Il Regno del Gelo

di Clodie Swan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il lungo inverno ***
Capitolo 2: *** Magena ***
Capitolo 3: *** La Foresta delle Lame ***
Capitolo 4: *** La ricerca della Torre ***
Capitolo 5: *** Lame e incantesimi ***
Capitolo 6: *** La leggenda di Iberia ***
Capitolo 7: *** Il viaggio ***
Capitolo 8: *** Il Santuario ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Il lungo inverno ***


Questa partecipa al contest “D&D Mania” indetto da Ghostro sul forum di Efp"
Ispirata all'universo di Dungeons and Dragons, il contest prevede che ogni partecipante crei una scheda personaggio con il proprio protagonista, e scriva una storia in cui siano presenti quest'ultimo ed i personaggi creati dagli altri autori. 
Il giudice ha creato l'universo in cui questi personaggi si muovono e la storia a grandi linee che li vede coinvolti.
  • Dark SiderKevset/Kewst Lamarcana
  • Nina NinettaGar di Niihel/Garni
  • SwanDamien di Grimson
  • ThorsEmeryl Astoria Ver Haret
  • VodiaStella O’Fleed

Capitolo Primo
“Il Lungo Inverno”
 
 
 
Non vi era altro che gelo. Un forte raffica di neve copriva ogni cosa, impedendo di distinguere i profili degli alberi, delle montagne e di qualsiasi altra cosa si trovasse sotto il cielo. Tutto era ricoperto di ghiaccio: un mondo fatto di stalattiti, un giorno senza notte e una notte senza giorno. La tormenta avanzò inesorabile travolgendolo.
Damien sentì l’aria glaciale mozzargli il respiro come una lama, i polmoni cristallizzarsi, il suo corpo che perdeva ogni calore e s’irrigidiva cadendo al suolo pietrificato, e l’ultima cosa che vide fu un cielo di piombo, su cui si stagliava minacciosa un’immensa nuvola grigia che saliva verso l’alto.

 
Damien si svegliò da quell’incubo col cuore che gli batteva forte. Poteva quasi sentire addosso il freddo mortale come avesse davvero vissuto quella morte orribile. Tremando si strinse nelle coperte, cercando di scaldarsi, felice di poter respirare normalmente e di trovarsi al sicuro, in uno degli alloggi della servitù, al palazzo reale di Gamirhia.
Da quando il clima si era fatto così rigido, grazie alla generosità di Re Gauward, il castello era diventato un rifugio per molte persone indigenti. Damien aveva insistito per cedere ad una famiglia povera, la camera da letto che era solito occupare, quando veniva ospitato a corte, ed era andato a dormire insieme ai domestici sui pagliericci. La sistemazione forse non era delle più comode, ma la temperatura era decisamente più calda in quella piccola stanza affollata.

Ciò nonostante, Damien rabbrividì quando prima dell’alba sgusciò fuori dal letto avvolgendosi nel suo mantello di lana blu scuro. S’infilò gli stivali foderati di pelliccia e uscì il più silenziosamente possibile per imboccare le scale. Era ancora buio, ma le stelle erano già scomparse. Attraverso i vetri appannati Damien, intravide la campagna di Gamirhia coperta da un velo di nebbia, i tetti imbiancati della città in lontananza e il fiume che splendeva come un nastro d’argento. In altre circostanze, il giovane si sarebbe soffermato ad ammirare quel paesaggio suggestivo, ma in quel momento era scosso dall’incubo della notte precedente. Damien entrò nel laboratorio del primo piano per prendere i documenti e le carte che avrebbe mostrato al re. Si guardò intorno e unendo le mani mormorò “lumina” evocando una sfera di luce che illuminò l’ambiente. Un solo tavolo stretto e lungo era dedicato ad ampolle, provette, calderoni, mentre il resto della stanza era occupata da diverse librerie e da una vasta scrivania. Il mobilio era elegante e ricercato. Su di una parete vi era appeso il ritratto dell’ultimo mago di corte, che un tempo aveva utilizzato quello studio. Damien lo aveva conosciuto ed aveva anche appreso le tragiche circostanze in cui era morto. Non era stato un uomo cattivo, ma l’ambizione lo aveva portato su una cattiva strada. Sospirando il ragazzo prese le sue cose e si preparò ad incontrare il re.

Re Gauward non aveva voluto assumere un altro mago di corte, preferendo rivolgersi a Damien in caso di necessità. Tra di loro si era instaurato un rapporto di collaborazione fondato sulla stima reciproca che permetteva a Damien di vivere la sua vita in modo indipendente e di contare al tempo stesso sul supporto della corona. Contava di riceverlo anche in quella circostanza.
Gauward lo ricevette nel suo studio privato, dove si era già messo al lavoro seduto al suo scrittoio. Aveva una grande quantità di documenti davanti a sé e stava scrivendo su altrettanti fogli che venivano affidati ad un servitore che si occupava di imbustarle e portarli via. Quando Damien entrò il re posò la penna e gli andò incontro, stringendogli entrambe le mani con affetto. «Grazie di essere venuto così presto, ragazzo mio. Purtroppo, è il solo momento della giornata che potevo dedicarti. Dobbiamo gestire molte difficoltà tutte insieme a causa di quest’improvviso inverno.»
Damien annuì. «Si tratta proprio di questo, Maestà: devo parlarvi delle cause che hanno scatenato questo abbassamento delle temperature. Temo sia più grave del previsto.» Il re lo guardò accigliato, invitandolo a spiegarsi meglio.

Damien tirò fuori alcune antiche cartine che raffiguravano il mondo conosciuto ma era ricoperto da diverse sezioni colorate di bianco. «Queste, mio signore sono delle ricostruzioni che illustrano un importante evento climatico: la glaciazione. Si tratta di un fenomeno naturale che avviene ciclicamente. Ci sono alcune testimonianze dei popoli antichi che documentano la più recente, e pare abbia avuto origine sull’Isola di Iberia, duemila anni fa. I cambiamenti climatici attuali corrispondono a quelli dell’epoca. Ho trovato tracce dell’esodo dei Giganti del Ghiaccio, che dovettero fuggire anch’essi dai loro territori, per salvarsi dall’assideramento. Pare che più di trent’anni or sono ci sia stata una nuova migrazione dalle Terre del Gelo: i discendenti dei Giganti si sono dovuti spostare di nuovo. Questo è un’ulteriore conferma: siamo entrati in una nuova Era Glaciale e si sta evolvendo in fretta. Troppo in fretta, però.»
«Che cosa vuoi dire con questo?» chiese il re allarmato.
«Ciò che un tempo avvenne nel giro di secoli, ora si sta realizzando in pochi decenni. I Sacerdoti del Fuoco si stanno dedicando al compito di respingere il gelo, ma si trovano in difficoltà. E di questo passo, nessuno potrà sopravvivere a lungo. Quello che intendo fare è indagare sulle cause di questa improvvisa calamità e trovare un rimedio anche con l’ausilio della magia. Vorrei il vostro aiuto per potermi muovere nel Regno e in quelli vicini e poter fare le mie ricerche liberamente.»
«Sarò ben felice di darti tutto l’aiuto necessario, mio caro ragazzo. Ti farò preparare subito dei lasciapassare e dei sigilli con la protezione del Regno di Gamirhia. Da dove intendi cominciare?»
«Dall’isola di Iberia, poiché l’ultima glaciazione ha avuto luogo proprio lì.»
Il re scosse la testa: «Temo che Iberia non sia un luogo sicuro al momento: attualmente è governato dalla tirannia spietata del Principe Globo. Il principe, dopo un colpo di stato, ha spazzato via la famiglia reale e si è insediato sul trono. Nessuno ha più fatto visite ufficiali a Iberia da allora. L’ultimo a visitarla, dieci anni or sono pare sia stato il ciambellano di Magena, un tempo grande amico della famiglia reale. Fece visita a Re Dukan O’Fleed poco tempo prima della guerra civile.»
«Forse allora potrei parlare con lui. Magena non è così lontana.»
«Potresti farti ricevere a corte senza difficoltà, ma ti avverto: il ciambellano non ha molta simpatia per i maghi. A Magena essi vivono liberamente e gli umani richiedono i loro servigi, proprio come avviene qui ma, anni or sono, avvenne un fatto increscioso. La principessa Emeryl scoprì all’improvviso di avere dei poteri magici e se ne servì per difendersi un uomo che tentò un sopruso nei suoi confronti. Il ciambellano convinse il re a bandirla insieme alla madre, la regina Sheeira. Fu molto triste: la principessa era la delizia del reame, una fanciulla saggia e piena di fascino. Ricordo di averla vista, diversi anni fa, quando ero ancora il giovane figlio di un duca, durante una visita ufficiale dei reali di Magena. Nei regni del continente vennero spediti editti che comunicavano l’esilio delle due donne e la perdita dei titoli regali. Non ho più saputo nulla di loro.»
«Sarò molto prudente, Sire. Vi ringrazio per i vostri consigli. Partirò oggi stesso.»
Damien si preparò a partire, portò solo lo stretto necessario, tra cui il suo taccuino su cui cominciò a tracciare i primi appunti della sua ricerca. Sotto la scritta Iberia, segnò un altro appunto: Il Ciambellano di Magena.

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Capitolo 2
*** Magena ***


 
 
Capitolo Secondo
Magena

 
 
Dopo un viaggio di circa cinque giorni senza intoppi, Damien si ritrovò ad ammirare il maestoso castello di Magena, circondato da boschi, in una suggestiva cornice invernale. Situato su una rupe rocciosa, accessibile grazie ad un ponte di pietra, il palazzo era formato da un complesso di otto torri altissime intorno a delle mura alte massicce alleggerite da numerosi bovindi, formata da cortili, giardini e terrazze. Damien lo trovò imponente quanto quello di Gamirhia, ma più austero. Le pietre erano di un grigio consunto, mentre il blu delle tegole era sbiadito dal tempo. I residui di neve sui tetti e sul sentiero davano una spolverata di bianco, mentre una sottile nebbiolina conferiva uno strano senso di tristezza. Si abbassò il cappuccio per osservarlo meglio e si chiese dopo la cacciata della principessa non fosse rimasto nell’aria un velo di magia, per quanto impalpabile… Damien riusciva quasi a percepirlo. Il giovane mago si ridestò dalle sue meditazioni e proseguì sul ponte di pietra facendo attenzione a non scivolare.
 
«Il Ciambellano è un uomo molto occupato» gli fu risposto da un nobiluomo che lo ricevette. «E’ lui che tiene le fila del regno e senza di lui il re non potrebbe fare nulla. Nonostante vi raccomandi il vostro sovrano, il tempo che si può concedere è davvero minimo, signore… Chi avete detto che siete?»
«Damien di Grimson, sono uno storico al servizio di Re Gauward.»
«Giusto, credete che il Ciambellano abbia tempo da perdere per le lezioncine di storia, in tempi come questi? Tutto quello che otterrete, al massimo, sarà una visitina alla biblioteca.»
«Sarebbe un piacere, ma vi prego: domandategli se può farmi l’onore di un’udienza per conto di Re Gauward. Si tratta di una questione importante»
L’uomo se ne andò borbottando…Damien riuscì a sentirlo dal corridoio. «Uno storico! Adesso mandano i ragazzini a fare gli storici? Il Re di Gamirhia non ha niente di meglio da fare...» Damien sospirò rassegnato, avvezzo a certi commenti e mentre attendeva si scaldò davanti al camino. Il gentiluomo poco gentile tornò quasi subito, con l’aria meravigliata. «Dovete ringraziare la vostra buona stella, il Ciambellano vi riceverà subito. Se volete seguirmi…»

Anche Damien fu piuttosto sorpreso di quell’accoglienza e si lasciò condurre in una stanza riccamente arredata, con mobili intagliati, dalle pareti ricoperte di arazzi ed un grande camino acceso. Seduto ad uno scrittoio vi era un uomo col viso segnato dal tempo, leggermente curvo, ma dallo sguardo penetrante e vigile, vestito in eleganti vesti di velluto blu, ricamate in oro. Sui polsi ed intorno al collo, l’abito aveva una pelliccia bianca. Sul capo portava un cappello degli stessi colori. Il Ciambellano non si alzò per andargli incontro ma gli fece cennò di avanzare verso di lui, studiandolo attentamente. Damien si sentì turbato, provando misterioso senso di oppressione, senza comprenderne il motivo.

«Damien di Grimson. Uno storico al servizio di Re Gauward» cominciò il ciambellano, restituendogli la lettera di presentazione. «Siamo in ottimi rapporti con il Regno di Gamirhia e desideriamo certamente collaborare con il Vostro sovrano. In cosa posso esservi utile?»
I modi dell’uomo erano di certo cortesi ma Damien sentiva nel suo tono un certo fastidio come se quello che pensasse in realtà fosse: “Cerca di non farmi perdere troppo tempo e levati dai piedi.” Di sicuro sapeva come intimidire le persone.
«Signore, per prima cosa, vi ringrazio infinitamente di avermi ricevuto. Sto conducendo delle ricerche sull’Antica Era Glaciale. Temo che il nostro mondo stia andando incontro ad un’altra calamità del genere e sto cercando di documentarmi il più possibile. Sembra che la più recente sia avvenuta nell’Isola di Iberia oltre duemila anni fa ma non ho trovato molto sui testi e ho appreso che visitare l’isola di questi tempi non è consigliabile.»
«Confermo.» annuì il Ciambellano «La tirannia di Globo imperversa da anni e non ha rapporti amichevoli con nessuno. Iberia è al momento blindata al mondo esterno.»
«So che Voi siete stato l’ultimo a visitarla, circa dieci anni or sono e mi chiedevo se potessi farvi qualche domanda su Iberia.»
Il Ciambellano sollevò le sopracciglia dubbioso poi rispose con voce grave: «Non ho molto da dire. Iberia era un luogo mistico, nel mare orientale, tra il Continente Verde e quello Desertico, governato dalla casata degli O’Fleed.  Un regno prospero e pacifico, i sovrani erano benvoluti da tutti, Re Dukan era un uomo attento alle necessità del popolo. Io ero molto amico della famiglia reale e facevo loro spesso visita. Dovete sapere mio caro giovane che anch’io avevo notato da tempo i segni di una possibile nuova era glaciale e durante quella visita cercai di parlarne al re, ma lui non mi prestò ascolto. Secondo lui erano solo leggende e cercò di dissipare i miei timori. Quando ripartii non avevo idea di quello che sarebbe accaduto dopo.  Il principe Globo ed il sacerdote Shuva misero al ferro e fuoco la capitale e uccisero i sovrani e tutti i sudditi a loro fedeli. I motivi di tale tradimento restano oscuri.» Il Ciambellano fece una pausa poi guardò Damien sollevando le spalle. «Credo che questo sia tutto. Temo di non esserle stato di grande aiuto.» Il commento finale suonava quasi come un congedo ma Damien non volle rinunciare a saperne di più.
«Avete detto che l’isola è blindata. Come avete avuto notizie della tragedia?»
Il ciambellano parve esitare ma poi rispose «Alcuni abitanti riuscirono a fuggire e a mettersi in salvo. Chiesero rifugio qui a Magena e ci riferirono i tragici avvenimenti.»
«Crede che potrei parlare con loro e fare qualche domanda? Sa come posso rintracciarli?»
Un lampo di gelo passò negli occhi del Ciambellano. «No.» fu la sua risposta. «E adesso se non vi dispiace devo congedarvi. Ho mille cose da fare.»
«Ma anche voi avete riconosciuto che un’Era Glaciale è alle porte. Cosa possiamo fare per fermarla?»
«Dubito che si possa fermare una calamità naturale. Ci sono i Sacerdoti del fuoco che lavorano costantemente per circoscriverla. Possiamo solo adeguarci e cercare di limitare i danni.»
«Ma dobbiamo cercare delle risposte…deve esserci qualcosa…»
«Porgete i miei omaggi al Vostro re. Se volete fare ricerche, la biblioteca reale è a vostra disposizione.» Sembrava una frase buttata lì per concludere la conversazione ma Damien lo prese in parola: forse nella biblioteca avrebbe potuto davvero trovare qualcosa di interessante su Iberia, visto che il regno di Magena vi aveva fatto visita così spesso. Valeva la pena di tentare, così il giovane dopo essersi inchinato ed aver preso congedo nel modo più garbato possibile, uscì dalla stanza in cerca della biblioteca.
 
