50 Days of Jotakak

di Green Star 90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Impressione ***
Capitolo 2: *** Reminiscenza ***
Capitolo 3: *** la dolcezza del niente ***
Capitolo 4: *** Quel che non si dice ***
Capitolo 5: *** Post nut clarity ***
Capitolo 6: *** Ehi, bel pescatore ***
Capitolo 7: *** Polecola ***
Capitolo 8: *** Anniversario ***
Capitolo 9: *** Segno ***
Capitolo 10: *** MetaHarmony ***
Capitolo 11: *** Ricordi ***
Capitolo 12: *** Hatsuhinode – Buon 1990 ***
Capitolo 13: *** Croccantini ***
Capitolo 14: *** Vero o falso? ***
Capitolo 15: *** Convalescenza ***
Capitolo 16: *** Giudizio ***
Capitolo 17: *** Apnea ***
Capitolo 18: *** In taverna ***
Capitolo 19: *** Impressione (reprise) ***
Capitolo 20: *** Nostalgia ***
Capitolo 21: *** Criminali ***
Capitolo 22: *** Momento ***
Capitolo 23: *** Stella ***
Capitolo 24: *** Ultima matrimoniale ***
Capitolo 25: *** Biglietto ***
Capitolo 26: *** Orecchini ***
Capitolo 27: *** Siete voi la AvPol? ***
Capitolo 28: *** La quiete dopo la tempesta ***
Capitolo 29: *** Pornografia della morte ***
Capitolo 30: *** Fidanzato ***
Capitolo 31: *** Pallette di pelo ***
Capitolo 32: *** In fondo alla mente ***
Capitolo 33: *** Contronatura ***
Capitolo 34: *** Desiderio ***
Capitolo 35: *** Tentacoli ***
Capitolo 36: *** Una moglie premurosa ***
Capitolo 37: *** Il dubbio di un eremita ***
Capitolo 38: *** Chiasmo ***
Capitolo 39: *** Unicorno ***
Capitolo 40: *** Stanza ***
Capitolo 41: *** Vittoria ***
Capitolo 42: *** Corri Kakyoin, corri ***
Capitolo 43: *** Aneddoto ***
Capitolo 44: *** Convenevoli con due assassini ***
Capitolo 45: *** Stretta di mano ***
Capitolo 46: *** Questione di orientamento ***
Capitolo 47: *** Il racconto di un sopravvissuto ***
Capitolo 48: *** Pallette di pelo (reprise) ***
Capitolo 49: *** (Preludio di) Anniversario ***
Capitolo 50: *** Il giusto finale ***



Capitolo 1
*** Impressione ***


1. Impressione
(Head)canon

 

 

Visto da fuori, Jotaro non sembra un tipo da pare mentali. Se è per questo non sembra neanche un tipo che farebbe attenzione ai dettagli, ma chi lo conosce bene sa che nessuna delle due impressioni corrisponde al vero.
Perché di questo si parla, di impressioni. E in questo momento ve n’è una in particolare che gli sta consumando le sinapsi.
Si è accorto, anzi crede, che Kakyoin abbia preso una sbandata per lui. Il modo di fare è il tipico di chi prova quel genere di sentimenti, e porca puttana se questo è il sentimento più sbagliato che si possa provare nel contesto in cui si trovano.
Sarà solo un’impressione.
Lo credo.
Lo spero.
Lo spero?
La sua voce lo interrompe dalla para mentale. Sta rispondendo al nonno durante il check-in in albergo.
«Io e Jotaro divideremo una stanza visto che siamo entrambi studenti».
Ma pensa (!).
 

***


Salve gente.
Dopo averci lavorato un po', do in pasto alle masse il primo capitolo di una lunga (doppia) raccolta a tema Jotakak e Bruabba. I generi saranno variegati, i rating pure (tranne il rosso) e anche le comparsate di altri personaggi.
Domani pubblicherò anche la prima flashfic a tema Bruabba (l'ho già detto che questa sarà una doppia raccolta? :P) perché non vogliamo farci mancare proprio niente. 

Ripubblicherò la raccolta in italiano e in inglese su Ao3. Su Twitter e Instagram troverete invece i post di aggiornamento delle raccolte.

Ad maiora!

Green Star 90.

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Capitolo 2
*** Reminiscenza ***


2. Reminiscenza
What If?

 

 

Kakyoin abbandona le stampelle sulla poltrona e si lascia cadere a letto con un tonfo. Jotaro sta trasportando i suoi bagagli in camera, ostinato com’è non ha voluto che l’amico si affaticasse.
«Simpatico questo tuo zio, non vedo l’ora di conoscerlo meglio… Ti dispiacerebbe posare la valigia su quella sedia e aprirla? Dopo ci penso io» dice, mettendosi seduto e massaggiandosi la cicatrice dolorante. Il viaggio per Morio ha messo a dura prova il suo addome.
«Ti prego, non chiamarlo così» sbuffa Jotaro, che gli dà le spalle «non voglio pensare che quel ragazzino… e questa?».
Si interrompe, dalla valigia aperta pesca la prima cosa che gli salta all’occhio. È una sciarpa, una volta bianca e adesso ingiallita e lisa dal tempo e dal deserto, che se potesse ne avrebbe tante da raccontare.
«Ah, quella! Sapevo che l’avresti riconosciuta!» ridacchia Kakyoin, per un attimo ha dimenticato il dolore al ventre «L’ho ritrovata prima che partissimo e ho voluto portarla con me».
Jotaro gli dà ancora le spalle, ma Kakyoin giurerebbe che in questo momento stia arrossendo.
Eppure a rompere quel velo di imbarazzo è proprio lui.
«Mi ricordi perché ci eravamo baciati sotto la tua sciarpa?»
«Perché eravamo adolescenti, scemi e ubriachi. E perché non capita spesso di limonare nel deserto sotto la Via Lattea».
Jotaro lascia cadere la sciarpa e fa per infilare la porta. Come volevasi dimostrare è arrossito.
«Giusto» dice laconico prima di lasciare Kakyoin da solo. Quello ridacchia ancora e poi sospira.
Erano proprio degli scemi.

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Capitolo 3
*** la dolcezza del niente ***


3. La dolcezza del niente
(Head)canon

 

 

Il niente. Il niente è quello che è subentrato immediatamente dopo il contatto doloroso della salsedine con la ferita al viso. È durato pochissimo, ma questa è stata l’ultima sensazione che ha provato Jotaro prima di incontrare il niente.
Si sta bene qui.
Il pensiero rimane un capello disperso nell’etere, un’essenza. E si sa che le essenze sono impalpabili.
È vero. Quanto tempo.
Il pensiero si tende come un capello in procinto di spezzarsi. Non credeva che nel niente ci fosse tuttavia qualcosa.
Mi sei mancato.
Lo stesso vale per me.
Avrei voluto…
Il pensiero si aggroviglia avrei voluto che facessi tante cose, e invece per colpa mia sei stato trascinato qui.
Non caricarti di altre responsabilità, è stata una mia scelta. Con te ho vissuto i giorni più belli della mia vita e… è bello vivere ancora in quei giorni, non cambierei niente.

Se potessero, piangerebbero.
Mi ero costruito una famiglia…
Una bella famiglia. Hai avuto donne forti accanto a te.

Non c’è gelosia in quelle parole, solo amore.
Ti ho lasciato andare.
E deve essere così. Dovevi lasciarmi andare. Il tuo amore è troppo grande per essere riversato su un morto.

Adesso però, di amore ce n’è eccome.
Anche nel niente, anche nel pensiero.
Per sempre.

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Capitolo 4
*** Quel che non si dice ***


4. Quel che non si dice
(Head)canon

 

 

«Inizia tu, dai»
«Ah, non so cosa dire»
«Sforzati!».
Jotaro si caccia la visiera sugli occhi, non vuole far vedere al compagno di stanza che sta arrossendo. L’altro però si è accorto dell’imbarazzo e non ha intenzione di mollare. Si è messo in testa che devono scambiarsi un segreto a vicenda e niente al mondo lo distrarrà da quel compito.
«Giuro che non lo dirò a nessuno»
«Prometti?»
«Prometto»
«Allora» Jotaro sospira «non ho mai baciato una ragazza».
Kakyoin lo fissa.
«Ma io credevo che... la dottoressa della scuola...»
«Quella non conta, era una situazione di emergenza!» puntualizza Jotaro, che adesso è diventato di fuoco «Adesso tocca a te».
Kakyoin incrocia le braccia e si fa pensieroso per un attimo.
«A casa nascondo una discreta collezione di giornali porno...».
Jotaro solleva un sopracciglio. A prima vista non si direbbe che Kakyoin collezioni quel genere di cose, ma in fondo anche lui è un adolescente.
«... metà dei quali sono porno gay».
Jotaro lo guarda con tanto d’occhi. A differenza sua, Kakyoin non mostra alcun segno di imbarazzo.
«Non ridi?»
«Non vedo perché dovrei».
Ma pensa.

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Capitolo 5
*** Post nut clarity ***


5. Post nut clarity
(Head)canon

 

 

Jotaro ha appena ripreso fiato e si sta mettendo seduto. Accanto a lui, Kakyoin è semisdraiato e si gratta la testa spettinata. Si sporge leggermente oltre il bordo del materasso e ammira l’opera d’arte involontaria che hanno creato sul pavimento coi loro vestiti spiegazzati:
«Caspita Jojo, abbiamo appena fatto una stronzata».
Jotaro solleva le coperte quel che basta per darsi un’occhiata: le sue stesse nudità, prima contratte, sudate e aggrovigliate a quelle dell’altro, adesso giacciono un po’ patetiche come patetico è il suo pene inerme, molle e anche un po’ bagnaticcio che gli provoca una sensazione di vergognoso fastidio al contatto con le cosce. Se adesso qualcuno gli dicesse che la prima volta è meravigliosa e romantica gli si avventerebbe addosso con una scarica di cazzotti.
Abbassa le coperte su sé stesso e sospira. Hanno fatto una stronzata ma non vuole ammetterlo a voce alta, significherebbe ufficializzare la presenza dell’elefante nella stanza che si chiama imbarazzo. Dal canto suo, anche Kakyoin appare imbarazzato, ma a differenza di Jotaro non sembra intenzionato a nasconderlo (male).
«E io che pensavo che ci si sentisse uno schifo solo dopo una sega» riprende senza attendere che l’altro gli risponda: incrocia le braccia al petto, sospira e finalmente si volta verso colui che gli ha preso la verginità:
«È a questo punto del film che i due fidanzati si fanno le coccole e si dicono “ti amo?”».
Jotaro gli rivolge l’occhiataccia più truce che la situazione gli consente, vorrebbe picchiarlo ma proprio non riesce a concretizzare quel desiderio.
«Onestamente non so neanche se voglio rifarlo. Cioè, io e te...»
«Io ti voglio bene» lo interrompe Kakyoin. Quanto cazzo spiazza la sua sincerità da emarginato sociale a volte.
«Anche io» dannazione, speriamo che il nonno non lo scopra «però non so se c’è dell’altro»
«Tanto abbiamo tempo per capirlo, no?».
Già, tempo.
«È vero».

