Ritorno

di Humano
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno ***
Capitolo 2: *** Casa ***
Capitolo 3: *** Compromessi ***
Capitolo 4: *** Figurazione ***
Capitolo 5: *** Contrasti ***
Capitolo 6: *** Visite ***
Capitolo 7: *** Carbone ***



Capitolo 1
*** Ritorno ***


RITORNO



 

Guardava le gocce d’acqua cadere dal piano superiore. Le sembravano cascare senza un costante susseguirsi, ma dopo un paio di minuti, il suono delle gocce era diventato ritmico, tanto da poterle prevedere.
 
- Scusami, ci sono problemi di infiltrazione, cerca di non farci caso.
 
Kakashi le si era seduto di fronte, poggiando i gomiti sul tavolo mentre le mani si incrociavano per mezzo delle dita, diventando sostegno per il mento. Sembrava guardarla con tristezza mentre distratta non aveva badato alle parole di lui.
 
- Sakura. – la richiamò con tenerezza 

Smise di guardare le gocce cadere nel piccolo recipiente grigio per guardarlo incuriosita, anzi, notava che quel tono così dolce e paterno l’aveva infastidita, capace di farla sentire ancora una dodicenne. Guardandolo, fece trapelare un leggero senso di disagio, che sparì subito dopo, quando avvertì il ritmo delle perdite d'acqua cambiare per farsi più flebile, fino a smettere.
 
- Sei rientrata dopo quattro anni – si fermò indeciso – sei andata via senza preavviso. – aggiunse, cercando di trovare qualche messaggio nei gesti di lei o nel suo sguardo, vagamente perso a osservare il mobilio.

- Hai paura di chiedermi il perché? - Gli chiese riprendendo il contatto visivo – Volevo viaggiare – aggiunse poi mentre si alzava.

- Solo questo?

- Nessun “amico da salvare” – disse mentre controllava con lo sguardo la borsa a tracolla, poggiata accanto alla porta d’entrata. -e nessun “cammino di redenzione”. Banalmente la si può definire una vacanza. - concluse.

Sakura abbassò lo sguardo, accennando poi, un tenue sorriso. Confondendolo, prese la borsa e vi ritornò poggiandola sul tavolo. Iniziò a frugarci dentro, causando piccoli suoni soffocati dalla stoffa, cercando senza guardarci dentro come un trucco di magia dove il coniglio non era altro che un libro. Kakashi sgranò gli occhi.
 
- Buon compleanno - disse con finta disinvoltura 

Lo vide impietrirsi, palesando la sua incredulità. Sapeva di averlo rotto. Quasi incuriosita fu tentata di aspettare qualche movimento motorio che accennasse a segni di vita, ma non aspettò.
 
- è l’unica copia – aggiunse mentre si avvolgeva nel mantello nero, coprendosi il capo. 

L’uomo prese in mano il manoscritto e con gesti tremanti se lo portò al petto. La guardò quasi dimenticandosi dei quattro anni trascorsi.
Sakura l’aveva trovato casualmente dalla parte opposta del continente, in un negozio di antiquariato. Fu come un fulmine a ciel sereno rivedere gli scritti del maestro Jiraiya dopo anni, con una copertina amatoriale e un laccio di stoffa a tener uniti quella pila di fogli. Un Jiraiya poco più che ventenne l’aveva lasciato per pagare un debito col proprietario del negozio, dandogli quel manoscritto come pegno. Venne cacciato a calci, così le riferì il vecchio proprietario che si tenne comunque quel cumulo di fogli.
 
- Naruto e Sasuke sono tornati da circa un anno– le disse poi, quando si rese conto che stava per uscire. – saranno contenti di rivederti, come lo sono io ora. – aggiunse infine, sentendo qualche secondo dopo la porta chiudersi.

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Capitolo 2
*** Casa ***


 
CASA








Era tornata il quindici settembre a Konoha, un’insolita coincidenza che l’aveva costretta a cercare qualcosa che potesse lasciare al sesto hokage, la stessa che le aveva permesso di trovare uno dei primi manoscritti di Jiraiya. Kakashi non sapeva che quell’acquisto era stato dettato da un irritante impulso nostalgico, rendendosene conto aveva trovato adatto darlo a chi l’avrebbe apprezzato per quello che realmente doveva rappresentare. Un romanzo. Un oggetto che doveva mostrarsi per la sua apparenza e non per quelle memorie lontane che le erano affiorate alla vista.
Si sentì come una neonata che imparava a camminare per la prima volta nella sua città natia. Quel contrasto tra nuovo e famigliare ne accentuava lo stato alienante, com’era possibile sentirsi estranei a casa propria? I primi passi che fece furono verso la casa dell’Hatake, ormai nuovo capo villaggio, giustificandosi che se avesse avvisato lui, rappresentante del popolo della foglia, avrebbe indirettamente avvisato tutti senza doversene davvero occupare.
Fu poco incline a rispondergli quando la informò del ritorno dei due ragazzi, la incentivò solo a pensare a quali vie doveva evitare per non incontrare nessuno quel giorno. Quando Naruto partì per raggiungere Sasuke, giustificò tutti quegli impulsi di rabbia e rancore che la stavano logorando la mente, distruggendo la rete artificiale di giustificazioni, che tratteneva il peso delle sue false convinzioni. Il viaggio di redenzione di Sasuke le sembrò l’ennesima vigliaccheria, che finì per accettare forzatamente con finta semplicità, eppure, quando cinque mesi dopo Naruto lo seguì, non prima di essersi dichiarato con sincera dolcezza a Hinata, promettendole di restarle accanto solo dopo il suo ritorno, riscoprì quei sentimenti di frustrazione e rancore che aveva col tempo fatto tacere.
Profondamente provata, si chiuse in un selettivo mutismo, allenandosi a pensare cosa valesse davvero nella sua vita, per non cadere in uno stato profondo di indifferenza verso il mondo. Quelle mancanze incolmabili le parevano crescere silenziose mentre si sforzava a vivere una quotidianità ormai disturbata. Aveva incominciato a bere quasi meccanicamente, contenendosi, consumava quel che gli bastava per rilassarsi prima di chiudere le palpebre e riaprirle bruscamente dopo, permettendole di giustificare quelle visioni notturne che le avevano fatto perdere il sonno. Si sentiva persa ogni qual volta il cielo si oscurava, ricordandole piccoli frammenti di vita che aveva dimenticato, immaginandoli della stessa sostanza del sakè. Agenti inebrianti che offuscavano la mente, annebbiando quegli impulsi rancorosi fatti di rabbia che le avevano infettato i pensieri.
Aveva bramato di andarsene, al di fuori di quei confini che le soffocavano la mente, intrappolandola in un ruolo che non sapeva più recitare. Così fece.
 