                                                                          ***

Come aveva supposto, Damien trovò numerosi libri che parlavano di Iberia anche se, purtroppo, in nessuno di essi era menzionata l’Era Glaciale. Quello che poté approfondire fu la storia dell’isola. Gli abitanti di Iberia, devoti ad una Dea chiamata O’Shu Tal, erano divisi tra umani e leonid, una razza ibrida di uomini-leone, che in tempi antichissimi si allearono, grazie all’unione dalla casata O’Fleed con la più antica famiglia di questgy6i leonid. Per secoli avevano convissuto pacificamente fino al tradimento del principe Globo e del sacerdote leonid Shuva. Damien non lesse nulla sugli avvenimenti recenti che potessero spiegare cosa avesse indotto Globo ad uccidere i propri genitori e mettere il suo paese a ferro e fuoco. Sfogliando un’altra pagina Damien apprese che il principe aveva una sorella minore di nome Stella, della quale si erano perdute le tracce. Damien si augurò con tutto il cuore che almeno la bambina fosse riuscita a salvarsi.
La cosa certa era la forte presenza della magia nella cultura di Iberia, come testimoniava l’usanza di cacciare i leoni bianchi. I Leoni d’Iberia erano considerati doni della Dea. Ucciderli permetteva all’anima della bestia di unirsi al cacciatore, diventando un tramite per ascoltare la voce della divinità e ottenere in dono l’Occhio della Dea: un cristallo blu. Esso permetteva ai leonid di usare il cristallo come catalizzatore della loro magia mentre gli umani, toccandolo potevano trasformarsi in un Leonid. Damien trovò alcune immagini dei sacerdoti con indosso la pelle del leone e le insegne del loro ordine. Sarebbe stato utile poter parlare con qualcuno di loro.
 
«Lettura interessante?» chiese una voce alle sue spalle. Damien si voltò di scatto e riconobbe dai ritratti il volto di Re Vermyl. Era alto, dai lunghi capelli grigi e con una barba argentata, la carnagione chiara che ne metteva in risalto gli occhi azzurri, segnati da diverse rughe di espressione. Aveva ancora una figura imponente e vigorosa, uno sguardo intelligente e acuto, sebbene nei suoi occhi s’intravedesse un velo di tristezza. Il re indossava una tunica blu con ricami argentati a motivi geometrici, sotto la quale portava robusti stivali di pelle marrone. Un mantello di lana, di un blu ancora più scuro come la notte era posato sulle sue spalle trattenuto da una preziosa spilla d’oro con un rubino al centro, come quello che si trovava sul diadema d’oro posato sulla sua fronte. Non era una corona ma gli conferiva comunque autorità regale.  Damien aveva sentito molto parlare di lui: era stato un famoso eroe di guerra, un sovrano potente, ammirato e temuto. Si alzò immediatamente in piedi e si prostrò in ginocchio di fronte a Vermyl, con il capo chino.
«Vostra Maestà…» cominciò pieno di soggezione ma il sovrano gli fece cenno di alzarsi.
«Prego, alzatevi. Non volevo interrompervi»si scusò in tono benevolo. «Tornate pure ai vostri libri, mi piace vedere i giovani che studiano. Ho sentito che sei uno storico. Mi piace che si studi la storia e che si conservi la memoria di fatti importanti. Ci sono molte cose che vorrei non andassero perdute… Questa che hai scelto era la postazione preferita di mia figlia, quando veniva qui a studiare.» Volse lo sguardo verso lo scrittoio, situato sotto una finestra, che riceveva un’ottima luce a quell’ora del giorno.
«La principessa Emeryl?» chiese Damien alzandosi in piedi. Sperava davvero di conoscere qualche altro dettaglio su quella storia.
«Mi sembra ancora di vederla qui,» continuò il re assorto «con il capo chino sui fogli, alle prese con qualche materia complessa, che giocava nervosamente con la sua treccia. Vi piacerebbe vedere un suo ritratto?»
Damien acconsentì di buon grado e seguì il re in una sala poco distante, dove sopra un caminetto di marmo faceva bella mostra di sé il ritratto di una bellissima fanciulla dai lunghissimi capelli biondo oro e dai lineamenti di porcellana: Emeryl Astoria Ver Haret recitava la targhetta appesa sotto. Re Gauward non esagerava quando l’aveva definita la Delizia del Reame. Il pittore aveva curato ogni aspetto del sontuoso abito, dei gioielli e della pettinatura della giovane principessa, ma quello che colpì Damien furono gli occhi verdi, magnetici, consapevoli della sua autorità.
«Sarebbe diventata una magnifica regina» mormorò Re Vermyl «Curai personalmente ogni dettaglio della sua istruzione. Poi ci fu quella fatale notte: eravamo tutti ad un banchetto che si stava protraendo fino a tardi, quando Emeryl ottenne il permesso di ritirarsi nelle sue stanze. Non ci furono testimoni, ma venimmo a sapere che mia figlia si ritrovò sola per qualche motivo e fece un brutto incontro nel corridoio. Si trattava di un nobile sfrontato che da qualche tempo, a mia insaputa, si divertiva ad importunarla. Se lo avessi saputo, lo avrei ucciso io stesso e non sarebbe accaduto nulla. Invece la rabbia fece scattare qualcosa in Emeryl, suscitando un potere che uccise il giovane. Ne restammo tutti sconvolti.»
«Di quale potere si trattava, sire?» domandò Damien impressionato.
«Consultammo subito l’Accademia di Valldysi e ci spiegarono che si trattava del Potere del Fulmine e, se Emeryl aveva potuto evocarlo senza aver mai studiato magia, era perché nelle sue vene scorreva il sangue di una maga. Io proposi di mandarla a Valldysi a studiare per imparare a controllare i suoi poteri, ma il ciambellano mi fece capire che una maga non sarebbe mai potuta diventare regina. Nonostante ci fossimo serviti spesso dell’ausilio di maghi e fossimo in buoni rapporti con l’Accademia, la legge, un’antica legge, ci impediva di mettere un mago, anche se legittimo erede, sul trono.»
«Esiste una legge simile anche a Gamirhia» intervenne Damien «Un tempo i maghi erano al potere e dominavano sui mortali. Gli esseri umani non vogliano che la storia si ripeta.»
Re Vermyl annuì tristemente: «Vi è un delicato equilibrio tra maghi e umani. Dobbiamo preservarlo, anche a costo di grandi sacrifici. Fui costretto a ripudiare lei e sua madre. Il popolo insorse contro il regno e dovetti prendere una decisione, per quanto terribile. Lasciarono il castello pochi mesi dopo e non le rividi mai più. Mi convinsero a risposarmi, non appena il mio matrimonio con Sheeira fu dichiarato nullo, ed ebbi altri due figli.» Il re riprese a camminare nella stanza e accennò con il capo ad altri due ritratti alle pareti. Uno riportava il nome del principe Caldryn, un uomo possente dai capelli neri pettinati all’indietro ed una finissima barba, dallo sguardo arrogante. L’altro era di uomo più giovane, senza la barba, dai capelli ricci castani ed uno sguardo freddo.  «Esben, il più giovane. Me lo ricordi, per certi versi, quando aveva la tua età…»
«Sono lusingato, Maestà…» rispose imbarazzato Damien, ansioso di riprendere il discorso su Emeryl. «Posso osare farvi una domanda? Cosa ne è stato della principessa? Re Gauward la ricorda ancora, quando vi recaste a Gamirhia ed è dispiaciuto di non aver saputo più nulla di lei.»
«Si è unita ad un ordine di maghe eretiche che vivono nella Foresta della Lame: le Din Nadair.»
All’improvviso Damien seppe quale sarebbe stata la prossima meta del suo viaggio.

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Capitolo 3
*** La Foresta delle Lame ***


                                      Capitolo Terzo
                                  La Foresta delle Lame


 
Damien si accomiatò dal re, declinando gentilmente la sua offerta di ospitalità per la notte e partì finché era ancora giorno senza rivelare la sua meta, per non destare sospetti. Di sicuro, vedere un giovane disarmato e solo che si addentrava in una foresta, avrebbe sollevato qualche dubbio. Dopo una breve sosta ad una locanda, Damien aveva camminato spedito ed aveva attraversato un bel tratto della Foresta della Lame, allontanandosi sempre di più dal centro abitato. A mano a mano che procedeva, la boscaglia si faceva sempre più fitta e la luce sempre più scarsa. Sebbene fosse metà pomeriggio, i rami filtravano quei pochi raggi di sole, e sarebbe stato buio molto presto. Il terreno si faceva sempre più accidentato ed anche se le chiome degli alberi avevano trattenuto parte della neve, c’era del ghiaccio sulla strada e diventava sempre più pericoloso proseguire.
Ma Damien era cresciuto in campagna, aveva viaggiato ovunque negli ultimi anni e sapeva come muoversi in mezzo alla natura. Non aveva alcuna paura: al contrario quel momento di fusione con il paesaggio, in solitudine era un’esperienza piacevole.
Ad un certo punto però, sentì il bisogno di fermarsi a riposare e rileggere i suoi appunti.  Si sedette su un tronco caduto, abbastanza asciutto e dopo aver bevuto dalla sua borraccia, riaprì il suo taccuino. Vi erano alcune novità che aveva appreso.

La famiglia reale di Iberia – Il ciambellano era amico dei sovrani
Iberia: un regno magico – il ciambellano aveva bandito la principessa di Magena perché maga.
Il colpo di stato di Iberia – la visita recente del ciambellano. Coincidenze?
La principessa Emeryl. Le Din Nadair. Eretiche? Perché?

Damien non sapeva molto sulle Din Nadair, non erano molto numerose e non avevano mai varcato i confini di Magena. All’Accademia aveva letto su di loro poche righe che le definivano maghe, incantatrici e studiose. Nulla che potesse definirle minacciose, però.
Andare in cerca della principessa Emeryl e del suo ordine gli sembrava ancora un’idea folle, ma aveva bisogno di aiuto. Non si era fidato del ciambellano, era convinto che nascondesse qualcosa, e probabilmente lei avrebbe condiviso quei dubbi. Non era sicuro che lo avrebbe aiutato, solo perché era un mago anche lui, ma fermare la glaciazione era una causa che avrebbe dovuto interessare tutti. Doveva tentare.
Mentre chiudeva il taccuino, Damien avvertì un fruscio leggero dietro le sue spalle ed ebbe l’immediata certezza che qualcuno lo stesso spiando.
Damien sospirò tranquillamente e sistemò il taccuino nella borsa. «Chiunque tu sia, sono in pace. Non ho ricchezze e non sono armato. Ad eccezione di questo pugnale.» Tirò fuori il pugnale stile Claymore che portava legato alla cintura e lo sollevò in alto mostrandolo allo sconosciuto per poi posarlo a terra. «Non sono pericoloso come vedi, quindi ti chiedo di non farmi del male. Di qualunque cosa si tratti, possiamo parlarne.»
Da un albero uscì la figura sottile di un uomo, in abiti orientali, su cui indossava indumenti pesanti ed un turbante di seta blu che gli copriva il volto ad eccezione degli occhi. «Accidenti, ragazzino ma quanto chiacchieri.» esclamò divertito lo straniero con voce giovanile e squillante. Rimise nel fodero di pelle la spada, - una scimitarra come poté notare Damien - e si avvicinò scrutandolo incuriosito.
«Cosa ci fa un ragazzo giovane e disarmato nel bel mezzo di una foresta?» chiese gettando uno sguardo perplesso sul pugnale che Damien aveva gettato a terra. «Perdonami ma dubito che quel coltellino si possa considerare un’arma. Io con una lama del genere mi ci limo le unghie.»
«Forse avete ragione.» rise Damien «Ma non dovete preoccuparvi per me, signore. Sono abituato a viaggiare da solo e so cavarmela.»
Il giovane si chinò verso di lui per nulla convinto. «Chi siete?»
«Domanda interessante da un uomo dal volto coperto.» rispose Damien sulla difensiva. «Vi basti sapere che sono solo un umile viandante che deve fare un lungo viaggio.»
«In questo angolo sperduto del mondo? Dove siete diretto?» insisté ancora lo sconosciuto.  Damien non aveva idea di chi fosse quell’uomo: per quanto ne sapeva poteva essere un nemico ma prima che potesse trovare una risposta si accorse della presenza di un lupo dal pelo grigio e nero. Era piuttosto magro rispetto ai lupi di Magena ed aveva un collare di cuoio. Il lupo comparve dietro l’albero dove prima si era appostato il giovane e si avvicinò verso il tronco dove era seduto Damien fiutando l’aria. Gli occhi gialli dall’animale incontrarono quelli azzurri del ragazzo. Damien ricambiò lo sguardo senza paura e gli porse il dorso della mano. «Non ti farò del male, amico» gli bisbigliò con dolcezza. Il lupo l’annusò e poi gliela leccò. Incoraggiato Damien gli accarezzò la testa sorridendo.
Il guerriero osservò la scena con stupore e si scoprì il volto sorridendo. Come Damien aveva immaginato, si trattava di un giovane sui vent’anni, dai lineamenti delicati, dalla pelle olivastra su cui spiccavano due notevoli occhi verdi, screziati d’oro. Aveva le pupille sottili come quelle di un felino. Un particolare davvero interessante che non aveva mai notato.
«Incredibile!» esclamò piacevolmente sorpreso. «Mas ti ha accettato. Di solito non si fida degli estranei.»
«Nei suoi occhi si legge una grande sofferenza» osservò Damien «È vostro?»
L’altro annuì. «L’ho trovato in un circo itinerante. Lo tenevano legato senza acqua né cibo. Io l’ho liberato e da allora non fa che accompagnarmi dappertutto.» Detto questo s’inginocchiò e attirò a sé l’animale che si strusciò felice contro il padrone, scodinzolando.
«Gli animali sanno essere migliori delle persone.» aggiunse Damien. «Mas vi sarà sempre leale.»
Il giovane annuì e lo guardò con un sorriso compiaciuto. «Concordo. Credo sia il momento di presentarci come si deve, adesso.» Si alzò in piedi e gli porse la mano.
«Gar di Niihel. Gli amici mi chiamano Garni.»
«Damien di Grimson.» rispose il mago stringendogli la mano. «È un piacere conoscervi, Sir Garni.»
«Niente, sir. Solo Garni.» precisò il ragazzo. «E vorrei ci dessimo del tu. Dalle mie parti siamo piuttosto informali.»
«Intendete il Continente Desertico?» chiese Damien «La foggia dei vostri abiti e la vostra spada vengono da lì, se non sbaglio. Cosa vi porta così lontano da casa?»
«Ripeto dammi del tu. E sì, vengo da un regno del Continente Desertico, Niihel. Ti basti sapere che siamo qui per una missione piuttosto importante.»
«Siamo? Intendete voi ed il lupo, o c’è qualcun altro?»
Garni ridacchiò divertito «Non riesci proprio a darmi del tu…Io e il mio lupo siamo una bella squadra in effetti, ma si dà il caso che faccia parte della Legione dei Lupi di Niihel, guidata da mio padre, Dun’Gar il Valoroso. Adesso tocca a te, amico: come mai te ne vai a spasso nei boschi con questo freddo? Ti piace leggere seduto sui tronchi? Si può sapere che razza di viandante sei?»
Damien decise di dire una parte della verità. «Sono uno storico, in effetti, e sto facendo delle ricerche.»
Garni alzò un sopracciglio. «Uno storico? Vuoi dire che leggi libri e quella roba lì?»
«Più o meno. Ma la storia non si trova solo nei libri, messer Garni: si trova nei luoghi, nei monumenti, nei ricordi delle persone…»
«Tutte cose che qui si trovano in abbondanza!» ironizzò Garni indicando gli alberi e i cespugli coperti di neve «A meno che…tu non sia diretto alla Torre Ovale! È così?»
Damien rimase troppo sorpreso per protestare. Possibile che la fama di quel luogo avesse raggiunto il Continente Desertico? «Intendete la Torre d’Opale?» spiegò incuriosito.
«La conosci! Sai dove si trova?» chiese Garni entusiasta.
Damien sospirò «No, ma credo di sapere come arrivarci.»
«Perché non proseguiamo insieme il viaggio?» propose Garni in un tono che sembrava sinceramente amichevole.
Damien esitò. «Potrei farlo, ma ho bisogno di sapere perché state andando lì. Mi dispiace, ma ci siamo appena conosciuti. Anch’io avrei delle domande…»
Garni non se la prese. «Certo, capisco. Allora raggiungiamo la mia legione. Mio padre forse ti potrà dire qualcosa in più.»
***
 