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Capitolo 6
*** Ehi, bel pescatore ***


6. Ehi, bel pescatore
Mermaid AU

 

 

Poco lontano dal molo, solo sulla sua barchetta, il bel pescatore si sdraia e attende che un pesce abbocchi all’amo. Sotto lo scafo un giovane tritone fa un guizzo ed emerge accanto a un fianco della murata, le scaglie della coda che emanano bagliori smeraldini.
«Ehi, bel pescatore», dice il tritone scostandosi un ciuffo di capelli ramati dalla fronte. Nonostante l’aria burbera, il pescatore non si arrabbia mai quando a svegliarlo è lui.
«Ehi, bel pesciolino» risponde il pescatore sfilandosi il cappello dal viso e rivelando le sue ciocche corvine. Si avvicina al bordo della barca e lo prende per il mento con gentilezza: non si abituerà mai alla bellezza di quelle iridi indaco. Avvicina il volto a quello della creatura e, come fa sempre, posa le labbra sulle sue, un bacio al sapore di salsedine che sembra durare troppo poco.
«Non chiamarmi pesciolino!» il tritone si stacca dal pescatore e per ripicca gli spruzza addosso alcune gocce d’acqua con la coda.
«E tu allora non chiamarmi pescatore» l’amante bipede gli rivolge un accenno di sorriso, non è per niente infastidito dall’acqua che gli bagna la camicia «chiamami Jojo piuttosto»
«Oh» il tritone piega la testa di lato, quando lo fa è adorabile «conosco i tuoi baci ma non ho mai conosciuto il tuo nome. Non è strano?»
«È vero» conviene il pescatore «quindi adesso mi dirai il tuo nome»
«Tenmei è il mio nome» risponde il tritone «e la nostra gente lo rivela solo a chi ama».
La coda guizza ancora. I loro sentimenti sono cristallini come l’acqua di quel posto sperduto nel mondo, e va bene così. Di baci ne seguiranno altri, finché ne avranno voglia.

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Capitolo 7
*** Polecola ***


7. Polecola
What If?

 

«Zio, ma tu vuoi bene a papà?».
Lo domanda Jolyne d’un tratto, la paletta a mezz’aria e il castello di sabbia che ha monopolizzato tre quarti dello spazio riservato agli asciugamani. Non è necessario sperticarsi in una lode sulla capacità di assorbimento ambientale dei bambini, sarebbe solo una sequela tautologica di bla bla bla.
Kakyoin si sfila gli occhiali da sole e si siede sul lettino. Poi incrocia le gambe e assume un’espressione pensosa. È davvero una domanda più complicata di quel che sembra.
«Sì, gli voglio bene» è la risposta «E lui vuole bene a me»
«E quindi...» Jolyne si gratta la testa con la manina libera, anche lei ci sta pensando molto. Non ha ancora la capacità di metabolizzarlo, ma la sua è una domanda veramente complicata «la mamma a chi vuole più bene?»
«La mamma vuole bene a tutti e non fa distinzioni» le spiega Kakyoin «lei ti vuole molto bene, no?».
Jolyne non parla, ma fa di sì con la testa. Si rimette a scavare nella sabbia ma è evidente che non abbia smesso di pensare molto.
«In una famiglia ci si vuole molto bene, anche se non ci sono parenti di sangue. Mi chiami zio, no?»
«Si!» conviene Jolyne «Quindi va bene così? Vi volete tutti bene?»
«Ci vogliamo tutti bene, Jolyne».

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Capitolo 8
*** Anniversario ***


8. Anniversario
(Head)canon

 

 

È la notte del sedici gennaio 1990 e tra poche ore Jotaro prenderà un aereo che dal Cairo lo porterà in America. Il suo compagno di stanza ne prenderà un altro per la Sardegna e chissà tra quanto si incontreranno. Potrebbero anche non farlo più ed è forse questa sensazione a non farli dormire. Ma c’è anche un anniversario di mezzo, una ricorrenza della quale non hanno mai fatto parola. Probabilmente sbagliano, ma chi lo sa.
Polnareff espira il fumo della sigaretta e guarda distrattamente il posacenere appoggiato alla finestra. Fa freddo, ma perlomeno è sereno. Stanno pensando la stessa cosa, ma per pudore o chissà che altro non la esternano. Dio solo sa quanto avrebbe bisogno di parlarne.
Almeno fino a ora.
«Ti si legge in faccia che vuoi parlare di due anni fa».
Polnareff si volta di scatto, poco manca che il posacenere cada dalla finestra. Seduto sul suo letto, Jotaro tiene le braccia incrociate e fissa il vuoto davanti a sé.
Polnareff ruota il busto per guardarlo meglio, ormai è tardi per tirarsi indietro. Scoppierà in lacrime, lo sente eccome.
«Sai» lui, che era il chiacchierone del gruppo, stenta a dare voce a quello che tiene dentro da tanto tempo «ogni mattina mi sveglio e mi domando come sarebbero le nostre vite se fossimo sopravvissuti tutti. Mi… mi domando come facciamo ad arrancare sapendo che non ci sono più. A quest’ora staremmo scroccando una cena ad Abdul»
«Tra due mesi mi sposo e mi domando se lo avrei fatto se fossimo sopravvissuti tutti» la voce di Jotaro è priva di crepe emotive «forse avrei portato scompiglio in famiglia».
Polnareff aggrotta la fronte.
«Vorrei poterti dire che capisco cosa intendi, ma non capisco cosa intendi».
Jotaro lo guarda inespressivo.
«Io e Kakyoin non ci scambiavamo solo opinioni sul sumo quando condividevamo la stanza».
Polnareff sgrana gli occhi e per un attimo dimentica del tutto la tristezza del momento.
«Ma tu stai per sposare una donna!» esclama alzando la voce, in quell’istante è veramente il Polnareff di due anni fa «Non ha senso!»
«Trovo la mia fidanzata attraente tanto quanto trovavo che lo fosse Kakyoin, dal mio punto di vista non ci trovo nessuna contraddizione».
Polnareff tiene ancora gli occhi sgranati, gli ci vorrà un po’ prima che la confessione venga metabolizzata. Ma d’altronde quella è veramente l’ultima notte che trascorreranno assieme. Se Jotaro non avesse fatto coming out adesso non avrebbe più avuto una seconda occasione.
Polnareff se ne renderà conto solo in aereo, dopo che gli avrà detto addio.

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Capitolo 9
*** Segno ***


9. Segno
(Head)canon

 

 

«Jotaro, cos’hai sulla spalla?».
L’interpellato solleva il bavero del gakuran, rivolge al nonno un’occhiataccia e gli risponde grugnendo un «Niente» carico di stizza adolescenziale.
Ora che gli è stato fatto ricordare, il pizzicore del morso di Kakyoin sulla voglia si fa di nuovo sentire e non sa se andare dal coetaneo per dargli un cazzotto o per chiedergli di ripetere l’esperienza della notte precedente.
Chissà quante ragazze vorrebbero morderti questo punto, era stato il commento di lui mentre pungolava la stella con la pressione leggera delle dita prima di affondare i denti nella pelle, petto nudo contro schiena nuda. Il bastardello tutto onore e buone maniere gli aveva piantato l’impronta della dentatura con una mezza risata trasformata subito un mugolio di soddisfazione, il suo modo di dimostrare dominanza e affetto, e forse anche un brandello di devianza.
Mentre Jotaro si augura con tutto il cuore che il nonno dimentichi di aver visto il segno inequivocabile di un morso, con la coda dell’occhio guarda Kakyoin camminargli a tre metri di distanza, con indosso la sua maschera di perfettino belloccio che mai e poi mai farebbe certe cose.
Sì, come no. 

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Capitolo 10
*** MetaHarmony ***


10. MetaHarmony
Harmony AU

 

 

«”Ed ecco che il bel moro prese in braccio la donna che avrebbe amato per tutta la via e la condusse fuori, su per le scale, sul tetto dell’hotel più lussuoso del Cairo...”»
«”Lei era in fremito, i capelli rossi che ondeggiavano a ogni passo e il cuore che batteva talmente forte che le sembrava sarebbe esploso...”»
«”Oh Jotaro”»
«”Oh Noriaki”»
«Ma qui ciuffetto è una ragazza?» domandò Polnareff sollevando gli occhi dal romanzetto rosa che stava leggendo assieme ad Abdul.
«Nei romanzi rosa c’è sempre una ragazza vergine e inesperta» puntualizzò l’altro «serve alle casalinghe per immedesimarsi nella protagonista»
«Se lo facciamo leggere ai veri Jotaro e Kakyoin credi che si arrabbieranno?»
«Quanto ci tieni a farti spaccare di nuovo il setto nasale?»
«Hai ragione» Polnareff chiuse il libro e lo gettò dietro di sé «e secondo te quanto si arrabbieranno le lettrici per aver trovato noi al posto dei legittimi protagonisti?»
«Beh, amico mio» disse Abdul «acciocché le lettrici imparino bene la lezione, ovvero la smettano di shipparci, per quanto mi riguarda, se per una volta ci siano noi al posto di Jotaro e Kakyoin che si giurano amore eterno non cascherà il mondo. Suvvia, hanno quarantanove storie sulle quali fantasticare»
«Wow, che aplomb, io avrei detto loro di andare a farsi fott-»
«Polnareff!»
«Oh, scusa, niente politicamente scorretto» si scusò Polnareff «se parlo troppo addio recensioni positive. Andiamo a mangiare? Offro io»
«Volentieri!» rispose Abdul.

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Capitolo 11
*** Ricordi ***


11. Ricordi
(Head)canon

 

 

Ci sono tante domande che Jolyne vorrebbe porre a suo padre da quando ha letto il disco contenente i suoi ricordi. Molte di queste riguardano la sua vita quotidiana, gli affetti, com’era essere un adolescente negli anni ottanta. La priorità dovrebbe andare alle reali intenzioni di padre Pucci, ma la sua parte meno razionale le dice che è normale volerne sapere di più sulla vita di un genitore che più che un uomo le è sempre sembrato una fortezza impenetrabile.
Papà, chi era il ragazzo che ho visto con te in Medio Oriente? Gli volevi bene come vuoi bene a me e alla mamma? Perché quando ripenso a come vi guardavate mi verrebbe da piangere? Sarei nata lo stesso se non fosse morto?
Non esistono risposte, e forse – sicuramente – è giusto così.
La fortezza rimarrà impenetrabile per sempre.
E cioè fino al 21 marzo 2012.

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Capitolo 12
*** Hatsuhinode – Buon 1990 ***


12. HatsuhinodeBuon 1990
What If?

 

 

Il chiacchiericcio delle famiglie appostate a poche decine di metri funge da piacevole brusio. Protetti dalla loro stessa solitudine di anime emarginate, defilati, due ragazzi attendono la prima alba dell’anno nuovo seduti sulla spiaggia. A separarli un paio di stampelle e un omamori confezionato alla bell’e meglio con il tovagliolo degli onigiri.
«Jojo?» si sente nel buio.
«Mh?»
«Ci pensi che l’anno scorso eravamo dall’altra parte del mondo e giocavamo a fare gli eroi?».
Il più piazzato dei due fa schioccare la lingua sul palato.
«Giocare?» con un sopracciglio inarcato, il piazzato lo guarda male, anzi malissimo «Ci stavi rimettendo la pelle, mi hai fatto perdere dieci anni della mia vita».
Silenzio. Dichiarazioni così spiazzano se vengono da uno con la faccia da criminale. In effetti, visti da fuori, somigliano a due scarpe di due paia differenti messe vicine dalle mani capricciose di un bambino.
«Jotaro io...»
«Non lo ripeterò ancora»
«Non devi, non è necessario. Ci promettiamo di non farci più perdere anni di vita a vicenda?»
«Promesso. A proposito, quell’omamori...»
«È un segreto!».
Il criminale sorride.
«Hai ragione, è un segreto».