Si fermò sorpresa davanti l’entrata di una casa, il portoncino verde, un tempo ben curato da ridipinture periodiche, era segnato da insolite macchie grige che ne rivelavano la pittura originale mentre piccole ortiche invadevano lo stipite, cercando di svilupparsi nelle sue strette fessure. Uno strano senso di angoscia la pervase l’animo, turbandola. Posò le dita sul citofono, premendolo non prima di inalare un po’d’aria.
 
-Non risponderà nessuno.
 
Voltandosi riconobbe l’anziano che si poggiava a fatica sulla soglia dell’abitazione accanto. Gli anni l’avevano privato di qualche centimetro, gli occhi scuri erano nascosti dalle palpebre ormai cadenti, accentuandone il taglio a mandorla.
 
-Nessuno ci abita più – concluse studiandola.
 
L’uomo non vide lo sguardo corrucciato di lei, ombrato dal copricapo del mantello, ma poté intravederne le labbra piccole e rosate, illuminate dal biancore della luna. Sakura fece un passo indietro, visionando il piccolo complesso della casa.
 
-È stata messa in vendita? – chiese Sakura trapelando una sincera confusione.
 
-Si, l’hanno già acquistata però – le si avvicinò poco, giusto per partecipare a quella contemplazione. –  ci abitavano persone gentili. Erano miei amici.
 
Si sorprese quando si accorse che negli occhi anziani di lui, piccoli riflessi di luce si intravedevano in quelle fessure così piccole mentre cercava di non lasciarsi commuovere. Dandole le spalle, ritornò tremolante vicino all’ingresso della sua abitazione.
 
-Chi erano?
 
L’anziano la guardò incuriosito, fermato prima che rientrasse nella sua abitazione da quella che le appariva una straniera di passaggio.
 
-Un piccolo nucleo famigliare del clan Haruno. Il marito purtroppo è deceduto durante la grande guerra ninja, lasciando la moglie e la figlia. È famosa sua figlia sa?
 
-Davvero? – disse fingendosi sorpresa
 
-Quel clan non aveva mai avuto un esponente di grande importanza in realtà, lo stesso padre era solo un genin, ma sa com’è, in tempi di guerra i titoli di grado non fanno differenza. – si fermò per stiracchiarsi le gambe, non avendo la stessa resistenza di qualche anno prima. – Sua figlia era allieva di Tsunade-sama, da lei ha ereditato il titolo di jonin leggendario della foglia. Ormai è da anni che non la vedo.
-Sua madre ha aspettato inutilmente il suo ritorno per molto tempo. – continuò– è morta tre mesi fa, senza vedere la figlia tornare.
 
Sentì il respiro accorciarsi nonostante il corpo le chiedeva più ossigeno con battiti veloci. Era diventata cassa acustica di quei suoni invadenti e ritmici che la stavano lentamente soffocando. Pungenti, premevano per uscire dal quell’involucro di carne che li bloccavano all’interno del corpo di lei. Sempre più forti, sempre più affilati.
 
-Solo i kami sapevano dov’era la figlia, per questo pregava sempre. – stette per richiudere la porta quando senti la mano di Sakura poggiarsi sulle spalle piccole e anziane di Huromi. Lo stesso anziano che l’aveva vista crescere.
 
-A chi appartiene la casa adesso?
 
-Naruto Uzumaki l’ha comprata tre mesi fa, con tutto il mobilio.
 
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Sakura non comprese mai quello strano attaccamento che quattro anni prima della sua partenza, le avevano occupato i pensieri, l’aveva vista solo una volta eppure trovò qualcosa di famigliare in quell’edificio. Quando l’acquistò, si convinse di soddisfare un suo capriccio e non ne aveva dato più peso considerando che non aveva tempo per coltivare fantasie troppo complesse. Fu questo atteggiamento a farle sottovalutare quell’avvenimento insolito, che da lì a poco si sarebbe trasformato in una profonda consapevolezza da cui difficilmente si sarebbe separata. Quella casa era vecchia e danneggiata, il proprietario l’aveva vinta giocando d’azzardo con alcuni giocatori occasionali della zona del quartiere Zaki, lontano dal centro di Konoha. Era stata la prima volta che avrebbe preferito perdere una partita piuttosto che vincere un cumolo di macerie, senza poterci guadagnare il denaro complessivo di due partite perse.
 
Quando Sakura se ne interessò, la guardò scettico dalla fessura della porta, pensando che fosse una scusa per entrargli in casa e rubare il poco che le gli rimava da scommettere.
 
-So che può sembrare arrogante da parte mia – disse chiaramente lei – ma ho portato le carte per il passaggio di proprietà e l’intero pagamento per…
 
Quando la porta si aprì con estrema velocità sentì l’odore di fumo invaderle le narici e premerle sugli abiti, quasi impregnandoli. Il sorriso del sessantenne traboccava di euforia, tanto da segnare profonde pieghe sugli angoli della bocca rugosa. Le accennò di entrare con gesti carichi di foga, avvertendone la forza dagli spostamenti d’aria.
 
-Non si preoccupi, sarò molto veloce – disse lei rifiutandone l’invito mentre gli passava i moduli.
 
-Apprezzo le persone che vanno dritte al punto, come sapeva che avevo intenzione di venderla? - chiese con interesse mentre guardava con finta diffidenza le carte che le aveva reso, cercando di iniziare a preparare il terreno per uno scambio di offerte.
 
-Ultimamente molte case in quella zona sono state vendute, ho pensato che fosse inclusa anche questa – bugia.
 
Sakura aveva avuto a disposizione tutti gli archivi delle residenze cittadine di Konoha per informarsi su quella struttura e sugli scambi di proprietà effettuati negli ultimi cinquant’anni, sapeva anche che il suo ultimo proprietario, che le stava attualmente di fronte, era un accanito giocatore d’azzardo, denunciato tre volte in un mese per non aver reso indietro il denaro prestatogli.
Non avrebbe rifiutato.
 
-Un po’ azzardato da parte sua signorina- disse gonfiandosi il petto – vede, la mia intenzione è forte nel lasciarvela ma… -Sventolò le carte mentre cercava un appiglio logico che potesse metterla in difficoltà nella trattazione.
 
-ma non vi nascondo il mio rammarico nel darla via dopo tutti questi anni. – concluse teatralmente, chinando il capo fuori dallo stipite.
 