Damien annusò la bevanda nera fumante che gli avevano servito in una tazza sbeccata, cercando di capire quali spezie potessero aver usato per dargli quell’aroma meraviglioso. Aveva sentito parlare del famoso “tè” ma non era ancora arrivato nel continente verde. Gli infusi che preparava lui non erano altrettanto raffinati.
«Spero sia di Vostro gradimento.» disse in tono formale Dun’Gar «Prego assaggiate anche questi.» Gli indicò un cestino pieno di dolcetti fatti con una pasta sbriciolata con la frutta secca. Damien si sporse in avanti, traballando sul mucchio di cuscini su cui era seduto e ne prese uno. Era un po’ duro ma gustoso. «Ottimo, davvero.» commentò. Dun’Gar lo stava esaminando con i suoi occhi neri e penetranti. Non aveva nulla in comune con il figlio, eccetto la carnagione olivastra. La barba e le sopracciglia erano brizzolati, il capo era celato sotto un turbante blu come quello di Garni.
«Adesso possiamo parlare, giovane signore» cominciò Dun’gar. «Garni dice che voi ispirate fiducia e che siete diretto alla Torre d’Opale. Posso chiedervi se ci siete già stato e se conosce le maghe che ci vivono?»
«Non sono mai stato lì e ho solo sentito parlare delle Din Nadair. So che sono delle esperte delle arti magiche.»
«Stiamo cercando una persona che dovrebbe vivere lì, stando alle ultime testimonianze che abbiamo raccolto» spiegò l’uomo «Si tratta di una questione della massima importanza. Non sappiamo molto di magia, purtroppo, da noi i maghi non esistono.»
«Non esistono?» gli fece eco Damien, meravigliato.
«Il sultano dell’Impero di Agran, non ha mai permesso la presenza di maghi.» intervenne Garni «Sono consentiti solo oggetti dalle capacità magiche che devono essere usati dopo un rigoroso addestramento.»
Garni estrasse la sua scimitarra e gliela mostrò. Sulla lama c’erano incisi dei simboli che Damien riconobbe come le Rune del Potere. «Emanano una luminescenza letale per le creature dell’Ombra» spiegò entusiasta. «Regalo di compleanno di papà!»
«Non sappiamo cosa aspettarci da queste maghe» continuò Dun’Gar «Di certo non vogliamo intimidirle, presentandoci così numerosi. Vorremmo saperne di più prima di avvicinarle.»
«Damien è uno storico, padre, forse lui potrebbe essere ricevuto senza difficoltà.» propose Garni «Non spaventerebbe neanche una mosca.»
Damien rise tra sé. Se solo avesse visto quanto sarebbe potuto diventare spaventoso…
Dun’Gar annuì «Potrebbe essere una buona idea. Voi portereste la nostra ambasciata e noi vi accompagneremmo durante il viaggio, fornendovi la protezione adeguata.»
Damine valutò seriamente la proposta e completò il discorso. «Senza contare che se le maghe dovessero rivelarsi ostili, io sarei sacrificabile. I vostri uomini non correrebbero rischi...»
«Se volete metterla così…» ammise Dun’Gar asciutto.
«Lo accompagnerò io» annunciò Garni risoluto. «Padre, Damien non deve essere usato come esca. Io non ho paura di queste Din don dan…o come si chiamano.»
«Din Nadair» lo corresse Damien, cercando di non ridere.
«Sei il solito impulsivo!» lo rimproverò Dun’Gar «Cerchi sempre di metterti in pericolo.»
«Non sono più quel neonato che hai trovato in mezzo alle macerie, padre! Devi fidarti di me. Mi hai addestrato tu, no? Sai cosa sono in grado di fare.»
«Non si tratta di combattere con spade e pugnali: abbiamo a che fare con la magia. E non so se la tua spada potrà proteggerti contro un’intera congrega di maghe. Noi non abbiamo risorse contro di essa.»
«Io posso aiutarvi» intervenne Damien «Ma dobbiamo poterci fidare l’uno dell’altro. Potete dirmi per quale motivo state cercando la Torre d’Opale?»
Padre e figlio si consultarono con uno sguardo. «E va bene. Stiamo cercando una persona che stando alle nostre ricerche adesso dovrebbe trovarsi nella Torre presso le Din Nadair. Per noi è di vitale importanza ritrovarla. Si tratta di Sheeira: la nostra ex regina.»

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Capitolo 4
*** La ricerca della Torre ***


Capitolo Quarto

La ricerca della Torre
 
 
Non ci volle molto tempo ai tre uomini per condividere insieme tutte le informazioni in loro possesso e ben presto Damien poté farsi un’idea della storia del Continente Desertico. Da secoli quelle terre erano sempre state aride, prive di grandi, risorse, abitate da popoli sempre in guerra tra di loro finché i Sultani di Agran non erano riusciti a sottometterli sotto l’egida di un Impero potente.
 «I Sultani hanno preso per sé la maggior parte delle ricchezze» raccontò Dun’Gar «lasciando la popolazione nella povertà più assoluta, esigendo tasse e tributi. Molti regni hanno iniziato a ribellarsi e proclamare la propria indipendenza, come Niihel. Io ero una delle guardie del sultano e gli ho visto compiere ogni sorta di nefandezza. Un bel giorno iniziò a sterminare e a massacrare la gente di piccoli villaggi innocui ma a quel punto io mi sono rifiutato di uccidere a sangue freddo donne e bambini, e ho disertato, portandomi dietro un folto gruppo di ribelli. Abbiamo preso la guida di Niihel, cercando di portare stabilità mentre intorno a noi imperversavano guerra e distruzione. Molti altri regni sono insorti contro il sultano ma ancora non riusciamo a far cadere il suo Impero. Non solo: le Ombre hanno cominciato ad attaccarci in modo sempre più numeroso. Ci servono altre armi di luce come la scimitarra di mio figlio. Il sultano ce le forniva una volta, ma ora che ci siamo ribellati abbiamo perso questo diritto e tutti i fabbri di nostra conoscenza, che sapevano forgiarle, sono stati uccisi. Soltanto i membri della famiglia reale sanno come ottenere queste armi. Come comprenderai senza siamo perduti, e nessun membro della famiglia reale ci aiuterebbe allo stato attuale; quindi, dobbiamo rivolgerci alla nostra ex sovrana. Siamo disposti anche ad offrirle un trono e a fare di lei una guida per la Resistenza. Era molto amata nell’impero. Sappiamo che la regina Sheeira conosceva ogni segreto del sultano, lo aveva ammaliato quando era da poco salito al trono, ancora giovanissimo. Riusciva a fargli fare quello che voleva. Diversi anni dopo pare che abbia tentato di ucciderla. Non si è mai saputo il motivo, né come abbia fatto la regina a fuggire, sta di fatto che nessuno l’ha più vista e le sue tracce si sono perse nel nulla. Soltanto di recente abbiamo appreso che si trovava a Magena e che era stata la sposa del re.»
«Avete mai conosciuto il ciambellano di Magena?» chiese Damien pensieroso.
Dun’Gar annuì. «Quand’ero ancora a corte, ricordo che venne in visita al sultano in più di un’occasione. Nessuno sa di cosa abbiano parlato, se fossero amici intimi o se si trattasse di una semplice visita diplomatica.»
«Sto pensando che a Magena è successo qualcosa di simile alla regina. Sheeira venne esiliata, stavolta insieme alla figlia, incolpata di aver contaminato il sangue reale con la magia. Il ciambellano è sempre dietro a tutto. Forse ha usato la scusa dei poteri di Emeryl per liberarsi della madre.»
«Sheeira non aveva poteri magici» precisò Dun’Gar «e nemmeno la sua famiglia.»
«La magia a volte salta diverse generazioni.» spiegò Damien. «Comunque, poteva avere diversi motivi per volerla tenere lontano. Forse Sheeira aveva un forte ascendente sul re, come lo aveva avuto sul sultano, ed il ciambellano senza di lei avrebbe potuto manipolarlo per i suoi fini.»
«Questo tipo comincia a darmi sui nervi» commentò Garni «Non l’ho mai visto in vita mia, ma gli tirerei volentieri un cazzotto.»
Damien parlò loro anche dell’Era Glaciale e dell’indifferenza che aveva dimostrato il ciambellano. «Vuoi dire che farà ancora più freddo di così? Non è possibile!» esclamò Garni disperato. «Già non mi sento più le dita dei piedi!»
«Bene, direi che è il momento di metterci in marcia.» annunciò Dun’Gar. «Non c’è altro tempo da perdere.»
****
Viaggiarono speditamente per due giorni, con brevi soste e accampandosi solo per la notte, diretti verso il cuore della foresta. Damien condivise le sue esperienze di viaggiatore per aiutare la legione di Niihel ad orientarsi in un ambiente così diverso per loro e partecipando alle mansioni giornaliere dell’accampamento, raccogliendo la legna e aiutando a preparare i pasti. Garni si rivelò molto simpatico, come aveva immaginato, e dimostrò di apprezzare la sua compagnia anche se spesso gli appioppava la sua parte di faccende per andarsene in giro ad esplorare, con il lupo sempre al suo fianco.
Damien non se la prendeva più di tanto e ben presto anche gli altri lupi di Niihel presero a benvolerlo. Gli diedero qualche lezione di autodifesa, cosa che Damien era abbastanza restio ad imparare, e gli raccontarono alcune delle loro gesta, quando la sera si radunavano davanti al fuoco per scacciare il freddo. «Raccontaci qualcosa di te» gli chiese quella sera Garni. «Non ci hai detto molto, oltre al fatto che sei uno storico del regno di Gamirhia. Scommetto che devi aver letto più libri di quanto possa contenerne un oceano, parola mia.»
Damien rise «Non c’è molto da dire. Sono un trovatello. Vengo da un villaggio ai margini di Gamirhia, chiamato Grimson. Non ho mai saputo chi fossero i miei genitori. Un brav’uomo mi prese con sé e mi fece studiare. Un giorno venne arrestato e non lo rividi mai più. Ho passato alcuni anni con una famiglia che aveva una fattoria.  Poi mi sono trovato…un’occupazione e da allora vivo da solo.»
«Grimson…credo che ti chiamerò Grim. Ti capisco, comunque» fece Garni lanciando un rametto nel fuoco «Nemmeno io so da dove vengo. Dun’Gar mi ha trovato quando ero ancora in fasce. Per me, però lui è mio padre da sempre. Non cambia niente.»
«Io provavo lo stesso per il mio tutore. Era una persona altruista ed umile. Non sono mai riuscito a scoprire cosa ne è stato di lui.»
«Non conosco Gamirhia, ma viviamo in un mondo ostile, amico mio. E tutti hanno dei segreti.»
Damien fissò le fiamme pensieroso, con la testa di Mas posata sulle sue ginocchia. Il lupo gli rivolse uno sguardo penetrante, pieno di fiducia, guadagnandosi delle carezze.
«Sono d’accordo con te.» mormorò con un sospiro preoccupato.
 
