Tutto per colpa di una Giratempo

di blissfvlness
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L’arrivo ***
Capitolo 3: *** Incontro tra generazioni ***
Capitolo 4: *** Una Weasley bionda?! ***
Capitolo 5: *** Non c'è niente che una Weasley non può fare ***
Capitolo 6: *** Le regole esistono per essere infrante! ***
Capitolo 7: *** La scommessa ***
Capitolo 8: *** "Scusate se non sono Corvonero" ***
Capitolo 9: *** Epifanie ***
Capitolo 10: *** Migliori amici ***
Capitolo 11: *** Incantesimi e Whisky Incendiario ***
Capitolo 12: *** “C’è speranza per tutti“ ***
Capitolo 13: *** Insieme ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Anno 2020

A Villa Conchiglia si respirava aria di festa.

I preparativi fervevano e non c'era un singolo adulto con le mani in mano, tra chi era indaffarato a decorare l'enorme tendone nel quale sarebbero stati ricevuti gli ospiti e chi invece era intento ad ultimare la preparazione del buffet.
Mentre in giardino e al piano terra il caos era totale, al piano superiore dei giovani maghi e delle giovani streghe erano intenti a prepararsi.

Improvvisamente, un urlo si levò da una delle tante stanze della villa, seguito da un'esclamazione pronunciata da una tenera vocina.

«Tcuta Eletta, no fatto appotta».

A parlare era stata una bambina dai corti capelli ricci e dagli occhi color miele, che aveva appena fatto cadere una boccetta di smalto blu elettrico per terra, provocandone la rottura in tanti piccoli pezzi e rovesciandone tutto il contenuto sull'ampio e rotondo tappeto che ricopriva gran parte del pavimento dell'accogliente stanzetta.

La sorella le andò incontro, temendo che si fosse tagliata a causa di qualche frammento di vetro, ma quando notò che la piccola non aveva neanche un graffio, tirò un sospiro di sollievo e la prese in braccio.

«Stai tranquilla principessina, ora puliamo» le disse adagiandola sul soffice letto lì vicino.

Pochi istanti dopo l'accaduto, tre facce curiose fecero capolino dalla porta. Appartenevano a ragazzi piuttosto giovani che, preoccupati dall'urlo di Elettra, volevano accertarsi che non fosse successo nulla di grave. Dopo che la ragazza ebbe spiegato loro la situazione, i tre si tranquillizzarono e tornarono nella loro stanza.

Elettra quindi si voltò verso una giovane dalla folta chioma nera e dai vivaci occhi verdi che divideva la stanza con lei, per chiederle di aiutarla a pulire il disastro combinato dalla sorellina. Non fece neanche in tempo ad aprire la bocca che l'energica corvina, già scattata in piedi, si stava dirigendo verso il ripostiglio delle scope alla fine del corridoio.

Entrata nell'angusto sgabuzzino, la ragazza iniziò a cercare tutto l'occorrente per pulire il tappeto. Una volta presi secchio, acqua e sapone, fece per uscire dal ripostiglio, quando un piccolo bagliore, causato dal riflesso della luce su una superficie di metallo, attirò la sua attenzione.

La corvina quindi si avvicinò a quello strano oggetto che le sembrava essere a metà strada tra un orologio e una collana, e lo prese in mano per osservarlo più attentamente. Era d'oro ma il suo colore risultava opaco per via della polvere. La ragazza lo scrutò e poi decise di portarlo con sé per cercare di capire di che si trattasse.

Mentre percorreva il corridoio per tornare in camera sua, la giovane fu fermata dalla sua migliore amica.

«Aspetta, ti aiuto!» esclamò la rossa prendendo il secchio che la ragazza stava trasportando.

«Grazie Rose, devo portarlo in stanza e devo assolutamente farti vedere cos'ho trovato nel ripostiglio» trillò la corvina entusiasta.

«Va bene Lily, andiamo» le rispose l'altra.

Giunte in stanza le due ragazze pulirono velocemente il pavimento, per poi spaparanzarsi sul letto di Lily.

«Allora? Cosa volevi mostrarmi?» domandò Rose, impaziente.

«Questo» rispose l'amica tirando fuori dalla tasca del suo maglioncino lo strano oggetto che aveva trovato.

«Cos'è?» chiese la rossa.

«Non lo so» le rispose Lily. «Ma è... affascinante» aggiunse guardandola.

Elettra, che nel frattempo aveva dato alla sorellina un orsacchiotto incantato con cui giocare, si avvicinò alle sue amiche. «Di cosa state parlando?» domandò.

«Lily ha trovato questo nel ripostiglio» le rispose Rose mostrandole il misterioso oggetto. Elettra spalancò gli occhi per la sorpresa.

«Perché fai quella faccia? Sai cos'è?» le chiese Lily.

«Mi stupisce che non lo sappiate anche voi!» esclamò Elettra.

«Andiamo Elettra, smettila di fare la prima della classe e dicci cos'è!» disse Rose guardando impazientemente l'amica.

«Non faccio la prima della classe!» ci tenne a sottolineare Elettra. «È una Giratempo».

Rose e Lily la guardarono confuse.

«È un oggetto che permette di viaggiare nel tempo» spiegò Elettra.

I volti delle sue amiche si illuminarono.

«Ma è fantastico!» proruppe Lily.

«Come funziona?» s'informò Rose.

«Bisogna girare la manopola che si trova al lato del ciondolo. Ogni giro corrisponde a un'ora» rispose Elettra.

«Quindi se io volessi tornare a stamattina per rimettermi a dormire dovrei girarla quattro volte» calcolò Rose sbadigliando.

«Esatto» annuì Elettra sorridendo e scuotendo la testa.

«Come fai a sapere tutte queste cose?» chiese Lily.

«Perché è una secchiona!» la prese in giro Rose.

Elettra guardò male l'amica. «La Giratempo è di mia madre» specificò.

Proprio quando Rose stava per aprire di nuovo bocca, la porta della stanza si spalancò e un'altra ragazza dai capelli color fuoco si stravaccò sul letto sopra il quale si trovavano le amiche.

«Sei sempre delicatissima» sbuffò Rose.

«È di famiglia» fece spallucce la rossa.

Rose alzò gli occhi al cielo ma la ragazza la ignorò e domandò curiosa cosa stessero facendo.

«Ho trovato una Giratempo!» rispose Lily euforica.

«Sul serio?!» esclamò l'amica. «Usiamola per...» aggiunse, ma non fece in tempo a finire di parlare perché Elettra la interruppe.

«Roxanne non se ne parla nemmeno!» esclamò.

«Ma non sai nemmeno cosa volevo proporre...» piagnucolò la rossa.

«È di mia madre e lei mi ha proibito categoricamente di usarla» rispose Elettra scandendo bene la parola "categoricamente".

«D'accordo» si arrese Roxanne.

L'animata conversazione fu interrotta da un rumore fortissimo.

«E adesso che succede?» chiese Rose alzando nuovamente gli occhi al cielo.

«Non ne ho idea» rispose tranquillamente Roxanne.

«Andiamo a vedere» propose Lily curiosa, prendendo dal letto la Giratempo e mettendola nella tasca destra dei suoi jeans.

Elettra si alzò, prese per mano la sorellina e poi le ragazze si recarono nella stanza da cui era provenuto il rumore, la terza del lungo corridoio.

Quando entrarono strabuzzarono gli occhi e, dopo un attimo di smarrimento, scoppiarono a ridere. Davanti a loro, sdraiato a terra, c'era un ragazzo corvino completamente fradicio che guardava arrabbiato i suoi cinque amici.

«Perché ti sei fatto il bagno vestito?» domandò Lily, assumendo l'espressione più falsamente angelica che conoscesse.

«Non mi sono fatto il bagno vestito» rispose a denti stretti il ragazzo, «sono stato vittima degli scherzi di questi idioti!» aggiunse assumendo un'espressione minacciosa.

«Oh andiamo Al, non te la prendere» disse uno dei cinque schernendolo.

«Sì infatti, non te la prendere!» ghignò un altro, identico in tutto e per tutto al primo tranne per una minuscola cicatrice sul mento.

Albus sbuffò e si alzò in piedi, andando in bagno per cambiarsi e mettersi addosso qualcosa di asciutto.

«È stato epico, avete visto la sua faccia?» esclamò ridendo un giovane dalla pelle ambrata.

«Siete veramente terribili» si intromise Elettra.

I ragazzi si girarono verso di lei.
Albus, che stava uscendo dal bagno in quel momento, la ringraziò per il sostegno.

«La solita guastafeste» commentò sbuffando un giovane dai capelli chiarissimi.

«Nessuno ti ha interpellato, Scorpius» controbatté Elettra stizzita.

Il ragazzo la guardò. «Ho solo detto la verità» aggiunse ghignando.

Di tutta risposta lei lo fulminò con lo sguardo.

«Vi prego non cominciate di nuovo a litigare» intervenne Roxanne alzando gli occhi al cielo.

«Ha iniziato lui!»
«Ha iniziato lei!» si giustificarono i giovani all'unisono.

Dopo essersi guardati in cagnesco, i due continuarono a discutere, per determinare chi fosse il colpevole dell'inizio del battibecco. I presenti in stanza sbuffarono e, per cercare di calmare la lite, Lily pensò di condividere con i suoi amici la scoperta fatta poco prima. Quindi, tirò fuori dalla sua tasca la Giratempo e la mostrò ai gemelli che, incuriositi, le domandarono cosa fosse.

Albus, intrigato dall'oggetto, prese la Giratempo dalle mani di Lily e iniziò a giocarci. La ragazza, memore delle parole dell'amica, cercò di riprenderla ma non ci fu verso. Albus infatti era ben più alto di lei e si stava divertendo moltissimo a vedere Lily che tentava di riprendere l'oggetto che le aveva sottratto, saltando per arrivare alla sua altezza. Rose e Roxanne cercarono, invano, di aiutare l'amica. Infatti, i ragazzi iniziarono a lanciarsi la Giratempo tra di loro.

A quel punto i due litiganti si resero conto di ciò che stava succedendo intorno a loro ed entrambi impallidirono, consapevoli del disastro che sarebbe potuto accadere se l'oggetto nelle mani dei loro amici si fosse rotto.

Elettra, con lo sguardo tagliente e le mani sui fianchi, gridò senza esitazione «Albus Severus Potter dammi immediatamente quella Giratempo!»

Il suo intervento ebbe il merito di far immobilizzare i ragazzi ma l'effetto durò solo pochi secondi. Infatti, Albus e i suoi amici iniziarono a correre per il corridoio del secondo piano, continuando a lanciarsi la Giratempo e tentando di non farsi acchiappare dalle ragazze.

Scorpius sospirò.
Sarebbe finita malissimo.

Il trambusto che stavano causando era talmente grande che tutti gli ospiti che si trovavano al piano di sopra uscirono dalle proprie stanze per vedere cosa stesse succedendo. I più piccoli, vedendo il caos che si era creato, iniziarono a correre dietro i loro fratelli e sorelle più grandi, urlando e ridendo.

«Potter, metti giù la Giratempo!» gridò di nuovo Elettra.

«No!» urlò Albus, facendo la linguaccia all'amica e lanciando l'oggetto al ragazzo dalla pelle ambrata che si fermò e con un'espressione seria in volto prese la parola «D'accordo... adesso basta. Giocare con una Giratempo è pericoloso. Elettra ha ragione» sentenziò.

La ragazza lo guardò sorpresa e gli si avvicinò per farsi consegnare l'oggetto e ringraziarlo, ma quando allungò la mano lui si scansò e lanciò la Giratempo a uno dei gemelli.

Elettra lo fulminò con lo sguardo mentre Rose sbuffò. Lily, che non aveva mai smesso di correre per cercare di riprendere ciò che le era stato sottratto, si piegò appoggiando le mani sulle ginocchia e cercò di riprendere fiato. Roxanne invece continuava a correre dietro ai suoi amici, senza ottenere grandi risultati.

Quando Albus rientrò in possesso della Giratempo, la lanciò a un ragazzo piuttosto alto, che non fu abbastanza agile da afferrarla al volo.

L'oggetto del desiderio cadde al suolo.

E si ruppe.

Calò il silenzio.

Albus strabuzzò gli occhi e iniziò a balbettare, cercando di giustificarsi.
«E-elettra n-non e-era mia i-intenzione r-romperla, sul serio» disse alla ragazza che lo guardava in cagnesco.

«Guarda il lato positivo, si è solamente rotta la piccola clessidra al centro» disse uno dei gemelli raccogliendo la Giratempo da terra.
«Basterà un Reparo e tornerà come prima!» aggiunse.

Sfortunatamente, non fece in tempo a terminare la frase che un fascio di luce bianca avvolse tutti i presenti.

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Capitolo 2
*** L’arrivo ***


«Chi è che mi sta tirando i capelli?!» esclamò una giovane sdraiata per terra.

«Scusami Sophie, colpa mia» replicò lo sbadato ragazzo che non aveva afferrato la Giratempo, togliendo la sua gamba dai capelli della mora. «Atterrando ho perso l'equilibrio e sono finito con le gambe sui tuoi capelli» aggiunse mortificato.

Sophie sbuffò ma non disse nulla.

«Dove siamo?» si sentì chiedere da una voce maschile.

«Non ne ho idea» rispose Albus guardandosi intorno.

Il luogo era tetro. I grandi alberi che circondavano i ragazzi erano talmente alti che quasi impedivano ai raggi del sole di raggiungerli.

«Siamo in una foresta, mi pare ovvio» si sentì dire da una saccente vocina femminile.

«Fin lì ci ero arrivato» precisò il ragazzo che aveva posto la domanda.

«Il problema è... come ci siamo arrivati in una foresta?!» intervenne Lily.

«Siamo qui grazie ai cinque geni che hanno rotto la Giratempo!» esclamò Elettra arrabbiata.

«Perché cinque? La colpa è di chi l'ha fatta cadere» affermò il ragazzo dalla pelle ambrata, voltandosi a guardare Albus e il giovane che non aveva afferrato la Giratempo.

«Cosa? Vuoi dare la colpa a noi? Siete voi che avete iniziato a lanciarla!» si difese quest'ultimo.

«Ma sei tu che l'hai fatta cadere!» intervenne uno dei gemelli.

Mentre i cinque litigavano si sentirono dei leggeri singhiozzi provenire da un punto alle loro spalle. I ragazzi si ammutolirono e videro una tenera bambina piangere. Elettra, vedendo la sorellina in quello stato si avvicinò a lei e la prese in braccio.

«Non piangere» le disse, cullandola dolcemente.

«Vollio andare mamma!» disse la piccola piagnucolando e mettendo il broncio. «Paura!» aggiunse.

«Non devi avere paura» le disse la sorella. «Siamo tutti qui, non può succederti niente» la rassicurò.

La piccola, di tutta risposta, si accoccolò tra le sue braccia.

«Questa cosa è completamente andata!» esclamò Rose, che nel frattempo aveva recuperato la Giratempo da terra.

«E adesso come facciamo a tornare indietro?» domandò Roxanne, nel panico.

«Non possiamo» rispose il ragazzo più grande del gruppo. Poi, vedendo i volti terrorizzati dei suoi amici, aggiunse «Non prima di averla riparata».

«Quindi si può riparare!» esclamò una ragazzina dal volto simpatico.

«Ve l'ho detto, basta un Reparo e...» iniziò a dire uno dei gemelli.

«Non è così semplice» lo interruppe sospirando il più grande del gruppo.

«Teddy ha ragione» lo spalleggiò una bellissima ragazza bionda. «Le Giratempo sono oggetti molto complessi da aggiustare, solo un mago esperto può farlo» spiegò.

«E quindi come facciamo a riparare questa giracosa?» chiese ingenuamente un bambino col viso pieno di lentiggini.

«Si chiama Giratempo, Hugo» lo corresse Rose.

«Sì quella» disse il bambino.

«Semplice, dobbiamo trovare un mago esperto» parlò di nuovo la ragazzina saccente.

«Certo, siamo solo in una foresta chi sa dove, trovare un mago esperto che sappia riparare la Giratempo è veramente la cosa più semplice del mondo» replicò Rose enfatizzando la parola "semplice".

«È inutile che usi quel tono da serpe con me, se hai un'idea migliore dilla!» replicò la ragazzina tagliente.

Rose la guardò male ma non replicò.

«Ragazze, calmatevi. Innanzitutto dobbiamo uscire da qui per capire dove ci troviamo» intervenne un affascinante ragazzo corvino.

«James ha ragione» convenne Teddy. «Forza, andiamo» aggiunse guardando i suoi amici.

I ragazzi si misero in cammino senza troppa voglia.

Dopo alcuni minuti, Albus, che si trovava davanti a tutti, si immobilizzò.

«Perché ti sei fermato?» gli chiese Rose.

Albus si girò a guardarla con il volto illuminato. «Quella è la capanna di Hagrid!» urlò entusiasta.

Dapprima i ragazzi si guardarono smarriti ma, una volta che ebbero realizzato dove si trovavano, i più piccoli iniziarono a correre contenti verso la capanna.

«Siamo ad Hogwarts!!» si sentiva gridare.

James e Teddy si guardarono sollevati, pensando che avrebbero potuto chiedere alla McGonagall di riparare la Giratempo.
Tuttavia, il sorriso sul volto di James scomparve quando in lontananza vide un ragazzino che assomigliava incredibilmente a... suo padre da adolescente.

Teddy, che si era accorto del rapido mutamento d'espressione sul viso dell'amico, si voltò per guardare nella stessa direzione in cui stava guardando James e rimase pietrificato.

Il corvino, riprendendosi dallo stato di trance in cui si trovava e rendendosi conto della situazione, corse dai più piccoli e li fece entrare velocemente nella capanna di Hagrid che, fortunatamente, era vuota.

Teddy si scosse dal torpore in cui era caduto e si avviò a grandi falcate verso i più grandi del gruppo, rimasti indietro. Quando li ebbe raggiunti gli spiegò brevemente cosa stava succedendo e i ragazzi riuscirono ad arrivare alla capanna di Hagrid senza essere visti.

Una volta che tutto il gruppo fu riunito, all'interno della capanna calò il silenzio.
Le facce dei più piccoli erano confuse, non riuscivano a capire perché James li avesse spinti così malamente all'interno della dimora di Hagrid. I più grandi, invece, avevano dei volti preoccupati.

A prendere parola fu James.
«Siamo nel passato» proruppe senza giri di parole.

«Ma è fantastico!» trillò un ragazzino dai capelli ossigenati.

«Se abbiamo viaggiato indietro di un anno o due posso ancora evitare che il me di allora distrugga il laboratorio di pozioni beccandosi la punizione più lunga di sempre!» esclamò speranzoso un ragazzo dai capelli rossi.

«Non abbiamo viaggiato due anni indietro nel tempo» disse Teddy serio.

«E allora quanti?» chiese Roxanne con un pizzico di esitazione nella voce.
Non era sicura di voler sapere la risposta.

«Non ne sono totalmente sicuro ma...» rispose Teddy esitante.

«Ma...» lo incitò Elettra.

«24» disse James secco.

«24?!» esclamarono i gemelli sbalorditi.

«Ma non puoi esserne certo! Insomma potremmo essere capitati...» tentò di dire Roxanne ma venne interrotta da James.

«Lo sono, ho visto mio padre e sono certo di aver visto una foto del 1996 in cui era tale e quale» spiegò il corvino.

La quiete calò sulla stanza, l'unico rumore udibile erano i respiri profondi della piccola dai capelli ricci e dagli occhi color miele che si era addormentata tra le braccia della sorella maggiore. Tutti gli altri avevano un'aria pensierosa. Se James avesse avuto ragione e loro avessero viaggiato veramente 24 anni indietro nel tempo, si trovavano in un bel guaio.

Erano tornati all'epoca nella quale i loro genitori non solo erano ancora studenti di Hogwarts ma si odiavano.

E se veramente fosse stato il 1996 voleva dire che la II Guerra Magica era nel pieno del suo sviluppo. Voleva dire che ogni giorno qualcuno perdeva la vita a causa di Colui-che-non-deve-essere-nominato. Voleva dire che ormai i Mangiamorte erano usciti allo scoperto, che di lì a poco tutto sarebbe cambiato, che Silente...

Silente.

All'improvviso James e Teddy si guardarono e capirono di aver avuto lo stesso pensiero.

Se veramente si trovavano nel 1996 allora Albus Silente...

«È ancora vivo» sussurrò Teddy.

Il gruppo di ragazzi si girò a guardarlo, non capendo a chi si riferisse.

«Chi è ancora vivo?» chiese una ragazzina dall'aria timida.

«Albus Silente» rispose James sorridendo.

I più piccoli spalancarono gli occhi.

«Ma Albus Silente non può...» iniziò a dire una giovane dalla pelle ambrata.

«Sì, è vivo» la interruppe quello che doveva essere suo fratello maggiore.

«Siamo nel 1996, Silente è stato ucciso nel giugno del 1997» spiegò.

Il volto della giovane si riempì di stupore.

«Che figata!» si lasciò scappare di nuovo il ragazzino dai capelli ossigenati di prima.

I più grandi ridacchiarono.

«Dobbiamo riuscire a parlare con lui» disse risoluta una ragazza dallo sguardo magnetico.

«Come facciamo?» chiese Lily.

«Dobbiamo trovare un modo per arrivare al suo ufficio senza essere visti!» esclamò Albus.

«Potreste smaterializzarvi!» esclamò euforica la giovane dalla pelle ambrata.

«Non è possibile smaterializzarsi ad Hogwarts, Tess» le fece notare il fratello.

«Oh...» sospirò lei delusa.

«Forse potremmo travestirci e far finta di essere dei normali studenti di Hogwarts» propose Roxanne.

«E i vestiti da dove li prendiamo?» obiettò Lucy.

«Potremmo aspettare che si faccia sera e restare nascosti qui, poi, quando tutti saranno nella Sala Grande per la cena, uno o due di noi potrebbero infilarsi nell'ufficio di Silente ed aspettare che lui rientri» propose uno dei gemelli.

«Ora capisco perché sei Corvonero!» esclamò l'altro.

«Idiota» gli disse di rimando il gemello.

«Secondo me potrebbe funzionare» opinò James.

«Lo credo anch'io» disse Teddy, e gli altri assentirono.

Così, il gruppo di amici rimase chiuso nella capanna per un lasso di tempo inquantificabile.

Mentre alcuni di loro riposavano e altri stavano amabilmente chiacchierando sottovoce per non farsi sentire, la porta alle loro spalle si spalancò.

I ragazzi svegli impallidirono.

Sulla soglia della porta si stagliava la figura di un omaccione dai capelli neri e dalla lunga barba crespa.

Lo riconobbero immediatamente: Rubeus Hagrid.

Il guardiacaccia scrutò il gruppo di ragazzi corrugando la fronte.

«Scusate, devo aver sbagliato» disse grattandosi la testa per poi girare i tacchi e andarsene.

Dopo aver fatto tre passi, il Custode delle Chiavi e dei Luoghi ad Hogwarts sembrò rifletterci su e si fermò bruscamente. Si girò di nuovo e tornò a passo spedito nella sua Capanna.

«Chi siete voi e cosa ci fate nella mia Capanna?!» gridò, cercando di suonare imponente ma facendo trasparire un pizzico di stupore nella sua voce.

A causa dell'urlo di Hagrid i più piccoli del gruppo, che stavano dormendo, si svegliarono.

«Perché state urlando?» chiese uno di loro stropicciandosi gli occhi assonnati.

«Oh mi dispiace averti svegliato, piccolo Malfoy» si scusò Hagrid per poi girarsi a guardare i più grandi del gruppo. «Allora, volete rispondermi o no?!» disse in tono sicuro. Poi sembrò ripensare alle parole che aveva appena pronunciato e si girò di nuovo verso il ragazzino biondo. Strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca in un'espressione di stupore. «Perché tu sei uguale al furetto da piccolo?!» esclamò. Poi si girò di nuovo verso i più grandi e aprì ulteriormente gli occhi. «E perché tu sei uguale a Harry?!» aggiunse. «E tu! Sei la copia di Hermione, e lei...» continuò  esterrefatto. «L-lei sembra la perfetta unione di... NO. Non può essere!»

Hagrid sembrava impazzito. Continuava a far scorrere lo sguardo su quei ragazzi trovando in ognuno di loro delle somiglianze a dir poco bizzarre.

«Hagrid, ascoltami» intervenne Teddy, cercando di attirare l'attenzione del guardiacaccia.

Hagrid si girò verso il ragazzo, lo scrutò e poi disse «Tu... somigli tantissimo a...»

«Remus Lupin» lo anticipò il giovane uomo, che poi aggiunse «sono suo figlio».

Hagrid spalancò ancor di più gli occhi e fece per aprire la bocca ma non riuscì ad emettere alcun suono.

Tuttavia, dopo un momento di silenzio, il guardiacaccia si riprese ed iniziò a parlare a raffica.

«N-non è possibile. T-tu non puoi essere il figlio di Remus, lui non ci ha mai parlato di te, poi sei troppo grande, i conti non tornano, no, no, no...»

«Lo è, Hagrid. Non sapevi esistesse perché in quest'epoca Teddy... non esiste» cercò di spiegargli James.

«Teddy» ripeté Hagrid.

«Sì, mi chiamo Teddy» confermò il ragazzo guardandolo.

«Non esiste. In quest'epoca» continuò a farneticare Hagrid totalmente scioccato.

«Hagrid, so che sembra assurdo, ma noi veniamo dal futuro» aggiunse una bellissima ragazza bionda, appoggiando delicatamente una mano sulla spalla dell'uomo per confortarlo.

«Dal futuro» ripeté Hagrid guardandola.

«Sì» confermò la ragazza dallo sguardo penetrante. «Siamo qui a causa di un piccolo incidente» aggiunse.

«Proprio un piccolo incidente» borbottò Elettra guardando storto i suoi amici.

«Che tipo di piccolo incidente?» domandò Hagrid diffidente, ponendo enfasi sulle ultime due parole.

«Del tipo che accidentalmente si è rotta una Giratempo e noi siamo stati catapultati qui, nel passato» rispose Albus.

«Accidentalmente» ripeté il ragazzo che non aveva afferrato la Giratempo.

Hagrid, leggermente più tranquillo, li scrutò attentamente. Si convinse che ciò che i ragazzi gli stavano raccontando non poteva che essere la verità a giudicare dalle loro sembianze. «Bene, qui c'è solo una persona che può risolvere questo piccolo incidente... Albus Silente» sentenziò solennemente.

I ragazzi, che per un momento temerono che Hagrid non li avrebbe aiutati, si tranquillizzarono e concordarono con lui.

Così, il guardiacaccia decise di andare personalmente dal Preside di Hogwarts per metterlo al corrente dello strano incontro appena avuto.

— — —

Hagrid fu ricevuto immediatamente da Silente che, vedendolo dinanzi a lui con un'espressione al tempo stesso corrucciata e meravigliata, lo esortò a parlare.

«Vedi, Silente, prima stavo tornando alla mia Capanna dopo aver fatto una breve visita ad Hogsmeade per comprare il mangime per le mie adorate Creature Magiche, sai quelle che mostro ai ragazzi durante le ore di Cura delle Creature Magiche» iniziò a raccontare Hagrid, divagando. «Beh si, ecco, dicevo... una volta arrivato alla mia Capanna pieno di mangime per uccelli e cibo vario, che tra l'altro costa un occhio della testa, sono dei veri e propri ladri quelli di Hogsmeade...» continuò.

«Hagrid» lo interruppe Silente con un sorriso. «Cos'è che ti ha turbato così tanto da chiedere di vedermi immediatamente?» domandò al gigante in piedi davanti a lui.

«Sì, scusami Silente. Dicevo, quando sono entrato nella mia Capanna, pensavo di aver sbagliato casa, perché dentro ci ho trovato un gruppo di ragazzi».

Silente corrugò leggermente la fronte ma non disse nulla, così Hagrid continuò.

«Quando sono uscito mi sono reso conto che in realtà non avevo sbagliato casa, insomma, c'è solo una capanna qui ad Hogwarts!» sottolineò. «Il punto è, che quando sono rientrato li ho osservati attentamente e alcuni di loro... sono le copie esatte di certi studenti che si trovano ad Hogwarts quest'anno!» esclamò.

Silente lo guardò stranito. «Mi stai dicendo che alcuni studenti che si trovano ad Hogwarts sono entrati nella tua capanna?» chiese.

«No, mi sono spiegato male. I ragazzi che sono entrati nella mia capanna sono le copie esatte di alcuni studenti che quest'anno frequentano Hogwarts ma in miniatura o versione cresciuta!» tentò di nuovo il guardiacaccia.

Silente lo guardò attentamente con un'espressione indecifrabile in volto. «Mi stai dicendo che potrebbero essere loro... figli?» chiese.

«Esatto!» confermò Hagrid, contento che il Preside avesse capito. «Mi hanno detto che sono qui per via di un piccolo incidente e io gli ho subito detto che solo tu avresti potuto aiutarli a risolverlo» aggiunse.

Silente lo guardò annuendo. «Hai fatto bene, Hagrid» gli disse. «Prima di prendere qualsiasi decisione devo incontrarli» aggiunse.

Hagrid annuì.

«Ti prego di tenerli nella tua Capanna e di dar loro da mangiare. Fai in modo che nessuno li veda. Far entrare in contatto persone provenienti da epoche diverse può essere molto pericoloso se non si prendono le giuste precauzioni» sottolineò il Preside.

Hagrid gli assicurò che ci avrebbe pensato lui.

«Hagrid, domani mattina, all'alba, portali qui, ma mi raccomando non fatevi vedere da nessuno» gli disse l'anziano mago prima di congedarlo.

Quando il guardiacaccia uscì dal suo ufficio, Silente si mise a riflettere sulla situazione.

Pensando ai giovani maghi e alle giovani streghe che si trovavano nella Capanna del Custode delle Chiavi e dei Luoghi ad Hogwarts, iniziò ad immaginare chi potessero essere i loro genitori. A giudicare dall'espressione sbalordita di Hagrid, alcuni di loro dovevano essere figli di studenti che, in quel momento, sarebbe stato impossibile immaginare insieme in futuro.

Alla fine, constatò che sarebbe stato più corretto pensare alla questione dopo aver incontrato personalmente i ragazzi, l'indomani.

— — —

Il giorno successivo arrivò velocemente e il gruppo di ragazzi del futuro si presentò nell'ufficio di Silente, all'alba.

Molti di loro non si può dire fossero propriamente svegli ma, grazie ai più grandi che ogni tanto li scuotevano, riuscirono a non addormentarsi.

Albus Silente li scrutava in silenzio e nessuno aveva il coraggio di prendere parola e rivolgersi all'anziano mago di fronte a loro.

Dopo una manciata di minuti, che ai ragazzi sembrarono infiniti, Silente si mise seduto dietro la sua scrivania e sorrise.

«Benvenuti, ragazzi» disse in modo cordiale.

I più grandi lo ringraziarono. 

«Come siete giunti fin qui?» chiese il mago.

«C'è stato un piccolo incidente» replicò Albus.

Silente spostò lo sguardo su di lui, sorridendo. Quel ragazzo era identico ad Harry ma i suoi occhi non erano quelli del ragazzo che è sopravvissuto, avevano qualcosa di diverso ma familiare. Purtroppo però, non seppe dire cosa. «Che tipo di incidente?» domandò tranquillo.

«Una Giratempo si è rotta e siamo stati catapultati in quest'epoca così lontana dalla nostra» spiegò James.

Silente lo guardò, era identico a suo padre. «Capisco» rispose. «Avete la Giratempo?»

«Sì!» esclamò Rose porgendogliela.

Silente la guardò. «Capelli rossi, lentiggini, sguardo... furbo» disse, esitante sull'ultima parola. Lo sguardo della ragazza gli sembrava troppo furbo. «Tu devi essere una Weasley».

«Sissignore!» esclamò Rose fiera.

Silente sorrise, per poi passare ad esaminare la Giratempo rotta.

Dopo un paio di minuti, sospirò. «Credo che per aggiustarla ci sia bisogno di un po' di tempo» constatò.

«Ciò significa che dovremo restare qui a lungo?» chiese Roxanne.

«Direi per un tempo... considerevole» le rispose Silente. «Ma vi prometto che cercherò di aggiustarla nel minor tempo possibile» aggiunse.

«E dove staremo? Insomma, non possiamo andare in giro per Hogwarts come se niente fosse!» chiese una giovane ragazza dagli occhi color ghiaccio.

Silente si girò verso di lei e rimase stupefatto dal suo aspetto. Fu in quel preciso istante che un'idea gli balenò per la mente. «Potrete rimanere qui, nella Stanza delle Necessità» propose. «Nel frattempo, potreste approfittarne per presentarvi agli attuali studenti di Hogwarts» aggiunse lentamente.

I ragazzi lo guardarono sbalorditi.

«Intende dire che potremo presentarci ai nostri genitori?!» chiese Hugo.

«Esattamente» gli sorrise Silente.

«Ma far interagire persone provenienti da epoche diverse potrebbe essere molto pericoloso» fece notare Elettra.

Silente la guardò e sul suo volto comparve un sorriso appena accennato. «Signorina, lei è brillante come sua madre» disse. «Quello che dice è vero ma farvi incontrare i vostri futuri genitori potrebbe portarli a prendere delle decisioni... inaspettate, cambiando le sorti della guerra in atto ma non necessariamente ciò che d'importante e bello avverrà in futuro» aggiunse.

«Quindi se ci presentassimo potremmo evitare che accadano le tragedie che noi tutti conosciamo ma ciò non ostacolerà eventi come la nostra nascita? È fantastico!» esclamò la ragazza dagli occhi magnetici.

«Oh ma certo che è fantastico. Per te! I tuoi genitori in questo periodo già si amano, non corri nessun pericolo! Siamo noi che dovremmo preoccuparci!» sottolineò uno dei gemelli.

Silente li interruppe prima che iniziassero a discutere. «Nessuno di voi è obbligato a presentarsi. Tuttavia, vi posso assicurare che farvi conoscere da loro potrebbe servire ad evitare le tragedie a cui accennavate in precedenza» spiegò.

«Ma come potrebbe non incidere sulla nostra nascita il fatto che i nostri genitori ci conoscano?» domandò Elettra, confusa.

«Per amore» disse semplicemente Silente.

I ragazzi non sembrarono comprendere totalmente la risposta del Preside ma nessuno replicò.

Ci furono alcuni istanti di silenzio.

«Voglio farlo» disse Teddy.

Tutti i presenti nella stanza si girarono a guardarlo.

«Ma Teddy...» tentò di dire la bellissima ragazza dai lunghi capelli biondi.

«Niente ma. Se c'è anche una sola possibilità di evitare ciò che è accaduto ai miei genitori... devo coglierla» affermò con voce tremolante.

Silente lo guardò, potendo solo immaginare cosa fosse successo ai suoi genitori, e gli sorrise.

«Teddy ha ragione» disse una ragazza dai lunghi capelli neri. «Lo devo a mio padre» aggiunse.

Gli altri ragazzi si guardarono e alcuni di loro annuirono convinti.

«Capisco le vostre motivazioni, ma se i miei genitori scoprissero di aver creato una famiglia insieme, noi rischieremmo veramente di non esistere» disse la ragazza dagli occhi di ghiaccio.

«Andromeda ciò che dici è vero» le rispose Scorpius, «ma entrambi sappiamo cosa ha cercato di fare nostro padre durante quest'anno scolastico...»

«E quanto si sia pentito delle decisioni che ha preso» aggiunse il ragazzino dai capelli ossigenati.

«Presentarci potrebbe evitargli, almeno in parte, il dolore che ha provato» concluse il giovane che aveva parlato per primo.

La sorella li guardò e poi, sospirando, accettò la proposta del Preside.

«James, voi cosa farete?» chiese uno dei gemelli.

James guardò suo fratello e sua sorella e poi, tranquillamente, rispose. «Ci presenteremo».

Silente sorrise, forse quel piccolo incidente si sarebbe rivelato una vera e propria benedizione.

 

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Capitolo 3
*** Incontro tra generazioni ***


Quella mattina la Sala Grande era più rumorosa del solito. Gli studenti parlavano allegramente fra di loro tra un sorso di succo di zucca e un morso a qualche delizioso biscotto presente sulla tavola imbandita d'innumerevoli pietanze.

Al tavolo dei Grifoni un ragazzo dai capelli rosso fuoco era intento a divorare la sua colazione.

«Ronald potresti anche evitare di mangiare come se fossi un selvaggio!» sbuffò Hermione guardandolo male.

Ron alzò lo sguardo dal suo piattino pieno di delizie per rivolgerlo all'amica.

«Hermione, fare una colazione sostanziosa è fondamentale per un adolescente» disse serio.

La ragazza alzò gli occhi al cielo e lui tornò ad abbuffarsi, sperando che nessuno lo interrompesse di nuovo. Proprio in quel momento li raggiunse Harry, accaldato.

«Dov'eri?» gli domandò Hermione scrutandolo attentamente.

«In biblioteca» rispose Harry in modo conciso.

«In biblioteca?» ripeté Hermione, sorpresa. «E cosa ci facevi in biblioteca?» inquisì.

«Io...»

Harry non riuscì a concludere la frase perché Silente prese parola, chiedendo agli alunni di fare silenzio. Era in piedi di fronte ai tavoli delle quattro Casate.

«Cari studenti di Hogwarts... Ho un annuncio da fare» esordì il Preside in tono solenne.

Gli alunni lo guardarono, in attesa.

«Per oggi e fino alla fine della settimana le lezioni saranno sospese» annunciò.

La Sala Grande esplose. Si udivano urla di giubilo, schiamazzi, risate. Tutti festeggiavano la lieta notizia. Tutti, tranne una studentessa dai folti capelli e dai tratti gentili.

«Tuttavia, questa decisione riguarderà soltanto alcuni studenti del quinto, sesto e settimo anno» continuò Silente.

Un mormorio di protesta si levò dagli alunni più giovani.

«Suvvia ragazzi, dovreste essere felici di imparare» osservò il Preside, sorridendo.

Nessuno replicò, probabilmente per la soggezione che l'anziano mago era capace di infondere in ogni suo interlocutore.

«Verrà affissa una lista con i nomi degli alunni esonerati dalle lezioni sul muro antistante la Sala Grande, potrete consultarla una volta finita la colazione. Gli interessati dovranno tornare ai loro posti, gli altri potranno andare a lezione come di consueto. Non vi rubo altro tempo, buon appetito» concluse Silente.

«Una settimana senza lezioni?» ripeté Hermione scandalizzata. «Ma com'è possibile!» aggiunse.

«Andiamo Hermione, non fare la guastafeste, è una notizia fantastica. Spero di essere tra i fortunati» disse Ron con il volto illuminato dalla gioia.

«Non faccio la guastafeste Ronald» rispose l'amica. «Se Silente ha annullato le lezioni dev'essere successo qualcosa di grave» ragionò.

Harry la guardò e il sorriso che aveva dipinto in volto scomparve.

— — —

Finita la colazione, molti studenti si precipitarono fuori dalla Sala Grande per scoprire se il loro nome facesse o meno parte della famosa lista di cui aveva parlato il Preside, ma la maggior parte di loro rimase delusa.

Sulla pergamena affissa in corridoio figuravano una trentina di nomi, tra cui quelli di Harry Potter, Hermione Granger, Ron e Ginny Weasley, oltre a quelli di tutti gli alunni che durante il quinto anno avevano aderito all'Esercito di Silente. Insieme ai loro, comparivano anche i nomi di Draco Malfoy, Blaise Zabini, Astoria e Daphne Greengrass, Theodore Nott e Pansy Parkinson.

Tutti gli studenti chiamati in causa si recarono nuovamente in Sala Grande e si sederono ai rispettivi tavoli in attesa del ritorno di Silente, che non tardò molto.

L'anziano mago scrutò gli alunni nella Sala e accennò un piccolo sorriso prima di iniziare a parlare. «Ho fatto allontanare gli altri studenti perché di qui a poco accadrà qualcosa che sconvolgerà le vite di tutti i presenti» disse.

Tutti si fecero attenti.

«Ieri notte ho ricevuto una visita alquanto inaspettata. Dei ragazzi che hanno più o meno la vostra età sono giunti ad Hogwarts» iniziò a raccontare il Preside.

Al tavolo dei Serpeverde molti ridacchiavano a causa delle parole di Silente, quell'uomo sembrava non avere tutte le rotelle al posto giusto.

Non Draco Malfoy. Il ragazzo, dall'inizio dell'anno scolastico, sembrava spento. Aveva sempre un'espressione preoccupata, pensierosa, la fronte spesso corrucciata. Sembrava... triste.

«Draco!» Theodore Nott, che era seduto accanto a lui, attirò la sua attenzione sottovoce.

Il biondo si voltò verso di lui.

«Sembri sulle nuvole, cos'hai?» gli domandò.

«Niente che possa interessarti» gli rispose sgarbatamente il purosangue.

Theodore non se la prese. Conosceva l'amico e sapeva che c'era qualcosa che non andava. Qualcosa di cui Draco non voleva parlare. Cambiò discorso. «Quel pazzo di Silente ha ricominciato a farneticare» gli disse.

Draco lo guardò ma non rispose, così Theodore continuò ad ascoltare il Preside.

Malfoy, incuriosito da ciò che gli aveva detto l'amico, si voltò e prestò attenzione a quello che l'anziano mago stava dicendo.

«Questi ragazzi, che ho incontrato personalmente, vengono dal futuro» disse Silente.

Nella Sala Grande si alzò un mormorio.

«Com'è possibile?» chiese Dean Thomas.

«Sono arrivati nella nostra epoca involontariamente, a causa di una Giratempo rotta» gli rispose Silente.

Hermione, che conosceva perfettamente quell'oggetto, si fece ancora più attenta.

«Saranno nostri ospiti per qualche giorno, così ho pensato che vi avrebbe fatto piacere conoscerli» aggiunse il Preside.

«Ma se li conoscessimo potrebbe accadere un disastro. Non si possono incontrare persone appartenenti a epoche diverse! È categoricamente vietato» intervenne Hermione parlando a raffica.

Silente la guardò e sorrise. «Lei ha ragione, Signorina Granger. Ma si può fare un'eccezione se, e solo se...» continuò squadrando gli alunni presenti in Sala Grande «ognuno di voi si impegnerà a non stravolgere il futuro, che questo sia o meno di vostro gradimento» concluse.

Hermione non rispose, pensierosa.

«Come può essere certo che nessuno di noi cercherà di cambiare il futuro?» intervenne Ginny Weasley, preoccupata.

«Per amore» disse semplicemente il Preside.

«Per amore?! Ho sentito bene?!» ripeté Draco Malfoy, schernendo l'anziano mago.

«Sì Signor Malfoy, ha sentito benissimo» gli rispose Silente, per nulla infastidito.

«Perché dovremmo provare amore per dei ragazzi che nemmeno conosciamo?» domandò Blaise Zabini. C'era qualcosa in tutta quella storia che non lo convinceva per niente.

Albus Silente sorrise, consapevole che dopo aver pronunciato le parole che era in procinto di dire, tutto sarebbe cambiato. «Perché sono i vostri figli» rispose con calma.

L'atmosfera, di colpo, cambiò.

Ronald Weasley, intento a bere il succo di zucca che aveva rubato prima della fine della colazione, per poco non si strozzò. Hermione Granger ed Harry Potter si guardarono, increduli. Pansy Parkinson, dall'altra parte della Sala, si lasciò sfuggire un urletto stridulo, non riuscendo a credere a ciò che aveva appena ascoltato. Draco Malfoy rimase impietrito. Blaise Zabini, dopo le parole del Preside, deglutì rumorosamente e guardò Theodore Nott, che sembrava in stato di shock. Nessuno riusciva a parlare. Ginevra Weasley aprì la bocca, volendo intervenire, ma la richiuse, non riuscendo ad articolare alcun suono.

«È una cosa bellissima» si sentì dire da una dolce voce proveniente dal tavolo dei Corvonero.

«Lo penso anch'io, Signorina Lovegood» convenne Silente. «I ragazzi che ho incontrato sono figli solamente di alcuni di voi, ma tutti i presenti in questa Sala si sono contraddistinti, nel corso degli anni, per coraggio e intelletto, per questo meritano di essere a conoscenza delle informazioni che mi hanno rivelato. Ovviamente, se qualcuno di voi non volesse partecipare, è libero di andare» aggiunse, sperando che nessuno di loro andasse via.

Gli studenti sembrarono rifletterci su ma nessuno si alzò. Probabilmente, la curiosità di conoscere il loro futuro era più forte della paura di restarne delusi.

