Honeymoon

di mortifero
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rick (prologo) ***
Capitolo 2: *** Morty ***
Capitolo 3: *** Honeymoon ***



Capitolo 1
*** Rick (prologo) ***


Honeymoon

 Fashion student!Morty passa con suo nonno un sabato sera a Milano.

Ovviamente, con Rick la serata si rivela più scatenata del previsto. C'è anche da aspettarselo. Quello che meno riescono a prevedere è come un minuscolo fraintendimento riesca a far venire al pettine nodi creduti ben nascosti.



Capitolo Uno: Rick (prologo)



Il mal di testa la domenica mattina non è una novità per Rick. È il classico dopo-sbornia che picchietta sul suo cranio e che con una vocina stridula gli rammenta "Hey, guarda quante cazzate hai fatto ieri sera", ma gli basta una pillola che ha nascosto in un comportamento del suo braccio cibernetico per annullare ogni effetto. È necessario estrarla e - oh, cacchio, l'ha finita! Quanto serve al suo processore per sintetizzare un'altra pillola? Lo schermo proiettato dal suo occhio cibernetico mostra una serie di dati corrispondenti a una quantità di tempo non inferiore ai trenta minuti. Rick sbuffa davanti alla cifra così tanto improduttiva. Una mezz'ora di tempo con mal di testa e nascente nausea corrispondono a un'eternità! Gli toccherà fare alla vecchia maniera. A cosa serve essere un dio tecnologicamente immenso se non può avere immediatamente un'aspirina molto più funzionante di quelle in commercio? L'inerzia pare sempre più un'arma formidabile contro la divinità bastarda che è, ma se nessuno lo scopre, può andare benissimo così. Distrattamente allunga il braccio sul comodino, e una serie di oggetti metallici cadono a terra. Non il suono delle sue invenzioni mai terminate, ma di monetine. Rick non ha centesimi con sé, li considera una delle peggiori invenzioni sulla faccia della Terra. Con le dita pallide e lunghe della sua mano si stropiccia le palpebre, per schiarire la vista. Il colore sbiadito della carta da parati in una stanza pagata molto più di quanto varrebbe fa capire a Rick che no, non è più nel Midwest americano, ma in un appartamentino vicino ai Navigli. Il pile che ricopre il suo corpo (nudo, tra l'altro, ma che si svegli senza vestiti dopo un sabato di pazzie non è mai una novità sensazionale) di sicuro non è suo, perché gratta ed è di un fastidioso color giallo. O almeno sembrerebbe, le persiane sono calate e solo un po' di luce filtra attraverso le piccole fessure. Quando fa schiacciare la mascella, in cerca di riprendere il controllo delle sue funzioni facciali, si ricorda la voce leggermente brilla di suo nipote sconsigliargli di tornare a casa in quelle condizioni, o qualcosa del genere: i ricordi nella testa di Rick non sono per niente nitidi, ed è molto meglio così.

Deve aver obiettato all'idea del nipote, farfugliando e imprecando qualcosa, con annesso ruttare; così ci vuole poco per far sembrare la proposta di Morty la genialata del secolo. Stupido Morty e le sue stupide idee. Ora come dovrà farsi passare la sbornia? Con del caffè come tutti? Impreca sottovoce ma non abbastanza da non farsi udire da donna o uomo o persona che apparentemente condivide il letto con lui. Non può vederne la faccia, e il piccolo grugnito non gli sembra familiare. Sabato sera Rick deve aver fatto faville.

Morty lo ammazzerà per aver deciso di portare a casa sua la conquista della settimana, ma non è un vero problema. Più un problema di suo nipote, perché Rick non vuole davvero prendersi a carico il dover mandar via la ragazza o chiunque altro mal capitato. Lancia un'occhiata di sbieco al fagotto ronfante accanto a lui, e con sarcasmo pronunciato commenta "Hai fatto proprio un bel affarone". Forse al mondo c'è davvero chi è messo peggio di lui. Oppure il suo essere un dio anche nella camera da letto (e non solo) deve aver incuriosito anche la parte nord della penisola italica. È come se si fosse appena dato una pacca sulla spalla, il minimo che basta per fargli decidere di alzarsi dal letto con un ghigno sfrontato in faccia. Afferra senza troppi problemi quella che gli sembra una vestaglia, troppo piccola per lui, ma copre quello che deve coprire, così esce dalla stanza. Il freddo gli fa rizzare tutti i peli come un gatto in tangenziale che becca un auto, ma almeno lo sveglia un po', e la luce all'inizio gli dà fastidio, ma pian piano si abitua.

Passa in corridoi beige e senza personalità, tranne qualche dipinto falso e soprammobili discutibili. C'è il famoso Angioletto della Thun che Morty vorrebbe tanto buttare via, "perché troppo kitch. Neanche in casa di mia nonna ci sarebbero tanti orrori!".

Rick al ricordo accenna a un sorriso che si ferma a metà e diventa sghembo. Forse anche Diane col passare dell'età avrebbe amato quegli obbrobri. Ne avrebbe di esperienza lei, nell'amare cose e persone disgustose.

Ma passando per lì, più tremendo del pensiero di Diane, è l'idea tramutata in realtà di Morty che vive una vita propria, completamente lontana da ciò che ha con lui. Sia mai che Morty la ritenga migliore. Sia mai che Morty si dimentichi di suo nonno. Stamattina si arrabbierà per lo sconosciuto o la sconosciuta in casa sua. Essere un mostro in camera da letto non varrà come scusa. E poi che importa di Morty? Niente. Pensasse alle sue di conquiste, se mai riesce ad averne!  Rick vuole chiudere una volta per tutte quel discorso.

Davvero è così ininfluente per te, Rick?, un'altra vocina, simile a quella del dopo sbornia, fa ricominciare la diatriba interiore dello scienziato. Così poco da aver pagato pure settanta e passa euro per un'entrata dal Gattopardo, la discoteca più in vista di Milano? I soldi non sono mai un problema. Soprattutto quando vuoi fare bella figura portandolo alla serata a tema del suo cantante preferito? Cazzate belle e buone. È per questo che paghi anche la retta e l'alloggio per lui, non è vero? Così non rompe più le palle ogni singolo giorno come faceva prima. Lo dici come se non ti dispiacesse.

Perché è così. Non deve sopportare Morty tutto il giorno in casa. Non deve sentire la sua fastidiosa risata quando sente qualche battuta pessima raccontata da Jerry, la sua stupida musica squallida da adolescente piagnone. Non deve ritrovarselo sempre tra i piedi nel garage, quando viene perché incuriosito da cosa Rick potrebbe mai star sperimentando, o perché si sente troppo solo. È bella e rilassante la vita senza Morty.

Menti a qualcun altro.

Con l'umore incline all’essere azzerato e già infastidito, e una matta voglia di mischiare caffè e Montenegro, Rick entra in cucina e sbuffa, appena trova i coinquilini di Morty ridere e scherzare con un tono di voce troppo alto. Cazzo hanno da urlare? È prima mattina, le dieci e venti!

Beatrice, una biondina dagli occhi nocciola e quasi dolci come quelli di Morty, gli rivolge un sorriso e gli augura il buongiorno. A Rick sembra anche che gli chieda com'è andata la serata, con un inglese maccheronico e un forte influsso siculo.

"Una favola", risponde, facendo l'occhiolino e andando alla ricerca del proprio nipote con lo sguardo. Non c'è. Probabilmente è ancora a letto, non ancora abituato come il nonno ai ritmi della vida loca notturna. Prende una tazzina da caffè e si serve con la moka, che fortunatamente qualcuno ha già messo in funzione. Non si siede sul tavolo insieme alla biondina, e rimane appoggiato al bancone della cucina, sempre di fretta, perché situazioni come mangiare, fare colazione, sono solo inutile spreco del suo tempo e immenso genio, che potrebbero essere adoperati per qualcosa di molto più conveniente.

Anche gli altri coinquilini non battono ciglio alla presenza dell'Americano, fin troppo abituati a lui e, sfortunatamente per loro, a tutte le stranezze sci-fi che accadono quando Rick e Morty sono nello stesso Paese. Lo scienziato non riesce a fare a meno a ripensare quante volte, in realtà, buona parte dei coinquilini del nipote abbiano voluto mandare via il moro dall'appartamento, ma niente è facilmente corruttibile come uno studente che sa già che verrà sfruttato per i prossimi trenta anni a venire. C'è sempre qualcosa di particolare nella città meneghina, forse il profumo di un Paese ingiusto e perennemente in rovina, ma che non decade mai, resiste sempre fino all'ultimo.

Nemmeno Summer si ricorda che faccia hai, tra un po'. Bella Milano, eh? Di certo non il motivo per cui sei sempre qui. Zitto.

Sei un vero osso duro, Sánchez. Hai davvero mantenuto le distanze. Vaffanculo, tu e la tua ossessione per Morty. È da malati!

Io sono te, brutto cazzone! Vuoi eliminarti di me? Sparati in testa! Faresti un favore a tutti!

Rick vede nero. Non può restare lì un minuto di più, o promette a sé stesso che farà saltare in aria quel palazzo abusivo con una bomba al neutrino. Stringe così forte la tazzina da caffè che gli esplode nella mano da cyborg, il liquido bollente che striscia sulla sua pelle, ma non lo sente. È così furioso, con sé stesso, con quella fastidiosa voce, con gli stupidi coinquilini di Morty che lo guardano male, Un vaffanculo ancora più grosso lo augura a quel disgraziato di suo nipote che nemmeno si degna di uscire dalla sua stanza e farsi vedere. Esce dalla cucina con la velocità di una saetta e la furia di un tuono. Dietro di sé una voce esclama: "Hey, era del servizio di mia mamma!".

"Me la trombo tua madre!".

Entrato nella stanza di prima, i suoi vestiti non si trovano da nessuna parte, sembra che qualcuno li abbia buttati via. Niente sembra andare per il verso giusto questa mattina, e così attiva con un pulsante sul suo braccio cibernetico un'opzione che gli permette di avere vestiti prefabbricati, godendosi anche la transizione a stile Sailor Moon.

È pronto ad andarsene. Controlla di avere tutto con sé. Camice a posto, chiavi della navicella nel taschino, portafoglio nella tasca sul retro del jeans marrone, e — perché lo sta facendo? Che ha da tergiversare?

Non te ne vuoi andare. Vai, trova Morty e salutalo.

Che cazzate.

Lo sai che ti manca come l'aria perché tu lo

"Rick?".

Il fagotto ronfante ha appena parlato, segno che non è più dormiente e, perciò, nemmeno più ronfante. Non è quello a destabilizzare Rick, perché sì, ora si ritrova congelato sul posto. È fermo a fissare il giovane davanti a lui, non più quattordicenne come un tempo, ma quasi vicino all'essere un adulto fatto e compiuto. Un turbine di ricordi paralizza lo scienziato a guardare Morty mentre si libera dalle coperte, più nudo di quanto dovrebbe essere, e con un segno sul collo che fa sentire la saliva nella bocca di Rick secca come il Sahara. Se prima l'anziano ha potuto bearsi nell'illusione che no, ha solo frainteso ciò che è avvenuto la sera prima, quella macchia sulla pelle del nipote è lo stesso marchio sul suo animo che lo rendono un mostro, l'ennesimo errore da cui non si può più tornare indietro. La realizzazione naviga nel suo corpo come un veleno che fa marcire il poco rimasto sano in lui, se c'è. Buca i polmoni, l'aria manca, il petto brucia e stringe in una morsa mortale.

Rick distoglie lo sguardo e fugge via, senza rispondere, senza dire nulla. Aria non esce dalla sua bocca, nessuna parola viaggia sull'onda di suono.



Non è ancora partito. È rimasto chiuso nella sua navicella, a maledire il ricordo, se stesso, Morty, e ancora se stesso con più odio, e ancora Morty per essere semplicemente Morty, stupido e imperfetto disgraziato. Ha urlato, più forte di quanto i suoi polmoni consentissero. Ha bestemmiato la divinità che è, ha bestemmiato contro ogni altro dio. Non esistono, ma se lo facessero, perché permettere una cosa talmente abominevole? Perché odiare Rick così tanto? Perché fargli realizzare il suo desiderio più sporco e peccaminoso da renderlo così schifosamente umano e mostro al tempo stesso? Sì, è un dio caotico e invincibile, capace di ottenere tutto ciò che vuole, ma a che costo? Perché graziarlo e rovinarlo in una così banale serata di settembre? Cosa ne rimane adesso del suo rapporto con Morty? Lui sta bene? Ha idea di cosa è successo? Se lo ricorda?

Rick chiude gli occhi e se li copre con una mano, così magari anche lui smette di vedere quelle maledette immagini che ruotano nella sua mente. Potrebbe essere la volta buona.

Non lo è mai.

A fargli male di sicuro non è ripensare a lui e Morty scatenarsi sul dance floor, o a sé stesso che beve, beve e beve, non è importante. Passa anche in secondo piano la sua gara di ballo vinta contro uno spagnolo lì in vacanza, o Morty nel dopo serata al karaoke che intona (male, malissimo, le unghie sulla lavagna sono più graziose) con un accento molto scarso Sere Nere. Ma fosse stata solo così, la loro serata.

A colpire prepotentemente il petto sono le scene in cui Morty invita Rick a restare per la notte, troppo preoccupato per lui, dal modo in cui barcollava. Non come se non avesse mai visto suo nonno ubriaco fradicio, non come se l'indole da crocerossina di Morty potesse sparire da un momento all'altro.

Arrivati nella stanza del moro, Rick è il primo ad arrampicarsi sul letto e a sdraiarsi, ma rivolto sempre con lo sguardo verso il nipote che chiude la porta. Morty si volta verso il nonno e sorride, ma scuotendo la testa, in segno di dissenso verso qualcosa. Nemmeno Rick ha idea di cosa abbia risposto dopo, ma basta per far sì che suo nipote gli si avvicini. Si arrampica anche il giovane sul letto, e tra i due c'è un altro scambio di battute, che fa ridere il moro a crepapelle, fino a tentare di zittirsi per non far svegliare le altre persone che vivono nella casa. Qualcosa mormorato da Morty scatena in Rick il bisogno di tirargli un pizzicotto. Il moro è ormai completamente sopra il letto  e un guizzo gli oltrepassa lo sguardo, mentre si mette seduto a cavalcioni su suo nonno. Ecco dove tutto è iniziato. Rick non lo scaccia, anzi, prende con le mani le guance del moro, che intanto ha messo le proprie braccia dietro la schiena del nonno. Sono faccia a faccia, e tra i mille sussurri viene evitato un bacio sulle labbra. Entrambi ridono e con uno scatto Rick è quello sopra Morty, la sua mano sul collo del moro. Come poter dimenticare ora l'espressione sul suo viso? Morty appare così devoto e pieno di fiducia, tanto da pensare con estrema convinzione che il vecchio, nonostante stia stringendo la giugulare, non gli farà del male. Sorride, bello e fresco, per niente impaurito. Si ritrovano ancora col viso sempre più vicino a quello dell'altro. Pochi centimetri a separarli. L'unico dialogo che ricorda è Morty che gli si avvicina all'orecchio, le labbra morbide e la lingua bagnata mentre pronuncia qualcosa come "Cosa mi vuoi fare, marito?".