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Capitolo 13
*** Croccantini ***


13. Croccantini
Cats AU

 

 

Tenmei è sempre stato un gatto educato e abitudinario. Va d’accordo coi bambini del vicinato ma non socializza mai con gli altri gatti, siano essi domestici o di strada. Lo si vede spesso seduto a osservare lo scorcio di via dalla finestra e se non fosse per la coda rossa che di tanto in tanto agita al passaggio di una bicicletta o del postino lo si potrebbe scambiare per una statua.
Da qualche giorno, però, ha assunto un comportamento alquanto strano: pesca dalla ciotola alcuni croccantini ed esce in giardino con la bocca piena in attesa di chi, ancora, non si sa.
I bambini, però, giurano di averlo visto in compagnia di un grosso randagio bianco e nero dall’aria minacciosa che girovaga nel quartiere da un po’ di tempo; nessuno sa da dove provenga, ma una cosa è certa: quando incontra il suo nuovo amico rosso la sua aria minacciosa va via.
Si dice anche che i bambini lo abbiano chiamato Jotaro perché somiglia a un teppista e che abbia imparato a voltarsi quando sente quel nome. Il cibo riesce a procacciarselo senza problemi, ma non rifiuta mai i croccantini di Tenmei.
Se ti capitasse di vedere un gatto rosso e un gatto bianco e nero giocare per strada sorridi e non disturbarli: portano fortuna ai passanti.

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Capitolo 14
*** Vero o falso? ***


14. Vero o falso?
What if?

 

 

Avete presente il cliché cinematografico del protagonista che sputa la propria bevanda di fronte a un’affermazione o a una domanda improvvisa e spiazzante?
È quello che è accaduto a Jotaro e al suo tè mentre era seduto al bar assieme a Kakyoin, Josuke e Okuyasu.
Quest’ultimo aveva aggrottato la fronte, guardato intensamente Josuke in faccia e poi rivolto a Kakyoin la fatidica domanda, così, dal nulla, con l’innocenza di un cinquenne:
«Per me avete la faccia di due che sono stati assieme».
Kakyoin aveva appoggiato il mento sul dorso della mano, mentre Jotaro aveva innaffiato la terza pagina del quotidiano.
«Ha! Visto che ho indovinato?!» aveva esclamato Okuyasu a un Josuke più arrabbiato che incredulo «Sgancia la grana, ho vinto la scommessa!»
«Ma non hai ricevuto nessuna risposta!» aveva rimbeccato Josuke.
«Il signor Jotaro ha sputato il tè come si fa nei film e io ho imparato che quando succede il personaggio ha qualcosa da nascondere! Ho ragione io e basta» aveva concluso Okuyasu incrociando le braccia al petto trionfante.
«A essere onesti» si era – finalmente – intromesso Kakyoin «affermare di essere stati assieme può indicare un sacco di cose… Cosa intendete esattamente con “essere stati insieme”?».
Attimi di panico nell’espressione di Jotaro e di arrovellamento cerebrale nelle teste di Josuke e Okuyasu.
«Non lo so» aveva avanzato Josuke «Baciarsi o cose così…»
«Ma noi non ci siamo baciati» aveva detto prontamente Kakyoin.
«Ah, no?»
«Abbiamo dormito nello stesso letto quando avevamo la vostra età»
«Ah! E poi?»
«E poi basta» Kakyoin si era alzato, aveva porto un fazzoletto a Jotaro ancora congestionato e se n’era andato non prima di aggiungere «pensate sia accaduto altro?».
Josuke e Okuyasu si erano guardati ancora in faccia, ancora più confusi di prima. Quella non risposta aveva funto da stallo.
Jotaro aveva continuato a non profferire parola. Certo era che Okuyasu aveva dimostrato di essere talmente stupido da diventare incredibilmente intelligente.
«Quindi è vero o falso che siete stati assieme?» aveva rincarato Josuke.
Cinque secondi netti e Josuke era stato bloccato nel tempo di una risposta che non sarebbe mai arrivata. Perché infatti, quando il tempo aveva ripreso a scorrere Jotaro era scomparso e al suo posto vi erano i soldi della consumazione.
«Uffa, non saprò mai se ho vinto la scommessa» era stato il commento di uno sconsolato Okuyasu.

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Capitolo 15
*** Convalescenza ***


15. Convalescenza
What If?

 

 

Kakyoin si sente ancora uno schifo per quello che ha passato, ma per grazia degli ossimori non si è mai sentito tanto meglio in vita sua. Sul comodino della sua camera ospedaliera c’è una torta alla ciliegia fatta dalle mani sante della signora Holly e alla finestra un Jotaro che sembra stia raccogliendo tutte le forze per non scoppiargli a piangere davanti. Durante quei mesi di convalescenza aveva intuito che dentro di lui la felicità di vederlo vivo e la ritrosia verso qualunque forma di manifestazione affettiva facevano a botte e che nessuna delle due riusciva a prevalere sull’altra. Dopotutto si parla di Jotaro, quindi verrebbe da pensare che sia normale una reazione del genere.
«Jotaro!» esclama a un tratto l’allettato.
Quello si volta a guardarlo. Sembra impassibile, ma Kakyoin sa che si sta sforzando da morire.
«Ci pensi che quando mi dimetteranno andremo a scuola assieme?» Kakyoin abbozza un sorriso «Non ti sembra una bella cosa?».
Certo che è bella, ma fino a quel momento non aveva mai pensato lo fosse così tanto.
«Sarà stupendo» sente dire da Jotaro «Ma prova a morire di nuovo e ti ammazzo io stesso»
«Lo prometto»
«Bene»
«Jotaro» chiama ancora Kakyoin prima che l’amico torni alla finestra.
«Mh?»
«Non so come andrà a finire tra noi ma… non so se lo sai, ma sarai per sempre una delle persone più importanti della mia vita».
La visiera del cappello nasconde prontamente il volto. Le emozioni scaturite da quella dichiarazione rimarranno per sempre in quella stanza.

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Capitolo 16
*** Giudizio ***


16. Giudizio
(Head)canon

 

 

Se io mi tagliassi la gola col rasoio, quale sarebbe il tuo giudizio?
È un pensiero che faccio di frequente, complice, forse, gli eventi accaduti a Morio. Dimmi, Tenmei (solo nella mia mente mi permetto di chiamarti così): se io la facessi finita quale sarebbe il tuo giudizio?
È vero, ho una figlia a cui pensare. Ma mi ritrovo a credere che forse vivrebbe meglio senza il peso morto di un padre che non conosce. Penso anche che un po’ vi invidio, te Abdul e Iggy. Siete morti per una causa che avete fatto vostra e per consentirmi di vivere la migliore delle vite possibili. Permettimi di dirti che questa non la chiamo affatto vita.
Quindi. Se io mi tagliassi la gola col rasoio, quale sarebbe il tuo giudizio? Mi prenderesti a pugni per dissuadermi o mi abbracceresti come fa un un amico? A volte mi sembra di vederti giudicarmi dal riflesso dello specchio, sempre composto e con al massimo un accenno di biasimo che ti piega le labbra. Credo tu ti sia fatto un’idea sbagliata di me. Mi avrai visto come un eroe, come il primo vero amico o qualcosa di più, ma so di certo che per quei pochi giorni in cui abbiamo condiviso la parte più bella delle nostre esistenze tu mi abbia visto come una roccia alla quale aggrapparsi. Mi dispiace infrangere questa immagine che hai di me.
Te lo chiederò un’ultima volta, anche se non lo farò: se io mi tagliassi la gola col rasoio, quale sarebbe il tuo giudizio?

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Capitolo 17
*** Apnea ***


17. Apnea
(Head)canon

 

 

Kakyoin cerca di mantenere il respiro regolare. Da quando si è posizionato sotto Jotaro non ha più spiccicato parola e adesso sembra rivolgere i propri sforzi sulla respirazione e su quello che c’è nelle mutande del partner. Jotaro piega il capo di lato, gli sbuffi d’aria sul suo collo si fanno più affannosi. È arrivato il momento di stuzzicarlo.
«Nori?»
«Mh?»
«Tutto bene?»
«Mh-mh»
«Sei silenzioso» Jotaro soffoca una risata nell’incavo del collo di Kakyoin «perché non mi sciorini una di quelle cazzate che hai letto in qualche libro… ? Ahi!».
Jotaro si copre la bocca con la mano mentre Kakyoin sbuffa e gli rivolge un sorrisetto di sfida: gli ha appena mollato un pizzicotto sul gluteo sinistro a mo’ di “vaffanculo” non verbale perché è stato disturbato durante la sua esplorazione nell’intimo di Jotaro.
«Dall’altro lato c’è Polnareff, deficiente!» gli soffia nell’orecchio, o, per meglio dire, gli getta la testa sul petto e scoppia a ridergli addosso, nessuno dei due vuole che Polnareff venga a sapere cosa sta accadendo al di là della parete di cartongesso che divide le due camere, ma allo stesso tempo deve ammettere che è ancora più divertente fare petting col rischio di essere scoperti. E Kakyoin sta regolando il respiro perché teme che un gemito possa arrivare a orecchie indiscrete.
Jotaro solleva nuovamente la testa mentre Kakyoin è ancora occupato a esplorargli l’interno coscia, gli prende il mento con una mano e gli tappa la bocca con la sua senza tante storie.
La sorpresa lascia subito spazio a un sospiro di voluttà. Anche limonare duro cercando di fare meno rumore possibile è dannatamente difficile.
Kakyoin vorrebbe staccarsi per prendere fiato, ma Jotaro gli serra la testa con entrambe le mani, vuole vedere quanto resiste senza prima cacciare un lamento.
Lo sente divincolarsi sotto di lui, le mani che non smettono di strofinare sull’erezione di Jotaro, a quanto pare è diventata una gara.
A Jotaro inizia a mancare l’aria, ma cazzo se si sta divertendo.
Morissero adesso, sarebbe il lieto fine più bello del mondo.

