Chai e Daniel

di DDaniele
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fischiettando assieme a te ***
Capitolo 2: *** Il primo incontro ***



Capitolo 1
*** Fischiettando assieme a te ***


   Non vorrei sembrare eccessivamente drammatico, ma mi trovo in una situazione a cui non sono abituato e non so come uscirne. Eppure la giornata era cominciata nel migliore di modi. Mi sono alzato di buon’ora, ho spalancato le finestre del nuovo appartamento e da fuori è entrato un venticello fresco che ha arieggiato tutte le camere. Sentendomi di buon umore, mi sono detto che era l’occasione ideale per rivedere le planimetrie della casa in modo da apportare qualche modifica, dato che è praticamente vuota salvo le cose più essenziali. Mi rendo conto che una persona normale mi direbbe: “Ma Daniel, come fai ad avere voglia di rivedere le planimetrie del tuo nuovo appartamento?” Le risponderei: “Fino a poco tempo fa, prima che la mia vita venisse stravolta, lavoravo per la Vandelay, un’azienda che sviluppa tecnologie robotiche, quindi analizzare grafici e dati era il mio pane quotidiano. Rivedere la planimetria mi rilassa perché mi riporta alla mia normalità, quando avevo la mia vita sotto controllo.” Ma ecco che, come mi sono seduto, laptop alla mano, sul divano del salotto (l’unico mobile nello stanzone altrimenti vuoto), è successa una cosa che non mi era mai capitata prima d’ora.
   Chai, il ragazzo che mi ha salvato dalla Vandelay e con il quale sono andato a convivere (questo fa di lui il mio ragazzo? Non ne sono sicuro, ma ora non ho il tempo di stabilirlo) è uscito dalla doccia e, ancora bagnato e con solo uno stretto asciugamano a cingergli la vita, è venuto in salotto. Ecco quindi che Chai sta gironzolando per la stanza, cercando qualcosa negli scatoloni accatastati negli angoli, mentre è quasi nudo. Non riesco a staccargli gli occhi di dosso. Un rivolino d’acqua gli parte dagli arruffati capelli castani e gli scorre lungo tuuuutta la schiena, andando poi a finire dentro l’asciugamano. E tra le sue chiappe, mi dice il cervello che non fa altro che immaginarsi la gocciolina che scende tra gli avvallamenti dei suoi glutei sodi. Altra acqua gli scorre lungo il petto, accentuando le linee degli addominali e la sua vita sottile. Sul serio, che motivo ha di avere una vita così sottile? Vorrei condurre un esperimento e vedere se riesco a circondargliela con il braccio, solo che, mi fa il cervello, ti dovresti piegare su un suo fianco, e se ti pieghi su un suo fianco è un secondo che ti ritrovi seduto con le ginocchia a terra, il viso davanti al suo inguine e ti basterebbe un gesto semplicissimo della mano per aprirgli l’asciugamano e ritrovarti davanti a… Aaaah, non voglio pensarci! Mi metto in fretta il portatile sopra il mio inguine per nascondere l’erezione.
   Chai non sembra farci caso. Canticchia a labbra socchiuse un ritornello che non conosco e si dà il tempo battendo i piedi a terra e agitando la testa avanti e indietro con dei movimenti morbidi. I capelli gli danzano davanti agli occhi castani, così espressivi e profondi. Con le mani fa l’air guitar. Con la sinistra finge di usare il plettro, mentre con la destra, robotica, muove le dita di metallo fingendo di pizzicare le corde della chitarra. Il ritmo viene scandito dall’MP3 che ha sul petto, l’oggetto che gli conferisce gli speciali poteri musicali che lo hanno reso ricercato dalla Vandelay.
   Dopo qualche minuto trascorso a fissarlo, mi faccio coraggio per sbloccare la situazione di stallo e gli chiedo:
   “Stai cercando qualcosa?”
   “Sì” mi risponde interrompendo il motivetto “il rasoio elettrico, mi sono cresciuti i capelli e vorrei tagliarli.”