Qualcosa nel Rick del presente trema, si disintegra definitivamente.

"Marito" è una parola che rimbomba nella sua mente, collegata anche a fin troppi ricordi. Quanto hanno voluto scherzarci su, sul loro finto matrimonio? La realtà è chiara: tanto da superare il limite. Stuzzicare una fantasia è meno peggio di renderla realtà? Forse, ma adesso è un qualcosa di cui Rick non deve più preoccuparsi. È andata. È troppo tardi. L'hanno fatto.

L'ha fatto.




NdA

Ciao a tutti!

Capisco che questa fanfic, con un incipit molto molto particolare, appaia davvero strana. Volevo scrivere qualcosa sulla Luna di miele dei nostri portal husbands, ma in maniera originale – e credo che almeno l’originalità l’ho azzeccata lmao. Cinque secondi di matrimonio, ma per me vale a tutti gli effetti (u.u). Vivo per gli AU dove Morty è universitario, così magari posso kinnarlo meglio, e tra le possibile scelte di carriera per il nostro moro prefy c’è lo stilista, per qualche strana ragione. Farà sicuramente diventare fashion la t-shirt gialla. Non so come saranno gli ultimi due episodi, come tutti del resto, ma Rick in questa stagione mi sta piacendo davvero molto, sarà perché riesce a dimostrare il suo lato più sensiBBBileH senza mai cambiare troppo. Ho voluto ricreare il pov seguendo questa nuova parte della sua caratterizzazione. Spero combaci un po’. Essendo un prologo, è un po’ scarno di dettagli, ma col capitolo dedicato a Morty si capiranno un bel po’ di cose. Spero di riuscire a pubblicare quando finiranno le lezioni, quindi tra una settimana. Ma con me non si può mai sapere lol.

Lo schema capitoli sarà diviso secondo i pov dei personaggi, più il capitolo finale che comprenderà il punto di vista di entrambi.

Ps: lo so che dovevo postare anche la fanfic a tema Hogwarts, arriverà anche quella. Don’t worry!

Grazie per aver letto fino a qui, alla prossima! xoxo

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Capitolo 2
*** Morty ***



Capitolo Due: Morty



Il ronzio nella testa di Morty non sembra finire mai, balla insieme al suo sangue e l'alcool che su di lui, povero inesperto, ha attivato tutto il suo magico potere. Ogni volta che gira il capo la vista si fa sempre più soffusa, poi nitida, poi di nuovo sfocata. Altri movimenti del suo corpo non sembrano nemmeno partire da qualche comando del suo cervello, no. Un burattinaio esterno sta tirando i fili sul suo corpo e deve essere piuttosto maldestro, perché rischia di farlo inciampare continuamente. E Morty rischia di trascinare Rick con sé, appoggiato com'è alla sua spalla. Non gli importa. Non importa a nessuno dei due, tanto sono presi dal ridere per qualcosa di indefinito. Ridono a pieni polmoni, a squarciagola, come galline esuberanti. Potrebbero svegliare i coinquilini, o addirittura tutto il quartiere, per questo Morty, un guizzo di lucidità ritrovata, fa segno a Rick di trattenersi, ma il nonno dissente.

Ridacchia ancora quando lo sgrida: "Perf-HAHAHA, Rick, li s-sveglieremo tutti, sta zit- HAHAHA".

Rick ridacchia ancora e con la testa si appoggia alla spalla del moro. "Tanto ora me ne sto per andare".

Morty tace, in lui muore ogni briciolo di buon umore. "C-come te ne vai?", allunga troppo la "i" finale, e la sua voce sembra alzarsi, diventare sempre più acuta e lamentosa.

"È stata u-una bella serata, t-ti ho r-riaccompagnato a casa, ora devo proprio andare".

"N-non ti reggi nemmeno in p-pi-iedi". Morty è in realtà quello che, staccatosi da Rick, si è appoggiato a una parete, provando a cercare un po' di equilibrio, anche se con scarsi risultati. Da quando in qua i muri hanno imparato a girare in tondo?

"N-n-niente novità per il vecchio Sánchez. F-finita la fase dei baci e abbracci, o-ok? Vado. Perché hai preso dagli europei questa abitudine di salutare così quelli che hai conosciuto il giorno prima, poi? T-ti piace prenderti i germi più facilmente?".

Morty ride già a sé stesso per la battuta che sta per dire, la lingua scivola in parole non controllate: "Ora mio marito è geloso perché bacio altri uomini?".

Rick barcolla vicino a lui, un bizzarro luccichio nello sguardo. Sta al gioco. "Oh, cazzo, sì, gelosissimo".

Morty non riesce a negare di avervi fantasticato un po' troppe volte, da adolescente, e il loro finto matrimonio era stato così confusionario da rasentare l'incubo e di principio qualcosa di così bello da apparire come il coronamento di un sogno ben nascosto. Ha dato l'illusione a quel ragazzino quattordicenne di poter essere ricambiato, capito, amato — non doveva più nascondersi, vergognarsi. Quanti altri scenari improbabili, infondo, poteva mai scegliere Rick? Un'infinità, eppure la sua prima idea è stata chiedere a Morty di sposarlo. Forse lui lo ha amato, amato davvero, in qualche sua pazza idea che di certo non coincide con quella del giovane. Imbarazzante, all'inizio, perché il moro non sapeva se fosse uno scherzo, e accettare con eccessiva foga avrebbe creato maggiori tensioni, un disagio manifestato con le gote troppo rosse e una balbuzie impazzita, dopo quella che si aspettava essere la domanda "Perché così felice di sposarmi, Morty?", "Non ti ricordi che sono uno stronzo abusivo, Morty?". La seconda, forse però, più che provenire da suo nonno sarebbe qualcosa partita dal profondo della sua coscienza. Strano quanto a volte coscienza e Rick si fondando in una unica voce nella sua testa, a ricordargli che suo nonno è il peggiore, e lui il suo idiota succube. Le cose cambiano, le persone crescono, e Rick non è più lo stesso. Non da quando si è aperto con lui, e ha mostrato pian piano una nuova parte di sé, quasi migliorata. Ogni tanto ricade nel suo circolo vizioso di abusi, ma almeno a Morty pare di respirare dell'aria fresca. Finalmente. Da quanto tempo ha aspettato questo momento? Anche fin troppo.

Ha idealizzato suo nonno, se ne rende ben conto. Una parte di Morty crede che ci sia ancora del divino, nelle sue parole, nelle sue azioni, possibilità. Ma quale dio deve soccombere sempre alla propria umanità?

E nessuno è il peggiore come Rick, nessuno è il migliore come suo (finto) marito.

Il moro si crogiola nel pensiero come se immenso in un bosco pregno di afrodisiaci profumi. E forse non è nemmeno nel titolo coniugale che Morty ritrova tanto godimento, ma nel piacere insito nell'aggettivo che lo precede. Suo. Rick gli appartiene, forse in parte, forse nella sua fantasia, in qualcosa che però trascendente la famiglia e li lega in un rapporto molto più profondo e intimo. Sono Rick e Morty, per cento anni, per sempre. Non finirà mai davvero.

Prova a rispecchiarsi negli occhi blu e acquosi per la poca sobrietà di suo nonno. Non è razionale questo desiderio, Morty lo sa bene, ma ogni volta che guarda quell'uomo diventa vittima del vizio poco virtuoso della passione, e non riesce a farci niente.

"Resta qui per la notte", Morty accarezza il braccio di suo nonno mentre si sente morire davanti a quegli occhi che, ora lo nota, hanno le pupille un po' più dilatate del solito. Cosa ha fatto quando è andato nel bagno del locale? O ha appena visto qualcosa che gli piace da matti? Morty spera davvero sia la seconda.

"C-che cazzo, M-MoURGHty, sto - mi - so a-ancora camminare".

"Sei ubriaco fradicio, Rick!".

"Anche tu, moccioso!".

Morty nega con decisione. "D-dignitosamente brillo".

"Non ne sarei così sicuro. Ricordi quando hai urlato a un ragazzo che ha insultato le tue scarpe?".

"Sono delle Valentino Garavani rosse in pelle vera, stagione 2019, s-se le sogna così belle".

"Sono scarpe da donna".

"Se le SOGNA".

Rick ritorna ad appoggiarsi a Morty e gli sussurra all'orecchio: "Che fine ha fatto la regola di non svegliare i tuoi coinquilini?".

Sul viso del moro appare un'espressione esageratamente preoccupata. "H-ho svegliato Bea?!".

Rick grugnisce alla menzione di quel nome. "Bravo, urlarlo, così lo viene a sapere tutto il quartiere che ti piace l'enne-ennesima ragazzetta dalla personalità insipida!".

"Non può venirlo a sapere tutto il quartiere...".

"Non mi dire".

"I-io sono sposato".

Sul viso di Rick c'è un impercettibile increspatura delle labbra. "Per finta, Morty. Ci siamo sposati per finta".

"Ma io sono tua moglie!".

"No, tu sei tutto scemo!".

Morty boccheggia, alla ricerca di un punto a suo favore. "Hey, ti-ti ricordi quando-quando io ci provavo con Jessica e allora tu arrivavi e mi dicevi Morty, cosa fai? Ti dai all'a- a- addebito? No, no, qual era?".

"Adulterio, si dice adulterio, cretino".

"Sì, adulterio. Mi davo all'adulterio". Una risata tradisce Morty, e il suo piano di sembrare in ragione va in fuffa. "Forse, forse è a me che s-serve un babysitter...".

Rick lo fissa per un po', e chissà cosa sta fumando in quel suo grande cervello, perché dopo un po' lo prende per il braccio e fa "Occuperò tutto il tuo letto. Meglio se ti abitui all'idea di dormire sul pavimento".

Suo nonno resta da lui, e Morty se si è messo a ridacchiare come una ragazzina con la prima cotta, non vuole ricordarlo.


Morty chiude con attenzione la porta della sua stanza. Con quello che può, cerca di non far rumore. Sente dietro di sé invece Rick che senza tante cerimonie si scalza i Mocassini griffati Gucci, quelli che Morty gli ha regalato al primo anno di Accademia, trovandola tra i vari samples che i brand di lusso offrono agli studenti. Appena li ha visti ha subito pensato che fossero perfetti per suo nonno, donandogli anche quel pizzico di glamour che fa sempre bene.

Appena si volta, vede l'uomo semi seduto sul suo letto, il capo inclinato ma lo sguardo rivolto su Morty, i suoi movimenti. Il moro ringrazia l'alcool di avergli privato per un po' di quel fardello chiamato ansia, perché ora non si preoccupa di essere nel centro delle attenzioni di suo nonno. È una scena suggestiva e un calore particolare si insinua tra le viscere di Morty, facendogli sentire la pelle più viva e bisognosa di un tocco esterno.

Pure sul volto del nonno c'è un'espressione ammiccante, come a capire anche lui che c'è un aria differente nella stanza.

Il capo del moro ciondola in segno di dissenso, ma vivo in lui è un sorriso giocoso. "È così che tratti i regali che faccio per te, caro?".

Rick sbuffa, e fa un gesto con la mano, incurante. "Io potrei darti qualcosa di meglio".

Morty si avvicina e inizia a salire sul letto, sfilandosi gli stivaletti con più grazia rispetto a suo nonno. "Per esempio?". Si arrampica verso di lui. Gattona e arriva con la schiena ad essere vicino alle ginocchia si lui.

"S-sono la persona più importante dell'Universo, posso - posso darti la Luna. Letteralmente".

"Quello che mi ha fatto innamorare di te è la tua umiltà, tesoro". Fa Morty, con finta aria sognante, e si becca un pizzicotto così grande che probabilmente diventerà un livido. Non importa. Morty è divertito troppo dalla sua stessa battuta che ride, ride, ride alla follia, tanto da sentire dolore fisico alle costole, e a fermarlo è solo il ricordo di avere dei coinquilini.

"Ogni volta mi chiedo se puoi essere più coglione di quanto tu già sia", mormora Rick, ma è un sorriso bonario a scaldare le sue parole. "E la risposta è sempre sì".

È stranamente dolce, o forse è l'alcol a togliere il peso alle parole. Non c'è nessun maligno nel petto di Morty, alcun dolore al cuore, e il giovane vede per la prima volta il fascino dell'ebrezza, di un trasporto dionisiaco e cieco. Sarebbe pronto a seguire le orme del nonno se fosse abbastanza codardo, se fosse pronto a sigillare ogni emotività rimasta in lui. Ma la sua sensibilità è il suo punto di spicco, ciò che gli ha fatto guadagnare un'ammissione nella più importante Accademia della moda, quindi perché privarsene?

Forse l'alcol non diventerà il suo nuovo migliore amico, ma ne sente a pieno il suo effetto, la sua sceltezza, il suo calore che scalda il corpo, rende più acuti gli stimoli del mondo sensibile. Sente l'odore della pelle di Rick, di ciò che ha bevuto, e Morty è attratto da quella miscela come una mosca al cibo. Si avvicina molto più di quanto dovrebbe. Nessuno lo ferma, e si mette a cavalcioni sopra Rick. Suo nonno non è spaventato, né oltraggiato, arrabbiato, affatto. Sorride, accetta con una punta di malizia come se fosse una sfida.

Probabilmente lo è.

Chi cederà per primo? Ci sarà qualcuno a farlo, almeno?

"Tua moglie è qui, sopra di te", sussurra Morty, le parole creano uno scenario alternativo, dove loro due rimangono Rick e Morty, ma allo stesso tempo sono marito e marito, marito e moglie, "che cosa mi faresti?". Stringe Rick a sé, le braccia dietro al suo collo, così può farsi asfissiare da quel profumo così violento che lo rende ... Rick.

