Gestire le sconfitte

di musa07
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gestire le sconfitte ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2/3 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3/3 ***



Capitolo 1
*** Gestire le sconfitte ***


Questa è la prima di tre storie SakuAtsu che narreranno di tre diversi momenti cronologici.
Questa è ambientata alla fine della partita Karasuno Vs Inarizaki

 

Ovvero: di due momenti in cui l'uno consola l'altro e di uno in cui festeggiano insieme.

 

Prompt: “Imparare a gestire la sconfitta” di Jeremy Marsh
“Fallire” di Elena A.
“Sconfitta” di Darlene Stilinski
“Ho imparato a perdere” di Marta B.



 

Parte prima

 

Come si fa a gestireuna delusione? Una sconfitta?

Perché potranno anche dirti che sei uno degli alzatori migliori, se non il migliore, sulla piazza ma la verità in quel momento è che hai perso. Hai fallito. Certo, uno competitivo come te domani sarà già proiettato alla prossima sfida, ma ora brucia, fa male.
Cos'ha detto poco fa quel vostro supporter sugli spalti? Che una bella partita va sempre e comunque applaudita e apprezzata.
Ahhh, cazzate! Cosa te ne fai di saper di aver giocato bene se dovete tornar a casa?

E come dimenticare poi che aveva appena fatto LA figura di merda colossale davanti al suo ragazzo?
Al solo pensare che non si sarebbero scontrati come avversari gli ribolliva il sangue. Era qualcosa che aspetta (aspettavano) da quando si erano messi ufficialmente insieme tre mesi prima.

Ed eccolo là, il suo ragazzo.

 

Kiyoomi lo attendeva a bordo campo, un po' prima del corridoio che conduceva agli spogliatoi.
- Va da lui. - gli sussurrò Motoya, dandogli una piccola spinta di incoraggiamento sulla base della schiena a palmo aperto.

Non che Kiyoomi non volesse andare ma primo, temeva che ad Atsumu potesse in qualche modo dar fastidio, magari vedere la sua presenza in quel momento come qualcosa di inopportuno.

Secondo, lui non era per niente bravo in quel genere di cose. A consolare le persone (a proposito: non si stava forse arrogando il diritto di pensare che Atsumu volesse essere consolato? E da lui oltretutto), quello bravo in quel genere di cose era Motoya. Eccolo là, infatti – lo vide Kiyoomi – come accolse i suoi due ragazzi a braccia aperte (letteralmente).

Oltretutto doveva ricordarsi che non è che schernendolo o punzecchiandolo – come facevano di solito - l’avrebbe tirato su di morale.

Proposito, questo, che gli fu difficile mantenere quando Atsumu si portò davanti a lui e, appoggiata una mano sul fianco, inclinò di poco la testa di lato e si produsse nel suo solito ghignetto strafottente.

- Omi sei qui per riscuotere il bacio del tuo principe scintillante? Spezzeremo il cuore all’intero il palazzetto ma se ne dovranno fare una ragione. – se ne uscì, parlando in modo esageratamente melodrammatico e portandosi entrambe le mani sul cuore, come strette in una preghiera sospirante.

- Miya i tuoi neuroni sono totalmente inutile fuori dal campo. - replicò lo schiacciatore, sollevando gli occhi al cielo per poi ripiantargli nel volto dell’altro, che di fronte a quello sguardo penetrante indietreggiò di un passo.

Perché forse poteva essere vero che Kiyoomi non sapesse quali parole fossero le parole migliori per consolare qualcuno, ma sapeva leggere nell’animo degli altri meglio di chiunque altro.

Sapeva leggere Atsumu perfettamente, dietro ai suoi sorrisetti, dietro alla sua arroganza, dietro alla sua sfacciataggine.

E lui era bravo ad agire.

Per questo lo prese per un polso e lo trascinò in uno degli anfratti più imbucati dei corridoi del palazzetto.

- Non devi fingere con me. – gli sussurrò, mentre con la sua poderosa statura si frapponeva tra Atsumu e il resto del mondo. Lontano dagli occhi di tutti.