   “È dentro il pacco dall’altro lato” gli dico indicando con il dito l’angolo opposto della stanza “Dovrebbe essere in fondo a tutto.”
   Chai mi risponde fischiando ravvicinando le labbra (è il suo modo di dire ‘Grazie’?) e si avvicina al pacco. Si china puntandomi il sedere contro (se non sapessi che ha un carattere molto alla mano, penserei che mi stia provocando). Rovista tra gli oggetti e alla fine ne estrae il rasoio portandolo sopra alla testa in una mossa di trionfo.
   “Voglio farmi un undercut. Mi fa il viso più sottile. Ti piacerebbe, vero?”
   “Sì, staresti bene” rispondo arrossendo “ma dovresti tagliarti i capelli come piacciono a te.”
   “A me piace l’undercut, quindi è deciso.”
   Chai si porta il rasoio davanti al viso fissandolo.
   “Posso usare i miei poteri per dargli la carica. Così andrà più veloce.”
   “È meglio di no. Se gli mandi gli impulsi del tuo MP3 potrebbe andare in sovraccarico e…”
   Mentre parlo, Chai agita il rasoio con il braccio robotico. Gli dà due colpetti ritmici e l’MP3 si attiva, mandandogli delle vibrazioni. Il rasoio si aziona muovendo le lamette a una velocità maggiore del normale.
   Chai si passa il rasoio dietro l’orecchia destra.
   “Ahia!” geme e lascia cadere il rasoio a terra “Che male, pizzica.”
   “Aspetta, fammi vedere.”
   Lo prendo per mano e lo porto al divano, dove lo faccio sedere per osservargli la nuca (Chai è più alto di me e se rimanesse in piedi non potrei osservare il danno). Calo il viso all’altezza del suo e osservo dietro l’orecchio. Il rasoio gli ha lasciato un taglio orizzontale da cui sgorga un rivoletto di sangue. Lungo il quadratino di pelle rasata la pelle è diventata rossa, irritata dal passaggio delle lame. Mi scosto dalla sua nuca e Chai mi osserva con degli occhioni languidi, come un bambino che si è sbucciato un ginocchio giocando e cerca attenzioni e rassicurazioni.
   “Non è nulla” gli dico mentre vado al pacco per prendere una pomata “è successo spesso ai nostri test al laboratorio.”
   Ritorno da lui con in mano una scatolina di plastica blu elettrico. La apro e con il dito prendo una generosa quantità di unguento, scivoloso al tatto ma dal profumo gradevole, mi siedo con il busto davanti a Chai e mi chino verso la sua nuca. Gli spalmo la crema con dei movimenti lenti e circolari, facendo attenzione a non passare sul sangue, che intendo aspettare si fermi prima di applicarvi un cerotto. Adesso è più importante fermare l’irritazione, che potrebbe espandersi cellula per cellula al resto della nuca.
   “Basterà che tu usi questa pomata per una settimana. Il prurito durerà, ma tu non grattarti o peggiorerai la situazione.”
   Chai, il viso all’altezza del mio petto, si rimette a canticchiare il motivetto di prima. Credo si senta cullato dai movimenti ritmici con cui gli applico l’unguento. Mi lascio andare ai tempi dettati dai miei gesti e, prima che me ne renda conto, ho preso anch’io a intonare lo stesso motivetto.
   “Finalmente ti sei un po’ sciolto” dice Chai dolcemente, quasi non volesse spezzare l’armonia che abbiamo raggiunto. “Sei sempre così teso. Prima eri una corda di violino. E l’altra sera quando mi hai visto entrare nel letto eri un blocco di granito. Adesso che ci faccio caso, ora ho solo un asciugamano e l’altra volta ero in boxer. Ti imbarazza vedermi svestito? O forse ti eccita?” mi domanda alzando il tono della voce sulla seconda domanda con fare malizioso.