Anche Rick pare accettare quella realtà con disinvoltura, quasi la conoscesse molto bene, la desiderasse. Morty non sa in cosa sperare. "Ti strapperei i vestiti di dosso".

Morty si morde il labbro al pensiero di Rick che gli strappa la sua giacca di Moncleire senza troppe cerimonie. Non importa il lusso, l'eleganza, perché a Rick non importa niente, nei soldi ci sguazza, e lui è così ruvido e divino che può permettersi qualsiasi cosa.

"E poi?", la sua voce è un sussurro impercettibile.

"Strapperai i miei".

Morty sfiora con mano delicata la giacca Dior che ha deciso di dare a Rick prima per la serata. Dior è eleganza, classe. Con estrema sacralità Morty rispetta questi principi e, col tocco morbido, sfiora lentamente il prezioso tessuto in lana, toglie pian piano la giacca da Rick. Nemmeno le passioni possono superare le Sacre Regole della moda, l'Amore che Morty ha per i vestiti, i tessuti, la loro storia. La cura che ha sempre dato alle persone ora la dà alla moda, ma non significa che ha smesso di trattare gli altri con rispetto. Non è sbrigativo e impetuoso come Rick, si prende il suo tempo a godere i gesti, le espressioni: suo nonno nella fantasia lo sta osservando con sguardo famelico, pronto a mettergli la lingua fra le labbra, a prendersi ciò che gli spetta di diritto come marito.

"Mi baceresti?", sussurra il giovane, ritrae un po' lo sguardo, rosso in viso e accaldato.

Rick prende le guance di Morty con entrambe le mani. Sotto le sue dita la pelle del moro è soffice come un impasto. "Sì".

Morty sembra rimanere a bocca asciutta. Non se lo è aspettato. "Dove?", sospira, mentre Rick con le dita inizia ad accarezzare i capelli che ha sulla nuca, un tocco così rilassante che Morty vorrebbe non finisse mai.

Le loro labbra sono così vicine che sarebbe davvero un sacrilegio non baciarsi. Rick e Morty sono abituati ad essere dissacranti.

"Sul collo, ovunque".

Ma non succederà, perché tutto può accadere nella finzione, nella vita reale,  invece, ci sono divieti differenti. Una linea sottile che nessuno dei due può o vuole superare. Morty è certo che sì ritroverebbe in una situazione più grande di lui, dove il potere principale non sarà mai nelle sue mani. Rick dovrà fare veramente i conti con il suo lato emotivo, sia mai perdersi e lasciarsi trasportare da un sentimento così profondo che lussuria non è.

"Sono tuo", Morty mostra il collo, vulnerabile, come se il Rick della vita reale possa e voglia effettivamente rompere quella barriera invisibile tra loro.

"Sempre".

Il moro si passa la lingua tra i denti, non potendone più di quei preliminari, ma provando a restare al gioco. "E per cento anni".

Morty, gli occhi in alto, e le palpebre cadenti, si lascia andare a un sospiro impaziente: "E ora mi penetrerai?".

Rick è severo nel tono. "No".

"N-no?".

"Devi soffrire questo momento. Morire dalla voglia di essere scopata in maniera brutale".

"Oh".

"Così impari bene a guardare chi non è tuo marito".

Morty sa che potrebbe spalancare le cosce e sedersi sopra il sesso di Rick, sentirlo in erezione e strofinarsi con le natiche. Sta proprio lì quella linea sottile, e vuoi l'alcol, vuoi che in fin dei conti è stanco di trattenersi, il moro lo fa.

"Me lo merito". Si strofina, e la faccia sofferente di Rick (di chi non può più trattenersi) tratteggia una situazione in cui è invece Morty ad avere il comando. Suo nonno trattiene un gemito che viene dissimulare da un ringhio frustrato. Morty sa cosa gli sta facendo, dove lo sta facendo arrivare (oltre il punto stabilito da tacito e comune accordo). È una sfida, forse inconscia e guidata dalla mancanza di inibitori con l'alcol, ma il giovane sa come tutto può e deve finire. "Puniscimi".

"Non dirmi cosa cazzo devo fare", Rick abbaia e, senza che il moro possa accorgersene, è sopra di lui, intimidatorio e feroce.

È bellissimo.

Così ovvio, elementare. Morty è stato creato, allevato, persuaso per questo. Non può accettare altro. Diane è insuperabile, e Morty è completamente diverso da lei che non esiste paragone. Rick non fa il marito dolce e premuroso, non ne ha bisogno perché non è suo dovere, perché Morty infondo è abituato agli sputi in faccia, gli occhi neri, i lividi e il sangue che gli cola dal naso. Un altro tipo di amore parrebbe più dolce, sì, ma meno sincero. Da parte di Rick, almeno.

Morty sorride, scopre i denti e le labbra gli fanno male. Manca il fiato, non c'è aria, ma la sua vita è Rick, è nelle sue mani intorno al suo collo, e lo è sempre stata; estrema fiducia rilassa la mente del moro — verserà lacrime come un torrente in piena, si tingeranno di bordò le gote e poi diventerà blu, ma non morirà. Rick non glielo permetterà, di lasciare il mondo dei vivi senza di lui.

"Cosa mi vuoi fare, marito?".



Rick, andato definitivamente in blackout, gli sta sbavando sulla spalla nuda da ben mezz'ora. Non è il peggio che sia capitato a Morty. Ha avuto a che fare con altri liquidi corporei, alieni e non, molto più disgustosi di semplice saliva. E anche quella sera Rick ha condiviso qualcosa in più. Tutto ciò, però, non ha fatto ancora stancare Morty, che pochi minuti prima si è messo anche a ripulire il macello che suo nonno ha combinato, riuscendo pure a sistemare lui senza svegliarlo. Le palpebre bruciano e la pelle tira secca ed esausta. Niente riesce a spedirlo nel mondo dei sogni.

L'effetto dell'alcol sta man mano scemando e Morty si sente sempre più pensieroso, incerto.

Rick non è più lo stesso da quando Morty è partito per il Marangoni, o forse è solo lui ad essere cambiato e ora guarda suo nonno con occhi diversi.

Il moro si sente finalmente cercato, e allo stesso tempo respinto.

Si accontenta di quello che ha, però, e sicuramente non guarda in bocca a caval donato.

L'ambiente della moda è competitivo, gli hanno detto, fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio. Per questo gli unici amici che ha sono Rick e la sua gentile coinquilina.

L'ha adorata fin da quando si sono parlati per la prima volta. Con gli altri è stato diverso, e forse nemmeno gli piacciono fino in fondo. Matteo è un emiliano fin troppo attaccato a sua madre, e Morty non vuole indagare troppo sulla natura del loro rapporto. Veronica è come un fantasma che passa il suo tempo per la maggior parte nei centri sociali autogestiti o a casa della propria fidanzata. Kristoff... Kristoff non si sa ancora bene che lingua parli.

Beatrice è speciale, lo sa. È come lui: carne da macello per un mondo che non si fa problemi a spezzare in due i sogni e gli ideali di chi è fin troppo altruista. Rick non l'ha mai sopportata veramente. "È bella", gli ha concesso, ma nel suo sguardo c'è sempre stata quella punta di disgusto e rimprovero, "ma non vale niente. Pr-proprio come te, Morty. Un cuore troppo grande che, considerando tutto, non aumenta il suo valore. La società è un tritacarne, e lei verrà fatta a pezzi. A che serve?".

Proprio come te, Morty. Se sei troppo buono, ti faranno secco. Ti ho torchiato per anni. Se non riesci a difenderti da me che ti voglio bene, come farai con chi ti odia davvero?

Morty avrebbe voluto dirgli "Sei cattivo" ma ha conosciuto sulla propria pelle il Rick malvagio e non assomiglia troppo al Rick sincero.

"Almeno lei è altruista", gli ha detto Morty, come a rinfacciarglielo. Perché se Rick si fosse mai dimostrato migliore di lei, il moro non perderebbe mai tempo andandole dietro.

"L'altruismo è da masochisti, e non parlo di quelli che mi stanno simpatici".

"È davvero questo il mondo in cui vuoi vivere? Persone che pensano solo al proprio tornaconto a discapito di chiunque?".

"Un mondo dove le persone priorizzano loro stesse, riuscendo ad essere concretamente felici, senza rimorsi? Ci vivrei, Morty, metterei la firma anche adesso per farlo".

"A volte ti rende felice anche pensare agli altri".

"Chi ti ha fatto pensare che una stronzata del genere fosse giusta? Lo stesso che ti ha ingannato nel pensare che diventare pesci fosse fico?".

"Io-".

"Quando Rick e Morty verranno ricordati, non sarà per quella stupida avventura, è chiaro?".

"Mi stai uccidendo".

Anche con Beatrice, Morty morirebbe: risucchiato in una normalità stantia, giorni soporifero che diventeranno la copia l'uno dell'altro. C'è conforto nella routine, nel sapere già come sarà il futuro, ma se la creatività è u fiore, come farà a sbocciare, crescere, sotto lo stesso sole? Appassirà, prima o poi. E l'anima? E la passione? Meritano di essere limitate in cambio di sicurezza e quiete?

Con Rick invece, Morty già lo sa, la tranquillità sarà l'ultimo dei suoi problemi. Un giorno, un'avventura diversa. Sempre in bilico tra la vita e la morte. Il moro, poi, gli è devoto in maniera viscerale e pure Rick, a modo suo, gli ha giurato fedeltà. Esisterebbe coppia migliore?

Morty ha bisogno di idee, di ispirazione, e i paesaggi e le notti stellate aliene lo hanno già ispirato nel creare motivi e stampe per i suoi tessuti. Rick lo psicopatico, il terrorista, il distruttore che è riuscito a regalargli un obiettivo, e tutti gli strumenti per raggiungerlo.

Rick è concreto, ma un sogno irraggiungibile. Beatrice la normalità di cui si deve accontentare.

Un sospiro gli abbassa il petto, aria calda esce dalla sua bocca, suo nonno nel sonno si sposta più vicino a lui.

Se solo Beatrice sapesse essere più libera ed egoista, se solo Rick sapesse essere più cauto e buono.

Inizia a chiedersi se sarà veramente così, se dovrà accontentarsi di qualcuno di indifferente, e sognare la notte Rick. Inferno in terra.

Morty ha sempre di più il terrore che il vero amore non esista. Forse è veramente così. Al mondo non troverà mai la persona perfetta, nessuno lo farà, perché è un concetto così arbitrario e fallace. Magari riuscirà anche ad accettarlo, che l'unica vera condizione possibile per l'essere umano è la solitudine, ma gli piacerebbe così tanto essere solo con qualcuno.

Peccato che non può.



Domenica mattina, appena ha aperto gli occhi, la sagoma sfumata di suo nonno è la prima cosa che vede. A quanto pare deve essersi svegliato prima di lui, perché è già vestito. Come abbia fatto, non lo sa, oppure Morty è decisamente ancora troppo assonnato per voler spremere le meningi e arrivarci. "Rick...", la sua voce è ancora impastata dal sonno, l'aria nuova graffia sulla sua gola placida e umida, rendendo la sua intonazione estremamente secca.

Morty richiude gli occhi, non ancora deciso a volersi svegliare completamente, "Mi prenderesti dell'acqua?". Affonda la faccia nel cuscino, e si raggomitola nelle coperte. L'ultima cosa che sente, prima di tornare a dormire, è il suono dei passi di suo nonno.

È mezzogiorno quando si sveglia definitivamente. Si alza dal letto, e con estremo fastidio non trova nessun bicchiere d'acqua sul comodino. Cosa costa a Rick fargli un favore ogni tanto? Morty borbotta fra sé e sé su quanto suo nonno sia davvero poco servizievole, ma almeno la sera prima si è comportato bene. Questo glielo deve concedere.

A colazione è da solo, Bea e gli altri sono andati o dalle famiglie o sono fuori con gli amici. Morty è felice di potersi godere del thè caldo da solo.

L'acqua messa a scaldare, scelta la fragranza giusta, il moro gongola a sé stesso mentre prende una tazza dalla credenza.

La notifica annunciata da una suoneria ronzante lo distrae.

È Beatrice. Morty non se lo fa ripetere due volte e apre subito il messaggio.

C'è scritto: "Hey, Morty, hai parlato con Rick? È sembrato molto strano".

Prima che il giovane adulto riesca a razionalizzare per bene, arriva un altro messaggio: "Matteo ha anche detto che vuole che ripaghi la tazzina che ha distrutto".

Morty alza gli occhi al cielo. Così tipico. Ma Rick che fa lo strano un po' lo preoccupa. Non è certo una novità che gli altri considerino il comportamento di suo nonno come bizzarro, ma il moro sente dentro di sé che qualcosa non va. Forse a Rick qualcosa non è andata giù, ma cosa? Una parola fuori posto? Un'azione sconsiderata magari? Tanto vale chiedere direttamente. Il moro non è sicuro che, se fosse davvero una delle due opzioni precedenti, riuscirà ad avere presto una risposta. Tentare però non nuoce, vero?

Morty sa anche però quanto è facile per lui addossarsi colpe che non ha, e chi può e vorrebbe tranne vantaggio. Decide di inviare un messaggio semplice, senza affrontare direttamente la questione.

"Serata pazzesca. Ci sei anche sabato prossimo?".

Domenica passa in fretta, tra pulizie e serie TV di cui deve ancora recuperare qualche episodio. Lancia sempre però un'occhiata al telefono, e l'unica novità è che il messaggio è stato visualizzato, magari per errore, visto che non ha ricevuto risposta. Di solito Rick, nei giorni in cui si sente meno loquace telefonicamente, si limita a reagire con l'emoji del pollice alzato o del fuoco — non invia mai stickers, per lui sono uno dei sintomi del degrado della gen Z, ma ogni tanto indugia in qualche GIF. È pur sempre un boomer. Morty osserva lo schermo del telefono, accigliato e deluso dalle sue aspettative. Avrebbe voluto che Rick gli rispondesse raggiante, riproponendogli di farlo anche il prossimo sabato. Morty ha fatto qualcosa di sbagliato? Ha esagerato l'altra sera? Eppure gli è sembrato che Rick non si stesse ritirando dal gioco, tutt'altro... forse sta solo andando in paranoia, si dice, anche se quel merlo continua a picchiettargli nella capoccia. Rick probabilmente si starà riprendendo dalla sbornia, Morty si consola, o qualcosa nel suo garage lo sta tenendo occupato. Gli lascerà la giornata libera. Lo chiamerà lunedì.