Il giorno dopo la spedizione proseguì alla ricerca della Torre d’Opale. I soldati cominciarono a stupirsi che una torre di così grande importanza non fosse ancora apparsa, dal momento che la sua altezza, quantomeno, avrebbe dovuto sovrastare le chiome degli alberi. Damien aveva già previsto quella possibilità. «Probabilmente è protetta da un incantesimo.» spiegò chiedendosi come avrebbe potuto usare la magia per scovare la torre senza che se ne accorgessero i niiheliti. Per qualche motivo non voleva ancora rivelare la sua identità. Qualcosa gli diceva che doveva essere molto prudente.
«Potrei arrampicarmi su uno degli alberi più alti e vedere se riesco a scorgerla» propose Damien ma Garni lo bloccò subito.
«Fermo là, Grim. Non devi rischiare l’osso del collo. Mingherlino come sei non arriveresti neanche al nido di un passerotto. Ci penso io.» Garni tolse il mantello di lana spessa e si arrampicò agilmente come un gatto. In un attimo scomparve oltre i rami ricoperti di neve.
«Ehi Grim, sono in cima!» gridò poco dopo. «Non vedo niente però. Dove diavolo è quella maledetta torre?»
«Cerca una radura, o uno spazio aperto.» gli suggerì Damien pazientemente.
«Eccolo! Ce n’è uno! Una grande radura dalla forma circolare.» strillò di nuovo eccitatissimo «Dovrebbe trovarsi a un’ora di cammino al massimo!»
Damien non ebbe dubbi che fossero sulla buona strada e riuscì a convincere i suoi nuovi amici. A mano a mano che avanzavano, una sottile nebbiolina grigiastra iniziò a levarsi nella foresta che diventava sempre più fitta. Damien sentì un formicolio sotto la pelle ed intuì che si stavano avvicinando ad un luogo impregnato di magia.
«Credo che da qui in poi, sia meglio che prosegua da solo.» annunciò
«Non da solo» gli ricordò Garni «Io e Mas veniamo con te.»
Dun’Gar abbracciò il figlio e dopo mille raccomandazioni lo lasciò proseguire insieme a Damien. «Aiutateci a trovare la regina e saremo lieti di scortarvi dove vorrete nel viaggio di ritorno.» gli disse quando si accomiatarono.
«Farò il possibile» promise Damien.
Garni non stava più nella pelle, si allacciò la scimitarra in vita, infilò alcuni pugnali in dei piccoli foderi che portava legati sulle braccia. «Ne ho molti altri, Grim, non stare a fissarmi così.» gli disse ridacchiando e facendogli l’occhiolino.
Il sentiero si districava tortuoso in mezzo alla nebbia e a mano a mano che procedevano incontravano alberi dallo strano tronco ricurvo e sottile, dando l’impressione che fossero…inginocchiati. Il lupo camminava accanto a loro muovendosi cauto e circospetto, come se quel luogo gli incutesse timore.
«Si dice che quanti si avventurano in questi luoghi, non fanno più ritorno.» raccontò Damien.
««Bene, la cosa si fa interessante.» gongolò Garni soddisfatto, osservando quello strano paesaggio.».
Proseguirono finché non giunsero alla radura che Garni aveva avvistato. Damien vide luccicare nell’aria una sottile nebbiolina violetta, e capì che dovevano trovarsi nei pressi della Torre.
«Siamo arrivati» annunciò rivolto al compagno.
Garni si guardò intorno dubbioso «Alla Torre invisibile, intendi? E come facciamo ad entrare? C’è un campanello invisibile?»
Damien ci rifletté per un istante «Immagino che avranno già percepito la nostra presenza. Dovremmo aspettare che vengano loro da noi.»
Garni non era dello stesso parere. «Lascia fare a me. Modestamente, sono piuttosto bravo con le signore. Tu poi, vestito così, non ti presenti molto bene. Scusa se te lo dico.»
Damien batté le palpebre «Cos’hanno che non va i miei abiti?»
Garni rise «Diciamo che nemmeno i mendicanti li vorrebbero, comunque ci penso io. Non ti preoccupare.»
Il niihelita si abbassò il cappuccio, lisciandosi i riccioli biondi e rivelando una treccina legata con fili colorati. Fece alcuni passi in avanti e si schiarì la voce. «Leggiadre dame, siamo due viandanti in cerca del vostro prezioso aiuto. La fama della vostra saggezza ci ha raggiunto, come quella della vostra beltà…
Damien imbarazzato, si coprì la faccia con le mani.
Garni continuò imperterrito con voce suadente «Sappiamo che soltanto voi Nidanar...come accidenti si chiamano?»
«Din Nadair» gli suggerì Damien, rosso in faccia.
«Quello che è... Graziose Din Nadair, vogliate mandarci un cenno o un minimo segnale di amicizia…»
Un fulmine squarciò l’aria e si abbatté ad un passo dai piedi di Garni, aprendo una crepa nel terreno. Il giovane balzò per aria e finì disteso sul terreno. Mas accorse accanto al padrone e gli leccò affettuosamente la faccia.
«Direi che ti hanno accontentato.» commentò Damien ironico. «Adesso tocca a me»
Pronunciò alcune parole magiche e tese le mani verso la radura. La patina lilla brillò più forte e poi scomparì rivelando un’imponente costruzione verticale, dall’architettura gotica, in pietra grigia rivestita di opali azzurri che, sotto i deboli raggi del sole, riflettevano una vasta gamma di colori.
Garni, ancora seduto per terra, lo guardò a bocca aperta. «Sei un mago? Perché non me lo hai detto prima? Potevi risparmiarmi questa figura schifosa.»
Damien stava per replicare quando, lentamente il portone della torre si aprì e ne uscì fuori una figura femminile, ammantata di verde, che si diresse verso di loro. In mano teneva un bastone d’argento, lungo la cui asta erano incise le figure di due maestosi cervi, mentre al centro vi era incastonata una pietra color cobalto. Con un gesto lento ed aggraziato, la donna si abbassò il cappuccio e Damien non ebbe difficoltà a riconoscerla: era Emeryl.
 

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Capitolo 5
*** Lame e incantesimi ***


Capitolo quinto

Lame e incantesimi

 
Garni si alzò in piedi e di sistemò in fretta i capelli scompigliati, guardando affascinato la nuova arrivata.
«La principessa Emeryl» mormorò Damien meravigliato. Non si aspettava che gli andasse incontro di persona. Mas la guardò incuriosito e annusò l’orlo della sua veste quando lei passò loro accanto. Per tutta risposta, la fanciulla gli accarezzò la testa.
«Non mi avevi detto che era così bella.» gli sussurrò Garni affascinato, dandogli una gomitata.
La principessa ignorò il niihelita e si rivolse direttamente a Damien. «Non sono molte le persone in grado di annullare il nostro incantesimo di occultamento. Devo complimentarmi con voi, giovane mago.»
Damien s’inchinò rispettosamente. «Altezza reale, sono onorato di potervi incontrare. Il mio nome è Damien di Grimson e vengo da Gamirhia. Il mio compagno di viaggio è Gar di Niihel, figlio di Dun’gar, della stirpe di guerrieri del regno di Niihel, nel Continente Desertico. Il paese di origine di vostra madre. Siamo qui in pace.»
Emeryl li squadrò entrambi attentamente. «Non chiamatemi altezza, vi prego. Non ho più alcun titolo. Che cosa vi conduce qui, piuttosto?»
Damien raccontò brevemente delle sue ricerche sulla Glaciazione, dei miti su Iberia e del suo incontro con il ciambellano. Le ripeté i suoi timori sulle origini oscure del fenomeno ed i suoi sospetti sul ciambellano. La maga lo ascoltò attentamente ma rifiutò di farli entrare nella Torre e parlò con loro tenendosi ad una debita distanza.
«Non posso che concordare con voi su tutto.» commentò alla fine Emeryl «Anche noi stiamo studiando la Glaciazione da anni. L’ultima è avvenuta circa duemila anni fa. Non avrebbero dovuto essercene altre per almeno altri diecimila anni. E non avrebbe dovuto svilupparsi così in fretta. Il gelo sarà sempre più intenso. Raggiungerà ogni angolo di ogni continente.»
«Questo è esattamente quello che penso io. Dobbiamo scoprirne l’origine.» osservò Damien. «E trovare il modo di fermarla. Se unissimo le forze e le nostre conoscenze potremmo trovare una via d’uscita.»
Emeryl scosse la testa «Apprezzo l’offerta, ma io e le mie consorelle siamo rimaste in poche, ormai. Siamo perseguitate in tutto il regno. Hanno tentato di ucciderci varie volte. Quattro delle mie compagne sono state assassinate in circostanze misteriose.»
«I Lupi di Niihel sono al vostro servizio, mia signora.» intervenne Garni «Vi proteggeremo noi, mentre voi e il mio amico sapientone, studierete per combattere questa calamità. La mia spada è vostra. Tutto ciò che vi chiedo è di poter conferire con vostra madre. Abbiamo bisogno del suo aiuto, per sconfiggere il sultano di Agran.»
Emeryl si rivolse a lui per la prima volta. «Devo darvi una brutta notizia, gentile guerriero: mia madre non è più in vita. E morta diversi anni fa.»
Garni sembrò deluso, mentre Damien si sentì addolorato per la principessa. «Mi dispiace davvero, per la vostra perdita» le disse con un tono di sincera tristezza.
Emeryl si rabbuiò. «Non voglio pensarci adesso» tagliò corto sollevando una mano per interrompere quel discorso «Vi ringrazio per la vostra gentile offerta di aiuto, ma non so più di chi fidarmi da quando il mio stesso padre mi ha tradita. Credo che sia arrivato il momento di ritirarmi. È stato un piacere fare la vostra conoscenza». La donna raccolse l’orlo del suo lungo mantello e si voltò per andarsene.
«Vostro padre non vi ha tradita, milady!» le gridò dietro Damien disperato «Io gli ho parlato. È stato costretto ad accettare il vostro esilio. Ha tentato di opporsi all’inizio, voleva mandarvi all’Accademia, ma il popolo stava sollevando una rivolta, sobillato dal ciambellano. Io credo non sia passato un giorno senza che pensi a voi. Si ricorda che vi toccavate la treccia quando eravate nervosa, si ricorda perfino del vostro posto preferito dove studiavate in biblioteca. Lo scrittoio sotto…»
«Sotto la finestra» mormorò Emeryl voltandosi lentamente «Lì c’era sempre un’ottima luce. Avevano piantato un roseto nel giardino di fronte e quando fioriva mi piaceva guardare fuori, tra una pausa e l’altra…» Quando sollevò di nuovo lo sguardo verso Damien la sua espressione era diversa. «Se voleste davvero aiutarmi, forse potremmo avere una possibilità. C’è qualcuno che potrebbe condurci dove sono le risposte ma devo prima consultarmi con lei e con la Màthayr. Ho bisogno di un po’ di tempo.»
«Dove sarebbero le risposte?» chiese Damien impaziente.
Emeryl sorrise «A Iberia, naturalmente.»
 
                                                                                      ***
Emeryl si congedò da loro, promettendo di contattarli molto presto e i due giovani decisero di tornare verso l’accampamento.
«Devo ammettere che è stata una bella mossa» cominciò Garni. «Citare il padre, la finestra e tutto il resto. Hai quasi fatto uscire una lacrimuccia anche a me»
«Non era una strategia, dicevo sul serio» protestò Damien «Io so cosa vuol dire sentirsi rifiutati perché si è dotati di magia, Garni.»
«Per questo non mi hai detto che eri un mago? Non ti fidavi di me e della mia gente?»
Damien esitò, ma ricevette una pacca sulla spalla. «Ben fatto, dopotutto nella vita non sai mai di chi puoi fidarti. Sei stato scaltro, Grim. Mi piaci.»
Damien rise, «Beh grazie.»
«Ma non è che per caso mi puoi far vedere qualcosa? Un trucco?»
«Non sono un prestigiatore, Garni. La uso per un bene superiore.»
«E se trasformassi questa pietra in una gemma non sarebbe un bene superiore, ad esempio?» ridacchiò il ragazzo.
La simpatica schermaglia fu interrotta dal suono di un corno da caccia proveniente dall’accampamento.
«È un segnale di allarme!» disse Garni. «Mio padre ed i suoi sono in pericolo.»


 
 
 I due ragazzi corsero il più velocemente possibile cercando di non inciampare nelle radici sporgenti e nel terreno sconnesso. Più si avvicinavano, più sentivano il rumore di una battaglia. Le grida e lo stridore delle lame erano inconfondibili. Non appena arrivarono, videro che i lupi di Niihel stavano combattendo contro un manipolo di soldati con l’armatura di un nero lucente. Damien notò che non avevano le insegne del regno di Magena, né indossavano alcuno stemma. Mercenari, probabilmente. Garni sguainò la sua scimitarra e si lanciò verso la radura. Damien, impietrito, si lasciò prendere per un attimo dalla paura, poi respirò a fondo e cominciò a mormorare una formula magica. Prima che potesse finire di pronunciare l’incantesimo, si ritrovò la lama di una spada contro la gola. «Non muoverti» gli sussurrò una voce minacciosa. Come aveva fatto quell’individuo a coglierlo di sorpresa così in fretta? Prima che potesse reagire, l’uomo, stringendolo forte per una spalla, lo fece voltare e lo buttò in terra, sempre tenendogli la lama puntata alla gola. Era un uomo gigantesco, alto almeno due metri, in una pesante armatura, e dalla feritoia dell’elmo si potevano vedere soltanto i suoi occhi. Erano di un azzurrò pallido e gelido e si spalancarono per lo stupore quando guardò bene in viso Damien.
«Sei solo un ragazzo!» esclamò lo sconosciuto «E sei disarmato.» aggiunse ignorando il misero pugnale che Damien portava in vita e che si era dimenticato di possedere. «Vattene di qui, ragazzino.» Lo lasciò a terra e si allontanò in fretta per tornare alla battaglia.  Damien non riuscì a comprendere perché lo avesse risparmiato ma si tirò in piedi e dopo essersi avvolto in un incantesimo d’invisibilità, cominciò a cercare Garni.
Il suo amico aveva già abbattuto diversi nemici, roteando abilmente la scimitarra, quando venne attaccato dallo stesso soldato che lo aveva lasciato andare poco prima. I due si squadrarono per un istante muovendosi in semicerchio, poi cominciarono a combattere.
La lama della scimitarra si scontrò contro quella di una spada lunga, e per quanto fosse più basso, Garni si muoveva come un gatto e sviava con rapidità i forti colpi del nemico.
Damien gli gridò contro: «Garni ti prego non ucciderlo».  L’amico lo ignorò e continuò a combattere assestando un colpo poderoso che fece volare via la lama dell’avversario.
Il cavaliere, per nulla intimorito, sguainò un martello a due mani che teneva dietro la schiena e contrattaccò. Damien li guardò muoversi velocemente ed allontanarsi dalla radura, in una danza frenetica in cui nessuno sembrava avere la meglio. Garni adesso si preoccupava di difendersi e arretrava sempre di più verso gli alberi.
Quando il gigante gli strappò di mano la scimitarra, il niihelita reagì con un agile salto, e dopo aver afferrato un ramo con entrambe le mani, si lasciò dondolare e colpì con entrambi i piedi il rivale sulla faccia, facendogli perdere il martello nella caduta. Con un balzo Garni fu su di lui e gli puntò alla gola uno dei pugnali che teneva dentro la manica destra. «Arrenditi!» gli intimò minaccioso. Lo sconosciuto veloce come il pensiero estrasse due coltelli dagli stivali e li puntò a sua volta contro le costole di Garni. «Arrenditi tu.» gli rispose sprezzante.
«Adesso basta!» esclamò Damien pronunciando delle parole magiche. Il mercenario rimase immobile come pietrificato. 
Damien riprese la visibilità e si accostò velocemente a Garni, tirandolo via per un braccio. «Risparmiagli la vita, ti prego. Lui ha risparmiato la mia.» Garni acconsentì suo malgrado e fissò Damien accigliato.
«Raggiungiamo mio padre.» disse bruscamente alzandosi in piedi e recuperando le sue armi.