- Omi… - sussurrò appena Atsumu, sgranando gli occhi e sentendo qualcosa incrinarsi dentro di lui. Un argine spezzarsi…

Si aggrappò con entrambe le mani alla felpa dell’altro, artigliandovi le dita, posando la fronte sul petto di Kiyoomi, sentendo come quest’ultimo gli posasse una mano sulla schiena. Schiena ormai inevitabilmente scossa dai singhiozzi.

E fu la più dolce delle carezze quella che si sentì posare sulla nuca.

Ringraziò mentalmente Kiyoomi per non cercare di consolarlo con frasi fatte.

- Hai tutte le ragioni per sentirti triste ed arrabbiato. Non ti trattenere. –

E Atsumu non lo fece, sentendo come stesse bagnando la felpa della divisa di Kiyoomi.

- Scusami… -

- Miya, ti stai veramente scusando? – e fu con sollievo che Kiyoomi lo sentì ridacchiare, per poi ritornare serio – Non c’è niente di cui tu di debba scusare.-

- Omi, hai visto quanto sono stato bravo però. -
- Sei stato disgustoso. -
- Non serve farmi tutti questi complimenti. –

E stavolta fu Kiyoomi a ridacchiare, anche se si trovò costretto a trattenere il fiato quando sentì come le dita di Atsumu si fossero sciolte della presa dalla sua felpa, circondandogli ora la schiena con le braccia, appoggiandogli la testa sulla spalla dopo avergli strofinato la punta del naso sull’incavo del collo. Cosa che gli aveva procurato dei brividi che si erano irradiati lungo tutto il corpo.

Non erano tanti i centimetri che li separavano, ma Atsumu adorava sentirsi avvolgere in quel modo. Si sentiva in qualche modo al sicuro. A casa.

- Ho bisogno di te, Omi. – gli sussurrò Atsumu, sentendo come anche le braccia di Kiyoomi lo avessero stretto in un abbraccio.

Kiyoomi aveva i suoi tempi e Atsumu voleva rispettarli e lo aveva sempre fatto in quei tre mesi che stavano insieme.

Era la prima volta in vita sua - tolto suo fratello, ben si intende - nella quale teneva a qualcuno in quel modo, dove l'altro veniva prima di se stesso. Intendiamoci: era un romantico di natura e quando si affezionava a qualcuno diventava un minchi0ne scodinzolante superaffettuoso e coccolone, proprio per questo voleva che Kiyoomi si sentisse a suo agio con lui in qualsiasi cosa.

 

E Kiyoomi aveva imparato che era vero che in un abbraccio vi è racchiusa una magia. È donare all’altro una piccola parte di noi stessi.

- Sono qui… - gli sussurrò di rimando, stringendolo ancora più forte a sé.

Forse Atsumu non aveva ancora imparato a perdere sul campo ma, in quell’abbraccio silenzioso che trasmetteva sentimenti più di mille parole, aveva imparato a perdere se stesso. Per ritrovarsi.

 

Liberato da ogni maschera.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2/3 ***


Prompt: “In questo rettangolo è racchiusa la mia vita” di Elena A.

            "Il coach ha qualche rotella fuori posto, te lo dico io!" "Tu dici?" "Certo, sennò non mi spiego il perché ci fa fare il triplo del lavoro!" di Artemis Karpusi Vargas 

 

 

 

Parte seconda

 

Kiyoomi se lo ritrovò fuori dalla porta del suo appartamento di Tokyo. Seduto per terra sul ballatoio, ad attenderlo. E anche da un bel po' di tempo.

- Miya…? – attonito – Che… che cosa ci fai qui? –

E Atsumu balzò in piedi.

Non c’era il suo solito sorrisetto storto sul viso o il suo solito scodinzolare felice nel vederlo.

Più che altro, Atsumu non si sarebbe dovuto trovare lì.

 

- Omi non puoi credere che perché siamo al telefono e quindi non viso a viso, io non mi accorga che c’è qualcosa che non va. –

E Kiyoomi sbatté un paio di volte gli occhi, interdetto. Veramente il suo ragazzo si era macinato tutte quelle ore di treno perché aveva percepito che c’era qualcosa che non andava?

Emise un piccolo sospiro.