Non ne fu sorpresa e non la smosse nemmeno quando provò a venderla al doppio del suo valore. Seccata per il prolungato tempo di trattazione, sospirò fingendosi dispiaciuta. Facendo un inchino di ringraziamento e indietreggiando per andarsene.
 
-quasi mi scordavo- disse Sakura, simulando una dimenticanza -un uomo mi ha lasciato questo mentre aspettavo che mi aprisse. Mi ha chiesto di dargliela. - Gli mostrò una busta rossa.
 
Non gli servì nemmeno aprirla per capire quale sventura fosse stata riportata con inchiostro su carta. Sakura intravide delle piccole gocce uscire dai pori della fronte dell’anziano, che tremolante prese la busta tra le mani.
 
-Ripensandoci, chi sono io per dire di no a un’offerta così ragionevole, ha una penna?
 
L’aveva comprata per un’insolita e vecchia necessità di isolamento, così eccessivamente grande e trascurata da attirarla con estrema curiosità. Era antica e usurata dal tempo, solo polvere e crepe che l’edera stava lentamente assorbendo, quasi a renderla meglio partecipe di quel distante paesaggio di periferia.
Guardandola ora, dopo quattro anni, capiva la natura di quella forza che l’aveva attirata la prima volta che la vide. Stanca si tolse dal petto la chiave, che inutilizzata da anni le avvolgeva lo snello collo, fungendo da catenina. Aprì il cancello d’entrata, sorpresa che reggesse ancora, e camminò fino alla porta di casa guardandosi intorno. Quando richiuse dietro di lei la porta, poté vedere per la prima volta i grandi interni.
Poggiò la borsa in quella che sembrava la sala per gli ospiti e senza che se ne rendesse conto, si sedette meccanicamente sul parquet, abbandonandosi, poggiando le minute spalle sulla porta scorrevole che dava verso il giardino incolto.
 
-non è poi così vecchia…- sussurrò prima di cedere al sonno.

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Capitolo 3
*** Compromessi ***


COMPROMESSI




 


-Questo è il tuo letto?

-Si

Sakura lo guardò confusa quando notò il disorientamento di Kakashi alla vista di quello spazio che lei aveva dedicato al sonno. Cercò però, di sforzarsi nel capire cosa avesse suscitato quello sgomento. Spostò l’attenzione sul lenzuolo bianco che aveva accuratamente steso sul legno del parquet, fissato agli angoli con piccoli massi ovali, sicuramente da stagno, che aveva trovato nel giardino. Ammetteva che quella sistemazione amatoriale potesse risultare goffa a prima vista ma non peccava di efficienza. Kakashi prima di poter dire qualcosa, la guardò, mentre attenta, analizzava quello che le stava di fronte.
 
-È un lenzuolo – disse lui, rinforzandone l’identità per far meglio comprendere la paradossalità di considerare un lenzuolo usurato un letto. – non puoi dormire su un lenzuolo. Perché non me ne hai parlato? Ti avrei dato una sistemazione.
 
-Vede dei futon in giro? – domandò scocciata lei
 
- Un motivo in più per venire a parlarne con me
 
- Prima o dopo aver saputo che casa mia è stata venduta a Naruto? – chiese con fredda ironia.
 
Il silenzio di Kakashi le fecero comprendere il suo profondo dispiacere nell’ intuire che Sakura, avesse preso coscienza del suo lutto. Si dispiacque, impossibilitato a darle conforto, limitato dall’attitudine di lei di allontanarsi e di allontanare, tracciando confini di diffidenza. Sakura tolse i fermi dal lenzuolo, potendo così, portarlo a sé per piegarlo e porlo nell’angolo della camera.
 
- Naruto l’ha comprata per te, Sakura…
 
- Conosco Naruto – lo interruppe bruscamente, sentendosi accusare – I suoi modi di fare sono sempre stati chiari per me...
 
Si fermò riflettendo su quello che stava per dire. Una rabbia incontrollata cercava di nascondere e trattenere con i pugni serrati in una forte stretta, nascosti dal lungo mantello che aveva tenuto per riscaldarle il corpo durante la notte. Quella sensazione così dolente non l’aveva mai abbandonata, anzi, l’accompagnava nelle sue debolezze, riducendola come oggetto passivo delle cose, quella passività che l’aveva portata a non reagire agli eventi e che col tempo le aveva modificato la percezione del mondo.
Nell’acquisto della casa dei suoi genitori non percepiva più il desiderio di aiuto che Naruto voleva offrirle, perché ne vedeva solo la sua incapacità a emanciparsi da lui, sentendosi vincolata da quel vecchio rapporto fondato sul suo vittimismo .
 
-Perché è qui? - gli chiese con lo sguardo vuoto e perso, prendendo contatto con gli occhi di lui, navigando in pensieri sconnessi.
 
-Desidero la tua integrazione al villaggio – sospirò – Ti unirai alle missioni dei Jonin, anche se questo significherà lavorare con altri ninja…
 
-Io…
 
- E’ necessario Sakura – le disse sedendosi – Se hai intenzione di riprendere la tua permanenza qui devi aspettarti che io possa aver bisogno di te. Lo stesso hanno fatto i tuoi compagni di squadra.
 
-Stai dicendo indirettamente che verrò incorporata a loro nelle missioni – constatò con tono di chiara disapprovazione, sedendosi davanti a lui.
 
-Con molta probabilità- disse Kakashi incrociando le braccia, scoraggiato dalle pratiche ufficiali che avrebbe dovuto compilare per l’inserimento della ragazza, ma confortato all’idea di un suo graduale coinvolgimento. – Ti ricordo che con lo svolgere delle missioni avrai modo di sistemare questa casa. – le ricordò.
 
Lo guardò poco sorpresa, trattenendosi dal dire che in quattro anni di vagabondaggio aveva imparato a dormire anche sui sassi.
 
-Altro? – chiese lei
 
-Domani dovrai presentarti agli altri
 
-Perché?
 
- Perché inizierai già da domani – disse mentre tirava fuori il romanzo che le aveva dato la notte scorsa, leggendolo. – prima inizi e meno tempo perderai, sono comunque cose che dovevi fare prima o poi.
 
-Sei stato così poco clemente con Naruto e Sasuke? – chiese con provocazione
 
Kakashi alzò lo sguardò, guardandola per pochi secondi prima ritornare alla lettura. Sembrava fosse poco toccato dalla provocazione di lei, chiaramente infastidita dagli avvenimenti di poco preavviso che avevano iniziato quella mattina presto, quando l’hokage le si era presentato fuori la porta.
 