Damien si affrettò a seguirlo e si accorse che due figure si erano aggiunte ai Lupi di Niihel e lottavano contro i mercenari. Una era senza alcun dubbio Emeryl che colpiva i nemici con i fulmini sprigionati dal suo bastone, l’altra era invece una donna vestita bianco, armata di un’alabarda dalla doppia lama che infieriva senza pietà sugli avversari. Garni osservò la scena a bocca aperta ma si riprese in fretta e ricominciò a menare colpi con la scimitarra. Damien estese il suo incantesimo e cominciò a pietrificare uno ad uno i soldati. I lupi di Niihel, incoraggiati, respinsero con maggior ardore l’attacco e ben presto non rimase più nessuno avversario in piedi. I pochi superstiti si misero in fuga.
«Grazie per il prezioso aiuto milady» fece Garni riconoscente inchinandosi ad Emeryl.
«Per fortuna che dovevate essere voi a proteggerci» scherzò la donna.
Garni, Emeryl e i lupi cominciarono a finire quelli rimasti sotto l’incantesimo. «No!» gridò Damien. «Non così. Sono inermi.»
«È così che funziona in guerra. Loro avrebbero ucciso noi.» ribatté Garni.
«Perché mostrare pietà, con chi non ne ha nessuna verso di te?» gli fece osservare Emeryl.
«Almeno prendiamone uno prigioniero» implorò Damien. Quella richiesta venne accettata e il giovane mago si affrettò ad indicare il guerriero alto, che era ancora riverso a terra. Non appena fu legato mani e piedi, Damien gli tolse l’elmo.
Era un giovane sui venticinque anni, dalla carnagione olivastra e i capelli neri e ricci, in aperto contrasto con gli occhi chiarissimi che aveva notato prima. I suoi lineamenti erano fini e regolari, anche se il suo volto era sfregiato da una cicatrice che gli attraversava il volto dal sopracciglio destro alla guancia sinistra. Ciò nonostante, Damien giudicò il suo aspetto come appartenente ad una stirpe nobile. Chissà cosa ci faceva in mezzo ad una legione di mercenari.
Garni e i suoi compagni cominciarono a trascinare il prigioniero verso l’accampamento con qualche difficoltà, considerata la sua mole. «Non potevi sceglierne uno più magrolino?» sbuffò il giovane quando ebbero raggiunto le tende.  «Dov’è mio padre?» chiese poi notando l’assenza di Dun’Gar.
In quel momento alcuni niiheliti li raggiunsero, sorreggendo il loro leader che camminava a fatica. «È stato ferito» spiegò uno dei suoi uomini. «Ma non sembra grave, fortunatamente.»

Mentre Garni gli andava incontro e lo aiutava a coricarsi, per esaminare meglio la ferita, la donna vestita di bianco si avvicinò a loro. Si trattava di una ragazza sui vent’anni, alta e slanciata, dai lineamenti delicati e gli occhi azzurri. Una fascia marrone le avvolgeva la testa nascondendo le orecchie ed i capelli anche se alcune ciocche di colore bianco argenteo, le ricadevano sulla fronte. Le sue vesti erano pulite ma logore in diversi punti e la pelle del viso era coperta da un sottile strato di fuliggine, ma, nonostante ciò, la sua espressione era fiera e indomita.  Damien osservò che il suo mantello era stato ricavato dalla pelle di un leone bianco su cui vi erano disegnati i simboli sacerdotali di Iberia ed intuì chi dovesse trattarsi.
«Voi siete una sacerdotessa di Iberia, dico il vero?» chiese affascinato.
La giovane donna lo fissò incuriosita e si mosse verso di lui guardinga. «Come fate a conoscermi?»
«Ho letto la storia di Iberia nei libri della biblioteca di Magena.» spiegò Damien «Riconosco il simbolo del vostro sacerdozio: il leone che spalanca le fauci e la bilancia. E quello è il cristallo azzurro di O’Shu Tal.»
«Siete bene informato, giovane mago.» si complimentò la sacerdotessa. «Posso confermare ogni parola. Il mio nome è Stella Dukan.»
Damien sussultò. «Stella! Dukan…Non sarete forse…»
Non finì la domanda perché Emeryl si intromise bruscamente con fare protettivo: «Stella ha trovato rifugio presso di noi pochi giorni fa, e siamo state ben liete di accoglierla. Credo sia il caso di tornare alla Torre. Ci sono dei feriti da curare.»
 

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Capitolo 6
*** La leggenda di Iberia ***


Capitolo sesto

La leggenda di Iberia
 
L’accampamento dei niiheliti venne spostato in poco tempo nella radura della Torre d’Opale, dove le Din Nadair, coadiuvate da Stella e da Damien guarirono le ferite di Dun’gar e degli altri soldati. Il prigioniero, ormai libero dall’incantesimo, si trovava legato ad un tronco massiccio, senza tentare di opporsi, ma aveva rifiutato decisamente ogni medicazione o cura che Damien tentò pazientemente di offrirgli.
«State ancora perdendo sangue, signore.» disse inginocchiandosi accanto a lui con un’ampolla in mano. «Questa pozione arresterà l’emorragia.»
«Perché non mi hai ucciso, mago?» chiese sprezzante il cavaliere.
«Una vita per un’altra vita.» disse semplicemente Damien. Il giovane non rispose e si chiuse nel silenzio, distogliendo lo sguardo.
«Ve ne prego, prendete questo infuso. L’ho preparato io stesso.»
Lo sconosciuto gli rivolse un’occhiata ostile «E dovrei fidarmi di quello che ci hai messo dentro, mago?»
«Se avessi voluto uccidervi o farvi uccidere, sareste morto diverse ore fa.» gli fece notare Damien. «A proposito, posso sapere il vostro nome?»
«Per gettarci sopra un incantesimo?» chiese questi sospettoso.
«Si chiama presentazione. Il mio nome è Damien di Grimson. Il vostro qual è?»
Il giovane sospirò. «Potete chiamarmi Kewst.»
«Kewst» ripeté Damien «Sicuramente è un nome insolito. Da dove venite?»
L’uomo stavolta sembrò deciso a non rispondere e si voltò dall’altra parte.
«Vedo che la conversazione procede a gonfie vele» intervenne Garni. «Dovresti mostrare più rispetto straniero, ricorda che questo giovane ha salvato te da me e me da te.» L’altro si girò guardando Garni accigliato.
«Come sta tuo padre, Garni?» chiese Damien.
«Si rimetterà presto. Il mio vecchio ha una fibra robusta. Stella ha usato le sue arti magiche per curargli le ferite e grazie alla tua pozione sta riprendendo già le forze.»
«Volevo offrirla anche a Messer Kewst, ma a quanto pare non si fida di me.»
«Non mi fido dei maghi. Ho le mie ragioni.» disse Kewst senza alzare lo sguardo.
«Posso immaginarlo, non tutti ci accettano.» ammise Damien con semplicità.
«Non lo aveva detto neanche a noi, che era un mago» spiegò Garni rivolto a Kewst. «Neanche lui si fidava.»
«In parte» spiegò Damien cercando di essere più sincero possibile. «Sicuramente il fatto che in questo regno perseguitino delle maghe mi ha indotto ad essere più prudente, ma sono solito a non far sapere subito la mia vera identità. Non ho scelto io di essere un mago, e voglio essere accettato per quello che sono e per le cose che sono in grado di fare senza dover ricorrere alla magia. Mi sono ripromesso di usare i miei poteri solo per fare del bene.»
Kewst ascoltò in silenzio quelle parole e sollevò lo sguardo verso Damien, con un misto di stupore ed amarezza negli occhi.
«Giovane mago, se nella vostra pozione vi sono solo erbe curative…potrei anche prenderla, dal momento che vi preme tenermi in vita. Posso solo chiedervene la composizione?»
«Ma certo» rispose Damien illuminandosi. «Contiene foglie di amamelide e di un’erba che chiamano la borsa del pastore. Ha delle ottime proprietà antiemorragiche.» Accostò di nuovo con delicatezza l’ampolla alle labbra del giovane che, essendo ancora legato, non poteva servirsi da solo e lo aiutò a berla.
«Devo riconoscere che non è male.» disse Kewst in tono monocorde quando l’ebbe finita. «Avete pensato di aggiungere del vischio di quercia? O dell’ortica?»
Damien riconobbe con sorpresa che aveva ragione. Prima che potesse domandargli da dove provenissero le sue conoscenze erboristiche, Emeryl si diresse verso di loro, ancora avvolta nel suo mantello verde, camminando a testa alta come una regina.
«La nostra Matriarca desidera interrogare il prigioniero.» disse in tono solenne.
Garni si occupò personalmente di slegare il legionario e di condurlo con l’aiuto di due guardie, all’interno della Torre d’Opale. «Tu, resta fuori, Mas» disse al suo lupo. «È già tanto che facciano entrare noi uomini.» Damien li seguì sebbene la sua presenza, non fosse stata espressamente richiesta.

In realtà, oltre ad assistere all’interrogatorio era curioso di vedere quel luogo ancestrale, dove le Din Nadair avevano fatto la propria dimora e quali conoscenze vi fossero custodite. Mentre entravano, ebbe modo di studiare più attentamente l’architettura prodigiosa della torre, le finestre gotiche, le colonne intarsiate e i pavimenti di marmo lucidi, restandone affascinato. L’ambiente era piuttosto buio, illuminato soltanto da due fiaccole poste ai lati di un trono scolpito nella pietra, su cui sedeva una donna anziana, rivestita con un mantello verde che le copriva tutta la figura. Il volto era seminascosto dal cappuccio e teneva in mano un bastone come quello di Emeryl, ma con una pietra d’opale al centro. Stella si trovava già al cospetto della Màthayr, stavolta con il capo scoperto. Damien notò che aveva i capelli raccolti in un’acconciatura elaborata, e tra le sue ciocche argentee, spiccavano due orecchie da gatto.
La donna attese che tutti fossero entrati e chiese a Garni di condurre al suo cospetto il prigioniero e di congedare i suoi uomini.

Rimasta sola con i cinque giovani, esaminò attentamente il forestiero prima di rivolgergli la domanda. «Perché la tua legione si trovava nella foresta delle lame? Chi vi ha mandato?»
Kewst non sembrava né intimorito, né ostile e rispose con tono neutro: «Non vi è motivo per cui non dobbiate saperlo. Il gruppo di mercenari di cui faccio parte si chiama Laenatan. Si tratta di un’organizzazione chiusa, fortemente militaresca e basata prettamente su onore e disciplina. Il nostro capitano ci aveva ordinato di pattugliare questa Foresta e di stare all’erta in caso di attacchi. Non ci sono state date indicazioni specifiche sul nostro nemico. Soltanto il capitano e la persona che ci ha ingaggiati sapevano cosa stessimo cercando.»
Damien non seppe contenersi «Ci avete attaccati così, senza nemmeno sapere chi fossimo e cosa volessimo? Non avete pensato che potesse esserci gente innocente?»
«Abbiamo attaccato uomini armati fino ai denti, addestrati e abili quanto noi, pronti a difendersi.» ribatté Kewst. «Ci siamo fidati del capitano e di quanto sapeva. L’unico innocente, ho creduto fossi tu, ragazzino, con quel coltellino buono solo per spalmare il burro e mi sembra di averti lasciato andare. Ho anch’io il mio senso dell’onore.»
«Sul tuo coltellino gli do ragione da vendere, Grim, mi dispiace» bisbigliò Garni all’orecchio di Damien.
La Màthayr ignorò l’interruzione e riprese il discorso. «E voi non avete modo di sapere chi fosse il misterioso cliente?»
Kewst guardò la matriarca e le rispose: «Mi dispiace ma non ho mai saputo chi fosse questo personaggio, né per quale motivo ci avesse assoldati.»
«E il vostro nome, invece, è possibile conoscerlo?» chiese la matriarca fissandolo attentamente in volto. «Avete un’aria familiare.»
«Kewst» disse a voce bassa il giovane.
«Quello vero intendo!» insisté la donna imperiosa.
Il giovane sospirò. «Va bene. Il mio nome è Kevset Lamarcana.»

La Màthayr lo guardò sorpresa «Io so chi sei: tu sei il figlio di Anthalia Fiamma ardente. La conoscevo bene, eravamo piuttosto amiche. Hai i suoi stessi occhi di ghiaccio.»
I presenti lo fissarono incuriositi. Damien ricordò che i Lamarcana discendevano da una nobile stirpe di maghi ma che la magia si era praticamente estinta nel loro sangue.
Quando rese noto il suo pensiero agli altri, la Matriarca confermò tutto. «La nostra precedente Madre Superiora le diede rifugio qui, molti anni prima della tua nascita. Lei era dovuta fuggire dalle regioni del Ghiaccio dove vivevano i discendenti dei Giganti. L’avanzare della Glaciazione aveva reso impossibile la vita in quei luoghi anche per loro, così la Màthayr, le insegnò delle magie speciali per poter sopravvivere, confidando che la giovane potesse unirsi al nostro ordine. Qualche anno dopo però fu presa in moglie da Kobin Lamarcana, capo di un’antica e rispettata famiglia che voleva riportare la magia nella propria discendenza. »
«La prego, adesso basta. State rievocando cose che non voglio ricordare» protestò Kewst.
«Kobin era convinto che unendo il suo sangue a quello di vostra madre avrebbe avuto un figlio dotato di poteri, ma purtroppo non avvenne.» concluse la Màthayr.
Kewst guardò la donna a testa alta. «Ho superato tutto questo, signora. Le pressioni di mio padre, il suo disprezzo, le angherie dei miei coetanei, le torture a cui mi sottoponevano. Fui privato del mio maestro, il mio solo amico. Mio padre disse che lo avevo deluso. Questo perché nonostante tutta la mia sapienza, la mia cultura, la mia forza non avevo nemmeno un filo di magia in me!  Fui gettato nelle fogne della città, alla mercè di bestie orribili.» Damien comprese la sua ostilità verso i maghi e le sue conoscenze erboristiche e provò un’infinita pietà per lui. Si accorse che anche Emeryl e Stella lo guardavano con occhi pieni di comprensione. Non c’era tempo però per dilungarsi.
«Venerabile Madre» intervenne Damien « A prescindere da quanto accaduto oggi, dobbiamo trovare un modo per fermare l’avanzata della glaciazione. Emeryl mi ha detto che le risposte si trovano ad Iberia.»
La donna annuì e indico con la mano Stella. «Tutto è iniziato lì migliaia di anni fa, ma credo che sia la principessa di Iberia a dover raccontare questa storia.» Tutti si girarono a guardare la ragazza che abbassò lo sguardo intimidita. «Come avete intuito poco fa, la qui presente è Stella Dukan O’Fleed, legittima erede al trono di Iberia.» 
Garni accolse queste parole con un mormorio di sorpresa. Kewst si limitò a sgranare gli occhi, studiando l’aspetto della fanciulla. Damien sorrise e le accennò un inchino. Emeryl le posò un braccio intorno alle spalle incoraggiandole a parlare. 
«Si tratta di una leggenda, in realtà.» cominciò confusa «Non ne so molto di più. Ed ero una bambina l’ultima volta che l’ho sentita raccontare. Ma forse potrebbe aiutarci, in parte, a capire quello che sta succedendo.»