   “No! Cioè, non ci sono abituato, ecco. Non sono mai stato con un ragazzo bello e solare come te. Vivevo praticamente in laboratorio ed ero circondato da colleghi senza scrupoli che badavano solo alla carriera. E non posso biasimarli, ero anch’io come loro.”
   “Ma vedi come siamo in sintonia adesso?” Chai solleva il viso verso di me. Mi scosto un po’ da lui per guardarlo con la sua stessa intensità. È così onesto e genuino da meritare tutta la mia attenzione.
   “Hai ragione. Prometto che mi lascerò andare di più seguendo il flusso, come fai tu.”
   “Bene” mi risponde arricciando le labbra in un ampio sorriso. Gli dò un buffetto sulla testa e mi chino di nuovo sulla sua nuca, cingendolo quasi in un abbraccio.
   Chai poggia il viso sul mio petto e mi chiede:
   “Mi metti tu la crema finché ne ho bisogno?”
   “Va bene.”
   Per tutta risposta, Chai ricomincia a canticchiare, stavolta con un ritmo più veloce che mi fa pensare che si senta soddisfatto. Continuo ad applicargli la pomata fischiettando sulla scia del suo motivetto.

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Capitolo 2
*** Il primo incontro ***


   “Chai, sei arrivato” mi dico da solo soddisfatto. Un sorrisetto mi increspa le labbra mentre alzo lo sguardo sul largo edificio che mi si para davanti. La costruzione, più larga che alta, sorge al centro di una piattaforma di cemento che galleggia su un lago di magma fuso incandescente. Al centro del palazzo risalta la scritta “Laboratorio Intelligenza Artificiale” in enormi caratteri cubitali.
   “Non ci credo che sei riuscito ad attraversare il lago di magma indenne” mi fa il gatto robot che mi accompagna, 808. In realtà, non è il gatto a parlare, ma la ragazza che lo ha creato, Peppermint, che segue i movimenti miei e di 808 dal suo computer.
   “Avevi dubbi?” le rispondo.
   “Tanti dubbi. Voltati indietro.” Mi giro. “Hai superato una distesa di magma saltando su delle piattaforme instabili” il mio occhio va su una di queste piattaforme, la quale cade all’istante come se non sostenesse nemmeno il mio sguardo. Il magma la inghiotte emettendo un gorgoglio sordo.
   “Per di più, hai affrontato dei gruppi di robot pronti a farti a pezzi” osservo la distesa di rottami, i resti dei robot che ho sconfitto, che si stende su un lato della piattaforma centrale in cui mi trovo.
   “Hai avuto una fortuna sfacciata” dice 808/Peppermint.
   “Macché, è talento” rispondo battendomi rapidamente il petto con il pugno.
   “Comunque sia, sei arrivato al laboratorio. Ricorda: dobbiamo trovare il centro operativo. Da lì posso accedere ai computer e carpire informazioni sul progetto Spectra.”
   “D’accordo, non c’è bisogno di ripetermelo.”
   “Oh, ce n’è molto bisogno, dato che dimentichi le mie indicazioni e fai di testa tua.”
   Faccio spallucce e mi avvio verso le porte scorrevoli al piano terra dell’edificio. Ovviamente non mi aspetto che si aprano: piuttosto, sono sicuro che delle piastre d’acciaio impenetrabili le sigillino e un’orda di robot guardiani si cali dal tetto.
   Invece, non succede niente del genere: le porte automatiche si aprono. Le supero e mi ritrovo direttamente nel centro operativo. Un paio di ricercatori, seduti davanti a un grande computer centrale, alzano la testa da una tastiera. Mi scoccano a malapena un’occhiata e poi tornano a concentrarsi sul monitor sbuffando, come se l’arrivo di un intruso armato fosse una seccatura tutto sommato ordinaria.
   “Wow, non credevo sarebbe stato così facile” sento dire 808. “Chai, connetti la pennetta dati al server.”
   Inserisco la penna in una delle numerose porte USB del computer centrale. Lo schermo si oscura e manda un messaggio d’allarme in caratteri rossi lampeggianti.