-No – ammise – loro si sono fatti sentire – disse continuando il gioco di provocazioni che lei aveva iniziato – e lavoravano per il villaggio – concluse.
 
Sorrise divertita, tentata di riversagli la verità che aveva prolungato la sua assenza a Konoha, cogliendo quell’opportunità di ferirlo con la sua stessa ignoranza. Un desiderio che frenò con fatica, prima di ritornare lucida. Kakashi però, l’aveva intravisto quel barlume di disprezzo negli occhi di lei, ricordandogli sguardi ormai passati di chi aveva preservato rancore per tutta la vita. Come per tutela, non perse più contatto con lo sguardo di Sakura, quasi come se cercasse conferma di ciò che aveva intravisto negli occhi grandi di lei.
 
- Non ricordo di aver ricevuto cartoline – disse alzandosi. – Cercare di farmi inserire così presto non le porterà a un risultato più veloce, maestro Kakashi. Questo paternalismo è buono solo per i suoi allievi, se davvero vuole un risultato deve darmi tempo. – fece scivolare la porta scorrevole per far entrare maggiore luce nella stanza. – Le verrò incontro e domani verrò se lo ritiene necessario, ma non faccia passi affrettati, rischierebbe solo di rendere le cose più difficili…I miei anni di assenza non sono stati i loro – concluse duramente lei mentre ritornava a guardarlo.
 
-Va bene- le disse Kakashi alzandosi. Sakura era stata chiara e lui aveva compreso. -Ho risparmiato a loro di dire che sei ritornata, volevo aspettare una conferma. – disse con più serenità dopo che lei si era aperta al dialogo.
 
Sakura annuì.
 
-Vorrei ricordarti che hai dei soldi nel tuo conto a Konoha- disse lui, guardandola di soppiatto mentre si avviavano verso la porta, notando lieve stupore.
 
 – La vostra vecchia accademia è stata ristrutturata, domani ci sarà la cerimonia di inaugurazione. Saranno presenti…-si fermò, vedendo per la prima volta, palesare preoccupazione nello sguardo di Sakura.
 
-Sakura -la riprese dolcemente lui – andrà bene – le disse posandole una mano sulla spalla.
 
Sentì un lieve sobbalzo da parte sua e temendo che l’avesse infastidita stette per toglierla ma si interruppe nel gesto al parlare di lei. – Va bene – sussurrò debolmente.
Raggiunta la porta si soffermarono per qualche secondo.
 
-e dire che hai fatto meno storie di quei due- constatò divertito
 
-A che ora? – chiese scocciata, e mentre si scambiavano veloci indicazioni, vide lo sguardo di Kakashi ricadere sulla sua fronte incuriosito.

– Che fine ha fatto il tuo coprifronte?
 
-L’ho perso due anni fa– disse toccandosi impulsivamente la fronte scoperta, scostando un ciuffo della frangia a tendina – si è sfilato durante il sonno credo – concluse, sistemandosi i lungi capelli, che cresciuti, le coprivano la schiena. Kakashi, notandolo già dalla sera prima, ne tirò fuori uno dalle tasche.
 
Sakura meravigliata, lo prese a sé, notandone la tinta color porpora della stoffa.
-Non perderlo questa volta -disse lui prima di andarsene.

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Capitolo 4
*** Figurazione ***


(Aggiorno con questo piccolo avviso, i capitoli sono spesso oggetto di revisioni che mi permettono di correggere errori grammaticali o di battitura. Nel caso trovaste elementi del genere all'interno dei testi, mi dispiace e sicuramente provvederò con correzioni periodiche. Vi ringrazio e vi auguro una buona lettura.)  


 
FIGURAZIONE









-Diamo il benvenuto all’Hokage-sama.
 
Gli insegnanti avevano accolto Kakashi in cortile, mentre un sostanzioso numero di giovani studenti lo salutava in coro. Distanti erano le figure mature di vecchi allievi, che aspettavano la fine di quel discorso di augurio che da lì a poco sarebbe iniziato.  Arrivata in anticipo era rimasta sopra la tettoia di un edificio, senza guardare, aspettava che il suo nome venisse nominato da Kakashi per apparigli accanto e presentarsi. Pensò che la mattinata di ieri, l’aveva passata a contare il numero di infiltrazioni della casa e solo a tardo pomeriggio riuscì a farne un resoconto completo delle condizioni edili della struttura.
 
-Troppe cose da sistemare -rimurginò spostando una ciocca chiara dal viso.
 
La cosa che le pareva dar più fastidio, era non sapere da dove iniziare, quale sarebbe stato il giusto ordine che doveva seguire per riparare correttamente le lacune della casa. Era un circolo vizioso dove alla mancanza di un elemento (nuove tubature, un sistema elettrico funzionante, il sistema di riscaldamento ecc.) conseguiva la mancanza di un altro. Una mancanza di funzionalità che non ne permetteva la vivibilità, elemento che escludeva la possibilità di un mobilio (frigorifero, lavatrice, armadio ecc.).
Nel tardo pomeriggio del giorno prima, aveva comprato dei cambi e aveva utilizzato i servizi pubblici, ben accorta a non avvicinarsi troppo al centro del villaggio, allontanandosi dal punto di maggiore confluenza dei cittadini, diminuendo le possibilità di incontri scomodi.
 
-Hokage-sama- una voce interruppe le logistiche.
 
 Affacciandosi, vide la minuta sagoma della bambina farsi coraggio, mentre alzava la piccola mano, interrompendo goffamente il discorso di Kakashi, abbigliato formalmente da capo villaggio.
 
-è vero che lei è stato maestro del grande Naruto Uzumaki? – chiese timida.
 
L’inaugurazione prevedeva la sola presenza delle classi più giovani, una conseguenza delle ristrutturazioni mirate, svolte solo nel lato occupato dalle fasce di grado più basse. Era stato accordato di sospendere le lezioni nella sede principale, occupandone una provvisoria presso le sue vicinanze. Quel giorno solo gli studenti che non avevano ancora conseguito il diploma genin erano presenti, in un confronto motivazionale con l’hokage.
Lo vide sorridere, quella domanda fece anticipare le tempistiche di Kakashi, che richiamò le figure lontane dei vecchi allievi, facendole avvicinare verso i bambini, causandone così l’euforia.
Soffocò quell’istinto primitivo di preservazione che le suggeriva di andarsene, convincendosi che se ne fosse andata davvero, avrebbe solo procrastinato qualcosa di inevitabile, necessario se doveva rimanere a Konoha. Un limbo decisionale che prendeva sempre più consistenza con l’avvicinarsi delle sagome, sempre più vicine. Sakura ormai persa nella sua stessa confusione, era ritornata in uno stato di incoscienza mentale, spegnendosi non prima di porsi punti ben precisi da rispettare: comparire e andarsene quando sarebbe finita l’inaugurazione.
 