Il primo giorno della settimana arriva e Morty, appena sveglio, controlla il telefono per ricevere segni di vita da parte di Rick. Nel Michigan sono le undici di sera, e Morty non crede che suo nonno abbia preso l'abitudine di andare a dormire presto. O di dormire in generale. Il messaggio non ha ancora ricevuto risposta e il moro, ancora un po' assonato ed esitante dall'uscire dalle coperte, decide di chiamare Rick.

Uno squillo, due squilli, tre squilli.

"Pronto, sono Rick!".

"So chi sei, ti ho chiamato io e —"

"HAHAHA ci sei cascato, questa è la segreteria, ora lascia un messaggio che non ascolterò dopo —"

Morty butta giù. Si preannuncia già una giornata stressante.



Martedì il moro è rimasto a studiare a casa, Beatrice ha la giornata libera, il che significa che possono riprendere uno dei loro hobby preferiti: cucinare insieme. Al moro piace mettere le mani in pasta perché gradisce mangiare, e la sua coinquilina non può che essere d'accordo con la sua filosofia culinaria. La loro ricetta del giorno è tagliatelle al pistacchio e burrata.

"Hai sentito tuo nonno poi, Morty?", Beatrice incalza la conversazione, mentre con abilità e cura certosina porziona le dosi del condimento per la pasta.

Morty si fa schivo mentre cerca uno strumento con cui dividere l'impasto. "Più o meno".

Beatrice mette intanto a frullare i pistacchi (quelli che le ha portato la nonna. La signora è ben ricordata per aver tentato più volte di convincere Rick a giocare a briscola con lei, invano). Li mixa con un po' d'olio e basilico, creando così una crema dalla forma densa, che andrà poi aggiunta a crudo alla pasta. "O l'hai sentito o non lo hai sentito". Non accetta l'evasività del moro.

"Non è che non ci abbia provato". Il giovane si stringe nelle spalle. "Ma non si fa vivo".

L'espressione sul volto di Beatrice si pietrifica, sguardo e bocca si spalancano. "Non credi che sia ...?".

"Morto? No, per nulla. Stamattina ho visto una storia di Summer su insta. Un selfie di loro due su un pianeta dal paesaggio roccioso tendente al Borgogna. Forse quel pianeta con le balene volanti che producono —", si accorge di star divagando, e che forse è meglio iniziare a stendere la pasta. "Beh, è comunque è vivo, ma a quanto pare non vuole esserlo per me".

"Ho il suo numero. Posso chiamarlo io, ma credo che voglia parlare più con te che con me".

Morty è scandalizzato quando chiede: "Hai il suo numero?".

La sua coinquilina prende invece il tutto con troppa leggerezza, come se la risposta fosse ovvia. "Studio fisica delle galassie, Morty. È bello poterne parlare con qualcuno che ne capisca, a volte".

Il moro si ricorda perché gli piace così tanto Beatrice: è un po' la versione dolce e premurosa ma annacquata di suo nonno.

"Bello". Il sorriso sulla faccia di Morty è finto, si vede. Non si stupirebbe nello scoprire che Beatrice ha magari una piccola cotta segreta e vergognosa per Rick. Chi non l'avrebbe? Morty si morde il labbro, teso. "Da quanto tempo sta andando avanti questa cosa?".

Un sorrisetto vispo increspa le labbra carnose della giovane donna. "Sei geloso?".

"C-chiedevo!". Il rossore dell'americano è evidente, poco serve nasconderlo. "Ma visto che ci avrai parlato spesso, saprai che ci sono temi di cui adora parlare, e altri che odia a morte".

"Te, per esempio".

"Come scusa?".

Beatrice lo guarda come se avesse detto la cosa più stupida. Uno di quegli sguardi che fa battere forte forte il cuore di Morty, così bello e familiare. "Ah, appena si parla di te inizia a dire quanto tu sia spesso inutile e distratto, poi ricorda quella volta in cui sei riuscito a debellare la tua prima religione utilizzando la ragione e la logica, e sembra così orgoglioso".

È adesso che Morty arrossisce. Rick orgoglioso di lui. Non sente un calore così potente al petto da... quanto tempo? Probabilmente troppo. "Che carino", e questo non è pronunciato con falsità o ironia.

"Tantissimo".

Morty si accorge di aver sognato un po' troppo a occhi aperti quando non ha ancora buttato la pasta in pentola, e l'acqua ha iniziato a bollire da un bel po'. "Ma ti sarai accorta che ci sono momenti in cui non gli puoi proprio parlare. È davvero distaccato".

"Mi ricordo la sua risposta a Matteo, quando si è lamentato della tazzina rotta", Beatrice cerca di non ridacchiare. "Per me esagera, Matteo, dico. È solo un set preso con i punti dell'esselunga, ma non vuole sentire ragioni".

Morty annuisce, ma reindirizza il discorso di nuovo verso suo nonno. "Non si apre ancora. Difficilmente sfoga o spiega i suoi sentimenti a qualcuno".

"Però dice che la terapia sta funzionando...".

Il moro strabuzza gli occhi, non credendo alle proprie orecchie. "Va in terapia?". È uno scherzo, vero? Perché non gliel'ha mai detto?

"Non lo sapevi? Credevo vi diceste ogni cosa!".

"A quanto pare no". La fitta del tradimento colpisce Morty in pieno petto.

"Certo che però tutta quella situazione era strana...".

"In che senso?".

Beatrice non sembra convinta a voler proseguire con la spiegazione. Boccheggia un po', gioca con le ciocche dei capelli miele, poi sbotta: "Perché dormivi con tuo nonno nudo?".

Morty sbianca.



Mercoledì è un giorno da dimenticare. Morty è troppo impegnato per pensare a tutto. Tra disegno di bozzetti, ricerca delle tendenze, studio dei tessuto e della storia delle grandi case di moda, più una relazione che si è ricordato all'ultimo di dover consegnare, il moro si sente sopraffatto. Ne è pieno fino al collo, di cose da fare, eppure una parte del suo cervello lo spinge sempre a cercare qualunque tipo di contatto con suo nonno. Si maledice per non aver mai chiesto a Rick qualcosa di lontanamente simile a una sparaporte, per il suo compleanno, ma chiunque avrebbe una tecnologia simile correrebbe davvero troppi rischi — o meglio, troppe scocciature — quindi in realtà Morty ringrazia suo nonno per non averlo maledetto in quel modo. Quello per cui lo ringrazia meno, ovviamente, è la attuale pena del silenzio. Che cosa ha fatto infuriare così tanto suo nonno? Che cosa lo ha turbato? È stata quella recita del marito-moglie, vero? Tirare in ballo quel finto matrimonio, alle lunghe, sarebbe diventato ostico, e imbarazzante. Morty avrebbe potuto davvero darsi una regolata — anche se in parte non poteva, essendo mezzo sbronzo. La vergogna però gli fa arrossare violentemente il viso ogni volta che ci ripensa. Vuole chiudere gli occhi appena il ricordo si fa vivo nella sua mente, come fosse un mostro cattivo da scacciare via. La sua quotidianità è bloccata, a intervalli irregolari, dalle immagini di quel sabato. È stato così stupido e incosciente.

Sentendosi completamente irrazionale, preda dell'impulso e delle emozioni, Morty invia l'ennesimo messaggio. "Ho fatto qualcosa che non va? Mi dispiace".

Chissà se risponderà mai. Il moro sta perdendo le speranze.

A fine giornata si concede una doccia, ed è lì che apprezza come il getto d'acqua e "Till Forever falls apart" di Ashe siano capaci di camuffare le sue lacrime.



Giovedì Morty si sveglia con una sorpresa. La notifica di un particolare messaggio lo scuote, mentre sente la pelle rabbrividire e lo stomaco capovolgersi.

Non è di Rick, ma se Summer gli ha scritto, sa per certo che è per parlare di lui. Con l'aria che si fa sempre più pensate nei suoi polmoni, decide di leggerlo.

"Mi dici che è successo con nonno Rick? Che hai combinato? Proprio adesso ha fatto piangere Jerry, ricordandogli quanto sia un peso per la famiglia e bla bla, come nelle prime stagioni, già lo sai, e si è chiuso nel suo laboratorio, borbottando chissà cosa. Sono giorni che fa così. Sembra normale e poi diventa intrattabile, non si può più stargli vicino".

Morty si ritrova ad essere stizzito dalle parole di sua sorella. "Perché dovrebbe essere colpa mia?". Insomma, non ci può essere qualche altra ragione, no? Nelle vecchie stories di Summer lui non è sembrato al massimo dell'euforia, ma Rick era bravissimo a camuffare le emozioni, quindi chi poteva essere davvero sicuro con suo nonno?

"Fa così solo quando è arrabbiato con te, Morty".

Il moro decide di chiamare sua sorella, per poter avere risposte più chiare. "Cosa sta facendo Rick, adesso?".

"Indovina un po', fratellino", gli risponde con sarcasmo Summer, e Morty si morde una guancia, perché non ci vuole un genio per prevederlo. La rossa continua: "Ma si può sapere per cosa avete litigato? Quella Beatrice che il nonno nomina da ubriaco?".

Morty scuote la testa, come se sua sorella potesse vederlo. "No, no, non credo", poi una risatina interrompe la sua espressione crucciata, e lui si fa subito pronto all'inciucio. "Ci credi se ti dico che Bea ha una cotta per Rick?".

"E a te dà fastidio, giusto?".

"Perché dovrebbe?".

"Perché a te piace la tua coinquilina, no?".

È come se Summer gli avesse appena tirato uno schiaffo in faccia, e lo avesse svegliato. Morty passa troppo tempo a dormire e sognare che lui e suo nonno sia così vicino, da dimenticarsi la vita reale, e ciò che gli spetta veramente.

A lui piace Beatrice. A lui deve piacere Beatrice.

"Ecco -", Morty si ritrova a corto di parole, ma non deve preoccuparsi, perché sua sorella non ha ancora finito.

"Oppure sei ancora un piccolo maniaco alla ricerca delle attenzioni di nonno Rick e guai a chi prova a mettersi tra te e lui".

"Summer!".

La risata che il moro sente provenire dall'altra parte della cornetta non aiuta a dissimulare il suo fastidio. "Ah, mi era mancato prenderti in giro".

L'espressione del giovane si addolcisce un po'. "Mi manchi anche tu, sorellona rompipalle".

"Ma sta zitto!".

È questa la volta di Morty per sorridere. "Comunque, Summer, ne so quanto te, sul perché Rick faccia così. Non risponde ai messaggi, o alle chiamate. Non so come parlargli".

"Allora vieni qui!", fa Summer stizzita, dall'altro lato del mondo.

"Prendere un aereo solo per chiacchierare con Rick? Non mi sembra intelligente".

"Tu sicuramente non lo sei. Intendevo con la sparaporte, ovvio. Ancora non ci credo che il nonno preferisca te come aiutante, io —".

Morty riattacca, seccato dalle parole di sua sorella, che evidentemente sta subendo le influenze di Rick (come il voler costantemente parlare di sé sminuendo gli altri), ma ringraziandola un po', perché almeno ha un piano per convincere suo nonno a rivolgergli la parola.

Si chiede come mai non abbia pensato subito al viaggio tetradimensionale, e anche questa volta Summer gli ha già dato una risposta: lui non è il membro più sveglio della famiglia.



Quando Summer apre un portale nella sua stanza, Morty è timoroso di entrarci dentro. Che cosa lo aspetterà, dopo? Cosa dovrà dire a Rick? Cosa dovrà spiegare alla sua famiglia? "Mamme e papà, scusate se sono andato troppo lontano con i giochi di ruolo sul matrimonio. Ah, non sapevate che io e Rick fossimo sposati? Posso spiegare –".

Ogni briciola del suo corpo è in stato ansioso, rendendolo così un piccolo casino ambulante, incapace di frenare il tremolio. Non riesce, non riesce, non riesce. Vorrebbe tanto non dover attraversare quel portale, ma Rick non gli lascia altra scelta. Suo nonno lo costringe sempre a fare quello che non vuole.

A ogni passo il macigno che ha nel petto aumenta di peso, la saliva viene lentamente prosciugata sempre di più, e le parole scarseggiano.

Ma deve farlo. Non riuscirebbe a sopportare l'idea di Rick che lo ignora per sempre.

La sensazione di attraversare un portale è pressoché nulla. Sarà che ci avrà fatto l'abitudine, ma non sente niente. Il massimo che percepisce è un odore intenso di pulito, quasi sterile, come se si ritrovasse per mezzo secondo nel corridoio di qualche ospedale.

È nel soggiorno della sua casa in Michigan. Ha fatto abbastanza viaggi con la sparaporte per non avere più quella espressione sorpresa ogni volta che arriva con velocità impressionante l'altro lato del mondo. Vede Summer e le fa un cenno di saluto.

"Mamma, la sua versione spaziale e papà sono andati a un impegno medico, o qualunque cosa abbiano blaterato a cena", è la prima cosa che sua sorella gli dice, osservando il suo sopracciglio alzato e la domanda nascente sulle sue labbra riguardante dove fossero i loro genitori. "Mi ucciderò se scopro che avremo un fratellino o una sorellina".

"Non dirlo a me". Morty non ascolta troppo quello di cui Summer sta parlando. La sua testa è occupata a guardarsi a torno, come a voler imprimere nella mente ogni cosa della sua vecchia e cara casa. La TV dove guardavano i programmi più strampalati, il cavo interdimensionale, la navicella fuori dal garage e si riesce a vedere anche fuori la finestra del salotto, perché è davvero enorme ed eccentrica. Le vecchie foto, i nuovi acquisti, il perenne disordine e qualche batuffolo di polvere che nessuno ha mai pulito veramente. Gli scende quasi una lacrima per il senso di nostalgia, ma una certa determinazione si impadronisce di lui. Ha un obiettivo da raggiungere. "Rick dov'è?".

"Secondo te?", Summer schiocca la lingua e Morty si tirerebbe un ceffone per la propria stupidità. "Non si vuole muovere da lì da giorni".

Morty, con passi che, si rende conto dopo, appaiono risoluti e ferrei come una marcia, si dirige verso il garage. È determinato a porre fine alla questione, anche se sta morendo di paura.

All'inizio, il suo approccio è affettato, diplomatico: bussa la porta del garage, dà a Rick la possibilità di aprirgli la porte e il proprio cuore oscurato da qualunque cosa lo turbi, così da risolverla con le buone. Non risponde nessuno. Come se il garage fosse vuoto. Forse lo è? Può essere. Morty almeno vuole vedere se c'è stato qualcosa che magari ha impegnato suo nonno lì per giorni — un'invenzione particolare, una scusa che permetta al moro di salvarsi, senza dover più pensare che sia tutta colpa sua.

