Il sangue si lava con il sangue

di lmpaoli94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La vendetta dissipata di una morte silenziosa ***
Capitolo 2: *** Contro il volere di suo padre ***
Capitolo 3: *** Il regno del fuoco continua a bruciare adesso dopo tanti anni ***



Capitolo 1
*** La vendetta dissipata di una morte silenziosa ***


Gli inverni non passavano mai e il freddo pungente di quel territorio si faceva sempre sentire in ogni momento.
Ma tutto ciò non spaventava il piccolo Giovanni, discendente del Regno di Vàlos dove quella quiete e quelle temperature rigide, lo avevano forgiato verso un futuro ancora incerto per lui.
E nel mentre il padre accusato di tale abominio dalla mente del ragazzo, cercava di guarire dagli acciacchi della sua vecchiaia, il giovane ragazzo imparava a destreggiarsi ferendo e maledicendo tutti coloro che cercavano di sfidarlo.
Il padre era alquanto taciturno come il figlio, ma i suoi occhi esperti non potevano che controllarlo e farlo controllare dai suoi servi,
Tutto ciò questo Giovanni lo sapeva e non aveva fatto niente per evitare che il fiato sul collo di quel padre assassino potesse in qualche modo intaccarlo.
Soltanto il primo cavaliere di un regno glorioso spingeva Giovanni ad occuparsi del padre, impremendo nella sua mente ciò che non voleva sentire.
< Alecu, che cosa volete ancora da me?>
< Non ho fatto niente per disturbarvi, mio signore > si scusò subito il primo cavaliere.
< Alecu, quando capirete che io non sono uno stupido come voi? Volete che incessantemente io mi occupi di vostro padre. Ma ci sono i servi come voi che devono adempiere a tale compito. >
Alecu era un cavaliere che aveva combattuto al fianco del padre di Giovanni e sapeva qualsiasi segreto che potesse in qualche modo “rivelare” la vera indole di un uomo tanto silenzioso quanto spietato, ma la sua benevolenza e la sua promessa di rimanergli sempre accanto, aveva fatto sì che la sua vita potesse essere legata a tale famiglia, senza addentrarsi in vendette e tradimenti che avrebbero accorciato di gran lunga la sua esistenza.
< Vostro padre, non fa’ altro che chiedere di voi, mio principe. Deve parlarvi di fatti privati. >
< Di quali fatti dovrei occuparmi? Io devo solo diventare un guerriero e difendermi dai nemici. Il resto non m’interessa. E questo mio padre lo sa bene. >
< Buon Dio, mio principe… >
< Non usate tale nome per impietosirmi, cavaliere. E fate quello che dovreste. Non combattete da molti anni e non avete nessuna intenzione di sfidarmi. Io aspetto con grande gloria quel giorno… O forse voi avete soltanto paura di me? Sapete molto bene quanto sono migliorato. >
< Non lo metto in dubbio. Ma perché dovrei provare ad uccidervi dopo che io, prima che voi nasceste, feci un giuramento che mi lega a voi e a tutta la vostra famiglia. >
< Ma io non vi ho mai chiesto di legarvi a me. Anzi, se volete saperlo, io non ho bisogno di nessun protettore. E invece di perdere tempo con me, perché non andate verso quel vecchio che di amore non sa bene cosa significhi? >
Alecu si sentiva afflitto e nello stesso tempo adirato.
Avrebbe volentieri risposto a quel ragazzo che non faceva altro che mancare di rispetto a lui, a sé stesso e a tutta la sua famiglia.
Anche Alecu sapeva che il re di Vàlos non era un santo, ma aveva fatto in modo che tutto il suo popolo potesse godere di un beneficio e di una protezione che gli spingeva a venerarlo.
Ma Giovanni purtroppo, non era di quel loro solito avviso.
< Alecu, cavaliere che spreca solo parole al vento e inutili, avete intenzione di farmi perdere altro tempo? >
< Giovanni, dovreste capire che il sangue che scorre nelle vostre vene… >
< Io sono figlio di mia madre! > gridò il giovane principe < Voi non capite quanto possa aver sofferto mia madre. È morta da sola mentre io ero a combattere una guerra che si è rivelata inutile a causa di mio padre. Una rivolta contro i nostri vicini dissipati dall’odio e dal profumo di una vendetta che ancora oggi stanno cercando. Quindi, per favore, non osate parlarmi di quell’uomo che non conosce pietà e che non riuscirebbe a riconoscere il suo stesso sangue. Se volesse mio padre, mi venderebbe al primo mercenario che gli si presenta davanti. Ormai la nostra discendenza non ha nessun prezzo. È il potere di farsi rispettare che mi spinge ad andare avanti. Perché io so come comportarmi contro coloro che mi vorrebbero morto. >