Shikamaru si avvicinò al sesto Hokage, riuscito a staccarsi dalla morsa di quella piccola folla di bambini che aveva circondato Naruto e Sasuke. Soddisfatto guardava con sadismo la goffaggine dei due, mentre provavano ad approcciarsi con quei bambini dominati dall’eccitazione, entusiasti di vedere i due grandi ninja della foglia. Dopo qualche minuto di piccole libertà, gli insegnanti fecero risedere i bambini, permettendo ai due ragazzi di raggiungere Kakashi.
 
Erano grandi, più alti, i lineamenti erano maturati e l’eco delle loro voci profonde ne rivendicavano la mascolinità. Negli anni che Sakura aveva trascorso, l’immagine dei suoi compagni era rimasta immutabile, ancorata all’ultima volta che li aveva visti. Quattro anni che aveva passato a ricordarli come dei perenni diciassettenni, un vuoto temporale che l’aveva convinta di ritrovarli simili a quell’immagine che si era portata con sé.
Ora, impreparata, fissava in mente nuove sembianze, abbozzandole imprecisa, catturando con lo sguardo i loro cambiamenti. Un taglio insolitamente corto portava Naruto, al contrario di Sasuke, più lungo, tanto da rischiare di ricadergli su l’occhio sinistro.
Kakashi diede spazio alle domande dei bambini, approfittando di guardarsi intorno per cercare la sagoma di Sakura.  Riuscì a vederla di sfuggita, poggiata in attesa sull’alto edificio, e senza soffermarsi troppo, riprese il dialogo.
 
-Nobile Hokage, dov’è il terzo membro del team 7?
 
Sasuke osservò Naruto sorridere rattristato, incapace di intervenire. Shikamaru nella sua calma invece, mise le mani in tasca, dondolandosi mentre attendeva la risposta di Kakashi.
 
-Quasi dimenticavo – disse senza rispondere – oggi ho portato un ospite. - concluse causando non poca confusione.
 
Quando Sakura si accostò a Kakashi applicò su di sé una modalità dissociativa che aveva perfezionato a Kono, utile quando un ninja veniva sottoposto a pesanti interrogatori. Era uno stato mentale indotto che aumentava le capacità fisiche a dispetto di quelle mentali, ottenendo una forte resistenza anche verso reazioni emotive che potessero intaccarne lo stato fisico.
Era un cuscinetto che attutiva i battiti cardiaci, il sudore e mal di testa che avevano iniziato a soffocarla qualche minuto prima che apparisse alla vista di quei bambini.
Naruto era sobbalzato di qualche passo.
 
-Sakura - la voce di Sasuke non le bastò per farla voltare per vederne il volto confuso, concentrata verso i bambini e le loro piccole grida di euforia.
 
Una tensione, sempre più crescente, che venne interrotta da Kakashi -Sono proprio sbadato – disse lui, grattandosi la nuca coperta dal copricapo,  mentre sventolava la mano destra davanti a sé. – Sakura si presenterà e ci parlerà un po’ di lei. – disse, guardandola mentre velava la sua forte disapprovazione. –  dopo un viaggio così lungo avrai molte cose da dirci. – la spronò infine.
 
Sakura abbassò lo sguardo, attendendo qualche secondo prima di rispondere, soffocata dallo sguardo di Naruto e Sasuke che la studiavano in silenzio, mentre Shikamaru meno materiale, ne avrebbe ascoltato con attenzione le parole.
 
-Sono Sakura Haruno…-
 
-l’allieva del quinto Hokage, vero?
 
Vide meglio la sagoma della bambina, piccoli occhi a mandorla, protetti da occhiali rossi di forma ovale. Un piccolo fiocco abbelliva il taglio corto dei capelli castani, dello stesso colore della tunica gialla con ricami floreali bianchi.
 
-si – rispose, osservandone lo sguardo di ammirazione mentre la piccola tornava a sedersi soddisfatta, invogliando l’ascolto e causando allo stesso tempo la catena di domande dei suoi compagni, diventati rappresentanti delle curiosità degli adulti.
 
-Dove sei andata?
 
-In molti luoghi- rispose velocemente.
 
-Erano tutti belli? – domandò un altro.
 
-No
 
-Hai trovato dei banditi? – non riuscì a rispondere che un altro aggiunse -Hai combattuto Sakura-Sama? – Gli insegnanti fecero ordine tra i bambini, assicurandosi che avrebbero rispettato i turni, lei intanto, un po' scoraggiata rifletteva.
 
-Si – ci pensò – Ho combattuto più di una volta.
 
-È stata mai sconfitta? – chiese uno di loro, sorprendendola. Piccole risate di scherno accompagnarono quella domanda, scoraggiandolo. Quasi tutti i bambini davano per scontato la sua vittoria, confermata dalla presenza di lei. Sakura corrucciò la fronte.
 
-Si, molte volte -disse sorprendendoli -Sono state queste a farmi tornare. – concluse, dando dignità a quella curiosità innocente.
 
-Ha qualche cicatrice? Ne possiamo vedere una? - -Naruto e Sasuke-sama ci hanno fatto toccare le loro protesi – aggiunsero
 
Naruto sorrise imbarazzato, scompigliandosi i capelli.
Lei li guardò questa volta, catturata da quella dichiarazione. Quella bozza visiva, antecedente a quella vicinanza, venne sostituita dalle le loro figure vivide, non sarebbe stata più imprecisa perché lo sguardo ne stava tracciando le forme correttamente. Sasuke sentiva la pesantezza dello sguardo di lei, ricambiandolo di intensità, attuandone lo stesso medesimo processo.
Aveva i capelli lunghi, adornati solo dal coprifronte, Il volto conservava vagamente i lineamenti adolescenziali di quattro anni prima, le labbra gli parevano più rosate, mentre gli occhi apparivano più scuri di quelli che rammentava quando l’aveva lasciata al confine del villaggio, promettendole che prima o poi, l’avrebbe portata con sé. Ora più alto, la vedeva più minuta, coperta da un mantello che non osava svelarne le forme, dove solo le punte delle dita affusolate poteva intravedere da un piccolo spacco nel tessuto. Sakura si soffermò poco quando si guardarono, quel che bastava da permetterle di posare lo sguardo sugli arti artificiali dei due ragazzi.
Lei istintivamente, si toccò uno dei due polsi.
 