Prova ad aprire ripetutamente la porta, senza successo.

"Si è chiuso qua dentro?", Morty fa sbuffando, come se non fosse ovvio.

"Già".

"A chiave?"

"Già".

"E non dà segni di voler uscire?"

"Già".

"Continuerai a ripetere la stessa parola?"

"Già.", un accenno di risata si palesa sul volto viperino di Summer. "E buona fortuna, ti servirà", è l'augurio che gli dà, prima di scomparire — sempre però restando in un punto dove le riesce facile udire cosa il fratello e il nonno possano dirsi. Morty la conosce benissimo sua sorella.

Morty prova a riaprire la porta. Non ha idea se funzionerà davvero, ma nella sua testa è un buon metodo per allentare la chiusura. O qualunque cosa. "Rick?", urla, "Rick ci sei?!".

Una voce robotica vuole mettere fine al continuo tentativo di irruzione del garage. "Il soggetto Rick Sánchez non è al momento presente all'interno dell'abitazione. Siete pregati di andarvene, o correrete il rischio di farvi molto male". Più che un avvertimento di precauzione, l'ultima parte è sembrata alle orecchie di Morty come una minaccia.

Suo nonno forse non c'è veramente. Il moro fa per girare sui tacchi e andarsene, ma aspetta un momento... "Rick, so che ci sei! Ho visto l'astronave fuori dal garage, e la sparaporte l'ha presa Summer per farmi venire. Non mentirmi!".

Morty batte con pugni e decisione sulla porta del garage. Non gli passa nemmeno l'idea di creare un portale per il garage e teletrasportarsi lì. Anzi, la pondera anche, ma scuote la testa con decisione all'opzione.

Si rende conto che non costringerà mai suo nonno a fare qualcosa che non vuole fare, ma all'improvviso sente l'esigenza di parlare, provarci. Se la loro relazione deve andare al patibolo per un malinteso, Morty odierà se stesso per non aver mai provato a risolvere la situazione.

"Rick! Apri!".

Per dispetto, la porta del garage viene chiusa ancora di più da quelli che sembrano mura in metallo, unite da uno strano cerchio al centro. Probabile la sede di una chiave o, si rende conto con la propria immagine riflessa, una videocamera che scannerizza la sua identità attraverso la retina, e che analizza ogni movimento.

Ad assumere un aspetto minaccioso però non è questa nuova chiusura ermetica, ma i cannoni al plasma che spuntano da entrambi i lati della porta. Il moro deglutisce alla vista, piccolo e indifeso.

Morty si è sempre chiesto quanto deve essere grande lo scheletro cybernetico che Rick ha costruito intorno alla struttura all'insaputa di tutti.

"Cosa vuoi fare, Rick? Spararmi a vista solo perché parlo?". Il giovane non sa dove ha trovato tutta quella sfrontatezza. Forse perché davvero perdere Rick sarebbe peggio della morte.

Da qualche altoparlante impiantato chissà dove, la voce stanca di Rick si fa beffe di lui: "Ho fatto di peggio per molto meno. Vattene, idiota".

Morty punta i piedi. "Non mi fermerai, Rick, perché questa situazione deve essere risolta".

"Sei stato avvisato, Morty".

Il moro non si arrende. No, prova una mossa che definirla suicida è un eufemismo. Si siede a gambe incrociate davanti la porta. Il suono dei cannoni al plasma che si caricano a sferrare il loro colpo si fa sempre più pronunciato. Morty li sente, l'unico rumore che cattura la sua attenzione. Chiude gli occhi, e aspetta. Aspetta, aspetta, aspetta.

Suo nonno lo ucciderà oppure... "Sei un veramente un coglione". Rick annulla i colpi, e Morty spera che il suo sospiro di sollievo non sia stato troppo rumoroso. Una parte di lui lo sa bene, però: suo nonno non arriverebbe mai a tanto.

"Credevo ti fosse piaciuto sabato sera. F-forse, sai, la serata migliore della mia vita".

Il commento piccato di Rick arriva, la voce resa metallica dal microfono dell'altoparlante. "Che vita di merda".

"Senti, se sei preoccupato per quello che è successo dopo — davvero, capita a chiunque, lascia stare!".

"Sicuramente. A chi non succede?".

Morty conosce talmente bene Rick da capirne che il sarcasmo è solo una delle mille armature per proteggersi da ciò che si sta portando alla luce. Per questo cerca di ignorarlo, ma a volte il giovane vorrebbe alzare gli occhi al cielo e lasciar stare Rick nella sua puerilità.

"Devo dire, che però pulire dopo è stato un incubo. Mi hai sorpreso, sai? Non so quanti litri hai schizzato — cioè davvero, cos'hai lì? Un idrante per caso?"

"Morty chiudi il becco!".

Quando Rick alza la voce in quel modo, con quella inclinazione, bisogna fare come dice. Morty l’ha imparato molto bene. Capisce che provare a scherzare con suo nonno non serve a niente, deve addolcire i toni ed essere premuroso. "Ti voglio bene. Non importa cosa è accaduto e cosa accadrà, io te ne vorrò sempre", ammette, il suo cuore in mano. "E non importa se ti vergogni perché sabato sera hai praticamente vomitato ogni cosa che hai bevuto, costringendomi a togliermi tutti i vestiti e anche i tuoi, perché, chissà, un giorno potrà capitare anche a me? Non lo so, ma —".

Forse esiste la magia dell’amore, spera e riafferma la parte più sognante di Morty. Che esiste una forza che gli essere umani non possono capire, né perciò controllare, in grado però di comandare le loro azioni e dirigere il corso degli eventi. Il moro osserva con gli occhi spalancati e increduli tutti i muri di cui prima Rick si è ornato abbassarsi: via i cannoni, via i rinforzi in metallo.

Via la porta chiusa a chiave.

Ora Morty può entrare nel mondo di Rick.


NdA

Ecco il capitolo con il pov di Morty! Molto più lungo del precedente, devo ammetterlo, ma ho apprezzato tanto scriverlo. Spero voi abbiate avuto lo stesso piacere nel leggerlo <3

Sto aspettando il finale di stagione per il prossimo capitolo, magari per ritrovare qualche svolta sia nella trama che nella relazione tra personaggi (su Twitter teorizzano che questo Rick sia Prime in disguise, ma ci credo poco). L’episodio nove, invece, ha spaccato di brutto. Potrei aver avuto PTSD dal semifinale della quinta che mi ha abbassato le aspettative, perché Rick che scappa con i corvi, magari utile per la trama, ma davvero BRUTTO. Orribile. Vorrei fosse stata un’allucinazione collettiva e niente di più. Ma SPOILER!!! i nostri cretini il luv che si dichiarano sono bellissimi. Allora non si fanno (troppi) problemi nell’esprimere i loro sentimenti, awww *.*

Per il resto, poco da aggiungere. Prob farò una playlist pure per questa ff, chissà.

Passate una bella settimana, alla prossima!!

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Capitolo 3
*** Honeymoon ***


Capitolo Finale: Honeymoon



We both know that it's not fashionable to love me

But you don't go 'cause truly there's nobody for you but me

-

We both know the history of violence that surrounds you

But I'm not scared, there's nothing to lose now that I've found you



Entrato nel garage, la prima sensazione che travolge Morty è tranquillità, e non sa nemmeno lui perché. Il garage è sempre stato sinonimo di avventure spericolate ed esperimenti pazzi, ed entrambe le cose la maggior parte delle volte sono state a rischio morte. Ma è anche sinonimo di casa, famiglia, amicizia — lì il suo rapporto con suo nonno è stato nutrito e allevato, costruito, allargato e cedimentato. Morty non può negare che Rick sia suo amico, né Rick può affermare che fra lui e il moro non ci sia niente.

Un amico che però tende ad avere una personalità di tipo evitante, che come meccanismo di difesa non ha mai abbandonato l'allontanarsi da persone e luoghi per distaccarsi dai problemi. Non ha la minima idea di quanto ha fatto penare Morty, e il giovane non si fa problemi a rinfacciarlo, ma suo nonno riesce a zittirlo con uno sguardo indifferente. Rick vuole dimostrare fermezza e tranquillità, ma qualcosa nei suoi gesti e nella sua postura chiusa – braccia incrociate al petto, protezione — fanno trasparire fragilità. Il moro non è abbastanza sveglio per notarlo subito, però.

"Sì, certo, il vomito", fa l'anziano, appoggiando una mano al bancone e non guardando più Morty negli occhi. "Nient'altro?".

Morty scuote la testa alla domanda di Rick, non capendo a pieno che cosa intenda. Cos'altro poteva succedere?

Il vecchio fa un segno di assenso, trattiene un sospiro di sollievo e si risiede al proprio posto, ma Morty è ancora lì al suo fianco, senza dir niente.

"Sono occupato". Rick sa benissimo che quella frase non è mai riuscita a fermare Morty nel ficcare il naso dove non dovrebbe, tra i marchingegni incompiuti e i fili elettrici scoperti che inviano ancora qualche scossa. Non gli piace ammetterlo, ma de-costruire una realtà dove Morty si svegliava con lui, pranzava e cenava con lui, è più difficile del previsto. Il cibo è più sciapo, chissà come mai pure i cuscini del proprio letto sembrano più scomodi — cos'ha suo nipote di tanto speciale, nel rendere tanto invivibile la sua assenza?

Ha vissuto senza Morty prima, ed è stato catartico, una beatitudine a volte. Ora che la mancanza del moro nella sua vita non è più una propria scelta, si cristallizza sempre più come perdita, vuoto arduo da colmare.

Rick si scontra con questo fattore ogni volta che Morty è lì vicino, illumina la stanza con il suo essere e fa risorgere in lui qualcosa creduto abbattuto anni orsono, perché va bene morire d'amore una volta, forse anche due, ma mai tre.

"Che cosa fai?". È la domanda di rito che fa alzare a Rick gli occhi al cielo, perché non può esultare apertamente. Morty si avvicina al tavolo di lavoro con un riflesso spontaneo, naturale, come se fosse nato per questo.

Anche a lui è mancata la quotidianità di avere suo nonno lì al proprio fianco, solo che è più esplicito a riguardo. "D-deve essere qualcosa di pazzesco". Balbetta un po' e cerca di nascondersi in un piccolo sorriso gentile.

"Come ogni cosa che faccio, Morty". È la risposta pronta di Rick, ma una sottile incurvatura all'insù delle labbra lo tradisce, e il moro si bea di quella pace ritrovata.

Ma perché c'è stato tanto trambusto, per cominciare? Morty ripensa all'accaduto di pochi minuti prima, e la prima risposta è "Sicuramente è imbarazzato per il vomito". Passa qualche secondo di riflessione: qualcosa non torna. C'è un vuoto, un tassello mancante al suo puzzle e che dà fastidio, perché Morty ha appena finito il gioco, e gli manca proprio l'ultimo pezzetto per concludere. O qualunque cosa sia. Non ha mai giocato a puzzle, quello è il gioco preferito di suo padre, non il suo. Si corregge: è come essere arrivato all'ultimo livello di Mike Tyson's Punch Out e non riuscire a sconfiggere Great Tiger.

Vuoto, perdita, frustrazione. Una miscela di tutti questi tre sentimenti si combina in lui, che ora ha più domande che risposte. Dubbi nascono dalla frase di Rick, "Non è successo nient'altro?". Una domanda da poco che cinque secondi fa è passata in sordina, ma ora attiva l'attenzione come un allarme nucleare. Cos'altro poteva succedere? Illuminazione improvvisa: da quando in qua Rick è mai stato imbarazzato dal vomito? Non è lui che rozzamente ripete sempre "meglio fuori che dentro" dopo ogni rutto o peto? Non tornano i conti.

Morty cammina tra i ricordi sfuocati di quella sera. Il suo tragitto nella memoria si ferma davanti la scena di un gioco andato troppo oltre, con un significato che ha superato ormai l'innocente scherzo. Merda.

Un vuoto ricolmato apre porte di stanze piene di silenzi. Che Rick temesse per la prima volta di fare del male a suo nipote? Perchè?

Nel frattempo, con aria tutta soddisfatta, Rick avvicina un foglio di progetti e appunti più simili a scarabocchi a suo nipote, mentre con le mani avvita un coperchio che serve a richiudere dei fili verde, rosso e giallo. Il giovane ovviamente non sa che quella è l'alternativa se i peggiori pensieri di Rick si fossero rivelati veri. Questo non impedisce al vecchio di crogiolarsi in delle lodi, mentre mostra come solo lui è in grado di creare un congegno talmente avanzato, da renderlo capace di penetrare nel processo di codifica, ritenzione e recupero di un'informazione e manipolarlo, rendendo l'informazione non più reperibile, o per distorcerla a proprio gusto. Non la classica pistola cancella memoria, ma qualcosa di più estremo, che miri al completo controllo del ricordo. "Nonno al college ha perso molto tempo a studiare la memoria dichiarativa episodica, l’iconica e l’ecoica, d-davvero un argomento i-inutile di cui puoi tranquillamente fare a meno, ma mi ha ispirato a creare ...".

"Sì, il turbo-coso, cabla-laser-quantico, già già". Sembrerebbe una presa in giro, se solo non si capisse come il tono di voce di Morty sia inconsistente, proprio come lo è lui adesso. Non è qui con Rick. Non con la testa. Non ha prestato attenzione alle proprie parole come presumibilmente non avrà nemmeno ascoltato davvero ciò di cui suo nonno sta parlando.

"Non mi stai ascoltando, Morty?", Rick si gira a guardarlo, un sopracciglio incurvato mentre scruta il nipote. Dentro di sé è deluso come uno showman che ha appena perso il suo pubblico, ossessionato come tale a cercarne di capire il perché. Morty non guarda più né lui né il suo lavoro, gli occhi scuri persi in un mondo intangibile.

Rick stringe i denti e poggia il suo cacciavite sul baco, mentre dà tutta l'aria di voler fare fuoco e fiamme. Morty che non lo ascolta è irritante e offensivo. Strano, anche. Bizzarro che suo nipote non sia interessato: può pure non capirci nulla, ma guarderà sempre Rick con quello sguardo meravigliato ed eccitato, lodando il grande genio al suo fianco. La sensazione pruriginosa di privazione si espande sempre di più, ferita aperta a cui si aggiunge del limone.