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Capitolo 18
*** In taverna ***


18. In taverna
Dungeon & Dragons AU

 

 

L’intenzione di Jotaro era semplice: arrivare in taverna, cercare il mago mezzelfo, convincerlo a usare i propri poteri curativi sulla malattia della madre e risolvere la faccenda nel giro di massimo una giornata. Invece sta falciando le teste dei soliti troll inviati da Dio Brando con la conseguente distruzione di tavoli e sedie.
Mentre sente l’oste imprecare da dietro il bancone, con la coda dell’occhio ha notato che qualcun altro è rimasto in taverna a combattere: si muove in maniera aggraziata e dalle dita affusolate evoca dei tentacoli di luce verde che usa per afferrare i colli dei troll e spezzargli le ossa.
Durante una specie di attacco combinato si ritrovano schiena contro schiena circondati dagli ultimi superstiti.
«Voi dovete essere Jotaro Kujo!» il mezzelfo afferra una mazza vacante e la usa per spaccare il cranio al troll più vicino «Che piacere incontrare il principe del regno in una stamberga da due soldi!»
«Piacere di conoscerti, cercavo proprio te!» Jotaro trafigge l’ultimo troll con la spada. Quando lo vede stramazzare a terra estrae l’arma dal corpo e si volta verso quell’alleato sconosciuto: le orecchie a punta e i capelli rossicci corrispondono alla descrizione, inclusi quei curiosi orecchini a forma di ciliegia.
«Tu devi essere Noriaki Kakyoin, giusto?»
«Giusto, vostra altezza…? Devo chiamarvi così?»
«No, lascia stare» si affretta a dire Jotaro «non inchinarti e non chiamarmi vostra altezza, d’accordo? Ho bisogno del tuo aiuto»
«Ottimo, di che si tratta?» Kakyoin gli rivolge un sorriso. Da quel che Polnareff aveva scoperto, aveva sempre lavorato in solitaria e non si era mai unito a nessuna gilda.
«Te lo dirò strada facendo» risponde il principe rinfoderando la spada. Non sapevano che quella sarebbe stata la missione più lunga e faticosa della loro vita.

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Capitolo 19
*** Impressione (reprise) ***


19. Impressione (reprise)
(Head)canon

 

 

Kakyoin sente sempre lamentare il signor Joestar sui modi bruschi di Jotaro, dice che vorrebbe fosse più gentile col prossimo, ma a quanto pare il nipote non ha intenzione di ascoltarlo. Ciò si discosta però dal modo con cui Jotaro tratta lui. Lasciando perdere il loro primo incontro non lo ha mai trattato con sgarbo, tutt’altro: sempre gentile e disponibile, addirittura lo ha anche visto sorridere.
Non sa se gli altri se ne siano accorti, ma Kakyoin ha l’impressione che Jotaro si trovi a proprio agio quando c’è lui nei paraggi.
Sarebbe del tutto normale se non fosse per la vocina interiore che gli tormenta il sonno. Sarà stata quella a suggerirgli di condividere la stanza assieme.
Potrebbe essere qualcosa di più.
La sua è soltanto generosità, mi ha salvato la vita e null’altro.
E ti sembra poco?
Una mano gli stringe la spalla. È una sensazione che gli trasmette sicurezza e anche qualcos’altro.
«Tutto bene?» gli domanda Jotaro. È sinceramente preoccupato di vederlo sovrappensiero.
Dio mio, sei un tesoro.
«Sì, tutto bene, grazie».

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Capitolo 20
*** Nostalgia ***


20. Nostalgia
(Head)canon

 

 

Jotaro guarda Josuke e i suoi amici e pensa a quanto non si rendano conto della fortuna che hanno. Le risate e le pacche sulla schiena sono le stesse che si scambiava con loro durante il suo viaggio per l’Egitto.
Sente Okuyasu esclamare a voce alta dichiarazioni di amore platonico nei confronti di Josuke e un po’ rimpiange di non averlo fatto anch’egli quando ne aveva l’opportunità.
Ma va, non lo avresti mai fatto. Non ti basta aver dato un senso alla mia vita? Gli domanderebbe qualcuno.
No, non gli basta.
La nostalgia ha preso il posto della rabbia, ma la colpa di essere sopravvissuto non andrà mai via.
Te l’ho mai detto che sei un ragazzo affidabile? Dice tra sé guardando Koichi – ammesso stia guardando veramente lui.
No, ma va bene così. Me l’hai fatto capire.

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Capitolo 21
*** Criminali ***


21. Criminali
(Head)canon

 

 

Kakyoin quasi incespicò sull’ultimo gradino e si aggrappò a Jotaro per non cadere: il dawamesc che Joseph gli aveva offerto stava facendo effetto ed era chiaro che non sarebbe tornato in sé fino all’indomani.
«Scusa» ridacchiò «scusami, oddio… questa roba è forte, fortissima».
Jotaro non commentò, lo avrebbe fatto in separata sede con quell’idiota di suo nonno. Gli cinse la vita con un braccio e lo condusse in camera, dove si sarebbe addormentato immediatamente considerato lo stato in cui riversava.
«Ma ci pensi che adesso sono un criminale?» proseguì Kakyoin «Lo sai che quella roba è illegale negli Emirati Arabi? E se ci arrestano? E se ci bocciano a scuola per questa violazione?»
«Se resti in silenzio nessuno si accorgerà di niente» Jotaro armeggiò con la serratura e, finalmente, aprì la porta «adesso ti sdrai e ti fai una bella dormita, d’accordo?»
«D’accordo» Kakyoin tirò su col naso e si strinse ancora di più al gakuran di Jotaro «dopo questo viaggio non ci separeremo più, vero?»
«Ti facevo più intelligente di così» disse Jotaro abbozzando un sorriso.
Kakyoin lo guardò interdetto.
«Cioè?»
«Siamo già inseparabili, pezzo di scemo» spiegò l’altro nel tentativo di liberarsi dalla stretta del compagno «qualsiasi cosa succederà».
La risposta che ricevette Jotaro furono le labbra di Kakyoin premute contro le sue. Dacché anche lui aveva masticato un po’ di hashish gli parve che il tempo si fosse improvvisamente dilatato. Stettero in quel modo, ad accarezzarsi le lingue arse dalla sete, fino a quando Kakyoin si staccò non senza prima avergli dato un piccolo morso al labbro inferiore.
«Adesso anche tu sei un criminale» ridacchiò ancora mentre scioglieva l’abbraccio «qui non sono ammessi nemmeno gli atteggiamenti omosessuali, come ti fa sentire la cosa?».
Jotaro provava tante di quelle emozioni al momento che gli risultò difficile esprimersi a dovere, pertanto ribatté nell’unico modo che gli era congeniale:
«Sei proprio un nerd del cazzo».
Kakyoin rise ancora.
«Un nerd criminale!».

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Capitolo 22
*** Momento ***


22. Momento
(Head)canon

 

 

Quanto avevano atteso per un momento come quello?
L’uomo e il ragazzino seduti all’ombra del ciliegio ne avevano una vaga percezione, ma non erano intenzionati a parlare del loro passato terrestre trascorso lontano l’uno dall’altro. Il ragazzino indossava il cappotto e il cappellino dell’uomo e si stava prodigando in una sua imitazione molto buffa, poiché le maniche erano così larghe che a stento riusciva a rimboccarle sopra le mani sottili.
L’uomo avrebbe voluto dirgli che conciato così sembrava uno scemo, ma vederlo finalmente comportarsi da diciassettenne gli restituiva un senso di pace tale che fare qualsiasi commento avrebbe rovinato tutto. Il fatto che fossero morti non significava che dovevano essere anche tristi.
Il ragazzino gli rivolse un sorriso di complicità e poi gli rificcò il cappello in testa. Non lo avrebbe mai ammesso, ma rifugiarsi nel cappotto di quello che un tempo è stato, e sarebbe stato per sempre, l’uomo più importante della sua esistenza era un desiderio che voleva realizzare da quando aveva lasciato il mondo dei vivi.
L’uomo e il ragazzino risero assieme, nessuno li avrebbe più separati.
Quanto avevano atteso per un momento come quello? 

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Capitolo 23
*** Stella ***


23. Stella
(Head)canon

 

 

Quando si è piccoli la città appare come un mondo gigantesco tutto da esplorare, o perlomeno questa è la sensazione che prova Noriaki da quando si è trasferito a Tokyo. La solitudine tornerà presto a fargli visita, ma adesso è troppo occupato a contemplare la novità per badarle come si deve.
I parchi cittadini non hanno niente a che vedere con le piccole piazze della provincia, e forse è per questo che per la prima volta non si sente triste nel vedere un gruppo di coetanei giocare a palla; il più robusto di loro la calcia con po’ troppo entusiasmo e viene spedita fuori dalla portata dei compagni per finire ai piedi di Noriaki. Lui la prende e fa per lanciarla verso il gruppo, non intende scambiare nemmeno una parola con loro.
Il bambino responsabile dell’incidente, però, gli si avvicina prima che lui possa evocare il suo fantasma verde. Non ha il tempo di guardarlo negli occhi, però ha notato la zazzera nera e una voglia a forma di stella fare capolino dal retro della maglietta. Prende la palla, si affretta a dire «Arigatou» e torna a giocare come se niente fosse.
Noriaki fa sparire il fantasma verde e torna a essere il bambino invisibile che ha sempre voluto essere. Presto dimenticherà quell’episodio, ma non ha idea che tra qualche anno rivedrà nuovamente quella stella.

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Capitolo 24
*** Ultima matrimoniale ***


24. Ultima matrimoniale
(Head)canon

 

 

L’ultima matrimoniale disponibile dell’albergo era illuminata fiocamente dalla fiammella di Abdul che, al centro del materasso, leggeva un libro per combattere l’insonnia. Jotaro, sdraiato sull’estremità destra, non sapeva se lui si fosse accorto del fatto che a non dormire fossero in due, ma preferiva lasciare intendere che stesse dormendo e quindi faceva attenzione a non farsi scoprire.
Kakyoin gli dormiva accanto con la testa appoggiata sulla spalla, composto come sempre anche durante il sonno. Tra le braccia stringeva un cuscino e sul volto aveva dipinta l’espressione beata di chi riusciva a riposare per la prima volta dopo tanto tempo. Era talmente stanco che nemmeno il russare di Joseph dall’altro capo del letto lo disturbava.
Ci sono poche esperienze più intime del condividere una dormita sullo stesso letto concedendosi al contatto fisico senza provare imbarazzo, e Dio solo sapeva quanto Jotaro si stesse godendo quel momento.
Kakyoin si mosse debolmente nel sonno e incastrò la testa nell’incavo del collo di Jotaro; trasse un respiro profondo e mugolò appena.
Sei dannatamente adorabile, pensò Jotaro.

