterti in piedi e quando sarai di nuovo abile e arruolabile, ci metteremo a tavolino e faremo il punto della situazione. Ce la caveremo, vedrai, lo facciamo sempre, no?”
Come al solito, quando Dean era nervoso, parlava a raffica e Sam lo guardò con tenerezza mentre andava avanti e indietro per mettere in ordine gli acquisti. Anche questo era un segnale della sua agitazione, quando erano nei guai, aveva il bisogno inconsueto di tenere le cose sotto controllo.
“Ho svaligiato il reparto ortofrutticolo per te, sai? Ho comprato banane, mele e carote, e mi sono anche ricordato che mandi giù solo cracker per qualche giorno dopo che ti sei scolato una bottiglia di troppo. Quando te la sentirai, ti preparerò della carne bianca e se proprio vuoi esagerare, del riso. Ah, ovviamente ti ho preso da bere del Gatorade, anche se onestamente non ho mai capito come fai a mandarlo giù! Ho letto però che aiuta a riprendersi dalla disidratazione, quindi ho fatto scorta”
Dean mostrò al fratello la bottiglia e chiese:
“Ne vuoi un pò?”
Sam guardò il fratello e decise di assecondarlo. Annuì anche se in realtà non aveva voglia di nulla e cercò di tirarsi su, ma il suo corpo gli mostrò il semaforo rosso ancora una volta. Fu un attimo e Dean fu al suo fianco sostenendolo per i gomiti.
“Vacci piano, ragazzino”
Con una mano continuò a tenerlo saldamente e con l’altra recuperò un cuscino dal suo letto.
“Ce la fai a rimanere in posizione orizzontale da solo per qualche secondo?”
“Credo di sì”
“Bene”
Dean lo lasciò andare e si mise a sistemare i cuscini dietro le spalle del fratello, in modo che potesse appoggiarsi.
“Ancora okay?”
“Sì”
“Provi a mandare giù qualche sorso di quel Gatorade? Hai le labbra che sembrano il deserto dell’Arizona”
Sam annuì di nuovo non fidandosi di parlare troppo e restò in attesa della bottiglia, che il maggiore dei Winchester recuperò dal tavolo.
“Sorsi brevi”
“Lo so”
Dean si augurò che il peggio fosse passato, ma, per andare sul sicuro, recuperò un cestino dei rifiuti e lo tenne a portata di mano. Per fortuna però non accadde nulla e il giovane ringraziò il cielo per questo perché suo fratello aveva già un aspetto di merda senza che tornasse a vomitare.
“Vuoi qualche cracker?”
“No, grazie! Dean, io ancora non ricordo di averti chiamato e…”
“E cosa?”
“Ho avuto la sensazione di non essere solo in quella fabbrica!”
“Sam, eri completamente sbronzo”
“Non sto parlando di ieri sera, ho avuto questa sensazione anche nei giorni precedenti quando ero lucido”
“Che cosa ricordi esattamente? Hai visto qualcuno? Magari qualche altro senzatetto ha preso posto nella suite”
“Non sto scherzando, c’era qualcuno”
“Ma non l’hai visto”
“No, però a volte mi svegliavo perché mi sentivo osservato”
“Non dico che non ti credo, ma questa settimana è stata dura e non puoi essere sicuro di quello che hai fatto o non fatto. Anche Bobby pensa che ti ci vorrà un po' per…”
“Che cosa c’entra Bobby?”
“Quando te la sei filata, ho pensato che fossi andato da lui e l’ho chiamato”
“Gli hai detto di papà e di quello che ti ha chiesto di fare?”
“Sì e gli ho detto delle tue visioni, ma non ti devi preoccupare di lui, è sempre dalla nostra parte”
“Ne sei sicuro? Sono potenzialmente un mostro e lui è un cacciatore”
“Tu non sei un mostro, coglione. Papà può essersi sbagliato e…”
“Lo sai che non è così. Quando eravamo a Salvation, continuava a tenermi gli occhi addosso dopo che ha saputo delle visioni, non mi ha mollato un attimo”
“Era solo preoccupato per te, Sam, anzi era terrorizzato da quello che ti stava accadendo. Tu non puoi rendertene conto fino in fondo, ma per chi ti guarda da fuori è abbastanza sconvolgente. Ricordi che dopo la visione su Rosie non riuscivi a stare in piedi? Ad un certo punto sei arrivato quasi a svenire per il dolore e papà avrebbe spaccato il mondo in quel momento per evitarti la sofferenza. Il vederti in quello stato lo scosse nel profondo e quella stessa notte, mentre tu dormivi, parlammo delle tue visioni. Volle sapere quanto spesso le avevi, se faceva sempre così male e quando gli risposi che nel tempo erano peggiorate, aveva uno sguardo così triste. Uscì all’aperto e si andò a sedere nell’Impala. Non sapevo se seguirlo, poi lo feci e mi confessò che aveva una paura fottuta di perderti come era successo con la mamma.
Puoi pensare quello che vuoi di papà, Sam, ma non che non ti amasse perché non è così. Capisco che sia difficile da credere visto quello che mi ha chiesto di fare, però devi fidarti di me, avrebbe fatto qualsiasi cosa per tenerti al sicuro”
“Davvero non sai più di quello che mi hai detto?”
“Davvero”
“E hai intenzione di uccidermi?”
“Ti ho già detto di no”
Sam sospirò e chiuse gli occhi.
“Vuoi dormire ancora?”
“Voglio scoprire che cosa ci ha nascosto papà e perché lo ha fatto”
“Lo faremo, ma prima ci prendiamo una pausa. Bobby ha detto che ci aspetta da lui e…”
“Non voglio andare da Bobby, voglio capire, ho bisogno di capire”
“Cioè che cosa vuoi fare?”
“Cercare altri come me, provare a…”
“Assolutamente no, è una pessima idea. Non ti sono bastati Max e Andy? Per come la vedo io devi stare alla larga, non lanciarti nella mischia a testa bassa”
“Non puoi capire come mi sento”
“Spiegamelo, sono tutto orecchi”
“Dean”
“Sam, non voglio perderti! Promettimi che non farai di testa tua, promettimi che mi darai il tempo di capire che cosa fare. E’ la seconda volta che ti prego nel giro di pochi giorni, per favore”
Il cacciatore più giovane rimase in silenzio e capì che non avrebbe ottenuto nulla continuando quel braccio di ferro con suo fratello. Se voleva delle risposte, doveva trovarle per conto proprio e pur a malincuore, qualche ora dopo si ritrovò a scassinare la portiera di un’auto e ad andarsene.
“Perdonami, Dean, ma devo farlo”
Premette il piede sull’acceleratore e si diresse verso il Nebraska: se c’era qualcuno che poteva aiutarlo si trovava alla Roadhouse e il suo nome era Ash.
 

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