Le porte della Sala Grande si spalancarono di colpo per lasciare entrare nella stanza Filch e alcune vecchie conoscenze di Hogwarts. Fecero il loro ingresso Remus Lupin, Ninfadora Tonks, Angelina Johnson, la famiglia Weasley al completo e Fleur Delacour. I ragazzi li guardarono, sorpresi.

«Che ci fate qui?» domandò Ron rivolgendosi alla sua famiglia.

«Silente ci ha fatti chiamare» gli rispose George. «Non ti siamo mancati, fratellino?» aggiunse ghignando.

«Per niente» sbuffò Ron.

Harry si alzò, andando ad abbracciare Lupin, non potendo evitare di pensare che, se non fosse stato per Bellatrix Lestrange, anche Sirius sarebbe lì. Con lui.

Gli ospiti appena arrivati si accomodarono al tavolo dei Grifondoro.

«Ehi Ron» disse Fred sottovoce. «È vero che ti sei fidanzato?»

Il fratello, rosso come un pomodoro, rischiò di strozzarsi per la seconda volta quel giorno.

«Andiamo Ron, non essere vergognoso» lo prese in giro George.

Molly Weasley, stufa di quel chiacchiericcio, diede uno scappellotto in testa ai gemelli.

«Volete fare silenzio? Siamo qui per una questione importante. Il futuro è roba seria» gli ricordò.

«Sapete già tutto?» le chiese Hermione.

«Sì cara» rispose la Signora Weasley addolcendo il tono. «Silente ci ha già informati».

«Bene» disse il Preside di Hogwarts riprendendo la parola. «Visto che ora ci siamo tutti, se nessuno ha niente in contrario, inviterei Filch ad andare a prendere i vostri figli» concluse.

Il Magonò seguì le istruzioni del Preside e andò a chiamare gli ospiti.

Pochi minuti dopo, dall'enorme porta della Sala Grande, entrarono una trentina di giovani, tutti coperti da delle tuniche blu. Hermione intuì immediatamente che doveva trattarsi di tuniche magiche, visto che non lasciavano intravedere neanche un tratto del volto dei ragazzi.

Silente li accolse con un sorriso e trasfigurò un lungo tavolo per farli sedere proprio all'entrata della Sala Grande, perpendicolare ai tavoli delle quattro casate e leggermente distante da essi.

I ragazzi si accomodarono.

«Potete iniziare» disse Silente rivolgendosi a loro.

Un ragazzo incappucciato si alzò e si posizionò di fronte a tutti, dando le spalle al tavolo dei professori, vuoto. Prese un profondo respiro e poi abbassò il cappuccio della tunica.

Al tavolo dei Grifoni, Remus Lupin spalancò gli occhi. Quel ragazzo gli somigliava in maniera impressionante.

Il giovane era molto alto. Era biondo e aveva gli occhi di un azzurro chiarissimo.

«Buongiorno a tutti» iniziò a parlare lo sconosciuto. «Il mio nome è Teddy e, come penso molti di voi avranno intuito, sono figlio di Remus Lupin» aggiunse.

Il padre si alzò in piedi e lo guardò senza riuscire ad emettere alcun suono ma con un sorriso stampato sul volto. Teddy, che non aveva mai conosciuto realmente i suoi genitori, dovette lottare con tutte le sue forze per non scoppiare a piangere.

Deglutì e abbozzò un sorriso forzato in direzione di Remus. «Ciao papà» lo salutò.

Remus gli sorrise. «Ciao... figliolo» ricambiò dopo un attimo di esitazione.

In quel momento, il cuore di Teddy esplose per l'emozione. Non aveva mai avuto l'occasione di sentire quelle parole e avere suo padre lì, di fronte a lui, sapere di poterlo abbracciare una volta conclusa la sua presentazione, lo rendeva felice.

Remus rimase in piedi, imbambolato, non riuscendo ancora ad elaborare ciò che aveva appena appreso. Così, Harry gli tirò leggermente la manica della giacca che indossava e lo invitò a sedersi, con un sorriso.

Teddy si schiarì la gola e continuò. «Bene, come dicevo sono Teddy Remus Lupin e ho 22 anni. Mio padre è Remus Lupin e mia madre... è Ninfadora Tonks».

La donna, seduta accanto a Remus al tavolo Grifondoro, sbarrò gli occhi. Si girò verso il futuro padre di suo figlio e arrossì. Dentro di lei iniziò a crescere una certa emozione. Aveva sempre amato Remus e lottava ogni giorno sperando che lui si accorgesse dei suoi sentimenti. Sapere che di lì a poco avrebbero avuto un figlio la riempì di gioia.

Dal canto suo, Remus rimase piacevolmente sorpreso di sapere che sarebbe finito insieme a Tonks. L'amava. Da molto. Tuttavia, la sua condizione di lupo mannaro lo spingeva a pensare che lei non avrebbe mai potuto amare un uomo come lui. Sapere che invece ciò non aveva influito sul giudizio della donna, lo sollevava.

Teddy sorrise notando il rossore sulle guance di sua madre ma i suoi occhi si riempirono di malinconia. Cercò di non pensare al vuoto enorme che sentiva nascere nel petto e allargarsi sempre di più a causa del dolore provato per l'assenza dei genitori.

Si concentrò sulle persone di fronte a lui e continuò la sua presentazione. «Durante i miei anni ad Hogwarts ho fatto parte della casa di Tosca Tassorosso».

Tonks batté le mani, fiera.

«Attualmente lavoro come funzionario al Ministero della Magia, in particolare nel dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici» terminò.

I suoi genitori sorrisero orgogliosi.

D'un tratto però, il volto di Remus si rabbuiò. Guardò suo figlio che ricambiò il suo sguardo, intuendo a cosa fosse dovuta la preoccupazione del padre.

«No» gli disse, senza lasciargli nemmeno il tempo di formulare la domanda. «L'unica "stranezza" che ho ereditato, l'ho ereditata da mamma» aggiunse.

Il volto di Remus tornò a splendere, contento di non aver trasmesso a suo figlio quel gene maledetto.

Tonks, sentendo le parole di Teddy, sorrise ulteriormente.

«Quindi sei un metamorfomago?» chiese Hermione.

«Sì» confermò Teddy e, per dimostrare ai presenti di star dicendo la verità, fece diventare i suoi capelli blu.

«Che figata!» esclamò Seamus Finnigan.

«Ma come fa?!» si sentì dire da Padma Patil.

«Voglio farlo anche io!» affermò Alicia Spinnet.

«Non puoi» le rispose Teddy. «È un'abilità ereditaria. Io ce l'ho grazie a mia madre» concluse voltandosi verso Ninfadora e rivolgendole un tenero sorriso.

«Avete domande?» chiese il giovane ai suoi interlocutori.

Molti dei ragazzi alzarono la mano ma Teddy diede la parola a suo padre.

«Chi sono i tuoi padrini?» chiese Remus.

«Il mio padrino è Harry» gli rispose il figlio.

Harry non si aspettava di sentire il suo nome, ma ne rimase contento. Quindi, si girò verso Lupin e Tonks e li ringraziò calorosamente.

«Tesoro, il tuo nome è...» domandò la madre del ragazzo senza concludere la domanda.

«Sì» confermò Teddy. «Il mio nome è Ted in onore di mio nonno, Edward Ted Tonks».

Fu in quell'istante che il suo volto si velò di tristezza. Si chiamava come suo nonno. Un nonno che, al pari dei genitori, non aveva avuto l'opportunità di conoscere perché era stato assassinato poco dopo la sua nascita.

«C'è qualcosa che non va?» chiese Remus, rendendosi conto che l'espressione sul volto di suo figlio era mutata.

Teddy trattenne il fiato. Non sapeva se raccontare ai genitori ciò che era successo al nonno. Poi sospirò, pensando che fosse giusto metterli al corrente di quel che sarebbe accaduto, per quanto terribile esso fosse.

Prese un lungo respiro e parlò. «Mio nonno» iniziò, indeciso su quale fosse il modo migliore per comunicare a sua madre una notizia così sconvolgente. «Poco dopo la mia nascita, è venuto a mancare» disse Teddy, guardando Tonks mortificato.

Ninfadora pensò di stare per svenire. Suo padre, il suo adorato padre, di lì a poco sarebbe... morto. I suoi occhi iniziarono a inumidirsi. Improvvisamente, sentì un caldo braccio avvolgerle le spalle. Era Remus che cercava di darle conforto, abbracciandola. Ninfadora non poté più trattenere le lacrime e scoppiò a piangere. Remus la strinse più forte, accarezzandole i capelli con dolcezza.

Nessuno nella Sala Grande osava emettere alcun suono.

Dopo alcuni istanti di silenzio intervenne Silente. «Forse è il caso di fare una pausa» propose.

Teddy annuì, pensando che in questo modo avrebbe potuto comunicare ai genitori la notizia sul loro destino in privato e non davanti l'intera Sala Grande.

Neville, vicino alla futura coppia, porse a Ninfadora un fazzoletto per farle asciugare le lacrime.

La metamorfomaga lo prese, abbozzando un sorriso come segno di ringraziamento nei confronti del ragazzo.

Teddy, che nel frattempo aveva raggiunto i genitori al tavolo Grifondoro, attirò la loro attenzione schiarendosi la gola.

I due lo guardarono e senza attendere neanche un secondo lo abbracciarono.

A Teddy esplose il cuore di gioia.

Era lì. Con i suoi genitori. E lo stavano stringendo fortissimo.

Poteva sentire il calore dei loro corpi, il profumo di sua madre, le braccia forti di suo padre che lo avvolgevano.

Rimasero così per un tempo che a Teddy parve durare troppo poco. Quando si staccarono il ragazzo li guardò, con le lacrime agli occhi.

«Perché stai piangendo?» gli chiese Ninfadora preoccupata. «Se è per il nonno non preoccuparti, col passare del tempo elaborerò il lutto e starò meglio. Spero» aggiunse pensando che il figlio stesse piangendo per colpa sua.

Teddy la guardò dolcemente. Desiderava con tutto il suo cuore che le parole della madre potessero corrispondere alla realtà. Purtroppo però, la verità era che Ninfadora non avrebbe avuto neanche il tempo di elaborare la morte del padre.

«Forse dovremmo andare a parlare in un posto più riservato» disse ai genitori.

Loro lo guardarono, non capendo l'improvvisa angoscia che traspariva dai suoi gesti e dalle sue espressioni.

Nonostante ciò, annuirono.

Così, la famiglia uscì dalla Sala Grande per andare in un luogo più tranquillo.

— — —

I tre arrivarono al Cortile della Torre dell'Orologio e Teddy iniziò a camminare nervosamente lungo il perimetro della fontana che si trovava al centro del chiostro.

Ninfadora e Remus si guardarono, preoccupati.

«Teddy, cosa ti turba?» chiese Lupin al figlio.

Teddy s'immobilizzò e si girò verso i genitori. «Sediamoci» gli disse e loro annuirono, sedendosi sul bordo della fontana. A questo punto, prese un respiro profondo e iniziò a parlare. «Prima, durante la presentazione, non vi ho raccontato di un terribile evento che ha cambiato la mia vita» disse abbassando lo sguardo.

Remus e Ninfadora si fecero attenti.

«Teddy, guardami» lo chiamò Tonks, facendogli alzare lo sguardo verso di lei. «Qualunque cosa sia non devi avere timore. La affronteremo. Insieme».

Dopo queste parole il ragazzo non poté più trattenere le lacrime che iniziarono a scivolare copiose sul suo viso. «No, non potremo affrontarla insieme» disse tra i singhiozzi.

«Cosa intendi dire?» chiese Remus, mentre sentiva l'angoscia crescere dentro di sé.

Teddy non riusciva a parlare e i genitori attesero pazientemente che si calmasse.

Tonks, seduta vicino a Remus, si alzò e andò a posizionarsi accanto al figlio, accarezzandogli dolcemente una spalla. «Ssh... stai tranquillo, siamo qui» gli disse.

Quando il giovane si calmò, con la voce ancora spezzata, riprese a parlare. «Come stavo dicendo, non potremo affrontarlo insieme, perché voi... non ci sarete» disse.

Tonks rimase pietrificata, sperando di aver mal interpretato le parole del figlio. Come lei, Remus aveva un'espressione scioccata.

Teddy li guardò e respirando profondamente per non scoppiare a piangere di nuovo, parlò nuovamente. «La guerra in atto finirà con una battaglia, che avrà luogo il 2 maggio 1998, qui. Durante la battaglia voi...» continuò senza riuscire a finire la frase.

Non riusciva a dire ai suoi genitori che sarebbero morti. Non poteva dirlo. Non era mai riuscito a pronunciare quelle parole.

«Ma tu sei... nato, nel 1998» disse Tonks sottovoce.

Non riusciva a crederci. Aveva scoperto da poco che avrebbe avuto un fantastico figlio dall'uomo che amava. Era al settimo cielo. E poi, nel giro di pochi minuti aveva visto il futuro magnifico che le si era palesato davanti, sgretolarsi.

Venire a sapere che suo padre sarebbe venuto a mancare entro pochi anni era stato un duro colpo. Ma scoprire che anche lei e Remus sarebbero... morti, era stato tremendo. Non era la sua morte a preoccuparla e a distruggerla, ma la consapevolezza di lasciare suo figlio, così piccolo, solo. Pensare a Teddy, al vuoto incolmabile che sia lei che Remus avevano lasciato nella sua vita, al dolore da lui provato, era straziante per Tonks.

I pensieri di Remus non erano poi così diversi da quelli della sua futura moglie. Nel momento stesso in cui Teddy aveva pronunciato quelle parole, avrebbe giurato di aver sentito il suo cuore sgretolarsi, come se fosse stato stretto in una poderosa morsa.

Avrebbe avuto un figlio, un ragazzo dolcissimo da quello che aveva potuto vedere, e avrebbe passato con lui così poco tempo. Non avrebbe potuto vederlo muovere i primi passi, dire per la prima volta "papà" o "mamma", vedergli spuntare il primo dentino. Non avrebbe provato l'emozione di salutarlo dalla banchina del binario 9 ¾, di vederlo sul treno pronto a partire per Hogwarts e a iniziare una nuova avventura. Non avrebbe provato l'orgoglio di vederlo diplomato, di vederlo iniziare il suo primo lavoro. Non l'avrebbe visto innamorarsi, e chissà, formare una famiglia. Non lo avrebbe visto crescere e diventare l'uomo che si ritrovava davanti. E questo pensiero, lo logorava.

Dopo alcuni attimi, che a Teddy parvero eterni, Remus parlò. «Mi dispiace così tanto» disse piangendo.

Teddy lo guardò e le lacrime iniziarono nuovamente a scorrere sul suo volto. Scosse la testa. «Papà» disse. «Tu e la mamma siete i miei eroi, i miei punti di riferimento. Ogni volta che mi sento giù, che penso di non potercela fare, mi ricordo che è grazie voi e a chi si è sacrificato durante la guerra, che ho la fortuna di vivere in un mondo migliore» concluse.

Remus e Ninfadora lo guardarono con commozione.

«La tua vita è stata tanto... difficile?» domandò Tonks addolorata.

Il figlio abbozzò un sorriso amaro.

«Mentirei se dicessi di aver avuto una vita semplice. Quando da piccolo vedevo gli altri bambini con i loro genitori non potevo evitare di domandare a me stesso perché. Perché loro potevano ricevere l'affetto dei loro genitori e io no. Ho sofferto molto per la vostra perdita, com'è normale che sia, e so che ciò che sto dicendo vi sta distruggendo» rispose Teddy. «Per questo voglio assicurarvi che nonostante il dolore immane che ho provato per la vostra assenza, sono stato cresciuto con amore. L'amore di mia nonna» continuò guardando la madre, che abbozzò un sorriso tra le lacrime. «L'amore di quella che io considero a tutti gli effetti la mia seconda famiglia, i Potter» aggiunse.

Remus lo guardò sorpreso.

«Ho passato gran parte del mio tempo a casa loro. Sono cresciuto insieme ai loro figli, siamo come fratelli» spiegò Teddy. «E non sono stati gli unici a starmi vicino. Ho ricevuto l'affetto di tante persone, di tante famiglie. È come se avessi avuto tanti genitori perché tutti mi hanno trattato come un figlio» continuò sorridendo. «Quindi sì, ho sentito la vostra mancanza e sono stato male per la vostra assenza ma sono cresciuto circondato dall'amore di tante persone che, per quanto fosse loro possibile, mi sono sempre state vicino» concluse.

Ninfadora sorrise tra le lacrime. Pensare che suo figlio avrebbe ricevuto così tanto affetto e sarebbe cresciuto circondato da persone che gli volevano così tanto bene la faceva sentire leggermente meglio.

Remus si alzò e strinse Teddy in un abbraccio che trasmetteva al tempo stesso amore e dolore infinito.

Quando si staccarono lo guardò negli occhi, prima di parlare. «Non posso prometterti che il nostro destino cambierà. Ma posso prometterti che faremo di tutto per tornare a casa da te, dopo la battaglia».

Teddy abbozzò un sorriso. «Non chiedo altro» rispose. Poi si girò verso sua madre che li guardava ancora seduta sul bordo della fontana. «Tu non ti unisci all'abbraccio?» le domandò.

Ninfadora era ancora molto scossa ma le bastò incrociare i dolci occhi di suo figlio per sentirsi meglio. Gli sorrise alzandosi e lo abbracciò fortissimo. «Come ha detto tuo padre non sappiamo se riusciremo a cambiare il nostro destino, ma ora siamo qui e ho intenzione di passare tutto il tempo a nostra disposizione insieme. Voglio conoscere il mio bellissimo figlio» disse.

«E io voglio conoscere i miei fantastici genitori» le rispose Teddy, sorridendo.

Per lui, avere la possibilità di passare del tempo con loro era già una vittoria.

— — —

Nel frattempo, in Sala Grande, Luna Lovegood si era alzata dal tavolo dei Corvonero per andare a sedersi vicino a Ginny Weasley.

«Cosa ne pensi di tutta questa storia?» domandò la bionda.

«Non so che pensare» rispose la rossa.

«Io credo che potrebbe essere utile conoscere il nostro futuro» disse Luna.

«Utile?» domandò Ginny, non capendo.

«Il futuro potrebbe sorprenderci e spingerci a guardare la realtà da una prospettiva diversa» spiegò la Corvonero.

«E se ci sorprendesse in negativo? Cosa faremo?» chiese la Grifondoro.

Luna sospirò. «Non lo so» rispose candidamente. «Ma non mi dispererei prima di scoprirlo. Magari ci sorprenderà in positivo» aggiunse cercando di tirare su di morale l'amica, che vedeva molto preoccupata.

Ginny sembrò riflettere sulle parole dell'amica.

«Forse hai ragione» annuì. «Dobbiamo solo aspettare».

Dal lato opposto della tavola rispetto a quello in cui si trovavano le due ragazze, Ron era intento ad ascoltare i suoi amici parlare di Quidditch, quando una bionda piena di energia gli si sedette di fianco.

«Ron-Ron! Ti sono mancata?» squittì.

Ron, al sentire quella voce, per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.

«Lavanda» disse grattandosi la testa. «Ci siamo visti stamattina in Sala Comune, quindi non mi sei...»

«Anche tu mi sei mancato moltissimo!» esclamò la ragazza interrompendolo. «Allora, come pensi che saranno i nostri figli?» continuò con aria sognante.

«I n-nostri cosa?!» esclamò Ron alzando il tono della voce di un'ottava.

«I nostri figli» rispose tranquillamente Lavanda. «Quelli che si stanno presentando sono i futuri figli dei presenti. Ci saranno sicuramente anche i nostri!» spiegò.

«I-io non so...» iniziò a dire Ron in difficoltà.

I gemelli, che si trovavano lì vicino e avevano sentito tutta la conversazione, intervennero.

«Sì Ron-Ron cosa ne pensi dei tuoi futuri figli?» gli chiese George con un sorriso sghembo.

Ron diventò pallido. «Io...» tentò di nuovo.

«Scusalo... Lavanda, giusto?» intervenne Fred rivolgendosi alla ragazza seduta di fianco al fratello minore.

«Sì» gli rispose lei.

«Purtroppo ogni tanto si inceppa e non riesce a parlare» le disse prendendo in giro il fratello.

«Io non mi inceppo» ribatté Ron rosso come un pomodoro. Quei due si divertivano sempre a metterlo in difficoltà.

«Allora rispondi alla domanda» gli disse Fred con un sorrisetto furbo.

Ron impallidì di nuovo. Sinceramente non pensava che avrebbe mai avuto dei figli con Lavanda. Insomma, lui non era innamorato di lei! Ma come poteva dirglielo senza che la ragazza gli facesse una scenata davanti a tutti?

«Ron-Ron ti senti bene?» chiese Lavanda preoccupata, vedendo il fidanzato così pallido.

«Sì certo» si affrettò a dirle lui.

Per sua fortuna, in quel preciso istante la famiglia Lupin rientrò in Sala Grande e Silente prese parola.

«Bene, ora che siamo di nuovo tutti qui» disse alludendo ai tre appena entrati, «possiamo continuare con le presentazioni» decretò.

Così, una ragazza incappucciata si alzò dal tavolo del futuro, pronta a presentarsi alla Sala Grande.

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Capitolo 4
*** Una Weasley bionda?! ***


2 Maggio 2000

Quella mattina Hogwarts era più affollata che mai. Era il giorno della commemorazione dei caduti nella Battaglia di due anni prima, durante la quale il Signore Oscuro venne definitivamente sconfitto.

Il vasto prato vicino al Lago Nero era stato allestito con un palchetto e, di fronte ad esso, erano state disposte delle sedie per permettere agli ospiti di accomodarsi.
Era lì che, proprio in quel momento, Minerva McGonagall stava tenendo un discorso commemorativo, per ricordare chi non era sopravvissuto alla Seconda Guerra Magica.

La Preside di Hogwarts era visibilmente emozionata. Per lei, quell'evento rappresentava un modo per scusarsi con gli studenti che aveva perso e che non era riuscita a proteggere.

Ai piedi del palco si potevano scorgere i volti di molti ex alunni di Hogwarts che avevano combattuto durante l'ultima battaglia. C'era la famiglia Weasley al completo, accompagnata dagli amici di sempre: Hermione, Harry, Neville, Luna.

Dietro di loro era seduto un gruppetto di Serpeverde che nessuno si sarebbe aspettato di vedere lì. Alla Commemorazione, infatti, stavano partecipando anche le sorelle Greengrass, Theodore Nott, Blaise Zabini, Pansy Parkinson e Draco Malfoy.

Durante il suo discorso, Minerva McGonagall osservò i volti di quelli che erano stati una volta suoi alunni. Erano visibilmente cambiati. Tutti. Ognuno di loro portava i segni della guerra. C'era chi riusciva a mascherarli meglio e chi meno, ma dai loro sguardi trasparivano la sofferenza e il dolore da essa causati.

Quando la Preside di Hogwarts terminò il suo discorso, gli ospiti iniziarono a disperdersi per l'enorme prato della scuola, chiacchierando tra di loro.

Hermione Granger salutò tutta la famiglia Weasley, che non vedeva da alcune settimane essendo stata molto indaffarata col suo lavoro.

«Hermione che plaisir rivederti» le disse Fleur sorridendole.

«Anche per me è un piacere» rispose la ragazza. Poi si fermò per un attimo ad osservare il pancione della francese. Sorrise. Era veramente enorme.

«Partorirò in questi giorni» le comunicò Fleur accorgendosi del suo sguardo.

«Ma è fantastico!» s'intromise Luna che era lì vicino. «Sarà maschio o femmina?» chiese poi.

«Abbiamo scelto di non saperlo» le rispose Bill.

«Ehi fratello» intervenne Charlie appoggiando una mano sulla spalla del rosso. «Ron ti sta cercando».

«Arrivo» gli rispose Bill. «Non ti affaticare» disse poi rivolgendosi a Fleur, prima di seguire il fratello minore.

La francese scosse la testa. «Ultimamente è così iperprotectif!» esclamò guardando le due giovani streghe davanti a lei.

«Non faccio fatica a crederlo» rispose Hermione ridacchiando. Ginny le aveva raccontato più volte di quanto il fratello fosse apprensivo.

Le tre decisero di fare una passeggiata e, dopo aver camminato per qualche minuto, arrivarono vicino ad una piccola radura. Si sedettero sotto una grande quercia che, con il suo fogliame, riusciva a ripararle dal sole.

«Avete pensato a qualche nome?» domandò Hermione a Fleur.

«Oh oui!» esclamò la francese. «Se fosse un maschio ci piacerebbe chiamarlo Louis, Bill ama questo nom!» rispose Fleur.

«E se fosse femmina?» chiese Luna.

«Se fosse femmina mi piacerebbe molto chiamarla...» iniziò a dire Fleur senza terminare la frase e sbarrando gli occhi.

«Fleur?» la chiamò Hermione non capendo perché la bionda avesse smesso di parlare.

«Penso che mon bebé sia in arrivo» disse la francese guardandole con il volto pallido.

Luna ed Hermione si guardarono confuse, poi notarono il liquido che si stava spargendo proprio dove era seduta Fleur.

«Ok, niente panico» esclamò Hermione scattando in piedi. «Io vado a chiamare Bill e gli altri, voi restate qui» aggiunse con fare pratico e, senza attendere una risposta, iniziò a correre in direzione della scuola.

Quando arrivò vicino al palco che era stato allestito per la Commemorazione, la Grifondoro iniziò a far scorrere velocemente lo sguardo sui presenti, ma dei Weasley non c'era traccia. Hermione imprecò mentalmente, nel panico più totale.

«Granger sembra che tu abbia appena visto un fantasma» si sentì dire da una voce femminile.

La Grifondoro alzò il volto e si trovò davanti Pansy Parkinson e le sorelle Greengrass. «Parkinson, hai visto Bill Weasley?» le chiese, ignorando il commento sulla sua faccia.

«No» rispose la mora. «C'è qualcosa che non va?» aggiunse notando l'espressione preoccupata della ragazza.

«A Fleur si sono rotte le acque» disse Hermione.

«Oh cazzo».

«Daphne!» esclamò Astoria.

«Che c'è? Smettila di fare come la mamma!» ribatté allora la bionda.

«Non faccio come mamma» iniziò a difendersi la sorella minore.

«Finitela voi due!» le interruppe Pansy, scocciata. «Ascoltami Granger, non so dove sia Bill Weasley ma ti aiuteremo a cercarlo. La prima che lo trova avverte le altre» propose poi ad Hermione.

«I Weasley sono al campo da Quidditch» intervenne una voce profonda e maschile.

Le quattro si girarono verso il ragazzo che aveva parlato e ad Hermione si illuminarono gli occhi per l'informazione appena ricevuta.

«Grazie Zabini» gli disse mentre era già intenta a correre verso il luogo indicato dal Serpeverde.

«Figurati» le rispose tranquillamente Blaise, ma la ragazza era già troppo lontana per sentirlo.

«Al campo da Quidditch?» chiese Pansy non capendo perché si trovassero lì.

Blaise si voltò verso di lei. «Prima si è accesa una discussione tra Grifondoro e Serpeverde, così hanno pensato di risolverla con una partita a Quidditch» spiegò Zabini.

«E perché tu non sei con loro?» gli domandò Daphne con un sopracciglio alzato.

«Perché indosso un completo di seta che costa un occhio della testa» le rispose Blaise con fare ovvio.

«Ts, fifone» disse la bionda in risposta.

Nel frattempo, Hermione Granger era giunta al campo da Quidditch e con suo grande sollievo Bill Weasley era proprio lì, insieme al resto della sua famiglia.

«Bill!» urlò la ragazza correndo nella direzione del rosso.

Bill si voltò verso di lei. «Hermione cosa c'è?» chiese.

«Fleur...» iniziò a dire la giovane strega che si era piegata sulle ginocchia per riprendere fiato.

Appena sentì il nome di sua moglie Bill si agitò. «È successo qualcosa?» domandò pallido.

«Le si sono rotte le acque» spiegò Hermione.

Il rosso per poco non svenne. «Dov'è?» chiese preoccupato.

«Sotto la grande quercia, con Luna» gli rispose Hermione.

Bill iniziò a correre come un matto.

Vedendolo andare via dal campo, i presenti si avvicinarono alla Grifondoro per capire cosa fosse successo. Una volta che la ragazza li ebbe messi al corrente della situazione si precipitarono tutti, Serpeverde compresi, ad aiutare Bill e Fleur.

— — —

Bill Weasley faceva avanti e indietro per la sala d'attesa del San Mungo da quasi quattro ore. Era tesissimo. Sua moglie era in Sala Parto con la sorella, Gabrielle. Anche lui avrebbe voluto essere presente ma Fleur glielo aveva impedito perché sosteneva che si vergognava di farsi vedere in quello stato dal marito. Mentre percorreva per l'ennesima volta il perimetro della piccola saletta dalle mura bianche, un'infermiera entrò e gli sorrise.

«Il Signor Weasley?» domandò.

«Sì, sono io» le rispose Bill, coi nervi a fior di pelle.

Nel frattempo tutti i presenti si erano alzati dai loro posti, per ascoltare ciò che l'infermiera aveva da dire.

«Sono lieta di comunicarle che sua moglie ha appena partorito una bellissima bambina» annunciò sorridendo.

Bill esplose di gioia. Preso dall'euforia del momento abbracciò l'infermiera, che ridacchiò sorpresa. «Mi scusi» - disse imbarazzato, staccandosi da lei. «Posso vederle?» chiese poi.

«Certo, mi segua» gli rispose la donna facendogli strada.

Prima di uscire dalla piccola sala, Bill si girò verso i suoi genitori e vide sua madre piangere di gioia. Suo padre, che si era accorto che il figlio lo stava guardando, gli regalò un sorriso smagliante. Il rosso sorrise a sua volta e uscì dalla saletta per andare da sua moglie e da sua figlia.

Quando Bill entrò nella stanza che gli aveva indicato l'infermiera, vide Fleur tenere in braccio la loro piccolina mentre le cantava una ninna-nanna in francese. Si avvicinò a loro e sorrise guardando sua figlia. Era così piccola e così bella. Poi, diede un dolce bacio a sua moglie. «Ehi piccolina» parlò in direzione della figlia.

«Vuoi tenerla in braccio?» gli chiese Fleur.

Bill annuì e prese la bambina tra le sue braccia, cullandola dolcemente. Era estasiato, non riusciva a distogliere lo sguardo dalla piccola.

Fleur osservava il marito rapita. Dal suo volto traspariva la stanchezza dovuta al parto ma, nonostante ciò, la francese era certa di non essersi mai sentita appagata come in quel momento. Lì, vicino a lei, c'era tutto ciò che le serviva per essere felice.

«Dovremmo darle un nome» disse Bill guardando la moglie dopo alcuni minuti di silenzio.

Fleur annuì.

«Mi avevi detto che se fosse stata femmina avresti voluto chiamarla Dominique» disse Bill.

«C'est vrai» confermò Fleur. «Ma ho pensato a una cosa» aggiunse.

Bill le rivolse uno sguardo curioso.

«Non può essere una coincidence che sia nata oggi» disse Fleur.

Il volto di Bill s'illuminò, come se fosse stato colto da un'improvvisa rivelazione. «Come vorresti chiamarla?» chiese allora alla moglie.

«Victoire» rispose Fleur semplicemente.

Bill sorrise, il nome gli sembrava perfetto.

1996

«Buongiorno Hogwarts!» esclamò la ragazza proveniente dal futuro togliendosi la tunica.

La maggior parte dei ragazzi presenti in Sala Grande restò esterrefatto. Era bellissima. Aveva dei lunghi capelli mossi e biondi che le incorniciavano perfettamente un volto dai lineamenti molto dolci. I suoi occhi erano di un azzurro chiarissimo e la sua carnagione era pallida.

«Mi chiamo Victoire Weasley» continuò sorridendo.

«Weasley?!» chiese Fred.

«Ma sei bionda!» esclamò George.

«Non si è mai vista una Weasley bionda!» conclusero i gemelli.

«Vi assicuro che sono una Weasley in tutto e per tutto» rispose Victoire a quelli che erano i suoi zii. «Sono bionda perché lo è mia madre».

Non appena ebbe pronunciato quelle parole si girò verso Fleur e le sorrise.

«Sono io la tua maman?» chiese la francese sorpresa.

Victoire annuì.

«Oh» si lasciò sfuggire Fleur. «Quindi ton papà...» continuò lasciando la frase in sospeso.

«È Bill Weasley» concluse Victoire sorridendo a entrambi i suoi genitori.

Bill le fece un sorriso enorme. «Sei bellissima» le disse. «Come tua madre» aggiunse guardando Fleur.

Ginny, che non sopportava molto la francese, alzò gli occhi al cielo. Suo fratello era troppo sdolcinato.

«Avrò una nipote!» esclamò Molly Weasley al settimo cielo.

«Credimi nonna, ne avrai molti!» le rispose Victoire ridacchiando.

Il sorriso della Signora Weasley si allargò.

«Bene, come vi dicevo mi chiamo Victoire Weasley, ho 20 anni e i miei genitori sono Bill Weasley e Fleur Delacour» riprese la ragazza. «Durante i miei anni ad Hogwarts ho fatto parte della fantastica casa di Tosca Tassorosso!» aggiunse con entusiasmo.

«Tassorosso?» ripeté Ron. «Ma...»

«Sì, lo so. I Weasley sono sempre stati dei Grifondoro!» lo interruppe Victoire pronunciando l'ultima parola con un timbro di voce maschile. «Me lo avete già detto. Migliaia di volte» continuò la ragazza.

«Ma...» riprovò Ron.

«Niente ma zio! Non sono l'unica Weasley a non essere stata smistata in Grifondoro, dovrai farci l'abitudine» concluse la bionda facendo l'occhiolino al rosso.

Ron era incredulo. I Weasley erano Grifondoro. Da sempre. «Bill tu non hai niente da dire?» domandò allora al fratello, ma lui si limitò a scuotere la testa, troppo occupato a guardare adorante la figlia per rispondere. Sarebbe stato padre. Non riusciva a crederci.

«Se zio Ron si è ripreso dallo shock io proseguirei con la mia presentazione» riprese a parlare Victoire.

Ron arrossì leggermente e fece cenno alla nipote di proseguire.

«Dopo aver finito i miei studi ad Hogwarts ho iniziato a lavorare come giornalista per la Gazzetta del Profeta. Nello specifico mi occupo di moda, una mia grande passione» raccontò la ragazza. «Avete domande?» chiese poi.

«Chi sono i tuoi padrini?» domandò Hermione curiosa.

«Zia Gabrielle e zio Charlie» rispose Victoire.

Charlie Weasley si girò verso il fratello che era seduto accanto a lui e lo ringraziò, abbracciandolo. Poi sorrise a Fleur, che ricambiò.

«Io ho una curiosité» disse la francese. «Ton nom, l'abbiamo scelto per un motivo en particulier?» chiese.

Victoire guardò il tavolo dei ragazzi del futuro, come a chiedere il permesso di rivelare quell'informazione. Alcuni di loro annuirono, così la ragazza iniziò a spiegare. «Sì, maman» disse. «Mi chiamo Victoire, che vuol dire vittoria in francese, perché sono nata il 2 maggio del 2000, secondo anniversario della battaglia che ha decretato la fine di Voldemort».

Sentendo quel nome, molti dei ragazzi presenti in Sala Grande rabbrividirono.

«Scusate, so che in quest'epoca quel nome è ancora un tabù, ma come ha detto un mago di cui ho grande stima, bisogna sempre chiamare le cose con il loro nome. La paura del nome non fa che aumentare la paura della cosa stessa» terminò Victoire, rivolgendo un sorriso a Silente, sorpreso dalle parole pronunciate dalla ragazza.

«Quindi riusciremo a vincere la guerra» constatò Harry sorridendo.

«Sì zio» confermò la bionda. «Non sarà facile ma ce la farete».

«Zio?!» esclamò Ron spalancando gli occhi. «Ma è fantastico Harry, farai parte della famiglia Weasley!» disse poi contento rivolgendosi all'amico.

Harry sembrava imbarazzato e Ginny era più rossa dei suoi capelli.

«Oh ma io non intendevo...» iniziò a dire Victoire, ma qualcuno dal tavolo dei ragazzi del futuro le fece cenno di fare finta di nulla. Così la ragazza lasciò stare.

«Se non ci sono altre domande, io...» riprese Victoire, ma venne nuovamente interrotta, questa volta da Anthony Goldstein.

«Io vorrei sapere se ti va di uscire con me» chiese in modo sfacciato.

Il Corvonero fu immediatamente fulminato dagli sguardi di tutti gli uomini della famiglia Weasley. Tuttavia, ciò che sorprese Ginny fu vedere come un ragazzo biondo, seduto poco distate da lei, si fosse girato di scatto per guardare chi aveva osato porre quella domanda. Sorrise.

«Innanzitutto potrei essere tua figlia. Letteralmente» rispose Victoire alzando un sopracciglio. «E poi sono felicemente fidanzata» aggiunse sorridendo.

Bill, che stava ancora guardando male il ragazzo che aveva osato rivolgere a sua figlia una domanda del genere, annuì compiaciuto. Poi, elaborando le parole appena pronunciate dalla figlia, diventò paonazzo.

Si voltò di scatto verso Victoire ed esclamò. «Cosa?!»

Victoire alzò gli occhi al cielo. «Ci risiamo. Papà prima che tu impazzisca come farai in futuro, vorrei ricordarti che ho vent'anni».

Bill aprì la bocca per rispondere alla figlia ma Fleur lo interruppe mettendogli una mano sulla spalla.

«Mon amour non fare scenate» disse. «Comment si chiama?» domandò poi rivolgendosi a Victoire.

La ragazza arrossì. «Ecco, il mio fidanzato è... Teddy» rispose con un tono di voce molto basso, tanto che nessuno dei presenti capì ciò che aveva detto.

Tuttavia, Ginny Weasley sapeva perfettamente chi era il fidanzato della nipote, così prese parola. «Sembrate una bellissima coppia» le disse con un tenero sorriso.

Victoire la guardò e ricambiò.

Ron si girò verso la sorella con la fronte corrucciata.

«Tu hai capito che ha detto?» le chiese.

«No» rispose Ginny lasciando il fratello ancora più confuso, al pari dell'intera Sala Grande. «Ho visto come hai guardato Anthony quando le ha chiesto di uscire» disse Ginny rivolgendosi a Teddy.

Il ragazzo la guardò stupito. «Beh...» iniziò a dire imbarazzato.

«Tu sei il fidanzato di mia figlia?» chiese Bill sorpreso.

«Sì Signore» disse Teddy schiarendosi la gola e alzandosi, pronto a stringere la mano al suocero.

«Mais c'est fantastique!» gioì Fleur.

«Merci maman» le disse Victoire, grata che la madre avesse spezzato l'imbarazzo che si stava diffondendo nella Sala.

Bill invece ancora non emetteva alcun suono, limitandosi a squadrare Teddy.

«Da quanto state insieme?» chiese Hermione curiosa.

«Tre anni» rispose Victoire.

«Tre fantastici anni» sottolineò Teddy guardando la fidanzata con uno sguardo dolcissimo.

Bill, finalmente, uscì dallo stato di trance nel quale era piombato. «Se provi anche solo a...»

«Papà per favore!» lo interruppe Victoire imbarazzata.

Bill si girò verso di lei. «D'accordo, la smetto. Tanto immagino che il signorino abbia già ricevuto questo discorso dal me del futuro» concluse rivolgendosi a Teddy con uno sguardo serio.

«Già» confermò il ragazzo grattandosi la testa imbarazzato.

«Bene, ora che sapete tutto di me, possiamo passare alla prossima presentazione» disse Victoire iniziando a camminare verso il tavolo Grifondoro, con l'intenzione di andare a salutare i suoi parenti.

«Non ci provare Victoire, devi raccontare per quale motivo eravamo tutti insieme nel momento in cui la Giratempo si è rotta» si sentì dire da una voce femminile proveniente dal tavolo dei ragazzi del futuro.

Victoire s'immobilizzò, maledicendo mentalmente la ragazza che aveva parlato. «Grazie per avermelo ricordato, sorellina» disse sottolineando l'ultima parola, sapendo quanto desse fastidio alla sorella essere chiamata in questo modo.

«Come se fossi tanto più vecchia di me» rispose quest'ultima sbuffando.

«Sorellina?!» chiese Bill.

«Sì papà avrai un'altra figlia che, detto tra noi, è bellissima» gli rispose la ragazza misteriosa parlando di sé in terza persona.

«E anche molto modesta» disse Victoire alzando gli occhi al cielo.

Qualcuno nella Sala ridacchiò.

«Non ne dubito» sorrise Bill, rispondendo alla figlia che ancora non si era presentata.

«Allora, cosa devi dirci?» chiese George alla nipote.

«Ecco...» iniziò lei titubante. «Teddy che ne dici di venire accanto a me?» disse poi rivolgendosi al fidanzato con un sorriso angelico.

Quest'ultimo dapprima si agitò ma poi sorrise, si alzò e si mise accanto alla bionda.

«Prima di fare questo viaggio surreale», iniziò a spiegare Victoire, «ci trovavamo tutti nello stesso luogo perché...»

«Non mi dire che sei incinta!» esclamò Ron alzandosi in piedi di colpo, convinto di aver indovinato la notizia che la nipote doveva comunicargli.

Bill guardò Ron e sbarrò gli occhi.

«Che COSA?!» esclamò con veemenza girandosi verso la coppia.

«Tu» disse poi indicando Teddy che era pallido come un lenzuolo. «Come hai...»

«Papa!» lo richiamò Victoire.

«Che c'è?!» gli rispose il padre. «Ha messo incinta la mia bambina devo fargli un discorsetto!»

«Non sono incinta!» esclamò la bionda esasperata.

Ci fu un attimo di silenzio.

«Oh...» disse Bill calmandosi. «Bene» terminò sollevato.

Victoire sospirò. «Tu e la tua gelosia» disse al padre.

«Non sono geloso, solo protettivo» ribatté Bill.

«Iperprotettivo» specificò la figlia. «Credo che dovresti chiedere scusa a Teddy» aggiunse.

«Vic, non ce n'è bisogno» intervenne Teddy.

Victoire lo guardò seria. «Ce n'è assolutamente bisogno» replicò col tono di chi non vuole sentire ragioni. «Papà sto aspettando» si rivolse poi all'uomo.

Bill sbuffò. Sua figlia sembrava avere il caratterino della madre. «Victoire ha ragione, ho avuto una reazione esagerata. È che ho appena scoperto che sarò padre, diventare anche nonno sarebbe stato troppo da metabolizzare» scherzò Bill. «Ti chiedo scusa Teddy» aggiunse poi rivolgendosi al genero.

Victoire e Teddy sorrisero.

«Bill, tua figlia ti comanda a bacchetta» ridacchiò Ron.

«Zio fossi in te non riderei» lo fulminò con lo sguardo Victoire. «Questo malinteso è nato per colpa tua e delle tue intuizioni geniali» concluse.

«Più che Tassorosso sembri Serpeverde» borbottò Ron, ma dopo aver visto l'espressione della ragazza si zittì.

Dal tavolo dei Serpeverde si udirono delle risate di scherno nei confronti del rosso.

«Quel che stavo cercando di dire prima che lo zio Ron mi interrompesse», ricominciò a parlare Victoire, «è che io e Teddy», proseguì guardando il fidanzato, «ci sposeremo!» concluse sorridendo.

«Mais c'est assolutamente magnifique ma chérie!» esclamò Fleur andando ad abbracciare la figlia.

«È una notizia meravigliosa» la assecondò Ninfadora che andò ad abbracciare Teddy, seguita da un Remus emozionatissimo.

Bill invece permaneva immobile al suo posto, senza proferire parola.

«Signori Lupin è un onore conoscervi» disse Victoire rivolgendosi ai genitori di Teddy.

«Il piacere è nostro» le rispose Remus sorridendo.

I due futuri sposi ricevettero le congratulazioni dal resto della famiglia Weasley e, alla fine, Bill prese parola schiarendosi la gola. «Immagino che se mia figlia ha accettato di sposarti è perché ti ama e la rendi felice» disse. «Ma ricorda che ti tengo d'occhio» concluse guardando sospettosamente Teddy.

«Oh, ne sono sicuro» rispose il ragazzo. «Ma lei mi creda se le dico che amo sua figlia più di qualunque altra cosa al mondo» aggiunse.

Bill sorrise, tutto sommato Teddy sembrava un ragazzo per bene. Così, andò ad abbracciare sua figlia, che lo guardò contenta. Suo padre era un gelosone ma sapeva che, dopo averlo conosciuto, avrebbe voluto molto bene a Teddy.