   “Attenzione, connessione non autorizzata. Il locale verrà isolato.” Una sirena lancia un allarme assordante e una voce robotica ripete il messaggio in un tono statico e senza vita.
   Uno dei ricercatori corre verso l’uscita d’emergenza. L’altro rimane al suo posto. Pesanti lastre di metallo calano sulle porte d’ingresso e l’uscita d’emergenza, imprigionando me, 808 e lo sconosciuto all’interno.
   “Ehi, dovresti metterti in salvo” faccio al ricercatore rimasto poggiandogli una mano sulla spalla. Questo si gira e lo vedo finalmente in viso dopo che mi aveva dato le spalle per tutto il tempo. Noto che è un ragazzo bassino, mi arriverà forse all’altezza del petto. Ha un viso allungato non particolarmente bello, ma in compenso ha dei lineamenti – nel naso, nella mascella e nella fronte – molto regolari e gradevoli da guardare. Ha degli occhi di un castano comune, ma con una certa profondità. Anche i suoi capelli sono castani e, essendo un po’ più lunghi rispetto a come li portano di consueto i ragazzi, gli incorniciano il viso. È proprio il tipo all’apparenza dolce e nerd che piace a me. Se lo avessi incontrato in circostanze normali, lo avrei invitato a uscire.
   “Eh?” mi risponde spaesato. Mi rendo conto che mi sono imbambolato a fissarlo come il personaggio di un manga per ragazze che si innamora a prima vista.
   “Non posso abbandonare il lavoro, sto terminando un progetto.”
   “Sei in pericolo. Stanno per arrivare i robot della sicurezza.”
   Non faccio in tempo a finire la frase che un automa irrompe nella stanza da una botola del pavimento. Il nemico brandisce una spada di metallo bluastro e agitandola verso di me mi intima: “Arrenditi, o dovrò abbatterti con la forza.”
   “Hai sentito? Vattene da qui!” dico al ricercatore.
   “Non preoccuparti, di sicuro è dotato di un sistema di riconoscimento e non aggredirà mai un dipendente.”
   Il robot tira un fendente verso di noi. Tiro il ragazzo verso di me e con una capriola ci porto a distanza. Il computer a cui lo sconosciuto stava lavorando sino a un secondo fa viene tagliato di netto.
   “Ehi, ma ti ha dato di volta la scheda madre?”
   L’automa, impassibile, cala di nuovo la spada verso di noi. Con uno scatto laterale afferro il ragazzo schivando il colpo. Metto della distanza tra noi e il robot e mi pongo davanti al ricercatore per proteggerlo.
   “Hai visto che dovevi darmi retta??!”
   “Non pensavo che il dipartimento per la sicurezza interna non avesse dotato i robot assalitori di un file di riconoscimento.”
   “Loro non fanno distinzioni” rispondo con un tono amaro nella voce. “Per loro siamo tutti dei difetti da eliminare.” Il ragazzo deglutisce, nervoso. Ora che sono certo che farà attenzione mi getto nel combattimento. Schivo un fendente del nemico buttandomi a terra, lo afferro a una gamba e con un movimento fulmineo mi porto alle sue spalle. Lo abbatto colpendolo con il mio braccio meccanico.
   “Tu… tu sei il difetto ricercato su tutta Vandelay Island.”
   “Esatto, e ti ho appena salvato la vita.”
   “Mi hai messo in pericolo tu stesso.”
   “Sei in pericolo comunque lavorando per la Vandelay. Io e i miei alleati” faccio indicando 808 che mi raggiunge da dietro un basso mobile dove si era messo al riparo “abbiamo scoperto che la Vandelay sta svolgendo delle attività sospette. Se sei implicato, una volta che avranno raggiunto il loro obiettivo ti metteranno a tacere.”
   Il ricercatore impallidisce.
   “A meno che” e qui faccio una pausa enfatica “tu non venga con me” termino di dire tendendogli la mia mano sana. Quella del braccio umano, intendo, non quello meccanico.