-Come posso vincere contro la perdita di un braccio? – pensò intenzionalmente a voce alta, causando la risata dei bambini – perderei solo.
 
Kakashi la guardò preoccupato, e prima che lui potesse interrompere il chiacchiericcio dei bambini, Shikamaru li avvisò, controllata l’ora, della fine di quella piccola inaugurazione. I bambini ben disposti per file, ringraziarono come rito l’hokage per poi salutare quei ninja di cui avevano solo sentito parlare nei racconti, raccogliendo l’emozione di averli visti per la prima volta insieme.

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Capitolo 5
*** Contrasti ***


CONTRASTI




 



-Dopo tutto questo tempo, Sakura…
 
C’erano momenti in cui non riusciva a distinguere memorie di un tempo passato col presente, sovrapponendole senza distinzione alcuna. Era succube di una mente infetta, contaminata dalle violenze di cui la coscienza ne conservava le ombre e il corpo le tracce. Erano fasulle presenze iniettate nella retina oculare, indelebili. Sakura li definiva così, fantasmi, la proiezione di figure sfocate che ogni notte le occupavano il sonno, intrappolandola in una stanza che non aveva mai dimenticato. Le circostanze non mutarono quando smise di dormire, come nel sonno le apparivano nella veglia, più pericolose e più instabili. Quando Naruto le prese con forza i polsi, le bastò per riscoprirli in altre sfaccettature.
 
-Naruto…
 
Reagì con medesima velocità, cercando di tirare a sé ciò che Naruto premeva con involontaria forza. La tratteneva per i polsi, senza permettersi di far ricadere lo sguardo altrove, voleva parlarle ma il corpo lo aveva preceduto. Era dominato da una cieca angoscia, repressa per essere a sua insaputa coltivata negli anni, generata dall’incapacità di sapere cosa le fosse accaduto da spingerla a scappare da loro, ma più penosi erano stati i pensieri delle prime settimane, quando la confusione si era trasformata in timore, paura che qualcuno l’avesse portata via con violenza. Era arrabbiato e in cuor suo, sapeva che Sasuke non fu immune alla scelta di Sakura, ma era felice, quella felicità che l’aveva travolto quando le era apparsa dinanzi.
 
-Sei sparita Sakura – disse con foga -Ti hanno cercata. Sei stata sconsiderata, pensare di lasciare il villaggio senza dirci nulla.
 
Sasuke si avviò per strattonarlo per le spalle, constatando che Naruto avesse perso lucidità in balia della sua impulsività.  Kakashi però, ne frenò l’iniziativa nonostante la contrarietà dell’Uchiha, che ne chiese le motivazioni con sguardo perplesso.
Le mani di Naruto le sembravano una morsa di ferro rovente, si sentì bruciare la pelle, travolgendola di un dolore acuto e soffocato. Lei guardava però, ma non riusciva a vedere le fiamme che dovevano avvolgere quella presa stringente, ardendo la sua pelle, e né il fumo causato da essa. Come potevano quelle presenze essere lì, annebbiandole gli occhi e imprimendosi nella retina, ancora?
 
-Brucia, Naruto basta.
 
- ci siamo sforzati a credere che tu stessi bene, lo capisci?
 
-Stringetele i polsi, la corda dev’essere sfilacciata. Legatela con la giusta pressione, il dolore dev’essere lento e quando brucerà la pelle e ne scoprirà i tessuti muscolari, toglietela.
 
Annebbiata, Sakura concentrò chakra nell’organo polmonare e lo sputò sottoforma di fiamme. La lunga gittata le fece accarezzare le chiome degli alberi e balzare via le figure che ne occupavano lo spazio. Naruto era riuscito a percepirne gli intenti qualche secondo prima, riparandosi a distanza sicura.
Kakashi, dietro di lui, aveva alzato muri di roccia, riparando le presenze incredule di Sasuke e Shikamaru.
 
Naruto attese erroneamente il dissiparsi del fuoco per confermare la presenza di Sakura. L’assenza di lei lo allarmò, voltandosi ritmicamente intorno. -Sopra di te- lo avvisò Kurama. Sakura si era slanciata in alto dopo il dissolversi delle fiamme, ritrovandosi perfettamente al di sopra di lui. Rapida fece per gettarsi, confluendo il chakra nel suo pugno destro, impregnandolo di smisurata forza.

-Fermi, toglietemele. Basta…
 
-Maledetto Uzumaki, sposati- Lo destò Kurama
-Sakura…
 
Sprazzi bluastri entrarono nel campo visivo di lei, ridestandola quando la figura di Sasuke le si avvicinò terribilmente sfiorandola e interrompendo l’influsso di chakra del colpo. L’aveva schivato sbilanciandosi con la gamba destra mentre la mano di lui, impregnata di luce, affondava nel tessuto d’aria. Sasuke aveva caricato il chidori in minime quantità, solo le dita ne erano immerse, voleva stordirla, quel che bastava per bloccarne la confluenza di chakra.
Quando lei riallacciò il contatto col suolo, non smise di toccarsi ossessivamente i polsi. Quella graduale ripresa di lucidità corrispondeva al lento allievarsi di quel soffocante dolore. Erano di nuovo fantasmi, il lascito di presenze ormai morte che non smettevano di occultarle i sensi. Provava vergogna, quel disgusto verso sé stessa che le rivoltava le viscere e le arrossava gli occhi, desiderosi di piangere e di ammettere le proprie colpe. Come poteva pensare di ritornare quando memorie morte si sovrapponevano alla realtà? Guardò Naruto mentre si volgeva verso di lei, in uno sguardo segnato da un’intima malinconia. Era deluso o si sentiva tradito? Vigliacca riusciva solo a indietreggiare.
Le mani di Sasuke le posarono sulle spalle, trattenendola dall’eseguire quei movimenti rotti e inceppati.
 
-Sakura – la richiamò – stai bene? -La sentì tremare mentre fissava apparentemente il vuoto.
-com’è possibile? – si domandò lei, flebile
 
- Maestro Kakashi-lo richiamò Sasuke. Lui, comprendendone gli intenti, non esitò ad accennargli il suo permesso. Sasuke portò verso di sé Sakura, costringendola a guardarlo. - Andiamo - le disse, prendendola per mano per assicurarsi che lo seguisse.
 
-Sasuke, guarda le braccia di Sakura. – gli disse Kakashi qualche secondo prima che lei potesse reagire a Naruto. -Sono fasciate – continuò lui.
-Credi siano ferite da lotta?
-No, la sua reazione è stata troppo controversa - sussurrò turbato- dev’essere portata da Tsunade.