Alecu fu ancora interdetto da tali parole e non fece niente per replicare.
Almeno per il momento.
< Principe, siete sicuro di non aver paura dei vostri nemici? Perchè con le vostre parole, mi fate capire che ne abbiate molti. Non avete timore che qualcuno di molto vicino a voi, anche solo un servo, vi possa avvelenare solo per il capriccio di farvi fuori e di liberare per sempre questo castello dalla vostra oppressione visto che non amate i vostri sudditi e il vostro nome. >
< Ma cosa credete di pensare voi, inutile cavaliere che non ricorda nemmeno come si combatte? >
< Attento, ragazzo. State molto attento! >
I toni si facevano più forti e quel dolore in mezzo a quella foschia si stava mischiando verso quegli occhi che avevano visto tutto.
< Giovanni! Giovanni! >
Il padre del ragazzo non faceva altro che chiamarlo a gran voce mentre Alecu decise che era giunto il momento di porre fine a tutto questo.
< Alecu, tornate al vostro posto! Subito! >
< Perdonatemi, mio Re. >
Alecu non sapeva cosa dire.
Sapeva bene che aveva disonorato il nome di tale famiglia e avrebbe fatto di tutto per sfuggire da quel momento.
< Con voi farò i conti più tardi > replicò il Re di Vàlos con tono duro < Adesso ho solo bisogno di parlare con mio figlio. E voi non fate altro che aizzarlo contro di voi. >
< Mio Re, quel ragazzo non rispetta il vostro nome. >
< Sapete meglio di me di che pasta è fatto. Non vuole essere domato in nessun modo. Non sopporta di ricevere ordini. Proprio come me. >
< Mio Re, io non gli ho ordinato nulla… >
< Non tergiversate le mie parole, Alecu. Non servirebbe a niente. Né tanto meno a voi. >
Alecu si sentiva impotente mentre con i suoi occhi cercava di guardare l’orizzonte che per molto tempo era rimasto in silenzio.
< Piuttosto, che cosa mi dite dei confini del mio regno? >
< Tutto sembra in pace con sé stesso, mio Re. I rivoltosi non hanno nessuna intenzione di attaccare il vostro castello per paura di conoscere la loro fine. >
< Ma quale paura? Di che paura stai parlando, sciocco imbroglione che non sei altro? Credi davvero che io non sappia che è da molto che non adempite ai vostri doveri? Credi che io non sappia che non avete nessuna intenzione di mettere il naso fuori da queste mura? Che tutti coloro che vi hanno preceduto si possano rivoltare nella sua tomba. Da molto tempo non riesco più a riconoscervi, Alecu. E adesso cosa fate? Perdete tempo a discutere con mio figlio. Guardate bene che la tortura che ho eseguito dieci anni fa contro quell’invasore, può in qualunque istante travolgere voi e il vostro futuro. E siete voi che dovete avere paura, razza di bugiardo che non siete altro. >
Alecu si sentiva impotente di fronte a quelle parole.
Avrebbe voluto uccidersi piuttosto che continuare a ricevere tali infamie che lo avevano ormai macchiato per sempre.
< I Regni non si costruiscono con le menzogne, caro Alecu. Ma con la forza e con il potere. Cosa che a mio figlio non mancherà mai. >
< Perdonatemi. Vi prego. >
< Che la tua anima possa morire di freddo al di là di queste pura. Perlustra i miei confini e cerca di portarmi notizie che aspetto da settimane se non vuoi finire male. Mi hai capito, adesso? >
< Certo. Vado immediatamente. >
Prima che Alecu potesse unire l’esercito del Re, il vecchio gli ordinò di andare da solo, come una sorta di punizione a cui non poteva sottrarsi.
< Ma mio Re, è pericoloso andarsene fuori da solo. Ho bisogno dei vostri uomini. >
< Avevi a pensarci prima, Alecu. E adesso vai! >
Mentre Giovanni rimaneva inerme e sotto il suo sguardo compiaciuto di fronte agli ordini ferrei di suo padre, quella morte silenziosa che preambolava nella sua mente stava per essere realizzata in quel luogo in cui era cresciuto e che aveva imparato il significato della parola morte.