Molti secoli or sono, nel mondo vivevano dei Titani, creature divine dagli immensi poteri. Governavano gli elementi di cui portavano il nome. Ve’rah, la dea del fuoco, era una delle più potenti ed era innamorata del dio Llyr. Lui però apparteneva ad una casata rivale, quella dell’Acqua e dovettero fuggire inseguiti da uno dei parenti di lui: Gelmir, dio del ghiaccio.  Ve’rah allora lo imprigionò in una montagna di fuoco, Llyr la raffreddò facendola solidificare e la circondò di acqua. Ve’rah e Llyr si sposarono ed ebbero dei figli che, a loro volta, si unirono agli umani, generando degli esseri dotati dai poteri magici. Ma Gelmir, dalla sua prigione, chiese aiuto alle Ombre che lo aiutarono a creare una crepa nel muro di fuoco solido. Gelmir ruppe le porte della prigione che si trasformarono in polvere nera, scagliandola al di fuori della montagna e si vendicò facendo sprofondare il mondo nel più freddo inverno mai esistito, un’epoca terribile chiamata il Regno del Gelo.  
I due sposi chiesero aiuto ad Aheli la dea della luce, una parente di Ve’rah e a tutti i loro figli e nipoti che possedevano la magia. Molti di loro erano periti a causa del freddo, ma un piccolo gruppo di superstiti riuscì a schierarsi con Aheli che arrivò in sella ad una leonessa bianca. Insieme riuscirono a sconfiggere Gelmir e ad imprigionarlo di nuovo. Per premiare la leonessa, Aheli gli diede un aspetto umano, e la chiamò O’Shu Tal, ponendola a guardia della prigione

«Bene, quindi direi che Gelmir si è svegliato» notò Garni.
Damien estrasse il suo taccuino, rilesse gli appunti, ripensò al suo sogno poi si rivolse a Stella. «A Iberia, per caso si trova un vulcano?»
«Sì, si trova al centro dell’isola. È spento da migliaia di anni e l’interno del cratere viene usato come sede per rituali. Ma questo cosa c’entra?»
Damien mostrò il disegno che aveva fatto: un vulcano che eruttava cenere e copriva tutta la volta del cielo. «È questo che sta causando la glaciazione: un’eruzione vulcanica. La coltre di cenere impedisce ai raggi del sole di filtrare e raffredda tutto l’ambiente circostante. Non solo: l’eruzione contiene zolfo che una volta nell’aria riflette la luce solare. Negli ultimi anni ha continuato ad espandersi, nonostante i sacerdoti del fuoco si stiano adoperando per contrastarla. Di questo passo, i raccolti andranno perduti, gli animali in letargo non si sveglieranno più, e ogni essere umano non sopravviverà a lungo.»
«Ma un’eruzione non è un fenomeno naturale? Come la fermiamo?» chiese Garni
«Fermando chi l’ha scatenata. Non può essere una coincidenza tutta questa ostilità verso i maghi da parte del ciambellano e dei suoi amici, in concomitanza con la glaciazione. Vogliono attaccare i maghi perché possono fermarla, quindi c’è una speranza.»

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Capitolo 7
*** Il viaggio ***


Da qui in poi troverete alcuni errori causati dalla mancanza di tempo per una revisione più accurata. Mancano a volte i nomi delle persone che stanno dialogando. Spero si evinca dal contesto chi sta parlano. In parrticolare, una frase a cui Dun'Gar reagisce scuotendo la testa rassegnato, va attribuita a Garni. ( E a chi sennò)
 



Capitolo Settimo

Il viaggio
 

La Màthayr fece convocare Dun’Gar non appena fu abbastanza in forze e lo misero al corrente di quanto avevano appena discusso.
«La nostra missione è finita. La nostra regina è deceduta. Non ci resta che tornare a casa. Non siamo venuti qui per la glaciazione.» fu la sua decisione.
«Ma presto il gelo raggiungerà anche il continente desertico! A cosa servirà se moriremo tutti?» gli fece notare il figlio contrariato.
«Posso chiedervi il motivo per cui volevate incontrare mia madre, sir?» chiese Emeryl «Forse potrei aiutarvi, mia madre mi ha confidato molte cose prima di morire.»
«Vi ha parlato delle armi di luce? Dove vengono forgiate?» chiese Dun’Gar speranzoso.
Emeryl annuì pensosa «Il punto non è dove, ma chi può forgiarle. Durante il corso dei miei studi abbiamo parlato del potere delle ombre e di come soltanto le armi di luce possano sconfiggerle. Servono persone dotate di magia che incidano le rune del potere sulle lame di qualsiasi spada adatta al combattimento. Noi potremmo aiutarvi prima della vostra partenza.»
«Ci deve essere una ragione se il sultano ha sterminato i fabbri e ha tenuto nascoste le armi di luce in suo possesso.» gli fece notare Damien «Anche lui è in combutta con le ombre.»
«Ma cosa ci guadagnerebbe?» chiese confuso Dun’Gar.
«Se sono tutti dalla parte di Gelmir, questi personaggi: il principe Globo, il sacerdote, il ciambellano ed il sultano, devono aver ricevuto qualcosa in cambio: potere, ricchezza, qualunque cosa avesse da offrire un dio.»
«Come possono aver convinto mio fratello a uccidere la nostra famiglia e il sacerdote a tradire la dea che avrebbe dovuto servire?» chiese Stella stravolta a quel pensiero.
«Queste sono solo supposizioni altezza, ma per esserne certi dobbiamo andare ad Iberia e vedere con i nostri occhi.» propose il giovane mago.

L’ipotesi di Damien trovò pareri discordanti. Emeryl era del suo stesso avviso, Stella nonostante la confusione iniziale cominciò a credere che la leggenda potesse essere vera. Garni inutile dirlo, l’idea di avventurarsi ad Iberia, lo entusiasmava. Kewst rimaneva in silenzio ma il suo sguardo attento, mostrava che fosse piuttosto interessato all’argomento.
«La vostra teoria è sicuramente fondata su qualche verità, mio giovane amico» disse la Màthayr «Ma non potrei mai arrischiarmi ad inviare le mie Din Nadair in una missione suicida senza sapere con esattezza i rischi che comporterebbe.»
«Ed io mi rifiuto di mandare i Lupi di Niihel in una terra sconosciuta, solo per sbirciare dentro un vulcano.»
«Andrò da solo se serve. Non importa. Non pretendo che nessuno mi segua. Mi rendo conto che è rischioso…»
«Fermò là, Grim! Stai dicendo che abbiamo paura? Non so gli altri ma io vengo con te. Sono proprio curioso di dare una sbirciatina dentro quel vulcano.»
Dun’Gar scosse la testa rassegnato.
«Verrò con voi.» disse Stella decisa «Da troppo tempo desidero liberare la mia isola dalla tirannia di mio fratello, ma non sapevo come. Voi mi state dando una speranza per la prima volta e intendo darvi tutto il mio aiuto. Conosco bene Iberia, come le mie tasche, anche se manco da dieci anni, e potrò farvi da guida. Devo avvisarvi però che chi mi sta vicino, sovente rischia la vita.»
«Mi invita a nozze, principessa.» rispose Garni facendole l’occhiolino.
«Madre, vi chiedo il permesso per accompagnarli fino alla costa, dove potranno imbarcarsi per Iberia. La strada mi è familiare e potrò condurli più velocemente che lasciandoli andare di loro iniziativa.» chiese Emeryl rivolta alla matriarca.
«Concesso Emeryl, quanto a voi, signor Lamarcana, per l’affetto che portavo a vostra madre ho deciso di liberarvi e che siate voi a decidere il vostro destino» Con un gesto ordinò che gli togliessero le catene. «Potete tornare dai vostri commilitoni se volete o andare dove vorrete.»
«Andrò a Iberia» rispose Kewst stupendo tutti. Non fornì motivazioni ma chiese cortesemente che gli venissero restituite le sue armi.
«Saremo felici di avervi con noi.» gli disse Damien riconoscente «Potrei farvi ricompensare dal mio re non appena tornerò…»
«Non lo faccio per il denaro.» rispose secco il giovane.
«Ma certo!» esclamò Garni «Ci saranno utili un po’ di muscoli in più! Grim ha la magia ma quanto a muscoli… e poi tu sei forte amico, voglio dire mi hai quasi battuto, basterà questo a terrorizzare tutti quanti: l’uomo che ha battuto Garni! »
«Me lo farò ricamare sulla tunica» gli rispose seccamente Kewst.
Garni ridacchiò «Mi piace il tuo umorismo, amico, penso che andremo d’accordo. Quando si parte?»

                                                                            ***

Il viaggio, composto dalla compagnia più originalmente assortita che si fosse mai vista - un mago, un’incantatrice, un mercenario, una sacerdotessa mutaforma ed un guerriero del deserto - procedette senza alcun inconveniente per diversi giorni. Non incrociarono né banditi, né belve feroci, e riuscirono ad evitare ogni manipolo di soldati che incrociò la loro strada. Quando facevano sosta in qualche locanda, la presenza di Kewst era sufficiente ad allontanare ogni malintenzionato, attratto dai soldi o dalla bellezza delle due dame.
Avevano deciso di evitare le strade principali, nonostante fossero quelle più facilmente praticabili per via della neve. Ma i cinque viaggiatori avevano tutti la necessaria forza fisica per attraversare le vie più dissestate e pericolose e potevano ricorrere alla magia per rimuovere gli ostacoli naturali che incontravano sul loro cammino.
Durante il giorno, Stella, Garni e Kewst spendevano molto tempo ad allenarsi nel combattimento, mentre Damien ed Emeryl si esercitavano scambiandosi le reciproche conoscenze sulle arti magiche e soprattutto sul controllo degli elementi. Emeryl sapeva maneggiare naturalmente il potere del fulmine ma aveva imparato ad acquisire il controllo anche degli altri. Damien sapeva eseguire correttamente tutti gli incantesimi che gli erano stati insegnati ma aveva una naturale predisposizione per gli elementi e per le piante.  Emeryl aveva intuito anche che fosse dotato di una potenza distruttiva non ben identificata che il ragazzo aveva paura di approfondire.
«Non voglio fare del male a nessuno» spiegò Damien durante una delle loro sessioni di studio.
«Ma se non cerchi di conoscerla, non potrai mai imparare a controllarla» lo rimproverò Emeryl.
«Da dove viene secondo te?» chiese ansioso sperando che la maga avesse delle risposte.
«Piuttosto semplice: entrambi i tuoi genitori erano dotati di magia.»
Damien si rattristò «Mi chiedo spesso chi fossero e perché mi hanno abbandonato?»
Emeryl non poteva consolarlo su quel punto. «Se vuoi parlare di rapporti familiari, stai chiedendo alla persona sbagliata»

Stella continuava i suoi studi e cercava di entrare in contatto con la dea senza riuscirvi. Trovava un buono sfogo quando si allenava con Garni confrontando le loro rispettive tecniche di combattimento Zanne Gemelle e lo stile del Lupo. Il niihelita con il suo carattere solare e le sue battute sfrontate, riusciva a farla ridere tra un duello e l’altro.
Kewst si univa a loro molto spesso, senza parlare affatto, ma dimostrandosi un valido elemento con cui allenarsi, per via della sua forza. Non si era dimostrato molto loquace i primi giorni, ma a poco a poco, i modi gentili di Damien, l’allegro carattere seppur irritante di Garni, il rispetto con cui veniva trattato dalle due ex principesse, avevano finito per vincere la sua naturale reticenza e spingerlo a conversare di più. In particolare, sembrava aver trovato una particolare affinità con Emeryl. Damien ne era felice, compativa la sorte di quel giovane e del lato più oscuro del mondo magico che aveva dovuto conoscere.  Emeryl aveva sofferto la sua stessa situazione per i motivi opposti e trovò naturale che tra i due si sviluppasse una certa empatia.