"Non è vero!", si difende Morty, ed è quasi più offensivo della semplice distrazione. Rick può chiudere un occhio (non è vero) a suo nipote che, chissà, magari fantastica a come sarebbe bello baciare la propria coinquilina mentre suo nonno sta parlando, ma arrivare a negarlo così esplicitamente? Morty è uno scemo (più del solito) se crede che Rick gli creda e non si arrabbi!

"A cosa stavi pensando?". Non è davvero una domanda, più un ordine: lo sta intimando di sputare fuori il sacco. Qui. Subito. Nessuno sconto.

Il moro non sa che rispondere.

È una regola taciuta tra loro, che di certe cose non se ne può parlare, perché "Sai che trambusto potrebbe scoppiare, Morty? Io non sarò quello a prendermi tutta la merda, tocca a te". Rick non sembra maturato così tanto. Forse è vera l'esistenza dell'eterno ritorno, forse illudersi che Rick potesse cambiare è stato bello, meno scontrarsi con la realtà delle cose. Quanto vorrebbe che suo nonno sapesse dare di più.

Morty si sente una belva a chiedere così tanto da suo nonno, ma la così enorme pretesa è solo il minimo sindacale, e Rick non si è mai fatto scrupoli a prendere ciò che voleva da suo nipote. È lecito ed eticamente imperativo che Morty abbia anche lui delle richieste.

"Pensavo a prima", il moro fa, e non sa nemmeno lui come sia riuscito a pronunciare la frase con una spontaneità tale da far apparire la questione semplice e insignificante come ogni altra. Morty sa che non è un argomento comodo da affrontare, e nemmeno di poco valore, neanche per Rick. "Che cosa pensavi fosse successo?". Il ragazzo ha già intuito la risposta, ma vuole una conferma, finalmente qualcuno che lo intimi e lo svegli, perché innamorarsi (ossessionarsi) di Rick è sbagliato, non è sano, non avrebbe alcun futuro. Non ne varrebbe la pena. Forse solo così spetterebbe di credere e sperare in un matrimonio che non è mai stato reale, non quanto vorrebbe.

Ma ogni secondo che passa, ogni respiro proveniente dall'uomo più anziano, il suo odore di dopobarba a basso costo, fanno traboccare d'amore il cuore di Morty. Il suo mondo si allaga in una miscela rosea e profumata alla lavanda e miele, che gli arriva fino al collo e pare godere nel vederlo annaspare per non cadere vittima della privazione d'aria. Anche Morty pare godere nella situazione, nella dimostrazione di quanto una vita possa essere precaria e volubile, nella distanza sempre più piccola con la morte. Accetterebbe sia il miele che il veleno dal suo dio dell'amore, di tutto se proviene da quelle labbra sottili e inavvicinabili; qualunque cosa abbia in serbo per lui, il moro l'accoglierebbe con devozione ed estasi, come ogni bravo fedele.

Ma la fantasia è imbarazzante agli occhi della realtà, e la vita reale perde sempre più il suo fascino davanti a tali immaginazioni.

I lineamenti sul viso di Rick sono meno tesi ma non si rilassano del tutto. È come se si aspettasse, dopotutto, una domanda del genere. Chiude gli occhi e sospira. Poi li riapre e Morty scopre che la belva è solo e solamente in Rick, è sempre stata in lui. "Sono occupato, Morty", l’uomo ripete e un rutto segue la sua frase. Entrambi sanno che non è così, ma il moro non se lo fa ripetere due volte: è imbarazzato, e sa che, se continuasse a parlare, le lettere nelle sue parole si mischierebbero, attorcigliandosi su se stesse, creando un pasticcio senza senso. Morty se ne va, balbetta un saluto, e suo nonno nemmeno prova a guardarlo negli occhi. Sulle labbra un debole scusa si forma, e il suo suono è talmente impercettibile che un sussurro parrebbe simile a delle grida indemoniate. Rick sembra non accorgersene, ma sta tremando.

Il moro ripensa solo alla notte di anni fa, suo nonno ubriaco e con gli occhi spenti e vacui, che gli mormora quanto la sua gentilezza a volte lo colpisca peggio di uno schiaffo in pieno viso.

Morty ringrazia suo nonno per aver soppresso il desiderio di colpirlo veramente — il minimo della decenza, il limite che lo avvicina pian piano a una maschera di gentilezza.



C'è un uragano nella mente e nel cuore di Morty, giorni dopo il suo incontro con Rick. Chiede delle risposte, anche se già le sa, supplica per delle conferme, ma Rick è bravissimo a celare le verità, nascondere la polvere sotto il tappeto. Finché non si inciampa. Forse è proprio questo quello che il moro deve fare: aspettare, aspettare e aspettare finché non sarà troppo distratto da cadere, ritrovandosi la verità davanti i propri occhi. Non potrà più ignorarla, nemmeno se lo volesse.

Le pagine del calendario volano via come colombe bianche nel cielo, e senza accorgersene Morty si ritrova già in sessione. E ha fallito. Il suo secondo esame è andato male, malissimo; la colpa è sua perché non ha studiato abbastanza. Può masticare nella sua mente quanto vuole come siano stati gli assistenti ad essere troppo pignoli, ma sa qual è la verità. La sua verità.

Il mondo gli ricorda che Rick non può e non deve essere il centro dei suoi problemi. È l'amaro promemoria che è indipendente, perché per questa indipendenza ha lottato, col sudore e il sangue; non può rinunciarvi alla prima difficoltà, nonostante quelle braccia possessive e fin troppo auto-indulgenti — Morty lo sa — non aspettano altro che un passo falso per accoglierlo di nuovo, per far in modo che il moro ritorni nello spazio e nel ruolo che Rick ha prefabbricato per lui.

Eppure la vita senza Rick non sembra degna di essere vissuta. È difficile e, se suo nonno è sempre stato sia il problema che la soluzione, quando si tratta della propria persona, Morty si ritrova in labirinti e selve scure contaminate dalla sua incapacità di pensare per sé stesso.

Vorrebbe poter chiedere aiuto ma non sa effettivamente cosa domandare, quale sarebbe l'aiuto concreto che qualcuno può dargli. Il suo istinto primordiale gli suggerisce di fare tutto da solo, perché è così che ha sempre fatto — fin da quando ha mosso i suoi primi passi, senza nessuna mano ad accogliere il suo errore ed aiutarlo a rialzarsi. Forse è per questo che la solitudine gli fa meno paura rispetto a Rick. Suo nonno guarda la prospettiva del rimanere soli come l'infestazione di un fantasma portatore di traumi e sconfitte; Morty guarda la solitudine con gli occhi dolci che un pargolo riserva alla propria madre. Con Rick la perdita diventa fobia, in Morty la privazione è matrice e costituente di ciò che è adesso.

Ma stare solo senza Rick riesce a far del male pure a lui.

La mente del moro si fa campo di battaglia, dove il popolo insorge per l'indipendenza, e se ci vuole la violenza, così sia. A contrapporli ci sono i cavalieri dell'esercito del Sovrano Scienziato, che non hanno paura dello sterminio di massa, anzi: mirano proprio a quello. Il loro Re li ha dotati di ogni arma, ogni mezzo che fosse parola, frase, gesto, per incatenare a sé Morty. Non deve sfuggire mai, e poi mai, dal suo dominio. È il territorio più prezioso che possiede.

"Il Sovrano Scienziato vuole proprio questo! Se ci abbattiamo, saremo deboli e manipolabili! Ma noi siamo stanchi dei suoi soprusi! Siamo stanchi di vivere secondo le sue regole! Non ci accontenteremo più delle briciole!". È il discorso del leader carismatico che anima tutto il conflitto. Le sue parole sono aggiunte di immaginari straordinari che rinnovano e scaldano la mente del povero popolo che ne ha abbastanza, di questa giustizia a metà.

Scoppia la crisi.

Il popolo si scatena contro le guardie del Re, con spade, lance e fiaccole, mentre i cavalieri utilizzano i loro scudi migliori per proteggersi dagli attacchi iniziali. "Il potente Sovrano Scienziato ha i mezzi per risolvere ogni nostro problema. Basta chiedergli una mano!".

La fame del Paese Reale non può estinguersi facilmente. È un fuoco che inizia a bruciare e ardere lungo tutto il territorio. "Rick non aspetta altro! Vuole vederci fallire, così ritorneremo scodinzolanti al suo comando!".

Non serve altro per mettere in moto la fanteria, che con le sue carabine mira sui corpi dei popolani e li colpisce con "Che cosa siete, senza di lui? Avete bisogno di Rick, avete bisogno del vostro Sovrano e padrone! Che senso avete se non potete inchinarvi al vostro Dio?".

Il Paese Legale non raggiunge l'effetto sperato. "Noi non viviamo in sua funzione!".

"Invece sì! Siete minuscoli, insignificanti e inutili senza di lui! Qual è il vostro scopo nella vita, se non servirlo? Perché innamorarvi di lui? Rick ci ha dato un senso!".

"Per il Sovrano tutto segue le regole del relativismo, o quel che è! Non hai studiato abbastanza filosofia per saperlo, Morty".

"Ma Rick ci vuole bene!".

"Non l'ha mai ammesso!".

"Lo ha fatto!".

"Solo quando gli serviva!".

I cavalieri si danno alla carica con un grido disperato: "Va bene lo stesso!".

"Non è abbastanza".

Dal conflitto si genera il caos, dal caos il disordine, il delirio, la distruzione. Le uniche sicurezze, le uniche terre salve, iniziano a sporcarsi anch'esse di sangue e dolore; delusione e lacrime sono i suoi effetti collaterali.

L'ordine sociale si disintegra e capovolge. La crisi, come ogni guerra, alla fine trova il suo vincitore: il popolo festeggia e balla sopra i cadaveri delle guardie. Il Sovrano verrà decapitato.

Morty sceglie l'indipendenza. Morty si chiude a riccio, e nessuno ha più sue notizie.

Se qualcuno prova a contattarlo, sembrerà che non l’abbia mai fatto. Morty è morto per il mondo, vivo solo per completare la sua sessione invernale.

C'è chi inizia a preoccuparsi.



Beatrice prova a bussare la porta del suo coinquilino, senza alcun successo. Sembra non esserci anima viva dall'altra parte. Lo chiama: "Morty? Morty, ci sei?". Niente. L'ansia sale in lei e bussa più forte: "Mi sto preoccupando! Morty!".

"Sto bene!", si sente ovattato dall'altra parte, e la bionda ha paura sia solo un'illusione uditiva per darsi conforto da sola. La verità è che Morty non lo vede più, né a colazione, o gli altri orari di pasto, nemmeno la mattina presto quando si prepara per assistere alle lezioni di Fisica, nemmeno la sera per commentare qualche programma trash in TV insieme, o a mostrarle gli show provenienti da chissà quale strano pianeta nella galassia. Sa che è ancora vivo perché ogni tanto di notte sente dei passi dirigersi verso il bagno, il rumore della doccia che è proprio accanto alla sua stanza. Morty esce dalla sua stanza solo dopo la mezzanotte, come un fantasma risvegliato da suo riposo, vampiresco gironzola per casa alla ricerca di provviste per il giorno dopo e per raggiungere un livello minimo di decenza igienica. Qualcosa fa storcere ancora il naso alla biondina.

L'ultima volta che l'ha sentito parlare era durante un discorso frammentato da lacrime e singhiozzi, su come l'esame di Marketing e Comunicazione della Moda sia stato un disastro. Morty non ha detto altro, ma Beatrice immagina, sa, come si sarà sentito: inadatto alla vita accademica - il primo voto andato bene forse è stata solo fortuna, ha fatto perdere tempo e soldi ai suoi genitori, deve mollare, è finita, è un fallimento.

È una prassi per chiunque si affacci al mondo universitario. La delusione e la stanchezza possono portare a momenti molto bui.

Potrebbero aggravarsi ancora di più. Se non ben gestiti, sfocerebbero in qualcosa di peggio.

L'ansia germoglia nel suo petto come un'invasiva edera velenosa. È preoccupata, molto preoccupata.

Vorrebbe irrompere nella sua stanza ma non ha così tanto coraggio nel farlo — e se fosse solo lei a preoccuparsi per una sciocchezza e in realtà Morty sta bene?

No, non sta bene! E se Morty si arrabbiasse con lei? Perché ti sei preoccupata troppo?

La sua mancanza di determinazione la lascia a penzoloni a metà, in un limbo di rimorsi e possibilità, immagini fluttuanti di quest'ultime.

Lei magari non ha abbastanza spina dorsale per farlo, ma conosce chi non ha scrupoli.

Beatrice chiama Rick. Per qualche strana ragione, ha ancora il suo numero.

Non risponde, quindi riprova ancora, ancora e ancora. Gli lascia un messaggio in segreteria. Il suo tono di voce è tremolante e non riesce a ricacciare indietro qualche lacrima. Il suo panico non si calma fino a mezz'ora dopo, finché un portare verdastro non sembra squarciare il salotto.

Non si scambiano per davvero delle parole, ma con dei gesti del capo sembrano avere una piccola conversazione.

"Dov'è?".

"Ancora nella sua stanza".

"Vado a controllare".

C'è un pericolo non detto tra i due, che ha incupito entrambi gli animi, ma che non osano dirsi a parole: sanno quanto il mondo universitario possa rodere la psiche di uno studente, soprattutto se fragile e sensibile come Morty, che pian piano cerca l'autoaffermazione attraverso i propri sforzi di indipendenza, ma pronunciare quella parola, solo l'iniziale S, rende il tutto troppo reale. Nessuno vuole immaginare che sia davvero così.

Rick non ci ha pensato due volte a rispondere alla chiamata d'aiuto di Beatrice. Probabilmente perché chi deve aiutare non è proprio Beatrice.

Forse è solo il suo istinto primordiale a comandare il suo passo, quello di proteggere la prole e i propri discendenti e mantenerli in vita, per vantaggi biologici e sociali. Forse si preoccupa davvero di Morty. Forse, se amasse essere sincero con se stesso, dovrebbe togliere il "forse".

Si ritrova davanti alla porta della stanza del moro e, pensa con beffarda ironia, come ci si senta sempre più forti chiudendosi in una stanza, come se alla fine le persone non trovassero lo stesso il loro modo per entrare. A differenza di Morty, che infatti ha aspettato il permesso di Rick per farsi spazio nel suo mondo, lo scienziato non ci ripensa due volte: apre un portale con la sparaporte e si ritrova nella stanza del più giovane.