A questo punto Silente si schiarì la gola. «È arrivato il momento di fare una pausa, tra poco sarà ora di pranzo. Continueremo le presentazioni nel pomeriggio, intanto chi si è già presentato potrà passare del tempo con i propri parenti» disse.

Teddy si girò verso i genitori sorridendo.

«Che ne dite di fare una passeggiata?» chiese Victoire.

«C'est un'idea fantastique» rispose Fleur.

Così i Weasley e i Lupin uscirono dalla Sala Grande e si avviarono verso il Lago Nero.

Harry, Hermione, Luna e Neville invece, decisero di restare al loro posto, aspettando il pranzo.

Dall'altra parte della Sala, un gruppo di Serpeverde parlava in modo fitto.

«Cosa ne pensate di queste presentazioni?» chiese Theodore Nott ai suoi amici.

«Che sono una perdita di tempo» rispose un annoiato Blaise Zabini.

«Blaise ha ragione» convenne Pansy Parkinson. «Insomma, la maggior parte di noi già sa con chi si sposerà, non vedo come conoscere i nostri futuri figli possa aiutarci» spiegò.

«E se non fosse così? Se sposassimo persone diverse da quelle che sono state scelte per noi?» chiese Daphne Greengrass.

«Credi davvero che gli accordi matrimoniali stipulati dai nostri genitori possano essere distrutti?» le domandò Astoria, speranzosa.

«Lo spero» le rispose candidamente Daphne.

«Cazzate» sputò Draco Malfoy con rabbia.

Gli amici lo guardarono. Ultimamente non riuscivano a capire quello che passava per la testa del biondo. Non che fosse mai stato facile comprendere i suoi pensieri, ma quell'anno sembrava particolarmente freddo e chiuso in sé stesso.

E come poteva non esserlo.

Da quando aveva ricevuto il Marchio Nero la vita di Draco era radicalmente cambiata. Sentiva sulle sue spalle il peso del compito che Colui-che-non-deve-essere-nominato gli aveva affidato. La vita dei suoi genitori dipendeva da lui. Se avesse fallito, loro sarebbero morti.

E adesso, dopo aver passato mesi a sopportare questo fardello, veniva a scoprire grazie alla presentazione della Weasley bionda, che tutta la sofferenza che stava provando sarebbe stata inutile.

Perché il Signore Oscuro avrebbe perso.

Paradossalmente, non fu il venire a conoscenza di questo fatto che sorprese il biondo, ma il provare sensazioni contrastanti in merito all'avvenimento. Sensazioni che a tratti non riusciva a definire.

Sapere che Voldemort sarebbe stato sconfitto lo faceva sentire leggero, quasi lo sollevava. Poi però si fermava a pensare a San Potter, alla Donnola e alla Sanguesporco e sentiva la rabbia ribollire dentro di sé. Avrebbero vinto loro. Come sempre.

«Draco» richiamò la sua attenzione Pansy. «Stai bene?» gli chiese.

Draco si volto verso di lei con uno sguardo gelido. «Sì Parkinson sto bene. Dovreste smetterla di chiedermelo tutti ogni cinque secondi come se fossi un malato terminale» disse tagliente. Poi si alzò e uscì dalla Sala Grande.

Gli amici lo guardarono andare via e Theodore scosse la testa. «Non capisco proprio cos'ha» disse.

«Io invece penso proprio di aver capito» affermò Blaise Zabini, colto da un'illuminazione improvvisa, fissando il punto in cui l'amico era scomparso. Si alzò. «Ci vediamo più tardi» disse agli amici e sparì anche lui dalla Sala Grande.

«Uomini... chi li capisce è brava» esclamò Pansy Parkinson sospirando.

Nel frattempo, sulla riva del Lago Nero, le famiglie Weasley e Lupin erano intente a chiacchierare giovialmente.

«Come vi siete fidanzati voi due?» chiese improvvisamente Arthur guardando i due futuri sposi.

Teddy si girò verso la fidanzata ridacchiando. «Credo che dovresti raccontarlo tu» le disse.

Victoire annuì.

«È accaduto durante le vacanze natalizie...» iniziò a raccontare.

Dicembre 2017

La Tana quel giorno pullulava di persone. Era il 25 dicembre e, come da tradizione, la famiglia Weasley al gran completo si era riunita per festeggiare insieme il Natale.
Come ogni anno Molly Weasley aveva preparato un delizioso pranzo per tutti i membri della sua numerosissima famiglia. L'atmosfera era festosa.

«Ron la smetterai mai di mangiare come un maiale?» domandò Percy al fratello mentre lo guardava con un'espressione schifata in volto.

«Io non fmanfgio come un fmaiale» rispose il più piccolo corrucciando la fronte.

«Certo, come no» rabatté Percy.

A quel punto Ron si girò verso sua moglie. «Tu non mi difendi?» le chiese.

«Difenderti vorrebbe dire negare l'evidenza» rispose lei.

Ron sbuffò.

«Ma ti amo anche per questo» aggiunse la moglie sorridendo.

Il rosso la guardò e un sorriso gli apparve in volto. «Ti amo» disse per poi tornare a mangiare.

Dall'altra parte del tavolo, gli innumerevoli nipoti dei Signori Weasley erano intenti in una discussione animata sul Torneo di Quidditch in corso. Ma non tutti erano interessati, anche se Rose non riusciva a capire come potessero esistere persone non interessate al Quidditch.

«Ehi Vic!» disse Dominique richiamando l'attenzione della sorella. «Allora?» le chiese rivolgendole uno sguardo curioso.

«Allora cosa?» rispose Victoire.

«Non fare la finta tonta, sai di cosa sto parlando» replicò la sorella scocciata. Odiava quando Victoire si comportava in quel modo.

«No, non lo so» ribatté la bionda senza scomporsi.

Dominique alzò gli occhi al cielo. «Hai parlato con Teddy?» domandò.

«No» rispose secca Victoire.

«E cosa aspetti a farlo?» rilanciò la sorella.

«Dominique smettila. Non abbiamo nulla da dirci» rispose infastidita la bionda.

«Certe volte non ti capisco» concluse Dominique lasciando cadere la conversazione.

La giornata passò piacevolmente e arrivò la sera. Mentre Molly Weasley stava preparando la cena, aiutata da Ginny e dalle nuore, gli uomini di casa erano convolti in profonde conversazioni sul Quidditch e sui bei tempi passati a Hogwarts. I più piccoli, invece, giocavano tra di loro. Inaspettatamente, qualcuno bussò alla porta.

Arthur Weasley andò ad aprire. «Teddy!» esclamò vedendo il ragazzo sulla soglia di casa.

«Buonasera Signor Weasley, buon Natale!» lo salutò Teddy educatamente.

«Anche a te figliolo. Vieni, entra» lo fece accomodare il padrone di casa.

«Teddy che piacere vederti! Come mai sei venuto a trovarci?» gli domandò Molly dopo averlo salutato.

Il ragazzo si grattò la nuca, in difficoltà. Era passato alla Tana perché voleva vedere Victoire e capire perché, negli ultimi giorni, la ragazza lo stava evitando. Ma non gli sembrava il caso di dirlo davanti a tutti. «Volevo semplicemente farvi gli auguri di Natale!» inventò su due piedi.

«Sei un tesoro» gli rispose Molly che sembrava aver creduto alla scusa pensata dal ragazzo. «Ovviamente fa come se fossi a casa tua» aggiunse l'anziana strega con un sorriso, per poi tornare ad occuparsi della cena.

Teddy annuì e salutò tutti i presenti. Successivamente si avvicinò a Victoire. «Dobbiamo parlare» le sussurrò all'orecchio.

«Non credo proprio» gli rispose immediatamente lei. Poi si allontanò e Teddy la perse di vista perché fu accerchiato dai più piccoli della famiglia.

Dopo alcuni minuti, durante i quali il ragazzo riuscì a liberarsi dalla morsa delle piccole pesti di casa Weasley, Dominique attirò la sua attenzione. «È uscita in giardino» lo informò.

Lo sguardo di Teddy s'illuminò. «Grazie Dom, ti devo un favore» le rispose.

Dominique sorrise, sperando che sua sorella ascoltasse ciò che Teddy aveva da dirle.

Fuori la Tana regnava la quiete.

L'erba del giardino era coperta da un alto strato di neve, così come i cespugli e i rami degli alberi spogli. Teddy si guardò intorno ed individuò immediatamente la figura snella di Victoire. Notò che la ragazza indossava semplicemente un maglione natalizio, così si avvicinò a lei e le poggiò il suo giubbino sulle spalle.

«Ti avevo detto che non volevo parlare con te» disse la bionda senza voltarsi verso il suo interlocutore.

«Lo so» rispose Teddy. «Non fai altro che ripetermelo ogni volta che cerco di avvicinarmi a te» aggiunse guardandola.

«A quanto pare non è bastato» osservò Victoire.

«No, infatti» confermò disse semplicemente Teddy, mettendosi di fianco a lei e guardando davanti a sé. Il giardino dei Weasley lo aveva sempre affascinato. Era enorme, talmente tanto che una volta da piccolo rischiò di perdervisi. «Victoire perché mi stai evitando?» 

La bionda chiuse gli occhi e si girò verso di lui con un gesto di stizza. «Perché? Hai veramente il coraggio di chiedermelo?» sbottò.

Teddy la guardò, ancora più confuso. «Vic ti giuro che non capisco cosa posso aver fatto per farti reagire così» le disse sinceramente.

Victoire sospirò. Aveva cercato di evitare questo confronto per giorni, ma sapeva che prima o poi sarebbe avvenuto. Così raccolse tutto il coraggio che aveva e decise di parlare chiaramente all'amico. «Teddy in questi ultimi mesi noi... ci siamo avvicinati» parlò piano.

Lui la guardò dolcemente. «È vero» confermò.

«Allora come puoi dirmi che non capisci perché sono arrabbiata!» proruppe Victoire.

Teddy la guardò smarrito. «Se sapessi cosa è successo credi che starei qui a pregarti di dirmelo?!» replicò spazientito.

«Oh ma certo adesso fai anche l'offeso» lo attaccò la ragazza.

«Per Tosca Vic, non sto facendo l'offeso voglio solo sapere che succ...»

«Succede che sono innamorata di te e tu fai piani con mia sorella su come dichiararti a un'altra!» gridò Victoire, mentre i suoi occhi si inumidivano.

Teddy restò a bocca aperta. «Tu sei innamorata... io faccio piani... con Dominique...» iniziò a farfugliare il ragazzo, incredulo.

Dal canto suo, Victoire avrebbe voluto che la terra la inghiottisse. Non si era mai sentita così tanto in imbarazzo in vita sua. Si era sentita tradita. Pensava veramente che tra lei e Teddy ci fosse qualcosa, ma quando aveva origliato una conversazione tra il ragazzo e sua sorella, le era crollato il mondo addosso.

Teddy era innamorato, ma non di lei.

Le lacrime iniziarono a scendere sul volto della giovane.

Teddy sentì la ragazza singhiozzare e si riprese dallo shock. «Victoire» la chiamò, ma la ragazza non si voltò. «Victoire, guardami» riprovò, serio.

Tuttavia, la bionda non accennava a volersi voltare verso di lui. Quindi Teddy decise di spostarsi di fronte a lei, costringendola a guardarlo. «Victoire io non so cosa tu possa aver pensato» iniziò a parlare Teddy, «ma immagino che tu abbia ascoltato una conversazione tra me e Dom, visto che è l'unica persona con cui ho parlato dei miei sentimenti» continuò guardando la ragazza che abbassò lo sguardo, colta sul fatto. «Qualunque cosa tu creda di aver sentito, non corrisponde alla realtà» le disse. «Anche se, tra le cose che hai detto, ce n'è una vera. Io mi sono innamorato» continuò il ragazzo.

Victoire sorrise amaramente.

«Mi sono innamorato della ragazza più bella che io conosca. Mi sono innamorato di te» terminò Teddy.

Victoire alzò la testa di scatto, con gli occhi spalancati. Non poteva crederci. Non poteva essere vero. Aveva sentito con le sue orecchie Dominique dire a Teddy che lo avrebbe aiutato a fare una sorpresa ad Agnes Mason, sua compagna di stanza ad Hogwarts. E ricordava perfettamente la sensazione che aveva provato. Si era sentita così stupida. Il ragazzo che amava si era innamorato della sua compagna di dormitorio, la compagna che lei stessa gli aveva presentato.

«Ora mi prendi anche in giro?» gli chiese.

«Vic ti sembro il tipo che potrebbe scherzare su una cosa del genere?» le rispose il ragazzo. «Lo hai detto tu stessa che negli ultimi mesi ci siamo avvicinati molto» sottolineò.

«Ma io ho sentito che tu dicevi a Dominique di Agnes, insomma, me lo ricordo» disse Victoire.

Teddy la guardò smarrito. Agnes? Non sapeva neanche chi fosse questa Agnes. Stava per aprire bocca, quando ebbe un'illuminazione. «Stai parlando della tua compagna di stanza ad Hogwarts?!» domandò Teddy sorpreso.

«Certo» rispose Victoire. «Ho sentito Dominique dirti...» iniziò a spiegare ma fu interrotta dalla risata di Teddy. Victoire corrugò la fronte.

«Non hai capito niente» le disse il ragazzo divertito. «Dom mi stava dicendo che mi avrebbe aiutato a fare una sorpresa a te, ma che avremmo dovuto trovare il modo di far stare lontana questa Agnes, altrimenti c'era il rischio che la sorpresa se la beccasse lei. Credo che mi abbia detto che Agnes è, cito testualmente, "sempre in mezzo alle pluffe"» concluse ridendo.

Victoire si sentì un'idiota. Teddy aveva ragione, non aveva capito niente.
Ora che ci pensava, mentre origliava la conversazione tra lui e sua sorella, si era distratta per pochi secondi perché aveva sentito la porta d'ingresso sbattere.
Dal volto della ragazza trasparivano imbarazzo e vergogna per la figuraccia appena fatta.

Teddy, che la stava osservando, le sorrise.

«Io...» Victoire voleva scusarsi in qualche modo, ma non fece in tempo a dire neanche due parole perché le morbide labbra di Teddy si posarono sulle sue.
Non ricambiò immediatamente il bacio, colta alla sprovvista, ma non appena realizzò ciò che stava accadendo affondò le dita nei capelli di Teddy. Il ragazzo, in risposta, avvicinò ancora di più il corpo di Victoire al suo e le strinse i fianchi, continuando a baciarla.

Quando si staccarono sorrisero entrambi.

«Ti amo, Victoire Weasley» disse Teddy.

«Ti amo anch'io, Teddy Lupin» rispose Victoire.

Quando Victoire terminò il suo racconto Fred e George stavano ridendo come pazzi.

«Non siete divertenti zii» commentò la ragazza imbronciata.

«Se prima avevamo dubbi sul fatto che fossi una Weasley, ora non ne abbiamo più» disse George.

«Anzi, penso anche di sapere da chi hai ripreso la capacità di capire sempre fischi per fiaschi» ghignò Fred.

Victoire sbuffò, sapendo dove sarebbero andati a parare quei due.

«Da chi l'ha ripresa?» chiese ingenuamente Ron.

«Ma da te Ron-Ron!» gli risposero in coro i gemelli.

«Non mi chiamo Ron-Ron» sottolineò il rosso guardandoli male. «E poi non capisco sempre fischi per fiaschi» aggiunse.

«Ma se pensavi che Victoire fosse incinta» gli ricordò Ginny.

Ron aprì la bocca per replicare, ma poi la richiuse, non sapendo che dire.

«Forse dovremmo rientrare» fece notare Remus, che aveva ascoltato incantato il racconto di Victoire.

«Hai ragione» convenne Arthur. «Ormai staranno servendo il pranzo» aggiunse.

Così le due famiglie s'incamminarono verso la Sala Grande.

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Capitolo 5
*** Non c'è niente che una Weasley non può fare ***


Quando i Weasley e i Lupin tornarono in Sala Grande, la trovarono di nuovo gremita di studenti. Alcuni di loro lanciavano delle occhiate curiose a Teddy e Victoire, oltre che a quelle strane figure avvolte da tuniche blu che sedevano a un tavolo distanziato da tutti gli altri, probabilmente chiedendosi chi fossero. 

Al tavolo dei Serpeverde c'erano due posti vuoti. Blaise Zabini e Draco Malfoy non erano ancora tornati.

«Dove credete che siano andati?» domandò Astoria ai suoi amici.

«Non ne ho idea» rispose Pansy. «Ma faranno meglio a tornare presto se vogliono mangiare qualcosa» aggiunse alludendo al pranzo che era stato servito già da una buona mezz'ora.

Nel frattempo, nella Torre di Astronomia, un ragazzo biondo osservava pensieroso il cielo, quel giorno piuttosto nuvoloso.

«Draco» lo richiamò una voce che il Serpeverde conosceva fin troppo bene.

«Blaise non ho voglia di una seduta dallo psicologo».

«Sei di nuovo tornato a chiamarmi per nome? Facciamo passi da gigante».

Draco sbuffò. L'ultima cosa che voleva in quel momento era stare a sentire l'amico.
Blaise si mise seduto accanto a lui, davanti alla finestra che dava sul giardino di Hogwarts. Dopo qualche istante decise di rompere il silenzio che aleggiava tra di loro.

«Devo chiederti scusa» affermò, continuando a guardare davanti a sé.

Draco, intento a contemplare il cielo, corrugò la fronte e si girò verso di lui. «Per cosa?»

«Per non aver capito che cosa stava succedendo» rispose Blaise.

Draco si allarmò, l'amico non poteva aver scoperto cosa lo turbava così tanto, non doveva scoprirlo. Tuttavia, la preoccupazione sul suo volto durò solamente pochi secondi. Infatti, senza sforzarsi troppo, riuscì a controllare le sue emozioni e ad indossare nuovamente la maschera d'indifferenza che era solito portare. Sapeva però che difficilmente sarebbe riuscito ad ingannare Blaise. Lo conosceva troppo bene.

«So che ora mi dirai che sto delirando» continuò lui che, come Draco aveva immaginato, si era accorto dell'impercettibile mutamento d'espressione sul suo volto. «Ma so anche che è una bugia».

«E quindi cosa vuoi che ti dica?» chiese freddamente Draco.

«Voglio che tu mi dica come stai veramente».

Il biondo gli rivolse una risatina di scherno. «Te l'ho detto mille volte, sto b...»

«Smettila di dire cazzate Draco!» lo interruppe perentoriamente Blaise. «So che non stai bene e sono stanco di essere trattato come se fossi un idiota da te. Per cui ora tu smetterai di dire bugie agli altri e a te stesso e mi racconterai che cosa diavolo ti passa per la testa».

Draco scrutò l'amico. Non lo aveva mai visto così serio. Il suo volto era teso, la mascella serrata, la fronte corrucciata. Si rese conto che quella che vedeva riflessa negli occhi scuri e spesso impenetrabili di Blaise era preoccupazione. Mai come in quel momento l'impulso di sfogarsi con lui e di raccontargli tutto ciò che era successo lo avvolse. Ma non poteva farlo. Doveva essere un segreto, non poteva permettersi di rischiare. Se si fosse confidato con Blaise e avesse poi incontrato il Signore Oscuro, era sicuro che quest'ultimo avrebbe utilizzato la Legilimanzia su di lui e ciò sarebbe equivalso a una condanna a morte non solo per i suoi genitori, ma anche per l'amico. Draco sapeva di essere un bravo Occlumante, ma non era affatto certo di riuscire a resistere a Colui-che-non-deve-essere-nominato. Per questo non poteva rischiare. Non se il prezzo da pagare sarebbero state le vite delle tre persone più importanti per lui. Sì, perché anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, Blaise Zabini era il suo migliore amico e senza di lui sarebbe stato perso.

«Non so cosa tu pensi che stia succedendo» parlò finalmente il biondo, «ma ti stai preoccupando per niente».

«Draco...» iniziò a dire Blaise.

«No Blaise, sul serio» lo interruppe, «non è successo nulla di grave. Sono solo un po' stressato» continuò guardandolo. «Ora, se non ti dispiace tornerei in Sala Grande, credo che l'ora di pranzo stia per terminare e vorrei mangiare qualcosa» disse alzandosi e uscendo dalla Torre di Astronomia.

Rimasto solo, Blaise sospirò pesantemente. Sapeva che Draco stava mentendo, ma soprattutto, sapeva benissimo cosa stava accedendo all'amico. In quel momento si stava dando mentalmente dell'idiota per non averlo capito prima. Gli indizi erano sempre stati lì, davanti ai suoi occhi.

Aveva notato che dall'inizio dell'anno scolastico Draco continuava a toccarsi ossessivamente il braccio sinistro. Aveva pensato che si trattasse di una sorta di tic, dovuto magari allo stress. Ma l'amico aveva passato altri periodi della sua vita sotto stress e non aveva mai sviluppato nessun tipo di tic.

Aveva notato che alla fine degli allenamenti di Quidditch Draco aspettava sempre che andassero via tutti per cambiarsi, come se improvvisamente si vergognasse di spogliarsi davanti agli altri. O come se avesse qualcosa da nascondere. E infatti ogni volta che lui si offriva di aspettarlo per tornare insieme al Castello, inventava una scusa per farlo andare via.

E poi c'era il suo atteggiamento.
Draco era sempre stato piuttosto arrogante e scorbutico, ma quell'anno era diverso. Era sempre teso, costantemente in guardia. Tuttavia, fu solo la visione della dura espressione dipinta sul suo volto dopo aver appreso la notizia della futura sconfitta del Signore Oscuro che gli fece mettere insieme i pezzi.

Ora Blaise capiva perché Draco si comportava in quel modo ma non poteva aiutarlo se lui si ostinava a mentire e a tagliarlo fuori dai suoi pensieri.
"Come al solito sarò io a dover confessare per primo" pensò sbuffando. Sì osservò stancamente il braccio sinistro, soffermandosi con lo sguardo sull'avambraccio. Presto anche lui sarebbe stato costretto a ricevere quel maledetto Marchio.

— — —

In Sala Grande l'atmosfera era leggera. Gli alunni chiacchieravano piacevolmente fra di loro e, quando l'ora di pranzo finì e i più piccoli tornarono nei loro dormitori, Silente prese parola. «Ora che il pranzo è terminato, possiamo riprendere con le presentazioni». Si girò verso un'incappucciata e, tendendogli una mano, la invitò a mettersi al suo posto.

Raggiunta la postazione la sconosciuta si tolse la tunica.

«Tu sei sicuramente una Weasley!» esclamò Fred non appena notò i suoi corti e sbarazzini capelli rossi. Sul volto della ragazza si dipinse un sorrisetto furbo.

«Sì, sono una Weasley» confermò. «Mi chiamo Dominique, ho 19 anni e sono la fantastica secondogenita di Bill Weasley e Fleur Delacour» proseguì. Poi si girò verso i genitori, che stavano sorridendo. «Maman, papà, come vedete vi è uscito un capolavoro».

Bill ridacchiò. «Ora capisco perché Victoire ha detto che sei modesta» disse.

«Cosa posso dire, la modestia non mi appartiene, dopotutto sono una Serpe» rispose Dominique facendogli un occhiolino.

Bill spalancò la bocca, incredulo.

«Una Serpe?!» esclamò Ron con un tono di voce piuttosto acuto.

Dominique si girò verso di lui e ghignò. «Sì zio, una vera e propria Serpeverde. Durante gli anni trascorsi ad Hogwarts sono stata anche la cacciatrice della squadra di Quidditch» raccontò fiera.

«Te l'avevo detto che non ero l'unica Weasley a non essere stata smistata in Grifondoro» gli sussurrò Victoire.

Ron si girò verso la bionda, sconcertato.

Il silenzio fu spezzato da una grassa risata proveniente dal tavolo dei Serpeverde.

«Malfoy esattamente cos'è che ti fa tanto ridere?» chiese acidamente Ron, riprendendosi dallo stupore.

«La tua faccia Weasley, mi pare ovvio» rispose il biondo. «Anche se forse dovrebbe farmi piangere».

Il volto di Ron iniziò a diventare rosso fuoco.

«Non sei divertente, Malfoy» intervenne Hermione in difesa dell'amico.

«Nessuno ti ha interpellato, Mezzosangue» ribatté il giovane.

«Basta così» intervenne Silente con voce grave. «Signor Malfoy questi toni non sono accettati ad Hogwarts, se vuole continuare a partecipare all'incontro veda di moderarli» aggiunse serio, rivolgendosi al Serpeverde.

Draco fece una smorfia contrariata ma non disse nulla.

«Bene, per l'espressione appena usata sottrarrò cinquanta punti a Serpeverde» decretò Silente.

«Cinquanta punti?!» esclamò Blaise Zabini che era tornato in Sala Grande e sedeva regolarmente al suo posto.

«Sì Signor Zabini. Ha qualche obiezione?» gli domandò l'anziano mago.

Il moro digrignò i denti ma poi scosse la testa.

«Perfetto allora, Signorina Weasley può proseguire con la sua presentazione» disse Silente rivolgendosi alla ragazza proveniente dal futuro.

Blaise si avvicinò a Draco, che gli era seduto accanto. «Tieni a freno la lingua, altrimenti il vecchio ci toglierà tutti i punti conquistati» sussurrò.

«Lo so Blaise, è stata solo una leggerezza» gli rispose il biondo scocciato. Poi si girò verso il tavolo dei Grifoni e, notando il sorrisino soddisfatto dell'insopportabile So-tutto-io, sentì la rabbia iniziare a ribollire dentro di lui. Gliel'avrebbe pagata.

«Allora, come stavo dicendo faccio orgogliosamente parte della Casa di Salazar Serpeverde» riprese Dominique «e devo dire che sono piacevolmente sorpresa dalla reazione di mio zio» continuò guardando Ron, «nel futuro non hai parlato per minuti e hai anche rischiato di svenire, qui l'hai presa piuttosto bene» concluse con un sorrisetto furbo.

Ginny e i gemelli ridacchiarono.

«Non è divertente» disse Ron infastidito. «Dovresti iniziare a trattarmi meglio, visto che sono tuo zio» concluse imbronciato.

Dominique sorrise leggermente. «Zio, io con te scherzo sempre, non te la prendere» disse con una finta aria angelica.

Ron sbuffò. «Non me la racconti giusta» borbottò.

«Comunque» proseguì Dominique, «attualmente sto studiando per diventare Auror».

«Auror?!» esclamò Bill. «Ma ne sei sicura? Insomma, ci sono così tante professioni belle, tranquille...» iniziò a dire frettolosamente.

«Papà» lo interruppe Dominique, «ci ho pensato molto bene e sì, è questo quello che voglio fare» gli rispose seria.

«Immagino che non ti farò cambiare idea» sospirò sconsolato il padre.

«Esattamente» sorrise vittoriosa la ragazza.

«E comment sta andando l'addestramento?» domandò curiosa Fleur con un dolce sorriso.

«Beh...» iniziò a dire Dominique. «Diciamo che l'ultima prova non è andata benissimo» disse leggermente in difficoltà.

«La deve ripetere perché non l'ha superata» chiarì Teddy.

«Non c'era bisogno del tuo intervento» gli rispose acidamente l'interessata.

«Non sei stata molto chiara» le disse furbescamente il ragazzo, per poi farle una linguaccia.

Dominique sbuffò e girandosi vide suo padre agitare il braccio in un gesto vittorioso.

«Papà stai festeggiando perché non sono passata?!» gli chiese incredula e leggermente risentita.

«Il fatto che non possa farti cambiare idea non implica che non possa sperare che tu decida di cambiare lavoro volontariamente» spiegò tranquillamente Bill.

Dominique restò sbalordita, mentre Victoire ridacchiava sotto i baffi.

«Forse anche tu saresti dovuto finire a Serpeverde» notò Ginny.

«Esagerata» ribatté il fratello.

«Ma chérie la prossima volta che farai la prova la supererai sicuramente» intervenne Fleur cercando di incoraggiare la figlia.

«Grazie maman» le sorrise Dominique. «Non ho nient'altro da aggiungere, quindi a meno che non abbiate domande, la mia presentazione è terminata» disse.

«Non ci hai detto chi sono i tuoi padrini» le fece notare Harry.

«Oh, giusto» disse Dominique. «Il mio padrino sei tu» continuò rivolgendosi al Grifondoro, che fu sorpreso da quella notizia.

«Io?!» chiese Harry.

«Sì, maman ti ha scelto come mio padrino per ringraziarti ancora una volta di aver salvato zia Gabrielle durante il Torneo Tremaghi» spiegò la ragazza.

«Capisco» rispose Harry. «Grazie Fleur, è un onore» disse allora alla francese, che gli sorrise in risposta.

«Puoi dirlo forte!» intervenne Dominique, facendo l'occhiolino al Grifondoro.

Harry ridacchiò, era veramente molto modesta.

«Invece la mia madrina è l'incredibile e inimitabile zia Ginny!» annunciò Dominique entusiasta, guardando la rossa.

«Io?!» esclamò Ginny stupita e lusingata. «Suppongo di doverti ringraziare, Bill» disse allora rivolta al fratello.

«Non è stato papà a sceglierti come mia madrina, è stata maman. Papà non ha potuto scegliere nessuno» chiarì Dominique, ridacchiando poi in direzione del padre, che sbuffò.

Ginny rimase sbalordita. Fleur l'aveva scelta come madrina? Ma non si sopportavano! O almeno era quello che credeva. «Oh» disse sommessamente la Grifondoro. «Allora grazie, Fleur» continuò incerta, rivolgendosi alla francese.

«De rien!» le rispose lei sorridendole. «Non avrei potuto choisir meglio!»

Ginny sorrise imbarazzata, non si aspettava che Fleur avesse un'opinione così alta di lei. Forse, pensò, avrebbe dovuto darle una possibilità.

«Bill, credo proprio di averci indovinato quando ho detto che ti comandano a bacchetta» ridacchiò Ron.

«Zio» lo richiamò Dominique con un tono inaspettatamente dolce, «non credo ti convenga parlare prima di conoscere la tua futura famiglia» disse con un'espressione che era tutta un programma.

Il sorriso sul volto di Ron scomparve. «P-perché?» chiese timorosamente.

«Vorrei risponderti, ma non tocca a me farlo purtroppo» ribatté Dominique sospirando teatralmente. «Detto questo, la mia presentazione è finita. Fratello, puoi venire a presentarti» annunciò rivolgendosi a un incappucciato che, dopo le sue parole, si alzò.

«Un altro Weasley, fantastico» si sentì dire da Blaise Zabini con la sua solita aria annoiata.

«Se non sei interessato puoi anche andare via» gli rispose acidamente Ginny Weasley dal tavolo dei Grifoni.

«Ritira gli artigli Weasley, non c'è bisogno di agitarsi così tanto» replicò il Serpeverde con un sorrisetto impertinente.

«Attento a te Zabini» intervenne Ron in difesa della sorella minore.

«È una minaccia?» lo sfidò Blaise.

«D'accordo basta così» intervenne Dominique, che nel frattempo si era avvicinata al tavolo Grifondoro per salutare la sua famiglia.

«Basta?! Ma da che parte stai tu?» esclamò Ron, guardando la nipote di sottecchi.

«Ron, Dominique ha ragione. Non ne vale la pena» intervenne la sorella.

Il rosso sembrò pensarci su un attimo, ma poi decise di non dire nulla.

Ginny si girò verso Zabini e lo scoprì a fissarla. Aggrottò la fronte e lo fulminò con lo sguardo.

Il moro sorrise furbescamente.

La Grifondoro roteò gli occhi e distolse lo sguardo dal tavolo dei Serpeverde. Blaise Zabini era veramente un pallone gonfiato, pensò.

Blaise era ancora intento a fissare Ginevra Weasley, cercando di metterla quanto più possibile a disagio, quando sentì un dolore acuto all'altezza delle costole. «Ma che cazzo ti salta in testa?!» sussurrò con rabbia al biondo che gli aveva appena dato una gomitata. «Probabilmente mi hai incrinato una costola» aggiunse lamentandosi.

Draco lo guardò con la solita espressione di sdegno stampata in faccia. «Quanto sei melodrammatico» disse. Poi sorrise maliziosamente. «Quello che vorrei sapere è cosa salta in testa a te» aggiunse alludendo al comportamento dell'amico nei confronti della più piccola dei Weasley.

Blaise lo guardò, imperturbabile. «Mi stavo annoiando» gli rispose semplicemente.

Draco studiò il volto dell'amico e scosse la testa, senza aggiungere altro.

Nel mentre Dominique aveva abbracciato tutti i suoi parenti, stringendo sua zia Ginny in un lungo e caloroso abbraccio, sorprendendola. «Bene, ora posso andarmi a sedere con gli altri» esordì la ragazza.

«Con gli altri? Non ti siedi qui?» chiese Bill confuso.

«Qui?!» esclamò Dominique. «Papà non potrei mai sedermi al tavolo Grifondoro. Sono una Serpe. Nel futuro c'è più armonia tra le Case ma certe rivalità restano intatte!» sottolineò fiera.

«Ma c'è tutta la tua famiglia qui, perché mai dovresti...» iniziò a dire Bill.

«Papà dai avremo tempo per stare insieme!» lo interruppe la figlia.

«Dominique non fare la ragazzina viziata e siediti» intervenne Victoire guardandola con un'espressione di rimprovero.

«Vic, smettila di trattarmi come una bambina, hai solo un anno in più di me, quindi...» iniziò a risponderle la rossa.

«Tu ti siederai ici» la interruppe Fleur, seria.

Dominique si voltò lentamente verso di lei. «Maman...» iniziò a replicare.

«Non voglio sentire nulla. Siediti» le disse la madre.

Dominique, che conosceva benissimo l'espressione seria e decisa della francese, capì che sarebbe stato meglio non contraddirla, quindi si arrese. «D'accordo» disse alzando gli occhi al cielo, «ma mi siedo vicino a zia Ginny» aggiunse.

«Va bene» acconsentì Fleur.

Così prese posto vicino alla zia, che la guardava incuriosita. «Sei veramente testarda» osservò a bassa voce, rivolgendosi alla nipote.

Dominique sorrise.

«Ma Fleur ti sa rimettere in riga» sottolineò Ginny.

«Maman è la dittatrice della famiglia» le rispose ridacchiando.

«Non so perché ma lo avevo intuito!» scherzò la Grifondoro. «Dominique» la richiamò poi.

«Dimmi zia».

«Mi sembra di capire che io e te siamo molto legate...»

Dominique sorrise. «Sì» confermò. «Per me sei un grande esempio».

Le parole della nipote fecero molto piacere a Ginny, che sorrise.

«Stasera ti racconto di quando mi hai insegnato a volare» disse Dominique.

«Te l'ho insegnato io?» chiese stupita la Grifondoro.

«Certo» rispose la nipote. «Sei la migliore in famiglia» terminò facendole l'occhiolino.

Luglio 2013

«No zia, non ci riesco!» piagnucolò una bambina dai capelli rossi e dai vispi occhi azzurri.

«Certo che ci riesci! Non c'è niente che una Weasley non può fare» le rispose una giovane donna dalla folta chioma rossa.

«Ho paura» disse la bambina sottovoce.

Sentendo le sue parole, la zia le sorrise dolcemente, la prese per mano e la invitò a sedersi con lei sull'erba. «È normale avere paura» disse. «Ma le paure sono fatte per essere superate» concluse.

«Non so se posso riuscirci» replicò la piccola con lo sguardo basso.

«Puoi provarci» disse allora la zia.

La bambina alzò gli occhi e la guardò. «Mi aiuterai?» le chiese.

«Certo! Voleremo insieme» le rispose la donna.

Il volto della piccola s'illuminò. Aveva sempre ammirato sua zia e la sua abilità di volare così in alto nel cielo ed essere sempre elegante. «Va bene» acconsentì allora sorridendo, con una scintilla di impazienza negli occhi.

«Questa è la Dominique che conosco» le disse la zia facendole l'occhiolino.

La bambina sorrise, si alzò e andò a recuperare la scopa che aveva lasciato a terra poco lontano da lì. «Sono pronta zia» annunciò con entusiasmo.

«Benissimo, allora iniziamo».

— — —

Il vento che le sfiorava il volto, le case che sembravano dei puntini lontani, le nuvole che credeva di poter toccare facendo uno sforzo leggermente maggiore, il profumo della zia che volava accanto a lei e la faceva sentire al sicuro. Se qualcuno avesse chiesto a Dominique cosa le era rimasto impresso della prima volta che aveva volato, questa sarebbe stata la risposta.

Fino a quel pomeriggio estivo trascorso con sua zia, la piccola Serpeverde non era mai riuscita a volare. Madame Bumb, durante le sue lezioni, aveva provato più e più volte a farle superare la paura ma non c'era mai riuscita.

Dominique non avrebbe saputo spiegare il perché, ma con sua zia Ginny tutto le sembrava diverso, più facile. Tra di loro c'era un legame profondo, qualcosa che era quasi paragonabile al rapporto che aveva con la sua maman. Zia Ginny era quella persona a cui Dominique si rivolgeva ogniqualvolta avesse un problema, ed era la persona che sapeva sempre come aiutarla.

«Quando lo rifacciamo?» chiese la bambina non appena mise piede a terra.

Ginny ridacchiò. «A vederti ora non si direbbe che poco tempo fa eri terrorizzata».

«Non ero terrorizzata! Ero solo un po' indecisa!» replicò la piccola.

«Ma davvero? Mi sembrava avessi detto che avevi paura» le fece notare la zia.

«Mi sono sbagliata. Una Serpe non ha paura di nulla» le rispose Dominique, riacquistando la sicurezza e la spavalderia che la contraddistinguevano.

«Giusto... e tu sarai la regina delle Serpi» le diede corda Ginny, che sapeva quanto la nipote avesse un'alta considerazione di se stessa.

«Esatto» confermò Dominique. Dopo alcuni momenti di silenzio, la piccola parlò nuovamente. «Zia?» la chiamò.

«Dimmi».

«Ti ricordi quella cosa che mi hai detto prima sulle paure? Che sono fatte per essere superate?»

«Sì».

«Una volta zio George mi ha detto una cosa simile» disse Dominique.

«Simile?» le chiese Ginny, mentre nella sua mente iniziava a sorgere una mezza idea di quello che il fratello aveva potuto dire alla nipote.

«Sì» confermò la bambina. «Mi ha detto che è normale che ad Hogwarts esistano regole. Ma le regole sono fatte per essere infrante» spiegò. «Me l'ha detto l'anno scorso, poco prima di salire sul treno».

Ginny chiuse gli occhi, per niente stupita dalle parole della nipote. Il primo pensiero che le passò per la testa fu che avrebbe fatto una bella ramanzina al fratello non appena lo avesse visto. Poi però pensò a Fred e a come avrebbe dato man forte al gemello se fosse stato lì, con loro. La rossa sorrise, malinconica.

«Zia? Ci sei?» la richiamò Dominique, destandola dai suoi pensieri. «Non mi rispondi perché non mi credi?» le chiese.

Ginny la guardò dolcemente.

«Certo che ti credo! Dire una cosa del genere è assolutamente da George!» le rispose.

E da Fred. Pensò.

 

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Capitolo 6
*** Le regole esistono per essere infrante! ***


Dopo la presentazione di Dominique un incappucciato prese il posto precedentemente occupato dalla ragazza, posizionandosi di fronte ai tavoli delle quattro Case e a quello dei suoi parenti e amici. Con un gesto veloce ed elegante si tolse il cappuccio, lasciando scoperto il suo bellissimo volto. Molte delle ragazze presenti in Sala Grande lo guardarono imbambolate. Aveva dei capelli biondi molto sbarazzini, gli occhi di un azzurro cristallino e dei lineamenti gentili. Sul naso e sulle guance aveva delle lentiggini chiare, che non lasciavano dubbi sulla sua famiglia.

«Buon pomeriggio a tutti» esordì con un sorriso. «Sono Louis Weasley, ho 18 anni e sono il terzo e ultimo figlio di Bill Weasley e Fleur Delacour» disse guardando i suoi genitori.

«Avremo anche un figlio maschio!» esclamò Bill, voltandosi verso Fleur e baciandola.

Una volta staccatasi dalle labbra del futuro marito, la francese ridacchiò. «Così pare, mon amour».

«Sono contento che tu sia contento, papà» riprese Louis. «Comunque, ho finito da poco i miei studi a Hogwarts dove sono stato smistato in Corvonero». 

«Corvonero?» ripeté Bill, leggermente deluso. «Quindi nessuno di voi è stato smistato in Grifondoro?» chiese conoscendo già la risposta.

«Mi dispiace papà, ma no, nessuno dei tuoi figli è Grifondoro» rispose Louis alzando le spalle.

«Non dispiacerti tesoro, non è assolutamente un problème» intervenne Fleur lanciando a Bill uno sguardo di rimprovero.

«Ma certo, sono contentissimo che tu sia Corvonero! E che Victoire sia Tassorosso... e Dominique... Serpeverde» si sbrigò a chiarire Bill, anche se dal tono non traspariva poi così tanta sicurezza.

«Tranquillo papà, ti ci devi solo abituare» lo rassicurò il figlio sorridendogli.

«Ora capisco da chi avete ripreso voi due» intervenne Ron rivolgendosi alle nipoti sedute al suo stesso tavolo.

Sentendolo, Fleur si girò verso di lui. «C'è qualcosa che vorresti dirmi?» gli domandò con un tono fintamente cordiale.

«N-no... tutto a posto» rispose titubante Ron, abbozzando un sorriso. Spaventare la gente col solo sguardo doveva essere un dono di famiglia.

«Devo dargli assolutamente una possibilità» sussurrò Ginny ridacchiando, facendo riferimento a Fleur.

«Oh non te ne pentirai zia» le rispose Dominique, l'unica ad averla sentita.

«Come stavo dicendo, ho terminato da poco i miei studi ad Hogwarts e sono ancora un po' incerto su cosa fare» riprese a parlare Louis. «Sono molto affascinato dal lavoro di papà, quindi ho pensato di seguire la sua stessa carriera ma mi piacciono molto anche i draghi, quindi potrei seguire le orme di zio Charlie» spiegò.

Alla parola draghi, Bill divenne più pallido di un lenzuolo. Stava per aprire bocca per cercare di far desistere il figlio dallo scegliere la seconda opzione, ma Fleur lo anticipò. «Io e ton papà ti appoggeremo in ogni caso» disse al figlio sorridendogli amabilmente. «Vero?» chiese poi a Bill con un tono dolce, che tuttavia nascondeva una minaccia non così velata.

«C-certo» replicò il rosso, grattandosi la testa con una mano, pensando che il Bill del futuro doveva essere davvero molto paziente per non impazzire, visto che viveva con tre donne con quel caratterino.

Louis ridacchiò. «Non c'è molto altro da aggiungere su di me, il mio padrino è mio zio George, mentre la mia madrina è sua moglie di cui non posso fare il nome» aggiunse.

«George ti sposerai!» esclamò Fred euforico, girandosi verso il gemello che sembrava scioccato. «George?» lo richiamò. Ma il gemello non accennava a muoversi.

«Che strano, questa reazione me la sarei aspettata da Ron» osservò Ginny guardando il fratello che, sentendo le sue parole, sembrò ridestarsi.

«Ci sono, ci sono, stavo solo pensando a chi sarà la fortunata» disse George ammiccante.

«Sì certo» ribatté Ginny.

Fred ridacchiò mentre George la guardò male. «Grazie Bill, grazie Fleur, sono molto felice di essere il padrino di Louis» disse cambiando discorso.

«Avete qualche domanda?» domandò Louis.

«Io ne ho una» parlò una voce femminile proveniente dal tavolo delle Serpi.

Tutti si girarono sorpresi verso la giovane che aveva parlato.

«Che c'è? Vi stupisce così tanto che una Serpe sia curiosa?» chiese acidamente Daphne Greengrass. 

Nessuno rispose, ma qualcuno, dal tavolo dei ragazzi del futuro, ridacchiò.

«Dimmi Daphne» le rispose gentilmente Louis.

Sul volto della ragazza si dipinse un'espressione stupefatta. Un Weasley che la chiamava per nome? Il futuro doveva essere veramente strano. Decise di non pensarci. «Guardandoti mi sembra quasi che tu sia di una bellezza... sovrannaturale» iniziò a spiegare la ragazza.

«Greengrass ci stai provando con nostro nipote?» la presero in giro i gemelli.

«Cosa? NO!» si affrettò a dire Daphne, arrossendo violentemente. «Quello che cercavo di dire è che...»

«Ho capito cosa intendi» le sorrise Louis, «ed è proprio quello che pensi. Sono in parte veela, grazie a mia madre. E lo sono anche Vic e Dom» concluse.