Camminavano spediti, con Garni in testa che, con il suo lupo a fianco, canticchiava una vecchia canzone di Niihel, quando superata una collina videro il mare.  Il panorama non era però quello che si erano aspettati. Era pieno giorno, seppur oscurato dalla solita coltre di nubi, e le acque erano completamente congelate, un’immensa tavola blu scuro, dalle sfumature bianche si estendeva davanti ad una spiaggia coperta di neve. Sotto il cielo coperto, sulla linea dell’orizzonte si vedeva in lontananza una nuvola più spessa e grigia delle altre che si estendeva verso l’alto come una colonna.
«Quella nuvola è la stessa del mio sogno» disse Damien sbalordito.
«Iberia si trova proprio da quella parte» confermò Stella.  «Ma come ci arriviamo?»
 Il porto era in stato di abbandono e vennero a sapere che non era possibile navigare da diverse settimane. Il gruppo però non si scoraggiò.
«Se non possiamo navigarlo possiamo attraversarlo» suggerì Damien «Ci vorrebbe però una slitta trainata da cani.»
«Beh, abbiamo un lupo con noi.»
«Il buon vecchio Mas è forte ma non riuscirebbe a trasportarci tutti» rispose Garni allegramente «forse dobbiamo lasciare a terra lo spilungone. Kewst, sai che scherzo, amico mio».
«So come risolvere il problema» disse Damien e puntando il palmo aperto verso il lupo pronunciò “Moltiplica”. Se prima avevano davanti un solo Mas, adesso ne potevano contare quattro.
«Ben fatto ma ci servirà una slitta».  Kewst si adoperò per trovare qualcosa che potesse adattarsi tra le imbarcazioni accatastate vicino alla banchina alla fine trovo i pezzi per formarne una. Era robusta a sufficienza e spaziosa per tutti quanti.
«Ci dovremmo entrare tutti e quattro» notò Damien.
«Cinque» lo corresse Emeryl.
«Milady, avevate detto che ci avreste accompagnato fino alla costa!» disse Garni sorpreso.
«Ho mentito. Spero solo che il ghiaccio regga»
Il gruppo non nascose la propria contentezza di avere ancora Emeryl nel resto del viaggio. E così tentarono la sorte, avventurandosi sulla distesa ghiacciata con il cuore in gola. I quattro lupi corsero agilmente fino al calar delle tenebre, senza nemmeno il conforto delle stelle. Damien si servì delle sue sfere di luce, aiutato da Emeryl, per rischiarare la strada. Percorsero quante più miglia possibili, fermandosi solo per riposare e rifocillarsi. Montavano la guardia a turno, tenendo gli occhi bene aperti ma nulla minacciava di inseguirli o di andare loro incontro. Non potevano usare per non rischiare di sciogliere il ghiaccio e utilizzarono delle pozioni speciali per tenere caldo il corpo. Verso la sera del terzo giorno videro ergersi il profilo bruno di un’isola imponente e al vederla Stella si alzò emozionata riconoscendo la sua terra.
«Casa» mormorò.
«Damien smorza la luce» disse Emeryl quando furono in vista della costa «Potrebbero percepire la nostra magia».
Damien obbedì e precipitarono nel buio. Ma ormai erano quasi giunti verso la riva e riuscivano ad intravedere la sabbia bianca. Per qualche ragione non c’era la minima traccia di neve. Garni sciolse i lupi e Damien fece tornare Mas alla normalità, mentre Kewst prendeva la slitta e la nascondeva dietro una macchia di arbusti.
«Non dobbiamo lasciare tracce»spiegò.
«Ben fatto, amico» disse Garni dandogli una pacca sulle spalle. Kewst si schernì ma non replicò.
«Guardate: non sentite che cosa strana? Qui fa caldo! Possibile che la glaciazione non sia arrivata?» disse Garni
«Sì, ma la nube c’è: eccola laggiù» gli fece notare Emeryl.
In effetti, sopra una maestosa montagna di forma conica, fuoriusciva la nube grigiastra che avevano avvistato.
«Stella, come raggiungiamo il vulcano?» chiese Damien
«Dovremmo attraversare il centro dell’isola per arrivare laggiù, ma le guardie del palazzo reale potrebbero vederci.»
«E se aggirassimo le strade camminando lungo la costa?» propose Kewst.
«Ci vorrebbe troppo tempo ma potremmo usare un altro percorso: ci sono delle vie scavate nella roccia che conducono direttamente al tempio. Sono state costruite anticamente dai Leonid e sono considerate sacre. Dobbiamo seguire la linea di queste colline: ce ne dovrebbe essere una più avanti.»
Non fu semplice per Stella orientarsi al buio per ritrovare l’ingresso del percorso, ma alla fine muovendosi contro una parete di roccia, trovò una cortina di edera che nascondeva una porta scolpita nella roccia.
«Vediamo se posso aprirla è la prima volta che tento». Stella toccò la sua gemma blu e poi posò una mano sulla porta. Questa lentamente si aprì da sola rivelando un sentiero molto stretto scavato in mezzo a delle altissime pareti di roccia. In alto s’intravedeva una sottile striscia di cielo.
«Possiamo andare» annunciò.
Damien si avviò insieme agli altri con uno strano presentimento in cuor suo: aveva la strana sensazione che qualcuno li stesse aspettando.

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Capitolo 8
*** Il Santuario ***


Capitolo Ottavo
Il Santuario
 
 
Le vie cave condussero i cinque compagni per un sentiero tortuoso, racchiuso da pareti fredde, levigate e coperte di muschio. Il silenzio era inquietante, specie per la presenza dell’eco e di folate di vento, simili a sussurri, che ogni tanto si diffondevano nella galleria. Finalmente giunsero ad una piccola radura su cui si apriva una caverna dalla soglia circolare, sul fianco di una montagna massiccia. «È lì dentro» spiegò Stella.
Il tunnel non era che la forma fossile di un'eruzione di lava molto fluida, che una volta fuoriuscita dal vulcano, aveva impresso il passaggio della sua colata. Le pareti erano di roccia lavica ed erano rischiarate da un bagliore proveniente dal fondo della galleria, che dava loro una sfumatura rossastra.
«C’è qualcosa che non va» mormorò Stella nervosa.
«Teniamoci pronti» suggerì Damien. Garni sfoderò la scimitarra, Kewst roteò il suo martello, ed Emeryl tenne ben saldo il suo bastone da Din Nadair. Damien radunò dentro di sé tutto in suo potere e procedette lentamente insieme agli altri con i sensi più all’erta possibile. Stella teneva la mano premuta sulla sfera blu e, con gli occhi chiusi, respirava affannosamente. Qualcosa sembrava turbarla molto.
Damien le fu accanto. «Coraggio ci siamo noi con te» le disse stringendole il braccio con delicatezza. Stella aprì gli occhi e annuì. Man a mano che procedevano, il calore cominciò a farsi sempre più forte. Garni si mostrò compiaciuto e cominciò a togliersi i pesanti abiti invernali, lasciandosi solo la camicia sbottonata sul petto. Sopra vi recava tatuato il simbolo della sua affiliazione con i lupi di Niihel. «Che bel calduccio mi sento a casa!»
Gli altri ignorarono la sua battuta, ma deposero i mantelli eccetto Kewst, che decise di restare vestito com’era, e Stella che per niente al mondo avrebbe lasciato la sua pelliccia di leone bianco.
Damien sentì un forte senso di oppressione che gli ricordò per un attimo il suo incontro con il ciambellano. Anche gli altri parevano percepirla.
«Questo posto è impregnato di magia oscura, Damien» gli disse Kewst.
Si fecero forza e arrivarono nel punto in cui la luce era più forte.
«Qui arde il fuoco sacro della Dea O’Shu Tal, la guardiana e protettrice di quest’isola» spiegò Stella «La luce deve provenire dal suo altare».
Quando arrivarono nel santuario scoprirono una realtà ben diversa: l’ambiente era illuminato da numerose torce appese alle pareti; al centro della stanza vi era una grata da cui fuoriusciva un fascio di luce azzurra che saliva verso l’altro nel condotto vulcanico. Di fronte alla grata vi era una statua di una donna dalle fattezze leonine che teneva in mano un braciere. Questo però era spento. Stella soffocò un grido.

Di colpo la stanza fu invasa da strane sagome scure che cominciarono a muoversi caoticamente intorno al gruppo. Erano informi e somigliavano a delle macchie di inchiostro.
«Le ombre!» gridò Garni.
I cinque giovani si misero in cerchio spalla contro spalla ed attivarono i poteri delle loro armi. Emeryl  innescò il potere del fulmine convogliandolo attraverso il suo scettro e cominciò a colpire una ad una le orribili creature oscure; Stella utilizzò le arti divine per rendere incandescente la sua alabarda e falciare le ombre girando su sé stessa; Kewst fu ben lieto di sperimentare per la prima volta il suo martello a due mani, potenziato dalle rune che Emeryl vi aveva inciso, e le colpì agilmente facendole esplodere; Damien evocò una sfera di luce in grado di avvolgerlo completamente, polverizzando o facendo fuggire le ombre che tentavano di avvicinarglisi.
«Chiudete gli occhi, amici!» gridò Garni «Fidatevi di me».
Appena vide che gli obbedivano, Garni impugnò forte la scimitarra facendola risplendere intensamente. La stanza s’illuminò a giorno e le ombre svanirono come fumo. «Adesso potete riaprirli» avvisò i compagni con un sospirò affaticato.
Damien gli andò incontro. «Come ti senti?» chiese ricordando gli effetti collaterali che l’incantesimo della spada comportava.
«Benone,» rispose il giovane entusiasta con gli occhi chiusi «a parte un feroce mal di testa». Barcollò ma Damien e Stella si affrettarono a sorreggerlo.
«Non vi preoccupate: posso sopportare un po’di emicrania pur di non diventare cibo per ombre».
«Non siamo soli» disse Kewst attirando la loro attenzione verso una nicchia nella parete accanto alla statua. 
Una figura maschile avanzò verso di loro con uno sguardo ostile. Indossava gli stessi paramenti sacerdotali di Stella e come lei aveva i capelli bianco argento, lunghi e lisci fino alle spalle e le orecchie da felino. Ma i suoi lineamenti, segnati dal tempo, avevano una forma decisamente più leonina che umana. Damien comprese subito che doveva trattarsi di un leonid, del sacerdote Shuva per l’esattezza.
«Un’impresa notevole, devo riconoscerlo» sentenziò con voce gelida «Avete spazzato via le ombre con facilità. Peccato che ne abbia molte altre nel mio arsenale.»
Stella lo fissò con tutto l’odio che era in grado di trasmettergli, stringendo i pungi e lottando contro l’impulso di aggredirlo.  «Perché?» Fu tutto quello che riuscì a dire.
«Principessa, vedo che perseguite nell’indossare indegnamente le vesti sacre» osservò sprezzante Shuva «Poco importa. Quel credo ormai è caduto. Servo un altro e più potente signore».
«Come hai potuto!» Gridò Stella lanciandosi contro di lui prima che potessero fermarla. Con un semplice gesto, il leonid sollevò una mano e la fece volare contro la parete. La fanciulla incassò il colpo e atterrò agilmente ringhiando di rabbia. I quattro puntarono le armi contro Shuva.
«Per favore, risparmiatevi la fatica. Le vostre armi non possono niente contro di me» ribatté impassibile il sacerdote.
«Sei tu che hai causato la glaciazione? Hai liberato Gelmir?» chiese improvvisamente Damien.
Shuva lo guardò con arroganza «Tu devi essere lo storico ficcanaso. Il ciambellano mi ha parlato di te. È da qualche tempo che ti tengo d’occhio. Sapevo avresti dato un sacco di noie. No, non ho liberato Gelmir: io mi servo del suo potere attraverso quel raggio che esce dalla sua cella, dove è stato chiuso da duemila anni. Gli ho promesso la liberazione completa se mi aiuterà nel mio piano».
«E quale la distruzione dell’umanità?» chiese ancora Damien, alterandosi.
«Esattamente» spiegò Shuva. «Questa terra apparteneva a noi Leonid, figli della Dea O’Shu tal. Eravamo destinati a vivere come dei non come servi degli umani. Ma i miei antenati ritennero saggio stringere una Alleanza con gli umani e mescolarsi con loro. Un sacrilegio. E la Dea sembrava approvare questo orrore. Così decisi di entrare nel sacerdozio per poter accedere al santuario e attuare i miei propositi. Spensi il fuoco sacro che teneva legato Gelmir e gli permisi di cominciare a diffondere il suo potere nel mondo attraverso il vulcano. Alcune delle ombre che erano state imprigionate con lui, si sottomisero a me. Iniziammo a colpire nelle terre più lontane per non destare sospetti. Soltanto quest’isola sarebbe stata risparmiata. Il Ciambellano fu il primo a sospettare qualcosa e tentò di parlare con re Dukan, ma questi non credeva alle leggende e rise dei suoi timori. In segreto parlai io con il Ciambellano e lo convinsi ad unirsi a me. Non aveva mai avuto simpatia per i maghi e fu ben felice di perseguitare le Din Nadair e di bandire la principessa. Con il re in suo potere, avrebbe governato lui di fatto. Il sultano fu presto dalla mia parte: fermò la produzione di armi contro le ombre e sterminò tutti i maghi ed i discendenti di Aheli. E poi fu la volta del principe. Il re non mi avrebbe mai appoggiato, mentre quel ragazzino viziato era un ribelle ambizioso che non desiderava altro che prendere il potere. Grazie a lui feci fuori tutti i leonid più potenti, fedeli alla famiglia reale, che avrebbero potuto ostacolarmi. Feci cercare a lungo la principessa, di recente mandai anche una legione di soldati a cercarla. Bloccai la navigazione congelando il mare, purtroppo non è bastato a fermarvi».
«Perché odi tanto gli umani?» chiese Emeryl fremendo di rabbia.
«Gli umani sono crudeli, corrotti, maltrattano il loro prossimo e perseguitano i deboli. Una razza simile non merita di vivere» sbraitò Shuva.
«E per combattere una civiltà corrotta ti sei alleato con gente corrotta? Non hai fatto le stesse cose di cui accusi gli umani?» lo accusò Damien fissandolo negli occhi.
«Mi sono solo difeso, per ridare la libertà alla mia gente. I miei alleati valgono ben poco, lo so bene, adesso che non ho più bisogno di loro, potrò sbarazzarmene. Tuo fratello, Stella, non godrà a lungo il suo regno. Il sultano, giovane di Niihel, cadrà con tutto il suo impero. Ed il ciambellano, Principessa Emeryl, pagherà molto presto per le sue azioni malvagie. Tutti presto periranno: anche coloro che hanno imprigionato il tuo protettore, Grimson, e i compagni di scuola che ti tormentavano Kevest Lamarcana. So tutto di voi, della vostra banda di trovatelli e di rinnegati. Non tentate, proprio voi, di difendere gli umani con me. Arrendetevi e sottomettetevi a me, e forse potrò lasciarvi in vita».
«Preferiamo morire» gli rispose risoluta Emeryl.
Il sorriso compiaciuto del sacerdote indicò che sperava di sentire quella risposta. «In questo sarò ben lieto di accontentarvi».

Ad un suo cenno, un nuovo sciame di ombre, dalle forme aguzze che si allungavano come tentacoli invasero il santuario, più numerose di prima.
Garni fendette di nuovo la scimitarra e ne distrusse la metà, ma queste continuavano ad arrivare. Sempre di più e ancora di più.
«Garni non puoi farcela» gli gridò Damien, cercando di tenerne a bada più che poteva con il suo potere «Sono troppe per te!».
«Andate a catturare quel pallone gonfiato» replicò il ragazzo «qui ci penso io».
Inutili furono gli sforzi di ogni membro del gruppo di catturare o attaccare Shuva. Il leonid era preparato a ciascuno dei loro attacchi e sembrava esultare nell’umiliarli.
«Gar di Niihel, tu vieni dal nulla e non sai quale sarà il tuo futuro. Non sai che cosa fare della tua vita».
«Ce l’ho già un padre, vecchio gatto spelacchiato!» gli gridò Garni senza degnarlo di uno sguardo continuando a combattere furioso con le ombre
«Stella tu non sarai mai regina: non sei abbastanza forte. Sei solo una minaccia per chi ti circonda. Kevest non sei che un inutile umano, privo di poteri, i tuoi ti hanno disprezzato, tuo padre ti ha gettato nelle fogne facendoti sentire un fallimento. Le tue compagne Emeryl sono morte a causa tua nella foresta. Eri tu l’obiettivo principale. E tua madre non sarebbe stata bandita se non fosse stato per te. Non era lei ad avere il sangue magico, ma i reali di Magena! Il potere del fulmine lo hai ereditato da essi.  Tu e tuo nipote: il figlio che tuo fratello ha avuto da quell’Elfa e che ha abbandonato ai confini del regno».
«Cosa?» mormorò Damien sconvolto.
«Tua madre era un’Elfa introdotta come spia alla corte di Magena, sedotta dal principe. Dovette fuggire ferita a morte con te neonato, si sacrificò per metterti in salvo. Tutto per via della malvagità degli umani».