 

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Capitolo 2
*** Contro il volere di suo padre ***


Giovanni sapeva bene che mettersi contro il suo stesso padre comportava una punizione senza precede nti.
E ciò lo aveva visto con Alecu, mandato a morire oltre i confini del suo regno per disobbedienza e furbizia all’insegna di un vecchio uomo che riusciva ad incutere ancora terrore.
Ma la vendetta e gli attriti di un passato non cancellavano le intenzioni di un figlio che non poteva mancare alle parole di una madre andatasene troppo presto sotto quello sguardo corrucciato di un dolore e di una solitudine che da lì a poco l’avrebbe uccisa.

Alcuni anni prima

Non poteva più rimanere in quei confini che fino ad ieri poteva considerarsi casa propria.
Doveva andare a combattere per difendere i suoi principi. Oppure perché doveva essere tolto di mezzo?
Giovanni aveva lo sguardo rude e alquanto adirato con il suo stesso padre Vàlos che non lo aveva mai considerato il suo vero figlio, ma solo un bastardo che un giorno avrebbe occupato il suo regno in quei confini tumultuosi che la neonata terra di Romania si apprestava ad intraprendere.
Ma tali tumulti cercarono di venire affossati da una donna giusta e alquanto tenace nei confronti di un Re che opprimeva la libertà con la forza e con la morte.
Prima che Giovanni potesse montare sul suo cavallo scortato da quei pochi soldati di suo padre che lo avrebbero accompagnato, la madre del giovane condottiero non poté rimanere muta a tale scena.
< Giovanni! Giovanni! >
Il nome della madre veniva mischiato tra lo sdegno generale dei servi che lavoravano in quel castello, rimanendo inerme sotto lo sguardo corrucciato e ancora incredulo del figlio.
< Non dovete ascoltare vostro padre. Lui vuole solo uccidervi. >
< Cara madre, io morirei comunque rimanendo all’interno di queste mura. Solo la notte scorsa ho capito che mio padre nasconde un segreto maligno e fa’ di tutto per eliminare i suoi nemici compreso il sangue del suo sangue. >
< Giovanni, voi non sapete… >
< Vi prego di risparmiare le vostre verità che in questo momento non potrebbero far altro che ferirmi. E io questo non lo posso tollerare. >
Giovanni non credeva minimamente a cosa la madre si potesse riferire, ma il tocco della sua mano fu confortevole in quei pochi secondi.
< Madre, è giunto il momento di lasciarmi andare. Vi prego. Non fatemi soffrire di quello che sto già patendo. >
< Giovanni, io non posso permettere che voi andiate a morire in questo modo. Non lo posso sopportare. >
< Il Re ha molto più potere di quello che noi possiamo pensare. Dobbiamo solo metterci l’anima in pace e ubbidire a quello che non ci piace. Ma quando finalmente diventerò un condottiero degno del mio nome, molte cose cambieranno. Anche il vostro destino. >
In cuor suo, la madre del condottiero sapeva bene che non sarebbe sopravvissuta a quel giorno e che avrebbe combattuto con tutte le sue forze per cercare di rimanere in vita mediante tutte le sue sofferenze.
Ma le sue impossibilità e denigrata al livello di una serva, facevano in modo che quella donna fosse sola in un castello comandato dall’odio e dall’accondiscendenza di un figlio che sapeva che essa veniva amata, ma che la sua bontà sarebbe presto stata cancellata.
< Io vi aspetterò, Giovanni. Ma vi prego, tornate presto. >
< Madre, voi meglio di chiunque altro sapete bene che il mio coraggio e il mio sangue non verranno cancellate nel nulla. Ed io tornerò e il mio ritorno sarà trionfale. >
Mentre i soldati del padre insistevano che non potevano ancora indugiare, Giovanni evit di voltarsi ancora verso sua madre per perire a quell’arrivederci che sarebbe stato trasformato in un addio incredulo.