 

 

***

 

 

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Capitolo 25
*** Biglietto ***


25. Biglietto
What If?

 

 

Kakyoin stava rificcando i libri in fretta e furia nella borsa, non voleva che un certo qualcuno scoprisse cosa gli aveva lasciato nell’armadietto mentre si trovava ancora a scuola. Il giorno di San Valentino sapeva essere davvero crudele, ma se visto nella giusta prospettiva poteva trasformarsi in un’occasione perfetta per fare uno scherzo innocente.
Chiuse alla bell’e meglio la cartella e fece per uscire dall’aula ma, appena messo piede in corridoio, avvertì una presenza violacea, iridescente, ma soprattutto minacciosa pronta a placcarlo per dargli una lezione.
«Cazzo, mi ha scoperto!» Kakyoin non fece in tempo a evocare lo Ierofante che Jotaro lo raggiunse, sul volto l’inequivocabile espressione furiosa di chi vuole tanto scambiare carezze maschili – leggasi botte – con lui.
«Credevi che non me ne sarei accorto?» gli domandò lui mentre in mano teneva un biglietto con sopra disegnati un delfino e un cuore.
«In mezzo a tutte le lettere che ricevi ogni quattordici febbraio, sì» ammise Kakyoin divertito o spaventato, o forse entrambe le cose «dai, non puoi essertela presa per un biglietto innocente!».
A quell’affermazione, Jotaro sorrise.
«Te la ricordi l’ultima volta che ci siamo picchiati?»
«Un’esperienza meravigliosa!» cinguettò Kakyoin «Ma che considero molto intensa, per cui perdonami se quest’oggi declinerò l’invito, potresti sfruttare la giornata per uscire con una delle ragazze che ti hanno inviato tutti quei messaggi»
«Oggi l’appuntamento romantico sarà tra i miei pugni e la tua faccia» Jotaro continuò ad avanzare verso la sua vittima «e per la cronaca, il tuo è l’unico biglietto che ho conservato, gli altri non li ho nemmeno aperti perché li ho gettati subito nell’immondizia»
«Sono lusingato!» Kakyoin arretrò di qualche passo «Sono veramente lusingato, non credevo serbassi così tanto affetto nei miei confronti»
«Temmei?» disse Jotaro.
«Dimmi Jojo» rispose Kakyoin.
«Corri».
Kakyoin non se lo fece ripetere due volte.

 

 

 

***

 

 

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Capitolo 26
*** Orecchini ***


26. Orecchini
(Head)canon

 

 

Jotaro è un ragazzone grande e grosso che incute timore solo a guardarlo, ha girato il mondo scansando pericoli di ogni genere e ha ucciso un vampiro centenario che ha attentato alla vita di sua madre e della serenità del genere umano, eppure non riesce a guardare in faccia la donna con la quale sta parlando Joseph. Tiene lo sguardo basso perché si vergogna di essere ancora vivo mentre il figlio di lei è dentro un’urna cineraria. Vorrebbe scomparire perché, se è vero che le sue azioni sono assimilabili alle imprese di un eroe, lui eroe non vuole proprio esserlo.
Il nonno si congeda dalla donna e lo prende per un braccio per tirarlo in disparte. Lui lo segue placido, non vuole litigare, non vuole alzare la voce, non vuole fare proprio niente. Vuole solo sparire.
«Sua madre mi ha dato questi» Joseph schiude la mano vera per rivelare un paio di orecchini a forma di ciliegia «le ho raccontato di quella volta che ve li eravate scambiati per sbaglio e crede sia giusto li tenga tu».
Jotaro vorrebbe rifiutare, ma non riesce a opporsi perché la sua forza di volontà si sta leccando le ferite. Si limita pertanto a prenderli e a guardarli nella speranza che il ricordo del suo proprietario riesca ad accendere anche solo una scintilla di rabbia. Vorrebbe vomitare tante di quelle parole che non basterebbe una giornata, ma, come al solito, è tutto spento.
La mente tribola, il corpo tace.
Gli orecchini riflettono la luce delle candele.

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Capitolo 27
*** Siete voi la AvPol? ***


27. Siete voi la AvPol?
Goose AU

 

 

«E tu che vuoi?».
Jotaro guardava l’oca che si era appostata al tavolino dove stava consumando una torta di mele assieme a Kakyoin e non capiva da dove venisse; ma soprattutto non capiva perché portasse con sé un coltello nel becco. Se ne stava lì, scodinzolante e silenziosa, probabilmente in attesa di qualcosa che solo lei conosceva.
«Oh, ciao Gina» la salutò Kakyoin «chi devi fare appaiare oggi?».
L’oca scodinzolò ancora più energicamente ed emise un “quack” di contentezza.
«La conosci?» gli chiese Jotaro.
«Chi non conosce Gina?» disse l’altro come se stesse parlando dell’ovvio.
«Io, per esempio» rispose laconico Jotaro.
Kakyoin sospirò.
«Lasciamo perdere… lei non è qui per noi, puoi stare tranquillo, è qui per Abdul e Polnareff».
Lo sguardo di Jotaro si spostò da Kakyoin all’oca.
«Ma...»
«Lo so, questa raccolta è dedicata a noi, ma a Gina non importa niente dei tag riportati sotto i titoli delle fanfiction, quando arriva bisogna accettare il destino che ha scelto per i malcapitati».
«Ah» Jotaro si grattò la testa e pensò di sentirsi molto stupido a trovarsi in quella situazione.
«Quindi cosa facciamo?»
«Ce ne stiamo qui e osserviamo Gina che fa accoppiare Abdul e Polnareff» rispose Kakyoin «tu cosa vorresti fare?»
«Io? Niente» Jotaro fece spallucce «Ma pensi che i diretti interessati saranno d’accordo?»
«La consensualità non è mai stata prerogativa di Gina» Kakyoin si portò un pezzo di torta in bocca e osservò l’animale allontanarsi per compiere la propria missione «non è adorabile?»
Jotaro arricciò un labbro.
«Dannatamente adorabile».

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Capitolo 28
*** La quiete dopo la tempesta ***


28. La quiete dopo la tempesta
Everybody Lives AU

 

 

Seduto sul futon concessogli da Holly, Kakyoin osservava con un misto di tenerezza e divertimento Jotaro venire assalito dalle premure di sua madre, tornata più in forze di prima e pronta a riempire il figlio convalescente di baci e abbracci.
«Tesoro, stasera la mamma vi preparerà una cena speciale per festeggiare il vostro ritorno! Ditemi quali sono i vostri piatti preferiti ed esaudirò le vostre richieste!» esclamò la donna rivolta a entrambi prima di lasciare la stanza canticchiando.
Kakyoin poggiò il mento su una mano e si godette le guance infuocate di Jotaro, il quale, non fosse stato per il tutore al braccio, avrebbe evocato Star Platinum per riempirlo di mazzate.
«Ridi e ti ammazzo» grugnì quello, puntandogli l’indice della mano libera.
«Sono sopravvissuto a un vampiro, figurati se ho paura di te» rispose Kakyoin serafico.
Jotaro si ammutolì. Non lo aveva espresso a parole, ma era evidente fosse contento di come erano andate le cose.
«Non vedo l’ora di studiare insieme a te!» riprese Kakyoin entusiasta, mentre le gote di Jotaro tornavano ad arrossire. 

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Capitolo 29
*** Pornografia della morte ***


29. Pornografia della morte
(Head)canon

 

 

Avete presente quei pezzi di carne da bestiame che giacciono un po’ patetici dietro le vetrine del macellaio? Quelli che, a volte, trovi anche appesi agli uncini e non pensi che appena qualche ora prima appartenevano a esseri viventi che camminavano, pensavano e guardavano il mondo?
A Jotaro il paragone infelice era ingiunto alla mente osservando il braccio scomposto di Kakyoin che fuoriusciva dal lenzuolo sotto il quale era stato posto. Un pezzo di carne – perché questo era, un pezzo di carne – che nulla aveva da spartire col ragazzo che mai al mondo si sarebbe fatto vedere in quella posizione sgraziata. Era come guardare un’immagine pornografica con la morte quale protagonista: qualcosa di sbagliato e pietoso ma irrimediabilmente esistente.
Un operatore entrò in obitorio e sistemò il braccio sotto il lenzuolo, togliendolo alla vista morbosa dei vivi. Adesso, anche se celata, la morte continuava ancora a sedurre con le sue volgarità.
Jotaro trattenne un conato di vomito.

 

 

 

***

 

 

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Capitolo 30
*** Fidanzato ***


30. Fidanzato
What If?

 

 

Jotaro teneva in mano la bottiglia di vino che Kakyoin e Marina si erano scolati mentre lui era fuori a sbrigare delle faccende. Quando quei due rimanevano da soli con dell’alcol in giro potevano solo accadere eventi privi di logica, ed era ciò che stava accadendo in quel preciso momento.
«Volevo solo dirti» annunciò solennemente la moglie «che ti ho appena trovato un fidanzato».
Il fidanzato, cioè Kakyoin, sorrise come un ebete a Jotaro e sventolò la mano.
«Io non voglio un fidanz-» iniziò Jotaro. Poi, come al rallentatore, si rese conto dell’assurdità di quella conversazione e alzò la voce di un tono «non sono gay!»
«Sì, lo sei» replicò Marina «guardati, ti comporti da tale»
«Ti comporti da tale» ripeté Kakyoin.
«Ma pensa» Jotaro si picchiò una mano sul volto; lo sapevano anche i muri che Kakyoin non reggeva nemmeno un bicchiere di birra e che quando diventava ubriaco aveva la tendenza fastidiosa di ripetere qualunque frase ascoltasse.
«Ma pensa» ripeté Kakyoin.
«E comunque non sono gay» disse Jotaro a Marina.
«E comunque non sono gay».
Jotaro sospirò.
«Vi odio»
«Vi odio».

 

 

***

 

 

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Capitolo 31
*** Pallette di pelo ***


31. Pallette di pelo
Hamsters AU

 

 

«Qui, piccolino del nonno, vieni q- ahi! Mi ha morso! Perché non sei buono e gentile come Kakyoin, eh? Sei sempre il solito teppista anche trasformato così»
«Sarebbe meglio non provocarlo, non credo gli faccia piacere essere ridotto in questo stato»
«Io li trovo carini, chissà se anche i loro Stand hanno cambiato forma».
Joseph, Abdul e Polnareff sedevano a gambe incrociate sullo stesso letto d’albergo e contemplavano i due membri più giovani del gruppo tramutati in criceti da un portatore Stand inviato da Dio. Se Kakyoin guardava spaesato i tre rimasti illesi e sembrava attendere pazientemente che l’effetto dell’attacco svanisse, Jotaro era un concentrato di ira e squittiva verso qualsiasi dito osasse avvicinarsi a lui.
«Il potere dovrebbe svanire tra circa mezz’ora» aggiunse Polnareff guardando l’orologio alla parete «abbiamo recuperato i loro abiti?».
Abdul indicò la poltrona ai piedi del letto ricoperta di stoffe nere e verdi e trasse un sospiro.
«Ci pensate che quando torneranno umani saranno… ?»
«Nudi come vermi?» sghignazzò Polnareff «Ahia! Jotaro, ma che fai?»
«Il fatto che sia un criceto non significa che non capisca quello che diciamo» puntualizzò Joseph «però l’idea che saranno nudi come vermi fa ridere anche me».
Abdul roteò gli occhi al cielo.
«Sento che vi spaccheranno la faccia, per cui mi tiro indietro e vi accollo la responsabilità delle vostre affermazioni»
«Picchiati con onore da un criceto» Polnareff tirò lesto il dito col quale stava pungolando Kakyoin per evitare un altro morso.
Joseph recuperò la Polaroid e fece qualche scatto ai criceti «queste vengono con me a New York! Suzie riderà un sacco quando vedrà suo nipote trasformato in palla di pelo!».
Jotaro gli si avventò contro e gli morse il mignolo della mano vera.
«Ahia! La vuoi smettere, piccolo demonio che non sei altro? Se non la pianti ti chiudo nel tuo pacchetto di Marlboro!».
Abdul alzò di nuovo gli occhi al cielo. I lividi, a quei due sprovveduti, non li avrebbe medicati.