Daphne Greengrass sorrise. Aveva ragione. Come sempre. «Grazie» disse quindi al giovane Weasley.

«Figurati» le rispose lui.

Questo scambio di battute cordiali sorprese più di una persona in Sala Grande. Vedere Daphne Greengrass che ringraziava qualcuno era un evento raro. Ma vedere Daphne Greengrass che ringraziava un Weasley era un evento unico e irripetibile.

«Bene, non mi sembra che ci siano altre domande, quindi la mia presentazione è terminata» concluse Louis per poi andare a salutare i suoi innumerevoli parenti.

Un incappucciato dal tavolo dei ragazzi del futuro si alzò, pronto a presentarsi ma Silente gli fece cenno di fermarsi. «Si è fatto tardi, è quasi ora di cena. Riprenderemo le presentazioni domani» annunciò.

Nella Sala si levò un mormorio di protesta da parte degli studenti maggiormente interessati a conoscere i ragazzi provenienti dal futuro.

Tale curiosità non era certamente condivisa dai Serpeverde, almeno non da tutti.

«Finalmente questo strazio è finito» esordì Blaise Zabini.

«Incredibile da dire, ma concordo con te» gli diede corda Draco Malfoy.

Pansy Parkinson si voltò verso di lui, stupita che dalla sua bocca non fosse uscito un commento cattivo e tagliente come accadeva sempre nell'ultimo periodo.

«Io l'ho trovato un piacevole intrattenimento» intervenne Daphne Greengrass.

«Sì, ce ne siamo accorti» la prese in giro Theodore Nott.

«Battuta scontata» replicò la bionda con fare altezzoso.

Theodore stava per risponderle ma fu interrotto dalla sgradevole voce di Crabbe che annunciava con gioia l'inizio della cena.

Al tavolo Grifondoro, Louis fu subito fatto sedere nel posto in mezzo ai gemelli, lasciato casualmente vuoto. I due iniziarono a fargli qualsiasi tipo di domanda con in mente un unico obiettivo: capire chi sarebbe stata la moglie di George.

«Allora, nipote...» esordì Fred.

«Sei stato battezzato da noi» continuò George.

«Noi?» chiese Louis accennando un sorriso.

«Certo noi» confermò Fred indicando prima se stesso e poi George.

«Siamo gemelli. Il fatto che sia stato io a battezzarti concretamente non conta» spiegò George.

«È come se lo avessimo fatto entrambi» sottolineò Fred con un sorrisetto furbo.

Il sorriso di Louis crebbe. Loro non potevano saperlo, ma suo zio George gli aveva detto una cosa molto simile una volta. Gli aveva detto che anche se suo fratello non era più lì con lui fisicamente, non voleva dire che non ci fosse. Gli aveva detto che tutto ciò che faceva, lo faceva insieme a Fred, come se fossero una persona sola. Come se fossero inseparabili come prima. «Capisco» disse il ragazzo.

«E capirai anche che non è giusto lasciare con la curiosità i tuoi padrini nonché zii preferiti» gli disse Fred.

Louis li guardò divertito. «Curiosità?» chiese facendo il finto tonto.

«Sì» rispose George. «Voglio sapere con chi mi sposerò» affermò poi serio, cercando di assumere un'espressione minacciosa per convincere il nipote a parlare.

Louis lo guardò ridacchiando. «Non penserai di farmi paura con quella faccia!»

Fred osservò il gemello e ridacchiò a sua volta. «Ha ragione, non faresti paura nemmeno a un bambino». 

George sbuffò. «Va bene, va bene. Questo non cambia la domanda. Chi è mia moglie?» chiese avvicinandosi a Louis.

«Sì, chi è sua moglie?» gli fece eco Fred.

«Zii, non posso dirvelo» replicò Louis in difficoltà.

«Andiamo, non lo verrà a sapere nessuno!» promise George.

«Non posso» ribadì Louis, che sembrava inamovibile. «È contro le regole» aggiunse.

«Regole? Cosa sono le regole?» chiese Fred.

«Davvero rispetti le regole?» lo ammonì George.

Louis sospirò. «Si zii, ci sono regole che vanno rispettate per forza» spiegò come se stesse parlando a due bambini di cinque anni.

«Avresti dovuto essere battezzato da Hermione. Il mio figlioccio che segue le regole. Roba dell'altro mondo» disse George con fare melodrammatico.

Louis sorrise, quell'affermazione gli aveva fatto ritornare in mente un momento ben preciso.

1 settembre 2013, Stazione di King Cross

«Zio dove mi stai portando? Non posso allontanarmi troppo, rischio di perdere il treno!» esclamò un piccolo bambino biondo di appena undici anni.

«Non perderai il treno, tranquillo» lo rassicurò suo zio facendogli l' occhiolino. «Ecco, qui va bene» aggiunse fermandosi. «Ti ho portato qui, lontano dai tuoi genitori, perché devo dirti una cosa importantissima».

Il bambino si fece attento.

«Oggi inizierai un bellissimo viaggio, alla fine del quale diventerai un mago migliore e soprattutto una persona migliore» continuò a parlare George. «È importante che tu sappia che noi siamo orgogliosi di te».

George non specificò a chi fosse riferito quel "noi", ma Louis sapeva che alludeva allo zio Fred, che lui non aveva potuto conoscere.

«Devi sapere però che ci sono tradizioni di famiglia da rispettare. Tradizioni importanti» aggiunse il rosso.

«Quali?» domandò Louis.

George lo guardò serio. «Queste» gli disse, tirando fuori da una piccola valigetta che aveva portato con sé innumerevoli prodotti provenienti dal negozio Tiri Vispi Weasley. Nella valigetta c'erano Crostatine Canarine, Merendine Marinare, Fondenti Febbricitanti, Pasticche Vomitose, Torrone Sanguinolento e molte altre diavolerie che i gemelli avevano ideato da giovani.

Louis spalancò la bocca, incredulo. «Ma questi sono i trucchi che usavate tu e zio Fred!» esclamò  stupefatto.

«Esatto» confermò George.

«Non pensavo che esistessero ancora» disse il bambino.

«Certo che esistono. Le tradizioni di famiglia vanno portate avanti» replicò George facendo un occhiolino al nipote.

«Quindi potrò usarle?» chiese il biondo.

«Dovrai usarle» sottolineò George. «Dopotutto sei il nostro figlioccio» aggiunse sorridendo.

Louis guardò entusiasta lo zio e iniziò a prendere i prodotti dalla valigetta e a nasconderli ovunque potesse. George ridacchiò, felice che il nipote apprezzasse il regalo.

«Louis» lo richiamò.

«Dimmi zio» gli rispose il bambino guardandolo.

«Mi raccomando, ricordati che a Hogwarts ci sono molte regole. Ma le regole esistono per essere infrante» disse serio.

«Certo zio, sarete fieri di me!» gli rispose il bambino.

George gli sorrise, anche se i suoi occhi si velarono per un attimo di tristezza al pensiero di Fred. «Tu sì che mi dai soddisfazione! Ho detto la stessa cosa a tua sorella Dominique l'anno scorso, ma Bill e Fleur non hanno ricevuto un gufo dalla McGonagall neanche mezza volta» sospirò George.

1996

«Chi ti dice che non sia proprio Hermione la sua madrina?» intervenne Dominique che stava ascoltando la conversazione in corso tra i gemelli e suo fratello.

George si girò verso di lei, con la bocca spalancata. «Cosa?!» esclamò alzandosi in piedi e richiamando su di sé l'attenzione di gran parte della Sala Grande.

«Già. Cosa?!» lo seguì Fred alzandosi a sua volta.

Ginny li guardò stranita. «Perché vi siete alzati?» chiese.

George la guardò, pallido. Poi spostò lo sguardo verso Hermione, iniziando a fissarla senza dire niente. Fred fece lo stesso.

«E ora perché state fissando Hermione? Per Godric sembrate sotto l'effetto di uno degli intrugli che preparate» esclamò Ginny esasperata.

Fred si girò verso di lei. «Dominique ha detto che Hermione è la madrina di Louis».

«Oh» disse Ginny tranquilla. «Un secondo» continuò. «Se Hermione è la madrina di Louis, e la madrina di Louis è la moglie di George...» proseguì la rossa voltandosi velocemente verso l'amica e lasciando la frase in sospeso.

«COSA?!» urlò Hermione scattando in piedi sconvolta.

Ci fu un attimo di silenzio e poi si senti una fragorosa risata provenire dalla giovane Serpeverde con i capelli rossi. «Scherzavo».

«Scherzavi?» ripeté George ancora scioccato.

«Sì, scherzavo» confermò Dominique. «Hermione non è la madrina di Louis» proseguì calma.

«Ti sembrano cose su cui scherzare?!» sbottò George.

«Zio l'anno scorso avete fatto impazzire la Umbridge a forza di scherzi. Non sei la persona adatta a farmi questa ramanzina» sorrise furba la rossa.

George aprì la bocca per ribattere ma non riuscì a trovare un'argomentazione adatta. «Hai ragione» disse.

«Lo so» rispose Dominique spavalda.

«Lui non è adatto, ma io sì, signorina» intervenne Fleur con un sopracciglio alzato.

«Accidenti, a questo non avevo pensato» sussurrò Dominique prima di doversi sorbire la lunga ramanzina della madre.

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Capitolo 7
*** La scommessa ***


Dopo cena gli studenti di Hogwarts rientrarono nelle rispettive sale comuni.

I ragazzi provenienti dal futuro, invece, si recarono nella Stanza delle Necessità. Con loro andarono anche Victoire, Dominique e Louis, sebbene si fossero già presentati e Silente avesse dato loro l'opportunità di dormire con i genitori, che avevano deciso di alloggiare al Paiolo Magico, ad Hogsmeade. Chi decise di sfruttare la concessione del Preside fu Teddy, che non vedeva l'ora di passare del tempo insieme a suo padre e a sua madre.

Ad Hogwarts, in una delle camere del dormitorio femminile dei Serpeverde, Pansy Parkinson e Daphne Greengrass si erano da poco tolte le divise, indossando dei pregiati pigiami di seta. Le due erano impegnate in una fitta conversazione sulla giornata appena trascorsa, mentre aspettavano che le loro compagne di stanza rientrassero dalla sala comune per andare a dormire.

«Non so veramente cosa pensare di queste presentazioni» sbuffò Pansy, lasciandosi cadere pesantemente sul letto.

«Io le trovo divertenti» rispose Daphne.

«Io non mi diverto affatto a vedere le stupende e perfette famiglie dei Grifondoro» replicò la mora.

«Chi ti dice che anche tu non avrai una stupenda e perfetta famiglia?» le chiese l'amica, cercando di tirarla su di morale.

Pansy la guardò alzando un sopracciglio. «Non ci credi neanche tu».

Daphne sospirò, prima di buttarsi sul letto su cui già giaceva l'amica. «Perché dobbiamo sempre pensare che non riusciremo ad essere felici? Sono stufa» si lamentò.

«Perché siamo Purosangue» soffiò Pansy in risposta.

«Anche i Weasley lo sono» replicò prontamente Daphne.

L'amica si voltò verso di lei. «Sì ma a loro non importa della purezza del sangue» le fece notare. «E poi sono tutti Grifondoro».

«Altra cosa di cui sono stufa» disse Daphne.

«Dei Weasley che finiscono in Grifondoro? A quanto pare nel futuro non sarà più così, puoi consolarti» ghignò, pensando alla faccia che aveva fatto Ronald Weasley dopo aver scoperto che nessuno dei suoi nipoti era finito nella sua stessa Casa.

«No, simpaticona» ridacchiò Daphne. «Sono stufa della gente che crede che se sei un Grifondoro  sei perfetto e se sei un Serpeverde sei la personificazione del male».

Pansy sospirò, capiva benissimo le rimostranze dell'amica.

«Insomma, hai visto come mi hanno guardato tutti quando ho fatto quella domanda al figlio di Bill Weasley e Fleur Delacour?!» sbottò la bionda. «Come se non fossi una persona a modo e gentile sempre».

La mora la guardò e trattenne una risata. «Daph».

«Che c'è?»

«Devi ammettere che non sei il ritratto della gentilezza» le disse cercando di rimanere seria. Ma Daphne scoppiò a ridere e lei la imitò.

«D'accordo, magari certe volte non sono propriamente amabile».

«Certe volte?»

«Non posso essere troppo gentile» tagliò corto Daphne tornando seria. «Ho una reputazione da mantenere».

«Sì, lo so. Sei la regina di ghiaccio» commentò Pansy, che sapeva cosa gli altri pensassero dell'amica. 

Si soffermò a guardarla. Daphne era una ragazza bellissima. Era alta, slanciata, bionda e con dei grandi occhi di un azzurro chiarissimo. Credeva davvero che fosse la ragazza più bella della scuola. Era anche molto elegante, conosceva le buone maniere ed era sempre perfetta in tutto ciò che faceva. D'altronde la sua famiglia l'aveva educata fin da piccola ad esserlo.
La maggior parte degli studenti della scuola la temeva, probabilmente a causa dell'innata capacità che possedeva d'incutere timore con un semplice sguardo, soprattutto negli alunni più piccoli.
Lei però sapeva che dietro la facciata da regina di ghiaccio, come la chiamavano, c'era una ragazza solare, divertente, stufa di dover seguire l'etichetta e che sapeva essere dolce e premurosa con le persone alle quali voleva bene.

«A volte vorrei tornare al primo anno per cercare di cambiare la percezione che gli altri hanno di me» confessò la bionda, distogliendo Pansy dai suoi pensieri. Non rispose, continuando a guardarla.

«Pan, potresti smetterla di fissarmi? Mi metti a disagio» disse allora Daphne.

L'amica ridacchiò. «Non pensavo di essere in grado di mettere a disagio chi riesce a farti sentire fuori posto con un semplice sguardo».

«Sei l'unica che ci riesce, oltre ai miei genitori ovviamente» sospirò la bionda.

«Daph» la chiamò Pansy dopo alcuni attimi di silenzio.

«Mmh» mugolò l'amica come per invitarla a continuare.

«Anche io non sono contenta di ciò che gli altri pensano di me» confessò, «ma non credo sia giusto voler tornare indietro per cambiare le cose».

«Rifaresti tutto ciò che hai fatto fino ad ora?» domandò Daphne stupita.

«Sì» rispose Pansy. «Sono consapevole di aver fatto degli sbagli, ma chi non li ha fatti? Perché dovrei pensare di tornare indietro nel tempo e dare un'impressione diversa di me? Perché tutti credono che io sia lo zerbino di Draco?» chiese retoricamente, con un pizzico di fastidio nella voce.

Daphne la guardò seria, ma non disse nulla. Sapeva che la maggior parte degli studenti di Hogwarts credeva che tra l'amica e Draco c'era stata una "relazione a senso unico". E per senso unico s'intendeva che l'unica ad essere innamorata era Pansy. I due però non erano mai stati insieme. Probabilmente l'amica aveva avuto una gran cotta per Draco durante i primi anni di scuola, anche se non glielo aveva mai confessato esplicitamente. Poi, i sentimenti che provava nei suoi confronti si erano trasformati in semplice amicizia e in grande affetto, questo sì, ricambiato da Draco.

«Io so chi sono e non mi considero responsabile di ciò che gli altri credono di sapere su di me» continuò Pansy. «Capisco chi mi considera una stronza e non lo biasimo» ridacchiò. «Insomma, in questi anni ho preso in giro chiunque mi capitasse davanti e questa è l'unica cosa di cui posso dirmi leggermente pentita» continuò, «ma non cambierei ciò che ho fatto perché questa è Pansy Parkinson, nel bene e nel male. E non è colpa mia se gli altri si sono fermati al male. Almeno non completamente».

Daphne si girò su un fianco per guardarla meglio e sorrise. «Sai che ti dico? Hai ragione. Chi se ne frega di quello che pensano gli altri. Le vere Daphne e Pansy non sono per tutti» affermò convinta.

Pansy la guardò, contenta della sua reazione. «Esattamente» concordò.

Così le due Serpeverde decisero di mettersi a letto, senza aspettare Millicent e Tracey, che non sembravano voler fare ritorno in stanza.

«Buona notte Daph» disse Pansy.

«Buona notte Pan» le rispose l'amica.

———

Il giorno seguente, durante la colazione, la Sala Grande sembrava più rumorosa del solito. Gli studenti più piccoli cercavano ancora di capire chi fossero quei misteriosi ragazzi incappucciati seduti ad un tavolo a parte, e si domandavano chi fossero i tre giovani seduti al tavolo Grifondoro. I fortunati che sapevano la verità, invece, fremevano per conoscere gli altri. Durante la colazione entrarono in Sala Grande anche Lupin, Tonks e Teddy e si sedettero alla tavola dei Grifoni, seguiti dai Weasley che fecero la loro apparizione pochi minuti più tardi.
Quando tutti terminarono di mangiare e le lezioni iniziarono, uno dei giovani provenienti dal futuro si alzò per presentarsi.

Non appena si trovò di fronte ai tavoli occupati dai pochi studenti rimasti, portò le mani all'altezza del cappuccio della tunica che indossava e, lentamente, lo abbassò.

In Sala Grande ci fu un attimo di silenzio. Al tavolo Grifondoro Ron ed Hermione si girarono verso Harry, che sul volto aveva dipinta un'espressione incredula.

«Fantastico, dopo i Weasley iniziano i Potter» sputò sottovoce Draco Malfoy, per niente contento.

Il ragazzo proveniente dal futuro era certamente molto affascinante. Era abbastanza alto e anche piuttosto muscoloso. Aveva i capelli corvini, che ricordavano quelli del padre, così come l'intera fisionomia del suo volto.
I suoi occhi erano verde chiaro, molto simili a quelli del Ragazzo-che-è-sopravvissuto, ma non uguali.

«Buongiorno Hogwarts» esordì il giovane che nel frattempo si era tolto la tunica di dosso. «Mi chiamo James Sirius Potter, ma probabilmente il mio cognome lo avevate già indovinato» disse con un sorriso.

Al sentire il nome del figlio, gli occhi di Harry si velarono di tristezza. Gli aveva dato il nome di suo padre e del suo padrino. Sospirò. Gli mancavano da morire.

«Papà, tutto bene?» chiese James, notando che lo sguardo del padre era perso nel vuoto.

«Sì» rispose Harry scuotendosi dai suoi pensieri e sorridendogli. Sentirsi chiamare papà gli faceva uno strano effetto, pensò.

«D'accordo, allora continuo. Ho 19 anni e ho terminato da poco i miei studi ad Hogwarts» raccontò James. «Durante il primo anno, il Cappello Parlante mi ha smistato in Grifondoro» aggiunse sorridendo.

Harry applaudì orgoglioso, insieme all'intera tavolata dei Grifoni.

«Finalmente un Weasley che viene smistato nella Casa giusta!» esclamò Ron euforico.

«Weasley?» domandò Neville confuso.

«Certo, Harry sposerà Ginny, è ovvio» disse il rosso.

Ginny ed Harry arrossirono.

«È così?» chiese poi il Ragazzo-che-è-sopravvissuto al figlio.

«Non posso dirtelo».

«Perché?»

«Abbiamo deciso che saranno i più piccoli a svelare i nomi di entrambi i genitori» spiegò James.

Il volto di Harry si aprì in un'espressione sorpresa. «Avrò un altro figlio» sussurrò tra sé.

«Tranquillo Harry, tua moglie sarà sicuramente Ginny» affermò Ron convinto.

«A me non sembra che James somigli a tua sorella» osservò Daphne Greengrass.

James si girò verso la Serpeverde e lei lo guardò attentamente, per poi sorridere.

«Scusa?» chiese Ron stupito dall'intervento inaspettato.

«Non credo che tua sorella sia sua madre» spiegò Daphne.

«E io non credo che ti riguardi, Greengrass» disse Ron.

«Daphne può commentare ciò che vuole» intervenne prontamente Theodore Nott in difesa dell'amica, che lo fermò dal continuare con un perentorio gesto della mano, per poi rivolgersi al rosso. 

«Weasley se non riguarda me, non riguarda neanche te. Sono piuttosto certa che Ginny non sia sua madre» gli disse.

«E io sono piuttosto certo che lo sia» replicò Ron facendole il verso.

I due si guardarono in cagnesco.

«Io direi che ci sono tutti i presupposti per una bella scommessa» propose Blaise Zabini.

Daphne lo guardò. «Ma per favore Blaise».

«Hai paura di perdere, Greengrass?» la sfidò Ron.

«Paura di perdere... con te, Weasley?» contraccambiò Daphne sprezzante. «Ti piacerebbe».

«Che si aprano le scommesse allora!» urlarono i gemelli.

«Ottima idea Zabini, davvero un'ottima idea» disse poi Fred in direzione del Serpeverde che aveva avanzato la proposta. Lo sguardo che ricevette in risposta non fu esattamente amichevole ma Fred sembrò non farci caso.

«Cosa scommettete?» chiese George.

«Galeoni ovviamente» intervenne Draco Malfoy. «Oh dimenticavo, voi Weasley siete poveri» aggiunse sprezzante, guadagnandosi un'occhiataccia da molteplici teste rosse.

«Ora mi hai stancato» sbottò Ron alzandosi, intenzionato a rimettere Malfoy al proprio posto.

Il Grifondoro però venne fermato dalla voce di James che, vedendo che la situazione stava per degenerare, intervenne. «Perché non lasciate che a scegliere la ricompensa per il vincitore siano i vostri figli? Se vincerà Ron i suoi figli decideranno quale sarà la sua ricompensa, se a vincere sarà Daphne saranno i suoi figli a scegliere» propose.

Daphne ci pensò su, per poi schiarirsi la gola. «Visto che oggi mi sento magnanima, accetterò» esordì. «Mi accontenterò del fatto che l'intera Sala Grande saprà che ho ragione» disse. «Tuttavia, accetterò la proposta ad una condizione».

Ron la guardò corrucciando la fronte.

«Quale?» domandò James.

«I figli del vincitore non sceglieranno una ricompensa per il proprio genitore ma una punizione per il perdente» disse con un sorrisino furbo.

«D'accordo» accettò Ron.

«Ron, ma sei sicuro?» gli chiese Harry sottovoce.

«Certo Harry» lo rassicurò. «Greengrass, preparati a perdere» disse poi alla Serpeverde, sicuro di sé.

«Vedremo chi perderà, Weasley» ribatté lei tagliente.

«Daph non credi che sia un po' rischioso?» le fece notare Pansy.

«No» rispose la bionda. «Ho la vittoria in tasca e se i miei futuri figli hanno ripreso da me, Ronald Weasley si pentirà amaramente di aver accettato la scommessa» concluse con un ghigno.

«Menomale che sei magnanima oggi» sussurrò Pansy Parkinson ridacchiando.

Daphne si girò verso di lei e sorrise. Avrebbe vinto la scommessa. Ne era certa.

«Se questo piccolo scambio di battute, a cui farò finta di non aver assistito, è terminato», intervenne Silente, «direi di andare avanti con la presentazione di James».

Nessuno ebbe nulla da obiettare.

«Come stavo dicendo ho finito la scuola ed ora studio per diventare Auror, come papà» riprese James.

«Sarò un Auror?!» chiese stupito Harry.

«Sì, il migliore» gli sorrise il figlio.

«Tu e Dominique state facendo l'addestramento insieme?» domandò Bill.

«Sì» rispose James. «Ma io l'ultimo esame l'ho passato a pieni voti» ghignò poi, rivolgendosi alla compagna di corso.

Dominique non rispose. Si limitò a lanciargli un'occhiataccia e ad alzare un sopracciglio, assumendo un'espressione che a Bill ricordò tantissimo quella di Fleur quando si arrabbiava.

«Non c'è molto da dire su di me» riprese il moro distogliendo lo sguardo dall'amica, consapevole che la ragazza gliel'avrebbe fatta pagare per quella battutina.

«I tuoi padrini?» chiese Hermione, sperando che la risposta del ragazzo l'aiutasse a capire chi era sua madre.

«Ho un padrino e una madrina» disse James, «ma vi dirò solamente chi è il mio padrino» continuò. «È Ron».

«Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo!» esclamò il rosso abbracciando Harry, che ricambiò sorridendo.

«Grazie Harry, e grazie anche a te Ginny» disse per poi abbracciare anche la sorella.

«Ron non sono così sicura che James sia mio figlio» provò a dirgli la più piccola dei Weasley ma Ron, ormai convinto che sua sorella e il suo migliore amico si sarebbero sposati, non l'ascoltò affatto.

«Se non avete domande da fare io avrei terminato» disse James.

«Di già?» chiese Harry deluso.

«Sì papà. Non posso dire molto per non rischiare di rivelare l'identità di mamma» spiegò James.

«Hai giocato a Quidditch?» domandò Ron.

«Sì, sono stato un cercatore. Il migliore» rispose il ragazzo vantandosi.

«Modesto» si lasciò sfuggire Theodore Nott.

Daphne sorrise.

Visto che nessun altro aveva domande, James si diresse verso il tavolo dei Grifoni e abbracciò calorosamente Harry. Fece lo stesso con tutta la famiglia Weasley, con Hermione e Neville e salutò anche Luna, che si trovava al tavolo dei Corvonero, con un ampio sorriso, che la ragazza ricambiò. Poi si voltò verso il tavolo dei Serpeverde e notò che una certa bionda continuava a scrutarlo. Le sorrise e lei si sorprese, ma poi ricambiò il gesto con un sorriso appena abbozzato.

Nel mentre, un altro ragazzo si era alzato dal proprio tavolo e si era posizionato nel posto designato alle presentazioni, non senza un piccolo imprevisto. Quando si era alzato aveva inciampato nella tunica di una ragazza seduta vicino a lui e sarebbe caduto se non fosse stato per un altro incappucciato che lo sorresse. L'inconveniente provocò qualche risatina, facendo arrossire il giovane, che ringraziò mentalmente Silente per avergli fatto indossare quella tunica che gli copriva il volto e nascondeva il suo palese imbarazzo agli altri.

Quando James si fu seduto tra Harry ed Hermione, il ragazzo misterioso si schiarì la gola per poi iniziare la sua presentazione. «B-buongiorno» balbettò incerto.

Si tolse il cappuccio della tunica, per poi sfilarsela completamente facendola cadere a terra.

In Sala Grande molti rimasero stupiti. Il ragazzo somigliava molto a...

«Non potevi che essere il figlio di quell'imbranato di Longbottom» disse Draco Malfoy con disprezzo.

Il ragazzo si voltò verso di lui e lo fulminò con lo sguardo. Draco rimase interdetto, il modo in cui lo aveva guardato gli ricordava qualcosa. Ma cosa?

Pansy e Daphne, che avevano visto l'occhiata severa che il giovane aveva lanciato all'amico, sbarrarono gli occhi. Non poteva essere.

«Sai Malfoy i tuoi commenti acidi non interessano a nessuno» intervenne Hermione per difendere Neville.

«Sang...» iniziò a replicare Draco, ma prima che potesse continuare Blaise gli assestò una gomitata all'altezza delle costole, vendicandosi in parte di quella che l'amico gli aveva rifilato il giorno prima.

«Granger» si corresse il biondo per evitare che Silente togliesse altri punti alla sua Casa. «Chiunque in questa Sala può commentare, me compreso. Quindi dico ciò che voglio» terminò guardandola con freddezza.

«Non puoi...» cercò di replicare Hermione, venendo interrotta da Neville.

«Tranquilla Hermione, non ce n'è bisogno» le disse. «Insomma, avrò un figlio!» esclamò entusiasta. «Voglio che si presenti, Malfoy può dire ciò che vuole» concluse con indifferenza.

Draco affilò lo sguardo, per niente soddisfatto della reazione del Grifondoro.

Il ragazzo del futuro sorrise di fronte alle parole di Neville e iniziò la sua presentazione. «Mi chiamo Frank» disse. «Frank Longbottom».

«Il nome di mio padre» sussurrò Neville.

«Sì, porto orgogliosamente il nome di mio nonno» gli sorrise dolcemente il figlio. «Sono un Grifondoro come te papà» continuò Frank, «e gioco a Quidditch. Dopo James sono diventato il cercatore della squadra» raccontò orgoglioso.

Neville non poteva credere alle sue orecchie. Suo figlio era un atleta. Suo figlio. Un atleta. Quando lui inciampava anche solo camminando.

«Accidenti Neville, se non fosse per l'aspetto fisico nessuno direbbe che è tuo figlio» ridacchiò Ron.

«Ron!» lo riprese Hermione. «Ti sembra un commento da fare?!»

«Che c'è? È vero!» si difese Ron alzando le spalle.

Hermione scosse la testa. «Sei senza speranza».

Neville ridacchiò. «Però ha ragione. Se non si fosse tolto la tunica e non avesse detto il suo nome, non avrei mai pensato che fosse mio figlio» confessò.

Il ragazzo gli sorrise. «Ti assicuro che caratterialmente ti somiglio molto papà. Ma ho ripreso anche molti dei tratti di mamma» spiegò.

«Tipo quali?» domandò Luna curiosa.

«Lo sguardo» si lasciò sfuggire Daphne.

Tutti si girarono verso di lei.

«Che c'è?» chiese mettendosi sulla difensiva.

«Dovresti smetterla di far finta di capire sempre tutto solo per attirare l'attenzione» si sentì dire da Ron.

Daphne si voltò verso di lui e gli lanciò uno sguardo tagliente. «Scusami?» sibilò lentamente.

Ron stava per ripetere ciò che aveva detto ma Frank lo precedette.

«Sì, il mio sguardo è molto simile a quello di mia madre. Me lo dicono tutti» disse sorridendo alla bionda. «E credo che tu abbia capito chi è» osservò.

Daphne distolse lo sguardo dal rosso, per rivolgerlo al ragazzo. «Sì» confermò con un tono che a Ron parve... dolce? No, probabilmente si sbagliava. Daphne Greengrass era una Serpe velenosa, non conosceva la dolcezza.

Frank ridacchiò. «Me l'aspettavo. Ti prego di non dire nulla» le chiese.

«Aspetterò che sarai tu o i tuoi fratelli, se ne hai, a rivelarlo» gli assicurò Daphne.

«Ho due sorelle» replicò Frank. «La più piccola rivelerà l'identità di mia madre».

«Ho anche due figlie?!» proruppe Neville al settimo cielo e con gli occhi che gli brillavano.

«Sì papà. Due pesti» sospirò il figlio.

«Non è vero!»

«Ma che dici?!» si sentì esclamare da due voci femminili provenienti dal tavolo dei ragazzi del futuro. La prima era molto dolce, la seconda più acuta.

Frank si volto verso le due ragazze che avevano parlato. «Dico la verità» disse calmo.

«Bugiardo» borbottò quella che doveva essere la maggiore delle due.

«Comunque» riprese Frank, «mi sono scordato di dirvi la mia età. Ho 17 anni. Non credo ci sia nulla da aggiungere» concluse.

«I tuoi padrini! Chi sono?» chiese Harry.

«Oh, giusto. Posso dirvi solamente chi è la mia madrina. È Luna» rispose Frank. «Il mio padrino è stato scelto da mia madre, se dicessi chi è, capireste la sua identità» spiegò.

Harry annuì. «Capisco».

Luna era raggiante. Non si aspettava di diventare madrina di qualcuno. Era sempre stata considerata quella strana. Era sempre stata sola, senza amici. Non si aspettava di legare così tanto con Neville, tanto da diventare la madrina di suo figlio.

«Grazie Neville» disse gentilmente.

Il Grifondoro le sorrise. «Figurati».

«Perfetto. Ho concluso la mia presentazione» annunciò Frank sollevato. Non amava essere al centro dell'attenzione, a meno che non si trattasse di una partita di Quidditch. In quel caso, si concentrava talmente tanto sulla ricerca del boccino d'oro da dimenticarsi della folla che lo incitava.

«Non ci provare fratellone. Non gli hai detto grazie a chi siamo qui» si sentì dire da una delle sorelle del ragazzo.

«Non è stata colpa mia» si mise sulla difensiva il fratello.

«Sei tu che hai fatto cadere la Giratempo» replicò la sorella.

«Ce la stavamo lanciando tutti» sottolineò Frank, «e io non sono riuscito ad afferrarla» spiegò poi rivolgendosi a tutti i presenti.

«Imbranato come il padre» ridacchiò Blaise Zabini.

Daphne, che era seduta di fronte a lui, gli diede un calcio da sotto il tavolo.

«Ahia!» si lamentò il moro. «Ma che ti prende?!» chiese poi a bassa voce alla bionda, guardandola male.

«Stai zitto» ribatté Daphne, seria.

Blaise assottigliò lo sguardo. «Chi ti capisce è bravo» borbottò.

Draco guardò Daphne confuso. Il suo atteggiamento era così strano. Poi ripensò allo sguardo che il giovane Longbottom gli aveva rivolto e impallidì. Non poteva essere.

 

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Capitolo 8
*** "Scusate se non sono Corvonero" ***


Quella mattina le presentazioni non erano ancora terminate. Dopo che Frank Longbottom si fu accomodato vicino al padre, due incappucciati si alzarono e insieme si diressero nel luogo in cui fino a un attimo prima si trovava il Grifondoro.

Uno dei due si schiarì la gola, per attirare l'attenzione di tutti i presenti.

«Buongiorno Hogwarts del passato» esordì.

«Prima di toglierci le tuniche vorremmo invitare tutte le ragazze qui presenti a non svenire a causa della nostra bellezza» continuò l'altro.

«Che è abbagliante» sottolineò il primo.

«Modesti» commentò Daphne Greengrass.

«Blaise se non sapessi che non hai minimamente intenzione di sposarti penserei che siano figli tuoi» disse Pansy all'amico.

Blaise stava bevendo un bicchiere d'acqua e, dopo il commento della mora, per poco non si strozzò. «Non sei divertente».

I rumorosi colpi di tosse del Serpeverde fecero spostare l'attenzione di tutti su di lui.

«Tutto bene, padrino?» domandò impulsivamente uno dei gemelli a Blaise, guadagnandosi una gomitata e un'occhiataccia da parte dell'altro.

Blaise rimase per un secondo interdetto, con il bicchiere d'acqua a mezz'aria e la bocca semiaperta. Poi, una volta elaborata l'informazione che aveva appena ricevuto, scoppiò a ridere.

«Ma che gli prende?» chiese Pansy stranita dalla reazione dell'amico.

«Ho rinunciato a capirlo» rispose Daphne alzando le spalle.

«E così siete i miei figliocci» parlò il moro non appena si fu calmato.

«I-io lo sono» rispose titubante il ragazzo che si era lasciato sfuggire quell'informazione. «Abbiamo un padrino e una madrina diversi» spiegò.

Blaise annuì pensieroso. «Quindi le opzioni sono due. O siete figli di Theodore» disse voltandosi verso l'amico che si trovava alla sua destra, «o siete figli di Draco» concluse ghignando in direzione del biondo alla sua sinistra.

«Impossibile che siano figli miei. I Malfoy hanno un solo discendente maschio, da sempre» replicò Draco.

«Allora sono figli di Theo» affermò Blaise.

«Potrebbero anche essere figli di Pansy o di Daphne» ribatté Theodore in tono asciutto.

Le due amiche si guardarono, poi si girarono di scatto verso i ragazzi.

«Siete figli miei?» domandò Pansy ansiosa.

I due voltarono lo sguardo verso il tavolo dei ragazzi del futuro e, dopo aver ricevuto un cenno di assenso da parte di un'incappucciata, si decisero a parlare. «No» risposero in coro.

«Oh, d'accordo» soffiò Pansy delusa.

Daphne le lanciò un'occhiata discreta e senza dire nulla le prese la mano nascosta sotto il tavolo. Sapeva quanto l'amica desiderasse essere amata e formare una famiglia e sperava con tutto il cuore che avrebbe ottenuto ciò che voleva.

«Quindi è Daphne vostra madre?» chiese Astoria, curiosa di sapere se quei due ragazzi misteriosi fossero suoi nipoti.

«No» risposero di nuovo quest'ultimi.

«E allora chi diamine è?» proruppe Blaise spazientito. «Se io sono il vostro padrino i vostri genitori devono essere Serpeverde».

«Beh nostro padre lo è» confermò uno dei gemelli.

Blaise alzò un sopracciglio e dopo aver riflettuto un momento parlò. «Quindi avevo ragione, vostro padre è uno tra Draco e Theodore».

«Sì» risposero i ragazzi.

«Ma rispondete solo a monosillabi?» chiese Daphne spazientita.

I gemelli ridacchiarono. «No, siamo in grado di articolare una frase completa, bionda del nostro cuore» disse uno dei due mimando un cuore con le mani in direzione di una Daphne a dir poco meravigliata.

«I figli di Theodore o di Draco non possono essere così carini» decretò la Serpeverde in questione.

«Perché non vi togliete le tuniche?» intervenne Hermione.

«Arguta come sempre, Hermione» le rispose allegramente uno dei due.

«L'hai chiamata Hermione?» domandò Ron sorpreso.

«Ha cambiato nome e io non lo sapevo?» ribatté ironicamente il ragazzo che aveva parlato.

Ron si agitò e il suo volto iniziò a diventare dello stesso colore dei suoi capelli. «I-io intendevo che...» cominciò a dire il rosso senza riuscire a continuare per l'imbarazzo.

«Sembra quasi che tra me e voi ci sia dell'affetto» spiegò Hermione, che era rimasta sorpresa quanto l'amico di esser stata chiamata per nome dai figli di un Serpeverde.

«Beh...» iniziò a dire uno dei gemelli.

«Se sembra che ci sia dell'affetto è perché c'è» rispose tranquillamente l'altro.

Si sentirono di nuovo dei colpi di tosse provenire dal tavolo dei Serpeverde.

Questa volta però a rischiare di strozzarsi non fu Blaise Zabini, ma Draco Malfoy, che stava sorseggiando tranquillamente del succo di zucca. «Nott non mi dire che hai finito per sposarti con la Sang...» urlò senza terminare la frase, stavolta perché Pansy gli diede un calcio ben assestato su uno stinco.

Draco la fulminò con lo sguardo ma si corresse. «Granger, con la Granger».

Theodore Nott si girò verso di lui. «Non sappiamo ancora se sono figli miei» sottolineò.

«Cosa vorresti insinuare?» ribatté Draco assottigliando lo sguardo.

«Lo hai capito benissimo» ghignò il castano.

«D'accordo ora basta» intervenne uno dei gemelli. «Il nostro cognome è Nott» annunciò.

«Quindi non è Draco nostro padre» sottolineò l'altro guardando Theodore che ora li stava osservando entrambi.

Ad occhi esterni il Serpeverde poteva sembrare imperturbabile. In realtà ciò che aveva appena scoperto lo aveva scosso. Le sue mani, nascoste sotto il tavolo, si strinsero a pugno. Nei suoi occhi, per una frazione di secondo, si poté scorgere un lampo di incredulità. Tuttavia, nessuno se ne accorse, perché Theodore Nott era un maestro nel nascondere le proprie emozioni. Nessuno, in quel momento, poteva comprendere cosa passasse realmente per la testa del ragazzo. Nessuno tranne la sua migliore amica che però si limitò ad osservarlo, senza dire nulla.

«Beh l'ha presa bene» scherzò Blaise Zabini, rompendo il prolungato silenzio che si era creato.

Theodore lo fulminò con lo sguardo e il moro tacque immediatamente.

«Credo sia giunto il momento di rispondere alla domanda fatta da Hermione» riprese il discorso uno dei gemelli.

«Non ci siamo ancora tolti le tuniche perché somigliamo tantissimo a nostra madre» disse l'altro.

«E allora perché ci avete detto che Theo è vostro padre?» domandò Daphne.

«Perché ho un gemello che non è molto intelligente purtroppo» rispose uno dei due con un ghigno.

L'altro gli lanciò un'occhiataccia ma lui non ci badò. «Ovviamente se non avesse detto che Blaise è il suo padrino avremmo detto solamente il nome di nostra madre» spiegò.

«Capisco» annuì Daphne.

«Quindi ci direte anche chi è vostra madre?» chiese Pansy.

«Sì, faremo un'eccezione. Non sarà nostra sorella minore a riv...» iniziò a dire il ragazzo colpevole di aver svelato il piccolo segreto.

«Lysander vuoi star zitto?!» sbottò un'incappucciata più bassa dei gemelli alzandosi in piedi di scatto.

Il ragazzo sbuffò. «Scusate se non sono Corvonero come voi» disse prendendoli in giro.

«Non devi essere Corvonero per chiudere quella bocca» gli rispose acidamente quella che era la sorella.

«Sono sempre più convinto che il Cappello Parlante abbia sbagliato con te. Doveva metterti in Serpeverde Eleonor» affermò serio Lysander.

«Santo cielo smettila di dare nuove informazioni!» esclamò la sorellina risedendosi, esausta.

«Se continui così non avrà nulla da dire durante la sua presentazione» commentò il gemello divertito.

Lysander fece spallucce.

«Quindi ho anche una figlia» disse Theodore Nott con voce piatta e bassissima.

«Sì, papà» rispose Lysander.

Al sentire la parola papà fuoriuscire dalla bocca di suo figlio, Nott si sentì strano. Sapeva che si sarebbe sposato, come la tradizione di famiglia imponeva. Sapeva che non avrebbe amato sua moglie perché non sarebbe stato lui a sceglierla, ma questo non gli importava più di tanto. D'altronde, matrimonio non vuol dire fedeltà. Ciò che lo tormentava era immaginarsi padre. Nei suoi sogni, o per meglio dire incubi, si vedeva come un pessimo padre, all'altezza di quello che lui aveva avuto. Non sentiva di essere una persona adatta a crescere dei figli, per questo avrebbe fatto di tutto per non averli. A quanto pare, però, non si era impegnato abbastanza.

«Comunque, credo sia meglio presentarci prima di toglierci la tunica e svelarvi l'identità di nostra madre» continuò Lysander.

«Il nome di Lysander già lo conoscete quindi tocca a me. Mi chiamo Lorcan e come il mio gemello ho 17 anni» disse l'incappucciato di cui ancora non si conosceva l'identità. «Sono stato smistato in Corvonero» proseguì.

«Io in Serpeverde» disse il gemello girandosi verso il padre, che non li stava guardando e sembrava perso nei suoi pensieri.

«Entrambi giochiamo a Quidditch, siamo battitori» aggiunse Lorcan.

«Io sono il più forte ovviamente» ghignò Lysander.

«Durante l'ultima partita non mi è sembrato» ribatté il gemello alzando un sopracciglio.

«Sciocchezze» borbottò l'altro.

«Cos'è successo durante l'ultima partita?» domandò curiosa Ginny.

«Lysander è caduto dalla scopa» ridacchiò Lorcan.

Non appena udì quelle parole, Theodore Nott fissò immediatamente i suoi profondi e freddi occhi blu sul figlio.

«Cosa?!» squittì Pansy apprensiva.

«Tranquilli non è stato nulla di tragico, come potete vedere sono tutto intero» disse Lysander. «Oddio, in realtà non potete ancora vederlo perché ho la tunica, quindi effettivamente...»

«Lys non abbiamo tutto il giorno» lo interruppe Frank dal tavolo dei Grifoni.

«Sì, giusto. Scusate. Sono stato colpito da un bolide che era stato sicuramente manomesso» spiegò il ragazzo.

«Secondo me eri impegnato a guardare una certa Serpeverde in tribuna» lo prese in giro Frank.

Lysander arrossì ma dissimulò il suo imbarazzo schiarendosi la gola. «Non so di cosa stai parlando» rispose.

«Sì certo» lo canzonò il fratello.

«Comunque, tutto ciò non è importante per la presentazione» riprese il Serpeverde cercando di cambiare argomento.

«Non c'è nient'altro da dire, non cercare di cambiare discorso» ribatté Lorcan.

«Non abbiamo detto chi sono le nostre madrine e chi è il tuo padrino» replicò risoluto Lysander.

«Oh, giusto» disse il Corvonero pensieroso.

«Quindi? Chi sono?» chiese impaziente Daphne, notando che i gemelli non avevano intenzione di continuare.

«Ve lo sveleremo tra un attimo, dopo le domande, se ce ne sono» le rispose Lorcan.

Daphne alzò un sopracciglio, diffidente.

«Io ne ho una» esordì Neville Longbottom, lasciando stupiti molti dei presenti.

«Dicci» lo esortò a parlare Lysander.

«Voi e mio figlio siete amici?» chiese. «Ho notato che ti ha chiamato Lys, prima».

I gemelli sorrisero.

«Non siamo amici» replicò Lysander in tono freddo, sorprendendo Neville che avrebbe giurato che tra suo figlio e i due ragazzi corresse buon sangue.

«Siamo migliori amici!» continuò il Serpeverde con entusiasmo, facendo l'occhiolino in direzione di Frank che ridacchiava.