- Dai, entriamo. – mormorò, con tono addolcito, vedendo come Atsumu stesse tremando dal freddo che si era beccato stando fuori ad aspettarlo chissà per quanto.

 

- Ne avremmo potuto parlare tranquillamente questa sera quando ci saremmo videochiamati. – gli disse, senza nessun tono di accusa, dopo che Atsumu si era scaldato un po' dopo aver indossato gli abiti caldi che Kiyoomi gli aveva prestato e dopo avergli porto la tazza di the fumante che l’alzatore accolse tra le mani ancora gelide con un piccolo sospiro di gratitudine.

- No Omi, non sarebbe cambiato niente. Perché avresti negato, come sempre, che ci fosse qualcosa che non andava bene. Sei peggio delle donne alcune volte! – borbottò, mentre beveva il primo sorso e si sentì rinfrancato dal calore ora anche internamente.

Kiyoomi emise una piccola risatina gutturale a quell’ultima frase, mentre prendeva posto a sua volta in divano, stringendo la tazza tra le mani.

- Forse perché è vero che non c’è nulla che non vada. – gli fece notare, passandogli una mano tra i capelli, a fargli una piccola carezza.

Ma l’occhiataccia eloquente che gli lanciò Atsumu gli fece chiaramente capire che non credeva minimamente a quell’ipotesi.

Kiyoomi sospirò, sconfitto, lasciandosi fare ora lui una carezza tra i ricci da parte dell’altro.

 

- Forse perché è qualcosa di così irrilevante che non ti volevo far preoccupare per nulla. E parlartene quando ci saremmo visti. –

- Omi! – quasi balzò dal divano l’altro – Per me qualsiasi cosa che ti riguarda è importante. – replicò con enfasi, posando la tazza sul tavolino a fianco.

 

Era questa una cosa di Atsumu che aveva sempre colpito molto Kiyoomi, fin da quando si erano conosciuti anni prima.

Se era normale immaginare che Atsumu, in qualità di alzatore, avesse sempre una panoramica completa e chiara non solo della propria squadra ma anche di quella avversaria, difficilmente ci si sarebbe aspettati da uno come lui che avesse una sensibilità tale, una sorta di empatia che gli permettesse di capire l’animo degli altri. Perché a vederlo da fuori, anche in chi magari ci aveva a che fare ogni giorno ma che non era entrato nell’intimità della sua persona, Atsumu appariva solo con alcune prerogative del suo carattere. Tipo la sfacciataggine, la presunzione, la boriosità. Che, certo, erano caratteristiche che gli erano proprie, ma non c’erano solo quelle. Nei confronti delle persone alle quali voleva bene, Atsumu riusciva a percepire ogni minimo cambiamento. Figurarsi nella persona della quale era innamorato e con la quale stava insieme da anni ormai. Perché per Atsumu, Kiyoomi non era di così difficile comprensione, perché aveva tutta quelle serie di comunicazione non verbale non da poco.

 

- Omi ti conosco, non me ne avresti mai parlato proprio per non farmi preoccupare e, come al tuo solito, ti saresti annoverato il cervello ingigantendo sempre di più le tue pippe mentali. Oltretutto senza contare il fatto che non hai qui con te a Tokyo nemmeno Motoya con il quale poterti sfogare. –

E lo schiacciatore emise un altro piccolo sospiro sconfitto.

- Quindi non me ne andrò da qui fino a quando non mi dirai che cosa c’è. – e per enfatizzare ancora di più queste parole, si avvicinò ulteriormente a lui. Attendendo. In silenzio.

Kiyoomi incrociò le mani tra di loro, torturandosi le dita.

- Non so neanche da che parte iniziare. –

- Provaci. Insieme sbroglieremo la matassa in caso. –

 

Ma davvero Kiyoomi non sapeva da che parte iniziare perché aveva un gran casin0 di sensazioni ed emozioni in testa.

- Sai che io quando inizio qualcosa non lo lascio mai a metà e lo porto sempre a termine, no? –

Atsumu annuì con il capo, cercando di capire dove l’altro volesse andare a parare ma aveva ancora troppe poche informazioni in merito.