È scarsamente illuminata fatta eccezione per una piccola abat jour sulla scrivania, che mette in luce un fagotto di coperte che a sua volta nasconde una figura china su qualche libro e dispense stampate. Se non fosse per il piccolo suono dell'evidenziatore sulla carta e della penna intenta ad appuntare chissà che cosa, Rick penserebbe che Morty stia dormendo.

Nota con non dissimulato fastidio che suo nipote non ha ancora riconosciuto la sua presenza. Di sicuro deve aver percepito le luci della stanza diventare del verde intenso e familiare emesso dal portale, e deve aver anche ascoltato per certo i piccoli passi che suo nonno ha fatto per uscire da suddetto portale.

Tossisce rumorosamente, le braccia al petto in un'aria scontrosa e stizzita, perché come osa suo nipote ignorarlo ancora?

"Lasciami in pace, Rick. Sto studiando". Morty risponde con un tono piatto, senza mai lasciare con gli occhi i suoi libri.

"Da quanto?".

"Da due.. tre... boh". Il moro non riesce a trattenere uno sbadiglio.

"Tu non mi rispondi con boh", lo sgrida Rick mentre va alla ricerca dell'interruttore della luce, il suo piccolo viaggio intralciato da spazzatura sul pavimento. "Che cazzo, Morty, è un merdaio!".

Vestiti ovunque, scatole del McDonald sparpagliate per terra, bottigliette d'acqua e cartoni della pizza.

"Sono sempre più ordinato di te", è la risposta piccata del giovane, che si merita un colpo alla nuca. “Ahi!”.

Rick si copre le narici per la puzza. "Gesù Cristo". Apre un portale, sparisce, ma Morty non può nemmeno tirare un sospiro di sollievo perché Rick è già di ritorno con una scatola di Migurardi sottomarca.

"Sono Mr Guardame! Guarda me!", esclama l'essere violaceo che appare.

"Pulisci questa stanza, e subito!", un rutto si mette in mezzo all'ordine del vecchio.

"Sarà fatto!".

Nel frattempo che Mr Guardame pulisce, Rick si ritrova alla ricerca di un oggetto ben specifico.

"Da quanto tempo non accendi il tuo...Schifo, non voglio sapere perché è così appiccicoso", Rick si pulisce una mano sul tessuto rigido del pantalone mentre prova ad avviare il telefono di Morty. È sorprendentemente ancora carico. Rick inserisce la password di suo nipote con disinvoltura, come se non fosse la prima volta che sblocca il telefono del moro, e subito gli compare una marea di notifiche.

"Rick — chiamata persa alle 2:30 del 2/2"

"Summer — chiamata persa alle 9:50 del 2/2"

"Rick — chiamata persa alle 14:03 del 17/02"

"Jerry — chiamata persa alle 16:04 del 18/02"

"Rick — chiamata persa alle 0:01 del 27/02"

"+ altre chiamate perse"

"Messaggi ancora da leggere di Rick"

"+500 messaggi non letti nella chat Gruppo Anno I Acc..."

Rick rimane accigliato alla quantità di notifiche contenenti il proprio nome. Da ubriaco dovrebbe imparare a spegnere il telefono. Meno male che Morty non ha visto niente. Cancella quei messaggi il più velocemente possibile. Il moro può vivere benissimo senza dichiarazioni di qualunque genere sconnesse. Rimane a fissare solo un messaggio, come ha chiedersi se l'abbia scritto veramente, ma poco importa, perché lo cancella subito. La tipica vulnerabilità emotiva post sesta bottiglia di Scotch, olio su tela, pixel su pixel.

"Sei qui solo per rompere le palle?", sbuffa Morty, e finalmente distoglie lo sguardo dai suoi libri. Ha le occhiaie, così scure da rendere incavato lo sguardo, e i capelli sporchi e scompigliati.

"Sei un disastro", è il commento spontaneo di Rick, che non riesce a frenare la propria lingua, non che ne abbia intenzione "peggio del quinto film di una saga di serie B".

"Rick!".

"Sul serio, da quanto non ti fai una doccia?".

"Da... uh... io...".

"Non lo voglio più sapere". Si avvicina a passo svelto verso suo nipote, prendendolo per la maglietta e facendolo saltare fuori dalla sedia. "Devi uscire da qui".

"Ma—".

"Niente ma. Muoviti!".



Rick l'ha trascinato fino a spingerlo dentro al bagno. Se Morty ha provato ad uscirne, avrà trovato una porta serrata davanti a sè. Sospira. Non gli resta che lavarsi, anche se la sensazione di star perdendo tempo gli fa venir voglia di piangere. Sta dando tutto ciò che ha per un test, e non dedicarsi anima e corpo allo studio sembra per lui un sacrilegio. Non ha un approccio sano allo studio, non c'è da meravigliarsi non abbia mai avuto un approccio sano nemmeno con Rick al tempo. Ce l'ha adesso? Ignorarlo definitivamente gli ha fatto davvero bene?

No, certo che no, Rick gli è mancato. La sua voce burbera, il suo tocco indelicato, le maschere perfette che sanno celare ogni sentimento genuino.

Sotto la doccia, Morty prova a rievocare le mani di suo nonno sul suo polso, che si spostano lente sul braccio, arrivano al petto, accarezzano il collo e poi giù, giù verso l'inguine. Immagina Rick lì con lui, nudo, i muscoli ben definiti nonostante l'età, i lunghi capelli bagnati e un po' afflosciati, lo sguardo beffardo ma famelico. Lo sta prendendo in giro, lo stuzzica e lo provoca, ma vuole la stessa cosa che vuole Morty. Si immagina la sua lingua tagliente e arguta, "Ah-ah-ah, viziato Morty, devi aspettare", "Tu sei mio, solo mio, io sono il tuo padrone e io decido quando e se farti venire". Morty pensa alle carezze sulla guancia, il gentile scompigliare i capelli. Le labbra di Rick che fanno un Grand Tour tra le Tappe più sensazionali del corpo del giovane. Le sue mani, vecchie e callose, stringere il suo pene. Morty scoppia a piangere, ma l’acqua scivola su di lui e nasconde le lacrime.


Tornato in camera sua, trova sul letto ad aspettarlo dei semplici jeans e una maglietta gialla. Deve averli scelti Rick per lui, che inarca un sopracciglio ed esclama: "Che c'è? Erano gli unici puliti, animale". Da quanto tempo hai aborrito il giallo, Morty? Da quanto tempo hai voluto scappare da quel ruolo, il ruolo del piccolo aiutante e scudo umano, Morty? Ecco che Rick ti ci riconfina di nuovo, è lì che germogli. Il Sovrano Scienziato non ha mai perso. Vince sempre.

Rimane a fissare i panni per troppo tempo con fare pensieroso, il che non sembra aiutare con la crescente perdita di pazienza di Rick.

"Vestiti", comanda burbero, "abbiamo da fare".

Morty nota con leggero disappunto che Rick non ha intenzione d'andarsene mentre si dovrebbe cambiare. Non ha più alcol nel suo corpo, niente che possa schermarlo dall'imbarazzo del doversi spogliare davanti ad occhi indiscreti. Quando si toglie l'accappatoio e rimane come Madre Natura l'ha fatto, con lo sguardo non riesce a fare a meno di mettersi a cercare quello di Rick. Suo nonno è appoggiato con la schiena al muro, le braccia rilassate e poggiate sul ventre, il capo inclinato che mette in mostra il collo. Morty si ritrova affascinato dalla sua figura, così alta e sottile ma allo stesso tempo imponente e minacciosa. Basterebbe poco e, se solo Rick volesse, del moro non rimarrebbe nient'altro che una pozza di sangue. Solo certe volta realizza come una delle persone più care della sua vita, il miglior nonno che abbia, sia un pluriomicida psicopatico.

Uno psicopatico che gli ha concesso un minimo di privacy, voltandosi leggermente dall'altra parte. Morty sente il respiro farsi più caldo e rumoroso, spera Rick non lo percepisca, mentre si ritrova ad ammirarlo, come fosse la Gioconda al Louvre. L'ultima collezione di Moncleire. Il più bel completo da uomo di Armani. Pensa come sul fisico di suo nonno ogni capo starebbe alla perfezione. È il modello perfetto.

Lo guarda con gli stessi occhi ammaliati, ispirati e sottomessi di un poeta, che riserva il suo sguardo di devozione religiosa solo alla sua musa.

Per un millisecondo il loro sguardo si incontra, il respiro e il battito nel cuore di Morty si congelano. Rick si riconferma come minaccioso e, possono pure passare anni, ma l'effetto è sempre lo stesso. Paura, miscelata al desiderio.

Il moro si sbriga. Sempre con uno psicopatico ha a che fare.

"Fare che cosa, Rick?".

"Non fare domande".

Il solito, pensa Morty mentre si infila le scarpe. Fa ancora troppo freddo per una semplice t-shirt, così il moro esce e va a recuperare il suo blazer nero in pelle. Potrà pure ferirsi gravemente in qualsiasi pianeta alieno in cui andrà, ma almeno lo farà con stile.

Un urlo e una colluttazione fanno sobbalzare Morty, di ritorno verso la stanza dove c'è ancora Rick ad aspettarlo. È sorprendentemente troppo paziente, per essere semplicemente Rick, il che un po' gli puzza, ma non ha abbastanza tempo per rifletterci perché si ritrova imprigionato da braccia morbide.

"Oddio Morty! Sono così felice che tu stia bene!", è il cinguettio di Beatrice, che dopo un po' lascia andare il moro, non riuscendo però a smettere di sfiorargli il braccio con una mano.

"C-ciao, Bea", saluta imbarazzato. Tanto spavento per niente! Però adesso deve far i conti che con la sua assenza ha fatto preoccupare delle persone. O almeno una. Rick non è affatto sembrato preoccupato, anzi, più interessato alla sua avventura. Bastardo. "Mi dispiace averti fatta preoccupare".

Bea gli sorride e lui sente una fitta al petto mentre nota gli occhi lucidi. Ha pianto per lui. Qualcun altro l'ha mai fatto? Nemmeno sua madre! È strano, bello, spaventoso, avere persone che lo hanno finalmente a cuore. "L'importante è che tu stia bene".

Morty le sorride, e in gesto spontaneo con un dito le asciuga una lacrima, accarezzandole la guancia e abbracciandola a sua volta. "Grazie per esserti preoccupata per me. Non è da tutti. Scusa ancora".

La studentessa di fisica fa un gesto con il capo come per dire “Lascia stare”, mentre gli rivolge un sorriso così tenero e caldo, che Morty si dimentica che è inverno e deve ancora indossare il suo blazer. Si abbracciano ancora.

Un tossio rumoroso avverte che non ci sono solo loro due nel corridoio.

Morty nota lo sguardo truce di Rick. Quell'espressione negli occhi che significa distruzione, lo stesso che lo ha accompagnato durante stermini intergalattici, saccheggi e conquiste. Ed è tutto rivolto a Beatrice, al modo in cui sta abbracciando Morty, le braccia candide intorno le spalle del giovane.

Beatrice sorride al vecchio, molto inconsapevole di come lui stia forse fantasticando su come tritarle le mani.

"Neanche cinque minuti nel mondo reale e ti dai già da fare, eh, Morty?", Rick prende un sorso dalla sua fiaschetta, non lasciando mai con lo sguardo né suo nipote né la biondina.

Morty viene colpito da un'intuizione improvvisa: Rick è geloso. Probabilmente gli si starà bollendo il sangue nelle vene e, con fare dispettoso, il moro si avvicina ancora di più alla sua coetanea. Manipola la variabile indipendente per vedere che effetto fa su quella dipendente: Rick sta digrignando i denti. Nel suo sguardo il desiderio di commettere un omicidio si fa evidente.

Morty non trattiene un sorriso mentre si sente potente, dominante.

"Allora, come l'hai trovato?", è la domanda interessata della ragazza, che però Rick prontamente ignora, essendo ben più intento ad eliminare il contatto tra i due giovani. Prende di nuovo Morty per un braccio e lo trascina a sè.

"Abbiamo da fare", dice con fare scorbutico.

Beatrice non si accorge che il motivo di tale aggressività è proprio lei. "Ah, uscite?".

Rick la ignora ancora mentre con la pistola portale apre un vortice verdastro. Morty la congeda con uno sguardo di scusa. "Sì, ma torno presto, non preoccuparti". Reprime una risata quando sente Rick trasalire rumorosamente.

"Portami Morty in un bel posto, Rick!", è il saluto di Beatrice.

"Non sono cazzi tuoi!", è l'ultima frase che sente da Rick, prima che scompaia nel portale, suo nipote a seguito.



"Grazie per il pranzo, Rick".

Il nonno non risponde, ma un sorriso gli adorna le labbra per un po', come guarda il nipote mangiare con gusto il suo secondo secondo. Gli ha detto "Vacci piano! Nonno Rick non ha tutti questi soldi", quando ha visto il giovane ordinare per se stesso un antipasto, due primi, due secondi e pure un dolce, perché c'è sempre spazio per il dolce. "Nonno ruba e spaccia, ma questo è un ristorante d'elite anche per i narcotrafficanti intergalattici". Ma non ha davvero impedito Morty dall'ordinare tutto ciò che voleva. Da quanto tempo si è privato di un vero pasto? La missione "prendersi cura del nipote" non è ancora finita.

Morty l'avrà fatto per lui un milione di volte. Portargli il cibo quando si rinchiudeva nel garage, preparargli una doccia o un bagno caldo quando si stava davvero trascurando troppo, accompagnarlo nella propria stanza quando esagerava con l'alcol. Gli ha ordinato i mille fogli di progetti sparpagliati in giro, ha messo da lavare i vestiti sporchi, ha fatto un milione di cose per lui trascurando se stesso. Rick annega lo sguardo nel proprio caffè nero, mentre pensa che il lavoro di Morty può benissimo essere sostituito da quello da un Mr Miguardi, ma sa che è diverso. Il moro ha quella marcia in più. Affetto, dice a se stesso ma scaccia il pensiero. Amore.

Probabilmente ha sentito dentro di sé l'esigenza di restituire il favore, così gli è venuto così naturale. D'altra parte, ha avuto il miglior maestro da cui imparare.

Non parlano durante il pranzo, Morty non vuole toccare l'argomento “esame fallito” perché vuole farcela da solo, e per Rick se meno si parla di emozioni e stati d'animo, meglio è.