«Migliori amici?!» esclamò Ron. «Il futuro è veramente strano» constatò.

«Capisco che sia difficile da immaginare, ma nel futuro tutto il livore che voi provate nei confronti dei Serpeverde e viceversa non ci sarà» spiegò Lorcan al Grifondoro. «Resterà soltanto una sana rivalità tra le Case».

Ron annuì, stentando a credere a ciò che il ragazzo gli stava raccontando.

«Altre domande?» chiese Lysander, ma nessuno si fece avanti.

«Allora credo che sia arrivato il momento di dirvi chi sono le nostre madrine e il mio padrino» parlò Lorcan.

«Inizio io» prese l'iniziativa Lysander. «Come vi ho già detto il mio padrino è Blaise, invece la mia madrina è... Ginny» concluse.

«Io?!» squittì la rossa, girandosi verso Nott che stavolta lasciava trasparire in parte la sua incredulità nell'udire quella notizia.

«Hai scelto Ginevra Weasley come madrina e non me?!» sibilò gelida Daphne Greengrass, voltandosi verso il suo migliore amico e trafiggendolo con uno sguardo glaciale.

Theodore la osservò per un attimo, poi ghignò. «Gelosa, Daph?» le chiese in tono canzonatorio.

«Neanche un po'» lo fulminò la bionda.

«Non è stato papà a scegliere la mia madrina, ma mamma» puntualizzò Lysander.

Daphne si girò verso di lui, per poi passare ad osservare la rossa, che ora aveva il volto contratto in un'espressione ancora più confusa della precedente, se possibile.

«Tocca a me!» intervenne Lorcan con brio. «Dirò prima chi è la mia madrina, anche se mi stupisce che non ci sia già arrivata da sola. Insomma, sono intelligente e arguto proprio come lei».

Theodore alzò un sopracciglio e si volto verso Daphne che sorrideva vittoriosa. «Sembra proprio che tu sia la madrina di Lorcan» constatò con calma.

Lei guardò l'amico e gli rivolse un sorriso sincero, che lui ricambiò.

«Esatto la mia madrina è Daphne» confermò Lorcan che aveva udito il piccolo scambio di battute tra Theo e la bionda. «Il mio padrino invece è... Neville» aggiunse.

La Sala fu scossa da un mormorio di sorpresa.

Neville strabuzzò gli occhi, non aspettandosi assolutamente una cosa del genere.

«I-io... ma c-come è possibile?» chiese stralunato.

«Anche in questo caso è stata mamma a sceglierti» spiegò Lorcan.

Ginny guardò prima Neville e poi i ragazzi incappucciati, pensierosa. Se la madre dei gemelli aveva scelto lei e Neville come madrina e padrino dei suoi figli doveva conoscerla. Ma chi poteva essere? Si guardò intorno, cercando di immaginare quale potesse essere fra le presenti la madre dei due ragazzi. I suoi occhi si posarono su Hermione. Precedentemente i gemelli avevano detto che tra loro e l'amica c'era dell'affetto, quindi avrebbe potuto essere lei. Tuttavia, l'ipotesi non la convinceva affatto.

Fece scorrere il suo sguardo verso il tavolo dei Serpeverde e incrociò lo sguardo gelido di Daphne Greengrass. Probabilmente anche lei si stava ponendo la stessa domanda. Ginny pensò che se Lorcan non avesse detto che era la sua madrina, l'indiziata più papabile sarebbe stata proprio la Serpeverde. Tutti sapevano che Daphne Greengrass e Theodore Nott erano molto intimi, c'era chi diceva che fossero migliori amici, chi sosteneva che fossero fidanzati. Ginny non conosceva la verità ma credeva che tra i due ci fosse semplicemente una grande amicizia, amicizia che, non era da escludere, avrebbe potuto trasformarsi in qualcos'altro nel corso del tempo. Ma non era lei la futura moglie di Nott.

Così spostò lo sguardo sulla Parkinson, seduta di fianco alla bionda e pensò che potesse essere lei l'indiziata principale. Ma anche in questo caso non riusciva a capire perché avrebbe dovuto scegliere lei e Neville come madrina e padrino di Lorcan. Poi, ricordò che i gemelli avevano detto che la madre non faceva parte dei Serpeverde, quindi scartò anche quest'ipotesi.

Più confusa di prima scosse la testa e fece per voltarsi verso i due ragazzi, che avevano ripreso a parlare, quando i suoi occhi incrociarono quelli di una ragazza che conosceva particolarmente bene ed ebbe un'illuminazione. Tutto tornava. Era lei. Era sicuramente lei.

«Credo sia giunto il momento di toglierci le tuniche» annunciò solennemente Lysander.

«Papà ti prego di non essere impulsivo» aggiunse Lorcan in direzione di Theodore, non ricevendo risposta ma solo uno sguardo confuso.

I due gemelli si guardarono tra di loro e portarono le mani fino ai cappucci delle tuniche che coprivano i loro volti, per poi iniziare ad abbassarli senza fretta. Le tuniche che nascondevano il loro aspetto al mondo esterno, presto si trovarono a terra, ai piedi di una Sala Grande completamente ammutolita.

«Non può essere» sibilò Theodore Nott con voce gelida.

I gemelli lo guardarono, seri. «So che ora ti sembra impossibile, ma credimi mamma ti ha cambiato la vita» gli disse Lysander.

«E tu l'hai cambiata a lei» aggiunse Lorcan girandosi verso il posto occupato dalla madre.

«Voi siete figli miei?» chiese dolcemente quest'ultima, con le labbra incurvate in un tenero sorriso. «Mi somigliate».

«Sono le tue fotocopie veramente» commentò Ginny.

I ragazzi erano piuttosto alti e piazzati, d'altronde giocavano a Quidditch. Avevano la pelle pallida e dei chiarissimi capelli biondi. Tutto nei lineamenti del viso dei due, tranne gli occhi di un blu intenso come quelli di Nott, ricordava il volto della Corvonero che aveva appena parlato, il volto delicato e sognante di Luna Lovegood.

«Quindi ti sei sposato con Lunatica Lovegood?! Non pensavo facessi beneficienza» commentò Draco Malfoy piuttosto schifato.

Se uno sguardo avesse potuto uccidere, il biondo sarebbe morto da un pezzo, visto che Theodore Nott gliene lanciò uno di fuoco. Non che gli importasse il modo in cui l'amico aveva chiamato quella che, a quanto pareva, sarebbe stata la sua futura moglie. Ciò che Theodore Nott odiava di più al mondo era essere deriso e ancor di più detestava che a farlo fosse quell'egocentrico di Draco Malfoy che, nella maggior parte dei casi, dimostrava la maturità di un dodicenne.

Ciò che fece immobilizzare il biondo Serpeverde però, non fu lo sguardo del castano ma la vista di due bacchette indirizzate verso di lui.

Lorcan e Lysander, infatti, avevano estratto le loro bacchette e le avevano puntate su Draco, senza la minima esitazione.

«Draco, nel futuro sei un grande esempio per noi» iniziò Lorcan, calmo. «Ti chiamiamo addirittura zio».

«Ciò non toglie» continuò Lysander, «che in quest'epoca sei un gran cogl-»

«Ragazzi!» esclamò Luna. «Non credo che insegnerei mai ai miei figli a parlare in questo modo».

Lorcan e Lysander si guardarono e poi sorrisero angelicamente alla madre. «Forse coglione è un po' troppo» ammise il Serpeverde.

«Lysander!» lo riprese Luna.

«Scusa, mamma. Non lo ripeterò».

«A prescindere dal linguaggio» intervenne Lorcan voltandosi verso Draco, «dovresti chiedere scusa a nostra madre».

Draco lo guardò come se fosse completamente fuori di senno. Chiedere scusa a Lunatica. Neanche per tutti i galeoni del mondo. «Nott forse dovresti richiamare i tuoi figli e fargli abbassare le bacchette» disse all'amico con fare altezzoso.

«Forse dovresti chiedere scusa, vedrai che poi le abbasseranno» controbatté il castano.

Draco rimase a bocca aperta, non credendo alle sue orecchie.

Come lui anche gli altri studenti presenti in Sala Grande rimasero sorpresi. Non capitava tutti i giorni di vedere Theodore Nott difendere Luna Lovegood dai commenti inopportuni di Draco Malfoy.

Ma a Theodore non importava un bel niente di Luna in quel momento. L'unica cosa che voleva era dare una lezione all'amico e fargli capire che doveva smetterla con le sue battutine idiote, quando c'era lui di mezzo.

«Quindi, queste scuse?» domandò retoricamente Lorcan.

«Ragazzi, non c'è bi-» iniziò a dire Luna cercando di calmare gli animi che erano piuttosto tesi.

«Non provare a dire che non ce n'è bisogno. Sei nostra madre, sappiamo quanto questi commenti ti hanno ferita durante questi anni» la interruppe Lysander, più serio che mai, mantenendo lo sguardo fisso su Draco.

Luna sospirò. I gemelli avevano ragione. Ogni giorno era costretta a sopportare un'innumerevole quantità di battutine idiote. Era faticoso... e avvilente.

Draco Malfoy serrò la mascella. «Non chiederò scusa per aver detto la verità» affermò.

«Allora ti schianteremo. Insieme» sottolineò Lorcan.

«Non penso ne avreste il coraggio» disse Draco sicuro di sé, ma questa sicurezza venne immediatamente meno quando i gemelli strinsero maggiormente le bacchette e iniziarono a pronunciare la formula dello Schiantesimo.

«D'accordo!» esclamò allora con veemenza il biondo.

I gemelli lo guardarono compiaciuti e con un gesto lo invitarono a proseguire.

«Mi dispiace» disse il Serpeverde a voce bassissima.

«A voce più alta o ti schiantiamo lo stesso» replicò Lorcan.

«Mi dispiace» scandì bene un Draco molto scocciato in direzione di Luna, che sorrise.

Theodore Nott si scambiò un'occhiata con gli altri Serpeverde e tutti ridacchiarono sotto i baffi.

«Bene, direi che la nostra presentazione può dirsi terminata» concluse tranquillamente Lysander.

«Sì, concordo» lo appoggiò Lorcan.

«Allora possiamo fare una piccola pausa prima di pranzo. Sgranchitevi le gambe, le presentazioni riprenderanno nel pomeriggio» intervenne Silente sorridendo ai due ragazzi che si erano appena presentati.

Lysander e Lorcan erano due tipi piuttosto vivaci e non si lasciavano abbattere facilmente dagli ostacoli che la vita poneva loro davanti. Nonostante ciò, erano molto tesi e preoccupati per la reazione che il padre aveva avuto. Sapevano che in quell'epoca era molto diverso dal Theodore che conoscevano. Sapevano che tutto il mondo magico era molto diverso da quello in cui erano abituati a vivere. Tuttavia, non si aspettavano che fosse così freddo e chiuso in se stesso. Quando aveva capito che la sua futura moglie sarebbe stata Luna Lovegood, non si era minimamente scomposto. L'unico momento in cui i due ragazzi erano riusciti a scorgere un minimo di turbamento negli occhi del giovane Nott era stato quando Lysander stava raccontando di essere caduto dalla scopa. E questo li preoccupava.

«E adesso da chi andiamo? Non mi sembrano molto inclini a stare insieme» notò Lorcan lanciando un'occhiata allarmata al fratello.

«Io vado da papà e tu da mamma?» propose Lysander.

«Sì, facciamo così. Cerchiamo di portarli nello stesso luogo però. Dovranno pur parlarsi no?!» disse Lorcan.

«Hai ragione. Facciamo così, ci vediamo il prima possibile alla panchina» gli diede corda Lysander.

«D'accordo» rispose il gemello un attimo prima di iniziare a camminare verso il tavolo della madre.

Lysander si voltò e raggiunse il tavolo delle Serpi stampandosi in faccia un sorriso forzato, cercando di apparire tranquillo ma non riuscendo assolutamente nell'intento. Guardò verso il posto occupato dal padre ma lo trovò vuoto. «Dov'è mio padre?» chiese allarmato.

Daphne e Pansy si voltarono verso di lui.

«È corso via, ho provato a fermarlo ma non mi ha neanche guardato in faccia» disse la mora.

Il volto di Lysander in quel momento faceva trasparire tutta la delusione che stava provando a causa dell'atteggiamento del padre. Aveva appena saputo che avrebbe avuto tre figli, possibile che non gli importasse? Pensando al Theodore Nott con cui era abituato a stare, non avrebbe immaginato una reazione del genere neanche nel peggiore dei suoi incubi.

«Immagino che il Theo che conoscete è molto diverso da quello di adesso» prese parola Daphne, distogliendolo dai suoi pensieri. «Ma per il Theo che conosciamo noi, quello attuale, è perfettamente normale reagire in questo modo» proseguì guardando Lysander negli occhi. «So che ci sei rimasto male, è normale. Ma credimi, conosco Theodore meglio di chiunque altro e ti assicuro che deve solo metabolizzare ciò che ha scoperto».

«Sembrava deluso da noi» disse il ragazzo, abbassando lo sguardo sconsolato.

«Lysander» lo richiamò Daphne, avvicinandosi e facendogli alzare lo sguardo verso di lei. «Il problema non siete voi, ma lui. Theodore non si sente alla vostra altezza, ne sono sicura» lo rassicurò.

«Ma se è un padre fantastico!» ribatté Lysander.

«Oh ne sono convinta. Ma lui questo non può saperlo» gli fece notare Daphne.

Il ragazzo annuì. «Hai ragione. Solo che non mi aspettavo che sarebbe stato tanto difficile» sospirò.

«Dagli un po' di tempo e sarà lui a venire a cercarvi» gli fece l'occhiolino Daphne.

«Nel frattempo» intervenne Blaise Zabini seduto lì vicino, «voglio sapere tutto sul mio figlioccio. In primis chi è la Serpeverde che ti ha fatto cadere dalla scopa» aggiunse alzandosi e cingendo le spalle del ragazzo con un braccio, invitandolo a sedersi accanto a lui.

Lysander arrossì, poi cercò un modo per sviare il discorso. Non era sicuro che al padrino avrebbe fatto piacere sapere chi era quella ragazza.

Nel mentre Lorcan aveva raggiunto la madre al tavolo dei Corvonero. Dopo averla abbracciata e averle spiegato che Lysander era andato a salutare il padre, la invitò a fare una passeggiata con lui. Luna accettò e i due uscirono dalla Sala Grande.

La Corvonero sembrava aver preso bene la notizia del suo matrimonio col Serpeverde, o almeno così sembrava.
Tuttavia, era difficile capire cosa passasse realmente per la testa della bionda, sempre immersa nel suo mondo e con mille pensieri per la testa.

«Sbaglio o mi stai portando in un luogo preciso?» domandò lei dopo alcuni minuti di camminata, durante i quali madre e figlio non parlarono ma si limitarono a lanciarsi qualche occhiata furtiva.

«No, ma che dici» rispose Lorcan sulla difensiva, agitandosi.

Luna si voltò nella sua direzione e alzò un sopracciglio, lasciando intendere al figlio che non credeva affatto a ciò che le aveva appena detto.

«E va bene, sì. Ti sto portando in un posto ben preciso» ammise Lorcan.

«È un posto con un significato particolare?» indagò Luna.

«Sì».

«Quindi mi servirà per conoscere meglio te e Lysander».

«In realtà» esordì Lorcan grattandosi la nuca in difficoltà. «Non è un posto importante per noi ma per voi».

«Noi?» chiese Luna non capendo.

Lorcan le lanciò uno sguardo eloquente e lei comprese cosa intendeva. «Oh» si lasciò sfuggire. Era un posto importante per loro. Per lei e Theodore.

Il restante tragitto i due lo passarono in silenzio, Luna persa tra i suoi pensieri, Lorcan preoccupato per la situazione che si era creata. Sperava che almeno la madre riuscisse ad accettare cosa il futuro le riservava.

Dopo una manciata di minuti arrivarono in una piccola radura non molto lontana dal Lago Nero.

Il luogo era pieno di grandi olmi che facevano filtrare solo leggermente la luce del sole. Sparsi lungo tutta la radura si potevano osservare coloratissimi cespugli di fiori. Inoltre, vicino a quattro pioppi giganti che crescevano a distanza di qualche metro l'uno dall'altro, erano poste quattro panchine di colori diversi, ognuno rappresentante una della quattro Case di Hogwarts.

Luna ammirò incantata quello che le sembrava un piccolo angolo di paradiso. Fece scorrere lo sguardo lungo tutta la radura ma una sagoma distesa su una delle quattro panchine attirò la sua attenzione.

Era lui.

La Corvonero fissò il punto in cui si trovava il ragazzo e notò che aveva gli occhi chiusi. I lineamenti rilassati e sereni del suo volto lasciavano pensare che stesse dormendo.
Lo scrutò e non poté fare a meno di pensare che Theodore Nott conservava il suo portamento elegante anche mentre dormiva su una panchina.

Lorcan, di fianco a lei, seguì il suo sguardo e si accorse della presenza del padre. Si guardò intorno alla ricerca di Lysander ma del gemello non c'era neanche l'ombra. Il giovane Corvonero guardò di soppiatto Luna e notò che era assorta ad osservare Theo. Così, senza pensarci due volte, si allontanò silenziosamente da lei, lasciando la radura e incamminandosi alla volta del Castello. Magari, pensò, i suoi genitori sarebbero riusciti ad intavolare una conversazione civile.

Dopo alcuni istanti in cui continuò a contemplare la figura lontana di Theodore, Luna si rese conto che suo figlio non si trovava più al suo fianco.
Diede una rapida occhiata intorno a lei e realizzò che Lorcan se ne era andato.
Per un attimo pensò di girare i tacchi e seguire il suo esempio, ma la figura dall'altro lato della radura era come un magnete per lei.
Sentiva una forte curiosità nei confronti di quel ragazzo che appariva ai suoi occhi così misterioso e, senza neanche rendersene conto, iniziò a muoversi nella sua direzione.
Quando fu vicinissima alla panchina occupata dal Serpeverde, arrestò la sua avanzata e scrutò attentamente il volto di Theodore.
Non avrebbe saputo dire quanto a lungo rimase ad osservarlo, a cercare di notare ogni minimo dettaglio del suo viso, prima che i profondi occhi blu del ragazzo si aprissero e venissero attraversati da una scintilla di divertimento.

«Lovegood hai intenzione di mangiarmi con gli occhi ancora per molto?» domandò beffardo Nott, guardando la Corvonero dritto negli occhi.

Spazio autrice

Ciao a tutti!
In questo capitolo viene finalmente svelata una delle coppie. Vi anticipo che nel prossimo ci sarà un focus su Theodore e Luna e su come è "nato" il loro rapporto. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima!

 

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Capitolo 9
*** Epifanie ***


Ottobre 1998

Theodore Nott amava leggere.
Quando si immergeva nella lettura di un buon libro si sentiva trasportato in un altro universo, un luogo in cui poteva sognare, immaginare, essere chiunque lui volesse.

Dallo scoppio della II Guerra Magica la sua vita era radicalmente cambiata. Era rimasto solo. Suo padre, un Mangiamorte, era finito ad Azkaban. Non gli dispiaceva non doverlo più vedere, tra di loro non era mai scorso buon sangue. Tuttavia, la sua detenzione implicava che il compito di tenere alto il nome e l'onore dei Nott spettasse a lui.

La sua era una delle più antiche famiglie di Purosangue esistenti nel mondo dei Maghi. Il cognome Nott aveva da sempre significato ricchezza, purezza, importanza.

Ora non era più così.
Ora, Theodore Nott sentiva associare al suo cognome i peggiori insulti che si potessero anche solo immaginare.
Ora, nessuno provava più timore reverenziale nei suoi confronti. Anzi, di solito Theodore veniva sbeffeggiato e deriso anche dai bambocci del primo anno.

Lui non reagiva. Non avrebbe potuto. Credeva che tutto il disprezzo che riceveva fosse il frutto degli errori commessi e come tale, non poteva far altro che accettarlo in silenzio.

Non importava se non condivideva e non aveva mai condiviso gli ideali di suo padre.
Non importava se era stato obbligato a farsi marchiare come un animale in nome di idee assolutamente folli.
Non importava se aveva perso tutto.
Non importava se lui, al pari dei suoi amici, era stato vittima delle circostanze.

L'unico barlume di speranza in un periodo così oscuro, gli fu donato da Minerva McGonagall.
La nuova Preside di Hogwarts aveva concesso a lui, e a tutti i Serpeverde che a causa della Guerra avevano "perso" un anno scolastico, di tornare a scuola.

Inizialmente Theo pensò che sarebbe stato un suicidio tornare ad Hogwarts. Poi Daphne, che era da sempre la più razionale del gruppo, aveva organizzato un incontro tra lui, Blaise, Pansy e Draco per discutere quale fosse la migliore decisione da prendere. Lei voleva tornare a scuola e alla fine riuscì a convincerli tutti.
Purtroppo però nell'esatto istante in cui misero di nuovo piede sull'Hogwarts Express, compresero che quell'anno sarebbe stato un vero inferno.

Dovunque andassero venivano trafitti da occhiate d'odio. In ogni vagone qualcuno si divertiva ad infastidirli e a offenderli ogni minuto.

Grifondoro, Tassorosso, Corvonero.

Theodore pensò a quanto fossero ipocriti.

Tutti.

I Grifondoro e la loro integrità morale; i Corvonero e la loro saggezza; i Tassorosso e la loro gentilezza.

Erano anni che li sentiva vantarsi dei loro pregi, usati per sottolineare i difetti dei Serpeverde.

Ora, invece, non facevano che comportarsi come le peggiori delle Serpi.
Ora, erano diventati tutto ciò che avevano sempre sostenuto fieri di non essere.

Ironico.

Forse lui e i suoi amici se lo meritavano, pensò. Forse era la giusta punizione per gli insulti, gli scherzi, le angherie commesse durante i precedenti anni di scuola. Forse era giusto così.

Però a lui sarebbe piaciuto che qualcuno cercasse di mettersi nei loro panni, che qualcuno cercasse di vedere il mondo dalla loro prospettiva anche solo per un secondo, che qualcuno gli tendesse una mano.

Mentre era immerso nei suoi pensieri, disteso sul prato della radura vicino al Lago Nero, con un libro dell'autore babbano James Joyce aperto a coprirgli la faccia, Theodore sentì due Corvonero del sesto anno insultarlo.

Li ignorò, come faceva con chiunque altro si divertisse a prenderlo a male parole in quel periodo, ma i due gli si avvicinarono e, con un calcio, spedirono il libro che stava leggendo lontano da lui.

Sentì la rabbia montargli dentro, ma ricordò a se stesso che doveva dimostrarsi migliore di loro. Così, ignorando totalmente i due idioti che lo guardavano con un ghigno stampato in faccia, si alzò e andò a riprendere il libro.
Non fece neanche in tempo ad afferrarlo che uno dei due ragazzi, un biondo mingherlino, tirò fuori la sua bacchetta e attirò a sé il volume.

Serrò i pugni. Stava perdendo la pazienza.

«Ma che roba ti leggi?» lo canzonò il biondo.

«Guarda Ed! C'è scritto "di proprietà di Theo e Daphne"! Sarà un libro famoso tra i Mangiamorte!» gli diede man forte l'altro.

Non appena sentì il nome della sua migliore amica, Theodore esplose. Iniziò a correre verso i due ragazzi, furioso come non mai, quando udì una voce femminile pronunciare la formula di un incantesimo: «Engorgio Skullus!»  e subito dopo vide le teste dei due Corvonero iniziare a crescere a dismisura. I due amici si guardarono terrorizzati e scapparono a gambe levate.

Theodore si voltò nella direzione da cui era provenuta la voce e rimase senza parole quando vide Luna Lovegood riporre la bacchetta sotto il suo mantello.

La ragazza raggiunse il punto in cui, fino a pochi secondi prima, si trovavano i due Corvonero, raccolse il libro di Theo, si avvicinò a lui e glielo porse. «Penso che questo sia tuo».

Theodore l'afferrò, ancora sorpreso. «Grazie» disse schiarendosi la gola.

«Oh non ringraziarmi, era il minimo visto l'atteggiamento dei miei due compagni di Casa» disse Luna. «Mi dispiace».

Se possibile, dopo quelle parole, il castano si meravigliò ulteriormente. «Ti stai scusando con me per qualcosa che non hai fatto tu?» domandò più a se stesso che a Luna.

La Corvonero sembrò sul punto di dire qualcosa, ma poi si morse la lingua e sorrise.

Il ragazzo la osservò. Non aveva mai notato quanto ogni cosa in lei trasmettesse dolcezza. Il suo sguardo, il suo sorriso, i suoi gesti, la sua voce. Fu in quell'istante che Theodore Nott si rese conto che era la prima volta, dall'inizio dell'anno scolastico, che qualcuno non appartenente alla sua Casa gli rivolgeva parole gentili. E a farlo era stata quella strana Corvonero che per anni aveva preso in giro. «Sono io che devo chiederti scusa» affermò.

Lei lo guardò confusa. «Per cosa?»

Theodore sorrise amaramente. «Per non aver mai pensato che valesse la pena difenderti da chi ti insultava in tutti questi anni» le rispose a bassa voce.

Luna strabuzzò leggermente gli occhi e poi sorrise dolcemente. «Beh non siamo amici, non devi sentirti in colpa» gli fece notare.

«È vero. Non siamo amici. Ma tu ora mi hai difeso e sei stata l'unica a trattarmi come una persona normale e non come un delinquente quest'anno. A parte i miei amici ovviamente» ribatté Nott, con un velo di tristezza nella voce.

Luna lo scrutò e per alcuni secondi i loro occhi si incrociarono. «Sai, non ho mai pensato che tu fossi una cattiva persona» ammise. «Non conosco la storia che c'è dietro quello» disse indicando l'avambraccio sinistro del Serpeverde, facendo riferimento al Marchio Nero, «ma davanti a me vedo un ragazzo che sta soffrendo, come tutti noi. Quindi non mi interessa da che parte stavi in passato. Se la McGonagall ha scelto di far tornare te e gli altri a scuola è perché crede che ne valga la pena. E io mi fido di lei» concluse.

Gli occhi di Theodore s'inumidirono e dovette lottare con tutte le sue forze per non scoppiare a piangere di fronte alla sua interlocutrice. Una seconda possibilità era tutto ciò che desiderava, e Luna gliela stava offrendo. «I-io non so cosa dire» ammise, con la voce spezzata dall'emozione.

«Non ho bisogno di una risposta» lo rassicurò la Corvonero. «Volevo solo farti, anzi farvi sapere che possiamo provare a ricominciare» spiegò. «Ora devo scappare, la lezione di trasfigurazione sta per iniziare».

Lui annuì. «Allora ci vediamo in giro... Luna» la salutò.

Il volto della ragazza s'illuminò e un dolce sorriso le increspò le labbra. «Certo... Theo» ribatté, per poi allontanarsi verso il Castello.

Theodore Nott rimase per qualche minuto immobile, ancora incredulo per la conversazione appena avuta. Poi si riscosse dai suoi pensieri e si avviò verso il Castello, pensando a quanto fosse sorprendente quella esile e gentile Corvonero.

1996

«Lovegood hai intenzione di mangiarmi con gli occhi ancora per molto?» domandò il ragazzo in tono beffardo, guardando la bionda dritta negli occhi.

Luna, colta sul fatto, arrossì violentemente. Cercò di trovare una giustificazione plausibile per spiegare al Serpeverde perché lo stesse fissando, ma la verità era che neanche lei sapeva darsene una. Non sapeva cosa l'avesse spinta ad avvicinarsi così tanto a lui né aveva idea del perché non riuscisse a smettere di guardarlo. Sembrava come ipnotizzata. Si rese conto che fino a quel momento non aveva mai davvero osservato Theodore Nott. Sapeva chi era, cosa gli altri dicevano di lui, come era fatto, ma non si era mai soffermata più di tanto a guardarlo.
Non aveva mai notato la profondità dei suoi occhi. Non aveva mai percepito l'espressione seria che aveva costantemente dipinta sul volto. Non si era mai accorta del fascino che esercitava su chi gli stava intorno, del fascino che esercitava su di lei.

Luna si riscosse dai suoi pensieri quando il Serpeverde si sedette composto, facendole cenno di accomodarsi vicino a lui. Sbarrò leggermente gli occhi, non aspettandosi un gesto del genere, ma non indugiò e si accomodò sul lato opposto della panchina rispetto a Theodore.
Ci furono alcuni minuti di silenzio, interrotti soltanto dal canto di qualche uccello che volava sopra le loro teste.

«Non mi piace essere seguito» esordì Nott, parlando lentamente.

Luna si voltò a guardarlo e la sua fronte si corrucciò in un'espressione confusa. «Pensi che ti abbia seguito?» chiese sorpresa.

Theodore sbuffò, tremendamente annoiato e indispettito per via della presenza della bionda. «Lovegood vengo qui dal primo anno e non mi sembra che tu ci abbia mai messo piede. Anzi, giurerei che non avessi la minima idea che esistesse un luogo del genere fino a cinque minuti fa» rispose seccato.

Luna non poteva credere alle sue orecchie. Pensava veramente che l'avesse seguito. Ma chi si credeva di essere?! Prese un respiro profondo, per evitare di rivolgersi a lui in modo troppo scortese, d'altronde sarebbe stato il padre dei suoi figli. Merlino, era strano anche solo immaginarlo, pensò. «È vero, non conoscevo questo posto. Ma non ti ho seguito, mi ci ha portato Lorcan» disse cercando di mantenere la calma.

«Certo e Lorcan dov'è? Si è smaterializzato?» replicò arrogantemente Theodore.

Luna lo guardò piuttosto infastidita e stavolta non riuscì a contenersi. «Piuttosto che chiederti dov'è Lorcan dovresti chiederti dov'è Lysander» sbottò.

Il Serpeverde si girò a guardarla per la prima volta da quando quello scambio di battute era iniziato. «Cosa intendi dire?»

«Dopo la presentazione Lorcan è venuto da me, mentre Lysander è venuto a cercare te ma ovviamente non ti ha trovato perché hai preferito scappare qui, piuttosto che conoscere i tuoi figli» parlò Luna con un certo risentimento nella voce.

Theodore Nott non si aspettava che la dolce e ingenua Luna Lovegood fosse capace di essere così tagliente. Non l'avrebbe mai ammesso, ma le parole della ragazza lo avevano ferito.
Era vero, lui era scappato.
Era scappato dai suoi figli.
Strinse le mani a pugno, talmente forte che le nocche gli diventarono bianche. Il suo volto si contrasse in un'espressione iraconda e per un attimo Luna si sentì travolgere dall'ansia.
Theodore la fissò con uno sguardo glaciale ma non disse nulla, si limitò ad alzarsi e ad allontanarsi dalla radura a grandi falcate.

Luna rimase lì, seduta sulla panchina, ad osservarlo mentre si allontanava sempre di più, incapace di compiere anche un solo movimento.
Alcuni istanti dopo che la figura snella di Nott fu uscita dalla sua visuale, chiuse gli occhi e sospirò. Successivamente fece per alzarsi, quando lo sguardo le cadde su un piccolo taccuino marrone rilegato in pelle che si trovava sul prato. Si abbassò e lo raccolse, percorrendo tutta la ruvida superficie della copertina con le mani. Poi tornò a sedersi e lo aprì. Sulla prima pagina campeggiava la scritta Poesie. Luna voltò pagina e lesse la poesia scritta in un'elegante e ordinata calligrafia

La nera solitudine

La nera solitudine alla nera
solitudine; il sogno alto al profondo
pensier; la sera che è triste, alla sera
che piange; al mondo infranto, il bieco mondo.

La Corvonero continuò a sfogliare le pagine del taccuino, rapita da quei versi così evocativi. Non lesse tutte le poesie, sapeva che avrebbe dovuto far ritorno in Sala Grande prima che i gemelli si preoccupassero e la andassero a cercare, così chiuse il taccuino e il suo sguardo si posò su due lettere incise in basso a destra sulla copertina di pelle.

TN

Luna non impiegò poi molto a comprendere che quelle non erano altro che le iniziali dell'arrogante Serpeverde con cui aveva parlato fino a pochi minuti prima. Rimase assolutamente meravigliata dalla scoperta. Non avrebbe mai immaginato che Nott scrivesse poesie. Strinse il taccuino tra le sue mani e per un attimo pensò che sarebbe stato meglio lasciarlo dove lo aveva trovato. Sicuramente Theodore sarebbe tornato a prenderlo. Tuttavia, fu sopraffatta dalla stessa curiosità che l'aveva spinta ad avvicinarsi a lui quando lo aveva visto sdraiato sulla panchina verde smeraldo sulla quale era ora seduta. Così si alzò, nascose il taccuino nella tasca della sua uniforme e si avviò verso il Castello di Hogwarts per andare a pranzo. Avrebbe pensato in un secondo momento a come restituirlo a Nott.

———

La Sala Grande era confusionaria e allegra come al solito.

Luna Lovegood varcò la grande porta d'ingresso e si diresse a passo svelto verso il tavolo dei Corvonero.

Lorcan, che era intento a parlare con Lysander al tavolo dei Serpeverde, la vide e la raggiunse con un sorriso smagliante stampato in faccia, per poi sedersi al suo fianco.

Luna posò lo sguardò su di lui e lo fissò con un'espressione ammonitrice.

«Lo so cosa stai per dirmi. Non dovevo andarmene. Quindi ti anticipo. Scusa, mi dispiace, non succederà più» disse velocemente il ragazzo con l'espressione più angelica che riuscì ad assumere.

La bionda continuò a fissarlo assottigliando leggermente lo sguardo, poi sospirò. «Tu e tuo fratello mi farete diventare matta!»

Lorcan non poté far altro che ridacchiare. Era la verità.

Dall'altra parte della Sala, Theodore Nott mangiava in silenzio, ascoltando ciò che Lysander raccontava. Quel ragazzo era logorroico, di certo non aveva ripreso da lui, pensò. Quando alzò il volto, fino a quel momento chino sul piatto, si accorse che due chiarissimi occhi azzurri lo stavano osservando.

Non appena se ne rese conto, Luna distolse lo sguardo.

Theodore invece continuò a fissarla spudoratamente. Era così... strana. Aveva sempre pensato che fosse pazza. Insomma, ogni tanto la incrociava per il parco di Hogwarts e l'osservava mentre era intenta a parlare con non si sa quali strane creature che poteva vedere solo lei. L'aveva anche sentita parlare più volte dei Nirgilli o qualcosa del genere. Ad essere onesto, non credeva che avesse tutte le rotelle al posto giusto. Nonostante ciò, c'era sempre stato qualcosa in lei che lo incuriosiva, non così tanto da rivolgerle la parola, ovviamente. Senza contare che ciò che gli aveva detto alla radura risuonava ancora nella sua testa. Non credeva che Lunatica Lovegood potesse avere quel caratterino e aver scoperto quel lato nascosto di lei non faceva altro che acuire la sua curiosità.

«Ma guardatelo... è amore a prima vista!»

La voce appositamente melensa di Blaise distolse Theodore dai suoi pensieri. Quando capì che la presa in giro del compagno era rivolta a lui, lo fulminò con lo sguardo. «Stai zitto» sibilò irritato.

Blaise sorrise sornione e Draco Malfoy, seduto vicino al moro, ci mise il carico da novanta. «La stai fissando da mezz'ora con lo stesso sguardo con cui Filch fissa Mrs Norris. Se non è amore questo!» lo canzonò.

Theodore stava per ricordare ai suoi due simpatici amici che era di Lunatica Lovegood che stavano parlando e che non ci si sarebbe messo neanche per tutti i galeoni del mondo. Fortunatamente però si ricordò che vicino a lui sedeva Lysander, così evitò di rispondere e si limitò a lanciargli l'espressione più minacciosa di cui disponeva. Poi ricordò anche che, nonostante ciò che stava pensando, non solo si sarebbe messo con Luna, ma ci avrebbe anche formato una famiglia.
Decise di ignorare quel pensiero.

«Comunque» intervenne Daphne, «non si può parlare di amore a prima vista, Blaise. Theo conosceva già Luna, anche se non ci ha mai parlato. Si potrebbe parlare più correttamente di epifania» disse.

Delle espressioni interrogative si dipinsero sul volto dei Serpeverde che la stavano ascoltando. L'unico che sembrò cogliere il riferimento fatto da Daphne fu Theodore, che le lanciò uno sguardo torvo, manifestando tutto il suo disappunto.

«Lysander cosa aspetti a sguainare la bacchetta? Daphne ha evidentemente paragonato Luna a una Befana!» esclamò Draco Malfoy, leggermente risentito per la diversità di trattamento che il ragazzo stava riservando all'amica.

«Ma che dici!» esclamò lei indignata. «Non mi riferisco alla festa dell'Epifania!» sottolineò. Notando che gli sguardi dei suoi amici erano ancora più confusi, tranne quello di Nott che continuava a guardarla malissimo, decise di spiegare. «Non avete mai sentito parlare di Joyce?» domandò.

«Cos'è, una nuova marca di scope?» chiese Draco, battendo poi il cinque a Blaise che ridacchiava divertito.

«No idiota, è uno scrittore babbano!» rispose spazientita la bionda.

«Daphne non conosco gli scrittori del mondo magico, ti pare che possa conoscere quelli babbani?» le fece notare eloquentemente il moro.

Pansy ridacchiò, non aveva tutti i torti.

Daphne guardò in direzione del compagno e l'espressione indispettita che aveva assunto si ammorbidì. «In una delle sue opere Joyce parla di queste epifanie. Si tratta di illuminazioni improvvise, di vere e proprie rivelazioni causate da un gesto, un oggetto, una situazione, che sembrano apparentemente banali, ma che svelano qualcosa di più profondo, di più significativo e inaspettato» spiegò. «Credo che a Theodore sia successo proprio questo».

Nott alzò gli occhi al cielo, pensando che l'amica fosse fuori di testa. Aveva capito immediatamente dove Daphne volesse andare a parare, perché durante le vacanze estive del quarto anno avevano letto insieme "Gente di Dublino", l'opera di Joyce alla quale aveva fatto riferimento. L'avevano trovata durante una breve incursione nella Londra babbana e avevano deciso di leggerla quasi per gioco. Poi però erano rimasti catturati dal modo di scrivere dell'autore, tanto da leggere l'opera più di una volta. Erano ormai tre anni che i due si ritrovavano per leggerla insieme, e ogni volta scoprivano in essa significati fino ad allora nascosti. Comunque, a lui pareva assurdo che l'amica pensasse che avesse avuto un'epifania con Luna.

«Sai, Daphne... stai iniziando ad assomigliare pericolosamente alla Granger» notò Blaise Zabini divertito.

Daphne gli rivolse un'occhiataccia ma non rispose. Così, il pranzo continuò tra una chiacchera e l'altra.

Ottobre 1998

Ai tre Tre Manici di Scopa c'era un gran baccano. Era infatti il primo sabato che gli studenti di Hogwarts passavano ad Hogsmeade, quell'anno.

Madama Rosmerta era impegnata a servire bibite e stuzzichini vari a tutti i suoi giovani clienti. Aveva appena lasciato sul tavolo di sei giovani Serpeverde quattro Burrobirre e due bicchieri di Sciroppo di Ciliegia.

«Dopo devo assolutamente passare da Scrivenshaft. Mi servono nuove piume, quell'elefante di Gregory me le ha fatte cadere insieme all'inchiostro durante l'ultima lezione di Incantesimi e ovviamente ora sono tutte rovinate» disse Pansy Parkinson iniziando a sorseggiare il suo Sciroppo di Ciliegia.

«Vengo anch'io, ho bisogno di una piuma di riserva» si accodò Blaise Zabini.

«Io vorrei passare da Mielandia, ho voglia di dolci» intrevenne Daphne Greengrass.

«Voglia di dolci... tu?» la guardò divertito Draco Malfoy.

«Lo trovi strano?» chiese la bionda affilando lo sguardo.

«Sì, considerando che sei acida come uno yogurt scaduto» la prese in giro il compagno.

Theodore Nott e Astoria Greengrass ridacchiarono piuttosto rumorosamente e si beccarono un'occhiataccia dalla ragazza.

«Domani vi va di fare un picnic vicino al Lago Nero?» domandò il castano per cambiare argomento.

«Un picnic?» chiese sorpreso Blaise.

«Sì» confermò Theo. «Vedo sempre un sacco di gente mangiare in riva al Lago di domenica e ho pensato che sarebbe carino se lo facessimo anche noi. Insomma, sembra divertente» spiegò.

«Proprio perché c'è un sacco di gente che lo fa io direi di evitare» opinò Draco, alludendo all'antipatia che lui e i suoi amici suscitavano in praticamente tutti.

«Davvero siamo arrivati al punto di non fare le cose per paura degli altri?» domandò Theodore guardando i suoi cinque amici uno alla volta. «Dove sono finiti i miei veri compagni di Casa?»

«Sono scomparsi con la guerra» rispose Astoria sconsolata.

Theodore si voltò verso di lei e sospirò. «Non torneremo mai alla normalità se non siamo noi a fare il primo passo» affermò convinto.

Daphne lo scrutò attentamente, sorpresa dalle sue parole. Pansy ci pensò su un attimo e poi intervenne supportando la tesi di Theo. E la stessa cosa fece Astoria.

«D'accordo» li appoggiò Blaise. «Verrò. Adoro fare sonnellini sotto al sole».

«Mi sembra di capire che io e Draco siamo in minoranza» osservò Daphne.

«Esatto, dovrete venire» ribatté Theo soddisfatto.

«Faremo questo sforzo» tagliò corto Draco.

Proprio quando il biondo terminò di parlare, la porta dei Tre Manici di Scopa si aprì, mostrando l'esile figura di Luna Lovegood. Era da sola. La ragazza avanzò all'interno del locale, cercando un tavolo libero. Iniziò a guardarsi intorno quando i suoi occhi intercettarono lo sguardo di Theodore Nott.

Luna alzò la mano in segno di saluto e Theodore le fece cenno di avvicinarsi.

Daphne, che si trovava di fronte al castano, si voltò, non capendo cosa stesse facendo l'amico. Quando vide Luna Lovegood camminare lentamente nella loro direzione assunse un'espressione a dir poco stupefatta.

Luna, ormai giunta al tavolo dei Serpeverde, attirò l'attenzione di tutti i membri del piccolo gruppo.

Draco e Blaise la guardarono piuttosto infastiditi. Pansy e Astoria, al pari di Daphne, erano molto confuse.

«Ciao Luna» la salutò Theodore.

«Ciao Theo» ricambiò la Corvonero. «Ciao a tutti».

Dopo questo scambio di saluti così normale, la confusione tra gli amici del Serpeverde aumentò.

«Sei sola?» chiese Nott.

«Sì, per ora. Sto aspettando alcuni amici» spiegò lei.

«Capisco» annuì Theo. «Se vuoi puoi aspettarli seduta qui con noi» propose.

La bocca di Blaise si spalancò in un'espressione di totale sorpresa.

Draco non poteva credere a ciò che stava udendo. Era sconcertato.

Daphne strabuzzò leggermente gli occhi e guardò insistentemente l'amico, non capendo a che gioco stesse giocando.

Pansy e Astoria si guardarono a vicenda, incredule.

«Non so se... insomma» iniziò a rispondere Luna, in difficoltà. Non era sicura che gli altri Serpeverde fossero molto d'accordo. Lei e Theodore, nei pochi giorni che erano passati dalla loro prima chiacchierata, avevano imparato a conoscersi. Si erano visti altre volte dopo il loro primo incontro e la Corvonero doveva ammettere che era piuttosto piacevole parlare con lui.

«Vieni, siediti» le disse Nott, alzandosi e rubando una sedia da un tavolo vicino per far accomodare Luna accanto a lui.

«D'accordo» cedette la Corvonero. «Prima però vado a prendermi qualcosa da bere».

Theodore annuì e lei si allontanò.

«Ma che cazzo ti prende?!»
«Sei impazzito?!»
«Sei sicuro che Madama Rosmerta non ti abbia portato del Whisky Incendiario al posto della Burrobirra?!»

Theo fu bombardato dalle domande dei suoi amici, non appena Luna fu abbastanza lontana da non sentirli.

«Che c'è?» chiese facendo il finto tonto.

«Hai invitato Lunatica a sedersi con noi e ci chiedi anche che c'è?» sbottò Draco.

«Si chiama Luna» rispose Theo.

«Perfetto, ora la difende pure» parlò Blaise.

«Ma mi spiegate cosa c'è di male? Ho invitato Luna Lovegood a sedersi con noi. Esatto. E l'ho invitata perché io e lei siamo... amici» disse Theodore, stavolta leggermente alterato.