Trovandosi al fronte e ai confini del suo regno, uno dei soldati si scusò con il principe Giovanni dicendogli una verità che non avrebbe mai voluto ascoltare.
< E’ stato vostro padre > cominciò a dire il soldato < Vostro padre vi ha tenuto lontano perché sapeva quello che quella notte avete visto con gli occhi di un bambino: la morre tenebrosa mescolata alla magia nera che vostro padre manifesta, è il primo dolore che nessuno mai vorrebbe mai assaporare… Ma che questa volta la fine di colei che credete l’unico fatto in cui vi mantiene in vita, si è spento per sempre in una notte come queste. >
Giovanni, incredulo e inviperito allo stesso tempo per non riuscire a capire tali parole obbligò il soldato a parlare chiaro e ad esprimersi con parole dirette.
< E’ vostra madre, mio principe. È morta. >
La notizia colpì il povero principe come un fulmine colpisce e brucia un albero secolare.
La sua rabbia si riversò contro quel soldato che nulla poteva mescolare o fermare tale presente.
< Chi è stato? Chi mai poteva fare una cosa del genere a mia madre?! >
< Mio principe, la verità non vi piacerà affatto. E forse in cuor vostro, sapete bene l’adempiere di tale diritto rinnegato nel sangue e nel silenzio all’interno del castello di vostro padre. >
< Mi state forse dicendo che centra lui in qualche modo. >
< Principe, sapete bene che se io continuo a parlare la mia lingua verrà strappata dalla mia bocca. Ed è per questo che vi cedo questa lettere che vostra madre ha scritto prima di esalare l’ultimo respiro… Non so cosa dire in tale frangente ma vi porgo le mie più sentite condoglianze. E che spero per voi che siate più forte del dolore e del destino che qualcuno ha deciso di disegnare per voi. >
Decidendo di rimanere solo nello sconforto generale, Giovanni scartò la lettera cercando di mantenere le lacrime che stavano sgorgando senza fine.

Caro figlio mio
Mi dispiace non averti confessato tale dolore che da alcuni mesi persuade la mia anima nel mezzo delle mie lacrime ma vi dovevo confessare che l’incredulità di un padre e un dolore soffocato per troppo tempo, sta purtroppo sfociando nel dolore e nella vendetta che solo con la mia fine sarebbe stata adempita.
Il giorno in cui vi ho concepito, qualche forza del male ha confessato al Re che voi non siete sangue del mio sangue, e che il vostro destino da bastardo avrebbe per sempre rinnegato i sani principi che si erge questo regno.
A tal punto, per tenere nascosto tale segreto, il Re Vàlos ha sempre fatto finta di nulla mischiando il suo attrito e il suo dolore nella magia nera manifestano maledizioni , epidemie, carestie e tutto quello che c’è di male in questa terra contro coloro che aveva sempre amato.
I servi e tutti gli altri che da quando sono nati lavorano in questo castello, hanno conosciuto una fine burrascosa che il male non potrà mai fermare.
Re Vàlos viene temuto da tutti coloro che osano avvicinarsi a lui solo per un mio capriccio accaduto in gioventù con un giovane soldato che mi aveva ammaliato con la sua bellezza e le sue belle parole.
Adesso io non so che fine ha fatto tale persona, ma conoscendo vostro padre, credo proprio che il mio vecchio amato sia stato punito nel peggior modo che il Re conosce: torturandolo con il piacere di farlo.
Io purtroppo, figlio mio, ho molte colpe che in questo momento non posso nascondere.
E spero tanto che la divina provvidenza possa adempiere al suo fato e potervi dare queste lettera in questa mia confessione che io spero possa giungere fino a voi dopo la mia morte.
Sì figlio mio, perché è questa la mia fine ed è questo il mio destino a cui non posso sfuggire in nessun modo.
E mentre le campane riuniscono il popolo per mettere fine alla mia esistenza in mezzo a quella piazza che ogni giorno passeggiavo per mischiare la mia solitudine colmata con la vostra gioia, io mi accingo a darvi un addio sincero come una madre può fare cercando di trovare le parole giuste.
Siate forte e pensate al vostro futuro.
La mia fine non rimarrà indegna conoscendo voi, ma spero tanto che la vostra continua esistenza possa intraprendere un giudizio lieto in mezzo a quel dolore che il vostro cuore dovrà essere forte a rigettare indietro senza però mai più voltarsi.
Ancora non so dove verrò seppellito o se il mio corpo verrà mischiato a quella dannazione che ha colpito per sempre il Re.
Ma voi Giovanni siete il futuro. Spero solamente un futuro sincero dove il sangue e l’oscurità non potrà essere la vendetta di una famiglia che ha conosciuto gloria e fama in questo territorio.
E vi prego di contenere il vostro sangue freddo che da sempre vi ha contrassegnato.
Ci rivediamo in un posto migliore.