- Quindi quando ho iniziato a giocare a pallavolo ho avuto chiaro che non avrei smesso fino a quando non avrei raggiunto le vette più alte. –

- Hm-hm… - di nuovo Atsumu annuì, ma ancora molto confuso.

E anche Kiyoomi era confuso, indubbiamente.

- Beh, alla fine ho preso così seriamente questo mio proposito che in quel rettangolo di gioco si è trovata racchiusa tutta la mia vita. –

- Vuoi mollare la pallavolo? – Atsumu sbiancò, perché non vedeva l’ora di poter giocare in squadra con Kiyoomi non appena questi avesse finito l’Università.

- Ma no, no! Cosa vai a pensare? Ma come ti è venuta? – lo rassicurò, prendendogli una mano e sentendo come Atsumu gliela strinse, in segno di incoraggiamento.

- In quel rettangolo di gioco è racchiusa tutta la mia vita ma… - e qui spostò per un attimo lo sguardo di lato.

- Ma…? – lo incoraggiò Atsumu.

- Ma in questo momento è come se, in confronto a voi, io fossi fermo. –

Atsumu cercò di registrare attentamente quelle parole ma davvero faceva fatica a capire quale fosse il tormento del proprio compagno.

- Non capisco Omi. Cioè, voglio dire: stai comunque giocando e sei stato nominato MVP. – Atsumu allargò le braccia.

- Ma del torneo universitario! –

- E quindi? – Atsumu davvero non capiva.

- Voi… Tu, Toya, Wakatoshi-kun state tutti andando avanti con il professionismo. Io è come se fossi partito con il freno a mano. – spiegò alla fine – Non sono al pari vostro. Ho paura di restare indietro, di perdere il cosiddetto treno e… e… -

- Frena. Frena Omi! – lo bloccò Atsumu con tono perentorio, prendendogli il volto con entrambe le mani e obbligandolo a guardarlo – Tu non stai perdendo proprio nessun treno. Hai già un contratto praticamente firmato con i Black Jackals e, scusami amore, ma ci sono io e quindi è la squadra top della V.League. Quindi si tratta ancora di aspettare un paio mesi e poi sarai dei nostri. E non è che in questi tre anni sei stato fermo. –

- Ma è diverso Atsumu! E se non fossi al vostro livello? –

- Omi, mi tocca citarti ora. Ti ascolti quando parli? Sei serio? Tu non dovresti essere al nostro livello? Ma c’è gente in prima divisione che venderebbe l’anima al diavolo per aver anche solo la metà del tuo talento, della sua potenza, delle tue capacità, della tua bravura… e non ti sto dicendo queste cose perché sei la persona della quale sono innamorato e perché penso che è questo quello che ti vuoi sentir dire, ma è perché lo penso veramente. E non solo io. –

- Da quando sei diventato così assennato, Miya? –

- Omi, sto facendo un discorso serio se non te ne fossi accorto, potresti gentilmente evitare di vessarmi per una volta tanto? – ribatté a metà tra il risentito e il divertito. Per quanto stesse male all’idea che Kiyoomi avesse dentro di sé quel tormento, al contempo era bellissimo per lui sapere che per una volta tanto era Kiyoomi quello che aveva bisogno di una spalla. Era Kiyoomi quello che aveva bisogno di conforto e di rassicurazione.

- Scusa… scusa… - ridacchiò lo schiacciatore, abbandonando la testa sulla sua spalla, in un gesto che sorprese non poco Atsumu, che iniziò ad accarezzargli gli amati ricci. Attendendo che proseguisse a parlare.

- È che a volte ho paura di restare indietro. Che mi lasciate indietro… Sarà per colpa del fatto che sta per arrivare la primavera e quindi sono più irrequieto e inquieto. -

- È appena inizio Febbraio, Omi… - gli fece notare Atsumu.

- Sai che io mi prendo sempre per tempo. – e Kiyoomi lo sentì ridacchiare mentre le carezze erano ora scese alla nuca.