«Amici?» ripeté Pansy.

«Sì, amici. Lo so che è difficile da credere. Dopo se volete vi racconterò tutta la storia ma ora fatemi il piacere di non fare gli stronzi. Grazie» replicò il castano seccato.

Gli altri non fecero in tempo a ribattere perché Luna era ormai tornata insieme al suo bicchiere di Acquaviola. Si sedette vicino a Theo, per poi abbassare lo sguardo sulla sua bevanda, imbarazzata.

Seguì qualche attimo di silenzio, che fu inaspettatamente spezzato da Daphne Greengrass. «Immagino tu stia aspettando Longbottom» esordì.

«Sì, sto aspettando lui e Ginny» rispose Luna.

«Che gran trio» soffiò Draco Malfoy sarcastico, distogliendo lo sguardo dalla Corvonero. Questo però non gli impedì di notare l'occhiata omicida che Theodore gli aveva lanciato.

«Acquaviola, scelta interessante» continuò Daphne spostando la conversazione sulla bibita scelta da Luna.

«È la mia bevanda preferita» rispose lei.

«Ti rappresenta» ribatté la Serpeverde.

«Cosa intendi?» chiese Luna, non capendo.

«È una bevanda particolare. Non è apprezzata da tutti e forse ciò è dovuto al fatto che non se ne conoscono tutti gli ingredienti. Quelli che la prendono però la adorano» spiegò Daphne, guardando dapprima Luna e poi Theodore.

La Corvonero inclinò leggermente la testa, e sul suo volto si dipinse un'espressione pensierosa. «Io invece non credevo che tu fossi tipo da Burrobirra» notò, facendo riferimento alla bevanda scelta da Daphne.

«Perché non lo sono» confermò la Serpeverde. «Sono più un tipo da Whisky Incendiario ma Madama Rosmerta non lo serve agli studenti».

Luna rimase per un attimo stupita, poi ridacchiò. «Avrei scommesso sul Succo di Zucca. Freddo ma dolce. Invece mi hai sorpreso».

Ci fu un attimo di silenzio, durante il quale Theodore vide le labbra di Daphne incurvarsi in un sorriso che scomparve dal suo volto dopo pochi attimi.

«Daphne è piena di sorprese» commentò Blaise. «Ogni tanto inizia ad insultarmi talmente tanto che sembra uno scaricatore di porto, tanto da farmi domandare se in realtà non sia un ragazzo che è riuscito ad ingannare tutti con uno di quegli strani incantesimi che conosce solo lei» aggiunse con un ghigno.

Daphne lo guardò. «Vorresti scoprirlo?» gli chiese maliziosamente.

«Potrei riuscirci?»

«Certo» rispose Daphne, facendo strabuzzare gli occhi a Blaise. «Nei tuoi sogni».

Draco e Pansy scoppiarono a ridere, mentre Blaise tornò serio, facendo una smorfia in direzione della bionda. Astoria ridacchiò, così come Theo che si voltò a guardare Luna. Notò che stava sorridendo ma le sue guance si erano colorate di un leggero rossore. Scosse leggermente la testa, pensando a quanto quella ragazza apparisse pura ai suoi occhi.

«Luna» la richiamò.

La Corvonero si voltò verso di lui.

«Io e gli altri stavamo pensando di fare un picnic sulla riva del Lago Nero domani» disse. «Vuoi unirti a noi?»

Draco, che stava sorseggiando la sua Burrobirra, per poco non la sputò. Si girò verso l'amico e lo guardò torvo.

«Io... non so se...» iniziò a replicare Luna, alludendo con la testa in direzione del Serpeverde che aveva appena manifestato il suo disappunto.

«Non preoccuparti di Draco. È innocuo. Se vuoi unirti a noi, sei la benvenuta» intervenne Blaise, sorprendendo tutti.

«Cosa?» gli chiese Draco, attonito.

Blaise si girò verso l'amico e gli sorrise furbescamente. Ma certo, si stava vendicando. Maledetto. Pensò Draco.

«Beh se non vi dà fastidio, forse... potrei venire» disse allora Luna, ancora titubante.

«Assolutamente no cara. Sei la benvenuta» la rassicurò ancora il moro.

Di fronte all'inconsueta gentilezza dell'amico, Theo aggrottò la fronte, diffidente. Decise però di non approfondire la questione, d'altronde lo stava aiutando a convincere Luna ad accettare il suo invito. «Ragazze voi siete d'accordo?» chiese allora alle amiche, sperando che lo appoggiassero.

«Certo» rispose Astoria. Lei non aveva assolutamente nessun problema nel relazionarsi con gli studenti delle altre Case. Era sempre stata una ragazza gentile. Molti si chiedevano come avesse fatto a finire a Serpeverde.

Theo le sorrise e poi guardò Daphne.

La bionda lo scrutò e notando l'espressione implorante che le stava rivolgendo decise di acconsentire. «Sì, non c'è problema».

Theo sorrise anche a lei, grato e poi fu il turno di Pansy, che accettò la nuova invitata, anche se con qualche remora.

«D'accordo allora. Ci sarò» disse Luna sorridendo a Theo.

La porta del locale si aprì nuovamente, lasciando intravedere un'atletica ragazza dai lunghi capelli rossi e un goffo giovane dal volto molto tenero.

Ginny e Neville si guardarono intorno, alla ricerca di Luna. Il ragazzo la individuò e indicò all'amica il tavolo a cui era seduta. I due non potevano credere ai loro occhi. Luna era con dei Serpeverde. E non dei Serpeverde qualsiasi. Era con Nott, Zabini, Malfoy, Parkinson e le sorelle Greengrass. E stavano... ridendo?
Si guardarono, confusi. Poi avanzarono verso il tavolo a cui era seduto quello strano gruppetto.

«Luna» la chiamò l'amica, attirando su di sé e Neville l'attenzione del gruppo.

«Ginny! Neville! Vi stavo aspettando» li salutò Luna.

«Davvero? Non sembra» rispose acidamente la rossa.

Luna la guardò confusa.

«Andiamo Weasley, non te la starai prendendo con lei solo perché sta parlando con noi» commentò Pansy Parkinson.

«Parkinson non mi sembra di averti rivolto la parola» ribatté Ginny, infastidita.

«E a me non sembra che tu sia nella condizione di potermi parlare in questo modo» contrattaccò Pansy.

«Cos'è, una minaccia?» la sfidò la Grifondoro.

«Potrebbe diventarlo» le tenne testa la Serpeverde.

«Ginny dai, lascia stare» intervenne Neville, cercando di calmare la compagna di Casa, che sembrava piuttosto arrabbiata.

«Sono stato io a invitarla a sedersi con noi, se c'è qualcosa che ti dà fastidio puoi prendertela con me» parlò Theodore.

«Veramente un gesto carino, che gran cuore che hai» replicò Ginny sarcastica.

«Sai Weasley se non fosse stato per Theo Luna vi avrebbe aspettato seduta a un tavolo da sola. Invece di fare del sarcasmo dovresti ringraziarlo» s'intromise Daphne Greengrass, con voce gelida.

«Oh ma certo, ringraziarlo. Che assurdità» rispose la rossa, ancora più arrabbiata.

«Ginny è vero. Theodore è stato molto carino a chiamarmi. Mi ha anche invitato ad un picnic e-»

«Un picnic!» ripeté Ginny interrompendo l'amica e alzando la voce di un'ottava. «E scommetto che tu ci andrai!»

«Sì, ci andrò» rispose Luna, seria.

«Assurdo» commentò la Grifondoro.

«Weasley se sei invidiosa perché non sei stata invitata, basta dirlo. Puoi venire anche tu, siamo molto amichevoli» intervenne Blaise Zabini, puntando i suoi occhi scuri in quelli verdi della ragazza e incurvando le labbra in un sorrisetto malizioso.

«Zabini non parteciperei a un'uscita in cui ci sei tu neanche per tutti i galeoni del mondo, per cui chiudi la bocca» gli rispose lei.

Il ghigno malizioso sparì dal volto del Serpeverde.

«Rifiutato due volte in mezz'ora, se continui così stabilirai un nuovo record» lo prese in giro Draco, sottovoce.

«Ginny, ascoltami» la chiamò Luna.

«No Luna, ascoltami tu. Se esci con loro non possiamo essere amiche. E no, non cambierò idea» sentenziò Ginny, prima di voltarsi e uscire dai Tre Manici di Scopa.

Neville sospirò. «Cercherò di farla ragionare» disse a Luna, per poi abbandonare anche lui il locale.

La Corvonero abbassò lo sguardo sulle sue mani, osservando le sue dita scorticare delle pellicine in un gesto nervoso.

«Mi dispiace, è colpa mia» si scusò Theodore, appoggiando una mano sulla spalla dell'amica.

«No, non lo è» rispose Luna, scuotendo la testa.

Spazio autrice

Ciao a tutti!
Come anticipato in questo capitolo mi sono concentrata sulla storia di Theodore e Luna.
Spero vi piaccia l'idea di inserire dei flashback per raccontare come è nato il loro rapporto. È una cosa che vorrei fare per tutte le coppie.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!

P.S. La poesia che ho inserito è di Giovanni Camerana

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Capitolo 10
*** Migliori amici ***


L'abbondante pranzo servito in Sala Grande era ormai giunto al termine. Molti degli studenti avevano già fatto ritorno nelle loro sale comuni per rilassarsi prima dei corsi pomeridiani; altri avevano scelto di passeggiare o di andare in biblioteca.

Alcuni degli alunni più grandi erano pronti per conoscere l'identità di un altro incappucciato. 

Il ragazzo si alzò e si diresse nel punto in cui, prima di lui, si erano presentati gli altri. Si schiarì la gola, attirando su di sé l'attenzione di tutti i presenti.

«Salve» disse scrutando i suoi interlocutori. «Sono il fratello minore di uno dei ragazzi che si è già presentato, penso che non ci metterete molto a capire chi è mio padre». Si abbassò lentamente il cappuccio della tunica e poi se la tolse completamente.

«Accidenti Harry è un altro mini-te!» commentò Ron entusiasta, scuotendo più volte il braccio dell'amico.

Effettivamente, il ragazzo somigliava tantissimo ad Harry. Aveva i suoi stessi colori. Capelli neri, occhi verde chiaro e pelle pallida.

«Mini non è la definizione che userei... avrà la stessa età che Harry ha ora» puntualizzò Hermione.

«Precisina» ribatté Ron. 

Hermione alzò gli occhi al cielo.

«Ho avuto due maschi» mormorò Harry, parlando più a se stesso che agli altri.

«Sì, papà» rispose James ridacchiando per l'espressione attonita del padre. 

«In realtà... vabbè lasciamo stare» commentò il giovane Potter che ancora non si era presentato.

«Come ti chiami?» domandò curiosa Hermione.

«Mi chiamo Albus, Albus Potter» rispose il ragazzo improvvisamente nervoso.

Sentendo quel nome, Harry si voltò immediatamente verso Silente, che gli sorrise leggermente.

«Non ci provare Al, nome completo!» intervenne Lysander lanciando un sorrisetto furbo all'amico.

«Ti odio» mormorò Albus di rimando. «Il mio nome completo è Albus Severus Potter» disse poi.

«Severus?!» esclamò Ron. «Harry hai chiamato tuo figlio come Piton?!» aggiunse sbalordito.

«A quanto pare» commentò l'amico, incredulo.

«Forse è stata sua madre a scegliere il nome» intervenne Astoria.

Molteplici paia di occhi si puntarono su di lei.

«Che c'è? È solo un'ipotesi» si difese la ragazza.

«Potrebbe essere vero» osservò Harry, pensieroso. Poi guardò il figlio per chiedere conferma.

Albus, che ancora scrutava il tavolo delle Serpi, si voltò nuovamente verso il padre e negò con la testa.

«Quindi l'ho scelto io» constatò il corvino sorpreso.

«Beh, Harry sarebbe stato ancora più strano se a scegliere Severus come nome fosse stata Ginny, non trovi?» osservò Ron.

«Mio Dio Weasley ancora pensi che tua sorella sia la madre di James e Albus?» si intromise Daphne, osservando il rosso con superiorità.

«Greengrass non stavo parlando con te, quindi fatti gli affari tuoi!» le rispose stizzito lui.

«Sei patetico» disse semplicemente lei, annoiata dalla testardaggine del Grifondoro.

Ron, infastidito dal commento della bionda, cambiò espressione e s'incupì. Non capiva perché quell'insopportabile Serpe doveva intromettersi sempre.

«Io non sono pa-»

«Ora basta! Smettila di dire che sarò la madre dei figli di Harry. Sono stufa. Nessuno sa con certezza chi sarà, né io, né Harry, né Daphne, né tu! Quindi stai zitto e ascolta la presentazione» sbottò Ginny, esausta per le continue ipotesi del fratello. 

Era una vita che aveva una cotta per Harry ed era una vita che lui la vedeva come una sorella minore. Le sarebbe piaciuto molto essere la madre di quei ragazzi ma quando li aveva visti aveva avuto una strana sensazione. Il suo intuito le diceva che non erano figli suoi e il suo intuito raramente sbagliava. Quindi, ascoltare Ron che ribadiva continuamente che lei ed Harry avrebbero formato una famiglia, la mandava fuori di testa.

Ron la guardò attonito, avrebbe voluto ribattere ma sul volto della sorella era dipinta un'espressione che conosceva fin troppo bene. Era la stessa che sua madre assumeva quando era veramente arrabbiata. Così pensò che sarebbe stato meglio tacere. 

Mentre si voltava di nuovo verso Albus incrociò lo sguardo di Daphne Greengrass, che osservava la scena soddisfatta. La fissò, socchiudendo gli occhi e lei fissò lui, quasi sfidandolo.

«Perché ho scelto di chiamarti in questo modo?» domandò Harry, cercando di cambiare argomento.

«È complicato» rispose Albus. «Quello che posso dirti è che non tutto è ciò che sembra e tu dovresti saperlo bene ormai».

«Tutto qui? Non mi dirai nient'altro?» insistette Harry.

«Non posso. Ne ho parlato con Silente, stamattina. Non posso darti quest'informazione, sarebbe troppo rischioso» spiegò Albus.

«Più rischioso di conoscere i nostri figli?!» sbottò il Grifondoro alterato.

«Papà» lo richiamò James, appoggiando una mano sulla sua spalla, nel tentativo di calmarlo.

Quando Harry vide che Albus sembrava mortificato, si calmò leggermente.«Scusami, non volevo. So che non è colpa tua» disse.

«Non fa niente» rispose il figlio.

«Ho deciso io di non permettere al giovane Albus di rivelare quest'informazione» intervenne Silente, calmo. «Lo scopo di queste presentazioni è quello di farvi comprendere che i veri nemici si trovano fuori da Hogwarts e non dentro le mura del Castello. Harry, prima o poi saprai la verità... ma non ora» concluse.

Il Grifondoro guardò l'anziano mago, la fronte corrucciata in un'espressione di disappunto. Nonostante non fosse totalmente convinto delle parole del Preside, annuì.

«Bene, Albus puoi continuare a presentarti» disse quindi Silente.

«D'accordo» annuì il ragazzo per poi proseguire. «Ho 17 anni e sono finito nella Casa di...» si interruppe, prese un respiro profondo e poi continuò: «Salazar Serpeverde» annunciò lentamente.

Sulla Sala Grande calò il silenzio più assoluto. Harry fissava il figlio, Ron fissava Harry, Hermione cercava di scuotere il rosso perché, a suo parere, si stava comportando come un bambino di cinque anni.

Albus riprese a parlare. «So che è uno shock per te, per voi ma-» 

«No» lo interruppe Harry, «non lo è».

«Infatti» disse Ron annuendo. «Aspetta, non lo è?» ripeté stupito.

Harry si girò verso l'amico per poi tornare a guardare il figlio. «No, voglio dire... sono sorpreso. Però sapevo che uno dei miei figli sarebbe potuto finire a Serpeverde. Anche se guardandovi avrei scommesso su James» scherzò.

«Sì, lo dicono tutti» sbuffò Albus.

«Se posso intromettermi» parlò Daphne.

«No, non puoi» ribatté acidamente Ron, ma la Serpeverde lo ignorò.

«Vorrei chiederti perché te lo aspettavi» domandò rivolgendosi a Harry.

Il corvino sospirò, non aveva mai rivelato a nessuno quel piccolo segreto.

«Non devi rispondermi per forza» aggiunse la ragazza notando che il Grifondoro non era molto a suo agio.

«No, non c'è problema» disse lui. «Me l'aspettavo perché al primo anno, durante lo Smistamento, il Cappello Parlante voleva mettermi in Serpeverde» spiegò.

Le parole di Harry lasciarono tutti di stucco. Draco Malfoy, fino a quel momento impegnato a giocherellare con il suo bicchiere, alzò lo sguardo e lo puntò su Harry Potter. Lui, l'amato, eroico, perfetto Grifondoro aveva rischiato di finire a Serpeverde?

«Harry, non ce l'avevi mai detto» sussurrò Hermione, delusa dal fatto che l'amico avesse tenuto per sé quel segreto.

«Non l'ho mai detto a nessuno. Silente però ha appena detto che lo scopo delle presentazioni è quello di non farci vedere nemici dove non ci sono, e forse questo può aiutare» disse il Grifondoro.

«Sai papà, quando sono partito per Hogwarts per la prima volta avevo paura di finire a Serpeverde. Ne ho parlato con te e hai cercato di tranquillizzarmi dicendomi che l'uomo più coraggioso che tu avessi mai conosciuto era un Serpeverde. E poi mi hai detto anche che potevo chiedere al Cappello Parlante di assegnarmi ad un'altra Casa perché di solito ascolta le nostre richieste. Ma la prima osservazione mi piace di più» disse Albus sorridendo.

Harry ricambiò il sorriso, poi ripensò alle parole del figlio e corrucciò la fronte. «Un momento, quanto ti ho detto che l'uomo più coraggioso che avessi mai conosciuto è-»

«Credo sia il momento di proseguire con la presentazione» lo interruppe Silente.

«S-sì, forse è meglio» lo appoggiò Albus, che si era reso conto di aver parlato troppo.

Harry, che voleva assolutamente sapere se la sua intuizione fosse giusta, cercò di intervenire di nuovo ma il figlio non glielo permise continuando a parlare.

«La mia età e la mia Casa già le ho dette quindi direi di passare alla mia madrina, che è Hermione» disse il ragazzo sorridendo alla riccia.

La delusione che la giovane provava per il fatto che Harry non si fosse fidato abbastanza di lei e Ron, almeno non tanto da raccontargli di aver rischiato di finire a Serpeverde, svanì. «Grazie Harry!» esclamò alzandosi e abbracciando l'amico, che ricambiò la stretta.

«Il tuo padrino invece?» chiese Ron, convinto che il ragazzo avrebbe detto il suo nome.

«Non posso dirvelo, s'intuirebbe l'identità di mia madre» rispose Albus.

Ron rimase leggermente deluso, ma poi pensò che se Albus avesse fatto il suo nome sarebbe stato evidente che la madre fosse Ginny. Quindi annuì, pensando che la scelta di non rivelare l'identità del suo padrino era solo un'altra prova del fatto che la sua ipotesi fosse quella corretta. Sorrise compiaciuto, pensando alla faccia che avrebbe fatto Daphne Greengrass quando avrebbe scoperto di avere torto davanti all'intera Sala Grande.

«Ma se non sarai tu a rivelare l'identità di vostra madre, vuol dire che...» commentò Harry strabuzzando gli occhi.

«Hai anche una figlia, che è l'ultima» precisò Albus.

«Accidenti, non me l'aspettavo» disse il Grifondoro, stordito dall'informazione. Poi però si aprì in un grande sorriso. Una figlia. Credeva di sapere già il suo nome.

«Altre domande?» chiese Albus, guardandosi intorno.

«Giochi a Quidditch?» domandò Neville.

«No, non sono molto bravo. Mi limito a fare il tifo dagli spalti» rispose il ragazzo, grattandosi la testa imbarazzato.

«Come ti capisco» gli disse quindi il Grifondoro, facendolo ridacchiare.

«Sei amico di Lysander» disse Theodore Nott. La sua, più che una domanda, sembrava un'affermazione.

«Sì» confermò Albus.

«È anche amico mio papà!» intervenne Lorcan.

«Confermo» assentì Albus ridacchiando.

«D'accordo» si limitò allora a dire Theodore Nott, in tono neutro.

«D'accordo? I tuoi figli sono amici di un Potter e l'unica cosa che hai da dire è d'accordo?!» domandò Draco Malfoy, piuttosto infastidito.

«Sì, d'accordo» ripeté Theodore guardando minacciosamente il biondo, che assottigliò lo sguardo.

«Come ti pare» sibilò Draco.

«Non credo ci siano altre domande, quindi ho finito. Addio» terminò Albus, scendendo velocemente i pochi gradini che lo separavano dai tavoli di fronte a lui. Andò al tavolo dei Grifoni e salutò tutti, abbracciando fortissimo il padre.

«Che si presenti il prossimo allora» annunciò Silente, rivolgendosi al tavolo degli incappucciati.

Uno di loro si alzò e con un'andatura elegante e fiera si posizionò nel luogo preposto alla presentazione. Si schiarì la gola e poi parlò. «Buon pomeriggio a tutti. Vi avverto, sono uguale a mio padre» disse, prima di togliersi la tunica che lo copriva.

«Sembra che ti abbia staccato la faccia e se la sia incollata» sussurrò un Blaise Zabini stupefatto all'amico Draco Malfoy che, già dimentico del battibecco appena avuto con Nott, guardava suo figlio impettito e fiero. Non ci poteva credere. Avrebbe avuto un figlio, quindi sarebbe sopravvissuto alla Guerra e sarebbe riuscito ad assolvere al suo vero dovere: dare un erede ai Malfoy.

«Ve l'avevo detto, è inutile che fate quelle facce» disse il biondo che si stava presentando.

«Come ti chiami?» domandò Draco, interessato come mai fino ad allora a quelle presentazioni.

«Scorpius, sono Scorpius Hyperion Malfoy» rispose il figlio. «Ho 17 anni e sono stato smistato in Serpeverde».

«Ovviamente» sottolineò orgoglioso Draco.

«Prima che me lo chiediate voi, vi anticipo che gioco a Quidditch, sono il cercatore della squadra» aggiunse Scorpius.

«Se continui a gonfiare il petto in questo modo diventerai un pavone» disse Blaise, prendendo in giro Draco, sempre più fiero del figlio.

«Blaise, stai zitto. Ho un figlio perfetto. Degno erede dei Malfoy» gli rispose l'amico. «Chi è tua madre?» chiese poi rivolgendosi a Scorpius.

«Non sarò io a dirtelo» rispose quest'ultimo con un sorrisino tirato.

«Cosa?!» esclamò Draco, incredulo.

«Non sono il tuo unico figlio» spiegò il ragazzo.

«Ma i Malfoy... hanno un solo erede. È la tradizione» parlò Draco sconvolto. Questa non se l'aspettava.

«Quella tradizione è antica e ottusa quanto il Mago che l'ha creata. Era ora che qualcuno la cambiasse» osservò Scorpius, guardando il padre dritto negli occhi.

Guardare suo figlio era come guardarsi allo specchio per Draco. Fisicamente erano identici. Ma c'era qualcosa nello sguardo e nelle parole del ragazzo che non gli apparteneva. E quel qualcosa doveva essere la chiave per capire chi fosse sua madre.

«Il tuo padrino chi è?» domandò allora il biondo, cercando di carpire quante più informazioni possibili dal figlio.

«Non posso dirti neanche questo» rispose Scorpius con un sorrisetto divertito.

Draco assottigliò lo sguardo. «Cosa ti sei presentato a fare se non puoi dirmi nulla?!» sbottò nervoso.

Il figlio scoppiò a ridere, sorprendendo molti dei presenti. «Mamma aveva ragione quando diceva che eri veramente un viziato» notò tranquillamente.

«Non so chi sia la tua futura moglie ma non vedo l'ora di conoscerla» esclamò Blaise Zabini ridacchiando. 

Draco lo fulminò con lo sguardo e poi tornò a concentrarsi sul figlio che, nel frattempo, si stava guardando intorno per vedere se qualcuno avesse qualche domanda. Pansy alzò la mano e Scorpius le diede la parola.

«Mi stavo chiedendo se almeno il nome della tua madrina potessi dircelo» domandò.

«Sì, posso» rispose lui. «Sei tu» disse aprendosi in un sorriso.

«Io?!» ripeté la mora sorpresa.

«Sì, proprio tu» le assicurò Scorpius.

«Accidenti Draco non me l'aspettavo, grazie» disse Pansy contenta, sorridendo al biondo che ricambiò, accennando un sorriso. Faceva fatica a dimostrarlo, ma Draco voleva bene a Pansy. Era diventata un punto di riferimento per lui. Spesso litigavano ma poi trovavano sempre il modo di far pace, senza mai scusarsi apertamente ovviamente. Il Re delle Serpi non si scusa mai e Pansy, orgogliosa com'era, si era adeguata e faceva lo stesso.

«Altre domande?» chiese Scorpius.

«Io ne ho una» intervenne Daphne.

«Dimmi» la invitò a parlare il biondo.

«Tu e Albus siete amici?» 

«Ma che domande fai?! Figurati se un Malfoy può mai essere amico di un P-» 

«Siamo migliori amici» rispose tranquillamente Scorpius, interrompendo Draco che stava parlando.

Il volto del padre divenne una maschera di ghiaccio. «Non è divertente» disse.

«Non deve esserlo» gli rispose a tono il figlio.

«Non puoi essere amico di un Potter» sputò Draco con freddezza.

«Papà ti prego, non mi sembra il caso di farne un dramma. Nel futuro cambieranno molte cose, compreso il tuo rapporto con Harry» ribatté Scorpius, serio.

«Grandioso, siamo passati al nome» replicò Draco irritato. «Non c'è nulla che potrebbe far cambiare il rapporto attuale tra un Malfoy e un Potter» sottolineò.

«Non è vero. Ci sono molte cose che hanno fatto sì che tu ed Harry... vi chiariste» gli spiegò Scorpius.

Draco iniziò a muovere velocemente una gamba, nervoso.

«Ascoltami, so che è difficile da credere ora. Ti chiedo solo di non chiuderti dietro le tue idee senza ascoltare ciò che abbiamo da dirti, anzi da dirvi» parlò Scorpius, voltandosi anche verso Harry che lo guardava serio e pensieroso. «Quando si presenteranno gli altri capirete meglio cosa è successo. Ora non posso dirvi di più, ma chiedo ad entrambi di non essere ottusi» terminò.

«La tua futura moglie dice che sei un viziato e tuo figlio ti dà dell'ottuso. Adoro il futuro» commentò Blaise Zabini, che non vedeva l'ora di stuzzicare l'amico. 

Draco non rispose, limitandosi a stringere le mani a pugno. Nella sua testa si ripetevano le parole del figlio. 

Siamo migliori amici

Un Malfoy migliore amico di un Potter. Era una follia anche solo immaginarlo.

«Sai, a volte sei veramente inopportuno Blaise» notò Pansy sottovoce.

«Pansy, mia cara, dolce, impicciona Pansy» ribatté Blaise con un ghigno,  «è una vita che sopporto le battutine di quell'egocentrico platinato. Mi sto solo vendicando un pochino».

«È il tuo migliore amico! Dovresti cercare di confortarlo! Non vedi che è sconvolto?!» gli rispose la mora a denti stretti.

«Avresti ragione, se si trattasse di una persona normale. Ma stiamo parlando di Draco Malfoy. Per il conforto ci sei tu, o Daphne, o Nott. Il mio compito è quello di punzecchiarlo per... stimolarlo»  rispose il moro come se fosse ovvio.

«Sai credo che siate in due a non essere normali» chiuse il discorso Pansy, per poi girarsi verso Scorpius, lasciando Blaise a ridere sotto i baffi.

Pensandoci, il legame tra lui e Draco era tutto tranne che normale. La loro amicizia non poteva essere paragonata all'amicizia che Theo aveva con Daphne ad esempio. Lui e Draco avevano un rapporto strano, non avevano mai manifestato i loro sentimenti. Nessuno dei due aveva mai consolato apertamente l'altro in un momento di sconforto. 

Ma c'erano sempre stati. 

Scherzando. Punzecchiandosi. Litigando. Perfino insultandosi. 

I momenti più importanti della vita di Blaise erano caratterizzati da una costante: la presenza di Draco. E lo stesso valeva per il biondo, anche se Blaise aveva sempre di più l'impressione che il ragazzo si stesse allontanando da lui e dagli altri. Per questo stava cercando disperatamente un modo per fargli vuotare il sacco su ciò che gli stava succedendo. 

«Direi che non c'è nient'altro da dire. La mia presentazione è terminata» annunciò Scorpius solennemente. Poi si avviò verso il tavolo dei Serpeverde, facendo prima un cenno di saluto verso Albus e Frank, al tavolo dei Grifondoro. Salutò Lorcan e Lysander e successivamente anche Blaise, Theo, Pansy, Daphne e Astoria. Infine, si posizionò dietro il posto del padre, che continuava a rimanere seduto, senza accennare minimamente ad alzarsi.

«Allora? Pensi di salutarmi o vuoi ignorarmi per tutto il tempo della nostra permanenza?» chiese risoluto.

Draco si voltò e alzò un sopracciglio. «Sono sempre tuo padre. Stai attento a come parli» disse piatto.

«Papà, sai perfettamente anche tu che ti stai comportando così solo per orgoglio. Comunque non c'è problema, mi siederò vicino a qualcun altro. Magari andrò da Albus e mi siederò tra lui ed Harry» lo stuzzicò Scorpius.

«Non ti azzardare» replicò Draco, alzandosi e facendo posto al figlio.

Scorpius sorrise, e approfittò del fatto che il padre fosse in piedi per abbracciarlo. 

Draco sentì un improvviso calore inondargli il petto. Un calore che non sentiva da tempo. Strinse forte il figlio tra le sue braccia, facendo molta attenzione a non far trasparire nessuna emozione dal suo sguardo. 

Di emozioni però ne stava provando tante. Gioia, orgoglio, sollievo erano solo alcune di esse.

Quando tutti si furono sistemati di nuovo ai loro posti, Silente invitò un altro incappucciato a presentarsi. Lui si alzò e lentamente si posizionò di fronte a tutti i presenti, dando le spalle esclusivamente al Preside.

«Buonasera» esordì. «Come i miei amici che si sono presentati prima di me, anche io somiglio molto a mio padre, che non so come prenderà la notizia di essersi sposato ed aver avuto dei figli visto che, da quello che il mio padrino racconta, in questo periodo va dicendo che non si sposerà mai, neanche sotto Imperius» concluse.

«Un secondo» parlò Theodore Nott sorpreso.

«C'è una sola persona che va in giro a vantarsi del suo status da single eterno e felice» gli diede corda Draco Malfoy, girandosi verso il ragazzo a cui stava pensando, ghignante.

«Non è possibile...» disse il Serpeverde su cui erano puntati gli occhi dell'intera Sala Grande.

«Oh sì che lo è» rispose l'incappucciato, rivelando la sua identità.

«Sono Jacob Zabini, figlio di Blaise Zabini e sono la prova che sì, ti sei sposato papà» disse il giovane con una certa soddisfazione nella voce.

Blaise Zabini era impietrito. Continuava a fissare il figlio, la bocca semiaperta e gli occhi sbarrati dalla sorpresa.

«M-ma come è possibile, c-come è successo» balbettò.

«Devo spiegarti come nascono i bambini?» lo prese in giro il figlio, facendo ridere molti degli studenti, Draco e Theodore per primi.

«Ovvio che no... sono piuttosto esperto» si difese Blaise riacquistando la sua solita aria altezzosa.

«Per Salazar non ti smentisci mai» lo riprese Daphne Greengrass alzando gli occhi al cielo.

«Non essere gelosa, sono sempre disponibile per te» le rispose il moro facendole l'occhiolino. Sapeva che questo suo continuo provarci spudoratamente con lei faceva saltare i nervi a Daphne e ormai ci aveva preso gusto. Adorava farla innervosire.

«Sei un porco» gli rispose stizzita la bionda.

«Un porco attraente» ribatté Blaise.

«D'accordo basta, dovrei essere io al centro dell'attenzione. È la mia presentazione» s'intromise Jacob, divertito. Suo padre era un caso perso.

«Giusto» rispose Blaise ricomponendosi. «A tal proposito avrei una domanda» disse.

«Dimmi».

«Nel vostro presente, cioè nel futuro per noi, insomma...»

«Per tutti i fondatori Blaise vai al punto o la cena la facciamo insieme alla colazione!» sbottò Pansy Parkinson.

Blaise si voltò a guardarla, tranquillo «D'accordo, ma ricordati di mangiare un po' di miele a colazione. Sei più acida di Filch dopo che Potter gli aveva pietrificato Mrs. Norris» le rispose.

«Non l'avevo pietrificata io!» si difese Harry.

«Sì, giusto. Ci aveva pensato la Weasley liberando il suo confidente segreto. Errore mio» replicò Blaise.

Ginny, chiamata in causa, guardò nella direzione del Serpeverde, gli occhi fiammeggianti. «Zabini, sei veramente un insopportabile, enorme, testa di-»

«Allora questa domanda?» la interruppe Jacob giusto in tempo.

«Oh sì, la domanda» parlò Blaise, impegnato a fissare con sguardo di sfida la Grifondoro che gli lanciava occhiate d'odio puro. «Prima di essere interrotto, volevo sapere se, insomma, sono divorziato» chiese.

Jacob sospirò. «No papà, non sei divorziato, anzi sei ancora felicemente sposato e non sapresti cosa fare se la mamma ti lasciasse visto che sei assolutamente stregato da lei» rispose. 

«Io, stregato da una donna. Sciocchezze» sentenziò Blaise.

«Staremo a vedere» ridacchiò Jacob. «Ora, se non hai altre domande – idiote, avrebbe voluto aggiungere ma si trattenne – continuerei con la mia presentazione».

«Prego» lo invitò Blaise che, anche se non lo dimostrava, era piuttosto curioso di conoscere il figlio.

«Ho 17 anni e sono finito nella miglior Casa di tutte, quella di Salazar Serpeverde» proseguì Jacob. Sul volto del padre si dipinse un sorriso fiero. «Gioco a Quidditch, sono un battitore. Non per vantarmi ma io e Lysander formiamo una coppia imbattibile» continuò.

«Puoi dirlo forte!» gli diede corda l'amico.

«Vi piacerebbe!» urlò invece Frank Longbottom, appoggiato da Lorcan.

«Ragazzi, chi ha vinto la Coppa di Quidditch l'anno scorso? Esatto, noi!» si pavoneggiò Jacob, lanciandosi occhiate divertite con Scorpius e Lysander.

«E chi è che invece è ultimo nel Torneo di quest'anno? Esatto, sempre voi!» lo prese in giro Lorcan, facendo scoppiare a ridere Luna e, sorprendentemente, anche Theo, che però si ricompose subito.

«Abbiamo giocato solo una partita, c'è tutto il tempo per battervi» intervenne Scorpius.

«Ah giocavi? Pensavo di no ma forse ero solo occupato a festeggiare la cattura del boccino e la nostra schiacciante vittoria» lo sfidò Frank.

«Ti sei fatto battere da Longbottom?» domandò Draco inorridito.

Scorpius si voltò verso di lui e fece spallucce. «È molto bravo» disse, lasciando il padre senza parole, per poi girarsi verso l'amico e assottigliare lo sguardo. «Alla prossima vi distruggeremo» sentenziò.

«Sempre se riuscite a prenderci» gli rispose Frank sicuro.

«Neville, ma sei sicuro che è tuo figlio?» chiese Ron a bocca aperta.

«Avrà ripreso dalla madre» replicò Neville, più sorpreso dell'amico dal carattere del giovane.

«Bene, ritorniamo alla mia presentazione, grazie» disse Jacob richiamando l'attenzione di tutti. «Domande?» 

«Prima hai menzionato il tuo padrino, chi è?» domandò Astoria.

«Oh penso di saperlo» ridacchiò Blaise.

«Quindi? Chi è?» ripeté Pansy, visto che né Jacob né Blaise si decidevano a parlare.

«Draco» disse tranquillamente Zabini.

«Esattamente» confermò Jacob.

«Io?» chiese Draco leggermente sorpreso. Poi si ricompose. «Ovviamente, sono l'unico che ti sopporta».

Blaise scoppiò in una risata forzata. «Sono io che sopporto te» disse poi serio.

«Ma stai scherzando?» ribatté Draco.

«Vi prego non cominciate a discutere di nuovo» sbuffò Theo, stufo di sentire quei due battibeccare almeno cinque volte al giorno.

«Non stiamo discutendo» gli risposero in coro i due litiganti.

«No, mi pare evidente» replicò annoiato il castano.

«Mentre i miei adorati padre e padrino finiscono di litigare come due bambini di tre anni» parlò Jacob, «cosa che faranno anche in futuro Theo, rassegnati. Avete altre domande?» 

«Non ci dirai chi è tua madre, giusto?» chiese Daphne.

«Giusto» annuì Jacob.

«Quindi colui che si definisce lo scapolo d'oro non solo si è sposato ma ha avuto anche più di un figlio. Questo futuro è veramente soddisfacente» affermò la bionda divertita.

Blaise, che aveva smesso di bisticciare con Draco, elaborò le parole dell'amica e si alzò di scatto. «Non sei il mio unico figlio?!» esclamò.

«Quanto sei teatrale» disse Jacob scuotendo la testa. «Comunque no» aggiunse aprendosi in un sorrisetto furbo.

Blaise non disse nulla e si mise nuovamente seduto. Poi si avvicinò all'orecchio di Draco e sussurrò: «Quando torniamo in dormitorio ho bisogno di un po' di Whisky Incendiario».

Draco ridacchiò. «Potremmo trasfigurarlo, ne berrei volentieri un goccio anche io... e credo anche Nott» disse, ripensando alla faccia dell'amico quando aveva scoperto che avrebbe avuto dei figli con Lunatica Lovegood.

«Visto che non mi pare ci siano altre curiosità, ho finito» concluse Jacob, facendo un mezzo inchino e andando verso il tavolo delle Serpi. Salutò tutti e strinse forte suo padre che ricambiò la stretta pensando che, dopotutto, avere un figlio non doveva essere così male.

«Per oggi le presentazioni sono finite» annunciò Silente. «Potete passare il poco tempo che rimane prima della cena e le due ore successive ad essa con i vostri parenti. A tra poco» concluse.

Spazio autrice

Ciao a tutti!
Dopo il focus su Theo e Luna tornano le presentazioni con Albus, Scorpius e Jacob.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima!

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Capitolo 11
*** Incantesimi e Whisky Incendiario ***


Theodore Nott si stava dirigendo a grandi falcate verso la radura. La sua mente stava ripercorrendo velocemente tutti i luoghi in cui era stato durante la lunga e sorprendente giornata che stava per volgere al termine. 

 

Una volta arrivato si diresse immediatamente verso la panchina verde smeraldo su cui si era sdraiato quella mattina. Osservò attentamente l'area circostante, si abbassò per esaminare meglio il prato, per non farsi sfuggire nulla vista la poca luce che rimaneva essendo ormai il tramonto. 

 

Niente. 

 

Il suo taccuino non si trovava neanche lì. 

 

Theodore si era accorto di averlo perso poco dopo la fine delle presentazioni, mentre si dirigeva con i suoi amici e i rispettivi figli verso i sotterranei. Così, aveva inventato una scusa ed era corso via, ripercorrendo i suoi passi con gli occhi puntati per terra, alla ricerca del taccuino. 

 

Era stato in biblioteca, aveva cercato nei corridoi, era tornato in Sala Grande ma del taccuino neanche l'ombra. Aveva quindi deciso di andare nella radura, convinto che l'oggetto del desiderio si potesse trovare lì, ma a quanto pareva si sbagliava. 

 

Demoralizzato e piuttosto innervosito tornò al Castello per la cena, sperando che il taccuino si trovasse in camera sua, nascosto da qualche parte.

 

 

———

 

Mentre Ron era intento a ingurgitare tutto ciò che aveva nel piatto ed Hermione era intenta a guardarlo piuttosto schifata, Harry chiacchierava amabilmente con i suoi due figli, di nuovo coperti dalle tuniche per far sì che gli studenti che non sapevano nulla delle presentazioni non potessero notare la strabiliante somiglianza tra loro e il Grifondoro. Quest'ultimo stava cercando di estorcergli qualche informazione sulla più piccola di casa Potter, che ancora doveva presentarsi.

 

«Smettila di fare domande, non possiamo dirti niente» lo riprese James.

 

«Ma si presenterà nei prossimi giorni, cosa vi cambia dirmi almeno come si chiama?» si lamentò Harry.

 

«E a te cosa cambia aspettare uno o due giorni?» gli fece notare Albus.

 

Harry sbuffò e si concentro sulla sua cena.

 

«Rvagavzzi» li richiamò Ron con la bocca piena.

 

«Potresti almeno ingoiare prima di parlare?» lo riprese Hermione contrariata.

 

Ron grugnì qualcosa d'incomprensibile nella sua direzione, muovendo per aria la mano come per segnalare di non essere interessato ai suoi richiami. «Io ho una domanda di vitale importanza» disse ai fratelli Potter, che si guardarono divertiti.

 

«Quale?» chiese Albus curioso.

 

«Io mi sposerò, giusto?» 

 

«Non possiamo dirtelo» rispose James esasperato, pensando che Ron e suo padre fossero veramente cocciuti.

 

«No, la formulo meglio. Non mi interessa sapere se mi sposerò, né con chi» si corresse Ron. «Io ho assolutamente bisogno di sapere che non mi sposerò con Lavanda! Vi prego! Ditemi di no!» proruppe disperato.

 

James e Albus si guardarono e scoppiarono a ridere, attirando l'attenzione di qualche Grifondoro vicino a loro.

 

«Quanto sei esagerato. Ti ci sei fidanzato di tua spontanea volontà, nessuno ti ha obbligato» gli fece notare Hermione piccata.

 

«Hermione non ho tempo per le tue frecciatine. Albus, James, smettetela di ridere, è una faccenda seria!» esclamò il Grifondoro con voce acuta.

 

Di tutta risposta i due fratelli continuarono a ridere a crepapelle, probabilmente per la faccia di Ron che per il nervoso e l'imbarazzo era diventata rossa tanto quanto i suoi capelli.

 

«Harry! Dovresti dire ai tuoi figli di rispondere alle mie domande!» si lamentò con l'amico.

 

«Non rispondono neanche alle mie» ribatté il corvino alzando le spalle sconsolato.

 

Nel frattempo, Albus e James si erano calmati e, ritornando seri, guardarono Ron.

 

«Quindi vuoi sapere se hai sposato Lavanda» ripeté Albus.

 

«Esatto» confermò Ron, speranzoso di avere una risposta.

 

«Sì» affermò James, facendolo impallidire.

 

Hermione si girò di scatto verso il più grande dei fratelli Potter e strabuzzò gli occhi. Harry, intento a mangiare, restò con la forchetta a mezz'aria e la bocca aperta.

 

«Oppure no, chi lo sa» continuò James con un sorrisetto beffardo.

 

Il viso di Ron riprese colore, mentre Hermione ed Harry si ricomposero, tornando a mangiare tranquillamente.

 

«Saresti dovuto finire a Serpeverde» sentenziò Ron assottigliando gli occhi.

 

«Già, me lo dicono tutti» sorrise furbescamente James.

 

«Ehi Ron-Ron, abbiamo sentito per caso ciò che hai chiesto a Potter Jr. 1 e Potter Jr. 2» si intromise George posizionandosi dapprima dietro e poi vicino al fratello, facendo scalare di un posto Hermione.

 

«Hai paura di sposarti con Lavanda» disse Fred, imitando George ma sedendosi dalla parte opposta.

 

«Sai c'è una soluzione a tutto» continuò George.

 

«E quale sarebbe?» chiese Ron nervoso.

 

«Lasciare Lavanda» parlò Fred risoluto.

 

«Come se non ci avessi già pensato» sbottò Ron alzando gli occhi al cielo.

 

«E perché non l'hai lasciata allora?» chiese Harry.

 

«Beh perché, perché... ecco...» iniziò a dire il rosso incerto, tentando di trovare una scusa plausibile da propinare all'amico.

 

«Ron-Ron non mi dire che hai paura di lasciare una ragazza!» esclamò Fred aprendosi in un sorriso beffardo.

 

«Certo che no! E non mi chiamare Ron-Ron» si difese il fratello.

 

«E allora qual è il motivo?» domandò George.