Parole forti e concise dove Giovanni non ha potuto trattenere quelle lacrime che ancora adesso stavano sgorgando incessantemente dal suo viso.
Prendendo con Sé la sua armatura e la sua spada, si gettò fuori dal suo accampamento verso il suo cavallo mentre i soldati increduli non sapevano assolutamente che cosa avessero in mente.
Il soldato che gli aveva porso la lettere sapeva bene dove si sarebbe diretto, ordinando anche agli altri di non fermarlo.
< Il principe Giovanni deve adempiere al suo destino > gridò il soldato a tutti gli altri < Noi adesso siamo libero del nostro destino verso un tiranno che ha per sempre rovinato il futuro di questo popolo… Che la benedizione e la fortuna possa assistervi in ogni momento, mio principe. >


Una volta rincasato in quel castello che ormai non considerava mai più casa sua, le ombre e le tenebre erano più forte di qualsiasi cosa mentre i versi e le grida di un animale mistico andavano ad incrociarsi verso quello che era il suo destino e la sua paura più profonda.
< Sapevo che saresti tornato, Giovanni. Ma non pensavo così presto > fece Re Vàlos con tono piatto < Vostra madre sarebbe orgoglioso di voi. Come io lo sarei stato se solo il destino mi avesse riservato un finale diverso. Un finale che deve essere ancora scritto. >
< Voi avete fatto del male a mia madre. Ed io questo non posso… >
< Non occorre che finite la vostra frase. So bene dove volete andare a parare… Ma il vostro destino verrà scritto tra le fiamme dell’inferno che sto per sprigionare proprio contro di voi. Fuggite adesso che siete in tempo. >
E mentre quel ricordo infausto veniva mischiato dalle fiamme dell’inferno che un drago aveva deciso di manifestare, il Castello dei Corvino veniva forgiato dal dolore e dalle tenebre più acute uccidendo tutti coloro che avevano deciso di ribellarsi contro il volere del suo stesso Re.
Tutti tranne Giovanni, rimasto in vita in mezzo a quel fuoco adombrato dalla sua voglia di vendetta che da lì a molti anni avrebbe conosciuto il valore simbolico di un odio allevato con il suo stesso dolore contro quella potenza che all’inizio sarebbe stata impossibile da sconfiggere, ma che giunto in età adulta, manifestava la più grande voglia di rivalsa dopo aver conosciuto il valore della magia del fuoco in quel territorio maledetto dalla vendetta di un padre che aveva dimenticato la sua stessa felicità.

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Capitolo 3
*** Il regno del fuoco continua a bruciare adesso dopo tanti anni ***


Giovanni era solo, proprio come sua madre.
Manifestando il funesto rabbrividire di sottostare al volere di un uomo odiato per le sue cruente e specifiche forze rivolte al dolore più profondo dopo la morte di una madre dove l’anima di un figlio non era riuscito a trovare la pace, il giovane Giovanni si apprestava a fissare un orizzonte tanto silenzioso mentre tale presente era disturbato da un capriccio imprevedibile di un Re che si apprestava a lavare il sangue del suo tradimento con l'uccisione dell’unico erede di tale castello.
< Alecu, perché osate disturbarmi? Domandò Giovanni in quella che era rimasta la sua unica stanza privata.
< Perdonatemi, mio principe. >
< Io non sono il principe di questo castello > lo interruppe subito l’uomo < Io non appartengo a questo castello. Non più ormai. >
< Mio principe, sono passati molti anni dalla morte di vostra madre. Non siete ancora riuscito a superare il dramma? >
< Come posso superare il dramma della morte dell’unica persona che amavo davvero sapendo che il suo assassino è il padrone di questo castello maledetto e aleggia intorno a me senza che io posso fermarlo? Come ti sentiresti tu, inutile cavaliere che con tali parole osi offendermi, dinanzi a tale impotenza? >
< Io, mio principe, devo rimanere fedele a tutti e due… >
< Lo so bene. Solo perché tu hai paura di morire e che la tua testa rotoli in mezzo alla piazza di questo castello. >
< No. Non è assolutamente vero. >
< Pensi che io sia stupido?! > gridò inviperito Giovanni prendendolo per il collo < O tu decidi di stare dalla mia parte, oppure ai miei occhi sei solamente una nullità. >
< Principe, vi prego… >
< Io non prego proprio nessuno, farabutto di un cavaliere. Mia madre è morta. E questo non è affar tuo. Se oserai parlare di lei in mia presenza senza il mio permesso, sarò io che farò rotolare la tua testa su questo dannato pavimento bruciato dall’ardore e dalla forza di un drago che ha maledetta questo posto insieme a colui che credevo mio padre. >
Alecu non riusciva più a riconoscere quel giovane ragazzo tanto serio quanto intraprendente.
La sua ira stava andando sempre di più fuori controllo mentre gli ordini imperterriti di Re Vàlos andavano a mischiarsi in quell’attrito che Giovanni non poteva assolutamente negare e che tale dolore per un prossimo faccia a faccia, avrebbe ardito ad uno scontro tra un drago e un essere umano emanando una leggenda che ai suoi occhi sarebbe stata tramandata nei secoli avvenire.