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Capitolo 32
*** In fondo alla mente ***


32. In fondo alla mente
(Head)canon

 

 

C’è chi giudicherebbe bizzarro pensare che due ragazzi possano provare attrazione l’uno per l’altro e chi, invece, le bizzarrie le ha praticamente combattute e quindi ha, per forza di cose, una visione del mondo meno giudicante.
Era ciò che passava per la mente dei due liceali del gruppo chiusi nella loro camera d’albergo intenti a pomiciare sulla poltrona come se l’indomani il mondo dovesse finire, perché il (loro) mondo poteva veramente finire e il fatto che le loro vite fossero perennemente in pericolo c’entrava solo a metà. Anche supponendo fossero entrambi sopravvissuti al viaggio, rimaneva l’incognita del giudizio degli altri giapponesi sul loro tipo di rapporto. Come l’avrebbero presa i loro genitori? E i coetanei? E i nonni? Porca miseria, uno dei loro nonni stava russando nella camera accanto ad appena pochi metri di distanza, del tutto ignaro delle attività notturne del suo amato nipote.
Insomma, non erano soltanto portatori Stand, erano anche deviati. Era così che venivano chiamati quelli come loro?
Il più minuto dei due, quello che stava a cavalcioni, staccò le labbra da quelle dell’altro e trasse una boccata d’aria. Farsi prendere dall’ansia proprio in quel momento non aveva senso. Per una volta voleva godersi l’attimo senza pensare alle conseguenze.
Il più massiccio dei due si alzò dalla poltrona e si caricò in spalla l’amante (amante? Amico? Fidanzato? Boh) stavolta non per chiacchierare di vampiri e germogli di carne.
Le conseguenze delle loro azioni sarebbero riemerse dal fondo della loro mente, ma non era quello il momento.
Tuttavia, per uno dei due non sarebbe mai arrivato.

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Capitolo 33
*** Contronatura ***


33. Contronatura
What If?

 

 

Kakyoin provò a inghiottire un boccone di riso che aveva masticato con fatica e lo sputò subito dopo con visibile disgusto. Per quanto si sforzasse di fare ciò che lo rendeva vivo la sua nuova condizione gli ricordava costantemente che non era più possibile tornare indietro. Era il prezzo da pagare per avere avuto la sfacciataggine di essere sopravvissuto a una trasfusione del sangue di Dio Brando.
«Direi che questa possiamo toglierla».
Col tono di chi riserva la propria pazienza a pochi intimi, Jotaro, tolse la ciotola di riso dalla vista di Kakyoin e diede un’occhiata fugace al minifrigo riempito di sacche di sangue ospedaliero intonse.
«Jojo» mormorò Kakyoin.
«Dimmi»
«Tornerò come prima? Tornerò a vedere la luce del sole?».
Jotaro chinò il capo, incapace di formulare una risposta soddisfacente. No che non poteva tornare come prima, non era possibile. Era semplicemente contronatura. E tuttavia non poteva permettere che Kakyoin si lasciasse morire di fame, non se lo sarebbe perdonato.
Si diresse in cucina per tornare subito dopo con un coltello.
«Che vuoi farci con quello?» domandò Kakyoin con un’espressione a metà fra la sorpresa e la costernazione.
Ancora una volta, Jotaro non rispose. Quel che fece fu piantagli gli occhi nei suoi e lasciare scorrere la lama sul braccio.
Dal silenzio emerse il ringhio di una bestia affamata. Prima che se ne rendesse conto, Jotaro venne scaraventato a terra con forza sovrumana e due canini affilati penetrarono nel braccio ferito.
Che fosse paura o eccitazione, era il giusto martirio che doveva affrontare un sopravvissuto.

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Capitolo 34
*** Desiderio ***


34. Desiderio
(Head)canon

 

 

Dallo scorcio di cielo offertogli dalla finestra della propria cameretta, un bambino e il suo fantasma verde catturano con la vista una stella cadente. Il bambino guarda il fantasma e poi rivolge un’altra occhiata alla finestra, chiude intensamente gli occhi ed esprime il desiderio di incontrare, prima o poi, un amico accompagnato anch’egli da un fantasma. Un amico leale a cui affidarsi, al quale affiderebbe tutto sé stesso e con cui affrontare mille avventure, un po’ come accade nei romanzi di avventura e nei manga.
Prima o poi, dice tra sé il bambino, un altro come lui dovrà pure incontrarlo. Che sia tra dieci giorni o dieci anni, attenderà pazientemente e fino ad allora continuerà a fare preoccupare i genitori con la sua esistenza solitaria.
Se solo gli altri sapessero quant’è la voglia in corpo di fare amicizia col prossimo.

 

 

***

 

 

Ispirazione

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Capitolo 35
*** Tentacoli ***


35. Tentacoli
(Head)canon

 

 

«Allora?»
«Allora cosa?».
Pausa.
«Intendi stringere più forte?»
«Vuoi che lo faccia?».
Altra pausa. Un mezzo sorriso. Era iniziato tutto per caso.
Jotaro aveva colpito Kakyoin col proprio cuscino, Kakyoin aveva risposto alla guerra con la guerra con l’altro cuscino, erano passati alle coccole – leggasi: qualche cazzotto dato non troppo forte – e infine Kakyoin era passato all’artiglieria pesante evocando i tentacoli dello Ierofante e immobilizzando Jotaro per i polsi. Quindi, adesso, c’erano Jotaro semisdraiato per terra e Kakyoin in piedi con le mani sui fianchi e un’espressione di incredula audacia sul volto. Fino a quel momento nemmeno lui si pensava capace di tanta sfacciataggine, e a raccontarlo al posto suo erano il respiro affannoso e il cuore sbatacchiante (chi lo dice che Star Platinum serve solo a far male e non anche ad ascoltare i turbamenti del corpo?). Pretendeva una risposta, qualunque risposta, da parte di Jotaro, e l’attesa lo stava uccidendo.
«Quindi?» ripeté, ingrossando la voce «Vuoi che lo faccia?».
Jotaro scoprì i denti in un sorriso più ampio.
«Fallo».

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Capitolo 36
*** Una moglie premurosa ***


36. Una moglie premurosa
What If?

 

 

«… e quindi ho sbattuto in faccia all’operatore la carta d’identità per farlo stare zitto» stava dicendo Kakyoin nell’atto di gettare il borsone da viaggio sul letto, una volta giunto in hotel assieme a Jotaro «dimmi tu se non mi devo incazzare perché ci sono ancora imbecilli della Fondazione che non credono che abbia passato la maggiore età. È una cosa che mi dà ai nervi, veramente, a volte invidio la tua stazza perché va bene che spesso sbatti la testa contro i lampadari delle case piccole, però… Jotaro?».
Kakyoin era abituato alle conversazioni con Jotaro, le quali, a essere onesti, erano più monologhi con un solo spettatore che veri e propri dialoghi, ma non era abituato a vedere Jotaro bloccato dinanzi alla valigia aperta con il volto in fiamme e gli occhi sgranati.
«Jotaro?» chiese di nuovo Kakyoin avvicinandosi «Ti senti male per caso?».
Jotaro non provò nemmeno a nascondere la causa del suo mutamento improvviso, non sarebbe servito a niente; piuttosto si limitò ad allungare la mano che reggeva l’oggetto che sua moglie gli aveva infilato a tradimento in mezzo ai vestiti.
Kakyoin, inizialmente confuso, impiegò la sua frazione di secondo di ritardo per realizzare cosa fosse, ma quando vi riuscì scoppiò in una risata che lo fece piegare in due dagli spasmi.
Divertitevi con prudenza! Con affetto, Marina, recitava il post it incollato su una confezione di preservativi.
Sempre zitto e paonazzo, Jotaro evocò Star Platinum, raccolse Kakyoin in preda a una crisi respiratoria per la collottola e lo lanciò senza troppa delicatezza in bagno.
Vi odio tutti, pensò Jotaro mentre le risate dell’amico continuavano a farsi sentire anche dalla porta chiusa del bagno.

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Capitolo 37
*** Il dubbio di un eremita ***


37. Il dubbio di un eremita
(Head)canon

 

 

Dietro la maschera del burlone ciarliero, Joseph Joestar nasconde un coacervo di dubbi. Uno di questi, l’ultimo della lista, ha a che fare con la sfera affettiva del nipote e pertanto gli risulta tremendamente difficile fingere che tutto vada bene.
Joseph Joestar cammina defilato, parlotta con Mohammed Abdul che è l’unico col quale sente di potersi togliere questa maschera.
«… quindi, secondo quanto osservato, lei afferma che tra suo nipote e Kakyoin possa esserci qualcosa di più della semplice amicizia. E questo la preoccupa».
Joseph si cala il cappello sul viso, un gesto incredibilmente simile a quello di Jotaro. Si somigliano molto, ma forse non se ne rendono conto.
«In vita mia ne ho viste talmente tante che pensare a mio nipote attratto da un ragazzo in confronto è una bazzecola, però sono comunque preoccupato» Joseph incrocia le braccia al petto, scuote la testa e guarda per terra, è raro vederlo così «io… certe cose non le capisco, e forse è questo a farmi provare paura per lui»
«Comprensibile per un nonno» al contrario di Joseph, Abdul sorride «adesso che me lo fa notare, anche io inizio a percepire una certa chimica tra loro due; però, se fossi al suo posto, attenderei lo svolgersi del loro rapporto per potermi costruire una buona opinione. Non crede anche lei che sia la cosa migliore da fare?»
«Hai ragione» Joseph alza gli occhi verso l’amico, a volte sembra che tra i due sia lui il più saggio. Anzi, lo è di sicuro.
A capo del gruppo c’è Kakyoin col cappello di Jotaro in testa. Joseph conosce abbastanza il nipote da sapere che odia chiunque glielo sfili di dosso, per cui vederlo così tranquillo, addirittura sorridente, mentre il coetaneo si gode quella confidenza così intima, lo induce a mettere in discussione la sua stessa visione del mondo.
In mezzo alle due coppie, Polnareff forma un cuore con entrambe le mani.
Holy shit.

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Capitolo 38
*** Chiasmo ***


38. Chiasmo
Exchanged Stands AU

 

 

«Svegliati!»
Jotaro irruppe nella camera di Kakyoin con la delicatezza che lo contraddistingueva e lo calciò fuori dal letto. Il poveraccio, troppo intontito per reagire, venne sollevato da terra coi propri tentacoli e messo faccia a faccia con chi lo aveva svegliato.
C’è qualcosa che non va…
«Adesso mi spieghi come ha fatto il tuo Stand a prendere il posto del mio» sibilò Jotaro puntando un dito contro il naso di Kakyoin «Rivoglio Star Platinum, questo melone verde non mi si addice per nulla».
Kakyoin, che si era svegliato del tutto, allontanò il dito di Jotaro con un gesto stizzito della mano.
«Punto primo: non chiamare melone verde il mio Stand! Punto secondo, se credi che ti abbia rubato Star Platinum sappi che non è mia intenzione appropriarmi di quell’affare viola tutto muscoli e niente mutande! Punto terzo, adesso ti dimostrerò che Star Platinum non verrà evocato da me».
Fiducioso delle proprie convinzioni, Kakyoin evocò quello che credeva fosse il suo Stand, ma al posto di Hierophant Green alle sue spalle comparve Star Platinum.
«Non è possibile!» esclamò Kakyoin allarmato «Fino a ieri sera Hierophant Green era con me, io non ho fatto niente, io non voglio lo Stand senza mutande!»
«Ma stai zitto che il tuo ha il pannolino!» rimbeccò Jotaro cominciando a scuotere Kakyoin per le spalle «Rivoglio il mio Stand immediatamente, capito?»
«Oh, non so come aiutarti, d’accordo?» Kakyoin si scrollò di dosso Jotaro e tentò di aggiustarsi come poté il pigiama spiegazzato «Manteniamo la calma e chiediamo agli altri».
Ebbe appena il tempo di articolare la sua affermazione che dall’altra camera si udì lo strillo di Polnareff.
«Abdul, maledetto! Perché al posto di Silver Chariot evoco il tuo gallinaccio allo spiedo? Vieni qui e affrontami, ladro di Stand!».
Jotaro e Kakyoin si guardarono in viso attoniti.
«Ma pensa» mormorò Jotaro inebetito.