Gli attacchi dei quattro giovani verso il sacerdote si fecero più intensi e dominati dalla rabbia, nonostante le sue parole gli avessero gettati nella distrazione facendo perdere gran parte della loro efficacia nel combattimento. L’unico a non sembrare troppo sconvolto, era Kewst.
«Quello che hai detto di me è vero» rispose. «Quelle cose sono accadute sul serio. Ma sai cosa ti dico: sono sopravvissuto! Siamo tutti dei sopravvissuti. E adesso sopravvivremo a te! Non date ascolto alle sue parole: sta solo tentando di confonderci».
 Nonostante l’incoraggiamento di Kewst, lo scontro rimaneva inalterato. Shuva parava tutti i colpi e li restituiva, grazie al potere del cristallo azzurro. Garni dietro di loro sembrava in seria difficoltà: le ombre continuavano ad arrivare e le sue forze cominciarono ad abbandonarlo, e per quanto i suoi sensi si fossero sviluppati, doveva continuare a combattere privo della vista. Anche Damien si sentì allo stremo.
Emeryl ebbe un violento scatto d’ira e scagliò una raffica di fulmini contro Shuva che li deviò scagliandoli contro il soffitto. Il tetto del santuario cominciò a tremare e alcuni massi cominciarono a cadere.
«Che succede, gente?» chiese Garni dopo aver distrutto un altro gruppo di ombre «Qui piovono sassi.
«Sta franando la grotta» gli fu risposto.
«Di bene in meglio» borbottò senza smettere di fendere colpi.
Damien guardò quella che sembrava una situazione senza via d’uscita: sarebbero stati uccisi dalle ombre, dalla magia oscura di Shuva, o sarebbero finiti morti schiacciati.
«Non c’è più nulla che possiamo fare» mormorò Emeryl, è finita.
«Forse abbiamo un’ultima possibilità», disse Damien improvvisamente colpito da un’idea «Potrebbe essere una follia…» Con un cenno del capo indicò la grata dove era prigioniero Gelmir.
«Vuoi liberare un titano?» chiese sbigottito Kewst
«Dì la verità Shuva» chiese Damien rivolto al sacerdote, «non hai nessuna intenzione di liberare il titano, vero? Perché rinunciare a tanto potere?»
«Perché, infatti» rispose Shuva. «Non ho nessuna fretta…
Damien diede uno sguardo d’intesa ai compagni e si avvicinò il più possibile alla grata.
Garni era allo stremo, ancora pochi secondi e sarebbe crollato.
«Adesso!» gridò Damien. Una forza insita dentro di lui che aveva sempre represso per paura uscì fuori, libera. Damien se ne sentì avvolgere e la lasciò andare. Scagliò tutto il suo potere contro la grata, seguito da Emeryl e Stella. Kewst cercò di impegnare più che poteva Shuva che aveva compreso la loro intenzioni e cercò di fermarli. Ma ormai era troppo tardi.
Senza il fuoco sacro e con tutta la potenza dei tre giovani, la grata si dissolse ed un getto potente di acqua gelida uscì fuori. Le ombre vennero risucchiate in quel turbine e dalla roccia spuntarono delle lame di ghiaccio. Una di queste trafisse Shuva al cuore uccidendolo all’istante. La temperatura nella stanza si abbassò drasticamente e il ghiaccio ricoprì le pareti del santuario. Tremando Damien, si fece strada in mezzo agli spuntoni di ghiaccio e si precipitò da Garni che era riverso a terra in preda ad un attacco epilettico. Gli altri accorsero per aiutarlo e mentre Kewst teneva fermo Garni, il mago recuperò una pozione dalla sua bisaccia e aiutato da Stella gli praticò un incantesimo di guarigione. Garni si riprese e lentamente aprì gli occhi.
«Oh Garni, sei stato grandioso» disse sollevato, abbracciandolo «non ci saremmo riusciti senza di te».
«Ne dubitavi?» ridacchiò il giovane, ancora stremato «Cosa mi sono perso, a proposito?»
«Abbiamo liberato Gelmir».
Garni sollevò la testa incredulo ed insieme agli altri volse lo sguardo verso il getto di ghiaccio che terminò la sua fuoriuscita. Il freddo era insopportabile ma all’improvviso tutto il ghiaccio cominciò a ritirarsi, riunendosi in una forma umana, alta più di due metri ma comunque abbastanza accessibile per interagire con i cinque giovani che rabbrividendo ancora per il freddo lo guardavano impressionati. L’essere che avevano di fronte aveva le sembianze di un uomo alto e longilineo, dalla pelle azzurra, i capelli corti e bianchi, il volto giovane e senza tempo, una tunica argentata che gli fasciava i fianchi e una parte del torace. I suoi occhi del colore del ghiaccio ricordavano in parte quelli di Kewst.
«Avevi ragione, giovane mago. Non mi avrebbe mai liberato. Immagino di dovervi ringraziare».
Nessuno osò rispondere, troppo impegnati a battere i denti. Il titano alzò una mano e assorbì dall’aria una grossa nuvola che scomparve nel suo palmo. Il freddo calò decisamente dando un sollievo immediato a tutti i presenti.
«Cosa abbiamo: un mago, un’incantatrice, la principessa di Iberia, un discendente dei giganti e un erede di Aheli. Era molto tempo che non ne vedevo uno» Garni riacquistata la vista lo guardò senza capire. «I tuoi occhi, giovane niihelita. Sono la prova delle tue origini. Aheli aveva gli stessi occhi. Per questo sai maneggiare le armi di luce meglio di qualunque altro umano. Il sultano diede loro la caccia per anni, sterminandoli, facendoli ritirare in piccoli villaggi ai margini dell’impero».
Garni sussultò ripensando al racconto del suo ritrovamento.
«Che cosa farà adesso? Creerà di nuovo il regno del Gelo?»
«Potrei farlo. Ma dopo duemila anni passati in prigione, le ragioni per cui lo invasi la prima volta non sono più validi. La mia gente ha lasciato questo mondo e tutta la mia rabbia adesso è tutta per le persone come Shuva. Se invadessi il mondo e abbattessi l’umanità non farei che assecondare il suo piano, quindi pensò che tornerò a casa. Posso sempre tornare ad invaderlo tra qualche migliaio di anni. E poi mi diverte il fatto che è stato battuto da voi: la banda dei rinnegati e dei trovatelli».
Così dicendosi dissolse in un vento gelido che scomparve lungo il cono del vulcano.

Dal cratere scese un raggio di sole che illuminò tutta la stanza. Il fuoco tra le mani della statua si riaccese. Senza aspettare altro, i cinque corsero indietro lungo il tunnel, la via cava, notando con stupore che il cielo plumbeo si stava aprendo. Non appena si ritrovarono all’aperto videro che il potente maleficio era finalmente cessato: il cielo era di nuovo limpido e il ghiaccio che ricopriva le acque del mare si era sciolto lasciando di nuovo le onde libere di infrangersi sulla riva.
Il sollievo fu talmente grande che si lasciarono cadere in ginocchio, esultando, con lacrime di gioia e grida entusiaste. Garni gridava più forte di tutti.
«Ce l’abbiamo fatta! Lo abbiamo fatto insieme» disse stringendo a sé tutti quelli che aveva vicino. Nessuno respinse gli abbracci, Kewst fu sorpreso felicemente di ritrovarsi Emeryl stretta a sé.  Lei gli sorrise poi si rivolse a Damien: « Nipote…»mormorò
Damien diede sfogo alle lacrime. «Devo chiamarti zia?»
«Se ci provi ti incenerisco» lo minacciò scherzosamente Emeryl
«Adoro le riunioni di famiglia!» disse Garni asciugandosi gli occhi
Tutti risero e rimasero per diverso tempo lì seduti sulla spiaggia a godersi il sole.
 
 

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


Epilogo
 
 
Rivedere la Foresta delle Lame alla luce del sole, era un vero spettacolo che Damien gioiva di ammirare mentre percorreva un viottolo in compagnia di Emeryl. Sembrava che la neve non l’avesse mai ricoperta, che il ruscello non si fosse mai congelato mentre scorreva impetuoso levigando i ciottoli ed i raggi del sole, filtrando attraverso i rami, illuminavano di un verde luminoso le chiome degli alberi e l’erba del prato. I versi degli animali che erano tornati ad allietare il bosco rendevano ancor più rigogliosa la bellezza della natura.
«È bellissimo» esclamò Damien guardandosi intorno e annusando i fiori che aveva raccolto. Li mostrò ad Emeryl cercando la sua approvazione. Lei gli rispose con un sorriso.
«Come è andato il tuo incontro con re Vermyl? Ora che il tuo esilio è stato revocato, tornerai a vivere a palazzo? »
«Rivedere mio padre è stata un’emozione forte. Vederlo così invecchiato, mentre io sono rimasta praticamente la stessa che ricordava! Non so come descrivertelo Damien, mi ha chiesto perdono e non potuto fare a meno di concederglielo quando ho letto sul suo volto tutta la sofferenza che ha subito. I miei fratellastri sono stati piuttosto freddi all’inizio ma quando hanno capito che non intendevo rivendicare il trono, hanno cominciato a dimostrarsi amichevoli. Non lascerò del tutto i miei incarichi come Din Nadair ma porterò il mio aiuto anche a corte. Mio padre intende creare una specie di consiglio insieme a noi e prendere insieme le giuste decisioni per il regno. C’è molto da fare dopo la morte del ciambellano, e molti torti da riparare».
«Shuva aveva detto il vero quando affermava di volersi liberare dei suoi alleati: li aveva controllati attraverso il potere delle ombre ma con la sua morte queste libere di agire, avevano risucchiato la vita del principe Globo, del sultano di Agran e del ciambellano di Magena, per poi tornare sotto il controllo di Gelmir e tornare nel loro mondo».
«Anche Dun’Gar si sta adoperando per riportare la pace tra i regni indipendenti. Senza la tirannia del sultano, il continente desertico è allo sbando, ma Niihel potrà essere un valido esempio per trovare la stabilità».
«Garni invece è ancora a Iberia?» chiese Damien.
«Sì e presto andremo lì in visita diplomatica. Stella è finalmente stata riconosciuta come legittima sovrana, sta riformando la sua corte, l’ordine sacerdotale e Garni si è offerto di aiutarla con il suo esercito».
«Credi sia rimasto davvero per quel motivo? »
«Pare sia piuttosto benvoluto a Iberia, con quegli occhioni da gatto. Loro poi hanno le orecchie da felini…in qualche modo si prendono. Ammesso che una loro unione venga accettata, Stella di sicuro è la donna giusta per mettere in riga quella testolina calda. »
Damien ridacchiò pensando a Garni re. Di sicuro sarebbe andato presto a trovarlo, il suo amico gli mancava
«E che mi dici di te, Damien? Io ho mantenuto il segreto, come mi avevi chiesto, ma perché non vieni a palazzo e rivendichi le tue origini? Il mio fratellastro non è una brutta persona, e anche se per poco tempo, ha amato tua madre. Credo che ti riconoscerebbe».
«Emeryl non so spiegartelo, ma…non sono pronto. Non ancora. In questo momento mi interessa solo il luogo in cui ci stiamo recando».
L’incantatrice non insisté. «Siamo quasi arrivati».

Fatti pochi passi si ritrovarono in una piccola radura dall’erba alta e ricoperta di fiori di campo, cosparsi di tante piccole lapidi. Ognuna era circondata da lucciole e da diversi tipi di fiori. Emeryl lo condusse ad una tomba in disparte su cui era inciso il nome di Elyedhen.
Damien s’inginocchiò e posò con delicatezza le pervinche sulla lapide. Si raccolse in lungo silenzio pieno di rispetto, versando molte lacrime mentre passava le dita sulla scritta in pietra.
«Che tu possa riposare in pace madre» bisbigliò prima di alzarsi.
Emeryl gli si avvicinò per confortarlo e rimasero abbracciati per qualche minuto, guardando la tomba dell’Elfa. «Era una creatura dolcissima, coraggiosa e determinata…» mormorò Emeryl commossa. «Proprio come te».
 
Kewst li aspettava, con i cavalli sellati, all’inizio del sentiero, poco distante dalla Torre d’Opale e sorrise loro quando li vide tornare. Aveva declinato gentilmente l’invito ad accompagnarli, lasciando che la zia e il nipote condividessero quel momento. Damien aveva apprezzato molto la delicatezza.

«Emeryl ma pensi di parlargli?»
«Come hai detto tu poco fa, Damien, ci sono cose per cui non si è ancora pronti.»
Damien non aggiunse altro e andò incontro al suo amico, riconoscente.
«Ti ringrazio di averci aspettato.»
«Mi stavo godendo il sole» rispose lui. Emeryl ricambiò il suo sorriso. Ormai, nonostante fosse ancora molto riservato, aveva lasciato quell’atteggiamento cupo e sorrideva molto più spesso.
Il momento dei saluti con Emeryl fu, come previsto, toccante per tutti e tre ma si lasciarono pieni di speranza di rivedersi a breve. Damien abbracciò forte sua zia, mentre Kewst si limitò a baciarle la mano. La fanciulla rimase lì a guardali allontanarsi, prima di rientrare alla Torre d’Ovale.
I due amici s’incamminarono e prima che potessero aver percorso molta strada, Kewst si rivolse a Damien «Prima che tu me lo chieda, Grim, no, non le ho parlato».
«D’accordo, ma pensi di farlo un giorno»?
«Un giorno…quando avrò qualcosa in più da offrirle oltre ai miei sentimenti».
«Vi scriverete? Io come nipote le scriverò di certo, se resti con me potresti aggiungere due righe alle mie lettere…»
«Non è per questo che mi sono offerto di accompagnarti, Grim. »rise Kewst
«Lo so, stavo scherzando. Sono felice di averti come compagno di viaggio. Quando arriveremo a Gamirhia potrei introdurti al re e chiedergli di farti entrare nel suo esercito se lo desideri. Sei un ottimo combattente e il capitano delle guardie è una brava persona, sarebbe felice di averti con loro. »
«Porterò certamente i miei omaggi al tuo signore, Damien, ma non so cosa farò dopo. Invece tu che progetti, hai? Emeryl mi ha detto che non vuoi presentarti a tuo padre».
«Quello non è il mio mondo. Mio padre ha una moglie, dei figli, una vita sua…io non mi sento pronto a farne parte. Non so nemmeno se lo voglio».
«Credimi, nessuno può capirti meglio di me».
«Quindi non tornerai dai Lamarcana? La fama della nostra impresa  deve aver raggiunto anche quelle terre ormai. Tuo padre potrebbe riaccoglierti».
«Non mi interessa, non è lì che voglio andare. Non so ancora qual è il mio posto, ma per ora mi accontento di accompagnarti. Devo avvisarti che non sono un compagno di viaggio molto loquace. Potresti rimpiangere Garni».

«Ah, Garni! Non temere, la tua compagnia mi è altrettanto gradita. E non sei obbligato a conversare».
I due amici proseguirono serenamente, il viaggio godendosi il tepore di quella giornata estiva, in direzione di Gamirhia e di ovunque li avrebbe condotti il loro destino.

 

Fine
 
 

 

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