Lo sguainare di una spada verso quel silenzio risuonava nelle sale del castello
Giovanni brulicava di vendetta.
Una vendetta che non poteva continuare a tacere ma che doveva urlare a quel suono troppo taciturno che doveva scrivere la parola fine.
Il giovane principe trovò suo padre intento a bere un bicchiere di vino rosso.
Vino che ai suoi occhi era il sangue di tanti innocenti che si erano scontrati con quell’uomo tanto spietato quanto crudele.
Giovanni fece un respiro profondo prima di fondare quella porta che trovò incredibilmente aperta.
Fissò ancora quell’uomo in attesa di sapere chi avrebbe fatto tra i due la prima mossa, ma alla fine non dovette aspettare molto.
< Ti stavo aspettando, Giovanni… Un attesa che dura ormai da più di dieci anni. Da quando hai visto quell’uomo morire dinanzi ai tuoi occhi. E da quando la tua rabbia e la tua voglia di rivalsa nei miei confronti si va a mischiare con quella tua voglia di uccidermi… Quello che adombra nella mia mente è questo: perché tanto astio nei miei confronti? Che cosa ti ho fatto di male? >
Giovanni fu come adirato da quella domanda, come se la sua rabbia potesse esplodere da un momento all’altro.
< Davvero non lo sapete, padre? Davvero non sapete che mi avete portato via l’unica cosa che davvero amavo? >
< Se ti stai riferendo a tua madre, ti confesso che il suo dolore e la sua ostinazione nel potermi controllare, era diventato troppo per me. Io sono il re di questo posto e le mie parole sono leggi. Non permetto a nessuno di mettermi i bastoni tra le ruote o infangarmi. La mia dignità va ben oltre i miei doveri di buon uomo. >
< Un buon uomo che voi non siete mai stato, padre. >
< Pensala pure come vuoi, figliolo. Ma se vuoi davvero essere l’erede di questo castello e di tutti i suoi territori, devi conoscere le ombre che ne derivano. >
< La forza bruta non è sempre la risposta a tutto, padre. Ed è giunta l’ora che voi lo capiate. >
Giovanni teneva in mano la sua spada con forza bruta mentre la sua mano sudava freddo.
Era inerme dinanzi a quegli occhi di ghiaccio che suo padre iniettava nella sua anima.
Fermarsi dinanzi a quelle profondità e al suo dovere, vorrebbe dire fallire e morire all’istante.
< Molti dei miei sudditi credevano e credono tutt’ora che io possa mischiare il mio potere di essere umano alla magia nera. Ma sono le nostre azioni a poter mischiare tale leggenda che non trova niente di fondamento… Ma quello che mi interessa in questo momento è capire tutto il tuo sangue freddo. Voglio capire dove le tue azioni possono spingerti. >
< Sapete bene di cosa sono capace, padre. >
< No, figliolo. Non lo so. >
Giovanni credeva che tali parole fossero solo una trappola per confonderlo.
Non poteva distogliere quello sguardo da suo padre e temeva una specie di rivolta nascosta e di gioco mentale che l’avrebbe potuto distruggere per sempre.
Ma più la conversazione con suo padre andava avanti, più capiva che in fondo non avrebbe mai ucciso il suo unico erede.
Voleva solo capire dove si fosse spinto.
Per il bene della sua quiete anima.
Per acquietare quello spirito di vendetta che ormai lo stava mangiando dentro.
< Dovete smettere tutto ciò. Il vostro sangue andrà per sempre ad intaccare la mia anima. Lo so bene. >
< Vaneggia quanto ti pare, Giovanni. Ma se le tue azioni sono condotte dall’odio, è inutile continuare a parlare. Trafiggimi, se è questo quello che vuoi. >