Il peso delle verità sospese tra loro si fa più leggero, complice quell'accordo simultaneo di non parlare di qualcosa se non ne hanno voglia. Finalmente riescono a costruire quello che spesso nella loro relazione è mancato: dei confini sani. Forse un giorno affronteranno l'argomento, ma non ora.



Escono dal locale e il moro vuole sgranchirsi un po’ le gambe. Il lungomare di Alpha T-wax è bellissimo. Camminano in silenzio, ogni tanto il moro balbetta come gli piacerebbe vivere su un pianeta talmente affascinante, e Rick lo smonta subito parlando di quanto la popolazione sia razzista e le tasse troppo elevate. Qual è la differenza con la Terra?

Morty vorrebbe prenderlo per il braccio, accoccolarsi sulla sua spalla, ma non può. Non crede di poterlo fare. Quando Rick gli scompiglia i capelli, ride di gusto e il sorriso non lo lascia per un bel po'. I gesti ultimamente hanno lasciato molto più intendere delle parole. La verità è diventata esplicita anche dietro la sua maschera, ma il moro vorrebbe così tanto delle conferme.

Cammina con suo nonno, che sta rallentando il passo per lui e ancora non ci crede, che sia stato così gentile. Non è da Rick. Cosa c'è sotto? Un tranello? Rick gli rivelerà di non essere il suo vero Rick e lo rapirà per chiedere il riscatto? Non è che forse...

"Sei un robot?".

"Ti uccido".

No, reazione troppo spontanea anche per un tostapane ben programmato.

Il lungomare magenta di quel pianeta è una delle cose più mozzafiato che abbia mai visto. Il paesaggio perfetto per una coppia in luna di miele. Morty ogni tanto ci ripensa e sorride: Rick, suo marito, gliene deve ancora una. A proposito di matrimonio...

"Beatrice...", incomincia e non sa bene come andare a finire. "È stata lei ad avvicinarsi", dice Morty, come se in qualche modo dovesse delle spiegazioni a Rick. Non gli deve nulla. Non sono davvero una coppia di sposini. Ma non sarebbe bello?

Rick fa un verso stizzito. "E che altro poteva fare, quell'appiccicosa".

"Vuoi smetterla di trattarla così? Stai solo facendo lo stronzo".

"Beatrice è intoccabile mentre tuo nonno puoi mandarlo a mangiare la terra, mi sembra giusto", il sarcasmo di Rick è pungente come al solito.

"Si può sapere che ti prende?", Morty scuote il capo alle scemate di suo nonno. "Sei geloso?". Lo sta sfacciatamente stuzzicando. Sorride, e questo fa arrabbiare Rick.

"Non giocare con me, non provarci neanche", lo sguardo di Rick si fa truce, il linguaggio del corpo suggerisce un irrigidimento dell’atteggiamento. "Non farlo come se non sapessi che sono pericoloso".

"I giochi però ti andavano bene finché non sono fuggiti dal tuo controllo, marito".

"Lo sai". Non è una domanda.

"Lo so". Quel sabato non è più un mistero per nessuno dei due.

Un silenzio teso passa tra i due. Non c'è bisogno di parlare, ma c'è bisogno di spiegazione. Non è più avvertita la necessità di restare, perciò: "Sei ancora in vita, posso togliere il disturbo".

Morty non capisce a pieno il significato di quella frase (Rick è venuto a trovarlo solo per sapere che fosse ancora vivo? Era preoccupato per lui?), ma alla vista del portale appena aperto un commento ferito e acido sfugge dalle sue labbra: "Codardo".

Rick ritorna indietro come una furia, si scaraventa sul giovane, prendendolo per il colletto della maglietta. "Ripetimelo, ripetimelo dritto in faccia, merdina".

"Pochi secondi stavi scappando, e io —"

Nello sguardo dello scienziato la fame di una bestia uscita dalla propria gabbia. "E tu cosa?", ruggisce.

Ha Rick così vicino e, anche se lo sa che dovrebbe difendersi, dirgli le cose come stanno, l'unica azione che vale la pena di compiere per il moro è avvicinarsi a baciarlo. Ma non ha il coraggio. Perché resistergli? Perché mentire? "Ti voglio ancora". L'ultima parte è un sussurro.

"Smettila". Rick lo guarda come se fosse schifato, e Morty ammutolisce.

"Non riesco". Se una lacrima gli solca il viso non se ne accorge, se la sua frase è un grido d'aiuto Rick sarà sordo alla sua voce.

"Cosa ti ho detto prima? Che sono —"

"Pericoloso.", ripete Morty, che si fa e si sente più bambino del solito.

"Allora cosa non riesce ad entrare nella tua testolina? Come te lo devo dire che devi starmi lontano?".

"E se volessi il pericolo? Se mi piacesse?"

"A te non è mai piaciuto. Non eri tu a dirmi "perché queste avventure sono sempre pericolose, Rick? Perché non possiamo fare mai qualcosa di semplice e divertente, Rick?" Ti do una notiziona: stare con me non è semplice e divertente, Morty".

"Non lo è anche adesso" sputa Morty, la verità nuda e cruda. "Perché allora ti ho seguito nello spazio per anni secondo te?".

Rick scoppia a ridere, si fa beffe di lui. "Avevi davvero scelta?". Ma non è niente di straordinario o mai visto: suo nonno ammette la verità solo quando gli fa comodo.

"No, ma —".

"Smettila di convincermi che ora lo vuoi".

Morty è irremovibile. "Ti voglio". Stupido bambino capriccioso, pensa Rick.

C'è un altro silenzio. Ma solo uno stolto non penserebbe che quelle pause sono ben mirate: la scelta di parole deve essere efficace per far desistere il nipote, devono essere deterrenti. Se lo ferissero? Rick si risponde: niente potrebbe ferite di più Morty come l'entrare in una relazione non platonica con lui. Tanto vale farglielo capire subito. "E se io volessi qualcun altro, Morty? Ci hai mai pensato? Che cosa potrebbe attrarmi di te? Il tuo aspetto è basico e a malapena sei convenzionalmente attraente. Non conosci la definizione di sistema esadecimale o nominarmi una legge della meccanica quantistica, non hai argomenti che possano interessarmi oltre le tue stupide sfilate o quel tuo mondo che ami tanto pieno di DCA".

Rick non vuole giocare ma sta giocando, con le proprie regole, solo così potrà vincere.

Lo sguardo del moro inizia a farsi molle, deluso. Morty sta piangendo e Rick non ha mai desiderato così ardentemente dell’alcol. "Chi vuoi, allora?". È appena un sussurro. Un punto per Sánchez.

"La tua coinquilina non è male", Rick mette in mostra l'espressione più menefreghista che ha, scoprendo i canini mentre Morty scuote i bei riccioli scuri con disappunto.

"Nemmeno la sopporti!", protesta il ragazzo.

"Tutte le persone con cui ho fatto sesso cercavano di uccidermi, o io cercavo di uccidere loro..."

"Non ti credo".

"Fallo. Ti ricordi Jennith Chunt?* Quella dei biscotti della fortuna e - ah, no, lì ero con tuo padr-"

"Non credo che tu voglia Beatrice". Morty ne sa poco di ragionamento o calcolo probabilistico, ma la possibilità che a Rick piaccia davvero Beatrice gli sembra ridicola. Non ha abbastanza prove a suo carico per poterlo affermare con la disinvoltura impavida che sta dimostrando di avere, anche se per finta, ma vedere suo nonno accigliarsi e tremare, tremare dalla rabbia, sono già punti a suo favore.

"Mettimi alla prova", Rick ha incrociato le braccia al petto, guardando il nipote con sufficienza. "Se voglio qualcosa me la prendo subito".

Morty avrebbe voluto chiedergli "Allora perché ci metti così tanto tempo con me?", solo per vedere Rick fumare dalla rabbia e dimostrargli che ha ragione, che lo vuole anche lui; o con ancor più ritrovata pavidità, dirgli: "Sei tremendo, Rick. Sei veramente tremendo. Ora fai come i ragazzini? Eri proprio geloso, prima!". In qualche modo le due frasi hanno un loro frutto, qualcosa che le riunisce, ma apparso così fuori dal nulla non ha proprio senso. "Sei adorabile". Scappa fuori dalle sue labbra. Quando se ne accorge, spalanca gli occhi.

Pure Rick non può negare di esserne colto alla sprovvista. "Che cazzo dici?".

Morty, con fare fulmineo, schiocca un bacio sulla fronte di Rick. O la va o la spacca, o qualunque altra cosa dicano gli italiani. Continua la sua recita. Sorride, fino a mostrare i denti quando incrocia i suoi occhi chiari, che non riescono a nascondere la sorpresa.

Rick lo afferra per il polso, lo costringe a rigirarsi verso di lui, mentre con l'inferno nello sguardo e i denti in mostri come un cane arrabbiato, sibilla: "Non. Giocare. Con. Me."

Il viso di Morty si stropiccia in un'espressione dolorante. "Per me non è gioco, Rick", ammette non a cuor leggero.

"Smettila di provocarmi".

"Smettila di scappare da me".

Questo è amore, pensa Morty, deve esserlo. Amore e dolore vanno sempre di pari passo, non si può sbagliare.

Rick strattona Morty a sé, indurendo la presa. Vuole che i suoi occhi si impregnino di terrore, disgusto e quasi odio, lo stesso che Rick ha riservato al suo riflesso per tanto tempo. Vuole che Morty la finisca. "Perché per una volta non vuoi lasciarmi fare la cosa giusta?".

Lo sguardo di Morty però non ha niente del genere. Le scure iridi sono grandi e dolci, comprensive — perché dopotutto anche Morty ha fatto schifo a se stesso per anni — ma piene di un sentimento che brucia, indomito e potente. "Forse — forse perché per una volta io voglio fare la cosa sbagliata".

In realtà, Rick non ha mai voluto che Morty smettesse di volerlo. In realtà, una parte morbosa di Rick non ha mai desiderato così ardentemente di perdere in vita sua. In realtà, il viso così vicino di Morty basta già da solo ad abbattere qualunque resistenza. Rick osserva il collo giovane e delicato — che una notte ha sfiorato con l'intenzione di imprimere il proprio marchio, dimostrare a chi appartiene veramente Morty. Non a una biondina qualsiasi, o chiunque altro, ma all'uomo più temuto della galassia. L'unico e vero Dio. Lo sguardo si sposta dalla clavicola alle guance diventate vinaccia, dal dolore e dalla rabbia. Rick le prende a coppa con una mano, in un gesto non troppo rude ma neanche necessariamente gentile. Non ha bisogno di toccarle per capire che sono morbide, come quelle di un bimbo, tranne dove le cicatrici dell'acne sono ancora presenti. Il viso di Morty gli ricorda che è adolescente, non ancora un adulto fatto e finito, anche se pian piano lo sarà. Morty è cresciuto così tanto. Il suo piccolo Morty non è più piccolo. È un disastro come sempre, ma guardalo ora mentre va all'università! esce con le ragazze (forse)! sa prendersi cura da solo (anche lì Rick dovrebbe nutrire qualche dubbio)!

Morty sospira sognante. La presa rigida di Rick sulla guancia diventa più morbida, una sottile carezza, senza alcuna malizia dietro, né lussuria. Il gentile tocco familiare che a Morty non ha mai concesso e, forse, se fosse stato più indulgente con suo nipote, ma anche con le proprie emozioni, non si sarebbero ritrovati così: a trovare l'unico amore in quello erotico, perché nessuno dei due ha mai avuto qualcosa di simile ad amore familiare per capire effettivamente cos'è.

Non lo guarda negli occhi perché si rende conto di essere incapace di prevedere la propria reazione. Guardare negli occhi Morty significa renderlo reale, significa vedere qualunque emozione (paura, rimorso, disgusto) nel suo sguardo e ignorarla, perché neanche questo ferma Rick Sánchez.

Ma anche gli dei ogni tanto provano il senso di colpa.

"Che c'è di male, se succede solo una volta?", Morty sussurra, schiude le labbra, mostra il collo e invita suo nonno a fare ciò che avrebbe voluto fare già da un pezzo.

Rick non ha del tutto smesso di combattere mentre avvicina la propria bocca alla pelle ambrata del moro. "Solo una". Ma chi deve convincere adesso?

Rick, infondo, difficilmente è stato un uomo di parola.

Succederà, succederà ancora, e amerà quei momenti tanto quanto odierà il pensiero del loro arrivo, e il senso di colpa che ne deriverà. Distruggerà Morty nella loro ennesima luna di miele e non lo rimpiangerà — i sentimenti negativi derivano dalla mancanza di questi quando ha Morty sotto le lenzuola, Morty in un cena elegante al nascosto del resto della famiglia, Morty soggiogato e sottomesso nel buio di un motel, finché sudato e lacrimante non gli supplicherà di farlo venire. Rick non si odia quando stringe la mano di suo nipote, quando incrocia quello sguardo che lo guarda con tale amore e dedizione da accompagnarlo fin in Paradiso.

È l'unico momento in cui è in pace con l'Universo.



NdA

Sono viva! Strano ma vero.

La mia prima sessione universitaria mi ha tolto anche il tempo per piangere, ma almeno è andata molto bene (mi sono tolta tutti gli esami del primo ciclo. Domani andrò a farmi un regalino, ehehehe), e posso dedicarmi alle fanfic *.*

Siamo arrivati all’ultimo capitolo pure di questa mini-long, che avrei in realtà voluto far durare di più, magari con i punti di vista di altri personaggi, ma poi non avrebbe mai avuto una fine. Mi conosco purtroppo.

Ho voluto esaltare quanto Rick e Morty siano due contrapposti, due facce della stessa medaglia, passando dai semplici atteggiamenti e pensieri, fino all’analogia con la rivoluzione sociale. Me la son studiata in sociologia e mo ve la beccate lol.

Non ho indugiato troppo nell’angst ma nemmeno nel fluff, spero, perché dolcini sì, ma non devono mai perdere la loro toxicity che li caratterizza. Bonus points per Rick geloso, amo Rick geloso, che ci posso fare.

La canzone all’inizio è di Lana del Rey (vera regina della r1ck0rty, anche se Madame a Sanremo ci regala sempre degli ottimi anthem per la ship) e io ho guardato troppi meme di Lundini e Fanelli. Se li beccate vi amo.

*Per me c’era del feeling tra quei due. Rick era troppo felice che lei sapesse il suo nome (very sus) + lei sembra la versione business woman di Diane.

Ho detto tutto.

A presto!

- Mo

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