- Omi, sei stato tu che mi hai insegnato che non esistono treni che passano una sola volta nella vita e che, molto spesso, questi “treni” siamo noi stessi a creare le opportunità per farli passare. – facendo leva con il peso del proprio corpo fece distendere entrambi sul divano, tirandoselo addosso, dove Kiyoomi si raggomitolò sul suo petto, emettendo un piccolo sospiro. Era bello sapere di aver qualcuno che ti ascoltasse e si prendesse cura di te.

- La verità è che mi mancate tutti così tanto. – mormorò – Lo sai che i cambiamenti mi terrorizzano e non avervi fisicamente vicini a me mi destabilizza. –

Era chiaro stesse parlando di lui e di Motoya.

- E per quanto non veda l’ora di raggiungerti nei MSBY e scalpiti per poter giocare ai livelli più alti, l’idea di cambiare abitudini mi crea ansia, lo sai. –

- Lo so. – lo tranquillizzò, posandogli un leggero bacio sul capo – Ma non sarai solo, ci sarò io. –

E qui Kiyoomi emise un piccolo miagolio di apprezzamento.

- Quindi immaginati che gioia per me avere queste due sensazioni dicotomiche dentro di me. – si autocanzonò e ridacchiarono entrambi per poi proseguire a parlare.

- Mi spiace averti fatto preoccupare. E grazie per esser venuto fino a qui. A proposito… - sollevando il volto verso quell’altro.

- Sì? –

- Hai avvisato il coach, vero? –

- Ehm… -

- Miya! – lo rimproverò Kiyoomi.

- Amore non ti preoccupare: Bokkun mi copre fino a domani mattina. –

- Ah beh guarda, sei proprio in una botte di ferro con lui. – replicò sconcertato Kiyoomi.

- Quanto sai essere stronzo, Omi! –

- Non è questione di essere stronzi ma obiettivi. Bokuto non mi sembra il massimo della non sgamabilità. – gli fece osservare giustamente l’ovvio.

- Beh, in effetti… - dovette convenire Atsumu.

- Eh! –

- Vabbè, chisenne voglio dire, mi prenderò parole. – scoppiò a ridere – Tanto non mi possono lasciare fuori dai giochi nelle ultime partite di campionato. –

- Io se fossi nel coach lo farei. –

- Ma tu non conti, Omi, sei di parte. Nel vessarmi. – precisò, con comica serietà che fece ridacchiare Kiyoomi.

- Comunque il coach ha qualche rotella fuori posto, credimi Omi. –

- Tu dici? – chiese perplesso lo schiacciatore e attendendo la “perla di saggezza” da parte di Atsumu.

- Certo, sennò non mi spiego perché ci faccia fare il triplo del lavoro. –

- Forse perché siete a fine campionato? E, in secondo luogo, perché certi elementi di disturbo è bene sfinirli ed educarli. –

- Anche questa tua affermazione è sempre per il discorso di non essere stronzi ma obiettivi? – lo punzecchiò divertito Atsumu.

- Ovviamente! -

E scoppiarono a ridere entrambi, prima di tacciare le loro risate con quel bacio che non si erano ancora scambiati.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3/3 ***


Prompt: “Tramonto” di Darlene
“Notte stellata” di Luana A.



Parte terza

 

Era una notte stellata a dir poco meravigliosa.

D’altra parte era succeduta ad un tramonto a dir poco sensazionale e da mozzare il fiato.

Sembrava quasi lo stesso identico cielo…

 

Lo stesso identico cielo mozzafiato che si era stagliato la notte in qui avevano vinto le Olimpiadi. Dove l’ultimo punto era stato il frutto di una loro azione – magistrale - combinata.

 

 

Era Atsumu alla battuta e Kiyoomi, in prima linea, lanciandogli un’occhiata di incoraggiamento (e di amore infinito) da sopra la spalla aveva capito le sue intenzioni. Spericolate come al solito ma, a suo modo, calcolate.

- Forzerà la battuta. – Kiyoomi aveva sussurrato queste parole all’orecchio di Bokuto che aveva annuito appena, muovendo lentamente il capo, anche lui con la concentrazione portata allo spasmo.

E così era stato.

La palla, dopo una ricezione sbilenca da parte dei loro avversari, era ritornata dalla loro parte e da lì, velocemente, la loro azione. L’alzata perfetta, senza nessun tipo di sbavatura e forzatura. Alta e staccata dalla rete con la solita inquietante precisione millimetrica.