Ma nemmeno Giovanni sapeva cosa fare.
Il suo istinto aveva deciso di colpirlo, ma il suo cuore e le sue vere intenzioni lo avrebbero dipinto come un assassino, cosa che non voleva essere ricordato.
Voleva solo essere ricordato che era spietato in battaglia, come un degno erede di quella casata di Romania doveva riecheggiare nei libri di storia.
Ma tale storia veniva riscritta in quell’ignota stanza che solo i due uomini erano artefici del loro destino.
< Giovanni, non dirmi che hai paura… Cosa ti ho insegnato nel corso di tutti questi anni? A essere forse un vile codardo? Tanto so che non aspetti altro che colpirmi. >
< Mi volete spingere così in alto? >
< Voglio spingerti per quello che sei veramente, figliolo: un soldato fiero del tuo nome e un assassino a sangue freddo. >
< Voi padre non mi conoscete affatto. >
< Ti prego di non dire stupidaggini e di non aspettare oltre. Un altro nemico diverso da me ti avrebbe già ucciso senza preamboli. >
< Mi sarei difeso egregiamente, padre. Io so combattere e difendermi. >
< Allora difenditi da questo. >
Sguainando improvvisamente la sua spada, il Re cercò di colpire a morte suo figlio con un attacco che il principe sfiorò all’ultimo istante.
Giovanni sembrava con le spalle al muro, ma venendo solo ferito lievemente, buttò suo padre a terra disarmandolo e spingendolo di fronte al bancone della sua stanza dove si ergeva un panorama nella nebbia più fitta e da un silenzio surreale.
< Molto bene, figliolo. Adesso mi hai disarmato. Io sono finito. >
< Sarà la tua arroganza e la tua vile dignità ad ucciderti. La tua cattiveria verrà solo soffocata dal silenzio. >
Con gli occhi iniettati di sangue, Giovanni prese per il collo suo padre spingendolo ancora di più verso il precipizio.
Il re non vedeva l’ora che suo figlio potesse compiere quell’atto, per capire davvero ciò che il suo stesso sangue si sarebbe spinto.
< Placa la tua vendetta! Spingimi verso la morte! >
< E’ davvero quello che volete padre? >
< Te l’ho detto fin dall’inizio, figliolo. O tu mi uccidi, o ti taglierò questa mano in cui tu mi stai impugnando. >
< E come pensi di fare? >
Improvvisamente, lo sguardo del Re su fece più corrucciato mentre il male si impadroniva della sua anima.
Il re cercò di mordere con brutalità quel braccio che lo teneva fermo e il sangue del figlio che rifluiva sul pavimento del castello, non fermò tale resistenza.
Giovanni non riusciva più a riconoscere il padre, trasformatosi in una creatura improvvisa dedita alle forze del male e ad una leggenda che nessuno mai avrebbe potuto spiegare.
Lo sguardo vampiresco e brutale spinsero Giovanni a buttarlo nell’ignoto della morte sotto la nebbia incessante che ricopriva il Castello dei Corvino.
Giovanni sembrava interdetto da quell’immagine di un padre rimasto fino ad allora sotto il suo stesso tetto mischiato da una leggenda di sangue che finalmente era stata spezzata per sempre mentre il silenzio di un futuro ignoto aveva colpito l’immagine di un principe che sarebbe vissuto sotto le macchie di un passato troppo indelebile da essere cancellato.
un presente brulicato dal fuoco di un drago misterioso tanto forte quanto invisibile, mentre il castello brucia tra le ombre del male e la sua leggenda verrà sempre scritta da quel tempo in cui il fuoco e il sangue non può cancellare un passato tanto nefasto quanto oscuro.

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