 

«Il motivo è... è... è che se poi lei dovesse essere mia moglie potrei cambiare il futuro. Ecco qual è» spiegò Ron, contento di aver avuto quel colpo di genio. Ovviamente la verità era che aveva paura di come Lavanda avrebbe potuto reagire ma non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce.

 

«Capisco» disse George con tono pensieroso e sguardo furbo.

 

«Non preoccuparti di questo» lo rassicurò Fred. 

 

Ron lo guardò interrogativo così il fratello continuò: «Prima abbiamo parlato con Louis e ci ha assicurato che tu non sposerai Lavanda» sussurrò.

 

Il volto di Ron s'illuminò. «Davvero?» chiese speranzoso.

 

«Ma certo! Pensi che ti mentiremmo su una cosa così importante?!» s'indignò Fred.

 

Ron lo scrutò con gli occhi ridotti a due fessure, chiedendosi se fosse il caso di fidarsi dei gemelli, ma poi si disse che non avevano alcun motivo per mentirgli. «No» convenne.

 

«Bene» annuì soddisfatto George. «Ora vai e lasciala» lo incitò.

 

«Cosa? Ora? Qui?» domandò Ron sorpreso.

 

«Ma certo! Louis ci ha detto anche che l'hai lasciata in Sala Grande, davanti a tutti!» gli spiegò Fred.

 

«Oh... ma non so se è il caso...» ribatté il fratello titubante.

 

«Vuoi forse cambiare il futuro?» gli chiese Fred.

 

«No!» si affrettò a dire Ron, alzandosi e dirigendosi verso Lavanda, seduta non molto distante da loro.

 

Quando fu abbastanza lontano, James si schiarì la gola, attirando l'attenzione dei gemelli. I due si girarono verso di lui con un'espressione angelica stampata in faccia.

 

«Louis non vi ha detto che Lavanda non sposerà Ron» disse alzando un sopracciglio.

 

«No, non l'ha fatto» confermò tranquillamente Fred.

 

«Cosa?!» esclamò Hermione incredula.

 

Fred la guardò e sorrise. «Hermione non fare quella faccia, abbiamo dovuto farlo» disse fingendosi dispiaciuto.

 

«Avete dovuto» ripeté la Grifondoro con tono indagatore.

 

«Già» confermò George.

 

«E perché?» chiese Harry confuso.

 

«Quando siamo arrivati e abbiamo conosciuto Lavanda, abbiamo scommesso con Bill che Ron l'avrebbe lasciata entro stasera» spiegò Fred.

 

«Ma forse abbiamo sopravvalutato il coraggio di nostro fratello» concluse George sghignazzando.

 

«Siete pessimi» esclamò Hermione assolutamente indignata.

 

«Non è vero! L'avrebbe lasciata comunque... prima o poi» si difese Fred.

 

«Oppure lei avrebbe lasciato lui» continuò George.

 

«Su questo ho i miei dubbi» intervenne Harry.

 

«Comunque» lo ignorò Fred, «ora vinceremo 10 galeoni grazie a Ron-Ron» disse battendo il cinque al gemello.

 

Hermione scosse la testa, pensando che quei due fossero veramente incorreggibili. Albus e James invece ridacchiarono sommessamente, divertiti dall'atteggiamento dei gemelli. L'attenzione di tutti però fu catturata dal dramma che si stava consumando a pochi metri di distanza.

 

«AAAAA PETRIFICUS TOTALUS!» urlò una stridula voce femminile in direzione di Ron, che cadde a terra immobile, le braccia a mezz'aria, la bocca semiaperta e l'espressione allo stesso tempo dubbiosa e spaventata.

 

Subito dopo aver lanciato l'incantesimo, Lavanda Brown scappò via dalla Sala Grande, arrabbiata come poche volte lo era stata in vita sua. Quell'idiota l'aveva lasciata. E come se non bastasse lo aveva fatto davanti a tutti! Non era da lei reagire in quel modo, in condizioni normali probabilmente si sarebbe limitata a fulminarlo con lo sguardo e andarsene, per poi metterlo in difficoltà ogni qualvolta le si fosse presentata l'occasione, ma il senso di umiliazione era stato troppo profondo per limitarsi a questo. Non le interessava se sarebbe finita nei guai, Ronald Weasley se l'era meritato.

 

Intanto, in Sala Grande, Hermione, Harry e i gemelli si erano alzati per aiutare Ron. Non appena il rosso vide Fred e George il suo sguardo imbarazzato mutò, diventando furioso.

 

«Forse è meglio se lo aiutate voi» commentò Fred.

 

«Sì, noi torniamo a sederci» lo appoggiò George per poi svignarsela insieme al gemello.

 

Nel frattempo, Ron era stato raggiunto anche dalla Professoressa McGonagall, da Silente e da Piton.

 

«Finite Incantatem» pronunciò la prima, consentendo a Ron di riprendere il controllo del suo corpo.

 

«Sta bene Signor Weasley?» domandò cortesemente Silente.

 

«S-sì» rispose Ron.

 

«Vada a farsi controllare da Madame Pomfrey, per sicurezza» gli consigliò il Preside.

 

«D'accordo» acconsentì il Grifondoro.

 

«Possiamo accompagnarlo?» chiese Hermione.

 

«Non credo che il Signor Weasley possa perdersi, Signorina Granger» le rispose acidamente Piton.

 

«Andiamo Severus, non ci trovo nulla di male. Andate» disse invece Albus Silente rivolgendosi a Hermione e ad Harry. Poi si voltò per tornare al suo posto.

 

«Preside» lo richiamò Ron.

 

«Sì?» fece lui voltandosi nuovamente verso il rosso.

 

«Vorrei chiederle di non punire Lavanda per quello che è successo» disse Ron grattandosi la testa imbarazzato.

 

«Non era mia intenzione farlo» gli sorrise Silente.

 

Il ragazzo ricambiò il sorriso e si incamminò verso l'infermeria, con Harry ed Hermione a fianco.

 

«Fred mi sa che stavolta abbiamo esagerato» sussurrò George al gemello. 

 

Fred lo guardò e poi i due iniziarono a ridacchiare.

 

«Voi due non penserete di passarla liscia» tuonò una potente voce femminile alle loro spalle.

 

Fred e George fecero un balzo e poi si voltarono lentamente verso la donna che aveva parlato, terrorizzati.

 

La Signora Weasley era in piedi, le mani poggiate sui fianchi, gli occhi che lanciavano saette. «Come avete osato far fare a vostro fratello una figura del genere, e umiliare così quella ragazza... siete in punizione, entrambi!» urlò.

 

«Ma mamma» cercò di replicare Fred ma Molly lo zittì lanciandogli un'occhiata di fuoco.

 

I gemelli si guardarono di sottecchi, poi Fred, sconsolato, disse: «Questa ce la siamo meritata».

 

«Almeno abbiamo 10 galeoni in più» lo consolò George facendogli l'occhiolino.

 

Nel frattempo, dal lato opposto della Sala Grande, Draco Malfoy e Blaise Zabini stavano ridendo come pazzi per la scena a cui avevano appena assistito.

 

«Weasel è veramente un idiota» esclamò Draco ilare.

 

«Farsi pietrificare da Lavanda Brown, chissà che le ha detto» commentò invece Blaise.

 

«Secondo me l'ha lasciata» intervenne Pansy.

 

«Stavano insieme?» chiese Theo.

 

La mora si voltò verso di lui, sorpresa. «Theo, a volte mi chiedo se vivi qui o da un'altra parte. La Brown gli stava sempre appiccicata. Non l'hai mai sentita chiamarlo con quel soprannome stucchevole che si era inventata? Aspetta, qual era...» disse Pansy pensierosa.

 

«Ron-Ron» ridacchiò Daphne.

 

«Esatto!» confermò Pansy.

 

«La vita sentimentale di Weasley non rientra tra i miei interessi» affermò annoiato Theo.

 

«Chissà chi è la sventurata che se l'è sposato» parlò Blaise.

 

«Sarà la Granger, sono perfetti per stare insieme» ghignò Draco.

 

«Secondo me lei è troppo intelligente per lui» opinò Daphne.

 

«Stai difendendo la Granger? Tutto bene? Hai la febbre?» le domandò Astoria sorpresa.

 

«Solo perché non può vedere Weasley» ridacchiò Pansy.

 

«Lo sottovalutate» affermò Theo. 

 

Tutti si voltarono verso di lui, chi confuso, chi sorpreso.

 

«Ma chi, Weasel?» gli chiese Draco beffardo.

 

«Sì. È molto più sveglio di quel che pensate».

 

«A me non sembra» disse Daphne.

 

«Neanche a me» la assecondò Draco.

 

Theo non ribatté, d'altronde difendere Weasley non era tra le sue priorità, ma credeva veramente che quel ragazzo per quanto goffo e sbadato potesse apparire la maggior parte delle volte, fosse in realtà molto scaltro e in grado di cavarsela benissimo in ogni situazione. «Io vado» annunciò dopo alcuni istanti di silenzio.

 

«Di già?» gli chiese Astoria.

 

«Sì, devo fare una cosa» rispose il castano.

 

«Stai andando a scrivere una lettera d'amore alla Lovegood?» lo stuzzicò Zabini.

 

«Neanche gli studenti del primo anno sono così imbecilli Blaise» replicò Nott con il sorriso più falso che conosceva. Blaise, dal canto suo, sorrise divertito. Theo invece girò i tacchi e si diresse verso il suo dormitorio per cercare quel maledetto taccuino.

 

———

 

Quando Draco e Blaise rientrarono nella loro stanza, ciò che videro li fece rimanere a bocca aperta. Theodore era intento a lanciare qualunque cosa gli capitasse a portata di mano. Sembrava stesse cercando disperatamente qualcosa anche se i due amici non avevano idea di che cosa si trattasse.

 

«Si può sapere che diavolo stai combinando?» domandò Draco alquanto alterato. 

 

Quella camera era un disastro. Libri e pergamene ovunque, boccette d'inchiostro rovesciate a terra, cassetti aperti e vestiti sparsi dappertutto.

 

«Sto cercando una cosa» rispose Theodore asciutto.

 

«Lanciare roba in giro ti aiuterà sicuramente a trovarla» notò Blaise sarcastico.

 

Theodore si fermò e si voltò verso i compagni. «Non lo trovo da nessuna parte, non può essere sparito» parlò, continuando a setacciare freneticamente la stanza.

 

«Se magari ci dicessi cosa stai cercando potremmo aiutarti» gli disse Draco alzando un sopracciglio.

 

«No, non è affar vostro» replicò Theodore.

 

Il biondo sbuffò e si sdraiò sul suo letto, irritato dal comportamento del compagno.

 

«È affar nostro, visto che stai lanciando tutte le nostre cose per la stanza» gli fece notare Blaise.

 

Theodore si fermò e sospirò. «Non importa, non è qui».

 

«Ma non mi dire» ribatté Draco.

 

«Non riesco a capire dove possa averlo lasciato. Deve essermi sicuramente caduto mentre camminavo» continuò a ragionare il castano tra sé e sé, ignorando completamente i due Serpeverde in stanza con lui.

 

«Secondo me sta impazzendo» affermò Blaise, sedendosi pesantemente sul letto di Draco.

 

«Sei un elefante» borbottò quest'ultimo. Di tutta risposa il moro gli fece una linguaccia. «Comunque, direi che è arrivato il momento di bere quel Whisky Incendiario» sentenziò.

 

A Blaise si illuminarono gli occhi. «Ottima idea, chi lo trasfigura?»

 

«Potrei provarci io» propose Draco.

 

I due si alzarono e presero una boccetta d'inchiostro per poterla trasfigurare nella bevanda tanto desiderata.

 

Theodore, ancora intento a ragionare su dove potesse essere quel maledetto taccuino, notò i loro movimenti e li guardò stralunato. «Che diamine state facendo?» 

 

«Trasfiguriamo Whisky Incendiario» rispose Blaise, come se fosse la cosa più normale del mondo.

 

Il castano continuò ad osservarli per qualche secondo. Draco si stava concentrando sull'incantesimo che era intento a lanciare ma, dopo aver pronunciato la formula, il risultato non fu ottimale. Era riuscito a far apparire una bottiglia di piccole dimensioni ma al suo interno era rimasto l'inchiostro che era contenuto nella boccetta prima della trasfigurazione.

 

Dopo un istante di silenzio, Blaise scoppiò a ridere. «Draco forse dovresti chiedere ripetizioni a quella secchiona della Granger» lo prese in giro.

 

«Sono solo stanco» si difese lui guardandolo male.

 

«Siete due idioti» parlò Theodore, mettendo di fronte agli amici una bottiglia di Whisky Incendiario vera e propria. I due strabuzzarono gli occhi.

 

«Ma da dove l'hai tirata fuori?!» esclamò Blaise.

 

«L'ho rubata dalle cucine con l'aiuto del mio elfo domestico».

 

«Il tuo elfo domestico?» chiese Draco.

 

«Mi era venuto a trovare per consegnarmi una lettera di mio padre» spiegò Theodore nervoso, sperando di non ricevere ulteriori domande.

 

«Theodore Nott sei un ragazzo dalle mille risorse» affermò Blaise teatralmente, poi afferrò la bottiglia, la stappò e bevve un bel sorso.

 

«Potevi almeno trasfigurare dei bicchieri» lo riprese Draco leggermente schifato.

 

«Smettila di fare lo schizzinoso, da ubriaco bevi da ogni bicchiere che trovi senza sapere di chi è» rispose l'amico.

 

«Touché» si arrese il biondo, prendendo la bottiglia di Whisky Incendiario e ingurgitandone un bel po'. Poi la passò a Nott, che lo imitò. 

 

Si erano seduti sul pavimento della stanza, in una sorta di cerchio e si limitavano a bere in silenzio, senza neanche guardarsi.

 

«Questo silenzio mi infastidisce» sbottò Blaise. «Facciamo così, chi ha la bottiglia deve rispondere a una domanda e deve dire la verità» propose.

 

«No» rispose Draco dopo aver bevuto un altro sorso.

 

«Allora non bevi» replicò Blaise togliendogli di mano la bottiglia.

 

«Sei insopportabile» ribatté lui. «D'accordo» si arrese sbuffando.

 

«Theo ci stai?» chiese allora Zabini.

 

«Se proprio devo» rispose quest'ultimo senza il minimo interesse.

 

Blaise sorrise vittorioso.

 

«Quindi, Blaise... ti sei sposato. Cosa ne pensi?» disse il biondo ghignante.

 

«Cosa?» chiese confuso il moro.

 

Draco alzò gli occhi al cielo. «Hai in mano la bottiglia».

 

«Oh... è vero» annuì ridacchiando Blaise, già leggermente brillo. «Io dico che è impossibile che io mi sia sposato. Secondo me è una bugia» affermò convinto.

 

Theo e Draco sghignazzarono ma non gli risposero. 

 

Blaise passò la bottiglia a Draco. «Avrai più di un figlio, come l'hai presa?» chiese.

 

«Non mi dispiace» confessò il biondo.

 

«Accidenti, Draco Malfoy che dichiara apertamente di essere contento di non aver rispettato una tradizione. A Lucius prenderebbe un colpo» ghignò Blaise, facendo ridere l'amico.

 

«Theo tocca a te» disse Draco dando la bottiglia al castano. «Cosa ne pensi dei gemelli?» domandò poi.

 

Theodore sorrise leggermente, poi tornò serio. «Sembrano due tipi interessanti» disse. «Ma non mi somigliano molto caratterialmente».

 

«Non è vero. Sono astuti e diretti come te» gli fece notare Draco.

 

«Ma sono felici e spensierati come Luna» replicò Theo senza pensarci.

 

Blaise e Draco si sorpresero delle parole del castano e soprattutto del tono che aveva usato. 

 

«Luna?» ghignò Blaise.

 

Theo si destò dai suoi pensieri e lo fissò corrucciando la fronte. «Che c'è?» 

 

«L'hai chiamata Luna» sottolineò Draco trattenendo un sorrisino divertito.

 

«È il suo nome» ribatté Theodore calmo.

 

«L'hai sempre chiamata Lunatica o Lovegood» replicò Blaise.

 

«Sciocchezze» sentenziò il castano.

 

«Certo» lo assecondò Draco ridacchiando.

 

«Siete degli idioti. Non vedo l'ora di sapere con chi vi sposerete voi due» sbottò Theo.

 

«Non c'è bisogno di agitarsi» parlò il moro tranquillo.

 

Theo sbuffò e gli passò la bottiglia. «Con chi pensi che ti sposerai?» chiese poi.

 

«Non ne ho idea» rispose sinceramente Blaise. «Sicuramente una modella».

 

Theo alzò gli occhi al cielo. 

 

«Con chi vorresti sposarti?» domandò allora Draco.

 

Blaise ci pensò su. «Questa è la seconda domanda, quindi non risponderò» sorrise furbo, passandogli la bottiglia.

 

«Tu invece, con chi vorresti sposarti?» chiese Theo.

 

«Non ci ho mai pensato» rispose Draco. «Non lo so. Spero solo che non sia un matrimonio combinato» disse. «Tocca di nuovo a te Theo».

 

«Cosa ne pensi di Lunatica, pardon Luna?» domandò maliziosamente Blaise.

 

«Sei insopportabile» esclamò il castano.

 

«Devi rispondere» ribatté il moro.

 

«D'accordo» sospirò Theo. «Mi incuriosisce» affermò.

 

«Spiegati meglio» lo incalzò Blaise.

 

«Penso che sia una persona piena di sorprese. Non ci ho mai parlato prima di oggi e-»

 

«Hai parlato con Lunatica?» chiese Draco sorpreso.

 

Theo lo guardò, poi, rassegnato al fatto che i suoi amici fossero due pettegoli, decise di raccontargli brevemente quello che era successo prima di pranzo. Dopo la sua spiegazione, Blaise e Draco erano piuttosto divertiti.

 

«Accidenti, che caratterino. Non me lo sarei mai aspettato» commentò il moro.

 

«Già» rispose Theodore.

 

«Quindi sei stato tu ad andartene» domandò Draco.

 

«Sì» confermò Theo. «Sono andato via perché mi stavo innervosendo, mentre lei è rimasta lì, seduta sulla panchina e...» si interruppe. Il suo volto s'illuminò e la sua mascella si serrò. «Ce l'ha lei» sussurrò, più a se stesso che ai suoi compagni.

 

«Cosa?» chiese Draco, stranito dall'improvviso cambiamento di atteggiamento da parte dell'amico.

 

«Il taccuino».

 

«La cosa che stai cercando dappertutto è quel taccuino marrone che ti porti sempre dietro?» chiese Blaise confuso.

 

«Sì».

 

«E perché ce l'avrebbe Lunatica?» domandò Draco.

 

«Perché prima che arrivasse lei lo stavo usando, poi l'ho rimesso in tasca, mi sono sdraiato e ho chiuso gli occhi. Deve essermi scivolato sul prato e lei deve averlo trovato» spiegò Theodore.

 

«Non potrebbe averlo preso qualcun altro?» chiese Blaise.

 

«No, la radura non è molto frequentata, soprattutto durante la settimana. Ce l'ha lei. Sono sicuro» affermò il castano.

 

«E che vuoi fare?» domandò Draco.

 

«Riprendermelo» disse sicuro Nott, alzandosi e andando in bagno per farsi una doccia. Doveva escogitare un piano.

 

Blaise e Draco si scambiarono un'occhiata veloce e capirono di star pensando la stessa cosa. Theo non aveva mai mostrato tanto interesse per nessuno, a lui Luna piaceva eccome, ma ancora non se ne era reso conto.

 

———

 

Quella mattina Theodore Nott si era alzato molto prima degli altri ed era sceso a fare colazione, sapendo di avere buone possibilità d'incontrare Lorcan che, da quel che gli aveva raccontato Lysander, era un tipo molto mattiniero. In effetti, il Corvonero si trovava già in Sala Grande ed era intento a mangiare un toast mentre leggeva un enorme libro.

 

 

«Lorcan» lo richiamò.

 

Il ragazzo distolse lo sguardo dal volume che stava leggendo e lo puntò sul volto del padre.

 

«Papà» esclamò sorpreso. «Non credevo che fossi così mattiniero da giovane» disse sorridendo.

 

Theo ridacchiò. «Non lo sono... ma devo chiederti un favore e ho pensato di scendere prima. Lysander mi ha detto che ti piace svegliarti presto» spiegò.

 

«Quale favore?» domandò curioso Lorcan.

 

«Ecco...» cominciò Theo piuttosto nervoso. Prese un bel respiro, si sedette e continuò: «ho bisogno del tuo aiuto per parlare con... Luna» disse.

 

Il figlio assunse un'espressione sorpresa, non aspettandosi una richiesta del genere da suo padre.

 

«Perché vuoi parlare con mamma?» indagò. «E soprattutto perché hai bisogno del mio aiuto?»

 

Theo distolse lo sguardo da quello del figlio. L'espressione indagatrice di Lorcan lo rendeva nervoso. Si schiarì la gola. «Perché voglio farle una sorpresa» disse. Era l'unica scusa credibile che era riuscito ad inventare in quel momento.

 

«Mmh... d'accordo» acconsentì Lorcan. «Dove e quando vi dovete incontrare?».

 

«Prima di pranzo, quando saranno concluse le presentazioni della mattinata, falla andare nei sotterranei, vicino all'aula di Pozioni» disse Theo, contento che il figlio non avesse fatto troppe domande.

 

Lorcan annuì. «Perché non prendi qualcosa da mangiare?» domandò poi.

 

Theo guardò per la prima volta quella mattina il tavolo imbandito di bevande, frutta e biscotti di ogni tipo e si riempì il piattino che aveva davanti, iniziando a mangiare insieme a Lorcan che chiuse il libro e si mise a chiacchierare col padre.

 

———

 

«Ora che la colazione è terminata, direi di iniziare con la prima presentazione del giorno. Prego» annunciò Silente, attirando l'attenzione dei presenti.

 

Un'incappucciata si alzò e si posizionò di fronte a tutti per potersi presentare.

 

«Buongiorno» disse semplicemente, sfilandosi la tunica.

 

Dal tavolo dei Serpeverde si sentì qualcuno tossire.

 

«Draco devi sempre attirare l'attenzione, che egocentrico che sei» lo prese in giro Blaise Zabini, divertito dalla reazione dell'amico che stava rischiando di strozzarsi. 

 

Draco smise di tossire e bevve un sorso d'acqua dal bicchiere che Pansy gli aveva passato.

 

«Papà se potessi evitare di restarci secco te ne saremmo grati, sai vorremmo nascere» scherzò la ragazza che si stava presentando.

 

«Sei mia figlia» affermò Draco schiarendosi la gola e riacquistando il controllo.

 

«Sì, credo che sia piuttosto evidente» rispose lei. Non aveva di certo torto. Bastava guardare i suoi capelli per comprendere immediatamente di quale famiglia facesse parte. Biondo platino. Malfoy.

 

Per Draco la sorpresa fu enorme. Scorpius gli aveva detto che avrebbe avuto altri figli ma la sua mente aveva escluso la possibilità di avere delle figlie. I Malfoy avevano sempre dato alla luce maschi e lui credeva che, sebbene non avesse seguito la tradizione, avrebbe continuato per lo meno ad avere figli maschi. Ma anche questa novità non lo turbava affatto, anzi provò subito un forte senso di protezione nei confronti di quella ragazza.

 

«Allora, visto che mio padre si è ripreso inizierò la mia presentazione» esordì lei. «Mi chiamo Andromeda Malfoy, ho 16 anni e sono una Grifondoro» disse senza scomporsi.

 

«Che cosa?!» proruppe Draco alzandosi in piedi. «Non può essere vero, non può succedere, non è assolutamente possibile».

 

«Quanto sei drammatico» disse la ragazza scuotendo la testa. «Scherzavo, volevo solo vedere la tua reazione» sorrise furbescamente.

 

Draco la guardò attonito per un momento, poi assottigliò lo sguardo. «Sei una Serpe».

 

«Sì, sono stata smistata in Serpeverde, puoi tranquillizzarti» disse lei risoluta.

 

Il biondo si sedette e Blaise Zabini ridacchiò. «Ricapitolando, tuo figlio ti ha dato dell'ottuso, tua moglie dice che sei un viziato e tua figlia ti prende tranquillamente in giro. L'ho già detto che adoro il futuro?» disse beffardo.

 

«L'ho già detto che ti detesto?» ribatté Draco.

 

«Lo dici almeno una volta al giorno ma sai perfettamente che non è vero» replicò Blaise sorridendo. 

 

Draco alzò gli occhi al cielo e si concentrò sulla figlia.

 

«Cosa posso dirvi di me, vediamo... sono molto brava in Pozioni, come papà. In realtà sono piuttosto brava in tutto, anzi direi che sono la migliore della scuola» affermò Andromeda.

 

«Sei anche modesta come tuo padre» commentò Theo.

 

La Serpeverde si girò verso di lui e sorrise. «La modestia la lascio ai perdenti. Che male c'è a sottolineare le proprie qualità?» disse scaltra.

 

«È proprio tua figlia, non servivano neanche quei capelli biondi e quegli occhi color ghiaccio per capirlo. Bastava sentirla parlare» notò Pansy.

 

«A proposito degli occhi» intervenne Daphne, «sembrano quasi... finti».

 

Andromeda sorrise.  «Lo sono».

 

«Hai degli occhi finti? Che vuol dire?!» domandò Blaise confuso.

 

«Non ho degli occhi finti. Il colore è finto, artificiale, l'ho cambiato con un incantesimo per evitare che capiste chi è mia madre, visto che i miei occhi sono dello stesso colore dei suoi» spiegò.

 

«Capisco» annuì Blaise.

 

«Un attimo» parlò Theodore sorpreso. «Se non vuoi che l'identità di tua madre venga scoperta, vuol dire che...» continuò per poi bloccarsi.

 

«Ho avuto altri figli» sussurrò Draco con un filo di voce.

 

«Esatto!» esclamò Andromeda entusiasta, entusiasmo non condiviso dal padre che era diventato più pallido del solito.

 

«Mentre il mio adorato papà si riprende» continuò la ragazza dopo alcuni istanti di silenzio, «qualcuno vuole farmi delle domande?» 

 

«Sono il tuo padrino?» domandò Blaise.

 

«No» replicò Andromeda.

 

«Come no!» si lamentò il moro. «Chi è allora?» 

 

«Non posso dirlo» rispose lei. «Ma posso dirvi chi è la mia madrina... è Daphne» annunciò voltandosi verso la bionda, per poi sorriderle.

 

«Oh... non me l'aspettavo» parlò quest'ultima ricambiando il sorriso solare della figlioccia. «Grazie, Draco» disse all'amico che nel frattempo si era ripreso.

 

«Bene, ho concluso la mia presentazione» annunciò la ragazza.

 

«Aspetta» la richiamò Draco. «Non puoi darmi neanche un indizio su tua madre?» 

 

«Che tipo di indizio? Devi essere più specifico» gli rispose lei.

 

«La conosco? O devo ancora incontrarla?» domandò Draco dopo averci pensato su un attimo.

 

«Già la conosci» sorrise la figlia.

 

«D'accordo» annuì il biondo.

 

«Bene, ora ho veramente finito la mia presentazione» si congedò Andromeda, dirigendosi verso il tavolo dei Serpeverde e salutando il fratello, il padre e tutto il suo gruppo di amici.

 

«Siediti qui» le disse Draco, facendole spazio tra lui e Blaise. La ragazza sorrise e si accomodò.

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Capitolo 12
*** “C’è speranza per tutti“ ***


«Buongiorno» esordì l'incappucciata che aveva preso il posto di Andromeda, leggermente agitata davanti alla vastissima Sala Grande. Si tolse lentamente e in maniera un po' impacciata la tunica che la nascondeva a occhi estranei e mostrò la sua immagine a tutti. Aveva capelli rossi, lunghi e mossi, il volto ricoperto di lentiggini, vispi occhi marroni e sottili labbra curvate in un sorriso imbarazzato.

 

«Salve, sono-»

 

«Aspetta!» la interruppe Scorpius. «Secondo me non riusciranno a indovinare chi sono i tuoi genitori» affermò, voltandosi con sguardo di sfida verso il tavolo dei Grifondoro.

 

«È palese che sia una Weasley» intervenne Hermione.

 

«Sì» sorrise Scorpius. «Ma è figlia di Ginny o di uno degli uomini di casa Weasley?» 

 

«Non credo sia mia figlia» parlò Ginny.

 

«Hai ragione, è troppo carina e tenera per esserlo» l'appoggiò Ron.

 

«Cosa vorresti insinuare?» gli domandò la sorella infastidita, assottigliando lo sguardo.

 

«N-niente» si difese il rosso impaurito.

 

«Sei figlia della nostra Ginny?» chiese Arthur curioso.

 

«No, nonno» gli rispose la ragazza sorridendo.

 

«Quindi uno di noi sei è il padre» disse Ron, scrutando tutti i suoi fratelli con gli occhi ridotti a due fessure.

 

«Ma che stai facendo?» domandò Ginny.

 

«Studio gli avversari» rispose lui serio.

 

«Il Quidditch ti ha proprio dato alla testa» sospirò rassegnata la sorella.

 

«Non può essere mia figlia» intervenne Bill. «Quando si è presentato, Louis ha detto che è il mio terzo e ultimo figlio».

 

«Secondo me è tua figlia Ron» disse Fred.

 

«Perché?» chiese il diretto interessato.

 

«Anche tu sei un po' impacciato, a volte» spiegò il fratello.

 

«Sempre» tossicchiò George.

 

«Simpatico» ribatté Ron infastidito.

 

«Io invece credo che sia figlia di Charlie» affermò Ginny.

 

«Mia?!» si stupì il fratello maggiore.

 

«Sì, mi sembra molto dolce e anche tu lo sei» gli fece l'occhiolino lei.

 

Charlie arrossì leggermente, imbarazzato. Poi sorrise alla sorella, tentando di non far trasparire il suo disagio.

 

«E se fosse figlia di uno dei gemelli?» ipotizzò Ron.

 

«Credi davvero che uno di noi due possa essere suo padre?» chiese George, alzando un sopracciglio.

 

«A me sembra così ingenua» notò Fred.

 

«Anche voi potete apparire ingenui all'inizio» ribatté Ron. «Poi diventate delle Serpi» concluse piccato, ancora arrabbiato per la figuraccia che gli avevano fatto fare la sera precedente.

 

«Delle Serpi, così ci ferisci!» esclamò teatralmente Fred,  mettendosi una mano sul cuore.

 

«Idiota» borbottò Ron.

 

«Quindi? Secondo voi chi è mio padre?» domandò curiosa la ragazza che ancora doveva iniziare la sua presentazione.

 

«Ron»

 

«Charlie»

 

«Fred o George» furono le risposte che ricevette. Sorrise.

 

«Sbagliato» disse lentamente.

 

«Ma come sbagliato, se non sei mia figlia e non sei figlia di uno dei gemelli e nemmeno di Charlie, di chi...» commentò Ron senza riuscire a terminare la frase, tanta era la sorpresa che lo invase quando si rese conto quale dei suoi fratelli fosse il padre di sua nipote.

 

«Ma com'è possibile?!» esclamò Fred.

 

«Sembri il suo opposto. Insomma sembri dolce, simpatica, imbarazzata, alla mano... l'ho già detto simpatica?» disse George.

 

«Rilassata soprattutto» ridacchiò Fred.

 

«Grazie per la considerazione» intervenne Percy leggermente piccato. «Quindi sono io tuo padre?» continuò addolcendo il tono in direzione di sua figlia, che annuì.

 

«Esattamente. Mi chiamo Molly Weasley e mio padre sei tu, Percy Weasley» annunciò lei.

 

«Molly» sussurrò la nonna della ragazza.

 

«Sì nonna, mi chiamo come te, il mio nome è stato scelto in tuo onore. Diciamo che papà si è pentito molto di essersi comportato come un idiota in questo periodo» sorrise scaltra la nipote.

 

«Signorina vedi di rivolgerti a me con tono e parole diverse» la riprese Percy. 

 

Molly alzò gli occhi al cielo ma evitò di rispondere.

 

«Quanto sei acido» disse invece George, battendo poi il cinque a Fred che ridacchiava.

 

«Quanto siete infantili» gli rispose a tono Percy.

 

«Meglio essere infantili che parlare come se avessimo un palo-»

 

«Non una parola di più» esclamò Molly Weasley. «Finitela di battibeccare e insultarvi come se foste stati cresciuti da bestie e fatemi ascoltare la presentazione della mia bellissima nipotina» li riprese minacciosa. «Prego cara, continua» disse poi alla nipote, addolcendo il tono.

 

«Grazie nonna» le sorrise lei. «Ho 16 anni e attualmente frequento il sesto anno ad Hogwarts, come voi. Faccio parte della Casa di Tosca Tassorosso e ne sono molto contenta» disse fiera, voltandosi prima verso il padre e poi verso Ron.

 

«Tranquilla Molly, ormai non credo che ci sia qualcosa che possa sorprendermi» le disse lo zio facendole l'occhiolino.

 

«Ho i miei dubbi» rispose lei, facendo assumere al rosso un'espressione corrucciata.

 

«Perché?»

 

«Non posso dirtelo» rispose la Tassorosso.

 

«Ne ho le pluffe piene di tutto questo mistero» brontolò Ron.

 

«Continuando con la mia presentazione» cambiò discorso Molly, «posso dirvi che il mio padrino è lo zio Charlie» disse lei, mimando un cuore con le mani in direzione del diretto interessato, che sorrise e le fece un occhiolino.

 

«Tua madre chi è?» chiese Percy sbrigativo.

 

«Non posso dirtelo, te lo dirà mia sorella» rispose Molly.

 

«Ho un'altra figlia?» domandò il padre, stavolta sorpreso.

 

«Esatto» sorrise la Tassorosso.

 

«Se anche Percy si è sposato e ha avuto due figli, c'è davvero speranza per tutti» sussurrò Ron a Harry, facendolo ridacchiare.

 

«Bene, non ho altro d'aggiungere» concluse la ragazza congedandosi e scendendo i pochi gradini che la separavano dai tavoli. Abbracciò suo padre che la strinse, anche se non sembrava molto a suo agio. Poi salutò tutti i presenti al tavolo Grifondoro, abbracciando in particolar modo il suo padrino e sua nonna. Infine, fece un cenno di saluto anche a chi si trovava nelle altre tavolate e si accomodò tra suo padre e Charlie.

 

Nel frattempo, un'altra incappucciata era pronta ad iniziare la sua presentazione.

 

«Salve» esordì. «Vi anticipo subito che, come Andromeda, anche io ho cambiato il colore dei miei occhi, altrimenti avreste capito chi è mia madre» disse, per poi togliersi la tunica e lasciare senza fiato un certo Serpeverde.

 

«Non è possibile» soffiò Blaise Zabini come se fosse in trance.

 

«E così Jacob ha una sorella» commentò Daphne, ridacchiando per la faccia sconvolta dell'amico. «Sei bellissima» disse poi alla ragazza.

 

«Grazie» sorrise lei.

 

«Sai che dicendo che lei è bellissima stai indirettamente dicendo che anche io sono bellissimo, vero?» le domandò Blaise nel suo solito tono spavaldo, riprendendosi immediatamente dalla sorpresa.

 

«Vedo che hai riacquistato la tua solita aria sfacciata, pensavo stessi per svenire quando l'hai vista» replicò Daphne.

 

«Non hai risposto alla domanda» sottolineò il moro.

 

«Ti assomiglia, è vero. Ma ha dei tratti molto più dolci dei tuoi, che credo siano della madre. Quindi sì, è bellissima, ma come lo è probabilmente la madre, non tu» ribatté lei.

 

«Quante storie pur di non farmi un complimento» commentò Blaise.

 

«Non farebbe altro che aumentare il tuo ego già spropositato» tagliò corto Daphne.

 

«In realtà è vero che somiglio molto anche a mamma» si intromise la ragazza, «ma è difficile notarlo perché ho i tuoi stessi colori, tranne gli occhi che ho nascosto».

 

«Sai che in quanto figlia dovresti difendere me e non Daphne, vero?» chiese ironicamente Blaise.

 

«Scusa papà, ma ho un debole per la mia madrina» sorrise angelicamente la ragazza.

 

«La tua madrina?!» esclamarono in coro Daphne e Blaise.

 

«Sì, Daphne è la mia madrina e sei stato tu a sceglierla» ribadì la giovane.

 

«Che bel pensiero Blaise, grazie» disse Daphne in tono divertito, guardando soddisfatta l'amico.

 

«Prego» rispose lui piatto, alzando gli occhi al cielo. Riusciva sempre ad averla vinta.

 

«Se non ci sono altri commenti inizierei la mia presentazione» parlò la ragazza. Visto che nessuno fiatò, continuò: «Mi chiamo Sophie Zabini e ho 16 anni. Mio padre è Blaise Zabini mentre mia madre...»

 

«Insomma chi è?!» sbottò Blaise alzandosi in piedi spazientito, visto che sua figlia non si decideva a rivelare quel maledetto nome.

 

«Non sarò io a dirtelo» rivelò lei compiaciuta.

 

«Come no...» sussurrò il moro sedendosi di botto, assolutamente senza parole.

 

«Quindi ci sono tre Zabini Jr., interessante» commentò Theo, divertito dalla situazione e dalla reazione dell'amico.

 

«Papà ti ho detto che sarai per tre volte padre, non che ti scaglieranno contro la maledizione Cruciatus, dovresti essere contento!» esclamò Sophie, le braccia conserte.

 

«Hai ragione, mi dispiace» si scusò lui, «è che non me l'aspettavo. Ma sono contento, davvero» si sbrigò ad aggiungere.

 

«Lo so che sei contento, volevo solo divertirmi un po' sgridandoti» ridacchiò la figlia.

 

«Scommetto che sei stata smistata a Serpeverde» disse Blaise assottigliando lo sguardo.

 

«Esatto!» confermò Sophie alzando i pollici e facendo un occhiolino al padre. «Non so cos'altro posso dirvi di me, vediamo...» disse poi pensierosa. «La materia che più amo è Difesa contro le Arti Oscure e sono piuttosto brava ad Incantesimi. In questo ho ripreso sicuramente da mamma, non da papà».

 

«Confermo, ha anche lo stesso caratterino di mamma» parlò Jacob.

 

«E ne vado fiera» sottolineò Sophie.

 

«Caratterino?» chiese Blaise.

 

«Oh vedrai quando saprai chi è» rispose il figlio.

 

«Ora ho paura di scoprirlo» ragionò Zabini, facendo ridacchiare i figli.

 

«Bene, la mia presentazione può dirsi terminata» concluse Sophie, andando ad abbracciare il padre e Daphne, per poi salutare tutti gli altri presenti al tavolo delle Serpi.

 

«Papà, ti dispiace se mi siedo vicino a Daphne?» domandò poi.

 

«Fai pure» acconsentì Blaise.

 

«Sai che ci si sarebbe seduta anche se avessi detto di no, vero?» gli sussurrò all'orecchio Jacob ridacchiando.

 

«Lo immaginavo» confermò il padre rassegnato, guardando dolcemente Sophie che chiacchierava animatamente con Daphne. Che dire, sua figlia era veramente una meraviglia.

 

«Per questa mattina direi che può bastare» parlò Silente, alzandosi in piedi e richiamando l'attenzione di tutti. «Avete un po' di tempo libero prima di pranzo, passatelo come meglio credete» concluse per poi avviarsi verso l'uscita della Sala Grande.

 

Theo cercò con lo sguardo Lorcan e quando il ragazzo se ne accorse annuì, facendo intendere al padre che sapeva perfettamente quello che doveva fare. «Devo andare a prendere una cosa in stanza, torno subito» annunciò alzandosi.

 

«Ti accompagno!» si offrì Lysander.

 

«No, non ce n'è bisogno» lo fermò lui. «Vado da solo» disse, per poi avviarsi verso l'uscita.

 

«D'accordo» sussurrò il ragazzo, confuso dal rifiuto del padre.

 

———

 

«Mamma, ti fidi di me?» esordì Lorcan, guardando Luna negli occhi.

 

«Direi di sì…» rispose lei confusa. «Ma forse è la risposta sbagliata» concluse sorridendo divertita.

 

«Così mi offendi» ribatté il figlio, fingendo di esserci rimasto male.

 

«Smettila di recitare» ridacchiò Luna. «Perché mi hai fatto questa domanda?» 

 

«Perché devo chiederti di andare in un posto, ma non posso dirti il perché» spiegò Lorcan cercando di assumere un'aria innocente.

 

Luna corrucciò la fronte. «Quale sarebbe questo posto?»

 

«Fuori dall'aula di Pozioni».

 

«Perché dovrei andarci?»

 

«Te l'ho detto, non posso dirtelo. Devi fidarti di me». 

 

«E quando dovrei andarci?»

 

«Ora».

 

«Ora?! Ma tra un po' serviranno il pranzo, forse è meglio aspettare» osservò Luna, che non aveva molta voglia di andare nei sotterranei.

 

«Ci vorranno almeno due ore prima che servano il pranzo» le fece notare Lorcan.

 

«Non voglio lasciarti da solo» spiegò allora la bionda.

 

«Andrò a parlare con Lysander e gli altri, non starò da solo» rispose prontamente lui.

 

«D'accordo» si arrese Luna, alzandosi. «Se è uno scherzo dei tuoi me lo ricorderò e te la farò pagare» lo avvertì.

 

«Mamma! Non pensavo fossi così vendicativa!» scherzò Lorcan.

 

Luna gli fece la linguaccia, poi uscì dalla Sala Grande e si diresse verso i sotterranei. 

 

Lorcan, invece, si alzò e andò al tavolo dei Serpeverde.

 

«Ehi dove sta andando mamma?» gli chiese Lysander, che aveva seguito i movimenti di Luna.

 

«In un posto» rispose vago il Corvonero.

 

«Che razza di risposta è?» si lamentò il gemello.

 

«Vieni con me» gli disse Lorcan.

 

«Ora?» chiese contrariato Lysander.

 

«Vuoi sapere dove sta andando mamma o no?»

 

«Sì».

 

«Allora alza il tuo pesantissimo didietro!» esclamò Lorcan.

 

«Si vede che sei un Corvonero» commentò Andromeda. 

 

Il ragazzo la guardò interrogativo.

 

«Io avrei detto culo» spiegò lei facendo spallucce e facendo ridacchiare suo fratello e Sophie.

 

Lorcan arrossì. «Beh io non volevo sembrare-» 

 

«Vogliamo andare o hai deciso di provarci proprio ora?!» domandò Lysander indispettito.

 

Lorcan divenne ancora più rosso, poi fulminò il gemello con lo sguardo e si limitò a dire: «Andiamo».

 

«Che stronzo» ridacchiò Scorpius.

 

«È solo una Serpe» lo difese Sophie» 

 

———

 

«Questa me la paghi» esclamò Lorcan non appena misero piede fuori dalla Sala Grande.

 

«Ma non ho fatto niente!» protestò Lysander facendo il finto tonto.

 

«Non fare finta di non capire con me. Lo sai che mi piace Andromeda, come ti è venuto in mente di fare una battuta del genere? Davanti a Draco poi!» sbottò il Corvonero.

 

«Andiamo sto cercando di aiutarti. Se continui così non ti dichiarerai mai!» ribatté il gemello.

 

«Non sono affari tuoi» puntualizzò piccato Lorcan.

 

«Come ti pare» tagliò corto Lysander. «Mi vuoi dire dov'è andata mamma oppure dobbiamo stare qui tutto il giorno?»

 

Lorcan prese un profondo respiro per calmarsi e poi rispose. «Nei sotterranei».

 

«E perché?» chiese Lysander confuso.

 

«Stamattina papà mi ha chiesto di farla andare lì prima di pranzo».

 

«Un secondo... pensi che voglia farle una sorpresa?» domandò entusiasta il Serpeverde.

 

«Così mi ha detto lui» rispose Lorcan.

 

«Quindi che si fa?» chiese il gemello.

 

«Mi sembra ovvio...» rispose il Corvonero guardandolo con un ghigno che era tutto un programma.

 

«Li seguiamo» dissero in coro, per poi prendersi sottobraccio e avviarsi verso i sotterranei.

 

———

 

Luna si trovava fuori dall'aula di Pozioni da dieci minuti. Tamburellava col piede sul freddo pavimento dei sotterranei mentre con la schiena si era appoggiata alla parete, le braccia conserte. Stava aspettando ma non sapeva neanche lei chi o cosa. Iniziò a pensare che si trattasse di uno scherzo mal riuscito dei gemelli, quando sentì un rumore provenire da dentro l'aula. Decise di entrare, per vedere se ci fosse qualcuno e cercare di capire il motivo per cui si trovasse lì. 