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Capitolo 6
*** Visite ***


VISITE







Tsunade scrisse con penna alcune annotazioni su d’un foglio ingiallito, riutilizzato prima che venisse messo da parte nella pila di carte da destinare al riciclaggio. La scrivania traboccava di cartelle cliniche da revisionare, sparse invece, erano delle carte di vecchie ricevute.
Shizune, in difficoltà, aveva provato a produrre spazio, portando con sé alcune pratiche mediche da completare, riuscendo così a lasciare un caldo tè a Tsunade.  
 
-Eri arrabbiata – sussurrò Tsunade – e quindi hai pensato bene di provare a uccidere Naruto.
 
Lei, riuscì a sottolineare la paradossalità della sterile motivazione che l’Haruno stava portando avanti, per spiegare l’azione impulsiva che l’aveva vista protagonista di quel mancato combattimento.
Sakura invitata a sedersi, la guardava annotare apparentemente le risposte, poco convincenti, di lei. Nella sua convinzione, confermati dai movimenti della penna, sembrava che Tsunade stesse invece riportando i prossimi numeri che avrebbe giocato, chiuso l’ospedale, nella schedina dell’estrazione settimanale.
 
-Tsunade-sama non crede di star sopravvalutando le mie abilità? – mordendosi il labbro, si sfilacciava le crepe di pelle nella sua inferiorità. – non basta un pugno per ucciderlo, mi sembra ovvio.
 
-Ti ricordo che non sei qui per analizzare cosa e quanto ci vuole per uccidere Naruto. Tu stavi per ferire un tuo compagno di squadra.
 
-Naruto non è più un compagno di squadra – disse alzandosi, posandosi meglio verso la finestra. -Siete tutti così nostalgici? – l’accusò provocatoria.
 
Il calore del tè continuava a disperdersi, perdendosi, e quando Tsunade se lo portò sulle labbra, fece trapelare una smorfia di scontento, constatandone la freddezza.
 
-Pensavo che Kakashi ti avesse esposto i compromessi per il tuo rientro al villaggio– ripose la tazza - Sasuke e Naruto sono i tuoi compagni di squadra adesso, mi sarei aspettata più comprensione da parte tua.
 
Sakura indispettita, tenne lo sguardo fermo sulla veduta oltre la finestra della camera d’ufficio di Tsunade, primario dell’ospedale di Konoha. Kakashi aveva avvisato Tsunade a sua insaputa, lei saggiamente, aveva aspettato che Sakura la cercasse, sorprendendosi però, delle circostanze. Quando Sasuke le parlò, aveva lasciato Sakura in sala d’attesa, muta e pensante, spiegandole le condizioni di quell’improvvisa visita. L’aveva fatta accomodare nel suo ufficio, scoprendola cresciuta, invitando Sasuke ad attendere fuori.
 
-un po’l’ho persa – ammise – immagino che debba visitarmi – disse infine, alludendone gli intenti.
 
-è la prassi
 
-è la prassi per il rientro dei ninja dalle missioni di grado elevato o per i soggetti di dubbi intenti o dubbie condizioni che sono ospiti a tempo determinato o indefinito nel villaggio. Conosco queste prassi, me le ha insegnate lei… - si tolse il coprifronte– ma io non sono reduce di nessun tipo di missione e non sono un ospite.
 
 
-Sembra che ti risulti difficile comprendere l’amore che gli altri riversano in te. -  sospirò stanca -Devi confidarti con me adesso, non posso aspettare che tu ti decida. L’Hokage è stato chiaro su questo, analizzerò il tuo stato fisico e mentale. È una procedura che ci permetterà di capire il tuo grado di operatività nelle missioni e vorremmo…
 
-e sia – la interruppe Sakura, togliendosi il mantello.
 
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-Mi ha fatto chiamare?
 
Kakashi non nascondeva la frustrazione del suo ruolo, poggiato stanco sullo schienale della sedia mobile dell’ufficio, socchiuse gli occhi per poi riaprirli lenti, quasi a togliere via quella stanchezza che l’opprimeva, sentendola nella pesantezza delle palpebre.
 
-Hai lasciato Sakura da Tsunade?
 
-Si
 
Kakashi si chinò avanti, riprendendo qualche carta dal cumulo di fogli che Shikamaru aveva lasciato qualche minuto prima. Doveva ricontrollare le entrate e le uscite del fatturato annuale del villaggio, firmandole.
 
-Ho un compito da darti… – farfugliò lui mentre girovagava con lo sguardo tra le carte. – nonostante tu sia rientrato da una missione qualche giorno fa.
 
Sasuke non dimostrava mai eccessiva curiosità nelle missioni dell’Hokage, eppure questa volta fu catturato dal lieve sorriso di lui, che mal nascosto al di sotto della maschera, trapelava sarcasmo.
 
-di che si tratta?
 
Kakashi questa volta incrociò le braccia. Parve pensieroso, elaborando quello che avrebbe dovuto dirgli, aumentando quella singolare curiosità che graduale cresceva in Sasuke.
 
-Considerala una missione di favore – disse lui, chiarendone la natura – È necessario che Sakura sia seguita nel suo inserimento a Konoha, Naruto è impulsivo e carente di pazienza, inoltre, sembrerebbe impegnato per i preparativi della sua convivenza con Hinata- sospirò – per questo la seguirai tu.
 
Sasuke un po’ confuso, trapelò scetticismo. Credeva eccessivi quei modi apprensivi che Kakashi stava riversando su di lei, quasi come se fosse un incapace.
 
-Sakura non è una bambina – disse lui, ritrattandone le argomentazioni.
 
-Sei convinto che io sia troppo apprensivo verso di lei, non è vero?
 
-Si
 
-Allora dimostrami che sbaglio. Hai due mesi di tempo e nel frattempo… - gli lanciò veloce un paio di chiavi – ti trasferirai nel suo stesso quartiere.
 