   “Ehi, ottima pensata, Chai” afferma Peppermint colpita, parlando attraverso 808 “il computer centrale è distrutto, ma con l’aiuto di uno dei ricercatori possiamo risalire comunque alle informazioni su Spectra!” In realtà non avevo pensato di reclutarlo come alleato, contavo di tenerlo al sicuro e poi invitarlo a un appuntamento romantico.
   “Un gatto robot?” dice il ragazzo sorpreso. Gli occhi gli brillano di eccitazione e si allontana da me per coccolare 808.
   “Eeee ecco la mia solita fortuna in amore” sussurro tra me e me.
   “Era proprio questo che volevo chiederti: unisciti a me… e a 808” scocco un’occhiataccia carica d’invidia al gatto robot “e insieme fermeremo Vandelay e il loro piano malvagio.”
   Il ricercatore mi ridà di nuovo attenzione. Ci siamo: sta per dirmi che mi seguirà ovunque, anche in capo al mondo.
   “Se fermiamo Vandelay, blocchiamo anche il progetto a cui stavo lavorando qui al laboratorio, giusto?”
   Mi sembra ovvio, quindi rispondo di sì, una nota di incertezza nella voce.
   “Perfetto! Se il progetto non viene implementato, Darius non avrà la promozione. Ahahahah, ben gli sta!”
   “Come, scusa??!” gli domandiamo io e Peppermint all’unisono.
   “Darius è quel mio ‘collega’ che hai visto prima. Stavamo lavorando allo stesso progetto, ma lui si prenderà tutto il merito perché è il convivente del caposezione. È un raccomandato schifoso. Ma se affossiamo Vandelay, Darius non avrà la promozione!”
   “Ti rendi conto che qui c’è in ballo qualcosa di ben più grave? Il progetto Spectra permette a Vandelay di prendere il controllo degli esseri umani a cui hanno installato le protesi meccaniche!” sporgo verso di lui il mio braccio destro meccanico e mi sollevo la maglietta. Non volevo spogliarmi – cavolo, non sono così veloce a spogliarmi neanche durante gli appuntamenti normali – ma volevo mostrargli l’mp3 che ho impiantato nel petto e mi dà i miei poteri.
   “Se Vandelay riesce nel suo intento, comanderà un esercito di umani potenziati!”
   “Sì, ma se li fermiamo” mi fa il ragazzo di rimando “salviamo il mondo e impediamo l’ingiusta scalata al potere di Darius. Vinciamo su tutti i fronti.”
   Magnifico, penso, il ragazzo di cui mi sono innamorato a prima vista è uno psicopatico.
   “Allora, vuoi unirti a noi?” gli chiede Peppermint tramite 808. “Tu aiuti noi e noi ti portiamo in salvo via dall’isola.”
   “Va bene, ci sto.”
   Il ricercatore mi si avvicina tendendomi la mano.
   “Mi chiamo Daniel.” Gli prendo la mano e gliela stringo con delicatezza.
   “Scherzavo prima” spiega passandosi l’altra mano dietro la nuca con un gesto imbarazzato. È molto più carino quando si mostra timido e non invece quando si infiamma per vendicarsi di un collega.
   “Allora” mentre parlo, mi porto il braccio meccanico, la mia arma, sulla spalla e mi dirigo verso una delle porte sigillate.
   “Vieni con me” abbatto il metallo con un colpo netto. La porta cade dai cardini rivelando la via d’uscita.
   “Se vuoi vivere” e qui mi volto verso Daniel ammiccando.
   Daniel e 808 rimangono tesi sul posto. Il mio gesto teatrale dev’essere stato eccessivo.
   “Fai strada, 808” dice Daniel distogliendo lo sguardo da me per rivolgersi al gatto.
   808 va avanti e Daniel lo segue. Devo migliorare la mia tecnica di corteggiamento, ma a quanto sembra avrò presto altre occasioni per rifarmi.

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