 

Non appena varcò la soglia della stanza, la porta si chiuse improvvisamente alle sue spalle, provocando un rumore sordo. 

 

Senza pensarci Luna estrasse la sua bacchetta, pronta a difendersi da chiunque si trovasse in quell'aula, ma non fece neanche in tempo ad impugnarla bene che venne disarmata.

 

«Expelliarmus!» esclamò una voce profonda e maschile, facendo volare la bacchetta della Corvonero lontano da lei.

 

Luna si girò nella direzione da cui proveniva la voce e si sorprese di vedere l'elegante figura di Theodore Nott dirigersi verso di lei. «Che cosa significa?» domandò seria e piuttosto infastidita.

 

Theodore la guardò, un ghigno stampato sul volto, ma non rispose.

 

«Cosa vuoi? Perché mi hai fatto venire qui?» insistette Luna.

 

«Quante domande, Lovegood» disse lui, calmo.

 

«Rispondimi» ribatté lei.

 

Theo sembrò pensarci su un attimo, poi schioccò le labbra e negò con la testa. «Non penso che lo farò» disse arrogante.

 

«Mi hai fatto venire qui e hai coinvolto Lorcan in questa specie di trappola, rispondere alle domande che ti faccio è il minimo» lo sfidò lei, cercando di apparire sicura ma non riuscendoci. Theodore continuava ad avanzare lentamente nella sua direzione, mentre lei iniziava ad indietreggiare per evitare di trovarsi troppo vicina a lui.

 

«Questa non è una trappola» precisò il Serpeverde tranquillo.

 

«Ah no?» ironizzò la Corvonero.

 

«Perché pensi di essere qui?» domandò lui con sguardo vittorioso, visto che Luna era ormai spalle al muro.

 

«Non ne ho idea» rispose la ragazza in difficoltà.

 

«Bugiarda» replicò lui guardandola dritto negli occhi.

 

Luna tentò di spostarsi verso destra ma Theo mosse prontamente le braccia, attaccando le mani al muro e imprigionandola tra di esse, rendendo minima la distanza tra di loro.

 

Il ragazzo fissò i suoi profondi occhi blu in quelli azzurro chiaro di Luna. «Sai perfettamente perché sei qui, Luna» disse lentamente.

 

La Corvonero avrebbe voluto rispondere, ma le parole non sembravano volerle uscire di bocca. Pensò che fosse perché aveva paura, ma in cuor suo sapeva benissimo che non riusciva a parlare perché erano troppo vicini, lui era troppo vicino.

 

———

 

«Sei sicuro che la mamma non abbia solo fatto finta di venire qui?» chiese sottovoce Lysander, guardandosi intorno alla ricerca di Luna o di Theo.

 

«Certo, non lo farebbe mai» ribatté Lorcan, indispettito dalla mancanza di fiducia del fratello.

 

«Non c'è nessuno» parlò di nuovo il Serpeverde.

 

«Lo so, Lysander. Lo vedo» replicò il gemello, alzando gli occhi al cielo.

 

«Che facciamo?» chiese quindi Lysander.

 

«Non lo so» rispose il Corvonero.

 

«Visto che ci siano potremmo fare uno scherzetto a Piton» ghignò il gemello. «Non saprebbe mai che siamo stati noi».

 

«Sei terribile» commentò Lorcan. «Ma ci sto» lo appoggiò.

 

Quando fecero per entrare nell'aula di Pozioni però, si resero conto che la porta era chiusa e il volto di Lorcan s'illuminò. Si voltò di scatto verso il gemello e iniziò a fare una serie di gesti che risultarono incomprensibili a Lysander.

 

«Ma sei impazzito?» chiese quest'ultimo.

 

«Shh!» lo riprese Lorcan tappandogli la bocca. «Sono qui dentro» sussurrò poi.

 

L'espressione di Lysander, dapprima confusa, divenne entusiasta. «Dobbiamo trovare un modo per spiarli!» sussurrò.

 

I due iniziarono a riflettere e il volto del Serpeverde s'illuminò quando vide la finestrella che si affacciava proprio sull'aula di Pozioni.

 

«Fammi salire sulle tue spalle» disse a Lorcan, indicandogli il punto in cui si trovava l'infisso.

 

«Perché non posso salire io sulle tue?» domandò lui.

 

«Perché l'idea l'ho avuta io» gli fece la linguaccia il gemello.

 

Lorcan non era esattamente il ritratto della contentezza ma decise che non era il momento di discutere, così si limitò ad avvicinarsi al muro e a far salire Lysander sulle sue spalle. «Allora? Vedi qualcosa?» chiese il Corvonero dopo qualche secondo.

 

Il Serpeverde alzò un pollice con la mano a mezz'aria per far capire al fratello che aveva individuato i loro genitori. Li aveva visti subito e non poteva credere ai suoi occhi... quei due erano sul punto di baciarsi! Meravigliato, guardò verso il basso e fece cenno a un Lorcan piuttosto sofferente di aiutarlo a scendere. Una volta a terra, Lysander condusse il fratello lontano da quel corridoio, per poter parlare liberamente.

 

«Allora?» chiese Lorcan impaziente.

 

«Si stavano per baciare!» esclamò Lysander eccitato.

 

Il gemello spalancò la bocca dalla sorpresa. «Ma ne sei sicuro?» domandò scettico.

 

«Certo! Ci vedo benissimo e loro due erano a pochi centimetri di distanza» affermò il Serpeverde.

 

«D'accordo, d'accordo» disse Lorcan. «Ora che si fa?» continuò.

 

«Io direi di tornare in Sala Grande» propose Lysander.

 

«Va bene, ma non diciamolo a nessuno» disse il Corvonero.

 

«Sì, meglio non dirlo» si trovò d'accordo il gemello.

 

———

 

«Allora?» la incalzò Theodore dopo alcuni istanti di silenzio.

 

Luna cercò di concentrarsi su qualcosa che non fossero quei bellissimi occhi blu che aveva di fronte, così spostò lo sguardo su un punto indefinito alle spalle del ragazzo. «Che tu ci creda o no, non so perché sono qui» riuscì a rispondere.

 

«Perché non mi guardi?» domandò lui sottovoce.

 

Maledetto, pensò Luna. Si era accorto del suo disagio e lo stava usando a suo vantaggio. Per non dargliela vinta si sforzò di guardarlo di nuovo negli occhi, e dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per concentrarsi e riuscire a formulare una frase di senso compiuto. «Vuoi dirmi perché sono qui oppure no?» disse cercando di suonare decisa.

 

 Theodore rise e Luna non riuscì a fare a meno di pensare che la sua risata fosse veramente incantevole. 

 

«Sai, fare la dura non ti si addice. Non sei credibile» disse lui. «Ti do un indizio» continuò, «hai qualcosa di mio e io lo rivoglio» concluse serio.

 

Luna assunse un'espressione pensierosa e poi capì. Il taccuino. Theodore aveva capito che ce l'aveva lei. «Non so di cosa stai parlando» mentì.

 

«Ma davvero?» domandò divertito lui. «Secondo me lo sai benissimo».

 

«Te lo ripeto, non so di cosa tu stia parlando» ribadì lei.

 

Theo si avvicinò lentamente al volto della Corvonero, tanto che i loro nasi per poco non si sfiorarono. Spostò lo sguardo sulle labbra della ragazza e poi tornò a guardarla dritto negli occhi. Dopo un tempo che a Luna parve infinito, pronunciò lentamente: «Accio» e un sorriso vittorioso e compiaciuto si dipinse sulle sue labbra. 

 

Il taccuino, che lei aveva in tasca, si trovava ora tra le mani del ragazzo. 

 

Luna arrossì. Avrebbe voluto essere in grado di dire qualcosa, ma nessuna scusa sarebbe stata neanche lontanamente credibile.

 

Theodore abbassò le braccia e si allontanò dalla ragazza, tolse l'incantesimo che aveva lanciato alla porta e, prima di uscire, si voltò verso di lei. «Non pensavo che fossi anche una ficcanaso. Sei veramente piena di sorprese, Lovegood» constatò, per poi uscire dall'aula.

 

Luna rimase lì per un tempo che non avrebbe saputo quantificare, incapace di muoversi e anche solo di formulare un pensiero di senso compiuto. Quel ragazzo la mandava nel panico più totale. Quando lo vedeva le si chiudeva lo stomaco, le gambe le tremavano e le parole le morivano in bocca. Non aveva mai provato nulla del genere e questa sensazione la faceva andare fuori di testa. Si lasciò sprofondare a terra, la schiena contro il muro e le gambe piegate. Sospirò. Di questo passo Theodore Nott l'avrebbe fatta impazzire.

 

———

 

«Nott ti eri perso per caso?» domandò Draco Malfoy all'amico che era appena tornato in Sala Grande, giusto in tempo per l'inizio del pranzo.

 

«Ho avuto da fare» tagliò corto lui.

 

«Mooolto da fare» sussurrò compiaciuto Lysander.

 

«Cosa?» domandò il padre che non aveva sentito.

 

«No, nulla. Parlavo da solo» sorrise il ragazzo.

 

«Di cosa parlavate?» chiese allora Theo.

 

«Di quando Lysander è caduto dalla scopa!» esclamò Lorcan.

 

«Pensavo fosse un discorso chiuso» sottolineò scocciato il gemello.

 

«Ancora devo capire come hai fatto» commentò Andromeda.

 

«Era distratto» rispose Scorpius.

 

«Da cosa?» chiese Astoria.

 

«La domanda giusta non è da cosa, ma da chi» sottolineò Lorcan, guardando maliziosamente Sophie.

 

«CHE COSA?!» esclamò Blaise voltandosi di scatto verso Lysander, che a sua volta aveva fissato il suo sguardo sul gemello, fulminandolo.

 

«Tu e Lysander state insieme?» domandò Daphne a Sophie, che era arrossita leggermente.

 

«No, mio fratello racconta una marea di stupidaggini» rispose Lysander per lei, dando un calcio sotto il tavolo al Corvonero.

 

«Ahia» borbottò quest'ultimo.

 

«Però sareste una bella coppia» osservò Pansy.

 

«Non mi pare il caso di incitarli» affermò Blaise schiarendosi la gola.

 

«Non mi dire che sei geloso» lo prese in giro la mora.

 

«Affatto» rispose lui. «Ma Sophie è troppo piccola» spiegò.

 

«Ma se ha l'età che abbiamo noi adesso... mi pare che tu ne abbia avute diverse, di ragazze» lo stuzzicò Pansy.

 

«È diverso, io-» iniziò a rispondere Blaise per poi interrompersi. Daphne e Sophie lo guardavano con un'espressione tutt’altro che amichevole, così pensò che fosse saggio cambiare discorso. «Guardate, il pranzo è servito!» esclamò. 

 

Draco e Theodore ridacchiarono mentre Daphne e Sophie si scambiarono un'occhiata compiaciuta. 

 

Jacob invece mise una mano sulla spalla del padre. «E non è ancora finita» gli sussurrò. 

 

Blaise lo guardò di sottecchi e iniziò a mangiare.

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Capitolo 13
*** Insieme ***


«Victoire, tocca a loro» sussurrò Dominique all'orecchio della sorella.

 

«Non credo che siano pronti» rispose preoccupata quest'ultima, guardando in direzione dei gemelli, allegri e spensierati come al solito.

 

«Non lo saranno mai» replicò la rossa, facendo sospirare Victoire. 

 

«Se ci siamo tutti» attirò l'attenzione Silente iniziando a parlare, «possiamo andare avanti con le presentazioni».

 

In risposta, due incappucciati si alzarono e si diressero verso di lui, per prendere il suo posto.

 

«Buonasera» esordì quello che sembrava il più grande dei due. «Io e mia sorella ci presenteremo insieme» disse, per poi togliersi la tunica e lasciare a bocca aperta tutti i Weasley. Capelli rossi, vispi occhi marroni, lentiggini sparse sul volto e le labbra piegate in un sorrisetto furbo e beffardo. Non poteva che essere figlio di uno dei gemelli. «Sbalorditi dalla mia bellezza?» li prese in giro il ragazzo.

 

«Sbalordita dall'incredibile somiglianza con questi due» commentò Ginny indicando i gemelli.

 

«Chi di noi due è tuo padre?» chiesero all'unisono i diretti interessati.

 

«Il mio nome è Fred, quindi va da sé che mio padre è...» 

 

«Fred» concluse Percy sorpreso.

 

«Percy, Percy, Percy è ovvio di chi sia figlio se si chiama Fred» gli disse Fred Weasley assumendo un'aria di superiorità che di solito era propria del suo interlocutore.

 

«È ovvio che sia tuo figlio, certo» rispose Percy irritato.

 

Fred rise. «È ovvio che sia figlio di George! Non sono tanto egocentrico da dare a mio figlio il mio stesso nome» sottolineò.

 

«Esatto, George è mio padre» confermò il ragazzo. «E dovreste riuscire a indovinare anche il nome di mia madre a questo punto» aggiunse, facendo riferimento alla sua pelle mulatta. 

 

Fred fece un sorrisetto sghembo e si girò verso Angelina che sembrava in imbarazzo. «E così saremo cognati» disse, l'espressione divertita che presto si contorse in una smorfia di dolore, visto che George gli aveva assestato una bella gomitata all'altezza dello stomaco. 

 

«Stai zitto» disse a denti stretti, per poi voltarsi e sorridere leggermente ad Angelina.

 

«Bene, avete indovinato. Angelina è mia madre» disse Fred II sorridendo affettuosamente alla ragazza, che ricambiò. «Per quanto riguarda me, non c'è molto da dire. Ho 16 anni e sono stato smistato nella Casa di Godric Grifondoro».

 

«Hai lo stesso carattere di tuo padre, vero?» chiese Molly Weasley, alzando un sopracciglio.

 

Fred II sorrise. «Sì, siamo molto simili» confermò.

 

«Povera me» sussurrò Angelina, facendo ridacchiare Ginny.

 

«Sono fiero di te» disse solennemente George.

 

«Sì, me lo dici ogni volta che combino qualche guaio» rispose divertito il figlio.

 

«Ah sì?!» esclamò Angelina, gettando un'occhiata di ammonimento a George, che smise di sorridere e si grattò la nuca in difficoltà.

 

«Ti comanderà a bacchetta!» cantilenò Fred, prendendo in giro il gemello.

 

«Sta zitto, voglio proprio conoscere la tua di moglie» replicò infastidito George, beccandosi una linguaccia dal gemello.

 

«Non ho nient'altro da dire, tocca a mia sorella» li interruppe Fred II.

 

«Cosa? Di già?» domandò George.

 

«Devi dirci chi è il tuo padrino!» esclamò Fred.

 

«E anche la tua madrina» aggiunse Ginny.

 

«Ve lo dirò» annuì Fred II, «ma dopo la presentazione di mia sorella».

 

«D'accordo» si arrese lo zio.

 

«Vai!» sussurrò allora il giovane facendo l'occhiolino alla ragazza che si trovava al suo fianco.

 

Quest'ultima, leggermente agitata, si tolse la tunica e accennò un sorriso. «Salve» disse. «Mi chiamo Roxanne e sono la sorella minore di Fred, ma questo lo sapete già» aggiunse nervosa.

 

«Ciao» la salutò George sorridendole dolcemente. Il gesto riuscì a tranquillizzarla, facendola sentire più a suo agio.

 

«Ciao papà» disse ricambiando il sorriso. «Ciao mamma» salutò poi Angelina che la guardò amorevolmente. «Ho 14 anni e sono stata smistata in Tassorosso. Non c'è molto da dire in realtà» aggiunse attorcigliandosi una ciocca di capelli intorno a un dito.

 

«Angelina! Ha il tuo stesso vizio» notò George, guardando prima la sua futura moglie e poi sua figlia.

 

«È vero» confermò la Grifondoro, intenerita da quella somiglianza. «Qual è la tua materia preferita?» chiese poi a Roxanne.

 

«Mi piacciono molto Astronomia e Cura delle Creature Magiche» rispose lei.

 

«Scommetto che sei bravissima» disse dolcemente George. 

 

Fred sorrise, felice. Era la prima volta che vedeva il suo gemello con una tale espressione ebete stampata sul volto.

 

«Ora ci direte chi sono i vostri padrini?» domandò Bill, curioso. 

 

Fred II deglutì, nervoso.

 

«Sì» rispose piano Roxanne. «Inizierò io» annunciò.

 

«Stai bene?» domandò George in direzione del figlio, che era pallido come un lenzuolo.

 

«S-sì, papà» rispose titubante lui, abbozzando un sorriso che non convinse del tutto il padre.

 

«I miei padrini sono zio Ron e zia Ginny» disse Roxanne, sorridendo ai diretti interessati. 

 

Il volto di Ron si illuminò alla notizia. «Fantastico! Grazie George, grazie Angelina» disse agitandosi sulla sedia e guardando la futura coppia.

 

«Grazie ragazzi» sorrise Ginny, mandando dei baci ai due diretti interessati e sorridendo poi alla nipote.

 

«E i tuoi Fred? Chi sono?» chiese curioso George. «Anche se penso di sapere chi è il tuo padrino» ridacchiò poi, lanciando uno sguardo divertito al gemello.

 

«Credo che lo immaginiamo un po' tutti» commentò Harry.

 

«La mia madrina è Alicia» disse Fred, sorridendo in direzione di sua madre, «mentre il mio padrino è...» continuò abbassando lo sguardo, non riuscendo a terminare la frase. 

 

Sapeva che se avesse detto il nome del suo padrino gli avrebbero fatto delle domande. E sapeva che le risposte sarebbero state dolorose. Per tutti. 

 

«Percy» sussurrò piano.

 

«Io?!» esclamò sorpreso Percy Weasley, alzandosi.

 

«Sì» confermò Fred II deglutendo rumorosamente. 

 

Il volto di suo zio Fred, sempre raggiante, si era rabbuiato. Suo padre lo guardava incredulo.

 

«Perché io?» ripeté Percy, disorientato.

 

«Già, perché lui?» sottolineò stizzito Fred, lanciando un'occhiataccia al gemello.

 

«Non guardarmi così, non posso sapere il perché di una scelta che non ho ancora fatto» si difese George. «Fred, c'è un motivo?» chiese poi al figlio.

 

«Sì, c'è» rispose quest'ultimo in difficoltà.

 

Roxanne gli prese la mano e la stinse forte. «Ce la puoi fare» sussurrò poi al fratello, per incoraggiarlo a parlare. 

 

Fred II prese un respiro profondo e con gli occhi che gli si stavano riempendo di lacrime pronunciò quelle parole tanto temute. «Non hai potuto scegliere lo zio Fred come mio padrino perché lui... perché lui è morto durante la Battaglia di Hogwarts» disse piano, per poi scoppiare a piangere. Roxanne lo abbracciò, cercando di calmarlo ma anche lei sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi.

 

Sulla Sala Grande calò il silenzio. L'unica cosa udibile erano i singhiozzi di Fred II. Tutti erano attoniti. Nessuno aveva il coraggio di parlare. 

George si voltò lentamente verso Fred, il volto serio e tirato. Il gemello guardava le sue mani che stavano torturando nervosamente un pezzo di stoffa del suo maglione. Ginny passava lo sguardo velocemente da suo fratello a suo nipote e le lacrime iniziarono a rigarle il volto. Dominique, seduta vicino a lei cercò di consolarla, invano. Percy sentì le forze abbandonare il suo corpo e cadde a peso morto sulla panca. Bill fissò il tavolo, le mani strette a pugno, mentre Charlie si prese il volto tra le mani. Ron invece guardava un punto imprecisato della Sala ma era come se non vedesse nulla. Hermione ed Harry si guardarono, storditi.

 

Anche al tavolo dei Serpeverde regnava il silenzio. Non appena ebbero udito quelle parole, Daphne e Pansy non poterono trattenere un'espressione di orrore. Theodore Nott e Blaise Zabini, che stavano chiacchierando sottovoce, si ammutolirono all'istante e Draco Malfoy serrò la mascella.

 

Il tremendo silenzio che aleggiava sulla Sala fu spezzato dall'urlo disperato di Molly Weasley. «No! Non è vero, Fred non può... insomma, è il mio bambino... lui non può... sarebbe...» iniziò a farneticare la donna tra i singhiozzi. 

 

Victoire si alzò e andò ad abbracciare sua nonna che era assolutamente distrutta dalla notizia.

 

Lo stesso fece Louis con Arthur che, sebbene cercasse di mantenersi equilibrato, veniva tradito dai suoi occhi ormai colmi di lacrime. 

 

Fu sentendo l'urlo di sua madre che Fred alzò per la prima volta la testa per guardarla. George lo scrutò. Gli occhi del gemello erano vuoti, spenti. Era come se Fred, in quel momento, non stesse sentendo nulla, come se si trovasse su un altro pianeta, come se fosse già lontano da lui, come se fosse già... morto. George scacciò velocemente quel pensiero dalla testa e quando spostò di nuovo lo sguardo su Fred lo scoprì a fissarlo.

 

«Perché piangete tutti? Non sono ancora morto» disse, abbozzando un sorriso e facendo un gesto scaramantico con le mani. 

 

Solo allora George si rese conto che il suo volto era bagnato dalle lacrime. Solo allora si rese conto che gli occhi di Fred erano tornati a splendere. Solo allora si rese conto dell'immensa forza del gemello. Gli si buttò tra le braccia e lo strinse più forte che poté. 

 

Fred ricambiò e dopo una manciata di minuti, parlò. «Sai se continui a stringermi così non ci arriverò nemmeno alla Battaglia di Hogwarts» mormorò ridacchiando.

 

George si staccò dall'abbraccio e gli sorrise impacciato. 

 

A questo punto, Silente decise di interrompere le presentazioni per quel giorno, così tutti furono congedati.

 

Fred fu avvolto dall'abbraccio della sua famiglia ma non da quello di Ron che, saputa la notizia, era uscito velocemente dalla Sala Grande.

 

———

 

Quel pomeriggio il cielo era livido e l'aria piuttosto pungente. 

 

Ironico, pensò Ron. Combaciava perfettamente con il suo umore. 

 

Il giovane Grifondoro cercò di allontanarsi quanto più possibile dal Castello, addentrandosi nel parco di Hogwarts. Arrivò sotto una grande quercia e, preso da un attacco d'ira, iniziò a prenderla a pugni. Ogni colpo sferrato verso la corteggia dell'albero era accompagnato da urla di rabbia e frustrazione. 

 

Le nocche di Ron erano ormai rosso fuoco e dalla pelle lacerata iniziava a fuoriuscire del sangue. Ma lui non sentiva il dolore. In quel momento era talmente tanto incazzato col mondo che anche sopportare la maledizione Cruciatus gli sarebbe sembrato un gioco da ragazzi. Lacrime amare iniziarono a sgorgare dai suoi occhi e nonostante fosse ormai stanco non smise di tirare pugni alla quercia.

 

«Se continui così la sradicherai» commentò una voce femminile alle sue spalle.

 

«Greengrass non sono dell'umore. Sparisci» rispose laconico Ron, dopo aver smesso di scagliarsi contro quel povero albero.

 

«Non prendo ordini da te, Weasley» ribatté lei calma.

 

«Come ti pare» si arrese il Grifondoro. Si asciugò velocemente gli occhi umidi, poi si voltò verso Daphne e iniziò a camminare nella direzione dalla quale era arrivato. 

 

Quando passò di fianco alla Serpeverde, lei lo fermò afferrandogli un braccio. «Aspetta» sussurrò.

 

«Non ho tempo per i tuoi giochetti» disse duro lui continuando a guardare davanti a sé.

 

«Mi dispiace» lo interruppe Daphne, voltandosi verso di lui. 

 

Ron si immobilizzò per poi voltarsi lentamente nella sua direzione, guardando la Serpeverde negli occhi per la prima volta. Gli occhi azzurro ghiaccio della ragazza lo disorientarono per un istante. Erano magnetici.

 

«Mi dispiace per tuo fratello» ripeté lei, con un velo di tristezza nella voce, guardandolo intensamente. 

 

Ron continuò a puntare le sue iridi chiare in quelle di Daphne, che distolse lo sguardo.

 

«Tieni» disse porgendogli un fazzolettino ricamato che il Grifondoro afferrò. 

Poi si allontanò velocemente, chiedendosi da quando era diventata così sensibile. 

 

Ronald Weasley invece, spiegò il fazzoletto che aveva appena ricevuto e notò le iniziali della ragazza ricamate in basso a destra. Il piccolo pezzo di stoffa, manco a dirlo, era verde smeraldo. Questi Serpeverde sono così egocentrici, pensò alzando gli occhi al cielo. Tuttavia, non poté resistere all'impulso di avvicinare il fazzoletto al suo naso. Inspirò. Vaniglia. 

 

Ron non se ne accorse ma sul suo volto si fece largo un leggero sorriso. Quella ragazza era piena di sorprese.

 

———

 

Ronald Weasley e Daphne Greengrass non erano gli unici studenti ad aver abbandonato la Sala Grande dopo quella sconcertante rivelazione. 

 

Draco Malfoy era corso via non appena Silente aveva annunciato che per quella giornata non ci sarebbero state più presentazioni. Si era diretto a grandi falcate nella sua stanza, era entrato sbattendo la porta e aveva iniziato a lanciare per terra qualsiasi cosa gli capitasse sotto tiro.

 

All'improvviso sentì il respiro mancargli e, con gesti spasmodici, si tolse il maglione e la cravatta che indossava. Non riuscendo ancora a controllare la respirazione, si sedette sul letto e cercò di calmarsi ma non ci riuscì. 

 

La porta si aprì, lasciando entrare nella stanza Blaise e Theo, ignari dell'attacco di panico che stava avendo l'amico. 

 

Per un millesimo di secondo si sentirono disorientati a causa del disordine che regnava in quel posto, ma poi notarono Draco seduto sul letto in condizioni pietose.

 

«Cosa cazzo sta succedendo?!» esclamò Blaise preoccupato, andando immediatamente verso di lui.

 

«N-Non riesco... a... resp-respirare» ansimò Draco.

 

«Guardami» disse Blaise autoritario prendendo il volto dell'amico tra le mani.«Fai quello che faccio io» continuò poi, iniziando a fare dei respiri profondi. 

 

Draco lo imitò e lentamente riuscì a riprendere il controllo e a respirare correttamente.

 

«Tieni» disse Theodore passandogli un bicchiere d'acqua, che lui sorseggiò con calma. «Meglio?»  

 

Draco annuì e posò il bicchiere sul comodino.

 

«Cos'è successo?» domandò Blaise.

 

«Nulla» rispose Draco.

 

«Il tuo attacco di panico non mi sembra nulla» lo riprese l'amico.

 

Draco alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Sto bene, non c'è bisogno che mi psicanalizziate».

 

«Non ti stiamo psicanalizzando, stiamo cercando di capire perché ultimamente non stai bene» ribatté Theo. «E non mi guardare con quella faccia, lo sai che ho ragione» sottolineò poi, notando lo sguardo assassino che Draco gli aveva rivolto.

 

«Quel che è successo oggi è un caso isolato» precisò il biondo.

 

«D'accordo» l'assecondò Blaise. «Ma ho la sensazione che non sia un caso che sia successo dopo la presentazione di Fred Weasley» notò sospettoso.

 

Draco sospirò di nuovo, pesantemente. Si lasciò cadere sul materasso e si coprì il volto col cuscino. «Continuerete ad assillarmi finché non parlerò, immagino» disse afflitto.

 

«Esattamente» confermò Theo.

 

«Va bene» acconsentì allora Draco. «Vi dirò quello che sta succedendo» affermò tornando in posizione eretta. «Ma dovete giurarmi di non farne parola con nessuno» disse serio, guardando prima Blaise e poi Theo, «è una questione di vita o di morte. Letteralmente».

 

Theodore annuì, mentre Blaise prese una sedia e si accomodò su di essa. «Ti ascoltiamo» disse.

 

Nella successiva mezz'ora Draco spiegò ai due amici cos'era successo poco prima che lui tornasse ad Hogwarts. Gli raccontò del piano che Voldemort aveva per lui, della "piccola missione", così era stata chiamata dal Signore Oscuro, che doveva compiere, del Marchio Nero e della vita dei suoi genitori che era nelle sue mani.

 

«Quando Victoire Weasley ha detto che il Signore Oscuro sarebbe stato sconfitto mi sono sentito sollevato. Anche se la prima cosa a cui ho pensato è stata l'inutilità di tutto quello che sto facendo. Ma oggi, quando ho saputo della morte di Fred Weasley, mi sono sentito... colpevole. Non mi ero mai realmente reso conto che qualcuno di noi avrebbe potuto morire in questa Guerra e aver avuto la conferma che accadrà è stato come ricevere un pugno in pieno volto» concluse Draco.

 

Blaise e Theo rimasero in silenzio per alcuni istanti.

 

«Probabilmente avrei reagito allo stesso modo» ammise Blaise. «Devo confessarti una cosa. Sapevo del Marchio Nero» disse, stupendo i suoi amici.

 

«Cosa?!» esclamò Draco. «Come facevi a-»

 

«Ti conosco come le mie tasche» lo interruppe Blaise, «e sono un ottimo osservatore. Ho notato il cambiamento che c'è stato nel tuo modo di comportarti e di relazionarti con noi e ho notato che non hai mai scoperto il braccio sinistro. Non ci ho messo molto ad unire i puntini» spiegò. «Ma non mi sarei mai aspettato che il Signore Oscuro ti avesse ordinato di uccidere Silente. Mi dispiace» disse sinceramente.

 

«Anche a me» rispose l'amico. «Mi dispiace che siate amici di un Mangiamorte» sussurrò amaramente.

 

«Uno stupido Marchio non fa di te un Mangiamorte Draco!» lo riprese Blaise.

 

«Gli altri non la penseranno così» disse duro lui.

 

«Che vadano al diavolo!» sbottò Theo, fino a quel momento silenzioso. «Anche se tu fossi perfetto avrebbero da ridire. Sei stato costretto a ricevere il Marchio, non è stata una tua scelta» aggiunse.

 

Draco si alzò e iniziò a girare in tondo nella stanza. «Lo capirei se vi allontanaste da me» disse dopo alcuni attimi di silenzio, dando le spalle ai suoi amici.

 

«Ma che stai dicendo?» chiese Blaise. «Non ti ho sopportato tutti questi anni solo per allontanarmi da te per colpa di un tatuaggio» scherzò. «E poi... mia madre vuole che lo riceva anche io» aggiunse con nonchalance.

 

«Cosa?!» esclamarono in coro Draco e Theo, il primo voltandosi immediatamente e il secondo puntando i suoi profondi occhi blu sul volto dell'amico.

 

«Ti farò compagnia» confermò Blaise.

 

«Perché?» domandò Draco. «Tua madre si è sempre tenuta fuori da queste cose».

 

«Ha conosciuto un uomo. L'ennesimo. È molto ricco e sapete che mia madre ha solo due passioni... gli uomini e i soldi» disse Blaise lasciando trasparire un certo fastidio dalle sue parole. «Lui è un Mangiamorte. Della peggior specie. Mia madre si è convinta che per rafforzare il legame familiare che ci unisce sarebbe importante condividere qualcosa, che nella sua mente malata è l'appoggio al Signore Oscuro» spiegò. «Non so se lui le ha fatto il lavaggio del cervello o se a lei non importa affatto di rovinarmi la vita e non mi interessa scoprirlo. So solo che durante le vacanze di Natale ha intenzione di farmi ricevere il Marchio» terminò.

 

D'improvviso Theodore esplose in una risata alta e nervosa. 

 

Blaise aggrottò la fronte e lo fissò, mentre Draco alzò un sopracciglio, confuso.

 

 

«Mi fa piacere che ridi delle nostre disgrazie» commentò sarcasticamente il moro.

 

«N-no» negò Theo non riuscendo a smettere di ridere. «N-non... asp-aspettate» disse per poi andare verso il suo letto e tirare fuori dal primo cassetto del comodino una lettera. «Ecco» disse riuscendo a tornare serio e buttando la lettera sul letto di Draco.

 

«Cos'è?» chiese Blaise.

 

«La lettera che mi ha consegnato l'elfo domestico quando l'ho costretto a rubare quella famosa bottiglia di Whisky Incendiario dalle cucine» spiegò Theo.

 

«La lettera che ti ha scritto tuo padre?» domandò Draco.

 

«Proprio quella».

 

«E dovrebbe interessarci perché...» lo invitò a proseguire Blaise.

 

«Perché mi ha scritto senza mezzi termini che si aspetta che io lo renda fiero di me... diventando un Mangiamorte» spiegò velocemente Theo.

 

Draco aprì la bocca per parlare ma la richiuse subito, non sapendo cosa dire.

 

«Quindi Blaise non stavo ridendo delle vostre disgrazie, ma delle nostre» concluse il castano.

 

I tre amici si guardarono piuttosto depressi.

 

«Non è che ne è rimasto un goccetto di quel Whisky?» chiese poi Blaise facendo ridacchiare gli altri due. 

 

Erano in un mare di guai, ma almeno c'erano dentro insieme.

 

———

 

Fred Weasley era riuscito ad allontanarsi da tutti e a restare solo. 

 

Finalmente. 

 

Era disteso sul prato umidiccio del parco di Hogwarts, sotto un grande albero che lo nascondeva alla vista. Aveva gli occhi chiusi e il respiro regolare e dava l'impressione di essere addormentato. 

 

Ma Fred non stava affatto dormendo. Anzi, non era mai stato tanto sveglio in vita sua. La sua mente era invasa da una moltitudine di pensieri. Tutti collegati alla notizia della sua morte, ovviamente. Le parole pronunciate da suo nipote gli rimbombavano in testa ininterrottamente.

 

Pensava alle reazioni dei suoi familiari. 

 

All'espressione straziata di sua madre. 

 

Alla confusione che traspariva dal volto di Harry ed Hermione. 

 

Al dolore impresso su quello di George. 

 

Vedere il suo gemello che non riusciva neanche a guardarlo in faccia gli aveva fatto male. Vedere il suo volto trasfigurato dalla sofferenza lo aveva distrutto. 

 

Lui e George vivevano quasi in simbiosi. Avevano fatto tutto insieme e continuavano a farlo. Il primo giorno di scuola, il primo scherzo, la prima punizione, la prima volta che erano riusciti a volare, addirittura la prima cotta. Tutto. Pensare che George si sarebbe sposato e avrebbe avuto una famiglia lo riempiva d'orgoglio. Ma rendersi conto che lui non sarebbe stato presente lo angosciava. Si era sempre immaginato che sarebbe stato il testimone di suo fratello, così come George sarebbe stato il suo. Aveva sempre pensato che sarebbe stato il padrino del primogenito del gemello e viceversa. Ma non sarebbe andata così. E questo lo distruggeva.

 

Trovava invece ironico che alla sua mente non si fosse affacciata, neanche per un secondo, la paura di morire. Ciò che lo dilaniava era il pensiero di far soffrire la sua famiglia, non la morte in sé.

 

Mentre era immerso nei suoi pensieri, Fred sentì un rumore non molto distante da lui. Aprì gli occhi di scatto e notò l'esile figura di Luna Lovegood avanzare proprio nella sua direzione. La ragazza non sembrava averlo visto, anzi, a Fred parve che fosse immersa nel suo fantastico mondo. Ed era proprio così. Luna non si era resa conto della presenza del Grifondoro fin quando non rischiò d'inciampare nel suo mantello.

 

«Luna, attenta!» l'avvertì Fred, riuscendo ad evitare che la ragazza cadesse.

 

«Fred! Non ti avevo visto!» esclamò lei sorpresa.

 

«Me ne sono accorto» rispose il ragazzo, accennando un sorriso.

 

Luna si guardò intorno. «Sei solo?».

 

«Sì».

 

La ragazza annuì. «Probabilmente avrei sentito la stessa necessità».

 

Fred non rispose.

 

«Fred» lo richiamò lei.

 

«Mmh» mugolò il ragazzo, invitandola ad andare avanti.

 

«Mi-» iniziò la Corvonero, ma il rosso la interruppe bruscamente. 

 

«Ti prego non dire mi dispiace!» esclamò alzandosi in piedi.

 

Luna si zittì e abbassò il capo, facendo sentire in colpa Fred.

 

«Non ce l'ho con te» spiegò, «è che tutti non fanno che dirmi che gli dispiace. Non ne posso più».

 

«Hai ragione» rispose Luna, ricevendo uno sguardo grato dal Grifondoro.

 

«So che sembrerà una domanda stupida, ma voglio fartela lo stesso» continuò la bionda.

 

«Cosa vuoi chiedermi?» chiese curioso Fred.

 

«Come stai?» disse dolcemente la ragazza.

 

Fred si stupì. Poteva sembrare una domanda stupida, è vero. Ma nessuno fino a quel momento glielo aveva chiesto, e lui si rese conto di non saper rispondere. «Non lo so» replicò semplicemente. «Sicuramente non bene». Ci furono degli attimi di silenzio ma che proseguisse: «Mi sento in trappola. Penso che dovrei essere disperato, insomma ho appena scoperto che morirò tra meno di due anni... ma non lo sono. Dovrei avere paura di morire, ma non ce l'ho. Quando penso alla morte... mi sento apatico».

 

«Dici di essere apatico, ma io ti vedo triste» notò Luna.

 

Fred la guardò e si stupì di quanto quella ragazza riuscisse a comprendere gli stati d'animo delle persone. «È per la mia famiglia» mormorò. Luna non parlò, così Fred continuò: «non voglio essere io la causa del loro dolore, non so come riuscirò a vivere sapendo quello che accadrà» concluse mettendosi le mani tra i capelli, disperato.

 

«Forse è proprio questo il punto» disse Luna.

 

Fred aggrottò la fronte confuso. «Che intendi dire?» 

 

«Tu sai quello che accadrà» rispose lei.

 

«Continuo a non capire» ribatté il ragazzo.

 

Luna sospirò e poi si spiegò meglio. «Silente ha scelto di farci conoscere i nostri figli e da quel che dice lui, lo ha fatto per farci capire che i veri nemici non sono tra queste mura. Ma secondo me c'è dell'altro. Se sappiamo quello che succederà possiamo cambiare le carte in tavola».

 

«Intendi cambiare il futuro?» domandò Fred.

 

«Esatto» confermò la ragazza.

 

Il Grifondoro scosse la testa. «Le conseguenze potrebbero essere catastrofiche» replicò. «E se la mia morte fosse cruciale per vincere la guerra? Salvandomi potrei condannare il mondo a un destino ben peggiore» disse serio.

 

«Credi davvero che Silente avrebbe permesso a tuo nipote di rivelare un simile segreto senza essere certo che le conseguenze sarebbero state marginali?» domandò Luna.

 

«Non puoi saperlo» continuò a ribattere Fred diffidente.

 

Luna sospirò. «Pensaci Fred» disse. «Ricordi quando si è presentato Albus?»

 

«Sì».

 

«Non ha risposto a tutte le nostre domande» continuò lei.

 

«Il fatto che non ci abbia detto chi è il suo padrino non è così importante» ribatté il ragazzo.

 

«Non mi riferisco a quella domanda» sottolineò Luna, poi, vedendo che Fred continuava a non capire, si spiegò meglio. «Il secondo nome di Albus è Severus, ma quando Harry gli ha chiesto perché si chiamasse così lui non ha risposto».

 

Il volto di Fred si illuminò. «Credi che Piton abbia avuto un ruolo fondamentale nella guerra e che Albus non ci abbia detto nulla perché sapendolo potremmo cambiare gli eventi, anche inconsciamente» ragionò.

 

«Esatto» confermò lei.

 

«Quindi se Fred ci ha informato della mia morte è perché poteva farlo, ma certo!» esclamò il ragazzo, improvvisamente euforico. «Luna sei un genio!» disse in preda alla gioia, prendendo il volto della ragazza tra le mani e dandole un bacio sulla fronte. «Devo trovare George» disse poi, più a se stesso che alla Corvonero. Così raccolse la sua roba e iniziò a correre verso il Castello di Hogwarts ma, prima di allontanarsi troppo, si girò verso l'amica e le sorrise. «Grazie Luna, Nott è un ragazzo fortunato!» urlò facendole l'occhiolino per poi scappare via. 

 

Luna arrossì ma sorrise, contenta che Fred avesse ritrovato lo spirito di sempre.

 

———

 

Era ora di cena e George Weasley si trovava nella Sala Comune dei Grifondoro ormai deserta. 

 

Non aveva fame. Come poteva averla? Quella che stava per terminare era, senza ombra di dubbio, la giornata peggiore della sua vita. 

 

In quel lungo pomeriggio, la sua mente aveva ripercorso tutti i momenti che lui ricordava di aver condiviso con Fred. Il che equivale a dire che George aveva ripercorso la sua intera esistenza, visto che i momenti in cui si era separato dal gemello si contavano sulle dita di una mano.

 

Sapere che di lì a poco lo avrebbe perso era straziante. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe potuto accadere. Spesso aveva immaginato la sua vita da adulto e da anziano. E l'aveva immaginata sempre insieme a Fred. Si ricordava perfettamente quando, durante il Torneo Tremaghi che si era tenuto ad Hogwarts, lui e il gemello avevano cercato d'imbrogliare il Calice di Fuoco per poter partecipare alla gara nonostante non fossero ancora maggiorenni. In quell'occasione la pozione che avevano creato non aveva funzionato e si erano ritrovati con barba e capelli bianchi. Rendersi conto che quello sarebbe stato l'unico ricordo che avrebbe avuto di un Fred anziano lo fece crollare. 

 

Iniziò a piangere. Di nuovo. Non aveva fatto altro per tutto il pomeriggio, prima nel suo dormitorio, ora in Sala Comune. Non voleva che qualcuno entrasse e lo vedesse in quello stato, soprattutto non voleva che Fred lo vedesse in quello stato, ma in quel momento non aveva neanche la forza di alzarsi e tornare in camera sua. 

 

D'un tratto sentì qualcuno scendere le scale e si sbrigò ad asciugarsi le lacrime.

 

«George» lo richiamò quella che riconobbe essere la voce di Angelina Johnson. «So che stai piangendo, è inutile che provi a nasconderti».

 

George si voltò, consapevole che sarebbe stato stupido continuare a fingere di stare bene.

 

«Sei sicuro di non voler mangiare nulla? Se vuoi posso rubare qualche cosa a tavola e portartela» gli domandò.

 

«Non ho fame» rispose stancamente lui.

 

«Ora che mi ci fai pensare, non ho molta fame neanche io» disse Angelina. «Ti dispiace se mi metto qui?» chiese poi indicando il posto accanto a George sul divano. 

 

Il ragazzo la scrutò per un attimo e poi le fece cenno di accomodarsi. Angelina si sedette e, delicatamente, appoggiò una mano su quella di George. 

 

Il suo tocco gentile e inaspettato fece sussultare il rosso che pian piano si rilassò. Dopo alcuni minuti passati in silenzio, il Grifondoro parlò: «Grazie».

 

«Per cosa?» 

 

«Per essere qui quando so che stai morendo di fame» spiegò lui guardandola furbescamente.

 

«Io non ho fame» garantì Angelina, voltandosi e guardandolo a sua volta. Ma il suo stomaco la tradì. Infatti, scelse proprio quel momento per brontolare. La ragazza sperò con tutto il cuore che George non l'avesse sentito ma lui l'aveva sentito eccome.

 

«Il tuo stomaco non la pensa allo stesso modo» disse, facendola arrossire. George la guardò e, per la prima volta dopo aver ricevuto quella notizia, sorrise.

 

La tranquillità del momento fu interrotta dall'ingresso in Sala Grande di un vero e proprio vulcano di nome Fred Weasley. 

 

Il ragazzo si piazzò di fronte a George e ad Angelina e si piegò sulle ginocchia per riprendere fiato. «Ti ho cercato dappertutto» ansimò.

 

«E ora mi hai trovato» ribatté il fratello cercando di non scoppiare a piangere di nuovo dopo averlo visto.

 

«Ho parlato con Luna» annunciò Fred.

 

«Quindi?» chiese il gemello confuso.

 

«Lei mi ha fatto capire una cosa».

 

«Cosa?» domandò di nuovo George.

 

«Che abbiamo meno di due anni per architettare un piano» rispose Fred.

 

«Un piano per cosa?» chiese George, sempre più disorientato.

 

«Per salvarmi la vita» rispose teatralmente il gemello. 

 

George spalancò gli occhi e lo guardò. Rimase in silenzio per una manciata di minuti, poi si alzò. Guardò Fred dritto negli occhi e sul suo volto si dipinse un sorriso enorme. Lo abbracciò e lui lo strinse a sua volta. 

 

Sarebbero riusciti a cambiare il futuro. Insieme.

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