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Capitolo 39
*** Unicorno ***


38. Unicorno
(Head)canon

 

 

Nei mercati di Nuova Delhi si può trovare di tutto, ma veramente di tutto, compresi giocattoli non adatti ai bambini.
Jotaro e Kakyoin camminano defilati rispetto al resto del gruppo, fanno sempre così quando vogliono stare per i fatti loro a parlare in giapponese, e caso vuole che i loro occhi cadano sulla bancarella che vende giocattoli per adulti.
«Jotaro» dice Kakyoin con espressione seria, che assume ogni volta che si prepara a sciorinare l’ennesima delle sue conoscenze enciclopediche.
«Se intendi raccontarmi la storia dei primi cazzi scolpiti della civiltà umana ti chiedo di risparmiarmi quest’agonia» Jotaro infila una sigaretta in bocca e guarda con disinteresse ciò che per lui non è altro che ciarpame.
«Hai frainteso» spiegò meglio Kakyoin «lo sai che se ti pianti in fronte un pene finto ti trasformi in un unicorno?».
Jotaro allunga la mano e afferra l’orecchio di Kakyoin per raggiungere gli altri. Tra un sospiro e l’altro – e tra una protesta di Kakyoin e l’altra – si domanda da dove abbia tirato fuori quella battuta cretina.
«Smettila di lamentarti» dice Jotaro «lo sai che se qualcuno ti tira le orecchie ti trasformi in un elefante?».

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Capitolo 40
*** Stanza ***


40. Stanza
What If?

 

 

«… E quindi...»
«Mh»
«Questa è la mia stanza».
A Jotaro non era sfuggito il nervosismo di Kakyoin. Sapeva che prima del loro incontro l’amico aveva vissuto una vita solitaria e pertanto il primo coetaneo a mettere piede nel suo spazio privato era lui. Dentro di sé un po’ sorrideva della situazione, ma dall’altro lato capiva perché Kakyoin fosse così teso.
Era una stanza normalissima, con (neanche a dirlo) carta da parati verde, un letto e un’ampia libreria. Un televisore collegato a una consolle e una pila di videogiochi troneggiavano sulla scrivania, pulita e ordinata come il resto dell’arredamento, niente a che vedere col caos che regnava nel suo armadio (al quale puntualmente sua madre rimediava come poteva).
«Mi piace» fu il commento di Jotaro mentre si sfilava di dosso la cartella e dava una pacca sulla spalla a Kakyoin, il quale sembrava avesse ingoiato la lingua «allora, iniziamo? La matematica non si studia da sola».
Kakyoin era ancora teso come una corda, ma si sforzò di sorridere. Era evidente che ciò gli sembrava così bello da apparirgli irreale.
«Ok» rispose soltanto.

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Capitolo 41
*** Vittoria ***


41. Vittoria
(Head)canon

 

 

«Ce l’abbiamo fatta Jojo! Te ne rendi conto? Si torna a casa!».
Kakyoin spiccò un saltello e gettò le braccia attorno al collo di Jotaro. Non era mai apparso così espansivo al di fuori delle loro camere condivise.
«Già» Jotaro lo strinse a sua volta, era una delle poche persone il cui contatto fisico non lo infastidiva ma anzi, lo trovava piacevole.
«Abbiamo vinto...»
«Abbiamo vinto!»
«Ma a quale prezzo?».
Kakyoin si staccò da lui, il sorriso sempre smagliante.
«Non prendertela per com’è andata, d’accordo? Tra noi non cambierà niente, ricordalo».

 

Jotaro aprì gli occhi e il soffitto buio di casa invase il suo campo visivo.
Tra loro non sarebbe cambiato niente, ma avrebbe voluto non ripeterselo davanti a una tomba.
Perdonami, perché non sono riuscito a non prendermela.

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Capitolo 42
*** Corri Kakyoin, corri ***


42. Corri Kakyoin, corri
What If?

 

 

Le idee malvagie, a volte, nascono dal niente. Tipo quando stai guardando il tuo amico fumare assieme all’amico di suo nonno. Ed è in momenti come questo che, a volte, nascono alleanze improbabili.
Kakyoin voleva rubare le sigarette di Jotaro e del signor Zeppeli, ma aveva bisogno di un aiutante tanto temerario quanto astuto, e il signor Joestar, seduto accanto a lui, faceva al caso suo.
«Signor Joestar» sussurrò Kakyoin al più anziano «vorrebbe… ?»
«Ragazzino» lo interruppe l’altro «sto già cinque passi avanti a te. Facciamolo»
«Lei è ben consapevole che non ne usciremo vivi, vero?»
«Periremo con onore».
Un tentacolo e una liana si tesero all’unisono, istantanee ed efficienti, e afferrarono rispettivamente la sigaretta dalle labbra di Jotaro e quella dalle labbra di Caesar.
«Corri Kakyoin, corri!» Joseph fuggì per evitare le bolle e la furia di Caesar con tutto il fiato di cui disponeva.
«Certo, perché crede che starò fermo a farmi pestare da Star Platinum!» Kakyoin, che non aveva avuto il coraggio di voltarsi per osservare la reazione di Jotaro, aveva la faccia di un condannato a morte.
«Dove credete di andare?» sentirono latrare all’unisono alle loro spalle.
«Periremo con onore Kakyoin!» ripeté Joseph.
«Preferisco non perire!» ribatté il ragazzino.

 

 

***

 

 

Ispirazione

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Capitolo 43
*** Aneddoto ***


43. Aneddoto
(Head)canon

 

 

«Ma davvero sei riuscito a non farti mai bullizzare?»
«Perché, mi credi uno che si farebbe bullizzare?»
«No, dico solo che è strano che proprio nessuno ci abbia provato».
Kakyoin è sdraiato sulle gambe di Jotaro, non si direbbe ma le sue cosce sono dei guanciali molto comodi. È un privilegio che si sta godendo con una letizia tale da non riuscire a smettere di sorridere.
«A dire il vero uno dell’ultimo anno ci ha provato» si corregge, mentre le dita corrono a tormentare un bottone del pigiama «l’ho guardato dritto negli occhi e si è congelato, non sapeva cosa fare. Forse avrà percepito il mio intento omicida, non provo nessuna pietà per chi cerca di prevaricare sul prossimo»
«In effetti lo sguardo omicida lo hai» dice Jotaro «a volte metti paura, non so se te ne rendi conto».
Kakyoin tira il bottone fin quasi a scucirlo dall’asola. In effetti prepotenti e ingannatori hanno sempre acceso in lui il desiderio di eliminarli dalla faccia della terra, e non sa se questo tratto della sua personalità sia da ricondurre a un profilo psicologico disturbato.
«È vero» ammette per la prima volta a voce alta «pensi che sia malato?».
Jotaro giocherella per un attimo col suo pendente, poi risponde atono:
«Sì».

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Capitolo 44
*** Convenevoli con due assassini ***


44. Convenevoli con due assassini
What If?

 

 

Fugo e Mista erano rimasti fuori dall’ufficio del boss a fare da guardia. Se fossero entrati sarebbero stati solo d’intralcio perché quella era una faccenda che andava affrontata parlando in giapponese.
Giorno Giovanna entrò quindi da solo e si inchinò in segno di rispetto nei riguardi degli ospiti. Erano due uomini di bell’aspetto, vestiti in maniera impeccabile e dai modi cortesi, l’immagine più distante dallo stereotipo dell’omicida che si possa avere. Eppure, beffarde siano le apparenze, avevano ammazzato il padre di Giorno e non sembravano intenzionati a pentirsi dell’accaduto. Giorno sapeva che avevano commesso quel peccato per una giusta causa, e lui desiderava conoscerla per mettere ordine nel suo passato.
Tuttavia, e ciò non c’entrava niente con suo padre – o almeno così credeva – quei due gli trasmettevano la stessa sensazione che provava quando vedeva interagire Bucciarati e Abbacchio.
È incredibile come in un contesto del genere mi vengano in mente loro, pensò Giorno mentre il signor Kujo spostava le stampelle per aiutare il signor Kakyoin a mettersi seduto.
«Benvenuti nella mia dimora» disse Giorno una volta che gli ospiti si furono accomodati «adesso che abbiamo terminato coi convenevoli, vorrei scambiare alcune parole con voi».

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Capitolo 45
*** Stretta di mano ***


45. Stretta di mano
(Head)canon

 

 

«Sei davvero tu, ciuffetto?»
«Ci sei mancato!»
«Come vanno gli occhi? Ti sei ripreso?».
Polnareff, Joseph e Abdul si lanciarono all’unisono su Kakyoin per abbracciarlo, felici di rivederlo ancora. Kakyoin sorrise ai tre, anch’egli contento di vederli in salute e pronti per la battaglia finale.
«Come state?» chiese loro senza riuscire a contenere il loro entusiasmo. Troppo occupati a esternare la loro gioia, non si accorsero di Jotaro rimasto in disparte a osservare la scena, una (non) reazione scontata alla quale il gruppo era ormai abituato.

 

Ma se sapessero che abbiamo trascorso una delle nostre ultime notti a baciarci e a toccarci sotto i vestiti, cosa direbbero? Se sapessero che è partito tutto dal confessarci cosa ci piace davvero, come ci considererebbero? Ci tratterebbero come hanno sempre fatto o penserebbero che siamo malati? Ci stiamo guardando da lontano, apparentemente distaccati, ma stiamo pensando la stessa cosa. Gli occhi parlano, e i tuoi comunicano con quel brillio che ho scorto solo mentre guardi me.

 

«E… le tue ferite? » domandò Joseph.
«Ormai sono a posto, mi sono rimaste le cicatrici, ma la vista è tornata!».

 

Semmai riuscissimo a sopravvivere, ci toccherà discutere di questi tuoi occhi che brillano. Sono la cosa più meravigliosa che abbia mai visto, ma sappiamo entrambi che costituiranno un problema da affrontare. Se Dio non ci ucciderà, a farlo saranno le emozioni.

 

Kakyoin si tolse gli occhiali e andò da Jotaro. Si guardarono negli occhi, sorrisero e si scambiarono una stretta di mano. Pulita, insospettabile, innocua.
«Ehi, Jotaro...».