Così come era stata inquietante la precisione della sua diagonale, che aveva beffato il muro a tre avversario.

E la Nazionale Giapponese aveva segnato il punto decisivo. E vinto.

 

Inutile dire che nel momento stesso in qui aveva visto la palla planare a terra, sentendo il suono che aveva fatto nel momento in cui aveva impattato con il parquet, subito si era voltato verso Atsumu.

 

Atsumu che non lo aveva perso d’occhio neppure per un istante. Non aveva bisogno di seguire la palla, sapeva che Kiyoomi avrebbe segnato.

Si era perso quindi, in quei secondi, a guardarlo saltare, schiacciare e voltarsi infine verso di lui. Nonostante si fosse svolto tutto in una frazione d’istanti, Atsumu era riuscito a rapire ogni singolo frammento del suo Omi. La concentrazione negli occhi, nel volto, la sua rincorsa, come il suo salto sovrastasse di parecchi centimetri le mani del muro avversario.

Kami, gli si era mozzato il fiato. Era la perfezione assoluta.

E poi quello sguardo, quel sorriso appena accennato solo per lui.

 

Prima di essere travolto dagli altri, Atsumu aveva colmato la distanza che li separava con poche falcate.

E Kiyoomi era stato pronto a prenderlo. Le sue mani si erano posate sicure sulle cosce di Atsumu quando questi gli era saltato in braccio e lo schiacciatore aveva reso salda la presa.

- È stata o non è stata la miglior alzata che tu potessi mai desiderare? – gli aveva chiesto tutto pomposo, atteggiandosi, mentre gli poggiava la fronte sulla sua.

- Hmmm… - aveva finto di pensarci Kiyoomi, apposta per dargli il tormento, per poi posargli un bacio sulle labbra. Veloce. Frugale. Ma che per Atsumu voleva dire tantissimo.

Kiyoomi aveva sempre difeso in modo spasmodico, in tutti quegli anni che stavano insieme ormai, la sua vita privata che comprendeva anche la loro relazione. Intendiamoci, non aveva mai impedito ad Atsumu di postare foto di loro due sui suoi social ma aveva sempre cercato di evitare di dar in pasto alla ferocità dei media foto rubate di momenti di loro due, per quanto gli fosse possibile evitarlo.

Quindi in quel momento - il fatto che in mondo visione, davanti al mondo intero - Kiyoomi lo aveva baciato, aveva sorpreso ed emozionato non poco Atsumu.

- Amore… - aveva sospirato Atsumu, con il cuore in gola, scostandogli da davanti al volto il solito riccio ribelle.

- Ti amo. –

Kiyoomi aveva proprio deciso di farlo piangere davanti al mondo interno, non c’era che dire.

Se solo avesse saputo che cosa aveva ancora in serbo Kiyoomi per lui…

 

 

Ed erano proprio questi pensieri e quei ricordi che si stavano affollando la mente di Atsumu esattamente sei mesi dopo, mentre si trovavano nella terrazza del loro appartamento, avvolti nelle coperte ad ammirare la volta celeste con le stelle che brillavano glaciali in cielo.

- Sembra lo stesso cielo di quella sera. – sospirò Atsumu, appoggiandogli il mento sulla spalla mentre se lo stringeva addosso per tentare di scaldarlo, sentendo come Kiyoomi fosse completamente rilassato addosso a lui, seduto tra le sue gambe.

- Già. – sospirò lo schiacciatore beato, notando come dalle sue labbra il fiato si condensasse non appena ne usciva, ricercando la mano dell’altro per far intrecciare tra di loro le dita insieme.

Mani sinistre nelle quali, negli anulari, una fede brillava al pari delle stelle in cielo.

 

Kiyoomi il giorno in cui aveva segnato l’ultimo punto che aveva portato il Giappone alla vittoria delle Olimpiadi, sullo stesso parquet di gioco mentre i loro compagni intorno a loro si erano fermati dai festeggiamenti, si era inginocchiato davanti ad Atsumu – e davanti alle telecamere del mondo intero – chiedendogli di sposarlo.

 

 

 

 

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