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Capitolo 7
*** Carbone ***


CARBONE





 
Immaginavo la malinconia come l’ingrigirsi di una veste candida, come nelle mie memorie, quando mia madre mi accarezzava i capelli per invogliarmi al riposo, cullandomi il capo sulle sue cosce. Una volta, rammentavo solo il biancore della sua veste bianca, che nel ricordo, col trascorrere del tempo, si riduceva a un’immagine confusa, annerita dal mio sforzo di rammentarla prima di cedere al sonno. La immaginavo così la malinconia, un frammento mnemonico di una veste deteriorato dal tempo. Nelle notti lontane da lei, provavo a riassemblare il perduto biancore di quell’abito, forzandomi, ma senza riuscirci, convincendomi che il grigio c’era sempre stato e che quella veste non fosse mai stata bianca.
Lo stesso accadde nelle memorie della vita al villaggio, reduci degli anni si deterioravano, ingrigendosi, e fu facile cadere nella dimenticanza e credere che Konoha lo era sempre stata, grigia e malinconica. Diverso invece, era il villaggio del carbone, questo non necessitava di memorie logorate per filtrarne la natura tetra e raccapricciante. Quando lo attraversai, l’immagine malinconica della mia vita passata, che da due anni si conservava nella mente, mi si rivelò solo una porzione della vera immagine del mio villaggio natio. Konoha non era il villaggio del carbone, non era annerito nelle case, nei bambini come nelle fondamenta, annerite erano le mie memorie, perché ero io volerle vedere nel loro ingrigirsi. Quella veste era sempre rimasta bianca pensai.
 
Nel fango delle strade sdruccevoli camminai fino al tempio della divinità locale e attesi.
 
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Tsunade rimase ferma d’avanti a lei, senza proferir parola che potesse interrompere quei pensieri pungenti che le imponevano il silenzio. Sakura invece, la guardava svuotata.
 
A che cosa stai pensando?
 
Voleva credere che quella circostanza non le importasse, riuscendo così ad apparire quieta, eppure, qualcosa le premeva nelle viscere, contorcendole. Il pudore della nudità le era stato tolto con violenza, inanimandola e dissociandola dal corpo suo stesso, eppure qualcosa le premeva nel petto, alterandone i battiti. Voleva davvero credere che non le importasse, ora?
 
-Sakura
 
Tsunade lo sussurrò con fil di voce. Forse chiamandola, avrebbe potuto fermare la sua confusione, la stessa che cominciava a pizzicarle la gola, bloccandone le parole. Com’era potuto succedere?
Il petto le era stato marchiato, la schiena era stata flagellata, nei polsi si conservava lo stampo delle legature e nelle caviglie erano sigillate i segni delle catene. Erano quelle le dimore dei fantasmi di Sakura, porte chiuse nella pelle.
 
- il Petto – disse premendolo con l’indice – viene marchiato per ultimo, dev’essere il proprio confratello a farlo. – premette più forte – come io a lui.
 
Sembrò non sentire la carne trafitta dall’unghia, percepì solo il passaggio lento del rivolo di sangue che le attraversava la pelle rosea. Tsunade le prese le mani, non le strinse, le bastò tenerle a sé per assicurarsi la sua attenzione. Lacrimava con sguardo adirato.
 
-Sarà convocato l’Hokage per questo e non solo…
 
-Tsunade-sama – la interruppe- quello che sta vedendo non deve trapelare al di fuori di questa stanza.L’Hokage sarà coinvolto inevitabilmente, e lei con lui, questa storia morirà nel momento stesso in cui finirò di raccontarvela.
 
 
-Questo va al di là delle tue decisioni. -le gridò
 
Sakura non poteva chiederglielo, priva di fondamento, la sua pretesa l’aveva adirata. Forse si era illusa che la kounichi non fosse cambiata, che preservasse l’affetto che lei le aveva dedicato fino alla sua assenza o che almeno ne ricordasse la sostanza. Doveva pur considerare che a quella richiesta di indifferenza se ne formava un’altra, velata ma presente: quella dell’allontanamento.
Le sembrava che Sakura volesse sottrarsi alle necessità dei legami stipulati in passato, in un atteggiamento di isolamento emotivo che le potesse dar modo di evadere da loro.
 
-Quello che non sarà necessario divulgare dovrà rimanere celato, solo lei e l’Hokage conoscerete i retroscena più torbidi della verità, chiedo solo questo.
 
Tsunade rimaneva adirata e senza mutare umore le chiedeva di più, impensierita e turbata.
 
-Lei sa perché sono tornata, Tsunade? – continuò lei.
 
Sakura glielo chiese quasi con indifferenza, alzandosi e liberandosi dalle mani di lei per iniziare a celare le nudità per mezzo degli abiti che aveva posato. Lei non attese risposta, vestita si avvicinava alle cartelle mediche della sua ormai, antica maestra. La sua mano toccava curiosa le copertine poco più che rigide dei fogli contenuti, ricordandoli medesimi di anni prima, quando ancora si applicava alle arti mediche. Comprendendo la complessità della domanda, scelse di porla volontariamente, preparando il terreno per una affermazione ancora più insidiosa.
  
-Voglio stabilirmi a Konoha e chiedere l’ammissione del clan 灰 (Hai) del villaggio del carbone.

Tsunade, colta di sorpresa, svelò tale confusione che involontaria fu la risposta del corpo di sedersi, occupando lo spazio ceduto da Sakura.

-Sei tornata per ottenere asilo?

-Si.- Sakura rimaneva in piedi, pensosa e provata dall’argomento, rifletteva accompagnata da grande risolutezza e non cedeva a scoraggiamenti, confortata dalla speranza di un esito favorevole. -Sono obbligata a rimandare le spiegazioni per richiedere l’assemblea del consiglio, lì avrò modo di chiarirmi. Lei ne fa parte adesso e non aspetterà molto, Tsunade-sama.

- Mi fido di te – Sakura vacillò d’anino, sorpresa e scottata da sincerità diretta. – speravo che saresti tornata per altre motivazioni ma queste, così diverse, mi hanno davvero sorpresa e capisco che sia meglio chiarirle in altri luoghi ma non ti nascondo il mio scetticismo.

-Scetticismo – ripeté lei, assorbendone il significato -Se è scettica perché darmi fiducia? Le si legge negli occhi che ha paura di scoprirmi troppo o completamente diversa rispetto a quattro anni prima, eppure, lei vuole darmi fiducia.

-E’ vero, sei cambiata ma questo solo in apparenza.

-Bugia, lei questo non lo sa, lo spera solo – disse Sakura con stizza – è per questo che vuole fidarsi di me, ha bisogno di convincersene.

-Chiunque vacillerebbe dopo quattro anni, anche il consiglio stesso, soprattutto vedendoti così cambiata. Quando l’assemblea avverrà, dovrai parlare anche di questo e quello che chiederai verrà trattato con maggiore diffidenza. Ti sto dando la fiducia che tu non hai dato quando te ne sei andata, non confidando le tue intenzioni. – disse severamente – Devi raccogliere ciò che hai deciso di seminare, qualsiasi cosa ne esca.

-Quello che raccoglierò non piacerà a nessuno ma non importerà se questo sarà consumato solo da me. Ci vedremo durante l’assemblea Tsunade-sama. – disse lei prima di andarsene.

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