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Capitolo 46
*** Questione di orientamento ***


46. Questione di orientamento
What If?

 

 

«Guarda qua» disse Jolyne piazzando lo schermo dello smartphone a pochi centimetri dal naso di Kakyoin «la definizione di demisessualità secondo Wikipedia: è un tipo di sessualità grigia in cui l’individuo riesce a percepire attrazione sessuale solo verso persone con cui ha stretto un forte legame ed un coinvolgimento emotivo, spesso anche empatico. È praticamente il ritratto di papà!»
«In effetti hai ragione» Kakyoin inforcò gli occhiali e prese il cellulare dalle mani di Jolyne «Jotaro, come ti fa sentire la scoperta?».
Jotaro staccò gli occhi dal computer, guardò prima la figlia e poi l’amico, sollevò un sopracciglio e si concentrò di nuovo sul suo lavoro:
«Che non sapevo di avere un’etichetta addosso» rispose lui con un’alzata di spalle.
«Non essere elusivo come al solito e accetta questa evidenza» disse Jolyne «a parte la mamma non ricordo di averti mai sentito nominare altre ragazze»
«Però ha baciato me» intervenne Kakyoin «non si direbbe ma mi vuole molto bene!».
Senza interrompere quello che stava facendo, Jotaro pescò un cuscino dal divano e lo lanciò addosso a Kakyoin.
«Non dire bugie» disse Jotaro.
«Voi due vi siete baciati?!» esclamò Jolyne sgranando gli occhi.
«Sì»
«No»
«Sì!» udirono chiaro e forte da Marina, che si trovò a passare per caso per il soggiorno.
Jotaro chiuse il computer e sospirò.
«Ma pensa», mormorò, ricacciando il rossore.

 

 

***

 

 

Wikipedia

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Capitolo 47
*** Il racconto di un sopravvissuto ***


47. Il racconto di un sopravvissuto
What If?

 

 

Josuke teneva la testa bassa e una mano a massaggiarsi il collo, come per indicare che il racconto che aveva appena ascoltato era stato così intenso da provocargli mal di testa.
«Capito,» mormorò «capito. Non so cosa dire, veramente. Mi dispiace».
«Dispiace a me per averti intristito, ma avevi il diritto di conoscere tutta la storia» Kakyoin si asciugò un accenno di lacrima col fazzoletto, succedeva sempre quando ci ripensava «sappiamo entrambi che coi se e coi ma non si va da nessuna parte, ma non passa una notte in cui non pensi che cosa sarebbe accaduto se fossi andato io con Joseph… tuo padre… invece di Jotaro… Probabilmente al mio posto ci sarebbe andato lui a Morio. Da quel sedici gennaio sono stato praticamente adottato dai Joestar, non mi hanno mai rinfacciato il fatto che contro quel silo mi ci sarei dovuto schiantare io… Perché sai, è così che mi sento: un intruso che sta vivendo al posto di un altro».
Josuke si avvicinò a Kakyoin e gli strinse forte una spalla, non poteva immaginare il dolore che l’amico si portava dentro fino a quel momento, lui che gli era sempre sembrato un tipo in gamba che non si piega mai.
«Credo che sareste andati d’accordo» riprese Kakyoin con un sorriso malinconico «sotto quella scorza da teppista nascondeva un’anima gentile come la tua, non meritava la fine che ha fatto».
Lo sguardo di Josuke cadde nuovamente sul tavolo, sul quale era stata posta la foto di gruppo nel deserto dove compariva il nipote di Joseph. Un ragazzo alto e intimidatorio a cui non poteva negare di somigliare.
Udì Kakyoin sospirare. Era terribile non riuscire a guarire le ferite della psiche con Crazy Diamond.

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Capitolo 48
*** Pallette di pelo (reprise) ***


48. Pallette di pelo (reprise)
Hamsters AU

 

 

Jotaro afferrò il criceto grigio privo di una zampa e iniziò a pungolarlo senza pietà sulla pancia con un dito.
«Jojo, non fargli troppo male, altrimenti gli romperai una costola» nonostante il rimprovero fatto a Jotaro, Kakyoin teneva in mano un altro criceto, stavolta bianco, e se lo rigirava tra le dita tra un risolino e l’altro.
«Senti chi parla» commentò Jotaro sardonico senza voler accennare di fermarsi nella sua tortura «questi maledetti ci hanno preso in giro mentre eravamo trasformati in criceti e sono scoppiati a ridere quando siamo tornati umani perché eravamo nudi, quindi è giusto che meritino lo stesso trattamento»
«Aspetta, io però non voglio punire Abdul, è l’unico che ha tentato di difenderci» Kakyoin allungò una mano e accarezzò il terzo criceto col manto scuro rimasto tranquillo nello scatolone dove era stato sistemato assieme agli altri.
«Giusto, vuol dire che non toccheremo i suoi vestiti» disse Jotaro guardando il cappello di Joseph abbandonato sulla poltrona assieme ai suoi vestiti e a quelli di Abdul e Polnareff.
«Cosa intendi fare coi vestiti di Polnareff e del signor Joestar?» domandò Kakyoin con una punta di preoccupazione nella voce.
«Niente, li nascondiamo» spiegò lui come se fosse la cosa più ovvia del mondo «così quando torneranno umani resteranno nudi come vermi».
L’espressione di Kakyoin si tramutò da preoccupata in eccitata in un battito di ciglia.
«Eccola, è quella la faccia che voglio vederti avere, mio piccolo sadico bastardo» il sorriso di Jotaro si fece ancora più inquietante «allora? Gli sequestriamo i vestiti quindi?»
«Oh sì, facciamolo».

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Capitolo 49
*** (Preludio di) Anniversario ***


49. (Preludio di) Anniversario
(Head)canon

 

 

Fuori c’è il sole, ma dietro le bende di uno dei degenti della camera d’ospedale si vede solo buio. Non è ancora il momento di togliere il medicamento, per cui il ferito più grave può solo rincuorarsi dell’imminente dimissione del compagno di ricovero.
«Domani ti lasceranno andare, non divertitevi troppo in mia assenza!» raccomanda Kakyoin prendendo a tallonate il materasso «Ricordati che al Cairo dobbiamo arrivarci insieme e tutti interi!»
«Non so se mi sarà possibile onorare il primo impegno, ma per quanto riguarda il secondo mi impegnerò al massimo» lo rassicura Abdul «tu piuttosto, vedi di non rimanere cieco, d’accordo? Jotaro e Polnareff non se lo perdonerebbero mai»
«Già» Kakyoin si passa una mano sul mento, sembra in procinto di voler rivelare qualcosa di importante «se rimango cieco come farò a guardare negli occhi di Jotaro per parlargli di cosa provo?».
Gli immancabili secondi di pausa sopraggiungono come una scure. È silenziosa ed efficace, tant’è che Kakyoin riesce a figurarsi la faccia di Abdul contrarsi per la sorpresa e tornare come prima nel giro di pochissimo.
«Dimmi» scandisce Abdul «lo hai detto a me perché pensi sia quello più in grado di reggere una confessione del genere?»
«Già» ripete Kakyoin «in realtà non esiste una vera ragione per cui abbia deciso di dirtelo, forse domani potremmo morire tutti e resterei col rimorso di non averlo rivelato a nessuno… Diciamo che non ci limitavamo a scambiarci opinioni sul sumo quando condividevamo la stanza»
«I pezzi del puzzle tornano al loro posto adesso» Abdul sospira, un uomo di mondo come lui non può non avere dato ascolto alle proprie intuizioni «a giudicare da alcuni sguardi che ho visto tra di voi era… prevedibile? Non direi, forse era… percepibile? Sì, direi percepibile, se me lo concedi»
«Oh, vuoi dirmi che lo avevi capito?» domanda Kakyoin voltandosi verso la voce di Abdul «Non pensavo fosse così evidente… insomma…».
Abdul schiocca la lingua sul palato e agita l’indice teso.
«Mio giovane amico, ho detto che era percepibile, non evidente. Sono un indovino, certe cose dovrò pure imparare a capirle senza che mi si vengano a spiegare direttamente, no?».
E Abdul ride: non una risata di scherno, ma una risata che si concede per congratularsi del proprio intuito infallibile.
«Vedi? Hai un altro buon motivo per recuperare la vista e sopravvivere. Non vorrai mica tacere per sempre?»
«No, non lo farò» Kakyoin si rilassa sulla spalliera del letto, è scomoda ma è l’unico appiglio che può utilizzare per evitare di mostrare il suo tremore di fronte alla prospettiva di dichiararsi «Avrò bisogno di fortuna».
Abdul fa un cenno di assenso. Sa a cosa si sta riferendo, entrambi sanno che il mondo non è mai stato magnanimo coi diversi.
«Ne avrai tanto bisogno».

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Capitolo 50
*** Il giusto finale ***


50. Il giusto finale
Ireneverse

 

 

I neo sposi sono giunti al rinfresco dopo meno di mezz’ora e già si vede uno dei più piccoli tra gli invitati, un ragazzino biondiccio dall’aria malinconica, gironzolare dietro alla sposa come fa un cagnolino con la sua padrona. Irene, questo il nome della sposa, lascia che il suo amico la segua, anzi di tanto in tanto si volta indietro per sorridergli.
Il padre della sposa e un amico di famiglia osservano la scena in disparte. Nessuno si offende del loro comportamento, fanno sempre così quando vogliono stare per i fatti loro a confabulare in giapponese su questioni di lavoro, o semplicemente perché sono amici che amano entrambi i momenti di sana solitudine in compagnia.
«Come hai detto che si chiama il ragazzino?» domanda l’amico tra un sorso di champagne e l’altro.
«Emporio» risponde il padre della sposa «lo ha trovato Irene sulla strada per Cape Canaveral mentre se ne stava tutto da solo, ci crederesti?»
«Sono portato a pensare che non mi stai raccontando una balla» altro sorso di champagne «e da come ci guarda mi sembra che ci consideri come dei fantasmi. Dà l’impressione di un ragazzino che ha vissuto troppe esperienze per la sua età, ma potrei sbagliarmi».
Il padre della sposa si stringe nelle spalle e non risponde. Nessuno sa da dove provenga Emporio né i traumi che si porta dietro, ma di certo si è legato a Irene ed è come se avesse trovato una sorella maggiore.
«Oh, guarda! Quella è una torta alla ciliegia! Ne avete fatta portare una apposta per me? Non ci credo!»
«Irene voleva che almeno un dolce fosse alla ciliegia, quindi serviti pure» il padre della sposa ride tra i baffi, sarà anche un tipo serio, ma quando nei paraggi ci sono delle ciliegie il suo amico regredisce allo stadio adolescenziale.
«Senti ma...»
«Cosa?»
«Niente, lascia stare».
Teneva a dire quanto fosse buona quella torta, ma preferisce lasciare perdere. Sa bene che al suo interlocutore le parole dolci risultano indigeste, quindi glielo fa capire coi fatti perché ci sono occasioni in cui le parole non servono.
E va bene così, perché questo è il giusto finale anche se i protagonisti non lo sanno.

 

 

 

50 DAYS OF JOTAKAK

 

FINE

 

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